Magicamente Io

di Norberta_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La finestra della mansarda ***
Capitolo 2: *** La Dama Grigia ***
Capitolo 3: *** Occhiali e Poltergeist ***
Capitolo 4: *** Veritaserum ***
Capitolo 5: *** Ricordi d'infanzia ***



Capitolo 1
*** La finestra della mansarda ***


Nick Autore:Norberta
Titolo: Magicamente Io
Personaggi: Gilderoy Allock, Severus Piton, Dama Grigia
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moments, One-shot, Raccolta
Introduzione: Sappiamo che Allock ha mentito per anni a tutto il Mondo Magico, ma non sappiamo come e perché iniziò tutto questo. Ritorniamo indietro nel tempo e guardiamo come il piccolo Gilderoy è cresciuto e infine è diventato uomo.
NdA:  Non sappiamo nulla dell’infanzia di Allock, quindi ho lavorato per lo più di fantasia. Il mio intento era cercare di spiegare come Allock sia diventato l’uomo falso e vanesio di cui ci ha parlato la Rowling.
Alla fine dell’ultimo capitolo pubblicherò il giudizio alla storia.
Ho corretto gli errori che mi ha segnalato la giudiciA.



 
La finestra della mansarda

Casa Allock era immensa e di un bianco splendente, circondata da un giardino verdeggiante, nel quale la signora Allock passava le giornate a potare aiuole e piantare i suoi fiori preferiti. Suo marito non era mai a casa, sempre in giro per il mondo, impegnato nella Cooperazione Magica Internazionale. Il piccolo Gilderoy Allock aveva trascorso la sua infanzia circondato dal lusso e dallo sfarzo, sottostando tuttavia alle rigide regole della madre. Il bambino ormai aveva imparato ad accettare, quasi ad apprezzare, le continue critiche e rimproveri della donna, perché quelle erano le uniche occasioni in cui lei gli rivolgeva la parola.

Ogni giorno, Gilderoy si rifugiava in mansarda, l’angolo della casa che più preferiva, davanti ad un’enorme finestra che dava sul cortile sul retro. Rimaneva ore e ore a guardare fuori, attraverso quella lucida e scintillante lastra trasparente, immaginando come sarebbe diventato da grande, quanti luoghi avrebbe visitato e come sarebbe diventato famoso, un giorno. Sì, perché era quello il suo più grande sogno: ogni mattina si guardava allo specchio, sistemandosi i suoi morbidi capelli biondi, e si vedeva circondato da uno stuolo di ammiratori urlanti in attesa di poter acquistare il suo ultimo libro.
Gilderoy sapeva di essere speciale e se lo ripeteva ogni giorno, da quando aveva scoperto di essere un mago, qualche anno prima.

Quel giorno si trovava, come sempre, davanti alla finestra della mansarda e osservava degli uccellini cinguettanti in un nido sull’albero di fronte. Probabilmente erano in attesa della madre che si era allontanata alla ricerca di cibo. All’improvviso, il più intraprendente dei piccoli si era sporto troppo dal ramo ed era caduto sull’erba ai piedi della pianta, con un tonfo sordo. Il bambino aveva visto il gatto soriano dei vicini avvicinarsi lentamente, con delle ben chiare intenzioni, e l’uccellino, più spaventato che mai, pigolare senza sosta. Gilderoy aveva assistito alla scena inorridito; guardava il gatto e poi l’uccellino, sapendo di dover fare qualcosa. Mentre la sua mente era impegnata a elaborare un piano, una mano invisibile aveva sollevato da terra l’uccellino e lo aveva deposto dolcemente sul ramo, in mezzo ai suoi fratelli. Il bambino non credeva a quello che aveva visto, ma c’era una sola possibile spiegazione: magia. Finalmente aveva avuto la prova di essere un mago, esattamente come i suoi genitori.

Ripensando a quel giorno, Gilderoy Allock appoggiò la fronte al vetro trasparente e sorrise, appannandolo col suo respiro. Guardò il cielo privo di nuvole: aveva lo stesso colore dei suoi occhi. Tuttavia, un puntino nero attirò subito il suo sguardo. Gilderoy si schermò gli occhi con una mano e lo osservò farsi sempre più grande: qualcosa si stava avvicinando. Dopo pochi secondi la sagoma apparve più chiara e il bambino vide un enorme barbagianni color della polvere volare nella sua direzione, con una busta gialla legata alla zampa. 

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Capitolo 2
*** La Dama Grigia ***


La Dama Grigia

Gilderoy Allock si guardava in giro confuso e disorientato: quella Sala era immensa, piena di luci e colori. Gli sembrava di essere stato trascinato in un mondo tutto nuovo e non si sentiva ancora pronto ad affrontarlo. I ragazzi attorno sembravano straniti quanto lui, mentre nei piatti davanti a loro apparivano meravigliose e invitanti pietanze. Guardò verso il tavolo degli insegnanti: il Preside stava addentando una coscia di pollo, mentre la donna con i capelli neri e gli occhiali, seduta al suo fianco, lo fissava accigliata. Era a Hogwarts finalmente.

Era da poco passata la mezzanotte e la Sala Comune dei Corvonero era deserta, tranne per un bambino biondo del primo anno, seduto sul tappeto davanti al camino. Nei suoi occhi azzurri si riflettevano le fiamme che danzavano di fronte a lui, mentre le sue guance diventavano sempre più rosse per il calore del fuoco. Mille pensieri vorticavano nella sua testa e mille dubbi lo attanagliavano. Il bambino però si sentiva osservato. Girò la testa e vide una bellissima donna, dai capelli lunghi e corvini, che sedeva elegantemente su una poltrona. I due si guardarono per qualche secondo.

- Tu sei un fantasma – Gilderoy Allock non riuscì a trattenersi.

- Da cosa lo hai dedotto?

- Sei trasparente – rispose il bambino, con tutta la sua innocenza.

La donna sorrise, anche se nei suoi occhi rimase un velo di tristezza, quasi di malinconia.

- Sono la Dama Grigia. E tu sei Gilderoy, non è vero? – il bambino annuì, continuando a fissarla come se non avesse mai visto niente di più bello – Ti aspetta il tuo primo giorno di lezioni domani. Sei preoccupato? – la voce del fantasma era calda e cadenzata e risuonava come una ninna-nanna.

- No, signora. Sono pronto a dimostrare a tutti che io sono il migliore. Nessuno potrà fare meglio di me.

- Sei molto determinato per essere solo un bambino di undici anni.

- Grazie. Un giorno tutti mi conosceranno per le mie gesta e le mie abilità. Sono deciso ad arrivare in cima, a qualsiasi costo. Non sarò più trasparente agli occhi della gente –. Un rossore diverso dipingeva in quel momento il viso di Gilderoy, che aveva stretto i pugni e corrugato la fronte.

La Dama Grigia lo stava ancora osservando con uno sguardo impenetrabile. Fece un rapido gesto della mano come per toccare qualcosa di invisibile sopra la sua testa, per poi tornare nella posizione di prima con aria afflitta.

- Ascoltami bene Gilderoy Allock. Non permettere a nessuno di sottovalutarti e nella vita cerca sempre di dare il massimo. Ricordati però che non è mai saggio ingannare il proprio destino o la propria natura, per tentare di essere ciò che non si è.

E dopo queste enigmatiche parole, il fantasma si alzò lentamente e sparì attraverso la parete di mattoni, lasciando il bambino solo e confuso. 

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Capitolo 3
*** Occhiali e Poltergeist ***


Occhiali e Poltergeist

Il quinto anno arrivò senza che nemmeno se ne accorgesse. Il primo di settembre il maggiordomo lo accompagnò alla stazione di King’s Cross e Gilderoy attraversò velocemente la barriera tra i binari nove e dieci, ansioso di salire sull’Espresso per Hogwarts, il treno scarlatto che lo avrebbe condotto a scuola. Ormai Hogwarts era diventata il suo posto preferito: adorava studiare e dimostrare di essere sempre il migliore, a qualsiasi costo.
Gilderoy era così immerso nei suoi pensieri che nemmeno si accorse di essere finalmente arrivato di fronte alla prima carrozza. Quindi prese il baule con entrambe le mani e incominciò a caricarlo sul treno, ma, per lo sforzo, perse l’equilibrio e si ritrovò a pancia in giù nel giro di mezzo secondo.

- Hai bisogno di una mano?

La voce più dolce che avesse mai sentito gli aveva appena rivolto la parola. Il ragazzo alzò lo sguardo e vide la proprietaria di quella voce: una ragazzina del quarto anno, con lunghi capelli neri e un paio di occhiali dalla montatura squadrata. Dietro le lenti trasparenti, Gilderoy vide due occhi grandi di un colore che gli ricordò subito quello del miele.
La ragazza gli allungò la mano e lui la prese, impacciato. Non riusciva a smettere di fissarla e lei probabilmente se ne accorse, perché arrossi di colpo.

- Ehm, grazie. – rispose il ragazzo, alzandosi rapidamente e scostando una ciocca bionda dal viso. I due si fissarono per qualche secondo, poi si allontanarono in direzioni opposte.

Era passato un mese da quell’incontro e i due ragazzi non si erano più parlati. Quella mattina Gilderoy Allock stava attraversando il corridoio del secondo piano: era ora di pranzo e tutti erano già in Sala Grande. All’improvviso sentì qualcosa andare in frantumi sotto il suo piede, guardò in basso e vide dei frammenti di vetro trasparente. Si chinò per esaminarli: avevano qualcosa di famigliare, come il ricordo di un sogno. Un urlo interruppe i suoi pensieri, poi Gilderoy sentì l’inconfondibile voce di Pix il Poltergeist:

-Ah-ah-ah
L’occhialuta eccola qua!
Lei sola resterà
E Pix riderà!

Il ragazzo raggiunse la fine del corridoio e spiò da dietro il muro: una ragazza dai capelli neri era rannicchiata per terra e piangeva, mentre il Poltergeist le svolazzava sulla testa, ridendo.

- Basta Pix! – singhiozzava la ragazza – Restituiscimi gli occhiali: non vedo nulla senza.

Gilderoy avrebbe voluto fare qualcosa, ma non riuscì a muoversi. Così, vide un prefetto avvicinarsi e puntare il dito contro il Poltergeist:

- Pix, lasciala stare o chiamo Silente.

Quello gli fece la pernacchia e se ne andò sghignazzando. I pochi secondi che seguirono rimasero per sempre confusi nella mente di Allock: come spinto da una forza invisibile, si avvicinò al prefetto, gli puntò contro la bacchetta e sussurrò – Oblivion -. Il ragazzo lo fissò per un attimo, poi i suoi occhi diventarono appannati e disse con un tono più acuto del normale:

- Ehm, devo andare: una ricerca in biblioteca.

Allock lo osservò allontanarsi, ma subito si ricordò della ragazza. S’inginocchiò accanto a lei, appellò i frammenti trasparenti delle lenti dei suoi occhiali e borbottò - Oculus Reparo -. Lei li inforcò, dopo essersi asciugata gli occhi, e gli sorrise.

- Grazie. Sei stato davvero gentile a difendermi da Pix. – gli sussurrò – Io sono Tamara.

Mentre stringeva quella mano piccola e calda, Gilderoy sentì una strana sensazione, un senso di soddisfazione misto a disagio, e pensò a quanto fosse bravo negli Incantesimi di Memoria. 

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Capitolo 4
*** Veritaserum ***


Veritaserum

Il nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure passeggiava fischiettando attraverso il parco di Hogwarts. I suoi luminosi capelli d’oro (il suo vanto più grande) gli ricoprivano il capo con delle onde perfettamente simmetriche e il suo abito vermiglio, nuovo fiammante, spiccava in quella vastità verdeggiante. Dopo aver oltrepassato le serre e aver salutato con un enorme sorriso ammiccante la professoressa Sprite, salì i gradini di pietra e varcò la soglia d’ingresso. Di lì a poco più di un’ora sarebbe iniziata la sua prima lezione e doveva ancora preparare gli ultimi ritocchi per il suo ingresso trionfale.

Mentre s’incamminava lungo un corridoio apparentemente deserto, sentì un fruscio alle sue spalle. Si girò di scatto: gli si erano drizzati i capelli sulla nuca per lo spavento.

- Oh, sei solo tu, Severus. Per tutti i bigodini! Mi hai fatto venire un infarto. – si stampò in faccia il suo solito sorriso smagliante, sempre, però, tenendosi il petto con una mano, mentre l’altra tremava ancora vistosamente.

Piton lo guardò con aria infastidita.

- Strano per un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure spaventarsi così tanto solo per un rumore. – gli rispose con un ghigno beffardo, per poi far scivolare sotto il mantello una piccola boccetta contenente del liquido trasparente.

- Che cos’è quella? – domandò Gilderoy Allock, ignorando esplicitamente la frecciatina del collega e osservando incuriosito la mano di Piton che poco prima serrava la boccetta.

- Veritaserum. Immagino tu sappia di cosa si tratti, non è vero Allock? – Piton lo fissò divertito.

Il corridoio era ancora deserto. In lontananza, un paio di piani più in basso, provenivano le urla di Gazza e le risate di scherno di Pix il Poltergeist. I due maghi stavano dritti, uno di fronte all’altro: quello vestito di nero, col suo sguardo sprezzante e quello vestito di rosso, pallido in volto. Allock fissava Piton preoccupato; una goccia di sudore gli scivolò sulla fronte.

- È il miglior metodo per estorcere la verità a una persona: una pozione completamente insapore, incolore e inodore. – spiegò Piton, come se avesse di fronte uno studente particolarmente tardo e beandosi dello sguardo di terrore che si dipinse sul volto dell’altro mago. – Potrei venire a conoscenza dei tuoi più oscuri segreti Allock, sempre che tu ne abbia. – concluse, parlando sottovoce.

- D-davvero molto interessante, Severus. – Allock deglutì sonoramente. – O-ora scusa, ma i miei segreti, cioè, volevo dire, studenti, mi stanno aspettando. – E si allontanò di corsa, con l’evidente intenzione di mettere più metri possibili di distanza tra lui e Piton.

Mentre correva a perdifiato, arrancando per le rampe delle scale, Gilderoy Allock si chiese se davvero il professore di Pozioni fosse a conoscenza dei suoi inganni, o semplicemente volesse solo intimorirlo. Qualunque fosse la verità, pensò, avrebbe fatto meglio a stare lontano il più possibile da lui e da quella sua maledetta pozioncina trasparente. 

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Capitolo 5
*** Ricordi d'infanzia ***


Ricordi d’infanzia

-Trasparente.

La stanza era asettica e completamente bianca. Una tenue luce filtrava attraverso la finestra con le tende tirate. Piccole particelle di polvere volteggiavano in controluce verso il soffitto. L’uomo che aveva appena parlato giaceva su un letto candido. Indossava una vestaglia lilla, aveva la schiena appoggiata al cuscino e fissavano il vuoto davanti a sé. I suoi occhi, una volta di un azzurro intenso, erano opachi, come se fossero nascosti dietro un velo.

- Come ti senti, Gilderoy? – chiese per la seconda volta l’infermiera. La donna non ottenne risposta e nella stanza calò il silenzio, interrotto solo dal leggero russare di un vecchio signore che dormiva nel letto di fronte: il suo petto si alzava e si abbassava ritmicamente e sulla sua fronte spuntava un secondo naso (probabilmente frutto di un incantesimo mal riuscito).

Dopo qualche minuto, l’uomo in vestaglia sbatté un paio di volte gli occhi e aprì di nuovo la bocca.

- Tra-spa-ren-te. – scandì, temendo che l’infermiera non avesse capito la sua prima risposta.

La donna scosse la testa, sconsolata. Si alzò e scostò le tende per permettere alla luce di irrompere all’interno. Il vecchio signore emise una specie di grugnito e si voltò dall’altra parte, continuando a dormire.

Gilderoy sedeva ancora come pietrificato sul suo letto. L’infermiera lo guardò, comprensiva, e pensò al motivo che aveva condotto Gilderoy Allock lì, dove si trovava in quel momento. Ormai era solo un’ombra di ciò che era stato, o, perlomeno, di ciò che aveva fatto credere di essere. La sua storia e i suoi inganni erano finiti sulla Gazzetta del Profeta ancor prima che fosse condotto al San Mungo. Da quel giorno, il mago cinque volte vincitore del premio Sorriso più Seducente del Settimanale delle Streghe non faceva altro che rimanere immobile e ripetere in continuazione quella parola: trasparente. Nessun Medimago era ancora riuscito a trovare una spiegazione di quel comportamento piuttosto bizzarro, anche per qualcuno su cui era stato inferto un Incantesimo di Memoria mal riuscito.

L’infermiera gli sistemò meglio il cuscino e lo avvertì che sarebbe ritornata con la colazione. Poi uscì dalla stanza, dove calò nuovamente il silenzio. Allock si alzò all’improvviso e puntò dritto alla finestra. La spalancò: la leggera brezza mattutina gli spettinò i capelli. L’uomo respirò a pieni polmoni e di nuovo le sue labbra si mossero e da esse scaturì: - Trasparente -. Il mago si lasciò trasportare dai ricordi, tutto ciò che gli era rimasto in quella mente tanto confusa.


Un bambino dai capelli dorati piangeva nell’angolo di un’enorme sala da pranzo. Era seduto sul pavimento e stringeva a sé le ginocchia. Era il giorno del suo compleanno, ma tutti in quella casa se n’erano dimenticati, come ogni anno.
Il silenzio lo avvolgeva e lo soffocava; i suoi singhiozzi perforavano l’aria. Dopo qualche minuto il bambino si asciugò gli occhi e si alzò, risoluto. Le cose sarebbero cambiate; era stufo di vivere in quella casa come se fosse…trasparente.

 


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Grammatica: 9.5/10
Stile: 10/10
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Utilizzo del colore: 5/5
Punto bonus: sì

Totale: 45.5/46

Ragazza mia, complimenti vivissimi. Questa storia bella, scritta bene, originale, la trasparenza c’è. Ho visto solo qualche lieve errore negli ultimi due capitoli, in cui a volte dimentichi la virgola prima del nome: “Oh, sei solo tu Severus.” “Come ti senti Gilderoy?”. C’è una frase in cui ripeti la parola “prima” per tre volte: “La sua storia e i suoi inganni erano finiti sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta ancor prima che fosse condotto al San Mungo, due settimane prima.” Questo è tutto, non ho scorto altri errori, sono… sconvolta.  Non è semplice scrivere delle oneshot così vicine alla perfezione. Complimenti! 

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