Cospirare vuol dire respirare insieme

di RoseLisergiche
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccoli tentativi ***
Capitolo 2: *** Direzioni che portano esattamente da nessuna parte. ***
Capitolo 3: *** Sua santità Eyeliner ***



Capitolo 1
*** Piccoli tentativi ***


Poi tu sei lì che aspetti l'autobus, sbuffando un po', perché a tuo parere sta facendo un ritardo colossale. In realtà la linea 23 è in ritardo di appena quattro minuti, perché ti stai agitando così tanto? Ti domandi come mai non riesci a stare ferma, il motivo del sudore freddo nonostante il giaccone pesante e lo spiacevole formicolio alle mani quando i minuti di ritardo arrivano a diventare cinque. Non sai nemmeno spiegarti perché senti il cuore martellare peggio della batteria di una qualche pazza e frenetica canzone degli Artic Monkeys! Finalmente si intravede, scritta sullo schermo in alto dell'autobus, la scritta in pixel arancioni: LINEA 23
Esulti rapidamente, il macchinone di un arancione brillante si ferma in corrispondenza delle righe sull'asfalto e tu ti convinci che non si fa a farfalle, si fa a veri e propri spargimenti di sangue nello stomaco. Quando le porte si aprono con uno scatto veloce, ti viene in mente il motivo per cui aspettavi così ansiosamente l'arrivo di quell'ultramoderno mezzo pubblico (come se tu avessi davvero potuto scordartelo!): Lei.

Sali con un balzo all'interno della vettura e la vedi qualche posto più avanti, di spalle. Com'è bella, pensi! Ti avvicini a lei e ogni passo che fai sei sempre più vicina alla chioma nera di Echo, nido di capelli corti e un po' sbarazzini, ad ogni respiro sei sempre meno distante dalla sua camicietta bianca e dai suoi meravigliosi occhi nocciola che guardano distrattamente fuori dal finestrino. Quando l'autista decide di ingranare la marcia in modo più brusco del solito, per casualità o per permetterti di avere una scusa per piombare addosso ad Echo, lei ti accoglie con una risata. Ti dice che l'equilibrio non è mai stato il tuo forte, Virginie, che per te è sempre un suicidio salire su autobus troppo pieni. Ridi anche tu, ma a chi importa della calca esterna a voi due? Alla fermata dopo il posto accanto ad Echo si libera, e tu lo occupi nuovamente con straordinaria agilità. Guardi negli occhi la tua Echo, fai per accarezzarle i lineamenti del viso con una mano, quando lei ti ferma. Ti sussurra: “guarda fuori, Virginie!” Lanci un'occhiata veloce, e scorgi due ragazzi tenersi per mano dall'altra parte della strada, hanno passi veloci e si guardano negli occhi, forse con più amore di quanto la società concederebbe a due maschietti.
Sorridi piano, poi sposti lo sguardo sul profilo perfetto di Echo, le sue labbra delicate, la pelle chiara come la porcellana, i suoi sospiri timidi e le sue braccia fini. Le chiedi se sopspira così perché le piace qualcuno. Le guancia di Echo si fanno rosse, sorride maliziosamente e si gira a guardarti. Di rimando lei chiede se piaccia qualcuno a te, Virginie. E tu lo sai benissimo, tant'è che mentre parli ti sembra davvero di dire le parole più riuscite che siano mai state formulate dalle tue corde vocali. “Sì” dici alla tua candida Echo, “Mi piace qualcuno. E ti dirò di più, mi piace alla follia. Anzi, questa persona di cui sto parlando è in questo autobus, sai? Ed è seduta accanto a me.” Echo sorride forte, ti sfiora le labbra con un dito per poi passare ad accarezzarti i ricci castani; la sua bocca socchiusa in un 'oh' di sorpresa. La tua ragazza è poco più bassa di te, perciò riesci a vederle i denti inferiori lievemente accavallati quando ti dice che ti ama. Che questo è esattamente il primo mese che state insieme, ma che ti ama.
E tu, Virginie, tu cosa puoi fare a parte pensare che la creatura che hai di fianco sia sempre più bella? Avvicini le tue labbra alle sue, affoghi nel profumo del suo respiro ed entri nella sua bocca come si entra in guerra: speri di saccheggiare le sue viscere e le tue.* Pensi che niente possa rovinare quel momento così perfetto, e..

 

«No»
dice Milena. No, così non va. Accartoccia il foglio su cui si intrecciano le storie di Virginie ed Echo, per poi fare canestro nel cestino dei rifiuti. Era davvero troppo stupido pensare che una cosa del genere sarebbe potuta piacere, un giorno. Si stiracchiò, e decise che per quel giorno poteva davvero bastare.

*Frase liberamente presa da “Thérèse E Isabelle”
 

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Capitolo 2
*** Direzioni che portano esattamente da nessuna parte. ***


Milena si era svegliata con calma, conscia che in quel venerdì che andava iniziando non sarebbe andata a scuola. Il triste edificio in cui aveva sede la sua scuola sarebbe rimasto chiuso a causa di qualche sciopero che la stessa ragazza non aveva capito troppo bene. Ciò che sapeva era che quel giorno aveva la mattinata libera, eppure decise di non dire nulla ai suoi genitori. Non che ci fossero sotto chissà quali motivi, è solo che a Milena piace uscire fuori di casa e gustarsi il vento feroce che le si insinua sotto il maglione, sulla camicietta, tra i suoi capelli biondi. A Milena piacciono un sacco di cose, per iniziare, le piace il suo nome. Esso ha origini serbo-slave e dovrebbe significare “buona d'animo, amabile”. Ahah, era quasi divertente l'ossimoro tra la sua personalità e il nome che le era stato dato, pensa lei. A Milena piacciono anche le coccinelle che hanno più o meno di sette puntini, a Milena non piacciono gli schemi. Le piace scrivere, le piace l'arte, le piacciono le parole francesi e il profumo di sapone di marsiglia delle sue lenzuola. Ama le ninfee, le collane, i capelli quando le vengono bene. Ha capelli biondi corti, gli occhi turchesi con venature verdi e azzurre. Le piace molto il freddo, sì; e lì, mentre gironzola in centro, mentre i suoi pensano che lei sia a scuola, mentre in realtà si sta gustando un croissant (le piacciono anche quelli!), Milena pensa che le giornate fredde siano l'unica cosa che riesca a scuoterla dal torpore quotidiano.

 

Chissà cosa pensavo ieri”, si disse la ragazza finendo di mangiare “scrivendo quella storia così inverosimile su quelle due..era troppo irrealistica e stupida. Che poi neanche ho mai preso la linea 23, chissà dove porta. Però dai, non penso che fosse scritta così male..” Si alzò dalle sedie in stile liberty che costellavano le piazze del centro, si infilò le mani in tasca e prese a camminare con uno strano sorriso. Chiunque in quel momento si stava alzando i baveri delle giacche o mettendo i guanti o facendo smorfie per via del freddo pungente che avanzava; chiunque tranne Milena, che traeva piacere da quel gelido vento. Vagò per le vie del centro senza troppo entusiasmo, quando passò davanti ad un negozio sovrastato da un insegna in legno con su scritto 'Echo'. Quello le parve un segno: forse il suo racconto non era del tutto da buttare! O forse Echo era solo un bel nome. “Ma a chi importa”, pensò. Continuando a girare per ogni singola via del centro, luogo che ormai conosceva a memoria essendo la sua città non molto grande, decise di fare un piccolo gioco: doveva riuscire a ricordarsi i nomi di ogni negozio o bottega della via in cui si trovava. Le vie non erano molto grandi ed imponenti, perciò non doveva essere difficile. Scoprì di riuscirci con impressionante facilità, e proseguì così per dieci minuti buoni; dopodiché iniziò a perdere colpi fino a rendersi conto di non trovarsi più nel centro, bensì in una zona secondaria che non aveva mai visto. L'unica anima viva era un ragazzo che parlava al telefono, e l'unica cosa che balzò all'orecchio di Milena era un nome, “Virginie”. Possibile che quella fosse la seconda coincidenza nel giro di una mattinata?
Quasi stuzzicata da quanto aveva sentito, guardò di nuovo il ragazzo. Si dirigeva verso una fermata dell'autobus, per poi superarla e sparire in qualche vicolo.
Milena lo seguì fino alla fermata, dove sperò di trovare il numero di un autobus che la portasse di nuovo in centro o, ancor meglio, vicino casa. Tra i vari autobus scritti sul cartellone, la ragazza ne vide alcuni che portavano dalle sue parti. “Ecco, questi fermano a cinque minuti da casa mia. Benissimo, non mi sono ancora persa..e questo cos'è? Linea 23? Allora esiste veramente!” Guardò l'orologio: aveva ancora un po' di tempo prima di dover rientrare nel suo appartamento come fosse una solita giornata di scuola. Milena si chiese se ne valeva la pena, ma quando vide arrivare un trabiccolo arancione sbiadito (niente a che fare con l'autobus supermoderno del suo racconto, come quelli che passavano dalle sue parti) il quale avanzava lentamente portando fieramente un cartellino con su scritto a mano Line- 23 (non si leggeva neanche la 'a' finale..) come fosse stendardo di battaglia; decise che sarebbe salita. “Almeno mi farà tornare l'ispirazione necessaria per il tema di scuola, quello per questo week-end!”
Il catorcio si fermò con uno stridio di ruote, e le porte si aprirono cigolando. Dentro un uomo grasso serrava le mani sul volante. Milena entrò, iniziando già a dubitare della sua decisione.
In ogni caso era troppo tardi per tirarsi indietro: seppur malamente, la corsa della linea 23 era iniziata.

 

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Capitolo 3
*** Sua santità Eyeliner ***


L'autobus era quasi vuoto, nulla a che vedere con ciò che Milena sopportava ogni mattina. Gustò stranamente quella sensazione di nulla, quando si accorse di un posto occupato e, ancor più importante, di una ragazza che lo occupava.
«Scusa, sai quest'autobus dove porta?» Chiese Milena alla ragazza, vestita con un bizzarro cappotto verde acceso che le risaltava i luccicanti occhi verdi.
«Vuoi dirmi che l'hai preso pur non sapendo dove portasse? Ahah. Il capolinea è tra poche fermate, zona industriale.»
Anche Neve trovava che il maglione marrone della sua interlocutrice fasciasse alla perfezione le piccole spalle della bionda. Vedendo che lei non rispondeva, ma anzi si guardava intorno sospetta, Neve continuò a parlare.
«Io scendo una fermata prima del capolinea, e faccio quasi ogni giorno questa strada. Conosco alla perfezione la linea ventitré, tranquilla..»
Milena si sentì divampare: non stava mettendo in dubbio ciò che l'altra ragazza le aveva detto!
»Oh, no, non è che non ti creda. Piuttosto, io mi chiamo Milena. E non è che non sappia dove stia andando, volevo solo essere sicura.«
«Ora lo sei! Io mi chiamo Neve, piacere» Detto ciò fece l'occhiolino a Milena. Quest'ultima rimase un po' sopresa quando si rese conto che la ragazza dell'autobus, questa Neve, somigliava in maniera impressionante all'idea che si era fatta la sua vena artistica di Echo.

Di Neve dicono che sia una ragazza strana, lei dagli strani occhi verdi cupi, un neo sotto la bocca e lunghi capelli nerissimi; forse per dispetto alla sua pelle diafana. Dicono che abbia maniere un po' demodé, di quelle che non usa nessuno, come raccogliere le rose o dipingere le farfalle o sorridere lentamente. A Neve piacciono i nomi inusuali, le storie noir che solo in pochi amano leggere, le piace l'eyeliner e il suo cappotto verde come i suoi occhi e quando fa un po' più caldo le camiciette. Adora il limone nel thé, stravede per i Baustelle ed altri gruppi che la maggior parte della gente non conosce. A Neve piacciono le ragazze. Soprattutto quelle più minute, dove minuto corrisponde a fragile. Quelle ragazze che si perdono dentro una maglietta troppo grande, quelle che ti guardano ma non parlano. Che sorridono e poi si nascondono. Les filles che si distinguono in piccoli dettagli come sospirare, passarsi la mano tra i capelli, si distinguono per il portamento delicato e per il modo in cui si siedono. Per gli sguardi nervosi, le dita sottili, il collo bianco. Le ciglia lunghe.
E quando vide avvicinarsi a lei quella ragazza che non aveva mai visto dalle sue parti, com'era il nome? Milena? Ecco, sì, quando Neve vide avvicinarsi a lei Milena, pensò che sembrava, oltre che visibilmente spaesata, pura Art-Déco.

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