Human - emozioni

di alicerovai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Salve! Questa è la mia prima fic con questo account (lasciamo perdere gli altri). Però possiamo anche dire che è la mia prima fanfiction sui personaggi Disney (Paperone, Paperino, Paperina, Qui Quo e Qua ecc....) e che questa devo dire che mi sto divertendo a scriverla. Dunque, una volta che avrete iniziato a leggerla, direte: Ma che Cavolo...?

Bhe, qui i personaggi Disney sono umani perché io li vedo così. E, di conseguenza, i loro nomi non saranno “Paperone” o “Paperino” perché... ehm, avete mai conosciuto una persona che si chiama Paperone? Fa ridere. Allora ho deciso di dargli i loro nomi originali, quelli inglesi, ovvero, per Paperone, diventerà Scrooge, e via discorrendo per gli altri. Tutto qui.

Alcuni la troveranno noiosa magari, ma voi recensite, sia in male che in bene! Tanto non ci vuole nulla, solo volontà (eh, lo so, è la più dura a trovarsi...)

Ma tant'è.

Allora, buona lettura!

 

-Spheater

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Ahahahah! E tu ci credi?! »

 

Quando, quando imparerò a star zitto?

Donald indugiò di più con la spugna nella pentola, strofinando e strofinando, come se volesse scaricare tutta la sua furia in un gesto.

Ma la pentola gli scivolò dalle mani e ricadde nell'acquaio, rompendo un bicchiere.

Stava per cacciare un urlo isterico, quando tre vocine all'unisono lo interruppero.

« Tutto bene, zio Donald? »

Si voltò, la cannella aperta e lo sguardo paonazzo. « Certo. Tutto benissimo. Non si vede? »

Tornò a strofinare i piatti, con la stessa furia di prima.

Huey, Dewey e Louie si guardarono perplessi, per poi tornare in salotto a fare i compiti.

Donald, appena sentiti svanire i passi dei nipotini, trasse un lungo sospiro, piegando la testa in giù.

Perché, perché e perché non mi sto mai zitto, e perché dico sempre le cose sbagliate?

Raccolse uno per uno i cocci di vetro del bicchiere, poi li buttò nel cestino.

E perché, non ne combino mai una giusta?

Immerse le mani nell'acqua calda, tornando a pulire i piatti.

Guardò fuori dalla finestra: una fitta nebbia copriva la strada e le macchine, si vedeva solo la lieve luce del lampione sul marciapiede.

Quelli non possono averla vinta. Non possono aver avuto ragione.

Chiuse l'acqua, ripose al loro posto i guanti gialli e coprì la finestra con la tenda.

Accese la radio e alzò il volume di tre tacche.

Ora voglio proprio sentire.

Il notiziario era iniziato da tre minuti esatti. Una voce di donna stava annunciando il meteo.

« … per quanto riguarda il clima del Calisota in questi giorni, si prevedono nubi e banchi di nebbia molto vasti, e per adesso non possiamo dire esattamente quando svaniranno entrambi »

« Al diavolo » Donald fece una smorfia.

« … e questo è tutto al momento. Il prossimo notiziario fra un'ora. Buona serata »

La musichetta di turno seguì, e Donald spense la radio.

« Nebbia, nebbia, nebbia, nubi e ancora nubi! Tutto grigio. Alla fine diventeremo grigi anche noi. Non si può andare avanti così »

Passò davanti alla finestra che prima aveva oscurato. Scostò un po' la tenda, si affacciò e la richiuse subito, sbuffando.

« Cos'hai, zio? »

Huey si era affacciato nuovamente alla cucina con un'aria preoccupata.

« Ehi! Hai finito i compiti? » Donald non aveva nessuna voglia di rispondere alla sua domanda.

Dietro a Huey, apparvero anche Dewey e Louie.

« Li abbiamo finiti adesso. Ma abbiamo potuto sentire il notiziario »

I tre nipotini si misero a sedere a tavola, ognuno al suo rispettivo posto di sempre. Tutti e tre guardarono lo zio, che era appoggiato all'acquaio, con uno sguardo a dir poco irritato.

« Ebbene? » domandò spazientito. « Cosa c'è? »

« Oh, niente. Tu piuttosto, cos'hai? Sei nervoso. Più nervoso » si corresse Dewey.

Donald rimase a braccia incrociate appoggiato fermo dov'era, e non aveva nessuna intenzione di rispondere a domande a cui non avrebbe saputo rispondere.

Perché queste tre pesti riescono sempre a mettermi in difficoltà?

Ma si rese conto che il silenzio si stava prolungando troppo. Non riuscì a far altro che tirar fuori una voce seccata e un argomento che non c'entrava niente.

« La prossima volta, rigovernerete voi! Ah, e c'è anche da falciare il prato. Appena questa maledetta nebbia svanirà, dovrà essere subito fatto e lo farete voi! Io ho altri impegni » sebbene queste parole non lo convincessero affatto, riuscì a mantenere uno sguardo solido per più di un secondo.

« Zio, perché non vuoi risponderci? »

Donald cercò di elaborare una frase che deviasse la domanda, ma sapeva bene che non sarebbe stato affatto facile.

Proprio quando ce n'era bisogno, il campanello suonò con il solito suono sordo e acuto. Donald corse alla porta, rincuorato, senza chiedersi nemmeno chi fosse, bastava solo che distraesse i nipotini.

« Donald? »

Daisy apparve sulla soglia della porta con un'aria spaurita e circospetta. Indossava un lungo cappotto color miele e aveva i capelli corti e biondi stranamente in disordine.

La ragazza entrò, chiudendosi la porta alle spalle e guardando Donald come a chiedergli conferma di essere al sicuro da qualcosa, qualcosa che lui non riusciva a decifrare.

La osservò levarsi il cappotto, appenderlo all'appendiabiti e tirarsi i capelli sparsi sulla fronte all'indietro, con un'espressione ansiosa.

« Cara, che succede? Come mai sei qui? » Donald dette una fugace occhiata ai nipotini in cucina, che si sbrigarono a salire su per le scale diretti nella propria camera.

« Devo... devo bere qualcosa » farfugliò lei, mettendosi a sedere sulla poltrona.

Donald non capiva, ma si sbrigò a portarle un bicchier d'acqua.

« Grazie, io... spero di non averti disturbato » Daisy bevve tutto d'un sorso l'acqua.

« Ma no, certo che no. Non avevo nulla da fare » Donald non riusciva a farle la domanda principale, gli sembrava di avere gli occhi fissi su di lei e di non poterli staccare. Era una situazione assai seccante.

Dato che Daisy non proferiva parola, decise di farle la domanda.

« Sembri, anzi, sei stravolta. Cosa è successo? Perché sei venuta qui a quest'ora e con questo tempo? »

Daisy deglutì, tormentandosi un ricciolo ribelle. « Proprio del tempo ti volevo parlare. Io... non ridere, ti prego. » alzò lo sguardo verso di lui. « Io ho paura, Donald, tantissima paura... questa nebbia non se ne va! Ormai è un mese che è così, anche la gente se ne rende conto, e... »

una pausa. « … E... ti ricordi quando dissero della... fine del mondo? Bhe, tu ti mettesti a ridere, ma... ricordo bene che annunciarono che prima della fine ci sarebbe stata tanta, tanta nebbia, e tanto freddo... e... e... adesso fa freddo e c'è nebbia! Eccome, se ce n'è... » adesso Daisy si sfiorava le mani, come se volesse spazzare via il freddo da di esse.

I due si guardarono, entrambi in silenzio. Poi Daisy emise una risatina, di quelle imbarazzate e improvvise.

« Sembro... sembro una cretina, a parlare così! Ma... ti assicuro che non sono la sola. Tu ti metterai a ridere di nuovo, come l'altra volta, e non mi arrabbierò, però... ho paura, sul serio »

Donald si alzò, le mani in tasca e lo sguardo basso.

La sua risata, il suo tono canzonatorio di quella volta, lo ricordava bene. Ricordava di aver riso non a presa di giro di Daisy (che gli aveva notoriamente sbattuto la borsa in faccia), ma per prendere in giro gli esperti, gli studiosi, quelli che “se ne intendevano”. Come avevano potuto anche solo pensare una cosa del genere, aveva pensato? Quante, quante volte la fine del mondo era già stata predetta, eppure lui e tutti quegli esperti erano ancora lì? Donald si era messo a ridere perché non aveva saputo trovare niente di meglio da fare, ed aveva avuto le sue ragioni.

« Daisy, lo sai, il mondo doveva doveva finire anche dodici anni fa, nel 2000. Ma anche nel 1999, se non sbaglio, e anche prima, e aspetta solo che ricordi la data e... »

« Lo so, lo so! C'ero anch'io, me lo ricordo benissimo!! Ma stavolta è diverso » Daisy si alzò di scatto, agitata. « Stavolta, la nebbia, e il freddo, ci sono »

Donald alzò gli occhi al cielo. « Daisy, è inverno. Credo che adesso la nebbia e il freddo siano la prassi, non ti pare? Inoltre, perché mai la nebbia, il freddo e le nubi dovrebbero causare la fine del mondo? Non ti pare un po' assurdo? »

Donald credeva a ogni parola che stava dicendo, ma il suo animo non era tranquillo come voleva far credere. Sapeva che sì, in effetti, non poteva tornare assolutamente: ma... certo non poteva negare che quella nebbia perenne inquietasse il suo animo e quello di tutte le altre persone. Era un grigio continuo, continuo, sembrava che potesse durare per anni... mai un cambiamento, mai un miglioramento né un peggioramento. Mai.

Era inverno, sì, ma c'era comunque qualcosa che non andava.

Gli esperti avevano annunciato che praticamente sarebbe stata la nebbia a causare la fine del mondo, solo perché c'era. Diciamocelo, era una terribile castroneria.

Ma non si poteva non dire che la nebbia fosse l'antefatto alla fine del mondo. Di certo, non aiutava la gente a star tranquilla, che già era spaventata dalle superstizioni.

Donald sapeva che gli esperti avevano sbagliato, ma non poteva negare a sé stesso che... quella nebbia era strana, che c'era comunque qualcosa che non andava.

Non lo poteva negare a sé stesso, ma lo poteva negare a Daisy.

« Devi rilassarti, Daisy, vedrai che questa nebbia svanirà prima o poi. E ricorda che è inverno; e che il solo fatto che gli esperti abbiano intuito che adesso ci fosse nebbia... bhe... » si girò a guardarla.

« … che facciamo, gli diamo il Nobel? Voglio dire, è il loro unico compito. Che la facciano finita »

A questo punto, Donald avrebbe dovuto sentire la convinzione farsi presente dentro di sé, ma non accadde, non sentì proprio niente, se non un grande vuoto.

La cosa lo inquietò, ma non mutò espressione.

Daisy non pareva affatto convinta. Anzi, il dubbio sembrava addirittura aumentato sul suo volto.

Con un sospiro, le si mise a sedere accanto, cingendole le spalle.

« E dai, cara... se proprio ci credi, non pensarci, non adesso almeno. È tardi, sono quasi le otto, se vuoi puoi mangiare qui. Basta che tu ti distragga, almeno per stasera »

Daisy lo guardò; le stava sorridendo.

In realtà, però, Donald non era affatto tranquillo.

« D'accordo, d'accordo » Daisy appoggiò la testa sulla spalla di Donald. « Per stasera hai vinto tu. Rimango qui » e sorrise.

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

 

« Battista »

« Sì, signore? »

Scrooge alzò lo sguardo. « Battista, spiegami che sta accadendo »

Il maggiordomo rimase interdetto. « Signore...? »

Scrooge si alzò dalla poltrona, girò attorno al maggiordomo e si affacciò alla finestra, con le mani cinte dietro la schiena.

« Spiegami perché i miei colleghi d'affari, in questi giorni, sono spariti. E perché il club dei miliardari è chiuso! È sparito perfino il pivello. Sono l'unico che lavora? Mi sembra di si, visto che sui giornali non ci sono nuove notizie ». Un attimo di silenzio.

« A che pro tutto questo? Io che ci faccio qui, se non c'è nessuno che mi ostacola? Sembra che si siano ritirati tutti. E non è affatto periodo di festa! »

Battista non sapeva cosa dire. Ma non perché ignorasse la causa di tutto ciò, anzi: ne era perfettamente al corrente, solo che non era così sicuro di volerlo riferire al principale.

« Bhe, un periodo di ferie non fa mai male a nessuno... » disse alla fine.

Scrooge si girò, con un'aria truce sul volto. « Dici così perché lo vorresti te, il periodo di ferie »

Battista lo osservò tornare alla scrivania. « Effettivamente sì, signore. Ma non era questo lo scopo del discorso, se mi permette » ribatté.

Scrooge poggiò i piedi sulla scrivania, con un'aria da sfida. « E dunque, qual è, questo tuo scopo? »

Il maggiordomo sospirò. « Lo scopo sarebbe quello di farle capire che lei ha bisogno di una vacanza, non io »

Scrooge fece un sorriso amaro. « Ma fammi il favore. Abbiamo già affrontato tante volte questo discorso! E troppe volte tu e il nipotame siete riusciti a convincermi. Ma, adesso no, Battista, io non andrò da nessuna parte! Starò qui a lavorare. Puoi andare, adesso »

Battista non si aspettava di essere congedato così in fretta. Rimase un po' interdetto, poi si decise a uscire dall'ufficio, anche se malvolentieri.

In quei giorni, il principale era davvero insopportabile: non che gli altri giorni si perdesse in gentilezze, ma, questo era davvero troppo perfino per Battista, una delle persone più pazienti al mondo. E siccome conosceva molto bene Scrooge, sapeva che il suo atteggiamento era a causa del nervosismo che era preso al principale da qualche giorno: la causa del suo essere così nervoso, però, gli era ignota.

Mentre afferrava il ferro da stiro e cominciava a passarlo sopra una camicia, Battista pensò che presto gli sarebbe passato, come del resto tante altre cose in altri tempi.

 

 

Al diavolo. Al diavolo, al diavolo e al diavolo!

Scrooge sbatté i fogli sulla scrivania, lasciandosi poi abbandonare sulla poltrona in pelle.

Al diavolo.

Scrooge era nervoso, non capiva cosa gli stesse accadendo. Sapeva solo che aveva una gran voglia di urlare, sia che da solo o con qualcuno, bastava che si sfogasse.

Ma anche lo sfogarsi, così, senza sapere il perché, gli dava ancora più ai nervi, e aumentava la sua voglia di urlare senza un preciso perché.

La sera prima aveva pensato che il suo nervosismo improvviso fosse causato dall'improvvisa sparizione dei suoi colleghi-rivali, ma aveva finito per smentire. Non era quella la causa.

E allora, qual è?, si era domandato. Forse la stanchezza? Il troppo lavoro?

No.

E allora cosa, maledizione?! Perché ho come un tamburo dentro lo stomaco, che non smette di fare bum bum per un solo minuto...? Perché dentro sono improvvisamente vuoto?

Fece un sorriso amaro, quando ricordò la voce di Battista che gli diceva: lo scopo sarebbe quello di farle capire che lei ha bisogno di una vacanza, non io.

Una vacanza! Per lui era qualcosa di inconcepibile.

Tutte le volte che era andato in vacanza, non si era mai rilassato, mai.

Una volta, poi, sulla nave da crociera vi aveva trovato Brigitta, e le cose erano andate peggio che mai.

Bhe, a dire il vero, non fu poi un disastro. Con quel travestimento riuscii a non farmi riconoscere... fino alla fine della crociera, quando mi tradii.

Ripensò all'espressione di Brigitta quando lo riconobbe e urlò “Scrooge!”, entusiasta e sorpresa alle stesso tempo. Poi pensò ai tanti momenti di vincita passati sulla nave, dove avevano vinto un sacco di premi, e quando, poco prima dello sbarco, con quel sole splendente nel cielo, le si era avvicinato e le stava giusto per dire chi fosse, quando un'onda non lo aveva completamente sommerso.

Stranamente, pensava, in quel momento, il suo cuore aveva decisamente accelerato e lui le si era avvicinato molto.

Fortuna che c'era quell'onda... pensò, ma sorrise al ricordo.

Dunque, nella sua vita, c'erano stati dei momenti da ricordare.

E allora perché, tutto insieme, adesso, non riusciva che a provare rabbia?

Cosa mi succede? Che cosa ho?

Chiuse gli occhi, stringendoli forte fino a sentir male. Poi li riaprì, ma non era cambiato niente, né dentro né fuori di lui.

Con un gran sospiro, li richiuse e li aprì subito. Poi, a gran voce, urlò:

« Battista! »

Il maggiordomo apparve dopo tre secondi. « Sì? »

Scrooge si alzò, avanzò verso il maggiordomo e lo sorpassò, dicendo:

« Per oggi ho smesso di lavorare. Fammi un the, riciclato, al solito »

Battista sorrise, un po' sollevato. Si girò per dire qualcosa a Scrooge, ma era già sparito.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ebbene, ecco il secondo capitolo! Ringrazio coloro che hanno recensito: ricordate che, se recensite, mi date un incentivo a continuare a scrivere la fiction XD No, veramente, fa sempre piacere vedere che qualcuno perde qualche minuto della propria vita per te! :P

Dunque, buona lettura!

 

Spheater

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Daisy teneva lo sguardo basso, cupo. Osservava i suoi piedi mettersi uno davanti all'altro, lenti.

Non era sola: accanto a lei c'erano Jennifer e Julia, che camminavano allo stesso ritmo, in silenzio.

Le tre amiche avevano deciso di ritrovarsi in centro per fare un po' di shopping, ma ancora nessuna di loro era entrata in un negozio e tanto meno ne aveva parlato.

Questa cosa mandava Daisy in escandescenza, ma non sapeva da dove cominciare. Le altre due camminavano ed era come se non esistessero.

Daisy si disse basta.

Si fermò di colpo, e le altre due la guardarono.

« Daisy? » la chiamò Julia.

La ragazza non rispose. Poi, mordendosi un labbro, alzò lo sguardo.

« Allora? Non facciamo niente? »

Jennifer abbassò lo sguardo, imbarazzata. « Ecco, io... dovrei... avrei un... »

« … impegno, anche io » sopraggiunse Julia.

Daisy alzò un sopracciglio. « Mh. E perché me lo dite ora? Ci siamo trovate, non abbiamo nemmeno parlato e... »

« Insomma, Daisy, guardati attorno! » la interruppe Jennifer, indicando attorno a sé .

Daisy non mosse un muscolo.

« Fa freddo, con questa nebbia non si vede niente e.... che ci facciamo qui? Tanto vale andare a casa, usciremo quando sarà bel tempo »

Julia annuì, convinta.

Daisy alzò le spalle. « Come volete. Ciao » si voltò, incamminandosi verso casa.

Le due amiche rimasero a guardarla, quasi non fossero così certe di stare da sole. Inoltre non si erano aspettate la reazione di Daisy.

E la stessa, mentre camminava, si sentiva sola e perduta, in mezzo al grigio.

Perché non ho chiesto a Donald di accompagnarmi? Lui non mi avrebbe abbandonata nel mezzo della città, senza un valido motivo! Sono stata una stupida!

Voltò a destra, ritrovandosi in un vicolo ancora più buio e stretto.

Teneva sempre la testa bassa, si guardava sempre i piedi. A un certo punto si accorse che qualcuno le era davanti e vicinissimo, ma non fece in tempo a scansarsi: andò letteralmente addosso a un'altra persona, facendo cadere lei e sé stessa.

Stordita e confusa, Daisy si rialzò, mormorando mille “scusi” all'altro individuo, che, alzando gli occhi, scoprì essere Brigitta.

« Brigitta! »

Brigitta, ancora a terra, guardava tristemente quelli che sembravano resti di una mega torta alla fragola e al cioccolato.

« Daisy, scusami, non ti avevo vista... » mormorò la bionda, a terra.

La ragazza aiutò l'amica a rialzarsi, guardando anche la torta spiattellata a terra.

« Oh no, scusami tu, io... mamma che disastro, scusami, ma guardavo in basso e non ti ho vista arrivare... scusa, scusa... che torta era...? » le chiese, immaginando però la risposta.

« Era per Scrooge, sai, so che in questi giorni ha qualcosa che non va, e... insomma, l'avevo fatta io e... bhe, ormai è tardi » Brigitta si mise un po' in sesto i capelli, poi si spazzolò il vestito blu.

« Santo cielo, come posso fare? Ti ho rovinato tutto! Ma ho un'idea: andiamo in una pasticceria, qui accanto c'è la migliore, e ti compro io una bellissima torta, così poi la porti allo zio » Daisy si avviò per tornare indietro, ma Brigitta le afferrò il braccio.

« No, Daisy! Davvero, ti ringrazio, ma non ti devi preoccupare: era una causa persa, se l'avessi portata a Scrooge sicuramente non l'avrebbe voluta, perciò sarebbe stato comunque tutto inutile. Era solo l'ennesimo tentativo, non fa niente » le sorrise, per farle capire che davvero non c'erano problemi. Ma era un sorriso triste e modesto, e Daisy capì che non c'entrava la torta.

« Brigitta, cos'hai? C'è qualcosa che non va? »

« Oh, no, niente! È solo che ho freddo. E mi inquieta questa... questa nebbia. Forse è meglio se andiamo a casa mia, è la più vicina. Puoi venire? »

Daisy non poteva certo dirle di no, e poi, se stava con Brigitta le si risolveva il pomeriggio rovinato da Jennifer e Julia.

Perciò, poco dopo, erano entrambe nella piccola villetta di Brigitta, al caldo e a bere una tazza di the.

Daisy, mentre beveva, osservava tutte le foto che Brigitta aveva attaccato nel proprio salotto, alcune ritraevano lei e Donald, altre (le più numerose) Scrooge da solo, e altre ancora erano foto di gruppo.

« È da molto che non vedo Scrooge. Per questo oggi avevo deciso di andare da lui, anche perché avevo saputo da Battista e da Archimede che è nervoso in questi giorni, forse perché tutti gli altri miliardari sono temporaneamente spariti dalla scena. Scrooge è l'unico e non sa nemmeno lui che fare » disse Brigitta.

Daisy mise del miele nel proprio the e lo girò col cucchiaino. « Donald mi ha detto che anche lo zio adesso ha smesso di lavorare per un po'. Battista è stato molto chiaro: inoltre sembrava sollevato »

« Sicura? Come è possibile che si sia fermato? Non è da lui! » Brigitta sembrava sorpresa.

« Così Battista ha detto a Donald. Ad ogni modo, se lo vuoi vedere, potremmo andarci tutti insieme: magari non sarà così sgarbato, no? Voglio dire, se siamo tutti insieme -io, Donald e te- non ci tratterà male »

Brigitta scosse la testa.

« No, sarebbe un disastro. Apprezzo la tua buona volontà ma, se vengo anch'io, non avrà problemi a trattar male anche voi. Ricorda che è nervosissimo, in questi giorni. Dice che non gli si possa stare accanto: e già è nervoso di suo, anche quando sta bene » Brigitta finì il the in un sorso e appoggiò la tazza sul tavolino davanti a sé.

Daisy fece altrettanto.

« Allora, quando vuoi andare? » chiese.

« Oggi pomeriggio. »

 

 

 

 

 

 

 

* * *

 

Viale dei Fortunati, 34.

 

 

20 novembre 2011, lunedì

 

Ore 8:00............................................................................................................

Ore 9:00............................................................................................................

Ore 10:00..........................................................................................................

Ore 11:00...........................................................................................................

Ore 12:00...........................................................................................................

Ore 1:00..............................................................................................................

Ore 14:00............................................................................................................

Ore 15:00............................................................................................................

Ore 16:00.............................................................................................................

Ore 17:00.............................................................................................................

Ore 18:00.............................................................................................................

Ore 19:00.............................................................................................................

Ore 20:00..............................................................................................................

 

 

 

«Ahahah! E che te la sei comprata a fare un'agenda, se non fai nulla dalla mattina alla sera? »

 

Agenda vuota.

Nuova di zecca, comprata al supermercato. Questa non l'aveva vinta, no.

La mia fortuna sa che Donald ha ragione: non ho mai vinto un'agenda, perché io non faccio niente dalla mattina alla sera, come mi ha già ricordato.

Gastone gettò la piccola agenda lontano, per terra.

Sono io l'illuso che vorrebbe scriverci qualcosa, così da uscire e sapere quello che mi aspetta: qualcosa che però sia diverso da vincite, premi, concorsi, sorrisi ipocriti. Qualcosa che... che io farò. Con le mie mani, con la mia testa! Perché io ce l'ho un cervello, delle mani: magari ho anche qualche capacità, solo che non lo saprò mai perché... perché non ho mai tempo, appena metto piede fuori casa ecco che tutti mi vengono incontro e mi riempiono di premi! Fossero poi premi utili! Premi con cui poter dimostrare una qualche mia capacità, se mai ce l'ho.

Ecco, questo non lo saprò mai.

 

Molte volte Gastone si era ritrovato a fare questi pensieri, e in quegli attimi aveva provato sempre rabbia e frustrazione; ma stavolta era diverso, provava pure tristezza, e nella sua mente rimbombava la risata fredda di Donald.

Non si era mai saputo spiegare il perché di così tanta differenza fra lui e il cugino; le prime volte, aveva finito per dire “è il destino”. Ma dire così non è certo una conclusione, anzi, ti lascia col fiato sospeso. Gastone era rimasto col fiato sospeso fino a quel giorno, e, molto probabilmente, sarebbe rimasto così per il resto della sua vita: non sempre si può avere una risposta.

Non sempre si può avere una risposta...

Quante volte Donald aveva cercato, in tutti i modi, di diventare fortunato? Quante volte aveva odiato Gastone, quante volte lo aveva beffeggiato? Tantissime, così tante che Gastone non le ricordava neppure... e, dal canto suo, ricordava bene invece quante volte lui aveva preso in giro Donald per la sua sfortuna, quante volte aveva portato con sé Daisy, e quante volte Donald si era ritrovato da solo...

Perché tutto quell'odio, tutto quel rancore? Solo per uno stile di vita? Possibile?

Anche questa era una domanda a cui Gastone non riusciva a trovare risposta.

Sapeva anche che, quelle volte in cui lui aveva detto a Donald “non sarai mai fortunato come me, cuginastro” e l'altro si era messo a urlargli contro con un'ira feroce, in realtà Gastone, nel suo profondo, aveva pensato: forse non ti perdi molto, Donald.

No, Donald non si perdeva proprio niente, lui, con la sua sfortuna, a volte, sapeva essere fortunato: parenti lo consolavano e lo aiutavano; Gastone non aveva nessuno, perché la sua fortuna lo rendeva immutabile da ogni aspetto. Passava come una persona fredda e senza bisogno di niente, perché lui aveva già tutto; ma era proprio questo il punto, in realtà, Gastone non aveva niente, almeno non le cose più importanti di tutto: l'amore e l'amicizia.

 

Gastone strinse forte i pugni dalla rabbia, e una lacrima gli scivolò via.

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

« Chi è? »

Brigitta deglutì.

Si avvicinò al citofono e sussurrò:

« Sono io, Brigitta »

Silenzio.

« Signorina, lei sa che non è la... ehm... più... gradita, qui, dal principale... le... le consiglio... »

« Non me ne vado, Battista; so che ti preoccupi per me, ma so il fatto mio. Grazie »

La donna aspettò con le braccia incrociate, e la porta d'acciaio si aprì.

Appena entrò, essa si richiuse da sola, lasciando Brigitta al buio. Poi la luce venne accesa e Battista apparve alla base delle scale.

« Buongiorno. Vorrei vedere Scrooge, e subito magari » gli disse Brigitta.

Battista la guardò. Poi sospirò e le fece salire le scale, a bocca storta.

« Bhe, io gliel' ho detto » disse poi, seguendola.

Brigitta sorrise. « Andiamo, non è certo la prima volta! Al massimo mi sbatterà fuori come sempre. Ci sono abituata »

Finite le scale, Brigitta entrò nell'ufficio di Miss Quackfaster. La segretaria la guardò allarmata.

« No, Miss, non... »

« Grazie Miss Quackfaster, ci penserò io » la interruppe Brigitta.

La donna sentiva dentro di sé una forza e una volontà inaudita; sentiva che stavolta si sarebbe fatta valere. Non aveva intenzione di cedere, di farsi trattare male. Aveva detto basta.

Aprì la porta dell'ufficio di Scrooge e la richiuse forte dietro di sé.

 

Scrooge era a sedere sulla sua poltrona, e poggiava i piedi sulla scrivania, in una posa assolutamente di relax.

Brigitta non si aspettava questa scena, così rimase un po' interdetta.

« E tu che vuoi? » le chiese lui in tono brusco dopo alcuni secondi.

Brigitta aprì bocca ma la richiuse subito. Durante l'andata, aveva raccolto nella sua mente tantissime frasi perfette da dirgli, di quelle frasi che ti lasciano a bocca chiusa. Ma... adesso non se ne ricordava manco una.

Fece un passo, aprì la bocca un'altra volta ma poi si morse il labbro.

Accidentiaccidentiaccidentiaccidentiaccidentiaccidentiaccidentiaccidenti!

« Allora? » disse Scrooge, senza muoversi di un centimetro.

Brigitta, come d'istinto, raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e a grandi passi si avvicinò alla scrivania; prese Scrooge per il colletto della camicia e se lo portò talmente vicino che i loro volti quasi si sfiorarono.

Lo guardò fisso negli occhi verdi, intensamente, decisa e arrabbiata.

« Qualunque... qualunque cosa tu stia pensando, sta' tranquillo che non farò nulla di “terribile”, per come la pensi tu; io ti devo solo dire che non ho mai conosciuto qualcuno più egoista, avaro, taccagno, cinico, furbo, intelligente e... e... » la voce di Brigitta cominciò a tremare, e la sua vista si annebbiò: odiava piangere, ma sembrava inarrestabile. « … e... e... e buono, generoso, dolce, g-gentile...! Oh, Dio... » lasciò Scrooge, mettendosi a singhiozzare. « P-perché... perché ti amo ancora, perché... t-ti amo. E per questo sto anche piangendo come... come una qualsiasi! Oh, quanto ti odio, ti odio perché... perché ti amo! Ah! Non è buffo? È patetico! Ti odio perché ti amo... oh... »

Brigitta si lasciò andare per terra, appoggiandosi alla scrivania.

Smettila, smetti di piangere, ti rendi conto di quello che hai appena detto e fatto...? Smettila, smetti!

« Brigitta... »

Smetti... di... piangere.

« Brigitta »

La donna alzò lo sguardo. Vide Scrooge; si era alzato, e adesso la fissava tristemente, come se provasse pena.

« Ah, no, non guardarmi così! » con un gesto del braccio si asciugò le lacrime, si alzò e cercò di non guardarlo. « La pena è un sentimento orrendo! E io sono una stupida. Me ne vado... me ne vado, scusa... il disturbo »

Corse alla porta, quando la mano di Scrooge la fermò per il braccio.

« Mi dispiace, va bene? Ma aspetta, per favore » disse Scrooge.

Brigitta guardò prima il suo braccio bloccato, poi Scrooge.

« Cosa c'è? » Brigitta cercò di liberarsi, invano.

« Senti, lo so che... questi giorni sono strani, e cupi, ma io non me la sento di comportarmi male di conseguenza. Perciò... » Scrooge sembrò farsi coraggio dentro di sé. « … Sappi che... qualsiasi cosa ti... ti accada, qualcosa di spiacevole, sia di minor rilievo che no... bhe... »

Brigitta non smetteva di fissarlo. Le brillavano gli occhi per la sorpresa e la commozione, anche se non capiva dove l'altro volesse arrivare.

« … Io non mi tirerò mai indietro, sappilo. Ti aiuterò » a quel punto le lasciò il braccio.

Ci furono parecchi secondi di silenzio che a Scrooge parvero ore e ore.

Oh, bravo. L'hai detto. Bravo idiota.

E adesso?

Che fai?

Praticamente è come una dichiarazione d'amore per lei...

Un bacio dolce sulla punta del suo naso interruppe questi pensieri di colpo.

« Che cos...? »

Brigitta lo abbracciò, interrompendolo di nuovo, con un largo sorriso e lacrime di gioia sul volto.

Scrooge aveva lo sguardo fisso nel vuoto, incredulo di ciò che era appena accaduto.

« Oh, Scrooge! » sospirò Brigitta, stringendolo ancor più.

Dal canto suo, Scrooge arrossì, imbarazzato. « Ehi... ehi, ora basta »

Prese le spalle di Brigitta e delicatamente la allontanò da sé.

Lei lo guardò dolcemente, lui voltò lo sguardo.

« Grazie, Scrooge. Ora vado. Grazie, grazie, grazie... »

Con ultimo raggiante sorriso, Brigitta uscì dall'ufficio chiudendo la porta dietro di sé.

 

 

 

 

 

« Non ci provare! Ti avevo già detto che avrei avuto bisogno di aiuto, adesso non puoi certo tirarti indietro! »

Daisy camminava avanti e indietro sul marciapiede, agitata e col cellulare all'orecchio.

« Donald! Non ci sono scuse! » esclamò, fermandosi. « Tu adesso vieni qui da me, subitissimo, e mi aiuti! A dopo! » e riattaccò.

Sbuffò, guardandosi attorno.

Chissà quando arriverà, accidenti! Mi farà aspettare qui, in piedi, da sola al freddo... con questa nebbia del cavolo.

Ah, no, io entro! Qui a congelare non ci sto.

Si guardò velocemente intorno e adocchiò una pasticceria all'angolo della via, dall'altra parte della strada.

S'incamminò verso il semaforo, chiudendosi il cappotto alla gola, infreddolita.

Fa ogni giorno più freddo! No, forse mi lascio suggestionare troppo... devo bere qualcosa di caldo.

Mentre ancora le macchine correvano veloci, e il semaforo diventava giallo, il cellulare di Daisy suonò dalla borsa.

Chiedendosi chi potesse essere -sulle prime le era venuto in mente Donald, magari con un'altra scusa- rimase sorpresa nel vedere il nome di Brigitta sul piccolo schermo.

« Pronto? » chiese, tenendo d'occhio il semaforo di fronte.

« Daisy! Oh, Daisy, devo assolutamente raccontarti...! »

Proprio adesso? Acc...

« Dimmi, dimmi... »

« È stato fantastico, io non me l'aspettavo proprio, ero venuta con l'idea che sarebbe andato tutto a rotoli e invece... invece... Daisy, Daisy, come faccio a raccontartelo? Dovremmo vederci, non posso per telefono, dovremmo vederci... »

Scattò il verde.

« Ehm, Brigitta, sono contenta per te. Mi pare di capire che lo zio non ti ha trattata male, giusto? »

Brigitta continuò a parlare a Daisy per altri 5 minuti buoni, che intanto attraversava la strada.

Però, dopo essere stata fuori dall'uscio della pasticceria per quei 5 minuti -come una grulla, pensò- decise di troncare i discorsi sognanti dell'amica, dicendole che doveva lasciarla perché occupata.

« Oh, certo, scusami! Ci risentiamo! Ciao » si affrettò a dire Brigitta dall'altro capo del cellulare.

« Ciao » e Daisy riattaccò.

Puff.

Daisy spinse la porta della pasticceria ed entrò. Faceva una bel calduccio, e c'era un odore di dolci che ti faceva venire l'acquolina in bocca. Adocchiò subito l'unico tavolo rimasto libero e vi ci si fiondò.

Chissà che avrà detto lo zio di incredibile per rendere così felice Brigitta. Però, a parte tutto il tempo che mi ha fatto perdere al freddo, sono contenta per lei. Ne parlerò a Donald quando arriverà, non ci vorrà credere: poi magari andremo anche noi dallo zio, così, a parlarci un po'. Il nervosismo deve essergli passato.

Inconsapevolmente sorrise, presa da un attacco di ottimismo.

Questa nebbia sparirà. Sparirà insieme a tutte le superstizioni della gente, e alle loro paure.

Svanirà nel nulla.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Bonjour! Ecco per voi il terzo capitolo! Chi c'è (e soprattutto chi ha voglia!) recensisca, che male non fa, a nessuno! Se no, che ci sto a fare qui...? Non posso divertirmi e basta XD Scherzo, come al solito! Bhe, buona lettura!

 

P.S.: in questo capitolo troverete Paperoga, che in inglese ha il nome di Fethry Duck. Visto e considerato che non posso chiamare un ragazzo umano Paperoga, ho deciso di usufruire del suo nome originale, che non è il massimo ma è un po' meglio e sicuramente meno ridicolo per un umano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Dunque.... 1,2,3,4,5,6,7,8,9... 10 11 pagine! Quella è pazza »

Dewey sbuffò sonoramente, lasciandosi andare all'indietro sulla sedia.

Gli altri due fratellini non ci fecero caso; si limitarono a prendere i rispettivi libri e a sfogliarli lentamente.

« Ma che fate? » domandò all'istante Dewey, irritato.

Huey alzò lo sguardo, Louie invece continuò a leggere.

« Stiamo facendo quello che non fai tu, Dewey: studiamo » disse il primo.

« Non ce la farete mai a studiare 11 pagine piene in un'ora! Tanto vale che lasciate perdere »

« No, almeno dobbiamo leggerle, per capire l'argomento » intervenne Louie.

Huey e Louie guardarono Dewey per alcuni istanti, poi tornarono sul libro.

« E va bene, e va bene... anche se non capisco cosa vi sia preso. Una decina di minuti fa eravate voi a dire a me di giocare »

Passò un'ora molto velocemente, e quando suonò la campana delle 20:00, i tre chiusero i libri.

« Voi dove siete arrivati? » domandò rassegnato Huey.

« Io ho letto tutto una volta. Alla seconda non sono neanche arrivato a metà » rispose Dewey.

« Io invece mi sono messo a cercare di ricordarmi tutto alla prima, con scarsi successi. E perciò non sono arrivato nemmeno a un terzo del totale » disse Louie.

Huey abbassò la testa fino a appoggiarla sul tavolo. « Io l'ho letto due volte ma non ci ho capito nulla »

I tre sospirarono profondamente, presero i libri sotto braccio e li infilarono nelle proprie cartelle.

« Quando ha detto che tornava Zio Donald? » chiese Huey, guardando l'orologio.

« Non so. È andato da zia Daisy almeno due ore fa, dovrebbe essere di ritorno adesso... »

« Li avete sentiti l'altro giorno? Erano tutti contenti, parlavano dello zione e di Brigitta »

Louie aprì il frigorifero e dette un'occhiata. « Mh. Sì, li ho sentiti: chissà che è successo ».

Attimi di silenzio. Huey e Dewey guardavano fuori dalla finestra, Louie scrutava l'interno del frigorifero.

« Ragazzi, qui siamo a secco: se lo zio non compra qualcosa, stasera non mangeremo niente »

Silenzio. Lontano, si udivano i clacson e le ruote delle macchine correre sull'asfalto.

« Voi che ne pensate? » disse a un certo punto Dewey.

Gli altri due lo guardarono con sguardo interrogativo. « Di cosa? »

« Bhe, di questa nebbia »

Silenzio di tomba, un sospiro.

« Bah. Vi ricordate qualche giorno fa, quando chiedemmo allo zio cos'aveva, e lui non rispose? Poi suonò il campanello e non ne abbiamo più potuto parlare. Però potemmo ascoltare il dialogo fra lui e la zia; lei era terrorizzata. Forse lo è ancora, forse... forse lo è tutta la città! Perché non se ne va. In effetti è una cosa alquanto strana, no? » disse Louie.

« Sì, lo è. Devo ammettere che mi fa una certa impressione » commentò Huey.

Ancora silenzio.

Louie bevve dell'aranciata che aveva trovato in frigo.

« Sapete, ho l'impressione che questo sia solo l'inizio di qualcosa. Forse ho letto troppi libri, ma... è una sensazione. Nient'altro » disse poi.

« Ad ogni modo, non lasciamoci suggestionare troppo dai media » disse Dewey.

Gli altri due annuirono, convinti.

Poi, il rumore della porta che si apriva: e la voce di Donald.

« Ragazzi, sono tornato! Ho fatto della spesa »

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

« Ci sono! Ci sono! »

La gente si girò a guardare il ragazzo che si era rannicchiato a terra e adesso esultava.

Fethry si alzò, con un largo sorriso stampato in faccia. Prese una fialetta in vetro dalla tasca; la mosse in avanti come a catturare la nebbia e la richiuse di colpo.

Devo assolutamente parlarne con qualcuno.

Si mise a correre verso il centro, ovvero, diretto a casa di Donald.

Dopo alcuni minuti, girò a sinistra nella via dove abitava il cugino. Faceva freddo, c'era tantissima nebbia e di conseguenza era come se fosse notte.

Drinnn!

Fethry era fremente, non riusciva a trattenere la propria gioia.

Oh, dai, apri, apri, apri, apri, apri, apri!

La porta si aprì, con Donald in ciabatte.

« Fethry? Che c'è? » chiese sorpreso.

« Fammi entrare! Ho una scoperta eccezionale »

Questo mi caccia nei guai per l'ennesima volta, come se mi mancassero.

« No, mi dispiace, ma adesso non posso... non sto molto bene, vedi... » mentì Donald.

« Ma non ti disturbo mica! Ti faccio solo vedere una cosa »

Donald alzò un sopracciglio, perplesso. « Sicuro? »

« Sicuro »

« Me la fai solo vedere? Non devo fare altro? E poi te ne vai subito? »

Fethry scattò in avanti. « Insomma, Donald, hai paura che ti incendi la casa?! »

Donald sospirò. Non ci manca molto...

« D'accordo, entra. Ma sii veloce » fece entrare il cugino e chiuse la porta di scatto.

Fethry piombò sul divano, si levò il cappello e fece cenno a Donald di sedersi accanto a lui. L'altro, anche se titubante, obbedì.

« Guarda » disse con una nota di soddisfazione Fethry, tirando fuori dalla tasca del giubbotto la fialetta in vetro.

Donald la guardò attentamente, scettico.

« Dunque...? » chiese poi.

« Ma come dunque? Non vedi? » lo rimbrottò Fethry, stranito.

« Eh... no. » rispose l'altro.

« Ma dai... è nebbia! Qui dentro c'è della nebbia. Quella che è qui fuori, per la precisione »

Donald guardò Fethry.

E adesso che gli dico?

« Uh... bhe. Ehm, certo. E, e quindi? Cioè, che cosa...? »

« Donald, svegliati! Non capisci? » disse l'altro.

Donald stette in silenzio.

No.

« Ehm, sì, certo che capisco. Ma tu... vuoi dirmi qualcosa ovviamente. Perché non mi spieghi quello che ho... che ho capito? Farai una bella figura »

Magari abbocca... se gli dico che non ho capito niente non si schioderà più.

« Uhm, e va bene! Dunque, come hai già capito, questo campione di nebbia è una conferma a un pensiero che circolava da tempo nel mio geniale cervello. Ovvero, la fitta nebbia che è presente qui a Duckburg e dintorni da ormai due mesi, sarà un aiuto per la nostra comunità, dunque un incentivo per migliorarci. In parole povere, sarà come iniziare da capo »

Fethry sollevò ancor più la fialetta, guardandola e sorridendo.

L'espressione di Donald, invece, era la stessa di quando aveva iniziato il discorso. Teneva la testa appoggiata sul palmo della mano, in una posizione che faceva intendere perfettamente che il discorso, per lui, era finito lì, in tutti i sensi.

« E come mai mi hai portato questa fialetta? » chiese, senza muovere un muscolo.

« Bhe, non potevo mica illustrarti la mia brillante intuizione con niente davanti. Dovevo avere questa spettacolare scoperta in mano »

Sempre che ci sia mai stata, lì dentro.

« Ehm. Bravo Fethry, sei veramente geniale. Ora però avrei da fare. Ricordi la promessa? Te ne dovresti andare subito » Donald si alzò, sotto lo sguardo offeso di Fethry.

Andò a aprire la porta e disse al cugino: « Bhe, alla prossima! Stammi bene »

Fethry non si mosse di un millimetro.

« Non mi credi. Lo sapevo, io. Ma naturalmente: come si può credere al parente più strampalato di tutta la famiglia? Naturalmente. »

Donald strinse le labbra.

Mi sa che ho esagerato.

« No, Fethry, cosa dici? No. Hai frainteso, cugino, io ti credo perfettamente. Solo che non sto molto bene, e devo stare un po' in pace. Ma non voglio offenderti, io ti credo » Donald chiuse la porta e si avvicinò al cugino.

Quest'ultimo sulle prime non si mosse, poi si alzò di scatto dando le spalle a Donald.

« Mi credi un perfetto idiota! Io... io lo so che non è facile crederci, ma... ma è così! Ti assicuro! Ma perché non mi credi? Perché non mi crede nessuno? »

« Fethry... »

« Possibile che tutte le volte che dico qualcosa, gli altri mi prendano in giro, mi ridano alle spalle o mi mentiscano? Non è giusto, se io lo facessi a loro, ci starebbero male! »

Donald si vergognò di sé stesso. « Hai ragione, ma... »

« Per questo dico che tutto dovrebbe risolversi! Perché io credo che ci sia ancora una speranza, magari non per me, ma per voi, sì! Io sono qui e lo spero moltissimo! Ma, se nessuno mi crede quando lo dico, come potrà risolversi qualcosa, eh, come? »

Donald avrebbe voluto sprofondare per terra, giù e ancora giù, ma si sentiva i piedi perfettamente attaccati al pavimento. Era ancora lì.

« Scusa, scusami. Devi ammettere che è un po' difficile credere a quello che hai detto, soprattutto alla storia della nebbia nella fialetta. Insomma, è... è, come dire... un po'... non offenderti... improbabile. Ma per il resto, direi che hai perfettamente ragione! E, non ti voglio mandar via perché non ti credo, ma solo perché... ho voglia di star solo, può capitare, sicuramente è successo anche a te e... »

« Bah! Ad ogni modo, io te l'ho detto! Pace se non mi credi! Tanto, la mia non era un'avvertenza, era soltanto un'affermazione! E se poi hai deciso di non credermi mai più, affari tuoi... ma non venire a cercarmi! » Fethry si infilò il cappello, e, con i pugni stretti e la testa alta, arrivò alla porta, la aprì e se la sbatté dietro.

Donald rimase come un allocco fermo in mezzo al salotto, senza decidersi sul da farsi.

 

Scusa, Fethry...

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

The caldo, biscotti, giornale, divano e mega TV ad alta definizione.

Relax assoluto. Come ho fatto a non pensarci prima?

John J. Rockerduck sfogliò il giornale lentamente, bevve un sorso di the e mangiò un biscotto croccante.

Il suo sguardo scorreva da un titolo all'altro, lentamente e con grazia. Voltò e voltò pagina, fino ad arrivare a metà giornale; a quel punto lo richiuse e lo appoggiò accanto a sé.

Sospirò, chiuse gli occhi e distese la schiena all'indietro.

Panico nebbia, panico nebbia, panico nebbia. La gente non sa proprio divertirsi; per rilassarsi, non c'è niente di meglio di un po' di TV e di stacco da lavoro.

Stava giusto per accendere lo schermo, quando bussarono alla porta del salotto.

« Ah, no! Chi è che osa disturbarmi adesso? » esclamò, consapevole del fatto che comunque avrebbe dovuto far entrare lo sconosciuto.

« Ehm, principale, sono io, Lusky. C'è... c'è una persona, qui, per lei » disse il segretario al di là della porta con voce sommessa.

« Diamine, Lusky! Ti avevo detto di non far entrare nessuno! » Rockerduck non aveva nessuna intenzione di muoversi dalla sua beneamata posizione.

« Mi scusi, lo sapevo, ma... adesso è qui. Vuole...? » il segretario non finì la frase.

« No, non voglio! Ma nemmeno posso farlo tornare indietro! Che entri! » rispose sempre immobile.

Dio mio, quell'imbecille lo sa perfettamente che sono settimane che non lavoro! E mi lascia entrare tutti!

Naturalmente, quella fuori dalla porta era la sola persona ad essere entrata da quando Rockerduck era andato “in ferie”. Ma l'ira capovolge tutto, si sa.

La porta si aprì piano, poi fu richiusa con altrettanta cautela.

Rockerduck vi era di spalle e non vide chi era entrato.

« Allora, chi è? Fate alla svelta, ho fretta » domandò con tono assai seccato.

« Non ho nessuna intenzione di fare i comodi tuoi, pivello »

Rockerduck si alzò di scatto, come se fosse stato punto da un insetto alla schiena.

« Tu?! »

Scrooge McDuck era in piedi, con cilindro, bastone e cappotto in pelle.

Guardava Rockerduck dall'alto al basso, e non accennava a un minimo sorriso ironico o a presa di giro. Era stranamente serio.

Rockerduck lo osservò per altri buoni 5 secondi, poi si decise a parlare.

« Che vuoi? »

Scrooge non parlò. Guardò la situazione del salotto; vide il giornale, il the, i biscotti, la TV. Si guardò ancora attorno, alla ricerca di qualcosa, qualcosa che evidentemente non c'era.

« Non hai mai visto un salotto, spilorcio? Ah, già, dimenticavo: ai tuoi tempi non esisteva nemmeno, poi, nel Klondike, figuriamoci! Ah! » Rockerduck si mise nuovamente a sedere sul divano, finendosi di bere il the caldo.

Passarono molti altri secondi. Poi Scrooge parlò.

« Mi vergogno per te, sai? Non mi era mai capitato » disse con tono acido.

« E per che cosa, perché bevo il the comodamente? O forse solo perché non è riciclato? » Rockerduck diventava ogni secondo più freddo.

« Hai sbagliato il complemento oggetto, pivello: non parlavo del the »

Rockerduck fece una smorfia. « E allora forza, parla! Perché sei venuto qui? Solo per far parlare me? O vuoi che ti mandi subito fuori? Eh? »

« Mi vergogno perché secondo la mia prassi, nessuna persona deve mai mollare! »

« E a me che me ne frega della tua prassi? Io faccio quello che mi pare! »

« No, caro mio, no! Non è così facile! » Scrooge arrivò al divano e si piazzò davanti a Rockerduck.

« È troppo comodo, così. E la vita non è comoda. Tu, invece, guarda come ti metti bene: TV, relax assoluto, the, biscotti. Meglio di così! Vedi, Rockerduck... » Scrooge voltò la testa e subito tornò a guardare il rivale. « Io odio le persone che mollano, o che se la prendono comoda. Non che questo ti debba preoccupare, certo. Ma c'è un motivo per cui le odio, ed è questo motivo qui che ti deve preoccupare! Vedi, questo genere di persone è destinato a fallire. Un giorno si sveglierà e batterà il didietro per terra, sta' sicuro. Poi sarà dura sapersi rialzare, credimi! Sarà proprio dura... »

Rockerduck batté la mano sul divano, guardando oltre Scrooge. Poi chiuse gli occhi.

A quel punto, iniziò a parlare piano.

« Ignorando il fatto che sei entrato nel mio salotto privato senza praticamente nessuna autorizzazione, dicendomi idiozie di vario tipo eccetera... » aprì gli occhi. « … mi potresti spiegare, che diavolo me ne faccio io delle tue stupide frasi, delle persone che “mollano” e bla, e bla, bla... e soprattutto: chi diavolo ti dice che io stia mollando? Solo perché sto qui in santa pace a bermi un the davanti alla TV?! Ah, ma ti faccio vedere io, come mollo! Come no! ADESSO SPARISCI! »

di scatto Rockerduck si alzò. Sembrava l'ira tramutata in uomo, aveva uno sguardo paonazzo.

« TI CREDI TANTO SUPERIORE, EH? MA NON SEI TU AL CENTRO DEL MONDO, SCROOGE MCDUCK! »

Scrooge lo osservava, sorpreso di quella reazione.

« Tu dici e dici, ma in realtà, non fai niente!! Io faccio quello che diavolo mi pare e non ci devi essere tu a dirmi “mi vergogno di te” oppure “sei uno scansafatiche”!! Anzitutto, chi sei tu per dirmi questo? Come ti permetti? Questa è casa mia, e tu adesso, se non ti muovi, voli fuori dalla finestra!! »

In preda all'ira e al fiatone per aver urlato così forte, Rockerduck rimase a un palmo dal naso di Scrooge, senza smettere di fissarlo negli occhi. Scrooge, dal canto suo, scosse la testa, facendo un sorriso malinconico.

« È veramente incredibile. Quante cose sta facendo tutta questa... questa nebbia, e questo freddo! I media hanno ragione, stiamo davvero impazzendo. Non credevo che bastasse così poco per farci crollare. Ma forse, forse è perché stavamo già crollando, e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Eravamo sull'orlo del limite, e ne siamo usciti. Guardaci: io, qui, a dirti quello che penso, e non è cosa che faccio solitamente. Tu, rassegnato, ti sei lasciato andare e basta una minima parola di verità per farti uscire dai gangheri. Ma sì, sarà la verità... » Scrooge si voltò, avviandosi alla porta.

« … Sarà la verità, sì... ma io qui ho finito. Addio, Rockerduck » e chiuse la porta dietro di sé.

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

« Pronto, Scrooge? »

« Mh? »

« Sono Elvira. Posso parlarti? »

Scrooge sospirò. Era appena rientrato.

« Sì, sì, certo. Dimmi »

« Ecco, visto che ormai siamo a fine novembre, come tutti gli anni, avrei intenzione di fare la solita cena di Natale. Ma non è questo ciò di cui volevo parlarti, anche perché manca un mese ancora. Pensavo, in verità, di fare una festa, verso il 10 del mese di dicembre. Così, non c'è un reale motivo. Qui, alla fattoria, nulla di nuovo: sarà un modo per ritrovarci insieme più di una volta, ora poi, di questi tempi, non fa altro che bene. Dunque, che mi dici...? Ci sarai? Ho già preso accordi con gli altri, mancavi solo tu »

Scrooge fece un altro sospiro, alzando la testa.

« Ecco, nonna, non sono proprio dell'umore... giusto » disse infine.

« Bhe, appunto, sarà un modo per... per farci compagnia »

« Io non... »

« Scrooge, ho già fissato tutto con tutti, senza di te... non puoi farci... farmi questo. Non sei mai mancato »

« Alla cena di Natale! Ma questa è un'altra cosa »

« Scrooge... »

Silenzio. Scrooge guardò in alto, facendo un breve sospiro.

« D'accordo. Per il 10 dicembre, alla fattoria. Poi mi dirai l'ora »

« Certamente! Grazie, Scrooge! »

« Ciao, nonna » e riattaccò.

 

 

 

 

 

 

 

Basta poco per spaventare l'uomo, certo.

Ma c'è una cosa che lo terrorizza più di tutto:

la solitudine.

E il peggio è che l'uomo, il più delle volte, non lo sa.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Lo so, sono in tremendo ritardo! Ma veramente, essendo iniziato il secondo quadrimestre a scuola, mi sono incasinata fra compiti, voti e pagelle. È un periodo in cui il mio tempo libero equivale a zero, perciò scusate il mio enorme ritardo! Spero capiate.

Vi auguro buona lettura di questo terzo breve capitolo, spero sia di vostro gradimento!

 

-Spheater

 

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

 

Perché siamo nati per stare insieme.

Vi ricordate Adamo ed Eva?

Ad Adamo è stata data una compagna, Eva: quel che è accaduto dopo in questo caso non c'interessa, ma dobbiamo pensare alla nostra umanità: non possiamo stare da soli, dobbiamo stare insieme, vicini, perché sin dall'inizio, è sempre stato così.

Anche chi non crede, chi non ha fede, non può negare che comunque, un uomo solo è finito. Che sia bambino, adulto o vecchio, quell'uomo è finito, e nulla potrà mai salvarlo se non un'altra persona, che sia giusta o sbagliata.

Perché negare l'evidenza?

Perché rifiutarsi di capire?

Stiamo insieme.

E ce la faremo, anche se dovesse venire l'ultimo giorno.

 

Perché sarà anche l'ultimo giorno, ma almeno saremo insieme.

 

 

 

-

 

 

 

 

Elvira non riusciva a sopportare l'idea di passare quell'orrendo periodo da sola, anche se in compagnia dei suoi animali e della sua fattoria.

Non erano abbastanza, e non le ci voleva nulla a chiamare i suoi parenti, perciò l'aveva fatto senza esitare.

C'erano tutti, e anche se a qualcuno non sarebbe stato gradito, lei sperava che anche qualcuno in più dei suoi parenti arrivasse.

Non sperava invano.

Amelia, la fattucchiera, grazie alla sua sfera magica era venuta a sapere della festa alla fattoria, ed aveva già fatto i bagagli: aveva pensato che, conoscendo Scrooge, alla festa sarebbe stata presente anche la tanto desiderata Numero Uno. E magari, nel suo inconscio, c'era anche il desiderio di stare insieme a qualcuno, che fosse nemico o amico, non importava; magari sperava che a Duckburg quella odiosa nebbia che circondava il Vesuvio non ci sarebbe stata, ma anche se si fosse sbagliata -ed in effetti era così- la cosa non la preoccupava più di tanto. Almeno non sarebbe stata sola.

 

Scrooge si sarebbe accorto subito del furto, ma Amelia, per non rovinare la festa a sé stessa e agli altri, avrebbe preso il decino alla fine della festa, con un incantesimo che avrebbe scelto in seguito.

Non le andava di rubarlo subito, la festa sarebbe andata in fumo, tutto quel tempo per prepararla sarebbe stato sprecato per niente e lei sarebbe dovuta tornare di volata al Vesuvio... e tutto in mezzo alla nebbia.

Ma Amelia non era la sola a venire da non invitata: c'era anche un certo pivello, un po' innervosito da una discussione intrapresa qualche giorno prima, una bella signora, proveniente dal Klondike, e la sua nipotina, Dicky, ben contenta di partecipare a una festa per una volta ogni tanto.

A loro Elvira non aveva certamente pensato; ma a volte, non c'è bisogno di un invito, per desiderare di stare insieme alle persone amate...

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

9 dicembre, ore 18:46

 

 

 

I clacson, il rumore delle ruote che stridono sull'asfalto e nient'altro.

Daisy guardava fuori dalla finestra, ma non guardava la strada, bensì il cielo, con aria nostalgica.

Quante volte aveva alzato lo sguardo per vedere quello spettacolo che solo verso sera si mostrava?

Quanti minuti aveva passato, senza muovere lo sguardo o pensare ad altro che non alle stelle?

Molte volte si era chiesta chi ci fosse là, magari qualcun altro che si stava affacciando alla finestra per guardare la stessa stella che guardava lei.

Oppure non c'era nessuno, ma proprio nessuno? Forse era troppo lontano, o forse...

O forse sono solo io. Sicuramente, in questo momento, in questa città, solo io sto guardando il cielo, senza vederlo: perché le stelle sono sparite, il cielo pure: vedo solo questo muro di nebbia, non riesco a perforarlo e ad andare oltre.

Daisy strinse forte i pugni, senza spostare lo sguardo.

Come faceva Leopardi, potrei immaginare l'infinito dall'altra parte, ma io non sono come lui, non sono proprio nessuno; e poi...

Daisy avvertì un leggero capogiro, ma non spostò comunque lo sguardo.

E poi, io di là ho visto cosa c'è, non potrei mai più riuscire a immaginare qualcosa di diverso! Non ci riuscirò mai! Leopardi forse ci riusciva perché era diverso, perché era... strano, non so, ma io non sono così, sono una persona normalissima... addirittura mediocre da quanto so essere normale... e non vedrò mai più in là della realtà.

Un tuffo al cuore, quando sentì una lacrima farsi strada sulla sua guancia.

Si lasciò andare, piegò la testa e strinse gli occhi e i denti, in una morsa di rabbia e di tristezza. E singhiozzò.

Non è giusto!! Io non ho questa capacità, allora perché mi è stato tolto tutto, tutto quello di cui avevo bisogno? Ma cosa credi che io riesca a fare?! Io non voglio sopravvivere, voglio vivere!!

Chiuse la finestra di scatto, continuando a piangere fortemente.

« Mi senti?! Ascoltami! Guardami! Sto piangendo come una bambina di due anni, solo perché io sono una bambina di due anni! Una bambina che non sa arrangiarsi, una bambina a cui è stato tolto il giocattolo più bello, l'ideale più bello... mi stai togliendo tutto, e non solo a me! Ci stai togliendo tutto!! E perché?! PERCHÈ? »

La ragazza crollò a terra, tenendosi stretta la testa fra le mani, singhiozzando sempre, ma meno forte.

« … Perché? Se non ci dici perché, come faremo noi... dacci un'altra possibilità... ti prego... ti prego, lo so che sei lì... da qualche parte, lo so... a-ascoltami... » finì col mettersi la testa nelle ginocchia e continuando a piangere, sempre più rassegnata.

 

A volte mi sembra che appaia una luce lontana nel buio, ma la vedo subito sparire.

Perché forse non sono abbastanza veloce, o furba, o intelligente, da saperne approfittare.

Ma se nessuno mi ha mai insegnato, cosa si può mai pretendere da me?

Sono solo una semplice ragazza.

 

 

Sono solo una semplice ragazza.

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

 

Mai come in questo momento Scrooge credeva che una festa potesse essere una totale perdita di tempo e di denaro.

Stavolta aveva raggiunto il livello massimo del suo odio per essa, avrebbe trovato più utile stare fermo in silenzio nel suo studio, a pensare al niente.

Non sapeva cosa stava accadendo, non capiva; non voleva capirlo e non l'avrebbe mai capito.

La nebbia gli oscurava la mente, il cuore e l'animo, pareva essere dentro una gabbia di fumo, da cui non sapeva se ne sarebbe potuto uscire o meno.

Scrooge era una di quelle persone che si chiudono in sé stesse.

Lui però, si era chiuso in sé stesso da solo, a causa di una serie di vicissitudini e soprattutto, di rinunce.

Aveva passato una vita intera girando per il mondo, alla ricerca della ricchezza e dell'oro.

Alla fine di tutto l'aveva trovato, seminando però dietro di sé lacrime e delusioni.

Aveva perso l'amore, la famiglia, gli amici. Tutto.

E adesso che era ricco, non gli restava che bearsene, e volere essere ancora più ricco, e ancora e ancora, fino forse a scoppiare.

Quando uno nella vita ha vissuto tutto, ha fatto più di quello che poteva fare in una vita normale, cosa fa quando è alla fine del suo giro?

Non gli resta che godersi tutto ciò che ha accumulato, ma... e se avesse accumulato le cose sbagliate? Allora si affogherà nei ricordi, e quei ricordi, almeno, sono dentro a quegli oggetti.

E gli “oggetti”, per Scrooge, erano i soldi.

 

Ma in quei giorni qualcosa stava cambiando in Scrooge, e non era la prima volta.

Adesso si chiedeva se avrebbe potuto rimediare, se questa festa, magari, sarebbe diventata qualcosa di speciale... ma poi scosse la testa, convinto di aver sperato l'impossibile.

Sarebbe stata la solita festa con i soliti parenti, con le stesse persone, e le stesse frasi magari.

Gli avrebbe sì fatto piacere, come no: ma non abbastanza.

Non abbastanza da poter tornare a casa, coricarsi a letto e pensare, con un sorriso sulle labbra: è cambiato qualcosa.

Scrooge pensava che sarebbe stato bene sul momento, quando avrebbe cenato con i familiari, ma, appena tornato al deposito, solo con Battista, sarebbe stato ancora più solo di prima.

Perché con lui non c'era nessuno, non c'era nessuno diverso da Battista, diverso da un amico.

Era solo, questo imponevano i soldi, e lui ormai non poteva farci più nulla.

 

 

Se solo avessi preso una decisione giusta per il mio vero futuro, e non per quello che mi immaginavo! Ma come facevo a saperlo, ero giovane, volevo solo essere ricco per dimostrare agli altri di che pasta ero fatto, e per il gusto dell'avventura.

Anche adesso magari è così, ma l'ho già dimostrato troppe volte, è troppo chiaro, io adesso voglio vivere una vita mia... non posso più andare avanti a ricordi.

Non ne posso più, se solo... se solo potessi rimediare.

 

Questa festa non è niente, è solo un ritrovo serale fra noi parenti, ma i miei genitori, le mie sorelle, lì non ci sono: qui a Duckburg c'è un pezzo del mio passato, ma è più che altro presente.

Ma il mio passato, quello profondo, quello che contiene le mie vere passioni... quello è lontano, o è svanito.

 

Avrei dovuto capirlo tanti anni fa.

Sarei dovuto essere saggio.

Sarei dovuto essere...

 

Diverso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come è difficile cambiare. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Finalmente sono arrivate le vacanze!! Ora potrò scrivere quanto vorrò ù_ù

Chiedo scusa per il tremendo ritardo!! E chiedo scusa anche se questo capitolo è corto. Ma ho dovuto tagliare per forza, visto che nel prossimo sarà presente una scena molto importante... che non potevo inserire in questo capitolo qui.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

_

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le sorprese più belle sono quelle inaspettate.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giacca in velluto, vinta alla lotteria il giorno prima.

Fiore giallo in bella vista davanti al taschino, così che si veda che è chic.

Ghette pulite, appena lavate, sopra alla scarpa ultimo modello.

Cappello a borsellino, anche questo perfetto, unico capo firmato della sua serie.

Ma manca il sorriso arrogante di sempre.

Non c'era niente sul volto di Gastone, solo una linea retta e uno sguardo vuoto, impassibile.

Chiuse il portone di casa dietro di sé, soffermandosi sulla soglia. Si guardò intorno.

La nebbia fitta non era né diminuita, né aumentata.

In quel momento, Gastone era immerso in quel grigio che contrastava così tanto con i colori vivaci del suo abbigliamento, ma che sembrava perfettamente intonato col suo umore, nero. Si guardò attorno, l'erba del suo giardino quasi non si vedeva.

Per un attimo, gli girò la testa, e si chiese se lui avesse mai fatto realmente caso all'erba, alla sua casa, a ciò che gli stava attorno.

Scosse velocemente la testa, scacciando quel dubbio assurdo.

Ma che mi prende?

Guardò l'orologio, turbato. Erano le sei e mezzo, sarebbe dovuto essere alla fattoria verso le sette.

Ce l'avrebbe fatta tranquillamente.

Se solo avesse avuto voglia.

Non l'avrebbe mai detto a Elvira, e nemmeno a nessun altro, ma l'idea della festa gli era parsa fin dall'inizio una completa perdita di tempo... una cosa stupida... e ingenua.

Nulla, nulla l'avrebbe mai aiutato a sorridere, almeno in quel periodo.

Ma Gastone era convinto che non avrebbe sorriso mai più, perché si era reso conto solo adesso di quanto era sfortunato.

La sfortuna, a volte, si nasconde nel suo opposto...

 

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

 

 

 

« Lusky! »

Silenzio. Rockerduck si guardò intorno, nervoso.

Quel cretino si nasconde sempre.

« Dannazione Lusky, ovunque tu sia, vieni qui! »

1,2,3 secondi. Nulla.

Rockerduck aveva una voglia matta di tirare un calcio a qualcosa, ma si trattenne.

« Rispondi! L'hai preparata l'automobile? Ti auguro di sì, perché se non l'hai fatto, giuro che... » si interruppe: non aveva più fiato, e il cuore gli martellava forte forte, come se avesse corso per chilometri. Inoltre, Lusky non lo stava sentendo, e parlare da solo in quell'enorme stanza gli dava molto disagio.

Ok, basta; se entro 10 secondi non ottengo risposta, non andrò da nessuna parte, d'altronde, chi diamine mi obbliga ad andare?

D'improvviso il suo sguardo si posò su una busta bianca, l'unico oggetto sulla sua vuota e spaziosa scrivania.

Quando gli era arrivata, aveva emesso una fredda risata.

Chi era quell'ingenuo che lo invitava a una festa in quel periodo? Una festa! Come se lui gli avesse concesso l'onore della sua presenza. Poi però l'aveva aperta, e aveva visto il mittente: nonna Elvira, fattoria nella campagna fuori Duckburg, festa pre-natalizia.

Ed era calato il silenzio.

Elvira=Scrooge.

Che gli era preso a quel vecchio barbagianni?

Una qualsiasi persona che fosse a minima conoscenza delle priorità di John Rockerduck, avrebbe detto: figuriamoci se si presenta. Minimo minimo, ci fa una bella risata su.

E invece no.

Eccolo qui, Rockerduck, in attesa del segretario (nonché autista, visto che quello autentico è in ferie) che lo porti alla fattoria; e nemmeno lui sa cosa farà o dirà, appena varcherà la soglia della porta d'ingresso dell'accogliente fattoria.

Questo non era certo l'unico dilemma di Rockerduck, combattuto fortemente dal rimanere a casa al presentarsi alla festa.

Vedete, aveva riflettuto a lungo sull'acceso discorso che gli aveva fatto Scrooge qualche giorno prima, quando si era presentato nel suo ufficio.

Da prima, aveva pensato che molto probabilmente il vecchio avaraccio fosse rincitrullito; colpa della nebbia, aveva pensato. Poi, però... si era reso conto che in quel periodo era come se mancasse qualcosa, come se un orologio fosse stato fermato, come se la sua vita si fosse improvvisamente congelata, e non era evidentemente colpa del freddo tagliente che accompagnava la nebbia.

No, Scrooge non era il solo a cui mancava qualcosa.

E l'aveva fatto capire a Rockerduck, che adesso si rodeva.

Dannazione, è riuscito a... inabissare anche me! Sì, sì, mi ha inabissato. Io stavo bene, finalmente in riposo... questa nebbia e questo freddo mi davano tregua, e invece...! Invece ecco che arriva Scrooge, a rovinare tutto! A scrollarmi, come se di me gliene importasse in minima parte. No, a lui interessa solo battermi. Solo questo.

Ma Rockerduck sapeva bene che la verità era diversa, solo che non l'avrebbe mai ammessa.

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

E chissà che tutto questo finisca, un giorno.

 

 

Le macchine che suonano il clacson, i semafori, i passanti, le luci dei negozi che si vedono appena nella fredda nebbia.

E questa malinconia, questo silenzio rumoroso.

Un silenzio che ti assorda, che ti comprime.

Sono dentro una bolla. Siamo tutti dentro un'enorme bolla. Una bolla fredda... che ti schiaccia forte... forte forte.

Non riesci a respirare.

Né tanto meno a pensare.

 

Rosso.

Una macchia rossa nel grigio intenso.

Cos'è?

Donald non capisce.

« Zio! Il semaforo! »

Porc...!

Il piede premuto sui freni, e un sospiro.

« Era rosso. Non l'avevi visto? » la vocina di Huey da dietro la 313.

Donald non rispose.

Per me quello poteva essere tranquillamente un ufo.

E invece era la cosa più banale al mondo: un semaforo che dava segnale rosso.

« Tutto a posto, zio? » insistettero i tre nipotini.

Donald annuì. « Mh. »

No, per niente.

« Tranquillo, zio... tanto fra un po' saremo in piena campagna. Non ci sarà più il traffico e potremmo arrivare tranquillamente alla fattoria »

Tranquillamente? Ma se non vedo nulla, non vedo nemmeno i bordi della strada... e pensare che qui ci sono pure le luci per terra... immagina un po' in aperta campagna! Non vedrò nemmeno la fattoria e vi andrò addosso. È pericoloso.

Scatta il verde.

Donald riparte, lentamente.

E' pericoloso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Scrooge camminava lentamente nella neve, chiudendosi con la mano sinistra il lungo cappotto mentre con la destra portava il bastone.

Battista gli stava dietro, in silenzio.

Non aveva il coraggio di parlare, anche se avrebbe voluto dire molte cose... non riusciva nemmeno a trovare una frase adatta.

Quando però cominciarono a passare dei minuti di silenzio profondo, a Battista cominciò a girare la testa; che fosse per il freddo, per la nebbia, per il tunf dei passi nella neve che cominciavano a rimbombargli nella testa come suono di cannoni, non si sa; fatto sta che si stancò di stare in silenzio.

« Signore » gracchiò piano. La voce non gli era uscita per niente bene.

Riprovò. « Signore! »

Scrooge sbuffò.

« Che c'è? »

« Mi scusi se mi permetto. Ma... io penso che sarebbe meglio chiamare qualcuno. Non ce la faremo mai a piedi »

« Io invece dico di sì. Ed è inutile sprecare denaro e tempo per chiamare qualcuno che non verrà! » rispose Scrooge, seccato.

Ma Battista cominciava a avere problemi di respirazione.

Possibile che tanta nebbia non svanisca? E questo freddo che ti taglia in due, ti impedisce quasi di respirare...

« Ma cosa dice? Perché non dovrebbero venire? » ribatté il maggiordomo.

« Risparmia il fiato. »

Battista rimase in silenzio.

Ma che gli è preso? Ieri era diverso. Com'è che non vuole essere aiutato? Moriremo di freddo, inoltre con questa nebbia non vedremo mai la fattoria.

Devo chiamare io qualcuno.

Ma Battista ricordò di aver lasciato il cellulare nella macchina, quando erano scesi per controllare il motore. Poi si erano messi in cammino per volere di Scrooge, e il cellulare era rimasto lì dov'era...

Bravo! Bravo veramente. I miei migliori complimenti. Lo sai vero, che non ritroveresti mai la macchina semplicemente perché non la puoi vedere?! Bene! Bravo! Morirai assiderato a 15 giorni dalla festa di Natale...

Battista si fermò di colpo, in mezzo alla nebbia e al freddo.

Col cavolo! Questo non lo posso permettere.

« Principale, io mi rifiuto. »

Scrooge stavolta si fermò, senza girarsi.

E adesso come reagirà?

« Ah, sì? E come pensi di fare, poi? Di tornare indietro a piedi? »

« Se è per questo, anche proseguire è cosa da evitare! Perché non mi dà retta? Lei... »

« Io? »

« Lei... perdiana, lei ha un cellulare! » a Battista si illuminò la faccia, ma durò solo mezzo secondo.

« Me lo dia. Chiamerò suo nipote! Lui verrà sicuramente »

Scrooge si voltò. Arrivò a un centimetro da Battista, e lo fissò negli occhi.

« Donald è quasi messo peggio di noi. Con il suo catorcio non potrebbe mai arrivare qui, e inoltre, ha i tre nipotini sopra. Non voglio rischiare nulla, quindi: tu se vuoi vedi un po' come fare, arrangiati; io vado da solo. E accada quel che accada. »

Si voltò di nuovo e tornò a camminare nella neve.

Battista non si mosse.

« Principale, non c'è solo Donald! Ci sono la signorina Daisy, il signorino Gastone... e Brigitta... e... »

Scrooge ormai non lo poteva più sentire.

A Battista vennero quasi le lacrime, quando la figura di Scrooge scomparve nella nebbia grigia e fitta... e non vide nient'altro che un muro grigio... ovunque si guardasse intorno, nebbia, nebbia, nebbia e ancora nebbia...

No! Non può finire così. È assurdo. Tutto questo è assolutamente assurdo.

Prese a correre in avanti (o così almeno credeva) quando sentì un rombo alle sue spalle.

Cos'è?

Si bloccò, fermo e zitto.

Il rombo si avvicinava. Sembrava un motore.

D'un tratto, prese a urlare: « Signore! Signore! C'è una macchina! Signore! », ma niente.

Adesso vedeva le due luci confuse nella nebbia.

Chiuse gli occhi, quando ormai era vicinissima a lui, e li aprì dopo alcuni secondi.

La macchina si era fermata al suo fianco.

Si aprì un finestrino e Battista vide la faccia di quello che era evidentemente un autista, sulla quarantina e con dei lunghi baffi neri.

« Qualcosa mi dice che ha bisogno d'aiuto » lo schernì l'uomo.

Perspicace, il tipo...

« Sì, bhe, anche se non sarei il solo. Il mio principale ha voluto proseguire da solo, la nostra auto è andata in panne qualche metro più indietro... » spiegò Battista.

« Fallo salire, Edward » disse una voce di donna da dentro la macchina.

« Subito. Lo vede lo sportello? » scherzò ancora l'autista.

Questo qui vuole fare il simpaticone, e gli riesce pure male.

Battista salì e un calduccio gli arrivò fino alle ossa quando chiuse lo sportello al suo fianco.

Accanto a sé, si accorse di avere una bella signora con i capelli grigi raccolti in un'elegante acconciatura, che gli sorrideva gentilmente.

« Edward, prosegui lentamente, e quando vedi un uomo a piedi fallo salire »

L'autista avanzò piano, borbottando cose del tipo “ma come faccio a vederlo con la nebbia”, “potevamo già essere al caldo della fattoria, e invece...”

« Tenga, si riscaldi un po'. Mi scuso se Edward oggi è scortese, ma le assicuro, non sempre è così » la donna sorrise ancora, porgendogli una coperta.

« La ringrazio. Ma lei è diretta alla fattoria di Elvira? »

Il sorriso della donna si appiattì un po', ma senza sparire. Guardò avanti.

« Sì, ma non sarei invitata. Sono venuta per una persona in particolare. Spero che mi accettino »

« Ma è ovvio. Soprattutto dopo che avrò detto loro che mi ha praticamente salvato la vita » le disse Battista.

« Aspetti a dirlo, dobbiamo ancora ritrovare il suo principale. Dev'essere un testardo, vero? Per proseguire a piedi in mezzo alla neve, senza, mi pare di capire, averle dato ascolto... »

Battista fece una smorfia. « Sì, è decisamente un testardo. »

La donna sorrise. « Non è cambiato per niente » mormorò.

Battista non capì. « Come ha detto, mi scusi...? »

« Edward! Vedo una sagoma. Fermati »

L'autista obbedì.

A quel punto, la donna aprì il finestrino al suo fianco.

Battista poté intravedere la faccia di Scrooge, sorpreso e seccato allo stesso tempo.

« Scrooge » gli disse la donna.

Ma come fa a conoscere il suo nome? Chi è?, si domandò Battista.

Scrooge sbarrò gli occhi, e quasi un'espressione di spavento mischiata a quella di gioia si dipinse sul suo volto.

« Goldie?! » disse poco convinto.

« Vuoi congelare? » gli domandò ancora la signora.

Scrooge non rispose. Vide Battista dentro alla macchina, capì e alzò gli occhi al cielo.

« Allora, caro? »

Dato che Scrooge continuava a non rispondere, la donna schioccò le dita.

« Edward, apri questo sportello »

Detto fatto; lo sportello accanto a Goldie si aprì, e la donna si scansò un poco per far posto a Scrooge, che sembrava come paralizzato.

Goldie continuava a sorridere, senza mai spazientirsi.

« Scrooge, o me o il freddo. Scegli » e gli porse la mano.

Inutile dire che Scrooge scelse lei, anche perché gli sembrava che dentro alla macchina ci fosse un bel calduccio.

Quando fu a sedere (Battista notò che stava ben attento a non avvicinarsi troppo alla donna) lo sportello fu chiuso e la macchina ripartì.

Per molti secondi, in cui Battista si sentì il terzo incomodo (escludendo l'autista che sembrava non esistere), i due stettero in silenzio.

Poi, dopo forse una lunga serie di ragionamenti su quale frase scegliere, Scrooge disse: « Perché sei venuta? »

Alla donna sparì, per la prima volta, il sorriso.

« L'ultima volta che ci siamo visti, tu mi hai cacciata dal deposito. Io ti dissi che avrei aspettato*. Ed ho aspettato. È Natale adesso, ho aspettato molti anni, e sono voluta venire per vederti. Oppure vuoi che ti faccia scendere dall'auto, ti lasci in mezzo alla nebbia e io me ne torni nel Klondike? Vuoi questo? »

Battista rimase sorpreso dal tono della voce della donna, e dalle sue parole. La gentilezza era svanita, era come se... una parte vecchia del suo essere fosse riapparso dopo del tempo.

E evidentemente, Scrooge conosceva quel suo aspetto.

In questo, pensò Battista, si assomigliavano moltissimo.

Questo cambiare repentino da un aspetto all'altro era tipico di Scrooge, e Battista capì che doveva esserlo pure di Goldie.

Ma doveva capirne di più. E forse ci stava arrivando...

« Ti dissi che ero troppo impegnato. Che non avevo tempo per simili sciocchezze. Ed era pure vero, forse. Però io non l'ho mai pensato realmente, credimi. E anche adesso... » Scrooge si era quasi dimenticato di Battista, che guardava imbarazzatissimo fuori dal finestrino (il niente, per altro) facendo finta di non esistere. Se avesse potuto, avrebbe fischiettato.

« … e adesso niente. Vediamo piuttosto di arrivare alla fattoria interi » tagliò corto Scrooge, tornando burbero come sempre.

Goldie non fece una piega, sapeva benissimo che quella non era la situazione più adatta per parlare di quelle cose.

 

Battista aveva una voglia matta di saltare giù dal finestrino, da quanto si sentiva “scomodo” a stare lì.

 

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

 

 

 

« Ormai dovrebbero essere già qui da un pezzo »

La voce preoccupata di Elvira fece quasi eco nelle menti dei presenti nella sala principale della fattoria.

Donald, i nipotini, Daisy, Gastone, Fethry, Brigitta e Rockerduck non sapevano che dire, e ammutoliti, ognuno nei suoi pensieri, rimasero in silenzio.

« Forse Scrooge ha deciso di non venire... » pensò a voce alta la nonna.

Donald scosse la testa, a malincuore. « No, avrebbe telefonato ».

« Forse ha deciso di risparmiare i soldi per avvertirci... » provò a dire Daisy, poco convinta.

« Cara, nonostante la sua avarizia, sono sicuro che avrebbe telefonato per non farci stare in ansia. O almeno, Battista lo avrebbe fatto »

La frase colpì tutti. Era vero, doveva essere così. E allora perché Battista non aveva telefonato?

Era successo qualcosa.

Ma cosa?, pensò Gastone preoccupato.

Speriamo che non sia successo nulla di grave... pensarono i nipotini.

L'avaraccio sa sempre come mettere in ansia i suoi familiari, pensò Rockerduck. Ma in realtà, un po' si preoccupava pure lui.

Adesso vado a cercarlo. L'avevo detto io, che questa nebbia... questa nebbia era la causa di tutto, pensò Fethry, frustato.

Scrooge... dimmi che non ti è successo niente e che stai bene..., implorava Brigitta.

A un certo punto, un forte rumore proveniente dal caminetto. Qualcosa stava cadendo giù.

Ma che...?, si domandò Donald.

Tutti si avvicinarono al camino, in silenzio, ascoltando tutta quella serie di rumori e tonfi che ne provenivano. O era quella cosa (ma non avrebbe avuto senso) o era... qualcos'altro.

Prima cadde una scopa, accompagnata da un sacco di fuliggine.

E poi cadde Amelia, a sedere. Oltre al vestito e alle scarpe nere come sempre, adesso aveva anche la faccia letteralmente nera. Per la fuliggine, s'intende.

Tossì non poco, afferrò la scopa che si divincolava mentre con la sinistra cercava di alzarsi.

A nessuno venne in mente di aiutarla, sia perché temevano una brutta sorpresa, sia perché erano troppo sorpresi per reagire.

La strega continuò a tossire fortemente.

Arrivò anche il suo corvo, Gennarino, anch'esso totalmente nero (non che fosse molto cambiato dal suo aspetto normale).

« Bhe? » disse Amelia tossendo, « Che avete... coff, coff... da... coff... guardare?! »

I presenti rimasero in silenzio.

« Insomma! Sono solo scesa dal camino. Io.. coff... lo so che non sono stata invitata, ma... coff!, non mi andava di essere fuori da questo... coff... questa... festa! »

Se ricordate, la nostra Amelia era venuta un po' per la numero uno (ma in minima parte) e un po' (molto) per stare in compagnia, anche se prima di allora non lo aveva mai ammesso nemmeno a sé stessa.

Solo ora che l'aveva detto, stava già un po' meglio.

Quando si riprese, constatò che Scrooge non c'era, e che in quel momento era come un serpente nero messo in mezzo alla sala colorata e elegante della fattoria.

« Bhe... se non mi volete, posso anche andarmene. »

« No, no! Resta pure, ci... mancherebbe. » le disse ancora un po' sorpresa Elvira.

Tutti tornarono alle loro postazioni, al loro silenzio, alla loro ansia.

E Amelia si domandava come mai il suo nemico non c'era.

Lei si diceva se non c'è, niente numero uno, ma in realtà, pensava: perché non c'è? Qui sono tutti preoccupati. Forse è successo qualcosa. E io dall'alto, sopra la nebbia, non ho potuto vedere nulla, perciò... non posso essere d'aiuto a nessuno.

Un nodo alla gola le si era formato. Sapeva bene che il suo arrivo lì non era stato il più gradito, soprattutto per due motivi:

1) era la nemica acerrima di Scrooge, che voleva a tutti i costi la sua numero uno. Avrebbe voluto rubarla quel giorno, così vicino a Natale (in effetti il suo piano era anche quello) e loro lo sapevano. Ma la cosa non era molto bella vista da un punto di vista morale e umano... e Amelia cominciava a ripensarci.

2) Sapeva benissimo che aveva illuso tutti quanti che il suo arrivo fosse quello di Scrooge, perlomeno prima che gli ospiti si rendessero conto che il rumore provenisse dal camino... volevano Scrooge e si erano ritrovati lei, che non era nemmeno la benvenuta.

Ecco, Amelia si sentiva una specie di verme in quel momento.

Come ho potuto pensare di voler rubare la numero uno proprio stasera? Nemmeno l'uomo più cattivo sulla Terra potrebbe mai farlo. Con questa situazione, questa nebbia, questo freddo, questa malinconia e Scrooge che non arriva... non lo farò. Non stasera.

Anzi, devo aiutarli... non ho il diritto di potermi divertire da sola...

« Non t'illudere, forse lo zione non viene. E quindi, nemmeno la “tua” numero uno ci sarà... ti è andata buca, Amelia. » la voce tagliente e malinconica di Donald la colpì alle spalle, facendole raccapricciare la pelle.

Una sensazione di pianto, dolore interiore quasi fisico la pervase tutta, facendola voltare per rispondere anche solo con lo sguardo a Donald, ma che si era già voltato per andare alla porta.

« No, io... » mormorò più a sé stessa che agli altri.

Gennarino gracchiò forte, pronto a ribattere a Donald, ma Amelia lo fermò.

« No, Gennarino... ha ragione. Era questo il mio piano all'inizio... perciò non posso dargli torto. Ma devo far capire a tutti che adesso io ho cambiato idea. Voglio aiutarli »

In fretta pensò come, ma non le venne in mente niente.

« Cosa posso fare? » domandò a voce alta. I presenti si voltarono verso di lei.

« Tu niente, fattucchiera! Cosa vuoi fare? T'interessa solo la moneta del mio Scrooge... » le disse Brigitta, tagliente come non mai.

Amelia sospirò fortemente, quasi le venivano le lacrime.

« No... no, ascoltami. Ascoltatemi! Io... sì, il mio piano all'inizio era quello di rubare la numero uno, d'accordo. Ma adesso non più. Adesso voglio aiutarvi. Mi rendo conto che non potrei mai fare una cosa del genere adesso... quindi... sinceramente, voglio aiutarvi. Farò quello che potrò » lo disse davvero sinceramente, nemmeno lei se lo sarebbe mai aspettato.

Fu allora che Elvira si fece avanti. « Amelia, io ti credo. Ma sinceramente, non penso che tu possa fare molto. La nebbia fuori ti impedirebbe di poter fare qualcosa... Forse Scrooge ha davvero deciso di non venire e tu non potresti fare niente.»

Cadde nuovamente il silenzio.

Amelia si sentiva scomoda, e non ci poteva credere: lei, pentirsi di qualcosa? Quando mai?

C'è sempre una prima volta...

Ed ecco che ad un tratto suonò il campanello.

Tutti i presenti fecero un balzo; rimasero per due secondi interdetti, poi Elvira andò ad aprire la porta con il cuore che le batteva forte.

Il primo a entrare fu Battista. Aveva lo sguardo vuoto.

Accennò un lieve sorriso alla nonna, e si sbrigò ad entrare; voleva allontanarsi dalle due persone dietro di sé, ovvero Scrooge e Goldie.

Quando entrò per secondo Scrooge, tutti i suoi familiari più Rockerduck (ma esclusa Amelia, che si limitò a rimanere immobile al camino) corsero verso di lui, improvvisamente con un sorriso stampato in faccia, che fosse appena accennato meno.

Ma dietro la faccia seria di Scrooge, apparve quella di una signora di una certa età, sorridente, che alcuni conoscevano molto bene.

Si bloccarono.

Il cuore di Brigitta cessò di battere per un attimo.

Poi riprese a battere, e la donna sentì le gambe abbandonarla, gli occhi appannarsi e la lingua seccarsi.

Lei.

Già, lei.

« Buonasera » disse Goldie.

Elvira le sorrise cortesemente, ma fu l'unica.

Donald, Daisy e i nipotini la ricordavano molto bene. Non dissero nulla solo per paura della reazione di Scrooge, o di Brigitta.

Fethry non capiva, perciò si dimenticò di sorridere.

Gastone intuì che la persona non doveva essere la più gradita.

Rockerduck studiava attentamente l'espressione del rivale, sforzandosi di non commentare.

Amelia era turbata e sorpresa allo stesso tempo, non conosceva la donna, ma aveva l'impressione di averne sentito parlare...

Battista decise di andare in un'altra stanza. Quei due erano calati in un silenzio assordante nell'auto, e lui si era leggermente imbarazzato. Avrebbe preferito quasi che i due si fossero parlati fitto fitto.

« Mi scuso se non mi aspettavate, ero venuta solo per... salutare. Non ho problemi a lasciarvi » la faccia di Goldie si fece improvvisamente seria.

Fu Scrooge a parlare. Le si avvicinò con timidezza, e le parlò sottovoce.

« No, resta. Anche se magari non ci credi... lo so che può sembrarti strano, ma io... adesso ho bisogno di te »

Goldie gli sorrise. Equivaleva a un sì.

Brigitta si sentiva decisamente male.

Goldie. Goldie Glittering. Mi aveva detto che non sarebbe più tornata... era molto più vecchia quando l'ho vista**, possibile che... che adesso mi sembri più giovane di 10 anni? Adesso è... è... no, sono io che sono una miserabile. Una miserabile che sperava in qualcosa stasera che non accadrà mai, e tutta per colpa sua... forse però non sarebbe mai accaduto, ma questo è certo: non lo saprò mai.

Oh, vorrei tanto scappare via... via, lontano! Sono stanca di combattere, di tenere duro... sono tanto stanca... tanto.... stanca...

« Brigitta! »

Daisy corse in tempo per afferrarla per la vita, prima che cadesse.

« Oh... » aveva gli occhi socchiusi.

« Che ti succede? Non ti senti bene? » Daisy però aveva capito.

Amelia osservava la scena da fuori.

Rimaneva ferma e zitta, osservando ogni minimo particolare.

La fattoria era immersa nella nebbia, come la città del resto, e le persone che vi erano dentro erano come delle statue che vi si muovevano e parlavano... ma era tutto al rallentatore...

Una situazione strana la pervase, e si rese conto che in realtà faceva parte della scena, e che pure lei era una statua.

 

Sì, la situazione era molto scomoda.

Non uno degli invitati era rilassato.

Erano tutti tesi e si sentivano come di troppo.

Erano quasi le nove, e la festa non era nemmeno iniziata.

Brigitta fu accompagnata in bagno, a sciacquarsi un attimo. Daisy la accompagnò; le voleva parlare.

« Non avresti niente da dire » fu la risposta di Brigitta a Daisy.

« Sì, invece. Ti prego »

Brigitta sbuffò, entrò nella toilette e aprì la cannella.

« Non ti devi preoccupare, sai... ricorda quello che ti disse lo zio qualche giorno fa. Te lo ricordi? » le disse Daisy, appoggiata alla porta del bagno.

Brigitta alzò la testa dal lavandino.

« Certo che me lo ricordo! Ma non serve a niente, capisci? Quei due... » deglutì forte. «... Quei due si amano. Non li vedi? Guarda i loro sguardi... come si parlano... sembra che si odino, sono i loro caratteri, ma in realtà... »

Brigitta si sorprese a parlarne con quel tono così stranamente normale, come se fosse una spiegazione logica di un qualsiasi fatto scientifico.

Si sentì quasi la nausea, quando se ne rese conto.

« Brigitta... »

« Lasciami in pace, ti prego. »

La sua preghiera quasi echeggiò nel bagno. Daisy capì che non poteva fare altra cosa.

« D'accordo. Ma non rimanere qui tutta la sera solo per evitarla » e chiuse la porta dietro di sé.

Brigitta guardò allo specchio il suo volto bagnato.

Era sola, completamente sola.

Per cosa aveva lottato fino ad allora? In un cambiamento. In un miglioramento del suo rapporto con Scrooge. E lui molte volte l'aveva soddisfatta.

Ma tutte le volte che riappariva Goldie... lui si dimenticava di Brigitta e andava da lei, dal suo primo amore.

Brigitta, ti sei solo illusa, lui non ti ha mai voluto bene. Ne vuole solo a lei. E si vede.

Tu sei solo una rompiscatole in confronto... non sei nulla... sei il terzo incomodo... sei d'impiccio.

Sì, sei d'impiccio.

Rassegnati.

Sul suo volto bagnato, circondato da capelli biondi ormai in disordine e con due grandi e tristi occhi azzurri, apparve una lacrima, una sola, che scivolò sulla guancia per poi posarsi sulle labbra carnose. Sentì il salato sulla punta delle labbra e si portò il dito su di esse, a levare la lacrima.

Lentamente, le sue spalle cominciarono a tremare, le venne un nodo alla gola ormai secca e altre cinque lacrime uscirono tutte insieme; chinò la testa in una smorfia di dolore interiore, appoggiandosi al lavandino con le mani, cercando di non cedere a quel peso che la portava giù, e ancora giù...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non voglio che tu sia il mio sogno ma la realtà dei miei sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di Spheater!

 

Ed ecco un altro capitolo.

Piaciuto? E' piuttosto lungo... non ho aggiunto altro per non esagerare :) ma non è finita qui.

Spero nelle vostre recensioni. Ricordate: male non fa. Assolutamente. ;D

 

*vedi “Zio Paperone in: qualcosa di veramente speciale”, testi e disegni di Don Rosa.

**vedi “ Paperetta Ye Ye” di Romano Scarpa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Amami come una tempesta può stravolgere dei capelli,

amami come il vento porta via una piuma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La festa proseguiva, silenziosa.

Tutta la baldoria che ci sarebbe dovuta essere era assente, e nulla cambiava dallo stare fuori immersi nella fredda nebbia e dallo stare dentro alla fattoria, in silenzio e stando bene attenti ai propri movimenti.

La donna inaspettata, Goldie Glittering, aveva ghiacciato tutti con i suoi occhi freddi e chiari.

In realtà, quello non era l'obiettivo di Goldie.

Goldie aveva solo voluto rivedere Scrooge, sperando in qualcosa che per ora non era arrivato.

Sperava che finalmente, tutto quell'amore tenuto nascosto a forza dentro di lui e raramente mostratole, uscisse, per non scomparire più.

Ma sapeva bene che non sarebbe stato per niente facile, e la situazione di quella sera non la aiutava affatto.

Tutti stavano lontani da lei e da Scrooge, fermi e immobili, come se aspettassero qualcosa.

Ma cosa?

 

Goldie aveva già dato.

Nonostante fosse orgogliosa quanto Scrooge (ma mai di più), aveva messo il suo orgoglio da parte quelle volte in cui lo aveva rivisto in ormai avanzata età, perché si era detta: a che servirebbe?

Tanto vale mostrare tutto quello che provo, infine, in una volta sola.

Da giovane era stato diverso, molto diverso... aveva ancora un pizzico di orgoglio all'epoca, e certe volte si era trattenuta dal fare quelle cose che adesso invece avrebbe voluto e potuto fare tranquillamente.

Ma era Scrooge che la bloccava, la pietrificava.

Quei suoi occhi verdi e fermi la scrutavano, ora con dolcezza, ora con diffidenza.

Non si fida di me?

 

 

Scrooge non aveva smesso di fissare Goldie per un momento.

Era bellissima, non l'aveva mai vista così.

Occhi di ghiaccio, quelli di sempre.

Bocca sottile, piegata in un lieve e incerto sorriso.

Capelli raccolti in un'elegante acconciatura, di un grigio sbiadito.

Un tempo, ricordò, erano biondi.

Lui possedeva ancora quel famoso riccio di capelli biondi appartenenti a Goldie, fermati delicatamente con il nastro rosso... lo accudiva gelosamente, attento a non perderlo di vista.

E talvolta lo aveva recuperato dal polveroso baule, lo aveva preso in mano e lo aveva accarezzato.

Perché torturarsi così, Scrooge?

Lei è davanti a te, ti sta guardando, si sta chiedendo come mai non fai nulla, come mai non le dici nulla dopo tanto tempo. Anche se conosce il tuo carattere e il tuo orgoglio, si chiede perché non le dici nulla.

Perché va bene avere il proprio carattere, ma va messo da parte in certi momenti, in quei momenti così delicati che basterebbe un lieve soffio per spazzarli via per sempre.

Ma Scrooge non voleva questo!

No, lui anzi, l'avrebbe abbracciata, stretta forte a sé, per non farla più andare via, e non era la prima volta che lo desiderava.

C'era qualcosa, dentro di lui, che lo fermava.

 

 

 

 

Donald osservava in silenzio suo zio e Goldie.

Conosceva abbastanza bene i due per sapere che si sarebbero guardati tutta la sera senza reagire o dire nulla.

Era felice per loro, soprattutto per lo zio. Finalmente qualcosa sembrava muoversi negli animi delle persone, anche in mezzo a quella nebbia crudele...

Ma allo stesso tempo era così triste per Brigitta, ancora chiusa in bagno, a piangere.

Quella donna non aveva mollato un attimo, in tutta la sua vita; sempre in attesa di un gesto, di una dimostrazione di affetto da parte dell'uomo che amava.

E adesso, ecco che arriva l'unico vero amore di quell'uomo, inaspettato, e sembra che il loro amore fosse ri-sbocciato come non mai.

Brigitta non aveva scampo, non aveva spazio, non aveva diritto.

Doveva solo limitarsi a stare da parte e a far finta di non esistere, perché sapeva bene che quello era amore puro.

E questa cosa, Donald lo sapeva e lo capiva, le distruggeva l'anima.

La faceva soffrire, la faceva morire da dentro.

Era un dolore incontrollabile.

 

Mi dispiace, Brigitta.

Oh, non sai quanto.

 

 

 

 

Amelia non era rimasta fissa al camino. Dopo alcuni minuti che Scrooge, Goldie e Battista erano entrati, si era sentita le gambe immobilizzate e fissate come con dei chiodi al pavimento. Allora aveva deciso di cambiare luogo, o perlomeno, postazione.

Così si era messa a sedere sul divano, rilassandosi per la prima volta nella serata, e decisa a guardarsi quella scena come un film.

Mentre beveva il suo aperitivo in silenzio, con sottofondo la musica e qualche brusio degli altri ospiti, si divertiva a guardare Scrooge negli occhi. Lui però non la vedeva, guardava solo Goldie, a qualche metro di distanza da lui.

Non si è nemmeno accorto che ci sono io, pensò Amelia bevendo.

E' talmente distratto che non ci vorrebbe nulla a rubargli la numero uno. Ma naturalmente non lo farò.

È anche troppo facile, così.

Che strano, il suo peggior nemico innamorato... e imbambolato da quella donna.

Ma anche la donna non sembrava da meno.

Quasi le facevano pena, quei due.

 

 

 

Forse era arrivato il momento che qualcosa cambiasse.

Forse quella nebbia non era una maledizione, forse era solo la gente superstiziosa che si faceva coinvolgere troppo.

Forse bastava solo continuare.

Rimediare.

Rimediare a tutti quegli errori fatti e ormai infilati in un cassetto, rimediarli una volta per tutte...

 

 

 

Amelia?!

Finalmente Scrooge aveva voltato la testa.

Quella strega, a sedere comodamente sul divano, come se nulla fosse.

Non era da lei.

Sta nascondendo qualcosa.

Scrooge si avvicinò alla fattucchiera, cercando nelle proprie tasche la numero uno e constatando che c'era ancora.

Ma nonostante il sospetto rimase.

« Tu che ci fai qui? » le chiese secco.

La donna alzò lo sguardo. Non se l'era aspettato, questo.

« Sto bevendo del vino, perché? » disse con falsa indifferenza Amelia.

« No. Tu non sei qui per il vino, né tanto meno per la festa. » ribatté Scrooge, testardo.

Amelia bevve un sorso dal calice.

« Senti, se ti do ai nervi, stammi lontano. »

Scrooge perse la pazienza. « La numero uno ce l'ho io, in tasca. So che sei qui per questo. Ma non ci sperare; non la perderò di vista un attimo. » le aveva sussurrato rabbiosamente, a un centimetro dall'orecchio.

Amelia si voltò con l'ira negli occhi serpenteschi. Gli parlò guardandolo fisso negli occhi, senza mai staccare lo sguardo e stando a un millimetro da lui.

« A parte il fatto che io potrei anche pietrificarti e tu non potresti fare niente, io non sono qui per la numero uno. La sfida, per stasera, è annullata. Io sono qui per rilassarmi. E tu non hai nessun diritto di venire a disturbarmi, hai capito? E adesso torna pure dalla tua bella. »

Queste parole furono, per Scrooge, una lancia conficcata nel petto.

Ma non perché gli avessero fatto male, ma per la sorpresa del tono con cui le aveva dette, per lo stupore della loro... verità. Sì, perché Scrooge aveva capito che Amelia era sincera.

Così, in silenzio, si eresse, guardò un'ultima volta la fattucchiera e si allontanò.

 

 

 

 

 

Brigitta uscì dal bagno molti minuti dopo.

Aveva le occhiaie, come se non avesse mai dormito, e la pelle grigiastra.

Era come invecchiata di colpo.

La stessa Goldie che l'aveva riconosciuta, si era spaventata appena visto il suo sguardo.

Lo stesso valse per Scrooge, che si sentì una pena tremenda nascergli dentro.

La donna, a testa alta, bocca in una linea retta inespressiva, li oltrepassò, e prima che altri la potessero fermare, uscì dalla fattoria.

« Brigitta! » esclamò Daisy.

« No, ferma... vado io » Scrooge afferrò per il braccio la nipote, che preoccupata, lo guardò.

Goldie scrutò lo sguardo di Scrooge, uno sguardo consapevole, responsabile e deciso.

« Torno subito. Scusami. » le disse poi.

Uscì e si ritrovò nel grigio assoluto.

Dove sei?, si domandò, cominciando a camminare nella neve, senza vedere nulla.

« Brigitta, dove sei? » disse a voce alta.

Sentì dei passi soffocati, e gli parve di intravedere una sagoma che si muoveva.

« Fermati, ti prego! » la pregò.

Camminò più veloce, quando sentì come un legnetto rotto dietro di sé.

Si voltò.

Dove sei, dove sei?

« Brigitta, sei tu...? »

« Scrooge... »

Non era Brigitta. Era Goldie.

I suoi occhi azzurro ghiaccio creavano contrasto con la nebbia grigia, e lo guardavano.

« Torna dentro, Goldie. Prenderai freddo, e io devo trovare Brigitta... » le disse.

« No, è colpa mia, ti voglio aiutare a ritrovarla. Le vorrei parlare in privato » era quasi una supplica, e i suoi occhi non facevano che confermare.

« D'accordo. Ma stammi vicino »

Goldie gli prese la mano e si avviarono verso la direzione in cui Scrooge aveva sentito i passi.

Camminarono per molti minuti, in silenzio, a volte chiamando a gran voce il nome di Brigitta, altre volte sussurrandolo come una preghiera.

Quando entrambi erano stanchi (e ormai consapevoli di essersi persi nella campagna), Goldie inciampò in quella che doveva essere una radice scoperta dalla neve, e cadde.

Non disse niente, rimase solo a terra e Scrooge si sbrigò a chinarsi per tirarla su.

« Tutto a posto...? » le chiese.

Goldie non rispose, scuoteva la testa, in una smorfia triste.

« Goldie, di' qualcosa, ti prego » la supplicò Scrooge, in ginocchio davanti a lei.

« Tu non capisci. » Goldie sferrò quelle parole come una lama tagliente e affilata, che colpirono Scrooge in pieno petto.

La rabbia stava prendendo il posto della tristezza nel cuore di Goldie, che si era decisamente stancata di quell'amore soppresso. Ma era stanca anche per la determinazione, non ne poteva più, le pareva tutto così inutile! Eppure era venuto il momento di dire tutto quello che aveva voluto dire in cinquanta anni di solitudine.

« Tu, Scrooge McDuck, sei l'unico uomo che sia riuscito a sciogliere il mio cuore che io credevo fosse di ghiaccio e pietra. Un cuore freddo. E lo era, era così, prima che arrivassi tu. Perciò, ora ti dico... »

Goldie gli afferrò il bavero, portandoselo vicino.

« … Prima che passino altri cinquanta anni, in cui ti roderai nel tuo stupido orgoglio e cinismo che io ho lasciato da parte da ormai molti anni per te, solo per te, ascoltami: ti devi decidere. Devi fare una scelta, adesso, che sia giusta o sbagliata non importa, ma falla! Io non aspetterò più. Te lo dissi, ricordi*? Te lo dissi: aspetterò. Ho aspettato. Ho aspettato oltre i limiti e adesso, adesso sono stufa! Fai qualcosa Scrooge, ma falla, e ti avverto, se è adesso lo sarà per sempre.

Hai capito? »

Scrooge non poté fare a meno di respirare, dopo aver trattenuto i polmoni per un minuto.

Ispezionò Goldie ovunque, per tutto il viso, che era sempre lo stesso, non era cambiata per niente se non appena appena i lineamenti, che erano diventati più duri.

Ma lei, dentro, era sempre la stessa. Adesso l'aveva riconosciuta.

Goldie credette di aver sprecato fiato per nulla. Stava per lasciare Scrooge e arrendersi del tutto, pronta ad alzarsi per tornare alla ricerca di Brigitta, quando lui, per la prima volta da quando si erano conosciuti, la baciò di sua spontanea volontà.

Mentre le mani di lui la stringevano a sé, Goldie si ricordò di tutti gli altri baci, che si rese conto, aveva sempre e solo dato lei, in un attimo di amore folle.

Ricambiò al bacio, che da dolce divenne passionale come non lo era mai stato.

La nebbia non c'era più, non c'era più nemmeno il freddo e la neve.

I due si stringevano a sé senza lasciarsi un attimo, riprendendo fiato e poi ricominciando.

Non sapevano che una Brigitta disperata e con il cuore che la rimbombava nel petto li stava osservando, nascosta dietro un albero a piangere, mordendosi le mani dal dolore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di Spheater

 

 

Lo so, mi direte, e basta con sto' romanticismo! Ma non preoccupatevi, ho in mente un bel finale che non sarà affatto stucchevole (almeno io penso!).

Per capire bene le ultime parole che ho scritto in questo capitolo, dovreste aver letto tutte le storie con i baci fra Scrooge e Goldie (Paperone e Doretta). Ovvero: La prigioniera del fosso dell'agonia bianca (dove ce ne sono ben 2! Mitico Don Rosa) e Qualcosa di veramente speciale ( ce n'è uno, stupendo a mio parere, alla fine. Storia molto commovente). Tre baci in tutto, e tutti e tre da parte della bella Goldie. Tutte le volte Scrooge rimane come paralizzato xD Ma stavolta ci voleva un'eccezione.

Attenzione però, non è mica finita qui :P

Forse sto facendo soffrire troppo Brigitta. D'altronde, c'è sempre un terzo incomodo, è quasi diventata una legge di natura :( Ma cercherò di “aggiustare” pure lei.

Bene, chiudo qui! Alla prossima! :D

 

 

*Vedi “Zio Paperone in: Qualcosa di Veramente Speciale”, testi e disegni di Don Rosa.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Sembrava quasi che davvero tutto avrebbe avuto fine, come nei film

Ero scettico

Anche un po' spaventato, lo ammetto

Non sapevo cosa pensare e cercavo una risposta negli occhi della gente, e vedevo solo paura

Non un briciolo di speranza

E ricordavo con amarezza quando all'inizio ascoltavo le persone parlarne e ridevo, dicendo loro “Voi siete tutti pazzi!”

Ero convinto di quello che dicevo, andavo via con un sorriso ironico e tempo dopo, quando l'ansia cominciò a entrare nelle ossa anche a me, mi dicevo “Sei stato contagiato, John... hai visto? Tu ridevi e adesso sei serio... così serio...”

Per molto tempo mi sono chiesto il motivo del mio scetticismo, senza sapermi rispondere

Ma adesso

Adesso finalmente ho capito perché ridevo guardando il terrore negli occhi delle persone

Perché

Io non sapevo cos'era il terrore

Io avevo solo tanti soldi e non avevo né tempo, né voglia e nemmeno motivi per aver paura

Ero a posto

O almeno credevo

E adesso

Ho finalmente capito che

Non importa, cosa accadrà

Se saremo insieme

Lo so, è banale

Lo hanno detto in tanti e non è originale

Ma diamine, credimi è così

Se te lo dico io, figurati, uno come me

Credimi

Può crollare il mondo, può piovere morte

Ma se siamo insieme

La morte non sarà morte

La vita continuerà

Le nostre mani saranno unite per sempre.

 

J.Rockerduck

 

 

 

 

 

 

 

 

Elvira guardava fuori dalla finestra, in ansia.

Non poteva vedere nulla, ma sperava tanto di intravedere una sagoma o anche solo di sentire un rumore alla porta, ma niente.

Nella fattoria era calato un silenzio assordante.

Battista era nell'angolo in fondo, accanto al camino. Guardava per terra.

Dovevo uscire anch'io, perché non l'ho fatto?

Sei un idiota Battista, sapevi che era pericoloso e che ci si poteva perdere e adesso sì che non puoi fare niente.

Perché non sei andato con loro?

Battista alzò lo sguardo.

Perché sentivo che non dovevo intromettermi. Sarei stato in più, nonostante li avessi potuti aiutare.

Dovevano andare da soli.

Sono andati da soli.

E chissà cosa sta accadendo là fuori, in questo momento.

 

« Dobbiamo cercarli. È troppo tempo che sono là fuori. E nessuno è rientrato, tanto meno Brigitta. Probabilmente si sono persi, e... »

« No, Donald, non voglio che tu vada! Ti perderai anche tu. Ti prego. » Daisy aveva bloccato Donald per il braccio, supplichevole.

Donald sospirò. Notò che i tre nipotini li stavano osservando.

« Cara, lo zio, Goldie e Brigitta sono là fuori, al freddo. È pericoloso. Io non posso abbandonarli, non voglio. Qualcuno deve andare a cercarli, e andrò io »

Daisy scosse lentamente la testa, mordendosi il labbro. « Anch'io lo vorrei fare, ma tu meno di tutti puoi farlo! Con la sfortuna che ti ritrovi, non voglio che ti cacci nei guai, ti prego, sto già male per conto mio per lo zio e Brigitta, non voglio che anche tu... »

« Vado io. »

Tutti si zittirono.

Amelia aveva appoggiato sul tavolo il suo bicchiere con il vino dentro, e si era alzata, con in mano la propria scopa volante e Gennarino al suo fianco.

« Tu? » mormorò Donald sorpreso e diffidente allo stesso tempo.

« Sì, io. Voi non potete fare niente, tanto meno tu, come dice la tua fidanzatina. E qui mi sembra che nessuno abbia un po' di coraggio per ritrovarli. E a parte questo, io ho dei poteri, voi no. Mi sembra logico che chi possa andare sono solo io » Amelia era tranquilla, sapeva quel che diceva.

Rimasero tutti in silenzio.

Poi Donald piegò gli angoli della bocca in un sorriso.

« Grazie, Amelia. » una frase piena di gratitudine e sincerità.

La strega non disse niente.

Le dava noia il fatto di essere ringraziata dal nipote del suo nemico più acerrimo, ma non poteva negarlo a sé stessa, lei lo faceva per tutti loro.

Siamo tutti sulla stessa barca, e io non me la sento di vederli tristi e ansiosi a Natale. Me per prima. E ora forza!

Aprì la porta e se la richiuse dietro. Improvvisamente si ritrovò nella nebbia grigia che aveva tanto sperato fosse solo sul Vesuvio e non a Duckburg.

Salì sulla scopa e volò in alto. La visibilità non era per niente cambiata e si vedeva quasi peggio.

A che incantesimo potrei ricorrere per trovarli? Potrei aumentare il senso dell'udito. A quel punto li sentirei addirittura respirare, e non sarebbe difficile individuarli... non penso ci siano molte persone in questa nube di nebbia... però potrei confondermi con gli animali della foresta. Allora potrei illuminare la loro aurea. Quella degli umani. Sì, dovrebbe funzionare. Intanto però, voglio isolarmi da questo freddo della malora.

Creò una bolla attorno a sé e a Gennarino, in modo tale da non sentire più il freddo pungente.

Non vorrei ritrovarli completamente congelati. Meglio sbrigarsi.

 

 

 

 

 

 

Brigitta correva, correva correva, inciampando, cadendo, rialzandosi e riprendendo a correre.

Evitava gli alberi che vedeva all'ultimo minuto, tenendosi al caldo nelle sue stesse braccia.

Piangeva, ma le sembrava di non esistere, non sentiva le lacrime nemmeno scivolare sulla guancia, era diventata totalmente insensibile.

Ah, come vorrei essere insensibile! Lo desidero tanto! Non soffrirei più! Non piangerei più!

Me ne fregherei e andrei avanti!

Ma l'immagine del bacio che Scrooge aveva dato a Goldie le si ripresentava prepotente nella mente, le dava un brivido alla schiena e le faceva mancare un colpo al cuore.

L'ha baciata lui.

Lo ha fatto lui.

E lei ha ricambiato, naturalmente.

Naturalmente.

Dio, Dio mio! Perché mi fai questo...

Le faceva male il cuore, ma era un dolore interno, che stava dentro all'anima.

Una ferita inguaribile.

Cadde ancora, inciampando in qualcosa, forse nei suoi stessi piedi.

Stavolta non si alzò.

Rimase a testa in giù, singhiozzando e battendo il pugno nella fredda neve.

Provò a urlare ma non le uscì nessun suono, aveva perso la voce forse, oppure il dolore era così grande che non poteva essere espresso in un semplice grido.

Continuò a singhiozzare, immaginandosi patetica, a faccia in giù nella neve a piangere, sapendo bene che non l'aveva mai fatto perché non si era mai arresa, ma lei era umana, aveva un limite al dolore e l'aveva oltrepassato quella sera.

Si ripeteva che c'erano altri uomini al mondo, ma questa frase non aveva più senso da molto tempo, perché naturalmente ci aveva già pensato ed aveva provato a dimenticare Scrooge ma non ce l'aveva fatta, tutte le volte era tornata da lui, perché lo amava, e niente avrebbe potuto cambiare questo.

Tutto ciò non faceva altro che aumentare il suo dolore e si rivoltò, portandosi le mani sulla faccia senza smettere di piangere.

Guardati! Guardati! Sei ridicola.

Nessun uomo merita tutto questo amore buttato via...

Ma Brigitta sapeva che Scrooge le voleva bene, era venuto a cercarla e lei se lo era immaginato, solo che si era dimenticato di lei perché l'amore per l'altra donna era più forte del suo affetto per Brigitta...

L'aveva abbandonata.

Mi hai abbandonata!

Mi avevi detto che se io avessi avuto bisogno d'aiuto, tu ci saresti stato!

Mi hai mentito, sei un mostro!

E mentre cercava di pensarlo (in realtà non lo credeva affatto), udì dei passi, ma li ignorò, non smettendo di singhiozzare.

« Brigitta!! »

No, non lui, non lui, non lui!

« Fermo, Scrooge! »

Una voce di donna.

Amelia.

Brigitta aprì gli occhi, ma non vide nulla, tante erano le lacrime rimaste intrappolate.

Sbatté le palpebre, rimanendo sdraiata, e sentì il fiume salato delle lacrime scenderle sulle guance.

Sentì delle mani issarla su dalle braccia. Mentre veniva tirata su, poté vedere Scrooge con Goldie accanto, tutti e due fermi, non osandosi avvicinare a lei e ad Amelia, che la stava aiutando.

« Adesso torniamo tutti alla fattoria, chiaro? »

Amelia aveva preso in braccio Brigitta, che si era lasciata andare e non camminava più.

Accostata al petto della strega, si voltò a guardare di nuovo Scrooge, che la guardava, impressionato e intristito. E pieno di senso di colpa.

Scrooge osservò la lacrima che scese sul volto di Brigitta e aprì la bocca, ma non disse nulla.

Amelia sistemò come poté Brigitta sulla scopa.

« Ho creato una bolla attorno alla scopa. Se vi entrate, potrete volare insieme a me »

I due acconsentirono in silenzio, e, tenendosi per mano, si avvicinarono ad Amelia che era salita sulla scopa ben attenta a tenere Brigitta vicino a sé, per non farla cadere.

 

Scrooge e Goldie, dopo il bacio, si erano resi conto non solo di essersi persi, ma anche che il tempo era volato via, e dovevano ritrovare in tutti i modi Brigitta.

L'avevano sentita correre via, e Scrooge aveva avuto il tremendo sospetto che avesse visto tutto.

Si erano messi alla sua ricerca correndo, e alla fine l'avevano trovata, dopo aver udito il suo pianto.

Ma proprio in quel momento era arrivata Amelia, che li aveva fermati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ti è stata data la possibilità di cambiare

di fare scelte diverse

di rimediare a quelle sbagliate

di chiedere perdono

di andare avanti.

 

Non sprecare questo aiuto

nella vita non sono molte le persone che ti aiutano senza chiedere nulla in cambio

perciò

adesso tocca a te

Non deludere te stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

John Rockerduck stava seduto sul divano di sala.

Teneva le mani unite sotto al mento, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e fissava la cornice in pietra di quel grande camino spento.

Era in quella posizione da molti minuti, ma non se ne rendeva conto, gli sembrava quasi che il tempo si fosse fermato.

Nessuno parlava e questo lo mandava in bestia, ma lo demoralizzava anche e quindi non ne usciva alcuna reazione, se non quella di calarsi a sua volta in un silenzio di tomba.

Perché sono venuto qui?

Aveva sperato di trovare un po' di allegria, un po' di colore immerso in tutto quel grigio, ma si era sbagliato.

Era sicuro di non essere il solo a desiderarlo, ma ad ogni modo che importava, stavano tutti in silenzio assorti nei loro pensieri e questo non cambiava nulla.

Scrooge è sparito.

La donna è sparita con lui e di Brigitta non si sa nulla.

La strega, Amelia, è andata a cercarli.

Questa situazione è assurda.

Io sono venuto per una festa e mi ritrovo davanti a uno stupido camino a pensare come un allocco.

Sì, è una situazione assurda.

Ma nonostante questo, so bene che me ne starò in questa posizione per tutta la sera.

 

« Mr. Rockerduck, vuole un po' di vino? »

Fu come svegliarsi di colpo, le palpebre ripresero a sbattere e il cuore si svegliò.

Rockerduck era tornato alla triste realtà.

Guardò Elvira senza dire nulla. Aveva un vassoio in mano e si sforzava di sorridere, ma si vedeva che dietro agli occhi sorridenti c'era un tormento di ansia e preoccupazione.

« Grazie, sì » mormorò il miliardario afferrando un calice mezzo pieno di vino rosso.

Ne bevve un sorso, girandosi a guardare il resto degli invitati.

Notò che Daisy e Donald parlottavano fitto fitto, vicino alla finestra accanto alla porta di uscita.

Io non capisco.

Tutto questo accade da quando è apparsa questa nebbia.

Ma che ci sta accadendo?

Siamo noi che ci lasciamo suggestionare oppure dobbiamo veramente preoccuparci?

 

 

 

 

 

« Donald, non mi piace questa situazione! Doveva essere una bella festa e invece si sta trasformando in un incubo. Possibile che niente vada bene? Nemmeno queste piccole cose che ci aiuterebbero tanto? »

Donald non bevve l'ultimo sorso di vino che aveva in mano.

« Non pensare così, Daisy. Vedrai.... si aggiusterà tutto, dobbiamo solo avere pazienza. Amelia è andata a cercarli, li troverà sicuramente con i suoi poteri... guardami » le alzò il mento con un dito, sorridendole dolcemente.

« Daisy, io sono sicuro che tutto si risolverà »

Daisy alzò gli occhi.

« Sicuro? »

Donald sorrise ancora di più, abbracciandola. « Sicuro. »

 

 

 

 

 

 

 

Per la prima volta nella sua vita, Gastone si rese conto che la sua fortuna non aveva potere.

Nulla era andato bene quella sera, e niente accennava a nuovi e bei cambiamenti.

Ma era ovvio.

La fortuna di Gastone si prendeva solo la briga di farlo vivere comodamente, ma in senso materiale.

La sua fortuna equivaleva a soldi, biglietti della partita gratis, viaggi su una nave da crociera e chi più ne ha più ne metta.

Ma non lo aiutava a stare bene dentro. Nel profondo dell'anima.

In quel momento Gastone si sentiva totalmente inutile perché sapeva che in tutti quegli anni non era servito assolutamente a niente, se non a far arrabbiare qualcuno inutilmente.

Inutile, inutile, inutile si ripeteva, inutile.

Tutto inutile.

A cosa mi servono adesso i soldi, o i biglietti, o i viaggi, o le auto? A nulla. In realtà non mi sono mai servite a niente, perché non avevo e non ho mai avuto ciò di cui ho sempre avuto veramente bisogno...

E non ho mai dato nulla a nessuno in fondo, e non lo sto dando ora, fermo e immobile come una statua fredda, senza emozioni.

Sto qui, angosciato, a bere del vino senza sentirne il sapore perché per la prima volta in vita mi sono reso conto di essere impotente di fronte a cose più grandi di me, come tutti qui dentro del resto.

Io non sono diverso da nessuno.

Sono stato solo un illuso.

 

Mi hai illuso, fortuna! Mi hai illuso di essere potente e di potere, di avere tutto ciò che si può desiderare e mi hai reso cieco, ma ora mi sono svegliato, ho aperto gli occhi e ho deciso che, al di là di tutto quello che accadrà, io vivrò, vivrò alla faccia tua.

La mattina comprerò il giornale con i miei soldi che mi guadagnerò lavorando, saluterò la gente che mi saluterà a sua volta senza mormorare dietro “è l'uomo più fortunato del mondo!”, oppure rincorrendomi chiedendomi autografi. Avrò la mia vita, non sarò solo e mi farò gli affari miei senza pavoneggiarmi più del dovuto.

 

Finalmente, io vivrò!

 

 

 

 

 

 

Tutti questi pensieri furono bruscamente interrotti dalla porta che si aprì di colpo, facendo entrare Amelia con una Brigitta malconcia e mezza assiderata che le si aggrappava al petto.

« Aaah! Brigitta! » Daisy lasciò cadere il proprio calice mandando in mille pezzi il delicato vetro, precipitandosi sull'amica che sembrava più morta che viva.

« Brigitta! Guardami, ti prego! » la implorò Daisy, stringendole la fredda mano.

La bionda guardò l'amica, ma era troppo sconvolta e non le rispose.

Rockerduck si sbrigò ad alzarsi dal divano per lasciar posto a Brigitta che vi fu posata da Amelia.

Dopo essersi assicurati che la donna fosse stata messa al sicuro dal freddo, tutti si girarono a guardare due altrettanto infreddoliti (ma mai quanto Brigitta) Scrooge e Goldie, che visibilmente si sentivano in difficoltà.

Elvira era stralunata. « Ma che... che è successo? Amelia, li hai trovati tu? » domandò con voce tremante.

La strega, che sapeva perfettamente cos'era accaduto, constatò che era meglio sorvolare sui particolari.

« Sì, li ho trovati io. Non erano molto lontani da qui, non è stato difficile. Brigitta ha la febbre altissima. Io ho fatto quel che ho potuto per tenerla al caldo » disse asciutta.

Brigitta sembrò riaversi, mentre un Donald sospettoso guardava il proprio zio che cercava di evitare il suo sguardo.

« Signora, si sente bene? Ha bisogno di qualcosa? » domandò poi a Goldie, che si stringeva fra le braccia di Scrooge.

La donna si sbrigò a liberarsi da quelle braccia calde e scosse velocemente la testa, sorridendo. I capelli le si sciolsero di colpo.

« No, grazie, davvero. »

« E tu, Scrooge? »

« No, no. »

« Venite, vi preparo del the caldo... non fa che bene dopo il freddo che avete preso. Poi bisognerà che qualcuno riporti a casa Brigitta. Non può rimanere qui, non ho nemmeno le medicine per guarirla ».

 

Gli invitati intuirono velocemente che la festa era ufficialmente finita. Capirono che ogni tentativo di migliorare qualcosa era miseramente fallito, perché nessuno aveva riso quella sera, nessuno aveva accennato un minimo di sorriso che fosse stato vero.

Si sentirono tutti crollare il mondo addosso, e non poterono che rassegnarsi a quella nebbia e alla tristezza e alla miseria che aveva portato.

Forse era davvero la fine di tutto.

Forse, era solo il caso di chiudersi in casa e aspettare qualche catastrofe, o, ancor peggio, aspettare di invecchiare e morire con la stessa nebbia che li aveva distrutti dal principio.

Era orribile, ma a tutti loro sembrava così, e lo stesso Donald , che pochi minuti prima era sicuro che tutto si sarebbe risolto, cominciava a arrendersi e disse ai nipotini di prepararsi per tornare a casa.

Senza opporre granché resistenza, Huey, Dewey e Louie si infilarono i cappottini e aspettarono che lo zio venisse con loro.

Ma Donald stava guardando il proprio zio. Aveva appena finito di salutare tutti, compreso Gastone, e mancava solo Scrooge al suo elenco.

I due si guardarono per pochi secondi che parvero ore.

Donald aveva capito cos'era accaduto nella foresta. Per un attimo si era sentito come sollevato, perché aveva la certezza che l'amore era l'unica cosa rimasta in piedi in mezzo a tanta tristezza.

Ma il vedere Brigitta in quello stato lo aveva demoralizzato nuovamente, perché si era ricordato che c'era sempre chi soffriva anche quando l'amore era presente.

Adesso guardava il proprio zio senza dire nulla, nulla che avrebbe potuto alleggerire l'atmosfera, e perciò, si infilò lentamente il proprio cappotto e andò via con i nipotini.

Mentre si teneva ben stretto il cappotto, si rimproverò di non aver detto nulla a Scrooge, di aver fatto scena muta.

Ma si rispose dicendosi che non c'era stato nulla da dire.

 

 

 

« Prendo io con me Brigitta. La porto a casa mia, lì sarà al sicuro » disse Daisy a Elvira, poco convinta delle sue ultime parole.

« D'accordo. » rispose senza emozioni Elvira.

Daisy la guardò triste, per alcuni secondi.

Aveva una voglia matta di piangere ma non lo fece, non voleva.

Abbracciò forte forte la nonna, stringendo gli occhi e rimanendo così per molti secondi.

« Ti voglio bene, nonna » mormorò.

Elvira rimase sorpresa dell'abbraccio, ma si sbrigò a ricambiare e a mormorare un “anch'io” sincero e soffocato.

« Grazie, nonna... grazie di tutto. Buon Natale » la baciò su una guancia e le sorrise, salutandola mentre Amelia la aiutava a portare Brigitta.

Elvira rimase in piedi a guardarla, assaporando l'ultimo abbraccio che le aveva dato e quel ti voglio bene così dolce e solitario.

Fra un po' sarebbe stato Natale, già.

 

 

 

 

 

 

 

« Beh, allora... Buon Natale. E grazie »

Daisy chiuse lo sportello della macchina, dove era stata messa Brigitta con l'aiuto di Amelia.

La strega sorrise. « Buon Natale anche a te. »

Prima che Daisy potesse aggiungere altro, Amelia era già sopra la sua scopa con Gennarino al suo fianco.

La ragazza guardò i due volare in alto, sempre più in alto fino a scomparire nella nebbia.

La speranza si dipinse sul suo volto, a ricordare quelle belle notti stellate e la grande e splendente luna.

Entrò nell'auto ed accese il motore, mormorando a Brigitta un “buon Natale”, che non ebbe risposta.

 

 

 

Amelia, dall'alto, riusciva a vedere oltre la nebbia. L'auto di Daisy partì, mentre quella di Donald era giù molto più avanti. Dalla fattoria uscirono tutti, compreso Rockerduck.

Infine, dopo gli altri, riuscì a vedere Scrooge e Battista che salivano sull'auto di Goldie. Erano diretti al deposito.

Sospirando, Amelia si alzò ancora di più, ansiosa di andare oltre quella maledetta nebbia, ma più saliva e più la nebbia era densa. Si arrese, volando lentamente e con la solita bolla attorno che la riparava dal freddo.

Dopo alcuni minuti, un botto e un lampo di luce davanti a sé la fecero fermare di colpo, spaventandola.

Apparve un'altra strega, che Amelia riconobbe immediatamente.

Capelli rossi ricci, occhi verdi e a folletto e un sorriso malefico dipinto sul volto. Christine.

« E tu che vuoi? » le disse sospettosa Amelia.

Christine era una strega al suo pari in quanto a conoscenza di magia e incantesimi. Perciò erano rivali e Christine, ovviamente, la prendeva in giro per i suoi fallimenti sulla numero uno.

« Ciao, Amelia... Non hai una bella cera, sai? » la schernì l'altra.

« Taglia corto » ringhiò fra i denti Amelia.

« D'accordo. Vedi, ho saputo qualche ora fa che avevi in progetto di rubare la numero uno, come al solito. Ebbene... »

Christine aprì la propria mano destra, e Amelia vi vide luccicare una moneta che conosceva fin troppo bene.

Sbarrò gli occhi, sorpresa e confusa allo stesso tempo. « La numero uno! » esclamò.

Christine chiuse di colpo la mano. Il luccichio cessò.

« Già! Come vedi, ci vuole ben poco per rubare un semplice ma potente decino... tu ci provi da anni, povera Amelia! E non ti è mai riuscito... compresa questa sera... Ma io, mentre tu eri dentro alla fattoria, l'ho rubata in un attimo. Ti chiederai come ho fatto... oh, beh... Scrooge era troppo distratto. Mi è bastato fare un incantesimo calamita. La numero uno è subito venuta a me. Così semplice... e tu eri lì e non te ne sei nemmeno accorta...! Vorrà dire che ti ho tolto un pensiero. La numero uno adesso è mia. Puoi vivere in pace, cara Amelia...! »

La fredda risata della rossa fece accendere il fuoco negli occhi di Amelia.

« Christine... io ho soltanto rinunciato alla numero uno questa sera, per un motivo a te oscuro... sei troppo spietata per capire, non ci proverò nemmeno... ma intanto... »

In un attimo, Amelia sfoderò la propria bacchetta e colpì la mano della strega davanti a sé. La rossa, sentendo un pizzicore alla mano dovuto all'incantesimo di Amelia, la aprì e la numero uno scivolò via. Fu Gennarino, che aveva capito i pensieri di Amelia, a riprenderla al volo a portarla alla sua padrona.

« Come vedi non sei l'unica in gamba, qui... ciao, Christine »

Amelia si rese invisibile e volò via alla velocità della luce. Sentì le grida di rabbia di Christine svanire nel silenzio della nebbia.

Christine non si era certo arresa, però. Anche lei aveva fatto su di sé un incantesimo invisibile e la stava rincorrendo, pronta a combattere per riavere la numero uno.

Sempre più veloce, Amelia stringeva la moneta nella mano.

Ma la sua direzione era il deposito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di Spheater

 

 

Terz'ultimo capitolo.

Colpo di scena!

Non è ancora tutto finito...

Mi raccomando, recensite. Mi fareste un gran piacere :)

 

Sph.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Mentre Amelia, inseguita da Christine, teneva la mano serrata con la numero uno racchiusa al suo interno, l'auto di Goldie riportava al deposito Scrooge e Battista.

Il maggiordomo malediceva la limousine in panne lasciata in mezzo alla neve non poco distante dalla fattoria, e ricordava con dannazione l'ultima volta che non aveva potuto portarla a fare la revisione.

Non era dispiaciuto per la macchina in per sé, bensì per sé stesso, che in quel momento si sentiva terribilmente a disagio, come poche ore prima quando Goldie l'aveva fatto salire in auto.

Se la limousine non si fosse guastata, a causa della mancata revisione, lui ora sarebbe stato nella sua auto con Scrooge, tranquillo e a suo agio.

Quel silenzio, invece, gli tamburava le orecchie e lo faceva rodere d'imbarazzo.

Non parlano.

Non dicono niente.

È peggio di tutto, questo silenzio!

Se parlassero sarebbe un po' meglio.

E invece...!

In più c'è questo Edward che fischietta... Dio come lo odio.

Ma come fa?!

 

 

« Dove andrai adesso? »

Battista si tirò su di colpo e guardò Scrooge, che aveva appena parlato.

Sia ringraziato il cielo...!

Goldie, come Battista, non si era aspettata questa domanda.

Ma non si volle dimostrare sorpresa. Tornò ad avere lo sguardo ghiaccio di sempre.

« Io... tornerò nel Klondike. Dove vuoi che vada. » le si era seccata la gola, d'improvviso.

Evitò lo sguardo di Scrooge, che abbassò il proprio immediatamente. « Già. Che domanda stupida. »

Goldie lo guardò con la coda dell'occhio. Capì che aveva sbagliato tono.

« No, non era una domanda stupida. Era una domanda ovvia. »

Scrooge alzò lo sguardo.

Il resto del viaggio, con sommo dispiacere di Battista, proseguì in silenzio, interrotto solo dall'imbarazzante fischiettio di Edward e dei clacson delle altre auto quando entrarono in città.

L'autista di Goldie, senza mai smettere di fischiettare, parcheggiò precisamente davanti alla porta del deposito.

Battista aprì subito il suo sportello e ne uscì velocemente, andando a suonare con impazienza il campanello, sperando che Miss Quackfaster si sbrigasse ad aprirgli.

Scrooge rimase alcuni secondi in auto.

I due si guardavano senza trovare delle parole da dirsi.

A Scrooge ne vennero in mente solo due, per niente adatte alla situazione.

« Buon Natale » piegò gli angoli della bocca ma tornò subito serio.

Indugiò ancora un secondo, per poi uscire dallo sportello lasciato aperto da Battista.

Goldie non disse nulla. Lo osservò scendere dall'auto e entrare nel deposito.

Edward smise finalmente di fischiare e le rivolse la parola.

« Direzione aereoporto, signora? »

Goldie rimase in silenzio.

 

 

 

 

 

 

« Ecco qua, Brigitta »

Daisy finì di sistemare il cuscino dietro la testa dell'amica, che la stava guardando tristemente.

« Non dovevi disturbarti... » mormorò con voce roca.

« Sssh! Non parlare, non sforzarti. E io non mi sono affatto disturbata, credimi se te lo dico »

Brigitta sorrise appena. « Non ho... salutato nessuno. Nemmeno... Scrooge »

Daisy tornò seria. « Non pensare a lui, ora. Non pensare a niente. Dormi e basta... fra un po' è Natale e devi essere felice »

Brigitta si sentì un groppo in gola. « Non dirmi che è Natale, ti prego. Non...dirmi niente. »

Daisy le accarezzò una guancia, sistemandole un ciuffo ribelle.

« D'accordo, Brigitta. Buona notte » le sorrise per un'ultima volta, poi si alzò, e lentamente andò a spegnere la luce.

Brigitta rimase a occhi chiusi nel buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Presto, Gennarino! »

Amelia stringeva sempre di più la numero uno, andando a una velocità supersonica.

Sapeva bene che quella che stringeva nella mano era la cosa che più desiderava a questo mondo, e che non le ci sarebbe voluto niente a cambiare direzione, verso il Vesuvio, dove senza essere per una volta rincorsa da Scrooge avrebbe potuto fonderla per diventare la donna più ricca della Terra.

Ma non era quella la volta, non era quella l'occasione.

Quella volta la numero uno sarebbe tornata a Scrooge, per mano sua, e sua soltanto.

Perché c'è il tempo per il bene e il tempo per il male, e lei sapeva che non sarebbe stato giusto derubare Scrooge quella sera stessa... Giusto, concetto che Christine non conosceva, perché come Amelia le aveva detto prima, era spietata...

All'improvviso la scopa di Amelia traballò.

Era quasi sopra a Duckburg, e il deposito era poco lontano.

Ma Christine voleva la numero uno ed era disposta a tutto pur di averla nuovamente fra le mani.

Amelia andava giù, senza riuscire a capire perché la sua scopa non rispondeva più ai suoi ordini; per fortuna ricordò velocemente un incantesimo che avrebbe liberato la sua scopa dalla maledizione che le aveva scagliato Christine, che evidentemente era molto vicina.

La scopa tornò a volare normalmente e Amelia non si fermò per bloccare Christine, proseguiva per la sua strada.

Ma la voce di Christine le girava intorno.

« E sarei io quella spietata? Tu sei una disonesta! Mi hai rubato la numero uno con uno sciocco stratagemma! » la sentiva tuonare attorno a sé.

« Uno stratagemma che ha funzionato, mi sembra! » ribatté Amelia, cambiando improvvisamente direzione, con un taglio netto ad angolo retto verso destra, per poi andare sempre verso il deposito.

Le due non si vedevano. Ma si lanciavano incantesimi alla cieca, ed è il metodo più pericoloso di tutti. Un incantesimo può colpirti senza preavviso magari in un punto debole, magari no, non lo puoi sapere.

« E poi, sì, tu sei una spietata e io non sono una disonesta! Io non ho avuto la vigliaccheria e la faccia tosta di derubare Scrooge in una serata così! Sapevi che era distratto... sapevi che avresti avuto vita facile e che stasera sarebbe risultato semplicissimo rubarla. Sei una vigliacca... »

Un incantesimo mancò di un pelo Amelia, che rabbiosa non cambiava direzione.

 

 

 

 

 

 

 

« Signora, mi devo avviare all'aereoporto di Duckburg? » ripeté Edward, perplesso.

Goldie continuò a rimanere in silenzio, stavolta guardando la città immersa nella notte.

Sospirò piano, pensierosa.

« Che data è oggi, Edward? » chiese poi.

L'autista rimase un po' interdetto. « Oggi... oggi è il 10 dicembre, signora. »

Goldie spostò lo sguardo dagli alti grattacieli alle villette illuminate, sempre in silenzio.

Pensava.

Passarono molti secondi prima che Edward, un po' spazientito, ripetesse la solita domanda.

« Mi scusi signora, ma cosa devo fare? »

Goldie sussultò lievemente, da quanto era rimasta assorta nei propri ricordi.

« Io... » tornò a guardare il deposito.

Strinse la labbra e si convinse.

« Edward, tu puoi andare » disse, aprendo lo sportello della macchina e uscendone.

L'autista si voltò, senza capire.

« Ma... andare dove? E lei, dove sta andando? »

Goldie non gli rispose, era già alla porta e stava suonando il campanello.

Edward sbuffò, passandosi una mano fra i capelli.

« E mo' che faccio? » sbuffò ancora, mettendo in moto l'auto.

 

 

« C'è Goldie Glittering qui fuori. Credo voglia entrare » disse con discrezione Miss Quackfaster a Battista, già in camicia da notte pronto a dimenticare quella serata.

Il maggiordomo chiuse gli occhi, alzando la testa verso il soffitto.

Poi, lentamente, si voltò e guardò la segretaria, senza dire nulla.

« Non credo che riuscirai a mandarla via. Falla entrare, no? » disse poi.

« Mi sto chiedendo se il principale... »

« Il principale la farebbe entrare, lo sai benissimo »

Un attimo di silenzio.

« Tu cosa pensi? »

Battista aggrottò le sopracciglia. « In che senso? »

« Voglio dire, secondo te cosa vuole? »

Battista rise piano.

« Non farmi domande retoriche, per favore. Falla entrare... e poi vai a letto. Non dovrai far altro »

Miss Quackfaster si morse il labbro inferiore, sorrise e fece entrare Goldie.

 

 

 

Scrooge era stanco.

Già in veste da notte, era pronto a farsi una bella dormita, deciso a dimenticare tutto, ben consapevole che il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare tutto e tutti.

Cercò di non pensare a Goldie, ignorando il fatto che la stessa stava salendo di corsa le scale per andare da lui.

La porta si aprì di colpo spaventandolo, e con sua somma sorpresa vide Goldie, che si fermò un attimo sulla soglia.

I due si guardarono per pochi secondi, poi Goldie gli corse incontro e lo baciò con passione.

Quando smise, Scrooge la guardò sconcertato.

« Goldie...? »

« Scrooge, io... ti ho mentito »

« Su cosa? »

« Non me ne tornerò nel Klondike. Non ora. Non posso farlo »

Scrooge la spinse delicatamente più in là, staccandola da sé.

« Cosa sei venuta a fare qui? » le domandò improvvisamente freddo.

Il tono di voce colpì Goldie, che in un attimo ritrovò tutta la rabbia e la tenacia della sua gioventù.

« Oh, nulla che ti riguardi » disse fra i denti e con i pugni stretti. « Anzi, adesso me ne andrò. Scusa il disturbo. » le lacrime le erano quasi salite e sentiva come un pugno nella gola. La rabbia era così tanta che non sapeva contenerla.

« Ma prima, » disse avvicinandosi a lui, « questo è per te! » e gli tirò un forte schiaffo.

Con una smorfia addolorata si voltò, decisa ad andarsene per sempre.

Scrooge, massaggiandosi la guancia dolorante, la guardava.

Troppe volte l'aveva vista andare via, troppe volte aveva sbagliato su di lei, troppe volte aveva commesso errori di cui tuttora si pentiva.

Tutti quegli anni erano passati a vuoto, e questa era la sua ultima occasione e lo sapeva.

Strinse i pugni.

Al diavolo!

Fermò Goldie per un braccio, lei si voltò, le prese il volto fra le mani e la baciò.

Lei ricambiò.

Dimenticarono la nebbia, la neve, il freddo, la città spenta, le lacrime, la festa, il Natale, la tristezza, la rabbia, la notte, l'autista, il maggiordomo e la segretaria, il deposito, tutto, ogni cosa, ogni attimo fu dimenticato per concentrarsi su quel momento, per viverlo a pieno.

Si amavano come non accadeva da tempo, in quella sera nella Valle del Fosso dell'Agonia Bianca, come fosse la prima volta, e in effetti lo era, era la prima volta dopo tanti anni.

Si desideravano con la consapevolezza che così facendo tutto sarebbe andato distrutto, appena gli altri li avessero scoperti.

Scrooge, mentre teneva per la vita Goldie, in piedi e con il letto alle spalle che gli sembrava così vicino, così dannatamente vicino, pensò a Brigitta, alle sue lacrime, agli anni in cui l'aveva conosciuta, pensò alla promessa che le aveva fatto giorni addietro, pensò di averci creduto davvero, e tuttora ci credeva ma in quel momento non riusciva a fermarsi, non poteva e non voleva farlo.

Pensò a Donald, ai suoi nipotini, e in un angolo remoto della sua mente si chiese cosa avrebbero pensato di lui, pensò alle sue sorelle, a sua madre e a suo padre, pensò a quei giorni tristi e solitari, in cui pensava proprio a lei, a Goldie, in quella buia villa. Pensò alla lettera lasciata nella neve, pensò al ricciolo di capelli d'oro tenuto dentro l'enorme baule, pensò che forse l'indomani sarebbe finito il mondo, ma che a lui non gliene importava, perché lei era l'unica cosa che gli era mancata e adesso l'aveva, lì davanti a sé.

Caddero sull'enorme letto, ormai certi di non poter più tornare indietro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Daisy aveva sentito Brigitta piangere.

Aprì la porta della sua camera e accese la luce, correndo a vedere cosa stava accadendo alla sua amica.

Brigitta si era rintanata sotto le coperte, tremante. Singhiozzava.

« Brigitta, che succede? Dimmi tutto... » Daisy si sedette sul letto, sorridendo paziente.

« Daisy, cosa mi sta accadendo? Prima... prima non piangevo! Andavo avanti e ce la facevo, non mi arrendevo, mentre adesso, adesso è come se mi fosse crollato il mondo addosso. Non mi interessa più nulla, nemmeno della nebbia, vorrei solo che Scrooge non si fosse dimenticato di me. Perché è così, lo so che è così! E... e poi... » si voltò, mettendosi a sedere. Daisy vide una lacrima scenderle sul volto.

« … Ho come la sensazione che sta accadendo qualcosa, in questo momento, al deposito. Non è un attacco dei nemici, non è nulla di malvagio, ho solo la certezza che se lo verrò a sapere starò male io, e io soltanto. Oh, Daisy... vorrei tanto che non fosse accaduto nulla stasera! Vorrei tanto poter tornare indietro! »

La bionda ruppe in pianto, tenendosi il volto fra le mani e tremando dai singhiozzi.

Daisy la abbracciò, non trovando alcuna parola per poterla consolare.

« Brigitta... io posso solo dirti che dovresti riposare e per stanotte dimenticare tutti e tutto. Al mattino ti sentirai meglio e se vuoi, andremo dallo zio per capire cosa sta accadendo »

Brigitta si liberò dall'abbraccio, scuotendo la testa fortemente. « No, io non voglio sapere cosa sta accadendo! Non andrò al deposito, so che per il mio bene non devo andarci. E domattina nulla cambierà, ci sarà sempre la solita nebbia, sempre il solito freddo! È finita, Daisy! Rassegnati! Sono stanca di combattere! Tanto... stanca... »

Daisy adagiò Brigitta sul letto, dicendole di dormire, sebbene anche lei avesse uno strano presentimento.

Quando chiuse la porta della camera, notò dalla finestra del salotto che strane luci volteggiavano in cielo, come fossero incantesimi. Ma non riusciva a vedere nessuno, perciò decise di tornarsene in camera propria a dormire una volta per tutte.

 

 

 

 

 

« Zio, non vieni a letto? »

Donald si voltò distrattamente.

Huey, Dewey e Louie lo stavano guardando, già in pigiama.

Sorrise e annuì.

« Andate a dormire, ora arrivo »

Udì i loro passi farsi sempre più lontani e sentì la porta della loro camera chiudersi.

La radio mandava musica, i giornalisti facevano finta di nulla.

Ma la nebbia gli pareva aumentata, e la sua inquietudine con essa.

Fissava, con i gomiti appoggiati sul davanzale della finestra, il deposito e quella luce che si era improvvisamente spenta nell'ufficio dello zio.

Alzò lo sguardo al cielo, a cercare stelle che non c'erano.

Si domandò se erano ancora oltre quel muro di nebbia, belle come sempre, oppure erano svanite così come tutte le sue speranze. Si domandò della luna, chiara e lucente luna.

Si domandò del bellissimo cielo blu e delle bellissime nuvole bianche, si domandò degli uccelli, delle aquile, persino delle zanzare.

Si chiese dove erano finiti gli uccelli, se erano in salvo al di là della nebbia, se mai c'era un al di là, si chiese dove sarebbero finiti loro, poveri e miseri umani, che tanto si gonfiavano il petto ma che poi, con niente, gli si sgonfiava subito, si ripiegavano su sé stessi intimoriti e tremolanti.

Senza smettere di guardare il cielo si immaginò i mille modi in cui il mondo, l'umanità poteva avere fine. Pensò a tutti i film che trattavano l'argomento e gli vennero immagini di guerra, bombe atomiche, esplosioni, fuoco. Ma nessuno aveva parlato di nebbia e di freddo. Qualcuno aveva sì detto che fra milioni di anni il mondo si sarebbe prima riscaldato e poi raffreddato per morire, ma erano milioni di anni, nessuno aveva parlato di Natale, di inverno, di neve, di nebbia.

Sentì l'impulso di voler rompere qualcosa, dalla rabbia che aveva per gli umani e per sé stesso, che aveva riso all'inizio di quel tunnel, non credendoci.

Stupido! Stupido, stupido!

Quando imparerai?

Quando impareremo?

Mai!

Siamo destinati a ripetere gli stessi errori all'infinito!

Passandosi la mano fra i capelli, con una smorfia dipinta sul volto, batté forte il pugno sul davanzale, stringendolo.

Scosse la testa.

Poi una luce gli apparve davanti, in cielo.

Alzò la testa, ma era tutto di nuovo grigio.

Un'altra luce.

Un'altra, e un'altra ancora!

Donald strinse gli occhi per poter vedere meglio.

Erano sopra il deposito.

 

 

 

 

Un incantesimo colpì in pieno petto Christine, pietrificandola a mezz'aria. E siccome la pietra non è leggera, la strega, con tanto di scopa, cadde giù.

Amelia modificò l'incantesimo che le aveva fatto assicurandosi che quando sarebbe caduta non si sarebbe perlomeno frantumata in mille sassolini. Non le andava di averla sulla coscienza, avrebbe fatto i conti con lei dopo aver rimesso la numero uno al suo posto.

Così si avviò al deposito, decisa a mettere fine a quella vicenda.

 

Quando la strega si trovò davanti alla finestra da cui sarebbe entrata, si ricordò dell'allarme anti strega creato da Archimede.

Non se ne preoccupò, perché sapeva di essere in buona fede e avrebbe spiegato tutto con orgoglio a Scrooge.

Una sensazione strana la pervase quando entrò nel deposito, nel buio e nel silenzio delle stanze che conosceva ormai da anni, ma che stavolta avrebbe attraversato tranquillamente, con la numero uno nella mano, pronta a metterla nella sua teca, quella teca che tante volte aveva sollevato per prelevare proprio l'oggetto che ora aveva in mano.

Camminava al buio senza vedere dove metteva i piedi, ma un po' di luce riusciva a filtrare dalle poche finestre che c'erano e non ci fu bisogno di rischiare usando la magia.

Era al piano di sopra. Sotto i suoi piedi c'era un tappeto che non ricordava. Passò davanti alle porte delle camere, ricordò che quella di Scrooge era la terza prima delle scale che scendevano.

Vi passò davanti, silenziosamente.

Pensò di svegliarlo, così per dargli la moneta nella mano, e nemici come prima. Avrebbe evitato di far scattare l'allarme, di fare un gran baccano inutile e soprattutto di dover inalare l'odore dell'aglio nella teca, che le dava alla nausea.

Aprì piano la porta della camera, ed era già pronta ad accendere la luce quando si accorse che Scrooge non era solo.

Dalla luce lieve della finestra poté intravedere la sagoma di una donna che dormiva accanto a lui, e dopo lo stupore iniziale, la riconobbe come Goldie Glittering, la donna della festa che aveva recuperato nella foresta insieme a lui e Brigitta.

Ancora stupita, rimase alcuni secondi come per accertarsi di aver visto bene.

Poi richiuse la porta lentamente, senza far rumore.

Questo non l'aveva previsto.

Avrebbe dovuto mettere la moneta nella teca e l'allarme sarebbe comunque scattato.

Non si sentiva di svegliare Scrooge in un momento così intimo, sarebbe stato da carogne e lei non lo era.

Mentre scendeva le scale, si disse che non era necessario mettere la numero uno nella teca, sarebbe bastato metterla sulla scrivania e far finta di niente, e al diavolo la gratitudine, cosa se ne sarebbe fatta? Lei non era tipa da inchinarsi ai complimenti e non li voleva nemmeno. E poi chissà se Scrooge glieli avrebbe fatti, orgoglioso com'era. In ogni caso, non le importava. A quel punto voleva soltanto tornare a casa a riposarsi con Gennarino, stanco come lei.

Arrivò finalmente nell'ufficio con tanto di teca. Si chiuse la porta dietro e fece un passo.

L'allarme scattò di colpo, acuto.

Non ho nulla da temere, pensò senza agitarsi, metterò la numero uno sulla scrivania sperando di non trovarci aglio. Poi me ne andrò. Se arriverà Scrooge gli spiegherò tutto, non importa.

Non ho motivi per preoccuparmi.

 

 

Scrooge si era svegliato di soprassalto; l'allarme era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato quella notte.

« Che succede, Scrooge? » gli chiese Goldie vedendo che si vestiva in fretta e furia.

« Resta qui, non ti muovere » le ordinò, prendendo in mano la vecchia spingarda classica e correndo alla porta.

L'allarme aveva svegliato mezza città.

Daisy, nello spavento, urtò la lampada sul comodino facendola cadere in mille pezzi. Si guardò attorno spaventata e realizzò che era l'allarme del deposito.

Si infilò le scarpe in fretta, a tentoni nel buio della camera.

Si mise un cappotto pesante sopra la vestaglia da notte e si affacciò in camera di Brigitta, che si era svegliata immediatamente.

« Vado a vedere al deposito! Tu resta qui e dormi! » le disse, chiudendo subito la camera e correndo alla porta per uscire di casa.

Brigitta non si addormentò. Era troppo agitata per rilassarsi.

Anche Donald stava correndo al deposito.

Non era riuscito ad andare a letto ed era rimasto fino ad allora a guardare quelle strane luci in cielo e il deposito, quando era scattato l'allarme.

Allora era corso a mettersi il cappotto, ringraziando sé stesso di non essersi ancora messo in pigiama.

Aveva preso la 313, e, insieme a Daisy, era l'unico a correre a velocità proibite sulla strada.

Aveva un brutto presentimento che non sapeva spiegarsi.

 

 

 

« Tu! »

Amelia si voltò di scatto.

Scrooge era armato. Aveva acceso la luce dell'ufficio ed aveva la camicia sbottonata in alcune parti.

Il suo sguardo era fermo sulla mano di Amelia, chiusa in un pugno. Poi lo spostò sulla teca, vuota.

E credette di aver capito tutto.

« I miei complimenti, sei riuscita ad avere l'audacia di derubarmi stanotte » il tono freddo e secco stupì non poco Amelia, che era pronta a spiegargli tutto. Ma Scrooge non la fece parlare.

« Sai, hai scelto proprio la notte più sbagliata di tutto l'anno per intrufolarti qui! » la rabbia gli stava montando addosso come una belva feroce.

Non poteva credere che un essere umano, anche se magico, potesse aver pensato di approfittare così della situazione. Ma se c'era una cosa che lo mandava ancora più in bestia era il fatto che avesse interrotto la sua intimità con Goldie. Quelle erano state le uniche ore felici di tutti quei giorni e l'idea che fossero state interrotte così bruscamente da uno stupido allarme scattato per tentativo di furto dalla sua nemica che per di più lo aveva salvato dal freddo poco prima, gli facevano venire un nodo alla gola, una rabbia che lo faceva esplodere. Avrebbe voluto spaccare tutto. Avrebbe voluto fregarsene e tornare a dormire, ma ormai era tutto rovinato, l'unica cosa positiva che gli era capitata era stata spezzata, nel modo più banale e spiacevole possibile.

E la colpevole era lì davanti a lui.

La rabbia era tanta che si tramutò in lacrime, che si guardò bene dal mostrare.

« Perché mi fai questo, Amelia? Perché? » chiese quasi in un sussurro, guardandola negli occhi.

Amelia poté finalmente trovare le parole da dirgli, quando vide che non aggiungeva alcuna parola.

« Io non ti ho derubato. Se anzi vuoi saperlo, ti stavo riportando la numero uno, che era stata rubata da un'altra strega. »

Scrooge guardò la fattucchiera.

Una parte di sé avrebbe voluto crederle, ma non ci riuscì. Era troppo arrabbiato, troppo frustato per poterle credere, era così convinto che ormai era tutto negativo e sbagliato, che non accettò la verità, che era stata positiva con lui almeno una volta.

In quel momento, arrivarono Daisy e Donald con il fiatone. Si bloccarono sulla porta, senza parlare.

Dietro di loro, Battista aveva in mano dell'aglio, pronto a ogni possibile attacco. Aveva sentito Amelia camminare per le stanze, e si era subito armato, dicendo alla segretaria di tornarsene a casa.

Scrooge diede una veloce occhiata dietro di sé, chiedendosi se non fosse arrivata anche Goldie.

La vide arrivare subito, di corsa e preoccupata. Sorpassò due sospettosi Daisy e Donald e arrivò al suo fianco.

Amelia la squadrò dall'alto al basso. Si era vestita velocemente, aveva i capelli sciolti e le mancava il rossetto che aveva avuto fino alla festa.

La strega, improvvisamente, si sentì completamente a disagio. Decise di dare la numero uno a Scrooge in fretta, per andarsene di lì, visto che già sapeva troppe cose che non avrebbe voluto sapere.

« Sto perdendo tempo qui. Tieni la tua numero uno, e nemici come prima » Amelia aveva aperto la mano con la moneta dentro porgendola a Scrooge.

Lui non la prese, si limitò a guardarla.

« Chi mi dice che non ci sia un trucco dietro? » disse, freddo.

Amelia non si mosse di un millimetro.

« Te lo dico io. Prendila, se vuoi » ripeté.

Scrooge rimase immobile.

« Amelia, tu non sei altro che una strega. Spietata e crudele. Molte volte ho provato a fidarmi di te, ma mi sono dovuto ricredere. Mi hai ingannato e derubato, usando tutte le tattiche possibili e inimmaginabili! Mai mi sarei potuto aspettare tutto questo da una persona sola! Hai sempre qualcosa da nascondere! Sei una delle mie peggior rivali. In più, stanotte vieni qui, derubandomi, come se nulla fosse. E adesso, mi menti anche.

Sei una persona orribile, Amelia. »

La strega sbarrò gli occhi.

La numero uno cadde a terra con un tintinnio sordo, sotto lo sguardo di tutti.

Goldie guardò la strega. Vide i suoi occhi assottigliarsi, farsi di sangue. Era piena d'ira, non aveva mai visto qualcuno offendersi così. Ma non seppe darle torto.

La fattucchiera si avvicinò a Scrooge, fissandolo negli occhi.

« Sarà bene che tu accetti la realtà, Scrooge McDuck. Io non ho rubato la numero uno. Io non mento, io non sono spietata, non così, non da poterti derubare adesso. E non permetterti di parlarmi così. Non permetterti di dirmi chi sono io e come sono, nemmeno tu lo sai. »

Si voltò, pronta a volare via dalla finestra.

« Ah, e un'ultima cosa » aggiunse poco prima di prendere il volo. « Io qui non sono l'unica a nascondere qualcosa. Tu non avresti mai detto loro che quella donna ha passato questa notte con te, non è vero? » e con una smorfia, volò via con Gennarino.

Nella stanza rimase il silenzio.

Scrooge teneva lo sguardo basso, senza osare guardare nessuno.

Nemmeno lui sapeva come si sentiva.

Aveva capito di aver sbagliato tutto, e questo lo aveva rovinato.

Goldie era al suo fianco. Affranta, si mise a sedere su una poltrona davanti alla scrivania, tenendosi la testa fra le mani, senza proferire parola.

Daisy e Donald capirono che dovevano andarsene.

« Ehm... Zio, noi... io... » farfugliò Donald, senza sapere dove guardare. Alzò la testa per guardare lo zio. Era in piedi, teneva gli occhi chiusi come in uno stato catatonico.

« Scusa il disturbo. Pensavamo... » provò a dire ancora senza finire la frase.

Scrooge aprì gli occhi, scuotendo lentamente la testa. « Mi dispiace. Siete venuti fin qui per niente. Tornate a casa, sarete stanchi... » mormorò, appoggiandosi alla scrivania.

« S-sì » balbettò Daisy.

Donald la prese per il braccio, salutando Battista che a sua volta preferì tornarsene silenziosamente nella propria camera.

Daisy, con un lieve sussulto, si voltò ancora, fermandosi.

« Zio, non diremo nulla a nessuno » gli mormorò.

Scrooge la guardò, senza sorridere.

I due andarono via definitivamente.

 

 

 

 

 

E' andata via.

Le ho spiegato che non potevamo rimanere insieme.

Ciò che è successo stanotte mi ha cambiato. Ma mi ha fatto anche sbagliare su Amelia.

Lei si è vendicata nel modo più giusto.

Avrebbe mantenuto il segreto, se solo non le avessi detto quelle cose orribili.

Mi vergogno di me stesso.

E ora, ora che accadrà? È quasi mattina. Sono le 4 del mattino forse, ma naturalmente non ci sarà nessuna alba, non ci sarà nessun sole, nessun mattino. Invece del nero ci sarà il grigio.

Come sempre.

Goldie si è arrabbiata. Ma anche lei ha capito, condivideva quello che le ho detto.

Avrei voluto baciarla, averla mia ancora una volta, ma non ho potuto.

Qualcosa ha rovinato tutto.

Piangeva.

L'ho sentita.

Come molti anni fa, quando la mandai via, lei piangeva.

È troppo orgogliosa per farlo davanti a me. Lo ha fatto di nascosto.

Anch'io lo sto facendo di nascosto.

E sono qui a chiedermi se domattina ci sarà sempre la solita nebbia. Oppure non ci sarà nessun domani. Lo vorrei tanto.

Dopo stanotte non riesco a immaginarmi un'altra notte o un altro giorno.

Vedo solo buio.

Vorrei fosse così.

Vorrei finisse tutto adesso, una volta per tutte.

Però...

Non posso dire che l'ultima notte della mia vita non sia stata la più felice. Dovrebbe sempre essere così, si dovrebbe sempre chiudere in bellezza.

Ero felice fino a poche ore fa.

Perciò, di cosa mi lamento alla fine?

Qualcosa è cambiato in me stanotte.

Il cambiamento ha avuto inizio da quando è apparsa questa nebbia, e stanotte ha avuto fine.

Sono felice, nonostante tutto.

Adesso il mondo può davvero finire, per quanto mi riguarda.

Certo, vorrei avere Goldie qui con me, ma non si può chiedere tutto.

Perciò va bene così.

Che venga la morte.

Non ha importanza.

Adesso posso chiudere gli occhi, per non riaprirli mai più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di Spheater!

 

Mmmh, il capitolo 8 è piaciuto molto.

Non credo che questo sia al suo pari, ma pazienza. Mi rifarò con l'ultimo.

Mi raccomando, non perdetelo!

Intanto recensite, mi mette di buon umore e mi aiuta a scrivere bene... :P

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 

 

 

 

 

 

 

 

 

La vita ti prenderà per mano e ti porterà via con sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edward sbadigliò.

Cascava dal sonno, e quasi non riusciva a vedere i suoi stessi piedi. Aveva gli occhi appannati.

Vuoi vedere che questa schifosa nebbia mi è entrata negli occhi, alla fine!, pensò innervosito.

Aprì lo sportello dell'auto, vi entrò e si mise a sedere al suo posto di autista.

Sbuffò.

Alzò la manica dal polso e guardò l'orologio: le 7:30 del mattino.

Al diavolo gli orari del cavolo degli aerei, pensò accendendo il motore.

Partì, senza alcuna fretta. Si fece tutti i semafori rossi della città, che non fecero altro che peggiorare il suo umore già nero.

Dopo l'ennesimo rosso, cercò di riordinarsi le idee.

Vediamo... per l'albergo dovrei girare a sinistra. Bella roba... a sinistra c'è solo nebbia... anche a destra... e davanti e dietro... anche in cielo, ovunque è nebbia! Alla fine andremo a far parte noi stessi, di questa nebbia...beh, io giro, spero solo di non incontrare una vecchina che attraversa la strada... Assai improbabile, visto che in giro non c'è manco un'auto...

Pochi metri più avanti si fermò davanti all'albergo, attendendo.

Goldie Glittering entrò nell'auto, in silenzio. Aveva addosso gli stessi indumenti della sera precedente.

« Aereoporto, Edward... » disse.

L'autista preferì non chiederle come mai si era spostata dal deposito a quell'albergo, e come mai adesso voleva andarsene e prima no... si limitò a partire nuovamente in direzione della meta.

Aveva capito che parlarle della festa o di quella notte non era il caso, sin da quando lo aveva chiamato per cellulare, svegliandolo.

« Non vuole bere un caffè, o fare colazione prima di partire? L'aereo parte alle 8:30 e c'è ancora un'ora di tempo... » propose con falsa noncuranza.

« Voglio andarmene, Edward » fu la risposta secca di Goldie.

Tuttavia l'autista non si arrese. « Signora, nel Klondike non eviterà la nebbia... »

« Non voglio fuggire dalla nebbia! » esclamò lei, furibonda d'un tratto.

Si mise il volto fra le mani, affranta.

Edward capì che non era il caso di fare domande.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Donald spense il fuoco sotto la macchinetta del caffè e se lo versò nella tazzina.

Mentre se lo beveva in silenzio, squadrò l'orologio appeso al muro.

Le 7:35.

E non aveva un minimo di sonno.

Era inquieto, dopo la nottata non era più riuscito a prendere sonno.

Si chiedeva se anche Daisy non riusciva ad addormentarsi, e magari, pensò, anche lei si stava bevendo un caffè a quell'ora.

Ripose la tazzina dentro l'acquaio e premette la fronte contro il vetro freddo della finestra. In genere era sempre riuscito a vedere le macchine, la strada e le stelle.

Ma naturalmente adesso non vedeva nulla di tutto ciò. Non si sorprese.

La sua espressione rimase la stessa, ma non riuscì a trattenere un acido pensiero.

Sarai contento, adesso. A cosa credi che serva, condannarci al buio eterno?

Ci stai buttando in un baratro.

Anzi, ci siamo già dentro, e non ne usciremo mai più.

E adesso, cosa conti di fare? Credi che sia servito a qualcosa, eh? Avanti, dillo!

Fece una smorfia, staccandosi dal vetro.

Scusami.

Lo so che ci meritiamo tutto questo, lo so.

Ma a forza di dare bastonate a uno per farlo parlare, alla fine quello muore.

Lo so che il paragone che ho fatto è stupido, ma è stato per farti capire... o notare... che se non vuoi mettere fine a ciò che hai creato e che ti ha deluso... se ci vuoi perdonare... se hai fatto tutto questo per aiutarci... e io spero sia così... beh, questa è l'ora giusta per porre fine alle nostre sofferenze. A meno che tu, ovviamente, non voglia davvero levarti ogni pensiero. Se è così, ti prego fallo subito.

Te ne sarei davvero grato.

 

Ma mi stai ascoltando?

Ci sei?

Diamine, mi dispiacerebbe davvero se scoprissi che sto parlando solo con me stesso!

Insomma, lo avrei fatto per tutta la vita. Sarebbe un problema se mi fossi sbagliato sempre.

Sarebbe una delusione immensa. Penso che non potrei sopravvivere.

 

 

 

Ma insomma, fai come vuoi. Hai sempre deciso tutto tu e sarà così per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Battista stava preparando il caffellatte.

Sapeva che il principale si era addormentato nell'ufficio.

Perlomeno, aveva pensato, con una buona colazione si sarebbe rimesso dalla notte precedente.

E dalla tristezza.

Sarà dura poter continuare come prima, pensò sospirando.

Aspettò che il latte salisse e spense il fuoco. Lo versò insieme al caffè.

Poi prese dei biscotti dalla credenza e li mise accanto alla tazza nel vassoio.

Coraggio, si disse incamminandosi col vassoio verso l'ufficio.

Mentre camminava intento a non rovesciare il lavoro di dieci minuti buoni, con la coda dell'occhio vide l'ora segnata dal vecchio orologio. Le 7:40.

In effetti aveva molto sonno.

Ma si era alzato perché non era riuscito a sopportare l'immagine di Scrooge dormiente sulla scrivania. Si rendeva conto di come poteva sentirsi dopo quello che gli era accaduto nella notte.

Ricordò Goldie che se andava lentamente per le scale. Non l'aveva nemmeno salutato.

Mentre scendeva le scale, un suono familiare lo fece fermare di colpo. Era un suono che non sentiva da molto tempo, e che ricordò aveva sempre amato particolarmente.

Si mise in ascolto.

Era calato nuovamente il silenzio. Ma aspettò.

Battista sussultò, stupefatto.

Eccolo di nuovo, quel dolce suono vivo.

E' il canto di uccellini. È proprio quello.

Com'è possibile?

Riprese a camminare, stranito.

Non li sento da mesi che mi sembrano anni.

E non mi sono sbagliato, è sicuro.

Non ci posso credere.

Possibile...?

Devo saperne di più. Ma prima ancora devo appoggiare il vassoio. E dare la colazione al principale.

Aprì lentamente la porta dell'ufficio senza fare rumore.

Proprio come aveva supposto, Scrooge stava dormendo a sedere sulla poltrona, con la testa sulla scrivania sorretta dalle braccia incrociate.

Accese la luce, non perdendo d'occhio il principale.

Quando si avvicinò, vedendo che Scrooge non si muoveva, si schiarì la voce.

« Signore, la colazione » disse poi, posando il vassoio sulla scrivania.

Scrooge aprì gli occhi, tirando su la testa. Guardò per alcuni secondi Battista e poi ritornò giù, nella stessa posizione di prima.

Battista sorrise pazientemente. « Sono un quarto all'otto, signore. Le ho preparato un buon caffellatte con i biscotti. Non le va? »

Silenzio.

Il maggiordomo, senza perdere la pazienza, si avvicinò alla teca della numero uno. La moneta non c'era. Ricordandosi del gesto di Amelia la notte precedente, la cercò per terra, trovandola. La prese e la mise al suo posto. Mentre lo faceva, gli venne un'idea.

« Signore, lo sa che ho sentito il canto degli uccellini prima? Le stavo portando la colazione, e li ho sentiti. Ne sono certo, sono qui fuori.

Strano, vero? Sono mesi che non si sentono »

Si voltò di poco, guardando il principale di nascosto. Aveva alzato la testa.

« No, ti sei sicuramente sbagliato, Battista. Non ci sono più. Non c'è più niente. È tutto finito, lasciami in pace » e affondò la testa nelle braccia.

« No signore, non è tutto finito. E lo sa perché? » Battista si mise a sedere accanto a Scrooge, sulla scrivania.

« Perché io non voglio che finisca. Non lo vuole nessuno, nemmeno lei. Noi crediamo di volerlo, ma in realtà non è così. Vorremmo certo che tutto questo finisca, ma per far sì che inizi un'altra vita, un'altra storia. Le piacerebbe, vero? Lo vorrebbe tanto. Vorrebbe tanto poter incontrare la signora Goldie in un'altra vita. Vorrebbe tanto poter rivedere i propri genitori per spiegare loro molte cose che non ha mai detto... vorrebbe poter ri-scegliere, vorrebbe tanto poter cambiare scelte già fatte in gioventù! Questo lo vorremmo tutti. Ma non è ancora finita, signore. Manca poco, ma non è ancora l'ora. Ora faccia colazione, che sarà un buon modo per iniziare la giornata. Perché dopo questo giorno ce ne saranno altri e da un punto dovremo pur iniziare, non crede? »

Scrooge aveva le lacrime agli occhi. Guardò Battista.

« Perché dovrei iniziare, Battista? Per me è tutto finito... »

« No signore, gliel'ho già detto. Non è ancora finita. Non è ancora finita perché Goldie non è ancora nel Klondike. E anche quando sarà là, potrà sempre tornare. Nulla ha mai fine, principale... se lo si vuole. E ora, ripeto, faccia colazione. »

Il maggiordomo scese dalla scrivania e avvicinò il vassoio alle mani di Scrooge.

Poi si avviò alla porta.

« Ah, un'ultima cosa... io quei canti li ho sentiti davvero. Ci faccia caso anche lei, se le va »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Brigitta barcollava.

Si sentiva molto meglio, ma aveva un po' di mal di testa. E a causa di questo si era dovuta alzare per prendere la medicina adeguata. Non aveva voluto svegliare Daisy, che era tornata molto tardi ed aveva già fatto tanto per lei.

Mentre scartava la pillola da mettere nel bicchiere d'acqua, pensò che Daisy non le aveva raccontato nulla di ciò che era successo al deposito. Ma lei se lo era immaginato molto bene, sebbene non avesse indizi.

Si chiedeva cos'avrebbe fatto di lì a pochi minuti. Erano dieci alle otto, e non sarebbe certo tornata a letto.

Sciacquò il bicchiere nell'acquaio e lo rimise al suo posto. Accese la radio, mettendosi sul divano.

Davano musica.

Ricordò che fino ai giorni precedenti aveva sentito che quello stesso giorno, secondo i media, sarebbe accaduto qualcosa di catastrofico. Nessuno aveva saputo spiegare cosa, ma la paura si era sparsa velocemente, così come la nebbia e il freddo.

Ricordò di essersi impressionata la prima volta che l'aveva sentito dire. Aveva avuto paura.

Ma adesso solo il pensiero di qualcosa di catastrofico la faceva ridere.

Che caschi il mondo, tanto per me è già tutto finito.

Inoltre, quella mattina era simile a molte altre. La solita nebbia, il solito buio, il solito freddo, la solita malinconia. Nulla di diverso.

Si erano sbagliati, naturalmente.

L'altra volta mi hanno fatto prendere un bel coccolone, per poi scoprire che non era vero. C'era da aspettarselo... ma pazienza, non m'importa... d'ora in poi dovrò solo pensare a fare qualcosa di diverso dal normale. Dovrò cambiare vita.

Si alzò dal divano. Suo malgrado sentiva un groppo in gola.

Sapeva che non sarebbe mai riuscita a fare qualcosa di diverso.

Perché in realtà nulla era cambiato in lei. Era solo più stanca.

Era delusa, ma non arresa.

E questo la faceva star male.

Andò in bagno, per pettinarsi.

Si guardò allo specchio. Vide una bionda con uno sguardo triste, ma non spento, non morto.

E lei voleva che fosse così, che fosse morto. Voleva arrendersi per smettere di soffrire ma non ce la faceva.

Si pettinava velocemente, con forza e con rabbia. Si tirava i capelli, facendosi male e strappandone a ciocche. E la rabbia aumentava, vedendo che stava piangendo di nuovo, per l'ennesima volta.

Poi, un fascio di luce tiepido la fece fermare, come imbambolata, facendole cadere il pettine di mano.

Si voltò verso la finestra da cui proveniva.

C'era...luce.

Il cuore le batteva a mille, le tamburava il petto fino a farle quasi male. Si avvicinò al vetro, incredula e confusa.

Quella palla di luce in cielo era inconfondibile.

Ricordò, stupidamente, di quando anni e anni prima l'aveva studiata a scuola, davanti alla maestra alla lavagna.

E lei non si era mai entusiasmata di vedere quella palla calda (troppo calda, talvolta) in cielo.

Ricordò anche di averla odiata perché a causa sua una volta aveva preso un 5 a scienze.

La palla si chiamava sole.

E in quel momento, per lei era come un'apparizione di un Dio che da troppo tempo era svanito dietro a un muro solido di nebbia fredda.

Amò quella luce.

Sarebbe rimasta ore e ore a guardarla e ammirarla, bruciandosi gli occhi.

Ma un pensiero represso da tempo le passò violento per la mente.

Scrooge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Fermo, Edward! »

La macchina si fermò brutalmente, in mezzo alla strada.

Altre auto erano state fermate davanti a semafori verdi, gialli e rossi.

La gente che aveva in mano pacchi grossi li lasciava cadere per terra, col naso in su incantati a guardare il cielo.

Bambini che correvano avanti e indietro, urlando; mamme che dapprima li rincorrevano a loro volta ma poi si fermavano, guardando su.

Vecchi che si alzavano dalla solita sedia di plastica al bar dell'angolo, guardavano su esterrefatti.

E poi c'era chi piangeva.

Piangeva di gioia.

Goldie uscì dall'auto, incantata da quel cielo blu e da quel sole che li parava dal freddo paralizzante.

Si guardò intorno, cercando la nebbia. E non trovandola, sorrise. Avrebbe pianto come la maggioranza delle persone, ma non voleva perdere tempo.

« Edward... Edward! »

L'autista era rimasto incantato a testa in su con la bocca aperta.

Goldie rise, e si sentì così strana mentre lo faceva.

« Edward, portami sulla collina, al deposito! Dai, sbrigati! »

Salì in macchina prendendo per il braccio l'imbambolato autista che lentamente, senza capire più niente, ritornò in auto e mise in moto.

 

 

 

 

 

 

Daisy correva in strada, più veloce che poteva.

Brigitta era uscita improvvisamente di casa, senza dirle nulla; si era messa addosso il suo cappotto rovesciando nella fretta l'attaccapanni, ed aveva lasciato il portone aperto dietro di sé.

Prima che Daisy avesse potuto urlarle cosa stava facendo, il sole era penetrato nella casa dalla porta aperta e lei era quasi rimasta accecata.

Sbalordita e confusa, si era vestita in fretta e furia e adesso stava correndo sotto quel cielo azzurro come tante altre persone.

Cercava la sua amica, ma si immaginava dove potesse essere diretta; inoltre, sulla collina, davanti al deposito, cominciava a esserci una bella folla.

Mentre correva, sentiva che qualcosa le nasceva dal profondo del cuore, era una sensazione bellissima, le riempiva l'anima, e finalmente lo poteva sentire: era felice.

D'improvviso desiderò abbracciare chiunque le passasse accanto. In particolare però, avrebbe voluto abbracciare una persona e non lasciarla andare mai più...

Donald, dove sei? Vieni qui... stai con me.

Dove sei?

So che ci sei... ci devi essere...

 

 

 

 

 

 

 

Corri, corri!

Finalmente puoi correre libero e felice, senza che nessuno ti fermi, senza che ti faccia male la milza. Ti senti improvvisamente leggero, potresti volare, lo faresti.

È il tuo cuore che vola, strabocchi di felicità, non ti era mai successo.

È bellissimo.

Sorridi mentre corri, saluti la gente, anche quella che hai sempre creduto di odiare.

Sono tutti felici e incantati, c'è pure chi piange.

Piangeresti anche te da quanta gioia hai nel corpo, non ce la fai a trattenerti.

Quella gioia rischia di farti scoppiare da un momento all'altro, ma ne sei geloso, quindi te la tieni dentro e ti fa battere fortissimo il cuore.

Corri, corri Donald...

Come vedi non è finita...

La vita continua più bella che mai.

Adesso va', va' da Daisy!

E vivi sereno, finalmente!

 

 

 

 

 

 

Brigitta correva, correva più veloce che poteva.

A volte inciampava, andava addosso alla gente distratta che ancora guardava in alto, si scusava, e senza cadere ripartiva, più determinata che mai.

C'era una folla immensa, la gente soffocava.

Sembrava che tutta Duckburg fosse lì, ai piedi della collina ammazzamotori.

Brigitta si accorse che molti salivano ed arrivavano sulla cima della collina, ignorando il fatto che fosse proprietà privata di Scrooge McDuck e scansando i numerosi cartelli di avviso.

Sembravano come sotto un incantesimo, che li costringeva ad ammirare quel sole così lucente e bello, ad ogni costo.

Anche lei si sentiva strana, ma voleva vedere Scrooge, non aveva idea di cosa avrebbe voluto dirgli ma lo voleva vedere.

Cominciò a correre in salita, col fiatone e il cuore che le batteva fortissimo nel petto. Per fortuna non faceva molto freddo, quel sole riusciva a riscaldare quanto bastava.

Cercava di farsi spazio fra le persone che aumentavano di minuto in minuto, anche fin lassù. Si scusava in continuazione, non perdendo d'occhio la porta del deposito, che notò essere aperta.

Dapprima si spaventò, pensando a un pericolo.

Poi però si disse che non era certo accaduto nulla di preoccupante, visto che non c'erano stati allarmi e che nessun nemico avrebbe attaccato il deposito in una giornata così.

Il sole era tornato per tutti.

Decise di entrare nel deposito ma si bloccò quando le parve di vedere fra la folla un volto familiare.

Si girò alla ricerca di quel volto allungato e dai lineamenti eleganti, e di quegli occhi di ghiaccio che si erano raddolciti col tempo.

Non lo rivide, ma in compenso vide Scrooge.

« Scrooge! » urlò senza pensare.

Lui non la sentì, era lontano. Le voltò la schiena e continuò a vagare fra la folla estasiata.

 

 

 

 

 

Donald correva ormai senza fiato, ma senza fermarsi.

Aveva cercato Daisy per tutta la città senza vederla, e adesso stava correndo su per la collina, la sua ultima speranza.

Mentre correva, vide un cugino Gastone vagare distratto tra la folla. Era l'unico che non correva o che perlomeno non andava a passo veloce.

Donald non poté non fermarsi. Lo prese per il braccio, bloccandolo.

L'altro si girò ancora più assorto di prima.

Guardò prima Donald in volto, poi guardò il proprio braccio e infine sorrise al cugino.

« Ciao, Donald. Cosa c'è? » disse con strana calma.

« Come, cosa c'è? L'hai visto? È tornato il sole! » Donald lo scosse un po'.

Gastone sembrava in dormiveglia.

« Ah, sì, il sole. Certo che l'ho visto. Ma perché ti agiti tanto? »

Donald si preoccupò non poco. « Diamine, era sparito da mesi! Mi senti, Gastone? Non ti ricordi nulla? Che ti è successo? » lo scosse ancora di più.

« Ma insomma Donald, lasciami! Lo so che era sparito! Non ho perso la memoria! » Gastone si liberò dalla stretta con uno strattone.

Donald lo guardò. « Ma allora perché sei così... strano? Cioè, sei così calmo, così... assorto... »

« Tutti voi lo dovreste essere, eppure vi agitate così tanto! Voglio dire, perché non vi rilassate... e vi godete questo magnifico sole in pura tranquillità... tranquillità... finalmente l'ho ritrovata... » un enorme sorriso si stampò sul volto di Gastone, che fu come illuminarsi.

Donald non l'aveva mai visto sorridere così e ne fu improvvisamente felice.

« Bene, cugino. Sono felice per te! Ora scusami, ma devo trovare Daisy »

Gastone lo guardò, senza smettere di sorridere. « D'accordo, cugino... salutamela... e stammi bene »

I due si guardarono un'ultima volta, poi Donald tornò a correre tra la folla.

Gastone continuò a camminare lentamente...

 

 

Daisy era caduta, era troppo stanca per continuare a cercare Donald.

Era sulla sommità della collina, seduta sui gradini del deposito. Lì la gente non veniva e lei poteva finalmente respirare.

A un passo da lei la gente correva, urlava e rideva ancora. Erano tutti così felici.

Improvvisamente qualcuno la chiamò.

« Zia! Zia! Zia! »

La ragazza si guardò intorno alla ricerca dei tre nipotini, ma non li vedeva.

« Zia! »

« Ah! »

Daisy aveva sussultato; Huey le si era seduto accanto, spaventandola.

Lo abbracciò fortissimo. Subito arrivarono i due fratellini, felici e contenti.

« Ragazzi! Come avete fatto a trovarmi? » domandò lei, entusiasta di rivederli in tale occasione.

« Ma noi non ti cercavamo, zia! Noi siamo venuti fin quassù a cercare lo zio Donald. È stato lui ad accorgersi del sole, ed è andato via di volata. Noi gli siamo venuti dietro, ma lo abbiamo perso vi vista. Così abbiamo deciso di venire quassù, perlomeno qui c'è lo zio Scrooge... » i tre guardarono la porta aperta del deposito.

« … Però credo che non sia nel deposito, adesso » disse Louie.

« Sarà fra la folla. Sono tutti fra la folla. Anche Brigitta è corsa via, prima di me. L'ho rincorsa ma è sparita tra la gente. Credo fosse diretta qui, anzi, sicuramente. Ma che importa, stanno tutti bene, è questo l'importante » Daisy sorrise ancora, le lacrime agli occhi dalla gioia.

« Zia, noi andiamo a cercare i nostri amici. Saranno qui intorno, sicuramente...! Ti spiace? »

« Ma certo che no! Andate a divertirvi, ora che finalmente vi è permesso! »

Si abbracciarono un'ultima volta, poi i nipotini corsero via tra la gente.

Daisy si alzò, pronta a riprendere la ricerca di Donald. Sentiva un irrefrenabile desiderio di vederlo.

 

 

 

 

« Donald!! Donald!! »

Il ragazzo non si fermò, continuò a correre cercando la fonte della voce.

« Donald...! »

Fethry gli andò addosso, e i due quasi caddero a terra.

« Fethry...!! » esclamò Donald, felice di vederlo.

« Hai visto, Donald? Hai visto? » Fethry era eccitato, indicava il cielo sopra di lui.

« Sì, cugino, sì! Il sole! » rispose Donald, con una gran fretta di tornare a correre.

« L'avevo detto! Ti ricordi? L'avevo detto! »

Donald rise, senza sapere perché. « Sì, me lo ricordo! Me lo ricordo bene. Ma ora devo andare! »

Riprese a correre, salutandolo con la mano.

« Siamo stati perdonati, Donald! Siamo stati perdonati! » gli urlava Fethry da dietro, felice.

« Sì... sì... » mormorò Donald, correndo e finendo di salutare il cugino. « Siamo stati perdonati... »

 

 

 

 

 

Goldie chiudeva gli occhi alla vista del sole, non vi era più abituata e le dava noia. Ma avrebbe volentieri passato un'ora ad ammirarlo nel cielo azzurro e limpido, se avesse potuto.

Non stava correndo, anche se la gente la urtava e la spingeva, lei non si arrendeva.

Il suo obiettivo era una sola persona, e fra tante facce con diverse espressioni sperava di vedere la sua, con quegli occhi verdi che tanto amava ma che in passato aveva cercato di dimenticare.

Non lo vedeva, eppure sapeva che era lì, da qualche parte.

Non si sorprese e nessun suono le uscì dalla bocca quando vide Brigitta camminare fra la folla, con i capelli in disordine e la faccia distrutta dalla fatica.

Sapeva perché era lì ma non le venne in mente nulla da fare, se non ricambiare lo sguardo quando ella si girò e incrociò i suoi occhi..

Brigitta sembrò quasi spaventata, ma non disse nulla.

Goldie le sorrise con dolcezza.

L'altra era troppo assorta o distratta per ricambiare il sorriso. Forse era pure imbarazzata.

Poi Goldie si voltò, senza smettere di cercare. Era stanca, si sarebbe voluta stendere per dormire, ma non voleva e non l'avrebbe fatto per nulla al mondo.

Ed ecco che lo vide.

Camminava a passo svelto ed aveva l'aria stravolta di chi non ha dormito tutta la notte. I capelli in disordine, i primi due bottoni della camicia non chiusi e le occhiaie. Ma era lui, era decisamente lui.

« Scrooge... » sussurrò, avvicinandoglisi.

Lui la vide e si fermò.

Gli sembrava troppo strano vederla e per un attimo ebbe come un giramento di testa.

Lei, Goldie, l'unica donna che aveva amato nella sua vita ma che aveva sempre respinto per paura, o per orgoglio, chissà; ma di una cosa era certo: non sarebbe mai riuscito a trovare delle parole adatte per descrivere quel momento, in cui gli si avvicinava sorridendo come non l'aveva mai fatto.

Goldie gli prese le mani, guardandolo.

Rimasero a lungo a guardarsi, incuranti della folla e del sole, incuranti del mondo intero.

« Pensavi che me sarei andata, vero? » gli chiese Goldie, fissandolo.

« Perdonami, Goldie » le strinse le mani, abbassando lo sguardo e vergognandosi di sé stesso.

Lei gli alzò il mento. « No, non dire questo. »

« Credevo di essere chissà chi ma in realtà, ho sempre avuto paura. Lasciai la tua lettera nella neve per paura... non ti ho mai detto nulla per paura... e per orgoglio... La mia vita è valsa la metà senza te... volevo che tu lo sapessi. Non te l'ho mai detto, scusami, non ti ho mai detto nulla e mi è rimasto il rimorso per tutta la vita... che stupido che sono stato... e che vigliacco..! » scosse la testa, sorridendo tristemente.

« Non è mai troppo tardi... e io ti ho già perdonato, molto tempo fa. Come non avrei potuto? »

Lo abbracciò, lasciando che lui la stringesse a sua volta.

 

Era venuto il tempo di amare e perdonare, di ricominciare da capo.

 

 

 

 

 

 

Donald la vide; era di spalle, nel mezzo della folla.

Accelerò il passo e le arrivò addosso, prendendola per la vita da dietro facendola quasi cadere.

Lei si voltò, spaventata. Appena vide Donald gli buttò le braccia al collo.

Rimasero così per molti secondi, poi a Donald venne da ridere.

« Perché ridi? »

« Rido dalla gioia, cara. Rido perché penso all'inizio di tutto questo e alla mia paura.

Rido perché non posso far altro »

Lei lo baciò sulla guancia, sorridendo.

« Come sono felice, Donald. Non hai idea quanto. Ti ho cercato finora, mi ero quasi arresa! Ma, hai visto? Hai visto quant'è bello? Non l'avevo mai guardato bene! »

Lo prese per la mano, guardando il cielo e il sole.

« Hai ragione, Daisy... è così... unico... e non ce ne eravamo mai accorti »

Insieme, mano nella mano, pronti a un nuovo inizio.

Pronti a nuove scelte.

Pronti a una nuova vita.

Pronti a vivere insieme...

Nulla ha mai fine...

Se non si è soli...

 

Ricordalo.

 

 

 

 

 

Brigitta aveva visto Scrooge e Goldie e si era nascosta tra la folla, imbarazzata.

Era già pronta a andarsene, quando una mano le fermò il braccio.

Si voltò timorosa, e appena vide Scrooge, cercò di liberarsi invano dalla stretta.

« Aspetta, ti prego » le disse implorandola.

Lei lo guardò, la stava davvero pregando.

« Non penso tu abbia molto da dirmi...! » disse lei, liberandosi definitivamente.

« Solo una cosa »

Brigitta sembrò pensarci su. Poi acconsentì.

« D'accordo, cosa c'è? »

Lui la abbracciò all'improvviso. Brigitta arrossì fortemente, evitando lo sguardo di Goldie che era dietro lui.

« E' vero quello che ti dissi giorni fa. Ci ho sempre creduto. » disse poi, lasciandola.

Brigitta rimase interdetta. Si sentiva bollire dall'imbarazzo. Ma era felice, felicissima.

« Buon Natale, Brigitta » disse infine lui, sorridendole dopo un attimo di silenzio.

E così, si voltò, sparendo tra la folla con Goldie al fianco.

Brigitta cadde a sedere sull'erba, ripensando alle sue parole.

Dunque, non era ancora finita.

Dunque, aveva ancora una scelta...

E chissà, chissà cosa sarebbe successo.

Ma al momento non le interessava saperlo.

Al momento era così felice di quella sorpresa che non le interessava più nulla.

Era felice.

Tanto le bastava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

25 dicembre, Natale

 

 

 

Oggi a pranzo è venuto John Rockerduck.

Quando l'ho visto, dopo avergli aperto la porta, non mi sono meravigliata.

Scrooge era perplesso, ha brontolato un po' ma ha subito smesso.

Gli abbiamo fatto posto a tavola, e lui ha ringraziato molto gentilmente.

Aveva l'aria serena, e si è divertito. Credo forse per la prima volta in vita sua.

Abbiamo parlato del più e del meno. Abbiamo riso e abbiamo aperto i regali. E ce n'era uno in più.

Il mittente era Amelia.

Ammetto di essermi sorpresa, a quel punto.

Conteneva un bigliettino e un ricettario napoletano.

Il foglietto diceva così:

 

 

Felice buon inizio.

A.

 

 

 

Facile capire che fosse proprio lei.

Naturalmente il ricettario era per me, come ringraziamento per la festa di alcuni giorni fa.

Ho come il sospetto che il biglietto fosse indirizzato quasi personalmente a Scrooge. Lui ovviamente non ha fatto una piega, ma l'ha capito come me.

Inoltre, so che ha mandato auguri di Natale a sua sorella Matilde. Sono stata fiera di lui e gliel'ho detto.

È stata una bella giornata. C'erano proprio tutti, compresa Brigitta e Goldie Glittering. Non credo che partirà tanto preso per il Klondike.

E nessuno le vuole mettere fretta.

Nell'aria c'è serenità, c'è vita. È bellissimo.

La vita è ricominciata.

Io non ho mai smesso di sperare, ma immagino che sorpresa magnifica possa essere stata per quelli che si erano arresi. E ho come l'impressione che non ci ricascheremo per molto tempo.

E comunque, è Dio che sa quando è il caso o meno.

È inutile che ci arrovelliamo, tanto è lui che decide e sarà sempre così.

E lo ringrazio di questo.

 

Adesso vado di là, in salotto. I nipotini vogliono sentire una storia.

Bene, non mi resta che augurare un Buon Natale a tutti.

E ricordate: Dio c'è, e vi ascolta.

È qui per voi.

Con affetto,

 

 

Elvira

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di Spheater.

 

 

E dunque, Human-emozioni è finita...

Bene, sono sicura di aver fatto almeno un centinaio di errori in questo capitolo, che è l'ultimo come già sapete.

Forse non mi convince neanche molto, questo chap, causa probabile il caldo afoso che fa in questi giorni. Ma almeno è finita e spero bene. Spero ne siate soddisfatti. Se non lo è, giuro che sbatto la testa contro il muro.
E' un capitolo lungo, forse troppo pesante, non so... beh non sono io quella che deve giudicare, bensì voi!

Quindi... recensite!

Ringrazio tutti coloro che lo hanno fatto finora e quelli che -spero- lo faranno.

Grazie di cuore.

 

 

-Spheater

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