Sospesi nel vuoto a vivere vite parallele

di pucia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inaspettate Magie ***
Capitolo 2: *** Lettera da uno sconosciuto ***
Capitolo 3: *** Gringott ***
Capitolo 4: *** La prima bacchetta ***
Capitolo 5: *** Amichevoli sorprese ***
Capitolo 6: *** Incontri sul treno ***
Capitolo 7: *** Cerimonia dello smistamento ***
Capitolo 8: *** Serpeverde ***
Capitolo 9: *** Primo volo ***



Capitolo 1
*** Inaspettate Magie ***


Inaspettate Magie

Era ormai noto a tutto l'orfanotrofio che il padre non si sarebbe mai presentato alla porta, ma l'umore del giovane bambino non era cambiato. Aveva ancora fiducia in quell'uomo che non aveva mai conosciuto.
Non era il suo destino stare li per sempre. Era nato per qualcosa di più grande, lo sentiva dentro che non avrebbe avuto una vita comune. La mattina si presentava fredda e cupa, come del resto era stato per quasi undici anni.
«Oggi sarà una bella giornata!», aveva esordito il ragazzetto sul suo letto.
Solo lui e la vecchia Arabella, la donna che gli faceva da balia da tanti anni e che l'aveva visto nascere, sapevano che giorno era quello.
Vestito di tutta fretta scese nella sala da pranzo, pronto per le faccende in cucina. Si mise il grembiule ma la donna lo bloccò subito.
«Non oggi … » disse strizzando l'occhio destro, e in quel movimento sul suo viso si notò tutta la vita trascorsa, «forse hai dimenticato che giorno è oggi Tom?»
«Come potrei» rispose subito il ragazzo «è il mio compleanno!»
Sorridendo uscì dalla cucina e si sedette al suo posto nella grande sala da pranzo, circondato in breve tempo da molti giovani di varia età. Nessuno aveva ancora cantato “Tanti auguri” e nessuno aveva augurato buon compleanno al giovane Tom Riddle.
Neanche un bambino lo avrebbe mai fatto. Nonostante tutto era ancora allegro e felice, anche se quella data aveva portato via sua madre, morta pochi istanti dopo averlo dato alla luce. Il padre era ancora un mistero, l'unico indizio era il nome, lo stesso suo.
«Hey Riddle! Come mai quel sorriso sul viso?» domandò un ragazzo biondo troppo grande per avere ancora la speranza in un adozione.
«Stai per caso aspettando la mammina?» intervenne uno dei suoi due seguaci. Poco più basso del primo, ma più scuro di capelli. Erano troppo idioti per capire che tutti erano sulla stessa barca. Sarebbero rimasti insieme fino all'età adulta, non c'era speranza di trovare una famiglia.
Tom era davvero furioso, ma non rispose alle provocazioni e senza pensarci si alzò dal tavolo e gli voltò le spalle.
«Non finisce qui Riddle!»
Voltò il suo viso verso il ragazzaccio e gli sorrise, un sorriso beffardo e le sue mani si chiusero in due pugni. La rabbia dentro di se lo stava per controllare. Stava sudando freddo e sulla sua fronte si sparsero goccioline calde. I pugni iniziarono a vibrare e il fiatò si fece più corto.
«Ti sei arrabbiato moccioso o stai cercando una delle tue risposte intelligenti... magari ora si metterà a piangere come una femminuccia... »
Inspiegabilmente il lembo del vestito del ragazzo prese fuoco, interrompendo le parole che stava dicendo a vanvera, e in pochi secondi tutta la giacca blu matita era in fiamme.
«Aiuto! Aiuto! ... Aiutatemi! ... Idioti spegnetemi!»
Le urla ormai si stavano propagando in tutta la sala, tutti gli occhi erano posati su quella scena oscura, ciononostante senza farsi notare Tom si avviò verso la sua camera, illuminata da una leggera luce bianca.
Non si sarebbe fatto rovinare la giornata da quell'idiota di Billy e da quel stupido incidente, anche se non aveva mai provato tanta rabbia come in quel momento, avrebbe persino... ucciso.
Nella camera c'era soltanto il suo respiro affannato. Si sedette sul letto, curato ben poco, e con le mani sul petto iniziò a rallentare quel respiro, che lo faceva sentire come se avesse un macigno sul corpo.
«Cosa hai combinato Tom?» risuonò una voce maschile.
«Non sono stato io... io non ho fatto niente»
«Sei sicuro?»
«Chi sei?», per la prima volta aveva alzato la testa dal pavimento, in cerca del suo interlocutore, ma non aveva trovato nessuno a parte lui nella stanza.
«Io sono te!»
Scrutando in giro Tom si accorse di una figura di fronte a lui. Aveva i suoi stessi piccoli occhi scuri, i suoi stessi capelli color della pece, soltanto pettinati meglio, e la pelle era ugualmente pallida come la sua.
«Chi sei?» ripeté a quell'immagine riflessa.
Si avvicinò al suo sosia. Stava sogghignando mostrando i denti bianchissimi e piuttosto aguzzi. Portò la mano a mezz'aria e cercò di toccare l'altra che si stava parando davanti a se...
«Tom»
Quella voce lo riportò sulla terra. Era la voce della sua migliore amica, nonché unica donna che si prendeva cura di lui.
«Tom caro, cosa stai facendo?»
«Stavo... stavo... »
«Cosa è capitato in sala da pranzo?»
«Io non lo so... stavo andando via quando... non volevo fare del male a nessuno», invano cercò una spiegazione.
«Lo so caro. Non si è fatto male nessuno tranquillo»
«Il fuoco è apparso dal nulla, l'unica cosa che pensavo era di fermare le parole di Billy»
La donna mise le sue braccia intorno alle spalle del ragazzo.
«Non preoccuparti»
Ma sapeva bene cosa era accaduto, era già venuta a conoscenza della vera natura del giovane Riddle. L'aveva accolto lei tra le sue braccia non appena fu nato, ed era stata lei stessa ad accudire la madre morente.
Era stata una sciocca a credere di poter tenere con sé Tom come se fosse suo figlio. Ormai da tempo avrebbe dovuto sapere la verità su se e sulla sua famiglia.
Del resto in passato aveva fatto una promessa e ora non l'aveva mantenuta.
«Arabella?»
«Si»
«Secondo te... la persone possono avere una doppia vita?»
«Cosa intendi dire?»
«Cioè io posso esser buono e allo stesso tempo... cattivo?»
La domanda non la stupì più di tanto, ma non aveva ancora una risposta adatta. Quel momento era arrivato troppo presto, l'aveva colta impreparata. O meglio non era stata imprevista, ma in qualche modo non avrebbe mai voluto sentirla.
Tom non seppe mai la risposta di riamando, e quella domanda lo accompagnò per tutta la sua esistenza. Intanto la donna sapeva benissimo cosa doveva fare in quel momento, chiamare l'unico uomo che aveva le risposte adatte.
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Capitolo 2
*** Lettera da uno sconosciuto ***


Lettera da uno sconosciuto

Mancavano ancora ore all'alba, ma Tom era già sveglio. Era rimasto a guardare il suo riflesso nello specchio, che ora non era più quello del giorno precedente. Per quanto potesse guardarlo, era sempre il solito.
«Cosa mi sta succedendo?» si domandò inutilmente.
Il suo compagno di stanza Edgar stava ancora dormendo beatamente. I suoi movimenti e la sua voce non l'avevano svegliato.
«Beato te che dormi, mio caro Edgar», disse ad voce più alta. Era inutile, non l'avrebbero svegliato neanche le cannonate.
La mattina arrivò lenta, anche troppo visto che era stato sveglio praticamente tutta la notte. Decide di passare ancora alcuni minuti a letto, ma quei minuti furono fatali. Al suo risveglio si accorse che era tardi e il suo turno in cucina doveva esser iniziato già da dieci minuti.
In tutta fretta si preparò. La camicia perfettamente bianca dentro i pantaloni perfettamente piegati con sopra la giacca perfettamente liscia. Era tutto così perfettamente noioso.
Un ciuffo ribelle si posizionò in mezzo alla sua testa. Si leccò la mano e la passò sui capelli, in modo da rimetterli in ordine. Ci riuscì al terzo tentativo e intanto i minuti passavano.
«Mannaggia devo sbrigarmi!»
Tic Tac.
Appena uscito dalla stanza una voce lo bloccò.
«Sei di fretta Riddle?», era la voce di Billy.
«Non è il momento Billy»
«Oh poverino! Per lui non è il momento», replicò il ragazzo con voce smielata, lo stava imitando. «Anche per voi ragazzi non è il momento?» chiese poi sarcasticamente agli altri due.
In cambio ricevette soltanto risa, l'unico che non rideva era proprio Tom che ogni tanto lanciava occhiate all'orologio sulla parete.
Tic Tac.
«Si, non è il momento!», ripetè con tono minaccioso e strinse di nuovo le mani in due pugni lungo la schiena.
«Ora non farai uno dei tuoi trucchetti, sei solo, non c'è il tuo compare ad aiutarti o la tua vecchietta a salvarti»
«Non osare parlare di Arabella in quel modo»
La rabbia di Tom stava crescendo di nuovo, era qualcosa di incontrollabile.
«Oh piccino, abbiamo offeso la tua amichetta? Come mi dispiace»
Le sue mani iniziarono a prudere fortemente.
Tic Tac.
Immobile, iniziò a respirare velocemente, ma questa volta riusciva a controllare il respiro. I pugni erano ancora più serrati e...
BANG.
L'orologio del corridoio era andato in frantumi. I vetri erano sparsi su tutto il pavimento.
«Riddle!»
Urlò una donna dall'altra parte. Billy e i suoi compari furono ben lieti di darsela a gambe, mentre il giovane Tom rimase li in piedi.
«Hai rotto l'orologio!» lo accusò.
«Non sono stato io... » ma era inutile, tanto non gli avrebbe creduto.
«Bene! Oggi starai in camera tua tutto il giorno!»
Con la testa bassa, eppure allo stesso tempo un po' felice per avere il permesso di stare senza far niente, si avviò di nuovo verso la sua camera.
«Dolce far niente!» disse soltanto buttandosi sul letto puramente ripiegato.

**

La giornata passò, purtroppo, velocemente. Tom non riuscì a godersi molto, avrebbe voluto fare tanto di più.
Con le prime luci che tramontavano, la sua stanza ricevette quel giorno una prima visita.
«Salve Tom»
L'uomo che era entrato aveva una lunga barba bianca e i capelli altrettanto lunghi. Gli occhi erano di un blu accesso, quasi quanto il cielo (che Tom non aveva mai visto senza nubi) e sopra al grande naso portava un paio di occhiali, ritenuti da Tom troppo piccoli per poter usufruire di essi al massimo. La sua pelle era splendente, tuttavia aveva lo stesso colore della sua.
Apparentemente l'uomo poteva sembrare una persona qualsiasi, giunta fin li per occuparsi di qualche bambino o per sostituire un professore malato.
«Buongiorno»
«Io mi chiamo Albus Silente»
«Tom Riddle»
«Piacere Tom» continuò gentilmente l'uomo «forse sai già perché sono qui»
«Lei è un professore?»
«Benissimo Tom»
«Che materia è venuto a sostituire?»
«Come prego?»
«Lei... è in professore venuto a insegnare in questo orfanotrofio»
Le risate di Silente fecero intuire a Tom l'errore che aveva appena commesso.
«Oh mio caro Tom. Non sono un'insegnante di questa scuola. A dire il vero non sono neanche più un'insegnante»
Tom parve confuso, infatti l'uomo stava divagando un po' troppo.
«Perdonami. Io sono il preside di Hogwarts, una scuola per giovani maghi... come te!»
A quelle parole Tom capì anche meno.
«Mi perdoni signore. Ma lei mi sta dicendo che io sono un mago?»
«Per la barba di Merlino, ma certo! Non ti hanno mai detto le tue origini? Questo compito era stato affidato a Arabella!»
«Arabella è una strega?»
«A dire il vero è una Maganò. Saprai in seguito cosa sono», continuò Silente vedendo la faccia di Tom sempre più confusa. «Allora devo iniziare da capo. Tu sei un giovane mago. Tua madre, Merope Gaunt, era una potente strega. Conobbe tuo padre, un babbano, e per questo fu allontanata dalla famiglia. Purtroppo sai come è accaduto a lei.» dopo alcuni minuti di pausa, Silente aggiunse «mio caro ragazzo, non ti è mai capitato niente di... magico?»
«Come?»
«Non lo so, quando ti senti arrabbiato, oppure hai paura... non è mai successo niente?»
«A dire il vero...»
Tom avrebbe voluto parlargli dei fatti recentemente accaduti, ma non era forse ancora pronto. Silente capì.
«Beh tu ora sei qui e questa è per te»
Gli consegnò una lettera con un sigillo rosso a chiuderla. Aprendola vide che la carta non era quella bianca e comune, era di un color giallastro e lo spessore era molto fino. Infine sopra c'erano parole scritte a mano con inchiostro nero.
«Siamo lieti di informarla che lei è stato appena ammesso alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Nel seguente foglietto troverà tutte le informazioni su Hogwarts»

Prima di poter chiedere qualcosa, Tom lesse anche l'altro foglietto.
«Benvenuti nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts!
Necessario per la scuola:
Uniforme. Gli studenti del primo anno dovranno avere:
Tre completi da lavoro in tinta unita (nero)
Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno
Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili)
Un mantello invernale (nero con ricami d'argento)
Libri di Testo. Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi:
Manuale degli Incantesimi,Volume Primo, di Miranda Gadula.
Storia della Magia, di Bathilda Bath.
Teoria della Magia, di Adalbert pratica alla trasfigurazione per principianti, di Emeric Zott.
Mille erbe e funghi magici, di Phyllida Spore.
Infusi e pozioni, di Arsenius Brodus.
Gli animali fantastici: dove trovarli, di Newt Scamandro.
Le Forze Oscure: guida all'autoprotezione, di Dante Tremante.
Altri accessori:
1 bacchetta magica
1 calderone (in peltro,misura standard 2)
1 set di provette di vetro o cristallo
1 telescopio
1 bilancia d'ottone
Gli allievi possono portare un gufo o un gatto, o un rospo.
Si ricorda ai genitori che agli allievi del primo anno non è consentito l'uso dei manici di scopa personali.»

Aveva letto quasi tutto ad un solo fiato. Alzò lo sguardo dalla lettera, Silente stava sorridendo compiaciuto.
«Bene Tom, ai capito tutto?»
«A dire il vero no. Dove posso prendere tutta questa roba? Non ho neanche un soldo. E poi come faccio ad andare in questa scuola quando non mi sono mai iscritto?»
«Oh! Ma la tua iscrizione l'abbiamo ricevuta immediatamente quando sei nato. Tua madre era una studentessa di Hogwarts»
«E come faccio ad arrivare fino a li?»
«Per quello non preoccuparti, verrai via oggi stesso insieme a me!»
«Ma come? Devo prendere tutte le mie cose?» anche se di cose sue ne aveva ben poche.
«Già fatto. Le troverai quando sarai alla stazione a prendere il treno»
A Tom non restò molta scelta. La sua vita era cambiata radicalmente in un'istante e qualcuno aveva già programmato il suo futuro senza chiedere il permesso.
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Capitolo 3
*** Gringott ***


Gringott

Silente aveva fatto radunare tutte le sue cose, quelle poche che aveva da sempre.
«E ora?» domandò Tom ingenuamente.
«E ora si parte!»
Ancora non sapeva qual'era la destinazione, ma chissà per quale motivo, stando vicino a Silente, le cose sembravano più facili e si poteva sentire al sicuro.
All'uscita dell'orfanotrofio, dove Tom si accorse che nessuno l'aveva salutato, a parte la vecchia Arabella giunta sulla soglia della porta con le lacrime agli occhi, si recarono in una vecchia casa, abbastanza puzzolente per i gusti del bambino.
«Sai, in teoria sei troppo giovane e inesperto... ma è una delle vie più veloci»
Era sicuro di non aver capito una singola parola, uscita dalla bocca del preside, ma non poteva far altro che fidarsi.
«Di chi è questa casa?»
«Ah non ha importanza»

Giusto, a chi importava di avere come casa una fogna, e un letto ricoperto di formiche con cui passare la notte e un dolce e soffice cuscino, l'unica cosa positiva in tutto, anche se era pieno di buchi.
Guardando fuori dal finestrino si accorse di vedere in lontananza sopra le altre case, la sua vecchia dimora. L'orfanotrofio era il più alto di tutti e spiccava al di sopra delle piccole e colorate casette.
Non avevano camminato per molto eppure a Tom parve di aver fatto una passeggiata di ore e ore. Era felice di esser uscito da quel posto.
«Eccoci ci siamo!»
Silente era vicino ad una sagoma nera, incorniciata da uno spesso accumulo di polvere mischiata a qualcos'altro di nero. Si avvicinò al preside e al misterioso buco nero. Notò poi che era soltanto un semplice camino, più grande rispetto al normale.
«Avanti entra»
«Sta scherzando?» domandò sorridendo.
«Ho la faccia di uno che scherza?»
Decise di ascoltarlo per non si sa quale ragione, anche perchè capì che se fosse andato avanti così sarebbero passate sicuramente ore di domanda senza risposta.
Entrò nel lurido caminetto, stando in punta con i piedi.
«Ora... prendi un po' di questa polvere e gettala ai tuoi piedi dicendo “Diagon Alley”»
E per la seconda volta non capì una singola parola.
Non era del tutto sicuro su quello che stava facendo. Neanche sapeva cos'era Diagon Alley, magari era il nome di una persona o forse il nome di qualche luogo a lui sconosciuto.
Prese la polvere e la strinse forte tra le mani. Sul più bello che prese coraggio per lanciarla, Silente lo interruppe.
«Ragazzo, mi raccomando. Devi scandire bene le parole e devi esser deciso. Se no... beh vai pure»
Il “se no...” lasciato in sospeso non era per niente rassicurante anzi. Finalmente Tom prese l'iniziativa.
«Diagon Alley!» disse deciso.
Fu coperto da una nuvola verde e grigia, con schizzi di color argenteo. In un lampo si ritrovò in una strada piena di gente vestiti di color scuro.
«Hey attento!»
Tutti non facevano altro che andargli a sbattere contro. Fino a quando non sentì una mano forte sulla sua spalla.
«Vieni ragazzo» era per fortuna Silente.
Si avviarono per la strada, mentre Tom girava ogni due secondi la testa per guardare intorno a sé. Era tutto così strano, alcune cose non pensava neanche che esistessero.
«Mi scusi signore...» disse impacciato «dove siamo di preciso?»
«Siamo a Diagon Alley!»

E fin là c'era arrivato pure lui.
«Si lo so signore, ma cos'è questo posto?»
«Qui tutti i maghi come te e me posso fare gli acquisti necessari»

Tom tirò fuori la lista che aveva in tasca, allegata alla lettera di benvenuto alla scuola di magia.
«Quindi io dovrei comprare» la lesse velocemente una volta «l'uniforme (con tuta, mantello, guanti e cappello a punta), i libri, il necessario per laboratorio, un calderone e una bacchetta... Oh! E anche un'animale»
«Esatto. L'uniforme e tutto il resto sono già nei tuoi bagagli»
I bagagli! Ecco cosa non tornava a Tom.
«Mi scusi ma i miei bagagli???»
«Ho sono già che ti aspettano sul treno che ti porterà ad Hogwarts»

Facendo cenno con la testa, ripose la lista in tasca.
«Vieni entriamo»
Erano arrivati davanti ad un grande edificio con un'insegna di due chiavi incrociate e la scritta “Gringott”.
Prima che potesse far domande, Silente parlò.
«Questa è la banca dei maghi. Qui ci sono i tuoi soldi»
Possedeva dei soldi e non ne era a conoscenza?
«Soldi?»
«Si, l'eredità lasciata da tua madre alla sua morte»
Era sempre stato all'oscuro di tutto, per un istante gli parve di aver vissuto in una bugia. Ma non poteva incolpare sua madre della morte, doveva dare la colpa a sé stesso.
«E' colpa mia se è morta!» sussurrò a bassa voce.
«Tua madre ha sacrificato la sua vita per darti alla luce. Era una donna troppo debole, ma questo non deve farti pensare che sia stata colpa tua»
Dopo alcuni minuti di silenzio, entrarono nella banca.
Il soffitto era alto e tutto dentro aveva il colore dell'oro. C'erano strane creature poste su tutto il corridoio e stavano sedute su grandi e grossi sgabelli. Davanti a loro avevano un banco sul quale c'erano soldi e altri oggetti, sicuramente di valore.
«Stai vicino a me. I folletti possono esser... non molto amichevoli»
Si misi ancora più vicino alla veste di Silente, e così sembrò molto più piccino del solito.
«Salve. Il mio Nome è Albus Percival Wulfric Brian Silente e sono venuto insieme a Tom Orvoloson Riddle per prelevare i suoi soldi dal conto»
Per prima cosa Tom si domandò come mai il preside avesse così tanti nomi poi alzò lo sguardo sul folletto che lo stava fissando con interesse.
«Bene, vi porteremo alla camera blindata a nome di Tom Orvoloson Riddle»
«In più vorrei depositare questo nella mia camera di sicurezza»
Silente passò una scatolina verde e argento al folletto. Senza troppa cura lo prese in mano e lo porse affianco a sé.
«Sarà fatto signor Silente»
«La ringrazio»
disse solamente Silente.
Dopo un breve inchino, più dalla parte di Silente che di quella di Tom, si incamminarono accompagnati da un ennesimo folletto, che questa volta però portava tra le mani una grossa chiave color oro.
Salirono su una piccola zattera con le rotelle sotto e in velocità arrivarono a destinazione.
«Signore cosa c'era nel pacchetto?» domandò incuriosito, anche fin troppo.
«La curiosità uccide Tom»
Fu come sempre una non risposta.
«Camera blindata 145. Proprietario Tom Orvoloson Riddle»
Ritirarono i soldi senza troppe parole o troppi giri e come erano entrati così uscirono.
«Possiamo andare a compare il necessario per la scuola»
Dovevano soltanto trovare un mucchio di cose in un luogo che non aveva mai visto prima e che aveva appena scoperto. Insomma una cosa di nonnulla!
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Capitolo 4
*** La prima bacchetta ***


La prima bacchetta

Tom seguiva Silente in silenzio. Avevano già comprato i libri in un posto chiamato “Ghirigoro”, o meglio era stato Silente a comprare i libri, lui aveva soltanto letto la lista, che non era servita a nulla. Era il preside della scuola, sapeva il necessario a memoria, del resto l'aveva fatta lui la lista dei libri e delle altre cose.
«Ora andiamo ad ordinare il calderone»
Entrarono in una casetta piccina. Sulla porta aveva l'insegna col nome e al di sopra un grosso e nero calderone. Tom si chiese come poteva rimanere attaccato con tutto quel peso.
Il negozio era davvero affollato. Non si riusciva quasi a camminare. C'era gente che spingeva e passava avanti senza rispettare la fila.
«Come lo vorresti il calderone? In rame, ottone o peltro?»
Dalla faccia confusa di Tom, Silente capì che non ne aveva proprio idea.
«Faccio io»
Da solo si avviò al bancone e ordinò un gigantesco calderone color bronzo. Al suo passaggio tutti si scostavano, bisbigliando qualcosa e dicendo meravigliati “ma quello è Silente”. Poteva sembrare un divo, tutte le attenzioni erano rivolte alla sua figura. Tom non poteva immaginare di stare assieme al più potente mago del mondo.
«Sarà recapitato dove stanno i tuoi bagagli» disse Silente, sorridendo cordialmente a quelli che lo salutavano.
Ormai nella lista avevano tagliato molte cose, persino la bilancia, il telescopio e le provette. Tutte cose che Tom si chiedeva a cosa servissero.
Anche quando aveva letto i titoli dei libri, si domandava che cosa potessero inseganre alla scuola di Hogwarts.
«Ora dovrei prendere...» continuò leggendo la carta che teneva tra le mani, ma Silente lo interruppe a metà frase.
«La bacchetta!»
Il negozio non si presentava molto bene. Era sporco e l'insegna non era neanche ben visibile, a differenza degli altri. C'era una debole e sottile scritta “Olivander. Fabbrica di bacchette”.
«Non c'è nessun altro luogo dove puoi trovare una bacchetta. Qui vendono le migliori»
Tom sperò che l'interno fosse meglio di ciò che si presentava di fuori, e soprattutto si chiese se c'erano ancora bacchette intatte. Era davvero difficile credere che questo era il negozio più quotato del posto.
Come fuori anche dentro era sporco e cupo. Sugli scaffali erano impilati un mucchio di scatoline rettangolari, tutte accuratamente chiuse. Ai lati c'erano pile di libri e fogli, disordinatamente uno sopra l'altro. Due sedie erano vicino ad un alto e polveroso bancone, dove da dietro spuntò un uomo con un sorriso storto stampato sul viso.
«Benvenuti, in cosa... Oh Silente caro! Qual buon vento?»
«Buongiorno Olivander. Sono venuto ad accompagnare un nuovo alunno di Hogwarts»

«Che cosa strana! Mi sembra di aver sentito che accompagni uno studente della tua scuola a fare compere»
«E' vero»
«Oh! E' una cosa insolita da parte tua, Silente»

«Beh vedi... Tom» finalmente pronunciò il suo nome, indicandolo poi con la mano «è una persona... speciale»
“Non più di tutti gli altri”, pensò Tom, ignorante sulla verità.
«Bene bene! Vieni avanti ragazzino»
Il signor Olivander gli fece cenno di avvicinarsi e si girò poi verso lo scaffale dove stavano tutti i pacchetti contenenti le bacchette. Iniziò a cercare qualcosa di adatto.
«In realtà io non saprei scegliere quale bacchetta prendere»
Silente sorrise silenzioso, mentre Olivander soffocò una grassa risata.
«Mio caro, non devi sceglier tu la bacchetta»
«A no?»
Silente continuò in silenzio a sorridere, mentre il dialogo tra Tom e il venditore continuò.
«No. E' la bacchetta a scegliere te!»
Queste parole portarono a riflette Tom.
E se magari nessuna bacchetta l'avesse scelto? Del resto suo padre l'aveva abbandonato e nessuna famiglia all'orfanotrofio l'aveva scelto come figlio adottivo.
E se appena toccava una bacchetta questa si autodistruggeva? Ancora si domandava come potesse una bacchetta esplodere, ma ormai non lo sorprendeva più niente.
E se avesse beccato la bacchetta più ciompa? Beh, non fece molto caso su questo punto, era già tanto sapere di esser un mago, anche la bacchetta più debole andava bene a lui.
Concluse che tutte domande erano stupide, che non meritavano di uscire dalla sua bocca. Aveva fatto troppe domande fino ad ora, tra le quali tante sciocche che non avevano una risposta sensata.
«Ecco prova questa. Fatto con albero di noce...»
Non appena Tom prese in mano la bacchetta, seguì le istruzioni del signor Olivander e l'agitò con un colpo di mano secco.
In pochi istanti la bacchetta saltò in aria e si schiantò sul pavimento poco distante ai suoi piedi.
«No, questa non è adatta a te»
«Lo immaginavo» disse soltanto Tom, cercando di non pensare a quello che aveva detto prima la sua mente.
Il signor Olivander rovistò di nuovo in mezzo alle altre bacchette, cercandone una adatta.
«E questa? Materiale ippocastano con cuore di Drago...»
Stessa situazione di prima. Questa volta però la bacchetta fece scoppiare una pila di carte appoggiate in fondo al bancone.
«Per fortuna che non erano importanti!» scherzò su, mentre Tom si scusava. Sperando che la prossima non si autodistruggesse in mano sua.
«Olivander» intervenne per la prima volta Silente «questo ragazzo è speciale, prova a mostrargli qualcosa di altrettanto speciale, magari simile ad una piuma!»
I due si capirono all'istante. Infatti il proprietario del negozio andò sul retro a prendere l'unica bacchetta che non avrebbe mai preso in considerazione. Tornò con un grande pacchetto marrone chiaro, legato da uno spago molto saldamente.
Iniziò a descrivere la bacchetta più dettagliatamente, cosa che non aveva fatto con le altre. Evidentemente questa era davvero importante.
«Ecco qui. Materiale: tasso. Nucleo: piuma di Fenice. Lunghezza: 13 pollici e mezzo. Molto flessibile»
La piuma apparteneva a Fanny, la fenice di Silente, ma nessuna menzionò questa nota.
Appena presa in mano, la bacchetta sprigionò una luce forte e colorata, tanto che illuminò tutto il negozio buio e spoglio. La luce calda e di color oro andò via a via sciamando, rientrando nella bacchetta.
«Si, è proprio la bacchetta che fa per te»
Olivander si sentì realizzato, e alquanto sorpreso. Con debolezza andò a raccogliere i vecchi fogli caduti in precedenza, ignorando le due presenza dentro al suo negozio. Il suo compito era finito.
«Con questa farai grande cose Tom»
Silente appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo che si girò a guardando in volto. Aveva ragione, avrebbe fatto grandi cose, se soltanto avrebbe percorso la via del bene.
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Capitolo 5
*** Amichevoli sorprese ***


Amichevoli sorprese

Ormai gli acquisti erano stati completati e Silente portò ora Tom in un luogo che lui ben conosceva.
«Io so dove siamo!» esclamò con entusiasmo, finalmente sapeva dove si trovava, «è la stazione di Londra»
Non era andato molto lontano allora. Era sempre rimasto in un certo senso, nella città dov'era nato.
«Precisamente»
La stazione King's Cross brulicava di parecchia gente, tutti intenti a correre per prendere il treno.
Tom alzò gli occhi. Il soffitto era davvero alto e i treni erano di un colore nero accesso, lucenti. Il pavimento era ricoperto di piccole mattonelle color marrone chiaro e la luce rifletteva su di loro, illuminando ancora di più l'ambiente.
«Non ero mai entrato. E' davvero molto bello»
Oltre ad non esser mai entrato alla stazione, non aveva neanche mai preso un treno. Non si era mai seduto su una di quelle poltrone, che subito pensò fossero soffici col schienale rigido.
«C'è sempre una prima volta»
Silente non abbassò mai lo sguardo sul ragazzo, anzi andò dritto vero il binario giusto, ma probabilmente ancora non sapeva quale fosse il binario esatto perchè si fermò in mezzo a due numeri, il 9 e il 10.
Dapprima Tom rimase stupito, si domandò com'era possibile che il preside non sapesse qual'era il binario per la partenza.
«Siamo arrivati»
Forse si sbagliata. Silente sapeva bene da che parte andare.
Consegnò a Tom il biglietto bianco con su scritto...
«Ma... come è possibile signore? Il biglietto dice che il treno parte nel binario 9¾ e sono quasi certo che qui ci sono soltanto numeri interi!»
Aveva guardato bene quando erano entrati, perchè voleva catturare ogni singolo particolare mai visto in passato.
«Mio caro Tom... solo perchè non lo vedi non vuol dire che non possa esistere, come l'aria. Tu non la vedi, ma sai che c'è. Se no non respireresti»
La risposta non faceva una piega, anche se era un po' contorta.
Silente indietreggiò senza farsi notare dalle altre persone che camminavano vicino a loro. Si appoggiò al muro di mattoni e in un attimo non fu più davanti agli occhi di Tom.
«Signore?»
La sua voce rimbombò, ma ancora nessuno si era accorto di lui, come capitava spesso nella sua vita.
Guardandosi intorno fece alcuni passi in avanti e con la mano toccò il muro che non sembrò così solito come dalla vista. Chiuse gli occhi, prese un respiro e continuò a camminare, sperando di non spiaccicare il suo naso su qualcosa di duro.
«Cosa fai con gli occhi chiusi?»
Era la voce di Silente. Chissà come ci era riuscito, ma si ritrovò in un'altra stazione, diversa dalla precedente.
La parete da dove era passato non c'era più. Al suo poco si estendeva un arco di ferro battuto e un cartello. “Binario Nove e Tre Quarti”. Allora era arrivato a destinazione in qualche modo.
«Ma come...» iniziò puntando il dito verso il cartello di color nero carbone.
«Magia» intervenne Silente ridendo per la sua presunta battuta, ma Tom non ricambiò. Del resto non era la prima volta che non capiva l'umorismo del vecchio. «I tuoi bagagli sono da questa parte»
Il fischio del treno provocò un sobbalzo nel ragazzo che per qualche istante era perso nella sua mente. Scrutò per bene la locomotiva. Era uguale alle altre, ma aveva soltanto il colore diverso. Un rosso fiammeggiante la ricopriva e davanti portava un numero, 5972, che poteva sembrare quasi il suo nome. Sopra di essa c'era un cartello che indicava la prossima partenza. “Espresso per Hogwarts, ore 10”.
Seguendo Silente finalmente arrivò davanti ai suoi bagagli. Era davvero tanti! Tre valigie, un baule di dimensione media, una cartella simili a quella per la scuola e un pacco contenente il suo nuovo calderone. La sua prima e bella bacchetta era ancora dentro alla sua scatolina situata nella tasca destra della giacca. Aveva tutto quello che gli occorreva e che era stato scritto nella lista.
«Non dimentichi nulla?»
Scuotendo con la testa tirò fuori il pezzo di carta, doveva aveva spuntato tutto quello che doveva comprare.
«Mi sembra di no, ho preso... accidenti! Manca l'animale!!!!!»
Come poteva aver dimenticato una cosa così importante? Non era importante quanto la bacchetta questo lo immaginava, ma se era scritto di comprarne uno, sicuramente sarebbe stato utile averlo.
«E ora come faccio? Perderò il treno!»
Si sentì disperato. Mancava davvero poco alla sua partenza e quel momento l'aveva aspettato da... beh non sai molto, aveva scoperto soltanto il giorno prima di essere un mago, ma nello stesso tempo si sentì di aspettare quell'istante da tutta la vita. Silente sorrise, probabilmente si divertiva vedere Tom così disperato da mettersi le mani addirittura nei capelli.
Iniziò a farneticare, non badando alle altre persone che lo stavano guardando in modo torvo. Il preside si sentì in dovere di fermarlo, per non attirare di più l'attenzione su di lui.
«Tom tranquillo. Guarda»
Entrambi si spostarono di qualche passo a destra, notando che dietro ai bagagli c'era una gabbia. Conteneva un bellissimo gufo di un colore bruno con striature tutto lungo le ali. Aveva anche sfumature nere e gialle. Era molto grande, anche se sembrava ancora un cucciolo.
«Per me?» domanda sciocca, stava tra le sue cose.
«Certo. Un gufo reale. Quando sarà adulto potrà arrivare anche ai due metri. È un gufo importante!»
Il gufo aveva due bellissimi occhi giallo-arancio. Le sue piume erano allungate e sembravano tanto soffici. Tom allungò la mano, lentamente. Appoggiò le dite sulla fredda gabbia e il gufo ne approfittò per beccarlo sul mignolo, lasciando a Tom un bel ricordino che si colorò velocemente di rosso.
«Ahi!» urlò, portando subito il dito in bocca, cercando di fermare il sangue che usciva.
«Siete diventati amici»
Sembrò compiaciuto del gesto da parte del gufo, forse così si instaurava un rapporto tra animale e uomo.
Si udì un cupo verso in risposta da parte dell'animale, «uh-ohh»
Sarebbero diventati amici, anche se Tom era sicuro di amare di già il piccolo gufo.
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Capitolo 6
*** Incontri sul treno ***


Incontri sul treno

«Ora devi salire, ci vediamo ad Hogwarts»
Erano state queste le parole di Silente poco prima di congedarsi sotto lo sguardo stupito degli altri maghi. Tutti sicuramente si stavano domandando come mai Silente era alla stazione, per di più per accompagnare un futuro studente della sua scuola. Non l'aveva mai fatto prima, ma ci doveva esser un motivo ora per portare quel ragazzo con sé. E stava proprio lì la curiosità della gente, capire qual'era il motivo.
Tra i vari brusii Tom salì sul treno, da solo, mentre i suoi bagagli erano stati rigorosamente posti insieme agli altri in un primo momento, l'unica cosa che aveva tenuto, oltre la bacchetta sempre nella sua tasca destra della giacca (e in quel posto sarebbe rimasta), era il suo amato nuovo amico, che era alquanto silenzioso.
La prima cabina che si parò davanti a Tom era occupata da un ragazzino magro, dai capelli corti biondi e dalla carnagione pallida. Era da solo, ma forse attendeva qualcuno.
«Scusami è tutto occupato?»
Il ragazzo spostò lo sguardo da fuori del finestrino al viso di Tom. I suoi occhi tendevano al grigio chiaro, chiunque poteva rimanere abbagliato dal suo sguardo e così anche Tom rimase incantato.
Il giovane era seduto in modo composto, con le mani posate lungo le gambe. Aveva un'aria di alto rango. I suoi capelli erano pettinati in modo perfetto, quasi laccati. I suoi abiti erano puliti e candidi, anche se vestiva totalmente di nero.
«No è libero»
Tom entrò nella cabina, si sedette, non nel modo ordinato come sperava e notò che i sedili erano davvero comodi. Posò poi la gabbia con il suo gufo vicino a lui, cercando di non sporcare il tessuto che ricopriva tutto il sedile. I suoi occhi fecero un veloce giro della cabina illuminata. Si concentrò però di più sul ragazzo di fronte a lui che sulla tappezzeria, molto bella per di più. Entrambi si guardarono, ma non dissero nulla. Un silenzio imbarazzante.
«Davvero bello» commentò il ragazzo, rompendo finalmente l'imbarazzo, che lui però non provò. La sua voce era lenta e dal tono basso, ma allo stesso tempo sembrava amichevole. «Come si chiama?»
«Lui...» rimase spiazzato, non aveva neanche pensato a che nome dare al suo gufo, «a dire il vero non gli ho dato ancora nessun nome. È stato un regalo imprevisto...»
«Anch'io ho un gufo reale, una femmina precisamente, appartiene alla mia famiglia da molti anni.» aveva iniziato a parlare a raffica, creando curiosità in Tom. «Il suo nome è Hydra, come una famosa costellazione, la più estesa di tutte! Un nome importante, anche il tuo gufo deve avere un nome così importante...» ci pensò su qualche secondo mentre con gli occhi scrutava il magnifico animale, «Ares! È il dio della guerra, una delle divinità dell'Olimpo. È un personaggio importante sai! Il tuo gufo deve esser onorato di avere un nome così»
Aveva fatto tutto da solo. Tom non aveva avuto neanche il tempo di dire la sua.
«Ares» ripetè lui poco convinto verso il suo gufo, che rispose con un “uh-ohh” acuto. Lui riteneva che quel nome potesse andar bene e se andava bene all'animale allora andava bene anche a lui.
Sorrise rivolto al giovane che stava ancora seduto nella stessa posizione strutturata di prima, sempre vicino al finestrino del treno.
Tom notò, oltre la sua figura, due persone, una donna e un uomo, in piedi di fronte a loro. Erano rimaste a terra. Non salutavano e non sorridevano. Entrambe portavano i capelli biondi e anche i loro occhi erano chiari.
Il ragazzo seguì la direzione dove stava guardando Tom e si girò la testa verso di loro con estrema lentezza.
«Sono i miei genitori» esclamò salutando freddamente con la mano. Soltanto la donna ricambiò il saluto, accennando un debole sorriso. L'uomo guardò dall'altra parte, mentre stringeva la mano sinistra intorno all'estremità del suo bastone.
Non poteva sapere come ci si sentiva ad esser accompagnati dai propri genitori alla partenza. Non l'avrebbe mai saputo, ormai non c'erano più entrambi.
«I tuoi genitori chi sono?»
Ecco la domanda a cui non voleva rispondere, ma era a conoscenza che prima o poi qualcuno gliel'avrebbe fatta.
«I miei genitori non ci sono più. Io non li ho mai conosciuti»
Il biondino non si scusò per ciò che aveva detto, non lo sapeva quindi non aveva niente di cui scusarsi.
«Almeno non hai nessuno che decida per te!»
Ero tutto ciò che aveva detto in risposta.
All'apparenza il ragazzo sembrava freddo e distaccato, ma il suo sguardo diceva altro. C'era qualcosa sotto, ma Tom ancora non poteva sapere il fardello che portava, troppo grande per un... bambino ancora.
Ritornando con i piedi sulla terra, i due ragazzi si guardarono fino a quando il primo non si presentò.
«Io sono Draco... Draco Malfoy»
«Mi chiamo Tom. Tom Riddle»

Draco sgranò gli occhi, un'espressione che non gli si addiceva molto, soprattutto perchè aveva un comportamento nobile.
«Allora tu sei Tom Riddle?»
Non capì quella domanda, per quale motivo il suo nome suscitava tanto scalpore nel ragazzo? Lui era soltanto una persona qualsiasi, così credeva.
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Capitolo 7
*** Cerimonia dello smistamento ***


Cerimonia dello smistamento

Tom rimase in silenzio. Non aveva risposto a Draco che rimase a fissarlo per tutto il resto del tragitto. Nessuno dei due aveva proferito parola. Ancora non capiva come mai la sua nuova conoscenza era così ansiosa di averlo davanti. Si domandò se in qualche modo era diventato famoso a causa della sua famiglia. Magari sua madre era stata una grande strega e solo lui non lo sapeva.
Finalmente arrivarono ad Hogwarts.
Durante il viaggio tutti i ragazzini del primo anno erano stati quasi costretti con le forze ad indossare la divisa scolastica. Tutti erano entusiasti del viaggio e ora si era concluso.
«Allora è questa Hogwarts» disse Tom sulle scale del treno, poco prima di scendere.
«Certo!» fu la risposta di Draco alle sue spalle. Non si era staccato mai da lui.
Si voltò quasi spaventato, non pensava di trovarselo alle spalle di soppiatto. Pensava di aver parlato solo e invece ora aveva un amico con cui condividere tutto ciò che accadeva.
Ares, il gufo reale appollaiato dentro la sua gabbia, rimase in silenzio. Si gustò soltanto l'aria gelida che vorticava intorno.
«Quelli del primo anno vengano qui!» si sentì una voce pesante urlare. In lontananza Tom vide una figura massiccia, e sembrava esser più grande di tutte le altre persone, perchè tutto il busto sbucava in alto alle teste dei piccoli studenti.
Sia lui che Draco si avvicinarono e con loro altri ragazzi e ragazze. Notò con grande stupore che l'uomo era davvero grande.
L'uomo, se così si poteva definire, aveva una barba lunga nera che gli copriva quasi tutto il viso – e ben poco curata – anche i capelli era arruffati e dello stesso colore della barba. I suoi occhi erano piccole fessure nere, sormontati da lunghe e folte ciglia nere. Indossava un cappotto pesante color crema sporco, e non soltanto il colore sembrava sporco.
Era abbastanza proporzionato per la sua altezza. Poteva sembrare un uomo qualsiasi, soltanto alto quasi il doppio di una persona normale.
«Oh! Sarà alto più di due metri, anche più di tre»
«Non esageriamo, del resto è soltanto un mezzogigante, neanche uno intero» Draco parlò in modo freddo e distaccato, non era rimasto colpito dal gigante a metà come lui. Forse doveva iniziare a non stupirsi più di tanto, perchè per gli altri era tutto normale.
«Piacere ragazzi. Sono Hagrid... Rubeus Hagrid. Vi accompagnerò dentro la scuola»
La sua voce risultava ancora più pesante da vicino, tanto che sembrò rimbombare e squarciale il cielo blu.
Si incamminò e i ragazzi lo seguirono in silenzio, nessuno aveva fatto domande, forse per la troppa paura.
Tom finalmente alzò lo sguardo per vedere la famosa scuola. Era un magnifico castello nel mezzo di una catena di montagne, disposte a formare un cerchio. La costruzione era posizionata di fronte ad un lago scuro, probabilmente colorato dalla notte.
Si perse ad ammirare la bellezza del luogo quando si sentì spintonare, stava quasi per cadere a terra.
«HEY! Stai attento» urlò di ritorno alle due figure che aveva sorpassato lui e Draco di corsa.
Uno dei due ragazzini si fermò di colpo e si girò lentamente. Con piccoli due passi si parò davanti a Tom.
Aveva due occhi color verde chiaro che risplendevano nella notte.
«Hai detto qualcosa mostro?»
Il secondo ragazzo lo raggiunse in fretta. Aveva i capelli color carota e la carnagione chiara con qualche lentiggine sparsa.
«Si hai detto qualcosa?!?!?!» fece eco quest'ultimo con aria da tonto. «Ho detto solo di stare attento»
Non voleva iniziare questa avventura in malo modo, soprattutto con una rissa. Tentò di lasciare perdere, ma il ragazzino davanti a lui con aria da sbruffone non aveva intenzione di lasciar scorrere.
«Forse tu non sai chi sono io!»
«E neanche ce ne importa»
intervenne questa volta Draco.
La risata uscita dalla bocca del ragazzo dagli occhi verdi risuonò sopra le voci emozionate degli altri. Poi di colpo tornò serio.
«Io sono Harry Potter!»
Forse secondo lui, sia Tom che Draco dovevano rimanere sbalorditi da lui, ma la notizia non gli fece né caldo né freddo, anzi non sapeva proprio chi lui fosse. «Sono il prescelto» continuò.
«Lui è il prescelto» rifece eco l'altro ragazzo.
Neanche dato il tempo di rispondere continuò a parlare con aria da superiore, «non posso perder tempo con inutile plebaglia»
E così se ne andò continuando a spintonare la gente intorno a lui.
Come aveva trovato un nuovo amico, così aveva trovato anche il suo primo nemico.
Arrivarono ben presto all'entrata, quando Tom si girò vide che la strada appena percorsa era lunga e non riuscì a trovare più il treno lasciato alle loro spalle. Posta in cima alla gradinata c'era una donna che stava aspettando l'arrivo dei nuovi arrivati.
«Buonasera ragazzi! Sono la professoressa McGranitt. E ora seguitemi»
La professoressa fece strada ai ragazzi che entrarono in una grandissima sala illuminata di un color giallo oro da alcune torce. Il portone che divideva quella sala con un'altra si aprì senza sforzo e senza che nessuno l'avesse toccata.
La stanza nella quale stavano entrando era ancora più grande. Al centro c'erano quattro grandi tavoli uno di fianco all'altro, e seduti ai tavoli c'erano centinaia di studenti, tutti di anni più grandi. Tom notò che gli studenti indossavano quattro colori diversi, oro/rosso, blu/grigio, giallo/nero e verde/argento.
In fondo alla sala, c'era una piattaforma rialzata rispetto al pavimento normale e ci stava un tavolo occupato da adulti, probabilmente i professori. C'era anche Silente, il preside, seduto su una grande sedia oro. Tom alzò di nuovo la testa e vide che il soffitto della sala non c'era perchè si vedeva il cielo notturno stellato. Guardando meglio però notò che il soffitto c'era eccome, tutto era sotto incantesimo. Persino l'illuminazione era “magica”, perchè oltre alle torce c'erano migliaia di candele sospese a mezz'aria.
La fila si fermò mentre la professoressa saliva verso un leggio e si metteva gli occhiali.
«Bene. Ora verrete smistati in una delle quattro case» ora Tom capì il motivo dei quattro colori e perchè i ragazzi erano divisi «il Cappello parlante però prima farà il suo discorso di benvenuto»
“Cappello parlante?” ripetè nella sua mente e non appena se lo chiese una voce strascicata iniziò a parlare. Era il cappello appoggiato su uno sgabello davanti al leggio che parlava.
«Non sono umano, non sono un mago... sono soltanto un cappello.
Il mio aspetto non è dei migliori, ma mai giudicare un libro dalla copertina!
Leggo tutto ciò che pensate, posso vedere cosa siete realmente, così da poter smistare il vostro potere nelle casate giuste.
Potreste essere un Grifondoro, coraggiosi e con il cuore forgiato dall'elemento più prezioso.
O forse siete un Tassorosso, corretto e paziente quanto basta.
Magari un Corvonero smisterò, grazie alla sua intelligenza e creatività.
Un Serpeverde creerò, a causa della furbizia del lato oscuro.
Indossatemi quindi senza timore e mettetevi alla prova.
Non siete in pericolo con me, perchè sono soltanto un Capello parlante»
Alla fine del discorso tutti iniziarono ad applaudire, compresi i professori, copiando il preside, che aveva preso l'iniziativa.
La professoressa McGranitt si schiarì la voce e chiamò il primo nome che fu facilmente smistato nella casa di Tassorosso, poi continuò a chiamare secondo l'elenco.
«Brocklehurst Mandy»
Il Cappello senza esitare smistò la ragazza in Corvonero, elogiando la sua saggezza.
Così andarono avanti, fino a quando la professoressa non chiamò Harry Potter, il ragazzo che Tom aveva incontrato poco prima.
«Oh abbiamo una persona famosa quest'anno» la frase detta provocò un sorriso sul viso del prescelto «Harry Potter!»
Nella sala iniziò un brusio mentre il Cappello continuò ad esaminarlo e dopo attente opzioni puntò su Grifondoro.
Prima di accomodarsi al suo tavolo, Harry sorrise a Silente, che gentilmente ricambiò.
La lettura dall'elenco dei nuovi studenti continuò.
Toccò a Malfoy Draco che venne assegnato alla casata dei serpenti. Poi finalmente arrivò il suo turno.
«Riddle Tom»
La sala si azzittì, in qualche modo tanti sembravano conoscerlo o forse era soltanto il suo nome troppo familiare.
Con preoccupazione si avvicinò allo sgabello e si sedette. La professoressa posò sulla sua testa l'oggetto magico che iniziò subito a studiarlo.
«Tom Riddle, o meglio Lord...» il Cappello venne interrotto dal colpo di tosse di Silente «cosa stavo dicendo? Ah si. Serpeverde!»
Non aveva neanche descritto le sue caratteristiche, l'aveva smistato in velocità.
Andò a posizionarsi vicino a Draco che sorrideva felice nella sua casa, tra gli applausi dei suoi nuovi compagni, mentre da lontano due occhi lo stavano scrutando con eccessivo coinvolgimento.
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Capitolo 8
*** Serpeverde ***


Serpeverde

I giovani nuovi studenti vennero portati alle proprie case. Tom insieme a Draco e a un altro numero di Serpeverde vennero accompagnati dal loro prefetto, un ragazzo massiccio e di brutto aspetto, verso i loro dormitori.
L'ingresso per la sala grande della casata dei Serpeverde era situato dietro ad un muro, nei sotterranei della scuola di Hogwarts. Il luogo era abbastanza buio e non appena furono davanti alla porta, Tom notò che questa non si apriva.
«Per entrare bisogna usare una parola segreta, che soltanto voi Serpeverde dovrete sapere!»
Ecco la spiegazione... ci voleva una parola d'ordine. Fu presto detta, ad alta voce come per farla sentire anche agli studenti estranei di quella casa, il che rendeva la parole ormai non tanto più segreta.
«Purosangue!»
Tutti iniziarono a bisbigliare e Draco sogghignò, probabilmente quella parole suscitava divertimento per qualcuno, anzi per tutti. Persino il ragazzo massiccio sorrise.
Finalmente entrarono, tra le risa di quelli che non si erano ancora fermati. L'interno non era avvolto dall'oscurità come fuori, c'erano delle candele che emanavano una luce verde, il colore dei Serpeverde.
Sembrava di essere in una cella, anzi come un sotterraneo lungo e basso, ma pareva un luogo molto accogliente, perchè tutto l'arredamento era costituito dai colori verde e argento, dalla tappezzeria – un po' scarsa – e dalle poltrone e sofà, persino i tappeti erano color verde. Le pareti e il soffitto però erano di pietra, dove erano appese della catene, un po' inquietanti secondo il gusto di Tom.
C'era persino un camino, un grande camino di marmo, abbellito da statuette e teschi – pure queste abbastanza macabre –.
Si sentì molta umidità e rispetto alle altre stanza faceva piuttosto freddo.
«...Siamo sotto al Lago Nero...»
Continuò a parlare il ragazzo, descrivendo cosa dovevamo fare e dove avremmo trovato la nostra camera.
Le camerate erano divise tra maschi e femmine. Prima smistò le ragazze nel loro dormitorio, poi passò alla lista dei maschi.
«In un'altra camera ci sono Malfoy, Tiger, Goyle e... Riddle»
Per sua fortuna Tom venne smistato nella stessa camera del suo nuovo amico. Notò che Draco conosceva già gli altri due ragazzi, rispettivamente di nome Vincent e Gregory, ma non si era dimenticato di lui.
Mentre si portavano verso la camera lo strinse con il braccio tra le spalle, «vedrai che ci divertiremo!»
La prospettiva sembra eccitante, ma ancora di più la bellezza della camera.
C'erano quattro letti enormi, grandi quasi un letto matrimoniale. Il lettone era a baldacchino, con l'inferriata di ferro nero battuto. Le tende erano di un verde scuro e davanti ad ogni letto c'erano i propri bagagli sistemati. Ogni persona aveva un armadio di legno nero e sulla maniglia un piccolo serpente argento.
Tiger e Goyle si buttarono sul proprio letto, deciso sul momento, lasciando i due letti centrali e vicini a Draco e Tom.
Chissà per quale motivo i due ragazzi avevano già individuato sia lui che Draco come leader del gruppo eppure dovevano esser tutti allo stesso livello, anzi lui era partito già svantaggiato perchè non aveva mai usato la magia, fino all'altro ieri neanche sapeva che poteva esistere.
«Io prendo questo letto» intervenne Draco, portandosi verso il letto di sinistre, vicino a quello di Tiger.
L'altro letto fu occupato logicamente da Tom, che si mise a sedere silenziosamente. Poi fece una domanda alquanto scioccante per gli altri componenti della camera.
«Scusate ma cosa sarebbe un purosangue?»
«Come?» fecero insieme i due giovani dai due lati opposti della stanza.
«Vuol dire nato da due genitori maghi» spiegò invece cordialmente Draco, che aveva appreso dai suoi genitori quanto fosse importante Tom.
«Ah» rispose lui poco convinto «io credo di non avere entrambi i genitori maghi!»
Non sapeva bene chi fosse suo padre, non l'aveva mai saputo, ma era certo che lui non fosse mai stato un mago, perchè avevano sempre parlato delle grandezze nelle abilità di sua madre.
Draco non fu sorpreso, a dispetto degli altri due, e con la stessa tranquillità aggiunse. «Non preoccuparti Tom, questo fatto non è importante per te. Sei un Serpeverde, l'ha detto il Cappello parlante... sarai un grande mago. Ora andiamo tutti a dormire»
Era stata una giornata intensa e tutti e quattro si misero sotto le coperte pensando che sarebbe stato un grande anno, anche se qualcuno era ancora pieno di domande.
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Capitolo 9
*** Primo volo ***


Primo Volo

Il primo giorno stava trascorrendo in serenità. Nessuno sapeva cosa il pomeriggio aveva in serbo, ma la giornata si prospettava fresca e azzurra.
«Sono sicuro che la mia scopa sarà la più bella di tutti!» tuonò la voce di Harry Potter.
«Ovviamente» ripetè di seguito il suo amico rossiccio. Tom si girò, era solo in fila, tendendo l'orecchio ad ascoltare la conversazione fuori dal comune, come tutto il resto.
«La Nimbus 2001 è la nuova scopa volante. Uscita proprio da pochi mesi» continuò con aria da intellettuale una ragazzina dai capelli scompigliati color nocciola.
«Hermione non sono stupido! L'ho presa apposta»
Il nome della ragazza venne fuori dalla bocca del giovane mago. Il tono della sua voce era tutt'altro che gentile.
Scese il silenzio e i tre si accorsero che qualcuno li stava osservando, o meglio stava ascoltando.
«Cosa c'è Riddle?»
Voltò la testa, cercando di non badare alla domanda, ma Harry non ci pensò su due volte e si portò davanti agli occhi di Tom.
«Ora sei sordo? Ti ho chiesto cosa c'è da guardare»
«Io... io... io...»
balbettò Tom in cerca di una risposta, che non aveva.
«Guardate ha perso la lingua»
Le risate del trio salirono fino in cielo e oltre.
Harry salì in groppa alla sua Nimbus 2001 e con un balzo spiccò in volo. I suoi piedi non toccavano per terra di almeno cinquanta centimetri.
Le sue mani stringevano saldamente, mentre le gambe ciondolavano nel vuoto.
Non era molto in alto, si poteva volare molto più in alto, tutti lo sapevano, però per Tom quello fu abbastanza.
Notò che tutti gli studenti avevano con sé una scopa volante. L'amico di Harry, Ron, teneva con sé una BlueBottle, mentre la ragazza, Hermione, possedeva una Stellasfreccia. Tutti nomi segnate sul manico.
Ovviamente Tom era l'unico a non tenere in mano una scopa. In imbarazzo si incamminò, ma Harry gli tagliò la strada, facendo quasi cadere il ragazzo a terra.
«Povero Riddle. Sei così povero che non hai neanche una scopa con te»
Altre risate circondarono l'ambiente libero.
In quel momento arrivò la professoressa, Madama Bumb. Insegnate di volo, assieme a Draco, che era sparito da un po'.
«Potter!» urlò «nessuno può prendere il volo senza il mio consenso!»
Fingendo di scusarsi si portò con i piedi sul suono, mentre Tom si avvicinò a Madame Bumb spiegando per quale motivo lui non aveva una scopa.
«Mi scusi professoressa, ma io non ho la scopa. Mi sembra di non aver letto sulla lista delle cose da comprare...»
«Non preoccuparti Riddle. Ecco qui per te.»

Sotto ordine di Madame Bumb, Draco consegnò a Tom una delle due scope che teneva in mano.
«E' per te. Un omaggio del professor Silente»
Tutti, compreso Harry, aprirono la bocca. Sbalorditi alcuni di loro si avvicinarono.
«Avanti leggi il nome della scopa» incitò Draco sorridendo.
«Firebolt»
I ragazzi ululavano di gioia.
«E' come la mia» continuò l'amico prendendolo per le spalle «è la scopa più veloce in circolazione»
«Congratulazioni Riddle» disse entusiasta la professoressa, che solo all'idea di stare vicino ad una scopa così potente, non riusciva a non sorridere.
Dopo le varie congratulazioni e i vari complimenti, tutti gli studenti si misero in fila. L'unico a non parlare era Harry Potter, rimasto in silenzio e soprattutto dimenticato dagli altri.
«Bene ragazzi. Ora appoggiate la scopa per terra e con la mano tesa dovete urlare “Su”»
I vari “su” uscirono dalle bocche e quasi nessuno al primo colpo riuscì a far salire la scopa fino alla mano tesa.
«Su!»
La scopa di Tom si mosse poco e poi con un scatto fulmineo la sua mano riuscì ad afferrarla.
«Complimenti signor Riddle. In un colpo solo»
Altre ovazioni rivolte verso il giovane echeggiavano, aumentando l'ira di Harry.
Dopo vari tentativi tutti della classe riuscirono ad afferrare la propria scopa.
«Ora salite in groppa alla vostra scopa e con i piedi ben saldi a terra cercate di non darvi una spinta. Dovrete rimanere così per alcuni minuti, cercando confidenza con l'oggetto»
Per farsi notare, Harry si diede una spinta tale da alzarsi in volo. L'attenzione venne attirata, mentre le urla della professoressa cercarono di farsi sentire.
«POTTER! SCENDI IMMEDIATAMENTE!»
Era quasi un puntino, ma tutti riuscirono a vederlo perfettamente. Dopo alcune giravolte scese tra gli altri studenti, completamente in ovazione per lui.
«Potter!!!!!!!!!»
Ora calò il silenzio.
Anche se sapeva di aver fatto una brutta cosa, ignorando le regole, si sentì felice e appagato.
La lezione di concluse prima del previsto. «Bravi ragazzi. Alla prossima lezione»
Circondato, si allontanò dal campo.
«Esibizionista!» concluse Draco rivolto a Tom, che era rimasto in silenzio ad osservare ora la sua nuova scopa.
Il primo giorno era finito e pian piano iniziava a capire quel fantastico e strano mondo.
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