Figlia della luna

di Tanuki
(/viewuser.php?uid=84516)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Allora...questa è una storia che ho in mente da sempre...diciamo che è una cavolatina, diciamo che è una CAVOLATONA, ma spero che vi piaccia!

I personaggi appartengono a Masashi Kishimoto.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno!





Figlia della luna





Una falce di luna crescente spiccava nel cielo, coperta appena da alcune nubi sfilacciate.

Nella foresta deserta dei passi strascinati  facevano frusciare i freddi cespugli spinosi.

Due gambe tremanti si liberarono dalla gabbia di rovi per rifugiarsi su di una strada sterrata, l’entrata del Villaggio della Foglia si stagliava imponente di fronte alla sfuggente e pallida figura vestita di stracci.

La figura sotto la fioca luce delle lanterne che adornavano l’ingresso del villaggio si rivelò essere una ragazza giovanissima, che forse aveva raggiunto da poco la maggiore età.

Tremava e ansimava, tenendo tra le braccia un fagottino che si muoveva appena.

Una piccola lacrima lucente scivolava sui solchi che luccicavano sulle sue guance, segno evidente di altre mille lacrime versate.

Si fermò dinanzi all’ingresso, fissando un punto imprecisato davanti a sé.

Strinse al petto il fagottino, un debole sorriso fiorì sulle labbra screpolate per il freddo.

Abbassò lo sguardo e scostò un lembo di stoffa dal piccolo fagotto, un visetto paffuto sporco di sangue si presentò davanti agli occhi velati di pianto della ragazza.

“Qui starai bene, piccola mia” sussurrò la giovane “Non posso tenerti con me, anche se solo il cielo sa quanto avrei voluto…i miei genitori non sanno nulla di te…sono riuscita a nasconderti quando eri ancora dentro di me…ma non posso trascorrere la mia vita nascondendomi e nascondendoti…”.

Fece una pausa per tirare su col naso, poi ricominciò a sussurrare, carezzando il visino della neonata.

“So che così mi comporto da vigliacca, ma se avrebbero saputo di te la mia famiglia mi avrebbe cacciata di casa con te...e non avrei potuto farti crescere bella e sana come avrei voluto…”.

Così dicendo entrò timidamente nel villaggio, avendo cura di non fare rumore.

Giunta davanti alla prima casa poggiò la bimba davanti alla porta e si alzò.

Guardò per l’ultima volta la sua bambina.

“Addio, tesoro mio, qui avrai tutto quello che io non avrei potuto darti…una vera famiglia, con una madre, un padre e forse dei fratelli…una buona formazione per farti diventare una kunoichi, tanti amici…e forse l’amore, l’amore vero, non quello che se ne va quando hai più bisogno di lui…”.

Terminò la frase con un singhiozzo, prima di bussare furiosamente alla porta chiusa e scappare.

Se prima i suoi passi erano esitanti e tremanti, in quel momento sembrava avere le ali ai piedi, sfrecciò lungo la strada che la portava fuori dal villaggio.

E sparì nella foresta oscura.

 

La bimba, trovandosi sola e distesa sul freddo scalino, cominciò a strillare con quanto fiato aveva in corpo.

Le luci della casa si accesero di botto, la porta si aprì di scatto, e un uomo di mezza età dai corti capelli neri uscì guardandosi intorno con sguardo insonnolito.

“Chi è là?” chiese a voce alta spostando rapidamente gli occhi da una parte all’altra della strada.

Il pianto della neonata attirò subito la sua attenzione, si chinò per svolgere il fagottino.

La bambina era nata da poco, pochissimo, forse qualche ora prima.

Era ancora sporca di sangue, anche se la sua pelle mostrava alcuni timidi tentativi di pulizia.

Il cordone ombelicale era ancora attaccato.

L’uomo istintivamente la prese tra le braccia, cercando di cullarla per placare le sue grida.

“Akane! Akane!” chiamò l’uomo entrando subito in casa.

Una donna sulla quarantina scese di corsa le scale fino ad arrivare di fronte al marito, e grande fu la sorpresa nel vederlo stringere tra le braccia una bimba appena nata che piangeva.

“Oh cielo…” sussurrò portandosi una mano alla bocca “Ma dove…”.

“Sono sceso per vedere chi bussava alla porta a quest’ora…e ho trovato lei…”.

La donna si avvicinò lentamente.

“Ayumu…” mormorò, intenerita “Questo è un dono del cielo…non abbiamo potuto avere figli, e abbiamo sofferto così tanto…chi l’ha lasciata qui davanti probabilmente l’ha fatto per disperazione, perché non poteva darle un futuro…e l’ha affidata a noi…possiamo donarle la vita che i suoi genitori sognavano…”.

L’uomo seguitava a cullare la bambina, che lentamente si acquietò.

“Hai ragione, Akane…non c’è nemmeno un biglietto…non avrà neanche un nome”.

Akane prese dolcemente la bimba in braccio, e andò verso la finestra, guardando il cielo.

Accorgendosi della falce di luna che brillava, sorrise.

“La chiameremo Tsukiko” disse “Perché è rinata sotto la luna”.

 

La bambina crebbe felice ed ambiziosa, sebbene la sua corporatura esile e la sua salute cagionevole suscitò non poche preoccupazioni per i genitori adottivi, che avevano paura ad iscriverla all’accademia ninja credendola troppo debole, ma di fronte alle preghiere di Tsukiko furono costretti a cedere.

Contrariamente alle aspettative dei genitori, Tsukiko riuscì ad ottenere il diploma di Genin.

Dopo aver superato l’esame, la ragazzina cominciò a correre per tutto il villaggio sventolando il coprifronte la cui placca metallica scintillava alla luce del sole, i lunghi capelli castani e lisci garrivano al vento come una gloriosa bandiera.

Appena la madre vide Tsukiko con un gran sorriso e il coprifronte ancora in mano, si avvicinò alla figlia.

Le prese il coprifronte per legarglielo alla testa, le ciocche brune della frangia lo coprivano appena.

“Bambina mia, sono orgogliosa di te” disse “Diventerai una brava kunoichi”.

“Mamma…” sussurrò la ragazzina timidamente “…posso chiederti una cosa?”.

“Certo, Tsukiko, cosa vuoi sapere?” mormorò guardandola negli occhi.

Tsukiko per qualche istante intrecciò le dita delle mani, distogliendo lo sguardo.

“…i Genin si possono innamorare?”.

La donna rise, ravviandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.

“Certo, bambina mia, tutti si possono innamorare”.

La ragazzina cominciò a fissarsi i piedi, arrossendo di colpo.

“Allora lo posso dire: sono innamorata”.

 

 

Aveva deciso di rivelarlo solo in quel momento, anche se quel dolcissimo sentimento le aveva avvolto il cuore come la più soffice delle nuvole già da tempo, sin dai primi giorni dell’Accademia.

Però il giorno dell’esame aggiuntivo il tenero amore che provava si infiammò ulteriormente.

Essendosi iscritta per ultima all’Accademia, non poteva avere un gruppo in quanto dispari.

Venne assegnata eccezionalmente al gruppo del Jonin Asuma, per effettuare l’ultimo esame.

L’esame venne superato brillantemente, anche perché l’anima di Tsukiko era galvanizzata dalla presenza molto ravvicinata del ragazzo di cui si era innamorata.

 

Ma dubitava che un ragazzo che considerava così carino potesse accorgersi di lei.

Le altre ragazze che conosceva erano tutte molto più belle di lei: Sakura Haruno aveva due bellissimi occhi verdi e la fronte ampia che tanto odiava contribuiva però a rendere il suo viso molto grazioso, Ino Yamanaka aveva degli stupendi capelli biondi lunghissimi e gli occhi azzurri e magnetici, Hinata Hyuga aveva un viso dolcissimo, un corpo molto ben fatto sebbene lo nascondesse sotto quell’informe divisa e i capelli neri lucidissimi come l’ala di un corvo, Tenten era dinamica e determinata con un fisico forte e gli occhi ardenti, senza contare la sua pettinatura perfetta…

Lei, invece, tutto quello che vedeva guardandosi allo specchio era una ragazzetta di una magrezza allucinante, dai lunghi capelli castano scuro finissimi, deboli e leggeri, che al minimo movimento si imbrogliavano in duemila nodi e che sovente si spezzavano ad ogni passata di spazzola;  gli occhi erano di un insignificante nocciola smorto, la carnagione era pallidissima, quasi cadaverica.

Per completare il disastro, un seno quasi inesistente, tutte le sue compagne di accademia si stavano sviluppando sempre più, e i loro corpi diventavano sempre più femminili, mentre lei era piatta come una tavola piallata.

 

Tutto questo di certo non l’aiutava a trovare la forza necessaria per potersi dichiarare al ragazzo che amava, ma il batticuore che le faceva mancare il respiro quando incrociava quegli occhi neri non riusciva a calmarlo.

I suoi capelli neri e lisci legati in un codino, il suo sguardo perennemente corrucciato, quell’intelligenza quasi sovrannaturale…Tsukiko era profondamente affascinata da quel ragazzo, anche se il suo modo di fare con le ragazze era alquanto scorbutico.

La ragazzina pensava a lui continuamente, e con la sua immagine si addormentava, dopo aver scritto tante volte sul suo diario “Ti amo Shikamaru Nara”.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ecco qui il secondo capitolo, sono molto felice che il mio personaggio sia piaciuto per via della sua lontananza siderale dall'odiatissima Mary Sue.
Prometto che dal terzo capitolo in poi ci sarà un po'più di azione (sono kunoichi e ninja, dopotutto, mica il cast di Dawson's CreekXDXDXDXD), adesso vorrei fare l'ennesimo zoom sul carattere di Tsukiko.
Per inciso, io non considero affatto Ino una stronza, sebbene a volte il suo comportamento possa rappresentare tutt'altro, è una ragazza con molta autostima, cioé ciò che manca a Tsukiko, per questo ho deciso di avvicinarle.


Detto ciò, spero che vi piaccia!^^

I personaggi appartengono a Masashi Kishimoto.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno!





Tsukiko si svegliò presto, come tutti i giorni.

Aveva sognato Shikamaru, lo sognava quasi tutte le notti da quando l’aveva conosciuto, alcuni sogni non se li ricordava, ma era sicura che anche in quelle immagini che il suo inconscio aveva nascosto c’era lui.

Si alzò dal letto, la prima cosa che fece fu guardarsi allo specchio.

Il pigiama verde troppo largo, i capelli scompigliati, gli occhi ancora semichiusi, insonnoliti.

Sospirò, anche quel giorno era costretta in quel corpo che tanto odiava.

Sperava sempre che tutto fosse un sogno, che le sue braccia troppo magre fossero solo un’immagine inconscia, che quei capelli orrendi fossero solo un frutto della sua immaginazione notturna.

Sperava di svegliarsi un giorno con un altro corpo, un altro viso.

Era solo una piccola fantasia di una dodicenne innamorata.

 

Si vestì di malavoglia, i vestiti erano sempre cuciti su misura, perché se andavano bene sulle braccia, erano larghi sul seno; se andavano bene sulle gambe erano larghi in vita.

Scese per fare colazione, e mangiò circa cinque panini dolci ripieni di cioccolato, una ciotola di crema di riso e due mele, il tutto annaffiato da una generosa tazza di latte freddo.

Non mangiava per fame, il suo appetito era più equilibrato, Tsukiko mangiava sempre il giusto.

Era da quando sentì Shikamaru sentenziare che le ragazze non dovevano essere troppo magre che mangiava tutto quel cibo, voleva ingrassare un pochino, mettere un po’di ciccia in più su quell’agglomerato di ossicini che era il suo corpo.

Quando esagerava, però, il suo corpo rispondeva sempre con una bella indigestione, come a dirle “è inutile che tu ingurgiti tutto quel cibo, uno scheletrino sei e uno scheletrino rimani”.

“Tsukiko, non mangiare troppo” la redarguì la madre carezzandole la testa “Non ti ho mai visto così affamata…per caso ti senti troppo debole?”.

La ragazza scosse la testa con un movimento repentino.

“Allora perché ultimamente rischi sempre l’indigestione?”.

Tsukiko non rispose.

“Vuole ingrassare di proposito” intervenne il padre, seduto dall’altra parte del tavolo, assorto nella lettura di un libro.

“Ayumu! Non si legge a tavola! Quante volte te lo devo ripetere” esclamò la donna, sedendosi accanto alla figlia “Perché vuoi ingrassare, tesoro?” chiese poi alla ragazzina con un tono più conciliante.

“Sono troppo magra” borbottò Tsukiko “Non ho neanche un po’di seno”.

“Ma non cresce bene solo mangiando a dismisura! Poi non avevi mai avuto questi pensieri prima, perché adesso si?”.

Il padre chiuse il libro, poggiandolo sulla tavola ancora imbandita.

“Akane, non fare l’ingenua, Tsukiko è evidentemente innamorata di un ragazzino a cui non piacciono le magre”.

La ragazzina arrossì violentemente.

“Ascolta, cara” disse la madre risoluta “Da donna a donna, non è una bella cosa voler cambiare solo per farsi notare, se ti piace questo ragazzino devi solo mostrarti per quello che sei, gli puoi piacere oppure no, mica è costretto ad innamorarsi di te…ma una persona se ti ama davvero ti ama per quella che sei, non per quella che vorrebbe che tu sia, mi spiego? Se non gli piaci ci sarà sicuramente qualcun altro a cui piacerai!”.

Tsukiko rimase in silenzio.

“Io sono innamorata di lui, di tutti gli altri non me ne frega niente” mormorò, quasi stizzita.

“Parla correttamente, Tsukiko” la rimproverò il padre “Hai detto una cosa bruttissima, prova a metterti nei panni di un tuo ammiratore…”.

“Non ho ammiratori, nessuno mi nota” disse secca la ragazzina.

“Ma poniamo che tu lo abbia prova a guardarla dal suo punto di vista, innamorata di una persona che se ne infischia di te!”.

“Ma se è questo il problema!” urlò Tsukiko con gli occhi lucidi di lacrime, si alzò di scatto in piedi buttando a terra il tovagliolo, per poi uscire di casa correndo e sbattendo con violenza la porta.

“Ayumu…” sussurrò Akane preoccupata “Forse hai esagerato…”.

L’uomo sorseggiava una tazza di te fumante.

“Ah, stai tranquilla, è un’età molto critica, lasciala sbollire…non scapperà, fidati, anche se è arrabbiata è molto innamorata, e dubito altamente che scappi lasciando solo il ragazzo dei suoi sogni, ad ogni modo andrò a chiedere al signor Ishigawa di controllare l’ingresso del villaggio”.

Così dicendo si alzò lentamente da tavola, ma l’affermazione della moglie lo bloccò.

“Sono troppo ansiosa”.

“Come lo sono tutte le madri”.

Akane guardò pensosa il marito.

“Ma tu per caso sai chi è questo ragazzino? Di solito sai tutto di tutti”.

“Penso sia il figlio del Nara, Shikamaru”.

“E come fai a saperlo?”.

Ayumu scoccò alla moglie un’occhiata divertita.

“Siamo stati all’accademia ninja assieme, anche il padre diceva di non apprezzare le donne troppo magre”.

 

 

Tsukiko singhiozzava appoggiata al ponte del villaggio, nessuno capiva quello che provava, non si era mai sentita così sola come in quel momento.

Tirando su col naso, tirò fuori dalla tasca dei pantaloncini un kit da cucito, e una bambolina di stoffa .

Era la sua passione, cucire bambole di stoffa, le sue dita sottili saettavano sulla stoffa in mille imbastiture e punti catenella.

Aveva creato delle bambole identiche a tutte le persone che conosceva.

Tra le sue dita in quel momento aveva la bambola che rappresentava Shikamaru, stava ripassando gli ultimi dettagli degli abiti.

Fissò il pupazzetto per alcuni istanti.

“Ti amo tanto” sussurrò Tsukiko con il visino rigato dalle lacrime, avendo cura di non farsi sentire.

 

“Ciao! Perché piangi?”.

La ragazzina alzò il volto e vide una lunga coda biondissima, due occhi azzurri circondati da lunghe ciglia.

Deglutì nervosamente, quella era Ino.

Una delle ragazze più carine che conosceva, e anche quella che stava più vicino a Shikamaru.

“Ciao…Ino” rispose Tsukiko con voce malferma “Non…ho nulla…ho litigato con i miei…”.

La bionda le porse la mano.

“Oh, a volte i genitori sanno essere proprio delle spine ai fianchi!” esclamò tirandola su “Cosa stai facendo?” chiese incuriosita.

La ragazzina nascose velocemente la bambola dietro la schiena.

“N-niente” balbettò “è solo un pupazzetto, sai, mi piace cucirli di tanto in tanto…”.

“Oh, che bello! Me lo fai vedere?” insistette Ino ancora più incuriosita, cercando di guardare dietro le spalle dell’altra.

“M-m-meglio di no, non mi è venuto molto bene” Tsukiko non sapeva più che pesci prendere, non voleva sembrare scortese, ma al tempo stesso non voleva che vedesse il pupazzetto di Shikamaru, la imbarazzava troppo.

La bionda fu più lesta di lei ad afferrare la bambola.

“Ma che dici, è molto carino!” disse lei guardando attentamente il pupazzo “Un momento…ma questo non è…Shikamaru?”.

Tsukiko arrossì fino alla punta dei capelli.

“Come fai a dire che ti è venuto male, è così somigliante e cucito con cura…”.

La ragazza osservava la bambola di pezza sorridendo appena, mentre Tsukiko continuava a fissare il terreno con le guance in fiamme.

“Ti senti male, per caso?” le chiese la bionda poggiandole una mano sulla spalla, sorprendendosi nel vedere le guance della bruna imporporarsi sempre più.

Tsukiko scosse la testa, deglutendo.

Ino guardò nuovamente il pupazzetto raffigurante Shikamaru, e ci mise poco a fare due più due.

“Non dirmi che…”.

La ragazzina alzò il viso, ormai gli altarini erano stati scoperti, non aveva più senso nascondersi.

Annuì impercettibilmente, come se avesse paura che qualcun altro la scoprisse.

Ino si portò una mano alla bocca, sorpresa.

“Ecco perché all’esame ogni volta che ti diceva qualcosa facevi quell’espressione strana!” esclamo ridendo e puntandole il dito al petto.

Non era proprio la reazione che Tsukiko si aspettava.

“Perché non l’hai mai detto a nessuno? Penso sia difficile portarsi dentro un sentimento, quando si è innamorati si ha voglia di gridarlo al mondo…”.

“Pensavo che piacesse…anche a te” si giustificò la bruna.

Ino scoppiò in una fragorosa risata.

“Uno come Shikamaru? Non è male ma il suo carattere non è dei migliori!”.

“E allora a te chi piace?” chiese Tsukiko quasi offesa, non le piaceva sentire la gente elencare i difetti del ragazzo che amava.

Ino si ravviò la lunga coda bionda, sospirando.

“A me piace Sasuke”.

Tsukiko inclinò la testa da un lato.

“Davvero?”.

“Ma non te n’eri accorta?”.

La bruna fece spallucce, quando c’era Shikamaru nel suo campo visivo, poco le importava delle altre persone.

Sapeva che non era una bella cosa, soprattutto per un’aspirante kunoichi, ma sperava che dopo aver trovato il coraggio di dichiararsi quel difetto sarebbe evaporato.

“Se ti piace così tanto” insistette Ino maliziosa “Perché ancora non glielo hai fatto capire?”.

Tsukiko sospirò, allargando le braccia per mostrarsi ulteriormente.

“Come pensi che possa piacergli?” chiese, sconsolata.

Ino la osservò attentamente.

“Non sei male, non sai quanto vorrei avere un fisico asciutto come il tuo…”.

“Fidati, non è bello, non riesco a trovare dei vestiti che mi stiano perfetti, devo sempre riaggiustarli, non è un fisico asciutto, ma prosciugato”.

La bionda ridacchiò, mentre Tsukiko cominciò ad elencare il suoi difetti senza fermarsi, come una mitragliatrice.

“Guarda i miei capelli fragili e insignificanti! I miei occhi smorti! La mia pelle pallidissima! Niente seno alla mia età! Sono la mediocrità fatta persona!”.

“Certo che hai una bella opinione di te, eh?” rispose Ino avvicinandosi alla bruna “Per quanto mi riguarda non sei brutta, hai solo bisogno di un…restyling”.

“Eh?” Tsukiko non capiva.

“Con un look diverso ti vedrai molto più carina, fidati!” disse la bionda risoluta.

Tsukiko sorrise a labbra chiuse, un po’imbarazzata, dubitava di vedersi carina, un giorno.

“Senti, ora devo andare al negozio, ma domani se ti va possiamo vederci a casa mia, così ti do una mano a sentirti meglio e a trovare una tattica per farti notare da Shikamaru”.

Tsukiko annuì, poi, incuriosita, domandò.

“Perché mi vuoi dare una mano?”.

“Perché Shikamaru ha bisogno di una ragazza, ha la mente di un ottantenne!”.

La bruna non rispose, si limitò a salutarla sorridente mentre la vedeva andare via.

Poco importava della sua mente da ottantenne, lei  Shikamaru lo amava eccome.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=926595