Ricordi di sangue

di _Arya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Parte ***
Capitolo 2: *** II Parte ***
Capitolo 3: *** III Parte ***
Capitolo 4: *** IV Parte ***



Capitolo 1
*** I Parte ***


I Parte


Nell’oscurità della notte Bonnie, rivolse lo sguardo al cielo.
Quella sera il manto che avvolgeva la città di Fell’s Church era privo di ogni sua stella. L’unica protagonista di quella notte di metà ottobre era lei, la Luna.
Da sempre motivo d’ispirazione per poeti e amori, accoglieva, avvolgendo l’oscurità nella sua luce bianca e pallida. Fiera e silenziosa brillava alta nel cielo, emanando una luce tutta sua, ma allo stesso tempo sembrava che per qualche insolito motivo il corpo celeste fosse triste.
“O per la mor del cielo Bonnie. La Luna triste? Strani pensieri sono il primo segno di pazzia.”
Bonnie aveva letto da qualche parte, forse nel suo libro di scienze, che quando si ha la Luna piena si possa godere della sua più bella e intensa luminosità, ma quella che la stava osservando dall’alto era calante.
Quando si osserva la Luna nella sua fase calante, appare spenta e si dice che sia infelice.
Forse era per questo che le sembrava avvilita.
Una strana sensazione destò la ragazza dai sui pensieri. Era come se dentro di lei sentisse uno strano vuoto all'altezza dello stomaco. Tutti i suoi sensi erano in allerta, pronti a percepire ogni singolo rumore. Aveva l’impressione che qualcuno la stesse osservando.
Lei non era coraggiosa come Elena e Meredith, non lo era mai stata. Nella sua vita c'erano stati abbastanza episodi da portarla a pensare che lei, Bonnie McCullough, fosse l'anello debole del gruppo. Era stata Meredith qualche giorno prima a prendere le sue parti in una discussione con il professor Tanner. In quell'occasione, Bonnie imbarazzata davanti a tutta la classe, aveva desiderato con tutta se stessa che qualcuno dasse una lezione al suo insegnante di storia.
A quel triste e imbarazzante ricordo riuscì a trattenere le lacrime che minacciavano di irrigare il suo volto a forma di cuore. Chiuse gli occhi e facendo un grande respiro, assaporò il vento che le sfiorava il viso.
Era fresco, leggero, delicato…come una carezza.
Decisa a scacciare quella strana paura che sentiva nascere infondo al suo cuore, riprese a camminare tirando un calcio ad un piccolo sassolino innocente.
Solo in quel momento, come una bolla di sapone scoppiata da una minima pressione, guardando la sua ombra proiettata sull’asfalto della strada, realizzò che si era fatto buio.
E a Bonnie non piaceva il buio. Soprattutto quando si trovava da sola. Soprattutto quando si trovava in un parco dove la sola a camminare per quei viali era lei.
“Come ci sono finita qui?”
Il panico incominciò ad impadronirsi di Bonnie e guardandosi in giro, il suo stato emotivo non ne giovò per nulla. Intorno a sé vedeva solo alberi e panchine illuminate dalla luce fioca di alcuni lampioni, in lontananza il rumore dell’acqua che scorreva incessante da una fontana. Un battito d’ali improvviso, proveniente alle sue spalle la fece trasalire portandola a voltarsi di scatto nella direzione di quel suono. Guardandosi intorno cercava di trovare qualche punto a lei familiare, ma Bonnie aveva la sensazione di non averci mai messo piede in quei lunghi viali che, unendosi ad altri, li si poteva facilmente confondere con quelli di un labirinto.
Con sguardo distante e spaventato, esaminava gli alberi dall’aspetto cupo e tetro, come se da un momento all’altro uno di loro avesse potuto allungare uno dei suoi rami robusti e stringere il suo esile corpo fino a ridurlo in un mucchietto d’ossa. Al solo pensiero rabbrividì.
“Cosa credi che da dietro un albero possa sbucare un mostro e farti buh?La verità è che sei solo una fifona.”
Ma qualcosa dentro di lei era consapevole che il mostro non si sarebbe solo accontentato di farle buh.
Bonnie accelerò il passo sperando che quella consapevolezza si dissolvesse nell’esatto modo in cui era comparsa. Prese una strada illuminata da lampioni a intervalli regolari che svanivano dietro ad una curva.
Spinta dalla speranza che se avesse chiamato qualcuno sarebbe uscita da quel posto, prese il cellulare e digitò il numero di Meredith. Emise il suono di due squilli e la chiamata terminò. Guardando il display del telefonino, a malincuore Bonnie apprese che la batteria era scarica.
“Fantastico. Sembra quasi che sia diventata la protagonista di qualche storia in stile horror.”
Alla piccola Bonnie non rimase altra scelta che continuare a camminare.
“Almeno non morirò assiderata.”
Ogni minuto che si sovrapponeva ad un altro il respiro di Bonnie accelerava. Sembrava che quel luogo fosse sempre lo stesso, come un vero labirinto.
Più il tempo passava più pensava che non sarebbe mai uscita da quel posto.  
Il vento incominciò a muovere le fronde degli alberi in un modo che a Bonnie sembrò irreale, riusciva ad ascoltare il suo lamento tra i rami degli alberi, poteva sentire la sua presenza sul suo volto, poteva vedere le foglie posate sul terreno, sollevate e sospinte in aria.
Una folata di vento gelido la fece rabbrividire. Se prima nell’amara consolazione che non fosse morta assiderata trovava un po' di conforto, adesso le sembrava di vedere in prima pagina il titolo in grassetto sul giornale locale: “ TROVATA RAGAZZA NEL PARCO. MORTA NELLA NOTTE PER ASSIDERAMENTO”, oppure “RAGAZZA ADOLESCENTE TROVATA MORTA NEL PARCO. VITTIMA DEL FREDDO.”
Stringendosi ancor di più nel suo giubbotto adesso come non mai avrebbe bevuto volentieri una tazza di cioccolata fumante avvolta in una coperta davanti alla TV. Le sembrò bastare formulare questo pensiero per riscaldarla un po’, ma quella piccola illusione svanì nell'esatto momento che sentì un sussurro all’orecchio sinistro chiamarla per nome.
Presa dal panico Bonnie si voltò.
Non vide altro che la strada poco illuminata appena percorsa e alcune foglie secche attraversarla. Tremava. Non sapeva se era dovuto al freddo o a quella strana voce.
Il cuore le batteva ad una velocità tale che stentava quasi a credere che il cuore umano potesse battere così forte.
"È solo la tua immaginazione. È solo la tua immaginazione. È solo la tua immaginazione."
Proprio in quel momento una leggera pressione sui riccioli color rosso fragola, come se qualcuno stesse giocando con una ciocca dei suoi capelli, le fece raggelare il sangue nelle vene.
Bonnie si voltò e anche questa volta non vide altro che il viale del parco con gli alberi e le panchine ad entrambi i lati della strada. Sapeva di non averlo immaginato. Qualcuno o qualcosa le aveva sussurrato delle parole, anche se incomprensibili, all’orecchio e le aveva sfiorato i capelli. Un pensiero razionale comparse nella sua mente facendole notare che quelle stesse parole udite, ma non comprese, non erano in inglese bensì in qualche altra lingua. Ancora più inquietante era che nessun essere umano poteva dissolversi in pochi secondi. Nessun essere umano poteva avvicinarsi ad un altro senza emettere alcun rumore. Bonnie non sapeva se era meglio mettersi ad urlare o incominciare a correre, mentre la paura a piccole dosi si stava impossessando di lei senza alcuno scrupolo.
Intorno a lei regnava il silenzio più totale. Rimase sorpresa notando che il vento, che poco fa le stava facendo battere i denti, era cessato. Le fronde, ormai quasi spoglie delle loro foglie, erano immobili.
Non c'era il benché minimo rumore, ma bastò un solo istante per rompere quella quiete. Un battito di ali e il suono di un ramo spezzato attirò la sua attenzione, rivolgendola verso gli alberi. Da dietro una panchina, tra due grossi tronchi, le sembrò di vedere qualcuno, mentre intorno a lei piombò il silenzio di poco prima.
Trattenne a forza un urlo e  senza pensare alle conseguenze, incominciò a correre inoltrandosi tra gli alberi. Bonnie poteva sentire il terreno bagnato e scivoloso sotto i suoi piedi, possibile causa di una buona percentuale di caduta.
In quel momento desiderava solo che questo fosse solo un brutto sogno così da svegliarsi e sapere di trovarsi al caldo, ma soprattutto al sicuro nella sua stanza.
Le lacrime trattenute prima, adesso scorrevano sul suo volto, che al contatto con le sue labbra secche erano salate.
Non sapeva da quanti minuti o secondi stesse correndo, ma aveva l’impressione che nessuno la inseguisse.
Senza smettere di correre, si voltò e nell’esatto momento in cui lo fece inciampò in un ramo.
Bonnie fece in tempo ad attutire la caduta con entrambe le mani ed esattamente come un bicchiere che cadendo si frantuma in mille pezzi, sentì un dolore acuto al polso sinistro.
Il polso le doleva, ma Bonnie riuscì a mettersi seduta. Asciugandosi le lacrime, apprese che il polso non lo riusciva a muovere, ma solo quando guardò il palmo della mano notò un taglio dove scorreva del liquido rosso.
“Sangue.”
Guardandosi intorno disorientata, vide con sua grande gioia che dinnanzi a lei, a qualche centinai di metri, c'era l'uscita di quel maledetto posto.
Con un sorriso e qualche piccolo sforzo riuscì a rialzarsi e a rimettere piedi su un terreno più stabile e sicuro. Il taglio sporco di terra le incominciava a bruciare e non accennava di voler smettere di sanguinare. Alzando lo sguardo in cerca di una fontanella, notò solo in quel momento che era circondata dalla nebbia più fitta. A Bonnie sembrò di sprofondare sottoterra.
Non riusciva più a vedere gli alberi che tanto l’avevano terrorizzata e che adesso quasi le mancavano. Non riusciva più a vedere i viali e le panchine del parco, illuminate dai lampioni ad intervalli regolari. Solo nebbia, ma soprattutto Bonnie non riusciva a vedere i cancelli del parco. Quei due cancelli che la separavano dal mondo reale, che la dividevano da casa sua.
A quest'ora di solito era attaccata alla cornetta del telefono, supplicando Meredith di aiutarla a risolvere i tanti odiati compiti di matematica per il giorno seguente. In quel momento sentiva, necessitava, della presenza dell'amica. Del suo carattere forte e deciso. Meredith era così. Non si faceva intimidire da nessuno, né da un insegnante né da una persona adulta. Molte volte aveva desiderato avere il suo coraggio, ma adesso che poteva dimostrare a sé stessa che anche lei possedeva anche solo una piccolissima parte del coraggio della migliore amica, Bonnie non riusciva a formulare nessun piano. Era come pietrificata. Immobile con gli occhi spalancati. Sembrava quasi che ciò che i suoi occhi coglievano, fosse in realtà un riflesso della mente malata di un serial killer.
Le lacrime ricominciarono ad irrigare il volto della ragazza.
Avanti Bonnie, i cancelli sono proprio davanti a te, basta solo camminare e sarai fuori da questo posto.
Chiudendo gli occhi alle lacrime e facendo un respiro profondo, fece un passo avanti. Tutto questo le sembrava così lontano dalla realtà in cui viveva. Tutto ciò che la circondava, tutto ciò che le era successo in quel momento era così irreale e se lo avesse raccontato a qualcuno con ogni probabilità, l'avrebbe presa per una ragazza con una fervida fantasia o peggio ancora, per una pazza scappa da chissà quale manicomio. Ma come poteva raccontare a qualcuno cosa le era successo, se neanche lei sapeva esattamente cosa le stava accadendo e come c'era finita in quel parco? Bonnie si chiese nuovamente se stesse sognando e gli elementi per definirlo tale c'erano tutti: non sapeva come era finita in un parco a lei sconosciuto, aveva la certezza di essere inseguita da qualcuno che aveva la capacità di dissolversi in poco tempo e non lasciar traccia della sua presenza e adesso stava camminando a tentoni tra la nebbia piombata all'improvviso. Tutto questo le sembrava un incubo, ma il dolore che sentiva provenirle dal polso...quello era reale.
Bonnie non sapeva con esattezza quanti passi avesse fatto, era stanca tutto in lei le faceva male. Una forza paragonabile a una folata di vento la fece voltare.
Un'altra.
Un'altra.
Alla quarta cadde per terra stremata e disorientata.
< < Basta. > >
Bonnie riuscì a dire quest'unica parola in un unico sussurro più simile a una preghiera che ad un ordine.
Come per esaudire quella piccola richiesta, una figura scura davanti a lei emerse dalla foschia. Più si avvicinava più prendeva forma. Solo quando fu abbastanza vicina, Bonnie riuscì a distinguere un uomo vestito completamente di nero.
Avrebbe tanto voluto mettere qualche metro di distanza tra lei e quella figura, ma non riuscì a rialzarsi. Era troppo stanca. Era troppo terrorizzata. E quello sguardo...era come se le ordinasse di non alzarsi o di non provare anche solo a scappare. I battiti del cuore scandivano la paura che in Bonnie si faceva sempre più grande nel vedere quell'uomo avvicinarsi.
“Se prima non sei morta assiderata, come minimo adesso ti prenderà un infarto.” 








L'angolo di Lilydh

Se siete riuscite ad arrivate a leggere fino all'ultimo punto di questa mia prima FanFiction, vi faccio un grandissimo applauso.
Prima di passare a parlarvi di questa mia...ehm...storia (scempio), vorrei ringraziare le ragazze che mia hanno spinto a condividerla con voi.
In primis Claudia, colei che ha avuto il privilegio ( se come no) di leggere per prima qualcosa di mio.
Alice, anche se parteggia per la coppia Damon/Elena ha letto questa storia.
Giulia, che mi ha dato una mano a capirci qualcosa su come si pubblichi una storia e a lei il commento finale che mi ha convinto a postare.
Fino a qui vorrei sottolineare che le ragazzuole sono tutte fan delena.
Infine vorrei ringraziare due fan Donnie per avermi dato la loro opinione e che quindi mi hanno davvero spinta a pubblicare.
Ora....passiamo a noi.
Dovrei per caso commentare quelle ammassi di frasi la sopra?
Vediamo....posso dire che questa storia avrà quattro parti e che è stata scritta mooolto tempo fa e fino ad adesso è stata chiusa nei meandri del mio computer.
Naturalmente i protagonisti sono Damon e Bonnie, coppia da me prediletta nei libri "Il Diario del Vampiro".
Ammetto che sarò un pò cattivella con Bonnie nelle prossime tre parti, ma il coraggio e la tenacia che dimostrerà sarà totalmente (o quasi) ripagata.

Adesso non vi resta che immaginare chi sia spuntato di fronte a Bonnie e....recensire.

Un saluto,
Lilydh

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Capitolo 2
*** II Parte ***


II Parte


Se prima non sei morta assiderata, come minimo adesso ti prenderà un infarto.
Bonnie chiuse gli occhi sperando che riaprendoli quella strana e alquanto inquietante figura svanisse. Riaprendoli la sola differenza che notò, era che l’uomo vestito di nero si era avvicinato di qualche centimetro. Anche se era poca la distanza percorsa dalla figura, per Bonnie equivalevano a metri.
Per un attimo distolse il suo sguardo da quello dell'uomo e spinta, forse dal suo istinto di sopravvivenza, si alzò con cautela e con massima lentezza fece un passo indietro misurando i suoi movimenti.
Senza staccare gli occhi dall’uomo, fece un altro passo in dietro.
La nebbia si stava diradando e Bonnie, sotto la luce della luna, riusciva a vedere meglio chi aveva davanti a sé.
L’uomo indossava dei jeans scuri con sopra un giacca nera. Le spalle larghe gli conferivano un’aria massiccia e pericolosa. I suoi lineamenti erano delicati. Era inquietante, ma allo stesso tempo non si potevano staccare gli occhi da quell'immagine.
Bonnie arretrò di un altro passo. Notò che nel volto di quella figura si era dipinto un sorriso.
Era un sorriso compiaciuto, soddisfatto, crudele.
<< Avrei scommesso che non saresti durata massimo cinque minuti senza urlare o svenire.  >>
In qualche modo sapeva che chi aveva davanti non era umano, almeno non più.
<< Tentativo alquanto inutile piccola, ma lo apprezzo comunque >> , disse l’uomo divertito, quando Bonnie fece un altro piccolo passo indietro.
Arrivò all'improvviso quella consapevolezza che fino a quel momento aveva cercato di allontanare dalla sua mente.
In quella stessa notte sarebbe morta. Non per il freddo e neanche perché le era sconosciuta la strada per tornare a casa, ma perché l'uomo, quell'uomo che assomigliava ad un angelo della morte, l'avrebbe uccisa.
Bonnie abbassò lo sguardo e ripensò a tutte le persone che facevano parte della sua vita e che non avrebbe più rivisto. I suoi genitori, sua sorella Mary e i suoi amici. La parte sciocca di Bonnie si chiese, come avrebbero reagito tutte le persone a lei care alla notizia che fosse morta e se qualcosa nella vita di ciascuno di loro sarebbe cambiata. Quando alzò lo sguardo per vedere dove fosse il suo aguzzino, trasalì. L'uomo era a pochi centimetri da lei.
Il sorriso che aveva dipinto sul volto si allargò, quando fu attratto da qualcos'altro. Con delicatezza l'uomo sollevò il braccio sinistro di Bonnie e fece scivolare lentamente la sua mano sul polso della ragazza. Lo sguardo dell'uomo era totalmente concentrato sul taglio del palmo della mano che Bonnie si era fatta cadendo poco prima. La ferita, che aveva smesso di sanguinare, era ancora intrisa di terra e le dita erano sporche del sangue ormai secco.
<< Mi dispiace che ti sia fatta male, non era nelle mie intenzioni. >>
<< N-nelle tue intenzioni? >> , riuscì a dire Bonnie in un filo di voce tremante.
<< Cominciavo a pensare con non sapessi parlare >> , disse l’uomo, senza distogliere gli occhi da Bonnie sorridendole. << Sono sorpreso, dico sul serio, credevo che saresti durata non più di dieci minuti, invece...>>
In quella voce colse un filo di impazienza, Bonnie si domandò per cosa.
<< Ho un tantino esagerato, lo ammetto >> , continuò l'uomo squadrando Bonnie.
Vedendo le sue labbra che si muovevano, ma non udendo le sue parole, Bonnie si ritrovò in uno stato di semicoscienza. Il mondo intorno a se, ma soprattutto l'uomo davanti a lei, le apparivano sfocati. Un'immagine le balenò davanti e delle strane sensazione la pervasero: un bagno, un ragazzo dagli occhi neri sorrideva ad una ragazza, quello stesso ragazzo all'improvviso l'attirò a se e l'abbracciò stringendola come se avesse paura di perderla*...come risucchiata in un vortice tornò alla realtà. Quella strana esperienza era durata solo qualche secondo, ma le sensazioni che aveva provato...era come se fosse stata lei quella ragazza. Quel calore che aveva avvertito osservando quella scena, il senso di protezione mai provato prima. Ormai sapeva che in quella notte sarebbe morta eppure...eppure quella strana immagine era simile ad un ricordo.
Non un ricordo...una visione.
Una vocina che echeggiava nell’animo di Bonnie, le urlava di fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Lottando nel freddo di quella notte di metà ottobre, in quello scenario così irreale, quella stessa vocina le ricordò del cancello che aveva visto poco prima che scendesse la nebbia, ormai del tutto diradata. Con ogni probabilità quei cancelli erano l'uscita di quel parco, oltre che l’unica via di fuga da quell'incubo.
Bonnie davanti a se aveva quell'uomo, che ormai sapeva essere l'ultimo volto che avrebbe visto in quella vita, dove dietro di lui si estendeva a perdita d'occhio un viale, uno dei tanti di quel luogo. Altrettanto alla sua destra. Alla sua sinistra vi era un prato dove al centro si arrivava, per via di piccole e strette stradine, ad una fontana silenziosa.
Il cancello, per esclusione, doveva trovarsi alle sue spalle.
<<  ...ca >> , concluse l'uomo.
Bonnie, che non aveva sentito una parola di ciò che aveva detto, prese la sua decisione. Se proprio doveva morire, ne era sicura, lo voleva fare lottando. Guardando dritta negli occhi quell'uomo contò fino a tre.
Uno..Due...Tre...
E fu in quel momento che la piccola e dolce Bonnie McCullough fece la cosa più stupida, ma anche la più coraggiosa, che avesse mai pensato e fatto nei suoi diciassette anni di vita.
Si voltò e chiudendo gli occhi incominciò a correre.
Bonnie aveva ancora gli occhi saldamente chiusi, quando sentì una presa d'acciaio stringerle la gola. Non fece in tempo ad aprire gli occhi che una botta alla schiena e alla testa arrivò all'improvviso, facendole spalancare gli occhi. La prima cosa che notò di quel volto erano due occhi scuri.
<< Cosa vuoi da me? >> , domandò Bonnie non troppo sicura di voler ricevere una risposta.
Le sembrò di cogliere negli occhi dell’uomo una strana e improvvisa luce. Lasciò la presa sul suo collo, ma senza allontanarsi la continuò a fissare.
Bonnie intimorita, abbassò lo sguardo. Voleva urlare, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Voleva scappare, ma sapeva che sarebbe stato altrettanto inutile. Stava fissando il terreno, quando nel suo campo visivo entrò una mano che la costrinse a sollevare il viso. Cosparsa da brividi, poteva sentire il tocco freddo della mano percorrerle la guancia, il collo fino a scostarle i capelli.
<< Il tuo sangue >> , disse sussurrandole tranquillamente all’orecchio come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Quelle uniche tre parole, concentrate in quell'unica frase, potevano avere un unico significato: morte.
A Bonnie le sembrò di sentire una mano gelida afferrare il suo cuore e in quella stessa morsa sentire il suo battito cessare. Probabilmente, se non ci fosse stato l’albero a sorreggerla, sarebbe caduta priva di sensi. Calde lacrime incominciarono a scaldarle il viso.
<< No, non devi piangere >> , disse l’uomo asciugandole una lacrima con un dito. << Forse ti avrei dovuta lasciare per ultima >> , disse rimproverandosi. << Tuttavia non posso rischiare che qualche altro vampiro metta gli occhi su di te, altrimenti mi priverei solo del tuo dolcissimo sangue. >>
Tra tutte quelle parole una la colpì: vampiro.
L’uomo con un tocco sfiorò il palmo sinistro di Bonnie, che ebbe l’irrefrenabile impulso di ritrarla, ma quello che si presentò come il suo omicida glielo impedì stringendo leggermente il polso.
<< Sei pallida piccola >> , le fece notare l’uomo. << Ma forse so perché. >>
Bonnie continuò a fissare quell'uomo che sembrava essere il fratello gemello dell'uomo nero.
Rivolgendo lo sguardo al cielo, l’uomo incominciò a parlare: << Dovresti sapere della nostra esistenza, dopotutto sei una strega, ma forse ti rifiuti di credere a queste cose perché hai paura >>, concluse il vampiro lanciandole un'occhiata.
Bonnie sentiva nascere dentro di lei una strana consapevolezza.
Lo hai sempre saputo.
Perfino pochi minuti prima aveva avuto la strana sensazione che quel suo tentativo di fuga non sarebbe servito a niente. Sapeva che l'uomo non era umano perché era un...era un vampiro.
Era tutto vero. Tutto quello che le aveva raccontato sua nonna era la pura verità. Vampiri, streghe, licantropi e forse anche fantasmi, esistevano e lei poteva sentirlo. Bonnie aveva letto e visto film a sufficienza per sapere quale triste destino le spettava.
Quell'immagine che aveva visto nello stato di semicoscienza, quella che credeva una visione non era altro che uno stupido sogno. Guardò l’uomo e si sentì sprofondare. Ormai era consapevole. Sapeva che in quella notte fredda sarebbe morta.
Le gambe le cedettero e si accasciò a terra tremante.
<< Quando diventate consapevoli del reale pericolo che rappresento e del crudele fato a cui siete venute incontro, è decisivamente la parte che preferisco. >>
Una risata di pura crudeltà risuonò nell’oscurità.
<< Tengo d’occhio te e le tue amiche da un po’ e sapevo che una alla volta sareste state mie >>, confessò il vampiro. << E questa sera inizierò da te, Bonnie. >>
Il vampiro si scagliò sulla ragazza e la costrinse ad alzarsi con la forza. Sentì stringersi le braccia nella sua morsa, la schiena contro il tronco dell’albero. Il vampiro prese il polso di Bonnie e senza la minima esitazione, leccandosi i denti con la lingua, piantò le sue unghie nella ferita della strega. Bonnie non riuscì a trattenere un urlo di dolore. In contrasto a quell'urlo disperato c'era una risata assordante.
Mentre sentiva le unghie del vampiro scavare dentro la ferita, ogni rumore, ogni colore intorno a lei si dissolse e adesso erano tutti concentrati nel vampiro e nel dolore. Bonnie sapeva che ormai era solo uno stupido pupazzo e quando il vampiro si fosse stufato di giocare…
Le lacrime ormai prosciugate e la consapevolezza di ciò che stava per succedere, le facevano solo desiderare che finisse. Bonnie non riusciva a vedere altro che la morte, la sua morte, in quello sguardo omicida di quell'assassino che le stava sorridendo e che non riusciva a mascherare la sua reale impazienza. Senza alcun preavviso la vista l’abbandono, incominciò a vedere sfocato. Le parole pronunciate dal vampiro erano mutate in un eco lontano e difficile da distinguere.
Nonostante quelle strane reazioni non le importavano, voleva solo che quell’incubo finisse. Voleva solo dormire ed abbandonarsi a un sonno eterno. Ad un tratto l’oscurità le sembrò così calda e confortevole, come un abbraccio. Quella sensazione di pace che si stava diffondendo piano piano dentro di lei, aveva il potere di annullare il dolore e di spazzar via la paura. Basta solo cedere all’oscurità definitivamente e quella pace sarebbe stata completa e unica.
Chiuse gli occhi e le tenebre l’avvolsero.
Non sentiva più freddo, non sentiva più le fitte che ogni tanto avvertiva arrivare dal polso e il bruciare della ferita.
Non vedeva più quei due occhi iniettati di morte. Non vedeva più quello sguardo e quel sorriso che avevano spezzato tante vite, compresa la sua.
Non aveva più paura.
Ogni secondo che passava si sentiva sempre più sprofondare in un sonno sempre più tranquillo, dove il dolore e la paura erano assenti.
Di nuovo le balenò l'immagine di quel ragazzo insieme a quella ragazza. Questa volta erano in un giardino. Lei era sola e si guardava intorno. Un rumore e poi quel ragazzo. Nel sogno c'era anche Matt. Matt fissava con occhi furibondi il ragazzo a lei sconosciuto...
Si trovava in quello strano stato di incoscienza quando sentì un dolore, simili a fiamme del fuoco ardenti, provenire dal polso. Fu risucchiata, come se si trovasse in un turbine di fuoco e catapultata nel mondo reale.
Il dolore la riportò alla realtà. Una triste e orribile realtà.
All’improvviso riusciva a riconoscere e a distinguere ogni colore e suono.
Il vampiro le stava stringendo il polso sinistro. Per una frazione di secondo gli occhi di Bonnie incontrarono quelli del vampiro. Aveva la sensazione che da un momento all’altro le ossa della sua mano si sarebbero ridotte in tanti granelli di cenere. Sentiva come se il sangue avesse smesso di circolare nelle dita e queste avevano mutato il loro colore roseo in un bianco quasi cadaverico.
<< Quando parlo esigo essere ascoltato da voi insulsi esseri umani >> , ringhiò fuori di se il vampiro.
Con un sorriso diabolico strinse maggiormente il polso e dalla ferita fluì il liquido tanto bramato dal vampiro, mandandolo in estasi.
Bonnie in quel dolore sentì qualcosa di caldo e umido attraversarle il taglio.
<< Il sangue puro è sempre il più dolce. >>
Allora Bonnie capì: aveva assaggiato il suo sangue. Aveva leccato la ferita e adesso quel vampiro stava godendo di quel momento.
Bonnie voleva implorarlo, pregarlo di farla finita il più velocemente possibile.
Perché ci metteva tanto? Perché si divertiva ad infonderle dolore?
Ormai era solo una marionetta e solo chi la comandava decideva cosa farne.
<< Voglio solo che tu sappia che mi dispiace >>, le disse il vampiro con un filo di voce deciso a farla finita.
<< Chissà perché, credo che lo sarai ancora di più quando inizierò a prenderti a calci e finirò in modo molto, molto poetico infilandoti un paletto in mezzo al cuore spedendoti all’inferno. >>
Bonnie guardò sorpresa la trasformazione del volto che si manifestò nel vampiro.
Prima assetata di sangue e adesso tesa, gli occhi sbarrati per la sorpresa.
Il vampiro che un secondo prima era su Bonnie, adesso era davanti a lei dandole le spalle in allerta.
Bonnie, che si era accasciata a terra tremante, poteva vedere che il suo aguzzino era attento a captare ogni minimo rumore con i muscoli tesi e uno sguardo preoccupato.
<< Fatti vedere maledetto >, disse il vampiro facendo un passo vanti.
<< So che sei qui. >>
Bonnie udì una risata divertita provenire alla sua sinistra. Quando guardò in quella direzione riuscì a distinguere, appoggiato ad un albero e nascosto dalle ombre, una figura nera.
<< Damon. >>
 


 
 
L’angolo di Lilydh

Chi si aspettava che la misteriosa figura comparsa a fine primo capitolo fosse Damon, alzi la mano.
Come avete scoperto leggendo la II Parte, non si tratta del nostro affascinante vampiro, ma bensì di un altro. Un pazzo psicopatico omicida, degno concorrente di Damon. No, Damon non tratterebbe mai una ragazza così.
In questa secondo capitolo, chi ha letto i libri lo sa, ci sono due piccoli episodi che si riferiscono a due scene tra Damon e Bonnie. La streghetta li etichetta come sogni, ma sono visioni del futuro quasi imminente.  
La prima, quando Bonnie intravede un ragazzo abbracciare una ragazza e la seconda, dove nella visione compare anche Matt o Mutt (come preferite).
Avevo detto che sarei stata un po’ cattivella con Bonnie, rileggendo il capitolo forse lo sono stata un po’ troppo, ma adesso la musica cambia: è comparso Damon in carne e ossa!
Che il pazzo psicopatico omicida incominci a tremare!!!

Un grazie infinito a chi ha recensito il primo capitolo o anche solo a chi lo ha letto silenziosamente.
 
Spero di non aver deluso le vostre aspettative, Damon a parte,
Lilydh  

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Capitolo 3
*** III Parte ***


III Parte

Sotto forma di un magnifico corvo nero dal piumaggio lucente, Damon volava basso, osservando la piccola cittadina di nome Fell’s Church, cadere a poco a poco tra le braccia di Morfeo. Era giunto lì seguendo suo fratello Stefan, spinto dalla curiosità del motivo per il quale il suo fratellino si aggirasse nei confini della città già da un po’ di tempo, come uno stupido e qualunque cagnolino in calore.
I suoi occhietti catturarono una scena alquanto bizzarra: una ragazza correva, come se alle calcagna avesse un terribile predatore, tra gli alberi del parco deserto che lui stesso stava sorvolando.
Quando percepì un’aurea di Potere capì che quella ragazza era in pericolo. Quella ragazzina così spaventata aveva si, un predatore che la inseguiva, ma non un predatore qualunque. Nascosto tra le tenebre e spostandosi a grande velocità, Damon percepì la presenza di un suo simile, di un vampiro.
Sarebbe passato oltre, se all’improvviso intorno alla ragazza piombò la nebbia più fitta.
Quello era uno dei suoi giochetti preferiti e per manipolare e piegare i fenomeni atmosferici occorreva possedere un discreto Potere.
Qualcosa, ironicamente, gli suggerì che non si tratta del suo fratellino.
“Come se Stefan fosse solo lontanamente in grado di mettere in piedi uno scenario degno di un film dell’enigmista.”
Spinto dalla curiosità, scese e si appollaio su un ramo.
Rischiò quasi di cadere a terra come una mela troppo matura, per la sorpresa quando riconobbe quell’uomo, collegando quel volto da ebete ad un vampiro di vecchia conoscenza.
Era rimasto inerme quel tempo necessario per farli capire che era cambiato dalla prima e ultima volta che lo aveva visto.
Stranamente si pentì di non averlo fatto fuori quella notte a Firenze nel 1864.

***

A quel tempo quel vampiro era un novellino e aveva sentito parlare di lui, Damon Salvatore, da altri vampiri che si aggiravano per il capoluogo toscano e nelle città vicine.
Damon si trovava in compagnia di una graziosa fanciulla, che stava cercando di dimenticare il suo ormai ex fidanzato, soffocando il suo dolore nel peccato e nella lussuria in una strada priva di testimoni, eccetto uno. Le labbra della giovane stavano per sfiorare quelle di Damon, quando questo voltò lo sguardo improvvisamente.
<< C'è qualcosa che non va? >>, chiese in un sussurro la ragazza. Damon in risposta le fece segno di tacere e si allontanò.
Un'ombra nera gli passò accanto superandolo. Nel momento che si girò la ragazza non c'era più.
<< Credo che stasera qualcuno ha intenzione di finire all'altro mondo >>, disse Damon rivolto all'oscurità.
<< Si e non sarò di certo io >>, disse in tono minaccioso un ragazzo emergendo dall'ombra.
Per un braccio teneva saldamente ferma la ragazza che cercava inutilmente di divincolarsi.
<< Certo che non posso lasciarti un'ora da solo che subito ti cacci nei guai. Incomincio a pensare che tu abbia un sesto senso per questo, mon ami. >>
<< Io, invece, ti avevo lasciato non con una, ma con due ragazze. Dove sono Sage? >>, chiese Damon al vampiro che con un sorriso che la diceva fin troppo lunga lo raggiunse.
<< Eravamo proprio sul più bello, quando quelle due smorfiose si sono addormentate, credo non reggessero troppo l'alcool >>, rispose Sage .<< Togliti quel tuo sorrisino mon petit tyran perché a te, da quel che vedo, non è andata meglio. >>
<< È una cosa che riguarda me e lui >>, intervenne il vampiro indicando Damon con un cenno del capo.
<< Dove le hai lasciate? >>, chiese Damon a Sage, ignorando il vampiro.
Sage corrugò la fronte e dopo averci pensato su rispose con un semplice: << Je ne sais pas.>>
<< Come non lo sai! >>
Sage alzò le spalle e gli sorrise.
<< William lasciami mi fai male >>, disse la ragazza, che attirò nuovamente l'attenzione di Damon e quella di Sage.
Il vampiro, che doveva chiamarsi William, strinse la presa sul braccio della ragazza, nel suo sguardo vi era un'aria di sfida che non accennava a distogliere da Damon.
<< A quanto pare stasera hai fatto incazzare qualcuno >>, disse Sage rivolgendosi a Damon.
<< Sai che grossa novità >>, rispose il vampiro non curante.
<< Tu sei Damon Salvatore, dico bene? >>
<< Conosci quel damerino, mon chéri? >>, domandò Sage.
<< No, ma a quanto pare lui conosce me. >>
<< Ho sentito parlare di te...>>, incominciò con voce possente e minacciosa William.
<< Se hai sentito parlare di me, saprai anche che non devi farmi arrabbiare e ti avverto, sei sulla buona strada per finire nei guai >>, tagliò corto Damon. << Avanti cosa vuoi? >>
<< Ti consiglio di alzare i tacchi e andartene ragazzo, oggi è stata una brutta giornata e non rispondiamo completamente delle nostre azioni >>, aggiunse Sage.
Il vampiro di nome William, incerto sul da farsi, mostrò i lunghi canini, sorrise e senza esitazione li affondò nel collo della ragazza.
<< Stupides >>, commentò Sage scuotendo la testa.
<< Detesto i vampiri novelli, soprattutto se sono sbruffoni >>, controbatté Damon che si scagliò sul giovane vampiro.
Ci volle un solo secondo e William si ritrovò con la parte del volto sinistro immobilizzato su una parete fredda di mattoni rossi, le braccia dietro la schiena.
<< Se hai ancora dei dubbi, sappi che sei ufficialmente nei guai >>, incominciò Damon, prendendo per i capelli William, costringendolo a rivolgere il suo sguardo alla ragazza. << Quella era la mia cena, ma non ti ucciderò solo per questo>>, disse Damon ormai furibondo. << Mi hai fatto arrabbiare e mi hai sfidato. Di solito chi lo fa, fa una brutta fine >>, dicendo questo Damon lo scaraventò a terra.
<< Allora prima che ti regali un biglietto di sola andata per uno dei posti più caldi che uomo conosca, perché mi sei venuto a cercare? >>
Prima che William ebbe il tempo di rispondere alla domanda, Sage scoppiò in una fragorosa risata.
<< Hai messo piedi in acque troppo pericolose per te, garçon. Se cerchi un po' di rispetto o fama, chiamala come preferisci, vai a cercarla da qualche altra parte anche se credo non vedrai l'alba di domani. >>
William cercò di alzarsi, ma Damon gli risparmiò questa fatica.
<< Vediamo se ho capito bene. Tu mi avresti rovinato questa serata, serata che volevo passare tranquillo con nessuno da prendere a pugni, solo perché tu cerchi un po' di dignità tra i vampiri? >>, domandò Damon trattenendo un ringhio, tenendo William per i lembi della giacca ormai fuori controllo. << E come avresti intenzione di fare? Illuminami. >>
<< Uccidendoti. >>
<< Condoglianze ami >>, disse Sage con un mezzo sorriso.
<< Hai un ultimo desiderio prima che ti spedisca all'inferno? >>, domandò Damon.
In quel momento, proprio quando sentiva la morte vicina, qualcosa scattò in William che divincolandosi e tirando pugni all'aria riuscì a liberarsi. incominciando così a correre.
<< Vai da qualche parte? >>, domandò Damon comparendoli davanti, mentre si rigirava tra le mani un paletto di legno. Non aspettò neanche la risposta che assestò un gancio destro sotto il mento di William che questo volò all'indietro.
<< E pensare che volevo concederti una morte veloce e indolore, ma indovina? Ho cambiato idea. >>
Damon prese per i capelli William e gli piantò il paletto in mezzo allo stomaco. Il giovane cadde sulle ginocchia. << Ti lascerò andare >>, disse Damon sotto lo sguardo meravigliato di Sage e quello incredulo di William.
<< Ti lascerò andare non per pietà, ma per farti ricordare questa sera per l'eternità dove, invece di guadagnarti il rispetto di altri, ti sei fatto un nuovo nemico. >>
Dicendo così Damon piantò alla base del collo di William il paletto di legno che prima aveva estratto dal suo stomaco. William urlò e si accasciò di lato sulla strada.
<< Prega di non trovarti sulla mia strada in futuro o di farmi arrabbiare >, disse Damon. << Altrimenti non esiterò ad ucciderti e sarà una morte lenta e dolorosa. Questa è una promessa. >>
Dandoli un calcio in pieno ventre, come per suggellare quella promessa, Damon lo lasciò agonizzante in mezzo alla strada.

***


All'improvviso un urlo agghiacciante riportò Damon alla realtà.
Ci vollero tutti i suoi cinquecento anni per non intervenire e mantenere quella promessa fatta decenni prima a quel vampiro. Questa volta lo avrebbe ucciso e non avrebbe esitato. Una morte lenta e dolorosa. Damon non chiedeva di meglio per quell'idiota. Il vampiro assaggiò il sangue della ragazza e a quella vista la rabbia che aveva sentito nascere poco a poco esplose tutta in una volta. Serrando i pugni e riducendo un sassolino in polvere si impose di calmarsi. In una parte della sua mente c'era uno strano pensiero, quello stesso pensiero che cercava in tutti i modi di venire fuori, a cui Damon non voleva dare conto.
Dentro di se sentiva ribollire la rabbia accumulata in quell'ultima ora. Non aspettava altro che farla esplodere e questa non chiedeva altro di liberarla e farla scatenare.
<< Il sangue puro è sempre il più dolce >>, disse il vampiro, godendo del sapore del sangue appena assaggiato.
“Quel verme schifoso ha i minuti contati.”
Ormai Damon era fuori di se attento, però, a mantenere l'aurea bassa.
Anche se non sapeva il perché, non voleva che quella ragazza morisse. Di nuovo quel pensiero si intensificò, ma cercò di concentrarsi sul vampiro ignorandolo per l'ennesima volta in una sera. Si convinse che non voleva che quella ragazza morisse per mano di quell’idiota.
<< Voglio solo che tu sappia che mi dispiace >>, disse con un filo di voce il vampiro, pronto ad affondare i denti nel collo dell’umana.
<< Chissà perché credo che lo sarai ancora di più quando inizierò a prenderti a calci e finirò infilandoti un paletto in mezzo al cuore >>, sbottò Damon, dando voce ai suoi pensieri.
Era da un po’ che non prendeva a pugni qualcuno. Non si ricordava l’ultima volta che aveva impalato un vampiro. Quell'occasione era troppo ghiotta specialmente se a beccarsi un paletto nel cuore era quel vampiro.
<< Fatti vedere maledetto >>, disse il vampiro cercando di individuare dove si trovasse Damon.
Se all’inizio era stato attento a mantenere la sua aura il più bassa possibile, adesso non se ne curava più. Adesso poteva sentire l’aura di quel vampiro.
“Quasi speravo che fossi più forte…”
Un sorriso si dipinse sul volto di Damon osservando attentamente il vampiro.
<< So che sei qui >>, urlò il vampiro.
“…E più intelligente”
Il sorriso di Damon si allargò.
Si appoggiò con la schiena ad un albero e attese che il vampiro si accorgesse della sua presenza, come dal loro primo incontro.
Sapeva che era un novellino a confronto con i suoi anni. Sapeva che quel verme era visibilmente sconvolto per il suo Potere. Presto ci sarebbe stato un vampiro in meno che cammina sulla faccia della Terra.
Tutto questo fece ridere Damon.
Il vampiro si girò nella sua direzione.
<< Damon >>, disse, nascondendo il nervosismo nella sua voce che non sfuggì a Damon.
“Ci sarà da divertirsi”
<< Oserei quasi dire, chi non muore si rivede >>, disse Damon.
William non osava staccare gli occhi da quelli di Damon pronto ad anticipare ogni sua mossa.
<< Noto con piacere che non ti sei dimenticato di me. >>
<< È difficile dimenticarsi di uno come te, Damon. >>
<< Non potrei essere più d'accordo >>, disse Damon sorridendo.
Gli occhi di William corsero velocemente alla ragazza poi ritornarono su Damon.
<< Quindi, se ti ricordi di me, devo dare per scontato che ti ricorderai anche della promessa che ti feci più di un secolo fa o per caso devo rinfrescarti la memoria? >>, aggiunse Damon con tono serio.
Si staccò dall'albero e uscì sotto la luce della luna.
<< Avrei dato per certo che dopo il nostro incontro non saresti durato così tanto, che qualcun altro mi avesse tolto il privilegio di impalarti, invece...>>
<< Quindi sei sorpreso di vedermi. >>
<< Al dire il vero, si >>, ammise Damon. << All'inizio non ti avevo riconosciuto, non ti avevo collegato all'idiota che andava in giro alla ricerca di vampiri ben più forti di lui. Vedo che hai perso quel tuo vizio altrimenti non saresti ancora vivo, per quanto un morto vivente possa esserlo è ovvio. >>
I due vampiri si osservavano. Damon con il suo solito sorrisino strafottente, William che a stento controllava la sua rabbia e la sua tensione.
<< Da quanto mi stai spiando? >>,domandò serio.
<< Abbastanza>>, rispose Damon semplicemente.
Damon accorciò la distanza che lo divideva da William che si irrigidì.
<< Abbastanza per usufruire di quel biglietto di sola andata per quel posto caldo dove c'è tanto fuoco e disperazione. Hai presente? >>
Non aspettò una vaga o seria risposta, che in mezzo secondo raggiunse William. Questo si vide sferrare un pugno sulla mascella destra cadendo sul terreno freddo. Sul volto si era disegnata una maschera di incredulità.
<< A…>>, incominciò William, ma non fece in tempo a continuare la frase che un pugno sotto il mento lo fece volare per terra.
Damon lo prese dal giubbotto e facendolo alzare, lo sbatté contro un tronco di un albero. Alcune foglie secche caddero sul tappeto  soffice di foglie rosse e marroni.
<< Andiamo Damon, dopotutto noi siamo uguali >>, disse William che si provò a liberare.
Damon tenendolo dal giubbotto lo sbatté ancora più forte sul troncò dell’albero che vibrò.
<< Non osare neanche a credere per un solo secondo di essere uguale o alla pari con me, ragazzino >>, gli ringhiò Damon.
Negli occhi di William, Damon, vi lesse semplicemente pura e sorpresa.
<< E per quella ragazza? Se sapevo che era tua non mi sarei nutrito di lei. Se lo sapevo…>>
<< Certo. Non l’avresti condotta qui, non l’avresti spaventata a morte, non l’avresti quasi uccisa e soprattutto non avresti mai osato assaggiare il suo sangue >>, disse Damon ormai fuori di se.
<< Sc…>>, provò a dire William, ma Damon lo afferrò per i capelli e indirizzò il suo sguardo verso la ragazza.
<< Quella ragazza non la conosco >>, gli confessò Damon a William. <>
Probabilmente fu questa frase a far scattare William che con un calcio allontanò Damon.
<< Tu non conosci questa ragazza?>, urlò William indicando l’umana che si ritrasse. << Questo non dovevi farlo Damon.>>
Dicendo così William si scagliò contro di lui intanto che la sua aurea aumentò vertiginosamente così da stupire Damon.
“La cosa incomincia a farsi interessante”
Damon riuscì ad evitare un pugno sferratoli da William. I due vampiri continuarono a sferrare fendenti che riuscivano entrambi a schivare, fino a quando William sparì dalla vista di Damon.
<< Nasconderti non ti servirà a niente, dovresti saperlo >>, disse Damon cercandolo con lo sguardo e sondando l’area con il Potere.
Sul volto di Damon si dipinse un sorriso. Sentì il sordo rumore provocato dal pezzo di legno lanciato da William alle sue spalle. Quando fu abbastanza vicino, a velocità sovrumana, si voltò e prendendo il paletto lo ritirò con maggior forza al suo emissario.
Il bastone finì incastrato in un tronco di un albero.
Damon non fece in tempo a schivare il pugno di William che lo colpì in piena pancia.
Sentì un dolore dietro alla testa che lo fece accasciare a terra.
<< Non dovevi intrometterti, questo ti costerà caro >>, disse sprezzante William. << Ora farò ciò che non ho fatto nel 1864 e mi vanterò che io, William, ho messo fine alla vita di Damon Salvatore. >>
Un odore che non piacque per niente colpì Damon, che riuscì a sollevare la testa. Vide William intaccare il pezzo di legno con una boccetta contenente della verbena. Si diresse verso Damon con il paletto in mano.
<< Sai Damon, detto sinceramente, mi aspettavo di più >>, disse William avvicinandosi sempre più a Damon.
<< Non temere piccola appena ho finito con lui sarò da te. >>
Quella frase riferita a quella ragazza provocò in Damon un scarica di energia in tutto il corpo. La stessa che aveva sentito per tutta la sera. Damon non voleva pensare al perché, voleva solo far fuori quel inutile vampiro.
Si alzò senza troppa fatica e guardò William negli occhi.
“Ne ho abbastanza di te inutile verme. Adesso rimpiangerai quest’ultima ora passata a divertirti a spese di questa ragazza.”
Damon si sorprese a pensare questo. Non era da lui. Dopotutto non era neanche da lui salvare ragazze in pericolo. Cosa aveva questa ragazza? Perché voleva a tutti i costi che non morisse? Perché stava rischiando la sua vita per assicurarsi la sua?
Damon rispose a queste domande convincendosi che era solo per vendetta e per mantenere una promessa che aveva fatto anni fa. Per quanto poteva essere pericoloso quando Damon Salvatore prometteva una cosa, la manteneva sempre.
William sorrise a Damon. << Sapevo che non sarebbe stato facile farti fuori, ma ancora non capisco perché lo fai, di solito è tuo fratello il cavaliere bianco. >> Fissando Damon domandò: << Almeno ne vale la pena? >>
Damon per la prima volta in quella sera guardò veramente quella piccola ragazza che le sembrò così fragile, così indifesa, così pura.
I riccioli, di un colore che si poteva definire quello delle fragole, incorniciavano un viso pallido e grazioso.
Gli occhi della ragazza incontrarono quelli di Damon. Sentì nascere dentro di lui una strana energia, forse la stessa che era riuscita a farlo rialzare poco fa e che aveva avvertito nel corso di quella sera. Raggomitolata con le ginocchia al petto e le mani a cingerle, assomigliava a un gattino spaurito e tremante.
Così piccola e da sola in un mondo che in quelle ore della notte apparteneva alle creature come lui e per gli umani quelle stesse ore rappresentavano le più pericolose. In quei momenti una ragazza come lei, soprattutto se pura e graziosa, poteva essere una preda molto ambita e Damon questo lo sapeva bene. Aveva ucciso e si era nutrito di molte ragazze come lei nel corso degli anni, ma sentiva, vedeva, che quella stessa ragazza così indifesa era diversa. In qualche modo a lui sconosciuto lo riusciva a percepire. Era come se guardandola si potesse vedere la tenerezza e la dolcezza fatta a persona. Quei due sentimenti a lui non appartenevano, né la tenerezza né la dolcezza. Non ricordava cosa fossero, cosa si provasse ad avere a che fare con loro. Aveva dimenticato che tra tutte le emozioni e i sentimenti ci fossero anche quelle due.
Fu in quel momento che la risposta arrivò chiara dentro di lui.
Si, ne valeva la pena.
Damon si scagliò contro William, che si ritrovò per la seconda volta con la schiena contro un albero. Una mano di Damon era intorno alla gola di William e con l’altra gli strappò il paletto di mano.
<< Lo considero un si >>, bofonchiò William accennando un sorriso.
Damon gli tirò un pugno in pieno volto. Immobilizzò William a terra, un ginocchio sulla sua spalla destra, con il palmo della mano rivolto verso l’alto.
Pervaso dalla parte fredda o sanguinaria che dimorava dentro di lui, prese il paletto intaccato di verbena e incise sul palmo destro di William un taglio obliquo che andava da parte a parte.
William urlò.
<< Fa male? >>, domandò Damon.
William con la mano libera tirò un pugno al terreno.
Prese le dita della mano destra di William e dopo averle strette facendole sbiancare ancora di più, esercitò una minima pressione. Sotto i ringhi del vampiro, Damon piegò la mano di questo in modo che toccassero il braccio. Sentì le ossa del vampiro rompersi con un suono cupo.
William urlò, se possibile, ancora più forte.
<< Fa male ragazzino? >>, gli domandò di nuovo Damon.
<< Te ne pentirai maledetto bastardo. >>
<< Come siamo maleducati >>, disse Damon quasi offeso. << Soprattutto in presenza di una fanciulla. Ora capisco perché non hai molto successo con queste deliziose creature. >>
<< O perché tu ne hai, vero Damon? >>
<< Credimi se ti dico che potrei farti scuola >>, rispose Damon divertito.
<< Una certa Katherine la pensava diversamente >>, disse William guardando con la coda dell’occhio Damon.
Damon a quel nome si fece serio, il sorriso scomparve dal suo volto. Prendendolo per i capelli costrinse William ad alzarsi, gli sferrò un calcio dietro il ginocchio sinistro. William cadde sulle ginocchia sul terreno umido e si ritrovò la figura minacciosa di Damon davanti.
<< Come fai a conoscere quel nome? >>, chiese scuro in volto. << Rispondi! >>
<< Credi davvero che dopo il nostro primo incontro non abbia fatto ricerche su di te? Dimmi, ti diverti ancora a flirtare con le ragazze di tuo fratello, Stefan Salvatore? >>
<< Non so come tu faccia a sapere di Katherine, ma so che marcirai all’inferno. >>
Dicendo questo non gli diede il tempo di controbattere che gli infilò il paletto di legno in mezzo al cuore.
William cadde a terra.
Damon, guardando la luna alta nel cielo, fece un respiro profondo. Si girò verso la ragazza, che stava fissando a occhi sbarrati il corpo a terra del vampiro.
Si avvicinò a lei.
La ragazza aveva un collo delicato con vene blu, dove al loro interno scorreva il sangue più dolce che Damon ricordasse, sotto una pelle chiara. Due occhi grandi, di un colore castano chiaro, lo stavano fissando. I capelli, che sembravano semplicemente in fiamme, scendevano lunghi sulle spalle formando boccoli perfetti. Questi incorniciavano un viso delicato a forma di cuore. Damon collegò quella piccola figura ad un gattino o ad un folletto.
Ora capiva perché quello stupido vampiro aveva perso il controllo e la voleva, capì perché il potere di William era aumentato. Quella ragazza non era una semplice adolescente, quella ragazza era una strega e nutrendosi del suo sangue aveva aumentato i suoi poteri.
“Damon hai rubato il pasto a un tuo simile, vergognati.”
A quel piccolo pensiero ironico Damon non riuscì a trattenere un sorriso.
La ragazza rabbrividì. Damon si domandò il perché, ma li bastò un attimo per capirlo.
Una caratteristica inconfondibile dei vampiri è avere lunghi canini.
<< Non voglio farti del male >>, disse cercando di rassicurarla.
<< Anche tu sei un…un vampiro, vero? >>, domandò la ragazza distogliendo i suoi grandi occhi da quelli di Damon.
<< Si, ma a differenza di quello che ti stava per..be a differenza sua io sono buono. >>
“Questa è la cazzata più grossa degli ultimi cinquant’anni. Buono non è un aggettivo a te appropriato. Se saprebbe quello che combini in giro per il mondo scapperebbe a gambe levate”.
Damon cercò di ignorare quella vocina che faceva eco dentro di lui, anche se sapeva che aveva perfettamente ragione.
Gli vennero in mente una lunga lista di diversi episodi che non solo l’avrebbero fatta scappare, ma con ogni probabilità si sarebbe visto arrivare qualche schiaffo da quella ragazza. Pensandoci su ci si poteva scrivere un libro sulle bravate di Damon Salvatore.
Per non parlare poi delle cose che combinava a suo fratello minore…
“Adesso non è proprio il caso di pensare al tuo caro e amato fratellino”
Avvicinandosi alla ragazza si strappò un pezzo della sua camicia nera e prese delicatamente la mano della ragazza. Con sorpresa di Damon non la ritrasse.
Legò il pezzo di seta intorno alla ferita.
La ragazza lo guardò intensamente. Quando cercò di alzarsi per poco non si schiantò al suolo, ma Damon la prese in tempo per la sua piccola vita.
La ragazza aprì gli occhi che incontrarono quelli di Damon. Era conciata proprio male.
<< Mmmm forse è meglio se ti riaccompagno a casa. >>
La ragazza annuì.

***

 
Damon era immerso nei suoi pensieri, quando sentì stringersi la camicia di seta.
Due labbra calde e delicate gli sfiorarono il collo posandosi in un piccolo bacio.
<< Grazie >>, disse la ragazza tra le sue braccia.
Damon guardò quella piccola fanciulla che aveva gli occhi chiusi e la testa appoggiata alla sua spalla e un sorriso si dipinse sul suo volto.
“Non un gattino. È un tenero, piccolo, fragile uccellino rosso.”
 
 

 
 
 
L’angolo di Lilydh

Ed eccomi ad aggiornare con il terzo capitolo di questa mia storia.
Nella seconda parte ci siamo lasciate con la comparsa di Damon e di William (e si, il pazzo psicopatico ha un nome) chiamarlo per nome.
Ho notato che nelle recensioni nessuna si è soffermata su questo piccolo particolare.
Damon conosceva William, ma come anche lui ha scoperto era William a conoscerlo di più.
Una scena su cui mi vorrei soffermare è il flash back. Una delle mancanze, una delle tante mancanze, della cara Lisa Jane Smith è non portare i suoi lettori a spasso per il tempo. Stefan e Damon hanno la bellezza di cinquecento anni e passa suonati l’uno. Dal 15oo fino ad oggi cosa mai avranno combinato i nostri cari Salvatore? Boh. Nebbia fitta. A parte qualche rara frase o notizie sparse qua e là per i libri, non sappiamo davvero niente. Questa cosa mi dispiace davvero.
Quindi mi sono divertita a inventarmi un mini ricordo del passato di Damon.
E dove potevo ambientarlo se non a Firenze e con Sage?
Sottolineo che qui Sage è un ragazzone francese, non una donna come lo sarà nella serie TV. Sorvoliamo anche su questo punto va….
Adoro Damon e Sage insieme e un’altra cosa che mi dispiace è di non aver potuto leggere la storia di questa amicizia per certi versi selvaggia e pericolosa.
Chissà magari un giorno darò vita ad una FF raccontando proprio questo.
Vi aspettavate qualcosa del genere mie care fanciulle?
Vi do giusto due piccole anticipazioni, sono buona oggi dai.
Nel prossimo capitolo, nonché ultima parte della storia, Damon sarà abbastanza in difficoltà per la vicinanza di Bonnie e viceversa.
Oserei dire che Damon sia già in difficoltà da questo capitolo…

Aspetto le vostre recensioni,
Lilydh
  

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Capitolo 4
*** IV Parte ***


IV Parte

La prima cosa che Bonnie percepì, era un calore che l'avvolgeva in un leggero abbraccio, il rumore di un motore in sottofondo.
Che si fosse addormentata mentre Raymond, il suo ragazzo, la stesse riportando a casa? Ma Bonnie era sicura che quella sera non era uscita con nessuno, tanto meno con Raymond...
Aprendo gli occhi, Bonnie vide il paesaggio correre e perdersi nell'oscurità della notte fuori dal finestrino dell'auto.
<< Mi incominciavo a chiedere quando ti saresti svegliata. >>
Bonnie a quella voce, voce terribilmente vellutata e seducente, si voltò nella sua direzione, incontrando due occhi che con la notte si potevano facilmente confondere.
“Quei due occhi.”
Qualcosa stuzzicava la sua mente, qualcosa che le urlava di farla tornare in superficie, qualcosa che richiedeva la sua attenzione.
“L'angelo della morte.”
Bastarono quelle parole non dette e poi i ricordi riaffiorarono nella mente di Bonnie.
Il parco e la fuga da quello sconosciuto che voleva ucciderla, la nebbia e una risata sadica, il sangue e il dolore...e una parola. Una sola parola che risaltava su tutte le altre, riducendo tutti quei ricordi che in Bonnie correvano a briglia sciolta in immagini sfocate e indistinte.
Quella parola era: vampiro.
Forse una scarica di adrenalina o forse per semplice paura, Bonnie sganciò la cintura di sicurezza che la teneva legata al sedile e aprì la portiera della macchina in corsa. Una folata di vento, procurata dall'alta velocità, le scompigliò i capelli rossi, mentre una mano l'afferrò per la spalla trattenendola. Cercò di divincolarsi da quella presa e di graffiare con le unghie ogni cosa che la sfiorasse o la trattenesse. La macchina per un attimo sbandò e se non fosse stato per il ragazzo al volante, Bonnie sarebbe volata fuori dall'auto.
Il ragazzo riprese il controllo della macchina e inchiodò.
<< Ma che cavolo ti dice il cervello? Sei sicura di avere tutte le rotelle a posto? >>, urlò il ragazzo.
Bonnie ancor più spaventata portò la gamba destra fuori dall'auto e senza esitare un attimo, si lanciò fuori dalla macchina in una corsa disperata.
Senza smettere di correre, si voltò e fu in quel momento che vide la portiera del conducente aperta, ma più di ogni altra cosa notò che dietro di lei a inseguirla non c'era nessuno. La mente di Bonnie ordinò alle gambe di andare più veloce.
Era stanca e stupita.
Dov'era finita la ragazzina che aveva paura e non era per nulla coraggiosa? Perché quella ragazza che stava lottando con tutte le sue forze in quella notte per rimanere in vita, non era la Bonnie McCullough che conosceva o almeno che credeva di conoscere.
Una figura le si materializzò davanti costringendo Bonnie a fermarsi.
<< No >>, disse la ragazza, scuotendo la testa esausta, gli occhi le si inondarono di lacrime.
Bonnie ci provò un'ultima volta. Si voltò con l'intenzione di ricominciare a correre, ma una mano l'afferrò e la costrinse a voltarsi.
Il ragazzo che le era davanti l'attirò a se e l'abbracciò, cullandola tra le sue braccia. Bonnie si sentì al sicuro. Un profumo fresco, che ebbe il potere di calmarla e di schiarirle, la colpì invadendo i suoi pensieri.
Sgranando gli occhi e ricordò.
“L'angelo custode”
<< Non devi avere paura di me. >>
<< Chi sei? >>
<< Il tuo angelo custode. >>
Il cuore di Bonnie perse un battito e si divincolò dall'abbraccio del ragazzo. Sul suo volto era dipinto un sorriso decisamente divertito. Tutto in lui urlava che apparteneva alle tenebre. E per la prima volta in quella notte, Bonnie lo osservò attentamente.
Non riusciva a staccare gli occhi dal quel ragazzo non troppo alto, ma che ricompensava questo con tratti delicati, due occhi in cui nessuna stella con la sua più intensa luminosità sarebbe riuscita a far brillare il più piccolo barlume di luce in quei due universi oscuri. I capelli neri gli ricadevano ribelli sulla fronte e due labbra dove la voglia di rubarli un bacio era forte. Il ragazzo portava una giacca di pelle scura con sotto una camicia nera e pantaloni dello stesso colore. In una sola parola era magnifico e l'aspetto dell'angelo c'è l'aveva e come.
“Un angelo oscuro”.
<< Per quanto adori essere ammirato dalle fanciulle sarebbe meglio se ti riportassi a casa >>, disse il ragazzo, interrompendo le fantasie non troppo caste di Bonnie.
<< Sei un vampiro, vero? >>, domandò all'improvviso.
<< Credevo che questo lo avessimo superato, ragazzina >>, rispose il ragazzo quasi irritato avviandosi verso la macchina.
<< Il mio nome è Bonnie, non ragazzina >>, controbatté seguendo il ragazzo.
<< Bonnie >>, disse il ragazzo assaporando ogni lettera di quel nome. Voltandosi all'improvviso, facendo fermare di colpo la ragazza, aggiunse:  << E di origine celtica lo sai? >>
“Certo che lo so. Io discendo dai druidi e si da il caso che fossero i loro sacerdoti”
<< Così non sei solo una ragazzina che cerca di porre fine alla sua vita gettandosi da un'auto in corsa, ma sei anche una strega e aggiungerei l'aggettivo inesperta. >>
Come unica reazione a quella piccola verità, Bonnie arrossì. Anche se era una discendente dei druidi e una strega, lei di magia non ne voleva sapere molto.
La trovava inquietante e innaturale.
<< Mi sono spaventata >>, si difese la ragazza. << Credevo che fossi quel vampiro che mi voleva...uccidere. >>
Bonnie abbassò lo sguardo e sentì gli occhi bruciare.
<< Non ti farò del male. >>
La ragazza alzò lo sguardo verso quel misterioso ragazzo che dal nulla era comparso e che probabilmente non avrebbe più rivisto. All'improvviso un nome, il suo nome, li tornò in mente.
<< Damon. >>
Il vampiro si voltò di colpo visibilmente sorpreso. Gli occhi neri di Damon erano immersi in quelli marroni di Bonnie.
<< Ricordi il mio nome. >>
Bonnie annuì senza staccare i suoi occhi da quelli del vampiro.
<< Sei arrabbiato? >>, domandò Bonnie come fanno i bambini quando credono di aver fatto qualcosa di sbagliato.
<< Perché dovrei esserlo? >>
<< Quando ho detto il tuo nome, il tuo sguardo è cambiato >>, Bonnie abbassò lo sguardo. << Non hai risposto alla mia domanda >>
<< No, non sono arrabbiato, ma..>>, Damon si bloccò di colpo.
<< Ma? >>, lo incalzò Bonnie.
<< Vieni, ti riporto a casa >>, concluse in fine Damon, scuotendo la testa.

***

 
Le luci di casa McCullough erano spente quando la macchina di Damon si fermò davanti al vialetto di casa di Bonnie.
“Mary ha il turno di notte all'ospedale, mamma e papà saranno usciti o starando dormendo.”
Bonnie pregò con tutta se stessa che i suoi genitori fossero fuori e non in casa, altrimenti entrare e intrufolarsi in camera sua senza fare rumore per lei sarebbe stato impossibile.
“O andiamo Bonnie stasera hai rischiato di morire per mano di un vampiro e ne sei uscita quasi illesa e adesso ti fai problemi ad entrare in casa tua?”
Qualcosa dentro di lei sottolineò che a quest'ora sarebbe senz'altro morta, se un ragazzo dai capelli corvini seduto a qualche centimetro da lei, non fosse intervenuto salvandole così la vita.
<< Non c'è nessuno. >>
<< Che cosa? >>, domandò Bonnie voltandosi verso Damon.
<< In casa non c'è nessuno >>, rispose malizioso.
<< Questo vuol dire che sono sola >>, disse Bonnie sovrappensiero.
“Sola.”
Bonnie fu presa all'improvviso dalla paura.
Sola. Non voleva rimanere sola, soprattutto in quella notte, soprattutto adesso che aveva la certezza dell'esistenza di certe creature. Non le importava se era in casa o in camera sua, nel suo mondo, voleva solo qualcuno accanto.
Un forte dubbio l'assalì. E se quel vampiro non fosse davvero morto? Se era ancora vivo cosa l'impediva di trovarla e completare ciò che aveva iniziato?
“Niente e io sono da sola in casa.”
Un brivido di paura le percorse la schiena.
<< C'è qualcosa che non va? Stai tremando >>, le fece notare Damon a cui non era sfuggito il cambiamento improvviso della ragazza.
Bonnie annuì impercettibilmente e fissandosi le mani domandò: << Sei sicuro di aver ucciso quel vampiro? >>
<< Di solito con quelli come me un paletto in mezzo al cuore funziona sempre. >>
<< Di solito? >>, domandò in misto di ansia e preoccupazione la strega.
“Quindi ci può essere la possibilità che sia ancora vivo”
Bonnie poteva sentire il suo cuore battere a una velocità tale da poter scandire ogni secondo e ad ogni secondo che sostituiva un altro il suo respiro diminuiva.
<< Non dimenticarti di respirare, perché di questo passo mi toccherà anche rianimarti >>, disse Damon sollevando delicatamente il mento della ragazza così da guardarla negli occhi.
Le labbra di Damon erano a qualche centimetro da quelle di Bonnie e i suoi occhi non cedevano all'ordine di staccare il contatto visivo. La ragazza sentì un calore nascerle dentro e diradarsi in tutto il corpo. Per quella vicinanza così intima le guance di Bonnie diventarono dello stesso colore dei sui capelli.
<< Faccio spesso questo effetto >>, disse Damon, sul suo volto si disegnò un sorriso. Era visibilmente compiaciuto della reazione che aveva fatto scattare in Bonnie e qualcosa dentro di lei si ripeteva che doveva essere abituato ad avere ragazze che cadevano ai suoi piedi.
<< Comunque non preoccuparti non c'è pericolo che torni a infestare l'aria con la sua presenza >>, chiarì Damon e lasciò che Bonnie si riprendesse.
A quelle parole la ragazza si sentì subito un po' di più al sicuro, ma restava sempre dell'idea che non voleva rimanere da sola. Bonnie si impose di stare calma e di farsi coraggio, prese le chiavi di casa da dentro una tasca del giubbotto. Stava per aprire la portiera della macchina quando..
“Chissà quanti vampiri ci sono la fuori.”
La strada era deserta, illuminata dai lampioni e le luci delle case erano per la maggior parte spente. Bonnie allontanò subito l'immagine di un vampiro che le spuntava da dietro una siepe attaccandola al collo.
<< Hai paura >>, disse Damon richiamando l'attenzione di Bonnie.
<< No, solo che...>>
<< E solo che hai paura che da qualche parte, in qualche angolo, si possa nascondere un vampiro >>, disse Damon concludendo così la frase al posto di Bonnie.
In quel momento si sentiva così piccola e indifesa. Sentiva gli occhi pizzicarle e delle lacrime minacciarle di irrigare il suo volto a forma di cuore, manifestando tutta la sua debolezza, tutta la paura che aveva e sentiva, ma che cercava di soffocare dentro di lei. Abbassando lo sguardo, sfiorando il taglio del palmo della mano, con un filo di voce a malapena udibile disse: << Tu non ne avresti al mio posto? >>
Quando udì una portiera prima aprirsi e poi chiudersi, Bonnie vide che Damon era sceso dalla macchina. Nell'esatto momento in cui si voltò, la portiera del passeggero si aprì e portando una mano alla bocca, Bonnie soffocò un urlo. Con un cenno del capo e porgendole la mano, Damon la invitò a scendere. La giovane strega, quando porse la mano a Damon e se la sentì stringere, una forza interiore la investì dandole coraggio. Fuori il silenzio era assoluto e Bonnie si guardò intorno pronta a captare ogni singolo rumore.
<< Per caso devo procurarti un paletto di legno così da andare a caccia di vampiri? >>
Bonnie si girò e vide Damon, con un sorriso e un sopracciglio alzato, appoggiato all'auto con le braccia conserte.
<< Non sei per niente spiritoso >>, disse Bonnie senza smettere di guardarsi intorno.
<< Vieni ti accompagno fino alla porta d'ingresso visto che sei così terrorizzata e se non bastasse ti terrò anche la manina >>, disse Damon avviandosi verso l'ingresso sogghignando.
Bonnie, che aveva preso quella frase come una provocazione, raggiunse Damon.
<< Non c'è bisogno che mi accompagni e tanto meno che mi tenga la manina >>, dicendo così lo superò. Bonnie lo sentì trattenere a stento una risatina.
<< Damon? >>, domandò Bonnie fermandosi al primo gradino del portico di casa. Girandosi verso il vampiro, che la raggiunse senza togliersi quel sorrisino strafottente, continuò:  << Chi è Katherine? >>
Bastò udire quella domanda, ma soprattutto bastò sentire quel nome per far si che il sorriso di Damon si tramutasse in uno sguardo serio, quasi gelido.
<< Ricordi anche quel nome. Eri tanto spaventata, ma non ti è sfuggito proprio niente >> , disse Damon, con tono tagliente superando Bonnie e salendo i gradini del portico di casa.
Bonnie si sentì subito in colpa per avergli posto quella domanda e per aver pronunciato qualcuno di cui non aveva alcun diritto di chiedere nulla. Nervosa, la strega si rigirò le chiavi tra le mani, sentiva che lo sguardo di Damon non l'abbandonava un attimo.
<< Katherine è colei che mi ha trasformato >>, disse Damon, adesso il suo tono non era più gelido, ma distante.
A quella piccola confessione, Bonnie, alzando di scatto la testa, vide che Damon aveva lo sguardo rivolto verso il cielo. Sembra vagare lontano con la mente, perso nei suoi ricordi più segreti ai quali Bonnie non poteva avere accesso. Momenti che per dimenticarli non poteva bastare una vita soltanto. Antiche sensazioni ed emozioni provate e ricercate che adesso appartenevano solo ad un passato lontano.
<< Non è soltanto colei che ti ha trasformato, tu l'hai amata >>, disse Bonnie in un filo di voce.
<< Cosa ti fa pensare che l'abbia amata? >>, domandò Damon, tornando a fissare Bonnie nascondendo la sua sorpresa.
<< Saranno i poteri di strega a suggerirmelo >>, scherzò Bonnie per alleggerire la tensione. Tornando seria aggiunse: << Quando si pronuncia il suo nome i tuoi occhi rivelano amore e dolore. >>
<< È stato molto tempo fa >>, disse Damon, serrando la mascella e distogliendo lo sguardo da quello della ragazza.
Dicendo quella frase, Bonnie capì che l'argomento era chiuso, ma percepiva in Damon del dolore che riusciva a mascherare fingendo indifferenza. La testa le pulsava e sentiva che di li a poco sarebbe crollata. Prima di lasciarsi andare a un sonno che sperò essere profondo e senza sogni, sentiva che doveva fare un'ultima cosa. Si avvicinò cautamente a Damon e dopo un attimo di esitazione gli prese la mano. Damon sorpreso da quel contato, non rifiutò la stretta della ragazza che con sua enorme sorpresa ricambiò intrecciando le sue dita a quelle delicate di lei. Bonnie poteva sentire che tutte le sue paure, che fino ad un attimo prima la terrorizzavano, trasformarsi come per magia in tanti granelli di polvere.
A un tratto il vampiro l'attiro a sé e sotto il suo tocco, che percorreva il suo collo, poteva sentire brividi in tutto il corpo. Mai prima d'ora aveva provato queste sensazioni.
<< Se potessi dimenticare tutto ciò che è accaduto questa sera, se potessi dimenticare l'esistenza di certe creature, lo faresti? >>
<< Cosa significa? >>, domandò Bonnie con un filo di voce.
<< Posso farti dimenticare ciò che è successo questa notte compreso il piccolo particolare dell'esistenza di alcune creature. >>
<< È un potere dei vampiri fare dimenticare ciò che a loro conviene? >>
Damon annuì senza distogliere gli occhi neri da quelli nocciola di Bonnie. Qualcosa dentro di lui non voleva che quella piccola ragazza dimenticasse. C'era qualcosa in lei...qualcosa che lo aveva stregato. Non sapeva cosa fosse e in quel momento di certo non aveva nessuna voglia di cercare un perché.
<< Questo quindi comporterebbe dimenticare anche te? >>
<< Ovviamente. >>
Bonnie scosse la testa quasi impaurita. Non voleva dimenticare quel ragazzo a cui doveva la vita. Non voleva dimenticare il suo angelo custode.
<< Non hai nessun diritto di rubare...>>
Damon la zittì poggiandole un dito sulle labbra rosse. << Non voglio che tu mi dimentichi. >>
<< Allora non farmi dimenticare >>, disse Bonnie con tono più simile ad una supplica che ad un ordine.
Bonnie fissava quei due oceani neri. Dentro di lei sapeva che se non avesse dimenticato avrebbe vissuto nel terrore, nella consapevolezza  e nella probabilità che un vampiro l'attaccasse di nuovo e, forse, in quel momento non ci sarebbe stato nessuno a salvarla. Quella notte Damon l'aveva strappata da una morte certa e sicuramente non ci sarebbe stato sempre lui a salvarla da pericoli di natura sovrannaturale.
Dimenticare l'esistenza dei vampiri, ma soprattutto scordare quello che aveva passato per mano di William o ricordare così da mantenere il ricordo di Damon intatto? Sarebbe riuscita domani mattina ad alzarsi e ad andare a scuola fingendo che la sera precedente non era accaduto niente? Ma soprattutto, sarebbe riuscita a mantenere il segreto e non dire nulla ad Elena e a Meredith?
Bonnie rifiutava di dare e darsi delle risposte. Decisa, si allontanò dal vampiro e infilò la chiave nella toppa della serratura di casa aprendola.
La strega si girò verso il vampiro che l'osservava, sembrava combattuto.
<< Per i vampiri vale la regola dell'invito ad entrare in casa? >>, domandò Bonnie sperando di evitare l'argomento “dimenticare o no.”
<< Si, e a volte è davvero una seccatura >>, rispose Damon.
<< Ti va di ent..>>
Bonnie non riuscì a finire la frase, che si ritrovò con le spalle al muro e con un dito della mano di Damon posato sulle sue labbra.
<< Non dire quella parola >>, disse Damon portando il dito sulla guancia di Bonnie regalandole una carezza. << Tornerei. >>
<< Non chiedo altro >>, ammise Bonnie in un filo di voce.
Damon sorrise. << Che cosa c'è in te uccellino? >>
Bonnie non capì il senso di quella strana domanda e tantomeno riusciva a formulare una risposta, perché quelle emozioni che la stavano investendo, erano talmente tante da zittire tutti i pensieri.
E in quel primo magico momento furono solo loro due: Damon e Bonnie.
Un vampiro assetato di sangue, dal cuore di ghiaccio che rispettava e compiaceva solo se stesso e una strega, dolce e fragile, che inconsapevolmente aveva incominciato a far sciogliere il ghiaccio che avvolgeva il cuore di quel vampiro. Bonnie sentì assalirla un giramento di testa e il bisogno di aggrapparsi a qualcosa si fece strada in mezzo a tutti quei pensieri. Come se qualcuno le avesse letto nella mente, sentì un braccio circondare la sua esile vita.
Percepì  le dita della mano di Damon cercare ed intrecciare con naturalezza le sue e unirle, stringendole. Il calore che emanavano le piccole mani di Bonnie, circondarono in un abbraccio caldo quelle ghiacciate del vampiro . Quel calore così sconosciuto che stava pervadendo Damon, fece da tramite a quella parte celata e negata al resto del mondo, dove  aveva imprigionato e dimorava il vero Damon. In questa parte prigioniera del vampiro, ebbe origine un fuoco improvviso e bruciante, impossibile da domare e piagare al volere. Desiderava solo che non gli venisse imposto di smettere di scoppiettare e, come se avesse una coscienza propria, chiedeva di essere alimentato e nutrito.
Bonnie portò il suo sguardo su quello del vampiro, legando i suoi occhi a quelli neri di lui. Vide che in quei due occhi qualcosa incominciò a brillare e sapeva che in quei casi era il cuore a guidare sotto l'onda delle emozioni i gesti e i movimenti. Senza indugio ascoltò quello che le suggeriva il suo di cuore e si lasciò andare.
Alzandosi in punta di piedi sfiorò le labbra morbide e fresche di Damon, ma colta da un’improvvisa paura di essere respinta, si ritrasse.
<< Non ti farò del male e anche volendo ormai non ci riuscirei. >>
A quelle parole il cuore di Bonnie perse un battito. Desiderava anche lui la stessa cosa? Pensava che aveva paura che le facesse del male?
Era strano, ma Bonnie sentiva una connessione, simile ad un filo invisibile che la legava a quell’angelo oscuro. Non aveva paura di lui, anche se per logica doveva.
<< Non ho paura di te >>, disse Bonnie non troppo sicura di quello che aveva appena detto.
Entrambi potevano sentire che la notte, il mondo e l'attrazione che l'uno esercitava sull'altro, ad un solo possibile scontro, avrebbero provocato una potente, assordante esplosione.
Damon, con un sorriso, ricatturò quelle labbra che gli erano sfuggite più volte in quella prima sera e le tenne prigioniere fino a quando la consapevolezza che la piccola Bonnie, il suo uccellino, era diventato suo, arrivò chiara dentro di sé.
Al contatto immediato con quelle labbra, era come se ogni singolo colore, sia esso freddo che caldo, si fosse unito ad ogni più piccole e flebile rumore ed insieme avessero intrapreso una lunga e folle corsa verso Bonnie. All’improvviso, dentro di lei, sentì come se questi le avessero appena squarciato il petto e dirigendosi a grande velocità verso il suo cuore, fossero esplosi in un arcobaleno di colori lucenti emanando una luce talmente intensa da illuminare ogni singolo angolo.
Poteva percepire come Damon, sorpreso e completamente preso dallo scorrere degli eventi di quella notte, si era lasciato coinvolgere mettendo a rischio di mostrare il suo lato umano.
Anche se Bonnie realmente non riusciva a sentire cosa in Damon stesse accadendo, le loro labbra erano prese da un urgenza sempre più forte e sempre più desiderose di assaporare fino infondo quel sapore che l’una aveva sull’altra.
Quel bacio per Damon aveva qualcosa di diverso. Era come se in esso riuscisse a percepire tutta quella dolcezza e tenerezza che quella piccola ragazza possedeva. Dolcezza e tenerezza. Quando era stato l’ultima volta che aveva pensato o addirittura provato queste due sensazioni?
Il fuoco caldo che in lui stava crepitando e ardendo, era desideroso di essere alimentato sempre di più, mentre una nuova speranza si insinuò dentro di lui.
No, non poteva permetterlo. Non poteva concedersi il lusso di provare determinate emozioni. Non poteva.
Damon prese il viso a forma di cuore di Bonnie tra le mani.
<< Ti prego non farlo >>, disse Bonnie intuendo cosa Damon stava per fare. Una lacrima le scappò al suo controllo.
<< Credimi è meglio così >> , disse Damon asciugando quella piccola lacrima salata. << Dimenticherai tutto ciò che hai conosciuto questa sera. Non ricorderai niente né di me né dell'esistenza dei vampiri. >>
Dicendo queste parole, che stranamente Damon le sentiva posarsi dentro di lui come un grosso macigno, posò le sue labbra  fredde sulla fronte calda della giovane Bonnie. << Addio mio piccolo uccellino. >>
Per un momento Damon fu attirato nuovamente verso quel calore.
Sarebbe tornato un giorno, lo sapeva. Trasformandosi in quel corvo dal piumaggio nero, volò via lasciando quella ragazza dai cappelli del colore delle fragole e gli occhi marroni da cerbiatta.

***

 
Bonnie chiuse la porta d'ingresso alle sue spalle e salì con estrema lentezza le scale per poi ritrovarsi in camera sua. Senza accendere la luce andò a sedersi sul letto e concentrò il suo sguardo fuori dalla finestra. Si sentiva...strana.  Era come se qualcosa avesse appena messo in moto un qualcosa.
“Ma cosa?”
Dopo essersi tolta il giubbotto e le scarpe, si diresse in bagno, quando nell’accendere la luce, un tessuto nero legato alla sua mano attirò la sua attenzione.
Bonnie lo guardava e sentendosi stordita e troppo stanca per formulare un pensiero coerente, lo slegò e lo gettò nel cestino sotto la sua scrivania.
La strana sensazione che aleggiava sospesa dentro di se, aumentò.
Bonnie immobile e spaesata fece quello che sentiva essere giusto: raccolse dal cestino il tessuto nero e liscio e prima di riporlo in un cassetto, lo accarezzò.
La strana sensazione che aleggiava sospesa dentro di se, diminuì.
Bonnie, nell’oscurità della notte, si ritrovò a sorridere e a sfiorarsi le labbra con dita tremanti.
 


 
 
 
 
 
L’angolo di Lilydh

Ed eccomi qui ad aggiornare per l’ultima volta questa storia e voi a leggere la sua ultima parte.
Credo che le parole, le scene, le descrizioni, i momenti che si sono svolti in questo capitolo si commentino da soli.
Ho voluto conservare questo mio “discorso” per la fine di questa storia.
Fino a prima che la pubblicassi, non aveva neanche un titolo e adesso...
Pubblicandola ho permesso a tutti coloro che aprono e caricano le sue pagine di leggerla, di leggere qualcosa di mio. Ammetto che tutt’ora ho paura di pubblicare, ma la paura fa parte anche del mestiere. ^^
Credo sia un po’ come quando i cantanti dicono di aver paura di salire sul palco prima dell’inizio di un loro concerto….non svanisce mai.
Come vi ho già detto nel mio primo commento, questa è una storia che ho scritto molto tempo fa e solo da pochissime settimane ho avuto coraggio di fare il grande passo.
Nell’arco di tempo in cui l’ho scritta ho cambiato e modificato molte cose, ma la trama e i punti principali erano ben stampati nella mia mente. Dovevo solo dar voce alle mie idee e ai pensieri di Damon e Bonnie.
Ammetto che io e Damon non andiamo molto d’accordo quando, per questioni di trama, mi ritrovo a dover esprimere i suoi sentimenti. E’ cocciuto, enigmatico e non sai mai cosa penserebbe o come reagirebbe in una scena. E’ abbastanza complicato esprimere le sue emozioni, ma dopotutto la bellezza del suo personaggio sta anche in questo.
A mai io non sono poi così tanto buona. Se mi fa scervellare nel momento in cui devo dar voce ai suoi sentimenti, io lo faccio impazzire mettendolo in situazioni non troppo amate da lui. XD
Bonnie. La piccola e dolce Bonnie. Per quanto mi riguarda è un personaggio che trovo semplicemente adorabile (so che qui una persona in particolare storcerà il naso, vero Ali?), dove esprimere i suoi sentimenti, ma anche le sue incertezze e paure, è semplice.
Mentre scrivevo le scene dove veniva inseguita e le immaginavo, mi chiedevo se non stessi esagerando, se davvero il personaggio di Bonnie fosse in grado di sopportare una prova del genere. Sono alquanto sicura che da qualche parte nella streghetta, anche se nascosto, risiede il suo coraggio e ce ne ha dato prova affrontando Shinici in “Midnight”.
Damon&Bonnie: essendo che nei libri noi Donnie siamo rimaste a bocca asciutta, me le credo io. Come si sul dire, chi fa da se, fa per tre.
 A questo punto è l’unico modo per inculcare a Damon che deve stare con la streghetta.
La trama che ho scritto per la storia avrebbe potuto trarre in inganno, almeno fino ad un certo punto.
Come promesso, la quarta parte è totalmente e unicamente Donnie. In questo capitolo la tensione che avvertono entrambi esercitare l’uno sull’altro, cresce fino ad esplodere in una forte collisione.
Ho pensato che sarebbe stato giusto esprimere le sensazioni di entrambi, senza soffermarmi solo su uno dei due personaggi.
Come l’ho fatto, se bene o male, be questo dovrete deciderlo voi.
Arriva come una secchiata di acqua gelata: Damon induce Bonnie a dimenticare.
Questa è stata la parte più triste che ho dovuto scrivere e, in un certo senso, da accettare.
Tuttavia ho voluto che qualcosa di Damon le rimanesse.
 
Passiamo ai ringraziamenti.
Vorrei ringraziare chi ha speso qualche minuto del suo tempo per recensire capitolo dopo capitolo.  
Vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno aggiunto la storia tra le seguite e chi tra le preferite.
Vorrei ringraziare le persone che mi hanno aggiunto come loro autrice preferita.
Infine, ma non meno importante, a chi l’ha letta senza lasciare alcuna impronta del suo passaggio.
Grazie di cuore!
 
Spero non passi molto tempo prima che torni a pubblicare e voi a leggere, naturalmente se vorrete.
Con affetto,
Lilydh
 
Dovrei per caso inviare il messaggio tramite un piccione viaggiatore?
Mi sembra di aver scritto una lettera più che un commento.
Partendo con il fatto che ormai i piccioni viaggiatori sono fuori moda già da parecchio tempo, credo che la maggior parte di voi preferisca un corvo dal piumaggio lucente, dico bene?  ^^
Alla prossima!

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