Così all'alba, fino al tramonto.

di Mari087
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Capitolo ***
Capitolo 2: *** Le questioni da chiarire ***
Capitolo 3: *** Le grandezze sono sempre relative ***
Capitolo 4: *** Interno notte ***
Capitolo 5: *** Di pensieri, visite e rivoluzioni. ***
Capitolo 6: *** Scegliere ***
Capitolo 7: *** Transizioni ***
Capitolo 8: *** L'ultima attesa ***
Capitolo 9: *** Così all'alba, verso il tramonto. ***
Capitolo 10: *** Passaggio ***
Capitolo 11: *** Confessioni pomeridiane ed elezioni tricolore ***
Capitolo 12: *** Dall'altro lato della barricata, c'è chi aspetta. ***



Capitolo 1
*** I Capitolo ***


   Un solo pensiero, fatto di poche parole:  “è caduta…la Bastiglia è caduta... è caduta…”
    E poi, basta. La sua mente, d’improvviso, non riusciva più a formulare nessuno pensiero, e di colpo, anche il suo corpo smise di provare emozioni. Come se tutto il suo essere si fosse prosciugato di ogni energia vitale, pur restando ancora, Lei, in piedi, davanti a quel triste baluardo del potere monarchico, che ora sventolava la sua arresa, e quella piccola bandiera bianca era il simbolo di una rabbia ancora più forte di anni di convenzioni e delle stesse mura della fortezza.
    Era comunque una sensazione conosciuta, quella della donna che osservava incantata quel bianco sventolare: aveva provato altre volte nella vita, ma mai in maniera così intensa, il nulla che sempre accompagna la fine dei temporali. Ma di certo, mai l’aveva provata  in una situazione dove tutto si può fare tranne che perdersi in contemplazioni: eppure, era lì, dentro di lei, il nulla.
    Provò a girarsi: un movimento lento, ma comunque sufficiente per permettere ai suoi occhi di cambiare prospettiva e vedere cosa accade dietro di Lei, fra gli uomini ancora non svuotati: una marea inferocita sguazza, adesso, nel sangue dei caduti, marciando verso l’ingresso del baluardo caduto.
    “Cosa faranno, ora?” pensa Lei, il comandante dalla chioma d’oro, e tutta la sua persona è ancora così bianca e lucente da stonare in mezzo a tutto quel marasma.
   Un altro movimento lento, e gli occhi di Lei si fissano di nuovo sulla Bastiglia morente, quando all’improvviso, un contatto, una semplice pressione sul braccio, la risveglia da quello stato di grazia stonato e fuori luogo.
    “Oscar…” “A…” e non riesce a continuare, il biondo Comandante: sente come un macigno all’altezza della gola, che blocca la fuoriuscita delle parole.
    Anche Lui è ancora lì: stanco, si capisce, con la marsina imbrattata del fango di Parigi e del sangue dei compagni  a terra, ma vivo.
     Vivo ma disilluso: Lui  sa che la vera lotta sta per iniziare, eppure non riesce a non regalare, così, anche con il peso del sangue dei compagni addosso, un sorriso a quella creatura bionda che lo guarda alienata,  con quella sua bellezza stridente in mezzo a tutto quel dolore.
    E d’improvviso, il sangue sembra tornare a circolare regolarmente nelle vene di Oscar, sta per abbracciare quel suo uomo stanco, ma tutto si fa buio: e anche il candore della bandiera della resa sparisce.
    

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Capitolo 2
*** Le questioni da chiarire ***


Mi sono sempre chiesta perché Oscar non dica ad Andrè della malattia,e viceversa… addirittura, nel manga, arriva a scacciarlo durante l’insorgere delle crisi! Per questo, penso che le questioni da chiarire per la nuova coppia siano proprio queste… anche in mezzo al tumulto! La vita è strana: a volte non ti risponde per anni, e a volte lo fa così subito da non crederci. E a conferma del pensiero di Lui, che credeva fermamente che la loro battaglia, sua e di Oscar, fosse appena iniziata, il Biondo Comandante le crollava addosso priva di sensi, e Lui non lo vedeva nemmeno.
    “Andrè! Andrè, prendila sbrigati!” e in un attimo, l’amico più fidato gli fu accanto e come aveva fatto fino a qualche momento prima lo guidava, consapevole del buio totale che avvolgeva gli occhi di Andrè.
    “Grazie, Alain. Dobbiamo spostarci, portaci in un vicolo”. E si faceva guidare, Lui, seguiva silenziosamente l’amico reggendo senza sforzo il corpo privo di sensi della sua donna: la cascata d’oro riversa sulla sua spalla, le braccia completamente abbandonate, e il fodero della spada vuoto.
Se avesse potuto accorgersi della mancanza di quell’oggetto, chissà, forse Andrè avrebbe pensato che era veramente finita la prima parte della loro vita, fatta di duelli e di correnti nascoste, fra loro due.
   Non fecero in tempo ad arrivare dentro al vicolo, che un colpo di tosse, poi due, e poi un altro sempre più forte scossero violentemente il corpo della donna, e Andrè non lo vide nemmeno che altro sangue si aggiungeva alle macchie rapprese sulla sua divisa.
    “Andrè… che è successo? Mettimi giù” e quelle ultime parole Oscar non riuscì proprio esimersi dal pronunciarle con un tono vagamente imperioso… del resto, quando ci si allena per una vita intera a trovare una maschera adatta al ruolo che ci danno, e che a Lei avevano dato fin dalla nascita, è difficile poi liberarsene nel giro di una giornata.
    “Sei svenuta, Oscar, e ora stai ferma: ti metterò giù quando arriveremo in un posto più tranquillo.”
    “Come vuoi”. 
E Alain, l’amico, che in quanto tale qualcosa l’aveva capita[1], non si stupì più di tanto dell’arrendevolezza di quella donna che vestiva da maschio, che ora vedeva intenta a sistemarsi meglio fra le braccia del suo soldato, e guardarlo dritto negli occhi.
   “Come stai tu?” disse infine Oscar. “Mah.” E non disse più niente Andrè, rispondendo con quel monosillabo che valeva più di mille parole.
    “Andrè, vieni: fermiamoci qui” disse l’amico, che pur essendo tale avrebbe voluto prendere a calci Andrè per quella risposta secca, ad una domanda che pur composta da poche parole era stata pronunciata con una dolcezza tale da far tremare il cuore ad Alain.
E Alain avrebbe voluto osservare il volto del suo comandante, per vedere se era stata delusa dall’inaspettata scontrosità del compagno… chissà perché,poi, si ritrovò a pensare che avrebbe voluto che ne fosse rimasta delusa. Ma la posizione del comandante non permetteva di osservarne il volto, e tutti e tre in preda ai loro diversi pensieri arrivarono in un vicolo piccolino, stretto, fatto di case dalla finestre rotte dalle quali provenivano gli odori nauseanti che solo le case abbandonate o molto povere sanno emanare.
Andrè mise giù Oscar, che era incredibilmente pallida, ma riusciva a stare in piedi, nonostante avesse ancora le labbra sporche del suo stesso sangue, e la guancia che si era appoggiata alle spalle di Andrè sporca del sangue dei suoi soldati, o di qualche ignoto parigino.
   “Alain, dove sono i tuoi compagni?” appena a terra,  il comandante aveva ripreso il posto della donna.
“Sono rimasti tutti là… ora entreranno nella Bastiglia, libereranno i prigionieri… e poi, non so”.
“Ho capito”.  “Bhè”, riprese il giovane soldato, così alto e largo da sembrare un gigante, “se permettete, io torno da loro”.
“Sì, Alain, vai… arriviamo anche noi, tra un po’”. “Con permesso” rispose Alain, e si allontanò da quel vicolo dove sapeva che i due avrebbero ingaggiato una dura lotta, fatta di parole e di qualche risentimento…  ma a differenza di quella che si era svolta sulla piazza della Bastiglia, questa non avrebbe lasciato né morti né feriti.
“Quando me lo avresti detto?” e fu Andrè il primo a parlare: Andrè il calmo, Andrè il riflessivo, Andrè l’attendente di una vita, il cui unico occhio ora saettava per una rabbia strana.
“Andrè, io non…” ed era visibilmente in imbarazzo il Biondo Comandante, che sentiva tornare il macigno all’altezza della gola.
“Pensavi che non me ne sarei mai accorto? Che non lo immaginassi? Ti conosco da troppo tempo, e ti sto vicino da sempre: e tu, scappi… scappi sempre! Anche davanti al tuo ritratto, quando hai tossito forse per la prima volta in maniera così forte, come poco fa… e poi Charlotte, che mi dice che ha trovato del sangue sulla mia camicia[2]… e poi, poco fa…l’ho capito da tempo, che sputi sangue, anche se sono praticamente c…”
    Ed era confuso il suo parlare, dettato dall’angoscia strana che aveva preso l’ex attendente nel costatare che sì, quella che aveva di fronte era ormai la sua donna, ma che ancora tendeva a lasciarlo fuori da questioni certo non di poco conto, come lo spettro sempre più vicino di quella terribile malattia.
    Ma, si sa: la migliore difesa è l’attaco, e un comandante, donna per giunta, non può ignorare questa fondamentale regola.
   “Continua! Continua Andrè! Dillo! Cieco! È una parola sola, ma rende l’idea! Come ti permetti di parlarmi così, quando anche tu mi hai nascosto una cosa del genere!”
    E la frustrazione, la stanchezza di quell’anima che ne aveva viste troppo nella sua giovane vita, veniva fuori in quel vicolo parigino, nel pianto male trattenuto[3] della donna con la divisa.
   “Se tu avessi saputo che io non ci vedo più, io non sarei qui con te adesso, ma in qualche stanza della caserma ad aspettare tue notizie, che forse non sarebbero mai arrivate!”
    Un colpo ben assestato, senza dubbio. “Valgono così poco le mie parole… e i miei sentimenti? Pensi che sarei andata via, per non tornare più da te? Dopo che… io…”
   A volte, siamo capaci di malvagità gratuita, senza volerlo. E il biondo Comandante alza il mento di fronte a quella cattiveria ingenua, dettata dalla paura del suo uomo di vedersi scappare tra le dita un amore cercato per anni.
    “No, non volevo dire questo… dicevo… Oscar, non lo so! È solo che… insomma… due, chiamiamole così, omissioni di verità di questo genere non sono poi un bel modo per iniziare una nuova vita.”
   “Scusami, non lo so perché non te l’ho voluto dire. Ora lo sai… credo sia tisi[4]”.
Come la Bastiglia, anche il Comandante donna sembra arrendersi, ora, ad una verità più grande di Lei: è malata, di una malattia incurabile, e lo ha nascosto alla persona che le è più cara, per rivelarglielo solo con le spalle al muro dentro un vicolo di Parigi.
   Non una parola dal suo uomo, solo un gesto, molto più eloquente: un contatto fugace, un bacio impalpabile su quelle labbra sporche di sangue infetto.
   Non una parola dalla sua donna, solo un gesto, molto più eloquente: la bella mano bianca che cerca quella del soldato, la stringe e la tiene salda.
    “Ora andiamo. Ci sono altre questioni da chiarire, su quella piazza”.
    E Lei inizia a camminare, guidando Lui che tiene per mano, sostituendosi alla luce che ha quasi completamente abbandonato i suoi occhi, guidandolo ora fra le strade di Parigi, così come è disposta a fare per il resto della loro vita.


[1] Nel manga la nostra Oscar non pronuncia quella bella dichiarazione d’amore ad Andrè prima di “passare” dalla parte del popolo: ma, già sulla via di Parigi, annuncia la sua decisione con un discorso sulla libertà personale degno dei più bravi oratori. Quindi Alain e i suoi compagni non sanno dell’avvenuto cambiamento di rapporto fra Oscar e Andrè.
[2] Episodi del manga… il nome Charlotte l’ho dato io ad un’ignota cameriera che lava la camicia di Andrè sporca del sangue di Oscar che aveva abbracciato Andrè subito dopo aver tossito.
[3] Nel manga piangono sempre, tutti! Spero qui di farli piangere meno!
[4] Nel manga, Oscar non va dal dottore… e muore prima dello sviluppo della malattia.

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Capitolo 3
*** Le grandezze sono sempre relative ***


 
Le grandezze sono sempre relative
 
Grazie mille per i primi commenti! Essere letta fa molto piacereJ
Grazie ad Arimi_Chan e Medusa per l’apprezzamento, e Tetide per lo spunto!
Ho sempre pensato che, se davvero fossero sopravvissuti, i nostri eroi non si sarebbero persi alcuni avvenimenti storici rilevanti, almeno non quelli immediatamente successivi al 14 Luglio…
 
     Ritornano in piazza. La confusione non era ancora diminuita, e non accennava a farlo: la gente inondava la piazza e le vie circostanti.
    Era tutta là, quell’umanità inferocita dalla fame, intenta a riversare la bile accumulata per anni, che avevano accumulato in silenzio e che ora vomitavano, dopo secoli di patimenti e diseguaglianze, di fronte alla fortezza disarmata.
   E ora, Oscar guarda tutto quello che c’è intorno a lei con occhi nuovi: la gente le sembra diversa, e  anche la Bastiglia. Osserva quel monumento arreso, e si stupisce: non è poi così grande come la vedeva fino a qualche ora fa.[1]
    Cerca con lo sguardo i suoi soldati, e li trova appostati su di un lato: alcuni di loro sono troppo stanchi per entrare a liberare i prigionieri, altri sono già dentro le stanze della fortezza.
    Si dirige con passo lento, il biondo Comandante, verso quegli uomini in divisa… e spinge dolcemente il suo di uomo, quasi senza fargli notare che è lei a dare la direzione, e l’uomo la segue silenzioso, indeciso se soffrire profondamente o meno per il fatto di dover essere guidato fra la folla, e la certa consapevolezza che, in ogni caso, da quel momento in poi sarebbe stato sempre così, con Lei davanti e Lui immediatamente indietro, non lo aiuta a prendere la decisione.
   Durante tutta la battaglia era stato così: chi lo guidava dal lato destro, chi dal sinistro, chi gli diceva come mirare… E poi, un attimo dopo… François non c’era più, spento da una pallottola in pieno petto… e Lassalle lo seguiva timidamente morendo senza un grido, così come aveva vissuto.
   Pensieri lunghi una vita: e le dita dell’uomo si fanno nervose e stringono involontariamente la bianca mano che li guida, e la bocca si contrae su quel viso stanco, mentre l’uomo sente che il suo cuore perde un battito.
    Lo stesso lento movimento della testa, lo stesso spostamento di luce della chioma d’oro che sta di fronte a Lui, e gli occhi del Comandante donna incontrano il viso contratto del soldato: un momento breve, di quelli come ce ne sono tanti nella vita, ma che ti fanno capire l’importanza delle cose. Perché il biondo Comandante ora, in mezzo alla folla, sperimenta quanto sia forte il legame con quel soldato silenzioso: lo sapeva già, da sempre, ma lo scopre ogni volta. Oscar lo capisce. Oscar sa, senza parlare, quali sono i pensieri del suo Andrè. E se ne sconvolge, per l’ennesima volta. Ma bisogna andare avanti. “Coraggio. Alain e gli altri sono lì, raggiungiamoli”. Dice allora la donna, consapevole di non potersi fermare, anche di fronte a tanto dolore.
    Appena arrivati fra i soldati, per istinto, Oscar lascia la mano di Andrè: non è facile, non lo è ancora, ammetter davanti a tutti che è una stupida donna sentimentale che si bea del più semplice contatto col suo uomo.
    “Soldati…Compagni. Adesso per noi…” ma il comandante non riesce a terminare la sua frase: la Bastiglia sputa fuori tutta l’orda barbarica che l’aveva invasa, che porta fuori, trionfante, quello che è riuscita a trovare fra le viscere della prigione: sette prigionieri.[2]
    Gli ex soldati si riscuotono dal loro torpore fatto di stanchezza: c’è poco ora da chiedersi, bisogna solo seguire lo sciame umano che guida gli ancora attoniti prigionieri verso l’Hotel de la Ville, e bisogna sbrigarsi, a costo di ignorare le parole, qualunque esse fossero, del loro amato Comandante.
   E la donna soldato vede i suoi uomini scavalcarla senza tanto rispetto:si uniscono al grido inferocito della folla, le passano davanti urtandola e creando delle onde d’aria che fanno tentennare lievemente gli ormai inutili galloni della sua divisa.
    “E ora, che fanno?” e interrompe il suo silenzio Andrè, e muove un incerto passo avanti, e stringe nuovamente la mano della sua donna. “Non lo so, sembrano tutti in preda al furore. Seguiamoli… tieni stretta la mia mano Andrè: è molto facile perdersi, qua in mezzo”.
    Ma i due non sono soli: un altro uomo sembra resistere al furore cieco della massa, Alain.
   “Ehi, voi due… se non sono di troppo… ecco, mi pare di capire…” e ride, il gigante in divisa, mascherando il dolore sordo che lo prende nel vedere le mani dei due stringersi vigorosamente.
    “Alain, che dici! Non sarai mai di troppo, dopo tutto quello che hai fatto per noi!” ed è l’amico a parlare, Andrè, che sa che l’altro ama la sua donna, ma sa anche che è un uomo onesto,e non farà mai nulla per tradirlo.
    Ma per istinto riflesso, senza accorgersene, si avvicina ancora di più alla sua compagna, quasi a voler sottolineare quelle che sono le giuste distanza: Lui vicinissimo a Lei, unico detentore dello spazio vitale del suo corpo,uno spazio in cui  l’amico non avrà mai accesso.
    La donna soldato, però, non si accorge del gesto di possesso del suo uomo: è troppo concentrata a scrutare il movimento della folla.
    “Sbrighiamoci: stanno andando tutti verso il municipio. Presto, Andrè. Alain, seguici”.
    E se non fossero stati troppo occupati a cercare un’ipotetica vendetta, i parigini si sarebbero di certo stupiti nel vedere l’esile biondo soldato farsi varco stringendo la mano ad un altro soldato, quest’ultimo invece moro e più alto, a sua volta seguito da un altro soldato, ancora più alto e ancora più moro.
    Ma all’improvviso, la massa si bloccò di colpo.[3]
     Un uomo, che di umano in quel momento non aveva niente, aveva riconosciuto il governatore Launay e lo aveva scaraventato in mezzo alla folla. E come leoni affamati davanti ad una preda ancora viva, ora tutti si avventavano su di lui: chi lo riempiva di pugni allo stomaco, chi invece preferiva usare i piedi.
   Una violenza inutile: quell’uomo si era arreso, poco tempo prima, e con lui tutta la Bastiglia.
   E Oscar non può resistere di fronte a tanta inutile bestialità: un misto di frustrazione e rabbia l’assalgono, e sono sensazioni così forti che la spingono a lasciare la mano del suo uomo e tentare inutilmente di farsi avanti, quasi potesse, Lei sola, fermare il massacro.
   “Fermatevi! Non ha senso fare questo! Fer…” ma con una mano Andrè le tappa la bocca, e con l’altro braccio l’attira contro di sé:
 “Zitta! Ti faranno fare la stessa fine se ti sentono!”
    L’ex attendente non si sbagliava di certo: i parigini che erano attorno a loro si erano già infastiditi per lo strano impeto con il quale quell’ambiguo soldato difendeva quel bastardo di Launay.
    Un grido di gioia: Launay è morto, e la sua testa, ora, è un macabro trofeo da issare su di un palo, e da portare a capo di quella strana processione.
   Oscar, adesso, si è rilassata, sconfitta, contro il petto del suo uomo: e la mano che ancora le tappa la bocca è bagnata dalle lacrime di frustrazione che il comandante versa di fronte a quell’ingiusta crudeltà.
   Andrè la libera dal suo bavaglio, con un gesto rapido le asciuga gli occhi:
   “Purtroppo, temo che questo sia solo l’inizio”.
   “Non è giusto, Andrè…”
   “Lo so. Ma andiamo avanti. Dovrà finire questa giornata”.
    E i tre riprendono a seguire la folla, raggiante, che segue l’orrorifico totem che li guida.
    E Andrè aveva ragione: la giornata non era finita, e un’altra vittima attendeva la sua sorte.
    Intanto, la sete di sangue della folla sembrava essersi placata: molti si erano fermati, per asciugarsi il sudore del sole di luglio, qualcuno cercava già di commentare, altri si abbracciavano ancora commossi.
    Quei momenti di breve tregua furono interrotti da diverse voci: chi aveva guidato il corteo, tornava a gridare “Al Municipio!” e la massa riprese a muoversi, e così fecero i tre soldati. Il loro passo è sempre più stanco, e i loro occhi si fanno sempre più vuoti.
    Arrivati davanti al Municipio, piazzati i pali della vittoria con le teste infilzate, gli oratori iniziano il loro discorsi: l’avvenimento è stato solenne, ed è ora di celebrarlo.
   Oscar sa che, tra quelli che prenderanno la parola, Bernard non potrà mancare:
“Andrè, chissà dove sarà…”
“Parli di Bernard?”
“Si”
    E Alain, che finora aveva osservato un silenzio religioso, prende la parola:
“Parlate del vostro amico, quello che parla sempre? È lì, in quell’angolo: ha già iniziato…”
    Ed era lì Bernard, circondato dai parigini che, come al solito, pendevano dalle sue labbra.
    E Oscar e Andrè si avvicinano alla folla di uditori: e ascoltano il loro primo discorsi da cittadini comuni.
   Ed è raggiante Bernard, quasi come se durante la giornata le strade di Parigi fossero rimaste pulite, e non zuppe di sangue come in realtà erano.
   “Cittadini! Questo è il premio del vostro splendido coraggio![4] Che gli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità acquistino da oggi nuovo valore! È questa la tua vittoria, popolo di Parigi…  essere entrato nella storia dell’umanità! Ma c’è ancora un neo che dobbiamo cancellare da questo giorno… Jacques de Flesselles[5], a cui noi abbiamo affidato la nostra città, ci ha tradito. Dimostriamo la nostra grande forza: consapevoli del valore della giustizia, portiamolo al Palace Royale, è lì sottoponiamolo a giusto processo! ”
   Ma ovviamente, la folla che aveva applaudito l’oratore, del valore della giustizia capì ben poco: e il povero de Flesselles venne trascinato al centro della piazza[6], e subì la stessa fine di Launay.
   Di fronte a questa nuova crudeltà, il Biondo Comandante non reagì nemmeno: era inutile gridare, e non avrebbe potuto far nulla nemmeno se avesse avuto a disposizione non una, ma cento spade.
   E dire che nella sua vita di sangue ne aveva visto tanto: ma non ci si abitua mai allo spettacolo della crudeltà.
 Il suo sguardo era ancora perso nel vuoto, quando senti una lieve pressione sul braccio: si girò, e incontrò gli occhi di Rosalie, ora Signora Chatelet, moglie di quell’uomo che smuoveva le folle, ma tanto diversa da lui, che se l’evidenza dei fatti non lo avesse negato, si poteva credere che un connubio del genere, fra due esseri così distanti tra loro, fosse praticamente impossibile.
  E fu Rosalie la prima a parlare:
“Monsieur Oscar! Come sono contenta di vedervi qui, con noi! Io lo sapevo, Monsieur… sapevo che sareste stato con noi in un giorno grande come questo”
   “Non credere Rosalie. Le grandezze sono sempre relative”.
E fu questa la strana risposta del Biondo Comandante.
 
  
 


[1] È vero: la Bastiglia era una prigione piccola e mal presidiata, il 14 luglio vi erano solo trenta guardie e diversi invalidi di guerra a protezione dell’ormai famoso baluardo.
[2] Eh già… all’epoca del 14 luglio la Bastiglia “ospitava” solo sette prigionieri, di cui quattro falsari, un incestuoso, un uomo ritenuto complice in un attentato al Re e un nobile caduto pazzo… e questo, va a confermare che, più che altro,durante il famoso giorno ad essere attaccato fu niente di più che un simbolo.
[3]“ Lungo la strada, in piazza de Grève, Launay fu preso dalla folla e linciato. Uno degli insorti lo decapitò e infilzò la testa su una picca” da Wikipedia, alla voce “Presa della Bastiglia”.
[4] Questa frase, in realtà, la dice Oscar in punto di morte, nel manga… il resto, lo sto inventando tutto io… ed è difficile essere all’altezza di chi fu un così grande arringatore! Speriamo di riuscirci!
[5] Era una sorta di “sindaco” di Parigi.
[6] In realtà, fu ucciso per strada del Palace Royal… ma mi sono presa una licenzaJ

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Capitolo 4
*** Interno notte ***


Grazie a tutte voi che avete recensito!
E soprattutto, grazie per aver apprezzato “il mio sforzo” di mantenermi quanto più aderente possibile sia alla verità storica che ai personaggi…
La mia passione per Le rose di Versailles è iniziata con la serie animata, ma… la vera Oscar, quella più umana, è quella del manga!
Apriamo la parentesi Rosalie: io, la prenderei volentieri a pugni, ma c’è, quindi… usiamola! Se sarò troppo cattiva con lei, vi prego ditemelo!
Questo sarà un capitolo “di pausa”… al prossimo, torneranno gli avvenimenti storici… e devo dire che ho avuto difficoltà a scriverlo… questo è quello che è uscito fuori!
Buona letturaJ
 
 
 
 
     Rosalie non ebbe il tempo di riflettere su quella strana risposta: l’oratore suo marito, facendosi largo fra la folla in delirio, l’aveva raggiunta e ora sorrideva all’ex comandante.
    “Sapevo che sarebbe finita così! Allora, Oscar… da questo momento possiamo chiamarti cittadina! Andrè, ben ritrovato… e tu devi essere il cittadino Alain, se non sbaglio!”
    Un entusiasmo eccessivo, che Oscar riteneva improprio in quella piazza, ma  quello era, anche per Bernard, il “suo giorno”.
     “Sì, Bernard. Da oggi, sono una cittadina anch’io. Del resto, del titolo non ho mai saputo che farmene…” e fu quasi una risposta a se stessa, quella della donna, che riassumeva brevemente il suo passato e il suo futuro in una frase.
   Si era all’imbrunire: la massa di parigini scemava verso le vie o le taverne. Quasi tutte le donne si erano ritirate, e quelle ancora presenti stavano per farlo.
La stanchezza ha il potere di spegnere tutto, nell’uomo, anche l’impeto più rivoluzionario: e per quel giorno, di avvenimenti storici ce ne erano stati abbastanza per tutti, nella città di Parigi.
    Anche Bernard era stanco: la giornata era stata particolarmente lunga, e portava in sé le promesse di un impegno che si sarebbe triplicato, per un rivoluzionario come lui.
      E l’oratore si girò verso la moglie, e le disse: “Rosalie,immagino che tu sia ancora più  stanca di me. Credo che ora sia giunto il momento di tornare a casa. Dammi il tempo di tornare dai miei compagni, e sarò subito da te”. Prima di andare, si rivolse all’ex comandante e al soldato che le stava più vicino: “Voi due, ovviamente, siete ospiti di casa Chatelet.” E andò via, senza aspettarsi repliche.
    Del resto, né Oscar né Andrè ne avrebbero fatte: erano stanchi anche loro, e anche Alain lo era, forse più di tutti. Del resto, era lui l’unico che tornava a casa, qualunque essa fosse, solo. E fu lui il primo a parlare:
    “Ragazzi… io abito qui vicino, ed è arrivato il momento di  ritirarmi. Mi raccomando, Andrè: non dimenticarti di me, anche se sta notte non dormirai nella mia stessa stanza! Ci vediamo domani, ma non prima di mezzogiorno: ora che non sono più un soldato, mi voglio concedere qualche ora in più di sonno! A domani, ragazzi!”.
    E il gigante aveva appena finito di parlare, ed era già scomparso tra la folla, portandosi dietro la sua solitudine.
    Tornò Bernard, prese per un braccio Rosalie, guardò negli occhi i due nuovi concittadini, e tutti e quattro si incamminarono, in muto accordo.
    Durante il tragitto, poche parole: nessun accenno al futuro, come se il giorno glorioso che si stava concludendo fosse già lontano secoli.
   Arrivarono davanti alla casa dell’oratore: Oscar e Andrè c’erano già stati[1], qualche tempo prima, ma mai avrebbero pensato che quella piccola costruzione sarebbe stata per loro un rifugio.
   Entrarono dentro: niente a che vedere con Palazzo  de Jarjayes, ma una vera reggia in confronto alle altre case di Parigi.
   Rosalie interruppe quello strano silenzio che li accompagnava dalla piazza:
    “Prego, Monsieur… Andrè, accomodatevi. Siamo tutti molto stanchi… vado a preparare una tazza di thè. Farà bene a tutti quanti… nel frattempo… bhè, Bernard, pensaci tu”. E Rosalie, uscì.
    Si sedettero tutti e tre: Bernard prese posto su una sedia, Oscar e Andrè su di un divanetto poco distante.
   Un gesto discreto, anche insignificante: ma a Bernard bastò per capire che quello che aveva da sempre intuito era vero, che ora la rosa era sbocciata, e che presto Oscar il suo altisonante cognome l’avrebbe perso veramente, sostituendolo a quello più modesto del suo compagno.
   Tornò Rosalie, posò il vassoio sul tavolo, e furono tutti seduti davanti alle loro tazze.
    Oscar osservava Rosalie: era stranamente agitata, lei sola, in mezzo a quella strana calma apparente che si era creata.
    “Rosalie, che c’è?” disse infine l’ex comandante.
   “Ecco, io… Monsieur, perdonatemi, sono imbarazzatissima… ma vedete, non so proprio come fare… la nostra casa è piccola e… non… insomma, non abbiamo due stanze per gli ospiti!”
    E fu come un po’ di sole dopo una tempesta violenta: Oscar si girò, forse non doveva, forse era troppo audace, forse anche non molto educato ma… incontrò gli occhi di Andrè, gli strinse la mano, e tutti e due, incredibile a dirsi, iniziarono a ridere di vero cuore, di una risata fatta di complicità maliziosa.
   Un comportamento inspiegabile, agli occhi della povera padrona di casa, che ora guardava interdetta suo marito.
   “Rosalie, andiamo!” le disse allora l’oratore, “Sei la moglie di uno dei più ferventi sostenitori della religione dei Lumi[2] e ti fai ancora problemi nel far dormire nella stessa camere una coppia non sposata!”
     Bernard pronunciò quella parole con un tono quanto più neutro possibile, ma la battuta servì comunque a bloccare l’ilarità della coppia  non sposata in questione.
    Riprendendo la sua compostezza, Oscar disse “No, Bernard. Rosalie ha ragione… se per lei è un problema, noi…”
    Ma Rosalie iniziava a rendersi conto della situazione solo in quel momento[3]: sentì che le guance le si facevano di fiamma, si alzò dalla sedia, e tentò di dire qualcosa:
    “Oh… ma allora voi…”
     “Sì, Rosalie” , le  rispose Andrè, “ma non preoccuparti: non abbiamo intenzione di vivere nel peccato ancora per molto!”
    E fu il turno di Bernard: “Bene, ragazzi! Le nostre più sentite congratulazioni per il vostro…[4] per la vostra decisione! Ora però, Rosalie, credo che Oscar voglia rinfrescarsi, accompagnala di sopra… Andrè, se non ti dispiace perdere ancora un po’ di tempo, vorrei parlarti. Da solo”.
   “Volentieri, Bernard” fu l’educata risposta di Andrè, che in quel momento tutto avrebbe voluto fare tranne che sentire l’ennesimo discorso del suo ospite. Ad ogni modo, bisognava restare: si girò verso Oscar, che nel frattempo si era alzata. Cercò di indovinarne l’espressione del viso, fra i tratti confusi che gli restituiva la poca vista rimasta.
   Distingueva la sua figura, che avrebbe riconosciuto sempre, intuiva ogni sfumatura della sua postura, che ora rivelava una sottile tensione: aveva percepito chiaramente che si era rilassata, prima, quando rideva, e l’aveva poi sentita irrigidirsi alle parole di Bernard che gli chiedevano di restare ,ma non osava sperare ancora che il nervosismo tradito, seppur così impercettibilmente, dalla donna soldato, fosse dovuto all’ennesimo contrattempo che li allontanava.
   E intanto, la donna soldato seguiva sulle scale la moglie dell’oratore, provando delle strane sensazioni. Era la prima volta che “la mandavano a rinfrescarsi”, escludendola gentilmente dai “discorsi da uomini”. E lei, e non sapeva perché, non aveva controbattuto… Non sapeva come sentirsi a tal proposito: ci si doveva abituare? E perché, poi?
     Il torrente della sua coscienza fu interrotto dai movimenti di Rosalie, che aprì la porta di una piccola stanza: pulita, ma dall’arredamento scarno.
    Un solo letto al centro, una sedia e un comodino, e delle candele sopra: questo era tutto.
    E Rosalie parlò: “Monsieur… anzi no, Madame…no, ancora no…”
“Oscar, Rosalie, andrà benissimo solo Oscar, da oggi in poi”.
“Sì, certo… ecco io, mi scuso ancora per poco fa…”
“Non è necessario scusarsi,credimi”.
“Se avete bisogno di qualcosa…”
“Rosalie… se non è troppo disturbo… vorrei lavarmi”.
“Oh, ma certo! Vi porto subito l’occorrente… aspettatemi qui”.
    E Rosalie tornò subito dopo, con un piccola tinozza in legno. Oscar non si aspettava di certo una vasca, magari di marmo come quella che aveva a palazzo, ma fu comunque stupita dalle dimensione dell’oggetto: come ci si lavava dentro una tinozza così piccola?
    Un altro pensiero  spontaneo: benvenuta nel tuo nuovo mondo, Oscar. Se ne stupì: possibile che non avesse mai dato troppo importanza al lusso perché ne era totalmente assuefatta? Vista così, la sua vita fino a quel momento non sembrava poi tanto diversa da quella di tutti gli altri nobili corrotti contro cui aveva sempre cianciato.
    E d’improvviso, si vergognò amaramente di se stessa: bene, se tutti si lavavano senza difficoltà con questi oggetti, anche lei poteva farlo.
    Rosalie interruppe nuovamente i suoi pensieri:
“Adesso vi porterò l’acqua, che ho messo sul fuoco… è luglio, ma non credo sia bene lavarvi con acqua fredda.”
 Perché Rosalie le diceva questo? Si vedeva già così tanto che era malata?
    “Poi… immagino vorrete cambiarvi… posso lavarvi l’uniforme, ma non so se i vestiti di Bernard vi andranno bene… forse per Andrè…”
    “Andranno benissimo lo stesso, Rosalie”.
    E quest’ultima uscì, e l’ex comandante rimase nuovamente sola. Si sedette sul letto, indecisa sul da farsi: ma tanto valeva spogliarsi, e togliersi di dosso la pesantezza e l’odore di quella giornata.
    Rosalie tornò, aprì la porta, e la donna soldato era coperta solo dalla sua biancheria.
    Quella che la moglie dell’oratore aveva davanti era sicuramente una donna, ma non poté non provare una sorta di timore reverenziale nel guardarla, e restò attaccata alla porta, indecisa se avanzare o meno verso quell’idolo vivente, con le braccia allungate dal peso dei due secchi che portava, con il sapone in bilico sotto un braccio e le tovaglie sotto un altro.
    Un tempo Rosalie aveva amato la donna che ora aveva di fronte, sebbene innocentemente, e durante la sua permanenza a palazzo non aveva mai avuto modo di vederla senza vestiti, e ora, guardandola, vedendola così inequivocabilmente diversa da come l’aveva un tempo pensata, le sembrava di sciupare un bellissimo ricordo.          Oscar se ne accorse, del timore dell’altra, e stranamente ne ebbe fastidio: in fondo, cosa c’era di male se una donna del popolo ne aiutava un’altra, in una situazione del genere, dopo una giornata come quella?
    “Entra, Rosalie” disse per spezzare la tensione creata nella stanza.
    “Vi ho portato l’acqua, e il sapone… e le tovaglie… sono due secchi pieni, nel caso in cui dopo volesse lavarsi anche Andrè”   
    “Grazie… e dopo… per buttarla?” e la domanda sembrò sciocca, a Oscar, ed effettivamente lo era: ma lei non se ne era mai occupata, di queste questioni “logistiche”… dopo il bagno, c’erano sempre  due o tre cameriere che si provvedevano a questi piccoli problemi.
   Ma quelli, ora erano altri tempi, di un’altra vita.
   “Buttatela dalla finestra, come tutti”.
   “Oh… si, certo…” che sciocca. Non ci aveva pensato.
   “I vestiti li darò ad Andrè, che è ancora giù… chissà cosa avrà poi da dirgli, Bernard!” e rideva, ora, Rosalie, un po’ per spezzare la tensione, un po’ perché più stava là è più si accorgeva che, in fondo, l’idolo vivente era simile a lei in tutto.
    Fatta meglio, forse, ma simile a lei, in tutto. E mentre pensava questo, versava l’acqua di un secchio nella tinozza. Quando fu tutto pronto, uscì, e l’ex comandante si trovò di fronte all’ennesima battaglia.
   “Bene. A noi due, piccola tinozza”. Sorrise, e constatò che era più facile di quello che pensava: bastò mettersi in piedi dentro l’oggetto che tanto l’aveva fatta riflettere, piegarsi un po’, e il tutto il suo corpo si liberò della polvere del 14 luglio di Parigi.
   Uscì dalla tinozza, si avvolse in una tovaglia, ed eseguì per la prima volta un’azione che, stranamente, la divertì: aprì la piccola finestra, e rovesciò fuori l’acqua, che divenne così per un breve istante una piccola cascata.
    Chiuse la finestra, e riportò la tinozza al suo posto. Doveva ammetterlo. Era stato faticoso… una dama di Versailles non sarebbe nemmeno riuscita a spingerla, una tinozza piena. E Rosalie, la piccola Rosalie, si trascinava dietro due secchi pieni… Ma che vita aveva fatto, fin ora, il comandante Oscar, che pensava di aver vissuto le situazioni più estreme?
   Si sdraiò sul piccolo letto, e chiuse gli occhi: la stanchezza era tanta, e stava per addormentarsi, quando il rumore della porta che si chiudeva la destò.
   Era Andrè, con ancora la divisa, e dei vestiti di Bernard sul braccio. Ed era anche più imbarazzato di Rosalie[5], anche lui attaccato alla porta, anche lui con le braccia piene, anche se di un carico molto più leggero.
    “Rosalie ci ha dato questi, per noi”.
     “Si, lo so. Ma che fai li, impalato? Avvicinati”.
E sorrise, l’ex comandante, al suo uomo che aveva già dormito con lei, ma che ancora si imbarazzava. Poi pensò che il suo uomo non lo vedeva, il sorriso che era solo per lui,  e gli morì, così come era nato, sulle labbra.
    “C’è dell’acqua… nel caso in cui volessi lavarti… ma lo sai che dopo la tinozza si svuota buttando l’acqua dalla finestra?”
    “Si, certo.”
Ah, vero… avevano vissuto insieme, sotto lo stesso tetto, ma lui dopo il bagno, non veniva aiutato dalle cameriere.
   E intanto Andrè si spogliava, e fu la volta dell’ex comandante di imbarazzarsi. Si diede ancora della sciocca: in fondo, quello era suo marito.
   Alla luce fioca e tremolante delle poche candele della stanza, le parve ancora più bello: era una sensazione nuova, per lei, che pure aveva condiviso la vita con Andrè, ma che non lo aveva mai visto in una situazione così intima come quella del bagno.
    Si alzò, e verso l’acqua del secchio rimasto nella tinozza.
     “è fredda” disse l’ex comandante.
     “Non preoccuparti… non sarà poi più fredda dell’acqua che avevamo nel pozzo!”
     Vero. Lui non aveva avuto le cameriere che si occupavano di riscaldargli l’acqua.
     “Vieni Andrè. La tinozza è qui, al centro della stanza”.
      “Oscar! Non sono ancora a questi livelli, sai?” e cercò di pronunciare quella frase con un tono quanto più scherzoso possibile, ma non ci riuscì, anche perché non era vera. Non era vero che la vedeva, quella maledetta tinozza: forse, di giorno, ma con la luce di poche candele tutto era buio, per lui.
      Si stupiva dell’insensatezza di quella frase: che l’orgoglio di Oscar l’avesse contagiato? Lei voleva solo aiutarlo, forse ancora era po’ rude, ma… del resto, era tutto nuovo per lei, e tutto molto più difficile.
    Non senza difficoltà, cerco di capire come doveva fare per lavarsi. Oscar se ne accorse, delle sue difficoltà: con un po’ di contorsionismo, lei c’era riuscita a sconfiggere la piccolezza di quell’arnese, ma per Andrè era diverso… con tutta la buona volontà di questo mondo, non ci sarebbe mai riuscito.
    Lo guardò ancora, mentre tentava di capire come poteva fare: un secondo, e tutti e due scoppiarono a ridere, di un riso amaro: lui perché si sentiva ridicolo, lei perché pensava che quella, per essere la loro prima difficoltà, era veramente stupida.
    “Aspetta” disse infine la donna soldato “ti aiuto io. Quella tinozza è veramente piccola per te.”
Prese allora una tovaglia, la immerse nell’acqua, si portò dietro le spalle del suo uomo, e iniziò ad usarla come fosse una spugna.
    Si rese conto che aveva iniziato dalle spalle perché era decisamente la parte più facile… ma che cos’era, quella stretta allo stomaco? L’avrebbe provata ogni volta che gli si avvicinava, o si sarebbe abituata?
Però, non era affatto spiacevole… ed era estremamente bello quel senso di calore che li avvolgeva, come se esistessero solo loro due sulla faccia della terra, illuminati da quelle candele. Ma era chiaro che, quel giorno, l’ex comandante non aveva tanto tempo da perdere in riflessioni. Si sentì afferrare le mani, e in un attimo si trovò abbracciata al suo Andrè. Un attimo solo di silenzio: il biondo di lei avvolgeva le spalle bagnate di Andrè, e le sue braccia bianche strinsero più forte il petto dell’uomo, immerso in quella strana tinozza.
   “Oscar” disse infine Andrè, rompendo l’atmosfera “ora avrai bisogno di tutto il tuo coraggio.[6] La parte più difficile sarà la tua…”
Lei tentò di muoversi, voleva rispondergli, dirgli che non era vero… ma lui la tenne salda, e lei capì che per Andrè era più facile affrontarla così, di spalle.
   “Io… io non vedo più niente. E per te tutto sarà diverso… non ti aspetta una vita facile. Questo, è solo l’inizio. Forse… se tu volessi… sei in tempo…potresti tornare…”
No. Questo no. Non poteva sopportarlo. Si staccò, dolcemente, riprese la tovaglia che le era caduta, e continuò da dove aveva staccato.
    “Io non andrò in nessun posto senza di te”. E fu tutto quello che l’ex comandante disse, ma ad Andrè bastò.
   Fu libero anche lui dalla polvere di Parigi, uscì da quella tinozza che era stata spunto di tante riflessioni, e l’aria divenne più leggera, nella piccola stanza.
   “Andrè, ma sai che è divertentissimo buttare l’acqua dalla finestra? Io non l’avevo mai fatto!”
    “Bene, rifallo tu se ti entusiasma così tanto!”
E c’era la complicità dei due vecchi amici fra loro, e la dolcezza dei nuovi amanti.
    “Basta aprire la finestra e…” E la via della casa dell’oratore fu nuovamente bagnata d’acqua e sapone.
     “Bravissima, diventerai un’esecutrice provetta di questa pratica!” e rise Andrè, questa volta di riso disteso, una risata aperta che fece bene al cuore di Oscar, che gli rispose seria: “imparerò, Andrè. Imparerò tante cose di questa nuova vita. E imparerai anche tu…”
    E Andrè abbraccio quella sua donna che aveva vissuto in maniera così strana,  e se qualcuno fosse passato davanti quella casa, avrebbe visto una coppia indubbiamente innamorata che guardava speranzosa al suo futuro, anche così, davanti un vicolo bagnato di una Parigi sconvolta.
   Chiusero la finestra, e poi non ci fu più bisogno di parole. Il piccolo letto che li ospitava  fu pieno delle dolcezza dei loro gesti e dei loro movimenti, che si sostituivano lentamente  alla frenesia della loro prima volta, e cancellava la brutture della giornata.
      Dopo, quando la chioma d’oro dell’ex comandante si intrecciava sul cuscino a quella mora del suo compagno, improvvisamente, Oscar si alzò a sedere sul letto e disse: “Andrè! Ma che voleva Bernard?”
    “Ah, già”. E si mise a sedere pure lui, cercando le parole adatte. Quella notte le spiegazioni non finivano mai.
    “Vuole aiutarci. Credo che non si sia perdonato, a dispetto di quando sembri, per… insomma, per il mio occhio.”
     “Vuole aiutarci? In che senso?”
     “Oscar… noi, ora dobbiamo ricominciare da zero… costruirci una vita. Non sarà facile. E poi… tu sei una nobile. Ti sei schierata dalla parte del terzo stato, d’accordo… ma di questi tempi, la gente non dimentica. L’amicizia di Bernard ci sarà preziosa, da questo punto di vista. E poi… è un uomo perspicace. Domattina andrò con lui a cercare un buon dottore… per visitarti.”
    “Glielo hai detto?”
     “Lo ha capito da solo. E ha capito anche che non ci vedo… ma per me, ormai, non credo ci sia più niente da fare.”
     “Non dire così!” e il biondo comandante fu scossa da un brivido in pieno luglio: quel tono placidamente rassegnato del suo compagno le fece male.
    Andrè le accarezzava i capelli, e lei si abbandonò contro il suo petto. La sentì prendere fiato, e dire:
    “Cercherai solo un dottore?”
     “Oscar! Ne vorresti due?”
     “Stupido! Non intendevo questo!”
      “Scusami… non ti capisco…”
      “Non pensi che… si, insomma… che sarebbe il caso di cercare anche un prete?”
Allora era vero… voleva sposarlo, voleva diventare sua moglie, sua davanti agli occhi di Dio e di tutti… Ma l’ex comandante interpretò male il silenzio del suo uomo, si staccò da lui e ora lo osservava incerta.
    “Andrè, io pensavo che…”
    “aspetta Oscar. Manca una cosa ancora…”
Si portò al centro del letto, così da trovarsi proprio di fronte a lei. Le prese le mani, si schiarì la voce…
    “Oscar François… mi concerete l’onore di diventare mia moglie?”
     “ti prego… richiedimelo, e non come un damerino!”
Effettivamente, la frase era sembrata stonata  e poco autentica anche a lui, su quel letto. Fece una piccola pausa
     “Oscar… mi vuoi sposare?”
      “Si!”.
E le parole avevano il giusto tono, questa volta.
 


[1] Episodio del manga: Oscar e Andrè si recano notte tempo da Bernard per chiedere una mano all’ex Cavaliere Nero per la liberazione di alcuni soldati di Oscar imprigionati per non aver obbedito agli ordini.
[2] In realtà, non se gli Illuministi si pronunciarono a riguardo di tal materia… bhè, diciamo che è una licenzaJ
[3] È Rosalie, che vogliamo farciJ sono stata troppo cattiva?
[4] Eh, già… che cosa è il loro? Un fidanzamento?
[5] In fondo… sono all’inizio della loro storia, l’imbarazzo è fisologicoJ
[6] Eh eh… frase rubata “pari pari” dal film “Lady Oscar”… film che sconsiglio a tutti, specie ai fan… per gusto personale, l’ho odiato.

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Capitolo 5
*** Di pensieri, visite e rivoluzioni. ***


Di pensieri, visite, e rivoluzioni.
 
 
    La mattinata  del 15 luglio annunciava una giornata tesa, carica di promesse di avvenimenti che avrebbero segnato il corso dell’esistenza del popolo francese, così come lo era stata quella precedente.
    Erano già le dieci quando Rosalie decise di bussare alla porta della stanza che ospitava l’ex comandante, che, lei sapeva, non aveva mai dormito così tanto.
   Al suono del suo bussare discreto seguì un impercettibile “avanti”. E ancora una volta Rosalie dovette costatare che quella che aveva davanti era inevitabilmente una donna in carne ed ossa e non l’idolo per cui provava, dalla sera prima, solo un residuo di timore reverenziale.
    La figura scomposta[1]dell’ex comandante denunciava in pieno che anche parte della sua nottata era stata “scomposta”, e che il riposo che ne era seguito aveva risentito delle ridotte dimensioni del letto.
    Tirandosi su, Oscar si rese conto che anche a quella comodità non aveva mai fatto caso: nella sua stanza, aveva avuto a disposizione un letto che avrebbe potuto ospitare tranquillamente battaglie amorose molto più furenti di quella che aveva affrontato, e anche nell’alloggio in caserma disponeva di un letto molto più grande.
    O forse, era solo un’impressione, perché in fondo non lo aveva mai diviso con nessuno.
    “Buon giorno, Rosalie… ma che ore sono?”
     “Le dieci”.
     “Le dieci? Davvero? Non avevo mai dormito così a lungo!”
     E Rosalie decise di spegnere anche l’ultimo barlume di sacralità che quella donna le aveva sempre ispirato: si avvicino al letto, si sedette sulla sponda, e parlò con un tono che avrebbe usato solo con un’amica di sempre, quando si sente che c’è nell’aria la voglia di raccontarsi:
    “Bhè… dipende da che ora vi siete addormentata ieri sera…”
Inutile dire che l’ex comandante si stupì enormemente di quell’atteggiamento: guarda un po’ Rosalie come è diventata temeraria!sarà la vicinanza di Bernard! E sorrise, involontariamente, e il sorriso venne interpretato dall’altra come la più eloquente delle risposte, e la incoraggiò ad andare avanti:
    “Ora cosa pensate di fare?”
    “In realtà, non so proprio da dove dobbiamo iniziare… però, una prima cosa è necessaria: Rosalie, dammi del tu. Io non sono più una contessa”
     “Si… scusate, è l’abitudine…ah, l’ho rifatto! Non cambierò mai!”
La vicinanza di Bernard, pensò Oscar, dovrà lavorare ancora un po’.
    “E tu, Rosalie… come stai? Non abbiamo avuto modo di parlare… ti trovi bene qui? Sei felice?”
    “Certo che mi trovo bene… io qui ci sono nata!”
Ah, vero. Un errore di pensiero, un’altra volta… Rosalie non aveva dovuto adattarsi, quella di Parigi non era una nuova vita, per lei.
    “Per quanto riguarda il matrimonio… Bernard è un uomo splendido… ma ci vediamo poco, per via del suo impegno… e poi…” E Rosalie abbassò lo sguardo: era il caso di continuare con le confidenze?
    “Noi non… non abbiamo ancora avuto figli…”
Una strana sensazione si fece strada nell’ex comandante: in primo luogo perché nessuno mai le aveva parlato in questo modo, aprendole il proprio cuore solo per il piacere di condividere con lei i propri vissuti, e la cosa non le dispiaceva affatto. In secondo luogo perché, vista così, una cosa che avrebbe dovuto non importare più di tanto ad un soldato, accendeva il lei una strana sensazione di compassione: non riusciva a definire bene il dolore di Rosalie, ma ne intuiva la profondità… ne sentiva quasi lo spessore, anche se non riusciva a toccarlo. E ora? Cosa le rispondo?
    “Siete giovani, ancora… arriveranno”.
Un luogo comune, in questi casi, ci sta sempre bene, da entrambe le parti:
   “Speriamo” rispose infatti Rosalie, e si alzò, intuendo che il momento di confidenze mattutine era finito.
    “Mi sono fatta prestare dei vestiti dalla mia vicina: ha un figlio molto più magro di Bernard… dovrebbero andarvi… andarti bene. Li vado a prendere, aspettami”. E uscì, e Oscar rimase solo con i suoi pensieri.
    Aveva cinque sorelle: nessuna le aveva mai fatto una confidenza, né chiesto un consiglio, di nessun genere. Si chiedeva ora se la cosa le fosse mancata: ma… quanta parte di vita non aveva vissuto? Senza essere né uomo, né donna… si era persa la grande maggioranza delle gioie di una vita normale di entrambe le metà del cielo.
   Tornò Rosalie, indossò i vestiti di uno sconosciuto, che tutto sommato le andavano bene, e scese con lei a mangiare qualcosa… davanti alla tavola, le venne un dubbio: ma Andrè, a che ora era uscito? Non aveva mai avuto un sonno pesante, come è che non lo aveva sentito? E lui, aveva mangiato?
    “Rosalie… ma a che ora è uscito Andrè?”
     “Quasi due ore fa… è con Bernard, quindi non tornerà prima di qualche ora”
      E l’ex comandante disse di getto  “lui ha mangiato?”
Che domanda stupida! Ma da dove le veniva fuori?
     “si, non preoccupatevi… comunque, è normale preoccuparsi!”
      “se lo dici tu…”
Altra risposta convenzionale… che la malattia le stesse azzerando l’uso della ragione?e mentre mangiava, un pensiero terribile le si formò in testa: cosa avrebbe fatto tutta la mattinata? Non aveva più un reggimento che l’aspettava… sarebbe stato sempre così? A casa, ad aspettare Andrè che tornasse… no, non poteva essere… doveva fare qualcosa, altrimenti sì che la sua ragione ne avrebbe risentito!
Ma, almeno per quella mattina, i progetti erano bloccati: non poteva fare nulla, se non aspettare.
“Oscar…” e le sembrò strano il suo nome pronunciato da Rosalie “io devo uscire”.
“Ed io verrò con te”. Perfetto, aveva qualcosa da fare… e poi pensò che sì, effettivamente qualcosa da fare ce l’aveva.
    Tutto sommato, la mattina passò più in fretta di quanto temeva: Rosalie la portò al mercato, e Oscar scoprì un mondo diverso, dove chi aveva qualcosa da dire o da dirsi lo faceva senza tanti complimenti.
    La gente si guardava dritta negli occhi, a Parigi: a Versailles questo non succedeva mai.
     Tornate a case, l’ex comandante si scoprì stanchissima e febbricitante: la tisi si faceva sentire, e il pensiero di poter contagiare gli abitanti della casa, per un attimo le bloccò il respiro: possibile che non avesse pensato neanche a quello? E Andrè? Troppe domande, quella mattina, troppe constatazioni, troppi pensieri: e Oscar sentì arrivare quell’orrenda sensazione al centro del petto, e fu scossa da un forte tremito. Poi, l’accesso si fece più violento: la tosse la scuoteva interamente, tanto da costringerla ad appoggiarsi a Rosalie, che era già in cucina quando l’ex comandante la crisi era iniziata, ed era subito corsa ad aiutarla.
   La tosse si calmò e lasciò Oscar stremata sul divano della piccola casa. Rosalie, con una vistosa macchia di sangue sul vestito, la guardava sconcertata… Bernard aveva ragione, la sera prima a letto: il pallore della donna soldato non lasciava dubbi.
    “Rosalie… ti sarai prese di paura…”
     “Oscar… da quanto tempo…”
      “Non da tanto. E poi, non aveva mai tossito così a lungo… mi dispiace, ti ho macchiato il vestito…”
     “Non preoccuparti di questo… devi guarire Oscar!”
      “Andrè è andato a cercare un dottore, sta mattina… e io…”
     Come se fosse stato evocato, Andrè entrò seguendo con passo incerto Bernard. I due si accorsero subito che qualcosa non andava.
     “Rosalie, cosa è successo, sei tutta sporca di sangue!”
      “Bernard, non preoccuparti, non è mio è che…”
E Rosalie non seppe continuare, e pur non vedendo molto, Andrè si avvicinò alla sagoma distesa sul divano. Ogni suo movimento tradiva la fatica di mantenere una calma almeno apparente.
   Ad Oscar era stato imposto di controllare e soppesare anche il più piccolo dei movimenti, e  anche il più banale dei comportamenti era sempre passato al vaglio della disciplina impostagli praticamente da sempre: tuttavia, quella mattina era stata troppo densa, e, incredibile a dirsi, la paura di morire l’aveva adesso totalmente vinta: fu per questo che, inaspettatamente, l’ex comandante si dimenticò della presenza di terze persone in quella piccola stanza e gettò le braccia al collo del suo uomo. Non disse una parola, ma si nascose contro il suo petto, e in quel gesto c’erano tutte le richieste di questo mondo.
    Andrè le accarezzò i capelli, e lei prese a tremare: il conforto ricevuto iniziava a far emergere ancora di più la sofferenza della donna soldato.
   Oscar aveva ceduto, per la prima volta nella sua vita: Andrè lo capì, la prese in braccio, e lei lo lasciò fare, poi si girò verso Bernard e Rosalie e disse loro:
    “La porto un attimo di sopra, a riposare…”
 E cercò di non sbagliare a posare i piedi sugli scalini, e cercò di aprire la porta giusta e di riconoscere la stanza. Ma i suoi sensi erano allenati, e ci riuscì perfettamente.
     L’ex comandante non aveva detto ancora neanche una parola: si aggrappava alla camicia del suo uomo, e così gli chiedeva silenziosamente aiuto.
    Appena Andrè la posò sul letto, sembrò risvegliarsi, ma riuscì solo a dire:
     “Andrè… ho avuto paura di non farcela…”
      “Lo so. Non preoccuparti: Bernard ha un sacco di amici, e fra loro c’è un valente medico. Siamo stati da lui, oggi, e ci ha assicurato che questa sera verrà a visitarti. Tu ora riposa…”
     “Sì, ma tu non lasciarmi sola…”
      “Sono qua”.
     E Andrè si sdraiò accanto a lei, e la strinse finché non si addormentò.  Non era passata mezz’ora, che sentì un forte bussare: sentì alcuni uomini in agitazione chiamare Bernard, e poi capì che si stavano uscendo con lui. Andrè capì subito che stava succedendo qualcosa di importante, anche quel giorno, e non solo dentro la stanza che lo vedeva ospite.
    Pensò di scendere di sotto, per chiedere a Rosalie, ma aveva paura che Oscar si risvegliasse nello stato. Si sentì strano, in quella situazione: aveva sempre badato a lei, ma non in questo modo.
     Era arrivato anche per Andrè il momento dei flussi di coscienza: sotto quale auspici stava iniziando la loro vita? Lui ceco, e lei tisica… e per la prima volta estremamente vulnerabile.
     Eppure, se avesse potuto vederla bene, si sarebbe accorto che nonostante il pallore, la bionda che giaceva sul letto sembrava veramente viva per la prima volta: un essere umano completo, con le sue gioie e le sue debolezze.
    La rivide mentre percorreva i giardini di Versailles, con la sua divisa e la sua spada, rivide i sorrisi delle dame che la vedevano passare, rivide lo sguardo curioso degli uomini sul suo corpo, rivide l’ombra strana che le velava gli occhi quando si scopriva un po’ troppo intenta a guardarlo, senza un apparente perché.
     E si rivide mentre la seguiva fra i giardini di Versailles, mentre rispondeva ai sorrisi delle dame che vedevano passare un bell’uomo che per loro non avrebbe comunque costituito un problema, rivide lo sguardo degli uomini che gli invidiavano ipotetici diritti d’accesso al corpo che loro potevano solo guardare, e si rivide mentre distoglieva gli occhi da quelli di Oscar, senza un apparente perché.
    Ora lo scenario era mutato: nulla a Parigi era lontanamente paragonabile allo splendore di quei giardini, e non c’erano più dame o cavalieri intorno a loro… non che la cosa gli dispiacesse, ma sicuramente tutto si rivelava più complicato del previsto.
    Non sapeva bene quanto tempo fosse passato, ma lo scorrere dei ricordi fu interrotto dal risveglio di Oscar:
    “Andrè” disse semplicemente lei, e lo osservava vagare per la stanza. E ne intuì i pensieri, le preoccupazioni, e si rivede mentre, ancora ragazzina, passeggiava con lui fra i giardini della sua tenuta, si fermava a guardare un fiore di campo, lui si abbassava e lo raccoglieva, glielo porgeva con un sorriso e lei lo ringraziava. Poi però nella sua stanza ripensava a quello che aveva fatto e lo vedeva come il più grande dei peccati, gettava via il fiore e andava a cavalcare, per ignorare l’inaspettato senso di calore che le invadeva il cuore.[2]
    Lui si avvicinò al letto, lei gli  accarezzò i capelli e disse “Ora sto meglio”. E poi un lungo silenzio, in cui passarono tutte le parole che avrebbero dovuto dirsi da anni ma che ancora si tacevano.
    Lei lo interruppe, e parlò:
     “Forse è il caso di scendere… la povera Rosalie si sarà spaventata da morire”
   E scesero giù, rassicurarono Rosalie, e rimasero con lei ad aspettare Bernard, che tornò a pomeriggio inoltrato, portando il suo entusiasmo e una grande novità: arrivato, non salutò nemmeno la moglie, andò direttamente dalla donna soldato e le disse:
    “Oscar! Un altro grande passo verso la libertà… qualche ora fa è stata nata la Guardia Nazionale!  Sarà un reggimento fatto di uomini valorosi, comandati da La Fayette, e avranno  il compito di proteggere il popolo francese… Oscar, LaFayette sa che sei qui da me: ha chiesto di te, e vuole parlarti… del resto, c’è bisogno  di elementi coraggiosi e valorosi e tu lo sei senz’altro, inoltre bisognerà reclutare uomini e istituire le gerarchie…domattina ti vuole incontrare, al municipio. Intanto, bisogna avvertire tutti, dirlo al popolo…Andrè! Jerome sarà qui tra poco… dopo, venite tutti e tre in piazza. Rosalie, tu vieni con me?”.
    Bernard era fatto così: spesso, l’impeto che lo caratterizzava gli faceva perdere di vista molte cose. Rosalie non ebbe modo di rispondere: si ritrovò scaraventata fuori, e si dirigeva con il marito verso la piazza, per assistere all’ennesima sua prova d’oratore.
    Oscar si rivolse allora ad Andrè:
    “Suppongo che questo Jerome sia il dottore…”
     “Si”
     “E verrà direttamente qui…”
      “Te l’ho detto: è un amico di Bernard… nonché un fervente rivoluzionario. È onorato di poter essere utile al comandante ribelle…”
      “Il comandante ribelle! Ora sarei questo…”
    E risero, per smorzare la tensione che era palpabile nell’aria… stare a casa ad aspettare un medico mentre fuori il mondo cambia, non è affatto facile.
Ad ogni modo, un bussare deciso annunciò l’arrivo del misterioso Jerome: era un medico giovane, poteva essere loro coetaneo.
    Entrò e disse subito:
    “Immagino che il nostro Bernard sia già ad arringare la folla!”
    Poi, rivolto ad Oscar:
    “e allora, voi siete l’ormai famoso comandante… io sono Jerome, e spero di potervi aiutare, anche come personale ringraziamento per il vostro fondamentale aiuto di ieri… se quei cannoni non avessero sparato, questa sera Bernard avrebbe poco da dire!”
     “Io ho fatto solo quello che ritenevo giusto…” disse allora Oscar, chiedendosi per quanto ancora sarebbe stata un eroe da riverire.
     Ma il medico era di modi schietti, e i complimenti erano già stati troppi:
    “Bene, adesso però, è meglio se iniziamo la visita…”
E furono di sopra, Oscar fu auscultata,  visitata e sentita. Alla fine, i modi del giovane dottore divennero più schietti e la voce meno festosa.
     E Oscar e Andrè, tesi come due corde di violino, lo guardavo cercare le parole, che arrivarono dopo un tempo che ai due parve infinito:
     “Lo sapete già: è tisi. La malattia è già in lei, ma è all’inizio… non so se potrà guarire, però alcuni accorgimenti sono necessari: per prima cosa, dovete evitare la fatica, e le emozioni negative. Dovete mangiare bene, riposarvi, ed evitare gli alcolici… per il resto, vi prescriverò delle tisane, e degli sciroppi… purtroppo, questo è tutto. Un’altra cosa… cercate di evitare qualsiasi… diciamo così… eventuale complicazione.” E il giovane medico scrisse qualcosa su di un foglio, lo diede ad Andrè mormorando un “mi raccomando”, raccolse le sue cose e con un  “Ci vediamo in piazza, cittadini” come saluto uscì, molto più timido di quando era arrivato.
    Ancora attimi interminabili… e poi Oscar disse, d’un fiato:
     “Del resto, lo sapevamo già…”
      “Tu guarirai, devi guarire”. E Andrè era deciso, determinato oltre ogni dire, ma Oscar si sentiva stranamente stanca,e non aveva voglia di controbattere. Cosa le riservava il futuro? Lo vedeva così incerto e così strano, da averne paura.
     “Adesso, usciamo” disse infine la donna soldato, che per quel giorno di metilazioni ne aveva già fatte troppe.
    Quando arrivarono in piazza, Bernard aveva già iniziato la sua orazione: diceva ai cittadini che quel giorno la rivoluzione aveva partorito la sua prima creatura, la Guardia Nazionale, i cui soldati avrebbero pensato a proteggere la gente comune.
    Presto, diceva Bernard, La Fayette in persona avrebbe parlato e spiegato…
    E Oscar si sentiva strana, pensando che su quella piazza era iniziato tutto e che su quella piazza poteva anche finire, tutto…
 


[1] Sarà stata umana almeno nel sonno!:-)
[2] Bhè… questi episodi ovviamente li sto inventando di sana piantaJ

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Capitolo 6
*** Scegliere ***


Scegliere
 
     Grazie mille a tutti per i vostri commenti e i vostri consigli! Sono felice che molte di voi apprezzino il fatto che la mia storia nasce dal manga… ma mi chiedevo una cosa… leggo spesso che la “Oscar del manga” (che è quella vera… non so perché, ma ogni volta che rivede l’anime noto sempre qualcosa di nuovo che “stona”  con il personaggio uscito dalla china della Ikeda) viene percepita come molto più ambigua… ora, a parte il famoso episodio del ballo in suo onore in cui bacia pubblicamente una donna (che poi, dico io, si vede mille miglia che è falsa come Giuda, tanto che subito dopo ci scappa un bel “quasi quasi” con Girodelle ) a me pare, invece, solo molto più “reale”! Sbaglio?
Un’altra cosa: perdonate i miei errori di battitura!!! Molto spesso, scappano “e” al posto di “a”… sono ancora una frana con le tastiere!
Oggi è il 14 Luglio! … “Vive la France”!
Buona letturaJ
 
    In piazza l’aria era caldissima. La gente c’era, anche se non come il giorno prima. Bernard era già nel pieno del suo elemento[1], e annunciava, con la sua solita retorica bruciante, la fondazione della Guardia Nazionale.
    Eppure, Oscar non si sentiva affatto tranquilla: non riusciva a capire bene perché, ma  non era entusiasta del fatto che a capo del nuovo reggimento ci fosse La Fayette. Decise comunque di aspettare l’incontro con lui per saggiare meglio le sue intenzioni, e intanto assisteva in mezzo agli altri cittadini al discorso di Bernard.
   Con gli altri cittadini… e chi lo avrebbe mai detto? E all’ex comandante, nonché ex contessa, scappò un sorriso, in una giornata che di certo non era stata delle migliori.
    Stava scendendo la sera, e lei si sentiva davvero stanca. Bernard non lo era affatto, invece, e continuava imperterrito a parlare di nuovi orizzonti e di nuove leggi che, a pensarla come lui, da lì a poco avrebbero cambiato le sorti  dell’intera umanità.
    E Oscar provò un senso strano, si sentì parte anche lei del fluire della storia, in pace con il destino dell’umanità: pur essendo un’infinitesima parte del tutto, aveva dato il suo contributo nel girare la ruota.
   Ne provò gioia, ma anche vertigine, e tornò il lei la paura che tutto stesse finendo. Cercò allora il braccio di Andrè, che come al solito era silenzioso accanto a lei, e come al solito guardava un punto in lontananza, come se avesse potuto vedere oltre… un altro sorriso della donna soldato, un altro pensiero a spegnerlo: non poteva vedere oltre, il suo uomo, non poteva nemmeno vedere.
    La stretta al braccio si fece più forte, Andrè si girò, la intuì pallida e sperduta ed ebbe paura.
  “Oscar, stai male?”
“No, Andrè, sono solo stanca. Ma quanto parla Bernard? Lo abbiamo capito tutti quello che è successo…”
“Lo sai, è fatto così. Oscar… per caso, vedi in giro se c’è Alain?”
     E fece male alla donna soldato quella domanda che era un po’ un’ammissione, deglutì e poi rispose:
 “No… forse è ancora a casa a dormire!”
“Dovremmo cercarlo…”
“Sì, è vero. Magari domani… tra poco, Andrè, sarà buio…”
“Già”.
     E l’oratore aveva finito, gli applausi si fecero sentire, la follo iniziò a scemare fuori la piazza, e i due si ritrovarono di nuovo incerti sul da farsi. L’incertezza durò poco: li vide Bernard e con lui c’era Rosalie, si avvicinarono a quella coppia che, nonostante tutto e nonostante i vestiti troppo larghi di lei e un po’ stretti di lui , era ancora troppo bella rispetto allo scenario che li circondava.
    “Oscar, Andrè… non ho ancora visto Jerome, come è andata?” e Bernard era ancora veemente nel suo parlare, anche se chiedeva della salute di un’amica.
    “Bhè…” e Oscar era imbarazzata e non sapeva come continuare, del resto non era quello un luogo adatto a certi discorsi. Bernard lo capì, e continuo:
   “Ne parleremo a casa! Ma ora, niente scuse: dobbiamo festeggiare! Oggi la Rivoluzione ha dato il suo primo frutto… non è cosa che può passare inosservata!e voi verrete con  noi!Andiamo!” e l’oratore si era già incamminato, trascinandosi la moglie dietro, e ai due nuovi cittadini non restò che seguirli.
    Arrivarono in una locanda che era già piena di rivoluzionari. Oscar notò che  nessuno se ne stava rigidamente in silenzio: tutti parlavano animatamente e si scambiavano idee e opinioni su quello che era già successo o sarebbe successo, c’era anche chi discuteva vivacemente senza mostrare fastidio se l’altro alzava la voce contraddicendolo.
    L’arrivo di Bernard fu salutato con vero entusiasmo, e subito ci furono un posto e del vino per lui, la moglie e gli amici al seguito.
     “E Robespierre? Non è ancora arrivato?” disse allora l’oratore.
      “Non ancora, ma arriverà tra poco, con tuo cugino[2]” gli rispose un uomo, che non si presentò neanche ma che esclamò subito, rivolgendosi a Oscar: “Ma voi siete il comandante ribelle!” e poi, agli altri “Gente, guardate chi ci ha portato il nostro Bernard: il coraggioso comandante della Guardia Metropolitana, senza di lui non avremmo mai espugnato la Bastiglia!”
   E Oscar si ritrovò circondata di giovani e meno giovani che si complimentavano, che domandavano, che chiedevano, che volevano sapere… e tra questa piccola folla, vide che una bellissima donna si avvicinava ad Andrè, gli si sedeva accanto, lo guardava fisso e gli parlava fitto.
    Stava ancora cercando di rispondere a non sapeva bene a chi, che le aveva chiesto non sapeva bene cosa, quando riuscì ad intuire che la bella donna chiedeva all’ex soldato:
“Ma è vero quello che si dice? È vero che è una donna? Se è così è da ammirare… ma sai, lo dicevano pure di quell’altro, l’amico di Robespierre…”
    Non sentì nemmeno la risposta di Andrè, si concedo dai suoi interlocutori, e fu accanto alla bella donna, e le sorrise.
    “Buona sera, Mademoiselle… Mademoiselle?” le disse allora, e non sapeva perché stava iniziando quello strano gioco.
“Anne” rispose l’altra, per niente intimorita.
“Anne, bel nome” disse allora l’ex comandante, che si chiedeva ancora cosa stava facendo e che notava lo sguardo divertito di Andrè.
“E Voi? Come vi chiamate?”
“Oscar François De… Oscar”. Quando lo avrebbe perso il vizio di annunciarsi?
“Anche vostro è un bel nome… siete il comandante che ha disertato, vero? Ma è vero che siete una donna?”
Colpita e affondata! Alla faccia della schiettezza!
“Sì” fu la risposta dell’ex comandante, che per uno strano caso, da carnefice si trovava vittima.
“Complimenti! Siete davvero grande! E ditemi… i vostri soldati erano tutti belli come lui?” e Anne la spudorata indicò un diverto Andrè, che non poteva vederlo, ma intuiva il rossore delle guancie di Oscar.
“No… lui è decisamente il più bello.”
E Anne iniziava ad intuire qualcosa, ma Oscar andò dritta lo stesso, presa da un sentimento nuovo “infatti, me lo sono scelta come marito”.
   E Bernard, che era poco distante, prese la palla al balzo e ne approfittò
“Quasi ce ne dimenticavamo, Rosalie… c’è un matrimonio da celebrare!” e l’arringatore che era in lui, fomentato dal vino, ne prese spunto:
“Si, signori! Perché uguaglianza vuol dire anche questo! Che cos’è un ceto sociale davanti all’amore vero? E perché un uomo del Terzo Stato non può sposare una nobile, se per lei è disposto a dare la vita? Propongo un brindisi per questa coraggiosa coppia, che è l’incarnazione stessa dei nostri ideali!”
   E Andrè fu investito da una raffica di pacche sulla spalle, Oscar fu circondata da donne che la guardavano trasecolate, le risatine non mancarono e  i loro bicchieri furono subito riempiti.
   Oscar guardava il vino scuro nel suo bicchiere, poi Andrè e gli sussurrò tutto d’un fiato “Solo per questa sera, l’ultima volta”. E Lui, stranamente, rispose “si… un’altra sera ancora, l’ultima così”.
    Prima ancora di bere, furono interrotti da una voce vigorosa
  “Qui si brinda senza di me! Io che pensavo di essere almeno invitato a queste tanto sospirate nozze!”
“Alain! Volevamo venirti a cercare…”
“Non ti perdonerò, Andrè! Mai! A meno che tu non mi paghi da bere per tutta la sera…” e ci furono altre risate, Alain ebbe il suo bicchiere, e finalmente si brindò alla coppia che incarnava gli ideali della Rivoluzione.
   Poi, si sa: un bicchiere tira l’altro quando l’animo è lieto, qualcuno tirò fuori degli strumenti, e iniziò una vera e propria festa, con i tavoli messi di lato.
    Oscar osservava le differenze: a corte, le danze prevedevano precisi rituali e passi codificati, in quella locanda si seguiva la musica, e gli uomini non si inchinavano per invitare le donne nelle danze: bastava uno sguardo, e i più arditi usavano anche modi più rudi, strattonando la povera ragazza di turno, che non si opponeva alla rude richiesta.
    Anche Bernard si dimostrò abile a ballare, Oscar guardava la piccola Rosalie ridere fra le braccia del marito come mai aveva visto fare a nessuna dama di Versailles, che sarebbe stata immediatamente giudicata sguaiata per quel gesto così naturale.
   Andrè le stava accanto, come sempre, come faceva anche durante le feste a Corte: solo che, adesso, tutto era diverso.
    E si stupì lei stessa quando sentì la sua voce dire:
    “Andrè… non pensi che dovresti invitare la tua fidanzata a ballare?”
Nessuna risposta, si ritrovò subito fra le braccia del suo uomo, al centro di una locanda nel cuore di Parigi, a seguire un ritmo che non aveva mai sentito prima, e a stupirsi di quanto fosse facile ballarlo, e di quanto fosse divertente.
    L’amarezza di costatare che Andrè ogni tanto si bloccava per orientarsi, altra prova lampante della sua condizione, durò un attimo, il tempo di accorgersi che tutti guardavano quella strana coppia, ma nessuno commentava alle sue spalle: i commenti le arrivavano dritti  in faccia, ed erano sinceri ma non cattivi.
   Del resto, sotto la cascata bionda che avvolgeva le spalle dell’ex soldato c’era inevitabilmente una donna, che le danze, l’alcool e l’allegria rendevano estremamente bella, anche se in pantaloni.
   “Sei fortunato, ragazzo! Se questa qui è così anche a letto, la voglio pure io una soldatessa come moglie!”
   “Sposatela presto, amico! È puro sangue in tutti i sensi!”
    Oscar li sentiva e si agitava, quasi si fermava per rispondere, ma veniva prontamente ripresa da Andrè
“Ehi… ricorda dove siamo!”
“Sono volgari, Andrè! È un’offesa alla mia persona!”
“No, Oscar… si complimentano con la mia di persona!!!”
E l’ex comandante rise, la musica cessò e a malincuore si ritrovò nuovamente seduta, incredibilmente stanca dopo un solo ballo. E poi disse:
“A proposito… il dottore lo hai trovato…e il prete?”
“Domani mattina ci aspetta alle undici in punto… se tu vuoi ancora…”
“Andrè… io ho scelto. E sono già tua moglie”.
   
 
 
   
 
 
 
 


[1] Il personaggio di Bernard è ispirato a C. Desmoulins considerato la “miccia della Rivoluzione”.
[2] Saint Just, che nel manga è parente di Bernard.

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Capitolo 7
*** Transizioni ***


In ritardo pauroso… scusatemi tutte, ma… tra esami, lavoro e grandi decisioni  (J)il tempo è volato!!! Un capitolo piccino picciò, per riprendere…
 
 
     La festa iniziò a scemare, e si concluse proprio come era iniziata, per caso. Bernard salutava tutti, perché conosceva ad uno ad uno i suoi fedeli ascoltatori, Rosalie era accanto a lui, e su una sedia c’era il biondo comandante, che tutti ora vedevano chiaramente essere donna, e accanto il suo fidanzato.
    Nei saluti che le rivolgevano c’era dell’affetto per quella donna straordinaria, e anche ammirazione, ma ad uno sguardo più attento non sfuggiva il malumore che si insinuava strisciando nei cuori dei parigini, ma soprattutto delle parigine, che l’ammiravano: certo che era proprio bella, pensavano osservandola, certo che ha proprio una bella schiena dritta, dicevano, e poi subito dopo commentavano che non avrebbe potuto essere altrimenti, non se l’era dovuta spaccare, lei, la schiena per sopravvivere…
   Ma Oscar era troppo persa nelle sue sensazioni per poter anche solo intuire vagamente di essere oggetto di tali riflessioni: alla stanchezza fisica che accompagnava tristemente ogni suo giorno, ormai, si era affiancata una strana malinconia, quella che prende gli esseri umani dopo una grande festa, quando poi tutto ridiventa buio.
     Era un sentire spesso, un’emozione strana, che le faceva apparire tutto più grande, ma anche incredibilmente più piccolo.
   Su quella sedia di una  locanda del cuore di Parigi, dove lei non avrebbe dovuto essere mai entrata,  sentiva che il suo cuore battere, veramente: la colpì improvvisa la consapevolezza che in fondo, tutto si riduce a questo.
    Lei, che si era illusa, in un tempo che ora le sembrava lontanissimo, che la vera felicità fosse nell’indossare una giacca militare e nel vedere poi, possibilmente, il proprio nome in un libro di storia, si rese conto che l’essenza dell’uomo stava nello stringere una mano cara.
     Riprovò la sensazione di essere finalmente viva, e sentì il dolore di uno schiaffo fisico quando inevitabilmente pensò di “essere nata” ora che la morte era per lei veramente vicina.
    No: non voleva morire. Avrebbe lottato quanto più poteva, per salvarsi, comunque sarebbe andata.
    Intanto il locale era rimasto praticamente vuoto, l’oste risistemava i tavoli e chiacchierava bonariamente con Andrè, ben coscio di essere osservato da quella strana donna bionda che gli sembrava ora estremamente malinconica, per essere stata una che nella vita aveva avuto tutto.
     Fra i pochi superstiti c’era ancora Alain, che si avvicinò con passo malfermo al suo ex comandante, e le disse:
“Siete pallida, Comandante”.
“Oscar, Alain, chiamami Oscar… in fondo, fra breve, sarò la moglie di un tuo amico… né più né meno di questo”
“Ah si… già.” E il soldato non riuscì più a parlare nonostante tutto il fiume di parole che si portava dentro, prese una sedia e si sedette accanto alla donna pallida, in silenzio.
     Arrivò Andrè, Oscar gli strinse una mano in un gesto nervoso, quasi da bambina, pochi secondi che però non sfuggirono al cuore di Alain.
    E Andrè capì tutto quello che c’era in quel gesto: Oscar era stanca, voleva tornare a casa, voleva parlare… molto si erano detti, tanto altro ancora c’era da dirsi.
    Una carezza velocissima sulla testa bionda, lei che alza lo sguardo sul suo uomo e quasi si commuove per quanto lo trova bello in quella situazione, e per Alain fu troppo: si alzò, salutò gli amici e si apprestò a passare la sua ennesima notte da solo.
    Bernard finì di salutare tutti, e i quattro si avviarono fuori, per quelle strade di Parigi dove già le prostitute attiravano i loro clienti, e gli ubriachi si abbandonavano ai lati delle sporchissime strade.
    Oscar osservava tutto in silenzio, e d’improvviso un ricordo: Lei, ancora giovanissima, su una lussuosa carrozza, la Regina sull’altro sedile, delle dame accanto alla bella Maria Antonietta, che rideva sotto una maschera di pizzo.
    Un’altra notte fuori, e al ritorno le dame erano stanche, avevano ballato e qualcuna aveva osato anche di più e aveva le gonne stropicciate: Oscar le guardava e provava una sensazione cocente, che però non era mai riuscita a capire…
    Maria Antonietta, a volte, si accorgeva del suo sguardo perso nel vuoto, e buttava là una battuta sulla sua freddezza, presunta o vera che fosse.
    Ora capiva: era invidia. Invidia per quello che le dame avevano provato, e che lei non riusciva nemmeno a immaginare… ed era quello che aveva provato in una bettola di Parigi, e c’era voluta una rivoluzione perché lei finalmente si decidesse a vivere.
    No: non poteva morire, ora. Si girò, vide Andrè che le camminava accanto: aveva mai ringraziato il Signore per averglielo donato?
    Nella sua vita asfittica, era stato lui, sempre e solo lui, l’unico respiro: prima come compagno di gioco, poi come amico, poi amante e poi come marito.
   L’ex comandante era ancora profondamente persa nei suoi pensieri quando di ritrovò a casa Chatelet.
   Bernard era ancora euforico, e a quanto sembrava, nemmeno tanto stanco. Fu lui a parlare per primo:
    “Andrè! Teoricamente, tu non dovresti nemmeno vederla sta notte la tua futura sposa… eppure, non sappiamo come fare: non abbiamo un’altra stanza per farvi dormire separati… e poi, a questo punto sarebbe del tutto inutile…!Ma sono contento, ragazzi, davvero… ve la meritate tutti e due un po’ di felicità. Immagino che sarà Alain il tuo testimone… ecco, io… lasciamo perdere. Mi dispiace rovinare l’atmosfera, ma… Oscar, La Fayette ti aspetta per l’una… cioè subito dopo la cerimonia…” E Oscar rispose:
   “Non preoccuparti, Bernard…”
E Rosalie:
   “Ora, se permettete, devo parlare con la sposa!” e se la chiamò in disparte, quella donna tanto più alta di lei, e le disse:
    “Domattina, andrò da Simone alle nove… Bernard farà in modo che Andrè esca prima del mio ritorno!”
    “D’accordo, Rosalie” rispose insolitamente docile la donna soldato.
    E la moglie dell’oratore, a quel punto, ebbe l’idea:
“Ma certo! Bernard, dormirò io con Oscar… e tu, Bernard caro, con Andrè! Suvvia, non imbarazzatevi… ronferete al toccare del letto, che ti giuro, Andrè, è abbastanza grande per contenervi entrambi senza che vi sfioriate!” Nervosa. Incredibile a dirsi, il biondo comandante si sentiva incredibilmente nervosa, molto più di quanto non fosse stata in altre occasioni.
    Non che avesse dubbi, questo era per lei chiaro: ma la notte prima delle nozze, si sa, è fatta per riflettere, su di tutto e su di niente.
    Rosalie guardava i movimenti volutamente lenti di Oscar, che non voleva far trapelare la sua agitazione eccedendo nell’inscenare una finta calma, e ne fu quasi intenerita: come era diversa, quella notte, l’ex comandante dall’austero soldato che aveva conosciuto! Un timido tentativo di incoraggiamento di Rosalie: “Non preoccuparti, anche io mi sentivo così” e nessuna risposta da parte della futura sposa, solo uno sguardo strano.
   “Sai cosa penso, Rosalie? Che questo matrimonio,  anche se dovessimo vivere per altri cent’anni, durerà sempre troppo poco rispetto a quanto doveva durare”.
   Ma a quell’ora di notte, era difficile che la piccola Rosalie potesse comprendere appieno i mille significati di quella frase[1] così sibillina,  anche  perché  erano abilmente nascosti da un altrettanto sibillino sorriso da parte di chi l’aveva pronunciata.
    Ancora tutta presa dalla strana angoscia che la frase incomprensibile aveva in lei generato, Rosalie si addormentò, lasciando Oscar sola con i suoi pensieri.
   Un flusso inarrestabile di ricordi e immagini, poi, nostalgico, se ne impose uno fra tutti.
    Fra i rari momenti in cui le veniva concesso di stare con le sorelle, vi era la visita dello neo spose alla casa paterna  la mattina dopo la prima notte di nozze. Non ricordava molto dei discorsi fatti in quelle occasioni, ma una frase, detta da chissà quale fra le sue sorelle, riecheggiava vivida nella sue mente: “La cosa più bella della prima notte di nozze è il brodo caldo che Nanny ti fa mangiare l’indomani!”[2].
    Per un beffardo gioco del destino, proprio lei, che fra le sorelle De Jarjayes era quella che più di tutte aveva diritto a bere quel brodo, non lo avrebbe fatto. Nanny… chissà come stava soffrendo, in quel momento! Dovevano trovare il modo di farle avere una lettera, ad ogni costo. Ed ancora non aveva finito di pensare a cosa bisognava scrivere, che arrivò il mattino. Oscar non se ne era nemmeno accorta, di essersi addormentata, tanto leggero era stato il suo sonno. Sentì che qualcuno si muoveva accanto a lei, e quasi senza volerlo pronunciò il nome a lei più caro:
   “Andrè…”
    “E no! Sono Rosalie! Buon giorno! Meno male che oggi vi sposate, perché vedo che ormai non riesci proprio più a fare a meno di lui! Che bellezza! Ma forza, abbiamo un sacco di cose da fare! Vado subito da Simone: ha avuto poco tempo, ma sono sicura che il vestito sarà bellissimo![3] Andrè e Bernarde saranno già usciti, a quest’ora!”
    E Rosalie, carica di una strana energia, si precipitò fuori di casa, e prima ancora che l’ex comandante finisse tutte le procedure del risveglio, fu di ritorno, armata di abito e fiori.
     E quell’incredibile giornata stava per iniziare.


[1]  Sono sempre troppo cattiva con Rosalie?
[2] Una vecchia usanza della mia bella Sicilia diceva che dopo la prima notte di nozze le spose dovevano bere brodo caldo per “riprendersi” dalle fatiche… con licenza, l’ho esportata in FranciaJ
[3] Tadan! Ecco svelato il mistero… ricordate? Oscar era andata al mercato con Rosalie, a trovare questa misteriosa Simone…la sartaJ

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Capitolo 8
*** L'ultima attesa ***


Ragazze, i vostri commenti mi spingono a continuare!!!
Per Palazzodellarosa: Sìììì, sono sicilianissima: Agrigentina, studio a Messina…
Un altro capitoletto prima di quello vero e proprio sul matrimonio…
 
     Rosalie l’aveva spesso pettinata quando abitava a palazzo De Jarjayes, ma mai per occasioni importanti. Adesso, addirittura, la pettinava nel giorno più bello della sua vita.
    Oscar rigirava fra le mani una piccola rosa che avrebbe dovuto, a parere di Rosalie, appuntare sui capelli: ma all’ex comandante i fiori fra i capelli sembravano decisamente troppo, sposa sì, ma pur sempre troppo adulta ed era sempre un ex soldato per concedersi certi vezzi. L’avrebbe applicata sul vestito,  quello sì, per non sprecarne la bellezza… e poi… in fondo, a cosa serviva… Andrè non li avrebbe nemmeno visti, i fiori fra i suoi capelli, non li avrebbe visti nemmeno se fossero stati di colore rosso vermiglio e non bianco candido.
   Un pensiero repentino questo, che automaticamente porta il biondo comandante a stringere le sue dita affusolate sul bocciolo, rischiando di sciuparlo.
   Ma fu un attimo: un senso di anticipazione si era ormai impadronito di Oscar, le faceva battere il cuore più forte, e tutto, in quel momento, le pareva possibile.
    Ad interrompere il flusso dei suoi pensieri, la voce di Rosalie, quella mattina particolarmente melodiosa:
    “Secondo me, così vanno benissimo”.
     Oscar si osservò attentamente: nulla di più semplice, Rosalie le aveva tirato dietro le ciocche laterali, appuntandole dietro. Ma l’effetto era straordinario: bastava così poco per cambiare? E lei, che ci provava da una vita ad apparire diversa da quel che era, e non ci riusciva mai!
    Fu l’ora del vestito: anche quello, semplicissimo. Finché sarebbe rimasta in vita, Oscar non avrebbe mai dimenticato l’espressione che la giovane sarta aveva fatto vedendola entrare: che ci faceva un soldato nel suo modesto laboratorio di sartoria per signora? Figurarsi, poi, quando Rosalie le aveva detto che al soldato serviva un abito da sposa!
La povera ragazza pensava che la sua amica fosse ammattita, poi Oscar tolse la giacca della divisa, e Simone riprese fiducia nella facoltà mentali della moglie di Bernard. Anzi, di più: si rese conto che la soldatessa era per lei una modella d’eccezione, così alta ed elegante come nessuna delle sue abituali clienti era. Certo, scegliere il modello e la stoffa non fu facile: Oscar non voleva saperne di tonalità azzurrine, né che andassero sul rosa. Guai a parlare di pizzo o di merletti, e niente rigonfiamenti sui fianchi! Bianco, manco a pensarlo… velo, men che meno: chi volevano prendere in giro? Era da una settimana che ci dormiva insieme, al suo sposo! E poi, via… una donna di trentatré anni...anzi, quasi trentaquattro![1]
   Alla fine, il compromesso si trovò: l’abito sarebbe stato di taglio liscio, direttamente ripreso dallo stile odalisque[2] che Oscar ben ricordava, la stoffa sarebbe stata avorio, decorata da foglioline di verde tenue.
    Un abito che da sposa aveva ben poco: ma era un abito da donna, che si poteva cucire subito e che sarebbe costato poco, e tanto bastava.
    A vederlo addosso ad Oscar però, quella mattina, quel semplice abito di stoffa modesta sembrava un abito da regina: Rosalie, ammirata, non credeva a suoi occhi.
    Come avevano potuto scambiarla, per anni, per un uomo? E come aveva potuto lei stessa crederla tale!
    “Oh Mio Dio… sei bellissima! Andrè impazzirà appena ti vedrà con questo vestito!”
    Ma il sorriso che aleggiava vago sul volto dell’ex comandante, si spense a quella frase:
     “Rosalie… Andrè non… lui non ci vede più. Se io… se io sto indossando questo vestito, consapevole del fatto che lui vedrà ben poco, è  perché una volta sola nella mia vita, oltre questa, ho indossato un abito femminile, e non lo feci per lui, ma per un altro… poi, quando rifiutai la proposta di matrimonio di Girodelle, gli dissi che per nessuno al mondo avrei nuovamente vestito una gonna… alla luce di tutto questo, capirai bene che Andrè, che è l’unico uomo che io amo, merita ben altro di una sposa in divisa, non ti pare?”
    Inutile dire che a Rosalie di quel discorso confuso sfuggirono alcuni passaggi[3], che annuì poco convinta ripromettendosi di chiedere all’amica quanti e quali cose ancora non sapeva sul suo passato amoroso.
    Ma non c’era più tempo per le chiacchere: erano ormai le dieci e mezzo, Andrè e Bernard erano ormai fuori da un pezzo, e la sposa era ormai quasi pronta. Mancavano solo le scarpe. E Rosalie esclamò:
    “Oh no!ecco cosa ho dimenticato! Che stupida, stupida! Le scarpe! Non hai un paio di scarpe adatte all’abito, e non le abbiamo comprate!”
     Così, la sposa sotto l’abito indossò gli stivali da generale ed uscì dalla casa dell’amica per andare in chiesa.
 
 
    Bernard picchiettava le dita sul portone della chiesa, nervosamente. Alain, tra l’agitato e il malinconico, passeggiava avanti e indietro.
     Andrè, lo sposo, se ne stava placidamente appoggiato ad un muro, con un mezzo sorriso beffardo.
    “Andrè! Ma che hai da ridere?”
     “Suvvia, Alain… e anche tu, Bernard! Siete così agitati…vi vorrei ricordare, che lo sposo sono io!”
    E l’oratore, a quel punto, rispose:
     “Ho sempre invidiato la tua proverbiale compostezza… ma qui si sfiora l’assurdo! Insomma, Andrè…stai per compiere il grande passo, e lo fai con una donna fuori dal comune!”
     E lo sposo, ancora per nulla turbato, disse:
     “Vedi, Bernard… per me oggi è tutto così naturale… non voglio certo peccare di presunzione dicendolo, ma… insomma… in un certo senso, è come se avessi sempre saputo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato…”
    Alain, a quelle parole, tento di risollevarsi facendo leva sul senso pratico:
    “Ehi, filosofo! Ma non è che il comandante se ne è pentita? Qua ancora non si vede nessuno…”
     Non ebbe finito di parlare, che le figure di Oscar e Rosalie apparvero all’imbocco della strada.
    Chi le aveva viste per strada, non le aveva certo identificate come una sposa e la sua testimone: ma per Bernard e Alain, vedere l’ex comandante vestito da donna fu un colpo.
    E mentre Alain se ne stava zitto, Bernard si avvicinò ad Andrè, e gli sussurò:
     “Andrè… è bella oltre ogni dire! Se tu potessi vederla, capiresti quanto ti ama…quel vestito ne è una prova lampante! Insomma… ha un vestito da donna, e lo fa per te!”
   Rispose lo sposo:
      “Non è per presunzione, Bernard… ma lo sapevo già”.
 
 
      Dalla casa di Bernard alla chiesa c’erano poco più di dieci minuti. Oscar li percorse silenziosamente, accompagnata da una sempre più stupita Rosalie che si meravigliava di quanto fosse naturale per l’ex comandante indossare quel vestito.
    E mentre Rosalie indugiava su questi pensieri, di ben altra natura erano quelli dell’ex comandante.
    Ad ogni passo, il cuore accelerava i battiti, e mille immagini si frapponevano una all’altra.
    Lei bambina che giocava in giardino con Andrè, lei adolescente che rideva di una battuta di Andrè, lei ventenne ad un ballo a corte a chiacchierare con Andrè…
   Stava facendo la cosa giusta? Era lecito, chiederselo, ora? O era troppo tardi, per cambiare vita?
   Poi,  svoltarono a destra, imboccarono la traversa che portava alla chiesa, e lo vide appoggiato ad un muro. E il resto del mondo perse importanza. D’improvviso, il passato cessò di esistere. L’unica cosa che riusciva a sentire, era che lo amava, e che sposarlo era la cosa più giusta che lei potesse fare.
     Sul viso di Oscar, si dipinse il sorriso più luminoso che avesse mai fatto,e d’istinto accelerò leggermente il passo.
    Andrè si staccò dal muro dove era appoggiato: la bella giornata gli consentiva di distinguere bene le figure, e quella della sua fidanzata l’avrebbe riconosciuta anche fra un milione di persone.
    Nessuno riusciva a parlare: erano come tutti catturati dal filo d’energia che passava dagli occhi di Oscar a quelli di Andrè.
    Arrivata vicina allo sposo, la sposa naturalmente fece il classico inchino, e lo sposo le baciò la mano.[4]
    Gli astanti si guardarono fra loro: in fondo, che si aspettavano? Quei due erano, e sarebbero rimasti per sempre, fatti di altra pasta… rivoluzionari sì, plebeo lui, certo, ma educati nella casa di un generale…
   E mentre Oscar e Andrè si fissavano quasi immobili, ancora troppo intenti a bere l’uno il respiro dell’altro, fu Alain ha spezzare l’incanto:
   “Allora, Romeo e Giulietta… che ne dite di entrare? Il prete non vi aspetterà ancora per molto!”
   
    


[1] Oscar è nata il 25 Dicembre…
[2] Ebbene si… l’abito del ballo con Fersen!
[3] E di nuovo veleno sulla povera Rosalie… che cattivona! Mi scuso con le fans del biondo salice piangente…
[4] Ho immaginato che fosse così il rituale settecentesco dei matrimoni fra nobili…licenza poeticaJ

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Capitolo 9
*** Così all'alba, verso il tramonto. ***


Ed eccomi alle prese con un capitolo veramente difficile… Una curiosità: secondo voi, la mia Oscar è un po’ OOC?
 
 
 
     Prima Bernard e Rosalie, poi Alain. Ora, tutti erano entranti in chiesa tranne gli sposi, che se ne stavano all’ingresso.
    Poi, i pochi invitati vedono Andrè, lo sposo, che  si avvicina alla futura moglie, e le sussurra all’orecchio qualcosa.
    “Ma che avranno quei due da dirsi, in un momento come questo, dopo una vita di discorsi? Io non li capirò mai!” esclama il testimone dello sposo, allargando le sue lunghe braccia e facendole cadere sonoramente lungo il corpo.
 
    “Oscar… in un momento come questo, dovrebbe esserci tuo padre qui accanto a te… e dovrebbe essere lui ad accompagnarti all’altare… forse, avrebbe dovuto esserci anche un altro sposo…”
    “Andrè, abbiamo percorso insieme tutti i sentieri della vita” risponde Lei, facendo passare il suo braccio sotto quello del futuro marito “non potevamo non fare insieme anche questo! Come sempre, tu accompagnerai me ed io accompagnerò te”.
     Un sorriso, un bacio dello sposo sulla fronte della sposa, e i due a braccetto si dirigono verso l’altare.
 
    Ad attenderli, un prete non più molto giovane, amico di Bernard e fervente (ma poi mica tanto!) rivoluzionario. E il non più giovane e non molto fervente prete, parlando piano come se si vergognasse, chiede alla coppia che ha davanti:
    “Allora, allora… voi due sareste gli sposi! Bene! Chi è il nobile di voi due?”
     “Io” risponde la sposa “Che c’entra questo, adesso?!”
      “e qual è il vostro titolo?”
L’ex comandante, a questo punto, non può non spazientirsi:
    “Ma insomma! Credevo che oggi mi avreste fatto tutt’altro genere di domande…”
     “ah si, certo… eravate anche un generale, che strana cosa per una donna, ecco perché questa verve! Ma cosa stavo dicendo? Ah, si… vedete, teoricamente quello che mi avete chiesto, non si può ancora fare… lo sapete meglio di me: la legge vieta che una nobile sposi un uomo del terzo stato…”
     A queste parole, le belle spalle della sposa si raddrizzano vistosamente e l’azzurro dei suoi occhi si fa più cupo
“Io ho rinunciato al mio titolo e a tutti gli onori che mi erano stati assegnati, e non sono più una…”
    A calmare la nascente ira della sua promessa, arriva pronta la mano di Andrè, che le accarezza dolcemente un avambraccio, e sfoderando un sorriso da canaglia che Alain non gli aveva mai visto e che fa sospirare per un attimo anche la dolce Rosalie, sussurra qualcosa all’orecchio del dubbioso prete, che esclama:
    “quand’è così! Potevate dirlo prima! Bene, iniziamo! Data la situazione, io direi di saltare i convenevoli… nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, datevi la mano destra”.
   
 
     La bianca mano di Oscar scivola su quella di Andrè. L’azzurro degli occhi di Lei, illuminati da una luce nuova, si colorano di verde.  Alla sposa non sfugge il leggero strizzare dell’occhio di Lui, e all’improvviso una morsa allo stomaco, il formarsi dell’immagine di Lei bambina intrappolata su di un albero troppo alto sul quale era salita per chissà quale motivo e dal quale aveva paura a scendere, e Lui che, ancora senza barba, si arrampica solo per poi scendere accanto a Lei, tranquillizzata dalla sua sola presenza. E a ringraziamento, la sua vocetta infantile che dice: “Andrè, i tuoi occhi sono dello stesso colore di queste foglie!” E poi, subito dopo, Lui splendido ventenne, che scioglie la bella chioma mora per permettere alle forbici di farne scempio…[1]e Lei, sente la sua voce di donna dire: “Andrè! Sai, con i capelli più corti i tuoi occhi sembrano ancora più verdi delle foglie!” poi, Lui a terra, metà viso insanguinata, uno degli smeraldi perso per sempre… sacrificato per Lei.
 
     La mano di Andrè si stringe a quella affusolata della sua promessa sposa. Uno sforzo inutile, quello di vedere gli occhi di Lei.  All’improvviso, un’immagine squarcia la cortina dell’oscurità. Una luce abbagliante, loro due adolescenti sulle sponde del mare di Arras, a tirare sassi contro il mare. Lei è più brava, lei che vince si gira verso di Lui, grida entusiasta “Ti ho battuto, Andrè!” e si fa più vicina, per dargli una pacca, ma il mare non lo sa che ci sono anche loro nel mondo, e li travolge con una strana onda. “L’unico a vincere sempre è il mare, Oscar, ed è arrabbiato con te che gli hai rubato il colore per farne i tuoi occhi”.[2] E Lei arrossisce nell’ingenuità dei suoi anni, e fugge via. Poi ancora: Lei adulta, bellissima vestita da dea greca per un altro, e Lui che la guarda, privo di qualsiasi potere. Come a voler rafforzare il suo dolore, tutto l’azzurro dei suoi occhi è puntato su di Lui, da cui attente un verdetto che non può non arrivare. E lui si risente, con la sua voce tremolante, con quell’insignificante “però…sei bellissima!”, che avrebbe voluto dire altro, ma che a Lei basta per regalargli un sorriso di consolazione.[3] E poi ancora, l’azzurro innondato di lacrime, mentre in un gemito le si consegna eternamente… uno sguardo ancora, che Lui ha visto, e che non rivedrà più.
 
    Questione di un attimo: si sono dati la mano in perfetto di silenzio, con un gesto che non è durato più di pochi secondi, ma capace di  far spuntare le lacrime agli occhi di Rosalie[4], lascia senza parole Bernard, e lancia l’ennesima staffilata nel cuore di Alain. Persino il prete, che pensava di dover semplicemente pronunciare alcune frasi di rito, si accorge che in quella brevissima cerimonia c’è qualcosa che nessuno dei presenti sa spiegare.
    Ma il dovere non ammette indugi, e il non più dubbioso prete continua:
     “Vuoi tu… giovanotto! Come vi chiamate?”
    Senza interrompere la conversazione silenziosa con la sua promessa, lo sposo pronuncia:
      “Andrè Grandier”
“allora, riprendiamo… vuoi tu, Andrè Grandièr prendere la qui presente…la qui presente?”
     Da una albero del giardino del suo palazzo, arriva la voce della sposa:
         “Oscar François De Jarjyes”
     “Mio Dio… pure il De davanti al cognome! Signore, fate che non mi succeda niente! Allora, facciamola più semplice: vuoi tu, Andrè, prendere la qui presente Oscar come tua legittima sposa?”
    “Sì, lo voglio”
“E tu… Oscar vuoi prendere il qui presente Andrè come legittimo sposo?” ( e alla parola “Legittimo” la voce del prete si fece inspiegabilmente più bassa)
    Per la chiesa, riecheggiò il “Sì, lo voglio” della sposa. Ancora sulle spine, il prete proseguì
“A questo punto deve benedire le fedi, e poi ve le scambiarete…”
Un leggero mormorio si levò fra i convenuti: le fedi? E chi ci aveva pensato? Rosalie si dette mentalmente della stupida, e la sposa, per un attimo, perse la sua espressione sicura. Ma fu un attimo: dal taschino della giacca prestatali da Bernard, Andrè tirò fuori due semplici anelli e li dette al prete, per la benedizione di rito, che li riconsegnò agli sposi.
     Anche all’osservatore meno attento, non potè sfuggire il leggero tremito della mano di Lei che sceglieva l’anello più grande e lo metteva al dito dello sposo, né tanto meno passò inosservato il gesto di Andrè che ebbe bisogno di accarezzare il dito della sposa per assicurarsi che fosse proprio l’anulare.
    Uno scambio muto, in apparenza: ma la coppia non aveva bisogno di parole, i loro cuori si parlavano anche così, in silenzio. Da sempre. Infine, giunse la frase tanto attesa:
  “Con la grazia del Signore, vi dichiaro marito e moglie!”
   E subito dopo, l’aria fu riempita dai  singulti del pianto di Rosalie, dall’ entusiasta “Viva gli sposi!” di Bernard e dal flebile “Auguri, Ragazzi!” di Alain. Poi, ovviamente, seguì  il sospiro di rassegnazione e “l’ormai è fatta!” del non più giovane e non molto fervente prete.
 
    Uno sguardo fra i due: uno sguardo fra i compagni di giochi che erano stati. Il Comandante donna, Lei, il suo attendente, Lui. Ma questo era il passato:  Ora erano Marito e Moglie, cittadini di una nuova Parigi.
Insieme all’alba, così fino al tramonto di due vite destinate inevitabilmente ad intrecciarsi fino ad essere una cosa sola.
 
    I novelli sposi erano ancora in silenzio, e con le mani intrecciate, quando una pioggia di pacche sulla spalla per Andrè, e l’abbraccio di Rosalie per Oscar li distrasse da quella sorta di meditazione estatica in cui erano piombati.
    “Allora, voi due… il matrimonio vi ha fatto cadere la lingua? Perché, Andrè, vecchi mio, ormai è fatta… siete marito e moglie!”
    E Alain se la ripeteva a se stesso, quella frase,ormai sempre più deciso a sacrificare il suo primo amore sull’altare della rassegnazione.
   E poi Andrè riprese l’uso della parola, e alla moglie disse:
    “Eh già… ormai è fatta! Posso baciare la sposa?”
     Inutile dire che la sposa acconsentì, e ricevette il primo bacio da sposata: un bacio casto, si era in chiesa, ma era pur sempre il suo primo bacio in pubblico.
    Rosalie guardava la coppia ammirata, e Bernard aveva tutta l’aria di stare per iniziare uno dei suoi famosi discorsi sull’uguaglianza, quando Alain tagliò corto:
    “Oh là là, d’accordo che abbiamo degli arretrati, ma questi qua adesso non la finiranno più di sbaciucchiarsi! Che ne dite d’uscire da questa chiesa?”
 
     Fuori la chiesa l’aria era caldissima, e il sole di mezzogiorno inoltrato batteva su tutta Parigi.
    Oscar si sentiva soffocare, non poteva più negare a se stessa che ormai il senso di pesantezza al petto era costante.
    Ma quel giornata per lei indimenticabile non era finita.
    Forse quello non era il momento più adatto per affrontare certe questioni, ma lei, in fondo, era pur sempre un ex militare.
    “Bernard… ci aspetta La Fayette, giusto?”
     “Si, Oscar… ecco, se vuoi vado io, magari…”
     “Un appuntamento è un impegno che va sempre rispettato. Bene, adesso credo che possiamo andare. Rosalie, Alain… venite con noi, vero? Dopo io e… io e mio marito, vorremmo festeggiare con i nostri testimoni!”
     “Ehm, Oscar…
     “Si, Bernard?”
     “non… non vai a cambiarti d’abito?”
      “No. In marcia!”
 
 
     Di certo, quel gruppetto di amici che attraversava la città di Parigi, tutto sembrava tranne che un corteo nuziale.
    A guidarlo, l’ormai ben noto agitatore di folle che diceva chissà cosa ad un omone gigantesco che lo guardava con aria beffarda e ad una bella ragazza bionda, dietro, un po’ in disparte, una coppia di stupefacente eleganza, anche se Lei indossava un abito normalissimo e Lui una giacca un po’ troppo stretta. E la coppia che stava dietro, parlava fitto fitto, isolandosi in un mondo fatto di parole riservate solo a loro due.
 
 
     “Andrè, dimmi… queste fedi sono quelle dei tuoi genitori?”
     “Si… lo sai, le ho portate sempre con me… non sono riuscito a farcene fare un paio nuove… lo sai, abbiamo avuto poco tempo”.
E Lei ora passa il braccio sotto quello del suo uomo, e entrambi adottano una postura che difficilmente si vedeva fra le coppie di Parigi.
    “Queste fedi sono bellissime…come te”.
     “Oh, oh, Signora Moglie!!! Ci sbilanciamo?”
      “E smettila Andrè! Per una volta che ti faccio un complimento!”
E Lui le passa una mano fra i capelli, e sente che sono appuntati dietro.
     “E tu, Oscar… tu,che sei bellissima sempre, come sei oggi? Non immagini neanche quel che darei, per poterti vedere in questo momento… ”
E Lei perde un passo, si appoggia un po’ di più al braccio del marito e viene scossa da un leggero tremito.
    “Andrè, se tu mi dici così, io…”
E Lui avverte la debolezza della moglie, le sorride e le dice:
    “Suvvia! Il matrimonio vi ha resa piagnucolona, Oscar François De Jarjyes?”
     “Grandier. Ora, e per sempre, Oscar François Grandier, Andrè”.
 
Fra una parola e l’altra, il gruppetto è finalmente arrivato al Municipio. Bernard si avvicina alla neo sposa, e le dice:
    “Bene, Oscar. Siamo arrivati. La Fayette ci attende qui…”
    “D’accordo, saliamo.”
Bernard è interdetto: vede che Andrè, con naturalezza, si scioglie dal braccio della moglie, che ora gli sorride, serena.
Se fosse stata una qualsiasi altra donna, non avrebbe avuto il minimo dubbio a chiedere al marito di andare con loro… ma con il Comandante Oscar François cosa bisognava fare? A rompere il silenzio e l’imbarazzo, fu proprio la moglie in questione:
    “Voi tutti, ragazzi, ci potete aspettare qui. Faremo in un attimo. Andiamo, Bernard?”
E la neo sposa si incamminò, seguita da un interdetto Bernard.
 
   Il Generale La Fayette li attendeva in una piccola sala al primo piano. Il Municipio non era particolarmente affollato, sulle scale i due incontrarono solo due o tre uomini del seguito di La Fayette: solo uno di loro conosceva Bernard, che salutò da lontano, non prima di avere guardato a lungo la bella bionda che stava con lui.
    La porta della sala dove il Generale beniamino del popolo passeggiava nervosamente era aperta, e Bernard si annunciò con un semplice “Buon Giorno, Cittadino La Fayette”.
    Il cittadino in questione alzò il viso, squadrò Bernard, poi fissò ammutolito la giovane bionda accanto a lui.
   “Buon Giorno, Bernard. Sei in leggero ritardo. E lo siete anche voi, Comandante De Jarjyes. Ma prego, accomodatevi”.
    Per un istante, si sentì solo il leggero frusciare delle gonne di Oscar. Lei, che era arrivata quasi ad odiare quel suono, in quel frangente non si accorse nemmeno di averlo prodotto. Il Generale, dopo che si furono seduti, riprese a parlare:
    “Devo dire che mi fa specie dover parlare di certi argomenti, con voi vestita così. Siete sempre stata di una bellezza sconvolgente, ma se permettete un complimento, oggi siete davvero superba, Comandante Oscar. Andiamo al dunque… come Bernard vi avrà detto, abbiamo fondato la Guardia Nazionale. Capirete meglio di me che non si tratta certo di un reggimento scelto: al suo interno, troverete solo cittadini desiderosi di dare il loro contributo alla rivoluzione. Mi dicono che siete stata voi stessa a guidarli nelle presa della Bastiglia, dato che erano totalmente incapaci di darsi una qualsiasi organizzazione. Ebbene, dato l’alto valore che avete sempre dimostrato e la decisione che avete preso, io contavo su di voi: siete indubbiamente voi la più adatta a comandare questo nuovo esercito… sempre che abbiate intenzione di rimettere la divisa”.
    E la donna rispose, in tono secco:
    “Generale La Fayette, mi vedo costretta a rifiutare la vostra proposta”.
  E La Fayette rispose, piccato:
    “Immaginavo… se quella che vedo al dito è una fede nuziale, devo dedurre che la vostra è stata più la fuga di una donna innamorata che una presa di coscienza ideale”.
    E la donna soldato, a quella che sembrava un’accusa bella e buona, rispose con tutta calma:
    “Vi sbagliate, Generale. A differenza di molti altri nobili, la mia decisione di fare parte del popolo è totale e incondizionata. Io adesso non sono una nobile che sta dalla parte del terzo stato, ma una donna del terzo stato. So perfettamente che la rivoluzione è solo all’inizio, e non ho certo intenzione di tirarmi indietro: continuerò a combattere per la causa, ma non come ho fatto fino ad adesso, cioè con la spada in mano. E questo, contrariamente a quanto pensate, non l’ho deciso perché sono sposata: ma perché sono tisica. Capirete bene che il mio stato attuale di salute non mi consente più di affrontare certe fatiche… fino a qualche tempo fa, Generale, non mi sarebbe importato molto di morire. Ma ora, è tutto diverso”.
    A quelle parole, il Generale La Fayette sgranò gli occhi: vederla vestita da donna era stato sconvolgente, notare il luccichio della fede nuziale altrettanto, ma scoprire adesso che quella splendida creatura era gravemente malata, lo era molto di più.
    “Quando è così… vi capisco perfettamente. Pensate a guarire, Oscar, e sappiate che se e quando lo riterrete opportuno, la Guardia Nazionale sarà felice di accogliervi nelle sue fila.”
   Detto questo, porse la mano in segno di saluto ai due, che erano ancora usciti vennero richiamati dalla voce del Generale:
    “Ah, dimenticavo… Congratulazioni e Auguri per il vostro matrimonio! Portate i miei saluti al vostro sposo, come si chiamava? Ah si, Andrè credo… perché è lui, vero? C’erano le scommesse[5] su di voi e sul vostro attendente, scommettevamo sulla probabile data  e sull’entità dello scandalo…  ma addirittura il matrimonio! Ci avete battuti tutti, Comandante!”
 
    Uscendo dal Municipio, Oscar non poté non chiedersi come era stato possibile che solo Lei non capisse una verità tanto ovvia a tutti… se lo avesse capito prima, non si sarebbe persa un bel po’ di felicità, e chissà, forse anche un bel po’ di soldi!
  


[1] Ovviamente, il ricordo d’infanzia è inventato di sana pianta… per i capelli, alludo naturalmente al taglio di Andrè per la mascherata da Cavaliere nero… mentre nell’anime è Andrè a proporsi d’impersonare il ladro, nel manga è Oscar che glielo chiede esplicitamente… con tanto di rincorsa armata di forbici per “convincerlo” a tagliare la famosa coda!
[2] Anche questo…inventato!:-)
[3] Parliamone… allora, lei vestita per Fersen,che sta per andare ma… prima vuole guardare Andrè! Perché? nel film di Demy, indiscutibilmente orrendo, devo dire che questa scena è fatta bene…
[4] E dai! Qua la lacrimuccia ci sta!
[5] Ricordo vagamente che qualcuna lo ha scritto in una fic… sto copiando dal mio ricordo, se la proprietaria o chi per lei leggesse e volesse avanzare la paternità dell’idea, me lo scriva, così lo rendo noto!grazie

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Capitolo 10
*** Passaggio ***


Grazie per i commenti, e scusate se non vi rispondo una ad una… Avrete notato che fin ora ho inserito la descrizione di numerosi (forse anche troppi!) ricordi, di cui la maggior parte inventati… è per spezzare la storia, che, dico… spero non sia un po’ troppo “pesante”!
 
     Bernard e Oscar uscirono dall’edificio del municipio come vi erano entrati: con un sorriso sereno per il marito Lei, e decisamente interdetto Lui.
    Non era facile lasciare Bernard senza parole: in poco meno di un quarto d’ora, Oscar c’era riuscita.
     Arrivata accanto al marito, Oscar esclamò “Andrè, ma lo sai che abbiamo perso un sacco di soldi?”
   “Per le scommesse che c’erano su noi due?”
    “E tu lo sapevi?”
    “Oscar, andiamo! Lo sapevano tutti, a corte!”
    “E non mi hai mai detto niente?!”
    “Ti ricordo come stavano le cose fra di noi…”
     “Senti questa, ora! Andrè! Credo che tu sia sempre stato libero di dirmi quello che volevi… e se proprio dobbiamo dirla tutta, hai anche oltrepassato qualche limite di troppo senza nessuna conseguenza!”[1]
E fu Alain a interrompere quello che poteva essere l’inizio della prima schermaglia da sposati di quei due:
    “Alt, alt! Innanzitutto, non credete che sia ora di mettere qualcosa sotto i denti? Io sto morendo di fame! E come sposo, Andrè, come minimo ci devi offrire il pranzo, e poi… di che scommesse state parlando?”
    E lo sposo rispose:
    “Credimi Alain, il discorso è un po’ troppo lungo da affrontare! E hai ragione… andiamo a mangiare!”
 
     Bernard li portò in una zona di Parigi dove Oscar non era mai stata: si guardava attorno come una bambina, ripetendosi ancora che ora era quella, la sua nuova dimensione.
    La locanda dove si fermarono era piccola e semplice, ma stranamente pulita per quei tempi. La compagnia era allegra, lo era anche Alain, forse grazie ai parecchi bicchieri di vino che aveva bevuto. Vino che Oscar non aveva nemmeno assaggiato: e questo non sfuggì al gigantesco ex soldato, che disse:
    “Comandante! Ti ho sempre vista buttare giù litri di vino, senza pensarci due volte… e al tuo pranzo di nozze non lo tocchi nemmeno! Non è che il vecchio volpone, qui, (e via, una pacca al povero Andrè che non potè non oscillare pericolosamente sulla sedia) ha già fatto centro e questo è un matrimonio riparatore?”
     “Vorrei risponderti che è così, Alain” fu la risposta dell’ex comandante, che fece ammutolire Bernard per la seconda volta in una giornata (vederla moglie, d’accordo… ma immaginarla madre era troppo, suvvia!) “ma se non bevo, è per tutt’altro genere di motivo… sono tisica, non mi fa bene bere… anzi, il dottore me lo ha proprio vietato!”.
   D’accordo, era malata ed era la verità, ma due confessioni di seguito erano troppo, ed inoltre il dispiacere di Alain era molto più vivo di quello abilmente nascosto di La Fayette, e ad Oscar faceva molto più male. Arrivò la stretta della mano di Andrè da sotto al tavolo a darle forza, e riprese:
    “Ma oggi è il giorno delle mie nozze, come dici tu, e non sarà la mancanza di vino a rovinarmelo! Allora, Rosalie… qual è questa misteriosa sorpresa che mio marito mi nasconde?” Certo, Oscar si era rivolta a Rosalie… ma quel sorriso complice che faceva bella mostra di sé era tutto per Andrè. Incurante del fatto di non essere guardata, Rosalie, con le guancie infiammate perché lei dal vino non si era astenuta, disse:
    “Oh No, Oscar io non te lo posso dire di certo! Spetta a Lui farlo, a tuo marito!”
     E il Lui in questione rispose:
     “Lo vedrai appena fuori di qui, Oscar”.
 
 
     La sorpresa si trovava a soli due isolati dalla locanda. Un appartamento così piccolo che non lo si poteva nemmeno definire tale, erano praticamente due sole stanze, non molto nuove ma ancora non del tutto fatiscenti. Si entrava e si era già nella cucina, subito dopo, attraversando quello che doveva essere una sorta di corridoio, si trovava una minuscola stanza da letto, che conteneva solamente un piccolo comò per i vestiti, in un angola una tinozza gemella a quella tanto famigerata della prima notte da plebea di Oscar con due secchi, e poi ovviamente, il letto, accostato ad una parete.
    Non era affatto di bellezza commovente, quella casa, ma alla sposa che ci entrava per la prima volta venne lo stesso un crampo allo stomaco. Meno male che Rosalie, Bernard e Alain si erano congedati: va bene il cambiamento, ma non era ancora pronta  a mostrarsi così umana di fronte a terze persone.
    “Andrè… questa è… insomma, è…”
    “Casa nostra, Oscar. O almeno quello che possiamo permetterci per ora…”
    “Come hai fatto? Voglio dire, quando l’hai presa?”
     “è la vecchia casa di Bernard, quella di quando non era ancora sposato. Diciamo che è la casa natale del Cavaliere Nero!”
      “Oh… bisognerà ringraziarlo…”
      “si, certo ma…Oscar…”
E l’ex comandante si voltò a guardare il marito che esitava sulla porta, e non capiva cosa stesse facendo, e perché non entrava.
Andrè riprese:
“Mi devi aiutare. di palazzo Jearjyes conoscevo tutto a memoria… qui… è tutto nuovo… io devo imparare a muovermi”.
   Ah, già. Tutto nuovo… e tutto buio per lui. Lei di certo lo sapeva, ma la sensazione di aver ricevuto un pugno allo stomaco arrivò lo stesso.
   “D’accordo, Andrè. Vieni”.
Gli fu accanto, Lui prese sicurezza, e insieme iniziarono ad esplorare quella minuscola casa.
    “Adesso, fermati. Qua c’è la cucina… e girandoti, così… no, no Andrè, a sinistra…ecco… fai un passo…questo, è il tavolo…”
   “Oscar, dai… sembra quasi che tu ci abbia gusto! Le sagome le distinguo… non preoccuparti, non ti scambierò per un tavolo, quando sarai in cucina!”
E la piccola casa fu riempita dalle risate dei neo sposi.
   “e poi… qui…c’è…” E Oscar non riusciva proprio a dire quella semplice parola, che si portava dietro troppi significati.
   “il nostro letto… Oscar… quando smetterai di avere, ancora, di queste remore? Mai?”
    “Non lo so… anche per me è tutto nuovo… anche io dovrò essere aiutata…”
   
 
Capitolo breve di transizione… il prossimo, prometto, sarà più interessante!


[1] Mi riferisco, ovviamente, allo strappo della camicia…nell’anime almeno un po’ Oscar si “inca..a” ma nel manga, subito dopo il tentativo di violenza, si preoccupa per Andrè come niente fosse! Atteggiamento per me incomprensibile…voi che ne pensate?

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Capitolo 11
*** Confessioni pomeridiane ed elezioni tricolore ***


Confessioni pomeridiane ed elezioni tricolore
 
E siamo alle dolenti note…fin ora mi sono rigorosamente astenuta dallo scrivere una scena d’amore…ora, ci provo… se non ci sono riuscita, ditemelo!!! E, come promesso, torna la realtà storica…
Per Cielo123: per “deformazione”, mi riferisco sempre al mangaJ
Per Linda Rosa… lo scoprirai presto leggendo!:-) Grazie a tutte per i commenti! Questo per me è un periodo strano, scrivendo mi sento meglio…
 
Che dolore non poterla guardare negli occhi, in questo momento, ora che Lei, finalmente, si rilassava in quella casa nuova.
“Io sono qui per questo lo sai…credo di essere nato per starti accanto, Oscar.  Ma…in questo momento… dico, proprio ora…come posso aiutarti, per esempio?”
Che faceva, la provocava? La sfidava? Cosa voleva sentirsi dire? Se era una battaglia, era appena iniziata, Oscar François non si tirava indietro, mai.
“Per esempio, tu… potresti…”
Però, era più difficile di quanto pensasse!
“ Aspetta, potresti aiutarmi a  togliermi questo bustino, che non mi fa ragionare…”
    Stranamente ardita, ora Lei guidava lentamente le mani di Lui, che arrivarono ad incontrare i nastri del bustino, che poi non era certo così stretto da impedirle il respiro. E Lui iniziò a slacciarli, uno per uno, con studiata lentezza, mentre la sua bocca era sempre più pericolosamente vicina al candido collo della moglie. Ormai le loro parole erano sussurri, anche se sapevano bene che lì nessuno li avrebbe sentiti.
“Ah, si? E così, Oscar, è il vestito a non farti ragionare? Devo essere sincero, non sei credibile…”
“Andrè… ti ricordo che oggi mi hai sposata…porta rispetto a tua moglie…”
“Per esempio?”
“Per esempio, baciami e stai zitto!”
“è un ordine, comandante?”
“Sì”
Un misero monosillabo…aveva perso, troppo poco allenamento nelle schermaglie amorose.
“Agli ordini…”
   La loro prima notte era stata bellissima, ma una strana angoscia li aveva accompagnati durante il loro amplesso. Poi, a casa di Bernard e Rosalie, tutto sembrava loro quasi irreale. La fede al dito non cambiava molto, erano sempre loro due, ma ogni cosa appariva più vera, quasi il loro amore fosse, se  possibile, più giusto e completo.
   Ad Oscar sembrava la cosa più naturale del mondo che suo marito sapesse esattamente come accarezzarla, quasi che tutto quello che aveva sotto la pelle lui lo vedesse…
    O era una legge universale? Erano tutti uguali gli uomini, e tutte uguali le donne, a letto? E se era così, a Lui chi lo aveva insegnato, l’amore?
   Un pensiero fulmineo, che le arrivava da una parte non cosciente della sua testa, ma che comunque  bloccò  il viaggio delle sue braccia sulla schiena del marito.
    “Oscar…che c’è… non capisco…”
    “Niente, Andrè, credimi…proprio niente…non fermarti, ora”
Poi Lei sentì che Lui abbatteva la loro ultima distanza, e i pensieri, anche quelli remoti, svanirono del tutto.
Tutto sembrava essere svanito intorno a Lei, quando, baciandola sulla bocca, quello che ormai era suo marito  a tutti gli effetti, cercava di rompere l’incanto prima del tempo.
Le tornarono in mente le parole del medico, due giorni prima… e un improvviso quanto inaspettato senso di frustrazione l’assalì in pieno, quasi la stessero privando, ancora una volta di poter essere quello che era.
“No, non farlo, non voglio”.
“Ma cosa…Oscar, lo sai…”
“Lo so. E ti ho detto che non voglio…se mi ami come dici, allora…”
Avrebbe dovuto resistere, avrebbe dovuto farla ragionare, ma proprio non ci riusciva. Sentiva quel sorprendente carico di uno strano dolore nella sua voce, e non riusciva proprio a staccarsi da Lei. E così si amarono fino alla fine, così come ha predisposto la natura per un uomo e una donna.
 
Si era già quasi addormentata, rannicchiata nell’incavo della sua spalla, quando la tosse l’assalì.
    Non fu una crisi molto forte, né molto lunga, ma ad Andrè bastò per rendersi conto che sarebbe stata dura…come l’avrebbe aiutata, se già aveva fatto fatica a prendere un fazzoletto, che per altro la previdente Rosalie gli aveva lasciato nella giacca prestatagli da Bernard?
    Lo vedeva nervoso, ancora non si era tornato a sdraiare. Quando riuscì a parlare, ruppe il silenzio.
    “Andrè… è passato, vieni qui, con me, ora.”
    “Oscar io…”
    “Non dire niente, Andrè. Non ora”.
    “Lo sai quello che ci aveva raccomandato il medico… perdonami, io… io non sono riuscito a…”
   “Perdonarti? Sono stata io a chiedertelo, mi pare!”
   “Si, ma…”
E la reazione inaspettata di Lei, che si alza a sedere, irritata, e quasi gli grida contro, a Lui che vorrebbe solo proteggerla.
    “Non ne hai colpa, e non ne avresti avuta neanche se non fossi stata io a chiedertelo! È da una vita che mi dicono cosa devo o non devo fare, cosa devo e non devo pensare… sono stata talmente ottenebrata da non rendermi neanche conto che tu mi amavi, e che io ti amavo… mi sono persa una bella fetta di vita, Andrè! E ora sono, o non sono,  tua moglie? E che cosa fa un marito, si tira indietro, forse, quando ama la sua donna, per paura di andare incontro ad un’eventuale complicazione? Non mi resta tanto, Andrè, e non ho più voglia di privarmi di nulla!”[1]
I sensi di colpa cancellati in un attimo, la tremenda paura di perderla spazzata via dall’urgenza di stringerla.
“Oscar, non dirlo più neanche per scherzo. Non morirai, non ora che la nostra felicità è appena iniziata! Farò di tutto per farti guarire, e se… e se dovessere essere, spero abbia i tuoi occhi”.
   Il calore che la pervase le fece dimenticare la pensatezza all’altezza dei polmoni.      
 
     Poi la stanchezza ebbe la meglio, e si sdraiarono per un po’, anche se Oscar non aveva alcuna intenzione di addormentarsi con il sole ancora alto. Di tutt’altro avviso era suo marito, che già era sulla strada per raggiungere Morfeo, quando fu improvvisamente svegliato dalla voce di Oscar:
    “Andrè! Ci sarà della carta e dell’inchiostro in questa casa, no?”
     “Oscar! Ma che hai intenzione di fare?”
     “Mi pare logico… dobbiamo scrivere a Nanny, Andrè, e farle avere la lettera, in qualche modo”.
Quella era l’ex casa di un giornalista, e carta e inchiostro non potevano mancare. Trovarono l’occorrente in un cassetto della cucina, e su di un foglio che era stato di Bernard invece delle ferventi parole del rivoluzionario si potava leggere:
 
Cara Nanny,
Ti vogliamo bene, te ne abbiamo sempre voluto, te ne vorremo sempre. 
Saremo felici.
                                                                           I tuoi nipoti, Oscar e Andrè Grandièr.
 
 
Stavano ancora discutendo se scrivere o meno  qualcos’altro, quando sentirono bussare. E chi poteva essere, se non la piccola Rosalie con un cesto di frutta e le loro divise pulite?
   “Oscar, Andrè… io ho pensato che in casa non c’era niente da mangiare… vi ho portato questo. Non è molto…”
E Oscar, nella sua nuova veste di padrona di casa, posò il cesto in un angolo della cucina e invitò Rosalie ad entrare.
   “Oh, no… Bernard è già in piazza, e mi aspetta! Anzi, ci aspetta… a quanto pare, ci sono delle novità di cui discutere. Verrete?”
   “Ma certo Rosalie… il tempo di cambiarci…”
Oscar era ancora con il suo vestito da sposa, che sarebbe anche andato bene se non fosse stato terribilmente stropicciato e con i lacci in disordine. Bastò un’occhiata al letto per far capire a Rosalie che il matrimonio ora era valido, per così dire.
 
 
Nonostante la sera fosse ormai vicina, il caldo era ancora torrido. La piazza che ormai Oscar conosceva bene, era già piena, ma ancora Bernard non parlava. Lo videro appoggiato ad un albero, intento ad ascoltare un uomo un po’ più anziano di lui.
   Oscar lo riconobbe: era Bailly, presidente dell’assemblea Nazionale. Lo aveva conosciuto all’epoca degli Stati Generali, e ne ricordava la compostezza e la grande forza d’animo.
    “Oscar, mio marito è lì…andiamo”.
Mentre arrivava ancora gente, i tre si avvicinarono a Bernard e a Bailly.
   “Oh, Rosalie, sei arrivata… Cittadino Bailly, conoscevate mia moglie, Rosalie? E questa è Oscar, vi ricorderete sicuramente di Lei, o ne avrete sentito parlare…ora, Oscar è una cittadina, e come tale parteciperà alla nostra impresa. E Lui è Andrè…suo marito”.
    La voce di Bailly si accordava perfettamente al suo aspetto: calma ma vigorosa.
    “Certo, mi ricordo di voi… ci avete difeso, durante gli Stati Generali, come nessun’altro nobile avrebbe mai fatto. Già allora pensavo che eravate una persona eccezionale… ma adesso, lo so con certezza e… non immagino, nonostante la vostra bellezza, che foste una donna!”
    “Cittadino Bailly” rispose Oscar “per me è un onore conoscervi. So che farete grandi cose, per la nostra Francia”.
   Adesso la piazza era gremita, e la folla iniziava a mormorare. Bernard, tuttavia, non si decideva ad iniziare.
   “Ma che succede, Bernard?”
    “Sto aspettando Robespierre, Rosalie… non è ancora arrivato. Oh, eccolo!”
Robespierre… era come Oscar lo ricordava: fiero, guardava tutti dritto negli occhi, con uno strano sorriso impresso nel volto.
   “Bernard, amico caro! Senti? Le folle aspettano le tue novità! Cittadino Bailly… ci siamo! Fra poco, sentiremo la volontà del popolo… buona sera, Rosalie” e a Oscar, che ormai aveva aperto gli occhi, non sfuggì lo strano sorriso che il giovane rivolse alla sua amica.[2]
   “E chi abbiamo qui? Il soldato più bello del regno! Ho saputo che siete dei nostri, e del vostro prezioso aiuto… ben venuto fra noi! Anzi… dovrei dire, ben venuta! Mi ricordo anche di voi, cittadino… siete il suo attendente, vero?”
La risposta secca del “Soldato più bello del regno” arrivò subito:
    “è mio marito, cittadino Robespierre. Ed è un piacere per noi incontrarvi di nuovo”.
    “Vostro marito? Per bacco! Non lasciate nulla al caso, Comandante! Ma ora, presto Bernard: vogliamo sentire un altro dei tuoi discorsi!”
   C’era una nota beffarda nella voce di Robespierre, che Oscar non comprese ma che non le piacque. Forse, qualcosa nel giovane avvocato era cambiata, o stava cambiando.
   Ad ogni modo, Bernard entrò subito nel suo elemento, accompagnato dalla silenziosa presenza di Bailly, iniziò a parlare:
    “Cittadini! La presa della Bastiglia è stato per noi solo l’inizio di una lunga fase di trasformazioni, a cui tutti dobbiamo partecipare per fare in modo che la crisalide della democrazia si trasformi presto in una bella farfalla capace di volare da sola! Come ben sapete il nostro Re Luigi XIV ieri ha visitato l’Assemblea Nazionale, e lo ha fatto per assicurarci della sua collaborazione alla nostra causa. Il Re ha saputo che  parecchie città si sono impegnate a creare  nuove municipalità borghesi, rimuovendo così una volta per tutte i rappresentanti del vecchio regime e il centralismo monarchico. Ma Parigi, cittadini, non ha ancora un sindaco…”
   Bernard non ebbe bisogno di continuare: la folla iniziò a gridare il nome di Bailly, che per acclamazione, in quel momento, diventava il nuovo sindaco di Parigi. L’era nuova era ufficialmente iniziata.
 


[1] Non lo so se sto sforando…ma secondo me, Lei reagirebbe cosìJ
[2] Si “vocifera” che Desmulines, a cui la Ikeda si ispirò per Bernard, finì sul patibolo perché Roby aveva messo gli occhi sulla bionda moglie (che era un’intellettuale dell’epoca e per niente remissiva…)

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Capitolo 12
*** Dall'altro lato della barricata, c'è chi aspetta. ***


 
Dall’altro lato della barricata, c’è chi aspetta.
 
Ritardi epici, i miei… spero che mi vogliate leggere lo stesso, anche se i capitoli arrivano a distanze di mesi…
Purtroppo, a governare i miei ritmi sono ancora gli esami e le sessioni all’Università…e devo studiare con tutta me stessa, perché devo assolutamente laurearmi quanto prima, visto che l’anno prossimo io e il mio ragazzo, dopo ben dieci anni di fidanzamento (e l’anno prossimo saranno undici!), finalmente ci sposiamo! J
Sono felice di condividere con voi la cosa…spero che siate clementi nel commentare questo capitolo che forse esce un po’ fuori dall’atmosfera del racconto, ma che mi solleticava da un po’ la mente…
 
   Dopo l’elezione improvvisata, Bernard tornò dalla moglie e dai suoi amici, seguito da Robespierre. La sera era già calata, le strade si facevano buie e le famiglie rientravano a casa.
   “Sei stato bravissimo Bernard, come sempre! A volte mi chiedo se questa rivoluzione ci sarebbe stata, senza le tue orazioni!”
   “Robespierre, ma che dici… sei sempre il solito!”
    “Allora, Bernard… che facciamo? Vuoi venire con me a bere qualcosa tra facinorosi, o preferisci tornare a casa con tua moglie? Del resto, con una moglie così, sarebbe comprensibile…”
Se fosse stata una dama dell’alta nobiltà abituata a tradire il marito per passare il tempo, Rosalie avrebbe riso alla battuta e ne avrebbe approfittato per civettare. Ma Rosalie era cresciuta in altro modo, e non potè non arrossire di fronte alla spudoratezza del giovane, che non si accorse del suo disagio e continuò:
    “E voi due, cittadini! Verrete con noi?”
“No.”
Una risposta secca, che mai Bernard si sarebbe aspettato, dal tacito Andrè.
“è vero: preferiamo andare a casa” aggiunse poi l’ex biondo comandante “sono stanca, e non mi fa bene affaticarmi”.
Era proprio vero: Oscar voleva guarire, a tutti i costi. Bernard non sapeva se essere più dispiaciuto per la malattia dell’amica, o per aver perso un così valido aiuto nella conduzione delle rivolte. Pensieri da rivoluzionario.
Mentre il gruppo di rivoltosi si dirigeva altrove, Oscar si rivolse al marito: “Andrè, pensi che Alain sia in casa, a quest’ora? Ho un ultima missione da affidargli”.
 
    Il sole non la voleva proprio smettere di battere incessante sulla sua povera testa. Gli doleva incredibilmente, ma non poteva certo rischiare di fallire quella che Oscar considerava la “sua ultima missione”.
   Sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbe smesso di prendere per oro colato tutto quello che usciva dalla bocca di quella donna?
   E quanto caspita distava quel dannato palazzo? E come si chiamava la nonna di Andrè? Aveva un nome strano... no, l’avere esagerato con il vino la sera prima non lo aiutava certo nei suoi sforzi di memoria.
   Ancora perso nei suoi pensieri, Alain si trovò di fronte l’imponente cancello della vecchia casa di Oscar e Andrè. Girò verso la porta secondaria, e notò che niente sembrava corrispondere alla descrizione fattagli dai suoi amici… tutto sembrava spento, vuoto. Che stava succedendo in quel posto?
Passò quella che doveva essere una cameriera, Alain prese coraggio, e le disse:
“Scusatemi… cerco la governante di questa casa… Madame…Madame…”
“Cercate Marron Glacè?”
“Si! Ecco, lei!”
“Vado a vedere se può scendere…voi siete?”
“Alain. Ditele che sono Alain”.
“Alain…” e la cameriera se ne andò, ripetendo quel nome, come se per lei avesse un significato.
Indeciso sul da farsi, Alain si guardava attorno. Ai lati dello spiazzale che immetteva sull’ingresso secondario, parecchi alberi facevano ombra su delle rudimentali panchine. Si avvicinò, e fu attirato da una strana incisione… non essendo un lettore abilissimo, si aiutò con la voce a scandire quelle parole:
“Oscar e Andrè 12 Ottobre 1765”.
“Avevano questa strana abitudine di incidere i loro nomi, da per tutto. Che notizie mi porti, giovanotto?”
Alain si voltò: Andrè aveva descritto sua nonna come incredibilmente forzuta ed energica, a dispetto della sorprendente età a cui era arrivata. Sebbene quasi imperiosa, la voce della vecchia che si trovava di fronte non aveva proprio nulla di forte…
Marron Glacè dimostrava ora tutto il peso dei suoi anni, invecchiata di colpo, quasi curva come sotto il peso di un grande dolore.
“Madame, io sono…”
“Lo so chi sei, Andrè mi ha parlato di te.”
“ah, ecco. Ho questa lettera per voi”.
“La leggerò dopo…solo una cosa: sono vivi?”
“Si, sono vivi.”
“Ho un favore da chiederti, giovanotto. Se ne sono andati via senza pensare a niente, come loro solito. Potresti aspettarmi? Immagino che tornerai da loro…”
“Si, Madame.”
“Grazie, Alain. Sei proprio un gigante buono, come diceva la mia bambina”.
La mia bambina? Doveva essere Oscar… è certo, perché anche Lei era stata bambina. E lo era stata con Andrè, come dimostrava quell’incisione… che razza di storia!
“Alain!”
“Oh, Madame, siete già tornata…”
Ma le parole al gigante buono morirono in bocca. La donna che aveva di fronte non era Marron Glacè.
Più giovane, più bella, più distinta: una dame, indubbiamente.
“Sono Madame de Jargeyes. La madre di Oscar. Ho visto che hai portato una lettera alla Balia… mia figlia non ti ha dato niente, per me e suo padre?”
Alain era imbarazzatissimo, anche perché era chiaro il dispiacere che leggeva nelle parole della donna.
“No, io…cioè, veramente no”.
“Non importa. Siediamoci qui, Alain, se conosco bene Marron non arriverà prima di una ventina di minuti. Se ti ha dato la lettera vuol dire che l’hai vista da poco… come sta?”
“Sta bene… è…un po’ provata, per la battaglia, ma si riprenderà, penso”.
“Stai tranquillo, Alain. Mio marito non è in casa, e io, come vedi, non mordo”.
“No, Madame, è che io…”
“dimmi, piuttosto. Sono a Parigi?”
“Si.”
“Immaginavo volessero andare ad Arras… quello, è il loro luogo, per eccellenza. E dimmi… Andrè si è comportato da gentiluomo?”
“Scusate, madame, non capisco a cosa vi riferite…”
“Perdonami, Alain. Si sono già sposati?”
“Oh…si Madame…”
“Bene.”
Un lungo istante di silenzio.
“Io lo sapevo, Alain, sai? da sempre. Forse ancora prima che se ne accorgessero loro stessi …sicuramente, prima di Oscar. Eppure…eppure no, non immaginavo arrivasse a tanto. A fuggire…a sposarlo… pensavo che, come tante altre, se lo sarebbe tenuto come…bhè si, ormai sono sposati, posso anche parlare con te di questo… pensavo che se lo sarebbe tenuto come amante, come fanno tutte. Forse è per questo che non ho mai tentato di dividerli… in fondo, era meglio lui di tanti altri… così discreto, così gentile…così innamorato… tu penserai che io sia una madre snaturata, Alain, a dire così. Ma no, non devi pensarlo, perché io lo facevo per lei… per tenerla vicina, per saperla felice, in qualche modo. Io non sono stata molto presente nella sua vita. Per una ragione o per un'altra, sono arrivata a pensare che se si fosse presentata l’occasione di doverli in qualche modo aiutare, io lo avrei fatto… che strano sentimento, vero? Mi sembrava quasi un risarcimento dovuto a mia figlia, per non essermi opposta alla volontà di mio marito, quando è nata… non so perché ti dico tutte queste cose, o forse sì: quando la rivedrai, dille che io non smetterò mai di pensarla, di volerle bene… e dì ad Andrè di avere cura di lei, come ha sempre fatto. E sì… dì anche a lui che gli voglio bene, e che nel mio cuore sarà come un figlio. Anche se ormai è tardi, e non ne hanno bisogno… io benedico, per quel che può valere la mia parola, la loro unione.”
Incredibile a dirsi, Alain era commosso da quella confessione. Non sapeva cosa rispondere, guardava lo strazio di quella donna, così composta ma così emozionata, e non sapeva cosa rispondere.
“Non preoccupatevi, Madame: riferirò quello che mi avete detto”.
“Sei un bravo ragazzo. Sono felice di sapere che ti avranno accanto come amico. Ora sarà tutto molto difficile per loro. Oh, ecco Nanny…”
Marron Glacè, già piegata per l’età, reggeva a fatica un pesante fardello, avvolto alla meno peggio in un lenzuolo.
Si accorse di Madame De Jargeyes, e quasi stava per cadere:
“Oh, Signora…”
Forse una nobile non lo doveva fare, ma Madame si alzò e aiutò la governante, cercando di recuperare un sorriso:
“Suvvia, Nanny… così rischi di cadere! Certo, il nostro Alain qui è grande e grosso, ma riuscirà a portare fino a Parigi tutta questa roba?”
“Madame, io…”
“Si, Nanny, lo so: quei due da bravi testoni quali sono se ne sono andati via senza niente…ce la farai, Alain, a portare questo peso?”
“Madame, voi…”
“Nanny, è inutile nascondersi dietro un dito. L’ho capito subito che se ne sono andati insieme… lo hanno capito anche i muri, veramente! ma tuo nipote è sempre stato un uomo onesto, non preoccuparti, si sono già sposati…e quindi, ora, io non posso certo oppormi ad un’unione santificata. Anche perché, sarebbe del tutto inutile… Ma parliamo di questioni più urgenti! Ce la farai, Alain, a portare fino a Parigi questo peso?”
“Farò del mio meglio, Madame”.
E Alain salì sul suo cavallo, sistemò come meglio poteva quello strano bagaglio, e stava per salutare le due donne, quando fu avvicinato dalla dama, che gli disse, porgendogli un sacchettino:
“Questo è da parte mia, per mia figlia e suo marito…”
E poi, dandogli un sacchetto più piccolo:
“E questo è per te, Alain”.
“Oh no, Madame, io non posso accettare…”
“No, devi. Prendili, Alain, per sancire un giuramento che ti chiedo di fare ora…promettimi che quando potrai, quando sarà tutto più calmo, li convincerai a venire qui, così che io e quella povera vecchia, prima di morire, li possiamo vedere, anche da lontano, per un’ultima volta.”
“Farò del mio meglio, Madame”, mormorò di nuovo l’ex soldato, mentre finalmente gli occhi della Signora si riempivano di lacrime.
 
 
     Arrivò di fronte la porta della casa dei novelli sposi che era già tardo pomeriggio. Il mal di testa era cresciuto in maniera esponenziale, e desiderava solo andare a dormire e dimenticare una volta e per tutte quella lunga giornata e quell’ “Oscar e Andrè 12 Ottobre 1765” che gli si era impresso a fuoco nella testa. Ma la sua missione non era ancora terminata. Bussò con tutta la forza che gli era rimasta: subito dopo Andrè aprì la porta, lo sguardo puntato in lontananza.
“Sono…”
“Lo so che sei Alain, solo tu potevi bussare in questo modo! Alain, amico… sto diventando cieco, mica sordo! Entra, forza! Ti stavamo aspettando.”
La casa era veramente piccola, e già dalla porta Alain poteva vedere che Oscar era seduta al tavolo, con una tazza fumante in mano, e non si decideva a berne il contenuto.
“Alain, bentornato! Siediti… come è andata la missione? Immagino avrai fame… Andrè, ci pensi tu? Se vuoi, Alain, io ti posso offrire un po’ di questo intruglio disgustoso che il tuo compare qui mi deve far bere a tutti i costi!”
“Oscar, mi fai saltare i nervi quando fai la bambina! È per il tuo bene, “quell’intruglio disgustoso!”
“Si, lo so, Andrè…ma è vomitevole lo stesso!”
Alain li osservava, in quella che per lui era una dimensione nuova, ma che loro avevano già vissuto, sotto altre forme…in fondo, aveva vissuto sotto lo stesso tetto.
Spezzò il silenzio, il gigante buono, e disse:
“Andrè, non ti facevo così chioccia! Ma ora, posso dire di sapere da chi hai preso…ragazzi, questo ve lo manda Nanny”.
E posò sul tavolo il fardello che si portava dietro dalla mattina.
“Oh, la mia cara Balia… non cambierà mai! Immagino che avrà inveito spudoratamente contro mio marito!”
“E non solo contro di lui…vi ha definiti entrambi “Testoni”. Tua madre, invece…” Oscar si immobilizza, anche Andrè si blocca.
“C’era anche mia madre…e come…non le ho scritto, io non pensavo che lei…”.
“è una grande donna. Vi manda questo… e la sua benedizione per il vostro matrimonio.”
“Oh…io…”
E l’ex comandante non sa più che dire. Si perde per un attimo, ma viene risollevata dalla voce del marito.
“Grazie per tutto quello che hai fatto per noi, Alain.”
“Dovere, questo e altro per te e il Comandante”.
“Dovrò abituarmi al fatto che mi chiamerai sempre così, vero? Bene, soldato De Soissone… spero che accetterete di buon grado la modesta cena che il soldato Grandier sta faticando a preparare!”
“No, grazie, veramente. Preferisco andare a casa…”
“Alain, ma…”
“No, Andrè, ti ringrazio. Non mancheranno certo occasioni! E comunque… tua moglie lo deve ancora bere, quell’intruglio!”
 
Alain si chiuse la porta alla spalle, Oscar mando giù quell’orrendo intruglio tutto d’un fiato, e il fagotto di Nanny continuava a troneggiare nella piccola cucina.
“Oscar, che dici… dovremmo aprirlo, non ti pare?”
“Sì, Andrè… vieni qui, accanto a me…non so perché, ma ho quasi timore…”
“Eccomi. Forza, apri e dimmi cosa c’è”.
In superficie, le cose più ovvie:
“Ci sono le tue camicie, e le mie… e pantaloni… tu guarda! È riuscita anche a piegare due camicie da notte! Come a fatto a comprimere tutto così? Un lenzuolo, e… c’è… c’è un vestito…un vestito…”
“Oscar, l’ho capito…com’è questo vestito che ti turba tanto? È quello…[1]
“Oh, ma no Andrè, che dici! È per me, anzi dovrebbe, ma è… è… è un vestito prèmaman, Andrè”.
“La nonna! Non si smentisce mai”.
“Già…e poi…c’è una lettera, Andrè”.
 
Che modi, scappare via così! Ma vi so insieme, marito e moglie, e non so se piangere o ridere di questo. Troverete quello che credo vi sia immediatamente necessario, e anche qualcos’altro.
Bambina mia, io non ho potuto portarti il brodo, dopo la tua prima notte di nozze… spero che, se un giorno indosserai quel vestito, tu ti possa ricordare di me.
Quanto a te, nipote… abbi cura di Oscar, falla sempre felice, riguardati e sappi che sono sempre stata orgogliosa di te.
Vi voglio bene, ve ne vorrò sempre.
Vostra nonna.
 
p.s. è tutto quello che ho…non è molto, ma vi potrà essere utile…io, ormai, non so più che farmene.
 
“A cosa si riferiva, Oscar?”
“C’è un sacchetto, Andrè…e ci sono dei soldi…e…ma è pazzesco! Ci sono anche delle provviste…oh, cara, cara Nanny…”
L’animo da soldato riaffiora in Oscar quando meno se lo aspetta. E la donna spezza la commozione del momento con un’osservazione pratica:
“Bene…direi che possiamo stare tranquilli, per un po’…”
“Oscar?”
“Sì, Andrè?”
“Devi aprire anche il sacchetto di tua madre…”
“Mi sento in colpa, Andrè… potevo scriverle…e solo che…”
“Non ha senso angustiarsi così, ora. Non ti fa bene, Oscar…”.
“Ad ogni modo…ci sono anche qui dei soldi e un biglietto…”
 
   Cara Oscar, Caro Andrè,
 ho scritto questo biglietto subito dopo che vi ho visti partire, perché sapevo che non sareste più tornati.
Non è che una piccolissima  parte di quello che ti sarebbe spettato come dote, Oscar, ma so che ti basterà per vivere come hai scelto, con accanto l’unico uomo che ti può amare come tu vuoi.
Figlia mia, non dimenticarti mai di me: ti ho amata sopra ogni altra cosa, anche se forse non sono riuscita a dimostrartelo.
Andrè, dal momento stesso in cui ti ho visto per la prima volta il mio cuore di madre ha capito che saresti stato l’unico a renderla felice.
Con amore immenso, Marguerite.
 


[1] Embè, non lo avrebbe perdonato mai alla cara nonna se fosse stato “quel” vestito!

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