Alla fine della strada

di kateausten
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Novità e cambiamenti ***
Capitolo 2: *** Presentimenti e promesse ***
Capitolo 3: *** Pozioni e gatti scheletrici ***
Capitolo 4: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 5: *** Sbaciucchiamenti e persone speciali ***



Capitolo 1
*** Novità e cambiamenti ***


Camminatore che vai, cercando la tua pace al crepuscolo,
la troverai alla fine della strada.

 

Rose Weasley guardò dritta davanti a se, con una nuova, stranissima impressione: la Sala Grande era sicuramente cambiata in quei brevi secondi in cui aveva sbattuto le palpebre. Mai la le era sembrata così eternamente lunga, ne così piena di persone.
Mentre la attraversava camminando a passo sostenuto, cercò anche di ignorare i continui bisbiglii che provenivano da tutti e quattro i tavoli; si concentrò sulle pieghe della lunga veste color smeraldo della Preside McGranitt, che camminava velocemente davanti a lei, e sul respiro affannato di Hugo, che le era accanto.
Voleva prendere la mano di suo fratello, stringerla, ma Rose scoprì che le mani non funzionavano a dovere, solo le gambe in quel momento seguivano quello che il cervello diceva loro di fare.
Il resto del corpo era inerte e decisamente lasciato a se stesso.
Si sentì sollevata quando uscì dalla Sala e si ritrovò nel corridoio deserto: era l'ora di pranzo e tutti gli studenti erano impegnati nel banchetto.
"Che cosa ironica" pensò Rose "Mio padre sta per morire proprio nel momento della giornata che preferisce di più".
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Suo padre stava per morire.
Per quale altro motivo sennò stava seguendo la McGranitt a tutta quella velocità?
Si morse il labbro a sangue per non piangere e spaventare Hugo, che aveva il volto pallido e contratto.
I suoi zii potevano dire che non era vero, che suo padre non sarebbe morto.
I medici potevano dare loro ragione, dicendo che presto avrebbero trovato una nuova cura.
Ma Rose sapeva che niente, niente di tutto ciò era vero. E lo sapeva perchè, mentre i medici e gli zii gli assicuravano che, no, certo che Ron Weasley sarebbe sopravvissuto, lei aveva guardato negli occhi sua madre.
Hermione Granger non aveva mai saputo mentire bene.
Neanche a scuola, durante l'adolescenza, come gli raccontava suo padre ("Mai una bugia Rosie" gli diceva con una smorfietta divertita e a quel punto suo madre ribatteva "Mi pare che un certo Troll di montagna la ricordi diversamente").
Ma soprattutto, non aveva mai mentito ai figli.
Con cura, scegliendo le parole giuste, aveva parlato a Rose e Hugo dei tipici argomenti che un genitore non vorrebbe mai affrontare: dalla notizia che Babbo Natale non esisteva (Rose aveva dieci anni e Hugo otto; lui l'aveva presa bene, per lei era stata una tragedia) al fatto che i nonni Granger non stavano tanto bene (per amor della cronaca, in quel momento stavano benissimo e vivevano in una casetta vicino Londra, rifilando a Rose e Hugo milioni di dolcetti senza zucchero).
Per questo, quando Rose sentiva quelle rassicurazioni e nel contempo guardava gli occhi cerchiati di sua madre, capiva che presto o tardi avrebbe dovuto dire addio a suo padre.
E, per come stavano andando le cose, sembrava che il presto fosse l'ipotesi più probabile.
Non sentì neanche la parola d'ordine che la McGranitt disse per far girare la statua che conduceva nel suo ufficio: in quel momento voleva solo gridare, gridare, gridare.
"Bene ragazzi" disse la preside con voce concitata, mentre prendeva una polvere grigia da una ciotola e ne metteva un pò in mano ai due "Vostra madre mi aveva pregato di mandarvi immediatamente al San Mungo se ci fossero state delle novità. Mi ha mandato un gufo poco fa e io...".
Rose annuì in silenzio, imitata da Hugo. Doveva essere successo qualcosa se sua madre li aveva fatti chiamare.
Qualcosa di importante.
"I vostri cugini vi raggiungeranno non appena il pranzo sarà terminato. Ho ritenuto più opportuno mandare voi due per primi, così... potrete stare un pò da soli con i vostri genitori".
Rose si sentì commossa da quella piccola premura che la Preside aveva avuto: sapeva bene che la McGranitt era molto affezionata ai suoi genitori e ai suoi zii, sin da quando erano ragazzi.
"Grazie mille Preside" disse Rose, mentre Hugo annuiva, un pò intimidito.
Diede una leggera spinta al fratello.
"Vai" bisbigliò.
Lo guardò scomparire nelle fiamme verdi del camino e lei si preparò a fare lo stesso.
"Buona fortuna" La voce della McGranitt la bloccò un attimo "Faccia i miei migliori auguri al signor Weasley".
Rose annuì con un sorriso incerto e, dopo un secondo, sparì.

                                                             *

Il San Mungo a Rose non era mai piaciuto.
Certe volte aveva accompagnato li Dominique, perchè il sogno della cugina era quello di fare la Guaritrice. Così, erano un paio di estati, che giravano ore e ore tra le varie corsie e nei vari reparti.
Ma non le era mai piaciuto, no.
L'odore del disinfettante mischiato a quello delle pozioni, la vista di tutte quelle persone malate, i bisbiglii concitati dei medimaghi che camminavano velocemente non erano cose per le quali Rose impazziva.
"E ti dichiari una Grifondoro?" la prendeva in giro Dominique mentre camminavano nei corridoi.
Rose si limitava a guardarla male, pensando però che il cappello avrebbe fatto meglio a smistarla tra i Corvonero, come la cugina. Certo, era leale; certo era orgogliosa; certo, era pronta a battersi per le ingiustizie, ma il coraggio... quello non pensava di averne abbastanza.
Mentre viaggiava velocemente fra i camini, Rose si ricordò di aver confidato quel timore a suo padre qualche anno fa: ricordò anche che lui aveva sorriso e l'aveva fatta sedere sulle sue ginocchia.
"Papà, ho dodici anni. Che non ti scappi detto che mi lascio trattare come una bambinetta!" aveva mormorato Rose nell'incavo del suo collo.
"Sarà un segreto tra me e te, ok?". Gli occhi di Ron ridevano.
Poi, guardandola negli occhi, le aveva detto una cosa che non aveva più scordato.
"Sai Rosie, anche io pensavo di non essere abbastanza coraggioso per i Grifondoro. Pensavo di non essere un sacco di cose, in realtà. Sai, avevo tutti quei fratelli, zio Harry era già così famoso e tua madre era la più intelligente del nostro corso... Solo, che proprio il primo anno, successe una cosa che mi fece cambiare idea" Ron si era interrotto, spostando leggermente in peso di sua figlia da una gamba all'altra "Feci la partita di scacchi migliore che Hogwarts ebbe mai visto... o almeno Silente disse quello. Fui coraggioso in una situazione molto difficile, Rosie. E sono sicurissimo che anche tu, in una situazione difficile, saresti molto coraggiosa".
Rose aveva sorriso, rincuorata.
"Che diamine, sei una Weasley!" aveva esclamato poi, facendola ridere.
Ed adesso, lui era li. Quell'uomo coraggioso che l'aveva quasi convinta a credere nel proprio, di coraggio, era disteso in un letto, privo di conoscenza. Senza un sorriso a increspargli le labbra, ne una luce maliziosa negli occhi.
Così, quando Hugo l'aiutò a uscire dal camino e sentì quell'odore familiare e odiato, ne restò quasi nauseata.
"Tutto bene?" chiese Hugo, guardandola in faccia.
"Si, tranquillo" rispose lei, prendendo un enorme respiro.
Uscirono dalla saletta adebita agli arrivi tramite i camini e si incamminarono, mano nella mano, verso la camera di Ron. I due giovani grifondoro attiravano l'attenzione, con quelle divise nere che contrastavano con il bianco asettico dell'ospedale.
Rose mandava mentalmente al diavolo tutte le occhiate di pietà che sentiva arrivare come una stilettata al cuore: sapeva che essere figli di Ron Weasley e Hermione Granger era un fatto che nuoceva all'anonimato e in quel momento odiò quella situazione con tutta se stessa.
Strinse la mano a Hugo e lo guardò, benedicendo il fatto che a quindici anni non si vergognasse a girare mano nella mano con lei, almeno non in quella situazione. In quel momento aveva bisogno della stretta, della familiarità di Hugo come dell'aria, e probabilmente anche lui aveva bisogno delle solite cose, perchè ricambiò lo sguardo e la stretta di Rose.
"Ha solo quindici anni" pensò disperata "Solo quindici. Come farà a crescere senza un padre?".
Cercò di calmarsi, ma sentiva che il panico e la disperazione la stavano avvolgendo, come se avesse un branco di Dissennatori alla calcagna.
Proprio in quel momento, però, vide una chioma rossa che la fece sospirare di solievo.
"Zia Ginny!" esclamò, lasciando la mano di Hugo.
La donna, con i lunghi capelli rossi, era appoggiata al muro e la guardava sorridendo.
"Ciao tesoro" disse abbracciandola.
Rose inspirò forte l'odore della zia e si staccò dolcemente. Si girò e lo sguardo le andò a finire su un'altra figura, una figura che apparteneva a una delle persone a cui Rose voleva più bene al mondo.
Piano piano si chinò sulle ginocchia, all'altezza della persona che in quel momento era a sedere su un orribile sedia di plastica verde.
"Zio Harry..." mormorò Rose.
Harry aveva il viso nascosto dalle mani e quando sentì la voce della nipote, lo alzò lentamente.
"Rosie..." disse, carezzandole una guancia.
Rose rimase turbata dall'aspetto di suo zio, che era sempre stato un uomo curato. Aveva i capelli scompigliati, gli occhi verdi erano cerchiati e la barba da fare.
Sapeva anche però, che zio Harry e suo padre erano amici da una vita e dopo il primo incontro, non si erano mai lasciati. Quindi, perdere Ron, per lui, sarebbe stato qualcosa di devastante.
"Come mai siete qui?" chiese un pò sorpreso.
"Mamma ci ha mandato un gufo" rispose Hugo, ancora tra le braccia della zia.
"Oh" mormorò lui.
"Voi sapete qualcosa?" chiese Rose, alzandosi in piedi.
Vide gli zii scambiarsi un'cchiata.
"Allora?" chiese Rose impaziente.
"Entrate" disse Ginny sospirando "Vostra madre vi spiegherà tutto".
Rose lanciò uno sguardo a Hugo, il quale bussò piano alla porta e poi, senza aspettare nessuna voce di assenso, aprì.
Hermione Granger era seduta sulla sedia accanto al letto del marito: da un mese a quella parte non si era mossa di li, se non per cambiarsi o mangiare qualcosa.
A Rose faceva sempre impressione quella vista: sua madre era sempre stata una donna attiva, perspicace, intelligente, dinamica. Non l'aveva mai vista oziare ne restare ferma a lungo. Soprattutto il suo viso trasmetteva sempre forza ed energia.
Ma in quel momento, Hermione sembrava solo una donna sconfitta e debole, una donna travolta da una tempesta che non sapeva affrontare.
La vista di sua madre in quello stato le fece sentire una stretta al cuore, tanto che spostò lo sguardo.
Grosso errore.
Gli occhi le andarono a finire automaticamente su Ron Weasley.
Ron era sempre stato una colonna portante per Rose. Non che sua madre non lo fosse, ma il rapporto che aveva con sua padre era speciale.
Da quando poteva ricordare, c'era sempre stato lui ogni volta che aveva avuto bisogno di giocare, parlare, piangere. Era capace di sollevarle il morale con una battuta, di capire il suo stato d'animo con un'occhiata.
Si impose di levare lo sguardo da quella figura e si avvicinò la madre.
"Mamma..." mormorò.
Hermione li guardò con uno sguardo che sembrava arrivare da un posto molto lontano. Poi sorrise e baciò lei e Hugo.
Rose lanciò un'altra volta un'occhiata fugace al padre. Ron Weasley era steso su quel letto in uno stato comatoso da un mese, e tutto per una cosa successa venticinque anni prima.
Il fatto strano, tragicamente buffo, è che non era li per una vecchia ferita da guerra, no.
Dopo essere uscito illeso dalla guerra contro Voldemort, Ron era tornato a Hogwarts, era rientrato nella squadra di Quiddicht nel ruolo di portiere e aveva giocato nella finale Grifondoro- Serpeverde.
A metà partita, aveva fatto una parata spettacolare ( "La parata che ha salvato la partita, Rosie" amava raccontare suo padre mentre zia Ginny alzava gli occhi al cielo ) che tuttavia lo aveva fatto scivolare dalla scopa, facendogli fare un volo di tre metri.
Sfortunatamente, nessuno aveva avuto la prontezza di arrestare la caduta, così Ron era stato immediatamente trasportato in Infermieria e poi al San Mungo.
Incredibilmente, non sembrava aver riportato nessun danno permanente (anche se George aveva detto che la differenza non si sarebbe notata) e così, fino a quarantatre anni, l'ultimo maschio dei Weasley aveva goduto di ottima salute.
"E' successo qualcosa ultimamente?" aveva chiesto il Medimago a Hermione e Rose la sera in cui Ron era caduto come una pera cotta sul tappeto del soggiorno davanti agli occhi di Hugo "Qualche incidente? Ha sbattuto la testa?".
A quelle parole, Rose si sentì stringere violentemente le viscere dello stomaco: a inizio estate, lei e Ron avevano giocato a Quiddicht nel loro giardino e lui era caduto, picchiando effettivamente una bella botta alla testa.
Da li, rammentò Rose, sgomenta, erano iniziati i mal di testa del padre e le sue dormite sempre più lunghe, fino a quella giornata decisiva.
Raccontò a voce bassa e colpevole l'episodio al Medimago, che sorrise comprensivo. Disse che non era stata colpa di quella botta; disse che probabilmente aveva solo accellerato un processo già in atto; disse che probabilmente aveva avuto un trauma mai stato curato in modo efficace; disse un sacco di cose che Rose non ascoltò, troppo impegnata a guardare gli occhi sgranati di sua madre.
"Ma... ma non si può far niente?" la voce di Hermione era diventata acuta, come sempre, quando era nervosa o agitata "Un'operzione che può guarirlo?".
Il Medimago aveva detto che si, potevano fare un'operazione ma che no, non erano sicuri che con questa potevano riuscire a guarirlo. Era un'operazione ad alto rischio, l'ultima spiaggia da provare.
Così, quel settembre, nonostante le proteste, Hermione aveva spedito Rose e Hugo a Hogwarts, promettendo che li avrebbe avvisati immediatamente nel caso ci fossero stati dei cambiamenti.
Evidentemente, c'erano stati.
"Mamma, cos'è successo?" chiese Rose, cercando di stare calma.
Hermione emise un breve sospiro.
"I Medimaghi mi hanno consigliato di procedere con l'operazione. Ormai sono due mesi che è in queste condizioni e... e sembra la migliore ipotesi".
Rose chiuse gli occhi.
Sua madre non li aveva chiamati per annunciargli dei cambiamenti. Li aveva chiamati per fargli dire addio a Ron.
Rose la guardò spaventata, evitando di incrociare gli occhi di Hugo. Sapeva che sarebbe scoppiata a piangere.
Guardò nuovamente suo padre, immobile e pallido.
La gola le si stava chiudendo, la testa le girava.
Doveva uscire di li immediatamente.
"Io.. devo prendere..." balbettò, cercando a tentoni la maniglia della porta.
"Rose..." Hermione si era alzata dalla sedia.
Lei la ignorò, aprì la porta di scatto e davanti, si trovò l'unica persona che avrebbe potuta farla sentire meglio in quel momento.
"Al...".

 

 

Note:
Mi rendo conto di essere una pazza psicopatica che vuole arrivare al collasso e vi spiego perchè: dal 30 in poi sarò PIENA di esami, ma giustamente ho pensato di postare questa nuova storia.
Così, tra studio e scrittura, arriverò al sopracitato collasso. ;
L'unica cosa che chiedo alle meravigliose persone che leggeranno questa storiella, è di pazientare, perchè gli aggiornamenti non saranno rapidi.
Ci saranno, ma non saranno veloci come sempre.
Chiedo già venia. (Ricordatevi del mio collasso).
Spero comunque, che questo primo capitolo sia di vostro gradimento.
Un grosso bacio a tutte!

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Capitolo 2
*** Presentimenti e promesse ***


Lui era il nastro dove avevo registrato i momenti più importanti.
I più belli.

 
Se c'era una cosa nella quale Albus Severus Potter non credeva, quella era il caso.
E la Divinazione.
E i presentimenti.
E tutte quelle cose che portavano un mago a diventare, da perfetta persona sana di mente, a uno psicopatico che vede segni di morte e Grami da tutte le parti.
Schiattando dopo poco, nella maggior parte dei casi.
Albus era una persona estremamente razionale e come sua zia Hermione, aveva abbandonato a metà semestre Divinazione, non potendone più di foglie di tè, sfere di cristallo e fumi che creavano sonnolenza.
E soprattutto della Professoressa Coman che sobbalzava drammaticamente ogni volta che lo guardava.
Suo padre, quando gli aveva detto di aver piantato il corso, aveva fatto finta di arrabbiarsi (mentre sua madre si era arrabbiata davvero) e poi lo aveva sentito sghignazzare di nascosto con zio Ron mentre zia Hermione reprimeva un sorrisetto soddisfatto.
Così, quando quella mattina Al si svegliò con un fastidioso peso sullo stomaco, non ci fece caso.
Quando guardò fuori dalla finestra, in quella burbera mattina di ottobre, e vide un corvo gracchiare sinistramente, si limitò a pensare che era strano perchè non era ancora stagione di corvi.
E quando Sam, un suo compagno di stanza, lo informò che la scorsa sera i Cannoni di Chuddley avevano perso 55 a 270 con un numero ridicolmente alto di Pluffe perse, si limitò ad alzare le spalle.
Tuttavia, mentre si pettinava i folti capelli neri, un piccolo dubbio si insinuò nel suo ragionevolissimo cervello.
"Andiamo Al!" si disse, mentre prendeva i libri per le lezioni di quel mattino e li metteva nella borsa "Non sono segni! Non significano niente di niente. E non significa niente che sia la squadra preferita dello zio. I Cannoni perdono praticamente quattro partite su cinque! Adesso andrò giù, racconterò tutto a Rose e ci faremo su due risate".
Ma quando scese nella sala comune, non c'era traccia di Rose.
Brutto segno, si ritrovò a pensare.
No, che idea sciocca. Cercò di calmare il battito frenetico del suo cuore.
Si girò, e vide Hugo scendere le scale con tranquillità. Il cugino gli sorrise non appena lo vide e Al ricambiò, con solievo. Se Hugo era li e soprattutto era calmo e in ritardo per la colazione, voleva dire che non era successo niente di niente.
Trovò Rose a fare colazione, con il naso immerso in un libro nella Sala Grande e si disse che aveva ragione quando pensava che i presentimenti e compagnia bella facevano perdere il senno.
Ma li maledisse ancora di più a pranzo, quando vide Rose e Hugo alzarsi e seguire una
McGranitt dal volto pallido e contratto.

Avrebbe voluto avere James accanto in quel momento: solo lui avrebbe fatto una battuta divertente e completamente fuori luogo che gli avrebbe sollevato il morale.
Si alzò scalpitante insieme a Lily e agli altri Weasley quando, dopo un bel pò, la McGranitt chiese a tutti loro di raggiungere Rose e Hugo al San Mungo.
Anche ad Al non era mai piaciuto l'ospedale, e fece una smorfia quando seguì, insieme agli altri, Dominique, che si muoveva con sicurezza in quei lunghi corridoi.
Una volta raggiunta la porta di suo zio Ron, trovò sua madre pallida come uno spettro con le spalle contro il muro e suo padre, con la barba sfatta e nonna Molly con la mano appoggiata sulla sua spalla.
James, che fortunatamente era già li, gli aveva detto che zio Ron sarebbe stato operato tra poco ma che le possibiltà di una riuscita dell'operazione erano molto, molto basse.
Rose uscì in quel momento da quella porta chiusa, con un espressione che Al non gli aveva mai visto. La ragazza guardò tutti i cugini raggruppati li, gli zii che stavano pian piano arrivando e si rese conto che la ragazza stava per scoppiare.
Quando lo vide, qualcosa sul suo volto sembra rilassarsi.
"Al..." disse.
Albus fece un sorriso tirato- non gli sembrava giusto sorridere veramente quando suo zio era in un letto d'ospedale- e gli porse la mano a cui Rose si aggrappò come un'ancora.
Si allontanarono da li, da tutta quella gente che adesso sembrava solo fastidiosa e irritante, camminando in silenzio, le mani fortemente allacciate.
Al si rese conto che si stavano toccando e la cosa lo stupì: avevano limitato i contatti fisici durante gli anni. Sapeva infatti che quando Rose lo sfiorava, non lo sfiorava per caso. Lo sfiorava perchè aveva bisogno di sentire qualcosa di consistente sotto le sue dita, qualcosa di lui.
Ma d'altra parte, anche per lui era la stessa identica cosa.
"James mi ha detto che Teddy e Victorie arriveranno tra poco" disse Al per interrompere quel silenzio prolungato.
Rose si limitò ad annuire, fermandosi vicino a una finestra che dava su un piccolo giardino dell'ospedale. Mentre osservava la gente in camice e accappatoio che ci camminava lentamente, fece una domanda:
"Cosa farò se lui morirà?".
Al si avvicinò.
"Non morirà, Rose" disse.
"Morirà invece" replicò lei "Mi lascerà da sola. Non riderò più come prima, non sarò mai più completamente felice".
Albus chiuse gli occhi, sentendosi completamente impotente.
"Non sarai da sola" sussurrò "Ci saranno un sacco di persone insieme a te".
Lei fece un sorriso amaro.
"Nessuno lo potrà mai compensare".
"Ci sarò io".
Si sentì coraggioso mentre disse quelle parole, e anche un pò arrogante.
Rose continuò ad avere quel suo sorriso amaro, intriso di lacrime non ancora versate.
"Per la prima volta in assoluto Al, non mi basteresti".
E Al sapeva che, come quasi sempre, Rose aveva ragione.

                                                         *

Hermione Granger aveva sempre sentito dire che quando una persona moriva, vedeva passare la vita davanti.
Questo ancora non lo sapeva, ma aveva scoperto un'altra cosa: quando una persona che amavi era in bilico tra la vita e la morte, eri tu - la persona seduta sulle squallide sedie di plastica della sala d'attesa- che vedevi tutta la vita passare davanti.
Hermione cercò con tutte le sue forze di scacciare dalla mente l'immagine di un bambinetto dai capelli rossi e la divisa di seconda mano.
Cercò di scacciare l'immagine di un ragazzo lentigginoso che sbuffava su fogli di pergamena
sdraiato sul pavimento della sala comune.

Cercò perfino di scacciare l'immagine dell'uomo che teneva fra le braccia uno scricciolo dai capelli rossi e cespugliosi che rideva, improvvisando una danza nel salotto, volteggiando insieme a lei.
Non lo avrebbe più visto.
Hermione sentì chiudersi la gola.
Ron.
Ron.
Ron.
Lo sapeva, sapeva che questa operazione era solo una formalità, che lui non si sarebbe più svegliato. Lui non l'avrebbe più guardata con i suoi occhi blu, non ci avrebbe più parlato ne litigato.
Non lo aveva neanche salutato.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi e si affrettò ad alzarsi, a camminare quasi alla cieca, travolgendo il vicino Teddy. Non poteva farsi vedere da Rose e Hugo.
Non adesso, non mentre loro nutrivano ancora qualche speranza.
Si fermò anche lei in un corridoio semideserto, poggiando la fronte al vetro sporco della finestra, stringendo i pugni.
"Te ne stai andando Ron Weasley, vero? Si, lo stai facendo. E' tipico di te, no?" pensò con rabbia disperata.
L'immagine di lui che se ne andava, lasciando lei e Harry in quella tenda era un immagine che non aveva mai rimosso. Si era sentita abbandonata dalla persona che amava, completamente tradita.
E' vero, lui se ne era andato.
Solo che poi era tornato. Perchè lui era quel genere di persona. Quel genere che pensavi ti poteva abbandonare, ma non era così. Anche i primi tempi in cui erano sposati e lui andava in missione per gli Auror le diceva sempre "Stai tranquilla Hermione. Tornerò. Tornerò".
Un delicato colpo alla spalla la fece sobbalzare e si girò di scatto.
"Sei tu" disse Hermione e sospirò, gettandosi su quella spalla familiare.
"Non volevo spaventarti" disse Harry "Scusa".
Hermione pianse un pò contro la sua spalla, inspirando quell'odore così dolorosamente familiare- perchè gli ricordava l'infanzia, le ricordava Hogwarts, le ricordava Ron- cercando di non andare in mille pezzi.
Una madre, in quel momento, non poteva permetterselo.
Harry non piangeva, non diceva nulla, la abbracciava e basta. Hermione non si era aspettata di sentire niente; lui non era mai stato bravo nel parlare dei sentimenti che provava o delle cose che gli facevano paura.
Ma Hermione lo conosceva come le sue tasche e sapeva che se oggi, Ron moriva, anche una parte di Harry se ne sarebbe andata con lui.
Era inevitabile.
Ron era stato per lui un fratello, un amico, un compagno di vita. Era stato la prima persona che aveva accolto quel bambino di undici anni, magro, triste, con una strana cicatrice sulla fronte.
"Torniamo in la" disse Harry, posandole una mano sulla spalla "Le due ore di attesa sono quasi finite".
Hermione si staccò da lui e annuì, asciugandosi le lacrime. Erano così calde, sembravano essere state sul fuoco fino a quel momento.
Sorreggendosi l'un l'altra, arrivarono in sala d'attesa. Hermione notò che c'era troppa gente. Perchè c'era così tanta gente?
E perchè era raggruppata tutta intorno a quell'uomo dall'assurdo camice blu?
"Harry?" disse con una voce che non sembrava neanche la sua "Harry?".
Non sapeva neanche perchè stava chiamando Harry. Non voleva chiamare lui.
Ma Harry non rispose, gli occhi assenti su quella scena.
Hermione cercò freneticamente con lo sguardo Rose e Hugo, staccandosi dal suo amico, ma la persona, l'uomo che era in mezzo ai Weasley, si era improvvisamente materializzato davanti a lei.
"Mi dispiace signora" disse guardandola negli occhi "Mi dispiace davvero, davvero tanto".

Il riconoscimento non era esattamente necessario. Tutti sapevano che era Ron Weasley la persona che era deceduta, ma le regole erano regole.
E lei, doveva andare in quella stanza fredda e vedere il corpo di suo marito sbattuto su quel lettino inospitale.
Prima, aveva stretto forte a se i suoi figli per un pò, mormorando a entrambi parole dolci come il miele sentendole però false e poco opportune, lasciandole in bocca un sapore amaro e disgustoso.
Ma d'altra parte, cosa potevi dire a due ragazzini che avevano appena perso il padre?
Ginny si era offerta di riconoscere il corpo di Ron al suo posto, ma Hermione l'aveva ringraziata- no, non è necessario, aveva detto- e con le gambe malferme aveva seguito quel gentile medimago nella stanza dove avevano messo il corpo di Ron, ripulito e asettico con una benda che gli ricopriva il cranio.
"E' lui signora?" aveva chiesto velocemente il giovane medimago, forse per evitare di prolungare la scena straziante.
Era lui, si.
Era indubbiamente lui. Le lentiggini risaltavano sul volto bianco e i capelli sembravano più rossi del solito, più scuri. Le labbra ben disegnate erano quasi viola, ma la cosa che colpì di più Hermione, fu la totale mancanza di espressioni sul suo volto. Perfino quando dormiva, Ron dimostrava cosa stava provando.
Si ricordava che dopo la guerra, dopo Fred, l'espressione nel sonno era tesa; così come dopo la nascita di Rose il viso era disteso, molto più sereno.
Hermione si avvicinò ancora un pò a quel corpo immobile, tentando di non guardare il petto dell'uomo: certe volte, quando non riusciva a dormire, aveva preso l'abitudine di guardare proprio quel petto abbassarsi e alzarsi lentamente nella penombra della camera, ascoltando il respiro regolare di Ron e sentendosi piacevolmente al sicuro.
"Signora?" chiese ansiosamente il medimago. Gli avevano detto- i medimaghi più esperti- che meno le persone stavano con il cadavere della persona amata, meglio era.
"Si?".
"L'ha riconosciuto, no? Sarà meglio andare".
Hermione sbattè le palpebre, sbigottita.
Era l'ultima volta che lo vedeva. Da adesso in poi, non avrebbe più visto Ron Weasley se non in foto o nei suoi sogni. Non avrebbe più toccato la sua pelle pallida e calda. Lui era sempre caldo- sembrava avesse la febbre- mentre lei era sempre fredda e si accucciava contro lui.
Lo dovrei scaldare io adesso?
No, che pensiero stupido.
Non poteva andare a pezzi, non ancora. C'erano mille cose da fare, da organizzare, da pensare. Era talmente devastata da non sentire il dramma della perdita.
Intanto il medimago guardava silenziosamente lei e lui, sentendosi improvvisamente di troppo: voleva andarsene, voleva lasciare loro la giusta privacy e ringraziarli anche, perchè lui era un Nato Babbano e se eri li in quel momento era grazie a loro due, ma doveva portarla via.
"Signora?" tentò ancora, gentilmente "E' ora di andare".
Hermione annuì e passò un dito sulla guancia del marito. Velocemente, perchè era fredda e
lei se lo voleva ricordare caldo.

"Mi mancherai tutta la vita" pensò.
Quando uscirono, il medimago guardò Hermione a disagio.
"Mi dispiace molto per la sua perdita. Davvero" disse sinceramente "Era un grand'uomo".
Hermione lo guardò per la prima volta negli occhi.
"Il migliore" confermò e fu come se in quelle parole avesse trovato la forza sufficente per girarsi e andare via.
Aveva mandato Rose e Hugo da Harry e Ginny.
Sapeva che in quei momenti nulla sarebbe stato meglio della presenzaa di Albus e Lily per i suoi figli. Sarebbe andata a riprenderli presto, prestissimo, perchè aveva bisogno di loro. Di attaccarsi alla loro pelle, ai loro capelli, al loro odore.
Tuttavia, in quel momento, anche solo per una breve mezz'ora, aveva bisogno di stare da sola.
Posò con calma la borsa sulla sedia dell'ingresso e guardò casa sua.
Ron non c'era più, eppure nulla era cambiato. I post it con la sua scrittura erano ancora attaccati al frigo, la coperta con la quale di si coprivano quando erano stesi insieme sul divano era ancora appallottolata sopra un cuscino e, quando arrivò nella loro camera, scoprì che il giornale che Ron aveva letto quella mattina maledetta era ancora sul comodino, spiegazzato e pieno di riccioli agli angoli delle pagine.
Glielo diceva sempre di non lasciare le cose così... glielo diceva sempre...
Le lacrime cominciarono a caderle leggere, quasi incerte, ma dopo qualche secondo il pianto si tramutò in un vero e proprio singhiozzare.
Urlò, accasciandosi a terra e urlò ancora e ancora e ancora. Pianse fino a quando lo stomaco non cedette e non corse in bagno per vomitare quel poco che aveva mangiato.
Spossata, Hermione si toccò la fede, incurante dei capelli appiccicati alla fronte e alla bocca.
Ron non ci aveva fatto incidere la loro data di nozze. Ci aveva fatto scrivere un'altra data.
1 settembre 1991.
Hermione aveva riso quando, tutto gongolante, glielo aveva annunciato, ricordandosi di quel ragazzino che tentava di far diventare giallo il suo topo.
Si ricordò anche la sera del loro matrimonio, quando, guardando l'anello, si era girata verso Ron e aveva detto:
"Non mi sembra ancora vero. Ce l'abbiamo fatta"
Ron aveva sghignazzato tirandola a se.
"Lo so. Pensa alla fortuna che hai avuto. Insomma... sei sposata con me!".
Lei gli aveva tirato un cazzotto, nascondendo un sorriso divertito.
Guardò ancora l'anello e poi si girò verso di lui.
"Promettimelo Ron. Promettimi che non mi lascerai mai".
Lui divenne insolitamente serio.
"Mai Hermione. Non ti lascerò mai".
A quel ricordo, così vivido, Hermione crollò sul letto. E ricominciò a piangere.
"L'avevi promesso" singhiozzò "L'avevi promesso".

 

Note:
Salve, mie dolci donzelle!
Ok, lo so che questo capitolo è veramente, veramente fatto apposta per tagliarsi le vene, ma prometto che dai prossimi capitoli le cose si metteranno meglio.
Ma soprattutto non saranno così disperate.
E' solo che il punto di vista di Hermione ce lo dovevo mettere. Mi sembrava giusto.
Inoltre, so che non ve ne importa, ma volevo informarvi che ho preso 30 all'esame che ho avuto stamattina!!! Sono veramente molto happy! : )
Un bacio belle, spero che questo capitolo vi piaccia!

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Capitolo 3
*** Pozioni e gatti scheletrici ***


-Che strada devo prendere?
-Tutto dipende da dove vuoi andare...
 

"Rose" mormorò dolcemente Al "Rose, guardami".
La ragazza era rannicchiata in posizione fetale sul letto di Albus, mentre lui la osservava seduto sulla sedia di fronte al letto. La ragazza non piangeva, non si muoveva, non parlava.
Hugo era insieme a Lily e Ginny, ma Rose in quel momento non poteva accettare nessuno se non Al; la sua presenza era l'unica cosa tollerabile in quel momento, l'unica cosa che non la faceva impazzire.
Suo padre era morto.
Non era un pensiero orribile e astratto; non più una realtà con la quale, un giorno, adulta e matura, si sarebbe dovuta confrontare.
Era il presente. Era così.
Non lo avrebbe più visto.
Non lo avrebbe più visto, non avrebbe più sentito la sua voce. Non lo avrebbe più abbracciato sentendo l'odore della sua pelle e la leggera barba che le sfregava la guancia. Non avrebbe più giocato a Quidditch con lui, ne lo avrebbe più visto abbracciare e baciare sua madre.
Non lo avrebbe più osservato mentre si stiracchiava sul divano, mentre lanciava occhiate complici a Hugo ne il suo volto illuminarsi quando la vedeva scendere dall' Espresso.
Non avrebbe più sentito la sua voce sussurrarle all'orecchio "Al mio tre chiudi i libri e scappiamo, sei pronta?".
E benchè lei non fosse mai pronta, perchè la sorprendeva sempre nel bel mezzo di un'esercizio di Trasfigurazione, lui la prendeva per mano e la trascinava via dal tavolo, dalle piume, dai libri.
Cosa avrebbe fatto senza di lui?
Senza la sua presenza che le alleggeriva ogni aspetto buio della sua vita? Senza il suo di coraggio, come poteva andare avanti?
E Hugo? E sua madre?
Sua madre.
Rose pensò per un attimo a Hermione: sapeva bene che lei non si sarebbe mai ripresa. I suoi genitori litigavano, si. Facevano delle litigate epiche e per la maggior parte del tempo si tenevano il muso a vicenda.
Ma sapeva anche che si amavano così intensamente che, alcune volte, era quasi imbarazzante guardarli.
Con chi avrebbe litigato adesso?
No, Ron Weasley non poteva essere morto.
Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa.
Si alzò di botto e guardò suo cugino.
Gli occhi verdi di Al erano concentrati su di lei, e il suo cuore cominciò a battere più velocemente del normale.
Lei e Al avevano un rapporto difficile da classificare. Da piccoli erano stati compagni di giochi e di risate, ma con l'andare del tempo le risate erano diventati sussurri e i giochi erano quasi scomparsi.
Lo sapevano entrambi, certo.
Ma era una cosa così grande, così paurosa, così desiderata che avevano preferito lasciarla la in mezzo, senza un nome preciso, sospesa tra loro due, come un fedele cane che ti osserva sempre.
Rose sapeva che quello che stava per dire era qualcosa di così sbagliato, da poterlo dire solo a lui.
"Al" cominciò, lentamente "Devi farmi un favore".
Il viso preoccupato di lui si distese un pò, in parte sollevato di poter fare qualcosa.
"Certo Rose. Tutto quello che vuoi" rispose.
Nessuno sapeva del sentimento che lei provava per lui. Nessuna delle sue cugine o amiche.
Albus era un grande amore e i grandi amori non si raccontano.
"Vorrei tornare a Hogwarts" disse Rose, sedendosi a gambe incrociate.
Lo sguardo di Al si fece sorpreso; era l'ultima cosa che si aspettava.
"A Hogwarts?" ripetè perplesso "Adesso? E a farci cosa, scusa?".
Rose prese un grosso sospiro.
"Vorrei trovare il modo per tornare indietro nel tempo e impedire a papà di giocare quella partita" fece una pausa "Così lo salverò. E lui, oggi, non morirà".
Ci fu qualche secondo di silenzio dopo le parole della ragazza.
Poi Albus fece un sorriso incerto.
"Stai scherzando Rose, vero?".
Lei scosse la testa.
"Okey, lo so che sei completamente sconvolta, ma è impossibile".
"Per favore".
"Rose, non puoi...".
"Per favore".
"E' una pazzia! Finirai...".
"Per favore".
La voce di Rose era calma e Albus tacque.
"E io a cosa ti servo?" chiese Albus, lanciandole un'occhiata sempre più stupefatta.
"A preparare la pozione che mi porterà indietro" rispose Rose.
"Vedo che hai pensato già a tutto" disse Albus con voce aspra alzandosi dalla sedia e Rose fece un sorriso colpevole.
"Scusami Al".

"Ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo di fare?" continuò poi "E' illegale! Proprio tu che in questi anni mi hai rotto sempre le scotole con le regole della scuola...".
Rose abbassò la testa mentre il ragazzo continuava a camminare su e giù per la stanza.
"Lo so" mormorò lei "Hai ragione. Ma sei l'unica persona a cui posso chiedere di fare una cosa del genere".
A quelle parole, dette con quel tono, la reticenza di Al si sciolse e dovette fare violenza su se stesso per non abbracciarla fino a spezzarle le ossa.
"E poi perchè sono più bravo di te in pozioni" disse, rassegnato mentre si risedeva.
Rose sorrise per la prima volta da quella mattina.
"Solo in quella materia, Potter, ricordalo".
Anche Al sorrise. Rose aveva Eccezionale in tutte le materie, tranne in Pozioni. E benchè si impegnasse con tutta se stessa, era lui, senza il minimo sforzo, ad ottenere delle pozioni perfette.
"Rose" disse poi, guardandola attentamente "Ascoltami bene, solo per un momento, ok? Se poi non sarai convinta faremo quello vuoi tu".
Lei annuì e lui sospirò.
"Questa è stata... una giornata straziante. Hai tutto il diritto di essere sconvolta e di avere idee un pò... ehm... assurde. Ma non credi che questa... sia una cosa sbagliata? Per quanto io detesti l'idea, forse lui..." Al si interruppe e continuò con un filo di voce "Doveva morire".
Rose chiuse gli occhi, pensando che Albus aveva ragione. Forse era destino, forse quello che stava pensando di fare si poteva trasformare in un disastro cosmico. Ma le uniche parole che rimbombavano nella sua testa, erano quelle di suo padre.
"Al mio tre chiudiamo i libri e scappiamo. Sei pronta?"
Sei pronta?
Sei pronta?
Al scosse la testa.
"Non ti ho convinto, vero?".
Lei fece un sorrisino di scuse e lui sospirò.
"Allora, miss genio. Come facciamo ad arrivare a Hogwarts, eh?" chiese Al.
"Oh, Al. Non dirmi che non lo sai" rispose Rose, balzando giù dal letto, improvvisamente piena di energie.
"Cosa non so?" .
"Che i camini delle nostre case sono collegati a quello dell'ufficio della Preside" spiegò Rose, prendendo il mantello.
"Davvero?" disse lui, stupito.
"Me lo disse papà qualche anno fa. Mamma non sa che lo so".
"E come mai i nostri camini sono collegati a quello della McGranitt?" chiese mettendosi anche lui il mantello.
"Papà mi ha detto che la Preside è molto affezionata a tutti loro. Sai, con la guerra e tutto quello che era successo..." disse Rose, aprendo la porta della camera.
Scesero in silenzio le scale, fino ad arrivare al soggiorno.
"Papà".
La voce di Albus era incerta, e Rose capiì il perchè.
Non aveva mai visto zio Harry in quelle condizioni: era seduto sul divano, sul bordo però, come se fosse pronto a scattare in piedi. I capelli neri erano arruffati, la barba cominciava a farsi vedere bene, e gli occhi verdi erano cerchiati pesantemente. Li aprì lentamente, mettendo a fuoco le due figure con estrema difficoltà.
"Ragazzi" mormorò "Cosa ci fate qui?".

Rose e Albus si scambiarono un'occhiata ma l'uomo non sembrò voler sentire la risposta, perchè si alzò.
"Ho un gran mal di testa" disse "Vado a prendere...".
Non finì la frase e quando uscì dalla stanza, Al guardò spaventato Rose.
Benchè vedere suo zio così avesse colpito Rose, una parte di lei gli era grata. Albus sembrava molto più sicuro per quella missione pazzesca, come se vedere suo padre in quello stato, gli avesse fatto cambiare idea e lo avesse convinto veramente.
Rose si avvicinò al camino e prese una manciata di polvere dal vasetto li accanto.
"Ci vediamo a Hogwarts" annunciò lei, sparendo dalla vista del ragazzo.
Albus sospitrò: si stavano cacciando in un bel casino.

                                                            *
 

"Hai visto Al?" disse Rose mentre guardava il cugino prendere degli ingredienti dall'armadietto delle scorte "La fortuna è dalla nostra parte".
Lui le lanciò un'occhiataccia, mentre buttava il materiale sul tavolo e accendeva il fuoco sotto il calderone.
"Ah si?" chiese accigliato "E dimmi, per Godric, perchè saremmo così fortunati?".
"Beh, l'ufficio della McGranitt era vuoto. Lo stesso i corridoi e l'aula di Pozioni" disse Rose, allegra.
"Avevamo la Mappa, Rose" puntualizzò Albus, mentre sfogliava il vecchio libro di Pozioni del padre per trovare la miscela giusta "Abbiamo potuto evitare chiunque fosse a giro nei corridoi. Per quanto riguarda McGranitt e Lumacorno, sono tutti e due nelle serre insieme agli altri professori." Albus evitò di dirle che secondo lui si erano riuniti per parlare della morte di suo zio "Non so quale fondatore ci abbia aiutato".
"Tutti" esclamò Rose "Tutti e quattro! Anche Salazar doveva avere un cuore".
"Vallo a dire ai figli di Babbani".
"Come sei peso, Al" sbuffò lei "Hai capito cosa voglio dire".
Lui la guardò mentre si aggirava per l'aula, incapace di stare ferma.
"Sei troppo allegra, Rose" mormorò mentre cominciava a buttare delle radici nel liquido "Non vorrei che restassi delusa...".
"Non rimarrò mai delusa, Al. Sei tu, no?".
Appena pronunciate queste parole, la ragazza arrossì.
Anche le guancie di Albus si colorarono, mentre i vapori della pozione cominciavano a salire, nascondendogli parzialmente il volto.
"Già, sono io" bofonchiò "Quindi adesso lasciami concentrare su questa cosa".
Lo vide aggiungere qualche ingrediente e mescolare energicamente, mentre sfogliava il libro e decifrava le indicazioni.
"Accidenti, se invece della radice di zenzero ci avesse messo quella di faggio avrebbe fatto molto più velocemente..." disse Albus "E qui...".
Rose lo lasciò parlottare tra se e se, mettendosi a sedere sul tavolo vicino con le gambe penzoloni, mentre la sua mente vagava.
"Prima" disse Albus e lei sobbalzò "Mio padre, Rose. Non l'ho mai visto così".
Era concentrato a guardare il calderone, ma Rose sapeva che quella vista lo doveva aver sconvolto più di quanto aveva pensato.
"Credo... credo che papà e zio Harry avessero lo stesso legame che avete tu e James. Se lui morisse, tu cosa faresti? Come ti sentiresti?".
Un velo di tristezza calò sugli occhi di Albus.
"Si, capisco" affermò e non disse altro per parecchio tempo.
Improvvisamente dalla pozione salì qualche scintilla e Albus si allontanò, sorridendo soddisfatto. Si mise a sedere accanto a lei con un'aria compiaciuta.
"E' quasi pronta" annunciò "Deve bollire mezz'ora. Poi devo mettere l'infuso di elleboro, girarla un'ultima volta ed è fatta!".
Gli occhi di Rose si splancarono.
"Stai scherzando?"
Albus sorrise.
"No, non scherzo. Così andremo li e potremmo...".
"Al" lo interruppe lei, seria.
"Che c'è?".
"Perchè parli al plurale?".
Lui la guardò come se davanti avesse una completa idiota.
"Perchè verrò con te, Rosie".
"Che cosa?" chiese lei stupefatta "Hai intenzione di venire con me?".
Lui sbuffò, irritato.
"Se pensi che ti lascierò andare a spasso nel tempo, così da sola, allora sei veramente pazza" affermò.
Rose scosse la testa.
"No, Al, non se ne parla.".
Lui incrociò le braccia.
"E perchè mai?".
"E' pericoloso".
"Primo motivo per cui devo venire con te".
"Forse non finirò nell'epoca giusta".
"Secondo motivo".
"Forse scopriranno cosa ho fatto e mi espelleranno".
"Terzo motivo. Saremo in due a mendicare un lavoro al Paiolo Magico".
"Ma..." Rose era senza parole. Aveva pensato che il cugino potesse aiutarla nella pozione, darle un pò di coraggio e aspettarla nel loro tempo. Non certo che...
"Inoltre" continuò Albus, in tono definitivo "Te la prepari da sola la pozione per tornare al presente?".
Rose aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse. Aveva ragione. Lui ghignò, sapendo di aver vinto.
"Perchè lo fai?".
Le parole le erano scappate senza che se ne rendesse conto. Non voleva chiederglielo veramente. E comunque lui avrebbe potuto darle un sacco di risposte convincenti :"perchè sei mia cugina; perchè voglio rivedere zio Ron...".
Ma Albus, era una ragazzo sincero.
"Perchè sei tu" disse, ripetendo quasi le parole che lei aveva pronuciato prima.
Perchè sei tu.
Perchè sei tu.
"E poi, perchè se riusciamo in questa pazzia, potrò chiederti mille favori e rinfacciarti questo episodio per tutta la vita".
Ed era anche un gran bastardo.

                                                       *

Quarantacinque minuti dopo, Albus e Rose si guardarono attraverso i fumi che salivano dalle tazze, piene di pozioni, che tenevano in mano.
"Allora" disse Albus "Sei veramente sicura, Rose?".
Lei lo guardò e annuì, convinta.
Non un cedimento.
"Si" affermò.
"Sai che dovremmo inventare una bella panzana prima che la McGranitt ci creda, e ci faccia restare al castello,vero?" disse Al.
Rose ebbe una breve esitazione.
"Si".
Non un ripensamento.
Al sospirò e alzò la tazza, imitato dalla ragazza.
"A quest'impresa" disse.
"E a noi" aggiunse Rose.
Lui fece un mezzo sorriso ed entrambi bevvero il liquido.
Rose chiuse gli occhi, incerta su cosa aspettarsi, ma- apparte un lieve soffio fresco che le scompigliò a malapena i capelli- non sentì nulla.
E quando riaprì gli occhi, niente era cambiato.
Era la stessa aula di Pozioni.
Al, sempre davanti a lei, sembrava sbalordito.
"Eppure ero convinto di aver fatto tutto per bene" disse aggrottando la fronte "Non capisco perchè...".
Rose gli fece cenno di tacere. Aveva registrato un dettaglio che aveva ignorato: aveva caldo.
Nel loro tempo, era ottobre e l'ottobre inglese- soprattutto di quell'anno- era abbastanza freddo. Ma in quel momento, il maglione e il mantello, nonchè le calze pesanti, le sembrarono decisamente eccessivi per la temperatura.
"Che c'è?" sussurrò Albus, nervoso.
"Non senti che caldo?" bisbigliò lei "E siamo addirittura nei sotterranei".
Al trattenne il fiato e poi sorrise.
"Ehi, ma allora..." il suo sguardo vagò per la stanza "C' è un calendario là, Rose! Che giorno è?".
La ragazza si avvicinò e con voce tremante lesse la data.
"Tredici maggio 1998".
Albus boccheggiò e rimasero tutti e due un attimo in silenzio.
"Ce l'abbiamo fatta!" esclamò poi, felice.
"Ce l'hai fatta!" puntualizzò Rose.
Si abbracciarono forte, ma si staccarono quasi subito.
"Lo rivedrò, Al! Rivedrò mio padre!" esclamò Rose, piena di eccitazione febbrile.
Lui sorrise nel vederla così contenta.
"Si, ma ricordarti che adesso dobbiamo andare a dare qualche spiegazione" disse.
"E' quello che penso anch'io, signorino" confermò una voce.
Lui e Rose sussultarono impauriti quando, girandosi, videro Argus Gazza fissarli con espressione arcigna.
"Signor Gazza..." balbettò Rose.
"Ci conosciamo?" ringhiò l'uomo, mentre un miagolio annunciava l'arrivo di quella che doveva essere Mrs Purr. Rose e Albus erano arrivati a Hogwarts che lei era già morta, ma sapevano dell' esistenza di quel gatto scheletrico dai racconti poco lusinghieri di Harry e Ron.
"No.. cioè in realtà si... E non le ho mai dato nessun problema..." La voce di Rose era nel completo panico.
"Senti ragazzina, non ho capito un accidente di quello che...".
"Signor Gazza" lo interruppe Albus, prendendo in mano la situazione "Come vede siamo due studenti di Hogwarts. Abbiamo la bacchetta e il mantello con lo stemma della nostra casa".
Questo Gazza, infuriato, non poteva negarlo.
"Solo che è successo un paticcio e abbiamo davvero bisogno di parlare con la McGranitt".
"Uhm..." sbuffò il custode, guardandoli con espressione torva "Ci sai fare con le parole ragazzo. Ma non credere di incantarmi eh?".
Lo guardò meglio.
"Somigli proprio a...".
"A chi?" chiese Albus.
"A Potter" disse infastidito. Troppe chiacchere con quei ragazzini. E Gazza non aveva mai sopportato ne l'una ne l'altra cosa "Forza, seguitemi dalla Preside. Spero proprio che usi i vecchi metodi punizioni se siete degli impostori".
Aprì la porta e il caldo sole di maggio li investì.
"Catene, ruote della tortura, squartamenti...".
E mentre Gazza continuava a biascicare di punizioni e torture, Al si girò verso Rose facendole l'occhiolino.
Lei rispose con un sorriso, enormemente grata di averlo al suo fianco.


Note:
Ce l'ho fatta ragazze, e scusate il ritardo! Ma questo periodo, pieno di esami, che sembrava non apssare mai è finito! e adesso sono LIBERA!!!!!. Spero quindi, di aggiornare molto più in fretta di questo periodo.
Sperando che il capitolo piaccia a tutte vi mando un bacione!

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Capitolo 4
*** Nuovi incontri ***


"La professoressa McGranitt mi ha raccontato le cose orribili che sono successe quando i maghi hanno interferito col tempo...".




"Potter e Weasley, eh?".

Albus e Rose guardavano con occhi splancati la fiera figura di Minerva McGranitt, che passeggiavadavanti a loro, avanti e indietro, in modo alquanto nervoso.
La Preside aveva molte meno rughe in viso, notò Rose, e anche molti meno capelli bianchi. L'unica cosa che era rimasta uguale- oltre alla stretta crocchia di capelli, s'intende- era lo sguardo.
Rose adorava la Preside, era molto vicina al suo modello di donna, ma aveva sempre temuto quegli occhi che sembravano leggerti dentro.
Suo zio Harry diceva sempre che gli occhi che l'avevano trapassato più e più volte, erano stati quelli del Professor Silente, ma che anche gli occhi felini della McGranitt facevano sentire quel leggero brivido lungo la spina dorsale.
Era impossibile mentire alla Preside; Hugo e Lily ci avevano provato un sacco di volte dopo
tutti i guai che combinavano, ma non c'era mai stato verso che scampassero a una punizione.

La giovane Weasley cominciò a sudare freddo: era stata una pazzia, cosa diamine le era saltato in mente? Non ce l'avrebbero mai fatta, mai.
La McGranitt aveva fatto loro delle domande molto specifiche sui loro genitori e benchè avessero risposto correttamente, Rose era sicura che non l'avessero convinta.
"Somigli molto a tuo padre, signor Potter".
Rose alzò lo sguardo stupefatta e vide Al sorridere.
"Grazie Preside. Ecco... ci spiace molto" disse il ragazzo con quella sua voce vellutata "Ma quella pozione ci è completamente sfuggita di mano. Non sapevamo che farla da soli avrebbe comportato un viaggio nel tempo. E'... pazzesco".
La sua voce sembrava talmente sincera che Rose, benchè sapesse la verità, era tentata nel credergli.
La ragazza alzò lo sguardo e incontrò gli occhi della McGranitt.
"Cosa mi dice lei, signorina Weasley?".
"Oh, beh...". Rose era sulle spine, non aveva mai mentito a un'insegnante "Concordo nel dire che mi dispiace molto, Preside. Non credevamo che potesse succedere questo. E posso aggiungere che mia madre, una volta che saprà quello che ho combinato, mi ucciderà sicuramente".
La McGranitt nascose un sorriso e sospirò.
"Va bene, va bene. La cosa migliore adesso è farvi passare per due semplici alunni, finchè il Professor Lumacorno non riuscirà a trovare la pozione per portarvi indietro".
Rose sentì il cuore batterle più forte e respirò profondamente, cercando di non far vedere quanto fosse su di giri.
"Nel tempo che starete qui, vi comporterete normalmente, cercando di non dare nell'occhio, andando alle lezioni e impegnandovi comunque. Non dovrete mai dire la verità sulla vostra identità" disse la donna "Mai, per nessun motivo, dovrete svelare anche solo un piccolo dettaglio del futuro che aspetta le persone di questa scuola. Mai".
La McGranitt li guardò fissi negli occhi.
"Neanche ai vostri genitori. Soprattutto ai vostri genitori".
Rose e Albus annuirono, seri e impassibili.
"Bene" La McGranitt sospirò un'altra volta "Potete andare. Domani mattina a colazione vi darò un foglio con gli orari delle lezioni".
"Grazie Preside" disse Albus alzandosi.
"E ci scusi" aggiunse Rose, imitando il cugino.
La McGranitt annuì.
"Immagino che sappiate la strada per arrivare al dormitorio dei Grifondoro, giusto?" disse in tono retorico, mentre i due sorridevano.
Rose e Albus attesero di essere almeno a metà strada, prima di cominciare a parlare.
"Non ci posso credere..." mormorò Rose "Ti rendi conto che ce l'abbiamo fatta? Cioè, ce l'abbiamo fatta veramente".
Albus sorrise e sospirò felice.
"Adesso, salvare zio Ron sarà uno scherzo, giusto?" disse Al.
Rose sorrise, ma una leggera ombra passò sul suo viso.
"Ehi, Rosie. Guardami" disse Al fermandosi, e lei alzò gli occhi sul viso pallido del cugino "Ce la faremo, ok? ce la faremo anche a fare questo".
La ragazza annuì, sentendo un leggero calore aleggiare nel cuore, dopo le parole di Al.
Ripresero a camminare lentamente, incrociando pochi ragazzi.
"Al" disse Rose a un certo punto "Quanto ci vorrà a Lumacorno per preparare la pozione?".
"Sono sicuro che sarà impegnato per cinque o sei giorni" rispose lui, riflettendo.
"Sei sicuro? A te è bastata un'ora".
"Questo è perchè sono un genio" rispose serio.
Rose sbuffò e gli tirò una gomitata.
Albus ridacchiò.
"Rosie, siamo nel passato. Non hanno ancora trovato un sacco di ingredienti, quindi è logico che ci vorrà molto più tempo".
Rose sentì le guancie colorarsi. Era ovvio.
"Oh" disse "E' vero. Hai ragione".
"Come sempre".
Rose alzò gli occhi al cielo.
Quando li riabbassò, si trovò davanti il quadro della Signora Grassa, la quale alzò il sopracciglio, in attesa.
"Siamo nuovi studenti" disse Rose.
"Ma davvero?" chiese la Signora Grassa, sospettosa.
La guerra ha reso paranoici anche i quadri, pensò Rose, mentre aspettava pazientemente che la donna finisse di squadrarli con evidente sconcerto.
"Parola d'ordine?".
"Giratempo" disse Al.
La Signora Grassa emise un piccolo sbuffo e si aprì, lasciandoli passare.


                                                      *

"Ma quando arrivano?" chiese Rose con impazienza.
Era seduti da un paio d'ore sulle poltrone della Sala Comune.
"Rose, le lezioni stanno per finire" rispose Al "Pazienta ancora un pochino".
"Pensi davvero che non sospetteranno niente?" chiese la ragazza preoccupata "In fondo, sono i nostri genitori".
"Si, ma hanno diciassette anni. Non credo che abbiano già qualche istinto materno o paterno che gli faccia capire che siamo i loro figli provenienti dal futuro" rispose Al.
Lei sospirò e fece girare lo sguardo per la stanza.
"E' uguale alla Sala Comune del nostro tempo, vero?" osservò Al, seguendo il suo sguardo.
"Già" mormorò Rose, assente.
Poi alzò lo sguardo e guardò Albus attentamente.
"Che c'è?" chiese Al.
"Ripeti la storia che abbiamo concordato" disse Rose.
Albus sbuffò.
"Rose, me l'hai fatta dire centinaia di volte! Ti prego, basta!" si lamentò.
Rose incrocciò le braccia con espressione severa.
"Somigli in maniera spaventosa a zia Hermione" disse Albus, tentando di sorridere.
"Allora sai perfettamente che non è una buona cosa" replicò lei "Avanti".
Lui sbuffò nuovamente e poi si arrese.
"Siamo Rose e Albus Ford, due cugini che hanno girato il mondo insieme ai propri genitori e che non si trovavano qui al momento della guerra. Staremo ad Hogwarts per qualche tempo, fino a quando i suddetti genitori non avranno sbrigato le proprie faccende di lavoro" sbrodlò Albus con voce inespressiva "Va bene?".
Rose annuì, lanciandogli un'occhiata torva.
"E adesso che c'è?" chiese il ragazzo.
"Somigli troppo a zio Harry, Al. Sarà un casino".
Albus aprì la bocca per replicare, quando la porta del quadro si aprì e sentirono delle voci familiari farsi sempre più vicino.
"E dai, Hermione, solo oggi pomeriggio! C'è la finale tra pochi giorni!".
Rose trattenne il fiato.
"Assolutamente no, Ron! Il professor Vitius ha dato quel tema due settimane fa, e tu lo devi ancora iniziare!".
"Hermione, avanti, lascialo stare, lo farà stasera...".
"Oh, come al solito! Sei sempre dalla sua parte, Harry! Guarda che io lo dico per..." Hermione Granger non ancora lontanamente in Weasley si bloccò alla vista di due ragazzi sconosciuti. "Lui" finì.
Li guardò sorpresa, mentre Harry e Ron si fermarono dietro di lei, anche loro intenti ad osservare i due nuovi ragazzi.
"Ehm... salve" disse Hermione incerta "Voi, siete... siete nuovi?".
Rose, che stava fissando Ron, si riscosse e guardò sua madre.
Era carina, si sorprese a pensare. Non di quelle bellezze che ti volti a guardare, certo, ma carina.
La Hermione che conosceva Rose, era una bella donna, di quelle che più invecchiano e più diventano affascinanti e loro agio con il proprio corpo. Quando suo padre diceva che Hermione era carina anche quando era una ragazza, Rose pensava che lo dicesse solo perchè era innamorato e si era quindi fatta l'idea di una ragazzina dai capelli cespugliosi con un brutto carattere.
Beh, su i capelli cespugliosi aveva ragione.
"Si, siamo nuovi" disse Rose alzandosi "Siamo arrivati oggi pomeriggio e la McGranitt ci ha mandato direttamente nella Sala Comune".
"Oh" disse Hermione "Bene. Io sono Hermione Granger".
"Rose e Albus Ford" disse Al, cercando di non incontrare lo sguardo del padre.
"Albus?" disse Harry, sorpreso.
"I... i miei genitori conoscevano Silente" balbettò Al "Lo rispettavano molto".
Harry annuì, guardandolo attentamente.
"Loro sono Harry Potter e Ron Weasley" disse Hermione incerta, notando che Ron e la nuova ragazza si guardavano.
"Vi conosciamo" disse Rose sorridendo "Di nome, certo".
Ron sorrise e Hermione sentì l'antico e- mai assopito- sentimento della gelosia.
"Bene" disse Hermione cercando di controllare il tono di voce "Bene. Se non avete bisogno di indicazioni io me ne vo in Biblioteca".
"Perfetto" disse Ron "così mi puoi aiutare a fare il tema".
Hermione fece un sorriso che Rose riconobbe immediatamente: era il sorriso che faceva circa cinque secondi prima che si mettesse a urlare contro suo padre.
"Non penso proprio, Ron" disse con voce dolce "Volevi andare ad allenarti, giusto?".
"Beh, si" rispose lui, confuso "Ma se andiamo insieme noi... ecco potevamo...".
"Oh, no" disse Hermione "Coltiva le nuove amicizie, è meglio".
Hermione si girò, cominciando a camminare verso il ritratto.
"Ma Hermione..." disse Ron, tentando di prenderla per mano.
"Lasciami!" strillò "Ci vo da sola in Biblioteca!".
Diede uno strattone a Ron, raggiungendo l'uscita
"Miseriaccia" borbottò lui, guardandola uscire "Ma che diamine le è preso?".
Si girò verso Harry.
"Ecco..." cominciò il ragazzo, ma Ron lo interruppe.
"Ero pure pronto ad andare in Biblioteca per fare che dannato tema!" sbraitò.
"Ron...".
"E invece no! A lei prendono i cinque minuti e deve fare la pazza!".
"Si, ma...".
"Oh, basta! Me ne vado su!".
Ron marciò verso le scale e presto, scomparve nel dormitorio maschile.
Harry lanciò un'occhiata desolata a Rose e Albus, che erano rimasti impalati e in piedi ad assistere a quella scena.
"Io... scusate, devo andare a vedere come... uhm... sta" disse un pò imbarazzato, raggiungendo l'amico al piano di sopra.
Rose e Albus seguirono con lo sguardo Harry e poi Al scoppiò a ridere.
"Per Merlino" disse buttandosi sulla poltrona "I tuoi genitori non sono cambiati per niente, Rosie!".
Rose sorrise e sospirò, sentendo la tensione scivolarle via pian piano.
"Stai bene?" chiese Al, guardandola.
"Si, tranquillo. E' solo che rivederlo qui, vivo, mi ha un pò scombussolato" rspose lei, chiudendo gli occhi.
"E' comprensibile" mormorò Al.
Rose aprì gli occhi.
"Ehi, Al, ti dispiace se vado a fare quattro passi nel parco?" disse Rose "Ne ho davvero bisogno".
"Certo che no. Io ti aspetterò qui" rispose lui.
Rose sorrise si avviò fuori dalla stanza, fuori dal suo amato castello. Rivedere suo padre le aveva fatto un effetto stranissimo, ma era così contenta che non sapeva come scaricare tutta l'adrenalina che aveva nel corpo.
Alla fine si accontentò di sdraiarsi sulla soffice erba verde, vicino ala Lago.
Rose guardò il cielo inglese, azzurro e pieno di nuvole bianche come zucchero filato.
Bene, ecco cosa doveva fare.
Prima cosa: impedire a suo padre di giocare la partita di Quiddicht più importante della sua vita contro i Sepeverde, per evitare così la sua futura morte prematura.
Seconda cosa: cercare di riappacificare i suoi genitori diciottenni.
Rose sospirò, sconsolata.
Non sapeva perchè, ma dopo la scena che aveva visto, la prima cosa le sembrava decisamente più fattibile.

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Capitolo 5
*** Sbaciucchiamenti e persone speciali ***


Nobody said it was easy,
It's such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No-one ever said it would be this hard,
Oh take me back to the start.




Ron Weasley si buttò sul letto, immergendo la testa nel cuscino, ignorando le chiacchere di Neville, Dean e Seamus che si stavano mettendo il pigiama. Sentì il materasso cigolare quando si aggiunse un peso alla sua sinistra.
"Ron" disse Harry.
"Uhm!" bofonchiò il rosso "Lasciami qui a morire!".
Harry sospirò, pensando che sette anni passati a combattere contro Voldemort lo avevano reso davvero coraggioso, visto che stava per dire una cosa di cui, sicuramente, si sarebbe pentito.
"Senti" tentò "Perchè non provi a fare pace con Hermione?".
Ron alzò di scatto la testa dal cuscino.
"Cosa?" chiese in tono basso.
Sembrava calmo, ma Harry sapeva che era la classica calma prima della tempesta.
"Ho detto fare pace, Ron" disse in fretta "Mica di scusarti con lei!".
Ron ridusse gli occhi a due fessure.
"Scusarmi? Io non ho fatto... lei ha..." balbettò "Io non fatto nulla!".
La stizza che pervadeva il ragazzo lo rendeva incapace di articolare una frase logica e coerente. Harry sospirò nuovamente mentre si alzava, pensando che i soliti sette anni- ma guardandoli dall'ottica di amico di Ron e Hermione- lo avevano reso davvero, davvero paziente.
"Ehi!" disse Seamus "Avete visto la nuova Grifondoro? E' carina".
Harry lanciò un'occhiata allarmata a Ron, che aveva raggiunto un'intensa tonalità di rosso.
La nuova arrivata era stata sicuramente una fonte di guai e stavolta- Harry nel profondo ne era sorpreso- non era colpa di Ron.
Non appena Hermione aveva visto che la ragazza fissava Ron, si era imbestialita. Harry aveva notato che anche Ron sembrava interessato a quella... Rose? ma non in quel senso, proprio no.
Solo che Hermione non aveva captato questo piccolo, fondamentale dettaglio e così', si era trasformata da un dolce Unicorno in un Basilisco sibilante.
Già c'era stata la scenata nella Sala Comune, ma a cena, quando Hermione era entrata nella sala Grande e aveva visto Rose seduta accanto a Ron, era praticamente esplosa.
Ron le era corso dietro, intuendo saggiamente il pericolo, ma non era servito a niente. Quando era tornato, imbufalito, al tavolo dei Grifondoro, aveva annunciato che Hermione, in qualità di Caposcuola, aveva tolto 20 punti alla Casa.
"Miseriaccia" aveva borbottato "Ribadisco ancora quello che pensavo al primo anni: è pazza quella la. Un vero incubo".
Inspiegabilmente, a quelle parole la nuova ragazza aveva sorriso, guardando Ron, cupo e mogio, avviarsi fuori dalla sala Grande senza neanche servirsi il dolce.
"Ehi Harry" mugugnò Ron "Hai visto quell'Albus?".
Harry annuì.
"Ti somiglia un sacco, vero?".
"Si, deve essere una..." cominciò Harry, ma si bloccò.
"Cosa?" chiese Ron.
Harry sbattè le palpebre e scosse la testa.
"Niente" disse "E' solo che...".
"Oh, avanti!".
Harry arrossì un pò.
"E' solo che... beh, gli occhi sembrano i... miei, Ron. Lo stesso verde. E anche i capelli neri. Ma le labbra..."
"Si?".
"Sembrano quelle di Ginny" concluse guardando con insistenza la cornice di un quadro attaccato al muro.
Ron lo guardò allarmato.
"Non so se mi fa più paura il fatto che hai notato le labbra di quel tizio o il fatto che lo ritieni un incrocio tra te e mia sorella".
Dean, che stava facendo finta di leggere "Trasfigurazione oggi", fece una risatina.
Harry lanciò un'occhiataccia a Ron, che però non la vide, troppo occupato a borbottare frasi incoerenti su Hermione.
Harry c'era abituato, quindi si dedicò alla pulizia della sua amata Firebolt: era però evidente che gli altri tre non erano avvezzi alla disperazione di Ron, cosichè si affollarono intorno al suo letto.
"Suvvia Ron!" esclamò Neville "anche se non ho capito cosa è successo esattamente... beh, siete tu e Hermione! Insomma... cosa può andare storto?".
Harry pensò ad un sacco di cose che potevani andare male, proprio perchè erano loro due, ma continuò a lucidare la scopa in silenzio.
"E poi" intervenne Dean "Se ho capito bene...".
"Dean" lo interruppe Ron "Ma ci hai origliato tutto il tempo?".
"Beh... si" ammise il ragazzo, scrollando le spalle "Comunque dicevo: il problema è semplice e scontato. Hermione è gelosa".
"Ma" fece per ribattere Ron, quando una luce di consapevolezza attraversò i suoi occhi "E' gelosa di me!" esclamò felice.
"Ce l'abbiamo fatta! Merlino ti ringrazio!" esclamò Seamus sarcastico.
"Ron, per caso l'hai fatta arrabbiare? chiese cautamente Neville.
Il ragazzo cercò Harry con lo sguardo e quest'ultimo sospirò.
"La nuova ragazza" disse "E' parsa un pò interessata a Ron ed Hermione è uscita fuori dai gangheri".
I tre annuirono mentre Ron ributtava la testa sul cuscino.
"Prima non mi parlava per via di Lavanda" si lamentò "Adesso per questa Rose. E stavolta non ho neanche fatto niente!".
A Seamus scappò una risatina, ma cercò di consolare Ron.
"Guarda che è una bella cosa che sia un pò gelosa. Vuol dire che ci tiene a te".
"Seamus, Hermione non è solo 'un pò gelosa'. E' quel tipo di gelosia che le ha fatto togliere 20 punti a Grifondoro" spiegò Harry.
"Cosa?" gridarono tutti e tre.
"Proprio ora che eravamo sopra le Serpi di dieci punti" sbottò Dean
"Immagina come se la rideranno, adesso" convenne Seamus, cupamente.
"La prossima settimana c'è la partita" disse Neville in tono incoraggiante "Grifondoro vincerà sicuramente e la Coppa delle Case sarà nostra".
"Dobbiamo vedere cosa fa Corvonero" intervenne Harry "Se batte Tassororsso...".
"Impossibile che non li batta!".
"Hanno un nuovo cercatore, però...".
Mentre la discussione andava avanti, Ron rimase in silenzio. Perchè Hermione doveva rendere tutto così difficile? Adesso stavano insieme, non c'erano pericoli mortali, niente poteva ostacolarli...
Cosa diamine le diceva il suo cervellone? Era lei quella intelligente, lei quella che doveva impostare equilibrio nel loro rapporto.
Quasi non si accorse che i suoi amici avevano smesso di parlare, fino a quando non sentì una timida voce sconosciuta.
"Salve!".
Albus era fermo sulla soglia della porta, con un espressione del tutto imbarazzata.
"Ciao" rispose Neville alzando una mano.
"Accidenti!" esclamò Seamus "Voi due vi somigliate un sacco, Harry!".
A quelle parole, Albus guardò nervodsamente verso il letto aggiunto per lui e si passò una mano fra i capelli.
"Una coincidenza" disse Harry, cercando di avere un tono leggero "Giusto?".
Non sapeva perchè, ma aveva voglia di aiutare quel ragazzino.
"Giusto" confermò Albus in tono più sicuro.
"Io sono Albus, comunque" si presentò "Abus Po... Ford".
"Dean Thomas" disse Dean, dandogli la mano.
"Seamus Finnigan" Seamus imitò Dean.
"Neville Paciock".
Albus guardò, trattenedndo il respiro, il suo fututo professore di Erbologia.
Strinse la mano a tutti e poi guardò Harry e Ron.
"Noi ci siamo già conosciuti" disse Harry sorridendo.
"Già" bofonchiò Ron.
Al sorrise e annuì. Aveva appena pensato che la parte più difficile fosse passata, quando si rese conto che invece doveva ancora arrivare.
"Allora" chiese Dean allegramente "Da dove vieni?".
"Uhm... da varie parti dell'Inghilterra" rispose Al, cercando di sembrare convincente.
"Dell'Inghilterra?" ripetè Seamus perplessò.
"Dell'Europa" affrettò a correggersi "Voleva dire Europa. I genitori miee e di Rose hanno un lavoro che li ha portati a viaggiare molto".
"Che bello" commentò Neville.
"Adesso si sono dati una calmata" aggiunse Al con una risata forzata "E siamo qua".
Guardò quei cinque ragazzi annuire.
"Allora Albus, cosa ci dici di Rose?" chiese Seamus "State insieme?".
"E' mia cugina" rispose Al, guardando storto il ragazzo.
"E' carina".
"Si, lo è".
"Quindi ti va bene se per caso io...".
"Oh accidenti!" esclamò Albus con un finto sbadiglio, interrompendolo "Sono distrutto! Devo andare a letto!".

                                                             *

La mattina dopo, Hermione saltò la colazione e si recò direttamente nell'aula di Artimanzia, dove si teneva la lezione della prima ora. Quella notte non aveva dormito, pentita della sfuriata fatta a Ron e dei punti tolti a Grifondoro.
Non si sarebbe voluta scusare, ma era abbastanza onesta con se stessa da ammettere che Ron non aveva esattamente fatto qualcosa per meritarsi quel trattamento. E, alla fine, neanche quella ragazza.
Forse era interessata a Ron, forse no. Hermione era stanca, voleva solo tranquillità e soprattutto non voleva un'altra Lavanda, un'altra battaglia da combattere.
E poi, insomma, Ron e lei stavano insieme. Si amavano. Non sarebbe stata certo una ragazza qualunque a minare il loro rapporto. Convinta di questo pensiero Hermione aprì il libro, compiacendosi del fatto che quel mostro della gelosia che albergava nel suo stomaco, adesso si era preso una vacanza.
Sentì aprire la porta e alzò lo sguardo sorpresa: quando vide la persona che stava entrando, però, si rese conto, tristemente, che quel mostro aveva solo fatto finta di andare via.
"Posso sedermi?" La voce di Rose era bassa e gentile ed Hermione non potè fare altro che annunciare la resa, annuendo, con gli occhi sul libro.
Sentì la sedia spostarsi e la ragazza sedersi. Guardò di nascosto i lunghi capelli rossi e crespi, gli occhi blu e il naso un pò lungo. Non era niente di eccezzionale, ma piacevole alla vista.
"Non mi è ancora arrivato il libro" disse esistante la ragazza "Ti spiace guardo il tuo durante la lezione?".
Perchè era così gentile? Fissava Ron, ma con lei era gentile.
"Smettila Hermione!" si disse, cercando di ricomporsi.
"Certo che no" disse quindi, mostrando la sua solita gentilezza "E' impossibile tenere il passo senza il libro".
"E' vero!" concordò Rose "E' molto difficile come materia. Ma è la mia preferita in assoluto".
"Anche la mia!" esclamò Hermione.
Rose sorrise raggiante.
Non le era andato giù che sua madre l'avesse guardata fino a quel momento come uno scarafaggio al grappolo.
"Siamo le uniche ad amare questa materia" commentò.
"Probabilmente" affermò Hermione "I miei amici non ci capiscono nulla".
Rose le lanciò un'occhiata veloce.
"Ron Weasley e Harry Potter?" chiese in tono casuale.
"Già".
"Oh, si" disse Rose "Conosco... ehm.. un pò tutti di fama, te l'ho detto".
"Dove eri durante la guerra?" chiese Hermione in tono curioso.
Rose parve riflettere un attimo.
"I.. i miei genitori hanno viaggiato tanto per lavoro. Non eravamo in Inghilterra quando combatteste Voldemort". Rose tenne gli occhi bassi mentre pronunciava quella bugia, preferendo non incontrare lo sguardo di sua madre.
Hermione la guardò attentamente.
"Hai pronunciato il suo nome" disse.
"Cosa?" chiese Rose sorpresa.
"Voldemort" chiarì Hermione "L'hai pronunciato senza nessun tentennamento",
"Oh, beh... I miei mi hanno sempre insegnato che è la paura di un nome a incrementare la paura della cosa stessa" disse Rose, con un sorriso.
Anche Hermione sorrise.
"Saggi i tuoi genitori".
"Abbastanza".
Rimasero un pò in silenzio, poi Hermione disse:
"Sei stata fortunata".
"In che cosa?"
"A non essere qui in quel periodo".
"Le vostre gesta sono arrivate a tutti" balbettò un pò Rose "Siete famosi ovunque".
Hermione stette zitta qualche istante.
"Non volevamo questo" mormorò poi "Harry non voleva questo".
"Cosa?" chiese cautamente Rose.
"Essere famosi per questa cosa. E' stato... tragico".
Rose guardò sua madre diciottenne, e provò un enorme tenerezza per lei. Sembrava una bambina cresciuta velocemente, con cicatrici ancora fresche sulle mani.
"Non volevo insinuare che... insomma, scusa".
Hermione sorrise.
"Tranquilla. Allora... oltre Artimanzia in cosa sei brava?" chiese per cambiare argomento.
"Quiddicht!" rispose allegramente Rose "Nei momenti liberi io... mi allenavo con mio padre".
"E tua madre?".
"Oh no" disse Rose nascondendo un sorriso "Lei è una tale frana".

                                                      *

Le ore di buco a maggio, sembravano fatte apposta per chi voleva allenarsi a Quiddicht.
Mentre Ron camminava velocemente verso il campo deserto con la sua Comet in mano- beandosi del sole che lo scaldava- pensò che l'unica cosa spiacevole fosse il fatto di doversi allenare da solo.
Harry, quando gli aveva annunciato con aria entusiasta la sua idea di andare a volare, era diventato tutto rosso e aveva balbettato qualcosa su libri, biblioteca e compiti.
Figuriamoci!
Avrebbe passato un' ora a sbaciucchiare sua sorella in qualche angolo remoto del parco, ignorando la sua fatica nel diventare un portiere migliore.
Che capitano degenere.
Mentre Ron arrivava agli spalti e li sorpassava, si disse che, sinceramente, anche lui avrebbe più volentieri passato un'ora a sbaciucchiare Hermione.
Peccato che al momento la cosa non fosse fattibile; la conosceva bene e sapeva che era più facile che ballasse il valzer con Grop in Sala Grande piuttosto che si scusasse con lui.
"Ciao".
Ron si girò e vide Rose che ansimava nel raggiungerlo.
"Ti sono dietro da cinque minuti!" esclamò cercando di prendere fiato "Quanto diamine cammini veloce?".
Ron sorrise spontaneamente, andandole incontro. Non sapeva perchè, ma quella ragazza gli ispirava tenerezza.
"Diciamo che ormai camminare velocemente è ormai diventata un'abitudine" disse, piegando la testa di lato "L'anno scorso ho avuto un buon allenamento".
Rose sorrise colpevole e cercò di regolarizzare il respiro.
"Ero in biblioteca prima" disse cercando di dare alla sua voce una nota innocente e casuale "Ma poi ho notato che è veramente bel tempo, così mi sono detta... perchè non allenarsi un pò?".
"Hai fatto bene" affermò Ron con veemenza "Conosco solo una persona che con questo tempo si rinchiude in Biblioteca".
Rose lasciò cadere il discorso, per non fomentare il litigio che era nato fra i suoi genitori.
In realtà voleva dirgli e chiedergli un mucchio di cose: litigerete sempre così, lo sai, vero? Sei consapevole che lei sarà l'amore della tua vita? Come vi siete conosciuti esattamente? Mi mancate così tanto...
"Stavi volando?" chiese invece allegramente.
"In realtà sono appena arrivato. Volevo allenarmi un pò in vita della partita della prossima settimana" A Rose non sfuggì la nota di orgoglio nella voce di suo padre "Grifondoro contro Serpeverde".
Un'ombra passò sul viso di Rose.
"Ho capito. Beh, se vuoi posso aiutarti".
"Davvero?".
"Certo. Sono un'ottima cacciatrice, sai?".
Ron la guardò, strizzando gli occhi per via del sole.
"Va bene" disse "Affare fatto".
"Cercherò di farti quanti più goal possibili" annunciò lei, saltellando felicemente al suo fianco.
Ron si girò e la guardò, stupito.
"Come fai a sapere che sono un Portiere?".
Rose si diede mentalmente dell'imbecille.
"Ho tirato a indovinare" balbettò "Hermione mi ha detto che tu e Harry siete nella squadra e io...".
"Hai parlato con Hermione?" la interruppe Ron.
"Si. Ad Artimanzia".
"E sei ancora viva?".
Rose ridacchiò nervosamente.
"E' stata molto gentile con me".
Ron bofonchiò qualcosa e inforcò la scopa.
"Prendi una scopa dal ripostiglio" le disse "Io ti aspetto lassù".
E mentre suo padre prendeva il volo, Rose si rese conto con nodo in gola che la sua ultima frase aveva nascosto quello che, se lei non avesse fatto qualcosa, sarebbe successo.

                                                             *

Le due ore di buco erano quasi passate e Al stava cercando Rose, preoccupato per non averla vista nella precedente ora e mezzo. Non era mai successo che Rose arrivasse in ritardo a una lezione, ma d'altra parte non era nenache mai andata indietro nel tempo.
Quando, all'inizio delle due ore lei gli aveva detto che aveva sentito Ron e Harry parlare di andare ad allenarsi, aveva colto la palla al balzo e le aveva suggerito di partecipare all'allenamento: più Ron passava del tempo con lei, più si sarebbe fidato quando avrebbero fatto qualcosa di assolutamente assurdo per non convicerlo a giocare la partita.
Al aggrottò la fronte, turbato, mentre camminava verso il limite della Foresta Proibita, per raggiungere più velocemente il campo da Quiddicht: sarebbe stato assai complicato impedire a suo zio di giocare, visto che si arrabbiava e partecipava con foga anche alle partitelle che facevano d'estate alla Tana.
Si sorprese a provare una fitta di nostalgia a quel ricordo, popolato anche da suo padre, sua madre, James e Lily.
Gli venne in mente che non aveva ancora visto sua madre così a lungo da parlarci e Al ringraziava Merlino: sarebbe stao difficile ingannarla.
"Ops! Scusate!" Si fermò di botto "Non volevo...".
Albus indietreggiò inorridito: dietro un albero, si era imbattutto in suo padre.
E sua madre.
Che si baciavano.
I due si separarono velocemente, Harry molto rosso, Ginny abbastanza calma e serafica.
Al aveva sempre ammirato la tranquillità della madre, anche se zio Ron un giorno gli aveva detto che non sempre era stata così tranquilla ed equilibrata, anzi, bastava che ci fosse una certa persona in giro che subito scappava...
"Albus!" esclamò Harry "Che ci fai qui?".
"Stavo cercando Rose" rispose imbarazzato.
Vedere i suoi baciarsi era una scena che- ne era sicuro- sarebbe rimasta spiacevolmente scolpita nella sua memoria.
"Ciao Albus" disse Ginny, mettendosi un ciocca di capelli dietro l'orecchio "Harry non ci ha ancora presentati come si deve. Sono Ginny Weasley".
"Ciao" balbettò Albus.
Seguì un silenzio imbarazzato che Harry cercò di colmare.
"Rose non l'ho vista" disse grattandosi distrattamente il naso "Non ho idea di dove sia".
Al annuì e proprio quando pensava a una buona scusa per uscire da quella situazione spiacevole, un grosso gufo grigio planò delicatamente sulla spalla di Harry.
Suo padre si girò un pò sorpreso e slegò il messaggio che il gufo portava legato alla zampa.
"Chi è?" chiese Ginny.
"Hagrid" rispose Harry sorridendo " Ci invita a prendere un tè da lui oggi alle cinque".
Anche Ginny sorrise, poi si rivolse a Albus.
"Perchè non venite anche tu e quella tua amica?" propose "Così la conoscerò".
"Ehm..." balbettò Al "Non so se...".
"Ma si!" esclamò Harry, dopo essere rimasto inizialmente perplesso alle parole della sua ragazza "Così vi presentiamo Hagrid. E' il professore di Cura delle Creature Magiche".
Albus annuì, rassegnato.
"Va bene, grazie. Adesso però devo proprio andare a cercare Rose".
Harry e Ginny lo guardarono mentre si allontanava a passo veloce.
"Cosa hai in mente?" chiese Harry mentre tirava fuori dalla borsa accanto ai suoi piedi una pergamena e scriveva la risposta.
"In che senso?" rispose Ginny innocentemente.
"Hai invitato Albus e Rose" specificò Harry.
"Si, ecco..." Ginny alzò le spalle "Sono preoccupata per Hermione. Voglio vedere questa Rose con mio fratello".
"Ginny" disse Harry "Tu mi credi se ti dico che fra quei due non c'è niente, vero?".
"Certo che ti credo" rispose lei "E' solo che voi maschi siete un pò troppo volubili al fascino di lunghi capelli fruscianti".
Scovandoci un riferimento a Cho Chang, Harry arrossì e le lanciò un'occhiataccia, mentre
legava la pergamena alla zampa del gufo.

Mentre lo guardava volare, Harry pensò con nostalgia a Edwige.
"Quell'Albus..." disse assorta Ginny.
"Mi somiglia un sacco" completò Harry.
"Già".
"Non è che ora mi molli per lui, eh?" disse Harry in tono casuale, accompagnando la frase da una risata imbarazzata.
Ginny sorrise.
"Quanto sei sciocco, Harry Potter" mormorò dolcemente, mentre gli sfiorava la cicatrice.

                                                            * 

Prima di vederla, sentì la sua voce.
Al guardò in cielo, fermandosi al limite del capo erboso, e vide Rose in sella a una vecchia scopa, che parlava vivacemente mentre Ron, di fronte a lei, rideva divertito.
Un piccolo sorriso increspò le labbra di del ragazzo mentre osservava quella scena; Rose sembrava rifiorita, simile alla ragazza che era stata prima che Ron morisse.
Una delle mille cose che gli piacevano di Rose era proprio la sua allegria: potevano stare un pomeriggio intero, sdraiata da qualche parte e ridere e parlare. Lo avevano fatto fin da bambini.
Era contento di vedere quella scena, era contento di vederla sorridere nuovamente.
Al abbassò lentamente lo sguardo: qualcuno, dall'altro lato del campo, non sembrava esattamente felice come lui nell'osservare i due che svolazzavano tranquillamente in cielo, non essendosi ancora accorti delle due persone che li aspettavano a terra.
Albus andò da Hermione e lo colpì quanto sua zia sembrasse piccola e indifesa.
"Ciao" disse Al.
"Ciao" rispose Hermione, senza staccare gli occhi dalla scena che stava guardando.
Il silenzio che seguì fu così angosciante che Al non riuscì a riempirlo.
"Con me non ha mai riso così" mormorò Hermione.
"Non credo sia vero" replicò gentilmente lui.
"Invece si. Ogni volta che sento arrivare una risata senza controllo, la blocco sul nascere" disse Hermione in tono assente "Forse lui ha bisogno di una persona con cui ridere in quel modo".
"Ascoltami bene" disse Al deciso "Tra quei due non c'è niente, credimi".
L'idea che ci fosse qualcosa di diverso da una grandissimo affetto puramente platonico era disgustosa, ma Al si disse che sua zia non poteva saperlo.
"Eppure sembrano così affiatati" osservò Hermione.
"Si sono presi in simpatia" disse Albus a disagio "Non per questo ci deve essere altro. E' innamorato di te, si vede lontano un kilometro. Insomma, siete voi due e...".
Al si rese conto che aveva esagerato.
Hermione stette in silenzio e puntò lo sguardo sul ragazzo.
"Somigli molto a Harry" disse in tono noncurante.
"Si" disse cautamente Al, avvertendo il pericolo.
"Strano che tu e Rose siate arrivati così tardi a Hogwarts. Maggio non è un gran mese per frequentare una scuola."
Al si disse che doveva fermarla: se sua zia metteva in moto il cervello, sarebbero stati guai.
"Ci hanno fatto studiare a casa" replicò con calma lui.
Fortunatamente, in quel momento, Ron e Rose sia ccorsero delle due piccole figure e planarono giù.
"Hey" disse Ron sudato e sorridente.
"Ciao a tutti!" esclamò Rose. Non riusciva a smettere di sorridere "Che ore sono, Al?"
"Tra mezz'ora inizia Difesa Contro le Arti Oscure, Rose" disse Al in tono paziente "Ti conviene cambiarti subito".
"Oh maledizione!" disse agitata "Ci vediamo più tardi".
Rose corse verso il catello e Albus la seguì ritenedo saggio lasciare i suoi zii da soli.
Ron e Hermione rimasero un pò in silenzio, mentre una lieve brezza faceva muovere i loro capelli.
"Sei arrabbiata?" chiese Ron.
Hermione scosse la testa, stancamente.
Ron parve immensamente sollevato e fece per prenderle la mano, ma Hermione si scostò.
"Cosa c'è?" chiese sorpreso.
"Forse dobbiamo rallentare un pò, Ron" disse con voce calma Hermione.
"Che cosa?" chiese scioccato lui "Mi stai lasciando?".
"No".
"Come no? Se non mi vuoi lasciare allora perchè hai bisogno di rallentare?".
La voce di Ron era bassa, ma il suo volto stava cominciando a colorarsi di un'intensa tonalità di rosso.
Hermione non rispose.
"E' per via di Rose?" chiese "Ti prego, Hermione, dimmi che non è perchè ho un'amica femmina".
"Non ti ho mai visto legare tanto in fretta con una persona" disse Hermione.
"Ma..." Ron si bloccò. Hermione aveva ragione, ma come faceva a farle credere che non sentiva niente per Rose?
"Hermione, non mi piace. Per niente. Ti prego, credimi, te lo giuro... su quello che vuoi".
La ragazza guardò il cielo limpido e quell'espressione distante gli fece paura, molto più di quando era arrabbiata.
"Ascoltami" disse rabbiosamente "Ti prego, ascoltami, io...".
"Tu non hai mai riso con me in quel modo" lo interruppe Hermione, ripetendo le parole dette poco prima.
"Ma cosa c'entra...".
"Ed era da tanto che non ti vedevo così rilassato".
"Non è vero!" replicò "Sono rilassato con te!".
"Non in questo modo".
Ron scosse la testa, esasperato.
"Certo che no. E lo sai perchè? Perchè mi piaci, perchè ti amo, perchè sei tu e non voglio fare cavolate e perderti".
Vide un tremito negli occhi di Hermione e Ron decise di continuare su quella linea.
"Io e te siamo speciali, lo hai scordato?" disse con voce dolce.
Hermione sentì un groppo alla gola, ricordando quelle parole che lui le aveva detto dopo il secondo bacio, quelle parole che lui le ripeteva non tanto spesso, solo quando lei ne aveva bisogno, per ricordarle che sia lui che lei erano persone normali ma che insieme diventavano speciali.
Fece per parlare, ma una voce la interruppe.
"Ciao ragazzi!".
Ginny e Harry erano poco lontani da loro, arrivavano sorridenti.
"Tutto bene?" chiese Ginny, arrivando a pochi passi da Hermione.
Lei annuì, ma si voltò e si incamminò. Ginny lanciò uno sguardo a Ron e poi la raggiunse.
"Ma cosa è successo?" chiese Harry.
Ron sospirò. Avrebbe voluto saperlo anche lui.


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