A Piccoli Passi

di aquariusff
(/viewuser.php?uid=115779)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
CAPITOLO 1

 

 Quella mattina, nel Pronto Soccorso della Universitatsklinikum Hamburg-Eppendorf c’era una strana agitazione.

Un fastidiosissimo chiacchiericcio ed un accalcarsi di persone di fronte a una delle medicherie creavano scompiglio in tutto il reparto.

C’era di tutto: fotografi, giornalisti cameramen, inviati del TG  forze dell’ordine e sicurezza…….un autentico caos.

Monica  aveva appena iniziato il suo turno di lavoro.

Era molto bella nella sua uniforme bianca e la casacca blu. I magnifici capelli neri erano legati in una rigida coda,  mettendo così in risalto i suoi zigomi alti e le labbra piene e carnose. I grandi occhi  marroni scrutavano tutto quello strano movimento e proprio non riusciva a capire cosa stesse succedendo.

"Medicheria 2: maschio, 20 anni incidente stradale. Trauma cranico e possibile frattura della gamba destra". L’impiegata della reception fu come al solito chiara e concisa nel darle le informazioni; sulla cartella clinica appena preparata era annotato solo il nome: T. Kaulitz.

Arrivò con un’aria estremamente professionale e con un tono di voce calmo ma deciso, intimò a tutti di allontanarsi  dall’ingresso della medicheria per non ostacolare le normali procedure di Pronto Soccorso.

Anche la camera era un completo disastro: gente ovunque che parlava a voce alta ed un ragazzo biondo col volto coperto di lividi ed il collare ancora immobilizzato sulla barella, che si lamentava per il dolore.

Monica andò su tutte le furie.

"Uscite tutti immediatamente dalla stanza, questo è un ospedale, non un circo!"

Un ragazzo moro dall’aspetto strano, si rivolse a lei in maniera poco gentile: "Infermiera, io sono suo fratello e non ho nessuna intenzione di spostarmi da qui".

Monica lo guardò con più attenzione e,  inarcando un sopraciglio disse: "So perfettamente chi è lei; resti pure ma  non si muova da lì; se la vedo avvicinarsi al letto ed intralciare il nostro lavoro, anche lei sarà fatto accomodare fuori".

"Cosa è successo?" rivolgendosi al personale paramedico che aveva prestato i primi soccorsi e lo aveva trasportato in  ospedale.

"Un violento scontro frontale. Un camion ha perso il controllo e invaso l’altra corsia. Fortunatamente si sono aperti gli airbag ma ha subito un colpo alla testa e al torace riportando un trauma cranico e sicuramente ha una frattura alla gamba destra".

"Al mio 3 lo spostiamo sul letto: 1, 2 , 3". 

Mentre lo spostavano Tom emise un gemito di dolore.

Altre due infermiere entrarono nella stanza per aiutare Monica. Appena si resero conto di chi avevano davanti si guardarono in faccia ed iniziarono a sorridere.

"Hai visto chi è?"disse Klaudia

"Sì, Tom Kaukitz dei Tokio Hotel!  c’è anche suo fratello…che carini…"rispose Inge sorridendo civettuola. 

 

Monica si voltò di scatto e, nonostante fossero amiche di lunga data, le fulminò con lo sguardo; 

"Signor Kaulitz, mi ascolti, adesso devo liberarla dai vestiti; lei resti completamente immobile, ha capito?"

"Sì, ho capito ma la gamba, la gamba mi fa molto male…"

"Stia tranquillo adesso ci pensiamo noi, è in buone mani" .

Si infilò un paio di guanti sterili: "Inge, perfavore, passami le forbici lunghe"

Inge dopo essersi infilata i guanti aprì una busta sigillata che conteneva delle forbici sterili.

Monica iniziò a praticare un taglio su una gamba dei jeans indossati da Tom e poi fece lo stesso con l’altra. Dopo averlo liberato dai pantaloni, iniziò a tagliare anche la maglietta e successivamente fu la volta delle stringhe delle scarpe e delle calze, lasciandolo praticamente in mutande.

Inge e Klaudia si scambiavano occhiatine d’intesa e sorrisi maliziosi; Monica invece guardò il corpo di Tom con molta attenzione: il volto era coperto di lividi e di escoriazioni, un taglio al labbro era stato suturato con del cerotto, ma ciò che destava preoccupazione era la gamba che  si era fratturata in più punti. Sicuramente sarebbe stato sottoposto ad un intervento chirurgico.

"Inge, per favore va a prendere un camice e nel frattempo fa preparare una stanza in chirurgia per il Signor Kaulitz". La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Monica nel frattempo prese una coperta e coprì Tom che iniziava a rabbrividire.

"Klaudia, passami una fisiologica per favore".

"Tom, Tom come va?" Bill, cominciò ad agitarsi alla vista della flebo, ma non mosse un passo.

"Stia tranquillo, non le farò sentire nulla" disse Monica guardandolo  negli occhi. Nel frattempo Inge era tornata con il camice e insieme lo aiutarono ad indossarlo.

"Ora le metto il laccio emostatico, stringa il pugno per favore; lo sa mia sorella è una sua fan….dice che lei è molto bravo oltre ad essere simpatico e anche molto sexy….." e dicendo questo gli inserì una cannula nel braccio.

"Porca…"imprecò Tom, mentre suo fratello si massaggiava il braccio, quasi avesse provato lo stesso dolore. 

Monica sistemò la flebo, poi gli misurò la pressione e la febbre ed annotò tutto sulla cartella.

"Infermiera, cosa abbiamo qui?" il dottor Knoppel ed un piccolo esercito di tirocinanti entrarono nella stanza.

Mentre ragguagliava il medico sulle condizioni di Tom, porgendogli la cartella con gli ultimi dati rilevati, Monica fece cenno a Inge e Klaudia di uscire dalla stanza e di portare con loro anche il fratello del paziente.

"Bene" disse il dottor Knoppel dopo aver osservato attentamente la gamba di Tom "procediamo con le radiografie, tac, elettrocardiogramma ed esami del sangue; per il dolore somministri 100 ml di questo antidolorifico.

 Lei conosce le procedure pre-intervento, sa cosa fare".

Non appena l’equipe medica andò via, Monica si prodigò ad eseguire le indicazioni.

Preparò l’antidolorifico ma, quando Tom vide l’iniezione iniziò a brontolare: "No, non un altro buco, detesto gli aghi!"

"Non le farò un altro buco, glielo inietto attraverso la cannula; così vede?; cerchi di stare tranquillo. Ora vado a prendere l’apparecchiatura per fare l’elettrocardiogramma e poi dovrà essere depilato".

"Depilarmi io? ma sei matta? non ci penso assolutamente"

"E’ la procedura, non potrà essere operato altrimenti. Guardi Signor Kaulitz, glielo dico sinceramente, cerchi di collaborare, è per il suo bene. Capisco che sia preoccupato, chi non lo sarebbe?, ma qui le persone le aiutiamo a guarire, non ci divertiamo a vederle soffrire. Comunque adesso faccio entrare suo fratello così le farà compagnia". Il tono della voce di Monica era  cortese ma,  non ammetteva repliche.

Fuori dalla medicheria imperversava ancora il caos di giornalisti e fotografi che facevano domande ad ogni infermiera che passava di là.

Uno di loro ebbe la poco brillante idea di fare domande proprio a lei, ma Monica lo liquidò in due secondi e con lui tutti gli altri:

"Se non volete una denuncia per violazione della privacy e dei diritti dell’ammalato, consiglio vivamente a tutti di accomodarsi fuori. Se e quando l’ospedale riterrà opportuno informarvi, sarete avvisati".

Nessuno tra il personale dell’ospedale aveva avuto il coraggio di allontanare i giornalisti per paura di essere impopolare, ma Monica se ne infischiava; la sofferenza merita rispetto, questo era il suo modo di pensare.

Poco dopo tornò da Tom  e, dopo aver eseguito l’elettrocardiogramma, allegò il tracciato alla cartella clinica.

"Come va, comincia a fare effetto l’antidolorifico?"

"Sì, va decisamente meglio; perchè non mi togli questo coso? non lo sopporto mi sento soffocare" toccandosi nervosamente il collare.

"Non è possibile, mi spiace. Lei ha subito un brutto colpo alla testa; finchè non facciamo altre indagini dovrà restare completamente immobile", poi si rivolse a Bill:  "Stia qui a fare compagnia a suo fratello ma, quando arriva l’infermiera dovrà accomodarsi fuori".

"Mi rifiuto di lasciare mio fratello da solo!".

"Senta Signor Kaulitz, io ho molto da fare, sa? Se lei non si attiene al regolamento dell’ospedale sarò costretta a farla allontanare con la forza e mi creda, non esiterò a chiamare la sicurezza. Ora se lei  sarà ragionevole, andremo d’accordo altrimenti attenderà fuori come tutti gli altri".

Monica aveva proprio perso le staffe, ma cosa credevano? di poter fare tutto quello che volevano solo perchè erano ricchi e famosi?

"Ma come si per…."

"OK, faremo come ci hai detto" Tom interruppe  suo fratello "….ma ad una condizione";

"E quale sarebbe?" chiese Monica spazientita

"Voglio sapere il tuo nome";

"Carnelli ma, avrebbe potuto leggerlo tranquillamente dal mio tesserino" forse voleva conoscere il suo nome per farle rapporto, ma Monica non se ne preoccupò. Conosceva le regole e le faceva rispettare.

"Non il tuo cognome, il tuo nome di Battesimo";

"Non vedo come la cosa possa interessarle; se vuole farmi rapporto il mio cognome lo conosce!"

"Per favore…" il tono della sua voce era così gentile e accattivante;

"e va bene; mi chiamo Monica"  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
       CAPITOLO 2

 

 

Da quando era iniziato il suo turno di lavoro, non si era fermata un attimo.

Il bel viso di Monica era stanco e tirato e le caviglie iniziavano a dolerle per le troppe ore in piedi.

Oltre a dover gestire il caso  kaulitz, aveva dovuto occuparsi di un paziente con un’ulcera allo stomaco, di un ragazzo che si era tagliato con un vetro rotto e della povera Signora Vollmer; lei era di casa al pronto soccorso della UKE.

Il suo povero cuore malandato ogni tanto le faceva  brutti scherzi.

Finalmente, la situazione era apparentemente calma e sotto controllo, tanto che Monica decise di prendersi una breve pausa e bere una buona tazza di tè.

Appena entrata nella sala infermiere, tuttavia, fu investita dalla morbosa curiosità di tutte le ragazze del primo anno. La notizia del ricovero di Tom, era sulla bocca di tutti. In ogni reparto non si faceva che parlare di questo e ovviamente si voleva  conoscere qualche particolare, magari un pò indiscreto, dopo aver appreso che era toccato a lei spogliare il famigerato chitarrista, nonchè sex-symbol della band più famosa  del momento.

"Dai Monica, raccontaci tutto, com’è Tom Kaulitz?"

"Sì, dai sputa l’osso, è vero quello che si dice in giro……"

"Non sai che fortuna hai avuto! ahhhhhhhh, spogliare Tom Kaulitz, non so cosa avrei dato per essere al tuo posto!"

"Ma smettetela,  quante storie per un  ragazzo!;  piuttosto, lui e suo fratello sono un vero problema. Credono di essere al di sopra del regolamento e di potersi comportare come gli pare ma, si sbagliano di grosso. Che gli piaccia o no, è un paziente come gli altri ".

"Ecco lo sapevo; non c’è gusto a parlare con te. Vivi solo di regole e di lavoro…….non sei divertente";

"Che vi avevo detto? dalla sua bocca non sapremo niente. uffa!";

"Monica sei veramente cattiva, neanche una cosuccia piccola piccola………niente da fare eh?";

Ma lei non se la prese.

Sapeva di non stare molto simpatica alle altre infermiere. Dopotutto, con nessuna di loro aveva instaurato dei rapporti che andassero oltre l’orario di lavoro; eccezione fatta per Inge e Klaudia, naturalmente. Si conoscevano fin dai tempi del liceo ed erano legate da un grandissimo affetto e dalla passione per il loro lavoro.

Prese dell’acqua calda dal bollitore e si preparò un tè all’arancia, il suo preferito.

Avvicinò la tazza alle labbra e con molta lentezza iniziò a sorseggiare il liquido ambrato; era così piacevole potersi sedere qualche minuto e rilassarsi…….più che qualche minuto, sarebbe stato meglio dire qualche secondo!

La voce concitata di un uomo catturò l’attenzione di tutti e, pochi istanti dopo, un’allieva entrò correndo in sala infermiere, col viso rosso.

"Monica, per favore, puoi venire di là un attimo? la caposala dice che sarebbe meglio per la tranquillità dell’ospedale…………..Tom Kaulitz sta dando i numeri!"

In effetti il baccano poteva sentirsi fin lì.

" Volevate sapere com è Tom Kaulitz? Viziato, egoista e prepotente e se non bastasse, anche maleducato!" disse Monica palesemente arrabbiata.

Percorse il lungo corridoio a passo deciso e visibilmente contrariata.

Prima di entrare nella medicheria, la caposala le chiese di essere gentile e di cercare di accontentare le richieste di questo paziente un pò particolare, anche se stava mettendo a dura prova i nervi dell’intero corpo infermieristico.

Le fece capire che le richieste provenivano dall’alto e che non potevano agire diversamente visto che ogni anno la band elargiva consistenti donazioni all’ospedale per la ricerca e la cura dei tumori infantili.

Monica inspirò profondamente, entrò nella medicheria: "Che sta succedendo?";

Le allieve infermiere erano  quasi sul punto di mettersi a piangere.

"Sono assolutamente delle incapaci!" gridò Tom;

"Signor Kaulitz le ricordo che siamo in un ospedale pertanto abbassi il tono della voce; sta disturbando l’intero reparto e questo è assolutamente inammissibile!"

"No; è inammissibile il fatto che mi hai lasciato nelle mani di due inette! perchè non sei venuta tu? Voglio parlare immediatamente con il direttore o comunque con chi dirige la baracca, è chiaro?"

"Stia tranquillo, Signor Kaulitz" intervenne prontamente la caposala. "Non è il caso di disturbare il direttore per così poco. Le assegnerò un’ infermiera personale tra le più qualificate: l’infermiera Carnelli sarà ben lieta di occuparsi di lei".

Monica spalancò la bocca dalla sorpresa; come aveva potuto la caposala farle una cosa simile, toglierla dal reparto per fare da baby sitter a Tom Kaulitz!

Accidenti! ma perchè doveva succedere proprio a lei?

La decisione sembrò piacere molto a Tom, che tornò calmo e tranquillo come un angioletto!

Che nervi! Quel ragazzo aveva il potere di farle perdere la calma.

A malincuore e con un atteggiamento freddo e scostante accompagnò Tom a fare le radiografie che confermarono la frattura alla gamba, mentre  la tac non rilevò alcuna lesione o emorragia interna, aveva solo un bel bernoccolo; "per forza, con la testa dura che si ritrova!",  pensò cattiva.

Dopo gli esami, lo liberò dal collare e, lo sistemò nella stanza che era stata fatta preparare apposta per lui.

Era all’ultimo piano, l’ultima alla fine di un lungo corridoio, sicuramente la posizione migliore per assicurare tranquillità e privacy ed era anche la stanza più luminosa e che godeva della più bella vista di tutte.

 Passato lo spavento iniziale e  i dolori, finalmente Tom si era addormentato, e Monica tirò un bel sospiro di sollievo.

Guardò l’orologio che aveva al polso, il suo turno sarebbe dovuto finire già diverse ore prima ed invece era ancora lì……."e vabbè cose che capitano quando si lavora in un ospedale" pensò.

Si avvicinò alla finestra e guardò fuori, l’Elbe scorreva calmo e tranquillo, illuminato dalle luci della sera.

 Pigramente si stiracchiò come un gatto muovendo delicatamente il collo all’indietro e poi sbadigliò. Una ciocca di capelli era sfuggita alla coda, così, se la sistemò dietro un orecchio.

"Sei molto bella".

La voce di Tom la fece sobbalzare. Allora non stava dormendo…… da quanto tempo la stava osservando?

L’imbarazzo le fece imporporare le guance e gli occhi divennero lucidi ma, finse di non aver sentito il complimento.

"Signor Kaulitz, cerchi di riposare";

"Non ci riesco sono completamente intorpidito; mi fa male ogni singolo muscolo del mio corpo";

"lo credo bene, dopo quello che ha subito. E’ stato molto fortunato, poteva andarle peggio.  Vediamo di darle un pò di sollievo……" si avvicinò al letto e poi guardandolo disse:"Ora metta un braccio qui, intorno al mio collo così la sollevo un pò".

Tom si reggeva a lei ma questo le provocò qualcosa, una sensazione: una specie di brivido lungo la schiena……….che strano, prima non le era mai successo.

Scacciò questo pensiero dalla testa e sistemò i cuscini, poi lentamente lo riadagiò al letto.

Gli sistemò  le lenzuola e le coperte ma all’improvviso si sentì afferrare una mano.

Monica sollevò lo sguardo e vide Tom che la fissava con una luce indecifrabile negli occhi:

"Grazie".

 Ne restò piacevolmente sorpresa: e chi l’avrebbe detto? Tom Kaulitz era capace di ringraziare! ……..forse non era poi così maleducato.

Sostituì la flebo e gli iniettò un’altra dose di antidolorifico, attenendosi scrupolosamente alle prescrizioni del medico; rilevò anche la pressione e la febbre e con molta cura annotò i dati sulla cartella clinica.

"Ora riuscirà a riposare, ci vediamo domani Signor Kaulitz";

"Ma come, te ne vai?" chiese Tom corrucciando la fronte.

"Beh, il mio turno è finito almeno 4 ore fa e lei non avrà bisogno di niente altro fino a domani mattina. Per qualunque necessità prema il pulsante alla sua destra e l’infermiere del turno di notte sarà ben lieto di aiutarla"; al pensiero di Tom alle prese con Heinz, un infermiere alto 1.90m e che pesava 130 Kg le venne da sorridere; chissà se anche con lui avrebbe fatto tanto lo schizzinoso!

Si diresse verso la porta e la aprì;

"Allora a domani, Monica";

Improvvisamente il sorriso sparì dalle sue labbra; senza alcun preavviso e, per un inspiegabile motivo, il suo cuore,iniziò a battere forte.

"A domani" rispose Monica con una nota di insicurezza nella voce e, senza  voltarsi, richiuse la porta silenziosamente alle sue spalle.

 

                                                                                                            …….continua  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
       CAPITOLO 3
 

Monica arrivò in reparto puntualissima come al solito.

Heinz le aveva riferito che la notte era stata piuttosto tranquilla e che al paziente dell’ultima camera aveva dovuto somministrare un’altra dose di antidolorifico perchè la gamba aveva ripreso a fargli male.

"Tutto qui?" chiese Monica curiosa;

"tutto qui".

Heinz era un tipo di poche parole ma, chissà perchè Monica non si meravigliò di sapere che Tom Kaulitz  si era comportato come un paziente modello!

Ancora sorridendo, percorse il lungo corridoio e salutò l’uomo della sicurezza che era seduto accanto alla porta.

Entrò silenziosamente nella stanza, e si avvicinò al letto.

Era ancora addormentato.

Chissà perchè, quando dormiva sembrava un’altra persona: era così tranquillo; i capelli pettinati in quello strano modo erano scomposti sul cuscino, il respiro regolare, le labbra appena dischiuse.

Guardandolo con più attenzione notò i lineamenti perfetti del suo volto anche se adesso erano coperti di lividi: il naso dritto, le labbra piene e ben disegnate, le ciglia lunghe…..in effetti era  molto attraente, non era certo un tipo che passava inosservato……

 Ma perchè continuava a pensare a lui in questo modo? ma che gli stava succedendo?

Scosse la testa e si rimproverò: "ricordati che è un paziente come tutti gli altri!";

In maniera gentile, provò a svegliarlo:

"Signor Kaulitz, si svegli per favore, devo misurarle la febbre"; ma lui non si mosse.

"Signor Kaulitz, devo misurarle la febbre; si svegli per favore";

Tom fece una smorfia di dolore:  "Ma che ore sono?";

"Le 6.30";

"Ma è l’alba, voglio dormire ancora; svegliami ad un’ora più decente….";

"mi spiace, non è possibile; lei è il primo ad essere operato questa mattina, per cui dobbiamo prepararci";

"Oh uffa! e va bene" a fatica aprì gli occhi e vide il bel volto di Monica che gli sorrideva.

"Buongiorno….." disse di cattivo umore, mentre sbadigliava;

"Buongiorno, come ha passato la notte?" chiese Monica armeggiando con lo stetoscopio mentre gli misurava la pressione;

"Complimenti! Ti sei divertita  alle mie spalle?";

"Chi, io? assolutamente no. Scusi, perchè mi fa questa domanda?" fingendo di scendere dalle nuvole;

"Bello scherzetto quello di affidarmi a quella specie di carro armato! Non solo la gamba ha ripreso a farmi male quanto poi, quell’infermiere, se proprio vogliamo definirlo così, mi ha fatto vedere le stelle per spostarmi e oltre a questo brontolava perchè lo avevo disturbato. Mi sono guardato bene dal richiamarlo".

Monica gongolava.

 Con l’aria più innocente del mondo disse:"Suvvia, non esageri: Heinz è un pò burbero ma è un ottimo infermiere;…… bene, la pressione è normale ed ora il termometro. Ah! quasi dimenticavo via quell’orecchino dal labbro".

"Cosa? Stai scherzando?";

"E’ pericoloso indossare qualsiasi oggetto durante un intervento.

Vediamo: niente anelli, orologi, collane, orecchini e protesi dentarie; ma credo che l’ultimo caso non la riguardi, o sbaglio?";

Tom iniziò a ridere e la sua risata era così allegra che contagiò anche lei.

"Su, mi faccia vedere il termometro";

"eh….. se vuoi riavere il tuo termometro, dovrai prenderlo da sola" e le sorrise malizioso;

"Poco male; sono abituata a lavorare con i bambini!";

"Sì, ma io non sono un bambino!" disse Tom sempre più audace;

"Mmmm, non ne sarei così sicura…….ma a lei che è stato cattivo non darò la caramella!";

"Sei……sei …. e va bene,  ecco il termometro; mi arrendo! Sei talmente bella!".

"Non avrà ugualmente la caramella, sono incorruttibile!" ed entrambi inziarono a ridere.

"Adesso le cambio il camice e le metto la cuffia per i capelli; si appoggi a me che la aiuto. Come va?";

"Con te qui vicina, meravigliosamente bene; il tuo profumo è terribilmente eccitante…";

ma che sfacciato! di sicuro non si faceva problemi a dire quello che pensava……

"Signor Kaulitz, siamo seri per favore!" replicò piccata e rossa di vergogna.

"Perchè non mi chiami Tom?";

"perchè il regolamento vieta al personale di rivolgersi in maniera confidenziale  ai pazienti";

"e tu, fai sempre ciò che dice il regolamento?";

"rigorosamente sì".

"Io odio qualsiasi forma di imposizione o di regole; rispetto solo ciò che condivido";


"fortunatamente non tutti la pensiamo come lei; immagino che razza di mondo sarebbe……";

"Hai sempre la risposta pronta eh?";

"sì, è una pessima abitudine che mi porto dietro fin da bambina!";

"particolare trascurabile. Ad una ragazza speciale come te si perdona qualunque cosa……";

 

……speciale; lei era speciale?;

Quella affermazione la mandò in confusione.

 Divenne ancora più rossa e non fu capace di pronunciare più una parola; quel ragazzo  era assolutamente disarmante!

La voce di Bill la riportò alla realtà: "Ciao Tom, come stai?" e  nel frattempo si sedette sul letto accanto a suo fratello.

Questo era proprio il genere di cose che Monica detestava: "Signor Kaulitz, è vietato sedersi sui letti! Prenda una sedia e si accomodi per favore" poi rivolgendosi all’altro Kaulitz: "Ci vediamo fra un pò, vado a vedere se la sala operatoria è pronta".

Bill, brontolava  piuttosto ad alta voce mentre si sedeva sulla sedia, ma lei non si lasciò intimidire e prima di uscire gli lanciò un’occhiataccia eloquente.

Dopo quasi dieci minuti, rientrò nella stanza seguita da altre due infermiere:" Allora, siamo pronti? Adesso l’accompagno di sotto";

Bill strinse forte la mano di suo fratello e gli fece un cenno con il capo.

Spostarono Tom sulla barella e Monica lo coprì con una coperta, poi lentamente si avviarono all’ascensore.

"Durerà molto?";

"non saprei, dipende dalla gravità della frattura.  Di solito non si va oltre le 3 ore tra anestesia e tutto il resto";

"ma tu assisterai all’intervento?";

"no, mi spiace; non sono autorizzata ad entrare in sala operatoria"; nel frattempo erano arrivati all’ingresso.

"Avvicinati";

Monica si sporse in avanti;

"un pò di più";

"se ha qualcosa da dirmi può farlo tranquillamente non sono mica sorda! Ahh Monica, tieni a freno la lingua e ricordati di essere gentile" pensò tra sè.

"Sì? ha bisogno di qualcosa Signor Kaulitz?";

Tom con un dito disegnò il profilo delle sue labbra.

Quel contatto iniziò a farle battere forte il cuore e una morsa le stringeva la gola…….. i suoi occhi, i suoi occhi erano dolorosamente magnetici tanto che dovette abbassare lo sguardo.

Tom le sollevò il mento costringendola a guardarlo negli occhi: "Il tuo sorriso è la prima cosa che voglio vedere quando uscirò da qui";

e poco dopo sparì dietro le porte della sala operatoria.

 

 

                                                                                                    ………………continua

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
       CAPITOLO 4

 

Monica era sopraffatta dalle emozioni.

Il cuore aveva continuato a battere forte chissà per quanto tempo.

Possibile che non riuscisse a resistere al fascino di Tom Kaulitz?

Perchè le succedeva tutto questo? lei sempre così controllata, sempre così attenta agli altri, al rispetto delle regole….

Tom la intrigava più di quanto lei stessa volesse ammettere e questo sconvolgeva tutte le sue convinzioni rendendola vulnerabile.

Scosse la testa decidendo di non voler pensare più a nulla; era già abbastanza confusa ed una analisi più attenta dei suoi sentimenti, in questo momento avrebbe finito solo col peggiorare le cose.

Inspirò profondamente e ritornò in reparto.

Uscendo dall’ascensore, avvertì un certo scompiglio.

Voci e risate provenivano proprio dalla stanza di Tom.

Si avvicinò all’uscio ed aprì piano la porta.

C’erano almeno una decina di persone: oltre a Bill e ai componenti della band c’era una signora bionda molto bella, alcuni uomini della sicurezza che aveva visto il giorno precedente e altre persone che non aveva mai visto.

Il suo ingresso passò del tutto inosservato tanto che Bill, che era seduto sul letto, continuò a parlare con quella signora bionda esprimendosi nei  suoi confronti  in termini molto poco gentili: " sì, ha un’infermiera assolutamente terrificante! è burbera e scostante, sai una di quelle donne tutte d’un pezzo che non si lasciano intimorire da niente e da nessuno; un autentico cubetto di ghiaccio, fredda e senza cuore!".

Monica si sentì pungere nell’orgoglio.

"Signor Kaulitz, le avevo detto di non sedersi sul letto: è assolutamente vietato dal regolamento!";

Bill fece un balzo per lo spavento, certo non si aspettava di ritrovarsi l’infermiera di ghiaccio alle spalle!

"E poi che cos’ è tutta questa confusione? Che ci fanno tutte queste persone qui?";

"Sono i nostri amici e questa è mia madre" disse Bill seccato;

"Benissimo, in questa stanza possono restare solo i parenti stretti;  tutti gli altri sono pregati di accomodarsi nella sala d’attesa. Vi ricordo di parlare sottovoce e di non arrecare  disturbo agli altri ammalati.  Grazie!".

Mentre tutti uscivano dalla stanza, Monica sentì Bill che parlava con la madre :"Hai visto? che ti dicevo? Proprio non capisco Tom cosa ci trovi in lei, eppure non si lascia toccare da nessun altro!".

Sistemò il letto ed aprì le finestre. Qualcuno aveva portato dei fiori delle riviste ed altri oggetti personali di Tom.

Prese i fiori e li sistemò in un vaso sul tavolino davanti alla finestra, così che dal letto potesse vederli mentre, tutto il resto lo appoggiò su un altro tavolino accanto al letto.

Uscì dalla stanza e si recò in sala infermieri  per prendere il carrello dei farmaci ed iniziare a fare il giro delle terapie.

Sebbene fosse stata assegnata a Tom, sapeva benissimo che l’ospedale era a corto di personale e che una mano in più avrebbe agevolato il lavoro di tutti. Dopotutto, in quel momento non aveva nulla da fare e poi voleva impiegare assolutamente quel tempo perchè era stranamente nervosa e continuava a guardare l’orologio. 

Tre ore più tardi, dalla sala operatoria avvisarono che l’intervento era finito.

Prima di correre da Tom, passò dalla sala d’attesa: "l’intervento è terminato";

"Come sta?" chiese la mamma;

"mi spiace, non sono autorizzata a dare questo genere d’informazioni ma, stia tranquilla, più tardi passerà il chirurgo e potrà chiedere a lui. Ora lo riporto in camera, mi raccomando , entrate pochi alla volta e visite brevi".

Nella sala post operatoria, Tom era disteso sulla barella.

Quando la vide arrivare gli si illuminò il volto:" La mia infermiera preferita è venuta a controllare se sono ancora vivo?";

" e a riportarla in camera " disse Monica sorridente.

Tutto sommato aveva un bell’aspetto, e poi l’anestesia epiturale non era così traumatica.

Insieme ad altri infermieri lo sistemarono a letto e gli sollevarono la gamba mettendola in trazione.

"Ho freddo";

"è normale, è l’effetto dell’anestesia; ora prendo un’altra coperta";

"non riesco a smettere di tremare……";

"fra un pò passerà" disse Monica mentre lo copriva;

"posso fare entrare la sua famiglia?";

"sono qui?";
"sì, c’è la sua mamma, suo fratello e tutti i suoi amici";
"prima Bill e mia madre";

Bill e la madre entrarono nella stanza seguiti da Monica; Bill strinse la mano di suo fratello e la mamma gli diede un bacio sulla guancia.

Monica regolò la flebo e controllò il drenaggio, guardò l’orologio, prese la penna dal taschino: annotò l’ora e dei dati sulla cartella clinica, poi si allontonò dalla stanza.

Per tutto il giorno ci fu un via vai di visite e Monica entrava solo per controllare la situazione e somministrare i farmaci. In camera con lui restarono tutto il tempo sua madre e suo fratello, così ne approfittò per andare a fare una visitina alla signora Vollmer che era stata sistemata sullo stesso piano.

Quella donna le faceva una tale tenerezza; era rimasta vedova molto presto e non aveva avuto la gioia di diventare madre.

Non aveva parenti che si occupassero di lei, solo ogni tanto un nipote, andava a farle visita e quando accadeva lei era molto felice.

"Salve, posso entrare?";

"Monica che bella sorpresa,  non mi aspettavo di vederla; non è di turno oggi?"
"No, per i prossimi giorni sarò l’infermiera personale di un paziente un pò rompiscatole";
" e la cosa non la gratifica?";
"non molto ad essere sincera. Lo sa a me piace stare in reparto, così mi sento un pò inutile; piuttosto, come si sente oggi?";
"Meravigliosamente bene; il mio David è passato a trovarmi e mi ha portato quegli splendidi fiori e una scatola di cioccolatini; ne prenda uno sono squisiti";
"Oh, volentieri; un cioccolatino è proprio quello che ci vuole per migliorare l’umore";
"la penso anche io così, per questo non  resto mai senza";

"Ahi, male male! il suo diabete non sarà così contento!";
" Cara ragazza, alla mia età,  un piccolo peccato di gola allunga la vita"; e come darle torto?

Chiacchierarono a lungo del più e del meno e il tempo passò velocemente.

"La sua compagnia è sempre tanto piacevole ma, il dovere mi chiama; ci rivediamo presto";
"Arrivederci cara e buon lavoro".

Uscendo  dalla stanza della signora Vollmer, notò che i parenti di Tom, stavano andando via.

Bussò piano alla porta ed entrò nella stanza a controllare.

"Pensavo che ti fossi dimenticata di me!";

"e perchè avrei dovuto farlo?";
"perchè oggi quasi non ti ho vista, dove sei sparita?";

"sono sempre stata nei paraggi, ma c’era la sua famiglia e non ho ritenuto opportuno disturbarla";
"così sei anche discreta…….una qualità che apprezzo molto in una donna. Dai siediti qui e facciamo due chiacchiere";

"non è stanco?";

"no; ho voglia di sapere qualcosa su di te; quanti anni hai?";

Non che Monica avesse tanta voglia di parlare di sè, ma visto che la notte sarebbe stata lunga, meglio passare il tempo a fare due chiacchiere.
"Diciannove";

"sei di origine spagnola?";
"No, italiana".

"Avrei dovuto immaginarlo solo le italiane sanno essere così sensuali…";

"Signor Kaulitz, lei sta straparlando";

"e tua sorella è bella come te?";
" Sono figlia unica";
"ma ieri hai det…….";
"era solo un modo per distrarla; avevo capito che la flebo la intimoriva e così ho cercato di attirare la sua attenzione su qualcos’altro";
"beh, ero già distratto da qualcos’altro" e le sorrise malizioso;
"Lei è incorreggibile!";
"Lo so.  Da quanto tempo lavori in questo posto orribile?";
"Da circa 2 anni";
" e ti piace passare il tuo tempo in mezzo a tanti ammalati?";
" non mi piace la sofferenza ma, amo il mio lavoro, se è questo ciò che intende dire";
"un’ autentica crocerossina!" disse sarcastico;

"purtroppo".
"Perchè purtroppo?";
"perchè adesso, invece di stare qui  potrei essere in sala infermieri, a spettegolare su di lei con le mie colleghe!".

Tom non replicò;

Monica controllò l’orologio, fece le solite rilevazioni e andò a preparargli una tazza di tè.

Quando ritornò in camera, lo trovò addormentato.

Appoggiò la tazza su un tavolino e spense tutte le luci lasciando accesa solo quella per la notte; gli sistemò le coperte e poi si sedette accanto a lui.

Tom le prese la mano e gliela strinse forte.

                                                                                                             

                                                      ~~~~~

 

Monica non si ricordava più da quanto tempo erano fermi in quella posizione; controllò l’orologio: era appena l’una.

Si alzò lentamente,  adagiò la mano di Tom sul letto e poi  si massaggiò il collo; aveva il corpo completamente intorpidito.

Si avvicinò alla finestra e guardò fuori: il buio copriva la città come una coperta.

Il viale alberato era deserto, ogni tanto qualche auto illuminava con i suoi fari la strada.

Solo l’insegna luminosa della Uke interrompeva la monotonia del paesaggio.

Gli occhi le bruciavano per la stanchezza, era proprio ora di bere un buon caffè; era abituata ai lunghi orari di lavoro, ma una pausa era assolutamente necessaria.

Si accertò che tutto fosse in ordine e poi uscì senza fare rumore.

Fuori, seduto su una scomoda sedia, l’uomo della sicurezza sorvegliava la stanza.

A Monica era molto simpatico, dopotutto condividevano la stessa scomoda posizione.

"Tutto bene?";
"sì grazie e Tom come sta?";
"Dorme, per ora è tranquillo. Vado a prendermi un caffè, ne vuole uno anche lei?";

"gliene sarei veramente grato".

In sala infermieri l’aroma del caffè appena preparato,  si diffuse ovunque.

Se ne versò una tazza e mentre aspettava che si raffreddasse un pochino, si sciolse i capelli e si sciacquò il volto con l’acqua fredda.

Sì, era proprio quello che ci voleva, ma improvvisamente il cicalio di una chiamata di emergenza la fece sobbalzare.

Guardò sul display e notò che la chiamata proveniva proprio dalla stanza di Tom; senza perdere tempo attraversò il corridoio di corsa.

L’uomo della sicurezza non era al suo posto e la porta era aperta.

Entrando nella stanza vide Tom che si toccava la gamba e si dimenava per il dolore.

"che succede?";
"la gamba mi fa male, merda!; toglimela da qui, non voglio più tenerla sollevata";
"Signor Kaulitz, si calmi per favore"; ma Tom continuava a lamentarsi e a dimenarsi.

"Tom, Tom guardami per favore; cerca di calmarti. Ora ti somministro l’antidolorifico, ma  non toccare la gamba; hai capito quello che ho detto?";
"Sì, ma fa in fretta, il dolore è insopportabile";

Monica gli iniettò il farmaco e guardandogli il volto,  notò che era accaldato: sicuramente aveva la febbre alta.

Prese il termometro e gliela misurò, aveva quasi 39°C.

Immediatamente prese un sacchetto di ghiaccio sintetico e glielo mise sulla fronte e poi lo coprì perchè tremava dal freddo.

Dopo quasi mezz’ora iniziò a calmarsi il dolore e Tom finalmente si rilassò; di lì a poco era di nuovo tranquillo.

"Ho sete";

Monica gli versò dell’acqua in un bicchiere con la cannuccia.

 Tom beveva avidamente;

"Piano, non così; bevi più lentamente";  ma lui non ascoltò e l’acqua gli finì di traverso cominciando a tossire forte.

"Lo sapevo…. ma hai la testa dura!"; gli prese il bicchiere dalle mani e lo appoggiò sul tavolino.

"Sarà meglio restare un pò sollevati"; prese un altro cuscino dal guardaroba e poi si avvicinò a Tom, sollevandolo leggermente per sistemarglielo dietro la schiena.

Improvvisamente Tom la strinse forte e con una mano le accarezzò piano il collo.

Monica si voltò e per un istante, un interminabile istante, si guardarono intensamente.

Gli occhi di Tom erano impressi nei suoi e la fissavano come se non l’avesse mai vista prima.

Il suo cuore  batteva impazzito mentre il respiro diventava sempre più veloce;

i loro volti erano sempre più vicini e un brivido le corse lungo la schiena.

Le labbra di Tom erano sulle sue.

 Il suo bacio era così dolce e passionale allo stesso tempo. 

 Monica chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal vortice delle emozioni.

 

 

 

                                                                                                             …………….continua

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo V ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
 
CAPITOLO 5

 

 Il sole filtrava attraverso le tendine.  

La notte era stata lunga e densa di emozioni.

Con la luce del giorno però, le cose assumevano un aspetto diverso: tutto era chiaro e ben definito e quei brevi, emozionanti istanti, vissuti appena qualche ora prima ora, dovevano rimanere solo un bel sogno. Già un bel ricordo da riporre con cura in un angolino remoto del suo cuore e lasciato lì per sempre.

Si diresse alla finestra e guardò fuori.

Il paesaggio era grigio e monotono, esattamente come i suoi pensieri.

Si stiracchiò e poi con le mani sollevò la massa voluminosa di riccioli neri.

Quando era corsa  da Tom, aveva lasciato il fermaglio in sala infermieri, ed ora si sentiva in disordine e poco professionale.

Il profumo dei fiori era intenso;  i loro colori brillanti la distolsero dai suoi pensieri; istintivamente Monica accarezzò i petali vellutati di una splendida rosa gialla.

"Ciao Tom, come va?" la voce di Bill la fece sobbalzare;

"direi benissimo; a quanto vedo, anche in queste condizioni, non perdi un’occasione eh?" lanciando un’occhiata eloquente nella sua direzione;
"Piantala Bill!";

Monica arrossì violentemente.

Con un tono di voce freddo e professionale disse: "Buongiorno Signor Kaulitz, come si sente?";
"ma, non ci davamo del tu?";
"il regolamento; ricorda?";
"ma questa notte………..";
"questa notte lei aveva la febbre alta ed era sotto l’effetto dei farmaci".

L’espressione stupita di Tom la colpì più di quanto si aspettasse;era deluso e arrabbiato.

 Monica non riuscì a sostenere il suo sguardo  e con una scusa si allontanò in fretta dalla stanza.

Si recò quasi correndo in sala infermieri e, solo nella tranquillità di quel luogo, respirò profondamente.

Fingere che non fosse accaduto nulla era stata dura ma proprio non riusciva a capire perchè era stata tanto scostante: di cosa aveva paura?

In realtà , la risposta la conosceva già: innamorarsi di Tom Kaulitz.

Era una follia !

Lui era ricco, famoso e soprattutto irraggiungibile. E come se non bastasse, la sua reputazione non era così rassicurante: nel suo letto una ragazza diversa tutte le notti. 

Quel bacio per lui rappresentava  un capriccio, forse una sfida ma per lei la cosa era ben diversa. 

 Lei aveva molto da perdere: il suo cuore e, questo era senza dubbio un prezzo troppo alto!

Aveva il cuore pesante e gonfio di tristezza: guardarlo  e non poter rivelare ciò che sentiva era terribile.

Meglio dimenticare quel bacio; meglio dimenticare Tom Kaulitz !

Si guardò allo specchio; aveva il volto stanco e gli occhi segnati dalla mancanza  di sonno.

Prese il fermaglio e si legò velocemente i capelli, si lavò il viso e poi uscì in corridoio; il giro delle visite era appena iniziato e prima di andare via doveva occuparsi anche della parte burocratica e terminare le ultime rilevazioni da segnare sulla cartella clinica.

Quando la vide entrare in camera, Tom la guardò con una strana luce negli occhi, tanto che ne restò intimorita.

Durante tutto il tempo, non lo guardò più; temeva di non riuscire a controllare i suoi sentimenti e quegli occhi, quegli occhi le leggevano dentro l’anima .

Ad ogni passo, ad ogni movimento, ad ogni singolo respiro sentiva su di sè il peso del suo sguardo che non la lasciava mai.

Poco dopo il chirurgo confermò che l’intervento era riuscito perfettamente e che il decorso era nella norma; nel giro di poche settimane avrebbe ripreso a camminare normalmente.

Monica tirò un sospiro di sollievo.

Adesso poteva anche alimentarsi normalmente, così gli fece portare la colazione. 

L’allieva infermiera entrò in camera con un vassoio, aveva il viso in fiamme dall’emozione: serviva la colazione a Tom dei Tokio Hotel!

La cosa non sfuggì a Tom che iniziò sfacciatamente a fare apprezzamenti su di lei.

Lusingata dai suoi complimenti azzardò: "Tom, mi faresti un autografo? Io vi seguo da molti anni e sono una tua accanitissima fan…";

Monica la incenerì: "Come ti permetti! non puoi disturbare un paz…":

"Ma certo!…." la interruppe Tom; "…Ad una ragazza carina come te, non posso proprio dire di no!", e poi si voltò a guardare la  sua reazione.

Lei si sforzò di mostrarsi indifferente ma, non era sicura di esserci riuscita del tutto perchè Tom  sorrideva con aria beffarda.

Sapeva essere veramente irritante quando voleva !

Stizzita ma, con apparente calma, prese la penna dal taschino, firmò la cartella clinica ed annotò l’orario dopo aver guardato il suo orologio e poi disse: 

"Arrivederci Signor Kaulitz!";

"ma, stai andando via?";

"Sì, il mio turno è finito, ci vediamo  fra 2 giorni!";

"perchè fra 2 giorni?";

"ma, la caposala non l’aveva informata?";

"e di cosa avrebbe dovuto informarmi?";
" che dopo un turno di 24 ore mi spetta un giorno di riposo ma…… non si preoccupi; la lascio in buone mani!" e con la mano colpì affettuosamente la spalla dell’ allieva infermiera.

Inarcò un sopraciglio e con un sorrisetto ironico le disse: "Buon lavoro cara!";

"La saluto Signor Kaulitz!"  poi si voltò e proprio un attimo prima di uscire lanciò un’occhiata furtiva in direzione di Tom: la sorpresa e la rabbia erano talmente evidenti che sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro.

Guardò anche la ragazza che sorrideva ignara e pensò "poverina, quasi mi dispiace per lei…… ", e se ne andò.

 

 

                                                                                       …………………continua  

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Direttamente da Parigi ecco il nuovo capitolo. Risponderò a tutti appena possibile. Un bacio!!!!!!!!


 

 

 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
 
CAPITOLO 6
 
 

"Quel ragazzo è un  autentico tiranno! Non chiedetemi più di entrare in quella stanza perchè io non ci vado!";
Le lamentele di Hinge si sentivano fin fuori la sala infermieri.

"Per tutto il tempo non ha fatto altro che brontolare ed urlare, non gli va mai bene niente".

Monica sorrise; conosceva perfettamente Tom Kaulitz e sapeva che se ci si metteva d’impegno, era capace di far perdere la pazienza ad un santo.

Entrò nella sala con aria indifferente.

"Oh Monica, per fortuna sei arrivata! Credimi, ancora qualche istante e sarei impazzita; ma come fai a sopportarlo è…è impossibile!;
"ma di chi stai parlando?" disse fingendo di non capire;
"di Tom Kaulitz, e di chi altri?  E’  un mostro! Finora il paziente peggiore che  mi sia capitato.  Ieri Klaudia è uscita piangendo dalla sua stanza. Ma ti rendi conto?".

"Strano, con me è stato sempre molto gentile……" sorrise mentendo spudoratamente.

"Allora te lo lascio volentieri! " disse Inge visibilmente arrabbiata mentre, andandosene, sbatteva la porta.

Poverine sia Inge che Klaudia dovevano aver passato dei brutti quarti d’ora e la responsabile della furia di Tom, era lei.

Chissà perchè, non si sentiva affatto in colpa anzi, provava una strana allegria, quasi incontenibile e la cosa non passò inosservata.

Già, Tom……… non aveva fatto altro che pensare a lui, al suo sorriso, ai suoi occhi profondi, alle sue labbra.

Le faceva battere forte il cuore, la faceva sentire bella e desiderabile. Come avrebbe fatto a controllare ciò che provava, a mostrarsi distaccata, come se il suo profumo non le facesse alcun effetto…. il solo pensiero le provocò un brivido.

Scrollò immediatamente la testa e cercò di concentrarsi sul lavoro.

Prese il carrello dei farmaci ed iniziò il giro delle terapie ma questa volta Tom sarebbe stato l’ultimo.

Questa sfida tra loro la divertiva molto: "vedremo chi avrà l’ultima parola!" pensò fra sè.

Passava da una stanza all’altra e ad ognuna di quelle persone regalava un sorriso e qualche parola di conforto.

Camminando lungo il corridoio incrociò Bill che proveniva dalla stanza del fratello.

Ovviamente non la degnò di uno sguardo anzi, quando la vide ritornò immediatamente indietro.

La maleducazione era genetica nella famiglia Kaulitz! 

Monica continuò il giro ma all’improvviso si sentì una chiamata di emergenza.

Uscì in corridoio e notò che la chiamata proveniva dalla stanza di Tom.

Senza badare a nulla, corse lungo il corridoio ed aprì la porta di scatto.

"Cosa succede ?";

Tom era rannicchiato  nel letto e dava le spalle alla porta.

"Che succede?"; chiese in tono ansioso e visibilmente preoccupata ma Tom non le rispondeva.

Allora si avvicinò al letto e lo afferrò per le spalle: "Tom, Tom per favore rispondimi, ti senti male?";

Tom si girò e con un immenso sorriso disse:" Che vi avevo detto? Questa donna è pazza di me!".

Entrando, non aveva assolutamente fatto caso alle persone che erano in camera; era talmente preoccupata che non vedeva altro che lui.

Oltre a suo fratello, c’erano gli altri componenti della band e altri ragazzi, forse suoi amici che la guardavano e ridevano a crepapelle.

Monica era letteralmente furiosa: era sul punto di esplodere ma, all’improvviso un’ altra chiamata d’emergenza catturò la sua attenzione.

Uscì frettolosamente dalla stanza di Tom e vide che la chiamata proveniva dalla stanza della signora Vollmer.

"Oh, cara, meno male che è qui. Ho un dolore insopportabile al petto e non riesco a respirare".

Erano tutti i sintomi di un infarto: "Stia tranquilla, adesso chiamo il dottore".

Si precipitò  ad avvertire il medico di turno che intervenne immediatamente facendole somministrare dei farmaci ed eseguendo un elettrocardiogramma.

Effettivamente il tracciato non era molto buono e la situazione era preoccupante; la signora Vollmer aveva già subito un infarto e un altro avrebbe potuto esserle fatale.

Vigilanza costante e ore ed ore di attesa.

Monica non si era allontanata un attimo da lei, sorvegliando costantemente i macchinari. Ad un tratto, quasi come attratta da una forza misteriosa, si voltò verso la porta: Tom, era nel corridoio, seduto sulla sedia a rotelle,  e la fissava da chissà quanto tempo.

Il suo sguardo era dolce e sincero e la guardava con ammirazione. Il sorriso che le regalò fu come una boccata di ossigeno, un regalo inatteso in un momento difficile. 

Tom….. con tutto quello che era successo, si era completamente dimenticata di lui.

Però, bello scherzo! Farla correre come una marionetta mettendola in imbarazzo davanti a tutta quella gente, che impudente!

Doveva ammetterlo:  adesso erano pari; ma la partita non era ancora chiusa.

 

                                                                                              ~~  ~~  ~~  ~~    ~~ 

 

Il suo turno era finito da un pò ma, non aveva voluto lasciare la signora Vollmer prima di essere sicura che la situazione fosse migliorata.

Passò in sala infermieri a controllare i turni del giorno seguente.

Entrando vide Klaudia che la stava aspettando e si contorceva le mani: faceva sempre così quando era nervosa.

"Ciao Klaudia, che succede, perchè sei così nervosa?";
"Oh Monica devo chiederti un favore, ti prego ti prego non dirmi di no e ti prometto che te ne sarò grata per tutta la vita".

"Se posso volentieri ma, non chiedermi di cambiare turno perchè proprio non posso farlo; ho un esame la prossima settimana e ho bisogno di studiare";
"no tranquilla, niente del genere solo che……";
"dai dimmi di che si tratta! ":
"So che il tuo turno è finito ma passeresti da Tom Kaulitz a fare i soliti controlli? Io proprio non ce la faccio; ieri mi ha urlato contro e mi ha umiliato dicendomi che ero un’incapace e visto che tu sei l’unica che lo tiene a bada……..";
"e va bene, non preoccuparti".

"Grazie, grazie grazie e ancora grazie" le disse Klaudia saltellando come una bambina;

"devi anche comunicargli che domani sarà dimesso, così finalmente ce ne liberiamo!".

La notizia fu come una doccia fredda per Monica.

"Che c’è? mi sembri sorpresa; non te lo avevano detto?";
"no, ma in fin dei conti è come dici tu, una liberazione per tutti".

Prese lo stetoscopio e se lo passò intorno al collo, poi con il pensiero che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto, si recò in camera sua.

Salutò l’uomo paffutello alla porta, ed entrò nella stanza.

Questa volta si guardò bene intorno e si accertò che fosse solo.

Non sapeva bene come avrebbe reagito nel caso in cui gli avesse preparato un altro scherzo.

"Buona sera signor Kaulitz, come si sente?";

"molto meglio adesso che sei arrivata…..oggi, non ho potuto fare a meno di osservarti; ti ho visto accanto a quella donna: sei stata dolce e premurosa non l’hai lasciata sola un attimo. Anche  per questo  mi piaci tanto";

quelle parole le fecero battere forte il cuore.

Tom aveva una dote molto singolare: diceva quello che gli passava per la testa con una sincerità disarmante.

Monica non rispose  ma si chinò a misurargli la pressione.

 Sentiva lo sguardo di Tom su di sè; sollevò piano la testa e notò che stava sbirciando nella sua scollatura.

"Signor Kaulitz, credo che questa mattina si sia divertito abbastanza!";
" ma era solo uno sch…";
"Non importa, tanto domani mattina la dimettono, così finalmente potrà tornare a casa"; disse seccamente e senza alcun calore nella voce.

La notizia colse Tom del tutto impreparato.

"Tenga il termometro per favore"; la fredda indifferenza con cui gli stava parlando meravigliò anche lei.

Perchè non era serena? Forse tenendolo a distanza avrebbe sofferto di meno? Di una cosa era sicura, non voleva che se ne andasse!

La voce di Tom interruppe il filo doloroso dei suoi pensieri: "Ho pensato molto a te; sei orgogliosa, ostinata e ….dannatamente irresistibile, sei una bella sfida! ";
"Lei ha voglia di giocare Signor Kaulitz io, invece, sono molto stanca. Per favore mi lasci vedere il termometro";
Tom glielo porse ma senza dire una parola all’improvviso l’afferrò forte  e la attirò a sè.

" Ma ….cosa sta facendo?";
" ho intenzione di baciarti Monica; anche tu lo desideri quanto me!":

" Che presunzione ma chi…"non riuscì a finire la frase; la bocca di Tom era sulla sua e la baciava con passione.

Monica cercò di divincolarsi, ma Tom non glielo permise, stringendola ancora più forte.

A che serviva lottare, lui  sapeva bene che anche lei moriva dalla voglia di baciarlo; così chiuse gli occhi e si lasciò andare.

Quando finì, Monica aveva gli occhi lucidi e le gambe le tremavano.

Era in preda ad una serie di sentimenti contrastanti, felice e turbata allo stesso tempo.

Respirò profondamente cercando di rallentare i battiti del cuore, affinchè non le scoppiasse nel petto.

Con una sicurezza che era ben lontana dal provare si sforzò di riprendere il controllo della situazione :"Devo andare ".

" Scappi? lo vedi anche tu che tra  noi c’è attrazione o forse vuoi negarlo?";

Monica si portò una mano alla fronte e poi con tutta la dolcezza di cui era capace disse:
"Ci siamo lasciati trasportare dall’emozione, ma sappiamo entrambi che è stato un errore".
"Non per me; ho desiderato baciarti dal primo momento che ti ho vista e sono sicuro che anche per te è lo stesso";

"E che importanza ha? Domani andrai via e dopodomani non ti ricorderai nemmeno come mi chiamo. Addio Signor Kaulitz, le auguro di guarire al più presto" e senza aspettare risposta andò via.

 

 

                                                                                          …………………continua

 

<

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
  CAPITOLO 7
 

Il  suono della sveglia ricordò a Monica che era ora di alzarsi e di affrontare un’altra faticosa giornata.

Con lo sguardo fisso al soffitto ripensò con tristezza al giorno precedente; Tom era stato dimesso ed era andato via dalla UKE prima che lei iniziasse il suo turno.

Era ritornata nel suo amato Pronto Soccorso ed era stata talmente presa, che non era riuscita nemmeno a fare una visitina alla signora Vollmer ma, dopotutto era meglio così. Vedere la stanza di Tom vuota sarebbe stato troppo doloroso.

Si girò su un fianco e richiuse gli occhi, il tepore del letto era così invitante ma, non aveva fatto i conti con i ricordi.

Rivedeva il suo viso, i suoi capelli pettinati in quel modo assurdo, il suo sorriso e istintivamente si toccò le labbra.

Il ricordo dei suoi baci la turbò a tal punto che quasi non riusciva più a respirare.

Si alzò di scatto dal letto prese un cuscino e lo lanciò con forza contro l’armadio:"Accidenti a te, Tom kaulitz!".

Col morale sotto i tacchi, si recò nella piccola cucina calda e accogliente. Riempì la teiera ed accese il fornello.

Monica scostò leggermente le tendine dalla finestra; il buio cominciava a lasciare il posto ai primi raggi del sole; l’inverno ormai era quasi alle spalle.

La città cominciava a risvegliarsi  o forse si accingeva ad andare a dormire: Amburgo era bellissima con le sue case di mattoncini rossi, i campanili  a punta, i suoi canali con i battelli e i suoi viali alberati.

Una leggera foschia rendeva il panorama quasi irreale; Monica adorava la nebbia, anche da bambina era così , le sembrava di essere quasi invisibile e talvolta si sentiva sospesa tra terra e cielo.

Il fischio della teiera la riportò alla realtà.

Si preparò una tazza di tè e poi si infilò sotto la doccia.

Indossò un maglioncino nero con il collo alto e un paio di jeans aderenti che mettevano in risalto la sua figura snella  e le sue belle forme.

Si pettinò con cura i capelli e si truccò leggermente.

Trascorse la mattinata nel vano tentativo di studiare ma, quando provava a concentrarsi, il viso di Tom si insinuava tra le pagine del libro.

Era inutile ripetersi di tenere i piedi a terra e che non lo avrebbe più rivisto; i suoi pensieri erano sempre rivolti a lui.

Ormai ne era consapevole, si era innamorata e non sarebbe stato facile dimenticarlo.

I suoi sguardi intensi e a volte spregiudicati le mancavano già terribilmente…….. 

Basta! non poteva continuare così.

Prese tutte le sue cose, si infilò il cappotto, prese le chiavi della macchina e uscì velocemente di casa.

Aveva bisogno di distrarsi e forse, inconsapevolmente di fuggire via dalla malinconia che la pervadeva. 

Salì in auto e senza riflettere troppo si recò ad Aussenalster.

La familiarità e la bellezza di quel posto la rincuorarono immediatamente.

Parcheggiò l’auto al solito posto, scese e, a piedi e raggiunse il suo piccolo angolo di paradiso.

Si sedette sulla sua solita panchina in mezzo a due salici piangenti e respirò profondamente.

Le acque grigie e profonde sembravano riflettere il colore plumbeo dei suoi pensieri.

Come un arcobaleno, le barche a vela  infrangevano le acque  e in un tripudio di colori si rincorrevano sulla linea dell’orizzonte.

Il vento freddo gonfiava forte le vele e sferzava il corpo di Monica facendola rabbrividire.

Si strinse il cappotto intorno al collo e indossò il cappellino di lana rosa che aveva infilato nella borsa.

Il suono del cellulare, la destò dalla tranquilla calma che aveva ritrovato ma, appena vide il numero sorrise.

"Ciao Marco, come stai?";

"Io bene, tu piuttosto che fine hai fatto? Non ti fai mai sentire!";
"Hai ragione, ma lo sai sono sempre impegnata….":
"Sì, sì ora tiri in ballo la scusa del lavoro, vabbè che stai facendo?";

"Indovina un pò dove sono?":

"Non saprei";

"Ad Aussenalster a vedere le barche a vela!";

"Beata te!, io sto lavorando. A proposito ieri tua madre ha telefonato a casa: dice che è da un pò che non ti fai viva neanche con loro. Zia Marisa era molto preoccupata e mi ha chiesto di tenerti d’occhio…";

"E tu come un bravo cugino fai quello che ti viene chiesto!" disse infastidita.

"No, provvedo solo ad informarti, così magari, prima di andare a lavoro, potresti farle una telefonata fingendo di non aver saputo nulla da me";

"Sei un tesoro!";

"lo so; ora vado. Mi raccomando non sparire!" e riagganciò.

Anche se contro voglia, fece ciò che Marco le aveva suggerito e telefonò a sua madre.

Monica le voleva bene ma, il fatto di essere figlia unica l’aveva resa  iperprotettiva  e talvolta quasi ossessiva nei suoi confronti per questo, appena le era stato possibile, aveva preso in affitto un appartamentino ed era andata a vivere da sola.

Fortunatamente la telefonata fu breve, così potè ritornare a godersi il paesaggio.

Il tempo passò in fretta, guardò l’orologio e a malincuore ma con l’animo un pò più sereno ritornò all’auto. 

 

Arrivò alla Uke, ma già dal suo ingresso notò gli strani sguardi delle altre infermiere.

Avvicinandosi agli spogliatoi, gli sguardi e i mormorii diventavano sempre più insistenti.

"Ma che avranno da fissarmi tanto? sembra quasi che mi vedano per la prima volta", pensò tra sè sempre più nervosa.

Al pronto soccorso poi, i sorrisetti ironici e le parole bisbigliate divennero oltremodo insopportabili.

Ora si sentiva a disagio e la cosa non le piaceva affatto.

Una sua collega le si avvicinò e le disse: "Monica, ti vuole la caposala in sala infermieri".

"Che avrò mai combinato se la caposala vuole vedermi sarà successo qualcosa….meglio andare subito e vedere di che si tratta" pensò.

Attraversò il corridoio; la caposala era seduta alla scrivania e controllava delle cartelle.

"Salve, voleva vedermi?";

"Sì, dovresti per favore andare in chirurgia";

"Come mai, è successo qualcosa?";

"Di sopra ti diranno di che si tratta" e non aggiunse altro. 

 Prese l’ascensore e salì all’ultimo piano.

Anche lì la situazione non era diversa, sguardi curiosi e parole bisbigliate.

Davanti alla sala infermieri c’era una gran confusione ed uno strano assemblamento.

Quando la videro arrivare ammutolirono tutti, era più che evidente che stessero parlando di lei.

Monica esplose, la situazione era insopportabile: "Ma cosa avete tutti da fissarmi, che diavolo è successo? E’ da quando sono entrata che le persone mi guardano e poi parlano sottovoce. Se avete qualcosa da dirmi fatelo adesso e non alle mie spalle!".

"No, non è come credi tu" disse Inge;

"e allora com’e?" disse stizzita e stanca di tutto quel confabulare;

"…..è solo che, beh, guarda tu stessa".

Tutti si allontanarono dalla porta e Monica restò con la bocca spalancata per la sorpresa.

La sala infermieri era piena di palloncini colorati, ce n’erano a centinaia e sulla scrivania, troneggiava un immenso cesto di rose rosse.

Monica entrò piano e si avvicinò al tavolo.

Toccò le rose quasi con religioso rispetto; erano bellissime: i petali vellutati erano di un rosso intensissimo e il profumo inebriante.

Al centro c’era un minuscolo bigliettino.

Con mani tremanti lo staccò dalla confezione, lo aprì e lo lesse ed un immenso sorriso le illuminò il volto:

 

                                       "Per Monica,

                                                 la mia infermiera preferita"

                                       (come vedi, mi ricordo ancora come ti chiami)

                                                                   T. K.

 

 

                                                                                                        …………………continua.  

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
  CAPITOLO 8
 
 

Era passato quasi un mese dal giorno in cui Tom le aveva fatto quella sorpresa.

I palloncini colorati avevano fatto la felicità dei bambini della pediatria  e le rose col tempo erano appassite ma, il bigliettino Monica lo custodiva gelosamente e nel suo cuore nutriva ancora qualche speranza.

Già doveva proprio essere un’illusa!

Dal quel giorno infatti, non aveva più ricevuto sue notizie ma, del resto era assolutamente prevedibile.

Lui era bello, famoso e soprattutto inseguito da milioni di fan in tutto il mondo…. si era innamorata di un sogno irrealizzabile.

Intanto continuava a studiare e a lavorare duramente.

Alla fine del turno, trovò Inge e Klaudia in sala infermieri che l’aspettavano.

"Allora Monica, ci vediamo alle 10 al Raven";

"dai ragazze, sono troppo stanca, facciamo un’altra sera?";
"Ecco, sei la solita guastafeste! Ormai è deciso e verrai; è una settimana che organizziamo questa uscita e non puoi tirarti indietro";
"Sì, ha ragione Inge, non puoi farci questo; già tuo cugino ci ha dato buca, non osare farlo anche tu!".

Klaudia era da sempre innamorata di Marco e tutte le volte che organizzavano una serata, il primo ad essere invitato era sempre lui.

"Uffa ! e va bene. Ci vediamo lì alle 10".

"Mi raccomando sii molto elegante; questa sera conosceremo un sacco di bei ragazzi e ci divertiremo un casino!";

"Mmm, sei proprio in vena di follie a quanto pare!";
"puoi scommetterci, se solo ogni tanto lo facessi anche tu, non ti vedremmo più con quel muso lungo!":

"Ho capito, farò del mio meglio, contente?".

Tornò a casa.

Monica aveva preso in affitto un monolocale, in un palazzo molto vecchio di Amburgo dove non c’era neanche l’ascensore ma, in compenso era a pochi passi dalla Uke e godeva di una vista strepitosa.

Infilò la chiave nella serratura, aprì la porta ed accese la luce.

Lanciò lontano le scarpe e poi si tolse il cappotto: finalmente….come era piacevole camminare un pò a piedi scalzi.

Andò in cucina e sbirciò nel frigo alla ricerca di qualcosa di veloce da mangiare.

Non aveva voglia di mettersi ai fornelli.

Tirò fuori dell’insalata già pulita, dei pomodori e alcune fette di formaggio.

Si preparò un piatto e poi, come faceva di solito, si sedette sul tavolo e smangiucchiando guardava fuori dalla finestra.

Se l’avesse vista sua madre…."Santo Cielo Monica! stai seduta composta!"; poteva sentire i suoi rimproveri anche adesso che non abitava più con lei.

Non aveva molta voglia di uscire ma, dopotutto le sue amiche avevano ragione, era una pantofolaia !

Sorrise al pensiero di Inge e Klaudia, loro sì che sapevano divertirsi.

Appoggiò il piatto nel lavandino e poi si infilò sotto la doccia.

Indossò il suo vestito preferito: un abito aderentissimo di seta rosso che esaltava le sue belle linee e faceva risaltare la sua pelle abbronzata.

Lasciò i morbidi riccioli neri sciolti e si truccò con molta cura dedicando particolare attenzione agli occhi.

Indossò solo un braccialetto ed un paio di orecchini d’oro.

Si infilò un paio di decoltè nere dal tacco vertiginoso, poi si infilò il cappotto nero e la sciarpetta di seta rossa uguale al vestito.

Prese la borsetta e le chiavi della macchina ed uscì di casa.

Il locale era molto elegante: grandi divani bianchi  e cuscini rossi, piante e fiori ovunque e le luci soffuse e la musica soft lo rendevano un ambiente caldo e accogliente.

Le sue amiche erano già arrivate ed erano comodamente sedute ad un tavolo.

Monica si tolse il cappotto e si avvolse la sciarpetta rossa intorno al collo.

Il suo ingresso non passò inosservato, quel vestito le stava benissimo, esaltava la sua femminilità e allo stesso tempo era elegante.

"Wow, stai benissimo";

"Grazie mille, anche voi siete uno schianto!".

Il cameriere si avvicinò al tavolo: "La signorina desidera ordinare?";

"Sì grazie, un bicchiere di vino bianco";

Inge e Klaudia avevano già ordinato dei drink, ma per i suoi gusti erano un tantino troppo alcoolici.

" Hei Monica, guarda quel tipo lì; no, non girarti subito. Da quando sei entrata non ti ha tolto gli occhi di dosso!":

"Ma dai, così mi metti in imbarazzo…";
"Per forza sei tutta ospedale e università; non si direbbe che hai solo 19 anni":
"Sì, ha ragione Inge, dovresti spassartela; sei giovane, bellissima e conosco almeno una dozzina tra dottori ed infermieri che vorrebbero avere, come dire, una conoscenza con te un pò più approfondita…capisci?";
" Alla perfezione e in questo caso ti dico che ho già avuto questo genere di esperienza  e sinceramente non è da ripetere! ".

Nel frattempo il cameriere le aveva portato il suo bicchiere e lei cominciò a sorseggiarlo molto lentamente.

Klaudia fece una battuta cattiva sulla cravatta di un ragazzo che era seduto poco distante da loro e tutte e tre risero spensierate.

Ad un tratto, senza sapere bene il perchè, avvertì l’impulso di girarsi verso l’ingresso e  per la sorpresa trattenne il respiro.

Il vino le andò di traverso e cominciò a tossire forte; per l’imbarazzo avrebbe voluto scappare via ma ormai era troppo tardi.

Tom, suo fratello e gli altri ragazzi della band erano appena entrati nel locale e lei avrebbe voluto solo rendersi invisibile.

Appena la vide Tom la guardò con una strana luce negli occhi ed un sorriso aperto e sincero  gli si dipinse sul volto.

Si portò una mano al cappello e sollevò leggermente la visiera in segno di saluto.  

Monica  ricambiò con un cenno della testa mentre gli occhi le brillavano dall’emozione.

" Avete visto chi si è seduto laggiù?";

" Chi ?"  chiese Monica fingendo di non averlo visto.

" Tom Kaulitz e la sua band".

" Ah si?" fingendo una indiffernza che era ben lungi dal provare.

" Sì, è proprio quel maleducato! se solo ripenso a quello che ci ha fatto passare…";
" Già"; Monica rispondeva a monosillabi. Intanto Tom continuava a fissarla.

" Guarda proprio da questa parte, secondo me ci ha riconosciute " disse Klaudia;
" Ma figurati se si ricorda di noi ";

"Ha ragione Monica e comunque non roviniamoci la serata ".

Il suo cuore batteva impazzito e non riusciva a smettere di sorridere; mille domande le giravano per la testa e non era sicura di voler conoscere le risposte.

Le sua amiche continuavano a chiacchierare e a divertirsi ma lei  non riusciva ad essere rilassata.

Tra lei e Tom c’era un continuo scambio di sorrisi e di sguardi sempre più eloquenti.

Continuava a muovere le gambe sotto il tavolo e a giocherellare col bicchiere; fingeva di partecipare alla conversazione ma tutte le volte che poteva si voltava a guardare verso il tavolo di Tom e tutte le volte i suoi occhi erano incollati a lei.

Doveva assolutamente calmarsi, era agitata e confusa.

Prese il cellulare dalla borsa e finse di aver ricevuto una chiamata.

" Scusate ragazze, cerco un posto meno rumoroso, devo fare una telefonata ";

" ok, ma non metterci molto! ".

Si alzò e cominciò a camminare lungo un corridoio verso una zona più tranquilla.

Sentiva lo sguardo di Tom su di sè e cercò di essere il più naturale possibile ma le gambe sembravano due tronchi.

"Ancora pochi passi e poi potrò respirare di nuovo "  pensò.

Appena si fu allontanata tirò un grosso respiro.

"Maledizione Tom, ma perchè mi fai questo effetto?".

Aprì la borsetta e tirò fuori lo specchietto e il rossetto; era talmente nervosa che qualsiasi cosa poteva essere utile a distrarla da Tom.

Si sedette su una comoda poltroncina che dava le spalle al corridoio.

Ma perchè era così agitata, non smetteva di muovere le gambe e mordersi le labbra.

Aprì lo specchietto e cominciò a darsi il rossetto.

" Avevo quasi dimenticato quanto fossi bella".

Una voce inconfondibile alle sue spalle la fece sobbalzare.

"Ciao Monica" ;
Monica chiuse gli occhi e deglutì a fatica, poi sforzandosi di sorridere si voltò lentamente: "Salve Tom, che piacere vederti!";
"Come stai? ";

"bene grazie, a quanto vedo anche tu. Sei in perfetta forma !";
" Sì, non mi lamento " disse Tom; si avvicinò alla poltrocina e si appoggiò allo schienale.

Prese una ciocca dei suoi capelli tra le dita e iniziò a giocherellarci poi le sussurrò piano all’orecchio:"sei assolutmente splendida con questo vestito, hai completamente catturato la mia attenzione dal momento in cui ti ho vista".

Se prima faticava a tenere a freno le proprie emozioni, quelle parole la disarmarono completamente.

Solo Tom era capace di farla sentire così: viva e speciale.

Desiderava solo sentirsi stretta tra le sue braccia  ed essere baciata e ad ogni singolo respiro, la voglia di riassaporare le sue labbra diventava sempre più forte e sempre più incontrollabile.

Doveva andare via al più presto o non sarebbe più stata in grado di resistere.

Si alzò dalla poltroncina quasi di scatto, gli porse la mano e disse: "Mi ha fatto molto piacere rivederti Tom"; lui le strinse la mano ma poi si avvicinò lentamente a lei. I Loro volti erano sempre più vicini, il suo profumo sempre più intenso, i loro corpi uno accanto all’altra si sfioravano appena: era una lenta tortura, una dolce lentissima tortura.

Tom la guardava negli occhi con una tale passione e lei temeva che anche lui potesse leggere la stessa cosa nei suoi;gli appoggiò le mani sui fianchi stringendola forte e poi lentamente si chinò a baciarla.

Monica aveva il cuore in gola e priva di ogni volontà gli lanciò le braccia al collo e lo baciò con trasporto.

I baci si susseguirono uno dietro l’altro e le carezze divvennero sempre più audaci.

I loro corpi  reclamavano di appartenersi sempre di più mentre Tom le baciava il collo poi in un sussurro le bisbigliò all’orecchio " Ti voglio Monica, voglio fare l’amore con te".

Monica sentì cedere le gambe per l’emozione; desiderava essere sua con tutta sè stessa.

Un colpo di tosse alle loro spalle li riportò alla realtà.

" Mi scusi Signor Kaulitz ma, di là l’aspettano".

Senza mai staccare gli occhi dai suoi Tom disse: Sì, arrivo subito".

Il cameriere si allontanò in fretta e Monica era visibilmente imbarazzata, le guance erano rosse dall’emozione e dalla vergogna ma, forse era meglio così; si era comportata come una ragazzina e comunque quello non era nè il posto nè il momento adatto.

Intuendo ciò che stava pensando Tom le disse:" resta con me stanotte, non andartene mi libero in un attimo e…"

Monica non disse nulla, scosse solo la testa per dire no.

Si allontanò da lui, prese la borsa e se ne andò.

 

 

                                                                                               …………………..continua.

  

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
  CAPITOLO 9
 
 
Monica continuava a rigirarsi nel letto senza riuscire a chiudere occhio.

Ripensava a Tom e a quello che provava per lui.

Era passato tanto tempo, credeva di non rivederlo più e invece il destino era stato generoso facendoli incontrare in quel locale.

Era innegabile che fra loro c’era una fortissima attrazione che esplodeva prepotente tutte le volte che si vedevano.

Comunque era una situazione assurda, non poteva certo continuare così: vivere nella speranza di incontrarsi  per poi finire tutte le volte tra le sue braccia.

Ma perchè ogni volta che cominciava a liberarsi dal suo ricordo, lui tornava  nella sua vita sconvolgendola?

 

La mattina seguente era uno straccio;l’emicrania aveva deciso di non darle tregua.

Oltre al lavoro, doveva anche presentarsi in università per dare un esame…….eh sì, sarebbe stata veramente una giornata dura!

Si fece la doccia, bevve il suo tè e prese una pastiglia poi, raccolse tutte le sue cose ed uscì di casa.

Si sedette in macchina e provò a mettere in moto ma, la macchina non partì. Riprovò ancora ma non ci fu verso. Le tempie le pulsavano come non mai; la giornata era iniziata nel peggiore dei modi!

Non si perse d’animo, chiamò un taxi e arrivò appena in tempo per sostenere l’esame.

L’esito era quasi scontato: superato con il massimo dei voti.

Dopo quasi un ora l’emicrania cominciò a calmarsi e il resto della mattinata passò con un bel sorriso stampato sulle labbra.

Si recò in ospedale e iniziò a lavorare.

Fortunatamente anche al lavoro le cose filarono lisce; non fu una giornata particolarmente impegnativa così riuscì a dedicare un pò di tempo alle schede e alle cartelle dei pazienti.

Non le piaceva occuparsi delle scartoffie e star seduta ad una scrivania la innervosiva perchè non riusciva a stare ferma ma, aveva accumulato troppo lavoro e se non voleva beccarsi un rimprovero, era meglio smaltirlo al più presto.

Il tempo però, passò in fretta e si era già fatta  ora di tornare a casa.

Non si fermò un attimo di più a quella scrivania, mollò tutto e corse negli spogliatoi a cambiarsi.

Si tolse l’uniforme ed indossò dei morbidi pantaloni neri e una camicetta azzurra.

Si infilò gli stivali e sciolse i capelli e la solita cascata di riccioli si riversò lungo le spalle. Raccolse il cappotto e la borsa ed uscì dalla UKE.

Fuori il sole era ancora abbastanza caldo. Monica inspirò profondamente e sorrise.

Gli alberi cominciavano a rinverdire e l’aria profumava di primavera.

Attraversò la strada e si sedette alla fermata del tram; chiuse gli occhi ed espose il viso ai tiepidi raggi del sole pomeridiano.

Era così piacevole e soprattutto rilassante…..peccato che durò poco.

Qualcuno si era piazzato proprio davanti facendole ombra.

Monica aprì un occhio ma non riuscì a vedere nulla.

Più seccata che mai li aprì entrambi: in piedi davanti a lei c’era un tipo alquanto singolare che la fissava.

Indossava un giaccone di almeno due misure più grandi, un cappellaccio di lana grigio ed un paio di occhialoni scuri; sembrava un barbone ma aveva un’aria vagamente familiare.

"Ciao Monica".

Monica non riusciva a crederci: "Tom?";

"proprio io";
" Che ci fai qui ?" ;

Tom si sedette accanto a lei e le passò un braccio intorno alle spalle: " Beh, non mi piace essere piantato in asso…. io e te abbiamo ancora un certo discorso in sospeso o sbaglio?".

Il cuore di Monica mancò qualche battito e al solo ricordo della sera precedente arrossì violentemente.

Cercò di cambiare discorso "Tom, non è pericoloso esporsi così? potrebbe vederti qualcuno e….";
"tranquilla; anche se fosse, ho una reputazione da difendere….";
"Signor reputazione da difendere vorrei informarla che anche io ne ho una e vorrei che continuasse a rimanere quella che è".

"Bene allora andiamo via da qui";
"Sono d’accordo con te";
"Dove andiamo?";

"Beh, la mia macchina stamattina ha deciso di fare i capricci, perciò che ne dici di darmi uno strappo a casa?";
"Mmm, è un invito ?";
" Forse";

"Così mi piacciono le donne: belle e spregiudicate!";
" Ma cosa hai capito? Ho una fame da lupi e ho voglia di festeggiare l’esame che ho superato stamattina con il massimo dei voti perciò, se ti comporti bene ti invito a cena".

"Ah… ma brava! Non avevo alcun dubbio sul fatto che fossi una secchiona. Ok, ma ti avverto il cibo non è l’unica cosa che voglio da te" e sorrise malizioso.

Monica si sorprese di sè: perchè lo aveva invitato? sapeva perfettamente ciò che sarebbe successo una volta soli  nella tranquillità della sua casa ma, forse, era proprio questo ciò che il suo cuore desiderava solo che questa volta era lei a volerlo esasperata dall’intensità dei suoi sentimenti per Tom. 

Salirono in macchina e si diressero verso la casa di Monica.

Durante tutto il tragitto, non riuscì a staccare gli occhi da lui.

Le piaceva tanto guardarlo guidare, le piaceva la sua sicurezza il suo essere disinvolto e terribilmente timido; era attraente e dolce allo stesso tempo; si ritrovava spesso a chiedersi quale dei due aspetti era quello che le piaceva di più e l’aveva fatta innamorare di lui.

Ogni tanto si voltava verso di lei, le sorrideva e le accarezzava il viso con le sue belle mani.

Non c’era bisogno di parlare: gli sguardi insistenti, i sorrisi, i gesti teneri valevano più di mille parole.

Poco dopo arrivarono a casa di Monica.

Scesero dall’auto e Monica aprì il portoncino.

Salirono le scale tenendosi per mano.

Monica aprì la porta ed accese a luce. Tom si sfilò gli occhiali mentre Monica chiudeva la porta e si toglieva il cappotto.

Tom si tolse il cappello liberando i suoi dreads.

Istintivamente Monica glieli accarezzò piano.

Tom la guardava  con uno sguardo che non era difficile da interpretare.

Le prese il volto tra le mani ed iniziò  a baciarle piano la fronte, poi il naso ed infine la bocca.

Finalmente erano da soli.

Monica gli lanciò le braccia al collo e lo baciò con passione.

Si baciarono ancora e ancora e il desiderio di appartenersi aumentava sempre di più.

Gli sguardi passavano dalle labbra ai loro occhi e poi di nuovo alle labbra in un crescendo di respiri e di battiti convulsi del cuore.

Tom le sbottonò piano la camicetta e poi la lasciò cadere sul pavimento.

Monica gli prese la mano e lo condusse in camera da letto.

Tom la guardava con occhi pieni di desiderio; le strinse le mani incrociando le loro dita e poi la sospinse piano verso la parete dove la immobilizzò incollando il suo corpo a quello di Monica.

La baciò sul collo, sulle spalle poi lasciò le mani e le strinse i fianchi.

Lentamente Monica gli sfilò la giacca e poi la maglietta; con gesti lenti e mani tremanti sfiorò la sua pelle nuda facendolo rabbrividire.

Con mani impazienti Tom la liberò dei vestiti e la adagiò piano sul letto.

Monica sentiva il calore del suo corpo il suo profumo sul suo e trattenne il respiro per l’emozione.  Tom continuava a baciarla mentre lei gli accarezzava la schiena.

Poi le sussurò piano: "sei bellissima" e alla fine divennero uno parte dell’altra.

 

Quando la passione li abbandonò Tom aveva la schiena appoggiata ai cuscini e Monica aveva la testa appoggiata al suo torace e si stringevano l’uno all’altra.

Monica si girò e guardandolo dritto negli occhi gli disse: "Ti amo Tom".

Lui le sorrise dolcemente ma, non disse nulla; si sistemò meglio sui cuscini e chiuse gli occhi.

Monica seguiva la linea delle sue labbra con un dito: "dico sul serio Tom; mi sono innamorata di te".

Tom riaprì gli occhi e respirò profondamente: "è troppo presto per parlare d’amore non credi? Siamo stati bene, tu sei assolutamente fantastica è stato perfetto ma, è solo questo".

Monica rimase impietrita.

"Siamo entrambi adulti, abbiamo i nostri lavori che ci assorbono completamente, che bisogno c’è di complicarsi la vita? Così è tutto più semplice; nessun vincolo: quando ci va stiamo insieme".

Monica fu incapace di pronunciare anche una sola sillaba.

Un nodo le stringeva la gola mentre lottava disperatamente per ricacciare indietro le lacrime.

 

 

                                                                                                ………………………continua.  

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo X ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
  CAPITOLO 10
 
 

Un’altra notte insonne passata tra i ricordi a guardare il soffitto.

Erano trascorsi alcuni giorni e sebbene Tom le avesse chiesto il numero di telefono, non l’aveva ancora chiamata e chissà se l’avrebbe mai fatto.

Dopotutto era stato chiaro: fra di loro nessun vincolo quindi era inutile avere delle aspettative.

Non sapeva praticamente nulla della sua vita, di cosa facesse durante le sue giornate, dei suoi impegni se si vedesse o meno con qualche altra ragazza…tuttavia non era pentita.

Lo aveva amato, si era data a lui solo per amore, non aveva nulla di cui rimproverarsi ma allora perchè si sentiva così infelice?

Perchè sentiva così tanto la sua mancanza? Per ciò che le aveva detto avrebbe dovuto odiarlo ma per quanto si sforzasse proprio non ci riusciva.

E se l’avesse rivisto, cosa avrebbe fatto? avrebbe avuto la forza di dirgli di no?

Maledizione, se chiudeva gli occhi riusciva ancora a sentire il suo profumo tra le lenzuola.

 

Controvoglia si alzò dal letto, si preparò un tè e guardò l’orologio.

Doveva sbrigarsi, la macchina era ancora dal meccanico e così doveva prendere il tram per raggiungere l’UKE.

Si infilò sotto la doccia, ma quando provò a chiudere l’acqua, si ritrovò il rubinetto in mano e l’acqua che schizzava ovunque.

Uscì velocemente dalla doccia, si infilò l’accappatoio e provò in qualche modo a sistemare il rubinetto.

Ciò che ottenne fu un bagno completamente allagato e lei più fradicia di prima.

Sconsolata si accasciò sul pavimento e con aria contrita guardava il disastro senza avere nè la voglia, nè la forza di reagire.

Aveva solo voglia di piangere, di restare lì immobile e rimurginare sulle cose che le stavano accadendo.

Poi però, scosse il capo;

no, non era da lei lasciarsi abbattere a quel modo.

Si alzò in piedi e tutta gocciolante andò in cucina e chiuse il rubinetto centrale. Raccolse quanti più teli possibili e li stese sul pavimento del bagno, asciugò in fretta tutta l’acqua e poi andò a prepararsi.

A lavoro le cose non andarono meglio.

Fu un continuo via-vai di emergenze e di ricoveri: sembrava che tutti facessero a gara per sentirsi male o ferirsi proprio quella mattina.

Prima arrivò un ragazzo con un trauma cranico per una caduta, poi un operaio con una ferita aperta che necessitava dei punti di sutura e poi ancora un bambino che si era ustionato con del liquido bollente…..non ebbe neanche il tempo di sedersi due minuti e riprendere fiato ma, dopotutto era meglio così.

Dedicarsi agli altri non le permetteva di pensare ai suoi problemi e soprattutto di pensare a Tom.

Faticosamente era giunta alla fine del turno.

Mentre aspettava il tram che la riportasse a casa prese il cellulare e chiamò Marco; quel rubinetto doveva essere sistemato in fretta e suo cugino era sempre pronto a darle una mano.

"Pronto, zia Betta? Ciao sono Monica, come va ?";

"Uh Monica, da quanto tempo! Sto bene e tu?";
"Anch’io. Ascolta zia Marco è in casa?";
"Sì sì, aspetta che te lo chiamo….Marco, Marco c’è Monica a telefono; arriva, mi raccomando fatti vedere ogni tanto eh? ciao bella";

"Pronto Monica, che ti è successo stavolta?";
"Perchè mi dici così?";
"perchè di solito mi chiami solo se hai dei problemi; allora che ti è capitato?";
"quella casa è un’autentica catapecchia! si è rotto il rubinetto della doccia e non so come fare; non è che verresti domani pomeriggio, magari verso le 4.00 ad aggiustarmelo?";
"e..perchè proprio alle 4?";
"Così mi dai uno strappo all’ospedale…..sono anche senza macchina";
"Ah Monica…….sempre incasinata! E va bene ci vediamo domani alle 4.00":
"Grazie, grazie grazie te l’ho mai detto che sei il mio cugino preferito?";
"Sì, tutte le volte che ti tolgo dai guai";


Marco fu puntualissimo; sistemò il rubinetto e ripristinò l’acqua.

Andò in cucina e  trovò Monica che stava bagnando le primule sul davanzale della cucina.

 Marco si avvicinò a lei e si affacciò alla finestra:  "Sarà pure una catapecchia ma, la vista è stupenda e poi sei a due passi dal centro".
Marco era un ragazzo bellissimo: alto, capelli neri, occhi verdi fisico asciutto e sportivo.

Da ragazzini spesso li scambiavano per fratelli perchè erano sempre insieme e poichè era molto carino, tutte le amiche di Monica facevano a gara per invitarlo alle feste e ad uscire con lui.

Klaudia ne era innamorata e forse anche Marco provava qualcosa per lei ma Monica non aveva mai voluto intromettersi.

"E’ per questo che l’ho affittato; un pò per rendermi indipendente dai miei e poi perchè così sono più vicina all’ospedale";
"Dai! Zio Carlo e zia Marisa non sono poi così insopportabili";
"parli così solo perchè non vivi con loro. Anche adesso quando li sento cominciano con la solita lagna: hai mangiato? stai studiando? a lavoro ti comporti bene? ricordati che sei una signorina bene educata  e così via. A casa era quasi impossibile respirare!":
"Comunque questo è proprio un bel posticino e tu sei sempre una signorina bene educata".

Monica  si avvicinò a suo cugino; con lo sguardo triste gli appoggiò la testa sulla spalla e lo abbracciò forte.

" Hey! Dì un pò, da dove viene tutta questa tristezza? E’ successo qualcosa?"; 

ma Monica cambiò subito discorso:"Uh, è tardissimo! dobbiamo scappare" e poco dopo uscirono di casa.

Marco salì sulla moto che aveva parcheggiato lì vicino e porse un casco a Monica che nel frattempo si stava chiudendo bene il giubotto.

Si allacciò con cura il casco e poi salì in moto reggendosi forte a suo cugino.

Percorsero il breve tratto di strada e raggiunsero l’ingresso dell’UKE.

Monica scese dalla moto, si tolse il casco e scrollò leggermente la testa per sistemare un pò la massa folta di riccioli.

Porse il casco a Marco, lo abbracciò forte e lo baciò sulla guancia.

Sorrideva felice, con suo cugino si divertiva sempre e poi le piaceva tantissimo andare in moto.

Camminò lungo il marciapiedi e raggiunse le strisce pedonali; attraversò la strada e si fermò proprio davanti all’ingresso per prendere il tesserino magnetico dalla borsa.

"Chi era quel tipo?";

"Prego?" chiese Monica senza prestare attenzione al suo interlocutore.

"Chi era quel tipo?"; il tono della voce di Tom era fin troppo sarcastico.

Monica sollevò la testa e lo guardò dritto negli occhi.

"Vi ho visti a casa tua mentre lo abbracciavi ed ora assisto a questa bella scenetta! Patetico".

 "Come ti permetti! non hai il diritto di parlarmi così. Solo perchè tu non hai rispetto per i sentimenti degli altri credi che anch’io sia come te? Beh ti sbagli di grosso!";
"Ma…".

 Monica era furente: lo piantò lì su due piedi mentre bofonchiava improperi di ogni genere e, con passo spedito, entrò in ospedale.

 

"Ma tu guarda che tipo!" continuava a ripetere mentre negli spogliatoi indossava la sua uniforme e si legava i capelli.

"Non si fa vedere per giorni, non fa una telefonata per sapere se sono viva o morta e si permette anche di fare delle insinuazioni!" pensava sempre più arrabbiata;

"….e poi non aveva detto niente vincoli? ognuno ha la propria vita, bla bla bla tutte belle parole per non avere legami e allora che ci faceva sotto casa mia? e perchè mi ha seguita fin qui?";

 ad un tratto, lasciò stare tutto quello che stava facendo, si sedette sulla panca e sospirò rassegnata: ma chi voleva prendere in giro.

Quando lo aveva rivisto il cuore aveva ripreso a battere e i polmoni sembravano ricevere ossigeno dopo aver trattenuto a lungo il respiro. Si era sentita di nuovo viva!

Era immensamente felice; avrebbe voluto stringerlo forte e coprirlo di baci.

"Sono una stupida! Stupida ed innamorata di un uomo che gioca con i miei sentimenti e che prima o poi mi spezzerà il cuore!". rifletteva amara.

Detestava sentirsi in quel modo: da un lato c’era ciò che provava per lui e dall’altra una marea di ragionevoli dubbi sul portare avanti una storia simile.

Lo amava immensamente ma, sarebbe riuscita ad accontentarsi delle briciole che gli offriva?

Sarebbe riuscita ad accettare questo dolorosissimo compromesso? E se ci fosse riuscita, fino a quando Tom sarebbe stato parte della sua vita?

Era un gioco troppo pericoloso; un sogno impossibile e al risveglio non ci sarebbe stato il lieto fine.

Quanto di sè stessa era disposta a rischiare in tutta questa storia?

In fondo al suo cuore conosceva già la risposta: tutto!

Era questa la verità.

Tutto; qualunque fosse il prezzo da pagare.

Era un’illusa? Forse ma, era convinta che a piccoli passi, anche lui avrebbe potuto amarla.

Con questi assurdi quanto improbabili pensieri si dedicò al lavoro.

Il turno di notte era sempre molto faticoso ma, era pervasa da una grande energia.

 

Alle 6.30 era alla fermata ad aspettare il tram che la riconducesse a casa.

Per fortuna nel pomeriggio il meccanico le avrebbe riconsegnato l’auto e così  sarebbe stata di nuovo indipendente.

L’aria del mattino era ancora piuttosto pungente: si strinse il giubotto intorno al collo; era stanca e infreddolita e non vedeva l’ora di ritornare a casa, infilarsi sotto la doccia e farsi una bella dormita.

 

Il campanello suonava fastidiosamente.

Monica lo percepiva come il ronzio di un insetto: non aveva alcuna voglia di alzarsi per andare ad aprire.

"Che suoni; prima o poi si stancheranno "; pensò prima di voltarsi dall’altro lato e richiudere gli occhi.

Ma il campanello continuava a suonare sempre più insistente e sempre più fastidioso.

" E va bene, ho capito! adesso arrivo" disse ad alta voce.

Scostò le coperte e stizzita, si alzò dal letto; si infilò la vestaglia di seta nera ed andò ad aprire.

"Sta andando a fuoco il palazzo?" chiese con aria insolente con gli occhi semi chiusi e sbadigliando.

"Buongiorno, ti ho svegliata per caso?";

Quella voce la fece sobbalzare e il cuore mancò qualche battito per la sorpresa.

Era ancora mezza addormentata ma nonostante gli occhiali scuri, il solito cappellaccio e il cappuccio della giacca tirato sulla testa lo riconobbe immediatamente.

Tom allontanò gli occhiali da sole e le diede un’occhiata eloquente.

La vestaglia era piuttosto succinta e metteva in mostra le sue belle gambe lunghe.

"Sei splendida!";

 il complimento la fece arrossire ma si sforzò di sembrare fredda e distaccata.

"Che ci fai da queste parti?";

"Mi fai entrare o dobbiamo restare sulla porta?";
"Prego" e si scostò da un lato per permettergli di entrare.

Chiuse la porta.

Era scalza e con quasi niente addosso, si sentiva in imbarazzo ma non le importò molto.

Percorse il breve corridoio e si diresse in cucina.

Prese il bollitore, come d’abitudine, ed iniziò a preparare il tè.

" Ne offriresti una tazza anche a me?" disse Tom con un tono mieloso nella voce e con un sorrisino imbarazzato.

Chissà perchè non era più così arrogante e sicuro di sè.

"Ancora non mi hai detto che cosa sei venuto a fare qui" la voce di Monica era dura e determinata.

"Mmm di cattivo umore eh?";

"Tom ho fatto il turno di notte; sono troppo stanca ed arrabbiata per essere gentile. Allora mi rispondi o no?";

"Va bene, d’accordo; ecco…… avevo voglia di vederti tutto qui".

"Mi hai vista anche ieri se è per questo; potevi risparmiarti la fatica di venire fin qui!";

"Volevo anche dirti che forse ieri ho un tantino esagerato e che non avevo il diritto di fare domande".

"Hai ragione, non ne hai il diritto. Le regole tra di noi le hai stabilite tu ed io non ti devo nessuna spiegazione di quello che faccio o di chi vedo nell’assurda speranza di rivederti!";

"Ahh… allora speravi di rivedermi; bene, perchè vedi…ero venuto a dirti anche un’altra cosa";
"Cosa?";
"Che quando ti arrabbi sei ancora più bella e irresistibile; nessuna donna mi ha mai  piantato in asso per ben due volte!".

Il cuore di Monica batteva impazzito; era difficile restare impassibili di fronte a quel sorriso e a quello sguardo così così…….oh maledizione! Era di nuovo nella sua trappola.

Il fischio del bollitore la destò bruscamente.

Si voltò e spense il fornello. Aprì la credenza alzandosi in punta di piedi ed allungandosi più che poteva per raggiungere la confezione del tè che era riposta in uno scaffale piuttosto in alto.

Tom vedendola arrancare la raggiunse; ora era dietro di lei: Monica ne percepiva nitidamente il profumo e il calore del suo corpo.

Tom allungò la mano, prese la confezione del tè e la appoggiò sul ripiano.

Poi, lentamente, le scostò i capelli da un lato e la baciò sul collo.

Monica chiuse gli occhi e trattenne il respiro mentre le sue mani le stringevano i fianchi.

A che serviva lottare se il suo cuore, la sua anima e il suo corpo gli appartenevano completamente? Era sua, irrimediabilmente sua, disperatamente sua.

 

                                                                                                ………………………..continua

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
  CAPITOLO 11

 

Tom era appena andato via e con sè aveva portato un pezzo del suo cuore.

Monica era rimasta sola nel suo letto che adesso le sembrava troppo grande.

Accanto a lei, il suo posto era ancora caldo e il suo profumo era impresso sulla sua pelle come un marchio.

Lì, tra le sue braccia era felice ma, quando andava via bisognava fare i conti con la realtà.

Chiuse gli occhi; non voleva pensare a nulla, non voleva pensare al domani, non voleva pensare che ora, di lui, le rimaneva solo il suo cuscino.

Lo strinse forte a sè mentre calde lacrime le rigavano il volto.

 

Nei giorni seguenti Tom continuò a cercarla e così anche nelle settimane successive; ormai la storia andava avanti da mesi  alternando periodi in cui si vedevano tutti i giorni e periodi di lunghe assenze  ma, la situazione non era cambiata.

Tutte le volte che si incontravano bruciavano di passione e, tutte le volte Monica si sentiva sempre più frustrata ed infelice.

La sua storia con Tom la stava consumando e lentamente aveva cambiato la sua vita.

A lavoro non era più la stessa; tutto era meccanico ed abitudinario. Non aveva più parole di conforto o sorrisi gentili verso i pazienti. Tutto era freddo e privo di entusiasmo.

All’università, le cose non andavano meglio.

Non era più riuscita a trovare la giusta concentrazione per studiare, così aveva dovuto rimandare un esame accavallandolo ad un altro e non sapeva nè se e nè quando sarebbe riuscita a superarli.

Con Inge e Klaudia non si vedeva quasi più; ogni volta che le proponevano di uscire, lei con una scusa rifiutava.

Anche con Marco aveva volutamente creato  una certa distanza; proprio non se la sentiva di raccontargli i suoi problemi, tanto meno raccontargli bugie.

Si era chiusa in sè stessa diventando sempre più malinconica.

Era evidente che qualcosa la turbasse ma, quando le chiedevano cosa avesse, lei cambiava subito argomento o adduceva delle scuse per allontanarsi. Era diventava schiva e sfuggente.

 

  "Pronto Monica?";

"Ah,  ciao Marco";

"Che allegria……..che c’è non ti fa piacere sentirmi?";
"no è solo che sono impegnata ……. ho un sacco di cose da fare";

"ad esempio?"; ma Monica non seppe inventare scuse.

"Che ti succede eh? Da qualche tempo non sei più la stessa. Questa situazione è andata oltre: sei sempre triste, non ti fai sentire e sembri sempre così distaccata";

"ecco…..io…"; silenzio.

"Ho visto Klaudia l’altro giorno; è preoccupata per te. Mi ha detto che avresti dovuto dare un esame e invece lo hai rimandato. Comincio ad essere preoccupato anch’io";

"Non è il caso, passerà".

"E va bene, per adesso ti lascio in pace ma stasera ti porto fuori e ne parliamo";
"no Marco, non ne ho voglia..";
"non sento scuse. Ci vediamo alle 10.30. A proposito! sii elegante si va all’Indochine";
"ma sei matto con quello che costa!";
"Ho già prenotato. Ti aspetto lì alle 10.30 e sii puntuale, intesi?".

 

Marco l’aveva incastrata per benino.

Non aveva alcuna voglia di uscire ma, forse le avrebbe fatto bene passare un pò di tempo con lui. Parlarne, l’avrebbe aiutata a sentirsi meglio; forse quell’opprimente peso sul cuore si sarebbe alleggerito e magari, per una sera,  non avrebbe pensato ai suoi problemi.

Arrivò al locale in perfetto orario.

Era elegantissima nel suo abito nero, lungo fino al ginocchio e con una scollatura sul retro che metteva in risalto la sua bella schiena.

I capelli le ricadevano in morbide onde sulle spalle. Aveva indossato delle scarpe dal tacco vertiginoso e si era truccata leggermente. Era bellissima e affascinante. 

La primavera ormai era arrivata: l’aria profumava di fiori e la città si era rianimata dopo il lungo e freddo inverno.

Tutto intorno si avvertiva una strana euforia, una sensazione di cambiamento, di promesse di nuove emozioni che ogni stagione porta con sè.

Appena entrò nel locale notò subito suo cugino; beh non era certo un tipo che passava inosservato. 

Era molto elegante con l’abito blu e la cravatta che  gli aveva regalato per il suo compleanno.

"Ciao Monica, sei incantevole";
"grazie e tu un bugiardo ma questa sera le tue bugie mi fanno piacere".

"Beviamo qualcosa?";
"sì, ma niente di troppo alcolico".
Marco ordinò da bere poi, si voltò verso di lei e la scrutò scuro in volto.

"Ti si legge chiaro in faccia che qualcosa ti sta facendo soffrire e sono sicurissimo che dipende da un uomo. Bada: con me non puoi mentire";
"Anche da bambini era così; ti accorgevi sempre quando ti dicevo una bugia";
"esatto perciò sputa l’osso. Che ti succede?";
"Non ho molta voglia di parlarne ma mi rendo conto di non avere via d’uscita questa volta, giusto?

"Giusto!".

"C’è poco da dire; mi sono cacciata in una storia che non porterà da nessuna parte ma, non posso farne a meno".
"Questo è un bel problema….hai provato a parlarne con lui, magari, se gli dici quello che provi forse….";
"è inutile Marco; lui conosce i miei sentimenti ma non vuole complicazioni con un legame".

"Troppo comodo! così si sente libero di andare e venire come gli pare";
"Già, è proprio così; ma la colpa è anche mia. Ho accettato questo compromesso pensando di essere abbastanza forte invece, mi sono accorta che non posso vivere senza di lui, capisci?";
"Capisco. Monica, sei sempre stata una ragazza riflessiva e con la testa sulle spalle; vedrai, troverai la forza di venirne fuori. Meriti di meglio: meriti un uomo che sappia amarti e renderti felice";
"Il fatto è che sono felice solo quando sono con lui".

"Comunque puoi sempre contare su di me ma, sarà meglio che non incontri mai questo tizio altrimenti gli darò una lezione che non dimenticherà più".

Monica scoppiò a ridere. "Ti ringrazio tanto";

"e di cosa?";

"di non avermi giudicata e comunque per essere stato discreto";
"Monica, lo sai che ti voglio bene; è naturale che voglia proteggerti ed aiutarti, mi spiace solo che tu non ti sia fidata abbastanza da dirmelo prima, tutto qui".

Nel frattempo era arrivato il cameriere con i drinks.

Marco le fece cenno di avvicinarsi un pò: aveva qualcosa da dirle all’orecchio.

Monica si sporse in avanti ma, qualcosa catturò la sua attenzione.

Le era sembrato di vedere Tom che entrava in una saletta. Le luci erano soffuse e c’era tanta gente ma era sicura di averlo visto; ne era certa..

"Pronto? Monica ci sei?

Non aveva prestato la minima attenzione a ciò che le aveva detto suo cugino.

"Oh. sì scusa; puoi ripetere per favore?" ma nella sua testa si era accesa una piccola lampadina, un campanello d’allarme. Continuava a guardare l’ingresso della saletta ma la porta era  chiusa.

"Monica, Monica hai capito? Ma si può sapere che stai guardando?";

Un cameriere con un vassoio in mano, si era avvicinato alla  saletta e stava bussando. Monica non perse tempo.

"Vuoi scusarmi un attimo?";

"Sì, certo fai pure".

Si avvicinò con calma all’ingresso: la porta era semi aperta.

Il cameriere era entrato per servire e si era fermato poco distante  impedendogli di vedere.

Il cuore le batteva forte, un brivido freddo le corse lungo la schiena come un brutto presentimento.

" Che mi salta in mente? Addirittura spiare! ". Cercava di minimizzare ma, quella sensazione di paura e di incertezza non le permetteva di allontanarsi.

Doveva essere pazza! Comportarsi in quel modo era assurdo, sicuramente doveva essersi sbagliata ma, qualcosa continuava a trattenerla lì mentre un nodo le stringeva la gola e le attanagliava il petto impedendole anche di respirare.

Improvvisamente il cameriere si spostò e ciò che vide la lasciò impietrita.

Tom era seduto su un divanetto e accanto a lui c’era una ragazza molto bella, con un abito molto scollato e particolarmente appariscente. Doveva essere  una modella.

Sembravano molto intimi.

Lui le sussurrò qualcosa all’orecchio, mentre le accarezzava una gamba.

Doveva averle detto qualcosa di carino visto che lei sorrise ed annuì   mentre con fare possessivo gli accarezzava piano il collo. Tom la guardava con uno sguardo che  Monica conosceva fin troppo bene poi, all’improvviso, la attirò a sè ed iniziò a baciarla. 

Monica era disperata.

Chiuse gli occhi; non voleva vedere…non voleva più vedere niente.

Il suo cuore era in frantumi.

Rimase lì impalata, incapace di compiere qualsiasi movimento. La testa le girava forte ed una sensazione di smarrimento si impadronì di lei.

Un dolore convulso le salì su dallo stomaco, come un sussulto che diventava sempre più intenso e sempre più lancinante.

Ma  perchè stava tremando? E perchè stava piangendo? Perchè quelle stupide lacrime non smettevano di venir giù?

Per uno strano scherzo del destino, Tom si voltò verso la porta e la vide.

Aveva gli occhi sbarrati dalla sorpresa: "Monica!….  Merda!; Monica io… maledizione!";

Monica abbassò lo sguardo. Le gambe le tremavano, erano rigide come tronchi ma con uno sforzo immane, si allontanò da lì raggiungendo più in fretta che poteva suo cugino.

Doveva andarsene, subito. Non voleva restare un attimo di più. 

"Marco io, io…. devo andare";
"Monica che succede, perchè stai piangendo?;
"Non chiedermi nulla scusami è che….." ma non riuscì a terminare la frase sopraffatta dai singhiozzi.

Marco l’abbracciò forte. "Calmati per favore; non sei in grado di andare da nessuna parte in questo stato. Santo Cielo ma che diavolo è successo per ridurti così ".

Una voce  alle loro spalle li sorprese.

"Monica……. che bella sorpresa!  anche tu in compagnia a quanto vedo" il tono della voce di Tom era duro e sprezzante; completamente diverso da qualche attimo prima. 

"Sai, sarebbe meglio se ci organizzassimo quando siamo con persone diverse  altrimenti si corre il rischio di scoprirsi, proprio come stasera".

"Monica, ma tu conosci questo tipo?"; Marco lo aveva riconosciuto ma Tom continuò senza dare a Monica l’opportunità di rispondere.

"Certo che mi conosce e sa anche che  non sono geloso ma, in due nel suo letto siamo un pò troppi e a me non piacciono gli avanzi!"un sorriso cattivo e provocatorio tagliava la linea delle sue labbra.

" Come osi brutto bast..";

Monica afferrò il braccio di Marco: "non ne vale la pena , credimi!".

Si asciugò gli occhi e riprese il controllo poi, si rivolse a Tom sforzandosi di sorridere: "Ti auguro una buona serata con la tua amica. Divertiti!".

Raccolse le sue cose e se ne andò.

Marco continuava a fissarlo carico di odio e di disgusto; quanto avrebbe voluto cancellargli quel sorrisino dalla faccia!

Istintivamente, lo afferrò per la maglia ed era sul punto di sferrargli un pugno ma poi, sentendosi osservato, si calmò: quello non era nè il luogo nè il momento adatto per dargli ciò che si meritava.

Lo guardò dritto negli occhi e rabbiosamente gli disse: "Mia cugina ha ragione, non vale la pena con un verme come te. Lei è una donna straordinaria e tu non la meriti".
Lasciò la presa spingendolo all’indietro e facendolo cadere rovinosamente su alcuni tavolini poi, se ne andò.

 

                                                                                                                                                                …………………..continua

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
  CAPITOLO 12
 

Monica era sconvolta.

Come aveva potuto farle una cosa simile!

Si gettò sul letto e si lasciò andare ad un pianto disperato.

"Stupida!" continuava a ripetersi.

"Pensavi di essere l’unica nella sua vita? Credevi davvero che prima o poi potesse innamorarsi di te?".

Il dolore era talmente acuto e insopportabile da toglierle il respiro; la trafiggeva e la tormentava senza darle tregua.

Perchè doveva accadere tutto questo? Perchè doveva fare tanto male?

Avrebbe voluto fuggire via, lontano da tutta quella sofferenza; lontano dal suo ricordo; ma dove? Tom era un tatuaggio indelebile nel suo cuore.

Come avrebbe fatto a cancellarlo dalla sua vita?

Il telefono squillava interrottamente ma lei non voleva sentire nessuno.

Aveva bisogno di restare da sola.

Nessuna parola, nessun gesto comprensivo, nessuna spalla su cui piangere sarebbe servita a confortarla e a colmare il vuoto che provava.

Le lacrime sembravano non dovessero mai smettere di venir giù.

Il telefono continuava a squillare e lei continuava ad ignorarlo; poi sopraffatta dalle emozioni e dalla stanchezza si addormentò singhiozzando.

 

Il suono del campanello la svegliò bruscamente.

Monica sollevò leggermente la testa dal cuscino e controllò la sveglia: erano le 3.00; chi poteva essere a quell’ora? Non voleva vedere nessuno; voleva solo essere lasciata in pace!

Non andò ad aprire ma, il campanello suonò ancora e ancora.

A quel punto, se non voleva svegliare i vicini avrebbe dovuto aprire per forza.

Al suono del campanello si aggiunsero anche dei violenti colpi alla porta.

"Monica, apri questa porta!"; la voce di Tom era imperativa.

" Lo so che sei in casa, apri la porta!".

Monica si alzò dal letto barcollando: gli occhi le bruciavano e la testa le pulsava a causa dell’emicrania.

Aprì la porta mentre si massaggiava le tempie:" Hai intenzione di fare arrivare la polizia? ";

"E tu perchè non hai risposto al telefono? Dobbiamo parlare";

"E di cosa? Non abbiamo assolutamente niente da dirci; è tutto piuttosto chiaro, non ti sembra?";
" Lo so che in questo momento mi odi ma";
"magari ci riuscissi; sarebbe tutto più facile. E invece no; odio solo me stessa. Provo disgusto e vuoi sapere il perchè? Perchè nonostante tutto quello che è successo non riesco a strapparti dal cuore".

Tom l’afferrò per le spalle palesemente alterato e scrollandola forte le disse: "Non esasperare le cose! Sapevi come la pensavo fin dall’inizio. Pretendevi di avere l’esclusiva nella mia vita, eh? Volevi che ti dicessi che ti amo?".

Monica si liberò dalla stretta e andò a sedersi sul letto.

Tom la seguì in camera ma, restò in piedi appoggiato alla porta.

"No Tom;  so perfettamente che non è così!";
"E allora cosa vuoi da me?";
"Sei sicuro di volerlo sapere? Ho bisogno di addormentarmi tra le tue braccia e risvegliarmi al mattino con te ancora al mio fianco. Ho bisogno di sapere che sono importante per te; che quando non ci sono senti la mia mancanza.   Ho bisogno di sapere che in quel tuo piccolo cuore c’è posto per i sentimenti; ho bisogno di vedere nei tuoi occhi quelle emozioni che non sei capace di provare".
"Ma tu sei importante per me altrimenti perchè avrei continuato a cercarti?";
"Lo sappiamo bene entrambi il perchè ma, questo non mi basta più. Averti per pochi momenti in cui mi illudo che tu possa amarmi, non colma il vuoto che sento tutte le volte che te ne vai. E’ troppo doloroso per me; lo capisci? Vivo nell’attesa di un tuo gesto, di un tuo piccolo segnale, di poter leggere tra le righe dei tuoi pensieri qualcosa che non accadrà mai!

In tutta questa storia io mi sono messa in gioco: ho rischiato tutto ed ho perso ma, non sono pentita.

Invece tu che fai? Scappi via, sempre più lontano.

Sei un vigliacco!  Hai paura di soffrire, hai paura di amare, di non riuscire più a controllare i tuoi sentimenti e imponi le tue stupide regole ma, l’amore non ha controllo!

Si impossessa di te un pò per volta, è come un incendio.

All’inizio è solo una fiammella incerta, pronta a spegnersi al primo soffio; poi, pian piano brucia e arde sempre di più, sempre più prepotente e non sei più capace di arginarlo perchè si impadronisce di ogni tuo singolo pensiero, condiziona ogni tuo gesto, si alimenta del tuo stesso respiro fino a consumarti.

E’ così che mi sento Tom: in preda ad un fuoco che non so più spegnere, che non voglio spegnere. In tutto questo tempo ho sperato ingenuamente che, in qualche modo, ti affezionassi a me  e che forse un pò per volta sarei riuscita a conquistare il tuo cuore.

Nonostante tutto, se solo tu volessi io, io sarei capace di aspettarti ancora…….".

Era un ultimo disperato tentativo, un ultimo barlume di speranza, un ultimo battito di ali: l’ultimo atto di una commedia prima di chiudere il sipario.

 

 

Silenzio.

Solo un lungo, opprimente, desolante silenzio carico di disillusione.

Tom continuava a tenere la testa bassa e a non dire nulla.

Era l’epilogo, il sogno si era infranto ed il risveglio era dolorosamente amaro.

Consapevole di non avere più nulla per cui lottare, Monica si alzò dal letto e gli si avvicinò.

Gli sollevò il mento costringendolo a guardarla negli occhi suo malgrado:

" Ti amo immensamente Tom; non puoi nemmeno immaginare quanto ma, non posso più vivere così.

Se tieni a me anche solo un pochino, ti prego va via e non cercarmi più" mentre le lacrime riprendevano a cadere copiose.

Tom la fissò a lungo come se volesse imprimersi nella mente ogni piccolo particolare del suo volto, ogni singola lacrima versata.  

Poi, inspirò profondamente e senza dire una parola  se ne andò.

 

 

                                                                                …………………………continua

 

 

Non perdete l'ultima puntata di "A Piccoli Passi", vi aspetto tutti mercoledì prossimo. Bacio

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Eccoci giunti all'ultima puntata di "A Piccoli Passi". Grazie infinite a tutte le persone che hanno seguito la storia e recensito tutte le settimane, grazie di cuore a tutte voi. Grazie anche a coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, da ricordare e nelle preferite, ne sono veramente tanto lusingata. Non temete, la storia di Monica e Tom non finisce qui! Vi aspetto tutti mercoledì prossimo con il primo capitolo del sequel: "Un Magnifico Disastro". Grazie mille a tutti e un bacio. aquarius


 
                                                                                                                       by aquarius
 
Licenza Creative Commons
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 
 
  CAPITOLO 13
Ultima puntata
 
 
 
 

"Pronto Monica?";
"Ciao Marco, come va?";
"alla grande; tu piuttosto? Sei nervosa?";
"Un pochino";
"Ma smettila!; hai studiato tanto vedrai che andrà bene";
"Speriamo che sia come dici tu. Sarà davvero dura !";
"Non preoccuparti; sii serena e fagli vedere chi sei, intesi?";
"Intesi".

"Allora, in bocca al lupo e appena hai finito mandami un messaggio".

"Va bene. Ti voglio bene Marco";
"anch’io".

Monica riagganciò il telefono e si diede un’ultima occhiata allo specchio prima di uscire di casa.

Era già per le scale quando si accorse di aver dimenticato un libro. Salì di corsa ed aprì la porta.

Prese il libro che aveva lasciato sul tavolo della cucina ma, un pò per la fretta un pò per l’ansia le scivolò dalle mani.

Cadendo,  tutti i suoi appunti si sparsero sul pavimento. Accidenti era già in ritardo e come se non bastasse il telefono iniziò a squillare.

"Pronto? Pronto? Marco sei tu?"; ma non ricevendo risposta mise giù.

Doveva decidersi a chiamare la Telekom al più presto . C’erano sicuramente delle interferenze sulla sua linea telefonica perchè quella era già la terza volta che chiamavano e non rispondeva nessuno e la cosa peggiore era che le altre erano avvenute in piena notte.

Si chinò sul pavimento e raccolse tutti i fogli ma, riordinandoli le capitò tra le mani un bigliettino.

Quando lo lesse sbiancò.

Era il bigliettino che le aveva scritto Tom; non ricordava neanche più di averlo conservato in quel libro.

Quanti ricordi  riaffiorarono alla memoria! Alcuni bellissimi ma, altri, in particolare quelli legati alla fine disastrosa della loro storia, indicibilmente dolorosi. 

Quanto tempo era passato!

Un senso di malinconica nostalgia misto a rabbia la pervase tutta.

Era stato il momento più brutto e più difficile della sua vita e voleva solo dimenticare.

Dopo quella notte non lo aveva più nè visto, nè sentito. Da un articolo su una rivista musicale, abbandonata in pronto soccorso, aveva saputo che era partito per un tour  ma, non voleva pensare più a lui.

Tom era solo un fantasma che di tanto in tanto, ancora vagava tra i relitti del suo cuore.

Prese il bigliettino e lo infilò tra le pagine del libro poi chiuse la porta e se ne andò.

L’estate era quasi finita ma, le giornate erano ancora piuttosto calde ed assolate; un periodo decisamente insolito per Amburgo che normalmente,  cominciava ad essere flagellata dai temporali e dalle prime correnti fredde.

Prima di un esame era sempre piuttosto agitata ma, questa volta era addirittura in fibrillazione. La prova da superare era veramente difficle e lei aveva fatto del suo meglio considerando che aveva dovuto recuperarne due nel giro di poco tempo.

Finalmente due ore più tardi uscì dall’università col volto sorridente e disteso e gli occhi luminosi.

Klaudia ed Inge erano in trepidante attesa nell’atrio.

" Allora com’è andata?";
"Benissimo; non ho preso molto ma va bene così";
"Dai! Che bello! Avviso subito Marco"disse Klaudia sorridendo.

"Ogni motivo è buono eh?"; eh sì c’erano delle grosse novità per Marco e Klaudia.

Finalmente stavano insieme e filavano d’amore e d’accordo tanto che stavano pensando ad una convivenza.

Monica era felicissima per loro, del resto, voleva un gran bene ad entrambi.

"Dai Monica, lasciamo parlare i piccioncini in pace. Dobbiamo assolutamente festeggiare e poichè ho una gran fame che ne dici se andiamo a mangiarci una bella pizza?";
"Magnifico! Klaudia ti aspettiamo ‘Da Gigi’ ok?";

Klaudia  annuì con la testa mentre tutta sorridente continuava a raccontare a Marco dell’esame di Monica.

‘Da Gigi’ era una pizzeria che si trovava proprio a due passi dall’Uke; faceva una pizza abbastanza commestibile ma ancora si chiedevano come  mai si chiamasse così visto che il proprietario  era un egiziano di nome Kaschif.

Si sedettero ad un tavolo ed ordinarono mentre Klaudia le raggiunse poco dopo.

Erano allegre e spensierate proprio come ai vecchi tempi.

Se non fosse stato per loro Monica non sarebbe mai uscita dallo stato di isolamento e depressione in cui si era chiusa. Con il loro affetto e la loro discrezione, l’avevano sempre incoraggiata e sostenuta senza mai permetterle di mollare. 

Mangiarono con appetito spettegolando su tutti i nuovi tirocinanti e su tutte le nuove allieve infermiere della Uke.

Il tempo passò in fretta e Klaudia ed Inge dovevano iniziare il loro turno.

"Klaudia sbrigati è tardissimo; tesoro ci dispiace ma dobbiamo andare. Che fai adesso?";
"Ho intenzione di godermi il resto della giornata così non vi dirò dove vado; sarò assolutamente irreperibile!";
"Ma brava, bell’amica! Noi a lavorare e tu a spassartela!";
"Esatto!  Perciò vi ringrazio di tutto e ci sentiamo domani".
"A domani ".

Monica le guardò allontanarsi poi prese le chiavi dell’auto e mise in moto.

La destinazione era scontata: il suo piccolo angolo di paradiso ad Aussenalster.

Era la giornata adatta per sdraiarsi sul prato e prendere il sole.

Ci impiegò meno del solito per arrivare. Parcheggiò l’auto prese la giacca e la borsa e si incamminò lungo il vialetto.

Raggiunse il suo angolino e si guardò intorno: era uno spettacolo magnifico.

Il cielo era azzurro e le acque del lago di un blu intensissimo. Le vele colorate creavano il solito arcobaleno di colori in lontananza mentre nei pressi della riva una famigliola di anatre starnazzava rumorosamente. Tutto intorno era un allegro vocio di bambini che correvano felici e si divertivano a far volare un aquilone.  

Quello squarcio d’estate era un regalo inatteso e Monica era assolutamente intenzionata a goderselo.

Stese la giacca sul prato e ci si sdraiò sopra e poi appoggiò la testa sulla sua borsa.

Guardò il cielo e le nuvole che ogni tanto passavano. Aveva la mente sgombra da qualunque pensiero.  

Chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare dalla brezza tiepida e profumata.

Era così piacevole e rilassante.

Ogni tanto riapriva un occhio per controllare l’ora e poi lo richiudeva assaporando ogni istante di serenità e di benessere.

Improvvisamente sentì dei passi avvicinarsi a lei e il tepore del sole che non la scaldava più.

"Quanta gente maleducata c’è in giro. Con tutto il posto che c’è proprio qui dovevano venire?" pensò tra sè.

Senza badare troppo alla figura alta e poco ben definita che era a pochi passi da lei disse: "Scusi, gentilmente potrebbe spostarsi? Sa vorrei prendere il sole";
poi richiuse gli occhi e si sistemò più comodamente.

"Ciao Monica".

Quella voce……. non poteva essere; non era possibile!

Riaprì gli occhi cercando di mettere bene a fuoco ma, non appena lo riconobbe scattò in piedi come una molla.

Il cuore sembrava un tamburo impazzito e il respiro era diventato corto e affannoso.

"T-Tom, che-che ci fai qui?" il suo sguardo era sorpreso e allo stesso tempo pieno di timore.

Tom cercò di avvicinarsi a lei ma, Monica indietreggiò con passo incerto. 

"Non fare così per favore. E’ già abbastanza difficile stare qui di fronte a te senza vedere la paura nei tuoi occhi".

"Come facevi a sapere che ero qui?" il tono della voce di Monica era insicuro e tradiva una certa ansia.
"Ti ho seguita; sono giorni che ti seguo. Sono rimasto ore sotto casa tua a fissare le tue finestre. Ho provato anche a chiamarti tante volte ma quando sentivo la tua voce mettevo giù".
"Perchè? Cosa vuoi da me Tom? Non è abbastanza il male che mi hai fatto?";

"Sì, lo so che ti ho fatto del male; ora lo so….. ma  volevo assolutamente vederti e parlarti";

"Non abbiamo niente di cui parlare. Tra noi è finita ed io non voglio ascoltarti, non voglio! Tu-tu non puoi farmi questo".

Monica aveva il cuore in gola. Dopo tutto quel tempo rivederlo era come riaprire delle vecchie ferite. Era ancora troppo fragile per poter sostenere una conversazione senza ripensare al passato. Come in un flashback lo rivide mentre stringeva a sè quella donna e la baciava e poi ancora richiudersi la porta alle spalle mentre usciva definitivamente dalla sua vita.

Lo sguardo le si velò di tristezza ed improvvisamente ripiombò in quello stato di sconforto e di doloroso abbandono in cui lui l’aveva lasciata. 

"Per favore, ti chiedo solo di ascoltarmi niente altro. Quella notte, quando sono andato via da casa tua avrei voluto spaccare tutto. Mi hai dato del vigliacco, senza cuore; mi hai detto che avevo paura di amare. Ero furioso ed arrabbiato. Era inaccettabile! Ho pensato più volte chi diavolo eri per parlarmi a quel modo? 

Io sono un musicista di successo, sono ricco e famoso e le ragazze farebbero qualunque cosa pur di passare una notte con me; mi sarebbe bastato schioccare le dita, avrei avuto solo l’imbarazzo della scelta ed è così che ho fatto. Notte dopo notte, una diversa dall’altra e in questo modo cercavo di convincermi che tu eri una come tante, che di te non mi importava nulla.

Poi siamo partiti per il tour e credevo che con la distanza e il tempo avrei finito per dimenticarti. Di giorno con i miei mille impegni non era difficile non pensare a te ma, la notte, quando le luci si spegnevano e le urla cessavano, al buio nel mio letto  rivedevo il tuo sorriso, i tuoi occhi pieni di calore, i tuoi riccioli neri.

Rivedevo i tuoi sguardi pieni di passione, ogni piccolo particolare del tuo corpo, riassaporavo ogni tuo singolo bacio.

Poi, all’improvviso ritornavo a quella notte: il tuo sguardo carico di dolore e di rabbia non mi dava pace.

Ho fatto di tutto per non pensarci, ma tutte le volte che chiudevo gli occhi ti rivedevo piangere ed era terribile dover ammettere che il responsabile di tutto ero io. Le tue lacrime continuavano a tormentarmi e le tue parole mi bruciavano dentro come ferite che non rimarginano.

Così ho cominciato a ripensare al tempo passato insieme, a quanto amore mi hai dato senza chiedermi in cambio assolutamente niente; ed io come ti ho ripagato? Scappando. Ti ho voltato le spalle e me ne sono andato.

Già scappare è sempre stato il mio forte: divertirmi, prendere tutto quello che la vita mi offre senza per questo sentirmi responsabile verso niente e nessuno. Non riuscivo a credere di averti umiliato a quel modo. Sono stato un vigliacco ed un egoista. Ci ho messo tanto a capirlo; ci ho messo tanto a capire che tu non eri come le altre e che mi amavi veramente così come sono ".

Monica si portò una mano alla fronte ed inspirò profondamente:

"E’ passato tanto tempo Tom. Non puoi immaginare quanto ho sofferto.

Realizzare che non facevi più parte della mia vita  è stato durissimo. Leccarmi le ferite e cercare di andare avanti è stato anche peggio. Non puoi sapere quante volte ho maledetto il mio cuore per lo strazio che provavo e quante notti ho passato piangendo, tentando di cancellare il tuo ricordo dalla mia pelle ed ora, che finalmente ho trovato un equilibrio, seppur precario, sei qui…..di nuovo qui e sconvolgi ancora la mia esistenza".

Monica era smarrita e spaventata.

Erano passati tanti mesi ma, non era cambiato nulla.

Era convinta di essere diventata più forte e invece era ancora così vulnerabile.

Il cuore batteva incontrollato e il respiro le mancava per l’emozione provocandole una fitta nel petto.

Quel fuoco non si era mai spento e continuava ad ardere prepotente dentro di lei consumandola. Sì, lo amava ancora, lo amava con tutta sè stessa, con tutta la sua forza e con la stessa intensa, disperata passione ma, restare lì significava cadere di nuovo tra le sue braccia e ricominciare tutto esattamente come prima.

No. Non poteva permetterlo.

"Devo andare; mi spiace io….devo proprio andare"; raccolse la borsa e la giacca e si voltò per andarsene ma, Tom fu più veloce di lei.

L’afferrò per un braccio e l’attirò a sè.

 Monica aveva il viso appoggiato al suo torace e sentiva nitidamente i battiti convulsi del suo cuore. Tom la stringeva forte fino quasi a farle male, fino a toglierle il respiro, fino a farle scoppiare il cuore quasi avesse il timore che lei potesse fuggire via.

"Non andartene per favore: non prima che ti abbia detto una cosa".

Monica tremava tra le sue braccia: il suo profumo, il ricordo dei suoi baci delle sue carezze le tornarono in mente come un vortice. Chiuse gli occhi si sentiva soffocare: "Non torturarmi ti prego; non rendere le cose ancora più difficili" mentre le lacrime venivano giù senza controllo.

" Dove vorresti scappare? Lo vedi? Sei mia.

Nonostante tutto quello che ti ho fatto, nonostante tutto il tempo passato, sei ancora mia; mi appartieni ancora.

 Monica,  voglio far parte della tua vita e voglio che tu faccia parte della mia. Ti dò la mia parola: questa volta non ti farò soffrire. Mi manchi tanto, ho bisogno di te e voglio solo un’opportunità per dimostrartelo".

Poi si chinò a cercare la sua bocca e la baciò con una dolcezza infinita.

Il contatto con le sue labbra fu come bere dell’acqua dopo aver vagato per giorni nel deserto.

Dio quanto le era mancato! Per quanto tempo aveva desiderato sentirsi di nuovo tra le sue braccia.

Come aveva fatto a sopravvivere tutto quel tempo senza di lui….

Monica gli lanciò le braccia al collo e si aggrappò disperatamente a lui lasciandosi trasportare dalla tempesta di emozioni che infuriava violentemente e la trascinava via.

Si baciarono ancora e ancora stingendosi forte l’uno all’altra.

Tom la guardò dritto negli occhi e finalmente Monica vide quel piccolo segnale:  un minuscolo spiraglio di luce, una fiammella che illuminava il mare burrascoso e buio del suo cuore.

"Non posso prometterti che sarà facile: dovrai avere molta pazienza con me; non so bene da che parte cominciare e nemmeno come procedere".

Monica gli accarezzò piano il volto e poi stringendogli la mano disse:
"A piccoli passi Tom; a piccoli passi".

 

                                                                                              FINE


A mercoledì con "Un Magnifico Disastro"

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=934400