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di Stella94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kidnapped ***
Capitolo 2: *** Confusion ***
Capitolo 3: *** Knowledge ***
Capitolo 4: *** Private Affair ***
Capitolo 5: *** Loner ***
Capitolo 6: *** Nightmare ***
Capitolo 7: *** Shattered ***
Capitolo 8: *** Iron Fist ***
Capitolo 9: *** Memories ***
Capitolo 10: *** Revenge ***
Capitolo 11: *** Flavor of the storm ***



Capitolo 1
*** Kidnapped ***


primo cap boh                                                                      Changed
 
                                                                                       
 
                                                          1

                                                                                 
Kidnapped

La vita può cambiare.
Da un momento all'altro può portarti ad essere diversa, a vivere in modo diverso. Perché la vita non è un continuo fluire di giorni monotoni e già prescritti.
La vita è scelta.
La vita è rinuncia. Io imparai a rinunciare a tutto e a vivere solo di sentimenti, la vera linfa vitale, il giusto nutrimento per ogni umano.
Non ci credete?
Be' allora dobbiamo proprio partire dagli antipodi. Da quando solo sedicenne e piena di ambiziosi propositi per il futuro, giunsi a Tokyo, con l'areo privato della Rochefort Enterprises, la compagnia di petrolio più famosa al mondo, capitanata da mio padre Alphonse Rochefort.
Non ero mai stata nella capitale del Giappone e onestamente non pensavo di certo che l'avrei trovata tanto magnifica.
C'erano molte cose che non avevo mai visto e la mia incontrollata curiosità mi imponeva di scoprirle tutte.
Ma come tutte le cose belle hanno un inizio e una fine.
E il momento di ritornare a casa fu un'inaspettata sorpresa da digerire.
Era tempo di ritornare a Monaco, nella mia lussuosa villa di periferia. Ricordo bene quella mattina, quasi come se le immagini, ora già sbiadite col tempo, ripassassero veloci, ricomponendosi in fretta per formare un figura chiara e nitida.
Mi svegliai presto quella mattina, come ero solita fare quando dovevo affrontare un lungo viaggio.
Sistemai le mie cose e mi avviai verso la mia limousine.
Ma qualcosa o più precisamente qualcuno, mi afferrò i polsi dietro le mie spalle in una morsa che tutt'ora avverto dolente sul mio corpo.
Cercai di divincolarmi, di urlare, ma fu tutto inutile. L'uomo mi scaraventò con prepotenza nell'auto sistemandosi al mio fianco.
La portiera si chiuse in un tonfo assordante.
<< Sbrigati, forza! >> Lo sentii urlale all'autista in lingua giapponese (che conoscevo alla perfezione) che spinto il piede sull'acceleratore partì a gran velocità.
Cercai di guardare in faccia il mio aggressore, non capivo cosa mi stesse succedendo. Era confusa e impaurita. I suoni, le immagini, le parole, mi giungevano come ronzii fastidiosi.
Non riuscivo a distinguere nulla. Ne il bene ne il male.
<< Cosa volete da me? Chi siete voi? >>
L'uomo aveva il viso nascosto da un passamontagna nero. I suoi occhi a mandorla erano scuri e ricolmi di... rabbia.
I suoi capelli neri scorrevano lunghi sulle sue spalle.  Un olezzo orribile di alcool fuoriusciva dalla sua sudicia bocca.
Senza che io me ne accorgessi rispose alla mia domanda con uno schiaffo che mi sferzò il viso. Finì col sbattere la testa sul finestrino.
<< Sta zitta, mocciosa. Se non vuoi finire la tua corsa qui. >>
La sua voce era rauca e brusca. Cominciai a tremare quando mi toccai il viso. Bruciava più del disinfettante su una ferita aperta.
Non capivo il perché mi stessero facendo una cosa del genere.
Mi ritrovai nel panico quando cominciai a formulare le prime domande da copione.
Dove sto andando? Cosa mi faranno? Cosa vorranno?
Dal finestrino riconobbi il volto dell'autista. Non era il nostro fidato. Era giapponese anche lui.
Più mingherlino e giovane. Ma sembrava lo stesso determinato a compiere la sua folle missione.
Capì che doveva essere furbo e molto sveglio quando si accorse del mio scrutare indagatorio.
<< Ehi, Benkei, non credi che dovremmo bendarla? Questa ragazzina mi sta osservando e la cosa mi da fastidio. >>
<< Non preoccuparti, Hiroschi. >> Disse l'altro seduto al mio fianco << Ora ci penso io. >>
Da quel momento in poi non ricordai più nulla.
Solo il pizzico improvviso e irritante come la puntura di un'ape. Le palpebre terribilmente pesanti dettate dall'esigenza di chiuderle. La stanchezza improvvisa, il buio del sogno che mi lasciò cadere di peso sul sedile.


Mi risvegliai confusa. La testa mi girava e una strana nausea mi faceva venire il voltastomaco.
In più c'era quell'odore. Benzina credo. Forte come cicuta mi penetrava a fondo nelle narici e le tenebre mi gettavano in una profonda inquietudine.
Non capivo dove fossi. Nell'attimo in cui cercai di mettermi in piedi capii che non potevo farlo. Avevo entrambi i polsi incatenati ad un albero maestro e le mie caviglie erano state legate rudemente con del nastro adesivo.
Era impossibile sfuggire. Mi colse alla svelta la claustrofobica sensazione di essere come un topo in trappola.
Compresi che sarei stata presto sbranata se non avrei trovato al più presto una soluzione, una via di fuga.
Cominciai col scrutare il circondario alla ricerca di un qualcosa che potesse essermi utile.
Riconobbi poco lontano da me la conformazione di un auto. Ad una prima analisi pareva essere una Lexus vecchio stampo, color amaranto.
C'erano alcuni attrezzi che evidentemente servivano per riparala e molte taniche di benzina.
Con trepidazione mi accorsi che l'unica via d'uscita era una vecchia serranda ammaccata. Compresi allora che mi trovavo in qualche specie di garage.
Ero sola. Di solito odiavo la solitudine, ma cominciai a pensare che a volte non era poi così tanto male.
Cercai in qualche modo di liberarmi dalla mia prigionia, ma fu tutto inutile. Non sarei mai riuscita a spezzare quelle catene.
Sospirai stanca ed impaurita. Temevo il peggio e la crudele sensazione di essere al capolinea mi demoralizzò.
Fino ad allora non avevo mai pensato alla morte. Insomma avevo solo sedici anni e morire era proprio l'ultima delle mie intenzioni. Mi sentii come un malato terminale. La  bislacca sensazione di fare tutto e presto mi trasportò in uno stato catartico. Ed io non potevo fare un bel niente.
Dovevo accontentarmi dei miei ricordi. Dovevo pregare. Cominciai a farlo. Mi sentii stupida ma avevo bisogno di qualcuno che mi ascoltasse. Mi avevano detto che avrei sempre trovato un conforto in Dio.
Ne avevo bisogno.
Pregai per mio padre, per me, per tutte le persone che mi conoscevano, per tutte le persone del mondo.
E parve funzionare quando all'improvviso mi accorsi di avere ancora il cellulare in tasca.
Il tecnologico aggeggio cominciò a squillare, vibrandomi nei jeans. Doveva essere mio padre ed io dovevo rispondere.
Provai un milione di contorsioni, cercai di raggiungere le tasche con la bocca, ma fu tutto inutile.
Mi venne il panico quando la serranda cominciò ad alzarsi.
Intravidi un uomo passarvi di sotto allarmato dal suono trillante. Non era giapponese ma aveva un'aria più crudele degli altri.
Aveva capelli brizzolati, occhi da demone del quale uno rigato di una cicatrice. Il petto segnato da alcuni squarci, sul collo uno strano tatuaggio tribale. Muscoli d'acciaio tenuti in bella vista, più per intimorire che per pavoneggiarsi.
Una fascia rossa legata al braccio destro e l'aria di chi non conosceva rivali.
<< Resta ferma dove sei. >> Mi intimò con una voce profonda e intimidatoria. Lo vidi puntarmi una pistola dritta alla testa. Il sangue mi affluì al cervello prepotentemente. Il mio petto cominciò ad abbassarsi ad ad alzarsi freneticamente.
Si sporse verso di me, infilò una mano nei miei pantaloni alla ricerca del cellulare. Fremetti appena a quel contatto.
Mi sentivo così dannatamente fragile.
<< E' il caro paparino. >> Ghignò attaccando la telefonata << Ma con lui parleremo più tardi. >>
Mi osservò da capo a piedi come un leone osserva la sua gazzella. Sapevo correre, ma non abbastanza da sfuggire alle sue fauci. Stupida gazzella, mi ritrovai a pensare. Hai corso per una vita e ora perdi l'uso delle gambe proprio nel momento sbagliato. Ma sapevo ancora parlare. Era la mia unica arma e la usai per difendermi.
<< Chi se tu? Perché sono qui? >>
Si accovacciò sui talloni, quel sorriso perennemente stampato sulla faccia << Sei troppo curiosa, Emilie Rochefort. >>
<< Come fai a conoscere il mio nome? >>
<< Tutti conoscono il tuo nome. >> La sua voce era tranquilla. Più pacata di prima, terribilmente pacata << Ed è proprio questo il motivo per cui sei qui. >> Mi puntò un dito contro che sfiorò quasi il mio naso << Tu sei la merce di scambio. >>
In un attimo mi fu tutto più chiaro. Ero una merce ecco tutto. Una merce costosa per mio padre. Non avrebbe badato a spese per riavermi dietro. Fu la prima volta che mi sentii come un inutile oggetto da esposizione.
Identico ad un manichino posto nelle vetrine agghindato con gli abiti preziosi e tremendamente costosi.
Tutti lo osservano ma nessuno fa davvero caso alla sua presenza. Ciò che vedono è solo l'involucro di cui è vestito.
Io ero un manichino ed il mio abito era ricoperto di profumato denaro.
<< Volete un riscatto? >>
<< Allora non sei tanto stupida come pensavo. >> Mi sorrise con fare disgustoso. Avvicinò la mano al mio viso, accarezzandomi una guancia. << Sei proprio carina, lo sai? >>
<< Non mi toccare! >>
Cominciai a dimenarmi come una puledra ribelle. Dovevo scappare, dovevo andare via. Quel posto era una prigione dalle pareti pungenti come aghi di ghiaccio. Peccato che eravamo in pieno inverno e che non si sarebbero sciolti tanto facilmente. Senza pensarci due volte quella mano da gentile divenne accidiosa, dandomi uno schiaffo.
L'urto mi fece girare la testa dal lato opposto. Faceva male, molto più male del precedente.
Lo sentii troppo vicino nel momento in cui respirai il suo respiro.
<< Cerca di fare la brava >> Mi sussurrò sulle labbra << sarebbe un vero peccato rovinare questo bel faccino. >>
<< Bryan? >> una voce giunse alle nostre spalle. Era Benkei, il tizio che mi aveva spinto nella limosine << Vieni immediatamente. Ci sono novità. >>
<< Arrivo subito. >> Mi sembrò all'improvviso tutto così strano. Insomma un uomo grande e grosso come lui che si sottometteva ai comandi di un altro?
Forse mi ero sbagliata sul suo conto. Pensavo che il capo di tutto questo piano criminale fosse lui, ma a quanto vedevo quel Benkei era ancora più potente.
I muscoli non danno la potenza, diceva sempre mio padre. Proprio in quell'istante capii il vero significato di quelle parole.
Mi rivolse un ultimo sguardo << Ci vediamo più tardi, bellezza. >> Mi disse.
Una minaccia? Be' l'avrei capito molto presto.

Capii che era giunta la sera quando anche l'ultimo spiraglio di luce venne inghiottitito dalle tenebre. Avevo da sempre paura del buio. L'oscurità era come una strada senza curve. Non riuscivo mai a capire ne dov'era l'inizio ne la fine.
Era seduta a terra, sporca, affamata, stanca. Le catene ai polsi mi facevano male. Dovevo avere la pelle arrossata e in alcuni parti sanguinate. La sentivo bruciare ed escoriarsi ad ogni minimo movimento.
La serranda si aprì ancora e mostrò di nuovo la figura di Bryan.
<< Allora ti stai divertendo? >>
Non osai neppure guardarlo in faccia. Mi dava un forte senso di nausea e di disprezzo. Disprezzavo qualunque cosa fosse subdola e viscida. E lui lo era.
Strisciava come un serpente a sonagli. Intimidiva tutti con la sua arma e i suoi muscoli, ma egli stesso non sapeva di essere solo una pedina. E che presto la dama si sarebbe cibato di lui.
<< Passeremo la notte insieme, non sei contenta? >>
Digrignai i denti per la rabbia. Avrei tanto voluto dargli un calcio proprio nel mezzo, li dove avrebbe fatto più male e di sicuro lo avrebbe steso.
<< Mio padre presto verrà con la polizia. Loro vi prenderanno e voi passerete il resto della vostra inutile vita in galera. >>
Rise di gusto alle mie parole. L'eco echeggiò per tutto il circondario.
<< Dovresti vedere la tua faccia adesso. >> Altre risa, ancora più di gusto << Sembri che ci credi sul serio. >>
<< Stronzo. >> Gli sputai in faccia, perché potesse sapere che anche una ragazzina come me sapeva usare le parolacce.
Scurrile? In quel momento non desideravo altro.
Peccato che non sapevo chi in realtà fosse Bryan e cosa fosse capace di fare.
In un attimo mi fu addosso << Stai attenta a come parli, mocciosa insolente. >>
Mi afferrò entrambe le mascelle con una mano. Le strinse forte, tanto che con i miei denti mi provocai profonde lacerazione all'interno della bocca.
Era solo l'inizio del suo gioco.
<< Che ne dici se adesso io e te ci divertiamo un poco? >>
Cominciò con leccarmi il collo mentre la sua mano libera finì con stringermi un fianco. Era rivoltante mentre saggiava la mia epidermide immacolata.
Cercai di urlare, ma fu inutile. La mia bocca era serrata nella sua morsa soffocante. Lo sentivo tastare ogni parte del mio corpo. Intrufolarsi sotto la mia camicia, raggiungere un seno e palparlo, fremendo.
Era la fine. Era davvero la fine.
Non riuscivo a vedere la luce, la speranza. Non percepivo più nemmeno la voglia di vivere.
Volevo morire, ora li, per sempre. Prima che il mio corpo fosse violato da un essere tanto spregevole.
Con arroganza e trepidazione, strappò tutti i bottoni della mia camicia con una sola mossa. I miei seni protetti dal reggiseno nero di pizzo, lo eccitarono ulteriormente. Lo vidi emettere un lieve sorriso, prima che le sue fauci addentassero la mia pelle bollente.
Non potevo muovermi, non potevo fuggire. Avevo le mani legate dietro alla schiena, le caviglie bloccate, la bocca serrata. Era tutto dannatamente inutile.
Nonostante questo mi era rimasto quello che molti definivano "l'attaccamento alla vita".
Nel mio piccolo cercavo di sottrarmi da quella violenza ignobile. Ma Bryan era più forte di me. Un macigno, un colosso, un ciclope senza pietà.
<< Sta ferma! Sono sicuro che ti piacerà, vedrai. >>
Scese sulle mie caviglie per liberarmi, in modo da potermi possedere con facilità. Quando le mie gambe furono libere cominciai a scalciare, ma presto mi ritrovai il suo corpo nel mezzo e le sue labbra sulla mia bocca.
Mi baciò senza ritegno, accarezzando la mia lunga con la sua viscida. Per fortuna durò poco.
A lui non importava del sentimentalismo, non si perdeva in simili smancerie.
Voleva solo possedermi e l'avrebbe fatto gustandosi ogni attimo.
Fu sopra di me, tra di me cominciando a rimuovere il bottone dei jeans dall'asola e calarli di poco.
Fu allora che persi il senno. Urlavo forte ma nell'aria la mia voce rimbombava solo come piccoli gridolini metallici.
Smuovevo le gambe, cercavo di ribellarmi, mente Bryan continuava il suo sporco gioco baciandomi qua e la, imbrattandomi la pelle con la sua saliva.
Non volevo, non volevo che finisse così. Non potevo permettere che mi accadesse una cosa del genere.
Avevo sempre visto il sesso come un abbandono. Un lasciarsi completamente trasportare dalla passione e dall'amore che si prova verso l'altro partner. Avevo immaginato la mia priva volta su un letto a baldacchino, tra candele profumate e una dolce musica di sottofondo.
Ed i miei sogni ora si sgretolavano come coaguli di fango. Cominciai a piangere, disperata e perduta della mia triste sorte. Sentì scendere la sua sucida mano sulla mia femminilità. Mi allarmai impaurita.
<< Mi hai proprio scocciato, ragazzina! Vedi di star ferma. >>
Mi afferrò la testa, che io muovevo trepidane e la sbatté con prepotenza verso l'albero maestro a cui ero legata.
Non c'era più dolore, non c'era più un suono da ascoltare, ne un volto da ammirare.
Uno strano ronzio cominciò a rimbombarmi nella testa. La vista cominciò a sbiadirsi, cercai di sbattere la palpebre per schiarirmi l'immagine, ma fu tutto inutile.
Sopraggiunsero le tenebre, alcune voci sembravano chiamarmi. Lili, Lili, Lili, pronunciavano in coro. Io non volli ascoltare. Sentì qualcosa di fresco scorrere sulle mie orecchie. Era appiccicoso e melmoso. Quando sopraggiunse sul mio collo capì che era sangue.
Scorsi Bryan osservarmi con occhi impauriti. Era come se avesse visto la morte in persona. Mi sentii io la morte, quando senza forze accasciai la testa, che si infranse penzolante sulla mia spalla.
Sto per morire, fu il mio ultimo pensiero. Nonostante questo mi giunsero ancora alcuni suoni prima che svenissi del tutto. Erano i miei rapitori. Tutti i miei rapitori. Accusavano Bryan di averla fatta grossa.
Dovevano liberarsi del mio corpo. Dicevano che avrebbero depistato il tutto inviando un messaggio con il mio cellulare a papà.
Percepii qualcuno prendermi in braccio. Poi il vuoto più totale.

CONTINUA...

Mi presento a tutti voi. Sono Stella94, autrice di molte ff su EFP da circa un anno.
Che dire? Adoro la coppia JinxLili. Lili è da sempre il mio personaggio preferito in Tekken, è riuscita addirittura a superare Nina Williams un'istituzione per me se parliamo di Tekken appunto.
Per questo ho deciso di scrivere una storia su di loro con la speranza che vi sia piaciuta.
Il nome del padre di Lili non mì è noto e siccome è una figura che vedremo in seguito e sarà molto importante nella storia, l'ho inventato io.
Nel primo capitolo il nostro eroe giapponese non fa comparsa ma lo troveremo di sicuro nel prossimo, dove l'intera trama sarà più chiara.
Spero che vi abbia incuriosito, mi raccomando lasciate se potete una recensione, perché se non vi interessa io la elimino.
A voi l'ardua sentenza.
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Kiss kiss da

                                                                                                                                                       
Stella94







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Capitolo 2
*** Confusion ***


primo cap boh                                                                      Changed
 
                                                                                       
 
                                                          2

                                                                                 
 Confusion

Avanti a me l'ignoto.
Avete presente il buio più totale? La paura di essere nel luogo sbagliato al momento sbagliato?
Lo smarrimento che ci conduce a domandarci chi in realtà siamo e cosa davvero vogliamo essere?
Be' io ero pervasa da così tante sensazioni differenti che non saprei distinguerle.
L'uomo ha da sempre pura di ciò che non conosce. Ed io in quel momento ebbi paura di me stessa. Perché in realtà non sapevo chi fossi.
Mi risvegliai, confusa, stanca, dolorante. Mi guardai intorno. Ero su un vecchio divano in pelle marrone, coperta solo da un misero plaid rosso.
Respiravo a fatica. Tutto intorno a me era un ammucchio di colori senza un senso. Una marmaglia di ombre minacciose.
Faceva freddo, dannatamente freddo. La mia pelle era sporca, macchiata qua e la da coaguli di fango.
Indossavo solo la mia biancheria intima. Tutto il resto sembrava scomparso.
La testa pulsava rovinosamente. Quando portai una mano tra i miei capelli biondi li ritrovai umidi e sporcati in alcune parti di sangue rappreso. Avevo una fascia che molto probabilmente umettava qualche ferita.
Non sapevo neppure come avevo fatto a procurarmela. Dalla mia bocca fuoriuscì un lieve lamento quando, per puro caso, la sfiorai.
Casa mia? Mi venne spontaneo chiedermi. Non sapevo dove mi trovassi, non sapevo ciò che mi attendeva. Ma mi pervadeva una sorta di sesto senso. Sentivo le cose.
Ad esempio in quel momento avvertivo che quella non doveva essere casa mia e che molto probabilmente era la prima volta che vi mettevo piede. Non chiedetemi il perché, sapevo di essere oltre ogni limite del possibile.
Scrutai con attenzione tutto ciò che mi circondava. Più ficcavo il naso in giro, più tutto mi sembrava così stranamente diverso, quasi non fosse la normalità.
Da una prima frettolosa analisi, regnava il caos. Lo spazio in cui mi trovavo non era molto grande. Ospitava una modesta libreria, dagli scaffali impolverati dai quali penzolavano pagine di quelli che dovevano essere portatori di cultura. Una televisione vecchio stampo, di quelle che ora difficilmente si trovano in giro, era posta di fronte a me.
Alle mie spalle un tavolo. Piccolo per ospitare una famiglia. Scomodo, vuoto.
Non c'erano quadri sui muri, ne foto. Anzi no, una c'era. Era riposta sul tavolino di fianco al divano. Raffigurava una donna evidentemente giapponese. Molto bella a mio dire, quasi... angelica.
Una porta finestra dava luce all'intero ambiente. Da essa sgorgavano schiamazzi e suoni di clacson impazziti. Ero al centro di qualche sconosciuta città.
Non vi era nient'altro, a parte camicie, calzini, pantaloni e boxer sparsi qua e la. Cominciavo a capire.
E' davvero formidabile di quanto una casa possa dirti tutto sul proprietario.
Era sicuramente un uomo, forse un ragazzo. Solo, oppure abbandonato da quella ragazza della foto. Forse anche sofferente. Si, soffriva. Era spenta quella casa, probabilmente come il suo animo.
<< Vedo che ti sei svegliata. >>
Una voce intensa quanto tranquilla mi fece sobbalzare. Vidi uscire un ragazzo dal un corridoio che per ora portava all'ignoto.
Indossava solo un paio di pantaloni neri. Il suo fisico era da mozzare il fiato. Quella pelle così cristallina resa splendete da alcune gocce di sudore. Quei capelli tanto scuri da sembrare nere ali di un corvo. Quegli occhi, nascosti da alcuni ciuffi di crini corvini, profondi e inesplorati, come i fondali ignoti dell'oceano.
Deglutì rumorosamente, perdendomi nell'imprimere nella mia memoria ogni particolare di quella  creatura tanto magnifica quanto minacciosa.
Perché se pur mi sforzavo di ricordare, di collocare un nome a quel ragazzo, niente mi suggeriva la giusta direttiva.
Ero ancora nell'ignoto più profondo.
<< Dove mi trovo? >>
Logica e terribilmente stupida come domanda. Era ben visibile dove mi trovassi, ma assolutamente impossibile per me.
<< A casa mia. >> Rispose spiccio, quasi seccato. Portava un asciugamani al collo. Lo vidi asciugarsi la fronte per poi dirigersi al frigo e prendersi una birra.
<< Tu chi sei? >> Altra domanda stupida. Nel mio animo aleggiava uno strano senso di protezione, come se mi trovassi nel luogo più sicuro al mondo, in un rifugio fatto da mura di piombo.
<< Jin. >> parlava a monosillabe. Questo mi irritò ulteriormente. Forse non conosceva l'uso della parola o era troppo stupido per rispondere adeguatamente. Stavo cominciando a capire qualcosa di più sul padrone di casa.
Freddo. Mi venne da pensare. Quando ancora una volta scontrai i suoi occhi lo trovai freddo come il ghiaccio.
<< Jin Kazama. >> Spiegò ulteriormente, dopo aver mandato giù un quarto di quella bibita altamente alcolica.
Ma anche se tutto cominciava a prendere colore, facendo diventare l'immagine più chiara, io continuavo a non capirci un bel niente.
Poi subentrò il panico. Lui mi aveva appena detto il suo nome per intero ma il mio?
Chi ero io? E perché ero li? Se quel tizio si era appena presentato voleva dire che non mi conosceva affatto. E allora perché ero a casa sua?
Il mio nome, il mio nome, continuavo a ripetermi. Mi ritrovai confusa a rigirami sul divano. Cercavo una via di fuga o semplicemente non sapevo cosa fare. Ero terribilmente confusa. La testa girava vorticosamente, le mani tremavano.
Nella mie membra solo sillabe senza senso, ma nessuna che mi suggerisse il mio nome.
<< E io chi sono? >>
Lui sorrise sghembo << Be' pensavo che me lo dicessi tu. E soprattutto cosa ci facevi in fin di vita, mezza nuda, sotto la pioggia, abbandonata tra i cassetti della spazzatura nel posto più orripilante di Shibuya? >>
Spalancai la bocca, respirando aria di guai. << Che cosa?! >>
<< Senti, io non so chi sei, okay? Ti ho trovata li fuori e ti ho portata qui. Fine della storia. >>
<< Quindi tu non mi conosci? >>
Lo vidi alzare le braccia al cielo con fare esasperato. Forse lo era per davvero << No che non ti conosco! >> Confermò e questo non poté altro che aumentare la mia stupida consapevolezza di essere nell'ignoto.
Ed io odiavo l'ignoto.
Il cuore mi venne in gola quando finalmente capì una cosa essenziale. Nemmeno io mi conoscevo.
Un nome, una casa, una famiglia. Vuoto era tutto un vuoto senza senso.
Il mio respiro si fece pesante, il freddo pungeva più di un ago. Ed avevo paura, terribilmente paura.
Quando non sai chi sei tutto ti sembra così minaccioso. Perfino la tua stessa ombra ti incupisce l'animo. Perché a quell'ombra non sai attribuire alcun nome, alcuna certezza.
<< Oh mio Dio. >> Sussurrai incerta. La speranza si stava spegnendo come una candela al vento. << Io non lo so! >>
Lo sentì avvicinarsi a me, mantenendo ancora quelle assurde distanze, quasi fossi stata un'appestata.
<< Cosa non sai? >> La sua voce così roca, terribilmente sensuale mi scombussolò i sensi, portandomi ad occuparmi più del mio aspetto fisico che di altro.
Dovevo avere un aspetto davvero orrendo. La testa fasciata, i capelli bagnati e intarsiati di sangue e fango. La faccia sporca, gli occhi di chi ha appena ucciso un uomo.
Terribilmente patetica.
<< Io non so chi sono, non ricordo il mio nome, ne perché ho questa ferita, ne perché sono nuda! >>
<< Be' non eri proprio nuda. >> Mi stupì di come lui fosse così pacato e tranquillo. Sembrava come non si preoccupasse di nulla, come se tutto fosse così dannatamente semplice. Ma non lo era. Non lo era per niente.
<< I tuoi vestiti erano bagnati e così li ho messi ad asciugare. >> Indicò con pollice il balcone alle nostre spalle.
Intravidi un paio di jeans e una camicia al di fuori delle finestre. Ma subito il mio sguardo ritornò su di lui.
Truce e assassino solo per l'inspiegabile motivo per cui aveva deciso di spogliarmi.
I miei occhi celesti si assottigliarono i due fessure ardenti. Le labbra si incresparono in un ghigno saturo di bile.
<< Mi hai tolto i vestiti? >>
<< Ti sarebbe venuta una polmonite. >> Le sue muscolose braccia si incrociarono al petto, come se in qualche modo stesse in attesa di qualcosa << E comunque, >> Continuò << per la cronaca, non mi sono divertito di certo a farti da infermiera. >>
Ah si! Era in attesa dei ringraziamenti. Be' ne avrebbe fatto a meno. Insolente e cafone com'era.
Alzai un sopracciglio assumendo la sua stessa posizione. Strana sfida la nostra. Senza parole sembravano canzonarci a vicenda. Bene, il nostro strambo rapporto stava cominciando proprio al massimo.
<< Vedi di recuperare presto la memoria. Non ti voglio tenere qui in eterno. >>
<< La cosa è reciproca. >>
Maniaco, pervertito, mi venne da aggiungere mentalmente. Ma badai molto bene dal pronunciarlo. A guadar bene il suo aspetto doveva essere uno molto pericoloso. I suoi muscoli la dicevano lunga. Ed io ero solo una stupida ragazzina senza nome ne ceto sociale. Insomma un puntino dell'immensità dell'universo.
<< Perfetto! >>
<< Ottimo! >> Replicai. Ghignò impercettibilmente poi mi diete le spalle. Lo vidi nascondersi la dov'era uscito.
Non potei non soffermarmi sulla magnificenza del suo corpo.
Così possente, così virile, così enigmatico e allo stesso momento irraggiungibile.
Sbuffai esausta. Ora più che mai ero sull'orlo di un declino. Di un drastico declino

CONTINUA...

Eccomi qui anche per il secondo capitolo. Allora la trama ora è ben chiara. Lili non sa più chi è. Si è ritrovata a casa di Jin senza un perchè, questo è dovuto alla botta che Bryan nel primo capitolo le ha dato in testa credendo che fosse morta. Ce la farà una ragazzina capricciosa e testarda come lei a tener testa a Jin?
Scopriremo altre cose in più sul passato di Jin e sul suo presente. Entreranno in scena anche altri personaggi del gioco. Ci sarà davvero da divertirsi.
Seguitemi cari e recensite mi raccomando. Devo sapere cosa ne pensate altrimenti la cancello.
Vi lascio il link del mio account facebook in quanto la mia pagina non è più attiva. Se volete aggiungetemi, per conoscere news e tanto altro sulle mie storie.
Kiss kiss da

                                                                                                                                               
Stella94







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Capitolo 3
*** Knowledge ***


primo cap boh                                                                                                                                                                                                                           






   
                           Changed
 
                                                                                       
 
                                                          3

                                                                                 
 Knowledge 

Le ore seguenti furono un inferno. Ero sempre più spaesata di prima e Jin si stava stancando di dover rispondere alle mie continue domande.
Ero nel panico. Il più completo. Avevo paura di tutto, perfino della mia ombra e temevo che mi potesse succedere qualcosa di brutto da un momento all'altro.
Mi sentivo estremamente fragile. Come se bastasse una parola per sbriciolarmi.
Ogni cosa si ergeva contro di me come una minaccia alla quale non ero pronta. Tutto era così dannatamente diverso.
Non conoscevo nessuno, neanche me stessa. Questo faceva ergere in me la claustrofobica sensazione di essere in un limbo senza uscita. In un buco nero senza luce.
E io adoravo la luce. Almeno credevo.
Perché non sapevo neppure cosa mi piacesse davvero e ciò che odiavo. Avevo solo delle sensazioni e mi lasciavo guidare da esse.
<< Che lavoro fai? >> Domandai a Jin mentre in bagno cercavo di rivestirmi con i miei abiti ormai asciutti.
<< Insegno karate ai ragazzi del quartiere. >>
Sempre spiccio nelle risposte non faceva che aumentare il mio più completo imbarazzo << Quanti anni hai? >>
<< Ragazzina, mi stai davvero scocciando con il tuo continuo curiosare. Vuoi chiudere quel becco?! >>
Uscì dal bagno più in disordine di prima. I bottoni della mia camicia erano praticamente saltati quasi tutti ed indossarla non produceva una cospicua differenza.
Lo vidi fissarmi da capo a piedi, in un'analisi che non seppi decifrare.
<< Scusa. >> Dissi << Cercavo solo di fare conversazione. E poi che hai da guardare? >>
<< Non ti sto guardando, ragazzina. >> Ammise, distogliendo lo sguardo.
Giurai di riscontralo leggermente arrossato e di vedere uno strano luccichio nei suoi occhi neri come la pece.
Lo osservai studiandolo, sperando in qualche sua reazione. Che per una volta, per una sola volta, potesse sbilanciarsi.
<< Ventuno. >> La sua voce flebile ruppe quel silenzio imbarazzante.
Non capendo a pieno alzai un sopracciglio perplessa << Cosa? >>
<< Ho ventuno anni. Mi hai chiesto tu l'età, ragazzina. >>
Sbuffai, raccogliendo la mia pazienza e sparando di essere solo in un incubo. In un bruttissimo incubo.
Mi sedetti con lui al tavolo, appoggiando la testa su di esso e ricominciare a fissarlo nel profondo. Non so il perché ma adoravo farlo. Adoravo abissare nei suoi occhi tanti lucenti, tanto profondi, tanto tristi.
<< Non hai nient'altro da fare che restare qui a fissarmi, ragazzina? >>
<< Senti perché non la finisci con questa storia della ragazzina? >>
<< E come dovrei chiamarti? Non lo sai neppure tu il tuo nome. >>
In effetti non aveva tutti i torti e non potevo pretendere molto da lui. Solo che quel vezzeggiativo di ragazzina mi dava fastidio. Era come se volesse mettere una barriera tra me e lui. Sottolineare il fatto di essere l'uomo di casa e io solo la povera svampita senza memoria che purtroppo doveva ospitare.
Ed io non la vedevo così.
<< Allora troviamo un nome. >> Proposi ammiccando un sorriso.
<< Trovatelo tu il tuo nome. Io devo andare a lavoro. >> Lo vidi raggiungere la sua camera da letto per prepararsi.
Fui lesta e decisa quando afferrai una vecchia rivista scandalistica posta sotto ad uno scaffale.
Sfogliai le prime pagine con riluttanza. Erano piene zeppe di donne nude che facevano bella mostra della loro mercanzia.
Che schifezza, mi venne da pensare. Ma non ci feci molto caso. Ciò che volevo era un nome, una nuova identità.
Per cancellare per sempre l'immagine della ragazzina senza memoria. Anche se, avevo l'impressione, che per Jin lo sarei sempre stata.
Sfogliai l'ultima pagina. C'era una donna giapponese in bichini. Be' un mini bichini e sotto vi era una scritta a caratteri cubitali che recitava: Eri, la bambolina più calda dell'estate.
Che oscenità! Ma poco importava. Avevo trovato un nome. Eri. Mi piaceva molto, era semplice e veloce da pronunciare, così Jin non si sarebbe scocciato.
<< Che stai facendo? >> D'improvviso la rivista mi scivolò dalle mani. Jin la nascose imbarazzato in un cassetto alla rifusa << Non sai che non si fruga nelle cose private delle gente? >>
<< Veramente cercavo solo un nome. >> Mi giustificai << E poi non pensavo che un tipo come te leggesse certe cose. >>
<< Roba vecchia. >> Ammise << E che nome avresti trovato? Sentiamo. >>
<< Eri! >> Sorrisi poggiando le mani ai fianchi orgogliosa. Ma ricevetti in lui una reazione inaspettata e irritante come al solito. Cominciò col ridere indefesso, a squarcia gola, in una maniera senza precedenti.
<< Ma chi? La bambolina più calda dell'estate? >> E riprese a ridere di gusto. << E saresti tu? >>
<< Deficiente! >> Stavo per salargli addosso ed insultarlo con ogni mezzo possibile quando il rumore del capannello interruppe entrambi.
Jin si fece serio e riprese contegno. Raggiunse il portone di casa e lo aprì senza indugi. Sbirciai con la testa per vedere chi fosse, già certa di non conoscerlo.
<< Jin, finalmente. Ti ho chiamato dieci volte ma dove eri finito!? >>
La ragazza misteriosa entrò in casa senza nemmeno chiedere il permesso di farlo. Era molto carina. Giapponese anche lei. Capelli castani che ricadevano ribelli sulle spalle ed un'aria di chi aveva il diritto sempre e comunque dell'ultima parola.
Era talmente presa dal suo essere furiosa che nemmeno fece caso alla mia presenza. Sembrava emanare fumo dalle orecchie.
<< Jin, perché sabato non sei venuto alla nostra cena di famiglia? Sai che mamma ci teneva molto. >>
Vidi Jin alzare gli occhi al cielo contrariato. << Asuka, andiamo non ti ci mettere pure tu. >>
<< Jin, devi smetterla con questa storia di voler essere un orso solitario. La famiglia è importante ed è l'unica cosa che ti rimane. >>
Rimasi perplessa da quelle parole. Nascondevano un mare di possibilità che non sarei mai riuscita tutte a metterle al vaglio. Ogni minuto che passava scoprivo qualcosa di più su quel ragazzo, e cresceva in me la spasmodica sensazione di voler sapere di più.
<< Asuka, per favore. C'è gente. >>
Fu allora che lo sguardo della ragazza si posò su di me << Oh! >> Disse << Scusa non ti avevo vista. >>
<< Chi è la tua nuova ragazza? >>
<< No. >> provvedette ad ammettere subito Jin << Lei è una... conoscente. >>
Conoscente? Per Jin ero solo una conoscente? Non mi andava per nulla giù. Volevo essere qualcosa di più.
<< Ciao. >> Dissi imbarazzata agitando lievemente la mano.
Mi scrutò con attenzione dall'altro in basso. Dal modo in cui procedeva la sua analisi non le stavo facendo di certo un grande effetto. Come biasimarla. Avevo i capelli arruffati dalla fasciatura, i vestiti sporchi e strappati. Dovevo sembrare una mendicante o qualcosa del genere.
<< Non hai lineamenti giapponesi. Da dove provieni? >>
Ingoiai aria a vuoto nel fallito tentativo di rispondere. Fu Jin a parlare per me.
<< In realtà non lo sappiamo. >> Ammise << E' una lunga storia. >>
<< Hai almeno un nome? >>
<< Eri. >> Affermai con meno sicurezza di prima << Chiamatemi Eri. >>
Calò uno silenzio imbarazzante dove tutte le parole sembravo inappropriate. Cominciai con l'intrecciare le dita nervosamente, aspettando che Asuka facesse qualcosa.
Forse era perplessa quando me e scrupolosa. Ma credetti che fosse una tipa piuttosto strana quando con un mega sorriso si avvicinò a me e mi tese la mano.
<< Molto piacere di conoscerti, Eri. Io mi chiamo Asuka Kazama e sono la cugina di quel orso burbero alle mie spalle. >>
<< Piacere mio. >> Affermai con le gote arrossate. Una stretta decisa e forte, di chi non teme nessuno, una stretta che solo una ragazza di carattere può dare. E avevo l'impressione che Asuka lo era.
<< Okay. Se avete finito con le presentazioni io andrei in palestra. >>
Afferrò il braccio di sua cugina portandosela a pochi centimetri di distanza. Voleva non farmi ascoltare nulla delle sue parole, ma percepì ugualmente tutto.
<< Senti, potresti restare qui a farle compagnia? >> Le domandò.
<< Okay, ma dopo riprendiamo il nostro discorso. >>
<< Certo. >> Bisbigliò seccato << Ehi, non perderla di vista. E' un po' ...svampita. >>
Mi aveva davvero dato della svampita? Brutto, antipatico e cafone che non era altro. Più stavo con lui e più la mia irritazione aumentava. Ero di certo una tipa senza memoria ma non una svampita.
Avrei tanto voluto dargli una bella lezione. Se solo non fosse stato alto, forzuto e il doppio di me praticamente...
<< Ciao. >> Salutò con il palmo della mano. Io non risposi neppure e mi voltai di spalle.
Lo sentì aprire la porta ed uscire.
<< Allora che facciamo? >> Domandò Asuka << Mangiamo? >>

CONTINUA...

Terzo capitolo di questa storia giunto al termine. Entra in scena Asuka, cugina molto grintosa di Jin. Nel prossimo invece farà la comparsa un altro personaggio. Sarà molto divertente.
Allora vi sta piangendo? Fatemelo sapere con una recensione. Ci conto!!!!!
Kiss kiss da

                                                                                                                                               
Stella94







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Capitolo 4
*** Private Affair ***


primo cap boh                                                                                                                                                                                                                                   






   
                           Changed
 
                                                                                       
 
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Private Affair

<< E così questa è la tua storia? Davvero interessante. >>
Asuka mi guardava con un cipiglio interrogativo. Ed io sapevo leggere nelle sue perplessità. Le stesse che per giorni erano anche le mie. E non sentivo altro.
Avevo solo un'irrefrenabile voglia di essere qualcuno. Di poter raccontare qualcosa di me, del mio passato.
Prima di allora non avevo mai dato importanza ad esso. Ma sapere di averlo perduto, sapere di non poter raccontare, mi distruggeva, completamente.
<< Già. >> Sospirai stanca del mio stesso io. E volevo annegare, sparire, dormire per poi svegliarmi con me stessa.
Sapendo finalmente ciò che in realtà ero. Ma se poi non mi sarebbe piaciuto?
<< L'unica cosa che ricordo è una specie di disegno. Un tatuaggio credo. E poi qualcosa di rosso, il rosso già. Ed un odore strano, forte. >>
Vidi Asuka aggrottare la fronte. Mi guardava come se provenissi da un altro pianeta. Il pianeta delle ragazzine sperdute a stupide. Ed io mi sentivo proprio così.
Mi fissò più attentamente, passando al vaglio ogni particolare del mio corpo. Mi sentì come sotto l'occhio vigile di un medico, che cerca in te qualcosa di insolito e preoccupante. Forse davvero aveva paura di ciò che ero.
Magari ai suoi occhi ero un'appestata, una colpita dal colera o dalla peste.
Prese un lembo della mia camicia tra le dita e lo strofinò appena. In silenzio la osservai senza ostacolarla. In qualche modo speravo che il suo studio potesse aiutarla ad far nascere in lei un'idea positiva di me.
E magari contagiare anche Jin, del quale sapevo ben poco.
<< Hai degli abiti costosi. >> Constatò a sorpresa << Devi essere di buona famiglia. >>
Notai in lei una sorta di rammarico, come se avesse scoperto qualcosa che proprio non le piaceva.
<< E se non ce l'avessi una famiglia? >> Domandai con una vena di supplica, con la speranza che mi rasserenasse.
<< Non essere sciocca! >> Mi riprese << Mi è venuta un'idea. >> Sorrise.
La sua espressione sembrava mutata all'improvviso. Asuka era una ragazza davvero strana. Passava da uno stato d'animo all'altro in breve tempo. Ma in fondo era simpatica e grintosa.
E piena di sorprese, mi venne da pensare, quando dalla sua tasca estrasse un cellulare.
<< Useremo questo. Per vedere se sul sito delle persone scomparse c'è qualcuno che ti sta cercando. >>
<< Ottima idea! >> Mi illuminai, battendo le mani. Cominciai ad intravedere qualche speranza e il cielo già mi sembrava più azzurro.
Ma le nuvole dovevano ancora arrivare.

<< Mi parleresti un po' di lui? >>
Asuka continuava la sua ricerca, passando al vaglio ogni descrizione di qualunque ragazza scomparsa che potesse assomigliarmi.
<< Di Jin? >> Mi chiese. Gli occhi puntati sullo schermo, uno sguardo attendo e scrupoloso.
<< Si. >> Affermai appena. Il cuore che mi tumultava a pieno. La speranza e la gioia di ritrovare casa si stava affievolendo.
<< Non c'è molto da dire. >> Affermò, senza perdere il suo contatto visivo con cellulare << Jin ha avuto una vita difficile. Suo padre non l'ha mai riconosciuto ed ha vissuto la sua infanzia solo con sua madre Jun sull'isola di Yakushima. >> Indicò col mento la foto sul tavolino che vidi qualche tempo prima. La foto di quella donna che io credevo la sua ragazza, in realtà era sua madre. Ne fui inaspettatamente sollevata, ma al contempo sentì qualcosa smuoversi nelle mie viscere.
La presi fra le mani, esaminandola con attenzione, riscontrando in quella donna gli stessi occhi di Jin. Erano incredibilmente identici.
<< E' li che Jin ha appreso lo stile di combattimento dei Kazama. Jin amava sfidare se stesso e gli altri. Era il suo modo per proteggere chi amava. >>
Interruppe la sua ricerca solo per soffermarsi su i miei occhi. Fece un breve ghigno e riportò gli occhi sullo schermo.
<< E' morta vero? >> Domandai, riferendomi alla madre di Jin.
<< Si. >> Asserì schietta << E' stata stroncata da un male incurabile. Jin aveva solo sei anni. Non si è mai dato pace per questo. Venne a vivere con la mia famiglia qui a Tokyo, ma Jin è un tipo che vuole fare sempre di testa sua. E così a diciotto anni se ne andato via di casa. Ha affittato questo monolocale e insegna karate ai ragazzi del quartiere in una palestra qui vicino. Fine della storia. >>
Uno strano brivido percosse la mia spina dorsale. Avevo colto nel segno. C'era dolore dietro quegli occhi scuri, quell'espressione sempre greve. Una storia di sofferenze e scelte spronate dal coraggio.
Cominciai a vedere Jin sotto un'altra luce. Non quella di uno scorbutico, zotico e spavaldo. Ma quella di un ragazzo, un ragazzo dal passato sconcertante.
<< E perché suo padre non ha mai voluto riconoscerlo? >> Chiesi con trepidazione.
Un sorriso amaro si distese sul suo volto.
<< Perché è un Mishima. Il figlio dell'uomo più potente del Giappone. E un Mishima non può avere figli da una semplice ragazza di quartiere. Capisci quello che intendo? >>
Non risposi. Dischiusi le labbra sbattendo le palpebre. Credevo di essere la ragazza più infelice del mondo, ma a quanto pareva mi ero sbagliata. Ero scossa e costernata. Immobile come una statua di ghiaccio, silenziosa, io che di parole a volte ne dicevo anche troppe.
<< Mi dispiace, Eri. >> Sospirò poi, come per cambiare discorso << Ma qui non c'è un bel niente. E' come se nessuno... >>
<< Mi stesse cercando. >> Conclusi io con un filo di voce. Posai la foto al suo posto, immaginando il volto di mia madre. Forse non l'avrei più rivisto, forse sarei stata per sempre Eri. Quella senza un cognome, senza un passato. E questa consapevolezza mi bruciava dentro più del fuoco.
Asuka mi accarezzò una spalla, scuotendomi come a voler farmi riprendere dal mio stato catatonico.
<< Vedrai, riusciremo a trovare la tua famiglia. Sono sicura che sono tutti ad aspettarti, da qualche parte. >>
Distesi le labbra, facendo un breve assenso. Ma dentro de me si stava per scatenare un uragano.

Il tempo scorreva inesorabile con Asuka. Non c'era mai d'annoiarsi. Mi aveva parlato di molte cose e insieme formavamo un duetto micidiale. Con lei avevo riso, scherzato, mangiato ogni robaccia non salutare che Jin nascondeva nella sua dispensa. Quasi avevo dimenticato della mia strana avventura e del fatto di aver perso la memoria completamente...
La sera era scesa. Il freddo pungeva dispettoso. Nella casa di Jin non c'erano impianti di riscaldamento.
Non riuscivo a smettere di tremare.
Ero sul divano, rannicchiata su me stessa quando sentì qualcosa squillare. Era un cellulare.
Guardai meglio fra i cuscini e lo trovai sotto il mio plaid.
Non era quello di Asuka. Ero sicura di averla vista inserirlo nella sua tasca prima di andare in bagno, dove ancora si trovava.
Doveva essere di Jin.
Lo studiai di sottecchi, osservandolo incerta. Vibrava e continuava a squillare. Sullo schermo era visibile un numero non identificato dalla rubrica.
Pensai che potesse essere qualche chiamata importate. Magari da suo padre, magari di lavoro.
Inconsciamente mi decisi a rispondere.
<< Pronto. >> Affermai timidamente.
<< Jin? >> Domandò la voce dall'altro lato del ricevitore.
<< No. Jin non c'è. Ha lasciato il cellulare a casa. >>
<< E tu chi cazzo sei? >>
Una ragazza davvero sgarbata, mi venne da pensare. << Io sono Eri. Un'amica. >>
<< Un amica? Non mi risulta che ha amiche. Cos'è adesso non gli basto più io per scopare? >>
Ero sconcertata e sinceramente non sapevo cosa dire. Doveva essere la sua ragazza eppure non mi risultava che ne avesse una. Asuka non ha neppure sfiorato l'argomento della vita sentimentale di Jin.
Ma una cosa era sicura: aveva travisato ogni cosa.
<< Cos... >>
<< Senti io non so chi sei e sinceramente non mi interessa. Sei libera di dire a Jin che la nostra storia è finita. E per la cronaca io sono Christie, la sua ragazza. >>
Attaccò senza che avessi il tempo di spiegare. Di dirle che in realtà non mi potevo neppure considerare una sua amica ma una "conoscente" come mi definiva lui.
L'avevo combinata grossa quel giorno. Ma avevo imparato la mia prima lezione: non mettere mai il naso negli affari altrui.


CONTINUA...

Ritornata! Eccomi qui con il quarto capitolo. Entra in scena anche la prorompente Christie, una figura molto importante nella storia. Ma non è finita qui, presto entreranno anche altri personaggi, tutti da scoprire.
Vi ricordo che per qualsiasi cosa mi trovate solo ed esclusivamente qui.
Baci baci mi raccomando recensite e alla prossima!!
Kiss kiss

                                                                                                                                               
Stella94







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Capitolo 5
*** Loner ***


primo cap boh                                                                                                                                                                                                                                             
                                                                         
 Changed
 
                                                                                       
 
                                                            5

                                                                                 
        Loner


<< Chi era al telefono? >>
Asuka era appena uscita dal bagno quando io iniziai a tremare sospettando una brutale reazione da parte di Jin.
Non lo conoscevo parecchio, ma avevo la vaga impressione che non gli sarebbe andato per niente a genio il fatto di aver risposto al suo cellulare.
Maledetta me! Non ero capace a far nulla. Un completo e inutile disastro.
<< Credo di essermi appena messa nei guai. >>
Mi portai una mano alla bocca, come se non volessi più parlare. Come se volessi tapparmela per non entrare in squallidi equivoci, ancora. Ma non potevo di certo tornare indietro nel tempo.
Stupida Eri, stupida! Mi ripetevo. Jin non mi avrebbe mai perdonata, irascibile com'era!?
<< Che hai combinato? >>
<< Era la ragazza di Jin, credo. >>
<< Christie? Quella serpe con tacchi a spillo e tette rifatte? >>
Spalancai la bocca costernata scuotendo la testa << Non lo so, non l'ha specificato. Il guaio è che adesso crede che io e Jin abbiamo una relazione. >>
Asuka si portò le mani tra i capelli corti ribelli, sbuffando sonoramente. Si lasciò cadere di peso sul divano, tanto che fece sussultare anche me, in preda a crisi nervose.
Ma ciò che più in quel momento mi sorprendeva non era il fatto che avessi combinato un pasticcio, ma che mi preoccupassi freneticamente che Jin avesse una ragazza.
E a sentire Asuka era anche una bella ragazza...
Ma il perché fossi così gelosa non lo sapevo neppure io. Conoscevo Jin da poco e di certo la mia preoccupazione non era giustificata. In più io per lui ero solo la conoscente-ospite-rompicoglioni del momento.
Niente di più.
<< Non sapevo che Jin avesse una fidanzata. >> Mormorai.
Vidi Asuka ammiccare un sorrisino << Christie non è la sua fidanzata. E' la ragazza con cui scopa. Ecco tutto. >>
<< Be', dal modo in cui ha reagito sembra tenerci molto a Jin. >>
<< Certo che ci tiene! >> Asserì decisa << Ne è innamorata. Ma mio cugino ha sempre odiato i legami stabili. Lui vuole solo divertirsi. >>
<< E a lei sta bene? >>
Asuka mi rispose stringendosi nelle spalle. Io non seppi per certo interpretare il suo responso. Forse ne sapeva meno di me. Ma il problema Christie era qualcosa che io non potevo ignorare.
E soprattutto dovevo inventarmi qualcosa. Qualunque cosa che potesse giustificare quel atto insensato di cui io ero stata l'artefice. Stupida Eri, stupida.
Cominciai a tremare freneticamente quando scorsi la figura di Jin sulla porta. Aveva appena finito la sua lezione di karate. Era sudato e sembrava  già arrabbiato.
Oppure era la sua solita espressione? Non seppi decifrarla, volevo solo evaporare, scomparire, bruciare, senza lasciare traccia del mio passaggio.
<< Sei già tornato? >> Gli domandai cercando di sfoderare uno dei miei sguardi da cerbiatto impaurito e coccoloso.
Magari e dico magari, avrebbe avuto pietà di me.
<< Certo che sono tornato. >> Sbuffò buttando a terra rudemente la sua borsa, che credo pesasse un quintale a giudicare dal tonfo.
Deglutì ispirando aria di guai.
<< Credo di aver dimenticato il mio cellulare da qualche parte. Per caso ha squillato? >>
Guardai Asuka spalancando la bocca, cercando conforto, forse un qualche specie di aiuto, magari una scusa plausibile.
Ma Asuka non fiatò.
Si limitò a fissarmi preoccupata, ammiccando sguardi assurdi che non seppi decifrare. Capì di esse sola, sola nel panico più totale. Ed io odiavo così tanto la solitudine.
<< Ehm... Io credo che dovrei andare. >>
Mi sta abbandonando, perfetto! Pensai, quando Asuka si avviò di corsa verso la porta. La osservai facendole uno sguardo furioso. Non poteva lasciami al momento del bisogno. Ero sicura che quello sarebbe stato il mio ultimo giorno di vita. Si sarebbe andata senz'altro così...
<< Dove vai così di fretta? >> Le domandò Jin sorpreso.
<< A casa. Mia madre si starà chiedendo che fine abbia fatto. >>
<< Ma non dovevamo parlare noi due? >>
<< Oh, no non preoccuparti. >> Gli mise una mano sulla spalla scuotendolo di poco << E mi raccomando non ti arrabbiare troppo che diventi brutto. >>
Non gli diete nemmeno il tempo di replicare che sparì in un alito di vento. Jin mi fissò esterrefatto, scuotendo la testa.
Io invece, con la goda tra le gambe, lo raggiunsi parandomi di fronte al suo corpo estremamente virile, pari a quello di una statua greca.
Con altrettanta indecisione gli porsi il suo cellulare dopo attimi di riflessione. << Tieni. Era sul divano. >>
<< Oh, grazie. Ha chiamato qualcuno? >>
Calma, respira e inspira. Respira e inspira, continuavo a ripetermi. Era come una storta di filastrocca nella mia testa che non voleva smettere di pulsarmi tanto freneticamente.
Non mi ero mai resa conto di quanto sangue potesse affluire al cervello in così poco tempo. Torturavo le mie dita, intrecciandole nervosamente. Avevo caldo eppure eravamo in pieno inverno.
<< Al dire il vero si. >>
Sarebbe stato da idioti mentire e non sarebbe valso a nulla. Prima o poi quella Christie si sarebbe fatta risentire o di sicuro lui l'avrebbe cercata e la mia posizione sarebbe diventata ancora più precaria di quanto già era.
<< E chi era? >>
Seguì con la sguardo la sua traiettoria che terminò verso il frigo dove prese da bere.
Schiusi la bocca un paio di volte, ingoiando solo aria e bugie. Poi presi coraggio.
<< Credo la tua ragazza. Christie, se non mi sbaglio. >>
<< Christie? >> Smise all'improvviso di tracannare acqua dalla bottiglia, osservandomi in fondo, fino in fondo. Dentro ai miei occhi, dentro la mia anima. Erano così gli sguardi di Jin, ti scavavano dentro...
<< Hai parlato con lei? >> Il modo in cui me lo chiese mi fece capire che stava ribollendo dentro. Questo significava che la pentola a pressione stava per esplodere e non ne sarei uscita viva.
<< Be' si... >>
<< Hai risposto al mio cellulare? >> Si stava avvicinando pericolosamente, troppo pericolosamente. Quando avvertì il suo profumo penetrante nelle mie narici mi resi davvero conto della distanza che ci separava. Pochi centimetri, forse una spanna. Ma con i suoi occhi scuri come la pece che mi fissavano, rendeva il mio compito ancora più arduo.
<< Credevo che fosse una telefonata importante, un'emergenza. >>
<< E che ti ha detto? >>
"Il capotreno avvisa tutti i passeggeri che il treno diretto verso l'inferno ha appena raggiunto la sua destinazione. Buona permanenza nella città degli stupidi peccatori e ingenue ragazze senza memoria".
Ecco tutto ero davvero al capolinea degli sfigati.
Incatenai i miei occhi blu nei suoi. Cercai ancora quello sguardo da cerbiatto impaurito e coccoloso, ma con Jin non faceva un grande effetto.
<< Si è un po' arrabbiata. Crede che io sia la tua ragazza e che tu l'abbia tradita. >>
Altro che cerbiatto. Con Jin potevo fingere di essere un cane, un panda o magari un cucciolo di koala, quando sentì la sua voce capì che niente avrebbe funzionato.
<< Che cosa? >> Aveva già alzato la sua voce di qualche decibel ed avevo l'impressione che sarebbero aumentati ancora.
<< Come ti sei permessa di rispondere al mio cellulare e di mandare a puttane la mia relazione? >>
Infatti: era aumentata.
<< Mi dispiace ok? Ha frainteso tutto ed io... >>
<< Cazzo, Eri! Sei un disastro! Maledetto il giorno in cui ti ho portato in questa casa. >>
Strinse i pugni forte, tanto da far impallidire le nocche. La macabra sensazione che quei pugni volessero infrangersi sul mio viso mi fece allarmare. Mi sentivo così inutile, piccola e insignificante. Nelle mani del gigante che mi avrebbe sbramato senza pietà.
<< Ti prego non fare così. Si sistemerà tutto vedrai. >> Gli misi le mani sulle sue spalle come per tranquillizzarlo.
Ma reagì d'istinto strattonandomi dalla sua presa, rude, furioso.
<< Non mi toccare! >> Si passò una mano tra i capelli cercando contegno. Poi si soffermò ad osservarmi con disprezzo. Fu allora che il mio corpo si sgretolò, in tanti piccoli pezzi.
<< Io non so chi sei e non voglio saperlo. Che ci fai qui? Che ci fai a casa mia? Tu non sei nessuno per me, nessuno! >>
E mentre osservavo il suo viso trafelato dalla rabbia seppi cos'era la più totale disperazione. Ed ebbi paura.
Non avrei voluto causare tanto male. Non avrei mai voluto fargli del male. Ma con la mia stupidità gli avevo causato dolore e rabbia. Una coppia perfetta per perdere le staffe.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime quando effettivamente capì di essere sola al mondo, di non avere nessuno.
Che Jin non si poteva considerare un mio amico e nemmeno un conoscente.
Che quello non era il mio posto e che non lo sarebbe mai stato.
<< Vattene via. >> Mormorò, osservandomi il lacrime guardarlo con commiserazione.
<< No, ti prego. Non mi abbandonare anche tu. >>
<< Ho detto vattene via. Vattene! >> Urlò a pochi centimetri dal mio viso. << Non voglio vederti più. Mai più! >>
Fu allora che la disperazione mi pervase. Non c'era più niente di vivo in me, più niente che pulsava gioia, coraggio, forza.
Ero un cumulo di macerie che a piano a piano cominciava a sgretolarsi.
E crollai, quando in lacrime raggiunsi la porta e scappai di corsa per le scale, ignara della mia destinazione.


Tremavo e non solo per il freddo.
Quando di corsa arrivai all'ultima rampa di scale mi accorsi che stava nevicando. Pallida, pura, neve bianca che a fiocchi rendeva Tokyo magica.
E piansi ancora, perché non sapevo fare di meglio che piangere, che crollare a terra come un peso morto ed aggrapparmi alla ringhiera per non precipitare. Non ancora...
Raccapriccianti pensieri rendevano tutto così dannatamente complicato. Cosa avrei fatto? Dove sarei andata?
Mi sentivo come in un barattatolo di vetro. Se avrei aperto il coperchio sarai stata schiacciata dal peso della realtà e soffocata da un'aria che non sapevo respirare.
Sentivo che il mio ossigeno era in quella casa, con Jin...
Ma mi aveva abbandonato, lasciandomi sola, inerme, nuda sotto la neve che minacciosamente portava gelo e tristezze.
Avevo freddo, tanto freddo.
Decisi che avrei aspettato che smettesse di nevicare prima di andarmene. Molto probabilmente sarei diventata una mendicante, una senza tetto. E forse sarei morta, forse. E nessuno si sarebbe curato di me, di seppellirmi, di portarmi un fiore, di recitare una preghiera, di ricordarmi...
E mentre tra la lacrime formulavo pensieri non tanto confortanti, mi accorsi che era già passato troppo tempo.
Che la notte era scesa. Che le speranze erano svanite.
Poi all'improvviso udii la voce di un angelo. Si in quel momento mi apparì proprio come un angelo.
<< Sei ancora qui? >>
Avvertì qualcosa di caldo sulle mie spalle. Mi accorsi che Jin si era tolto il suo giubotto per darlo a me. Ma non mi stupì più di tanto. Avevo ben chiaro le sue intenzioni nella testa, e le sue parole ferivano ancora.
<< Quando finirà di nevicare me ne andrò. Sta tranquillo. >>
Lo vidi sedersi vicino a me. Tenevo lo sguardo basso, non volevo che osservasse i miei occhi lucidi e rossi come chicchi di melograno.
<< Ti chiedo scusa. Ho esagerato. >> Mormorò << Non avrei dovuto dirti quelle cose. >>
Mi limitai a fissarlo, ben consapevole di avere ancora l'espressione trafelata dalle lacrime. Non sapevo cosa dire, ero confusa. Ma per la priva volta nei suoi occhi scuri come la notte vi lessi sincerità.
<< Mi sono comportato come uno stronzo di bassa lega. Perciò torna su con me. >>
<< Mi dispiace. >> Riuscì a dire tra un singhiozzo e l'altro << Io non volevo causare tutto questo, te lo giuro. >>
<< Lo so. Lo so >>
E poi non seppi controllarmi: lo abbracciai. Forte, troppo forte. Perché il sol pensiero che l'avrei perso inspiegabilmente mi uccideva. Il sol pensiero che sarei stata sola mi annebbiava le membra. Il sol pensiero del suo odio nei miei confronti mi tormentava, torturava il mio cuore.
E quando avvertì la sua stretta, quando le sue mani si posarono sulla mia schiena piansi ancora, ma questa volta di gioia.
Io, tanto fragile e ingenua, con le braccia a circondare il suo collo, mi sentì forte, mi sentì una muraglia.
Nemmeno la neve ora era così fredda.
<< Io ho solo te, Jin. Solo te. Non lasciarmi sola, ti prego. Non abbandonarmi. >>
<< Non sei sola. >> Soffiò sul mio collo. << Vedrai andrà tutto bene. >>
E poi solo la magia del più totale abbandono. Quella volta lo lasciai fare.


CONTINUA...

Non riesco proprio a stare lontana da questa storia. Che ci posso fare mi piace da matti e soprattutto adoro i protagonisti.
Prime incomprensioni ma anche i primi chiarimenti. Tutto sta prendendo una nuova piega ma le sorprese non sono finite.
Molti personaggi stanno per entrare e vi lascio solo un piccolo spoiler: Iron Fist si fa sempre più vicino...
Baci baci mi raccomando recensite e alla prossima!!
Kiss kiss

                                                                                                                                               
Stella94







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Capitolo 6
*** Nightmare ***


primo cap boh       Alla mia migliore amica Charlotte94
          Che sopporta ogni mia pazzia
            Ed apprezza ogni mia storia.
Purtroppo però vuole sapere sempre tutto prima del tempo!
                                                                                                                                                                                                                                         
                                                                         
 Changed
 
                                                                                       
 
                                                            6

                                                                                 
    Nightmare



Tutte le notti lo stesso macabro, raccapricciante incubo.
Era quasi diventato un rituale al quale non sapevo sfuggire. Sotto le mie palpebre serrate, cominciavano a delinearsi sprazzi di immagini sconnesse.
Volti che non sapevo decifrare. Parole frammentarie, quasi codificate. Implorazioni, urla, paure...
E quell'odore che nel sogno sembrava esalare nell'aria la sua acre consistenza. Un olezzo forte, disgustoso, impetuoso, omicida.
Assassino, come quel volto che ogni notte si formulava nelle mie membra. Riuscivo a sentire il peso del suo corpo, la morsa che in me gettava panico e terrore, la sensazione claustrofobica di essere nel mirino della morte.
E quella notte lo rividi. I suoi occhi gelidi come ghiaccio, i suoi capelli grigi come lame di un coltello affilato, e la sua espressione... quella di chi non ha pietà, quella di chi non conosce pietà.
Era l'uomo nero dei miei incubi.
Veniva a farmi visita regolarmente, ricordandomi quasi di essere un ospite nel mio stesso sogno. Un ospite ingrandito e una pietanza da gustare lentamente.
A lui non sapevo mai sfuggire. Mi trascinava nel suo limbo di perdizione e morte. Mi trasportava nell'ignoto, sussurrandomi una sorda minaccia al quale mi ritraevo a fatica.
Ed ogni volta vedevo qualcosa di nuovo. Una cicatrice, il colore della sua pelle, una fascia rossa sul braccio sinistro, un andatura lenta ma percettibile anche ad un sordo.
Mi beffeggiava, mi tramortiva semplicemente con la sua mole, mi tormentava e rideva. Rideva a crepa pelle, ma non per compiacersi. Era un ghigno di puro sadismo, di pura perversione. Era il sorriso del diavolo.
Lui era il diavolo. Nelle mia testa è così che immaginavo il suo volto.
Anche se mi appariva offuscato, quasi come una macchia. Una macchia d'olio che si espandeva giorno per giorno.
Olio caldo e viscido che scorreva sul il mio corpo. Mi toccava senza riservo. Sulle gambe, sul addome, sul seno.
Sentivo la sua lingua percorrere la mia pelle. Quasi come un'anguilla si faceva largo viscida e vischiosa.
Arrivava al mio collo e li mi stringeva, mi soffocava, mi faceva mancare il respiro. I polmoni a corto d'aria erano un insolito macigno sul petto. Cominciavo a sudare e urlavo in silenzio.
Ero sola, sempre sola. Nessuno sentiva le mie urla, nessuno aveva orecchi. E lui rideva sempre, sempre.
Rideva e mi stringeva. Osservandomi con le sue iridi prive di espressione, quasi come se non avesse un'anima.
E tra le sue grida quella notte mi svegliai urlando.
Sbarrai gli occhi cercando di prendere aria e colmare i miei polmoni in subbuglio. Mi rilassai appena quando mi accorsi di essere stata vittima di un plagio di Morfeo. Ma la macabra sensazione che quell'uomo fosse reale, rendeva il mio sogno solo una lontana e quasi irrealizzabile prerogativa.
Mi toccai i capelli al di sopra della ferita quasi rimarginata. Erano giorni che non portavo più quella squallida fasciatura, e quasi mi sembrava come se in realtà mancasse qualcosa.
Riscoprii i miei fili di grano umidi. Come lo era il mio volto e gran parte del mio corpo. Cercai di rilassarmi, raccontando a me stessa di essere al sicuro. Ma non mi sentivo al sicuro.
Almeno non li, non sul divano di Jin.
Mi alzai con fatica, barcollando come un claudicante. Alla cieca cercai il frigo e presi da bere. Ma dietro alle mie spalle una gelida presenza mi intorpidiva i sensi. Vidi un'ombra, mi girai di scatto. Era ancora una fantomatica presenza.
Scrutai il circondario, attentamente. Silenzio, solo silenzio. Le pareti tacevano eppure io lo sentivo ancora ridere.
Con mia estrema disgrazia mi accorsi che tutta la casa era piena di ombre. Ombre che si muovevano, ombre che mi deridevano, mi afferravano, mi schiacciavano sotto il loro peso.
Con la paura nel cuore e nelle mente, lasciai il bicchiere ricolmo d'acqua e corsi frastornata verso la stanza di Jin.
Il petto era solo un palloncino che non voleva mai gonfiarsi, le gambe burro fuso, caldo e lattiginoso. Inappropriato per reggere il mio peso.
Nel buio notai il corpo di Jin. Dormiva beatamente, tra le distese immacolate di chissà quali miraggi. Il suo corpo che si muoveva lento a ritmo del suo respiro, mi tranquillizzò l'animo.
Per un attimo pensai di essere in procinto di qualcosa di davvero stupido. Non potevo  con lui, non potevo neppure avvicinarmi a lui.
Mi avrebbe afferrata? Soffocata? Derisa come l'uomo dei miei sogni?
Ebbi un fremito quando lo vedetti smuoversi. Sulla soglia della porta avvertì ancora quell'insolita presenza strisciarmi dentro come un fantasma. Come se potesse prendere possesso del mio corpo. Giocarci per poi gettarlo, lontano.
La dove Jin non sarebbe arrivato.
Un brivido mi colse alla sprovvista. Senza rendermene conto le mie gambe si mossero da sole raggiungendo il letto.
Sfiorai il bordo con le ginocchia. Percepii la morbidezza del cotone bianco, il calore del suo corpo.
Mi accorsi solo allora che volevo quel calore. Ne avevo bisogno. Che quell'angoscia non sarebbe svanita, che il mio malore si sarebbe pacato solo tra le sue braccia.
Ed il cuore tumultò più forte. Come un tamburo nelle mie orecchie sembrava beffeggiarsi delle mie stesse elucubrazioni.
Ricordandomi quanto fosse labile il confine tra ragione e sentimenti, tra l'amore e l'odio, tra la paura e la pace.
Con estremo stupore lo sentii mugugnare qualcosa. Aprì gli occhi neri lentamente per poi sbarrarli quando si accorse della mia insolita presenza.
Alla vista delle sue iridi di buio crollò alla svelta il mio autocontrollo. Come se avesse improvvisamente svelato qualcosa di me che volevo tenere nascosto. Come se una parte di me ora gli appartenesse per sempre.
Cominciai a singhiozzare, perché nelle ombre quell'immagine del male non voleva lasciarmi libera.
Nell'incertezza accese la luce dell'abatjour posta sul comodino, dando un volto alle mie lacrime ed un'angosciosa realtà lo pervase.
Nella luce soffusa nel suo sguardo vi lessi preoccupazione e disagio. Agii d'istinto.
Mi buttai tra le sue braccia che non mi attendevano. Mi sedetti su di lui a cavalcioni, mentre lo stringevo con tutte le mie forze, con tutte quelle che ancora avevo.
<< Ma che è successo? >>
I miei singhiozzi furono l'unica risposta. Troppo agitata per parlare, troppo emozionata per rispondere.
Nascosi il viso la dove il collo e la spalla si incontravano. Fu allora che diedi un'immagine al suo profumo.
Forte e deciso, come quello impercettibile delle distese innevate. Dolce e caldo come quello di un tulipano rosso.
Denso e trasparente come miele. Inafferrabile come il vento.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
Il mio Jin, quello che solo io potevo percepire, quello che solo io potevo aver afferrato.
<< Vuole farmi del male. Lui vuole farmi del male. >>
Piansi disperata, oltre me stressa. Confusa, agiata, persa ancora nei miei incubi che credevo tanto reali.
Mi strinse forte, mettendo le mani dietro la mia schiena. Possessivo.
Allora allacciai con maggiore intensità le braccia al suo collo, certa che avrebbe ricambiato. Che mi avrebbe protetta.
<< Chi vuole farti del male? >>
<< L'uomo con la cicatrice. L'uomo con la cicatrice. >> Lo ripetetti due volte nel momento in cui mi accorsi che non conoscevo il suo nome. Non sapevo chi fosse, ma era reale.
Per me lo era, io lo sentivo.
Ed ebbi la bislacca sensazione che fosse reale anche per Jin, nel momento in cui mi passò un mano dalla schiena ai miei capelli. Sfiorò la mia ferita ma senza oltraggiarla. Li accarezzò piano, amorevole, per trasportami nei suoi sogni, la dove quell'uomo non poteva raggiungermi.
Quando ripresi a respirare mi accorsi che non stavo più piangendo.
<< Non c'è nessun uomo qui. E' stato solo un incubo. >>
Scossi la testa guardandolo negli occhi, dove io non potevo mentire, non sapevo sfuggire.
Mi apparvero nuovi. Quasi come se quello che mi trovavo di fronte fosse un nuovo Jin. Quello che non avevo mai visto.
Mi osservò in profondo, scavando nelle mie iridi color mare. Imbarazzandomi, facendomi desiderare di essere lontana.
Ero una stupida.
<< No, Jin. Lui viene sempre. Lui vuole farmi del male. Mi tocca, mi tocca dovunque. >>
E proprio li, nel mezzo delle sue pupille intravidi una scintilla. Come se all'improvviso avesse compreso, come se mi stesse capendo.
Anche per lui era diventato reale.
Aggrottò la fronte, prestandosi al silenzio. Non seppi reggere il suo sguardo, mi nascosi di nuovo tra il suo collo.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
Ancora il suo profumo, come gocce di un elisir d'oro e d'argento. Alcolico come vino, inebriante...
<< Io non voglio che lui mi tocchi. Ma non mi ascolta. Mi fa del male. >>
Solo carezze. Paterno.
Fra i miei capelli le sue dita sembravano denti di una spazzola d'acciaio. Emanavano un carezzevole torpore, come quello di una fiammella di una candela.
Davano luce. E nel buio per la prima volta seppi vedere. E riconobbi il mio stesso volto. Il volto di chi non ha un passato e teme allo stesso tempo di scoprirlo.
E vidi ancora quell'uomo. Ora più lontano, ma onnipotente  e minaccioso nella sua piccola figura.
<< E' solo un incubo, Eri. Basta piangere. >>
Ma sapevo che da qualche parte mi stava aspettando. Sapevo che aspettava potermi afferrare nelle tenebre e imprigionarmi tra l'oscurità di un incubo.
Guardai Jin nei suoi occhi, ora puntinati di stelle. Cercai di respirare, di convincermi che tra le sue braccia niente avrebbe potuto ferirmi. Lo sapevo e volevo che anche lui lo sapesse.
<< Mi dispiace averti svegliato. >> Mugugnai asciugandomi il viso umido di stille salate << Sono una stupida e anche infantile. Sono un disastro. >>
Abbassai lo sguardo puntandolo sulle lenzuola. Le braccia scesero lungo i fianchi, l'abbraccio si sciolse.
Mi annebbiò l'orrenda sensazione di abbandono.
<< Non preoccuparti. Ormai credo di essermi abituato ai tuoi sbalzi isterici di umore. >> Alitò con noncuranza << Ora però torna a dormire. >>
C'era qualcosa che ancora mi teneva ancorata sulle sue gambe. Mi accorsi con stupore che non volevo andare via.
Che non volevo tornare a dormire.
Che quel momento si fermasse per sempre. Che fosse così. Semplicemente io e Jin. Io e lui.
Lui. Neve, tulipano, miele, vento.
Il mio respiro era il suo profumo. Il mio narcotico era il suo profumo. Il mio più bel sogno era il suo profumo.
E non potevo stare senza il suo profumo. Senza i suoi occhi che mi guardavano, senza il suo corpo che mi stringeva.
Sapevo che quell'uomo sarebbe tornato.
Ebbi il coraggio di perdermi ancora nei suoi occhi e credo che nello stesso istante lui si perse nei miei.
La mia mano fini candita e leggera sul suo collo. Lentamente, quasi da renderla una carezza.
Lo riscoprì disarmato e incerto. Mi lasciò fare, curioso ed impacciato.
Mi avvicinai al suo viso. Il suo respiro sulle mie labbra che solleticava la mia essenza proibita.
Ma per quanto in quel momento desiderassi sfiorarle, deviai la mia destinazione appoggiando la mia testa sulla sua spalla.
Ancora.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
<< Posso restare qui con te? >> Sussurrai sfiorando il suo lobo con le labbra.
Lo sentì fremere interdetto. Fui infastidita quando mi accorsi che da quella posizione non potevo osservare il suo viso.
Lo immaginai imbarazzato.
<< Non credo che sia una buona idea. >>
Affermò lui, lasciandomi l'amaro in bocca di una risposta non certa. Come una lama a doppio taglio.
Scollegato dalla realtà, immerso nelle sue elucubrazioni, mi scostò brusco, mettendomi a sedere sul letto.
Ma non volevo arrendermi. Perché li, sul qual divano, l'uomo dei miei incubi sarebbe ritornato.
<< Ti prego. Ho così tanta paura. Non riuscirei a chiudere occhio. >>
Deglutì, fissandomi da capo a piedi. Solo allora mi accorsi del mio reale stato. Avevo indosso solo una vecchia t-shirt di Jin che mi arrivava a stento al linguine. Capelli ridotti ad un mucchio incolto di fili di grano, occhi gonfi e rossi.
Non dovevo essere un bello spettacolo. Mi sentì nuda sotto il suo sguardo indagatorio.
Ebbi vergogna di me stessa. Afferrai un lembo della maglia tirandolo, cercando di renderlo più lungo possibile.
Ma non ci fu una grande differenza. Improvvisamente mi sembrò tutto sbagliato.
L'ombra di Christie si fece spazio nelle mie membra. Il volto di Jin mentre mi ingiuriava, la sua espressione di pura rabbia.
Ma ormai non potevo tornare indietro. L'avevo già detto e anche pregato. Valeva la pena allora andare fino in fondo.
<< Non ti darò fastidio. Promesso. >>
<< Fa come ti pare. >> Si arrese. << Basta che non ti appiccichi. >>
Ghignai soddisfatta. Avrei tanto voluto conoscere quali fossero i suoi reali pensieri.
Spese la luce dell'abatjour, rimettendosi supino sotto le coperte. Io feci lo stesso, inebriandomi della sensazione di essere con Jin. Nel letto di Jin.
Era comodo il suo letto. Morbido e caldo come bambagia. Appoggiai la testa al cuscino e mi persi a fissare il suo volto trasognato. A palpebre chiuse sembrava un angelo. Dolce come marzapane. Aveva perso quella sua espressione da eterno duro e scontroso. Sembra un normale ragazzo. Un ragazzo e basta.
Mi accorsi che volevo toccarlo, sfiorarlo, accarezzarlo. Volevo renderlo mio.
E sentire ancora il suo profumo. Perdermi nelle sue braccia. Dove nessun incubo mi avrebbe mai raggiunto.
Non seppi arrestarmi. Mi avvicinai, fino ad incassare la mia testa sul suo petto nudo e stringerlo con le mia braccia, sicuro che stesse dormendo.
Subito una sensazione di pace e armonia mi invase funesta. Un calore inebriante infiammò le mie gote.
<< Avevo detto di non appiccicarti. >>
Mi allarmai e sorrisi allo stesso momento quando mi accorsi che era ancora sveglio. Ma tutti sanno quando può essere sfacciatamente insistente Lili Rochefort.
E anche se in qual momento ero Eri, niente avrebbe scalfito il mio vero Io.
Gli accarezzai delicatamente una guancia sorridendo ancora. << Sogni d'oro, Jin. >>
<< Anche a te. >> Rispose solamente. Poi l'inaspettato. Una sua mano giunse sul mio fianco. Lo strinse. Ancora. Possessivo. Amorevole. Paterno.
Fu allora che capì che quello era il mio posto. Tra le sue braccia, con il suo respiro caldo sulla pelle. Respirando il suo profumo.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
Un'inaspettata gioia mi pervase. Nessun incubo mi avrebbe più afferrato. Fin quando Jin mi avrebbe tenuta stretta io sarei stata al sicuro...



Il trillo del campanello fu come una sveglia. Quella mattina aprì gli occhi in modo diverso. Decisamente...
I raggi del sole che penetravano dal balcone, mi riscaldavano il volto, pizzicandolo.
Dietro alla mia schiena avvertivo ancora il calore di Jin. Il suo amato profumo.
Un suo possente braccio mi cingeva i fianchi. Lo tenevo stretto a me con una mano e piano l'accarezzai.
Quella mattina mi risvegliai in modo diverso, perché quella mattina ero felice.
E risi. Illuminando il mio volto di una luce che credevo perduta.
Il campanello suonò ancora e fece destare Jin dai suoi sogni. Mugugnò qualcosa che non compresi a pieno.
<< Eri, vai ad aprire tu. >> Mi ordinò poi. La voce ancora impastata dal suo torpore.
Non avevo gran voglia di alzarmi ma dovetti farlo. Con rancore abbandonai quel giaciglio caldo ed accogliente, avviandomi verso la porta. Ero ancora felice.
Inciampai sul qualcosa ma riuscì ad evitare una rovinosa caduta. Giunsi alla porta con trepidazione. Credevo che fosse Asuka e non vedevo l'ora di raccontarle ciò che era accaduto.
Ma il mio sorriso divenne un ghigno perplesso quando di fronte a me si palesò la figura di una bellissima ragazza.
Capelli castani lucidi e morbidi raccolti in una lunga coda di cavallo. Occhi da cerbiatto ma penetranti come quelli di un gatto. Pelle ambrata ed un fisico scolpito da ore e ore di palestra.
Schiusi la bocca nel momento in cui il mio ingegno mi suggerì una direttiva. Ma non volli ascoltare, non volevo sapere.
Mi scrutava con un'espressione impenetrabile. Sembrava una statua. Una Venere certa del suo fascino.
<< Tu devi essere Eri? >>
Feci un breve assenso con la testa. Quella strana sensazione di vergogna questa volta fu più funesta. Ripresi ancora tra le mani i lembi della maglia che indossavo, cercando inutilmente di allungarla.
Avevo freddo.
<< Io sono Christie. La fidanzata di Jin. >>
E in un attimo non fui più felice.


CONTINUA...

Be' che dire? Un capitolo molto inteso e romantico sotto un certo punto di vista.
Peccato che la guastafeste Christie è arrivata al momento poco opportuno. Cosa succederà adesso? Prevedo una guerra fredda senza esclusioni di colpi.
Mi raccomandi recensite ci conto!!
Kiss kiss

                                                                                                                                               
Stella94







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Capitolo 7
*** Shattered ***


primo cap boh                                                                                                                                                                                                                                                 
                                                                         
 Changed
 
                                                                                       
 
                                                            7

                                                                                 
     Shattered  

Sapevo poco di Christie, ma su una cosa fui pienamente sicura. Era bellissima.
Non mi sarei mai aspettata di trovare di fronte a me un ragazza come lei. Dei lunghi capelli castani raccolti in una coda, occhi grandi da cerbiatto scaltro e seducente ed un fisico quasi perfetto colorato d'ambra.
Mi sentì improvvisamente inadeguata. E stupida, tanto stupida. Piccola come un seme, gracile come una foglia, vulnerabile come una formica. E nello stesso istante in cui riscontrai gli occhi della mia nemica, capì che mi avrebbe scacciato alla prima occasione. Capì che per lei ero un ostacolo da distruggere non superare.
Capì che contro di lei potevo ben poco.
<< Ecco vedi, l'altra volta hai... >> Cercai di giustificarmi alludendo alla telefonata scambiata qualche giorno prima.
Ma fu lei stessa ad interrompermi.
<< Non preoccuparti. Jin mi ha spiegato tutto, so chi sei e so perché sei qui. >>
Parole che risuonarono con una vena di minaccia, con una nota di sarcasmo.
Non si scusò oltremodo per il suo comportamento irriverente ne pretese altre spiegazioni. Si fece largo in casa, come se da sempre le fosse appartenuta.
Posò la borsa sul divano prendendosi da bere. Quella familiarità che aveva non mi piaceva per niente. In un istante mi sentì solo un ospite indigeribile ed una rompiscatole da sopportare.
<< Dov'è il mio fidanzato? >> Domandò, facendo molta attenzione a scandire l'ultima parola. Come a voler rimarcare il suo territorio violato e mettere delle irrimediabili distanze tra me e lei.
Per farmi sentire ancora più indesiderata, ancora più stupida.
<< Credo che stia dormendo. Se vuoi vado a svegliarlo. >>
<< No, ci penso io. >> Ancheggiò come una donna risoluta e sicura del suo fascino. Mi raggiunse in brevi secondi, per sfidarmi ancora col suo sguardo glaciale. In quel attimo i miei brividi aumentarono. Fu come se cercasse di uccidermi anche solo con gli occhi. E mi trafisse l'anima con poche semplici parole.
<< Conosco la strada. >> Ancora una volta per sottolineare che ogni cosa che vedevo, toccavo, calpestavo, era sua.
Che lo era da tempo e lo sarebbe sempre stata. Che io sarei andata via, magari mi avrebbe cacciato lei stessa.
Che tutta la mia sorte era nelle sue mani e che bastava una sola parola affinché io mi sgretolassi.
Mi lasciò il suo bicchiere tra le mani e la vidi scomparire nella stanza di Jin. Un nodo allo stomaco mi annebbiò la vista.
Quella era la mia stanza, mi impuntai. La stanza in cui io stavo dormendo poco fa. La stanza in cui io ho trascorso la notte più bella che ricordassi.
Era la mia non la sua. Ogni cosa era il mio e non suo. Jin aveva dormito con me, era venuto a cercare me sotto la neve non lei. Non lei. Io. Non lei. Io.
Avrei quasi voluto fare in frantumi il bicchiere che mi aveva appioppato tra le mani. Ma mi limitai a gettarlo con riluttanza nel lavandino, mentre la mia ira continuava ad aumentare.
La sentì bisbigliare qualcosa, avvertendo anche i mugugni di Jin.
Ero gelosa, cavoli! Ero terribilmente gelosa! Mi stava uccidendo quella sensazione di possesso violato.
Sapevo che lei era la sua ragazza, ma caspita Jin stava dormendo con me fino a pochi minuti fa!
Mi aveva tenuto tra le braccia, mi aveva stretta forte, mi aveva riscaldato con il suo respiro. Il suo profumo.
Neve, tulipano, miele, vento. Jin.
Ero completamente fuori controllo e non sapevo come uscirne. Mi sentivo arrabbiata e delusa. Gli occhi bruciavano, le testa pulsava ed non riuscivo a formulare un pensiero coerente che non fosse:
Christie e Jin sono nella stessa stanza. Jin è con lei. Lei è con lui. Sul letto. Nel nostro letto!
Ebbi una scossa e mi avvicinai alla stanza. Volevo ascoltare cosa si stessero dicendo. Camminai in punta di piedi come un topolino. Trattenni il respiro, fui lesta e abile come una ladra.
<< E così quella è Eri? >> Domandò lei.
<< Già. >> Si limitò a rispondere Jin. Per fortuna lui era in piedi e si stava rivestendo. Feci attenzione a non farmi vedere e mi nascosi di più attizzando le orecchie.
<< Non mi avevi detto che ha dei occhi azzurri come il mare e dei fili d'oro per capelli. >>
Lo sentì quasi sbuffare. << Che stai insinuando? >>
<< E' molto carina. >> Chiarì Christie, quasi vomitando quella risposta scomoda e dolente da accettare.
<< E' una ragazzina. >>
Questo era innegabile ma sentirlo da lui mi scatenò un moto di delusione. Ero solo una ragazzina per lui. Punto.
Una ragazzina, una ragazzina, una ragazzina. E non potevo nemmeno smentirlo perché non ricordavo neppure quanti anni avessi sul serio. Ero una ragazzina e lui era Jin Kazama, figlio illegittimo di Kazuya Mishima. Non c'era altro da aggiungere.
Naturalmente lo stesso non valeva per Christie. Lei aveva sempre qualcosa da aggiungere.
Sentì un rumore, molto probabilmente si era alzata dal letto << Ma è una ragazzina molto attraente. >>
<< Non hai nessun motivo per essere gelosa. Mi pare avessimo già chiarito la questione. >>
<< Non sono gelosa. Ma tu sei troppo buono ed ingenuo. >> Ammise.
Poi solo il suono di due lingue che si stavano impastando tra di loro. Lo schiocco delle labbra, mugugni mal trattenuti: si stavano baciando.
Irrimediabilmente sconvolta mi chiusi in bagno. Mi lasciai cadere sulle fredde mattonelle bianche che lo rivestivano. Mi sentì spaccata in due parti come fossi stata di cera. Volevo sciogliermi e andare via. Volevo scomparire e non lasciare più traccia del mio passaggio.
Quella non era casa mia. E non fu Christie questa volta ad intimarmelo, ma solo il mio stupido ingegno.


Quel pomeriggio rimasi da sola a casa. Sdraiata sul divano ad ascoltare musiche deprimenti alla radio. Più passava il tempo e più mi rendevo conto di essere alle soglie di un burrone. La cosa che più mi spaventava era la mia frenetica voglia di gettarmi da quel dirupo. Forse nelle tenebre avrei trovato ristoro, forse.
Christie, dopo avermi provocato con frasi del tipo: ma da dove vieni? Quanti anni hai? Ma come è possibile che non ricordi nulla?" Aveva trascinato Jin in una giornatina romantica con il mio orsacchiotto peloso. O almeno è così che lo chiamava. Io proprio non la sopportavo e questo non si riduceva al fatto che fosse la ragazza di Jin.
Insomma non faceva altro che pizzicarmi con la sua lingua. Dove voleva arrivare con le sue domande?
Sapeva benissimo che non potevo rispondere eppure continuava con il suo monologare fastidioso.
La parte più bella fu quando mi paragonò a suo nonno. Mi disse che aveva più di ottant'anni ma che ricordava perfettamente ogni data di nascita, mese ed anno di qualsiasi persona che conoscesse. Che sapeva parlare alle perfezione tre lingue e sapeva recitare a memoria l'intera sceneggiatura di non so quale film locale.
Insomma, mi aveva paragonano a qualche idiota con qualche strana forma di amnesia permanete.
Ed io mi ero limitata a spalancare la bocca grugnendo silenziosamente. Patetica.
Guardai ancora l'orologio. Come al solito Asuka era in ritardo. Mi aveva promesso una giornata di shopping frenetico (be' si fa per dire visto che non aveva un centesimo in tasca) per le vie di Shibuya.
Mi aveva anche detto che mi avrebbe dato qualcosa di suo, così finalmente avrei potuto cambiarmi ed indossare qualcosa di pulito.
Ad essere sincera non avevo molta voglia di uscire, ma non avevo molta scelta. Mi aveva minacciato e le minacce di Asuka in un certo senso mi spaventavano.
Quando suonò il campanello mi precipitai ad aprire la porta. Come prestabilito  mi ritrovai la faccia sorridente di Asuka.
<< Scusa, tesoro. Sono in ritardo ma ero passata a prendere una mia amica. >>
Dalle sue spalle piombò fuori una ragazzina con dei codini corvini, anche lei giapponese. La guardai sgranando gli occhi per il sui abbigliamento così indubbiamente rosa. Sembrava uscita da una pubblicità di caramelle per bambini ed il modo in cui agitava la mano per salutarmi fu una sorta di conferma.
<< Ciao, ciao. Io sono Ling Xiaoyu. E' davvero un piacere conoscerti, Eri. Asuka mi ha parlato molto di te. >>
<< E' un piacere mio. >> Ammisi costernata ed ancora perduta nella mia profonda analisi di quella stramba ragazza.
<< Dai su adesso andiamo! Lo shopping ci aspetta! >>
Esclamò soddisfatta Asuka. Sempre così energica, mi domandavo come facesse ad avere sempre il sorriso sulle labbra.
<< Ma se non hai un soldo in tasca. >> La derisi io.
<< Ma provare non costa nulla. I camerini sono gratis. E adesso muoviti saputella. >>
Mentre scendevamo le scale non potei non notare lo strano modo che aveva Xiaoyu di avanzare. Saltava i gradini a due due, cominciai a domandarmi quanta età mentale avesse sul serio.
Asuka parve comprendermi. Infatti mi prese sottobraccio e sussurrò nel mio orecchio.
<< Se la vedi fare qualcosa di strano e dire frasi senza senso non farci caso. E' una tipa un po' originale. >>
Sorrisi tra me e me. Il pomeriggio prometteva bene.


<< Allora, cosa ti ha detto la serpe? >>
<< Be' al dire il vero non un gran che. >> Camminavamo già da un po' nel bel mezzo di uno dei luoghi più glemur di Tokyo. Ero ritornata quasi serena e rilassata, ma appena Asuka toccò l'argomento Christie la mia ira parve riaccendersi.
<< Non faceva altro che pormi domande alla quale non potevo rispondere e Jin sembrava completamente sbavarle dietro ad ogni suo colpo d'anca. >>
Asuka buttò gli occhi al cielo. << Mio cugino è un vero idiota. E Christie è una vera stronza. >>
<< Una stronza patentata. >> Aggiunse Xiaoyu. Be' ameno qualcosa di sensato l'aveva detto.
<< La odi anche tu? >> Domandai.
<< Oh, lei la odia più di noi due messe insieme. Ha una cotta per mio cugino da quanto aveva undici anni. >>
La vidi abbassare lo sguardo verso il marciapiede. Mi sentivo nei suoi stessi panni. Conoscevo Jin da così poco e già mi agitavo come una pazza isterica al primo attacco di gelosia.
Mentre Xiaoyu ne aveva dovute passare di peggio e sorbirsi le ingiurie di quella serpe malefica di Christie per anni.
Io in fondo non avevo alcun diritto di essere gelosa.
Ma c'era ancora una cosa che mi chiedevo. Io e Xiaoyu, odiavamo Christie per l'infatuazione che ci legava a Jin. Ma Asuka?
<< E tu perché la odi tanto? Non mi dire che anche tu hai una cotta per tuo cugino. >>
<< Non essere sciocca! >> Mi riprese. Il suo sguardo era puntato verso l'orizzonte. Gli occhi quasi persi nelle sue stesse riflessioni. La sensazione di aver toccato un tasto dolente mi fece rallentare il cammino.
<< C'era un ragazzo, ok? Un amico di Jin. Mi piace, cioè mi piaceva. >> Si corresse << Lei ha pensato bene di scoparselo, durante la mia festa di compleanno, qualche tempo fa. Per poi passare nelle lenzuola di mio cugino lo stesso giorno. >>
Non ci potevo credere a quello che avevo sentito. Mi sentivo piegata tra due contraddistinte sensazioni. La felicità che "orsacchiotto peloso" era solo un bluff e l'amarezza per aver toccato qualcosa che ad Asuka non faceva molto piacere discuterne. Rimasi impassibile, tra l'incertezza e la fervidazione.
Spalancai la bocca costernata e stupita. Cominciai a pensare che Christie era molto di più di una serpe.
<< E Jin lo sa? >>
<< No, nessuno la sa. A parte voi. Non volevo ferire Jin. Lui ha già sofferto così tanto. >>
Solo allora compresi il grande affetto e stima che legava Jin ed Asuka. Nei suoi panni non saperi se avrei fatto lo stesso. Ma Asuka era fatta così. Altruista, gentile, simpatica. Era una persona perfetta ed un'amica al quale mi affezionavo ogni giorno di più. Era come se la conoscessi da tempo, come se fossimo legate da qualche vincolo.
Per me, ormai, era diventata indispensabile.
<< Adesso basta con i discorsi malinconici. Entriamo in questo negozio. >> Disse, cambiato immediatamente espressione. In un attimo finimmo nel regno dei balocchi.
Non seppi spiegarmelo, ma tra tutti quei abiti, scarpe e borse seppi ritrovare il mio paradiso  scacciare via i fantasmi delle mie stesse emozioni.



Quando uscì dal quel negozio sembravo un'altra persona. Xiaoyu ed Asuka insistettero molto a comprarmi un completino davvero fantastico. Comprendeva una gonnelina a pieghe, una camicia con un maglioncino e un giubetto bianco che si intonava ai miei occhi.
Naturalmente anche con un paio di stivali nuovi. Avevo dimentico l'odore di abiti puliti ed appena comprati.
Ero felice. Avevo trovato due amiche davvero straordinarie, nonostante Xiaoyu fosse un po' matta.
Ma era davvero simpatica e gentile.
Non vedevo l'ora di incontrare Jin. Volevo che lui mi osservasse in questa nuova tenuta. E magari distruggesse finalmente l'immagine della ragazzina di cui ai suoi occhi mi facevo promotrice.
Entrai in casa di soppiatto e mi mossi lentamente. Fui lesta e scaltra.
Con mia estrema disgrazia mi accorsi che ero sola in casa e che Jin non era ancora tornato. Così decisi di darmi una controllatina allo specchio.
L'unico abbastanza grande da riflettere la mia immagine era proprio nella stanza di Jin.
Così mi avviai sicura di trovarla vuota.
Ma così non fu.
Due corpi. Due corpi che sotto le coperte si muovevano e danzavano. Sembravano affaticati, stanchi, debilitati.
Riconobbi le spalle di Jin. La loro ampia grandezza e possentezza. Riconobbi il rumore del suo sospiro, l'irruenza del suo tocco. E riconobbi lei, sotto di lui.
Christie. Le sue mani che gli accarezzavano il viso, lo stringevano forte. Gli sussurrava il suo appagamento...
Stavano facendo l'amore. Sotto ai miei occhi, dentro quel letto che per una notte era stato anche mio.
In quelle stesse lenzuola che erano ancora imperlate del mio profumo, avevano ancora le pieghe del mio corpo.
Non saprei descrivere quell'emozione che mi travolse. Rabbia, frustrazione, dolore, sdegno.
Non ero più io. Non ero più la stessa. Il cuore tumultò come un cavallo impazzito, gli occhi divennero irrimediabilmente lucidi e piansi lacrime amare e ispide come cristalli.
Ebbi la certezza di sprofondare sotto terra, nelle viscere del suolo.
Non seppi assistere alla calorosa scena neppure un secondo di più.
Mi precipitai fuori da quella casa, mentre i singhiozzi interrompevano il mio respiro. Scesi per le scale non sapendo dove andare. Mi accasciai su un gradino che funse da rifugio. Liberai le lacrime.
Ero completamente, irrimediabilmente, distrutta.


CONTINUA...

Eccomi qui. Sono ritornata davvero a fatica, dato che ho qualche problema di salute, quindi questo capitolo non è il massimo.
Ma spero vi sia piaciuto lo stesso.
Nel prossimo si sarà un nuovo ingresso e scopriremo, forse, l'identità del ragazzo di cui è infatuata Asuka.
Curiosi??? Be' dovrete aspettare ancora.
Vi lascio il link della mia nuova ff su Harry Potter Umano, troppo umano da non perdere assolutamente.
E poi passate da qui vi aspetto con ansia. Mi raccomando recensite.
Kiss kiss

                                                                                                                                               
Stella94







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Capitolo 8
*** Iron Fist ***


primo cap boh                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
                                                                                     
 Changed
 
                                                                                       
 
                                                                     8

                                                                                 
                 Iron Fist

Fu Jin a trovarmi quella mattina.
Mi ero addormentata tra una lacrima e l'altra sulle scale e fu lui a riportarmi dentro.
Al mio risveglio lo trovai a fissarmi in modo interrogativo. Forse perché finalmente stavo prendendo le sembianze di una ragazza davanti ai suoi occhi e non di un'evasa di galera.
Misi a fuco la sua immagine poco distante da me. Con essa ritornarono alla mente tutti i ricordi angusti che riguardavano quella notte. Un moto di rabbia mi percosse e mi trascinò nel suo baratro.
Ero ancora distrutta. E non volevo più guardare.
<< Che ci facevi sulle scale? Perché non sei entrata? >>
Non gli rivolsi il mio solito sguardo. Ero furiosa per una ragione che fondamentalmente era infondata. Ma non riuscivo più a vederlo come un tempo. Non era più il mio Jin. Ora era il Jin di Christie.
<< Be' tu eri occupato e ho pensato di non disturbare. >>
<< Ma che dici? >> Mi sfiorò un braccio con la sua mano. Fu irritante più di un'ortica. Perché ora sapevo che quelle stesse mani avevano toccato anche lei. Avevano plasmato ogni singolo centimetro di un corpo che non era il mio.
Non ero io. Era solo lei. L'altra.
<< Non mi toccare! >> Sbuffai di botto. Sembravo un toro furioso in un'arena. Potetti giurare di intravedere del fumo uscire dalle mie orecchie e il volto di Jin che si tramutò in una smorfia. Dispiaciuto? Ferito?
<< Si può sapere che ti ho fatto? >> No, semplicemente curioso.
<< Niente, lascia stare sono nervosa stamattina. >>
Si strinse nelle spalle osservandomi meticolosamente. Distolse la sua attenzione su di me voltandomi le spalle. In realtà non volevo che vedesse quanto dolore ancora traspariva dalle mie iridi azzurrine.
Perché avrei pianto, avrei pianto ancora. E sapevo che avrei dovuto dare spiegazione e dire bugie. Più di quelle che il mio ingegno poteva formulare. E non ero ancora pronta per affrontare i fantasmi dei miei sentimenti.
Distrutta, ancora e forse per sempre.
<< Forse è meglio che vado a farmi una doccia. >> Disse lui dirigendosi in bagno.
<< E Christie? >> Domandai << Non è più qui? >>
<< E' andata via. E' stata lei a trovarti stamattina. >>
Bene, magari non dovevo vedere la sua faccia soddisfatta dopo una nottata di sesso con Jin. Il mio Jin.
Anzi no, il suo. Il suo non il mio. Quanto bruciava quella realtà, quanto era inaccettabile.
Più mi ripetevo di essere stupida, un'illusa e una inetta buona a nulla e più desideravo poterlo stringere. Avere Jin anche solo per una notte, baciarlo, perdermi nelle sue carezze. Essere al posto di Christie.
Psicologia al contrario. Fai sempre ciò che non dovresti fare.
Avvertì l'acqua gocciolare sulle piastrelle e nello stesso istante il campanello suonò. Sbuffai speranzosa di non trovarvi Christie sul retro.
Ma per fortuna non era lei. Non era nessuno che conoscessi.
Era un ragazzo dai capelli ramati e gli occhi a mandorla. E pensai anche che fosse al quanto buffo visto che mi fissava con la bocca spalancata strabuzzando gli occhi.
<< Credevo di aver bussato alla porta di Jin. Ma tu sei molto meglio. >> Alzò un paio di volte le sopracciglia. Non so cosa volesse comunicarmi. Magari era uno strano modo per abbordarmi.
Ma non era ne il giorno e ne il ragazzo giusto. E il modo in cui mi sorrise arricchì la mia infondata tesi di quanto fosse cafone.
<< Hai bussato alla porta giusta. Jin è sotto la doccia. >>
Ma come se non avesse recepito niente di tutto ciò che gli avevo detto, mi prese una mano baciando il dorso.
<< Hwoarang. Incantato di fare la tua conoscenza signorina... >>
<< Eri. >> Ammisi con titubanza << Mi chiamo Eri. >>
<< Eri. >> Ripetette lui ammiccando un sorriso. Ah, bene. Avevo a che fare con un cafone gentiluomo nel giorno più orrendo della mia vita. Da male in peggio, pensai.
Gli feci largo e lui entrò.
Dopo pochi minuti in cui continuava a guardarmi in un modo davvero bislacco e continuava ad alzare le sue sopracciglia, Jin ci raggiunse. Ed il mondo crollò insieme al mio intelletto...
Era completamente nudo e gocciolante. Un asciugamano aderente stretta in vita che non lasciava spazio molto all'immaginazione. La sua pelle ambrata ancora umida splendeva di lucidità.
E la mia salivazione minacciava di esplodermi dalla bocca se non l'avrei chiusa immediatamente.
Ma poi quelle immagini, quello a cui avevo assistito quella notte scacciarono ogni presupposto ignobile che mi stavo facendo sulla sua figura. Non era il mio ragazzo ma quello di Christie. Io sarei andata via prima o poi...
<<
Hwoarang, che ci fai qui? >> Domandò Jin prendendosi da bere.
<< Ho sentito che te la passi bene, amico. >> Così dicendo mi rivolse un altro dei suoi inclassificabili sguardi aggrottando la fronte.
Lo osservai stranita scuotendo la testa. Se avrebbe continuato in quel modo un pugno in faccia non gliel'avrebbe risparmiato nessuno.
<< A proposito >> Continuò << mi hanno detto che hai salvato una turista demente. >>
Jin mi osservò lascivo.
<< La turista demente sarei io! >> Sbottai innervosita, schiaffeggiandolo con i miei occhi che credo non erano mai stati tanto esaustivi. Ma lui non si scomodò per niente.
Anzi tutt'altro. Continuò a guardarmi con la sua solita espressione da pesce lesso incallito, riportandomi alla mente quanto potessero essere squallidi gli uomini a volte. E anche schifosamente insistenti.
<< Però... che culo che hai, amico. >> Ah ecco la sua sentenza! Davvero molto, ma molto profonda, pensai.
Vidi Jin quasi infastidirsi. Be' non è che abbia avuto una reazione spropositata, o abbia minacciato il suo amico, ma lo ritrovai al quanto... geloso?
Non lo seppi mai. Jin era un campione, dopotutto, a nascondere i suoi sentimenti. Era il maestro dell'equilibrio e della sobrietà. A volte mi chiedevo se aveva dei pensieri, se gli importasse di qualcosa oltre che della sua odiosa ragazza e del karate.
<< Che sei venuto a fare qui? >> Per fortuna la domanda di Jin distolse i suoi occhi dal mio viso. Continuavo a ripetermi quanto fosse insopportabile e cafone.
<< Ti sei dimenticato che giorno è oggi? >>
<< E' mercoledì. >>
<< Mi prendi in giro, amico? Oggi è il giorno in cui si aprono le iscrizioni per l'Iron Fist. >>
Jin fece una smorfia, osservandolo di sottecchi. Mi sentì improvvisamente come se fossi la terza in comodo della situazione. Il messaggio che mi arrivava era chiaro: dovevo levare le tende. Ma qualcosa mi imponeva di rimanere li.
Cos'era l'Iron Fist? Non ne avevo la ben che minima idea, ma volevo scoprilo. Assolutamente...
<< Ho chiuso con quella roba,
Hwoarang. Te l'ho detto tempo fa. >>
Il ragazzo dai capelli rossi allargò le braccia costernato << Stai scherzando, amico? L'Iron Fist è tutto per noi. >>
<< Be' per me non lo è più. Non ho nessuna intenzione di salire sul quel ring quest'anno. >>
Ring? Avevo sentito bene?
All'improvviso anche la faccia di Hwoarang sembrava aver preso lo stesso colorito dei suoi capelli << Oh, andiamo, Jin. Quel torneo non ha senso senza di noi. Sento che quest'anno potremmo vincere! >>
<< Te lo sentivi anche l'anno scorso e quello precedente. >> Lo canzonò Jin, mentre io ero sempre più perplessa.
Alla luce dei fatti, e se i miei calcoli non erano errati, l'Iron Fist era qualche specie di torneo di arti marziali o qualcosa del genere. E che,  molto probabilmente, Jin e
Hwoarang avevano già partecipato in passato, ma senza successo.
Ciò che non riuscivo a capire era la reazione di Jin. Insomma non mi è mai sembrato un tipo che buttasse giù la spugna tanto facilmente.
E allora perché tanta diffidenza verso una nuova iscrizione?
<< Ma quest'anno sarà diverso. >>
Hwoarang diete un pugno al tavolo facendolo oscillare << Jin, io e te siamo l'Iron Fist! >>
<< Senti, dacci un taglio con questa storia. Ho già detto che non ho nessuna voglia di iscrivermi. E ora vado a vestirmi. Ho un lavoro, io. >>
Detto questo si avviò nella sua stanza, grugnendo.
Hwoarang cominciò ad imprecare tra se e se. Ma la mia curiosità non era del tutto placata. Volevo sapere di più, tutto quello che non ero riuscita a capire.
Consapevole dell'impudenza delle mie azioni, mi avvicinai al ragazzo dai capelli rossi <<
Hwoarang, ma cos'è l'Iron Fist? >> Domandai.
Lui mi osservò attentamente. Come se all'improvviso avessi contratto una malattia degenerativa ed altamente pericolosa. Sul suo volto una sguardo commiserevole.
<< Oh... si vede che non sei di queste parti. >> Lo vidi muovere alcuni passi nella mia direzione. Istintivamente arretrai per allungare la nostra distanza, ma non fu una mossa efficace. Non so come ma il suo corpo era appiccicato al mio.
Il suo respiro sulle mie labbra mi provocava una strana pressione che dallo stomaco risaliva verso le tempie.
<< Devi sapere, bocconcino, che l'Iron Fist è potere, è denaro, è popolarità. >> Mosse il suo indice verso la mia guancia sinistra. Seguii con lo sguardo quella mossa astuta quanto azzardata, ma non opposi resistenza.
La mia sete di conoscenza mi imponeva di stare al suo gioco. Almeno per il momento.
<< L'Iron Fist >> Continuò << è il torneo di arti marziali più conosciuto al mondo. Vi partecipano i combattenti più forti del pianeta. E' straordinario. >>
Con mia immensa sorpresa fu lui ad allontanarsi per primo. Pensai che forse non era così pericoloso come potesse sembrare, anche se la sua corporatura era simile a quella di Jin.
Ora tutto aveva un filo logico o quasi...
Ma fu sempre lui a chiarirmi ogni dubbio. Si sedette sul divano divaricando le gambe. Io decisi di rimanere all'impiedi, evitando squallidi equivoci. Lo osservai pensierosa per una frazione incalcolabile di secondi.
Poi il silenzio fu rotto dalle sue parole.
<< Avevamo diciassette anni quando io e Jin ci scontrammo per la prima volta. Lui vinse. >> Sul suo volto si distese un amaro sorrise << Ma nonostante il rancore iniziale, diventammo subito grandi amici. Da allora ogni anno ci iscriviamo insieme. Pensa Jin l'anno scorso è riuscito a qualificarsi al terzo posto. >>
<< Ma allora perché quest'anno non vuole iscriversi? >> Domandai.
Lo vidi osservare il soffitto. Come se sulla sua testa vi fossero incise le parole che avrebbe dovuto pronunciare.
Fu una pausa servante perché credetti che non avesse nessuna voglia di togliermi quel dubbio.
Non si fida, pensai. Non si fida abbastanza di me.
Ma ancora una volta mi stupii.
<< Perché l'Iron Fist è finanziato da una delle famiglie più ricche del Giappone. >>
<< I Mishima... >> Sussurrai.
<< Esattamente. L'anno scorso Kazuya Mishima, il padre di Jin, è sceso in campo per beneficenza. Stavano per uccidersi sul ring. Da allora Jin ha giurato a se stesso che non avrebbe più partecipato. Perdere è stato un duro colpo per lui. >>
Tutto ora aveva un senso. Un incredibile senso. Jin aveva perso contro suo padre e questo evento gli era costato il suo orgoglio. Ma Jin  doveva partecipare.
Hwoarang  mi spiegò che al vincitore viene donato un cospicuo bottino di denaro, dalla quale scaturivano popolarità, successo e donne, come diceva lui.
C'era solo una cosa che mi sentivo e che dovevo fare: convincerlo a partecipare.

CONTINUA...

E Bene rieccomi con un po' di ritardo, ma ho avuto altre storie da aggiornare. Un capitolo rivelatore! L'identità del misterioso ragazzo. Ci avevate pensato a lui? Vi ho sorpreso?
Be' comunque le sorprese non sono finite, anzi sono appena cominciate!!
Alla prossima cicci, che non so quando sarà. Recensiteeeeee!!!!!!!!
Kiss kiss

                                                                                                                                               
Stella94







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Capitolo 9
*** Memories ***


primo cap boh                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
                                                                                     
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                                                                     9

                                                                                 
                Memories

Sapete quando la mattina vi svegliate con un motivetto di una canzone in testa e non riuscite più a liberarvene?
Be' quel giorno ero praticamente tormentata da alcune note che continuavano a susseguirsi nella mia testa.
Non ricordavo tutto il testo della canzone, ma solo qualche parola e una soave melodia che mi tormentava.
Era come un'ossessione e mi domandavo se nella mia vecchia vita l'avevo sentita da qualche parte.
<< Emily will find a better place to fall asleep. She belong to fairy tales that i could never be... >>
Facevano così le prime strofe. Erano già passate ore intere da quando la stavo cantando.
Avevo tormentato prima Jin e poi era toccato ad Asuka.
Con tutte le mie forze non riuscivo proprio a liberarmene.
<< I die each time you look away. My hert, my life will never be the same. This love will take my everything. One breath, one touch will be the end of me... >>
E questo doveva essere il ritornello, visto che continuavo a bisbigliarlo.
Stavo per impazzire e con me tutte le persone che mi circondavano.
<< Basta con questa canzone, Eri! >> Asuka era esasperata. Eravamo in centro al nostro solito giro di shopping a mani vuote. Io avevo praticamente la testa su un altro pianeta e Asuka sembrava più isterica del solito.
<< Scusa. >> le chiesi << E' da stamattina che continuo a cantarla ma non riesco a capire proprio dove l'abbia sentita. >>
<< Magari nella tua vita precedente. >>
Le sorrisi di sghembo facendo passare la mani tra i tanti maglioncini colorati che non avrei comprato. << Non scherzare. >>
La situazione poteva anche sembrare ridicola a divertente, ma in tutto quello che stavo passando c'era ben poco da ricrearsi.
Ero a pezzi. Jin stava ancora con Christie e dopo quella sera la nostra conversazione si era limitata ad un "ciao" e "buona notte". Mi stava bene dopotutto. Anche se non potevo non ammettere a me stessa quanto il suo affetto e le sue carezze mi mancassero.
Jin era entrato come una scheggia nel mio cuore, e sapevo che anche se tutta questa faccenda sarebbe finita, io non l'avrei dimenticato tanto facilmente.
<< Sai, ci penso sempre. >> Confessai gettando lo sguardo a terra.
<< A cosa? >>
<< A chi ero prima, a cosa facevo, come mi chiamavo. >> E nello stesso istante le prime note di quella canzone cominciarono di nuovo a bombardarmi nella testa. Era come se fossi continuamente colpita da alcuni proiettili di fuoco.
Entravano con una prepotenza accidiosa e si spegnevano con altrettanta veemenza.
<< Forse eri una serial killer ricercata in tutto il mondo. >>
Mi venne a ridere al sol pensiero, anche se alla luce dei fatti potevo scartare ben poche ipotesi.
Dopo qualche giro andato a vuoto, uscimmo dal quel negozio per entrare in un altro.
Guardare senza comprare era davvero snervate, ma in qualche modo dovevamo far passare il tempo.
Quando cominciammo a camminare suoi marciapiedi super affollati ricominciai a cantare.
<< Emily will find a better place to fall asleep. She belong to fairy tales that i could never be... >>
<<
Eri! >> Mi riprese esasperata Asuka.
<< Scusa, scusa. >> Ero davvero sull'orlo di un declino. Cominciavo a pensare di essere un'evasa di qualche istituto di igiene mentale e dal modo in cui stavo barcollando e andando a sbattere su ogni persona che incontravo, non faceva altro che confermarmi quest'ipotesi.
Era davvero difficile districarsi tra la folla. Erano i giorni che precedevano il Natale ed era scattata la caccia frenetica al regalo perfetto. Tokyo era più frequentata che mai e la gente sembrava praticamente impazzita.
Ormai il Natale era diventato sinonimo di stress e falsi sorrisi. Il vero spirito di questa festa sembrava letteralmente perduto.
<< Sai, l'altro giorni ho conosciuto un amico di Jin. Si chiama Hwoarang ed è un tipo molto strano. >> Dissi per cambiare discorso << Continuava a farmi compimenti assurdi ed arricciare le sopracciglia in modo anomalo. Mi ha parlato dell'Iron Fist. Jin non vuole iscriversi ma io sto cercando di convincerlo... >>
Nel momento in cui mi soffermai a guardarla nel profondo, mi resi conto che Asuka si era immediatamente irrigidita.
Sembrava una statua di legno. Gli occhi fissi nel vuoto, l'espressione cupa, il viso quasi pallido.
Fu allora che capì ogni cosa << Oh no, no, no, no, no. Non dirmi che è lui? >>
<< E che c'è di strano? >> Mi domandò con un'aria infastidita.
<< No, niente. Ma...ha i capelli rossi. >>
<< E allora? >>
Più passavano i giorni e più creavo nella mia testa un'immagine nitida e ricca di sfumature. Tutto aveva un senso e incredibilmente mi sentivo come se fossi parte di Jin, della sua vita.
Conoscevo quasi ogni cosa ed ero felice di questo. Mi appariva come un mezzo per sentirmi non solo la cretina del circolo, ma una persona di cui fidarsi.
E io volevo che Jin si fidasse di me. Volevo ogni cosa di lui.
<< Aspetta un attimo. Non dirmi che Christie è andata a letto con
Hwoarang, senza che Jin ne sappia nulla? >>
Asuka si limitò a fare un breve cenno d'assenso con la testa e per seguire quel gesto andai a inciampare sul petto di un uomo. Caldo, forte, con quel profumo...
<< Mi scusi. >> Dissi ma nel momento in cui alzai lo sguardo per osservare il suo volto fui trafitta da una gelata di neve dritta sul viso.
Era lui, lui! L'uomo dei miei incubi, non potevo sbagliarmi. Stessi occhi azzurri, stessa cicatrice, stessi capelli argentati, stessa espressione omicida.
Era assurdo, tutto assurdo. Il mio respiro si fece incredibilmente torbido, il mio cuore impazzì nel petto. L'uomo restò di soppiatto e parve osservarmi con la stessa trepidazione.
Spalancai la bocca per parlare, chiedere, informarmi, ma ne uscì solo un ansito sconnesso con le mie reali intenzioni.
Improvvisamente fui colta da un gelo che mi trafisse le ossa. Tremai interdetta e costernata.
L'uomo mi scrutò con una furibonda espressione e si allontanò in brevi istanti.
Accadde tutto all'improvviso. La testa cominciò a vorticarmi forte, la canzone questa volta rimbombava nella testa.
Vidi me, da bambina e un uomo anziano con la barba bianca, sembrava babbo natale vestito in taglier.
Poi una donna e un altro uomo dai gli occhi azzurri brillanti come i miei. Una carezza, parole sussurrate, un aereo, degli uomini senza volto. Una stretta, uno schiaffo, l'odore di benzina, un auto.
Grida, una mano non desiderata e una voce. La sua voce. Quella di quell'uomo, quello dei miei incubi.
Poi il buio più totale. Solo le grida di Asuka che mi chiamavano da lontano.
E le mie gambe cedettero all'improvviso.


Fu una dolce carezza a destarmi dal mio torpore. Riconoscevo quella mano, quel calore, quella intensità.
Era Jin, il mio Jin.
Aprì lentamente gli occhi ritrovandomi accomodata nel suo letto che sapeva ancora di noi.
Riconobbi il suo sguardo apprensivo e distesi le labbra. Lui era con me ed era tutto ciò di cui avevo bisogno.
Mi alzai lentamente stropicciandomi gli occhi << Cosa mi è successo? >>
<< Sei svenuta improvvisamente. >> Mi rispose << Asuka mi ha chiamato e sono venuto a prenderti. Per fortuna non eri molto lontana da casa. >>
E tutto mi ritornò alla mente. Quell'uomo, i suoi occhi, il suo sguardo di puro sadismo. Questa volta non era un incubo, ma la pura realtà.
Ebbi un fremito ed un brivido mi percosse amaramente. La paura si fece largo nelle mie viscere e mi spinse alla perdizione. Mossa dall'istinto mi strinsi a Jin, allacciando le mie mani al suo collo tanto forte da mancare il respiro.
<< Che ti prende? >> Mi chiese.
<< L'ho visto, Jin >>
Avvertì finalmente le sue mani sulla mia schiena e seppi che non mi avrebbe respinto per nulla al mondo.
Mi avviluppai ancora di più, sentendo gli occhi umidi di lacrime.
<< Chi hai visto? >>
<< L'uomo dei miei incubi. E' reale ed è li fuori. >>
Avvertì un sospiro esasperato sulla mia pelle e capì che non mi avrebbe compresa. Sciolse la mia presa fissandomi con un'aria frastornata e interrogativa.
<< Ti rendi conti che stai dicendo una sciocchezza, Eri? >>
<< Non è vero. >> Mi impuntai tremendamente testarda << Io l'ho visto e vuole farmi del male. >>
Mi alzai dal letto dandogli le spalle.
<< Andiamo, Eri. L'uomo nero non esiste. >>
Fui allora che mi arresi. Lo osservai e compresi che per lui ero solo una bambina che raccontava un mucchio di sciocchezze senza senso.
E dopotutto gli adulti non credono alle sciocchezze che raccontano i bambini.
Scossi la testa delusa ed amareggiata. << Ma che parlo a fare con te. Tanto tu non mi credi mai. >>
Uscì di corsa dalla stanza pur non sapendo dove andare.

Nemmeno la camomilla riusciva a placare il mio turbolento stato d'animo quella sera. Il viso di quell'uomo mi tormentava. Lo vedevo in continuazione nella mia testa ed era come se ogni volta rivivessi un incubo.
Eppure avevo la strana sensazione di aver tralasciato un particolare, di aver dimenticato qualcosa.
Come se un evento mi sfuggisse e non sapessi decifrarlo.
Feci un altro sorso dalla mia tazza. Ormai la camomilla era solo diventata un miscuglio giallastro misero di alcun sapore. Mi strinsi maggiormente nel mio plaid rosso alla quale mi ero molto affezionata e cercai conforto.
Era da un po' che osservavo il panorama.
Quella era una tipica sera di dicembre ed il freddo pungeva forte.
Accesi la radio per ascoltare qualche brano. La musica locale non era un gran che, ma a volte davano delle canzoni straniere che a me piacevano tanto.
<< Perché non entri? >> La voce di Jin mi fece sobbalzare << Fa freddo qui fuori. >>
<< Sto bene. >> Risposi spiccia, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Dopotutto aveva ragione. Non era di certo la sera giusta per stare seduti sul balcone a fissar le stelle.
Lui si limitò a sbuffare e si accomodò vicino a me sul divanetto sconquassato di vimini.
Io cercai di ignorarlo. Anche quando pretese inutilmente un lembo della mia coperta per riscaldarsi.
Non seppi quando tempo restammo li in silenzio.
L'atmosfera era delle migliori. Le luci di Natale che luccicavano nell'aria, il silenzio rotto solo dal rumore di qualche clacson, la neve intorno che rendeva tutto così magnificamente angelico.
Ma c'era ben poco di romantico tra me e Jin...
Chiusi le palpebre facendo vagare la mente. Subito un cruccio me li fece riaprire.
<< Nessuno mi sta cercando. >> Mormorai << A nessuno importa di me. >>
<< Non dire così. >> Mi corresse lui puntando gli occhi sull'orizzonte << Non è vero. >>
<< Si che lo è. >> Lo contraddissi << Non ho una famiglia, non ho una casa, non ho amici. >>
<< Hai me. >>
Fu allora che notai che gli occhi di Jin erano come le stelle. Brillavano solo di notte e la loro luce era magica e scintillante. Era fatto così. Ogni volta sapeva sorprendermi anche con due semplici parole.
Quella volta seppi che dopotutto non era sola e trovai in lui la mia certezza, la mia unica ancora di salvezza. Seppi che ci sarebbe sempre stato e che il nostro legame sarebbe durato in eterno.
Ci osservammo timidamente senza parlare. Poi accadde tutto all'improvviso.
Avvertì le sue labbra posarsi leggere sulla mia guancia e poi sempre più giù verso le mie labbra.
Subito un calore immenso mi pervase dal basso e mi arrivò funesto alle tempie. Le labbra di Jin erano dolci ma forti e prepotenti. Non seppi a pieno cosa mi stesse succedendo, ma avvertì la naturale sensazione di schiudere la bocca, per accoglierlo dentro di me.
Jin mi stava baciando. Jin stava baciando me, me, me, me, me, me!
L'imbranata, ficcanaso, pasticciona, spocchiosa Eri. Me.
E fu la cosa più bella che potesse capitarmi.
Mossi una mano sulla sua guancia e gli concessi una carezza mentre le nostre labbra non di davano tregua.
Era tutto così magnificamente romantico e perfetto.
Non potevo di certo dire che fosse stato il bacio più bello della mia vita, perché non ricordavo se avessi avuto dei precedenti. Fu semplicemente il nostro bacio, quello mio e di Jin.
Quando i respiri cominciarono a farsi ansanti una musica iniziò ad intonare le sue prime melodie ed un flash pervase i miei pensieri.

CONTINUA...

Allora ragazzi, mi scuso se vi ho fatto aspettare, ma purtroppo dopo aver scritto questo capitolo il mio stupido pc si è spento e si è cancellato tutto quindi ho dovuto riscriverlo. Quello precedente era migliore ma purtroppo non ho potuto salvarlo in nessun modo. Spero lo stesso vi sia piaciuto, il prossimo sarà migliore.
Comunque ritornando a noi devo dire sono stata un po' cattivella perché vi ho lasciati con l'amaro in bocca, ma cercherò di non farvi attendere molto.
La canzone che canta sempre Lili è la mia preferita in assoluto ed è questa qui giù.



Vi consiglio di ascoltarla perchè è stupenda.
Volevi ringrazirvi a tutti per le vostre numerose recensioni. Non me lo sarei mai aspettato. Grazieeeeeeeee!!!!
Alla prossima cari e mi raccomando recensite anche questo!!!
Kiss Kiss

                 
                                                                                                                            Stella94







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Capitolo 10
*** Revenge ***


primo cap boh                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
                                                                                     
 Changed
 
                                                                                       
 
                                                                    10

                                                                                 
                 Revenge

<< Nanny... >> Sussurrai ancora sulla sua bocca.
Una sola immagine perforò le mie congetture. Come se una luce intensa mi avesse accecato le palpebre.
E la vidi. Vidi una donna. Una donna che dolce mi cullava rimboccandomi le coperte.
E canticchiava quella canzone, la stessa che da quella mattina era dentro la mia testa e non voleva andare via.
La stessa che ora anche la radio intonava. La stessa che aveva accompagnato il nostro bacio.
Fu allora che mi accorsi del gelo che separava la nostra distanza. Mi accorsi che Jin mi stava guardando costernato, forse pensieroso e che io molto probabilmente avevo rovinato tutto.
D'improvviso quella magia sembrava svanita e quel ricordo mi sconquassava l'equilibrio che credevo avessi conquistato.
<< Cosa? >> Mi chiese lui. Era diverso, tutto diverso.
Era come se una lampadina si era improvvisamente spenta. La luce che c'era nei suoi occhi, il calore delle sue labbra, sembravano come lontane utopie. Eppure erano state reali, tanto reali da spaventarmi.
<< Niente...io...credevo...nulla. >>
E poi il buio più totale. Come se anche il volto di quella donna mi avesse abbandonato. Non c'era più niente.
Eppure pochi istanti fa avevo tutto. Avevo Jin.
Si alzò di scatto passandosi una mano tra i capelli. Io mi sentivo come se fossi stretta tra due pareti che continuavano a schiacciarmi.
Da una parte c'era quel ricordo che mi gettava nell'inquietudine più totale. Dall'altra c'era Jin e le sue dolci labbra da baciare, il suo cuore che batteva con mio, il suo sapore sulla pelle.
<< Senti, scusami, okay? >>
Scusarsi? Perché mai doveva scusarsi? Mi aveva appena fatto dono del regalo più bello che potessi ricevere e io non potevo che esserne felice. Ma lui si stava scusando e girava nervosamente su e giù per tutta la balconata.
Capì che per lui non era stato lo stesso. Era stato solo un bacio, uno come tanti altri.
<< Non so quello che mi sia preso. Ti chiedo perdono. >>
Abbassai il volto, più amareggiata di un tempo. Non volevo che lui mi vedesse tanto fragile. Non volevo che lui capisse quanto dolore mi stesse causando. Non volevo che lui guadasse ciò che ero in realtà.
E non volevo perderlo per nessuna ragione al mondo. Ma mi accorsi che in fondo non potevo neppure averlo, non come io avrei voluto.
<< Non preoccuparti. Non è successo nulla di grave. >> Mi sforzai di sorridere, ma la mia mascella sembrava come se si fosse improvvisamente congelata.
Perché tutto il mio corpo mi intimava la mia disfatta. Trasudava dolore e lacrime. Sapeva di delusione e rammarico, mi spingeva verso il vuoto e più cercavo di salire a galla più mi rendevo conto che avrei presto raggiunto il fondo.
Non avevo speranze con lui, dovevo rassegnarmi.
<< E' meglio che vada a dormire. >> Si soffermò ancora pochi secondi a fissarmi mantenendo il respiro maledettamente regolare in contrasto con il mio così furente << Buona notte. >>
<< 'Notte. >> Risposi e poi scomparì.
Sul mio viso cominciarono a scorrere lacrime copiose e fredde come il ghiaccio che mi circondava.
Non seppi fermarle ma le lasciai fluire libere solcandomi la pelle.
Ed ebbi paura e fui colta dal rammarico.
Non seppi dove avrei trovato la forza per cancellare ciò che c'era stato. Ma sapevo che dovevo farlo.
Dovevo cancellare quel bacio e forse, forse anche quel ricordo appena riaffiorato.


Il mattino seguente mi risvegliai più stordita che mai.
Avevo un pessimo aspetto. I miei brillanti occhi cerulei erano gonfi e rossi e anche le guance sembravano aver preso una colorazione color porpora.
Erano i sintomi di un'intera notte passata a piangere. A cercare di far finta che nulla fosse accaduto e soprattutto a cercare di cavare da quel ricordo qualcosa di più.
Ma c'era solo quel volto di donna paffuta, gentile e premurosa. E quella canzone che ritornò funesta a rimbombarmi nella testa.
Anche Jin era frastornato. Non mi diete neppure il buongiorno e fui certa che anche lui avesse dormito poco.
Quando Christie piombò di prima mattina con la sua solita faccia da stronza troglodita, io non volli neppure guardarla.
Soprattutto dopo che avevo scoperto che lo tradiva con tutti quelli che trovava.
Cominciò subito con le sue solite smancerie.
Amoruccio di qua, passerottino di là, cucciolotto spelacchiato ecc ecc...
Ma Jin era distante. Molto distante. Le aveva dato solo un piccolo bacio a stampo e niente di più.
Era più taciturno del solito ed io non osai domandargli il perché. Forse stava ancora pensando al nostro bacio, forse per lui non era stato tanto insignificante, forse potevo ancora avere una speranza.
Ma dovevo riuscire ad eliminare Christie, in qualsiasi modo.
Jin doveva sapere la verità ed io forse avevo già qualcosa in mente. Avevo bisogno solo di un cellulare e molta fortuna.
Ma doveva pagarla. Si, io le avrei fatto sputare la verità a costo di perdere ogni cosa.
Anche Jin. Perché se io non potevo averlo allora neppure una serpe come lei doveva bearsi della sua persona. Jin era onesto, buono e virtuoso. Meritava una donna con altrettante qualità, non una serpe maligna.
Quando Jin uscii di casa decisi che era arrivato il mio momento.
Stava per togliere il disturbo, ma io colsi quell'occasione al balzo. Afferrai il cellulare di Jin, che come al solito aveva dimenticato, e azionai il registratore. Si, lo so, sapevo essere davvero perfida.
<< Sai, Christie, io conosco il tuo segreto. >>
La vidi improvvisamente diventare rigida. Bloccarsi come se fosse stata fulminata sul posto.
<< Che stai dicendo, piccola insolente? >>
<< So che hai tradito Jin con Hwoarang alla festa di compleanno di Asuka, qualche tempo fa. >> Le concessi qualche secondo di riflessione mentre tenevo ben nascosto il tecnologico attrezzo dietro la mia schiena.
L'espressione di Christie divenne più acerba, quasi ogni poro della sua pelle trasudava acredine.
<< Non so proprio di che cosa tu stia parlando, ragazzina. >>
Cercava di essere pacata e tranquilla, ma la parte della santarellina non faceva proprio per lei.
<< Oh, andiamo non essere sciocca. Lo sai qual'è la verità. >>
Un lieve turbamento mi portò ad arretrare il passo quando la vidi avvicinarsi pericolosamente. Sapevo che era capace di tutto, ma non potevo fallire. Questa volta io avevo il coltello dalla parte del manico e l'avrei usato bene, fino in fondo...
<< E' la tua parola contro la mia, ragazzina. Jin non ti crederà mai. >>
Un altro passo e fu ancora più vicina << Vuoi mettermi alla prova? >>
<< Dove vuoi arrivare, ragazzina? >>
Finì con le spalle al muro. Christie era ad una spanna dal mio corpo. Trattenni il mio turbamento, sapevo di essere sulla buona strada.
<< A farti sputare la verità. >>
<< E va bene >> Si arrese << Ho fatto sesso con Hwoarang alla festa di Asuka e l'ho rifatto anche altre volte. Contenta? >>
<< Non sai quanto. >>
Minacciosamente mi fissò con sdegno increspando le labbra << Non riuscirai a portarmi via Jin. >>
Ma con lo stesso sguardo io la ripagai impudente << Questo è tutto da vedere. >>
Inaspettatamente si allontanò, creando una giusta distanza che mi fece sospirare di sollievo.
Mi diete le spalle e cominciò ad incamminarsi.
Ma non prima di avermi regalato un'ultima minaccia << Prova solo a fare qualcosa di sbagliato e ti giuro che te ne pentirai per il resto della tua vita, ragazzina. >>
Sorrisi appena, grintosa per aver raggiunto il mio scopo << Conosci già la strada. Stammi bene, Christie. >>
Increspò le labbra ed andò via.
Sul mio viso comparve un sorriso smagliate e nelle mie mani avevo la chiave per arrivare finalmente a Jin...


CONTINUA...

Bene, allora volevi avvisarvi che d'ora in poi aggiornerò Changed più raramente, per occuparmi di altre ff che mi stanno molto a cuore.
Ma non abbandono questa storia per nulla al mondo. Ci tengo e quindi la porterò a termine, con un ritmo da lumaca ma la porterò a termine.
Intanto vi lascio alcune mie storie alle quali sono molto legata, sono su Harry Potter se siete interessati faceti un salto.
Sono Umano, troppo umano alla quale sono molto legata e Midnight.
Mentre cliccando qui potete ricevere news e informazioni su tutte le mie storie.
Vi aspetto.
Mi raccomando recensite!!
Kiss kiss



                 
                                                                                                                            Stella94







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Capitolo 11
*** Flavor of the storm ***


cap boh                                                                            


                                               "Flavor of the storm"


Jin continuava a fissarmi. Immobile, come se improvvisamente non avesse più niente da dire, come se non sapesse dire nulla. Il suo respiro leggermente accelerato, mi fece comprendere il suo deplorevole stato.

Sapeva di sembrare ridicolo, magari uno sciocco ai miei occhi. Ma io vedevo solo Jin.
Quello di sempre, quello che mi aveva protetta e che continuava a farlo. L'avevo ferito, quelle parole, attecchite dalla mia vendetta, lo avevo trascinato nel luogo oscuro della vergogna e della pazzia.
Non era un tipo che piangeva o che sapesse infliggersi le peggiori pene per amore. Ma era pur sempre un uomo.
Fatto di carne, sorretto da ossa, esaltato da un cuore puro.
E Jin era puro. Puro come la neve che continuava  a scendere ad un ritmo incessante. Puro come l'aria, il sole, il cielo.
Puro e basta. 
Nel mio sguardo il più completo sbigottimento. Il cellulare era ancora sul tavolo ma Jin aveva l'aria di non volerlo neppure sfiorare.
Il display illuminava la schermata del registratore. Quelle parole, lo sapevo, rimbombavano funeste nella sua testa lasciandolo nel più completo sgomento.
<< Mi dispiace. >> Riuscì solo a dire << Ma dovevi saperlo. >>
Le sue nocche si impallidirono ed uno strano presentimento produsse in me un fremito quasi accidioso. La sensazione che forse quel pugno fosse diretto più a me che ad una fantomatica Christie mi costrinse ad indietreggiare.
Ma Jin si limitò solo ad assottigliare le labbra. << Questa è la mia vita, Eri. Non avresti dovuto impicciarti. >>
<< Io volevo solo che lei non ti prendesse più in giro. >> Mi giustificai allarmata.
<< Ma cosa credi, eh? Che non lo sapessi? >>
Rimasi basita, sconcertata, cupa, improvvisamente vuota.
<< Io non amo Christie, tra di noi era solo...sesso. Io sono andato con altre donne, lei lo faceva con altri uomini. Certo non mi aspettavo che si scopava il mio migliore amico, ma tra di noi non c'è mai stata fedeltà. >>
Non sapevo più cosa dire. Era completamente assurdo. Credevo di conoscerlo, credevo che tutto di lui mi apparteneva. Ma all'improvviso mi accorsi di parlare con uno sconosciuto. Con una persona che non avevo mai capito per davvero.
Mi vergognai e spinsi la testa nelle spalle come a volerla farla scomparire nel mio corpo. Tutto quello che facevo mi allontanava da lui. Tutto quello che ero mi allontanava da Jin.
E all'improvviso non seppi cosa e chi volevo davvero.
<< Io non pensavo... >> Cercai di giustificarmi << io non credevo. >>
<< E' questo il punto, Eri! >> Disse lui allargando le braccia << Tu non pensi mai. Agisci e ferisci. Credi che nonostante tutto mi faccia piacere sapere che il mio migliore amico mi pugnalava alle spalle? Certo da Christie me lo sarei aspettato, ma da Hwoarang... >>
Scosse la testa, non sapeva cosa dire. Rimanemmo in silenzio, per un tempo che ci parve interminabile. Mi sentì scossa e spaesata. Le parole, i respiri, facevano fatica ad essere liberati. << Non volevo ferirti. >>
<< Lo so. >> Il suo viso divenne bonario. Nei suoi occhi neri, che insaziabili cercavano i miei, una nuova realtà << Per quanto le tue azioni siano avventate e stupide, sei incapace di fare del male. >>
Sentì le lacrime farsi copiose nei miei occhi già lucidi. Volevo abbracciarlo, stringerlo, fargli sentire quanto potessi dargli io. Quanto potevo amarlo.
Ma Jin non voleva il mio amore. Forse non voleva l'amore di nessuno.
<< Preferirei che nel futuro stessi lontano dalla mia vita privata >> Mi confessò << e dai miei affetti. >> Osservò poi il cellulare. Lo schermo si era annerito. Nella mia testa la strana idea che volesse renderlo di polvere con la sola forza del pensiero, per poter cancellare quelle parole, quella verità che a dispetto dell'apparenza lo feriva nel profondo << Per quanto riguarda questa storia è inevitabile che ci saranno delle conseguenze, ma saranno affar mio, perciò ti chiedo di non fare domande. Non ti ringrazierò per questo, perché non avresti dovuto farlo. >> Si alzò dalla sedia raggiungendomi a grandi passi. Ci separava una spanna o forse più.
Appoggiata al lavandino freddo e umido, mi accorsi della sua espressione accusatoria. Nel suo sguardo una luce quasi soffocante. Il suo respiro che accelerava il mio. << Mi sono sempre occupato delle mie cose da solo, fin da quanto ero bambino. Non ho bisogno di qualcuno che mi apra gli occhi o che mi guidi su un sentiero sicuro, perché nulla mi sfugge e nulla mi ferisce. >>
Avvicinò pericolosamente il suo viso al mio, tanto che la mia mente ballerina fluttuò verso il nostro bacio scambiato, con la speranza che stesse per darmene uno nuovo. Ma a discapito dei pronostici e delle fantasticherie, Jin deviò il suo passaggio giungendo al mio orecchio. Io, immobile e stordita, lo ascoltai confusa.
<< Stai al tuo posto, Eri. >>
Ed uscì di corsa afferrando il cellulare in un morsa ferrea e distruttiva.
Mi accasciai a terra, passandomi le mani tra i capelli lisci e biondi. Piansi.
Ogni giorno che passava mi portava lontano da lui. Dolorosamente pensai che Jin non sarebbe mai stato mio.

Trascorsero due giorni silenziosi e freddi.
Jin non voleva parlarmi, io altrettanto. Mi sentivo sola, ma al contempo rinchiusa in un limbo di ricordi e parole che occupavano gran parte del mio tempo. Ritornarono i flash e quella canzone che non voleva abbandonarmi.
Nei miei sogni vedevo spesso un uomo che mi assomigliava. I suoi capelli corti e brizzolati nascondevano un viso giocoso e bonario. I suoi occhi celesti erano simili ai miei e sapevo ciecamente di potermi fidare di lui.
A volte mi parlava, mi diceva di tornare. Altre piangeva o mi sgridava. Sognai una grande casa, una villa di periferia con una grossa fontana gorgogliante. C'erano dei pesciolini rossi che nuotavano allegramente ed una signora dolce, la stessa che rividi durante il primo bacio con Jin, chi mi diceva di non toccarli.
Non sapevo interpretare quelle visoni. Spesso le avevo anche  in piego giorno.
Ma di una cosa ero sicura. Quelle persone esistevano e forse facevano parte della mia famiglia. Eppure erano le stesse persone di cui non avevo nessun ricordo e che tanto volevo rivedere. Anche solo per sapere chi in realtà fossi, che passato nascondessi.
Quando quel giorno sentì bussare alla porta trattenni il fiato. Vivevo nella bislacca convinzione che da un momento all'altro qualcuno potesse venire a portarmi via. Qualcuno potesse reclamarmi a gran voce.
Ero assurda e divisa in due parti differenti. Da una  volevo ritrovare la mia famiglia, ma dall'altra temevo che questo mi avrebbe portato lontano da lui. Lontano da Jin.
Ero sola in casa e raggiunsi l'uscio forsennata e ansate. Lo aprì piano ma desiderai subito richiuderlo quando mi accorsi di essere di fronte a Christie.
<< Jin non c'è. >> Dissi schietta e sincera. Feci per richiudere la porta, ma Christie oppose resistenza.
<< Non cercavo lui, ma te. >>
Mi accorsi che aveva un'aria furente, rabbiosa, minacciosamente fosca. Deglutì a fatica cercando di sembrare arcigna e risoluta.
<< Cosa vuoi? >> Chiesi secca.
<< Ti sentirai soddisfatta ora. >> Avevo la netta sensazione che volesse sibilare come un serpente.
<< Non capisco cosa stai cercando di dirmi. >> Ammisi confusa e spaesata. La vidi puntarmi un dito contro e frecciarmi con i suoi occhi da cerbiatta.
<< Hai vinto la battaglia ma non la guerra, mia cara Eri. Jin ritornerà da me, puoi starne certa. Ma prima farò in modo che tu possa pentirtene amaramente per ciò che hai fatto! >>
Non mi diete il tempo di replicare e onestamente fui felice di vederla girare i tacchi e percorrere il pianerottolo a grandi passi. Nel suo sguardo avevo letto l'ira più pura e un risentimento distruttivo.
Ero felice. Jin e Christie si erano lasciati, io avevo vinto.
Eppure il mio cuore non smetteva di battere. Un brivido percorse la mia spina dorsale. Di una cosa fui certa: Christie non me l'avrebbe fatta passare liscia.


CONTINUA....

Prima che mi lanciate i pomodori vi voglio porgere le mie scuse!! Lo so, lo so, sono in ritardo ma vi avevo avvisato sul fatto che aggiornavo questa storia più raramente.
Sono successe tante cose che mi hanno portata lontano da Changed. Il pc è andato fuori uso, ho avuto l'influenza e sono state occupata con altre storie che sono più seguite.
Ma ora sono qui. Questa notte mi sono detta: Stella basta! Mettiti a lavoro e aggiorna Changed!
Spero vi sia piaciuto! Il prossimo sarà migliore.
Mi raccomando recensiteeeeeeee!!!!
Kiss kiss
                                                                     
                                              Stella94

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