Maiden's blush.

di zuccheroaffilato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one. ***
Capitolo 2: *** Chapter two. ***
Capitolo 3: *** Chapter three. ***
Capitolo 4: *** Chapter four. ***
Capitolo 5: *** Chapter five. ***
Capitolo 6: *** Chapter six. ***
Capitolo 7: *** Chapter seven. ***
Capitolo 8: *** Chapter eight. ***
Capitolo 9: *** Chapter nine. ***
Capitolo 10: *** Chapter ten. ***
Capitolo 11: *** Chapter eleven. ***
Capitolo 12: *** Chapter twelve. ***
Capitolo 13: *** Chapter thirteen. ***
Capitolo 14: *** Chapter fourteen. ***
Capitolo 15: *** Chapter fifteen. ***
Capitolo 16: *** Chapter sixteen. ***



Capitolo 1
*** Chapter one. ***


Chapter one.
 



“Muoviti Penn, sei sempre in ritardo!”
“Arrivo, arrivo Nicholas, non ti arrabbiare sempre!” Mi lego i lunghi capelli biondi in una coda alta e salgo sulla sua macchina chiudendo lo sportello in fretta.
“Non mi arrabbio mai con te, lo sai. E’ solo che fai sempre ritardo.”
“E che vuoi che sia Nick, sono solo le otto e un quarto! ODDIO sono le otto e un quarto, muoviti con questa macchina!” Nick mi rivolge uno sguardo stupito prima di scoppiare a ridere e ingranare la marcia. Fortuna che la scuola non è lontana da casa e arriviamo in meno di cinque minuti. Lo saluto con un bacio sulla guancia prima di salire le scale diretta a biologia, mentre lui cammina verso matematica. Arrivo cinque secondi prima che la professoressa chiuda la porta, per il rotto della cuffia si. Io e Nicholas siamo amici da quando eravamo piccoli. I nostri genitori sono andati a scuola insieme, le mamme sono migliori amiche e i nostri papà guardano sempre le partite di baseball insieme. Lui mi è sempre stato accanto, in ogni situazione e mi conosce meglio di chiunque altro. Siamo solo amici, ci abbiamo provato a stare insieme, ma non ha funzionato. Purtroppo. Mi sono innamorata di lui quando avevo otto anni, lui ne aveva undici. Adesso ne ho sedici e lui diciannove, ma i miei sentimenti per lui non sono mai cambiati. Lui ovviamente non sa nulla, non riuscirei a guardarlo in faccia se solo sapesse cosa provo per lui. Non ho mai avuto vergogna di dirgli qualcosa, nemmeno di quando ho fatto l’amore per la prima volta, con Joseph, suo fratello. La campanella suona mentre sono immersa nei miei pensieri. Oddio mio, ma è davvero passata un’ora? Cammino per il corridoio gremito di ragazzi. Odore di scarpe da ginnastica, patatine fritte e polvere, il tutto mischiato ad un deodorante scadente per ambienti che non fa altro che peggiorare la situazione. Raggiungo il mio armadietto davanti al quale è già appostato lui. Il mio cuore fa un piccolo capitombolo all’indietro, cosa che mi capita ogni giorno da otto anni a questa parte.
“Che hai adesso?” Mi chiede passandomi la sua bottiglietta d’acqua.
“Fisica, come ogni sabato Nicholas.” Gli rispondo prima di bere.
“Ti accompagno in classe dai.” Dice dandomi una pacca sul sedere.
“E’ assente oggi Nick. Non l’ho vista a biologia e noi frequentiamo tutti i corsi insieme.”
“Di chi parli?”
“Nicholas siamo migliori amici da sedici anni, non riesci a tenermi nascosto nulla. Comunque Savannah o sbaglio?” Gli faccio l’occhiolino, mentre sento le viscere contorcersi al solo pensiero di quella là.
“Forse.”
“Vai Nicholas, che sta per suonare e l’aula di letteratura è lontana.”
“Ma come fai a sapere il mio orario a memoria?”
“Zitto e cammina scemo.”
La mattinata passa velocemente, come ogni santissimo giorno. Mi riaccompagna a casa alle due, non mangiamo quasi mai a scuola.
“Stasera a casa mia okay?” Mi dice prima che io scenda dall’auto.
“Certo Nick, come ogni sabato.”
“Si, però ci sarà anche altra gente. Per te va bene?”
“Nick è casa tua, non mia.”
“Lo so, ma”
“Niente ma, scemo. Alle sette da te okay.”
Ti amo Nicholas, peccato che non possa dirtelo, penso come sempre mentre apro la porta di casa. Mia madre sta cucinando, mio padre è in Svizzera per lavoro. Lascio la borsa nell’ingresso e mi dirigo verso la cucina.
“Com’è andata a scuola amore?” Mi chiede mia madre dandomi un bacio sui capelli.
“Al solito mamma, stasera sono da Nicholas va bene?”
“Certo, tanto io esco con Paul e Denise.”
“Perfetto.” Dico addentando un pezzo di pane e sedendomi a tavola nel momento stesso in cui mia madre posa il piatto davanti a me. Mangiamo in silenzio, con la compagnia del televisore. Quando mio padre non c’è è sempre triste l’ora di pranzo. Lui riempie la casa con la sua voce e le sue risate, si sente da morire la sua mancanza. Fortunatamente torna tra qualche giorno. Finisco di mangiare e scappo in camera, prima che mia madre mi chieda di aiutarla a mettere in ordine. Mi stendo sul letto con l’iPod nelle orecchie e il libro di letteratura tra le mani, studiare con la sua voce in sottofondo mi rilassa e qualche volta fingo di essere io la ragazza a cui ha dedicato tutte le sue canzoni. Studio velocemente, la scuola non è mai stato un problema. Sono una delle migliori della classe, nonostante passi pochissimo tempo sui libri. Memoria fotografica, fin da quando ero piccola, riesco a ricordare tutto, anche i piccoli particolari che la gente comune non nota. Il telefono mi distrae dal mio flusso di pensieri.
“Cher, dimmi.” Rispondo alla mia migliore amica.
“Posso venire da te e poi andiamo insieme da Nicholas?”
“Non c’è bisogno nemmeno di chiederlo tesoro, vieni quando vuoi.”
“Okay, che mi metto?” Cher ha una cotta per Joseph da qualche anno, ma lui è come se non la notasse nemmeno. E’ sempre il solito, fa il cascamorto con tutte e non intraprende mai una relazione seria. Anche Nick è un po’ così, ma adesso fa meno il puttaniere. Credo che Joe ci stia di nuovo provando con me, purtroppo. Vabbè, ma adesso non mi interessa.
“Mmmh, il vestito azzurro che abbiamo preso da…”
“Si okay, perfetto!”
“Ma hai capito almeno qual è?”
“Ovviamente bellezza, a dopo!” Chiude il telefono senza nemmeno salutarmi, sempre la solita Cher. Occhi nocciola, capelli scuri e un bellissimo sorriso, la conosco dal primo anno di liceo e siamo diventate subito grandi amiche. Ci intendiamo alla perfezione. Scendo dal letto e mi infilo nella doccia, sono le cinque e mezza. Quando finisco di asciugarmi i lunghi boccoli biondi, sono da poco passate le sei, sento il campanello suonare e la voce squillante di Cher rimbombare per tutta la casa. Entra in camera mia e si getta sul letto, non prima di aver praticamente scaraventato la sua borsa sulla moquette.
“Allora che ti metti stasera?”
“Al solito Cher, jeans e magl…”
“NON CI PROVARE NEMMENO.”
“Perché scusa?”
“Perché altrimenti lasci campo libero a Savannah la troietta amore mio.” Dice con un tono dolce che non si abbina alle sue parole.
“Tanto ha già campo libero, se piacessi almeno un poco a Nick credo che in tutti questi anni me l’avrebbe dimostrato.” Rispondo sedendomi accanto a lei e raccogliendomi i boccoli appena lavati in una coda alta.
“Innanzitutto stasera ti lasci i capelli sciolti. Adesso ti vesto io invece.” Si alza e apre il mio armadio. Io odio il mio armadio, è pieno di roba inutile che non metterò mai e che mia madre si ostina a comprare. Non riesco ancora a capire quale parte del “io uso solo jeans e felpe” non comprende. Fatto sta che il mio armadio straripa di scarpe con il tacco, vestitini, camicette e cose varie. Presto sempre a Cher i miei vestiti che lei adora, su di lei fanno un figurone, mentre su di me sembrano appena usciti da una pattumiera. Yeahhh. Inizia con il sciogliermi i capelli, che ricadono odiosi sulla schiena nuda. Prende un top color champagne, aderente e senza spalline che non ho mai indossato, un paio di pantaloni neri a vita alta con ancora il cartellino e delle scarpe con il tacco beige che fanno male ai piedi solo a vederle. La mia voglia di vestirmi così è molto alta, si vede? Mi fa indossare il tutto, poi prende una cinta nera che annoda nel punto in cui i pantaloni si sovrappongono al top. Mi guardo allo specchio, sto malissimo, sembro una signora di cinquant’anni.
“Sei perfetta!” Dice truccandomi gli occhi di grigio scuro.
“Si, perfetta per andare a giocare a bingo.” Le rispondo con la bocca impiastricciata di rossetto color pesca.
“Ma perfavore! Adesso muoviti che sono quasi le sette, dobbiamo andare.”
Mi trascina lungo le scale, nel vialetto e infine in strada, dove traballo pericolosamente su quei cosi che mi ha costretta ad infilare. Prendo le chiavi per aprire la porta di casa di Nicholas quando questa si spalanca, rivelando il viso sorridente di Joe.
“Vi ho viste arrivare dalla finest… Wow!” Il suo volto assume un’espressione stupita mentre mi squadra dalla testa ai piedi. “A cosa dobbiamo questo cambiamento?”
“A Cher che mi ha costretta. Altrimenti sarei venuta in jeans e maglietta come al solito.” Dico entrando in casa e dando un bacio a Frankie che è seduto davanti alla tv.
“Ottimo lavoro Cher! Davvero.”
Cammino verso la cucina, rallentata dal passo leggermente traballante, per salutare Denise che sicuramente starà cucinando qualcosa di fantastico.
“Ciao Denise.” Sorrido appoggiandomi al piano in acciaio della cucina.
“Ma quanto sei bella stasera Penn!” Mi sorride, dandomi un piccolo bacio sulla fronte.
“Chi è bellissima stasera?” La sua voce. La sua voce. La sua voce. Sento le guance infuocarsi mentre lui scende le scale e appare in cucina. Abbasso gli occhi imbarazzata per il mio ‘stravagante’ abbigliamento, ma non prima di aver colto il suo sguardo sorpreso e un sorriso che si fa spazio sul suo viso.



Spazio autrice:
Se siete arrivati fino qua, vi meritate davvero un applauso! *clap clap clap* okay detto questo, è una storia che mi è venuta mentre stavo facendo la doccia quindi se fa schifo, ditelo perchè accetto TUTTE le critiche. Spero davvero che vi piaccia e di ricevere qualche (piccola anche u.u) recensione positiva. Con questo vi lascio, se avete letto anche la nota dell'autrice vi stimo davvero.
Penn.

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Capitolo 2
*** Chapter two. ***


Chapter two.


“A cosa dobbiamo questo improvviso cambio di look?” Ri-chiede Joseph sedendosi accanto a me sul divano. La festa è iniziata da un bel pezzo, ma ho sempre odiato ballare e mischiarmi tra la folla, preferisco di gran lunga sedere sul divano con un bicchiere di cocktail colorato in mano. Piuttosto da sfigata si, ma non ci posso fare nulla, sono fatta così.
“Te l’ho già detto Joe. E’ stata Cher a costringermi, fosse stato per me sarei venuta in tuta.” Rispondo scocciata dalla sua insistenza. Lo so che mi sta solo facendo una semplice domanda, ma conosco Joe e anche il suo modo di fare con le ragazze. Prima le seduce con complimenti e cose del genere, fa credere loro che lui è il ragazzo più desiderabile di questa terra, le usa per ‘scopi personali’ ed infine le scarica come se fossero ferri vecchi. Come ha fatto come me, ad esempio. Non ero veramente innamorata di lui e non so nemmeno perché ci sono andata a letto, sprecando così il momento più bello della mia vita con un ‘animale’ assatanato di sesso che se n’è andato appena abbiamo finito. Finisco di bere il mio cocktail con un po’ di amarezza, ricordando queste cose.
“Penn mi hai sentito?” Joe mi passa una mano davanti agli occhi.
“No. Che hai detto?”
“Volevo sapere se ti andava di ballare.” Dice quando mi volto verso di lui.
“No grazie.”
“Hai intenzione di passare tutta la serata su questo divanetto?”
“Assolutamente si. Se proprio vuoi fare qualcosa, vammi a prendere un altro drink, non ho voglia di alzarmi.”
“Solo se dopo balli con me.”
“Vado a prendermi il drink da sola, ciao.” Mi alzo, ma mi prende la mano, bloccandomi.
“Solo un ballo, da amici. Come ai vecchi tempi no?”
“Quali erano i vecchi tempi scusa?” Sbotto irritata.
“Quelli in cui non mi trattavi male per ogni singola cosa, in cui eravamo come fratelli anche noi due, in cui ero anche io il tuo migliore amico.”
“Le persone cambiano Joseph.” Gli rispondo facendogli intendere che mi sto riferendo a lui. All’età di diciassette anni non era così puttaniere, credeva che una ragazza dovesse essere conquistata con la dolcezza e non con la misura del suo arnese.
“Chi ti ha detto che sono totalmente cambiato?” Si avvicina piano, guardandomi negli occhi. Oh cazzo, lo sapevo che ci stava provando di nuovo. E adesso chi glielo dice a Cher? Mi ucciderà, me lo sento.
“Io, l’ho detto io e mi credo da sola okay?”
“Non sei infallibile Penn.” E’ sempre più vicino e ha un tono sempre più deciso.
“Nemmeno tu Joseph.” Rispondo con la stessa forza.
“Non ho mai detto di esserlo.”
Mi ha spiazzata, non so più che rispondere. Mi divincolo dalla sua presa e, senza voltarmi, raggiungo il bancone. Prendo un altro cocktail dai colori vivaci, ma non lo assaggio nemmeno. Cerco Nicholas per tutta la sala, ma di lui non c’è traccia. Non vedo né lui, né Savannah. Il solo pensiero che possano essere insieme mi fa stare male. So che dovrei essere felice per lui, ma non posso farcela. Per una volta vorrei essere felice anche io. Ingurgito un sorso di bevanda, ma il sapore dolciastro mi disgusta come non mai. Sono turbata, dal fatto di non riuscire a sapere dove si trova Nick adesso (e soprattutto con CHI) e dalle avances di Joe. Non ho un ragazzo fisso dall’età di dieci anni, quando Billy mi chiese di mettermi con lui con un bigliettino, alle elementari. Durammo l’infinità di tre giorni, poi lo scaricai. Non riuscivo a trovare una cosa nella quale fosse meglio di Nick e così misi fine a quella ‘interminabile’ relazione. Il fatto è che l’amore non è il mio campo. Sono brava solo a giocare a golf e a ingozzarmi di gelato al ciocco menta (rigorosamente senza zucchero perché Nicholas è diabetico), non a fare gli occhi dolci ad un ragazzo che mi considera praticamente sua sorella. Certe volte vorrei tanto essere come Savannah. Pur non essendo tutta questa bellezza, lei ci sa fare con i ragazzi e viene considerata la più attraente e desiderabile della scuola. Sa come valorizzare i capelli neri come il petrolio, gli occhi dello stesso colore che si piantano dello stomaco dei ragazzi, facendo arrossire anche il più audace e convinto  di questo mondo. Vorrei avere il suo stesso comportamento e la sua stessa grazia nel muoversi. Io quando cammino sembro un orso. Un orso carino e tenero si, ma pur sempre un orso. Ho principalmente amici maschi, che mi vedono come una di loro. Sono colei che sarebbe dovuta nascere maschio. Vorrei sembrare meno insicura e non la solita ‘faccia d’angelo’ con gli occhi  turchesi e i capelli biondi. Sospiro lasciando  il bicchiere sul tavolo, ancora quasi completamente pieno. Vedo Joe venirmi incontro, prendere il drink che ho appena posato e bere dalla cannuccia che le mie labbra hanno vagamente sfiorato.
“Allora, me lo concedi o no un ballo?”
“Assolutamente no, ma se ti va puoi accompagnarmi a fumare una sigaretta.”
Cammino svelta verso la porta d’ingresso, traballando leggermente sui trampoli che ho al posto delle scarpe. Sento Joe seguirmi e chiudere alle sue spalle la porta quando mi raggiunge sullo scalino davanti a casa. Inspiro una boccata di fumo, passando a Joe il pacchetto di Marlboro Light, le uniche sigarette che riesco a fumare. Nick non fuma, odia quando lo faccio e per questo cerco di non soddisfare mai questa voglia davanti a lui. Con Joe è tutto diverso. Non è un bravo ragazzo tutto ‘casa e chiesa’ come il fratello. Fuma, beve come se non ci fosse un domani e scopa fregandosene altamente dell’anello della purezza che porta ancora al dito. Mi prende per le spalle, facendomi posare la testa sul suo petto.
“Che hai stasera?”
“Nulla Joe. Sono solo stanca.”
“Stanca di che?” Domanda gettando fuori il fumo con un unico movimento delle labbra.
Di solito, quando dico di essere stanca, la gente pensa che lo sia fisicamente, che sia assonnata o stremata da uno degli innumerevoli sport che pratico. Joe non è così. La sua domanda fa capire che sa che sono stanca di una situazione o di qualcuno. Purtroppo non sa né di chi né di cosa ed io non ho intenzione di dirglielo.
“Non lo so. Forse stanca di essere me stessa.” E’ una delle cose più vere che ho detto stasera. Abbassa la testa verso di me, guardandomi negli occhi.
“Non essere mai stanca di essere te Penn, perché sei la persona più fantastica che esista.”
“Non la pensano tutti così.”
“Fregatene, è la verità e chi non lo capisce è solamente una testa di cazzo.”
“A cosa devo tutta questa dolcezza improvvisa Joe?”
Non mi risponde, rimango in silenzio ascoltando il battito del suo cuore. So già la risposta, ma mi piacerebbe sentirla da lui, ho un disperato bisogno di conferme da parte della vita.


Ehilà a chiunque stia leggendo (se qualcuno sta davvero leggendo D: ).
Comunque, spero che questo capitolo sia piaciuto, a me piaciucchia anche se non ne sono totalmente convinta. Mi piace il fatto che Joe ci provi con lei, ma c'è qualcosa che mi turba.
Spero di ricevere qualche recensione, anche negativa se ce n'è bisogno :)
Penn.

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Capitolo 3
*** Chapter three. ***


Chapter three.
 

Cammino per i corridoi della scuola con un mal di testa ‘post sbornia’ atroce.  Ieri sera Cher è venuta a dormire da me, ho voluto raccontarle tutto quello che mi ha detto Joe sabato. Mia aspettavo una scenata di gelosia da parte sua, ma si è limitata ad alzare le spalle e a dirmi che aveva puntato un compagno di classe di Nick. Meglio così. Dopo di che, abbiamo sperimentato nuovi cocktail mischiando tutti gli alcolici che avevamo sottomano, con un risultato atroce. Ho passato la nottata a sonnecchiare in bagno, disturbata da frequenti conati di vomito. Ci è voluta tutta la mia forza e una buona dose di fondotinta di Cher per rendermi presentabile oggi. Ho passato le prime due ore con la testa poggiata sulla mano destra, fissando il vuoto e cercando di non addormentarmi. Bevo quella che è, molto probabilmente, la quarta bottiglietta d’acqua della giornata mentre infilo in bocca una piccola pillola di antidolorifico.
“Hai un aspetto orrendo Penn.” Mi dice Nicholas. Mi aspetta come al solito davanti al mio armadietto, il suo è quello accanto, ma lo trovo sempre poggiato con la schiena sull’anta del mio.
“Grazie Nick, molto gentile.” Rispondo agitando i lunghi boccoli biondi. Prendo i libri per la prossima ora e chiudo in fretta l’armadietto, voltandomi con uno svolazzo della corta gonna della divisa scolastica. Sorpasso il mio migliore amico senza degnarlo di uno sguardo, ancora leggermente offesa dal suo comportamento di sabato sera. Mi aggiusto la camicetta bianca e la cravatta scozzese nei toni del verde, lo stesso motivo della gonna, e cammino per i corridoi di linoleum verde stinto a passo leggero. Sento lo sguardo di Nick sulla mia nuca, riesco perfino ad immaginare la sua faccia, sorpresa e leggermente infastidita dalla mia brusca reazione. Raggiungo velocemente l’aula di storia americana e mi siedo al mio solito banco. Le due ore passano velocemente, faccio finta di prendere appunti e cerco di dormire ad occhi aperti, con scarsi risultati. Scendendo le scale sento una mano darmi una pacca sul sedere. Mi volto. Nicholas. E’ fissato con il mio fondoschiena. Dice che non ne ha mai visto uno più bello. Almeno quello gli piace di me.
“Scusa per prima Penn, ti sei offesa?” Mi guarda con quegli occhi che io ho sempre definito i più belli del mondo e mi sorride.
“No, non ti preoccupare Nicholas.”
“Perché non mi chiami Nick come tutte le persone di questo mondo?” Dice appropriandosi dell’anta del mio armadietto, come al solito.
“Preferisco Nicholas, mi piace.” Gli rispondo dandogli un fugace bacio sulla guancia. “Adesso spostati che devo mettere i libri a posto.” Toglie le spalle dal freddo metallo e inserisco velocemente la combinazione, la stessa da anni. Lascio i libri e richiudo lo sportellino.
“Ehi Penn, ti è caduto questo.” Il mio migliore amico si piega, prendendo quello che, a prima vista, sembra un pezzo di carta bianco e me lo porge.
“Non è mio.” Lui lo guarda meglio e poi me lo porge nuovamente.
“Forse non sarà tuo, ma è destinato a te.”
“Ma che…?”
“C’è scritto ‘Penn’ sopra.” Prendo quella che ho riconosciuto essere una busta da lettere dalle sue mani e la guardo meglio. Una grafia che non ho mai visto, che non mi dice assolutamente nulla. “Che fai non la apri?” Insiste Nicholas.
“Hai ora buca adesso no? Anche io, vieni con me in giardino e la apriamo insieme.” Dico senza aspettare la sua conferma, in fondo conosco a memoria il suo orario. Lo prendo per mano e lo trascino fino alla fine del corridoio, dalla parte opposta all’entrata principale. Apro una grande porta ed esco in giardino, la parte della scuola che preferisco di più. Non è molto grande, qualche spiazzo di erba alta e dei piccoli sentieri di ghiaia con panchine di legno ai lati. Il mio albero preferito, un grande salice piangente le cui foglie riescono a toccare terra. E’ nella parte più lontana del giardino, dove non va mai nessuno ed è per questo che è diventato il mio ‘rifugio’ durante le ore di noia totale. Nicholas si siede accanto a me, sul tappeto erboso che pizzica leggermente le parti delle gambe non coperte dalla corta gonna. Lui mi guarda, come ad incitarmi ad aprire la busta. La rigiro velocemente tra le dita e la apro. C’è solamente un disegno dentro, è il disegno di un boquet di quelle che sembrano piccole margherite bianchissime.
“Ma che è?” Chiedo a Nick continuando a guardare il foglio. E’ un disegno a dir poco stupendo, così realistico che i fiori sembrano veri.
“Ehm… un disegno no?”
“Si, ma dicevo che… chi…?”
“Non lo so nemmeno io.”
Giro il foglio e scopro una piccola scritta. ‘Energia contro le avversità’ ed una parola ‘Coraggio’. Niente firma, né nulla che possa far risalire al mittente.
“Ma che significa?”
“Sinceramente non lo so Penn.”
“Energia contro le avversità, coraggio. Sembra che qualcuno voglia dirmi qualcosa no?”
“Si, ma CHE cosa?”
Mi mordo il labbro inferiore, sapendo già a cosa si riferisce, probabilmente, la lettera. So che il fatto che mi piaccia Nicholas non è propriamente di ‘dominio pubblico’ ma penso che qualcuno l’abbia capito. Potrebbe essere stata Cher! Oppure Joseph… No, Joe no. Non sa di Nick e comunque non mi direbbe mai di avere coraggio e di… come dice la lettera? ah si avere ‘energia contro le avversità’. Bah.
“Non potrebbe essere stata Cher?”
“Non so Nick. Potrebbe, ma perché non firmarsi? O perché non me l’ha detto a voce?”
“Boh.”
“Devo dire che mi sei di grande aiuto sai?”
“Ahahahah ne so meno di te scema. Ma perché dovresti avere ‘coraggio’?
“Ah boh, che ne so io.” Dico mentendo spudoratamente. “Ma siamo sicuri sia per me?”
“Non c’è nessun altro a scuola che si fa chiamare Penn.”
“C’è Penny Lovelace no?”
“Ma la chiamano tutti Lacy.”
“Giusto. Allora proprio non lo so Nick.” Mi metto a giocherellare con una fronda del grande salice proprio mentre suona la campanella dell’ultima ora. Oggi si esce all’una fortunatamente.
“Vieni da me a pranzo?” Mi dice aiutandomi ad alzarmi.
“Okay, avvisa Denise mentre io avviso mamma.”
“Prendi i libri per oggi pomeriggio, ti aspetto in macchina.” Mi dice quando entriamo nel corridoio gremito di studenti.
“Okay.”
Raggiungiamo casa di Nicholas in un batter d’occhio, le strade sono stranamente libere.
“Beh com’è andata oggi a scuola?” La voce di mamma Jonas mi arriva chiara e forte nel momento stesso in cui poso la scarpa sul lucido parquet dell’entrata.
“Tutto bene Denise.” Le rispondo affacciandomi in cucina e mandandole un bacio volante.
“Anche a me mamma.” Mi fa eco Nick.
“E’ successo qualcosa di nuovo?” Chiede come ogni giorno.
Io e Nick ci guardiamo negli occhi, faccio un piccolo cenno del capo e lui annuisce. Non riveleremo nulla della strana ‘lettera’.
“No, nulla di nuovo mamma. Sempre la solita monotonia.” Dice Nicholas addentando un pezzo di pane. Denise ci guarda entrambi, si è accorta del nostro scambio di gesti. Continua a fissarci, in attesa che qualcuno di noi riveli la verità. Sono in imbarazzo.
“Allora mamma, quando si mangia?” Santissimo Nicholas. Santissimo davvero.

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Capitolo 4
*** Chapter four. ***


Chapter four.
 

“Che compiti hai per domani?” Mi chiede Nicholas gettandosi sul letto e mettendosi un cioccolatino, rigorosamente senza zucchero, in bocca.
“Nulla, ma se ne avessi me ne sbatterei altamente. Non ho la testa per studiare.” Mi stendo accanto a lui, a pancia in giù e soffocando la testa nel grande cuscino bianco.
“Allora mi puoi aiutare!”
“A fare che?”
“Nulla… una cosa…”
“Nicholas Jerry Jonas, devi dirmi qualcosa?” Dico alzando di scatto la faccia dal cuscino e guardandolo negli occhi. Mi sfugge, non vuole incontrare il mio sguardo. “Niiicholas!” Lo riprendo scherzosamente, facendogli un gran sorriso.
“L’altra sera Savannah mi ha chiesto di uscire con lei, sabato prossimo.” Mi risponde tutto d’un fiato e senza guardarmi veramente. Non incrocia i miei occhi nemmeno per un secondo, continuando a guardare il mio sorriso. Un sorriso che mi si è appena gelato sulle labbra e che trovo difficilissimo mantenere adesso.
“Oh bene!” Mi volto fingendo di prendere un libro dalla scrivania, cercando di nascondere la mia delusione e cercando di riprendermi.
“Mi aiuti? Non so come… come…”
“Comportarti, vestirti, parlarle?”
“Si, esattamente!” Lo sento alzarsi e camminare per tutta la camera, come quando è nervoso. Riesco perfino a immaginarlo mentre mette le mani in tasca o si passa le dita tra i riccioli scuri. “Mi aiuterai?” Continua dopo poco.
Mi ci vuole una forza di volontà che non immaginavo di avere per girarmi e sorridergli, anche se è la cosa che più mi fa male. “Certo Nick.”
Vedo il suo volto rischiarato da un sorriso a trentadue denti, mentre io continuo ad averne uno da ebete sulla faccia. La mia voglia di passare il pomeriggio con lui è andata completamente a farsi fottere.


“Buongiorno principessa.” Una voce familiare mi sveglia dolcemente. Mi rigiro tra le coperte che mi tengono fin troppo calda e apro gli occhi per un secondo.
“Giorno anche a te mamma.” Dico mettendomi a sedere e fissando le mie gambe nude. Sono solita dormire con magliette XXL che mi coprono fin sotto al fondoschiena, anche d’inverno. Mi alzo all’improvviso e mi preparo velocemente, come ogni mattina sono in un fottutissimo ritardo. Colpa di mia madre che mi sveglia tardi. Mi preparo in fretta, infilo la solita camicetta bianca, la gonna scozzese verde e allaccio la cravatta cercando di non strozzarmi. Allaccio velocemente le converse verdi e prendo la borsa dalla sedia.
“Che è successo?” Mi chiede Nicholas appena entro in macchina.
“In che senso?”
“Penn, sono solo le otto meno cinque. E’ troppo presto per te!”
“Nicholas vuoi che ti mandi a fare in culo adesso o tra cinque minuti?”
“Ahahahahah, sei sempre la solita.”
“E meno male.” Sussurro cercando di non farmi sentire da lui.
“Si, meno male, non saresti la mia migliore amica se fossi diversa.” Dice passandomi una mano sui capelli.
Gli faccio un piccolo sorriso, ma rimango in silenzio per tutto il resto del tragitto casa-scuola. Appena arrivati davanti all’edificio scolastico, vedo Savannah venirci incontro o meglio, andare incontro a Nick. Mi affretto ad allontanarmi da loro ed entro velocemente a scuola, non ho alcuna voglia di vederli insieme, magari che discutono della loro uscita di sabato. Nick mi raggiunge poco dopo, naturalmente al mio armadietto. Ha le guance rosse e gli occhi che brillano, la sua felicità mi fa male.
“Oggi siamo tre in macchina al ritorno.”
“Eh?”
“Savannah mi ha chiesto un passaggio.”
“Ah okay.” Mi volto sbattendo l’anta del mio armadietto e correndo in classe. Grazie della bella sorpresa Nicholas. Durante la prima ora mi ritrovo a fissare il numero di Joseph, con un’idea che si fa sempre più nitida nella mia mente. Appena suona la campanella della seconda ora mi precipito in bagno, decisa a mettere in atto la mia idea, prima che la mia coscienza si ribelli, come al suo solito.
“Ehi Joseph.”
“Penn, sei tu?”
“Si, Joe scusa posso chiederti un favore?”
“Dimmi tutto cara.”
“Non è che mi verresti a prendere tu da scuola oggi? Nick dà un passaggio a Savannah e, sinceramente, mi scoccia fare il terzo incomodo tra i due piccioncini.” Dico cercando di non lasciar trasparire l’amarezza nella mia voce. So che è sbagliato sfruttare l’ascendente che ho su Joe per ‘scopi personali’, ma non ce la faccio proprio a sopportare quei due che si guardano come se si stessero spogliando con gli occhi. E’ più forte di me.
“Certamente!” Sento una leggera euforia nella sua voce che mi fa sorridere. “Però…”
“Però che?” La campanella suona nuovamente, per intimare gli studenti ad andare in classe. “Muoviti Joe, è suonata e devo tornare in classe.”
“Però devi promettermi di pranzare con me oggi.”
“Okay okay, va bene. Ricordati che esco alle dodici!”
“Me lo ricorderò. A dopo.”
“Grazie Joe.”
Chiudo la comunicazione e entro in classe un secondo prima che professoressa chiuda la porta, per il rotto della cuffia si. Passo l’ora a rimuginare su quella che, solo adesso, mi sembra una grande stronzata. Perché ho chiamato Joseph? Sono un’emerita deficiente.
“Nick io torno con Joe a casa.” Gli dico appena suona la ricreazione. Non lo guardo negli occhi per paura che possa capire il motivo per il quale ho deciso di non stare con lui e Savannah.
“Come mai?”
“Beh, così tu e Savannah state da soli… Ti va bene vero?” Guardo un punto oltre le sue spalle, cercando di non incontrare il suo sguardo. Lo vedo mentre alza le spalle, che aveva leggermente inarcate.
“Mmh si, grazie Penn.” Detto questo si volta e prende i libri dall’armadietto, poi va in classe, senza nemmeno dirmi ciao. Ma che cazzo tiene questo qua adesso? Avviso mia madre con un messaggio, sentendomi un po’ in colpa per averla lasciata sola per due giorni di seguito.
Vivo le ultime due ore con l’ansia di vedere Joseph, sensazione che sparisce appena incrocio i suoi occhi all’uscita da scuola. Mi aspetta appoggiato alla sua moto, con un sorriso strafottente sulle labbra e gli occhiali da sole in mano.
“Grazie per essermi venuto a prendere Joe.” Gli do un veloce bacio sulla guancia, inspirando l’odore del suo dopobarba.
“E di che.”
“Allora, che facciamo a pranzo?”
“Lo scoprirai.” Si infila gli occhiali da sole e mi passa un pezzo di stoffa rossa.
“Che è ‘sta cosa?”
“Devi mettertela sugli occhi.”
“E perché?”
“Deve essere una sorpresa il posto in cui andremo.”
“Joseph Adam Jonas stai dicendo seriamente?”
“Assolutamente si! O lo fai oppure torni con Nicholas e Savannah.”
“Mi stai ricattando?”
“Prendila più come una promessa.”
“Vai a fare in culo Joseph.” Gli dico sorridendo, piacevolmente sorpresa da quello che ha ‘ingegnato’ per me.
“Grazie, ti voglio bene anche io.” Dice mettendomi la fascia rossa sugli occhi e bloccandomela con il casco. Mi aiuta a salire sulla moto, visto che io non ci vedo nulla. Mi stringo forte a lui, di solito non mi tengo mai in moto, ma adesso non ho la possibilità di vedere la strada e ho un po’ di paura. Sento il vento fresco colpirmi la faccia, siamo ‘in viaggio’ da quella che mi sembra una mezz’ora buona e Joe non accenna a fermarsi. Un odore pungente mi pizzica le narici, ma non riesco a riconoscerlo. Poco dopo la moto si ferma dolcemente. Scendo con un balzo tenendomi aggrappata a lui. Faccio per levarmi la fascia dagli occhi, ma lui mi blocca. Mi prende in braccio ed inizia a camminare. Non riesco a smettere di sorridere, nessuno ha mai fatto tante cose per me. Mi posa su quello che sembra essere legno e finalmente mi toglie la benda. Sono seduta su una passerella di legno chiaro, l’unica cosa che spicca tra questo mare di sabbia bianca e bollente. In lontananza riesco a vedere l’oceano e le onde che bagnano la sabbia.
“Ti piace qui?” Mi chiede Joseph sedendosi accanto a me.
“E’ bellissimo.”
“Vengo sempre qui quando ho bisogno di stare da solo. Non ho mai visto nessuno venirci.”
“Dove siamo?”
“Non te lo dico.”
“Perché?”
“Perché è il mio posto. Non voglio che si sappia in giro dov’è.”
“E se volessi ritornarci?” Lo guardo negli occhi scuri.
“Basterà dirmelo e ti accompagnerò.”
“Promesso?” Gli dico mostrandogli il mignolo.
“Promesso.” Risponde allacciando il mio dito con il suo e sorridendo.

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Capitolo 5
*** Chapter five. ***


Chapter five.
 

“Dio Joseph, spero davvero che non abbia cucinato tu.”
“Perché?” Mi chiede allarmato guardando il mio piatto.
“Perché altrimenti dovrei sposarti.” Gli rispondo sorridendo e alzandomi. Ero seduta su una di quelle classiche tovaglie da picnic, a quadrettini bianchi e rossi.
“Allora sposami.” Mi fa l’occhiolino e si alza anche lui. “Ti va di fare un bagno?”
“Joe, dopo tutto quello che abbiamo mangiato, se mi butto adesso muoio.”
“Non è ancora iniziata la digestione, puoi farlo.”
“Non ho il costume.”
“Nemmeno io.”
“Non abbiamo asciugamani.”
“Si invece, li ho nel bauletto della moto.”
“Praticamente non ho scampo eh?”
“Praticamente.”
“E se ti dicessi che non mi va?” Gli dico sedendomi sulla sabbia.
“Ti prenderei in braccio e ti butterei completamente vestita. Credo ti convenga farlo di tua spontanea volontà.” Mi dice seriamente.
“Non mi va.” Rispondo strafottente.
“Bene, l’hai voluto tu.” Mi prende in braccio di peso, cerco di divincolarmi, ma la presa è troppo forte. Si avvicina inesorabilmente all’acqua.
“OKAY, okay! Ma girati mentre mi spoglio.” Poco dopo sono già in acqua, fortunatamente non è molta fredda e, ancor più fortunatamente, stamattina ho messo un completino intimo che non risulti trasparente da bagnato. La mia buona stella mi assiste.
Mi immergo completamente e faccio due piccole bracciate a rana.
“Joe, dove sei Joe?” Dico quando esco, non vedendolo da nessuna parte. All’improvviso due mani mi cingono i fianchi.
“Sono qui.” Mi giro di scatto, ritrovandomelo davanti. Lo guardo negli occhi nocciola, mentre mi rivolge un piccolo sorriso.
“Grazie Joe.”
“Di che?”
“Di tutto quello che hai fatto oggi per me.”
“Hai freddo?” Dice notando un mio piccolo brivido.
“Un po’, ma non ti pr…”
“Vado a prendere gli asciugamani.”
“Ma non ti preoccupare Joe.” Le parole mi muoiono sulle labbra quando mi trascina fuori dall’acqua e corre a prendere gli asciugamani. Poco dopo mi ritrovo infagottata in una morbida spugna di un’improbabile giallo limone. Batto leggermente i denti quando il vento fresco raggiunge le mie gambe ancora bagnate. Mi tampono i capelli e guardo Joe che nel frattempo si è già rivestito. Con ancora l’asciugamano addosso, mi avvicino alla mia borsa e tiro fuori il telefono.
“Oh mio dio santissimo.” Dico guardando lo schermo.
“Che c’è?” Chiede Joe allarmato.
“Ventidue chiamate perse e dodici messaggi.”
“Tua madre?”
“No, Nicholas!”
“Nick?”
“Si, eppure gli avevo detto che ero con te!”
“Boh, se ne sarà dimenticato?”
“Ovvio che no Joe. Potrebbe essere successo qualcosa?”
“Ma no, altrimenti avrebbe chiamato anche me e non ho alcuna chiamata persa.” Mi dice mostrandomi lo schermo del suo telefono.
Sospiro di sollievo, tendo sempre a preoccuparmi troppo. “Andiamo a casa? Devo studiare.”
“Certo, ma copriti, altrimenti prendi freddo.”
“Joseph sembri mia madre.”
Mi risponde con un piccolo sorriso e mi guarda mentre mi rivesto. Mi passa il casco, ma prima mi mette nuovamente la benda sugli occhi.
“Perché?”
“Perché altrimenti puoi capire dove siamo.” Dice mettendomi il casco e aiutandomi a salire sulla moto.
Il viaggio sembra durare meno che all’andata, forse la stanchezza o solo l’emozione, ma mi sembrano solo cinque minuti di corsa in moto.
“Forse è meglio che entri.” Mi dice Joe quando parcheggia la moto davanti a casa sua.
“Perché?”
“Dici troppi perché sai? Comunque perché hai i capelli bagnati e se tua madre ti vede uccide te e me. Asciugateli e poi vai a casa no?”
“Hai ragione Joe, grazie.” Gli faccio un sorriso ed entro in casa. Nicholas è seduto sul divano e fa zapping tra un canale e l’altro. Appena mi vede si alza e mi viene incontro.
“Ehi Nicho…” Il mio sorriso si spegne appena vedo la sua espressione.
“Dove cazzo sei stata fino ad adesso?”
“Con me Nick. Non lo sapevi?” Sento la voce di Joe dietro di me.
“Certo che lo sapevo, ma non pensavo steste così tanto! Sono le quattro!”
“E beh?” Chiedo guardandolo negli occhi.
“Beh ho provato a chiamarti un casino di volte, pensavo fosse successo qualcosa?”
“Ho visto le chiamate, non potevo rispondere.”
“Perché?” Mi chiede guardando prima me e poi Joe.
“Perché stavamo facendo il bagno.”
“Il bagno?”
“Si. Adesso accompagnami in bagno e raccontami tutto di oggi stupido.”
Entro in bagno e prendo il phon, accendendolo al minimo per poter sentire ciò che dice Nick.
“Allora?”
“Nulla, l’ho accompagnata a casa, abbiamo parlato…” Dice guardando a terra.
“Di che?”
“Del più e del meno…”
“Ti ha baciato?”
“Mmmh.”
“TI HA BACIATO! Che bello!” Dico fingendo un entusiasmo pazzesco. Dovrebbero darmi l’oscar per la recitazione che sto facendo in questo momento.
“Si, ci siamo baciati.” Mi dice con un sorriso dolcissimo. Un sorriso che mi fa più male di una pugnalata nella pancia, ma che sopporto comunque, perché se lui sorride, sorrido anche io. E’ l’unica persona che voglio vedere felice, è l’unica persona la cui felicità e serenità mi interessa e farei di tutto pur di vederlo contento. Anche mettendo da parte la mia di felicità, si.
“Sono contenta Nick.” Dico abbracciandolo e inspirando il suo profumo delicato. Lui mi accarezza la schiena con una mano. Dio Nicholas, potrei rimanere così per sempre.
Mi asciugo in fretta i boccoli biondi, devo correre a casa a studiare. Quando entro nella mia villa, noto che non c'è nessuno. Mia madre è andata a lavoro, c'è solo la mia cagnolina Holly a tenermi compagnia. La prendo in braccio, è una volpina bianca e pesa pochissimo, e la porto con me in camera. La accarezzo mentre cerco di studiare. Cerco, si perchè non ci riesco proprio. Ho passato una bellissima giornata con Joseph, ha fatto cose che Nick non farebbe mai per me. Mai e poi mai. Peccato che quando ho saputo che Nicholas e Savannah si sono baciati mi è partito l'embolo. E' troppo importante per me, anche se Joe è dolce, tenero e sto bene con lui, io sono innamorata di Nicholas, non posso assolutamente dimenticarlo in cinque minuti. Mi asciugo velocemente una lacrima che mi riga il viso e stringo Holly a me. Potrei chiamare Cher se volessi un pò di compagnia, ma sinceramente preferisco passare questi minuti di tristezza da sola, come al mio solito.

macciao bellissime! ♥
devo dire davvero grazie alle ragazze che mi stanno recensendo. Mi dispiace solo vedere tantissime visualizzazioni e poche recensioni. Vabbè, speriamo che il numero aumenti! Un bacione e grazie a tutte quelle che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite. Grazie davvero.

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Capitolo 6
*** Chapter six. ***


Chapter six.


Driiin.

“Chi cazzo è che rompe le palle alle dieci di domenica mattina?” Chiedo infastidita guardando l’orologio e stropicciandomi gli occhi. Trattengo uno sbadiglio a fatica e prendo il cellulare che squilla incessantemente dal comodino.
“Chi è?” Riesco a sentire la mia voce ancora impastata dal sonno.
“Penn, sono io Nicholas.” La sua voce, al contrario, è squillante e perfetta. Come se fosse sveglio da ore. Probabilmente lo è.
“Dimmi Nick.” Mi metto a sedere, improvvisamente senza più alcuna traccia di sonno o stanchezza.
“Nulla, sei sveglia?”
“Nicholas se ti sto rispondendo vuol dire che sono sveglia no? Comunque si, diciamo di si.”
“Oh scusa, ti ho svegliata, mi dispiace.” Dice sinceramente preoccupato.
“Non ti preoccupare, hai bisogno di qualcosa?”
“Vieni qua? Mamma ha chiesto se ti va di mangiare qui oggi.”
“Okay, tanto mamma va a prendere papà all’aeroporto, finalmente torna. Ci vediamo all’una allora.”
“No, vieni appena puoi.”
“Appena posso? Perché?”
“Così.”
“Sei strano Jonas.” Gli dico sospirando.
“Mai quanto te Wilkinson.” Mi risponde con una risata. La sua risata perfetta.
“Grazie mille Jonas.” Gli dà fastidio quando lo chiamo per cognome, ma io lo faccio comunque.
“Allora vieni adesso?”
“Jonas mi hai appena svegliata. Sono in mutande, fammi preparare almeno.”
“Mi vai bene anche in mutande.” Nonostante non ce l’abbia davanti riesco a percepire un sorrisetto strafottente sulle sue labbra. Fortuna che non può vedere le mie guance in fiamme.
“Fanculo Jonas.” Gli dico chiudendo il telefono. Non mi sono arrabbiata ovviamente, lui lo sa benissimo. Mi precipito sotto la doccia e venti minuti dopo sono già fuori casa. La felpa bordeaux di Abercrombie è quasi troppo calda anche per questa giornata di fine novembre. In fondo, le temperature di L.A. sono sempre calde.
Suono il campanello e Frankie mi viene ad aprire, seguito a ruota da Elvis e Winston. Do un bacio al piccolo Jonas e una carezza ai due cani prima di salire le scale precipitosamente. Dopo aver pericolosamente rischiato di spezzarmi l’osso del collo, arrivo al secondo piano della villa, riservato alle camere da letto. Passo davanti alla camera da letto di Kevin, con la porta chiusa e mi soffermo davanti a quella di Joe, indecisa se aprire la porta per salutarlo. Alla fine mi armo di coraggio e abbasso la maniglia. Mi blocco sulla porta. Joe, praticamente in boxer e assolutamente senza maglietta, è steso sul pavimento a pancia in giù e fa delle flessioni a ritmo di musica. Rimango sulla soglia per qualche secondo, almeno fino a quando non si accorge della mia presenza e scatta in piedi. Sorride e mi si avvicina, dandomi un piccolo bacio sulla fronte. Gli sorrido di rimando, incapace di fare qualunque altra cosa. Ammetto che così è decisamente, ehm, provocante.
“Ehm, vado da Nicholas. A dopo Joe.” Mi volto in fretta e mi chiudo la porta alle spalle. Mentre cammino per il parquet di legno chiaro, cerco di non pensare ai muscoli di Joseph, imperlati di sudore, al suo sorriso appena mi ha vista e a tante cose molto meno caste che mi hanno colpita di lui. Entro in camera di Nick e mi siedo sul suo letto, accanto a lui. Si è riaddormentato, infagottato in un pigiama blu e rosso e con i capelli spettinati. Gli passo una mano sulla guancia e lui apre immediatamente gli occhi. Di solito non ha il sonno così leggero.
“Ciao dormiglione.” Gli dico facendo un sorriso, mentre l’immagine di Joseph sudato svanisce velocemente dalla mia testa.
“Buongiorno anche a te.” Si mette seduto e mi guarda, ha i riccioli corti spettinati, ma gli stanno d’incanto.
“Avevi tanta fretta di vedermi che ti sei messo a dormire eh?” Fingo di essere offesa, ma lui sa bene che non lo sono.
“Ci metti troppo per prepararti Wilkinson.”
“Scusa se mi lavo la mattina Jonas.” Rispondo dandogli le spalle e guardando le foto appese alle pareti.
“Nuovo profumo?” Sento la sua voce alle mie spalle e il suo naso sul mio collo. Sento la mia colonna vertebrale essere percorsa da un brivido freddo.
“Si, l’ho preso ieri con Cher. Com’è?” Chiedo chiudendo gli occhi e sperando che non si allontani da me.
“Diverso dal tuo solito, ma mi piace.” Risponde continuando a starmi attaccato.
“Diverso in che senso?”
“Beh di solito usi profumi più forti, questo è dolce.”
“Si, è vero.” Dico voltandomi verso di lui e sorridendogli. I nostri nasi sono a qualche centimetro di distanza, spero non riesca a sentire il battito del mio cuore che accelera sempre di più. Il suono di un cellulare mi riporta al ‘mondo reale’. E’ il suo, gli è appena arrivato un messaggio. Prende il suo telefono e si risiede sul letto. Mi affianco a lui, senza comunque guardare il suo cellulare, non mi piace spiare, anche se è il mio migliore amico.
“E’ Savannah.” Dice voltandosi verso di me. Evito di guardarlo negli occhi quando parla di lei.
“Oh bene.” Faccio un falso sorriso. “Che dice?”
“Mi ha chiesto se voglio uscire con lei stasera. Che faccio dico di si o no?”
“Ma certo che devi dire di si Nicholas! Da quanto tempo aspetti questo momento, sei mesi?”
“Mmh. Okay allora le rispondo.” Digita qualcosa sul cellulare e poi lo posa sul tappeto, stendendosi sul letto. Fortunatamente chiude gli occhi e non riesce a vedere i miei che sono diventati improvvisamente lucidi.

One month later.

“Questo è per la signorina Wilkinson.” Il fattorino mi porge un vaso enorme e se ne va senza nemmeno dire ciao. Torno in casa e poso il vaso in camera mia. Degli splendidi fiorellini bianchi e viola che formano delle piccole cupolette. Cerco un qualche biglietto che mi indichi il mittente, ma l’unica cosa che trovo è un piccolo cartellino che mi dice che la pianta è una ‘Lobularia Maritima’. Mando un messaggio a Joe, Nick e Cher per sapere se è stato qualcuno di loro, ma mi rispondono di no.
E’ la seconda volta in due mesi che ricevo qualcosa di anonimo e che comprende i fiori.
Il disegno l’ho appeso in camera e ho scoperto che sono fiori di camomilla e piccole stelle alpine, questo vaso lo metterò sul davanzale. Sono entrambi bellissimi, ma chi me li manda?

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Capitolo 7
*** Chapter seven. ***


Chapter seven.


“Nicholas, si gela porca caramella.” Batto i denti cercando di riscaldarmi, è una giornata piuttosto fredda per le miti temperature di Los Angeles. Ci sono ben 41°F e le mie mani stanno lentamente perdendo sensibilità.
“Concordo, ma senza il porca caramella.” Aggiunge Joseph sfregando le mani l’una con l’altra. Lancio un’occhiataccia a Joe e mi rivolto verso Nick.
“E’ l’ultimo vi giuro. Devo prendere solamente il regalo per la mamma.” Dice Nicholas indicando la vetrina di Tiffany&Co. sull’altro lato di Rodeo Drive.
“Come fai a ridurti sempre all’ultimo minuto?” Gli chiede Joe mentre attraversiamo la strada.
“Mi è passato di mente, scusate.”
“Cazzo Nick, è il ventiquattro dicembre e tra due ore abbiamo il cenone di Natale. Io dovrei già essere sotto la doccia.”
“E’ questione di minuti, ti giuro.” Dice con sguardo supplichevole aprendomi la porta del negozio. Faccio un sospiro, alzo gli occhi al cielo ed entro.
Io amo Tiffany a Natale. Le pareti decorate, ragazze che vanno di qua e di là con vassoi di tartine e champagne, le canzoni natalizie in sottofondo e il luccichio di diamanti da milioni di dollari che rischia di accecarti e renderti frastornata. Nicholas si dirige verso un preciso espositore, io passeggio con Joseph guardando ogni tanto le vetrine cariche di ninnoli natalizi e gioielli preziosi.
“Mio dio, guarda Joe.” Dico fermandomi davanti ad una vetrinetta. Un solitario, di nome e di fatto visto che è completamente solo nella vetrina, con un diamante rosa di 24,78 carati (a sentire la targhetta).
“Molto piccolo devo dire eh?” Sorride guardandomi negli occhi.
“Oh si, peccato che se lo metti al dito ti si stacca il braccio per quanto è pesante.” Gli rispondo allontanandomi da quell’anello. Raggiungo Nicholas, è piegato davanti ad un espositore di collane bellissime.
“Hai deciso quale prendere?”
“Si, sono piuttosto propenso a prendere quella lì.” Dice indicandomene una. E’ un ciondolo d’oro giallo a forma di chiave appeso ad una catenina dello stesso materiale.
“Mi piace moltissimo e sono certa che piacerà anche a Denise, davvero.” Gli sorrido.
“Okay allora è fatta.” Mi fa l’occhiolino mentre io mi allontano, faccio un ultimo giro del negozio. Finalmente arrivo, la parte più bella del Natale da Tiffany non sono i gioielli, è l’albero. Un immenso abete verde scuro troneggia al centro di una sala adiacente la principale. Al di sotto dell’albero, una marea di pacchetti color zucchero filato di tutte le misure. Ho sempre desiderato trovarne uno con il mio nome. L’ho sognato dalla prima volta in cui ho visto il volto di una ragazza accendersi di gioia e di emozione, di sorpresa e di gratitudine verso colui o colei che le aveva riservato un simile regalo. Ogni anno, prima di recarmi qui, fantastico su quanto sarebbe bello guardare i pacchetti e, improvvisamente, notare che uno di essi è destinato a me, proprio a me.
Come ogni anno sento il cuore farsi piccolo e pesante all’idea di non provare questa grande emozione. Eppure, come sempre, mi ritrovo a leggere i nomi sulle targhette, con il suore gonfio di speranza.
Riconosco qualche cognome familiare, Dawson, Everett, Jackson, Wilkinson, Smith, Thomp… EHI UN ATTIMO. Ho letto Wilkinson?! Il mio cognome è WILKINSON! Mi avvicino lentamente, strizzando gli occhi per vedere il nome della persona a cui è destinato. Mi sporgo in avanti e all’improvviso lo vedo. ‘Penelope J. Wilkinson’.
“Finalmente l’hai trovato.” La voce di Nicholas mi arriva da dietro. Mi volto, con le guance rosse e gli occhi lucidi.
“Tu? Cioè, me? Oh mio dio.” Torno a guardare il pacchetto, che adesso si trova nella mani di una commessa diretta verso di me. Con un sorriso la giovane ragazza me lo porge. Lo prendo con mani tremanti, ancora incredula.
“Non lo apri?” Chiede Nicholas sorridendo e mettendosi di fronte a me.
Annuisco e torno a guardare il pacchetto. Sciolgo il candido fiocco e tolgo la lucida carta color zucchero filato. Una scatolina rettangolare di velluto blu è ora tra le mie mani. La apro lentamente, al suo interno c’è la collana più bella che qualcuno mi abbia mai regalato. Un ciondolo d’argento a forma di lucchetto retto da una sottile catenina dello stesso materiale. Sul lucchetto c’è scritto ‘Maiden’s Blush’. Chissà cosa significa, sono troppo emozionata per chiederglielo.
“Girati che te la metto.”
Mi volto, dandogli le spalle e alzandomi i lunghi boccoli biondi sulla nuca. Sento il freddo metallo scivolarmi sulla pelle, ma per la prima volta non è una sensazione spiacevole. Mi giro nuovamente verso di lui.
“E’ bellissima Nicholas.” Dico rigirandomi il ciondolo tra le dita.
“Buon Natale Penn.”
“Buon Natale anche a te Nicholas.”
“ALLORA ANDIAMO CHE STO MORENDO DI FAME?” La voce di Joseph mi arriva così forte che sono costretta a tapparmi le orecchie con le mani come facevo da bambina.
“Joseph Adam Jonas, ti sembra educato gridare in un negozio gremito di gente?!” Dico fulminandolo con lo sguardo.
“Ho fame e questo mi gioca brutti scherzi. Allora andiamo?” Chiede Joe prendendomi per mano. Guardo Nick, si limita ad alzare le spalle come se non gliene fregasse nulla. Sospiro, ormai sono abituata ad illudermi che Nick possa davvero provare qualcosa di più che semplice amicizia nei miei confronti. Stringo la mano di Joe e lo seguo fuori dal negozio, pronta a tornare a casa.

One hour later.

“Io dico mamma, perché mi hai fatta così cogliona?” Scendo le scale traballando sui trampoli che mia madre chiama tacchi.
“Eh?”
“Chi me l’ha fatto fare?”
“Ma di che stai parlando Penelope?” Ecco, mi chiama con il mio nome per intero solamente quando mi parla come se fossi un’idiota. E in questo momento mi ci sento molto.
“Perché ho seguito il tuo consiglio sul vestirmi così?” Mi siedo sul divano di casa, pentendomi amaramente di averle chiesto consiglio. Adesso dirà che sono bellissima vestita così e che un po’ di dolore non ha mai fatto male a nessuno.
“Ma no amore, sei stupenda! E poi, chi bella vuole apparire un po’ deve soffrire no?” E te pareva.
“Andiamo mamma, ormai ci stanno aspettando da un pezzo.”
Esco di casa e traballo fino alla porta della villa di Nicholas dove Joseph mi aspetta alla porta. Entriamo in casa, addobbata a festa da Denise e Paul. Quando mi tolgo il soprabito Joe mi guarda con gli occhi spalancati.
“Oramai ti vesti elegante sempre più spesso.” Dice guardando il vestitino di velluto rosso che mi fascia alla perfezione.
“Colpa di mia madre, non ti ci abituare.”
“Sei bellissima sai?”
“E tu sei un grande bugiardo si.”
“No, ha ragione, sei bellissima stasera.” La voce di Nicholas arriva alle mie spalle, mi volto verso di lui, certa che le mie guance saranno presto rosso fuoco come il rossetto. Abbasso lo sguardo, in attesa che lui mi prenda per i fianchi e mi baci, come nei film d’amore; ma non succede e non succederà mai. Si limita ad uscire dalla stanza dicendo di dover dare gli auguri a Savannah. Mi siedo sul divano guardando il mio bicchiere di champagne. Buon Natale Penelope Jane Wilkinson, buon Natale davvero.

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Capitolo 8
*** Chapter eight. ***


Chapter eight.


“Joseph Adam Jonas, io ti ammazzo la sera di Natale!” Dico scoppiando a ridere e guardando il regalo appena scartato. Mi ha regalato un completino intimo rosso fuoco, composto niente meno che da un tanga ornato da un bordo di pizzo bianco e due ‘cosi’ che non so come definire. In teoria dovrebbero andare al posto del reggiseno, in pratica finiranno nel suo esofago quando glieli farò ingoiare.
“Fai in modo che tuo padre non lo veda e digli che ti ho regalato questo.” Mi porge un piccolo braccialetto dorato con dei ciondoli.
“Lo sai che non me lo metterò mai vero?” Gli rispondo mostrandogli uno di quei cosini rosso fuoco.
“Eppure staresti benissimo, ne sono sicuro.” Dice facendomi l’occhiolino.
“Che state confabulando voi due?” Nicholas si avvicina a noi e guarda ciò che ho tra le mani. Sposta lo sguardo da me a suo fratello, da suo fratello a me. Poi scoppia a ridere.
“ODDIO HAHAHAHA tu… cioè lei… HAHAHAHA” E’ piegato in due dalle risate, sorrido anche io, immaginando quanto possa sembrare equivoca la scena dall’esterno.
“Beh, che ha detto Savannah?” Gli chiedo notando il cellulare nella sua mano. Sento il cuore battermi forte, devo controllarmi.
“Nulla, era occupato. Riprovo tra un po’.”
“Ah okay. Ho voglia di una sigaretta Joe.”
“Mmh anche io, andiamo sul balcone di camera mia, mia madre mi uccide se fumo qua.” Gli sorrido e guardo Nicholas.
“Vieni anche te?”
“No, provo a richiamare Sav, magari stavolta è libero.” Dice dirigendosi verso il giardino. Prendo il mio cappotto dall’armadio, faccio un sorriso a Danielle, la storica fidanzata di Kevin e seguo Joe su per le scale. Entro nella sua camera, lui ha già aperto una finestra e mi aspetta. Mi porge un pacchetto di Camel.
“Camel? Stai scherzando spero.” Lo sa benissimo che fumo solo Marlboro Light.
“Le tue sono nel secondo cassetto del comodino.” Mi fa un sorriso. Attraverso la camera velocemente, mi approprio del pacchetto e tiro fuori una sigaretta.
“Allora, Kev e Dani hanno deciso la data del matrimonio?” Gli chiedo aspirando una grande boccata.
“Non lo so, non mi interesso di queste cose. Mi basta saperlo il giorno prima per preparami psicologicamente alla tiritera di parenti che mi dirà ‘quanto sono bello’. Che cose ovvie.” Dice appoggiandosi alla ringhiera e guardandomi strafottente.
“Oh si, certamente Joseph. Poco convinto, mi dicono.” Mi avvicino a lui, soffiandogli il fumo sul viso.
“Perché non dovrei esserlo? Quando una cosa è ovvia…” Mi sorride mentre io scuoto la testa, divertita dalle sue parole. Joseph mi fa sempre ridere, riesce in un attimo a farmi dimenticare tutto quello che mi rende nervosa e triste. Riesce a rallegrarmi ogni momento con le sue cazzate.
“Comunque staresti molto bene.” Mi dice guardandomi negli occhi.
“Eh?” Gli chiedo con un’espressione curiosa sul viso.
“Con il mio completino dicevo, mi piacerebbe vedert…” Non riesce a finire la frase perché gli tiro un pugno forte sul braccio e scoppiamo a ridere insieme.
“Dio Joseph, grazie.” Gli dico tra ridendo tra le lacrime.
“E di che?”
“Di farmi ridere sempre, di migliorarmi sempre la giornata.” Lo guardo negli occhi nocciola, arrossendo leggermente per le parole che gli ho appena detto. Lui spegne la sigaretta con la punta della scarpa e mi si avvicina, stringendomi a se, forse un po’ troppo a lungo del necessario. Mi appoggio con la testa al suo petto, sentendo il suo cuore battere velocemente. La cosa mi fa sorridere e arrossire ancora di più. Alzo lo sguardo, incrociando i suoi occhi, mentre la distanza tra noi due si accorcia sempre di più. Ed in un attimo sento le sue labbra sulle mie, le sue mani tra i miei capelli, la sua lingua girare attorno alla mia. Mi abbandono dolcemente ad uno dei baci più belli che abbia mai dato. Posa le mani sui miei fianchi, facendo aderire ancora di più il suo corpo al mio. Le labbra si accarezzano ancora una volta, prima che io mi stacchi. I nostri nasi si sfiorano, il suo sguardo non si muove dal mio, nocciola dentro azzurro. Mi sorride dolcemente e si avvicina ancora di più. E’ di nuovo su di me, ma stavolta non mi dà fastidio. Lo assecondo nei suoi movimenti, lasciandolo libero. Il freddo dell’ambiente esterno non mi colpisce più, le sue mani mi fanno da scudo per il vento gelido. Sorrido mordendogli il labbro inferiore, ma subito dopo mi stacco, sentendo il rumore della porta che sbatte.
Ci voltiamo contemporaneamente verso la fonte del rumore e vediamo Nicholas che ci guarda a bocca aperta. Ci guarda come se non ci riconoscesse, la bocca spalancata, gli occhi anche e le sopracciglia incurvate.
“Oh… ehm… io… volevo solo dirvi che il dolce è a tavola.”

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Capitolo 9
*** Chapter nine. ***


Chapter nine.


“Hole in one! Buca in uno baby!” Dico guardando Joe e riponendo il mio drive nella sacca da golf.
“Penelope Jane Wilkinson che hai oggi? Mi stai stracciando alla grande!” Mi guarda con occhi spalancati e pianta il suo tee azzurro nell’erba.
“Oggi? Joe sono più le volte in cui ti ho stracciato che quelle in cui hai vinto tu!” Alzo un sopracciglio e scoppio a ridere sedendomi nel golf cart. Gli lancio il segnapunti e una matitina, facendogli cenno di annotare il mio punteggio. Lui scrive un piccolo numero ‘1’ e me lo ripassa. Si infila il guanto alla mano sinistra e prende il suo drive.
“Ottimo backswing baby, ma ti ho sempre detto che la zolla va fatta dopo la palla.” Gli faccio l’occhiolino e raggiungo con lo sguardo la sua palla, ferma nel bel mezzo dell’avant green.
“Adesso non ti montare la testa Penelope.” Dice raggiungendomi nel cart e dandomi un bacio a fior di labbra che mi fa arrossire. Schiaccia il piede sull’acceleratore, fermandosi a due metri dalla palla.
“Che ferro uso?”
“Joe! Non sono il tuo caddy!”
“Dai Penn!”
Faccio un sospiro e mi avvicino al terreno, sfiorandolo con due dita. “Non consiglio il wedge. Potresti provare con un ferro 5, ma io opterei per un legno 3 impugnato corto visto che il fondo è ben rasato.”
Mi sorride e prende la mazza, pronto a tirare. “ Sei un genio.” Dice quando la pallina si ferma a pochi centimetri dalla buca.
“Lo so, non c’è bisogno che me lo dica tu. Adesso muoviti e manda la pallina in buca, è un par tre porca caramella.”
“Non tutti sono giocatori professionisti come te.”
“Se ti allenassi almeno due ore al giorno potresti migliorare tanto.” Rispondo alla sua frecciatina con un sorrisetto.
“No grazie, ho anche una vita sociale io.”
“Oh davvero? E dimmi cosa fai il sabato sera a parte ingozzarti di patatine davanti ad un televisore?”
“Vado a ballare con la mia ragazza.” Dice cingendomi i fianchi e attirandomi a sé.
“Niente effusioni in pubblico Joseph.” Scoppio a ridere le lo allontano, mettendo molto ‘involontariamente’ le mani sui suoi addominali scolpiti.
“Ciò significa che in privato si?” Mi lancia uno sguardo malizioso, percorrendo la mia schiena con un dito.
“Ma anche no Joseph.” Dico allontanandomi nuovamente da lui e incrociando le braccia. Lui capisce il messaggio, manda la palla in buca e mi fa segnare il suo punteggio sul segnapunti. Ci infiliamo di nuovo nel cart e torniamo al bar del campo, dove ci aspettano i nostri amici.
“Beh, come è andata?” Mi chiede Nicholas venendomi incontro con un bicchiere di succo in mano.
“Stracciato alla grande baby.” Prendo il bicchiere che mi porge e ne bevo un sorso.
“Grande Penelope!” Summer mi batte il cinque e torna a sedersi accanto a Cher. La guardo e mi sfugge un piccolo sorriso. Summer è una di quelle ragazze che incontri per strada e noti subito, ma non sai perché. Forse è la massa informe di capelli rosso ramato, forse sono gli occhi nocciola chiaro o le piccole lentiggini che percorrono tutto il suo viso. Sta di fatto che è impossibile non rimanere impressionati da questa ragazza strana. Si strana, è vissuta con gli zii fino all’età di quindici anni e da loro ha, diciamo, ‘imparato’ a vestirsi. Summer è molto, oserei dire troppo, hippie.
“Che facciamo stasera?” Chiedo a Cher sedendomi tra lei e Summer.
“Non so, Nick che si fa stasera?”
“Io avevo intenzione di andare al Globe, vi va?”
“Al Globe? Per stare tutta la sera gettati su dei divanetti a ubriacarci di mojito?” Gli chiedo strafottente. “Ci sto.” Aggiungo con un sorriso.
“Sei sempre la solita.” Nicholas si avvicina e mi scompiglia i capelli. Finisco di bere il mio succo, ma l’ultima sorsata mi va quasi di traverso quando vedo una figura fin troppo familiare venirci incontro. I lunghi capelli neri le scivolano lungo le spalle color caffellatte, toccando quasi il bordo dei jeans aderenti. Cammina traballando leggermente sui tacchi che si conficcano nel terreno morbido. Vederla in difficoltà mi fa scappare una risatina che reprimo a fatica sotto lo sguardo divertito di Cher e Sum.
“Tesoro!” Dice con voce roca correndo, beh più o meno, ad abbracciare Nicholas. Gli stampa un bacio sulle labbra e ci sorride, con gli occhi neri gelidi come il ghiaccio. Le faccio un cenno, poi mi alzo e prendo la mia sacca.
“Joe, vieni a provare con me il nuovo legno?” Gli chiedo avvicinandomi a lui.
“Certamente!”
“Veniamo anche noi!” Scatta Cher, lanciandomi un’occhiataccia al solo pensiero di rimanere con i due piccioncini. Prende Sum per mano e ci segue a ruota.

Seven hours later.

“Ho sonno.” Dico sedendomi su un divanetto di pelle nera e bevendo il mio cocktail.
“Penn, è solo mezzanotte!” Mi risponde Cher legandosi i capelli scuri in un bellissimo chignon.
“Questa musica mi fa venire sonno.”
“Non capisco come la musica a tutto volume possa farti venire sonno.”
“Non lo so nemmeno io.” Mi aggiusto i pantaloncini di jeans e mi stravacco sul divano del privè.
“Dai, andiamo a ballare scema.” Sum mi toglie il cocktail di mano e mi porta al centro della pista. I quattro mojito che ho bevuto stanno facendo effetto, sento le pupille dilatarsi e il mio corpo muoversi a ritmo di musica. Non amo la musica sparata ad altissimo volume, ma stasera non sembro nemmeno io. Ballo come non ho mai fatto, con un’audacia che non mi appartiene e una sensualità che ho sempre invidiato nelle altre ragazze. Si, sono decisamente e completamente sbronza.
Vedo Nicholas guardarmi dal divanetto su cui è seduto con Savannah, ma non è lui a colpirmi. Sento lo sguardo di qualcun altro addosso, mi volto ed eccolo. Joseph mi fissa con un sorrisetto sul volto, un sorrisetto che mi fa venire voglia di andare accanto a lui. Ed è proprio quello che faccio. Posa le mani sui miei fianchi ballando con me per qualche minuto. I nostri occhi si incrociano più e più volte fino a quando, finalmente, lo prendo per la camicia e lo attiro a me, baciandolo.
Dio come amo essere sbronza.

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Capitolo 10
*** Chapter ten. ***


Chapter ten.


“Torni con noi oggi?” Mi chiede Nicholas appoggiandosi, come al suo solito, al mio armadietto.
“No, viene Joe a prendermi.” Gli rispondo, arrossendo leggermente.
“Mmh okay. Ma cosa siete esattamente tu e Joe?” Domanda guardando a terra e strisciando il piede sul linoleum verde sbiadito.
“Non so, boh.” Mi lego i capelli in una coda alta, lasciando cadere i riccioli sulla schiena.
“Ehi, che cos’è quel segno sul collo?” Indica una piccola macchia rossa alla base del collo. Oh merda. Mi affretto a sciogliere i capelli, in modo da coprire il succhiotto. Maledetto Joseph. Incrocio lo sguardo di Nicholas, a metà tra il divertito e lo sconcertato, e scoppio a ridere.
“Meglio andare in classe, a dopo!” Dico lasciandolo da solo e correndo su per le scale.
Seguo con attenzione la lezione di Storia dell’Arte, in fondo è la mia materia preferita. Prendo appunti sul Pointillisme in modo frenetico e un’ora dopo la mano mi fa malissimo.
“Ho un sonno pazzesco Sum.” Mi rivolgo alla rossa a mensa. Oggi mangio a scuola, ho lezione di matematica dopo pranzo e non vale la pena di tornare a casa.
“Oh ma questa roba fa schifo.” Summer guarda la poltiglia giallo/verde che la cuoca le mette nel piatto, ricevendo allo stesso tempo un’occhiataccia da quest’ultima.
“Per me no grazie.” Dico facendo un sorriso e passando avanti. Prendo una macedonia e mi siedo al tavolo, aspettando Sum.
“Mangi solo quello?” Mi chiede la mia amica guardando la frutta.
“Oh yeah, non ho molta fame.”
“Okay. Comunque è da un po’ che te lo voglio dire.”
“Cosa?”
“Tu e Joseph siete stupendi.” Mi sento arrossire fino alla punta dei capelli. “Ma l’avete già fatto?”
“SUMMER!” Sono scandalizzata dalla sua domanda.
“E’ un si.”
“L’anno scorso Sum.” Le dico guardando il mio piatto.
“Quello lo so, ma scommetto che  non è stata l’ultima volta.” Mi fa l’occhiolino, facendomi arrossire ancora di più.
“Okay ho finito, io ehm… scappo, ciao!” Prendo le mie cose ed esco dalla sala, dirigendomi a matematica. Odio quando mi fanno troppe domande sulla mia vita privata.
L’ora passa velocemente e, finalmente, esco da scuola. Lo vedo immediatamente, mi aspetta come al solito appoggiato alla moto. Lo raggiungo quasi correndo e, quando lo bacio, la gente si volta a guardarci. Mi passa il casco, prima di darmi un altro bacio.
“Che facciamo?”
“Andiamo a Santa Monica.” Mi dice mettendo in moto. Mi stringo a lui, passando le mani sulla tshirt bianca che lascia intravedere la forma dei suoi addominali. Mi abbandono al movimento della moto, ‘svegliandomi’ solamente quando inizio a sentire il rumore del mare vicino a me. Lascia la moto su una spiaggia deserta e mi prende in braccio. Lottiamo per finta fino a quando lui finge di morire, cadendo a terra e trascinandomi con sé.
“Sei un cretino Joseph.”
“Mi piace quando mi chiami Joseph.” Dice guardandomi negli occhi. Gli faccio un sorriso e mi avvicino sempre di più. Lui chiude gli occhi, certo di quello che sto per fare. Lo vedo socchiudere leggermente le labbra, mi sfugge un sorriso. Invece di baciarlo però, gli salto addosso, facendogli il solletico, cosa che lui non sopporta. Apre gli occhi di scatto, ride e si divincola dalla mia presa. Mi prende per i fianchi e mi costringe a stendermi sulla sabbia umida. Si mette a cavalcioni sopra di me, bloccandomi le mani e, finalmente, baciandomi. Le sue labbra sanno di gomma alla menta, gli mordicchio leggermente il labbro inferiore, è una cosa che amo fare.
Si stende accanto a me, accarezzandomi la pancia con un dito. Mi appoggio al suo petto, ascoltando il ritmo del suo cuore che batte.
“Kev e Dani si sposano a Londra lo sai?” Lo guardo spalancando gli occhi.
“Davvero? Oh mio Dio, ma è bellissimo!”
“Tu sei bellissima.”
“Vorrei essere bella la metà di quanto lo sei tu.”
“Tu sei mia vero?” Dice guardandomi con gli occhi nocciola piantati nei miei.
“Tua e di nessun altro.” Lui mi sorride, mi infila una mano nella camicetta, slacciandomi il reggiseno. “Ti odio Joseph.” Gli dico mordendomi il labbro inferiore.
“Si, certamente.”

One hour later.

“Ma è possibile che voi due spariate senza dire nulla?” La voce di Cher mi arriva fortissima al telefono.
“Cher sono grande e vaccinata, posso anche andare con Joe dove mi pare o no?”
“Almeno avvisa prima! Io e Nicholas eravamo in pensiero.”
“Non vi dovete preoccupare per me, non quando sto con Joe.”
“Vabbè Penn, tanto non capisci. Ci vediamo da Nick.” Dice chiudendomi il telefono in faccia.
Joe parcheggia la moto nel vialetto e entriamo in casa insieme. Cher, Sum, Nicholas e Aaron sono sul divano a ingozzarsi di popcorn e a guardare un film. Tutto in compagnia di Elvis e Winston. Che allegra compagnia.
“Buonasera.” Saluto sorridendo e accendendo la luce. Tutti strizzano gli occhi e posano il loro sguardo su di noi.
“Dove eravate?” Chiede Sum riempiendosi la bocca di popcorn.
“A Santa Monica.”
“Come mai andate sempre in spiaggia voi due?”
“Boh, ci piace.” Risponde Joseph cingendomi un fianco.
“Tu, ragazza mia, hai la faccia di chi ha finito di fare del sano e buon sesso.” Dice Cher con l’aria di chi la sa lunga.
“Eh?” Spalanco gli occhi, diventando rosso peperone.
“Hai la camicetta messa male, i capelli scompigliati e hai tutta la pelle irritata dal contatto con una barba ispida.” Dice guardando la barba sfatta di Joe. “E credo di essere molto vicina alla verità se dico che tutta la tua pelle è irritata, non è così?”
“Mmmh quando si mangia?” Joe mi prende per mano e mi porta in cucina.
Mentre apro il frigorifero per cercare qualcosa da mangiare, lui si avvicina.
“Mi devo fare la barba secondo te?”
Lo guardo e poi sorrido. “A me piaci così. E mi piace anche la tua maglietta. Sarà mia, lo sai?”
“Vedremo.”
“Ti conviene accontentarmi Jonas.” Gli faccio l’occhiolino e scoppio a ridere. “A proposito, basta con i succhiotti. Oggi Nicholas ne ha visto uno sul collo.”
“Che ci faceva Nicholas vicino al tuo collo scusa?”
“Mi ero legata i capelli scemo. Poi però li ho dovuti sciogliere di nuovo, colpa del tuo ‘regalino’ tanto simpatico.”
“Ahahah se bellissima lo sai?”
“Si, ma se mi fai ancora succhiotti ti ritrovi castrato Jonas.” Dico versandomi un bicchiere di succo e lasciandolo in cucina.

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Capitolo 11
*** Chapter eleven. ***


Chapter eleven.


“Oddio non ci credo.” Non mi sembra vero di essere a Londra. E’ la prima volta che vengo in questa parte dell’Inghilterra. Scendo dall’aereo, i miei capelli svolazzano al vento londinese. Nicholas mi prende per mano e mi trascina con sé fino al piccolo pullman che ci porterà all’interno dell’aeroporto. Durante il breve tragitto ho il tempo di accendere il telefono e parlare con i miei genitori, preoccupati dal fatto che fossi arrivata sana e salva in Inghilterra.
“Dai muoviti Penn, prendiamo le valigie, Kevin e Dani sono già fuori.” Arriviamo al nastro trasportatore e aspettiamo le innumerevoli valigie. Ci siamo ritirati da scuola un mese prima dell’effettiva fine di essa. Non è un problema per noi, abbiamo finito le interrogazioni e con i nostri ottimi voti non è stato difficile ottenere il permesso degli insegnanti. Nicholas prende la sua valigia e due delle mie, mentre io ne prendo un’altra.
“Una ragazza ha bisogno di molte più cose di un ragazzo!” Gli dico in risposta al suo ennesimo sguardo interrogativo. Oltrepassiamo le porte scorrevoli e ci ritroviamo davanti ad una folla di gente in attesa. Tra di essi riconosco la folta chioma castana di Dani e i riccioli di Kevin.
“Oh mamma mi sei mancato Kevin!” Abbraccio il mio ‘fratellone’ e poi la sua futura moglie, una delle ragazze più meravigliose che io conosca.
“Ehm, ma quante valigie ti sei portata Penn?” Chiede Kevin guardandole.
“Oh ma stai zitto, una donna ha bisogno di molte più cose di un uomo!” Gli risponde Dani facendomi l’occhiolino. Io amo questa ragazza. Prendiamo una valigia ciascuno e ci avviamo alla macchina. I due futuri sposi hanno intenzione di celebrare il matrimonio e la seguente festa proprio qui a Londra. In seguito credo si trasferiranno proprio qui, anche se sarà doloroso separarmi da loro. Soprattutto sapendoli così lontani da Los Angeles!
“Com’è andato il viaggio?” Inizia Danielle appena ci sediamo nel SUV di Kev.
“Tutto perfetto, c’è stata un po’ di turbolenza passando per l’Irlanda, ma per il resto non ci sono stati problemi.” Risponde Nicholas. Sento il mio cellulare squillare, è sicuramente Joseph.
“Sono viva e vegeta, stiamo andando in albergo e si, ti salutano anche loro.” Gli dico senza nemmeno dargli il tempo di parlare.
“Oddio mi leggi nel pensiero?”
“No, ti conosco benissimo.”
“Ahahahah volevo solo sapere com’era andata, adesso ti devo lasciare Penn, ho un affare urgentissimo da sbrigare. Ti amo.”
“Mmh si, anche io Joe.” Chiudo la comunicazione, ma mi sento strana. Non gli ho mai detto ‘ti amo’ perché non sento davvero di amarlo. Gli voglio un bene dell’anima, è uno dei ragazzi più belli sulla faccia della terra e, diciamocelo, fa sesso da dio. Eppure non so. Quando ragiono così mi viene voglia di prendere il telefono e lasciarlo, ma poi so che sbatterei la testa contro il muro fino alla fine dei miei giorni per essermi lasciata sfuggire un ragazzo così.
“Ehm Penn, tutto bene?” Nicholas mi agita una mano davanti al viso, guardandomi negli occhi.
“Si certo, perché?”
“Ti ho chiesto una cosa, ma non hai risposto.”
“Oh scusa, dimmi.”
“Ti dico io.” Inizia Kev. “Allora in questo periodo è tutto completamente pieno e, come ben sai, il nostro soggiorno al Ritz inizia solamente tra due giorni. Abbiamo prenotato in un piccolo albergo vicino Piccadilly Circus per queste due notti, ma abbiamo trovato solamente due camere, una con due letti separati e l’altra matrimoniale.”
“Che problema c’è? Io e Nick dormiamo in due letti separati e voi nella matrimoniale no?”
“Si, il problema è che quella con due letti è disponibile solo per stanotte. Domani vi tocca dormire nello stesso letto.”
“Cosa?!” Chiedo spalancando gli occhi. Il cuore mi batte fortissimo al solo pensiero.
“Che vuoi che sia Penn, in fondo siete come fratello e sorella no?”
“Mmh si, come fratello e sorella, certamente.” Rispondo cercando di sembrare convinta. Dormire con Nicholas, nella stessa stanza, nello stesso letto. Che dio mi aiuti.


Two hours later.

“Beh, siete pronti?” Sento la voce di Kevin da fuori la porta.
“ARRIVIAMO!” Gli grido truccandomi l’occhio sinistro. Completo il makeup e mi guardo velocemente allo specchio. Indosso un paio di skinny jeans, un top di seta bluette e un paio di scomodissimi tacchi dello stesso colore. Cher mi ha severamente proibito di portare scarpe comode, fortunatamente sono riuscita ad eludere la sua sorveglianza e ad infilare le mie converse bianche nella valigia. Non posso certo girare per Londra in tacchi o ballerine!
“Stai bene, stai bene, non ti preoccupare.” Dice Nicholas aspettandomi davanti alla porta. Mi lascia passare come un ‘vero gentleman’ e si chiude la porta alle spalle.
Usciamo dall’albergo, fortunatamente il ristorante che ha scelto Kevin è vicinissimo a Piccadilly Circus e non mi tocca camminare troppo su questi trampoli da dodici centimetri.
“Mi togli una curiosità?” Chiedo a Danielle avvicinandomi a lei.
“Dimmi tutto tesoro.”
“Come fai a sembrare così rilassata su quei tritacarne che hai ai piedi?” Guardo i suoi tacchi, sono delle bellissime Louboutin nere di vernice,  tanto belle quanto (ad una prima occhiata) scomode.
“Ci cammino da anni, poi ci fai l’abitudine.” Risponde con la sua risata cristallina. Abitudine. Guardo le mie scarpe, non ce la farò mai.
La serata trascorre piacevolmente, dopo cena Kevin ci porta a fare un piccolo giro della zona circostante il nostro albergo. Londra è magnifica, non ci sono veramente parole per descriverla.
“Ho un sonno pazzesco.” Dico sbadigliando improvvisamente. La stanchezza della giornata inizia a farsi sentire.
“Anche io, sarà meglio tornare in albergo.” Nicholas mi mette un braccio attorno alle spalle e ci incamminiamo verso l’albergo, seguendo Kev e Dani. Salutiamo la coppietta appena entriamo nella hall e saliamo le scale a piedi fino al settimo piano. Odio gli ascensori, non li prendo mai, se posso evitarli ovviamente.
“Io ehm… vado a lavarmi i denti.” Entro in bagno, lasciandolo libero di spogliarsi. Lui però mi segue in bagno, prende uno spazzolino e si lava i denti con me. Sono soprappensiero, tanto che rischio di sputargli il dentifricio sul collo, non accorgendomi della sua testa piegata sul lavandino.
Esco prima di lui, oltrepasso il salottino ed entro in camera da letto. Mi volto verso la finestra non appena sento i suoi passi. Gli do le spalle, togliendomi il top. Sento il suo sguardo sul mio collo mentre mi tolgo le scarpe e mi sfilo i jeans. Guardo il letto singolo accanto a me, sicura di averci poggiato la maglietta XXL che mi fa da pigiama, ma lì non c’è. Che stupida, sono veramente una stupida.
“Ehm Nicholas mi porteresti il pigiama?” Lo sento rovistare tra la mia roba e avvicinarsi a me. Mi guarda prima di passarmi la maglia, soffermandosi sul reggiseno a balconcino e sullo slip di pizzo. Poi incrocia i miei occhi. Mi sento arrossire sotto il suo sguardo, tanto che gli strappo il pigiama dalle mani e me lo infilo velocemente. Mi rivolge un’ultima occhiata e, senza dirmi niente, si allontana, sedendosi sul suo letto e iniziando a spogliarsi. Non lo guardo, non riuscirei a nascondere quello che, nonostante tutto, nonostante Savannah, nonostante Joseph, provo ancora.
Mi lascio cadere sul letto, posando la testa sul guanciale.
“Buonanotte Nicholas.” Dico chiudendo gli occhi e abbandonandomi alla stanchezza che mi assale.

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Capitolo 12
*** Chapter twelve. ***


Chapter twelve.


“Che fate voi domani?” Mi chiede Kevin addentando un croissant al cioccolato.
“In che senso? Voi non state con noi?”
“Dobbiamo sbrigare la ultime faccende per il matrimonio, cose noiose.”
“Oh e noi che facciamo?” Chiedo voltandomi verso Nicholas. Lui alza le spalle e continua a bere il suo caffè, rigorosamente senza zucchero.
“Potete fare un giro di Londra, Nicholas la conosce come le proprie tasche.”
“Per me va bene. Te la senti di camminare?”
“Camminare quanto, per la precisione?”
“Un bel po’.”
“Okay, okay, ci sto.” Gli rispondo versandomi del succo all’albicocca.
“Benissimo.” Mi fa un piccolo sorriso e torna a guardare il proprio piatto.
“Oggi andiamo al British Museum?” Chiedo a Dani.
“Cosa?”
“Il British Museum, è… è… aspetta, come fai a non conoscerlo?”
“C’è qualcosa che riguarda il Partenone di Atene?” Nicholas mi conosce troppo bene. Sa che l’Arte è la mia passione, specialmente l’arte Greca.
“Si!” Gli rispondo con gli occhi che brillano. “E non solo quello! Ci sono resti dell’antico Egitto, le colonne della loggetta delle cariatidi e…”
“Okay, basta, basta. Ci andremo. Ma non farti venire le lacrime come quando siamo andati a Roma.”
“Mi sono commossa!”
“Ti commuovi per un nonnulla!”
“Almeno non sono un’insensibile come te!” Dani e Kevin ci guardano con un sorriso stupido sulla faccia, spostando lo sguardo da me a lui, da lui a me, come se fosse una partita di tennis.
“Che avete da ridere voi due?” Chiede Nicholas notando le loro espressioni.
“Nulla, nulla. Sembrate una coppietta alla prima litigata.”
“Ma anche no.” Rispondo alzando un sopracciglio. Nicholas alza gli occhi al cielo e si alza.
“Vado a prendere il cellulare dalla camera, tra quanto ci vediamo?” Nick si mette una mano nella tasca, guardandoci.
“Tra dieci minuti nella hall okay?”
“Okay, okay.” Rispondo alzandomi anche io. “Vengo con te Nick, devo prendere la borsa.”

Two hours later.

“Non è qualcosa di meraviglioso?” Dico a Nicholas indicando le metope e i triglifi del Partenone.
“Oh si, bellissimo.” Risponde sarcastico.
“Non capisci.” Scuoto la testa e continuo a camminare, innamorandomi ancora di più di quel museo fantastico.
“Ti prego, usciamo? Non mi sento bene.” Dice guardando a terra.
“Che ti senti?” Gli chiedo preoccupata.
“Usciamo.” Mi prende per mano e mi trascina fuori dal museo, fermandosi solamente accanto all’ingresso del giardino dell’edificio.
“Che c’è Nick? Dimmi, che hai?” Lo guardo impaurita, ma non sembra che abbia nulla.
“Niente, avevo solo voglia di uscire.” Mi dice con un piccolo sorriso.
“NICHOLAS JERRY JONAS! TI SEMBRA IL MODO DI SPAVENTARE UNA PERSONA?”
“Si, assolutamente si.” Si stringe nelle spalle e continua a sorridere.
“Vaffanculo Nick.” Gli volto le spalle e me ne vado, attraversando la strada ed entrando nello Starbucks di fronte al museo. Prendo un cappuccino e mi siedo ad un tavolo. Poco dopo mi raggiunge, si siede di fronte a me e mi guarda.
“Ti sei arrabbiata Penn?” Non gli rispondo, continuo a guardare il mio cappuccino. “Dai Penn, scusami ti prego. Non volevo farti spaventare.” Mescolo lo zucchero, non degnandolo di uno sguardo. “Ti prego, sono stato un coglione, ma lo sai che odio i musei, mi scoccio. Ti prego, ti preg… EHI MA TU STAI RIDENDO!” Mi dice appena nota il mio sorriso.
“Oddio Nicholas è stato troppo bello farmi supplicare da te!” Scoppio a ridergli in faccia.
“Penelope Jane Wilkinson, inizia a correre perché se ti prendo…!” Vedo un sorriso allargarsi sul suo viso e capisco che non sta scherzando. Lascio il mio cappuccino a metà ed esco velocemente dal bar, precipitandomi tra la folla. Corro a perdifiato fra la gente, voltandomi di tanto in tanto per controllare che non sia troppo vicino. Svolto in una stradina laterale, ma lui è più veloce e riesce a prendermi per la maglietta e a bloccarmi tra le sue braccia. Mi fermo. Sono paralizzata, sia dalle sue braccia che dal mio cervello. Dopo poco mi lascia andare, ride e mi guarda negli occhi. Dio quanto è bello.




“Buongiorno.” Sento la voce di Nicholas vicinissima al mio orecchio e una mano che mi sposta delicatamente i capelli dal viso.
“Che ore sono?” Chiedo con la voce impastata dal sonno.
“Sono passate da poco le sei e mezza.” Mi risponde con un tono troppo sveglio per l’orario.
“Ciò significa che si dorme. Notte.” Mi giro dall’altra parte, continuando a tenere gli occhi chiusi.
“Sul serio. Alzati.” Mi scuote e capisco che fa sul serio.
“Siamo arrivati meno di due giorni fa, non dovresti essere in preda al jet-lag o cose simili?” Mormoro mentre raggiungo il bagno. Esco poco dopo, lavata e vestita. Mi squadra da capo a piedi, indosso un pantaloncino di jeans, una maglietta gialla e le mie amate converse bianche.
“Okay sei vestita nel modo giusto. Andiamo.” Chiude piano la porta.
“Ecco il nostro candido destriero, signorina.” Dice Nicholas sorridendo e tendendo aperta la porta del lato passeggero di una Mini color pomodoro, il vecchio modello piccolo.
“E questa dove l’hai presa?”
“Segreti del mestiere baby.”
Entro in macchina e lascio affondare la nuca contro il poggiatesta, chiudendo gli occhi.
“Non ti piace proprio la mattina, vero?”
“No e l’impulso di picchiarti in questo momento è davvero troppo forte.” Sento Nick ridacchiare mentre la macchina sfreccia lungo l’argine del fiume.
“Dove stiamo andando comunque?” Chiedo a Nicholas. Lui inarca leggermente le sopracciglia. “Non dirmelo, è una sorpresa, devo scoprirlo da sola.” Sospiro stanca. Nicholas mi fa un sorriso così bello da essere devastante e io distolgo lo sguardo, è troppo presto, per reggere una cosa del genere. Continua a guidare, fino a quando St. Paul si staglia davanti a noi all’improvviso.
“Oh mio dio. Come ho fatto a non notarla ieri?” Ci avviciniamo alle enormi porte oltre le colonne e Nick bussa piano.
“Oh Nicholas guarda. E’ troppo presto, non apre prima delle otto e mezzo e sono solo le sett… Oh.” Vedo la porta aprirsi e un uomo fare capolino dalla porta.
“Lo so, ma adesso aprono per i mattutini. E Richard ha detto che non ci sarebbero stati problemi per entrare.” Sorride all’uomo in abito talare.
“Sai dove andare, vi lascio soli. Non fate rumore.” Dice Richard scappando via. Guardo Nicholas con occhi spalancati, lui mi fa l’occhiolino e mi prende per mano. Mi porta dietro alcune colonne, verso una porta bloccata un cordone rosso. Nicholas la sorpassa e mi guarda.
“Vieni.” Dice iniziando a salire. E a salire, e a salire, e a salire.
E a salire.
Dopo venti minuti di quei gradini tremendi, arriviamo in cima e, finalmente, capisco perché Nick mi abbia portata qui. Londra si estende davanti a noi, regalandoci una visione d’insieme della sua bellezza grigia e brumosa, così diversa da quella di Los Angeles.
“Un sacco di gente usa il London Eye per godersi il panorama, io invece penso che questa vista rimanga sempre la migliore.”
“E’ stupendo.” Dico ancora stanca per gli innumerevoli gradini. Nick mette giù una borsa che si trascina dietro da stamattina e la apre. Tira fuori un thermos d’acqua calda e ne versa un po’ in una tazza da campeggio, poi ci infila una bustina di tè. Mi passa la tazza e ripete la stessa procedura per sé. Quindi tira fuori dalla borsa due pacchetti avvolti in carta stagnola.
“Uno per te, uno per me.” Apro il mio pacchetto. Dentro c’è un panino con uovo, bacon e maionese.
“Oh ma tu mi hai letto nel pensiero Nick!” Addento il mio panino, ora che la fame inizia a farsi sentire. “Questa vista è meravigliosa, ma prova a svegliarmi un’altra volta a quest’ora e ti ammazzo.”
Sorride scuotendo la testa e si volta verso di me. “Comunque non è per questo che ti ho portata fin qui.”
“E per cosa allora?”
“Sbrighiamoci, mancano solo pochi minuti prima che comincino di nuovo.”
“Comincino cosa?”
“L’Eucarestia.” Mi prende per mano e mi trascina giù per le scale. A metà strada si ferma davanti ad una delle porte e la apre senza fare rumore.
“Dove vai?”
“Qui dentro, vieni.”
Lo seguo e dopo due secondi rimango a bocca aperta. L’interno della cupola è meraviglioso.
“Non ho mai visto nulla del gen…” Nick mi copre la bocca con una mano e mi spinge contro il muro.
“Questa è la galleria dei sussurri e noi non dovremmo essere qui. Cominceranno la funzione tra qualche minuto e non voglio che ci vedano prima che abbiamo fatto quello per cui siamo venuti.”
“E cioè cosa?” Dico sibilando.
“Devi sussurrare un segreto.”
“Perché sei sicuro che io possa avere dei segreti?”
“Oh andiamo Penn, tutti hanno dei segreti. Adesso io andrò dall’altra parte della camera e voglio che tu mi sussurri un segreto, okay? Aspetta che io sia arrivato lì, altrimenti non sentirò nulla.”
Guardo in fondo, al lato opposto della camera. “Ma saranno trenta metri! Non sentirai mai.”
“Oh si che sentirò.” Si volta, ma poi si rivolta di nuovo verso di me. “Un bel segreto okay? Non ho fatto tutto questo per sentirti ammettere che, si, Pretty Woman è ancora il tuo film preferito.” Sorride e corre via, verso il fondo del corridoio. Vedo Nick avvicinarsi al punto che è esattamente all’opposto di dove sono io.
“Lascia Savannah.” Sussurro. Mi pento nel momento stesso in cui lo dico. Sento il mio cuore sobbalzare, oddio che cosa cazzo ho fatto?
Nick mi guarda e sorride. Con un cenno della testa mi fa capire che posso parlare.
Come?
Annuisce di nuovo. “Avanti.” Dice piano.
Non riesco a crederci. Ci sono stata così vicino. Deve averlo mancato di qualche millimetro, il mio segreto che scivola via come il respiro di un angelo e che viene assorbito dagli spessi muri. I miei occhi brillano di lacrime non versate, sollievo e rimpianto che si mescolano allo stesso tempo.
“Sono segretamente spaventata dai gatti.” Sussurro.
Nick si ferma, aspettando che le parole giungano da lui. Quando arrivano fa una smorfia di disappunto. Sembra deluso, si stringe nelle spalle.
“Tocca a te.” Gli sussurro nuovamente.
“No, è la tua giornata.” Mi dice di rimando. Viene da me, mi prende per mano e usciamo dalla chiesa, raggiungendo la macchina.
“Non mi azzardo nemmeno a chiedere dove andiamo adesso, guarda.” Dico sedendomi e chiudendo gli occhi. Non esiste il destino, ripenso al sussurro mancato. E’ solo questione di tempismo. Si, di tempismo.

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Capitolo 13
*** Chapter thirteen. ***


Chapter thirteen.


Un’ora dopo sento la macchina fermarsi. Apro gli occhi e noto che Nick ha parcheggiato la macchina accanto ad un parchimetro ai piedi di alcune verdi colline diradanti. Nicholas apre il portabagagli, prende un’altra borsa e un grande cestino di vimini.
“Facciamo un picnic su queste colline? A proposito, dove siamo?”
“Siamo ad Hampstead Heath, Penn.”
“Davvero? Ho sempre voluto venirci.” Dico guardando in alto. Sentieri e viottoli si intersecano l’uno con l’altro. Ciclisti, piccoli fuoristrada e cani sgomitano per guadagnarsi un po’ di spazio, e ci sono già un sacco di teli da picnic stesi sui prati e varie persone che giocano a frisbee. Qualche coraggioso cerca di far volare un aquilone, ardua impresa in una giornata molto poco ventilata. Nick mi porta su per la collina.
“Dove ci mettiamo?” Chiedo stupita dal fatto che nel bel mezzo di Londra possa esserci uno scenario così bucolico.
“Conosco un posto perfetto.” Mi risponde senza rallentare.
“Non avrei mai dubitato.” Mormoro affannando leggermente. “Non vuoi che porti almeno una di quelle borse?”
“No.” Nick sembra conoscere molto bene questi sentieri, io gli sto dietro, cercando di mantenere il suo passo veloce. Poco dopo arriviamo davanti ad un piccolo cancello con vari tabelloni neri sopra. ‘Laghetto di balneazione mista di Hampstead Heath.’
Guardo Nick, una piccola fitta d’ansia che comincia a stringermi lo stomaco. “Dimmi che non lo stiamo per fare.” Gli dico mentre lui paga i biglietti d’ingresso.
“Ho paura di non potertelo dire.” Replica Nick camminando per il vialetto che, all’improvviso, si apre su un prato enorme.
“Faremo solo un picnic, giusto?” Chiedo mentre lui stende una tovaglia a terra.
“No.”
Mi pianto le mani sui fianchi. “Beh” dico inspirando con calma “anche se volessi fare il bagno non potrei. Non ho il costume e prima che tu me lo dica no, non farò il bagno in biancheria intima.”
“Veramente non stavo per dire proprio niente.” Dice Nick accovacciandosi e cominciando a scuotere la borsa da cui ha preso la tovaglia. Due teli da bagno, dei pantaloncini a fantasia floreale e… mi chino terrorizzata.
“Non fai sul serio vero?” Boccheggio, tenendo un minuscolo costume dorato tra le dita. Lui si limita ad annuire. Prendo il costume da differenti parti e lo fisso da varie angolazioni. Sembra sia tagliato ai lati, così che solo una piccola striscia di tessuto unisce sul davanti il sotto al sopra.
“Sembrerò quella stupida di Paris Hilton!” Protesto. “A cosa pensavi quando hai comprato questo coso? Che c’è di male in un costume Speedo per l’amor di Dio?”
“Starai alla grande.”
“Non è di Savannah, vero?”
“No! L’ho comprato apposta per te. Andavo di fretta ed era lì e…”
“E hai pensato che sarebbe stato divertente farmelo indossare!”
“Puoi cambiarti lì.” Dice indicando dei bagni. Io non mi muovo. “O puoi tenerti la biancheria se preferisci così. Volevo solo farti un piacere, ma non ce ne andremo prima che tu ti sia fatta una bella nuotata.” Cerco di ricordarmi che biancheria mi sono infilata al buio stamattina. Un reggiseno bianco trasparente e un tanga dello stesso colore. Ancor meno utilizzabile di quel coso dorato.
Cinque minuti dopo esco dal bagno avvolta stretta nel telo. Nicholas cammina proprio davanti a me, ha messo il costume e si è legato la maglietta in testa. Mi fermo, ipnotizzata dal movimento dei muscoli della sua schiena, fino a quando non vedo due ragazzine che mi guardano decisamente male.
“Tutto okay?” Mi chiede spalmandosi della crema protettiva.
“Oh come no.” Dico stringendomi ancora di più nel telo. “Sono così contenta di essere vestita come una spogliarellista di Las Vegas nel bel mezzo dei laghetti di Hampstead.”
Nick si mette a ridere. “Vieni, lasciati mettere della crema.”
“Non ci penso proprio.” Dico indietreggiando.
“Perché no?” Mi chiede accigliandosi. “Ci sono quasi venticinque gradi, ti ustionerai, se non la metti.”
Esito un attimo, poi mi giro di schiena. “Va bene.”
Nick preme il tubetto e tira fuori un po’ di crema. “Alzati i capelli altrimenti non riesco a metterla.” Alzo un braccio, ma non riesco a prenderli tutti insieme.
“No, ce n’è qualcun altro qui.” Mi avverta Nick.
Cerco di afferrarli con le dita, ma proprio non ci riesco. Rapidamente mi tiro il telo più in su e mi tengo i capelli con tutte e due le mani, ma quel movimento fa sciogliere il nodo che ho fatto alla buona e l’asciugamano mi cade a terra.
“Oh per l’amor di Dio.” Bofonchio raccogliendolo, ma Nick afferra per il gomito e mi ferma.
“Va tutto bene Penn.” Dice continuando a spalmare la crema con l’altra mano. “Saremo in acqua tra un minuto, comunque. Non ti guarda nessuno.”
“Di sicuro non mi guarderebbero, se avessi un vero costume da bagno addosso.” Borbotto, stando più attenta alle mani di Nicholas sul mio corpo che ai suoi occhi.
Le sue dita scivolano sotto le spalline del costume e io mi ritrovo a trattenere il fiato. Poi, da dietro, le sue mani finiscono sulle mie clavicole e sotto la collanina di Tiffany che mi ha regalato lui.
“Dai vieni.” Dice quando finisce di spalmarmi la crema. Io raccolgo il mio telo da mare. “Mollalo!”
“Ma Nicholas!” sibilo. “Io non voglio camminare davanti a tutti con questo coso addosso!”
“Stiamo per farci una bella nuotata libera. Gli asciugamani non sono permessi.”
Socchiudo gli occhi, ma lui mi prende per mano e inizia a correre, costringendomi a tenere il suo passo. Attraversa velocemente la passerella di legno e si tuffa in acqua, senza mai lasciarmi la mano. Il primo impatto con l’acqua è quasi devastante, è gelata.
“Muoviti, altrimenti rischi di congelare. L’unico segreto è muoversi.” Si volta e inizia a nuotare verso la riva opposta. Comincio a nuotare sulla sua scia e, velocemente, trovo il mio ritmo. Quando mi fermo, Nick non è accanto a me. Mi volto, mi guarda con un sorriso e mi fa l’occhiolino, poi mi raggiunge.
“Che facciamo adesso?” Chiede avvicinandosi.
“Una corsa con te fino alla riva.” Replico avviandomi con calma.
“Ehi!” Dice precipitandosi dietro di me, ma fortunatamente sono più veloce e riesco a rimanere in testa. Vorrei gongolare, ma riesco a rimanere seria e continuo a solcare le onde del laghetto. Sto per aggrapparmi ai gradini, quando sento le dita di Nick chiudersi attorno al mio piede e trascinarmi indietro verso di lui, fino a farmi sbattere contro il suo torace. Riesco a sentire il suo cuore battere forte dietro di me.
“E’ stato sleale.” Mi dice Nick all’orecchio, affannando, riesco a sentire il suo fiato caldo dietro al collo. “Sei partita in vantaggio.”
“Forse.” Dico senza fiato. “Ma tu sei avvantaggiato dall’altezza.”
Allungandosi dietro di me da dietro, Nicholas si aggrappa alla ringhiera con la mano e con l’altra afferra il mio stomaco, che è praticamente nudo. Divento ad un tratto consapevole dei movimenti del mio corpo contro quello di Nick. Sento le sue dita aprirsi delicatamente sulla mia pelle, i miei muscoli si irrigidiscono a quel contatto. All’improvviso, l’urlo di un ragazzino squarcia l’aria, seguito da varie urla di bambini che, sulla passerella, si buttano l’uno dietro l’altro in acqua.
“Ora di uscire.” Bofonchia Nick lasciandomi andare.
Salgo i gradini il più velocemente possibile, inorridita dall’idea che, con tutte le probabilità del mondo, Nicholas mi sta guardando il sedere. Mi rifugio nel telo da bagno, stringendomi stretta e mettendomi sotto il sole. Lui si siede sulla tovaglia, io mi metto libero del telo e mi distendo accanto a lui, in questo ridicolo costume dorato.
Chiudo gli occhi mentre il sole mi ghermisce, facendomi brillare di una luce d’oro e, finalmente, mi sento prendere dalla cosa a cui ho resistito tutto il giorno.
Il sonno.




Ci svegliamo a metà pomeriggio e, guardandomi, sono grata alla crema che Nicholas mi ha spalmato. Andiamo via da Hampstead Heath, entrando in un affollatissimo Mc Donald’s. Dopo esserci rimpinzati per bene di cibo spazzatura torniamo alla ‘Flying Tomato’, è così che Nick chiama la piccola Mini. Questa si ferma a nord, dopo aver superato alte case stuccate, passando attraverso Regent’s Park e oltre l’inizio di Hyde Park, prima di trovare un posticino che solo una Mini classica, una moto o un gatto potrebbero occupare.
Siamo a Notting Hill adesso, passeggiando pigramente per Portobello Road. Il sonno, la cocacola e il sole mi hanno resa molto rilassata. Parlo con i negozianti, esamino attentamente le bancarelle e compro un piccolo anello con un quarzo rosa.
“Stiamo entrando?” chiedo quando ci fermiamo davanti ad una porta. Alzo lo sguardo e vedo un edificio con un’insegna verticale blu con su scritto ‘Electric’ a puntini.
“Si.”
“E’ un cinema?”
“Il più vecchio di Londra, è diverso da tutti gli altri.”
Nick prende i biglietti ed entriamo in sala insieme. Appena entriamo capisco cosa voleva dire Nick. I muri bianchi con i pannelli di gesso rosso sangue e le tende di velluto sono una cosa abbastanza familiare, ma non mi sarei mai aspettata delle grandi poltrone in pelle con poggiapiedi e tavolini al posto delle solite scomodissime poltroncine ribaltabili.
“Dove ci mettiamo?”
“Lì.” Mi conduce in fondo al cinema, oltre l’ultima fila, in un cantuccio con due piccoli divanetti.
“Cosa vediamo?”
“Lo scoprirai, è un classico del cinema.”




E’ quasi mezzanotte quando entriamo in albergo e Nicholas mi lascia davanti alla mia camera, proprio tra la sua e quella di Kevin e Danielle.
“Nick è davvero estenuante averti intorno, ma sei una delle persone più divertenti che conosca.” Dico sbadigliando.
“Divertente? Mi fai sentire come un rappresentante della Butlin.” Il pensiero di Nicholas con un giaccone colorato che balla su un palco insieme a dinosauri finti mi fa sorridere pigramente, come se anche il mio corpo sia troppo stanco per trovare l’energia per ridere.
“Okay, okay allora… sei una delle persone più… eccitanti.” Dico ridacchiando e sporgendomi verso di lui. Mentre lo faccio vedo qualcosa balenare nello sguardo di Nicholas: determinazione, desiderio, incoscienza. Sento dell’elettricità scorrere tra noi, qualcosa che ci attira inesorabilmente l’una all’altro, così che mi ritrovo senza poter fare nulla tra le sue braccia, la sua gamba tra le mie, i nostri corpi che cercano di farsi uno.
E’ un tipo di bacio che ci sveste di inibizione e di paura, quel tipo di bacio che abbiamo cercato di evitare tutto il giorno, il tipo di bacio che è stato a cuocere per sedici anni e che d’un tratto ha passato il punto di ebollizione, quel tipo di bacio che mi lascia palpitante e desiderosa di averne ancora. Ma niente, Nick mi lascia improvvisamente andare non appena Danielle apre la porta della sua camera.
“Oh siete voi due! Mi è parso di sentire dei rumori e ho controllato. Ma che ci fate qua fuori?” Un pausa mentre io cerco di riprendere fiato, le guance rosse non di imbarazzo, di desiderio. Nicholas mi guarda scioccato, indebolito.
Danielle alza gli occhi al cielo, scocciata dal nostro silenzio. “Ho interrotto qualcosa?”
“No!” Diciamo in coro senza guardarci. Lui saluta e scappa via nella sua camera, mentre io cerco di aprire la porta della mia, con le mani tremanti. Mi trascino dentro, riuscendo a malapena a credere a quello che è successo. Ho appena ricevuto il bacio più bello di tutta la mia vita. Lui mi ha letteralmente tolto il respiro e poi? Poi se l’è data a gambe. Starà sicuramente parlando con Savannah, non l’ha sentita per tutto il giorno. Come ha potuto baciarmi, in quel modo, e poi tornare subito da Savannah? Cosa c’è di sbagliato in lui? Cosa c’è di sbagliato in me? Perché finisce sempre per rifiutarmi?
Evidentemente non è destino.

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Capitolo 14
*** Chapter fourteen. ***


Chapter fourteen.

Allora innanzitutto vi volevo ringraziare per le recensioni che mi lasciate, sono tutte bellissime.
Poi volevo scusarmi se questo capitolo sembra un pò noiosetto, ma è solamente la parte iniziale ad esserlo, poi nel finale si scopriranno tantissime cose.
E infine volevo annunciarvi che siamo arrivati quasi alla fine della fanfiction.
Vabbè, vi lascio leggere. Spero vi piaccia e, mi raccomando, recensite!


Sono due giorni. Due giorni da quando ci siamo baciati, da quando è successo. Due fottutissimi giorni che non vedo Nicholas. Due fottutissimi giorni che non sta con noi. Due fottutissimi giorni che torna nella sua camera all’una e mezza e che esce alle cinque. Due fottutissimi giorni che mi evita, ecco, non c’è altra spiegazione.
Oggi lo vedrò, finalmente, e chiarirò questa situazione. E’ stato un errore, ecco. E’ stato tutto uno stupidissimo errore, un attimo di debolezza in cui ci siamo lasciati andare. Nessuno dei due lo voleva… Oh ma chi sto prendendo in giro? Nessuno mi ha mai baciata così, nemmeno Joseph. Nessuno mi ha mai lasciata senza fiato, così turbata e desiderosa di lui.
Oggi glielo dico, è stato solo un bacio. E’ stato solo un bacio, è stato solo un bacio, è stato solo un bacio, è stato solo un bacio.
“E’ stato solo un bacio!” Dico ad alta voce, pestando un piede a terra.
“Signorina per favore, stia ferma.” La sarta cerca di farmi stare ferma. Mi acquieto immediatamente, soprattutto perché la donna ha un ago in mano.
“Con chi è stato solo un bacio?” Mi chiede Dani incuriosita mentre la parrucchiera le acconcia i boccoli.
“Nessuno, non lo conosci.” Le rispondo di fretta, stando attenta all’ago della sarta. Ho il terrore delle cose appuntite.
“Okay, ho finito.” La sarta mi invita a scendere dal piccolo piedistallo su cui ero salita e io mi avvicino a Dani.
“Come sto?” Le chiedo facendo roteare la gonna morbida del corto vestitino.
“Sei stupenda e Anne,” dice riferendosi alla sarta “il vestito è magnifico.”
Mi guardo allo specchio, quasi stento a riconoscermi. Il vestito è verde smeraldo, il corpetto è stretto e a forma di cuore, la gonna è corta, leggera, quasi senza peso e, soprattutto, molto svolazzante.
“Questa gonna è così leggera che, se c’è un alito di vento, faccio Marilyn Monroe!”
“Un motivo in più per guardarti!” Dice facendomi l’occhiolino e sorridendo. “Allora, hai deciso la pettinatura?”
“Credo lascerò i boccoli sciolti.” Guardo i miei lunghi capelli biondi e li scuoto davanti al suo viso.
“Joe rimarrà senza parole.”
“Mmmh si.”
“E’ successo qualcosa con Joe?” Mi chiede frugandomi dentro con lo sguardo.
“Non lo so Danielle…” Le rispondo sedendomi sul letto con aria affranta.
“Vuoi parlarne?”
“Beh, io non so se sto più bene con lui. Cioè mi fa stare bene, è il ragazzo più dolce del mondo, è bellissimo, ma…”
“Ma non sei innamorata di lui.” Finisce la frase per me.
“Esatto!” Le dico spalancando gli occhi, non pensavo l’avesse capito.
“Perché sei innamorata di Nick, ovvio.”
“COSA?!” Mi guarda con un piccolo sorrisetto e io mi sento avvampare.
“Oh andiamo Penn! Si vede da come lo guardi, da come gli parli, appena l’ho nominato sei arrossita e, diciamocelo, quella di ieri sera non era una semplice buonanotte vero?”
Tossicchio leggermente, voltandole le spalle. “Boh, cioè, non lo so.”
“Come fai a non saperlo Penn! Vi stavate slinguazzando nel bel mezzo del corridoio!”
“Lo so Dani ed è questo il problema! Lui sta con Savannah!”
“Ma potrebbe lasciarla.”
Mi volto nuovamente verso di lei, con le lacrime agli occhi. “No, a lui piace troppo Savannah, da due anni. Lei è bellissima, lui non la lascerebbe per tutto l’oro del mondo.”
“Eppure ha baciato te.”
“E’ stato un momento di debolezza, solo uno stupido bacio.” Dico asciugandomi le lacrime.
La porta si apre all’improvviso. Nicholas entra nella camera, ha i riccioli spettinati, il pantalone dello smoking messo male ed è a torso nudo.
“Ti vuole Joe.” Dice andandosene e sbattendo la porta. Sembra furioso.
“A proposito, a che ora sono arrivati?” Mi chiede Dani incuriosita.
“Joe all’una e mezza di notte, gli altri un’ora dopo. Adesso vado a sentire che vuole.” Esco dalla stanza, in cerca di quella di Joseph, la numero 122.
“Amore.” Mi dice aprendomi la porta.
“Joe, dimmi.” Gli dico scansandomi non appena cerca di baciarmi.
“Nulla, volevo solo vederti.”
“Scusa Joe, ma tra meno di tre ore tuo fratello si sposa e io devo ancora prepararmi. Ci vediamo dopo.” Esco dalla camera, chiudendomi la porta alle spalle, con più pensieri di prima.
Vado a bussare alla camera dei miei genitori, arrivati anche loro da L.A. con Denise, Paul e Frankie.
“Mamma benarrivati.” La abbraccio non appena apre la porta, ho bisogno di un suo forte abbraccio.
“Ciao amore.”
“Com’è andato il viaggio?”
“Tutto bene tesoro mio. Ah aspetta, prima che me ne dimentichi. Due giorni fa sono arrivati dei fiori a casa. E’ un mazzo enorme! Ho chiesto a John il fioraio e mi ha detto che sono delle Cuisse de Nymphe.”
“Gamba di ninfa?” Chiedo sperando che il mio inglese non sia totalmente arrugginito.
“Esattamente, ecco.” Mi mostra la foto sul suo cellulare. E’ un mazzo più che enorme di rose rosa pallido, sono bellissime.
“Wow! Non c’è scritto il mittente vero?” Chiedo ricordando gli altri anonimi omaggi floreali.
“No, mi dispiace.”
“Non ti preoccupare mamma, adesso vado a prepararmi, ci vediamo prima di andare in chiesa okay?”
Scappo fino alla camera di Danielle, dove la truccatrice mi aspetta quais impaziente.
“Voglio un trucco semplice.” Le dico guardando i miei occhi azzurri allo specchio. “Voglio valorizzare specialmente le labbra, con un rossetto color pesca o albicocca.”
“Okay, detto fatto. Adesso chiudi gli occhi e rilassati.”




“Eri bellissima nelle vesti della damigella d’onore.” Dice Joe avvicinandosi con un calice di champagne per mano. Siamo alla villa della zia di Danielle, la oramai moglie di Kevin. E’ una grandissima residenza appena fuori Londra, una vecchia casa dell’800 rimodernata ad arte. Ha un giardino veramente spettacolare, ettari ed ettari di terreno dove hanno allestito i tendoni per tutti i mille e cinquecento invitati del matrimonio. Guardo Nick, impegnato in una conversazione con una brunetta tutta tette. Accetto con un sorriso il calice che mi porge Joseph e mi allontano con lui verso Cher e Summer. Savannah non è potuta venire, ma non mi sembra che Nicholas stia sentendo la sua mancanza. Quella brunetta gli sta praticamente sbattendo in faccia la sua sesta di seno e non sembra che a lui dispiaccia, anzi.
“Come mai Sav non è venuta?” Chiede Joe a Cher.
“Problemi di famiglia, non ci ha detto altro.” Gli risponde Sum al posto di Cher.
“Oh, mi dispiace.”
“Già, anche a me.” Dico cercando di non sembrare sarcastica.
“Credo che Nicholas si stia divertendo anche senza di lei no?” Dice Cher ammiccando alla brunetta.
“Oh si, si sta divertendo un mondo.” Questa volta è mia intenzione risultare sarcastica, anche se credo che le mie parole, purtroppo, rispecchino la verità.
“Balliamo?” Mi chiede Joseph non appena si accorge che hanno messo su un lento. Sembra titubante della sua domanda, forse ha notato l’atteggiamento freddo che gli ho riservato stamattina. Mi avvicino di più a Joe e lui sorride sorpreso da questa mossa. Allarga le dita intorno alla mia vita in modo da sfiorarmi la parte bassa del seno.
A volte è meglio non lasciare la strada vecchia.




“Penn, ti devo parlare.” Dice Danielle avvicinandosi a me.
“Dimmi tutto cara.” Le faccio un piccolo sorriso, guardandola nel lungo abito da sposa color avorio.
“Andiamo da un’altra parte, è una cosa strana. Importante, ma strana.”
Mi prende per un braccio e mi porta in una parte del giardino deserta. Siamo solo io, lei e la natura. Mi fa sedere su una panchina di legno scuro e prende un bel respiro.
“Nicholas mi ha detto una cosa.” Dice evitando di guardarmi negli occhi.
“Cosa Danielle? Non farla tanto lunga, ti prego.”
“Vuoi saperlo veramente Penn?”
“Si, certo. Dimmi. Oramai non mi sorprende più nulla di lui. E’ come se non lo conoscessi più.” Dico ripensando al suo atteggiamento con la brunetta tutta tette.
“Beh, Nick mi ha detto che tutti quei fiori te li ha mandati lui.”
“LUI CHE COSA?!” Le chiedo spalancando gli occhi.
“Ha detto che ti ha mandato il disegno, i fiori bianchi e viola e adesso le rose rosa.”
“E PERCHE’ DIAMINE L’AVREBBE FATTO?”
“Calmati Penn. Ha detto che è stato… solo per divertirsi.” Risponde tutto d’un fiato e senza guardarmi. Il cuore ha un piccolo tuffo, non me l’aspettavo. Solo per divertirsi. Ha giocato con i miei sentimenti, solo per divertirsi.




“Sembri molto giù cara.” Dice Hattie, la zia di Danielle, non appena mi vede entrare in casa. Mi siedo composta su una sedia di legno e le faccio un piccolo sorriso.
“Per niente Hats. Sto solo aspettando una botta di energia.”
“Secondo me hai bisogno di una camomilla.”
“Camomilla? Ad un matrimonio?” Faccio una piccola smorfia. “Non si fa! Sul contratto di assunzione come damigella d’onore c’è scritto chiaramente che devo ubriacarmi senza ritegno e baciare un usciere.” Le dico con un piccolo sorriso.
Hattie alza gli occhi al cielo. “Secondo me hai solo bisogno di una camomilla, energia nelle avversità.”
La donna fa per alzarsi, ma io mi aggrappo a lei. Il disegno con i fiori di camomilla e le stelle alpine mi balza alla testa. Una delle frasi che c’erano scritte sopra è proprio ‘energia nelle avversità’. “Cosa hai detto Hats? Energia nelle avversità?”
“Sì cara, è proprio il tonico che ci vuole per te ora.”
“Ma perché hai detto proprio quelle parole? Avresti potuto semplicemente dire che mi avrebbe tirato su.”
“Mmmh si, credo di si.” Riflette. “Ma io sono un po’ fissata con queste cose, sai il linguaggio dei fiori è un po’ ambiguo.”
“Il linguaggio dei fiori?”
“Si, durante il periodo vittoriano si attribuivano ad ogni fiore specifiche proprietà , e alla camomilla quella di essere l’energia nelle avversità.”
“Hats, ti prego dimmi il significato delle stelle alpine, lo ricordi?”
“Certo, se non sbaglio significano ‘coraggio’.” Il mio cuore perde un colpo, ecco l’altra parola scritta dietro al disegno.
“E Hats quello della Lobularia Marittima?”
“Cosa?” All’improvviso la musica è diventata altissima, Lady Gaga sovrasta le nostre parole.
“HATS IL SIGNIFICATO DELLA LOBULARIA MARITTIMA!” Le grido nell’orecchio.
“Oh, aspetta… Non me lo ricordo…”
“Ti prego Hats, fai uno sforzo, è importantissimo!”
“Non sono sicura, è così tanto tempo… ‘virtù oltre la bellezza’ credo.”
Sto per parlare di nuovo, ma Danielle interrompe la nostra conversazione entrando in casa.
“Zia, hai visto il mio bouquet? Il fotografo vuole fare delle foto.” Le chiede affannata.
“Certo, è proprio qui.” Dice porgendole un bellissimo bouquet di rose bianche. Sono di un colore diverso, ma riconoscerei tra mille la forma delle rose che mi ha mostrato stamattina mia madre.
“Oh sono Cuisse de Nymphe vero?”
“Che bello: erano anni che non sentivo quel nome! Di solito le chiamano in un altro modo.”
“Cioè?”
“Beh tesoro, quello è il nome usato durante la Reggenza, adesso si usa quello vittoriano.”
“Oh.” Mannaggia a John il fioraio che vuole sempre farsi bello davanti agli occhi di mia madre. “E allora come si chiamano di solito?”
“Il nome perfetto per un fiore da matrimonio: Maiden’s Blush, rossore di fanciulla.” Dice con un sorriso.
Sento il mondo sulla mie spalle. Le rose Maiden’s Blush, la mia collana con la scritta Maiden’s Blush, la collana di Tiffany che mi ha regalato lui.
“Hats è l’ultima cosa che ti chiedo. Il significato della Maiden’s Blush, ti prego!”
“Mi dispiace cara, non lo ricordo proprio. Non leggo da tanto il libro sul loro linguaggio.”
Sono mortificata. “Davvero non lo ricordi?”
“Prova a vedere in biblioteca, deve essere da qualche parte.”
In biblioteca? Vedo Joe cercarmi dappertutto, abbasso la testa e attraverso l’atrio della villa, per non essere vista dalle finestre. Entro correndo in biblioteca, c’è poca luce lì. Mi metto ad esaminare febbrilmente gli scaffali e, finalmente, lo trovo.
Lo apro, è una delle prime edizioni, del 1884. Lo sfoglio, è come un elenco in cui le varietà di fiori sono elencate in ordine alfabetico.
Con le mani che tremano vado alla M. Magnolia, Magnolia di palude, Malvacee… Non c’è! Faccio un respiro e poi mi ricordo di Cuisse de Nymphe. Vado alla C, ma non trovo niente.
“E dai.” Mormoro…R! E’ un tipo di rosa no? Esamino la pagina, Rosa Gallica, Rosa di Lucrezia, Rosa Marcophylla, Rosa Maide… Ho un tuffo al cuore alla vista della rosa. La vista mi si annabbia per un secondo. Rosa Maiden’s Blush: se mi ami lo scoprirai.
Le parole mi assalgono come fantasmi assordanti. Se mi ami lo scoprirai. Se mi ami… non niente… tutto. Amore non consumato… scoprilo.
La consapevolezza mi colpisce come un fulmine e capisco che è stato solo l’imbarazzo a farlo fuggire due giorni fa. Lo sguardo che è corso tra noi due, è stato quello la verità.
Quello.

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Capitolo 15
*** Chapter fifteen. ***


Chapter fifteen.


Bonsoir, o bonjour, dipende da quando state leggendo. Comunque volevo dirvi che siamo arrivati alla fine della storia, questo è il penultimo capitolo, il prossimo sarà quello finale.
Non so davvero come ringraziarvi per avermi accompagnata in questo 'viaggio' che dura per sedici capitoli.
Siete davvero fantastiche, grazie.


“Eccoti qui! Stavo per contare i testimoni dello sposo e cercare tra le camelie.” Esclama Joe arrivandomi alle spalle. Mi mette un braccio attorno alla vita e inizia ad incamminarsi verso il giardino, ma io lo fermo. “Chi c’è Penn? Non ti senti bene? Sei pallida.”
“Joe dobbiamo parlare.”
“Adesso? Parliamo dopo in albergo, dai.”
“No Joe, adesso.” Gli dico risoluta. “E’ una cosa importante che non può essere assolutamente rimandata.”
Lui sospira e si siede su una sedia della biblioteca, facendomi segno di mettermi accanto a lui.
“Dimmi.”
“Io… io non so come dirtelo.” La sua reazione, quasi consapevole di quello che sto per dirgli, mi disarma. Non riesco ad incrociare i suoi occhi, il suo sguardo mi farebbe crollare o peggio, desistere da quello che sto per dirgli. “Non credo che le cose tra noi funzionino.”
“Perché?”
“E’ colpa mia Joe. E’ tutta colpa mia. Tu sei il ragazzo più dolce, più simpatico, più 'tuttoquellochevuoi' dell’universo e io non me la sento di trattarti così.”
“Non ci girare attorno, dimmi.”
“Io credo che dovremmo… dovremmo finirla qui con la nostra relazione.”
“L’avevo capito.” Dice con amarezza nella voce.
“Joe io…”
“Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno, è semplicemente successo.”
“Io non so… non mi perdonerai mai vero?”
“Perdonarti cosa? Non hai fatto nulla.” Mi alza il viso con due dita, guardandomi negli occhi azzurri, adesso lucidi e quasi lacrimanti. Mi abbraccia, stringendomi forte, come se non volesse lasciarmi andare.
“Penn?” La voce di Cher interrompe l’abbraccio tra noi due. Joe mi lascia andare, guardandomi negli occhi prima di alzarsi dalla sedia. Esce dalla biblioteca senza dire nulla, lanciando solamente uno sguardo a Cher.
“Dimmi Cher.” Le chiedo guardando il pavimento. Mi sono liberata di un peso parlando con Joe, ma vedere il suo sguardo affranto mi ha fatto male, come se avessi ingoiato un pezzo di ghiaccio che non vuole proprio andare giù.
“Sum non voleva dirtelo, ma…”
“Ma cosa? Muoviti Cher.”
“NicholashalasciatoSavannah.” Dice tutto d’un fiato.
“NICHOLAS HA FATTO COSA?”
“Ha. lasciato. savannah.”
Mi viene quasi da vomitare per la tensione. Cosa sta succedendo oggi? Mi sembra di vivere in una fiction. Corro fuori dalla biblioteca, non riesco a stare al chiuso. La voce di Cher mi arriva lontana, attutita dai miei pensieri, dalla musica del giardino, dalle immagini del nostro bacio.
Nick è seduto allo stesso tavolo di prima, con la guancia sul palmo della mano. La brunetta parla tutta eccitata di qualcosa, ma adesso noto che lui sembra più annoiato che affascinato.
Rimango ad osservarli per un momento, chiedendomi come interromperli, con la testa che mi gira.
Poi capisco.
Attraverso la stanza e mi faccio strada tra i tavoli, verso di lui. Nick mi vede avvicinarmi tre tavoli più in là, gli occhi fissi su di lui. Alza la testa con un gesto automatico, appena in tempo per prendere dritto in faccia il bicchiere d’acqua che gli lancio addosso, infradiciandogli capelli e camicia, lasciando la brunetta a starnazzare da sola. Cher e Summer, vicine alla pista da ballo, scoppiano a ridere, deliziate dalla scena, ma io non mi unisco a loro. Dopo averlo infradiciato giro i tacchi e lascio il padiglione, togliendomi le scarpe per correre più veloce, a piedi nudi, attraverso il campo e giù verso il lago.
Dopo dieci secondi, nei quali è rimasto seduto, scioccato, Nick si alza e mi corre dietro. Lo sento, offeso, avvicinarsi sempre di più. Non riuscirò mai a seminarlo, allora mi fermo all’improvviso, girandomi per averlo di fronte, tanto che lui si deve quasi curvare per non travolgermi.
“Ma che… perché diamine l’hai fatto?” Urla ritrovando l’equilibrio, con l’acqua che ancora gli cola dai capelli ricci.
“Perché lo hai meritato.” Dico ansimando, il cuore mi martella le costole.
“Per cosa?”
“Per esserti comportato come un coglione da quando siamo arrivati qui.”
Nick mi fissa sbalordito. “Che?”
“Non provare a negarlo. Da quando mi hai baciata ti sei comportato come se mi odiassi.”
“Ma io non ti odio!” Esclama, a quanto pare inconsapevole del fatto che le sue mani continuano a chiudersi a pugno.
“Oh, ma ora lo so!”
Ora che mi hai buttato un bicchiere d’acqua addosso?” Dice guardandosi la camicia fradicia.
“Ora che ho scoperto il tuo segreto.”
C’è una pausa di silenzio. “Che segreto?” Dalla sua faccia sembra che io l’abbia schiaffeggiato.
Faccio un bel respiro. “Che mi ami.” E’ una cosa meravigliosa da dire ad alta voce.
Lui rimane in silenzio, il petto si gonfia per l’adrenalina, gli occhi fissi e dubbiosi nei miei. “E cosa ti fa pensare che io ti ami?”
“Ho scoperto chi mi mandava tutti quei fiori Nicholas, tu. Ho scoperto tutto, soprattutto il significato delle Maiden’s Blush.”
Lui si passa una mano tra i capelli gocciolanti. “Oh ma questo era prima.
Adesso tocca a me stare in silenzio. “Prima di cosa?” Ho capito male?
“Cosa credi?” Mi domanda fissandomi negli occhi. “Prima che tu decidessi di tornare con Joe. Io pensavo che vi foste lasciati, ma… ma… è bastato vederlo una sola volta e sei ritornata dritta dritta tra le sue braccia.”
“Puoi darmi torto? Da quando mi sei saltato addosso, non sei stato nemmeno in grado di guardarmi! Sei schizzato via! Pensavo volessi scusarti con Savannah per quell’attimo di debolezza che avevi avuto con me, ma poi scopro che l’hai lasciata! Perché mi hai nascosto la verità su di lei? Che cos’è lei per te? La tua scusa per scappare come un coniglio?”
“Non sai… non sai la cosa più importante di tutte!” Controbatte esasperato, facendo avanti e indietro.
“E allora dimmela!” Gli ordino. “Dimmi che cavolo ti succede perché io non ti seguo!”
“Lo vuoi sapere davvero?”
“SI!”
“Okay! Io sono stato innamorato di te TUTTA LA VITA, okay? TUTTA! Anche quando hai fatto l’amore con Joseph per la prima volta. Poi ho incontrato Savannah, lei è bella, è carismatica, ma non è te. Poi, quando finalmente avevo trovato il coraggio per dirti la verità, tu ti sei messa con Joe! Non potevo crederci! Sembrava una cazzo di barzelletta. Ho provato a continuare la storia con Sav,ma quando le cose sono peggiorate tra te e Joe, ho capito che non avrebbe funzionato tra me e lei, non quando c’era una possibilità che tu…” Guarda da un’altra parte, per evitare il mio sguardo.
“E allora perché non mi hai semplicemente detto che l’avevi lasciata?”
“Perché Joe è mio fratello, cazzo! Finchè avessi pensato che stavo con lei, non avresti mai potuto permettere che succedesse qualcosa tra di noi! E adesso che ti ho detto tutto, fammi un piacere. Vai da Joe e fai finta che non sia successo nulla, che non ti abbia detto nulla.”
“Non torno da Joe.” Gli dico cercando il suo sguardo.
“Perché? Vi ho visti prima, lui che ti mette le mani addosso. Vi ho visti in biblioteca.”
Mi racchiudo il viso tra le mani, come posso spiegarglielo? “Nick dopo che tu mi hai baciata io ho capito che non sarei mai più potuta tornare con Joe. In biblioteca l’ho lasciato definitivamente.”
Rimaniamo a fissarci, gli occhi che bruciano, i cuori all’impazzata.
“E quindi… vuoi dire che…?” Ha le mani ficcate nelle tasche, tutta la sua solita disinvoltura è sparita.
Mi avvicino a lui, prendendogli il volto con le mani. “Sto dicendo che ti amo.” Sussurro guardando i suoi occhi scuri. “E ti amo dal primo momento, da quando mi hai buttato il gelato addosso a sei anni.” Scoppiamo a ridere, ma dura poco perché lui mi prende per le spalle e mi bacia. Sento il peso delle parole attraverso le sue labbra, come se dieci anni di desiderio trovassero sfogo mentre mi passa una mano tra i capelli, mi sfiora il collo con la bocca e mi accarezza la schiena con una tale leggerezza che sento le scintille al suo tocco.
Attraverso il vestito riesco a sentire la pelle di Nick, fredda e bagnata. Gli sbottono la camicia fradicia, mentre lo sento tirare giù la cerniera del mio vestito che, con un leggero fruscio di seta, cade scivolandomi sui seni. Rimango quasi nuda di fronte a lui, in pizzo color champagne, entrambi bianchi come marmo sotto la luce della luna piena, come gli amanti di Rodin.
Mi guarda un’ultima volta, con lo stesso sguardo che mi ha rivolto due giorni fa, quando ci siamo baciati. Fa scivolare le sue mani lungo la mia pelle chiara, sbottonandomi il reggiseno e lasciandosi andare alla notte più bella del mondo.



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Capitolo 16
*** Chapter sixteen. ***


Chapter sixteen.

E siamo arrivati alla fine della storia. Spero vivamente che vi sia piaciuta. Sinceramente? Sono triste di averla finita, mi ero davvero appassionata e non credevo di poterla concludere in così pochi capitoli.
Voglio ringrazire TUTTE coloro che l'hanno letta, ma in particolare coloro che mi hanno sempre recensita, I loge you ♥
Ps: ho scritto una nuova FF, si chiama "Autumn", se passaste mi fareste un piacere enorme.
Penn :)


Four years later.

“Avevi detto di aver finito con lo shopping.” Si lamenta Joseph quando arrivo davanti all’enorme porta di Tiffany&Co. “Devo tornare a casa a controllare se ho ancora tutte le dita dei piedi, credo che Cher me ne abbia tagliato qualcuno con i pattini.”
Cher gli dà una botta alla pancia. “Io sono il vento nelle tue ali, non dimenticartelo.” Dice ridacchiando sommessamente. Lui alza gli occhi a cielo e le dà un bacio, sono quasi due anni che sono fidanzati.
“Penn dovremmo tornare a casa, il tacchino deve essere pronto per mezzanotte.” Si intromette Sum.
“Vi giuro, ci metto solamente un minuto. So già cosa dovrei comprare, lo so da quattro anni.” Dico schizzando nel negozio prima che qualcuno possa protestare. Nick, Cher, Joe e Sam entrano lamentandosi dietro di me, accettando lo champagne omaggio e battendo le palpebre con diffidenza nel bagliore che si avverte quando si è in un piccolo spazio pieno di diamanti da milioni di dollari.
“E’ colpa mia, scusatemi. Le ho detto che avremmo dovuto passare ogni Natale da Tiffany. Sono quattro anni che lo facciamo, ormai è la nostra tradizione.” Dice Nicholas ricordando la famosa sera di Natale di quattro anni fa, quando lui mi regalò la collana con il lucchetto che indosso ancora.
Io mi dirigo verso l’altro lato del negozio, dove una commessa mi aiuta a trovare ciò che cerco. Sum e Cher mi raggiungono, mentre i ragazzi ci guardano perplessi. Scelgo con estrema precisione, piegata su un piccolo vassoio di ciondoli di smalto dai colori brillanti.
“Guarda qui!” Cher si avvicina a Joe pochi minuti dopo, con in mano un ciondolo a forma di scarpina attaccato ad una collanina. Sum la segue a ruota, guardando il suo piccolo ciondolo a forma di sole.
“Come mai li hai presi?” Mi chiede Joe dubbioso.
“E’ il mio modo per ringraziare le mie migliori amiche per tutto quello che hanno fatto per me in questi anni.” Dico sorridendo. Una scarpetta con il tacco per Cher, in ricordo di quella famosa serata in cui ho indossato gli orrendi tacchi beige. Mi fanno male i piedi al solo pensiero. Un piccolo sole per Sum, perché con il suo carattere solare mi ha aiutato a superare momenti in cui non credevo di farcela.
“E’ fantastico Penn, lo conserverò per sempre e non te lo restituirò!” Sorride Cher stringendo la sua collanina tra le dita. “Ma credo che sappiamo tutti chi è che ha fatto di più per te in questi anni.” Dice alzando il suo bicchiere di champagne verso Nicholas.
“A Nick!” Brindano tutti e io mi avvicino a lui per dimostrargli di nuovo la mia gratitudine.
“Basta! State sempre a sbaciucchiarvi voi!” Si lamenta Summer mentre ci baciamo un tantino in più di quanto sia necessario.
“Personalmente credo che tu sia stato un po’ ridondante Nick, fiori, collane…” Mormora Joe. “A me è bastato solamente far ubriacare Cher!”
“E tu non prendi un ciondolo per te stessa?” Chiede Summer. “Secondo me dovresti avere anche tu un ricordo di questi anni.”
“Oh ma io ne ho già uno.” Dico passandomi le dita sulla collanina d’argento. “E me l’ha regalato la persona più importante del mondo.” Guardo Nicholas dolcemente. “Non dimenticherò mai quel momento.” Sorrido. “In effetti, ero proprio lì.” Faccio un passo verso l’albero gigantesco al centro del salone e puntando verso il mucchio di pacchi blu tutt’intorno alla base. “Davvero, avreste dovuto vedere la mia faccia quando ho visto il mio nome…”
Ammutolisco.
“Che succede?” Chiede Joe dopo un momento.
Fisso i pacchi regalo, con tutta l’aria di essere presa dai ricordi. Poi mi chino e ne prendo uno. E’ piccolo e pesante e sopra c’è il mio nome.
Fisso Nicholas con stupore. “Di nuovo?
“Meglio.” Dice lui con un sorrisetto.
Negli occhi di Nick c’è la domanda.
Nelle mie mani, la risposta.
“Sì!” Dico spalancando gli occhi. “Oh sì!”

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