Assasin's Creed:Exchange of roles

di Akagage9195
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Assassino e la Duchessa ***
Capitolo 2: *** Lealtà o Imbroglio, la Decisione ***
Capitolo 3: *** Angelo e Diavolo...Il primo obbiettivo ***
Capitolo 4: *** La morte di Stefano ***



Capitolo 1
*** L'Assassino e la Duchessa ***


Salve a tutti,grazie per aver scelto la nostra storia,è la prima a due mani che scriviamo.Difatti la narrazzione si divide in due punti di vista cosi come le azioni,quello di Lucrezia
ed Ezio,che hanno l' uno dell' altro un punto caratteriale,fisico e mentale personale l' uno dell' altro.Per spiegare bene le sensazioni,le emozioni e le vicende abbiamo deciso di dividere in questo modo la Fiction.Quindi speriamo che sia facilmente comprendibile e siamo bene accetti ad ogni critica.Con questo vi auguriamo buona lettura e speriamo di non annoiarvi.Caio a tuttiiiii!
             
 
                                    Assasin's Creed Brotherood "Exchange of roles"
 
*Roma Pasqua 1502*
 
Il venerdi santo nella Basilica di Santa Maria Maggiore era finalmente giunto.La città era stata invasa dal fervore per i preparamenti delle sante messe,la rappresentazione della Passione di Cristo si spostava di chiesa in chiesa,di serata in serata,in modo che tutti dal ceto più elevato a quello minimo potessero bearsi della santa rappresentazione Cristiana.Nonistante fosse Aprile,quei giorni a Roma,l' afa si era fatta pesante,inspiegabilmente l' umidità e la calura erano sorte da un giorno all' altro e pervadevano da una settimana l' intero Lazio.Anche all' interno della Basilica la frescura si era pressochè dileguata,invasa dall'umido appiccicoso che non risparmiava ne i cardinali e i funzionari religiosi ne gli uomini e le donne in preghiera.La maggior parte di quest' ultime,ma d' altronde come tutte le donne romane,non pronte ad una temperatura simile e sospettando che non durasse a lungo,indossavano ancora vestiti invernali,camice di flanella sotto ai corsetti pesanti che le aveva costrette a ripiegare sull' uso dei ventagli estivi quasi sempre riposti nei cassetti più accessibuli del proprio baule da viaggio estivo.L' odore di sudore era cosi penetrante che la donna fu costretta ad auentare lo sventolio del proprio ventaglio rosso sangue,lo stemma dei Borgia spariva e riappariva a chi lo guardasse con la velocità di pochi attimi.Lei,come le altre donne di Roma,era stata presa in contropiede da quel calore,e nonostante indossasse un abito primaverile il corsetto troppo stretto le imediva di respirare adeguatamente,inoltre il maleodore e quello dell' incenso non aiutavano la bionda a respirare adeguatamente.La luce forte filtrava dalle finestre delle guglie,dal rosone centrale e dalle vetrate dei mosaici colorati,illuminando l' altare ove la rappresentazione giungeva al termine,facendo risplendere  marmi bianchi e verdi da cui esso era stato intagliato.
Giunta la benedizione del Cardinale,la folla prese ad uscire alla spiccolata,non rimase nessuno all'interno della Basilica,nessun rumore se non quello dei passi che si allontanavano sempre più.Camminava a fatica,reggendosi con una mano la gonna rossa da ricami in broccato color oro,e con l' altra continuava a sventolarsi vicino al viso.Una volta uscita e percora la distanza che la dividava dalla carrozza,vi entrò sedendosi,quasi lasciandosi cadere sulla poltroncina di velluto rosso.Sospirò,al suo interno l' ancella Donata le si fece vicina aiutandola a respirare maggiormente sventolandole anche il proprio ventaglio.
"Madonna,sembrate particolarmente provata,il calore non risparmia nemmeno il sangue Aragonese!"
Non capiva se era una beffa delle proprie origini,o se fosse un elogio particolarmente puntiglioso.
"Mia cara Donata,non ricordo affatto della calura  d' Aragona,sono cresicuta qui,il fatto che sogni in Catalano non significa che tutto di me sia abituato al rapporto con tale luogo,vi pare mia carissima?"
L' ancella fu zittita,ma dopo poco voltandosi verso la propia dama,le si strinse ancor di più,le vesti verdi quasi a contatto con quelle della Borgia.
"E ditemi madonna,vostro fratello ha fatto ritorno da Urbino?"
Si voltò,aveva ripetuto centinaia di volte che quello er aun discorso Tabù,dati gli ultimi avvenimenti,era meglio non parlare ne di Cesare,de dei suoi spostamenti,tantomeno di quello che era successo a Castel Sant' Angelo.Per un attimo pensò alla Sforza,imprigionata ancora li,e a quel che le aveva scritto Cesare nella lettera che l' aveva richiamata a Roma.Il tentato assassino a Rodrigo,e al caro fratello da parte di una gilda di Assassini,o per come gli aveva precisato per mano di un Assassino.Tornò in se quando Donata le sfiorò la mano,trasalì guardandola torva.
"Ho detto che questi non sono argomenti da me graditi.La calura già mi basta,state zitta mia signora,o vi farò retrocedere di grado a sguattera in cucina!"
L' ancella se pur offesa e stizzita dovette tornare al semplice sventolar di ventaglio per non infastidire ed essere punti dalla propria dama.Pensare a suo fratello era come ricevere cento colpi di lama al cuore,preferiva non pensarci affatto,probabilmente era più al sicuro lei con la propria prigioniera li,che lui in battaglia ad Urbino ricercato da Assassini.Giunte alla propria dimora,e fatta scendere dalla propria carrozza,si diresse direttamente nelle proprie stanze,con la mano aveva scansato e allontanato paggi guardi e chiunque le si era avvicinato per poter camminare spedita.Si richiuse la porta alle spalle intimando le guardie al non far passare nessuno in quanto no voleva essere disturbata.
Il caldo strano,la rendeva talmente cagionevole che doveva trattenere tutte le forze possibili per non lasciar vedere quanto soffrisse,nell' anima e nell' corpo.Si tolse il velo che le copriva il viso,sentendo una ventata di aria fresca inondarle i polmoni stretti nei ferretti e nei lacci del corsetto,posò anche il ventaglio sul proprio cassettone in marmo dove il portagioie regalatole da Giovanni prima della sua morte riluceva di rubini e zaffiri.
Non si accorse affatto della presenza nella stanza,aveva lasciato la finestra aperta tutta la mattina per far rinfrescare le mura,ma non aveva notato nessun cambiamento risptto a quando era uscita.Nessun' rumore,nessun odore,un ombra improvvisa allungò la propria mentre si accingeva a togliere la collana che le stringeva il collo bianco.Un piccolo movimento che non le apparteneva,ed improvvisamente capì che non era sola,ma che era troppo tardi.
 
Lo stesso giorno di un mese più lontano, la setta degli Assassini aveva dato un ordine ben preciso ad uno dei suoi membri più fidati.  La missione che oramai proseguiva da tempo di Ezio Auditore da Firenze in quella che sembrava essere l’ uccisione del Papa Rodrigo Borgia, conosciuto meglio con il nome papale Alessandro VI, era stata compiuta. L’aria cupa e gelida dalle pareti decorate in stile antico e medievale, sotterranee alla cripta del Vaticano, potevano incutere timore per la mancanza di luce nella stanza e si andarono a fondere all’ orribile spettacolo della salma, oramai senza vita, del papa che stringeva con la sua mano il suo scettro in una pozza infida di sangue dopo essere stato pugnalato più e più volte dalla lama nascosta dell’ Assassino. La missione di Ezio, di trovare l’ ultimo frutto dell’ Eden era stata completata. Il bastone, lo scettro papale, era finalmente nelle sue mani. L’ Auditore si piegò così in avanti verso il corpo del papa defunto, avvicinandosi al suo viso e portando una sua mano dinanzi ai suoi occhi aperti, chiudendoli con molta calma.
“Requiescat in pace…Bastardo” 
La mano di Ezio andò quindi a dirigersi verso il bastone frutto dell’ Eden afferrandolo e strappandolo facilmente dalle tozze e paffute dita del Borgia. Si assicurò di avere una presa ben salda per scappare via senza perderlo, andando così a rintanarsi di nuovo nella sua dimora , nella sua villa a Monteriggioni godendosi per qualche mese la libertà, fino a quando un nuovo ordine, non lo fece smuovere di nuovo. Lo zio di Ezio entrò nella sua stanza per parlargli, andando a riferire le parole e la missione che lui doveva compiere. 
“Ezio, devo parlarti.”
“Cosa c’è zio? E’ successo qualcosa?”
“Si tratta della setta. Ti è stata affidata una nuova missione, e adesso che tua madre e tua sorella sono assenti di casa, posso parlarti liberamente. “
“Cosa? Ma perché io?
Di che tratta zio?”
“Cesare Borgia. Figlio primogenito di Rodrigo Borgia, Alessandro VI, ha preso il comando della città di Roma. Il tuo compito è porre fine alla sua vita liberando Roma.”
“ Tutto qui? Sarà facile.”
“Non sottovalutare i Borgia figliolo. Con il loro potere possono esercitare qualunque cosa loro vogliano.”
Nel parlare dunque, l’ Auditore aprì l’ armadio della sua stanza per indossare gli impolverati abiti da Assassino. Prese la camicia spazzandola velocemente, indossandola per poi ricoprirsi dei suoi pantaloni e dei suoi stivali. Aprì un baule presente nell’ armadio, prendendo l’armatura  e indossandola. Da sopra, il solito mantello per coprirsi e mimetizzarsi. Un altro baule venne infine aperto, e con molta calma, Ezio prese il contenuto e montò le sue lame nascoste agli avambracci, prendendo spada, pugnale, cannone ed ogni minima arma di sua appartenenza.
“Devo partire. Ti ringrazio zio, salutami mamma quando arriva.”
L’ autorità di Ezio lo portava a non chiedere mai agli altri e decidere tutto per se stesso.  Quel giorno partì da Monteriggioni dirigendosi verso Roma, per completare la sua nuova missione.
Roma, i Borgia avevano ripreso il controllo della città e tutti rispondevano al comando di un certo Cesare Borgia figlio del precedente Papa Rodrigo Borgia ucciso da Ezio stesso. Questo Cesare aveva lasciando in custodia a sua sorella, Lucrezia, duchessa di Ferrara il comando di Roma andando a conquistare Urbino.  Dopo aver ricavato varie informazioni dalle guardie e dai passanti l’ Auditore si diresse a Castel Sant’Angelo, dove avrebbe dovuto incontrare Cesare Borgia. Lui non sapeva che fosse partito per Urbino, e il luogo in questione era dunque la residenza Borgia. L’ assassino raggiunse in poco tempo le case adiacenti al castello, girando intorno tetto per tetto per studiare la locazione delle guardie che proteggevano il castello. Un giro ampio, lungo, continuo venne effettuato da Ezio che studiava i turni di guardia e gli scambi tra guardie per poter usufruire del momento adatto per salire. Lassù in alto, in un edificio poteva notarsi una finestra facilmente raggiungibile.  L’ assassino scese dai tetti della casa non facendosi notare per raggiungere i pressi  di una colonna facilmente scalabile al quale sotto di essa una guardia proteggeva un entrata. La guardia iniziò a muoversi, Ezio studiò i suoi movimenti e si arrampicò a questa una volta giunto il momento adatto, sparendo dalla circolazione e non lasciando alcuna traccia del suo passaggio. Il suo arrampicare era coperto da case e palazzi adiacenti e da altre colonne e impedimenti strutturali dalle altre guardie il quale non potevano notarlo. Arrivato in cima a questa colonna, l’ assassino dovette scorrere lungo un cornicione e ritrovarsi dinanzi un'altra colonna, il quale superò. Nessun impedimento per entrare nel castello, una finestra aperta lasciò libero il passaggio all’ Assassino che andò a rifugiarsi in quella camera per non essere notato.  L’ assassino andò in giro per quella stanza cercando di capire in che stanza fosse e cercando di ricavare informazioni. Si sentì all’ improvviso la porta aprirsi, e l’ Auditore che per fortuna non era stato notato girandosi osservò una persona voltata di schiena. Una ragazza, dai lunghi capelli biondi e da una veste rossa ricamata d’oro. Sembrava stesse per levarsi una collana. L’ assassino partì sicuro e deciso di se stesso, chi era quella persona? Era anche lei una Borgia? E Cesare? Dov’era? Erano tante le domande che si poneva, e l’ Auditore con passo lento e silenzioso si presentò da dietro portando una sua mano sulla coperta spalla della ragazza facendo notare così la sua presenza. La mano dell’ Assassino fece girare la ragazza per porgerli parola, non sfoderando però nessuna delle sue armi. La mano sinistra dell’ assassino che posava sulla spalla sinistra di Lucrezia iniziò a scendere, andando a dirigersi verso il braccio quasi per afferrarla ed essere sicuro che ella non scappasse.
“Donna, dov’è Cesare? 
Dimmelo e ti sarà risparmiata la vita.”
Chiese, o meglio ancora ordinò con tono calmo, non andando però a coprire per nulla la sua aria da autoritario.
 
Si sentì toccare alla spalla,per poi essere afferrata saldamente al braccio ed essere voltata a forza.Quando potè vedere di chi erano quelle mani tanto calde e rozze rimase incantata e ammutolita,non vedeva i suoi occhi,ma solo dalle narici in giù,il resto del viso era completamente coperto da un cappuccio tirato sulla nuca.Quelle labbra si mossero,contornate da una folta barba curata,una cicatrice verticale percorreva la bocca rossa.La sua voce forte e autoritaria,ma soprattutto profonda la scossero facendola ritornare al presente.Non aveva urlato,perchè era rimasta incantata,sebbene non avesse incrociato il suo sguardo il solo mento,e quelle splendide labbra l' avevano rapita ammutolendola.Non sapeva se gli occhi dell'uomo le vedessero il viso,ma senz' altro la sua stazza era cosi possente da creare un unica ombra inglobando la sua.Il corsetto che già non la faceva respirare perch troppo stretto,le dava ulteriormente fastidio ora che il cuore era impazzito e per lo spavento era finita in apnea,non riusciva a sentire i profumi,i propri almeno,sentiva l' odore dell'uomo e basta.Forse avrebbe notato che non respirava,quando parlò per rispondere alla sua domanda,trascinava le parole a stento nonostante velasse tutto come suo solito in una maschera di vera forza.Non ci pensò su due volte afferrò l' avambraccio dell'uomo che le stringeva il proprio con altrettanta forza,poteva sembrare gracile dall' aspetto,ma era una Borgia aveva sangue di Toro nelle vene.
"Risparmiarmi la vita?Cominciate risparmiandomi il braccio,Signore,sarebbe una mossa da me gradita in quanto mi state letteralmente fermando la circolazione i tutto l' arto."Le ci era voluta tanta concentrazone per respirare e parlare senza andare in ennesima apnea.L' altra mano corse al ventre,il corpetto ogni volta che parava i ferri di esso le infillzavano o stomaco,la milza,e tutti gli organi li vicini.
"Inoltre,Cesare,il Duca Valentino Cesare Borgia,non è a Palazzo.Non vi dimora da settimane ormai,e non vi dimorerà a lungo credo.."
Riprese faito stringendo ancora l' avambraccio dell'uomo,strinse cosi tanto da rendere le nocche bianche,il dolore era pari a quello che povava lei per ogni respiro.Mosse un passo verso di lui,voleva vedere chi fosse,capire chi fosse e perchè cercasse suo fratello.Ma poteva sfruttare la situazione a suo vantaggio,l' aveva chiamata donna e non Lucrezia,dunque non sapeva chi lei fosse.
"Se foste davvero cosi gentile e magnanimo da stringermi meno il braccio le sarei veramente molto grata Messere,ho molte difficoltà a respirare oggi,e se svenissi o collassassi,immagino che non avrebbe le informazioni che cerca,le pare?"
Sorrise,lo stesso sorriso innocentemente lussureggiante di Rodirgo,di Cesare della casata Spagnola.
"E poi...non vi dirò il mio nome,se prima non sarete voi a dirmi il vostro.Ma a quanto pare,Assassino è l' appellativo con cui vi chiamano molti..Il mio padrone Cesare Valentino Borgia ci aveva avvisati di ciò che le strade di Roma potevano diventare.E come notate ha lasciato la sua camera a me,sapendo che voi sareste giunto per ucciderlo...Non siete stato molto intelligente,Signore,vi pare?"Cercò di sbirciare il resto del viso avvicinadosi a lui e abbassandosi appena alzando la mano posata sul ventre verso il cappuccio per afferrarlo e tirarlo un po' su.
 
L’ espressione ed il tono calmi, il viso coperto per la maggior parte dal cappuccio mostrava solo la barba e la cicatrice di Ezio che sembrava aver fatto un certo effetto alla Borgia dinanzi a lui presente. Ammutolita con respiro faticoso, la ragazza sembrava avere grosse difficoltà a dettar parola, quando con altrettanta forza respinse la presa dell’ Assassino che però non lasciò la presa. Un ulteriore invito a lasciare la presa gli fu posto mentre Madonna Lucrezia continuò a spiegare qual’era la situazione.  Le disse che “il duca Valentino Cesare Borgia” non era a palazzo e che se volesse altre informazioni, doveva allentare la presa per evitare brutte sorprese. Senza parole e in silenzio così l’ Auditore fece, osservando quell’ dannatissimo sorriso molto somigliante a quello di Rodrigo Borgia il quale non poteva dimenticare così facilmente.  Venne chiamato così anche dalla ragazza, venne chiamato “L’Assassino”.  Nominò Cesare Valentino Borgia come suo padrone, lasciando a lei la sua camera. Gli diede anche del poco intelligente.
Non potevano esserci parole più vere, perché tanto era l’ astuzia tanto era l’ingenuità del giovane Auditore non ancora cosciente di ciò che lo aspettava.  Ascoltò con molta attenzione le parole, ma la risposta fu come quella di uno a cui le parole da un orecchio entravano, e dall’ altro uscivano. Il braccio di Ezio andò a bloccare quello della ragazza che voleva scoprire il cappuccio per osservare il volto dell’ Auditore, ma la reazione non fu tanto immediata dal momento in cui per quel poco che si era alzato, lo sguardo dell’ Auditore si andò a posare su quello di Lucrezia e viceversa. Un forte colpo al cuore colpì il giovane Assassino che celò come ad ogni minima emozione la sua reazione con il suo solito aspetto. Oramai la ragazza conosceva il suo volto, era inutile quindi continuare a nascondersi. Con la sua mano afferrò il cappuccio portandoselo all’ indietro. Sarebbe stato bene anche presentarsi, magari avrebbe ottenuto ciò che desiderava.
La mano dell’ Auditore tornò a bloccare il braccio a Lucrezia, questa volta però con una forza minore per “accettare” la sua richiesta. Dalla mano destra il polso si piegò all’ indietro, lasciando scorrere e far fuoriuscire così la sua lama nascosta. Questa venne puntata ad abbondanti centimetri di distanza dal collo della ragazza, difatti l’ Auditore tirò indietro il braccio per far sì che questo servisse solo a far vedere la lama puntata verso di lei anche se molto lontana.
“Sono Ezio Auditore da Firenze, e sono un Assassino. Mi dica dov’è il duca Cesare Borgia, o sarò costretto ad ucciderla.”
 
Per un attimo sembro lasciarla andare,la circolazione ripresa ad affluire nel senso giusto per tutto l' arto,si senti più libera,ma l'uomo le afferrò l' altro.Troppo tradi però aveva fermato il suo intento,per un attimo un breve istante incrociò il suo guardo.Occhi profondi,ipnotizzanti e nobili,di un nocciola diverso da tutti i semplici che aveva visto in vita sua.Marroni come quelli di Cesare ma centinaia di volte più brillanti e vivi,e per quello stesso attimo la fissò intensamente quasi sembrava stupito di vedere i propri,ma non lasciò nessun' espressione alla vista di tanta bellezza.Ormai però aveva visto il suo volto,era senz' altro l'uomo più bello che avesse mai veduto,più bello persino dell' amato fratello.Le bloccò il braccio facendola trasalire nuovamente,con un gesto cercò di liberarsi ma alla vista della lama nascosta dovette fermarsi.Cosi si chiamava Ezio,un nome che gli calzava a pennello,Auditore il cognome,pareva nobiliare anche esso,da Firenze,interessante informazione.Poi un ennesima minaccia.Sorrise nuovamente guardandolo diritto negli occhi,con i propri azzurri e brillanti,mosse un passo in avanti quasi entrando tra le sue braccia,spingendo la punta della lama che lui aveva indirizzato alla sua gola sulla pelle,appoggiadovisi appena.
"Ezio..Auditore..da Firenze...Uccidimi!"L' espressione fiera tipica dei Borgia,lasciò trapelare per un attimo l' immensa agonia e tristezza che covava dentro.Perse la lucentezza di prima negli occhi,quasi rabbuiandosi e rassegnandosi.
"Almeno sarò libera,per una volta.."
 
L’ Assassino venne invitato a ucciderla da lei stessa, quel tono di voce, quell’ espressione tipica dei Borgia. La stessa di Rodrigo. La mente dell’ Auditore venne percorsa da un flash, il viso del padre che prese il sopravvento su quello della figlia, la voglia di conficcare quella lama nel suo collo aumentò ancora di più. Il controllo di se stesso bloccò per la prima volta l’ istinto animalesco di Ezio, quando la ragazza si avvicinò per entrare nelle sue braccia e per puntarsi da sola la lama al collo. I suoi occhi azzurri e vivi pieni, carichi, ricchi di energia si spensero all’ improvviso come se rassegnati dal triste destino che sembrava aver messo fine alla vita della Borgia. Ezio non allontanò la lama, ma fece una piccola pressione sul collo sicuro di se. La sua missione, la sua intenzione altri non era se non quella di trovare Cesare Borgia. Doveva ottenere informazioni, a qualsiasi costo. I lineamenti simili, ben dettagliati di un qualsiasi Borgia fermarono l’ Assassino dall’ omicidio. Il suo pensiero era quello che lei doveva essere qualcuno molto legato a Rodrigo, magari la figlia. E con questo poteva dunque essere la sorella di Cesare, uomo che lui cercava. Si raccontavano leggende su Lucrezia, il suo sguardo accattivante era capace di catturare e allo stesso tempo di incutere timore in un uomo, i suoi modi di fare erano cruenti, rudi. Ezio volle conferma, non voleva che un occasione del genere gli sfuggisse così di mano. Anzi, di lama.
“Lucrezia … Lucrezia Borgia, figlia di Rodrigo Borgia e duchessa di Ferrara. E’ dunque questo il suo nome?
Dammene conferma!”
Ordinò l’ Assassino, non mutando il suo sguardo e tanto meno la sua espressione, rendendo accattivante le parole, quasi gridandole. La rabbia che provava dentro era tanta, ma da sfoderare verso Cesare. Lei, serviva solo per catturare, per avere informazioni. Non avrebbe però perso più di tanto tempo in quella sala, se necessario, lui l’ avrebbe uccisa. Cesare non poteva essere lontano, non poteva essere nascosto.
 
Lo sguardo puntato sull' ampio petto ad analizzare la stoffa della sua divisa da Assassino,suscitava in lei eccitazione ma non lo diede a vedere.Le puntò maggiormente la lama alla gola facendo appena pressione,era uno che non si faceva comandare,anzi prediligeva il comando.Tale e quale a Cesare,ne aveva fin sopra i capelli di questi uomini boriosi,quando le urlò contro però,capì che tutto quell' atteggiamento di supremazia non era dovuto al fatto che la odiasse,d' altronde non la conosceva nemmeno,non sapeva niente di lei,ma dal fatto che era una Borgia e che era in stretto contatto con Cesare.E lui finalmente sembrava esserci arrivato.Alzò lo sguardo sorridendo beffarda,spostandosi una ciocca di capelli biondi come il grano brillanti come ora,con grande eleganza e maestosità.
"Non ci sono conferme per ciò che già avete capito messere...Ma se proprio volete setirvelo dire...ebbene"
Lasciò che il braccio di lui la seguisse nel movimento,afferrò entrambi i lati della gonna rossa a ricami d' oro aprendola leggermente per inchinarsi in un pliet altrettanto elegante e raffinato,una vera dama che si inchina al suo accompagnatore.La testa alzata fiera,mai abbassata difornta a nessuno ne nemici ne amici,lo sguardo puntato al suo.Le labbra rosse e piene si mossero delicatamente e senualmente,la lama puntata ancora alla gola.
"Lucrezia Borgia,a suo servizio...Assassino!"Si azlò di scatto indietreggiando appena per afferrare un vaso e lanciarlgielo contro,era scaltra e veloce,nessuno lo sapeva ma aveva imparato da un maestro d' armi,sia l' arte della spada che quella dell' arco,ed era diventata veloce,molto con il passare degli anni.Ma come si aspettava l' Auditore si scansò.Sorrise voltandogli le spalle e cercando di correre verso la porta afferrandosi la veste che la intralciava.Ma quando arrivò ad essa sentì dei rumori di corsa pesante oltre la porta stessa,le guardie probabilmente avevano udito il vaso rompersi a terra.Si fermò di colpo,davanti ad essa per poi voltarsi verso l' Assassino.
"Allora?Che fate mi rapirte si o no?Vi servo viva giusto...Volete informazini su Cesare che ovviamente io ho,ma veniamo a patti.Un giorno di libertà fuori da queste mura in cambio di ciò che sò.Le pare buona come cosa?"
Le guardie stavano risalendo le scalte,si avvicinò all' armadio aprendolo e afferrando con tutta la forza che aveva l' asta a cui erano appesi i vestiti tirandola e rompendola,per poi metterla trasversalmente belle maniglie circolari della grande porta a bloccarla.Cosi avrebber guadagnato tempo.
Sorrise voltandosi nuovamente verso di lui avvicinandosi.
"Allora?"
 
La Borgia sembrava stufa, ma allo stesso tempo non aveva perso il suo solito sguardo e fare beffardo. Si allontanò dall’ Auditore prendendo un vaso e lanciandoglielo contro, ma Ezio per fortuna con facilità lo scansò. Quasi incredulo dall’ azione fatta, notò che era l’ intelligenza ad aver agito dalla parte della Borgia, difatti le guardie erano già pronte per entrare. Porta che però venne bloccata da Lucrezia, cercando di dare ad Ezio un occasione imperdibile.  Sembrava che anche la ragazza volesse fuggire, e l’ Assassino aveva poco tempo per decidere. Non si lasciò però convincere facilmente, la Borgia nascondeva sicuramente qualcosa sotto, aveva in mente uno dei suoi soliti piani. Era una Borgia, non poteva non nascondere qualcosa.
“Uno scambio alquanto favorevole per ciò che cerco. Ma mi dica, come mai così tanta fretta e così tanta voglia di fuggire da queste mura? Il suo Cesare l’ ha per caso rinchiusa in casa per essersi comportata male?”
Ironizzò in modo maleducato, Ezio aveva un senso dell’ umorismo alquanto personale con un fare quasi dispregiativo nei riguardi della Borgia. I suoi capelli color oro andavano in perfetta armonia con la classe del suo vestito ricamato in oro, e l’ Auditore l’aveva notato solo in quel momento quando cercò di osservare il modo in cui i due potevano scappare. Voleva essere sicuro che la Borgia non facesse nulla di azzardato durante la loro fuga, voleva essere sicuro che non tentasse di fuggire anche da lui o che peggio ancora tentasse di ucciderlo.
“Mi dica come faccio a fidarmi di lei. Chi o cosa può dirmi che non tenterà di fuggire, o addirittura uccidermi durante la nostra fuga?
E in successione… come ha intenzione di scappare con quegli indumenti?”
Domande magari sbagliate da fare ad una persona come Lucrezia che avrebbe potuto in qualunque modo aggirare la risposta e fregare così l’ Auditore, ma la Borgia poteva parlare, poteva comportarsi in modo diverso fino ad un certo punto. A quale scopo e a cosa gli sarebbe convenuto quindi poter modificare e portare le azioni dell’ Auditore dalla sua parte? Anche lei infondo aveva poco tempo per decidere cosa fare, e le azioni di Ezio sembravano comunque favorire le intenzioni della Borgia.
L’ Auditore chinò infine il capo per osservare le proprie vesti da Assassino e ritornare poi con lo sguardo sull’ abito di Lucrezia, ritirando a sé e rinfoderando la lama nascosta.
 
Parlava troppo per i suoi gusti,anzi ragionava troppo e lentamente.Gli stava dando un occasione,soprattutto la stava dando a se stessa,trovava divertente tutta quella situazione cosi tanto da farle dimenticare che non resiprava in quei vestiti,e lui le fece notare che era impossibile comunque scappare con essi.Si guardò la gonna.Si guardò attorno,le guardie sempre più vicine.Ma quando le parlò di Cesare in quel modo malevolo si voltò avvicinandosi minacciosa puntandogli il dito contro.
"Facile sentirlo dire da qualcuno che non ha obblighi verso niente e nessuno se non alla propria causa.Lei non ha la minima idea di cosa voglia dire essere un Borgia..Essere,me,non può cpaire cosa voglia dire finche non ci è dentro,potessimo scambiarci i ruoli per una settimana forse si che si renderebbe conto di quello che le chiedo.Ma mi rendo conto che è solo tempo sprecato con lei parlare...si intende."
Si avvicinò all' armadio ormai aperto rovistando tra la roba che aveva,prese dei pantaloni e un corsetto senza ferro,morbido di quelli che si usavano solitamente per andare a cavallo,un coprispalle rosso qualora si fosse fatto fresco,anche se e dubitava fortemente.Non le importava di essere guardata da lui,anzi,voleva esserw guardata da quell'uomo,che nemmeno conosceva.Finalmente potè liberare i seni e i polmoni da quella costrizione di ferro,sciolse i lacci cn maestria e velocità,anche se solitamente lo facevano le ancelle,era discretamente brava anche da sola.Lo lanciò sul letto per rimanere in binacheria,sorrise appena sentiva gli occhi di lui puntati sulla sua schiena bianca illuminata dalla luce del sole.Tolse anche la gonna e il sottogonna mostrando due gambe lunghe  e seducenti,tolse le scarpe col tacco lanciandole scompostamente qua e la per la stanza.Si rivesti con gli abiti che aveva scelto indossando per ultimi degli stivali bassi.
"E un porblema l' abbiamo risolto.."Si avvicinò a lui soprassandolo avvicinandosi alla finestra.
"Non le chiedo di fidarsi,ovvio,ma come si suol dire tartta in nemici come fossero amici...Infondo è la vita di mio fratello che vuole no?Io sò dove è,io sò cosa fa,perchè lo fa e tutto il resto..Sta a lei a questo punto decidere,la mia scelta io l'ho già fatta,e non intendo rimanere un minuto in più in questa caspita di stanza.Quindi o con lei o senza di lei,io uscirò di qui..Di grazia dunque che cosa decide di fare,entro sera possibilmente!"
Sorrise posando un piede sul balcone come fosse un uomo,spavaldamente.
 
Dopo la battuta su Cesare la ragazza si avventò contro l’ Auditore puntandogli il dito contro quasi punendolo, dicendogli di non capire cosa significasse essere un Borgia.  Per l’ Auditore infatti, essere un Borgia significava vivere in mezzo al potere e alla corruzione, egoisticamente per se stessi e per la propria famiglia. Era questo che pensava Ezio, ed era per questo che non si fidava di Lucrezia. Tempo sprecato con l’ Auditore, difatti lui aveva sempre preferito agire. Era un assassino infondo…
La donna si spogliò mostrando la biancheria di spalle ad Ezio, che non poté non notare e distogliere il suo sguardo da dosso a lei. La schiena bianca e ben formata per appartenere ad una donna, le gambe lunghe e seducenti portavano una lucentezza mai vista prima dall’ Auditore. La ragazza si cambiò velocemente, un po’ troppo per i gusti dell’ Auditore che di sicuro spavaldo com’era non avrebbe esitato per scopi personali a saltare indosso alla donzella innocente solo per l’ aspetto e neanche, se non per le condizioni in cui lui era finito. Un discorso che Ezio conosceva fin troppo bene e che non voleva venisse tirato in gioco venne sfoderato come arma dalla Borgia, che si mostrò nuovamente una ragazza non ingenua.  Si portò alla finestra pronta per fuggire e scappare lontano, dando un ultimo invito all’ Auditore. Perché non scappare lontano da sola? Dall’ aspetto e dal temperamento, una donna che già era fuggita da parecchie situazioni ma c he l’ avessero ribeccata ogni volta. Magari, lo scopo di Lucrezia era proprio quello di scappare con l’ Assassino per avere maggiore protezione dalle Guardie che avrebbero tentato di riportarla indietro, per scappare più lontano con una protezione non indifferente.
“Le ho risparmiato la vita già una volta. Non esiterò a togliergliela nel caso si dovesse ripresentare di nuovo l’ occasione. Voglio solo che lei sappia questo, Lucrezia.”
Anche Ezio si affrettò a salire sul bordo di quella finestra pronto per saltare e scappare via lontano. Offrì la propria mano alla Borgia per aiutarla a scendere, anche se conoscendola l’ avrebbe sicuramente rifiutata. Era autonoma lei, e odiava essere trattata come una dolce donzella. O per lo meno questo dava a vedere, perché secondo Ezio ogni fanciulla aveva bisogno della giusta dose di gentilezza offerta. Sempre lui era del pensiero che arrivati a quel punto era meglio collaborare al meglio anche se non lo dava a vedere e anche se di solito era abituato ad agire da solo. 
“Sarà meglio per lei non fuggire.  E anche se contro il mio volere, sarà meglio collaborare questa volta.”
Una volta ascoltata la decisione della ragazza si affrettò ad uscire saltando qua e là e sfruttando le sporgenze presenti sulle colonne per scendere e scappare via. Chissà come si sarebbe comportata la Borgia, quale abilità poteva mai lei sfoderare in quest’ambito. Ezio odiava avere intralci e odiava essere condizionato, il suo pensiero era quello di imporre il proprio volere come meglio lui credeva.
 
Le si avvicinò salendo sul parapetto del balcone,le offrì la mano per salire su con lui.Non che ne avesse bisogno,ma aveva necessità,non sapeva bene nemmeno lei il perchè,di stipulare un contatto con quell'uomo.Posò la mano bianc,piccola e tiepida nella sua tanto grande e rude.Con forza la strinze per salire sulla balconata,guardò giù.Le guardie pattugliavano tutto il perimetro della villa,avrebbero dovuto fare attenzione,ma non era la prima volta che tentava di scappare per godersi un po' di tranquillità.Sorrise guardandolo,il sole la illiminò come fosse un angelo o un apparizione.
"Ho recepito il messaggio Assassino,vedrete che non vi pentirete di questa decisone...Ma adesso affrettiamoci.."Fece per spenzolarsi verso il basso ma lo fermò stringendogli la mano e tornando a guardarlo per un breve istante,maliziosamente.
"Ah,adoro come pronunciate il mio nome..."Poi scattando in avanti quand anche lui si mosse,seguì a modo suo le movenze dell' Auditore,risultando molto elegante ed aggraziata e non rude e precisamente maniacale in ogni appoggio e scivolo come lui.Elusero facilmente le guardie fino a giungere alle mura della villa.Si stava gia divertendo e non riusciva a smettere di sorridere,perchè doveva essere nata Borgia?Sicuramente la vita dell' Auditore era molto più..libera.Lo invidiava ma non poteva mostrare cosa provasse realmente per l sua famiglia per se stessa.Guardò il sole,poi le ombre a terra.Si nascosero sotto le mura,lo guardò erano moto vicini,con la spalla nuda toccava la sua anche se sotto la stoffa.
"Guardando la posizione del Sole e le inclinazioni delle ombre a terra direi che sono mezzodi.Questo vuol dire che tra pochi minuti le due guardie oltre il muro e il cancello si daranno il cambio con quelle del turno seguente.Solitamente chiacchierano due o tre minuti,come state?come è splendido il tempo oggi,cosa avete fatto la scorsa notte?Avremmo qualche minuto buono per arrampicarci e scattare verso il bosco.Una volta attraversato e sfruttate le ombre di esso,saremmo direttamente nei fori Romani..Li andremo ovunque volete...Che ne dite va bene a voi Ezio?"
Si alzò arrampicandosi e dando bella vista del suo fondoschiena all Auditore,come aveva previsto le guardie erano giunte e si stavano per scambiare il turno.Balzò giù sorridendo.
"Come previsto...Giusto!"Lo guardò portando le mano al suo cappuccio calato e rimettendoglielo in modo che gli coprisse il viso.Lei non ne aveva ma non le interessava essere riconosciuta anzi tanto meglio.Fosse stato per lei in quella villa nn ci avrebbe rimesso piede.
"Perfetto adesso possiamo andare.."Si arrampicò nuovamente e quando le guardie diedero la schiena al muro scattò agilissima come un gatto giù per la strada e si gettò verbalmente nel sottobosco.Si voltò sorridendo,trattenendo quasi una risata divertita,lui era sempre li al suo fianco,stava diventando una presenza di cui non poteva fare a meno.Riprese la mano dell Auditore conducendolo nel bosco fitto,illuminata a tratti dal sole caldo.Non aveva bisogno di controllare se lui era ancora li sentiva la sua mano ferreai sulla propria.Ma improvvisamente si ritrovò tra i rovi,le si attorcigliarono addosso graffiandole il viso e  il collo.
"Aspettate non venite qui ci sono i rovi,vi si rovinerà quel bel completo..Però se ci sono rovi dovrebbero esserci anche le more,ah ma non è stagione che scema che sono"Cercava di liberarsi dalle spine ma le si attorcigliavano ai capelli biondi.
"Ahi..Dannazione.."
 
E di nuovo, un'altra volta ancora Ezio venne stupito dalle azioni della Borgia, che afferrò la sua mano.  Le due mani tanto diverse tra di loro vennero a contatto, per collaborare e quasi come per dare una firma a quell’ accordo stipulato tra i due. Fece salire la donna sulla balconata e infine salì anche lui, assieme diedero uno sguardo giù.  Mentre scendevano un blocco alla mano, tirato quasi, venne seguito da uno sguardo malizioso da parte di Lucrezia nei confronti di Ezio. Il suo solito sguardo che fino a quel momento non era mai mutato cambiò, mostrando un sorriso, un segno di divertimento e intrigo con i soli occhi, senza muovere alcun’altro muscolo facciale. Magari spinta un po’ troppo in avanti, forse un po’ troppo dall’ aspetto sensuale. Che lo facesse apposta o che era proprio quello il comportamento di Lucrezia?
Lucrezia… un nome qualunque, detto da Ezio come avrebbe detto qualsiasi altro nome. Chissà cosa c’era di così gradevole dalla donna quando lui pronunciava il suo nome.
Scesero giù, andarono in avanti, si nascosero all’ ombra per non farsi notare. Lucrezia sembrava conoscere molto bene le abitudini delle guardie, e il che rese più facile la fuga. Voleva scappare fino a raggiungere un bosco. Era il momento, le guardie distratte e dovevano agire. La donna si alzò arrampicandosi, dando bella vista del suo fondoschiena all’ Auditore che non distolse per nulla lo sguardo. Anzi, cercò  perfino di avere una visuale migliore. La Borgia rimise il cappuccio all’ Auditore per nascondere il suo volto nel caso qualcuno l’ avesse visto, e l’ Assassino rimase silenzioso senza spiaccicare parola come era suo solito fare. Arrivarono al sottobosco, Lucrezia prese nuovamente la mano ad Ezio. Che ci avevesse fatto l’ abitudine? Giunsero così nel bosco, la mano di lei stretta a quella di lui tirava fino a quando incastrandosi con delle rovi, lei non riuscì più ad uscire. L’ Auditore fu costretto dunque ad aiutarla. Le sue mani, andarono a staccarsi da quella della donna per rivolgersi ai suoi capelli e alle sue rovi cercando di svolgere, slacciarli, senza fare male e portare dolore a Lucrezia. La mano che si mischiava tra i capelli biondi della ragazza fecero uno strano effetto e diedero a lui una sensazione mai provata prima, e che soprattutto non voleva provare con quella donna. No, non poteva essere sdolcinato con Lucrezia Borgia.
“Non muoverti. Ti aiuto io…”
Poche parole vennero pronunciate dall’ Auditore che non voleva mostrare il proprio imbarazzo, pur se comunque del colorito rosso gli era parso in viso. Per la prima volta, si era inoltre rivolto a Lucrezia dandole del tu. Un operazione complicata, togliere i capelli dalle rovi e tirare a se la donna per farla uscire dalle rovi senza procurare graffi.
“Ha delle ferite? Dobbiamo allontanarci da qui, ci fermeremo più avanti!”
Non voleva mostrarsi debole, non voleva mostrare e/o comunicare senza il suo solito autoritarismo alla donna anche se un po’, era davvero preoccupato per lei. Si assicurò che fosse in grado di camminare e correre autonomamente prima di offrirsi, di offrire se stesso come appoggio e supporto per lei. Dovevano allontanarsi da lì, dovevano trovare al più presto un'altra strada.
 
Con quelle mani grandi e ruvide prese ad aiutarla togliendole i rami intrecciati ai biondi capelli,sembrava arrossito,e non seppe nemmeno lei perchè lo trovò attraente,un impeto di girarsi e afferrarlo e condurlo dentro ai rovi stessi per rimanerci incatentata per sempre,le attanagliò il cuore,ma il copro non si mosse,arrossì di rimando voltandosi appena l' ebbe liberata pe rnon farglielo notare.Sembrava preoccupato,ma non era un assasino spietato?Dove era finito l'uomo rude e autoritario che l' aveva minacciata?In cosi poco tempo l' aveva assopito o era solo per il fatto che lei sapeva e più era incolume più avrebbe parlato.Le diede del tu,ed ebbe la conferma che quanto in lei,anche lui stava cambiando.Gli sorrise voltandosi imbarazzata,lo guardò fugacemente per poi fissare un graffio della propria mano che sanguinava.
"Garazie,Ezio.."Si voltò riprendendo a camminare,cosi avrebbero proseguito e non si siarebbero create situazioni imbarazzanti,anzi impossibili.Perch per loro era impossibile essere diversi,non essere Borgia ne Assassino.Erano destinati a rimanere Preda e Predatore,lui conduceva il gioco lei poteva solo accennare qualche volta al cambio di una semplice regola.
Indietreggiò dai rovi per riprendere la mano dell' Auditore,stavolta era meglio se andava lui avanti,almeno aveva qualche parte di armatura che lo proteggeva in caso si foss eimbattuto in altri rovi,e averbbe potuto evitare a lei di ferirsi ancora.
Da dietro notò che aveva spalle molto ampie,doveva essere forte,e dovevano essere uscolose,provò ad immaginare il suo copro sotto gli strati da Assassino,anche quello doveva essere stato levigato accuratamente dagli allenamenti.Sorrise appena e ben presto si ritrovarono ai fori romani,come gli aveva precedentemente detto.
"Visto..."Sorrise affiancandolo non staccando la mano dalla sua,si guardò l' altra che continuava a sanguinare.
"Adesso?Che volete fare?Sono a vostra completa disposizione,ho un certo languorino sinceramente sarò perchè  ora di pranzo..voi Assassini avete qualhe regola particolare sul cibarsi o campate d' aria?Potete avere vizi?Non  che siete come i preti vero?No bhè certo un prete non uccide,che stupida."
Anche al viso si era graffiata in più punti specialmente all' angolo delle labbra,il sangue le stava finendo in bocca,ferreo e caldo.Sputò a terra.
"Immagino già cosa doranno...Siete una sconsiderata,graffiare cosi il vostro viso d' angelo.Dovrete rimanere nelle vostre stanze fino a che non sarete guarita e sarete presnetabile per vo signoria il Cardinale e i restanti nobili e bla bla bla....Questo intendevo come gabbia,Auditore.Siete mai stato ad un ballo dove gli uomini vi fissano come preda sessuale su cui avventarsi e le donne vi detestano per la semplice strofe di qualche poeta che lauda un po troppo le mie fattezze fisiche.Dio,avrei voluto essere povera,almeno sarei stata libera di tirare qualche cazzotto."
 
La Borgia ringraziò l’ Assassino, quella volta senza la sua solita aria beffarda ma cercando lo stesso di evitare imbarazzanti situazioni. L’ Auditore si portò in avanti conducendo lui la via, la sua armatura e la sua spada avrebbero potuto difendere entrambi da quelle rovi e nel caso tagliarle.  L’ Auditore stringeva da una parte la mano della donna, e dall’ altra impugnava la sua spada. Una volta giunti ai fori romani, un invito a vedere il posto che avevano raggiunto venne fatto da Lucrezia chiedendo in successione ad Ezio di poter mangiare.
“Non ho fame. Ma se vuoi, tu mangia pure.”
Un ordine, quasi per farla tenere in forma e non perderla di vista tenendola sempre sottocontrollo, quasi fosse un cagnolino al guinzaglio.
“Sanguini. Sarà meglio controllare la ferita, non voglio che venga ad intralciare i nostri accordi.”
Prese con classe ed eleganza la mano della ragazza ripulendola, con la stoffa dei propri abiti. Ne strappò un pezzo e lo strinse intorno alla sua mano, così delicata e debole, ferma e bianca, per far sì che il sangue non colasse
 “E non voglio essere paragonato a nessuno di loro. Hanno una loro fede, un loro credo come io ho il mio,  come quel dannato di suo padre aveva il proprio.”
Tornò a parlare e ad agire poi con il suo solito tono. Non aveva timore, non aveva paura. Forse aveva attaccato un po’ troppo nel personale la ragazza coinvolgendo il nome del padre attaccandolo ma doveva mostrarsi forte, non debole e non sottomesso alla Borgia. Non glie l’ avrebbe data vinta così facilmente.
Tutto sommato la Borgia si mostrò con un carattere diverso dinanzi ad Ezio. Le sue parole, il suo sfogo contro la sua vita, la sua ribellione … potevano tornare magari utili ad Ezio, utili per i suoi scopi, utile per ciò che cercava. Dopo l’ Auditore pensò a sé, alla propria vita, facendo un paragone. Cosa era la sua vita, era anche lui costretto a seguire la sua setta o era libero come pensava? Non ci aveva mai pensato, non ci aveva mai fatto caso, vedeva la sua vita più come un obbligo, come una pista da seguire al quale non poteva neanche cambiare strada. Ma ciò non gli importava molto, era lui che aveva scelto e preso quella strada. Era lui che aveva accettato di vivere in quelle condizioni. Magari un giorno si sarebbe stancato, avrebbe deciso di finirla eppure come poteva farlo? No… non era il momento adatto quello per pensarci, per scappare via, anche perché l’ Auditore ancora non lo voleva. 
Notò infine, dopo aver ascoltato le parole della ragazza che anche il viso era graffiato e sanguinava leggermente, dopo che la donna sputò per terra sangue.  L’ Auditore ascoltò le parole, le critiche che la Borgia esprimeva. Da Assassino la sua risposta sarebbe stata nulla, ma da Ezio anche lui avrebbe detto la stessa cosa. Doveva ammettere che Lucrezia era davvero carina ed attraente, e vederla in quelle condizioni portava un certo dispiacere, una certa dolcezza. Sentimenti ed emozioni non provati però dall’ Auditore dal momento in cui lui ancora odiava quella donna, odiava la sua famiglia. Parole che comunque non poté pronunciare dopo essersi rivolto a lei con delle parole non proprio consone.
“Di solito sono io il cavaliere, e posso confermare la sua versione anche se magari noi uomini la pensiamo diversamente. La vita tra noi funziona ad egual modo, sono solo i pensieri ad essere diversi. Tante, sono state le donne in quelle occasioni da cui i miei occhi sono stati colpiti e da cui la mia carne, il mio corpo spoglio e nudo è andato a stretto con il loro. E’ così che funziona, è questa la vita, Borgia.”
Parole dette per mostrarsi a lei come un osso non duro, come un uomo importante anche se ignaro, schiavo della massa e di se stesso. Non l’ aveva fatto per vantarsi o per offrirsi, quanto per il semplice motivo che doveva mettersi in gioco anche lui, doveva mostrarsi uomo, doveva mostrare che non aveva paura ad andare contro lei, contro la sua famiglia. Non voleva di certo essergli simpatico, infondo per lui, lei era solo una specie di ostaggio. Un ostaggio però con cui di certo non gli sarebbe dispiaciuto andare nell’ azione profonda dell’ essere in quei tempi; attirare, catturare, fare di lei la propria serva. Era quello ciò a cui miravano gli uomini liberi come l’ Auditore a quei tempi, e come uomo lui doveva mostrare ciò, anche se magari non aveva mai pensato che fosse un azione sbagliata, un azione che a lui poteva non fare piacere fare. 
“E’ ora. Andiamo…”
Le campane risuonarono non appena Ezio finì di parlare, andando a disperdersi non riecheggiando in quel posto, in quel luogo che all’ apparenza sembrava vuoto. Ezio si osservò intorno, fece attenzione a non dare nell’ occhio e a notare la presenza e le posizioni di ogni guardia per poter passare e camminare inosservato assieme alla Borgia per poterla accompagnare in un luogo, in un posto,  per farla mangiare. Chissà come avrebbero reagito i passanti, se l’ avrebbero riconosciuta con quegli abiti e come avrebbero reagito le guardie nel caso l’ avessero vista … con un assassino.
 
Parlava di sesso,oppure le stava davvero raccontando parte di quello che era il suo mondo?Non capiva bene quei discorsi,le sembravano disconnessi,e poi la imbarazzavano a dire il vero.D' altronde anche se nemici,lui era un uomo lei una donna,non era argomento il sesso da affrontare in una situazione precaria come quella.Le fasciò la mano pulendola con i propri abiti,ne strappò un pezzo fasciandogliela.Ormai erano nel mezzo delle strade romane,ffollate di genete,i nobili si distinguevano dai mercanti e dai poveri,li poteva contare stretti tra di loro per paura degli agguati da parte della medesima setta di cui faceva parte l' Auditore.
Riprese la sua mano con la propria fasciata,non dovevano dare nell' occhi ma se si fossero comportati in modo ambiguo,vale a dire come si comportava solitamente Ezio,li avrebbero notati subito specialmente per lei,non era ne agghindata come lui ne tanto brava nel rendersi invisibile alla folla.Si avvicinò cosi stretta a lui da dover toccare con la spalla e parte del fianco e quindi il seno il suo braccio e la sua spalla poco più su quasi vicina alla sua testa.
Dovevano camminare normalmente,come un uomo e una donna qualsiasi.
"Quelli la sono i componenti dela famiglia Rettori,la ragazza piccola ha solo quattordici anni ed è già stata maritata due volte.Dio me ne scampi e liberi,non vorrei mai essere sposata ad un uomo che amo e disprezzo..Per voi è facile passare la prima notte di nozze nel letto di una donna sconosciuta e che non amate,ma per noi,che siamo sentimentali e fraglili è un colpo al cuore.Preferirei morire che donarmi cosi.Anche se questo ormai è il mio destino..."
Strinse la sua mano per rabbia,avrebbe dovuto sposarsi il mese seguente con Alfonso,un uomo che non aveva mai visto e il quale primo obbiettivo in assoluto era avere un primogenito maschio.Tristemente si avviarono nel centro del mercato,c' era tanta gente,davvero molta ciò era un bene,le vecchie parlavano tra di loro si consigliavano quale spezia mettere nel brodo,rimedi per le rughe,gli uomini parlavano di caccia e di medicina,di politica e di donne,le giovani con i figli appresso sorridevano felici scambiandosi ogni tanto gesti d' affetto con l' amato al fianco.Tutto ciò la rendeva felice e triste al contempo,ma mantenne sempre un certo sorriso.Tirò l' Auditore vicino ad una bancarella di frutta,c' erano mele rosse verdi e gialle,arance portate dal Regno di Sicilia e datteri.Un vecchietto il venditore,un po' acciaccato le sorrise cordialmente non riconoscendola.
"Salve mia Signora,desiderate una mela o forse dei mandarini...li abbiamo anche senza semi,per le donne più raffinate.Non a tutte piace sputare a terra!"
Le fece l' occhiolino,era chiaramente una battuta.Rise indicando con la mano libera le mele rosse.
"Avete ragione buon uomo,non a tutte piace sputare,ma sapete è perchè molte non lo sanno fare..Ci vuole anche li una certa classe e dimestichezza.Desidererei due mele,una per me e una per.."L' uomo veloce anche se vecchio le lucidò e le imbustò in un involucro di carta.
"..ecco qui due mele rosse per la bella Eva e il suo Adamo,e speriamo che non vi caccino dall' Eden!Oimè io sono il Serpente dunque..ahaha"
Rise mentre la giovane porgeva una moneta d' oro all'uomo,che la ringraziò.Una volta prese e addentata la propria,si sentì ancora più in forze.
"Sono sicura che non campi d' aria,questa la teniamo per voi,per dopo..Non parlate molto,avete da fare le vostre domande no?Bhè muovetevi.."
Un bambino che correva passò in mezzo ai due che furono costretti ad alzare le braccia assieme,quelle con cui erano unite dalla stretta di mano.
"Chissà dove corre.."Ma quando girarono l' angolo mentre attendeva che l' Auditore ponesse le sue domande fu totalmente freddata dal pianto lamentoso di un bambino.Stava nel mezzo della folla,le ginocchia sanguinanti il viso in lacrime.
Lasciò la mano dell' Assassino improvvisamente forse varebbe pensato che stava scappando,si avvicinò al piccolo correndo ma quando gli fu a pochi metri prese a camminare fino ad arrivargli davanti.Si abbassò per arrivare a guardarlo bene,posò una mano sui capelli castani dorati.
"Ehi..Piccolo,perchè piangi?Ti sei perso?"Il bambino spaventato alzò lo sguardo sulla donna,e come colto da uan visione celestiale tirò su con il naso mostrando due occhi limpidi e azzurri arrossati.
"N-no...Mi fa male!"Guardò le ginocchia del bambino,poteva capirlo erano sbucciate forse era caduto.Gli carezzò la testa dolcemente e pian piano smise di piangere.
"Vedrai che guariranno,vedi anche io mi sono fatta male,ma una persona gentile mi ha curata e.."Ma il bambino la zitti posandosi la mano sullo stomaco.
"Mi fa male la pancia non le ginocchia..."Non capiva che stesse male?
"Non mangio da giorni,la mia mamma è malata e non può lavorare cosi non abbiamo soldi.."Purtorppo conosceva bene quella litania,a palazzo la gente veniva spesso a protestare per i soprusi e gli eccessi che i Borgia sperperevano a discpaito della povera gente.Le si strinse il cuore,lei non era Cesare,ne Rodrigo e dentro anche se era sempre stata dipinta come una Bastarda covava un cuore di donna e di mamma.
Guardò la propria mela prendendo anche quella che aveva tenuto per Ezio porgendola al bambino,gli sorrise.
"Tieni,gli ho dato solo un morso,finiscila tu e porta questa alla tua mamma...e prendi anche questi,cambiali  o scambiali con cibo e cure mediche.Sono di rubini e zaffiri valgono molto,dovreste essere a posto per un po."Si tolse gli orecchini e un bracciale dandoli al piccolo che sorrise scattando in avanti e abbracciandola.
"Grazie signora voi siete un angelo..."Poi si voltò sorridente pronto a dirigersi dalla madre.Si sollevò da terra tornando dall' Auditore.Era felice di ciò che aveva fatto ma anche arrabbiata per quello che suo fratello aveva causato alla città.
"Non saremmo dovuti venire a rovinare un' altra città.Donerei i miei gioielli per vederli sorridere tutti.Cesare subirà una bella ramanzina,che sicuramente non ascolterà.Amore fraterno un corno tsk...dovreste davvero ucciderlo"Riprese la mano dell Auditore.
 
Camminavano per la piazza nascondendosi tra la gente, nascondendosi tra la folla per non farsi riconoscere. Mano nella mano, stretti. Forse fin troppo per l’ Auditore. Arrivò persino a pensare che fosse lei che stava tentando di sedurlo, chissà per quali scopi personali. L’ Auditore aveva ancora questa mentalità, perché pensava a lei come una della famiglia Borgia. E per lui i Borgia, non erano nulla di buono. Neanche uno, perché uno valeva l’ altro.
“E’ proprio necessario?”
Chiese l’ Auditore riguardo al fatto del loro stretto contatto fisico. Tutto sommato non ricevette una risposta, sapeva benissimo che per nascondersi tra la folla dovevano essere quasi come se abbracciati. Ezio si sentì stringere la mano, forse dalla rabbia o forse dallo sfogo di Lucrezia dopo che gli disse alcune frasi. L’ Auditore si ricordò che voci giravano dove ella si sarebbe dovuta sposare con un certo Alfonso d’Este. Un poco di buono anche lui. Tutto sommato le parole di Lucrezia stupirono ancora Ezio, che non riuscì a capire se quelle parole erano frutto di veri sentimenti che la Borgia provava o se era tutto un inganno, tutta una messa in scena da parte di lei. Testardo, cocciuto, l’ Assassino non cambiava comunque la sua idea. Voleva vedere i fatti, non ascoltare parole. Era un Assassino, ed era suo solito agire. Credere all’ Azione, ai fatti, agli eventi. E non alle dicerie.
I due si avvicinarono ad una bancarella di frutta, e la ragazza iniziò un alquanto attiva discussione con il signore che vendeva queste mele. Eva e Adamo? Ma cosa aveva in testa l’ anziano? Nominò il frutto dell’ Eden, e ad Ezio gli si attivò un flusso nel suo cervello che subito lo rese attivo, facendolo pensare ai frutti dell’ Eden. Il bastone, la mela, che Lucrezia stesse attirando a sé Ezio per impossessarsi di questi? Cosa ne sapeva lei, che erano in mano all’ Auditore poi? No, sarebbe stata una coincidenza troppo fortuita per la Borgia, non poteva sapere del frutto dell’ Eden. Eppure … forse l’ aveva fatto apposta ad attirare Ezio alla bancarella di frutta comprando proprio una mela. Ezio cercò però di non dare a vedere ciò che pensava, e ciò che aveva pensato. Si allontanarono per riprendere il cammino, e l’ Assassino si trovò costretto a parlarle.
“Non è modo di nascondersi tra la folla quello. Lei Lucrezia, cade troppo nell’ occhio. Ora capisco perché viene sempre beccata durante i suoi tentativi di fuga.”
La Borgia invitò poi a fare le domande a cui l’ Assassino cercava risposta.
“Glie l’ ho detto. Voglio sapere dov’è Cesare Borgia.”
Odiava ripetersi, sia per il suo carattere personale sia per la sua aria da Assassino. Doveva mostrarsi autoritario, doveva mostrarsi forte e sicuro di sé. Anche fino a dare una cattiva impressione.
Non fece in tempo però a completare la domanda, a ricevere la risposta, che l’ attenzione di Lucrezia venne attirata da un piccolo bimbo che piangeva. Ezio si chiese cos’aveva adesso intenzione di fare Lucrezia, e osservò la scena che si venne a creare.
Gli donò la mela, gli donò i gioielli, gli parlò e fece andare via contento il ragazzino. Fu proprio lì che Ezio rimase stupito. Che la Borgia avesse intenzione di avanzare con il suo piano mascherando le proprie origini e mostrandosi dolce e gentile donando ad un qualsiasi bimbo sconosciuto cibo e gioielli, o che fosse davvero quello il suo comportamento, il suo carattere vero e fosse così libera di esprimersi, di agire come lei voleva? Altre parole vennero raccontate all’ Auditore. Sembrava anche lei odiare la sua famiglia, odiare il fratello. Si mostrò altruista, al contrario di tutte le voci di corridoio che scorrevano sul suo conto. Dov’era finito il suo solito carattere, duro e forte, come quello di una donna veterana di esperienze con un cuore forte e un cervello non da meno? Possibile che avesse aperto davvero il suo cuore a quel bambino di classe sociale inferiore al suo?
Stupito, era questo ciò che provava Ezio. Tuttavia la sua missione era assassinare Cesare Borgia, non gli importava nulla di cosa fosse e di come fosse la sorella. Era un assassino lui, questo era vero… ma prima di tutto, era anche un uomo. Si incuriosì, decise di studiare a fondo Lucrezia e quindi capire e scoprire magari altro sulla famiglia Borgia, il che non gli avrebbe di certo scomodato la missione. Magari avrebbe anche trovato un altro aggancio, un appiglio su cui andare per seguire le tracce di Cesare.
“Continuo dicendole che pur se liberarsi di gioielli e tutto il resto è un buon modo per mettersi in incognito non facendosi notare, è pur sempre vero che donandogli ad un bambino questo farà spargere la voce in men che non si dica per tutto il paese.  E’ arrivato il momento per te di appartenere ad una classe sociale povera se vuoi veramente nasconderti, mimetizzarti. Trucchi, gioielli, abiti, pettinatura, tutto. E’ ora di cambiare. Lucrezia … posso darti del tu?”
Chiese l’ Assassino, liberando per la prima volta un senso di confidenza nei riguardi della Borgia mai usato prima pur se non troppo spinto e spedito. Voleva vedere cosa ella aveva in mente, se i dubbi dell’ Assassino erano fondati o meno. E quello, era arrivato il momento giusto per iniziare a metterla alla prova.
Continua...

Cosa deciderà di fare Lucrezia?Sarà veramente disposta a cambiare ogni parte del suo aspetto per apparire una dei bassi ceti?O tutto ciò è solamente un inganno come ben pensa l'Assassino?E se si sbagliasse?E se la donna scappasse?Tutto questo nel prossimo capitolo.

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Capitolo 2
*** Lealtà o Imbroglio, la Decisione ***


L'Auditore sembrava sospettare di lei, eppure non aveva pensato minimamente a mentirgli e tantomeno a mostrarsi come solitamente appariva davanti ad i  nobili, non era affatto gentile a dubitare cosi tanto di lei dopo tutto quello che aveva deciso di intraprendere. Ma d' altronde lui era un Assassino, non gli importava ne di chi fossero realmente coloro che uccideva, ne se avessero un anima. Voleva a tutti i costi sapere di Cesare, ma la realtà è che non sapeva molto, o forse sapeva troppo e doveva scegliere cosa dire tra le miriadi di informazioni. Sospirò guardandolo, lo tirò fino ad un vicolo stretto e buio illuminato solo per un tratto dal sole. Lasciò la sua mano e fissandolo arrabbiata prese a togliersi ogni gemma che le era rimasta, si tolse gli anelli, i bracciali e le perle incastonate nei capelli perfettamente pettinati e raccolti. Con foga prese ogni molletta che le teneva stretti i filamenti biondi fino a scioglierli tutti completamente, le ricaddero lasciando un profumo inebriante sulle spalle e sulla schiena, lunghi fino oltre al sedere. Li spettino leggermente, alcune ciocche le ricaddero sul viso, coprendole gli occhi.
 
"Dammi pure del tu, mi pare l' abbia già fatto... E comunque, non sono truccata!" Si allontanò appena aprendo le braccia mostrandosi a lui in tutta la sua arruffatezza bionda.
"Cosi va meglio? O devo anche sporcarmi di fango?"
Scocciata si riavvicinò a lui per poter prendere nuovamente la sua mano e ritornare per strada.
"Mio fratello Cesare ha lasciato Roma un mese e mezzo fa. Ancora non ho ricevuto sue notizie, difatti alcune questioni importanti a palazzo che andrebbero risolte e di cui nemmeno io posso occuparmene sono rimaste bloccate." Un uomo le passò accanto e rozzamente si scontro con lei facendole male ad una spalla.
L' uomo però andò a diritto, non chiese nemmeno scusa. Si massaggiò la spalla stringendosi all' Auditore, era molto affollato il centro.
"Stavo dicendo... Che zotico nemmeno le sue scuse, rozzo, vile, caprone, se avessi la forza gli spaccherei la faccia, ma non sarebbe da nobildonna! Dicevo, Cesare non si è fatto vivo ne con lettere ne con niente, sapevo solo che sarebbe partito per Ferrara e successivamente per Urbino, ma non sò esattamente dove potrebbe essere. Mio fratello non è solamente quel che sembra, ama le belle donne e spesso le rapisce chiudendole in palazzi, gioca con loro fino a stufarsene e gettarle via. Una finche che probabilmente farò anche io con questo Alfonso D' Este, con la sola differenza che mi sbatterà a letto invece che in cella, preferirei la gabbia piuttosto che dare figli ad un uomo che non amo." Prese respiro dato che aveva fatto il discorso tutto d'un fiato.
"In effetti dovrebbe mandarmi a breve una lettera per dirmi il giorno delle nozze, e specialmente, lui vuole organizzarlo, lui vuole scegliere il mio abito, lui vuole fare tutto, ergo lui deve tornare a Roma. Almeno che non sia finito a Firenze a cercarvi o chissà a conquistare Urbino magari." I capelli si muovevano delicatamente con lei ad ogni passo, fino a finire sulle spalle dell' Auditore.
"Voi volete uccidere mio fratello, ma precisamente perché? Sò che mio padre, che avete già ucciso e lui hanno rovinato Roma, me ne rendo benissimo conto anche da sola, ma specificatamente cosa  che minaccia voi?"

L’ Auditore cascò in una risata rumorosa e di gusto. Le piacque tanto vedere la Borgia che si liberò dei suoi gioielli, dei suoi averi e che ascoltava gli ordini dell’ Assassino.
“Il fango? A me non piace, ma se proprio ci tieni…”
Ironizzò col suo basso senso dell’ umorismo Ezio. Pensò però alla Borgia e al suo pensiero, che abituata al potere e alla bella vita vedeva in lei tutto normale e in tutto il resto “gente di fogna”, quando in realtà la vita era ben diversa. Era lei quella ricca, quella con il potere. Tutti gli altri erano nient’altro che sola gente normale.
“Borgia … provi nei riguardi degli altri disprezzo, odio, umiliazione e quant’altro. Voglio farti notare che loro provano lo stesso per te, perché non sono loro ad essere poveri. E’ la tua famiglia ad essere ricca e potente. Come puoi lamentarti della tua vita non tenendo conto di quella degli altri?”
Le parole dell’ Auditore fecero perfino fare una riflessione a lui stesso. Aveva parlato, aveva osato progredire parola quasi per punire e per mostrare alla Borgia che anche lui aveva una parte umana e che aveva anche lui un suo punto di vista. I due ritornarono per strada, Lucrezia riprese la sua mano e tornò a stare in un certo senso appiccicato a lui. Voleva davvero mischiarsi tra la gente; non si sapeva però se lo faceva perché odiava essere riconosciuta, o lo faceva perché voleva trovare un modo per ingannare l’ Assassino.  Lucrezia parlò di suo fratello Cesare ad Ezio. Capì che non era in città e che aveva lasciato molte questioni in sospeso, questioni a cui la sorella non poteva provvedere a risolvere. Cosa aveva mai fatto di importante? E dov’era andato? Ezio pensò perfino che Cesare se l’ era svignata scappando, magari sapendo di questo imminente pericolo che correva. Una cosa però non gli tornava, ovvero come faceva a saperlo un mese e mezzo prima. Idea che quindi escluse quella di fuggire da lui. Durante il discorso un uomo scontrò la spalla della donna senza preoccuparsi minimamente, e a tal proposito ella strinse la spalla contro quella dell’ Auditore per alleviare il dolore lamentandosi di ciò che era successo, mostrando la voglia che avrebbe avuto di rispondergli e rivoltarsi contro.  Anche la Borgia parlò di suo fratello, di Alfonso d’Este e di ciò che gli avrebbe sicuramente fatto ribellandosi, rivoltandosi.  Fece tutto il discorso d’un fiato, mostrando un aria davvero arrabbiata. Le sue parole sembravano davvero vere. Lucrezia chiese poi del perché volesse uccidere il fratello.
“E chi me lo dice che tu non stia mentendo?”
Non dubitava delle sue parole, una sensazione interna gli diceva  che stava dicendo la verità. Non aveva motivo di mentire, soprattutto non gli conveniva. Non avrebbe seguito i piani.
“Sono un Assassino, e sono informazioni che non posso rivelare. Tuo padre aveva a che fare con i Templari, e lo stesso tuo fratello. La setta mi ha ordinato questo, e io devo rispettare gli ordini. Il mio sapere è meno di quel che tu immagini, Lucrezia”
Parole vere e spiegate a lei, quasi come per ricambiare la gentilezza che ella ebbe avuto parlandogli di suo fratello.  Non aveva finito però, Ezio voleva ancora mettere alla prova Lucrezia.
“Partirò domani alla volta di Urbino, per incontrare Cesare e mettere la parola fine alla sua vita. Lucrezia, devo chiederti cosa hai intenzione di fare.”
Chissà perché la Borgia avesse dato quelle informazioni all’ Assassino, sapeva benissimo che sarebbe andata a finire così. Si era forse arresa dinanzi a lui, sapendo che comunque avrebbe ottenuto ciò che desiderava o aveva qualcos’altro in mente? Magari un doppiogioco, o forse un triplo…
Ezio recuperò la sua aria seria, decisa. Osservava la Borgia e la sua risposta in attesa di studiarla, vederla, controllarla. Sicuramente avrebbe voluto qualcosa in cambio dopo aver dato quelle informazioni sul suo fratello, ed Ezio era pronto per ascoltare la sua proposta e le sue richieste. I capelli della Borgia erano finiti sulla spalla dell’ Auditore, senza rendersene conto i due erano più attaccati di quel che immaginavano e di quel che volessero. Ezio si rivolse di nuovo a Lucrezia, quasi come per darle un consiglio.
“Fai attenzione a chi ti urta in contro. In quel piccolo istante di contatto potrebbe averti rubato tutto ciò che desiderava.”
Parole di un Assassino, di una persona il quale faceva quelle azioni in modo abituale e per mestiere. Ezio si rese conto di una cosa, che la Borgia poteva tornargli più utile di quel che aveva immaginato fino a quel momento, e per questo cercò di attaccare corda. Con tono e pensiero crudi e da uomo di quei tempi, ma senza intenzione di combinare qualcosa, l’ Auditore posò la propria mano sul fianco opposto di Lucrezia.
“Mia signora, mi permetta di accompagnarla a fare qualche passo per discutere del nostro accordo.”

 

La mano rude dell' uomo si posò sul suo fianco dolce e sinuoso. Calda,quasi rovente si posò delicatamente senza nessuna malizia, per proteggerla da coloro che avrebbero tentato di spintonarla ancora, o almeno è quello che intravide lei in tale gesto. Ma ugualmente spostò lo sguardo su di essa, doveva ammettere che stava maledettamente bene posata li, ma quando rialzò lo sguardo su di lui ascoltando quello che le stava dicendo, con fare serio proferì parola, in modo freddo e distaccato, come ancora non aveva mai parlato prima.
"Vi prego, non toccatemi.. Odiate i Borgia, questo l'ho ben capito, qualche spintone mi farà rendere conto del dolore che prova la gente, dolore a cui non sono abituata." Le disse che voleva passeggiare, li vicino c' erano i giardini pubblici, non curati e belli come quelli della propria residenza ma pur sempre verdi e profumati. Non c' era praticamente nessuno, se non qualche vecchia che dava del cibo ai piccioni e dei bambini che giocavano rumorosamente, anche se era caldo il sole di mezzogiorno era ormai calato di un bel po', forse erano già le tre o le quattro del pomeriggio e in inverno le giornate sono brevemente illuminate, presto sarebbe scesa la sera e prima di essa il tramonto rosso. Si era zittita improvvisamente, mentre ascoltava i passi di lui sull' erba bagnata, erano pesanti, forse tutto ciò che indossava era pesante anche per lui che lo portava.
Stava ancora pensando alle parole che aveva detto prima, sarebbe partito per Urbino alla volta di uccidere il fratello. Non aveva spiegato all' Assassino cosa la turbasse, forse non avrebbe minimamente capito, e non gli sarebbe importato nulla. Scostò la mano che teneva sul suo fianco di colpo, lasciando anche l' altra con cui teneva la sua. Si incamminò verso uno spazio di prato dove vi erano delle margherite, si abbassò a guardarle.
"Io non sono come loro credono,come tu credi. La gente sa di me solo quel che traspare da trucco, acconciatura e gioielli. Non hanno la minima idea di cosa voglia dire essere l' unica figlia femmina di 4 fratelli maschi e doversi maritare contro volere, inoltre, mio Giovanni che è morto ed era a capo dell' esercito è stato sostituito da Cesare che doveva essendo primogenito diventare Cardinale, ma ciò ha risvegliato la sua ossessione di potere. Vuole per se il Sacro Romano Impero, piano piano lo conquisterà tutto e userà ogni mezzo persino la sua piccola sorella.."Rimase a dargli le spalle, carezzando quelle margheritine tanto belle bagnandosi appena la mano.
"Voi andrete ad Urbino, e io rimarrò qui ad aspettare lentamente che anche questo funerali passi, piangerò mio fratello o quello che un tempo era, ma ciò che  adesso. Giorno dopo giorno voi continuerete le vostre missioni, invecchierete uccidendo, e forse si vi sposerete con una donna che amate e da essa avrete dei figli che seguiranno le vostre orme le vostre gesta, mentre io, anno dopo anno avvizzirò, come un fiore il quale dopo aver dato i meglio frutti di se stesso appassisce cedendo, petalo dopo petalo. Tra le braccia di un uomo che non desidero, tra i suoi baci schifosi, tra le sue lenzuola macchiate di oneri."
Pian piano la voce da decisa e arrabbiata era calata, quasi singhiozzante, ma non volle voltarsi, non voleva che vedesse l' effimera essenza dei Borgia per quello che era realmente.
"Adesso sapete dove è mio fratello, cosa volete ancora da me? Avete ucciso mio padre, Giovanni e presto Cesare e..."Si alzò di scatto voltandosi verso di lui gli corse vicino con le lacrime al viso, afferrò parte della stoffa che lo copriva guardandolo disperata.
"Ti prego, ti scongiuro, uccidi me, ma lasciate in pace Juan, ha solo nove anni anche se Borgia è solo un bambino. Lui non nuoce a nessuno, ti prego, non uccidere anche lui, lui che è come un angelo, lasciate il mio fratellino in vita, almeno lui.. Prendete me al suo posto se il vostro obbiettivo è di estinguerci, vi prego prendete me non lui, la mia vita in cambio della sua.. è un bambino..è solo un bambino...il mio Juan.."
Temeva più per il minore che per la prossima morte del maggiore, l' idea di non rivedere Juan le spezzava il cuore, il tenero fratellino che la prendeva in giro per come ballava, per come si vestiva, per come profumava troppo fino a puzzare.
Disperata come una madre che perde il figlio tanto atteso al parto scivolò ai piedi dell' Assassino singhiozzando, asciugandosi il viso con le mani ormai sporche.
Si alzò nuovamente di scatto tirando su con il naso come una bambina, il viso serio e arrossato per il freddo e la sera che stavano ormai calando.
"Vi darò in cambio qualsiasi cosa. Qualsiasi, la vita del mio Juan vale più di me stessa, dei gioielli e del nome che porto. Prendetevi il mio cuore, strappatemelo dal petto se credete, toglietemi l' anima e con essa il respiro ,ma lasciatelo in vita." Infondo gli aveva detto ciò che voleva su Cesare,il patto era sancito.
"Vi ho detto quel che sò di Cesare, il patto prevedeva ciò in cambio di qualche cosa...Ma io ho due cose da chiedervi. Lasciate mio fratello minore in pace, e liberatemi dal fardello di divenire una D' Este...altrimenti..altrimenti"
Con uno scatto tanto veloce che stupì anche se stessa afferrò l' elsa della spada che l' assassino teneva sotto al mantello, estraendola e indietreggiando di qualche passo, la pose orizzontalmente  sotto il proprio collo, dove la giugulare pulsava.
"...altrimenti mi ammazzo.. Non saprete niente di Cesare, ne se mi sia arrivata nessuna lettera. Mi troveranno morta entro stasera, e anche se nascondeste il mio corpo, capiranno che non sono più a questo mondo, nessuna donna si toglie i vestiti da sola e li lascia compostamente nel letto, nessuna donna rapita si toglie le scarpe indicando l' ora in cui  avvenuto il rapimento sul proprio pavimento affinché le ombre del mattino su esso ritraggano le lancette di un orologio. Nessun bambino entra in possesso di quegli orecchino firmati con il mio nome, uno scambiatore d' ori li prenderà e si recherà a palazzo, magari ci è già stato, e mi stanno già cercando. I capelli tra i rovi nel bosco sono come il filo d' oro nel labirinto del Minotauro, li condurranno direttamente qui, i gioielli nel vicolo la conferma di una rapina, il sangue che la terra succhierà quando mi sarò trafitta indicherà la mia morte. E capiranno che solo voi, della Setta avreste potuto tanto.. Non sapranno mai che sono stata io a porre la parola fine alla mia vita. Vi cercheranno, lo diranno a Cesare che se ne andrà da Urbino prima che voi potiate recarvi lì."
Piangeva ancora ma si mostrava forte, la lama puntata le mani ferme senza esitazioni. Lo fissò con gli occhi più disperati al mondo, di una donna non consona al nome che portava al sangue che le sgorgava nelle vene, diversa da come tutti la dipingevano, si mostrava a lui nella sua totale bianchezza.
 

La mano dell’ Auditore restò per un breve tragitto al fianco della Borgia, che forse si sentiva protetta. La scostò poi via una volta raggiunti i giardini, mostrando ad Ezio un suo lato che lui non si sarebbe mai aspettato. Il suo lato debole, il suo lato vero … forse il suo lato buono. Poteva una della famiglia Borgia però avere un cuore diverso? Ezio ebbe la sua risposta successivamente. Si allontanò da lui dandogli le spalle e fissandosi su una margherita che era nel giardino, Ezio rimase dietro in disparte ad ascoltare.
“Ti dichiari di essere diversa da ciò che in realtà è la tua famiglia. Dimostra tali azioni allora, solo così sarò in grado di perdonarti.”
Gli parlò l’ Auditore, quasi come se fosse stata lei a compiere qualcosa cui non doveva fare. Ascoltò poi le successive parole, per rispondergli a tono.
“Sei una donna forte Lucrezia. Puoi ottenere tutto ciò che desideri, perché arrendersi dinanzi a questo Alfonso?”
Poteva anche non capire come funzionasse la vita di corte, come funzionava negli alti ranghi delle famiglie potenti ma capì che la Borgia stava davvero soffrendo e come tale non voleva mostrare il suo carattere debole, per questo era girata. Per quanto ferrea potesse essere la sua idea su di lei, Ezio riuscì a cambiare opinione dopo quelle parole, dopo quelle scenate. Magari era davvero diversa dal resto dei Borgia. Vero, si mostrava forte e non debole dentro ma non ci fu sicurezza che fosse davvero così, non c’era sicurezza concreta da parte dell’ Auditore che Lucrezia fosse tanto verme e viscida come il resto della famiglia se non per una sua idea, un suo pregiudizio. Anch’Ezio era umano, e proprio come la Borgia, per quanto diverso potesse mostrarsi anche lui nascondeva qualcosa.
“Purtroppo nulla mi impedirà di andare e di raggiungere Urbino, di completare la mia missione. Devo farlo, è un ordine che mi hanno imposto.”
La voce e la fermezza di Lucrezia calarono, adesso usava un tono singhiozzante. Continuò a restare girata, non voleva voltarsi, non voleva mostrare nulla ad Ezio. Continuò a blaterare, con la convinzione che tutta la sua famiglia doveva essere uccisa. Piagnucolò chiedendo di lasciare in pace il fratello, di non voler diventare una D’Este, di essere lei ammazzata al posto dei suoi fratelli. Non sembrava importargli nulla di Cesare in realtà, ma solo di suo fratello minore al quale sembrava volergli molto bene. Con queste parola Lucrezia colpì molto nel profondo il cuore di Ezio, a cui gli venne in mente la sua famiglia, ciò che gli ebbero fatto, e con quello il suo fratellino minore Petruccio. Pensò a ciò che aveva fatto lui, a ciò che la sua famiglia aveva fatto a quella dell’ Auditore. Ma notò, riuscì ad arrivare e capire che da un particolare e preciso punto di vista, provavano entrambi lo stesso sentimento. Odio, rabbia, rancore, o forse dispiacere.  Ezio non si sentì in colpa per aver ucciso suo padre, tantomeno per l’ idea di poter uccidere il fratello maggiore a cui non sembrava importargli molto. Sì senti in dovere di rispondere, mostrando la sua parte umana a Lucrezia. L’ Auditore si levò il cappuccio, abbassandolo, mostrando all’ aria aperta il suo viso rude ed esperto di guerra seppur ancora giovane. I suoi capelli a libera vista e i suoi occhi, stati per sempre immobili quasi con espressione arrabbiata quasi emozionati, commossi. Ezio si sentì in dovere di avvicinarsi alle spalle di Lucrezia, poggiando una mano sulla sua spalla un po’ per consolarla, un po’ per rassicurarla. Non fece in tempo a farlo che subito ella fuggì più lontano, quasi scappando. Completò le sue parole, poi si girò per afferrare la spada dell’ Assassino che tentò di bloccarla invano dal momento in cui la donna nell’ estrarla ruppe la fodera. Si puntò la spada alla gola, chiedendo, parlando. Parole e discorsi fin troppo esagerati per l’ Auditore, ma purtroppo dannatamente veri. Nel suo più rude e brutto inconscio non l’ avrebbe per nulla fatta morire per il semplice fatto che quell’ espressione, quella ribellione poteva tornargli utile sfruttando la debolezza della Borgia. Ezio però prese il sopravvento sul suo modo brutto di porsi alla gente. Infondo perché considerare Lucrezia una sua nemica? Sembrava fino ad adesso avergli dato prova di potersi fidare di lei, Borgia o non Borgia. L’ aveva messa alla prova, e Lucrezia si presentò agli occhi di debole così come una donna che pur se apparendo forte e determinata, era fragile, e provava anche lei dei sentimenti. Ezio non cambiò però il suo modo di usare le parole, sempre ferree e sicure di sé. Cambiò però il suo tono di voce, mostrandone uno abbastanza diverso, usato per far capire alla donna che anche lui sotto quell’ aspetto duro che mostrava aveva una voce interiore, un lui interiore che non aveva mai mostrato.
“Non so perché te ne sto parlando, ma mi sento in dovere di farlo. Sono un Assassino, ma non sono un fuorilegge, un pazzo omicida. Non uccido innocenti, è una delle nostre regole più fondamentali. Uccido solo chi mi viene ordinato di farlo e tutti coloro che intralciano il compimento della mia missione. Sono pur sempre una persona io, un umano. Anche a me appartiene un cuore e anch’io capisco ciò che tu stai provando, Lucrezia. Io e la mia setta, abbiamo preso di mira i Borgia per il potere che stanno esercitando, per i collegamenti che loro hanno con i templari, e io personalmente lo faccio per … perché loro bastardi erano coinvolti nell’ uccisone della mia famiglia. Mio padre, mio fratello, e non hanno avuto pietà neanche del mio piccolo e indifeso fratellino… Petruccio era il suo nome.”
Un attimo di pausa, per riflettere, per assicurarsi che la Borgia lo stesse ascoltando e non si avventasse a fare mosse azzardate. Poi riprese.
“Non ho intenzione di uccidere il vostro adorato fratellino Juan, tantomeno lei. Ho capito quanto una persona può essere diversa dall’ altra, e a dirla tutta sono anche un uomo di buona fede. Le ho promesso un accordo, ed è quello che noi avremo. Mi ha comunicato la posizione di Cesare, ed ha rispettato la mia richiesta. Tocca adesso a me rispettare la sua. Non vuole che mi avvicini minimamente a suo fratello Juan, e sarà quello che farò. Sarò pure un Assassino, ma rispetto il codice di onore.”
Si avvicinò lentamente, assicurandosi che la donna non facesse mosse azzardate. Era pur sempre una vera daga quella che aveva in mano. Si avvicinò portando piano la mano sulla sua, cercando di afferrare e abbassare la spada rendendola meno pericolosa per poi prenderla e ritirarla reinserendola nella sua fodera rotta. Tornò su Lucrezia, sul suo sguardo con il proprio, osservando cosa c’era nei suoi occhi azzurri disperati e mostrando la vera essenza dei suoi, marroni ma pur splendenti, veritieri. Le sue mani andarono a posarsi sul viso, sulle guancie della donna asciugando con i suoi pollici le lacrime che vicino gli occhi erano cadute e continuavano il loro percorso per cadere, per lasciare il bel viso della Borgia. Riprese a parlare con tono calmo e rassicurante ma sempre sicuro di se.
“Sono due le richieste che tu mi hai fatto, ma sono lo stesso disposto ad accettarle apportando un necessario cambiamento. Il tuo piccolo fratellino non verrà toccato, troppo sarebbe il dispiacere per me portare un piccolo sulla mia coscienza. Per quanto riguarda la tua vita invece, il tuo desiderio di non divenire una d’Este… sarà ben che accettato.”
Lasciò il viso di Lucrezia dopo essersi assicurato di aver levato tutte le lacrime, per poi distogliere anche il suo sguardo dal suo che troppo lo colpiva e girarsi facendo qualche passo in avanti, rimettendosi il suo cappuccio e osservando là, l’ orizzonte e la sua infinità.
“Rimanderò la mia partenza verso Urbino, prima … ho un'altra cosa di cui devo occuparmi.
Alfondo d’Este, inizia a scavare la fossa per la tua tomba.”
Ezio era deciso, sicuro di se e delle sue azioni come sempre e come al solito, mostrando agli altri altrettanta determinazione. Doveva mantenere l’ accordo che aveva fatto con Lucrezia, magari per rafforzare anche il rapporto che aveva con lei. Averla contro, provare rancore verso di lei era oramai inutile, non aveva alcun senso. Tornò a parlare alla donna che era ancora alle sue spalle.
“Lucrezia…”
La chiamò con un tono particolare, lo stesso usato a palazzo per rivolgersi a lei, quello al quale la donna disse che tanto gli piaceva come pronunciava il suo nome.
“…vedo in te una donna diversa da quel che immaginavo, e voglio farti una richiesta, una proposta.
Vuoi tu abbandonare definitivamente la tua vita, per seguire da ora e per sempre una vita diversa, che va contro gli ideali della tua famiglia e della tua nobiltà, per prendere una strada completamente diversa e nuova?”
Le chiese, le propose per vedere cosa lei avesse risposto, per vedere come avrebbe reagito e per avere la conferma che davvero voleva dare una svolta alla sua vita. Magari Ezio, proprio l’ Ezio Auditore da Firenze che la Borgia aveva davanti poteva dare a Lucrezia ciò che lei cercava, dare quindi una svolta alla sua vita. E chissà se anche la vita dell’ Assassino sarebbe cambiata con gli eventi a venire. Una cosa era certa: Lucrezia aveva bisogno di una svolta nella propria vita, e solo Ezio in quel momento poteva dare man forte alla donna pur se non era quella la sua intenzione, il suo pensiero primario.

 

Le si avvicinò, posando la mano sulla sua, che teneva sull' elsa ben salda, si era abbassato il cappuccio, la gente avrebbe potuto riconoscerlo, le disse che avrebbe risparmiato suo fratello e in un certo modo lesse nei suoi occhi nocciola brillanti che non mentiva, lo avrebbe fatto sul serio anche se la sua famiglia aveva ucciso il suo amato fratellino. Lo capiva bene, l' idea di perdere Juan la uccideva, immaginava come aveva dovuto sentirsi lui. Rinfoderò la spada e le posò le mani sul viso, i pollici a scacciare le lacrime, la guardò intensamente per dirle definitivamente che accettava il patto. La vita di Cesare per quella di Juan, dopo un lungo guardarsi negli occhi senza sorridere si allontanò da lei voltandogli le spalle. Le disse che il patto era sancito e che avrebbe accolto anche l' onere dell' uccisione di Alfonso D' Este. La chiamò, bastò sentire il proprio nome pronunciato dalle sue labbra, il tono graffiante e roco, seducente, le fece battere il cuore, pensò che fosse per paura, d' altronde era sempre un Assassino, ma quando le disse che vedeva in lei una donna totalmente diversa da quel che la gente e le poesie cantavano, arrossì, portandosi delicatamente una mano sull' altra toccò la stoffa del vestito di lui che le fasciava le ferite, come fosse un cimelio prezioso. Quando però le propose  di abbandonare la propria vita, per seguire per sempre una via diversa lasciò cadere entrambe le mani sui fianchi. Lo raggiunse afferrandolo per un braccio, facendo si che esso si voltasse.
"Ascoltami bene, ti prego...Ezio.." Bloccò anche l' altro braccio posando la fronte sul suo petto, i capelli biondi ormai stavano diventando freddi cosi come le sue mani bianche e delicate, come le gote che divenivano sempre più rosse.
"La mia famiglia ha ucciso la tua, la vita di tuo padre con quella del mio, la vita di tuo fratello con quella dei miei, siamo "pari". No, non amo il Cesare che cammina per le strade di Roma e conquista le città portandole alla rovina all' agonia, ma amavo Cesare quando si prendeva cura di me come io mi prendo cura di Juan, come tu amavi il tuo dolce fratellino. Una volta ucciso Alfonso e liberatami da lui, una volta...che avrai affondato le tue lame con Cesare, io diverrei ricchissima, e tutti gli uomini cercherebbero di maritarsi con me di avere figli con me, uomini che come Alfonso ne conosco ne voglio conoscere, quindi se questo è il mio futuro, allora, prima di accettare la tua proposta devi dirmi cosa hai intenzione di fare. Non si da niente per niente, ogni vita stroncata si vendica con altre vite di pari importanza, un abbandono totale a ciò che si è lo si deve fare per un buon prezzo, e quelli di risparmiare Juan lo è. Ma.." Non l' aveva guardato negli occhi per tutto il discorso, solo a quella sospensione sollevò i mento guardando gli occhi scuri di lui sotto al cappuccio. Solo allora notò che si era fatto buio e che era davvero diventato freddo. Si stava congelando e prese leggermente a battere i denti.
"Cosa intendi p-per cambiare totalmente la mia vita? A cosa potrei servirti? Io non sono come te, non sono un assassina, anche se sò schermare e tirare d' arco, non sò combattere ne arrampicarmi bene come te, tantomeno buttarmi da un palazzo all' altro. Insomma, sono solo un peso.. Sai,una volta mia madre mi disse.." Una ciocca castana di capelli era uscita dal cappuccio dell' Auditore, la nascose senza pensarci troppo dentro sfiorandogli il viso all' altezza dello zigomo.
"..Si può sempre scegliere..etc!" Starnutì e per il contraccolpo sbatté la fronte contro il petto duro dell' Auditore." Ahio! Ma sei fatto di marmo o sotto hai delle pietre, se ti tirassi un cazzotto mi spaccherei le dita, accidenti che dolore, mi verrà mal di testa.. o un bernoccolo, tanto ormai più rozza di cosi, tra graffi, e fango, etcu" Un ennesimo starnuto ma stavolta più leggero. Non aveva pensato al fatto che era assai cagionevole di natura, che si ammalava facilmente, poteva sentire i brividi di freddo partirle dal capo e arrivare ai piedi percorrendo la schiena. Per gli starnuti i capelli le avevano inondato il viso.
 

Il viso, l’ espressione della Borgia mutò. Poteva chiaramente notarsi che la sua espressione infelice era sparita dal suo volto, che le parole dell’ Auditore l’ avevano in un certo senso quietata. Sembrava perfino essere arrossita dai complimenti che Ezio gli fece.  Era già calata la sera e il fresco di Roma sorvolava anche sui due che erano ancora lì. Chiese cosa intendesse per cambiare vita, a quale scopo Lucrezia potesse servire all’ Assassino. Ascoltò il suo discorso, per notare poi le sensazioni di freddo che la donna provava. La ragazza si fermò a metà discorso. Una ciocca di capelli era uscita dal cappuccio di Ezio che venne rimessa a posto dalle fredde e delicate mani della donna, sentite sulla propria pelle. Ezio imbarazzatole sorrise, come per ringraziarla. Portò anche la propria mano al viso, afferrando e racchiudendo nella sua la mano fredda e liscia, per stringerla e poi allontanarla con lentezza e delicatezza. Lucrezia completò la frase mentre l’ Auditore avvicinò perfino il suo viso a quello di lei, con l’ intenzione di fare colpo sulla donna. Proprio in quel momento la ragazza starnutì, facendo alzare la testa ad Ezio che si riempì di imbarazzo, quasi vergogna sperando che la donna non ci avesse fatto case, facendola battere sul suo petto duro. In modo ironico disse che si era fatta male, e per la prima volta l’ Auditore le sorrise per simpatia. Sorrise, per riprendere un discorso.
“Ahahahah è contro la mia corazza che ha bocciato il capo.”
Rispose alla battuta della donna, per poi riprendere a parlare delle sorti della Borgia.
“Non voglio che tu segua la mia strada. Non sei adatta per diventare un assassino, ma ci sono molte altre strade che puoi prendere. Tocca a te decidere quale. Io non ho intenzione di stare dietro te o di insegnarti, ma se tu vuoi seguirmi ben venga. Sarò lieto di farti compagnia, al solo proposito che tu non rechi disturbo e intralcio alle mie missioni.”
Disse con aria autoritaria come al solito, cercando però di aiutare la sua oramai non più nemica. Era pur sempre una donna, e male non avrebbe fatto frequentarla.
“Sono molte le strade che tu puoi intraprendere, le parti in cui puoi specializzarti. Hai ancora tempo per pensarci, quindi non avere fretta. Fino a quando non avrò eliminato Alfonso d’Este tu dovrai essere al mio fianco, dovrai seguirmi.”
Ezio guardò per aria, e notò anche lui che si era alzato vento, si era voltato freddo. Guardò poi la Borgia, povera di vesti e tremolante. Galantuomo e gentiluomo che doveva essere, sia per fare colpo come faceva con tutte, sia perché la sua famiglia e il suo buon modo di fare gli aveva insegnato quello, Ezio doveva trovare un modo per poter dare conforto alla donna. Non aveva altre vesti con sé, per questo si staccò il suo mantello che copriva il lato per posarlo da dietro, sopra le spalle della dama.
“Sarà meglio che si copra, il tempo è freddo e dobbiamo incamminarci per trovare una dimora in cui riposare per questa notte. Lei conosce o ha qualche luogo dove potremmo fermarci questa notte?”
Chiese in modo gentile tornando a darle del lei.  Non voleva che i rapporti si facessero troppo particolarmente confidenziali, pur se comunque non voleva di certo allontanarla. Erano i tempi, e a quei tempi funzionava così: il linguaggio usato dai nobili e da gente con classe ed eleganza era anche quello, anche il più confidenziale.
Così iniziarono ad incamminarsi, per trovare un luogo da cui trovare riparo.

 

La sua risata era bellissima, e anche quel sorriso che le mostrò poco dopo. Li voleva vedere e sentire ancora, e ancora. E nel preciso istante in cui toccò la sua mano fredda per poi staccarsi il mantello e passarglielo sulle spalle, capì che la sua vita, era sempre stata totalmente sbagliata per lei. La sua voce, le sue mani rudi, quando la chiamava con quel tono misto tra intrigo e ordine, gli occhi che posava sul suo viso per convincerla a fare ciò che voleva, dipendeva da tutto ciò, dipendeva da lui, il suo cuore si stava lentamente lavando dalle colpe dei peccati della sua famiglia. Il vento prese a soffiare freddo, che tutta la calura di quei giorni fosse destinata a svanire in quell' unica notte? Il mantello svolazzava ed era lungo per lei che era più bassa di lui, i capelli biondi le frustavano il viso già graffiato, le facevano male in effetti tutti quei piccoli taglietti e la mano le doleva anche se protetta dalla stoffa. Una folata la fece cosi rabbrividire che cerò riparo tra il petto e il braccio destro dell' auditore, come a nascondersi dentro. Le faceva freddo al viso si copri col mantello non avrebbe visto la strada ma se lui camminava e lei lo seguiva come fosse cieca e lui i suoi occhi non avrebbe sbattuto. E cosi infatti percorsero il giardino a ritroso tornando per le strade della città che stava diventando deserta. Non conosceva nessuna locanda, nessun luogo dove andare, lei era romana ma di Roma conosceva solo ciò che stava in alto. Passarono in diverse locande, ma alcune erano chiuse altre erano piene, e ormai si stava facendo tardi. Non sentiva più i piedi ma non glielo disse, non voleva essere di peso, le mani freddissime stavano perdendo sensibilità anche esse, la testa le stava scoppiando, forse a causa della botta forse perché le stava salendo la febbre. Il vento soffiava sempre più forte, e come Ulisse legato al suo albero maestro per sfuggire al canto delle sirenidi, cosi lei si stringeva a lui in cerca di calore. Entrarono nell' ennesima locanda, era poco affollata, lui non perse tempo a chiedere alloggio, la teneva nascosta sotto il mantello come mamma chioccia con i suoi pulcini. E quando sentì che c' era una camera disponibile, il cuore le si rasserenò. Il locandiere li condusse fino alla porta della camera, l' apri e consegnò le chiavi all' Auditore, poi li lasciò soli. Nel preciso istante in cui la porta si chiuse, si senti cosi in pace abbracciata a lui che chiuse appena gli occhi per un secondo non rendendosi conto di essere sul punto di svenire. La presa su di lui si fece lente, il respiro affannato per la febbre che saliva. Anche la presa sul mantello si allentò cosi tanto da farlo scivolare dalla dita bianche intorpidite, cadde a terra leggero posandosi tra le assi di legno. Il viso appoggiato sotto al suo braccio coperto dai capelli lunghissimi si alzò guardandolo, gli occhi lucidi le guance rosse, la punta del naso del medesimo colore, i graffi intirizziti dal freddo.
Ma nonostante tutto, gli sorrise appena, dolcemente. Si guardò attorno, la stanza era piccola, un tavolo due sedie un bagno e un unico letto, un letto a due piazze.
Si staccò da lui camminando quasi barcollando, si sedette su una delle sedie togliendosi gli stivali, non aveva messo le calze perché prima faceva caldo e i piedi già bianchi per la carnagione chiarissima sembravano diventare violacei. Erano piccoli come le mani che andarono a scaldarli sfregandoli. Ma anche le mani erano congelate e non riusciva a scaldarsi. Posò i piedi nuovamente sulle assi di legno camminò fino al bagno entrandoci, sentendo che anche lui si muoveva per la stanza, forse posava le sue armi, forse si metteva comodo, ma gli Assassini dormivano? Si mettevano una sorta di veste per dormire o dormivano cosi? Era cosi curiosa che non sapeva se sbirciare o lavarsi con acqua calda. Ma,decise di lasciarlo fare quel che stava facendo, aprì l' acqua della vasca per far si che si riempisse, si avvicinò alla porta affacciandosi.
"Non scapperò, non ci sono finestre qui..Vuoi controllare o ti fidi?"
Richiuse la porta, non sentendo movimenti, forse si stava davvero cominciando a fidare di lei. Pian piano si tolse i vestiti, posandoli su un panchetto, si tolse la stoffa alla mano, era imbrattata di sangue scuro ,e su braccia, collo e viso i graffi erano evidenti qua e la. Quando si fu spogliata completamente si immerse nell' acqua calda trovando sollievo .Non poteva starci tanto o avrebbe potuto pensare che fosse scappata, si diede una lavata raccogliendo i capelli in modo che no si bagnassero e quando ebbe finito usci indossando uno degli asciugamani, che trovava pessimi nel colore e nella qualità. Si asciugò la pelle, le piccole dita dei piedi erano tornate in vita, cosi come quelle delle mani. Si avvicinò allo specchio contemplando la sua immagine. Sembrava un angelo caduto, un angelo caduto in mezzo ai rovi, dal quale lui l' aveva salvata donandogli delle nuove ali che sapevano di libertà. Doveva uscire dal bagno, ma non sapeva cosa indossare, cercò un po' nel bagno, e con suo piacere trovò una camicia da notte, forse qualcuno l' aveva dimenticata, assieme ai pantaloni di flanella. Un po' leggero come pigiama ma meglio del rimanere nuda. Li indossò, erano rosa ,sembrava un confetto. Sciolse i capelli pettinandoli con le dita, li sistemò appena ed uscì.
Lo trovò seduto su una delle sedie, come aveva immaginato si era tolto le varie armi. Si avvicinò a lui, allo specchio non aveva notato che era ancora rossa per la febbre. Si sedette nella sedia opposta alla sua. Posò i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani.
"Tu non hai freddo? Il bagno è caldo ho lasciato la porta chiusa apposta e ho anche cambiato l' acqua..Se vuoi lavarti. Giuro che non scappo puoi anche tenere la porta aperta prometto che non guardo e stò di schiena distesa nel letto..Le va bene Assassino?" Sorrise alzandosi e si avviò nel letto, scostò le coperte e vi si mise sotto. Erano ghiacciate.
"E che cavolo marmate sono!"Si sedette voltandosi verso di lui che accennava ad entrare nel bagno. Lo indicò.
"Tu, non oserai dormire sul pavimento, perchè se lo fai giuro che ti uccido nel sonno. Esigo, anzi pretendo che tu dorma con me in questo letto freddo, sembra fatto di neve, anche perché io soffro il freddo se non ho qualche cosa a riscaldarmi domani avrò una febbre da cavallo e non potremmo continuare la sua missione.. Quindi.. "Arrossì già rossissima per la febbre.".. Ti aspetto a letto.. Non mettereci tanto o mi troverai congelata "Sorrise mettendosi sotto girata di schiena per dargli la sua privacy, si mise a fissare la finestra fino a che non si assopì. Quando sentì i passi di lui avvicinarsi e anche lui sali nel letto mettendosi dentro, si voltò automaticamente, il viso d' angelo graffiato, il collo nelle medesime condizioni, le braccia ancor più segnate, la piccola mano con quel taglio profondo, andò in cerca della sua, caldissima per il bagno, fu attirata da tutto il suo calore, si avvicinò a lui abbracciandolo, posando la fronte sul petto, avrebbe sicuramente capito che era febbricitante e non poco. Il calduccio era cosi bello che sorrise stringendosi ancora di più. Sussurrò qualche cosa forse a causa di un sogno o forse era dettato dal cuore.
"Ti seguirò per sempre, il mio cuore...il tuo cuore..."
Poi sprofondò nel sonno.
 

I due camminavano e Lucrezia era riparata tra le braccia di Ezio che mirando dritto sfidava il vento e il freddo che gli veniva incontro, per trovare una dimora, un riparo, un posto dove alloggiare quella notte. Prima di trovare un posto dove poter finalmente riposare girarono e girarono varie, molte locande. Forse fin troppe data l’ ora tarda che si era venuta a portare. Entrarono in una locanda dove gli diedero le chiavi del posto e così entrarono in una stanza. Una stanza piccola, con un letto e un tavolo a 2 posti, più in là c’era un bagno. La ragazza fece cascare il mantello per terra allentando la presa, quasi barcollando. Ezio la tenne a se per non farla cascare,  e il suo viso che racchiuso tra le braccia dell’ Auditore e i biondi capelli della Borgia si alzò. Rosso e debolezza furono le cose che Ezio riuscì a notare e pensò per l’ appunto che la ragazza potesse essere malata.
“Ti senti bene Lucrezia? Accomodati…”
Le disse quando lei si staccò e barcollando andò a sedersi. Il violaceo della sua pelle si poteva notare su quella sua pelle bianca, sfregando le mani fredde e dirigendosi poi verso il bagno. L’ Assassino ne approfittò per spogliarsi anche lui, per levarsi armi e armature e posarle lì da qualche parte nella stanza. La donna si avvicinò poi alla porta affacciandosi, non volendo mostrarsi priva di veli dinanzi Ezio.
“Mi fido, mi fido. Puoi stare tranquilla.”
Le parole dell’ Auditore volevano far notare che oramai non era più preoccupato che lei scappasse, perché sapeva che non l’ avrebbe mai fatto dopo gli eventi accaduti. Sapeva che sarebbe rimasta al suo fianco e che quindi non sarebbe fuggita. Un bagno per riscaldarsi era stato fatto dalla Borgia mentre Ezio continuava a levarsi la sua armatura seduto su una sedia nell’ attenderla, a lucidarla e riparare la fodera della spada rotta. Qualche tempo dopo si sentì la porta aprirsi lentamente, e gli occhi di Ezio andarono ad osservare Lucrezia in vesti mai viste prima. I suoi capelli biondi scorrevano lungo il suo viso rosso colpito forse dalla febbre o forse dall’ imbarazzo, per poi andare a sprofondare in una veste, o per meglio dire una camicia da notte rosa. Un confetto, mai termine più appropriato poteva esistere per indicare quella donna che se pur vestita in modo strano per Ezio, era pur sempre lucida e splendente. Il suo volto ancora disorientato e i suoi movimenti ancora barcollanti potevano notarsi nello spostamento dalla porta al letto. Si infilò sotto le lenzuola che la fecero come se tremare perché fredde. Lo invitò ad entrare nel bagno, dopo aver cambiato l’ acqua e dopo avergli detto di lasciare la porta aperta per assicurarsi che lei non fosse scappata. In biancheria si alzò dalla sedia, dirigendosi così verso il bagno.
“Lucrezia, ti ringrazio per avermi preparato l’ acqua. Ma devo dirtelo, non c’è bisogno che io mi assicuri che tu non scappi. Se lo facessi, saresti te a perdere qualcosa dal momento in cui ciò che io volevo l’ ho ottenuto. E dal momento in cui, sarà molto difficile per te alzarti così, ridotta come sei in quelle condizioni. Vedrò se riesco a trovare una cura per la tua malattia domattina. Hai bisogno di riposarti, domattina dovrai essere in forma.”
Si zittì poi, andando in bagno chiudendo tranquillamente per sciacquarsi e riscaldarsi anche lui. Si, aveva anche lui freddo ma era un uomo e doveva dimostrare di essere forte. Mentre si spostò verso il bagno la donna lo indicò, minacciandolo di ucciderlo se non avesse dormito nel letto con lei.
“Ahahahah non preoccuparti, farò come tu desideri.”
Divertito dall’ idea e dalla Borgia, Ezio sorrise andando per la sua. Non molto tempo dopo uscì, pulito e caldo anche lui. Si infilò appunto sotto le coperte che fredde erano pure per lui. Era ferita, e i piccoli graffi si notarono ancora di più in quel momento sul suo volto, sul suo collo, sulle sue mani. Lucrezia si avvicinò a lui febbricitante posando il volto sul suo petto, stringendosi e rimpicciolendosi tra le braccia dell’ Auditore.
“Dovrò pur conquistarla, la farò entrare tra le mie grazie per soddisfare i miei bisogni di uomo, le mie tentazioni carnali. Perché no, infondo è pur sempre una bella donna!”
PENSO’ la mente dell’ Auditore.
“Lo faccio solo perché hai la febbre e non voglio che ti ammali ulteriormente, intralceresti sennò così la mia missione.”
DISSE invece il cuore dell’ Auditore, abbracciando, stringendo a sé la rannicchiata e piccola per lui Lucrezia. Parole, quasi come un sussurro furono dette nel dormiveglia o forse dall’ inconscio della ragazza. La febbre l’ aveva oramai colpita, così si addormentò.  Anche l’ Auditore che la teneva tra le sue braccia la strinse ancora di più a sé, stando così vicino a lei da sembrare quasi una persona sola in quel grande spazioso e freddo letto.
“Lucrezia, la tua vita cambierà. Non so il perché, forse sarà per colpa della febbre ma ti vedo molto cambiata. Continua per questi passi, così non troverai il peccato. Sono un Assassino io, ma conosco molto bene le vie delle redenzioni.”
Lei dormiva, non l’ avrebbe quasi di sicuro sentito. Ezio si aggiustò, levandosi anche l’ elastico dai suoi capelli che tanto formava la sua adorata bassa coda. Si poggiò nel letto riposandosi, rilassandosi, per osservare e tenere Lucrezia sempre stretta tra le sue braccia. Si avvicinò alla sua fronte, notando il suo viso che continuava ed essere rosso e bollente. Posò le labbra sopra la sua fronte, che diede la certezza e la rassicurazione del basso status di salute di Lucrezia . Quello stesso giorno si erano incontrati, quello stesso giorno formarono un patto, quello stesso giorno decisero di dare inconsapevolmente inizio ad una nuova storia, una storia che prese una particolare e non aspettata piega, una storia che cambiò il modo di vivere e di pensare di entrambi. Il giorno dopo sarebbe stato l’ inizio di una nuova epoca per loro, di una nuova era, di un nuovo inizio. 

 

Dopo che Lucrezia ha accettato di cambiare vita e ha dimostrato ad Ezio di provare davvero qualcosa per lui, ha chiesto ad Ezio di usare le sue abilità di Assassino per eliminare Alfonso d'Este. Come reagirà Ezio quando si troverà dinanzi a lui? E quale sarà la reazione e di Lucrezia invece una volta che si troveranno faccia a faccia? Questo, al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Angelo e Diavolo...Il primo obbiettivo ***


L' indomani mattina quando sentì il cinguettio delgi uccelli si desto piano piano,stava cosi bene sotto quelle coperte calde che la voglia di alzarsi completamente era pari a zero.A volte a palazzo rimaneva tutto il mattino fino a pranzo distesa,le piaceva discretamente dormire,automaticamente mosse le braccia e sentì la testa pesante,molto più del solito,ma non le smebrava di avere mal di testa.Aprì gli occhi mettendo a fuoco quello che era l' incavo di un collo,il petto e le braccia possenti di qualcuno che la stringeva a se.Alzò il viso,il mento di lui era appoggiato alla sua testa,rilassato dormiva beatamente stringendola a se.
Le braccia di un assassino la stringevano come Orfeo stringeva le vergini per dargli il buon sonno,protettivo,sensuale,possente,profumava e si accorse in un secondo momento dei capelli sciolti sulle spalle.L' aveva stretta tutta la notte,ecco perchè non aveva ai sofferto il freddo e non si era mai destata dal sonno.Sorrise,doveva ammetere che era veramente bello,bellissimo,aveva deciso di cambiare la sua vita per lui era quello il vero motivo di tutta quella situazione.Richiuse gli occhi,sperando di non averlo svegliato,si strinse a lui incastrando il viso sotto il suo mento,cercando con le mani le sue scapole afferrando la schiena.
"Non stai più dormendo vero!?Ti ho svegliato..."Sorrise alzando il mento fino ad arrivare viso a viso con lui.Apri gli occhi azzurri che erano tornati lucenti e in buona salute,la febbre non vi era più il sonne e il calore dell' uomo avevano funzionato meglio di qualsiasi medicina.Lo fissò,e quando aprì i propri nocciola si vide riflessa come in uno specchio.Arrossì ma non distolse lo sguardo.
"Avete occhi bellissimi,mi ricordano l' autunno,quando le foglie dipngono il paesaggio di verde e marrone.Sono cosi scuri che posso specchiarmici,è divertente,voi che vedete nei miei?"Sorrise dolcemente avvicinandosi ancora maggiormente al suo viso,tanto da toccare con la punta il suo.Si strinse a lui nerl frattempo scivolando con le mani in cerca delle sue grandi e calde,una volta trovate vi intrecciò le dita.
Lo osservò mentre la guardava,non poteva rsistere a lungo vedendo quelle labbra quella cicatrice tanto invitante da baciare,da leccare.
"Ezio..."Lo fissò in modo differente dal solito,maliziosamente,seducentemente,dolce e vogliosa di lui al tempo stesso,chissa se a lui sentire quelle labbra rosee proncunciare il suo nome faceva uno strano effetto.
"...Hai capito?Nessuna dama,nessuna Lucrezia Borgia avrebbe mai lasciato la propria vita "perfetta" di ricchezze..tutte,tranne questa Lucrezia."
Lentamente fece pressione sui gomiti alzandosi appena intrecciando le gambe alle sue salendogli a dosso,all' amazzone.Lo fissò lasciando le sue mani,posandole tra la sua testa vicino alle sue orecchie,vicino alle spalle.
"...C'è sempre una scelta...E' vero,non sò per quale follia destino,forse è Dio che mi punisce per i peccati della mia famiglia,ma..sento che voi siete la mia strada.Ho detto che vi avrei seguita,imparerò da voi ad essere simile,per quanto mi sarà possibile a ciò che fate,a ciò che siete.Prometto che non sarò un peso,e che se avrò la febbre mi basterà dormire con voi,siete più benefico per me di qualsiasi salasso di qualsiasi medicina.Avete il mi cuore,non..."
Si abbassò i capelli le scivolarono in avanti sul viso dell' Auditore,intrecciandosi con i corti di lui marroni.
"..Non trafiggetelo con una delle vostre armi.Non fate soffrire,anche se forte,ho amato e perso cosi tante volte che un' altra incrinatura lo spezzerebbe.E voi,siete capace di farlo solo guardandomi con indifferenza..Siete freddo,a volte,cosi glaciale da farmi desiderare di scaldarvi.."
Avvicinò il viso maggiormente,piegandosi in avanti,le labbra rosee andarono a sfiorare quelle ruvide di lui.Il freddo doveva averle screpolate.Un leggero pacio,ad occi chiusi,piccolo e delicato come se si fosse pssato la bucia di una pesca su di esse.Si staccò appena guardandolo.
"Volevate fare questo ieri notte...Quando ho starnutito,volevate sfiorare le mie labbra!?Bhè...sono vostre Auditore,ogni volta che lo desiderate.D'altronde ucciderete il mio promesso sposo,potete prendere in cambio di me non solo il cuore..."Si sollevò con il capo i capelli la seguirono scivolandole sulle spalle.Arrossi innocenetmente come una bambina,come un angelo illuminato dalla luce del giorno proveniente dalla finestra.
"...Ma non fate di me un oggetto di solo piacere carnale.Non desidero essere una bambola"Voltò lo sguardo alla finestra venendo illuminata ancor maggiormente.
"Desidero l' amore di un uomo che mi ami veramente che mi voglia bene,nella malattia e nella povertà.Sono ricca di tasche,ma la mia anima è più povera di qualsiasi moneta.E voglio donarla ad un uomo che mi ami davvero.Quindi...Non usatemi,preferisco rimanervi amica piuttosto che diventare una delle vostre tante amanti,mi illudereste e basta,mi spezzerste solamente il cuore e sono certa che ne morirei.."Non aveva mai mostrato quel lato dannato di se stessa,solitamente era forte ma lui risvegliava ogni suo vero difetto.
Rimase a fissare l' orizzone illuminato ascoltando il cinguettare degli uccellini.

Si svegliò, quasi disorientata per poi capire e ricordarsi che la notte prima, si era addormentata tra le braccia di un uomo. Si era svegliata in buona saluta, e da come sembrava anche di buon umore. Possibile che fosse Ezio la causa del suo bene? Disse che era guarita, difatti il suo viso era molto meno rosso della sera precedente. Sensualmente quasi romanticamente la Borgia afferrò Ezio per guardarlo negli occhi, chiedendogli a sua volta cosa lui vedeva nei suoi. Non sapeva come comportarsi dal momento in cui il cervello voleva rifiutarla, respingerla,  il cuore invece voleva ottenerla e conquistarla. Osservò gli occhi della ragazza come non aveva mai fatto prima, entrando nel loro profondo riuscendo ad accogliere ciò che non aveva mai notato prima.
“I tuoi occhi … riflettono il mare, così vasto, così ampio. Ingannevole eppure bello, immensi ma sempre capaci di mostrare emozioni.”
Alle parole Lucrezia afferrò le mani dell’ Auditore intrecciando le dita, stringendole. Le sue parole si mostravano dolci e sensuali, chiaramente piene d’amore. Gli occhi marroni e verdi autunnali di Ezio, o così furono descritti dalla donna, andarono a puntare alle labbra rosee della donna che pronunciò il suo nome cercando di essere seducente, attraente, provocante. Se ne accorse, ma Lucrezia riuscì lo stesso a provocare dannatamente un emozione interiore ad Ezio.
“Lucrezia…”
Ripetè subito lui immediatamente, per rispondergli a tono e restare alle parole. Subito lei gli lasciò le mani, incrociò con lui le gambe per saltargli addosso posando poi le mani tra la sua testa, tra le spalle e le orecchie, lì dove i suoi capelli sciolti andarono a depositarsi. Ascoltò il discorso della ragazza, con molta attenzione ed interesse. Dalle parole la donna sembrava voler seguire lui, stare con lui, si sentiva attratta ma allo stesso tempo aveva paura, timore di essere tradita.
“Le sue dichiarazioni mi hanno lasciato alquanto spiazzato. Non era di mio proposito farti questo effetto che ha colpito nel tuo profondo. Non sono tantomeno contrario però, ma è giusto che io segua la mia strada e lei la sua. Queste strade si sono incrociate, ed una svolta è necessaria ad entrambi per poter continuare, per poter proseguire. Una svolta però che se è favorita da una parte sfavorisce l’ altra e viceversa. Non voglio trafiggerle il cuore, non voglio darle delusioni ma voglio fare i passi con calma.
La mia espressione all’ apparenza fredda è causata dal fatto che sono un uomo io, veterano di guerra e anche di amore. E’ diventato abitudinale per me nascondere ciò che provo, ma appunto perché sono un uomo riesco anch’io a scaldarmi all’ interno. Non sono più il ragazzino che ero un tempo, tanto vivace e senza esperienze. Ho molto a cui pensare, ho una carriera da seguire. Potrai seguirmi se lo desideri, ma la tua innocenza deve restare tale e non deve intralciare le mie missioni, altrimenti … altrimenti sarò costretto a decidere, a scegliere quale tra la mia e la sua vita cesserà di esistere.  Non voglio darti delusioni Lucrezia, ma solo tranquillità e piacere. Se è tua decisione voler entrare tra le mie braccia, sarò ben lieto di accoglierti.”
La discussione dell’ Auditore poteva risultare forse un po’ complessa, un po’ troppo problematica, piena di insicurezze dall’ apparenza opposte. Lucrezia l’ aveva davvero messo in difficoltà con le sue parole, con le sue dichiarazioni. Le sue labbra rosee andarono poi a toccare quelle ruvide e screpolate dell’ Assassino lasciando un leggero bacio. Lucrezia capì le intenzioni che l’ Auditore ebbe la sera prima, inoltre gli disse chiaramente che non le importava di suo fratello ergo non avrebbe intralciato la sua missione. Preso dalla sicurezza mentale e sentimentale, l’ Auditore si ricordò dell’ azione che il giorno prima tanto l’ aveva imbarazzato. La donna si offrì a lui, sempre e per sempre per quante volte voleva. Le disse che non voleva essere presa come un oggetto solamente ad uso e scopo carnale, non voleva essere trattata come una bambola. Il suo viso, i suoi capelli biondi e splendenti vennero ancora più allo scoperto dopo che il volto si illuminò per entrata di luce dalla finestra. La donna si mostrò ferita, scoperta all’ Auditore. Voleva essere amata per davvero, voleva vivere in un modo tranquillo e pacifico, anche abbandonando la sua ricchezza. Come poteva un mondo come quello però essere tranquillo e pacifico con tutto ciò che succedeva, e con il ruolo che i due avevano avuto e avevano ancora sino a quel momento? Cosa ne era delle loro azioni? Anche loro avevano di sicuro fatto qualcosa di sbagliato, qualcosa di opposto da quello che desideravano. Fu lì che Ezio giunse a capire una cosa. Non lo ammise neanche a se stesso, ma ci aveva riflettuto molto. Alcune delle sue azioni andarono contro il suo principio e contro il suo volere e non poteva fare altrimenti, come poteva quindi lui considerarsi uomo libero? Era anche lui uno schiavo, schiavo di qualcuno, schiavo di qualcosa. Se voleva cambiare vita, diventare libero e tranquillo come lui aveva desiderato perché continuava ad eseguire ordini da quel qualcosa?- Non era detto che le sue azioni fossero giuste, anche se Ezio prese quella strada perché lo credeva. Doveva dare una svolta alla sua vita, magari prendendo qualche decisione autonoma, da se.
“Le sue parole mi hanno fatto anche riflettere molto mia Lucrezia, e sono giunto ad una conclusione. Sono giunto alla conclusione che anche io voglio che lei mi segua, che anche io voglio scambiare il mio amore con te.”
Parole su parole, alcune che perfino potevano contraddirsi vennero dette da Ezio da quando ebbe conosciuto Lucrezia, per questo voleva porre chiarezza tra di loro.
“Si… la mia vita prenderà una svolta come la tua. Non volevo ammetterlo a me stesso e per questo non lo davo neanche a vedere, ma Lucrezia … anche io desidero scambiare il mio amore con te.”
Il forte battito di cuore, le forti emozioni resero Ezio debole, quasi togliendoli tutta la forza svestendolo di un armatura invisibile che sembrava ricoprirlo dal mostrare sentimenti. Forse anche lui si nascondeva per paura, o forse lo faceva per qualcos’altro cui Ezio non riuscì a capire però cosa. Un sorriso apparve sulle sue labbra, sorriso di gioia, di felicità. Alzò la testa e diede una forte spinta con la mano da parte a parte a Lucrezia, facendo così poggiare la sua schiena sul letto ed Ezio sopra di lei. Abbassò la testa rendendola parallela alla sua, i suoi capelli caddero in avanti o meglio ai lati non coprendo gli occhi, il suo sguardo continuò ad essere profondo nei riguardi di quello di Lucrezia. Solo loro, nessun’altra luce. I capelli di Ezio coprirono i lati e quindi i due potevano solo guardarsi negli occhi, intensamente, impedendo la vista laterale. Vicini com’erano le loro labbra tendevano a sfiorarsi a vicenda, e con fare fermo e provocatorio l’ Auditore prese le mani della ragazza, portandole sopra le sue spalle poggiate nel letto e le proprie da sopra come per fare d’ appoggio. Il sorriso di Ezio era qualcosa di nuovo mai visto prima dalla Borgia. Era mutato, era provocatorio, era come lei lo desiderava in quel momento.
 
La spinse lateralmente per salirle sopra,era accaduto tutto cosi in fretta che quado le sfiorò le labbra dopo aver in un certo senso detto di volerla per se come lei voleva lui,non ebbe il tempo di dire niente.Gli occhi di lui erano puntati nei propri,le mani a sulle sue,sentiva il suo respiro caldo sulla pelle fresca,il calore del suo copro sul proprio,che fremeva ad averlo in quella posizione.Arrossì nel vederlo sorridere a quel modo,non l' aveva mai fatto,era cosi bello che le sarebbe andata bene anche morire cosi,con quell' immagine fissata in mente.Arrossì ancor di più quando da felice si fece sensuale,si era liberato di una sorta di barriera o di corazza invisibile,ci si era schiantata contro ma questa volta aveva vinto lei.Alzo leggermente la testa i capelli posati sul cuscino,posò la guancia sulla sua strusciandola come un gatto fa le fusa alla gamba del padrone.Una volta,due fino a firzionare cosi tanto da scaldarsela e renderla rossa.
"Ezio..."Sussurrò al suo orecchio,sensualmente e dolcemente.
"Hai detto mia Lucrezia..."Sorrise,posò le labbra sulla guancia calda,la barba la solleticava ma sapeva di buono profumava di lui e della sua pelle,odore che non avrebbe mai dimeticato.
"...Mio Ezio.."Lo fissò dolcemente,per poi scendere nel guardare i particolari del collo,degli zigomi,il mento,le ciglia lunghe e nere.Posò le labbra sulle sue ancora delicatamente,giocandoci,prendendosi gioco di lui,ma in realtà seguiva quella cicatrice lucente.
"Come ve la siete fatta?E' recente o vecchia?"Era curiosa,voleva sapere tutto di lui e far sapere a lui tutto di se stessa.Tolse le mani dalle sua per alzare leggermente il sopra del pigiama rosa,mostrando ance lei una cicatrice.
"Anche io ne ho una,vedi!?Me l'ha fatta Giovanni quando eravamo più piccoli,avevamo un cagnolino lo stavamo rincorrendo in giardino,ma quando caddi nelle stoffe del vestito,lo feci in avanti e una delle aste del corsetto mi taglio la carne,era uscito dalla guaina protettiva ferendomi.E poi non è più andata via..."Sorrise innocentemente ripensando al cagnolino era cosi carino.
"E.."Divenne triste,il volto si incupi talmente tanto che sembrò cambiare tonalità.
"...Ne ho un altra che mi ha macchiata per tutta la vita.Prima di Alfonso,a quattordici anni,sono stata maritata ad un altro uomo.Un matrimonio di convenienza,e...e ho dovuto passare la mia prima notte di nozze con lui.Non mi rendevo conto di niente se non del dolore fisico,del cuore che si spezzava,non avevo immaginato l amore cosi rude e violento.Piansi tutto il tempo ma non lo allontanai,è dovere di una moglie soddisfare il proprio marito,ed ogni notte che mi prendeva,lasciava sulla mia pelle lividi delle sue grosse dita.Fino a che,non lo dissi a Cesare,che lo disse a mio padre,che fece annullare il matrimonio..Da allora non ho più amato,niente e nessuno.Era divnetata insofferente a tutto e tutti."Lo guardò le sembrava di sentire ancora le mani del marito violentarla.
"Tu,sei,il primo che desidero amare...Quando prima ho detto,chiesto,di non spezzarmi il cuore intendevo anche questo..Io non sò come amare,ne ho paura.Però,quando mi guardate,quando sorridete e anche quando siete burbero non vi odio,anzi,mi fate battere il cuore.Siete diverso da come vi descriveva Cesare nelle sue lettere,spetato,famelico,bevitore di sangue,cacciatore di nobili.."Si avvicinò prendendo il viso tra le mani,scostando i capelli castani intrecciandolo alle proprie dita.
"Bhè,io vedo un uomo,con le sue vendette,con le sue passioni,fissazioni.Un uomo capace di cambiare la porpia vita con un salto,con una lama celata,con un bacio o una carezza,o con un semplice nome stretto tra le labbra.Un uomo come altri ma diverso da essi,con un cuore cosi grande e diviso che nemmeno lui stesso riesce a comprendersi a pieno.Non vedo un assassino e basta,vedo un salvatore per me stessa...Una cosa cosi bella non può essere cattiva..Cesare sbaglia,Cesare ha sbagliato tante cose."Il laccio che teneva la scollatura chiusa se era aperto mostrando mentre si apprestava a baciare un ennesima volta leggermente il suo assassino,i seni bianchi,rotondi.Non si sarebbe più tirata indietro,basta baci sfiorati,voleva stipulare un patto.Premette le labbra contro le sue inclinando la testa,stringendo la sua con le mani premendola a se.Si staccò appena.
"Ezio Auditore,rinnego il mio sangue per voi."

Lucrezia alzò il viso per posare la sua guancia a quella dell' Assassino così forte, così intensamente da far divenire la guancia di lei bollente e rossa. Forse per la barba o forse per il contatto ma non importava, era il gesto quello che bisognava osservare. Sussurrò il suo nome nell' orecchio, dolcemente riprendendo le parole di Ezio che non le erano sfuggite quando aveva chiamato lei indicandola come sua. Posò le labbra sulle guancie per chiamare anche lei l' uomo con l' appellativo di "mio". Sembrava guardarlo, osservarlo nei minimi dettagli per studiarlo, per capirlo, per conoscerlo. Sembrava attratta dalla cicatrice e per farlo notare iniziò a giocherellare con le sue labbra su quelle dell' Auditore. Ne chiese l' origine nel momento in cui si alzò il sopra del pigiama per far vedere anche la sua di cicatrice.
"Vieri de' Pazzi ne fu la causa. Ero ragazzo e passeggiavo con il mio di fratello quando incontrai lui, con la sua banda. Furono messi in difficoltà nella rissa che si fu scatenata, quando per fuggire prese una pietra e me la lanciò contro. Ebbene, fu questo il risultato."
Parlò portandosi una mano sul labbro, per toccare la cicatrice quasi come ricordandosi l' attimo, il momento. Aveva sanguinato molto quella volta, si dovette perfino rivolgere ad un medico. Lasciò poi spazio alla donna per far spiegare la sua di storia.
Glie l' aveva fatta Giovanni ma non con cattive intenzioni. Giocavano, rincorrevano un cane quand'eran bambini quando inciampò nelle stoffe del vestito cadendo, facendo sì che un asta del corsetto gli tagliò la carne. Sembrava sorridere, forse ripensava al cagnolino. Divenne però ad un tratto triste, raccontando la storia di un altra cicatrice. Era giovane e fu maritata da un altro uomo che come immaginò gli provocò dolori fisici e sentimentali non trascurabili. Ecco, era lì che allora la Borgia divenne ciò che mostrava fino a prima, il non amare nessuno, la paura di ripetere quelle esperienze. Lo guardò, quasi terrorizzata dal pensiero. Ezio proferì parola, afferrando e stringendo le sue mani.
"Non devi avere paura. Da come ho potuto notare sei stata costretta dalla stessa tua famiglia, un matrimonio forzato e conveniente. Devi odiarli molto... come me, come li odio io.
Per fortuna tu sei diversa. Mi hai fatto capire una cosa molto importante Lucrezia. Non è una famiglia che gestisce le cose. Le famiglie possono contenere anche qualcuno di diverso. Sono contento che tu non sia come loro. Mi ero fatto un idea sbagliata, e spero che le mie supposizioni allora non erano esatte."
Le disse altre parole, prendendo il viso tra le mani scostando i capelli castani. Giocherellava con le sue dita con i suoi capelli.
"Cesare Borgia ... un nobile che assetato dal potere e accecato dalla verità non solo racconta menzogne a Roma intera, ma anche alla sua famiglia. Devo ammettere che le sue parole non sono del tutto false. Spietato, Famelico, cacciatore di nobili. Forse un pò meno bevitore di sangue, ma questo è il mio lavoro. Sono un Assassino, e quelle saranno le sensazioni che proverò uccidendo lui, completando la mia missione. Anche le voci che raccontavano su di te erano menzogne, Lucrezia. Sei una persona diversa, davvero speciale. Cambierò la mia vita, ma cambierò anche la tua se tu lo vorrai."
Il laccio che teneva la scollatura chiusa della donna si mollò mentre lei andava per baciare il suo volto. I suoi seni bianchi furono scoperti e quindi notati da Ezio, che venne subito preso di mira dal forte bacio della donna. Forte, intenso, passionale facendo immettere spinta e forza anche dall' uomo. Si staccò appena per parlargli, quasi sussurrargli delle parole.
"Non rinnegare il tuo sangue, Borgia, uniscilo al mio. Ciò che più desidero è che non rinneghi il tuo cuore. Perché è il cuore che pompa il sangue, e seppur il tuo potrà essere macchiato non è del tutto sporco. Purificalo, rendilo per tutto il percorso da come nasce veramente. Uniscilo a quello degli Auditore, sarà quello il tuo antidoto, la tua pulizia. Mostrami il tuo amore Lucrezia, mostrami la tua passione.!"
L' Auditore con voce decisa premette le sue labbra a quelle di lei, facendo forza facendola ritornare posata sul cuscino. Incessantemente, continuamente, continuava a prendere possesso delle sue labbra. Si appesantì quasi sul suo corpo per farli andare a stretto contatto tra di loro, mentre più in giù, le sue gambe continuavano ad intrecciarsi in continuazione con quelle di lei. Il suo corpo posato su quello della ragazza metteva anche a contatto il suo petto, nudo e scoperto con i seni di lei. Una mano la afferrava  dietro la schiena, stringendola ancora più forte a sè. L' altra era indirizzata sul suo fianco, quasi in scivolata. Prese quasi come se una piega, riuscendo a finire sotto la maglia della donna per scorrere poi in alto, assaporando tutto il suo fianco per andare a finire anche lei dietro la schiena, un pò più in basso sulla zona lobmare, provando così la sensazione di toccare finalmente la sua pelle, una delle parti più delicate di lei. Non voleva eccedere di sua volontà, non voleva devastare ulteriormente la vita di Lucrezia. Se lei l' avrebbe bloccato lui si sarebbe fermato di certo, l’ avrebbe capita. Voleva però mostrare il suo amore alla donna, mostrare che di lui poteva fidarsi.
 

Il bacio fu ricambiato,e lui quanto lei divenne passionale,cercando ogni angolo della sua bocca famelicamente,come uno squalo addenta la preda.Il suo sapore delizioso,la barba che lu punzecchiava appena il mento e le labbra,i capelli stretti nelle proprie piccole mani.Laciò che la baciasse che la guardasse,sentire le sue mani sulla propria pelle era come avere tizzoni ardenti posati su essa,graffianti,seducenti,non indugiavano sulla schiena,scivolando ai fianchi risalendo e poi riprendendo a scendere,le gambe intrecciate alle sua.Unire il loro sangue?Cosa intendeva?Sorrise mentre la stava baciando,poi iniziò a ridere a crepapelle.
"Mio Ezio,prima mi assali nelle mie stanze,mi rapisci,e poi...mi chiedi un figlio?"Rise per poi avvicinarsi nuovamente alle sue labbra,leccandole seducentemente.
"Affrettata come cosa,prima uccidiamo il mio promesso Sposo,poi Cesare...e poi ci siamo noi due.E allora,forse avrete pace nel cuore,l' avrò anche io,e potrò aspettarvi,in una casa tutta nostra,e anche se non ci siete potrei sentirmi viva con l'unione del nostro sangue,con un figlio..."Sorrise dolcemente.Non spaeva nemmeno quanti anni avesse l' Auditore,e lui sapeva quanti ne aveva lei?Sapeva che amava le viole e le rose rosse,che il rosso era il suo colore preferito?E lui,lui cosa amava?Lo guardò,intensamente,tanto da potergli divorare l' anima.Puntò i gomiti al materasso sollevandosi leggermete.Cercando poi con le mani stesse i suoi gomiri,agrappandosi per solleticargli le bracca con le unghie.Lo baciò ancora e ancora,per poi staccarsi da quel contatto e prendere la propria parte superiore del pigiama,lo alzò rimanendo a petto nudo come lo era lui.
"Adesso siamo uguali Assassino...Vedi,siamo fatti di carne,ossa e sangue.Tu sei caldo..."Si avvicinò abbracciandolo,posando i seni sul suo sterno.
"Io sono calda,tu profumi,io porfumo,tu respiri io respiro,il mio cuore batte per il tuo...e il tuo batterà per il mio?"Lo strinse a se,ormai era completamente invaghita di lui.Ma non sapeva fino a che punto lui la desiderasse e la potesse gia amare.Sorrise guardandolo.
"Mi permetti di fare una cosa,giuro che lo farò una sola volta in tutta la mia vita promesso!"Gli lasciò un bacio sulla fronte.
"Chiudi gli occhi  una sorpresa..."Vide che aveva gli occhi chiusi e piano piano quasi impercettibilmente prese i vestiti dell' assassino,si tolse il sotto del pigiama rimanendo in mutande bianche,prse le parti più leggere di tutta quella roba che indossava spostandosi i capelli biondi di lato,mettendosi il cappuccio che le stava grande e le copriva il volto.Mise il mantello e lasciò li le armi.L' attiravano anche esse,ma volevo fosse lui a insegnarle e mostrargliele voleva imparare da lui.
Si avvicinò al letto salendo sopra di esso era cos leggera e piccola in confronto anche a lui che non si sentiva il peso ne il cigolio del materasso.Si abbassò aquattandosi come aveva visto fare a lui durante il tragitto dalla Villa al centro di Roma.Il capo abbassato lo stava imitando alla perfezione o almeno cosi pareva a lei.
"Auditore...apra gli occhi"

Il bacio fu ricambiato, all’ improvviso un sorriso e poi una risata fragorosa da parte della donna. Ezio non capiva, fece una smorfia di dubbio con il sopracciglio nell’ osservare la Borgia che subito dopo si spiegò. Mise un po’ a disagio con quelle parole Ezio che non l’ aveva ancora capita, e subito dopo seducentemente la donna si avvicinò leccandogli le labbra. Si spiegò poi meglio, dicendogli di non affrettare le cose. Cose che da Ezio non volevano comunque essere affrettate, lui non parlava di quel momento di unire il loro sangue. 
“Non era mio obiettivo, Lucrezia, di intendere e velocizzare le aspettative. Chiedo scusa se le mie parole sono giunte sbagliate, senza una spiegazione dettagliata, ma il mio amore per te è tanto.”
La donna si alzò sui gomiti per risalire sulle braccia di Ezio con le proprie unghie,  baciandolo e poi staccandosi. Si alzò la maglia, rimanendo a petto scoperto come l’ Auditore posando i seni sopra il suo sterno.
 “Si, Lucrezia. Il mio cuore batte per il tuo.”
Nessun’altra parola, nessun altro riferimento. Erano sempre meglio le poche parole dette bene rispetto ad un monologo lungo ed infinito. Ezio lo riteneva odioso, infantile. Per questo lui era sempre di poche parole. Gli chiese un permesso, quasi come se l’ Auditore dovesse acconsentire le sue azioni. Vero, non sapeva cosa ella aveva intenzione di fare, ma non era di certo Cesare che per ogni cosa doveva dare l’ acconsentimento anche se quello era un momento diverso. Un bacio sulla fronte e la richiesta di chiudere gli occhi. Ezio non ci pensò due volte, si fidava oramai di Lucrezia. Il solo pensiero che così facendo dopo averlo sfruttato non gli passava più per la testa, e a pensarlo l’ avrebbe reso … triste. Molto, triste. Sentì sollievo nel sentire però la sua voce che gli disse di aprire gli occhi, voleva dire che era ancora lì e non aveva intenzione di fare nulla.
L’ Auditore la osservò, stupito, non si aspettava indossasse i suoi vestiti da assassino e gli fosse così vicino difronte. Sembrava imitarlo, era davvero una scena divertente per lui. Poteva notare i capelli biondi della donna che fuoriuscivano dal cappuccio. Cadde in una fragorosa risata, felice e divertito.
“Ahahahah! Lucrezia, non mi aspettavo una cosa del genere, mi ha fatto prendere un colpo vederti così vicino in quegli abiti! Sei formidabilmente straordinaria, e sei stupenda con quella tunica!”
I vestiti da Assassino ovviamente le stavano un po’ grandi, ma appunto per quello ad Ezio piaceva.
“Sai? Ti sta molto bene la mia tunica. Sei così … perfetta, sei stupenda. Ma spero, voglio che tu non segua mai la mia strada. Non voglio coinvolgerti in cose che possono farti tanto male o che possono perfino non essere adatte a te. Lucrezia, il tuo spirito è molto forte ma la tua anima è altrettanto dolce. E per me rimarrai sempre stupenda. E te lo dimostrerò.”
Ezio sorrise, quel sorriso misto di divertimento e di provocazione. Si alzò anche lui dal letto, mettendosi di fronte la ragazza e acquattandosi come lo era lei, come faceva lui di solito. Sorridente, con volto di divertimento ed espressione ebete, con voglia di giocare con lei la fissò negli occhi, intensamente con occhi spalancati, piegando poi la testa come se la stesse studiando, come se fosse un gufo che la osservasse senza che sbattesse mai ciglio.
 
Quando aveva aperto fli occhi e se l' era ritrovata davanti nelle sue vesti si era come illuminato.Un misto di divertimento e sensualità,di voglia fi giocare e di farla sentire bella anche in quelle vesti.Assunse la sua stessa posizione,a lui però riusciva decisamente meglio,lo guardò alzando un po' il viso dato che il capuccio le copriva gli occhi.Si avvicinò gattonando quasi fosse una leonessa,toccò il naso di lui con il proprio sfregandolo per poi abbassarsi il capuccio di scatto e balzargli a dosso in un attacco frontale.Cercò di afferrargli le mani e di bloccargli le braccia oltre la testa spingendo con i piedi,affinchè facendo forza non si liberasse,ma era notevolmente più piccola di lui e anche meno forte e robusta.I capelli biondi ricadevano sulla veste dell' Assassino,impregnandola del suo odore di donna.Gli sorrise per poi abbassarsi verso il suo collo e comportarsi come una leonessa che fa le coccole al suo leone.
"Non è vero non mi sta affatto bene...E' grandissima per me ci navigo dentro,a te stà decisamente meglio!"Lo morsicchiò più e più volte per poi posare le labbra sulle sue,
"Però adesso dovremmo andare non pensi?Quindi te la restituisco..."Sorrise maliziosamente prendendo la casacca e sollevandola per rimanere solo con le mutande bianche.La sistemò affinche non si sciupasse e la posò accanto.
"Io...Non sò se funzionerà,ma mi impegnerò davvero per non esserti di peso..E adesso dobbiamo muoverci ad uccidere il mio futuro sposo,o la prossima volta che mi vedrai indossare qualche cosa di bianco non sarano mutandine,ma un abito nuziale.Se,se non lo trovassimo,se non riuscissimo ad ucciderlo e io dovessi sposarlo,tu..Tu verresti a prendermi?"
Arrossì,i capelli le coprivano i seni scoperti facendola sembrare una Venere.

Giocarono, lei sfregò il suo naso con quello di Ezio e si avventò su di lui, lanciandosi, facendolo arrivare con la schiena sul letto bloccandogli le mani e facendo pressione con i piedi per mettere forza. Si abbassò come una leonessa verso il suo collo. Ezio non rispose con la forza, si lasciò in un certo senso “comandare” mentre i due si scambiavano gesti amorosi. Chiuse gli occhi, pensando alla sensazione di felicità che dentro di lui saliva, aumentava, abbassando e facendo diminuire quella di ansia e tristezza, scacciando via tutti i pensieri. La donna si scoprì, e si levò la tunica con la scusa che gli era troppo grande e che non gli stesse bene, la riposò accanto per farla poi prendere all’ assassino. Rimase con le sue mutandine bianche e con i capelli che gli coprivano i seni, dicendogli di darsi una mossa perché altrimenti non sarebbero riusciti con i tempi.
“Mai. Mai sarai di peso e mai ti lascerò nelle mani di quell’ uomo. Abbiamo fatto una promessa, un patto. E se solo qualcuno cercherebbe di portarti via, quel qualcuno potrebbe considerarsi morto. Tu, Lucrezia…”
Ezio si alzò e si mise seduto, dopo aver osservato la donna nel suo splendore, per guardarla negli occhi.  Osservò il momento e la distrazione di lei che non gli bloccava più le mani perché si era levata la tunica, per afferrarla dai fianchi e capovolgerla sul letto. Adesso le loro posizioni erano invertite, e fu l’ Auditore ad avventarsi verso il collo della ragazza, quasi come se volesse sbranarla… sbranarla di amore.
“…sei la mia donna. E non ti lascerò.”
Concluse la frase prima interrotta. Giocherellò un po’ con lei, continuando a tenere la testa al suo collo. Si alzò, dopo aver smesso per paura di esagerare e di aver fatto male alla donna. Si alzò dal letto e in piedi, si mise la tunica precedentemente posata da lei. Profumava, aveva il suo odore.
“Sarà meglio vestirsi. Cos’hai da metterti indosso quest’oggi? Questa tunica sa di te. Sei buona, lo sai?”
Commentò, infilandosi vestiti, tunica, mantello e tutto. Nell’ attesa della ragazza, si sistemò le armi e si assicurò che le sue lame nascoste funzionassero. Quel giorno iniziava la loro storia, quel giorno avrebbero dovuto eliminare Alfonso d’Este. Ezio non sapeva minimamente chi fosse, sperava solo che sarebbe stato un lavoro veloce e che non ci sarebbero stati troppi spargimenti di sangue. Sarebbe stata una rottura per lui.
 
 
Le si avvicinò ribaltando la situazione prendendola per i fianchi e capovolgendola giù.La guardò,con occhi possessivi,con desiderio,come se potesse vedere Alfosno gia riverso a terra sanguinante.Le disse che era la "sua donna",il cuore non le aveva mai fatto tutte quelle capriole in petto,arrossì e al tempo stesso sorrise.Poi dopo che ebbe giocato con il suo collo come fosse una preda,le lasciò dei segni,la sua dentatura e qualche alone rossastro che pian piano divenne contornato di viola.Mentre lui si rimetteva le sue cose e controlava che le armi fossero a posto,lei cercò nell' armadio della stanza qualche cosa da poter indossare.Trovò dei vestiti più pesanti di quelli che aveva preos lei il giorno prima,dei calzoni di lana,delle calze abbastanza spesse,una camicetta di flanella una canottiera di cotone pesante e un giubbotto da...Bambino.Eppure non le sembrava cosi piccolo,le stava,nero dal taglio leggermete oriemtale.Li indossò lasciando i propri abiti nel bagno,non le servivano più preferiva quelli.Mise gli stivali e si guardò allo specchio.Nonostante non fossero suoi abiti le stavano molto bene,sembrava un uomo,un ragazzino dai capelli lunghi e biondi.
"Sembro un maschio...Vero?Tranne che per questi..."Si guardò i segni al collo per poi voltarsi vers l' auditore.Era nettamente sensuale vestito da Assassino.
"Si decisamente stano meglio a te...E grazie,lo sò che sono profumata,e lo sai che adoro l' impronta che mi hai lasciato...Sembrano dire "Lei  è mia!"Mi piacciono non voglio vadano via!"Prese la mano dell' Auditore pronta ad uscire dalla porta della stanza.Ma quando l' aprì delle voci dal fondo delle scale si udirono fino a loro.
"Una donna bionda...si,effettivamente una ha preso una stanza con un uomo,sono al piano di sopra prima porta a destra."
Quando senti il tintinnare degli speroni tipici delle guardie spagnole Borgia,chiuse la porta di scatto.
"Ezio!Le guardie di mio fratello!"Prontamente si avvicinò alla finestra,in men che non si dica sarebbero entrati nella stanza.Spalancò la finestra e guardò giù.Il salto era alto,troppo e non c' erano cose morbide su cui atterrare,solo i sanpietrini.Dovevano proseguire sul cornicione e poi saltare verso il palazzo affianco tra due balconi vicini.
"Posso farcela,fammi strada seguirò i tuoi movimenti!"
Lo fece passare avanti,e lo seguì in ogni movimento,ma quando fece per muovere il primo passo,la porta della stanza fu spalancata,si voltò e una delle guardie la fissò.
"E' lei  è lei!Mia signora Borgia!"Si avvicinò a corsa,ma prontamente seguì l' assassino,non voleva tornare a casa,non voleva stare in quel luogo,non voleva stare lontana da Ezio ora che sapeva e capiva che erano diversi ma ugulai.
Lo video voltarsi per vedere se lei fosse dietro di lui.
"Non ti voltare,non devono vederti in viso...Ci sono!"
Era più preoccupata per l' identità di lui che di essere ripresa e portata alla villa.Le guardie li stavano seguendo,giunsero alla baclonata dalla quale dovevao saltare per arrivare al tetto del palazzo difronte.Con facilità Ezio compì il salto,ma li per li rimase bloccata sulla ringhiera arrugginita.Lo guardò,doveva farlo,doveva saltare come aveva fatto lui per poter scappare assieme.
"E' l' Assassino!"L' avevano riconosciuto,quello le bastò per farle raccogliere tutte le fore e saltare nel vuoto verso di lui,che prontamente l' afferrò stringendola a se.
"Che che..Che mi venga un infarto ho saltato!Mamma mia come sono brava...Aahahaha!Andiamo!"Prese la mano dell' Auditore mentre alcune guardie giunsero sulla balconata per raggiungerli.Correvano ormai da un tetto all' altro e mano a mano che passava il tempo e che lo osservava ricompiendo quelle acrobazie identicamente le sembrava di divenire più agile e simile ad un gatto nei movimenti felini.
Improvvisamente sembavano aver seminato le guardie,quando si voltò non le vide più,Ezio aveva il fiatono quanto lei,non sapevano per quanti minuti forse ore avevano corso e si rese conto solo una volta appoggiati ad un muro per riposarsi dove fossero.
Il Campidoglio si stagliava sotto di loro,quella su cui era posata di schiena era una statua e non un pezzo di muro qualsiasi,una delle tante statue schierate li.Ezio era appoggiato alla sua stessa,al suo fianco,ma sembrò riprendersi subito,molto più velocemente di lei che sentiva il sangue in gola e una strana sesazione allo stomaco,come se dovesse vomitare da un minuto all'altro.Fortunatamene non avevano mangiato o avrebbe rigettato sicuramente.
"Non,non sono abituata a correre cosi tanto senza mai fermarmi..E' stato divertente,ma adesso?Che si fa?"
Si avvicinò a lui che giardava acquatto le strade e la piazza del Campidoglio,si acquattò dietro di lui posando la fronte sulla sua schiena,potevano sembrare un unica persona.
"Mi spiace,ti hanno riconosciuto a causa mia...Adesso,lo diranno a Cesare.E lui,impazzirà,immagino la faccia che farebbe se gli dicessi che non lo amo più coe una volta,che non sono più la sua amata,perchè mi sono innamorata del suo..del nostro nemico.Mi ucciderebbe,ma avrebbe una faccia troppo ividiabile,non vorrei perdermela,impazzirebbe..Forse non mi bacerebbe più.Tanto meglio,non desideravo essere la sua regina d' Italia,"
Strinse la vita dell' Auditore con le piccole braccia.
Il suo respiro tornò normale seguendo quello di lui,calmandosi ascoltando il battito del suo cuore.
 
 Indossarono gli abiti, la donna chiese se così vestita somigliasse ad un maschiaccio.
"No, non per me almeno."
Sorrise in successione per poi rispondere ad altro.
"In tal caso, li rinnoveremo."
Sorriso quasi ghignante, erano pronti per uscire di stanza quando si sentirono delle voci a fondo.
"Merda... Dalla finestra! Presto!"
I due si erano portati verso la finestra, sotto di loro nulla su cui atterrare, saolo sanpietrini.
"Merda due volte"
Misero piede sul cornicione ed Ezio iniziò a studiare la strada e i punti su cui poter andare, come al solito velocemente. Fecero qualche passo ma la porta fu spalancata ed una delle guardie riconobbe Lucrezia.
"E sono tre...
Lucrezia ... abbi fiducia nelle tue capacità, osserva molto bene i miei movimenti. Non sbagliare!"
Ezio saltò per primo e venne poi seguito da Lucrezia che a sua volta era seguita dalle guardie. Erano su una ringhiera arrugginita e dovevano saltare su un balconcino lì difronte. Notò Lucrezia con ancora qualche dubbio nel procedere oltre.
"Non esitare. Ci sono io a prenderti."
Cercò per quanto possibile di fissare Lucrezia negli occhi, che saltò. L' afferrò al volo, la strinse a se.
Continuavano a correre, mano nella mano, l' Auditore cercò di portarla e tirarla per correre il più velocemente possibile. Erano agili, sembravano quasi dei felini. Affrontavano insieme i salti piccoli, e per quelli con un pò più di difficoltà perchè lontani o troppo alti, saltava prima Ezio e poi Lucrezia. Sotto di loro c'era il campidoglio. Si erano posati su una statua, per riposare e prendere subito fiato. Le guardie sembravano seminate, Ezio si riprese e Lucrezia sembrò quasi stare più male.
"T-Tutto bene?"
Gli chiese Ezio. Avevano corso tanto, ma dovevano scendere da lì. Non potevano restare lì per sempre. Si posò su una sporgenza al' apparenza stabile che era davanti a loro e mirava sulla piazza. Ezio si piegò su se stesso, posando le mani per mantenersi alla sporgenza. La donna sembrò fare lo stesso dietro di lui, Ezio girò quasi la testa per osservarla e tornò come prima sorridente, osservando la piazza.
"Non fa nulla per la mia identità, ma comunque noi non avremmo problemi con Cesare. Non è a Roma! Avviseranno però i capi Borgia, i capi delle torri di ogni quartiere. Adesso però Lucrezia, dobbiamo andare. Voglio che ti tieni forte e stretta a me, non devi lasciare la presa per alcun motivo."
L' Auditore venne strinto dalla vita dalle braccia della donna che sembrava essersi ripresa.
"La vedi quella torre lì?"
Puntò il dito verso l' orizzonte mirando ad una torre, riconoscibile dalla Borgia perchè di sua proprietà.
"E' quello il nostro obiettivo, andiamo, eliminiamo il capo e liberiamo il quartiere. Spero non siano tuoi cari parenti, ma dovrò assassinarli. Dovrai darmi informazioni a riguardo."
Afferrò Lucrezia girandosi, avvolgendola tra le sue braccia per far sì che la sua schiena fosse scoperta. Si rialzò dalla sporgenza su cui era piegato e, dandosi una forte spinta, un forte slancio, mirò ad un carretto di paglia lì sotto presente. Gli occhi dell' Auditore erano speciali, le sue abilità incredibili. Saltò a piedi uniti, di volto, verso quel carroccio. Stringeva fortemente a se Lucrezia come se per proteggerla, anche se sapeva non si sarebbe fatta male. Durante il salto si "capovolse" in un certo senso, portando la schiena al suolo ed entrando nel carroccio accovacciandosi un pò di schiena. Entrata perfetta, salto perfetto, salto della fede riuscito.
Uscì dal carroccio, porse una mano per far scendere anche Lucrezia. Era sorridente, chissà come l' aveva presa lei nel fare un salto del genere senza preavviso.
Le afferrò poi la mano una volta uscita, e assieme corsero, per entrare in vicoli e stradine saltellando per casse e barili, per poi mimetizzarsi tra la gente per passare inosservati dalle guardie ed arrivare il prima possibile nel territorio della torre Borgia, mentre Lucrezia spiegava ad Ezio i dettagli e le difese.
"Ci saranno spargimenti di sangue. Sii forte, preparati Lucrezia..."
 
Cosa farà Lucrezia?Dedierà di aiutare l' Auditore uccidendo un suo familiare o abbandonerà l' Assassino?Sarà capace veramente di tradire per amore ilrpoprio sangue?Tutto questo nel quarto capitolo...

 
 

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Capitolo 4
*** La morte di Stefano ***


Le indicò una torre,che lei a vista riconobbe subito la struttura e quando le disse che quello era il suo obbiettivo,non si sentì raggelare il sangue ma bensi si trovò d' acordo con lui.Saltò giù stringendola a se,in un movimento perfetto che per un attimo le sembro di volare assieme ad un aquila.Quando atterrarono la posò delicatamente a terra stringendole la mano,con altrettata forza strinse le sue dita intreciandole.Aveva saltato senza preavviso ma si era divertita troppo,gli sorrise guardandolo.
"No ma che figata!!!Lo rifaremmo vero?"
Lo abbracciò spontaneamente baciandogli le labbra velocemente,sarebbe voluta tornare alla notte prima e al risveglio,ma c' era tempo per poter stare nuovamente assieme cosi.Corsero tra la folla,sempre uniti,sempre uno attento all' altro,entrarono tra vicoli e strade più grandi fino ad arrivare sotto la torre.
Il suo obbiettivo,uccidere il capo del Quartiere,capo che lei conosceva molto bene.
"Allora,questa torre  è una delle più piccole appartenenti alla mia famiglia,mio cugino Stefano,ci abita con la moglie e i figli.Solitamente,la compagna non c'è dovrebbe essere oa messa con i bambini o alle letture del mattino nella Sala ricreativa dell' Istruzione.Quindi,non credo sia presente.Poca servitù,le dame accompagano la moglie di mio cugino per tutto il tragitto,rimangono solamente i cuochi e qualche guardia.La torre  composta al suo interno da 4 piani.Non è la più alta difatti,il potere di Stefano è nettamente minore a quello di mio fratello che ha come quartier generale qui la Torre nel cetro di Roma,più alta di questa a significare che lui è il più forte dela famiglia.Comunque,verrò con te.C'è una porta sul restro nel loggiato e dell' edera rampicante può esserci d' aiuto,vieni!"
Lo condusse lei stavolta correndo davanti a lui e portandolo davanti alla porta.L' edera si arrampicava sulle pietre,fino quasi al tetto.Lasciò la mano dell' Auditore per arrampicarsi,sapeva quale era la camera del cugino e consceva le sue abitudini,doveva dormire ancora,amava svegliari a pranzo pronto.
A bassa voce parlò quasi sospirando.
"Starà ancora dormendo stai pronto ad entrare,la finestra la lascia sempre aperta quando fa caldo,il l' aprirò maggiormente e tu entrerai,io ti copro le spalle"
Gli sorrise per procedere spedita fino alla finestra,come aveva detto era socchisua e quando Ezio l'ebbe affiancata aprì la finestra maggiormente e lui con no scatto slenzioso entrò nelal camera.Lo seguì cercando di non fare rumore,quando fu dentro Stefano era sdraiato supino tra le coperte bianche,completamente spoglio di vestiti.Chissà quanto l' aveva soddisfatto la moglie,o una delle sue puttane.Ezio si stava avvicinando a lui,sarebbe stata una cosa veloce,si muoveva come un leone che sta per attaccare una povera gazzella dormente e tranquilla.I movimenti,il camminare,lo scatto della lama.Rimase incantata e improvvisamente quel lato vogliosi di lei si risvegliò.Ma quando gli fu vicino,cosi tanto da farle battere il cuore per l' imminente assassinio,la porta si spalancò e si ritrovò a sobbalzare all' indietro.
"Ma che??Lucrezia?"La donna che non doveva essere li con gli occhi corse ai propri,e poi in cerca di quello del compagno,quando inquadrò l' Assassino intento ad uccidere Stefano urlò,cosi tanto da farle stringere gli occhi.Sentì subito le guardi muoversi ai piani inferiori.Stefano si svegliò di soprassalto,lo capì quando le senti parlare in catalano,imprecare precisamente e nell' istante in cui si voltò ebbe la conferma che i due uomini stavano lottando.
Non poteva permettere che Stefano uccidesse Ezio,la donna,moglie del cugino afferrò un candelabro a sette punte e a corsa la sorpassò cercando di arrivare dove i due stavano lottando.Quando le sfrecciò accanto sebbene più grande in tutto di lei,altezza,massa,si sentì potente tutto dun'tratto,come se la forza le fosse stata donata da chissà quale entità divina e le stesse scorrendo nel copro.Nel preciso istante in cui le sfrecciò accanto scattò voltandosi ad afferrarle i capelli pettinati finemente,li strinse tirandoli,cosi tanto da fare urlare la donna e farla voltare compeltamente.Quando capì che era stata lei a strattonarla incredula la guardò da terra.
"Lucrezia..Tu?Perchè?"
Non le interessava se era sconvolta,se stava piangendo.Quelle lacrime le diedero la forza di continuare,non avrebbe avuto compassione.Con il candelabro la donna cercò di colpire la bionda,ma ebbe i riflessi cosi pronti che le bloccò il movimento con il piede,l' altro lo posò sullo sterno di essa affinche con tutto il peso seppur leggero,la bloccasse.Scivolò con la punta degli stivali fino alla gola della donna nel tentativo di strozzarla,ma essa l' aferrò per la caviglia con l' altra mano in uno scatto buttandola con se a terra.La situazione si ribalto,le vesti vaporose di lei però ne limitavano i movimenti,era più lenta e impacciata.Afferrò i biondi capelli della giovane tirandoli,tipico del "cobattere" tra donne,tirare graffiare si limitavano sempre a quello,ma lei.no!Quando i capelli furono tirati bastò seguire l' andatura in avanti del gesto e con fora tirò una testata alla donna direttamente sul naso,il crok fu cosi forte che non se lo sarebbe mai scordato per niente al mondo.Il sangue prese a colare quasi subito,la donna da dolore aveva lasciato la presa sui capelli,fu allora che scattò ribalstando la situazione nuovamente e a differenza di lei,la colpi con tutta la forza in più punti del viso,con cazzotti, cosi precisi che sembarava fosse il suo mestiere.
"Perchè?Lu-Lucrezia?"Le labbra sanguinati della donna ormai inerte la supplicavano di rispondere.
Afferrò il candelabro li affianco stringendolo,lo alzò sopra la propria testa a caricare il colpo.
"Perchè,tutto questo doveva finire,perchè Borgia  è solo una dannata maledizione,perchè...perchè adesso vivo davvero,perchè adesso sò cosa voglio veramente!"Un colpo deciso sulla tempia,la testa si voltò di lato,la donna divenne immobile.La fissò,non ricordava niente di lei,niente,non aveva avuto legami con essa,e l' averla uccisa per proteggere Ezio non le dava nessun senzo di colpa,tutt' altro.Non aveva nemmeno fatto caso a quello che i due uomini avevano combinato,cosi fissa a guardare il volto macchiato di sangue della donna,non si accorse che anche i due avevano volto al termine lo scontro,una mano calda le si posò sulla schiena.

Si erano lanciati ed erano usciti dal carretto, quando ad Ezio spuntò un sorriso di divertimento.
"Oh si, non lo metto in dubbio"
Aveva saltato senza preavviso ed era divertito dalla reazione della donna. Assieme corsero, uniti, per le strade e i vicoli.
Dovevano raggiungere la torre, e Lucrezia sembrava conoscerla molto bene. Per questo durante il tragitto, Lucrezia gli parlò dicendogli praticamente tutto a riguardo. La torre era comandata da un certo Stefano, suo cugino. Era una delle più piccole e meno potenti. Gli spiegò anche la planimetria della torre, e come raggiungere ogni luogo di questa. Erano arrivati sotto la torre dopo essersi nascosti alla vista delle Guardie, infondo non tutte erano ancora state avvisate della scomparsa di Lucrezia quindi le guardie non le avrebbero detto nulla nel caso l'avrebbero riconosciuta.
Erano davanti alla porta e la camera del cugino si sarebbe trovata lì, lungo l' edera che scorreva in verticale sulle mura e le pietre del palazzo. Facile per arrampicarsi. Lucrezia fece strada, facendo così entrare Ezio al segnale dopo che si erano messi d'accordo. Al segnale dell' apertura della finestra, Ezio si arrampicò sui rovi per entrare e rimettere la finestra com'era prima, non voleva che nessuna guardia magari si accorgesse dello spostamento e gli venissero dubbi.
Entrò nella stanza osservandola un pò, poi si avvicinò piano, con passi lunghi e silenziosi alla sua "preda", mentre aprendo la mano fece uscire la sua lama nascosta. Notò anche lui che molto probabilmente spoglio dei suoi vestiti e rintanato tra le coperte bianche, appena reduce da un rapporto avuto con la moglie o con una delle sue cortigiane.
"Una morte nel sonno sarà una morte più piacevole per te, considerati fortunato... Stefano."
Mentre era vicino disse queste parole, per poi alzare il braccio e mirare al cuore con la sua lama. Proprio mentre questo accadde, la porta si spalancò facendo apparire una donna che osservò Lucrezia ed osservò la scena, gridando e facendo svegliare Stefano.
"Merda. Non ci voleva, adesso ricominciamo..."
La donna, che sembrava essere la moglie del cugino Stefano riconobbe Lucrezia. La donna partì dunque all' attacco verso con un candelabro. Ezio, che osservava la scena, per prevenire l' attacco che se fatto male poteva colpire lui, si allontanò da Stefano che ebbe il tempo di prendere dal cassetto un pugnale, quasi come se fosse una daga. Era senza vesti e mettersele l' avrebbe sicuramente penalizzato nel tempo, per questo scese dal letto ricoperto dalle sue lenzuola bianche. Lucrezia afferrò per i capelli la donna che attaccava col candelabro, facendola cadere per terra e tentare di finirla ma anche lei fece cadere Lucrezia per terra. Iniziò una serie di lotta tipica tra donne, con Lucrezia però che non rinunciava ogni tanto a qualche bel pugno. Difatti proprio una sua testata riuscì a rompere il naso alla moglie del marito che sembrò rompersi il naso. Il combattimento invece tra Stefano ed Ezio ebbe inizio, dal momento in cui Ezio tentò di attaccare ma appunto Stefano prese la sua daga deviando il colpo. Per essere più veloce e reattivo allora, Ezio estrasse anche la lama nascosta del braccio sinistro. Era troppo tardi per cambiare arma, per mettere la spada o impugnare anche lui la sua daga, per questo tentò di combattere con le due lame nascoste. Non doveva essere poi così difficile. Con sguardo rivolto al Borgia da uccidere e cercando di mettere dubbi sia con espressione che con finte per attaccare, cercando di far abbassare la guardia a lui. Dopo varie finte in determinati e precisi punti del corpo, Ezio partì a mirare al suo collo, con un attacco dall' alto, quando la daga del suo avversario andò però a posarsi prima sulla lama bloccandola. Ezio sfruttò quel momento per attaccare con la sua lama del braccio sinistro la parte destra di Stefano, mirando al centro tra Anca destra e pettorale destro, quasi mirando verso il fegato. Un rapido movimento però di pugnale fece sì che anche quel colpo venne parato, e per Ezio la situazione si fece difficile. Non per nulla era un capo di uno schieramento, il capo di quella torre. Qualcosa infondo la valeva.
L' Assassino continuò a fare finte e tentare di pugnalare ad affondo con le sue lame il capo guardia, ma fallendo in tutti i tentativi per colpa dello spostamento veloce della daga che bloccata tutti gli affondi. Continuando così, le lame dell' Assassino si sarebbero seriamente danneggiate se non proprio spezzate. Notò con la coda dell' occhio che anche se era lui ad attaccare, con molta intelligenza Stefano si stava indirizzando verso l' angolo della stanza dove erano presenti la sua armatura e accanto le armi. Molto probabilmente voleva prendere la sua spada, ma con ciò ad Ezio gli venne un idea. Fece sì per allontanarsi facendo rientrare le sue lame, sfruttando e offrendo a Stefano il tempo per gettare la daga e afferrare quindi la sua spada per attaccarlo poi subito. L' Auditore aspettò che fece la sua mossa, sfruttando nel tempo che Stefano impiegava a gettare l' arma e afferrare la sua, di riuscire le lame nascoste e avventarsi su di lui, senza paura di spingerlo e gettarlo per terra o urtare al muro, aprendo la mano destra e mirando alla zona superiore destra della schiena. Un colpo che riuscì ad eliminarlo, a farlo fuori al primo colpo bloccandolo e facendolo cadere per terra.
"Requiescat in pace."
Velocemente disse mentre chiuse gli occhi, per andare verso Lucrezia e osservare che anche lei aveva reso immobile e piena di sangue la sua avversaria. Gli posò una mano sulla schiena.
"Stai bene? Dobbiamo scappare."
Le disse alzandola e accompagnandola per mano alla finestra, pronta per farla uscire. Arrivarono però subito 3 guardie nella camera, che osservando la scena con le spade già sguainate si avventarono contro Ezio.
"Va! Ora! Corri!"
Ezio aspettava che Lucrezia uscisse dalla finestra per poi fare lo stesso, nel frattempo però doveva coprirla e quindi combattere le guardie. Appena entrate dalla porta afferrò l' elsa rotta della sua spada, ma riuscì comunque ad estrarla. Lui arretrò ma aveva comunque le guardie che si avventavano su di lui, e senza paura xkè oramai abituato Ezio andò come al solito ad attaccare con la sua spada mettendosi in posizione adatta. Un attacco obliquo, poi un fendente, poi altri vari attacchi da altre direzioni. Le spade di Ezio si incrociarono a turno con quelle delle 3 guardie. Non poteva attaccare, sarebbe stato troppo scoperto e doveva quindi solo difendersi per arretrare e riuscire a scappare dalla finestra. Non appena Lucrezia fu giù, anche Ezio facendo passi all' indietro saltò sulla finestra per poi mettere velocemente la spada a posto e calarsi giù, per poi saltare per terra a distanza adeguata quando non si sarebbe troppo fatto male. Le Guardie da sopra seguivano i suoi movimenti, e in un niente sarebbero scese per inseguirlo assieme ad altre guardie. Una volta arrivato giù afferrò la mano di Lucrezia, e assieme a lei iniziò a correre lontano.
"Corri veloce, e non ti voltare indietro. Ci prenderanno. Saliamo su un tetto, assicuriamoci di averli seminati e poi nascondiamoci. Oppure troviamo un carretto di fieno. Andiamo."
I passi dell' Auditore cercavano di essere veloci ma allo stesso tempo di non correre troppo per far sì che anche Lucrezia riuscisse a tenere il passo. Stefano era morto, loro stavano scappando. Non riuscirono ad incendiare la torre ma solo ad eliminare il suo capo. Sarebbero tornati dopo con calma, adesso dovevano rendersi irriconoscibili e scappare dalle guardie.
 
Ormai le guardie li stavano inseguendo,un ennesima volta,lui sembrava davvero preoccupato e metteva nella corsa incessante tutta la sua pesantezza,prima infatti non aveva corso cosi "male",i rumori dei suoi passi,descrivevano alla perfezione il peso dell' armatura che indossava,la intimava ogni tanto voltandosi a non guardarsi indetro e a correre più che poteva.Seguiva i suoi ordini alla lettera ma non pot fare a meno di notare che aveva tutte le mani insanguinate e che stava imbrattando anche quelle dell' Auditore.Sangue,rosso,scarlatto,vivido e viscoso,caldo sulle proprie mani fredde.Aveva ucciso una sua prente,aveva reciso una vita donata da Dio,si era macchiata di una colpa identica a quella che caratterizzava Ezio,era diventata un Assassina per proteggerlo.Invece che commiserarsi,una strana forza,una consapevolezza le prese il cuore e la bocca dello stomaco,era forte,era capace di essere libera in modo eccelso,era capace di amare e uccidere per amore,e anche se sbagliato,si sentiva felice,viva per la prima volta.Strinse la mano dell' Auditore a confermare che era li con lui,che stava bene,prese a correre con maggior velocità come se i piedi andessero da soli,si sentiva quasi sollevare dalle tegole dei tetti come se volasse,e lo affiancò decisa,correva veloce come lui e non si stancava.Non si voltò mai indietro,si fidava di lui,lo avrebbe seguito in quella folle corsa anche sino in capo al mondo.
"Ezio,ormai non possiamo tornare indietro dobbiamo sparire da Roma.Ci cercherano ovunque e anche se  è una grande città prima o poi ci scoveranno,metteranno una taglia sulla tua testa e una ricompensa a chi mi porta sana e salva da Cesare,non possiamo più stare qui o tornare a cancellare le tracce.Dobbiamo partire!"Il suo non era un semplice suggerimento era un ordine,un ordine per entrambi.Le guardie correvano scaltre sui tetti,non li vedeva perchè non si voltava ma ne sentiva i passi,le cadenze,i rumori metallici di armi e armature.Improvvisamente qualche cosa,un altro rumore a lei sconosciuto le passo vicino all' orecchio,uo schiocco o un fischio cosi acuto da farle pensare al verso di un acquila.Quando però capì cosa fosse in realtà vedendola conficcarsi in una delle tegole,concepì che stavano cercando di fermarli con una pioggia di frecce.
Una,due,tre,scagliate contro di loro,a quanto pare non volevano cessare di fare "fuoco".
"Ezio le frecce!"Si strise a lui,era l'unico dei due ada avere delle protezioni,si nascose sempre correndo sotto al suo abbraccio.
"Ma sono impazziti mi vogliono portare a Cesare morta?Dannazione sono degli idioti!"
Si strinse a lui,dovevano trovare una via d' uscita,ma come?Dove?Passarono a corsa su un tetto in legno,quando il piede si posò su una delle travi scricchiolò.Di colpo si fermo costringendo anche l' Auditore a fare altrettanto.
"Aspetta ho un idea...Fidati di me!"Si strinse a lui abbracciadolo nuovamente."Salta,dai!Con me salta se saltiamo la trave marcia andrà giu,e potremmo correre per strada non ci beccheremo frecce e potremmo correre più facilmente verso uno dei carri"Saltò sperado che lui seguisse il suo ragionamento.

Correvano assieme. L' Auditore poteva sentire sulle mani fredde della donna del sangue appiccicoso, oramai secco. Sentì sulla propria mano il sangue, che a contatto tra la sua pelle e quella di lei gli dava  una strana sensazione. Il pensiero poi, l' idea che la donna avesse ucciso qualcuno legato a lei per lui, non sapeva se renderlo felice o colpevole, triste per aver fatto fare alla donna un azione del genere per lui.
"Fuggire da Roma? Lucrezia, dobbiamo conquistarla! Non voglio che sia più sotto il controllo dei Borgia! Fuggire? Dove potremmo andare allora?"
Con fiatone, una mal espressione uscì da Ezio, che continuava a correre con Lucrezia. Da lontano i passi diminuivano e le guardie che erano sul tetto per non perdere la loro posizione di guardia mirarono loro da lontano, puntandogli e sparando senza farsi alcun problema una pioggia di freccie a loro addosso. Per fortuna le frecce cascarono intorno e distanti , e anche se sembravano voler mirare Ezio non erano distanti da Lucrezia. Perchè rischiare ad attaccarlo sapendo che poteva essere coinvolta anche Lucrezia? Per Ezio non avevano pietà neanche di lei, che se pur loro comandante in un certo senso, veniva lo stesso presa di mira per ordini superiori. Erano Borgia, bisognava aspettarsi di tutto. In compenso però, una freccia riuscì a trapassare il braccio di Ezio, prendendolo però per fortuna e non danneggiando ossa od altro, ma solo lacerandolo.
"Bastardi! Mi hanno preso!"
Passarono di corsa su un tetto di legno che scricchiolò. Lucrezia fermò Ezio stringendosi a lui come se avesse paura di perderlo. Voleva che saltassero assieme.
"Sarà meglio sbrigarsi allora. 1 ... 2 ... 3!"
Al tre entrambi saltarono per cadere di nuovo sul posto piegandosi un pò su sè stessi, cercando di concentrare la loro forza tutta in un punto e dare più peso possibile per cascare di sotto. Il tetto si ruppe, e loro cascarono per terra atterrando sulle gambe, poi di corsa fuggirono per deviare un pò le guardie. Il braccio di Ezio era ancora dolorante, ma non vi era tempo per fermarsi a curare le ferite. Dovevano fuggire, ora e subito se volevano scamparla.
"Argh... Non c'è tempo per curarmi, fuggiamo. Dobbiamo nasconderci."
Ezio riprese la corsa con Lucrezia al suo fianco, il suo braccio sinistro doloeva sempre più forte. Le Guardie scesero anche loro, ma tra zone e muri non sapevano dove di preciso fossero andati i due.
"Attenzione nell' andare per strada, non dobbiamo farci vedere da altre guardie. Proseguiamo di qui..."
Disse proseguendo per una specie di vietta che non sapeva fosse una via di città o un luogo coperto perchè sopra di loro c'era una specie di soffitto che li copriva. Le porte ad arco in lontananza, una da un lato e l' altra dall' altro venivano percorse dai due, che usciti sbucarono in un piazzale aperto.
"Corri! Non facciamoci vedere, ora!"
I due corsero verso la sinistra in avanti inquadrando un carretto, e correndo Ezio si buttò dentro con la sua Lucrezia.
"Ssh... non fare rumore."
Le Guardie si avvicinarono così al piazzale tentando di scovare i due. Girovagarono di qua e di là, per poi andarsene a controllare altre zone quando poi da dentro i due sentirono qualcosa all' esterno muoversi, vicino a loro. Una spada entrò nell' ammasso di paglia e si scagliò alla sinistra dell' Auditore, che aprì al massimo le palpebre per la paura, non se l' aspettava.
"Cazzo..."
Pronunciò sottovoce, osservando che la lama tirata indietro andò a macchiarsi di suo sangue perchè gli aveva sfiorato il braccio dolorante.
"AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA"
Per il dolore, Ezio saltò fuori con il braccio destro e la lama nascosta estratta e andò a conficcare questa nel corpo della guardia, che sembrava l' ultima rimasta in quella zona.
"Lucrezia, vieni fuori!"
L' Assassino aiutò la Borgia ad uscire fuori, per mettere il corpo della guardia nel carretto per nasconderlo. Dopo ciò Ezio afferrò la mano di Lucrezia un altra volta, portandola in un piccolo vicolo nascosto e quasi buio, accasciandosi seduto per terra.
"Dannazione... mi servono medicine. Sei in grado di procurartene qualcuna?"
Chiese Ezio, seduto per terra che si stringeva il braccio per non far uscire più altro sangue. Quella ferita gli faceva molto male, aveva bisogno di medicine al più presto.
 
 
Avevano saltato e tutto era andato secondo i piani,non si era minimamente accorta che Ezio era ferito,se pur non gravemente e quando l' aveva stretta a se per entrare nel carretto pieno di fieno le aveva detto di fare silenzio.Trattenne quasi il repsiro,andando in apnea ma quando una lama di spada spuntò dagli aghi biondi che tanto si confondevano con i suoi capelli,e,andò a trafiggere nello stesso punto della freccia l'Auditore che grido,sobbalzò preoccupata.Dal conto suo lui urlò e per un attimo trovò divertente il fatto che poco prima le aveva detto di fare silenzio.Ma quando lo vide scattare con la sua lama nascosta al difuori della paglia e sentì chiaramente essa conficcarsi nella giugulare dela guardia che l' aveva trafitto,le fu chiaro che non potevano più stare e usufruire di quel mezzo,quando però vide le sue mani cercare le proprie le tese senza indugio e l' afferrò,avrebbe riconosciuto quei guanti tra un milione anche se erano pur sempre di pelle,erano i suoi guanti e prendevano la forma delle sue mani,e lei conosceva quelle mani.Sorrise afferrandole e tirandola a se la fece uscire,non ebbe il tempo di vederela ferita che la intimòdi correre nuovamente conducendola per un vicolo buio,li almeno per un po' sarebbero stati al sicuro.Fu allora che anche lui si dette pace e si sedette,la mano attorno al braccio,stava perdendo sangue.
Si abbassò alla sua altezza,ancora il fiatone,la sensazione di avere il sangue in bocca,deglutìla gola le faceva cosi male che sembrava fosse stata raschiata con un rastrello.
Gli abbassò il cappuccio guarandolo,l' espressione del viso contratta in una smorfia di dolore.Lo baciò sulla fronte,non le importava se era sudato.Lo guardò negli occhi sorridendo appena.
"Ezio,nessuna medicina...Tu sai dove siamo finiti?No!Io si..siamo nei quartieri malfamati,se ci fermiamo troppo finisce male,queste sono le bettole delle puttane e delle fattucchiere.E non ti farei ne toccare da una di loro,ne tanto meno curare.Ti ammazzerebbero più che farti del bene e non glielo permetterei mai,non lo permetterò mai a nessuno!Quindi,vecchio rimedio."
Si azlò guardandolo un ultima volta,prima di allontanarsi e girare l' angolo della strada.Non gli aveva detto dove sarebbe andata ma sapeva che si fidava di lei e che sarebbe rimasto li ad aspettarla.Non aveva denaro,usò la spilla con cui si teneva la camicetta per pagare l' alcool,le bende e per farsi arroventare un pezzo di ferro in modo da renderlo sterile.Quando tornò a corsa,più stanca che mai,lo trovò ancora li che l' attendeva.
"Scusa ho cercato di fare in fretta"La camicetta era quasi del tutto spalancata,a mostrare appena ora che era piegata in avanti i seni sudati.
"Trattieniti dall' urlare o ci farai scoprire...dinuovo."Afferrò la freccia spezzandola per prima cosa,poi estrasse la punta,con delicatezza alzò la manica delle vesti e una volta guardata la ferita aprì la bottiglia di alcool e rovesciò su di essa.Poteva capire quella bruttissima smorfia che aveva,anche a lei era capitato di farsi male e di dover essere disinfettata cosi.Poi posò la lama calda su di essa,la pelle fece un rumore leggermente raccapricciante come se friggesse,ma era ilmiglior modo per fermare il sangue per disinfettare e per cicatrizzare rapidamente il tutto.Fasciò poi il tutto con le bende sterili.
"Fatto!Dovrebbe andare meglio,allontaniamoci da qui andiamocene.Ti prego Ezio asocltami.Tu sei ferito,io sono stanca ho vomitato sangue da quanto o corso e ho la gola che mi supplica di bere,di conseguenza se vuoi farti ammazzare dato che hai un braccio fuori uso,bene accomodati,ma direi che per oggi abbiamo superato il limite.Credimi,possiamo fare di meglio,Cesare tornerà a Roma,tra qualche tempo,hai già ucciso mio cugino oggi,e io ho spaccato la testa a sua moglie non credi sia abbastanza?Ti prego andiamicene da qui,lasciamo che le cose si calmino non si aspettano che torneremo crederanno che mi hai rapita e ammazzata fuori Roma,cercheranno il mio copro nei fossi e non lo troveranno,e allora cercheranno nella campagna,e quando lo faranno noi torneremo in città,che sarà meno controllata."
Non sapeva come o perchè ma sembrò fidarsi di lei,o forse aveva capito di avere ragione.Lo aiutò ad alzarsi e a percorrere la stradina fino a farlo svoltare dove prima aveva girato lei.Ad attenderli c' era un carretto con un vecchietto,aveva l' aria gentile e le sorrise,aiutò Ezio.
"Nascondetevi bene,adesso partiamo tra pochi minuti saremmo alle porte principlai.Su su bambina presto nasconditi anche tu!"
Aveva pagato il vecchietto per farsi portare fuori di li.Prese delle casse vuote dipsonendole attorno a loro poi uan coperta che puzzava posizionandola sopra.Il buio prese i due figgitivi come la notte dopo il giorno.Si strinse ad Ezio,posando la testa sulla sua spalla.
"Andrà tutto bene...Non premetterò che ti facciano del male."
Sentì chiaramente il carretto uscire dalle porte di Roma,le guardie che probabilmente non sapevano minimamente delle ultme vicende lo lasciarono passare senza cotrollare nulla.Il tempo trascorreva lento,poi una voce.
"Ragazzi miei potete uscire da quella coperta e pensare che ci coprivo i porci con quelle...Puzzano!"
Le venne da ridere e difatti scostandole la luce la illimunò mentre sorrideva felice.Si sentiva più libera che mai,vedere Roma in lontananza sempre più e avere la mano di Ezio tra le sua la facevano sentire viva.
"Prossima fermata Tivoli!"
Posò nuovamente la testa sulla spala dell' Auditore chiudendo finalmente gli occhi.
 
Cosa accadrà a Tivoli?Ezio e Lucreia falmente potranno riposare almeno un po?Riusciranno a non essere scoperti durante il tragitto da eventuali guardie?
E che cosa accadrà al Auditore ferito?Lucrezia sarà disposta ancora ad uccidere pur di rimanere con lui?Tutto questo nel prossimo capitolo...
 

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