Il tempo continua a girare le pagine del suo libro bruciato.

di Fayes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perchè sto scrivendo questa canzone? ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Perchè sto scrivendo questa canzone? ***


La mia prima storia. Tutto è visto a modo mio.
E' da continuare.


Sentiva che le lacrime gli si erano asciugate sul viso provocando una sensazione del tutto appiccicosa. Le gambe erano totalmente intorpidite, piegate all'interno su una poltrona in semi-pelle di colore nero. I capelli lunghi fino alla seconda vertebra del collo erano del tutto arruffati; avevano smesso di brillare, di avere quell'aspetto sbarazzino e simpatico che era sempre presente, di solito. Una settimana era già andata: sette giorni passati con la testa tra le mani. Sette giorni passati a chiedersi perché. Sette giorni a piangere sulle spalle degli amici. Sette giorni a domandarsi se probabilmente, avesse creduto, fino ad ora, nella persona sbagliata.
«Fanculo dio» mormorò guardando la foto davanti a sé.

Brian era cresciuto in una famiglia cattolica. Da giovane aveva combinato quasi tutti i guai che un adolescente potesse commettere: aveva fumato, aveva scopato, aveva bevuto e si era ubriacato, aveva rubato e -dannazione- si era divertito da morire. Al liceo aveva incontrato le persone che gli avrebbero cambiato la vita: Matt, Zacky, Johnny e soprattutto Jimmy. L'incontro con i ragazzi era stata la cosa più importante, meravigliosa e incredibile della sua vita. Insieme avevano messo su la band, se l'erano spassata da morire e in tutto questo tempo Brian aveva continuato ad avere fede in "Dio". Adesso, una settimana esatta dopo la morte di Jimmy, era crollato tutto, compresa la sua fede.
Non c'era motivo di credere in qualcosa che strappava la vita alla gente. Non c'era motivo di credere in qualcuno che rendeva le persone così infelici. In questi sette giorni di dolore, dopo il funerale, Brian e i ragazzi avevano scelto di dormire l'uno a casa dell'altro. Non riuscivano a stare separati. Michelle, Valary, Lacey e Gena erano volute rimanere comunque. Avevano bisogno di stare insieme, era una necessità di cui nessuno poteva fare a meno. Adesso erano a casa di Zacky. Non aveva la minima voglia di alzarsi. Fino a poche ore fa aveva pianto fino ad aver esaurito tutte le lacrime, aveva bestemmiato, aveva urlato e vomitato anche l'anima. Non si era mai sentito così male. Brian si guardò intorno. Michelle dormiva sul divano difronte a lui. Aveva il viso corrucciato e a tratti muoveva le palpebre. Sognava. Sognava qualcosa di brutto. Brian sentì l'improvviso bisogno di proteggerla, lo irritava il fatto che qualcuno potesse spaventare la sua amata anche nei sogni. Protezione. Con Jimmy non ce l'aveva fatta. Ripensando al suo amico gli venne un nodo alla gola. Jimmy: il suo amico dell'infanzia, quello che aveva rubato le birre al negozio di Barney quando aveva quattordici anni. Quello che andava in giro vestito con un kimono giallo, sandali e calzini. Eccentrico, solare, ottimista, schietto. Jimmy: il miglior amico di sempre. E adesso se ne era andato. Morto a ventotto anni. Brian cercò di scacciare il suo ricordo scrollando il capo. I ragazzi insieme a Lacey, Valary e Gena dormivano di sopra. La casa era avvolta nel silenzio. Brian approfittò di quel momento di tranquillità e lucidità personale per riflettere sul da farsi. Voleva smontare tutto. Non aveva voglia di continuare con la band. Jimmy era morto e con lui l'allegria, il suono della batteria e lo spirito di un gruppo musicale. Non aveva senso continuare. In quel momento nulla aveva senso.
Però Jimmy non avrebbe voluto. Infondo non se lo meritava un abbandono così. C'era bisogno di un ultimo addio.
Senza pensare Brian prese un blocco di fogli sul tavolino a destra. Non si alzò nemmeno dalla poltrona, non era ancora il momento. Si sporse un po' in basso e recuperò una penna nera.
Aveva così tanti pensieri nella mente. Così tanti ricordi del suo amico. Tante cose da dirgli, da fargli sapere, da chiedergli, ma lui era così lontano.. Aveva bisogno di tirar fuori tutto adesso.
Cominciò a scrivere:
Mai avuto paura di niente..
Mai vergognato, ma mai libero..
...
...
Resterai?
Resterai via per sempre?


Era questa la domanda che lo assillava. C'era da chiedersi se Brian avrebbe mai rivisto Jimmy. Massì. Infondo credeva ancora in dio. Certo, gli aveva provocato un dolore insopportabile, ma probabilmente avrebbe riabbracciato il suo amico in un'altra vita, in un "Afterlife", dall'altra parte, se questa esisteva. Questo pensiero lo rinfrancò un poco. Adesso sentiva di dover continuare a scrivere quella canzone. L'approfondimento del ricordo di Jimmy sarebbe stata duro da sopportare, ma una canzone era ciò che il suo amico meritava.
Si mise in posizione seduta e tirò su col naso. Chiuse gli occhi e si fece forza.
Doveva andare avanti, non c'era altro modo. Un attimo dopo sentì il respiro di Michelle appesantirsi e poi alleggerirsi. Si stava svegliando. La guardò stropicciarsi gli occhi ed emettere dei versi infantili. Anche lei aveva pianto in questi giorni. Avevano pianto insieme, abbracciati. Si erano confortati a vicenda. Amava quella ragazza.
Era dolce quando c'era da esserlo, agile ed incredibilmente sexy quando la situazione era quella che era. Per molti non era il massimo della bellezza, ma ai suoi occhi era splendida. Continuando a guardarla un sorriso tenero gli si formo sulla viso. Michelle si alzò, lo guardò negli occhi con tutto l'amore e la compassione possibile e gli si avvicinò. Gli accarezzò una guancia. Lui le prese la mano e gliela baciò, continuando a fissarla.
«Ti amo Brian.» disse lei. E lo disse sinceramente.
«Anche io 'Chelle.» rispose Brian. Poi lei si abbassò e lo baciò intensamente sulle labbra. Un bacio di amore, pieno di tristezza per tutto quello che stavano passando. Un bacio di incoraggiamento, un bacio per far capire che ce l'avrebbero fatta.
Le labbra di Michelle erano dolci, morbide, perfettamente adagiate su quelle di lui.
Michelle sentì il sapore salato delle lacrime del suo uomo. Non ce la faceva a vederlo così. Si staccò da lui lentamente e le venne un groppo in gola. Brian era sempre stato dannatamente vivo. Sempre allegro, pieno di ironia. Quell'immagine di uomo fragile, impotente e rassegnato, non gli si adattava per niente. Guardò il suo viso. Occhi stravolti, gonfi e arrossati. Il filo di barba si stava infoltendo. Non l'aveva mai visto così. In genere era sempre perfetto, adesso era un altro uomo. Sempre meravigliosamente splendido, ma pur sempre una altro uomo. Dei passi arrivarono dalla stanza adiacente. Matt si era svegliato.
«Ragazzi..» salutò.
Matthew Charles Sanders indossava un paio di pantaloncini corti e una maglia senza maniche della squadra di baseball di Huntington Beach. Era scalzo, aveva un volto più rilassato rispetto ai giorni precedenti, ma pur sempre afflitto. Gli occhi erano stanchi di cacciar lacrime. La barba gli ricopriva il volto. Nessuno aveva pensato a se stesso in quella settimana. Il dolore era stato troppo forte.
L'uomo guardò l'ora sulla sveglia appoggiata sul camino: 9:32 del mattino.
Aprì il frigo e si fermò davanti ad esso, indeciso su cosa prendere.
«Brian?» chiese con parole fugaci. Avrebbe preso ciò che prendeva il suo amico. In ogni caso tra i due c'era sempre questo tipo di intesa.
«Birra, Matt.» rispose lui. Poi si voltò a guardare Michelle, chiedendole con lo sguardo se ne volesse una anche lei. La donna scosse il capo in segno di rifiuto.
«Dannazione, amico. Birra alle nove e mezza del mattino. Siamo ridotti uno schifo.» constatò Matt prendendo due Heineken e porgendone una all'amico.
«Già. E chi se ne importa.» rispose Brian bevendone un lungo sorso.
Michelle guardò il suo amore con uno sguardo misto alla pietà e la rassegnazione. Non era contenta del suo atteggiamento così debole.
«Ehi amico, stamattina ho deciso una cosa.» disse Brian.
«Spara.» rispose Matt.
«Con la band possiamo anche chiudere, non lo so. Non sono abbastanza lucido. In realtà mi sento di merda. Non sono capace di ragionare. Ogni decisione in questo momento sarebbe una cazzata. Credo che tutti abbiamo bisogno di tempo. L'unica cosa sicura di cui sono consapevole è che voglio scrivere per Jimmy. Poco fa ho iniziato a buttar già qualcosa. Lo faccio per lui. Per lui e basta. Affogare nei ricordi non mi aiuta di certo ma è l'unica cosa che posso fare, adesso.»
«Va bene così. Prendiamoci una pausa, parliamo con i genitori di Jimmy, abbiamo bisogno di tempo per noi. Ehi, butta fuori quello che vuoi, lo sai che ti staremo tutti vicino, qualunque scelta farai.» lo rassicurò Matt.
«Lo so, lo so. Ma...cazzo!» Brian sottolineò l'ultima parola che mise in evidenza la sua rabbia per la situazione in cui si trovava. Una lacrima tornò a rigargli una guancia. Dio. Dio. Dio.
Michelle si affrettò ad asciugargliela. Matt guardò il pavimento. Non sapeva cosa dire. Non c'era niente da dire. Qualunque cosa senza Jimmy era priva di significato. Si sedette sul divano e guardò nel vuoto, ricordando il suo amico.
Zacky scese le scale ed entrò nella stanza dove c'erano i suoi amici.
«Ho sentito urlare, tutto ok?» Zacky era dimagrito di molto in quei giorni. Da giovane aveva sempre avuto un fisico asciutto, ma da quando la band aveva iniziato ad avere successo aveva scoperto il piacere del cibo. Da allora era sempre stato considerato la "pallina" del gruppo.
Guardò i suoi due amici e si diede una risposta da solo.
«Che domanda del cazzo.» scosse la testa e si sedette accanto a Matt.
«Valary, Gena e Lacey dormono ancora?» domandò Michelle ai due uomini seduti sul divano.
«Sì, ma Johnny ieri sera si è ubriacato, credo che si sveglierà fra qualche ora.»
Michelle fece un espressione corrucciata. «Non può affogare il suo dolore nell'alcol, dannazione, si rovinerà!» Brian rispose seccamente: «Che cosa dovrebbe fare? Piangere come un coglione come faccio io?»
Michelle rimase fredda alla risposta del suo uomo. Sapeva che non era in grado di ragionare. Non c'era motivo di prendersela. Dopo pochi secondi uscì dalla stanza e salì le scale per andare a svegliare la sorella: Valary.


Da continuare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2


In casa Baker erano quasi tutti svegli adesso.
Brian era rimasto a scrivere seduto sulla poltrona nel salone. Aveva smesso di piangere e adesso era concentrato sul foglio. Gena e Zacky avevano deciso di uscire per fare compere. Ultimamente il cibo in casa scarseggiava. Erano giorni che non mettevano piede fuori dalla porta.
A tratti si fermava, posava la penna, chiudeva gli occhi e li stringeva affinchè non ne uscissero le lacrime. Non avrebbe mai immaginato che scrivere di Jimmy e per Jimmy sarebbe stato così difficile.
Intanto Michelle era salita in bagno a farsi una doccia. Lo stress di quei giorni l'aveva stancata a tal punto da non avere più voglia di curare se stessa. 
Qualche minuto dopo Lacey entrò nella stanza sbadigliando.
«Buongiorno...»
«Si è svegliato Johnny?» chiese Matt.
«No. Ci ho provato ma continua a russare e a dirmi di lasciarlo dormire ancora cinque minuti» pronunciò le ultime parole facendo il gesto delle virgolette nell'aria.» 
«Quanto diavolo ha bevuto ieri sera?»
A Lacey venne da piangere. Abbassò il capo e mormorò qualcosa.
«...Tanto...
»
«Cristo. Valary?»
«Credo stia ancora dormendo.»
«Vado a svegliarla.» detto ciò, Matt si alzò e si diresse verso le scale a passo veloce.

Già nel corridoio si sentiva chiaramente un debole pianto.
Matt si affacciò alla camera dove Valary dormiva e la vide.
La ragazza era seduta sul letto. Nella mano sinistra stringeva un lembo del lenzuolo che usava a tratti per soffocare i singhiozzi. Con la destra teneva stretta una fotografia che fissava intensamente. Piangeva. Val piangeva. In questi giorni aveva pianto pochissimo, si era tenuta tutto dentro, era una ragazza orgogliosa e adesso era lì, da sola, a svuotarsi. 
Matt entrò di corsa nella stanza e si sedette accanto a lei senza dire una parola. La strinse e sè e le baciò i capelli, poi guardò la foto.
Nell'immagine c'era Jimmy con un bicchiere di birra in mano abbracciato a Valary. I due amici sorridevano e guardavano nell'obiettivo. La foto risaliva a qualche anno fa dato che la ragazza aveva i capelli scuri con ciocche viola e Jimmy aveva un taglio diverso.
Passarono cinque minuti di calma e di silenzio, rotti solo dai singhiozzi di Valary che non riusciva a smettere di piangere. Poi parlò.

«Mi manca, Matt. Mi manca da morire. Io..io..cazzo! Non ce la faccio a vedervi così. A veder me in questo stato! Sento di dover fare qualcosa ma..»
«Calmati tesoro, calmati» Matt le baciò di nuovo i capelli. «Nessuno può fare nulla. Jimmy se ne è andato solo una settimana fa; stiamo tutti malissimo ma..ma dobbiamo cercare di andare avanti, capisci? Ehi, dobbiamo solo ricordarlo come era sempre stato. Con quel sorrisetto malizioso stampato sulla faccia e le sue battute del tutto folli...» Matt pronunciò queste ultime parole con una smorfia di amarezza.
«Si...» mormorò Val, poi si girò verso il suo amore e lo abbracciò, bagnandogli di lacrime la spalla. Matt le accarezzava la schiena e intando guardava la foto. La guardava, la guardava, la guardava. Chiuse gli occhi, tirò sù col naso e fece un profondo respiro.

Johnny sentiva il sapore dell'alcol mischiato a quello delle lacrime salate in bocca. Provò a muovere le gambe senza riuscirci, allora cercò di girarsi di schiena e anche quello sforzo fu inutile. Era distrutto. Si sentiva come se un camion gli fosse passato sopra più e più volte. Cazzo. Doveva smettere di bere in quel modo.
Però doveva ammettere che la sera precedente era stato bello. Ad ogni sorsata di whisky il ricordo dell'amico si dissolveva piano piano e Johnny si sentiva meglio, molto meglio. Poi era svenuto e aveva dormito per ore ed ore.
Aveva l'emicrania più forte della sua vita: l'unica soluzione era bere. Bere di nuovo.
Con uno sforzo immane si alzò dal letto e cercò a tastoni la bottiglia di liquore: vuota.

«Vaffanculo..»
Uscì dalla stanza e percorse il corridoio. Sentiva delle voci dal piano di sotto. Non voleva farsi vedere dai suoi amici in quello stato. Puzzava da morire e aveva l'aspetto di un cadavere. Camminò verso le ultime stanze della casa ed uscì dalle scale del retro.
Cercò nelle tasche dei jeans le chiavi della macchina e le trovò subito. Si avviò verso la porche decappotabile blu parcheggiata nel vialetto ed entrò. 
Dalla sala dove c'ernao i suoi amici non era possibile vedere il vialetto. Meglio così. 
Mise in moto e partì a tutta velocità senza meta.
La brezza provocata dalla velocità era piacevole e Johnny, a poco a poco, si sentì meglio. L'emicrania però non spariva.
Continuando a guardare sulla strada con il braccio destro cercò le birre che teneva sempre nel portaoggetti. Ne afferrò una e la aprì con una mano sola.
Buttò giù un sorso lunghissimo e sul viso gli si formò un' espressione disgustata. La birra faceva schifo; era calda e sfiatata.

«Che merda..» gettò la lattina fuori dal finestrino. 
Prese l'autostrada che porta alla spiaggia e cercò di rilassarsi. Il ricordo di Jimmy adesso cominciava a non essere più così lieve. 
Continuava ad avere stampata nel cervello l'immagine di lui e il suo amico che bevono e ridono insieme. Lui e Jimmy che scherzano, si picchiano e si abbracciano.
 
«Dannazione! Non doveva finire così! Cazzo!» Una lacrima gli rigò il viso. L'asciugò immediatamente. 
Schiacciò il piede sull'acceleratore più forte che poteva.
100 km/h, 120, 130...
Johnny continuava a piangere e imprecare. Continuava a dire al mondo di farsi fottere. Continuava a ribellarsi contro qualcosa più grande di lui.
Poi un boato.
Delle urla.
Il buio.



Continua...









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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3







Zacky tornò a casa intorno all'ora di pranzo. Il caldo sole californiano bruciava già da un pezzo e una volta sceso dall'auto, si avviò frettolosamente in casa con due buste della spesa in entrambe le mani.
Benchè la casa non fosse vuota, il silenzio all'interno di essa era surreale. Le scarpe da ginnastica di Zacky stridevano sul parquet.
Si avviò in cucina, posò le buste sul tavolo ed entrò nel soggiorno.
Brian stazionava ancora sulla poltrona nera, accanto al camino naturalmente spento. Non si era mosso neppure di un centimetro. Il capo chino sul foglio e le mani tremanti che scrivevano qualcosa di troppo doloroso. Michelle guardava la tv con l'aria di chi stesse guardando tutt'altro; il volume era azzerato e la trasmissione in questione era un programma di cucina di un noto cuoco di Los Angeles. Michelle detestava cucinare.
Matt e Valary dovevano essere ancora di sopra e Gena era andata a casa di sua madre insieme a Lacey per passare a controllare i cani che erano stati lasciati lì per qualche giorno.
E Christ?
«Bri..dov'è Johnny?»

«Dorme ancora, suppongo.»
«Brian, è sono le 12:00 passate..» ribattè dubbioso Vengeance.
Per tutta risposta l'amico alzà le spalle in segno di indifferenza continuando a fissare il foglio.
Zacky imprecò e salì le scale con la violenta intenzione di svegliarlo poco cautamente. 

«Ma che cazzo crede? Non è solo lui a starci male per Jimmy, fanculo! Non può essere così irresponsabile!»
Le scarpe continuavano a stridere in modo fastidioso sul pavimento; erano nuove di zecca, ecco. Zacky se le tolse e le lanciò via con un'espressione frustrata.
A piedi scalzi arrivò davanti alla porta dove dormiva il suo amico e la spalancò.

«Cristo, Johnny! Muovi il culo e alzati! Ti rendi conto di che ore sono!?»
Nessuna risposta.
Zacky fissò il letto. Vuoto: sfatto, distrutto; un paio di bottiglie di Whisky, Vodka e birra di discount gettate sul pavimento totalmente vuote.

«Dove cazzo è?!» Zacky guardò la stanza con aria disgustata e si diresse verso il bagno.
"Chissene frega se è al bagno? Io lo uccido di pugni anche sulla tavoletta del cesso!" pensò.
Spalancò con un pugno la porta di noce dipinta color crema e si preparò ad aprir bocca.
Vuoto anche il bagno. Dannazione!

«Cazzo. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Cazzo..» mormorò.
Zacky cominciò ad allarmarsi, corse verso tutte le stanze del piano superiore della casa e controllò ogni singola camera. Adesso iniziava a preoccuparsi sul serio: Dove diavolo era finito quel figlio di puttana? 
Si precipitò per le scale e notò che Valary e Matt erano seduti sul divano accanto a Michelle. Quest'ultima vedendolo sconvoltò gli chiese cosa fosse successo.

«Merda, ragazzi, non trovo Johnny? Non l'avete visto uscire vero? Non è sceso, giusto?» domandò con la bocca impastata.
Brian per la prima volta in quella mattinata scattò in piedi senza dire una parola e corse in cucina, in bagno, nel ripostiglio, dappertutto.
Johnny non c'era.

«La macchina..» mormorò all'improvviso Synyster Gates. «La macchina!»
Brian corse di sopra facendo le scale due gradini alla volta. Si affacciò alla grande finestra posta accanto alla porta del retrO e cercò la Porche di Johnny: scomparsa anche quella. Johnny era andato via. Ma dove? In quello stato poi? Sbronzato a livelli industriali?
«Merda!» imprecò Brian.
Tornò di sotto dove la coppia Sanders, Zacky e Michelle lo aspettavano.
«Johnny è uscito. La macchina non c'è! Matt, dobbiamo andare a cercarlo, prendi le chiavi della BMW...cazzo, muoviti!»
«Arrivo, arrivo..!» Matt diede un baciò veloce sulle labbra di sua moglie corse all'ingresso a prendere le chiavi del SUV.
Pochi secondi dopo i due erano già in macchina a girare per mezza città alla ricerca di un nanetto ubriaco con una porche nuova di zecca che aveva appena perso il suo migliore amico.
Dopo tre ore di ricerche senza successo, Brian cominciava ad innervosirsi sul serio. Stringeva il volante con entrambe le mani con una forza che gliele trasformava in artigli dalle nocche bianche. Fissava la strada come un pazzo. Era stanco, esausto.
«Bri..fermati, torniamo indietro. Magari torna...Dai, abbiamo girato per ore...» mormorò Matt mettendogli una mano sulla spalla.
«No!» urlò Synyster Gates a squarciagola. «Io..io..devo...trovarlo..!» disse con la voce rotta dal pianto
«Ascoltami! Dannazione! Johnny se la caverà! Dobbiamo tornare a casa! Aspetteremo..tornerà. Brian, mi senti? TORNERA'!» e dire che lo disse con poca sicurezza sarebbe ridicolo.
Poco dopo Brian fece inversione. 
«Io..io non voglio perdere anche lui, capisci? Ho..ho un bruttissimo presentimento..merda.» 
Matt annuì in segno di condivisione, nonostante ciò i due tornarono a casa.

Passarono altre due ore interminabili nel silenzio di casa Vengeance. Matthew Shadows e Synyster Gates erano appoggiati al camino. Michelle e Valary bisbigliavano tra di loro sul possibile posto in cui Johnny si fosse cacciato. Zacky guardava fuori dalla finestra come un padre protettivo che aspetta che suo figlio esca da scuola il primo giorno. Ma quel bambino non arrivava mai. Gena era rimasta a casa di sua madre insieme ai cani. Lacey era tornata e quando era venuta a conoscenza della scomparsa di Johnny aveva cominciato a piangere e urlare; i ragazzi avevano cercato di confortarla e tranquillizava come meglio poteva, ma quella era andata su tutte le furie e non si sa perchè, se l'era presa proprio con loro, quindi si era chiusa in camera al piano di sopra. 

«Driiiiiiiiiin! Driiiiiiiin!» il telefono squillò rompendo il silenzio che aleggiava nella stanza.
Matt rispose al secondo squillo. Gli altri fissavano Shadows e pendevano dalle sue labbra.
«Casa Baker?» chiese una voce di donna sulla trentina abituata a chiedere con-chi-stesse-parlando.
«Si..chi..»
La voce della donna non lo lasciò terminare. «Parlo con Zackary James Baker?» chiese gelida.
«No, parla con un suo amico ma è come se parlasse con lui..» rispose Matt chiaramente infastidito.
«Oh.. beh, che m'importa..Dunque, hanno trovato un suo conoscente credo..il suo amico Baker dovrebbe far parte di una band, a quanto ho capito..»
«Faccio parte anche io di quella band...parli chiaro.»
«Si calmi, si calmi. C'è stato un incidente.»
«Un..un incidente» ripetè Matt.
Gli amici alle sue spalle si alzarono e lo fissarono con la tensione negli occhi.
«Si, vede..Un uomo si è schiantato contro un palo sulla Seymour Avenue ed è caduto in un fossato. Non aveva documenti ma l'hanno portato subito in ospedale. Non sapevamo chi fosse quindi non abbiamo chiamato parenti o amici, finchè un ragazzino non lo ha visto e lo ha riconosciuto subito. Ci ha detto che fa parte di una band, quindi siamo risaliti a Baker e..e si chiama Johnny Christ..mi scusi, ma che razza di nome è?»
«Cosa diavolo gliene importa!? Un uomo ha avuto un  incidente e lei si preoccupa del nome..cazzo! Mi spieghi! Dov'è? Sta bene?» gridò Shadows finalmente incazzato nero con quella vocina stupida dall'altro capo del telefono.
«D'accordo, d'accordo. Venga al Saint Lewis Hospital, il suo amico è lì. Non so altro sulle sue condizioni...»
Matt chiuse la comunicazione con un gesto di stizza e prese di nuovo le chiavi dell'auto. Guardò poi i ragazzi che stavano aspettando le sue parole.
«Johnny ha avuto un incidente...non..non so come sta..cazzo. Brian, Zacky, andiamo al S. Lewis! Muovetevi! Ragazze...aspettateci per favore e cercate di andare a tranquillizare Lacey...»
Nessuno fece ulteriori domande. Michelle e Valary annuirono e salirono al piano superiore.
I tre uomini si precipitarono in auto e fecero letteralmente volare l'auto fino all'ospedale. Il viaggio proseguì in silenzio. Zacky guardava fuori dal finestrino sul sedile posteriore e Brian tamburellava le dita sul cruscotto mentre Matt guardava la strada con uno sguardo misto alla rabbia e la preoccupazione.
Dopo dieci minuti fecero irruzione nell'ospedale.
Brian parlò per primo con la segretaria vicina alla scrivania.

«Johnny Christ..o meglio Johnathan...no, mi scusi..solo Johnny Christ. L'hanno portato qui un paio di ore fa..ha avuto un incidente e..»
«Voi siete quella band, vero? Bene...terzo piano stanza 9, prego.»
«Grazie...»
I tre ragazzi corsero di sopra e si scontrarono con un primo medico dal camice bianco e una cartella clinica in mano.
«Mi scusi..Johnny Christ..» iniziò Matt.
«Certo, è di là...» indicò l'uomo con la mano dinistra.
«Dottore...come sta?»
«Beh, non bene. E' finito in un burrone sotto effetto di alcolici..»
«Possiamo entrare?» chiese Zacky nervosissimo.
«Beh, si..ma sta riposando.»
I tre amici non vollero sapere altro ed entrarono nella stanza 9, dove temevano di perdere di nuovo, per la seconda volta, un altro grande, immenso amico.


Continua nel prossimo ed ultimo (credo) capitolo.

P.S: non ho potuto ricontrollare la storia, spero di non aver commeso gravi errori.


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4





Il medico si diresse alla reception scuotendo la testa con aria perplessa. 
Si passò una mano nei capelli grigi e si appoggiò al bancone della segretaria. Era un uomo di sessantadue anni, prossimo alla pensione, presto avrebbe lasciato quella vita insoddisfacente e insopportabile; una vita passata a dare brutte notizie a parenti ed amici speranzosi, a combattere per salvare una vita e non riuscirci quasi mai. Ma in fondo, cosa poteva farci lui? Combatteva con una forza sconosciuta ed invincibile: dio. Dio? No...dopo anni passsati a guardar cadaveri aveva smesso di avere fede in lui.
«Dottore..scusi ma perchè li ha fatti entrare? Non sono parenti e non...» mormorò a voce bassissima la donna dietro la scrivania.

«Fanno parte di una band, signorina Shell.» rispose il medico con la voce rauca fissandosi le mani rugose.
«E allora? Non sono mica fratelli!» ribattè quella con aria saccente.
«Sono più che fratelli, signorina Shell...» detto questo, l'uomo si voltò e si diresse nel suo ufficio, lasciando la donna della reception con la bocca semiaperta. «Meritano di sapere...» mormorò scendendo le scale.


La stanza era candida. I raggi di sole filtravano dalle veneziane della finestra illuminando un divanetto a due posti bianco. 
Johnny Christ aveva gli occhi chiusi e sembrava dormire sul lettino dalle lenzuola pallide e la struttura in metallo. La carnagione era più bluastra del solito e le labbra avevano perso colore. Gli arti inferiori erano fasciati e il braccio sinistro giaceva ingessato sul petto del piccolo uomo. La nota stonata era la cresta dei capelli quasi intatta sulla testa incerottata di Christ.
C'era del sangue sotto le bende che gli ricoprivano il corpo: era evidente sulla tempia destra e il setto nasale. 
Ma Johnny era vivo. Il suo respiro era flebile ma regolare, controllato da una macchina alla destra del lettino. Il movimento del petto che si muoveva era quasi impercettibile, ma c'era. 
Al braccio destro era applicato un ago collegato ad una flebo: Johnny Christ era vivo.
Matt chiuse subito la porta per avere un po' di privacy. Brian fissava il suo amico con uno sguardo misto alla tristezza, compassione, rabbia e stanchezza, ma più di tutto: affetto.
Avvicinandosi al letto si lasciò sfuggire un singhiozzo. Matt gli fu subito accanto e gli appoggiò la sua grande mano sulla spalla. 
Synyster Gates, quell'uomo che appariva a tutti come un uomo sbarazzino, sempre gioviale ed infantile era letteralmente esausto. Si portava sulle spalle la recente perdita del suo miglior amico d'infanzia, di gioventù e mai più di vecchiaia e adesso anche questo. Adesso stava per perdere un altra persona così importante. Quella persona che aveva preso in giro sin da ragazzino per la sua statura. Quel.. 
Migliaia di pensieri gli si affollarono per la mente e non seppe far altro che iniziare a piangere. 
Si sedette sulla sedia di plastica vicina al letto e accarezzò il suo amico sulla fronte.

«Brutto figlio di puttana...» mormorò Brian tra il riso e il pianto.
Matt andò a sedersi sul divano e si prese la testa tra le mani. 
«Cristo..» bisbigliò chiudendo gli occhi con forza. Zacky fissava sconvolto il suo amico dal colorito cadaverico. Non riusciva a muoversi e pronunciare una parola di senso compiuto.
«Ehi, Johnny...svegliati amico! Svegliati...» Brian lo chiamò con la voce rotta. «Ehi...» si voltò verso i due amici alle sue spalle con sguardo di attesa. Li fissò come se si aspettasse qualcosa. Come se pretendesse che loro due riuscissero a svegliare Johnny. Aveva gli occhi pesti e una lacrima gli era caduta sul mento. Era la visione più squallida che ci potesse essere.
L'ira di qualcuno si era scatenata contro quel gruppo di ragazzi e forse era il riscatto di tanto divertimento in passato: ecco. Forse era questo. Si erano divertiti troppo e ora dovevano pagare tutte le risate che si erano fatti.
Gli occhi di Johnny erano chiusi. Il respiro flebile era sempre monotono, regolare e dannatamente leggero.
Matt era il più lucido in quel momento e riuscì ad avere il coraggio uscire dalla stanza, lasciando Zacky e Brian nel loro sconcerto e dolore.

Si avvicinò alla reception della signorina che aveva incontrato dieci minuti prima.

«Mi scusi...quel dottore di prima..quell'uomo con i capelli grigi...sa dirmi dov'è?»
La donna seduta alla scrivania lo guardò freddamente con occhi diffidenti e di disapprovazione. Scrutò i tatuaggi dell'uomo e roteò gli occhi, poi prese la cornetta del telefono e compose un numero.

«Dottor Falls? Mi scusi, c'è un tizio di quella band che vorrebbe parlarle. Lo faccio scendere nel suo ufficio?» chiese con voce meccanica la segretaria.
7 secondi di silenzio.

«D'accordo, grazie.»
Matt guardò la donna con aria interrogativa.

«Sta arrivando. Aspetti cinque minuti, per piacere.»
«S-si..Ma lei non sa dirmi niente?»
Gli occhi della donna si riempirono di compassione. «Il suo amico è in coma, signore.»


 

Continua nel prossimo capitolo.

P.S: Scusate il capitolo breve, ma volevo lasciare un po' di curiosità!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5



Il corridoio iniziò a volteggiare, le pareti si stringevano e si allargavano ad intervalli regolari. Il tempo non esisteva, nulla esisteva.
Johnny, pensò Matt. Johnny...il coma...l'incidente...Jimmy...erano queste le parole che rimbombavano nella testa di Matthew Shadows.
L'uomo sentiva il battito accelerato del suo cuore e il respiro affannoso che era indice di ansia, tensione, angoscia. Dopo un po', l'aria parve mancargli: doveva sedersi.
Cercò di muovere le gambe. Le immagini confuse davanti ai suoi occhi non gli permettevano di capire cosa stava succedendo. Le ginocchia tremanti minacciavano di cedere: Matt stava per svenire. Cercò invano una sedia su cui sedersi, un salvagente a cui aggrapparsi, poi sentì una voce femminile che lo chiamava. Una voce in lontananza, si disse, troppo in lontananza. 
«Signor Sanders? Signor Sanders, la prego, si calmi...deve...»
La voce della donna era allarmata, impacciata, esitante. 
L'infermiera del terzo reparto, Crystal Shell, non sapeva che fare. Un uomo grande e grosso, pieno di tatuaggi e pircing le stava crollando addosso. Dannazione! Lei era così piccola...
Non era brutto però, si disse guardandolo bene. No, non lo era affatto, però adesso le stava svenendo  tra le braccia e non era una cosa buona.
Era una situazione abbastanza comune negli ospedali. Solita prassi: il parente veniva informato del decesso o della gravità della situazione della vittima e poco dopo, nel migliore dei casi, sveniva, come oggi. Come con quel bell'uomo grande e grosso che faceva parte di una band. 

«Aiutatemi! Vi prego..» esclamò esasperata l'infermiera. Guardò nel corridoio a sinistra, nessuno in vista. Si girò a destra, vuoto. Ma era possibile che in quell'ospedale non ci fosse anima letteralmente viva?
Cercava di sorreggere Shadows con molta fatica. Non sapeva dove mettere le mani, quell'uomo stava per cadere a terra e lei non avrebbe potuto farci niente.
Quel tipo e il ragazzo in coma dovevano essere molto amici, pensò.

«Signorina Shell! Aspetti, arrivo subito!» disse una voca dal lato sinistro del corridoio: il dottor Falls, finalmente.
Crystal si accorse che stava trattenendo il fiato e quando il dottore corse in suo aiuto, si allontanò dal corpo quasi inerme dell'uomo svenuto. Fece un sospiro di sollievo, si aggiustò i capelli e si assicurò che il dottor Falls riuscisse a sostenere lo svenuto.
«Signor Sanders...» chiamò il medico. Gli diede dei lievi schiaffi sul viso e riprovò: «Signore...» 
Nessuna risposta. Falls si rivolse a Crystal.
«Mi aiuti, dobbiamo portarlo nel ufficio del dottor Murdock.»
Insieme, il vecchio dottore a sinistra e la giovane Crystal a destra, trasportarono il corpo di Matthew Shadows con fatica, verso l'ufficio del medico più vicino, dove poi lo avrebbero fatto stendere e riposare.

La prima immagine che comparve nella testa di Shadows fu Johnny, con una cicatrice sulla fronte, addormentato in un letto ospedaliero.
Si svegliò su un lettino nero, di quelli che vengono usati per fare brevi visite. La stanza in cui si trovava era accogliente. Pareti arancio, vari quadri e attestai di merito, due poltrone rosso scuro, scrivania e librerie in tinta mogano. 
Strizzò gli occhi e si massaggiò le tempie: aveva il mal di testa più atroce della sua vita. Non si era mai sentito così. Neanche dopo le numerose e pesanti sbornie di capodanno con i ragazzi, si sentiva così distrutto. Cercò di ricordarsi dove si trovava e provò a dire qualcosa.

«Dove...dove sono...» mormorò sentendo un sapore acido in bocca.
«Oh, si è svegliato, signor Sanders. Non si preoccupi, è qui, in ospedale, lo stesso posto in cui è svenuto.» annunciò Falls con un sorriso di compassione. 
«Svenuto...» disse a se stesso. «Sono svenuto?! Diavolo...» 
La testa gli faceva ancora male da morire: aveva bisogno di una sigaretta.

«Oh, ehi, dottor...Falls, giusto?» chiese esitante Matt. 
L'uomo annuì.
«Per quanto tempo sono rimasto così?»
«Oh, poco, circa 30 minuti, non si preoccupi per i suoi amici. Ho preferito non dir loro nulla, sono ancora nella stanza del paziente...non mi sembrava il caso informarli di un qualcosa tanto lieve quanto...beh, vede, sarebbe troppo, non trova? » l'uomo si avvicinò a Shadows con l'intento di controllare se stesse bene.
Il paziente...Oh merda! Johnny! Doveva andare da Johnny! E da Brian, Zacky...Ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Falls lo fermò.

«Alt! Aspetti, non c'è fretta, i suoi amici non si muoveranno, credo. Mi faccia controllare...come si sente?»
«Ho un mal di testa tremendo ma...sto bene. Per favore, mi dica...Johnny...il coma...» sibilò esitante. Adesso l'unico pensiero era Johnny.


Christ...Matt pensò a come doveva essersi sentito male. La morte di Jimmy era stato un brutto colpo per il piccolo della famiglia Sevenfold. Matt maledisse se stesso per non essersi reso conto della gravità della situazione. Johnny aveva soffocato il suo dolore nell'alcol e i ragazzi non avevano capito, non avevano pensato...
Scacciò dalla testa quel pensiero stupido: lo sapeva che nessuno aveva colpa, ma l'immagine di Johnny con gli occhi chiusi su quel letto freddo...era insopportabile. Si strofinò il viso e aspettò le parole di Falls.

«D'accordo.» Falls si sedette sulla poltrona rossa dritta davanti a Shadows e parlò. Parlò per dieci minuti senza interruzioni. 
Ogni sillaba era un pugno nello stomaco per Matt. Johnny aveva avuto un'incidente piuttosto grave ed era fortunato ad essere ancora vivo. Quando era arrivato in ospedale aveva un'emorragia celebrale e una allo stomaco, varie fratture, lesioni, slogature ed ematomi. Insomma aveva preso una bella botta. Erano riusciti a fermare subito l'emorragia allo stomaco, per quanto riguarda quella al cervello, c'era voluto più tempo. Troppo tempo. Il cuore di Johnny si era fermato più volte, nel corso dell'operazione ma alla fine ce l'avevano fatta. Johnny era sopravvissuto ma il coma aveva sequestrato il suo cervello, il suo cuore, la sua anima.

«Quando...quando si sveglierà? Voglio dire...presto?» chiese speranzoso Matt, ma poi si rese conto di quanto stupida fosse quella domanda. Si morse il labbro.
«Non si può dire, signor Sanders. Il coma è uno dei più grandi misteri della medicina. Potrebbe aprire gli occhi tra qualche giorno, settimane, mesi... » pronunciò l'ultima parola con una malinconia quasi tastabile «Anni.»
Shadows abbassò gli occhi, rassegnato. Prima Jimmy, adesso Johnny: la vita ce l'aveva con lui.
I momenti felici ad ubriacarsi con Brian, a suonare con la band, ad andare a pesca con Jimmy e Valary, a giocare a golf con Zacky e a baseball con Johnny, erano finiti.
Matthew Shadows non avrebbe mai più potuto versare la birra sulla cresta perfettamente acconciata di Christ. Matthew Shadows non avrebbe mai più punzecchiato il suo amico nano. Era tutto finito. La magia era scomparsa, la favola si era chiusa, e si era conclusa nel peggiore dei modi. 


Brian e Zacky vennero informati dalla stessa signorina Shell, poco dopo. Quando Matt entrò nella stanza, entrambi rimasero fermi, continuando a fissare il petto di Johnny che si alzava ed abbassava lievemente. Il suo respiro era fievolissimo, ma nel silenzio della stanza era chiaramente udibile.
Zacky fu il primo a prendere parola.

«Ce la faremo.» disse con convinzione. Zacky Vengeance aveva gli occhi chiari colmi di lacrime, che però avrebbe trattenuto. 
Nessuna risposta da parte dei suoi due amici.

«Mi avete sentito?» ripetè con tono aggressivo, guardando prima Syn, poi Matt. I due si voltarono e lo fissarono negli occhi con aria arresa, apatica, quasi morta.
«Jimmy se ne è andato e ce ne stiamo facendo una ragione, ma Johnny è ancora qui, capite? Noi siamo gli Avenged Sevenfold, dannazione! La miglior  band di questo fottuto mondo!» disse con una risatina nervosa. «Noi non ci arrendiamo, cazzo! Il nostro amico è vivo! E' vivo!» ripetè. «Verremo qui ogni giorno, gli parleremo, gli terremo compagnia finchè non si sveglierà. Perchè...cazzo...un giorno aprirà gli occhi e comincerà a sparare le sue solite stronzate da ometto ubriaco. Va bene? Dovremo essere forti, d'accordo, il tempo passerà e il dolore sarà sempre lì, ma noi dobbiamo farcela. Dio santo...siamo amici da quando eravamo bambini, finire così è...è ingiusto! Abbiamo sbagliato, sì, non ci siamo accorti dello stato di Johnny. Non ci siamo accorti di quanto soffriva...» le labbra gli tremarono. Lo sguardò si posò sul suo amico "addormentato" e, finalmente, una lacrima gli rigò il viso. Zacky se l'asciugò con una mano con la vilenza e determinazione di chi ne ha abbastanza di piangere sul latte versato. 
Intanto Brian e Matt continuavano a guardarlocon la fierezza negli occhi,  con un briciolo di speranza e sicuramente più convinzione.

«Gli porteremo una birra ogni tanto, l'appoggeremo su quel fottuto comodino e aspetteremo che si svegli e se la beva tutta. Resteremo uniti, dormiremo qui se sarà necessario, ma staremo insieme ed una cosa del genere non dovrà accadere mai più. Nessuno di noi dovrà essere costretto a piangere da solo, da oggi in poi lo si farà insieme. Saremo pazienti, non ci arrendermo come fanno molti davanti al coma...Noi...noi....» Zacky aveva parlato abbastanza, la voce iniziò a mancargli. Aveva urlato con un tono stanco, straziante, ma convinto. Credeva davvero in ciò che diceva e sperava che i suoi amici facessero altrettanto. 
Brian si alzò e guardò Zacky, che intanto fissava il pavimento, con le gambe tremanti ed un espressione arrabbiata, stressata e decisa. 

«Cazzo...si che lo faremo...» mormorò. «Cazzo! Certo che lo faremo!» stavolta urlò, quasi ridendo.
Zacky alzò la testa e i suoi occhi brillarono di nuovo. Si alzò anche lui, si avvicinò a Brian e sorrise. Poi fu il turno di Matt.
«Avete ragione..si!» disse anche lui con una certa determinazione, quella determinazione che aveva sempre avuto nella voce e che, ultimamente era svanita.
Poi i tre amici, si avvicinarono al centro della stanza e si abbracciarono, ridendo e piangendo nello stesso momento; un po' come quella volta tanto tempo fa, quando in quell'abbraccio c'era anche Johnny e soprattutto Jimmy. E in quell'abbraccio coinvolto, in quella stretta, ognuno di loro sentì una presenza estranea, ma non un intruso. Un calore avvolgente e amico che finalmente li univa di nuovo, un calore che sapeva di Guinness e risate, un calore familiare che forse, non era così lontano.

Penultimo capitolo.

 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6.

Aprile. Erano passati circa nove mesi dall'incidente e, come promesso, i ragazzi visitarono quotidianamente il loro amico Christ, sperando un giorno, di vederlo aprire gli occhi. Nessuno di loro aveva pianto più molto e quelle poche volte che era successo, l'avevano fatto insieme e il sollievo era stato immediato. Adesso stavano meglio.
Avevano imparato a convivere con il ricordo di Jimmy; B
rian aveva buttato giù un testo in sua memoria ma non era ancora deciso a fornire una base musicale. Inoltre ormai Jimmy non era più un dolore ma un' esperienza, un amico che in un certo senso era ancora lì, ad aspettarli dall'altra parte. Era questo che i ragazzi avevano accettato o meglio, avevano dovuto accettare: tutta la vita era un qualcosa di sospeso e non c'era molto di concreto e sicuro. Non esistono il bianco e il nero ma solo sfumature di grigio. Dunque nulla avrebbe potuto dividere quei cinque ragazzi, neanche la morte e nemmeno il coma. 
Johnny non aveva dato segni di miglioramento, in quei mesi. Certo, le ferite materiali erano guarite o quasi, ma l'attività cerebrale era rimasta passiva.
Tuttavia, ogni volta che i ragazzi erano da Johnny, gli parlavano, gli raccontavano le loro giornate e lo prendevano in giro. Non sapevano se Christ riuscisse a sentirli, ma lo facevano comunque, era qualcosa di istintivo. Una volta Zacky aveva chiesto al dottor Falls se le persone in coma comprendevano quello che succedeva all'esterno. 

«Non posso dirle nulla con certezza.» aveva risposto Falls. «Vede, come le abbiamo già detto in passato, il coma è il più grande mistero della medicina umana. In questo momento è come se il suo amico che stesse facendo un sonno lungo e profondo, quindi per inerzia, non dovrebbe riuscire a sentire ciò che avviene nel mondo esterno, ma questa è solo un'ipotesi. Altri affermano che il paziente sia solo impossibilitato a muoversi e a recepire soltanto alcune stimolazioni quindi... beh, potrebbe anche sentirla. Personalmente, posso dirle che parlargli farà stare meglio lei, signore, e anche il suo amico»
Zacky aveva annuito e accettato la seconda opzione.
In quella mattina di Aprile,  Matthew, Brian e Zacky erano in camera di Johnny a chiacchierare e fargli compagnia.

«Bri, va bene che dormi a casa mia, ma gentilmente la smetteresti, di fregarti i miei calzini tutte le mattine?!» disse Zacky a Synyter Gates, il quale era seduto su una poltroncina nera davanti a Vengeance. Era infatti da circa una settimana che Brian viveva a casa del suo amico. Michelle e le altre ragazze avevano deciso di volersi prendere una pausa e farsi un viaggetto a New York, con tutto il rispetto per Johnny, ovviamente. Specie da parte di Lacey. 
Dunque, Brian, che viveva con la sua amata 'Chelle, non era voluto restare a casa da solo e, naturalmente, senza nemmeno chiedere, si era trasferito immediatamente da Zack. «Almeno momentaneamente!»lo aveva rassicurato.
Per un paio di notti, Gates si era addiritura appropriato del letto di Zacky e alla fine, erano finiti per dormire insieme, da buoni amici. Quando Matt era venuto a sapere della notizia aveva riso di gusto e poi li aveva presi in giro.

«Cristo! Ragazzi, siete sicuri della vostra scelta sessuale? Voglio dire, siete entrambi moltro attraenti..chissà!» li aveva canzonati Matthew continuando a ridere.
Zacky e Brian si erano guardati negli occhi con sguardo di intesa e un secondo dopo, si erano lanciati sul loro amico dalla lingua lunga, per prenderlo a pugni.
Poi Brian aveva parlato. 

«Beh, alla fine, Vee, non sei così male...avvicinati un attimo...» aveva detto malizioso, alzando il suo malefico sopracciglio.
«Vaffanculo, Bri.» aveva risposto uno Zacky scocciato.
«Dai scherzavo, Michelle è l'unica dolce donna della mia vita!» aveva quasi gridato Syn con occhi sognanti.
«Può sempre esserci un dolce UOMO allora?» Matt aveva continuato a prenderlo in giro.
Dio, quanto erano uniti quei ragazzi.
Il furto di calzini dunque, era una cosa quotidiana per Syn, il quale diceva di adorare i calzini di Zacky che erano sempre freschi di lavanderia.

«Ma Vee, i tuoi calzini sono sempre così...profumati!» disse Synsyster Gates assumendo un tono ridicolo.
«Sai..esiste una lavatrice nel bagno di sopra...» inizò Zacky.
«Una che?»
«Una lavatrice!»
«Non mi riguarda, Vee. Sono a casa tua, sono un tuo ospite, non devo farla io la lavatrice.» rispose Brian.
«Sei un figlio di...» disse Zackary con il sangue che gli ribolliva.
«Hey, piano con le parole. Mia madre è mia madre.»

Dopo un po' Matt si schiarì la voce. «Comunque, ragazzi, la casa discografica ci sta pressando da morire. Ieri mi ha telefonato una decina di volte. Pretendono un  nuovo disco o almeno un concerto. Ah, mi hanno anche parlato di gossip..qualche colpo che si può sulla situazione di Johnny...»
«Vaffanculo, amico!» urlò Syn indignato.
«E' quello che gli ho risposto io.» convenì Matt.
«Vogliono speculare su Johnny! Cristo! Che vadano a farsi fottere, il disco sanno dove metterselo. Noi suoniamo quando ce la sentiamo.»
Era vero. In quel periodo i giornalisti non sapevano dove sbattere la testa per avere qualche scoop sugli Avenged Sevenfold. La band non si esibiva dalla morte di Jimmy e la major li teneva sotto pressione. Era come se tutti si aspettassero qualcosa dai ragazzi. Tutti volevano qualche fottutissima cosa! Ma nessuno si rendeva conto di quanto difficile fosse la situazione. Nessuno.
«Giusto.» concluse Zacky.
«Scusate ragazzi, ma io non suono senza Johnny. Voglio dire, è già dura senza Jimmy, non posso...non possiamo...» cominciò Brian con una nota amara nella voce.
«E' così anche per me, ma presto dovremo dire qualcosa. Non possiamo restare sospesi  così per molto. » disse realisticamente Shadows.
«Io...io non me la sento di sciogliere la band, non mi sembra giusto.»
«Giusto, aspettiamo un altro po'.»
Matt annuì. «Presto non avremo nemmeno i soldi per guadagnarci il pane!» scherzò.
«Purtroppo il problema non è il pane!» disse Zacky.
«Già. A me non frega un cazzo del pane. La cosa importante è la birra. La mia dolce birra. Bisogna sempre avere una scorta di denaro per la birra. E' importante, la birra. La birra...» Brian parlava con espressione desiderosa, quasi ridicola.
«Bri, hai infilato la cinque volte la parola "birra" nella frase...ti sembra normale?»
«Ehi! La birra è la birra!»
Zacky scosse la testa e rise. Non c'era modo di fare un discorso serio con Synyster Gates, lui era...lui era Synyster Gates! Diavolo! Non c'era nulla che potesse fermare una catstrofe con quel nome.

«Beh.. e vogliamo parlare delle sigarette? Quanto sono fondamentali le sigarette? Eh?» si intromise Matt.
Brian alzò i pugni e li mostrò al suo amico, in modo da far vedere per bene il suo tatuaggio sulle dita. "Marlboro", c'era scritto. Ecco, quel tatuaggio diceva tutto.
«Touchè...»
«Ok, ma la birra è sempre la birra!» 
«Dovremmo scriverci una canzone, eh, Matt?» domandò Vee.
«Già! Farebbe tipo: Oh my dear beer, there's no one like you...» canticchiò Shadows.
«Fantastico, una canzone dedicata alla birra. Cristo, siamo la miglior band di questo fottuto mondo.» Brian battè le mani come un bambino e sorrise allo stesso modo. «Propongo un bridisi alla birra!»
Zacky roteò gli occhi. Syn era un caso perso. Sembrava ubriaco perfino quando era lucido. «Bri...non abbiamo niente da bere in questo momento, te ne sei reso conto? Con cosa lo facciamo il brindisi?» 
«Beh...ora che mi ci fai pensare...» Brian continuò a comportarsi come un ragazzino di 8 anni e si grattò la testa.
Matt rise. «Sei un idiota, Gates.»
Syn mise il broncio. «Fingiamo di farlo allora! Cin...»
Venne interrotto da qualcuno.
«...Cin. » finì una voce gracchiante, impastata e nasale di qualcuno che si era appena svegliato da un sonno di nove mesi. Un sonno lungo e profondo nel quale, Qualcuno aveva sentito parlare di birra e allora... era il momento di svegliarsi, aveva pensato Johnny. 

 
Fine.

 

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