Tales of sea: Mermaid's story

di Red Robin_My Pride
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di un casino ***
Capitolo 2: *** Molto rumore per nulla ***
Capitolo 3: *** Non tutti i mali vengono per nuocere... forse ***
Capitolo 4: *** Primi passi ***
Capitolo 5: *** Nella notte ***
Capitolo 6: *** Say goodbye and back to home ***



Capitolo 1
*** L'inizio di un casino ***


Tales_1 N.B.: A tutti quelli che non ci conoscono in questo fandom, siamo due autori separati. Ebbene sì, siamo My Pride e Red Robin, con un unico account. Questa è una storia in comune e questo è il primo capitolo pilota, nei prossimi capirete sempre di più, abbiate fede, è una parodia con un fondo di storia ^^^

P.s.: Presto aggiungeremo un banner alla storia, per ora avevamo (Io - Indovinate chi sono) voglia di postare, buona lettura e a fine storia con le note finali

TALES OF SEA: MERMAID'S STORY
BEGINNING OF A MESS


Si sarebbe potuto definire un giorno d'ordinaria amministrazione, se le tiepide correnti non avessero trasportato un'eccessiva quantità di noia nei fondali marini, abbattendosi su una persona in particolare che, sbadigliando, cercava invano qualcosa con cui occupare il proprio tempo.
«Ah! Che giornata noiosa», diede voce ai suoi pensieri quella zazzera bionda, ignorando persino le ragazze dai lunghi capelli con cui si trovava e che tentavano inutilmente di richiamare la sua attenzione.
Se ne stava da una buona manciata di minuti a guardare un punto indefinito del fondale, sul quale la luce proveniente dalla superficie creava forme indistinte sulla sabbia.
«Andiamo, Sanji-chan... cos'hai oggi?» gli venne chiesto con voce esageratamente smielata, prima che la punta di una coda gli carezzasse dolcemente una guancia, seguito da un paio di mani dietro di sé che presero a massaggiarlo senza che lui gli desse molto retta, mentre alcune di loro si lanciarono alcune occhiate confuse. Di solito non rifiutava mai attenzioni di quel tipo, e il fatto che adesso fosse chiuso nei suoi pensieri e non sembrasse dar retta a nessuna di loro, beh, dava alquanto da pensare.
«San-chan?» venne richiamato ancora una volta, prima che a lui si avvicinasse un'altra ragazza per provare a squadrarlo bene in viso. Niente, proprio non le diede ascolto, il che aveva veramente dello strano... doveva essere proprio annoiato e distratto per voltarsi dalla parte opposta e far praticamente finta di esser solo.
Le ragazze si lanciarono un'altra rapida occhiata, perplesse a dir poco. Persino pensare di chiedergli cosa fosse successo sembrava essere inutile, dato che eludeva ogni domanda e sospirava. Decisero dunque di lasciarlo solo, per quanto molte di loro si fossero voltate un'ultima volta nella sua direzione prima di nuotare alla volta della città, contrariate. Solitamente era lui stesso a inseguirle.
«Che noia... non succede mai nulla di nuovo qui», si ripeté, sbuffando pesantemente prima di abbandonare la schiena contro lo scoglio incastrato nel fondo per poter guardare svogliato verso la superficie.
Si riusciva vagamente a vedere il colore del cielo, data la profondità a cui si trovavano. Quella vita ormai cominciava a stargli stretta, per quanto avesse a propria disposizione praticamente tutto l'oceano. Quasi sperava di farsi un giro e trovare una nave... magari di infastidire o confondere qualche pirata giusto per passare un po' di tempo. Di solito si rivelava un ottimo stratagemma per ammazzare la noia, e forse era la soluzione migliore della giornata, quella, così decise di nuotare in fretta verso la superficie, abbozzando la parvenza di un sorrisetto sarcastico. Già gli sembrava di vedere le facce sbigottite di quegli stupidi sempliciotti, che almeno per qualche tempo sarebbero riusciti a scacciar via la noia e, magari, a fantasticare sul bel corpo di una sirena errando. A ben pensarci, era persino strano che preferisse infastidire i pirati anziché andare ad importunare proprio qualche bella sirena e, in senso più ristretto, la sua Nami-san. E ci pensò quasi distrattamente una volta giunta in superficie, scrutando l'orizzonte alla probabile ricerca di navi, senza trovarle.
Poco distante, però, si trovavano alcuni scogli proprio al limitare di una spiaggia apparentemente deserta su cui potersi rilassare, per quanto non avesse fatto altro da ormai una decina di giorni. O forse di più, aveva perso il conto.
Si ritrovò comunque a nuotare in quella direzione, stiracchiando persino placidamente le braccia e la coda quando raggiunse gli scogli, sentendo il calore cullarlo e conciliargli persino il sonno.
«Ohi, Zoro! Ho trovato un pesce gigante!» si sentì urlare d'un tratto dalla spiaggia con voce altisonante e allegra, e bastò quello a spezzare senza remore quell'assoluta quiete. «Si mangia!»
Quasi allarmato aprì gli occhi, trovandosi faccia a faccia con un ragazzino dal cappello di paglia, la cui bava della bocca gli stava rivestendo il corpo.
Lì per lì pietrificato, reagì d'istinto non appena quel ragazzino cercò di addentarlo senza tanti complimenti, allontanandolo da sé con un colpo di coda per poi nascondersi. Di solito non incontrava gli umani sulla riva, il che lo rendeva piuttosto invulnerabile quando si trovava in quello stato attorniato dall'acqua, ma al contempo sulla terra ferma. Era stato dunque preso alla sprovvista, e sentiva bizzarramente il cuore battere all'impazzata.
«Che diavolo combini, Rufy!» Alle orecchie gli giunse una seconda voce prima che quello strano ragazzo dal cappello di paglia cominciasse a lagnarsi, borbottando qualcosa riguardo il pranzo saltato. Un momento... non aveva rischiato di diventare lui il pranzo, vero? Forse avevano ragione quando gli dicevano di stare attento a quelle sue bravate, ma, diamine! Nonostante tutto anche lui era un uomo e avrebbe saputo farsi rispettare, si disse... ma ci ripensò non appena vide l'uomo con le katane, le quali gli conferivano un'aria alquanto minacciosa. Eppure, e lo vide distintamente dal suo nascondiglio, aveva un bizzarro ghigno divertito dipinto in viso.
«Quello non è un pesce, Rufy, è una sirena. Hai mai sentito parlare nelle storie di ragazze con la coda di pesce?» lo sentì dire, e una vena ballerina cominciò a pulsare sulla fronte della sirena in questione.
«E le sirene si mangiano?» rimbeccò immediatamente il ragazzo dal cappello di paglia, con un nuovo rivolo di saliva all'angolo della bocca. Probabilmente non aveva capito niente di quanto gli era stato appena detto.
«Certo che non si mangiano, razza di... di strana bestia!» sbottò il ragazzo nascosto sporgendosi. «E si dal caso che io sia un maschio!» soggiunse con troppa enfasi, quasi volesse metterlo bene in testa a quei due bipedi che, in mente sua, aveva catalogato come due completi imbecilli. Solo quando si voltarono entrambi verso di lui - con fare persino scettico e vagamente incredulo, avrebbe osato dire - si rese conto di essersi esposto troppo, imprecando contro se stesso.
Così gettò un'occhiata al mare poco distante, cercando di arrivarci prima di loro nel caso in cui avessero cercato di catturarlo, e dallo sguardo famelico di quel ragazzo con il cappello di paglia, non gli sembrava un’ipotesi troppo fantasiosa.
«Vieni qui, sirenetta!» lo sentì urlare difatti, pronto a gettarsi in mare al suo seguito, quasi avesse compreso le sue mosse in anticipo.
«Ti ho detto che sono un maschio io!» volle avere l'ultima sull'argomento il biondo, facendosi distrarre e sentendo subito dopo quel bizzarro ragazzo saltargli letteralmente al collo, bloccandolo per quanto concessogli; rischiò quasi di affogare se non fosse stato recuperato in tempo dall'altro ragazzo, che dopo avergli urlato un «Idiota!» con un'esclamazione nervosa, parve tirarli su entrambi senza problemi, facendo correre un brivido simile al terrore dietro la schiena di Sanji. Stavolta l'aveva combinata grossa e avrebbe pagato le conseguenze. Nonostante tutto non si arrese, cercando di reagire muovendo la coda freneticamente, forse nel tentativo di beccare uno dei due e di fuggire.
«Rufy, bloccagli quella maledetta coda!» bofonchiò il ragazzo con le katane, prima che gli arrivasse una pinnata in viso.
«Non riuscirete a portarmi via!» sbottò, imprecando a denti stretti quando si sentì riafferrare ancora una volta da una stretta possente. In quel momento, intrappolato in quella situazione e nelle mani di quei tipi, quasi gli mancava la noia che aveva provato fino a poco tempo prima.
«Ehi! Ma mica ce lo portiamo dietro, vero?» si sentì udire una terza voce proveniente da uno strano animale nascosto malamente dietro un albero presente al limitare della spiaggia, che guardava nella loro direzione con fare guardingo. Da quel che la sirena poteva vedere sembrava spaventato, ma, ehi! Avrebbe dovuto esserlo lui.
«Certo che ce lo portiamo dietro, Chopper», bofonchiò in risposta il tipo di nome Zoro, tirando su con uno sforzo quello che Rufy continuava a definire un 'grosso pesce' prima di ricevere un'altra violenta codata senza accorgersi dello sguardo stralunato che aveva assunto. Ma era stata proprio quella strana creatura a parlare? Si chiedeva.
«Ma sei proprio certo?» insistette, facendo così allarmare quella specie di sirena che domandò spaventato, «Ehi! Ma quel coso parla?»
«Io sono una renna!» esclamò il coso in questione, e se non avesse avuto il muso peloso probabilmente avrebbe anche potuto vederlo arrossire vistosamente.
Dal canto suo, il tipo di nome Zoro si ritrovò a sbuffare, facendo forza sulle braccia prima di issare del tutto la sirena.
«Preoccupati di te stessa, sirenetta», berciò nell'osservarlo distrattamente, gettando un'occhiata alla renna. «Ce lo portiamo dietro e basta, Chopper, fine della discussione».
«E' il nostro pranzo!» soggiunse con enfasi Rufy.
«Io sono un maschio! Non sono una sirenetta», sbottò ancora il biondo. «E non sono il pranzo di nessuno! Selvaggi!»
«Tranquilla, sirenetta», rimbeccò con fare sarcastico Zoro, enfatizzando soprattutto il termine con cui l'aveva apostrofato. Più lo guardava, difatti, più quel pesce enorme gli sembrava esattamente una sirena. «Nessuno ti mangerà. Forse».
«Senti tu, buzzurro! Ho la voce da uomo! Ho il petto da uomo e non ho l'aspetto di un pesce!» strepitò, riuscendo a scivolare verso il basso sotto lo sguardo sconcertato di quel tipo.
Fu quasi tentato di tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo quando si sentì afferrare nuovamente, rimanendo sorpreso e sconvolto nel rendersi conto che la cosa che gli aveva afferrato la coda era un braccio. Un intero braccio che si era avvolto intorno ad essa, accidenti! Successivamente strillò, cercando di scappare con più foga. A quanto ricordava, gli umani non erano simili mostri.
«Adesso, Rufy, tiralo su!» udì esclamare, agitandosi sempre più e sentendo il cuore palpitare come impazzito nel petto. Era stato un idiota, si disse. Aveva voluto cercare il brivido e, adesso che l'aveva trovato, se ne pentiva amaramente.
Il ragazzo dal cappello di paglia fece come gli era stato detto, decidendo di sua spontanea volontà di bloccare il suo pranzo.
«Dove mi portate?» domandò con una nota di panico, e il sorriso poco rassicurante che gli venne rivolto dal tipo con tre katane - erano verdi, quei capelli? - riuscì solo a spaventarlo maggiormente. Appena sarebbe riuscito a liberarsi l'avrebbe ammazzato quel... quel... quella maledetta testa d'alga!
«In un posto che ti piacerà da morire», ironizzò in risposta.
«Non potresti vendermi, sai?» cercò di ricordargli, ricevendo un'occhiataccia da quel tipo.
«Questo lo vedremo», rimbeccò difatti con tono di chi la sapeva lunga, facendo appena un segno a Rufy che, dopo un sorriso a trentadue denti che non prometteva nulla di buono, si trascinò letteralmente dietro quella sirena e seguì Zoro, che si stava dirigendo verso la piccola renna ancora nascosta.
«Non sono né una sirena né un tritone... nessuno mi vorrà», volle avere l'ultima, mentre Chopper scappò via per restargli alla larga, lanciando un piccolo strillo acuto.
«E' solo il nostro pranzo, Chopper, torna qui!» esclamò con una risata divertita Rufy, aumentando l'andatura per corrergli dietro con il cosiddetto pranzo al seguito, il quale cercò di aggrapparsi inutilmente alla sabbia con evidente terrore.
«Non sono il pranzo di nessuno!» strepitò per l'ennesima volta, tentando ad agitarsi e a farsi lasciare, per quanto il provarci non sortisse per niente l'effetto sperato. Sotto lo sguardo divertito di quella testa verde - l'avrebbe ammazzato, lo giurò per l'ennesima volta -, non poté far altro che sottostare alla forza di quel ragazzino dal cappello di paglia, che continuava tranquillamente a correre dietro a quell'animaletto a discapito del suo corpo ormai palesemente martoriato da quello sballottamento, fino all'arrendersi.
Si accasciò dunque inerme con il busto sulla sabbia, lasciando che lo trascinasse senza remore. Oh, quanto gli sarebbe piaciuto tornare indietro e andare a infastidire un po' le altre sirene, in special modo la sua bella Nami-san, anche a costo di fare sempre le stesse cose! Adesso, nelle mani di quei selvaggi, era spacciato. Doveva arrendersi all'evidenza, soprattutto, quando la spiaggia si allontanò da sotto di sé e toccò il terriccio di un boschetto un po’ umido che lo fece rabbrividire.
Fu proprio nel toccare il terreno, però, che alzò di colpo la testa, rendendosi realmente conto che si erano allontanati dall'acqua, sentendo qualcosa all'interno della sua coda, la quale si dissolse come sabbia al vento rivelando un paio di gambe e lasciandolo nudo sotto gli occhi di tutti.
Il tipo con i capelli verdi, Zoro, si ritrovò a fissarlo accigliato, scoccando poi un'occhiataccia a Rufy come se fosse stata colpa sua.
«Che diavolo hai combinato?» rimbrottò, ignorando il piccolo Chopper che, con gran coraggio, era andato a nascondersi dietro il primo albero con uno strillo.
«Io nulla...» rispose quel ragazzo, deluso, inclinando lo sguardo di lato. «Ma se ha le gambe, ora, non lo possiamo più mangiare?»
«Non potevate mangiarmi nemmeno prima!» esclamò di rimando l'ormai uomo, cercando di riprendere possesso almeno delle proprie gambe. Forse voleva tentare di sfruttare lo stupore generale, chi poteva dirlo. Il solo problema era l'intorpidimento, e nel momento esatto in cui cercò di alzarsi cadde.
Venne immediatamente riacciuffato dal tipo con tre katane, che lo issò da terra con facilità esorbitante.
«Che diavoleria è questa, sirenetta?» borbottò, palesemente innervosito da quella situazione. Fece persino scorrere lo sguardo su di lui con fare fin troppo inquisitore, tanto che avrebbe fatto vergognare chiunque.
«Io ho un nome, sai? Mi chiamo Sanji», lamentò ancora una volta il biondo. «Sono un maschio!» cercò per l'ennesima volta di farsi capire, e forse, finalmente, riuscì a richiamare parzialmente l'attenzione di quel tipo. Nonostante Rufy continuasse a lamentarsi e a borbottare che il suo pranzo era svanito, Zoro aveva iniziato a fissarlo intensamente, come se volesse confutare con l'unico occhio che possedeva le sue parole.
«Okay, ricciolo», rimbeccò, soffermandosi su quel bizzarro sopracciglio. «Facciamo finta che ti credo. Ora muoviti, se non vuoi farti trascinare ancora».
«Sono un maschio, lo puoi vedere bene anche tu!» sbottò nuovamente. «E... non so camminare».
L'espressione che si impadronì dei lineamenti di Zoro fu indecifrabile.
«Come sarebbe che non sai camminare?» gli venne spontaneo chiedere, tralasciando momentaneamente il fatto che, aye, poteva vedere con esattezza che quella sirena, o qualunque cosa fosse, era un esemplare maschile. Poco prima non lo sembrava.
«Sarebbe che non le ho mai viste queste gambe», spiegò con evidente nervosismo. «Se avessi saputo farlo, avrei corso fino al mare».
Zoro ghignò, divertito. Non le aveva mai viste quelle gambe, eh? «Questo allora potrebbe facilitarci le cose», replicò, volgendo una rapida occhiata in direzione della boscaglia, precisamente dove si era nascosta la piccola renna. «Chopper!» lo richiamò, facendolo sussultare. «Coprilo con qualcosa e caricatelo in spalla».
A quel dire si voltò verso quella renna e strabuzzò gli occhi. «Che cosa? No!»
«Poche storie e diamoci una mossa», rimbrottò, facendo un rapido cenno a Chopper per obbligarlo ad avvicinarsi. Meglio muoversi prima che a Rufy venisse la brillante idea di mangiarselo lo stesso, data l'espressione famelica con cui continuava a guardare la sirena.
«Posso sapere almeno che cosa volete da me?» chiese, venendo trascinato di tutta risposta sul terreno, la cui umidità sembrava penetrargli nelle ossa.
«Lo saprai a tempo debito», replicò ironico, abbozzando un sorriso che non prometteva nulla di buono. «Sempre che tu non preferisca finire nella pancia di quello lì», soggiunse, indicando distrattamente Rufy.
«Quello tenetemelo lontano», lamentò, sentendo uno strano brivido percorrergli lungo la pelle al contatto con il terriccio umido. «E potreste essere anche più gentili!»
Non parve essere per niente preso in considerazione, però, poiché dopo aver allontanato per l'ennesima volta Rufy, che se n'era uscito nuovamente con un distratto «Quando ce lo mangiamo?», quel tipo di nome Zoro lo gettò malamente sul terreno, intimando per l'ennesima volta alla renna di caricarselo in spalla.
Si rialzò sorreggendosi sulle braccia, gettandogli un'occhiataccia.
«Portami tu, se ci tieni tanto! Quello è un animaletto», rimbrottò, ma lo sguardo che gli venne rivolto fu tutt'altro che cordiale.
«Non sottovalutarlo», gli fu detto con voce sprezzante, prima che si avvicinasse alla renna e gli battesse una piccola pacca su una spalla. -Fatti valere, Chopper».
Ci mise un po’ quello a eseguire l'ordine, prima di metter mano a una sacca che aveva a tracolla; frugò giusto un attimo prima di tirar fuori quella che sembrava una caramellina per poi trasformarsi, lasciandolo letteralmente di stucco.
Non ebbe però il tempo di rendersi realmente conto della situazione che venne afferrato senza mezzi termini, tanto che si lasciò scappare un'esclamazione sorpresa nel vedersi letteralmente scomparire il terreno da sotto i piedi, troppo preso da dimenticarsi di essere ancora nudo.
Erano successe troppe cose tutte insieme, dalla sua cattura a quel suo strano cambiamento, e vedersi adesso una piccola renna trasformata in un gigante era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, se voleva metterla in quei termini.
«Andiamo», fu il solo ordine che diede l'uomo con le spade, incamminandosi nella boscaglia con gli altri due al seguito.
Non si prospettava nulla di buono, all'orizzonte
.






Ed eccoci qui alla fine del capitolo.
Questo è un piccolo sclero nato tra la noia e l'organizzazione dei nostri prossimi cosplay, per ora attendete il prossimo capitolo, sperando che vi sia piaciuto questo tanto da seguirci ancora XD
Al prossimo ^^^

P.s. Per chi ha interesse, visitate la nostra pagina per le altre storie pubblicate su FMA (Titoli cliccabili con link diretto):
Jason's Story (2 su 6 'Volumi', Jason è un bambino che RoyEd adottano controvoglia, ma si rivelerà per loro il ben epiù prezioso e tanta avventura)
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Capitolo 2
*** Molto rumore per nulla ***


Tales_2

TALES OF SEA: MERMAID'S STORY
MUCH ADO ABOUT NOTHING
 
 
Sanji si era ormai arreso di dimenarsi, tanto che dopo ore interminabili di cammino si era quasi sopito nonostante i litigi dei tre.
Sembravano essere in disaccordo su qualcosa, ma aveva un tale mal di testa da non capire con esattezza di che cosa stessero parlando, tanto da ignorarli completamente.
Sarebbe voluto tornare indietro sui propri passi e rituffarsi in mare alla svelta, ma, giunti a quel punto, non riusciva più a capire dove fosse. Non si era mai avventurato al di fuori dell'acqua - e il fatto che non sapesse di quelle gambe che gli erano spuntate ne era la prova -, e poteva solo arrendersi all'evidenza: ovunque lo avessero portato, era spacciato e probabilmente in suoi guai erano giunti all'inizio, visto il grande portone di un castello che si stagliava finalmente davanti ai quattro.
«Ve l'avevo detto che era da questa parte».
La voce che gli giunse alle orecchie risuonò come un borbottio sconnesso, ben presto surclassata da un'altra che suonava non poco innervosita.
«Ma se ci hai fatto fare tutto il giro!»
«Ohi, la finite?» si fece sentire la voce del biondo, nudo. «Qui c'è gente che riposa».
«Tu sta' zitto, hai poco da lamentarti», gli venne sbottato contro dalla voce di Zoro, che tra un borbottio e l'altro si avviò verso il portone, battendo giusto tre colpi contro il legno prima che quest'ultimo si aprisse.
«Non direi, sono nudo e in braccio ad un mostro peloso...»
Venne immediatamente fulminato con lo sguardo, prima che quel tipo si avvicinasse nuovamente sotto l'occhio attento di Chopper - che si era ormai a sua volta arreso a trascinarsi dietro quel fardello, dato il brutto carattere di Zoro - e, senza tanti preamboli, gli tappasse la bocca con uno straccio che portava legato al braccio.
«E ora diamoci una mossa», sbottò, superando il portone per inoltrarsi, presto affiancato da Rufy, nel grande giardino che si intravedeva oltre esso.
A quel fare Sanji cercò di sputare quella fascetta nera senza successo, iniziando quasi a temere il peggio. Aveva quasi pensato che peggio di così non sarebbe potuta andare, ma a quanto sembrava si era maledettamente sbagliato. E più tentava di strepitare, con le sue esclamazioni che venivano soffocate da quella bandana, più si rendeva conto che non avrebbe lasciato le mura di quel castello. O forse non vivo, almeno.
Il tratto di giardino che lo separò dall'entrata del castello gli parve infinito, più della strada che avevano percorso per giungere sin lì. Nemmeno provare ancora a divincolarsi servì a nulla, poiché sentì ben presto i passi dei due che li precedevano rimbombare nel grande atrio, infastidendolo.
Non aveva mai sentito quei suoni e la cosa lo turbava alquanto, esattamente come la moltitudine di cose strane che si ritrovò ad osservare qualche istante dopo. Non aveva mai visto nulla di simile, e non poté fare a meno di pensare che gli umani fossero delle creature bizzarre; forse infastidirle non era più una buona idea.
Gliel'avevano sempre ripetuto di fare attenzione a quegli esseri, ma aveva sempre bellamente voluto fare di testa sua, troppo borioso per stare a sentire i suoi compagni. Ed ecco che adesso si trovava in mano a degli sconosciuti, con delle gambe che non gli appartenevano e in un posto che definire spettrale sarebbe stato un eufemismo. Era normale che facesse così freddo, in quel castello? Probabilmente sì, o forse la colpa era da imputare al fatto che fosse nudo e bagnato.
Un brivido gelido gli corse dietro la schiena nell'attraversare un vasto corridoio, dove quei passi risuonarono ancor più sinistramente alle sue orecchie; sentì il cigolio di una porta che ruotava sui cardini e, data la penombra che l'aveva avvolti fino a quel momento, la luce gli ferì gli occhi, tanto che fu costretto a strizzare le palpebre per abituarsi al brusco cambiamento. Davanti a sé era certo che ci fosse un uomo in ombra seduto, ma non ebbe il tempo di rendersene conto che sentì l'impatto con il pavimento ancora più gelido; imprecò a denti stretti e si massaggiò il fondoschiena, per quanto gli sembrasse ancora bizzarro possedere quel corpo e quelle gambe anziché la coda a cui era sempre stato abituato.
«E questo cosa significa?» esordì d'un tratto una voce pacata, rimbombando contro le pareti coperte da arazzi.
«Già, me lo domando anche io», masticò il ragazzo dopo essersi liberato del bavaglio, adocchiando quei tre che lo avevano portato fin li, udendo la voce di Rufy, quello con il cappello di paglia in testa e lo sguardo famelico accennare un «E' il nostro pranzo». Ancora non si era arreso, accidenti a lui?
«E' un dono per te», sembrò quasi grugnire in risposta Zoro tutto d'un tratto, osservando l'uomo con sguardo di sfida e calcando in modo spropositato le parole, quasi le stesse letteralmente sputando controvoglia.
«E cosa me ne faccio di un ragazzo nudo?- chiese quello con aria dispregiativa, facendo serrare una mano a pugno al ragazzo dai capelli verdi.
«Non è un ragazzo», sibilò, e poco ci mancò che il suo nervosismo facesse rizzare i peli sul dorso del piccolo Chopper, tornato alla sua forma originale. «E' una sirena».
«Le sirene sono donne, mio caro Roronoa», spiegò quello alzando di poco il volto, facendo sì che un occhio si puntasse sulla figura di quello, squadrandola, quasi come se riuscisse a penetrargli dentro l'anima e sondarla. Sembrava cercare di capire se fosse serio o meno, e la sirena in questione dovette ammettere di sentirsi alquanto a disagio, sotto quello sguardo indagatore. Oh, accidenti! Come diavolo c'era finito in una situazione del genere?
«Questo tipo è una sirena», insistette, e per quanto vi si fosse intromesso anche Rufy, borbottando un qualcosa che suonava vagamente come un «Prima era un grosso pesce», l'espressione dell'uomo divenne ancor più scettica, mentre quello strano esserino cercava di zittirlo.
D'un tratto quell'uomo in ombra agitò una mano, sollevandosi dal trono sul quale era accomodato solo per far sì che una porzione del suo viso fosse abbastanza visibile, rivelando uno sguardo austero e severo, simile a quello d'un falco.
«Andatevene dalla mia vista, Roronoa. Sono stufo delle tue sbruffonate».
«Ehi! A me non frega nulla di questo qui, ma io vorrei tornarmene a casa mia! Riportatemi al mare», si stufò Sanji, venendo immediatamente fulminato dallo sguardo di Zoro. Sembrava quasi che potesse farlo a fette soltanto con quell'unico occhio che si ritrovava, anziché con le spade che portava appese alla cintola.
Fece poi per ribattere alle parole dell'uomo, ma fu il piccolo Chopper a precederlo e a scoccargli una specie di occhiata ammonitrice. 
«Come desidera, Maestà», si affrettò ad intervenire, ricaricandosi in spalla la sirena nonostante le rimostranze di quest'ultima.
«Ehi! Aspettate, voglio tornare a casa mia», si lamentò, ma nessuno parve dargli ascolto, men che mai il tipo dai capelli verdi che aveva messo su tutta quella baraonda. Per cosa, poi? Avrebbe davvero voluto saperlo... e avrebbe anche preferito evitare di finire nello stomaco di quel ragazzino di gomma, che lo guardava ancora come se fosse cibo. Avrebbe davvero voluto sapere dove lo stessero portando, dato ce avevano ripreso a vagare per quei corridoi tutti uguali. Perché non lo riportavano a casa e basta, visto che non era stata di nessuna utilità per quella testa di muschio?
«Portalo ai piano superiori e dagli qualcosa da mettersi addosso, Chopper», esordì d'un tratto la testa di muschio in questione, scoccandogli un'occhiataccia prima di andarsene bellamente senza aggiungere nient'altro, per quanto sembrasse borbottare tra sé e sé chissà cosa. Ma non era l'unico a lamentarsi in questo, quel Rufy continuava a non finirla più con la sua fame e sperava vivamente che l'ordine non fosse stato quello di servirlo a cena. Avrebbe preferito senza alcun dubbio diventare schiuma di mare, piuttosto che finire nelle fauci di quel mostro. Forse l'unico sano di mente, lì dentro, era proprio quel bestione che se l'era caricato in spalla, al quale chiese spiegazioni non appena si ritrovò solo con lui. Avevano salito una rampa di scale posta sulla destra, e ormai non riusciva più a capire con esattezza dove si trovasse.
Però quel curioso pelouche gigante scrollò una spalla, svoltando a sinistra. 
«Il principe è testardo, potrebbe avere qualsiasi cosa che gli passa per la testa», replicò semplicemente, come se quello spiegasse tutto. Ma non spiegava un bel niente, accidenti!
«Cosa vorrebbe dire? Che quel bamboccio non vuole lasciami andare? Io ho una casa, sapete», sbuffò sulle sue, facendo sospirare la renna.
«A quanto pare al principe non interessa», si limitò a dire, sapendo fin troppo bene quanto fosse cocciuto quel ragazzo.
«Ma interessa a me», rispose il biondo piccato, volgendo lo sguardo indietro come se volesse in qualche modo vedere in viso quel bestione. Peccato che la posizione in cui vigeva non glielo consentisse.
«Per adesso ti conviene stare tranquillo», gli consigliò, arrivando finalmente dinanzi ad una porta posta sulla sinistra, facendolo sbuffare tra sé e sé.
Con una mano si tenne il mento, poggiando il gomito alla spalla di quel colosso, mentre l'altra si portò distrattamente una mano a toccare i capelli, sfiorando la stella marina che tempo addietro le ragazze si erano divertite a mettergli in testa, vietandogli di togliersela in segno del suo amore; in realtà era una buffa presa in giro alla quale, però, il biondo aveva tenuto fede.
A quel pensiero sospirò pesantemente, sentendo nostalgia di casa. Sarebbe mai riuscito a tornarvi? Oh, sperava vivamente di sì. Non aveva la benché minima intenzione di sottostare ai capricci di quel rozzo principino dai capelli improponibili.
Venne posato ben presto su qualcosa di morbido con delicatezza, rendendosi conto in un secondo momento che si trattava di un letto.
«In quell'armadio troverai qualcosa da metterti», sentì dire d'improvviso dalla renna, che nel frattempo era tornata normale. «Il principe non è cattivo, è solo... cocciuto, ecco», lo giustificò con un certo imbarazzo.
«Sì, ma... cosa dovrei fare di preciso, ora?» si chiese confuso, vedendo con la coda dell'occhio quel buffo animaletto correre lui stesso all'armadio.
«Pazienta», gli venne detto. «Vedrai che potrai tornare presto a casa», concluse, uscendo dalla stanza per raggiungere il suo amico e lasciando il ragazzo confuso e tartassato dai dubbi.

***

Zoro si trovava nel giardino da qualche parte nel castello, questo perché nemmeno sapeva con certezza dove fosse, ad allenarsi con le sue spade.
Voleva cercare di tenere la mente occupata, probabilmente, sia a causa del nervosismo che aveva provato dinanzi a quello stupido vecchio - cosa diavolo pretendeva da lui, maledizione? -, sia per colpa della bizzarra sensazione che aveva provato dal momento in cui si erano ritrovati fra le mani quella strana sirena o di qualunque cosa si trattasse, tanto da rimanere quasi agitato.
Che cosa poteva significare quel rimescolamento che sentiva dentro di sé, accidenti? Forse stava male, già. Doveva per forza essere così. Una volta terminato il proprio allenamento ne avrebbe parlato con Chopper, nella speranza che potesse prescrivergli qualche medicina che lo facesse star meglio. Ma finì appena di pensarlo che la piccola renna lo raggiunse, e gli parve persino trafelata. Aggrottò dunque la fronte nell'osservarla quasi distrattamente, fingendo momentaneamente di concentrarsi solo ed esclusivamente sul proprio allenamento.

«Ho bisogno di qualche tuo intruglio, Chopper», la buttò lì, poiché non era solito ammettere di star male nemmeno quando era vero.
«E per cosa?» chiese quello, incuriosito. «Non posso darti delle medicine a casa».
«Tu dammi qualcosa e basta», bofonchiò in risposta, rinfoderando ben presto la spada prima di detergersi il sudore dalla fronte. Non andava per niente bene. Persino allenarsi non lo aiutava a distrarsi.
«Devi dirmi cos'hai», insistette la renna, facendo alzare al ragazzo lo sguardo al cielo. Dirgli cosa aveva... dannazione, avrebbe tanto voluto saperlo anche lui.
«Non ne ho idea», rimbeccò, gettandogli solo una rapida occhiata prima di lasciarsi cadere seduto sul terreno con uno sbuffo. «E' il petto».
«Ti fa male?» gli chiese, avvicinandosi per sentirlo sotto lo sguardo quasi corrucciato del ragazzo.
«E' come se avessi un peso», sbottò poi,  traendo un lungo respiro. Si sentiva strano e non aveva idea di come spiegare la cosa al piccolo dottore, che aveva assunto un'espressione seria e autoritaria.
«E da quando?» gli venne chiesto.
«Da quando eravamo nella foresta», rimbeccò, come se la cosa spiegasse tutto. In verità non spiegava praticamente niente, ma era stato proprio durante quei momenti passati in quella boscaglia che aveva sentito quello strano disagio dentro di sé.
«Nella foresta?» chiese curioso il piccolo medico. «E cosa hai fatto nella foresta?»
«Che diavolo ne so, Chopper?» sbuffò, scompigliandosi la zazzera smeraldina con fare nervoso. «Non ho fatto un accidenti di niente e non so che diamine ho. Dimmelo tu, sei tu il medico».
«Io non sento nulla, sarà una tua sensazione», gli rispose quello annuendo, guadagnandoci un'occhiataccia.
«Se fosse stata una mia impressione non avrei nemmeno aperto bocca, Chopper. Lo sai», rimbrottò, abbassando lo sguardo verso il proprio petto. Forse era soltanto stanco, chi poteva dirlo.
«Ma il tuo petto non ha nulla», insistette il medico, con in viso un'espressione che la diceva lunga. In fin dei conti sapeva fare bene il suo lavoro, lui, per quanto il principe sembrasse quasi diffidare delle sue parole.
E fu proprio quest'ultimo, alla fine, ad alzarsi in piedi con un nuovo sbuffo, lo sguardo rivolto verso un punto imprecisato del giardino.
«Forse dovrei sbarazzarmi di quella sirena», parve quasi borbottare fra sé e sé. «Probabilmente mi sentirei meglio, togliendomela dai piedi».
«Cosa c'entra quel tipo, adesso?» chiese curiosa la renna. «E' lui che ti provoca questo... malessere?»
Pur sentendo di aver detto troppo - dannazione, non era proprio abituato a raccontare così tante cose al medico di corte -, dopo essersi grattato dietro al collo con un certo disagio,  Zoro riportò lo sguardo su di lui.
«Credo di sì», rispose senza mezzi termini. «E' da quando ce lo siamo portato dietro che mi sento strano. Dovrei toglierlo di mezzo».
«Ne sarebbe felice, vorrebbe tornare a casa sua, in effetti», rifletté tra sé e sé. «E poi, tu dovrai sposarti con una principessa...» gettò lì.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio. 
«Cosa diavolo c'entra questo?» sbottò, storcendo persino il naso in una smorfia. Aveva sempre detestato quel determinato argomento, e non riusciva a capire perché la renna l'avesse messo in mezzo proprio in quel momento.
«Nulla, ma... credo che quel male sia un piccolo accenno di... una cotta», rispose senza mezzi termini la renna, spaventata subito dopo da un rumore proveniente da un albero lì vicino e la figura di Rufy apparsa dinnanzi a lui famelico: «C'è della carne cotta?!»
Accigliandosi in un primo momento, il principe si premurò lui stesso di zittire il nuovo arrivato, rimbrottando un 
«Qui non c'è niente, idiota!» prima di riportare la propria attenzione sul dottore, come se si fosse reso conto di ciò che aveva detto solo in quel momento. «Una cosa?» sibilò, per quanto avesse perfettamente capito. «Per quello stupido pesce, poi?»
«Penso proprio di sì. Ma visto che lo vuoi allontanare non c'è problema», insistesse il medico facendo spallucce.
Zoro si lasciò sfuggire una specie di grugnito, come se non volesse ancora credere a ciò che gli era appena stato detto. Una cotta per quella sirena? Lui? Doveva essere uno scherzo. «E se invece... non lo allontanassi?» domandò guardingo, ignorando lo sguardo di Rufy ostinatamente puntato su di lui, quasi stesse cercando di comprendere tutta quella situazione e di cosa stessero parlando gli altri due.
«Potresti superare la cotta e voler desiderare oltre... meglio se lo riporti al mare, siete due specie diverse e Re Mihawk non sembrava intenzionato a tenere quel ragazzo».
Il principe incrociò le braccia al petto, trovando opportuno guardare altrove. In realtà non gli interessava minimamente che quel vecchio non volesse tenere quella sirena, ma se Chopper aveva ragione, e se davvero si era invaghito di quest'ultima, probabilmente riportarlo a casa era la soluzione migliore. 
«Forse non mi interessa il fatto che siamo due specie diverse, ci hai pensato?» disse di punto in bianco, decidendo di dare le spalle ad entrambi per incamminarsi, quasi volesse chiudere lì la conversazione, lasciando interdetto Chopper, anche se con un sorriso sulle labbra.
«Mi spiace un po’ per quel poverino... ma se finalmente il principe si apre un po’ con qualcuno ed è felice, non credo sarà poi una cattiva idea», disse tra sé e sé prima di farsi distrarre da Rufy con qualche scemenza e seguirlo.
«Ma Zoro sta male?» gli venne chiesto proprio dal ragazzo dal cappello di paglia, che aveva gettato una rapida occhiata nella direzione in cui era sparito il principe. Chissà dove voleva andare, visto che da quella parte non si arrivava di certo alle sale principali...
«Non ti preoccupare per lui, Rufy, bisogna lasciarlo stare un po’».
Rufy si portò una mano al mento e assunse un'aria seria e riflessiva, cosa che risultava abbastanza difficile vedere sul suo volto. Forse il medico aveva ragione, in fin dei conti le stranezze di Zoro erano all'ordine del giorno. «Gli ci vorrebbe un'avventura!» esclamò poi ridacchiando, scuotendo un po' il capo prima di rientrare con il piccolo Chopper.






BUHAHAHAHA! UHAHAHAHA! Purtroppo non è ancora accaduto niente, per ora posso solo dire che il caro Sanji è nell'ignoto e Zoro... ha insito il dubbio in sé v.v …
Pazientate ancora un po', al prossimo ne vedrete di belle e pian piano la storia prenderà forma senza lasciare nulla al caso! XD
Se poi non è vero prendetevela con My Pride v.v *NdRR che scappa* XD
A presto con il prossimo capitolo ^^^
Speriamo di rivedervi ancora ^^^

Ringraziamenti:

QueenCamelia13
tignoz
Connie_97

P.s. Per chi ha interesse, visitate la nostra pagina per le altre storie pubblicate su FMA (Titoli cliccabili con link diretto):
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Geschenk Blut / Bluid tiodhlac - Dono di sangue - (1 su 2 'Volumi', storia di Vampiri, RoyEd e Jason incluso, Non per stomaci delicati) 

 

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Capitolo 3
*** Non tutti i mali vengono per nuocere... forse ***


Tales_4

TALES OF SEA: MERMAID'S STORY
IT'S AN ILL WIND THAT BLOWS NO GOOD... MAYBE
   

In un'altra stanza del castello, intanto, c'era chi ancora non si raccapezzava di quella situazione.
Gli sembrava che fosse tutto fuori posto, e in effetti non aveva tutti i torti. Si era guardato intorno per una buona decina di minuti - o forse anche di più, aveva perso il conto - nel tentativo di comprendere quanto era successo, ma inutilmente, cercando fintanto di raccapezzarsi.
Per quanto si fosse sforzato, però, non era riuscito a trovare una soluzione soddisfacente, né tanto meno a capire con esattezza perché diavolo fosse stato portato lì. Aveva seguito il consiglio della piccola renna e, con un bel po' di fatica, era riuscito a trascinarsi fino all'armadio, prendendo la prima cosa che gli era capitata sottomano per coprirsi. Non aveva mai pensato che potesse fare così freddo, sulla terra. O forse era una percezione data dal fatto che non si trovasse più in mare.
Osservò quell'indumento, scoprendo che effettivamente doveva trattarsi di una maglia, anche se forse un po’ troppo lunga e possedeva qualche accessorio di cui non ne conosceva affatto l'utilizzo. Eppure lo copriva interamente; forse non era poi così male quella maglia, pensò tra sé e sé, abbozzando una sorta di sorrisino.
Sollevò lo sguardo al soffitto, domandandosi poi quasi distrattamente che cosa avrebbe dovuto fare, adesso. Non poteva nemmeno sperare di uscire da lì e andarsene, giacché le sue gambe non ne volevano ancora sapere di dargli retta. Con la coda era molto più facile, mentre ora... non sapeva nemmeno come si muovessero per stare in piedi.
Si ritrovò a sbuffare, decidendo di sfruttare quel letto, dato che per il momento non poteva far altro che starsene chiuso lì dentro. Così si sdraiò e poggiò la testa sul cuscino, dovendo ammettere che era molto più confortevole di quanto avesse creduto al principio. Avrebbe persino potuto addormentarsi se non si fosse sentito ansioso, dato il luogo in cui si trovava.
Sospirò. Avrebbe tanto voluto che qualcuno - e in quel momento gli andava bene chiunque, persino quel cretino d'un principe - entrasse dalla porta che aveva cominciato a fissare con insistenza, nella speranza che lo riportassero a casa una volta per tutte.
Una parte di lui, però, si sentiva strana quando la sua mente sfiorava quell'argomento, ma non riuscì a terminare quel pensiero che fu proprio quello che entrò nella stanza con poca grazia, scoccandogli un'occhiata in tralice prima di chiudersi la porta alle spalle.
«Ehi, no! Aspetta!» strillò il biondo cercando di richiamarlo, sentendo uno strano brivido corrergli lungo la schiena. Non gli piaceva per niente la piega che stava prendendo quella situazione, men che mai gli sembrava che fosse una cosa positiva starsene chiuso lì dentro con quell'idiota.
«Vedi di stare calmo, ricciolo», sbottò, e solo quando lo sguardo gli cadde davvero su di lui si ritrovò ad accigliarsi. «Come diavolo ti sei conciato?» gli venne spontaneo chiedere, non sapendo se ridere o vergognarsi per quella sirena.
«Non lo so, è l'unica cosa che sono riuscito ad afferrare, stupido marimo», gli rispose tempestivamente quello, e, per quanto lo stupido marimo in questione stesse cercando di controllarsi, alla fine non poté fare a meno di lasciarsi scappare una sonora risata. Difficile dire, però, se fosse derisoria o semplicemente divertita.
«Levati quel coso di dosso, sirenetta», rimbeccò poi quando si riprese, sebbene si vedesse lontano un miglio che avrebbe potuto ricominciare da un momento all'altro. «Se è vero che sei uomo, dovresti indossare un paio di pantaloni come questi», soggiunse, indicando con un rapido cenno i propri calzoni a scopo illustrativo.
«Non ridere, deficiente!» sbottò immediatamente quello. «Non mi sono mai posto il problema!»
«Ponitelo adesso», gli venne detto in tono schietto, pur essendoci in esso ancora un accenno di ilarità. Non gli capitava tutti i giorni, difatti, di vedere un uomo, una sirena, o qualunque cosa fosse con esattezza, vestito come una principessa. E nel vero senso della parola, dato il vestito pregiato che aveva indossato.
«Perché dovrei? Voglio solamente tornare nel mare. E' colpa tua se mi trovo qui senza saperne il motivo».
«Sei stato tu a capitare sulla mia strada nel posto sbagliato al momento sbagliato, sirenetta, quindi non prendertela con me», rimbrottò, poggiandosi a braccia conserte contro la porta, quasi volesse impedirgli di fuggire. Come se potesse farlo, poi.
«Nessuno t'impediva di lasciarmi lì, me ne stavo andando», gli fece notare il biondo. «E mi sono ritrovato con queste stregonerie al posto della coda», indicò le gambe, «e offerto a quel tipo che nemmeno mi voleva».
Zoro, a quel dire, lo guardò per un lungo momento, quasi stesse assimilando le sue parole e se ne stesse facendo una ragione. Avrebbe potuto lasciarlo lì come gli era stato fatto notare e trovare qualcos'altro da portare in dono, evitandosi anche quella stupida infatuazione.
«Quell'uomo è difficilmente accontentabile», rimbrottò, come se ciò spiegasse tutto, soffermandosi ancora una volta sulla sua figura. Accidenti, le storie sui poteri ammalianti delle sirene non potevano essere vere, no?
«Perfetto, ora posso tornare a casa?» volle incitarlo lui, ignorando i pensieri che stava facendo Zoro sul suo conto.
Quest'ultimo, però, scosse il capo. 
«Non ancora, sirenetta», replicò, stringendosi nelle spalle con un certo disagio. Forse Chopper aveva proprio ragione, maledizione, e fu per non pensarci oltre che si diresse all'armadio, tirando fuori un paio di pantaloni che lanciò prontamente in direzione del ragazzo. «Per adesso infilati questi».
Afferrò i suddetti pantaloni, il ragazzo, piegandosi e cercando di infilarli quasi senza successo sotto lo sguardo a dir poco sconcertato del principe. 
«Prova a toglierti il vestito, sarà più facile», ironizzò, avvicinandosi però al letto con fare circospetto, come se volesse tener d'occhio i suoi movimenti.
«Non credo che sia quello il problema», obiettò l'altro, facendo però come gli era stato detto. Gli sembrava comunque più facile a dirsi che a farsi, visto che quei cosi che quella testa d'alga aveva chiamato “pantaloni” erano tutt'altro che facili da indossare, soprattutto per lui, che non aveva mai avuto la necessità di utilizzarne. Era talmente concentrato ad imprecare contro quei cosi che non si era nemmeno accorto del fatto che il principe stesse continuando a fissarlo, con un'espressione che la diceva lunga; quest'ultimo si ritrovò persino ad avvicinarsi maggiormente, cercando di fare affidamento sul suo stoico auto-controllo.
«Ti serve una mano, ricciolo?» gli chiese, tentando di rendere il tono più sarcastico possibile. Forse per non tradire le strane sensazioni che provava in compagnia di quello stupido pesce, chi poteva dirlo.
«Non ho bisogno che uno stupido umano dalla testa verde mi vesta!» sbottò a quel dire il biondo, continuando a ignorarlo.
Lì per lì Zoro rimase immobile ad osservarlo, come se il suo cervello stesse immagazzinando le parole appena ricevute; quando ci riuscì scattò serpentino verso di lui, afferrandolo per il bel colletto del vestito.
«Come mi hai chiamato, idiota d'una sirena?!» sibilò, poiché nessuno aveva mai osato tanto. E non perché fosse il figlio di Re Mihawk, ma perché era terribile come il padre, quando ci si metteva.
«Perché? Marimo ti era più congeniale?» chiese quello senza allarmarsi oltre, ma facendo scattare improvvisamente una gamba per regalargli un sonoro calcio involontario che lo fece restare letteralmente di stucco.
Persino Zoro, sia per il colpo sia per la sorpresa, era rimasto allibito. E dovette ammettere, per quanto la cosa lo snervasse, che quell’idiota aveva più forza di quanto avrebbe pensato al principio. Non che non avesse provato la potenza della sua coda, sulla riva del mare... ma con quelle gambe era di tutt’altro effetto. 
«A quanto pare stai cominciando ad imparare come funzionano le gambe, ricciolo», bofonchiò, massaggiandosi il punto colpito.
«Io non so nemmeno come funzionano queste... cose». E dall'espressione che aveva assunto, nonché l'aria sorpresa, sembrava dicesse sul serio.
«Per uno che non lo sa, te la cavi piuttosto bene», ironizzò il principe, rendendosi conto troppo tardi di aver cominciato a fissare quel biondino con fin troppa insistenza, forse più di quanto avesse fatto fino a quel momento.
«Già... ma preferirei riavere la mia coda, quindi o mi dici come si mettono questi cosi o mi riporti in mare», si risolse il biondo, facendo sollevare un sopracciglio a Zoro.
«Non avevi detto di non volere l'aiuto di un umano, sirenetta?» lo schernì, per quanto gli si fosse avvicinato quel tanto che bastava per strappargli di mano i pantaloni. «Infilaci prima una gamba e poi l'altra», soggiunse poi, gettandogli un'occhiata senza volerlo. Oh, accidenti a Chopper. Avrebbe tanto voluto che la sua diagnosi fosse errata, stavolta.
«Non ho chiesto di essere vestito», snobbò l'aiuto Sanji, certo che l'altro non lo avrebbe ascoltato; difatti, dopo aver assunto un'aria tutt'altro che rilassata, il principe si ritrovò a strattonargli l'abito che ancora indossava, levandoglielo lui stesso da dosso. E lo ritenne un errore, dato che lo sguardo, non volendo, gli cadde verso il basso.
«Piantala di discutere e fatti infilare questi», bofonchiò, cercando di rendere il tono più nervoso possibile per non tradire un certo disagio.
«E tu non guardarmi con quella faccia da pesce lesso, allora!» rispose prontamente l’altro cercando anche di chiamarlo. «Mi confondi!»
«Cos...?!» Zoro sbatté più volte le palpebre, come se non si fosse accorto di aver cominciato a fissarlo. Maledizione, doveva capire cosa diavolo stesse succedendo perché era lui quello confuso, non di certo quell'idiota. «Abbassa la cresta e datti una mossa, ricciolo, se non vuoi finire in una bella vasca per pesci come attrazione principale!»
«Ti sfido a farlo», fu la risposta di Sanji sulle sue, e Zoro gli afferrò una ciocca di capelli, chinandosi alla sua stessa altezza per ritrovarsi ad una spanna dal suo viso.
«Non tentarmi, sirenetta, perché potrei farlo davvero», sibilò, infilandogli lui stesso i calzoni senza alcun riguardo, quasi volesse darsi una mossa e coprirgli almeno le parti intime. Se avesse attentato ancora al suo auto-controllo, l'avrebbe consegnato ai cuochi e fatto fare in salamoia, dannazione a lui.
«Sono un maschio, smettila di chiamarmi sirenetta», rimbrottò quello, sussultando e sibilando quando fu vestito. «E fai piano, deficiente».
Era un maschio, già. Se n'era accorto fin troppo bene, e forse era uno dei motivi principali per cui avrebbe dovuto smetterla di provare attrazione per lui. Non che gli interessasse poi tanto, il suo sesso...
Scosse il capo prima di completare quel pensiero, afferrandolo per un braccio.
«Tu vieni con me», rimbeccò, ignorando le sue parole per caricarselo su una spalla, come se fosse pronto ad uscire da quella stanza.
«Che cavolo ti è preso ora?» domandò il ragazzo capendoci sempre meno. Per quanto quell'animaletto gli avesse detto che fosse cocciuto quel principe, per lui era solamente uno stupido e anche troppo irritabile per i suoi gusti.
«Lo capirai presto, stupido torciglio», sbottò il principe in questione, issandoselo meglio in spalla. Di sicuro senza quella coda ingombrante pesava di meno, e non gli era poi così difficile trascinarselo dietro nei corridoi del castello.
Girò due volte a destra e tre a sinistra, imprecando contro quei disimpegni. Non era lui che si era perso... erano quelli ad essere tutti uguali.
«Ma si può sapere perché stiamo girando in tondo?» si sentì chiedere, e si ritrovò a grugnire chissà cosa tra sé e sé, quasi non volesse minimamente rispondere.
«Non stiamo girando in tondo, è solo una tua impressione», borbottò, per quanto avesse cominciato a guardarsi intorno. Dannazione, viveva lì dentro da anni e ancora non riusciva a capire dove si trovasse.
«Ma questo vaso è l'unico vicino alla porta da cui siamo usciti», indicò l'oggetto in questione. «E non abbiamo sceso nemmeno una scala».
«E' casa mia, saprò pure dove sto andando, no?» rimbrottò, per quanto si sentisse una nota vagamente incerta nella sua voce. O forse stava cercando semplicemente di convincersi, chi poteva dirlo.
Si ritrovò dunque a girare verso destra per l'ennesima volta, vedendo stagliarsi dinanzi a sé uno di quegli stupidi arazzi con cui quel vecchio aveva addobbato il castello. Forse la direzione era giusta, stavolta.
«No, non lo sai», decise di stroncare la sua fiducia.
«Non rompere, sopracciglio a ricciolo, altrimenti ti mollo qui», borbottò, chiedendosi ancora chi glielo avesse fatto fare di trascinarsi dietro quel guaio vivente.
«Magari. Così posso trascinarmi fino al mare e non metterci troppo tempo», commentò, venendo scrollato malamente dal principe.
«Vorrei proprio vederti strisciare sui gomiti, stupida sirena», sbottò, e si affrettò a girare a sinistra, salendo le prime scale che gli capitarono dinanzi agli occhi.
«Meglio strisciare, piuttosto che farsi scarrozzare da un idiota che non sa nemmeno dove siano le cose in casa sua».
«Sono le cose presenti qui dentro ad essere tutte uguali», si giustificò con uno sbuffo, decidendo di punto in bianco di troncare lì qualsiasi conversazione. Si guardò solamente intorno con attenzione, certo di dover girare ancora una volta a sinistra superata quella grossa statua che aveva dinanzi.
«Fammi indovinare, girerai ancora dietro la statua?» chiese annoiato, e, se solo l'altro avesse potuto, avrebbe ricevuto da lui un'occhiata letteralmente di fuoco.
«Se non vuoi che ti lasci nelle mani dei cuochi, sirenetta, farai meglio a tenere la bocca chiusa», sbottò il principe, tornando a guardare avanti con un borbottio. E fu quasi tentato di esultare quando si rese conto che stava andando dalla parte esatta.
«E cosa faresti? Non oseresti mangiare un uomo!»
«Potrebbe farlo Rufy», ironizzò Zoro, e, sebbene la sua fosse suonata come una costatazione quasi scherzosa, dato il modo in cui l'amico aveva continuato a guardare quell'uomo pesce, beh, forse avrebbe potuto farlo sul serio. Non che gliene importasse poi molto, a dire il vero... però perché, allora, qualcosa nella sua testa non la smetteva di mormorargli che avrebbe fatto a fette chiunque avesse tentato di toccare quella stupida sirena? Doveva essere impazzito, non c'era altra soluzione, e, pensando questo, alle sue spalle c'era chi prese per vera quella minaccia.
«Di un po’, siete cannibali?»
Il principe arcuò un sopracciglio, scettico. 
«Che diavolo ti salta in mente, sirenetta dal sopracciglio ridicolo?» sbottò, come se non potesse credere che quello stupido avesse preso sul serio le sue parole. «Qui in superficie si chiama ironia, questa», soggiunse sarcastico e con tono di sufficienza, arrivando finalmente a destinazione con suo sommo stupore.
«So cos'è l'ironia!» lamentò. «Semplicemente quel Rufy mi sembra capace!»
«Per chi lo hai preso?» borbottò in risposta il principe. «Sarà anche un pozzo senza fondo, ma per quanto abbia ripetuto che ti avrebbe mangiato, non lo farebbe mai», andò in difesa dell'amico, per quanto non fosse certo al cento per cento delle sue stesse parole. Ma, ehi, non erano problemi suoi. «La vedi quella, piuttosto?» soggiunse, facendo in modo che anche l'altro vedesse l'enorme teca di vetro che si stagliava dinanzi a loro. «Di' ciao alla tua nuova casa».
A quel dire si alzò giusto un attimo per capire le sue parole per poi sgranare gli occhi.
«Per chi mi hai preso? Non sono mica un pesciolino da esibire in bella mostra! E poi, non c'è nemmeno una bella sirenetta!» s'arrabbiò.
«La bella sirenetta sarai tu», tagliò corto Zoro nell'avvicinarsi alla teca colma d'acqua, come se le sue parole non lo toccassero minimamente. E probabilmente era davvero così. «Ti avevo avvertito di non sfidarmi, ricciolo».
«Sono un uomo! E giuro che se lo fai... te ne pentirai!» minacciò, cercando di tirare ancora una volta un calcio senza successo, dato che quella stupida testa verde d'un principe aveva preso le sue precauzioni. Se l'era difatti caricato in spalla in modo che non potesse nuocergli più di tanto, e la situazione stava diventato altamente snervante. Sanji si ritrovò a sudare freddo, però, quando si rese conto che quell'idiota faceva sul serio. Voleva davvero metterlo in quella teca per pesci, accidenti, e lui, certo di non volerci entrare, decise di aggrapparsi con tutte le se forze alla maglia. «Io non ci entro lì!»
Il principe volse appena lo sguardo verso di lui, scrollandoselo di dosso con una facilità disarmante. 
«Och, invece lo farai eccome», parve quasi ghignare poi, e non fu per niente bello il tono con cui pronunciò quelle poche e semplici parole. Ma il biondo non si arrese; si strinse intorno a lui solo con le braccia, intenzionato più che mai a non mollarlo. Non si sarebbe mai fatto mettere lì dentro alla stregua di un pesce, dannazione! Aveva ancora la propria dignità, e non avrebbe mai permesso che un idiota dalla testa d'alga lo segregasse in un acquario. Peccato, però, che non riuscì a fare molto per impedirlo, per quanto non avesse fatto altro che scalciare con quelle sue nuove gambe e opporre resistenza. Quel tipo, doveva purtroppo ammetterlo, possedeva una forza fuori dal comune e lui non era in grado di reagire come avrebbe voluto, tanto che si ritrovò in men che non si dica dentro l'acqua, sentendo i pantaloni strapparsi prima di ritrovare la sua coda. Da un lato ne fu contento, certo, ma nuotò rapidamente verso il vetro, picchiando i pugni contro di esso come se si aspettasse che potesse finire a pezzi da un momento all'altro. Fissò con rabbia il principe che lo osservava dal lato opposto, incontrando il suo sguardo disinteressato. Aveva persino osato sollevare brevemente un angolo della bocca in quello che aveva tutta l'aria di essere un sorriso, e a Sanji venne l'irrefrenabile voglia di cancellarglielo a suon di violente codate, tanto che si tirò su fino a uscire un po’ con il busto.
«Brutto bastardo! Tirami fuori!»
Zoro sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto con disinvoltura prima di dargli le spalle. 
«Fossi in te comincerei ad abituarmi, ricciolo», rimbeccò, avviandosi a grandi falcate verso l'uscita. «Resterai lì per un bel po'».
«Ti ho detto di tirarmi fuori di qui!» lamentò nuovamente. «Questa non è nemmeno acqua salata!»
«Vorrà dire che farò portare qui su un paio di sacchi di sale», ironizzò, agitando subito dopo una mano come se nulla fosse, sparendo oltre l'angolo con solo i suoi passi a testimoniare la sua presenza che si allontanava.






Beh, il vestito anche senza richiesta era dovuto e già stata inserita come idea da tempo immemore v.v
E che dirvi di più, se non chiedervi se vi è piaciuto il nostro pesciolino sirenetto?
Cambiano i ruoli, ma i caratteri dei pg sono sempre quelli e le frecciatine e le liti non possono mancare direi XD
Al prossimooo <3 vi aspettiamo più numerosi ^^^

Ringraziamenti:

tognoz
Connie_97

P.s. Per chi ha interesse, visitate la nostra pagina per le altre storie pubblicate su FMA (Titoli cliccabili con link diretto):
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Capitolo 4
*** Primi passi ***


Tales_4
TALES OF SEA: MERMAID'S STORY
FIRST STEPS
 
 
Era ormai sera inoltrata e Mihawk stava girando per i corridoi del castello, quando poi alzò lo sguardo verso l'acquario una volta ritrovatosi davanti ad esso, accigliandosi. Quel ragazzetto biondo che Zoro aveva avuto la brillante idea di portargli davanti un paio di giorni addietro era effettivamente una sirena, ma cosa ci facesse lì non ne aveva la più pallida idea. Aveva lo sguardo infuriato che guardava fisso e braccia incrociate, come ad attendere con aria alquanto incazzata, ma non erano affari suoi, quindi alzò le spalle e andò oltre, non volendo avere niente a che fare con le stupide questioni che il figlio aizzava. Era sempre stato una testa calda ed era risaputo in ogni punto del regno quanto gli piacesse mettersi nei guai - lui e il suo amico Rufy erano due calamità, a detta del popolo -, però doveva ammettere che non aveva idea di cosa diavolo volesse farci con quella sirena, oltretutto non era nemmeno bella a vedersi... anche se essendo un maschio era sicuramente una rarità.
Tirò lungo, lasciandolo dove stava, continuando per la sua strada, mentre da un altro punto del castello, il suddetto principe si trovava, non si sa come, nella propria stanza a rimuginare su quanto accaduto durante quelle ultime ore. Una fastidiosa vocina nella sua testa non faceva altro che ripetergli di sbarazzarsi di quel peso morto che aveva scaricato nell'acquario, mentre qualcos'altro, in contrapposizione contro tutto ciò che lui stesso pensava, lo obbligava a prender tempo, come se dovesse aspettare chissà cosa. Ma lui non voleva aspettare un bel niente, dannazione. Eppure si alzò automaticamente dal proprio letto, decidendo di andare a vedere cosa stesse facendo. Magari si sarebbe divertito lui stesso a dargli da mangiare come un qualsiasi pesciolino, e poco gli sarebbe importato se quella sirenetta si sarebbe arrabbiata. Anzi, avrebbe reso le cose ancor più divertenti, dato che aveva scoperto che vedere quella sua espressione innervosita gli piaceva.
A quel pensiero scosse il capo, sbuffando mentre aumentava la propria andatura. Basta con quella storia, accidenti. Doveva tornare in sé... eppure eccolo lì, davanti all'acquario a cercare con gli occhi la sua figura. Si meravigliò persino di esserci arrivato così in fretta, visto che, e non lo avrebbe mai ammesso a terzi, il suo senso dell'orientamento lasciava alquanto a desiderare.

Non riuscendo a trovarlo con lo sguardo, si avvicinò maggiormente al vetro, quasi domandandosi che fine avesse potuto fare quella stupida sirena. Era un gran bell'acquario, certo, ma non poteva di sicuro essere sparito; era stato progettato proprio per trovare ogni pesce, tanto che, aguzzando la vista, scorse la sua figura rannicchiata tra alcuni sassi. Sembrava che stesse dormendo, e lo dimostrava la palpebra di quell'unico occhio visibile.
Il principe si ritrovò ad avvicinarsi ancor di più quasi involontariamente, poggiando le mani contro il vetro nel sentire qualcosa di bizzarro farsi spazio dentro di lui. Accidenti a quello stupido pesce.  Forse l'aveva stregato, non c'era altra spiegazione. Si rifiutava di dare ragione a Chopper e credere di essersi... infatuato di un idiota del genere. Non era nemmeno tutta questa gran bellezza! Soprattutto considerando il fisico snello e la coda di pesce che non gli offriva poi molta attrazione, dato che, non essendo un esponente di sesso femminile, oltre a quella non aveva nient'altro. Eppure si riscoprì ad osservarlo con attenzione, camminando lungo il vetro dell'acquario come se volesse vederlo da tutte le angolazioni, cercando di trovare quella giusta e la luce buona.
Si scompigliò i capelli con uno sbuffo e provò a distogliere lo sguardo, riuscendoci solo per poco. L'occhio, difatti, gli cadde nuovamente sul volto addormentato, ed ebbe quasi l'incontrollabile voglia di svegliarlo, venendo preceduto da quelle palpebre tremule che si aprirono immediatamente per puntarsi su di lui, quasi avessero avvertito il suo sguardo.
Lì per lì Zoro sussultò, sentendosi un po' come Rufy quando veniva colto sul fatto dai cuochi mentre rubava del cibo. Distolse poi lo sguardo e incrociò le braccia al petto, affrettandosi ad assumere un'espressione indifferente. 
«Vedo che la tua nuova casa ti piace, ricciolo».
Decise d'ignorarlo, lui, tornando a riposare come se nulla fosse. Non gliel'avrebbe data vinta, e avrebbe di sicuro esultato se avesse visto l'espressione infastidita che si era dipinta sul volto del principe.
«Giochiamo a far finta di niente, sirenetta?» rimbrottò quest'ultimo, dandogli la schiena per poggiarsi con essa contro il vetro freddo.
«Sono in un acquario, non ho cenato e di certo non è l'acqua ideale», commentò, facendo scappare un grugnito di dissenso al suo interlocutore.
«Avevo dato ordine di metterci del sale, lì dentro», si sentì quasi in dovere di dirgli, e fu quasi tentato di aggiungere che al cibo ci avrebbe pensato lui stesso dandogli del mangime per pesci quando scosse il capo. Chissà perché, ma ora come ora non gli sembrava più giusto. «Cosa mangiate, voi sirene?»
«Pesce... carne...» fece, scuotendo le spalle. «Siamo come voi, non cambia nulla. Ma non è il sale che voglio... voglio tornare a casa».
Quel tono con cui la sirena pronunciò quelle parole gli fece stranamente stringere il cuore in una morsa, e si mosse con un certo disagio contro il vetro. L'aveva praticamente rapito e costretto ad abbandonare la propria casa, in un certo qual senso poteva capirlo. 
«Non ti terrò qui ancora a lungo», liquidò la faccenda in tono secco, staccandosi dal vetro. «Dirò ai cuochi di portarti qualcosa da mangiare».
«Lasciami andare, piuttosto», lamentò, ricevendo solo una rapida occhiata.
«Continua a ripeterlo, pesciolino, e potrei anche cambiare idea sul liberarti», rimbrottò, affrettandosi a lasciare la sala per nascondersi dagli occhi indagatori della sirena, dandosi mentalmente dell'idiota. Non era di certo in quel modo che avrebbe capito cosa diavolo gli stava succedendo.
«Smetterò di farlo quando sarò libero».
Non si prese la briga di rispondergli, lasciandosi andare ad un lungo sospiro prima di sbattersi una mano in faccia, come se farlo potesse in qualche modo aiutarlo. Forse avrebbe dovuto migliorare gli approcci? Non ne era certo. Ma sicuramente quel tipo aveva voglia di non lasciarlo stare.
Zoro sbuffò sonoramente e tornò sui suoi passi, per quanto avesse nuovamente le braccia incrociate al petto. 
«Ohi, sirenetta», lo richiamò d'un tratto, decidendo di chiudere momentaneamente i conflitti. Non ne avrebbero cavato un ragno dal buco nessuno dei due, continuando in quel modo. «Un giro nel castello sarebbe un passo avanti?»
«Mi prendi in giro?» chiese sulle sue. «Lo hai visto benissimo che non so usare le gambe, e tu ti perderesti troppo in fretta».
«Volevo concederti una tregua, ricciolo, ma tu non mi faciliti per niente le cose», sbottò, domandandosi frattanto perché si prendesse tanta pena per quella stupida sirena. «A te la scelta. Accetta la tregua o resta lì a nuotare insieme agli altri pesciolini».
«Uff, e va bene», lamentò. «Ma come faccio a uscire da qui?»
Zoro ebbe almeno la grazia di nascondere il sorrisetto che gli era spuntato sulle labbra a quella risposta, avvicinandosi maggiormente all'acquario. 
«Uscirai da dove sei entrato, ricciolo, mi pare ovvio», ironizzò, aprendo la teca prima di fargli cenno di nuotare verso la superficie.
Alzando gli occhi al cielo, Sanji decise di fare quello che gli era stato detto, cercando di uscire da lì il più presto possibile. Non voleva restare lì dentro un minuti di più, e, una volta raggiunto il bordo di quella maledetta vasca per pesci, si fece forza sulle braccia per sollevarsi, in modo da potersi trovare dall'altro lato del vetro, posandosi sul pavimento freddo sotto lo sguardo dell'altro. Restarono poi fermi, come in attesa, però c'era qualcosa che non quadrava, stavolta.
«Beh?» gli venne detto d'un tratto dal principe. «Che fine hanno fatto le tue gambe, sirenetta
«Io non so nemmeno come siano spuntate», bofonchiò all'indirizzo del ragazzo dai capelli verdi. «Credevo tornassero, non sapevo nemmeno della loro esistenza».
Zoro sollevò lo sguardo al soffitto e sbuffò, gettando poi una rapida occhiata alla sirena per squadrarla da ogni angolazione. In un certo senso quella coda aveva il suo fascino... nay, dannazione, che diavolo stava pensando? Scosse il capo con foga, accovacciandosi accanto a lui sui talloni. «Forse Chopper potrebbe saperne qualcosa», replicò con una scrollata di spalle. «Ma credo che dorma, a quest'ora».
«E io, allora, che dovrei fare adesso?» domandò stupito, vedendo quello stupido principe grattarsi distrattamente dietro al collo.
«A meno che tu non voglia tornartene lì dentro, pesciolino, potrei portarti io», la buttò lì, sentendosi stupido anche solo per averlo fatto.
«Cosa?» chiese, andando su tutte le furie e nascondendo l'imbarazzo uscito all'improvviso.
«Hai capito bene, ricciolo, non farmelo ripetere», bofonchiò, issandoselo in braccio senza nemmeno attendere una risposta. Pesava un po' di più di quando era umano - ma cosa si aspettava, in fondo? -, però si meravigliò non poco nel rendersi conto che quella maledetta coda non era viscida e fredda come sembrava. Era calda e palpitante, e si riscoprì stranamente ad arrossire nell'incontrare lo sguardo ceruleo della sirena, la quale rabbrividì giusto un attimo prima di stringersi inconsciamente su di lui, bagnandolo per cercare un po’ di calore. E a quel fare, Zoro per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Oh, maledizione a Chopper e alle sue diagnosi. Eppure non si era sentito così strano quando, da umano, se l'era caricato in spalla... ecco, forse era quello il problema. Se l'era caricato in spalla, non l'aveva preso in braccio in perfetto stile gentiluomo, mentre l'altro, preso a sua volta, non si chiese come mai fosse stato trattato da vera e propria sirena... insomma, da ragazza.
Dopo attimi che parvero interminabili, il principe si riscosse e distolse lo sguardo, issandoselo meglio in braccio senza dire altro prima di incamminarsi. In verità non aveva la benché minima idea del perché gli fosse venuta in mente un'idea simile né tanto meno dove portarlo, ma in fin dei conti non aveva una così grande importanza. Tanto si sarebbe perso comunque, motivo per il quale evitò di dire dove fossero diretti.
Sanji nel frattempo si tenne a lui posando la testa sul suo ampio petto, potendo sentire così il battito velocizzato del suo cuore. Iniziò a sghignazzare; anche se un po’ contrariato, non gliel'avrebbe fatta passare liscia. «Di un po’, marimo... come mai sembri agitato?»
Per tutta risposta, Zoro guardò altrove e borbottò chissà cosa fra sé e sé, fingendo di concentrarsi sul proprio tragitto come se nulla fosse. «Non sono per niente agitato, sopracciglio a ricciolo», rimbeccò.
«Siamo certi, marimo? Mi sembri un po’... spaventato».
«Che diavolo vorresti insinuare, stupida sirena?» berciò, cercando di non palesare l'ovvio. Per essere spaventato, lo era davvero... ma non di certo da lui. Dal modo in cui aveva cominciato a guardarlo e dalle sensazioni che quell'uomo pesce gli provocava, piuttosto.
«Ti batte forte il cuore... dì, non sarai uno di quelli un po’... ambigui, vero?» prese in giro, ricevendo un'occhiataccia. E poco ci mancò che il principe, per far questo, andasse a sbattere contro il muro anziché prendere il corridoio di destra.
«Non sono affari che ti riguardano», borbottò poi. «E anche se fosse, non saresti per niente il mio tipo, sirenetta dal sopracciglio ridicolo».
«Cosa vorresti insinuare? Guarda che a me non piacciono mica i ragazzi, sai!» sbottò scostandosi di poco senza che l'altro glielo impedisse. Aveva semplicemente sollevato un sopracciglio, quasi non credesse minimamente alle sue parole, e aveva assunto un'espressione bizzarra, come se si stesse trattenendo dallo scoppiargli a ridere in faccia.
«Per me possono anche piacerti i polpi, ricciolo, non mi interessa», ironizzò, arrivando stranamente alle scale del primo piano. Bene. Almeno aveva un'idea approssimativa di dove fosse.
«Ne riparleremo quando tu ti ritroverai a letto con un polpo...»
Zoro storse il viso in una smorfia, a quel dire. Dannazione, quella stupida sirena gli mandava letteralmente in tilt il cervello. «Di' un po', sei sempre stato così maledettamente irritante, oppure è una tua qualità che stai riservando unicamente a me?» ribatté sarcastico.
«Se mi trovi irritante, è solo perché sai che ho ragione io, stupida testa verde», rispose piccato a quel dire, ricevendo in risposta uno sbuffo ilare.
«Spunterà una maledetta coda anche a me, prima che io dia ragione ad una stupida sirena come te, ricciolo.- rimbrottò, arrivando nei pressi del giardino senza nemmeno sapere esattamente come. Difatti aggrottò la fronte, confuso. Non era lì che voleva andare, lui.
«Visto che io avevo le gambe... non ci metterei la mano sul fuoco», obiettò.
«Davvero spiritoso, ricciolo», sbuffò, gettandosi un'occhiata intorno. Diamine, forse in altre circostanze - e se avesse avuto un'altra mentalità, c’era da aggiungere -, avrebbe trovato quel giardino e la luna che illuminava i dintorni un paesaggio romantico, uno di quegli scenari da favola melensa in cui si ritrovavano due innamorati. Non era per niente un posto adatto ad un tipo come lui o ad una stupida sirena poco attraente.
«So che non te ne importa nulla, ma questo posto sembra... freddo», lamentò l’altro, e fu a quel punto che il principe abbassò lo sguardo su di lui, come se si fosse ridestato solo in quel mentre dai propri pensieri.
«E' il posto che sembra freddo o se tu ad aver freddo, sirenetta?» parve prenderlo in giro, anche se nelle parole risuonò qualcosa di strano... premura, forse? Nah, impossibile, non era da lui.
«E a te cosa importa?» sbuffò, rabbrividendo. «Ti ho già detto, poi, di non chiamarmi così».
«Piantala di prendertela per ogni piccolezza, ricciolo», replicò a quel dire, sollevando lo sguardo al cielo scuro. Sarebbe stata anche una serata tranquilla se quella sirena da quattro soldi avesse almeno provato a fare la sua parte, standosene tranquilla. E fu quasi tentato di fare dietro front quando per poco non scivolò sull'erba bagnata, rischiando di finire con il culo sul terreno; gli fuggì invece dalle braccia il ragazzo, il quale, nel finire automaticamente a terra, sentì dissolversi ancora una volta la sua coda con enorme stupore.
Anche Zoro si accigliò, restando lì per lì perplesso mentre cominciava a far scorrere lo sguardo lungo la sua figura. Eppure ricordava perfettamente che su nel castello non aveva per niente funzionato... che c'entrasse qualcosa la terra o stronzate simili? Non voleva saperlo, ciò di cui era sicuro era che doveva fare qualcosa per la nudità dell'altro prima di impazzire. Si tolse dunque la giacca con uno sbuffo, guardando altrove mentre si chinava per porgergliela. 
«Mettiti questo, sirena senza pudore», sbottò, come se la colpa fosse realmente sua.
Sanji afferrò immediatamente la giacca per coprirsi. 
«E io che c'entro?» chiese bofonchiando, e poco ci mancò che Zoro si alzasse con un'imprecazione. Quella sirena l'avrebbe fatto ammattire e gli intrugli di Chopper non sarebbero serviti ad un bel niente, ne era sicuro.
«Tutto, e ora prova a metterti in piedi, se ci riesci».
Alzò gli occhi al cielo, quello, guardandosi poi attorno, quasi cercasse la soluzione ai suoi problemi, per poi arrendersi e tendere una mano. 
«Poche storie, non so farlo da solo».
Quello sarebbe stato il momento perfetto per rigirare il dito nella piaga e prenderlo in giro per quelle sue parole, però, stranamente, Zoro decise di non infierire. Doveva essere a causa della stanchezza, già. Non poteva essere altrimenti. Allungò dunque una mano verso di lui, afferrandogli la sua con stretta forte e decisa per aiutarlo ad alzarsi in piedi, ma non sembrò abbastanza, dato che vide una seconda mano allungarsi per riproporre quella bizzarra richiesta.
Zoro si ritrovò ad osservarla per un attimo prima di porgere anche l'altra mano, issandolo su di peso senza grande fatica. In effetti era molto più facile trascinarselo addosso quand'era umano, e non era sicuro che quello fosse realmente un bene... difatti ci mise troppa forza nel tiralo su, tanto che se lo vide letteralmente cadere in dosso.
Sanji, d'altro canto, non cercò di frenare la corsa, ignaro di cosa avrebbe dovuto fare, ritrovandosi con il petto schiacciato contro quello dell'altro, che caracollò sul terreno di schiena con un'imprecazione.
«Ma è sempre così difficile?» lamentò il biondo, decidendo di sistemarsi sull'altro. «Come ci riuscite».
Zoro fece per aprir bocca, mordendosi l'interno della guancia subito dopo nel sentirlo muoversi sopra di sé, quasi rischiando persino di arrossire vistosamente. Accidenti a quella stupida sirena! Anziché togliersi di dosso l'aveva preso per un materasso, e, come se non bastasse, lui stesso non faceva niente per scrollarselo via.
Si grattò il capo, sentendosi poi un idiota nel poggiare una mano sulla sua schiena. 
«Come voi imparate a muovere la coda, suppongo», bofonchiò, guardando altrove. Nay, doveva porre fine a quella situazione imbarazzante...
«La coda non s'impara a muovere... si nasce con quella e la usi...» ammise, storcendo il naso prima di alzare il viso su di lui e trascinarsi sulle braccia per far aderire meglio i petti e avvicinarsi al suo volto. «Sai, anche se sei tanto burbero... in realtà secondo me sei gentile. Non male, direi».
«Cos...» Avrebbe dovuto prenderlo come un complimento, quello? Solo nel voltarsi nuovamente si rese conto di quella vicinanza, dovendo ammettere a se stesso che quel mezzo pesce non era poi così male, visto da vicino... nay, accidenti, ci stava ricadendo di nuovo! «Non lo sono per niente», borbottò.
«Gentile?» chiese divertito quello. «Sei carino quando dici queste cose». E detto ciò chinò il capo per regalargli un contatto fugace sulle labbra, lasciando l'altro letteralmente di sasso. Di sicuro non si era aspettato una mossa del genere da quella sirena, né tanto meno si sarebbe aspettato da se stesso che si sarebbe ritrovato a contraccambiare.
Zoro si spinse difatti maggiormente con il viso verso di lui senza nemmeno rendersene conto, poggiandogli una mano dietro alla nuca come se non volesse farselo scappare. E stavolta fu il biondo a stupirsi di ciò, tanto che rimase inerme a quella risposta prima di cercare di imitare l'altro e aggrapparsi a lui, sentendo quello strano desiderio crescergli dentro. Non aveva mai provato niente di così bizzarro - non c'era altro aggettivo per definire quelle sensazioni che serpeggiavano nel suo animo -, e ancora più strano fu sentire la lingua del principe premere contro le sue labbra, quasi cercasse di farsi spazio fra di esse, riuscendoci entro i limiti. Fu un attimo, prima che, colto dalla paura, entrambi si staccassero come scottati, respirando a pieni polmoni e guardandosi negli occhi con una sorta di disagio.
Dal canto suo, frattanto, Zoro si stava maledicendo mentalmente. Accidenti, le previsioni di Chopper si stavano rivelando esatte. Aveva superato la cotta, certo... ma stava cominciando a desiderare altro, e quel bacio l'aveva dimostrato. Davanti ai suoi occhi, però, notò che non era l'unico a trovarsi in difficoltà nel cercare d'ignorare quel gesto, tanto che l'altro aveva distolto persino lo sguardo, e forse avrebbe dovuto fare qualcosa per tirare su entrambi.
Oh, maledizione. 
«Senti, uhm...» cominciò, aggrottando ben presto la fronte. Dannazione, non aveva idea di cosa dire o fare. In fin dei conti era stato solo un bacio, no? Cercò di issarsi per quanto concessogli dal peso dell'altro, grattandosi poi dietro il collo. «Mi spiace, okay?» bofonchiò, giacché non era di certo solito a chiedere scusa. Fino a quel momento l'aveva fatto solo con Rufy, e rarissime volte.
«E perché?» chiese quello a sua volta, tanto che il principe si ritrovò ad aggrottare la fronte. Forse aveva interpretato male la sua espressione?
Decise di non investigare oltre, chiudendo lì il discorso senza inoltrarsi nei suoi meandri. Non avrebbe fatto bene a nessuno dei due, probabilmente. 
«Ci conviene tornare dentro», liquidò la questione, per quanto non avesse ancora fatto niente per toglierselo di dosso. E, accidenti, forse avrebbe dovuto farlo prima che fossero sorte complicanze.
L'altro, nel sentire le sue parole, scattò come una molla per guardarlo negli occhi. 
«Mi vuoi rimettere nella vasca?» chiese guardingo, e l'unica pupilla di Zoro si ingigantì, come se quest'ultimo fosse sorpreso dalla domanda.
«Diavolo, no!» esclamò troppo in fretta, imprecando a denti stretti contro se stesso dopo aver pronunciato quelle parole. Ormai la frittata era fatta, e un sorriso s'allargò sul volto dell'altro.
«E... se resto qui, stasera, domani mi porterai al mare?» chiese ancora.
Fu a quel punto che il cuore di Zoro parve perdere un battito, quasi si fosse ricordato solo in quel momento di come stessero le cose. Era una sirena quella che aveva addosso. Era una sirena quella che si era portato al castello. Ed era sempre una maledetta sirena quella che lo stava facendo eccitare come un idiota. Accidenti.
Si scompigliò i capelli con fare frustrato, sospirando. 
«Hai la mia parola», rispose, storcendo il viso come se fosse stato costretto ad ingoiare un rospo.
«Ehi...» lo richiamò quello notando l'espressione che aveva assunto il suo volto. «Non essere triste... mica vorrai che ti venga a trovare, vero?» lo prese un po’ in giro con un misto di verità, tanto che ci mancò poco che si accigliasse nell'incontrare lo sguardo di quella testa verde. Non avrebbe saputo definirlo, ma sembrava strano.
«Non potresti farlo comunque, sirenetta», provò a metterla sull'ironico il principe, quasi non volesse dare a vedere che, in fondo in fondo, avrebbe preferito ben altro. «Non sai camminare».
«Ma posso restare in spiaggia...» la buttò lì. «Tu sai nuotare?»
Alla domanda, Zoro si ritrovò a sollevare momentaneamente un sopracciglio e a dimenticarsi della posizione in cui ancora vigevano, lasciandosi poi sfuggire uno sbuffo quasi divertito. «Cos'è, mi stai invitando a casa, ricciolo?» fece sarcastico, resistendo alla sensazione di affondare una mano fra i capelli biondi dell'altro. C’era qualcosa di strano in lui, accidenti. Si sarebbe fatto dire qualcosa da Chopper sulle sirene - in fondo era uno studioso, ne sapeva sicuramente più di lui -, poiché ancora non riusciva a credere che quelle sensazioni che provava fossero del tutto genuine.
«Tsk, ma figurati. E comunque casa è molto distante», lo prese in giro. «Volevo solo fare un'opera caritatevole».
«Che animo puro e gentile, sirenetta», ironizzò, umettandosi brevemente le labbra qualche attimo dopo. Ancora poco e sarebbe impazzito, per quanto cercasse di non dare a vedere quanto quella posizione, beh, lo imbarazzasse. «Adesso che ne diresti di toglierti di dosso?» soggiunse, provando a riacquistare la sua solita calma.
L'altro si voltò verso il giardino per guardarsi attorno, mentre una smorfia comparve sul suo volto prima di tornare a fondere le sua iride azzurra in quegli occhi verdi.
«E lanciarmi su questo schifo di terra per sporcarmi tutto? No, grazie, mi è bastato già in giornata e non mi piace».
Certo che era davvero schizzinoso, quell'uomo pesce. 
«N-Non puoi nemmeno continuare a starmi così appiccicato, stupida sirena», rimbrottò, alzandosi quel tanto che bastava per non trovarsi con la schiena ancora per terra. E probabilmente fu ancora peggio, dato che si ritrovò quello scemo praticamente seduto sulle sue gambe, decidendo di chiudergli lui stesso la giacca che gli aveva dato. «Copriti», bofonchiò, non potendone più di vederselo nudo davanti agli occhi. E non aveva la benché minima intenzione di investigare e chiedersi con esattezza perché non volesse continuare a vederlo.
«Uff», sbuffò l'altro, posando a sua volta le mani sulla giacca e sfiorando l'altro. «Non lo faccio mica apposta a essere nudo... e questa giacca non copre molto».
«Per adesso accontentati», replicò immediatamente il principe, cercando inutilmente di chiudergli ancora di più la giacca. Accidenti, lo vedeva anche da solo che quella giacca non serviva ad un granché, non ci voleva anche quel mezzo pesce idiota a ribadire la cosa. «Prenderò qualcosa per coprirti dalle mie stanze».
«Vengo con te, non voglio rimanere qui al freddo», rispose prontamente quello alle parole del principe. Gli era bastata una sola giornata per capire che nemmeno nel proprio castello sapeva dove fossero le stanze. Non che potesse essere facile da imparare viste le dimensioni, eppure lui già sapeva, da quel poco che aveva visto, dove si trovava l'ingresso principale.
A quel dire Zoro quasi sussultò, resistendo all'impulso di rispondergli con un secco 
«No». Quel tipo nelle sue stanze? Nossignore. Però fu la sua bocca ad aprirsi prima ancora che potesse formulare un pensiero coerente, bofonchiando un qualcosa che parve simile ad «Come vuoi» prima che facesse passare una mano sotto l'incavo delle sue ginocchia per prenderlo in braccio, sollevandosi poi a sua volta in piedi.
A quel fare anche lui avrebbe avuto da ridire e non poco, ma nonostante tutto accettò il gesto, certo che se avesse provato a camminare non sarebbero mai arrivati a destinazione, o almeno avrebbero complicato le cose.







Piaciuto Mihawk a guardare Sanji a nuotare tra i pesciolini?
Anche perché non lo si vede molto, in compenso abbiamo i pensieri maniacali di Zoro che alla fin fine... gatta ci cova! XD
Al prossimo capitolo cari/e e vi attendiamo numerosi! <3

Ringraziamenti:

Connie_97
tognoz
jinnlover


P.s. Per chi ha interesse, visitate la nostra pagina per le altre storie pubblicate su FMA (Titoli cliccabili con link diretto):
Jason's Story (2 su 6 'Volumi', Jason è un bambino che RoyEd adottano controvoglia, ma si rivelerà per loro il bene più prezioso e tanta avventura)
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Capitolo 5
*** Nella notte ***


Tales_5
TALES OF SEA: MERMAID'S STORY
INTO THE NIGHT


Ritornarono dentro entrambi, sebbene la differenza di clima si notasse ben poco, dato che il castello era freddo quanto il giardino stesso.
«Sia chiaro», borbottò d'un tratto Zoro quando si ritrovarono nei pressi delle scale, quasi si sentisse in dovere di spiegare il perché di quel suo gesto così improvviso, «lo faccio solo perché altrimenti mi rallenteresti, ricciolo».
«Lo stesso vale per me, non lascio che mi si prenda come una donna, tantomeno da teste verdi come te».
«Posso sempre caricarti in spalla come un sacco di patate e sballottarti senza problemi, sirenetta da strapazzo», sbottò di rimando il principe, mugugnando chissà cosa fra sé e sé qualche istante dopo. Era irritante, odioso e anche idiota, cosa diavolo ci trovava in lui?
«Non mi sembra tu lo voglia fare», rimbeccò risoluto, colpendolo proprio nel vivo.
Difatti Zoro digrignò i denti e non disse altro, per quanto avesse ripreso a bofonchiare a mezza bocca parole ben poco cordiali all'indirizzo del biondino, quasi non fosse per niente presente. Non ci avrebbe messo niente a caricarselo in spalla - evitando così di abbassare, anche solo erroneamente, lo sguardo verso le parti intime malamente coperte -, eppure vagò per il castello senza farlo, imprecando di tanto in tanto quando si ritrovava in vicoli ciechi. Era un labirinto, quello, non un castello, e anche lui stava iniziando a stancarsi.
Fu proprio in quel mentre che il suo stomaco brontolò, e si ritrovò ad arrossire vagamente pur continuando a guardare altrove e camminare.
«Di' un po’, non hai mangiato?» chiese il biondo con fare divertito, ricevendo uno sbuffo in risposta.
«E anche se fosse?» borbottò, ritrovandosi nei pressi della sala del trono quando svoltò alla sua destra. «Avevo ben altro da fare».
«Preferisco non sapere cosa fai, ma nemmeno io ho mangiato... posso cucinare qualcosa?» si offrì tranquillamente il biondo con una piccola premura, e a quel dire Zoro si accigliò.
«Cucinare? Tu?» parve quasi ironizzare, come se credesse che quella sirena lo stesse prendendo in giro.
«Ehi! Io sono uno chef rinomato, ti consiglio di non deridermi... ma se vuoi puoi sempre cucinarti qualcosa da solo», lo stuzzicò.
«Oh, avete anche gli chef, nel fondo dell'oceano?» gli domandò con fare sarcastico, sollevando persino lo sguardo al soffitto. Caso volle che si ritrovassero proprio nei pressi delle cucine - e chissà come avevano fatto ad arrivare all'ala ovest del castello -, e il suo stomaco tornò prepotentemente a farsi sentire.
«Tzè! Se non vuoi mangiare non sono affari miei, alla fine. La mia cucina non è per gente poco intelligente come te. Va apprezzata», insistette.
«E sentiamo un po', cuoco da strapazzo, intendi cucinare seduto, visto che non sai stare in piedi?» rimbrottò di rimando il principe, gettando uno sguardo alla porta della cucina prima di aprirla con una spallata. Doveva essere decisamente tardi se non c'era anima viva in quell'ala del castello.
«E tu aiutami», commentò sulle sue incrociando le braccia, e fu a quel punto che Zoro, dopo aver lanciato una rapida occhiata nei dintorni, si ritrovò ad abbassare ancora una volta lo sguardo su di lui, sollevando poi un sopracciglio.
«Non è che tu sia leggero, eh», ironizzò, chiudendo la porta con un calcio.
«Fammi sedere come si deve e aiutami, al più ci penso io», rispose senza dargli tregua. «E poi, ti offro l'opportunità di assaggiare la mia cucina gratis».
Un po' per stanchezza, un po' perché il suo stomaco riprese insistentemente a brontolare e a richiamare l'attenzione, Zoro decise di fare quanto gli era stato detto senza replicare, avvicinandosi al primo sgabello che trovò. A causa di Rufy passava parecchio tempo in quella cucina, dunque era alquanto ironico che si ritrovasse lì dentro anche con quella stupida sirena. Di sicuro, se Chopper l'avesse visto assecondare quell'idiota, avrebbe confermato quanto gli aveva precedentemente detto.
Sanji si ritrovò seduto su quel legno freddo, tremando quasi.
«C'è un grembiule per coprirsi?» chiese mentre cercava di tirar giù la giacca; dal canto suo, frattanto, Zoro si era quasi dimenticato che quello scemo non aveva praticamente nulla addosso. Imprecò a denti stretti contro se stesso, andando a prendere automaticamente un grembiule per porgerglielo il più in fretta possibile. Avrebbe dovuto prima dargli qualcosa di decente per coprirsi, invece di finire in quella maledetta cucina. Con quella sirena ancora nuda, per giunta.
«Aiutami ad allacciarlo», lo stuzzicò, vedendolo strabuzzare gli occhi.
«Le braccia ti funzionano, cuoco, allacciatelo da solo», sbottò il principe, non nascondendo un certo disagio. Forse a causa dello strano tono di voce che l'altro aveva assunto, chi poteva dirlo.
«E' scomodo da fare», commentò ancora quello, decidendo di togliersi la giacca di dosso.
Zoro fu sul punto di inveirgli contro ancora una volta quando vide quel gesto, restando letteralmente di sasso prima di affrettarsi a coprirlo del tutto con il grembiule. Lungo abbastanza da nascondere quanto bastava per preservare la sua sanità mentale, tra l'altro.
«Non hai più la coda, stupido cuoco, qui in superficie esiste una cosa chiamata senso del pudore», bofonchiò, afferrando i due lacci del grembiule.
Sbuffò, lui, ritrovandosi coperto senza nemmeno avere il tempo di scoprirsi del tutto.
«Ehi, non è colpa mia», commentò. «E poi siamo uomini entrambi».
«Non c'entra assolutamente niente», rimbeccò, con il tono di voce di chi la sa lunga. In fin dei conti, per quanto la maggior parte delle persone che vivevano in quella dimora fossero uomini, lui non girava nudo per il castello, no? Era lo stesso principio e non ammetteva obiezioni. «Dimmi piuttosto che ti serve». E sperò vivamente che quella sirena se lo tenesse stretto, quel grembiule.
«Uff... voi di superficie siete veramente strani», commentò. «Che vuoi mangiare? Presumo qui avrete tutto».
«Per me va bene qualsiasi cosa», non si fece problemi, anche perché in quel momento avrebbe davvero mangiato di tutto, persino la sua stessa giacca.
«E allora prendimi... non so, le uova».
Zoro quasi non credette al fatto che le sue gambe si mossero meccanicamente per prendere quelle dannate uova, aggrottando la fronte nel rendersene conto. Forse avevano davvero poteri, le sirene... e, accidenti, dovevano essere proprio formidabili se non riusciva ad opporsi come avrebbe voluto, nonostante fosse sempre stato forte.
«Che altro?» borbottò, arraffando un paio di uova.
Alla vista delle uova, il biondo rimase allibito.
«E queste che sono?» chiese. «Non cucino questa roba».
«E' quello che mi hai chiesto, idiota», rimbrottò Zoro nel sentirlo.
«Io non uso queste... sono le uova?» chiese di punto in bianco, osservandole bene. «Le ho viste sui libri, ma non mangio questa roba».
Il principe si grattò dietro al collo, dando poi vita ad una di quelle scrollate che avrebbero potuto significare tutto o niente.
«Sei stato tu a chiedere le uova», ci tenne a fargli notare. «Che diavolo ti aspettavi ti portassi?»
«Uova di pesce», rispose quello come se fosse la cosa più ovvia al mondo, facendo arcuare all'altro un sopracciglio.
«Uova di pesce?» ripeté, quasi cercando di fare mente locale. «Quindi vuoi del caviale», soggiunse quasi sarcastico, sollevando poi lo sguardo al soffitto prima di scuotere il capo. Non se ne poteva fare due da solo, di uova, quel mezzo pesce?
«Voi lo chiamate così?» domandò inarcando un sopracciglio il cuoco. «Sì, intendo quello».
Zoro lo osservò per un lungo momento, decidendo di accontentarlo pur borbottando tra sé e sé
«Non capisco cosa tu voglia farci con quello...» mentre si dirigeva al frigo. Chi lo capiva era bravo, quel tipo.
«E tu assecondami».
«Voglio proprio vedere che te ne fai», volle avere l'ultima il principe, prendendo ciò che gli era stato chiesto prima di portarglielo e lasciare il piatto sul tavolo senza complimenti o riguardi.
«Ehi! Vacci piano, si rovina», lamentò, ottenendo in risposta solo una sottospecie di sbuffo.
«Di' un po', ma sei davvero un cuoco come affermi?» si ritrovò a domandargli di punto in bianco, incrociando le braccia al petto prima di cominciare a squadrarlo. E non l'avesse mai fatto, accidenti.
A quel dire Sanji si voltò verso di lui sottigliando gli occhi.
«Vuoi mangiare sì o no?» chiese, e a quel fare così improvviso Zoro sollevò le mani in segno di resa, non riuscendo a comprendere il perché di quel cambiamento repentino.
«Fa' come vuoi», gli diede carta bianca, decidendo semplicemente di concentrarsi su ben altro. E che quell'altro fosse osservare quel tipo e il suo grembiule, beh, era un dettaglio irrilevante.
«Lo predo come un sì», si risolse il ragazzo. «Allora, mi servono tagliolini, pesamene 400, una cipolla grossa...» s'interruppe aspettando, continuando solo quando l'altro, tra un'imprecazione e l'altra e qualche borbottio con il quale stava dicendo chissà cosa, tornò con quanto gli era stato chiesto. Ci mise un po', certo, ma almeno lo fece senza protestare e senza aizzare inutili questioni.
«Bene, ora manca olio, un bicchiere di vino bianco. Pesami 50 grammi di... caviale, e formaggio grattugiato».
Zoro sbuffò tra sé e sé, chiedendosi mentalmente chi glielo avesse fatto fare di assecondare quell'idiota. «Imparale ad usare in fretta quelle gambe che ti ritrovi, cuoco», borbottò in risposta, dirigendosi prima allo scaffale in cui custodivano le bottiglie di vino.
La maggior parte le avevano nascoste a causa sua, a dire il vero, ma trovò quel che cercava e svolse il suo compito senza troppi intoppi, gettando poi un'occhiata al biondo.
«Ah! Il sale», ricordò d’un tratto senza dargli troppa corda, decidendo comunque di rispondere. «Se tu m'insegnassi, forse potrei pensarci».
«Mi pare che tu te ne stia approfittando un po' troppo, sirenetta», replicò con un sopracciglio inarcato, lasciandogli il sale sul tavolo una volta preso. «E per una volta, se proprio vuoi imparare, prova ad alzarti in piedi. Vedrai che le gambe ti reggono».
«Cado, lo hai visto da te», si risolse accennando ai restanti oggetti per poter cuocere e preparare. «E non so come facciate a stare... in equilibrio».
A quel dire Zoro scrollò semplicemente le spalle, concentrato sui suoi movimenti come se li vedesse davvero per la prima volta.
«Questione di abitudine», parve quasi ironizzare, per quanto la voce non possedesse nessuna nota ilare. «O lo fai o impari a farlo».
«O resto in mare e tanti saluti».
«Non intendevo questo, stupida sirena», rimbrottò il principe, poggiandosi contro il tavolo. Sperava solo che non arrivasse nessuno. «Qui in superficie imparare a camminare è essenziale, quindi è meglio imparare a farlo in fretta», soggiunse scontroso, guardando poi altrove. «Datti una mossa, piuttosto».
«Io mi muovo, ma tu insegnami... anche se non ha senso se torno in mare», commentò, dando all'altro la scoccata finale con quelle parole. Per quanto sembrasse stupido da dire, difatti, quella era una verità che ancora si rifiutava di assimilare.
«Ho fame», cambiò dunque discorso il principe, allontanandosi da lui a passi strascicati. Si poggiò poi contro il muro a braccia conserte, in modo da poter controllare la sua intera figura.
«Devi aspettare», rimbeccò lui a quel dire iniziando a muoversi come poteva dando ordini. Non era per niente facile fare le solite cose a cui era abituato senza potersi muovere in libertà, ma riuscì a cavarsela egregiamente e a preparare uno di quei suoi splendidi piatti che venivano così tanto elogiati nelle profondità marine.
«Ecco fatto, mangia e sta’ zitto, ora», disse infine porgendogli un piatto, ignorando l'espressione diffidente che sembrava essersi dipinta sul volto del principe. Quest'ultimo, difatti, prese il piatto con fare guardingo, osservando per attimi infiniti quello che c'era al suo interno. Non si fidava della sua cucina, forse? «Mangia. È buono, imbecille», commentò, prendendo il proprio piatto per iniziare a mangiare.
Pur continuando ad essere alquanto circospetto - non poteva mica fare come Rufy e mangiare qualsiasi cosa gli piazzassero davanti, no? -, cominciò a mangiare a sua volta, dovendo ammettere che quello stupido pesce effeminato ci sapeva dannatamente fare. Ma si sarebbe squarciato il ventre piuttosto che elogiarlo. Ad ogni boccata, però, gli gettava qualche occhiata, affrettandosi a distogliere lo sguardo come un cretino ogni qual volta si ricordava che indossava unicamente quel grembiule. E fu a quel punto che lo folgorò una consapevolezza vergognosa, facendogli incendiare persino le orecchie, ma non gli diede minimamente peso, lui, continuando a mangiare non curante.
«Allora?»
Il principe non lo guardò, ostinandosi a fissare il piatto.
«Ho mangiato di meglio», borbottò, senza volergliela dare vinta.
«Tsk, non meriti la mia cucina, ma il cibo non va sprecato».
Zoro gli rispose semplicemente con un grugnito, finendo di mangiare tutto ciò che aveva nel piatto a dispetto di quanto aveva precedentemente affermato. In fin dei conti parlava e parlava, ma quella era di sicuro la cucina migliore che aveva mai assaggiato. Nemmeno i cuochi del castello arrivavano a questo. Finì il suo piatto senza fiatare, attendendo l'altro sulle sue fino a che anche lui non concluse, non lasciando nemmeno una singola briciola nel piatto, facendo calare su tutta la cucina un silenzio ancor più imbarazzante.
«Dovresti rimetterti la giacca», bofonchiò tutto d'un tratto Zoro con voce vagamente roca, alzandosi in fretta dalla sedia come se fosse stato appena morso. Arraffò i piatti e li lasciò sulla pila alla sua destra, scoccando una rapida occhiata alla sirena prima di rigettargli la giacca lui stesso. «Forza. Tieniti il grembiule e mettiti questa addosso, ce ne andiamo».
«E dove andiamo?» chiese, cacciando uno sbadiglio prima di fare come gli era stato detto, senza far caso al fatto che il principe gli si fosse avvicinato con fare troppo guardingo.
«Nelle mie stanze», ribatté quest'ultimo senza entusiasmo, come se l'idea di portarlo lì dentro non gli piacesse affatto. Ma, accidenti, quella in cui si trovava la sua camera era una delle poche zone che conosceva e nella quale si perdeva di meno.
«E dove dormirò?»
«Non farmi domande ovvie», bofonchiò, chiudendogli lui stesso meglio la giacca prima di afferrarlo sotto le cosce e affrettarsi a lasciare la cucina. Gli era già difficile anche solo scendere a patti con se stesso e ammettere di essersi preso una sbandata per quella sirena idiota... non gli serviva che gli ricordasse anche che avrebbero dovuto dividere il letto.
Sanji decise di non controbattere, posando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi.
«Non importa, fa’ come vuoi», gli diede carta bianca, e Zoro per poco non imprecò contro se stesso, contro quella stupida sirena e contro le diagnosi del povero Chopper.
Si ritrovò però ad abbassare di poco lo sguardo per puntarlo sul viso di quel ragazzo, raschiandosi il labbro inferiore con i denti prima di guardare avanti. Solo quella sera e poi sarebbe tornato tutto come prima. Doveva convincersi di questo. E forse fu soltanto per forza di volontà che riuscì ad arrivare in camera sua, per quanto avesse sbagliato più volte strada, rallegrandosene quando arrivò vicino al letto per liberarsi di quel corpo. Se non altro si sentiva più al sicuro nello stargli lontano, per quanto non riuscisse a comprendere ancora il perché. E sperò vivamente che continuasse a tenersi quelle cose addosso mentre frugava nell'armadio, borbottando chissà cosa fra i denti contro tutto e tutti. Ma per fortuna e sfortuna per lui, Sanji ormai dormiva e di certo non avrebbe potuto molto.
«Merda», borbottò il principe quando se ne rese conto, facendo scorrere lo sguardo da quella stupida sirena agli indumenti che reggeva in mano. Di certo non poteva farlo dormire in quello stato - sarebbe scappato a dormire lui stesso in giardino o alla peggio nel bagno, accidenti -, dunque l'unica soluzione era di fargli indossare quegli abiti lui stesso, per quanto apparisse riluttante all'idea. Ma, dannazione, erano entrambi uomini, non doveva farla tanto lunga.
Quindi decise di prendere coraggio e avvicinarsi, cominciando con il levargli la giacca prima di passare alla parte più difficile: il grembiule. Fu costretto a girarlo di fianco per riuscire a sciogliere il nodo, pensando intensamente a qualsiasi altra cosa che non fosse il culo di quella sirena, eppure risultò incredibilmente difficile, come se il so sguardo volesse per forza cadere lì.
Scosse il capo e gli tolse il più in fretta possibile anche il grembiule, pentendosene amaramente quando l'intero corpo di quell'uomo pesce fu esposto sotto i suoi occhi. Non era la prima volta che lo vedeva nudo, ma lì, steso sul suo letto e addormentato, gli faceva uno strano effetto. E nel pensarlo sentì un velo di sudore imperlargli la fronte e i pantaloni diventare stretti... troppo stretti.
Deglutì a vuoto, sentendosi un vero e proprio idiota. Avrebbe dovuto infilargli prima i pantaloni, accidenti. Eppure, nonostante tutto, non gli era spiaciuto. Scosse ancora una volta la testa nel ritrovarsi a fare pensieri del genere, cercando di riprendere un contegno. Non poteva eccitarsi nel guardare un corpo maschile, non era per niente normale e lo sapeva, per quanto sembrasse non interessargli affatto.
Perse dunque ancora un po' di tempo nell'osservarlo, scansandogli persino qualche ciuffo di capelli dal viso prima di riprendere ancora una volta il controllo di sé e decidere semplicemente di coprirlo con il lenzuolo, borbottando chissà cosa. Doveva farlo tornare in fretta in mare, non poteva tenerlo lì un giorno di più, altrimenti, probabilmente, sarebbe diventato rischioso, pensò. Eppure anche una volta coperto quel corpo non sembrò calmarsi, per quanto non avesse fatto altro che pensare ad altro per distrarsi.
Forse avrebbe dovuto provare a dormire a sua volta, e continuò a credere che bastasse farlo anche mentre si cambiava, infilandosi con fare guardingo nel letto dopo aver gettato uno sguardo al viso dormiente di quella sirena.
Sospirò, affondando il capo nel cuscino. Si prospettava una gran bella notte insonne.







Si chiede un'infinita dose di pazienza, per sopportare le nostre stra umili scuse nel tardo aggiornamento!
E' vero è passato molto dall'ultima volta, ma siamo giustificati: La'arrivo del Romics Primaverile, il Comicon di Napoli, l'estate, e poi altro Romics in arrivo (O almeno per mua: Red), e poi il Lucca... e ce n'è ancora molto di lavoro per i cosplay *Siamo tardivi in tutto come potete vedere*. Aggiungeteci poi il lavoro e i corsi serali per imparare altro nella vita... e troverete in fine una fic aggiornata dopo mesi XDDD
Dopodetto ciò... vi siete godute almeno i battibecchi scemi tra sti due e, le occhiate non tanto nascoste di Zoro e l'ingenuità ingenuosa(?) e genuoina di Sanji??
Dio! Speriamo di si! Ce altro dire? Stiamo comunque lavorando per voi e oltre alle noste fic, anche altre fic da postare per voi lettori/lettrici XD e si spera che il porssimo capitolo arrivi presto <3

*Per chi potre incontrare al Romics nei prossimi giorni... bhe buona fiera e da giovedì in poi, cercate un Sanji uomo palla o un Sanji skypea (Sono me) <--- Red XD


Ringraziamenti:

_Connie: Anche se con molto ritardo e i tuoi teatrini scemi che ci fanno comunqu emolto piacere... seguici! Anche Sanji torna in mare... seguici! Pechè noi non fremo mai in modo di annoiarvi! O almeno speriamo... resta ch ei casini ci sono lo stesso v.v

tognoz: Kukukukuku! Con te ci vediamo A Lucca!! Mi raccomando Iva-sama! Fatti trovare il 2 con il caro Ivanoso che noi avremo qui i travellonzi x te <3 *E vedi di risponderci al telefono l'1 v.v*
Passando alla fiiic... Scusa per il ritardo ma resta leggereeee e come detto su mare o meno, leggici ch ei casini ci sono sempre <3

jinnlover: E finalmente eccociii! Non volevarmo farti impazzire, ma abbiamo avuto taaanto da fare e sto capitolo è scritto da meeeesiii <3 ma torniamo sempre per concludere promessooo <3 non abbandonarciii T___T se no My Pride morirà v.v è già abbastanza vecchia v.v *Fa corna*<-- se legge questo mi ammazza XD .. ebbene si sta rispondendo Red alle recensioni XD

queensan: Tutti ad amare il baciucchiolo la prsa in braccio loool. Ok, non siamo tornati molto presto ma ci siamo sempre non linciarciii e leggici leggiciii, perchè i casini ci saranno sempreee <3 presto o tardi (E qui si parlava di afiornare XD)



P.s. Per chi ha interesse, visitate la nostra pagina per le altre storie pubblicate su FMA (Titoli cliccabili con link diretto):
Jason's Story (2 su 6 'Volumi', Jason è un bambino che RoyEd adottano controvoglia, ma si rivelerà per loro il bene più prezioso e tanta avventura)
Geschenk Blut / Bluid tiodhlac - Dono di sangue - (1 su 2 'Volumi', storia di Vampiri, RoyEd e Jason incluso, Non per stomaci delicati)




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Capitolo 6
*** Say goodbye and back to home ***


Tales_6
TALES OF SEA: MERMAID'S STORY
SAY GOODBYE AND BACK TO HOME
 
 

L'indomani non fu uno dei risvegli migliori. Entrambi avevano lottato per conquistarsi il letto, svegliandosi chi per un russare un po’ accentuato, e chi per una più che strana loquacità notturna il cui punto focale era incentrato unicamente sulle donne. Su due in particolare, a ben dire, e il proprietario di quella voce era sembrato anche ben disposto a descrivere sogni che sarebbero sfociaci pure oltre, cosa che l'altro occupante del letto non aveva voluto minimamente sentire. Non appena era riuscito a chiudere occhio, quella stupida sirena aveva cominciato a blaterare su due donne non meglio identificate, e gli era stato piuttosto difficile riaddormentarsi senza pensare a quanto aveva appena udito. Nonostante tutto, però, adesso sembrava essere quasi tornata la pace, se così la si voleva chiamare. O probabilmente aveva deciso di dormire come si conveniva, ma essendo mattino non glielo avrebbe permesso, convinto più che mai che avrebbe dovuto riportare quella sirena in mare.
Ammetteva di aver bisogno di un paio d'ore di sonno filate a sua volta, ma non poteva aspettare oltre. Ed era ciò che continuava a ripetersi anche in quel momento, steso su un fianco ad osservare quel cretino che gli dormiva accanto.  Si sorreggeva il viso sul palmo di una mano e lo fissava, convinto più che mai di star facendo la cosa giusta. Il posto di quel Sanji era in fondo all'oceano e il suo lì sulla terra ferma, niente di più, niente di meno. Avvicinarsi, per di più, sarebbe stato come mettere cane e gatto dello stesso sesso in una stanza per farli andare d'accordo. Era maledettamente irreale.
A quei pensieri si scompigliò i capelli con foga con la mano libera, allungando poi un braccio verso quella sirena. Doveva svegliarlo e basta, ecco cosa doveva fare. Non ci pensò su due volte, scrollandolo malamente e con un bizzarro malumore. E, nay, il fatto che dovesse riportarlo in mare non c'entrava niente, doveva convincersi di questo. Eppure non poté non imprecare quando quello si avvicinò al suo petto.
«Svegliati, stupida sirena», borbottò in un soffio, e stupì persino se stesso per aver detto quelle parole con un tono di voce così basso. Quella vicinanza lo stava facendo letteralmente impazzire, ma nonostante tutto si stupì, e un po’ ne fu anche rattristato, nel vedere le sue iridi azzurre come il mare fare capolino sotto di sé e fissarlo intensamente, quasi come se il loro possessore l'avesse sentito sussurrare.
Zoro ricambiò il suo sguardo e si umettò le labbra pur non volendo, sentendo il proprio cuore battere all'impazzata. 
«Alla buon'ora», bofonchiò, guardando svelto altrove.
«Ma che cavolo vuoi, testa verde! Rompi già di primo mattino? Che ci fai nel mio letto?» chiese confuso il biondo, certo di dover mantenere il punto.
«Si dia il caso che questo sia il mio letto, stupida sirena dal sopracciglio a ricciolo», sbottò, affrettandosi a scostarlo da sé il più possibile e a sollevarsi in piedi tra un borbottio e l'altro, di cattivo umore già di primo mattino. «Se vuoi tornare a casa datti una mossa, piuttosto».
«Uhm, vero... ma smettila di chiamarmi sirena, sono un maschio, io», obbiettò in biondo. «Piuttosto, vedi di sbrigarti ad accompagnarmi».
«Non darmi ordini, brutto... qualunque cosa tu sia», borbottò, avvicinandosi all'armadio per tirarne fuori qualche abito leggero. Avrebbe dovuto chiamare Chopper, probabilmente. O Rufy. Odiava ammetterlo, ma non avrebbe saputo nemmeno dove dirigersi per raggiungere il mare. Con una mezza imprecazione, gettò un pastrano a quell'idiota e si cambiò in fretta la maglia, sbuffando. «Mettiti quello».
«Tsk... sei un idiota», si lamentò nuovamente l'altro prima di accorgersi di essere nudo, coprendosi alla svelta.
«Non accetto che sia un mezzo pesce senza il minimo senso del pudore a darmi dell'idiota», lo freddò, lanciandogli uno sguardo gelido prima di sistemarsi il proprio pastrano sulle spalle mentre si dirigeva verso la porta. «Manderò Chopper a prenderti. Fatti trovare pronto», affermò, uscendo alla svelta per lasciarlo solo senza nemmeno guardarsi indietro.
«Ehi! E dovrei rimanere qui da solo?» chiese quasi scioccato, non ricevendo alcuna risposta poiché quello stupido principe se n'era già andato. Ah, accidenti. E adesso? si chiese, rimanendo sul materasso.
Zoro d'altra parte era letteralmente scappato. Non sapeva in che modo prendere quella situazione né tanto meno come cavarsi da quello stupido impiccio, ma di una cosa era certo: per la prima volta in vita sua sentiva di non voler mantenere la parola data, e la cosa lo snervava maledettamente. Non poteva rimangiarsi quella promessa. Che razza di uomo sarebbe stato? Avrebbe dunque dovuto riportare quello stupido pesce dove l'avevano trovato, fare dietro front e non pensarci più, tutto qui. Lui era Roronoa Zoro, dannazione. Non poteva perdere tempo dietro a quell'idiota. E fu proprio a quei pensieri che andò a cercare Chopper, certo che lui l'avrebbe aiutato a sbarazzarsi di quella stupida sirena in tempi relativamente brevi e a riportare un certo equilibrio nella sua vita... e, detto fatto, ecco che Chopper si era ritrovato davanti a quel ragazzo steso sul letto, accigliandosi nel vederlo vestito solo di quel giaccone. Perché non indossava degli abiti come avrebbe dovuto? Che cos'era successo in quella stanza e, soprattutto, perché quella sirena si trovava lì e non nella camera che gli era stata assegnata?
«Il principe mi ha mandato a prenderti...» cominciò incerto, squadrandolo da capo a piedi mentre zampettava verso di lui.
«E lui non poteva farlo?» chiese scocciato il biondo. «Mi ha mollato qui come un deficiente; ieri sera sembrava così disponibile».
Chopper sbarrò gli occhi, esterrefatto. Aveva capito male? «Disponibile?»
«Sì, mi ha portato in giro ovunque», rispose quasi ovvio. «Mica posso camminare se non l'ho mai fatto. Ma non capisco come fa un animaletto peloso come te ad aiutarmi. E' scemo, per caso?»
Il principe l'aveva portato in giro ovunque? Questa gli era nuova... non ricordava che avesse mai fatto una cosa del genere per qualcuno, forse nemmeno per Rufy. E lui era il suo miglior amico, si poteva dire. «Posso aiutarti a stare in piedi. L'ho già fatto», gli ricordò.
«Già... ma io non voglio camminare. Mi fanno male i piedi».
«Per fare prima potrei portarti io», si offrì, anche perché Zoro non gli era sembrato propenso ad attendere i loro comodi, vista l'aria scontrosa che gli aveva visto in viso. «Ma prima dovresti metterti qualcosa addosso», affermò nel gettargli un'altra occhiata, zampettando verso l'armadio. «Il principe mi perdonerà se frugo fra le sue cose solo per questa volta».
«Mi ha dato questo», fece notare, guardando il cappottone che indossava. «E non credo che tu riusciresti a portarmi da nessuna parte».
Nemmeno il tempo di dirlo, che quel buffo animaletto si trasformò praticamente in un armadio a quattro ante, lasciandolo basito. Allora la prima volta che l'aveva visto, tempo addietro, non se l'era sognato per l'essere stato troppo fuori dall'acqua? «Ci riuscirò eccome», dichiarò poi Chopper come se nulla fosse, prendendo senza tanti problemi uno dei pantaloni del principe per offrirlo alla sirena. «Copriti bene con il giaccone e mettiti almeno questi. Dobbiamo portarti via senza dare nell'occhio», asserì, osservando la sua espressione dapprima basita per poi chinare gli occhi accigliato.
«Mi ci vorrà un po' troppo».
«Perché? Sono solo un paio di pantaloni».
«Beh, io non indosso pantaloni», fece notare, e il piccolo medico sospirò. In effetti non aveva tutti i torti, quella sirena.
«Avvicinati al bordo del letto, ti do una mano per fare presto. Il principe è di cattivo umore».
«Uh... credo che sia okay», ammise l'altro, cercando di fare come gli era stato detto e in poco tempo si era ritrovato finalmente vestito e poi portato fuori da quel castello.
Il principe camminava dinanzi a loro con passo veloce e senza voltarsi indietro, e sembrava quasi che intorno a lui aleggiasse un'aria piuttosto scontrosa difficilmente dissipabile, visto che di tanto in tanto borbottava chissà cosa fra sé e sé. Chopper l'aveva lasciato andare avanti solo per non contraddirlo, per quanto di tanto in tanto lo richiamasse per fargli cambiare direzione, palesemente sbagliata, grugnendo contrariato quando arrivarono alla spiaggia. 
«Chopper», lo richiamò immediatamente Zoro, come a voler far sì che si facesse più vicino. Aveva l'occhio puntato verso il mare e si guardava bene dal voltarsi verso la renna e quello scemo d'una sirena, fermamente convinto della propria decisione, vedendo anche il suo volto quando il medico si voltò verso di lui.
«Che c'è?»
«Lascia andare quella sirena e torniamocene al castello», asserì in tono serio, incrociando le braccia al petto. «E' libero di andare dove gli pare. Da questo momento in poi non è più affar nostro», concluse, facendo accigliare di poco il suo interlocutore, mentre il biondo venne posto sulla sabbia, cogliendo quell'attimo per lasciare che il proprio viso si rattristasse.
Fu solo un momento e i pantaloni si stracciarono facendo sì che la coda azzurrastra tornasse al suo posto, sfiorando la riva poco distante.
«Stammi bene, ricciolo», lo salutò lo spadaccino senza il benché minimo entusiasmo, dando una pacca sulla schiena a Chopper prima di dare le spalle alla sirena, come se non volesse vedersela sparire davanti agli occhi nelle profondità dell'oceano. Ormai quel che era fatto era fatto. Ognuno sarebbe tornato alla propria vita e si sarebbero presto dimenticati di quella storia.
«Ehi, marimo... tornerai a trovarmi?» chiese il biondo. «Devo farti assaggiare un vero piatto del mare, ti ricordi?»
Oh, merda. Accidenti a quel dannato idiota. Per quanto avrebbe voluto far finta di niente, non poteva negare che il pensiero di poterlo rivedere anche solo per quello non gli piacesse. Si voltò dunque verso di lui con l'ombra di un sorriso, facendo cadere almeno momentaneamente la maschera scontrosa che aveva indossato fino a quel momento. «Mettimelo da parte, aspettami e non farlo mangiare a nessun altro che non sia io, scemo d'un cuoco», gli disse con fare vagamente divertito, facendo poi un cenno alla renna. «Andiamo, Chopper».
«Ohi, ci conto...» rispose l'altro senza farsi sentire, sparendo verso il mare. 

***

Le profondità dell'oceano sembravano così cupe da fargli accapponare la pelle.
Prima di passare tutto quel tempo in superficie, dove il sole e il calore di esso la facevano da padrone per la maggior parte del giorno, non aveva mai creduto che il mare potesse essere meno illuminato di quanto non avesse mai pensato fino a quel momento, e si stupì del fatto che i suoi occhi avrebbero dovuto riabituarsi. Eppure quello che lo scocciava maggiormente era il fatto che gli mancasse la superficie e tutte le cose che aveva veduto, pur sapendo che era quella la sua casa e che avrebbe dovuto smetterla di pensare a idiozie simili. Era un tritone. Non poteva vivere sulla terra ferma, ma forse non era proprio quello a mancargli e ciò gli diede un po' fastidio, soprattutto il pensare di aver chiesto a quello scemo di tornare.
A quel suo stesso pensiero imprecò a denti stretti e si scompigliò i capelli con fare frustrato, nuotando più in fretta senza nemmeno sapere con esattezza dove dirigersi. Forse sarebbe dovuto tornare a casa, visto che mancava da tanto e avrebbero anche potuto preoccuparsi, però sembrava non averne la benché minima voglia, giacché il solo pensarlo gli faceva venire una fitta al petto. Ma non durò molto, perché qualcuno lo colpì in pieno con una pinnata estremamente pesante, rischiando di farlo schiantare direttamente contro il fondale marino. 
«Dove diavolo sei stato per tutto questo tempo, stupido marmocchio?»
«Stupido vecchio. Ho avuto da fare», rimbeccò prontamente il biondo, venendo colpito pesantemente da un'altra pinnata.
«Non puoi andartene in giro quando ti pare e piace».
«Non sono andato in giro dove mi pare!» obbiettò l'altro, irritato. «Io sono stato catt... ho avuto da fare».
Il tritone, però, parve farsi più attento, probabilmente perché le sue orecchie avevano captato qualcosa che non gli era affatto piaciuto, ed era certo di non essersi sbagliato. «Sei stato cosa?» sibilò, enfatizzando soprattutto l'ultima parola.
«Non ho detto nulla», volle tenere il punto. «E ora lasciami in pace, non andrà fallito il tuo ristorante, stavo tornando».
A quel dire l'altro gli appioppò un'ennesima pinnata, nervoso. «Piccolo idiota, ti pare normale sparire per giorni senza dare notizie di te? Persino le sirene che nuotano di solito in tua compagnia non sapevano dove fossi!»
«Ehi, non devo mettere conto a te della mia vita privata», sbuffò, e la pinna slabbrata del tritone lo colpì dietro alla nuca con un colpo secco.
«Finché lavorerai per me è esattamente il contrario», affermò, sorpassandolo per precederlo, facendogli un cenno con la coda come per obbligarlo a seguirlo. «E ora datti una mossa».
«Tsk. T'importa solo di quel ristorante. Nemmeno dei dipendenti...» lamentò. «Sei un pessimo Capo».
«E tu un pessimo cuoco, ma lavori ancora per me».
«Non è vero, sai che sono il migliore e senza di me andresti fallito», obbiettò contrariato, venendo bellamente ignorato dall'altro. Nuotava come se nulla fosse e sembrava persino nervoso, ma ciò non avrebbe dovuto meravigliarlo più di tanto, conoscendo Zeff Coda Rossa, così decise di seguirlo a sua volta senza fiatare. Anche perché aveva altro a cui pensare, e proprio non gli andava di discutere con quel vecchio tritone da strapazzo, tanto che non si accorse di essere arrivato a destinazione se non quando venne assalito da un gruppo di sirene, le quali ignorarono Zeff per tartassare Sanji di domande.
«Dove sei stato, San-chan?» si fece sentire una di loro, stringendosi esageratamente a lui e confiscandogli un braccio, premendoselo fra i seni. «Eravamo così preoccupate!» affermò, facendogli tornare il buon umore, almeno per il momento.
«Potrete chiacchierare dopo. Il marmocchio ha da fare», le freddò immediatamente Zeff, fulminando con lo sguardo Sanji e ignorando i coretti increduli che provennero dalle ragazze; gli fece semplicemente un altro cenno con una mano ed entrò senza nemmeno aspettarlo, certo che quel bamboccio gli stesse nascondendo qualcosa. Non era idiota e lo conosceva troppo bene. Ma lui si limitò a fargli una linguaccia decidendo di rimanere con le ragazze a farsi coccolare. Non aveva tempo di stare a sentire le sue sfuriate, e quel vecchio avrebbe dunque atteso che scacciasse la sgradevole sensazione che si era impadronita di lui. Tanto era rimasto lontano per molto e il ristorante era ancora in piedi, perché non poteva concedersi qualche altra ora in più? Non perse tempo a rifletterci su oltre, anche perché le ragazze, ridacchiando divertite, avevano cominciato a tirarlo per far sì che lui le seguisse, e come poteva non realizzare il desiderio di quelle splendide fanciulle? Soprattutto se chiesto con così tanta insistenza.
In fin dei conti ne aveva dannatamente bisogno, e se ne convinse ancor più quando le ragazze lo spronarono a nuotare con loro, abbandonando momentaneamente il suo lavoro. Beh, per una volta poteva darsi alla pazza gioia, accidenti! Era stato rapito, portato in superficie e... a quei suoi stessi pensieri scosse in fretta il capo come se volesse cancellare l'immagine di qualcosa - o di qualcuno, rettificò nell'immediato la sua mente -, e provò a concentrarsi solo sulla presenza di quelle bellissime sirene, che di certo avrebbero saputo come consolarlo, anche se non come avrebbe voluto lui. E se ne rese del tutto conto quando vide che le loro parole non bastavano a distrarlo, che i loro splendidi corpi non riuscivano a colmare lo strano vuoto che aveva nel petto e che le loro risate non lo deliziavano come prima, e la cosa gli diede da pensare e quasi lo terrorizzò, giacché non era mai successo che si annoiasse in loro compagnia.
Scosse la testa cercando di stare alloro passo, mentre un brivido meno piacevole dei precedenti in loro compagnia, non sembrava soddisfarlo. Forse avrebbe dovuto seguire Zeff, per una volta. Forse avrebbe dovuto dar retta a quel vecchiaccio maledetto e tornarsene nel ristorante, visto che più nuotava dietro quelle sirene più sentiva il bisogno di allontanarsi. E forse venne capito da quest'ultime che decisero all'unanimità di lasciarlo solo con i suoi pensieri, che a quanto sembrava non erano per niente rivolti a loro, costringendolo a tornare nuovamente al ristorante, dove venne accolto da uno sbuffo scocciato.
«Alla buon'ora, marmocchio».
«Non sono qui per te», rispose prontamente il biondo, venendo fulminato da un'occhiataccia.
«Allora potevi restartene con le ragazze. Qui non mi servi», rimbeccò, senza dargli peso più di tanto per tornare ai propri affari. Il ristorante non si mandava avanti da solo.
«Se non servo, posso tranquillamente andarmene», rispose sulle sue, non ricevendo nessuna risposta come invece si era aspettato. Strano. Di solito Zeff non perdeva mai occasione di rimetterlo in riga con qualche suo colpo, ma a quanto sembrava aveva sul serio ben altro da fare che star dietro a lui, e ciò lo fece approfittare per rifugiarsi altrove. 






Poverina la nostra sirenettucolonzaaa (?) Sanjulill (Come è stato chiamato ultimamente da una voce misteriosa di nome My Pride...), sta pensando a Zoruciell (Vi lascio indovinare la voce misteriosa anche qui v.v)
Buhahahahahahaha vi terremo sulle spineeee *Viene ucciso dagli utenti*

JackShadow: Lol, grazie dei complimenti. La storia non mira ad essere seria, ma noi siamo noi e qualcosina un po' più del solo cazzeggio lo sarà... è la deformazione professionale quella di farla diventare seria, sìsì XD Speriamo che anche questo chappy ti sia paciuto, zauuuu! Al prossimo, ti attendiamooo XD

tognoz: Iva-samaaaa ci sei mancataaaaa XD per Lucca ci organizziamo da Gennaio eh, dato che ho scoperto solo dopo che eravate all'Hotel sotto al nostro B&B... ad ogni modo anche il tuo blocco è finito ma noi qui siamo ancora in fase aggiornamento speriamo di ritrovartiiii

Murasaki Sutcliff: Aaah firenze! Ci siamo dimenticate di dire che andavamo a Lucca XD Ad ogni modo sarà per il poi v.v saremo anche felici di farti gioie nel farti trovare il nuovo cappy tutto per te e chi ci segue D speriamo di vederti al prossimooo

jinnlover: Ed eccoci ancora, la storia si fa sempre più interessante, soprattutto ora che pare quasi finita buhahahahahahah non disperare e non ti credere, ce ne vuole ancora molto alla fine


P.s. Per chi ha interesse, visitate la nostra pagina per le altre storie pubblicate su FMA (Titoli cliccabili con link diretto):
Jason's Story (2 su 6 'Volumi', Jason è un bambino che RoyEd adottano controvoglia, ma si rivelerà per loro il bene più prezioso e tanta avventura)
Geschenk Blut / Bluid tiodhlac - Dono di sangue - (1 su 2 'Volumi', storia di Vampiri, RoyEd e Jason incluso, Non per stomaci delicati) 

 

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