A new Beginning

di Ro90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima impressione. ***
Capitolo 2: *** Presentazioni. ***
Capitolo 3: *** Comprendersi. ***
Capitolo 4: *** Cominciamo bene! ***
Capitolo 5: *** Guardarsi negli occhi. ***
Capitolo 6: *** Tenerezza acida. ***
Capitolo 7: *** Colto impreparato. ***
Capitolo 8: *** Fantasmi dal passato. ***
Capitolo 9: *** Febbre pericolosa ***
Capitolo 10: *** Confidenze. ***
Capitolo 11: *** Passi avanti. ***
Capitolo 12: *** Gelosia e inviti. ***
Capitolo 13: *** L'eccezione che conferma la regola. ***
Capitolo 14: *** A giocare col fuoco si rimane scottati. ***
Capitolo 15: *** io vorrei, non vorrei, ma se vuoi... ***
Capitolo 16: *** Lezioni di gentilezza. ***
Capitolo 17: *** Tutto quello che non dici. ***



Capitolo 1
*** Prima impressione. ***


Ultima revisione il 27/02/2012
I personaggi non mi appartengono. E' tutto frutto della mia immaginazione.



Può un annuncio cambiarti la vita? Nel mio caso si. Sono Rebecca, vivo a Parigi da circa cinque anni. Dopo la morte di mia nonna avevo deciso di cercare un coinquilino, l’annuncio era abbastanza chiaro, malgrado le poche lettere che avevo a disposizione, non volevo trovarmi tra i piedi qualche idiota!

"AAA cercasi coinquilina/o silenziosa/o, ordinata/o e soprattutto intelligente se è possibile."


Non pensavo che qualcuno avrebbe avuto il coraggio di chiamarmi, eppure poco dopo il telefono squillò.
Si trattava di un uomo, con un forte accento inglese,malgrado la mia riluttanza iniziale non volevo subito rifiutare senza averlo visto prima, infondo ripassare il mio inglese mi sarebbe tornato utile,  la sua voce era  profonda, bassa tipica di un fumatore, poteva avere intorno ai 35 anni, non di più. L’appuntamento era fissato per il  pomeriggio, doveva vedere la stanza e bisognava concordare il prezzo … potevo essere emozionata? La cosa m’incuriosiva parecchio.

Sentì il campanello suonare e mi precipitai alla porta, “era in anticipo” pensai. Rimasi a bocca aperta, "meglio di ciò che mi aspettassi" pensai: alto, slanciato, sotto il suo cappotto costoso si nascondeva un fisico asciutto naturalmente, portava degli abiti eleganti tipici di un inglese, aveva uno strano colore di capelli biondo scuro, la cosa mi faceva pensare ad una tinta per capelli; gli occhi erano di un verde chiarissimo, il naso era dritto su cui poggiavano dei curiosi occhiali e una faccia che ti implorava di dargli uno schiaffo, “alquanto originale” pensai . Entrato diede una rapida occhiata all’ingresso, notai la piccola valigia che portava dietro di se:
-Ha già deciso di restare a quanto vedo …
-Se la cosa non la disturba …
-No si figuri, le faccio vedere subito la sua stanza, per il resto della casa avremo tempo.
La sua stanza era di fronte alla mia, a mio parere era la più bella, si affacciava sul giardino interno e dalla finestra si poteva ammirare la Tour Eiffel in tutto il suo splendore anche se per me non era poi tutto questo granché …
-Deve ricordargli parecchie cose brutte questa stanza …
-Come? – ero stupita  
- E’ molto più bella e più grande della sua da quello che ho potuto intravedere dalla porta aperta della sua stanza … ricordi dolorosi la legano a questa stanza, ha ereditato questa casa non è così?
Cavolo ci aveva preso, “era un abile osservatore, chi sa che fa nella vita”
-Non sbaglia … per la precisione era la stanza di mia nonna, la proprietaria della casa - risposi
Continuava a guardarsi intorno in cerca di dettagli, vedevo i suoi occhi posarsi su ogni oggetto presente nella stanza: dalla tenda alla poltrona, all’armadio, al letto, lo vidi avvicinarsi alla finestra, il suo viso illuminato dalla luce del sole era fantastico."Sembra un tipo apposto" pensai.
Tornai nel mondo reale quando il mio telefono iniziò a suonare, allungai la mano verso di lui “non mi sono ancora presentata”:
-Il mio nome è Rebecca Watson, infondo al corridoio c’è il suo bagno, devo rispondere al telefono, faccia come se fosse a casa sua.
Dopo aver pronunciato il mio nome vidi le sue pupille dilatarsi, avvertì un grazie.

SH
Non ci potevo credere: Rebecca Watson! "La mia vecchia vita a quanto pare continuava a tormentarmi".
Dovevo fingermi morto, per il bene di tutti,per il bene delle poche persone che tenevano a me. Un giorno sarei tornato, forse, ma prima dovevo sistemare un paio di cose…

Parigi era stato un caso, Molly aveva provveduto al mio biglietto aereo, l’idea era stata sua. La cosa in fondo non mi dispiaceva, avrei vissuto da turista per un bel po’ anche se fare il detective già mi mancava…"la vita normale è così noiosa".
Dopo aver disfatto la mia piccola valigia decisi di scendere di sotto,infondo, non mi ero ancora presento. Ero indeciso, nome francese o nome inglese? Avrebbe scoperto che era tutta una finzione? Rebecca era sveglia, dopotutto l’annuncio parlava chiaro: era una che arrivava dritta la punto senza troppi giri di parole.
"Il gioco è iniziato!"

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Capitolo 2
*** Presentazioni. ***


Questa storia è stata inventata di sana pianta da me! I personaggi purtroppo non mi appartengono.

Era quasi l’ora di cena ma del mio nuovo coinquilino nessuna traccia, era chiuso  nella sua stanza da quando era arrivato.
Stavo trafficano in cucina nella speranza di riuscire a preparare qualcosa, avevo una certa fame, in più volevo invitarlo a cena, “ero o no una buona padrona di casa?”, non era sceso neanche per il tè, di solito gli inglesi sono molto precisi in questo.
Presi coraggio e salì le scale, ero di fronte alla sua porta col pugno alzato per bussare quando fu lui a travolgermi
- Non ti avevo visto …
-Stavo per bussare ma hai fatto prima tu … - ero tra le sue braccia, o meglio aveva un braccio sulla mia spalla e l’altro sul mio fianco per sorreggermi, aveva un profumo decisamente particolare.
-Mi stavi cercando? – mi domandò guardandomi negli occhi, “che occhi cavolo! “. Stavo facendo proprio la figura della cretina eppure non volevo ancora staccarmi da lui.
-Si ho preparato la cena volevo chiederti se ti andava di unirti a me …
Chiesi allontanandomi dal suo corpo, fissando il pavimento.
Fece un cenno di assenso con la testa. Cenammo in silenzio uno di fronte all’altra, “non ne posso più pensai o parlo io non riuscirò a sentire una parola uscire da quella bocca. Non so nemmeno il suo nome!” pensai.
-Non sei sceso per il tè … dal tuo accento ho intuito che sei inglese …
Per poco non gli cadde la forchetta , alzò la testa dal suo piatto e mi guardò fisso negli occhi, il suo sguardo cambiò: era divertito e attento, sembrava mi stesse studiando
- Sentiamo, cos’altro hai capito di me?
-Mi dispiace, tutti mi fanno notare questa cosa, a volte è odiosa … lascia perdere, sei appena arrivato e non voglio farti il 3°grado ne tanto meno impicciarmi degli affari tuoi … - dissi tutto ciò allontanandomi dal tavolo intenta a mettere il piatto nel lavello. Fu più veloce di me, mi afferrò per un polso, con una voce più bassa del solito, più calda, disse :
-Non scusarti, vai avanti, cos’altro hai capito di me?
- Non molto, o meglio: fumi anche se non ho sentito odore di tabacco sui tuoi vestiti,perciò devi usare cerotti alla nicotina, suoni il violino ci sono segni sotto il tuo mento. Ho capito che sei inglese dal tuo accento, ma soprattutto dalle tue scarpe, noi francesi non portiamo quel tipo di modello … i capelli probabilmente sono tinti quasi come facesse tutto parte di un travestimento, lo stesso vale per gli occhiali, non mi pare tu ne abbia bisogno...
Era rimasto a bocca aperta, subito dopo era scoppiato in una fragorosa risata, “mi stava prendendo in giro?” . Ero indignata prima mi esorta a parlare e poi mi ride in faccia, “che tipo!”. Mi avviai a passo spedito verso il tavolo intenta a sparecchiare, ero furiosa, era esattamente come tutti quelli che avevo conosciuto.
-Ci sei andata molto vicino... Ti sei offesa?- mi chiese- Non ridevo per te, per la tua ... oh, capisco, a scuola ti hanno preso in giro per questo vero? Tutti che ti scambiano per una specie di fenomeno da baraccone preparata su tutto lasciando gli altri sbalorditi. Non è facile farsi degli amici-
 Fece una profondo sospiro, sembrava si stesse sforzando per restar calmo come fosse uno sfogo, la cosa toccava anche lui probabilmente, poi riprese
- Non volevo prenderti in giro anzi … complimenti sono poche le persone come te, devo ammetterlo. – Girai la testa di scatto. Ero senza parole …
- Non guardarmi così, io sono un po’ come te. Non mi sono ancora presentato : il mio nome è Sherlock…Sherlock Holmes, forse avrai già sentito parlare di me, questo deve restare un segreto, pubblicamente sono Paul Deneuve.

SH
“Era sveglia sul serio. Da non crederci”. Avevo deciso di rivelarle  il mio vero nome, non mi avrebbe messo nei guai, anzi ne avrei ricavato qualcosa a mio favore. Mi ero quasi dispiaciuto quando avevo riso per le sue supposizioni, pensava la stessi prendendo in giro … “a quanto pare siamo molto simili”.
- Rebecca, Rebecca -dissi avvicinandomi a lei, la stavo osservando attentamente, al massimo poteva avere 23 anni, lunghi capelli biondi e mossi, grandi occhi chiari, "non guardarmi così" pensai.

Poteva ritenersi fortunata, era una di quelle poche donne che avevano attirato la mia attenzione, “come dimenticare Irene Adler” , ma lei aveva qualcosa in più "sono appena arrivato e ho già qualcuno su cui indagare! La cosa mi avrebbe tenuto occupato".
Osservandola attentamente mi appariva per quello che era :
-una giovane studentessa universitaria fuori corso, sola, nessun amica o presunti fidanzati, mai avuti, nessuna foto di famiglia, presumo genitori poco presenti l’unica parente vicina è ormai defunta … mi chiedo cosa ti abbia spinto a cercare un coinquilino,ma forse ho la risposta anche a questo – ripresi senza fermarmi.
“Si sentiva sola”. La cosa fu presto confermata dai suoi occhi lucidi puntati verso di me. Non so spiegare quello che vidi nei suoi occhi, ma per la prima volta il mio cuore ebbe un sussulto.

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Capitolo 3
*** Comprendersi. ***




Con un solo sguardo mi aveva messo a nudo e aveva descritto la parte più difficile della mia vita. Tutti mi consideravano riservata e fredda, difficilmente facevo trasparire le mie emozioni, era vero anche che non avevo amici ne amiche, ero sola al mondo. Lo congedai con un tono molto distaccato e andai in camera mia. Non sarei riuscita a reggere una parola in più, ne tanto meno il suo sguardo. Mi tornarono alla mente tutte le umiliazioni che avevo subito a scuola, gli sfottò solo perché mi piaceva studiare al contrario dei mie amici di classe restavo a casa tutte le sere per studiare o anche semplicemente per leggere, la mia grande passione; per non parlare dei miei genitori, era tutto così confuso, era da tanto che non ci pensavo, lui aveva scatenato tutto questo.  
Mi sveglia di colpo, forse un incubo. Tutto quello che ricordavo era una figura dai capelli biondo scuro, molto mossi e due occhi chiarissimi … era lui l’avevo sognato, così mi sembrava. Allungai la mano per prendere la sveglia, sul mio comodino trovai un biglietto e un fiore: una piccola margherita,''il mio fiore preferito”. Molto probabilmente non si trattava di un sogno, era davvero entrato in camera mia. Lessi il biglietto:

“Ho preso il doppio delle chiavi, starò fuori per molto. La cena la offro io stasera. SH ''

Ero basita. “Il fiore era un modo per chiedermi scusa?. Cominciamo bene” pensai.
Malgrado i brutti ricordi che mi avevano ispirato le sue parole ieri, apprezzai moltissimo il suo gesto, lo trovai molto “carino”.

SH
‘’Io Sherlock Holmes ero dispiaciuto, roba da non crederci”. John Watson avrebbe riso di me e rincarato la dose con un “ti stai rammollendo per caso?”. Non riuscivo a smettere di pensare alla sua espressione, quegli occhi così tristi, ci ero andato giù pesante, non avrei dovuto indagare così a fondo, eppure era così chiaro per me, forse perché in lei riconoscevo me stesso.

Avevo passato tutta la giornata fuori fino al tardo pomeriggio per cercare informazioni riguardo la mia presunta morte e soprattutto sulla morte di Moriarty. Avevo trovato parecchi articoli ma niente di interessante. A quanto pare non ero stato abbastanza bravo nel recitare la parte del morto, alcuni infatti sostenevano piani ingegnosi affermando che era tutta una messa inscena, ma la verità era ben lontana. Mi colpì la dichiarazione di Lestrade  “Aveva collaborato con noi nei casi più intricati, mi mancherà come collega, ma molto di più come amico”. “Per qualcuno ero un amico” … mi ritornarono in mente le figure di John e della signora Hudson ma quel pensiero fu subito abbandonato quando raggiunsi la mia nuova casa.
Di Rebecca nemmeno l’ombra. Diedi un’occhiata alla casa, la cosa che mi colpì fu la quasi assenza di oggetti tecnologici: non possedeva un computer ne tanto meno lettore dvd o cellulare all’ultima moda, molto probabilmente era un’impedita e tutto ciò era un punto a mio favore, cercando su internet avrebbe scoperto fin troppo.
La sua camera era quasi spoglia, “strano per essere la stanza di una ragazza”, o si era trasferita da poco oppure era semplicemente una persona essenziale. Mi colpì la libreria ricca di romanzi soprattutto, da Jane Austen a Virginia Woolf, sotto sotto aveva un’indole romantica al contrario di quello che faceva trasparire, o meglio, di ciò che voleva sembrare. Mi colpì l’ampia sezione dedicata ai libri gialli… come avrebbe preso la notizia di avere in casa un detective in incognito? Un vecchio giradischi (su cui era inserito un disco dei Beatles) , carta da parati rovinata, un vecchio appendiabiti, libri sull’arte: era tutto quello che c’era in camera sua.
“Che noia’’ pensai. Da quando avevo diviso l’appartamento con John ero quasi abituato alla non-solitudine, adesso non potevo più farne a meno.
Sul tavolo solo un foglio dell’università, sembrava un piano settimanale, decisi di raggiungerla.
Erano le 07 pm sarebbe uscita da un momento all’altro. Frequentava il secondo anno di “scienze dei beni culturali” in un università privata, “di certo i soldi non gli mancavano”. Quando varcò il portone dell’Ateneo sul suo viso comparve un’espressione d’incredulità, poi si aprì in un sorriso. “Mi stava sorridendo?’’.


“No non può essere” pensai, eppure lui era li, fuori dall’università che mi aspettava. La sua espressione era tutta un programma, mi guardava attentamente cercando una mia minima reazione a questa sua “trovata”. Un sorriso nacque spontaneo sul mio viso. Non potevo crederci, “ma come faceva a sapere che … ma certo avevo dimenticato il piano settimanale sul tavolo in cucina !”.
- Ciao - dissi quasi sussurrando, avvicinandomi a lui.
-Andiamo – disse lui semplicemente. Istintivamente mi avvicinai a lui, sentire le maniche dei nostri cappotti sfiorarsi mi fece rabbrividire; forse fu proprio per quello che mi strinsi al suo braccio.
Non sapevo cosa dire, non volevo finire come la sera precedente, mi limitai solo a chiedere un “dove stiamo andando”
-In un bistro qui vicino.
-Grazie per la margherita, è il mio fiore preferito. – sembrava divertito.
Si fermò di botto e mi indicò  il ristorante.
Eravamo arrivati.

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Capitolo 4
*** Cominciamo bene! ***




Era passata una settimana dalla cena. Mi aveva confidato di essere “fuggito” da Londra, il motivo era una sorta di segreto, mi aveva inoltre pregato di non indagare; come se avesse letto nei miei occhi la curiosità che nasceva spontaneamente. Non fu facile cavargli di bocca altre informazioni, ma gli elementi che avevo, per il momento, mi sarebbero bastati. Il resto lo avrei scoperto con calma.

Quella fu una settimana infernale. Sherlock/Paul (non sapevo ancora come chiamarlo) era partito per fare delle commissioni, avevo poi scoperto che aveva bisogno di alcuni documenti di soggiorno e che qualcuno gli doveva un favore. Mi dedicai soprattutto allo studio, malgrado fossi un “genietto” avevo perso parecchie lezioni a causa della malattia di mia nonna. Ero indietro e dovevo recuperare. Quella mattina avevo l’esame più importante, quello di Inglese.

-Maledizione!-
Imprecavo avanti e indietro,dal salotto alla cucina, con una vaschetta di gelato tra le mani, mentre la tv trasmetteva un vecchio film in bianco e nero.
Ero furiosa, non avevo superato l’esame, o meglio non avevo avuto neanche il tempo di andare oltre l’introduzione che il mio caro proff mi aveva rispedita a casa! Lo avrei strozzato con le mie mani li davanti a tutti… che figura, a quanto pare me la voleva far pagare per la correzione che gli avevo fatto qualche tempo fa, mentre spiegava una cosa di cui neanche lui era a conoscenza.
-Brutto figlio di … -
-Parli da sola adesso?- mi girai di scatto, era li con il braccio poggiato allo stipite della porta e mi guardava divertito. Chi?? Ma come chi , il mio coinquilino di cui, in quei pochi giorni passati da sola, mi ero completamente dimenticata! Solo in quel momento mi resi conto di indossare solo una maglia lunga che mi arrivava a metà coscia, un maglione pesante sopra e i calzettoni di spugna. “Che figura” pensai. Mi dileguai dalla sua visuale con la scusa di mettere il gelato a posto, ma sapevo che mi stava aspettando.
-Non dirmi che è per il film!Ah questi film romantici, troppo fantasiosi per i miei gusti- disse con quel suo solito sorrisino di chi la sa lunga,
-Non è per il film, figuriamoci! Ho bel altri problemi per la testa – presi a calci un cuscino che si trovava li per terra.
Notai con la coda dell'occhio che si era seduto sulla poltrona al mio fianco e che improvvisamente mi aveva preso per il braccio. Mi ritrovai seduta sulle sue ginocchia con due occhi incredibilmente chiari puntati nei miei.
-Sentiamo cosa ti affligge? Non hai passato l’esame vero?
-Come fai a saperlo?
-Il libro buttato per terra davanti alla porta e il tuo … quanti anni avevi nella foto??
Dalla tasca della sua giacca tirò fuori il mio libretto dell’università in cui c’era la data dell’esame. Glielo tolsi dalle mani sbuffando.
- Di che esame si tratta? – In quel momento i miei piedi erano molto interessanti, non volevo pensare al fatto che il mio polso era ancora tra il suo pollice e il suo indice e che la sua mano era dietro la mia schiena
-Inglese… - Stavo per andare a fuoco, io che confessavo di non essere capace in qualcosa, era un’ evento raro.
Lo sentii ridere sotto i baffi, al che provai ad alzarmi
- Come siamo permalose! – Disse prendendo il mio mento facendo in modo che io potessi guardarlo negli occhi, quegli occhi indagatori  
–Ti aiuto io se me lo permetti…

SH
Cosa mi era saltato in testa? Farla sedere sulle mie ginocchia, le mie mani a contatto con la sua pelle, “la pressione era regolare, eppure le sue guance si erano tinte di rosso”, vederla così dispiaciuta e ferita nell’orgoglio mi avevano colpito ancora.
Avevo agito quasi d’istinto,” è così che si dice?” non ero abituato a certe cose, il mio intento era di vedere una sua reazione, avevo notato come mi guardava “mi trovava attraente forse?’’, la sua non reazione mi stupì parecchio.
Il viaggio per i documenti non era così urgente ma era necessario per la mia sanità mentale, avevo bisogno di pensare nel mio "palazzo".
Era stato facile durante il viaggio “scordarmi” di lei, così come avevo fatto per la signora Hudson e per John. Non potevo negare che la mia vita mi mancava ogni giorno di più, eppure quella ragazzina era tutto quello che avevo per non rendere le mie giornate noiose, “mi affascina” pensai. Mi tornò alla mente il giorno in cui conobbi John la prima volta, beh diciamo che la sensazione era più o meno la stessa, “lei è una donna però, la cosa non è di certo da trascurare”. Tutto era ancora da vedere.

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Capitolo 5
*** Guardarsi negli occhi. ***




Continuavo a girarmi e a rigirarmi tra le lenzuola. Non riuscivo a prendere sonno. Mi ritornavano in mente le immagini di poche ore fa, seduta sulle ginocchia di Sherlock, lui che si offriva per darmi ripetizioni e io come una stupida gli avevo risposto come un telegrafo “Bene.Iniziamo domani.Buonanotte.” 
Quella fu l’unica risposta che mi venne in mente, avevo bisogno di allontanarmi da lui per riprendere fiato.
Il suo atteggiamento aveva messo a dura prova il mio autocontrollo: sapevo che stava controllando il mio battito cardiaco (vedi la sua mano sul mio polso) eppure un lieve rossore sulle guance mi era sfuggito, feci tutto il possibile per auto controllarmi, in quel momento mi stava mettendo alla prova.
“Cosa lo aveva spinto ad aiutarmi? Non sembrava un tipo paziente tanto meno altruista, sotto sotto c’era qualcosa me lo sentivo!’’ .
Ero preoccupata per quello che sarebbe successo il giorno dopo e soprattutto non  sapevo con quale coraggio guardarlo negli occhi, “quegli occhi!’’.
Cavolo erano due calamite, come se volessero tirare fuori dalla mia testa tutti i miei pensieri, le mie emozioni… Eppure mi mancava tanto così per riuscire a capire davvero cosa lo trattenesse, qualcosa lo bloccava, era evidente, forse un segreto oppure un passato tragico.”Era impossibile essere così freddi e meticolosi”. Abitavamo sotto lo stesso tetto da quasi un mese, eppure non aveva rivelato niente del suo passato, sembrava che non ce l’avesse.
Non riuscivo a leggere niente nei suoi occhi, non lasciava tracce dietro di se, niente su cui accampare ipotesi, “molto strano” pensai.

“Mi piaceva” era inutile negare, l’unica soluzione era cacciarlo di casa, soluzione a cosa poi? M’incuriosiva, mi attirava, non solo fisicamente, non facevo altro che tremare e non sapevo spiegarmi tutto ciò! Era il mio enigma da risolvere.
Mi sarebbe venuto un infarto, ne ero convinta! Passai la notte in bianco,” perché non avevo rifiutato??”.
 

Alle prime luci dell’alba scesi in cucina, la porta della sua stanza sembrava ancora chiusa, pensai stesse dormendo “meglio non avercelo davanti agli occhi”.
Stavo versando del caffè nella mia tazza quando sentii dei rumori provenire dal piano di sopra. Erano dei colpi di qualcosa contro il muro, decisi di salire a vedere.
La sua porta non era chiusa del tutto, un piccolo spiraglio di luce illuminava il corridoio. Aprì piano la porta, sapevo che mi avrebbe notato ma non fece una piega.
Era seduto per terra con una pallina tra la mani che regolarmente faceva rimbalzare sulla parete per poi riprenderla e lanciarla ancora.
Tutto ciò mi trasmise un senso di tepore,quasi come se fossi ipnotizzata da quel movimento … mi risvegliai dal mio stato di trans  non appena mi resi conto che non stava più giocando con la palla ma aveva puntato lo sguardo verso di me, nei suoi occhi mi persi.
-Del caffè, grazie – disse alzandosi e rubandomi la tazza dalle mani
Non ebbi il coraggio di controbattere, continuavo a fissarlo imbambolata, rapita dal suo modo di tenere la tazza tra le mani, rapita dal colore azzurro della sua vestaglia, dei suoi piedi nudi sul vecchio tappeto di mia nonna. Intanto i minuti trascorsero mentre i miei occhi erano ancora nei suoi.
“Cosa voleva dirmi? Perché mi fissa così?” Leggevo fierezza nel suo sguardo, arroganza eppure c’era qualcos’altro di molto meno esplicito … Nella mia mente si ripetevano le immagini del nostro primo incontro,di cosa ci eravamo detti in quei pochi giorni di conoscenza, eppure in quel momento mi sembrava di conoscerlo da una vita. Mi mancava tanto così per cogliere quel particolare nascosto, un segnale …
-Sento il rumore del tuo cervello al lavoro, pensieri complicati- le sue parole mi riportarono alla realtà
Era serio, come se avesse percepito davvero i miei pensieri.
-Già. Come mai già sveglio? – gli chiesi mentre lo vidi frugare nel suo armadio
-Hai visto la mia camicia bianca?
- La tua camicia bianca è ancora umida, a cosa ti serve?
- Ho un colloquio di lavoro tra 20 minuti.
-Prendi questa – dissi mentre gli passavo la camicia viola che era rimasta sul fondo della sua valigia ancora aperta accanto al letto
-Questa dici? E’ da parecchio che non la indosso … - disse con occhi quasi, ripeto, quasi rattristati
- Il viola ti dona – dissi, mentre lo aiutavo ad abbottonare i primi bottoni, eravamo così vicini, potevo sentire il suo respiro sulla mia fronte
-Devi accompagnarmi..
-Cosa??? Ma sei impazzito? Sono ancora in pigiama – dissi sbuffando, interrompendo quel momento tanto intenso.
- Mi annoia andarci da solo e poi potrei perdermi, in quel caso saresti l’unica a cui potrei chiedere aiuto e dovrai venire a prendermi.
Mi aveva incastrato!
-Non sono la tua guida turistica! – dissi mentre mi dirigevo in bagno. Qualcosa mi diceva che quella sarebbe stata una lunga giornata.


-All’obitorio?? Sei sicuro che sia l’indirizzo giusto?- Lo guardai scettica.
-Si è proprio qui. Entri con me?
-No grazie, buona fortuna.

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Capitolo 6
*** Tenerezza acida. ***


Ultima revisione il 27/02/2012
I personaggi non mi appartengono. E' tutto frutto della mia immaginazione.



Era tarda sera. Avevo trascorso tutta la giornata sui libri. Non solo dovevo ripetere tutto il programma d’inglese per colpa di quel bifolco, mi toccava prepararmi anche per un altro esame! Decisi di farmi una doccia e indossai delle culottes una camicia lunga.
La musica dei Beatles riempì la mia stanza, ero sdraiata sul letto intenta a ripassare un capitolo quando il mio caro coinquilino entrò spalancando la porta
-Non si usa bussare? Mi hai spaventato a morte – dissi

SH
“Non si è ancora abituata ai miei modi’’ pensai. Vederla distesa sul letto coperta da ben poco non mi fu indifferente ma “sapevo dove guardare”, non era la prima volta che succedeva, con Irene Adler la cosa non fu proprio così, lei lo aveva fatto di proposito, “aveva scelto il suo costume migliore” solo per attirare l’attenzione e cancellare eventuali tracce sulla sua persona, Rebecca invece no, non lo faceva di proposito, era ingenua su questo aspetto, “eppure non sembrava imbarazzata, un fidanzato o un amico c’era stato nella sua vita, probabilmente”.
-Dovevo aiutarti con l’inglese no?
-Quel tuo dovevo mi sembra fuori luogo, non ti ho mica obbligato!- disse guardandomi negli occhi.
-Oh andiamo mi annoio e poi tu hai bisogno di un aiuto, mi pare evidente…
-Grazie tante! Cosa sono un nuovo giochino solo per distrarti un po’?- disse con aria saccente, era furiosa.
-Non mi piace distrarmi… non sono un tipo da distrazioni
-Ne avresti bisogno credimi…
Ero sconvolto! Aveva avuto il coraggio di dirmi che dovevo “distrarmi”! Mai nessuno si era permesso di… “era un consiglio o una critica?’’
-Ahhh quanto sei pesante, si sente il tuo cervello al lavoro fin da qui! Visto che ti piace usarlo aiutami a  tradurre questa frase, almeno fai qualcosa di utile…


“ho sbagliato lo so, forse si è offeso, però quei suoi continui mi annoio di qua mi annoio di la erano frustranti!” .  Aveva bisogno di distrarsi, sembrava un animale in gabbia che tentava di uscirne con tutte lei sue forze, voleva sfuggire alla vita, all’ordinario… Di certo squartare i cadaveri non è un lavoro da tutti, richiede parecchi sforzi,sacrifici fisici e mentali … lui sembrava volesse sacrificarsi pur di non smettere di pensare, come se il non pensare avesse inciso gravemente sulla sua persona.
Cercava di fuggire da se stesso, quella era la considerazione che bussava nella mia testa. Si occupava di altro pur di non occuparsi della sua vita. Voleva vivere come in 3° persona, come un detective cercava la verità della vita degli altri, non mi sarei scandalizzata se avessi scoperto che in realtà era un detective che fuggiva da un pazzo serial killer , dopo tutto era Sherlock, dovevo aspettarmi di tutto …
“Smettila, raccontami di te, apriti con me” erano le parole che avrei voluto urlargli dietro.
Il momento della prima lezione arrivò e non fu poi così tragica come avevo immaginato. Non era paziente però!
Gli chiesi del suo nuovo lavoro, si occupava principalmente di cadaveri uccisi da “non si sa chi” e lui era addetto appunto a scoprire le cause della morte e visto le sue potenzialità non solo in chimica ma anche deduttive era in grado di risolvere un caso.
La “lezione” durò fino a quando lui si addormentò, lì sul mio letto.
Ero ancora intenta a descrivere l’arte vittoriana quando nel voltarmi lo avevo trovato rannicchiato su stesso con il libro ancora tra le mani.
Aveva ancora le scarpe, gliele sfilai con cura cercando di non svegliarlo poggiando la coperta sul suo corpo. Le sue occhiaie dimostravano che non riusciva a prendere sonno.”Sogni tormentati?” pensai, in fondo faceva tardi tutte le sere e la mattina all’alba era già in piedi.
Ebbi l’impulso di sfiorargli i capelli, la mia mano si blocco a mezz’aria. Era un pò come violare la sua privacy pensai, ma l’impulso ebbe la meglio.
Quei capelli mossi, biondi che rivelavano l’inizio di una ricrescita scura, erano così soffici e setosi. I miei movimenti erano delicati e misurati, non doveva svegliarsi non ora. Il suo torace si alzava e si abbassava regolarmente. Nel sonno sembrava quasi un’altra persona, più dolce, più tenera…
Molto presto mi addormentai anch’io, li accanto a lui.

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Capitolo 7
*** Colto impreparato. ***




SH
Come da routine aprì gli occhi all'alba. Un sole timido aveva illuminato l’intera stanza. Tutto sembrava normale, eppure c’era qualcosa di strano.
‘’Non è la mia di stanza” pensai, in quel momento avevo caldo tanto caldo, la situazione si fece chiara quando abbassai lo sguardo e sul mio petto  vidi una chioma bionda. Ero immobile, non solo per la situazione ma anche perché effettivamente il corpo di Rebecca era stretto al mio e non mi permetteva di muovermi.

Ero abbracciata a qualcosa, non so a cosa ma era così caldo ed emanava un profumo già sentito, “Dio quanto mi piace questo profumo!”.  Mi ritrovai con il naso a sfiorare quella parte… ebbe un sussulto. “Eppur si muove” pensai, aprì gli occhi lentamente, non distinsi tutto per bene al primo colpo, poi mi resi conto di essere avvinghiata al collo di qualcuno.
Fare la parte dell’addormentata non sarebbe risultata credibile, visto che lui era bello sveglio, la sua bocca aveva ripreso a deglutire.
Feci un respiro profondo e mi distaccai quel poco che bastava per guardarlo negli occhi
-Buongiorno – sussurrai debolmente.
Di prima mattina era uno spettacolo: i suoi occhi erano più verdi del solito, le sue labbra non ne parliamo, erano così invitanti… Non avevo dato molti baci nella mia vita, alcuni erano stati per curiosità e altri mi erano stati rubati, come se fosse un gesto per saltare tutta quella parte del “ti vuoi mettere con me?”. Non mi piaceva baciare, forse  perché nessuno era mai riuscito a darmi emozioni come quelle che stavo provando adesso solo nel guardare le sue di labbra…
Mi aspettavo un “Buon giorno anche a te” ma non arrivò. Lo vidi sgranare gli occhi come se dovesse ancora mettere a fuoco la situazione. Stavo ancora aspettando una sua risposta, lo vidi chiudere gli occhi e sistemarsi meglio come se volesse continuare a dormire.

SH
Avevo dormito con una donna.
Avevo dormito con una donna.
Avevo dormito con una donna.
Continuavo a ripeterlo mentalmente. Rielaborai le ultime ore da sveglio della sera precedente, ma non colsi il momento in cui mi addormentai. “Era da tanto che non dormivo così” pensai. Anche dormire era noioso, non solo non potevo controllare i miei pensieri ma la verità era che avevo paura dei sogni, non solo degli incubi ma anche dei sogni belli, erano imprevedibili.
Credevo che il suo buongiorno e la sua figura adagiata su di me fossero frutto della mia fantasia, invece lei era reale tra le mie braccia.
Chiusi gli occhi per riordinare i pensieri.
Sentivo il suo naso sul mio collo a quanto pare le piaceva il mio profumo. “A qualcuno piaceva qualcosa di me”. Se mi avesse visto John avrebbe spalancato la bocca e con un sorriso avrebbe detto “roba da non crederci! L’hai drogata per caso?”.
La mia mano si posò sui suoi capelli. La sentì sorridere sul mio collo.
Dovevo alzarmi, non avrei retto quella situazione un secondo di più. Feci per scansarla nel modo più delicato possibile ma mi trattenne per un braccio e sussurrò al mio orecchio :
-Non è successo niente.- accompagnato da uno sguardo dispiaciuto.
Mi precipitai nella mia stanza e chiusi la porta a chiave. Iniziai a tremare.
Ero stato colto impreparato! Non sapevo come reagire, eppure la cosa non mi era dispiaciuta poi tanto, in fondo è vero che i sentimenti sono un handicap nel mio lavoro ma ora non stavo lavorando! Ero alquanto confuso, mai nessuno mi aveva ridotto in questo stato. Passeggiavo avanti e indietro per la stanza, sarebbe diventata un'abitudine? Era indiscutibilmente bella, cavolo se lo era! "Io che trovo una donna attraente? Maledizione" pensai, "cosa mi sta succedendo?"

Ero dietro la sua porta. Il suo alzarsi bruscamente mi aveva spaventato. Avevo fatto qualcosa di male? L’unica cosa che mi venne in mente fu un “non è successo niente” poco convincente detto a bassa voce.
Avevo appoggiato la mia guancia contro la porta fredda,
-Non succederà più te lo prometto! Non volevo metterti in difficoltà Sherlock ti prego apri!! Parla dimmi cosa c’è che non va.
Fu tutto inutile, bussai più volte. Lasciai la colazione dietro la porta sperando che avrebbe migliorato le cose.
Uscii di casa, un tempo carico di pioggia stava arrivando. '' Non è giornata'' pensai.

Erano le 11pm passate e di lui nemmeno l’ombra. Il suo turno finiva alle 10.
Passeggiavo ormai ininterrottamente dal salotto all’ingresso dall’ingresso al salotto contando i minuti. Più volte avevo guardato dalla finestra nella speranza di vederlo tornare. Ero preoccupata per il fatto che fuori stava diluviando e che non aveva con se l’ombrello.
Poco dopo vidi un’ombra avvicinarsi al portone di casa “finalmente” pensai, ma con mio grande dispiacere, dopo aver aperto la porta vidi che non si trattava di Sherlock ma di un uomo dall’aria strana.
-Cercavo il signor Holmes è in casa? – quell’uomo aveva un paio di occhi verdi che mi ricordavano un sacco quelli di Sherlock!  ''un momento ha detto Il signor Holmes? Come faceva a sapere che…”
-Non abita nessun signor Holmes qui, mi spiace …
-Ahahah divertente che nome avrebbe assunto adesso sentiamo? Senta ho poco tempo e vado di fretta, dia questa busta a Sherlock o come diavolo si chiama adesso, arrivederci.
Se ne era andato così senza aggiungere nient’altro. La busta era quella per le lettere, sigillata e priva di francobollo. L’appoggiai sul tavolino. Nell’attesa accesi la TV.

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Capitolo 8
*** Fantasmi dal passato. ***




Erano le 11 e mezza  passate quando sentii la porta di casa aprirsi, mi alzai di colpo e andai verso di lui. Era completamente fradicio, come sospettavo.
Presi l’asciugamano che avevo preparato sulla sedia e lo appoggiai sulla sua testa. Non sembrava arrabbiato ma continuava a restare in silenzio.
Intanto con l’asciugamano presi a frizionargli i capelli e lo aiutai a sfilarsi il cappotto. Col dito segui la scia di una goccia d’acqua sul suo viso, dalla fronte all’angolo delle sue labbra. Volevo sfilargli la camicia ma non mi sembrava il caso, lasciai fare il resto a lui. Mi avviai in salotto e mi sedetti al divano ad aspettarlo.
Non tardò ad arrivare. In silenzio gli porsi la busta, non disse una parola, non mi sembrava sorpreso. Aprì la busta davanti ai miei occhi, non era un problema per lui mostrarmi il contenuto. C’era solo un biglietto “CHIAMAMI SUBITO. MH” con una sim telefonica. Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un Blackberry e inserì la scheda al suo interno e chiamò l’unico numero presente nella rubrica inserendo il vivavoce . Stavo per alzarmi quando la sua mano bloccò la mia in una presa ferrea.

-Cosa diavolo ti è saltato in mente è?? Sei impazzito? Tutti ti credono morto e tu invece sei a Parigi… era tutta una messa in scena e non mi hai avvertito!
Avrei potuto aiutarti! Sono tutti distrutti per la tua scomparsa … potresti avere la decenza di rispondermi almeno?
-Non serve che urli Mycroft, ci sento bene.
-Ci senti bene un paio di palle! Mi hai fatto prendere un colpo! Ti rendi conto del gesto che hai fatto? Ti sei finto morto!! Hai simulato un suicidio! Per di più  tutti sospettano che sei stato tu a uccidere Moriarty e che subito dopo ti sei tolto la vita! Tutti hanno creduto che i tuoi casi fossero stati organizzati a tavolino! I giornali ti hanno massacrato!
-Non mi importa di quello che pensano! Nessuno deve sapere dove mi trovo, sono stato chiaro?? Devi fare alcune ricerche per me, a quanto pare non sono il solo ad aver messo in piedi una farsa.
-Stai dicendo che Moriarty non è realmente morto?? Ma si è ucciso davanti ai tuoi occhi !!
-Anch' io sono morto davanti a una decina di persone, compreso John… come stanno?
-Sono passati due mesi, si stanno ricostruendo una vita. Ne parliamo di persona. Ti mando un sms. Questa linea è sicura. Non fare sciocchezze e fatti sentire ogni tanto.

Solo quando chiuse la telefonata sentì la sua mano intrecciarsi alla mia. Il suo volto si fece scuro. Sembrava distrutto, non si aspettava di essere scoperto o semplicemente odiava essere rimproverato. Ero allibita , “chi era quell’uomo e di che casi stava parlando? E poi chi era Moriarty?”
Poggiai la testa contro la sua spalla e l’altra mano sul suo petto. Entrambi eravamo ancora in un muto silenzio, improvvisamente lo sentì tremare.

SH
Avevo trascorso tutta la giornata all’obitorio, c’era parecchio lavoro arretrato. Era tardi e sapevo che al mio ritorno l’avrei trovata li ad aspettarmi. Camminavo a passo spedito, sotto la pioggia, notai una macchina inglese dello stesso modello di quella di Mycroft  “mi aveva trovato” pensai. Attesi che se ne fosse andato da casa, avevo spiato la consegna della busta che aveva lasciato a Rebecca. Sapevo che lei non gli avrebbe rivelato niente e che avrebbe fatto finta di non sapere.
Entrai in silenzio, Rebecca mi venne in contro con un asciugamano tra le mani. La guardavo di sottecchi mente mi frizionava i capelli bagnati, con un dito segui una goccia d’acqua che scendeva sul mio volto.
“E’ bello avere qualcuno che si occupa di te” disse una vocina nella mia testa.
Mi aiutò a togliere il cappotto e proseguì in salotto, tolsi la camicia ed indossai la mia vestaglia. Mi avrebbe aiutato a sfilare anche quella ma a quanto pare era preoccupata da una mia qualche reazione.

La telefonata di Mycroft mi aveva sconvolto. Era l’ultima persona al mondo che avrei voluto sentire.
“Sono passati due mesi, si stanno ricostruendo una vita’’. Non potevo fare a meno di pensare a quello che invece sarebbe successo se fossi rimasto lì con loro, non mi fidavo delle parole di Moriarty, eppure non potevo rischiare.
Ero nel bel mezzo dei miei pensieri, quando percepì il calore del corpo di Rebecca sul mio, le nostre mani erano intrecciate.
Iniziai a tremare, preso dalle troppe emozioni della giornata ”non potevo lasciarmi andare così davanti a lei!
Dov’era finto il vecchio Sherlock imperturbabile ?’’.
Improvvisamente mi sentì molto stanco.

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Capitolo 9
*** Febbre pericolosa ***




Tremava come una foglia ma non avevo idea del perché. "Poteva trattarsi di un attacco di panico” pensai, gli accarezzai i capelli nel vano tentativo di calmarlo.
Sfiorandoli avevo percepito la sua fronte calda, vi poggiai sopra le labbra per misurargli la febbre, scottava parecchio. Lo feci distendere sul divano e lo coprì con la coperta. Restai li accanto a lui per un paio d’ore. Peggiorava a vista d’occhio in più aveva forti spasmi.
Dopo la morte di mia nonna mi ero sbarazzata di tutti i medicinali che avevo in casa, compreso il termometro, mi maledissi della sciocchezza che avevo fatto; l’unica cosa che mi venne in mente fu di chiamare la sola persona che avrebbe potuto aiutare Sherlock.

-Come mai mi hai richiamato così presto ci sono novità?
-Signor... Mycroft , sono la coinquilina di Sherlock ci siamo visti poche ore fa…volevo sapere se era ancora a Parigi…
-Si ma cosa è successo?
-Sherlock sta male: ha le convulsioni e la febbre molto alta, non so cosa fare.
-Arrivo subito- disse prima di riagganciare. “Avevo fatto bene?”.

15 minuti dopo puntuale come un orologio svizzero, Mycroft  varcò la soglia di casa. Si avvicinò al corpo di Sherlock e lo esaminò attentamente: prima il polso poi la fronte. Prese dalla tasca interna del suo cappotto un astuccio, chiese all’uomo che era con lui di voltare Sherlock di spalle, intanto stava preparando la soluzione, tirò lo stantuffò della siringa, scoprì parte delle natiche e fece l’iniezione.

Mi tornarono in mente gli ultimi instanti di vita di mia nonna: lei chi mi chiedeva aiuto, il paramendico che cercava di farle un’iniezione, la sirena dell’ambulanza che portava via il suo corpo senza vita. Avevo le lacrime agli occhi.

-Non si preoccupi mio fratello presto starà bene, gli capitava di frequente. Da bambino era spesso malato.
Suo fratello? Mycroft era suo fratello?? Lo guardai sbigottita.
-Non le hai mai detto di me vero? Non ci siamo lasciati bene l’ultima volta, ma direi che non abbiamo mai avuto un rapporto fraterno...
-Vuole una tazza di thè? Mi dispiace averla disturbata nel cuore della notte... – Dissi accompagnandolo in cucina.
-Non si preoccupi, anzi la prego di avvertirmi se dovesse aver bisogno di qualcosa... devo parecchi favori a suo padre.
-Mio padre? Lei si occupa di politica? – Chiesi incredula.
-Si, è un mio caro amico, Andrew Watson chi non lo conosce?
-Certo... – dissi sbuffando - Si è informato anche su di me deduco... e sa che con mio padre non sono più in contatto da un paio di anni ormai.
-Si, so anche questo...
-Può risparmiarsi la telefonata a mio padre, non ne sarebbe entusiasta, tanto meno interessato – dissi mentre versavo del thè.
-Non leggo i giornaletti di gossip ma qualcosa so... devo andare, arrivederci e mi tenga informato su Sherlock.
Lo accompagnai alla porta, poi tornai in salotto, mi sedetti in ginocchio sul tappeto ai piedi del divano dove era disteso Sherlock.

Controllai la fronte, la medicina stava facendo effetto, dalla fronte poi passai ai capelli e per una buona mezzo’ora rimasi ad accarezzarli, esaminai attentamente i lineamenti delicati del mento, le labbra così carnose, il naso leggermente più sporgente e gli occhi nascosti da quelle sottili palpebre e dalle lunghe ciglia. ‘"Voglio baciarlo” pensai ‘’chissà com’è, cosa si prova” ero incantata da tanta meraviglia. L’attrazione che provavo per lui in quel momento era qualcosa di stravolgente! Portai il mio viso allo stesso livello del suo, poggiai la mia fronte sulla sua massa di capelli. Le mie labbra erano a pochi centimetri dalle sue.
“Se non si sveglia, non lo verrà mai a sapere...’’

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Capitolo 10
*** Confidenze. ***




La mia mano era scesa dai suoi capelli alla sua guancia passando poi dietro l’orecchio.  Ero sfinita da quella situazione!
Poggiai delicatamente le mie labbra sulle sue, piano sfiorai il suo labbro inferiore e poi quello superiore, ero così inebriata dal suo profumo da chiudere gli occhi. Le mie labbra accarezzavano piano le sue e con la mia lingua ne tracciai con tanta attenzione i contorni, non mi accorsi che aveva dischiuso le labbra , presa dalla frenesia del momento. Poco dopo avvertì la consistenza e il sapore della sua lingua a contatto con la mia.
Fu allora che mi ridestai, mi stacca di colpo da lui ma fu più veloce di me, catturò il mio polso e mi ritrovai seduta sul divano accanto a lui.
Avevo ancora il fiatone, dovevo riprendermi da tutte quelle emozioni. La cosa che più mi aveva spaventato  fu la sua presa ferrea sul mio polso, che non si era ancora allentata del tutto. Potevo sentire i suoi occhi perforarmi, non avevo il coraggio di distogliere lo sguardo dal pavimento. "Ma cosa mi è saltato in testa!!" pensai. I minuti trascorsero poi parlò :
-Cosa  mi è successo?
-Avevi la febbre molto alta e sei rimasto sul divano per tutta la notte


SH
Mi sentivo così debole, avevo tanto freddo tanto da battere i denti. Ero in uno stato di dormiveglia, una serie d’ immagini si ripetevano nella mia mente.
Avvertì la voce di Mycroft e un dolore lancinante al sedere, era colpa sua ne ero sicuro, da piccolo mi faceva gli scherzi e non riuscivo mai a dormire da solo... mi tornò in mente la figura di mia madre che mi diceva che ero un bambino speciale. Avvertì la mano delicata di qualcuno che mi stava accarezzando i capelli e un respiro fresco sul viso che mi dava sollievo. In quel momento mi sentì così tranquillo e rilassato come poche volte nella mia vita. La mano era scesa sul mio viso e poi dietro l’orecchio, il mio punto debole.
Sentì un’esplosione al petto, forse stavo sognando eppure sentivo qualcosa di caldo e morbido sulle mie labbra, era così piacevole, così travolgente, aveva un profumo che mi mandò fuori di testa tanto da schiudere le mie labbra per assaporalo meglio,” il profumo di Rebecca’’pensai. L’esplosione scendeva sempre più in basso, ero così eccitato. La mia lingua fu a contatto con qualcosa di caldo e umido che mi riportò alla realtà svegliandomi del tutto. Aprì gli occhi in un attimo, con prontissimi riflessi catturai il suo polso, non gli avrei permesso di allontanarsi. Era agitata, continuava a fissare il pavimento.
“Mi aveva baciato’’ pensai guardandola con occhi increduli. Cosa avrei potuto dirle? Ero così in difficoltà! “Cosa diavolo gli era passato per la testa?? Perché lo aveva fatto?E io perchè avevo risposto e mi non mi ero allontanato da lei??’’ pensai. Era il mio primo bacio, fu un’emozione del tutto nuova, eppure non mi era dispiaciuta come cosa, “forse è per questo che la gente non può farne a meno?’’. Ero affascinato, in tutta la mia vita non mi ero mai concesso a nessun tipo di emozione ed ora, era lei che mi stava avviando su questa strada. Ero parecchio incuriosito forse avrei potuto darle una possibilità, in fondo avevo iniziato una nuova vita...

Non avevo voglia di parlare con lui. Era meglio dimenticare l’accaduto. Cosa c’era da spiegare?? “Ti trovo così incredibilmente attraente da volerti violentare sul divano?? Peccato che ti sei svegliato.” Che stupida ! Non sapevo dove mettere la faccia! Avevo combinato un bel pasticcio! “Perché mi ero lasciata trasportare dalle emozioni?’’.
-Mycroft è stato qui – disse guardandomi negli occhi.
-Si, non sapevo cosa fare, non avevo medicine in casa... ti ha fatto un’iniezione- risposi distogliendo lo sguardo dalla sua figura. Potevo sentire i suoi occhi puntati su di me, non avevo neanche il coraggio di respirare.
-Cosa è successo prima, quando io...- Aveva le gote arrossate come due mele sulla sua pelle pallida, si stava riferendo al mio bacio?
-Non... niente non preoccuparti, un mio errore – Stavo per scoppiare a piangere
-Non mi era mai successo, pensavo fosse un sogno -
Sembrava intimidito, non riusciva a capire cosa stessi pensando di lui in quel momento, lo vedevo sforzarsi di leggere una qualche espressione sul mio viso.
“Era il suo primo bacio? Ora si spiegano un sacco di cose”.

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Capitolo 11
*** Passi avanti. ***




Quella sera ero davvero stanca, non vedevo l’ora di andare a dormire, eppure avevo una voglia incredibile di cioccolato caldo.
Sherlock era a letto, aveva ancora qualche linea di febbre, decisi di portarne una tazza anche lui.

"Che giornata" pensai, prima il bacio poi la rivelazione, la cosa mi aveva turbata parecchio, sarà stato per l’effetto della febbre ma non sembrava il solito Sherlock di sempre, sembrava più vulnerabile, aveva abbassato le sue difese...

Bussai alla sua porta, ma non ebbi alcuna risposta, al che mi affacciai nella sua stanza, era impegnato nella lettura di un libro in inglese, “stava leggendo il libro preferito di mia nonna’’ pensai.
-Tieni – dissi porgendogli la tazza che afferrò senza distogliere lo sguardo dal libro, “Poteva almeno dirmi grazie che cavolo” pensai.
Feci il giro del letto, mi posizionai accanto a lui
 -Ti piace?- Chiesi
-Non sono particolarmente goloso di cioccolato...
-Parlavo del libro a che pagina sei arrivato?
-Quasi alla fine – disse guardandomi con curiosità,
Mi accucciai accanto a lui per vedere meglio sul libro
-Leggeresti ad alta voce anche per me?

SH
Mi aveva chiesto di leggere per lei?? La guardai incuriosito.
-Era il libro preferito di tua nonna o di una qualche parente stretta, ho trovato una foto dentro, non è così?
-Si – disse guardando la foto, i suoi occhi erano più lucidi del normale. Era una di quelle foto di famiglia scattata chissà dove, in vacanza magari. Erano ritratti un uomo sui 35 anni, una ragazzina sui 17 nel centro, Rebecca probabilmente, accanto a lei una donna incinta, sua madre pensai.
-Sei tu nella foto con tuo padre e tua madre...
-Non è mia madre, è la nuova compagna di mio padre, era in cinta di Kate.
-Non sapevo avessi una sorella,non ne hai mai parlato.
-Non la conosco, sono andata via di casa poco prima che lei nascesse.
-Hai litigato con loro?
-Leggi ti prego – disse semplicemente quasi come se fosse una supplica appoggiando la sua testa sulla mia spalla.
L’argomento famiglia era top secret, non ero ancora riuscito a capire il perchè del suo allontanamento, del motivo per il quale si era trasferita da sua nonna 5 anni prima. Non mi era nuova la sensazione del suo corpo accanto al mio, eppure dovevo ancora farci l’abitudine, in fondo era una cosa piacevole, “non ci vedo niente di male’’ pensai. Ripensavo a John ogni tanto, soprattutto quando lei era nei paraggi. Tutti mi consideravano irritante e fastidioso invece lei, così come John, erano le uniche persone che avevano il coraggio di starmi accanto. “Stai facendo progressi” disse la vocina nella mia testa.


La sua voce era qualcosa di incredibile, l’avrei ascoltata per ore e ore. Cullata dalla sua voce mi addormentai.
Quella notte feci sogni tormentati, mi tornarono in mente le urla di mio padre, il viso di mia madre, le parole di mia nonna, Kate che vedevo solo in tv o sui giornali... Fu Sherlock a svegliarmi poco dopo mettendo fine ai miei incubi
-Cosa ti è preso? Stavo per chiamare un esorcista!
-Stupido, ho fatto un incubo – dissi accoccolandomi meglio tra le sue braccia, a quanto pare era la seconda notte che dormivamo insieme
-Scapperai via anche questa volta? – Dissi guardandolo di sottecchi
- Dovrei scappare? - disse con aria sarcastica, risposi alla sua battuta con una linguaccia.
-Era davvero il tuo primo...
-Si, hai finito? – disse fissandomi negli occhi
Ero alquanto sconvolta, “come poteva essere vero?’’.
-Smettila di pensare, dormi
-Non ci posso credere, ma come è possibile?
-Perché ti meravigli? – disse guardandomi negli occhi
“Ma si era visto allo specchio? E’ bellissimo, certo non sembrava particolarmente simpatico e disponibile a primo impatto ma in fondo era tutto il contrario di quello che voleva sembrare’’. Mi sfuggì un “sei così bello” pensato ad alta voce.
Lo sentì ridacchiare poi aggiunse
– Sono sposato con il mio lavoro, non ho tempo né per le donne ne per i sentimenti – disse con tono gelido, con una voce che non sembrava la sua.
-Ti piacciono i cadaveri? – dissi divertita
-Non sto scherzando, prima facevo un altro lavoro, non chiedermi cosa, è meglio se ti tieni lontana dal mio passato.
-Non m’importa del tuo passato, mi interessa il tuo futuro - sussurrai piano al suo orecchio, posai le mie labbra sulla sua guancia e poi mi sistemai meglio sotto le coperte e continuai a dormire.

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Capitolo 12
*** Gelosia e inviti. ***




Al contrario della volta precedente il risveglio fu di tutt’altro genere! Avevo appena aperto gli occhi quando vidi entrare Sherlock nella stanza con solo i pantaloni addosso aveva i capelli ancora umidi per la doccia ed era a petto nudo. Era la prima volta che lo vedevo così, ebbi tutto il tempo per esaminare attentamente quella meraviglia, non aveva un fisico scolpito ne tanto meno da sportivo, era semplicemente Sherlock con la sua pancia piatta, schiena larga al punto giusto.
Era seduto sul bordo del letto intento a infilarsi i calzini, mi posizionai dietro di lui e poggia una mano sulla sua spalla pallidissima, con l’altra seguì una scia immaginaria sulla sua schiena, sapeva che lo avevo fissato per tutto il tempo.
-Buongiorno – sussurrai al suo orecchio
Girò il viso quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi, con la mano continuai l’esplorazione sulla sua schiena
-Hai colpito l’attenzione di Mycroft, di sotto c’è qualcosa per te – “siamo allegri “ pensai.
-Dove stai andando?- si era alzato per prendere la camicia dall’armadio, ero quasi dispiaciuta nel vederlo del tutto vestito.
-All’obitorio, devo lasciare il certificato medico che mi ha portato Mycroft questa mattina.
Ero parecchio curiosa di  vedere cosa il fratello di Sherlock mi aveva portato, forse avrei dato una risposta al suo comportamento, “era geloso forse?No, è da escludere” pensai, “semplicemente non aveva apprezzato la visita di suo fratello ...”

SH
Uscì di casa senza neanche salutarla. Ero abbastanza scosso dal fatto che tra noi ci fosse una certa confidenza fisica, ancor prima di quella verbale , come se non ci fosse bisogno di parlare ma solo di stare uno vicino all’altra “la cosa non mi dispiace” pensai . Mi sentivo attratto da lei, per quanto la casa potesse essere grande finivamo sempre nella stessa stanza o nello stesso letto...  “era questa l’attrazione?”. Per di più Mycroft non perdeva l’occasione per farmi arrabbiare, cosa significavano quei fiori? Gli aveva portato anche la colazione!! Non ero geloso, per niente, si era pure permesso di darmi dei consigli, del tipo “dovresti ringraziarla per essersi presa cura di te” oppure “quella ragazza non merita un coinquilino come te, la farai impazzire presto!” Ma cosa ne sapeva lui?? “Era lei a fare impazzire me” pensai... “io vivere con una donna! In che guaio mi ero cacciato!”.
Avevo sentito i suoi occhi esaminare la mia figura stamattina, mi ero sentito quasi lusingato da tante attenzioni da parte sua ma sapevo che non ero in grado ne di ringraziarla ne di corrispondere alla stessa maniera, non ne ero capace...Eppure lei era li, più la trattavo con freddezza e più lei mi trattava con affetto e con calore... ero curioso di vedere la sua prossima mossa, era imprevedibile... ormai c’era una sfida aperta tra noi.

Ero sulla soglia di casa con le buste stracariche di cibo.
-Non scomodarti a venire a dare una mano, saranno si e no 10 buste- dissi con aria seccata, "quando c’era da dare una mano non c’era mai!''
-Passami il telecomando, sono ore che te lo chiedo!
-Ma se sono uscita due ore fa!! Non hai visto che non ti rispondevo?
-Tieni- dissi porgendogli il telecomando -Ti senti bene? – chiesi stravaccandomi sul divano, ero distrutta. Il mio sguardo si posò sul mazzo di iris gialle che Mycroft mi aveva portato quella mattina.
-Ardo di passione per te.
-Cosa? – ero sorpresa, mi aveva presa in contropiede.
-Iris giallo, ardo di passione per te, è questo il significato- disse volgendo lo sguardo verso di me.
-Ma dai, forse c’è qualche altro significato, non credo proprio che il messaggio di Mycroft fosse questo, se c’è poi un messaggio... – ero annoiata, in quel momento mi venne in mente la margherita che mi aveva lasciato Sherlock sul comodino, l’avevo conservata in un libro, "era quello il genere di sorprese che preferivo''.
-Se come no... è sempre il solito- disse annoiato
-Ma cosa farnetichi? Tuo fratello ha il doppio dei miei anni figurati se ci prova con una come me! Sarà stato il fioraio a scegliere quei fiori e poi che t’importa? – La bomba  era stata lanciata, ero curiosa di sentire la risposta. Mi accomodai meglio accanto a lui.
-Esamino semplicemente i fatti... mi pare una cosa evidente: mio fratello ha un’attenzione particolare per te, anche uno stupido se ne accorgerebbe.
-Non sono una stupida e lo sai, secondo me lo scopo era un' altro e tu hai abboccato – la situazione mi divertiva parecchio
-Illuminami – disse guardandomi negli occhi
-Stai facendo una polemica per niente, deduco che la cosa ti abbia colpito ed era proprio quello che tuo fratello voleva ottenere, per di più, sul biglietto non c’era scritto MH ma SH, come hai potuto non accorgertene?
-Cosa? Dov’è il biglietto?
-Ecco

SH
“Era vero, sul biglietto c’erano le mie iniziali. Mycroft voleva che Rebecca pensasse che i fiori erano da parte mia!! Che bastardo” pensai.”Come ho potuto non accorgermene...avevo fatto proprio la figura del cretino! Io, Sherlock Holmes che commetto un errore, per cosa poi? Era impossibile, io non ero geloso, la questione era fuori discussione!”
-Non ci pensare, non ha neanche azzeccato i miei gusti! Tu invece... -
-Io cosa?
-La margherita, beh quello è stato un bel gesto, per di più hai indovinato il mio fiore preferito – disse col sorriso sulle labbra, poi continuò :
-Hai impegni per stasera?
-No perché?
-Hanno allestito una nuova sezione al Louvre di quadri provenienti dall’Italia , ci vado con il gruppo dell’università e insomma se ti va, vuoi venire con me?

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Capitolo 13
*** L'eccezione che conferma la regola. ***




SH
Stavamo per uscire di casa, all’improvviso il mio telefono squillò.
-Sherlock passami Rebecca, devo parlare con lei
-Ciao Mycroft è un piacere anche per me risentirti – dissi in tono sarcastico attivando il vivavoce
-Rebecca, hai impegni stasera? C’è una mostra al Louvre, so che sei un’appassionata d’arte
-Ciao Mycroft, veramente stavamo andando proprio lì
-Fantastico, manderò una macchina a prenderti, ci vediamo all’entrata. Sherlock l’invito è rivolto anche a te, s’intende
-Oh ma grazie, che gentile – risposi scimmiottando la sua voce.

La presenza di mio fratello non mi era gradita, da quando sapeva qualcosa sull’arte? Voleva pavoneggiarsi a tutti i costi, “il solito narcisista” pensai.
-Sherlock che succede, sei parecchio silenzioso – mi chiese Rebecca, dopo l’improvviso allontanamento di mio fratello
-Non lo sopporto, fa di tutto per mettersi in luce, e poi da quando fa l’esperto di storia dell’arte? Il solito sbruffone... – intanto mi aveva preso sotto braccio.
-Andiamo da quella parte – disse tirandomi verso un corridoio poco illuminato, la vidi aprire una finestra.
-Ah mi mancava l’aria. Guarda che panorama – aveva uno sguardo sognante
-Non ti facevo così romantica
-Cosa?
-Sei rimasta a fissare il quadro di Hayez per più di venti minuti.
-Non sono una persona particolarmente romantica,  solo un pò.
-Il romanticismo è una sciocchezza, i sentimenti sono un difetto chimico che si trova nella parte che perde – sussurrai a bassa voce
-Dove l’hai letto? – mi chiese con tono glaciale
-Lo so, tutti credono che l’amore sia un mistero per me, ma la chimica è incredibilmente semplice ed estremamente distruttiva...
-Non stiamo parlando di un esperimento Sherlock
-Tutta la vita si basa sulla scienza, di cos’altro si tratta?
-Da bravo scienziato quale sei, sai che una teoria va provata non solo con leggi teoriche ma anche con una pratica appurata, tu francamente sei inesperto in questo campo.
- L’ho sperimentato sulle persone che mi circondano, è stato più che sufficiente.
-“Più che sufficiente”,  avanti sentiamo se io ti baciassi qui, adesso, che reazione avresti? L’altra volta, non ti sei tirato indietro, immagino sia stata la febbre ad annebbiarti il cervello. Ma questa volta cosa succederebbe?
-E se io non volessi baciarti?- mi aveva preso in contropiede.
-Non ho bisogno del tuo permesso,lo sai – disse con una voce più bassa, quasi roca, avvicinandosi pericolosamente a me. Continuava a fissare le mie labbra, posò una mano sulla mia guancia.
“Cosa avrei dovuto rispondere?” Mi aveva messo in difficoltà, ero un tipo curioso, di certo non mi sarei tirato indietro, eppure sapevo che  se lo avesse fatto le cose sarebbero cambiate tra noi. Conoscendomi non avrei fatto altro che ripensarci per giorni ed avrei voluto ripetere l’esperimento una seconda volta, forse una terza... “il suo ragionamento non fa una piega, sapeva essere spietata,a volte”.
-Avanti, cosa aspetti ? Adesso vediamo chi ha ragione dei due, ti avevo avvertito però... – dissi con tono freddo, speravo di farle cambiare idea.
-Posso vivere benissimo nel torto, non è la ragione a cui aspiro, voglio solo farti vedere cosa ti stai perdendo.... – sussurrò al mio orecchio.


“Da dove usciva tutta questa mia sicurezza? In altre occasioni mi sarei vergognata a morte,  eppure con lui... Non potevo rinunciare adesso, ce l’avevo in pugno!” Ok ero stata parecchio spietata, non volevo metterlo alle strette ma in quel momento mi sembrava l’unica cosa da dire.
“Come eravamo finiti in questa situazione?” era eccitante sentirlo parlare in modo così "scientifico''.
Non riuscivo a capire da dove venisse fuori tutta questa ostilità verso i sentimenti, verso l’ emozioni; avevo provato più volte a metterlo alla prova con baci sulla guancia, con un contatto fisico più ravvicinato, sembrava impassibile, eppure non aveva mai ostacolato questo mio essere affettuosa nei suoi confronti, sembrava spesso combattuto. “Devo abbattere le sue barriere, devo liberarlo”.
Posai una mano sul suo cuore,'' eccome se batte” pensai. Il suo occhi erano terrorizzati, per quanto potesse sforzarsi di apparire austero, per me era come un libro aperto. Mi piaceva quel suo essere così misterioso e affascinante, ma mi piaceva molto di più in quei momenti in cui era colto impreparato, preso alla sprovvista, era così tenero. “Ti stai innamorando di lui” ripeteva la vocina nella mia testa.
Lo abbraccia di slancio, mi veniva quasi da piangere, soffrivo per lui, per la sua ostilità, “da cosa stai scappando?”, avevo le lacrime agli occhi quando avvicinai il mio volto al suo, unendo così le nostre labbra. Era rimasto immobile, non sapeva cosa fare, fui io a guidarlo in quella danza per lui ancora sconosciuta.
Mi aggrappai alle sue spalle, il suo profumo mi stava mandando fuori di testa , avevo la pelle d’oca e forti contrazioni allo stomaco.
“Non mi ero mai sentita così prima d’ora” neanche quando avevo fatto sesso la prima volta...
“Come possono i sentimenti essere solo “un difetto chimico”? I miei in quel momento avevano solo un nome: Sherlock”.

Mi staccai da lui dopo averlo guardato negli occhi ancora una volta, asciugando le piccole lacrime che erano scese dai miei occhi. Non disse una parola, continuava a fissarmi e sebbene il suo viso fosse illuminato solo dalla luce che entrava dalla finestra, notai uno sguardo nuovo: più rilassato, più umano. Il lieve rossore sulle guance aveva preso il posto del solito colorito pallido, le sue labbra erano lievemente gonfie ed i suoi capelli erano arruffati per colpa mia.
"Era bello, bello da togliere il fiato".
Con la coda dell’occhio vidi il profilo di Mycroft vicino alla porta, “aveva visto tutto” pensai.


Mycroft.
Vidi la figura di Rebecca uscire dalla stanza con gli occhi bassi, temeva di essere giudicata male da me.
Non avevo mai visto mio fratello in quello stato, non con una donna che non fosse nostra madre. Dopo la sua morte era diventato così poco umano, così freddo e cinico, sebbene fosse solo un bambino. Fu un duro colpo per lui.
Crescendo aveva rafforzato la sua corazza, consolidato le sue teorie, nel suo lavoro trovava la sua giusta dimensione.
Rebecca mi era particolarmente simpatica, era gentile, dolce e sapeva prendersi cura di Sherlock, era anche capace di tenerlo a bada e di smontare le sue teorie, come aveva fatto quella sera.
Anche John, aveva fatto la sua parte, era riuscito ad ammorbidirlo un po’, era diventato il suo unico amico, un altro passo in avanti. Finalmente stava per cedere, ne ero certo.
Si stava aprendo al mondo, alla vita come era giusto che fosse.

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Capitolo 14
*** A giocare col fuoco si rimane scottati. ***




Camminavo su e giù per la cucina, il rumore delle mie scarpe alte sul legno del pavimento mi aiutava a riflettere. Avevo un assoluto  bisogno di caffè.
L’avevo baciato con l’inganno, per ben due volte, eppure quest’ultima volta avevo escogitato un discorso “scientifico” proprio per non metterla sul piano sentimentale e di conseguenza non farlo sentire a disagio. Ero in ansia, ero impaziente di vederlo ritornare a casa, ma al tempo stesso avevo paura di una sua reazione.
Avrebbe fatto finta di niente, non mi avrebbe parlato fino a data da destinarsi oppure... volevo credere in quella remota speranza di aver suscitato così tanta curiosità in lui da voler approfondire la questione. Non potevo fare a meno di ripensare al bacio, che bacio, completamente diverso dal primo, era come tornare a respirare dopo aver trattenuto il respiro, era stato così sconvolgente, solo a ripensarci lo stomaco faceva le capriole. Erano giorni ormai che non riuscivo più a stare lontana da lui, dal suo corpo, dalla sua figura, avevo bisogno di quel bacio, di sentirlo vicino a me.
“Nessuna sfida l’uno contro l’altro, tante belle parole, io ero in sfida con me stessa. Fino a che punto mi sarei spinta con lui? A giocare col fuoco si rimane scottati”.
Mi appoggiai con i palmi aperti sul piano della cucina con la testa inclinata in avanti, sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi, “ma quando torna?” pensai.
Sentì la porta di casa aprirsi e chiudersi poco dopo, poggiò le chiavi sul tavolino lì vicino e poi il silenzio più assoluto.
Mi si era fermato il cuore, “cosa sarebbe successo adesso?”, le gambe non mi reggevano quasi, mi sedetti sul piano della cucina, nascondendo il viso tra le mani, mi sentivo a pezzi.

SH
“Ti ha messo al tappeto, fratellino” la voce di Mycroft mi riportò alla realtà.
Ero rimasto senza parole, non riuscivo a capire cosa avevo sentito, quasi non riuscivo a ricordarlo, era un ricordo vago, come se fosse stato un sogno... le mie teorie, le mie convinzioni mi sembravano solo un mucchio di belle parole. “Non ci capivo più niente, brutto segno”. Non mi sentivo così da quando con John avevo indagato sul caso del mastino dei Basckerville, il mio corpo mi tradiva di nuovo, avevo paura.
-Respira Sherlock -sussurrò a bassa voce mio fratello , porgendomi un bicchiere di champagne.
-A cosa stai pensando? Anzi dovrei chiederti: riesci ancora a pensare? – aggiunse sogghignando.
-Non c’è niente da ridere, io non ho niente a che fare né con le donne tanto meno con i sentimenti!- dissi cercando di apparire sicuro di me, nascondendo il mio stato d’agitazione interiore.
Vidi mio fratello prendere il suo cellulare dalla tasca e parlare con il suo autista.
Lo guardai torvo
-Ha accompagnato Rebecca a casa, sta tornando a riprenderci. Prima o poi dovrai fare i conti con te stesso ,con lei soprattutto. Devo dire che ho osservato bene la scena e di certo non ti sei tirato indietro...
-Era una sfida, perché avrei dovuto tirarmi indietro, mi ha provocato.
-Durante il bacio, hai ricambiato Sherlock, questo lo sai meglio di me... E’ riuscita a pungerti sul vivo, ha ottenuto quello che voleva con la scusa della scienza. Sei così ovvio, non provare a fingere con me: la cosa ti ha scosso parecchio. Il grande Sherlock Holmes messo KO da una donna, neanche Irene Adler si è spinta a tanto.
-Cosa c’entra adesso Irene? Lei voleva solo usarmi, cosa credi , che non lo sapessi?
-Appunto, con Rebecca hai abbassato le tue difese invece, perché lei non vuole usarti, lo sai. Le piaci Sher, apri gli occhi... E’ parecchio presa da te.
-Smettila, non essere ridicolo, cosa ne sai tu? - misi le mani in tasta per nascondere il mio tremore. “Dovevo tornare a casa, subito”
-So quello che ho visto, non ci vuole una mente geniale per leggere gli occhi di una donna, per lei non era solo una sfida, era un bisogno fisico, di sentire il suo corpo vicino al tuo... non sai proprio niente sulle donne.
-Disse il grande esperto! Smettila! Mi hai irritato abbastanza oggi, vado a casa.
-Andiamo, la macchina è arrivata.
-No, torno per conto mio, devo riflettere.
-Al fascino delle donne nessuno è immune fratellino, prima o poi lo scoprirai anche tu quello che sono in grado di fare, buona notte.
-Non ho bisogno delle tue perle di saggezza, vai al diavolo.- borbottai facendomi strada verso l’uscita.

“Far finta di niente o non rivolgerle la parola? ”, con quel pensiero entrai in casa, poggiai le chiavi sul tavolino lì vicino e rimasi ad ascoltare il silenzio della casa per ritrovare la mia lucidità e soprattutto la calma. Avevo avuto tutto il tempo per rifletterci strada facendo, eppure non ero arrivato a nessuna conclusione.
“Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità.’’ Non avevo esaminato ancora l’ultimo aspetto della situazione, ovvero non mi era dispiaciuto il suo bacio, così come la prima volta, per lo stesso motivo per il quale non mi ero mai sottratto dai suoi gesti affettuosi, erano qualcosa di inusuale per me ma... era improbabile, ma non impossibile!’’ Non avevo mai vissuto a stretto contatto con una donna, figurarsi con una donna attraente, per di più intelligente che in qualche modo mi teneva lontano dalla noia. Ero curioso di vedere un seguito, come avrebbe superato questa situazione, “era lei l’esperta no?’’
Sapevo che era in cucina, in questi momenti di “difficoltà” riusciva a pensare solo con una tazza di caffè sotto il naso. Mi affacciai cauto in cucina: sembrava disperata, afflitta, aveva la testa tra le mani. La tazza che aveva poggiato sulle gambe si frantumò in mille pezzi all’impatto con il pavimento quando provò ad alzarsi. Le tremavano le gambe, era evidente. La vidi chinarsi per raccogliere i cocci, mi avviai a passo spedito verso di lei.
-Lascia stare, faccio io, dopo.- dissi, spaventandola, istintivamente si aggrappò alla mia giacca per non cadere.
Arretrò di qualche passo, restò in silenzio per parecchi minuti continuando a fissare il pavimento, sembrava combattuta, poi disse :
- Stavo andando a dormire- con un tono poco convinto.
La intrappolai tra il mio corpo e la cucina, la vidi arrossire ed abbassare lo sguardo.
-Guardami.
-Sono stanca, davvero, buona notte- disse cercando di scostarsi da me, senza riuscirci.
-Rebecca – sussurrai al suo orecchio, con tono di rimprovero.
 

-Non avrei dovuto farlo, non avrei dovuto sfidarti. Ma non me ne pento, assolutamente.– dissi cercando in tutti i modi di sembrare sicura di me, di darmi un tono, malgrado ciò non ero in grado di  incrociare i suoi occhi, “era tremendamente difficile ammettere i proprio sentimenti in certi casi, a  lui, soprattutto’’.
-Neanche io, non lo sono mai delle azioni che faccio. – presi coraggio e incrociai il suo sguardo, non c’era imbarazzo anzi sembrava orgoglioso e fiero, una piccola scintilla illuminava i suoi occhi, era quasi inquietante.
-Si certo, buona notte – “cosa voleva dire?? Non si era pentito? Gli era piaciuto??” dubbi, dubbi solo dubbi nella mia testa, stavo per scoppiare.
Ero ancora ferma, immobile, non riuscivo a muovermi,vedevo il suo viso avvicinarsi lentamente azzerando la distanza tra noi, sentivo il suo respiro sulle labbra, il suo alito odorava di champagne.
Con tutta la lentezza di questo mondo, come una scena a rallenty, socchiusi gli occhi e attesi quel bacio che stava per arrivare. Mi spiazzò quando posò le sue labbra sulla mia guancia e sussurrò  al mio orecchio buona notte.
“Mi aveva teso una trappola, c’era d’aspettarselo’’.
lo guardai divertita e con un ghigno stampato sulla faccia mi allontanai da lui.

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Capitolo 15
*** io vorrei, non vorrei, ma se vuoi... ***




Continuavo a girarmi e a rigirarmi tra le lenzuola, non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di Sherlock dopo il bacio, i suoi capelli arruffati, le labbra gonfie...era diverso, il suo sguardo languido mi aveva catturata, mi chiedevo se quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto in quello stato.
Avevo già nostalgia delle sue labbra, stava diventando un vizio, un’abitudine, non potevo fare a meno di toccarlo.
Quella mattina scesi molto presto in cucina, ormai da quando Sherlock era in casa ero diventata mattiniera.
Stavo versando il mio caffè nella tazza, avvertì lo sguardo di qualcuno puntato su di me
-Buongiorno, è pronto il caffè, ne vuoi un po’?
-Si – disse tornando sul divano. “E’ rimasto qui tutta la notte?”
-Tieni- dissi porgendoli la tazza.
-Vai all’università oggi?
-Si domani ho l’esame e vado a studiare in biblioteca – dissi sfiorando i suoi capelli, cercando di mettere a posto alcuni boccoli ribelli. Non lo avessi mai fatto, lo vidi alzarsi di colpo dal divano, incrociò il suo sguardo col mio, uno sguardo furioso, carico di rabbia.
Mi tremarono le gambe, non lo avevo mai visto così.
Camminava avanti e indietro nel salotto davanti al camino, io non mi ero mossa di un millimetro, volevo delle spiegazioni, la sua reazione mi aveva delusa parecchio. Da quello che avevo capito, era tutto risolto tra noi, nessun problema dopo quel bacio, “perché ora reagisce così?”
-Non dovevi uscire?
-Non ti ho detto a che ora, oggi ti gira male per caso? I tuoi sbalzi d’umore iniziano a darmi sui nervi- dissi allontanandomi e dirigendomi verso le scale.
-Qual è il problema adesso?
-Dimmelo tu, visto che ti urta essere “toccato” da me.
-Non sopporto quando mi toccano i capelli, la trovo una cosa molto intima- disse serio fissandomi negli occhi.
-Certo, un gesto intimo, sei parecchio strano, abbiamo dormito insieme, quello è un gesto intimo Sherlock, ti ho baciato quello è un...lasciamo perdere- distolsi il mio sguardo dal suo e mi diressi in camera mia per prendere la borsa e i libri.
Ero furiosa, mi tremavano le mani, “avevamo dormito insieme e non aveva fatto una piega, adesso solo perché gli tocco i capelli fa tutto l’irascibile, la verità è un’altra, vuoi vedere che è il contrario?’’.
Sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi, come al solito facevo la frignona della situazione, dovevo uscire da quella casa il più presto possibile.
-Aspetta – disse bloccandomi sulle scale -Sono io quello che dovrebbe essere offeso da questo tuo fare troppo affettuoso, non tu!
-Se ti da così tanto fastidio il mio essere affettuosa basta dirlo, anzi potevi dirlo fin dal principio, la verità è un’altra, fammi passare.
-Cosa stai dicendo? Sentiamo quale sarebbe?
-Fai tanto la vittima, sono io quella che ti salta addosso vero? Questa è solo una giustificazione al fatto che ti piacciono le mie attenzioni! Lamentoso come sei di certo mi avresti fatto notare che la cosa ti dava fastidio!
-Non ho mai detto il contrario,ma trovo il tuo atteggiamento un po’ troppo invadente – disse guardando il pavimento
-Non preoccuparti, ho capito il messaggio, da ora in poi starò al mio posto. Buona giornata Sherlock- dissi uscendo di casa, sbattendo la porta dietro di me.

Ero furiosa! “Come si permette di dirmi che sono invadente?? Io? Lui piuttosto, da quando è entrato in casa mi ha stravolto la vita! Già dai primi giorni mi ha fatto sedere sulle sue gambe, lui ha tenuto la mano quando ha risentito suo fratello... ok, farò come vuole lui”.
 
Mi recai a perdifiato all’università, avevo bisogno di staccare la spina.
-Studi qui ? – disse una voce, non avevo proprio visto il ragazzo seduto in fondo all’aula quando mi sedetti al mio solito posto non molto distante da lui
-Si, anche tu?- chiesi, non l’avevo mai visto prima, era particolare: corti capelli scuri, occhi grandi del medesimo colore,  le sue sopracciglia mi colpirono parecchio, sembrava strambo e molto fuori dal comune
-No, volevo solo guardare, sono indeciso se iscrivermi o meno, non mi sono ancora presentato, io mi chiamo Jhim piacere di conoscerti, buona fortuna  - disse alzandosi, continuava a guardarmi con uno strano sorrisetto, era quasi inquietante...

Trascorsi tutto il pomeriggio a studiare, ero parecchio in difficoltà per l’esame, non potevo essere bocciata per l’ennesima volta, dovevo farcela a tutti i costi. Già immaginavo la faccia di mio padre, sarebbe andato su tutte le furie.
Quando tornai a casa era molto tardi, mi ero trattenuta in giro e avevo perso la cognizione del tempo, non volevo rivedere Sherlock, non ero pronta psicologicamente, avevo troppe cose per la testa.
In camera mia trovai una piacevole sorpresa, sul letto c’era un libro, una delle prime ristampe, ormai molto antica, di Jane Eyre, il mio libro preferito, con un biglietto: “Domani andrà bene”.
 
Detto fatto, il biglietto di Sherlock aveva previsto il vero, l’esame andò bene, malgrado le domande a raffica del proff,  me la  cavai con il massimo dei voti, potevo concedermi adesso ai prossimi esami con più tranquillità. Non avevo più rivisto Sherlock dalla mattina precedente, speravo che in qualche modo il biglietto e il libro fossero un modo per fare pace, per chiudere la discussione. Dal mio canto non sapevo come muovermi adesso con lui, comportarsi come sempre significava in qualche modo tornare ai miei modi affettuosi, purtroppo non avevo il senso della misura, ero così con le persone a cui tenevo di più, di cui sapevo di potermi fidare, e Sherlock era una di queste. Quando tornai a casa Sherlock non era ancora tornato, decisi di preparare qualcosa per cena, anche se di solito non mi ero mai preoccupata delle sue abitudini alimentari, non lo avevo mai visto mangiare nel vero senso della parola dalla prima cena, molto spesso non lo vedevo nemmeno dormire, il suo letto era spesso intatto.
Quando tornò a casa, la cucina era in uno stato pietoso, c’erano piatti sporchi ovunque e cibo sparso in giro
-Cosa è successo qui dentro? Non dare la colpa a me!
-Come siamo spiritosi! Tra un po’ si mangia.
Il suono del campanello però aveva interrotto la nostra pre-cena, non aspettavamo nessuno.
Con mio immenso stupore, alla porta c’era mio padre
-Cosa sei venuto a fare?
-Devo controllare i miei affari
-Da quando sono un tuo affare? Nessuno ti ha detto di entrare
-Parlavo della casa non di te, dobbiamo parlare di cose urgenti, il salotto sarebbe un posto più conveniente, vedo che non sei sola, mi presento sono Andrew Watson con chi ho il piacere di ...
-Paul Deneuve, salve – disse Sherlock presentandosi.
Avevo addosso entrambi gli sguardi dei presenti, ero parecchio in difficoltà.
-Cosa sei venuto a fare? – dissi rivolta a mio padre, lo volevo fuori da casa mia il prima possibile.
-Volevo parlarti a proposito di questioni finanziarie, ma sono curioso di conoscere il tuo amico... siete amici intimi?
-Arriva al dunque, questi non sono affari che ti riguardano
-Sul tuo conto sono stati depositati 400 euro da due mesi a questa parte e volevo sapere la fonte
-Sono la mia parte d’affitto, abito in questa casa da due mesi – disse Sherlock in tono “professionale”, somigliava parecchio a suo fratello in quel momento.
-Così hai affittato la casa e non mi hai detto niente? E io che pensavo fosse il tuo fidanzato, di solito ti piacciono gli uomini più grandi di te - “Non! Non può farmi fare una brutta figura davanti a Sherlock! Chi sa cosa penserà adesso!”
-Questo è troppo – dissi aprendo la porta di casa – vattene, esci da qui immediatamente! Sono stanca delle tue offese, ormai non sai fare altro che rinfacciarmi le stesse cose. Sono passati molti anni ormai, se il tuo giudizio su di me è sempre lo stesso non venire più qui, non farti più vedere.
-Come vuoi, ma ricorda che porti ancora il mio cognome, le tue azioni ricadono su di me. A presto signor Deneuve.

SH
Rebecca aveva ancora il fiatone, la vidi sedersi a peso morto sul divano, stringersi le gambe al petto e singhiozzare pesantemente.
-A cosa si riferiva tuo padre? Non è stato per niente  gentile, come un padre normale dovrebbe essere.
-Non è mio padre da molti anni ormai, non che prima fosse un padre modello.
Mi alzai dalla mia poltrona e mi sedetti al suo fianco, non l’avevo mai vista così triste e sconsolata. Non sapevo mai cosa fare in quelle circostanze, non ero in grado di consolare qualcuno, alzarmi ed andarmene, quello mi sarebbe riuscito meglio, eppure vivendo con John avevo imparato che una pacca sulla spalla contava più di mille belle parole.
Così feci, poggiai la mia mano sulla sua spalla, la vidi chiudersi a riccio ancora di più e singhiozzare più forte “forse non è stata una buona idea”.
-Io non so cosa dire per consolarti, non ho mai consolato nessuno.
-Non preoccuparti, è già tanto che sei qui – disse guardandomi negli occhi, mi stupì vederla più vicino a me, si era infatti appoggiata al mio petto,il suo naso sfiorava il mio collo, quel solito senso di vertigine tornava a farsi sentire “non è vero che è invadente, la verità è che sta scoprendo i miei punti deboli”
-Cosa è successo con tuo padre? – dissi poggiando la mia mano sul suo fianco
-Mi ha sorpreso a letto con un uomo, è così imbarazzante...
-Voler fare il pirata da bambino, quello è imbarazzante.
Ci guardammo negli occhi per poi scoppiare a ridere insieme.


SALVE! -Bene, chi scrive questa storia esiste -detto questo, che dirvi, GRAZIE a chi ha inserito la mia storia nelle preferite/seguite e a tutti quei lettori silenziosi, siete davvero numerosi! GRAZIE anche a chi costantemente recensisce le mie storie, mi date il sostegno necessario per continuare questa folle storia! (XD)
Non sto aggiornando con lo stesso ritmo con cui sono partita, non ho la storia pronta e preferisco prendermi del tempo per partorire l'idea giusta! Al prossimo capitolo ^^

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Capitolo 16
*** Lezioni di gentilezza. ***


 

 «La maggior parte delle persone non sa amare né lasciarsi amare, perché è vigliacca o superba, perché teme il fallimento. Si vergogna a concedersi a un’altra persona, e ancor più ad aprirsi davanti a lei, poiché teme di svelare il proprio segreto… Il triste segreto di ogni essere umano: un gran bisogno di tenerezza, senza la quale non si può esistere»
Sàndor Màrai. 

 

Fissavo lo stesso rigo da quasi due ore, non riuscivo proprio a studiare. Non riuscivo a smettere di pensare al discorso fatto con Sherlock la sera prima, dopo l’incontro con mio padre. Sentivo ancora le farfalle nello stomaco, accompagnate dal solito senso di vertigine che provavo ogni volta che ripensavo a Sherlock.
-Volevi fare il pirata da bambino? – dissi scostandomi dal suo petto. Dopo il discorso del pomeriggio avrei dovuto prestare più attenzione, malgrado la cosa non fosse di mio gradimento - eri un bambino abbastanza fantasioso, o meglio, lo sei ancora.
Dissi sorridendo, non me lo sarei mai aspettato.
-Un bambino o fantasioso?
-Hai fatto un battuta! Stiamo migliorando! – dissi dandogli un pugno sulla spalla – diciamo che non sei cambiato poi molto.
-Già, mio fratello mi prendeva in giro per questo – disse con tono scherzoso.
Erano rare le occasioni in cui parlava col sorriso sulle labbra, trasmetteva serenità e gioia, mi sarebbe piaciuto indagare più a fondo, era da tempo ormai che avevo intenzione di “interrogarlo” ma mai avevo avuto il coraggio di farlo. Dovevo sfruttare l’occasione :
-Poi invece cosa hai fatto, a Londra intendo.
-Rebecca non... ero un consulente detective, aiutavo la polizia nelle indagini- disse sospirando.
-Non ti nascondo che avevo pensato a questa possibilità, che tu fossi un detective. Sei abbastanza ficcanaso e perspicace.
-E’ un complimento? – disse guardandomi dubbioso, al che scoppiai a ridergli in faccia, la cosa non lo lasciò del tutto indifferente, sembrava quasi avesse messo il broncio
-Certo che è un complimento! – dissi guardandolo attentamente: sotto i suoi meravigliosi occhi la presenza di occhiaie abbastanza marcate che rendevano il suo viso ancora più magro e pallido di quanto in realtà non fosse.
-Da quanto non dormi Sherlock? – chiesi fissandolo negli occhi, con la mano accarezzai le sue guance, maledicendomi poco dopo per il mio gesto, “non riesco a toglierti le mani e gli occhi di dosso” pensai tra me e me, distogliendo il mio sguardo dal suo.
-Dovresti dormire, ne hai bisogno.
-Odio dormire, è solo uno spreco di tempo...
-Sbagliato. So che il tuo sonno è accompagnato da incubi, di notte di agiti spesso. Parli nel sonno lo sai?
-Stupidaggini, non ho paura degli incubi – disse reclinando il capo sullo schienale del divano.
-Vuoi una camomilla? Una tisana?
-No – disse con tono teso e duro.
-Buona notte allora.
-Non volevo essere brusco oggi pomeriggio, non penso che tu sia invadente. Il problema sono io, non sono abituato a certe attenzioni. La gentilezza non è una mia qualità.
-Devi solo fare un po’ di pratica, iniziando da ora : accetti la mia camomilla. Vado a prepararla.
-Perché lo fai? – mi chiese a brucia pelo. Era una domanda che mi ponevo da tempo ormai, non avevo dubbi sul perché lo facessi ma non potevo rivelargli la risposta “buona”
-Perché no? – dissi scherzosamente – potrebbe essere un nuovo metodo di tortura, oppure tramo qualcosa alle tue spalle. Sherlock, rilassati per una buona volta.
-Non ne sono capace.
-Si che lo sei – dissi portando il suo capo sul mio petto , distendendomi sul divano con il suo peso sul cuore – adesso chiudi gli occhi.
I suoi capelli erano una tentazione, non potevo fare a meno di affondarci le mani e di godere di quella massa morbida e setosa.
-Non provare ad opporti caro mio. Buona notte Sherlock.




Tornando a casa avvertì una forte fitta allo stomaco, “brutto segno” pensai, sentivo che sarebbe successo qualcosa, avevo un sesto senso parecchio sviluppato. Inserì la chiave nella toppa, ma non ci fu bisogno di girare la maniglia, la porta era aperta, la luce del salotto era accesa: in casa c’era qualcuno. Entrando, fui colpita da un forte profumo femminile molto speziato e dolce. Sulla mia poltrona c’era una donna molto affascinante che si stava sistemando il rossetto:
-Ce ne hai messo di tempo! Trovato traffico? Ah, pensavo fosse Sherlock.
-Chi sei e come hai fatto ad entrare?
-Vedo che non sei spaventata da  me, molto bene, potremmo essere ottime amiche. – disse alzandosi venendomi incontro con un’aria da cacciatrice.
-Perché dovremmo diventare amiche? Si può sapere chi sei?
-Sono qui per Sherlock, ti pregherei d’informarlo che non sono l’unica ad averlo ritrovato, d’altronde il suo travestimento è abbastanza banale e suo fratello ci ha dato una mano.
-Non mi ha mai parlato di te, siete amici, colleghi?
-Gli devo un favore, sono venuta qui per avvisarlo di stare attento. Moriarty non è molto contento di come sono andate le cose, è parecchio furioso, mi dispiacerebbe vedere il corpo di Sherlock chiuso in una bara, è così sexy non trovi? Sarebbe uno spreco.
-Chi è Moriarty?- “Cosa ne sapeva lei del corpo di Sherlock?” stavo diventando verde dall’invidia.
-Non te ne ha mai parlato vero? Si sa, è così riservato...è il mio socio in affari,riferirai tu il mio messaggio?Vado molto di fretta... Che carina che sei – disse avvicinandosi al mio viso, accarezzandomi una guancia.
-Se è il tuo socio in affari cosa ci guadagni a voler salvare Sherlock?
-Come ti dicevo gli devo un favore, dovrebbe essere lui a raccontarti di come mi ha salvato la vita, un vero eroe. Ho provato a ringraziarlo ma non ha voluto nessuna ricompensa, neanche in natura.... Si è lasciato andare con te? Ci sono rimasta così male quando mi ha rifiutato...
-Chi sei?- ero al limite della sopportazione! C’era un’estranea in casa, chi sa cosa aveva fatto per essere condannata e mi parlava di come aveva provato a sedurre Sherlock.
- Il mio nome è Irene, Irene Adler, mi raccomando non dimenticarlo. A presto. – disse ammiccando.

Aspettai Sherlock tesa come una corda di violino, le cose si stavano complicando e volevo una spiegazione, niente mi avrebbe fermato. Non gli diedi anche il tempo di entrare:
-Dobbiamo parlare, una volta per tutte.





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Capitolo 17
*** Tutto quello che non dici. ***




Avevo dormito “su di lei”, potevo sentire il battito del suo cuore, regolare e così rilassante a contatto con il mio orecchio.
Aveva abbattuto tutte le mie difese, una cosa insolita per me, come tutto quello che sentivo ormai da due mesi. Durante la notte avevo sentito le sue mani tra i miei capelli, sul mio collo, il suo respiro sulla fronte ed io non avevo potuto fare a meno di cingere la sua vita con le braccia. Non riuscivo a smettere di credere che lei avesse fiducia in me, che pazientemente stesse tirando fuori quei sentimenti che per anni avevo tenuto repressi.  
Alle prime luci dell’alba scivolai via da quell’abbraccio e uscì da casa come un vigliacco, non ero in grado di incontrare il suo sguardo nel caso si fosse svegliata. Era incredibilmente bella anche quando dormiva...
Feci il doppio turno in laboratorio, fortunatamente il lavoro non mancava mai.

Uscì dal laboratorio molto tardi, avevo lavorato più del solito, sulla strada del ritorno vidi una palestra aperta che catturò la mia attenzione.  Essa era molto antica ma tenuta benissimo nel perfetto Parigi-bohemienne- stile, all’interno in molti erano ancora in pantaloncini e guantoni, decisi di entrare, pochi sapevano di questa mia passione per il pugilato*, grazie ad esso avevo sviluppato parte della mia “tecnica visiva” imparando ad intercettare le mosse dell’avversario e a colpire al posto giusto, disciplina che poi avevo abbandonato ai tempi dell’università " non c’èmomento migliore per ricomiciare" pensai.
Comincia con degli allenamenti base, per fortuna non avevo perso le vecchie abitudini e decisi di sfidare il primo di turno per ingranare la marcia.
Avevo perso la cognizione del tempo, erano quasi le 3 del mattino, non solo a causa della mia stanchezza, i colpi ricevuti mi avevano messo a dura prova, il tutto accompagnato da una buona dose di whisky.
Tornare a casa non fu affatto semplice sebbene fosse nelle vicinanze, il mio unico pensiero era rivolto a Rebecca "non deve vedermi così".
 




 
Ero ansiosa di parlargli, “chi diavolo era questa Irine-cihoprovatoconSherlock-Adler?”, per di più era piombata in casa mia senza permesso, come una ladra, “la donna più affascinante che avessi mai visto” mi ripetevo, infatti l’opzione che potesse aver rubato qualcosa,messo una bomba o cose del genere non mi passò minimamente per la testa.
Tutto quello che provavo era un senso  di gelosia ed invidia senza eguali. La notizia che quella donna così attraente, ma diabolica allo stesso tempo , aveva avuto un precedente nella vita di Sherlock era stato un fulmine a ciel sereno e solo adesso mi rendevo conto di sapere poco a riguardo della sua vita passata, dettaglio che avevo ritenuto poco rilevante, considerando di maggior importanza la confidenza fisica che avevamo raggiunto in così pochi mesi che faceva di lui la persona di cui io avevo bisogno...
Sentire il rumore della chiave nella toppa  della porta mi riportò alla realtà, “come avrei dovuto affrontare l’argomento? Chiara e diretta?”
-Sherlock – urlai spalancando ancora di più la porta di casa permettendogli di entrare, fuori era completamente buio e il volto di Sherlock era parzialmente illuminato dalla luce del salotto. Quello che vidi non mi piacque per niente
-Ma cosa... – vidi Sherlock aggrapparsi alla maniglia della porta per poi scivolare contro di essa, mi avvicinai a lui per sorreggerlo in qualche modo, non riuscivo a mettere a fuoco la situazione
-Guardami Sherlock – era ricurvo su se stesso, non riusciva a reggersi in piedi, voltai il suo viso per osservarlo meglio, mi sentii gelare il sangue nelle vene : il suo volto era livido, aveva del sangue secco sulla faccia e il cappotto spiegazzato.
-Lasciami stare, sto bene ... – disse in un tono non molto convincente. A giudicare dal suo alito e dall’odore del suo cappotto doveva aver bevuto e fumato parecchio.
-Ma dove diavolo sei stato si può sapere?? – dissi non ottenendo nessuna risposta.
Con non poca fatica, reggendolo sulla mia spalla , lo portai al piano di sopra, poi lo aiutai a distendersi.
-Non mi hai ancora dato una risposta. Sherlock parla, dì qualcosa – dissi mentre cercavo di sfilargli le scarpe.
-Sto bene, sono in grado di mettermi il pigiama da solo- disse con un tono di voce evidentemente non da sobrio.
-Girati, allunga il braccio – sussurrai mentre con delicatezza cercavo di sfilargli il cappotto, inavvertitamente sfiorai il suo addome procurandogli una fitta di dolore che lo fece gemere.
-Fammi vedere, voltati – dissi mentre sbottonavo la sua camicia  mentre lui tentava di divincolarsi dalla mia presa.
-Ho detto che sto bene, non sono un bambino, lasciami stare. Sparisci !– disse urlando e scalpitando , per quanto il suo stato lo permettesse. Decisi allora di lasciare perdere, per il momento, finì così per sedermi sulla poltrona accanto al letto per vegliarlo.
Era passata una buona mezz’ora ed io ero rimasta per tutto il tempo su quella scomoda seduta  ad osservarlo attentamente, lui era evidentemente caduto nel sonno più profondo. Decisi allora di intervenire: prima disinfettai le mani e il viso,  poi mi occupai del suo torace, riuscendo a sfilargli del tutto la camicia e a mettere del ghiaccio sul suo corpo coperto di lividi ma tonico ed affascinante al tempo stesso. Non riuscivo a schiodarmi da quella poltrona, avevo bisogno di averlo vicino e sapere che in qualche modo sarebbe stato bene. Quella fu una notte insonne, ero preoccupata sulla natura delle sue ferite, “come se le era procurate? Chi è stato a ridurlo così? Se centra quella Irine, giuro che...”  controllai le medicazioni e la sua temperatura corporea e presa da tutti questi pensieri arrivò l’alba.
Lo vidi agitarsi nel sonno, disturbato dalla luce del sole, per di più era in una posizione scomoda. Poco dopo vidi i suoi occhi dischiudersi.
Quel momento mi parve interminabile, non ce la facevo più, aveva inclinato il capo nella mia direzione, attesi, attesi il momento in cui mise a fuoco la mia figura, poi flebilmente sussurrai :
-Chi è Irine Adler?
Era evidentemente ancora assonnato, sotto gli effetti della sbornia.
-Chi è Irene Adler? Centra con le tue ferite? – ripetei questa volta con un tono più deciso
-The woman, the only – disse trascinando le parole, con la voce impastata dal sonno, sembrava stesse sognando ad occhi aperti.
“L’unica donna”, il mio cervello era completamente andato, ero in una qualche crisi che neanche io sapevo definire, non sapevo se essere solo arrabbiata, triste o anche delusa.
Gelosa, credo che fosse la parola adatta per definire il mio stato d’animo. La rabbia mi spinse ad alzarmi e a dirigermi verso l'armadio con passo svelto, all'interno cercai la sciarpa e il cappotto, gli occhi iniziavano a pizzicarmi parecchio, avevo bisogno di uscire, di fare due passi...
Non ricordo come, ma mi ritrovai fuori dall’università, sotto una pioggia scrosciante, in preda a un pianto disperato.  Nemmeno la voce di Sherlock che urlava il mio nome era riuscita a fermarmi.




 *Mi sono informata, su wikipedia infatti è riportato che Sherlock Holmes (di Conan Doyle) era un "esperto schermidore col bastone, pugile e spadaccino".



Allora, non sono morta, dopo parecchio tempo sono ritornata, più confusa di prima! Non sono molto soddisfatta di questo capitolo ma è il meglio che sono riuscita a fare. Grazie a chi ha aggiunto la mia storia tra le seguite e chi nelle preferite ! Un grandissimo grazie a Lady of the sea che ha colto questo caso disperato e mi ha dato una mano! Spero di avere vostre notizie. Ciao ^^

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