Outlaw

di Anna6
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Meet Our Protagonists ***
Capitolo 2: *** II. My Kingdom Awaits ***
Capitolo 3: *** III. Next Girl ***
Capitolo 4: *** IV. Come Alive ***
Capitolo 5: *** V. Call My Name ***
Capitolo 6: *** IV. Beautiful Eyes ***
Capitolo 7: *** VI. Both Of Us ***



Capitolo 1
*** I. Meet Our Protagonists ***


You're an outlaw
you're an outlaw
you're an outlaw running from love

 

Jay McGuinness. Vi dice niente questo nome? Bè dovreste conoscerlo. Faceva parte di una boy-band molto famosa chiamata The Wanted, composta da cinque ragazzi britannici: Siva, Nathan, Max, Tom e appunto Jay. Ma questa non è una storia sui The Wanted. Questa è una storia su Jay.
Alto, riccio e occhi azzurri... che cosa si può volere di più da un ragazzo? Bè forse un carattere migliore. Questo bell'esemplare di maschio inglese, infatti aveva un carattere terribile. Il peggiore che esista. Era di quella specie di ragazzi che si credono migliori di tutto e di tutti, arroganti, superficiali e, purtroppo, stupidi. Ora, non so esattamente come abbia fatto ad entrare nella band, perchè gli altri ragazzi sono carini e simpatici, forse perchè è bello e, ammettiamolo, bravo a cantare e ballare... ma non lasciamoci prendere da considerazioni che ci guidano fuori dalla nostra storia. Fino ai suoi ventun'anni il nostro caro Jay non aveva mai avuto relazioni fisse, non era mai riuscito a farsi piacere una ragazza più di qualche mese. Le prendeva, le usava e poi le buttava via come comuni fazzoletti da naso (a me piace pensare che siano tempo, mi piacciono quei fazzoletti, sono morbidi) e subito dopo, grazie alle sue “qualità” ne riusciva a trovare un'altra che si faceva usare come quelle precedenti per poi disperarsi... come tutte le altre. Alcune si mettevano con lui solo per avere un briciolo di fama e, per qualche secondo, entrare nelle case di tutta la nazione attraverso la tv... povere illuse, dopo quei secondi nessuno se le ricorderà mai, ma ricorderanno certo tutti che Jay dei The Wanted ha avuto una nuova ragazza. L'ennesima.
A Jay piaceva giocare con le ragazze, per questo non solo le aspiranti veline si avvicinavano a lui, anche le ragazze più sensibili erano attratte da quel ragazzo, che faceva l'incantatore come secondo mestiere (non a caso ha fatto audizioni per entrare in un circo!) le ammaliava, le stregava con le sue doti segrete, facendole credere di essere quella giusta, quella che lui amava veramente, non una delle altre scartelle, no! Era una regina! E loro, inspiegabilmente, ci cascavano tutte. Tutte. Ma proprio tutte! Quindi non era una novità se una ragazza minimamente decente fosse stata con Jay McGuinness, non doveva nemmeno essere per forza famosa, perchè quando tutte le celebrità (diciamo dai 15 ai 50 anni) erano finite, lui si trastullava anche con ragazze cosiddette normali per non essere mai apparite in televisione o in un giornale... queste ragazze erano per la maggior parte fans, disperate di infilarsi nel suo letto anche solo per una notte, oppure ragazze che lui fermava a caso per strada e a cui chiedeva il numero... e loro, un po' stupite dalla sua sfacciataggine, un po' perchè era davvero bello glielo davano! Ma vi sembra lontanamente possibile (e sensata) una cosa del genere? Chiedere il numero di telefono a una perfetta sconosciuta e lei te lo da anche? Cose da matti!
Ma questa storia non parla delle storielle di Jay. Ed ecco che entra in scena la nostra seconda protagonista, Ilaria. Ilaria veniva dal Texas ma aveva origini italiane, come denota il suo nome. Era poco più giovane di Jay, qualche anno forse... avrà avuto, diciamo 18 o 19 anni. Era una di quelle ragazze belle, ma belle davvero di cui però non ci si rende conto perchè si vestono in modo semplice, non appariscente, parlano poco in pubblico e ridono con la mano davanti alla bocca soffocando qualsiasi suono sia troppo alto. La sua caratteristica migliore erano probabilmente gli occhi. Enormi occhi da cerbiatto color cioccolato, coperti sempre da occhiali. È chiaro quanto Jay e Ilaria erano diversi? Uno che faceva di tutto per essere al centro dell'attenzione e avere tutte le donne che poteva avere e l'altra che si nascondeva dietro felpe larghe e occhiali e che non aveva mai avuto un ragazzo nella sua vita. Quindi, a questo punto, mi aspetto una domanda: che cavolo hanno questi due a che fare uno coll'altro? Perchè ovviamente hanno qualcosa a che fare uno con l'altro... sennò non starei raccontando questa storia... no?


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la canzone è Outlaw di Selena Gomez
 

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Capitolo 2
*** II. My Kingdom Awaits ***


I'm coming home, coming home
tell the world that I'm coming home
let the rain wash away all the pain of yesterday
I know my kingdom awaits and their forgiving
my mistakes... I'm coming home

 

«perchè mai dobbiamo trasferirci là? Non ti basta andarci nove mesi su dodici?» Ilaria era quasi sull'orlo delle lacrime. Non voleva andarsene, non voleva. Stava bene in Texas, per quanto poco ci rimanesse effettivamente, tenuti conto i miliardi di viaggi che portavano suo padre in giro per il mondo (sopratutto a Londra) e lei sempre al suo seguito non lo lasciava mai. Aveva alcuni problemi con la scuola ma non le era mai importato più di tanto. Non aveva mai rischiato grosso prima di quell'anno. Il primo anno di università. Quell'anno aveva avuto troppe insufficienze. Per questo Jim, suo padre, aveva deciso di trasferirsi a Londra definitivamente, dato che era laggiù dove aveva la maggior parte degli affari. E questa cosa non piaceva a Ilaria. Oh no! Vi rendete conto di cosa sia passare dal caldo secco e dall'assenza di pioggia di Houston all'umida, bagnata, grigia Londra? Una pena incredibile per una ragazza come Ilaria che si nutriva del sole. Ma dato che non c'era nient'altro a trattenerla là, né amici né parenti se non qualche lontana zia che vedeva di rado, non poté opporre troppa resistenza e alla fine acconsentì a quello che, in ogni caso, suo padre aveva già stabilito. E Londra sia! «così potrai andare a scuola e magari ti farai anche degli amici, finalmente!» «Sto bene così papà! E poi non è vero che non ho amici! ...io ho...» «non dire sciocchezze Ilaria, lo so benissimo che nell'ultimo anno hai tagliato i ponti con tutti... vedilo come un nuovo inizio... nessuno sa nulla e potrai incominciare tutto daccapo» le suggerì suo padre stringendola a se e baciandole la testa. «speriamo bene papà!» sospirò la ragazza, guardandolo con gli occhi sgranati «massì, tranquilla! E poi, a parte il tempo, lo so che lo odi, a te piace Londra no?» la rincuorò scompigliandole con una mano i capelli. Lei si allontanò infastidita e annuì «si mi piace...»

 

Il giorno dell'arrivo pioveva. A Londra ovviamente. A Houston non piove. Mai. Incominciamo bene! Pensò sconfitta Ilaria, trascinandosi dietro una valigia enorme che conteneva parte del suo guardaroba e qualche altro effetto personale. Si avviò dietro al padre, che aveva un carico simile, se non maggiore, al suo verso un taxi che dopo una mezz'oretta li scaricò di fronte al loro nuovo appartamento. La pioggia scrosciante li rese zuppi prima che potessero ripararsi dentro alla casa. Infreddoliti presero l'ascensore e scesero all'ultimo piano, interamente per loro. Era un attico da cui si godeva una magnifica vista di Londra e Ilaria rimase per qualche minuto impalata a guardare fuori, pensando che forse, forse non sarebbe stata così male. «piccolina? Mi vieni a dare una mano?» «arrivo papà» rispose voltando le spalle all'enorme finestra e dirigendosi verso l'interno dell'appartamento.

 

«senti Jay, non mi importa quello che devi fare, domani devi essere in studio con gli altri! E non accetto nessun tipo di obiezioni! E quando dico devi vuol dire DEVI sennò...» «sennò cosa?» chiese beffardo il ragazzo che, a braccia incrociate, aveva ascoltato tutto il discorso di Jayne, la loro manager, senza fare una piega. «parlerò con la casa discografica e proporrò una pausa» «una pausa?» «si Jay, vediamo se possono funzionare senza di te, cosa che sono sicura avverrà con successo e poi verrai licenziato. Sai cosa vuol dire?» «niente più figa?» chiese preoccupato il ragazzo, finalmente prestando attenzione alla donna. «cioè ti importa di più di quello che di noi?» chiese Nathan fingendo di essere offeso, ma conoscendo perfettamente la risposta del riccio, che infatti disse senza esitazione: «si» e quindi, passandosi una mano fra i capelli sospirò sconfitto a Jayne: «va bene, ci sarò! Tranquilla! Non li lascerei da soli questi quattro, che farebbero senza di me?» «staremmo sicuramente meglio» sussurrò Max, abbastanza piano da non farsi sentire da Jay ma Siva, Tom e Nathan avevano udito perfettamente. E concordavano con lui.

«dobbiamo fare qualcosa. Sta peggiorando a vista d'occhio e non riesco più a sopportarlo!» esclamò Tom quando si trovò da solo con i suoi tre compagni (Jay era andato “in bagno” ma chi poteva dire esattamente cosa stesse facendo?) «non riesco a capirlo! Prima non era così! All'inizio era fantastico! Cioè... ma ve lo ricordate?» continuò prendendosi la testa fra le mani. «quasi stento a riconoscerlo» sussurrò Siva, come per paura che con le sue parole potesse definitivamente rimuovere il vecchio Jay per sempre dalla sua mente. «è diventato presuntuoso! Una volta scriveva sempre le mail per le fans e ora tocca farlo a Siva, era un geek, leggeva! Ora non fa altro che uscire e andare a feste, peggio di me e Max! E si comporta male con le fans, se non sono carine non le bada e se lo sono le tratta ancora peggio!» Tom non riusciva a capacitarsi di quello che era diventato il suo amico. Non voleva crederci ma quello che aveva di fronte agli occhi era una chiarissima prova che il vecchio Jay non c'era più. O se c'era era così ben nascosto da non essere visto nemmeno dai suoi amici più affezionati. E si sa che quando ti comporti per molto tempo in un modo, anche se non è quello che realmente sei, lo diventi. Ma perchè?

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grazie mille per le due recensioni che ho avuto nel primo capitolo, vi adoro ila e dani♥

la canzone è coming home di diddy dirty money

 
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Capitolo 3
*** III. Next Girl ***


Never stay very long anywhere
as the next girl you leave gets smaller
in your rear-view mirror

 


Jay scese velocemente le scale di quel palazzo nella periferia di Londra. Un'altra notte era andata. I sogni di un'altra ragazza erano stati infranti. Ma quel giorno Jay non si sentiva soddisfatto e sicuro di se come al solito, anzi. Aveva una leggera nausea al pensiero di quello che aveva fatto e le parole di Jayne gli rimbombavano nella testa «una pausa... licenziato» e ogni volta si malediceva sempre di più per la sua risposta «niente più figa?» come aveva potuto dire una cosa del genere? Inoltre di fronte ai suoi compagni, quelli che gli erano stati vicini come fratelli per tantissimo tempo! Che avrebbe fatto se davvero lo avessero scacciato? Era sicuro che loro se la sarebbero cavata alla grande... ma lui? Cosa avrebbe fatto lui senza i suoi fratelli, senza i suoi compagni, senza i suoi amici? Senza contare il fatto che metà della popolazione mondiale di sesso femminile lo odiava per il modo in cui l'aveva trattata. Se ci pensava bene non riusciva più a riconoscersi. Perchè era cambiato così tanto? Era completamente diverso, una volta. Smettila di pensare a queste cazzate si disse fra sé e sé. Cercava di fare il duro anche con se stesso, era davvero patetico ma non riusciva a rendersene pienamente conto. Il suo subconscio non riusciva a farsi spazio fra tutti gli strati della sua mente e non venne allo scoperto. In quel momento salì in un taxi. In quel momento la vide.

 

Ilaria era appena salita in un taxi quando si rese conto che un ragazzo aveva fatto lo stesso. Cavolo. Sempre il ragazzo la stava guardando in cagnesco rendendo implicita la sua esigenza che lei scendesse. Ma non aveva proprio voglia di stare là ad aspettare un altro taxi, no signore. Quindi distolse lo sguardo e lo puntò sul tassista che si era voltato e stava chiedendo: «dove vi porto?» probabilmente pensava che loro fossero insieme. E ora che dovevano fare?

 

Mentre Ilaria faceva le sue considerazioni sulla spiacevole faccenda in cui si era andata a cacciare Jay le fece una radiografia completa. Ormai era un esperto. Occhiali da vista. Felpa extra-large e jeans larghi. Questa ragazza proprio non si voleva bene. Ma non sembrava grassa e aveva dei lunghissimi capelli castani, appena mossi, probabilmente perchè lei non si era impegnata a pettinarli. Magari sotto i vestiti si nascondeva una bomba, chissà. Non costava nulla provare. Quindi stette al gioco, dato che ovviamente il tassista pensava che fossero insieme: «non lo so, dove ci deve portare, cara?» si sentì fulminato dalla ragazza e ridacchiò sotto i baffi ma il suo compiacimento durò poco, perchè lei rispose subito sicura: «andiamo a ***, mi stupisco che tu non te lo ricordi più, caro» a che gioco stava giocando? Dal modo di vestire gli sembrava che quella fosse una timidissima e normalissima ragazza. Ma gli aveva risposto a tono. E non era inglese.

 

Ilaria non aveva idea del perchè avesse fatto quello che aveva fatto. Era contro la sua natura. Non sapeva se poteva chiamarlo flirtare perchè non aveva mai flirtato con un ragazzo in tutta la sua vita. Non che non ne avesse mai avuto uno, eh, ma non era mai durata tanto, a causa del lavoro del padre, e sopratutto lei non aveva mai fatto il primo passo e mai scherzato così con un completo sconosciuto. Che cosa le era preso? Londra doveva averle dato alla testa. O forse si era annoiata troppo durante la passeggiata che l'aveva portata in quella parte della città e voleva ritornare in un luogo familiare il prima possibile.

Sobbalzò quando il ragazzo le posò una mano sulla coscia. E si spaventò anche. Dio quello era un pervertito! Si stava avvicinando sempre più all'inguine, spostandosi lentamente e non guardandola in faccia. Ilaria scostò rapidamente la mano e si allontanò il più possibile da lui. «che diavolo stai facendo?» sibilò guardandolo in cagnesco. Lui la guardò con aria da santarellino e sorrise. Aveva una barbetta incolta che lo rendeva tremendamente sexy e contrastava nettamente con gli enormi occhi azzurro zaffiro che sembravano davvero scesi dal cielo. Il suo aspetto era come lui. Contraddittorio. Come se dentro di lui ci fossero due personalità, due diversi James in lotta per la supremazia.

Dopo questo episodio non accadde nient'altro per tutta la durata del viaggio. Jay cercava l'occasione opportuna ma non riusciva a trovarla, dato che la ragazza era molto sulla difensiva e si teneva vicinissima alla portiera, quasi a volersi fondere con lei, e non lo guardava neanche per un secondo.
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la canzone è sempre Outlaw di Selena Gomez
voglio ringraziare Ila e summerheartbeat per la recensione. grazie mille girlz <3
e mi scuso per l'immenso ritardo ma sono sempre piena di pensieri e cose da fare.
x
Anna




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Capitolo 4
*** IV. Come Alive ***


yellow diamonds in the light
and we're standing side by side
as your shadow crosses mine 
what it takes to come alive

«come ti chiami?» le chiese il riccio appena furono scesi dal taxi. Jay ebbe il buon senso di pagare lui e così non attirò ulteriori ire da parte della ragazza su di lui. «perchè dovrei dirtelo, scusa?» chiese lei, infilando le mani nulle tasche della felpa e incamminandosi senza fermarsi per vedere se lui stava al suo passo. «così, perchè voglio saperlo» evidentemente il ragazzo, più alto di lei di 10 centimetri buoni, non faceva nessuna fatica a seguirla. «bè, non tutto il mondo ti gira attorno. Io non voglio dirtelo» la ragazza riusciva a esasperare Jay senza neanche provarci. Non lo guardava nemmeno! Com'era possibile?! «bè può darsi che non tutto il mondo mi giri attorno ma sono sicuramente più famoso di te!» rispose offeso. «ti rendi conto di quello che stai dicendo? Lo sai che non ha senso? Che me ne importa a me se sei famoso? Lo sai quante persone “famose” ci sono al mondo? Non sei né il primo né l'ultimo, quindi fattene una ragione!» quel ragazzo era davvero rompiscatole. Che diavolo voleva da lei? Farle perdere la pazienza? Ma a che scopo?

«ma che cavolo! Guardami in faccia almeno!» sbottò Jay, spazientito dall'indifferenza di Ilaria. Lei alzò lentamente la testa, dopo essersi fermata di scatto. «contento ora?» chiese, dopo aver incrociato il suo sguardo per qualche secondo e aver prontamente abbassato gli occhi. Dannazione se era bello! «non riesci a guardarmi negli occhi? Come mai piccolina? Forse ti vergogni? Ti piacerebbe stare con me ma pensi di essere troppo brutta?» ora Jay stava davvero esagerando. E stava cominciando a essere davvero antipatico. «ma come ti permetti?» gli chiese lei indignata, riprendendo a camminare «stai zitto una buona volta. E se vuoi così disperatamente scopare và da una troia, perchè penso che sia evidente che io non ho intenzione di stare al tuo gioco!»

Jay rimase a bocca aperta, a dir poco. Nessuno gli aveva mai parlato così. Nessuna ragazza! Di solito non ci provava nemmeno, cadevano ai suoi piedi come fiorellini appena falciati. Non faceva mai nessuno sforzo, e ora... ora quella là... che non era nemmeno così bella... quella là se ne stava andando via senza voltarsi nemmeno una volta! Non ci riusciva a credere. Tutto questo non faceva che accrescere la sua curiosità nei confronti della misteriosa americana. Quindi corse un po' per riuscire a raggiungerla.

«no! Aspetta, dai!» il ragazzo la rincorse, e quando l'ebbe raggiunta rimase per un po' in silenzio. Si rese conto di non sapere cosa fare. Non sapeva come comportarsi con quella ragazza che sembrava così... così... diversa. «perchè tu non sei come le altre?» chiese molto ingenuamente, con una faccia così stupita e dispiaciuta che la ragazza non poté non fermarsi a guardarlo e rispondergli: «piccino, non siamo tutti uguali, grazie a dio! Anzi, quello che ci rende preziosi è il fatto che siamo diversi!» Jay cominciava a sentire uno strano formicolio che gli pervadeva lo stomaco. Che gli stava succedendo? Non ci capiva più nulla. Sapeva solo che non poteva farsela scappare. Non voleva. Se l'avesse fatto non se lo sarebbe perdonato mai. E forse diventare suo amico sarebbe potuto diventare un vantaggio. Doveva tornare nelle grazie di Jayne e dei ragazzi... e fargli vedere che aveva come amica una ragazza, che non l'aveva sedotta come faceva sempre, che lei era carina e simpatica... woah! Rallenta amico! Come fai a sapere che è simpatica? Non la conosci nemmeno! E poi... non è che era così carina, da quello che si vedeva almeno...

occhei, basta seghe mentali! Si disse fra se e se scuotendo forte la testa come per scrollarsi di dosso i pensieri indesiderati.

Per tutto quel tempo Ilaria rimase ad osservarlo, affascinata. Non sapeva bene cosa fare. La sua testa le diceva di andarsene via senza voltarsi e sperare che lui non la rincorresse un'altra volta... ma lui era così cariiino! E sembrava anche indifeso, mentre pensava sul suo volto passavano tante emozioni, dubbio, paura, risentimento. Il suo cuore non le permetteva di muoversi. E così dopo qualche minuto si ritrovò persa negli occhi azzurro cielo del ragazzo.

Jay si portò una mano alla testa per grattarsela, segno evidente d'imbarazzo. Non sapeva bene neanche lui cosa dire, le parole gli uscirono spontanee dalla bocca: «ti va se rincominciamo daccapo?» 

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Capitolo 5
*** V. Call My Name ***


How d'you think I feel whem you call my name?
You've got me confused by the way I change
How d'you think I feel when you call my name?
My name? Say my name baby.

Che doveva fare? Dirgli di no? Non ci riusciva. Ora che lo guardava non riusciva più a smettere. Si perdeva ad arricciare i suoi ricci perfetti nella sua mente. Come poteva dirgli di no? Annuì, aveva la bocca secca e non riusciva a proferire parola.  Jay esultò nella sua testa e, involontariamente alzò il pugno in aria soffiando «si!» la ragazza sorrise alla reazione di lui ma nello stesso tempo si torturava le mani nelle tasche della felpa, non sapendo come sarebbe continuata questa faccenda.
«io mi chiamo Jay, piacere di conoscerti...» incominciò il riccio, porgendole la mano «Ilaria, mi chiamo Ilaria» «ooh! Finalmente so il tuo nome! È bello Ilaria!» esclamò, rigirandosi in bocca quel nome come se fosse una caramella conquistata dopo una lunga sfaticata, da bambino. «era questo il tuo scopo principale, quindi?» chiese ironica la ragazza, guardandolo di traverso. «Sì!» esclamò lui, con lo stesso entusiasmo di prima, come un bimbo «bene... quindi posso anche andarmene» disse lei, allontanandosi.
«no! Aspetta!!» Jay la rincorse e la fermò afferrandola per un polso «no! Ti prego! Stavo scherzando!» lei rise. Una risata leggera, non sguaiata, molto elegante in effetti. E si chiese com'era possibile che quel ragazzo le era stato tanto antipatico prima... ora le sembrava un cuccioletto indifeso, carino e simpatico. E lo stesso pensava lui. Come avevano fatto a partire così male? Forse non era davvero così male essere se stesso, alla fine funzionava molto meglio! E allora perchè aveva ancora quel pensiero nel retro della mente? Perchè non riusciva a staccarsi da quell'orribile parte di se? Passarono svariati momenti di silenzio imbarazzato fra i due, nessuno sapeva cosa dire e nessuno diceva perciò niente.  «Bè... forse è meglio che io vada...» incominciò la ragazza, sorridendo leggermente. «aspetta! Non è che posso offrirti da mangiare?» le chiese Jay, non volendo vedersela scappare prima di aver approfondito la conoscenza. Ilaria non sapeva cosa fare, non perchè avesse particolari problemi a casa, con suo padre o cosa, anzi! Se gli avesse detto che aveva conosciuto un ragazzo sarebbe stato contento, per lui sua figlia era troppo solitaria e non gli andava bene. Ma non sapeva se era una buona idea. Non era ancora convinta da quel ragazzo, non si era ancora dimenticata di come l'aveva trattata poco prima. Ma pensandoci bene... perchè non provare? Non aveva niente da perdere e in ogni caso, se la faccenda avesse preso una direzione indesiderata lei poteva sempre andarsene... e poi lui era così cariiino! E poi non doveva mica andare a mangiare a CASA sua, sarebbero andati in un fast-food o cose così! E poi... «allora, che ne dici?» chiese il riccio, con occhioni dilatati e supplicanti. «va bene!» sospirò lei «sì!» esclamò il ragazzo e, prendendo la mano di Ilaria la trascinò verso la strada, trovarono immediatamente un taxi e Jay gli disse un indirizzo. «dove mi porti?» chiese curiosa la ragazza.
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vorrei ringraziare tutte le ragazze che seguono questa fic e scusarmi tantissimo per l'enorme ritardo.
essendo sempre piena di compiti e cose da fare con la scuola non sono riuscita a postare per molto tempo..
con le vacanze spero di riuscire a farlo pù frequentemente :)
-la canzone è call my name di cheryl ;)
x
 

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Capitolo 6
*** IV. Beautiful Eyes ***


your beautiful eyes
stare right into mine eyes
and sometimes I, I think of you late at night
I don't know why

«a casa mia...» la ragazza stava per ribattere qualcosa ma lui continuò, non accorgendosene «...lo so che ti sembrerà strano... ma avevo già invitato i miei amici quindi non posso dirgli di no» «ma, scusa, non importa! Cioè... io non voglio disturbare!» cercò di tirarsi fuori da quella situazione spinosa Ilaria. I suoi amici? Ma stiamo scherzando?! «e poi io non conosco nemmeno te, non ti sembra un po' affrettato farmi conoscere i tuoi amici?» lui la guardò per un po', pensieroso «non vuoi venire?» chiese, quindi, diretto. Come faceva a resistere a una faccia del genere? I suoi occhioni color cielo la imploravano e lei non poteva dire di no. «no... cioè.... ok» acconsentì infine Ilaria, sconfitta. «si!» per la terza volta quella giornata Jay alzò il pugno al cielo. Non era così contento da taaanto tempo. E allora perchè aveva sempre quei pensieri sul retro della mente? «sembra che io sia il tuo trofeo!» rise la ragazza «e lo sei!» esclamò Jay, forse senza pensarci troppo. Ilaria diventò seria, che voleva dire? Glielo stava per chiedere ma proprio in quel momento il taxi si fermò davanti a una casa, uguale a tante altre, e si girò verso di loro: «siamo arrivati»

Quando entrarono in casa si era ormai fatto buio, Jay accese delle luci in salotto e le disse di accomodarsi «aspetta un attimo che devo andare di sopra» le disse, prima di sparire sopra una rampa di scale. Non era una casa enorme ma era accogliente e ben arredata. Il salotto accoglieva un'ampia libreria, non completamente riempita però contenente una grande quantità di libri e DVD. Al centro di essa era stato ricavato un vano per una tv di ultima generazione, di quelle con nomi così lunghi e strani che è impossibile ricordarli. Due divani color panna erano posti di fronte alla libreria, separati da essa da un tappeto che ospitava un tavolino basso, dello stesso colore delle scaffalature. Lampade di varia dimensione e forma contribuivano a dare un'immagine magica e fatata a quella stanza. La ragazza si sedette nervosa sul divano e aspettò.

 Jay salì al piano di sopra e, chiamando Max si fiondò sul letto. Il telefono squillò, e squillò, e squillò. Stava quasi per perdere la speranza quando una voce familiare dall'altro capo della cornetta gli rispose: «pronto, Jay? Che vuoi?» era piuttosto scocciato e il riccio non poteva biasimarlo. Dopo tutto quello che aveva fatto e detto lui non avrebbe risposto, se fosse stato al posto di Max.  «Max... senti... mi dispiace... io... io non so come dirlo... ma vorrei farmi perdonare da voi. Lo so che sono stato uno stronzo e che voi state prendendo in considerazione l'idea di mandarmi via dal gruppo... ma ti prego, datemi un'altra possibilità! Venite a cena da me oggi, mangiamo una pizza.... ti prego!» Max rimase per un po' in silenzio, soppesando la proposta. Ma lui, come d'altronde gli altri tre, aveva conosciuto il Jay prima, se lo ricordava perfettamente, ed era convinto che una parte di quel Jay fosse ancora presente, magari sotterrata fra vari stati di presunzione e spacconeria ma non del tutto scomparso. «va bene Jay, io verrò. Ma non chiamerò Nathan, Tom o Siva, devi farlo tu, devi convincerli come hai convinto me. Ci vediamo fra un'oretta.» Jay sospirò allontanando il telefono dall'orecchio e rimanendo a fissarlo per qualche secondo. Dai, prendi coraggio e chiama Tom! Fallo! È sempre stato il tuo migliore amico, starà dalla tua parte! Basta che gli parli con la stessa sincerità con cui hai parlato a Max e tutto andrà bene! Il riccio quindi chiamò Tom, che rispose invece al primo squillo, probabilmente non avendo notato chi lo stava chiamando. «pronto? Chi parla?» la sua voce roca fece subito comparire sensi di colpa nella testa di Jay, come poteva permettersi di deluderlo? «ciao Tom... sono io... Jay» un silenzio freddo calò dalla parte opposta della linea, Tom non rispondeva. Prima che potesse sbattergli il cellulare in faccia, allora, Jay lo implorò: «ti prego, ascoltami Tom! Lo so che in questo momento ti faccio schifo e vorresti solo sbattermi il telefono in faccia e non ti biasimo per questo, anzi, penso che tu abbia ragione! Però ti prego, dammi un'altra possibilità, vieni a cena da me, fra un'ora!» disse tutto d'un fiato e poi si mise ansioso ad aspettare la risposta dell'amico. «va bene» rispose secco Tom, per poi chiudergli il telefono in faccia. Meno due. Gliene mancavano ancora due. E doveva sbrigarsi, non poteva lasciare Ilaria da sola per troppo tempo, già aveva sopportato abbastanza quella povera ragazza, e in poche ore, oltretutto! Quindi Jay compose velocemente il numero di Nathan e aspettò che gli rispondesse, torturandosi nervosamente le mani. E se lui non gli avesse risposto? E se gli avesse detto che non sarebbe venuto? «ciao Jay» Nathan aveva risposto. «Hey Nathan... » «lo so Jay, va bene.» il riccio rimase un po' sconcertato «che cosa sai?» chiese ma il piccolo del gruppo aveva già riattaccato. Non gli restava che sperare che Tom lo avesse preceduto nel chiamare Nathan e gli avesse già detto tutto. Speriamo sussurrò fra se e se mentre chiamava Siva, dai manca solo lui! Cercava di rincuorarsi mentre aspettava che l'amico rispondesse. Ma non lo fece. Dopo un po' scattò la segreteria telefonica e la particolare voce di Siva recitò: «Segreteria telefonica di Siva, mi dispiace ma ora non posso rispondervi, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico» «merda!» esclamò Jay, abbattuto. Non gli restava che sperare che almeno Nathan venisse, con Tom e Max. speriamo.


 

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Capitolo 7
*** VI. Both Of Us ***


I wish I was strong enough
to lift not one but both of us

Jay non ritornava più giù. Saranno passati dieci minuti buoni, se non un quarto d'ora e la ragazza cominciava a chiedersi a che gioco stava giocando il ragazzo. Dov'era finito? Ilaria aveva una voglia matta di andare a cercarlo, a esplorare la casa, a fare qualcosa! Ma rimase ferma, immobile, a osservare ipnotizzata una lampada che faceva disegni geometrici di luce sul soffitto e sulle pareti circostanti.
«scusami!» sbuffò il riccio, scendendo di corsa le scale e fiondandosi sul divano, in fianco a lei, che si avvicinò più che poté alla spalliera, in modo da essere il più lontana possibile da lui. «mi dispiace!» si scusò di nuovo, girandosi verso di lei «hei guarda che non ti mordo mica!» continuò vedendo quanto lei cercasse di mantenersi lontana da lui. «puoi anche avvicinarti, prometto di non torcerti nemmeno un capello!» cercò di convincerla lui e lei, sconfitta si avvicinò, quasi impercettibilmente, però.
«mmmh! Facciamo passi da gigante!» esclamò ironico lui, al che lei si irritò leggermente, si alzò di scatto e si sedette sulle ginocchia del ragazzo. «contento ora?» «no» le rispose lui a tono, alzandola e posizionandola in parte a lui «se mi stai troppo vicina mi tenti un po' troppo» le sorrise malizioso. Il ragazzo infatti aveva cominciato a percepire uno sfarfallio allo stomaco nell'esatto momento nel quale lei si era posizionata sulle sue gambe. «io? Tentare te? Ma non eri quello famoso che aveva tutte le ragazze ai suoi piedi?» chiese lei, non rendendosi conto di aver scoperto un tasto dolente. Jay si rabbuiò e abbassò la testa «io... sto cercando di cambiare»
Ilaria si maledisse fra se e se, rendendosi conto solo in quel momento che quello forse non era l'argomento più adatto di cui parlare. «hei» sussurrò accarezzandogli dolcemente i ricci. Madonna quanto erano soffici e... ricci ! «scusami» continuò.
La reazione di Jay la lasciò spiazzata, il ragazzo infatti si chinò sul suo grembo e cominciò a singhiozzare senza ritegno. «hei! Hei!» tentava di consolarlo la mora, accarezzandogli la schiena con movimenti circolari «non fare così!» gli prese il mento e lo alzò in modo che fosse all'altezza del suo viso. Jay poté vedere che anche la ragazza aveva gli occhi lucidi «non piangere che sennò fai piangere anche a me!» e si mise anche a ridere, si ritrovarono abbracciati, a ridere e piangere allo stesso momento, per ragioni diverse, si stavano sfogando insieme. Non si conoscevano nemmeno da un giorno eppure si erano spinti l'uno con l'altro in direzioni nelle quali non si erano mai spinti con nessuno.
In quel momento suonò il campanello.
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grazie mille a tutte le ragazze che hanno lasciato una recensione, vi adoro. 
e anche se posto così in ritardo non vuol dire che non ci tengo, anzi! 
mi dispiace che sia un capitolo così piccolo, spero lo stesso che vi piaccia! ;)

la canzone è both of us di B.o.B. feat Taylor Swift
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