L'isola senza sabbia

di Leitmotiv
(/viewuser.php?uid=153188)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Settembre: Giovanni - I fratelli Marais ***
Capitolo 2: *** Settembre: La gentilezza di Sara - Il silenzio di Guillame ***



Capitolo 1
*** Settembre: Giovanni - I fratelli Marais ***


isola01 Questa storia si svolge agli inizi degli anni '90, quando a possedere imbarazzanti ed ingombranti cellulari erano in pochi, ma soprattutto era raro trovarli in mano a dei ragazzi.
Ho scelto gli anni novanta perche', pur non essendo lontani, non contemplavano l'uso di piastre per capelli o tecnologie troppo avanzate, si faceva a meno di internet (sull'isola "che dico io", internet e' approdato addirittura recentemente!) e d'inverno, sull'isola non era raro passare giorni interi senza elettricita', acqua calda, riscaldamento ed altre comodita' di uso comune.
Tuttora su "quell'isola", quando il tempo la dice brutta, non arrivano traghetti e puo' mancare la luce per diverso tempo quando uno meno se lo aspetta.
La mia non vuole essere affatto una critica nei confronti delle splendide comodita' contemporanee, ma piuttosto un noioso preambolo per specificare quali scomodita' mi serviranno ai fini della storia!

- Leit -








                                                              Settembre - Giovanni




Sembrava che nella casa di pietra le stanze fossero state distribuite senza un criterio.
L'abitazione era tutta un saliscendi e presentava numerosi anfratti su cui vi erano ammucchiati soprammobili di dubbia provenienza.
 Le porte erano piccole, così come i servizi, le piastrelle dei bagni e della cucina avevano colori vivaci e non c'era nessuna logica nella loro distribuzione.

Giovanni si affaccio' alla finestrella della propria stanza, osservando i tetti piu' bassi delle irregolari casette che circondavano la sua; una corpulenta  signora intenta a stendere i panni su un balconcino gli sorrise, il ragazzo le rispose agitando timidamente la mano e torno' a guardare gli scatoloni ammucchiati sul pavimento di gres.

La sua stanza si trovava all'ultimo piano ed era la piu' piccola della casa. Se non fosse stato per la terrazza chiusa da una cupola di vetro, non avrebbe mai saputo come disporre tutte le sue cose.
E dire che era stato davvero parsimonioso e si era portato dietro solo l'indispensabile, lasciando nell'ariosa casa fiorentina la maggior parte delle sue cose.

Suo padre entro' nella stanza porgendogli un pacchetto di cellophane trasparente - Giovanni, queste sono le tende. Controlla se la misura e' giusta, altrimenti vado a subito a cambiarle.
Il ragazzo si stupì dell'interessamento di suo padre alle tendine di casa. Quando i suoi genitori abitavano ancora insieme era sua madre ad interessarsi della manutenzione della casa, era convinto che suo padre, malgrado la sua superlaurea, non fosse nemmeno in grado di valutare che un' abitazione aveva bisogno di tende per non lasciare che i vicini spiassero nelle loro vite.
.
- Ah, ok. Ora le provo, babbo. Penso che dovremmo passare da scuola, piu' tardi.
- Eh e per quale ragione? - chiese suo padre, cadendo dalle nuvole - Non abbiamo gia' lasciato la tua iscrizione a luglio? - disse, sistemando sottobraccio le altre tende.
- Sì, ma se non porto le fototessera non  mi daranno nemmeno il libretto. A Livorno ci siamo fermati per questo a quella macchinetta istantanea... -  spiego' al genitore, scuotendo le tendine blu' dal loro pressato ripiegamento.
 Per tutto cio' che non concerneva la propria professione, suo padre era sbadato e svogliato. Per Giovanni a volte era frustrante non essere ascoltato.
L'uomo batte' la mano sulla coscia - Ahhh ma sì! Dai, dopo mi accompagni a fare la spesa e andiamo a lasciare le foto in segreteria - gli rispose, trotterellando giu' dalle scale.

Giovanni passo' una mano fra i morbidi riccioli neri che gli affollavano la testa, e si avvicino' una sedia per sistemare le tende in cima alla finestra.

Sfilo' il bastone di ferro battuto, dalla forma simile ad un'antica lancia uncinata, e vi infilo' i passanti della tenda. Il tessuto umile ma vivace delle tende sfiorava di poco il pavimento, dando alla stanza un'aria molto coreografica anche se poco ariosa.
Tiro' la tenda per far rientrare la luce, e torno' ai propri scatoloni.
- Avrei piuttosto voglia di uscire a farmi un bagno - penso', sentendo sulla pelle abbronzata dalle vacanze estive il bisogno di rinfrescarsi.
Suo nonno entro' lentamente nella stanza, stringendo fra le mani le proprie tendine; quasi indovinando  pensieri del nipote, gli parlo' - Ci vorrebbe un bagno in mare, no Giovanni? - disse, appoggiandosi allo stipite - Che un si puo' mica venire al mare e poi rimanere a frugare e sudare fra gli scatoloni! - esclamo' con il suo forte accento fiorentino; allargo' la bocca mostrando il suo perfetto, brillante sorriso artificiale. Il sottile profilo nero fra la dentatura e le gengive tradivano l'uso della dentiera.
- Vabbe', dai nonno, le vacanze ce le siamo gia' fatte. Prima ci liberiamo di questi scatoloni meglio e'.
- Sei così meticoloso che potresti arruolarti in marina - disse, alzando l'indice rugoso - Ma ricordati che il genio abita nel caos!

Non era la prima volta che suo nonno lo rimproverava con quel motto. Giovanni sapeva bene che in quella frase fatta si celava solo una mezza verita', nell'altra meta' si nascondeva invece la scusa che suo nonno additava per giustificare il caotico disordine che lui e suo padre erano soliti lasciare al loro passaggio.

Il ragazzo sorrise - Allora mi sa proprio che io non sono un genio come te e babbo.
- Certo che anche tu sei un genio, solo che tutto questo ordine che vai cercando non e' il tuo elemento naturale!
Giovanni sospiro' - Senti nonno, ma te le hai provate le tende in camera tua? - chiese, indirizzando l'argomento su un qualcosa che sicuramente avrebbe fatto defilare il gerarca famigliare.
- Per le tende c'e' tempo! Prima la mente! Ora esco a comprare il giornale, poi se mi avanzera' del tempo attacchero' le tende. Anzi Giovannino, visto che tu sei così baldo e giovane, piglia una seggiolina e mettimele te, le tende.
Giovanni. che si aspettava un epilogo del genere, sfilo' dalle  mani rugose del nonno la confezione senza lamentarsi.

Era sempre stato un ragazzo ubbidiente e riflessivo. Non parlava mai troppo, era educatamente cortese e difficilmente parlava di sè o degli altri in maniera inopportuna; non aveva atteggiamenti sguaiati e, seppure non era solito dimostrare le proprie rimostranze con le parole, non era capace di nascondere certi sguardi severi attraverso gli occhi verdi  e scrutatori.

Non era facile entrare nella sua testa, e questo spesso lo allontanava dai suoi coetanei, sempre un po' sospettosi confronti di quel suo fare da ometto.
Pur essendo un ragazzo tutto sommato  rilassato, agli altri appariva inamidato come una camicia nuova.

Giovanni scese al piano di sotto, dove la camera matrimoniale di suo nonno sembrava ancora piu' in disordine di quando lo aveva aiutato a portare su gli scatoloni, una paio di ore prima.  L'anziano aveva ammucchiato gli abiti sul letto e nell'armadio aveva riposto decine di libri e vecchi album fotografici.
Conoscendo suo nonno, il ragazzo temette che avrebbe riempito i mobili di libri ed abbandonato gli abiti là dove avesse trovato uno spazio libero.
- Che casino... - sussurro', avvicinando una seggiolina di paglia davanti alla finestra - Che casino...ma che vista mozzafiato! - Penso', scorgendo oltre le basse case dirimpetto una porzione dell'imponente castello di San Giorgio ed una luccicante di mare e sole - Hai capito il nonno... Questa finestra sembra una cornice su un quadro.

Il moro salì sulla seggioletta traballante, ed in punta di piedi cerco' di arrivare al bastone; quando lo ebbe sfilato, la paglia della seduta si squarcio' sotto il suo peso, e Giovanni venne proiettato in avanti verso la finestra spalancata.
Un'urletto femminile attiro' l'attenzione del ragazzo, mentre questo s'impediva di cadere arreggendosi al cornicione interno della finestra; un piede era fortunatamente rimasto incastrato all'interno della sedia, evitandogli  la caduta.

Giovanni guardo' la ragazza della casa di fronte, affacciata alla mansarda; imbarazzato da quell'incidente, le volle dimostrare che era tutto sottocontrollo. Con nonchalance estrasse il piede dalla sedia, e la sposto' indietro. Poi le mostro' il bastone della tenda, che non aveva smesso di stringere nella mano.
La giovane dirimpettaia sposto' le mani giunte dalla bocca al petto - C'e' mancato poco - gli disse, accennando ad un sorriso - Attaccavi le tende?

Aveva un accento insolito, forse era una turista. Non sembrava affatto una del posto.

Giovanni penso' immediatamente che in lei ci fosse qaulcosa di molto francese.
- Sì, ma la sedia ha ceduto - le spiego', sporgendosi dalla finestra.
La ragazza gli mostro' nuovamente un sorriso, che Giovanni definì morbido, anche se non sarebbe mai riuscito a trovare le parole giuste per spiegare su di lei quell'aggettivo.
- Eravate gia' passati di qui, a luglio - dichiaro' lei, incrociando le braccia sullo stretto cornicione dal quale si affacciava - Vi siete trasferiti?
Era un'erre moscia quella che Giovanni riconobbe nella sua pronuncia. Doveva essere davvero francese - Sì, siamo arrivati con il traghetto di ieri pomeriggio.
- Ma e' tutta vostra la casa? - chiese lei, alzando il viso per guardarne la cima da cui spuntava la vetrage liberty della terrazza.
Giovanni annuì. Non era tipo da pavoneggiarsi ed inoltre se l'abitazione appariva in ottimo stato da fuori, la stessa cosa non si poteva dire certo dell'interno.
- Accidenti! - esclamo' la ragazza, schermandosi gli occhi con una mano.

I due giovani rimasero qualche istante in silenzio. Lei guardava i vetri smerigliati della cupola sul tetto, mentre Giovanni aveva spostato lo sguardo sul luccichìo del mare.
In lontananza il traghetto della compagnia Moby diretto in Corsica, con la sua scocca colorata, saluto' l'isola con un colpo di sirena.

- Quanti anni hai? - gli chiese lei, una volta passato il frastuono.
- Ne ho quasi diciotto - rispose Giovanni.
- Io ne ho sedici. Ti sei iscritto all'istituto tecnico? - gli chiese, con una punta d'entusiasmo nella voce.
- Bhe, sì- le rispose brevemente.
- Di dove sei? Toscano?
- Sì. Di Firenze.
 - Ah...
Un po' scoraggiata dalle risposte lapidarie del ragazzo, la sedicenne comincio' a perdere visibilmente interesse per il suo nuovo vicino - Allora ci vediamo presto - si congedo' , mentre il suo sorriso si era fatto incerto.
- Ciao... - le rispose Govanni, guardandola a malincuore sparire dalla sua visuale.
Non si considerava affatto una persona scorbutica, ma il ragazzo dovette ammettere di essersi messo un po' troppo sulla difensiva.




Giovanni seguì suo padre sino al piccolo market a pochi metri dalla piazza, entrambi armati di scatoloni per agevolare il trasporto della spesa.
Malgrado agosto avesse lasciato posto a settembre c'era ancora una certa vivacita' per l'isola.

Quella era la stagione delle barche a vela, c'erano numerosi turisti nordici, francesi e persino qualche inglese, quasi tutti ben organizzati con le loro moderne motorsailer dalle chiglie strette, niente a che fare con i pesanti motoscafi e gli imponenti yacht che ingombravano il porto nel fulcro della stagione estiva.

Quegli stessi turisti riempivano gli spazi angusti del minimarket, analizzando i prodotti sugli scaffali, non sempre muniti di diciture in inglese. Appena entrato Giovanni scorse appunto una famigliola tedesca alle prese con un barattolo di sugo pronto di cui, probabilmente, non riuscivano ad individuarne gli ingredienti.

Suo padre gli dette una generosa pacca sulla schiena - Hai intenzione di aiutarli, mio prodigo boyscout? - scherzo' l'adulto - Vediamo che c'e' al banco della carne. Mi sa che ci conveniva fare scorta sul continente.
Il ragazzo storse la bocca, lasciando la famigliola ai suoi problemi linguistici - Ma ce lo abbiamo il congelatore per la carne?
L'uomo s'imbroncio' - Ma lo abbiamo attaccato alla corrente il frigorifero?
Giovanni alzo' gli occhi al cielo - Bhe no, speravo che l'avesse fatto il proprietario, visto che ci ha assicurato che la casa era pronta per essere abitata - constato' il ragazzo.
- Oh bhe, allora ci conviene non prendere cibi freschi - pronuncio' serenamente l'adulto, buttando nel cartone alcune scatolette di tonno sottolio.
- Credevo che il bello di vivere su un'isola, fosse anche quello di poter usufruire di cibi freschi piu' facilmente - obbietto' il ragazzo, ripassando con lo sguardo delle noiose merendine confezionate.
- Non siamo mica in campagna! E non si puo' nemmeno mangiare ogni giorno pesce solo perche' siamo su un'isola. Comunque rimedieremo dopo che il frigorifero sara' in auge - concluse il genitore, gettando nello scatolone dei grissini.
- Come vuoi, babbo - rispose rassegnato il ragazzo, sollevando la scatola sul petto.

- Dovremmo farci allacciare la linea telefonica - disse improvvisamente suo padre, mentre srotolava alcune banconote per pagare la spesa.
- Ma scusa, come pensi che la mamma potra' rintracciarci, così? - rispose Giovanni, allibito da quella confessione. S'immaginava gia' sua madre, indemoniata,  sbarcare sull'isola e bussare porta a porta al fine di trovarli.
- Le ho fatto mandare un telegramma dal nonno, dalle poste. Il proprietario mi ha detto che non aveva fatto ripristinare la linea telefonica solo ieri pomeriggio, quando mi ha consegnato le chiavi di casa. E che ci vuoi fare! - concluse con la sua solita aria svagata .
Giovanni aprì la bocca per contraddirlo, ma visto che ci avrebbe  pensato sua madre Bianca a tuonar proteste contro suo padre a tempo debito, preferì rientrare nei panni del ragazzo tranquillo che era.
 Era una donna piuttosto collerica sua madre  quando si trattava del marito, anche se era pur vero che quell'uomo sapeva diventare esasperante. La sua innata ingenuita' irritava e sconvolgeva la serieta' e la precisione con cui sua moglie era solita affrontare la vita.
A volte Giovanni era spaventato dalla furia che sua madre riversava sul coniuge, e nemmeno lui, spesso, riusciva a capire la leggerezza con cui suo padre Aldo evitava lo scontro diretto con la donna.
Piu' suo padre sminuiva le arrabbiature di Bianca, piu' questa  si gonfiava di rabbia.

La relazione fra i due coniugi era sempre stata un' utopia, Giovanni se ne rendeva benissimo conto. Sapeva bene che anche gli adulti commettevano errori di umana valutazione, non gli aveva mai idealizzato il loro matrimonio, ed aveva accettato il fallimento del loro matrimonio con una certa saggezza.

- Ora passiamo un attimo da casa a lasciare questa zavorra e poi andiamo alla segreteria della scuola. Spero tu sia venuto bene in quelle fototessera! - disse l'uomo - Io nella mia carta d'identita' sembro un beduino a cui hanno appena sequestrato il cammello! Una tristezza...chissa' a che stavo pensando mentre l'ottico mi stava scattando la foto.
- Come se si potesse venir bene nelle foto dei documenti - commento' il ragazzo.
- Bhe Giovanni, sei nuovo del posto, fossi in te farei di tutto per fare bella figura. Quando studiavo a Roma cercavo di apparire in forma ogni giorno, anche se ero un po' triste per la lontanaza da casa, e questo mi ha aiutato a pormi meglio con gli altri.
- Facevi molto sport?
- No macche'! Al massimo facevo qualche scampagnata la domenica...Avevo molto da studiare, lo sai. Pero' cercavo di non trasmettere la mia malinconia e le mie preoccupazioni. Andavo a lezione bello pettinato, con un pantalone "giusto", argomentazioni sempre a portata di mano...insomma, non mi piaceva apparire come il classico topo di biblioteca, o come lo studente fuorisede triste e solitario.

Giovanni si era spesso ritrovato fra le mani le foto di suo padre. Il piu' delle volte gliele metteva fra le mani suo nonno, da sempre fiero dell'intraprendenza e l'allegria del proprio unico figlio. A volte sembrava che l'anziano cercasse di trasmettergli i loro stessi modi di fare, la loro vena sregolata e geniale, allora lo intratteneva anche un intero pomeriggio mostrandogli foto, raccontando con enfasi la vita di Aldo, brillante archeologo specializzato in recuperi subacquei.
Il  nipote se ne rimaneva quieto ad ascoltare il nonno, un po' in soggezione rispetto alle grandi imprese che nonno Giasone, oratore esperto, sapeva rendere interessanti come un romanzo.
Per quanto Giovanni fosse legato alla figura di suo padre ed a quella del nonno, percepiva una sostanziale differenza fra il suo modo di porsi alla vita, e la loro. Differenza che pero' gestiva con tollerante educazione.

- Babbo, ma e' solo una fototessera. Io poi conosco l'isola, e conosco Enea e qualche suo amico. Per me l'isola non e' proprio una novita', non importa che io faccia lo splendido per attirare l'attenzione.
Aldo gli mostro' un sorriso che la sapeva lunga - Perche' tu sei convinto che ambientarsi in un posto che si crede di conoscere sia  immediato e rassicurante. Ma Giovanni, non e' un'esperienza così superficiale. Lo so che a te, quello che dico, ti sembrera' solo un avvertimento da genitore, ma...non mi dilungo altrimenti. Tanto lo vedrai presto da te - concluse l'uomo, guardando con aria sicura dritto davanti a sè.
Giovanni sollevo' le sopracciglia. Era forse l'aria antica dell'isola a regalare a suo padre quei lampi di saggezza?



La segreteria scolastica non era altro che una minuta stanzina, resa ancora piu' piccola dal basso soffitto antincendio, un elemento di sicurezza  insolito per quell'isola un po' fuori dalle righe.
La signora che  accolse Giovanni e suo padre era la moglie del sindaco, abbronzatissima e carica di bigiotteria colorata. Gli mostro' un sorriso ingiallito dalla nicotina ma sicuramente accattivante, particolare come il lungo caftano che indossava.
Nell'indicare le sedie su cui accomodarsi, i ninnoli che le inanellavano il collo e le braccia entrarono rumorosamente in collisione.

- Dunque Giovanni - sorrise al ragazzo, puntando l'indice sul nome riportato nella sua cartelletta personale - Io qui sono l'unica segretaria, quindi se hai bisogno di qualcosa non puoi sbagliare. Una delle foto che mi hai portato la metteremo qui, l'altra la appunteremo sul tuo libretto delle assenze - disse, estraendo da un cassetto l'oggetto di cui gli stava parlando.

Mentre la donna compilava i suoi dati, Giovanni si era disratto a guardare il panorama che s'intravedeva dalla finestrella della stanza. Il porto brulicava di turisti e paesani, impegnati nell'ora dell'aperitivo. I piccoli tavolini a ridosso della banchina erano quasi tutti pieni, malgrado la lontananza il ragazzo riusciva a distinguere i graziosi bicchieri dei drinks dai grossi calici da birra.

- Mi dica, quando comincerete il recupero del relitto? - chiese la moglie del sindaco, rivolta al padre del ragazzo.
Giovanni volse lo sguardo al padre. Aldo si mosse sulla piccola sedia di formica azzurra.
- Il team non e' ancora al completo, e nemmeno l'attrezzatura. Ma non credo che tarderemo piu' di una settimana.
- E' stato difficile ottenere i finanziamenti? - sorrise maliziosamente la donna.
L'uomo rimase stupito da quella domanda confidenziale. Gli occhietti azzurri della donna gli sembrarono quasi insinuanti - Oh bhe, bisogna trovare le persone giuste ed i tempi giusti.
- Eh sì. Le conoscenze giuste fanno la differenza! - esclamo' la donna, porgendo loro il libretto delle assenze - Qui abbiamo finito - sorrise a Giovanni, incrociando le dita sulla scrivania - Giovanotto, goditi questi ultimi giorni di vacanza!
Giovanni corrugo' la fronte da sotto i morbidi ricci corvini. Non provava simpatia per i sorrisi particolari che quella donna stava loro riservando.





                                                          Settembre - I fratelli Marais





Per la cucina aleggiava un forte odore di cipolla. Una grossa pentola in coccio ribolliva sul fornello riempiendo la stanza con il suo rotondo gorgoglìo.

L'odore risaliva le scale dell'abitazione, penetrando attraverso le camere da letto, sino a strofinarsi sotto il naso dei tre ragazzi che occupavano la  mansarda.

Marcel lascio' scivolare il braccio oltre il bordo del letto, sfiorando il pavimento con le grosse nocche della mano.
Il ragazzo mugolo', schiudendo le labbra sul cuscino umido di saliva. Aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco le sottili strisce di sole  che la persiana disegnava sul pavimento rossastro. S'inginocchio' sul letto, guardando alla sua destra il corpo lungo e quieto di suo fratello Guillaime, i lunghi capelli biondi avvolti intorno al collo e la faccia.
Quando si era coricato, la sera prima, suo fratello non era ancora tornato da fuori, e come al solito non aveva minimamente percepito il suo rientro. Guillaime sapeva essere silenzioso come un'ombra.
Poi volse lo sguardo dietro di sè, scorgendo le gambe di sua sorella intrecciate alle lenzuola. Nel sonno muoveva inconsciamente  dita scurite da sole.  Nicole era la prima della famiglia a toccare letto, aveva i ritmi di una bambina e sbadigliava per tutta la sera.

Il ragazzo scruto' un'altra volta i due corpi immobili, con la sua solita espressione seria e vagamente corrucciata, di chi vuole sempre controllare che intorno a sè  tutto sia come dovrebbe essere.
Il sole e' spuntato, Nicole e Guillaime sono nel loro letto, al piano di sotto papa' Marais e' rientrato da lavoro e sta preparando il pranzo: e' una classica tarda  mattina di vacanze estive.

Marcel scese in cucina. Padre e figlio si salutarono con un cenno del capo, silenziosi e significativi come solo certa gente di mare sapeva essere.
Mise il pentolino del latte sul fuoco, e poso' il bricco del caffe', da tempo ormai freddo, al centro del tavolo. Porto' alle labbra un grosso biscotto dall'aria rustica, osservando lo scorcio di mare e rocce che si vedeva dalla finestra.
- Marcel, domani ho bisogno che ti metta a riparare le reti - disse l'uomo di casa.
Il ragazzo annuì, prendendo posto al tavolo. Fra i tre figli era l'unico che seguiva volontariamente il lavoro di pescatore di suo padre.

Nicole entro' nella stanza nascondendo un largo sbadiglio dietro il dorso della mano. Pochi passi dietro di lei, Guillaime si passava una mano fra i lunghi capelli, liberandoli dai nodi del sonno.

Era curioso come nella famiglia non esistessero certe convenzioni, quali il saluto mattutino. Alla silenziosa famiglia Marais bastava un cenno del capo, uno sguardo degli occhi neri e profondi per comunicare certe frasi convenzionali.

I rumori delle stoviglie sul tavolo si alternavano a quelle della zuppa sul fornello. La cucina in pietra e calce era umida e calda, piccole macchie di muffa puntellinavano il soffitto dalle pesanti travi a vista.

Guillaime afferro' una grossa fetta di pane, ricoprendola meticolosamente di burro. Sembrava totalmente concentrato su quell'operazione, ma i suoi pensieri erano lontani ed inafferrabili.
Marcel osservava il viso del fratello, sospettoso e lievemente stizzìto dal mistero dei suoi occhi e dai capelli lunghi e sottili da femmina.
Nicole temeva che fra i due scoppiasse il solito interrogatorio con cui Marcel torchiava il fratello maggiore. Teneva sott'occhio la vena che si tendeva sul collo forte e mascolino, le sue dita nervose mentre stringevano il coltello della marmellata, le labbra generose serrarsi e schiudersi per il disappunto dei propri sospetti.

Marcel non accettava la condotta di Guillaime, i suoi discutibili gusti. Non aveva mai colto suo fratello in flagrante, ma s'immaginava gli incontri a cui si abbandonava durante la notte, o quando spariva durante il giorno.
Per la sua natura era inconcepibile non poterlo tenere sottocontrollo come invece riusciva  a fare con la sorella piu' piccola.

La ragazza sia alzo' dalla tavola, e raggiunse il padre intento a sfilettare delle piccole triglie sul largo lavello di pietra. Si sporse verso il suo viso, depositandogli un bacio sulla guancia cotta dal vento e dal sole.
- Posso avere dei soldi per i quaderni?
Papà Marais mugugno' qualcosa, asciugandosi le mani sul grembiule, poi allungo' le mani al portafoglio e ne estrasse una banconota da diecimilalire - Fai in modo che ti bastino.
Nicole sorrise, mostrando la vezzosa fessura fra gli incisivi - E il diario?
Il pescatore alzo' il coperchio della pentola, una nube di vapore investì genitore e figlia - Puoi usare un quaderno, come sempre - le rispose, mostrando disinteresse per quelli che a lui apparivano solo i capricci di un' adolescente.
La sedicenne rimase in silenzio, rigirandosi la banconota fra le mani. Non erano poveri, allora perche' non poteva permettersi nemmeno un diario?
- Nico, vieni qui - chiamo' Marcel. La sorella gli si avvicino', aspettandosi un rimprovero. Suo fratello aveva solo un anno in piu' di lei, ma la trattava come se ne avesse avuti almeno dieci in piu'.

Marcel le allungo' un pizzicotto sui fianchi; la ragazza si ritrasse, allungandogli uno schiaffo. Il ragazzo rise, afferrandole le dita - Te li do io i soldi, ma tu mi aiuterai a rammendare le reti.
A Nicole quell'offerta non sembrava per niente conveniente. Non le piaceva l'odore della barca, non sopportava l'olezzo delle reti. Eppure sapeva che suo padre non le avrebbe allungato una moneta' di piu'. Spinse una mano sulla faccia del ragazzo - E va bene, ma i soldi me li dai ora.
Il ragazzo le blocco' entrambe le mani, stringendole senza l'evidente scopo di farle veramente del male - Ah, blonde! Te li daro' subito dopo che avrai finito di aiutarmi, stupide...
Nico gli riservo' una smorfia antipatica - Ma ce li hai i soldi?
Sapendo bene che quei soldi non venivano dalle tasche di suo padre, ma da certi suoi prepotenti comportamenti, Marcel spio' la reazione di papa' Marais. Ma l'uomo sembrava non essere minimamente interessato ai soliti battibecchi dei suoi figli - Ce li ho sì, io. Tu presentati domani mattina alla barca, ed io te li daro' subito - disse, lasciandola andare.

Nicole torno' seduta davanti alla propria colazione, stirando le diecimilalire che si erano raggrinzite durante le scherzose molestie del fratello - Che non sia un trucco, Marcel...
- Stupide! - le rispose, tornando ad addentare la sua fetta di pane.



Marcel scese dalla barca, posando alcune nasse verdastre vicino alla sorella.
- Io vado a comprare dei galleggianti, dopo sistemiamo queste - le disse, passandosi la maglietta scolorita sul viso sudato.
Nicole sospiro'. Aveva un viso talmente afflitto che sembrava condannata a spaccar pietre - Prendimi della spuma gia' che vai.
- Mica passo dal bar - rispose allontanadosi.
Nicole avrebbe voluto tirare un calcio nel vuoto, ma l'intreccio della rete che stava rammendando le impediva di muoversi liberamente.

Era decisamente annoiata, da un bel po' aveva cominciato a convincersi che quel diario non valeva la fatica che stava facendo. Il nylon delle reti le graffiava le gambe e le sentiva pizzicare come fosse stata tormentata da un nugolo di zanzare.
Si prese l'ennesima pausa, infilando l'ago nel risvolto dei pantaloncini per non perderlo di vista.
Alla sua destra il club di diving dell'isola si apprestava ad indossare le mute per l'immersione di mezzogiorno. Fra i soliti visi ce n'erano anche di sconosciuti, ma Nicole riconobbe subito che non si trattava di turisti.
I forestieri avevano la muta dello stesso colore, ed anche l'attrezzatura era omologata. Sui galleggianti che i sub avrebbero usato per segnalare la loro presenza alle barche, vi era stampato il nome di un'universita'.

Riconobbe i generosi boccoli neri del suo vicino di casa, appoggiato alla porta del club, con le braccia incrociate sul petto.
Indossava un paio di occhiali a specchio, eppure osservando il suo volto poteva intuire che stava seguendo le mosse dei sub.
Un uomo gli si avvicino', poggiandogli una mano sulla spalla; Nicole non riusciva a distinguere i loro discorsi, ma intuì che fra i due c'era molta confidenza. Quando l'uomo si fu allontanato con gli altri sub, per raggiungere l'imbarcazione, il ragazzo si mosse verso l'orlo della banchina, con lo sguardo fisso sulla fila delle varie imbarcazioni ormeggiate.  

Vedendo che l'aveva sorpassata senza accorgersi di lei, Nicole lo chiamo', anche se solo in quel momento si accorse di non sapere il suo nome- Hey, ragazzo delle tende!
Giovanni parve cadere dalle nuvole. Si tolse gli occhiali da sole, e ci mise qualche secondo per riconoscere la sua giovane dirimpettaia, sommersa per meta' corpo da una grossa rete da pesca.
Piu' che ad una sirena, il ragazzo penso' a lei come un ad un giovane crostaceo intrappolato in una rete.

- Ciao. Non ti avevo riconosciuta... - ammise - Ma tu peschi? - chiese sorpreso. L'immagine francese che aveva di lei poco c'entrava con la pesca di mare.
- Io? No no! - nego' immediatamentela ragazza, credendo di parergli troppo strana - Mio padre e' pescatore. Sto aiutando mio fratello ad aggiustare l'attrezzatura!
- Ah... Sei  brava - le sorrise, piegandosi sul suo operato - E paziente.
Dentro di sè Nicole era lieta per quel complimento, anche se ad un occhio esperto il suo operato non sarebbe stato egualmente apprezzato.  E la pazienza cui si stava adoperando non era altro che un obbligo imposto da Marcel.
- Bhe, diciamo che ci provo - gli rispose. La sua attenzione cadde sullo scintillante orologio da polso che il ragazzo indossava - E' ricco - penso', valutando che quell'oggetto non doveva costare poco - Forse e' un figlio di papa'.

Giovanni prese fra le mani un lembo della rete - E' da molto che ci lavori?
- Da stamattina, quando mio padre e' rientrato dalla pesca.
- Posso vedere come fai? - gli chiese lui, sorridendole in modo disarmante.
Nicole si stupì di quella richiesta. Sembrava davvero interessato al suo operato. Forse avrebbe preferito un altro tipo di approccio da parte sua - Sì..certo. Vedi, prendi l'ago' così,  e devi tenere tesa la porzione di rete che vuoi riparare così, con il palmo aperto. E' un po' stancante per le dita. Per le mie.
- Ci vorrebbe una mano grossa e forte - obbietto' Giovanni - E quelle sono delle nasse? - chiese, indicando le reti con il manico che Marcel aveva ammucchiato accanto a lei.
- Sì. Dopo devo riparare anche quelle, ma non usero' l'ago.
- Ma dimmi... - riattacco' lui, voltando lo sguardo verso il mare - lo conosci tu Enea?
Nicole annuì - Sì, e' in classe con uno dei miei fratelli. Se hai diciassette anni, sara' sicuramente in classe con te.
- Gia'. Ed anche con tuo fratello.
- Purtroppo sì - realizzo' mentalmente. Erano davvero basse le speranze che Marcel prendesse in simpatia un ragazzo venuto dal continente, oltretutto di buona famiglia, a quanto suggeriva il suo orologio e la casa dove si era trasferito - Sarete solo in sette, mi sa.
- Davvero? Solo in sette?! Non ho mai visto una classe di soli sette alunni...
- Non ti hanno detto che forse il prossimo anno la scuola chiudera'? Bhe, la ragione e' questa. Ci sono molti bambini sull'isola, ma pochi ragazzi. Non ha senso tenere aperto un liceo solo per noi pochi.
- Sì ne ero al corrente - rispose Giovanni.

Sua madre aveva scatenato l'inferno quando era venuta a conoscenza della precarieta' di quella scuola. Ma a Livorno, dove lei abitava, non c'era quel tipo d'indirizzo, ed all'ultimo anno di liceo non poteva certo iscriversi ad un'altro corso di studi.

- Comunque i professori non ci vanno pesanti. Forse per te che hai sempre abitato sul continente ti sembrera' piu' facile studiare qui.
- Bhe, ma le materie saranno sempre le stesse!
- Tu hai l'aria intelligente. Qui invece un po' tutti arrivano ad anno nuovo per il rotto della cuffia! - rise la ragazza,
Anche Giovanni rise - Maddai! Ma tu dove finirai di studiare, se il prossimo anno la scuola chiudera'?
- Di certo non prendero' ogni mattina il traghetto per andare a Livorno... Oh no! Forse tornero' in Corsica da mia madre. Ma ancora e' tutto da vedere.
- Ah ecco, sei còrsa! - esclamo' il moretto.
- Ti eri chiesto l'origine della mia erre moscia?
Giovanni agito' gli occhiali da sole - Bhe sì, diciamo che mi ero convinto che tu fossi francese!
- Ma guarda che in Corsica si parla molto l'italiano. I miei fratelli non hanno questa erre. E' che io sono nata a Nizza, e non posso fare a meno di parlare così.

Giovanni avrebbe voluto confessarle che i suoi capelli biondi, e qualcosa nel suo viso gli aveva ricordato Brigitte Bardot, la Francia,  l'indipendenza delle ragazze francesi, ma si rendeva conto che così facendo le sarebbe apparso inopportuno.
Dire ad una ragazza "mi ricordi la Bardot" era un conto, ma tentare di spiegarle tutte le piccole caratteristiche che lo rimandavano alle atmosfere parigine e che probabilmente riusciva a captare solo lui, era un altro par di maniche.
Lui non aveva la dialettica di un poeta, le sarebbe apparso strano e ridicolo.

Fu mentre Giovanni elaborava un'altra domanda, che Marcel allungo' il passo lungo il molo una volta individuati i due ragazzi.
Il fiorentino scorse gli occhi agitati di Nicole, e si alzo'.
- Io mi chiamo Nicole - gli disse velocemente lei, prima che gli occhi neri di Marcel si puntassero nei suoi.
- Ah. Io sono Giovanni - rispose lui, percependo lo sguardo ostile di Marcel, appena giunto accanto ai due - Vuoi vedere che e' questo suo fratello? - penso', indossando gli occhiali da sole.

Il ragazzo era di poco piu' basso di lui, ma  tutto il suo essere s'imponeva con la sola presenza. Giovanni si stupì dell'incredibile somiglianza con la sorella; se non avesse saputo l'eta' di entrambi li avrebbe creduti gemelli.
Fratello e sorella avevano lo stesso naso greco, in contrasto con le labbra voluminose e sfacciate. Seppure fosse un pensiero inconfessabile per  un ragazzo, dovette ammettere che anche in lui c'era qualcosa della Bardot.
A quel pensiero, Giovanni abbasso' lo sguardo per primo e Marcel sentì di aver avuto la meglio su di lui ancor prima di aver aperto bocca.

- Tieni la tua spuma, stupide! - sbotto', colpendole delicatamente la guancia con la bottiglia di plastica.
"Stupide", "blonde", "crètine" e via discorrendo, erano tutti vezzeggiativi con cui suo fratello, piu' o meno scherzosamente, si divertiva a tormentarla.
Nicole gli allungo' un pizzicotto - Lo sai che lui sara' in classe con te, quest'anno?
Marcel poggio' una mano sul capo della sorella, come questa fosse un cagnolino, ed alzo' il mento con aria di superiorita' - Ah sì, lo sapevo che ce n'era uno nuovo. Io sono Marcel - gli disse, senza accennare ad allungare la mano per una stretta sincera.
Giovanni non si stupì del suo atteggiamento. Bastava un'occhiata sola per rendersi conto con chi aveva a che fare - Io Giovanni. Sto nel palazzo di fronte a casa vostra.

Marcel rimase immobile, mentre sua sorella cercava di scacciare la sua mano - Ah sì? Buono a sapersi. Nico, dammi da bere.
Nicole gli passo' la bottiglia, pensando che tenergli la bocca occupata non era affatto una cattiva idea. Guardo' il moro negli occhi, cercando di fargli capire che era arrrivato il momento di congedarsi, perche' tanto un tipo come Marcel aveva ben poco da dirgli.

Giovanni comprese la situazione. Mise le mani in tasca - Allora ci vediamo in giro.
Marcel alzo' le spalle, storgendo la bocca piena, ed ingoio' rumorosamente la bibita gassata.
- Ciao, Giovanni.. - lo saluto' Nico, agitando appena la mano. In cuor suo si auguro' che il ragazzo in futuro non l'avrebbe evitata, spaventato dal fare di suo fratello.

Marcel si chino' verso di lei, schiacciando la gota contro la sua - E' carino, no?
Nicole si volto' verso di lui, con occhi fiammeggianti - Non prendermi per il culo. E non credo che verra' a darti noia, se tu non lo provocherai.
- Ah no? - Marcel sorrise, un sorriso obliquo come quello di un fauno.


































 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Settembre: La gentilezza di Sara - Il silenzio di Guillame ***


isola2








                                               SETTEMBRE - La gentilezza di Sara







L'uomo seduto alla pompa della benzina spinse un dito nel naso.
Indossava un sorta di panama bianco ed uno stropicciato completo color kaki; se non fosse stato per la postura stravaccata e l'addome gonfio, gli avventori avrebbero intravisto in lui un'inquietante somiglianza con il platinato Paul Hogan in "Crocodile Dundee".
Non era certo un uomo attraente, ma essendo l'unico benzinaio sull'isola a modo suo d'estate aveva sempre una fila di "ammiratori" dietro il suo distributore.
Tuttavia settembre si stava inoltrando verso la fine, barche e gommoni se ne vedevano di meno durante la giornata, e la noia lo portava a perdersi in fantasticherie oltre l'orlo del mare, e quello del suo naso.

Una vespa tinteggiata d'un lezioso verde acqua rallento' sino alla sedia dov'era seduto. La ragazzina al volante portava sulle spalle un molle zainetto a strisce, i lacci di questo le facevano risaltare il seno grosso, come se questo minacciasse d' esplodere dalla maglietta da un momento all'altro.
- Che me le metti cinquemilalire di benzina? - chiese la maggiorata, piazzandosi di fronte al padre con le mani sui fianchi.

La somiglianza fra padre e figlia si spiegava solo negli innaturali capelli platinati.

- Comodo, eh Sara? - biascico' suo padre, abbandonando lo scandagliamento delle narici per assecondare la richiesta di lei.
La figlia storse il naso, e lascio' che il genitore le facesse il pieno.

Sul molo c'erano i soliti pescatori, intenti a sistemare le imbarcazioni per la pesca notturna. Non erano molti, in pochi avevano la licenza  per vendere il loro pescato.

Seduto su uno scalino del molo, la ragazza riconobbe un suo compagno di classe, quello nuovo e carino che faceva sempre fatica a guardarla negli occhi, come tutti gli altri ragazzi  del resto.
- Giovanni! - lo chiamo'- Hey!
Il ragazzo alzo' il capo dal libro che leggeva. Le fece un cenno con la mano, ma rimase seduto dov'era.
- Ma chi e',  il figlio dell'archeologo? - chiese suo padre, coperto dal ronzìo del distributore.
- Viene da Firenze. Secondo me sono molto ricchi - commento' la ragazza, tornando in sella al cinquantino.
- Se fossero ricchi si sarebbero presi la villa davanti ala castello, mica quella casa dietro i parcheggi.
- A scuola dicono che e' ricco, veramente.
- Mha, vabbe'. Se così dicono..
Sara fece spallucce, ed accese il motore, raggiungendo il ragazzo.

Giovanni chiuse il libro che stava leggendo,  e si alzo' per parlare con la ragazza.
- Ci vieni a casa mia a fare i compiti per domani?
- Bhe, io li avrei gia' fatti...
- Allora puoi aiutarmi con i miei - gli sorrise.
Giovanni piego' la bocca in una smorfia che doveva sembrare un sorriso. Quella ragazza era carina, ma c'era qualcosa d'insistente in lei, negli occhi intrisi di mascara ed ombretto, che lo mettevano a disagio.  E poi il suo seno lo distraeva. Non aveva pensieri particolarmente indecenti, ma quelle due rotondita' non gli permettevano di concentrarsi per molto su quello che la ragazza aveva a dirgli.

Temeva che lei potesse accorgersi ed offendersi del suo attegiamento.

- Ma sì, va bene.
- Ahhh bravo, bravo! Non c'era mai stato nessuno che potesse aiutarmi... Non mi andava proprio di prendere ripetizoni dalla moglie del sindaco!
- Dai, non esagerare... - le rispose, sfilando gli occhiali da sole dal colletto della maglietta.
- Sali! - gli disse, indicando con il pollice il retro della Vespa.
- Sai, non sono mai salito su un motorino - le confesso', allargando le gambe sulla sella.
- Allora vuol dire che ti insegnero' a guidarlo in cambio del tuo aiuto.
- Non sarebbe male - rispose il ragazzo, afferrando il portapacchi.
- No Giovanni, mettimi le mani sulla vita! - ridacchio' Sara.
Giovanni corrugo' la fronte. Che lui sapesse, avrebbe guidato meglio senza afferrarla. Capì che si trattava di una provocazione, ma piuttosto che contraddirla e fare una figuraccia, fece quello che la ragazza gli chiedeva.
Vide il sorriso di Sara riflettere nello specchietto retrovisore.

La Vespa procedette adagio sul porto, sino alla strada che portava su al paese, sfilando davanti al benzinaio  ed alla sua aria annoiata. Sara guidava in modo sicuro e spedito, forse un po' troppo spericolato per quelle curve che seguivano la scoscesa silhouette delle pareti rocciose.
I capelli ossigenati della ragazza, raccolti in una coda,  pizzicavano il viso di Giovanni; l'aria era tiepida e sentiva le cosce appiccicarsi alla sella del veicolo. Nel fare l'ultima curva la Vespa arranco', ma con un deciso colpo di gas Sara si assicuro' il suo arrivo fra le casine del paese.
La ragazza si fermo' davanti ad una casa molto bassa con un grosso portico spagnoleggiante, coperto da una cascata verde e bianca di tiglio profumato. L'intonaco era bianchissimo e visibilmente ruvido, in netto contrasto con il legno scuro degli infissi.
Giovanni penso' che somigliava ad un'abitazione andalusa, s'immagino' musica di chitarre flamenche e nacchere, come l'inizio di un documentario a tema.

Sara parcheggio' la Vespa nel cortile, in un angolo d'ombra dove i ciclamini crescevano rigogliosi.
- Entra pure, tanto la porta e' aperta - disse al ragazzo, tirando il cavalletto.
Per Giovanni era una novita' lasciare la porta di casa sguarnita di chiusura, eppure era una fiduciosa pratica sostenuta da tutti gli isolani. Rimase sull'uscio, con la mano pigiata sulla maniglia.
- Perche' fai quella faccia? La chiave di casa puoi anche scordartela, piu' che mai in inverno. Nessuno ti entrera' in casa, fidati.
- Per me e' una cosa un po' strana - spiego' il moro.
- Su su entra!

A differenza della propria abitazione l'interno della casa era gradevole e pittoresco esattamente come l'esterno. La maggior parte della mobilia era in ferro battuto, ed al tetto basso erano appesi alcuni vecchi utensili, peperoncino, erbe e fiori essicati, decorazioni curiose ma di grande effetto.
Sara raggiunse il frigorifero ed offrì della cola al ragazzo.
- E' una casa insolita da vedersi qui. Mi son sempre chiesto chi ci abitasse - disse Giovanni, curiosando d'intorno.
- Era di una vecchina ricca che di case insolite ne ha fatte costruire parecchie, qui sull'Isola. Io non me la ricordo molto, ma di lei si parla ancora di una persona eccentrica. Non aveva eredi, o almeno nessuno si e' mai presentato, così le case sono state vendute a prezzi convenienti - spiego' Sara, giocherellando con le goccioline che scivolavano dalla lattina - Quando ero piccola abitavo in una casina di due stanze, sul porto. E' stata una grossa sorpresa anche per me venire ad abitare qui.
- Tuo padre ha l'unica pompa di benzina dell'isola, deve fare buoni affari!
- Mica poi tanto, sai. Prima faceva il pescatore, ma erano in tanti al tempo per un'isola così piccola, così non potevamo certo permetterci una casa come questa. Poi e' riuscito ad avere la licenza per la pompa, e c'e' stata l'occasione della casa, pero' non ricordo molto di quel periodo. Non ti credere che facciamo una vita da nababbi, comunque - sorrise, agitando la lattina semivuota - Andiamo in camera mia.

Giovanni la seguì oltre un arco del corridoio da cui pendeva una tendina di perle di legno, che tintinno' al passaggio dei due ragazzi.
Al centro della camera uno sproporzionato letto in ferro battuto catturava l'attenzione, l'armadio non era altro che una lunga scaffalatura a giorno, da cui spuntavano abiti dai colori vivaci ed un esiguo numero di scarpe. Due finestrelle ad arco si affiancavano protette da un'unica veneziana in vimini. Numerose candele colorate e ninnoli da mercatino erano poggiati ed appesi un po' per tutta la stanza.
Sara raggiunse le veneziane, ma invece d'inondare la camera di luce, ridusse l'illuminazione. Giovanni si guardo' attorno un po' smarrito. Una leggera agitazione prese a ribollirgli nello stomaco risvegliato dalle bollicine della bibita. Quando la ragazza gli si avvicino' sciogliendo i capelli, strinse fra le dita la lattina fino a lasciarvi il segno delle dita.
- Insomma - comincio' lei, accompagnando le proprie parole con una risatina nervosa - lo avrai capito che mi piaci, no?

Lì per lì il fiorentino rimase immobile come un pesce lesso, con la lattina a mezzaria e le mani di lei posate sulle spalle. Certo, si era accorto del suo interessamento, non era certo scemo. Ma quell'approccio così diretto rubatogli con la scusa dei compiti aveva preso in contropiede la sua ingenua disponibilita'.
Deglutì, cercando una superficie dove poggiare la lattina.
Sara si avvicino' alle sue labbra. Gli occhi le brillavano nella penombra mentre aspettava delle parole dal ragazzo.
Giovanni ebbe abbastanza coraggio per guardarla negli occhi. Le mani si riabbassarono ai suoi fianchi, dove prima l'aveva stretta sul motorino. Nella sua testa cercava di acchiappare le parole giuste per la coda, ma queste gli sfuggivano cofondendolo.
- Non so Sara, ci conosciamo da così poco tempo - disse, irrigidendosi immediatamente davanti all'espressione contrariata della ragazza. Cerco' di correggersi, di ammorbidire le sue parole - Guarda che non passi di certo inosservata...ma io non so se ora posso avere una ragazza...

Giovanni percepì chiaramente che stava facendo la figura del fesso. Sara aveva ora preso a guardarlo con aria divertita.
- Ah ma se e' per questo...non e' che ti devi preoccupare del domani, Giovanni - disse, sfiorando con le dita le tempie carezzate dai riccioli scuri - Oggi siamo io e te, ma domani saremo di nuovo amici. Insomma, sarebbe carino stare insieme, ma non e' mica obbligatorio...
Il ragazzo strinse le labbra. Che ci voleva ad assecondare la ragazza e passare un momento piacevole? Poteva togliersi lo sfizio della "prima volta" con una ragazza comprensiva, che gli sarebbe di certo stata complice nella sua inesperienza. Sarebbe stato bello poterlo fare a cuor leggero, per il semplice gusto di star bene per qualche ora. Eppure la sua coscienza lo pungolava invogliandolo a resistere al lasciarsi andare.
Davanti all'ennesimo silenzio del ragazzo, Sara non attese posando le labbra con decisione su quelle del ragazzo.
Giovanni fu coinvolto in un bacio profondo, anche se non riusciva a fare a meno di aprire in continuazione gli occhi,  disturbato da un qualcosa che stonava con il momento.

Per incentivare la sua attenzione, Sara si tolse maglietta e reggipetto, premendo il seno prosperoso sull'addome di lui.
- Guarda che e' tutto gratis - scherzo', pensando di poter sciogliere un po' quel  ragazzo che lei percepiva timido e carino. Ricerco' le sue labbra, intenzionata a non mollare il suo scopo.
Giovanni respiro' piu' intensamente, lasciandosi andare per qualche istante. Le sua mani risalirono lungo la schiena della ragazza, si avvicinarono alle coste ed alla curva dei seni, incuriosite dalle loro fattezze; si stava eccitando, cominciava a sentire la testa leggera e sentì l'impulso di spingere la compagna di classe sul letto non appena incontro' con lo sguardo il vicino bordo del materasso.

Sara si sentì quasi sollevare da terra, ritrovandosi schiacciata sul proprio letto, rimase ad osservare il viso serio del ragazzo stringendo i suoi fianchi fra le cosce abbronzate. Le sembro' cosa fatta, per lei era una soddisfazione scorgere il desiderio negli occhi verdi di Giovanni. Chiuse le palpebre, concentrandosi sulle mani di lui, strette sul proprio seno, prima gentili poi aggressive, da farla sospirare.


Al calore penetrante dell'amplesso, seguì una brezza leggera che faceva sollevare appena le veneziane di vimini, ed alla frescura seguì per entrambi un sonno leggero.
Risvegliatosi con una piacevole sensazione di benessere per tutto il corpo, Giovanni si tiro' leggermente su, portandosi dietro parte del lenzuolo. Sara si era svegliata prima di lui, indossava un prendisole così leggero che il ragazzo si accorse subito dell'assenza della biancheria intima. Si stropiccio' il viso, incantato ed intimidito dalla genuina disinibizione della ragazza.
Gli sorrise con dolcezza e gratitudine, un sorriso che riempì il cuore di Sara. Quest'ultima abbasso' la rivista che aveva preso a sfogliare e si accuccio' su di lui. Giovanni l'accolse fra le sue braccia, sospirante. Chiuse gli occhi. Si sentiva veramente grato nei confronti di Sara, non tanto per il piacere che ovviamente gli aveva dato, ma per quella sensazione di completezza che aveva sentito durante il rapporto.
Era consapevole che quella completezza era fittizia, poiche' i suoi sogni sentimentali non contemplavano il viso di Sara, ma sapere che era possibile raggiungere un così alto livello di benessere aveva acceso in lui un tiepido affetto per la ragazza.
Gli ci era proprio voluto dopo la tensione che aveva accompagnato i suoi primi giorni da isolano.

- Credo che tu abbia bisogno di una doccia - scherzo' la ragazza, incontrando con i polpastrelli il ventre appiccicoso del ragazzo - Se vuoi fartela qui non c'e' problema. Mio padre non rientra prima delle otto.
- Ma che ore sono? - chiese, cercando con i piedi il suo pesante orologio che, preso dalla passione, si ricordava di aver quasi lanciato oltre il bordo del letto.
- Le sei passate - rispose la compagna, mostrandogli quanto il suo orologio fosse largo sul proprio polso di ragazza - E' davvero bello. Te l'hanno regalato i tuoi?
- No, e' di mio nonno. Diciamo che me lo ha prestato senza scadenza.
- Vabbe', diciamo che ormai e' tuo! - ridacchio' Sara, restituendolo al ragazzo - Non so quanto possa costare un gioiellino del genere, non ha di certo un'aria economica.
- Non sto tanto dietro a queste cose, non saprei, mi spiace - rispose in tono neutro. Ogni volta che doveva affrontare di questi discorsi, Giovanni si avvolgeva di umilta'. Scosto' con delicatezza la ragazza e si sporse verso i suoi vestiti abbandonati sul pavimento.

Sara rimase in silenzio fissandolo mentre si rivestiva, un braccio posato sul fianco, l'altro avvolto intorno ad un cuscino.
Le piaceva proprio quel ragazzo, non era solo una questione di fisicita', in lui c'erano caratteristiche che lei aveva incontrato solo in certi romanzi che aveva letto a scuola. Così abituata all'arroganza dei turisti o alla freddezza annoiata dei suoi compagni di scuola, Giovanni era stata una piacevole novita' del tutto inaspettata.

- Ci tornerai quando capita, da me? - gli chiese, ben attenta a sottolineare implicitamente che non era sempre disponibile.
Giovanni rimase con il viso abbassato sui calzoncini che si stava rinfilando. Non gli venne istintivamente voglia di dirle "sì". Quel pomeriggio era capitato, ma non aveva voglia di pensare se e quando ci sarebbe stata una prossima volta.
Si limito' ad annuire. Poi alzo' il viso e le sorrise per non parerle indelicato.

Uscì di casa alleggerito nel fisico, ma un po' confuso per quella sensazione di tenerezza ed al contempo di disagio che Sara gli aveva lasciato addosso.





                                            SETTEMBRE - Il silenzio di Guillame




                                        

Nicole si sporse ancora di piu' fra gli scogli, in un abile gioco di equilibrio. Allungo' ancora di piu' il braccio tirando velocemente la sottile lenza che aveva legato all'indice.
Il granchio volo' nell'aria agitando le chele bagnate, ed atterro' perfettamente al centro di un grosso secchio bianco. Dopo anni di caccia, arrampicata fra gli scogli piu' aguzzi ed impervi, Nicole era diventata abilissima nel tirar su granchi e persino enormi granceole.
Se era vero che suo padre non appesantiva il suo anno scolastico con obblighi particolari, l'unica cosa che pretendeva da lei  era di procurargli delle esche ottime e gratis quali erano i granchi.

Il signor Marais non era tipo da affidarsi solamente all'utilizzo delle reti, durante la pesca, per passare il tempo e rimpolpare il pescato tirava su spigole e riccìole con la canna. I granchi costituivano un'esca eccellente per questi pesci.

Mollemente  sdraiato sul proprio asciugamano, Guillame si stiracchio'  e volse l'attenzione alla schiena della sorella.
Dentro di sè sorrideva nel vederla così concentrata malgrado la sua ben conosciuta mal sopportazione della pesca.
Scosse i lunghi capelli biondi, scompigliati dal venticello che annunciava la sera e si chino' accanto alla sorella.
- Ce ne torniamo su?
- Ah, vai pure avanti. Io devo lasciare il secchio alla barca - gli rispose, senza staccare gli occhi di dosso da una nuova potenziale preda.
- Allora ti aspetto. Il secchio e' molto pesante.
- No. Guarda che ce la faccio.
Guillame, dispettoso, smosse la lenza con il piede - Non credo proprio. Ti aspetto altri cinque minuti.
Nico gonfio' le guance - Fermo!

Il biondo sbadiglio', spostando lo sguardo sul mare appena increspato. Un gommone sportivo passo' a gran velocita'  smuovendo le onde. Nicole sbuffo' riservandogli epiteti pochi carini in francese, ma Guillame rimase con lo sguardo fisso sul gommone, ignorando gli schizzi d'acqua.
I suoi pensieri si erano gia' belli che persi per il guidatore del veicolo, un impettito trentenne di cui riusciva solo a scorgere la polo bianca ed un paio di bermuda scuri. A prua del gommone una donna in bikini con un vistoso pancione da gestante si godeva il sole del tardo pomeriggio.
Se non fosse stato rilassato ed ingannevole di natura, Nicole avrebbe affermato che il viso di suo fratello si era teso improvvisamente. Rimase a sbirciarlo per qualche secondo - Andiamo - gli disse, slegando la lenza dal dito. Anche se Guillame non dimostrava alcunche', riusciva ad indovinare l'agitazione che lo tormentava in petto.

Nella sua famiglia si simulava questo gioco per cui un po' tutti facevano finta di non sapere cosa il maggiore dei Marais facesse nelle sue silenziose sparizioni. L'unico che mostrava stizza e cercava di dimostrare il proprio dissenso, pur non riuscendo mai ad arrivare al fulcro del "problema", era il testardo Marcel.
Per quanto la riguardava, non aveva niente contro quello che considerava il piu' gentile della sua famiglia, gli dispiaceva solo non riuscire a comunicare con lui come avrebbe voluto. Era una femmina, per lei non era difficile comprendere le inclinazioni del fratello, se solo questo le avesse dato modo di avvicinarsi a certi discorsi.
Mentre Guillame aveva sempre una parola od una carezza per lei, Nicole non riusciva ad avere altrettanti slanci, anche se nel suo cervellino pensava sempre alla frase piu' giusta da dirgli.

Fratello e sorella risalirono la scogliera di Cala San Francesco, passando accanto ad un refettorio abbandonato da cui l'intonaco scrosticciato cantava smosso dal vento. Ripresero la strada che scendeva al porto.
Guillame gettava distrattamente lo sguardo verso le imbarcazioni che entravano al porto, ma Nicole sapeva bene che ne stava cercando una in particolare. Seguiva il fratello distanziandolo di un paio di metri, mentre questo faceva ondeggiare il secchio con i granchi bagnando l'asfalto.

Il gommone sportivo rientro' in porto, attraccando ad uno degli ormeggi minori, destinato ai mezzi piu' piccoli. L'uomo alla guida scese a prua aiutando la donna incinta, poi l'assistette nell'indossare un camicione di lino e si sporse per baciarla. 
Guilame passo' una mano fra i capelli, facendo struscìare il secchio lungo il muretto che separava la strada dallo strapiombo. Nicole penso' che il suo non era stato un gesto casuale.
Suo fratello si era innervosito.

Arrivati in fondo alla strada, Guillame e sua sorella passarono di fronte al moletto; la donna con il pancione, che si era seduta sul muricciolo lungo il ciglio della strada per allacciarsi i sandali, agito' il braccio in direzione dei due ragazzi. Si alzo', avvicinandosi loro con entrambe le mani a sorreggersi la schiena.
- Avete cacciato molti granchi? - chiese soridendo - Me ne date un po? Ve li pago, s'intende.
Una bella donna dal viso gentile, lunghi capelli castani avvolti in un disordinato chignon, un corpo slanciato ed atletico malgrado la sua evidente condizione. Dava subito l'impressione di una persona molto positiva.
Guillame allontano' il secchio dalla sua visuale, ma con garbo.
- Mi spiace, ma a mio padre ne servano molti - spiego' Nicole, seppur mentendo - Magari te ne posso procurare qualcuno domani - aggiunse, sentendosi immediatamente in colpa.
- Fa niente - scosse il capo la donna, carezzando il pancione - Ci piaceva pescare un po' sul molo stasera, ma abbiamo sempre le sardine. Le abbiamo comprate da vostro padre, ci fa sempre un buon prezzo, mica come il negozio di pesca! - esclamo'.
Nicole le accenno' un sorriso. Guillame era enigmatico come una Sfinge, guardava la donna senza mostrare nessuna nota particolare, come se davanti avesse avuto uno dei tanti  cadaveri di pesce che era abituato ad avere intorno.  

Il guidatore del gommone si avvicino' con una borsa termica in una mano ed una coppia di asciugamani nell'altra.
Nicole fu pronta a congedarsi, prima che questo  potesse raggiungerli - Ti saluto, andiamo a portare il secchio alla barca che siamo un po' di fretta!
Guillame si congedo' con un cenno del capo, come certi bambini timidi anche se la sua non era affatto timidezza.

Il compagno della donna la affianco' - Di che stavi parlando con i Marais?
- Ho chiesto loro dei granchi. Purtroppo non ne avevano. Ma abbiamo sempre le nostre sardine, per stasera.
- Ah, i granchi... Sìsì, abbiamo le nostre sardine.
- Sai Marco, Guillame mi sembra sempre così infelice.
L'uomo corrugo' la fronte - Come fai a dirlo? Voglio dire, non parla mai...
- Mi sembra così a disagio su quest'isola. E dire che bello com'e' pare quasi fuoriposto in una famiglia di pescatori.
Marco scruto' il viso della compagna - Non saprei, Graziella. Senti, saliamo su per  la cena?
La donna annuì, massaggiando il pancione - Sì, qui abbiamo fame in due.



La piazzetta del paese era vuota. Solamente il parroco si era affacciato all'uscio della chiesa di San Nicola per spazzare alcune piccole foglioline. Le rondini, sempre piu' sporadiche, sfrecciavano eleganti sino a sfiorare la pavimentazione.

Guillame non aveva aperto bocca per tutta la risalita, ma Nicole non ne era rimasta affatto sorpresa. L'incontro casuale con Marco e Graziella era l'unica cosa che riuscisse ad  indisporre  suo fratello all'istante, ma lo aveva scoperto solo quella primavera, quando il pancione della donna aveva cominciato a gonfiarsi sotto gli occhi curiosi eppur discreti degli isolani.

Nicole scorse Giovanni, e fu davvero felice di essere in compagnia di Guillame, piuttosto che con lo scontroso Marcel.
- Giovanni! - lo chiamo', accellerando il passo.
- Hey, ciao - sentiva ancora addosso l'odore di Sara. Si  sentì improvvisamente a disagio. Era proprio Nicole la ragazza che lo attraeva.
- E' un paio di giorni che non riesco a beccarti. Avete finito di sistemare la casa? - chiese la ragazza, per poi voltarsi verso il fratello - Ma tu lo avevi conosciuto Giovanni?
Guillame s'inumidì le labbra - E' il nostro vicino di casa - disse, allungando una mano verso il fiorentino - Stavi sistemando la cassetta delle lettere, qualche giorno fa. I due si scambiarono una stretta di mano.
- Ah sì, ne ho appesa una nuova - spiego' il ragazzo, portando il libro sotto l'ombelico. Penso' al suo ventre imbrattato, ed alla doccia che avrebbe dovuto fare prima di tornare a casa. Almeno non lo aveva sorpreso ad uscire dall'abitazione di Sara.
Nicole noto' che il ragazzo doveva aver fretta, si muoveva nervosamente sul posto, grattandosi il collo di tanto in tanto - Ti aspettano per cena, eh? Che stai leggendo? - chiese, afferrando il libro del ragazzo.
Giovanni lascio' andare il libro nemmeno scotasse. Nicole lo riafferro' al volo, guardando la copertina - "La coscienza di Zeno". Ah ma sì, ce lo ha anche mio fratello in casa, anche se mi sa che non lo ha mai aperto - sorrise - al contrario del tuo che sembra un bel po' vissuto.
- A dire il vero l'ho comprato sabato, hai presente le bancarelle della sera?
- Eppure scommetto che lo hai gia' quasi finito.
- Bhe, sono a buon punto.

Guillame fisso' il proprio sguardo sugli occhi verdi e nervosi del ragazzo. Gli fu abbastanza semplice indovinare chi fosse la causa di
quel nervosismo mal celato.
- Mi pare di capire che vai bene a scuola, Giovanni - sottolineo' il biondo.
- Sì, va bene a scuola. Ma non credo che te lo dira' - sorrise Nico.
- Allora potresti dare una mano a mia sorella con i compiti.
Giovanni spalanco' gli occhi. Oh, se i presupposti fossero stati gli stessi del pomeriggio.... Ma Nicole gli appariva così diversa da Sara.
- Guarda che io non vado poi così male - puntualizzo' la biondina, strattonando il braccio del fratello.
- Eh sì, vabbe'. Senti Giovanni, pensaci su.
- Sì dai, magari in settimana nuova - biascico' il ragazzo.
Nicole gli porse il libro - Non ti preoccupare, mio fratello dice così per dire. Vai pure a cena.
Il moro si morse un labbro - Ci vediamo a scuola, allora. Buona serata ragazzi.

Una volta che il ragazzo fu abbastanza lontano, Guillame assesto' una pacca sul fondoschiena della sorella - A te piace?
- Ma chi, Giovanni? - esclamo' presa in contropiede.
- Mi pare ovvio.
- Ti pare ovvio che mi piaccia o che tu stessi parlando di lui? - chiese, con un sorrisetto furbo
Scosse il capo - Io ho capito che a lui Nico non dispiace. Ma a Nico piace il ragazzo venuto dal continente?

Nicole rise, chinandosi sino a sfiorare i sanpietrini della piazza - E' interessante il ragazzo venuto dal continente, non e' vero Guillame?









 










Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=931683