Con gli occhi chiusi

di _camus_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


I

Titolo: Con gli occhi chiusi
Nickname su EFP: _camus_
Nickname sul forum: Momus92
Personaggi: Shaka di Virgo
Rating: verde
Genere: Introspettivo, Slice of life
Note: Quattro brevi capitoli, in cui ho tentato di descrivere un'ipotetica evoluzione spirituale e morale di Shaka, dall'infanzia sino all'inizio della Guerra Sacra
Elementi: Giacinto= Shaka/ Nettuno= Amuleto





Con gli occhi chiusi

  



Capitolo I




Shaka non aveva paura della morte, né degli spettri.

«La morte non è la fine di tutto, ma solo un cambiamento» gli aveva rivelato il Buddha, quel giorno che si era recato al tempio a cercare conforto col viso rigato di lacrime, la voce rotta e le certezze incrinate.

Shaka non aveva paura, perché comprendeva – perché non dubitava delle parole del Gautama.

Ma, nonostante questo, Shaka era solo un bambino e forse, benché non riuscisse ad ammetterlo nemmeno a se stesso, ancora non comprendeva del tutto.

Non capiva la ragione per la quale ogni giorno la povertà stroncava pian piano la vita di tanti uomini che, ormai cadaveri, venivano ammucchiati senza riguardo dai Chandala sui loro carretti, lungo le vie affollate di Varanasi.

Non sapeva spiegarsi la profonda tristezza che leggeva negli sguardi vacui dei pellegrini induisti, giunti dalle zone più remote dell'India unicamente per bagnarsi nelle acque purificatrici del Gange.

Non trovava equità alcuna nelle costole sporgenti dal costato dei suoi coetanei a cui borghesi benestanti, arricchitisi dopo la dichiarazione d'indipendenza del 1947, negavano l'elemosina.

«Tu ... tu che splendi come mille soli, tu che fai sbocciare i fiori semplicemente passandogli accanto: tu, figlio del Cielo, non puoi fare qualcosa per noi? Non puoi alleviare il nostro dolore?»

Alle donne che, prostrandosi, lo tiravano per la veste avrebbe voluto rispondere che sì, poteva farlo – invece, rimaneva in silenzio e passava oltre. Il Buddha non gli aveva insegnato come aiutare i bisognosi.

A cosa era servito raggiungere il Settimo senso all'età di quattro anni?

A che giovava che lui fosse stato in grado di concentrare il proprio cosmo sin dai primi instanti di vita, se poi era totalmente incapace di migliorare il mondo?

Quando si guardava intorno, scorgeva solo esseri umani ridotti all'ombra di se stessi – fantasmi scheletrici che si trascinavano stanchi per un'esistenza fatta di stenti.

Le persone nascevano, soffrivano e morivano, trovando infine la pace tra le braccia della Nera Signora: così comandava l'ordine precostituito, a cui tutti gli esseri viventi dovevano necessariamente obbedire. Ma quale sarebbe stato il suo ruolo in tutto ciò?

Shaka non aveva paura né della morte né degli spettri, ma in certi momenti si sentiva impotente.

Così se ne stava con gli occhi chiusi, come gli aveva insegnato l'Illuminato – non tanto per sviluppare gli altri sensi a discapito della vista, quanto per divenire cieco alle brutture che lo circondavano.

Giurava che, una volta ottenuta l'armatura della Vergine fra le assolate coste di Grecia, avrebbe servito Atena e la giustizia con ardore, donando sollievo agli infelici; nel farlo, si premeva contro il petto l'amuleto che portava al collo da quando aveva memoria.

Prima di lasciarlo avviare lungo la strada polverosa e sconnessa che da Lumbini conduceva a Varanasi, la vecchia saggia del villaggio l'aveva stretto in un forte abbraccio – non ne avrebbe ricevuti mai più, di abbracci – sussurrandogli nell'orecchio l'origine di tale oggetto.

«È stato l'ultimo dono di tua madre per te: serve a scacciare la morte e gli spettri».









Note dell’autore

Il titolo l'ho ripreso da un – pessimo, a parer mio – romanzo di Federigo Tozzi.

La scena descritta si colloca nella prima infanzia di Shaka, quando aveva all'incirca cinque o sei anni.

Dunque, considerando che la scalata delle Dodici Case ha avuto luogo più o meno nel 1986, qui dovremmo essere nella prima metà degli anni '70. L'India, a quel tempo, si era da poco resa indipendente dalla Gran Bretagna e si trovava a dover combattere la fame e la povertà della maggior parte della popolazione.

Pur essendo state abolite da un articolo della Costituzione Indiana del 1950, le caste hanno continuato a esistere ancora per molto tempo: i Chandala (ossia,i "becchini") facevano parte dell’ultima casta, quella degli Intoccabili.

Ho immaginato che Shaka sia nato a Lumbini (il luogo che ha dato i natali a Gautama Buddha) e che si sia poi trasferito a Varanasi – anche se quest’ultima è la città sacra degli Induisti e non dei Buddisti.

È noto che l'Illuminato avesse il potere di far sbocciare i fiori, e io ho attribuito questa facoltà anche a Shaka.



 


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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


II

 

Capitolo II

 

 

C'era così tanta luce, quella mattina.

Shaka, inginocchiato sulla terra rossastra dell'Arena, teneva gli occhi chiusi fissi verso l'alto, dove avvertiva ergersi solenne la figura ammantata del Gran Sacerdote.

Sapeva che avrebbe dovuto chinare la testa secondo l'etichetta, ma non ci riusciva proprio – perché non voleva.

Negli spalti tutt'intorno centinaia di persone stavano in religioso silenzio, in attesa, col fiato quasi sospeso e gli sguardi puntati su di lui.

«Per i poteri a me conferiti dalla Divina Atena io, Gran Sacerdote del Grande Tempio, nomino te, Shaka, cavaliere d'oro di Virgo!»

Era il momento più importante di tutta la sua vita, lo sentiva: lui era venuto al mondo per vestire quell'armatura. Così aveva comandato l'ordine precostituito, a cui tutti gli esseri viventi dovevano necessariamente obbedire.

«Ora avvicinati, cavaliere, e pronuncia il giuramento».

Shaka si alzò e salì le gradinate con passo lento ed altero; giunto al cospetto del Pontefice si inchinò nuovamente, senza tuttavia sollevare le palpebre – gesto che provocò mormorii e occhiate stupite nella folla.

«Giuro dinanzi ad Atena che io, Shaka di Virgo, mi impegno solennemente a consacrare la mia persona e il mio cuore alla causa della Giustizia, e a combattere per essa fino alla fine dei miei giorni».

Non appena terminò il suo discorso, lo scrigno d'oro si spalancò; ne uscirono fuori le sacre vestigia della Vergine che, scomponendosi in un aureo bagliore, andarono a fasciargli il corpo pezzo per pezzo.

Nell'istante in cui l'elmo si posò sulla sua testa e la vestizione fu completa, lo percepì per la prima volta: potere. Un potere talmente vasto da mozzare il respiro e abbracciare il firmamento intero.

Rimase completamente sordo allo scroscio di applausi e grida levatosi dagli spettatori, troppo abbagliato dalla forza straordinaria che ogni singola fibra del suo essere sprigionava.

All’improvviso, il suo ruolo gli fu chiaro: finalmente comprendeva del tutto.

«Messaggero tra la terra e il cielo sarò, nel corso della mia vita».


***

 

Ore dopo, il novello Virgo fece il suo ingresso alla Sesta Casa.

Due anni erano trascorsi dalla notte piovosa in cui, scortato dal delegato di Atene, aveva lasciato Varanasi; nonostante il titolo di cavaliere d'oro, Shaka rimaneva pur sempre un bambino. Ma l'India era ormai lontana e, con essa, i ricordi di quanto aveva visto laggiù.

Le donne imploranti, i piccoli affamati, i pellegrini stanchi avevano improvvisamente perduto ogni importanza – misero nulla, al confronto del grande ideale di Giustizia ed equilibrio di cui adesso era portatore.

Ora sì che Shaka non aveva paura né della morte né degli spettri: grazie al suo potere sarebbe stato padrone della prima, e guida dei secondi.

Sciolse deciso il nastro dell'amuleto che portava al collo da quando aveva memoria: a cosa avrebbe potuto servirgli una protezione contro la morte e gli spettri?

Il Fiore di Loto al centro del Tempio si aprì al suo tocco, come si aprivano tutti i fiori quando lui gli passava accanto.

Vi si sedette, con gli occhi chiusi, e prese a meditare.






Note dell’autore

Sono passati circa due anni: Shaka è giunto al Santuario ed è stato investito cavaliere d'oro di Virgo.

E qui, accade la trasformazione: se prima sapeva di essere il Figlio del Cielo, ma qualche volta dubitava, adesso invece le sue incertezze si sono dissolte come neve al sole, disfatte da quel potere sopito che l'armatura ha risvegliato in lui.

Il capitolo è diviso in due momenti: il primo descrive l' investitura, mentre il secondo ha luogo qualche ora dopo.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


III


Capitolo III




Shaka di Virgo aveva passato gli ultimi tredici anni con gli occhi chiusi, cercando di acquistare la saggezza e la lungimiranza che il Figlio del Cielo avrebbe dovuto possedere.

Tuttavia, nonostante li avesse allenati duramente attraverso ore e ore di meditazione, gli altri sensi non l'avevano avvertito dell'inganno; quegli occhi era stato costretto ad aprirli di colpo da cinque ragazzini e dalla loro Dea – divenuta d'un tratto anche sua.

Lasciò cadere il corpo martoriato sui gradini esterni di ciò che un tempo era stato il Sesto Tempio, le ferite e le ustioni annerite in netto contrasto con la pelle candida.

«Messaggero tra la terra e il cielo sarò, nel corso della mia vita».

Shaka non era più un bambino, eppure mai si era sentito così impotente – nemmeno quando, fanciullo, aveva avuto a che fare con la cruda realtà delle strade di Varanasi.

Si sentiva impotente perché, dopo tanto, di nuovo riscopriva l'amara natura del dubbio e la frustrazione data dall'incertezza.

Si sentiva impotente perché, in fin dei conti, era conscio di non aver compreso assolutamente nulla: troppe cose aveva dimenticato – e tra queste spiccava, bruciante, il giuramento mancato.

«Giuro dinanzi ad Atena che io, Shaka di Virgo, mi impegno solennemente a consacrare la mia persona e il mio cuore alla causa della Giustizia, e a combattere per essa fino alla fine dei miei giorni».

Non per, ma contro di essa aveva combattuto.

Il suo enorme, altero potere aveva tentato di sbarrare il passo di Ikki di Phoenix, credendolo un nemico, mentre i veri avversari erano da ricercarsi solo in lui stesso e nell'uomo che aveva erroneamente identificato nella Giustizia.

Prima di allora Shaka non aveva mai avuto paura della morte.

Quel giorno, però, pur di non cadere nel buio dell'Ade si era prostrato ai piedi della Fenice come le donne di Varanasi facevano ai suoi – anche se il Gautama aveva detto che la morte non è la fine di tutto, ma solo un cambiamento.

«Io capirò! Fermati! Così ci oscureremo in un mondo di luce!»

Prima di allora, Shaka non aveva mai temuto la morte, né gli spettri –  da quel giorno in poi, invece, avrebbe imparato a farlo.

L’ordine precostituito aveva preteso cinque vite per far tornare sulla retta via i suoi protettori smarriti: cinque cavalieri – cinque compagni.

Virgo sapeva che avrebbe rivisto i volti di Death Mask, Shura, Camus, Aphrodite e Saga fra le ombre agitate e inquiete dei suoi sogni.

Ma stavolta non sarebbe bastato tenere le palpebre abbassate.

Nel tentativo di soffocare il palpitare impazzito del proprio cuore fece volare una mano al petto e, per un attimo, cercò l'amuleto di cui anni prima si era disfatto, convinto di essere immune da ogni timore.

Ricordava di averlo sepolto nel giardino dei Salici Gemelli, durante una specie di personale rito col quale si era ripromesso di rinunciare ai sentimenti – simbolo, ai suoi occhi chiusi, di tutte le debolezze umane.

Dopo che si fu recato sul posto e l'ebbe dissotterrato se lo legò al collo, incurante del laccio sporco di terra, e provò la sensazione di essersi ricongiunto con una parte di sé.

Non appena risollevò la testa, vide aprirsi alcune gemme. Sorrise: era tanto che su quegli alberi non sbocciavano fiori.





 

Note dell’autore

Qualche ora dopo la battaglia delle Dodici Case, Shaka tenta di raccogliere e rimettere insieme i pezzi della sua esistenza.

É ferito nell'orgoglio e arrabbiato con se stesso per non aver saputo riconoscere la causa della Giustizia – la stessa Giustizia che anni prima aveva giurato di proteggere.

Sull'anima pesano le morti dei compagni e il fatto di aver supplicato Ikki di risparmiarlo – proprio lui che, più degli altri, non avrebbe dovuto temere la morte.

Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo e recensendo – o semplicemente leggendo – questa storia!











 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


IV



Capitolo IV





Shaka non ha paura della morte, né degli spettri.

Forse in passato un po' ne ha avuta, ma non adesso.

Non adesso, che i fuochi della meridiana dello Zodiaco si sono accesi e tutto sembra essere tornato come allora; solo che, stavolta, a muovere guerra al Santuario sono i suoi vecchi compagni – gli stessi coi quali ha dialogato ogni notte, da quando l'ordine precostituito li trasse a sé come tributo alla cecità di tutti loro.

Seduto sul freddo marmo del Sesto Tempio, Shaka di Virgo li sta attendendo con gli occhi chiusi.

Non si farà trovare impreparato: pur di proteggere la Giustizia è disposto a tutto, anche a porre termine alla sua vita – perché ormai non dubita davvero più delle parole del Gautama.

«La morte non è la fine di tutto, ma solo un cambiamento».

A stento trattiene lo sdegno: gli riesce difficile credere che quei cinque gloriosi cavalieri, pur di ottenere una pallida imitazione di immortalità, si siano abbassati a divenire spettri.

Che ci sia dell'altro? 

Tuttavia, non è più tempo di meditare: eccoli lì dinanzi a lui, già dimezzati – e ammantati di nero.

Camus di Aquarius, dai capelli di fiamma e il cuore di ghiaccio.

Shura di Capricorn, il diletto di Atena ora macchiato di ombra.

E infine, Saga di Gemini – il santo caduto nella polvere e poi risalito in alto, fino alle stelle.

Poco importa che indossino surplici diverse dalle loro: anche se tiene gli occhi chiusi, Shaka non si lascia più ingannare.

Vorrebbe chiedere il perché delle loro insane gesta, ma è bloccato dall'arrivo di nuovi Spectres.

I tre l'assalgono con un attacco combinato che lui riesce a respingere, distruggendo le armature fasulle e rivelando così anche agli altri servi di Hades la loro vera identità.

«State indietro, se avete cara la vita» avverte Saga «nessuno di voi è in grado di fronteggiare Virgo».

Oh, quant'è vero.

Shaka sente che prendere la testa di Atena non è il loro reale obiettivo, lo avverte. Ma sa di doversi liberare dei pesci piccoli, prima, se vuole far cantare i più grandi.

«Mi avete colto in una posizione di svantaggio» dice allora, il volto perfettamente rilassato a dispetto del sottile rivolo di sangue che gli cola da una tempia «Di norma, affrontare tre persone contemporaneamente per me non costituirebbe certo un impedimento. Ma non a caso si parlava di voi come dei cavalieri più potenti fra le schiere dorate: non mi resta che lasciarvi passare».

I Santi traditori gli rivolgono uno sguardo dubbioso: non si sarebbero mai aspettati un atteggiamento tanto dimesso, specialmente dalla Vergine.

«D'accordo» sussurra alla fine Gemini nell’oltrepassarlo, seguito da Aquarius e Capricorn.

«Visto, ragazzi?» sghignazza senza ritegno alcuno Gigant di Cyclopis, sputando per terra il suo disprezzo «Gli ha permesso di proseguire. Altro che eroe! Questo qui è solo un pavido codardo. Avanti, andiamo anche noi: non ci fermerà».

Povero illuso.

Agitando il rosario nato dal sacrificio del grande Asmita di Virgo, Shaka sprigiona il suo potere; un movimento delle mani e gli invasori tornano in un attimo a essere ciò che erano – corpi morti.

«Oh, ma guarda: già sedici, i grani anneriti». Mai dare del codardo al Figlio del Cielo.

«Aspettate».

Camus, Shura e Saga si voltano.

«Non c'è niente che mi dobbiate rivelare? Perché siete tornati in questo mondo?»

«Per prendere la testa di Atena» rispondono, secchi.

Shaka sospira: no, c'è dell'altro. Però li asseconda.

«Così sia, dunque: prendetevela. Ma prima dovrete passare sul mio cadavere. E vi assicuro che non sarà semplice».

«Non ci spaventi, Shaka di Virgo».

«Seguitemi. Non intendo macchiare oltre il marmo della Sesta Casa: sarebbe come insultare la Dea».

Shaka non ha paura della morte, né degli spettri. Non implorerà pietà, stavolta; ormai si è fatto uomo e, comunque, il suo ruolo non gli è mai stato più chiaro.

«Messaggero tra la terra e il cielo sarò, nel corso della mia vita».

Se è la sua vita terrena ciò che l'ordine precostituito pretende, ebbene, egli non si tirerà indietro – ne va del giuramento che fece quel giorno e della salvezza della Giustizia.

Almeno il luogo della sua dipartita, però, lo vuole decidere lui: il giardino dei Salici Gemelli gli appare perfetto, in tutto il suo mistico splendore.

Mai visti tanti fiori sbocciare contemporaneamente, dal nulla; mai visti tanti petali volteggiare nell'aria.

Raggiunge la sommità della collinetta che si erge tra i due alberi e lì si ferma, in attesa degli avversari.

Il leggero peso dell'amuleto sul petto lo conforta, come se la vecchia saggia di Lumbini lo stesse ancora stringendo in quell'abbraccio – l'unico che abbia mai ricevuto.

«È stato l'ultimo dono di tua madre per te: serve a scacciare la morte e gli spettri».

E ora, che di spettri ne ha davanti tre, Shaka non chiede di meglio.

«Questo è il luogo dove porremo fine alla tua esistenza. Sei pronto, Shaka di Virgo?»

«Io non ho paura della morte, né degli spettri. Fatevi avanti, vi sto aspettando».

Sgrana il rosario una, due volte, espandendo il cosmo. E apre gli occhi.


***

Arayashiki: questa è stata l'ultima parola di Shaka di Virgo, sussurrata a mezza voce.

L'ha scritta col sangue sui petali di quei fiori che egli stesso aveva fatto sbocciare, per farla arrivare fino agli occhi di Atena.

Per primo ha capito che non c'è stato nessun tradimento – che i suoi cinque gloriosi compagni non sono mai stati spettri.

Lacrime amare scorrono sul viso di Shura di Capricorn, mentre raccoglie da terra ciò che è rimasto del Figlio del Cielo: il rosario, ereditato dal grande Asmita di Virgo, con i suoi grani che aspettano di annerirsi.

E un piccolo amuleto di legno, col laccio un poco consumato.







 


Note dell’autore

Fine.

Shaka ha raggiunto l'apice del suo percorso, come cavaliere e come uomo: è pronto per affrontare l'ultima battaglia.

Ho preferito terminare il capitolo con lo scontro alla Sesta Casa, anziché con l'episodio del Muro del Pianto... non so perché.

Le ultime righe non sono scritte secondo il punto di vista di Shaka, ma hanno una visione più generale.

In sintesi, si può dire che l'amuleto ha una valenza molto simbolica: rappresenta la maturità spirituale del cavaliere della Vergine.

Mi rendo conto che lo stile può apparire eccessivamente ridondante in certi passaggi, ma è una cosa voluta: frasi ripetute come Mantra buddisti, volte a dare un'aura trascendente al personaggio e alla sua storia – perché, diciamocelo, la vicenda di Shaka è una delle più belle e complesse dell'intera opera!

Shaka e io ringraziamo tutti voi per essere arrivati fin qui!




 









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