Whalyon

di Night Sins
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mendicante ***
Capitolo 2: *** Cavallo bianco luce ***



Capitolo 1
*** Il mendicante ***


Titolo: Whalyon
Fandom: White Collar (con 'contaminazioni' da Merlin)
Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, un po' tutti
Pairing: Peter/El
Rating: G
Genere: azione, fantasy, generale
Avvertimenti: AU
Timeline: //
Spoiler: nessuno
Conteggio Parole: 4107 (in totale)
Prompt: Damigella in difficoltà, per la Scalata del Cliché clash
Fandom!AU per la scorsa edizione del Cow-T
Betareader: nessie sun
Disclaimer: "Io scherzo... forse." (cit. A.Costa) // I personaggi non sono miei, ma degli autori e di chiunque ne abbia diritto; tanto meno sono utilizzati a fini di lucro, ma solo per mero piacere personale.
Note: Iniziata quasi un anno fa, l'avevo già in mente per la Scalata di Cliché Clash, e in seguito l'input del Cow-T mi spinse ad iniziarla, ma non la finii in tempo per la gara così è rimasta a macerare nel mio pc fino ad ora. White Collar nel mondo di Merlin.
Data la 'diversità' di epoca, ho cambiato i nomi di alcuni pg con altri che mi sembravano più adatti al tempo. Quindi: Neal Caffrey è diventato Nael Caffery. Diana e Jones sono Dynvor e Shayf. Reese Hughes è Ricbeth. Garret Fowler è Gareth. Vincent Adler è Vincentius.
E' la prima volta che scrivo una fanfic che ha in sé così tanti elementi che mi sono estranei (soprattutto l'ambientazione e l'azione), quindi fatemi presente qualsiasi cosa che non torni, grazie!



Due guardie portarono al cospetto del Re un uomo dall'aspetto trasandato.
"Maestà, abbiamo trovato questo mendicante nei pressi del castello. Voleva intrufolarsi all'interno", disse il più giovane e basso, Dynvor, scelto appositamente dal sovrano come proprio difensore.
"Non è come sembra, Vostra Altezza!" si difese l'uomo.
"Aspetta di essere interpellato", lo rimproverò la seconda guardia.
"Va bene, basta," disse il Re, poi si rivolse al mendicante. "Perché eri intorno al castello?"
"Sapevo che Re Peter era un uomo giusto, Maestà", si prostrò l'uomo.
"Parla", ordinò il sovrano.
"Non sono un mendicante, mio Signore, anche se il mio aspetto così mi fa apparire. Vengo da un piccolo villaggio a Sud di Whalyon; mi ci sono voluti tre giorni di cammino per poter giungere a voi."
"Cosa vi ha spinto ad un viaggio così estenuante?"
"Mettervi in guardia, Maestà, e richiedere il vostro aiuto."
"In guardia da cosa? Che è successo?", chiese ancora il Re, attento.
L'uomo sospirò e trattenne a fatica un singhiozzo. "Siamo stati attaccati. Il nostro villaggio è stato quasi completamente distrutto da degli strani mostri... non sembravano creature normali... Sembravano frutto di magia."
L'espressione di Peter si fece seria e si voltò verso sua moglie, silenziosa al suo fianco. La Regina posò delicatamente una mano su quella del proprio consorte e accennò un sorriso rassicurante.
Il sovrano tornò a rivolgersi al proprio suddito. "Ho capito. Farò tutto quello che è in mio potere per aiutare il tuo villaggio. Dynvor, Shayf", chiamò le due guardie che fino a quel momento erano rimaste in disparte. "Offrite al nostro ospite vitto e alloggio per la notte. Domani mattina partiremo presto."
"Come volete, Maestà", rispose Shayf.
"Dynvor", il Re fermò l'altra guardia, prima che andasse via. "Tu vai a chiamare Nael e fallo venire immediatamente qui."
"Sarà fatto."

Dopo che i tre uomini se ne furono andati, la Regina Elizabeth prese la parola. "Queste cose capitano, lo sai."
"Non... Sai che non vorrei crederci. Ci sono stati tempi in cui riuscivamo a vivere pacificamente con i maghi. Ricordo quando ero giovane, ancora un bambino, andavamo a Camelot e Gaius ci faceva sempre divertire con i suoi incantesimi", Peter sorrise a quel ricordo infantile. "Ma poi proprio da Camelot è stata bandita nel modo più feroce e oramai chiunque voglia restare almeno in buoni rapporti con Uther ha una politica quasi identica..."
"Ma non tutti i maghi sono cattivi", gli ricordò sua moglie.
"Ditemi, Vostra Maestà."
Quasi come se la Regina lo avesse evocato Nael apparve sulla porta della Sala del trono, con il solito sorriso smagliante e il tono irriverente anche davanti al sovrano.
"Avvicinati."
Quando Nael fu al cospetto dei due regnanti fece un inchino, lieve ed elegante.
"Domani partiremo all'alba; c'è la possibilità che avrò bisogno di te. Sii puntuale", ordinò Peter.
"Come sempre, mio Re", sorrise il giovane.
"Nael", riprese l'uomo, alzandosi. Il tono stanco di chi si ritrova a dover ripetere per la millesima volta una cosa ovvia.
Il ragazzo attese che il sovrano gli fu davanti e gli avesse messo una mano sulla spalla, poi cambiò il sorriso sulle proprie labbra con uno più consapevole e malizioso. "Sì, Peter?"
"Dovrai stare attento", rispose serio.
"Lo so. Lo ripeti sempre."
"E sempre fai a modo tuo", sbuffò il Re. "Promettimelo."
"Te lo prometto."

***

Il cielo era appena rischiarato dai primi raggi solari che illuminavano le cime spoglie degli alberi attorno al castello, rendendoli un uniforme mare bianco e scintillante.
Peter guardava quella distesa luminosa avanzare come un'onda inarrestabile fino a che la luce non giunse a lambire le torri di vedetta del muro di cinta. Un nuovo giorno era sorto su Whalyon e sembrava che ci fosse un nuovo nemico alle porte del regno.
Elizabeth gli si avvicinò da dietro, premurosa, posò le mani sulle sue spalle e gli baciò la guancia destra. "Chiunque sia, riuscirete a fermarlo. Ho fiducia in voi, Maestà", sussurrò, e a sentirla si sarebbe detto che fosse la verità.
Lui chiuse gli occhi. "Lo spero."
Peter era il Re, oramai, ma prima di ciò era stato un semplice cavaliere. Aveva visto e partecipato a molte guerre e combattimenti e sapeva come andavano le cose, ma una battaglia che comprendeva la magia non poteva essere prevedibile, per nessuno.
Diventare sovrano di un regno era forse il sogno di ogni uomo, ma solo chi era già figlio di Re poteva ambire ed essere certo di tale carica. A volte, però, capitava che un Re avesse la sfortuna di non avere figli. Era stato il caso del precedente regnante di Whalyon, Re Ricbeth; una sfortuna che aveva significato la fortuna di Sir Peter, giovane cavaliere che per coraggio e lealtà si era guadagnato la fiducia del sovrano e il suo posto a capo del regno.
L’attuale monarca sentiva ogni giorno il peso di quella responsabilità e desiderava solo di svolgere il proprio compito al meglio - anche se era ovvio che, per chi desiderava e aveva sognato di essere al suo posto, il suo meglio non era mai abbastanza.
“Peter. Lady Elizabeth.”
Nael apparve sulla soglia e la coppia si voltò verso di lui. La Regina stava sorridendo, ma il suo consorte aveva lo sguardo serio.
‘Questa’ era una delle cose che molti continuavano a rinfacciargli. Aver portato nel castello, come proprio cavaliere e consigliere, un giovane di un altro regno e, peggio di tutto, un mago; poco importava se non praticava più (almeno ufficialmente). Se si aggiungeva che tale individuo aveva anche un carattere particolarmente esuberante e sfacciato - in quel momento si trovava in una zona del castello privata, riservata al re e alla regina, senza esservi stato invitato - era facile capire perché Peter avesse faticato tanto a far sì che tutti lo accettassero, almeno pubblicamente; ma sapeva che bisognava dare fiducia anche a chi non sembra meritarne, come Ricbeth aveva fatto con lui.
“Sei pronto?”, domandò il sovrano.
“Non si vede?”
“Allora perché non hai aspettato di sotto con gli altri? No, non voglio saperlo”, si corresse immediatamente.
“È stato gentile”, disse la regina, avvicinandosi al cavaliere. Quando gli fu davanti, gli prese il volto tra le mani e posò un delicato bacio sulla sua guancia. “Buona fortuna, Nael.”
Peter fece un verso strano e Elizabeth rise tornando verso di lui. “Buona fortuna, mio Re”, gli augurò prima di baciarlo dolcemente sulle labbra.
Dopo lunghi istanti Peter si allontanò lentamente e gli sorrise. “Grazie, mia Regina.”

***

Erano oramai passati due giorni e diverse ore di cammino quando i cavalieri guidati dal sovrano e dal mendicante si fermarono nuovamente in una radura per il pranzo e per far riposare i cavalli.
Nael, in genere sempre amante del rendere quei momenti più leggeri e facili da sopportare per tutto il gruppo, era invece, ora, estremamente silenzioso ed in disparte.
Peter sapeva che questo voleva dire che c’era qualcosa che non andava. Gli si avvicinò e Nael si spostò un po’ a sinistra, lasciandogli così lo spazio per sedersi accanto a lui sul vecchio tronco caduto.
“Cosa c’è che non va?”, domandò, senza tanti giri di parole.
Il giovane scosse le spalle. “Non lo so… Magari non è nulla… Solo una strana sensazione”, rispose, tentando un sorriso.
Il Re annuì, grave. “Qualsiasi cosa sia, se noti qualcosa, tienimi informato.”
“Contaci.”

Peter si alzò e si rivolse a tutto il gruppo. “Bene. Pronti per ripartire?”
Tutti annuirono e, sistemate velocemente le vivande, si rimisero in marcia.

“Oramai non manca molto”, informò il suddito con un fremito nella voce, difficilmente comprensibile.
Il sovrano si fece attento, pronto a trovarsi davanti qualsiasi cosa.
Questo non bastò, però, a impedirgli di finire in trappola.
All’improvviso sentì il vuoto sotto il proprio cavallo ed entrambi caddero in una buca profonda. Sopra di sé, Peter sentì solo urla e rumori di lotta.
Provò a risalire, ma le pareti erano lisce e friabili, ogni volta che riusciva a trovare anche un minimo appoggio questo franava sotto il suo peso.
Non poteva nemmeno issarsi sul suo cavallo; nella caduta si era evidentemente rotto una zampa e non riusciva a stare in piedi.
“Mi dispiace, amico”, disse, non appena notò la situazione, e infilzò il cuore dell’animale con la spada, mettendo fine al suo dolore.

***

Non sapeva quanto tempo fosse passato o cosa fosse avvenuto fuori di lì quando qualcuno si affacciò nella fossa.
“Come state, vostra Maestà?”, domandò lo sconosciuto, con tono di scherno.
“Chi siete? Dove sono i miei cavalieri?”
“Molto nobile da parte vostra preoccuparvi degli altri, ma non è il momento migliore.”
“Cosa volete?”, domandò ancora il Re, incurante delle minacce.
“Portarla dal nostro capo. Pianti la spada per terra e noi le lanceremo una corda”, disse l’uomo. “È la sua unica possibilità per uscire vivo e riuscire a salvare i suoi cavalieri e Lady Elizabeth, sire.”
Peter strinse i pugni e, infine, affondò la propria arma nel terreno sotto di sé.
“Saggia scelta, Maestà.”

***

Il Re si era ritrovato in una cella buia e umida. Era stato abbandonato lì da diverse ore, senza incontrare il fantomatico ‘capo’ di cui aveva parlato il tizio di prima. Non sapeva nemmeno se era giorno o notte.
Solo una guardia era sempre presente davanti alla sua cella; non volevano ucciderlo, non ancora almeno, dato che aveva acqua in abbondanza e un’altra guardia era passata a portargli un pezzo di pane con una strana zuppa della quale Peter aveva preferito non indagare sul contenuto.
Era stancamente seduto in un angolo della cella quando un rumore di passi attirò la sua attenzione; non poteva essere la guardia con il cibo perché era passata troppo poco tempo prima.
"Salve, vostra Maestà", salutò il cavaliere.
Peter alzò la testa di scatto, riconoscendo la voce. "Sir Gareth!" Si mise in piedi e si avvicinò alle sbarre. "Che cos'è questa storia?"
"Mi dispiace, sire", rispose l'uomo e, nonostante il tono duro, sembrava sincero. "È colpa vostra che avete preso quel mago con voi."
Il Re continuava a non capire, ma il cavaliere non sembrava intenzionato a dare ulteriori spiegazioni. "Aprite la cella", si rivolse alla guardia.
"Andiamo, Maestà, vi siete riposato abbastanza. Non vogliamo tirarla ancora per le lunghe, vero?"
Il sovrano lo seguì senza protestare.
"Cosa c'entra Nael?", domandò dopo un po'. "Credevo le cose fossero sistemate oramai."
"Non è una questione personale, Vostra Altezza. Non per me, almeno."
"Chi c'è dietro, allora?"
"Oh, tranquillo, se il vostro cavaliere fa quello che gli è richiesto non dovrete preoccuparvi di questo."
"Se non lo fa?"
"Non dovrete preoccuparvi lo stesso, dato che verrete ucciso."

***

Peter venne portato via dalla prigione solo per essere condotto in un altro edificio, più lugubre e fatiscente del precedente.
Non sapeva dove si trovavano, a metà del percorso era stato bendato e tutto quello che aveva visto era la stanza di legno dove era rinchiuso. L'unica finestra presente era sbarrata dall'esterno e davanti alla porta sostava un'altra guardia; l'aveva sentita muoversi di quando in quando, ma non gli aveva mai rivolto la parola.
Dopo dell'altro indefinibile tempo, il sovrano sentì la guardia allontanarsi e poi nuovi passi avvicinarsi. Guardò verso la porta aspettandosi di vedere, finalmente, colui che lo aveva voluto prigioniero, ma quando questa si aprì la sua sorpresa non poteva essere più grande.
"Nael?"
"Vostra Maestà"; il mago fece un lieve inchino.
"Cos'è questa storia?", domandò l'uomo, la voce dura e severa.
"Sono venuto a controllare che fossi vivo."
"Come?"
Il più giovane lo guardò perplesso.
“Come facevi a sapere che ero qui? Come mai sei da solo? E”, Peter si fermò a riprendere fiato, guardandolo intensamente negli occhi, “dimmi che non è opera tua.”
Nael continuava a essere stupito, ma lo stesso rispose. “Non so di cosa tu parli con esattezza, ma non è opera mia. So che eri qui perché me lo ha detto chi ti ha rapito e sono solo perché ha organizzato tutto in modo che io non potessi tentare di salvarti senza pagare il giusto riscatto.”
Era il turno di Peter di essere ignaro di ciò a cui l’altro si riferisse.
“Prima, però,” riprese il mago, “devo essere sicuro che tu sia il vero re.”
“Che discorsi sono? Mi vedi, ovvio che sono io!”
“Per chi conosce le arti magiche, sostituire una persona con un’altra del solito aspetto è uno scherzo.”
“E quindi, vuoi farmi qualche incantesimo o cosa?”
“Non posso usare la mia magia qui,” rispose mesto il giovane, “ma posso farti delle domande, qualcosa che solo il vero Peter conosce.”
“Bene, avanti, fai le tue domande!”
“Qual è il colore preferito da Lady Elizabeth?”
“Il viola.”
“Qual è il mio nome completo?”
“Nael Staton Caffery.”
“Chi mi ha offerto rifugio nella tua città, dopo che il mio regno è andato distrutto?”
“La vedova di Sir Byron, Lady June.”
“Dove ero nascosto la prima volta che mi hai scoperto nel tuo castello?”
Lo sguardo di Peter si fece severo. “Nelle mie stanze”, rispose, fissandolo negli occhi. Nael era oramai vicinissimo a lui - a ogni domanda era avanzato di un passo - e ora stava sorridendo vistosamente, anche se aveva gli occhi lucidi.
“Prova superata, mio Re”, commentò, gettandoglisi al collo e abbracciandolo forte. “Ti libererò, Peter, te lo prometto.”
“Ma chi è che mi ha catturato? Cosa vuole?”, domandò il sovrano, allontanandosi per guardarlo negli occhi. “Nael, non fare sciocchezze.”
“Tranquillo, è tutto sotto controllo”, rassicurò il mago. “Devo andare. Non temere, sono tutti al sicuro.”

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Capitolo 2
*** Cavallo bianco luce ***




Per quanto avrebbe voluto immensamente riuscire a fidarsi del proprio consigliere, in quella circostanza non gli riusciva affatto facile. Se si trovava in un luogo in cui la magia era vietata – a tutti o solo a Nael poco importava – voleva dire che il mago, lì, non era altro che un ragazzo qualsiasi, con ben poche possibilità di riuscir a vincere grazie al proprio bel sorriso.
Inoltre, non era a conoscenza di nessun luogo ‘naturalmente inibente’ del potere magico, quindi quella stessa doveva essere frutto di una magia. Questo significava che chi lo aveva rapito si serviva a sua volta di maghi e streghe – o lo era lui stesso.
L’obiettivo, comunque, era Nael.
Conoscendo il passato del giovane, sia sotto la propria protezione che ancora precedentemente, la possibilità di indovinare il colpevole, così a caso, era molto bassa dato l’alto numero di nemici che si era creato.
Il fatto che fosse coinvolto anche Sir Gareth lo spingeva a sospettare di qualche suo suddito, ma in fondo non poteva esserne certo.
Nael era stato così strano. Il sovrano si era chiesto più volte perché, ma non aveva trovato risposta. L’unica cosa di cui era sicuro era che il mago si sarebbe cacciato in qualche guaio a seguito di una sciocchezza che aveva evitato di considerare. Doveva trovare il modo di liberarsi prima che ciò avvenisse.

“Ehi, Maestà, il suo pranzo!” urlò la guardia, senza rispetto, facendo passare la ciotola in un buco nella porta.
Nessuno rispose e, quando l’uomo la lasciò andare, la scodella cadde a terra con un tonfo metallico.
“State ancora dormendo? Sveglia!”, urlò di nuovo, ma ugualmente non gli giunse nessuna risposta.
“Se non volete niente…” l’uomo fece qualche passo lontano dalla cella poi si fermò di scatto.
Peter sapeva di non aver fatto alcun rumore, di nessun genere, e sapeva che era questo che aveva messo l’altro in allarme. O almeno sperava che fosse così.
Se avesse guardato all'interno, non avrebbe visto nessuno, nemmeno un topo, e il re sperava che per questo avrebbe aperto la porta. Trattenne il respiro quando sentì rumore dall'altra parte della pesante lastra di legno e attese che si aprisse quel tanto che bastava per poterla poi allontanare e sbattere contro la guardia. Quando sentì il tonfo del corpo che cadeva a terra, Peter uscì da dietro la porta e lo scavalcò, cominciando poi a correre lungo il corridoio, in cerca dell'uscita.
Dopo poco si ritrovò a sbattere contro qualcuno e finì a terra. Alzò lo sguardo e incontrò quello di Lord Gareth, che lo fissava severo. "Tentare di fuggire non è una mossa saggia, Maestà", disse, pacatamente. "Ma è fortunato. Saremmo venuti a prenderla ugualmente; la sua prigionia sta per giungere al termine."
"Cosa..."
"Non faccia domande, non so i dettagli", disse ancora il cavaliere.
Due guardie arrivarono ai lati del sovrano e lo presero per le braccia, tirandolo in piedi.
"Lasciatelo", ordinò Gareth. "Sono sicuro che Sua Maestà farà il bravo e non tenterà di scappare un'altra volta. Vero?"
"Sì", confermò Peter, a denti stretti.
"Ottimo. I cavalli ci aspettano fuori di qui."

Lord Gareth li guidò all'esterno, dove una quarta guardia si stava occupando degli animali.
"Andiamo, monti, Maestà", invitò il capo, indicando il quadrupede più vicino a loro.
Peter fece un passo avanti, ma una freccia si piantò a pochi centimetri dal suo piede; altri dardi gli sfrecciarono attorno. Si voltò nella direzione da cui provenivano, sorpreso. Non era lui l'obiettivo, nessuno avrebbe mancato un uomo grande come lui tutte quelle volte, e vide un cavallo bianco correre verso di loro, ma ancora non era riuscito a riconoscere il cavaliere.
"Che sta succedendo? Attaccate!", urlò Lord Gareth.
Quando il sovrano si voltò di nuovo verso di loro, notò che le frecce avevano formato un cerchio attorno ai cavalieri ed ora queste brillavano di una luce innaturale. Doveva esser quello che bloccava le guardie.
Intanto, i rumori degli zoccoli del cavallo bianco si erano fatti vicini.
"Andiamo!", urlò una voce che Peter non riconobbe subito, ma immaginò essere quella del suo salvatore.
"Peter, monta!, non durerà a lungo", disse ancora l'uomo, che vide essere il suo consigliere, mentre gli si fermava accanto per farlo salire dietro di sé.

"Non avevi detto che non potevi usare la magia, qui?", domandò, mentre già si allontanavano.
"L'ho detto, e ora vi ho detto che non durerà a lungo, benché sia uno degli incantesimi più potenti che conosca", rispose il giovane, "ma in realtà non ero nemmeno certo che avrebbe funzionato per un attimo."
"Nael", disse soltanto il Re, il tono indefinito, ma non poté finire la frase che sentirono altri cavalli dietro di loro.
"Accidenti, è già finito", borbottò il mago. "Maestà, spero sappia ancora usare una spada, nonostante il periodo di inattività forzata", lo provocò, estraendo dalla fodera al proprio fianco l'arma e passandola al Re.
"Puoi scommetterci", assicurò lui, una volta saldata la presa sull'elsa, aprendo il braccio in un fendente per parare l'attacco che stava per arrivare alle sue spalle.
Quel movimento lo fece sbilanciare e rischiò di cadere.
"Reggiti, però!", urlò il mago che non poté evitare una leggera risata.
"Non è così semplice!", replicò il sovrano, impedendo che un secondo guerriero ferisse Nael.
"Beh, spero resisterai almeno qualche altro istante, giusto per recuperare un po' d'energia", disse il ragazzo.
"Ce la posso fare", assicurò Peter, tirando un calcio al cavallo alla sua sinistra, proprio mentre il suo cavaliere stava levando la propria arma verso di loro, e infilzando l'uomo alla sua destra, che cadde a terra con un tonfo, mentre il cavallo su cui si trovava si allontanò in libertà.
Il Re vide Lord Gareth e altri tre cavalieri che stavano per raggiungerli. Prese la spada con la mano sinistra e si sgranchì le dita dell'altra prima di tornare a impugnare l'arma con la destra, mentre Neal faceva rallentare il loro cavallo e si voltava verso i loro inseguitori.
"Ci penso io, ora", disse il mago e alzò una mano davanti a sé, mormorando parole incomprensibili al sovrano. Pochi istanti e un muro di fuoco apparve tra loro e i cavalieri, espandendosi con il movimento della mano del suo evocatore.
"Questo ci darà il tempo di arrivare a Whalyon", assicurò prima di ripartire in direzione del castello.

***

Quando arrivarono alle porte del regno, le guardie li guardarono stupiti per un attimo poi li fecero passare, festanti. I cittadini furono altrettanto contenti e urlarono di gioia e si inchinarono al loro passaggio.
Arrivati ai piedi del palazzo, Peter vide sua moglie attenderlo con le lacrime agli occhi e scese velocemente dal cavallo. In un attimo le fu accanto e l'abbracciò.
Ancora non aveva idea di quanto tempo era stato prigioniero con esattezza; gli sembrava un'eternità, anche se non poteva essere stato più di qualche settimana al massimo, dato che era ancora inverno.
"Sono qui", sussurrò contro l'orecchio di Elizabeth, che aveva preso a singhiozzare più forte tra le sue braccia, e accarezzandole i capelli.
"Avevo paura che Nael non ce la facesse", gli confidò.
"È tutto a posto ora", disse il re, guidandola all'interno.

La mattina dopo, Peter e Elizabeth stavano facendo colazione quando bussarono alla porta.
"Avanti", invitò il sovrano.
Nael si affacciò sorridente. "Mi avevate fatto chiamare?"
"Sì", rispose la regina, "vieni a fare colazione con noi."
Il mago fece un inchino e si avvicinò, prendendo posto a fianco del sovrano e davanti alla sua consorte.
"Il re vorrebbe sapere cosa è successo", cominciò la Regina. "Ho pensato che fossi la persona più indicata a raccontare con esattezza i fatti."
Nael sospirò ed annuì. "Mi dispiace, Peter."
L'uomo lo guardò perplesso e il suo consigliere trattenne un nuovo sospiro. "E' colpa mia."
"Nael", lo interruppe Elizabeth, indulgente, "dovresti limitarti a raccontare i fatti così come sono avvenuti e lasciare i giudizi a dopo, e a discrezione del nostro sovrano."
"Elizabeth ha ragione", disse Peter, prendendo la mano di sua moglie, "anche perché ancora non ho capito nulla."
"Va bene", disse il mago. "Il mendicante che arrivò al castello dieci giorni fa era stato mandato da Vincentius per attirarti lontano dal castello."
"Aspetta... Vincentius? Non era morto?" domandò il re.
"Così credevano tutti", rispose Nael. "Ti ha rapito per causa mia", continuò, anticipando la domanda successiva.
"Perché?"
"Una volta gli ho portato via qualcosa a cui teneva. Ma non posso più ridargliela oramai."
"Perché?"
"Non ce l'ho. Non ce l'ho mai avuta, in realtà."
Peter sospirò e poi si portò una mano alla testa. "Ma cosa c'entrava Lord Gareth? Perché lavorava per lui?"
"Il perché non lo so, ma per il cosa... era il suo messaggero; è stato uno dei suoi scagnozzi che, dopo averci attaccato nel bosco, il giorno che sei stato rapito, mi ha detto che l'obiettivo ero io, e che avrei ricevuto istruzioni."
Nael bevve dalla tazza che gli era stata portata. "Quando mi ha detto cosa voleva in cambio della tua vita sono entrato nel panico. Non sapevo cosa fare e l'unica idea che ho avuto è stata quella di prendere tempo, in modo da elaborare un piano per salvarti, sperando che mantenessero la parola.
"Ma Vincentius è stato più furbo del normale... Quando ho chiesto di vederti per assicurarmi che eri ancora in vita ha fatto sistemare il luogo in modo da rendermi impossibile qualsiasi tentativo. Anche se ha fatto alla svelta."
"Sono stato spostato in quel luogo poco prima che tu arrivassi", disse il re.
"Oh... Allora forse pensava già ad una richiesta simile e si stava organizzando. O voleva semplicemente tenerti 'al sicuro', per ogni evenienza."
"Ha senso. Un'ultima cosa", riprese il sovrano, "dove è Vincentius ora? Cosa è successo ieri?"
"Avevo trovato quell'incantesimo, è stata l'unica cosa che mi è venuta in mente e speravo funzionasse", cominciò a spiegare. "Però dovevo anche distrarlo, così gli ho detto che avevo recuperato quello che voleva e gli ho anche fornito il luogo dello scambio."
"Come facevi a sapere che avrebbe accettato?"
"Perché lui voleva quella cosa ardentemente... e forse non pensava che avrei messo a rischio la tua vita solo per ingannarlo, sicuro che la mia magia non avrebbe funzionato e che le sue guardie fossero sufficienti."
"E invece l'hai ingannato. Non è andato nessuno da lui?"
"Troppo rischioso. Come ti ho detto, rendere qualcuno del solito aspetto di un'altra persona non è così difficile."
"Ma chi..."
"Il mendicante. I tuoi cavalieri sono riusciti a catturarlo nel bosco. Gli uomini di Lord Gareth sono andati via non appena ti hanno catturato, lasciandolo indietro."
"Perché lui? E' dalla sua parte."
"Questa è stata un'idea mia", si intromise la regina, che era rimasta ad osservarli ed ascoltarli senza intromettersi. "Nael aveva detto che bastava qualcuno per poco tempo e che, di sicuro, Vincentius lo avrebbe punito per aver fallito la missione, così nessuno dei nostri uomini sarebbe stato in pericolo."
Peter rise e baciò la mano della donna.
"Non penso però che si sia arreso...", disse il mago. "Forse è meglio se vado via da Whalyon."
"No", rispose il sovrano.
"Ma..."
"Ora che sappiamo che è ancora vivo, e quello che cerca, staremo attenti e saremo pronti se torna all'attacco."
"Non credo sia il caso", insisté Nael.
"È un ordine, questo", rispose il sovrano. "E non fare sciocchezze."
Il ragazzo abbassò la testa. "Ok... Grazie."
Peter ed Elizabeth gli sorrisero e poi ripresero a far colazione tutti assieme.


Fine.




Grazie a tutti. :) Mi rendo conto questo capitolo è stato forse un po' contorto, ma spero che alla fine sia tutto comprensibile. Se avete domande che Peter non si è fatto, anche se avrebbe dovuto, fatemele pure...
E' stato difficile, mi complico sempre la vita più del dovuto, ma volevo che il lettore avesse solo il punto di vista di Peter, senza sapere cosa stava avvenendo fuori dalla stanza... non so se è stata una grande scelta... ò.ò

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