100% Sakura - Parte II - Le stagioni di Sasuke

di Naruto89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Digli pure che sono io che voglio vedere lui ***
Capitolo 2: *** Non ti lascerò andare finché non mi dirai di sì ***
Capitolo 3: *** Io ti ho chiesto un consiglio, mica di farmi la paternale! ***
Capitolo 4: *** E' strano ***
Capitolo 5: *** Nessuno sarà più al sicuro ***
Capitolo 6: *** A noi due, Uchiha ***
Capitolo 7: *** Il problema è Sasuke Uchiha ***
Capitolo 8: *** Non lo posso fare, papà ***
Capitolo 9: *** Non immischiarti negli affari interni della tua famiglia, Uchiha ***
Capitolo 10: *** Sta cominciando a sospettare qualcosa e non riuscirò a tenerla a bada ancora per molto ***
Capitolo 11: *** Io voglio te ***
Capitolo 12: *** Decido io ***
Capitolo 13: *** Vedi di non mancare ***
Capitolo 14: *** Naruto ***
Capitolo 15: *** C'è una notizia ***
Capitolo 16: *** Qualsiasi cosa succeda, tu dille di sì ***
Capitolo 17: *** Non me l'avevi detto ***
Capitolo 18: *** Potrei sempre iniziare da te ***
Capitolo 19: *** E ora a noi due, Sasuke Uchiha ***
Capitolo 20: *** Non c'è più tempo ***
Capitolo 21: *** Se provi a mollarmi la mano senza una scusa più che ottima, giuro che mi metto a urlare ***
Capitolo 22: *** Tu ***
Capitolo 23: *** Non voglio più essere ferito ***
Capitolo 24: *** È solo una leggenda ***
Capitolo 25: *** Sono sempre stato io ***
Capitolo 26: *** Sono tre anni che sono innamorato di te ***
Capitolo 27: *** Certo che ti richiamo, scema ***
Capitolo 28: *** I morti vanno lasciati stare ***
Capitolo 29: *** Ci hanno proprio fottuti ***
Capitolo 30: *** Prenditi pure tutto il resto della fottuta Akatsuki ***
Capitolo 31: *** Hai il mio permesso ***
Capitolo 32: *** Akatsuki Gaiden #1. Le stagioni di Shisui ***
Capitolo 33: *** Akatsuki gaiden #2. Le stagioni di Madara ***



Capitolo 1
*** Digli pure che sono io che voglio vedere lui ***


100% SAKURA
- Seconda serie -
- Le stagioni di Sasuke -

Sasuke I
Digli pure che sono io che voglio vedere lui

Un parco giochi.
Il terreno è brullo, arido, ornato qua e là da alcuni ciuffetti d'erba verde. Un muretto di mattoni grigi cinge il parchetto su tre lati, mentre su quarto vi è una ringhiera ormai consumata dalla pioggia e le altre intemperie.
Vi è uno scivolo in plastica, completamente ricoperto da graffiti e con alcune parti che cadono letteralmente a pezzi. Poco distante, un'altalena con la struttura metallica completamente arrugginita e i seggiolini in plastica che sembrano dover cedere da un momento all'altro, sotto il peso di chi vi si siede.
Ad uno di essi, intento a contemplare le proprie mani, dondolandosi dolcemente, vi è un ragazzino con il capelli scuri. L'immagine è sfocata.
Emozioni. Un turbinio di emozioni. E di sensazioni fisiche, reali e pungenti. I muscoli fanno male, le braccia sembrano due pezzi di legno, le dita si muovono a malapena. Dietro a tanto dolore, la voglia di smettere subito, appena si è cominciato. La sicurezza di non essere adatti al compito.
Il giovane scuote la testa, scacciando quei pensieri.
E' difficile, è vero, ma non può mollare. Tutto quello che sta passando, tutto ciò che ha provato negli ultimi giorni, nelle ultime due settimane è necessario. Necessario per fargli capire chi è, per trovare sé stesso e – oltre ogni cosa – la verità.
La verità. Un'ossessione.
Una fitta lo prende alla schiena: poche ore prima è caduto all'indietro e si è fatto male, tanto da procurarsi un livido piuttosto grosso e violaceo.
Raccoglie le ultime forze e si alza: nei momenti di sconforto, è sempre utile venire al parchetto dove giocava da bambino. E dove era successa
quella cosa. Lo aiutava a pensare, a rilassarsi, a comprendersi e a prendere la decisione corretta. Avrebbe continuato, lui non era fatto per mollare tutto a metà strada.
Una volta in piedi, però, un'immagine nitida gli appare davanti: è in pieno contrasto con la sfocatura di tutto il resto.
E' una ragazza della sua età, con i capelli rosa e due grandi occhi verdi. Si sente per un momento le guance in fiamme, capendo di essere visto. Lei si sta avvicinando, e lui non ha idea di come sfuggirle.
Non vuole parlarle. Non è ancora pronto.
“Sasuke... kun” abbozza lei, abbozzando un tono formale che provocò una fitta al cuore del ragazzino di nome 'Sasuke'.
“Sakura-chan” risponde lui, ostentando indifferenza.
I due si guardano per un lungo momento, senza aggiungere altro. Poi, è la giovane a prendere coraggio e confidarsi.
“Naruto è andato via. Due settimane fa.”
Il mondo si ferma per un secondo, mentre quelle parole rimbombano nell'aria, perdendo pian piano di significato.
Lui non parla, ma lei non demorde.
“Tu sei l'unico che lo conosceva bene quanto me. Eravate rivali, forse lo siete ancora, e questo è un legame ben più forte di qualsiasi amicizia.”
“Quindi?” le risponde, con la voce strozzata dalla gola improvvisamente secca.
“Solo tu sai cosa sto provando, in questo momento. E solo io so cosa proverai, una volta capito quanto abbiamo perso.”
Un altro secondo di pausa precede un improvviso cambio di tono da parte della giovane.
“Però ha detto che tornerà, me l'ha promesso! Quindi, se ti va... torniamo amici, in modo da farci forza l'un l'altro ed aspettare insieme il suo ritorno?”
La scena, prima che il ragazzo possa rispondere, diventa completamente bianca.

Sasuke Uchiha si stropicciò gli occhi cisposi, aprendoli lentamente. Gli ci vollero alcuni secondi prima di capire dove si trovasse.
Dopodiché, alla vista del grande ventaglio bicolore posto sulle tende blu, ricordò di essere in camera sua. Era da veramente tantissimo tempo che non faceva più quel sogno: erano già passati tre anni da allora e, in tutta sincerità, non poteva minimamente giurare che le cose si fossero svolte come le ricordava lui.
Sembrava tutto troppo manovrato, nella sua mente.
Il ragazzo si tirò su, mettendosi a sedere, e anticipò la sveglia giusto di qualche secondo. Dopo averla spenta, prese con sé la divisa della scuola e andò in bagno, dove si spogliò completamente. Si osservò per un attimo nello specchio: gli occhi scuri gli si erano allungati ulteriormente nel corso del tempo ed i capelli erano talmente lunghi che lo si sarebbe potuto scambiare per suo fratello maggiore.
Itachi... pensò, per un attimo, prima di cominciare a lavarsi.
Una volta finito, si infilò i pantaloni blu della divisa, si abbottonò la camicia bianca e si mise la giacca e la cravatta dello stesso colore dei calzoni. Il drago stilizzato all'orientale, simbolo del suo liceo, cucito sulla tasca della giubba aveva come sfondo il solito ventaglio bicolore: come metà delle cose in quella cittadina, era stata fondata e finanziata dagli Uchiha.
L'altra metà, manco a dirlo, era degli Hyuuga.
Una volta uscito dal bagno, recuperò la sua cartella rigida e nera, e si affrettò lungo il corridoio. La sua stanza era al piano superiore della tenuta degli Uchiha, su un piano rialzato completamente costruito in legno. Lungo il tappeto che copriva il parquet in ogni angolo della casa erano disegnati tantissimi piccoli ventagli.
Ventagli, ventagli ed ancora ventagli. A ricordargli continuamente chi era, quali erano le sue responsabilità e a quale casato apparteneva.
Scese le scale di fretta e si diresse verso la porta senza neanche mangiare. La madre – una donna minuta, con capelli ed occhi scuri – lo intercettò appena in tempo.
“Sasuke-chan, dove vai senza salutare?”
Lo prese le spalle, gli raddrizzò la cravatta e gli diede due baci sulle guance.
“Buona scuola e fatti valere, ragazzo.”
“Sì, mamma” fece lui, arrossendo un poco.
Sua madre era l'unica, là dentro, che mostrava di volergli veramente bene: si era sempre presa cura di lui e non l'aveva mai trattato come un pezzo di un ingranaggio più grande o, ancora peggio, come un surrogato di suo fratello.
In quel momento, però, una figura massiccia ed imponente apparve dalla porta del cucinino. Aveva capelli lunghi e neri, benché tendenti ormai al grigio, e uno sguardo duro e serio. Il corpo muscoloso era avvolto da una vestaglia di seta blu chiaro che, dietro la schiena e all'altezza del cuore, aveva cucito il simbolo degli Uchiha.
Un ventaglio. Un altro.
“Mi aspetto che tu continui con gli ottimi risultati degli ultimi anni.” fece l'uomo, con voce profonda e scura
“Io e tuo zio ci aspettiamo molto da te.”
Altre responsabilità. Come al solito.
Sasuke lo guardò dritto negli occhi, senza abbassare lo sguardo neanche per una frazione di secondo.
“Sì, padre” disse infine, ma con un tono tutt'altro che remissivo.
Una volta salutati entrambi i genitori, uscì dalla porta di casa e attraversò in fretta il giardino, dove due servitori gli aprirono l'enorme portone in legno scurissimo, probabilmente ebano importato direttamente dalle regioni africane.
Il giovane svoltò a sinistra, per poi prendere la strada principale della cittadina, quella che la attraversava da parte a parte e portava in tutti i luoghi più importanti del centro. Tra cui, ovviamente, il suo istituto scolastico. Una volta passato il primo angolo, però, una voce conosciuta lo chiamò a sé.
“Sasuke Uchiha.”
Leggermente nasale e con il solito tono sbeffeggiante, accompagnato da un sorriso che metteva in mostra i denti aguzzi.
“Hozuki” si limitò a constatate l'altro.
Se era irritato, di certo non lo dava a vedere.
Il ragazzo dai capelli azzurri si avvicinò al suo compagno: era alto tanto quanto l'altro, ma era anche decisamente più robusto. Nonostante gli anni di allenamenti, in quanto a forza bruta superava facilmente il moretto.
“Cosa ci fai qui?” chiese, allora, Sasuke, con tono leggermente più freddo.
L'altro sorrise.
“Tranquillo, tranquillo. Sono venuto a recapitarti un messaggio, poi me ne vado.”
“Sarà meglio. Ed in fretta, anche.”
Da quando era apparso, Uchiha non aveva smesso un attimo di guardarsi intorno, benché con la sua solita calma impassibile.
“Stai calmo, fratellino. Non ho intenzione di accompagnarti a scuola, non sono tua madre.”
“E per fortuna.”
“In fondo, non vorrai mica che i tuoi amichetti scoprano che gentaccia frequenti, no?”
Il moro si irrigidì, ma continuò a camminare.
“Non sono i miei amichetti. Non ho amici, non posso averne. Se ne avessi, sarebbero in pericolo, quindi ho smesso.”
Suigetsu abbozzò nuovamente un sorriso.
“Va bene, va bene.”
“Allora, che c'è?”
“Sempre sbrigativo, eh?” fece Hozuki, accendendosi una sigaretta
“Comunque, volevo solo dirti che abbiamo perso l'appalto.”
Pur continuando a camminare, Sasuke ebbe l'istinto di fermarsi e chiedere spiegazioni. Tuttavia, onde evitare di mostrare più del dovuto le proprie debolezze, si limitò ad esigere una conferma quasi inutile.
“Sempre loro?”
“Certo.” rispose l'altro, soffiando fuori il fumo
“Ah, e il capo vuole vederti. Oggi, dopo le lezioni.”
Una volta di più, il moro fu ad un passo dal fermarsi ed il chiedere a gran voce il perché di quella decisione. Però, saggiamente, aumentò il passo e lasciò indietro il suo compagno. Infine, sorridendo, preferì mostrarsi in completo controllo della situazione.
“No. Digli pure che sono io che voglio vedere lui.”
“Ricevuto!” gli gridò l'altro, sghignazzando come una iena.

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Buonasera, miei cari lettori!
Dopo un bel po' di tempo dalla cancellazione della prima stesura de Le stagioni di Sasuke, la serie ritorna finalmente (?) su EFP. Ho impiegato tanto, tantissimo tempo per riuscire a capire come imbastire questa fanfiction senza commettere gli errori dell'altra volta e, alla fin fine, ho deciso di agire come per la prima parte: benché la trama qui sia più articolata che nella prima stagione, voglio comunque lasciarmi guidare dall'ispirazione (beh, alcune linee guida ce le ho, eh...!), senza programmare eccessivamente.
Questo, però, avrà un effetto diretto sui tempi di pubblicazione: a parte questa settimana che pubblico di giovedì, l'idea sarebbe di far uscire un capitolo ogni fine settimana. Tuttavia, proprio per evitare gli stessi errori e problemi avuti con la prima stesura, tutto ciò dipenderà dalla mia ispirazione (che va e viene: è da due settimane che sono bloccato e con la tesi, e con il romanzo che sto scrivendo, nonostante manchi pochissimo, e la cosa mi fa venire un nervoso allucinante... se non fosse per questa fic, non avrei scritto nulla).
Altro punto fondamentale, quindi, è anche il tempo che mi concederà la vita: ora come ora la neve mi sta dando una settimana di riposo, ma da domani o da settimana prossima dovrei ricominciare ad occuparmi (a livello di organizzazione, se non di vere e proprie riprese) di una sit-com in arrivo (appena verrà pubblicato il primo episodio, credo che ne approfitterò per farvelo sapere: se arriviamo a 2000 visualizzazioni al mese, siamo in lizza per le graduatorie con le serie italiane sul web più viste!) e questo mi toglierà parecchio tempo, anche perché la scrittura è una passione, la sit-com è 'lavoro'.
Quindi, se per caso arriverò al punto in cui non avrò tempo e voglia di scrivere e questo mi parrà un obbligo piuttosto che un piacere, vi avverto già che non attenderò a sospendere la pubblicazione settimanale fino a quando non sarò soddisfatto di ciò che scrivo.
Gli avvisi, in generale, sono finiti: ora, godetevi pure la fanfiction, sperando che i vecchi lettori non l'abbiano abbandonata e che nuovi si appassionino ad essa! Buon 100% Sakura a tutti!
Noi ci si becca al prossimo capitolo, ja ne!!

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Capitolo 2
*** Non ti lascerò andare finché non mi dirai di sì ***


Sasuke II
Non ti lascerò andare finché non mi dirai di 'sì'

Sakura quella mattina si svegliò presto, come al solito. Mentre la sveglia continuava a sognare, raccattò la divisa lasciata sullo schienale della sedia e si trascinò fino al bagno. Gli occhi minacciarono di chiudersi e lei li svegliò definitivamente infilando la faccia dritta dritta sotto un getto d'acqua.
Dopo essersi sciacquata il volto, si svestì e si insaponò le ascelle e il busto. Negli ultimi tre anni il suo corpo s'era fatto meno tozzo, più slanciato e femminile. I fianchi formavano una piacevole anfora, mentre l'ombelico le sorrideva, allungato, in mezzo alla pancia. L'unica cosa che non ne voleva sapere di decidersi a crescere, era il seno.
Si tolse il sapone, si asciugò e si infilò la divisa dell'istituto. La minigonna blu le lasciava scoperte le gambe lunghe e magre, benché forse un po' troppo muscolose. La camicetta bianca era richiusa, sul collo, da un foulard blu e bianco che, sul davanti e sul retro, portava lo stemma della scuola: il drago orientale stilizzato. E lì accanto, un po' più piccolo, un ventaglio bianco e rosso.
Sakura sospirò. Quel giorno, dannazione, sarebbe riuscita a convincere quel maledetto testone di Sasuke.
Da quando, tre anni prima, gli aveva proposto di tornare a essere amici e lui aveva accettato, in realtà non aveva fatto altro che allontanarsi progressivamente da lei. Ma questa volta, cascasse il mondo, non si sarebbe arresa finché non avesse strappato un 'sì' come risposta.
Si lavò i denti alla veloce, uscì dal bagno e recuperò la cartella marrone. Lì accanto, sulla scrivania zeppa di fogli pieni di schizzi e di tavole di fumetti lasciate a metà, c'era la classica lettera di 'buon nuovo anno scolastico' che la scuola inviava, a lei e a tutti gli alunni, ogni primavera. Questa volta, però, c'era scritto che – per la sua classe, quantomeno – c'era in serbo una graziosa novità.
'Graziosa novità'? pensò Sakura. Che modo di parlare effemminato, caro vice-preside Orochimaru?
Poi percorse il corridoio, raggiunse l'entrata e si infilò le scarpe. Salutò la casa, vuota come al solito, e si precipitò giù dal portone. Una volta fuori, l'aria primaverile le sferzò il volto e il tenue odore dei ciliegi in fiore le solleticò l'olfatto.
“Yo, Sakura!” la chiamò una voce familiare.
Come tutte le mattine durante il periodo scolastico, Temari la stava aspettando all'angolo. Era all'ultimo anno e la camicetta della divisa le stava stretta sul seno.
Lei e Sakura, dopo l'esperienza del club di cinema, erano pian piano diventate amiche durante gli ultimi tre anni. Prima si vedevano soltanto a scuola, nelle pause, spesso anche con Ino e TenTen. Poi, Temari s'era abituata agli orari impossibili di Sakura e le due avevano cominciato a andare e tornare dall'istituto insieme.
“Temari-chan, ciao! Come sono andate le vacanze?”
Temari esitò un poco.
“B-bene, direi bene. E a te?”
Sakura fece spallucce. I suoi lavoravano tutto il giorno e, come tutte le volte in cui era in pausa dalla scuola, doveva comunque rimanersene a casa. Se non altro, almeno così aveva il tempo per disegnare: da quando Naruto le aveva fatto fare la storyboarder, si era pian piano appassionata sul serio al disegno e a questa sua particolare abilità.
Già, Naruto, pensò poi.
Da quando era partito, alla fin fine, non s'era fatto sentire una sola volta. Niente telefonate, niente lettere, niente cartoline. Niente di niente.
Che diavolo di fine hai fatto, brutto cretino!?
“Tutto bene?” le chiese Temari, vedendo la sua faccia corrucciata.
“Sì, sì.” spiegò Sakura
“Stavo solo... pensando.”
Poi si fermò per un momento, frugò nella cartella e tirò fuori la lettera del vice-preside.
“Ah, Temari, tu hai ricevuto qualche notizia particolare nella lettera di buon anno scolastico?” chiese, infine.
Temari la osservò un po', senza capire.
“No... niente. Perché?”
“Nulla. E' che la mia parla di una 'graziosa novità'...”
Temari scoppiò in una grassa risata.
Graziosa novità? Ma chi diavolo è che parla così?”
“Il vice-preside Orochimaru” disse Sakura, sospirando.
“L'ho sempre detto che quello lì non è del tutto uomo! In ogni caso, qualunque sia la novità, direi che la scoprirai presto!”
Le due ragazze, infatti, erano arrivate all'istituto. Varcarono il portone, raggiunsero l'edificio grigio e squadrato ed entrarono per la porta di vetro e metallo. Una volta superata la prima rampa delle scale marmoree, si salutarono e andarono ognuna nella propria classe. Quando Sakura arrivò davanti alla sua, però, vi trovò un cartello.

LA CLASSE SARA' INAGIBILE FINO ALLA FINE DELL'ANNO. GLI STUDENTI DEL 3-C SONO PREGATI DI ANDARE NELL'AULA T4

Il vice-preside Orochimaru-sama

“Tsk, 'sama'...” disse Sakura a bassa voce.
Poi, come all'improvviso, si ricordò qual'era l'aula T4.
Ma... è dove abbiamo fatto l'ultimo anno delle medie!
Come galvanizzata da quella notizia, si precipitò giù per le scale, rischiando di inciampare e ruzzolare giù. Poi svoltò a destra e percorse il corridoio bianco fino in fondo. Lì, a sinistra, c'era la loro vecchia aula. Entrò.
Ecco qual'era la sorpresa, sospirò tra sé e sé.
Passeggiò lentamente per tutto il perimetro dell'aula e raggiunse l'ultimo posto in fondo, su un lato. Il suo posto. E lì, subito accanto a lei, era dove si era sempre seduto Naruto. Dove le aveva fatto la sua prima dichiarazione. Dove aveva scorto i suoi disegni e l'aveva spronata a coltivare quella passione. Dove erano diventati amici e, pian piano, qualcosa di più.
Ma adesso, lui era sparito.
Sakura guardò il primo banco, sulla sinistra, all'estremità opposta della classe. Lì, tutte le mattine, ci trovava Sasuke: era l'unico capace di arrivare addirittura prima di lei. Ma ora, anche lui non era lì. Da quando aveva perso l'abitudine di venire presto, la mattina?
Il primo anno del liceo c'era sempre tanto che, pian piano, avevano preso l'abitudine ad andare a scuola insieme. Era stata la prima a farlo arrivare un po' dopo e, forse, era lì che tutto era cominciato. Poi, però, Sasuke si era distaccato sempre di più e aveva cominciato ad arrivare sempre più tardi, o a non venire proprio.
Ormai, arrivava subito prima della campana della prima ora e sgattaiolava via non appena veniva suonata la fine delle lezioni. O almeno, così aveva fatto per tutto l'ultimo semestre dello scorso anno. E, volente o nolente, d'ora in poi le cose sarebbero state molto diverse.
Sì, ce la farò! si disse Sakura, improvvisamente fiduciosa.
“Ah, questo mi riporta indietro!” esclamò una voce maschile
“Che nostalgia!”
“Contento tu” biascicò un'altra voce, un po' scocciata.
“Chouji! Shikamaru” fece Sakura nel vederli
“Come va? Sono andate bene, le vacanze?”
“Al solito” borbottò Shika.
“Tradotto, ha giocato tutto il giorno a shogi con suo padre” disse Chouji, sorridendo.
“E te? Che hai fatto?”
“Ah, io ho fatto del turismo culinario con la mia famiglia! Abbiamo girato tutto il Giappone alla ricerca dei locali famosi per le specialità delle varie prefetture e...”
Ma la voce gli andò improvvisamente via, quando vide Ino varcare la porta. Le gambe, scoperte dalla minigonna, le si erano allungate ulteriormente durante l'estate. E anche il seno, se fosse possibile, sembrava essere cresciuto.
Chouji deglutì e, quando lui e Ino si scambiarono un'occhiata furtiva, si azzittì e arrossirono entrambi. Poi si voltò di nuovo verso Sakura.
“Noi... noi andiamo al posto, allora. Vi lasciamo sole” disse poi, con voce roca.
Chouji e Ino, da quella maledetta sera al mare, avevano passato tre lunghi anni a fare una sorta di logorante tira e molla. Il momento prima erano amici, poi si avvicinavano troppo e finivano inevitabilmente per farsi del male. Allora si allontanavano di nuovo e ricominciavano tutto da capo. Erano come due porcospini che dovevano ancora trovare la distanza giusta a stare abbastanza vicini, ma senza pungersi con i rispettivi aculei.
Prima o poi, dovranno chiarire tutta questa situazione, pensò Sakura.
Pian piano, la classe cominciò a riempirsi e il momento dell'inizio delle lezioni si avvicinò in fretta. Sakura parlò un po' con Ino e Tenten, che erano già andate al piano di sopra per salutare anche Temari.
Poi entrarono anche Hinata e Kiba ma andarono a sedersi in due posti diversi, ai lati opposti dell'aula. Si vociferava che si fossero lasciati durante l'estate: negli ultimi anni era diventata una prassi.
Kiba andava in vacanza e si divertiva con amici e amiche, dimenticandosi di chiamarla. Lei tirava fuori tutto il poco coraggio che possedeva, si arrabbiava e gli diceva di non volerlo vedere mai più. Con l'inizio dell'anno scolastico, però, di solito bastavano poche settimane e i due tornavano insieme, più felici di prima.
Sasuke, quel giorno, riuscì a battere ogni record: arrivò esattamente un secondo e mezzo prima dell'arrivo del professor Gai e due secondi netti prima della campana. Senza guardare in faccia nessuno, attraversò la classe e si fiondò al suo posto – libero, sempre e comunque: nessuno avrebbe mai osato fare uno sgarro a Uchiha.
Non ci sperare, Sasuke, pensò Sakura. Riuscirò ad averti, oggi!
Le lezioni cominciarono e, come spesso capitava durante i primi giorni, corsero via più veloci che in tutti gli altri giorni dell'anno. I professori interrogarono un po' gli studenti sui compiti delle vacanze, ma anche su cosa avessero fatto e se si fossero divertiti. Il primo giorno di scuola, in fondo, era sempre una grande festa.
Appena vide che mancavano più due minuti scarsi alla campana di fine giornata, Sakura infilò velocemente tutto il materiale nella propria cartella e la richiuse. Durante gli ultimi giorni, s'era allenata a farlo almeno un centinaio di volte.
Quando suonò, raccattò la borsa e si fiondò verso la porta. Sasuke tentò di anticiparla ma si ritrovò il braccio della ragazza dritto davanti al collo. Poi, appena si girò, Sakura mise l'altro braccio sul muro di fondo e lo chiuse in un angolo. Gli altri compagni gli passarono accanto, limitandosi a lanciargli sguardi e sorrisi divertiti.
“Sakura, ho fretta, ora proprio non...” accennò Sasuke.
“Domani ci sarà la prima riunione. Vieni almeno a fare una prova?” lo interruppe Sakura
“E, bada bene, non ti lascerò andare finché non mi dirai di 'sì'.”
Fece una pausa.
“Allora?”

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02-02-2012 – 26-08-2013. Sono passati esattamente un anno, sei mesi e ventiquattro giorni dall'ultimo aggiornamento a questa fanfic. All'epoca avevo già messo le mani avanti, dicendo che avrei avuto da fare e non era detto che potessi continuare regolarmente la storia. Da quel momento in avanti, però, non ho più pubblicato un solo capitolo. Sono sparito nel nulla, senza avvertire. Puff. Un vero stronzo.
E ora potrei accampare ventimila scuse, tra cui gli impegni, la laurea, i libri da scrivere, gli spettacoli da organizzare... sì, in questo anno e mezzo mi sono successe parecchie cose. Ma la verità è un'altra: non ero abbastanza bravo per scriverla. E' la parte più difficile di questa fanfic divisa in tre, e un anno e mezzo fa non ero all'altezza del compito che mi ero prefisso. Dovevo scrivere, fare esperienza e maturare, ma non avevo l'umiltà di ammetterlo, così ho finto tutto questo tempo.
Ho finto, e ho scritto. Ho scritto tanto, tantissimo. Ho ultimato un libro e l'ho inviato a Mondadori, ancora in attesa di responso. Ho scritto svariati racconti per svariati concorsi. Ho scritto la tesi di laurea, con ottimi risultati. Sto scrivendo, con mio padre, la sceneggiatura per un film. Ho scritto tanto, insomma. E sono diventato, spero, uno scrittore migliore.
Così, pure nel bel mezzo del casino e del lavoro, ho deciso di tornare a scrivere fanfic, perché è da un mesetto che non scrivo e ho bisogno di qualcosa di professionalmente poco impegnativo per ricominciare e non perdere l'abitudine. E ho idee, molte idee, per altre fanfiction. Ma, appena mi sono affacciato su EFP, ho saputo la verità: 100% Sakura mi aveva sempre perseguitato e l'avrebbe fatto per sempre, se prima non l'avessi ultimata. Bene, male o malissimo, ho saputo immediatamente di doverla ultimare.
Ho buttato all'aria gli appunti per le altre fanfiction, ho trangugiato un bibitone d'umiltà e mi sono rimesso al lavoro. Pur sapendo che chi la seguiva un tempo ormai se ne sarà già dimenticato, o forse non sarà neanche più sul sito. Sapendo che c'è l'altissima possibilità che non la legga nessuno e che le recensioni siano solo un lontano miraggio (ma, in tutta sincerità, la cosa non mi ha mai preoccupato più di tanto: mi piacciono le recensioni, è ovvio, ma soltanto per poter capire come arriva al lettore il mio prodotto). Sapendo che pubblicare un lunedì mattina d'estate, alle 10, è forse il peggior suicidio social-artistico possibile su EFP.
Tuttavia, io lo devo fare. E quindi, eccomi qui. Non ho un piano, soltanto sbiaditi ricordi di ciò che questa fanfic doveva essere (più il finale, la terza parte, ben impressa nella mente). Andrò avanti settimana dopo settimana, sperando che l'ispirazione mi aiuti e di riuscire a tirar fuori comunque un buon prodotto. In fondo, pare che persino Dickens, nel suo Oliver Twist, sia andato avanti alla cieca fino alla fine!
Aggiornerò verosimilmente nei week-end ma, non avendo un progetto preciso, potrebbero sempre esserci dei ritardi. In tal caso, mi scuso in anticipo.
Però, una cosa mi sento di prometterla: io finirò questa fanfic. Dovesse costarmi più di quanto non sono disposto a 'spendere', la finirò. Dovessi avere soltanto i manzoniani 'quattro lettori' (beh, oddio, fossero davvero 'quattro' come quelli del Manzoni, potrei morire felice xD), la finirò. Se no, so già che lo spirito delle fanfic incomplete tornerà a tormentarmi di notte (e, prima o poi, potrei anche scrivere un rifacimento del Canto di Natale – giusto per rimanere in tema dickensiano – in questa chiave!).
E ora, grazie dell'attenzione, della pazienza, e grazie ancora di aver letto fino a qui. Se ti va, continua a seguirmi. Chiunque tu sia, ti voglio bene.

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Capitolo 3
*** Io ti ho chiesto un consiglio, mica di farmi la paternale! ***


Sasuke III
Io ti ho chiesto un consiglio, mica di farmi la paternale!

L'interno di un dojo. E' tutto in legno. Il pavimento, i muri, il soffitto. Persino le panche per riposarsi.
Un pugno al volto. Parata a destra con il dorso della mano e affondo con il braccio opposto. Viene deviato. La guardia, però, sembra essere stata bucata. Un passo avanti, corpo all'ingiù e montante dritto di sopra. L'avversario salta all'indietro e, prima che il braccio ritorni al corpo, lo colpisce con un calcio.
Dolore. Un dolore intenso e pulsante. Il braccio è diventato subito rosso. Lo riporta indietro e rialza la guardia. Non può esitare, neanche dopo essere stato colpito. E' stato fermo troppo ed è fuori allenamento. Si deve abituare a resistere. Si deve abituare a non mostrare le emozioni. Faccia da poker. Ecco, una faccia da poker.
L'altro sorride. I lineamenti dolci e arrotondati e i capelli castani lunghi fino a fianchi lo fanno assomigliare a una ragazza, ma è un ragazzo. I suoi occhi, per colpa di una mutazione che ha colpito tutta la sua famiglia, sono bianchi. La cornea, l'iride, le pupille. Tutti bianchi.
Neji Hyuuga è stretto in un
kimono bianco panna da judoka. Quando si allena, giù nel dojo di famiglia, è sempre vestito così. Lo rende etereo, distante, ma anche femminile. Forse, spera di confondere i propri avversari, fa in modo che lo sottovalutino.
Ma lui non può pensare a tutto questo. Si deve concentrare. Respira e comincia a passeggiare in tondo, accerchiando Hyuuga. Si concentra. Sono passi piccoli, millimetrici. Striscia quasi i piedi contro il pavimento di legno. E' scalzo e alcune spine gli si infilano nella pianta. Ci è abituato, ormai.
Piega leggermente l'alluce, si dà la spinta e carica. Un pugno dritto al volto. Neji si volta su un lato, lo evita e in un passo chiude la distanza tra loro due. Ormai gli è entrato nella guardia, non può fare più nulla. Un pugno a tutta forza lo colpisce alla bocca dello stomaco e lui si sente svenire, gli viene da vomitare.
Viene sollevato da terra e si sente ricadere a peso morto. Fa male, un male atroce, ma deve continuare a combattere. Si deve abituare. Concentrare. Deve tornare quello di un tempo. Così, porta la mano in avanti, la poggia sul parquet e si dà lo slancio per rigirarsi a mezz'aria e rimettersi in piedi.
Neji Hyuuga lo guarda. E sorride. Poi si volta, alza la gamba e sferra un calcio rotante al suo volto. Lui si difende d'istinto con il braccio già ferito. Dolore. Un dolore pulsante. Forse s'è rotto. Anzi, s'è sicuramente rotto. Rimane immobile. Neji continua a spingere con la gamba. Lui non si muove. Non si muove. Non si muove. Il volto è al sicuro.
Hyuuga abbassa la gamba. Lui abbassa il braccio. Lo muove. Non è rotto. Ma gli fa male, molto male. Non potrà più usarlo per parare i colpi.
Sospira e, dal lato opposto, un pugno lo prende in pieno sulla guancia sinistra. Sente il collo partire su un lato e lui non può fare nulla per fermarlo. Per un attimo, ha paura che gli si stacchi di netto. Poi un nuovo pugno, questa volta allo stomaco. E altri due al volto. E uno allo stomaco.
Si piega in due e, finalmente, un gancio dall'alto lo prende poco sopra l'occhio destro e lo manda definitivamente a terra. La faccia gli si spiaccica contro il legno e sente un fiotto di sangue caldo uscirgli dal naso. Si rimette sulle quattro zampe e un calcio lo prende in pieno sul volto, rivoltandolo sulla schiena.
Le luci soffuse del
dojo lo accecano. Non si sente più il naso, il braccio gli duole e la schiena sembra essersi trasformata in un puntaspilli. Neji lo guarda dall'altro. E sorride.
"Alzati" gli dice
"Alzati, Uchiha. O devo pensare che la tua volontà non sia abbastanza?"
"No" sussurra Sasuke. Ha la voce roca.
"Allora alzati. Devi diventare forte, Uchiha. Devi rinunciare a tutte le debolezze, o tutti i tuoi amichetti rischiano di fare una brutta fine."
Un'energia che non credeva nemmeno più di avere lo assale, e si alza. Si piazza a pochi centimetri dal viso di Neji Hyuuga. E' furioso.
"NO!" urla.
"Allora, non dovresti nemmeno reagire così. Devi lasciarli indietro, abbandonarli. Devi dimenticarti dei tuoi affetti, delle emozioni che ti hanno fatto provare. Sono solo una debolezza. La tua debolezza. E quelli ci sguazzano dentro, se li lasci fare. D'ora in poi, per te esiste soltanto la vendetta."
E' vero. Deve dimenticarsi di tutto. Del club di cinema. Di Sakura. Di Naruto. Una fitta lo assale ma la scaccia subito. Deve diventare robot. Un robot invincibile, per combattere. Un robot intelligente, per arrivare alla verità. E un robot
assassino, per vendicarsi.
"Lo so" risponde.
"Bene. Perché mi sembrava che te ne fossi dimenticato."

Sasuke percorse la strada a passo sostenuto. Era già in ritardo, e Sakura era riuscito a incastrarlo nella sua stupida riunione del giorno dopo. L'aveva chiuso all'angolo e sapeva perfettamente che, se non le avesse detto ciò che voleva sentirsi dire, non l'avrebbe più lasciato andare. E, nonostante questo, sarebbe comunque arrivato tardi.
Senza contare che, così, il giorno dopo avrebbe avuto il pomeriggio completamente occupato. E, in questo modo, sarebbe stato costretto a riavvicinarsi a lei e, forse, a tutti gli altri ex-membri del club di cinema.
No, pensò. Questo non deve succedere, a qualunque costo.
Costo che, tanto, avrebbe comunque dovuto pagare lui stesso. Sospirò, e si infilò nella stradina che conduceva alla magione del Clan Hyuuga.
Superò il grande portone in legno sempre aperto e proseguì lungo il giardino di ghiaia in stile zen. Si incuneò in una stradina tutta curve circondata da tre giardini bonsai e qualche arbusto, quindi raggiunse l'entrata del dojo. Subito davanti, nel grande laghetto di pietra bianca, i pesci rossi sguazzavano placidamente.
Fu lì lì per tirare la porta scorrevole in legno e carta di riso che una vocetta sin troppo familiare lo richiamò.
“Sasuke-kun!”
Si voltò e una ragazzetta di tredici, quattordici anni gli si parò davanti. Portava un top nero che le scopriva l'ombelico e un paio di leggins dello stesso colore. Gli occhi bianchi – come il resto della famiglia, d'altronde – e la pelle diafana dai lineamenti morbidi contrastavano pesantemente con i lunghi capelli corvini.
Un di seno in più e sarebbe stata tutta sua sorella, pensò Sasuke. Poi scosse la testa: doveva dimenticare quelle persone e quel periodo. E poi, gli pareva il momento di far caso a certe cose!?
“Hanabi.” disse Sasuke, piatto
“Che vuoi?”
“Ho bisogno di un consiglio” fece lei con voce un po' lamentosa.
“Fammi indovinare.” lanciò lì Sasuke
“Suigetsu.”
La ragazzina arrossì di colpo.
“B-beh... s-sì... è proprio Suigetsu.”
Sasuke inarcò un sopracciglio.
“Sono due anni che mi danni l'anima con questa storia e ancora ti viene da arrossire?”
“Sono fatta come sono fatta! Oh!”
“Comunque, devi lasciarlo perdere.” disse, come se lei non avesse parlato
“Lui sta con Karin.”
“No, non è vero.” disse, tutta trionfante, Hanabi
“Si sono lasciati l'altro ieri!”
“Quei due si lasciano ogni due, tre giorni. Tra oggi e domani torneranno insieme. Non farti troppe illusioni.”
“Senti, Sasuke. Io ti ho chiesto un consiglio, mica di farmi la paternale!”
Sasuke sbuffò e si infilò le mani in tasca.
“Sentiamo, allora.”
“Tra poche settimane è il compleanno di Suigetsu e io non so assolutamente che cosa regalargli! Tu che mi dici?”
Sasuke ci pensò, o fece finta di pensarci, un po' su.
“Un tirapugni” concluse, infine.
E girò le spalle ad Hanabi, tirò fuori le mani dalle tasche e fece scorrere la porta del dojo. E' tutto in legno. Il pavimento, i muri, il soffitto. Persino le panche per riposarsi.
Scosse la testa ed entrò. Neji, un asciugamano sulle spalle, era ancora in kimono, sudato fradicio. In un angolo, le braccia conserte e l'espressione impaziente, Suigetsu aspettava di cominciare la riunione.
“Buongiorno, Sasuke” disse Hyuuga appena lo vide.
“Che diavolo è successo?” chiese, subito, Uchiha
“Questo appalto non doveva essere cosa fatta, dannazione?”
Il mezzo sorriso che Neji aveva sul volto sparì di colpo e i suoi occhi si fecero d'un tratto cupi e molto, molto seri.
“Forse dovresti dirmelo tu, Uchiha.”
Sasuke aggrottò le sopracciglia.
“Che intendi dire, Hyuuga?”
Li raggiunse anche Suigetsu.
“Già, Neji. Che intendi dire?”
“Tre anni fa gli Hyuuga erano il clan più potente della cittadina.” cominciò Neji Hyuuga, senza preamboli
“Due anni fa, però, sono entrati in campo loro.”
Quelli là” sputò Suigetsu.
“Akatsuki.” disse Sasuke, senza cambiare tono
“Gli stronzi che han preso il nome alla banda di Mangetsu e mio fratello.”
Suigetsu, nel sentire il nome di quelli, quasi rabbrividì.
“E, da allora in avanti, il nostro potere economico e politico è calato drasticamente. Ma chi è davvero 'Akatsuki'? E chi c'è dietro? E' impossibile che una banda con certi mezzi e certe possibilità possa venir fuori così, da un giorno all'altro.”
Sasuke e Suigetsu annuirono. Ma dove diavolo voleva andare a parare?
“E, siccome le risorse generali della città non sono calate di una virgola, vuol dire che queste devono aver cambiato proprietario, devono essere finite da qualche parte.”
“Dai finanziatori di Akatsuki” concluse Sasuke.
Neji sorrise, ma lo sguardo si fece quasi cattivo.
“Esatto.”
Si avvicinò ad una delle panche in legno e recuperò un plico di fogli che passò a Sasuke e a Suigetsu.
“E indovinate un po' qual'è la famiglia che ha tratto il maggior profitto dall'entrata in campo della nuova Akatsuki?”
Sasuke non ebbe neanche bisogno di leggere. La riposta era talmente semplice da sembrare elementare: il clan Uchiha.

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Buongiorno o buonasera, cari lettori! Eccoci qui con il terzo capitolo della fanfic. Innanzitutto, ringrazio tutti quelli che seguono la rinnovata serializzazione di 100% Sakura e, in particolare, un ringraziamento speciale e un saluto a DoubleSkin che ha anche lasciato una recensione all'ultimo capitolo: sono felice che la fanfic ti piaccia.
Detto questo, passiamo alle notizie meno belle. Non voglio già cominciare a mettere le mani avanti ma, siccome per questa fanfiction sto navigando a vista e mi ci vuole del tempo per la stesura di ogni capitolo (che non ho già pronto), nelle prossime tre settimane la serializzazione potrebbe rallentare. Da domani, infatti, inizia un tour de force impressionante per portare a casa un enorme progetto nella città di Genova (che spammerò adeguatamente!) e avrò come tempo per scrivere solo le mattine e, a volte, la sera sul tardi. Io spero di riuscire a non dover interrompere e a postare il capitolo tutte le settimane, però avverto sin da ora del rischio. Inoltre, il week-end del 21 e 22 settembre (oltre a compiere gli anni) sarò impegnato tutto il giorno negli eventi del progetto e quindi, al 99%, il capitolo per quella settimana salterà.
Con questo, credo di aver finito le notizie. Sul capitolo non ho molto da dire, se non che sto traendo un'insana soddisfazione dal tornare ogni tanto indietro nel tempo con i ricordi di Sasuke e credo che, quando ce ne sarà l'occasione, continuerò così (o con ellissi temporali vere e proprie). Insomma, tutto pur d'incasinare fabula e intreccio!
Ancora un grazie enorme a tutti voi che seguite la fanfiction e tante care cose!
Ci scriviamo/leggiamo,

il vostro incasinatissimo autore (con la 'a' minuscola)

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Capitolo 4
*** E' strano ***


Sasuke 04
E' strano

Stanno marciando. Tutti quanti, uno accanto all'altro. Subito di fianco a lui c'è Neji Hyuuga. Ha lo sguardo dritto di fronte a sé. E' una delle prime volte che lo vede uscire dal dojo, dalla residenza della sua famiglia. Di solito, non si scomoda nemmeno.
E' strano.
Un poco dietro di loro, camminano Rock Lee e Killer Bee. Infagottati nelle loro astruse divise, non dicono una parola. E anche questo è molto, molto strano. Di solito, non la smettono un attimo di parlare e di agitarsi. Questa sera, invece, hanno il volto contratto e grondano sudore dalla tensione.
E' strano.
Vicino a loro, subito oltre Neji, ci sono gli altri generali. Sono riuniti tutti, al completo. Suigetsu, della banda dell'ovest; Gaara e Kankuro, del 'deserto', che sta a sud; e lui stesso. Sasuke Uchiha, dei territori dell'est. Si stanno dirigendo tutti quanti a nord. E' la prima volta che si riuniscono per un azione di guerra.
E' strano.
Il territori del nord si sono ribellati. La banda principale, coadiuvata dai tanti, piccoli gruppi minori, ha dichiarato guerra a Neji. Ha preso possesso dei quartieri a nord della cittadina. Si sta tenendo tutti i guadagni e volgendo a suo favore tutti i rapporti economici, e non solo. E ora, minaccia di attaccare la base centrale. Non è mai successo che qualcuno si ribellasse.
E' strano.
La banda di Neji, laggiù, possiede tutto. Dopo la morte di Itachi e Mangetsu, il potere cittadino s'è sgretolato in decine di gruppetti più piccoli. Cinque anni più tardi, Neji ha cominciato a ricostruire una struttura a nucleo centrale. E ora, tre anni dopo, la banda di Neji ha raggiunto il potere massimo.
Tutte le organizzazioni della zona fanno capo a Neji Hyuuga. E, in cambio, Neji Hyuuga concede loro territori e il trenta percento dei guadagni. Ogni zona della città – nord, sud, est, ovest – è controllata da un generale e divisa a sua volta in altre bande minori.
In ogni quartiere, una banda si occupa di recuperare le 'tasse' dai negozianti e di intrattenere rapporti d'interesse con le forze di polizia. In ogni quartiere, una banda si occupa degli appalti minori e delle elezioni delle cariche locali.
In ogni quartiere, una banda gestisce le transazioni economiche territoriali, le entrate e le fuoriuscite di risibili somme di denaro. In ogni quartiere, una banda regola i rapporti tra i cittadini e il passaggio di notizie spiacevoli nei confronti loro e del loro capo.
Dal
dojo centrale, Neji Hyuuga gestisce all'incirca gli stessi problemi, estesi su tutto il territorio cittadino. Nomina gli ispettori che ritirano i proventi e le 'donazioni' delle famiglie e associazioni più importanti della città. Gestisce personalmente il commissariato di polizia e conosce molto, molto bene il commissario.
Controlla, con l'aiuto di alcuni uomini fidati, ogni singolo centesimo che entra nella o esce dalla sua città. Segue e conclude lui stesso tutte le transazioni più importanti con l'esterno, con il resto del Paese. Manda i suoi uomini ad accertarsi che si assicurino
tutti gli appalti della cittadina. Poi, li smista ad alcune imprese di fiducia.
Controlla tutti i notiziari locali e ha pure qualche aggancio con quelli nazionali. Ogni notizia passa direttamente dal suo ufficio. E, ultimo ma non ultimo, decide lui stesso per l'elezione di tutte le cariche della cittadina.
La nomina a sindaco di Hiruzen Sarutobi – candidato da sempre sotto l'ombra e l'influsso della famiglia Hyuuga – dell'anno prima è stata la ciliegina sulla torta di un'espansione continua e totale. Quella sera, però, s'è rotto qualcosa. E i gruppi si sono ribellati.
E' strano, pensa lui, subito prima di infilare il proprio pugno nelle costole del suo avversario.
I suoi compagni, accanto, stanno prendendo a calci e pugni tutti gli altri. La rivolta sarà ben presto sedata. Lui si gira, evita un colpo e stende il suo avversario con una spazzata al ginocchio.
Un ragazzo gli si appende alle spalle e cerca di tirarlo giù. Lui si aggrappa a un suo braccio, si piega in avanti e lo scaraventa contro il muro di fronte. Si stanno battendo in una via talmente stretta che persino la grande inferiorità numerica non sembra più un problema. Quegl'altri possono farsi avanti solo uno, due alla volta.
Lui si gira e pianta le nocche nel naso di una ragazza dai capelli rossi, quasi violacei. Lei fa qualche passo indietro, il volto coperto di sangue. Lui scatta in avanti e le fa perdere i sensi con un colpo dritto dritto allo stomaco.
Un ragazzo dai capelli neri, dritti sulla testa, si fa avanti. Lui evita un paio di pugni al volto, ondeggiando a destra e a sinistra. Ha ancora in testa tutti gli allenamenti fatti con Neji. Un passo avanti ed entra nella guardia del suo avversario. Un colpo al corpo, un montante al mento. E, per finirlo, un jab sulla guancia.
Respira. Chiude gli occhi e respira a fondo. Gli sembra di sentirsi libero solo in quei momenti. In mezzo a tutto quel dolore, tutta quella violenza. Combattendo, ferendo, facendo del male e dimostrando di essere il più forte. La verità, la verità, la verità la può cercare solo in quei luoghi. Discesa all'inferno e ritorno.
Ma l'inferno non dura poi molto. Cinquanta contro sette. La banda di Neji impiega una mezz'ora a finirli tutti. Molti di loro non combatteranno più, altri finiranno su una sedia a rotelle. Un paio, forse, non si rialzeranno nemmeno.
Uno è ancora vivo. Sta bene. O almeno, abbastanza bene per ritrovarsi tra le grinfie di Neji. Hyuuga lo ha risparmiato e lo tiene per la collottola. Quello si agita, vuole scappare, ma non ne ha la forza.
E' un tizio particolare, sembra una mummia. E' ricoperto di bende e porta una giacca grigia con cappuccio ricoperto di pelo. L'unica parte scoperta del suo volto è il suo occhio destro, sgranato dalla paura.
Doveva averci anche parlato, una volta o due. Si chiamava, si chiamava, si chiamava... ah, sì, giusto. Dosu Kinuta. Fa spallucce e, insieme agli altri generali, si avvicina a Neji Hyuuga. Ha preso per il collo quel tizio ma sta ben attento a non strozzarlo.
“Chi è stato?” chiede Neji
“Chi c'è dietro a tutto questo?”
Quello non risponde. Neji stringe ancora di più.
“Chi? Parla.”
L'altro sospira. Chiude l'occhio. E' in lacrime.
“Akatsuki” dice.

Sasuke stava ancora osservando i documenti che gli aveva dato Neji quando Suigetsu lo prese per il collo della maglia e lo sbatté al muro.
“Che è 'sta storia, Uchiha? Che cazzo avete fatto a mio fratello!?”
Sasuke lo spinse a due mani e si liberò.
“Che vuoi, Hozuki?! Non ne so niente, va bene?”
Poi si calmò e lo guardò fisso negli occhi.
“Non sei l'unico che ha perso un fratello, qui.”
“Però, la mia famiglia non sta guadagnando un cazzo con la morte di Mangetsu. E credo di saperlo abbastanza bene, dal momento che sono io l'unica mia famiglia.”
Suigetsu si avvicinò a Sasuke e lo prese di nuovo per il bavero.
“Quindi, te lo chiedo un'ultima volta, Uchiha: cosa c'entrate, voi, in tutto questo?”
Sasuke non s'azzardò a distogliere lo sguardo manco mezzo secondo. Strinse i pugni e parlò a denti stretti, lentamente.
“Non ne ho la più pallida idea, Suigetsu.”
Però, la sia domanda era più che legittima. Che cosa c'entravano gli Uchiha in tutto quello che stava succedendo? Cosa c'entravano e cos'era davvero Akatsuki, l'organizzazione che aveva copiato il nome di quella di Itachi e Mangetsu? Possibile che suo padre avesse commissionato l'assassinio del suo stesso figlio, sangue del suo sangue?
E tutti quei discorsi sull'importanza della famiglia, sulla forza del clan quando è unito? No, non poteva essere. Non poteva essere stato Fugaku. O, forse, era tutta finta? E Sasuke era vissuto, fino a quel momento, in un mondo di menzogne e falsità? Dove diamine s'era andata a caccia la verità, allora?
Sentì una rabbia, una violenza incontrollabile montargli dentro e mettergli la voglia di sfasciare tutto. Un fuoco gli ardeva nel petto, bruciandogli lo stomaco e la gola. Un riflesso nei suoi occhi li fece apparire quasi rossi.
“Calmatevi, voi due.” intervenne Neji.
“La riunione non è ancora finita.”
Suigetsu lasciò andare Sasuke. I due si guardarono un po', poi tornarono al loro posto. Sasuke diede indietro i documenti a Neji e lasciò ricadere le braccia molli, lungo il corpo. Finito il primo accesso di rabbia, si sentiva schiacciato da un peso insostenibile che gli inibiva i sensi e lo allontanava dalla realtà. Che cos'era vero? E che cosa non lo era?
Ma Neji ricominciò a parlare e interruppe quei pensieri.
“Sasuke. Ho una missione per te.”
Sasuke annuì.
“Devi scoprire quanto ti è possibile sulle informazioni che hai letto oggi. Cosa c'entra la tua famiglia in tutto questo e fino a che punto è coinvolta. Se è qualcosa di voluto oppure la stanno solo incastrando. Chi è l'artefice e che cosa spera di ottenere. I modi, i motivi e i mezzi di tutta questa operazione.
Sarai una vera e propria spia sul campo. Un nemico in casa di nemici. Non ti chiedo neanche se te la senti. Lo fai e basta.”
Sasuke fece per annuire.
“E sarà anche meglio che lo fai benissimo, Uchiha. Non ti azzardare a prenderci per il culo, è chiaro?” lo interruppe Suigetsu.
Sasuke fu sul punto si rispondere per le rime ma Neji intervenne ancora una volta. Si rivolse a Suigetsu.
“Non ci sarà alcun pericolo, Hozuki. Perché tu lo aiuterai e lo terrai d'occhio.”
Suigetsu sorrise.
“Con molto piacere, capo.”
“E ora, un'ultima cosa” proseguì Neji
“Secondo il rapporto che ho ricevuto, pare che si sia scoperto il vero obiettivo di Akatsuki. Dove vorrebbero arrivare, insomma, con la scalata iniziata un anno fa.”
Sasuke e Suigetsu osservarono Neji con uno sguardo maledettamente serio. Neji, dal canto suo, non fu da meno.
“Vogliono deporre Hiruzen Sarutobi con la forza e far eleggere a sindaco un candidato più, diciamo, idoneo alla loro politica: Danzo Shimura.”

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Buongiorno, cari (quattro) lettori.
Come va? Tutto bene? Intanto, ringrazio i pochi temerari che seguono ancora questa fanfic! Sono nel pieno del delirio che condurrà, tra il 16 e il 21 settembre, all'evento finale di un talent per autori di canzoni che, nel bel mezzo della vecchia Genova, presenterà conferenze e spettacoli sulla canzone e sul fare canzoni. E, alla fine della settimana, il 20 e il 21 settembre al Teatro della Tosse, ci saranno le due finali (una per la sezione dedicata ai rapper e una per la sezione dedicata agli autori di canzoni) e la proclamazione del vincitore.
Se interessati, su Facebook potete cercare la pagina “Genova per Voi”: da domani, verranno postati tutti i programmi completi, gli eventi uno per uno e informazioni varie su ospiti e finalisti del concorso. E con questo, ho finito la pubblicità. E ho spiegato, se per caso prossima settimana il capitolo dovesse saltare, il motivo. Per non parlare del fatto che, lavorando tutta la settimana dal 16 al 21 settembre, la domenica 22 NON CI SARA' NESSUN CAPITOLO (e, se riesco a scrivere il prossimo capitolo e terminarlo come voglio, mi odierete per questo).
Per quanto riguarda questo, non sono del tutto soddisfatto. Però mi spiaceva lasciarvi senza capitolo e, ritagliandomi qua e là un po' di tempo, sono riuscito a scriverlo e, più o meno, a rileggerlo. Non ho avuto troppo tempo per correggere e spero non ci siano errori grammaticali. Quanto alla forma e al contenuto, magari, una volta finito il delirio, potrei riscriverlo. Non lo so, vedrò un po' come va. Soprattutto, non sono soddisfatto di come ho spiegato i rapporti tra bande e politica, economia, società. M'è sembrato un po' didascalico, ma al momento dubito di poter fare di meglio. Il resto, invece, bene o male mi pare sopportabile. E, spero, anche interessante.
Ringrazio nuovamente tutti quelli che leggono e vi saluto! Alla prossima (spero) settimana! Se no, ci si legge a fine settembre/inizio ottobre!

Il vostro umile autore

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Capitolo 5
*** Nessuno sarà più al sicuro ***


Sasuke V
Nessuno sarà più al sicuro

Cinque persone a tavola. Vicino a lui ci sono tre uomini. Due di loro sono alti, robusti, con le spalle larghe e il volto squadrato. Uno ha i capelli lunghi fino alle spalle, lisci in alto e scompigliati in basso. L'altro li ha più lunghi e più disordinati, quasi mossi. Piluccano un chicco di riso alla volta, mangiando la carne e lasciando le verdure.
Hanno un'espressione massiccia, Fugaku e lo zio.
Il terzo è un ragazzo e gli assomiglia. Ha il volto ovale, allungato e un paio di leggere occhiaie sotto lo sguardo stanco, basso e un po' tetro. Sono i suoi ultimi giorni di vita. Lo sa. Non è una malattia che lo ucciderà. Ma lo sa lo stesso. Itachi Uchiha, da un po' di tempo, non guarda più in faccia nessuno.
Tutti e tre indossano un kimono grigio di seta, fattura pregiatissima.
Dall'altra parte del tavolo c'è una donna. E' minuta, con le spalle tonde e un po' cascanti. Il viso allungato ricorda quello di Itachi. E il suo. Sbocconcella il cibo, un po' come tutti. Nessuno mangia di gusto da tempo immemore, ormai. Si nutrono, giusto perché necessario, ma il mondo sembra averli trascinati in una spirale da cui, forse, non usciranno più.
Mikoto, la donna, indossa un kimono semplice, di stoffa blu. Non ama il lusso, ancora meno da quando è diventata ricca.
“Devi stare attento, Itachi” interviene il padre
“Danzo non rimarrà buono ancora per molto. Ha minacciato blitz decisivi per riportare l'ordine in città. Io non ho più l'autorità per fermarlo.”
“Certo, signor
commissario di polizia” replica Itachi con una certa acredine.
Accanto a lui, lo zio apre la bocca in un sorriso a trentadue denti. Ma non è un sorriso vero, autentico. Lui lo sa: è quel sorriso che usano sempre gli adulti quando non possono prendere a calci l'altra persona e devono farla ragionare con del finto umorismo e un altrettanto finto moto di simpatia.
“Avanti, Itachi, porta rispetto per tuo padre. Lui si sta solo preoccupando per te.”
Itachi, per la prima volta, alza lo sguardo e lo fissa sullo zio.
“Certo, zio” risponde
“Ma sappiamo tutto di Danzo. Io lo so, Mangetsu lo sa. Lo sa persino Shisui. E ti posso assicurare che, qualsiasi cosa succeda, Akatsuki non morirà mai.”

“Danzo Shimura è a capo della Radice, una speciale task force della polizia nata con l'intento di sgominare le bande della città. E' un uomo freddo e incorruttibile, incapace di provare alcunché.” spiegò Neji
“Opera sin dai tempi di Itachi e Mangetsu e mai, non una sola volta, qualcuno di noi è riuscito a farlo passare dalla sua parte. Fino a questo momento, almeno.”
“Della polizia?” chiese Suigetsu
“Tuo padre non lavora in polizia?”
“Mio padre è il commissario, e mio zio il vice.” rispose Sasuke
“Sin dall'alba dei tempi, in città il servizio di polizia è amministrato dalla mia famiglia.”
“La cittadina in cui viviamo è stata fondata duecento anni fa dagli Uchiha e dagli Hyuuga.” puntualizzò Neji
“Le due famiglie si sono divise i vari compiti e ruoli all'interno della vita pubblica. Agli Uchiha è toccata la sicurezza, mentre gli Hyuuga posseggono e gestiscono tutti e tre i grandi ospedali della zona.”
Suigetsu sbuffò.
“Sì, sì, sì. Non m'interessa nulla delle vostre storie di mille anni fa...”
“Duecento” dissero i due, all'unisono.
“Sì, duecento, quello che è. Volevo solo dire... sì, insomma, tuo padre e quel Danzo si conoscono, quindi.”
E sorrise. Ma Sasuke fece finta di non notarlo.
“Si conoscono, e non si sopportano. Mio padre ha sempre collaborato con le bande, a patto che non coinvolgessero la popolazione civile nelle loro risse. E Danzo, dal canto suo, ha dei metodi un po' troppo... estremi, per lui.” ripose
“Quindi non ti scaldare troppo, Hozuki.”
“Allora paparino sarà felice di sapere quanto sforzi fa il suo figlioletto per mantenere la pace in città, presumo” lo canzonò Suigetsu.
Sasuke si voltò e lo afferrò per la maglia.
“Non ti azzardare nemmeno, Hozuki. Lui non ne sa niente. E deve continuare a non saperne niente. Sono stato abbastanza chiaro?”
Suigetsu sbuffò e scosse la testa.
“Sì, sì. Stai calmo, stai calmo.”
Sasuke lasciò andare il compagno e si voltò di nuovo verso Neji. Quella riunione doveva finire.
“Danzo è un uomo freddo, distaccato e autoritario. Non prova nulla e non esita a usare qualsiasi mezzo, anche i più discutibili, per giungere ai suoi fini. E, a oggi, lui è in combutta con Akatsuki. Che sia lui a essere controllato da loro o il contrario, a noi non deve importare.” riassunse Neji Hyuuga
“Qualunque sia la loro situazione interna, Hiruzen Sarutobi non può essere deposto e Danzo Shimura non deve prendere il potere. Se questo dovesse succedere, è guerra civile. Nessuno sarà più al sicuro. Non io, non voi. Non i vostri preziosi amici. Non i vostri compagni di scuola. Non le persone a cui volete bene. Nessuno.”
Sasuke strinse i pugni e gli scorsero davanti i giorni del club di cinema. Sakura. Sakura, che ora è cresciuta. Sakura, che adesso sono in classe insieme. Sakura, che ha fatto di tutto per tenerla lontana dal suo mondo, e ora il suo mondo rischia di andarsela a prendere con la forza. Lei, e tutti i civili del paese. Il sogno di suo padre, infranto in un attimo. Ogni possibilità di scoprire la verità, di vendetta, andate in fumo.
Akatsuki dev'essere fermata. Ora.

*

Sasuke, ancora il giorno dopo, pensò e ripensò a quanto aveva scoperto e ricordato il pomeriggio precedente. Quelle immagini di Itachi a tavola con tutta la famiglia lo disturbavano parecchio, e c'erano tanti di quei piccoli indizi che rischiavano di trascinarlo da una parte o dall'altra.
Era la Nuova Akatsuki a controllare Danzo, o il contrario? La sua presenza era per caso connessa all'omicidio di Mangetsu e di suo fratello? Oppure Itachi sapeva tutto, perfettamente, ed era in qualche modo ancora legato a tutta quella storia, sempre più assurda ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che passava?
Con la testa piena di pensieri, Sasuke – al suono della campanella – raccattò le sue cose, tirò dritto e fece per uscire dall'aula. Un braccio gli si parò davanti e si ritrovò chiuso nell'angolo tra il muro in fondo e la porta d'uscita. Quando tornò in sé, quella situazione gli sembrò vagamente familiare. Subito di fronte a lui, infatti, il faccione di Sakura. Incazzato nero.
“Che cosa vuoi? Io...” provò a dire, con il tono più sgarbato che gli potesse uscire in quel momento.
Sakura lo azzittì.
“Tu, niente. Oggi c'è la riunione e hai promesso di partecipare. Te ne sei forse dimenticato?”
Sasuke la guardò un po' e deglutì. In effetti, gli era completamente passato di mente.
Ah, fantastico. pensò
Ci mancava soltanto quest'altra seccatura.
Ma, invece di protestare, disse semplicemente:
“No, no. Certo che non me ne sono dimenticato. Stavo giusto... dov'è che si fa la riunione?”
“Vieni. Ho prenotato la sala d'arte.”
La sala d'arte? Ma che diavolo...!?
Ma Sakura s'era già incamminata per i corridoi. Nel giro di pochi minuti, fatta esclusione per i pochi appartenenti ai club pomeridiani, la scuola s'era svuotata. Proseguirono lungo un corridoio deserto, presero a destra e salirono le scale. Arrivati al terzo piano, Sakura entrò in un'aula semi nascosta all'incrocio tra le due ali dell'edificio.
Là dentro, i muri era ricoperti di disegni, tutti quanti di pregiatissima fattura. Ai lati dell'aula, vicino alle finestre e alla porta d'entrata, erano posati vari cavalletti con sopra le tele bianche, ancora da dipingere. In fondo, sopra alcuni mobiletti di legno, c'erano tavolozze mezze essiccate e tubetti di tempera quasi vuoti.
Da quand'è che qualcuno non mette piede qui dentro...? si domandò Sasuke.
Sakura si sedette alla scrivania di fronte all'ingresso, mise la cartella sul banco e tirò fuori alcuni disegni. Sembravano degli schizzi dei personaggi di un manga.
“Dove sono tutti gli altri?” chiese Sasuke.
“Non c'è nessun altro.” rispose Sakura.
“Questa riunione orientativa è solo per te.”
“Di che stai parlando, scusa?”
Sakura alzò lo sguardo.
“Ho intenzione di creare un club di manga. Se chiedo ai ragazzi del vecchio club di cinema, credo di riuscire a far su abbastanza persone da avere un buon staff per le chine e le color. Dei disegni posso occuparmene anche da sola, ma magari trovo qualcuno in grado di farmi da assistente. Non ho ancora chiamato nessuno, ma non è quello che mi preoccupa.”
“E io che c'entro, allora?” chiese Sasuke, il più scontroso possibile.
“Tu dovrai scrivere le storie. Io sono una frana e ho assolutamente...”
“No.”
“Cosa?”
“Ho detto di no.” ripeté Sasuke
“Ho smesso di scrivere.”
Sakura fece spallucce.
“Non dire cretinate e vieni qui.”
Sasuke, contrariato, la raggiunse dietro la scrivania. Una zaffata di profumo di ciliegio gli arrivò dritto dritto in faccia. Si chinò su di lei e notò quant'erano fini e leggeri i suoi polsi. Lei si voltò, e lui le osservò i grandi occhi verdi. Sentì uno strano calore venirgli su, su, e ancora più su. Chiuse gli occhi, scosse la testa e provò a concentrarsi.
“Questi sono i personaggi che ho disegnato. Credi di poterne fare qualcosa?”
“Ho smesso di scrivere. Te l'ho già...”
“Non fare il cattivo e dammi una mano, Sasuke! Per Naruto l'hai fatto...”
“Naruto era una cosa diversa. Erano altri tempi e...”
“E Naruto sapeva come prenderti, questa è la verità. Dimmi, non posso essere almeno un po' come Naruto? Non posso proprio, secondo te?”
“Sakura...”
Lui non voleva parlare di Naruto. Voleva parlare di loro. Di loro due insieme. Insieme, finalmente, come aveva sempre sperato. Ma non era possibile. Non poteva parlarle di questo. Non poteva pensare, sperare, provare certe cose. Doveva tenerla lontana. La guerra civile, Danzo, le bande... lontana da tutto.
Sakura si sistemò sulla sedia e si scoprì per caso un fianco. Lo sguardo di Sasuke cascò su di esso. Era così morbido, sinuoso, delicato. Pelle rosa, quasi diafana. Sasuke deglutì e un cerchio lo prese alla testa.
Sakura disse qualcosa e lui spostò lo sguardo sulle sue labbra. Era da tanto, tantissimo tempo che non erano così vicini. Poteva vedere le tre lentiggini che aveva sul naso e le piccole screpolature sulle sue labbra, che muovevano veloci.
Da tanto, troppo tempo che non provava più quelle cose. O, almeno, che riusciva a non pensarci. I ricordi del club di cinema gli tornarono violentemente alla mente. Ancora una volta.
“Sakura...”
Ma Sakura aveva ricominciato a parlare. Parlava di Naruto. Naruto, Naruto, Naruto.
“Sakura...”
Naruto. Naruto. Naruto. E Sasuke capì: era tutto lì il problema. Lei non voleva un club di manga e non voleva nemmeno diventare una mangaka. Voleva soltanto emulare Naruto. Farlo rivivere. Averlo, in un certo senso, di nuovo accanto a sé.
“Perché Naruto aveva...”
Sasuke prese Sakura per un braccio, la sollevò e la attaccò contro il muro dietro la scrivania. La divisa della scuola le scopriva le gambe slanciate e, in quella posizione, la maglietta gli si tirò tutta su, sopra l'ombelico. Sasuke si avvicinò alle sue labbra.
“Sakura...”
“Sasuke...” mormorò lei.
Sorrise. Non sembrò dispiaciuta. E questo, questo, questo premette ulteriormente sul petto di Sasuke. Lei, Naruto, tutta quella situazione. Come diavolo aveva fatto a finire a quel modo? Controllo dei sentimenti, controllo delle emozioni. Non se lo ricordava più? No, se lo ricordava benissimo. Ma, semplicemente, non poteva resistere.
Fece l'unica cosa possibile: si lasciò andare. E quello che successe non ebbe nulla a che vedere con ciò che s'era immaginato.
“Naruto, Naruto e ancora Naruto!” sbraitò
“Non ti rendi conto che se n'è andato? Ti ha lasciata per sempre, Sakura. Naruto non tornerà. Non tornerà mai più.
Il sorriso morì sulle labbra della ragazza. Si staccò con violenza dal suo assalitore e, senza dire una parola, gli occhi pieni di lacrime, gli mollò un ceffone dritto dritto sulla guancia. Poi gli passò accanto e corse fuori dall'aula.
Sasuke, le cinque dita rosse che pian piano prendevano forma sul suo volto, strinse il pugno e lo tirò contro la parete. Pezzi di calcinacci caddero a terra.

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Buongiorno a tutti.
Oggi non ho molto tempo, quindi aggiorno giusto giusto alla veloce. Non sono pienamente soddisfatto del capitolo, ma dopo averlo riscritto tre volte penso di aver più o meno isolato ciò che m'interessava. La parte più ostica, una volta superato l'inizio con lo stratagemma (che sto cominciando ad adorare) del ricordo di Sasuke, è stata la seconda. Riuscire a mantenere il personaggio di Sasuke il più (spero) IC possibile s'è scontrato parecchio con le due considerazioni dalle quali sono partito per arrivare a ciò che succede: 1) Sasuke è un ragazzo di diciassette, diciotto anni. Per quanto possa essere freddo, contenuto e iosò'rpiùfigodetutti, c'ha il pisello. E ragiona (anche) con quello. E si è ritrovato da solo con la ragazza che gli piaceva/piace e alla quale a rinunciato per tutte le menate sulle bande, la vendetta, migliore amiche che ti tradisce, ecc... 2) secondo me, Sasuke è fondamentalmente un tipo geloso. Non violento, non ha mai pensato di essere propriamente violento. Ha solo agito d'istinto, e l'istinto l'ha (giustamente?) tradito. In ogni caso, spero di avere fatto un buon lavoro. Non ne sono affatto sicuro (diciamo pure che ne dubito), ma lo spero.
Ah, un'ultima considerazione: sto valutando l'idea di mettere rating rosso e trasformare la fanfic in una Lemon. Quindi, chiedo, a chi mi vuol rispondere: qualche problema, da parte vostra? Problema pratico, intendo: avete meno di 18 anni e rischiate di non poterla più seguire? In ogni caso, non è una roba decisa: come ho già detto, questi qui hanno diciassette, diciotto anni. Non sono adulti, sono ragazzotti che s'affacciano al mondo dei grandi, e non vorrei essere un po' troppo leggero nell'immaginarmeli a letto. Per carità, ormai i ragazzini fanno sesso anche a tredici, quattordici anni, ma non voglio decisamente far dare quell'impressione lì alla mia fanfic...
Va beh, chi vivrà, vedrà. Nel frattempo, vi saluto, vi ricordo che SETTIMANA PROSSIMA NON USCIRA' IL CAPITOLO e vi do l'appuntamento a 'tra due settimane',

Il vostro umile autore

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Capitolo 6
*** A noi due, Uchiha ***


Sasuke VI
A noi due, Uchiha

Sakura prese il grande cancello d'ingresso e uscì a passi spediti dal cortile dell'istituto. Aveva la cartella stretta sotto un braccio, camminava con una frenesia non sua e aveva gli occhi umidi, quasi in lacrime. Il vento le sferzò il volto e la ragazza sentì come dei tagli aprirsi sulle guance infreddolite e rosse.
Era l'inizio della primavera ma il cielo, plumbeo e nuvoloso, prometteva tempesta.
Sakura guardava dritto davanti a sé. Non riusciva a non ripensare a quanto appena successo. Prima la stretta di Sasuke: un po' minacciosa, è vero, ma anche tanto, tanto, tanto calda. Passionale, benché nello stile del ragazzo.
Scosse la testa. Per un attimo, un momento sfuggevole lei aveva sentito qualcosa. Aveva capito che forse, forse, forse si sarebbe anche potuta abbandonare a quella stretta. Poi, però, una pugnalata l'aveva presa al cuore nel modo più inaspettato e violento possibile.
Naruto non tornerà. Non tornerà mai più.
Era l'espressione di Sasuke, la sua cattiveria ad averle fatto così male? Oppure la consapevolezza che lui aveva ragione? Scosse di nuovo la testa: no, no, no. Sasuke non aveva ragione. E dannazione a lui e a quello che le aveva fatto provare!
Già, perché in quel momento, in quell'attimo in cui aveva capito, il suo mondo era sembrato cambiare. Per un secondo, una frazione di quel secondo aveva sentito che le cose non erano destinate a continuare sempre sullo stesso binario. Una seconda strada, un'altra uscita, un bivio inaspettato erano lì ad attenderla.
O, almeno, sarebbero potuti essere lì. Ma quel gesto, quelle parole avevano distrutto quella possibilità. O forse no? Non erano, dunque, l'esempio di quanto Sasuke tenesse in realtà a lei? Era preoccupato per lei e, in realtà, la desiderava. L'aveva sentito, l'aveva avvertito. E questo non dimostrava forse che tutti gli sforzi del ragazzo per allontanarla da sé dovevano avere un motivo ottimo e ben nascosto?
Sì, ma quale?
Questo, Sakura proprio non lo sapeva. Aveva capito che Sasuke le nascondeva qualcosa. Ma cosa fosse, lei non aveva la minima idea. E poi, scoprirlo e abbattere quell'ostacolo avrebbe davvero riavvicinato lei e Sasuke? Era veramente quella l'unica, l'ultima barriera che si frapponeva tra loro due?
Sakura scosse la testa. Ancora una volta.
No.
No, già. Non sarebbe cambiato nulla. Lei lo sapeva. Lo sapeva perfettamente. Perché, persino nel bel mezzo della confusione e dello sconvolgimento più completo, lei non riusciva a non chiedersi: Naruto, dove sei?
Aveva ancora in mente, parola dopo parola, il discorso che le aveva fatto prima di partire. Loro non si sarebbero lasciati, aveva detto. Avrebbero provato a stare insieme nonostante la distanza e, dannazione!, ci sarebbero riusciti. Da quel momento in poi, lei non l'aveva più sentito nemmeno una volta.
Che cosa ti è successo, Naruto? Cosa stai facendo in questo momento?
Lo immaginò tra le braccia di un'altra ragazza e le lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance. Il vento e il freddo le avevano fatte diventare d'un rosso intenso.
Sakura si fermò. Sentì il respiro venirle meno e una serie di conati la fece piegare sulle ginocchia. Una volta passata quella crisi, lasciò cadere la cartella che aveva sotto braccio e si portò le mani alla testa. Le lacrime caddero sull'asfalto come pioggia.
Naruto!!
“Sakura?” disse una voce conosciuta.
La ragazza, il volto rosso e bagnato, alzò lo sguardo. Temari, con ancora indosso la divisa scolastica, la guardava a pochi metri di distanza. Sakura girò la testa e si accorse di essere finita in una zona della cittadina che non conosceva affatto.
Si guardò un po' e s'accorse d'avere le gambe e le braccia quasi violacee. La divisa alla marinaretta la stava facendo letteralmente assiderare. Avrebbe dovuto trovare alla svelta un posto caldo e riparato, ma era l'ultima cosa a cui stesse pensando.
“Temari...?” azzardò con voce tremante
“Dove sono finita? Che ci fai qui...?”
Pur mancandole buona parte della forza sulle gambe, Sakura si rialzò.
“Cosa ci fai tu qui?” rispose Temari
“Io sto tornando a casa. Abito da queste parti.”
Sakura annuì, guardò per pochi secondi la sua amica e scoppiò in un pianto disperato. Temari la raggiunse e la abbracciò.
“Che è successo, Sakura-chan?” le chiese, con tono dolce e amorevole.
“Mi... mi... mi...” balbettò Sakura
“Mi sono persa!!”
E un nuovo accesso di pianto la travolse. Temari sorrise e la strinse un po' più a sé.
“Vieni con me, allora. Parliamone davanti a qualcosa di caldo.”

Le nocche perdevano ancora sangue e gli bruciavano a contatto con il vento freddo, ma Sasuke non se ne curò. Aveva lo sguardo torvo piantato dritto davanti a sé.
Dopo anni passati a cercare di allontanare la presenza di Sakura dalla sua vita, finalmente c'era riuscito. Con la guerra civile alle porte, questa era la soluzione migliore. Quando l'aveva presa per un braccio, per un attimo aveva pensato al peggio. Poi, però, tutto s'era risolto nel migliore e inevitabile dei modi.
Allora, perché non si sentiva soddisfatto? Era riuscito a raggiungere un obiettivo prefissato molto, molto tempo prima e giusto giusto in tempo. La battaglia finale era vicinissima ed era importante non avere distrazioni o debolezze. Eppure, in fondo al petto sentiva che un pezzo importante del suo puzzle personale non s'incastrava più con gli altri. C'era un buco nella sua figura, proprio al centro del cuore.
Strinse il pugno e una figura dai contorni incerti gli apparve in un angolo del cervello. Quei capelli rosa, quegli occhi verdi. I fianchi lasciati scoperti dalla divisa. Il sorriso e le espressioni assorte, le rughe d'espressione quando s'arrabbiava.
Sakura.
Sakura. Sakura. Sempre lei, sempre Sakura. L'aveva ferita, l'aveva allontanata. Era quello che voleva, no? Eppure, i ricordi di lei non se ne andavano. Ma, in fondo, erano passati solo dieci minuti. Ci sarebbe voluto del tempo. Allora, perché i pensieri andavano comunque a ricapitare sulla ragazza?
Provò a distrarsi, a pensare ad altro. Inutile. Del tutto inutile. Gli attimi, i lunghissimi attimi trascorsi con lei in quell'aula gli si ripresentarono subito. Nitidi, netti come se stesse accadendo in quel momento esatto. Era Sakura, sempre Sakura, solo Sakura. Al cento percento Sakura.
Però lei continuava a pensare a... Sasuke strinse i pugni fino a sentir male e chiuse gli occhi. Una nuova figura riemerse tra le ombre dei suoi ricordi. Occhi azzurri, capelli biondi. E quel dannato sorriso.
Naruto.
E dov'era finito, Naruto? Dove diavolo era finito? Era sparito, se n'era andato senza neanche dargli la possibilità di rivalersi nei suoi confronti. Senza continuare a dargli la spinta per perseguire il suo obiettivo. Lui, lui lo aveva lanciato dritto dritto tra le braccia della vendetta, e poi se n'era andato. Così, senza nemmeno prendersi le sue responsabilità.
E la cosa gli dava fastidio, un fastidio quasi insopportabile. Aveva fatto tutto questo per lui. Per lui e Sakura, che s'erano scelti e l'avevano lasciato in disparte. E invece, manco un mese dopo aveva incontrato lei nel dannato parchetto e la sua vita era cambiata ancora una volta.
Dove ti sei cacciato, bastardo?
E, colmo dei colmi, lei continuava a pensare a lui. Lo nominava in continuazione, non se lo toglieva un attimo dalla testa. Il suo mondo, tutto il suo mondo continuava a girare spedito intorno a Naruto. Intorno a una persona che se n'è andata ed è sparita nel nulla. Una persona che aveva promesso di rimanere in contatto, e non l'ha fatto.
Una persona che non era nemmeno lontanamente il Naruto che lui aveva conosciuto. E, forse, era proprio questa consapevolezza a tenere in vita Sakura. A tenere in vita il ricordo e le speranze che Sakura nutriva in Naruto.
Che cosa ti è successo, pezzo d'imbecille che non sei altro? Spero che tu abbia una bella spiegazione, se no giuro che, non appena ritorni, ti picchio a sangue!
Il ricordo della rissa a cui avevano partecipato insieme gli bruciò il cervello. In fondo in fondo, forse, era da allora che s'era sognato di potersi battere con lui, un giorno. Lo spirito guerriero che gli soffiava indomito nel petto lo aveva attanagliato tuta notte, quella volta. S'era sognato di picchiarsi con Naruto e di scoprire chi era il più forte.
Già da allora, forse, avrebbe dovuto capire: Sasuke Uchiha non era un ragazzo come tutti gli altri. Era un combattente e il destino delle bande della cittadina era già scritto dentro di sé. Non c'erano vendette o tradimenti che tenessero: lui era questo. E ora, forse, l'aveva finalmente capito.
Sasuke si fermò un secondo. Quella considerazione, quella certezza aveva fatto scattare qualcosa in lui. Qualcosa su cui aveva cominciato a rimuginare dalla riunione del giorno prima ma che non aveva mai avuto il coraggio di pensare per davvero.
Si guardò intorno e cominciò a correre. Percorse il lungo viale centrale, poi s'infilò veloce in una stradina sulla destra. Continuò così per un po', quindi si fermò di fronte a un'enorme magione dal portone d'ebano.
Là dentro, un grande giardino e una casa in stile tradizionale giapponese sembravano aspettare soltanto lui. Il grande ventaglio cinese bicolore svettava sul frontone triangolare dell'entrata.
A noi due, Uchiha.

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Buongiorno, miei cari lettori!
La manifestazione a cui lavoravo è stata un successone e ce l'hanno già richiesta per il prossimo anno, oltre a un paio di enormi novità a cui fatichiamo quasi a stare dietro. Questo, di conseguenza, ha portato anche a un aumento sproporzionato della mole di lavoro nell'immediato futuro del concorso (e, quindi, il mio presente). Inoltre, nel frattempo sono anche dovuto andare alla laurea della mia ragazza e mi sono preso l'influenza... insomma, non so nemmeno io come sono arrivato alla fine di questo capitolo.
L'ho scritto e riscritto, a pezzettini, in ogni pausa che ho trovato. L'ho letto, riletto, accorciato, allungato, scomposto e ricomposto almeno una decina di volte. E, anche adesso, non so se mi convince o se andrebbe tra i capitoli da riscrivere. Insomma, mi pare che l'idea di fondo sia quella che volevo trasmettere (benché sia un capitolo assolutamente preambolo), però non sono sicuro di aver trattato i personaggi come si meriterebbero. Sasuke, soprattutto: è sfaccettato e complesso, e faccio molta fatica a stargli dietro. Ne ho una particolare visione, però ho sempre paura che non coincida con quella dei lettori. Insomma, mi direte voi.
Infine, devo ringrazia la persona che mi ha davvero permesso di arrivare in fondo a questo capitolo (nessuno si senta offeso): una tra voi lettori, infatti, ha ricominciato a seguire la fanfic nonostante l'avessi lasciata a metà l'ultima volta. E tutto questo senza manco dirle che era ricominciata (anzi, scusa tanto, ma preferivo prima finirla ed esserne completamente sicuro! Ma ora sei qui, e sarai pronta a distruggermela xD). Quindi, anche se non faccio nomi sai perfettamente di essere tu, GRAZIE!!
Ora vi saluto. Al prossimo capitolo, che dovrebbe uscire domenica prossima (06/10). Tuttavia, il 5 è il compleanno della mia ragazza e non so se in settimana troverò il tempo di scrivere. Sono afflitto e desolato, ma potrebbe slittare al 13/10.
A presto,

il vostro umile autore

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Capitolo 7
*** Il problema è Sasuke Uchiha ***


Sasuke VII
Il problema è Sasuke Uchiha

La casa di Temari si apriva su una grande sala d'ingresso ammobiliata con una cassettiera d'epoca, marrone scuro e con le maniglie placcate d'oro. Sopra di essa, uno specchio ovale e cintato d'una cornice dorata, tutta scanalata e arzigogolata. Subito accanto, un appendiabiti nero con quattro bracci ricurvi, le cui gambe si dividevano direttamente dal tronco centrale. Sul soffitto, nel centro esatto, un grosso lampadario in vetro e oro che lanciava luci sfaccettate su tutto il pavimento in marmi policromi.
Temari passò oltre e aprì una porticina di legno chiaro sulla destra, decorata al centro da un vetro opaco. Entrò in cucina e lanciò la borsa su una delle sedie chiare e dal design semplice, un po' squadrato. Cuscini di pizzo sormontavano il sedile di paglia intrecciata, da cui partivano le quattro gambe e lo schienale di legno.
In mezzo alla sala, un tavolo marrone molto chiaro e perfettamente quadrato. Il banco superiore poggiava su quattro gambe arrotondate. Benché fosse stato pulito da poco, alcune briciole di pane campeggiavano in un angolino.
Sulla destra, poi, si trovava il lungo lavandino in ceramica bianca. I piatti della sera prima erano ancora a sgocciolare sull'asciugatoio di plastica rossa, mentre quelli della colazione sonnecchiavano, pigri, in mezzo al lavello. Sotto, una serie di sportelli bianco sporco e con i manici in metallo argenteo nascondevano il bidoncino della spazzatura e una serie infinita di prodotti per la casa.
Subito sopra, la mensola in legno chiaro e con le imposte rosso sbiadito era piena, zeppa di roba da mangiare: scatolami vari, biscotti e brioches per la colazione, confezioni di ramen istantaneo e spaghetti a volontà. C'era anche un pacco di farina che, però, veniva aperto molto di rado.
Dalla parte opposta della stanza, accanto alla porta d'entrata, c'era il frigorifero: alto, plasticoso e bianchissimo, era difficilmente vuoto o carente. Frutta e verdura di ogni sorta lo riempivano da cima a fondo, accanto a formaggi, salsa di soia bella fredda e impasti a base di tofu. Nell'angolo in fondo a destra, infine, c'era il piano cucina. Una macchia pulita alla meno peggio decorava uno dei fornelli.
Il pavimento e i tre quarti dei muri erano coperti di piastrelle bianche e un poco ruvide, zigrinate. Quelle per terra erano a tinta unita e pulite in maniera un po' incerta, mentre sui muri erano decorate con immagini di uccellini colorati appollaiati sui rami.
Questa casa è tanto, tanto asettica e, al contempo, tanto, tanto affettuosa pensò Sakura. In maniera un po' infantile, però. “La mamma è morta dando alla luce mio fratello più piccolo, Gaara, e papà è il sindaco di un paese qui vicino. Io e i miei fratelli siamo sempre soli e, indovina un po'?, sono io che mi devo occupare di tutto!” rispose Temari, come a rispondere ai pensieri di Sakura.
Tirò su le braccia e si stiracchiò. Poi fece spallucce.
“Beh, ma che ci vuoi fare! Su, accomodati.”
Sakura posò la cartella sul pavimento e prese posto su una sedia. Temari aprì una delle mensole e tirò fuori un pentolino, un contenitore per il tè e una sacchettino nero. Riempì il pentolino con l'acqua e lo mise sul fuoco. Poi aprì il contenitore, aprì il sacchettino, prese un cucchiaino dall'asciugatoio e mise due dosi di foglie secche nella piccola retina circolare.
“E' tè oolong aromatizzato alla vaniglia.” spiegò, mentre l'acqua cominciava a bollire e lei tuffava il filtro del tè nel pentolino
“A me piace parecchio!”
Quando la bevanda fu pronta, la versò in due tazze rosse e la portò in tavola.
“Non ti consiglio di metterci dello zucchero. E' buono così com'è.”
Sakura, che di tè e tisane non ne sapeva davvero nulla, se ne stette e lo assaggiò. Aveva ragione: era buonissimo! Improvvisamente rinfrancata e con un gran sorriso sulle labbra, buttò giù un paio di piccoli sorsi prima di posare di nuovo la tazza.
Anche Temari posò la sua, appoggiò i gomiti sul tavolo, incrociò le mani di fronte a sé e vi poggiò sopra il mento.
“Allora, Sakura-chan, qual'è il problema?”
Sakura chiuse gli occhi e sospirò.
“Il problema? Il problema è Sasuke Uchiha.”
E, prendendo il coraggio a due mani e buttandosi spiritualmente tra le braccia dell'amica, Sakura raccontò per filo e per segno quanto successo con Sasuke poche ore prima. Temari la ascoltò senza fare commenti, né cambiando espressione in alcun modo. Quando Sakura ebbe finito, si limitò a guardarla e a chiederle:
“E tu? Cosa ne pensi?”
Sakura rimase per un attimo interdetta. Di solito, quando una si confidava con le amiche era per ricevere dei consigli, non per darseli da sola. O almeno, così aveva letto in giro. In fondo, di amiche vere e proprie, fino a quel momento non ne aveva mai avute. E, poco ma sicuro, non era mai andata a confidare una roba del genere ad anima viva.
“I... in che senso?” balbettò.
“Tu cosa ne pensi? Che conclusioni trai da tutta questa storia? Che cosa vorresti sentirti dire?”
“Io non...”
Ma si fermò. Stava per dire 'io non lo so', ma non era del tutto vero. Era confusa, tremendamente confusa. Però, un'idea della situazione, e un'idea di sé stessa, lei se l'era fatta. Quindi, a che pro andarla a chiedere a qualcun altro?
“A me piace Naruto. Mi piace proprio tanto tanto, Temari. Non l'ho dimenticato dopo tre anni, e non lo dimenticherò mai.”
“Allora ti sei sentita ferita dalle parole di Sasuke. E' molto semplice.”
Sakura scosse la testa.
“No, non è proprio così.”
Temari inarcò le sopracciglia, come a dire: “In che senso?”
Sakura inspirò ed espirò a fondo. Chiuse gli occhi e si lasciò guidare: i suoi sentimento fluirono dalla sua bocca, lontani da lei, incontrollabili.
“Io non sono rimasta ferita perché Sasuke ha detto quelle cose. Io sono rimasta ferita perché penso, perché ho paura che abbia detto la verità.”
Sospirò.
“Naruto tornerà, in un certo senso ne sono sicura. Più che sicura. Però...”
“Però?” chiese Temari.
“Però adesso non c'è” completò Sakura.
Temari annuì, distolse un attimo lo sguardo e osservò il tavolo, poi la sua tazza. Quando tornò su Sakura, il suo volto era quasi inespressivo.
“E, e quindi?” chiese, inarcando di poco un sopracciglio.
“E allora, credo che mi piaccia anche Sasuke.” rispose Sakura
“Naruto mi ha fatto innamorare. Mi ha trascinata nel suo mondo quando non avevo nessuno e mi ha fatta sentire speciale. Sasuke, però, è qui adesso. Non mi tratta bene, mi tiene lontana e sembra non volermi. Però quello che ha fatto oggi dimostra... sì, credo dimostri che non è così. C'è un motivo se fa tutto questo.”
Temari la guardò, senza capire.
“E oggi, scusa? Oggi avrai provato qualcosa, no? Non hai avuto paura di lui?”
Sakura storse le labbra e guardò un po' davanti a sé. Le bastò qualche secondo per saperlo.
“In un certo senso, ho avuto un po' di paura. Però... sì, insomma, non mi ha dato fastidio. E' come se, come se almeno per un momento io, io avessi desiderato essere baciata. Essere baciata da lui.”
Poi, Sakura si lasciò andare a un sospiro lunghissimo. Tirare fuori quella cosa, farla diventare concreta e parlarne con un'altra persona l'aveva stremata. Vivere da soli, rinchiusi e rintanati nel proprio guscio era decisamente più semplice.
Temari la osservò per pochi secondi. Poi abbozzò un sorriso.
“Allora, vi metterete insieme” disse, infine, alzando la voce di un tono, a metà tra una domanda e un'affermazione.
Sakura abbassò lo sguardo e tornò alla propria tazza di tè. S'era dimenticata di bere durante tutto quel tempo e s'era un po' raffreddato. Ma, in fondo, era buono anche così.
Butto giù qualche sorso, con molta calma e gustandoseli fino in fondo. I suoi occhi erano fissi contro il tavolo e sembravano osservare qualcosa d'invisibile.
Sospirò.
“Non è così semplice, Temari.” disse, infine, posando di nuovo la tazza. Le rimanevano più soltanto due sorsate
“Lui non vuole essere conquistato.”
Temari serrò la mascella.
“In che senso, scusa?” s'azzardò a chiedere.
“Tutte le volte che ci avviciniamo un pochetto, lui mi respinge sempre. E più la situazione si fa propizia, più sembra volermi allontanare, allontanare ogni attenzione da me. Avevamo... avevamo...”
Dovette fermarsi per respirare. O così, o sarebbe scoppiata a piangere. L'aveva fatto già troppe volte a casa sua, stesa sul letto, ripensando al passato.
“Avevamo deciso di essere amici e, piano piano, lui è sparito sempre di più.”
Poi guardò Temari dritto negli occhi. L'espressione si fece improvvisamente dura e molto, molto seria. Temari, per un lungo momento, trattenne il respiro.
“Ma c'è un motivo per tutto ciò. Lui sta tramando qualcosa, mi sta nascondendo dei segreti che lo riguardano.”
Temari sorrise, abbozzando una risata.
“Dei segreti? Uchiha? Andiamo, non crederai mica che...”
Scosse la testa.
“Uchiha è solo un tipo un po' così, un po' scostante. Ne ho conosciuti a bizzeffe così, credimi, e non...”
Ma Sakura la afferrò per un polso.
“Lui mi nasconde qualcosa, Temari. Qualcosa di grosso, forse di pericoloso. Io lo so. E devo scoprire di che si tratta.”

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Buongiorno!
Innanzitutto, chiedo umilmente scusa per lo slittamento di una settimana nella pubblicazione del capitolo. Era pronto già per domenica scorsa, ma ero fuori e non avevo il tempo di rileggerlo e ricontrollarlo. In ogni caso, ho preferito così anche per andarmi a prendere un po' di tempo, dal momento che il prossimo capitolo è quantomai ostico.
Non ho molto da dire sul capitolo in questione, anche perché tutti i commenti sono collegati ad alcune cose che succederanno dopo, quindi... quindi passo alle recensioni.
La Grenouille: Buongiorno e ben tornata!! Leggere tutte le tue recensioni di fila è stato davvero un toccasana, anche se ora mi investe di una responsabilità non da poco. In ogni caso, credo/spero di esserne all'altezza: ho “vissuto” come autore dall'anno scorso a questa parte, quindi dovrei anche essere un po' migliorato.
Ma andiamo con ordine: i ragazzi che ho descritto nel capitolo IV sono il Trio del Suono, quelli che attaccavano Sasuke, Naruto e Sakura nella Foresta della Morte, durante la seconda prova. Stavo scribacchiando un'altra fanfic da pubblicare più avanti (anche se poi ho cancellato tutto perché non andava bene), ambientata nel mondo di Naruto e in cui ripercorrevo anche i giorni dell'esame, e mi son venuti in mente loro.
Poi... cacchio, “possessivo”! Ai tempi avevo scritto “geloso”, è vero, ma il termine non mi convinceva. Essendo oberato di lavoro, però, avevo preferito non star troppo a ragionare su una parolina messa lì nei commenti (fosse stato nel capitolo, chiaramente, sarebbe stato ben diverso), quindi l'ho lasciato. Però sì, è assolutamente possessivo, concordo in pieno con tutto il ragionamento. Tranne, forse, il rapporto tra gelosia e amore: può capitare di amare una persona ed essere gelosi, secondo me. Chiaramente, dipende dal grado di suddetta gelosia e dalle motivazioni. Ah, sulla reazione di Sasuke: sì, in effetti hai ragione ma, dato il “cortocircuito” (come l'hai chiamato tu), ho preferito unire le due cose. In fondo, è vero che urla, però quella frase è un affondo preciso e crudele bello e buono!
Sullo scorso capitolo, lo scossone emotivo in Sakura c'è stato. E, nei miei piani, dovrebbe concretizzarsi con questo capitolo (in cui i suoi sentimenti prendono una strada stabile, benché sia io il primo a non capire come faccia a piacerle ancora Sasuke... ma nel manga non è molto diverso, maledetta lei!!) e con uno dei prossimi (in realtà, molto simile a uno degli ultimi che avevo postato l'altra volta, ma senza il tono melodrammatico: dovrebbe essere un po' più deciso, e forse anche adolescenziale. Insomma, scoprirò con il tempo che cosa riuscirò a farne uscire!). Sasuke, invece, per me è e sarà sempre una contraddizione umana. Su alcune cose sembra deciso e diretto, ma io ho sempre trovato tutte le sue decisioni (sia nel manga, che qui, per come me lo gestisco io) la conseguenza naturale di una forte insicurezza di fondo.
Un ultima considerazione per tutti i lettori: in linea teorica, dovrei riuscire a continuare stabilmente gli aggiornamenti (tranne, forse, nelle feste natalizie – vado in Francia – e nel week-end di Halloween – martedì saprò se sono tra i finalisti di un concorso abbastanza importante, e la premiazione è a Lucca); però, a tutti i miei casini s'è unito il fatto che sto riscrivendo da capo un romanzo che avevo spedito molto tempo fa a una grande casa editrice e che non aveva sortito l'effetto sperato, quindi potrei rallentare un pochino (se non altro, per avere la mente sgombra da altre storie proprio quando mi devo concentrare al 210% su quella).
Ci si legge al prossimo capitolo (settimana prossima, se tutto va bene),

il vostro autore

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Capitolo 8
*** Non lo posso fare, papà ***


Sasuke VIII
Non lo posso fare, papà

Il bambino scorre veloce le pagine. Le parole gli passano sotto gli occhi come tanti insettini. Le guarda, ma non le osserva. Prova a concentrarsi, ma non ci riesce. I rumori che provengono da sotto la sua pancia lo disturbano e lo incuriosiscono al contempo.
Si alza dal tappeto a macchie rosse e blu con sopra disegnata una strada con le macchinine tutte colorate, raggiunge la porta bianca di camera sua e la apre con calma. Fa scattare la serratura e la spinge, piano piano. La mamma è nella stanza accanto. Si sta telefonando con la zia, la mamma del cugino Shisui. E lei non vuole che il bambino vada di sotto quando il papà sta urlando con il fratellone.
Al bambino, però, non interessa. Prende le scale e trotterella giù, un gradino dopo l'altro. Prende la rampa di destra, la sua preferita. Non sa perché, però è così. La sinistra non gli piace tanto, così come i numeri dispari. Non sa perché.
Arriva al piano di sotto e raggiunge la porticina in mezzo alle due scale. Si inginocchia e appoggia l'occhio alla serratura. La chiave non c'è, così può vedere tutto quanto: che fortuna! Sbatte un paio di volte le palpebre e poi mette a fuoco. In mezzo alla stanza, tra le due grandi scrivanie, ci sono il papà e il fratellone.
“Non lo posso fare, papà” si lamenta Itachi.
Ha gli occhi fissi sul papà, con quella sfumatura rossa che gli prende tutte le volte che s'arrabbia. Il papà è appoggiato alla sua scrivania e ha le braccia conserte. Chiude gli occhi qualche secondo, sospira e poi li riapre. Sono fissi e decisi. Quasi arrabbiati. Il bambino non l'ha mai, mai, mai visto così.
“Tu
devi, Itachi. Sei mio figlio, sei un Uchiha e devi obbedienza a me e rispetto per la nostra famiglia.”
“Non l'ho chiesto io, di nascere Uchiha.”
Nel tono di Itachi c'è un sentimento che il bambino non ha mai sentito. E capisce cosa vuol dire quando, in tutti quei libri che legge, si parla del 'disprezzo'. Ecco, quello è disprezzo.
“Itachi, io ho sempre sorvolato su quello che stato combinando tu e quel Mangetsu Hozuki, a patto che non coinvolgeste i civili. Però...”
“Shisui è mio amico, papà! Non posso farlo...”
Il fratellone si piega un po' in avanti, gli occhi rossi che minacciano di uscire dalle orbite. Sembra un animale, una bestia. Ansima. Respira a fatica. Stringe denti e pugni, come se volesse colpire il papà.
No, Itachi! No!
Il bambino si sente tirare alle spalle, prendere in braccio da sotto le ascelle e depositare molto più in là, in cucina. In mezzo alle piastrelle bianche, su cui il bambino tiene il viso fisso fisso, la mamma lo guarda. Lui alza un occhietto e la vede, vede la sua faccia: è cattiva, è arrabbiata. Agita il dito davanti al naso e urla a bassa voce.
“Sasuke! Sasuke!” lo chiama
“Ascoltami! Cosa stavi facendo laggiù?”
“Niente, mamma. Io...”
“Sasuke, cosa abbiamo detto sulle bugie?”
“Che non ci piacciono, mamma. Però...”
“Allora, che cosa stavi facendo?”
“Itachi e papà urlavano, e io volevo capire perché...”
“E cosa abbiamo detto su quando papà e Itachi urlano nello studiolo?”
“Che non mi devo
assolutamente...”
Dovette scandire l'ultima parola.
“... assolutamente avvicinare allo studio.”
“Esatto.”
“Però, mamma...”
“Sasuke, guarda che se non servono nemmeno più per tenerti buono, non ti compro neanche un libro, eh!”
“Ma no, mamma! I libri sono i miei migliori amici!”
La mamma sorride. Accarezza una guancia al bambino.
“Allora mi prometti che farai il bravo d'ora in poi, Sasuke?”
Il bambino esita. Guarda un po' la mamma, poi abbassa lo sguardo. Ha il volto imbronciato, il collo incassato nelle spalle e le parole gli escono a fatica, con la sua vocina esile.
“Sì, mamma.”

Sasuke varcò il cancello della residenza degli Uchiha, attraversò il vialetto e spinse lentamente la maniglia d'ingresso. La grande porta di legno si aprì e l'atrio, soffuso d'una luce oscura, apparve di fronte ai suoi occhi.
Le due grandi scalinate centrali s'arrampicavano, a forma di cassa acustica, verso il secondo piano. Le scale erano ricoperte d'una moquette rossa e lo spesso corrimano in legno era marrone scuro, decorato di venature più chiare. Sopra, non riuscì a scorgere nulla: solo i riflessi dell'enorme lampadario in oro e cristallo.
Alcune voci confuse e un martellare ritmico provenivano dalle stanze al piano superiore. Erano tutti lì, in quelle più interne: di luce, laggiù, non ne arrivava. Sasuke mosse qualche passo sul parquet scricchiolante. Alcune assi erano mezze divelte ed erano anni che andavano aggiustate. Nel silenzio quasi assoluto della casa, facevano un baccano d'inferno.
Alla base delle due scalinate, nel mezzo, là dove si dividevano, c'era una porticina. Era piccolina, minuscola in confronto all'enormità di tutto il resto, e d'un legno chiaro ben visibile in mezzo ai colori scuri e opprimenti della magione. Sasuke la raggiunse con pochi passi, cauti ma decisi.
Bussò.
“Padre?”
Bussò ancora. Nessuna risposta.
Posò la mano sulla maniglia di ferro e la girò lentamente fino a sentire un sordo clack. Spinse con leggerezza e la porta s'aprì senza più un rumore. Entrò e passò la mano sul muro. L'interruttore prese forma sotto le sue dita. Lo pigiò e la grossa lampada nera s'accese. Infilata nell'angolo in alto a destra dello studiolo, posava su una base di metallo e, grazie ai due tubi neri di sostegno, s'innalzava fino a metà delle grandi finestre protette dalle tende di broccato rosso e oro.
Il parquet era coperto di moquette, anch'essa rossa, e le due massicce scrivanie di frassino portavano un drappo dello stesso colore. Su di esse, speculari ai due lati della stanza, erano posate: due lampade nere, un contenitore per penne di cuoio rosso decorato con arabeschi d'oro, una serie di fogli sparsi qua e là e i due computer portatili. Dietro le scrivanie, infine, le grandi biblioteche piene, zeppe di tomi antichi.
Sasuke raggiunse l'angolo di lavoro del padre. Provò a infilare un dito nelle maniglie dei vari cassetti e cassettini. Niente da fare, erano tutti chiusi a chiave. Passò un dito sul bordo del portatile. Erano liscio, di plastica, freddo al tatto. Il bianco panna, ormai sporco, tendeva sempre di più al grigio. E, come al solito, Fugaku si era dimenticato di abbassare lo schermo: display e tastiera erano irrimediabilmente pieni di polvere.
Sasuke vide la luce d'accensione lampeggiare. Tanto per cambiare, non l'aveva manco spento. Nella fretta, doveva aver confuso il comando 'Manda in stand-by' con 'Spegni il computer'. Sasuke sospirò. Allungò ulteriormente le mani e, con il dito mignolo, quasi avesse paura di far rumore, spinse la barra spaziatrice. Un rumore di circuiti che si rimettono in moto, e il display s'illuminò.
Era pieno, zeppo di icone e Sasuke si chiese, una volta di più, come faceva suo padre a lavorarci. A lui, dava il mal di testa. Guardò meglio. C'era una cartella chiamata IU
Itachi Uchiha, pensò Sasuke.
Scostò un po' la sedia di legno ricoperta di velluto rosso e s'apprestò a sedersi.
“Sasuke!” chiamò Fugaku, entrando nello studio.
Sasuke fu lì lì per voltarsi di scatto. Allungò un passo e cominciò a gironzolare per la stanza, le mani in tasca. Si fermò di fronte a Fugaku.
“Buongiorno, padre.”
“Cosa ci fai, qui?”
“Ti stavo cercando.”
Fugaku oltrepassò il figlio e si sedette alla scrivania. Osservò il computer un po' perplesso, poi tornò a guardare Sasuke.
“Di che cosa hai bisogno?”
Sasuke si schiarì la voce.
“Ci ho riflettuto molto in quest'ultimo periodo, e... sto diventando adulto, padre. A breve finirò il liceo e dovrò ben presto cominciare a costruirmi una carriera rispettabile, degna di un Uchiha.”
Fugaku annuì.
“Così, stavo pensando di chiedere a te e allo zio se potevo cominciare già a seguire gli affari di famiglia. Vorrei capire come funziona la nostra economia, da dove arrivano le nostre entrate e cosa controlliamo di preciso. Itachi non c'è più e credo, credo sia giunto il mio turno.”
Fugaku osservò il figlio per qualche secondo. Aveva gli occhi sgranati e un'espressione di sorpresa che, in diciassette anni fianco a fianco, Sasuke non gli aveva mai visto in volto. Poi sì alzò, sorrise e tirò il figlio a sé. Lo abbracciò, affondandogli il volto nel suo petto. Malgrado gli anni passassero, Sasuke era sempre più basso e più piccino del padre, sempre più simile a sua madre.
“Certo, figliolo. Speravo che me lo chiedessi.”
Poi lo prese per le spalle, lo allontanò un poco da sé e lo guardò dritto negli occhi. Erano piccoli e allungati, neri e profondi. Decisi. Sinceri, forse?
“Finalmente hai capito le responsabilità di un Uchiha, Sasuke.”
Sasuke ricambiò lo sguardo.
“Sì, padre.”

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Buongiorno,
innanzitutto, scusate immensamente per il ritardo. Il capitolo era pronto già ieri, ma sono dovuto uscire all'improvviso e ho passato tutta la giornata fuori casa. Ho pensato anche di pubblicarlo di sera, ma non avevo avuto il tempo di rileggerlo e mi scazzava postare qualcosa che non avevo potuto controllare almeno una volta.
La redazione di questo capitolo è stata particolare: per la prima volta, dopo tanto, tanto, tanto tempo, ne ho scritto una parte (la seconda, che ho tirato giù per prima) di notte. Non mi capitava da parecchio ed è stata una sensazione strana. A volte, la sera, ho paura di non essere abbastanza lucido per scrivere qualcosa di buono. Questa volta, però, mi è sembrato diverso... e, tutto sommato, credo di essere rimasto abbastanza soddisfatto del risultato.
La prima parte, che ho avuto molta difficoltà a riempire, invece l'ho scritta in un quarto d'ora: dopo averci pensato per due settimane, dopo pranzo ho avuto un po' di tempo prima di partire e mi son detto: 'Cominciamo a scrivere, casomai lo lascio a metà'. E invece l'ho finito, poi l'ho riletto e mi convince. Magari, alla fin fine, saranno due pezzi tutt'altro che belli e dovrei rivedere la mia capacità di giudicare quanto fatto in momento 'particolari', ma questo giudizio lo lascio a voi.
E, a proposito di 'voi', passiamo alle recensioni.
LaGrenouille: Grazie mille per gli auguri per il premio! Piuttosto, però, è andata male e non sono arrivato nemmeno tra i finalisti. Va beh, era la prima volta che m'impegnavo sul serio in racconti brevi e non ne ero granché capace. In ogni caso, sto provando a tirar fuori un'originale da uno di quei racconti... per quanto riguarda lo scorso capitolo e la questione POV, beh, quella è stata... una scelta stilistica? No, manco per scherzo. E' che ho proprio sbagliato, e non me ne sono manco accorto. E ne è uscita una roba brutta, violenta e poco comprensibile: una volta finita la fanfic, me lo segno come pezzo da riscrivere.
Gas_: Innanzitutto, grazie per il complimenti. Per quanto riguarda la prima parte... beh, come avrai già visto, questa fanfiction è godibile anche senza tutto il background de Le stagioni di Naruto che, confermo, è a tutti gli effetti una NaruSaku (così come questa è e resterà fino alla fine una SasuSaku). Però, anche se io sono di parte, trovo che sia una fic carina, seguibile e leggibile anche da chi non è fan del pairing. In fondo, io sarei un NaruSakuista, eppure sto scrivendo una SasuSaku: l'importante è la storia e la coerenza dei personaggi, e son tutte cose che cerco sempre di sviluppare con grande attenzione. Poi, chiaro che se ti dà fastidio leggere di Naruto e Sakura insieme, io non ci posso fare nulla! Ma il consiglio di darci un'occhiata lo lancio lì comunque, che non si sa mai. Grazie ancora!
E grazie mille a tutti quelli che, capitolo dopo capitolo, continuano a seguire questa fanfic. A settimana prossima!,

il vostro autore

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Capitolo 9
*** Non immischiarti negli affari interni della tua famiglia, Uchiha ***


Sasuke IX
Non immischiarti negli affari interni della tua famiglia, Uchiha

Sasuke uscì da casa sua che il sole era già sparito oltre la collina a ovest del paese. Tirò fuori il suo smartphone e si diresse alla propria destra. Entrò con un paio di tocchi sul touch screen nell'applicazione che i tecnici della famiglia Hyuuga avevano creato come rete di comunicazione personale della banda. Una sorta di Whatsapp, ma ristretto a loro.
Sbagliando un paio di volte a cliccare la lettere giusta, Sasuke mandò un messaggio veloce veloce a Suigetsu.

Sono uscido ora da casa Uchiha. Ci sono novità. Sono diretto da te. Vienimi inxcontro.

S'infilò il cellulare in tasca e voltò l'angolo. Era all'incrocio tra quattro strade, i più frequenti nella scacchiera della cittadina. E, quasi senza accorgersene, questo lo portò a essere circondato: in entrambi i sensi, due ragazzi vestiti in maniera molto particolare gli si fecero incontro.
Il primo, grande e grosso come ben pochi alla loro età, era coperto da un mantello nero su cui erano disegnate alcune nuvole stilizzate. Rosse. In testa, poi, portava un cappello di paglia, a punta, alla moda cinese. Dall'altra parte della strada, un ragazzotto smilzo e non troppo alto era conciato allo stesso modo.
“Uh, uh, uh!” ridacchiò il più piccolo.
A Sasuke parve una iena.
“Guarda guarda chi abbiamo qui, Kakuzu...”
“Il giovane Uchiha,” rispose l'altro, con tono piatto.
“Akatsuki,” sussurò Sasuke, tra i denti.
Si era fatto fotturamente fregare.
“Akatsuki.” gli fece il verso la 'iena'
“Va bene che siamo una banda, ragazzino, ma non è che siam tutti la stessa cosa. Abbiamo dei nomi... e dei sentimenti. Io, per esempio, mi chiamo Hidan. Avanti, ripeti con me: Hi-da-n.”
Ma Sasuke gli piazzò un pugno dritto dritto sul volto, facendogli volare via il cappello e rischiando di fargli ingoiare qualche dente.
“Coglione,” concluse.
Il labbro mezzo insanguinato, Hidan lo guardò con gli occhi impallati e un sorriso con un'ombra di vaga follia. Aveva i capelli bianchi tutti tirati all'indietro e il volto, squadrato e regolare, era pallido, quasi azzurrognolo. Gli occhi, bianchissimi, avevano una piccola iride così nera da confondersi con la pupilla.
Sasuke lo guardò un secondo di troppo e, da dietro, sentì due braccia infilarsi sotto le sue ascelle e sollevarlo per le spalle. Kakuzu, poi, lo strinse all'altezza del collo e Sasuke sentì la schiena e il petto tendersi e andare in mille pezzi. Mille puntini rossi gli apparvero davanti agli occhi e, per pochi secondi, pensò seriamente di svenire.
Raccolse tutte le proprie forze e, con un colpo d'addominali, riuscì a tirare su le gambe e, in una sorta di rovesciata, colpire Kakuzu con un calcione al volto. L'altro lo lasciò andare immediatamente e lui finì con il picchiare la schiena per terra. Alcune fitte, l'una più dolorosa dell'altra, gli trapassarono il tronco da parte a parte.
Guardò il suo avversario avvicinarsi a piccoli passi. Anche il suo cappello era volato via, ma ciò non gli dava grandi informazioni in più sulla sua fisionomia: portava una sorta di copricapo simile a quello dei ninja, che gli fasciava interamente la testa, coprendogli pure un'ampia porzione del volto. Rimanevano fuori soltanto gli occhi: piccoli, allungati e con un'iride verde fosforescente, del tutto priva di pupilla.
“Ma che cazzo...!?” si chiese Sasuke, mentre quello lo sollevava e lo appendeva al muro della villa lì accanto.
“Non immischiarti negli affari interni della tua famiglia, Uchiha.” disse Kakuzu con il solito tono piatto e senza inflessioni
“Quello che troverai, non ti piacerà.”
“Voi... siete coinvolti con gli Uchiha, vero?” gli chiese Sasuke, allora.
L'aveva sospettato da tempo, da quando Neji gli aveva parlato dei conti di famiglia e del possibile collegamento con Akatsuki. Aveva sempre provato a negare, a rifiutare l'idea, a mentire a sé stesso: dentro, nel profondo, lui sapeva che era davvero così. Restava da capire chi avesse fatto tutto questo e perché. E, soprattutto, in che modo gli Uchiha erano collegati alla morte di suo fratello. Del futuro erede della famiglia.
Insomma, rimanevano da capire un bel po' di cose.
Kakuzu gli piantò uno dei suoi enormi pugni dritto dritto nello stomaco e Sasuke sputò sangue e saliva. Gli sembrò di rimanere a mezz'aria per un tempo infinito, poi si ritrovò a sbattere con le ginocchia contro l'asfalto della strada. Un dolore intenso e prolungato, dritto dritto nelle ossa, e due macchie di sangue lasciate lì, per terra.
Possibile che ci fosse suo padre, dietro a tutto questo? Che, subito dopo averlo abbracciato e avergli detto quelle cose, abbia chiamato quei due e abbia ordinato loro di dargli una lezione? E senza nemmeno avere la decenza di impedire loro di collegare Akatsuki alla famiglia Uchiha? No, qui c'era qualcosa che non tornava. Doveva esserci, dannazione!
Mio padre non c'entra, mio padre non c'entra, mio padre non c'entra... si ripeté Sasuke, più e più volte, nella sua testa.
Non è che avesse bisogno di convincersene o cosa. Lo sapeva, ne era sicuro. Non per una questione di fiducia o di non voler vedere i difetti di chi ti ha generato e cresciuto. Semplicemente, per rispetto: non poteva credere che suo padre potesse essere così coglione da ordinare una vendetta così plateale, così poco dissimulata.
Sasuke poggiò la mano per terra, le cinque dita bene aperte. Appena vide spiovere il pugno di Kakuzu dall'alto, si diede una bella spinta e scattò dall'altra parte della strada. Le nocche del suo avversario si schiantarono contro la terra, graffiandosi tutte. Un pezzo d'asfalto, però, volò via come se niente fosse.
Sasuke si portò una mano allo stomaco.
Se mi colpisce ancora una volta, sono un uomo morto, pensò.
In quel preciso momento, un calcione dato in pieno slanciò gli atterrò sulla guancia sinistra e si ritrovò una volta di più a volare da una parte all'altra della strada. Scivolò più volte contro la terra, graffiandosi e aprendosi alcuni tagli piuttosto profondi. La parte sinistra del volto era completamente escoriata.
Hidan atterrò bene in piedi, sempre il solito sorriso folle sulle labbra. Si passò la lingua tra le gengive e succhiò per bene tutto il sangue. Poi sputò: il pugno che Sasuke gli aveva dato per celebrare il loro incontro gli aveva staccato di netto un dente, che ora rimbalzava amabilmente sull'asfalto grigiastro.
Sasuke si rialzò, un po' traballante. La guancia sinistra aveva cominciato a gonfiarsi e da quell'occhio non riusciva a vederci un piffero. Le gambe gli tremavano leggermente e gli dolevano distintamente all'altezza delle ginocchia. Pure le giunture delle braccia non sembravano saldissime: sempre a sinistra, dove era caduto, il gomito gli lanciava lievi fitte a breve distanza.
Si guardò i vestiti: non aveva ancora avuto il tempo di cambiarsi e aveva ancora addosso la divisa della scuola. O, se non altro, quello che ne era rimasto.
Si sfilò la giacca della scuola e strappò via i brandelli delle maniche della camicia. Anche i pantaloni erano ridotti malissimo e di certo non lo aiutavano nei movimenti, ma non poteva rimanere in mutande.
“Combatti ancora, Uchiha?” gli lanciò lì Hidan, con un sorriso strafottente sul volto.
Sasuke chiuse gli occhi e sorrise. Lui non aveva mai smesso di combattere. Anche quando si era allontanato dal mondo delle bande, quello stesso mondo era andato a cercarlo. Poi se l'era ripreso, con prepotenza. E lui non aveva mai veramente smesso. Mai.
“Sempre,” sussurrò.
Scattò in avanti e si piazzò tra i suoi due avversari. Tentarono entrambi di colpirlo, ma lui evitò i colpi e saltò in aria. Con una mezza girata colpì prima Kakuzu e poi Hidan al volto. Il primo arretrò di qualche passo, l'altro venne direttamente scaraventato contro il muro al lato opposto della strada. Sasuke atterrò e, posati i piedi per terra, si fiondò su Hidan.
Lo afferrò per la gola e gli sbatté con forza la nuca contro il cemento grigio e un po' rugoso. Una grossa chiazza rossa si allargò a partire dalla testa del suo avversario, che continuava imperterrito a sorridere. Lo guardava con quegli occhi da furbo e sorrideva, come se lo prendesse in giro. Lo prendeva in giro.
In un accesso di rabbia quasi incontrollata, Sasuke tirò indietro il collo di Hidan e si preparò a fiondarlo ancora una volta contro la parete. Questa volta, l'avrebbe ucciso. L'avrebbe ucciso, oh sì, poco ma sicuro.
Prima che potesse completare il movimento, però, Kakuzu lo afferrò da dietro e lo obbligò a mollare il colpo. Poi lo girò verso di sé e gli piazzò un altro pugno nello stomaco. Sasuke cadde a quattro zampe sull'asfalto e vomitò sangue, bile e pezzi di cibo. Prima che potesse fare altro, Kakuzu gli mollò un calcio nella pancia e lo rivoltò.
Sasuke ricadde sulla schiena e si ritrovò a guarda il cielo nero e le poche stelle luminose. Il suo petto s'alzava e s'abbassava regolarmente, cercando di mantenere una respirazione decente. Cercando di mantenersi in vita. Il tempo parve come fermarsi e lui sentì le forze che pian piano lo abbandonavano.
Sospirò e guardò Hidan, gli occhi negli occhi. Nonostante la botta, nonostante il sangue, nonostante il dolore, lui era lì. Lì, sopra di lui, a guardarlo con quella faccia beffarda e quella voglia di prendere in giro tutto e tutti. Non lo conosceva, ma già non lo sopportava. Non perché fossero nemici: semplicemente, gli stava sulle palle.
Ma, ormai, erano tutti discorsi che non avevano più senso. Lui sarebbe morto e Hidan no. Avrebbe vinto, e lui non poteva farci nulla. Chiuse gli occhi per un istante e sentì alcuni strani rumori. Un corpo che cozzava contro un altro. E poi, un corpo che sbatteva contro la terra, contro l'asfalto.
Ma che diavolo sta succedendo...!? si chiese Sasuke
Lasciatemi morire in pace...
Riaprì le palpebre. Suigetsu Hozuki, le mani sui fianchi e il solito fottuto sorriso sulle labbra, lo osservava dall'alto in basso.
“E' arrivata la fanteria!” scherzò Suigetsu.
E Sasuke cadde in un lungo sonno senza sogni.

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Buongiorno,
sono piuttosto soddisfatto del capitolo. Avevo scritto un libro in cui c'erano molti combattimenti e, dopo che l'editore a cui l'avevo mandato me l'ha praticamente rifiutato, l'ho fatto leggere in giro e ho chiesto un po' di pareri. Il più 'gettonato' era che i combattimenti erano descritti bene, però eran così lunghi che dopo un po' annoiavano. E mio padre, che di scrittura ci capisce eccome, mi ha detto che il vero problema era che erano solo dei combattimenti: questi si menavano e basta, descritti da una terza persona, come se nulla fosse. Invece, il bello del combattimento sta in chi combatte, nei suoi pensieri e nelle sue emozioni, nel pathos e nei trascorsi che il combattimento porta con sé. Così, ho provato a seguire questi consigli anche qui, in questa fanfic. E, devo dire, sono davvero felice del risultato. Spero sia piaciuto anche a voi, ovviamente!
Altri commenti sul capitolo, al momento, non me ne vengono in mente. Ce l'avevo in testa da un po' e sono felice per come l'ho reso. Tutto qui! Ora posso passare alle recensioni:
Gas_: Sono felice che tu voglia dare un'occhiata anche all'altra fic! Poi fammi sapere che ne pensi, se riesci a leggerla tutta xD E sì, anche a me piace molto addentrarmi nel passato di Sasuke (è un po' lo stratagemma che ho trovato per poter esplorare a fondo un personaggio iper-sfaccettato e difficilissimo da rendere al meglio su un solo piano narrativo) e sono felice che questo porti a buoni risultati!
LaGrenouille: Nessun problema. Io scrivo nel fine settimana (anche se, in realtà, fino a questa mattina stavo ancora lavorando...) e tu recensisci nel fine settimana! Mi sembra perfetto xD Così, per curiosità, cosa ti eri immaginata per la casa di Sasuke? Perché io, inizialmente, mi ero immaginato una casa in stile tradizionale giapponese, come quella in cui effettivamente viveva nel manga. Poi, però, mi sono ricordato che l'avevo già usata per gli Hyuuga (e la trovo anche più 'adatta' a loro) e non volevo creare un doppione ma, anzi, una sorta di contrasto tra le due famiglie. Quindi, in realtà, la casa 'imperialistica' è stata una scelta a cui mi ha portato la storia, non era consapevole xD Beh, a me non dispiace più che tanto: in fondo, si è fidato all'istante solo perché, in fondo, aveva già deciso che lui avrebbe dovuto prendere in mano le redini della famiglia. E' un po' un cliché per i figli di 'ricchi&potenti', però mi dà sempre tanto di quel nervoso che ho deciso di sfruttarlo un po' più a fondo anche qui! xD
Grazie a tutti quelli che leggono, seguono e commentano la fanfic! Prossimo week-end sono via (no, purtroppo non a Lucca...) e non credo di trovare il tempo di scrivere in settimana, quindi molto probabilmente il prossimo capitolo (che chiuderà un po' questo arco narrativo) uscirà tra due settimane. A presto,

il vostro autore

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Capitolo 10
*** Sta cominciando a sospettare qualcosa e non riuscirò a tenerla a bada ancora per molto ***


Sasuke X
Sta cominciando a sospettare qualcosa e non riuscirò a tenerla a bada ancora per molto

Sakura e Temari continuarono a osservarsi, senza dire nulla. Un silenzio denso era sceso sulla stanza e le due ragazze non distolsero lo sguardo l'una dall'altra una sola volta. Potevano sentire il ronzio sommesso della vecchia lampadina che le illuminava dall'alto, allungando le loro ombre sul tavolo.
Dopo secondi, minuti o forse ore, suonò il campanello. Temari sorrise, si alzò e uscì dalla stanza.
“Sì? Chi è?” sentì Sakura dall'entrata
“Ok, entrate.”
Sakura buttò giù gli ultimi sorsi di tè ormai freddo e raggiunse l'amica. Teneva la porta di casa aperta e la faceva dondolare avanti e indietro, aspettando gli ospiti.
“Sono Ino e Tenten.” disse a Sakura, sentendola avvicinarsi
“Siamo in regime d'emergenza. Pare.”
“Regime d'emergenza?” chiese Sakura.
Ma, prima che Temari potesse rispondere, le due ragazze spuntarono fuori dalla porta, marrone e metallica, dell'ascensore. Un paio di brevi saluti, i volti tirati e gli occhi rossi di Ino, e Temari condusse di nuovo tutte in cucina. Si sedettero ai quattro lati della tavola e, senza neanche chiedere, la padrona di casa tirò di nuovo fuori le bustine di tè e ne preparò altre due tazze.
Il tutto si svolse nel silenzio più assoluto. Sakura non aveva mai assistito a un regime d'emergenza e non sapeva davvero che cosa aspettarsi. Come mai Ino aveva pianto? Che cosa le era successo? Le nascondeva forse qualcosa?
Che poi, 'nascondeva': erano sempre state in rapporti amichevoli, ma mai buone amiche o confidenti. Semplicemente, era molto normale che non venisse a raccontare proprio a lei i suoi problemi. E poi, durante tutte le scuole elementari Ino non aveva mai nascosto di avere una cotta per Sasuke.
E' ancora così? si chiese Sakura.
Poi arrossì e scosse la testa. Ma che diavolo di pensieri le venivano in mente in un momento come quello!? Le sembrava il caso di mettersi a fare la gelosa?
Due tazze fumanti planarono di fronte a Ino e Tenten. Tenten soffiò sul liquido caldo e lo lasciò un po' lì; Ino, invece, ne tirò subito giù una lunga sorsata, ustionandosi dalla lingua allo stomaco. Sospirò, non è ben chiaro se per il calore o per quello che sentiva dentro. Entrambe le cose, molto probabilmente.
Temari si sedette e prese le mani di Ino nelle sue.
“Allora, Ino-chan. Che cosa è successo?” chiese.
I suoi movimenti erano così naturali e la sua voce così squisitamente preparata che sembrava far parte di un rituale. Un rituale tutto loro, che si ripeteva ogni volta che una delle amiche aveva un problema. Un rituale dal quale Sakura era, in un certo qual modo, estromessa.
E questo non avrebbe dovuta farla stare male. In fondo, Temari a parte, non si era mai davvero legata alle ragazze del club di cinema. Eppure...
Ino sospirò. La sua voce era bassa e un po' roca.
“Si... si tratta di Chouji.”
Temari sorrise. La sua faccia sembrava dire: 'Bingo!'
“Che cos'è successo ancora?” chiese, trattenendo una risata.
“Non ce la faccio più, Temari-chan. Tutte le volte che ci riavviciniamo io, io, io...”
Sospirò ancora una volta. Sembrava davvero distrutta.
“Io non riesco mai ad accettare i suoi sentimenti e lo respingo di nuovo. E di nuovo. E di nuovo. Tutte le volte.”
Alzò lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi.
“E adesso, adesso non vuole neanche più parlarmi. Quando entro in una stanza, se può, esce o si mette nell'angolo più lontano. E' un comportamento che mi distrugge, dannazione!” urla, infine, tornando per qualche secondo la solita, vecchia Ino.
“E tu cosa provi per lui, Ino-chan?” continuò Temari con quel tono incredibilmente compassato.
Ma anche con me parlava così? si chiese Sakura, un po' stupita.
Se l'avesse fatto e lei non se ne fosse accorta, doveva essere davvero sconvolta da quello che era successo con Sasuke. Quella era una recita bella e buona! Anche Tenten, dall'altra parte del tavolo, teneva uno sguardo un po' basso e condiscendente palesemente studiato.
Sakura inarcò un sopracciglio e fece per parlare, ma Ino la interruppe a bassa voce.
“Io lo amo, Temari-chan. Lo amo.”
Allora Temari lasciò le sue mani e diede un colpo al tavolo che lo fece tremare tutto. A sua discolpa, va detto che quello non fosse esattamente il massimo della stabilità.
“E allora abbiamo risolto, dannazione!” sbraitò
“Basta trovare un piano per conquistare Chouji!”
“Sììììììììììì!” esclamò Tenten.
Evidentemente, sapeva che sarebbe finita così e non s'aspettava altro. Di fronte a una scena del genere, Sakura non si pentì neanche un momento di non essersi avvicinata al loro gruppetto prima d'ora.
Ma che diavolo...!? pensò.
Poi, un pensiero dolce e un po' distante la colse. Una volta, infatti, Naruto le aveva raccontato che pure Shikamaru si era messo in testa di trovare un piano per permettere a Chouji di conquistare Ino. Ah, Temari e quel Nara erano davvero fatti l'uno per l'altra!
Naruto... ricordò, subito dopo.
Quanto vorrei che tu fossi qui.
E, per una frazione di secondo, strinse una mano immaginandosi di stringere quella dell'amico, del ragazzo. Scosse la testa. No, non era decisamente il momento di lasciarsi andare alla nostalgia. E poi, ormai aveva deciso: doveva pensare a Sasuke, inseguire Sasuke, conquistare Sasuke.
Quella parola, come una molla, fece scattare qualcosa nella sua testa. Una lampadina le si era appena accesa nel cervello e aveva illuminato la situazione, rendendola chiara e leggibile.
“Ho un'idea” esclamò.
Le tre ragazze si voltarono di scatto verso di lei. Avevano gli occhi sgranati, come se si fossero dimenticate della sua presenza. O non la considerassero capace di buttarsi in un progetto di conquista demenziale come quello.
“Voglio creare un club di manga.” cominciò a spiegare.
“Il mio modello, neanche a dirlo, è il club di cinema di Naruto.”
Le altre sorrisero, lanciandosi alcuni sguardi complici.
“E, come nel club di cinema, voglio coinvolgere anche i ragazzi.”
Sorrise, e gli occhi di Ino si spalancarono. La sentiva tremare un poco, con le mani strette sulle gambe e un sorriso luminoso sul volto.
“Io voglio conquistare Sasuke. Ino vuole mettere a posto le cose con Chouji.” riassunse
“Mettiamoci insieme, alleiamoci e gettiamo anche i nostri ragazzi nella mischia. Io posso disegnare, ma avrò bisogno di assistenti, di inchiostratori, di coloristi... e delle storie di Sasuke. E, tutte insieme, riusciremo a creare le occasioni propizie per mettere all'angolo Chouji e Sasuke!”
“No, Sakura.” intervenne Temari.
“A me non sembra una buona ide...”
“Aaaaaaaaaaaaaaah!” urlò Tenten, alzandosi dalla sedia
“Sei un genio, Sakura-chan!! Così, potremo anche coinvolgere il mio adorato Neji-senpaaaaaaaai!!”
“Che... co... no, Tenten! Anche Neji, no!!” esclamò Temari.
Aveva gli occhi fuori dalle orbite e sembrava presa da una strana frenesia. Era come se... come se volesse bloccare quel progetto.
“Perché non ti va, Temari?” chiese Sakura
“Così risolviamo tutti i nostri problemi, no?”
“Ma non è una buona idea, Sakura. Insomma, voglio dire...”
“Vuoi dire?” la incalzò Ino.
Improvvisamente, le parti si erano invertite. Se prima era stata Sakura a sentirsi completamente esclusa dal loro gruppetto, adesso lei, Ino e Tenten avevano messo Temari con le spalle al muro. La ragazza impallidì un poco e provò a riacquistare il controllo.
“E' meglio se ci occupiamo solo di Chouji, no? Insomma, se tiriamo in ballo troppa roba, poi rischiamo di far fallire tutto e...”
“Ah-ha!” esclamò Tenten
“Io ti ho capita, Temari. Ho capito il tuo segreto!”
“S-segreto...?” chiese lei.
“Anche a te piace qualcuno, vero? Qualcuno che vuoi coinvolgere nel club.”
“Ah! Ma bastava dirlo! Vero, Sakura?” chiese Ino.
Sakura annuì.
“No, no, vi assicuro che non...”
Tenten le prese le mani e la guardò dritta negli occhi.
“Temari-chan, a me puoi dire la verità. E' Shikamaru Nara, giusto?”
Temari deglutì. Poi abbassò lo sguardo e sospirò.
“Sì. Si tratta di Shikamaru” confessò, infine.
Un urlo roboante riempì la cucina e le ragazze saltarono tutte in piedi, abbracciandosi. Subito dopo, una campana poco distante suonò le sette di sera.
“Oh mamma, quanto è tardi!” disse Tenten
“Se non torno subito a casa, è la volta buona che i miei non mi fanno più uscire!”
“Sì, anche io devo tornare a casa” aggiunse Sakura.
E così, dopo averle salutate una a una, Temari accompagnò le amiche alla porta e le vide scendere con l'ascensore. Richiuse il portone di casa, vi si appoggiò con la schiena e si lasciò ricadere seduta sul pavimento freddo dell'entrata. Sospirò.
In quel momento, il campanello suonò ancora una volta. Temari si rialzò in tutta fretta e lo riaprì, il sorriso sulle labbra.
“Vi siete dimenticate qualcosa, razza di sb...”
Gaara le lanciò un'occhiataccia, la scostò un poco ed entrò. Subito dietro, con un sorriso di scusa, Kankuro seguì il fratello. Temari richiuse la porta e vi si appoggiò.
“Ehi, Gaara...” gli disse, fermandolo in mezzo all'entrata
“dì a Uchiha di stare un po' più attento con la Haruno. Sta cominciando a sospettare qualcosa e non riuscirò a tenerla a bada ancora per molto.”

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Buongiorno, cari lettori,
con questo capitolo si chiude idealmente la prima parte della fanfic. Sono successe un po' di cose che faranno sbloccare alcune situazioni e ci porteranno verso la terza parte, una sorta di sotto finale. E, d'ora in poi, comincia anche la parte di 'navigazione a vista': se fino a oggi avevo gli appunti con tutto ciò che sarebbe successo in ogni capitolo, da adesso in avanti ho solo una vaga idea di ciò che voglio che succeda e, per il resto, dovrò improvvisare. Mi è già capitato di mandare avanti delle fanfic in questo modo e, sinora, ha sempre funzionato mediamente bene. Spero che sia lo stesso anche per questa, a cui tengo molto.
Riguardo il capitolo singolo, invece, mi son tenuto per la fine quella che forse era l'intuizione migliore della prima stesura della fanfic: Temari che è diventata amica di Sakura (e, per certi versi, ha mostrato comportamenti non proprio proprio IC) solo per aiutare Sasuke e quelli delle bande. Per cui, sembra abbastanza palese che l'argomento principale della seconda parte sarà lo spionaggio e il controspionaggio xD Battute a parte, sarà un bel casino riuscire a gestire tutti i rapporti interni ed esterni, in superficie e nella maretta delle bande, tra tutti i personaggi, ed era anche un po' il casino in cui m'ero arenato la prima volta. A questo giro, però, ho un po' di idee che dovrebbero funzionare e sono fiducioso.
Non sono fiducioso, invece, per quanto riguarda il 'dopo' 100% Sakura: dando per assodato che il difficile è questa seconda fanfic (la terza parte dovrebbe essere uno one-shot che ho già tutto nella mia testa), sto già pensando a cosa fare dopo, 'da grande'. Quindi, chiederò un consiglio a voi (è un consiglio, non un sondaggio: alla fine seguirò l'istinto, ma avere un secondo parere può essere utile). Voi cosa preferireste tra: altre fanfic collegate al mondo di '100% Sakura' (per esempio, un prequel su Itachi e Mangetsu), altre fanfic collegate al mondo di Naruto ma non legate a 100% Sakura (ho in mente un triangolo Naruto, Sai, Sasuke con Naruto che fa parte della radice, anche se purtroppo ho in testa solo i primi quattro capitolo e non so come continuarla -.-) oppure qualcosa di originale (e qui ho tre soluzioni che, nel caso, potrei anche andare a elencare un'altra volta per sapere cosa preferireste voi)?
Infine, passiamo alla recensione:
LaGrenouille: Hai sollevato (tanto per cambiare) alcune questioni molto interessanti. Interessanti anche perché, prima di prendere una strada o l'altra, ci ho ragionato sopra. Partiamo dalla forza sovrumana di Kakuzu, che è la più semplice da trattare: tutto parte dal fatto che volevo, per i combattimenti, un personaggio dalla forza sovrumana. E Kakuzu era quello che, fisicamente, stava più nel ruolo. L'allontanamento dalla sfera realistica mi ha bloccato un po' però, in tutta sincerità, alla fine ho pensato: 'Va beh, un personaggio con caratteristiche un po' fuori dalla norma (ma non completamente 'inesistenti' al mondo!) ce lo posso anche mettere xD Ragionamento abbastanza infantile, me ne rendo conto, però non privo di basi XD Riguardo il colore degli occhi, è stata una piaga: tradire il manga originale, glissare sulla descrizione oppure fregarmene? Alla fine, piacendomi abbastanza le descrizioni, ho preferito far finta che potessero esistere occhi di quel genere lì. E' chiaro che certe caratteristiche 'strampalate' vengono fuori molto di più quando si tratta di comparse: i capelli rosa di Sakura li ho infilati nella costruzione psicologica, con lo Sharingan me la sono cavata dicendo che sembra che gli occhi di Itachi diventino rossi, ma in altri casi la parte fantastica va per forza a cozzare con quella realistica. Ho fatto una scelta, purtroppo può dare fastidio, ma almeno non è campata in aria xD Riguardo Akatsuki, hai ragionissima. Ma proprio tanta. Solo che: 1) mi piaceva TROPPO l'idea di vederli andare in giro con mantello e cappello (sì, sono un autore infantile); 2) ormai hanno il controllo quasi completo sulla città, se ne fregano altamente di sembrare sospetti... xD Per concludere, la casa degli Uchiha: in effetti, ci poteva anche stare. Però avevo letto (credo, o almeno spero... se no ho le visioni) che tra i ricconi asiatici (soprattutto giapponesi) va un casino lo stile 'imperiale' (oddio, credo sia imperiale...) europeo, quindi ho scelto quella strada lì!
Grazie a tutti quelli che hanno letto il capitolo e che seguono la fanfic settimana dopo settimana! A proposito, questa settimana andrò in crociera per lavoro e tornerò solo nel week-end, quindi non sono sicuro al 100% di riuscire a scrivere il capitolo. Se non esce, non preoccupatevi (eccheccenefregannoi? n.d.lettori)!

il vostro umile autore

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Capitolo 11
*** Io voglio te ***


Sasuke XI
Io voglio te

Il bambino è steso sul letto, supino, le braccia proiettate verso il soffitto. Tiene tra le mani un libro dalla copertina nera e blu. Sopra, due ragazzi e una ragazza con delle vesti da mago con, sullo sfondo, un grosso castello grigio. Uno dei ragazzi ha una cicatrice a forma di saetta sulla fronte, l'altro i capelli rossi.
Il bambino legge l'ultima pagina, posa il libro accanto a sé e guarda in alto. E' la terza volta che lo rilegge e gli piace come se fosse la prima. In fondo, lui ci si ritrova un po', nelle avventure di quel maghetto.
E' vero, lui la mamma e il papà ce li ha. Però, il papà è sempre fuori casa e, quando torna, parla soltanto con il fratellone. E, negli ultimi tempi, neanche più con lui. Quando parlano, cominciano a litigare. Allora la mamma prende il bambino, gli copre le orecchie e lo porta in cucina. Lì, gli prepara del pane con la cioccolata.
Già, la mamma. Tutte le volte che sta con lui, sembra lo faccia per dovere. Ogni tanto rimangono del tempo a parlare, è vero, ma lei non è mai felice. Anche la mamma, in fondo, lo preferisce quando se ne sta chiuso in camera, a leggere. Senza parlare e senza disturbare. Così, può dimenticarsi che esiste.
Il bambino sbatté le palpebre e scaccia dagli occhi un inizio di pianto. Se li asciuga con il dorso della mano e torna a osservare il soffitto. La lampada di carta di riso è debole, si sta spegnendo. Presto la dovrà cambiare.
In casa, da qualche tempo a quella parte, c'è anche lo zio. Quando si è separato dalla zia, il papà lo ha accolto in casa per un po'. In realtà, ormai è quasi un anno che sta qui e non esce quasi mai dallo studio. Chissà che cosa ci starà a fare, tutto il giorno là dentro.
E poi, beh, poi c'è il fratellone. La sua immagine appare nella mente del bambino, e quasi gli sembra di sentirne la voce. Sbatté le palpebre un paio di volte, si alza a sedere e si volta. Effettivamente, il fratellone sta parlando con qualcuno, nella stanza accanto. Sembra calmo, ma qualcosa ne incrina il tono.
Il bambino scende dal letto con un salto e trotterella fino alla porta. La apre molto piano, si guarda intorno e sta bene attento che non arrivi nessuno. Poi esce e, in punta di piedi, attraversa il corridoio fino alla stanza del fratellone. Senza farsi accorgere, spinge un po' la porta e riesce a socchiuderla.
“Che cosa c'è tra voi due?!” urla Mangetsu.
Ha preso per la maglia il fratellone e gli sta sputando addosso ogni volta che apre bocca.
“Perché l'hai fatto? Che cosa nascondete!?”
Il fratellone è calmo. Sta fermo, le braccia lungo il corpo e guarda Mangetsu con gli occhi neutri. Anzi, no. C'è una punta di disperazione, in quello sguardo. La disperazione che nasce dalla lontananza. Il bambino, questo, lo capisce benissimo. Anche se gli sta urlando a pochi centimetri dalla faccia, il fratellone sente, sa che Mangetsu è lontano. E questo lo fa stare male.
“Non c'è più niente, Mangetsu” gli dice.
La voce è un sussurro. Calma, controllata, ma anche un po' roca. Sembra sull'orlo del pianto. Ma no, è impossibile: il fratellone non piange mai.
“L'ho dovuto fare. Se no, mio padre...”
“Tuo padre, tuo padre e ancora tuo padre! Sai parlare d'altro, Uchiha?!” gli sbraita in faccia Mangetsu.
“Mangetsu, la mia famiglia...”
“Sì, è sempre così! C'è sempre la tua famiglia di mezzo! Ma non ti stanca essere così... così Uchiha, a volte? Non ti corrode l'anima dover star sempre dietro a tuo padre, a tuo zio, alla tua fottuta famiglia!? Io...”
Mangetsu attira il fratellone a sé, gli prende la testa fra le mani e lo bacia con passione e violenza sulla bocca. Il fratellone mugugna un po', poi si lascia andare. Dopo il quarto, il quinto bacio, Mangetsu si stacca.
“Io voglio te, Itachi. Non la tua famiglia.”
Il fratellone sorride. E' contento. Passa una mano sul petto di Mangetsu.
“Anche io. Anche io lo vorrei.”
Il bambino si volta e si appoggia al muro lì vicino. Ha gli occhi sbarrati e il fiato corto.
Da quando in qua, i maschi si baciano tra di loro!?

Sasuke aprì gli occhi. Sbatté le palpebre due o tre volte e, pian piano, i contorni si fecero sempre meno sfumati. Un ragazzo dai capelli azzurri era fermo davanti a lui, e lo guardava.
“Mangetsu...” sussurrò.
“Oh mamma!” esclamò l'altro
“Le botte che hai preso t'hanno fatto uscire di testa, Uchiha?”
Sasuke si alzò a sedere e si accorse di essere su un letto. Era un po' reclinato e aveva grandi cuscini bianchi. Ci si appoggiò con la schiena e si guardò un po' intorno. Una grande stanza dai muri bianchi e azzurri. Accanto a lui, un altro letto di metallo con materasso, cuscini, lenzuola e coperte bianchissime. Dall'altra parte della sala, di fronte, una schiera di armadietti giallo ambra.
Aveva un forte mal di testa e delle flebo attaccate al braccio. Erano collegate a un piccolo macchinario che gli monitorava i parametri vitali. La linea verde del battito cardiaco era bella vispa e produceva un rumore regolare e rassicurante.
Si sentì tirare sul busto e sulla faccia. Si portò una mano sul viso e capì d'essere pieno di bende e cerotti. Poi si guardò sotto la lunga vestaglia verde chiaro: aveva il torace fasciato di bianco. Alzò la testa e riconobbe l'altro ragazzo. Non era Mangetsu. Mangetsu era morto. Quello era suo fratello.
“Sui... Suigetsu?”
“Mi riconosci, allora!” gli urlò in faccia l'altro, sorridendo con i suoi denti da squalo.
Una volta, quando aveva trovato in un libro l'espressione 'sorriso tagliente', non era riuscito a non pensare alla famiglia Hozuki. E, ancora adesso, quell'episodio lo fece sorridere.
“Non ti sei completamente rimbambito!”
“Cosa, cosa è successo? Dove sono finito?”
“Tre giorni fa mi hai mandato un messaggio, dicendo che volevi vedermi. Io sono corso da te e, guarda caso, avevo dietro anche i miei amici, Juugo e Karin. Quando sono arrivato, però, eri a terra, tutto sanguinante e due tizi di Akatsuki ti stavano conciando per le feste. Te lo ricordi, no? Ma tranquillo!”
Si batté una mano sul petto.
“Ci ha pensato il tuo amico Suigetsu a salvarti la pellaccia!”
Sasuke deglutì a fatica. Doveva essersi tagliato da qualche parte tra la bocca e la gola.
“Tre... tre giorni, hai detto?”
“Sì! Appena mi sono occupato di quei due bestioni che, detto tra noi, ho fatto fuggire a gambe levate, ti ho subito portato in ospedale e sbolognato davanti all'entrata. Poi, facendo finta di nulla, sono tornato il giorno dopo a chiedere informazioni su un mio amico con cui mi dovevo vedere la sera prima e che non si era presentato all'appuntamento... sai, del tipo che avevo già contattato la famiglia e anche loro non ne sapevano nulla, eccetera, eccetera...
Ecco, a quel punto m'hanno detto che c'era qui un ragazzo che corrispondeva alla mia descrizione. Ah, sì, sono bravo a descrivere, sai? E, comunque, m'hanno portato qui, nella tua camera. Però tu te la dormivi della grossa, ma non era colpa tua. Hanno detto che era un coma da farmacista, o una cosa del genere...”
“Coma farmaceutico” lo corresse Sasuke.
“Sì, quello! Beh, insomma, fatto sta che avevano fatto tutto i dottori! Tipo per non farti sentire il male per tutte le botte che hai preso, o una roba del genere. Sai, devono averti conciato proprio per le feste, quei due!”
E lo disse con un bel sorriso sulle labbra. Sasuke ebbe l'istinto di piantargli un pugno in mezzo agli occhi, ma purtroppo non ebbe la forza.
“E, tant'è, sei qui da tre giorni!” concluse il racconto Suigetsu.
“Chi... chi altri lo sa?” articolò con fatica Sasuke.
“Ah, sì, giustamente! Vedi, io ho provato a nascondere tutto, ma purtroppo tuo padre non ti ha visto rientrare e ha fatto il mio stesso giochetto. Cioè, il suo non era un giochetto, era davvero preoccupato per te. E, fatto sta, ti ha trovato e sono tre giorni che viene qui per almeno due ore, sperando che tu ti svegli.”
“Mio padre, e basta?” chiese Sasuke.
“No, ehm... sai com'è, è un paese piccolo e le notizie girano...”
“Chi altri?”
“Tutti quanti, più o meno. Anche a scuola.”
“Sakura...” biascicò Sasuke.
Suigetsu annuì, grave.
“Anche lei viene qui tutti i giorni, dopo la scuola. Non se n'è lasciato sfuggire uno e...”
Guardò l'orologio.
“... sì, se non sbaglio, dovrebbe arrivare fra poco.”
Sasuke imprecò. Questa non ci voleva.
“Dici che sospetta qualcosa? Tu che gli hai detto, a proposito?”
Suigetsu deglutì.
“Ehm, sì... io ho detto che non ne sapevo niente, è ovvio. Ma c'è un piccolo problema. Niente di che, eh! Probabilmente, si risolve veloce veloce, facile facile, però...”
“Che problema, Suigetsu? Non cazzeggiare.”
“Temari ha detto che sta cominciando a sospettare qualcosa. E che lei non è più in grado di tenerla.”
Fece una piccola pausa.
“Però, sai come sono le donne, no? Esagerano sempre, e sono melodrammatiche...”
Sasuke affondò il viso nel palmo della mano e sospirò. No, questa non ci voleva proprio.
“Neji?” chiese
“Dov'è Neji?”
Suigetsu lo guardò un po', le guance pallide improvvisamente rosa. Chiuse la bocca, che si gonfiò come un pallone, e poi esplose in una risata. Si piegò in due, le mani sulla pancia.
“Guarda, tu non puoi immaginare dove è andato a ficcarsi il boss! Ah ah ah!!”
Sasuke non rise.
“Suigetsu, davvero. Dov'è Neji?”
“Sakura s'è fatta venire in mente l'idea di un club di manga. E, non chiedermi come, Neji si è lasciato coinvolgere nella loro attività.”

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Buongiorno, cari lettori
innanzitutto, chiedo venia per il giorno di ritardo. Ieri ho avuto un lavoro fuori sede e non ho proprio trovato il tempo di scrivere. Inoltre, questo capitolo è stato un parto e ho dovuto trovare la forma mentale giusta per riuscire a portarlo fino in fondo. Ora che ci sono riuscito, però, ne sono abbastanza soddisfatto: ha una prima parte un po' malinconica e un po' forte (non tanto per quello che succede, quanto per le implicazioni che ha nella storia) e una seconda molto più semplice, tranquilla e scanzonata. Insomma, credo che sia venuto abbastanza bene, meglio degli ultimi tre, quattro che non m'avevano convinto in pieno. Spero sia lo stesso per voi.
In seconda istanza, segnalo un racconto autoconclusivo che ho postato sempre qui, sul sito. E' un fantasy originale, di sei pagine di word (quindi un po' più del doppio dei capitoli di 100% Sakura) ed è una sorta di esperimento. L'avevo scritto per un concorso che, purtroppo, non ha avuto esito, però lo trovo carino e penso si meriti la "pubblicazione" online! Se ne avete voglia, dateci un occhio e fatemi sapere cosa ne pensate.
Infine, passo alle recensioni:
DoubleSkin: Bene! Ti ringrazio molto!
LaGrenouille: Ed è una soddisfazione, da parte mia, avere una lettrice con cui confrontarmi anche sugli aspetti che stanno dietro il romanzo e che non si fa scrupoli a farmi notare le scelte che, per un motivo o per l'altro, le hanno fatto storcere in naso. Anche perché, in un caso o due, i miei erano proprio errori che non avevo riscontrato e non parte d'un ragionamento precostituito, quindi è molto utile per poi poter correggere la fanfic xD Beh, il doppio gioco di Temari non avrei mai potuto toglierlo. Ma questa volta, semplicemente, ho provato a tenere un po' più sotto controllo il personaggio e a non farlo andare eccessivamente OOC, almeno da tenere vivo il dubbio fino alla fine. E, mi sembra, ci sono riuscito abbastanza. Ora devo solo riuscire a gestirmi bene il proseguo e a non giocarmi il personaggio come una semplice rivelazione di metà storia e via... ma ci dovrei riuscire. Alcune idee ce le ho, altre mi verranno. Non so quanto durerà questa 'seconda parte' de Le stagioni di Sasuke, anche perché le cose da dire sono molte, però - in compenso, in un certo qual senso - la terza parte dovrebbe essere molto veloce. A meno che non decida, alla fin fine, di mettere di mezzo un unico flashback chiarificatore. Ci sto seriamente pensando, ma non ho ancora deciso. Va beh, intanto vediamo di arrivarci, alla terza parte xD
Ringrazio tutti quelli che seguono la fic settimana dopo settimana, il prossimo capitolo non dovrebbe avere ritardi di pubblicazione. Ciao a tutti,

il vostro autore

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Capitolo 12
*** Decido io ***


Sasuke XII
Decido io

“Che cosa significa 'no'?” sbotta Sakura, le mani sui fianchi.
Shikamaru la guarda negli occhi e sospira. Dietro di lui, Chouji tiene lo sguardo basso e non s'azzarda ad alzarlo neanche per un secondo.
“Che non abbiamo intenzione di unirci al vostro club.”
“E che cosa dovrebbe significarmi?”
Shikamaru lancia un'occhiata, con espressione annoiata e infastidita, oltre la spalla di Sakura. La ragazza sa perfettamente che sta guardando Temari. E sa, altrettanto perfettamente, che in quel preciso momento Temari sta facendo spallucce con la faccia di chi è stato tirato dentro per forza.
“Sakura, io...” inizia a giustificarsi, una volta di più, Shikamaru.
Sakura lo vede girare un attimo gli occhi verso Chouji.
“Io... noi non possiamo proprio...”
“Shika, no.” lo blocca Chouji.
Si volta verso Sakura e, per una frazione di secondo, sembra guardare anche Ino.
“Io ci sono. Io mi unisco al vostro club.”
Shikamaru si volta, lo guarda un po' e si gira di nuovo verso Sakura.
“Va bene, va bene. Contate anche me.”
Sakura salta addosso ai due ragazzi e li abbraccia.
“Grazie, grazie, grazie!!”
Poi si stacca, li guarda e sorride.
“Ci vediamo domani, dopo le lezioni, all'aula di disegno. Siate puntuali, mi raccomando.”
E, senza aggiungere altro, passa oltre. Temari, Ino e Tenten la seguono. Temari ha gli occhi al cielo, Ino le guance rosse e lo sguardo stordito e Tenten sta fissando qualcosa di fronte a sé. Sakura la vede e le passa un paio di volte la mano di fronte al volto.
“Ehi, Sakura chiama Tenten! Mi ricevi?”
Ma, senza dire nulla, Tenten oltrepassa l'amica e attraversa a grandi passi tutto il corridoio. Sakura, Ino e Temari si voltano e, là in fondo, vedono Neji Hyuuga. Il grande Neji Hyuuga. Una specie di leggenda, a scuola. Frequenta il terzo anno e fa parte di una delle due grandi famiglie del paese. A Sakura, però, quei suoi occhi bianchicci fanno impressione e mettono un po' d'inquietudine. Tenten gli si ferma davanti e le ragazze la raggiungono.
“Vuoiunirtialclubdimanga!?” chiede Tenten, tutto d'un fiato, il volto rosso e tondeggiante che assomiglia a un pomodoro.
“Potresti ripetere?” chiede lui, il tono calmo e compassato.
“Non ho capito.”
Tenten deglutisce e prende un bel respiro.
“Io e le mie amiche stiamo aprendo un club di manga e abbiamo bisogno di persone che ci aiutino. Ti andrebbe di unirti a noi?”
Neji fissa Tenten per qualche secondo e un paio di chiazze rosate gli si dipingono sul volto.
“Va bene,” dice, poi, senza perdere il proprio contegno.
Un poco più indietro, Sakura vede Temari alzare nuovamente gli occhi al cielo. E, in quel momento, un urlo risuona per il corridoio.
“Uchiha è stato aggredito ed è finito in ospedale! Sasuke Uchiha è stato aggredito ed è finito in ospedale!!”

Sakura oltrepassò il cortile brullo oltre la recinzione, salì sulle scale in pietra grigia ed entrò per la porta scorrevole nell'enorme edificio in calce bianca. Dentro, dottori, infermieri e persone comuni si mossero per la grande sala d'aspetto, senza sosta. Sakura si avvicinò al bancone della reception e tirò dritto. Sapeva perfettamente dove andare.
Passò oltre la porta bianca a battenti e s'infilò nel primo corridoio a sinistra. Passi sordi risuonarono sul pavimento in linoleum, una luce soffusa entrò dalle finestre e colpì i muri bianchi ricoperti di plastica verde. Arrivò fino alla fine del corridoio e prese uno dei due ascensori sul fondo. Entrò nella grande cabina di metallo grigio e pigiò il pulsante numero '3'.
L'ascensore arrivò al terzo piano e la avvertì con un segnale acustico. Le porte si aprirono e Sakura si ritrovò davanti un corridoio in tutto e per tutto identico a quello del primo piano. Alla sua sinistra, però, s'aprivano le porte in chiaro legno smaltato delle varie camere. Diede un'occhiata, ma giusto giusto un'occhiata, ai cartelli in plastica trasparente appesi accanto a ogni porta e si infilò con decisione nella stanza numero '7'. Rimase sulla soglia.
Una giovane dottoressa dai capelli neri, lunghi fino alle spalle, stava proiettando una luce negli occhi di Sasuke, chiedendo al ragazzo di seguirla. Una volta finito, appuntò qualcosa sulla sua cartellina e passò a controllare le ferite. Gli tolse i cerotti e le garze che aveva sul volto: alcuni tagli erano stati ricuciti con grossi punti di metallo. Sakura rabbrividì e strinse la cartella in cuoio marrone che s'era portata dietro da scuola.
Passato anche quell'esame, la dottoressa disinfettò le ferite, cambiò le medicazioni e fece togliere a Sasuke la parte alta del camice dell'ospedale. Gli slegò le bende e scoprì alcuni grossi ematomi violacei. Li sfiorò appena e Sakura vide Sasuke stringere i denti e rabbrividire.
“Ti fanno male?” chiese la dottoressa, con tono distaccato e professionale.
“Un po',” si limitò a rispondere Sasuke.
La dottoressa annuì e toccò con maggior convinzione. Sasuke chiuse gli occhi e trattenne un urlo.
“Sì, bene. Direi che ci siamo quasi. Ancora pochi giorni, massimo una settimana, e sarai fuori di qui.”
Buttò via le vecchie bende, ne prese delle altre e cominciò a legarle attorno al busto di Sasuke. Quando finì, aiutò il ragazzo a rimettersi il camice e fece per uscire. Vide Sakura e si fermò di colpo. Le due si osservarono per un po' e gli occhi di Sakura caddero sul cartellino: Dott.ssa Shizune. Alzò lo sguardo e la dottoressa Shizune le sorrise.
“Prego.” le disse
“È tutto tuo.”
Sakura arrossì, guardò in basso ed entrò nella stanza. Sasuke poggiò la schiena contro il cuscino rialzato e la osservò un po'. Mantenne un'espressione neutra, tipica di chi non sa che dire e aspetta che sia l'altro a parlare. Sakura spostò lo sguardo su Sasuke e si avvicinò al letto. Rimase in piedi, a guardarlo dall'alto in basso, la cartella ancora stretta al petto.
“Ciao.” mormorò, dopo un po'.
“Ti sei svegliato.”
“Così pare,” rispose lui.
E i due continuarono a guardarsi, senza dire nulla, per alcuni secondi. Sakura si morse un labbro, allungò le dita e sfiorò la ferita sul sopracciglio di Sasuke.
“Sasuke...” disse, la voce bassa e un po' spezzata
“Che hai fatto? Chi ti ha ridotto così?”
Sasuke la guardò fissa negli occhi. Poi, le afferrò gentilmente il polso e le scostò la mano dal proprio viso.
“Sakura, mi spiace.”
Sakura sbatté le palpebre due, tre volte. Aggrottò le sopracciglia.
“Ti spiace... per cosa?”
“Per, sì, insomma... per l'ultima volta che ci siamo visti. Non volevo, non dovevo dirti quelle cose. E nemmeno, insomma, farti quelle cose.”
Deglutì e assunse l'aria di chi ha appena mandato giù un boccone viscido e maleodorante. Sakura sorrise e si sedette sul letto, accanto a lui.
“Quello che mi hai detto era vero, Sasuke. Mi hai soltanto voluto aprire gli occhi, ecco tutto.”
Sasuke annuì.
“Innegabile. Anche se potevo farlo con un po' più di calma,” disse, riacquistando il solito tono distaccato e i soliti modi composti.
Sakura non se ne curò, gli accarezzò una guancia e avvicinò leggermente il suo viso al suo.
“Quanto a quello che mi hai fatto...”
Sorrise.
“... non mi è dispiaciuto così tanto.”
Sasuke la guardò e spalancò le palpebre, perdendo subito tutta la sua compostezza e tranquillità. Aveva l'espressione di chi s'era appena beccato una pallonata sul volto.
“Eh?”
Sakura chiuse gli occhi e si buttò. Si piegò in avanti e poggiò le labbra su quelle di Sasuke. Gli diede qualche piccolo bacetto, poi gliele mordicchiò leggermente e lo baciò sul serio. Sasuke rimase immobile qualche secondo, poi rispose al bacio. Rispose, rispose e rispose, con sempre maggior convinzione. Poi, abbassò la testa, staccò le labbra e prese a tremare.
“Sasuke? Che hai?” chiese Sakura, alzandosi allarmata e cominciando a guardare se avesse qualche perdita di sangue, e chissà che altro.
“Stai male!?”
“Non... posso,” mormorò Sasuke.
“Non puoi?”
Una freccia gelata attraversò il petto di Sakura, insieme a un pessimo presentimento.
“In che senso, non puoi?” chiese, tremando un poco
Cosa, non puoi?”
Alzò la voce.
“Questo.” rispose Sasuke.
“Stare con te.”
Le labbra di Sakura tremarono. Sorrise e scosse il capo. “Di che stai parlando, Uchiha? Mi hai appena baciata, non puoi far finta che...”
Sasuke alzò lo sguardo. Era fisso, serio, perfettamente controllato. Il tono saldo e duro, senza possibilità di replica.
“Tu vuoi essere parte della mia vita, ma io non posso lasciartelo fare. E' troppo pericoloso. Troppo difficile. Tu non capisci, non puoi capire una cosa del genere. Mi spiace.”
Sakura si alzò, il viso livido.
“E tu provaci, ameno!!” urlò.
“Fammi capire, dannazione!!”
Lo afferrò per il bavero del camice e lo tirò a sé. Aveva il respiro in affanno e le tremavano le mani. La voce, però, era salda. E roca. E incazzata da morire.
“Non puoi far finta che non sia successo niente, Uchiha. E non puoi, dannazione!, non puoi decidere tutto da solo. Questo non riguarda solo te.”
“Sì, invece.” rispose Sasuke.
“Riguarda me, me e soltanto me. Decido io. Ho già deciso. E noi non possiamo stare insieme. Né ora, né mai. Spero di essere stato abbastanza chiaro.”

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Buongiorno, cari lettori,
mi scuso per aver saltato l'aggiornamento di settimana prossima. Il capitolo era pronto, in realtà, ma l'avevo scritto di fretta e non mi piaceva, così ho preferito prendermi una settimana in più per riscriverlo. E, infatti, questa versione si apre con una novità: un flashback vissuto dalla parte di Sakura. E' la prima volta che lo faccio e, effettivamente, non sono del tutto convinto del risultato. Ho fatto un po' di fatica (ormai mi sono troppo abituato a Sasuke), però trovo che non sia così orribile e quindi diciamo che, in fondo in fondo, mi piace. Sono anche molto soddisfatto della seconda parte, che credo riuscita bene. O, almeno, sono riuscito a dire e a far vedere tutto quello che mi interessava.
Siccome non ci sono recensioni, mi limito a ringraziare tutti quelli che seguono la fanfic e a darvi l'appuntamento a (spero) settimana prossima,

il vostro umile autore.

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Capitolo 13
*** Vedi di non mancare ***


Sasuke XIII
Vedi di non mancare

Sasuke fissò Sakura dritto negli occhi. Una pesante cappa di silenzio cadde fra i due e a Sasuke sembrò di sentire il cuore di Sakura andare a pezzi. Si sforzò di cancellare ogni emozione dal proprio volto. Piatto, neutro, come aveva imparato a essere negli ultimi anni. Nessun sentimento, nessuna emozione. Cacciare il dolore, fisico e mentale.
Sakura tirò su con il naso e Sasuke se la figurò girare i tacchi, sbattere la porta e piangere, e sbraitare in corridoio. Le viscere gli si strinsero in modo poco confortevole. Scosse metaforicamente la testa e si convinse a non pensarci.
Il brusio di sottofondo del resto dell'ospedale gli arrivò pian piano alle orecchie e, l'istante successivo, il pugno di Sakura lo colpì dritto dritto sul naso. Il sangue sprizzò fuori, sulle lenzuola, prima ancora che si accorgesse di cosa fosse successo. Poi, le lacrime gli oscurarono la vista e un dolore acuto gli attraversò il cervello.
“SASUKE! UCHIHA! GRANDISSIMO! BASTARDO!” sbraitò una figura immersa nella nebbia, di fronte ai suoi occhi velati.
Sakura, molto probabilmente. No, anzi. Sicuramente Sakura.
“Fai sempre così, tu! Tu! Tu, grandissimo stronzo!!” continuò lei
“Sono tre anni che ci conosciamo, e sono tre anni che non fai altro che avvicinarti e tirarti indietro, avvicinarti e tirarti indietro, avvicinarti e tirarti indietro!!”
La voce di Sakura divenne un sussurro roco, gutturale. La ragazza gli si gettò addosso, lo prese per il bavero del camice ospedaliero e gli tirò su il busto di svariati centimetri. Ansimò, e avvicinò così tanto il viso a quello di Sasuke che il ragazzo sentì sulla pelle l'alito caldo e gli sbuffi delle sue narici.
“Hai paura di scottarti, Uchiha?” gli sibilò addosso
“Ma non sei l'unico a giocare con il fuoco, qui...”
Quelle parole arrivarono attutite, distanti alla mente di Sasuke. Paura di scottarsi? Giocare con il fuoco? Di che stava parlando? Provò a concentrarsi, a capire, ma un dolorosissimo cerchio gli strinse il cervello in una morsa dentata. Gli partì dritto dritto dal naso e si irradiò attorno a tutta la testa, come una corona di spine metalliche.
Chiuse gli occhi e si poggiò le dita sulle palpebre, bagnate e dolenti. Sentì uno strano tramestio, rumori di roba spostata di scatto, nella stanza. Prima un rumore di ferro, forse un carrellino trascinato poco distante e sbattuto contro un muro. Poi, voci e rumori di una lotta, una colluttazione. Un paio di voci adulte e femminili. Un urlo. Sakura. Aprì gli occhi.
Sakura si dimenò, presa nella morsa delle due infermiere. Una le si aggrappò al braccio, l'altra dietro le spalle. La ragazza, sollevata da terra per metà, prese a scalciare e a muovere le poche parti del corpo rimase libere in tutte le direzioni. I capelli, spettinati, tutti sul volto; la faccia rossa e congestionata; gli occhi fuori dalle orbite.
Sasuke osservò la scena, senza parole. E, per un attimo, si aspettò di veder crescere dei cornini sulla testa di Sakura e i denti davanti allungarsi. Tanto, il colore bello rosso tipico degli Oni già ce l'aveva. Le mancava soltanto il resto.
Ripensò a ciò che s'era appena immaginato, e soppresse una risata. Scelta sbagliata: un altro, nuovo ago gli si ficcò dritto nel cervello, gli procurò altre lacrime e gli offuscò la vista una volta di più. Scosse la testa e alzò lo sguardo. Sakura venne trascinata oltre la porta della stanza, al di là della propria visuale. Si accasciò contro il letto, tirato su per farlo riposare meglio, e sospirò.
Se n'è andata, finalmente, pensò.
E, l'attimo dopo, una ragazza con il volto coperto da una massa informe di capelli rosa si fiondò nuovamente nella sua stanza, gli si gettò addosso e lo afferrò ancora una volta per il bavero della veste ospedaliera. Gli ansimò addosso, una volta di più, i denti stretti.
“La prossima... riunione... del club...” disse, prendendo un grosso respiro ogni due parole
“è settimana prossima, dopo le lezioni.”
Lo tirò ancora un po' più su, fino a che i due visi quasi non si sfiorarono. Sasuke sentì il calore provenire direttamente dalla pelle di Sakura.
“Vedi di non mancare” sibilò, sillabando per bene ogni parola.
Lo lasciò ricadere di botto, si voltò e raggiunse le infermiere, accorse nella stanza per fermarla di nuovo.
“Arrivo, arrivo” disse loro, e agitò il braccio in un gesto di noncuranza
“Non gli ho fatto niente, non preoccupatevi.”
Sasuke la guardò andare via, i fianchi ondeggianti sotto la camicetta bianca della scuola. Sorrise, guardò in basso e scosse il capo.

*

Sasuke salì la massiccia scalinata di legno, prese il corridoio sull'ala sinistra e si infilò nella prima porta di fronte a sé. Richiuse la porta dietro di sé, lanciò un'occhiata veloce alla libreria e alla scrivania e gettò la borsa sul letto. Rimbalzò un paio di volte sul materasso, pesante. C'erano alcuni vestiti di ricambio e pochi libri, portati dagli amici – la banda – e dai genitori – sua madre, il padre era venuto solo una volta – passati a trovarlo in ospedale negli ultimi quattro giorni.
Si sedette anche lui sul letto, abbandonò la faccia tra le mani e sospirò. Poi, si rialzò e andò alla scrivania. Gli risuonavano ancora in testa le parole che gli aveva detto Neji, durante i cinque minuti che era riuscito a concedergli, all'ospedale.
Dobbiamo allontanare ogni sospetto dalla mente della tua ragazza, aveva esordito. Quindi, tu verrai alle riunioni del club di manga, come se nulla fosse. E porterai del materiale su cui lavorare, per dimostrare il tuo interesse. Vedi di non mancare. Chiaro?
Si sedette sulla sedia, un po' traballante, e prese il suo blocco degli appunti. Ci passò sopra una mano e tolse lo spesso strato di polvere che vi si era accumulato. Lo aprì e scorse con gli occhi la trama e gli appunti sul vecchio romanzo, quello scritto per il club di cinema.
Niente da fare, commentò. Questo è pieno.
Fece per tirarlo dritto nel cestino sotto la scrivania, ma ci ripensò e lo rimise a posto. Si alzò, frugò tra i vari quaderni stipati nella mensolina di legno subito sopra la sua testa e ne tirò fuori un altro, nuovo, completamente vergine. Lo aprì alla prima pagina, stirò per bene la piega d'unione con la copertina e prese una matita dal contenitore a base quadrata accanto alla lampada.
Fissò il foglio e cominciò a far rimbalzare la matita, dalla parte della gomma, sulla superficie lucida della scrivania. Bong. Bong. Bong. Poi, se la rigirò tra le mani, facendo sbattere anche la punta sul tavolo. Bong, toc. Bong, toc. Bong, toc. Infine, scarabocchiò un paio di parole, in cima, sulla prima riga.

MAGIC MUSHROOM

Posò di nuovo la matita a terra e osservò la scritta. Elegante, sofisticata, ma anche spigolosa, priva di svolazzi. Toc. Toc. Toc. Alzò la testa. Toc. Toc. Toc. Si voltò e comprese solo in quel momento che qualcuno stava bussando alla sua porta. Toc. Toc. Toc. Lanciò un'ultima occhiata al foglio, posò la matita, fece scorrere la sedia e si alzò.
“Chi è?” chiese, avvicinandosi alla porta.
“Sono tuo padre.”
La aprì e si ritrovò i lineamenti squadrati e l'espressione austera di Fugaku di fronte, un po' più in alto del proprio volto.
“Che c'è?” chiese.
Ma il padre si limitò a osservarlo, incuriosito.
“Quello non ce l'avevi, quando sono venuto a trovarti.”
E indicò il naso, ancora gonfio e bluastro.
“Cosa ti è successo?”
Sasuke fece spallucce.
“Niente di importante. Che cosa vuoi?”
“Ah, sì.” si riscosse Fugaku
“Mi chiedevo se ti andasse di cominciare a lavorare. Ho un po' di tempo libero e vorrei spiegarti alcune cose sugli affari di famiglia.”
Sasuke annuì. Era la prima volta, da che ricordasse, che suo padre gli chiedeva qualcosa. Di solito, la ordinava, lui era obbligato a farla, e finiva lì. La sua proposta di interessarsi degli affari degli Uchiha doveva proprio averlo scioccato.
Scesero le scale, entrarono nell'ufficio in mezzo alle due rampe e Fugaku fece sedere Sasuke alla propria scrivania. Poi, prese la sedia da quella di suo fratello, gli si mise affianco e accese il computer, solo per scoprire che – una volta di più – aveva confuso lo spegnimento con lo stand-by, ed era già acceso.
Navigò un po' tra le cartelle e aprì alcuni file. Schemi, diagrammi, tabelle e schede piene di cifre e dati di tipo economico. Entrate, uscite. Donazioni, sia date che ricevute. Il lavoro come Fondazione. Il sostegno economico alla polizia e la collaborazione con gli Hyuuga per il mantenimento dell'ospedale.
“Ultimamente, sono messi veramente male.” commentò Fugaku
“Ci hanno dovuto chiedere aiuto. Se no, a quest'ora, non avremmo più un ospedale.”
“Per quale motivo?” chiese Sasuke, sopprimendo uno sbadiglio, di fronte a tutte quelle informazioni di cui gli fregava meno che niente.
Fugaku fece spallucce.
“Ah, non lo so.”
E ricominciò a spiegare, spiegare e ancora spiegare. Sasuke, accantonate solo momentaneamente le domande sul loro rapporto con la famiglia Hyuuga, osservò tutte le tabelle con finto interesse, premurandosi comunque di memorizzare ogni dato. Su alcuni, ci sarebbe dovuto tornare. Ma, se avesse lavorato con suo padre, non sarebbe stato difficile. In fondo, anche dietro i più insignificanti poteva nascondersi qualcosa.
Fugaku smise di parlare e richiuse tutti i file. Sasuke alzò lo sguardo verso l'orologio e notò che erano già passare tre ore e mezzo. Sbadigliò e tornò a guardare lo schermo. Sul desktop, la solita cartella IU. E, quasi nascosta, nell'angolo in alto a destra, un'altra, che la prima volta non aveva notato.
Sole artificiale...” lesse ad alta voce, senza rendersene conto.
“Ah, sì, è un sistema di donazioni verso un paese vicino.” gli disse Fugaku
“Credo che si tratti di un associazione che si occupa di nuove fonti energetiche. O un'azienda di pannelli solari. Non ricordo bene, di quello non me ne occupo io.”
“E chi se ne occupa, allora?”
“Tuo zio Madara, ovviamente.”

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Buongiorno, cari lettori
come prima cosa, auguro a tutti buone vacanze di Natale! Dopo questo capitolo (scusate se è uscito anche in questo caso dopo due settimane, ma sono vicino a una scadenza importante e ho parecchio da fare), la fic (e il suo autore, soprattutto) si prenderà una bella pausa natalizia. A occhio e croce, dovrei tornare dopo l'Epifania, quindi tre settimane, un mesetto al massimo. Detto questo, non c'è molto da aggiungere: sono piuttosto preso su un nuovo progetto letterario (originale) e anche quello mi sta togliendo il poco tempo libero che ho ma, appunto, dovrei finire la prima stesura nelle vacanze di Natale e, quindi, dopo queste dovrei dedicarmi a tempo pieno a chiudere la fanfic. Ho più o meno tutte le idee bene in testa, devo solo riuscire a metterle su carta (e non è semplicissimo).
Un 'grazie' e un grande augurio a tutti quelli che seguono la fanfic e la trovano degna di essere letta, ci si legge dopo le vacanze, allora!

il vostro autore

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Capitolo 14
*** Naruto ***


Sasuke XIV
Naruto

“Allora perché è sul tuo desktop?” chiese Sasuke.
Anche lo zio aveva un portatile, sull'altra scrivania. Non aveva senso che tenesse i suoi file sul computer di suo padre.
“Ah, sì, hanno provato a spiegarmelo un po', eh!” si agitò Fugaku.
Lui e la tecnologia non andavano molto d'accordo.
“Abbiamo i falli sullo stesso desco perché usiamo degli addeschi condivisi.”
Sasuke sbatté un paio di volte le palpebre, si ripeté la frase nella testa e, da qualsiasi punto la si vedesse, gli sembrò vagamente inquietante. Poi, la soluzione gli si schiaffò in testa tutto a un tratto, tutta insieme.
“Ah!” esclamò.
E dovette sopprimere una risata.
“Avete i file sullo stesso desktop perché usate degli hard disk condivisi.”
“Sì, quello. Io che ho detto?”
Ma il cervello di Sasuke passò oltre, velocissimo. Se gli hard disk erano condivisi, allora...
“Allora tu, da questo portatile, puoi vedere tutto quello che fa lo zio. Giusto?”
Fugaku guardò un po' il figlio, gli occhi vitrei di chi stava pensando con grande intensità. Poi, lo sguardo gli si illuminò di nuovo.
“Sì, sì. Se ho capito bene, usiamo due computer diversi, ma è come se fosse lo stesso. Cioé, i falli sono ovunque, su entrambi i computer. Io posso vedere cosa fa lui, e lui può vedere cosa faccio io.”
Sì, certo, pensò Sasuke.
Se gli hard disk sono condivisi, si può vedere tutto quanto. Tutto quanto, tranne i processi, che dipendono dal processore e dalla RAM. Quindi, se io entro in un qualsiasi file, finché non lo modifico, di me non rimarrà alcuna traccia...
Poi, vagò ulteriormente con gli occhi sullo schermo e tornò una volta di più alla cartella IU. E Fugaku pareva disposto a parlare parecchio, quel pomeriggio.
“E questa?” chiese, e indicò la cartella IU con il puntatore.
“Questa cosa?” chiese Fugaku, senza capire.
“La cartella. IU. Che cos'è?”
Le guance di Fugaku s'imporporarono improvvisamente.
“Ah, no. ” rispose, la voce secca e un po' stridula
“Quella è mia. C'è roba, roba mia, là dentro.”
“Roba tua, tipo...?” azzardò Sasuke.
“Roba mia, roba mia. Non c'entra con il lavoro.”
“E perché proprio IU? Che cosa significa?”
“Che significa! Che significa!” sbottò, quasi, Fugaku Uchiha
“É una cartella! Ci sono i falli del computer! Che cosa dovrebbe significare?!”
Detto così, abbastanza per tirarne fuori uno scandalo sessuale, si disse Sasuke, bene attento a non dar voce ai suoi pensieri.
Poi sorrise, tra sé e sé.
Ma temo che non sia questo il caso. Eh?
Alzò lo sguardo verso il padre, che glielo restituì inarcando le sopracciglia.
“Beh? Che c'è, ragazzo? Vuoi sapere altro?”
Oh, sì, papà.
“No, padre. Va bene così.”
Ad esempio, perché ti sei infastidito tanto quando ti ho chiesto della cartella IU?
“Allora sei libero di andare, Sasuke. Si è fatto tardi e, per oggi, il lavoro è finito.”
Che cosa nasconde, quella cartella?
“Sì, padre.”
Le prove che la famiglia Uchiha sostiene Akatsuki, per caso?
“Ah! Domani facciamo più tardi. Ho da lavorare, al commissariato.”
Che siete stati voi a uccidere Itachi!?
“Va bene, padre.”
Eh, papà!?!

*

“Akimichi, Chouji.”
E Chouji alzò la mano.
“Hyuuga, Neji.”
Neji rispose fissandola, con quei suoi occhi bianchi. Sakura represse un brivido.
“Nara, Shikamaru.”
Un gesto stanco della mano, la testa appoggiata sul banco, arrivò dal posto in fondo a destra, nella piccola auletta dedicata al club.
“Sabaku, Temari.”
Temari allargò la mano e scosse leggermente le cinque dita, a metà tra un risposta all'appello e un saluto. Sakura sorrise, e passò oltre.
“Tenten” disse, e si chiese dove fosse finito il cognome della ragazza.
Tenten, in tutta risposta, distolse velocemente lo sguardo da Neji e alzò la mano, la schiena ben dritta e il petto in fuori.
Sakura abbassò gli occhi sul quadernetto che aveva preso a utilizzare come registro e guardò il prossimo nome. Sasuke Uchiha. Deglutì. Chiuse le palpebre, prese un respiro e le riaprì. Osservò la classe per un paio di secondi, poi sillabò.
“Yamanaka, Ino.”
Ino sorrise e la salutò. E a Sakura sembrò di vedere, in fondo ai suoi occhi, una voce che gli chiedeva 'scusa'. 'Scusa, se vengo prima di Uchiha'. 'Scusa, se quel dannatissimo stronzo non s'è presentato, alla fine'. 'Scusa, se...'
“Ne hai saltato uno.”
Sakura spostò lo sguardo nell'angolo dei ragazzi. Neji, Chouji, Shikamaru. Chi dannazione aveva parlato? Eh!? Poi, si accorse che guardavano tutti – tutti quanti, tutta la classe – verso la porta dell'aula.
“Ne hai saltato uno” ripeté la voce.
La voce che proveniva dall'uscio della classe.
Sakura abbassò nuovamente gli occhi sul registro, tornò indietro di una posizione e si schiarì la voce.
“Uchiha, Sasuke.”
“Presente.”
“Ed era anche ora!”
Sasuke attraversò la classe, dalla porta alla cattedra, e raggiunse Sakura. E, prima che la ragazza potesse anche solo accorgersi del movimento, raccattò un po' dei fogli sparsi sulla scrivania.
“Ehi, che stai facendo!?” chiese Sakura, le mani sui fianchi.
Sasuke scorse i fogli velocemente, lo sguardo neutro e un mezzo sorriso sempre più tendente all'angolo destro delle labbra sottili.
“Ti ho chiesto: che cosa stai facendo!?” insistette Sakura, e sentì la fronte corrugarsi nella solita, odiosa ruga d'espressione.
“Mpf” commentò Sasuke, di rimando.
Sakura gli strappò i fogli dalle mani e li posò, mezzi accartocciati nella parte superiore, sulla scrivania. Il colpo rimbombò un paio di volte nell'aula semi-deserta.
“Allora?” chiese Sakura, battendo ritmicamente un piede per terra.
“Allora cosa?” sibilò Sasuke.
“Hai smesso di fare i tuoi comodi, Uchiha? Vuoi andare a posto, adesso?!”
“No.”
“Come 'no'!?” esplose Sakura.
“La storia fa schifo. I personaggi fanno schifo. La tua regia delle tavole fa schifo. Hai bisogno di uno sceneggiatore.”
“Ne avevo chiesto uno, ma me l'hanno spedito in ritardo.”
Sasuke sorrise per una frazione di secondo, poi tirò su la propria cartella marrone e la aprì. Rovistò un po', tirò fuori un quadernino con la copertina verde, a quadretti intervallati con linee di bianco.
“Per fortuna che mi sono portato avanti, allora.”
Aprì il quaderno e Sakura si sporse un po' più avanti, per sbirciare.
“Non sarà un polpettone romantico come quelli che scrivevi per Naruto, spero.”
“Oh, no. Decisamente no.”
“E allora? Di che si tratta!?”
“Ho provato di tutto, in realtà” spiegò Sasuke, facendo spallucce e scorrendo lentamente le pagine del suo blocco appunti
“Prima Karakuri, una storia di uomini modificati come androidi e di animali parlanti.”
“Mh, sembra interessante.”
“Lo era, ma poi mi sono bloccato. Quindi sono passato a Magic Mushroom.”
“Magic Mushroom?”
“Alchimisti. Maghi. Una pietra filosofale da recuperare. Carino, ma un po' troppo...”
“Troppo europeo, decisamente.”
“Sì, appunto. Quindi ho pensato: sono giapponese, siamo in Giappone e dobbiamo scrivere per dei giapponesi. Che cosa contraddistingue il Giappone e i giapponesi, nell'immaginario comune?”
“Gli yokai?”
“Naaa.”
“La yakuza!”
“Naaa, naaaa! Meglio. Molto meglio!”
“Molto meglio? Ma di che si tratta, dannazione!!”
Gli occhi di Sasuke si accesero di un'inquietante sfumatura rossastra.
“Ninja” sillabò.
“Ninja?”
“Ninja!”
E, trovata la pagina giusta, aprì per bene il quadernetto e lo posò sulla scrivania. Pagine e pagine di appunti fittissimi, pieni di cancellature, di asterischi, di frecce e di diagrammi. E all'inizio di tutto, a caratteri cubitali, il titolo. Una parola sola. Un nome.

NARUTO

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Buongiorno e ben ritrovati, cari lettori!!
Innanzitutto, chiedo scusa per essere tornato con un paio di settimane di ritardo, ma stavo preparando un concorso di sceneggiatura per una scuola abbastanza prestigiosa, in Francia, e quindi non potevo proprio pensare alla fanfic! Però prometto che, nei limiti del possibile, tornerò a essere abbastanza regolare con gli aggiornamenti (uno a settimana, la domenica, in pratica). Però, credo di essermi fatto perdonare, con il capitolo di oggi: magari poi è 'una cagata pazzesca', però io mi sono divertito molto a scriverlo e sono soddisfatto di quello che ho tirato fuori. Secondo me, almeno, offre un po' di spunti interessanti: la prima parte, aggiunge un po' di interrogativi alla trama del controspionaggio e si rivelerà piuttosto importante nel proseguo (anche immediato) della storia; la seconda, più leggera e 'umoristica', inserisce non solo un metadiscorso che riprende un pochetto quello fatto con 100% Fragola nella prima fic, ma questa volta si rivolge da una parte al manga originario dei nostri personaggi e, soprattutto, ha un grande valore simbolico: Naruto è un titolo, è vero, ma è anche il nome dell'ex-amico di Sasuke ed ex-ragazzo di Sakura. Dove vuole andare a parare, Sasuke? Se vi può far piacere, lo scoprirò anch'io, perché ancora non lo so! Ma passiamo alle recensioni:
Sayumi_chan: Intanto, grazie mille per i complimenti! E, da questo capitolo, ecco che vedremo il nuovo staff e tutta la parte 'club di manga' all'opera: quanto e cosa resterà del vecchio club di cinema? E, soprattutto, il piano delle tre ragazze riuscirà a dare i suoi frutti? La storia sta per entrare nel vivo, poco ma sicuro.
LaGrenouille: Aaaallora, andiamo per ordine. Quanto al sogno/flashback, in realtà, è la seconda: la prima è proprio l'inizio-inizio de Le stagioni di Sasuke! E, siccome questo è il primo capitolo di una immaginaria seconda parte della fic, ho riutilizzato lo stesso stratagemma. Potrei dire che è tutto calcolato, ma in realtà me ne sono accorto soltanto dopo xD E, di conseguenza, non vuol dire che lo riutilizzerò anche per una ipotetica terza parte (o forse sì! Mistero!). Poi, va beh, anch'io mi sto divertendo un mondo a mettere i ragazzi delle bande a confronto con il 'mondo normale' dei licei giapponesi. E, comunque, anche Neji è cuore e ormoni, mica solo botte e cervello! Sakura, invece, è un po' il mio jolly: Kishimoto l'ha sfaccettata molto più di quanto poi non si faccia caso nel manga, secondo me, e questo aiuta tantissimo quando bisogna scrivere una fanfic. Infatti, è un personaggio al contempo dolcissimo e violentissimo, ingenuo e acuto. Capace, appunto, di commuoversi l'attimo prima e, se provocata, spaccarti il naso quello dopo. E, diciamocelo, Sasuke si è messo ben d'impegno per farla uscire di testa! Così come in questo capitolo, il battibecco-dialogo che hanno loro due riesce a tenere, secondo me, questo ritmo proprio perché Sakura è al contempo innamorata di Sasuke e infastidita dal suo atteggiamento, quindi gli tiene testa senza mai 'strafare' e pestargli eccessivamente i piedi. E Sasuke, allo stesso modo, è attratto da Sakura ma cerca di tenersi lontano, cosa che lo porta a un equilibrio difficile da sostenere. Non a caso, dopo anni lontano dalla cosa che ama (scrivere), appena ne ha avuto l'occasione è pressocché impazzito xD Non oso immaginare come reagirà se e quando lui e Sakura si metteranno insieme... ok, Sasuke samurai-represso sarà anche inquietante, ma quando riesce a sfogare i suoi istinti è anche peggio... devo dargli una controllata, se no qui la situazione mi sfugge di mano -.- Ah, e dovrei anche cominciare a scrivere su Chouji e Ino, che ne dici? xD
Un ringraziamento a tutti quelli che leggono, recensiscono e seguono la fanfic anche dopo tutto questo tempo! Ci becchiamo tra una settimana,

il vostro autore

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Capitolo 15
*** C'è una notizia ***


Sasuke XV
C'è una notizia

“... e così, i tre protagonisti scoprono che è tutto un piano della famiglia di Sousuke, il coprotagonista maschile, che sta cercando di conquistare il loro Villaggio Nascosto. A quel punto, Sousuke stesso è chiamato a prendere una decisione importante: si schiererà dalla parte della sua famiglia, oppure combatterà fianco a fianco con Naruto e Sarah?” finisce di leggere Sakura, accanto al ragazzo.
Posa il quaderno sulla cattedra e un silenzio di piombo cala sulla classe del club di manga. Sakura sposta lo sguardo su tutti i membri, seduti più o meno composti alle loro postazioni. Il suo sguardo sembra dire 'Beh? Allora?'. Con tono autoritario e una certa insistenza.
Timidamente, quasi nascondendosi dietro il proprio braccio, una ragazza dai capelli biondi stretti in una lunga coda tira su la propria mano.
“Sì. Qualcosa da dire, Ino?” le dà la parola Sakura.
“A me piace. Però... non c'è neanche un po' di romanticismo. Possibile che, stando sempre insieme, i tre protagonisti non si innamorino nemmeno nemmeno nemmeno un po'?” chiede.
Di nuovo silenzio. Sakura si volta verso il ragazzo e lo guarda dritto negli occhi. 'Beh? Allora?'.
“Non ci ho pensato.”
È una bugia, e lo sa. Ci ha pensato, ci ha pensato a fondo e molto a lungo. Sa anche com'è, come sarebbe un rapporto romantico tra i tre protagonisti. Sa tutto. Lo sa alla perfezione.
“Non mi interessava.”
Sakura lo guarda ancora un po', scuote la testa, e si volta di nuovo verso gli altri. Li osserva. 'Beh? Allora!?'. Nessuna reazione. Sakura stringe gli occhi. 'Beh!? Allora!?!'
“Manca il finale” biascica, in fondo a destra, Shikamaru Nara.
“Hai detto qualcosa, Shikamaru?” gli chiede Sakura.
“Manca il finale.” ripete
“Noi non siamo i lettori, dovremmo saperlo in anticipo. No?”
Sakura torna a guardare il ragazzo. E il ragazzo ricambia lo sguardo. Sakura stringe gli occhi, ancora una volta, sempre di più. Sono ridotti a due fessure, due fessure verde smeraldo. 'Beh?!
Allora!?!'.
“Non ce l'ho ancora.” confessa il ragazzo
“Solo qualche idea.”
Sakura continua a guardarlo per qualche secondo, poi ritorna sui suoi compagni. Silenzio assoluto. Nessuna reazione. Nemmeno il 'Beh? Allora!?' oculare più urlato della storia riesce a smuovere gli animi.
Sakura sospira, riprende in mano il quadernino e lo piazza tra le braccia del ragazzo con una certa violenza.
“Sviluppa la parte romantica e portami un finale.” ordina.
“Hai due mesi.”
Due mesi?” chiede il ragazzo, gli occhi spalancati
“E perché?”
“Perché parteciperemo al Comiket di agosto.”

Sasuke posò la penna, chiuse il quaderno e si appoggiò allo schienale della sedia. Finito. Finalmente, la storia per il manga era conclusa. E appena in tempo: proprio quel pomeriggio, i due mesi concessi da Sakura sarebbero scaduti.
Sasuke sorrise, portò le mani dietro la testa e si dondolò un po'. Alzò gli occhi al soffitto della camera. Era stato bello, a tratti bellissimo, questo ritorno alla scrittura. Peccato, quasi un peccato, che fosse già finito.
Si alzò e raggiunse il letto, dove aveva lasciato la divisa della scuola. Si svestì alla veloce, ripiegando i vestiti da casa, tutti ricamati con il ventaglio degli Uchiha, e appoggiandoli sulla sedia. Poi, si infilò i pantaloni e, subito sopra, la camicia. Si fece il nodo alla cravatta, indossò la giacca e recuperò la cartella, accanto alla scrivania. La posò sulla sedia e slacciò le fibbie.
Qualcuno bussò alla porta e, senza aspettare risposta, aprì. Fugaku apparve sull'uscio della camera.
“Buongiorno, padre.” lo saluto Sasuke, con un breve cenno del capo.
“Ah, sì, buongiorno.” rispose Fugaku
“Avevo bisogno di aiuto con dei bilanci, Sasuke. Cioè, in realtà i bilanci vanno bene, sono le cartelle di sex hall che mi si sono tutte sballate. Hai un po' di tempo?”
Sasuke inarcò le sopracciglia. Poi, comprese, e dovette trattenere una risata.
Excel, papà. Si chiama Excel.
“Sì, padre.” rispose, quindi
“Arrivo”
Fugaku annuì e s'incamminò fuori dalla stanza. Sasuke richiuse la cartella al volo, la afferrò e lo seguì lungo il corridoio e le massicce scale di legno. I due arrivarono in ufficio e Sasuke si posizionò dietro la pesante scrivania del padre. Diede un'occhiata ai file in questione e vide, con orrore, che i dati erano saltati un po' ovunque, senza ordine logico.
“Sì, ecco, vedi. Mi si sono sballati tutti i numeri, e...”
“Sì, vedo” commentò Sasuke, e lottò contro il desiderio di spiaccicarsi la mano contro la faccia.
“Ci vorrà molto?” chiese Fugaku.
“Tutto il pomeriggio, temo. Ma tra un po' devo andare a scuola. Vedo quello che posso fare.”
Fugaku inarcò un sopracciglio.
“Scuola? A quest'ora?”
“Sì, padre. Ho quel progetto del club di manga. Te ne avevo parlato, no?”
Fugaku annuì.
“Sì, certo, certo. Fai quello che puoi, allora.”
E così, si misero entrambi di fronte allo schermo e, seguendo le indicazioni del padre, Sasuke iniziò a rimettere a posto le cartelle con i bilanci. Una, due, tre. Là dentro, c'erano almeno una ventina di schede un tempo ordinatissime e rigorosissime. Anche perché, negli ultimi due mesi, non aveva fatto altro che quello.
Sasuke lanciò un'occhiata all'orologio. Dieci minuti, dieci minuti e sarebbe dovuto andare. In quel momento, Fugaku s'alzò di scatto.
“Ah, Sasuke, aspetta” disse, all'improvviso.
Sasuke alzò gli occhi verso il padre e ne approfittò per stropicciarseli un po'. Si erano arrossati e gli bruciavano da morire.
“Sì?” chiese, poi.
“Io devo andare un attimo... di là. Non, non puoi continuare, se non ti dico che fare, giusto?”
Io ho fatto questi piani. So perfettamente come vanno sistemati! E poi, ora devo proprio andare...
“Sì, padre. Ti aspetto, allora.”
Fugaku lo guardò un po', annuì e uscì dalla porta dell'ufficio. Con il comando tastiera, Sasuke chiuse immediatamente tutte le schede ancora aperte. I suoi occhi, rossi e stanchi, guizzarono da una parte all'altra del desktop: eccole lì, le due, famigerate cartelle. E pochi minuti a disposizione. Troppo pochi, per guardarle entrambe. Ora, doveva soltanto scegliere.
IU o Sole Artificiale? L'angolo in basso a destra, o in alto a sinistra? Suo padre o suo zio Madara? Itachi Uchiha o Akatsuki? Sasuke chiuse gli occhi, prese un grosso respiro, e riaprì le palpebre.

“Ah, Sasuke, proprio te cercavo!” lanciò Sakura, in mezzo alla classe.
Temari, dall'ultima fila di banchi, alzò lo sguardo dal proprio foglio. Sasuke, trafelato e con la cartella ancora tra le mani, varcò l'uscio dell'aula e raggiunse la cattedra.
“Mi spiace, ma non ci siamo proprio” proseguì Sakura.
“Ma proprio per niente.”
“Che c'è, adesso?” chiese Sasuke, quasi sbattendo la cartella sul banco, il tono troppo stanco e sconfortato persino per ribattere alle provocazioni della presidentessa.
“La parte romantica. Non ci siamo proprio. Sembra che tu stia spingendo apposta Sarah tra le braccia di Naruto. È, è, è innaturale!”
“Perché 'innaturale'?”
“Lei deve stare con Sousuke!” esclamò Sakura, con ovvietà
“È lampante, no?! E invece qui sembra che, alla fin fine, Sousuke dovrà comunque scegliere se schierarsi con la sua famiglia e scontrarsi apertamente con il suo migliore amico, oppure aiutarli durante l'ultima lotta e poi lasciarli soli, a fare i piccioncini, mentre lui se ne va con la coda fra le gambe!”
“Magari, è proprio quella la scelta davanti a cui voglio metterlo” disse Sasuke, la voce roca e un sorriso sarcastico sul volto.
“Beh, è sbagliata!” tagliò corto Sakura
“Sarah non può semplicemente scegliere Sousuke, e basta?”
“No.” rispose Sasuke
“Sousuke, Sousuke è sbagliato, per Sarah. Ha troppe ombre, troppi segreti, troppi misteri sulle sue spalle. Lui, lui è sbagliato per qualsiasi ragazza, Sakura.”
Sakura mosse una mano e la posò su quella di Sasuke. Temari si aspettò di vederlo ritirare il braccio, ma non successe nulla di simile.
“Nemmeno se quella ragazza è innamorata di lui, Sasuke?” chiese Sakura, e i suoi sembrarono brillare nella luce soffusa della classe.
Lei e Sasuke si guardarono per un lungo momento.
“Sì” disse, infine, Sasuke. E distolse lo sguardo.
“Ah! Come vuoi!” sbuffò Sakura, togliendo velocemente la mano
“E il finale? Me l'hai portato, il finale!?”
Sasuke sorrise, tirò su la cartella e ne aprì le fibbie. Guardò un attimo dentro e l'espressione di trionfo gli sparì dal volto. Temari poté giurare di averlo addirittura visto impallidire.
“Io, io l'avevo finita, eh. Era pronta ma, prima di venire qui, mio padre...”
“Ecco, lo sapevo! Sei il solito inaffidabile!”
“Ma...”
Uff!, sbuffò Temari, tra sé e sé.
Riuscirete mai a non litigare per più di cinque secondi!?
Sospirò e tornò al proprio disegno. Una colorazione della copertina del volume. I tre protagonisti, in tenuta da ninja, con i soli occhi scoperti. Un paio azzurri, un paio neri e un paio verdi. Alzò un sopracciglio, prese il pastello rosa e cominciò a colorare le loro palpebre.
Negli ultimi mesi, aveva passato così tanto tempo a far finta di essere una ragazza normale, con una vita normale e delle amiche completamente fuori di testa, che quasi si era adagiata in quel ruolo. Tornare a casa e sentire i – rari, a dire il vero – racconti di Gaara e Kankuro stava diventando, giorno dopo giorno, sempre più difficile.
Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia.
Anche i contatti con Sasuke s'erano fatti sempre più radi, ultimamente. Dato per assodato che Sakura aveva preso a seguirlo, ogni giorno, nel tragitto da scuola fino a casa sua, non c'erano novità rilevanti.
Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia.
Però, in fondo, era stato anche divertente. Stare lì, con Sakura, ad appiattirsi dietro a ogni angolo, a indicarsi a vicenda quando Sasuke voltava le spalle e farsi segno che potevano seguirlo. A prendere e ridicolizzare tutto quel gergo quasi militare che, in giorni che in quel momento gli parvero ormai davvero lontani, era stato parte della sua vita.
Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia.
Correre dall'altra parte della strada, nel vicoletto di fronte. Con una mano, dare il via libera a Sakura. E con l'altra, senza farsi vedere, scrivere a tutta velocità un messaggio a Sasuke per avvertirlo del pericolo imminente. E poi ridere, ridere e ridere ancora con Sakura, con Ino, con Tenten. Con chiunque venisse con loro e si imbarcasse in quella stupida avventura, a far finta di essere spie in missione. A fare finta. Già.
Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia. Roger. Nessuna notizia.
La porta dell'aula sbatté e Temari alzò lo sguardo. Il disegno ancora a metà, la classe s'era svuotata quasi del tutto. Accanto a lei, tanto per cambiare, soltanto Ino e Tenten. E, dritta dietro la cattedra, le mani posate bene aperte sul banco di legno bianco e un sorriso di sfida sul volto, Sakura.
Qu, quanto tempo mi sono persa nei miei pensieri, si chiese Temari.
Parecchio, direi.
“Il Comiket si avvicina e non abbiamo più tempo da perdere.” esordì Sakura
“Dobbiamo entrare in azione: dichiaro ufficialmente aperta la fase finale del nostro piano. Il nostro piano di conquista!”
Roger. C'è una notizia.

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Buongiorno (o buonasera) a tutti!
Salto temporale di un paio di mesi e capitolo un po' più lungo! Ho buttato giù la pianificazione della serie fino alla fine e, oltre a essermi infilato in un casino senza precedente (come capirete dal prossimo capitolo), posso dire che si sta avvicinando la fase finale. Diciamo che con oggi inizia la parte dedicata quasi esclusivamente alle coppie e, prima del finale vero e proprio, torneremo ancora una volta a occuparci delle rivalità tra le bande. In linea di massima, comunque, tutti i discorsi aperti negli scosi quattordici capitoli dovrebbero chiudersi nei prossimi, che non so ancora quanti saranno. Diciamo che variano da un minimo (molto poco probabile) di dieci fino a un massimo di venti. In ogni caso, ve lo saprò dire tra un po'! Capitolo tripartito e, dunque, un po' più lungo: apre tre fronti, anche se in tre fasce temporali differenti, ma avevo bisogno di farlo in questo modo: mi sono ritrovato un po' in difficoltà nella stesura dell'ultima parte della storia (molte e molto incasinate tutte le cose che dovevo ancora dire, e mi pareva di perdere tempo) ed è molto probabile che, da questo capitolo in avanti, ci saranno capitoli più lunghi o più corti (magari anche molto più lunghi e molto più corti), meno equilibrati che al mio solito, oltre che un ritorno a sbalzi temporali e a incasinamenti non indifferenti di fabula e intreccio. Spero di gestire la situazione al meglio ma posso già dire che, in linea di massima, sono riuscito a costruire questo lungo avvicinamento al finale nel modo (per ora) in cui volevo e quindi, per me, il migliore. Posso solo sperare che lo sia anche per voi. Ma passiamo alla recensione:
Sayumi_chan: Per quanto riguarda la questione delle due cartelle, giuro solennemente che sapremo cosa c'è in entrambe e che tutte e due, a loro modo, saranno fondamentali per due diversi aspetti nella conclusione del manga. Al contempo, però, anticipo già che una delle due, sarà una cosa dannatamente seria; l'altra, invece, dannatamente stupida. Riguardo la trama del manga, un po' come quella del libro nella scorsa fanfic, come si è visto in questo capitolo, assume un forte valore simbolico. Il finale, a cui si accenna ma che non si conosce, sarà molto importante. Molto simbolico, da un lato; ma anche molto importante. E altrettanto importante sarà non solo il fatto che sia stato 'dimenticato', ma anche il posto in cui è stato dimenticato. Ma mi fermo qui, a dei piccoli 'indizi' su dove posare lo sguardo, anche dopo molti capitoli da adesso ;)
Come sempre, un 'grazie' immenso a tutti quelli che leggono, seguono capitolo dopo capitolo e recensiscono la fanfic. Ci si ribecca tra sette giorni,

il vostro autore

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Capitolo 16
*** Qualsiasi cosa succeda, tu dille di sì ***


Sasuke XVI
Qualsiasi cosa succeda, tu dille di sì

Sasuke uscì dalla classe e scese le scale di corsa, senza guardare in faccia nessuno. Il contenuto della cartella IU, il segreto di suo padre... qualcosa si smosse, dentro di lui. Lo stomaco gli si contrasse, e poi fece due piroette su sé stesso.
Dannazione, pensò. Dannata cartella IU, dannato padre!!
Uscì dal portone della scuola, attraversò il cortile brullo e uscì dal cancello. Svoltò a destra, superò il muretto che recintava la scuola e si infilò sulla prima via alla propria sinistra. Prima ancora di potersene rendere conto, si trovò il faccione di Suigetsu a pochi centimetri dal naso.
Sobbalzò, si guardò indietro e riprese a camminare, il volto dritto davanti a sé. Suigetsu gli si affiancò.
“Che ci fai qui!? Ti ho detto mille volte che non voglio che ci vedano insieme!”
“Non guardare me, bello.” rispose Suigetsu
“È Neji che m'ha chiamato.”
“Eh? Neji?”
E, come se l'avesse evocato, Neji apparve alle loro spalle.
“Continuate a camminare e non voltatevi. Facciamo finta di non conoscerci nemmeno, chiaro?”
Suigetsu annuì.
“Agli ordini, capo!”
Sasuke lo guardò giusto giusto con la coda nell'occhio e mischiò un urlo con un sussurro, grattandosi la gola fino a irritarla.
“Che, che, che dannazione ti è saltato in mente, Neji!? Sakura mi segue praticamente ogni giorno, dopo la scuola, per vedere dove vado! Se, se ci vede insieme...”
“Penserà che siamo due compagni di club che tornano a casa.” concluse Neji, il tono calmo e compassato
“E, comunque, non ci vedrà. Le ragazze hanno riunione segreta, oggi pomeriggio. Me l'ha detto Tenten.”
Sasuke alzò un sopracciglio.
“Tenten? Hai chiesto a Tenten se mi avrebbero seguito, oggi!?”
Neji arrossì e tossicchiò.
“N, no, ovviamente. Le ho chiesto, ehm, sì, insomma... le ho chiesto se era libera, oggi pomeriggio. Ho fatto finta, finta!, di chiederle un appuntamento. Credo.”
Suigetsu si girò verso Sasuke e sghignazzò silenzioso, i denti appuntiti perfettamente incastrati gli uni negli altri, la fila sopra con quella sotto.
“Smettila, Hozuki.” lo riprese Neji, immediatamente.
“Ti ho visto.”
Sasuke alzò gli occhi al cielo e sospirò.
“Va beh, poco male.” disse
“E quale sarebbe il motivo di questa gran riunione?”
“Akatsuki” disse semplicemente Neji.
“E ti pareva!” commentò Suigetsu.
“Non c'è da ridere, Hozuki” lo ribeccò Neji.
“Akatsuki si sta muovendo. Ha sistemato le ultime cose e presto, molto presto porterà il suo attacco finale. In questi anni, ha praticamente preso il controllo dell'intera città e, ormai, gli mancano più due obiettivi.”
Sasuke guardò Neji con la coda dell'occhio. Suigetsu, invece, si voltò decisamente.
“Il gruppo bancario più importante della zona... e il palazzo del comune.”
Sasuke strinse i pugni. Il palazzo del comune. Hiruzen Sarutobi. Danzo. Una guerra civile capace di scuotere tutta la cittadina. Capace di mettere in pericolo tutti, tutti quanti.
“Per quanto riguarda la banca...” proseguì Neji
“… un paio di mesi fa, uno dei due azionisti di maggioranza è accidentalmente finito giù da un burrone, mentre era in macchina. E proprio domani si terrà l'asta per l'assegnazione delle azioni rimaste libere.”
“E indovina un po' chi parteciperà accidentalmente all'asta...?” disse Suigetsu.
Neji annuì, senza nemmeno sorridere.
“Precisamente. So da fonti certissime che domani Akatsuki manderà due suoi emissari per partecipare all'asta. E, se mai dovessero aggiudicarsi quelle azioni, diventerebbero loro l'azionista di maggioranza di quel gruppo bancario.”
“Loro?” chiese Suigetsu
“Perché? Adesso, chi è?”
Sasuke sorrise, tagliente, e sbirciò verso Neji con la coda dell'occhio.
“La famiglia Hyuuga, ovviamente” disse.
Neji gli rispose con uno sguardo privo d'ogni emozione.
“Sì, la famiglia Hyuuga, Uchiha. E ti ricordo che, se dovesse aggiudicarsi quella banca, Akatsuki avrebbe l'ultimo tassello mancante prima dell'attacco finale. Siamo alla resa dei conti, Uchiha. Non c'è più tempo per scherzare, se vuoi salvare la pelle alla tua bella Sakura.”
“Provochi, Hyuuga? O vuoi che parliamo un po' di Tenten?”
“Ok, ok, ragazzi. Tra un po' io sgommo e vi lascio giocare a chi ce l'ha più duro, va bene?” intervenne Suigetsu
“Ora, però, vorrei sapere che cosa c'entriamo noi in tutta questa faccenda...”
“Semplice. Sarete voi a fermare gli emissari di Akatsuki. Voi, e i fratelli Sabaku.”
“No” rispose Sasuke, immediatamente.
Neji alzò un sopracciglio.
“Problemi, Uchiha?”
“Io ho l'altra missione, Neji. Non posso perdere tempo dietro ad Akatsuki. Non adesso.”
“Sono passati due mesi da quando ti ho affidato l'altra missione, Uchiha.” gli ricordò Neji
“E tu non mi hai portato un risultato che sia uno. Quindi, se permetti, la tua vendetta personale può aspettare, adesso. A meno che tu non abbia qualcosa di nuovo da riferirmi?”
Sasuke sbirciò verso Neji, che strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure.
“Hai scoperto qualcosa, Uchiha?”
Sasuke deglutì e tornò a guardare di fronte a sé. E gli tornò in mente quella mattina. IU. Suo padre. No, Neji non c'entrava, in tutta quella storia. Non poteva entrarci.
“No.” rispose, la voce roca.
“Non ho scoperto niente, capo”
“Benissimo, Uchiha.” fece Neji, la voce improvvisamente sibilante.
“Allora, tu, Hozuki e i fratelli Gaara vi incontrerete domani, alle 15, di fronte al grande edificio di vetro all'estremo est della città. Siamo intesi?”
“Sì, capo” risposero Sasuke e Suigetsu, all'unisono.
“E vedete di fermare 'sti stronzi di Akatsuki, fosse l'ultima cosa che fate nella vita. Non m'importa come, vi do carta bianca, ma fermateli. Sono stato abbastanza chiaro?”
“Sì, capo!”
“Ne va della sopravvivenza di tutta la cittadina. Siamo alla resa dei conti, dannazione!”
“Sì, capo!!”
Neji si staccò dal gruppo e si diresse a destra, oltre la grande muraglia che cingeva la residenza degli Hyuuga. Sasuke e Suigetsu lo salutarono con un segno della testa e proseguirono oltre, lungo la stradina.
Il cellulare di Sasuke squillò. Una, due, tre volte. Sasuke si fermò di botto, si guardò un po' intorno e cavò il cellulare fuori dalla tasca. Strofinò il touch screen per rispondere, e si portò il telefono all'orecchio.
Uchiha?” chiese la voce metallica di Temari, dall'altro capo della conversazione.
“Sabaku. Che c'è?”
Siamo in emergenza, Uchiha. Ho avuto una riunione con l'obiettivo numero uno, oggi pomeriggio.
“Sì, lo so, Neji me l'ha detto.”
Neji? Bah, va beh. Comunque, siamo in regime d'emergenza. Haruno ha deciso di passare all'azione.
“All'azione?” chiese Sasuke, e corrugò la fronte
“Perché, mettersi a seguirmi ogni fottuto giorno non era abbastanza 'azione', per lei!?”
C'è poco da scherzare, Uchiha. Ha capito che nascondi qualcosa e, se non ti presenterai all'appuntamento, ha tutta l'intenzione di renderti la vita impossibile.
“Appuntamento? Quale appuntamento?”
Appunto, ci stavo arrivando. A breve ti chiamerà e ti chiederà di uscire. Tu dille di sì. Qualsiasi cosa succeda, tu dille di sì.
“E quando dovrebbe essere, questo appuntamento?”
Domani. Alle 15. Al luna park. E vedi di esserci, Uchiha. Vedi di esserci.

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Buongiorno,
ed ecco perché, l'ultima volta, ho detto che mi stavo infilando in un casino senza precedenti xD Ora, come nella miglior tradizione delle commedie romantiche basate sul segreto e sull'equivoco, giunge il momento in cui il nostro protagonista ha due appuntamenti diversi, legati alle sue due vite, assolutamente inevitabili! E io, pover autore che m'infilo sempre nelle peggiori situazioni, dovrò riuscire a giostrarmi mooooolto bene questo pezzo di storia... e non so come fa xD Cioè, non ho ancora preparato l'esatta divisione in capitoli di tutto ciò che succederà e dovrò andare avanti un po' a tentoni, con qualche idea ma senza una visione chiara di tutta la faccenda. Ma va beh, ormai sono anni che vado avanti così, direi che dovrebbe andare bene. Se non altro, se vi può consolare, passata questa, la fanfic si avvierà verso la fine e io ho ben scritto tutto ciò che succede, capitolo per capitolo, e dovrei progredire spedito e dritto come un fuso. Almeno spero. Ma passiamo alle recensioni:
LaGrenouille: Sì, infatti mi sono divertito molto a scrivere di Temari. Anche perché, di solito, nelle storie di 'spionaggio', le spie sono un po' tutte uguali, persone senza scrupoli che mentono, mentono, mentono. Temari, invece, rimase pur sempre una ragazza di quindici, sedici anni e, come tutte le ragazze, ama stare con le amiche e fare cose da adolescente. Ma, con i fratelli che si è beccata, per lei è un po'... dura, diciamo. Così, ho voluto prendermi un po' di tempo per mostrare entrambi i lati del suo carattere (e mi prendero altri spazi per farlo, credo. E' un personaggio a tutti gli effetti, non un deus ex machina da inserire solo quando Sasuke ha bisogno di qualcuno che lo infili nei casini xD, e me la voglio un po' coccolare). Poi, va beh, tra poco toccherà un po' a tutti - Neji, Tenten, Ino, Chouji... siamo alla resa dei conti, e non solo con Akatsuki xD -, così recuperò anche sui comprimari, che ho un po' trascurato in questa fanfic. Sulla cartella IU... beh, no, non si tratta di un'attirce porno, per fortuna xD Nel senso che le due cartelle non sono lì soltanto con il doppio possibile ruolo o di battuta, o di disvelamento dei segreti della famiglia Uchiha. Anche la cartella-trappola (trappola per il lettore, intendo), non sarà lì solo e soltanto per far ridere un po' (anche se, in effetti, penso che ci sarà di che sbellicarsi xD), ma avrà anche un suo ruolo drammaturgico a tutti gli effetti. Insomma, non mi piace focalizzare l'attenzione su un elemento e poi buttarlo via in modo semplice. Al massimo, tradisco le aspettative (cosa che, in certi casi, amo fare), ma non lo butto proprio via!
Un grande 'grazie' a tutti quelli che leggono, seguono e recensiscono la fanfic! Settimana prossima sarò fuori casa quindi, molto probabilmente, il capitolo salterà. Nel peggiore dei casi, dunque, ci si becca tra due settimane,

il vostro autoruncolo

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Capitolo 17
*** Non me l'avevi detto ***


Sasuke XVII
Non me l'avevi detto

Sasuke guardò un paio di volte a destra e a sinistra, e attraversò la grande strada che portava all'altra metà della cittadina. Raggiunse il grosso parco, accostato dall'unica rete tramviaria del paese, e sospirò.
Si guardò un po' la maglia blu, a collo alto, e soppresse l'istinto primordiale di togliersela e stracciarla in mille pezzi. Ma come diavolo gli era saltato in mente di vestirsi così, a un appuntamento?! E i pantaloncini bianchi, poi. Chi si mette i pantaloncini, al giorno d'oggi?! Sakura l'avrebbe odiato, ne era sicuro.
Sospirò ancora, oltrepassò il cancelletto dipinto di verde e si inoltrò lungo il vialetto cosparsi di ghiaia e circondato da alberi e grossi prati. Ragazzi, uomini e donne se ne stavano stesi lì, a prendere il sole.
“Sasuke!” chiamò una voce, dietro di lui.
Sasuke si voltò. Sakura si sistemò un po' la gonna corta e alzò una mano in segno di saluto. Il sole le illuminò gli occhi verde smeraldo. Sasuke deglutì e sentì le guance andargli a fuoco.
“Sa, Sakura...”
La ragazza gli si avvicinò saltellando, e la maglietta rosa e un po' larga si gonfiò al vento. Lo raggiunse, lo acchiappò per un braccio e gli sorrise.
“Vieni, su!”
“Do, dove andiamo?” chiese Sasuke, la gola secca.
“Al luna park che hanno aperto nel centro del parco! È una figata, parola mia!”
Sasuke annuì e si lasciò trascinare. Abbassò lo sguardo un paio di volte, e gli finì immancabilmente nella leggera scollatura della maglia di Sakura. Lo rialzò subito, la gola sempre più secca e le guance sempre più calde. Deglutì, alla disperata caccia di un po' di saliva.
Attraversarono metà del parco in mezzo ai grossi prati, poi tagliarono per un boschetto e camminarono sotto le fronde degli alberi. Malgrado il grande sole e la giornata quasi estiva, laggiù godettero di una frescura insperata.
Poi, dietro una curva, un nuovo cancello e l'entrata del luna park. La grande ruota panoramica, al centro del parco, ruotava lenta.
“Dai, andiamo.” lo tirò a sé Sakura
“Gli altri ci aspettano dentro.”
Sasuke corrugò le sopracciglia.
“Gli, gli altri?”
Svoltarono una curva e si ritrovarono davanti, nell'ordine: Temari, Shikamaru, Chouji, Ino, Tenten e Neji Hyuuga. Il capo della banda, le guance di un insolito color rosato, spalancò gli occhi bianchicci verso Sasuke.
'Che ci fai qui?!' sillabò Sasuke, senza produrre alcun suono.
'Che ci fai tu, qui!' rispose Neji, allo stesso modo.
“Allora? Da dove vogliamo cominciare?” chiese Sakura, sempre attaccata al braccio di Sasuke.
“La casa degli orrori” propose subito Neji, gli occhi sempre fissi su Sasuke.
“Sì, sì!” gli andò dietro Tenten
“Facciamo la casa degli orrori!”
“Per me, è ok” aggiunse Temari.
G, g, geniale!, esclamò Sasuke, tra sé e sé. Buio, urla da tutte le parti, confusione. È l'occasione perfetta per scappare senza farmi vedere...
“Sì, sono d'acc...” iniziò a dire.
“No, no, assolutamente no!!” gridò Ino.
Gli altri sobbalzarono. Tenten si portò una mano al cuore e alzò uno sguardo adorante verso Neji. Hyuuga la guardò a sua volta, sorrise e arrossì. Sasuke resistette all'impulso di infilarsi due dita in gola.
“Che c'è, Ino?” le chiese Shikamaru, le mani in tasca e l'espressione assonnata
“Anche a me la casa degli orrori va benissimo, e...”
“No!” ribadì Ino
“Io voglio andare sulla ruota panoramica!”
Si mise di lato e la indicò, il braccio teso e un ditone dritto dritto verso la costruzione. Sasuke s'aspetto quasi di sentir partire una musica di trionfo, da qualche parte, nell'aria. Scosse la testa.
Quei mesi con Naruto e il club di cinema mi hanno davvero deviato il cervello...
“Ino ha ragione!” esclamò Sakura, e le brillarono gli occhi.
“Ha ragione... su cosa?” chiese Sasuke, un sopracciglio alzato.
Sakura ridacchiò, arrossì e si portò una mano dietro la testa. Con l'altra diede alcune pacche sul braccio di Sasuke
“Eh, eh. Niente, niente. Cose da donne...”
“Sì, ma... stavamo decidendo insieme e mi pare che la casa degli orrori...”
“A me va bene anche la ruota panoramica” intervenne Shikamaru.
“Sì, sì!” saltellò Tenten
“Anche io la ruota panoramica!”
Neji la guardò e si schiarì la voce. Lanciò un'occhiata a Sasuke come a voler dire 'Mi dispiace'. Sasuke abbassò lo sguardo e resistette all'impulso di schiaffarsi una mano sulla faccia.
Non anche tu, pensò. Non anche tu...
Sakura lo guardò, sorrise e fece spallucce.
“Bene. Mi sembra deciso, no?”
E, quasi dimenticandosi di Sasuke, staccò le braccia dal ragazzo e si avvicinò a passo di marcia alla ruota. Gli altri si guardarono un po' e si accodarono a Sakura. Appena si furono allontanati abbastanza, Sasuke afferrò Neji e Temari.
“Che diavolo è questa storia dell'appuntamento di gruppo!?” chiese, urlando e sussurrando al contempo, la gola sempre più rinsecchita.
“Come?” chiese Temari, gli occhi spalancati dalla sorpresa
“Non te l'avevo detto?”
“No, non me l'avevi detto.”
“Tranquillo, Uchiha. Anche io non lo sapevo” fece Neji.
Sasuke e Temari si guardarono, lo guardarono, si guardarono e corrugarono la fonte.
“Ma, quindi... tu pensavi di uscire con Tenten... da solo!?” dissero.
Neji tossicchiò, le guance pallide di un rosa sempre più scuro.
“Ehm... ma piuttosto, Uchiha.” tagliò corto.
“Tu che ci fai, qui? Hai una missione, oggi.”
Sasuke allargò il braccio e indicò Temari con la mano aperta.
“Lei m'ha detto che, se non fossi venuto, Sakura sarebbe diventata un problema! E io non posso proprio permettermelo.”
I due si guardarono fissi negli occhi, per un lungo momento. Poi Neji abbassò lo sguardo, si mise le mani sui fianchi e sospirò.
“E perché non me l'hai detto prima? Almeno l'avrei saputo!”
“Eh?” fece Sasuke.
“Cosa?” chiese Temari.
“In che senso, scusa?” dissero insieme.
“E, e, e ti avrei sostituito per la missione!” sbraitò Neji.
“Ma, ma, ma... mi hai praticamente obbligato a partecipare a quella missione! Pensavo che non me l'avresti permesso!”
Neji sospirò e si massaggiò la fronte con le dita.
“L'avrei fatto, se mi avessi spiegato nel dettaglio” rispose.
“E ora? Che vogliamo fare, adesso?” chiese Temari.
“Devo approfittare di ogni momento buono per svignarmela e andare ad aiutare gli altri. Hanno bisogno di me, dannazione.” disse Sasuke, e li guardò entrambi, gli occhi negli occhi.
“E voi due, voi due dovete aiutarmi.”
Qualcuno afferrò Neji per il braccio e lo tirò a sé.
“Chi deve aiutare chi?” squittì Tenten, il sorriso sulle labbra
“Che state confabulando, voi tre?”
“Ehi, Sasuke!” urlò Sakura, da lontano
“Non ti si può lasciare un attimo, che già cerchi di scappare? Devo prenderlo come un segnale?”
Sasuke la guardò, la bocca semi aperta. Poi sbuffò, scosse la testa e scoppiò a ridere. Ma che diavolo...? si chiese.
“No, no.” le gridò a sua volta
“Ora arrivo. Tranquilla.”
La raggiunse e si diressero tutti verso il centro del parco. La ruota panoramica, di fronte ai loro occhi, ruotava lentamente. Molto lentamente. Troppo lentamente, pensò Sasuke.

Suigetsu tirò fuori il cellulare, gli mollò un'occhiata e se lo rimise in tasca. Per la quindicesima volta negli ultimi due minuti e mezzo. 14.55. 14.56. 14.57. Sbuffò.
“Argh!! Ma dove diavolo s'è andato a cacciare!?”
“Ti ha scritto un messaggio in cui diceva che sarebbe arrivato in ritardo” gli ricordò Gaara, la voce monotona e lo sguardo cerchiato dalle occhiaie dritto di fronte a sé.
“Questo lo so benissimo! Ma l'attesa è comunque snervante!”
Gaara fece spallucce e si voltò verso la grande torre di vetro e l'intelaiatura in metallo. Suigetsu sbuffò un'altra volta e puntò il dito e contro di lui, e contro suo fratello.
“E voi due non siete di alcuna compagnia!!”
Il cellulare gli vibrò leggermente nella tasca. Lo tirò fuori, trascinò il dito sul touch screen per annullare la sveglia e snudò i denti appuntiti in un sorriso. 15.00. Ci siamo.
Suigetsu si sistemò la cravatta e tirò fuori un paio di occhiali da sole. Lui, Gaara e Kankuro si diressero a grandi passi verso la torre di vetro, dove si sarebbe tenuta la vendita delle azioni. Oltrepassarono una viuzza sulla destra e Suigetsu si ritrovò di fronte alla gola una mazza da baseball da cui spuntavano punte di chiodi arrugginiti.
Suigetsu deglutì e spostò, molto lentamente, lo sguardo accanto a sé. Un omaccione dalla testa squadrata, i capelli colorati di blu e un colorito malaticcio gli sorrise, i denti appuntiti almeno quanto i suoi.
“Buongiorno, Suigetsu.” lo salutò, e indicò la mazza con un movimento del capo
“Ti presento Samehada. O forse la conosci già?”
Suigetsu lo fulminò con lo sguardo.
“Sì, Kisame.” sillabò
“Mi è già capitato. Una volta o due.”
“Conosci quello sbarbatello, Kisame?” chiese un'altra voce, dall'altra parte della strada.
Un ragazzino dai capelli rossi era apparso alle spalle di Kankuro e Gaara, e ora stringeva loro il collo con la semplice forza delle mani.
“Ahimè, Sasori-chan.” rispose Kisame, e fece spallucce
“Purtroppo, è mio cugino.”
Sasori annuì.
“Mh, mh. Continua. M'interessa.”
“Mia mamma è la sorella di loro padre. Fine della storia.”
“Fine della storia!?” sbraitò Suigetsu
“Hai passato l'infanzia a giocare con mio fratello! Quando lui e Itachi hanno fondato Akatsuki, sei stato il primo a cui ha pensato!! Sei solo un brutto bastardo traditore!”
Kisame avvicinò Samehada al collo di Suigetsu, che arretrò di un passo e si trovò con la schiena contro il muro.
“Ti consiglio di stare attento a quello che dici, cuginetto. Ho la mazza dalla parte del manico.”
“Mh, mh.” mormorò Sasori, e annuì
“Sembra giornata di riunioni di famiglia.”
“Riunioni di famiglia, Sasori-chan?”
Sasori indicò Kankuro e Gaara.
“Sono loro zio.”
Kisame scoppiò a ridere e sputacchiò un po' ovunque.
“Zio!? Ma se c'hai la loro età, a momenti!!”
“Non ho la loro età. Ho vent'anni da due mesi. Stavo con la sorella di loro madre, comunque. Poi, però, è morta tragicamente e in circostanze misteriose...”
“Misteriose?” ringhiò Kankuro
“L'hai scuoiata e ne hai fatto una bambola, razza di psicopatico. Dovresti essere dietro le sbarre da anni, ormai. E, finalmente, ti abbiamo ritrovato...”
Kankuro e Gaara si lanciarono un'occhiata. Fecero per girarsi, ma Sasori strinse più forte e li obbligò a inginocchiarsi sull'asfalto.
“Tsk. Tsk. Tsk. Sbagliato.” sussurrò
“Sono io che ho ritrovato voi. E ora, ora diventerete le mie marionette...”

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Ok, la seconda parte del capitolo è davvero shonen manga. Le premesse per un combattimento, i collegamenti familiari, una sorta di faida e una quantità indescrivibile di emozioni e storia personale tirate in ballo. Da manuale, insomma. Ma, in fondo, il combattimento diventa interessante solo quando c'è qualcosa di emotivamente forte in ballo, e quindi... spero solo di non aver, come si dice qui a Genova, 'cagato fuori dal bulacco'. Scelta azzardata, a me ispira, ma magari a voi farà schifo. Fatemi sapere, comunque xD Sulla prima parte, invece, mi son divertito parecchio ma, di fatto, il capitolo non è che un grosso preambolo: combattimenti e ingarbugliamenti amorosi non cominceranno che dal prossimo. Però, scrivere di un Sasuke agitatissimo per un appuntamento e che, come un qualsiasi ragazzo, è sicuro di aver scelto il peggior abbigliamento possibile... beh, è stato divertente. E necessario, in un certo senso: la base di tutto 100% Sakura è, deve essere e sarà sempre l'età dei protagonisti. Ragazzini delle medie nella prima parte, ragazzi del liceo nella seconda e, credo di poterlo anticipare già da adesso, adulti e vaccinati nella terza. Ma passiamo alle recensioni:
LaGrenouille: Sì, l'idea delle azioni bancarie serviva proprio a questo: sono bande di città, è vero, ma richiamano comunque il modello Yakuza e, benché territoriali, si tratta comunque di conquiste finanziarie, immobiliari e, in generale, soprattutto economiche. In fondo, in un mondo basato per la quasi totalità su rapporti di tipo economico, sarebbe quantomeno ingenuo non trattare anche questo argomento, soprattutto se voglio dare respiro "internazionale" (passami il termine) all'affare delle bande. Se no, è anche inutile dire che una vittoria di Akatsuki porterebbe alla quasi-distruzione della cittadina, e poi trattare le bande come anonime bande di quartiere. Soprattutto adesso, che il finale pian piano s'avvicina: se poi il lettore non si sente abbastanza coinvolto emotivamente, lo scontro finale con Akatsuki rischia di diventare brutto, noioso e gratuito. Cosa che, sinceramente, spero di evitare xD
Grazie a tutti quelli che recensiscono, seguono e leggono la fanfic (o solo qualche capitolo xD), ci si becca (si spera) tra una settimana,

il vostro autoruncolo

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Capitolo 18
*** Potrei sempre iniziare da te ***


Sasuke XVIII
Potrei sempre iniziare da te

Neji passeggia per il dojo. Avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro. Ha le mani incrociate dietro la schiena e lo sguardo rivolto dritto di fronte a sé. Si ferma, si volta e percorre con gli occhi lattei tutti i suoi sottoposti, in schiera di fronte a lui.
“Ormai è chiaro.” spiega
“La nuova Akatsuki è il nostro unico, grande nemico. E, dopo mesi di estenuanti ricerche, siamo finalmente riuscire a smascherare tutti i membri dell'organizzazione.”
Sposta con un gesto secco della mano il primo foglio, bianco, della lavagna. Subito sotto, la stampa di un volto allungato, con i denti appuntiti, i capelli tinti di blu e un colorito malsano.
“Oh, andiamo!” esclama Suigetsu
“Una lavagna a fogli? Davvero!? Non avete delle
slide o che so io, voi Hyuuga?”
Neji lo fulmina con lo sguardo.
“Noi Hyuuga preferiamo metodi più... tradizionali. Non siamo mica...”
“... gli Uchiha. E per fortuna” completa Sasuke, accanto a Suigetsu
“Dicevi, piuttosto?”
Neji lo guarda per qualche secondo, poi annuisce.
“Kisame Hoshigaki” dice, e punta con il dito volto bluastro sul foglio bianco, fitto fitto di scritte
“Era un membro della vecchia Akatsuki, scomparso dal giorno stesso in cui Uchiha e Hozuki sono morti e l'organizzazione è stata sciolta. Si sono perse le sue tracce per un paio di anni ma adesso, finalmente, eccolo qui. È un bulletto da strada e combatte sempre con la sua fida mazza chiodata, chiamata...”
“Samehada” completa Suigetsu
“Lo conosco. È tipo... mio cugino, temo.”
Un bisbiglio si alza tra le fila della banda. Neji sorride e passa al foglio successivo. Un ragazzetto con i capelli rossi e la faccia da bambino.
“Questo invece è Sasori. Assassino seriale, scuoiava le sue vittime e le trasformava in bambole. Ultima vittima conosciuta:”
“Nostra zia” taglia corto Kankuro.
Gaara, tra il fratello e Suigetsu, stringe i pugni. Altri bisbigli si alzano dalla fila dei sottoposti di Neji. Neji annuisce, sorride ancora una volta e passa immediatamente al foglio successivo. Un tizio con i capelli bianchi e la faccia dipinta.
“Hidan.” spiega
“Altro assassino seriale. Seguace di una religione che lo... obbliga a offrire in sacrificio giovani donne e, subito dopo, unire il loro sangue al suo per placare l'ira del dio...”
Neji si avvicina al foglio, stringe gli occhi e legge un po' meglio.
“Jashin.”
Nessun bisbiglio, questa volta. Suigetsu sorride e annuisce. Neji passa alla pagina successiva. Un omaccione con gli occhi giallo-verdi.
“Questo, invece, si chiama Kakuzu. È un ex-
broker, condannato per aver ridotto sul lastrico migliaia e migliaia di famiglie. Anche lui latitante da più o meno due anni e mezzo, è saltato di nuovo fuori soltanto adesso. Oltre a essere ossessivamente attaccato al denaro, ha anche una forza a dir poco sovrumana.”
“Ah, beh, mi sembra quasi scontato...” commenta Suigetsu.
Neji scosta l'ennesimo foglio e scopre il volto di un ragazzo con i capelli lunghi, biondi.
“Deidara.” legge sul cartellone
“È stato un famosissimo scultore di statue di cera e di terracotta, finché non ha avuto la bellissima idea di fare una mostra di sculture con l'esplosivo al plastico, e di farle detonare quando le sale del museo erano stracolme di gente.”
“Oh, un altro artista.” interviene Suigetsu
“Potrebbe fare coppia con quello delle bambole!”
Neji lo fulmina con lo sguardo e pianta un dito dritto dritto sulla lavagna a fogli.
“Tutti loro, tutti quanti loro sono in fuga da qualcosa. O lo erano, prima di incontrare Akatsuki. Quindi, rimane solo una domanda che ci dobbiamo porre...”
“Chi dannazione raccoglierebbe accanto a sé il peggior assembramento di criminali in fuga solo per conquistare qualche pezzo di territorio in una semi-sconosciuta cittadina giapponese?” concluse Sasuke.
“Già.” confermò Neji
“Chi?”
E, con l'ennesimo gesto secco del braccio, strappò il foglio con la faccia di Deidara e, subito sotto, ne apparve un altro. Nessuna scritta, nessun commento. Solo un enorme maschera arancione con una spirale disegnata sopra.
“I, il nostro uomo indossa una maschera... come
quella!?” esclama Suigetsu
“No, ma stiamo scherzando, vero!?!”
“In effetti, sì.” risponde Neji
“La maschera è un'idea dei nostri designer. In realtà, non sappiamo niente di lui.”
Suigetsu alza un sopracciglio e sospira.
“Ma non era meglio un viso in ombra con bel punto interrogativo davanti!?”

Kisame strinse per bene Samehada tra le mani, la allontanò dal collo di Suigetsu e caricò il colpo. Suigetsu si gettò subito in basso, scalciò il muro dietro le sue spalle e si lanciò dall'altra parte della strada. La mazza chiodata si infilò nella pietra e cemento e ne divelse un pezzo.
Kisame osservò un po' la propria arma, poi la disincastrò dal muro e la appoggiò sulla strada, accanto a sé, come se fosse un bastone.
“Oh, oh, oh. Non ci siamo proprio, cuginetto. Da bravo, vieni qui e fatti massacrare!”
Alzò la mazza ferrata ben alta sopra la sua testa e corse a passi pesanti verso Suigetsu. Suigetsu appoggiò le dita contro il terreno, spinse leggermente e si lanciò ancora una volta dalla parte opposta. Kisame sferrò il colpo e mandò in frantumi un pezzo di asfalto.
“Non credo proprio, sai!” esclamò Suigetsu.
“Ci tengo alla pellaccia, io!”
Kisame estrasse la mazza dall'asfalto e si voltò verso Suigetsu. Mosse un passo verso di lui e scattò su un lato. Si guardarono per qualche secondo e presero entrambi a girare in tondo, nel bel mezzo della via. Suigetsu aprì leggermente le mani di fronte a sé, pronto a ricevere il prossimo attacco, e Kisame fece rimbalzare ritmicamente Samehada contro la strada.

Sasori spinse le guance di Gaara e Kankuro per terra, i singoli granelli di catrame della via asfaltata ben pressati contro le guance. Gaara sentì la pelle aprirsi e spruzzare sangue da tanti, piccoli buchetti. Kankuro tirò su la parte posteriore con un colpo di reni e scalciò verso Sasori, dritto dietro di lui.
“Non ti conviene, ragazzino.” sibilò Sasori
“Devo ancora decidere da dove cominciare. E potrei sempre iniziare da te.”
“Fallo, allora” sibilò Kankuro.
“Eh? Come?” chiese Sasori, e si piegò un pochetto verso di lui
“Temo di non aver sentito.”
Kankuro spinse con le spalle e Sasori lo fissò ancora una volta contro l'asfalto.
“Ho detto: 'fallo, allora', dannazione!” sbraitò il più grande dei fratelli Sabaku, e piccole gocce di saliva si schiantarono sulla superficie nera e lucida.
Sasori lo guardo un po' e fece spallucce.
“Ah, come vuoi!” disse Sasori.
Piazzò un piede contro la schiena di Gaara e lasciò andare il suo collo. Il ragazzino spinse con le mani contro il terreno per rialzarsi, ma la scarpa di Sasori gli spezzò il fiato e la schiena a metà, e lo ricacciò per terra.
Sasori scostò un po' il lungo mantello nero e tirò fuori un coltello. La lama metallica brillò contro la luce del sole. Si chinò, il volto deturpato da un sorriso sbavato e gli occhi impallati, e posò il ferro freddo sul collo di Kankuro.
Infilò la lama nella pelle, giusto giusto sotto il mento, e tagliò. Un getto di sangue colò sulla strada asfaltata.
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!” ruggì Gaara.

Kisame agitò Samehada di fronte a sé e Suigetsu si piegò all'indietro. Uno dei chiodi gli sfiorò una ciocca di capelli azzurri.
Oh, dannazione!, esclamò, tra sé e sé.
Kisame menò un colpo dabbasso. Suigetsu riprese l'equilibrio, saltò e sentì lo spostamento d'aria giusto giusto sotto i piedi. Atterrò e una nuova folata d'aria gli solleticò l'orecchio destro. Si gettò giù e la mazza ferrata gli passò a pochi millimetri dalla testa.
Mezzo piegato, si lanciò in avanti e sentì Samehada colpire l'asfalto dietro di lui. Dall'altra parte della strada, vide Sasori infilare trenta centimetri di lama sotto il mento di Kankuro.
Ma che cazzo...!?
Nuovo spostamento d'aria, subito dietro la schiena. Suigetsu si girò e Kisame drizzò la mazza ferrata ben dritta sopra la sua testa. Suigetsu spalancò gli occhi e sentì il fiato venirgli meno. Spinse sull'asfalto e Samehada gli ricadde sulla testa.
Mezzo millesimo di secondo per ragionare. Dove scappare? Destra? Sinistra? Dietro? Davanti? In qualunque direzione, quell'arnese maledetto lo avrebbe raggiunto. Se non ora, la mossa successiva. Mollò la presa sull'asfalto e aspettò che il colpo gli sfasciasse il cranio.
Un paio di piedi uniti si schiantarono dritti dritti sulla faccia di Kisame. Le guance di 'faccia da pesce' si deformarono, il collo partì verso destra e, subito dopo, il corpo lo seguì per intero. I piedi di Kisame si sollevarono da terra e il membro di Akatsuki venne proiettato dritto dritto contro il muro accanto a sé.
Piantò la testa nel muro, vi rimbalzò contro e barcollò un paio di volte. Un ombra gli atterrò sulle spalle e lo colpì con una gomitata dritto dritto in cima al cranio. Kisame cadde a terra privo di sensi e Samehada gli rotolò via dalle mani, lungo la strada asfaltata.
L'ombra atterrò, le gambe leggermente divaricate e i pugni dritti affianco al corpo. Maglia blu a collo alto. Spalle squadrate. Capelli neri e spettinati, leggermente ondeggianti al vento. Pantaloncini bianchi.
Ma chi diamine si mette ancora i pantaloncini, al giorno d'oggi!?, si chiese Suigetsu.
Alzò lo sguardo.
“U, Uchiha!” esclamò
“Che ci fai qui!?”
“Pareggio i conti, Hozuki.”

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Buongiorno a tutti,
e scusate infinitamente per il ritardo! Nelle ultime tre settimane mi sono barcamenato tra consegne dell'ultimo minuto (mi hanno commissionato un copione per uno spettacolo sulla base di uno spunto e, per farla breve, sto consegnando una scena alla volta... e si debutta il 24 aprile!!) e un raffreddore/influenza che non si decide a passare, e non ho avuto davvero tempo per scrivere la fanfic... Anche oggi mi sono dovuto ritagliare le mezz'ore, e non sono manco tanto convinto di quello che ho tirato fuori, se devo essere sincero. Cioè, per carità, quello che volevo dire l'ho detto, eh, ma mi sembra di aver perso un po' il mio 'tocco' nella descrizione dei combattimenti. In ogni caso, chi mi segue da un po' già sa che io e la consequenzialità temporale non andiamo d'accordo, quindi ecco che Sasuke appare nel bel mezzo del combattimento quando, nel capitolo precedente, si stava beatamente dirigendo alla ruota panoramica. E come diavolo c'è arrivato!? Per tutto questo e qualcosa d'altro, vi rimando al prossimo capitolo, in cui torneremo indietro nel tempo! Cioè, non è che adesso tiro fuori il TARDIS, eh (anche se...). Semplicemente, andremo a vedere che cosa s'è inventato Sasuke per giungere sul luogo del misfatto e salvare Suigetsu (e Kankuro?!) all'ultimo secondo! Ma passiamo alla recensione:
sivaice: Innanzitutto, grazie mille dei complimenti! E posso anticiparti sin da ora, anche perché l'ho sempre ripetuto e non mi interessa tenerlo come 'mistero della serie', questa parte della fanfic sarà a tutti gli effetti una SasuSaku. Questo non significa che il finale-finale di tutte le serie (dopo questa, manca ancora l'ultima stagione: Le stagioni di Sakura) sarà per forza SasuSaku, ma... staremo a vedere. In tutta sincerità, non lo so nemmeno io, come finirà l'avventura di Sasuke, Sakura e Naruto!
Ringrazio infinitamente tutti quelli che seguono la fanfic, la leggono settimana dopo settimana e commentano i capitoli! Ci si becca tra (spero!) una settimana con il proseguio,

il vostro umile autoruncolo

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Capitolo 19
*** E ora a noi due, Sasuke Uchiha ***


Sasuke IXX
E ora a noi due, Sasuke Uchiha

Sasuke, Sakura e gli altri raggiunsero la breve coda per l'ingresso alla ruota panoramica, sotto un provvisorio porticato dalle tende in plastica blu e bianca. Una decina di persone, di fronte a loro, entravano nei gabbiotti a due a due.
“Solo in coppie” annunciò uno degli addetti dell'attrazione, stretto in una polo blu scuro.
“Si entra soltanto due alla volta.”
Il sorriso che tagliava loro il viso da parte a parte, le quattro ragazze si voltarono le une verso le altre e si lanciarono alcune occhiate furtive. Sasuke sospirò e gli si strinsero le viscere.
“Perfetto!” esclamò Sakura
“Avete sentito, no? Si entra a coppie!”
“Io vado con Neji-senpai!” gridò Tenten, e si attaccò, con uno scatto, al braccio di Hyuuga.
“Io vado con Sasuke, allora.” disse Sakura
“E Ino, Ino la mandiamo con Chouji.”
Ino annuì e abbassò lo sguardo. Chouji guardò prima la ragazza, poi lanciò uno sguardo fisso verso Shikamaru. Nara fece un passo in avanti, grattandosi il gomito.
“Ehi, ehi, ehi.” disse, l'aria annoiata
“Perché state decidendo tutto voi?”
“Che c'è, Nara?” chiese Sakura
“Non vuoi andare con Temari?”
Shikamaru rimase con la bocca semiaperta e spostò uno sguardo veloce su Temari. Un rosa lieve lieve gli colorò le guance.
“N, no, non ho detto questo...”
“Perfetto!” esclamò, un'altra volta, Sakura
“Allora è tutto deciso!!”
Shikamaru bofonchiò qualcosa, allungò una mano verso Sakura, ma venne raggiunto alle spalle da uno degli addetti alla ruota panoramica. Lui e Temari vennero spinti quasi a forza dentro uno dei gabbiotti che, lentamente, cominciò il suo giro.
Sasuke, in fondo alla fila, sgranò gli occhi e sospirò. Sakura gli si aggrappò al braccio, alzò lo sguardo verso di lui e sorrise.
“Mi raccomando, eh?” disse
“Ti tengo d'occhio!”

Shikamaru quasi inciampò nella stretta entrata del gabbiotto, poi mosse un paio di passi in avanti e si sedette su una panchetta di metallo alla sua destra. Temari si sistemò di fronte a lui, il gabbiotto ondeggiò e un rumore di ferraglia accompagnò l'inizio del giro panoramico.
Shikamaru alzò gli occhi su quelli di Temari. Verde scuro. Non se n'era mai accorto. Non l'aveva mai davvero guardata, probabilmente. Si scrocchiò le mani, le incrociò dietro la testa e si appoggiò contro il vetro dietro di sé. Accavallò le gambe.
“Allora?” disse.
Ha socchiuso gli occhi, notò, subito dopo. È interessata, ma anche preoccupata. C'è qualcosa, qualcosa di cui non può parlare...
“Allora cosa?” chiese Temari.
“Cosa state cercando di fare?”
Shikamaru abbassò lo sguardo sulle labbra di Temari. Appena appena rosa, abbastanza carnose. Un poco più scure della pelle del viso.
“In che senso? A che ti riferisci, Nara?”
Te le sei inumidite, osservò Shikamaru. Vorresti prendere tempo, pensare a come evitare di dirmi tutto ciò che sai. Però hai risposto subito. Sei sulla difensiva. Ti ho in pugno.
Sorrise, e allargò le braccia.
“L'appuntamento, la ruota panoramica, le coppie decise a priori...” disse, e riportò le braccia dietro la testa
“Sasuke e Sakura, lo posso capire. Neji e Tenten mi giunge nuova ma, beh, direi che è abbastanza palese. Non ho idea di che cosa c'entro io, e manco m'interessa. Però avete coinvolto anche Chouji e la cosa non mi piace per niente. Quindi... che cosa avete in mente, tu e le tue amiche? Cosa state cercando di fare?”
Shikamaru chiuse gli occhi, sospirò e si piegò in avanti. Posò i gomiti sulle gambe, la testa sulle mani incrociate in una sorta di preghiera e arrivò a pochi millimetri dal viso di Temari.
“Per quale motivo è stato fondato il club di manga? Quale segreto nasconde?”

Temari oltrepassò il piccolo ostacolo di metallo, entrò nella cabina e si sedette sulla panca di sinistra. Appoggiò le mani sulle ginocchia, lanciò un'occhiata fuori e il gabbiotto partì in un rumore metallico, un po' inquietante.
Sospirò e spostò lo sguardo su Shikamaru, seduto di fronte. Lui, lo sguardo velato da una patina di noia, la guardò negli occhi. Immediatamente, il velo scomparve. Shikamaru si scrocchiò le mani, le incrociò dietro la testa e si appoggiò contro il vetro dietro di sé.
“Allora?” chiese.
Temari ridusse gli occhi a due fessure. Il cuore accelerò un po' l'andatura.
Possibile che...?
“Allora... cosa?”
“Che cosa state cercando di fare?”
Temari perse un battito e lo stomaco gli precipitò fino in fondo alla pancia. Si sforzò di non cambiare espressione e si inumidì le labbra.
Che cosa stai cercando di fare tu, Nara?, pensò. Che cosa sai? A cosa, a cosa...
“In che senso?” chiese Temari
“A cosa ti riferisci, Nara?”
Espirò e la voce le tremolò appena. Pregò gli Dei con tutta sé stessa che Shikamaru non se ne accorgesse. Se se ne fosse accorto, se se ne fosse accorto... o era già troppo tardi? Aveva già capito tutto?
Shikamaru allargò le braccia.
“L'appuntamento, la ruota panoramica, le coppie decise a priori...” disse, e riportò le braccia dietro la testa
“Sasuke e Sakura, lo posso capire. Neji e Tenten mi giunge nuova ma, beh, direi che è abbastanza palese.”
Temari rimase con la bocca semiaperta, poi sorrise. Le parole successive gli arrivarono come un mormorio confuso. Il cuore riprese a battere a un ritmo regolare e, dentro di sé, sospirò per il sollievo. La sua copertura era al sicuro. La missione era salva.
Ma... è davvero della missione, che mi stavo preoccupando?, gli suggerì una vocina in fondo alla testa. O, piuttosto, che i tuoi nuovi amici scoprano chi sei veramente? Che scoprano chi sei e che non ti accettino più?
Lo stomaco di Temari fece un doppio salto mortale e mezzo.
E che, tra tutti, proprio Shikamaru Nara scopra chi sei, e non ti accetti più, forse?
Shikamaru chiuse gli occhi, sospirò e si piegò in avanti. Posò i gomiti sulle gambe, la testa sulle mani incrociate in una sorta di preghiera e arrivò a pochi millimetri dal viso di Temari. Temari tornò violentemente in sé e sentì il volto andargli a fuoco.
“Per quale motivo è stato fondato il club di manga?” le sussurrò Shikamaru, e un alito profumato alla menta le solleticò la punta del naso.
“Quale segreto nasconde?”

Chouji oltrepassò l'entrata della cabina, si guardò un po' intorno e si sedette sulla sinistra. Appoggiò le mani sulle ginocchia e continuò a osservare qua e là, sopra e sotto. Le pareti in metallo, unite agli angoli da file di pesanti bulloni. Vetri sporchi e un po' rigati. Fuori, il parco di divertimenti illuminato dal sole.
Spostò lo sguardo di fronte a sé e vi trovò Ino. Strinse ancor di più i pugni sulle ginocchia, si umettò le labbra con la lingua e aprì la bocca. La mosse un paio di volte, a vuoto, fino a che non gli si seccò il palato. La richiuse e tornò a guardare fuori.
E ora... ora che cosa dovrei dirle?!

Ino oltrepassò l'entrata della cabina, si guardò un po' intorno e si sedette sulla sinistra. Appoggiò le mani sulle ginocchia e continuò a osservare qua e là, sopra e sotto. Le pareti in metallo, unite agli angoli da file di pesanti bulloni. Vetri sporchi e un po' rigati. Fuori, il parco di divertimenti illuminato dal sole.
Spostò lo sguardo di fronte a sé e vi trovò Chouji. Strinse ancor di più i pugni sulle ginocchia, si umettò le labbra con la lingua e aprì la bocca. La mosse un paio di volte, a vuoto, fino a che non gli si seccò il palato. La richiuse e tornò a guardare fuori.
E ora... ora che cosa dovrei dirgli?!

Tenten entrò nel gabbiotto, si diresse a destra e si sedette sulla panca di metallo. Si lisciò e si sistemò per bene la maglia rosa, un po' lunga, di taglio orientale. Guardò in basso e vide i sandali di Neji appaiarsi di fronte a lei e le ginocchia del ragazzo piegarsi.
Neji-senpai..., pensò.
Espirò, scosse le spalle e alzò lo sguardo. Neji, il volto rivolto fuori dal finestrino, guardò lontano. I suoi occhi bianchi le parvero perdersi ben oltre i limiti della realtà. Non era passato neanche un intero minuto da quando erano rimasti da soli, e lui era già scappato lontano.
Il gabbiotto cigolò un poco e cominciò la propria salita. Neji continuò a osservare fuori dalla cabina e Tenten iniziò a tambureggiare con le dita contro il sedile di metallo.
“Che, che bel tempo. Vero, Neji-senpai?” disse, la voce tremolante.
Lo guardò e il profilo dagli occhi bianchicci rimase tutto proteso verso l'esterno. Tenten afferrò la panca di metallo con le dita e ondeggiò un paio di volte avanti e indietro.
Ri, rispondi, senpai. Ti ho fatto una domanda...
Neji si mosse un poco e Tenten drizzò la testa. Hyuuga cambiò direzione e, se prima guardava verso destra, ora prese a osservare alla sua sinistra. Tenten rimase con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati.
So, so, sono così noiosa da non considerarmi nemmeno!?, esclamò, tra sé e sé. Beh, in fondo mi sono messa a parlare del tempo e... oh, no, ti prego! Non questo! Il cellulare no!
Neji, sordo ai pensieri di Tenten, si ficcò una mano in tasca e tirò fuori un cellulare nero che a Tenten apparve grosso quanto una padella. La ragazza pensò con tristezza al suo vecchio modello Nokia 3330.
Le dita di Neji si mossero agili sul touch screen e Tenten provò a gettare un'occhiata sullo schermo. In alto, circondati da una barra blu, vi erano i caratteri che componevano un nome. Un cognome, per essere proprio precisi. U-chi-ha.
Uchiha?! UCHIHA!?!, sbraitò la ragazza. Preferisce messaggiare con Uchiha piuttosto che parlare con me!?
Tenten sbuffò dal naso, scosse le spalle e sbatté le mani ben dritte contro la panca di metallo.
Devo assolutamente fare qualcosa!, concluse.
Proiettò le mani in avanti e afferrò quelle di Neji, cellulare compreso.
“Se, senpai...” disse.
Neji, finalmente, alzò lo sguardo su di lei. Tenten si sentì come trapassata dagli occhi bianchi, quasi trasparenti, del ragazzo. Prese un grosso respiro e ricambiò lo sguardo.
“Tu mi piaci tanto, senpai. Vuoi essere il mio ragazzo!?”

Sakura mosse un passo in avanti, verso il gabbiotto di metallo dipinto di rosso e di blu.
E ora a noi due, Sasuke Uchiha!, pensò.
Un peso la prese improvvisamente alla nuca, gli occhi le si velarono di nero e crollò verso il terreno ricoperto di ghiaia.

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Buongiorno (o buonasera) a tutti, cari lettori
quando ho ricominciato a scrivere questa fanfic, avevo 'avvertito' che avrei postato i capitolo solo se avessi avuto il tempo (e la voglia) di scriverli al meglio e fossi stato soddisfatto del risultato. Ora, avendo cominciato a lavorare a ritmo piuttosto altini ed essendo vicino alla prima di uno spettacolo scritto da me, va da sé che non posso più assicurare un'uscita regolare dei capitoli. Questo ha voluto tre settimane di gestazione, anche perché era tutto incentrato sul mostrare le situazioni e le differenze dei vari protagonisti e, prima di trovare la giusta chiave di scrittura, ho impiegato parecchio tempo. E, non avendone moltissimo a disposizione per ragionarci sopra, ci ho messo parecchio. Per i prossimi, ho già buttato giù un po' di idee e non dovrei avere lo stesso tipo di problemi. Però, da adesso in avanti, eviterò di darvi appuntamento 'alla prossima settimana': forse sarà una settimana, forse un mese, forse di più. So solo che non posso più assicurare una cadenza regolare e, quindi, è buona norma avvertire prima. E, allo stesso tempo, voi non preoccupatevi se i capitoli dovessero tardare: non ho intenzione di non finire la fanfic (anche perché il 99% della storia è già stato buttato giù sotto forma di appunti, quindi sarebbe un bello spreco), però potrebbe volerci un po' più del voluto. Anche perché, subito dopo la fine di 100% Sakura, vorrei avere subito qualcosa di nuovo da proporre e, al momento, ho tante idee e poco tempo per pensare e buttare giù un progettino fatto bene. Insomma, non ho tutta 'sta fretta di finire xD Ma, ci tengo a precisarlo, ho tutta l'intenzione di arrivare fino in fondo!
Grazie a tutti quelli che leggono e seguorno la fanfic, ci si becca al prossimo capitolo,

il vostro autore

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Capitolo 20
*** Non c'è più tempo ***


Sasuke XX
Non c'è più tempo

Neji oltrepassò il piccolo scalino in ferro ed entrò nel gabbiotto. Si sistemò sulla panca metallica alla propria sinistra. Di fronte a lui, Tenten abbassò lo sguardo. Neji si voltò e Sasuke Uchiha, in piedi dietro ad Haruno, gli lanciò un'occhiata veloce. Neji corrugò la fronte.
E questo che significa, Uchiha?
Il gabbiotto metallico prese a salire con un cigolio sinistro e Sasuke e Sakura si rimpicciolirono sempre di più, fino a scomparire dalla visuale. Un raggio di sole batté dritto dritto sugli occhi di Neji, che si portò una mano davanti alla fronte.
Che significava quello sguardo?, si chiese. Hai trovato un modo per scappare, Uchiha? Oppure era una richiesta d'aiuto?
“Che, che bel tempo. Vero, Neji-senpai?” disse un mormorio confuso accanto a lui.
La ruota si alzò ulteriormente e il raggio di sole scese oltre il volto di Neji. Il ragazzo tolse la mano dalla fronte e guardò oltre. Il cielo azzurro e i tetti delle case del paese. Il rumore degli uccelli provenienti dal mare. La quotidianità.
Quanto ancora potrà durare, tutto questo?
L'asta. L'ultimo tassello prima della sconfitta totale della sua banda. Hozuki e i Sabaku, soli contro gli sgherri della nuova Akatsuki. Uchiha doveva assolutamente trovare un modo per uscire da quella stramaledetta situazione. Ah, se solo gliene avesse parlato prima... che ragazzo testardo.
La gamba destra gli prese a tremare e Neji si portò una mano alla tasca. Tirò fuori il cellulare, sbloccò lo schermo con un dito e aprì il messaggio. In alto a sinistra, in bianco su una striscia blu, apparve il nome di Sasuke Uchiha.

Torvato modo per sbarazzarmi Satura. Teni lontani altri da panchina SO della ruota paronamica. Dammi mezz'ora di tenpo.

Trovato un modo per sbarazzarmi di Sakura... tieni lontani gli altri dalla panchina a sud-ovest della ruota panoramica... dammi mezz'ora di tempo, tradusse Neji, tra sé e sé.
Alzò un sopracciglio, digitò veloce un 'RGR' – 'roger', 'ricevuto' – e inviò la risposta. Fece per mettere il cellulare in tasca e un paio di mani lunghe e sottili si posarono sulle sue. E sul suo cellulare.
Neji alzò lo sguardo. Gli occhi di Tenten, marroni e grossi come due castagne, brillarono nella cabina angusta, e fu l'unica cosa che il ragazzo riuscì a vedere.
“Se, senpai...” disse Tenten.
Neji fissò gli occhi bianchi su quelli della ragazza. Rimase con la bocca semiaperta e sentì le guance riscaldarsi un pochetto.
Che, che cosa sta succedendo...?, si chiese, la gola secca.
“Tu mi piaci tanto, senpai.” proseguì Tenten
“Vuoi essere il mio ragazzo?”

Sasuke colpì Sakura sulla nuca e la ragazza gli si accasciò addosso. La prese per le spalle e le adagiò la testa sul petto.
“Allora? Salite” chiese il tizio della ruota panoramica, tenendogli la porta aperta.
Sasuke chiuse gli occhi e azzerò ogni tipo di espressione dal suo volto. Prese un bel respiro, riaprì le palpebre e sorrise.
“Ah, no, scusi.”
Indicò Sakura.
“È che, sì, insomma, ha avuto un mancamento e...”
Il ragazzo lasciò andare la cabina di metallo e si avvicinò ai due.
“Che c'è? Un colpo di sole?”
Sasuke fece spallucce.
“Non lo so, ma credo di sì. La, la accompagno a stendersi da qualche parte...”
“Bisogno di una mano?”
Sasuke scosse la testa e si portò una mano dietro la nuca.
“No, no. Non c'è bisogno, grazie. Ce la faccio da solo!”
Lasciò scivolare Sakura sull'avambraccio, le passò l'altro braccio sotto le gambe e la tirò su.
“Grazie ancora!” disse, ancora una volta, rivolto al ragazzo della ruota panoramica.
Si voltò e si allontanò dalla gente in fila per salire sull'attrazione. Attraversò il parco a grandi passi e si fermò davanti a una panchina di pietra grigio chiaro, poco distante dalla ruota. Vi posò sopra Sakura e le premette due dita sulla giugulare.
Respiro regolare, tutto nella norma, controllò. Ho una mezz'ora, non di più. Anche meno, considerato andata e ritorno.
Cacciò fuori il cellulare dalla tasca e digitò freneticamente sui tasti virtuali del touch screen. Osservò il risultato, sospirò e fece spallucce.

Torvato modo per sbarazzarmi Satura. Teni lontani altri da panchina SO della ruota paronamica. Dammi mezz'ora di tenpo.

Beh, poco male. Poteva andare peggio!, commentò, tra sé e sé.
Rimise a posto lo smartphone e riprese Sakura tra le proprie braccia.
E ora andiamo, principessa. Dobbiamo proprio sbrigarci!
Sasuke si guardò un paio di volte a destra e a sinistra. Un paio di ragazze parlottarono tra di loro. Un padre mostrò al figlio la ruota panoramica. Un gruppone di amici si diresse verso l'ultima attrazione del luna park. Sasuke sorrise, scattò verso l'uscita del parco, la oltrepassò e si ritrovò in mezzo a un grosso stradone contornato da villette familiari.
Attraversò la strada in tutta fretta e si infilò in uno dei vicoli perpendicolari al corso principale. Alzò lo sguardo e si osservò ancora una volta intorno.
Tutto dritto per tre uscite, poi verso destra e subito a sinistra, ripassò mentalmente.
Sasuke si precipitò lungo il reticolato di vicoli e vicoletti, le villette che si confusero in un getto di colore ai lati della strada. Completò il percorso prestabilito e sentì, subito dietro l'ultimo muretto, un paio di voci.
“Non ti conviene, ragazzino.” disse la prima “Devo ancora decidere da dove cominciare. E potrei sempre iniziare da te.” “Fallo, allora” lo incitò la seconda.
“Ok, principessa” sussurrò Sasuke, e appoggiò Sakura contro il muretto
“Tu aspettami qui. Io ci metto pochissimo.”
Devo metterci pochissimo, completò, fra sé e sé.
Appoggiò una mano sul ginocchio, si tirò su e piantò la suola della scarpa contro il muro. Testò l'aderenza un paio di volte, poi si lanciò in aria e atterrò sopra il muretto. Un omone dal volto allungato e dal colore malsano alzò una mazza da baseball piena di chiodi e la diresse verso Hozuki, steso a terra.
Sasuke sorrise, si gettò in avanti e atterrò a piedi uniti contro la faccia del ragazzone. Quello ricadde all'indietro, piantò la testa nel muro alle sue spalle e rimbalzò in avanti. Sasuke gli piantò una gomitata nel cranio e Kisame crollò a terra, privo di sensi.
“U, Uchiha!” esclamò Suigetsu, dietro Sasuke “Che ci fai qui!?” “Pareggio i conti, Hozuki.”

“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!” ruggì Gaara.
Sasuke si voltò, si gettò a tutta velocità verso Sasori e lo colpì in pieno con un calcione in faccia. L'Akatsuki volò per alcuni metri e rimbalzò sulla strada asfaltata. Sasuke, spinto in avanti per l'inerzia, poggiò una mano per terra e si bloccò a mezz'aria.
Non i vestiti, non i vestiti...
Gettò le gambe in avanti, piantò la suola delle scarpe contro l'asfalto e si tirò su con un colpo di reni. La maglietta sfiorò a malapena la strada, senza sporcarsi.
“U, Uchiha...” mormorò Kankuro, il coltello ancora infilato nella gola e un lago di sangue sotto di sé.
“Togliete il coltello dalla gola di Sabaku.” ordinò Sasuke
“Presto!”
Gaara annuì, raggiunse Kankuro ed estrasse la lama dalla carne del fratello. Un paio di goccioline rosse scivolarono lungo l'impugnatura, giù dal coltellaccio, e un altro fiotto uscì dalla gola di Kankuro.
“Bene così, Sabaku” disse Sasuke
“Ora passa il coltello a Hozuki e pensa soltanto a non far morire tuo fratello. Arresta il flusso, chiudigli la ferita con i vestiti, fai un po' come ti pare.”
Suigetsu, di nuovo in piedi, scosse la testa, si spolverò i pantaloni e raggiunse Gaara. Il più piccolo dei fratelli Sabaku gli porse il coltello dalla parte del manico e Suigetsu se lo fece rimbalzare un paio di volte tra le mani.
“Hozuki, tu e io pensiamo al rossino” proseguì Sasuke
“Ho bisogno del tuo aiuto.”
Suigetsu sorrise e scosse le spalle.
“C'è solo una cosa che non capisco, Uchiha.” disse
“Per quale dannato motivo non hai preso tu stesso il coltello? Eri molto più vicino di Gaara a Kankuro. E perché non lo vuoi usare, anche adesso?”
“È sporco di sangue, mi sporcherei.”
Suigetsu tirò fuori i denti appuntiti.
“Che c'è, Uchiha? Facciamo gli schizzinosi?”
Sasuke sospirò, si voltò e piantò la propria faccia a pochi millimetri da quella di Suigetsu.
“Regola numero uno” disse, e alzò un dito della mano destra accanto alla testa
“io non mi posso né ferire, né sporcare. Niente sangue, niente asfalto, niente di niente. Non una goccia, non il benché minimo graffio.”
Poi, alzò anche un secondo dito.
“Regola numero due: posso stare qui solo dieci minuti, al massimo un quarto d'ora. Poi, devo assolutamente scappare, o sono cazzi amari. Le armi le maneggi tu, le cose pericolose le fai tu. Io, quest'oggi, agisco da supporto. E abbiamo solo pochi minuti per regolare questa dannata faccenda. È tutto chiaro, Hozuki?”
Suigetsu scosse la testa.
“Poche pretese come al solito, eh, Uchiha?”
“Tutto chiaro, Hozuki?” ripeté Sasuke.
Suigetsu fece spallucce.
“Tutto chiaro, Uchiha.”
Sasuke si voltò. Sasori, dall'altra parte della strada, alzò lo sguardo su di lui e contrasse gli occhi, iniettati di sangue e contornati di viola. Strinse i denti, allargò le narici e, appoggiandosi sulle mani, si tirò su.
“Ora mi avete davvero fatto arrabbiare. Mi avete DAVVERO FATTO ARRABBIARE!!” disse Sasori, prima sussurrando e poi, pian piano, urlando sempre di più.
Sputò per terra e un grumo di sangue si spiaccicò contro l'asfalto ruvido e nero. Incrociò le braccia sotto i vestiti e cacciò fuori un paio di falcetti legati con una catena di metallo.
“E adesso vi dovrò punire, vi dovrò PROPRIO PUNIRE!!”
Suigetsu abbassò il braccio armato di coltello, e lui e Sasuke scattarono verso Sasori. Uno dei due falcetti volò all'indirizzo di Sasuke e minacciò di colpirlo all'altezza del ginocchio. Il ragazzo saltò in aria, piegò le gambe il più in alto possibile e sentì lo spostamento d'aria subito sotto la suola delle scarpe.
Devo stare parecchio all'occhio, dannazione!, pensò. C'è mancato davvero poco.
Il falcetto proseguì la sua marcia e si diresse verso la sinistra di Suigetsu. Hozuki lanciò il coltello da una mano all'altra e si preparò a contrastare l'arma nemica, che però venne improvvisamente ritirata. Quasi nello stesso momento, Sasori fece roteare l'altra estremità del falcetto e la lanciò dalla parte opposta di Suigetsu.
Sasuke osservò la scena con la coda dell'occhio, si gettò contro il muro alla propria sinistra e lo utilizzò per spingersi dall'altro lato della strada. Passò di fronte a Suigetsu, rimasto immobile, afferrò il falcetto con una mano e frenò la propria corsa con una capriola in avanti. Atterrò sulle due gambe, barcollò un pochetto e, riacquistato l'equilibrio, sospirò di sollievo.
“Attaccalo!!” sbraitò, poi, rivolto a Suigetsu
“Veloce!”
Suigetsu, annuì e corse incontro a Sasori. Sasuke posò la mano libera sulla catena di collegamento fra le due piccole falci, allargò le gambe per guadagnare stabilità e tirò verso di sé. Suigetsu, a un metro scarso di distanza da Sasori, alzò il coltello ben stretto nel pugno destro e saltò.
Sasori lanciò un'occhiata sanguinolenta ai due ragazzi, sorrise e i denti gli sporsero leggermente oltre le labbra. Infilò un dito tra gli anelli della catena e tirò appena appena, come se manovrasse una marionetta.
Il falcetto Sasuke si rigirò all'improvviso fra le mani di Sasuke e la lama si diresse verso l'avambraccio. Lui sentì a malapena la puntura di un ago sulla pelle e lasciò immediatamente la presa.
Il falcetto volò all'indietro, verso Sasori, e la catena andò dritta dritta verso Suigetsu. Lo colpì alla schiena, gli si attorcigliò attorno e gli bloccò le braccia contro i fianchi. Sasori richiamò a sé Hozuki, lo girò verso Sasuke e gli puntò uno dei falcetti alla gola.
“E ora, Uchiha?” lanciò lì il membro di Akatsuki
“Ti divertirai, a vedere il tuo compagno spellato a...”
Ma Sasuke era già scattato in avanti e piantò un pugno dritto dritto sul volto di Sasori, che volò all'indietro. La catena, benché ancora salda fra le sue mani, perse l'aderenza contro il corpo di Suigetsu e lo lasciò libero.
Il ragazzo si portò le mani al torace, compresso e dolorante. Sasuke, subito accanto, agitò in aria la mano con cui aveva sferrato il pugno. Poi, guardò Sasori rialzarsi, il naso mezzo storto e sporco di sangue, e sorrise.
“So come fare” sussurrò.
“Mh?” fece Suigetsu.
“Ho capito come disarmare Sasori, però tu devi pensare a metterlo al tappeto.” rispose Sasuke, poi si ficcò una mano in tasca, tirò fuori un quarto di schermo del cellulare e lo osservò con la coda dell'occhio
“Ancora un paio di minuti e io me ne devo andare. È la nostra ultima possibilità.”
E, le labbra attaccate all'orecchio di Suigetsu, gli spiegò in breve la sua idea. Suigetsu sorrise e gli si illuminarono gli occhi.
“Sì, ci sta.” disse, alla fine
“Ma così non rischi di sporcarti o, ancora peggio, ferirti, signorinella?”
Sasuke fece spallucce, lo sguardo fisso verso Sasori. Suigetsu scosse la testa e si girò a sua volta verso il membro di Akatsuki. La catena con i falcetti alle due estremità volò veloce fra i due ragazzi, che saltarono ai lati opposti della strada.
Sasuke s'appoggiò contro il muro, lo scalciò a malapena e si lanciò verso Sasori. Sentì i passi di Suigetsu, dall'altra parte, fare lo stesso. E ora? Dove sarebbe andata a finire, la catena? Chi avrebbe seguito? Per la buona riuscita del piano, Sasuke avrebbe avuto proprio bisogno che...
Uno spostamento d'aria gli solleticò la schiena. Senza manco voltarsi, Sasuke saltò in aria, fece una capriola e, a metà della rotazione, sentì la catena sfiorargli i capelli. Atterrò saldo e sicuro sulle due gambe e, prima che s'allontanasse troppo, afferrò gli anelli di ferro con le proprie mani.
La catena continuò a tirare e Sasuke sentì i calli che aveva sui palmi andare a fuoco e la pelle sbriciolarsi un pochettino.
Ah, dannazione!!
Sasuke radunò le forze, tirò la catena a sé, se la attorcigliò tutta attorno all'avambraccio e la bloccò ad angolo retto con il gomito destra. Poi, afferrò ben bene il falcetto nella sua mano sinistra. Sasori infilò nuovamente il mignolo tra gli anelli della catena e lo mosse. La catena rimase immobile.
“Se blocco la catena così, ad angolo retto, tu non riesci a controllarla in tutta la sua interezza. Dico bene?” lanciò lì Sasuke, le labbra dischiuse in un sorriso.
Sasori socchiuse gli occhi e ringhiò, le narici allargate e le cornee attraversate da tante, piccole venuzze rosse.
“E ora vai, Hozuki! Tocca a te!!”
Le urla di Sasuke si persero tra le mura ai lati di quella stradina. Rimbombarono un paio di volte e scomparvero nel nulla. Non si mosse una foglia e non vi fu altro rumore.
“Hozuki, che dannazione stai facendo!? Tocca a te! Il tempo è quasi scaduto!” sbraitò Sasuke. La catena cominciò a tirare e a stridergli contro la pelle.
“Hozuki!! Dove cazzo sei finito!?”
Ancora niente.
Ma dannazione!, ringhiò Sasuke, dentro di sé. Dove maledizione s'è andato a cacciare, quell'infame!? Sakura si sveglierà a momenti! Non c'è più tempo, non c'è più...
“HOZUKIIII!!!”
Passi. Lenti, secchi e regolari sull'asfalto non troppo duro. E un respiro, un po' troppo in alto per essere quello di Suigetsu. Sasuke si voltò.
Kisame, il volto ridotto a un grumo di sangue sorridente, roteò Samehada a mezz'aria e gli camminò incontro. Un paio di metri più indietro, stesi a terra e privi di sensi, Gaara, Kankuro e Suigetsu. Subito accanto, abbandonato a sé stesso, il coltello recuperato dalla gola di Kankuro.
Sasuke deglutì. La sua mente si colorò di bianco. E adesso...? si chiese. Adesso, che cosa m'invento?

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Buongiorno (o buonasera), cari lettori,
dopo un mese di assenza, dovuto in gran parte a un moltiplicarsi del lavoro (oltre al debutto dello spettacolo, ho cominciato la stesura di un nuovo libro+cd+spettacolo per bambini che mi prenderà la quasi totalità del tempo per i prossimi mesi), torno con un capitolo un po' più grassottello del solito (quasi il doppio) e con la probabilità che, d'ora in poi, ci saranno più capitoli di questo tipo. Inoltre, forse ho trovato un modo per scrivere un poco ogni giorno e non dover far aspettare così tanto tra un'uscita e l'altra. In ogni caso, è tutto ancora molto in bilico e le mie sono più che altro speranze (che, ovviamente, mi piacerebbe molto vedere realizzate), quindi niente promesse.
Per quanto riguarda il capitolo, non ho granché da dire: è proprio, proprio, proprio un capitolaccio da shonen manga di quart'ultima categoria, forse un po' in barba al realismo, e la situazione è giustamente e canonicamente disperata! E, altrettanto giustamente, nei prossimi capitoli non farà altro che precipitare xD La fine non è lontanissima, diciamo che siamo nel penultimo arco narrativo prima di quello finale, quindi l'adrenalina è spinta al massimo. Ma, da qui alla sua conclusione, questa saga del parco divertimenti darà ancora parecchio a questa storia, sia dal lato sentimentale che da quello delle gang giovanili...
Detto questo, ringrazio come sempre tutti quelli che mi seguono e leggono, capitolo dopo capitolo, e rinnovo l'appuntamento alla prossima uscita (che non so ancora quando sarà. Una domenica, quasi sicuramente, ma non saprei se già la prossima oppure un po' più in là...). Grazie e alla prossima,

il vostro umile autoruncolo

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Capitolo 21
*** Se provi a mollarmi la mano senza una scusa più che ottima, giuro che mi metto a urlare ***


Sasuke XXI
Se provi a mollarmi la mano senza una scusa più che ottima, giuro che mi metto a urlare

Sasuke prese un respiro profondo. Una goccia di sudore gli scivolò via dalle basette, gli attraversò tutta la guancia e cadde sull'asfalto reso caldo dal sole. Il rumore secco dei passi di Kisame alle sue spalle, la catena di Sasori fra le mani.
Se mi difendo da Kisame, Sasori mi falcerà in due, pensò. E se voglio continuare a tenere Sasori bloccato, Kisame mi spiaccicherà la faccia con Samehada.
Le lancette dell'orologio dentro la sua testa ticchettarono, implacabili. Doveva andarsene, ora, subito, o Sakura si sarebbe svegliata laggiù, dietro al muretto. E allora, niente più scuse, niente più giustificazioni plausibili. Lo avrebbe scoperto, avrebbe scoperto tutto. E lì sì, che sarebbero stati guai grossi. Ammesso e non concesso, ovviamente, che Sasuke non fosse morto, per allora.
Sasuke strinse i denti, che strisciarono leggermente gli uni contro gli altri. Sasori tirò un poco la catena della sua arma e Sasuke rinsaldò la presa, i pugni ben stretti sul metallo. Kisame roteò Samehada a mezz'aria e un leggero venticello colpì la schiena di Sasuke.
Il rumore alle sue spalle si fermò improvvisamente. Kisame alzò la propria arma, provò un paio di colpi a vuoto e prese la mira verso la testa di Sasuke. Uchiha chiuse gli occhi. La lancetta nella sua testa scoccò l'ultimo secondo disponibile e una folata di vento gli accarezzò l'orecchio sinistro. Lui strinse i pugni sul falcetto di Sasori.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHH!!!!!”
L'urlo di Kisame squarciò la calma apparente del vicoletto. Samehada cadde a terra con un suono secco e rimbalzò un paio di volte sulla strada asfaltata. Sasuke si voltò e Gaara gli corse incontro. Subito dietro, Suigetsu recuperò il coltello dalla spalla di Kisame e si sporcò tutto di sangue.
“Scansati, Uchiha!” ordinò Gaara
“Lascia andare l'arma.”
Sasuke rimase a guardarlo, occhi spalancati e bocca semi-aperta, poi annuì. Lasciò di getto la catena di metallo e si lanciò sulla destra. Gaara saltò in avanti e, prima che il suo avversario recuperasse il controllo completo della sua arma, lo colpì con una testata dritta dritta sulla fronte. I due ruzzolarono all'indietro, uno sopra l'altro.
Sasuke si voltò. Kisame s'abbassò, recuperò Samehada e la roteò contro Suigetsu. Il ragazzo evitò il colpo e lo deviò leggermente con il coltello.
“Che dannazione ci fai ancora qui, Uchiha!?” sbraitò Suigetsu.
“Recupera la tua dannata ragazza e smamma, e che cazzo!!”
Sasuke lo guardò un attimo, poi annuì. Strinse il pugno, steso accanto a sé, e sorrise. Attraversò la strada di corsa, dritto verso il vicoletto da cui era venuto.
“Sabaku! Hozuki!” gridò
“Vedete di resistere! Io torno subito!”
Suigetsu parò un altro colpo di Samehada con il pugnale e sorrise, il resto del volto sudato e contratto dalla fatica.
“E vorrei ben vedere, Uchiha!”
Sparito oltre la viuzza perpendicolare al luogo dello scontro, Sasuke raggiunse Sakura, appoggiata al muretto, poco distante. Le appoggiò un dito sotto il naso. Era ancora addormentata, ma il respiro s'era fatto sempre più veloce e irregolare.
Cinque minuti, non un secondo di più, calcolò velocemente Sasuke.
La prese fra le braccia, controllò di avere la presa ben salda e si lanciò a tutta velocità verso il parco divertimenti. Le mura delle villette a schiera ai lati della strada si trasformarono in un insieme indistinto di grigio e bianco.
Ancora un po', Neji, pensò Sasuke. Tienili occupati ancora per un po'!!

“Tu mi piaci tanto, senpai.” proseguì Tenten
“Vuoi essere il mio ragazzo?”
Ecco, l'aveva detto. Tenten si sentì avvampare, colorare le guance di mille tinte, e le venne anche un po' da vomitare. Respirò a fondo, guardando un po' il pavimento della cabina di metallo e un po' il volto del senpai.
Com'erano belle, sinuose, interessanti le righette che formavano la piccola griglia che li manteneva a tutti quei metri d'altezza. Ma erano davvero poi così sicure? E gli occhi del senpai, beh, gli occhi del senpai. Bianchi, profondi. Stavano, stavano guardando proprio lei. Oh, mamma, che fare? Il volto di Tenten divenne verdognolo.
Non vomitargli in faccia, innanzitutto, disse, tra sé e sé. E nemmeno sulle scarpe.
Era un rossore, un rossore timido e leggero quello che vedeva sulle guance del senpai? Tenten respirò a fondo e tornò a guardare il pavimento metallico. Neji accennò a un movimento e, con un po' d'indecisione, tolse le proprie mani da quelle di Tenten. Una piccola scossa mosse la cabina e Tenten sentì il pranzo risalirgli lungo l'esofago.
“Anche tu.” disse Neji
“Anche tu mi piaci tanto.”
Neji prese le mani di Tenten, giochicchiò un paio di secondi con le sue dita e poi le richiuse fra le sue.
“E sì, voglio essere il tuo ragazzo.”
Il peso sullo stomaco di Tenten si sciolse all'istante.

Quando Neji e Tenten uscirono dall'abitacolo di metallo, Temari sorrise istintivamente. Le loro mani, intrecciate l'una in quella dell'altro, non potevano che significare una cosa: Tenten ce l'aveva fatta.
E una è andata!, esclamò, fra sé e sé, Temari, e si scambiò un sorriso con Ino. Poi distolse lo sguardo, sospirò e scosse la testa. No, no, NO! Dannazione! La mia missione è un'altra, oggi. Il piano delle ragazze è solo una copertura. Solo una copertura, assolutamente. Devo restare concentrata, restare concentrata.
Concentrata, sì. Così, torno ad ascoltare i discorsi del gruppo: Sakura e Sasuke erano spariti senza dire nulla. Non erano a terra, e non erano nemmeno nell'ultima cabina. Ma che dannazione aveva combinato Uchiha? E senza avvertire, poi! Oppure...
“Che è successo?” chiese Neji
“Sembrate agitati.”
“Uchiha è sparito.” rispose, veloce, Temari
“Lui e Sakura, intendo.”
Neji la guardò negli occhi per qualche secondo, uno sguardo vacuo e profondo al contempo. Quegli strani occhi quasi bianchi la confondevano sempre. E, in fondo in fondo, le facevano pure un po' impressione. Chissà che ci trovava Tenten, di tanto speciale.
“Magari avevano di meglio da fare.” ridacchiò Ino, e lanciò un'occhiata e un sorriso a Tenten
“Come qualcuno di mia conoscenza, se non sbaglio!”
Tenten sfoderò un sorriso che le attraversò tutta la faccia e le guance di Neji si colorarono di rosa, le labbra stese in una cosa a metà tra un sorriso e un crampo alla mandibola.
“E se fosse successo loro qualcosa?” chiese Chouji
“Io andrei a cercarli, almeno nei luoghi all'aperto. Così, se vogliono stare appartati non li disturbiamo, ma se hanno bisogno...”
“Chouji ha ragione.” intervenne subito Ino, con un'occhiata speranzosa verso il ragazzo
“Andiamo a cercarli. Potremmo dividerci in coppie e...”
“No.” tagliò subito corto Neji
“Se ci dividiamo, poi rischiamo di perderci fra di noi. Restiamo uniti.”
“Da dove cominciamo?” chiese Temari.
Una volta di più, lei e Neji si guardarono dritti negli occhi. Un secondo, due secondi, tre secondi... sì, Neji sapeva qualcosa. Sasuke era riuscito a svicolare e a raggiungere gli altri, e lo aveva avvertito.
“Di là.” disse Neji, e indicò un punto imprecisato alla loro destra
“Io comincerei per di là.”
“Ma i chioschi con il cibo, gli stand per il primo soccorso e i servizi igienici sono dalla parte opposta.” fece notare Shikamaru
“Se davvero è successo loro qualcosa, allora...”
“Io sono d'accordo con Neji” intervenne Temari.
Tenten e Ino guardarono la ragazza come se avesse appena confessato un omicidio.
“Ma che dici, Temari cara!?” strillò Ino
“Non dovresti essere d'accordo con Shikamaru, piuttos...”
“No, ha ragione Temari, in effetti.” la interruppe Shikamaru
“È meglio seguire Neji.”
“E 'tutti con Neji' sia!” esultò Tenten, un sorriso a trentadue denti sul volto e il pugno alzato verso il cielo.

Sakura mosse le palpebre un paio di volte, quindi aprì gli occhi. Quattro Sasuke, circondati da un'aura biancastra, ondeggiarono un po' e si riunirono in uno solo.
“Come va?” chiese il ragazzo, la voce profonda che le risuonò nelle orecchie
“Stai meglio, adesso?”
Sakura si stropicciò le palpebre e si tirò su. Sentì la mano di Sasuke posarsi sulla sua schiena e aiutarla a mettersi seduta.
“Co, cosa mi è successo?” chiese, lo sguardo appannato e i sensi tutti ovattati
“Dove siamo?”
“Hai avuto un colpo di sole.” spiegò Sasuke, e a Sakura sembrò quantomai sbrigativo.
“Ti ho fatto stendere su una panchina, gli altri dovrebbero essere ancora alla ruota panoramica.”
Poi la indicò, alta e maestosa, non troppo distante. Sakura la guardò un po', il viso piegato su un lato. C'era qualcosa, qualcosa che non le tornava... si portò una mano alla nuca.
“Sei sicuro che sia stato un colpo di sole, Sasuke?” chiese, la voce roca
“Io... io ricordo come un peso dietro la testa, tipo un colpo... sì, un colpo sulla nuca.Tu ne sai qualcosa, Sasuke?”
Fissò il ragazzo dritto negli occhi. Le pupille di Sasuke, per una frazione di secondo, fuggirono il contatto e saettarono a destra e a manca.
“Ah, ecco dove eravate finiti!” esclamò una voce alle loro spalle.
Sakura e Sasuke si voltarono. Tutto il gruppo dei loro amici, Ino in testa, li raggiunse. Appena Sakura vide Neji e Tenten mano nella mano, un sorriso, un po' spento dalle tante domande che le ronzavano in testa, le solcò il volto.
“Cos'era successo?” chiese Tenten
“Perché siete spariti?”
Sasuke fece spallucce.
“Niente di che. Sakura ha avuto un colpo di sole, ma adesso sta meglio.”
Troppo sbrigativo. Ancora una volta.
“Giusto, Sakura?”
Perché aveva tutta questa fretta di archiviare la questione come un colpo di sole? E poi, possibile che quel peso dietro la nuca... quel, quel colpo... possibile che se lo fosse soltanto immaginato? O era un semplice effetto del colpo di sole?
Sakura si accorse improvvisamente che tutti gli altri la stavano guardando, le espressioni a metà tra l'attesa e la preoccupazione. Tornò in sé con un piccolo sobbalzo, spostò lo sguardo verso Sasuke e sorrise.
“Sì, sì. Sto bene, ora.”
“Allora? Che si fa?” fece, impaziente, Ino
“Qual è la prossima attrazione?”
“La casa dei fantasmi!” esclamarono, all'unisono, Temari e Shikamaru. Poi si fermarono, si guardarono per un attimo e arrossirono entrambi.
“Sì, beh, comunque pensavamo già di andarci, no?” disse Temari.
“E poi, se Sakura ha appena avuto un colpo di sole, è meglio fare qualcosa al chiuso, no?” aggiunse Shikamaru.
Sakura alzò un sopracciglio: poteva giurare di averli visti scambiarsi un'occhiata e un rapidissimo cenno d'assenso, appena prima di parlare insieme. Mmmh, rimuginò, fra sé e sé. Che sia successo qualcosa anche tra loro due?!
I ragazzi, intanto, si guardarono un po', alcuni annuirono e altri fecero spallucce. Nel giro di qualche minuto, furono tutti pronti a partire. Sasuke si alzò, si voltò e Sakura osservò la sua schiena, larga e robusta, allontanarsi a ritmo con i suoi passi.
La ragazza sospirò, chiuse gli occhi e, appena li riaprì, allungò la mano e bloccò Sasuke per un braccio. Il ragazzo si voltò, la fronte aggrottata.
“Tu, questa volta, mi rimani accanto.” rispose Sakura alla sua tacita domanda.
“E di fianco, soprattutto.”
Quindi, gli prese la mano e la intrecciò con la sua, la presa ben salda. Prese un bel respiro e sfonderò il suo sorriso migliore.
“Se provi a mollarmi la mano senza una scusa più che ottima, giuro che mi metto a urlare”.
E s'incamminò, trascinando il ragazzo con sé.

Sasuke e Sakura attraversarono la prima stanza della casa dei fantasmi mano nella mano. Un paio di mostri che saltavano fuori all'improvviso, e poco altro. Sasuke, in ogni caso, non aveva di certo tempo da perdere in 'ste stronzate: e ora, come dannazione faceva a tirarsi fuori da quel casino?!
Gli altri avevano già raggiunto la seconda stanza – e Ino aveva cacciato fuori un paio di bei urli –, quando entrarono anche Sasuke e Sakura. Sasuke si guardò intorno: dove si era andata a cacciare, Temari? E che cos'era quel dannato scambio di sguardi con Nara, alla panchina?
Se si è distratta solo per flirtare con quello lì, giuro che io...
Poi, improvvisamente, un'ombra apparve subito di fronte al ragazzo. Sasuke guardò meglio e, pur nel buio totale della casa infestata, gli sembrò di scorgere una figura conosciuta. , constatò. Non può che essere...
Un lampo improvviso illuminò la stanza. Un oni con due grandi corna appuntite dritte dritte sulla testa apparve volando dall'alto e Sakura lanciò un grido che poteva gareggiare con quelli di Ino. Saltò fra le braccia di Sasuke, gli appoggiò la testa sul petto e, nell'abbracciarlo, gli lanciò andare la mano.
Sasuke trattenne il respiro. Ora, o mai più!, pensò.
Non appena la sala torno buia e Sakura lo lasciò andare, Sasuke afferrò il braccio della figura accanto a lui, lo tirò a sé e gli infilò la mano di Sakura nella sua.
“Sono Sasuke.” sussurrò, incollato all'orecchio dell'altro
“Quella è la mano di Sakura. Io torno da Hozuki e i Sabaku. Ti lascio Sakura in consegna, tu vedi di non farmi scoprire.”

Neji rimase lì, in mezzo al buio, lo sguardo perso nel vuoto. In una mano, Tenten. Nell'altra, Sakura Haruno. E nessuna delle due avrebbe dovuto scoprire la presenza dell'altra. Per nessun motivo al mondo.
E ora, io come dannazione me ne esco?

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Capitolo 22
*** Tu ***


Sasuke XXII
Tu

Ino sentì un paio di mani appoggiarsi alla sua schiena e spingere. In bilico sul gradino d'entrata della casa fantasma, la ragazza carambolò in avanti e si andò a schiantare contro qualcosa di grande e morbido.
“Ah, ma che diavolo...!?” sbraitò.
“Ino? Sei tu?” fece una voce accanto a lei. Una voce maschile. Una voce conosciuta.
Ino si staccò dalla persona contro cui era andata a sbattere e si riassettò i vestiti. Strinse gli occhi e aguzzò la vista: ah, non ci vedeva davvero un'acca, in quella maledetta casa infestata! Eppure, quella voce, quella voce l'aveva già...
Spalancò le palpebre, le guance le presero fuoco e pregò che nessuno sentisse il cuore che le martellava nel petto.
“Chou, Chouji!?” esclamò, e un goccio di saliva le si fermò a mezza gola
“Sei tu!”
Un attimo, una frazione di secondo di silenzio. I battiti del suo cuore impazzito rimbombarono nelle orecchie di Ino.
“Eh, già...” disse, infine, Chouji.

Chouji sentì un paio di mani appoggiarsi alla sua schiena e spingere. In bilico sul gradino d'entrata della casa fantasma, il ragazzo carambolò in avanti e sentì qualcosa di leggero e un po' spigoloso franargli addosso.
“Ah, ma che cavolo...!?” sbraitò una voce. Una voce femminile. Una voce conosciuta.
“Ino?” la riconobbe Chouji.
“Sei tu?”
Sentì la ragazza staccarsi da lui e rimettersi in piedi. Chouji sorrise, abbassò lo sguardo e arrossì. Tanto, nel buio più totale della casa infestata, chi lo poteva vedere?
“Chou, Chouji!?” esclamò Ino, in un suono strozzato
“Sei tu!”
Chouji sorrise di nuovo, fece spallucce e trattenne un sospiro. Quello, sì che si sarebbe sentito.
“Eh, già...” disse, infine.

Temari tolse le mani dalla schiena di Ino, le sbatté come per spolverarle e oltrepassò il gradino d'entrata nella casa dei fantasmi. Si immerse nella più totale oscurità.
“Allora, Sabaku?” chiese una voce alle sue spalle
“Adesso, che si fa?”
Temari trasalì e si morse le labbra per non mettersi a urlare.
“Stupido di un Nara!” esclamò, le parole che gli graffiavano lungo la gola e il volume della voce più basso possibile
“Potresti non spuntarmi dietro le spalle!? Siamo in una casa infestata!”
“È solo un'attrazione da luna park.” rispose la voce di Shikamaru Nara, annoiata e sospesa nel buio
“Ma, a quanto pare, hai anche tu dei lati femminili, eh, Sabaku?”
Temari sentì le guance andarle a fuoco e bloccò un urlo dritto dritto in mezzo alla gola. Si rimangiò la rabbia che le era salita dallo stomaco, strinse i pugni e fulminò con lo sguardo un'ombra che le si muoveva accanto. Ah, ma come dannazione si permetteva, quel cretino di Nara...!?
Certo che ho dei lati femminili, Nara: nel caso tu non te ne sia accorto, sono una fottuta ragazza!!” rispose, le parole premute contro la gola
“Ma, comunque, hai fatto quel che ti ho detto?”
“Sì, sì. Ho spinto Chouji contro Ino. E ora? Come la mettiamo con il resto del piano?”

Shikamaru chiude gli occhi, sospira e si piega in avanti. Posa i gomiti sulle gambe, la testa sulle mani incrociate in una sorta di preghiera e arriva a pochi millimetri dal viso di Temari. Temari sente il volto andargli a fuoco.
“Per quale motivo è stato fondato il club di manga?” le sussurra Shikamaru, e un alito profumato alla menta le solletica la punta del naso.
“Quale segreto nasconde?”
Temari respira a fondo e sente il suo cuore decelerare. Pian piano, pian piano, fino a tornare normale.
E adesso?, si chiede. Adesso, che m'invento?
“Allora, Sabaku?” la incalza Shikamaru
“Non mi vuoi rispondere? È qualcosa di così... segreto? Importante?”
Temari deglutisce. Le gira la testa, i pensieri le si confondono un po'. L'unica cosa che può fare, l'unica cosa che può fare è..
“Ok, Nara. Ti dirò la verita.” risponde, e si piega leggermente in avanti, le braccia appoggiate contro le ginocchia
“Tutta la verità.”
Shikamaru sorride e si tira su, quasi colpendola in faccia con la fronte. Incrocia le mani, le porta dietro la testa e si appoggia allo schienale della piccola cabina in ferro.
“Avanti, prego” dice, il sorriso che gli taglia il volto da parte a parte
“Sono tutt'orecchie.”

Temari sospira e il grosso seno s'intravede attraverso la leggera scollatura della maglia bianca, larga e appoggiata mollemente sulle spalle.
“Il club di manga, il vero scopo del club di manga è... romantico, diciamo” risponde, e le guance le si colorano di rosa.
Shikamaru corruga la fronte.
Ro...?
“Romantico?” chiede.
Temari annuisce.
“Mh, mh. Il club è nato per far mettere insieme Sakura con Sasuke, Tenten con Neji... e Ino con Chouji.”
Il sorriso sulla bocca di Shikamaru si spegne in un istante. I grandi occhi di Temari lo fissano, verdi e profondi. Il ragazzo ricambia lo sguardo, la mascella stretta in una morsa così forte da dargli i crampi.
Che, che dannazione...!?
“Ino con Chouji?” chiede, e gli sembra di masticare sabbia
“Di che parli? A che gioco state giocando, Sabaku?”
Era troppo tempo, troppi anni che Ino giocava con il cuore di Chouji. S'allontanava, si riavvicinava, e s'allontanava di nuovo. Shikamaru non avrebbe accettato una nuova, ennesima beffa. Non avrebbe accettato di sentire Chouji bussare alla sua porta con le lacrime agli occhi e un enorme pacchetto di snack fra le mani. Non avrebbe accettato...
“Ino è innamorata di Chouji, Nara.” rispose Temari.
“Davvero innamorata.”
Shikamaru sbatte le palpebre. Una volta. Due volte. Lo sguardo fisso su Temari. Un silenzio assordante gli perfora il cervello.
Di che cosa stai parlando, Sabaku? E faresti bene a non prendermi per i fondelli, perché...
“Ci ha messo tanto, forse troppo a capirlo. Lo sa, Nara. Ino sa benissimo che potrebbe essere troppo tardi.” spiega Temari, parole che si perdono in un sottofondo di pensieri chiassosi
“Ma ora è sicura dei propri sentimenti ed è decisa quantomeno a provarci, provarci fino in fondo. E così, ha chiesto aiuto a me, a Tenten e a Sakura. E ad Haruno è venuta la splendida idea di questo club di manga come scusa per farci stare tutti insieme.”
Shikamaru fissa Temari negli occhi. Grandi, verdi. In fondo, gli piacciono proprio. Più delle tette, probabilmente. Poi, sorride. Sorride e sente le lacrime spingergli da dietro. Alza lo sguardo e impedisce loro di uscire.
Ino e Chouji. Insieme. Scosse la testa. Roba da matti.
“Quindi...” riprende Temari
“ora che sai tutto, mi daresti una mano? A farli mettere insieme, intendo.”
Shikamaru si getta in avanti, appoggia i gomiti sulle ginocchia e pianta il volto a pochi millimetri da quello di Temari. Sente il suo solito sorriso tagliente attraversargli il volto.
“A una condizione” dice.
Temari sorride a sua volta.
“Perfetto. Quale?”
“Tu.”
“Eh?”
“Tu. Tu per chi ti sei unita al club di manga?”

La silhouette subito accanto a Shikamaru fece spallucce.
“La prossima parte del piano, eh?” chiese Temari
“Aspettiamo che gli orrori della casa infestata facciano il loro dovere... e ci limitiamo a dare un piccolo aiuto.”
La figura in nero trotterellò qualche passo avanti e Shikamaru scosse la testa. Un piccolo aiuto, eh?, disse, fra sé e sé. Speriamo in bene!

Sasuke sfrecciò lungo la via costellata di piccole villette a schiera bianche e grige, una scia indistinta di colori spenti. Lanciò un'occhiata al cellulare. Ci aveva impiegato cinque minuti ad arrivare lì dal luna park, il giro alla casa infestata durava 45 minuti.
Svoltò a destra, si infilò nella strada che conduceva al luogo dove si sarebbe tenuta l'asta e saltò sul muriciattolo alla sua sinistra. Si lasciò alle spalle quattro, cinque altre villette a schiera e giunse finalmente all'incrocio dove i suoi compagni erano stati attaccati da Akatsuki.
“Sono tornato!” gridò, e saltò nel centro esatto dell'incrocio.
Alla sua destra, Suigetsu giaceva a terra, supino, il volto e le braccia ricoperti di graffi e di tagli; sulla sinistra, Gaara era steso accanto a Kankuro, entrambi con la pancia a terra e immersi in una pozza di sangue.

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Buongiorno, miei cari lettori,
ritorno a rompere le balle in coda al capitolo giusto giusto per dare un piccolo avviso: domani parto per la tournée estiva di un mio spettacolo e, da qui fino al 5 ottobre (con una piccola pausa i primi di settembre), avrò continuamente da fare, quindi la serie entrerà IN PAUSA (chiamiamola "vacanza" xD) fino a SETTEMBRE/OTTOBRE 2014!! E, anche quando tornerà, dovrò comunque preparare lo spettacolo per la stagione invernale e poi avrò le date del suddetto, quindi difficilmente il ritmo della pubblicazione della fanfic riuscirà a superare un capitolo al mese (un po' come adesso, insomma). Se per caso mi capiterà di riuscire a scrivere più frequentemente, sarà tutto grasso che cola xD Detto questo, passo a rispondere alle recensioni:
meryl watase: Grazie mille della recensione e del supporto! E' sempre bello quando un lettore fa sentire la propria voce (anche, ma non è il tuo caso, se fosse per insultare pesantemente me e le cretinate che mi ostino a scrivere xD)! E' grazie a voi se, nonostante il tempo e le energie a disposizione sianosempre meno, proseguo cercando di interrompere la pubblicazione per il minor tempo possibile! Grazie!!
Quindi, un salutone e un "grazie" a tutti quelli che continuano a leggere e seguire la fanfic: anche se siete lettori silenziosi, per me è come se lasciaste 100 recensioni a volta! Ci risentiamo a settembre/ottobre!!!

il vostro autoruncolo

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Capitolo 23
*** Non voglio più essere ferito ***


Sasuke XXIII
Non voglio più essere ferito

Sasuke si gettò a destra e raggiunse i fratelli Sabaku. Si drizzò sulle punte, evitando la pozza di sangue, e appoggiò due dita sulla gola di Gaara. Niente. Niente. Ancora niente.
Oh, andiamo!, sbraitò, fra sé e sé. Non voglio dover tornare da Temari e dirle che i suoi fratelli sono morti! Non anche voi, dannazione!!
Una piccola, debolissima pulsazione. E un'altra. E un'altra ancora. Sasuke spostò le dita sul collo di Kankuro e, ancora una volta, impiegò un po' a sentire le pulsazioni del suo cuore. Il sangue passava a fatica, molto lento.
Sasuke si ficcò una mano in tasca, cavò il cellulare e osservò per qualche secondo lo schermo nero. I Sabaku erano ancora vivi, ma il loro cuore batteva lentissimo. Doveva assolutamente chiamare qualcuno: un'ambulanza, dell'aiuto...
“ 'iha...”
Sasuke tirò su la testa di scatto. Gli era sembrato di sentire una...
“Uchiha...”
Sasuke si voltò. Il braccio teso verso di lui, Suigetsu lo chiamava con voce flebile, roca. Un grosso taglio rosso gli attraversava la guancia destra.
Uchiha si tirò su, si voltò e raggiunse il compagno. Suigetsu mosse la bocca un paio di volte, ma il ragazzo non riuscì a sentire cosa stesse dicendo. Si accovacciò e premette la bocca contro il suo orecchio.
“Gli... gli Akatsuki sono andati, Uchiha... devi... devi assolutamente fermarli... se no, per Konoha è finita...”
“E i fratelli Sabaku? Devo chiamare qualcuno, se no...”
Suigetsu agitò l'altra mano, stretta a pugno sul proprio cellulare. Un sorriso incerto gli apparve sul volto.
“Già... fatto. Ho chiamato aiuto, saranno qui fra poco...”
Suigetsu deglutì, poi allungò il braccio libero e afferrò il braccio di Sasuke in una morsa incredibilmente salda, viste le sue condizioni.
“Tu però devi andare... sei la nostra ultima speranza, Uchiha... devi fermarli... fermarli, prima che arrivino al palazzo di vetro... fermali, Uchiha.”
La mano di Suigetsu perse la presa e ricadde pesantemente sull'asfalto. Il ragazzo respirò, roco, un paio di volte, poi chiuse gli occhi e perse i sensi. Sasuke, l'orecchio ancora appoggiato alle sue labbra, sentì il fiato, rado, solleticargli la pelle.
Si rialzò, si infilò nuovamente in tasca il cellulare e guardò dritto di fronte a sé. Laggiù, in fondo alla via più grande del circondario, sorgeva un altissimo grattacielo tutto in vetro e metallo. Strinse il pugno destro, abbandonato lungo il corpo.
Vi prenderò, bastardi. Vi prenderò, e ve la farò pagare!

Tenten mosse qualche passo in avanti e Neji si sentì tirare. La mano della ragazza, piccola e a malapena adagiata dentro la sua, lo accompagnò delicatamente lungo il salone. Nulla a che vedere con la stretta di Sakura, salda e decisa.
Neji sospirò.
Prima cosa, continuare a camminare, disse, fra sé e sé.
Lui, Tenten e Sakura si incamminarono oltre la grande sala, presero la porticina e si ritrovarono in una nuova stanza. Lunga e stretta, a giudicare dal poco che trapelava in mezzo all'oscurità quasi totale.
Un grosso ghoul verde spuntò dal pavimento e ringhiò loro in faccia, l'alito pestilenziale e due file di denti appuntiti. La mano di Sakura aumentò ulteriormente la stretta sulla mano di Neji. Tenten, dall'altra parte, non accennò nemmeno a una reazione.
Il ghoul se ne tornò nelle profondità della casa fantasma e Sakura allentò la stretta. Il gruppo si rimise in marcia: oltrepassarono uno stretto corridoio con alcune lucette bluastre ai lati, svoltarono verso sinistra e raggiunsero una nuova stanza.
Un vento freddo soffiò loro sul volto e all'altezza delle gambe. Un leggero vapore argenteo brillò nel buio e, dal fondo, si fece avanti a grande velocità uno scheletro ricoperto di ragnatele. Alzò le braccia davanti a loro, poi si sollevò in aria e li superò. Un Uuuuuuuuh di sottofondo riempì la stanza.
Sakura si piantò sul posto, deglutì rumorosamente e rischiò di stritolare le dita di Neji. Tenten, invece, prese a disegnare con il pollice dei cerchi immaginari sul dorso della mano del ragazzo. Neji le lanciò uno sguardo, nella semi-oscurità.
La sagoma oscura si voltò verso di lui e lo guardò, un paio di occhi brillanti in mezzo alla foschia argentata. Poi piegò un poco la testa su un lato e parve sorridere.
“Questi mostri sono un po' deludenti, eh?” disse
“Non fanno per niente paura.”
“Già” rispose Sakura, la voce secca e un po' strozzata
“Per niente paura...”
“Sakura?” chiese Tenten
“Sei qui?”
“Sì!” esclamò lei
“A quanto pare, stavamo facendo il percorso una di fianco all'altra e non ce n'eravamo manco accorte!”
Scoppiarono entrambe a ridere e la stretta di Sakura si allentò un poco.
“Temari? Ino?” chiamò Tenten
“Ci siete anche voi?”
Nessuna risposta.
“Direi di no.” rispose Sakura
“Mi sa che sono rimaste indietro con Shikamaru e Chouji.”
Neji sentì la mano di Tenten spostarsi un po' verso l'alto, come se stesse facendo spallucce.
“Poco male” disse la ragazza
“Andiamo?”
Neji annuì, anche se non potevano vederlo, e il gruppo si rimise in marcia. Oltrepassarono la stanza lunga e stretta, presero un corridoio completamente buio e... Neji andò a sbattere dritto dritto contro un muro ricoperto di moquette.
“E ora?” chiese Sakura
“Da che parte si va?”
Un breve flash colpì la coda dell'occhio destro di Neji. Si voltò, e con lui anche le ragazze. All'altro capo di un corridoio completamente buio, le luci di una stanza si accendevano e spegnevano, a intermittenza.
Neji sbarrò lo sguardo. Gli sudavano le mani e il cuore cominciò a battere all'impazzata. E adesso?, si chiese.
Tenten si mosse e trascinò il gruppetto con sé. Una volta giunti là in fondo, nella stanza illuminata, lui sarebbe stato scoperto e la copertura di Sasuke sarebbe saltata. Neji poteva già immaginarsi la scenata di Sakura e le tutte le spiegazioni da dare a Tenten... no, no. Doveva trovare qualcosa. Doveva assolutamente trovare qualcosa!
Potrei attraversare la stanza di corsa, in modo che non abbiano il tempo di guardarsi intorno, pensò Neji. Ma no! Troppo sospetto, le farebbe senza dubbio voltare verso di me. Però, potrebbe apparire un mostro che le distrae, e allora...
Neji posò il piede nel corridoio oscuro e il pavimento gli ruotò sotto la suola delle scarpe. Ormai a metà del passo successivo, barcollò in avanti e mise l'altro piede su un pannello che si muoveva in senso opposto. Divaricò un poco le gambe e, a metà tra due pannelli semoventi, ritrovò l'equilibrio.
Tenten e Sakura si strinsero forte alle sue mani, ondeggiarono un paio di volte e si aggrapparono con il braccio libero alle sue spalle. Neji sentì il respiro delle ragazze, pesante e inframezzato, attraverso i loro petti, appoggiati a lui. E i loro avambracci, sul suo torace, a pochi millimetri l'uno dall'altro. Ancora un minimo movimento e si sarebbero toccate.

Ino proseguì nella stanza buia, oltre l'atrio. Lanciò un'occhiata accanto a sé e vide la sagoma di Chouji proseguire accanto a lei, alla stessa velocità. E ne lanciò un'altra. E un'altra ancora.
Le loro braccia si sfiorarono e lei sentì un lieve pizzicorio, quasi un bruciore, all'altezza del contatto. Ora, o mai più, pensò. Devo agire adesso, se voglio riconquistare la sua fiducia. E il suo amore.
Un lampo improvviso illuminò la stanza. Ino alzò lo sguardo e un grosso oni rosso con due corna appuntite dritte dritte sulla testa gli passò in volo sopra la testa. Un paio di occhi giallastri e con le pupille nerissime sembrarono osservarla. E qualcuno – o qualcosa!? – le toccò la spalla.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!!!!!!!!!!!!”
Ino saltò verso Chouji e lo afferrò per il gomito. Sentì uno dei suoi seni andare a cozzare contro il braccio del ragazzo. Ma non era certo il caso di formalizzare su 'ste cose: un mostro orribile la stava per attaccare! O no!? E poi, magari avrebbe anche aiutato a...
“Non ti preoccupare, Ino.” spiegò lui
“Sono solo dei pupazzi. Sono finti.”
Il tono di Chouji le rimbombò fra le pareti del cervello. Secco, distaccato. Come se stesse cercando il modo più rapido per sbarazzarsi di lei.
“S, sì...” rispose Ino.
Lasciò andare il braccio del ragazzo e mosse un passettino all'indietro. Vide la figura massiccia allontanarsi e, subito, le andò dietro.
AAAAAAARGH!!, esclamò, fra sé e sé. Maccheccavolo sto facendo!?! Era un'opportunità ghiottissima! La mia opportunità!
Poi le tornò in mente il tono di Chouji. Un freddo innaturale le penetrò le ossa. Si sentì sola, sperduta nell'oscurità della casa infestata. La sagoma di Chouji era lì, la poteva vedere. Ma era come se un sentiero fatto di milioni di passi li dividesse.
Ino non si mise più al fianco di Chouji. Rimase un po' indietro, leggermente discosta. Ogni volta che alzava lo sguardo, vedeva la sua schiena larga e un pezzo del suo viso. Un pezzo che non si voltava mai, che continuava a guardare dritto.
Ino sospirò, uscì dalla prima stanza e imboccò la seconda. Mosse un paio di passi e un grosso affare verde spuntò dal pavimento. Il volto semi-disciolto, gli occhi piccoli e rossi, la bocca spalancata con due file di denti aguzzi. Un aroma ributtante di pesce marcio e di fogna rischiò di farle rimettere lo zucchero filato mangiato poco prima.
Un paio di mani le afferrarono le caviglie e lei artigliò d'istinto le spalle di Chouji. Si fiondò dietro la sua schiena, gli occhi ben chiusi, e prese a sbattere i piedi.
“Se n'è andato? Se n'è andato? Se n'è andato!?” continuò a chiedere.
“Sì, Ino. Se n'è andato” rispose Chouji.
Poi s'incamminò, senza nemmeno aspettare che Ino gli togliesse le mani dalle spalle. Lei rimase lì, a guardare la sua schiena allontanarsi. Bella, larga, forte e sempre più distante.

Ma che diamine stai facendo, Chouji...?, ringhiò Shikamaru, fra sé e sé.
Sbuffò. Lui e Temari s'erano inventati di tutto per fargli finire Ino direttamente fra le braccia: prima, lui le aveva toccato la spalla quando quell'oni li aveva passati in volo; poi, Temari le aveva afferrato le caviglie in concomitanza con l'apparizione del ghoul. E Chouji se n'era bellamente fregato, dritto per la sua strada.
Shikamaru lanciò un'occhiata a Temari. Nella penombra, fu sicuro di vederla sbuffare e corrucciare la fronte. Sorrise. Quella ragazza era prevedibile come il sapore dell'acqua.
“Allora?” le sussurrò, e si ficcò le mani in tasca. “Che si fa? Non sembra andare nulla, con quei due. Con Chouji, almeno.”
Temari scosse la testa.
“Non è Chouji il problema. È Ino. Avrebbe dovuto saltargli letteralmente addosso dalla paura, e invece... che cos'è quella roba?”
Shikamaru fece spallucce.
“Beh, almeno lei reagisce, in qualche modo. Magari, con uno spavento più grande...”
Gli occhi di Temari brillarono nell'oscurità.
“Uno spavento più grande... ma certo! Sei un genio, Nara!”
“Eh?”
Temari afferrò la mano di Shikamaru e lo trascinò con sé attraverso la stanza lunga e stretta in cui erano finiti. Si appiattirono entrambi contro il muro del corridoio, oltrepassarono Ino e Chouji e raggiunsero in grande fretta la stanza successiva.
Temari si schiacciò ancora una volta contro il muro, poi si fermò e cominciò a tastarlo. Un rumore metallico fece scattare una porticina incassata nel muro ricoperto di moquette. La aprì, si infilò dentro e, dopo qualche secondo, ne uscì un debole fascio di luce.
“Ma che cosa...?” chiese Shikamaru.
Si affacciò oltre la porticina e Temari gli sorrise da dentro lo stanzino, una piccola torcia elettrica incastrata fra i denti. Poi si voltò e illuminò l'interno dello sgabuzzino: pupazzi di mostri, grossi e piccoli, meccanizzati e non, accatastati l'uno sull'altro. Un vampiro dal colorito cadaverico, una “cosa” rocciosa e marroncina, un kappa dal corpo verdastro e la testa pelata.
“Sono stata in questa casa infestata con una zia, quando ero più piccola.” spiegò Temari, prendendo la torcia in una mano e cominciando a rovistare fra i pupazzi
“Solo che Gaara, il mio fratellino, si era spaventato a morte: pensava che i mostri fossero veri! Così, per farlo smettere di piangere, l'addetto alla sicurezza ci aveva mostrato il ripostiglio in cui tenevano i mostri. E, per nostra fortuna, direi che li tengono tutt'ora!”
Temari si girò verso Shikamaru e, il volto solcato da parte a parte da un sorriso a trentadue denti, gli mostrò il pupazzo di uno zombie e quello di una mummia.

Chouji rallentò un po' il passo e permise a Ino di avvicinarsi. Perché si era comportato a quel modo, prima? Perché non aveva semplicemente lasciato che Ino lo abbracciasse, lo toccasse, si facesse difendere da lui?
Insieme, uscirono dalla stanza e raggiunsero il corridoio con le lucine bluastre ai lati. Lo percorsero, svoltarono alla curva verso sinistra e arrivarono in un'altra stanza. Una nebbiolina grigia brillava nel buio più assoluto.
Perché ho troppa paura di essere ferito ancora una volta, si rispose Chouji. Perché non voglio che Ino si tiri di nuovo indietro, si avvicini e poi faccia finta di nulla. Sono stufo di tutto questo.
Sospirò, e avvertì un certo freddo sul volto e sulle gambe. Strinse gli occhi e scorse una figura venire verso di lui dal fondo della stanza. Uno scheletro, le orbite vuote e le ossa ricoperte di ragnatele, gli volò addosso. Quando l'impatto gli sembrò inevitabile, quello si alzò per aria e lo oltrepassò, accompagnato dall'inevitabile urlo di Ino.
Chouji fece spallucce e mosse un passo avanti. Una grossa mummia dalle bende sporche e cadenti gli venne incontro, con un verso che aveva ben poco di mostruoso e parecchio di umano. Accanto alla mummia, uno zombie dalla pelle grigiastra e le braccia ben tese di fronte urlò qualcosa a proposito di mangiare il suo cervello.
Chouji sorrise, scosse la testa e sentì un paio di braccia avvinghiarsi a lui. Lo strinsero all'altezza del torace fino quasi a farlo soffocare mentre un naso gli si infilava dritto nella carne. Chouji abbassò lo sguardo e vide Ino con la faccia conficcata nel suo corpo, tutta tremante.
Forza, Chouji, disse, fra sé e sé. Abbracciala. Consolala. È il momento, dannazione!
“Ino, tranquilla.” disse una voce distante, fredda, che il ragazzo faticò a riconoscere come sua
“Sono solo pupazzi. Non ti fanno niente.”
Poi appoggiò le braccia sulle spalle di Ino e la allontanò da sé.
“È a posto così, Ino. Va tutto bene.”
Non voglio più essere ferito. Mai più.
Ino si lanciò in avanti e si avvinghiò ancora una volta a Chouji, il volto sempre infilato in mezzo alla carne.
“No che non è a posto così, Chouji!” esclamò, la voce resa sorda dal contatto con i vestiti del ragazzo
“Non che non va bene!”
Quindi si staccò, ma lasciò le mani attorno ai suoi fianchi. Alzò lo sguardo e i suoi occhi blu brillarono in mezzo al buio e alla foschia argentea.
“Io ti amo, Chouji.”

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Buongiorno e ben ritrovati, cari lettori,
con un paio di mesi di ritardo sul previsto (dovevo tornare a inizio ottobre, siam quasi a inizio dicembre...), riparte la serializzazione de Le stagioni di Sasuke con un capitolo un po' più lungo del solito (all'incirca il doppio). Mi scuso infinitamente per questo ritardo, ma è stato (ed è tuttora) un periodo pieno, zeppo di lavoro... e, contando che non avevo ancora pensato al nuovo capitolo e che avevo un paio di ostacoli che non sapevo come superare, in questi due mesi ho avuto pochissimo tempo per mettermi lì, riflettere e passare l'enpasse (perdonate il gioco di parole XD). Comunque, la serie riprende da dove l'avevamo lasciata (Sasuke che torna dai suoi compagni di lotta, Neji con Tenten in una mano e Sakura nell'altra, e Shikamaru e Temari che tentano di far mettere insieme Ino e Chouji) e, se le mie più rosse aspettative non verranno disattese (come, puntualmente, succede), sperò di riuscire a inanellare un bel tris di capitoli (il 7, il 14 e il 21) prima di fermarmi nuovamente (ma spero solo fino alla Befana) per le vacanze di Natale-Capodanno-Epifania. Tra l'altro, se non ricordo male (e se non cambio qualcosa nella piafinicazione dei capitoli), sono proprio i tre capitoli che chiuderebbero l'arco narrativo del parco divertimenti: un ottimo momento per fermarsi, prima di cominciare con il prossimo arco! Ah, e già che parliamo di pianificazione di capitoli, posso già anticipare una prima notizia: Le stagioni di Sasuke durerà all'incirca 35 capitoli. Non so se esattamente 35, se 34 o se 38 o 40 (per sparare dei numeri, eh xD) perché mi manca ancora un pezzettino di storia da pianificare (e, soprattutto, decidere se narrarla per intero), però siamo lì. Ben lontani da quando pensavo che 100% Sakura fosse una fic unica da una cinquantina di capitoli max xD E anche abbastanza lontani dai 25 de Le stagioni di Naruto. Ma non preoccupatevi: l'ultima parte, Le stagioni di Sakura, sarà solo uno one-shot!! xD
Ringrazio tutti voi che mi seguite nonostante le tante interruzioni e i miei tempi biblici: resistete ancora un po', siamo quasi a tiro! E vi saluto, sperando di ritorvarci ancora una volta tutti insieme per il prossimo capitolo,

il vostro autore

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Capitolo 24
*** È solo una leggenda ***


Sasuke XXIV
È solo una leggenda

Sasuke oltrepassò la strada sotto di lui in un balzo e atterrò sul muretto che delimitava le villette residenziali dall'altra parte della via. Da lassù, era molto più semplice scorgere le sagome dei due Akatsuki.
Il grande grattacielo tutto vetro e metallo si avvicinava sempre di più. Ancora un paio di vie traverse e non sarebbe più stato possibile raggiungere Kisame e Sasori. Sasuke strinse i denti e accelerò, oltrepassando al volo un'altra strada.
Atterrò male, un piede sul muretto e l'altro nel vuoto, e la gamba destra gli scivolò giù. Girò il piede e strisciò la suola della scarpa, evitando di graffiarsi – o peggio – il polpaccio. Spinse sull'altro ginocchio e si rimise in piedi. Pochi metri di fronte a lui, i due Akatsuki camminavano a passo spedito.
Se arrivano al grattacielo, non potrò più fermarli, pensò Sasuke. Prenderanno le azioni di quella banca e per il nostro paese sarà l'inizio della fine!
Percorse l'ultimo tratto del muretto attento a non farsi sentire e, appena capì di essere abbastanza vicino, si gettò verso di loro.
“Ehi, voi!” chiamò, ancora a mezz'aria
“Dove pensate di andare!?”
Sasuke atterrò loro davanti e i capelli gli ricaddero sul volto. Li spostò con un movimento della testa.
Kisame si batté un paio di volte la mazza sul palmo della mano.
“A comprare un banca, se non ti spiace” disse.
Lasciò cadere la punta della mazza affinché sfiorare il terreno e si gettò a tutta velocità contro Sasuke. Sasuke strisciò lentamente il piede sull'asfalto e si piegò giusto un poco sulle ginocchia. Kisame alzò la mazza e affondò il colpo.
Sasuke si gettò su un lato, atterrò con le gambe ancora piegate e si gettò subito dietro la schiena del suo avversario. Si girò a mezz'aria e si preparò a colpire il collo di Kisame con un calcio al volo, e volto e il pugno di Sasori gli apparvero di fronte.
Merda!
Afferrò la mano del nemico con entrambi i palmi, vi si appoggiò e si diede una bella spinta con le braccia. Il colpo di Sasori scivolò oltre e Sasuke lo oltrepassò con una capriola. Atterrò con le gambe unite, le piegò e si gettò contro i due Akatsuki con le braccia tese. I due si voltarono verso di lui nello stesso momento.
Sasuke li colpì dritti sul collo e, aiutato dalla spinta del salto, li schiantò contro l'asfalto. Poi allargò le gambe e si preparò ad atterrare sui loro volti. Kisame e Sasori rotolarono su un lato e si rialzarono in un solo movimento.
La catena di metallo di Sasori si attorcigliò al piede di Sasuke ancora prima che questo riuscisse a toccare terra. Sasuke si sentì sbalzare verso il suo avversario e vide il falcetto nelle sue mani avvicinarsi a velocità preoccupante.
E ora? Che cosa m'invento!?

Il busto del fondatore è scolpito nel legno chiaro. I capelli lunghi e un po' crespi finiscono oltre il bordo della scultura, nel nulla. La mascella è squadrata e gli zigomi sono alti e duramente incisi. Gli occhi profondi sono attraversati da uno strano disegno a forma di goccia, che orna anche il bordo del kimono.
C'è lo stesso disegno anche sul kimono del papà!, pensa Sasuke.
E guarda il busto di legno con gli occhi spalancati e la bocca un poco aperta.
“Ti piace proprio tanto quella statua, eh?” gli chiede una voce.
Itachi, il suo fratellone, si siede sul
parquet accanto a lui, davanti al busto di Hashirama Senju-Uchiha. O Senju-Hyuuga. Ognuna delle due famiglie rivendica la presenza del fondatore del villaggio nel suo albero genealogico.
“Ti siedi sempre qui, a guardarla” termina la frase Itachi.
Sasuke fa spallucce, poi sorride.
“Sì, mi piace proprio tanto. Soprattutto, mi piace quel disegno che ha in mezzo agli occhi! Perché ce l'ha, fratellone?”
Itachi si piega un po' all'indietro e appoggia i palmi delle mani al parquet. Alza la testa al soffitto e i capelli lunghi, sciolti dal solito codino, ondeggiano un po'.
“Si dice che un tempo gli Uchiha fossero un potentissimo clan di ninja e che possedessero una preziosa arte oculare: l'Occhio Della Copia.”
“Sharingan.”
“Sì, Sasuke. Lo Sharingan. E si dice che, in casi di grande tensione o di grande sollecitazione emotiva, gli Uchiha ancora oggi possano attivare questa antica arte oculare e vedere cose che agli altri sono proibite. Come i minuscoli movimenti corporei che si fanno prima di compiere qualsiasi gesto. E, così facendo, possono prevedere la mossa, analizzarla e addirittura copiarla.”
Gli occhi di Sasuke si spalancano dall'emozione e brillano nella penombra.
“Woooooow!!” esclama
“Ma se Hashirama ha gli occhi che possono usare solo gli Uchiha, per gli Hyuuga dicono che è anche loro parente?”
Itachi scoppia a ridere.
“Ah, beh, ovviamente anche gli Hyuuga hanno una leggenda su un grande clan ninja e una tecnica oculare. Solo che loro la chiamano Byakugan, gli Occhi Bianchi” spiega Itachi.
Poi sposta lo sguardo sul fratellino e sorride.
“È solo una leggenda, ovviamente. Però, a me piace credere che sia davvero così, in fondo.”

Il tempo rallentò. Sasori alzò il braccio e spostò la lama del falcetto verso la gola di Sasuke. Era così semplice evitarla, così semplice. Bastava piegarsi al momento giusto e...
Il falcetto di Sasori passò a pochi millimetri dai capelli di Sasuke, che entrò nella sua guardia. Gli occhi di Sasori si spalancarono e Sasuke lo colpì dritto in faccia con una gomitata poderosa. Sasori lasciò andare il falcetto e volò contro il muro dall'altra parte della strada.
Una mazza. Una mazza fendette l'aria e si avvicinò pian piano alla testa di Sasuke. Lui alzò lo sguardo, saltò all'indietro con una capriola e la mazza chiodata si andò a infilare nell'asfalto. Pezzi di strada volarono di qua e di là, rimbalzando più e più volte. Una polvere sottile si alzò dal luogo dell'impatto e si dissolse quasi subito.
Sasuke scattò in avanti e raggiunse il corpo di Kisame. Si piegò il più possibile sulla sua gamba sinistra e, dal basso verso l'alto, mollò un calcione dritto dritto sul mento dell'uomo. Kisame volò all'indietro e qualcosa di rosa e rosso uscì dalla sua bocca.
Recisa di netto dai denti richiusi dal calcio, un pezzo di lingua percorse un arco nell'aria e ricadde, insieme a qualche goccia di sangue, sul pavimento della strada. Il respiro di Kisame si fece profondo e regolare, e i suoi ricaddero all'indietro.
Sasuke si rimise in piedi e barcollò all'indietro. Il mondo riprese improvvisamente a girare a velocità normale e gli diede un forte giramento di testa. Si piegò sulle ginocchia e guardò in basso. Aveva ancora la catena di Sasori attaccata alla caviglia.
La raccolse e prese i due falcetti fra le mani. Sospirò e sentì un colpo secco sul terreno dietro di sé. Si voltò e il pugno di Sasori gli comparve a pochi millimetri dal volto.
Sasuke si gettò all'indietro, il braccio dell'avversario che gli sfiorava il naso. Piegò la catena in due, la strinse fra le mani e la usò a mo' di mazza per colpire Sasori nello stomaco. Il ragazzo di Akatsuki si piegò in due e i suoi piedi si sollevarono da terra.
Sasuke recuperò la presa sui falcetti e colpì con tutta la forza che gli era rimasta in corpo la nuca di Sasori. Quello crollò con la faccia contro la terra, privo di sensi.
Sasuke si piegò nuovamente sulle ginocchia e riprese fiato. Poi scosse la testa: non aveva un minuto da perdere. Prese Sasori e lo trascinò, il volto che sfregava contro l'asfalto, vicino a Kisame. Tirò su prima uno, poi l'altro, e li appoggiò entrambi contro il muro, la schiena rivolta verso di lui. Prese loro le mani e, ben attento a stringere il più possibile, vi attorcigliò intorno la catena di Sasori. Quindi li rivoltò e li lasciò lì, contro il muricciolo.
Alzò lo sguardo, si asciugò la fronte e guardò il palazzo di vetro. L'asta doveva essere cominciata, ormai. La missione era conclusa.
Annuì, si cacciò una mano in tasca e tirò fuori il cellulare. Compose un numero d'emergenza, si appoggiò l'apparecchio all'orecchio e s'incamminò lungo la via.
Pronto, polizia” risposero dall'altra parte, la voce distorta dal ricevitore
Di cosa ha bisogno?
“Due membri dell'associazione criminale 'Akatsuki' si trovano attualmente nella strada che porta al grande Casa d'Asta. Sono momentaneamente privi di sensi, quindi vi suggerisco di sbrigarvi.”
Cosa? I criminali di 'Akatsuki'!?” esclamò l'agente all'altro capo del telefono “Ma chi è? Chi parla!?” Sasuke chiuse la chiamata e vide alcune luci lampeggiare nella via che stava per incrociare. Si spiaccicò contro il muretto e si sporse appena: i due fratelli Sabaku, entrambi su una lettiga, venivano caricati su un'ambulanza. Seduto sul bordo di un'altra, subito accanto, un paramedico stava ricucendo i grosso taglio sul volto di Suigetsu.
Beh, almeno quel bastardo di Hozuki sembra essersi ripreso!, pensò Sasuke.
L'ambulanza su cui erano stati caricati i fratelli Sabaku inserì la sirena e ripartì sgommando lungo la stradina laterale. Sasuke rinvenne dai suoi pensieri e scosse la testa. Fece qualche passo indietro, si arrampicò sul muretto e, quando fu sicuro che nessuno lo stesse guardando, si gettò dall'altra parte della strada.
Lanciò un'occhiata al cellulare, ancora fra le mani, e se lo rimise in tasca. Si girò un'ultima volta verso Suigetsu, sospirò e riparti a tutta velocità verso il parco divertimenti. Fra neanche dieci minuti, Neji e Sakura avrebbero terminato il giro della casa infestata.

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Buongiorno, cari lettori,
ecco rispettata la prima parte della promessa: almeno per questa settimana, il capitolo esce regolarmente! Spero di chiudere la saga prima di Natale, ma mancano ancora due capitoli: sperate con me che il lavoro non mi travolga definitivamente xD Intanto, qui abbiamo la chiusura definitiva dello scontro fra Sasuke e Akatsuki: malgrado qualche difficoltà, il nostro ce l'ha fatta. Peccato che ora lo attenda la sfida più dura: riuscira a tornare da Sakura senza farsi beccare! Non avevamo lasciato Neji proprio in ottime condizioni, l'ultima volta... Ah, come avrete notato (l'avete notato?), il capitolo è un po' più corto del solito: chiedo scusa, ma essere quando tutto d'azione, ho preferito chiudere lo scontro senza allungarlo troppo. Almeno, sono ruscito ad aggiungere qualche dettaglio (spero carino) con il ricordo su Itachi, la statua del Fondatore e lo Sharingan! xD Ma ora passiamo alle recensioni:
meryl watase: Bene, allora non sono l'unico che parte con un'idea in testa e poi, proseguendo, ne infila dentro altre 250.000 and counting... xD Comunque sì, in linea di massima la terza parte della serie sarà un semplice One-Shot. Probabilmente sarà un finale che non soddisferà tutti quanti (o magari nessuno), ma - almeno per il momento - non saprei come andare avanti. E, in un certo senso, con la chiusura del manga di Naruto proprio in queste settimane, devo dire che Kishimoto ha dato un po' la stessa risposta che credo finirò con il dare anch'io (frase che può essere interpretata in modi diversi, e non per forza dev'essere il più lampante!)
Ringrazio tutti quelli che leggono, seguono e recensiscono la fanfiction e vi dò appuntamento (spero) alla prossima settimana e (sicuramente) al prossimo capitolo,

il vostro autore

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Capitolo 25
*** Sono sempre stato io ***


Sasuke XXV
Sono sempre stato io

Ino tenne gli occhi fissi sul viso di Chouji, reso buio dalla semi-oscurità della casa dei fantasmi. Sbatté un paio di volte le palpebre e, di fronte alla totale mancanza di una qualsiasi risposta, prese un bel respiro.
“So di averti fatto male, Chou.” ammise
“So che non avrei mai dovuto avvicinarmi e allontanarmi da te a quel modo. Ti ho baciato, ti ho respinto, mi sono riavvicinata e ti ho respinto di nuovo. Almeno tre o quattro volte. Però, per quanto possa essere idiota, ti giuro che c'è una ragione dietro a tutto questo.”
Nessuna risposta. Lo sguardo semi-chiuso di Chouji brillò un poco nell'oscurità.
“Avevo paura. Aveva paura perché è molto più semplice giochicchiare senza impegnarsi sul serio, però con te non potevo proprio farlo. Avevo paura perché mi son sempre piaciuti ragazzi belli, anche un po' muscolosi. Tu eri... tu sei la cosa più lontana possibile dal mio ragazzo ideale! Quindi, quando mi sono accorta che mi sarei anche potuta innamorare di te, m'è presa una paura folle!”
Chouji sospirò. Nella penombra, Ino giurò di averlo visto sorridere. O si era immaginata tutto?
“Ma adesso...” proseguì lei
“Adesso sono pronta a tutto. Sono pronta a impegnarmi. Sono pronta ad accettare che ti amo, non importa come sei fatto. Sono pronta a essere la tua ragazza, qualunque cosa succeda. Accetto di amarti. Sono pronta a fare tutto quello che vuoi. Sono pronta a tutto ciò che sei. E ciò che significhi per me. Sono persino pronta a essere rifiutata e a chiudermi in camera a piangere, dannazione! E tu, Chou? Che mi dici?”
Chouji afferrò una mano di Ino e la spostò in su, verso l'alto. Le dita della ragazza sfiorarono appena le guance di lui. Erano elastiche, pacioccose e... umide. Bagnate, anzi.
“Chou!” esclamò Ino
“Tu stai...! Tu stai...!”
“N-non riesco a dire molto, Ino-chan.” rispose lui
“Mi trema un po' la voce. Però, come dire, se ti può aiutare posso mettermi a dieta, per te. Ma non ti assicuro nulla, però.”
Ino guardò Chouji per qualche secondo, le parole che le risuonavano in testa. Non era sicura di aver capito. Poi il cuore le smise di battere e sul volto le si materializzò un sorriso incredulo. Le andava da un orecchio all'altro, gli occhi che le brillavano.
“Scemo!!” urlò.
Poi fece un paio di passi all'indietro, prese una breve rincorsa e gli saltò addosso. Si avvinghiò alle sue spalle, si tirò un po' su e lo baciò. Lo baciò. Lo baciò. E lo baciò ancora. Il volto gli si bagnò rapidamente, prima per lacrime del ragazzo e poi per le sue.
Quando si allontanò dalle labbra di Chouji, Ino chiuse gli occhi e sorrise. Poi guardò in basso, scosse la testa e tornò a guardare il suo ragazzo. Il suo ragazzo!
“Ehi, Chou...” disse, senza smettere di sorridere
“Non è che adesso mi dici che ti piaccio ma che non te la senti di stare con me, vero?!”
Chouji scosse la testa e la prese per mano, con delicatezza. Prima sfiorandole solo la punta delle dita, poi chiudendole la mano dentro la sua, grande e morbida.
“Questo non succederà mai. Mai e poi mai.”

Shikamaru si sporse un poco dal pupazzo a forma di zombie che ancora teneva in mano. Ino e Chouji si presero per mano e camminarono dritto nella sua direzione.
Lui e Temari si lanciarono un'occhiata veloce, poi si girarono con i pupazzi ben stretti fra le mani e lasciarono passare i loro due amici. I due sparirono oltre la porticina d'uscita dalla stanza, Ino appoggiata leggermente al braccio di Chouji.
Shikamaru scosse la testa e appoggiò il mostro di cartapesta al muro della sala. Nella semi-oscurità, cercò gli occhi verde chiaro di Temari. E lei lo ricambiò e sorrise, da dietro il pupazzo a forma di mummia.

Shikamaru chiude gli occhi, sospira e si piega in avanti. Posa i gomiti sulle gambe, la testa sulle mani incrociate in una sorta di preghiera e arriva a pochi millimetri dal viso di Temari.
“Per quale motivo è stato fondato il club di manga? Quale segreto nasconde?”
Gli occhi di Temari sono fissi nei suoi. Ci si potrebbe quasi specchiare.
Stai esitando, ragazza, pensa Shikamaru. Dev'essere un segreto bello grosso, se ci metti così tanto tempo a...
Temari scoppia a ridere, alza la testa al cielo e inarca un poco la schiena. Alza le mani e ricambia lo sguardo di Shikamaru, il volto attraversato da un sorriso beffardo.
“Ok, ok, ci hai scoperte!” ammette
“Il club di manga è solo una copertura. In realtà, avevamo solo bisogno di una scusa per riunire voi ragazzi e dare il tempo alle mie amiche di provarci con quelli che gli piacciono.”
Temari abbassa lo sguardo e, quando lo rialza, è più deciso, più profondo. Non sorride più. Si piega in avanti, fino a sfiorare il volto di Shikamaru. Il fiato della ragazza gli solletica a malapena il naso. È caldo e ha un buon odore. Caffé.
“Ino è davvero innamorata di Chouji” dice Temari
“Non ha intenzione di tirarsi indietro, non più. Non ti chiedo di credermi, ma almeno credi a lei. Dalle una possibilità.”
Shikamaru si stringe nelle spalle.
“Perché lo dici a me? Non sono io a doverle dare una possibilità.”
“Ma tu sei la persona che può farlo accadere.”
Shikamaru corruga la fronte.
Una questione di ragazzi, pensa. Possibile che sia soltanto questo?
“Se tu ti opponi e ti metti fra loro solo per proteggere Chouji,” continua la ragazza
“allora è finita. Chouji starà sempre attaccato a te e tu sei troppo scaltro perché te la si possa fare, io, Ino e chiunque altro ci aiuterà. E tu ti metterai sulla difensiva ogni volta che fiuterai una situazione anche solo lontanamente pericolosa. O sbaglio?”
Shikamaru socchiude le palpebre. Può vedere Temari solo oltre due strati di sopracciglia nere.
Ci hai pensato a lungo, eh?, dice, fra sé e sé. Potrei quasi crederti, Temari. Potrei quasi credere che avete fondato il club solo per una faccenda di cuore. Se non fosse per quel piccolo, insulso particolare...
“Giusto. E quindi?”
“Quindi, se ci aiuti, le probabilità che Ino e Chouji si mettano insieme salgono vertiginosamente” risponde Temari.
“Punto primo, tu non sarai più un ostacolo e non ti metterai più in mezzo. Punto secondo, sei più intelligente di tutte noi messe insieme. Troverai sicuramente qualcosa.”
Shikamaru si tira su e riapre gli occhi. Sorride, ma solo a metà.
Ok. È giunto il momento di vedere il tuo gioco, Sabaku.
“Il ragionamento non fa una piega” dice.
“Se non fosse per un piccolo particolare.”
“Cioé?”
“Io non ho mai detto che vi aiuterò.”
Temari si alza a sua volta e guarda Shikamaru dritto negli occhi.
“Quindi? Ci aiuterai?” gli chiede.
Il sorriso di Shikamaru s'allarga.
“A una condizione. C'è una cosa che voglio sapere.”
Quella cosa, Sabaku! Quella cosa!
Si piega di nuovo in avanti, i gomiti sulle ginocchia e le mani strette di fronte a sé.
“Sakura per Sasuke. Tenten per Neji. Ino per Chouji.” elenca
“E tu? Tu per chi ti sei unita al club di manga?”
Shikamaru attende la risposta. Si aspetta un'esitazione, una lunga pausa. Si aspetta che Temari non risponda, o trovi un modo per rispondere a metà.
Ci dev'essere sotto qualcosa, ci dev'essere...
“Ma come, Nara!” esclama Temari, senza aspettare.
Si piega in avanti e appoggia una mano sulla guancia di Shikamaru. Il ragazzo ne sente il tocco un po' freddo, ma piacevole. Il fiato di Temari è sempre più vicino. Sempre più caldo, sempre più... buono. Caffè. Caffé forte, amaro. Proprio come piace a lui.
Lei gli prende una ciocca di capelli fra le dita e comincia a giochicchiarci. Il suo volto sfiora quello di Shikamaru, le sue labbra quelle di lui.
O forse no, conclude Shikamaru. Forse è davvero solo una questione di ragazzi... e di ragazze.
“Pensavo fossi tu, quello intelligente” gli sussurra Temari, prima di baciarlo.

Temari appoggiò il pupazzo a forma di mummia sul muro di moquette nera alle sue spalle e raggiunse il centro della sala. Shikamaru la osservava, le mani nelle tasche.
Lei sorrise e gli tese una mano. Lui abbassò lo sguardo, poi lo rialzò di nuovo. Tirò fuori una mano dalla tasca e, svogliatamente, afferrò quella di Temari. Le lanciò un'ultima occhiata e la ragazza giurò di averlo visto sorridere.
Si incamminarono attraverso la porta, oltre la stanza. Mano nella mano.

Neji sospirò. E adesso? Doveva pur esserci qualcosa che poteva fare per uscire da quella situazione. Doveva inventarsi qualcosa, assolutamente inventarsi qualcosa. E, in effetti, un modo c'era... se avesse fatto così, con un po' di fortuna, le due ragazze non si sarebbero nemmeno sfiorate.
Ok, pensò. È giunto il momento di passare alle maniere forti.
Raddrizzò il petto, allargò le braccia e afferrò sia Tenten che Sakura per le spalle. Le tirò a sé, raddrizzandole un po', e le fece appoggiare contro il proprio fianco.
Trattenne il respiro. Tenten spostò la mano sul suo petto fino quasi alla sua spalla e si accoccolò per bene contro di lui. Sakura, dall'altra parte, tolse il braccio dal torace di Neji e si irrigidì un po'.
“Sasuke...” sussurrò.
Neji la trasse ancora di più a sé e la fece adagiare con la testa sul suo petto. Sakura rimase immobile, poi si lasciò andare. Neji trattenne un sospiro di sollievo. Le ragazze non si erano toccate manco di striscio e non sospettavano nulla.
Fece un cenno del capo a sé stesso e mosse un primo passo. Poi un altro, poi un altro ancora. Tutti molto lenti, tutti molto cauti, il pavimento rotante che si muoveva senza sosta sotto di loro. Le ragazze si incamminarono insieme a lui.
Alzò lo sguardo. La stanza con le luci lampeggianti era sempre lì, sempre più vicina. Il primo ostacolo era stato superato... ma quello? Come fare per non farsi scoprire? Si trattenne dal lasciar andare Sakura per cercare il cellulare nella tasca destra. Che diavolo di ore erano? Da quanto si era allontanato Uchiha? E quando sarebbe tornato?!
Neji schiantò la punta del piede contro uno scalino e capitombolò in avanti. Trascinò con sé le ragazze, poi perse il contatto e allungo le mani di fronte a sé. Si spiaccicò dritto dritto contro un pezzo di pavimento che non ruotava più e finì lungo disteso.
“Ahi!” gridò qualcuno alla sua sinistra.
“Tenten!” gridò lui, di rimando.
Si tirò su con entrambe le mani e si guardò intorno. Si rialzò a metà e raggiunse Tenten, anch'essa dritta allungata per terra.
“Tenten!” chiamò ancora.
La prese sotto le spalle e la sollevo un poco.
“Tutto bene? Va tutto bene?”
Nella semioscurità intervallata dalle luci della stanza poco distante, Tenten annuì. Si aggrappò a Neji e si tirò su, quindi prese a massaggiarsi una gamba.
“Ho preso un colpo per terra, ma è tutto ok. Grazie, Neji-kun.”
Neji sorrise. Tenten stava bene.
“Sasuke?” chiamò Sakura, poco più in là.
Il cuore di Neji ebbe un tuffo. Si era buttato su Tenten senza pensare a Sakura e alla copertura di Uchiha. Ora che si era palesato come 'Neji', non poteva più tornare a far finta di essere 'Sasuke'. Guardò Sakura, inginocchiata per terra, nella penombra. Si guardava intorno, la bocca semiaperta.
Neji alzò lo sguardo e cercò qualcun altro, qualche altra figura. Doveva aver finito, ormai. L'asta era cominciata da tempo.
“Sasuke, dove sei?” chiamò ancora Sakura, la voce spezzata
“Non ci sei, vero?!”
Neji provò a deglutire, ma scoprì di non avere più saliva. Tenten lo prese per una manica e tirò piano, per chiamarlo a sé.
“Dov'è Sasuke, Neji-kun?” gli chiese
“Tu lo vedi?”
“Sasuke!! Sasuke!!” urlò Sakura.
Neji giurò di vedere alcune lacrime brillarle sul viso, in mezzo all'oscurità.
“Non ci sei, vero!? Non ci sei mai stato! Non eri tu! Non eri tu tutto il tempo, vero!? E chi era, allora? Eri tu, Neji? Dimmi: eri tu?”
Il tono di Sakura passò dall'esasperazione alla disperazione. L'ultima frase, quell'ultima domanda, però, fu detta quasi sottovoce. Glaciale, priva di speranza.
Neji rabbrividì. Provò a rispondere, ma non trovò le parole. Aprì la bocca un paio di volte fino a quando non sentì un suono inarticolato uscire da lì. Un suono coperto dal rumore di passi sul pavimento.
Un'ombra, una figura slanciata si piegò verso Sakura e la prese per mano.
“Ero io, scema” disse la voce di Sasuke, nella semioscurità
“Sono sempre stato io.”

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Buongiorno, cari lettori,
con questo capitolo, credo che l'obiettivo sia stato raggiunto: il prossimo, in uscita nel week-end del 20 e 21 dicembre, dovrebbe essere piuttosto semplice da scrivere e, anche se dovessi ritrovarmi oberato dagli impegni, sono certo di poterlo portare a compimento. Credo che sia la prima volta, dall'inizio di questa fanfic, che riesco a raggiungere un obiettivo che m'ero posto senza saltare neanche un capitolo! Con questo, intanto, si conclude la parte nella casa fantasma: Neji si salva, Sasuke arriva in tempo, il piano di Shikamaru e Temari va a buon fine e, soprattutto, scopriamo cosa è successo fra i due nell'intimità della ruota panoramica! Sinceramente, è uno sviluppo che ha sorpreso anche me: l'idea era di lasciarli sempre nell'ambiguità, una sorta di attrazione reciproca che non si sarebbe mai consumata "davanti alle telecamere". Invece, le mani hanno preso a scrivere e ho scoperto, più o meno insieme a voi, che pure i fan dello ShikaTema saranno accontentati (sempre che ne abbiano ancora bisogno, dopo l'ultimo capitolo del manga...). Con il prossimo capitolo, invece, chiuderemo definitivamente l'arco narrativo del parco divertimenti... e anche la questione delle coppie (sì, piccolo spoiler).
Ma passiamo alle recensioni:
meryl watase: Uh, grazie mille! E dire che non ero del tutto convinto di come m'era venuto il capitolo e la descrizione del combattimento. Avevo paura che fosse un po' corto e poco fluido... va beh, meglio così, allora! E sì, diciamo che lo Sharingan esiste. O, per meglio dire, esiste una leggenda sullo Sharingan... e Sasuke sblocca la capacità di vedere i minimi movimenti dei suoi avversari, ma questo potrebbe essere dato dalla capacità umana di reagire con maggiore prontezza nelle situazioni di grande stress! xD
Come al solito, un grosso ringraziamento a tutti quelli che leggono, seguono e recensiscono la fanfic, e arrivederci al prossimo capitolo,

il vostro autore

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Capitolo 26
*** Sono tre anni che sono innamorato di te ***


Sasuke XXVI
Sono tre anni che sono innamorato di te

“Allora, ci si vede!”
Tenten sorrise e agitò la mano in segno di saluto. Neji Hyuuga, accanto a lei, si scambiò uno sguardo con Sasuke e salutò gli altri con un cenno del capo.
“Bisogna replicare, però!” disse Chouji Akimichi.
Ino Yamanaka, attaccata al suo braccio, sorrise e annuì. Ogni traccia di tensione era scomparsa dai loro volti, notò Sasuke. Si voltò verso Sakura e la vide restituirgli lo sguardo. Si sorrisero a vicenda.
Shikamaru Nara si infilò le mani nelle tasche e fece spallucce.
“Quel che volete. Io vado, i miei mi aspettano.”
Temari, accanto a lui, annuì.
“Aspetta, Nara. Vengo anch'io. Tanto siamo nella stessa direzione!”
Veramente, no, pensò Sasuke. Ma più stai lontana da casa, meglio è.
Non aveva avuto il tempo di dirle che i suoi fratelli erano finiti in ospedale, né del loro incontro con Sasori, l'assassino di loro zia. E quello non gli sembrò affatto il momento più opportuno: qualunque cosa fosse successa tra lei e Nara, quella non era la Temari che faceva parte della loro banda. Era solo una ragazza di diciassette anni.
Speriamo che non la distragga troppo dal suo ruolo, concluse Sasuke, fra sé e sé.
Andati via anche gli altri, Sasuke si voltò verso l'uscita opposta del parco. Casa sua era da quella parte. Mosse un passo e si sentì tirare il braccio. Si voltò. Aveva ancora la mano di Sakura stretta nella sua.
“Sasuke, dove vai?” gli chiese la ragazza
“È ancora presto, no?”
Sasuke fece spallucce. Sentì le guance andargli a fuoco.
“Ok. Che vuoi fare?”
“No.”
Sakura scosse la testa. Poi prese anche l'altra mano di Sasuke nelle sue e le strinse a sé. Lo guardò dritto negli occhi, qualche centimetro più bassi dei suoi.
“Tu che vuoi fare?” gli sussurrò.

“Ah, Sasuke, aspetta.”
Sasuke alza gli occhi verso il padre e ne approfitta per stropicciarseli un po'. Sono arrossati e gli bruciano da morire.
“Sì?” chiede, poi.
“Io devo andare un attimo... di là. Non, non puoi continuare, se non ti dico che fare, giusto?”
Io
ho fatto questi piani. So perfettamente come vanno sistemati! E poi, ora devo proprio andare...
“Sì, padre. Ti aspetto, allora.”
Fugaku lo guarda un po', annuisce e usce dalla porta dell'ufficio. Con il comando tastiera, Sasuke chiude immediatamente tutte le schede ancora aperte. I suoi occhi, rossi e stanchi, guizzano da una parte all'altra del desktop: eccole lì, le due, famigerate cartelle. E pochi minuti a disposizione. Troppo pochi, per guardarle entrambe. Ora, deve soltanto scegliere.
IU o Sole Artificiale? L'angolo in basso a destra, o in alto a sinistra? Suo padre o suo zio Madara? Itachi Uchiha o Akatsuki? Sasuke chiude gli occhi, prende un grosso respiro, e riapre le palpebre. Sposta il cursore sulla cartella IU e clicca due volte.
IU, pensa.
Come Itachi Uchiha.
Sasuke guarda il contenuto. Una volta. Due volte. Lo scorre da cima a fondo. Sbatte le palpebre, si stropiccia gli occhi.
Non è possibile, pensa. Non è possibile! Non è possibile!

“Shisui è morto” annuncia Fugaku, ancora sul portone di casa.
“Vostro zio Madara ha riconosciuto il corpo.”
Sasuke alza lo sguardo su suo fratello. Itachi ha il volto contratto, gli occhi spalancati e la mascella serrata. Stringe i pugni fino a farsi scrocchiare le nocche.
“Papà...” dice, la voce roca
“io...”
“Io ti ho dato un ordine, Itachi” lo interrompe Fugaku
“Un ordine che tu e tuo cugino avete deliberatamente ignorato.”
“Lo so, papà, però...”
Fugaku sbatte la porta dietro di sé e si scrolla di dosso l'acqua. Gocciola dalla testa ai piedi, sul tappeto in entrata e sul parquet. Sasuke vorrebbe dirgli che non si fa e che la mamma si arrabbierà di sicuro... ma non ci riesce. Le parole gli rimangono incastrate in gola, come un groppo.
“Non m'importano le tue scuse, Itachi!” lo interrompe ancora una volta Fugaku.
Sasuke sposta ripetutamente lo sguardo tra suo papà e il fratellone. Ormai, Itachi è alto quasi quanto il papà, ma in quel momento non sembra proprio. In quel momento, sembra persino più piccolo di Sasuke.
“Papà, deve pur esserci qualcosa da...” singhiozza Itachi, a denti stretti.
Stringe i pugni così forte che le mani gli diventano viola.
“No, Itachi. Questo è quello che succede a chi non rispetta gli ordini che gli vengono dati.” risponde Fugaku
“Quindi, per favore, la prossima volta obbedisci.”
Itachi stringe i denti e alza un pugno. Sembra volerlo schiantare contro la faccia del papà. Poi, però, si inginocchia e lo pianta per terra. Alcune schegge di legno gli feriscono le nocche. Abbassa la testa e due piccole lacrime colpiscono il parquet.
“Sì, padre” sussurra, a denti stretti.

Una mano, forte e nodosa, gli posa sulla spalla di Sasuke.
“Credo tu abbia sbagliato cartella, figliolo.”
Sasuke alza lo sguardo. Il padre gli sorride e si siede accanto a lui. Ha il volto tutto rosso e sembra incapace di reggere lo sguardo del figlio.
“Qu, queste sono... papà...”
“Sì, Sasuke. Sono foto di tua madre.”
Sua madre in cucina, mentre fa da mangiare. Sua madre più giovane, in un parco. Sua madre molto più giovane, con Itachi fra le braccia. E sua madre con tutta la famiglia.
“Ma...” chiede Sasuke
“perché
IU?”
Fugaku corruga le sopracciglia.
“Come perché? È inglese, no?”
Sasuke sbatte le palpebre. Una, due, tre volte.
“Inglese...?!”
“Sì!
IU, come 'TU', in inglese.”
Sasuke si sente sbiancare. Si porta una mano sulla faccia e vi abbandona il volto. Gli scappa da ridere, ma non vuole umiliare suo padre. Non più di così, almeno.
“Papà!” esclama, trattenendosi
“Si scrive
YOU. Ypsilon, o, u!”
Fugaku alza la testa, sdegnato.
“Bah, io 'ste lingue moderne mica le capisco, su! E poi, l'importante è il significato!”
“Il significato?”
“Sì. Lei è la mia 'TU'. La persona a cui penso quando sono abbattuto, quando non ho più voglia di lavorare e vorrei lasciar perdere tutto. L'unica persona che c'è sempre stata, quando avevo bisogno. Che mi ha regalato una vita bellissima, e due bellissimi bambini. L'unica persona che mi fa venire voglia di tornare a casa, perché 'ci sei tu'. No?”
Sasuke lo guarda, la bocca semiaperta. Poi scuote la testa e sorride.
“Sì, papà. Sì.”

Sasuke ritirò le mani dalla stretta di Sakura. La ragazza lo guardò per un attimo, poi abbassò lo sguardo.
“Se, se è questo che vuoi, allora...”
Sasuke le afferrò il volto fra le mani e lo rialzò verso di sé. Si piegò un poco in avanti, appoggiò le proprie labbra su quelle di Sakura e la baciò. Chiuse gli occhi e il mondo sembrò fermarsi. Immobile, sospeso. Impossibile pensare che andasse avanti, che la vita continuasse durante un momento del genere.
E Sasuke sentì che quel bacio conteneva tutta la tristezza e la frustrazione degli anni passati: il momento in cui Naruto e Sakura si erano messi insieme, la partenza dello stesso Naruto, tutte le volte che aveva rinunciato a Sakura per non metterla in pericolo.... sciocchezze, tutte sciocchezze. La verità, la verità era che...
Sasuke si staccò dolcemente dalle labbra di Sakura e la guardò dritta negli occhi. Verde scuro, profondi, senza fine.
“La verità è che l'amore non è una debolezza. È una forza.” disse
“L'unica forza che ti spinge ad andare avanti anche quando tutto si fa incerto e la situazione sembra essere disperata. E non importa cosa succederà d'ora in avanti, cosa dovremo affrontare da questo momento in poi... l'importante è avere la possibilità di affrontarlo insieme a te. Io ti amo, Sakura. Sono tre anni che sono innamorato di te.”
Sakura sbatté le palpebre e il suo volto si colorò di rosso vivo. Si strinse nelle spalle.
“Non so se ho capito proprio tutto di quello che hai detto...” disse, la lingua fra i denti.
Sasuke scoppiò a ridere.
“Eh, no. Immagino di no. Però, ecco, insomma..." Sasuke guardò il terreno, poi tornò agli occhi della sua ragazza.
"Diciamo che è il nostro primo appuntamento! Che cosa vuoi fare?”
Sakura sorrise, poi guardò il cielo. Era ancora azzurro, il tramonto sembrava lontano.
“È ancora presto, Sasuke.” disse lei, come se gli avesse appena letto nel pensiero
“Magari possiamo andare da me. Non c'è nessuno, a quest'ora.”
E fece l'occhiolino.
Sasuke sorrise, la prese per i fianchi e la tirò a sé. La baciò ancora una volta. E un'altra. E un'altra ancora.
“Oh, sì. Con molto piacere” disse, poi.
Prese Sakura per mano e sentì qualcosa vibrargli nella tasca. Ci infilò l'altra mano e tirò fuori il cellulare. Il nome di 'Hyuuga' capeggiava in mezzo al touch screen. Sotto, le due opzioni: 'Rispondi' o 'Rifiuta'?
Che vuole Neji, adesso? Ci siamo salutati poco fa!
“Tutto bene, Sasuke?” gli chiese Sakura.
Sasuke annuì. Rifiutò la chiamata, spense il telefonino e s'incamminarono entrambi verso casa di Sakura. La sua Sakura.

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Buongiorno a tutti,
come promesso, ecco il terzo capitolo in tre settimane! E, con questo, si conclude l'arco narrativo dell'appuntamento al parco di divertimenti e, con il prossimo numero, entreremo ufficialmente nell'ultimo arco narrativo della storia. Preferisco non anticipare nulla, anche perché non saprei da dove cominciare: spero solo di riuscire a dare una risposta adatta a tutte le questioni, passate e future, sollevate e lasciate per ora irrisolte nella fic. Per il nuovo arco, però, toccherà aspettare un po': la fanfiction entra in pausa (che novità!) per le vacanze di Natale-Capodanno-Epifania e, poi, l'8 gennaio ho un grosso evento... quindi, verosimilmente, parliamo ALMENO del week-end del 10/11 gennaio. Da quel momento in avanti, però, va detto che ho un'idea abbastanza precisa di tutto quello che succederà, quindi si dovrebbe andare dritti dritti fino in fondo senza più intervalli (tranne che per le varie vacanze) e, in linea di massima, posso già dire che Le stagioni di Sasuke prima e 100% Sakura poi si concluderanno nel corso del 2015. E, se penso a quando è cominciata la fanfic, pur con tutte le turbe che ha avuto, mi vien quasi male. Sto già pensando a cosa scrivere dopo e ho parecchie idee... devo solo decidere quali sviluppare. Forse, forse, FORSE, sarà un'originale. Boh. Vedremo.
Al solito, ringrazio tutti i lettori, silenti o meno, della fanfic! Ci si ritrova dopo le vacanze,

il vostro Naruto89

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Capitolo 27
*** Certo che ti richiamo, scema ***


Sasuke XXVII
Certo che ti richiamo, scema

Sasuke socchiuse gli occhi e sbatté le palpebre. La stanza era immersa in una semioscurità che colorava tutto di grigio. Le pareti rosa, la scrivania ricoperta di fogli... quella non era la sua stanza. Scosse la testa e si voltò. Sakura dormiva accanto a lui, la testa appoggiata al cuscino e la linea del seno morbida contro il materasso.
Sasuke sorrise. Era successo per davvero. Quella giornata folle fra Suigetsu e il parco divertimenti. E la sua confessione, il loro bacio. La loro prima volta. E ora? Ora come avrebbe fatto con Akatsuki, con Neji, con tutto il resto? Il paese era ancora in pericolo, che lui lo volesse o no. E, con esso, tutte le persone a cui voleva bene. Sakura.
Abbandonò il volto fra le mani e se lo strofinò. Che razza di ore erano? Allungò la mano dietro di sé e tastò la superficie liscia e fredda del tavolinetto da letto. Passò le dita sul suo smartphone, lo prese e accese lo schermo. Quello rimase nero.
Ah, già!
Spinse il tasto d'accensione un po' più forte e la scritta Samsung comparve in bianco su sfondo blu. Apparve lo sfondo del display e i numeri brillarono di bianco. 21.09.
Maledizione!
Sasuke posò di nuovo il cellulare sul tavolino, si tirò su e si tolse le coperte di dosso.
Ma è tardissimo! A casa mi staranno aspettando da ore!
Rotolò fuori dal letto, si alzò e si girò intorno. Doveva buttato le mutan... ah, eccole. Le raccolse lì accanto e se le infilò. Poi toccò ai pantaloni, quegli assurdi pantaloncini bianchi che gli arrivavano fino al ginocchio. Ma che gli era saltato in mente, quando se li era messi?
E ora, la maglia...
La maglia blu a collo alto era appesa alla sedia di fronte alla scrivania. La raggiunse, vi mise una mano sopra e abbassò lo sguardo. Allungo l'altra mano e scostò i fogli ruvidi e pesanti. Erano alcune tavole del manga. Del loro manga. Il Comicket era vicino. Già. Il Comicket. Aveva davvero trovato il tempo di pensare al Comicket, in quegli ultimi mesi? E avrebbe mai potuto avere una vita in cui il Comicket era l'unica cosa importante?
“Ma come? Te ne vai così, di soppiatto?”
Sasuke si voltò e Sakura gli sorrise, il volto appoggiato di traverso sul letto. Sorrise anche lui.
“Sì, devo proprio. I miei mi stanno aspettando.”
Prese in mano la maglia, la sventolò di fronte a sé e la indossò. Tirò fuori la testa dal collo alto e si sistemò i capelli. Sakura si mise a sedere e i piccoli seni ondeggiarono un po' su e giù. Uno di loro aveva un bel segno viola proprio accanto al capezzolo. Sasuke arrossì. L'avevano fatto davvero. Sakura si stropicciò un occhio e sbadigliò.
“Però mi richiami, vero? O almeno mi messaggi!” disse.
Sasuke sorrise e scosse la testa. Si avvicinò al letto, su piegò verso Sakura e la baciò sulle labbra. Quelle, prima strette e dure, si rilassarono e ammorbidirono subito. Sasuke si tirò indietro e la baciò anche sulla fronte. I grandi occhi verdi della ragazza gli brillarono davanti. Era bellissima.
“Certo che ti richiamo, scema.”

Sasuke oltrepassò il cancello di fronte a casa di Sakura, si ficcò le mani in tasca e strinse le braccia contro il corpo. Avrebbe dovuto portarsi un giacchettino, maledizione: erano a malapena a inizio primavera e la sera faceva ancora freddo! Tsk.
Percorse la via principale, svoltò in una laterale e...
“Eccolo! È uno dei loro!”
Un bastone gli si abbatté contro e Sasuke lo parò con l'avambraccio. Il dolore gli tirò i nervi fino alla spalla e le gambe mossero un passo all'indietro.
Ma che diavolo...!?, pensò Sasuke.
Un ragazzo dai capelli castano chiaro gli corse incontro e alzò di nuovo il bastone. Glielo sventagliò contro e Sasuke lo evitò con un salto di lato. Un altro ragazzo, robusto e con una zazzera di capelli neri, gli menò un pugno sul volto.
Sasuke si abbassò, spinse con i piedi contro il pavimento e gli entrò nella guardia. Un pugno dritto sulla mascella e il ragazzone crollò a terra. Fsssht. Un refolo di vento e Sasuke si voltò si scattò. Aprì la mano e bloccò il bastone a mezz'aria.
L'altro ragazzo strinse i denti e spinse in avanti. Sasuke mosse un passo all'indietro, afferrò l'arma con entrambe le mani e la tirò a sé. Il ragazzino capitombolò in avanti e scivolò con la faccia contro il pavimento. Sasuke impugnò il bastone, se lo spezzò contro un ginocchio e gettò i pezzi da una parte. Si scrocchiò le nocche e si avvicino al suo avversario.
“Chi siete? Chi vi manda?” domandò.
Il ragazzino si voltò verso di lui e si rialzò sui gomiti, il sedere ancora contro terra. Sputò un po' di sangue che gli colava dal naso e sorrise. Aveva gli occhi azzurri, fissi e spalancati.
“Ecché vuoi fare, Uchiha? Mi vuoi picchiare, adesso?” disse.
“Pensi che cambi qualcosa? Ormai è finita, Uchiha.”
Sasuke socchiuse le palpebre. Che cosa stava dicendo?!
“Se picchi me, ne arriveranno altri. E, prima o poi, qualcuno ti sbatterà quella faccia di merda a terra. Siamo centinaia, Uchiha! Non c'è più scampo, per quelli come voi. Akatsuki ha vinto!”
Cosa!?
Sasuke spalancò le palpebre. Akatsuki? Che diavolo aveva fatto...
“Che diavolo ha fatto, Akatsuki?”
Il ragazzo si voltò e si trascinò lungo la strada.
Non ci provare!, pensò Sasuke,
Sbarrò lo sguardo, lo raggiunse e gli piantò un piede dritto nella schiena. Quello si appiattì contro l'asfalto. Sasuke si piegò verso di lui, gli afferrò le braccia e gli sussurrò in un orecchio.
“E ora, rispondimi. Cosa c'entra Akatsuki, adesso? Che cosa ha fatto?”
“Ve l'ha messo nel culo, ecco che ha fatto! Abbiamo vinto, Uchiha. La città è stata messa a ferro e fuoco, non c'è più un angolo sicuro. Noi abbiamo vinto!!”
Sasuke strinse i denti e un brivido gli risalì lungo la spina dorsale. Non era possibile, non era possibile, non era possibile! Era oggi, l'attacco finale era oggi! Perché non gliel'avevano detto?!
No, un attimo...
Sasuke scosse la testa. La chiamata di Neji. Gliel'aveva chiusa in faccia e aveva spento il cellulare. Almeno per un attimo, aveva davvero pensato di potersi liberare di tutto quello. Ma così non era, e adesso doveva raggiungere gli altri il prima possibile.
Strinse i denti, si rialzò e si sistemò le braccia del suo avversario un po' meglio fra le dita. Prima, però, doveva pensare a 'sto qui.
Tirò le braccia verso di sé e...
“IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!”

“IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!”
L'urlo graffiò le pareti della gola di Sakura. Sasuke lasciò andare quello strano tizio e alzò la testa verso di lei. La nausea arpionò lo stomaco di Sakura. Sasuke? Ma quale Sasuke? Quello non poteva essere Sasuke. Quegli occhi, quell'espressione... non poteva essere lui.
Eppure, quel ragazzo che assomigliava a Sasuke le mosse un passo incontro. E un altro. E un altro ancora. No, no, no. Sakura scosse la testa e strinse i pugni. Aveva ancora il cellulare di Sasuke fra le mani. Se l'era dimenticato sul comodino, quel cretino. Il tizio si avvicinò ancora. E adesso!?
Strinse quel dannato cellulare con tutte le forze e le gambe si mossero da sole. Scalciarono il pavimento e si mossero sempre più veloci, sempre più veloci.
Aiuto! Aiuto! Aiuto!, pensò Sakura.
Corse, corse e corse ancora. Le gambe le rimbalzarono secche contro l'asfalto. Tac, tac, tac. Il petto le si alzò e abbassò, il cuore che martellava nella cassa toracica. Il cancello di casa sua si avvicinò sempre di più, sempre di più, sempre...
La mano del ragazzo che assomigliava a Sasuke la afferrò e la tirò indietro.
NO!!
Sakura si ritrovò con la testa contro il suo petto. Aveva ancora la sensazione del corpo di quella persona contro il suo. Delle sue labbra sui suoi capezzoli. Aveva davvero fatto l'amore con quello lì!? La nausea le salì prepotente e i pugni le si mossero per conto loro.
“Sakura, aspetta...” disse quella voce roca.
Ma lei lo colpì ovunque, ovunque riuscisse a raggiungerlo. Il petto, le braccia, il volto... finché non le afferrò anche i pugni e li strinse fra i suoi. Era bloccata. Era completamente bloccata, in balia di quel tizio. Ma chi era quello là, dannazione? E perché assomigliava così tanto a Sasuke!?
“Sakura, calmati.”
Sakura si passò la lingua sul palato. Era secco. Le parole di Sasuke le risuonarono nelle orecchie, nella testa. Certo. Certo che quello era Sasuke. Ma allora, la cosa che aveva visto...? Chi erano quei tizi a terra? E cos'era quello sguardo? Gli occhi spalancati, le narici larghe e i denti stretti. E quel piede piantato con forza nella schiena, come se volesse... come se volesse spezzargli le braccia...
Sakura si piegò in avanti e conato di vomito le bruciò l'esofago. Lo zucchero filato mezzo digerito si schiantò contro il pavimento e Sasuke le raccolse i capelli dietro la testa. Il suo corpo fu scosso dagli spasmi e lei vomitò, vomitò, vomitò ancora.
“Tutto bene?” le chiese Sasuke.
Sakura si rialzò e si asciugò la bocca. Le tremavano le mani e le faceva male lo stomaco.
“Io...”
Alzò la mano, le dita ancora strette sul cellulare di Sasuke.
“L'avevi dimenticato... io volevo solo...”
Sasuke la tirò a sé, le mise la testa contro il petto e la strinse con le braccia. Le sue grandi mani calde le accarezzarono la testa.
“Lo so. Lo so...”
Sakura si staccò e deglutì. Lo stomaco smise di rimbalzarle su e giù per la gola e il respiro le tornò normale. Le mani non le tremarono più e la testa si stabilizzò un poco.
“Chi erano, quelli? Perché stavi facendo... quelle cose?”
Picchiando, Sakura! Li stava picchiando, dannazione!, pensò la sua voce interiore.
“Perché faccio parte della banda di Neji Hyuuga, e loro di un'altra. Siamo rivali” rispose Sasuke.
Sakura sgranò gli occhi. Non ci poteva credere. Non ci poteva...
“Quindi tu sei... uno yakuza!? E anche Neji Hyuuga!”
“Una sorta” disse Sasuke
“Neji viene da un'antica famiglia di yakuza. E, beh, in realtà anch'io.”
Sasuke chiuse gli occhi e sospirò.
“Ma non è per quello che mi sono unito alla sua banda.”
Sakura deglutì. Gli occhi neri e profondi di Sasuke si fissarono sui suoi e le sembrò di sprofondarci dentro.
“Mio fratello Itachi era il capo di una banda chiamata 'Akatsuki', ma è stato ucciso nove anni fa insieme al fratello di Suigetsu Hozuki.” proseguì Sasuke
“E ora, questa banda chiamata 'Akatsuki' è tornata e mira a conquistare la nostra cittadina. Ecco perché mi sono unito alla banda di Neji: per scoprire com'è morto mio fratello, perché e che cosa c'entra con la nuova Akatsuki. Anche se...”
Sakura prese un bel respiro.
“Anche se?” chiese.
“Anche se, quando mi sono dichiarato, avevo già deciso di chiudere con tutto questo. Avevo già deciso che eri tu la cosa più importante, che volevo stare con te, e basta. Che non potevo metterti in pericolo per una storia di anni e anni fa... Io l'avevo già deciso, però...”
“Però?”
“Però quei due tizi mi hanno detto che Akatsuki ha messo a ferro e fuoco la città. Oggi, quando noi due eravamo insieme. E io non posso ritirarmi proprio adesso... Neji ha bisogno di me, i ragazzi hanno bisogno di me. Konoha ne ha bisogno.”
Il cuore di Sakura le sprofondò fino nell'inguine. Sospirò. Con Sasuke era sempre stato così: la felicità era destinata a durare il tempo di due frasi. Ma lei lo aveva scelto, lei aveva fatto di tutto per conquistarlo e... beh, ora le toccava pedalare. E sia!
Sakura alzò lo sguardo e strinse i pugni.
“Beh, allora andiamo.” disse
“Qual è la prima tappa?”

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Buongiorno a tutti gli zero lettori che mi saranno rimasti dopo l'ennesima pausa di un anno e passa =_=”
So che avevo promesso di finire a tutti i costi questa fanfic e, in effetti, sono qui per mantenere la promessa: mancano solo una decina di capitoli, dannazione!! Quindi, ce la farò! Anche se, a essere sincero, la mia assenza non è stata del tutto colpa mia: ho avuto parecchio da fare, con molte opportunità lavorative che mi si sono spalancate davanti e...beh, tanto meglio, in fondo! Inoltre ho finito di scrivere un romanzo fantasy che spero di riuscire a farmi pubblicare e... insomma, viene da sé che, nel poco tempo che mi rimaneva, ero talmente stanco che scrivevo il nuovo capitolo di 100% Sakura... e poi lo cancellavo immediatamente perché mi faceva schifo! Non che sia iper-soddisfatto di questo, ma da qualche parte bisogna pur ripartire! D'ora in avanti, proverò a chiudere la fanfiction in dieci-settimane-nette (appuntamento come al solito la domenica, salvo imprevisti!), anche perché – nel frattempo – ho buttato giù un po' di idee per qualche nuova fic (e anche un racconto originale, di stampo fantasy/sci-fi) e vorrei riuscire a scriverne almeno una... insomma, le motivazioni sono tornate, spero di non fermarmi di nuovo.
Di nuovo un grande saluto a tutti i miei zero lettori rimasti, ci si ribecca domenica prossima! Oha yo!

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Capitolo 28
*** I morti vanno lasciati stare ***


Sasuke XVIII
I morti vanno lasciati stare

Sasuke avanza fra le panche strette della piccola stanza. Tutti i parenti, i vestiti neri con il simbolo del ventaglio sulla schiena, parlano fra loro in capannelli di poche persone. Il legno chiaro delle due bare in fondo alla sala luccica contro le luci al neon.
Sasuke evita un paio di gambe lunghissime e arranca lungo lo spazio centrale. Il fratellone è là dentro. Il fratellone è dentro la bara. Gliel'hanno detto, però non glielo hanno lasciato vedere. Gli hanno anche detto che dopo la cerimonia, lui e il cugino Shisui verranno bruciati e terranno per sempre le loro ceneri in un piccolo contenitore. Ma lui non può lasciar andare via il fratellone senza salutarlo...
Un groppo gli stringe la gola. In quegli ultimi due giorni hanno provato a spiegargli tante volte che cos'era la morte. Che non poteva più vedere il fratellone. Che lui e il cugino erano andati in un posto più bello. Ma c'è davvero un posto più bello di casa? E allora, perché non muoiono tutti, così ci possono andare e si ritrovano tutti lì!
Sasuke passa in mezzo a un altro gruppetto di persone e si ritrova davanti la mamma e il papà. Mamma è piegata in due e ha le mani sul volto. Le sue spalle si alzano e si abbassano, mentre papà le accarezza la schiena e la strinse a sé. Sono seduti sulla prima panca e lo sguardo di papà sembra perso nel vuoto.
Però non è giusto che si comportano come se non hanno più nulla: c'è sempre lui, Sasuke. È sempre il loro bambino e anche lui ha bisogno di essere consolato. Voleva tanto, tanto bene al fratellone, e loro non gliel'hanno manco lasciato salutare. Ma poi, com'è che si muore? Come si fa, come è morto il fratellone? Questo, non gliel'hanno mica spiegato...
Sasuke rallenta un po' e avanza a passi piccoli. Quando era morto il nonno, prima era rimasto a letto per tantiiiiissimo tempo. Ma Itachi no. Il fratellone se ne stava sempre in giro, e anche quando è morto non era mica a casa. Quindi come ha fatto a morire? Sasuke sospira. Lui non la capisce proprio, questa cosa della morte.
Oltrepassa la mamma e il papà e si ritrova davanti le due bare. Da vicino sono ancora più lucide e brillanti. A sinistra ci sta Shisui, mentre Itachi è in quella a destra. Sono posate sui dei tavoloni di legno scuro e molto pesante. Sasuke poggia le dita sul tavolone che tiene quella di Itachi e si tira sulle punte dei piedi. Anche se riesce ad aprire il coperchio, sarà difficile guardare in faccia il fratellone. Uffa!
Sasuke spinge ancora un po' con le mani sul tavolone, si rizza fin sulla punta della punta dei piedi e stacca una delle manine dalla superficie di legno. Traballa un po', ma riacquista la posizione. Allunga le dita verso il coperchio della bara e...
Una mano gli afferra il braccio e lo stringe. Gli fa un po' male. Sasuke alza la testa e lo zio Madara abbassa lo sguardo su di lui. Ha gli occhi rossi. Deve avere pianto tanto tanto: il cugino Shisui era suo figlio, e qualche anno prima anche la zia era morta.
Ora lo zio è proprio solo... pensa Sasuke.
Ma lo zio scuote la testa.
“No, Sasuke.” gli dice
“Le bare devono restare chiuse. I morti vanno lasciati stare.”

“C'è nessuno?”
La voce di Sasuke rimbalzò nell'oscurità, fra le pareti dell'enorme ingresso vuoto. Fece segno a Sakura che la strada era libera e oltrepassarono l'immenso portone di legno massiccio. La casa sembrava proprio vuota. Ma dov'erano finiti tutti? La rivoluzione che stava sconvolgendo la città li aveva attirati fuori?
Mi sa che lo scoprirò fra poco..., pensò Sasuke.
“Casa tua?” chiese Sakura
“Perché mi hai portato a casa tua?”
Sasuke puntò gli occhi contro la porta dello studio di suo padre, avvolta nell'oscurità quasi completa.
“Perché è un posto sicuro.” rispose
“E poi, c'è una cosa che devo controllare.”
Sasuke allungò una mano all'indietro e Sakura gliela afferrò. Si diressero insieme verso lo studiolo. Sasuke mise la mano libera sul pomello, girò e... click. La porta si aprì con un cigolio.
Non hanno nemmeno chiuso a chiave lo studio, pensò
O è molto strano, o è un bel colpo di fortuna...
Lui e Sakura si inoltrarono nel buio. Sasuke richiuse la porta e tastò la parete. Passò le dita sull'interruttore e accese il grosso lampadario di vetro e diamante che illuminò tutto lo studio. L'enorme biblioteca appoggiata alle pareti si accese dei mille colori delle copertine dei libri.
“Wow!” esclamò Sakura
“Certo che vi trattate bene, voi Uchiha!”
Sasuke raggiunse il computer di suo padre e cliccò il tasto d'accensione. Il monitor si illuminò e il sistema operativo partì. Sasuke inserì la password e sbloccò la schermata del desktop. 'Sole Artificale' era lì, in alto a destra.
La mano di Sakura gli si posò sulla spalla.
“Che fai?” chiese lei
“Che cosa stai cercando?”
“Secondo Neji, ci sono gli Uchiha dietro la creazione della nuova Akatsuki” rispose Sasuke.
Cliccò due volte sulla cartella e la aprì. Erano tutte scansioni di fatture e ricevute. Ne aprì una.
“Io cerco di capire se è vero.”
Una ricevuta di donazione verso la società 'Sole artificiale', di impianti fotovoltaici. Sasuke ne aveva viste a decine di quelle, quando curava i bilanci degli Uchiha per suo padre. Era solo una delle varie società finanziate dalla famiglia, niente di strano.
Sakura poggiò anche la seconda mano sulla spalla di Sasuke e si piegò sullo schermo.
“E allora...?” chiese.
I suoi occhi brillarono illuminati dalla luce artificiale del monitor.
“Allora non sembra esserci nulla di...”
Sasuke scorse le ricevute e le fatture fino ad arrivare a quattro, cinque anni prima. Lui non si era occupato di quei bilanci, aveva messo a posto solo quelli più recente.
Ma da quant'è che diamo soldi a questa società...?, pensò.
Continuò a scorrere le scansioni. Probabilmente non era l'unica società a cui davano soldi da parecchio tempo e non c'era nulla di strano, però...
Dieci anni!
Sasuke sgranò le palpebre. La prima donazione risaliva a dieci anni fa, due mesi esatti prima della morte di Itachi e poco dopo quella di Mangetsu. Una data come un'altra, per chiunque altro. Ma abbastanza per inscenare la morte dell'assassino di Mangetsu e utilizzare una società fantasma con cui finanziare la creazione di un nuovo gruppo di proprietà al 100% della famiglia Uchiha.
E papà non ne sa nul...
Sasuke scosse la testa. Stupido. Stupido e ingenuo. È stato proprio suo padre a dirgli di non sapere nulla. Che quella tanto era la cartella di suo zio Madara, che i desktop erano collegati. Ma chi gli dice che sia la verità? E se fosse proprio lo zio Madara, quello all'oscuro di tutto? In fondo, suo figlio Shisui era davvero morto. Morto, forse, perché aveva scoperto qualcosa...
“Sasuke, tutto bene?”
Sakura si piegò su di lui e lo scrutò. I grandi occhi verdi della ragazza sembravano due laghi illuminati dalla luna artificiale dello schermo del...
Luna artificiale. Aka-tsuki, 'luna rossa'. Luna. Sole. Sole Artificiale.
Sasuke rimase a bocca aperta. Ma certo. Come aveva fatto a essere così cretino!?
“Sasuke?!”
Sasuke scosse la testa e guardò Sakura.
“Sì?” le chiese.
“Che c'hai?” chiese lei
“Ti sei imbambolato con una faccia orrida! Hai visto un fantasma, o cosa?”
Un brivido risalì lungo la colonna vertebrale di Sasuke. Un fantasma, sì. Più o meno. Ma adesso doveva proprio...
“Il cellulare” disse.
Sakura corrugò la fronte.
“Eh?”
“Dammi il cellulare.” disse Sasuke
“Ce l'hai ancora tu.”
“Ah, sì!”
Sakura si ficcò una mano in tasca e tirò fuori il cellulare di Sasuke. Glielo passò e Sasuke sbloccò lo schermo. Sul display erano notificate...
Venti chiamate!?!, esclamò fra sé e sé.
Le scorse velocemente, una dietro l'altra. Erano tutte di Neji e Suigetsu. Già, Neji aveva cercato di chiamarlo, prima. Ma lui aveva spento il cellulare ed era andato via con Sakura. E poi era scoppiata la rivolta... se n'era quasi dimenticato, dannazione! Neji sapeva qualcosa, poco ma sicuro. Ma prima doveva assolutamente sentire...
Selezionò una delle chiamate di Suigetsu e lo richiamò. Si portò il cellulare all'orecchio e quello squillò, squillò, squillò e...
Alla buon ora!” sbraitò la voce metallica di Suigetsu, dall'altro capo del telefono.
“Scusa, Hozuki, ma non ho tempo per i convenevoli.” tagliò corto Sasuke
“Ho appena scoperto una cosa che...”
No, Uchiha.” lo interruppe Suigetsu
“Io non ho tempo per i convenevoli. Sono alla Torre Municipale, ma qui è tutto un casino. Akatsuki ha ucciso il sindaco e ora vogliono insediare Danzou con la forza.
Sasuke strinse il pugno sul proprio cellulare e lo sentì scricchiolare. Dannazione!
“E Neji? Che cosa sta facendo Ne...”
Neji è morto. La Torre è caduta. Akatsuki ha vinto.

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Capitolo 29
*** Ci hanno proprio fottuti ***


Sasuke XXIX
Ci hanno proprio fottuto

Sasuke spalancò gli occhi e strinse il pugno attorno al cellulare. Criiiick. La cover di plastica si piegò appena e scricchiolò. Neji morto? Non era possibile. È vero, Neji l'aveva chiamato proprio quel pomeriggio, prima che andasse via con Sakura, però...
Non aveva risposto a una chiamata, ed era successo tutto questo?
Ehi, Uchiha.” gracchiò la voce di Suigetsu
Ci sei ancora? Vieni o no? Ti stiamo aspettando, dannazione!
Già. Suigetsu. Suigetsu aveva detto un'altra cosa, giusto? Ah, sì. La Torre. La Torre del Comune era stata presa e Sarutobi era morto. Sarutobi, il sindaco. Akatsuki aveva ucciso il sindaco e voleva mettere Danzou al comando della città. Forse era proprio questo che voleva dirgli Neji. Che aveva saputo dell'attacco di Akatsuki. Che quella era la notte in cui si sarebbe deciso tutto.
No, non era possibile. Una chiamata. Non aveva risposto a una dannatissima chiamata, ed era iniziata e finita un'intera guerra? E loro avevano... perso?
Uchiha, ci sei?
Ma cosa ci poteva fare lui, se aveva deciso di stare con Sakura? Era stato per tre anni immerso in quel mondo e non era mai successo niente, non s'era avvicinato di un passo alla verità su suo fratello. E in una notte, proprio quando aveva rinunciato a ogni cosa per lei, era cambiato tutto quanto?!
Maledizione!, pensò Sasuke.
UCHIHA!!” urlò Suigetsu dall'altra parte del telefono.
Giusto! Sasuke rimase a bocca aperta. Suigetsu! La Torre! Erano lì proprio in quel momento. Non era ancora finito niente!
Sasuke annuì.
“Sì, sì, ci sono.” disse
“Arrivo subito.”
Si staccò il cellulare dall'orecchio, chiuse la chiamata e se lo rimise in tasca. Alzò lo sguardo su Sakura e quegli occhi grandi e verdi gli brillarono contro, illuminati soltanto dalla luce del monitor del computer.
“Arrivi?” sillabò Sakura
“Dove stai andando, Sasuke?”
Sasuke buttò giù un po' di saliva e sospirò. Appoggiò le mani sulle spalle di Sakura e le strinse fra le dita. Era inutile fare tante cerimonie. Sakura sapeva già cosa stava per dirle...
“Sakura, io...” iniziò.
“Te ne vai, vero?” lo interruppe lei
“Posso venire anch'io?”
Sasuke strinse i denti e abbassò lo sguardo. Scosse la testa.
“No, Sakura.” disse
“È troppo...”
“Pericoloso, vero?”
Maledizione!!
I denti di Sasuke si strinsero così tanto da scricchiolargli fra le mascelle. Certo che era pericoloso! L'ultima cosa che avrebbe voluto fare era lasciare Sakura laggiù, tutta sola, in una sera come quella. Ma il posto in cui stava andando lui era ancora peggio, se possibile. Pur di tenerla lontana da lì, l'unica soluzione era...
“Aspettami qui. Ci metto poco, te lo prometto. E se entro domani non sono tornato, allora scappa. Chiama i tuoi genitori, i tuoi parenti, chiunque tu conosca e chiunque ti voglia bene, e scappate da qui. Questa notte si decide il destino di Konoha.”
Sakura piantò di nuovo i suoi occhi verde smeraldo in quelli di Sasuke.
“Sasuke...” disse.
Le tremò un labbro.
Tu mi vuoi bene.”
Il cuore di Sasuke gli precipitò fino all'inguine. L'espressione disarmata, le spalle abbassate e le labbra tremanti. Sakura, che l'aveva sostenuto per tutto questo tempo, non le era mai sembrata così fragile. E avrebbe voluto abbracciarla, pur con la paura di romperla in mille pezzi. Avrebbe voluto stringerla forte a sé e dirle che l'amava e che non l'avrebbe mai, mai, mai abbandonata. Avrebbe voluto fare l'amore con lei, ancora una volta, ancora molte volte.
Sasuke si alzò dalla sedia e passò oltre.
“Io... devo andare” disse.

Sasuke oltrepassò la porta d'ingresso della Torre. I detriti erano sparsi un po' ovunque, la scrivania della reception rovesciata e i pilastri che sostenevano la struttura scheggiati. Sasuke attraversò la stanza, mentre altri calcinacci caddero dal soffitto. Passò in mezzo alle piante messe di traverso, la terra caduta fuori dai vasi mezzi rotti. Qua e là c'erano tracce di sangue.
Quaggiù non è rimasto più nulla..., pensò.
Si incamminò per le scale e quelle scricchiolarono sotto il suo peso. Alcuni scalini erano scheggiati, altri proprio distrutti. Mancavano pezzi di marmo, rotolati un po' più in basso. Sasuke strinse i denti e passò le dita sulla parete alla sua destra: i muri erano crivellati di colpi e pieni di graffi. Arrivò al pianerottolo, girò l'angolo e proseguì lungo la seconda rampa. La Torre era immersa nel silenzio più assoluto. Solo il rumore dei suoi passi e delle scale che si lamentavano sotto di lui. Sasuke sospirò. Era tutto finito? Era arrivato troppo tardi?
Mise il piede sull'ultimo gradino e si issò nell'enorme stanza al secondo piano. Lo scenario era molto simile a quello del piano terra. Piante rovesciate, banchi e sedie rotti qua e là, pezzi di muro e di calcinacci caduti un po' ovunque. In più, pozze di sangue e corpi senza vita riversi per terra. Tutti in giacca e cravatta, tutti impiegati comunali. E, nell'oscurità dei corridoi in fondo alla sala, chissà come erano ridotti gli uffici...
Sasuke rabbrividì.
E anche qui non c'è ness...
“Uchiha!” urlò una voce.
Sasuke alzò lo sguardo e Suigetsu gli venne incontro. Aveva una spalla ricoperta di sangue, vari tagli sul volto e un paio di denti appuntiti spezzati a metà.
“Alla buon'ora, mi raccomando.”
“Ero con Sakura” rispose Sasuke.
Suigetsu sorrise.
“Via libera, ragazzi” disse.
Sasuke corrugò la fronte. Da dietro alcuni detriti si alzarono quattro figure e gli vennero incontro. Le curve morbide di Karin, l'altezza spropositata di Juugo, i muscoli di Killer Bee e quello stecco di Rock Lee. La base della vecchia “banda di Suigetsu” era tutta lì.
Sasuke sorrise. Una volta finito, Suigetsu sarebbe stato il nuovo leader. Sasuke era arrivato lì tutto solo, in ritardo, pronto a combattere la sua stessa famiglia, che aveva combinato tutto quel casino. Suigetsu, invece, si era portato dietro tutti i suoi. Lui sì che era un vero capo. Un peso evaporò dal cuore di Sasuke: finito tutto, sarebbe potuto stare con Sakura. Davvero.
Alzò lo sguardo e un groppo gli strinse la gola.
“Allora Neji è davvero...?” chiese.
Suigetsu annuì.
“È stato il primo a reagire appena è scoppiato il casino.” spiegò
“Ma non ci ha dato il tempo di raggiungerlo. Io ero ancora in ospedale dopo lo scontro di questo pomeriggio, fai un po' te... E si sono praticamente ritrovati lui e Sarutobi contro tutta Akatsuki...”
Il cuore di Sasuke precipitò di qualche metro. 'Lo scontro di questo pomeriggio'? Era davvero passata solo mezza giornata da quando...? Ma allora... ma allora!
“Lo scontro di oggi pomeriggio era un diversivo” disse.
Strinse i pugni e le mascelle gli scricchiolarono.
“L'hanno fatto apposta!”
Dannazione!
Suigetsu annuì.
“Sì, c'avevo già pensato.” rispose
“Ci hanno proprio fottuto. Eh, Uchiha?”
E non sono i soli..., pensò Sasuke.
Suigetsu scrollò le spalle.
“Va beh, poco male” disse.
Si voltò verso i suoi.
“Ragazzi, adesso andiamo.”
Karin, Juugo, Killer Bee e Rock Lee annuirono. Suigetsu alzò lo sguardo su Sasuke.
“C'è tutta Akatsuki, lassù. Sarà un bel casino” disse.
E sorrise.
“Pronto a salvare Konoha, Uchiha?”
Sasuke annuì. Certo che era pronto!
Suigetsu si voltò e s'incamminò verso le scale. Però, prima... la mano di Sasuke scattò in avanti e, prima ancora che potesse rendersene conto, afferrò il braccio di Suigetsu. Suigetsu si fermò, si voltò e inarcò le sopracciglia.
“Che vuoi, Uchiha?” chiese
“Non te la starai facendo addosso, vero?”
E aprì di nuovo le labbra nel suo sorriso da squalo.
Sasuke deglutì e scosse la testa. Aveva la gola secca e le labbra screpolate. Le parole gli erano rimaste incastrata in mezzo alla gola e riusciva a malapena a respirare. Però doveva farlo. Doveva dirglielo, e basta. Non poteva farlo andare lassù e farglielo scoprire da solo.
“Io...” iniziò Sasuke.
“Che c'è Uchiha? Tutto bene?” chiese Suigetsu.
Sasuke annuì.
“Sì, Hozuki. Ma ho scoperto chi c'è dietro Akatsuki. Chi ha ucciso tuo fratello.”
Gli occhi di Suigetsu si spalancarono e sentì i muscoli del compagno fremergli sotto le dita.
“I nostri fratelli, vorrai dire.” disse Suigetsu
“Vero?”
Sasuke scosse la testa.
“No, Suigetsu.” disse
“È stato Itachi. C'è Itachi dietro a tutto questo.”

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Capitolo 30
*** Prenditi pure tutto il resto della fottuta Akatsuki ***


Sasuke XXX
Prenditi pure tutto il resto della fottuta Akatsuki

Toc. Toc. Toc.
Il piccolo Suigetsu trotterella giù per le scale, i piedi nudi a contatto con il legno. Arriva giù, si alza in punta di piedi e si appoggia al passamano. Sbircia oltre. Il corridoio d'entrata è immerso nella penombra, salvo una luce che viene dalla cucina e lo illumina di taglio. Un'ombra si muove e Suigetsu deglutisce.
Guarda da una parte e dall'altra, e sgattaiola nel soggiorno sulla sua destra. Anche quello è immerso nell'oscurità. Solo una flebile luce azzurrina passa attraverso le tende semitrasparenti, e ogni tanto si vedono i fari di qualche automobile. Suigetsu si appoggia allo stipite della porta e si sporge. Il cuore gli rimbalza in gola: la mamma non deve scoprire che lui è lì.
Toc. Toc. Toc.
È tardi, e il piccolo Suigetsu dovrebbe essere a letto. Ma il fratellone quella sera non è tornato. Non è la prima volta, ma adesso qualcuno sta bussando. Magari è lui! È da tanto che Suigetsu non dorme con il fratellone. Ormai sta sempre fuori...
Toc. Toc. Toc.
“Arrivo! Arrivo!”
Un nuovo movimento di ombre dalla cucina e rumore di oggetti posati. La mamma appare sulla porta. La sua sagoma oscura tutta la porta e viene proiettata lunga lunga sul pavimento di legno del corridoio. Il cuore di Suigetsu aumenta ancora i battiti e al piccolo sembra quasi di avercelo incastrato in gola, di non riuscire nemmeno più a respirare.
La mamma attraversa il corridoio e raggiunge la porta.
Toc. Toc. Toc.
“Arrivo! Arrivo!” ripete la mamma
“Che pazienza, voi ragazzi d'oggi!”
Mette una mano sul pomello e gira.
Click.
“Sei tu, Mangetsu-chan?”
La porta si spalanca e l'odore della pioggerellina fitta fitta che ricopre tutto entra di prepotenza nelle narici di Suigetsu. Una figura, molto più alta della mamma, si staglia contro la luce azzurrina che proviene da fuori. Alcune gocce si staccano dal suo volto e cadono verso terra. La mamma fa un passo indietro e il cuore di Suigetsu sembra volergli scoppiare nel petto.
La mamma inarca le sopracciglia.
“Uchiha?” chiede.
La figura fa un passo avanti. È bagnato fradicio e ha i lunghi capelli neri incollati sul volto, ma quello è Itachi Uchiha, il migliore amico di Mangetsu. Itachi alla mamma non piace granché. E nemmeno al piccolo Suigetsu, a dirla tutta. Tutte le volte che lui passa per casa, il fratellone esce e non si fa vedere per giorni. Proprio come quella volta lì.
“E Mangetsu?” continua la mamma
“Dov'è quel disgraziato di mio figlio?”
Il volto di Itachi, illuminato a metà dalla luce che proviene dalla cucina, sembra tremare. Le sopracciglia si abbassano, la mascella si contrae e Itachi sembra invecchiare di dieci anni, o forse più. Ha gli occhi rossi e due gocce di pioggia gli scendono precise precise lungo le guance. Fa un passo in avanti e barcolla.
La mamma sgrana gli occhi e si porta una mano alla bocca.
“Suo figlio non c'è più, signora Hozuki.” sussurra Itachi, la voce incerta
“Mangetsu è morto.”

Suigetsu strinse i pugni e li sentì scricchiolare. Itachi Uchiha aveva ucciso suo fratello Mangetsu. E si era pure permesso di venire a piangere alla porta di casa loro! Con la mamma là davanti! Era tutta la vita che aspettava questa informazione. Tutta la vita che sapeva. Eppure, adesso non ne era poi così felice. Non come si sarebbe aspettato.
Si voltò. Gli occhi scuri e profondi di Uchiha si specchiarono nei suoi.
“Sei sicuro?” sillabò.
Uchiha annuì.
“Ci sono dei documenti” spiegò.
Era pallido in volto e gli tremavano le mani. Non stava mentendo.
“Sono nel computer di mio zio. Credo sia stato lui ad architettare tutto. E rimandano tutti quanti a una fantomatica società in un altra città, con spostamenti di denaro subito dopo la morte di Itachi. Itachi è vivo, me lo sento. È stato lui a uccidere Mangetsu... e Shisui. Ci sono lui e mio zio dietro Akatsuki.”
Suigetsu mantenne lo sguardo fisso. Poteva vedere i suoi occhi azzurrissimi riflettersi nei pozzi neri sul volto di Uchiha. Un volto pallido e allungato, coperto in parte dai capelli neri corvino. Un volto pressoché uguale a quello del fratello. Uguale a quello di Itachi. Un volto che aveva visto così tante volte a casa sua, sempre di sfuggita. Veniva sempre per portarsi via Mangetsu, per una cosa o per l'altra. E, alla fine, l'aveva portato via per sempre.
Ecco. Adesso aveva un motivo per odiare Uchiha. Per odiare quel volto, odiare quel cognome. E tutto quello che rappresentava. E invece se ne stava lì, a guardarlo negli occhi. E – cosa che lo stupì più di ogni altra – senza nessuna voglia di smettere.
Uchiha abbassò lo sguardo e lo rialzò. Aveva le guance pallide colorate di un rosa tenue.
“Se...” balbettò.
Si inumidì le labbra.
“Se vuoi prendermi a pugni, ti do il permesso. Capisco quello che provi.”
Suigetsu sbuffò, poi sentì le labbra tirare e un sorriso gli si disegnò sul volto. Snudò i denti appuntiti e scosse la testa.
“No, non ti prenderò a pugni...” disse
“... ma è solo perché in questo momento sei qui, accanto a me, dalla parte mia, di Neji e della nostra banda. Sia ben chiaro!”
I muscoli sul volto di Uchiha si rilassarono in un mezzo sorriso e il rosa sulle guance diventò rosso acceso. Gli occhi scuri gli brillarono.
“Grazie, Suigetsu” rispose.
Suigetsu si strinse nelle spalle e posò di nuovo lo sguardo su quello di Uchiha.
“Piuttosto, sia ben chiara anche un'altra cosa” disse.
Il sangue gli pompò più velocemente nelle vene, i muscoli gli si strinsero e la saliva alla bocca aumentò. Era come un predatore pronto a gettarsi sulla sua cena.
“Tuo zio e tuo fratello sono miei. Prenditi pure tutto il resto della fottuta Akatsuki, ma loro sono miei. Quindi non fare scherzi, Uchiha.”

Sasuke mosse un passo sul primo gradino che portava al piano superiore e sospirò. La schiena di Suigetsu gli ballava davanti, ritmica. Le spalle si alzavano insieme ai passi e i muscoli erano tesi sotto la canottiera viola. Juugo, Karin, Killer Bee e Rock Lee lo precedevano in due file ordinate.
'Tuo zio e tuo fratello sono miei. Non fare scherzi, Uchiha.'
Sasuke scosse la testa. Era davvero pronto a lasciargli la sua famiglia? Era felice che Suigetsu l'avesse in qualche modo “perdonato”, ma lui non era l'unico a cui era stato tolto qualcosa. Sasuke aveva appena scoperto di aver vissuto in una bugia: doveva contare pur qualcosa, no?
Però suo fratello era vivo. Era un assassino e manovratore, però era vivo. Non era affatto la persona che pensava che fosse, la persona che viveva nei suoi ricordi. Però era dannatamente vivo e ben presto l'avrebbe rivisto. Mangetsu invece era proprio morto.
Girarono l'angolo del pianerottolo e salirono la seconda rampa di scale. La penultima sala prima dell'ufficio del sindaco era lì, a pochi passi. Itachi sarebbe stato già lì? O c'era bisogno di salire ancora? Sasuke sbuffò. In ogni caso, l'avrebbe scoperto presto.
Sasuke e gli altri sbucarono nell'ampia sala al secondo piano. Anche questa versava in condizioni molto simili alle prime due: pezzi di soffitto staccati, piante rovesciate, graffi e tagli sui muri e pezzi di qualsiasi materiale trascinati qua e là. E, un po' dappertutto, corpi privi di vita.
I membri della banda di Suigetsu si aprirono a ventaglio e Sasuke raggiunse Hozuki. I corpi lasciati a peso morto un po' in tutta la stanza erano tutti della banda di Neji. C'era persino...
Temari!
Sasuke spalancò gli occhi e una nausea violenta lo prese alla bocca dello stomaco. La ragazza giaceva con la schiena spezzata su un pezzo di pietra, la testa accasciata all'indietro e gli occhi aperti e spenti. Un rivolo di sangue secco gli era colato prima sulla guancia e poi lungo alcuni ciuffi di capelli disordinati.
Sasuke strinse i denti. C'era anche Temari, al parco divertimenti. Era stato proprio lei a coprire le sue fughe per aiutare Suigetsu e fermare Akatsuki. Per fermare una fottuta trappola! Se n'era andata mano nella mano con Shikamaru, e adesso era lì. Priva di vita, il corpo ridotto a un arco spezzato.
Chiuse i pugni fino a sentirli scricchiolare e alzò lo sguardo. Cinque persone erano schierate in fondo alla stanza, ricoperti dai mantelli neri e con le nuvole rosse. Cinque persone immerse nella penombra, ferme davanti alle scale. A quell'ultima rampa di scale che portava fino alla stanza del sindaco. Fino allo zio Madara. Fino a Itachi.
Crick, crock. Lì accanto, Suigetsu si prese il collo fra le mani e se lo fece scrocchiare. Rock Lee fece un paio di salti e Killer Bee si sciolse le spalle prendendosi il gomito con la mano opposta e spingendo il braccio al di là della testa.
I cinque membri di Akatsuki mossero un passo in avanti e uscirono dall'ombra. In mezzo c'erano un uomo e una donna con il volto ricoperto di piercing, lui con una zazzera di capelli arancioni e lei con una chioma blu lunga fino alle spalle. Lì accanto, un mingherlino pallido pallido e un colosso con gli occhi gialli, da bestia, che Sasuke aveva già conosciuto: erano Hidan e Kakuzu, e l'ultima volta l'avevano gonfiato di botte.
Un ragazzo dai lineamenti femminili e i lunghi capelli biondicci allargò le mani verso di loro e mostrò le bocche disegnate sui palmi. Sasuke abbandonò le braccia lungo il corpo e irrigidì i muscoli.
Si comincia!, pensò.

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Dlin-dlon! COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: Settimana prossima il capitolo NON USCIRA'! Ci sarà una pausa dovuta alle vacanze di Pasqua e 100% Sakura tornerà da lunedì 4 aprile (sì, ormai escono di lunedì: la domenica sono quasi sempre impegnato). Mancano più 4/5 capitoli alla fine, quindi teniamo duro!
Grazie a tutti i lettori e alla prossima!

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Capitolo 31
*** Hai il mio permesso ***


Sasuke XXXI
Hai il mio permesso

Sasuke scalciò contro il pavimento e l'aria intessuta di polvere e calce gli si infilò di prepotenza nel naso. L'aria gli scompigliò i capelli sudati sulla fronte e gli rinfrescò il volto. Suigetsu, Karin, Juugo, Rock Lee e Killer Bee gli correvano ai lati. Akatsuki, dall'altra parte, gli veniva incontro. Si sarebbero scontrati a metà sala, si sarebbero scontrati a metà sala, si sarebbero...
Lui e Suigetsu sferrarono un pugno e il tizio con il volto ricoperto di piercing li bloccò, uno per ogni mano. Quella era lo scontro finale. La verità, lassù, a un passo. Sasuke strinse i denti e si buttò per terra. Allungò una gamba e mirò al ginocchio del suo avversario.
Quello piegò il busto all'indietro ed evitò un calcione di Suigetsu dritto in faccia.
Ci siamo!, pensò Sasuke.
Ma l'uomo di Akatsuki si staccò dal pavimento, fece un salto mortale all'indietro e atterrò pochi passi oltre le gambe di Sasuke e Suigetsu. Il mantello gli sventolò tutto intorno e si posò di nuovo attorno al suo corpo. I pugni stretti, guardò Sasuke dall'alto in basso.
Sasuke strinse i denti.
Ma che diavolo...!?, pensò.
Suigetsu, davanti a lui, posò di nuovo entrambe le gambe per terra e si gettò in avanti. Un pugno al volto: bloccato. Un pugno al corpo: deviato con l'avambraccio. Un calcio al petto: evitato con un salto all'indietro. Sasuke mollò un pugno contro il pavimento mezzo divelto e si tirò su con un colpo di addominali. Quella non era semplice lotta da strada: quel tipo stava usando le arti marziali!
È al livello di Neji, pensò Sasuke
Se non più forte...

L'interno di un dojo. E' tutto in legno. Il pavimento, i muri, il soffitto. Persino le panche per riposarsi.
Un pugno al volto. Parata a destra con il dorso della mano e affondo con il braccio opposto. Viene deviato. La guardia, però, sembra essere stata bucata. Un passo avanti, corpo all'ingiù e montante dritto di sopra. L'avversario salta all'indietro e, prima che il braccio ritorni al corpo, lo colpisce con un calcio.
Dolore. Un dolore intenso e pulsante. Il braccio è diventato subito rosso. Lo riporta indietro e rialza la guardia. Non può esitare, neanche dopo essere stato colpito. E' stato fermo troppo ed è fuori allenamento. Si deve abituare a resistere. Si deve abituare a non mostrare le emozioni. Faccia da poker. Ecco, una faccia da poker.
Neji Hyuuga, davanti a lui, gli sorride, stretto nel suo kimono bianco panna. Respira e comincia a passeggiare in tondo. Sasuke lo segue, senza dargli mai la schiena. Si concentra. Sono passi piccoli, millimetrici. Striscia quasi i piedi contro il pavimento di legno. E' scalzo e alcune spine gli si infilano nella pianta. Ci è abituato, ormai.
Piega leggermente l'alluce, si dà la spinta e carica. Un pugno dritto al volto. Neji si volta su un lato, lo evita e in un passo chiude la distanza tra loro due. Ormai gli è entrato nella guardia, non può fare più nulla. Un pugno a tutta forza lo colpisce alla bocca dello stomaco e lui si sente svenire, gli viene da vomitare.
Viene sollevato da terra e si sente ricadere a peso morto. Neji gli poggia un piede sul petto e lo guarda dall'altro. E sorride.
"Alzati" gli dice
"Alzati, Uchiha. O devo pensare che la tua volontà non sia
abbastanza?"
"No" sussurra Sasuke. Ha la voce roca.
"Allora alzati. Devi diventare forte, Uchiha. Devi rinunciare a tutte le debolezze, o tutti i tuoi amichetti rischiano di fare una brutta fine."
Un'energia che non credeva nemmeno più di avere lo assale, e si alza. Si piazza a pochi centimetri dal viso di Neji Hyuuga. E' furioso.
"NO!" urla.
"Allora, non dovresti nemmeno reagire così. Devi lasciarli indietro, abbandonarli. Devi dimenticarti dei tuoi affetti, delle emozioni che ti hanno fatto provare. Sono solo una debolezza. La
tua debolezza. E quelli ci sguazzano dentro, se li lasci fare."
E' vero. Deve dimenticarsi di tutto. Del club di cinema. Di Sakura. Di Naruto. Una fitta lo assale ma la scaccia subito. Deve diventare robot. Un robot invincibile, per combattere. Un robot intelligente, per arrivare alla verità. E un robot assassino, per vendicarsi.
"Lo so" risponde.
"Bene. Perché mi sembrava che te ne fossi dimenticato."

Già. Neji. Però Neji lì non c'era. Toccava a lui aiutare Suigetsu. Strinse entrambi i pugni. 'O i suoi amichetti avrebbero fatto una gran brutta fine'. Sasuke si lanciò verso i due combattenti. Suigetsu attaccò dall'alto con i pugni chiusi e il suo avversario lo bloccò con gli avambracci incrociati.
Perfetto!, pensò Sasuke.
Un passo un po' più lungo e si gettò in mezzo ai due, si abbassò e caricò il pugno che andò a sbattere contro il ginocchio dell'uomo di Akatsuki. Sasuke alzò lo sguardo e quello lasciò andare Suigetsu, e si gettò all'indietro. Suigetsu capitolò in avanti e le braccia gli partirono verso il basso, proseguendo il movimento di prima.
Crack.
Mille puntini luminosi coprirono gli occhi di Sasuke e un fiotto di sangue caldo gli scivolò dal naso sulla bocca e sul mento. I pugni di Suigetsu lo avevano colpito in piena faccia.
Dannazione!
Sasuke alzò lo sguardo e scosse la testa. I puntini si dileguarono e il viso neutro, primo di qualsiasi emozione del suo avversario gli apparve davanti. Strinse di nuovo i pugni e prese un grosso respiro.
“Oh cazzo!” esclamò Suigetsu
“Scusa!”
Sasuke scosse la testa. No. Neji aveva ragione. Anche da morto, aveva comunque ragione. L'unico modo per combattere contro quel tipo era non lasciarsi prendere dai sentimenti. Ancora un respiro profondo. Doveva cancellare la rabbia e l'attesa per quello che lo aspettava in cima alla torre dal suo cuore e dalla sua mente. Tabula rasa. Piazza pulita.
I rumori degli altri combattimenti gli perforarono le orecchie. Tonf. Crock. Crack. Splat. Crunch. CRASH! Ai margini del suo campo visivo, Karin afferrò la donna di Akatsuki per i capelli e quella le mollò un calcio nello stomaco. Karin si piegò in due, le mani sulla pancia. Dall'altra parte, Juugo bloccò un pugno di Kakuzu e ne rispedì un altro al mittente, che Kakuzu bloccò a sua volta. Era difficile dire chi fosse più grosso fra i due.
Sasuke prese un terzo respiro. Doveva cancellare tutto questo dalla sua mente. Doveva dimenticarsi di tutto e pensare solo a combattere. C'erano lui e il suo avversario, nulla più. E lui doveva diventare un robot. Un robot assassino.

Suigetsu sbatté le palpebre.
“Ehi, tutto bene, Uchiha?” chiese.
Sasuke stava fermo immobile, gli occhi negli occhi con quel tizio di Akatsuki. “Pain”, se ricordava bene il file di Neji. Di sicuro un fottuto nickname, chi cazzo chiama il proprio figlio “Pain”? Suigetsu batté una mano sulla spalla di Sasuke e lo scosse un po'. Lui gli lanciò un'occhiata veloce e tornò a guardare Pain. Suigetsu sospirò.
Speriamo di non averlo rotto con quel colpo in testa, dannazione..., pensò.
Ma Sasuke sfiorò appena il pavimento e si lanciò in avanti. Suigetsu sgranò le palpebre. Sasuke sferrò un colpo al volto di Pain, che lo parò con l'avambraccio. Allora Sasuke piantò un dritto verso la sua faccia, ma Pain lo deviò con il palmo della mano. Sasuke sorrise e sventagliò la gamba all'altezza del ginocchio del suo avversario.
Pain saltò di lato e ruotò su sé stesso, il mantello nero con le nuvole rosse che gli si aprì come i petali di un fiore. Unì le mani, le aprì fino a mostrare i palmi e mirò allo stomaco di Sasuke. Uchiha si appoggiò appena agli avambracci del suo avversario, tese i muscoli e si sollevò, evitando il colpo. Poi girò su sé stesso e mollò un calcione sulla faccia di Pain.
Pain si abbassò, evitò il calcio e si raggomitolò su sé stesso, il mantello tutto intorno a lui. Spinse con le gambe e saltò verso Sasuke, il braccio tirato all'indietro e pronto a colpire. Sasuke abbassò lo sguardo, saltò a piedi uniti e respinse con le suole il pugno del suo avversario. Poi saltò all'indietro, fece una capriola e atterrò.
Suigetsu deglutì. Che cazzo stava succedendo!? Quei due erano su un livello completamente differente! Sasuke... Sasuke sembrava Neji! Era... era questo che gli insegnava, quando quei due si allenavano insieme?! Alzò lo sguardo e posò gli occhi sulla scala che portava al piano di sopra.
Beh, se Sasuke può vedersela da solo contro 'sto qui, allora io..., pensò.
Scosse la testa.
No. Non si lascia da solo un compagno. Mai.
Suigetsu strinse i pugni, sorrise e si tirò su delle maniche invisibili dalla sua maglietta.
Occupiamoci di 'sto qui e andiamo a prendere gli altri, pensò.
“Uchiha, ci sono anch'io” gridò.
Sasuke si voltò e il suo volto privo d'espressione si sciolse in un sorriso appena accennato. Annuì e si girò di nuovo verso Pain. Suigetsu prese un bel respiro.
Eeeeeeeee... ci siamo!
Lui e Sasuke scalciarono il pavimento nello stesso istante. Suigetsu raggiunse Pain un momento prima e sferrò un pugno dritto sul suo volto. Pain scivolò su un lato, sfiorò il pugno con il dorso della mano e Suigetsu carambolò qualche passo più in là.
Ma che dannazione...!?, esclamò fra sé e sé.
Sasuke raggiunse Pain e l'uomo di Akatsuki parò i suoi pugni con gli avambracci. Lui e Sasuke iniziarono a roteare in una danza, le braccia che si allungavano e tornavano al corpo a ogni colpo parato. Suigetsu strinse i pugni: non c'era niente da fare, non sarebbe mai riuscito a inserirsi in quella selva di colpi! Dannazione!! Però...
Pain abbassò entrambe le mani chiuse in un unico pugni verso Sasuke e lui le bloccò con l'avambraccio. Aprì la mano libera, la tirò indietro e...
Ma certo!, pensò Suigetsu.
“Verso di me, Sasuke!” urlò.
Sasuke alzò lo sguardo e sorrise. Il palmo della sua mano colpì Pain in pieno petto e lo fece barcollare all'indietro. L'uomo di Akatsuki si ritrovò di fronte a Suigetsu, le mani ancora alzate e la guardia scoperta. Suigetsu snudò i denti da squalo e caricò il pugno.
Ci siamo!
In fondo, se Sasuke poteva riuscire ad aprire un buco nella guardia di Pain con la tecnica di Neji, lui poteva finirlo con la forza dei suoi pugni!
“Sei finito, bello” sussurrò.
Si piegò in avanti, fece scattare il braccio in avanti e...
“ATTENZIONE!!”
La voce di Karin riempì la stanza. Suigetsu si bloccò a metà del movimento e si voltò verso di lei.
Ma che diavolo...!?, pensò.
Il ragazzo biondo e un po' effeminato – Deidara, secondo i file di Neji – sollevò la mano da terra con un click e lasciò un pacchettino sul pavimento. Un pacchettino che...
Ma quello è...
Suigetsu sbarrò lo sguardo e si ritrovò per aria prima ancora di sentire l'esplosione.
BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOM!!
L'ondata di aria calda gli bruciò lungo la parte sinistra del volto e sentì l'occhio andare a fuoco e sciogliersi. La calce e la polvere gli entrarono nel naso e un fiotto di vento ustionante gli si infilò lungo la gola, fin nello stomaco. La schiena gli sbatté contro il muro e una fitta gli attraversò la colonna vertebrale. Sfiorò con un piede il pavimento e ricadde in avanti. Il muro gli venne dietro e lo schiacciò. Espirò e un fiotto di sangue gli fuoriuscì dalla bocca.
Ahi..., pensò.
E la testa gli rimbombò. Una, due, tre volte. Gli faceva un male da morire. Un dolore sordo e continuo. Tac. Tac. Tac. E gli veniva pure da vomitare!
La calce iniziò a depositarsi per terra e gli bruciò dentro agl'occhi. Sbatté le palpebre, scosse la testa e il collo gli scricchiolò come se fosse sul punto di spezzarsi. E il pezzo di muro gli schiacciò ancora di più il torace. Maledizione, maledizione, maledizione! Ma doveva succedere roprio ora che stavano per sconfiggere...
La polvere bianca di fronte a lui finì di posarsi sul pavimento e il volto pallido di Pain gli apparve davanti, pian piano, fra le macerie. Era incolume e inespressivo come sempre. E per sempre. Un altro pezzo di muro, o magari del soffitto, gli aveva schiacciato la testa. Sangue e pezzi di cervello tutto intorno, il cranio si era accartocciato su sé stesso come una sfoglia d'alluminio.
Suigetsu sorrise. Beh, almeno quello erano riusciti a farlo fuori...
Allungò una mano e artigliò il pavimento ricoperto di calce bianca di fronte a lui. Era sporco di sangue lungo tutto il braccio. Forse il suo, o forse quello di un altro. Si spinse in avanti e il torace gli scricchiolò fino a fargli sputare altro sangue. Dannazione. In quelle condizioni non sarebbe mai riuscito ad arrivare al piano di...
Sorrise, e gli si strinse lo stomaco. Una figura ancora mezza avvolta nella calce, il volto coperto per metà di sangue, era in piedi davanti a lui. Non era possibile. Non era davvero... o forse sì. Era rimasto più indietro, no? Ed era pure mezzo protetto dal corpo di Pain. Forse era quello ad averlo salvato... o forse era solo destino. Solo destino che proprio lui...
“Uchiha...” disse Suigetsu a mezza voce, il sapore di ferro sulla lingua.
Sasuke si piegò verso di lui. Aveva un taglio lungo la fronte che gli aveva sporcato le ciocche di capelli sudati che gli coprivano il volto. Però, a parte quello, non era affatto conciato male. Il bastardo.
“Vai là sopra e spacca il culo a tuo fratello e a chiunque trovi lassù. Hai il mio permesso.”

Sasuke si incamminò lungo l'ultima rampa di scale. La testa gli girava ancora e un dolore sordo gli martellava nella tempia. Il sangue sulla fronte gli si era ormai seccato e le orecchie stavano pian piano smettendo di fischiare. Sarebbe tornato preso di sotto, molto presto. E sarebbe tornato da vincitore: lo aveva promesso a Suigetsu!
Arrivò al pianerottolo di metà, si voltò e continuò lungo l'ultimo tratto. Lo stomaco gli si strinse fino a fargli venire voglia di vomitare e il cuore gli rimbalzò così in alto da minacciare di uscirgli dalla gola. L'apertura alla fine delle scale, quella che dava sull'ufficio del sindaco, era lì davanti a lui. Ancora quattro scalini, tre, due, uno...
La stanza era immersa nella penombra e le luci della città non bastavano a illuminare l'ultimo piano della Torre dalle grandi vetrate che fungevano contemporaneamente da pareti e da finestre. C'erano delle figure nell'ombra. Una era seduta alla scrivania di Sarutobi, tre erano in piedi e la quinta era distesa sul pavimento.
“Itachi, sei tu...?” chiese Sasuke.
Una figura mosse un passo in avanti e venne illuminata da un raggio di luna. Sasuke sbarrò le palpebre e i muscoli gli si irrigidirono. Quello era... quello era...
“Papà...” sussurrò Sasuke.
Fugaku allungò una mano e aprì la bocca.
“Sca-scappa...” mormorò.
Un fiotto gli uscì fra le labbra e Fugaku cadde in avanti.
“Papà!!”
Sasuke corse e lo afferrò al volo, il cuore in gola. L'elsa di un pugnale gli spuntava fra le scapole e una figura ancora più grossa svettava là dietro, la mano che aveva inferto il colpo ancora sollevata. Sasuke strinse i denti e appoggiò suo padre contro il pavimento. Aveva gli occhi rigirati su loro stessi e respirava a fatica, ma era ancora vivo.
Sasuke alzò lo sguardo e lo incrociò con quello di suo zio. Madara, il volto illuminato a malapena dalla luce argentea che proveniva da là fuori, aveva gli occhi spalancati e i denti snudati in un sorriso che partiva da un orecchio e finiva nell'altra. E, accanto a lui, un ragazzo magrolino e ricoperto da una lunga tunica nera, la faccia coperta da una maschera a spirale.
Sasuke si rialzò e lo osservò meglio.
“Itachi, sei tu?” chiese.
Le spalle di Madara sussultarono e tutto il suo corpo fu scosso dalle convulsioni. Poi la sua bocca si aprì lentamente e un suono rauco uscì prima a fatica, poi sempre più possente.
“AH AH AH!!”
Allargò le braccia e alzò la testa, gli occhi spalancati puntati verso il soffitto. Sembrava osservare la luna attraverso il tetto grigio dell'edificio.
“Itachi, sei tu?” ripeté Sasuke.
Lo zio Madara abbassò di nuovo la testa e smise di ridere, i denti sempre fuori dalle labbra in un sorriso mostruoso. Sbuffò e scosse la testa, i piccoli occhi neri puntati su Sasuke.
“Allora, ragazzo?” chiese, la voce roca.
Ma non stava parlando con Sasuke. Si era rivolto all'uomo mascherato.
“Che ne dici? Ci togliamo quella maschera, finalmente?”
Il ragazzo annuì e si mise una mano sulla spirale arancione. Con l'altra tolse il laccio che gli teneva la maschera attaccata al volto e se la sfilò. I capelli corti tutti spettinati, neri come la notte. Gli occhi allungati e il naso largo, tipico degli Uchiha. Un accenno di occhiaie e le guance scavate. La bocca tirata e l'espressione di chi avrebbe voluto trovarsi ovunque, ma non laggiù.
“Tu...”
Sasuke deglutì e gli sembrò di ingoiare sabbia. Ma certo! Così tutto aveva senso. Tutto quanto! E Sasuke aveva ragione, il suo ragionamento era corretto! Aveva solo... sbagliato cugino.
“Shisui. Perché?”
Il volto pallido di Shisui si tese e sembrò che stesse per dare di stomaco.
“Io... ho dovuto farlo, Sasuke-kun.”

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Capitolo 32
*** Akatsuki Gaiden #1. Le stagioni di Shisui ***


Akatsuki gaiden #1
Le stagioni di Shisui

Shisui stringe l'elsa di plastica nera del pugnale fra le dita, fino a che le nocche non gli diventano bianche. Respira piano e il cuore gli martella nel petto e in testa. L'aria intorno a lui è ferma come prima di un terremoto. Deglutisce e la saliva gli rimane attaccata alla lingua e al palato. Finalmente. Finalmente è stato chiamato anche lui in una missione importante e finalmente potrà dimostrare a suo cugino quanto vale.
Due ombre si muovono dietro il muretto. Tre, quattro, cinque. Shisui stringe un po' meglio il pugnale. Sono una decina, tutti della gang rivale. L'informazione era giusta.
“Pronti” dice una voce accanto a lui.
È Itachi. Le scarpe degli altri membri di Akatsuki strisciano contro il terreno, pronti a scattare. Shisui sorride, annuisce e... lo stomaco gli si stringe fino a fargli male, fino a minacciare di rimettere la colazione che non aveva fatto.
La mano di Itachi. La mano destra di Itachi, le dita attorcigliate attorno alla sinistra di Mangetsu. I due si guardano negli occhi, si sorridono e si baciano. Lo stomaco di Shisui si stringe sempre di più. Che cosa significa, quello? Itachi e Mangetsu sono... no, no, non è possibile! Con tutti gli sforzi che Shisui ha fatto per stare nell'Akatsuki! Con gli sforzi che Shisui ha fatto per ricongiungersi a Itachi, lui e Mangetsu...
'V-i-a.'
Shisui legge le parole sulle labbra di Itachi ma non sente alcun suono. Un paio di spallate di alcuni suoi compagni nelle retrovie lo spingono qualche passo più in là. Viene sorpassato a destra e a sinistra, energumeni urlanti con le mazze, i coltelli e le spade ben alte sopra la testa. Ma lui, lui non sente alcun suono.

“Quindi vuoi entrare in Akatsuki.”
Itachi guarda dritto di fronte a sé, la mascella contratta, mentre i petali di ciliegio gli ricadono sulle spalle e si fermano sulla divisa nera del suo liceo. Shisui gli cammina affianco, le mani in tasca e la tracolla che gli preme contro il petto. Il viale alberato del paese è così bello, in quel periodo dell'anno. Bello quasi quanto Itachi.
Itachi scrolla le spalle.
“Non dico che non si possa fare, eh...” prosegue
“... ma ti rendi conto di quanto è pericoloso? Di cosa facciamo? Che cosa... siamo, noi?”
'Un'associazione extra-legale para-governativa, atta a mantenere gli interessi della famiglia e del villaggio.' O almeno, così l'aveva definita Madara-
otou-san. Ma non era quella la risposta che Itachi voleva.
“Una gang.” risponde Shisui
“Una gang criminale. Siete degli
yakuza.”
Itachi annuisce e stira le labbra in un mezzo sorriso, senza distogliere lo sguardo dalla strada di fronte a loro. Corruga la fronte.
“Degli...
yakuza.” dice a mezza voce
“Sì, si può dire così.”
Poi si pianta in mezzo al viale e si volta verso Shisui, che fa qualche passo in avanti prima di fermarsi. Che cosa...?
“Ok, un'ultima domanda” dice Itachi.
Shisui deglutisce.
“Sì?”
“Perché?”
Gli occhi di Shisui si specchiano in quelli, neri e profondi, di Itachi. Il volto scolpito, la mascella contratta e lo sguardo fisso di fronte a sé, suo cugino è sempre più bello. Altri petali rosa gli ricadono sui capelli e sulle spalle.
“Hai lasciato la città dopo due anni di studi in una delle migliori scuole del Paese solo per tornare in questo villaggio dimenticato dagli Dèi e ora mi proponi di entrare in una gang criminale. Di diventare, usando le tue parole, uno
yakuza. Perché?”
Il cuore di Shisui salta un battito. L'ardore che brilla negli occhi di Itachi, lo sguardo fermo e fisso su di lui. Quanto vorrebbe che lo tenesse per sempre lì, quello sguardo. Deglutisce e socchiude le labbra...
Perché ti amo, pensa Shisui.
Ti amo, e voglio stare con te.
Lo pensa, ma non lo dice.

“Cosa sta succedendo, qui?!”
Sdeng. Boom. Crash. Splat. La battaglia infuria di fronte agli occhi di Shisui. Itachi para una mazza da baseball con l'avambraccio e pianta il gomito nel naso del proprio nemico. Crash. Mangetsu infila la pianta del piede nello stomaco di un altro e lo spinge a terra. Ouch! Due altri compagni tengono un avversario per le spalle, e un terzo lo massacra con la mazza ferrata. Sdeng. Sdeng. Splat!
“La polizia! Qualcuno chiami la polizia!” grida una voce alle spalle di Shisui.
Cosa...?
NO! Shisui si volta di scatto, il coltello a mezz'aria, e uno spruzzo di sangue lo colpisce in pieno volto. La lama esce dal polso di un signore in giacca e cravatta, che lascia cadere la ventiquattrore per terra e si getta sulle ginocchia. Il sangue gli esce a schizzi regolari e gli sporca il vestito, la faccia e gli occhiali. Quello urla e il colorito gli diventa sempre più bianco, sempre più bianco.
“Eh? Cosa? No!”
No, no, no, no! Non doveva andare così! Non doveva andare così! Quello era... quello era un civile, maledizione!
“Aiuto!” grida Shisui
“Aiuto! Uomo a terra! Uomo a terra! Aiuto!”
Si getta sul signore di mezza età e il sangue colpisce anche lui. Gli afferra il polso e prova a stringerlo, ma il liquido rosso continua a uscire, denso e appiccicoso...
Non doveva andare così, non doveva andare così!
L'uomo si accascia a terra, bianco come un lenzuolo. Shisui lo prende a schiaffi, ma le palpebre gli si chiudono, inesorabilmente.
Non doveva andare così...

“Non lo posso fare, papà” risponde Itachi.
Tiene gli occhi fissi sul suo padre e sente la rabbia montargli dal petto e salirgli fino agli occhi. Quell'idiota di Shisui non è cattivo, maledizione! È stato un incidente!
Suo padre è appoggiato alla scrivania e ha le braccia conserte. Chiude gli occhi qualche secondo, sospira e poi li riapre. Sono fissi e decisi.
“Tu devi, Itachi. Sei mio figlio, sei un Uchiha e devi obbedienza a me e rispetto per la nostra famiglia.”
Itachi stringe la mascella. Ancora con quella storia. La famiglia, il rispetto, che cosa pensa la gente di loro. Che si fotta, la gente!
“Non l'ho chiesto io, di nascere Uchiha” risponde Itachi.
E non ha alcuna intenzione di far finta di non essere ciò che è. Non ha alcuna intenzione di far finta che Akatsuki non porti profitto alla sua famiglia, di non servire la sua famiglia, anche in quel modo. E non ha alcuna intenzione di usare Shisui come capro...
“Itachi, io ho sempre sorvolato su quello che stato combinando tu e quel Mangetsu Hozuki...” prosegue Fugaku.
E certo, pensa Itachi.
Perché conviene anche a te. Conviene alla famiglia, stronzo!
“... a patto che non coinvolgeste i civili.”
Che si fottano anche i civili!
“Però...”
Però non sacrificherò Shisui per la causa. Ha fatto una stronzata, d'accordo, ma lui...
“Shisui è mio amico, papà! Non posso farlo...”
Ecco. Itachi se lo sente. Lo sa. La rabbia gli ha raggiunto gli occhi. Stringe i pugni. Vuole colpire. Vuole colpirli tutti. Quel maledetto di Shisui, quel maledetto di suo padre e quel maledetto di...
Ma Fugaku è più veloce. Si stacca dalla scrivania e gli afferra il colletto della maglia. Le parole soffiano calde contro la faccia di Itachi, come un sibilo.
“Danzou mi sta con il fiato sul collo, ragazzo. Io non posso più proteggerti.”
Fugaku si interrompe per un momento e lo guarda fisso negli occhi. Così neri che ci si può specchiare dentro. Itachi non si sbagliava: ecco quella fastidiosa sfumatura rossa. La sfumatura della sua rabbia.
“Quindi fai come ti ho detto. Shisui non può più rimanere.”

Shisui attraversa la strada, una mano al fodero. Sfila il pugnale, rimette il pugnale. Sfila il pugnale, rimette il pugnale. Da un po' di tempo, si è abituato a portarlo sempre con sé. Lo rilassa. E se Itachi gli ha dato appuntamento nel giardinetto dietro la magione Uchiha, avrà un gran bisogno di rilassarsi: non sarà un incontro amichevole. Sarà una comunicazione ufficiale di Akatsuki.
'Io non volevo.', ripassa mentalmente il suo discorso Shisui
'Mi sono voltato con il coltello in mano e quello gli si è impigliato nel polso. Non avevo intenzione di...'
Oltrepassa l'inferriata dei giardinetti e scorge una figura nell'ombra, appoggiata alle altalene. Quella si stacca dalla struttura e gli viene incontro. I capelli lunghi gli ondeggiano nell'oscurità. Lunghi, troppo lunghi per essere Itachi. Ma allora chi...? Il ragazzo dai capelli azzurri snuda i denti appuntiti e gli sorride.
“Mangetsu!” esclama Shisui
“Che ci fai tu qui?”
Mangetsu storce il naso, ma non smette di sorridere.
“Faccio quello che il tuo cuginetto ha troppo schifo per fare.” risponde, la voce ridotta a un sibilo
“Ti sbatto fuori da Akatsuki.”
Shisui sbatte le palpebre. Deve aver sentito male.
“Cosa...?”
Mangetsu si avvicina, il sorriso sempre stampato sulla faccia.
“Te ne devi andare, Shisui. Lasciare Akatsuki, lasciare il villaggio. Hai fatto un casino che metteremo mesi a risolvere quindi, fammi un favore, ora sparisci.”
Shisui rimette mano al fodero. Sfila il pugnale, rimette il pugnale. Sfila il pugnale, rimette il pugnale. Calma, calma.
“Sono gli ordini di Itachi” sussurra Mangetsu.
Sfila il pugnale, rimette il pugnale.
“Lui non vuole più vederti, hai capito?”
Sfila il pugnale, rimette il pugnale.
“Quindi smettila di svolazzargli attorno, bimbo. Pensi che non mi sia accorto di come lo guardi, frocio di merda?”
Sfila il pugnale, rimette il pugnale.
“Itachi è mio, e me lo fotto soltanto io!”
Sfila il pugnale e... zac. Il sorriso di Mangetsu gli si fossilizza sul volto e gli occhi si spalancano, grigio-azzurri. Il sangue cola caldo sulla mano di Shisui e la vita scivola via dallo sguardo di Hozuki.

****************************************************************************************************************

Buongiorno miei cari lettori,
e chiedo immensamente scusa per l'ennesimo hiatus che ha colpito questa serie. Sono peggio di Togashi, maledizione! Ma purtroppo ho avuto tutta una serie di problemi, sia lavorativi che di salute, che mi hanno impedito di scrivere un po' per questioni di tempo, e un po' anche per questioni psicologiche (stavo male e avevo il rifiuto della scrittura, diciamo). Ora però sto rimettendo insieme i pezzi della mia vita (martedì ho un colloquio per entrare nella Scuola Internazionale di Comics al corso di Sceneggiatura per fumetti!) e, quindi, ho anche ricominciato a scrivere (cosa che avrei dovuto fare anche prima, visto il bene che mi fa...). In ogni caso, si riparte con un capitolo speciale: la prima di due puntate di flashback che narrano i retroscena della morte di Itachi e Mangetsu, la fine della prima Akatsuki e la nascita della nuova. Insomma, il luogo in cui risiedono tutti i dolori del giovane Sasuke. Dopodiché, ci uscirà l'ultimo capitolo de Le stagioni di Sasuke e - spero - una settimana dopo, chiuderò 100% Sakura con lo one-shot Le stagioni di Sakura. Insomma, siamo agli sgoccioli! Ma non vi preoccupate, ho già un altro progetto in serbo con cui farvi disperare per i tempi di realizzazione e le continue pause! XD
Alla prossima, 'tebayo!

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Capitolo 33
*** Akatsuki gaiden #2. Le stagioni di Madara ***


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Akatsuki gaiden #2
Le stagioni di Madara

Toc. Toc. Toc.
Madara alza lo sguardo dallo schermo del computer portatile, si sfila gli occhialini dalla montatura sottile e si stropiccia gli occhi. Ma chi può essere, a quell'ora? Chiunque, pur di distrarlo da quegli stramaledetti grafici. Tenere la contabilità della famiglia Uchiha è diventato sempre più difficile, negli ultimi tempi. Quello che stanno combinando Itachi e i suoi amici ha portato una valanga di soldi, certo, ma tutte entrate difficilmente giustificabili...
'E tu crea una società satellite in cui deviare parte delle entrate', gli aveva detto Fugaku.
'Chiamala Luna Crescente, Sole Artificiale o come ti pare, ma fallo.'
Certo, come se fosse semplice! Dannato fratello: da quando l'ha accolto in casa sua, dopo la morte della mamma di Shisui, l'ha sempre trattato come un suo dipendente. Dannato, dannato fratello!
Toc. Toc. Toc. Toc. Toc. Toc.
“Arrivo, arrivo” sbraita Madara.
Appoggia le mani sulla poltrona e si rialza. Esce dallo studio e raggiunge la porta della magione. Di nuovo, chi può essere a quell'ora lì? È mezzanotte passata!
“P-papà...”
Shishui lo osserva, gli occhi spalancati e rossi, irritati dalle lacrime. La maglietta blu e le braccia sono ricoperte da un liquido rosso e denso, e nella mano destra tiene un pugnale con il manico nero.
Dannato figliolo, ma che cosa...?
“Che cosa hai fatto, Shisui?”
Shisui deglutisce e tira su con il naso.
“C-c'è stato un problema con Mangetsu Hozuki... a-abbiamo litigato e... e... e... è finita m-male! Ma non volevo, papà! Giuro che non volevo!”
Finita male. Liquido rosso. Rosso sangue. Per Amaterasu!
“L'hai ucciso, vero?”
Shisui spalanca gli occhi, immobile. Dannato ragazzo. Annuisce e scoppia a piangere. Dannato, dannato ragazzo. Madara prende un bel sospiro, afferra Shisui per una spalla e lo trascina dentro.
“Vieni, ragazzo. Andiamo nello studio e raccontami tutto con calma.”

Madara percorre il tappeto al centro dello studio da cima a fondo, ancora una volta, Shisui immobile al centro della stanza. Ci sta lasciando il solco, in quell'aggeggio infernale. Ma no, ma no. Non deve perdere la calma. Nella vita, come negli affari, non bisogna mai perdere la calma. Sono una famiglia di yakuza e suo figlio ha ucciso una persona. Non c'è niente di strano, no?
No, maledizione, pensa.
Quello stronzo ha ucciso uno del clan. Un interno. L'unica fottuta cosa che persino un fottuto yakuza non può fare.
E ora? Ora deve far allontanare quel maledetto di suo figlio dalla città. Possono coprire la cosa, i primi tempi. Lasciarla passare come un delitto d'onore, un delitto di yakuza. Ma, prima o poi, qualcuno si insospettirà. Qualcuno capirà. No, Shisui deve lasciare il villaggio. E deve anche trovare il modo di fargli arrivare dei soldi, ovunque vada.
Si ferma in mezzo alla stanza e sbatte le palpebre una, due, tre volte. Fuori città. Soldi ovunque vada. Soldi puliti, da riciclare. Con una società satellite. Società satellite che può, che deve avere sede lontano da...
Madara si fionda sulla scrivania, affonda nella poltrona e riapre i grafici che stava controllando. Spostando un po' di fondi lì, dividendo il capitale con una Fondazione creata ad hoc per gli aiuti alle start-up del Giappone e creando la società satellite, allora...
“Papà?” chiede Shisui, e i suoi occhi brillano nella penombra della stanza
“Ma cosa stai facendo?”
“Sto risolvendo il casino che hai combinato.” risponde Madara
“Ma ci vorrà un po'.”

****

“Questa sera stessa, tu lascerai Konoha.”
Shisui deglutisce e gli occhi di Madara si fanno piccoli piccoli. Le braccia incrociate sul petto, troneggia suo figlio, guardandolo dall'alto in basso. La voce roca rimbalza nelle quattro mura dello studio degli Uchiha.
“Scapperai su nell'Hokkaido, in un paesino fra i monti. C'è già un appartamento che ti aspetta, intestato a 'Sole Artificiale'.”
Shisui socchiude le palpebre.
“Sole Artificiale... padre?” chiede.
Madara tira su con il naso.
“È una società fantasma che ho creato apposta per te. L'ho inserita nel registro delle start up a cui la Fondazione Uchiha fa beneficenza, e riceverai i tuoi soldi nel conto della società stessa. Ti arriverà tutto ciò che ti serve per vivere, nulla di meno e nulla di più. Movimenti di denaro troppo grossi potrebbero insospettire tuo zio Fugaku.”
Shisui annuisce.
“Ma... padre?”
“Sì?”
“Come faremo quando mi verranno a cercare? Come giustificherai la mia assenza?”
“Semplice.” risponde Madara
“Il corpo di un ragazzo verrà ripescato dalle acque del fiume, domani mattina. E io lo riconoscerò come il tuo. Ho già predisposto tutto. E ora vai, dannato ragazzo.”

Shisui sospira e stringe le bretelle del suo zaino. La porta est di Konoha non gli è mai sembrata così grande, pare quasi volergli saltargli addosso, là, imponente, nelle prime luci dell'alba. Il sole, ancora arancione, gli sbatte contro debolmente. Allora è proprio deciso, eh? Se ne andrà. Via. Per sempre. E senza poter salutare nessuno. La mamma. Lo zio Fugaku e la zia Mikoto. Itachi...
“Shisui!”
Shisui scuote la testa e si morde un labbro. Un groppo gli stringe la gola e lui fa di tutto per bloccare le lacrime. Maledizione, adesso gli sembra pure di sentire la sua...
“Shisui Uchiha, fermati subito!”
Un brivido percorre Shisui lungo tutta la schiena. Ma quella voce...! Quella voce...! Si volta e un'ombra gli si fa avanti, fra le mura delle ultime case della città. Un'ombra un po' più alta di lui, che i capelli gli pendono sulla fronte e gli occhi neri con dei riflessi rossastri. Itachi si ferma sotto la luce di un lampione.
“Dove stai andando, Shisui Uchiha?”
Shisui deglutisce, ma non trova saliva. La bocca gli si è seccata e le parole sono scomparse. E ora?
“Io... io...”
Itachi gli si pianta davanti e lo afferra per un braccio. Ma cosa...?
“Dove. Stai. Andando? Rispondi.”
Il riflesso rosso negli occhi di Itachi sembra crescere a dismisura e la stretta sul braccio di Shisui inizia a fare male. Perché è lì? Che abbia capito? Che abbia...?
“Itachi, io...”
Tu hai ucciso Mangetsu, vero?”
Il cuore di Shisui gli precipita fin sotto all'inguine e il terreno sotto i suoi piedi sembra mancare. Due mesi. Per due dannati mesi si è aspettato di sentire quelle parole. A ogni conversazione, da ogni persona, dietro ogni angolo. Ma quella sera, quella sera doveva finire tutto. Tutto finito, tutto a posto, tutto sistemato. Così aveva detto papà, così aveva detto Madara. E invece proprio Itachi... proprio Itachi... Shisui sgrana gli occhi e socchiude le labbra.
“Io... io...”
Itachi sbuffa e il labbro superiore gli trema appena appena. Stringe il braccio di Shisui ancora più forte, ancora più forte. Socchiude gli occhi e la luce rossastra nelle iridi nere si spegne un po'. Qualcosa di liquido gli luccica fra le palpebre.
“Sai, per i primi giorni non ci ho voluto credere...” dice, la voce strozzata.
“Cosa?” chiede Shisui.
“Sapevo che eri stato tu. Io lo sapevo, dannazione. Mangetsu si era offerto di andare all'appuntamento con te al posto mio. Dovevo dirti io che non saresti più stato un membro di Akatsuki, ma non ce la facevo, non ce la facevo. Sei mio cugino, e il mio migliore amico. Non potevo farti questo... Ma Fugaku...”
Itachi sospira e trema. Stringe i pugni e li appoggia lungo i fianchi, contro le cosce. I suoi occhi brillano di rosso alla luce della luna, e tremano anche loro. Due lacrime si staccano dalle palpebre e gli percorrono le guance.
Il cuore di Shisui perde un battito. Itachi non aveva evitato di venire perché era arrabbiato con lui. Non era venuto perché... perché gli voleva bene! Allora c'era ancora... c'era ancora speranza, per loro... c'era ancora...
“Ma pian piano ho capito che mi stavo solo raccontando delle bugie. Mi stavo mentendo, perché non accettare la verità: era stata colpa mia. Io non ero venuto all'appuntamento, io dovevo essere al posto di Mangetsu. E ho cominciato a tenerti d'occhio...”
Il respiro si gela nei polmoni di Shisui. Cosa?
“Quindi ora dimmelo, per favore...”
Gli occhi di Itachi sono sempre più rossi, socchiude le labbra e scopre una fila di denti. Denti che sembrano appuntiti, come quelli di Mangetsu.
“Perché stai scappando a quest'ora della notte, Shisui? Sei stato tu, vero?”
Lo tira a sé e il volto di Itachi è sempre più simile a quello di un demone. Le parole arrivano in faccia a Shisui, calde e speziate come l'alito di Itachi.
“SEI STATO TU O NO, SHISUI!?!”
Shisui sbatte le palpebre. Il braccio che Itachi gli sta torcendo non gli fa più nemmeno male. E le parole escono da sole, come un fiume in piena.
“Sì, sono stato i...”
Uno spruzzo di sangue e la presa sul braccio si fa ancora più stretta. Un momento. Poi basta. Il liquido rosso schizza fuori dalle labbra di Itachi, il braccio gli crolla lungo il corpo e lui stesso crolla con le ginocchia contro l'asfalto. Gli occhi rossi, fissi di fronte a sé, lo guardano senza vederlo e il suo corpo si affloscia in una pozza di sangue.
“Co... co... cosa...?”
Madara sfila il pugnale dalle costole di Itachi e lo lancia là, per terra, le mani ricoperte da guanti di pelle nera. Shisui muove la bocca a vuoto e il suo cuore va in mille pezzi. Itachi è morto. Itachi, l'amore della sua vita, giace ai suoi piedi. E il sangue gli bagna quel corpo perfetto, quel volto così delicato, i capelli lunghi e neri...
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”
SCIAFF. Lo schiaffo di Madara prende Shisui in pieno volto e lo sposta di alcuni passi sulla destra. Le cinque dita gli bruciano sulla guancia, il cervello gli rimbalza lungo le pareti del cranio e un rivolo caldo gli cade dal labbro. Che cosa...?
“E ora vai, dannato ragazzo. Subito.”
Shisui si porta una mano là dove è stato colpito e alza lo sguardo. Gli occhi di Madara, rossi come quelli di Itachi, ricambiano dall'alto in basso.
“Sì, padre.”

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