The Last.

di UnbreakableBond
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My name's Fanny, the last phoenix. ***
Capitolo 2: *** Sangue. ***
Capitolo 3: *** Partnership. ***
Capitolo 4: *** Bianca come la neve. ***
Capitolo 5: *** Creatura. ***
Capitolo 6: *** Meetings. ***
Capitolo 7: *** Scissione. ***
Capitolo 8: *** Scontro. ***



Capitolo 1
*** My name's Fanny, the last phoenix. ***


*Frase* sono frasi varie. (es. messaggi, ecc…)        
*Frase* sono i ricordi.
Frase sono i pensieri.
 
*<< Dai Fanny andiamo! Altrimenti non arriveremo mai alle cascate dei sospiri uffaaaa. >>
<< Arrivo Nail dammi tempo! Devo preparare la sacca con il pranzo e arrivo! >> Presi la sacca che Anne, mia madre, mi aveva preparato e salutai con un bacino sia lei che Kyle, mio padre. Vivevo in un piccolo villaggio, il villaggio del fuoco. E’ sempre stato considerato leggenda perché nessuno si era mai addentrato nel bosco che lo circondava. Eravamo poche famiglie e la mia e quella di Nail, il mio migliore amico, erano le famiglie dei Guardiani. Lui viveva con sua mamma Molly, era una donna fantastica con i bambini e per questo la chiamavano la “zia”.
Era un bel giorno di sole e, dato che era il mio compleanno, io e Nà decidemmo di andare a passare il pomeriggio alle cascate.
Lui era leggermente più alto di me, portava i capelli neri a caschetto e aveva degli splendidi e luminosi occhi celesti, era un bambino adorabile, naturalmente solo quando eravamo soli perché al villaggio lo chiamavano “piccola peste”. << Ecco siamo arrivati! >> urlò soddisfatto, una piccola radura colma di piccoli fiori di campo si mostrò davanti a noi, << Però, la facevo più grande la cascata dei sospiri >> mi misi a ridere << Beh in effetti è un po’ piccola. >> la cascata era grande circa un metro però riusciva ad essere lo stesso bellissima. << Fanny vieni a vedere! >> andai e nel laghetto sottostante ad essa e vidi dei pesciolini piccoli e iridescenti << Wow sono stupendi! >>. Giocammo per un po’ con i pesci poi Nail mi buttò nel laghetto e cominciammo a schizzarci e ci divertimmo come matti. Arrivò l’ora di pranzo e mi accorsi che Nail aveva uno zainetto << Senti Nà, perché hai portato lo zainetto? Il pranzo lo portavo io. >>
<< Beh ho portato una cosa per te. E’ il tuo compleanno giusto? >>
<< Si. >> arrossii.
<< Ecco su apri il tuo regalo! >> esclamò con un sorriso a trentadue denti, mi porse una scatolina fatta con delle foglie (probabilmente l’aveva fatta la zia Molly) e l’aprii, conteneva una collana fatta di cuoio e come ciondolo aveva una pietra brillante rossa che univa insieme delle piccole penne di fenice.
<< E’ bellissima. >>
<< Ci credo te l’ho regalata io. Il regalo perfetto per i tuoi 6 anni! >> e ci mettemmo a ridere.
Ci sdraiammo ad osservare il cielo ed indovinare la forma delle nuvole però dopo poco, ci addormentammo. Si era fatto il tramonto così decidemmo di tornare a casa. Sulla strada del ritorno notai che il cielo si stava oscurando e delle grosse nuvole nere presero il posto di quelle bianche ed una folta nube di fumo a copriva l’uscita del bosco.
Quando arrivammo era tutto distrutto, c’erano solo fiamme e fumo. Una figura si ergeva nel centro del villaggio. Tentammo di nasconderci ma si accorse di noi. Ci attaccò e si prese Nail, lo strappò dalla mia mano mentre urlava e si divincolava, poi il silenzio. Sentivo i  secondi scorrere lenti. Mi avrebbe presa e fatta fuori, lo sapevo, ma non fu così. Le fiamme mi avvolsero e mi protessero scacciando via quell’essere maligno. Fuggii, senza una meta ben precisa, lasciandomi tutto alle spalle. Lontana ormai dal villaggio mi sdraiai stanca sull’erba bagnata dalla rugiada. Ce l’avevo fatta, i miei poteri si erano manifestati, ma a quale prezzo? Nail non c’era più, ero sola, avevo solo la collana come ricordo del villaggio.
 
Ho sempre vissuto come una nomade, rubavo e mi godevo la vita. Ho girato il mondo ed imparato le diverse culture dei piccoli paesi. Non sono mai andata nelle grosse città, di sicuro mi sarei persa, però un giorno capitai in una di esse e conobbi due ragazze che vivevano come me. Si chiamavano Elizabeth e Patricia Thompson, o meglio, Liz e Patty. Eravamo un bel trio finchè un giorno quelle due scellerate non decisero di andare a rubare ad un ragazzino dall’aria spocchiosa. Si chiamava Death the Kid, non si oppose anzi, ci dette un aiuto. All’inizio ero riluttante ma accettai dato che ormai ero abituata a stare con le ragazze e non volevo lasciarle sole. Ci ospitò a casa sua e dopo circa un mese ci chiese di andare a vivere definitivamente con lui, le ragazze accettarono io invece decisi di continuare il mio viaggio promettendo però di tornare di tanto in tanto. Kid mi dette tutto il necessario per poter sopravvivere, soldi, indicazioni, consigli e un cellulare per poterlo chiamare in caso di bisogno. Li salutai e partii. *
 
Sono passati diversi anni da quando ho lasciato casa di Kid. Il mio viaggio è concluso ed adesso eccomi qui, al punto di partenza, il villaggio.
Oggi mi sono data da fare rovistando tra le macerie in cerca di qualcosa, un ricordo, l’unica cosa che ho trovato è la bambola che mi regalò Nà la prima volta che ci siamo conosciuti. Quando me la dette rimasi un po’ meravigliata perché la mia famiglia non aveva ancora tramandato il segreto e quindi ero all’oscuro di tutto. Solo adesso capisco perché mi hai regalato quella fenice, se solo avessi saputo. Mi misi a piangere e mi sdraiai sull’aspro terreno.
Sentii la tasca dei pantaloni vibrare.
*Auguri Fanny-Chan.
                           LizPatty.*
Nonostante non mi fossi mai fatta sentire, in questi tre anni mi avevano sempre scritto per il mio compleanno. La cosa mi rallegrò ma allo stesso tempo mi rattristò maggiormente perchè le loro premure sono inutili per una come me. Ho paura di legarmi alle persone perché so che spariranno, sono destinata a rimare da sola ed a vivere nella leggenda. Sono fatta per stare nei libri, non in questo mondo.
Mi rialzai e cercai di pulire i pantaloni dalla terra, poi presi lo zaino e ricominciai il mio viaggio.
Arrivata alla stazione riuscii ad entrare di straforo sul treno. Esausta, mi addormentai sul sedile.
*Ultima fermata, Death City*
Uhm cosa? Death City? L’ho già sentito.
Scesi dal treno e mi incamminai verso la città. Sentivo la brezza del deserto sfiorarmi la pelle con il suo calore mentre i piedi faticavano a muoversi nella sabbia. Finalmente, dopo una mezz’ora abbondante, varcai il portone d’entrata. Dunque, la costruzione più grande è sempre qualcosa dove trovi molte informazioni quindi si va verso quel coso con le punte!
Mi diressi verso un’enorme costruzione e quando arrivai notai un cartello “Death Weapon and Meister Accademy: Shibusen.”
Beh, di sicuro in una scuola sapranno indicarmi qualche ostello per la notte.
Entrai e mi diressi verso la segreteria dove mi indicarono un ostello poco distante da dove mi trovavo, mi bastava girare l’angolo e proseguire di poco. Ringraziai e me ne andai. Sarei rimasta a Death City giusto per la notte, il giorno dopo sarei ripartita con il giusto treno.
Era calata la sera e faceva freddo così mi strinsi nella felpa. Voltai l’angolo e rimasi paralizzata.
 
<< E quello che cosa diavolo è? >>
 
Una figura nera si mostrò davanti ai miei occhi. No, NO! Non di nuovo! Chiusi gli occhi e mi misi a singhiozzare silenziosa. E’ tornata ad uccidermi.  Sentivo la paura crescere dentro di me, le tempie dolevano per i mille pensieri, gli occhi bruciavano per le lacrime e il cuore pulsava consapevole che tra poco avrebbe smesso di battere. Aprii di scatto gli occhi perché volevo guardare bene in faccia il mio assassino però mi resi conto che l’essere era girato di schiena.
Mi accostai al muro per riuscire a vedere meglio che cosa stava succedendo.
Quel mostro è attaccato al corpo di una ragazza? Allora non è il mio assassino. Lui era un uomo.
La ragazza aveva i capelli corti e rosa, era esile e riuscii a scorgere nei suoi occhi bianchi terrore e paura.
 
<< Crona. Puoi fermarti adesso, è morto. >> ma da dove diavolo viene quella voce?
<< Devo proprio m-mangiarla? Non so come comportarmi con il mangiare un’anima.>>
<> riecco la solita voce dal nulla.
<< O-o-ok. >>
<< O MIO DIO! E’ MORTO! >> urlai terrorizzata alla vista di un corpo sventrato a terra.
La ragazza si volto e l’enorme essere alzò un braccio e mi scaravento dall’altro lato della strada. Sbattei la testa e toccandola notai che sanguinava.
<< Che c’è piccina ti ha fatto male il mio Ragnarok ? >> La voce aveva assunto un corpo finalmente.
Era una donna alta e snella con dei serpenti tatuati sui bracci. Portava i capelli biondi legati in una bizzarra treccia che le ricadeva sul petto, una tuta nera e dei bracciali argentati. La cosa spaventosa erano gli occhi gialli e dal taglio a serpente.
<< M-Medusa-sama … Ragnarok ha colpito senza che glielo dicessi … Io … Io… Non sapevo come comportarmi … Ha fatto tutto da solo … >>
<< Zitta Crona! Ragnarok è stato bravo tu no! Muoviti, uccidila e mangia l’anima a entrambi. >>
Medusa stava per tornare sulla sua scopa quando si voltò di scatto e si soffermò sulla mia collana. Non gliel’avrei lasciata prendere neanche da morta! Quella era solo mia e di Nà.
<< Così appartieni al villaggio del fuoco. >>
Probabilmente se fossi rimasta zitta sarebbe stato meglio, però lo schianto aveva notevolmente influito sul mio buonsenso.
<< Appartenevo. >> dissi fredda.
<< Hai lasciato il clan? >> chiese sorpresa.
<< No, è stato distrutto. >> dissi con la voce rotta dal pianto.
<< E così sei rimasta solo te. L’ultima fenice. >>
C-cosa??? Come fa a saperlo? Nessuno mi ha mai vista trasformata. Da 10 anni non utilizzo i poteri.
<< Io non sono una fenice. Non ho ereditato i poteri perché sono scomparsi da anni. >> sono sempre stata abbastanza brava a mentire in caso di bisogno.
<< Umpf, peccato. Crona vieni qua. >>
Medusa sussurrò qualcosa alla ragazza che, una volta ascoltate le parole della donna, iniziò a fissarmi. Sembrava quasi che mi stesse analizzando.
Appena ebbe finito si rigirò dalla donna e le disse qualcosa.
<< Come sospettavo. >> disse soddisfatta Medusa.
<< C-cosa? >> balbettavo ma non per la paura, per il dolore.
<< Non puoi mentire sulla tua anima. Devi sapere che Crona è una maestra d’armi molto allenata pertanto riesce a vedere l’anima delle persone. >>
<< E quindi? E’ riuscita a vedere che la mia è un’anima normalissima, giusto? >> dovevo continuare a mentire e sarebbe finito tutto per il meglio.
<< No, ha visto che sei una fenice. L’ultima per la precisione. >> mi disse pungente.
Sentivo la mia fermezza vacillare. Mi ha scoperta è finita.
<< Quindi? Che vuoi fare? >>
<< Ucciderti e prendermi la tua anima e il tuo sangue. Saranno ottimi per il Kishin. >>
Mi paralizzai.
<< Crona fai il tuo dovere. >> detto questo saltò sulla scopa e si librò in alto.
La ragazza alzò la spada, e io mi rannicchiai e chiusi gli occhi in attesa della morte ma al posto di sentire la spada penetrarmi nella carne sentii come due spade che cozzano l’una contro l’altra. Aprii gli occhi. Un ragazzo alto, snello e dai capelli bianchi mi stava proteggendo però c’era qualcosa che non mi tornava, al posto del braccio aveva una falce.
La ragazza venne sbalzata via.
<< Tutto bene? >> il ragazzo mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi, accettai.
<< G-grazie, non c’era bisogno. >> dissi imbarazzata.
<< Davvero? Eppure ero sicuro che ti stessero per uccidere. >> rispose il ragazzo con un ghigno. Aveva degli splendidi occhi rossi.
<< Tu vattene da qui, a loro ci penso io. >>
Annuii e decisi di correre a chiamare aiuto.
Ero quasi arrivata quando sentii un urlo così mi voltai. La ragazza aveva colpito l’albino che adesso era accasciato a terra con una grossa ferita sul petto. Se avessi perso tempo a cercare qualcuno probabilmente sarebbe morto. Dovevo trasformarmi e cavarmela da sola. Mi nascosi in un angolo e liberai il potere del mio sigillo. Ogni fenice del mio villaggio aveva un proprio sigillo con un proprio significato, il mio era una fenice sul fianco sinistro e purtroppo non mi è mai stato detto il significato.
Sentivo il calore che mi avvolgeva e piano piano mi trasformai. A causa del poco allenamento non riuscivo a completare la trasformazione e quindi ero solo in grado di coprirmi di fuoco. Riuscivo però a creare una maschera a forma di occhi e becco di fenice.
Arrivai in tempo, la ragazza stava per dare il colpo di grazia al mio salvatore.
<< Ardemonio >> sussurrai spalancando le braccia.
Un’onda incredibile di fuoco mi avvolse. Cominciai a lottare contro Crona, lei mi colpiva con la spada ed io la colpivo con il fuoco.  L’ultimo colpo la ferì. Prima che potessi colpirla di nuovo medusa l’afferrò e la portò via.
Un gruppo di ragazzi stava correndo verso di noi ed io decisi di scappare verso l’uscita della città. Una volta al sicuro tornai normale.
Cosa ho fatto di male! Se non fossi mai arrivata qui quel ragazzo non sarebbe stato ferito! E’ tutta colpa mia.
Le lacrime bagnavano le mie calde e madide guance. Camminavo senza una meta precisa con pesanti passi sconnessi. Il cuore batteva fievolmente ed il respiro affannoso piano piano scomparve. La testa si fece pesante e gli occhi si annebbiarono. Stremata per la fatica mi rannicchiai con la schiena appoggiata ad una roccia.
Con la testa che mi scoppiava tra le mani mi addormentai lasciando cadere le ultime calde e amare lacrime che bagnarono l’ormai fredda sabbia.
La notte passò lenta e fu colma di incubi e risvegli causati da profondi urli di liberazione.
Venne la mattina e con lei il calore del sole che accarezzò dolcemente la mia pelle. Mi svegliai e mi rimisi in marcia con gli occhi ancora lustri per le lacrime e chiusi per il sonno mancato. La lunga traccia di orme cresceva mentre la mia ormai abbandonata casa si restringeva sempre più. L’ombra di una ragazza contrita e stanca si allungava con il passare delle ore di fronte a me.
Il crepuscolo si presentò ed io mi sistemai accanto all’ennesima roccia.
La nottata passò come un battito di ciglia, priva di sogni e di riposo.
La città era svanita così come la mia energia. Rimasi a contemplare il paesaggio che mi circondava, sembrava che la mia mente si fosse riversata attorno a me. Chiusi gli occhi in attesa di dormire. Il sonno arrivò e con lui la sensazione di buio e vuoto che ormai da tre giorni aveva preso possesso della mia anima.
C’erano ombre scure e indefinite attorno a me che farfugliavano e sogghignavano. D’un tratto sentii come un fruscio e il mio fianco iniziò ad intorpidirsi e bruciare. Sentii come quattro lame che mi tagliarono la pelle. Il sangue scorreva veloce e il cuore pulsava irregolare. Le mie membra si irrigidirono e il respiro iniziò a farsi affannoso. Cercai di aprire gli occhi per fuggire da quell’incubo ma non ci riuscii. Compresi che stava accadendo davvero e la paura cominciò a prendere il sopravvento facendomi lanciare gridi disperati che vennero soffocati dalla voce roca per via delle lacrime provocate dal dolore. Il sangue scorreva, mi sentivo prosciugare.
Le ombre si allontanarono soddisfatte e mi lasciarono in balia del mio misero destino.
Trovai la forza di alzarmi e alla fievole luce dell’alba esaminai il fianco dove si trovava il tatuaggio, era lacerato da quattro profondi tagli che non la smettevano di sanguinare. Cercando si seguire le mie vecchie orme arrivai nei pressi di Death City.
Con ferite così gravi, oltretutto sull’unico mezzo di trasformazione, non sarei sopravvissuta senza aiuto.
Ormai allo stremo mi accucciai sulla sabbia tiepida e strinsi le ginocchia al petto.
Chiusi gli occhi beandomi per l’ultima volta del sole che mi aveva accompagnata nei miei ultimi giorni.
 
Nuda e smarrita camminavo senza una meta tra il buio e l’oppressione. L’oscurità, così profonda da poterla stringere e toccare con le dita, mi circondava.
Così è questa la morte? Vagare per chissà quanto tempo alla ricerca dell’eterno riposo.
Sentivo i piedi umidi così mi chinai e mi rispecchiai sul pavimento bagnato. Il sangue che colava dalla ferita sporcò il riflesso e la mia immagine si dissolse nel vento.
Una leggera brezza si era alzata portando con se freddo e sussurri. Sentivo il mio nome.
Come un topo in un labirinto che cerca disperato l’uscita io cercavo la fonte dei suoni.
Giravo all’impazzata nel buio. Correvo e tentavo di fuggire dalla mia gabbia di paura. Ansimavo e arrancavo per il dolore.
Mi fermai di colpo e con le ultime forze rimaste cacciai un urlo finché la voce non diventò roca per lo sforzo. Iniziai a piangere e singhiozzare disperata.
Distesa sul lieve strato d’acqua chiusi gli occhi con la speranza di non riaprirli più. Non avevo paura del buio, avevo il rimpianto di non aver rivisto le mie “sorelle” e Kid. Dio quanto mi mancano! Ho bisogno di vedere ancora i sorridenti occhi di Patty quando stringe il suo peluche oppure Liz e la sua fissazione per la moda. Ma si dai, anche Kid e le sue nevrosi!
Sentii nuovamente il vento sfiorarmi il corpo poi un intenso calore prese il suo posto. Aprii gli occhi e mi ritrovai sull’ardente sabbia del deserto.
Aspetta ma sono viva?
Girai lo sguardo e vidi Death City, ero viva. Ero svenuta per non so quanto però a giudicare dal sole direi delle ore. La ferita era sempre più profonda e sanguinava ancora.
Strappai la felpa ed abbozzai una fasciatura. Con il piede spostai della sabbia e coprii la pozza di sangue che si era formata.
Era ora di rimettersi in marcia. Non mi allontanai molto dalla mia precedente posizione perché ero decisamente debilitata. Mi girai verso la città e vidi delle ombre nere che si allontanavano da essa.
Con la paura di essere nuovamente ferita cominciai a correre. Inciampai diverse volte peggiorando le mie condizioni e la distanza tra le ombre diminuì notevolmente. Più mi chiamavano e più fuggivo con il fiatone e il cuore che batteva veloce facendo sanguinare di nuovo la ferita.
Trovai una roccia e mi nascosi. Arrestai il respiro dato che i passi si erano fermati. Il cuore palpitava forte così mi strinsi il petto tentando di calmarlo. La ferita pulsava e le lacrime scorrevano silenziose.
<< Probabilmente ha già lasciato il deserto. >> disse una voce familiare.
<< E’ ferita non è andata lontano. >>
<< Allora è finita. >> 
I passi ricominciarono però stavolta li sentivo lontani.
Appoggiai la testa alla roccia ed ancora con gli occhi chiusi mormorai << Non lasciatemi qui.>> svenni.
 
Sentivo caldo ed una sensazione di sballottamento. Mi sembrò quasi di non toccare terra. Aprii gli occhi e mi ritrovai stretta tra le braccia di uno strano tipo con una vite in testa.  
<< Ma che diavolo? >> mormorai stranita.
Sentii una mano carezzarmi la testa. << Ho promesso che ti avrei lasciata libera di fare quello che volevi però morire non rientrava nei piani. >> mi girai verso la voce e mi ritrovai persa nei profondi occhi dorati di Kid.
<< Grazie. Ti aspettavo. >> sorrisi dolorante.
<< Come sempre. >> ricambiò.
 
 
 
 
 
 
*L’angolo della vergogna*
Si beh ho deciso di cambiare la storia perché l’altra era ad un punto morto.
Dunque:
Saranno introdotti nuovi personaggi e probabilmente la storia prenderà una piega diversa ma con qualche riferimento al manga. I personaggi saranno OOC.
Sarà scritta da me e da una mia amica.
Fatemi sapere che ne pensate.
Baci.

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Capitolo 2
*** Sangue. ***




Capitolo 1
Sangue.



« Arriva Shinigami, scappate! ».
Nel villaggio di Agger, villaggio delle streghe d'acqua, si era scatenato il finimondo. Shinigami le aveva attaccate senza motivo, dicendo di voler sterminare la completa razza delle streghe.
Quella maschera bianca, quella maschera bianca e minacciosa aveva incantato Sophia: l'aveva pietrificata dalla paura.
« Muoviti, Sophia! ».
La madre la strattonava per il braccio. Nei suoi occhi scuri si poteva leggere la paura e la disperazione.
Alcune streghe cercavano di rallentare Shinigami, ma era tutto inutile: lui era troppo forte.
Sophia e sua mamma entrarono in casa, all'esterno continuavano i rumori della battaglia.
La bambina seguì la donna nella camera da letto. La madre aprì l'armadio e vi nascose la bambina.
« Non aver paura, andrà tutto bene ˗ gli occhi della donna si riempirono di lacrime˗ ti voglio bene, bambina mia ».
Dicendo così, la baciò sulla fronte e le diede la sua collana: un ciondolo di diamante, trasparente come il ghiaccio.
La donna chiuse le porte dell'armadio, correndo via in preda, pensò Sophia, ai singhiozzi.
La bambina iniziò a piangere, tappandosi la bocca con le mani per non emettere suoni.
Poi, con gli occhi impiastricciati dalle lacrime, si addormentò.
Adesso, lei era veramente sola: l'ultima stregha dell'acqua, una povera bambina di soli sei anni.
Quando si svegliò, non sentì i rumori della battaglia che veniva consumata al villaggio.
Quando si svegliò, si accorse di non essere più nell'armadio: era tra le braccia di una donna.
Al primo impatto, la bambina pensò fosse sua madre, ma dopo la osservò bene: la sua pelle era bianca, i capelli biondi erano legati in una sola treccia che le ricadeva sul petto.
Gli occhi erano gialli, con la pupilla verticale e stretta nera.
Con gli occhi azzurri la bambina studiava il volto della donna, cercando una qualche somiglianza con se stessa o con sua madre.
L'unica somiglianza che era riuscita a trovare furono i tatuaggi neri sulle braccia: dei serpenti, neri come la pece.
« Ti sei svegliata. Ti ho portata via da quel villaggio distrutto. »
Sophia continuava a fissarla, senza riuscire a parlare.
Poi, vide la donna saltare agilmente su di una scopa. Quindi, la misteriosa donna dei serpenti doveva essere una strega. Una come lei.
« Io...Io sono Sophia. »
La donna sorrise. Ma non era un sorriso dolce come quello di sua madre: era un sorriso macabro, anche abbastanza inquietante.
Volarano sul deserto, in sella alla scopa di quella strana strega bionda.
Arrivarono a delle montagne, montagne molto alte.
La scopa iniziò a scendere in picchiata, tanto velocemente che Sophia pensò di schiatarsi al suolo.
Quando smisero di volare, Sophia aprì lentamente gli occhi: si trovavano davanti ad un grande cancello di fero battuto nero, i disegni del ferro ricordavano dei serpenti intrecciati.
All'arrivo della misteriosa donna, i cancelli si aprirono, lasciandola passare.
« Adesso puoi camminare da sola ». Mise la bambina a terra. Le scarpette nere toccarono il terreno, e Sophia sentì una grande energia fluirle dentro: sembrava che quel luogo fosse intriso di magia.
La donna camminava molto velocemente: il rumore dei suoi passi scandiva anche il respiro di Sophia, che ammirava con gli occhietti azzurri e vispi tutto ciò che aveva intorno. 
Arrivarono ad un portone: un portone immenso e dorato.
La donna alzò una mano, pronunciò qualche parole appena percettibile e questo si aprì.
Un vasto corridoio bianco si presentò davanti a Sophia: non aveva mai visto un luogo così pulito in tutta la sua breve vita.
La donna si girò verso di lei e la fissò con i suoi occi gialli da rettile: « D'ora in poi questa sarà la tua casa. Io sono Medusa, la tua padrona, dovrai obbedirmi senza opporre resistenza, mai ».
Sophia, anche se un po' spiazzata, sorrise in risposta.
« Ho capito, zietta! »
Non vorrei mentirvi, ma Sophia mi disse in seguito di aver visto un piccolo sorriso balenare sul volto di Medusa.

Sophia seguì la donna nel lungo corridoio bianco, quando arrivò ad una porta.
« Questa sarà la tua stanza. Troverai un altro bambino, non uccidetevi a vicenda. Mi servite entrambi. »
Detto questo, la donna se ne andò.
Sophia si mise sulle punte e abbassò la maniglia. Dentro, seduto su di un letto, stava un bambino: i capelli neri gli ricadevano sul volto, le mani erano bagnate e singhiozzava.
Sophia entrò sorridendo, cercando di pulirsi al meglio le guance e le mani sporche di terra e cenere.
« Ciao! ».
Il bambino alzò il volto: aveva dei bellissimi occhi azzurri, arrossati dal pianto.
« Ciao.. ».
Il ragazzino si passò il braccio sotto il naso per asciugarsi il moccio. I suoi vestiti erano malandati e bruciati, come se fosse stato coninvolto in un incendio o qualcosa di simile.
« Io sono Sophia, la zietta mi ha salvata dal mio villaggio, è stato distrutto ».
Sophia continuava a sorridere: le mancavano gli incisivi superiori; aveva un'aria dannatamente buffa così.
« Io -sniff- sono Nail. Lei ha distrutto il mio villaggio, ecco per sono qui ».
« Lei...Lo ha ditrutto? ». L'idea di Medusa che Sophia aveva costruito nella sua mente era crollata come un castello di carte. « No, una strega così potente non può essere malvagia...». Oppure poteva esserlo?
Questo era troppo per una bimba di soli sei anni.
« Nail-senpai, adesso ho paura! ». C'era un letto libero, Sophia si buttò su quello e strinse forte il cuscino.
Quindi, se era lì, era perché sua madre e le altre streghe del villaggio erano tutte morte?
« Cos'hai lì sulla schiena? »
« C-Come sulla schiena? ». Sophia tutto si aspettava, meno che quella domanda.
« Massì, sulla schiena hai come i tatuaggi di Medusa! ».
« D-Dici quello? 
E' il simbolo di appartenenza alla mia razza. E' come un codice che significa "acqua"».
La bambina si sforzò di sorridere, e quasi riuscì a strappare un sorriso al bambino.
« Adesso però ci conviene dormire, domani potrebbe farti quello che ha fatto a me ». Nail scoprì le braccia e mostrò delle cicatrici delle piegature dei gomiti e sui polsi, segni come di siringhe e tagli.
Sophia non rispose, ma rimase spaventata da quelle cicatrici.
Si tolse le scarpette, i calzini e si sciolse i capelli bianchi; dopo di che si infilò sotto le coperte ruvide.
Ci mise un po' a prendere sonno: fissava il viso del bambino addormentato, la sua pelle scura, le sue cicatrici.
Quando Sophia venne svegliata da Nail, il sole non era ancora sorto.
« Cosa c'è, Nail-senpai? ». Chiese la bambina, stropicciandosi gli occhietti stanchi.
« Sta arrivando ».
Infatti, la porta si aprì poco dopo: Medusa entrò, seguita da una bambina strana, con gli occhi grigi ed i capelli rosa.
« Bambini, seguitemi, dobbiamo fare alcuni esperimenti ».
« Te l'avevo detto », sussurrò Nail a Sophia, che stava ancora legandosi i capelli.
Seguirono Medusa e la bambinetta fino ad una stanza piena di provette.
Ogni porvetta conteneva un liquido rosso scuro, con su di ognuna un'etichetta come: "Spada", "Falce" o "Strega", "Lupo Mannaro".
"E' sangue", pensò Sophia, inorridita.
« Vieni qui ». Medusa fissava lei; gli occhi gialli intimidivano Sophia. « Subito, zietta..».
Medusa fece sedere Sophia su uno sgabello, le legò il braccio sinitro con un tubo di gomma e poi usò una siringa con del liquido rosso, il sangue di qualcuno.
« Ti ho impiantato il sangue di una Buki, adesso vedremo come reagirà il tuo sangue. 
Ho grandi progetti per te, piccola strega ». Medusa sorrise con quel suo sorriso macabro e Sophia rispose con una smorfia mista tra dolore e disgusto. Sentì il sapore del sangue in bocca dopo pochi minuti.
E poi, vomitò sangue per la prima volta: una pozza scura si formò sul pavimento candido.
Dopo, una ferità si aprì sulla sua schiena: seguiva perfettamente il disegno del tatuaggio, quasi sembrava che qualcuno l'avesse scorticata seguendo quelle linee guida. Sentiva il sangue scorrere sulla shiena, sentiva il calore ed il dolore. Perché perdeva tutto questo sangue?
« Chrona, scrivi: perde sangue dal tatuaggio, il suo sangue da strega ripudia quello da Buki ».
A Sophia si annebbiò la vista, aveva perso troppo sangue.
Quando si risvegliò, era stesa sul letto nella sua camera, con i vestiti impiastricciati di sangue e le mani bianchissime, quandi si confondevano con i suoi capelli.
« Sei svenuta, hai perso tantissimo sangue.
Medusa ha detto che sei un soggetto interessante, vuole usarti per altri esperimenti ».
Era la voce di Nail, era steso sul letto affianco.
« Se così posso aiutare la zietta, perderò fino all'ultima goccia del mio sangue, Nail-senpai...»
Sophia sorrise e si riaddormentò.
Le loro giornate andavano avanti così, tra esperimenti e chiacchierate a letto. Intanto, i due ragazzi crescevano e con loro cresceva anche Chrona.
Quando Sophia compì dieci anni cominciarono gli allenamenti per incrementare i suoi poteri acquatici, ma era come se qualche sigillo le impedisse di utilizzarli a pieno. Forse la collana di sua madre? Sua madre sapeva che l'avrebber sfruttata per i suoi poteri?
Comunque, Medusa continuava ad allenarla ad usare la magia e continuava a fare esperimenti su lei e su Nail.
Con Nail ebbe più successo: lo trasformò in una mezza Buki, adesso riusciva quasi a trasformarsi.
« Fa male trasformarsi, è come se il mio corpo venisse stritolato » disse una volta a Sophia, massaggiandosi le braccia.




*L'angolino*
Primo capitolo scritto dall'altra autrice, la mia amica. Se volete contattarla è Mara_Sarotta ^^
Che ne dite? :)

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Capitolo 3
*** Partnership. ***



Cambierò i punti di vista nel corso dei capitoli per rendere la storia più completa.
*Frase* messaggi ecc.
*Frase*ricordi.
 Frase   pensieri.
 
Soul.
<< Allora ? >>
<< Allora l’operazione è andata a buon fine così come la convalescenza. Oggi rimani in infermeria e domani potrai tornare a scuola. >> rispose quello svitato di Stein.
<< Hey prof non è da un tipo cool tornare a scuola di lunedì! Facciamo così io rimango in infermeria per altri due o tre giorni e lei riferisce a Shinigami-sama che non sono ancora guarito. >> dissi con aria soddisfatta.
<< Makaaaaaaaaaaaaa … CHOP! >>
<< MA SEI SCEMA PER CASO? >> urlai a quella stupida della mia migliore amica. << Sei venuta a trovarmi per picchiarmi e basta?? No perché se è così te ne puoi anche andare. >> aggiunsi scocciato.
Mi girai e sorrisi alla vista della buffa espressione da bambina di Maka. Lei era così bella con quei codini svolazzanti e con quei sognanti occhi verde smeraldo.
Maka era la mia famiglia ed io ho rovinato tutto, ne sono innamorato.
Quando ho deciso di scappare di casa perché non sopportavo più i miei genitori lei è stata l’unica ad offrirmi una casa. Eravamo inseparabili. Poi Maka si è trovata un compagno e sono andati a vivere insieme da bravi meister e buki. Così l’ho persa. Il loro legame è più forte del nostro e lei non sarà mai mia. Rimango a contemplare il suo bellissimo sorriso e il suo modo di fare la saputella da lontano, come si contemplano i dipinti preziosi in un museo.
<< No. Non sono scema. E’ solo che domani devi tornare a scuola perché … >> si mise a ridere a crepapelle.
<< Maka glielo dici tu o glielo dico io ? >> quando vidi che anche Stain si mise a sogghignare capii tutto.
<< Oh no un’altra volta!! >> mi cascarono le braccia. << Non ditemi che domani c’è di nuovo l’assegnazione di un compagno! >> mi tenevo la testa tra le mani.
<< Ahahahahaha si !! E’ la terza volta ormai che la fai! >> Maka continuava a ridere senza badare a me.
<< Non infierire per favore. >> risposi con il morale a terra.
Avevo provato a trovare un compagno per due volte ma niente, nessuno è compatibile con la mia anima.
<< Beh, non c’è due senza tre! >> urlò Stain.
<< Simpatici. >> risposi sarcastico.
Mi infilai sotto le coperte e mi addormentai per circa un’ora.
Al mio risveglio trovai Maka mezza addormentata su di una sedia con in mano una scatolina di ramen. Sorrisi a quella vista. Sapevo che nelle sue premure si nascondeva solo amicizia ma mi piaceva illudermi di poterla fare mia un giorno.
<< Buongiorno eh! >>
<< Oh! B-Buongiorno Soul! >> rispose sbadigliando. << Ecco tieni ti ho portato la cena. >> mi porse la scatolina.
<< Grazie. >>
Mentre mangiavo mi ricordai perché mi trovavo lì.
<< Ehi Mafa vome fsta fuella vagaffa ? >>
<< Eh?? Soul potresti evitare di parlare con la bocca piena? >>
<< Oh sì, scusa Maka! Come sta la ragazza che hanno aggredito nel vicolo la settimana scorsa? >> chiesi preoccupato.
<< L’hanno trovata in condizioni gravi fuori dalla città. >> rispose triste.
<< Merda. Ma senti, come si chiama? E almeno ha qualcuno qui a Death City?>>
<< Fanny. Kid ha detto che è una sua lontana parente. >> rispose
<< Non sembri convinta. >>
<< Beh se è una sua parente mi sembra strano che Kid non ce ne abbia mai parlato. >>
<< In effetti. >>
<< Soul, ti ricordi cos’è successo? >> Maka mi destò dai miei pensieri.
<< Beh sinceramente poco e niente. Per colpa della Stellina mi è toccato rimanere nel doposcuola e quindi sono uscito tardi. Una volta svoltato l’angolo per imboccare la strada di casa ho visto una ragazza accasciata a terra ed un uovo di Kishin la stava per colpire, così ho trasformato il braccio in falce e ho parato il colpo. Le ho ordinato di andarsene e lei mi ha ascoltato poi ho sentito una fitta al petto ed ho realizzato di essere stato colpito. >>
<< E poi? >> chiese Maka con un misto di preoccupazione e curiosità.
<< Poi sono svenuto. >> mentii. Sapevo benissimo cosa era successo dopo ma qualcosa dentro di me mi intimò di rimanere in silenzio.
<< Va bene. Adesso vado Soul. Ci vediamo >> mi salutò con un bacio sulla guancia e con un enorme sorriso. Al lieve tocco delle sue labbra mi sciolsi come un ghiacciolo in pieno agosto.
<< Ah Maka! >>
<< Dimmi Soul. >>
<< Hai dimenticato un’altra volta le medicine per Nail. Se continui così dubito che il tuo compagno guarisca. >> indicai il sacchetto appoggiato sul comodino.
<< Oh che sbadata! Grazie. >> le prese e mi salutò nuovamente.
<< Di nulla. >> ricambiai il saluto e feci cadere la testa sul cuscino. Mi rigirai diverse volte nel letto ripensando alla ragazza di quella sera.
Ma per quale diavolo di motivo ce l’avevano con lei?
Scacciai quel pensiero dalla testa e mi preparai psicologicamente ad affrontare il mio rientro per niente cool a scuola. Pensai a diversi modi per evitarlo ma nessuno risultava fattibile o efficace così con un bel po’ di delusione addosso mi addormentai.
 
L’indomani.
Pantaloni rossi? Ci sono.
Felpa da figo? C’è.
Scarpe intonate alla felpa? Ci sono.
Fascia personalizzata? C’è
Sguardo cool? Non c’è ed è normale che non ci sia, sto rientrando a scuola di lunedì!
Aprii la porta dell’infermeria e mi diressi all’entrata della scuola.
Umpf speriamo che almeno quest’anno mi vada bene.
*Dopo diverse ore*
<< POSSIBILE CHE NON CI SIA NESSUNO CHE NON HA UN COMPAGNO ?!?!?!?! NON DITEMI CHE ANCHE QUEST’ANNO SONO DA SOLO! >> urlai a squarciagola in preda alla disperazione.
<< M-mi dispiace Soul. >> mormorò Maka abbracciandomi.
<< Non ti preoccupare. Ormai devo accettare l’idea che non sono fatto per avere un compagno. Ora vado a fare due passi. >>
<< Vengo con te! >> si affrettò a rispondere.
<< No ho bisogno di stare da solo. Scusa >>.
<< Tranquillo. >> disse dispiaciuta.
La salutai con un cenno del capo e mi diressi verso l’unica cosa che mi potesse tirare su di morale, il pianoforte.
Mentre mi dirigevo verso la stanza del piano sorpassai la porta dell’infermeria dove si trattano i casi più importanti. Notai che una figura familiare accanto ad un letto. Sbirciai e notai che si trattava di Kid intento a tenere la mano ad una ragazza piena di bende.
Che faccio entro o non entro? Magari sono questioni private però potrebbe essere la ragazza del vicolo, vabbe entro.
 
Mi feci coraggio ed entrai nella stanza.
Non ho mai visto Kid così preoccupato! Pensai.
Poi soffermai lo sguardo sulla persona sdraiata nel letto. Aveva dei lunghi capelli neri raccolti in una treccia che le ricadeva sulla spalla destra, la giacca di Kid sulle spalle ed il petto completamente fasciato. Aveva una pelle candida e dei profondi occhi di ghiaccio.
 
<< Cosa ti è saltato in mente?! Non devi farti vedere e comunque oramai è quasi rotto. >> disse Kid leggermente nervoso.
<< Sono stata attenta e comunque cosa dovrebbe essere rot… >> la ragazza iniziò a tossire e sputò del sangue. Kid prontamente la sorresse e le pose un fazzoletto. << Non c’è più! Se n’è andato! >> urlò con voce roca la ragazza. << sono stata un’illusa a cercarlo tutto questo tempo. >> Kid le fece un cenno e la voce si fermò di colpo.
<< Esci. >> mi disse acido senza nemmeno girarsi.
<< Che c’è Kid, non mi riconosci nemmeno? >> gli risposi ghignando. Lui si girò di scatto e assunse un’espressione mortificata.
<< Oh scusami Soul. Sai, vengono tutti a ficcanasare su chi sia la ragazza ferita e la cosa mi disturba perché non voglio metterla sotto pressione. >> sorrise.
<< Beh tranquillo, in fondo è normale preoccuparsi per un familiare. A proposito! Piacere io sono Soul Eater, il ragazzo del vicolo. >> dissi sorridendo rivolgendomi alla ragazza.
Lei si alzò e si mise a sedere mostrando anche il ventre fasciato.
<< Io sono Fanny, Fanny Kyoraku. Grazie per avermi salvata. >> sorrise e mi tese debolmente una mano che strinsi con leggerezza.
<< Umpf di nulla. >> alzai le spalle. << Aspetta ma lei è la cugina giramondo di cui ci parlasti tempo fa? >> chiesi a Kid.
<< Si sono io. >> rise.
<< Cosa ti ha portata qui? >> Chiesi curioso.
<< L’essermi addormentata su un treno sbagliato. >> rise tenendosi una mano sulla pancia.
<< Fanny dovremmo andare da papà. >> disse Kid.
<< Ah giusto. Mi cambio ed andiamo. E’ stato carino conoscerti, magari ci troviamo in giro. >> sorrise e le sue guancie si tinsero di rosa.
<< Ci troviamo in giro. >> ghignai e me ne andai.
Socchiusi leggermente la porta e rimasi ad origliare.
<< Tornando al discorso di prima, papà deve darti una brutta notizia sul tuo sigillo. >>
<< Oh no. Non dirmi che non posso più farlo…>>
Dato che stavano per aprire la porta mi nascosi dietro un angolo e li seguii fino alla Death Room. Per evitare di essere visto mi nascosi dietro ad una ghigliottina.
Fanny venne letteralmente stritolata dal grosso shinigami.
 
<< Shinigami-sama sto soffocando! >> rise.
<< Mi hai fatto preoccupare Fanny-chan. Beh in ogni caso, veniamo a noi. Il tuo sigillo è momentaneamente a pezzi e le tue condizioni fisiche non ti permettono di ricrearlo. >>
<< E allora qual è il problema? Appena sto meglio lo ricreo. >> chiese.
<< Medusa potrebbe venire a cercarti di nuovo e tu non hai protezioni. >> disse preoccupato lo shinigami.
<< Padre credo di avere un’idea. Perché non affidiamo un’arma a Fanny? >>
Lo shinigami e la ragazza lo guardarono sbigottiti.
<< Figlio, l’anima di Fanny è troppo potente per possedere un'arma normale, l'anima della sua buki deve essere forte ed incontrollabile come il fuoco. >>
Mi bloccai. Fuoco. I ricordi mi balenarono in mente, c'era del fuoco e una ragazza lo stava domando e controllando come si fa con un’arma, mi stava proteggendo. Prima di svenire scorsi un dettaglio che ho tutt'ora impresso, aveva tatuato sul fianco una fenice. 
<< Ci sarebbe un’anima ma è troppo rischioso. >> Kid si rabbuiò.
<< Perché? >> chiese Fanny.
<< Perché quell’anima ti ha vista! >> gridò furioso Kid.
Non rispose. Rimase imbambolata a guardare nel vuoto per non so quanto. D’un trattò però si accasciò a terra.
<< PERCHE’ QUEL POMERIGGIO NON SI E’ PRESO ANCHE ME! SAREBBE STATO MEGLIO PER TUTTI! >> esplose in un pianto straziante. Kid le si avvicinò e le carezzò la testa. << Se sei sopravvissuta un motivo c’è ed è per questo che ci siamo noi a proteggerti. >>
<< Voglio farlo. >> rispose decisa.
<< Cosa? >> chiese Kid sorpresò.
<< Sarò una maestra d’armi. >> sorrise.
<< Non dire scemenze Fanny. L’unico tuo modo per combattere è diventare fenice. Non puoi pretendere che una persona normale sopporti il peso della tua anima. >>
<< Fammi fare almeno una prova. >>
<< No. Devo pensare a proteggerti e farti andare con lui è sinonimo di pericolo! >>
<< NON E’ PERICOLOSO! LUI MI HA SALVATA! >> gli urlò contro. << Lasciami provare. >> aggiunse con la voce rotta dal pianto.
<< Perché sei così insistente? >> chiese premuroso Kid.
<< Perché non voglio più dipendere dagli altri. Quando voi non sarete accanto a me io che farò? Non voglio scappare Kid. Io voglio combattere. >> rispose decisa. Sentii il petto esplodere. Fenice? Dovrei fare coppia con una fenice?
<< Sei cambiata Fanny. Sei-Sei…>>
<< L’ultima fenice Kid. >> abbassò lo sguardo. << E non voglio essere ricordata come “essere mitologico” solo perché i miei antenati non si sono mai mostrati se non in casi eccezionali. Voglio essere ricordata come la ragazza che ha distrutto lo sterminatore. >>
<< Sterminatore? >>
<< Si. Quel mostro deve avere un nome. >> si misero a ridere.
<< A quanto pare sei cresciuta eh? >>
<< Si e voglio combattere. >>
<< Beh io ho una soluzione che accontenta tutti e due. Tu combatterai con Soul come partner però ad una condizione: devi mentire. >> disse malizioso.
<< Cioè? >> chiese curiosa.
<< Devi convincere Soul che tutto quello che ha visto dopo che è stato colpito è solo un sogno. >>
<< Niente di più semplice. >> gli fece l’occhiolino.
Vogliono tenermi all’oscuro di tutto? No io non lo accetto.
 
<< NESSUNO IMBROGLIA SOUL EATER EVANS. >> gridai deciso uscendo dal mio nascondiglio. I tre mi guardarono sbigottiti.
<< Io voglio solo proteggerla. Non sa ancora padroneggiare i suoi poteri né tantomeno nascondere la sua presenza. Se la trovassero sarebbe finita. >> disse nervoso Kid.
<< E’ giusto che lo sappia. >> rispose decisa Fanny.
<< E perché? Sentiamo. >> domandò acido Kid.
<< Perché adesso che conosco la gravità della situazione di sicuro non la lascio sola neanche un minuto. >> risposi al posto suo.
<< Quindi se non fosse stata una fenice l’avresti lasciata in balia del suo destino? >> domandò perplesso Kid.
Shinigami ci zittì a tutti.
<< E’ giusto così Kid. Deve sviluppare i poteri e con Soul ed il Professor Stein sono sicuro che otterrà un ottimo risultato. >>
<< E così sia allora. Sarete partner. >> rispose rassegnato Kid.
Fanny sorrise e si congedò con la scusa di andare a salutare le ragazze.
<< Credo che debba sapere la storia in dettaglio. >> disse Kid e Shinigami-sama annuì.
<< Devi sapere che Fanny viene dal lontano villaggio del fuoco. >>
<< Non ne ho mai sentito parlare. >>
<< E’ stato distrutto circa dieci anni fa. Lei si è salvata perché i poteri si sono manifestati proteggendola. >>
<< Chi è stato? >> chiesi con rabbia.
<< Non lo sappiamo con precisione. Però ha sterminato la sua famiglia e si è portato via il migliore amico di Fanny. >> si rattristò. << Ha iniziato a superare la cosa da quando ha conosciuto Liz e Patty. Non si è mai avvicinata a qualcun altro, ha sempre vissuto sola girando il mondo. >>
<< Quindi è già stata qui? >>
<< Si, diverse volte. Ma è stata una cosa di passaggio, più che altro veniva a trovare me e le ragazze. Solo che negli ultimi tre anni non si è fatta sentire e quando ho saputo dell’attacco nel vicolo sapevo che c’entrava lei. Grazie alla percezione dell’anima mia e del professore l’abbiamo trovata poco distante dalla città. >>
<< E’ stata Medusa? >>
<< Sicuramente. Più che altro temiamo che abbia prelevato del sangue per fare altri esperimenti oltre al sang… >>
<< Basta così Kid. E’ ora che tu vada Soul. Fanny ti aspetta. >> disse freddo lo shinigami.
Congedai entrambi e mi diressi all’uscita della Death Room.
 
Fanny.
<< COOOOOOOOOOOME TE NE VAIIIIIIIIIIIIIIIIIIII ????????? >> urlarono disperate Liz e Patty in preda alle lacrime.
<< Ragazze non mi avete nemmeno fatto finire. >> sorrisi. << Non cambio di nuovo città. Vado solamente ad abitare con il mio nuovo partner. >> arrossii.
<< COOOOSAAAAA??? Chi è? E’ carino? Che arma è? >> mi bombardarono entusiaste.
<< Allora: si ho trovato un partner, si chiama Soul Eater ed è una falce. >> sorrisi. Le ragazze si scambiarono uno sguardo e si misero a ridere.
<< Beh che c’è da ridere? >> chiesi stizzita.
<< Andrai a vivere con il ragazzo più pervertito della scuola. >> strabuzzai gli occhi.
<< Con me è tanto gentile. >> mi stupii delle parole delle ragazze.
<< Allora si è innamorato di te! >> urlò Liz.
<< Impossibile. >> scossi la testa. << E’ gentile solo perché sa cosa sono veramente. >>
<< One-chan gliel’hai detto? >> chiese Patty.
<< Si mi sembrava la cosa giusta da fare. Anche Kid e Shinigami-sama hanno appoggiato la mia decisione. >>
<< Beh meglio così. >> sorrisero. << Susu! Prepariamo le valigie! >>
Ci mettemmo a sistemare tutte le mie cose.
Beh un po’ mi dispiace lasciarle sole un’altra volta. Siamo praticamente cresciute insieme.
<< Vi mancherò? >> chiesi triste.
<< Certo! Però sappiamo che possiamo vederci quando vogliamo. >>
<< Avete ragione! >> mi asciugai una lacrima.
<< Beh ora devo andare. Ci vediamo domani mattina! >> le salutai con un enorme abbraccio.
<< Sii puntuale mi raccomando. Il professore è molto severo!. >> sbuffarono le sorelle.
<< Certo. >> le abbracciai di nuovo e mi avviai verso la scuola.
Si, mi sarebbero decisamente mancate.
Arrivata davanti all’entrata trovai Soul ad aspettarmi all’uscita. Ci incamminammo e dopo poco arrivammo a casa sua.
La sua casa si trovava in un piccolo condominio tutto colorato.
Arrivati al secondo piano Soul mi indicò la porta di casa.
Era piccola ma ordinata, c’era tutto: un piccolo salotto con una televisione ed un divanetto, una cucina con un tavolo da pranzo, due camerette e un bagno.
<< Ecco quella è camera tua. >> aprii la porta. Il letto si trovava sotto la finestra mentre l’armadio e la scrivania si trovavano sul lato opposto. C’era solo l’essenziale però ogni stanza della casa era colorata di un colore diverso e questo la rendeva molto allegra.
<< Mi piace l’arancione. >> sorrisi e Soul alzò le spalle chiudendo la porta di camera.
Mi buttai sul letto. Pfiù che stanchezza! Credo che farò un pisolino.
Infatti mi addormentai.
 
Venni svegliata la mattina seguente da un messaggio di Kid.
*Hey Fanny sono Kid. Franken Stein mi ha chiesto di dirvi che stamani tu e Soul dovete frequentare una lezione speciale da soli. Vi trovate con il professore alle 11 al bosco.
Un saluto simmetrico Death the Kid.*
Una volta fatta colazione ci incamminammo per il bosco.
Il tragitto non era lunghissimo però era per la maggior parte in salita e la pendenza non faceva bene alla mia ferita. Il professore ci attendeva all’entrata del bosco.
<< Buongiorno. >> lo salutammo in coro io e Soul.
<< Buongiorno Soul Eater. Buongiorno Fanny. >> mi squadrò.
<< Beh che c’è da guardare? >> chiesi in imbarazzo.
<< Ti facevo più… Più… Alata, magari anche con il becco. >>
<< Praticamente si aspettava un uccello?! >> chiesi irritata.
<< Più o meno. Posso vivisezionarti? Non ho mai fatto esperimenti su una fenice. >> ghignò.
<< Ehm professore io comincerei la lezione. >> esclamò Soul evidentemente preoccupato.
<< Si andiamo.>>
Ci incamminammo nel bosco e tra alberi, rovi e cespugli sbucammo in una radura. Gli alberi circondavano questo piccolo spazio di verde brillante come un diamante, grazie alla rugiada illuminata dal sole.
<< Sembra la cascata dei sospiri. >> sussurrai.
<< Cosa? >> chiese curioso Soul.
<< No nulla lascia stare. >> sorrisi.
Ci mettemmo l’uno accanto all’altra di fronte al professore.
<< Soul devo dire che la tua anima è piuttosto grande in confronto a quella di Fanny. >> affermò stupito.
<< E meno male che eri te quella ad avere l’anima troppo potente! >> Soul si mise a ridere a crepapelle.
<< La stai trattenendo vero? >>
<< Cosa? >> lo guardai interrogativa. << Ahhhh l’anima. Non ho la più pallida idea di come si faccia. >> feci una smorfia.
<< Dimmi solo come ti senti. >>
<< Mi sento tesa perché la ferita mi fa male e quindi cerco di concentrare il fuoco li per calmare il dolore. In più credo di avere paura di bruciare qualcosa. >>
<< Chiudi gli occhi e rilassati.  >> mi rassicurò Stain.
Feci come mi disse ed immediatamente sentii il fuoco scorrere dentro di me. Ardevo come non mai così aprii gli occhi e vidi che ero rimasta in forma umana. Com’è possibile? L’ultima volta che ho provato questa sensazione mi sono trasformata.
<< Si non sei trasformata. Le tue condizioni te lo impediscono. >>
<< Quindi non posso più trasformarmi? >> chiesi rattristata.
<< Certo che puoi. Però per adesso devi concentrarti solo sul rimarginare la ferita. Dato che voi fenici potete. >>
<< Figo. >> sussurrò Soul.
<< Adesso chiudete gli occhi e cercate di entrare in contatto con il vostro compagno. >>
<< Si professore. >> rispondemmo in coro.
Chiudemmo gli occhi all’unisono e cercammo di incontrarci. Quando avvenne sentii la mente distaccarsi dal corpo e mi ritrovai persa nel mezzo del nulla. Mi accovacciai e strinsi le braccia al petto piangendo silenziosamente. Sentii dei passi che si avvicinavano sempre più. Il cuore batteva all’impazzata. D’un tratto i passi cessarono.
<< Non sei più da sola. Da adesso ci sono io con te. >>
Quella maledettissima voce da strafottente.
<< Te ne andrai anche te. Tutti se ne vanno. >> non smisi di piangere.
<< Io non sono “tutti”. Io sono Soul e sono qui per te. >> ghignò.
Alzai lo sguardo e lui mi prese la mano. Ci incamminammo verso una luce mano nella mano e ci svegliammo.
<< Così è questa una connessione tra anime? >> chiesi estasiata.
<< Si e ci siete riusciti molto bene. >>
<< Un tipo cool come me non poteva fare altrimenti. >> ghignò.
<< Soul trasformati in falce e provate a combattere. >>
<< Grande! >>
<< Eh no aspettate! Come diavolo si maneggia una falce? >> chiesi allarmate.
<< Come il fuoco. >> rispose Stain.
Soul si trasformò ed atterrò sulle mie mani. Accidenti com’è leggero!
Stain ci fece cenno di attaccarlo così mi diressi a corsa verso di lui e cercai di colpirlo a casaccio.
*Ma come diavolo faccio??*
*Devi concentrarti*
*Come fai a sentirmi Soul? Sto pensando.*
*Siamo connessi.*
*Oh giusto*!
*Ti ricordi quello che ha detto Stain? Mettilo in pratica.*
*Ha detto che devo maneggiarti come faccio con il fuoco. Però come posso fare?*
Chiusi gli occhi e liberai l’anima dalla paura. Riuscivo a sentire l’anima di Soul, anzi, riuscivo a vederla. Un piccolo batuffolo celeste fluttuava davanti ai miei occhi. Lo afferrai e sentii che le nostre anime erano in perfetta sintonia. Come il cantante e la musica. Come il pianista e il pianoforte.
Aprii gli occhi. Nella mano destra stringevo Soul mentre l’altra era infuocata. Stain mi guardò meravigliato. Improvvisamente il fuoco si spostò attorno alla falce. Io la feci roteare sulla testa e poi colpii. Il fuoco lascio Soul e si diresse ad una velocità ed una forza impressionante verso il professore che venne colpito in pieno. Quando il fumo si dissolse notai che era riuscito ad evitare il colpo della falce ma non quello del fuoco.
<< Ecco è proprio questo quello che intendevo! >> esclamò il professore ormai in mutande.
Soul si ritrasformò e con mia grande gioia notai che non era assolutamente bruciato. Appena vide Stain scoppiò dalle risate. Poi si girò verso di me.
<< Non lo trovi divertente? >> chiese.
<< Si ma… Non capisco cosa è successo.>>
<< Ve lo posso spiegare io se cortesemente smettete di ridere. >> chiese Stain irritato. << Dunque, siete semplicemente entrati in risonanza. Una risonanza divenuta molto potente grazie al fuoco di Fanny. >> sorrisi soddisfatta. << Dovete perfezionarla però siete già sulla buona strada. D’ora in avanti seguirete le lezioni normali e poi vi allenerete per conto vostro. >> sorrise e si diresse verso l’uscita del bosco.
<< Professore una domanda! >> urlai prima che se ne andasse. << Ma lei come mai ci ha voluto qui stamani?. >>
<< Per assicurarmi che tutto andasse per il verso giusto. E per studiare le vostre anime. >>
<< Ok. Ci vediamo. >>
<< A presto. >>
Lo salutai con un piccolo cenno della mano e poi mi sdraiai sull’erba oramai asciutta. Soul invece si mise a sedere accanto a me.
<< Figo vero? >> chiese guardando l’orizzonte.
<< Cosa l’allenamento? Si decisamente. >> sorrisi. << Diventeremo una bella squadra. >> mi misi a sedere e gli detti un piccolo cazzotto sulla spalla.
<< Io veramente intendevo essere una fenice. >> rimasi spiazzata dalla sua domanda.
<< Perché me lo chiedi? >> mi alzai e mi misi a sedere di fronte a lui per poterlo guardare negli occhi.
<< Perché voglio conoscerti meglio. >>
<< Beh a dire il vero è come essere una persona normale solo che puoi volare e controllare il fuoco. >>
<< Puoi anche rigenerarti vero? >> chiese.
<< Solo in determinate circostanze. Se veniamo ferite quando siamo in forma normale e non possiamo trasformarci non siamo in grado di curarci. >>
<< Quindi se non ti avessero trovata saresti morta? >>
<< Si. >> abbassai lo sguardo.
<< E’ per questo che hai così paura? >>
<< Si. Se non posso trasformarmi sono debole, ancora più debole di un normale essere umano. >> mi guardò preoccupato.
<< Da adesso però non devi più preoccuparti. Ci sono io a proteggerti. >> mi abbracciò stretta ed io ricambiai l’abbraccio.
 
Soul.
Tempo di arrivare sotto casa che mi squillò il cellulare.
*Soul indovina un po’? Siamo tornati! Ti aspettiamo davanti all’entrata della scuola assieme agli altri.
Un bacino Maka.*
Una volta letto il messaggio decisi di risponderle.
*Com’è andata la missione?
Tra dieci minuti siamo li.
Soul.*
Dopo poco arrivò la risposta di Maka.
*Benissimo comunque i dettagli ve li racconto dopo.
Siamo chi?
Rispondi, Maka.
Salii in casa ed entrai in camera buttandomi sul letto esausto.
* Io e la ragazza del vicolo siamo compagni.
Ci vediamo dopo, Soul.*
Maka rispose dopo pochi secondi.
* Perfetto 
Maka.*
 
Tempo di cambiarci e ci dirigemmo alla Shibusen. Fanny era visibilmente nervosa all’idea di incontrare altra gente e la comprendevo.
<< Tranquilla mica ti mangiano. >> tentai di rassicurarla. Lei sorrise ma non disse nulla.
 
Fanny.
Appena arrivati scorsi subito Kid e le ragazze. Accanto a Liz c’era una ragazza alta e formosa, con una lunga coda di cavallo nera e dei brillanti occhi color della notte. Patty invece stava giocando alla lotta con un muscoloso nanetto dai capelli celesti ed a punta, scorsi vagamente dei furbi occhi verdi. Soul poi mi indicò la sua amica Maka. Lei aveva i capelli biondo cenere legati in due buffi codini e gli occhi sognanti color smeraldo. Kid invece stava conversando con un ragazzo più alto di lui di una spanna, portava i lunghi capelli viola scuro legati in un codino basso ed aveva dei magnetici occhi anch’essi viola. Attaccata al suo braccio c’era una buffa ragazza dai capelli bianchi legati in uno scompigliato chignon, i suoi occhi celeste puro erano fissi sul professor Stein che si dirigeva verso il suo laboratorio.
Eravamo quasi arrivata quando il compagno di Maka si girò. Mi bloccai nel bel mezzo della scalinata.
Pelle scura.
Alto.
Muscoloso.
Occhi azzurri come il cielo al mattino.
Capelli neri, lunghi e in disordine.
<< N-non p-può essere. >> avevo gli occhi spalancati e balbettavo.
Il ragazzo aveva una mano in tasca. La estrasse e vidi l’oggetto che dette conferma alle mie supposizioni. Un braccialetto di cuoio intrecciato con un filo rosso fuoco.
Soul mi scosse preoccupato.
<< Fanny che è successo? >>
Udendo il mio nome il ragazzo si girò verso di me e sorrise.
Le lacrime cominciarono a scendere rigandomi il pallido volto.
<< E’ vivo… L’ho cercato in tutto il mondo e lui era qui… >> mi sentii improvvisamente completa.
Sorridente e mi accasciai tra le braccia di Soul.





*L'angolino*
Allora questo è il secondo capitolo della storia di Fanny. Rispetto alla vecchia FF è tutto molto più veloce.
Fatemi sapere^^
  *Frase*ricordi.
 Frase   pensieri.
 

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Capitolo 4
*** Bianca come la neve. ***


Capitolo 2
Bianca come la neve.


Sophia aveva sempre pensato come a Medusa, Nail e Chrona come la sua nuova famiglia: nessun'altro poteva farne parte, nessuno doveva interferire.

« Nail, tu starai sempre con me, vero? »
« Certo Sophia-chan, tu sei la mia sorellina ».

Una mattina, qualche giorno prima del sedicesimo compleanno di Nail, Medusa li chiamò nel laboratoria. Ma questa volta non era per un esperimento: voleva che si iscrivessero alla Shibusen, la scuola per Buki e Maestri d'armi, per spiare Shinigami ed i suoi piani.
Alla parola "Shinigami", il sangue ribollì nelle vene di Sophia: lui aveva distrutto il suo villaggio, lui aveva ucciso sua madre.
Il primo lunedì dopo il compleanno di Nail, Sophia ed il ragazzo, furono inviati a Death City da Medusa. Avevano il compito di infiltrarsi nella scuola e di spacciarsi per cugini, motivando le assenze che avrebbero fatto per permettere a Medusa di continuare i suoi esperimenti.
« Non destate sospetti, se sarete bravi vi meriterete un premio ».
Così, erano partiti.
Medusa li aveva portati, con la sua scopa, fino alle porte di Death City, lasciandoli da soli per paura di essere vista.
Sophia e Nail camminarono nell'aria fresca dell'alba per qualche ora prima di trovare la scuola, la famosa Shibusen: maschere di Shinigami domanivano tutta la scuola. Sophia sentì la rabbia crescere dentro di se'.
« Stai calma, non dobbiamo farci scoprire ».
Nail, anche se sorrideva, era evidentemente agitato. Come Sophia, la notte prima non aveva dormito: da quanto era che non vedevano persone esterne alla loro stramba "famiglia"?
Le porte della scuola si aprirono presto, lasciando entrare i due ragazzi.
Alla segreteria, parò Sophia: « Io, Sophia Mizu, e mio cugino, Nail Melez, vorremmo iscriverci alla Shibusen ».
I capelli bianchi le ricadevano in modo disordinato sulla schiena, mentre gli occhi azzurri guardavano fissa la donna dietro la scrivania, quasi con un fare di ghiaccio.
Invece, Nail, si guardava in giro, con le braccia alzate e le mani intrecciate dietro il collo.
« C-Certo. Siamo sempre felici di accogliere nuovi studenti! ». La donna sorrideva, ma si vedeva benissimo la preoccupazione per quei ragazzi così strani.
« A che ora cominciano le lezioni? »
« C-Certo, cominciano tra mezz'ora, alle otto. V-Verranno anche assegnati i compagni. S-Spero vi t-troverete n-nella nostra scuola! ». Ancora quell'espressione spaventata sul viso della donna della segreteria.
Sophia camminò verso Nail, sorridendo come prima di rivolgersi alla donna.
« Ha detto che tra poco cominceranno le lezioni. Cosa vuoi fare adesso? »
« Andiamo in giro per la scuola, tanto non abbiamo niente da fare »
« Come vuoi tu, Nail! »
Sorridendo, prese la mano di Nail ed insieme cominciarono a girare per la scuola: per i corridoi, nelle aule, nei laboratori. L'ultimo laboratorio, quello di scienze, fu quello che colpì di più Sophia: un uomo, i capelli grigi, degli occhi dalla montatura sottile e rotonda, un camice bianco tutto rattoppato e, la cosa più strana, una grossa vite in testa.
Sophia pensò subito che quello era un uomo decisamente strano: stava vivisezionando una povera rana, che si lamentava e cercava di scappare dalle mani di quello scienziato pazzo.
« Sophia, -sussurrò Nail all'orecchio della ragazza- andiamo via, questo tizio non mi piace »
Come Nail aprì bocca, lo sguardo dell'uomo si posò su loro due. I suoi piccoli occhi li studiavano in fretta, era come se riuscisse a vedere addirittura la loro anima.
« Qindi voi non siete dei semplici studenti.
Vedo che nelle vostre anime c'è qualcosa di diverso dalle altre Buki -il suo sguardo si posò su Nail- e dagli altri maestri d'armi – questa volta fissò Sophia-. Mi piacerebbe vivisezionarvi, non ho mai vivisezionato né un ibrido di sangue né una strega ». L'uomo sorrise in modo sadico e i suoi occhietti brillarono.
Sophia sentì una strana sensazione nello stomaco; una sensazione abbastanza strana per la ragazza.
« Adesso andate, non vorrei interrompere il vostro appuntamento ». L'uomo sorrise, poi tornò alla sua povera rana, ormai morta.
« M-Ma no, professore! Il nostro non è un appuntamento! ». Subito Sophia mise le mani avanti, quasi per far capire al professore di essere libera. 
/Sophia, ogni tanto mi sorprendo di te/.
« Noi dobbiamo andare. Arrivederci, professore ». Nail strattonò Sophia, tirandola per un braccio e trascinandola fuori dal laboratorio.
Sophia continuò a pensare al professore, finché Nail lo fissò malissimo tanto da farla sentire in colpa.
« Ti ricordo che non dobbiamo farci notare. Siamo qui per spiare questi qui, non dobbiamo familiazzare con loro ». Sophia annuì, un po' in colpa per aver disobbedito all'ordine della zietta.
Suonò la campanella.
Le classi cominciarono a riempirsi di studenti ancora mezzi addormentati.
Sophia e Nail furono divisi, per essere messi in corsi diversi.
Un professore dalla pelle scura, dei lunghi rasta e vestito in modo abbastanza sportivo la presentò alla classe. Le indicò un posto libero vicino ad un ragazzo dai capelli azzurri e con una strana forma, ma preferì sedersi in un banco da sola.
Seguì la lezione molto svogliatamente, sentì solo qualcosa tipo "catturare novantanove anime blablabla, i maestri d'armi e le buki blablabla".
Quando suonò la campanella, il professore disse a tutti gli alunni che ancora non avevano un compagno (Buki o Maestro d'armi che fosse) doveva recarsi nell'auditorium per essere assegnato ad un compagno.
Sophia seguì una gran massa di studenti nell'auditorium. Cercò una sedia libera: trovò un posto vicino ad una formosa ragazza dai capelli neri, che parlava con il ragazzino con i capelli azzurri vicino a cui aveva rfiutato di sedersi.
Il professore chiamò alcuni studenti, quasi tutti furono accoppiati.
Quando arrivò il turno di Sophia, la ragazza sentì gli occhi di tutti addosso.
"Probabilmente fissano i miei capelli bianchi", pensò, mentre si dirigeva verso il professore.
Dopo che alcuni studenti, tra ragazze e ragazzi, provarono a entrare in risonanza con Sophia, il professore chiamò un ragazzo di nome "Ryu Oji".
A Sophia si mozzò il fiato: era un ragazzo bellissimo. Il viso dai tratti delicati, due occhi viola, esattamente come i capelli (raccolti in un codino basso che ricadeva sulla schiena); indossava un pantalone nero, una camicia bianca ed una cravatta nera slacciata.
« Ryu, adesso trasformati.
Sophia, tu prendi la sua forma di Buki, vedremo cosa succede ».
Il ragazzo sorrise a Sophia, poi si trasformò in un arco: un arco di ebano scurissimo, con una corda finissima ma molto resistente. Era un arco molto grande e da una forma decisamente sinuosa.
Istintivamente, Sophia prese l'arco al volo.
Quando lo toccò, successe qualcosa: non si trovava più nell'auditorium, ma in una stanza completamente buia. Era in piedi, da sola. Sophia si prese la testa fra le mani e si accovacciò: aveva sempre avuto paura del buio. 
« Stai tranquilla, ci sono io con te ». Nel buio vide una mano; alzò lo sguardo e vide che era la mano di Ryu: la teneva tesa verso di lei.
« Prendi la mia mano, d'ora in poi staremo sempre insieme ». Ryu sorrideva e Sophia rispose al suo sorriso.
La ragazza riaprì gli occhi: adesso era di nuovo nell'auditorium, l'arco stretto nelle mani.
« Adesso prova a formare una freccia con la tua energia spirituale ».
Sophia annuì.
"Come faccio?"
"Devi solo concentrarti, stai tranquilla"
"Come fai a sentire i miei pensieri, Ryu?!"
"Siamo in connessione, ricordalo"
"A-Ah. Okay, mi concentro"
Pensò di creare una freccia: una freccia di ghiaccio. E poi, sentì qualcosa tra le mani: una freccia di ghiaccio, ma non si sciolse al contatto con la pelle della ragazza.
"Brava, una freccia di ghiaccio ed anima. Come hai fatto a ricavare il ghiaccio?"
"N-Non lo so! Mi è venuto così!". Non poteva dire di essere una strega d'acqua, non doveva saperlo nessuno.
« Benissimo Sophia! Credo proprio che tu abbia trovato un compagno ». Il professore sorrise, mentre Ryu riprendeva la sua forma umana.
« Vieni Sophia -disse Ryu, con un'aria molto calma ed affascinante- andiamoci a sedere vicini »
Sophia sorrise, seguendo di buon grado il ragazzo. Un ragazzo bellissimo come compagno, Sophia non poteva crederci.
Una volta seduti, Sophia si sentì dannatamente in imbarazzo.
« Tu non sei una maestra d'armi qualunque, la tua anima è diversa da quella degli altri »
« Come..Come fai a saperlo? ». Chiese, guardando il viso assente di Ryu.
« Non sei la prima maestra d'armi con cui lavoro. La mia precedente maestra è stata mia sorella maggiore: è morta qualche anno fa. Quest'anno sono tornato alla Shibusen, pensavo di dovermene fare una ragione, ormai ».
« O-Oh, mi dispiace. Beh, se può darti un po' di conforto, io sono un'orfana. Mia madre è morta quand'ero molto piccola ». Sophia abbozzò un sorriso e Ryu ricambiò.
« Hai un posto dove vivere? Di solito Buki e Maestri d'armi vivono insieme, dicono rafforzi il rapporto ».
...Quindi Nail sarebbe andato a vivere con la sua maestra d'armi?
"Tanto lo vedrò a casa della zietta, ha detto che continuerà a fare esperimenti su di noi anche dopo l'iscrizione". Stranamente, Sophia fu felice di quella notizia: sarebbero stati insieme ancora.
« Pensavo, potresti venire a vivere da me. Il mio appartamento è vuoto e c'è una stanza vuota. Magari con qualche modifica potresti sentirti a casa ».
Dopo che tutti gli studenti (o quasi, qulacuno rimase da solo) furomo accopiati, gli studenti furono mandati a casa.
Sophia, tenendo stretta la sua borsa sotto il braccio, seguì Ryu fino ad una piazza con una grande fontana.
« Il mio appartamento è in questo palazzo ». Ryu indicava un condominio verde, con delle belle finestre grandi.
Salirono le scale del palazzo, arrivarono davanti alla porta; Ryu infilò la chiave nella toppa ed entrarono nella casetta, abbastanza spoglia.
L'ingresso fungeva anche da salotto: un divanetto marrone con una Tv ed un tavolino con sopra una piccola lampada ed un vado di fiori vuoto.
La cucina era molto carina, anche se piccola.
« Vieni, ti mostro la tua stanza ». Sophia seguì il ragazzo in una stanza abbastanza grande: le pareti erano azzurre, un letto con accanto un comodino con una bajour, un armadio a due ante ed una scrivania con una lampada ed una librei affianco.
« Grazie di ospitarmi a casa tua, sei davvero gentile ».
« Di niente ».
« Mi piace questa stanza: è colorata ».
« Per te, che sei bianca come la neve, una stanza colorata è la migliore ».
Ryu sorrise.

Un anno passa in fretta. Tra esperimenti e la scuola e le missioni, Sophia aveva davvero pochissimo tempo da passare con Nail. Il suo rapporto con Ryu era decisamente ottimo: erano buoni amici, lui cucinava e lei puliva la piccola casa. In un anno erano riusciti a raccogliere circa cinquanta uova di Kishin. Mancava poco perché Ryu diventasse falce della morte.
Sophia era felice: Medusa aveva smesso di fare esperimenti con il sangue su lei e Nail.



*L'angolino*
Come potete ben vedere questa FF presenta due storie tra loro parallele quella di Fanny e quella di Sophia.
Speriamo che vi piacciano^^

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Capitolo 5
*** Creatura. ***


Capitolo 3«»
Creatura 


« Zietta, cosa dovrei scoprire? »
« Qualsiasi cosa possibile per distruggere Shinigami ».

Ormai, era passato quasi un anno da quando si trovava alla Shibusen. 
La vita scorreva tranquilla. Il suo compagno d'armi, Ryu Oji, si era dimostrato un'ottima Buki, tanto che erano riusciti a raccogliere cinquanta uova di Kishin. Mancava poco perché Ryu riuscisse a diventare l'arma di Shinigami.
Questo, Sophia, non poteva proprio sopportarlo: perché Ryu sarebbe dovuto diventare l'arma di Shinigami? Dopo che lei aveva lavorato tanto per renderlo tanto potente? Perché Ryu, quello che adesso considerava il suo più caro amico, doveva andarsene per stare con quell'essere orribile che aveva distrutto il suo villaggio?
A quest'idea, l'odio che Sophia provava nei confronti di Shinigami cresceva sempre di più.

Quella mattina, si era svegliata di buon umore: aveva legato i capelli bianchi in due codine basse ai lati della nuca, il paio di occhialoni messi a mo' di cerchietto; la blusa bianca era coperta sul torso da un corpetto marrone scuro, con delle decorazioni dorate; una gonna marrone a pieghe e degli stivali con i lacci decorati nello stesso modo del corpetto.
Ryu, al contrario, indossava una canottiera nera con sopa disegnata la maschera di Shinigami (che chiaramente Sophia non approvava), un paio di jenas e delle semplici scarpe da ginnastica.
« Sai che odio quella maglietta »
« Eddai, solo per oggi! »

Camminarono fino alla Shibusen, chiacchierando del più e del meno. Era una bella mattina di sole: c'era un gran caldo e Sophia cominciava a sudare, era dannatamente sensibile al calore.
Arrivarono presto alla scuola: c'erano ancora molti studenti che dovevano ancora entrare.
« Vieni, Ryucchan, cerchiamo un posto fresco ». Sophia sorrise, aveva la fronte imperlata di sudore. Ryu annuì. Entrarono nella scuola: il laboratorio di scienze era l'aula più fresca tra tutte quelle della scuola.
Il professor Stein era seduto al piano di lavoro, con un sorriso sadico in volto ed un povero uccellino sotto i bisturi. Il pennuto batteva il becco lamentandosi, ma aveva le ali inchiodate al tavolo con dei piccoli aghetti.
« ...uccellino, non ho mai vivisezionato una come lei, lo sai? »
« Una come lei chi? ». Chiese Sophia, fissando il professore: era saltato dallo spavento, probabilmente non aveva sentito entrare i due ragazzi.
« Buongiorno cari ragazzi! Come state questa mattina? »
« Professore -intervenne Ryu, tenendo le mani n tasca- cosa è successo? Chi è questa cosa di cui parlava?»
« Beh, forse non dovrei dirvelo, ma c'è qualcosa di strano e meraviglioso nella scuola. Proprio domani avrò una lezione con lei e Soul Evans ». Stein sorrise, tagliuzzando e sferruzzando il povero uccellino lamentoso.
« Professore -disse Sophia, supponendo un'arma segreta di Shinigami- dobbiamo sapern ». Fu bloccata da Ryu. Lo guardò: la fissava con una tale intensità che la ragazza capì di dover stare zitta.
« Ci scusi -intervenne il ragazzo- non volevo impicciarci »
« Tranquilli. Non si può fare a meno di parlare di un uccello mitologico come lei, dopo tutto ». Sorrise; l'uccellino era morto.
Suonò la campanella, e quindi i due amici si dirigerono verso la loro aula.
Sophia trovava la lezione dannatamente noiosa, anche perché non poteva fare a meno di pensare alle parole di Stein: "Una come lei". Quindi era una persona? Doveva assolutamente dirlo a Medusa.
"Tutto bene?", Ryu aveva scribacchiato con la sua calligrafia delicata il messaggio su un bigliettino di carta.
"No, non mi sento molto bene, puoi accompagnarmi in infermeria?". Ryu annuì, sorridendo leggermente.
« Professore, la mia compagna d'armi non si sente molto bene. Mi da il permesso di accompagnarla in infermeria? ». Il professore annuì, così che i due ragazzi uscirono dall'aula, dirigendosi in infermeria.
Non era vero che Sophia si sentiva male, solo voleva avere la possibilità di schiarirsi le idee su cosa fare.
Certamente, doveva dire a Medusa cosa stava succedendo. Ma doveva dirlo anche a Nail, non poteva lasciarlo all'oscuro.
Intanto, doveva assolutamente vedere Nail: a ricreazione lo cercò.
Andarono nel cortile, per parlare da soli.
« Sai, Nail, stamattina ho sentito Stein parlare di qualcosa che è entrato nella scuola... »
« Ah sì? ». Nail cercava di sembrare interessato, ma in realtà il suo sgurdo e la sua mente erano assenti.
« Sembra si tratti di un uccello mitologico, ma il professore lo descriveva come una lei... »
Gli occhi azzurri di Nail s'illuminarono. « Un uccello mitologico? Una lei? ». Sorridendo di vera felicità, Nail prese le mani di Sophia, « Ma non capisci? Potrebbe essere Fanny! L'amica che ti ho sempre descritto! Potrebbe essere lei! ».
No, non poteva essere ancora viva. Ormai quella ragazza doveva essere morta da un pezzo, non doveva interferire con la vita di Sophia e Nail.
« Ma quella ragazza...quella ragazza non deveva essere morta? »
« Ma non capisci? Forse è ancora viva! »
« Nail! -il tono di voce di Sophia era stranamente alterato- Quella ragazza è morta! MORTA! Ormai siamo io e Medusa la tua famiglia, nessun'altro! Fanny è morta! »
Il viso di Nail si rabbuiò, lasciò le mani della ragazza. Adesso guardava Sophia con disprezzo.
« Come osi pensare che sia morta? Lei è la mia unica e vera famiglia ormai! Né tu né Medusa lo siete! Voi non siente niente per me in confronto a lei! »
Detto questo, il ragazzo si allontanò, lasciando Sophia sola con le sue lacrime e la sua rabbia. E poi, l'odio. Quelle parle l'avevano ferita, certo, ma presto il suo dolore si tramutò in odio. Odio verso quella ragazza tornata dal passato per distruggere la sua vita.
Non disse niente a Ryu, fingendo una piccola discussione tra cugini degenerata in litigio. 
Passarono le ore della giornata in modo stranamente veloce per Sophia, probabilmente pensava a cosa avrebbe detto a Medusa quella notte.
Come pensava, Medusa la venne a prendere sulla scopa a notte fonda, Ryu dormiva profondamente nella sua stanza. Arrivarono alla casa di Medusa, Sophia sperava di poter vedere Nail al più presto.
« Zietta, oggi a scuola ho scoperto qualcosa ». Medusa alzò lo sguardo dalle diverse provette di sangue, fissando intensamente la ragazza.
« Il professor Stein ha detto che c'è un uccello mitologico nella scuola, e si riferiva ad esso con un femminile. Pensi che possa avere a che fare con la Fenice che Ragnarock ha attaccato l'altra notte? »
« E' decisamente molto probabile. Dopo tutto, è stata attaccata presso Death City, è probabile che Shinigami l'abbia presa sotto la sua ala ».
Quindi Shinigami l'aveva davvero reclutata come arma?
« E sai...Percaso, sai se quella ragazza era una fenice, zietta? »
« Certo, lo era. Ma perché me lo chiedi? »
« No, era una semplice curiosità ». Quindi Nail aveva ragione, Fanny era sopravvissuta.
« Adesso vedremo come reagisce il tuo sangue da strega al sangue di una fenice: forse, al sangue magico, reagirà in modo diverso ». Subito, impiantò il sangue nelle vene di Sophia.
La ragazza sentì una strana sensazione di calore nelle vene, qualcosa che ricordava il fuoco.
E poi, sentì di nuovo il sapore del sangue in bocca, come in tutti gli altri esperimeti.
Ma questa volta fu diverso: vomitò certo sangue, ma in una quantità maggiore, il sangue che sgorgava dal suo tatuaggio era molto più del normale. E poi, i brividi: brividi di puro gela che le correvano per la schiena. Sentì qualcosa gocciolarle dalle mani: era acqua. La sua pelle si stava congelando, così come il suo sangue. Stava diventando di ghiaccio, ma era troppo debole per impedire di essere imprigionata.
Allora, Medusa, temendo di perdere una spia, intervenne frantumando il ghiaccio che si formava intorno alla ragazza.
Dopo ore così, tra sangue e ghiaccio, quella strana reazione al sangue di Fenice si fermò.
« Non mi sei utile per gli esperimenti, ma abbiamo capito che i tuoi poteri possono manifestarsi di propria volontà ».
Sophia sorrise lievemente, completamente macchiata di sangue.
Quando la mattina dopo si svegliò, era nel suo letto. Indossava abiti puliti, i suoi erano in una cesta: era completamente incrostati di sangue.
Probabilmente Medusa l'aveva cambiata prima di rimandarla a casa, Ryu avrebbe potuto fare domande strane a causa di tutto quel sangue.
Si svegliarono, fecero colazione ed andoro a scuola. Chiaramente, Sophia non idossava i suoi soliti vestiti: aveva un abitino bianco e corto, ma indossava sempre i suoi stivali e gli occhialoni, solo che aveva legato i capelli in uno chignon spettinato; non era brava a legarli così.
La mattina scorreva velocemente: incrociò due volte Nail, ma non gli parlò e non lo salutò.
Verso la tarda mattinata, c'era un'assegnazione dei compagni.
In tarda mattinata, tutti si riunirono nell'atrio. Il professor Stein si dirigeva verso il suo laboratorio, e Sophia lo fissava intensamente con i suoi occhi azzurri; era attaccata al braccio di Ryu, che stava parlando con Kid (il figlio di Shinigami).
Verso di loro arrivò Soul Evans seguito da una ragazza con i capelli neri e lunghi.
E poi, appena vide Nail, la ragazza svenne. 
Possibile che fosse...?




*L'angolino*
Eccoci con il terzo capitolo della storia di Sophia. Da qui in poi le storie avranno molti particolari in comune.

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Capitolo 6
*** Meetings. ***


Meetings.
Fanny

Sentivo caldo, dolci carezze e leggeri baci sulla fronte. Avvenne tutto in pochi secondi. Mi alzai di scatto e mollai un pugno sul suo viso d’ebano.
<< Stronzo. >> mormorai a denti stretti. Ci trovavamo in fondo alla scalinata, probabilmente mi aveva portata qui dopo essere svenuta.
<< Si anche io sono felice di rivederti. >> sorrise e si massaggiò il naso. Era cambiato, troppo per i miei gusti. Mi faceva male vederlo così, era cresciuto ed io non ero con lui. Adesso mi superava di due e tre spanne ed era molto sviluppato, i capelli erano tutti scompigliati ma i suoi occhi, i suoi bellissimi cieli azzurri erano sempre li. Erano li a fissarmi desiderosi di perdono, mi fissavano tristi, si vergognavano. 
<< IO-ERO-VIVA. >> strinsi i pugni. << MI HAI VISTA QUANDO MI SONO TRASFORMATA! >> tremavo. Le lacrime sgorgavano e mi bruciavano le guance. Mi sedetti sul gradino e mi presi la testa tra le mani. 
<< Credevo di essere morto Fanny. Ho perso la memoria dopo l’attacco. La mia famiglia adottiva, ovvero i genitori di Sophia, mi ha salvato e quando ho riacquistato la memoria hanno detto che ero l’unico sopravvissuto. >> rispose mesto.
<< Oh beh grandioso! Io invece ho girato tutto il mondo per cercarti, che imbecille. >> mi alzai e strinsi le braccia al ventre, la ferita mi stava facendo davvero male.
<< Lo hai fatto davvero? >> chiese stupito.
<< Con tutta me stessa. >> abbassai la testa.
Mi abbracciò con delicatezza, come si abbraccia un neonato. 
<< Ti chiedo scusa Fanny. E’ stato difficile, davvero. Credevo che se mi fossi ripresentato dopo tanto tempo non mi avresti voluto. >> appoggiò il mento sulla mia testa.
<< Non avrei potuto rifiutarti. >> gli presi il polso destro e lo avvicinai al mio collo. Lui ne approfittò per accarezzarmi. << E’ destino. >> sciolsi l’abbraccio e gli detti le spalle, mi stirai scoprendo il ventre fasciato.
<< Aveva ragione, eri tu… >> mormorò mentre mi fissava.
<< Come scusa? >> 
<< No niente. >> fece spallucce. << Quindi è tutto a posto? >>
M’infuriai nuovamente. << Ma non capisci?! Non è semplice cavolo! Ho perso dieci anni della mia vita a cercarti e tu sei sempre stato qui. Ho anche creduto che ormai il legame fosse rotto visto che, probabilmente, eri morto. >>
<< Se solo avessi avuto uno straccio di prova, una sola. Ti avrei cercata e sarei tornato al villaggio. >> rispose dispiaciuto. 
<< Ma fammi il favore! A te non importa niente di me né del villaggio! >> gli tirai un forte schiaffo.
Lui rimase a bocca aperta a lisciarsi la guancia.
Mi ero promessa che non avrei più sofferto per lui ma non potevo. Non potevo cancellare il mio passato così in fretta.
<< A me importa del nostro passato! >>
<< NON E’ VERO, BUGIARDO! >> urlai con la voce rotta dal pianto. << Tu non sai niente, NIENTE, di ciò che ho passato. >> girai scocciata le spalle e mi avviai verso Soul.
Mi sentii afferrare le spalle e spingere contro il muro. 
<< TU. NON. SAI. NIENTE. >> ringhiò furioso Nail.
I miei occhi si spalancarono e la paura scese cupa di me. Tremavo nervosa e il fianco doleva. Il respiro si fece quasi inesistente.
I suoi occhi erano famelici, la bocca era contorta in un ghigno malefico, mi desiderava, lo sentivo.
<< Sei solo una stupida ed egoista bambina. Hai mai provato a pensare ad una valida e maledetta motivazione alle mie azioni? Hai mai provato a chiedermi che cosa HO passato? Ti è mai interessato VERAMENTE di me? >> non riuscivo a rispondere. Troppe domande veritiere mi colpirono scalfendo il mio rigido scudo. << Umpf. Se non ti ho mai cercata o non ho mai parlato di te è perché… >> si interruppe bruscamente.
<< FINISCI LA FRASE MALEDIZIONE. >> chiesi smarrita, nervosa ed impaurita dai gesti di Nà.
<< Non ora. Ci sono troppe orecchie indiscrete qui. >> sussurrò al mio orecchio. << Ricorda: ogni cosa a suo tempo. >> mi baciò il collo. Io rimasi ferma, appiccicata al muro tremando come una foglia in autunno. << Andiamo perdonami, non puoi resistermi. >> rise e mi fece venire i brividi sulla schiena. Lo spinsi lontano da me. << Ogni cosa a suo tempo. >> lo guardai con aria di sfida e mi diressi verso Soul che era rimasto stupito, come gli altri del resto, del nostro dialogo.
Come prima cosa salutai Kid, Liz e Patty con un grosso abbraccio promettendo che dopo gli avrei raccontato tutto. Poi Nail mi spinse verso Maka, la sua compagna. I suoi buffi codini svolazzavano ad ogni movimento della testa, era così carina. << Salve! Io sono la maestra della falce Maka Albarn. Piacere di conoscerti. >> sorrise e mi tese la mano. Io ricambiai.
Soul invece mi presentò il suo amico Black*Star. Era bassino ma muscoloso. Aveva i capelli blu sistemati in una buffa stella e gli occhi verdi. << YAHOOOOO! Io sono colui che supererà gli dei. Domani un’aureola apparirà sopra la mia testa. >> 
<< B-Black*Star smetti di piegarti così altrimenti la tua schiena si troncherà. >> mormorò preoccupata l’arma del nanetto blu. Una volta aiutato il suo maestro d’armi si presentò cordialmente. << Io sono Tsubaki Nakatsukasa. >> la salutai con un cenno del capo. Sentii cingermi la vita dal braccio caldo di Nà. Mi fece voltare e mi portò da una coppia direi bizzarra. Lei pelle diafana, capelli bianchi e occhi azzuri. Lui capelli viola scuro legati in una coda, occhi anch’essi viola, alto e ben messo. Il ragazzo si spostò il lungo codino sulla spalla e si presentò << Salve, io sono Ryu Oji. >> sorrise e si passò una mano tra i capelli. La ragazza invece mi fissava con odio. Si staccò dal braccio di Ryu e mi fece cenno di seguirla poco distante da dove eravamo; la distanza, però, era giusta da non permettere agli altri si ascoltare. 
<< Chi non muore si rivede eh Fanny ?! >> chiese aspramente. 
<< Non so cosa tu abbia contro di me però se sai qualcosa su Nail devi dirmelo, ti prego. >> mi soffermai sull’ultima parola.
<< Abbiamo litigato e non voglio sapere niente di lui. Quindi adesso vattene. >> incrociò le braccia.
<< Per dieci anni l’ho cercato! Ho il diritto di sapere. >> sentivo la rabbia crescere.
<< Dieci anni sono tanti! Sono dieci anni che non ci sei quindi vattene e non interferire tra me e Nail. >> mi stava scannando letteralmente con lo sguardo. 
<< Cosa c’è tra te e lui? >> chiesi con una punta di dolore.
<< Tornatene a casa Fanny, nessuno ti vuole qui. Nessuno. Ormai sei un’intrusa nella vita di Nail. Io l’ho curato quando stava male. Io l’ho salvato. Io sono diventata la sua famiglia. Tu lo farai soffrire. >> Scandì con rabbia l’ultima frase. << Ah un’ultima cosa! Se tu quel giorno fossi morta sarebbe stato meglio per tutti. Mai pensato al suicidio? >> chiese come se fosse la cosa più normale del mondo.
Non risposi. Mi limitai a piangere silenziosamente. Nail, che aveva assistito alla scena, mi cinse le spalle e mi girò verso il suo petto per poi baciarmi dolcemente la testa. 
<< Io e te dobbiamo parlare, Sophia. >> disse il suo nome con rabbia.
<< Non ho niente da dirti. >> si avvinghiò nuovamente a Ryu e si diresse all’entrata della Shibusen.




*L'angolino*
Eccoci con il terzo capitolo della storia di Fanny. Da adesso le storie seguiranno la stessa trama ma da punti di vista diversi.
Baci da entrambe ^^

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Capitolo 7
*** Scissione. ***


Capitolo 4
Scissione


La ragazza era svenuta. I suoi capelli neri toccarono per primi il suolo, Nail si precipitò a recuperarla prima che la sua testa sbattesse contro la scalinata.
Sophia rimase attaccata al braccio di Ryu, senza dare importanza all'avvenimento. Non le importava di quella ragazza, di quell'intrusta, di quella Fanny.
Poteva essere scomparsa per quanto le pareva, poteva essere morta e tornata in vita, ma non doveva rubarle Nail. Non doveva distruggere la sua famiglia. Anche se aveva litigato con il ragazzo, lui era comunque /suo/.
Comunque, Ryu voleva andare a vedere come stava la ragazza, e Sophia lo seguì di cattiv'umore. 
Nail le carezzava il volto, la stringeva a se' e le baciava la fronte. Sophia non sapeva se vomitare o piangere, talmente quello spettacolo la disgustava.
Dopo tutte quelle moine, la ragazza si svegliò. I suoi occhi grigi di misero poco a mettere a fuoco il naso di Nail, tanto che subito gli assestò un bel pugno. Ancora una volta, Sophia era combattutta tra rabbia e compiacienza.
La ragazza cominciò ad urlargli contro, dicendogli di non averla mai cercata.
"Certo che non ti ha mai cercata, stupida! Come poteva?"
Blaterava cose come che lei lo aveva cercato in lungo e in largo, ma che non l'aveva mai trovato.
"Per forza, il covo di Medusa è nascosto!"
E poi urlò. Ulrò che Nail non capiva niente, che non sapeva come aveva passato gli ultimi dieci anni.
Sophia avrebbe tanto voluto prenderla a pugni: lei aveva sofferto? Non lui? Non era lui che aveva sopportato ogni missione che Medusa gli assegnava? Non era lui che era cresciuto tra gli esperimenti macabri e sadici di Medusa sul suo sangue? Non era stata Fanny a crescere in quel modo, non era stata lei. E poi Nail le sussurò qualcosa all'orecchio. Sophia voleva sapere a tutti costi cose le aveva detto, cosa aveva Fanny che lei non aveva.
Dopo quella conversazione, Sophia la fissava con odio. Ed ora, tutta tranquilla, si presentava a Maka, Black Star, Tsubaki e Ryu.
"Stupido Ryu, fa tanto il carino con lei!". 
Diciamo che Sophia era gelosa, sì. Gelosa di quella ragazza arrivata da nulla. Era gelosa non solo dei suoi rapporti con Nail, ma anche che Ryu facesse il cascamorto con Fanny.
Sophia si staccò dal braccio di Ryu, prendendo Fanny da parte. Non erano molto lontane dal gruppo, ma la distanza era abbastanza perché gli altri non sentissero quello che si dicevano.
« Chi non muore di rivede, eh, Fanny?! »
« Non so cosa tu abbia contro di me, però, se sai qualcosa su Nail devi dirmelo, ti prego! ». Sottolineò con la voce le ultime due parole, quasi come una supplica.
« Abbiamo litigato e non voglio sapere niente di lui! -la ragazza incrociò le braccia, fissando l'altra con disprezzo- Quindi adesso vattene! » 
« L'ho cercato per dieci anni! Ho il diritto di sapere». Gli occhi grigi di Fanny si accesero: sembrava bruciare di rabbia.
« Dieci anni sono tanti! Sono dieci anni che non ci sei, quindi vattene e non interferire tra me e Nail! » Sophia sentiva la rabbia crescere. Non voleva che quell'intrusta interferisse tra lei e il suo "fratellone".
« Cosa c’è tra te e lui? ». La rabbia negli occhi della ragazza si tramutò in dolore: un grigio triste, spento.
« Tornatene a casa Fanny, nessuno ti vuole qui. Nessuno! Ormai sei un’intrusa nella vita di Nail! /Io/ l’ho curato quando stava male! /Io/ l’ho salvato! /Io/ sono diventata la sua famiglia! Tu lo farai solo soffrire! » Marcò con la voce ogni "Io", mentre scandì e quasi urlò l'ultima frase.
« Ah, un’ultima cosa! Se tu quel giorno fossi morta sarebbe stato meglio per tutti! Mai pensato al suicidio? ». L'odio ribolliva nel sangue di Sophia. Lei non doveva esistere, lei doveva morire. Morire come tutte le Fenici, non dovevano rimanere nemmeno le sue ceneri.
La ragazza rimase zitta. Poi, i suoi occhi grigi di velarono di lacrime. Arrivò Nail e la strinse al suo petto. Sophia sentì un nodo in gola vedendo quella scena. Fanny non doveva esistere. Era tutta colpa sua, se lei fosse morta Sophia non avrebbe nemmeno litigato con Nail.
« Io e te dobbiamo parlare, Sophia ». Nail pronunciò il suo nome con una rabbia tale che Sophia quasi si mise a piangere. Ma non poteva dargliela vinta, doveva resistere.
« Non ho niente da dirti ». Si riattaccò nuovamente al braccio di Ryu, dopo di che lo trascinò fuori dalla Shibusen.
Fecero pochi passi dal portone d'entrata. Sophia fissava dritta davanti a se': uno sguardo di odio puro. Fanny era solo un'intrusa. Un'intrusa che cercava di ingraziarsi chiunque.
"Scusami, zietta", pensò, mordendosi il labbro, "non posso eseguire i tuoi ordini, non adesso. La odio, la odio con tutta me stessa".
« Mi spieghi perché le hai detto quelle cose orribli? »
« Perché se le meritava »
« Ma lei non ti ha fatto nulla! ».
Sophia si staccò dal braccio di Ryu, fissandolo con odio. Le lacrime cominciarono a rigarle le guance.
« TU NON CAPISCI! NAIL E' LA MIA FAMIGLIA! ADESSO LEI ME LO PORTERA' VIA! ».
Ryu rimase zitto. Probabilmente, sapeva che qualsiasi cosa dicesse, l'avrebbe ferita.
« ADESSO STAI ZITTO?! HAI DECISO DI STARE DALLA PARTE DI FANNY? BENE! DIVENTA LA SUA BUKI, IO NON HO BISOGNO DI TE! ».
Dagli occhi continuavano a lacrimare. Adesso la ragazza correva, correva per Death City senza una meta ben precisa: non voleva tornare a casa, non voleva tornare da Medusa. Voleva solo stare sola. No, non voleva davvero stare sola: voleva che qualcuno le desse ragione, voleva che qualcuno fosse dalla sua parte.
Come se non bastasse, cominciò a piovere. La pioggia si mescolava alle sue lacrime. Era completamente fradicia. Cominciava ad avere i brividi.
"Devo tornare a casa", pensò, fissando il cielo scuro a causa delle nuvole.
Corse sotto la pioggia. Scivolò un paio di volte, sbucciandosi entrambe le ginocchia. Davanti casa non c'era nessuno, e senta chiavi non poteva entrare nel piccolo atrio del condominio. Si sedette sul marciapiede; pioveva ancora molto forte. Poi, vide una figura comparire sotto la pioggia: correva, con un piccolo ombrellino per non bagnarsi. I capelli viola era completamente zuppi, così come i vestiti. Gli occhi lilla era vispi, cercando qualcosa che non trovavano. Ryu era zuppo e non riconobbe subito Sophia.
« E-Ehi, Sophia, cosa ci fai qui? ». Ryu non sorrideva, ma si sentiva che era felice di vederla.
« Mi faccio la doccia all'aperto! Mai provato? ». Sophia provò a sorridere, ma quello che uscì fuori fu solamente una triste smorfia.
« Comunque, possiamo entrare? Mi sono fatta anche male, vorrei vedere di disinfettarmi le ginocchia ».
Ryu, senza parlare, aprì il portone e, avendo salito le scale, la porta di casa.
Entrambi erano zuppi, entrambi si sentivano così soli.
Sophia si sentiva sola a causa della presenza di Fanny, di quella ragazza che non c'entrava niente con la sua vita e quella di Nail.
Ryu temeva che Sophia scappasse.
Si fecero la doccia: prima Sophia, poi Ryu. La ragazza, ancora con i capelli bagnati ed avvolti in un'asciugamano, si buttò sul divano. Le ginocchia le facevano male: delle croste scure si erano già formate.
Ryu le fasciò le ginocchia, senza spiccicare parola. Non parlarono per tutta sera, né la mattina dopo nel tragitto per andare a scuola. Sophia avrebbe tanto voluto che Ryu le parlasse, ma era troppo orgogliosa per cominciare una conversazione.
La giornata di scuola procedette tranquilla, anche se era costretta a vedere Fanny nella sua stessa classe. Ryu si ostinava a rimanere accanto a Sophia nonostante lei non provasse nemmeno a parlargli. 
All'intervallo, Nail si presentò nella classe di Sophia. La stava cercando, probabilmente. La ragazza era rimasta seduta al suo banco, Ryu era andato a prendere qualcosa da mangiare per tutt'e due.
« Sophia... »
« Cosa vuoi Nail? La tua ragazza non è qui ». Sophia non lo guardava, era fissa a guardare la copertina del suo libro di testo.
« Non voglio parlare con Fanny, voglio parlare con te ». Gli occhi azzurri di Nail erano fissi su Sophia. La ragazza alzò lo sguardo, guardando Nail negli occhi.
« E adesso che cosa vuoi? »
« Voglio solo dirti che hai esagerato con Fanny »
« E-Esagerato? Lei non è merita di stare con te! Sono stata io quella che ti è stata accanto per tutti questi anni! Non lei! Perché ti piace così tanto lei? Che cos'ha lei che io non ho? Che cosa ha più di me? ». Sophia già sentiva gli occhi inumidirsi.
« Lei...Sophia, io sono innamorato di lei! E anche lei è innamorata di me! E' come un legame, sai, il così detto filo rosso... »
« Beh, bastano un paio di forbici e si risolve tutto, no? ». Sophia aveva di nuovo quella sua aria assente, un'espressione di dolore la tradiva.
Nail accennò un sorriso, ma Sophia era seria. Cos'era quello, uno scherzo per caso?
« Ecco, Sophia, non è così semplice... Noi due, io e Fanny, siamo destinati a stare insieme...Mi capisci, vero? »
« Capirti? MI CHIEDI DI CAPIRTI?! -la ragazza di alzò di scatto, fissandolo dritto negli occhi- Come posso capirti?! LEI SI FA VIVA DOPO DIECI ANNI! DOPO DIECI SCHIFOSISSIMI ANNI! 
Come pensi che io possa capirti?! Tu, Medusa e Chrona siete la mia famiglia! Siete tutto quello che ho! Lei non può arrivare e rovinare tutto! Lei è solo un'intrusa! UN'INTRUSA! ». Calde lacrime le rigavano il volto, esattamente come il giorno prima. Perché le diceva quelle cose? Lui era suo e lei era sua. Nessun'altro, nient'altro. 
Nessuna Fanny, nessun'intrusa.
« Sophia, tu sei solo una stupida! UNA STUPIDA! Non capisci che è Fanny la mia famiglia?! TUTTO CIO' CHE MI RIMANE DELLE MIE ORIGINI E' LEI! Lei è la mia famiglia! Lei è l'unica che amo! »
"Lei è l'unica che amo, lei è la mia famiglia". Questa parole rimbombavano nella testa di Sophia, le si attaccavano al cuore succhiandone il sangue, rallentandone i battiti.
« Perfetto.
Rimani con lei.
Non me ne importa niente! Né di te né di Fanny! »
« Bene, perché sappi che non ho intenzione di tornare da quella megera di Medusa! Quel mostro ha quasi ucciso Fanny! »
« SAREBBE STATO TUTTO PIU' FACILE SE FOSSE MORTA! »
« SAREBBE STATO TUTTO PIU' FACILE SE TU FOSSI STATA DISTRUTTA CON IL TUO VILLAGGIO DI MOSTRI! » 
Mostro. Lei era solo un mostro. Lei, il suo aspetto, i suoi poteri, la sua anima: lei era solo un mostro per lui.
Nail le girò le spalle, precipitandosi fuori dalla classe.
Lei era solo un mostro.
Mentre Nail usciva dalla classe, Ryu stava tornando al loro banco portando due panini e due bibite.
« Cos'è successo a quello svitato di tuo cugino, sembrava un razzo! »
Sophia non lo ascoltava.
Poi, mormorò qualcosa: « Sono solo un mostro ».



*L'angolino* 
Ecco il quarto capitolo della storia di Sophia. 

Gwen_Albarn dice:

Mara_Sarotta mi hai fatto venire i lucciconi *W*


Baci da entrambe.

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Capitolo 8
*** Scontro. ***


Scontro


Stein
A Stein girava questo pensiero per la testa da giorni. Forse, era il caso di proporla Shinigami, dopo tutto non aveva nulla da perdere. La mattina presto, si svegliò di buon'ora; si mise gli occhiali, buttando un'occhiata sbieca alla stanza dove dormiva: buia, con quadri raccapriccianti alla parete (organi, corpi vivisezionati etc.). Fece colazione, si lavò, si vestì e si incamminò vero la scuola.
« Sarei così curioso di sapere come sono fatte... »
E così borbottava, camminando verso la Shibusen con diversi libri sotto braccio. Una volta arrivato alla scuola, andò verso la Death Room: trovava sempre affascinanti le diverse ghigliottine disposte a creare una specie di corridoio.
« Shinigami-sama! Shinigami-sama! Devo proporti un'idea! ».
Stein correva in modo buffo, con i capelli corti che si muovevano all'unnisono con il camice rattoppato.
« Cosa vuoi? ». Biascicò Shinigami, girandosi di malavoglia verso il professore.
« Cosa ne diresti di far combattere Fanny contro qualche altro studente? Almeno così potrebbe perfezionare la risonanza! »
Shinigami fece una piccola pausa, poi parlò: « Capisci che così la metteresti in pericolo? Qualche studente assetato di potere potrebbe ucciderla per prendere la sua anima ».
Stein capiva che, nonostante la maschera allegra e candida, si nascondeva ancora lo Shinigami che distruggeva villaggi e sterminava streghe.
« Lo capisco benissimo, Shinigami-sama. Ma /tu/ devi capire che quella ragazza non può vivere nascondendo la sua potenza. E' una Fenice, il fuoco che scorre nelle sue vene, se trattenuto a lungo, può distruggerla dall'interno. Tu lo capisci questo, Shinigami-sama? ». Shingami si zittì.

Sophia
« Ryu, ce l'abbiamo fatta! »
Sophia saltò praticamente al collo di Ryu. Lo strinse a se', ridendo allegramente. Era felice, c'erano riusciti.
« Sì streghetta! Ce l'abbiamo fatta! ». Anche Ryu sorrideva, sorrideva di cuore.

Avevano deciso di andare direttamente da Shinigami, quella mattina. Così si sarebbero fatti consigliare una strega a cui rubare l'anima. Così, Ryu, sarebbe diventato falce della morte.
« Tranquilla, Sophia, resterò con te finché non sarai in grado di difenderti da sola ». Il ragazzo le fece l'occhiolino e Sophia arrossì.
I due ragazzi camminavano verso la Death Room, ma quando arrivarono nella stanza Shinigami non era solo: con lui c'era il professor Stein. "Che figo", pensò Sophia, fissando il professore con un'aria dannatamente idiota per la ragazza. Stavano parlando di far combattere qualcuno con qualcun'altro. Mentre discutevano, Sophia pensò d'intromettersi.
« Shinigami-sama! Shinigami-sama! Io ed il mio compagno d'armi Ryu siamo riusciti a raccogliere novantanove uova di Kishin! ». La ragazza correva verso Shingami, tenendo Ryu per la mano. La felicità che la ragazza provava in quel momento la aiutava a nascondere l'odio che provava verso quel dio che indossava quella maschera. Appena Sophia si fece vedere, Stein cominciò a fissarla con un'aria strana. La ragazza si sentiva dannatamente in imbarazzo.
« E-Ecco. S-Siamo venuti qui p-per farci consigliare da te u-una strega a cui rubare l'anima ». Sophia parlava con Shinigami, ma guardava dritto verso Stein.
« Ryu, perché non ammazzi direttamente la tua compagna d'armi? Poi mi porti il corpo e il la viviseziono! ». Stein sorrideva in modo sadico, mentre Ryu lo guardava con un'aria di disprezzo ed odio.
« Prof, non credo sia una buona ide- ». Ryu fu interrotto dalla risata che gli saliva in gola: Shinigami aveva colpito il professore con un suo Shinigami Chop, facendolo cadere a terra.

Fanny
Era ferma dinnanzi allo specchio da chissà quanto tempo. I lunghi capelli neri le ricadevano sul seno mentre gli occhi, color del ghiaccio, fissavano assenti l’immagine smunta e cupa riflessa nello specchio. Si torturava le labbra, mordendole quasi a sangue, convinta di poter scacciare quei brutti pensieri. Posò leggera una mano sul fianco sinistro ed accarezzò quei profondi tagli. Qualche piccola goccia di sangue tentava ancora di sgorgare ma in gran parte erano rimarginati. Una lacrima scese sul suo volto e le percorse l’incavo del collo provocandole brividi.
« Troppo debole. » sussurrò fievolmente.
La voce di Kid le rimbombava nella testa. “Papà deve parlarti a proposito di un allenamento speciale, combatterai contro uno studente”
Aveva paura.
Troppo debole da sola.
Troppo potente assieme a Soul.
Voleva combattere ma allo stesso tempo aveva paura di mostrarsi in pubblico. Infondo lei cosa era? Soltanto un mostro. Uno stupido uccello.
Rabbrividì al tocco gelido di una mano sulla sua spalla. Si coprì il tatuaggio alla meno peggio, odiava che Soul lo vedesse, e si girò di scatto. Si beò del calore del petto della sua buki e del suo profumo di vaniglia.
Non lo amava, non poteva.
Sentiva però nel profondo della sua anima che Soul, dopo l’incidente del vicolo, si stava ricavando un posto speciale nel suo cuore.
« C-credo che dovresti vestirti perché tra poco inizia l’allenamento. » mormorò imbarazzata la buki. Fanny annuì e s’infilò velocemente una delle sue tante maglie larghe con sotto una canotta. Le adorava, soprattutto quando il vento le faceva svolazzare, diceva sempre che le sembrava di volare.
Andarono a piedi, quel giorno, beandosi del calore del sole d’inverno. C’era la neve a Death City e Fanny non poteva essere più felice. Adorava la neve, fin da bambina quando la sentiva rammentare nelle storie che la madre la raccontava, ma non l’aveva mai vista così da vicino. Il suo era un villaggio di fenici, di fuoco, la loro temperatura non permetteva alla neve di posarsi. Per questo la ragazza dai lunghi capelli neri si ritrovava a saltellare allegra nei cumuli intonsi di candida neve e puntualmente la sua buki la intimava di coprirsi se non voleva beccarsi un malanno. Lei puntualmente sorrideva e lo rassicurava dato che la sua temperatura corporea, come minimo, sfiorava i 40°. Arrivati alla Shibusen s’incamminarono su per l’immensa gradinata e Fanny perse l’equilibrio a causa del sottile strato di ghiaccio. Soul la tenne per il braccio e la strinse a se temendo che si fosse fatta male, solo in seguito Fanny si renderà conto che quel piccolo gesto da parte della sua buki le fece perdere un battito. La meister incrociò per un attimo i suoi ghiacciai
nei rubini del suo compagno e le sue guance avvamparono.
Bruciavano ardentemente di un sentimento così strano.
Non poteva provarlo per Soul, lei era destinata a Nail.
Il pensiero di Nail destò Fanny dai suoi pensieri. Lo cercò con lo sguardo, sapeva che l’attendeva dinnanzi all’entrata della scuola, ma la paura che se ne fosse andato nuovamente l’attanagliava. Finalmente riuscì a scorgere il suo cielo personale. Gli corse incontro sorridente, il cuore batteva forte nel suo esile petto. Il ragazzo dalla pelle d’ebano sentendosi abbracciare da due candide e delicate braccia si lasciò sfuggire un debole sorriso.
Soffriva.
Le braccia fasciate gli dolevano come non mai.
Ma avrebbe sopportato qualunque cosa affinché la sua dolce Fenice fosse stata lontana dalla grinfie di Medusa.
Si girò e strinse Fanny al suo petto. Assaporò il sapore di fragola dei suoi capelli e le baciò la fronte.
Scottava. Più o meno come il suo petto in questo momento.
Da quanto tempo la desiderava? Mesi, anni, forse dal primo momento in cui l’aveva vista.
D’un tratto le alzò il viso, aveva ancora gli occhi chiusi ed un’espressione sognante, si avvicinò lento e la baciò.
Un bacio casto, senza troppe pretese.
Un bacio che la sua anima ,logorata dal sangue nero, chiedeva da troppi anni.
Fanny aveva cercato quel bacio come un assetato cerca l’acqua.
Desiderava Nail più di ogni altra cosa, più della sua stessa vita.
Se prima aveva dubitato sul loro legame adesso ne era certa.
Lei era sempre stata sua, sua e di nessun altro.
Lei lo possedeva e sarebbe stato così per sempre.
Quello fu il gesto più dolce che Nail potesse fare ma allo stesso tempo il più stupido.
Una ragazza, dagli occhi color del cielo e dai lunghi capelli bianchi legati in due buffe code, si avvicinava a passo svelto nel grande piazzale seguendo il professor Stein poi si bloccò di colpo. Quel barlume di allegria che la contornava svanì di colpo, come se la vista dei due amanti avesse eliminato ogni sua ragione di vita, ed un odio profondo prese il suo posto. La sua arma prese posto accanto a lei e la fissava con i suoi occhi viola.
Sull’ultimo gradino, vicino al muretto, se ne stava un ragazzo dai profondi occhi rossi e dai buffi capelli bianchi.
Lui aveva perso la testa per una Fenice.
Aveva perso la testa per i suoi lunghi capelli neri al sapore di fragole.
Aveva perso la testa per i suoi profondi occhi di ghiaccio.
Aveva semplicemente perso la testa per lei.
Ma era consapevole che non sarebbe mai stata sua.
Lui le aveva dato la vita, quella sera, perché ormai non aveva più niente.
Come poteva sperare che una come lei si sacrificasse per lui?
Era diventato un legame a metà e lo sarebbe sempre stato.
« Soul smettila di dormire! Dobbiamo iniziare il combattimento! » gridò allegra Fanny.
Soul si destò dai suoi pensieri e la seguì al centro del piazzale. Si trasformò.
Nonostante si fosse rassegnato, un brivido lo percorse quando Fanny lo afferrò pronta per combattere.
Finiva sempre così.
Lei lottava per vincere.
Lui per averla.
Gli sfidanti, Sophia e Ryu erano già pronti e li attendevano ansiosi.
Gli studenti accorsero curiosi e si accerchiarono attorno alle due meister.
I professori assistevano preoccupati.
Ma nessuno sapeva cosa provavano le due ragazze.
La mora teneva stretta la falce, il fuoco stava cominciando a prevalere sulla sua anima.
L’albina stringeva il suo arco, il ghiaccio stava lentamente prendendo il controllo della sua anima.
Shinigami-sama osservava preoccupato l’imminente scontro dalla Death room. Sapeva che sarebbe finita male, erano in pericolo.
Era un momento di tensione. Nessuno parlava. Nessuno osava disturbare le due meister.
Fu il professor Stein a parlare.
« Gli alunni sono pregati di stare a debita distanza. I professori devono mantenere l’ordine e in quanto a voi due, dovete combattere a piena potenza. » l’ultima frase la sussurrò alle orecchie delle due ragazze che teneva sottobraccio.
Fanny era terrorizzata, temeva di fare del male a qualcuno.



Stein.

Le due meister si fissavano. Stein riusciva a vedere le loro anime: fuoco ed acqua, una lotta eterna. Quelle essenze racchiuse nelle due ragazze non facevano altro che stuzzicarsi a vicenda, aumentando l'odio e l'astio che l'una provava per l'altra.
Poi, la ragazza dai lunghi capelli si mosse veloce, cominciando a colpire goffamente Sophia con la falce. La ragazza più minuta parava i colpi con l'arco ma Fanny, anche se un po' goffa, era veloce. Uno dei colpi era andato a segno: la coscia di Sophia sanguinava.
Stein vide un ragazzo dalla pelle scura, che si agitava accanto a lui.
« Nail, cosa c'è che non va? »
Nail alzò gli occhi azzurri, fissando il professore.
« Secondo lei chi vincerà, sensei? »
Stein sorrise, sistemandosi gli occhiali sul naso.
« E' difficile dirlo, per ora. Però, Sophia è già stata ferita ».
Intanto, qualcosa simile ad un tifo, si faceva più forte dall'altra estremità del "campo". Un ragazzino dai capelli blu, pettinati in modo da somigliare ad una stella, agitava dei buffi ponpon; indossava una ridicola divisa da cheerleader bianca e rossa. La gonna a pieghe si muoveva in un modo a dir poco osceno, quasi che a Stein veniva da vomitare. Mentre faceva un tifo spudorato per Soul Evans, la sua compagna Tsubaki gli chiedeva di stare calmo. Stein portò le dita alle tempie, ricordandosi di punire Black Star alla fine dello scontro. Se quel ragazzo non si da una calmata, pensò, lo ammazzo.
Intanto il combattimento continuava: Fanny continuava a colpire Sophia. I colpi veloci le sfioravano le braccia, il viso, le gambe, ma la ragazza riusciva a parare con successo quasi tutti gli attacchi.
Intorno alla falce, cominciava a formarsi un sottile e quasi trasparente lama di anima. Ci siamo, pensò Stein.
E infatti, ecco che la lama cominciava a coprirsi di fiamme dorate. Prima piccole, poi quasi raddoppiavano la dimensione della falce. Sophia si era spostata con un balzo all'indietro, trovandosi alla distanza giusta per cominciare a scagliare i suoi attacchi. La ragazza formava quattro o cinque frecce di anima alla volta, scagliandole in diverse direzioni, cercando di anticipare gli spostamenti di Fanny. Stein capiva che Sophia era in difficoltà: nonostante la distanza fosse giusta, non riusciva a mirare il collo e le caviglia, i punti che di solito congelava grazie alla risonanza.

Sophia.

Era nei guai. Non poteva farsi battere da Fanny, ma non poteva nemmeno usare la risonanza. Stranamente, Shinigami le aveva detto di non usare i suoi poteri per nascondere la sua anima. Ma non ricorrere al ghiaccio ed all'acqua che scorreva nelle sue vene era uguale ad una sconfitta se Fanny l'avesse attaccata da vicino.
Poi, lo vide: Fanny teneva la falce con una sola mano, anche in bella vista.
« Devo solo mirare... »
« Stai calma, Phia ». La voce di Ryu riecheggiava dall'arco. Le dava sicurezza sapeva che lui era lì, accanto a lei.
Sophia socchiuse gli occhi. Fanny si muoveva troppo, ma forse, scagliando due o tre frecce di seguito avrebbe potuto prenderla.
La prima freccia andò a vuoto, conficcandosi nel terreno per poi scomparire. La seconda, invece, colpì la lama della falce, dissolvendosi come la prima. La terza si conficcò nella mano di Fanny. Ma non scorreva sangue. Le frecce d'anima rallentavano l'afflusso di sangue alle parti del corpo colpite, così da intorpidirle.
« Perfetto! ». Ma Fanny aveva preso la falce con l'altra mano.
Devo mirare ai piedi, pensò Sophia. Di nuovo, dopo la seconda freccia entrambe le gambe di Fanny erano intorpidite: non poteva muoversi.
« Alla falce, Phia! Mira a Soul! Scaglialo lontano da Fanny! ». Di nuovo, la voce di Ryu riecheggiò dall'arco.
Una freccia ben mirata e la falce fu scagliata a qualche metro di distanza da Fanny.

Il professor Stein alzò una mano, sorridendo in modo sadico.
« Abbiamo una vincitrice, direi ».








*L'angolino della VERGOGNA*
Uhm beh, il nostro primo capitolo a 4 mani. Non trucidateci.
Tanti baci.

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