La maschera d'argento

di ZAITU
(/viewuser.php?uid=15644)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Out of reach ***
Capitolo 2: *** Could it be any harder? ***
Capitolo 3: *** Sometimes you can't make it on your own ***
Capitolo 4: *** Because of you ***
Capitolo 5: *** Sunday, bloody sunday ***
Capitolo 6: *** Vampire heart ***
Capitolo 7: *** Behind the crimson door ***
Capitolo 8: *** Fight ***
Capitolo 9: *** Dirty little secrets ***
Capitolo 10: *** Hard to say ***
Capitolo 11: *** Dark light ***
Capitolo 12: *** Lost ***
Capitolo 13: *** Everybody's fool ***
Capitolo 14: *** Don't go away ***
Capitolo 15: *** Slither ***
Capitolo 16: *** Time is running out ***
Capitolo 17: *** Our last song in this little planet ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Out of reach ***


Il buio che dominava nell’ampia stanza sembrava soffocare ogni più piccolo rumore e scivolava sulle pareti come inchiostro den

Eccomi di nuovo qui, con l’attesissimo ( certo come no!) seguito della mia prima one-shot “Povero Diavolo”.

Per chi di voi non l’avesse letta, ve lo consiglio calorosamente visto che è lì che tutto nasce ( o muore, dipende dai punti di vista).

Vi avverto subito che i toni di questa fic saranno un po’ più cupi di quelli di “Povero diavolo” e che la storia si svolge diversi anni dopo Hogwarts.

Detto questo non mi resta che ringraziare Debby!!!, Malfoy_Lover, _Elentari_, Alisa, Claheaven, Hermione09, Alessandra e Hikaru_angelic che hanno commentato splendidamente la mia prima one-shot, e augurarvi buona lettura! (^_^)

 

 

Out of reach

 

 

Il buio che dominava nell’ampia stanza sembrava soffocare ogni più piccolo rumore e scivolava sulle pareti come inchiostro denso e appiccicoso.

Sembrava che la vita avesse lasciato da tempo quel luogo e che nessun essere vivente ne avesse calpestato le pietre vecchie e consunte da tempi immemorabili.

Neanche la figura che si poteva distinguere su uno scranno di marmo nero al centro della stanza, poteva essere scambiata per umana.

In effetti molto poco di umano era rimasto in quel corpo che non ricordava più di aver contenuto un anima, se non molti, ormai aveva perso il conto, anni addietro.

Soltanto dura pietra, nel cuore, nella mente, nelle membra.

Ad un primo sguardo il suo volto avrebbe potuto destare curiosità: metà del viso che un tempo aveva sfoggiato una bellezza abbagliante, era coperto da una maschera d’argento, ferma per sempre in un’espressione di assoluta indifferenza, l’altra , sotto la facciata rigida e la linea dura e forte dei lineamenti, non nascondeva una profonda stanchezza.

L’effetto era quello di un volto spaccato in due. Metà bocca, metà naso, un solo occhio color del cielo d’autunno. Qualsiasi espressione mostrasse, metà di quel viso rimaneva fredda ed immobile lasciando all’altra parte l’ingrato compito di continuare a manifestarsi nella sua scomoda umanità.

Grottesco , sarebbe stato il termine giusto per definire quel volto.

Ma nessuno avrebbe mai osato rivolgersi a lui con un appellativo simile.

Un ghigno gli proruppe dalle labbra come uno stridio graffiante, al pensiero di tutti quei sudici vermi che gli strisciavano supplichevoli ai piedi.

Tanti piccoli ed insignificanti uomini, se così potevano essere definiti, che chiedevano la sua protezione in cambio della loro più totale fedeltà.

E lui poteva concedergliela. O sì, poteva concedere qualsiasi cosa, ma con altrettanta facilità poteva riprendersela…con i dovuti interessi.

E della loro fedeltà non sapeva che farsene. Non si reputava ancora tanto stupido e debole da cadere nello stesso errore del caro vecchio Lord Voldemort.

I servi rimanevano servi. Non poteva permettersi bracci destri, alleati o persone di fiducia.

Lui per primo sapeva bene che la brama di potere poteva superare qualsiasi sentimento, figurarsi se poi si trattava di semplice lealtà o fedeltà.

No, molto meglio affidarsi solo a se stessi.

Una frase imperiosa, pronunciata dal suo beneamato padre quando lui era ancora soltanto un ragazzo, gli si affacciò improvvisamente alla memoria. “Il prezzo del potere è la solitudine…non possono esserci amici, non può esserci amore; solo servi e donne a scaldarti il letto.”

E così era stato. Solo ma potente.

Da anni ormai non ricordava di aver sostenuto una conversazione, che non fosse strettamente legata ad una missione, con anima viva.

Non c’era niente da dire infondo.

Tutto quello che il suo cuore e la sua mente avevano agognato per anni era diventato realtà.

Padrone di un regno di morte ed ombra, con un potere illimitato nelle mani e un carisma che pochi potevano eguagliare, non c’era assolutamente niente che non potesse ottenere.

Solo una cosa gli era stata negata.

Il confronto con l’unica persona che avrebbe mai potuto farlo cedere, con l’unica persona che sarebbe mai stata in grado di tenergli testa.

Ma quella persona non c’era più.

Da diversi anni ormai Draco Lucius Malfoy aveva smesso di rincorrere il potere, di spingersi sempre oltre ogni confine che la ristretta mente umana aveva tracciato.

Non ce ne era bisogno d'altronde.

Tutto ciò che era, tutto ciò che possedeva era già al di là di ciò che la mente umana poteva concepire. Tutti lo temevano, seguaci e nemici, pochi lo capivano.

Ma la sua sete, la sua brama potere non si era di certo placata.

Tuttavia era sempre stato convinto che la volontà di un uomo doveva essere spinta da uno scopo assoluto, uno tra tanti ma più forte ed intenso di qualsiasi altro, da un obiettivo che gli faceva desiderare di migliorarsi sempre di più.

Se però quell’obiettivo supremo, quell’unica ragione perdeva significato o semplicemente svaniva, tutti gli sforzi sarebbero risultati inutili ed infruttuosi.

E lui il suo scopo lo aveva perduto…anzi glielo avevano portato via, strappato dalle mani con l’inganno.

Da quando Hermione Granger era morta, diversi anni prima, non c’era stata più ragione per continuare quella lotta spietata con se stesso e i propri limiti.

Nessuno poi avrebbe potuto capire il motivo di tanto ardore e di tanta veemenza, soltanto lei, lei che, seppure nel bene che a lui non era concesso di comprendere, aveva raggiunto obiettivi grandi quanto i suoi.

Per chi allora continuare a combattere se non per se stesso?

E così aveva fatto. Prima spinto da un odio cieco contro colui  che gli aveva tolto prematuramente il sapore dell’unica vittoria che avrebbe mai potuto renderlo felice, batterla o farsi uccidere da lei, poi , ammaliato da tutto quel potere, dalla voglia irrefrenabile di ottenerne sempre di più, perché era facile, perché era appagante, come un bambino la prima volta che assaggia la cioccolata e conquistato dal suo sapore ne vorrebbe ancora.

Ma anche l’odio alla fine era passato portandosi via anche gran parte di quella spinta sconosciuta, che lo aveva inebriato a tal punto da fargli dimenticare per un periodo quale fosse stata la vera ragione del suo lento vagare e cercare.

Aveva irrimediabilmente perso il suo termine di paragone, quell’immagine evanescente che lo aveva accompagnato per tutta la vita, spronandolo a non sbagliare mai.

Nessuno però gli aveva assicurato che in ogni caso lei sarebbe stata disposta a battersi con lui, ad ucciderlo o farsi uccidere.

Era stata solo una proiezione della sua mente distorta e confusa, una convinzione che in quegli anni si era tramutata nella sua unica certezza.

Forse era folle, forse era soltanto un illuso.

Ma soltanto lui poteva toglierle la vita, nessun’altro ne sarebbe mai stato degno.

Di fatto che non era riuscito a sopportare la sua morte senza che fosse stato lui ad infliggergliela.

Se qualcuno gli avesse chiesto in quale preciso momento avesse perso il controllo di se, quella proverbiale freddezza che lo distingueva dagli altri, avrebbe risposto nell’esatto istante in cui aveva osservato impotente il  corpo ormai vuoto della ragazza, cadere riverso sulla terra impregnata di lacrime ,sangue e pioggia.

O più precisamente quando si era veramente reso conto che quella mano piccola e sicura non avrebbe mai impugnato la bacchetta contro di lui per concedergli quella tanto vagheggiata rivincita.

Non aveva mai odiato nessuno così tanto, neanche Potter.

Ma Voldemort non meritava il suo odio….meritava solo la morte.

 

 

Da tempo ormai Lui sapeva.

Gli aveva concesso di diventare il suo braccio destro, il suo stesso portavoce, ma sapeva che non era veramente quello che quel ragazzo, pieno di una forza trascinante, voleva per se.

Da eccellente legilimens quale era, Lord Voldemort non aveva esitato a leggere nelle mente di un inconsapevole e giovane Draco Malfoy.

Draco Malfoy voleva il potere, a qualunque prezzo. E non avrebbe esitato ad uccidere il suo padrone se fosse stato necessario. La sua mente era piena di arroganza e superbia, e questo  nonostante tutto lo aveva fatto sentire stranamente compiaciuto.

Infondo era anche merito suo se il suo pupillo era diventato quello che era.

Terribile e astuto come un serpente che agisce nell’ombra, letale come solo la lama più splendente ed affilata poteva essere.

Ma c’era dell’altro.

Qualcosa che la mente del Signore Oscuro non era riuscita a comprendere.

L’immagine di una giovane donna appariva di frequente tra i pensieri ed i sogni del ragazzo.

Una figura opaca e sfuocata che se ne stava in disparte come un giudice pronto ad ammonire il giovane ad ogni minimo errore.

Era quella donna che spingeva il ragazzo, una promessa indissolubile fatta a se stesso e che la coinvolgeva direttamente.

Tuttavia non poteva di certo eliminare il suo servo preferito per il solo sospetto di un presunto tradimento.

Ma la ragazza poteva essere tranquillamente sacrificata.

La morte di quella che poi aveva scoperto essere solo una sudicia mezzosangue affetta da manie di grandezza, avrebbe sicuramente troncato sul nascere la smania del suo prediletto.

Ma sbagliava, non sapeva quanto.

Nel giorno stabilito lo aveva portato con sé.

Una missione come tante, gli aveva detto, il solito gruppo di auror che tentava come sempre di creare scompiglio solo a discapito delle proprie schiere.

E Draco aveva combattuto con il suo solito stile;  movimenti fluidi e straordinariamente rapidi, freddezza nello sguardo e una correttezza nei confronti dell’avversario, che sembrava un paradosso vista la sua posizione.

Queste qualità avevano fatto di lui il seguace più temuto del Lord Oscuro.

I suoi non erano attacchi ma veri e propri duelli all’ultimo sangue e spesso durante la battaglia occhi nemici e alleati si fissavano su di lui con muto stupore.

Ma quel giorno c’era qualcosa che non andava.

Se ne accorsero i mangiamorte, se ne accorse anche il signore oscuro.

D’improvviso Draco sembrava essere diventato inquieto, perso con la mente in luoghi che forse neanche esistevano. Attaccava solo se gli si presentava un intralcio davanti e si aggirava per il campo di battaglia come un rapace in cerca della sua preda.

“Questi  non sono i soliti auror”

No, non lo erano.

La ferrea disciplina con la quale combattevano e lo strano simbolo che sfoggiavano sul mantello avrebbero dovuto farglielo capire sin dall’inizio.

Lo squadrone speciale guidato ed addestrato direttamente dal capo degli Auror.

Ed il capo degli Auror era Hermione Granger.

 

                       

“So much hurt,
So much pain
Takes a while
To regain
What is lost inside
And I hope that in time,
You'll be out of my mind
And I'll be over you

But now I'm
So confused,
My heart's bruised
Was I ever loved by you?”

 

  -Out of reach, Gabrielle-

 

 

Continua….

 

 

Per qualsiasi commento, critica o insulto sapete dove trovarmi.

Alla prossima!

ZAITU (^_^)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Could it be any harder? ***


Era apparsa su una collinetta poco distante con il sole che tramontava alle sue spalle e la avvolgeva con gli ultimi raggi mor

Ciaooo! Ecco a voi il secondo capitolo ,dove si chiariranno un po’ di cose.

Prima di lasciarvi alla lettura però, voglio rispondere ad Alessandra che mi ha chiesto se la morte di Hermione era proprio necessaria.

Direi proprio di si ed in questo chap te ne renderai perfettamente costo, visto che la storia si basa in gran parte su questo. Inoltre un grazie ad _Elentari_ e miss malfoy per i commenti del primo chap.

Fatemi sapere!!!

 

 

 

 

Ne avevano fatta di strada, senza alcun dubbio.

Lui il braccio destro di Lord Voldemort. Lei il braccio destro del Ministro della Magia

Era apparsa su una collinetta poco distante con il sole che tramontava alle sue spalle e la avvolgeva con gli ultimi raggi morenti, rossi come le fiamme dell’inferno che lei non avrebbe mai visto.

Malgrado il cappuccio levato a coprirle il volto e l’anonima figura facilmente confondibile tra le altre Draco Malfoy l’aveva “sentita” arrivare.

Che fosse stata l’enorme aura di potere che promanava  o il guizzo vitale di chi riconosce un proprio simile a far destare i suoi sensi, Draco non avrebbe saputo dirlo.

Seppe soltanto che quella figura uguale a tante altre apparteneva a Hermione Granger.

Si era letteralmente bloccato nell’atto di guardarla come se con un solo sguardo potesse trapassare lo spazio e le vesti per  verificare che quella fosse realmente lei.

Ma non ce n’era bisogno, ne era già sicuro.

Come fu sicuro di vederla rivolgergli uno sguardo ,fugace come lo sbattere d’ali d’una farfalla, prima di continuare la sua marcia al centro della mischia e cominciare a combattere.

Quelli erano i suoi uomini, e lei era lì per combattere insieme a loro.

Ma qualcosa nella mente di Draco Malfoy non quadrava affatto.

Lo squadrone speciale del capo degli Auror non era un organo d’attacco, ma scendeva in campo solo in casi eccezionali in cui urgeva una difesa specializzata.

Da quello che il suo signore gli aveva riferito erano stati loro invece a scatenare l’offesa.

Tuttavia Draco Malfoy non ebbe il tempo per rendersi conto dell’enorme inganno del quale era stato vittima né tanto meno per assaporare quel momento di agognato ritrovo con quell’anima a lui tanto affine.

Quando la scintilla del sospetto s’insinuò nella sua testa, fece appena in tempo a voltarsi e vedere il signore oscuro puntare la bacchetta alla schiena di un’ignara Hermione Granger, impegnata in un combattimento con tre mangiamorte.

Gli occhi dell’ oscuro signore erano di un rosso sanguineo, offuscati dalla sete di morte che la ragazza di fronte a lui avrebbe presto placato, e quando si puntarono su di lui ,quasi sfidandolo a reagire, lampeggiarono per un attimo di puro male.

Draco Malfoy non la avvertì del pericolo né tanto meno provò a reagire in qualche modo.

Immobile come una statua di sale con gli occhi sbarrati ,fissò come a rallentatore il raggio verde che scaturiva dalla candida bacchetta del signore oscuro, osservò il lampo mortifero, verde come la speranza che da quel giorno lo avrebbe abbandonato per sempre, avvicinarsi a quella figura che non l’aveva mai lasciato in quegli anni.

Avrebbe voluto serrare gli occhi quando il fascio di luce si abbatté sulla ragazza disperdendosi in tante schegge di luce di morte.

Nessun grido, perché gli angeli quando cadono non fanno rumore.

E non avrebbe voluto vedere quel corpo, che ora sembrava così fragile, cadere a terra ormai privo di vita ,mentre i mangiamorte che la circondavano ridevano sguaiatamente.

Per un attimo pensò che sarebbe rimasto così per sempre, mentre il mondo intorno a lui cominciava a sgretolarsi in migliaia di frammenti ed il cielo cadeva sfracellandosi al suolo.

“Ma per quanto la tua anima sia ridotta a pezzi il mondo non si ferma aspettando che tu la ripari.”

Fu così che l’unico segno di compartecipazione al suo dolore che il mondo gli concesse fu una leggera pioggerellina che cominciò a cadere incessante, ogni gelida goccia che si conficcava nella pelle come un ago appuntito.

“cara amata pioggia che lavi via così bene lo sporco ed il sangue e mascheri con tanta disinvoltura le lacrime”

Si mosse meccanicamente come un corpo ormai disabituato al movimento.

Non si chiese come la sua bacchetta gli fosse finita nelle mani e non pensò a cosa stava per fare.

Il signore oscuro rideva insieme ai suoi servi per la vittoria appena ottenuta.

Fu tutto troppo rapido per poter essere seguito da una misera mente umana.
Il maestro e l’allievo… credeva di poterlo sopraffare così facilmente, lui, a cui aveva trasmesso col sangue e il dolore tutta la magia oscura che nella sua lunga vita aveva acquisito e sperimentato?
Il maestro scontento dell’allievo

L’allievo che ormai odia il maestro.

Le ossa del padre, la carne del servo, il sangue del nemico…gli avevano ridato la vita.

Il dolore del servo, l’innocenza del nemico, l’amore….Gliela tolsero.

 

- Avada Kedavra! –

 

Miseri resti di ciò che era stato uno dei più grandi maghi di tutti i tempi, giacevano a terra, in un groviglio di seta nera e di pelle che sembrava rinsecchirsi ogni istante, come le squame morte e biancastre di un grosso serpente.

Draco Malfoy abbassò la bacchetta e osservò quei resti con assoluta indifferenza.

La fine di tutto… anche di lui.
Con una dolcezza infinita e sconosciuta si chinò sul corpo ormai freddo di colei che era stata Hermione Granger, la strinse al petto e allungò una mano verso la fronte imperlata di sudore della ragazza lasciandovi una carezza lieve, il petalo di una rosa nera che cade sulla neve nell’espressione più dolce e malinconica dell’assurdità del mondo, poi si allontanò con un turbinio di stoffa e seta che aveva lo stesso colore della notte.

 

 

Lui aveva ucciso Lord Voldemort. Non Harry Potter, non gli auror, ma lui.

Vendetta era stata fatta.

Ma ne aveva ottenuto una ben magra consolazione.

Passati quei primi momenti di totale estraneità, in cui l’unico sentimento concreto era l’odio più cupo e denso, era rimasto solo un grande vuoto.

L’assurda e straziante mancanza di qualcosa che non era mai stata sua, e che ora non avrebbe più potuto sperare di avere.

 

 

- brutti pensieri, Draco?-una flebile voce ,simile al sussurro del vento tra le fronde degli alberi, giunse alle sensibili orecchie di Draco Malfoy, mentre da un angolo buio dell’enorme stanza si avvicinava un’ eterea ed impalpabile figura femminile che diffondeva intorno a se un freddo alone di luce.

Quella vista lo riempiva sempre di una profonda angoscia, più di quanta ne provasse durante il lento scorrere di ogni singolo minuto della sua vita.

L’eco del suo nome rimbombava ancora tra le alte pareti della stanza quando alzò lentamente il viso fissando con l’unico occhio visibile quel volto che era l’immagine di un passato che avrebbe preferito dimenticare.

“non dirigere i tuoi occhi verso il sole, potresti anche accecarli”

Ma lei non era più il sole.

La luce che quell’ombra biancastra emanava era solo una pallida ed ingannevole imitazione di quella che aveva posseduto in vita, solo l’alone di una stella in procinto di spegnersi per sempre.

- non più brutti del solito, Hermione -

Il nome della donna sembrò galleggiare nell’aria per diversi istanti di puro silenzio, nel mare di quell’enorme assurdità che era la vita. La loro vita.

Eccola lì la sua condanna.

L’eterna visione di un fantasma perduto, morto, ma ancora così disperatamente aggrappato alla vita da non riuscire ad abbandonarla completamente.

Così Hermione Granger si era presa la sua vittoria su di lui.

Tormentandolo di continuo con la sue apparizioni, con la sua presenza, ma senza mai concedergli di poter sperare di allungare una mano e non trovare soltanto l’aria impalpabile, senza poterla mai toccare, neanche per provare a capire se le sensazioni di quell’unica notte di tanti anni prima erano state reali o soltanto frutto di un momento passato troppo in fretta.

Draco distolse lo sguardo da lei, ancora giovane e bella come era stata prima di morire, prima di essere uccisa.

Non riusciva mai a guardarla troppo a lungo.

Anche se ormai era soltanto un fantasma, riusciva ancora a leggergli dentro, come se quei lunghi anni non fossero trascorsi, come se lei fosse ancora la brillante studentessa di Hogwarts e lui l’arrogante ragazzino che avrebbe soltanto voluto essere alla sua altezza.

C’erano cose che ,malgrado il suo animo torbido e corrotto, riuscivano ancora a fargli male.

E lei era una di queste.

Lei che gli ricordava di continuo il suo fallimento, la sua debolezza, quella parte troppo umana che non si addiceva al  demone di sangue e odio che era diventato.

Per lei, a causa sua.

Perché lei non c’era più e quello che si era  ritrovato ad avere tra le mani era una vita passata ad aspettarla, per ucciderla, per amarla, per odiarla, non aveva importanza, una vita che che si era fatta di colpo troppo grande e troppo vuota.

Così l’aveva riempita con gli unici sentimenti a cui sapeva dare un nome, con le uniche azioni che era stato abituato a compiere.

Una nuova vita in cui Hermione Jane Granger non era contemplata.

Aveva portato a termine ogni suo piano ed intenzione con estrema efficienza e con risultati strabilianti , ma qualcosa, ahimè, era andata storta.

Lei era tornata.

E se prima l’unica cosa che aveva desiderato veramente fosse soltanto di poterla rincontrare, ora desiderava solo vederla sparire per sempre.

Perché lui non aveva bisogno di un fantasma.

“ un fantasma non si può uccidere…è già morto. Un fantasma non si può amare…ormai non ne ha più bisogno”

- che cosa vuoi?-

La voce di Draco fuoriuscì bassa e roca… non aveva mai avuto bisogno di urlare per farsi obbedire.

“con lei poi sarebbe inutile, un fantasma fa quello che vuole, non può essere comandato”

La ragazza sembrò accennare un sorriso, il dolce incresparsi di un’onda che scivola su uno scoglio, prima di rispondere con voce simile ad un’eco lontano.

-so perfettamente che la mia presenza qui ti infastidisce Draco, ma sai bene che non posso andarmene…-

-… prima di aver risolto la tua questione, giusto?- concluse per lei, sfumando le ultime parole come se pronunciarle gli costasse un’enorme fatica.

- vedo che ogni tanto mi hai ascoltato mentre parlavo…-

-io ti ascolto sempre ,Hermione…ma non hai ancora risposto alla mia domanda. Che vuoi adesso? –

Non era arrabbiato, ma in quel momento avrebbe preferito non vederla e non sentirla.

Il tono che usava con lei non era mai ne troppo imperioso ne troppo accondiscendente, ed anche adesso serbava quel distacco che gli permetteva di sopportare quella situazione ormai da diversi anni..

La ragazza si guardò un attimo in torno, facendo finta di pensarci.

- avevo voglia di vederti- rispose infine, con una sincerità disarmante che in vita non aveva mai avuto.

Forse la morte gli aveva fatto capire quanto a volte fossero sciocchi ed inutili i tentativi dell’uomo di proteggersi dagli altri e dal mondo, con finte bugie e mezze verità.

O forse si era resa conto che ormai non aveva più nulla da perdere.

-se è solo per questo , ti chiedo di lasciarmi solo, non è il momento…- sospirò l’uomo,concedendosi una nota stanca nella voce sempre fiera.

 

- lo so come ti senti, Draco -  ribatté invece la ragazza, l’aura intorno a sé che si faceva pian piano più fioca, come se in qualche modo rispecchiasse il suo stato d’animo.

-No, non lo sai- l’uomo indirizzò l’unico occhio grigio nei suoi ormai senza colore, fissandola con una violenza che le sue parole avevano sapientemente celato.

-hai ragione…io sono morta, sei tu quello che è rimasto. Ma non venirmi a dire che avresti preferito che le parti fossero invertite. -  fiscale e precisa come suo solito.

Il fatto che ora fosse un fantasma non l’aveva resa di certo meno determinata ed insistente.

- non ho mai detto una cosa simile. Vattene Hermione, lasciami in pace…-

Di colpo l’immagine della ragazza sembrò ardere come un fuoco impazzito che per un attimo riuscì ad illuminare anche gli angoli più bui della stanza.

- va bene, Draco. Ma prima o poi ti accontenterò sul serio.Un giorno me ne andrò senza averti mai conosciuto. Allora ricorderai i miei occhi grandi e scuri, i miei silenziosi rimproveri, i tuoi gemiti di angoscia nel sonno mentre i miei incubi ,che sei incapace di scacciare, ti tormentano. Ricorderai tutto questo quando me ne sarò andata e ti odierai per aver desiderato la mia scomparsa. -

la luce che emanava si estinse di colpo, come la fiamma di una candela che dopo il suo ultimo istante di gloria bruciante, si consuma e si spenge.

Si voltò con rabbia, veleggiando nell’aria come una piuma perduta…o strappata dalle ali di un angelo.

Avrebbe potuto richiamarla e dirle che forse, ma soltanto forse, aveva ragione lei.

Ma aveva già rinunciato a lei quando era viva, e farlo ora che era soltanto un pallido riflesso tremolante su uno specchio d’acqua, risultava molto più semplice.

E poi era quello che lui le aveva chiesto. Andarsene.

La vide trapassare il muro, mentre la stanza piombava di nuovo nella più completa oscurità.

“ avrei potuto fermarla”.

Ma lui, il nuovo Signore Oscuro, non avrebbe mai supplicato nessuno. Neanche un fantasma.

 

 

 “ Like sand on my feet,
The smell of sweet perfume
You stick to me forever
And I wish you didn't go
I wish you didn't go, I wish you didn't go away
To touch you again,
With life in your hands,
It couldn't be any harder.. harder.. harder? ”

 

-Could it be any harder, the Calling-

 

Continua…

 

 

COMMENTATE!!!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sometimes you can't make it on your own ***


Cu cu, c’è nessuno

Cu cu, c’è nessuno? Dove siete finite fantastiche commentatrici di Povero Diavolo? Va bene che la storia e più o meno già pronta ma senza commenti, belli o brutti che siano, per chi sto scrivendo?

Forza! Anche se sto facendo schifo fatemelo sapere!

Comunque ringrazio di cuore le mie fedeli Alessandra, _ Elentari _ e miss malfoy;  questo capitolo è dedicato a voi.

 

 

Sometimes you can’t make it on your own

 

 

- Harry?- una voce chiara e adamantina si diffuse per la casa, lasciando nell’aria una nota di allegria che in quel periodo era una preziosa rarità.

- che c’è marmocchio?- rispose l’uomo ,mentre scendeva le scale e si puliva distrattamente gli occhiali su una maglietta verde di tre taglie più grande della sua.

- hai visto Snape da qualche parte? L’ho cercato in ogni angolo della casa ma sembra scomparso- spiegò il ragazzo con aria tutt’altro che preoccupata mentre si rigirava tra le mani una tazza di caffè bollente.

L’uomo si diresse con aria ancora assonnata nella piccola cucina e solo dopo essersi versato anche lui una tazza di caffè, rispose al ragazzo.

- ringrazia il cielo che oggi non ho visto quella bestiaccia…l’ultima volta che abbiamo avuto un incontro ravvicinato è stato nella vasca da bagno, mentre mi stavo tranquillamente rilassando… e ti assicuro che non è stata una bella esperienza- concluse l’uomo con aria profondamente contrariata.

Harry Potter non era cambiato affatto.

Malgrado la lunga guerra che ormai si protraeva da anni, da quando era nato in effetti, e le diverse e dolorose perdite che aveva subito e sopportato, riusciva ancora a mantenere una parvenza di normalità nella sua vita tutt’altro che ordinaria.

In quel suo piccolo spazio pericolosamente in bilico tra la pazzia e la disperazione non c’era posto per il dolore e la guerra.

Ed il ragazzo di fronte a lui non avrebbe potuto essergli più grato per questo.

- grazie Harry -

- e di che? L’unico rapporto che voglio avere con quell’animale è un rapporto a distanza, parlaci e fagli sapere che la lontananza non mi ucciderà di dolore…comunque chiedi anche a Ron, magari lo ha visto. - sghignazzo l’uomo con uno scintillio ilare negli occhi verdi.

La bocca del ragazzo si piegò in un sorriso molto simile ad un ghigno.

Se Harry non provava un’enorme simpatia per Snape, Ron ne era assolutamente terrorizzato.

Ma ancora non si erano sentite urla di panico per la casa.

Tuttavia il dispettoso animaletto se ne stava proprio in compagnia di uno dei suoi padrini.

Ronald Weasley, seduto comodamente su una poltrona con un enorme libro sulla storia della magia oscura sulle gambe, e con indosso uno dei caldi maglioni che la cara mamma Weasley si ostinava ancora a regalargli, conservava ancora la sua solita calma.

Il ragazzo si passò distrattamente una mano fra i corti capelli castani mentre i profondi occhi grigi saettavano da  una parte e dell’altra e si mordicchiava il labbro sforzandosi di soffocare una fragorosa risata.

Molto probabilmente il caro Ron non si era accorto che Snape se ne stava tutto arrotolato sul supporto della sua bella lampada da lettura, e che per di più l’animale sembrava quasi concentrato nella lettura del libro del suo padrino.

- Ron…- accennò  timidamente il ragazzo.

- buongiorno Dave! ti sei alzato presto stamattina…- lo accolse il ragazzo sollevando gli occhi chiari dal libro, i capelli rossi che si incendiavano sotto la luce della lampada.

-già, avevo un problemino…non è che verresti un attimo con me?- improvvisò il giovane cercando di allontanarlo dall’animale.

-Certo, di che si tratta?-

-Vedi…- cominciò il ragazzo, ma il padrino lo precedette allungando una mano per spegnere la lampada, e quello che si trovò sotto le dita non fu certo ciò che si aspettava .

La fronte dell’uomo si imperlò leggermente di sudore mentre voltava leggermente il viso incrociando i suoi occhi azzurri con quelli rossi dell’animale.

Ron cacciò un urlo degno del miglior tenore, facendo cadere per terra il libro e ribaltando la poltrona per quanta foga aveva messo nell’allontanarsi.

 

- Dannato ragazzino, per quale assurdo motivo, quando ti abbiamo portato in quel negozio di animali hai scelto quell’orribile serpente albino?!- proruppe l’uomo momentaneamente nascosto dietro le ampie spalle del suo migliore amico, che era prontamente accorso.

- Ron cavolo, sei un Auror coi fiocchi e hai pura di un serpentello? sai bene che Snape non farebbe male ad una mosca- cercò di giustificarsi Dave.

“veramente avevo pensato di assaggiarlo uno di questi giorni…”

“taci Snape, altrimenti niente topi per una settimana!”

“se la metti così”

- digli qualcosa Harry! Quando si mette a parlare con quel serpente mi fa venire i brividi!- lo esortò Ron.

“ non ti offendere Snape sai come è fatto Ron, accontentalo e vai con Dave”  gli disse il bambino sopravvissuto.

“ va bene bambino sopravvissuto, ma questo ti costerà un altro bagno…”

“ ma non è che sei un serpente gay, vero?” si informò Harry.

Il serpente non si degnò minimamente di rispondergli.

-ma che ti ci metti anche tu , Harry?- borbottò ancora il rossino.

Nel frattempo il candido serpente dagli occhi sanguigni si era staccato dalla lampada e con una lentezza studiata si era issato sul braccio del suo padrone.

- bleah, ma che schifo! Portalo via ti prego-

Dave non se lo fece ripetere e mentre passava accanto ai suoi padrini scoccò un sorriso malizioso a Harry che non tardò a contraccambiare. Mentre saliva le scale lo ascoltò divertito mentre tranquillizzava il suo amico.

- dai Ron, puoi ricominciare a respirare-

Il ragazzo sorrise tra sé. Con loro due era sempre così.

Si punzecchiavano, litigavano ma alla fine tutto tornava alla solita normalità, per quanto potesse essere possibile.

All’inizio era stato difficile, non poteva negarlo. La tensione che regnava in quella casa dopo il suo arrivo era stata insopportabile, e più di una volta aveva tentato di andarsene per alleggerirli della sua fastidiosa presenza.

Credeva di potercela fare da solo, ma all’epoca era solamente un bambino.

“neanche adesso ce la faresti da solo, piccolo Dave” sibilò il serpente.

“non sono così debole come credi”

“non ho detto questo, ma sei ancora così pieno di rancore che se stessi da solo finiresti per consumarti”

“rancore giustificato, direi…e qualsiasi cosa tu possa dire, sai benissimo che prima o poi mi prenderò la mia vendetta…e lo sanno anche Harry e Ron”

il serpente tirò fuori la lingua con un gesto di impazienza

“fa come vuoi, ragazzino”

“esatto. Lo so che da solo sarà tutto più difficile, ma loro non c’entrano nulla. È una questione che devo risolvere solo con le mie forze” concluse il ragazzo.

Non c’era più niente da dire.

Per il momento però poteva ancora considerare Harry Potter e Ronald Weasley la sua famiglia. L’unica che ricordava di avere mai avuto.

 

“Somewhere something is calling for you
Two worlds, one family
Trust your heart
Let fate decide
To guide these lives we see”

 

-Two worlds-

 

 

-Hermione ! - la voce imperiosa del signore oscuro riecheggiò fastidiosamente tra le stanze ed i corridoi del tetro castello, perennemente ammantato da un’innaturale penombra.

- dannatissima mezzosangue…Granger ti voglio subito qui! Adesso ,Granger!- ma la foga con la quale l’uomo cercava di convocare il fantasma, sembrava non avere ancora sortito alcun effetto.

Draco Malfoy parve incurvare leggermente le spalle sotto il mantello, quasi in un istintivo gesto di sconforto, per poi tornare a drizzarle quando senza alcun preavviso si ritrovò davanti la fulgida figura di Hermione Granger.

- finalmente, ce ne hai messo di tempo- le si rivolse Draco con tono incolore, stranamente diverso da quello che aveva usato pochi istanti prima.

La ragazza chinò leggermente il capo come se fosse davvero dispiaciuta della sua cattiva condotta.

-mi avevate detto di lasciarvi in pace, e così ho fatto. Non credevo che avreste avuto bisogno della mia presenza così presto- spiegò con calma, come un servo che fa diligentemente rapporto al padrone.

Ma il volto e l’espressione di Hermione erano tutt’altro che servili.

Lo fissava ora, senza accennare minimamente a nascondere lo sguardo ed il sorriso di sfida che si era stampati in volto.

- l’altro giorno ti avevo ordinato di andartene, poco fa ti ho ordinato di tornare. Semplice. -

- mi dispiace mio signore…- mugolò la ragazza con voce cantilenante.

- da quando mi chiami “mio signore”?- la interrogò infine Draco, con aria sospettosa.

- da quando hai ripreso a chiamarmi Granger? E soprattutto- i capelli della ragazza si allargarono nell’aria come un grazioso ventaglio, ma la rabbia che le si leggeva in volto la fece apparire come una pericolosa Gorgone.

-da quando mi dai ordini?! Non sono la tua serva!- tuonò così forte, che i vetri scuri delle ampie finestre tintinnarono, vibrando per qualche secondo.

Un corvo ,nero come quel castello, si staccò da un davanzale allontanandosi velocemente nel cielo terso e limpido, malgrado l’inverno avanzato.

Draco Malfoy non si scompose minimante di fronte a quell’esagerata manifestazione d’ira.

-sta calma- la ammonì mentre riprendeva il suo lento incedere lungo lo scuro corridoio, lasciandosi il fantasma alle spalle.

L’avrebbe seguito, non aveva alcun dubbio.

Ed infatti la strana sensazione di gelo che provava in sua presenza non lo aveva ancora lasciato.

Lei era dietro di lui. Aspettava.

- sto organizzando un attacco- cominciò senza neanche voltarsi a guardarla - e voglio che tu sia presente-.

- per quale motivo, se è lecito saperlo?- ribatté la ragazza con voce falsamente dolce e mielata.

- gli auror si stanno facendo piuttosto insistenti ultimamente- continuò l’uomo ignorando la domanda della ragazza - e non ho alcuna intenzione di lasciargli campo libero. Ci vuole un attacco decisivo, qualcosa che loro non si aspettano. Nel centro di Londra, la notte della vigilia di Natale-

Voltò leggermente la testa osservando da sopra la spalla ammantata di nero, la figura di Hermione Granger che lo fissava basita, gli occhi incolori spalancati dallo stupore.

Era bravo Draco Malfoy a lasciare a bocca aperta le persone. Peccato che quello che per lui era motivo d’orgoglio, per gli altri fosse soltanto una dimostrazione di follia.

Draco sorrise soddisfatto osservando la reazione della ragazza.

- sei impazzito, vero? Cioè, non è che non lo fossi già prima, ma ora… ti rendi conto che il centro di Londra è abitato esclusivamente da babbani? Cos’è, vuoi scatenare l’apocalisse?- se solo avesse potuto respirare, le sarebbe venuto il fiatone per quanto ardore aveva messo in quelle parole.

Draco si voltò lentamente verso di lei, i lunghi capelli biondi che gli andarono a  coprire pietosamente la parte del volto coperta dalla maschera, lo fecero sembrare per un istante il ragazzo che era stato un tempo. Il ragazzo che lei ricordava.

“Draco, dove sei finito?”

-esattamente- proferì mentre si scostava i capelli dalla faccia, e metà ghigno gli distorceva il volto ancora perfetto, che sembrava non aver subito gli effetti dello scorrere del tempo.

“ Bellatrix Lastrange”. Ecco chi le ricordava in alcuni momenti.

La nebbiosa follia che scorgeva a volte in lui era uguale a quella di sua zia.

Pazza e folle. Ma innegabilmente potente.

-dimmi che stai scherzando…- sospirò, timorosa delle parole che avrebbe potuto sentire.

- niente affatto Hermione. Questo è il mio piano, e voglio che tu lo condivida con me- le rispose ,come se non ci fosse nulla di anormale in quello che le aveva appena detto.

Il fantasma sospirò afflitto.

Sapeva che avrebbe risposto così. Ma pur sapendolo non lo avrebbe mai accettato.

- sai bene che questa non è più la mia guerra, Draco. E quando lo è stata non è di certo dalla tua parte che ho combattuto. Non ti posso impedire di fare quello che vuoi, come potrei?, ma non coinvolgermi in cose che non fanno più parte del mio mondo- non era arrabbiata. Rassegnata, piuttosto.

In tutti quegli anni in cui gli era sempre stata vicina, aveva gioito in quei rari momenti in cui lo aveva visto sereno e ,per quanto fosse possibile, quasi normale.

Ma col tempo era giunta alla conclusione che quei momenti fossero riservati soltanto per lei, e che il suo comportamento al di fuori di loro due non sarebbe mai cambiato. Se non in peggio.

Sebbene fosse soltanto un fantasma ora, poteva ancora provare sentimenti umani.

Ed era dolore quello che sentiva ogni volta  che si rendeva conto che non sarebbe mai riuscita a capirlo, che non sarebbe mai riuscita ad aiutarlo.

“ non riuscire mai a comprendere, è questo il dolore, vero?”

- non mi hai mai fatto partecipare ad alcuna missione. Perché stavolta mi vuoi con te?- il tono era sommesso, come se ormai si fosse rassegnata all’inevitabile.

Era vero che nessuno poteva imporsi più su di lei ora che era un fantasma, ma era altrettanto vero che anche la sua capacità di prevalere era notevolmente diminuita. Probabilmente la mancanza di un corpo, era andata anche a discapito delle sue doti persuasive.

“sono soltanto un insignificante fantasma. È sin troppo facile ignorarmi”

- ho bisogno che tu mi copra le spalle- le spiegò dopo qualche istante di silenzio.

“ha bisogno di me…”

-cosa? Non sono la tua guardia del corpo, Draco. Hai decine di seguaci pronti a servirti, perché non chiedi a loro?- concluse la ragazza con una punta di malcelato disprezzo nella voce.

Avrebbe potuto risponderle in modo molto pratico: un mangiamorte poteva essere facilmente ucciso, mentre lei…era già morta.

Per una volta però optò per la sincerità.

“l’unica arma che può funzionare con lei”

- Di loro non posso fidarmi. Di te sì . -

Era spiazzata. Divisa come sempre tra l’inspiegabile bisogno di proteggerlo, e la voglia di lasciarlo andare ad ammazzarsi come più gli piaceva.

Forse lui comprese la sua indecisione, forse era solo stanco di attendere una risposta.

- non è un ordine, Hermione. È una tua scelta, pensaci e poi dimmi se accetti. - le condizioni erano chiare.

- No, è ovvio. Non prendermi in giro ,sapevi sin dall’inizio quale sarebbe stata la mia risposta ,Draco. Perché allora sei venuto a chiedermelo?- mezze verità. Anche lei aveva imparato ad usarle all’occorrenza.

- dicono che la speranza sia l’ultima a morire- si lasciò sfuggire Draco, quasi divertito dalle sue stesse parole.

Una risata dura e graffiante, come un artiglio che incide violentemente la pietra.

“non prenderti gioco di me Draco, mai”

L’uomo si voltò, facendo ruotare intorno a se il nero mantello, come le ali di un corvo messaggero di morte.

Ma lui la morte non si limitava ad annunciarla. Lui la infliggeva.

Nel corridoio risuonava sinistramente l’eco dei suoi passi. Non si voltò più, perciò non vide con quali occhi Hermione lo scrutava.

Quando fu quasi totalmente immerso nel buio del corridoio, tanto che a malapena i suoi capelli chiari erano visibili, la chiamò.

- Hermione?-

- si?- rispose speranzosa.

- Fra tre giorni al tramonto. Fuori dai cancelli del castello. Se ci ripensi mi troverai lì-

 

 

“Tough, you think you’ve got the stuff
You’re telling me and anyone
You’re hard enough

You don’t have to put up a fight
You don’t have to always be right
Let me take some of the punches
For you tonight

Listen to me now
I need to let you know
You don’t have to go it alone”

 

-Sometimes You Can't Make It On Your Own, U2-

 

 

continua...

 

I misteri cominciano ad infittirsi. Chi sarà mai questo misterioso ragazzo?

Draco è veramente uno psicopatico che se ne va in giro come il capo di una specie di setta satanica? ( questa è una domanda assolutamente retorica)

Ed io sto sprecando il mio tempo con questa fic? (mi stanno venendo le paranoie!)

Se avete una qualsiasi ipotesi su ognuna di queste domande, fatemelo sapere.

CIAOOOOOO!

ZAITU (^_^)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Because of you ***


Il tramonto

Because of you

 

 

Il tramonto.

Era bello quella sera, soprattutto dalla posizione privilegiata da cui veniva osservato.

Hermione Granger, in piedi sulle mura del castello, fissava l’orizzonte innanzi a sé.

Lassù, sulle montagne la neve si era tinta di sangue, mentre il cielo sopra di lei sfumava pian piano dal celeste all’indaco, al blu cupo.

Il  gelido vento che soffiava da nord sollevava turbinii di polvere e foglie, ma lei non ne subiva i soliti fastidi che portano gli uomini a rinchiudersi in casa per paura di un malanno.

Il fantasma osservava impassibile il cielo, riflettendo su quella che era stata la sua vita.

Ripensava a quando il tramonto per lei indicava la fine di una lunga giornata di lavoro e di allenamento, a quando tanti anni prima osservava la morte temporanea di quell’enorme disco di fuoco da una delle torri di Hogwarts, in compagnia dei suoi migliori amici.

Rivedeva gli occhi di Harry illuminarsi  di speranza, perché anche quel giorno loro tre erano ancora lì, tutti insieme, e i capelli di Ron ardere in un fuoco che non si sarebbe mai estinto.

E sì, rivedeva anche se stessa ,con i capelli e gli occhi bagnati d’oro.

Un’oro che qualcuno un giorno gli aveva violentemente mostrato per quello che era. Fango.

Soltanto fango che la ricopriva da capo a piedi.

Perché sebbene la sua vita fosse pressoché perfetta, si era resa conto che tutto quello che aveva non le bastava.

Tuttavia aveva prepotentemente nascosto questa sua smania a qualsiasi costo.

Aveva incarcerato la sua ambizione, soffocato i suoi veri sogni, incatenato i suoi desideri solo perché i suoi amici e tutti quelli che le stavano intorno non avrebbero capito e l’avrebbero considerata solo un’arrivista senza scrupoli, una veste che non si addiceva affatto alla mente guida del trio miracoli.

Aveva compreso troppo tardi quello che Draco Malfoy aveva voluto farle capire quella notte.

Poteva farcela indipendentemente dagli altri.

Poteva smettere di far finta che tutto andasse bene, e togliersi di dosso quel fastidioso costume ormai troppo stretto per lei.

Era l’amica di Harry Potter e di Ronald Weasley, la miglior studentessa che Hogwarts avesse mai potuto vantare, Gryffindor per natura , combattente per nascita e per destino , ma non solo questo.

C’era tanto altro che gli altri non potevano vedere, piccole e oscure ombre che solo il Draco Malfoy ragazzino aveva scorto per un attimo in lei.

Ma in fin dei conti non era andata poi tanto male.

Capo degli Auror a soli ventiquattro anni.

Con tutto quello che le era successo, a lei come ad Harry, a  Ron e a tutti quelli che avevano vissuto in quei tempi di guerra, era già tanto che fosse ancora viva e sana di mente. Viva ed insieme ai suoi migliori amici.

Perché ce l’aveva fatta, aveva ottenuto ciò che voleva, ma non da sola.

L’aver condiviso con Draco Malfoy la parte più oscura e profonda della sua anima, non l’aveva resa di certo uguale a lui.

Lui era solo per scelta e lo sarebbe rimasto per sempre.

Lei, finché era stata in vita, non aveva potuto fare a meno dei suoi amici e di tutti quelli che con il tempo erano entrati a far parte della sua vita.

E proprio pensando a loro non poteva impedirsi di provare una sorta di vuoto profondo e un vago senso di colpa, che a volte andava ben al di là di ciò che era in grado di sopportare.

Da quando era morta era sempre stata con Draco.

Nessuno all’infuori di lui e dei pochi mangiamorte che l’avevano vista per il castello, sapeva che qualcosa della grande Hermione Granger era rimasto in quel mondo.

Ma come la sua vita aveva richiesto molte, troppe, scelte, altrettante gliene aveva poste davanti la morte.

In ogni caso, mai per un solo istante si era pentita di ciò che aveva fatto.

E Draco Malfoy, per quanto le costasse ammetterlo, era stato la sua scelta.

La migliore che potesse fare, dopo essere diventata un fantasma.

Era  anche per lui che aveva deciso di restare, e sarebbe stato grazie a lui che un giorno se ne sarebbe andata per sempre…ma questo ancora non lo sapeva.

Fu con l’animo leggero quindi, che dopo pochi istanti varcò i cancelli del tetro castello, ritrovandosi in mezzo ad un’informe massa di mantelli neri, dove solo Draco Malfoy donava un ingannevole raggio di luce con il riflesso dei suoi capelli dorati non ancora coperti dal cappuccio.

Il sole era ormai scomparso, inghiottito dalle montagne.

Era la notte della vigilia di Natale.

 

 

“I will not make the same mistakes that you did

I will not let myself cause my heart so much misery

I will not break the way you did

You fell so hard

I've learned the hard way, to never let it get that far”

 

- because of you, Kelly Clarkson-

 

 

Godric’s Hollow era un tripudio di luci e colori.

L’ampia sala da pranzo era stata sgomberata da tutti i mobili ed ora al centro spiccava un’enorme tavola imbandita con i piatti più succulenti.

Risate, brindisi, auguri urlati con gioia.

La festa di Natale organizzata da Harry Potter e Ron Weasley, si stava rivelando un vero successo, viste anche le bottiglie vuote di champagne e burrobirra che giacevano sparse per il pavimento.

Harry Potter appoggiato con i fianchi al bracciolo di una poltrona addossata alla parete, osservava soddisfatto la sala.

Fred e Gorge Weasley saltellavano abbracciati da circa un quarto d’ora, e di tanto in tanto lanciavano piccoli fuochi d’artificio che lasciavano nell’aria simpatiche scritte natalizie.

Mentre la frase “ vote Harry for Babbo Natale” troneggiava scintillante sopra la sua testa si soffermò con lo sguardo su un tavolo un po’ in disparte, dove un gruppetto di persone cercava di divertirsi in modo molto poco legale.

Arthur Weasley, Remus Lupin  e Andrew Paciock avevano organizzato una vera e propria bisca clandestina.

Galeoni d’oro scintillavano al centro del tavolo verde, e le facce dei tre erano tese allo spasmo per la concentrazione della partita a poker.

Harry scosse il capo divertito, concentrandosi sul resto degli invitati.

Ron ,seduto su un divano ed intento a chiacchierare allegramente con la graziosa Melissa Bart, auror e sua sottoposta, appariva felice come non era da tempo.

Le guance arrossate ,probabilmente non solo dal troppo champagne, gli davano un aria dolcemente fanciullesca, che la ragazza di fianco a lui sembrava apprezzare con gioia.

“se prova di nuovo a dirmi che Melissa non le piace, giuro che lo strozzo”

Un po’ più in là Luna Lovegood, con indosso uno strambo vestitino rosso ricoperto di lucine colorate, Neville Paciock, Molly Weasley, Sharon Weis, Morgan e Dustin McAllister, fratelli Auror e amici di Ron, brindavano rumorosamente facendo tintinnare i calici ricolmi di champagne.

“La metà degli invitati sono Auror, come Ron” si ritrovò a pensare Harry.

Ma non come lui.

Contro ogni previsione ed aspettativa Harry Potter aveva scelto una strada diversa da quella che il mondo magico voleva per lui.

Quella guerra gli aveva già portato via troppo.

Dapprima la famiglia e la possibilità di un infanzia serena, poi Hermione ed infine…Ginny.

Auror anche lei, come tutti quelli che ,impotenti e demotivati, cercavano nella lotta diretta un occasione di riscatto.

Era morta tre anni prima, uccisa per sbaglio da fuoco amico durante un attacco di Mangiamorte.

Le avrebbe chiesto di sposarlo, se solo ne avesse avuto il tempo.

Ma il tempo si divertiva a prendersi gioco di lui sin dal giorno in cui era nato.

Ed invece di celebrare il loro matrimonio, aveva celebrato il suo funerale.

Diventare auror era decisamente l’ultima cosa che avrebbe mai fatto.

Se doveva combattere, se doveva uccidere Lord Voldemort, lo avrebbe fatto da solo, si era detto sin dall’inizio.

Appena finita la scuola aveva cominciato a viaggiare in ogni angolo del pianeta, in cerca degli Horcruxes e di informazioni, per mesi, anni.

Con  Hermione che era diventata, con enorme sorpresa di tutti ma non sua, capo degli Auror, era stato tutto molto più semplice.

A volte combatteva e collaborava con lei ed il suo squadrone, ed in cambio gli Auror e il Ministero gli passavano tutte le informazioni di cui aveva bisogno.

La magia oscura non era più tabù, per lui.

Le armi che aveva non sarebbero mai bastate contro Voldemort, anche se indebolito dalla distruzione di tutti gli Horcruxes, e tanto valeva giocare ad armi pari.

Ma qualcuno era arrivato prima di lui.

Draco Malfoy aveva ucciso il Lord Oscuro…e poi aveva preso il suo posto.

La situazione era degenerata in poco tempo oltre la soglia accettabile; sia per lui, che con la morte della sua migliore amica aveva perso la fiducia nel mondo, per Ron, che con la morte della donna sempre amata si era spento e ripiegato su se stesso come una candela consumata, e per tutti coloro che credevano che in breve tempo tutto sarebbe finito.

Le ricerche ed i sacrifici di una vita intera erano stati inutili.

Ora Harry Potter si ritrovava forte e potente come pochi, ma poco importava, se quella forza non era servita a nulla.

Ed il Ministero della Magia continuava ad illudere i maghi dicendo loro che tutto si sarebbe risolto

in qualche modo.

“in quale modo? Spiegatecelo. È facile parlare per voi che ve ne state belli sicuri, seduti dietro le vostre scrivanie dorate”

Negli ultimi tempi il Ministero sembrava aver ignorato volutamente alcuni dei più eclatanti omicidi avvenuti e inoltre girava voce che al suo interno, le più alte sfere fossero state stranamente, miracolosamente? ,salvate da qualsiasi attacco o attentato da parte dei Mangiamorte.

“Corrotto”.

Nessuno ormai si ostinava più a negarlo.

Il nemico non era solo Draco Malfoy, ma tutti coloro che ,sedotti dal denaro e dal potere, si vendevano, e vendevano gli altri, a lui.

- non ti stai divertendo, Harry?- la voce di Dave lo distolse dai suoi pensieri, e con un sorriso forzato Harry si volse verso il ragazzo.

- no, tutt’altro. Mi stavo concedendo un po’ di riposo, i gemelli mi hanno sfinito- spiegò Harry, indicando la scritta ancora visibile sopra la sua testa.

-capisco- gli rispose il ragazzo sorridendo, mentre gli porgeva un bicchierino ricolmo di Firewishky.

Gli occhi di Harry si accesero per un istante.

-Tu sì che conosci i miei gusti!- esclamò prendendo il bicchiere, mentre il ragazzo ne teneva per sé un altro mezzo pieno.

- Tu odi lo champagne e la burrobirra è già finita. Viviamo insieme da più di dieci anni, è normale che io conosca i tuoi gusti-

“Dieci anni” ripeté Harry dentro la sua testa.

Dieci anni da quando quello scricciolo arrogante e testardo era entrato prepotentemente nella sua vita e in quella di Ron.

Dieci lunghi anni che erano volati via in un soffio.

Il bambino con il quale aveva litigato centinaia di volte e con il quale aveva fatto pace altrettante volte, il bambino che malgrado tutto aveva cercato di proteggere con tutto se stesso, perché per quanto gli costasse ammetterlo era l’unica cosa che lo spingeva ancora  a combattere, non c’era più.

Quello che ora aveva davanti era un brillante ragazzo di diciassette anni, con i suoi problemi, i suoi sogni, la sua vita.

Un giorno non molto lontano avrebbe preso la sua strada, e lui non avrebbe potuto far altro che guardarlo volare via.

Osservò Dave mentre sorseggiava il liquido ambrato e il ragazzo rispose al suo sguardo da sopra l’orlo del bicchiere.

Aveva sempre avuto l’innata capacità di sapere sempre cosa gli girasse nella testa, come se per lui il grande Harry Potter non avesse segreti.

“proprio come faceva sua madre”

-e tu invece, che te ne fai tutto solo? I tuoi amici?- tentò di riprendere Harry, cercando di allontanare la strana sensazione di essere perforato dai suoi occhi.

David scosse il capo come se non gli importasse granché.

- Sharon si è mezza ubriacata a forza di brindare con Luna e Neville, Andrew si sta giocando tutti i suoi risparmi a poker con Lupin e Arthur…e Brandon e  Aislinn sono usciti fuori poco fa- concluse il ragazzo abbassando cautamente gli occhi grigi.

Harry gli sorrise mestamente.

-mi dispiace ,mostriciattolo-

- e di che scusa? Ognuno si diverte come vuole- gli rispose David con tono noncurante, rialzando sicuro gli occhi su di lui.

“ ti piace Aislinn dai primi anni di Hogwarts, è inutile che fai finta che non t’importi”  ribatté Harry parlando in serpentese, di modo che nessuno capisse.

“ infatti mi importa, ma non vedo cosa dovrei fare…Brandon è il mio migliore amico e sinceramente non ho alcuna voglia di scatenare un putiferio, soprattutto quando è evidente che i due si piacciono”

“ da quando sei diventato così altruista?” lo sbeffeggiò Harry.

“ non è altruismo, lo sai bene, direi coerenza, piuttosto. Innanzitutto il confronto non reggerebbe. Brandon è bello, ricchissimo, il suo sangue è più puro dell’acqua di una fonte, e ora che i suoi genitori sono morti, si è anche liberato di ogni legame con la parte oscura. E poi per quanto mi riguarda, ci sono migliaia di altre ragazze in giro, non ha senso perdere la testa per una”

Il discorso non faceva una piega.

E poi lui lo sapeva bene visto che nell’ultimo anno aveva avuto più storie di quante lui e Ron ne potessero vantare in tutta una vita. Beato ragazzo.

Probabilmente dovette leggergli questi pensieri in faccia, perché David lo guardò divertito.

“ lo so cosa stai pensando, Harry” lo apostrofò.

“ e cosa sto pensando, Dave?” lo provocò il bambino sopravvissuto.

“ che ti sarebbe piaciuto avere tutte le ragazze che ho avuto io” rispose maliziosamente.

“ quando io avevo la tua età non aveva tempo per pensare alle ragazze” si giustificò Harry, con molta poca convinzione.

“ è un modo carino per dire che eri un completo imbranato?”

“può darsi. Ma se ti dicessi che la tua adorata Aislinn è appena rientrata quasi con le lacrime agli occhi?” disse Harry indicando con gli occhi la porta

- ma cosa…- cominciò il ragazzo, ma non fece in tempo a voltarsi.

Un uomo imponente con la divisa degli Auror si era appena smaterializzato al centro della stanza ,con il solito flop che aveva attirato l’attenzione di tutti gli invitati.

Una grossa A dorata spiccava al centro del suo petto.

“ esibizionisti” pensò Harry Potter.

- comandante Feingold, cosa ci fa’ qui?- lo interrogò stupito, Ron.

-signor Weasley raccolga tutti gli Auror presenti in questa stanza, c’è bisogno di rinforzi. I mangiamorte hanno appena attaccato il centro di Londra, sono coinvolti anche i babbani.-  spiegò il comandante dell’undicesima suddivisione degli Auror, freddo e distaccato come richiedeva il suo mestiere.

-Cazzo!- si lasciò sfuggire il rosso – mi scusi comandante-

E poi fu il caos.

Dopo un attimo di assoluto stupore generale, tutti presero a correre da una parte e dall’altra, chi in cerca della propria bacchetta e del mantello chi semplicemente preso dal panico.

Dopo aver gettato rabbiosamente il bicchiere per terra, Harry Potter si voltò verso David che lo guardava con malcelato terrore negli occhi cerulei.

- devo andare, Dave -

- allora vengo con te- sentenziò il ragazzo.

-non scherzare ragazzino, tu e i tuoi amici ve ne starete qua al sicuro…e non accetto repliche- concluse Harry facendo saettare gli occhi verdi  e smorzando così un’eventuale protesta del ragazzo.

Cinque minuti più tardi, una decina di Auror ,tra cui Neville e Luna, erano pronti per partire.

Remus ed Harry fra loro erano gli unici privi del caratteristico mantello degli Auror.

Quest’ultimo cercò con gli occhi David ma non lo vide da nessuna parte.

“sarà andato dai suoi amici”

Qualche istante, e diversi flop dopo, la stanza era semideserta.

Soltanto Molly , Arthur e gli amici di David erano rimasti a fissare la stanza ormai vuota, dove le decorazioni e le luci ora sembravano terribilmente stonate e fuori luogo.

Ci fu un fulmineo scambio di sguardi stravolti ed increduli, ma quando la consapevolezza che qualcuno mancava all’appello si impossessò di loro, lo stupore divenne panico.

Dave non era tra loro.

 

 

Continua...

 

E anche questo è andato.

Ora che ci sono ringrazio tutti quelli che mi hanno lasciato un commento, è veramente importante, soprattutto per una novellina come me, sapere che la propria storia non solo viene letta ma piace,anche.

Detto questo vi saluto, confidando sempre nei vostri commenti!

CIAOOOOOOO

By ZAITU

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Sunday, bloody sunday ***


Al posto delle allegre luci natalizie ardevano fuochi distruttivi e lampeggiavano incantesimi, invece degli addobbi, corpi di

Ringrazio di cuore silvia90, white_tifa, katiuz, goldfish e  Loony per aver commentato gli ultimi due capitoli.

Mi raccomando continuate! E anche voi che leggete la fic e non avete mai commentato, lasciatemi anche un insultino, ma almeno fatevi sentire!

 

 

Sunday, Bloody Sunday

 

 

Al posto delle allegre luci natalizie ardevano fuochi devastatori e lampeggiavano incantesimi, invece degli addobbi, corpi di feriti giacevano scompostamente a decorare la strada come ghirlande di fiori appassiti.

Le grida, le urla atroci di dolore di chi veniva torturato e di chi piangeva appestavano l’aria come le note scabrose di una canzone spettrale.

Dave fissava tutto senza realmente vederlo.

Non sentiva, o meglio, non voleva sentire l'odore del sangue e della morte che ti invade con prepotenza i sensi, che ti violenta l'anima.

Una donna babbana di fianco a lui cominciò a gridare, ripetendo come in una nenia lo stesso nome, per decine di volte.

Un nome gridato al vento...il non voler accettare che quello stesso vento lo ruberà per sempre, che il suo sibilo ,dolce e violento allo stesso tempo, sarà ormai l'unica risposta a quel nome, da quel momento in poi.

Ma Dave non sentiva.

Lui non era Harry Potter. Lui non era un eroe. Ed aveva paura.

Si mosse meccanicamente, in cerca del suo obbiettivo.

Aveva paura, ma non abbastanza.

“ Draco Malfoy, dove sei?”

Come era dolce il sapore della vendetta che si avvicina, tanto dolce che tutto il resto perdeva importanza.

Bloccò con uno stupeficium un mangiamorte che si stava avvicinando baldanzoso.

Le prede piccole non gli interessavano.

Sapeva combattere, glielo avevano insegnato Harry e Ron, ma una battaglia vera era un’altra cosa.

Se ne accorse quando un violento incantesimo lo colpì alla schiena, e piccole goccioline scarlatte cominciarono a colargli lungo il braccio sinistro, come la linfa che sgorga dallo stelo di una rosa spezzata.

Guardò il sangue come ipnotizzato.

“È solo qualche goccia”.

Le ennesime gocce di sangue in quel mare scarlatto che era diventato il centro di Londra.

Fece finta di cadere a terra tramortito e quando il mangiamorte si avvicinò per finirlo, urlò con tutto il fiato che aveva in gola – incarceramus!-

L’uomo si agitò a terra nel vano tentativo di liberarsi dalle catene invisibili.

- contorciti quanto vuoi, verme- gli sibilò David a pochi centimetri dal viso.

Quegli occhi grigi sempre decisi e ridenti si erano ermetizzati, come ricoperti da una lastra d’acciaio.

- Dave!- un altro grido nella notte, che come gli altri si sarebbe perso nel vento e dissolto nel fumo.

“ non stanno chiamando me, non devo voltarmi… non posso voltarmi”

- Dave!…- ripeté di nuovo la voce. Ancora quel nome, ancora quel grido che non era più un grido di ricerca ma di dolore.

David fece appena in tempo a girarsi per vedere Harry Potter cadere a terra colpito da un incantesimo e non rialzarsi.

“ Stava chiamando me.”

Sembrò quasi risvegliarsi da quel torpore che l’aveva assalito appena si era smaterializzato lì.

“È stato ferito a causa mia”

- Harry!- cominciò ad urlare anche lui, mentre il suo corpo si sbloccava e cominciava a fare qualche passo in avanti.

Si bloccò di colpo però, quando scorse la nera figura in piedi dietro il corpo del suo padrino.

La bacchetta ora puntata contro di lui, ciocche di capelli biondi che sfuggivano da sotto il cappuccio e ,se non avesse indossato la maschera, avrebbe sicuramente visto anche due occhi identici ai suoi fissarlo con inconsapevole curiosità.

“Finalmente”.

Accennò un sorriso di trionfo prima di scartare fulmineamente di lato, evitando un expellarmius che gli lampeggiò a pochi centimetri dal volto.

- non male ragazzo. Ma toglimi una curiosità, da quando gli auror arruolano poppanti nel loro esercito?- lo sbeffeggiò aspramente Draco Lucius Malfoy.

David rimase a terra , magnetizzato per un istante dalla voce dell’uomo.

Si era quasi aspettato quasi di sentire un sibilo, o una voce inumana, uscire da quelle labbra, si sarebbe aspettato tutto ma non una voce tanto normale.

Altera e orgogliosa, ma estremamente e quasi paradossalmente normale.

“ poco importa, non sono qui per parlare” 

Portandosi in ginocchio, sibilò a mezza voce un expellarmius, prontamente parato del signore oscuro.

- protego…- sospirò Draco con tono quasi annoiato.

- lo hai ucciso?- ringhiò David prima che il signore oscuro potesse contrattaccare.

Draco si voltò lentamente verso il corpo steso a terra, quasi come se dovesse accertarsene.

- No- dichiarò dopo qualche secondo – Harry Potter è sempre stato una terribile seccatura, ma merita una morte un pochino più dignitosa-.

Dave non si lasciò stupire dalla stranezza di quelle parole, gli avevano detto che quell’uomo oltre ad essere diabolico era anche pazzo.

- ma intanto posso divertirmi con te ragazzino- proruppe all’improvviso mentre un’espressione perversa gli appariva sul volto.

– crucio!-

Faceva male.

“ma non tanto”

Poteva quasi sentire i muscoli rattrappirsi e le ossa scricchiolare.

“posso resistere”

Si ripromise di non urlare, ma qualche secondo dopo si ritrovò a farlo così forte, che dovette portarsi le mani alle orecchie per non sentire le sue stesse urla.

-Draco!- di nuovo un nome urlato nella notte.

Si accorse che la tortura era finita solo quando riuscì ad aprire gli occhi.

Aveva la vista appannata dalle lacrime che aveva inconsapevolmente versato, perciò non riuscì a distinguere nitidamente il mondo che aveva cominciato a vorticargli intorno.

Gli auror che combattevano con i mangiamorte, i babbani che scappavano, Harry ancora steso immobile a terra, Draco Malfoy che inveiva contro una figura traslucida alle sue spalle…

Il fuoco, le fiamme...quel calore soffocante, quel dolore insopportabile...ma la consapevolezza di esserci ancora...

- Harry… - e per l'ultima volta, un nome abbandonato nel vento .

La disperata ricerca di una risposta che, lo sapeva, non sarebbe arrivata.

“dannazione non adesso! Io …devo …ucciderlo…”

Sentiva che le palpebre gli si stavano abbassando contro ogni suo resistenza e quando tentò di sollevarsi puntellandosi sui gomiti rovinò goffamente a terra.

Don. Don . Don.

Ora,  era il tempo che urlava il suo nome.

 Il Big Ben stava ricordando a tutta Londra che era appena passata la mezzanotte.

David chiuse gli occhi con un ultimo insensato pensiero nella testa.

“ Buon... Natale…”

 

“And the battle's just begun
There's many lost, but tell me who has won
The trench is dug within our hearts
And mothers, children, brothers, sisters
Torn apart

Sunday, Bloody Sunday
Sunday, Bloody Sunday

How long...
How long must we sing this song?
How long? How long...
'cause tonight...we can be as one
Tonight...tonight...”

.

- Sunday, Bloody Sunday, U2-

 

 

- Dannazione!- l’urlo fu prontamente seguito dal rumore di pezzi di vetro che cadevano confusamente a terra, mentre il liquido, contenuto nel bicchiere appena infrantosi sulla parete, si spargeva sul pavimento.

- calmati Bran!- Aislinn si era prontamente alzata dal divano e aveva afferrato il gomito del ragazzo nel vano tentativo di bloccarlo.

- calmarmi? Il mio migliore amico è scomparso durante un attacco di mangiamorte e tu mi dici di calmarmi?- le ribadì mentre si divincolava in malo modo dalla sua stretta.

Con i lunghi capelli neri scompigliati e gli occhi chiarissimi che lampeggiavano di rabbia, Brandon sembrava un demonio.

- non c’è bisogno di usare questo tono. Siamo tutti preoccupati ,ma non ci mettiamo a fare scenate come te- ribatté calma la ragazza, che nascondeva con maestria quanto quelle parole e quel tono l’avessero ferita.

- probabilmente non lo siete abbastanza- sentenziò aspramente Brandon incrociando severamente le braccia sul petto.

- non parlare come se David fosse solo amico tuo- lo rimproverò Sharon, seduta a gambe incrociate sul divano ed intenta a tormentarsi con le dita un ricciolo bruno.

Brandon la fulminò con uno sguardo, ma lei gli rispose con un mezzo sorriso che sarebbe stato in grado di calmare anche lord Voldemort.

Il ragazzo tuttavia si limitò a voltarsi con stizza da un’altra parte.

-gratta e netta- l’incantesimo giunse quasi sussurrato dalla poltrona in cui Andrew sembrava quasi sprofondato.

Lo stravagante figlio di Luna e Neville, che con i suoi quindici anni era il più piccolo del gruppo, era l’unico che non sembrava minimamente turbato dalla situazione.

- Quando combini un pasticcio Bran, cerca anche di rimettere a posto- lo ammonì il ragazzino indicando con gli occhi il pavimento, ora pulito. Quelle parole probabilmente non si riferivano solo al bicchiere che aveva scagliato contro la parete, ma il moro non sembrò afferrare.

- questo detto da te è un vero insulto, non penso che esista qualcuno più sbadato e maldestro di te, Andrew - lo rimbeccò acido Brandon.

Il ragazzino lo ignorò passandosi una mano tra i corti capelli biondi.

- dov’è Harry?- chiese provvidenzialmente Sharon, tentando di impedire un litigio fra i due.

- E’ di sopra con gli altri membri dell’ordine. Riunione straordinaria. Per Dave.– le rispose Aislinn mentre tentava di legarsi i serici capelli castano ramato.

Parlava meccanicamente, senza nessuna emozione. Gli occhi verdi socchiusi come per precludere al mondo la sua sofferenza.

“ Brandon ha la sensibilità di un porcospino, Aislinn soffre forse più di tutti noi e lui si atteggia a grande uomo” pensò la riccia.

-Ragazzi?_

Sulla soglia della porta della cucina era apparsa la rassicurante figura di Molly Weasley con in mano un vassoio stracolmo di cibarie.

Sharon si alzò alla svelta, facendo tintinnare i numerosi campanellini attaccati alla sua ampia gonna.

-Molly, non dovevi- le disse la ragazza afferrando premurosamente il vassoio dove una bella teiera fumava invitante.

- figurati. So benissimo quanto è stressante starsene ad aspettare mentre altri decidono la sorte dei nostri cari. Una buona tazza di the aiuta sempre- le sorrise affettuosa la donna. Candidi fili si mischiavano ora alla sua chioma un tempo fiammante.

Ne era passato di tempo, da quando era abituata a tranquillizzare un altro disastroso gruppo di ragazzini.

- ne bevi una tazza con noi?- le propose gentilmente Aislinn.

- no grazie cara, sto cercando di riassettare un po’ la sala. Harry e Ron non ne avranno sicuramente il tempo- spiègò la donna rabbuiandosi e tornando subito in cucina.

Sharon posò il vassoio sul basso tavolo, ed in silenzio cominciò a riempire le tazze.

L’atmosfera si era fatta pesante.

“ma che bel natale” pensò Sharon “ è passato un giorno intero e di Dave nessuna notizia. Quel deficiente non poteva starsene tranquillo per una volta?”

Nessuno sembrava aver voglia di rompere quell’assordante silenzio.

Ma ci sono persone che il silenzio non possono proprio sopportarlo.

- vedrete che non gli è successo nulla – disse all’improvviso Sharon mentre porgeva una tazza ad Andrew.

- ne dubito- sibilò Brandon.

- ma per quale diavolo di motivo devi sempre essere così pessimista!?- gli urlò contro Andrew, perdendo finalmente la pazienza.

- non sono pessimista, sono realista. -  gli spiegò gelido – non lo hanno trovato né tra i feriti né tra i cadaveri…lo hanno preso i mangiamorte, e non devo dirti io cosa fanno di solito ai prigionieri- concluse abbassando gli occhi.

Il piccolo Andrew però non lo risparmiò.

- tu lo sai bene, vero Brandon? Dicci, i tuoi come li torturavano i prigionieri?- sputò il ragazzino come veleno.

Brandon rimase gelido mentre i suoi occhi s’incendiavano.

- sta zitto microbo. Non parlare di cose che non conosci. -

“ un’altra parola e giuro che lo stendo”

Il ragazzino fece per controbattere, ma Sharon lo batté sul tempo.

-Smettetela, tutti e due! Vi sembra questo il momento di parlare di certe cose?!- li rimproverò fissandoli entrambi con i penetranti occhi scuri.

I ragazzi si zittirono di colpo, non solo per il rimprovero della ragazza ma anche perché Kingsley Shacklebolt, stava scendendo le scale e si dirigeva verso di loro.

Strani rumori uniti ad urla provenivano dai piani superiori.

- Kingsley! Che succede?- lo interrogò Aislinn destandosi dal suo torpore.

L’anziano auror scosse il capo rassegnato.

- Ho appena riferito all’ordine la posizione del Ministero in merito alla scomparsa di David. Harry è andato su tutte le furie, stanno tentando di calmarlo-

- cosa ha deciso il Ministero?- chiese titubante Andrew.

Fu Harry stesso a rispondergli.

-Niente! Il ministero non farà niente! Benissimo, avrei dovuto aspettarmelo da quei deficienti rammolliti. Mollami Ron!- L’uomo stava scendendo precipitosamente le scale tampinato dal rossino

che tentava in tutti i modi di placarlo.

Aveva un braccio fasciato e un grosso taglio sul sopracciglio sinistro.

I quattro ragazzi pensarono tutti la stessa cosa.

“allora non solo Brandon ha perso la testa”

Harry Potter si fiondò sulla enorme libreria, cominciando ad accumulare freneticamente dei bizzarri volumi sul tavolo.

-Che stai facendo, sei pazzo? Non tocchi quei libri di magia oscura da anni!-  gli urlò dietro Ron.

-non darmi del pazzo, Ron! Devo ripassare un paio di incantesimi per disattivare le barriere, qualche incantesimo protettivo e d’attacco e poi…-

- a cosa diavolo ti servono adesso?- lo interrogò l’amico, le guance arrossate per la frustrazione.

Harry si bloccò. Sembrò pensarci un attimo.

- Come a cosa mi servono? Vado a riprendermi David. -

 

 

Continua…

 

 

Saaalve!!! Sulla cattura di David non voglio fare commenti. Invece, per quanto riguarda gli amici di Dave, mi sono divertita un mondo a presentarli e caratterizzarli. È un rischio introdurre tanti personaggi nuovi sia perché può risultare difficile incastrarli nella storia sia perché possono risultare un inutile tappabuchi. Spero di non cadere in nessuna di queste insidie, ma se così non fosse non mi arrabbierò nel ricevere qualche insulto. Come si dice “ciò che non uccide, fortifica”! In questo capitolo ho tralasciato Draco ed Hermione, but don’t worry!, li rivedremo nel prossimo.

A presto,

ZAITU

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Vampire heart ***


Behind The Crimson Door

Prima di lasciarvi alla lettura di quello che è il mio chap preferito, ringrazio Senara che ha commentato  Povero Diavolo e DeepDerk L’UNICA che ha commentato l’ultimo chap…mi sento un piccolo e solitario puntino nell’universo…Dove siete?

 

Vampire Heart

 

“Let me weep you this poem as Heaven's gates close
Paint you my soul, scarred and alone
Waiting for your kiss to take me back home

Hold me
Like you held on to life
When all fears came alive and entombed me
Love me
Like you love the sun
Scorching the blood in my vampire heart”

 

-vampire heart, HIM-

 

Hermione, o per meglio dire il suo fantasma, vagava per i tetri corridoi di Malfoy Manor, senza produrre il minimo rumore.

Non si capacitava di quello che Draco era stato in grado di fare, di quello che lei stessa gli aveva permesso di fare.

Tutte quelle persone innocenti, tutta quella distruzione…avrebbe vomitato anche l’anima per il disgusto, se solo avesse potuto farlo.

C’era sangue dappertutto, ovunque, anche negli occhi, nella bocca...il suo sapore di ferro, la sua consistenza vischiosa...era quasi riuscita ad avvertirla.

Lo sapeva, sapeva benissimo che Draco Malfoy era un folle assassino, ma tra il vederlo con i propri occhi ed il saperlo solo per sentito dire c’era una bella differenza.

E lei non aveva potuto fare niente.

Solo urlare quando lo aveva visto torturare quel ragazzo.

“non un ragazzo qualunque…purtroppo”

Ma quello lo aveva capito solo dopo, quando tutto ormai era finito, quando del fuoco non era rimasto che fumo e del sangue solo macchie da lavare via.

Quando Draco aveva fatto portare via il corpo inerme di quel giovane, lei lo aveva dolorosamente riconosciuto.

“il destino continua a divertirsi con me”

Hermione ,giunta di fronte ad un’imponente porta di ebano posta in cima ad un’angusta scala a chiocciola, si bloccò incerta.

Non poteva bussare, perciò non le rimaneva che entrare ,qualunque fosse l’umore di Draco.

Senza pensarci oltre trapassò la porta chiusa, serrata, forse anche contro di lei.

Si guardò un attimo intorno, non entrava spesso nelle stanze di Draco.

A dispetto della perenne oscurità che dominava il castello, la stanza principale era gradevolmente illuminata dal fuoco scoppiettante di un bel camino, e alcune candele languivano in ognuno degli angoli della stanza.

L’odore pungente del caprifoglio impregnava ogni tenda, ogni coperta.

Ma la sua attenzione fu subito attratta verso il letto.

Draco vi era seduto sopra, ricurvo come un vecchio, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani a sostenere il volto.

Era senza cappuccio e mantello, perciò i lunghi capelli vagavano sparsi sulle sue spalle e sul suo viso.

C’era una un’angoscia palpabile nella posizione scomposta che Draco aveva assunto, lì nella segretezza delle sue stanze, dove nessuno poteva vederlo.

Aveva la solitaria malinconia di un grosso orso bianco destinato a vagare sui ghiacci in eterno.

Non si era accorto di lei.

Hermione distolse rabbiosamente gli occhi da quella fastidiosa visione.

Non sarebbe bastato quello ad impietosirla, non dopo quello che aveva visto la notte prima.

Continuò ad esaminare con indifferenza la stanza.

Pregiate tende di raso nero erano tirate ad ogni finestra, dalle quali si poteva ancora intravedere il sole che si consumava sulle montagne.

Era un gran bella stanza, non c’era che dire.

I mobili sobri ma eleganti erano tutti rigorosamente d’ebano, i candelabri d’oro, le coperte di seta.

Draco Malfoy si era costruito una splendida prigione.

Dorata e confortevole, ma pur sempre una fredda prigione, dove si era rinchiuso di sua spontanea volontà.

Gettando via la chiave.

- che cosa ci fai qui?- la voce dell’uomo le giunse bassa e roca e lei si girò lentamente ,senza il minimo segno di timore.

- devo parlarti-  gli rispose senza tanti giri di parole mentre alzava fieramente il mento, gli occhi fissi e fermi.

“c’è qualcosa che non va”.

Draco Malfoy si era alzato in piedi e aveva afferrato con una mano diafana una colonnina del letto a baldacchino, come se tentasse di sostenersi.

-e di cosa? Del perché mi hai fermato mentre stavo torturando un nemico, mettendoti a fare una scenata di moralità?…O forse vuoi dirmi come mai sei scomparsa nel bel mezzo della battaglia?…qualunque cosa sia, in questo momento non mi interessa. – concluse l’uomo con voce impastata ,come se parlare gli costasse fatica, e spostandosi i capelli dalla fronte stranamente sudata.

- avevo…avevo visto Harry e Ron fra gli auror…per questo mi sono ritirata, non potevo…- balbettò il fantasma, colta in un punto sin troppo doloroso.

- ma certo! Come potrei mai competere con il grande e puro Harry Potter ed il dolce e tenero Ronald Weasley, io, che sono perverso e malvagio? Avrei dovuto arrivarci da solo!- rintronò Draco gesticolando sgraziatamente, e movendosi a scatti come un burattino.

L’unico occhio visibile era lucido e arrossato, ma la ragazza sembrò non farci caso.

-comunque volevo solo dirti che sparirò per qualche giorno, non cercarmi sarebbe inutile- gli spiegò senza riuscire a guardarlo in faccia ed ignorando le critiche velenose.

-ah…ma questa non è una novità Hermione. Tu vai e vieni secondo il tuo comodo, non hai mai chiesto il mio permesso- finì sibilando, e preso un calice dal tavolo ne trangugiò il contenuto in una sola sorsata.

Finito di bere sbatté violentemente il bicchiere sul legno pregiato, ammaccandolo leggermente.

- puoi andare ora- le disse ghignando malignamente, mentre poggiava i palmi sul tavolo.

- Draco…ma tu sei…ubriaco?- si meravigliò infine Hermione, interpretando correttamente quel suo strano atteggiamento.

- una a zero per la saputella mezzosangue!…Qui ci vuole un brindisi!- detto questo Draco si raddrizzò vacillando e a stento riuscì a riempire due calici.

- che sbadato… tu non puoi bere!- la rimproverò con aria fintamente dispiaciuta, e così dicendo gettò perfidamente a terra uno dei calici.

Quanto patetica tristezza si celava dietro quel comportamento disgustosamente farsesco!

Hermione fissò come in trance il vino, sin troppo simile al sangue, che ora impregnava il costoso tappeto.

Non capiva, non riusciva proprio a capire dove Draco volesse arrivare.

Era sconcertata da quella situazione.

- alla nostra!- tuonò l’uomo e , dopo aver alzato teatralmente il calice, lo vuotò in un soffio.

- ma Draco…- cercò di accennare la ragazza, alzando vanamente le mani per fermarlo.

- nessun ma, Hermione. Non voglio sentire prediche, soprattutto da te! Ora vattene, la tua presenza m’infastidisce- lo scherzo era finito.

La voce di Draco era salita di un ottava, e i suoi occhi spenti urlavano che non avrebbe tollerato una protesta.

Ma ognuno ha il suo temperamento.

E quello di Hermione Granger non era certo mite e remissivo.

- la mia presenza t’infastidisce?!- si infervorò la ragazza facendo qualche passo verso di lui.

- solo perché ho cercato di fermarti mentre facevi un massacro, ora sono diventata un elemento di disturbo?! Scusami se proprio non sono riuscita ad accettare allegramente che tu e i tuoi lacchè uccideste tutta quella gente!- gli urlò a pochi centimetri dal viso.

- per gli uomini non è una cosa innaturale uccidere i propri simili…è molto più innaturale vivere senza uno scopo- la corresse Draco, ritrovando per un istante la sua solita gelida calma .

La ragazza si ritrasse nauseata.

- mi stai dicendo che fai  tutto questo per uno scopo? È quale sarebbe?- gli domandò dubbiosa.

Silenzio.

Draco la fissò per un attimo con occhi quasi supplichevoli, come quelli di un animale messo in gabbia.

- Io ho perso il mio scopo, Hermione. L’ ho perso…- le spiegò distogliendo gli occhi da lei- ora va- sussurrò mentre le voltava le spalle.

- ultimamente mi cacci via con un po’ troppa facilità- continuò Hermione inamovibile.

C’era un limite con Draco Malfoy che non doveva essere superato, ma lei spesso non riusciva a percepirlo.

L’uomo si voltò fulmineamente avvicinandosi a lei con un paio di lunghi passi malfermi, e alzò brutalmente una mano in aria come se volesse colpirla.

Hermione non si mosse.

Rimasero immobili così per qualche istante, lui che la sovrastava con la sua minacciosa altezza, e lei che aspettava solo la sua prossima mossa.

Come una stilettata nel cuore, Hermione cominciò a ridere aspramente. Una risata graffiante come il vetro che stride sulla pietra.

- vuoi…colpirmi,Draco? Dimentichi che sono un fantasma…non puoi farmi del male- disse, levando anch’essa una mano esile e leggera e poggiandola vicino a quella dell’uomo.

Draco cercò di stringerla ma si ritrovò solo con un pugno d’aria.

- dannazione!- urlò scattando indietro.

La mente annebbiata, i sensi fastidiosamente ovattati.

Anestetizzato.

Ecco come si sentiva Draco Malfoy in quel momento

- razza di sciocca, perché non capisci?!- lo vide barcollare pericolosamente mentre si appoggiava con i gomiti sul nero tavolo.

Il viso arrossato, i biondi capelli scompigliati, la pelle leggermente imperlata di sudore, Draco Malfoy sembrava in tutto e per tutto un demone innalzatosi dagli inferi per consumarla con la sua rabbia.

“Un demone stupendo” si ritrovò a pensare Hermione.

La scura camicia semiaperta sul petto risaltava come una rosa nera sulla neve appena caduta e gli occhi argentei erano piacevolmente offuscati dal troppo alcool.

Selvaggio. Aveva il fascino letale di una pantera che, finalmente liberata da sbarre e catene, si accinge ad attaccare.

Era bello, a modo suo. E lo sarebbe stato ancora di più se quel qualcosa che lo tormentava  non lo avesse consumato giorno dopo giorno.

-perché non riesci a capire?- più che una domanda, sembrava un’ invocazione d’aiuto – in alcuni momenti vorrei soltanto toccarti, strapparti i vestiti di dosso e farti mia…ma non posso perché sei soltanto un fantasma…vederti mi acceca prima di una passione inspiegabile poi di una rabbia incontenibile… e allora potrei distruggere il mondo intero e non m’importerebbe…- il fantasma lo fissava sgomento ,non riuscendo a percepire fino in fondo il senso di quelle parole che le sembravano così strane pronunciate da lui.

Sapeva che quelle frasi, quei gesti erano soltanto il risultato dell’ ebbrezza …però…poteva sperare in un però?

Hermione gli si avvicinò con cautela, temendo una reazione violenta.

Voleva disperatamente assaporare quel momento di insperata e forse illusoria sincerità che , lo sapeva, non si sarebbe mai ripetuto.

-ho avuto tutto in questa mia maledettissima vita… per quale motivo allora niente mi sembra abbastanza? Perché tu, mezzosangue, devi essere l’unica cosa riuscita male?- continuò quasi non rendendosi conto che lei era lì ad ascoltare i suoi vagheggiamenti.

Hermione avrebbe anche potuto urlare, quando d’improvviso gli occhi di Draco, spaventosamente simili a quelli di un bambino, la fissarono vacui, cercando delle risposte a delle domande che, se fosse stato lucido, non si sarebbe mai sognato di rivolgerle.

Risposte che infondo neanche lei poteva dargli.

- che…che stai dicendo Draco?- non era vero, non poteva crederci.

“ insultami, dimmi di andarmene, ma ti prego smettila….”

-che sto dicendo!?- la aggredì l’uomo – sto dicendo che qui – e si batté una mano sul petto – non ci sono soltanto odio e magia oscura, o almeno ci sarebbero stati se tu dieci anni fa non ti fossi presentata da me, in questo stato!- le urlò contro, spossato e sfinito.

La verità d’altronde costa fatica, non è mai la strada più semplice e non sempre è quella più giusta.

E quella verità lo era meno di tutte.

Soltanto un sogno destinato a svanire in una notte senza luna, lasciandoti l’amaro in bocca, solo il tempo perché la mente torni lucida e questa si dissolve in polvere.

Una polvere che rimane in ogni angolo, per quanto tu ti ostini a pulirla via.

Ed Hermione Granger, l’unica verità a cui Draco avrebbe saputo dare un nome, c’era sempre.

Era lei l’unico motivo che gli impediva di impazzire.

Ed Hermione lo sapeva benissimo, per questo era rimasta con lui malgrado tutto.Proprio lei ,che infondo non faceva più parte di quel mondo, era l’unico filo che lo legava ancora ad esso.

E forse, non era un bene.

-mi dispiace…- riuscì a sussurrare a stento.

Ma l’uomo non l’aveva sentita ed ora giaceva scompostamente sul letto, gli occhi semichiusi persi fuori dal mondo, fuori da sé stesso.

- sei così …dannatamente… bella…- sussurrò mentre si sollevava a fatica sui gomiti e percorreva la figura della ragazza con occhi così perforanti che lei avrebbe anche potuto arrossire.

“Dio solo sa quanto vorrei toccarti anche io…” lo pensò, ma la fredda e razionale Hermione Granger non fu capace di dirlo.

Per una volta Draco Malfoy, seppure annebbiato e confuso, era stato più sincero di lei.

-va Hermione…per favore- riuscì a mugolare infine Draco, con voce roca.

Fu così che Hermione scomparve, in silenzio, nell’unico modo che conosceva.

Lasciò Draco Lucius Malfoy solo e libero, di una libertà che forse non voleva, una libertà che a volte soltanto qualche bicchiere di vino in più riesce a donare.

Quando nel giro di un istante Hermione Granger riapparve fuori dalla porta d’ebano, pianse.

Pianse anche se le sue lacrime non erano altro che gocce invisibili e sospiri senza vita, anche se nessuna goccia cristallina sarebbe mai caduta dai suoi occhi e avrebbe bagnato la pietra sotto i suoi piedi.

Pianse per quello che era successo la notte prima, per Draco, per lei, perché forse quelle parole avrebbe preferito non sentirle, o forse avrebbe soltanto voluto che lui gliele dicesse con la mente lucida e non sotto l’effetto del troppo vino.

Pianse anche se sapeva che era inutile farlo. Anzi ,pianse proprio per questo.

Perché le sue lacrime non sarebbero mai riuscite a spezzare l’orrendo incantesimo di cui una terribile strega li aveva fatti vittime, come succedeva nelle favole.

Pianse perché quella non era una favola, e come tale non ci sarebbe mai stato un lieto fine.

 

…“Venga tu dal cielo o dall’Inferno, cosa importa?”…

 

-Boudelaire-

 

 

Due giorni.

Erano più di due giorni che se ne  stava rinchiuso nei sotterranei di quel maledetto castello, senza la minima idea su cosa ne avrebbero fatto di lui.

Quando David si era risvegliato ammaccato e dolorante in quell’angusta cella, si era meravigliato di non essere morto, ma pensandoci bene si era reso conto che un solo cruciatus non bastava a far fuori una persona.

Questa conclusione non lo aveva di certo confortato, soprattutto perché niente impediva a Draco Malfoy di scendere lì e farlo fuori una volta per tutte.

Tuttavia non si era ancora presentato nessuno, a parte il vecchio elfo domestico che gli portava acqua e cibo due volte al giorno.

Si sentiva un vero schifo.

Lì sotto si gelava ,c’era un terribile odore di muffa e di putrefazione e per di più il braccio ferito, che gli era stato malamente fasciato, gli doleva terribilmente.

Se solo però fosse stato a conoscenza del consueto trattamento riservato ai prigionieri, si sarebbe subito accorto di essere un privilegiato; gli veniva portato regolarmente del cibo, in quella cella c’era un letto e qualcosa di molto simile ad un tavolo ed una sedia.

Tutti particolari che David aveva bellamente ignorato.

Era in gabbia e poco gli importava se questa era fornita di optional inconsueti per gli standard delle celle di quel castello.

“ma bravo David, hai voluto fare l’eroe ed ecco come sei finito…”

All’inizio non ci aveva proprio pensato.

Si era detto che un occasione del genere, dopo mesi che non aspettava altro, non gli sarebbe più capitata.

Aveva agito d’istinto e confondendosi con gli altri, si era smaterializzato.

“ed ho fatto una grossa cazzata”.

Inequivocabilmente.

Certo, non aveva alcun dubbio che Harry, l’ordine, il ministero e gli auror si sarebbero mobilitati per andare a riprenderlo, ma ogni ora che passava questa sua speranza si indeboliva sempre di più.

L’attesa più il non sapere cosa gli sarebbe accaduto, lo stavano uccidendo.

Ci aveva provato a liberarsi, eccome!, ma ovviamente la bacchetta gli era stata tolta e l’unico modo per aprire quella stupida cella era quello usato in qualsiasi normalissima prigione.

La chiave. Una semplice ed insignificante chiave.

Per un attimo il suo pensiero volò ai suoi amici.

Bran, Sharon ,Andrew…Aislinn.

Se ci fossero stati loro avrebbero sicuramente inventato qualche stratagemma infallibile.

Le idee assurde ma quanto mai efficace erano ad esclusivo appannaggio di Sharon ed Andrew.

Lui, da solo, non sapeva proprio cosa fare.

“ chissà come mai Aislinn era tornata così sconvolta dopo l’uscita con Bran?”

Era un pensiero sciocco, se ne rendeva conto.

Ma in quel momento pensare alla pazzia di Draco Malfoy, alla possibilità che Harry fosse stato ferito gravemente o a qualsiasi altra cosa spiacevole che quella guerra aveva portato con sé, non gli era di nessun’aiuto.

Non lo era neanche pensare ad Aislinn con Brandon, in effetti.

“mi sa che sto delirando”

Si portò stancamente una mano alla fronte sudata, per scoprirla più che tiepida sotto le dita.

“fantastico…davvero fantastico” fu il commento lapidario che evitò di pronunciare ad alta voce mentre afferrava una coperta dal letto e se la avvolgeva intorno alle spalle.

E fu anche lo stesso identico commento che gli affiorò alle labbra quando pochi istanti dopo, intravide attraverso le sbarre la figura di Draco Malfoy che lo scrutava con l’indifferenza che si dedica ad un cassonetto per la strada.

-fantastico…-

 

 

continua…

 

C-O-M-M-E-N-T-A-T-E!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Behind the crimson door ***


Avrebbe potuto assumere un atteggiamento aggressivo, tanto per mettere in chiaro sin dall’inizio che lui no era un tipo facile

Behind The Crimson Door

 

 

 

-Non ti sembra che possa bastare, Harry?- domandò per l’ennesima volta Ronald Weasley al suo migliore amico, che seduto di fronte a lui appariva stanco e stremato, con gli occhi arrossati e due occhiaie da far invidia a Severus Piton.

L’uomo lo fissò con i penetranti occhi verdi, in un muto rimprovero.

- stiamo parlando di Draco Malfoy, non di un maghetto oscuro qualsiasi. Per di più non sappiamo cosa ci possa aspettare a Malfoy Manor. Non posso permettermi di sbagliare. - spiegò serio mentre continuava a sfogliare le pagine ingiallite di un antico trattato di magia oscura.

Il rosso sospirò rassegnato appoggiando stancamente il volto su una mano.

- è tutta la notte che ripassi incantesimi e prepari pozioni, anche io voglio salvare Dave ma se arriveremo lì stanchi e assonnati non saremmo utili a nessuno. Dammi retta, riposa un paio d’ore- cercò di convincerlo l’amico.

- un paio d’ore?- si incendiò Harry – lo sai che fra un paio d’ore David potrebbe anche essere morto!?- aveva quasi urlato, mentre chiudeva di scatto il libro e si alzava facendo cadere la sedia.

Ron lo guardo con espressione indecifrabile, gli occhi chiarissimi socchiusi mentre lo scrutava.

- mi dispiace Ron,io…- si scusò Harry mentre si passava una mano tra gli scompigliati capelli neri.

Ron si alzò lentamente, raggiungendo l’amico.

- lo so che sei tu il capo- esordì parlando a bassa voce, il volto a pochi centimetri da quello di Harry – ma ti è così difficile ascoltare anche gli altri per una volta? Non sei infallibile Harry, anche tu puoi sbagliare. E come hai detto prima, non possiamo permettercelo. – era serio e deciso, aggettivi che di solito non gli si addicevano proprio.

Harry lo guardò quasi supplichevole.

- cavolo Ron, avevamo promesso si proteggerlo! Avevamo promesso che avremmo fatto in modo che non gli accedesse mai nulla di male…ed invece…- concluse coprendosi gli occhi con una mano.

L’amico gli circondò le spalle con un braccio, dandogli un leggero scossone.

- lo so Harry…adesso vattene a dormire, verrò a svegliarti io-

- grazie Ron- borbottò il moro.

- ma piantala, altrimenti ti do una bella botta in testa, così vediamo se dormi!- lo ammonì il rosso, spingendolo verso le scale.

Rimasto solo, Ronald Weasley si lasciò andare sulla sua poltrona preferita, trovandola però spiacevolmente occupata.

- stupido serpente- disse schifato mentre afferrava l’animale con due dita e cercava di lasciarlo cadere per terra.

Snape però non sembrava molto d’accordo, e più Ron lo scuoteva, più lui tentava di arrotolarsi sul suo braccio.

-e va bene! Fa un po’ come ti pare- proruppe infine ributtandosi sulla poltrona.

L’animale, soddisfatto, gli si arrotolò comodamente sulle gambe  cominciando a fissarlo con gli occhi rossi e tirando fuori la lingua di tanto intanto.

-che c’è adesso? Io non parlo serpentese non capisco quello che vuoi dirmi!- biascicò il rosso con la voce impastata dal sonno.

Ma non era necessario parlare serpentese per capire quello che il rettile tentava di comunicargli.

Ron lo guardò, addolcendo per un attimo l’espressione.

- anche a me manca David -

Il serpente sembrò annuire, mentre scuoteva lentamente la testa e le squame candide si illuminavano grazie ad un raggio di luna.

Ron poggiò il capo sullo schienale della poltrona, e poco prima di piombare nel sonno sussurrò.

- non provare a mordermi mentre sono addormentato, brutta bestiaccia…altrimenti quando Dave tornerà si troverà con un serpente di meno…-

Parole vane, visto che il candido rettile si era già addormentato.

 

 

 

Aislinn svegliata da un incubo, si alzò di scatto dal divano facendo scivolare a terra Sharon che si era addormentata con la testa sulle sue gambe.

-ahi! Che succede? – gracchiò preoccupata la riccia, mentre si alzava faticosamente da terra.

- niente a quanto pare, visto che è mattina inoltrata e nessuno, nemmeno Harry, si decide ancora a muoversi- le rispose acidamente Brandon appoggiato alla portafinestra.

Il sole era già alto nel cielo e rischiarava tutta la stanza.

“il mio amico rischia di morire e tu, inutile palla di fuoco, te ne stai lì tutto luminoso e splendente come se niente fosse”

-fossi in te sarei un po’ meno arrogante Brandon- tuonò all’improvviso Harry Potter appena comparso sulle scale.

Il ragazzo si girò imbarazzato verso l’uomo, senza però accennare minimamente delle scuse.

- per la cronaca sono stato a studiare un piano fino a tre ore fa, mentre voi ve la dormivate alla grande. Dopo tre ore stentate di sonno sono un tantino nervosetto, e le critiche di un ragazzino scoraggiato non mi sono di alcun aiuto- continuò Harry ignorando le tonalità di rosso che sfumavano sul volto di Brandon.

Aveva imparato ad essere duro e rigido all’occorrenza. Le belle parole non sempre servivano, soprattutto con il tipo di ragazzo che si ritrovava di fronte.

Non era uno stupido, quei ragazzi volevano esattamente ciò che voleva lui.

E ricordava benissimo quanto sentirsi inutili ed impotenti poteva essere frustrante.

A volte si sentiva ancora così. Un adolescente che non sa cosa fare, chi ascoltare e che non può fare altro che arrabbiarsi con il mondo.

Ma per quanto il ruolo gli pesasse, lui era un capo.

Anzi IL capo.

Senza cariche, senza medaglie, senza divisa, era però il comandante che tutti seguivano e come tale doveva comportarsi.

Ora non sia aspettava di certo delle scuse, non dal Brandon che conosceva, ma almeno aveva messo in chiaro chi era che gestiva la situazione.

Le scuse infatti non arrivarono e Brandon si limitò a voltarsi di nuovo verso la portafinestra.

Harry accennò un sorriso. 

Malgrado i dubbi iniziali, quel ragazzo gli piaceva.

- Harry?- tentò di attrarre l’attenzione l’ancora molto assonnato Andrew – quale sarebbe il piano?-

Tre paia di occhi e sicuramente un paio di orecchie fintamente indifferenti, si puntarono su di lui.

“ non so se è il caso di parlargliene”

Harry si sedette rigidamente su una poltrona e dopo aver fatto apparire una bella tazza di the cominciò a parlare.

- per prima cosa è necessario creare una specie di passaggio spazio-temporale che ci porti direttamente a Malfoy Manor. Presumibilmente lì, come ad Hogwarts, è impossibile smaterializzarsi. Rimarrà aperto soltanto mezzora, di più non posso fare- spiegò l’uomo con aria assorta.

-magia oscura, suppongo- precisò nervosamente Brandon, che staccatosi dalla finestra aveva raggiunto il gruppo.

- trovami un incantesimo normale che può fare questo, e lo userò immediatamente- lo rimbeccò il bambino sopravvissuto, guardando il giovane con aria di sfida.

- comunque- riprese subito Harry ignorando l’espressione rabbiosa che il moro gli restituì – il ministero, come avrete capito, non alzerà un dito, perciò verranno solamente alcuni membri dell’ ordine. Una parte si occuperà dei mangiamorte, un’altra tenterà di portare via David - concluse alzandosi dal divano e facendo scomparire la tazza.

Sembrava calmo e rilassato.

“sin troppo” valutò tra sé Brandon.

- quand’è che partite?- chiese il piccolo Andrew, che sembrava essersi svegliato del tutto.

- tra mezzora ci smaterializzeremo nei dintorni di Malfoy Manor - rispose Harry mentre saliva i prima gradini delle scale.

I quattro si scambiarono sguardi complici. Harry si voltò.

- come mai così interessati ai particolari? Che avete in mente?-

Fu Sharon a rispondergli.

- veniamo con voi-

Silenzio.

“ eccolo che adesso diventa una furia” pensò Aislinn mentre osservava l’espressione di Harry mutare come le nuvole in cielo.

Harry strinse convulsamente la mano poggiata sul corrimano.

“ non se ne parla” avrebbe dovuto rispondergli.

Ma sapeva come sarebbe andata a finire.

Esattamente come ogni volta che a lui veniva proibito di fare qualcosa.

La faceva lo stesso.

- va bene- dichiarò infine, quando ormai nessuno di loro sperava più in una risposta.

- sul serio?- chiese Brandon sgranando gli occhi, con un pizzico di dubbio nella voce.

-si…ma soltanto tu e Sharon - si interruppe vendendo gli sguardi ostili e un po’ increduli d i Aislinn e Andrew – mi dispiace ragazzi ma loro sono maggiorenni, voi no. Non posso prendermi questa responsabilità. - e così dicendo ricominciò a salire le scale scomparendo poco dopo nel buio.

- è assurdo!- tuonò allora Aislinn rossa in viso per la rabbia.

-non lo è mica tanto- le rispose Brandon.

- certo tu parli così, perché Harry ti fa andare con loro! Sarò pure un anno più piccola di voi ma non sono stupida, so combattere anche io!- strepitò la ragazza con la voce rotta.

- Aislinn, non è una questione di stupidità, Harry non potrebbe badare pure a voi durante un possibile combattimento. Noi siamo maggiorenni. Se ci accadesse qualcosa lui non avrebbe alcuna colpa o responsabilità- le spiegò con calma Sharon, che le carezzava dolcemente una spalla.

Harry in cima alle scale alzò gli occhi al soffitto.

Anche lui era stato come loro.

Sempre pronto ad aiutare gli amici a qualsiasi costo.

Ma due volte non era arrivato in tempo.

E l’esito  di quegli errori di tanti anni prima gli gravava sul cuore ogni giorno di più.

“Hermione…Ginny…”

Non avrebbe permesso che quei ragazzi si sentissero come si era sentito lui.

Non avrebbe permesso che succedesse ancora.

 

 

-We hide behind the crimson door
While the summer is killed by the fall
Alive behind the crimson door
While the winter sings:
"Your love will be the death of me"-

 

- Behind the crimson door, HIM -

 

 

Avrebbe potuto assumere un atteggiamento aggressivo, tanto per mettere in chiaro sin dall’inizio che lui non era un tipo facile.

Oppure avrebbe potuto fingersi sottomesso, tanto per riuscire nel vano tentativo di fargli pietà.

David però decise che l’unico modo per sostenere quel muto esame era comportarsi esattamente come il suo osservatore.

Indifferenza.

La stessa ed identica indifferenza che gli stava dedicando Draco Lucius Malfoy.

Se c’era anche solo un briciolo di curiosità o di interesse negli occhi , anzi nell’occhio, del signore oscuro, Dave non riuscì proprio a scorgerlo.

E se un qualche timore scuoteva l’animo di David, Draco non ne percepì la minima traccia.

Sarebbe stata una scena curiosa, vista da un occhio esterno.

Un ragazzino appena maggiorenne, stanco e ferito, che teneva testa al grande Signore Oscuro con un solo sguardo ed il signore oscuro che si abbassava a sprecare il suo tempo con lui.

Forse era il terrore di vedere i suoi stessi occhi sul viso di qualcun’altro, e quel qualcun altro era il male in persona, che impediva a David di distogliere lo sguardo da quel viso a metà.

Lo stesso terrore che forse aveva colto per un attimo anche Draco.

Credeva che trovarsi finalmente faccia a faccia con lui, non gli avrebbe provocato la minima emozione, niente, se non l’irrefrenabile voglia di ucciderlo.

E quella voglia c’era, eccome. Ma era suo malgrado affiancata da un incontenibile desiderio di conoscere, di capire.

Non gli era mai importato prima. Quello che sapeva, quello che gli avevano raccontato era più che sufficiente per quello che lui aveva intenzione di fare una volta che fosse diventato maggiorenne.

Ed ora che lo era, c’erano le sbarre a dividerli.

Draco Malfoy, dal suo punto di vista, era più che affascinato da quel ragazzo.

Non erano molti quelli che avevano il coraggio di guardarlo con tanta audacia.

Tutto stava nel capire se quello era sintomo di stupidità o coraggio.

Non che la cosa gli interessasse veramente. Quel ragazzino poteva anche essere un impavido eroe o un emerito imbecille, la cosa non lo avrebbe minimamente toccato.

Gli serviva.

Lo aveva risparmiato solo per questo.

Era con gli auror, ed aveva visto come Harry Potter tenesse alla vita di quel ragazzo.

Era giunta l’ora di dare uno scossone a quella partita.

 - chi sei?- domandò all’improvviso Draco, facendo destare bruscamente David  da quella specie di trance in cui era caduto, un po’ per la febbre un po’ per la tensione dell’incontro.

Nessuna risposta.

“non è ancora il momento”.

- ho capito…passiamo alla prossima domanda- continuò paziente Draco mentre cominciava a camminare avanti ed indietro di fronte alla cella.

- che ci facevi con gli auror? Di certo non sei uno di loro…- precisò con uno sguardo derisorio che Dave fece finta di ignorare.

Sembrava che anche questa domanda non avrebbe avuto una risposta, ma dopo qualche istante Dave si alzò dal letto su cui era seduto, e portandosi vicinissimo alle sbarre sibilò con disprezzo.

-Ero lì per ucciderti-

Silenzio.

I due uomini rimasero a fissarsi come due animali che si studiano a vicenda prima di cominciare una lotta.

Uomini, anche se uno poteva essere meglio definito come mostro e l’altro solo come un adolescente.

Tuttavia non c’era età che contasse in quel momento.

- sei audace- si complimentò Draco che non si sforzò più di tanto di nascondere la sua ammirazione.

- ma questo non ti basterà- concluse con una nota bassa e minacciosa nella voce.

- non ho paura di te- lo rimbeccò David freddo e sicuro, alzando fieramente il mento.

Draco rise, non un ghigno, ma una risata asettica e arida.

Non c’era divertimento, né derisione, né tanto meno gioia.

Gettò il capo all’indietro permettendo ai biondi capelli di scoprirgli il volto.

Una torcia illuminò la parte del suo volto coperta dalla maschera e David non poté fare a meno di chiedersi cosa nascondesse lì sotto.

- non vedo cosa ci sia tanto da ridere-

Niente, in effetti.

Era soltanto una bella risata prefabbricata da usare quando più gli piaceva.

Quando anche il suo eco si spense rimbombando tra le pareti di pietra il signore oscuro spiegò il motivo di tanta ilarità.

-si vede che sei soltanto un ragazzino! Non sempre non provare paura è un simbolo positivo…chi non ha paura o si sopravvaluta, o è arrivato ad un punto in cui niente e  nessuno è più in grado di fargli del male. E non credo che quest’ultimo sia il tuo caso…- non sembrava che volesse prenderlo in giro, gli stava semplicemente spigando la realtà dei fatti.

-per quanto mi riguarda non provo più paura da molti anni ormai…- aggiunse, approfittando del silenzio di David.

Quello che quelle parole lasciarono intendere era più che chiaro.

Ma era sincero.

Non era un modo per convincere Dave della sua grandezza, non ce ne era alcun bisogno, era soltanto la semplice verità.

Preziosa rarità, in effetti, se proferita da Draco Malfoy.

Il ragazzo non diede segno di voler controbattere, così Draco continuò.

- non mi hai ancora detto come mai dovresti essere proprio tu il fautore della mia morte- gli domandò sorridendogli affabilmente.

David si accigliò.

Non gli piaceva. Quel suo atteggiamento non gli piaceva proprio.

Sembrava pronto a prendersi gioco di lui ad ogni parola e peggio ancora si comportava come se quello fosse uno stravagante e divertente passatempo.

“brutto figlio di puttana!”

-tu hai ucciso mia madre… - la rabbia tornò ad offuscargli la mente con il suo gelo rovente, proprio come quando si era ritrovato sul campo di battaglia.

Era senza bacchetta, in una cella, febbricitante, solo contro Draco Malfoy.

Ma non gli importava.

Strinse tra le mani la coperta consunta, cercando di calmarsi

“non ora…”

L’uomo non sembrò minimamente sconvolto ma quasi…divertito.

- perdonami, ma quanto tempo fa è successo?…giusto per regolarmi, non posso ricordarmi tutte le persone che ho ucciso e fatto uccidere. -

“ è disgustoso”

Quell’uomo riusciva a parlare di morte come una persona normale parlava di Quidditch.

Sembrava non avere la minima idea su quale fosse il valore di una vita umana.

Dave si morse la lingua per evitare di rispondergli a tono, e si concentrò solo sulla risposta da dare.

- dieci anni…più di dieci anni fa- gli rispose, il volto chinato ad esaminare le pietre consunte del pavimento.

Draco fece un mezzo giro su stesso facendo svolazzare il mantello.

- se la memoria non mi inganna, a quell’epoca ero soltanto un mangiamorte al servizio del caro vecchio Voldemort… - analizzò distrattamente.

Dave non fiatò.

-chi era tua madre, ragazzino?- gli chiese infine Draco, nemmeno una punta di sospetto nella voce cantilenante e falsamente amichevole.

Dave rise beffardamente.

“ ti cancellerò quell’espressione dalla faccia, bastardo. Fosse anche l‘ultima cosa che faccio”

Ma qualcos’altro aveva attratto l’attenzione del signore oscuro.

Un clangore lontano, soltanto l’eco di una porta aperta e chiusa con foga.

Lo scalpiccio di passi affrettati.

-mio signore!- risuonò una voce non molto distante.

-Nott? Sei tu?- chiese Draco Malfoy allontanandosi dalla cella di David.

- sì, mio signore- l’uomo gli correva incontro, il viso arrossato per la corsa – deve venire subito, ci sono degli infiltrati nel castello!-

- cosa? Ma è impossibile, nessun estraneo può entrare qui!- si inquietò Draco.

-E’…Harry Potter, mio signore- spiegò l’uomo abbassando il capo.

Al suono di quel nome David si accostò alle sbarre per sentire meglio.

Una smorfia di disprezzo distorse invece metà del volto del signore oscuro che scattò fulmineamente in avanti.

- dannazione!…Nott avverti tutti gli altri, ma che stiano alla larga da Potter, lui è mio!-

Con l’allontanarsi di Draco Malfoy, l’odio e la vendetta scemarono dal cuore di David, come la nebbia che si dirada all’improvviso.

La speranza era riuscita ad arrivare anche lì, e presto lo avrebbe portato via.

 

 

Continua…

 

COMMENTATE X FAVORE!

ZAITU (^_^)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Fight ***


Il solito buoi innaturale ammantava il castello

Fight

 

“Why give up, why give in?
It's not enough, it never is.
So I will go on until the end.
We've become desolate.
It's not enough, it never is.
But I will go on until the end.
I've lost my way.
I've lost my way, but I will fight until the end”

 

-Breaking Benjamin, Until The End-

 

 

Il consueto buio innaturale ammantava il castello.

Tutto era calmo e silenzioso.

“ Un  po’ troppo” pensò Harry Potter.

I cerchi di luce sparsi dalle torce appese alle pareti illuminavano ad intermittenza l’enorme sala.

Piccoli scogli di speranza per quei naufraghi nel buio.

Harry avanzò di qualche passo, la bacchetta spianata di fronte a lui.

Dietro, una decina di auror, tra cui Ron ed il suo squadrone, erano appena sbucati fuori da un vortice violaceo che turbinava di un’energia che soltanto un potente incantesimo può produrre.

Harry si voltò un attimo per ammirare la sua opera e nel farlo incontrò gli sguardi incrociati di Ron, Brandon e Sharon.

Strizzò loro l’occhio, con più ottimismo di quanto ne provasse in realtà.

- State in guardia, forse non si sono ancora accorti di noi… ma non tarderanno ad arrivare. Statemi dietro-

Le sue parole infondevano negli altri un senso assoluto di fermezza e sicurezza.

Erano insieme ad Harry Potter, il bambino, l’uomo, sopravvissuto.

Non potevano che vincere.

Anche a lui sarebbe piaciuto pensarla così.

I suoi occhi però saettavano fulminei da un’ombra all’altra.

Ombre delle ombre stesse ingannavano i suoi occhi.

Statue nere ed eleganti sogghignavano dall’alto dei loro piedistalli, quasi prendendosi gioco di lui.

“non riderete ancora a lungo”

Alzò di scatto il volto mentre un brivido bollente si irradiava come una scarica elettrica dalla sua spina dorsale.

Con un cenno della mano richiamò Ron vicino a se.

-siamo circondati- gli sussurrò ad un orecchio.

Il rosso si guardò intorno non riuscendo a scorgere altro che ombre.

E poi eccoli.

Tra le statue ,neri come i loro sosia di pietra, agli angoli della stanza, più striscianti dei serpenti.

-Cavolo Harry ci hanno beccato subito, che si fa?- parlò Ron a denti stretti e subito dopo informò gli altri che si schierarono immediatamente in un piccolo cerchio compatto.

I mangiamorte aspettavano.

Erano più di una trentina.

Non c’era fretta. Potevano distruggerli in qualsiasi momento.

-Attacchiamo!- urlò Harry e più di dieci raggi ed un'unica voce si diffusero nella stanza come fuochi d’artificio.

Qualche informa figura cadde, presa di sorpresa da tanta audacia.

Ma altri erano pronti a prendere il posto dei mangiamorte caduti.

Un paio avanzarono verso il cerchio e scagliarono degli Avada Kedavra  entrambi diretti verso Harry.

Inutile.

- Defendo!- tuonò il moro, ed un’enorme cupola dorata si innalzò sopra di lui e gli altri Auror.

- magia oscura!- sibilò qualche mangiamorte, ritirandosi di qualche passo.

Harry Potter ghignò.

- Rimanete uniti, così la barriera vi proteggerà! Attaccate finché non riusciremo a passare.

Appena  sarà possibile, il gruppo scelto scenderà nei sotterranei!-

-Sectumsempra!- vociò allora quando un mangiamorte avanzò di nuovo.

“si comincia”

Ron teneva impegnati tre mangiamorte, che per quanto si sforzassero non riuscivano a colpirlo in nessun modo. Melissa Bart lo fiancheggiava protettivamente . I fratelli Mcallister  combattevano fianco a fianco, e seppure giovani attaccavano con l’ardore di un troll.

Harry colpiva e basta, talvolta lanciando pozioni sconosciute che facevano cadere a terra gruppetti di mangiamorte, come petali di un nero fiore appassito.

Il gruppo tentava di rimanere compatto, ma la cosa diventava sempre più difficile.

Accortisi della presenza di due ragazzini, i mangiamorte stavano concentrando gli incantesimi su di loro, costringendo Sharon e Brandon ad allontanarsi di qualche passo per contrattaccare.

Il vecchio Malocchio tentò di ricacciare indietro i mangiamorte ma questi pararono prontamente gli incantesimi con un semplice protego.

Erano fuori.

I due ragazzi si guardarono smarriti.

Ma prima che l’imponente figura di fronte a loro potesse attaccare, Brandon, afferrata Sharon per un braccio, scivolò agilmente dietro una statua mettendo mano alla propria bacchetta magica.

Lanciò una furtiva occhiata a sinistra intravedendo la sagoma di Ron procedere rapidamente a zig-zag tra i corpi dei mangiamorte feriti ed uccisi.

Un attimo ed il pericolo che poco prima incombeva su di loro era steso per terra abbattuto da Ron.

- Dannazione!- gridò l’uomo all’improvviso, colpito da un sectumsempra alle spalle.

-No!- urlò Sharon, facendo il gesto di alzarsi. Brandon la bloccò.

Ron non sembrava ferito gravemente e stava tentando di dirle qualcosa mentre affrontava il mangiamorte che lo aveva colpito alle spalle.

- Ragazzi si sta mettendo male!- un pugno in pieno volto e la maschera in frantumi rivelò il viso di Gregory Goyle.

Il rosso sogghignò.

- Appena Harry butterà la boccetta a terra scendete nei sotterranei e cercate Dave!-  ordinò loro mentre si scostava i lunghi capelli rossi dal volto .

Goyle ora giaceva a terra, con il naso rotto.

Brandon gli sorrise trionfio annuendo col capo.

Gli auror si erano sparpagliati fuori dalla cupola, ognuno solo contro il proprio avversario.

Harry combatteva senza badare ad altro.

Soltanto loro due erano liberi di agire.

Sharon afferrò la mano del moro, ma poi si bloccò incerta.

Sporse la testa oltre la gamba della statua.

“ Qualcuno ha messo il fermo-immagine?”

Tutti i mangiamorte si erano voltati verso l’imponente porta di quercia improvvisamente spalancatasi, e chinavano il capo come di fronte ad un re.

Gli auror, sempre con le bacchette alzate, fissavano anch’essi la voragine scura dalla quale doveva essere entrato qualcuno che Sharon non riusciva a scorgere.

Brandon se la strinse improvvisamente addosso, tappandole la bocca con un a mano per soffocare le sue proteste e le sue domande.

-Il Signore Oscuro!- le sibilò ad un orecchio.

La ragazza si immobilizzò.

-Ma chi abbiamo qui?- proruppe una voce chiara e profonda al tempo stesso.

Derisoria forse, ma comunque autorevole.

Sharon riusciva a scorgere soltanto una chioma assurdamente bionda che si ergeva sopra le teste chinate dei mangiamorte.

Un luccichio metallico su quel volto quasi perfetto.

“ La maschera di cui tutti parlano” si ritrovò a pensare.

Sentì Brandon, che ancora la teneva stretta, rabbrividire per un istante, forse di freddo, forse di paura, forse solo per un gesto incondizionato.

Alzò gli occhi su di lui ma le iridi chiarissime del ragazzo fissavano soltanto L’oscuro Signore.

Se con odio, con rancore o terrore lei non avrebbe saputo dirlo.

-Potter!- esclamò platealmente  Draco Malfoy come se si fosse ritrovato davanti un vecchio amico.

- Che piacere rivederti, Sfregiato!- sembrava pazzo, almeno agli occhi di Sharon.

Mentre lì c’erano morti e feriti, i suoi fedeli,  lui parlava come se si trovasse in un’allegra taverna.

- Vorrei poter dire lo stesso Malfoy ,ma…-  Harry alzò le spalle senza aggiungere altro.

Il bambino sopravvissuto stava al gioco.

“ oh sì, giocheremo…”

- Non mi offendo di certo Potter-  ribatté il biondo con voce neutra mentre dal nulla gli compariva tra le mani la sua esile, nera bacchetta.

Anche Harry alzò lentamente la sua.

Ma contemporaneamente, senza che nessuno se ne accorgesse, fece scivolare la mano sinistra sotto il mantello.

-A cosa devo questa spiacevole visita?- continuò Draco ondeggiando la bacchetta da una parte e dall’altra.

Prima che Harry potesse controbattere, Draco puntò la bacchetta verso Melissa Bart che , non vista, stava per scagliargli contro un incantesimo.

-Crucio-

- No!- Ron fece per avvicinarsi alla donna che si contorceva a terra ma Draco lo intercettò subito.

- Lenticchia…mi ricordo di te. Tu ed i tuoi auror siete più fastidiosi di quanto non lo fossi solo tu ad Hogwarts- lo criticò, ora serio, puntandogli contro la bacchetta.

Il suo tono ed il suo umore variavano con una velocità disarmante.

Ron avrebbe voluto rispondergli, ma Draco spostò di nuovo l’attenzione su Harry.

- Tieni a bada i tuoi cagnolini, Potter. Loro non mi interessano.-

Harry sogghigno di rimando

- Mi vuoi tutto per te, vero?

“ Ma che stanno facendo?” pensò Sharon incredula.

Quella situazione era paradossale.

Dovevano sbrigarsi altrimenti il portale si sarebbe chiuso e loro sarebbero rimasti intrappolati lì!

“ Morte certa. Altro che salvare Dave…”

Brandon la scosse indicandole con gli occhi Harry.

- Sta per lanciarla- le sussurrò ad un orecchio.

 Si accucciarono entrambi pronti a partire.

- Va bene Malfoy. Vuoi giocare? Giochiamo.-

Il bambino sopravvissuto alzò il braccio destro come se volesse attaccarlo, ma fulmineamente gettò a terra la boccetta scura che aveva estratto da sotto il mantello.

Draco non fece in tempo a bloccarlo.

L’ampolla si frantumò a terra.

Fumo.

Nuvole di fumo si alzarono dal pavimento, dense e candide.

Metodo semplice, forse banale, ma straordinariamente efficace.

Sharon, Brandon e Ron insieme a loro, si allontanarono.

Nessuno li seguì, nessuno li vide.

E quando quella nebbia magica si diradò, Harry Potter e Draco Malfoy erano a pochi centimetri l’uno dall’altro.

Entrambi sorrisero.

Chi di soddisfazione, chi di finto stupore.

-Ti faccio notare che hai una bacchetta puntata al cuore, Malfoy-  considerò Harry, premendo ancora di più la punta lignea sul torace di Draco, appena sotto lo sterno.

L’uomo accennò una risata amara, che si spense prima ancora di echeggiare fragorosa, come un tuono soffocato o un respiro mozzato.

- è il posto meno sensibile che ho- spiegò qualche secondo dopo.

Harry sospirò.

- Sempre spiritoso, Malfoy-

- Beh, ci sono vizi che non riesco proprio a togliermi. Comunque, che stai aspettando? Pronuncia quel bell’incantesimo che hai letto sui tuoi libri di magia oscura e facciamola finita!- lo incitò Draco allargando le braccia come per facilitargli il compito.

Harry rimase immobile, mentre gli sguardi di tutti, Auror e mangiamorte, si puntavano ansiosi ed interrogativi su di lui.

“ devo  farlo…però…”

Qualcosa di grande fermava la sua mano.

Una promessa. Più qualcos’altro che neanche il tempo era riuscito a cancellare.

 “… d'altronde ora che lei è morta, la promessa può essersi considerata rotta…”

Non ci credeva molto.

Ma non gli importava.

Avrebbe avuto tutto il tempo per punirsi e maledirsi dopo averlo ucciso.

Lo doveva a Ginny, a Ron ,ai suoi amici, a tutto il mondo magico.

Aveva dedicato tutta la sua vita a quello.

E il semplice fatto che il nome del Signore Oscuro ora fosse Draco Lucius Malfoy non poteva fermarlo.

Non più.

- Incarcero hanc animam…- cominciò con voce bassa, per poi alzare gradualmente il tono.

Guardò Draco negli occhi, nell’occhio.

Non vi era paura né timore.

Bruciava il ghiaccio, evaporava l’oceano.

Il quell’occhio poteva accadere di tutto ma non accadde niente, niente che Harry poté vedere.

Per un attimo pensò scioccamente che Draco avesse il suo stesso sguardo. Lo sguardo di qualcuno a cui è stata strappata via la propria ragione di vita.

“ è assurdo”

-…in inferis…- aveva la gola secca e deglutì a vuoto, fissando un punto imprecisato dietro le spalle di Draco.

“che strano c’è una luce laggiù”

-…per etern…-

-non farlo Harry! Ti prego…- una voce nelle orecchie, nel cuore negli occhi. Quella voce.

Interruppe l’incantesimo, e tremando gettò a terra la bacchetta.

Nessuno, tranne lui, sembrava aver sentito.

Si guardò intorno.

In quel breve momento Draco prese il sopravvento.

Aggirandolo con un solo movimento gli torse il braccio dietro la schiena, la bacchetta puntata tra le scapole.

-cogli l’attimo, Sfregiato!-  sibilò Draco dietro di lui.

Harry non ascoltava.

“ Herm…”

-Grazie Harry…-

Solo quando quell’assurda ed irrazionale visione scomparve, avvertì il dolore.

Tentò di liberarsi e quando vide i suoi compagni avvicinarsi gli urlò di allontanarsi.

Il combattimento ricominciò, tra auror e mangiamorte.

Remus tentò di raggiungerlo ma quattro mangiamorte gli si pararono contro.

-Che c’è Sfregiato, hai visto un fantasma?-

“forse…”

-Avada …anzi no, divertiamoci un po’!- Draco lo lasciò.

Harry barcollò per un attimo.

- Mi rendi il favore, Malfoy?-

-ummm…può darsi –

-Harry! Il portale! Corri!-  gli urlò Remus, dall’altro lato della sala.

Sempre il solito tempo tiranno.

-Sono oltremodo dispiaciuto ma credo che dovremmo rimandare, Malfoy-

Draco si limitò a mostrare metà del suo famelico ghigno.

Un inchino ed il bambino sopravvissuto si allontanò indisturbato.

 

“I've lost my way, but I will fight until the end”

 

Quei sotterranei erano un vero e proprio labirinto.

- Vi aspetto qui all’entrata, se dovesse venire qualcuno ci penserò io, andate ora e sbrigatevi!- gli aveva detto Ron poco meno di dieci minuti prima.

“il bello sarà ritrovare l’uscita” pensò Sharon con il fiato corto per la corsa sostenuta.

Brandon correva agile di fronte a lei voltando il capo corvino ogni qual volta si trovava di fronte una delle celle, che risultava sempre amaramente vuota.

-Dave!- urlò la ragazza, tendendo l’orecchio per afferrare l’eco di una possibile risposta.

Niente.

-Bran abbiamo solo altri dieci minuti, se non facciamo in fretta il portale si chiuderà!- lo richiamò Sharon che si teneva distrattamente un fianco, dolorante per la lunga corsa.

- sta zitta e risparmia il fiato – le rispose, duro come sempre.

Non voleva ammetterlo ma avevano perso l’orientamento.

“ e ti pareva…”

Sharon notò un’incisione a forma di serpente che spiccava sul pavimento di una cella.

-Brandon fermati! Siamo già passati di qui, quel serpente l’ho già visto!- spiegò la ragazza tra un ansito ed un altro.

-Maledizione!- imprecò il moro mentre si voltava e la raggiungeva  con un paio di falcate.

La riccia lo fissò senza sapere cosa fare, cosa dire.

Avevano fallito.

-Aspetta un attimo!- gridò all’improvviso.

Brandon non si degnò neanche di sollevare lo sguardo, ma quando la vide srotolare una vecchia pergamena ingiallita non poté fare a meno di polemizzare.

- Perfetto, che c’è scriviamo una lettera a Dave e gliela mandiamo via gufo? “ scusaci ma siamo talmente imbranati che non siamo riusciti a trovarti. Goditi il soggiorno” e…-

- Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!- trillò la ragazza ignorando l’inopportuno sarcasmo del moro.

-Cosa ci vuoi fare adesso con la Mappa del Malandrino?- le chiese con calma, rassegnato e un po’ incredulo, fissandola come una bambina affetta da qualche disturbo psicologico.

Sharon lo liquidò con un gesto della mano.

- Malfoy Manor!- scandì, mentre puntava la bacchetta contro la vecchia pergamena.

Un intricata pianta di corridoi incrociati si delineò sul foglio e insieme ad essa comparvero i soliti cartellini con i nomi delle persone che si trovavano nel castello.

- L’abbiamo modificata io ed Andrew, ora può mostrare la mappa di qualsiasi luogo, non soltanto quella di Hogwarts- Sharon sollevò il viso sorridente, pronta ad accogliere i meritati complimenti da parte del ragazzo.

Brandon sbarrò gli occhi chiarissimi, che nella semioscurità sembravano quelli di un grosso felino.

- E per quale diavolo di motivo non l’hai usata prima?- le chiese invece più che accigliato, senza mostrare la minima sorpresa per quello che era un incantesimo notevolmente avanzato.

Sharon scattò in avanti contrariata, scansandolo malamente con un braccio.

“non è il momento di prenderlo a schiaffi”

-Dove stai andando?- la voce del ragazzo le giunse qualche momento dopo dal fondo del corridoio.

Sharon sospirò.

- La cella di Dave è la terza sul secondo corridoio a destra. Siamo qui per liberarlo, o sbaglio?-

 

“When you're through with life and all hope is lost
Hold out your hand cause friends will be friends
right till the end”

 

- Friends will be friends, Queen-

 

 

Aspetto i vostri commenti!

Un bacione,

ZAITU (^_^)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Dirty little secrets ***


Anestetico

 

Dirty little secrets

 

 

“Time is ticking and we can't go back
My oh my

What about the world today
What about the place that we call home
We've never been so many
And we've never been …
So Alone”

 

-We are, Ana Johnson-

 

Anestetico.

Anestetizzato.

Il mondo pareva ricoperto da una cappa di batuffoli di cotone bagnato.

Almeno così sembrava a David.

Poco dopo che Draco se ne era andato era caduto sul letto ,gelido e sudato, il respiro affannato, la vista che lo abbandonava ogni secondo di più.

E poi ,come se nulla fosse, aveva cominciato a pensare a sua madre.

Ai ricordi che aveva di sua madre.

Nell’abbraccio dell’oblio la rivedeva mentre tornava stanca da lavoro e gli rivolgeva l’ultimo sorriso prima di filare a letto,  con la sua aria perennemente assorta ,persa dove lui non poteva ancora arrivare, l’atmosfera serena, un alone rosa, che regnava quando si trovava insieme ad Harry e Ron.

Per un attimo il calore tornò a scorrere nelle sue vene.

Non ci pensava spesso.

Non era uno di quei tipi che viveva costantemente nel rimpianto della sua scomparsa, con la sua immagine sempre impressa nella mente.

Non necessariamente questo era un bene.

Harry e Ron all’inizio si erano preoccupati.

Non aveva mai pianto, né quando aveva saputo della sua morte né al suo funerale.

Probabilmente pensavano che fosse sotto shock, perciò tutti lo avevano circondato di attenzioni, malgrado il dolore che forse era anche più grande di quello che lui non riusciva a mostrare e che forse non riusciva neanche a provare.

La verità era che non aveva capito.

Nessuno ci aveva pensato. Sembrava logico che un bambino di poco più di sei anni fosse in grado di concepire un concetto come la morte.

Ma per lui non era stato affatto logico.

Sua madre era la migliore.

“tornerà come fa sempre” continuava a ripetersi.

Perciò tutto quel dolore,  le lacrime ed il funerale per lui erano stati soltanto il frutto di un enorme equivoco.

“tornerà anche questa volta”

Ma non era più tornata.

Con gli anni, con le esperienze, aveva capito che la morte era un viaggio di sola andata.

Ma quando la consapevolezza che non avrebbe più visto sua madre, il suo sorriso, i suoi riccioli scompigliati, lo aveva raggiunto, quando si era reso conto che il suo odore di fiori era scomparso dalla loro casa e che la casa in cui si era ritrovato ad abitare non era più la sua, era tardi per piangere.

In compenso aveva avuto tutto il tempo per maturare qualcosa che andava ben aldilà del semplice odio, per l’uomo che gliela aveva portata via.

Era il suo modo di soffrire, di far capire al mondo che non si era dimenticato di lei.

Non poteva.

Perché era soltanto colpa i Draco Lucius Malfoy se il suo futuro si era trasformato in un passato dove lei non c’era, dove lei non era stata vicina a lui a tenergli la mano.

-mamma…-

Gli era mancato il sapore di quella parola sulle labbra, più di quanto avrebbe mai ammesso.

Si girò lentamente su un fianco cercando di non gravare il peso sul braccio ferito.

Sembrava che ci fosse qualcuno là fuori.

-David!-

Riccioli scuri, sorriso rassicurante.

“mamma…”

Dave si passò una mano sugli occhi.

-Brandon, eccolo l’ho trovato!-

I ricordi, per quanto confortanti, lasciarono fulmineamente il posto ad un sollievo molto più concreto.

-Sharon…-

-Dave! Che cos’ hai? - lo interrogò la ragazza agitatissima vedendolo alzarsi  a fatica  e cercare di raggiungere le sbarre sulle gambe malferme.

- ehi amico, stai bene? - anche Brandon , appena comparso oltre le sbarre, lo osservava preoccupato.

David tentò di sorridere.

- potrei stare meglio…ma ho solo un po’ di febbre-

Sharon infilò le braccia tra le sbarre tirandoselo vicino.

- eravamo così preoccupati…- sussurrò stringendogli le mani intorpidite e massaggiandogliele delicatamente.

-non mi hanno fatto del male- le disse prima che fosse lei a chiederglielo.

Brandon gli scoccò un’occhiata dubbiosa e lui si limitò a scuotere il capo.

-dobbiamo tirarti fuori di qui- disse il moro scostando Sharon dalle sbarre.

-Alohomora!-

- non si apre, Bran!- gemé la ragazza che strattonava invano le sbarre.         

-Bombarda!- tuonò di nuovo Brandon puntando la bacchetta.

Qualche pietra si staccò dal soffitto e prima che potesse scostarsi una scheggia appuntita

colpì  Sharon su una tempia. 

Le sbarre non si mossero.

-Sharon!- gridarono entrambi i ragazzi.

La ragazza però si stava afflosciando lentamente a terra e Brandon riuscì a sostenerla per un pelo.

“Ancora sangue”

 Come se quello che veniva versato ogni giorno per quella stupidissima guerra non fosse già abbastanza.

-Sharon! Ehi svegliati!- il ragazzo la scuoteva tentando di rianimarla e con una manica le asciugò il rivolo scarlatto che le era colato su un occhio.

-dannazione! La cella non si apre, Sharon è svenuta ed il portale che Harry ha creato per venire qui sta per chiudersi !- urlò Brandon in preda al nervosismo.

-non badate a me, prendi Sharon e andate via, me la caverò- David appariva calmo come se quella situazione, o la possibilità di rimaner ancora lì, non lo allarmasse minimamente.

- non ti lasciò qui!- gli gridò l’amico di rimando, arrabbiato più con se stesso che con lui.

David si aggrappò alle sbarre per farsi sentire meglio con la sua voce flebile.

- non serve a nessuno che voi vi facciate catturare. Va e dì ad Harry che io sto bene.-

Parlava con la lucidità del condannato. Di chi è sicuro che non può accadere nulla di peggio.

“ cavolo dovrei essere io a tirargli su il morale,e invece è lui quello sicuro e rilassato”

Brandon prese in braccio Sharon e lanciò un ultimo sguardo all’amico.

-non ti lasceremo qui- gli occhi glaciali lampeggiarono di determinazione.

-Lo so. Adesso vattene!

Solo due passi nel buio col suo prezioso fardello tra le braccia, poi David lo vide irrigidirsi e accostarsi di più Sharon al petto.

-Bran?- lo richiamò David.

-credo che resteremo a farti compagnia- gli rispose il moro con finta ironia.

Tre mangiamorte, fantasmi in nero, li puntavano con le loro bacchette.

“ maledetti pagliacci fissati con le arti oscure!”

Brandon si girò incontrando l’espressione  affranta dell’amico, oltre le sbarre.

-ci fai un po’ di posto?-

 

 

 

 

-Sei un cretino-

-grazie Brandon, è la quarta volta che me lo ripeti, mi vorresti spiegare il perché?- David, seduto per terra accanto all’amico, appariva più stanco che mai ma ancora pronto a replicare.

- è ovvio!- Brandon si alzò in piedi cominciando a girare nervosamente per la cella –era la vigilia di Natale, tutti felici contenti e ubriachi, e tu cosa fai? Sparisci nel bel mezzo di uno degli attacchi dei mangiamorte più disastrosi degli ultimi anni, e sei pure così stupido da farti catturare! Non ti sembra un motivo sufficiente?- gli chiese infine mentre si chinava su Sharon, distesa sulla branda e ancora svenuta.

- Proprio tu Bran, mi fai la paternale?-  Dave lanciò al moro uno sguardo d’intesa misto a rimprovero al quale Brandon non poté fare altro che rispondere con un sorriso amaro.

-non ti sto facendo la paternale- cominciò Brandon  scivolando di nuovo a sedere vicino all’amico – ma la tua situazione è un po’ diversa dalla mia-

- solo perché i tuoi sono stati uccisi dagli auror ed invece mia madre da Draco Malfoy?- gli rispose David scaldandosi più del necessario

-bhè, non posso negare che gli auror mi abbiano fatto un grosso favore!- e qui rise divertito – la situazione è diversa perché tu vuoi vendetta, io invece non smetterò mai di ringraziare gli auror. Lo sai bene che non intendevo questo.-

David poggiò fiaccamente i gomiti sulle ginocchia reggendosi il capo con le mani.

- avrei dovuto dirvelo, è questo che mi stai dicendo?- sussurrò.

Domanda assolutamente retorica.

- bingo!- vociò Brandon. 

- tu più degli altri sapevi che un giorno mi sarei vendicato…- cercò di giustificarsi David.

Brandon sbuffò.

-So anche che vorresti prendere tutte E ai G.U.F.O., che vorresti entrare nella nazionale inglese di Quidditch e contemporaneamente specializzarti nell’insegnamento di difesa contro le arti oscure…il fatto però che tu voglia fare tutto questo non significa che lo farai sul serio-

- non mi stai …Oh cazzo sta venendo qui!- David si era chinato in avanti sulla mappa del malandrino distesa di fronte a loro.

Appena un corridoio prima della svolta della sua cella spiccava il cartellino con il nome “Draco Malfoy”.

Una vampata di calore gli salì alle guance e con più agilità di quanta la febbre avrebbe dovuto concedergli si alzò e si avvicinò alle sbarre.

- sta’ calmo David- lo esortò Brandon afferrandolo per una spalla.

Ma David non lo ascoltava.

-ma chi abbiamo qui?- la voce tagliente di Draco Lucius Malfoy precedette la sua comparsa.

Qualche secondo dopo un occhio d’acciaio fuso ed un altro d’argento esaminavano la cella.

-mmm…- mugolò l’uomo pensieroso.

David non si mosse.

Brandon invece si portò lentamente vicino alla figura distesa di Sharon con fare protettivo.

- rivela nominem!- tuonò all’improvviso Draco, puntando la bacchetta verso la ragazza.

Entrambi i ragazzi si voltarono allarmati, ma l’unica cosa strana che notarono fu la comparsa di piccole nuvolette di fumo viola che andarono a disegnare in aria il nome “Sharon Weis”.

- Weis…non conosco nessuno con questo cognome. Deve essere una mezzosangue!- sembrava divertito.

Malignamente divertito.

Spostò subito l’attenzione su Brandon che ora lo fissava con il più assoluto disprezzo.

David gli scoccò un occhiata ammonitrice, ma il moro non lo stava guardando.

-ma come sono fortunato!- gorgheggiò Draco all’improvviso, spalancando le braccia.

- Brandon Parkinson! Il traditore…tua madre non sarebbe molto orgogliosa di te …se solo potesse vederti!- sibilò con voce serpentina mentre puntava pericolosamente la bacchetta nera verso l’ultimo rampollo dei Parkinson.

Brandon fece per lanciarglisi contro ma David lo fermò.

- lascialo stare!- Dave gli si parò davanti, acceso e animoso come un incendio estivo.

Draco si concentrò su di lui mostrandogli il suo grottesco sorriso.

-bene, ragazzino manchi soltanto tu. Allora, vuoi dirmi chi sei, oppure devo estorcertelo con la forza?-

-provaci!- lo sfidò, il ghigno come un’impronta di quello dell’uomo che aveva di fronte.

Draco si rilassò ,permettendo ai capelli di ricadergli sul volto, e chiuse l’occhio plumbeo.

David fece altrettanto.

Identici ed immobili ,uno di fronte all’altro, nella stessa posizione, chi cercando di attaccare, chi tentando di difendersi.

Ma un bravo legilimens non può nulla contro un ottimo occlumante.

Lo capì subito Draco Malfoy, non appena una parete nera si erse contro la sua intrusione mentale.

Un muro di mattoni d’odio, lastre di rancore e macigni di lacrime mai versate.

-Eccellente!- tuonò Draco aprendo gli occhi di scatto.

David si lasciò andare sulla sedia.

- ho avuto buoni insegnanti- sospirò ansante.

La febbre stava salendo.

- ma ci sono molti altri modi per farti parlare- chiaro e conciso. Draco si era stancato di giocare.

Brandon fissò David spingendolo a parlare.

“ sempre meglio che farti torturare, cretino!”

-Dave…- lo incitò il moro.

- sta zitto, Brandon!- lo zittì David mentre si rialzava per accostarsi al muro.

Sollevò il mento, inclinò il capo all’indietro.

- David- disse, come se il suo semplice nome potesse fargli capire la sua identità, come se questo bastasse a spiegare tutto.

Draco fece un passo in avanti.

-bene David…hai anche un cognome?- gli domandò il signore oscuro al limite della pazienza, schioccando la lingua come un grosso rettile.

Non gli interessava veramente, solo non voleva, non poteva, dargliela vinta.

David si bloccò per un attimo, vedendo la figura di Draco sempre più sfuocata.

Barcollò per un attimo e Brandon corse a sorreggerlo per un braccio.

- Granger-

 

 

 

Quanto può far male, scoprire di essere  stato ingannato?

Quanto può far infuriare scoprire che una parte della propria vita è stata subdolamente nascosta e mascherata?

Ma non faceva male ,né tanto meno faceva infuriare.

Semplicemente perché l’idea che quel “Granger” potesse indicare qualcosa di più di un comune cognome non attraversò minimamente la mente di Draco Malfoy.

O meglio, l’attraversò eccome, ma fu abilissimo ad ignorare il momentaneo blocco del suo cuore, ne aveva ancora uno!, e del suo cervello.

-Granger…- mugolò Draco tentando di ignorare il fremito incondizionato delle sue mani, fortuitamente nascoste dalle ampie maniche della sua camicia di seta nera.

-che c’è, ti ricorda qualcosa?- infierì David, con meno rabbia di quanta ne provasse in realtà.

Come era stata bravo in tutti quegli anni, lui Draco Malfoy, il re della finzione!

Maschere, travestimenti, inganni erano stati i suoi più fedeli compagni.

Ma il passato non è il presente.

E la sua maschera d’argento per una volta fallì.

-Dovrebbe?-  lo chiese con troppa sicurezza, con troppa indifferenza.

Ed un travestimento, se troppo esagerato, può essere facilmente riconosciuto.

Brandon guardò il suo amico sorridere trionfante, per una vittoria che lui non riusciva a cogliere.

- Credo proprio di sì, papà-

 

“Sometimes the truth is worse than the lie, sometimes
Sometimes it's best to lock it away
In a place that’s secret and safe
Sometimes you just pretend you don't know
Sometimes it's best to let go”

 

-Dirty little secret, Pat Benatar-

 

Continua…

 

 

Finalmente! Ecco che il nostro David ha infine rivelato la sua identità ( come se non l’avessero capito tutti, ormai!).

Spero di non essere caduta troppo nel banale e di non aver creato uno schifo, ma se così fosse sono pronta con l’ombrellino per proteggermi dal lancio di pomodori. ( mi raccomando belli maturi, che si spiaccicano meglio!)

Cmq, me lo volete fare un regalo? Se proprio non vi sto facendo tanto orrore ( e se lo sto facendo è uguale!) fatemi trovare tanti bei commentini …

Un baci8!

ZAITU (^_^)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Hard to say ***


Suo figlio

Finalmente un po’ di commenti! Ringrazio di cuore kitten85, costy black, goldfish, DeepDerk e Francesca akira89 che con i loro commenti mi hanno fatto vedere che non sono una particella di sodio, sola e triste, in una bottiglia d’acqua…mi raccomando continuate così!

 

 

Hard To Say

 

“My worries weigh the world, how I used to be
And everything, I'm cold, seems a plague in me
And it's hard to say how I feel today
For years gone by and I cried
Worse than the fear it's the lie you told a thousand times before
Worse than a fear it's the knife
But it's hard to say how I feel today
For years gone by and I cried”

 

- Hard To Say ,The Used-

 

Suo figlio.

Non ne dubitò neanche per un attimo.

Sarebbe stato da sciocchi farlo.

Chi mai sarebbe andato in giro a vantarsi di essere la progenie del male stesso, se non qualcuno che lo era davvero?

E poi quegli occhi identici ai suoi che aveva fatto finta di non notare…

Draco Lucius Malfoy se ne era andato.

Correva per i corridoi del castello come un bambino in preda ad un’inspiegabile euforia.

La maschera stava per scivolargli dal volto, ma se la sostenne con una mano tremante.

“ Perché?”

Draco Lucius Malfoy era fuggito.

Fuggito da un passato che era riuscito a dimenticare, fuggito da un passato che altrettanto facilmente gli si era ripresentato davanti.

Non sottoforma di ricordi, non sottoforma di fantasmi. Bensì un figlio.

Suo e di Hermione.

C’erano stati solo vuoti di odio e crudeltà nella sua mente, in tutti quegli anni.

L’aridità di uno sterminato deserto che non aveva bisogno d’acqua.

Lui era il migliore.

Nessuno avrebbe mai potuto decidere per lui.

Non più.

E “padre” era un ruolo che non aveva mai e poi mai immaginato né voluto per sé.

“ Adesso, Hermione, scoprirai quanto si può fare del male ad un fantasma”

Sapeva come fare.

E l’avrebbe fatto.

Spalancò l’enorme porta d’ebano delle sue stanze con tanta violenza che i cardini continuarono a cigolare anche dopo che lui fu entrato.

-Hermione!- urlò.

La sua espressione era al di là della cattiveria, al di là del dolore, al di là di ogni emozione umana…

Se qualcosa di umano c’era stato prima, era stato spazzato via. Da una bugia. La più grande.

- Perché?- domandò al vuoto.

Non c’era nessuno a rispondergli. Neanche un fantasma.

Sollevo con rabbia il tavolo di quercia mandandolo a sbattere contro la parete.

I bicchieri infranti, il legno scheggiato, in ogni più piccolo danno c’era un po’ dell’ odio che si stava rigettando fuori dal suo corpo.

Le statue presenti nella stanza finirono in frantumi, disintegrate dalla forza di una magia che non necessitava della bacchetta.

Poi un urlo disumano, straziante,  di chi vorrebbe piangere ma non sa più come farlo.

Perché lui ormai aveva il cuore di una bestia.

Eppure Draco Malfoy, in qualche recondito angolo, era ancora un uomo.

Quella follia, quell’urlo, quella devastazione erano lì a dimostrarlo.

Non era forse dolore quello?

E la bellezza dell’essere umano non sta forse nell’essere in grado di provare , e magari sopportare, quest’inspiegabile sentimento?

-Hermione! Sei fuggita?- le ginocchia contro la pietra, curvo, ripiegato su se stesso, perché quel fardello era troppo pesante, perché non era pronto.

E non lo sarebbe mai stato.

Né per amare, né per essere amato.

Da nessuno.

Una notte si può dimenticare facilmente. Anche una ragazza tra tante altre alla fine può essere dimenticata, malgrado le carezze, malgrado i baci.

A lui questo non era stato concesso.

Ed un figlio significava che quella notte c’era stata veramente,che quella ragazza lui l’aveva amata davvero.

- Lo so che ci sei Hermione, lo so che mi stai ascoltando!- il fuoco nel camino esplose come un falò in risposta alle onde di potere che Draco lasciava defluire e alcuni carboni zampillarono fuori bruciando con avidità la preziosa lana del tappeto.

Draco si alzò in piedi lasciando cadere il mantello a terra.

- Che tu sia maledetta Hermione Granger! Sapevi tutto ,vero? Magari hai organizzato ogni cosa nei minimi dettagli…- urlò con la voce rotta da un pianto che non c’era.

Non che ci credesse veramente.

Sapeva, o almeno sperava, che Hermione non sarebbe mai stata capace di tanto.

Ma era più facile dare a lei tutta la colpa.

Tutta quella colpa che in quel momento sembrava volerlo spingere sempre più giù.

-Cosa volevi di più?-  le pareti gli restituirono il doloroso strazio della sua voce.

- non ti bastava avermi torturato ogni secondo della mia vita? Non era sufficiente? Perché Hermione…perché non me l’hai mai detto?-

Il pugno chiuso di Draco si abbatté sul muro a lato della finestra, non troppo forte, ma abbastanza per graffiarsi leggermente le nocche: poi uno scatto fulmineo a nascondere il tremito che lo aveva preso, violento, per la vecchia abitudine di non mostrare mai la sua debolezza.

“Perché volevo proteggere mio figlio…da te”

Hermione c’era.

Nascosta dietro una colonna che sorreggeva una delle volte del soffitto, osservava il lento ed inesorabile crollo dell’uomo che aveva di fronte.

Un uomo, non un ragazzo, non un assassino, non un mangiamorte.

Soltanto un uomo, che la vita aveva straziato dentro, troppo nel profondo per poter mai tornare ad essere il ragazzino di un tempo.

Eppure Hermione guardava e gioiva, come un assetato che dopo tanto scavare riesce a trovare una vena d’acqua nel deserto.

Aveva aspettato quel momento per anni.

“Fammi vedere che ci sei ancora, Draco”

Gioiva di un dolore che significava vita, rigenerazione.

“L’ho fatto per lui…perché lui sarà sempre mio figlio”.

Suo figlio… quel fagotto di pezze di lino che una guaritrice le aveva posto silenziosamente tra le braccia una sera di Marzo di quasi diciotto anni prima.

Il ricordo vivo di quegli strilli affamati che si erano calmati per qualche istante tra le sue braccia, giusto il tempo perché i suoi occhi si tuffassero in quelli lustri del piccolo, iridi luminose che col tempo, si sarebbero schiarite fino ad assumere un caldo colore a metà tra il bruno e l’argenteo… “ti riconosco, ti amerò… ti amo già…”

Gioiva perché forse Draco Lucius Malfoy aveva cominciato a capire.

- Ti odio, Granger! Ti disprezzo!- il prezioso specchio alla parete si frantumò in piccole schegge di luce riflessa che si disseminano per la stanza come fiocchi di neve sputati da una tempesta.

“Soffri, mio Draco… soffri più che puoi. Continua a convincere te stesso che è stata soltanto colpa mia, che io, noi,ti siamo stati tolti per una causa più grande, non dubitarne mai! Costringiti a pensarlo e soffri per questo, perché non puoi farne a meno… è proprio questo che voglio da te: che tu possa soffrire perché è quello che sei… umano.”

E lui lo era.

Sotto il sangue, sotto la maschera,lui c’era ancora.

“ Non era questo che volevo…”

Draco si lasciò cadere di nuovo a terra.

E  le pietre lo accolsero, dure come il suo cuore ,resistenti come il suo orgoglio.

“ Non doveva andare così”

Forse no.

Ma andava bene lo stesso.

Draco Malfoy in quel momento, disteso a terra, prostrato come mai era stato in vita sua, racchiudeva in sé, in quel corpo di demone tentatore, una varietà così contrastante di sentimenti da stupire sin quasi a far mancare di respiro. E la cosa più “bella”, quella che sapeva trasmettere emozioni così forti era il fatto che in lui quei sentimenti, dopo tanto tempo, apparissero così chiari, così concreti, così forti da raggiungere Hermione e lasciarla spiazzata: migliaia di schegge di emozioni differenti si mischiavano in quegli occhi, in quella voce, in quella postura, giungendo proprio al cuore di Hermione quasi violentemente.

“ Umano…”

Ma non era che un attimo.

Ciò nonostante Hermione non riusciva a non goderne.

Forse la sua era una felicità senza logica, costruita su delle fondamenta inesistenti.

Forse l’aver passato tutto quel tempo con Malfoy l’aveva resa pazza quanto lui.

“ Il mio compito qui è finito”

Il fantasma fece per allontanarsi ma Draco alzò di scatto la testa intercettando con l’unico occhio la figura di Hermione.

- Non te ne andrai Hermione, non te ne andrai mai- quella ripugnante voce sibilante la trafisse come un dardo nel petto.

Sulle mensole di marmo nero le preziose boccette di cristallo contenenti pozioni letali, esplosero una dopo l’altra disseminando nell’aria fumi venefici e schegge di vetro.

Non era più dolore quello che Hermione vide danzare fiammeggiante negli occhi di Draco, bensì vendetta.

Sfuggevole sentimento, ma assai confortante quando la realtà è troppo grande per essere affrontata.

Poi un incantesimo mormorato alla luce di una candela.

Parole arcane di una lingua che lei non conosceva.

La candela che languisce e si spegne.

Capire in un battito di cuore di essersi sbagliata non servì a nulla.

E neanche sperare che il suo essere fantasma l’avrebbe protetta, non le fu di alcun aiuto.

Serpenti di luce,crudeli e freddi, dannati simboli del male più infimo, catene pesanti che mai più si sarebbero sollevate, la avvolsero nelle loro spire.

- Anche i fantasmi possono soffrire – affermò l’uomo fissandola con l’occhio lucido.

“come tu hai fatto soffrire me”

Sì, possono.

 

 

“ Qui finisce il mondo, la nostra complicità ,l’amore si arrende.” *

 

 

- Harry?-

- lasciami in pace, Ron- il tono del bambino sopravvissuto non ammetteva repliche.

Ma la caparbietà di Ronald Weasley non gli permetteva di cedere.

Non se si trattava del suo migliore amico.

Il rosso agitò la bacchetta sussurrando un Alohomora, e dopo qualche istante aprì la porta della camera da letto di Harry.

Una testa rossa fiammeggiante spuntò fuori esaminando per un attimo la stanza.

Le imposte alle finestre erano chiuse e soltanto qualche lama di luce filtrava nella stanza.

Harry giaceva scompostamente sul letto, a pancia in giù, il viso affondato nel cuscino.

Quando sentì un peso che piegava un lato del materasso, non si degnò neanche di sollevare gli occhi.

- Ron, ti avevo detto di lasciarmi in pace- la voce gli uscì ovattata, soffocata dal cuscino premuto in faccia.

- Che cos’hai, Harry?- gli chiese l’amico sedutosi accanto a lui.

Con un gesto secco Harry si portò seduto, fissando Ron con gli occhi semichiusi, un po’ vacui per la miopia.

Senza occhiali le sue iridi brillavano più verdi che mai.

- Che cos’ho?- era rigido e sembrava pronto a scoppiare da un momento all’altro.

- Dave è ancora nelle mani di Draco, Sharon e Brandon sono stati catturati e per un’occasione che avevo di uccidere Draco una vota per tutte, non ne sono stato capace !- man mano che parlava il tono si era alzato sempre di più.

Ron lo osservava senza rimprovero.

Paziente, come sapeva essere soltanto con lui.

-Nessuno te ne fa una colpa, Harry- tentò di consolarlo.

-Dovreste invece- ribatté Harry rigettandosi di nuovo sul materasso e coprendosi gli occhi con le mani.

Era stanco.

Stanco del mondo che continuava a seguirlo come un eroe, come un capo, stanco di dover sempre fare la cosa giusta, e di dover pagare i suo sbagli con un pena doppia.

Ron fece per ribattergli qualcosa ma Harry lo precedette.

- Ho visto Hermione -

Era meglio essere diretti in certi casi. E poi Harry non era mai stato bravo con i giri di parole.

Ron aprì e chiuse la bocca un paio di volte, prima di riuscire ad articolare una frase sensata.

-Co…Cosa?- balbettò Ron, diviso tra la preoccupazione per la salute mentale di Harry e il terrore della possibile autenticità di quelle parole.

- In che senso? Cioè, l’hai sognata? O forse te la sei immaginata?- provò a ipotizzare il rosso con un sorriso incerto.

Ron era sempre stato una persona passionale, ovvero una persona agitata da emozioni che potevano raggiungere livelli molto, molto intensi, una persona che il più delle volte, agli occhi dei più trasmetteva apertamente, quasi fanciullescamente, ciò che provava. Ed era considerato uno ‘stupidotto’. Eppure Hermione, la sua Hermione aveva sempre saputo che non era così, che spesso Ron mascherava il suo dolore più profondo, la sua malinconia più atroce con un sorriso o una battuta infantile, con un bisticcio da quattro soldi.

Ed anche Harry lo sapeva.

- No, Ron - Harry lo guardò fiducioso, forse sperando che riuscisse a capire, forse già sapendo che non ci sarebbe riuscito – ho visto il suo fantasma, a Malfoy Manor -

Una vampata rossa infiammò il viso di Ron ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa Harry  continuò.

- Quando stavo per terminare l’incantesimo per uccidere Draco, mi ha chiesto di non farlo-

- Harry, non vorrai…-  non ci credeva.

Harry si alzò di scatto cominciando a girare per la stanza.

- Non prendermi per pazzo, Ron!- gli urlò contro.

-Ma…-

“ non continuare…ti prego non riaprire quella ferita”

- Ti ricordi che cosa ci aveva fatto promettere Hermione, subito dopo la nascita di David? Te lo ricordi?-

Ron abbassò il capo.

Stava cominciando a capire.

Non udendo alcuna risposta Harry continuò.

-Voleva che qualunque cosa fosse accaduta, noi non due avremmo mai ucciso Draco. Non avremmo mai ucciso il padre di suo figlio. Te lo ricordi?- chiese Harry di nuovo, quasi urlando, come per convincersi che non stava impazzendo.

-Si- biascicò Ron.

Harry rilassò le spalle lasciando andare la rabbia e la frustrazione.

Si avvicinò a Ron posandogli una mano sulla spalla.

- Mi dispiace- gli sussurrò.

Faceva male anche a lui.

Perché Hermione, la sua confidente, la sua più grande amica, il suo punto di riferimento, c’era ancora. E non soltanto nei loro cuori.

Malgrado la rabbia, la delusione,  Harry non era mai riuscito a rimproverarle nulla.

E neppure in quel momento riusciva a farlo.

La luce che lei emanava ai suoi occhi non si era mai spenta, neanche quando il suo segreto si era mostrato sottoforma di un inaspettato pancione rotondo.

Per Ron era stato diverso.

La sua sofferenza era stata doppiamente dolorosa.

Il tradimento, la rabbia, la vergogna.

L’amava. Come un diciottenne può amare la propria migliore amica.

Con l’ affetto, la dedizione, di un ragazzo non corrisposto.

Ma gli andava bene anche solo starle accanto, come amico.

Solo questo.

Non aveva mai chiesto amore. Voleva solo starle vicino.

Tuttavia scoprire che Hermione era incinta e che quel figlio era di Draco Malfoy, l’aveva devastato.

Non si erano rivolti la parola per mesi dopo la fine della scuola.

Ma quando era nato David…lei era sola.

C’erano soltanto lui ed Harry.

Così erano tornati da lei, come infondo sapevano che sarebbe successo.

Gli anni erano passati veloci ed intensi, con i loro successi, le perdite, i trionfi e le sconfitte.

E quando Hermione era morta, il suo mondo era morto con lei.

Non riusciva neanche a provare odio per Draco Malfoy, che l’aveva uccisa.

Aveva perso la presa.

-Ron?- Harry lo scosse, preoccupato dallo sguardo vacuo che l’amico aveva da qualche secondo.

“ Forse non avrei dovuto dirglielo…proprio ora che aveva cominciato a vedersi con Melissa”

- Sto bene, Harry- un sorriso tirato, gli occhi spenti e opachi ma decisi, Ron Weasley voleva apparire forte.

E sapeva esserlo, a modo suo.

Si alzò in piedi passandosi una mano sulla faccia come per asciugare delle lacrime che non c’erano.

- Che cosa facciamo adesso?- chiese Ron all’amico.

- Ti riferisci ad Hermione? Perché forse hai ragione tu magari mi sono sba…-

- No Harry. Volevo dire cosa facciamo con i ragazzi?- Ron gli sorrise, grato per quelle attenzioni e per la solita ingenuità che aveva contraddistinto Harry sin da ragazzo.

E fu la stessa espressone che aveva da ragazzo quando stava per combinare qualcosa di assolutamente stupido, avventato o illegale che Ron gli vide spuntare sul volto.

-Ce li andiamo a riprendere! Ma stavolta penso che il ministero non potrà tirarsi indietro…- sghignazzò Harry inforcando i suoi inconfondibili occhiali rotondi.

Aveva in mente qualcosa.

Ron scosse la testa, ormai abituato a quei repentini quanto piacevoli balzi d’umore.

-Mettiti la divisa da auror, così fai più figura!- lo esortò il moro dandogli un leggero scappellotto in testa.

-Perché dove andiamo?- mugolò Ron mentre si massaggiava la nuca.

In ultima analisi quello scappellotto non doveva essere stato tanto leggero.

- Al ministero! Che dici mi vesto elegante?- ridacchiò Harry appena inabissatosi in bagno.

“ Cavolo, non è cambiato per niente!”

E in quel momento Ron non poteva esserne più felice.

Pensare ad Hermione, alla possibilità che lei in qualche modo ci fosse ancora, lo aveva letteralmente distrutto.

“ Se è vero che lei c’è ancora e che in tutti questi anni non si è fatta mai vedere, ci sarà pure una ragione. Una ragione che, visto che si parla di Hermione, io non riuscirò mai a comprendere”

- No Harry, al Ministero sono abituati a vederti, sciatto, spettinato, insanguinato e possibilmente pestato quasi a morte. Se ti presentassi elegante, oltre che a scambiarti per un pinguino, capiranno subito che c’è qualcosa che non va!-

 

“You don't remember me, but I remember you
I lie awake and try so hard not to think of you

But who can decide what they dream?

And dream I do”

 

-Taking over me, Evanescence-

 

 

Continua…

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Dark light ***


- che cosa mi hai fatto

Dark Light

 

 

“ Ecco il grande sogno sghiacciato dalla realtà…un po’ di pietà” *

 

 

A volte si scambia l’illusione di un sogno per la realtà stessa.

Si spaccia un sorriso per la felicità più assoluta, e la luce di una candela per il sole che sbuca tra le  nuvole dopo una tempesta.

E quella parvenza di realtà può donare una gioia che forse neanche la verità stessa riesce a offrire.

Ma quanto è fragile, quanto è debole il cuore umano che affoga nella melma delle proprie illusioni!

Ed Hermione Granger si era ingannata ancora una volta.

Essere un fantasma non l’aveva protetta.

-Che cosa mi hai fatto?- la voce le uscì flebile, quasi un sussurro, come se le sue corde vocali avessero smesso di funzionare a dovere.

-Ti ho dato un corpo- Draco Malfoy rideva di soddisfazione.

Era stato più facile di quanto immaginasse.

- Ti ho dato un corpo, per soffrire-           

Hermione non riusciva a capire.

Tentò di afferrare un calice rimasto intatto, sfuggito alla pazzia di Draco, ma la sua mano trapassò il cristallo con la solita e rassicurante facilità.

Draco rise di nuovo, stavolta con freddezza e con una punta di malcelato disprezzo.

-Sciocca! Non hai ancora capito?- quanta gioia gli stava offrendo la vendetta!

Vedere Hermione Jane Granger finalmente piegata, spezzata di fronte a lui , lo smarrimento, la confusione su quel volto diafano non fecero altro che animarlo ancora di più.

-Il corpo che ti ho dato risponde solo alla mia magia, sentirai solo il dolore nient’altro-

“E’ questo che voglio, soltanto questo… perché non esiste chi possa accarezzare l’invisibile, o abbracciare una voce”

-Il dolore?- non c’era una vera domanda, in quella frase.

Forse soltanto una vana supplica, la ricerca di una pietà che, lo sapeva, non c’era.

- Già- un solo monosillabo per distruggere una piccola e candida illusione.

I petali di una rosa bianca che cadono nel fango, strappati per il gioco di un bambino mai cresciuto.

Un bambino che non capiva quanto potesse fare male.

-Volevi vedermi in ginocchio, vero Hermione?- l’uomo ora le girava intorno come un cacciatore vicino alla preda – volevi farmi vedere che eri tu quella forte, che io sono ancora così debole, così patetico che ,anche se sei soltanto un fantasma, riesci ancora a piegarmi? Bene,- e qui si bloccò obbligandola a fissarlo.

-ci sei riuscita.-

Un bambino che si divertiva a schiacciare le formiche che aveva intorno.

“ Perché?” avrebbe voluto chiedere Hermione.

Ma lo sapeva benissimo.

Perché la colpa era la sua; il suo essere madre, donna, amante e non poterlo mai mostrare, non volerlo fare.

Per vendetta, forse, o per vergogna.

Non replicò quindi, non controbatté.

Abbassò soltanto il capo.

Ma questo a Draco non bastava.

-Che fai Hermione! Chiedi perdono? E per cosa? Per non avermi mai detto che avevi un figlio? E che magari che quel figlio era mio?- le si rivolse pacato e gentile, cambiando bruscamente tono.

Ma fingeva.

Hermione lo vedeva dalla tensione della mascella contratta, dalle spalle un po’ curvate e dal nervosismo con cui si rigirava la bacchetta tra le mani.

Solo un bambino che si divertiva con le sue formiche prima di schiacciarle.

-Che stai aspettando? Fallo, fammi quello che vuoi- aveva paura Hermione, sarebbe stata una stupida a non averne, ma non era ancora caduta così in basso da farglielo vedere.

-Il tuo orgoglio di Gryffindor non ti servirà a niente- la rimproverò Draco più teso e amareggiato di quanto volesse mostrare.

Avrebbe potuto infliggere, Hermione, sfruttare l’innegabile vantaggio che aveva sempre avuto su di lui.

Farlo desistere con quei giochi di parole che le riuscivano così bene.

Ma non lo fece.

“ Me lo merito”

Sì, e forse da un punto di vista distorto e confuso si meritava anche quello che Draco stava per farle.

Lui la guardò con l’unico occhio visibile, addolorato, eccitato, offeso.

“ Perdonami” sembrava volerle dire.

Ma distruggere un sogno, una speranza ,per quanto piccola sia, è una colpa molto più grande di quanto si possa credere.

Eppure Draco lo fece con la mano ferma, sicuro delle proprie ragioni.

-Crucio!-

Era soltanto un bambino.

Un bambino che dopo aver rotto il suo giocattolo, dopo aver schiacciato le sue formiche, piange.

“ Che ne sai dell’origine delle lacrime, se non hai mai pianto?…” *

 

 

“In oblivion's garden
Her body's on fire
Writhing towards the angel defiled
To learn how to die
In peace with her God

 

Dark light
Come shine in her lost heart tonight
And blind
All fears that haunt her
With your smile”

 

- Dark light, HIM-

 

 

Passare il Natale, santo Stefano e i due giorni a seguire in una cella umida, prigioniero a Malfoy Manor, non era stato propriamente il programma  che Brandon aveva immaginato per le festività.

Se poi ci aggiungeva la depressione, senza dubbio giustificata, del suo migliore amico e l’incidente di Sharon la situazione cominciava a sfiorare il tragico.

- David?- Brandon ,seduto sulla branda di fianco a Sharon, ancora svenuta, fissava l’amico con una preoccupazione che cresceva ogni secondo di più.

David non rispose.

Da quando Draco Malfoy, suo padre, se ne era andato senza neanche una parola, i suoi occhi si erano offuscati e se ne era rimasto immobile sulla sedia fissando le sbarre o più precisamente il punto, ora vuoto, in cui suo padre era sparito.

- Credi che abbia sbagliato a dirglielo?- chiese all’improvviso, senza voltarsi o dare altri segni di vita.

Brandon si alzò in piedi con un sospiro.

- Te l’avrebbe comunque estorto con la magia o con la forza - gli rispose, con la sua solita analitica ovvietà.

-Come mai ti ha riconosciuto?- nel dire questo David si era voltato ,ritraendosi per un attimo dal suo stato di morte apparente.

- Bhe, quando i miei c’erano ancora, mi portavano sempre con loro a quelle assurde riunioni e cene tra mangiamorte. Essendo una delle nuove possibile reclute, è normale che Draco mi conosca. Sono passati soltanto tre anni-

Tre anni da quando Pansy Parkinson e suo marito, un mago purosangue ultimo erede di una famiglia in decadenza, erano morti.

Tre anni da quando lui e David erano diventati amici per la pelle.

Sembrava impossibile a dire il vero.

- Te lo ricordi com’eravamo, prima della morte dei miei?- sghignazzò Brandon approfittando della momentanea loquacità di David.

Una smorfia apparve sul suo volto.

- E chi se lo dimentica! In pratica ci siamo rotti tutte le ossa a vicenda prima di imparare a conoscerci! Eri insopportabile con la tua aria superiore, la tua arroganza e i tuoi vestiti disgustamene costosi!-

-Senti chi parla! Anche tu eri insopportabile signor David Granger. Figlio del defunto capo degli Auror, figlioccio di Harry Potter e Ronald Weasley, senza contare che nessuno sapeva chi fosse tuo padre…mi davi il voltastomaco!-

Poi si erano ritrovati ad essere prefetti insieme.

Prefetti di Slytherin.

E malgrado la ritrosia di entrambi era stato inevitabile che i due collaborassero.

Il tempo per insultarsi e per prendersi a cazzotti non era di certo mancato…ma tra un insulto, una bestemmia  ed una zuffa, c’era stato anche del tempo per parlare.

Non erano ancora amici, certo.

Troppo diversi e ancora ingenuamente attaccati ai soliti pregiudizi per cui un figlio di mangiamorte non si abbassava mai e di certo non poteva essere considerato altro che un reietto dai cosiddetti “buoni”.

In quella parvenza di rapporto ,che ovviamente era rimasto segreto, si limitavano a sopportarsi e a volte a condividere dubbi e pensieri.

Come l’enorme liberazione di Brandon alla morte dei suoi genitori e il peso del segreto di David.

Una liberazione che aveva permesso il loro definitivo avvicinamento e un segreto che aveva suggellato la loro amicizia.

Solo Brandon, oltre ad Harry e Ron, sapeva.

Così la strana coppia aveva cominciato a girare per i corridoi di Hogwarts senza vergogna.

Il loro quinto anno era stato memorabile.

Belli, intelligenti ed estremamente popolari, chi per un motivo chi per un altro, Brandon Parkinson e David Granger erano stati sbeffeggiati, invidiati e additati.

C’era stato però chi si era limitato ad ammirarli.

Il duo perciò, era ben presto diventato un quintetto.

Andrew Paciock, terzo anno Gryffindor, lo sbadato e l’ingegnoso, Sharon Weis, mezzosangue, quinto anno Ravenclow, l’amica fedele e la ribelle, Aislinn , purosangue, quarto anno Slytherin, la bella astuta e l’introversa.

Loro cinque erano l’invidia e la disperazione di tutta Hogwarts come un altro fantastico trio lo era stato anni addietro.

- Non è che ti creerà problemi il fatto che mio pa…Draco, ti abbia riconosciuto, vero?-chiese David ritornando serio dopo quella sfilza di ricordi.

Brandon sghignazzò.

-Al massimo mi farà marchiare e mi obbligherà a riscattare l’onore della mia famiglia- gli rispose Brandon con tono assolutamente neutro.

David strabuzzò gli occhi.

.-Sto scherzando!- si affrettò ad aggiungere il moro, vedendo la reazione dell’amico.

“ Non è che sia così improbabile, infondo” pensò tra sé e sé.

- Comunque qui il problema non sono io- aggiunse, tornando serio.

- Cosa credi che mi debba aspettare?- domandò David più rivolgendosi a sé stesso che a Brandon.

Il moro si passò distrattamente una mano tra i lunghi capelli.

- Non lo so Dave…non dimenticare che prima di essere tuo padre ,Draco Malfoy è il signore oscuro-

-Come?- la domanda semisussurrata proveniva dalla branda, dove Sharon sembrava essersi risvegliata.

I due ragazzi la guardarono disorientati.

- Sharon, ti sei svegliata, come stai?- tentò di sviare Brandon con assoluta nonchalance.

- Sbaglio, o ho sentito le parole “padre” e “Draco Malfoy” in una frase riferita a David?- continuò la ragazza imperterrita, ignorando i tentativi di Brandon che continuava a parlare al vento.

- Non hai sentito male, Sharon- le rispose mestamente David abbassando gli occhi vitrei.

Brandon si voltò allarmato.

- Draco Malfoy è mio padre-

Silenzio.

Solo il rumore dello schiaffo che Brandon si era dato sulla fronte con un gesto di sconforto.

“ Ma sì, diciamolo a tutti, tanto che c’è di strano?” pensava il moro.

Sharon si ravvivò con una mano gi scompigliati capelli ricci, facendoli apparire ancora di più una maestosa criniera.

- Mamma mia ragazzi, che facce! Guardate che lo sapevo già!- concluse la ragazza con una risatina divertita.

Che divenne un cipiglio quando vide l’espressioni sconcertate dei due ragazzi.

- Bhe, che avete?- gli chiese Sharon con aria innocente.

- Come, lo sapevi già?- gracchiò David più confuso che mai.

Sharon si alzò a fatica ponendosi ritta di fronte a loro.

- Forse vi è sfuggito di mente, ma io sono una veggente- chiarì Sharon, offesa dalla dimenticanza degli amici.

Tuttavia i due non sembrarono minimamente soddisfatti della spiegazione.

- Ma la tua Vista è stata soppressa finché non avrai ventuno anni!- sbottò Brandon agitato.

- Hai ragione cucciolo, ma tre anni fa, quando ho conosciuto David avevo ancora la Vista.- Sharon  gli sorrise ammiccante scompigliando i capelli ad entrambi.

David sorrise.

“ E’ sempre la solita, riesce a stupire in ogni occasione”

- E per tutto questo tempo hai fatto finta di niente? Cioè, non te ne importava nulla che fossi il figlio del Signore Oscuro?- le domandò David speranzoso.

-No- fu la risposta lapidaria della ragazza.

La stessa risposta che David voleva sentirsi dare.

- E prima che tu possa chiedermelo, non l’ho detto a nessuno, ovviamente- lo rassicurò premurosamente Sharon.

-Non ne avevo alcun dubbio- ribatté subito David.

In questo bello scambio di parole e premure però, c’era chi non era assolutamente soddisfatto.

Brandon infatti sembrava piuttosto infastidito.

- Scusa tanto Sharon, ma se lo sapevi perché non me l’hai mai detto? Cioè io lo sapevo già ma tu non sapevi che io sapevo…- le domandò Brandon stranamente nervoso.

La ragazza chinò il capo perplessa.

-Ma tesoro, non ci sarai mica rimasto male?- proruppe Sharon dando al moro un buffetto sulla guancia.

-L’ho fatto per Dave, e poi avevo solo quindici anni e le mie visioni non erano il massimo della chiarezza. Non potevo rischiare di scatenare un casino per nulla. Oggi mi avete dato la prova che avevo ragione.- spiegò la ragazza con la solita calma che l’abbandonava mai.

Dopo un’occhiataccia non proprio rassicurante, Brandon si distese accettando quella spiegazione, e rinunciando al timore che Sharon non gli avesse parlato per mancanza di fiducia.

“ Da quando sono diventato così insicuro? Con Sharon, poi!”

David nel frattempo osservava sorridendo i suoi amici bisticciare e punzecchiarsi come loro abitudine.

Quanto lo infastidivano di solito quegli screzi!

Ma in quel momento l’assurda normalità di quegli scontri, di quei gesti e di quelle parole ormai imparate a memoria era più rasserenante di qualsiasi altra cosa.

Non riusciva neanche a provare una punta di rancore per Brandon, che molto probabilmente, vista la loro uscita durante la festa, era arrivato ad un punto cruciale della sua storia con Aislinn.

David era sì uno Slytherin freddo e calcolatore, ma molte sue caratteristiche l’avevano spesso fatto somigliare di più ad un coraggioso ed altruista Gryffindor.

“ Come mamma…”

David si passò in fretta una mano davanti agli occhi come per scacciare via quell’ultimo doloroso pensiero.

Sharon intanto si era stesa di nuovo sulla branda dopo una forte fitta alla testa e Brandon le si era inginocchiato a fianco tastandole delicatamente le tempie e la fronte.

“ Eccoli, lì” sorrise tra sé David.

Guerra e pace.

Il gioco preferito dai suoi amici.

Amici.

Ma David non sapeva ancora che quei due, per sua fortuna, sarebbero diventati ben presto qualcosa di più.

 

Continua…

 

 

Più vado avanti e più il rapporto Draco/Hermione si fa difficile…ammetto che qui la tristezza e la depressione dilagano come la peste…non vi biasimo di certo se arrivate ad un certo punto vi siete fermate con la lettura della fic, visto che l’abisso di sventure, disgrazie e angosce sembra non voler finire.

In tutta sincerità non vi posso neanche promettere un futuro roseo e splendente…(Sadica 100%)

Quindi se qualcuna di voi è sopravvissuta la pregherei di farmi sapere come ci è riuscita, visto che anche io che sono la scrittrice ogni tanto mi stupisco delle cose deprimenti che mi vengono fuori.

Tanto per essere precisi, le frasi con l’asterisco sono estratte da alcune canzoni di Renato Zero.

Vi lascio con una domanda: è possibile che su 90 persone che leggono ogni chap della fic, solo una persona (costy black, che ringrazio) abbia commentato l’ultimo capitolo? ME TRISTE... (°_°)

 

 ZAITU

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Lost ***


“They say love conquers everything

Ciaooo a tutti! Prima di tutto ringrazio Lady Narcissa, Costy Black e goldfish che hanno risposto alla mia carenza di commenti… non voglio di certo farvi pietà quindi se vi va commentate, sennò alla fine, pazienza! Sarà pure vero che è deprimente vedere poche recensioni, ma alla fine non muoio mica…

Allora buona lettura e, solo se vi va, commentate!

Lost

“They say love conquers everything. They lie.”
-Laurell K. Hamilton, Cerulean Sins-

 

Era veramente arrivata a parlare d’amore?

Era davvero arrivata a pensare che in quel delirio di due notti prima, sotto l’effetto dell’alcool, Draco le avesse rivelato quello strano sentimento che lo consumava e che lei aveva scioccamente ed avventatamente interpretato come amore?

Sì, era decisamente arrivata a parlarne. E di questo non sapeva se rallegrarsi o maledirsi.

In quel momento comunque, stesa sulle pietre che non riuscivano ad essere più fredde di lei, di certo Hermione non pensava all’amore.

Non riusciva neanche a muoversi, in realtà.

C’era del sangue, purpuree macchie inconsistenti, ma si disse subito che non poteva essere il suo.

Ma forse Draco aveva più risorse di quanto lei avesse immaginato.

“ Ha usato l’incantesimo delle anime dannate. ..L’unico modo esistente che consente di torturare un fantasma, un anima, un morto, dandogli una consistenza, la parvenza di un corpo.” improvvisamente le tornò alla mente quella frase che doveva sicuramente aver letto su qualche libro, quando era ancora in grado di sfogliarne uno.

“Piegare l’aria”. Qualcosa che non c’era più.

Era arrivato in alto Draco Malfoy.

Non era a caso se quel tipo di magie veniva catalogata tra quelle più oscure.

Magia oscura.

Ti porta dove non c’è più luce, a percorrere una strada che non sai dove andrà.

Chi credeva che il limite di quell’arte fossero gli Horcruxes, sbagliava.

Non esisteva un limite. Non esistevano regole. Non esisteva pietà.

Draco con lei non ne aveva avuta.

Per un attimo Hermione pensò che avrebbe potuto rivoltarsi anche contro David. Contro suo figlio.

Ma qualcosa le diceva che non l’avrebbe fatto.

Non subito, almeno.

Per il momento Draco avrebbe placato la sua rabbia da solo, nella confortante solitudine delle sue stanze.

Soltanto dopo avrebbe fatto qualcosa. Magari l’avrebbe minacciato,torturato e ,perché no?, ucciso.

Anche solo per farla soffrire fino al limite dell’immaginabile.

“ Ma io agirò prima di lui”

Se prima credeva che le azioni di Draco, per quanto malvagie, avessero sempre avuto un limite, adesso non le rimaneva che chinarsi di fronte alla realtà.

Era un pazzo.

Un pazzo innamorato, forse, un pazzo tormentato, ma pur sempre un pazzo.

Lo capiva, certo.

Hermione era sempre stata una persona che riconosceva le proprie colpe.

Capiva che gran parte di quella pazzia era stata lei a provocarla, e aveva anche capito e accettato qualsiasi gesto, per quanto deplorevole, che lui avesse compiuto fino a quel momento.

Ma non era mai stata disposta ad addossarsi anche le colpe degli altri.

Perciò quando, solo grazie alla sua forza di volontà, riuscì a levarsi in piedi, sapeva già cosa avrebbe fatto.

Una volta Draco le aveva detto scherzando che la parte peggiore di lei era proprio lui.

Aveva ragione.

Lui la sua macchia, lui la sua colpa,lui il suo desiderio, lui la sua prigione.

Ma adesso non c’era più alcun legame tra lei e Draco. Non dopo quello che era stato capace di farle.

Niente, se non quel tipo di rapporto che si può instaurare tra vittima ed esecutore.

Era bastato così poco per distruggere quel precario equilibrio grazie al  quale avevano convissuto per dieci anni.

“Non c’è più niente da perdere”

Lei, non aveva più niente da perdere.

Tranne suo figlio.

E questo non lo avrebbe mai permesso.

 

 

“Sono Amante e Madre,
genero e divoro,
sono l’amante e l’amata.
Un giorno tu apparterrai a me…”
-Marion Zimmer Bradley, La sacerdotessa di Avalon-

 

 

Entrare indisturbato al ministero per Harry Potter era sempre stato semplicissimo.

Bastava che si scostasse distrattamente i capelli dalla fronte quel tanto che bastava per far scorgere la sua cicatrice e tutti, dall’impiegatuccio al membro del Wizengamot,  gli elargivano sorrisi estasiati e complimenti più o meno falsi.

Quando poi Hermione era diventata capo degli auror, si poteva dire che il Ministero della magia era diventato la sua seconda casa.

In realtà Harry Potter non aveva mai amato usare la sua indiscussa  popolarità per ottenere favori o per circuire le persone, se non in casi veramente eccezionali.

Di solito erano gli altri che usavano il suo nome per ingraziarsi il mondo magico.

“ Ma il fine giustifica i mezzi”

Perciò quando l’addetto al ritiro della bacchetta stava per chiedergli la sua, Harry lo liquidò con un sorriso raggiante e qualche battutina sul tempo e campionato di Quidditch, che lasciarono il povero uomo rosso e muto per la gratificazione di essere stato l’oggetto dell’attenzione del bambino sopravvissuto

Così ,con Ron alle calcagna vestito di tutto punto, Harry infilò dritto nel corridoio che conduceva all’ufficio del Ministro della magia.

Non perse tempo a bussare.

Alfred Edison, ministro della Magia da poco più di due anni era un uomo rubicondo con la faccia simile ad un panettone e un paio di baffoni che ad Harry ricordavano sempre con orrore quelli di suo zio Vernon.

Il suo ufficio rispecchiava alla perfezione la sua personalità.

Sciatto e disordinato. Grigio e spento.

Harry non aveva mai avuto dubbi sul fatto che ormai il Ministro fosse una carica puramente formale e che da burattino qual’era, venisse guidato, e usato, dagli influenti e potenti membri del Wizengamot.

Non che la cosa gli interessasse più di tanto.

Lui con il ministero non aveva avuto più molto a che fare dopo la morte di Hermione, se non per il fatto che Ron e gran parte dei suoi amici erano auror.

Il ministro Edison lo stava osservando con un’espressione bizzarra, un misto tra sorpresa, oltraggio e sospetto.

-Harry Potter…- sussurrò l’uomo quasi con un accenno interrogativo.

-Si sono proprio io- gli rispose sarcasticamente il bambino sopravvissuto, aggiustandosi pazientemente gli occhiali sul naso.

Nel frattempo Ron aveva efficacemente insonorizzato e sigillato la porta dell’ufficio.

-A cosa devo l’onore di questa…visita?- lo interrogò l’uomo, sospettoso per quella che ,più che una visita, sembrava una vera e propria incursione.

Harry alzò lo sguardo non potendo fare a meno di condividere la risata soffocata di Ron che mugolava alle sue spalle come se avesse un rospo in bocca.

- Diciamo che le devo chiedere un favore- spiegò Harry.

Il ministro lo guardò interrogativo.

“ Non si preannuncia niente di buono”

- Si ricorda del rapimento di David Granger? Bhe, ora oltre a lui sono stati catturati altri due ragazzi, Sharon Weis e Brandon Parkinson. Ho bisogno di almeno venti Auror per andare a liberarli. - Harry sorrise ammiccante osservando la reazione del ministro.

Il colorito era sparito dalle sue gote e aveva cominciato a torturarsi selvaggiamente le dita grassocce.

- Signor Potter…lo sa benissimo che …-

-Cosa dovrei sapere?!- lo interruppe Harry furioso, abbandonando definitivamente la sua aria fintamente pacifica.

La diplomazia non era mai stata il suo forte.

-Che forse lei è un assoluto incapace, oltre che un burattino, e che le alte sfere del Wizengamot non sono disposte a sacrificare la vita degli Auror per salvare quella di tre ragazzi? O forse che ormai il ministero è caduto così in basso da prendere ordini direttamente da membri venduti al nemico?- stava esagerando, se ne rendeva perfettamente conto.

Ma per riprendersi David avrebbe fatto questo ed altro.

Mentre respirava affannato ,Harry sentì la mano di Ron afferrarlo saldamente per una spalla, per riportarlo alla calma.

E lui si calmò.

Il ministro invece sembrava spiazzato.

Apriva la bocca e poi la richiudeva, boccheggiando come un pesciolino fuori dall’acqua.

Quando tentò di proferire una frase che definire sensata sarebbe stato un eufemismo, Harry lo bloccò sul nascere.

-Venti Auror. Altrimenti vado alla redazione del Cavillo e do un po’ di luce a questa storia che, da quanto ho notato, avete accuratamente censurato. Due giorni fa in prima pagina, sulla Gazzetta del Profeta, c’era un intero articolo sulle nuove decorazioni natalizie adottate ad Hogsmead. Niente David Granger, neanche una parola sul suo rapimento. Niente su Draco Malfoy.

O accettate di soddisfare la mia richiesta o vi sputtano in tutto il mondo magico. – era stato calmo.

Diretto e tagliente ma estremamente calmo.

Il ministro si asciugo con un fazzoletto stropicciato il sudore sulla fronte, che malgrado il freddo era abbondantemente ricoperta di goccioline striscianti e appiccicose.

- Dieci, Potter, non di più- biascicò l’uomo in un impeto di coraggio.

Harry ghignò.

“ malgrado la loro incapacità, Caramell e Scrimgoer erano molto più acuti di lui. Sapevano benissimo che non gli conveniva avermi come nemico”

- Quindici- ribattè Harry alzando la posta.

Il ministro ammutolì.

“ non mi conviene averlo come nemico.”

In fin dei conti non ra poi tanto stupido.

- Va bene, Potter- cedette l’uomo abbassando gli occhietti lattiginosi.

Harry proruppe inaspettatamente in una fragorosa risata, forse di scherno, forse di trionfo.

-Affare fatto- tuonò Harry afferrando con la sua  forte mano quella madida e sudata del ministro.

-Lì mandi fra due giorni a Godric’s Hollow. Al piano penserò io-

Era stato facile. Non aveva neanche avuto bisogno di usare la bacchetta.

 

 

 

Un tempo Draco Malfoy era stato bello.

Sufficientemente affascinante da risvegliare l’interesse e il desiderio anche nelle creature femminili più reticenti, dolce solo se strettamente necessario, ovvero molto raramente, e abbastanza vanitoso per poter essere considerato un gradino più in alto degli altri.

Il principe di Slytherin però non si era mai curato più di tanto di questa sua popolarità.

Da Principe quale era, aveva lasciato lo scalpore e i pettegolezzi alla Corte di Hogwarts, mentre lui, con in mano un carisma più grande di quanto immaginasse, si era limitato ad osservare gli altri, nelle sue rare e striscianti uscite dai sotterranei.

La patina di indifferenza che aveva sempre ricoperto le sue giornate non era mai stata finta.

Non si curava effettivamente degli altri, non gli importava dei suoi cosiddetti amici, e in tutta sincerità a volte non gli importava neanche di se stesso.

Non che Draco Malfoy agisse avventatamente e per caso, questo mai.

Nella sua testa, anche per la più piccola cosa, c’era sempre un piano ben definito che non doveva subire cambiamenti.

Perciò dire che Draco Malfoy era una persona sicura di sé, comportava un’enorme minimizzazione.

Le parole insicuro, indeciso, debole non facevano parte del suo vocabolario.

Tuttavia spesso gli era stato ricordato che la forza dell’uomo sta nel riconoscere la propria debolezza.

“Fandonie”, aveva risposto. “Essere forti significa sfruttare la propria forza, nient’altro.”

E aveva ragione il giovane Draco.

Il forte è colui che non cade. E’ colui che non cede. Mai.

Ma allora lui era forte veramente?

Perché se era realmente così,  in quel momento non avrebbe decisamente dovuto sentirsi in quel modo.

Deluso. Tradito. Ingannato. Disgustato.

Non solo dagli altri, ma soprattutto da se stesso.

E questa era una cosa che non sapeva assolutamente spiegarsi.

Di fatto  il bel teatrino sul quale aveva recitato per anni si stava lentamente sfasciando.

Uno strappo sul sipario, le assi spezzate, i fili dei burattini recisi.

Draco Malfoy, burattino senza anima che mai si sarebbe trasformato in un bambino vero, si faceva sputare in faccia la neve senza opporre la minima resistenza.

Affacciato sull’ampia terrazza della sua stanza non opponeva la minima resistenza al vento che gli sollevava il mantello e i capelli , non si opponeva al freddo che gli entrava nelle ossa.

Cosa mai sarebbe potuto essere più freddo di lui?

Il ghiaccio non ha paura del freddo.

Ma del fuoco, sì.

Il fuoco che ti brucia l’anima che avevi creduto di aver perso per sempre, che ti consuma il cuore che credevi avesse smesso di battere.

Hermione. David. Amore. Odio. Tortura.

Ogni parola una piccola dolorosa fiammata.

Che cosa aveva fatto?

Draco strinse i pugni stritolando un mucchietto di neve fino a farsela sciogliere tra le dita.

Aveva torturato la donna che amava. Anzi, aveva torturato l’unica donna che non avrebbe mai voluto, dovuto, amare.

Perché si trattava di questo.

Amore.

Distorto, folle, corrotto, ma pur sempre la cosa più vicina all’amore che avesse mai provato.

Per un fantasma. Per la madre di suo figlio.

Come aveva potuto fargli quello? Come era riuscita a mentirgli per così tanto tempo?

Lei, la pura e onesta Hermione Granger, l’unica persona della quale non aveva mai dubitato.

Quel ragazzo nei sotterranei che lui era stato non lontano dal torturare, era suo figlio.

Un figlio che lo odiava.

Un figlio che lo voleva morto.

“ e a buon ragione, ho ucciso sua ma…”

Draco s’irrigidì  di scatto.

Lui non aveva ucciso Hermione.

Qualcosa di molto simile all’orrore cominciò ad insinuarsi in lui.

Cosa diavolo aveva farneticato quel ragazzino?

“ Tu hai ucciso mia madre” sì, se le ricordava perfettamente queste parole.

Ma tra il peso di tante macchie e di tante colpe, questa era forse l’unica che non poteva essergli attribuita.

Una furia incontenibile rischiò di annebbiargli la mente, più di quanto non lo fosse già.

Un lampo rosso di collera che lo fece scattare dentro le sue stanze, dove con la sola forza del suo pensiero cominciò a far sfogliare tutti i libri di Storia della Magia Contemporanea che aveva in suo possesso.

Cosa stava succedendo?

 

“What were you waiting for
Waiting for the straw to break
Over the back of desperate ways

You were a dream to me
Now you’re nothing but a heart
that bleeds
I’ll wash you off and carry on

And when I see you
I find another reason
To keep myself from getting lost in you”

 

 

 

Continua…

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Everybody's fool ***


Everybody’s fool

 

 

Everybody’s fool

 

 

 

Aislinn, seduta rigidamente su una poltrona di pelle rossa, fissava con espressione maniacale l’orologio magico fissato alla parete del salotto di Godric’s Hollow.

La lancetta che contrassegnava la condizione di David era fissa da quattro giorni su “pericolo di morte”.

“Pericolo di morte…” chi non lo era, nel mondo in cui si ritrovavano a vivere?

Ma questo ad Aislinn non importava, non le era mai importato. Il mondo, il bene supremo, la guerra, per lei assumevano importanza solo se la toccavano da vicino. Nessuno si sarebbe mai preoccupato per lei, perché lei allora avrebbe dovuto preoccuparsi per la sorte di persone che neanche conosceva?

Difetti come l’indifferenza e la noncuranza le erano stati rimproverati centinaia di volte dai suoi ottusi e pomposi genitori, dai professori, e perfino dai suoi stessi amici.

In quel momento tuttavia Aislinn era tutt’altro che indifferente.

Due  dei suoi migliori amici e il suo quasi-e-forse-non-più-ragazzo, le uniche persone alle quali tenesse veramente, erano prigionieri di Draco Malfoy alias il signore oscuro, il diavolo in persona, il male incarnato.

Non gli era mai importato neanche di lui, in verità.

Che facesse pure quello che voleva, finche non veniva coinvolta lei stessa o le persone che amava la cosa le era totalmente indifferente

In sintesi, la vocazione da martire degli Auror non le si addiceva proprio.

Ma i suoi amici no. I suoi amici non li dovevano toccare.

Aislinn, chiusa da quattro giorni a casa di Harry e Ron, stava cominciando a capire che forse si era sbagliata. Che magari quando i suoi amici si stupivano del suo menefreghismo lo facevano per un buon motivo.

Loro sapevano che non erano invincibili o intoccabili, che poteva succedergli qualcosa da un momento ad un altro.

Ma lei no.

Lei credeva, o meglio si illudeva, di essere speciale.

Così la consideravano tutti.

Bella, intelligente, astuta, erede di una famiglia di maghi piuttosto influente nella sfera pubblica e politica.

Aveva tutto.

Un ragazzo bello e ricco, amici fedeli, fama e popolarità.

Tutto questo fino a quattro giorni prima.

Con il passare del tempo Aislinn avrebbe ricordato quella vigilia di Natale come il giorno che le aveva cambiato la vita.

Ma per il momento era ancora il giorno che gliela aveva rovinata.

“ – Aislinn, usciamo un attimo ti devo parlare-

- Cosa devi dirmi Brandon?- forse se lo immaginava già, ma sentirlo ebbe tutto un altro effetto.

- Non possiamo più stare insieme-

Booom.

- E il perché potresti dirmelo?- fredda come sempre anche se dentro stava ardendo.

- Tu non mi ami-

- … IO non ti amo? Questo fallo decidere a me!-

- Non prendiamoci in giro Aislinn…-

- Hai un’altra?- scaricare le colpe sugli altri era il suo forte.

- No-

- Ti piace un’altra?-

-……-

Lacrime ”

E poi David, il suo David, catturato insieme a Brandon e Sharon.

Per una che era avvezza a non curarsi degli altri, il colpo era stato piuttosto traumatizzante.

Le sue unghie, le sue bellissime unghie sempre lunghe e laccate alla perfezione erano mangiucchiate e spezzate e i lunghi capelli sempre lisci e in ordine giacevano aggrovigliati sulla sua schiena.

Anche se avesse potuto fare qualcosa, non avrebbe neanche saputo cosa fare.

Semplicemente non ci era abituata, né a combattere né a perdere. E le due cose erano, per definizione, inconciliabili.

Senza che neanche se ne accorgesse, una mano gracile e minuta le afferrò delicatamente la mano che aveva ricominciato a torturarsi in preda all’ansia.

Gli occhioni chiari di Andrew la ammonirono dolcemente.

Quel ragazzino era una forza della natura.

Ed Aislinn, malgrado tutto non poté fare a meno di sorridergli.

- Come stai?- le domandò il biondino.

- Io sto bene…ma vorrei poter dire lo stesso di Dave, Sha..-

- Harry ci porterà con lui dopodomani- la interruppe bruscamente Andrew, cambiando espressione.

- Sul serio?- non riusciva  a crederci.

Andrew annui debolmente.

- Mamma e papà mi hanno dato il permesso, bisogna vedere se i tuoi…-

- Non ti preoccupare ai miei non gliene frega niente di me. Vengo.- dichiarò risoluta.

Andrew però accolse quelle parole con una smorfia che ad Aislinn non passò inosservata.

- Che c’è?-

Andrew abbassò gli occhi imbarazzato.

- Ho paura-

Aislinn dilato i grandi occhi verdi.

Come era lei a quattordici anni? Esattamente come in quel momento; determinata, fredda e calcolatrice.

Andrew invece era semplicemente Andrew.

Era poco più che un bambino, anche se non raramente si comportava in modo molto più maturo di loro.

Ma dimostrava l’età che aveva, ne più ne meno.

Fosse stato un’altra persona, Aislinn non avrebbe perso tempo a schernirlo.

Ma lui era Andrew. E come era stata un tempo Luna, sua madre, non si vergognava mai di quello che era o di quello che sentiva.

Così Aislinn  si limitò a scompigliargli affettuosamente i corti capelli biondi riuscendo a sciogliere l’espressione rigida e tesa del ragazzino.

- Puoi anche non venire…- tentò di rassicurarlo la ragazza, andando contro la sua fredda natura.

- No!- sbottò il biondino scotendo energicamente la testa – voglio che gli Auror li liberino. E voglio esserci quando succederà…anche se non sono abbastanza bravo per aiutarvi e riesco a combinare soltanto casini…-

E qui Aislinn superò se stessa.

- Credimi se ti dico che io combino molti più casini di te, solo che io faccio finta che non abbiano importanza; così passano presto e in modo indolore. Il trucco è non pensarci troppo. A volte funziona altre no. Per alcuni questo è prendersi in giro. Per me è vivere.-

 

 

“More lies about a world that
Never was and never will be
Have you no shame? Don't you see me?
You know you've got every body fooled”

 

 

“…in quell’occasione Draco Lucius Malfoy prese il potere, sopra al cadavere di Lord Voldemort e del capo degli auror, Hermione Jane Granger, entrambi uccisi dal suddetto, perché ovviamente d’intralcio per i suoi piani di gloria…”

La neve sbatteva violenta contro il vetro della portafinestra che sbatacchiava ripetutamente sui cardini cigolanti.

Le pesanti tende nere svolazzavano e vorticavano nell’aria, sferzando e schioccando come fruste torturatrici.

Draco sollevò il viso dal libro che stava leggendo ,con l’espressione più incredula che avesse mai mostrato in vita sua.

Lui aveva ucciso Hermione perché ostacolava i suoi piani di gloria?

Ma chi diavolo aveva scritto quel libro?

Tuttavia la ricerca in un'altra decina di tomi portò allo stesso risultato.

Le pagine di tutti quei libri volavano ora sminuzzate e strappate nell’aria.

Tappezzavano il pavimento mischiandosi con i fiocchi di neve che continuavano ad entrare nella stanza.

Draco Malfoy non capiva.

Seduto su un imponente sedia dall’alto schienale, si teneva la testa tra le mani e fissava il pavimento come se in qualche modo le pietre potessero dargli qualche spiegazione.

Era assurdo.

Il Draco Malfoy ragazzo aveva solo osservato impotente mentre la ragazza che forse avrebbe potuto amare veniva uccisa.

Lui non aveva fatto altro che vendicarla uccidendo Voldemort.

Dove diavolo li vedevano i piani di gloria?

La gloria, se così può essere definita, era venuta molto dopo, quando l’odio si era ritirato, ma non era  scomparso, ed il sangue era stato lavato via.

“Come possono credere che io abbia ucciso Hermione, quando tutto quello che ho fatto, l’ho fatto a causa sua?”

Purtroppo potevano eccome.

Era quello che gli Auror presenti quel giorno ,nel caos della battaglia, avevano visto. O meglio, quello che avevano voluto vedere.

La cosa a quel punto era irrilevante.

Tutti pensavano che lui avesse ucciso Hermione.

E tra quei tutti c’era anche David.

“ Ora è tutto molto più chiaro”

Certo. Il ragazzo voleva vendicarsi dell’uomo che gli aveva ucciso la madre. Niente di più normale.

Lui stesso aveva ucciso Voldemort per vendetta.

Poteva biasimarlo, quindi?

No, senza alcun dubbio; lui avrebbe fatto lo stesso.

Quando Draco si sollevò abbandonando il capo sull’imbottitura della sedia, non provava più neanche rabbia.

Né verso Hermione, né verso il mondo là fuori.

Il mondo non aveva mai capito. E quella ne era l’ennesima dimostrazione.

Per quanto riguardava Hermione…sarebbe mai stato in grado di odiarla veramente?

L’aveva torturata, questo non poteva negarlo. Ma l’aveva fatto per il troppo odio o per il troppo amore?

Si stava arrendendo.

Stava cedendo di fronte a quella marea di rivelazioni e false verità.

Non doveva essere lui il capo burattino? Non era lui quello che avrebbe dovuto condurre il gioco?

Draco chiuse gli occhi, anche quello coperto dalla maschera, perdendosi nel mondo di fumo e ferro che c’era oltre le sue palpebre.

Quell’opacità da dolorosa stava diventando annientante.

“annientante” che termine assurdo usato per descriversi.

Lui annientava, non si faceva annientare.

Ma quello ,per quanto molto recente, era passato.

Quel passato oscuro e glorioso in cui lui non aveva un figlio e non aveva mai ucciso Hermione.

Quella bella ,anche se falsa, illusione di avere il controllo su tutto  e tutti.

In quel momento, nella sua immorale e sacrilega bellezza, Draco era l’immagine dell’abbandono.

L’abbandono dei sensi, l’abbandono della ricerca, l’abbandono di una spiegazione.

Non gli importava se il mondo, se anche suo figlio, credeva che lui avesse ucciso Hermione, non gli importava se Hermione gli aveva mentito per dieci anni. Non gli importava se lui stesso si era ingannato per tutta una vita.

Non poteva cambiare la storia, non poteva cambiare il passato.

“ E non voglio farlo”

Per quanto sarebbe potuto valere, Draco non sarebbe sceso nei sotterranei spiegando a suo figlio come era andata realmente quel giorno.

Non gli avrebbe mai creduto.

“ Esattamente come mio padre ha fatto con me con la magia oscura, lui sarà stato cresciuto con quest’ idea nella testa”

Che diritto aveva lui di sconvolgere anche il mondo, il teatrino, di quel ragazzo?

Non si trattava di coscienza paterna.

Lui una coscienza non ce l’aveva, tanto meno paterna.

Da esperto calcolatore, sapeva benissimo quando un tentativo era destinato a fallire.

Ed in quel caso lui sarebbe finito contro un muro costruito in dieci anni di un’enorme ma solida menzogna. L’aveva visto, quando aveva tentato di entrargli nella testa.

Sarebbe stata soltanto energia sprecata.

Energia che lui in quel momento non aveva.

Anche alzarsi e versarsi un bicchierino di wishky incendiario invecchiato gli costò un’immensa fatica.

Eppure quel piacevole bruciore lungo la gola, il pizzicore che ti assale gli occhi all’ultimo sorso, sembrarono rianimarlo.

E nello stesso istante in cui il suo corpo veniva scosso da un brivido, Draco sentì la magia che lo chiamava.

“ Come immaginavo”

Con uno guizzo frantumò il bicchiere nella sua morsa riuscendo a non farsi neanche un graffio.

Hermione se ne stava andando.

 

 

Continua…

 

 

Un grazie enorme ad Hikaru_angelic e costy black, alle quali rispondo che non sempre i finali migliori sono quelli “ e vissero tutti felici e contenti”…spero cmq di non deludervi, continuate così!

COMMENTATE se volete!

P.s: ringrazio anche tutti voi che avete commentato la one-shot DANCING! per quanta riguarda un possibile seguito per ora non ho niente in mente, ma chissà...

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Don't go away ***


Quando Hermione tentò di andarsene da Malfoy Manor scoprì di non poterlo fare

Don’t go away

 

 

“Me and you what's going on?
All we seem to know is how to show

The feelings that are wrong”

 

-Don’t go away,  Oasis-

 

Quando Hermione tentò di andarsene da Malfoy Manor scoprì di non poterlo fare.

Non fu una sensazione dolorosa, come quando Draco l’aveva torturata il giorno prima.

Non fu niente di paragonabile a tutto quello che avesse mai provato.

Semplicemente, nell’esatto istante in cui cercò di attraversare i cancelli del castello, cominciò a dissolversi.

Come se quel briciolo di concretezza che le era rimasta venisse risucchiata via da una forza invisibile.

“Sto morendo”, e stavolta sul serio.

Tuttavia, come scoprì qualche istante dopo, spostare il piede e fare un passo indietro bastò a farla tornare normale.

La situazione da assurda quale le era sembrata, le si delineò chiara e semplice per quello che era.

“ Non posso andarmene”

No, non poteva.

E la risposta ai muti interrogativi che si le si stavano affollando nella testa, arrivò pochi istanti dopo con un sonoro flop.

Draco Malfoy , con indosso solo una leggera camicia di seta color porpora semiaperta sul petto, la stava scrutando con aria ostile, quasi contrariato per quella che a lui sembrava un’imperdonabile scorrettezza.

Incurante del freddo, aspettava in silenzio che Hermione gli desse una qualsiasi giustificazione.

In realtà, non c’era niente che non gli fosse chiaro.

Quel comportamento era la logica reazione a quello che lui le aveva fatto.

Ma lui aveva una parte da interpretare, e questa gli richiedeva confronti e situazioni che non sempre era in grado di sostenere.

E sarebbe stato così anche questa volta.

Perché alla domanda che Hermione gli fece lui non poteva rispondere. Non sinceramente.

- C’entri qualcosa con il fatto che non posso andarmene di qui?- era ovvio che era colpa sua.

Ma Hermione non aveva fretta. Armata di un’indifferenza che forse avrebbe dovuto usargli contro già da tempo, non temeva alcuna risposta.

Voleva, doveva,  soltanto andarsene. Per se stessa, per suo figlio.

- Hai provato a scappare?-

Da codardi rispondere ad una domanda con un’altra domanda

Draco però non riuscì neanche minimamente ad essere minaccioso quanto avrebbe voluto.

- Rispondi alla mia domanda, Draco.- era sempre stata lei quella forte. Perché non se ne era mai accorto prima?

- Ti ho lanciato un incantesimo ieri sera. Sei legata a me. Non te ne puoi andare. -

Hermione non si scompose. Non ci voleva un genio per capire che un incantesimo del genere poteva averglielo scagliato soltanto lui.

- Torturarmi non ti è sembrato sufficiente? Avevi bisogno di un incantesimo, per paura che la prossima volta che avessi avuto voglia di divertirti non mi avresti trovata?- stava perdendo la calma.

Per quanto si sforzasse Draco le provocava sempre emozioni troppo forti per essere represse con freddezza, e non importava che queste fossero rabbia , odio o risentimento. La loro intensità era comunque insostenibile.

- è questo che pensi?-

E Draco non si rendeva conto di quanto questo suo atteggiamento, che definire remissivo e accondiscendente non sarebbe stato inappropriato, non faceva altro che farla infuriare ancora di più.

- Cosa dovrei pensare, Draco? Spiegamelo! Ti sembra così irragionevole che io voglia andarmene? Che voglia tentare di salvare mio figlio?-

- No-

- E allora perché mi hai fatto anche questo? Perché se è vero che ormai mi detesti non vuoi lasciarmi andare?-

Uno spasmo al cuore.

Da quanto tempo Draco Malfoy non provava più una cosa del genere? Probabilmente da quando aveva visto Hermione morire.

E adesso lei gli stava chiedendo perché non la lasciava libera.

Con quale coraggio, lui codardo per eccellenza, poteva dirle che in realtà quell’incantesimo la vincolava sin dal primo giorno in cui si era presentata da lui ,dopo essere diventata un fantasma?

Come poteva spiegarle che l’amore può diventare troppo? Troppo intenso, troppo ossessivo, troppo tradito, troppo corrotto… troppo per lasciarla andare? Come poteva mai farle capire che nel terrore che se ne sarebbe andata per sempre , aveva preferito averla così piuttosto che non averla per niente? Come poteva farle mai capire che non si torna indietro da errori come quello?

Dieci anni di menzogne…

Draco Malfoy tuttavia non avrebbe dovuto provare il minimo rimorso.

Nell’interminabile lista delle colpe che avrebbe consegnato al Diavolo una volta  giunto all’ Inferno, quella forse sarebbe stata giudicata la meno grave.

Ma allora perché faceva così male?

Perché era diventato un carceriere. Lo era sempre stato, per la precisione.

Carceriere, in quel modo subdolo e malvagio, quando avrebbe solo voluto tenerla stretta tra le braccia e non lasciarla mai sola.

Draco tuttavia , con un’invidiabile freddezza, rimase in silenzio senza accennare minimamente a distogliere li occhi di fumo da quelli incolori di lei.

Lui la guardava sempre negli occhi.
Anche se aveva sbagliato, anche se aveva commesso un errore.

Ed Hermione sorrise. Un sorriso amaro, ironico, sprezzante.

- Non cambierai mai, Draco.-

- Lo so-

E anche lei avrebbe dovuto saperlo.

Ma come una stupida continuava a crederci; anche in quel momento, anche se era palese che ormai era una prigioniera e che quello che pensava non aveva più importanza.

Se solo avesse saputo…

“Un giorno capirai…non riuscirai a perdonarmi, ma capirai”

Spiegarle subito ogni cosa sarebbe stata sicuramente la soluzione migliore per entrambi.

Ma era contro la sua natura.

Draco Lucius Malfoy non dava spiegazioni; quello che voleva se lo prendeva  e basta...senza chiedere permesso, senza chiedere per favore.

C’era stato un momento della sua vita in cui Draco aveva avuto paura di ciò che stava diventando.

Ma ormai ogni cosa ,anche la più terribile e perversa, non gli suscitava la minima emozione.

Tranne lei…ma questo era un punto su cui preferiva non soffermarsi a lungo.

Nel silenzio che seguì, il vento gelido lo scosse con un brivido che gli giunse fin nelle ossa.

Ma forse non era il vento.

Era Hermione. I suoi occhi. Quello che non poté fare a meno di vederci.

Diciotto anni prima, nell’assolato cortile di Hogwarts, le aveva visto lo stesso, identico sguardo.

E quella volta si erano detti addio.

E adesso Hermione glielo stava dicendo di nuovo. Senza parole, in quel modo unico e speciale con il quale soltanto loro due riuscivano a comunicare.

Appena il tempo di un battito di cuore ed Hermione non c’era più.

Draco rimase a fissare le cime degli alberi che si intravedevano oltre le alte mura del sontuoso maniero. Il vuoto, la sensazione che gli avessero portato via qualcosa di vitale importanza, si propagò come uno macchia d’olio nel suo animo torbido.

“ è soltanto rientrata nel castello”

Ma era come se se ne fosse andata. Anche se rimaneva lì ,anche se non poteva andarsene finché lui fosse rimasto in vita o non avesse rimosso l’incantesimo.

Draco però decise che non gli importava. Che poteva vivere benissimo anche se lei avesse deciso di ignorarlo per il resto dei suoi giorni. Poteva farcela di sicuro.

“ Eppure… “

Non sapeva più che farsene della sua innocenza, di quell’anima ancora troppo luminosa per lui.

“…era così bello…”

Non c’era stato niente di bello in tutti quegli anni. Solo una straziante agonia nel vedersela sempre troppo vicina eppure troppo irraggiungibile.

“…insieme…”

Poteva finalmente ignorarla senza più provare l’impulso di dilaniarla o amarla fino a morirne. Era libero.

“… che pregavo…”

Perché adesso lei era solo una prigioniera. Era la punizione che meritava  per avergli mentito senza ritegno, fingendosi un angelo puro e perfetto quando invece non era meno meschina e infima di lui.

“ …che non finisse…”

Finalmente era finita.

Basta compromessi, basta cedimenti. Basta disgustosi e aberranti sogni d’amore.

 L’amore non esisteva. Non per lui. Non per loro.

“ Mai.”

 

 

“You'd turn, 'til even the sun became your shadow
And I hate you in your innocence, you know

But I hate myself even more for lovin' you so”

 

 

Il Tempo.

Cos’è, se non una misura senza senso che gli uomini vogliono imporre all’eternità?

No, piccoli sciocchi, il Tempo è molto di più.

Il Tempo gioca con gli uomini. Li illude, li confonde e poi li inganna.

Ma questi esseri piccoli, piccoli continuano a credere di avere il potere su tutto. Anche sul Tempo.

Pensano di avere ragione quando credono che niente possa sopraffarli.

Si crogiolano nella loro grande illusione, nella loro fragile verità.

Anche David Granger ha la sua verità da difendere.

Ma non sa che la sua è una verità che il Tempo si è divertito a capovolgere, a modificare con studiata maestria.

David sa soltanto che è l’unica certezza che ha. L’unica cosa per cui valga la pena lottare.

Non ci ha mai pensato più di tanto.

Ha sempre dato tutto per scontato.

Ma è ancora giovane il piccolo David, non sa che anche sotto la verità più splendente si può nascondere un velenoso serpente.

David non ama il Tempo.

Quando servirebbe non c’è mai e quando c’è non sa mai cosa farsene.

Ma David non pensa che lui stesso non è altro che uno dei tanti risultati degli scherzi del  Tempo.

Il tempo di un incontro tra due mondi agli antipodi, la durata di una notte, l’istante che da la vita.

Ed ecco David Granger.

Anni di reali bugie e di false verità, ore insonni passate a studiare la vendetta.

David un giorno si sarebbe stancato di tutto questo. Il tempo no. Lui avrebbe continuato a giocare come la sua natura di eterno bambino gli ripeteva di fare.

David già aveva cominciato ad averne abbastanza.

Quattro giorni di prigionia stavano diventando veramente troppi.

E la sua pazienza era tutt’altro che illimitata.

Sarebbe stato decisamente più vantaggioso possederne molta di più, visto che è risaputo che quando un uomo viene messo in gabbia il suo istinto animale prende il sopravvento su tutto.

Perciò quando la rabbia e la frustrazione arrivarono a livelli veramente troppo alti da sopportare, David si attaccò alle sbarre della sua cella cominciando a scuoterle e a tirarle con tutta la forza che aveva.

-Cedete, maledette cedete!-

Le sbarre però non sembravano molto d’accordo con David, e l’unico risultato dei suoi sforzi fu una pioggia di sassolini e calcinacci che si staccarono dal soffitto piombandogli addosso.

- David calmati!- gli intimò Sharon afferrandolo per un braccio.

- Cazzo Dave, stai facendo un polverone, smettila! - gli urlò invece Brandon mentre lo afferrava per la vita tentando di sganciarlo.

-Me ne voglio andare! Non avete ancora capito che è una trappola ? Malfoy vuole uccidere Harry e quanti più auror possibili e noi siamo un esca perfetta! Lasciatemi!-

Quella ultima certezza in realtà si era impadronita di lui solo pochi minuti prima.

Poco male. L’importante era averlo capito in tempo.

- Dannazione ci abbiamo già provato ma quelle sbarre sono magiche, non cedono!- sbuffò Brandon lasciando definitivamente la presa su David che non voleva proprio scollarsi.

- Sharon staccati, tanto quello non molla finché non si è fatto cadere le braccia…- ironizzò il moro fortemente infastidito dall’attacco di panico dell’amico.

- Mi stai dicendo che quello che faccio è inutile? Che sono uno sciocco?- gli si rivoltò contro David, arrossato e furioso.

- Direi che hai centrato in pieno, Granger. – rispose Brandon calando fortemente il tono sull’ultima parola.

- Stiamo parlando di Harry! Vuoi per caso che muoia per salvarci, insieme a non so quanti auror?- David si era pericolosamente avvicinato al suo viso e stringeva convulsamente i pugni come se volesse colpirlo.

- David non ti agitare…- sussurrò Sharon un po’ confusa da quella reazione.

- Gli auror verranno qua comunque, lo capisci questo? È il loro lavoro e poi era anche ora che si decidessero a muoversi. Questa guerra va vinta, costi quel che costi. Non saremo di certo noi a fermarla. - rimbeccò invece Brandon senza preoccuparsi di sedare i bollori dell’amico.

- Non sai quello che dici, Parkinson .- sibilò David riducendo gli occhi a due fessure.

- Lo so eccome. Vorresti uscire fuori e uccidere Draco Malfoy con le tue stesse mani, ma non spetta a te questo compito. -

- E perché no? Credi che non ne sarei capace?- domandò David, che non chiedeva altro che un capro espiatorio su cui sfogarsi.

- Non solo questo. Gli Auror ucciderebbero Draco Malfoy per salvare la vita di tre civili  e di conseguenza liberare tutto il mondo magico. Diventerebbero degli eroi. Tu invece lo faresti solo per vendetta, solo per te stesso. Diventeresti un assassino. -

-Non ha importanza! Cosa cambierebbe se diventassi un assassino? A chi importereb…- David si interruppe di colpo portandosi lentamente una mano alla guancia destra dove il pugno ben diretto di Brandon lo aveva appena centrato.

- Bran, sei pazzo?- urlò Sharon tentando di frapporsi fra i due.

- Stanne fuori Sharon- la ammonì Brandon, scansandola malamente.

-A chi importa dici? Sei un fottuto egoista David Granger! Siamo in tre a poterci rimettere il culo e tu ti preoccupi solo della tua vendetta!- tuonò il moro scattando in avanti.

David non rispose.

Si tolse la mano dalla guancia arrossata, e abbassò violentemente il capo.

Un attimo dopo, con tre passi misurati e uno spintone ben assestato, si ritrovò inginocchiato sopra un Brandon sbalordito e spiazzato.

Era pronto a combattere.

- Spaccami pure la faccia bastardo! Se questo può farti stare meglio…- lo provocò Brandon.

David fece per alzare il braccio destro, il pugno talmente serrato che le nocche erano completamente sbiancate.

Vedeva rosso, completamente rosso.

L’odio aveva cominciato a consumarlo.

Ma si fermò in tempo. Solo a qualche centimetro dalla mascella squadrata di Brandon.

Troppo, era andato veramente troppo oltre.

Brandon ,steso per terra, si rilassò a vista d’occhio mentre David faceva scivolare il braccio a terra.

Si era fermato, questo era vero. Ma troppo tardi.

- Sei uno sciocco David- la voce di Brandon gli giunse come attraverso uno spesso strato di ghiaccio, metallica e un po’ovattata.

Brandon si girò di scatto capovolgendo le loro posizioni,senza dare all’amico neanche il tempo di capire.

- Non lasciare mai al tuo avversario il tempo di agire-  gli sibilò Brandon all’orecchio prima di colpirlo un ultima volta.

Un colpo abbastanza potente, ma non troppo, e l’oscurità cadde su David.

- David!- Sharon si affrettò ad inginocchiarsi  a terra scostando con una spinta Brandon che stavolta non oppose resistenza.

- Che ti è saltato in mente? Si era fermato!- urlò contro al moro mentre tentava di risvegliare David.

Brandon rise.

E fu gelo.

- Troppi si sono sporcati le mani inutilmente, per un ideale che non era neanche il loro. Non voglio che lo faccia anche il mio migliore amico. -

Purtroppo il giovane Parkinson non sapeva di aver guadagnato solo del Tempo.

Ed il Tempo, quando gioca, non perde mai.

 

“Ormai non ci sono più linee sul palmo. Il tempo ha cancellato ciò che gli umani chiamano fato. Non ne ho nessuno”

 

- Anne Rice, Armand il vampiro-

 

 

Continua…

 

Ci siamo quasi…penso non più di due capitoli e vedremo la fine.

Già mi sento triste. Scrivere questa fic è stata una delle più belle esperienze di quest’ultimo periodo…cmq il tempo per piangermi addosso non è ancora arrivato perciò vedrò di inventarmi qualcosa di bello per la fine ( in realtà sapevo come sarebbe andata a finire molto prima di cominciare a scrivere, l’inizio e il finale sono le uniche due cose che non ho cambiato!)

L

Visto che stimo per concludere commentate in tante e magari fatemi sapere come vorreste che finisse!

Ciaooo

ZAITU (^_^)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Slither ***


Hermione Granger era un fantasma da più di dieci anni

Slither

 

Hermione Jane Granger era un fantasma da più di dieci anni.

E un fantasma, per definizione, è una creatura impalpabile che non può in alcun modo agire o interferire con la realtà.

Ma è risaputo che Hermione Granger era stata prima una ragazza e poi una donna che aveva  sempre fatto tranquillamente sfoggio della sua capacità di sovvertire qualsiasi regola o legge fisica, e se poi era spinta da un motivo sufficientemente rilevante, non c’era niente che potesse fermarla.

E salvare suo figlio, evitando così un gran macello per tutti, era una motivazione più  che stimolante.

Non che credesse veramente che David fosse in pericolo di vita.

Draco, per quanto al momento fosse completamente incapace di discernere, non avrebbe mai ucciso il suo unico erede, l’unico essere sulla faccia della terra che condivideva il suo purissimo sangue e metà del suo DNA.

Tuttavia Hermione era giunta alla conclusione che quella situazione poteva facilmente degenerare in qualcosa di incontrollabile.

Harry e Ron , ne era più che sicura, non avrebbero mai lasciato David nelle mani di Draco e di certo non poteva sperare che Draco e i suoi amici si sarebbero messi d’accordo senza sfoderare le bacchette.

Anzi, se conosceva bene Harry, si sarebbe presentato con uno squadrone di Auror armati fino ai denti.

Ne Harry ne tanto meno Draco avrebbero tollerato per la  seconda volta un pareggio.

Stavolta qualcuno sarebbe morto… e questo lei non poteva permetterlo.

Non aveva sacrificato dieci anni della sua non-vita per vedere il padre di suo figlio e i suoi due migliori amici ammazzarsi a vicenda perché lei non era stata in grado di proteggere David.

Ma , come si suole dire, per ogni errore c’è un rimedio ed essere un fantasma aveva senza dubbio i suoi lati positivi, soprattutto se si era il fantasma di una delle streghe più brillanti nate nell’ultimo secolo.

Se avesse dovuto dar retta al luogo comune secondo il quale i fantasmi non sono in grado di fare magie, in quel momento si sarebbe certamente trovata in un mare di guai.

Per sua fortuna però era preparata anche su quell’argomento.

“Un fantasma, se è stato sufficientemente potente in vita, può tranquillamente fare uso della magia.”                     

E lei, modestia a parte, era stata potente.

La più potente di tutti.

Perciò un incantesimo di evocazione, che pure richiedeva una certa esperienza, non avrebbe dovuto risultarle difficile.

Quando Hermione apparve sulla torre più alta di Malfoy Manor il vento gelido mischiato al nevischio si stava rigettando sulla torre come se non volesse altro che distruggerla.

“ Per quanto mi importa  questo palazzo può anche crollare del tutto…ma prima ho qualcosa da fare”

Hermione si guardò un po’ intorno.

Non poteva negare di avere dei grossi dubbi su ciò che stava facendo e soprattutto sulle possibilità di riuscita sulle quali poteva fare affidamento.

Ma non aveva nessun’altra possibilità, perciò non le rimase altro che concentrarsi, come le era stato insegnato anni prima durante gli estenuanti  corsi di specializzazione per  gli Auror.

Visualizzò nella testa l’entità che voleva evocare e dopo qualche istante un flebile sussurro le uscì dalle labbra.

Un nome.

Il sussurro crebbe d’intensità finché neanche il l’ululato del vento riuscì più a sovrastarlo.

-Snape!-

 

 

Snape era sempre stato un serpente tranquillo.

Un po’ strano a detta di molti, forse  per il suo buffo e a volte  inquietante albinismo o forse per il suo comportamento, piuttosto anomalo per un rettile.

I serpenti di norma non sono animali da compagnia, non se ne vanno in giro abbarbicati al braccio del proprio padrone come se fossero delle scimmiette addomesticate.

Tuttavia Snape pur di non allontanarsi  troppo da David, dal suo protetto, aveva fatto questo ed altro.

Lo aveva seguito anche ad Hogwarts, benché l’idea un serpente albino, di un metro e mezzo, libero per il castello, non avesse entusiasmato tutta la scolaresca e il corpo degli insegnanti

Tuttavia essere il figlio del defunto capo degli Auror aveva concesso a David una serie di piccoli privilegi, come il portarsi dietro il grosso e velenoso rettile.

Per quanto riguardava Snape trovarsi circondato da una miriadi di ragazzi urlanti non era stata affatto un’esperienza spiacevole ma anzi, osava dire, fruttuosa.

La confusione, al contrario di David che odiava tutto quello che implicava della vita sociale, gli permetteva di girovagare senza essere notato e soprattutto di sorvegliare senza essere visto.

David andava protetto ventiquattrore su ventiquattro.

Era quello il suo compito. Sorvegliarlo. Sempre.

Così, visto come se lo era lasciato scappare da sotto il naso quattro giorni prima, non si meravigliò affatto quando sentì una voce fioca ma chiara nella testa che lo chiamava quasi con disperazione.

“ Snape, ho bisogno di te!”

Erano anni che il serpente non sentiva quella voce.

“ Sono qui apposta per aiutarti”

“ Sto per smaterializzarti a Malfoy Manor, dobbiamo, devi, liberare David e i ragazzi…sai come fare”

“ Come sempre, Hermione”

“ Grazie Snape”

 

 

 

“ Ecco, non è esattamente questo che intendevo quando ti ho detto che avrei fatto qualsiasi cosa…io sono un rettile, un animale a sangue freddo, non puoi smaterializzarmi nel bel mezzo di una bufera di neve!”

- Anche io sono felice di rivederti Snape-

Il fantasma gli sorrise emettendo per un istante un lampo di luce simile all’ultimo languore di una candela morente.

Il grosso serpente invece gli rispose con una sorta di smorfia contrariata e poi strinse le pupille quasi fino a farle scomparire nel rosso dell’iride.

Con un gesto curioso tirò fuori la lingua per saggiare l’aria gelida.

“ C’è più magia oscura tra queste mura che in tutta la Gran Bretagna! Cara ragazza, ma chi te l’ha fatto fare a rimanere qui?”

Hermione gli mostrò un sorriso tirato prima di girarsi e rientrare all’interno della torre.

- Credevo che fossi stata io a decidere di restare…ma ora ho scoperto che anche volendo non potrei comunque andarmene-

“Cosa intendi ?” Snape le strisciava dietro osservando curioso e affascinato il fantasma che levitava come una piuma fragile e sperduta. Snape se la ricordava molto più forte, con una personalità tale da riuscire a riempire una stanza con la sua sola presenza.

Ma era passato tanto tempo.

- Sarebbe lunga da raccontare e non abbiamo tempo…a proposito, l’hai portato? Potrebbe essere utile…-

Snape si fermò mostrando orgoglioso quello che sembrava un mucchio di stracci che lui teneva saldamente con la coda.

-Bene- Hermione fece per voltarsi quando Snape le sibilò.

“ Harry attaccherà da un momento all’altro, lo sai?”

Hermione si voltò di scatto fissando il serpente con gli occhi incolori sbarrati.

- Co..cosa?-

Il serpente piegò il capo da una parte, come se fosse confuso.

“ Non mi hai chiamato per questo? Per portare via Dave e i ragazzi prima dello scontro?”

-No!- Hermione allargò le braccia in un gesto di sconforto per poi lasciarle ricadere mollemente lungo i fianchi.

- Volevo che li portassi via per evitare lo scontro!-

Snape si rizzò all’improvviso come in posizione d’attacco , per guardare Hermione da una posizione più elevata . Le dondolò la testa davanti come se volesse ipnotizzarla, poi sibilò.

“ E quale sarebbe il vero scopo di questo tuo nobile gesto, salvare Harry e i ragazzi o Draco?”

Hermione abbassò le palpebre prima di rispondergli.

- Salvarli tutti-

“ Ti ostini ancora a difenderlo, vero? Ormai lo scontro è inevitabile, non si può continuare in questa situazione di stallo. Quei due combatteranno e tu non puoi impedirlo”

- Ma se liberassimo David prima…-

“ Credi che Harry e gli Auror non attaccheranno lo stesso? Non di tratta più soltanto di David e di Draco, Hermione, ma di tutto il mondo magico.

Draco Malfoy è il Signore Oscuro, un tiranno assassino, non si può aver pietà per lui!”

Hermione lo guardò basita, come se non capisse né il senso né il motivo di quelle parole.

- Ma…- boccheggiò per un istante.

“ Hermione Granger, cosa diavolo vorresti fare, schierarti per l’ennesima volta dalla parte di Draco Malfoy, abbandonando tuo figlio e le sorti del mondo magico? Ma che cosa hai in testa!?”

il serpente aveva sfoderato le zanne velenose, le pupille pressoché ridotte ad una falce impercettibile.

Nel frattempo la luce emanata da Hermione si era estinta di colpo, come spenta da improvvisa raffica di vento.

La ragazza irrigidì i lineamenti e strinse i pugni.

- Non giudicarmi Snape, non farlo- Hermione appariva fredda e dura come era stata poche volte in vita sua.

Il serpente tornò a strisciale dietro, gli occhi completamente rossi.

“ Il tuo amore non riuscirà a salvarlo, Hermione”

Il fantasma gli lanciò un’occhiata da sopra una spalla, annuendo debolmente.

-Lo so, ma devo provarci, devo credere che ci sia ancora una speranza…anche per lui-

Il serpente scosse la testa con aria affranta, la pupilla che tornava lentamente normale.

“ Io vado da David, tu…”

- Io cercherò di evitare che oggi ci sia una strage, cercherò di fermare Harry-

                     

“I still need you
I still care about you
Though everything’s been said and done”

-I Still , Backstreet Boys-

 

 

Trovare David non fu affatto difficile.

Se fosse stato un po’ meno cinico, Snape non avrebbe esitato a dire che il legame d’affetto che lo legava al giovane sembrava riuscire a guidarlo sempre da lui, esattamente come stava realmente accadendo.

Sesto senso, forse.

M si sa, i serpenti non sono rinomati per il loro essere “ fedeli amici dell’uomo”.

A dimostrazione di ciò, il mangiamorte a cui Snape aveva appena sottratto le chiavi delle celle, giaceva scompostamente sul pavimento di pietra ed il sangue che gli usciva copioso dalla ferita alla gamba si era diviso in tatti rivoletti purpurei, ognuno dei quali si convogliava quasi con maniacale precisione nei solchi tra una pietra e l’altra.

“ Morirà fra poco”

Snape avrebbe preferito di gran lunga attorcigliarsi intorno al collo fino a strangolarlo piuttosto che affondare le sue zanne velenose nella carne di quello schifoso essere che puzzava di magia oscura peggio di una carogna.

Ma la cosa avrebbe potuto richiedere troppo tempo.

E lui non poteva perderne.

Non perché credesse, come Hermione , che lo scontro non sarebbe avvenuto se lui avesse portato via David, ma piuttosto sperava che, liberandolo prima dell’arrivo  degli Auror,  avrebbe potuto evitare di sottoporre il ragazzo ad un’ennesima strage.

Perché quello sarebbe stato.

Il sangue sarebbe scorso a ruscelli, checché ne avesse detto la bella e altruista Griffyndor.

“ è sempre stato questo il difetto di quella ragazza”

Troppe emozioni, troppa passione, troppa sensibilità.

Il potere, la forza, anche quella smisurata, può risultare un’arma a doppio taglio nelle mani di una persona che non riesca a dominarla con estrema freddezza e un’accurata dose di indifferenza.

Ma Hermione non era mai stata così, neanche quando una carica onerosa come essere capo degli Auror le era gravata improvvisamente sulle spalle.

Si prendeva tutto a cuore come se le conseguenze di ogni suo più piccolo sbaglio avessero potuto avere effetti disastrosi sul mondo intero, come se lei da sola, avesse potuto salvare tutti.

Era ammirevole, certo.

Ma tremendamente debole, pur nella sua forza.

Nessuno avrebbe mai tolto dalla testa di Snape l’idea che la vista sul campo di battaglia dell’uomo che Hermione amava, l’avesse resa momentaneamente volubile e debole.

Ed infatti era caduta, proprio in quel momento, proprio davanti a Draco Malfoy, proprio a causa sua.

Ed una sconfitta, anche se inflitta per mano di Lord Voldemort, è sempre una sconfitta.

Non si poteva tornare indietro.

Eppure Hermione aveva continuato a vivere da fantasma come se nulla fosse cambiato.

Con lo stesso ardore, con la stressa grinta.

“ e sarà questa la causa della sua rovina”

Il non comprendere che lei ormai non poteva più fare nulla, che era rimasta non per cambiare la storia, ma solo per assistervi in disparte.

Snape, dal canto suo, non si faceva illusioni.

Avrebbe assolto il suo compito solo per David e i ragazzi e che Hermione facesse pure quello che voleva.

Le faceva quasi pena, in verità, con la sua vana disperazione simile a quella di una farfalla fragile che volteggia, si aggira estasiata intorno al fuoco e che pur di avvicinarsi sempre di più a quella fiamma tanto viva, tanto calda, sarebbe disposta a farsi bruciare, a morirne.

Non c’era decisamente niente che lui potesse fare per Hermione, niente che potesse fare per lenire la sua disperazione.

Il candido serpente scosse la testa facendo lampeggiare gli occhi sanguigni.

Il grosso mazzo di chiavi appena rubato gli dondolava sulla punta della coda insieme al mucchio di stracci, emettendo un triste e quasi malinconico tintinnio.

David era vicino.

“ A pensarci è proprio strano”

Stava per liberare un figlio dal proprio padre.

Da quello che, a sua volta,  non era altro che il figlio del suo primo padrone.

Hermione, consapevole delle sue azioni,  si era servita dell’animale da compagnia del defunto Lucius Malfoy come “ serpente da guardia” per suo nipote.

Il rettile emise un sibilo che doveva probabilmente apparire come il suono di una risata.

Era paradossale.

Snape cominciava ad avvertire l’assurdità di quella situazione.

Un po’ come quando aveva visto per la prima volta il fantasma di Hermione osservarlo dalla vetrina di un negozio di animali a Nocturn Alley nel quale era finito dopo una lunga serie di eventi sfortunati.

“Assurdo” si era appunto detto.

Aveva cominciato a pensare che il padrone del negozio gli avesse rifilato qualche topo imbottito di una qualche sostanza acida o stupefacente per ammazzarlo, visto che nessuno aveva osato comprarlo.

Convinzione che si era poi accentuata quando il fantasma di quella che poi si era rivelata il defunto capo degli Auror, gli aveva proposto un patto.

La libertà, una casa, ed in cambio lui sarebbe diventato la guardia, l’ombra stessa, di David.

Perché lei non poteva più farlo.

Lui aveva accettato senza esitare.

E qualche ora dopo un ragazzino cupo e silenzioso, scortato niente popò di meno che da Harry Potter, era entrato deciso nel negozio e lo aveva comprato per pochi galeoni, facendo la felicità del negoziante.

Lucius e Narcissa erano stati dei bravi padroni, ma niente a che vedere con David, Harry e, suo malgrado, anche Ron.

I cari, vecchi coniugi Malfoy sarebbero stati indubbiamente piuttosto contrariati nel vederlo agire contro gli interessi del loro pupillo, leggasi Draco Lucius Malfoy.

“ Mi sarebbe piaciuto conoscerlo”

Lo ammirava, non riusciva a negarlo.

Ammirava quell’uomo che con tanta tenacia, con tanto menefreghismo era riuscito a dar forma un ad regno tutto suo.

“ è il degno erede di Lucius…”

Eppure era debole, proprio come Hermione. Anzi, forse proprio a causa di Hermione.

Probabilmente perché era un animale, o forse perché non era nella sua indole ma Snape non riusciva proprio a capirli gli umani.

Avrebbero potuto avere tutto: il potere, l’amore, la gloria.

Se invece pensava a tutti gli umani che aveva conosciuto, e soprattutto a Draco e ad Hermione vedeva solo una lotta estenuante contro tutto quello che sarebbe potuto risultare positivo e appagante.

Contro tutto quello che avrebbe potuto renderli felici.

 “ Quei due saranno l’uno la causa della rovina dell’altro”

 

“Don't go looking for snakes, you might find them
Don't send your eyes to the sun, you might blind them
Haven't I seen you here before?

Have your heroes disappeared?

There ain't no heroes here, no, no more”

 

- Slither, Metallica-

 

 

Continua…

 

Spero di non aver confuso di più la situazione con la storia di Snape e se è così vi imploro perdono, ma come avrete capito io sono una specie di “ ufficio complicazioni cose semplici” perciò mi viene naturale.

Ora ho un grosso dilemma: non sono sicura che mi basti un solo capitolo per finire la fic perciò ci sono due soluzioni. ( se ne avete altre, tipo smetterla di tormentarvi cn questa boiata, fatemelo sapere)

Cmq o mi cimento in un unico lunghissimo chap che però potrebbe arrivare anche fra un mese o più, oppure divido il finale in due parti.

Mi affido concretamente ai vostri suggerimenti!

Un vagone di baci a tutti voi che avete commentato, e anche a voi che leggete e basta!

CIAOOO

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Time is running out ***


Non credeva che sarebbe più uscita da lì

Con un po’ di fatica eccomi di nuovo qui! Ci vediamo alla fine del chap.

Buona lettura!

 

Time is running out

 

Non credeva che sarebbe più uscita da lì.

Non dopo che aveva visto David  e Brandon prendersi a pugni come due acerrimi nemici.

Non dopo che David era svenuto, non dopo che lei aveva passato le ultime due ore a fissare Brandon, con un misto di biasimo e comprensione, in quegli occhi così chiari che ci si era persa come in un mare ghiacciato.

Insomma, non dopo che loro tre sembravano essersi arresi ad essere dei prigionieri, senza più alcuno stimolo a reagire.

E poi David si era svegliato.

Sharon aveva provato ad avvicinarsi, anche solo per assicurarsi che stesse bene, ma il ragazzo l’aveva fulminata con lo sguardo.

Così si era rimessa seduta terra, le ginocchia strette forte al petto.

Erano soli.

David fissava il letto mentre si tastava con noncuranza la guancia che Brandon gli aveva colpito; Brandon guardava oltre le sbarre, forse pensando a qualcosa che nessuno di loro avrebbe mai capito.

Tanto meno lei.

Avrebbero potuto continuare così in eterno, con quel silenzio logorante, perché quando qualcosa si rompe, si frantuma, è difficile farla tornare a posto.

Sharon nascose il viso tra le braccia incrociate.

“Non dovevamo finire così, non noi”

Come tre condannati. Come tre nemici.

Fino a qualche ora prima, malgrado le sbarre, malgrado il Signore Oscuro, sembrava che tutto si potesse risolvere.

Erano insieme, e tanto bastava.

Ma ora c’era evidentemente più di qualcosa che non andava.

E i veggenti, si sa, hanno una sensibilità particolare per certe cose.

C’era vendetta nell’aria.

Vendetta di un figlio verso un padre.

E lei lo sapeva da tempo. Da molto prima di finire in quella cella, da ancora prima di conoscere David e di sapere chi fosse suo padre.

Perché lei aveva visto.

“ Il futuro si può cambiare, è per questo che hai questo dono” le avevano sempre detto.

“ Ma questa volta no…perché così deve andare.

Non sempre si può cambiare la storia, non sempre è giusto farlo.”

Eppure…avrebbe pagato fior di galeoni per riavere subito la Vista, per sapere se in qualche modo ciò che aveva visto tanti anni prima potesse avere un corso differente.

Per sapere se poteva esserci una qualche soluzione.

Ma il tempo stringeva.

Tic, tac.

Le chiavi erano vicine. Troppo.

Sharon si alzò di scatto attaccandosi alle sbarre, giusto un attimo prima che Snape  apparisse poco lontano, dopo aver svoltato l’angolo.

Entrambi i ragazzi si precipitarono accanto a lei.

Speranza. Esaltazione. Euforia.

Sharon si voltò verso David. Lui non la vide.

Vide solo le chiavi appese alla coda del serpente.

Vide  tutto ciò che la parola ‘libertà’ poteva significare per lui in quel preciso momento.

Non vide le lacrime di Sharon, né la gioia mista a paura di Brandon.

“ Forse l’unica soluzione sarebbe stata lasciarti chiuso qui dentro”

 

“You try to change the world and you never see it's all a game to me
You try to change the world and you never see that it's all a game”

-Standing All Alone, Not By Choice-

 

Hermione voleva cambiare il mondo.

Era sicura di poterlo fare, di essere abbastanza forte.

Eppure quando giunse trafelata nell’immenso salone d’ingresso del maniero, dove i segni del combattimento di tre giorni prima erano ancora ben visibili, Hermione si rese conto di quanto si fosse illusa.

Gli Auror erano già arrivati. Pochi Auror in effetti, non più di una ventina.

E tra diversi visi conosciuti c’erano Harry e Ron.

Hermione si portò le mani alla bocca soffocando un gemito che le era nato nel petto.

C’era anche Draco, magnifico come sempre, con una cinquantina di Mangiamorte.

Esperti, spietati. Non come quei giovani che Hermione si sorprese di vedere tra gli Auror.

“ Ma chi diavolo ha mandato il ministero? Sono tutti dei ragazzini!”

Avevano la speranza negli occhi, era vero, la stessa speranza che un tempo aveva avuto anche lei, la stessa speranza che l’aveva resa grande.

Ma la speranza da sola non basta.

Non contro cinquanta Mangiamorte, non contro il Signore Oscuro.

Poteva fermarlo lei, certo. Poteva piombare lì mezzo  e supplicarlo di non combattere.

Avrebbe potuto dirgli di farlo per lei, per David, per loro.

Ed invece Hermione si nascose.

Dietro una colonna nera che sembrò inghiottire anche la flebile luce che emanava.

Non fece nulla.

Osservò e basta.

 

“You will be the death of me

 

Bury it
I won't let you bury it
I won't let you smother it
I won't let you murder it

 

And our time is running out
And our time is running out
You can't push it underground
You can't stop it screaming out
How did it come to this?”

- Time is running out, Muse-

 

- Non puoi proprio fare a meno di me vero, Potter?-

Harry rispose al mezzo ghigno di Draco con un’alzata di spalle.

Draco era euforico.

Non come pochi giorni prima, quando sembrava che combattesse per pura inerzia.

Harry si oscurò in volto e con un cenno della mano chiamò Ron accanto a sé.

- Mi raccomando, state attenti. Rimanete uniti e non disperdetevi…Malfoy oggi è diverso- gli sussurrò Harry senza voltarsi.

- Che intendi?-il rosso strinse di più la bacchetta tra le mani stranamente sudate.

La vista di tutti quei Mangiamorte che li scrutavano come avvoltoi, non era propriamente incoraggiante.

- Non lo so…ma ha l’aria di uno che non ha più niente da perdere…e la cosa lo eccita-

Ron sgranò gli occhi per poi tornare indietro e riferire agli altri le disposizioni del bambino sopravvissuto.

-Ne avete ancora per molto? Potter, credevo che fossi venuto qui per riprenderti qualcosa…- alle ultime parole di Draco un brusio divertito si diffuse tra i Mangiamorte, risultando fastidioso ed irritante per chi si trovava dall’altra parte, leggasi gli Auror,e che fece letteralmente infuriare Harry.

-Dopo non dite che sono cattivo se perdo la pazienza…- continuò il biondo con assoluta noncuranza.

Era calmo, sin troppo.

“ Ho perso tutto, ormai.”

Era vero, ma forse dopo la decisione che aveva preso poche ore prima all’insaputa di tutti, poteva quasi dirsi soddisfatto. Libero.

Ma questo nessuno poteva saperlo.

Harry avanzò di qualche passo, la bacchetta ancora puntata a terra.

-Credimi Malfoy, non vedo l’ora che tu perda il controllo…Expellarmius!

Hermione chiuse gli occhi di scatto. Non voleva vedere.

Si ricordava ancora della promessa di Harry e di Ron.

Non avrebbero mai ucciso Draco.

Eppure sapeva bene che ormai di quella promessa era rimasto solo un ricordo.

La situazione si era evoluta in un modo che non avrebbe immaginato neanche nei suoi sogni, o incubi che dir si voglia, più fervidi ed era consapevole che adesso Draco non era più soltanto un nemico fra tanti,  ma Il Nemico.

Non suo, per quanto volesse credere il contrario, ma di tutto il mondo là fuori.

E lei non voleva vederlo combattere con il suo migliore amico.

Non voleva vederli uccidersi.

Quando Hermione riaprì gli occhi però, di Draco ed Harry  non c’era più traccia.

Si costrinse a cercarli tra l’ammasso di mantelli neri e il fumo provocato dagli incantesimi che volavano tra Auror e Mangiamorte, ma il risultato fu sempre lo stesso.

Non c’erano.

“ Per Merlino, Draco che diavolo vuoi fare?”

Niente di particolare in verità.

Soltanto un duello privato.

Harry e Draco, la Speranza e il Terrore, si stavano fronteggiando su una delle torri del maniero.

C’era la neve. Tanta neve che ricopriva le pietre scure e consumate dal vento.

Tutto quel bianco era accecante.

- Che c’è Malfoy, preferivi un posticino più intimo?- lo schernì Harry rendendosi conto di dove lo avesse smaterializzato Draco.

Draco sorrise, non un ghigno, ma qualcosa di più simile al principio di una risata divertita.

- No, Potter, voglio solamente essere io ad avere l’onore di ucciderti e non voglio interferenze, questa infondo è la nostra guerra…io ti porto via qualcosa e tu la rivuoi indietro. Semplice. Degli altri là sotto non mi interessa, come infondo non interessano neanche a te-

Complicità.

Harry guardò Draco nell’unico occhio visibile come se avesse capito il vero senso di quelle parole.

Come se le condividesse, in qualche modo.

- Non mi hai portato via solo David, ma anche Hermione. Pagherai per questo-

- Non erano tuoi, Potter-

- Sta zitto….Petrificus totalus!-

Draco si spostò elegantemente di lato evitando l’incantesimo stentato che l’agitazione di Harry aveva reso molto meno efficace.

-Che c’è Sfregiato, ti da fastidio vero? Ti fa imbestialire solo pensare che l’abbia messa in cinta e che poi abbia avuto un bastardo da lei? Peccato che l’abbia scoperto solo da poco…- si stava facendo del male da solo, il bel Malfoy, rivangando il passato e rivestendolo di uno squallore che non aveva mai avuto.

- Sei un fottuto bast…- biascicò Harry.

-Stupeficium- lo interruppe Draco colpendolo  dritto in mezzo al petto.

Il bambino sopravvissuto barcollò per un attimo.

- Non va bene Potter, se continui così non mi divertirò per niente-

Harry si drizzò di nuovo, lanciandogli  a sorpresa un Sectumsempra, stavolta ben mirato.

Colpito.

La bella camicia di broccato nero e dorato di Draco gli si squarciò sul petto lasciando liberi rivoletti si sangue che tinsero di rosso la neve candida ai suoi piedi. 

Draco fissò per un attimo, come ipnotizzato, le goccioline purpuree che ora intaccavano in modo quasi sacrilego il manto latteo. 

Non una smorfia gli distorse il viso.

- Va meglio, Potter-

- Non hai ancora visto niente, Malfoy- rimbeccò Harry tornando calmo e controllato.

Draco si spostò i capelli dal visto lasciando scoperta la maschera argentea, prima di piegarsi leggermente sulle ginocchia e puntare la bacchetta.

Ora si faceva sul serio.

- Che nascondi dietro quella maschera, Malfoy? Me lo sono sempre chiesto- lo interrogò all’improvviso il bambino sopravvissuto, mentre si piazzava anche lui in posizione d’attacco.

Draco si portò una mano al volto in un gesto istintivo, quasi come per controllare che la maschera ci fosse ancora.

Come per assicurarsi che il suo segreto non si fosse svelato.

- Bhe, continua a chiedertelo sfregiato. Ora preparati, fammi vedere chi sei-.

 

“I need to play with the one I hate
I like to see him suffer”

- Revenge, Eurythmics-

 

-Snape! Ma come diavolo…- sussurrò David, quasi temendo che il serpente fosse soltanto un miraggio causato dal pugno ricevuto.

“ Poche storie ragazzino abbiamo andare via di qui”

-Che ha detto?- chiese Sharon a David, visto che lei di serpentese non ci capiva proprio nulla.

- Che ce ne dobbiamo andare- le rispose lui senza neanche guardarla-…forza Snape dammi le chiavi!- David si accucciò afferrando con avidità il mazzo di chiavi che il serpente gli stava facendo dondolare davanti alla faccia.

Tentò un paio di volte ad infilarle nella serratura ma era così agitato che la mano tremante glielo impediva.

La mano di Brandon si posò sulla sua

-Lascia, faccio io- gli propose gentilmente il moro, in una muta richiesta di pace.

David lo scansò con indifferenza.

- Sono capace di farlo da solo, Brandon-

Dopo qualche secondo e qualche occhiata dubbiosa , erano fuori.

Snape si issò sul braccio di David che fremeva per la voglia di uscire dai quei sotterranei.

“ Non ti agitare, suppongo che siate disarmati, vero?”

- Ci hanno tolto le bacchette- gli rispose David

- Non sarà facile passare inosservati. Snape ce l’ ha fatta perché è un serpente. Ma noi siamo senza bacchette e senza armi- analizzò Sharon tentando di ignorare il peso che le gravava nel petto.

“ Non preoccupatevi. David ti ho portato una cosa”

Solo allora il giovane si accorse del mucchietto di stracci logori che il serpente teneva saldamente per la coda.

“ Che cos’è?” gli chiese David parlandogli in serpentese.

Sharon e Brandon si scambiavano sguardi preoccupati.

Il serpente gli porse il suo prezioso carico.

Quello che poi si rivelò un vecchio cappello, consunto e rattoppato.

Ma non un cappello qualunque.

Il Cappello Parlante.

 

 

Fine penultimo capitolo.

 

 

“ Penultimo capitolo”. Mi sembra passato un secolo da Maggio, da quando ho cominciato questo mio progetto, che partendo con Povero diavolo si concluderà a breve con la Maschera d’argento.

Alla fine di questo chap mi sono messa a pensare a quando credevo che pubblicare una fic fosse cosa per chi avesse talento, non per una come me che scriveva solo per riempire le giornate a volte vuote e un po’ tristi. Ho sorriso ripensando a quando avevo stabilito che la fic non sarebbe durata più di 5 o 6 chap, e invece stiamo per raggiungere i 17. Credevo di voler scrivere una semplice storia, ma alla fine nella storia ci sono caduta dentro anche io.

Nella rassegnazione di Draco, nell’idealismo di Sharon, nell’amore di Hermione e nella rabbia di David, c’è un po’ di quello che sono io.

Non c’è retorica in quello che faccio, non voglio dare insegnamenti a nessuno.

Perciò comunque andrà a finire, prendete questa fic per quello che è.

Un mio piccolo grande sogno che ho steso nero su bianco.

E non c’è niente di più bello di un sogno realizzato.

È superfluo dire che tutto questo è stato possibile sopratutto grazie ai vostri commenti e al vostro supporto. Perciò continuate così!

Alla prossima! (>_<)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Our last song in this little planet ***


XVII- Our last song in this little planet

Our last song in this little planet.

 

 

Il Cappello Parlante.

Cosa se ne facevano del Cappello Parlante?

Questo pensava David mentre una smorfia di contrarietà gli distorceva i bei lineamenti.

Sharon gli si parò davanti e prima di prendere il cappello fra le mani lanciò uno sguardo traballante all’amico, come per chiedergli il permesso.

D'altronde Snape lo stava consegnando a lui.

David contrasse gli occhi cerulei e si girò di spalle.

Non gli importava di quello stupido cappello.

- è il cappello Parlante…- sussurrò la riccia alle sue spalle.

“ Ma brava, non ce ne eravamo accorti…”

-…è sparito da Hogwarts alla fine dell’anno…allora l’aveva preso Snape, ma perché?-

Sharon scosse il capo facendo vagare i riccioli scuri.

Cercò gli occhi di Brandon come per chiedere spiegazioni, ma lui non poteva di certo dargliele.

Ne sapeva quanto lei.

“ Dannato ragazzino, perché ti comporti così? Se ti ho dato quel cappello è perché sono convinto che possa esserti utile…” Snape si agitava nervoso tentando di riscuotere David da quello strano stato di freddo nervosismo.

“ E cosa dovrei farmene scusa?…Ci servono armi o bacchette altrimenti non usciremo vivi di qui…che me ne faccio di un cappello?”

Il serpente si eresse minaccioso.

“ Allora i racconti di Harry non ti sono serviti proprio a nulla…”

David si voltò di scatto digrignando i denti, in realtà più arrabbiato con se stesso che con qualcun altro in particolare.

Harry…doveva per forza ricordarglielo? Harry era un eroe, lui no. Bastava analizzare quella situazione per rendersene conto…Lui per la sua sete di vendetta aveva messo in pericolo tutti.

Harry invece alla sua età aveva già incontrato Voldemort, ucciso un Basilisco e…

David spalancò un poco la bocca come per riprendersi dall’inaspettata rivelazione che gli era balzata in testa. Non poteva essere come pensava…

“ Harry ha ucciso il Basilisco con la spada di Godric…l’ha tirata fuori dal cappello!”

Il ragazzo si era immediatamente riscosso tornando di volata dai suoi amici che però di quella conversazione non avevano capito proprio nulla.

Snape sorrise, per quanto sia possibile che un serpente sorrida, e scosse la testa compiaciuto.

David fece per afferrare il cappello dalle mani di Sharon ma poi ritrasse le mani come scottato.

“ Ma Snape, Harry era un Griffyndor …io sono uno Slytherin…Dannazione non può funzionare!”

“ David tu sei uno Slytherin …ma tua madre era una Griffyndor. Fidati di me, infila una mano nel cappello!”

David fece come gli veniva detto.

Non ci credeva veramente. Il fatto che sua madre era stata una Griffyndor non poteva avere importanza.

Nessun’oggetto dell’orgoglioso Godric avrebbe mai toccato le mani di una creatura di Salazar.

Ma quando David ritrasse la mano dall’interno del cappello logoro con se aveva una spada.

David strinse il pugno sull’elsa.

Il metallo freddo, la lama splendente…non stava sognando.

Davanti agli occhi sbarrati dei suoi amici David impugnava stretta una spada dall’elsa d’oro tempestata di rubini di sangue.

E, poco sotto l’impugnatura, partiva un’incisione che prendeva tutta la lama.

Godric Griffyndor.

Non c’era dubbio.

Il Cappello Parlante gli aveva fatto un grande regalo.

Un regalo che forse uno Slytherin non meritava.

 

 

L’oscurità vomitava ombre.

Le torce non sembravano affatto svolgere il loro dovere e i corridoi dove i tre ragazzi correvano impazienti di fuggire avevano tutta l’aria di non avere fine.

Sharon aveva la Mappa del Malandrino quasi attaccata alla punta del naso, per cercare di vedere se qualche Mangiamorte si frapponesse fra loro e l’uscita.

David , davanti agli altri, impugnava fiero la spada, pronto ad affrontare chiunque.

Ombre, Mangiamorte e fantasmi.

Ma non ce ne fu bisogno.

Tutti sembravano essere totalmente concentrati sulla battaglia che, come disse Sharon dopo aver esaminato la Mappa, si era dislocata un po’ per tutto il castello. Ma non lì.

Gli Auror senza rendersene conto stavano facendo un buon lavoro.

Dopo un tempo che parve infinito erano fuori dai sotterranei.

Sharon fece per rimettersi la mappa in tasca ma una mano decisa e sicura si intrufolò per afferrarla.

- Che fai Sharon? Può servirci ancora!-

Brandon la guardava stupito come se lei avesse commesso un errore imperdonabile.

Sharon tremò.

Non per lo sguardo che il moro rivolse a lei ma a quello che fece quando, scrutando la Mappa del Malandrino, si soffermò su un punto particolare.

Le avevano sempre detto che quando la tempesta si avvicina di solito nessuno se ne accorge, che quando il principio della fine è prossimo nessuno lo percepisce.

Sharon invece quella volta lo percepì benissimo e non solo perché era una Veggente…

- David…- la voce di Brandon era agitata  - Harry sta combattendo con Malfoy in cima alla torre nord-

 

 

Non ci poteva fare niente.

Glielo avevano sempre detto che era troppo impulsivo.

Harry si lasciava trasportare dalle emozioni del momento, dall’istinto che governava ogni sua azione. Sempre, in qualsiasi occasione.

E questo in un duello giocava decisamente a suo svantaggio.

Harry si era difeso dall’attacco di maledizioni con la prontezza di chi è abituato a combattere, ma con la disperazione di chi sa di avere troppo da perdere: gli occhi su Draco e la mente a chi era lì per salvare.

Ma Draco Malfoy era un avversario formidabile.

Abile, freddo, riflessivo e calcolatore, tutto l’opposto di lui.

Anche se non avesse utilizzato la magia oscura, anche se non avesse utilizzato affatto la magia, Harry era sicuro che Draco sarebbe stato ugualmente letale.

Questo era un pregio che doveva riconoscergli.

Ma non per questo Harry intendeva gettare la spugna. Non con una posta in gioco tanto alta.

La sua vita. Quella di David. La salvezza dell’intero mondo magico.

Se ce l’avesse fatta si sarebbe finalmente sentito degno dell’epiteto di Salvatore dei maghi.

Sopportò quindi con una smorfia di dolore l’ennesimo squarcio che gli si aprì sul corpo.

Era messo male, ma questo non lo avrebbe mai ammesso, neanche in fin di vita.

Harry ghignò, vedendo che il suo avversario non era poi in condizioni migliori delle sue.

Draco si teneva il fianco destro con una mano insanguinata, segno che la ferita che Harry gli aveva procurato poco prima era tutt’altro che superficiale.

Ansimavano. Entrambi.

Ma non avrebbero smesso finché uno di loro non fosse stramazzato a terra affogando nel proprio sangue.

Draco rispose al ghigno di Harry.

Gli sguardi si incrociarono, furenti. Ne scaturì un duello, frenetico e crudele, odio che si riversava nell’aria, odio e potere… occhi sufficienti a togliere il fiato e ad illuminare, con più violenza dei lampi malvagi che uscivano dalle loro bacchette.

Erano due belve affamate di sangue.

Volevano sentire le ossa rompersi, la carne lacerarsi, il sangue schizzare ovunque.

Troppo era il rancore di entrambi per accontentarsi di una morte veloce ed indolore.

Draco si spostò di lato facendo gravare il peso sulla parte sinistra del suo corpo per imprimere meno dolore alla ferita sul fianco.

Harry era stato bravo, non c’era che dire.

Ma lui era sicuro di vincere. Perché lui non aveva più niente da perdere.

Harry invece si.

Tutto quello che lui, Draco malfoy, aveva perso era quello per cui Harry Potter lottava.

Buffo.

Avevano sempre fatto parte l’uno della vita dell’altro, in qualche modo contorto e perverso.

Quel pensiero lasciò Draco di ghiaccio.

Uccidendo Harry avrebbe stravolto tutto, tutti. Il suo mondo, Hermione, David, il mondo magico.

Tuttavia in quel momento non gli importava più di tanto.

Li aveva persi e, se non potevano più essere suoi, tanto valeva che non fossero di nessun altro.

Di colpo, con un gesto inaspettato Draco lasciò cadere la sua nera bacchetta a terra.

Era inutile continuare con la magia. Erano praticamente pari.

Harry si immobilizzò all’istante temendo qualche strana strategia di Draco.

- Calma Sfregiato, non ho intenzione di rinunciare oppure di fregarti, ma in quanto a magia…bhe potemmo andare aventi all’infinito, moriremmo per lo sfinimento…- detto questo il biondo demonio smaterializzò due spade identiche, lanciandone poi una ad Harry.

- Continuiamo con queste-

Il ghigno di Draco si estese quando vide Harry afferrare la spada e fissarla con occhi incerti, il verde delle iridi che saettava come il raggio mortifero dell’Avada Kedavra.

Draco lo aveva in pugno.

 

 

Il Tempo si stava sbellicando dalle risate.

Gli esseri umani erano davvero un passatempo irrinunciabile.

La loro vita dipendeva da  minuti, da attimi. Bazzecole, insomma.

La cosa sbagliata al momento sbagliato ed intere vite prendevano fuoco.

Puff, solo fumo e cenere.

Divertente, da morire dal ridere.

Non tutti la vedevano così però. Gli uomini ad esempio non si divertivano affatto.

Così, mentre David Granger correva su per la torre nord  come non aveva mai fatto in vita sua, ignorando le grida d’avvertimento di Sharon e Brandon, ed il fantasma di Hermione Granger vagava per il castello tentando di scorgere una testa bionda e due occhi di giada, il Tempo decise di affrettare le cose.

Il vecchio rugoso e barbuto decise che quel giochino era andato un po’ troppo per le lunghe.

Ora voleva ritirare il suo premio.

 

“Haven’t you seen? Haven’t you seen? The end of our world”
Ice Queen – Within Temptation

Quando David arrivò in cima alla torre il vento sferzante lo costrinse ad arretrare di qualche passo.

Stava per levarsi una tempesta.

David si parò gli occhi tentando di scorgere la figura di Harry in mezzo ai mulinelli di neve e vento.

“ Non può essere troppo tardi!”

Non lo era infatti. Ma mancava poco.

Prima di vedere il suo padrino, David sentì la sua voce.

-Fallo bastardo! Che cazzo stai aspettando? Tagliami la gola!- Harry Potter era riverso sul basso muricciolo della torre, la testa e gran parte del busto sospesi nel vuoto.

Una piccola spinta e sarebbe precipitato giù.

Aveva paura e la nota isterica nella sua voce ne era la prova più evidente.

Aveva paura di quella lama che gli premeva sulla gola, di quell’unico occhio nebuloso in cui non riusciva  a scorgere nulla.

Draco gli teneva la testa piegata all’indietro tirandogli i capelli  con una forza sovraumana.

Dipendeva tutto da lui, ora.

Ma quel lui ora era solo una bestia.

Harry si disse che probabilmente anche lui avrebbe avuto quell’espressione se si fosse trovato al posto di Draco.

Gioia, gioia nel vederlo finalmente morire.

Ma il bambino che era sopravvissuto sarebbe sopravvissuto ancora una volta.

Non perché il Tempo tenesse particolarmente a lui, ma più che altro perché non doveva essere Harry il protagonista di quell’ultimo round.

Troppo scontato.

Nel frattempo, David non era riuscito a fare niente.

Vedeva le mani di suo padre, un brivido gli percorse la schiena a quella parola, calcare la spada sulla gola di Harry.

Vide Harry l’Eroe, Harry il Salvatore dei maghi, Harry il Prescelto che cadeva di fronte al male.

E non c’era nessuno ad aiutarlo. Solo lui.

Ma lui, David,  non ne era capace.

La mano che impugnava la spada gli tremava come una foglia in procinto di staccarsi dal ramo.

David la guardò come se non facesse parte del suo corpo.

Cosa aveva sperato di fare salendo lassù con la furia di un matto?

Vide Draco dire qualcosa ad Harry ma lui da lì non riuscì a sentire.

Il vento, il vento ululava troppo forte.

Ed Harry stava scivolando sempre più indietro. Nel vuoto.

Doveva fare qualcosa. Doveva trovare da qualche parte quel coraggio che non aveva.

Infondo, si disse David, era andato lì per quello. Non per salvare Harry, ma per uccidere Draco.

Era quello il suo desiderio, sin dall’inizio. Da anni.

E questo non soltanto perché una veggente quindicenne aveva già Visto tutto, no; ma perché era una cosa che lui doveva fare.

David allora tese la Spada,  l’ordine imposto alla propria mano di non azzardarsi a tremare, e mosse qualche passo in avanti.

Aveva il vantaggio della sorpresa. Doveva pur valere qualcosa.

Un rivolo di sangue colò sul collo di Harry dove la lama di Draco aveva tagliato la carne tenera.

Stava facendo con calma, come se avesse tutto il tempo del mondo per gustarsi quel momento.

Ma in realtà non aveva proprio un bel niente.

Ne ebbe un vago presentimento quando il rumore di uno scalpiccio affrettato alle sue spalle sembrò perforargli le orecchie.

Ma se ne accorse troppo tardi.

Il sangue sul collo di Harry colava più copioso da quello che era ancora un piccolo taglio.

E quel sangue aveva risvegliato un mostro nel cuore di un ragazzo.

In quel momento David si sentiva il degno figlio di suo padre.

Odio, solo odio. Denso e distillato come il petrolio più raffinato.

In quell’odio,lì, David aveva trovato il coraggio.

Avanzò ancora con la spada impugnata con entrambe le mani che si ergeva ormai sopra la sua testa.

Fu così che David si sottomise al gioco del Tempo, si apprestò a consegnargli il suo premio su un piatto d’argento.

Dove avevano fallito le magie più potenti, squadroni di Auror ed Harry Potter in persona, ebbero la meglio le mani di un figlio. E una spada.

 

“One day I woke up
I woke knowing
Today is the day
I will die”
-Good Charlotte, The Day That I Die-

 

Hermione cadde a terra.

Boccheggiò in cerca d’aria come se quella che aveva intorno non fosse più sufficiente.

“ Draco”

Un battito di cuore dopo era in cima alla torre nord.

Non sapeva come ci fosse arrivata, non sapeva perché.

Sapeva solo che aveva davanti Harry con taglio un appena sopra lo sterno e suo figlio alla sua destra con una spada in mano.

Dove era Draco?

Non lo vide subito.

Forse il riflesso negli occhi di Harry e la spada insanguinata nelle mani di David potevano essere degli indizi, ma lei non li colse.

Non li considerò neanche.

Hermione guardò a terra. Un liquido rossastro imbrattava la pietra nuda e la neve schiacciata e ormai sporca.

Forse era il sangue di Harry, si disse il fantasma.

Ma Harry infondo stava bene ed era davanti a lei, non aveva nulla da temere. Non c’era nulla di strano.

Eppure il bambino sopravvissuto per l’ennesima volta, non guardava lei.

Guardava attraverso di lei.

Come se ci fosse qualcosa di interessante e terribile dietro le sue spalle fragili e opalescenti.

Ma non c’era niente, si disse di nuovo Hermione.

Vide David cadere in ginocchio e sentì la spada che aveva in mano cozzare contro la pietra.

Anche quella era ricoperta di liquido rosso.

Hermione si accigliò; neanche suo figlio la guardava, ma si fissava le mani con disgusto ed euforia come se fosse indeciso su quale dei due sentimenti dovesse predominare sull’altro.

Hermione si chiese cosa ci fosse dietro di lei. Si chiese se fosse il caso di dare un’occhiata.

E quando si voltò preferì non averlo fatto.

 

 

Per prima cosa vide la maschera.

Quella d’argento. Quella di Draco.

L’aveva sempre portata da dieci anni a quella parte. Non sapeva neanche lei cosa volesse nascondere sotto quel sottile velo di metallo prezioso.

Poi una mano. Come un orrido fiore morente che è riuscito a nascere anche in mezzo al gelo.

Bianca come la neve, forse anche di più.

Ed ancora, il sangue, demone rosso, strisciante su un manto di neve, impaziente di reclamare il suo ultimo pegno.

Infine il corpo semi affondato nella neve, il lento alzarsi ed abbassarsi di un respiro che sta per consumarsi.

Hermione non urlò. Non pianse.

Si avvicinò in silenzio strisciando sulla neve, senza sporcarsi di sangue, senza bagnarsi la veste.

Era Draco, il suo Draco, e lei lo sapeva fin dall’inizio. Lui l’aveva legata a sé, infondo.

Draco aveva gli occhi socchiusi, le lunghe ciglia dorate tremavano intrappolando tra di esse schegge di luce.

Lo squarcio che lo trapassava da parte a parte poco sotto il cuore, si apriva come un fiore rosso in primavera.

Hermione tentò di toccargli il viso dove la maschera lo aveva finalmente lasciato libero ma si bloccò.

Non c’era niente.

Solo un occhio, metà naso, metà bocca. Metà viso che non aveva nulla di diverso dall’altra metà lasciata libera di vivere.

Solo, forse  vi si leggeva un po’ più di dolore.

Il dolore di un mago che ha nascosto metà di se stesso come in un gioco e che soffre nel vedere svelato il suo trucco.

Un viso perfetto, troppo bello per appartenere all’uomo che tutti chiamavano il Signore Oscuro.

Il fantasma trattenne un gemito strozzato.

Hermione non si accorse subito di tenere ancora la mano sospesa in aria finché non la vide e si chiese se per caso appartenesse a lei. Finché non si chiese a cosa servisse.

Sapeva di non poterlo toccare, sapeva che la sua mano avrebbe trapassato la carne stringendo il nulla.

E quando invece sentì una mano più bianca della neve afferrare la sua, qualcosa le esplose dentro.

- Posso…toccarti- era poco più di un sussurro, ma era più di quanto Hermione si aspettasse.

Draco si portò la sua mano al viso.

Chiuse gli occhi lasciando che i polpastrelli di Hermione disegnassero la linea del suo naso, delle labbra, degli occhi come se fossero qualcosa di completamente nuovo per lei. Ed infondo lo erano.

Draco la guardò a lungo con quegli occhi dannati che delle lacrime riuscivano ad avere solo il colore, prima di serrarli per una fitta di dolore.

Hermione si piegò su di lui, lasciando che Harry e David si domandassero cosa stesse facendo, si domandassero che senso avesse quella situazione e se per caso non fossero impazziti.

- Draco…-

- Non preoccuparti Hermione…sono ancora vivo- il biondo schiuse le palpebre mentre la mano esangue gli era ricaduta lungo il fianco.

-Hermione …perché riesco a toccarti?- Poche parole ed un rantolo soffocato.

- Stai morendo Draco…- non aveva senso mentire. Non più.

Il naso di Hermione sfiorava quasi il suo.

Poteva sentire il suo respiro caldo accarezzarle il viso e con meraviglia gli vide nascere un sorriso sulle labbra. Un sorriso vero, completo.

Draco sollevò un braccio a fatica cingendole la vita sottile.

- Se  avessi saputo che per toccarti di nuovo bastava questo, lo avrei fatto molto prima…-

Hermione sgranò gli occhi che rimanevano sempre incolori, ma forse per un istante furono più vivi che mai.

- Non dirlo Draco…lo sai che non lo avresti fatto-

Lui la spinse contro di sé costringendola a posare il capo sulla sua spalla e poi le sussurrò qualche parola all’orecchio.

Solo lei sentì. Solo lei capì.

Harry e David, spettatori di una scena irreale, non avrebbero capito. Nessuno avrebbe mai capito.

Hermione si scostò turbata; sentire quelle parole e poi il cuore di Draco che batteva contro lo sterno sempre più lentamente, era una atroce agonia.

Draco continuava a guardarla, disperato come può esserlo un uomo che sta perdendo tutto e non ha nessun altro a cui dare la colpa, se non sé stesso.
-Hermione…-
La mano di lui scese ad afferrare la bacchetta.

- Che vuoi fare?- la voce di Hermione si alzò allarmata, mentre una sua mano bloccava quella di Draco.

Lui la guardò colpevole, ancora ed ancora colpevole.

Sarebbe mai finita?

- L’incantesimo che ti ho scagliato …ti lega a me…-

Hermione lo guardò comprensiva.

-Lo so…-

- No…se io muoio tu muori con me…lasciami sciogliere l’incantesimo-

“ Le mie ultime forze sono per te”

Draco sentì la presa di Hermione sulla sua mano farsi più debole. ..per poi tornare forte e decisa.

- Non fa niente Draco…va bene così…-

Una decisione importante.
-Tutto sarebbe successo comunque…- gli sussurrò ancora Hermione quasi senza più voce.

Si piegò di nuovo su di lui, sulla sua bocca. Le sue labbra si mossero su quelle di Draco raccogliendone le ultime tracce di calore, gli ultimi rimasugli di vita.

Separarsene fu la cosa più difficile che avesse mai fatto.
Le labbra di Draco si mossero ancora per un istante, senza più poter far uscire alcun suono, ma i suoi occhi, argento riflesso della luna su lacrime mai versate,  fissi per l’ultima volta in quelli di lei, urlavano ogni parola che non avrebbe mai potuto pronunciare.

Eppure quello che contava lui glielo aveva sussurrato all’orecchio.

E quello che voleva sentirsi rispondere, Draco glielo lesse negli occhi, anche se incolori, anche se vuoti.

Che in fondo, forse, lei l’aveva amato, nonostante e a causa di tutto ciò che le aveva fatto, che in quello strano mondo nebbioso da fantasma in cui era vissuta lui, solo lui, era stato la sua ancora arrugginita, la fune scivolosa ma mai spezzata, una linea di luce nella nebbia argentea che ormai l’avvolgeva di nuovo.

Un lieve sorriso gli sfiorò le labbra ormai livide e la mano tremò sulla pelle alabastrina di Hermione. Con un ultimo sforzo Draco girò il capo verso David, dai grandi occhi grigi identici ai suoi spalancati per il terrore, la tristezza, la colpa, l’angoscia,  ed il sorriso gli si addolcì per la prima volta nell’espressione morbida e rassicurate che solo un genitore riesce, d’istinto, a donare ad un figlio.

Sapeva di avere più di un debito con lui e sapeva che ciò che aveva fatto la notte prima all’insaputa di tutti non sarebbe bastato a saldarli.

Forse era poco, forse era inutile. Ma aveva sentito di doverlo fare.

Un fremito convulso lo costrinse a distogliere lo sguardo da David.

Delle dita tremanti si mossero timorose sulle sue guance. Dita di bambina, mani di fantasma, paura di donna.

Draco tenne ancora gli occhi aperti solo per lei, per Hermione, per dirle o forse solo per farle capire che non c’era nulla di cui preoccuparsi, che lui non se ne stava andando.

Il loro d’altronde non era un addio. Non l’avrebbe lasciata sola.

Poi gli occhi di Draco si chiusero e il suo corpo riposò immobile, con la serenità sul viso di chi, per la prima volta, si addormenta nella vera coscienza di essere… solo sé stesso. Draco.

Non il Signore Oscuro i cui occhi si chiudono dietro una maschera d’argento.

Il grido disarticolato di Hermione si infilò fra il vento e la neve, tra ogni pietra del castello, su ogni muro, quasi a volerlo abbattere, mura indegne di fare da spettatrici a quel momento, indegne di ospitare l’ultimo respiro di quel corpo, di quell’uomo, del suo uomo… l’unico che avrebbe mai voluto avere.
Gridò, gridò finché non ebbe più voce per farlo, finché anche i singhiozzi non furono più forti del rumore di un petalo che cade sull’acqua… gridò finché l’unica cosa da fare fu restare lì, a cullare ciò che aveva perduto e ad abbracciare ciò che restava… finché , lentamente, senza alcun dolore, senza che neanche se ne accorgesse, non scomparve anche lei.
Con lui.

 

                                                                                       

Lasciami bruciare, lascia che mi faccia male...perché solo così mi avrai.

Solo ora so che già mi avevi…

Ti farò male. Ti soffocherò. Perché solo così sarai mia.

Credevo che questo fosse l’unico modo…ma non lo era.
E la mia non è una promessa vana.

Non lo è stata. Non lo sarà.
Da qui all'eternità sarai mia. E tu avrai me.

Nel sangue e nel tempo.
Anche quando il tempo finirà

Nella vita e nella morte.

Anche ora che il nostro tempo è finito
Tuo.”

 

 

FINE

 

 

E anche questa è andata...

Non mi sto a scusare per il ritardo perché due mesi non sono un ritardo…sono un abominio, ma non potevo permettermi di scrivere un finale che non mi piaceva per una fic a cui tengo così tanto.

Vorrei dirvi un sacco di cose ma ora che la Maschera d’Argento finisce qui mi sembra tutto inutile e superfluo.

Perciò mi limito a comunicarvi che appena possibile posterò una specie di epilogo in cui vedremo che fine faranno David e gli altri…

E continuando con la pubblicità (molto poco) occulta vi dico anche che ho partecipato al contest draco/hermione su manga.it perciò appena si saprà qualcosa dei risultati posterò “Venga tu dal cielo o dall’inferno, cosa importa?”, la one-shot con cui ho partecipato e della quale ho cominciato a scrivere pure un bel seguito ( lo so, ormai c’ho preso la mano…ma vi assicuro che non sarà niente di deprimente come la maschera d’argento!)

Sapete che qualsiasi vostro commento mi renderebbe felice, quindi ora sta a voi.

Ringrazio di cuore costy black, goldfish, Hikaru_angelic, Lady Narcissa, Sere86, e tutti coloro che mi hanno dato il loro sostegno in questi mesi; un bacio speciale a Laila, cobweb23 ed angelmorgana: ragazze, siete state fantastiche!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Epilogo ***



Epilogo

Il grande gufo reale beccò sul vetro della sua stanza a Godric's Allow per circa un minuto prima che David si decidesse ad aprire la finestra.
L'aria si era fatta mite, l'inverno stava lentamente ritirando le sue gelide dita da sopra la terra.
Il gufo ministeriale, David lo capì dal bollo in ceralacca che chiudeva la grossa lettera che stringeva tra gli artigli, si adagiò sul davanzale giusto il tempo di lasciar cadere il suo involto sul palmo della pallida mano del giovane, prima di ripartire con un gran dispiego d'ali.
David sospirò.
Profonde occhiaie grige gli scavavano il viso, in perfetto pendant col colore dei suoi occhi.
Gettò la spessa busta sulla scrivania, tra piume spuntate, una tazza con un fondo di caffè stagnante lì da giorni, fogli accartocciati e ritagli di giornale, senza minimamente degnarsi di aprirla. 
Interruppe un'occhiata veloce a un pezzo già ingiallito della Gazzetta del Profeta prima che gli nascesse ancora la voglia di leggere quelle lettere d'inchiostro magico. Festeggiamenti, onoreficenze ed eventi di rappresentanza.
Era passato un anno da quando Draco Lucius Malfoy era morto. Da quando lui aveva ucciso suo padre.

"Please put me to bed
And turn down the light

Fold down your hands
Give me a sign
Put down your lies"

Avevano perso tutti qualcosa. L'amore, la speranza, l'innocenza, la verità.
Ma poi improvvisamente le cose avevano ricominciato a vivere, germogli di vita che sbucavano dalle crepe di un campo bruciato dal sole.
Harry Potter aveva cominciato a perdere ancora prima di imparare a pensare. Non avrebbe più ritrovato l'amore, questo lo sapeva, non di quel tipo almeno. Ginny non avrebbe mai potuto competere con nessun'altra. 
Ma la speranza, quella forse un giorno sarebbe tornata. La sentì avvicinarsi con un delicato bussare alla porta e la intravide sulla soglia di casa tra riccioli scuri, mani intrecciate e un ventre rotondo che cominciava a spuntare da sotto larghe vesti tintinnanti.
Questo Sharon non lo aveva previsto, non avrebbe potuto neanche volendo, neanche se avesse già riavuto la sua Vista, perché non è permesso a una veggente scrutare nel proprio stesso futuro.
Brandon al suo fianco le teneva stretta la mano, con la fermezza di un ragazzo che sta diventando uomo.
Avevano dato scandalo? Ovviamente.
Diciannove anni appena e assolutamente niente da perdere e tutto da guadagnare.
Ma nessuno avrebbe mai davvero malgiudicato la vita che si riprende spazio tra le macerie.
I genitori di Brandon gli avevano lasciato in eredità discrete fortune e un grande e tetro casale nel Suffolk che i due ragazzi stavano rimettendo a posto da cima a fondo prima che arrivasse a riempirsi di pianti, vagiti e promesse.
"Harry" lo apostrofò con dolcezza la ragazza.
"È nella sua stanza" rispose prima che chiedessero, ripetendo a memoria le battute dello stesso copione che ormai andava avanti da mesi.
Brandon alzò gli occhi scuri al cielo, fingendo una contrarietà che era molto più profonda di un semplice fastidio.
Il suo migliore amico nell'ultimo anno era stato la sua più grande preoccupazione.
Più che diventare padre per caso ma con gioia, più dell'idea di dover confessare alla sua migliore amica che forse l'amava e che era stato un codardo orgoglioso per troppo tempo.
Non c'era stato niente che avesse aiutato David a stare meglio per più di qualche ora. Troppo profonde le ferite che aveva inflitto a se stesso, troppo pesanti le verità che aveva dovuto digerire e vomitare per mesi.
Di comune accordo Harry e David avevano deciso di scambiarsi i ruoli: tutto il mondo magico sapeva che era stato il Prescelto ad uccidere l'Oscuro Signore, finalmente esaudendo la profezia che non si era compiuta diciannove anni prima.
David non avrebbe sopportato altrimenti che il mondo potesse scoprire quello che non lo faceva dormire la notte e gli accelerava il battito nel petto. 
Aislinn stessa, la sua migliore amica, la ragazza che amava dal primo anno di Hogwarts, non lo aveva sopportato. Non si parlavano da mesi e lui, stolto, cocciuto, orgoglioso, pensava davvero che il motivo reale fosse il suo sangue, quello nero di suo padre, e non le sue menzogne, non la fiducia che non le aveva concesso.
Sharon e Brandon salirono di fretta le scale ed entrarono nella stanza di David senza bussare.
Lo trovarono steso nel letto, braccia e gambe divaricate come un Cristo morente.
"Amico, svegliati, usciamo". 
Lui si tirò su immediatamente, bloccandosi seduto sulla sponda.
Non era oppositivo, semplicemente le cose, tutte le cose, gli scivolavano addosso.
"La bambina come sta?" chiese flebilmente.
Sharon gli si avvicinò trottando e con poca delicatezza lo costrinse a poggiare la mano sul suo ventre .
"Oggi scalcia!".
David ritirò la mano quasi scottato. Poi la fissò negli occhi pieni di mute scuse.
Sua madre, Hermione, aveva la sua stessa età quando lo aveva avuto. Era stata così felice e avventata anche lei?
Lo aveva stretto con amore o con vergogna la prima volta?
Il suo fantasma e suo padre che svaniscono nel vento.
C'erano cose a cui David non aveva ancora saputo dare risposta.
Un bacio, fatto di aria, neve e sangue.
Snape aveva provato a raccontargli quella parte di storia che lui non conosceva, ma c'era sempre qualcosa che gli sfuggiva, colpe che non sapeva non dare, anche a lei, anche a sua madre. Perché il fantasma di sua madre non era mai andato da lui? 
"Fossi in te mi cambierei" lo riscosse Brandon sedendoglisi a fianco.
Poi storse il naso.
"E mi farei anche una doccia".
"Andiamo in un posto speciale?" chiese David più per cortesia che per vero intereresse.
"Direi proprio di sì".

"Lay down next to me
Don't listen when I scream
Bury your doubts and fall asleep"

Hogwarts non era cambiata.
Generazioni e generazioni di studenti avrebbero potuto giurare che niente era stato spostato o modificato negli ultimi cento anni.
Ma le persone, le vite che ci scorrevano dentro, quelle cambiavano più in fretta di quanto sembrasse.
David si strinse nella giacca di pelle di drago, allacciandosi la zip. Cominciava ad intuire perché fossero lì, a quasi un anno dalla consegna dei loro diplomi.
"Bel paesaggio" se ne uscì tagliente, osservando dall'altra parte del Lago Nero le cime imbiancate oltre la Foresta Proibita.
"Devi parlarle". Sharon, la solita idealista romantica.
Lo sapeva.
Era una trappola.
"Lei non vuole parlarmi e io non ho niente da dirle" disse secco, nuvolette di vapore che gli sfuggivano dalle labbra come lingue biforcute mentre già si voltava indietro.
"Se ne va, David".
Non sapeva cosa volesse dire Brandon di preciso ma gli sembrò di nascondere molto bene il tremito che lo aveva preso.
"Lascia l'Inghilterra, non appena finita la scuola. I suoi le hanno combinato un..."
Non fu necessario che finisse la frase, quello che volevano da David già lo stavano ottenendo. Una reazione.
Si alzò un forte vento innaturale che prese a girare in mulinelli di neve e foglie tutto intorno a loro.
Era o non era figlio dei due maghi più potenti della loro generazione?
"Non siamo più nel 1950, può opporsi ad un matrimonio combinato!" aveva urlato senza rendersene conto.
"Bhe, dalle un motivo per farlo" sussurrò la riccia.

"Find out
I was just a bad dream"

Aislinn era molte cose ma tra queste non c'era l'essere coraggiosa.
Si osservò il sottile anello d'oro bianco all'anulare sinistro. Lui era figlio di un magnate monegasco, famiglia di produttori di pozioni da molte generazioni.
Sua madre, abile come una mantide religiosa, aveva ufficializzato il fidanzamento durante la cena di Natale, con tutte le loro famiglie riunite. 
Si vedevano per la prima volta seduti alla lunga tavolata imbandita a festa e il giorno dopo si ritrovò promessa. 
Non si era davvero opposta. Non aveva pianto, urlato, fatto i capricci.
Era solo caduta in una rarefatta nuvola bianca dove gli ultimi mesi si confondevano ai terribili incubi che la squassavano di notte.
L'immagine sempre meno nitida di Andrew le allagò gli occhi. Le ferite della magia che Andrew aveva subito il giorno dell'assalto a Malfoy Manor avevano dissolto il suo sorriso e la sua argutezza, annebbiato la sua mente e distrutto per sempre la possibilità di vederlo diventare grande. Dopo mesi di riabilitazione si aggirava catatonico per la maggior parte del tempo, concedendo a se stesso e agli altri solo pochi momenti di rara lucidità e rinnovata speranza. Il triste destino della famiglia Paciock si era ripetuto in lui, portando suo padre Neville sull'orlo del baratro della disperazione.
Aislinn era lì al suo fianco quando era stato cruciato più e più volte. Non era stata coraggiosa, non era stata niente. Si era nascosta dietro a una statua, con le mani premute sulle orecchie per non sentire le sue urla.
Non erano eroi, erano solo ancora dei bambini. Perché nessuno sembrava capirlo?
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dalla sua compagna di stanza che, trafelata, aveva appena sbattuto la porta della loro camera.
"Aislinn, hai visite!".
Che fosse sua madre venuta a portarla via per un bel matrimonio anticipato?
"È mia madre?" 
"No, in cortile, ora, vai!" scandì l'altra con tono militare richiudendo la porta alle sue spalle.

Finse di non avere avuto alcun presentimento. Finse di non aspettarsi niente.
Non vedeva David da quando aveva cominciato il suo ultimo anno ad Hogwarts. Aveva passato le successive settimane a immaginarsi di vederlo spuntare da ogni angolo finché i giorni si erano fatti via via sempre meno pieni di attesa.
Era solo al centro del grande cortile della scuola, le mani in tasca e gli occhi torvi.
Intravide tra le colonne del porticato Sharon e Brandon, che fingevano con poco successo di non curarsi di loro.
Fu silenzio per quelli che sembrarono giorni, dentro a due occhi che sembravano piombo.
"Ho saputo" sentenziò alla fine David.
Aislinn distolse lo sguardo.
"Non lo devi fare" continuò lui.
Lei non rispose.
"Aislinn". 
Un ordine, un giudizio o una richiesta d'aiuto?
"David, cosa vuoi?"
Lui non rispose. Abbassò lo sguardo mortificato. Cosa voleva? 
Non aveva più desiderato nulla nell'ultimo anno. Non sapeva neanche più che sapore avesse desiderare qualcosa. Non l'aveva cercata, non le aveva mai preso le mani e spiegato i suoi sentimenti. Perché allora era lì a puntarle addosso il dito, quelle sue mani sporche di sangue?
"Vorrei che non te ne andassi, che non sposassi un totale sconosciuto e che fossi felice da sola...o con me"
Si ritrovò ad elencare le sue motivazioni senza averle preparate prima. La ragazza lo guardava boccheggiando, apriva la bocca per rispondere qualcosa poi la richiedeva senza ricordare come si formulavano le parole.
"Io...non mi avevi mai detto che" lui la interruppe bruscamente alzando una mano.
"Non ti sto chiedendo niente Aislinn, sono rotto e non sono in grado di dirti scegli me o aspettami. Mio padre ha ucciso mia madre e non so quante altre persone, io ho ucciso mio padre, e non so se potrò mai tornare intero dopo questo. Ma una cosa, una sola, la so. Quei tempi sono finiti, quelli dei matrimoni combinati tra ragazzini, quelli della purezza del sangue ad ogni costo. Mia madre è morta per questo, zia Ginny è morta a causa di questo, Andrew- la voce gli spezzo la cascata di parole che lo stava soffocando, più parole di quante forse ne avesse dette nell'ultimo mese.
"Non lo fare, ti prego" concluse in modo monco, facendo un passo coraggioso verso di lei. Le arcate del cortile interno del castello sembravano tante bocche spalancate sul buio imminente che urlavano il loro disappunto insieme a lui.
"Bhe ho saputo che tu non stai proprio rendendo onore a tutti quei morti, David"
Non lo chiamava mai col suo nome per intero, per lei era sempre stato Dave.
"Che c'è, ti sorprende che lo sappia? Pensavi che non mi importasse più di te dopo che ho saputo la verità? Solo alla fine, solo quando tutto ormai era finito l'ho saputo e non sei stato nemmeno tu a dirmelo!"
Tutti avevano provato a scuoterlo dal torpore apatico dell'ultimo anno. Tutti senza riuscirci. Eppure detto da lei, lei che lo aveva visto crescere e con la quale un tempo sperava di poter invecchiare, faceva molto molto più male. 
"Non sto bene Aislinn" si limitò a risponderle sperando che bastasse ma sapendo che non lo avrebbe fatto.
"Probabilmente nessuno di noi starà mai più bene, Dave. È la guerra, fa male e farà male per sempre. Ma siamo vivi!" Lo urlo come se fosse un potente incantesimo.
Qualcosa le si ruppe appena sotto lo sterno esplodendo come vetri acuminati tra le costole e cominciò a piangere come non faceva mai coprendosi la faccia per la vergogna tra i sussulti e i singhiozzi.
Due mani, le sue mani, le circondarono le spalle costringendola a soffocare il pianto sul giubbotto di pelle. Senza dire più una parola, piansero insieme, stretti in quell'abbraccio dal sapore indefinibile.
Più in là sotto il portico, Sharon e Brandon si sorrisero con gli occhi lucidi. Avevano colto solo poche parole del confronto tanto atteso tra i loro amici ma le ultime erano state lanciate chiare nella fredda aria d'inverno.
Erano vivi e non erano soli e un calcetto bene assestato al ventre lo ricordò con ferma certezza a Sharon. 

"Let the bed sheet
Soak up my tears

And watch the only way out disappear"

Harry non era tipo da ficcanasare tra le cose altrui. Era entrato in camera di David in uno strano momento di nostalgia, per cercare al suo interno le tracce del ragazzino che era stato e che aveva perso.
Il letto sfatto, fogli sparsi, per lo più ritagli di articoli di giornale che parlavo di lui e delle commemorazioni annuali per la vittoria della guerra. L'occhio gli cadde sulla scrivania, dove una spessa busta di carta di una certa qualità quasi lampeggiava nella semioscurità della stanza.
Non sapeva perché lo fece, forse perché David non gli aveva prestato la giusta attenzione nonostante le lettere rosse cubitali disegnassero la "massima urgenza" sul fronte.
Aveva combinato qualcosa di grave e ora il Ministero gliene chiedeva conto? 
L'aprì nonostante sapesse che era sbagliato.
Un plico di fogli dattiloscritti e fittamente riempiti era preceduto da una una lettera scritta a mano, con una calligrafia che non conosceva. 
Una voce dal nulla lo fece trasalire mentre la busta prendeva vita svolazzandogli davanti al suo viso in modo quasi aggressivo, come una Strillettera.

"Alla gentile attenzione del signor David Granger,

La presente missiva contiene documenti che sono stati attentamente vagliati dagli uffici competenti che ne hanno accertato la veridicità e la sussistenza legale. La corte del Wizengamot riunitasi in seduta plenaria ha ritenuto la documentazione allegata conforme e l'ufficio dell'Applicazione della Magia ha verificato che l'incanto Veritas imposto sull'autodichiarazione del signor Draco Lucius Malfoy e a Lei diretta è autentico e attendibile. Questo ufficio si riserva di dare seguito nei tempi necessari e attende la sua autorizzazione per l'utilizzo e la diffusione dei dati sesnsibili che La riguardano personalmente. È pertanto invitato a recarsi al Ministero in data 27 Marzo c.a. per ulteriori approfondimenti e per l'accettazione del lascito testamentario come da Allegato alla presente"


La busta si chiuse precipitando sulla scrivania, tornando ad essere inanimata.
Harry lesse tutto velocemente col cuore che gli scoppiava nelle orecchie, i caratteri d'inchiostro che si confondevano l'uno con l'altro.
Eredità, riconoscimento, paternità.
La lettera era stata scritta da Malfoy non appena aveva scoperto che Dave era suo figlio e di come lui fosse certo del suo coinvolgimento nella morte della madre, e spiegava come lui non avesse ucciso Hermione. Raccontava nel dettaglio l'accaduto di quel giorno di battaglia con una precisione maniacale. Raccontava anche di come si erano  incontrati ad Hogwarts in una notte senza fine di venti anni prima e di quanto lui non avesse fatto altro che aspettarla e desiderarla da quel momento in poi, sempre. Confessioni così intime che Harry si vergognò di continuare a leggere.
Passò al plico dattiloscritto: un atto di concessione di Malfoy Manor e del suo patrimonio a David e un documento autografato di riconoscimento di paternità. Un solo piccolo spazio vuoto per la firma di David. Una voragine bianca sul suo cuore.
Harry tremava per quello che le sue mani stringevano. E senza rifletterci un secondo di più evocò David, strappandolo dall'abbraccio più caldo che avesse mai avuto.


"For Neither ever, nor never
Goodbye
Neither ever, nor never
Goodbye
Neither ever, nor never
Goodbye"

- Goodbye, Apparat


Oramai tutti nel mondo magico sapevano che Draco Lucius Malfoy non aveva ucciso Hermione Jane Granger. Pagine di giornali erano state riempite dalla notizia e quando questa cominciò ad esaurirsi e la banale normalità aveva ricominciato a prendersi il suo spazio erano spuntate le prime indiscrezioni. I più complottisti dicevano che fosse solo un maldestro tentativo per riabilitare, seppur debolmente, la figura di Draco Malfoy. Ma la verità d'altronde vive una vita difficile. Ed Harry Potter stesso aveva dovuto ufficializzare la notizia in una sovraffollata conferenza stampa, in cui Rita Skeeter spuntava in prima linea.
Non eri tu l'eroe di Silente?
Sentirlo parlare a favore di Draco Malfoy aveva fatto salire non pochi sussurri. Certo, non era stato facile ma non lo aveva fatto per lui e neanche per Hermione e per il ricordo che stringeva ancora di lei.
Lo aveva fatto per David, per distogliere qualunque tipo di attenzione dall'unica verità che non doveva sapersi mai. Che era stato lui a uccidere suo padre. 
David si stropicciò gli occhi mentre la polvere e i calcinacci gli vorticavano intorno. 
Il vociare degli operai copriva a tratti il rumore degli strumenti da lavoro.
Fissò un punto indefinito fuori dalla grande finestra ancora senza vetri, verso quel grande giardino dove un tempo passeggiavano, così gli avevano raccontato, pavoni bianchi.
Malfoy Manor era sua. 
Draco Malfoy non aveva potuto fare molto per quel figlio che non aveva saputo di avere ma tutta l'eredità dei Malfoy e dei Black era sua. 
Per quel figlio, per lui, aveva solo potuto dare soldi e un nome.
David aveva accettato l'eredità di Draco ma non quel cognome che avrebbe macchiato a vita lui e la memoria di sua madre. 
Quella lettera di riconoscimento di paternità giaceva nascosta in un faldone di documenti, lo spazio bianco che attendeva la sua firma, vuoto. 
Aveva risposto al Ministero che non concedeva l'autorizzazione a diffondere i dati sulla sua vera identità e si era presentato firmando l'accettazione dell'eredità col suo unico nome: David Granger. 
Molti soldi, montagne di soldi e proprietà. 
Appuntò alcune modifiche sul quaderno contabile che si portava sempre dietro quando faceva un sopralluogo al maniero, durante i lavori di ristrutturazione. Anche se aveva a disposizione molte risorse per il suo progetto rimaneva molto scrupoloso. 
Aveva passato settimane a domandarsi cosa avrebbe potuto fare di utile con la sua scomoda eredità.
Da qualche mese ormai aveva deciso di convertire la sfarzosa e cupa residenza storica in una clinica per il recupero da lesioni dovute alla magia oscura. Aveva chiesto a Brandon e Aislinn di mettere in moto le loro conoscenze nell'alta società per accalappiarsi i migliori medimaghi e psicomaghi del mondo. Sapeva che sua madre, che non aveva avuto il tempo e le possibilità di diventare una medimaga come avrebbe desiderato, ne sarebbe stata felice. Sperava anche che in quel contesto forse Andrew avrebbe avuto qualche speranza di migliorare. 
La clinica "Hermione J. Granger".
Sospirò, con la stanchezza che nonostante i brevi intermezzi di entusiasmo, non lo abbandonava mai veramente.
Una mano piccola ma ferma mano gli scivolò sulla spalla, massaggiandogliela dolcemente. 
"Se non ce ne andiamo ora arriveremo in ritardo al battesimo".
Aislinn si tirò sulle punte lasciandogli un bacio a fior di labbra. 
No, non si era più sposata con quel figlio di papà monegasco. 
Sapeva di non essere il miglior partito del mondo, fatto salvo per la grossa eredità di cui ora disponeva.
Ma Aislinn era sempre stata brava a gestire i suoi lunghi silenzi e i suoi momenti di distacco e lui...bhe, lui la amava da quando aveva quattordici anni. 
Sorrise a mezza bocca quando lei si staccò da lui come fosse una farfalla nera. 
"Ok, cinque minuti e sono da te".
La lascio indietro mentre si arrampicava sulle scale a chiocciola di una delle torri del maniero.
Quando usci in cima alla torre, si appoggiò a quel parapetto merlato, sfidandosi a non naufragare nel passato.
L'aria era fresca, la tiepida estate inglese stava lasciando il posto a un umido autunno. 
Un bacio fatto di aria, neve e sangue.
Sapeva ormai che c'erano domande a cui non avrebbe trovato risposta se non quelle vergate a penna sulla lettera che suo padre aveva allegato alla documetazione per il Ministero.
Sapeva che in qualche modo strano e contorto e malato lui e sua madre si erano amati, oltre, letteralmente, la morte.
E sapere questo, crederci e sentire che era vero nell'esatto istante in cui lo leggeva, lo aveva in qualche modo sollevato. 
Strinse forte le mani sulla pietra prima di tirare fuori la sua bacchetta dalla tasca.
Un colpo di polso e poche parole appena sussurrate e una piccola targa in ottone comparve tra le pietre antiche accanto ai suoi piedi.

"Qui fu ucciso Draco Lucius Malfoy
ultimo Oscuro Signore,
figlio, padre, uomo"


Non sarebbe stato facile, ma aveva promesso a più di una persona che ci avrebbe provato.
Avrebbe provato ad essere felice. 



- Fine- 



Sono passati quindici anni dall'ultimo capitolo di questa fanfiction. Non so che dire, è successo e basta. 
Dopo tutto questo tempo, direte voi. Sempre, risponderò.

Grazie a chi c'era una vita fa e a chi è arrivato qua per la prima volta.  

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=94371