Fly with me di Alexandra_ph (/viewuser.php?uid=165023)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Nota
dell’autore:
E’
il
mio primo racconto in assoluto e lo scrissi nel lontano
2002; sebbene già da tempo desiderassi scrivere
qualcosa, fino a quel momento non lo avevo mai fatto. In quel
periodo stavo attraversando un periodo difficile e in TV
scoprii JAG per la prima volta (prima non sapevo neppure cosa fosse)...
sulla Rai stavano trasmettendo le ultime puntate della 5a stagione e
poi la 6a... Mi "innamorai" subito della serie, ma soprattutto
dei due protagonisti...
Questo racconto non è nulla di particolare, ma mi è molto caro, proprio
perchè mi permise di superare un momento un po' critico della mia vita,
che forse avrei vissuto ancora peggio, se tutte
le idee ed energie “incasinate” che frullavano in me in quel periodo,
non fossi
riuscita a convogliarle in qualcosa di creativo.
Spero
che faccia trascorrere anche a voi del tempo in maniera serena e
spensierata,
com'è stato per me mentre lo scrivevo.
Buona lettura!
FLY WITH ME
Capitolo
1
La
porta sbatté con violenza alle spalle del
capitano Harmon Rabb.
Dopo aver riaccompagnato Renee, era rientrato
in casa e si sentiva distrutto. Aveva provato a parlare con Sarah, a
dirle
quello che aveva nel cuore, ma non era sicuro di esserci riuscito. Lei
se n'era
andata con Brumby.
“Ma cosa pensavo? Che dopo quel
discorso
assurdo, fatto alla sua festa di fidanzamento con un altro, lei
lasciasse
l’uomo col quale aveva deciso di trascorrere il resto della vita, per
tornare a
casa con me? Che stupido che sono! Avevo tutto il tempo per dirle prima
quello
che pensavo, quello che volevo… E non l’ho fatto. Ho aspettato. E ora?
Cosa
pretendo, ora, da Sarah?“
Sarah…
Gli
piaceva tanto il suono del suo nome, ma,
ancora di più, quello dei loro due nomi assieme. Solitamente non la
chiamava
così, ma quando pensava a lei, quello che gli veniva in mente era il
suo nome e
non Mac, il soprannome col quale tutti la chiamavano di solito, lui
compreso.
Quando pensava a lei si sentiva sempre
vulnerabile e forse, proprio per questo, solo pochissime volte gli era
sfuggito
di chiamarla col suo nome di battesimo. Le rare volte che l’aveva
chiamata
Sarah, mentre lo faceva aveva sempre provato il desiderio di baciarla,
di
stringerla a sé, ma non lo aveva mai fatto… neppure sul battello a
Sidney,
neppure quando lei non aspettava altro.
Poche ore prima Sarah gli aveva chiesto perché
in Australia si fosse tirato indietro ancora una volta.
“Per le complicazioni, ho
risposto. Ma quali
complicazioni? Prima mi sembravano insormontabili; ora non vorrei altro
che
averla qui con me!”
Non
l’aveva mai baciata, tranne la volta in
cui credeva che ci fosse Diane con lui, e non Sarah.
Alla festa, tuttavia, quando lei gli aveva
sfiorato le labbra con quel bacio che sapeva di rimpianto, non era più
riuscito
a resistere. Non aveva permesso che le labbra di Sarah lasciassero le
sue.
Cercandole di nuovo la bocca, l’aveva stretta tra le braccia e l’aveva
baciata
con dolcezza, assaporando la gioia di essersi concesso, finalmente, di
fare
quello che desiderava da tempo. Per un meraviglioso attimo anche Sarah
si era
abbandonata al bacio e quando aveva schiuso le labbra per lui, gli
aveva fatto
desiderare disperatamente di poter fare l’amore con lei. L’aveva
lasciata andare
solamente quando lei aveva posto fine al loro bacio. Non lo avrebbe mai
fatto,
altrimenti: avrebbe continuato a baciarla all’infinito, e al diavolo se
li
avessero visti! Al diavolo Brumby, Renee, l’ammiraglio…
nessuno avrebbe potuto impedirgli di portarla con se. Lei, però, si era
sciolta
dal loro abbraccio, lo aveva guardato sorpresa e poi era rientrata.
Ora temeva che anche la loro amicizia fosse
compromessa. Per questo si era sempre impedito di baciarla. Fin da
quando
l’aveva conosciuta, l’aveva trovata una donna molto desiderabile. Non
gli
sarebbe spiaciuto avere una storia con lei, anche quando la considerava
ancora solo
una cara amica. Tuttavia non l’aveva mai voluta, proprio perché teneva
moltissimo alla loro amicizia.
Di
solito le sue storie finivano sempre. A
volte era lui che le faceva terminare, anche se più spesso era la sua
partner
del momento che lo scaricava. Ma in fondo era sempre lui che se
l’andava a
cercare perché era continuamente preso dai suoi problemi, dal lavoro,
dalle sue
fissazioni.
Ogni volta che stava con una donna, c’era
sempre qualcosa in lei che lo attraeva, che lo affascinava, che gli
toccava
anche il cuore, ma mai a sufficienza. Mai a sufficienza per farlo
pensare anche ai
desideri della sua compagna: prima di tutto venivano sempre i suoi
bisogni, le
sue necessità, la sua volontà; se la donna lo seguiva, bene,
altrimenti… La
storia, prima o poi, finiva.
Solo
con Mac era diverso. Loro, prima di
tutto, erano amici e lei era l’unica donna per la quale provava un
sentimento
d'amicizia e tenerezza così forte, al punto di sentirsi in ansia quando
la
sapeva in una qualunque difficoltà, anche minima. Con lei riusciva a
confidarsi
come con nessun’altra e quando aveva un problema, Sarah gli era sempre
stata
accanto.
Solo Mac era a conoscenza di tutta la pena
vissuta in Russia, alla disperata ricerca di suo padre. Solo Mac aveva
capito
fino in fondo il suo desiderio di tornare a volare.
Solamente Sarah… Solo lei gli era sempre
vicina e lo accettava per quello che era.
Non poteva baciarla: se lo avesse fatto,
sapeva per certo che non sarebbe riuscito a fermarsi ad un bacio. Era
sicuro
che con Sarah non avrebbe potuto mantenere il controllo della
situazione. Oltre
a desiderarla come donna, aveva scoperto di essere innamorato di lei e
questo
lo rendeva vulnerabile.
Mentre
pensava a tutto questo, si era sdraiato
sul divano; vista l’ora sarebbe dovuto andare a letto, ma non ci
riusciva.
Irrazionalmente, aveva pensato che quella sera lei sarebbe stata nel
letto con
lui, come aveva cominciato a desiderare da qualche tempo, all’inizio
senza
quasi rendersene conto. Ora quel letto vuoto lo faceva soffrire. Renee
avrebbe voluto riempirlo; ma lui non voleva trascorrere la notte con
lei. Era
una donna piacevole, le era anche affezionato, ma non era la donna che
desiderava, nonostante avesse detto a Sarah che pensava fosse
la donna
giusta per lui.
Aveva
nascosto i suoi veri sentimenti, ancora
una volta. A chi? Agli altri, oppure soprattutto a se stesso?
Mac
aveva ragione, quando aveva affermato che
vedeva in lui un uomo che non si lasciava mai andare, che non voleva
mai
perdere il controllo. Eppure non aveva desiderato altro, nella sua vita
adulta,
che trovare una donna di cui riuscire ad innamorarsi, come suo padre
era
innamorato di sua madre. Una donna da voler far sorridere e che facesse
sorridere lui.
Pensava d'averla trovata nella sua compagna
d’accademia, Diane, ma era stata brutalmente uccisa e il dolore per
averla
perduta era stato troppo forte. Poi aveva conosciuto la sua nuova
collega, il
maggiore dei Marine Sarah MacKenzie, e aveva creduto di essere
impazzito. Somigliava a
Diane in maniera impressionante, anche se erano molto diverse come
personalità.
All’inizio avevano faticato ad andare
d’accordo: Mac era molto dura con lui. Ma il tempo e le esperienze
vissute assieme
avevano creato un legame molto profondo, anche se continuavano a
litigare come
cane e gatto. Lui, però, adorava punzecchiarla a volte, così come
trovava
divertente quando lei gli rispondeva per le rime. Era come un gioco;
una specie
di loro codice segreto per parlarsi. Anche chi li conosceva, anche chi
lavorava
con loro, lo percepiva.
Nei momenti importanti, tuttavia, erano sempre
presenti, l’uno per l’altra.
Una
donna con cui dividere la vita… L’aveva
trovata, ma non era stato capace di capirlo in tempo.
Prima
si era impedito di desiderarla perché
aveva pensato che assomigliasse troppo a Diane. Lui teneva troppo alla
loro
amicizia, per metterla a rischio con la fine di una loro storia: se
avesse
perso anche Sarah, avrebbe temuto di soffrire quanto aveva sofferto
perdendo
Diane. In seguito aveva capito che non poteva fare a meno di lei e
aveva
iniziato a pensare a loro due assieme, ma si era anche reso conto che
lei si
stava attaccando troppo a Brumby.
Brumby! Quell’uomo lriusciva ad infastidirlo anche solo quando
pensava a lui… Figuriamoci quando lo vedeva! O quando lo vedeva con
Mac. Anche
ora, il solo pensiero di loro due assieme lo faceva infuriare. Ma era
anche
colpa sua: non si era fatto avanti, quando aveva capito che Sarah era
la donna
che desiderava, perché sempre bloccato dai suoi timori… e poi lei si
era messa
con l’australiano.
“Dannazione! Non riesco a
sopportare l’idea
che si sposi con quel tizio! Voglio andare da lei. Voglio farle capire
che la
amo e che desidero stare con lei! E non m'importa se, per dirglielo,
prima sarò
costretto ad affrontare Brumby!”
Si
alzò dal divano; infilò il suo giubbotto da
Top Gun, si richiuse la porta alle spalle e scese gli scalini a due a
due.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
Finalmente
Mic se n’era andato! Sarah si appoggiò contro la porta chiusa
dietro di lui, con un sospiro di sollievo e il cuore in
tumulto. Mic avrebbe voluto passare la notte con lei.
“Insomma
Sarah, perché vuoi restare sola,
questa notte? E’ da qualche tempo che nel mio appartamento torno solo
per prendere
gli abiti puliti o dei documenti. Anzi, fosse dipeso da me, non sarei
tornato
neppure per quello. E stasera, dopo la nostra festa, vuoi che torni a
dormire
là. Per quale motivo? “
“Te
l’ho detto, Mic… È solo perché sono molto
stanca. Sono anche tesa per quella conferenza che devo tenere
dopodomani
all’Accademia Navale. Inoltre, qualche sera senza dormire assieme ci
farà
gustare meglio la luna di miele”, gli aveva detto, cercando di
scherzare un
po’. Ma evidentemente non c’era riuscita bene,
perché lui aveva insistito:
“Sei
sicura? Sei davvero sicura che sia per questo?
Questo voler restare sola non ha nulla a che vedere con il fatto che tu
e Harm
avete trascorso tanto tempo, questa sera, sulla veranda
dell’ammiraglio? Cosa
vi siete detti?”
Sarah
aveva cercato di rispondere senza
evitare il suo sguardo: “Nulla d'importante, Mic… Io e Harm
abbiamo rivangato
un po’ i vecchi tempi, alcune delle avventure vissute assieme. Sai che
n’abbiamo passate tante, noi due! Poi lui mi ha augurato tanta
felicità.” A quel
punto, però, non era più riuscita a sostenere lo sguardo di Mic. Il
ricordo del
bacio di Harm non riusciva a scomparire dalla sua mente. Voleva restare
sola per
pensare; non ce la faceva più a sopportare le attenzioni del suo futuro
marito.
“Va
bene, come vuoi, ma domattina passo a
prenderti per accompagnarti al lavoro” e così dicendo, era uscito e si
era
voltato indietro per darle il bacio della buonanotte, ma lei stava già
chiudendo la porta dopo avergli sussurrato: “Grazie, Mic… Buonanotte!”
Finalmente
sola!
“Che bei pensieri, Sarah! A
pochi giorni dalle
tue nozze, l’unica cosa cui riesci a pensare è che sei sollevata per
aver
sbattuto fuori di casa il tuo futuro marito!”
A
dirla tutta, non erano quelli i suoi unici
pensieri, ma gli altri erano ancora peggio, erano ancora più pericolosi
per una
donna in procinto di sposarsi. Aveva una gran confusione in testa...
Continuava
a pensare a quello che lei e Harm si erano detti sulla veranda. Mai
avrebbe
immaginato che lui le dicesse cose simili. E proprio alla sua festa di
fidanzamento con Mic…
Harm aveva confessato di essere innamorato di
lei, anche se non era stato del tutto diretto ed esplicito; di
desiderarla e
d’essere incapace di capire perché non l’avesse aspettato. Poi entrambi
avevano
assicurato che si sarebbero sempre voluti bene. A quel punto Sarah,
spinta più
che altro dalla tenerezza che aveva provato nel vederlo tanto triste,
gli aveva
sfiorato le labbra con le sue…
Quello che era successo dopo, non se lo
aspettava assolutamente. Harm l’aveva già baciata, tempo addietro, una
sola
volta, quando pensava di baciare Diane, e lei lo aveva capito subito.
Quel
bacio le era piaciuto molto, ma le aveva messo nell’animo tanta
tristezza:
allora non stava baciando lei, anche se era sua la bocca sulla quale
lui aveva
posato le labbra.
Ma
alla festa… non c’erano dubbi: Harm non
voleva nessun’altra. Aveva voluto lei!
Dopo
quel lieve bacio di conforto stava per
scostarsi, ma lui non l’aveva lasciata. Le sue labbra le avevano
cercato di
nuovo la bocca; poi l’aveva stretta con forza al proprio corpo e aveva
prolungato il bacio finché non era riuscito ad ottenere che lei lo
ricambiasse,
schiudendo le labbra per lui. Tra le sue braccia Sarah si era sentita
sciogliere tutta. La passione, repressa da moltissimo tempo, e
un’incredibile dolcezza, erano esplose tra loro, e lei n’era rimasta
profondamente turbata. Sconvolta dalla sua reazione, ma soprattutto dal
desiderio che aveva percepito in lui, aveva posto fine al loro bacio.
Sembrava, tuttavia, che anche in quel momento
Harm non volesse lasciarla. Sarah l’aveva capito dal modo in cui
tentava di
stringerla ancora a sé, e da come la guardava negli occhi, mentre lei
si stava
sciogliendo dal loro abbraccio. Poi, però, la sua razionalità aveva
avuto il
sopravvento. Sarah, allora, gli aveva restituito la giacca, che lui le
aveva
prestato e che l’aveva avvolta del suo profumo per più di mezza serata,
e gli
aveva detto: “Stiamo diventando bravi a dirci addio!” Quindi era
rientrata…
Ora
non riusciva più a capire nulla! Aveva desiderato la sua bocca
e le sue braccia
attorno a sé per talmente tanto tempo che, a volte, si accorgeva di
fissarlo
incantata… e sempre attenta a non farsi scoprire da lui.
Harm
aveva avuto altre occasioni per baciarla,
ma non n’aveva colto neppure una.
Anche
quella volta, sul battello a Sidney:
l’emozione le stringeva la gola mentre gli parlava, e lo aveva
provocato con i
suoi discorsi perché non ce la faceva più ad aspettare che fosse lui a
fare la
prima mossa. Quella sera avrebbe voluto che lui la baciasse; avrebbe
voluto cenare
con lui, una cena romantica, per loro due soli e poi avrebbe voluto che
lui
l’accompagnasse nella sua stanza e facesse l’amore con lei per tutta la
notte. Dio, quanto lo aveva desiderato… Invece lui era rimasto
sulle sue e lei si era
sentita respinta. Poi era arrivato Mic, con la sua dichiarazione, col
suo
anello, con le sue premure che non la facevano più sentire respinta da
nessuno…
Questa
sera, però, era andata diversamente:
Harm l’aveva baciata con desiderio, e lei non ce la faceva ad ignorare
quello
che era successo tra loro. Senza pensarci due volte si girò, aprì la
porta dalla quale era uscito da poco Mic, e uscì a sua volta di casa.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
Harm
stava per salire in macchina, quando la
vide. Indossava ancora l’abito che aveva alla festa e stava scendendo
dalla sua
auto. Era bellissima, e non lo aveva ancora visto. Si
fermò, quando si accorse di lui,
paralizzata dalla sorpresa di trovarlo in strada.
“Ciao!
Che ci fai qui? ” domandò Harm.
“Ciao.”
E così dicendo, un brivido le
attraversò la schiena.
“Vieni.
Saliamo da me… Stai tremando di
freddo.”
“No,
tu stai uscendo. Non voglio disturbare.“
“Non
disturbi. Stavo per venire da te,
Sarah.”
Quelle
parole la sconvolsero ancora di più.
Stava andando da lei? Inoltre l’aveva chiamata Sarah… rare volte
l’aveva
chiamata così, col suo nome di battesimo, e ogni volta che lo aveva
fatto, il
suo cuore aveva perso un battito. Lo fissò in quegli occhi chiari,
profondi,
dove adorava perdersi ogni volta che si guardavano.
“Vieni
Sarah…” E le prese la mano. Al tocco
delle sue dita rabbrividì di nuovo.
Lui
si sfilò il giubbotto e glielo mise sulle
spalle.
“Sembra
che questa sera tu debba per forza
indossare qualcosa di mio “ le sussurrò dolcemente, mentre la guidava
su per le
scale, fino al suo appartamento.
Adorava
indossare qualcosa di suo, essere
avvolta completamente dal suo profumo. Si sentiva sicura, protetta.
Anche se,
in quel momento, la sua voce profonda, la sua mano calda sulle spalle
mentre la
invitava ad entrare e i suoi occhi che la osservavano, la facevano
sentire più
eccitata che protetta.
“Così
va meglio. Mettiti comoda.”
Sarah
non riusciva a parlare e si guardò
attorno, come faceva tutte le volte che entrava in casa sua. Non
sapeva perché. Conosceva bene la sua casa,
eppure ogni volta era incuriosita dall’ordine che vi regnava. Era
sempre
ordinata, ma al tempo stesso vissuta: vissuta da lui. Ogni volta si
guardava in giro, con la
curiosità di cogliere qualche traccia diversa, qualcosa che avrebbe
denotato un
attimo di smarrimento, un po’ di rabbia, una gioia improvvisa… ma
nulla, tutto
era sempre perfettamente a posto.
Ogni
volta, tranne quella: la giacca che
indossava alla festa era stata gettata su una sedia. Si voltò a
guardarlo e
notò che indossava gli stessi pantaloni del completo e la stessa
camicia.
Questa non era più diligentemente infilata, ma fuori dei calzoni e
slacciata
sul fondo, come lui era solito fare non appena entrava in casa e si
metteva in
libertà.
Lo faceva subito, quasi d’istinto, e lo aveva
fatto anche da lei più di una volta, quando era andato a cena per
discutere di
un caso direttamente dall’ufficio. Appena lei gli diceva di mettersi
comodo,
invece di sedersi subito, prima si toglieva la giacca, che appoggiava
ordinata
alla spalliera di una sedia. Quindi si toglieva la cravatta, slacciava
i primi
due bottoni, rivelando il suo bellissimo collo, e poi, proprio un
attimo prima
di sedersi e sospirare soddisfatto, sfilava la camicia e apriva altri
due
bottoni sul fondo.
Sembrava
un rituale. La prima volta, lei era
rimasta esterrefatta!
Era
l’unico uomo che conosceva che si sfilava
la camicia in compagnia di una donna, solo per mettersi comodo, senza
secondi
fini. Glielo aveva fatto notare e lui l’aveva guardata sorpreso, le
aveva
rivolto un sorriso disarmante e, con aria da cucciolo, aveva assicurato
che non
ci aveva pensato, lo aveva fatto d’istinto. Di solito non gli succedeva
di
sentirsi così rilassato e a suo agio in una casa diversa dalla
sua. Quello era un rituale intimo, che normalmente
faceva solo in privato. Avrebbe dovuto sentirsi lusingata e non offesa,
perché
significava che lei lo faceva sentire a suo agio.
“Ma
se la cosa ti offende…”
Sarah
non lo aveva lasciato finire e aveva
replicato: “No, figurati, non preoccuparti!”
Harm,
tuttavia, non intendeva quello che lei
aveva capito e con un sorriso sornione aveva terminato la frase:
“…
posso sempre decidere di avere secondi
fini!”
A
quelle parole, lei gli aveva tirato dietro
un cuscino del divano, che lui aveva abilmente schivato. Da allora,
ogni volta
che automaticamente gli diceva di mettersi comodo, sorrideva divertito,
allontanava da lei i cuscini del divano e poi iniziava col suo rituale!
La
giacca, però, quella sera non era
accuratamente infilata alla spalliera della sedia, ma gettata sul
sedile. Anche
la cravatta penzolava a terra. Sembravano gettate con rabbia.
“Scusa
il disordine…” disse Harm, dirigendosi
verso la sedia.
“No.
Lascia stare.” Prendendogli una mano,
Sarah lo fermò. Era tenero, nella sua maniacale ricerca dell’ordine,
come se
cercasse di nascondere tutte le sue emozioni, qualunque fossero. Lei,
però, lo
adorava quando era allo scoperto…
Harm si girò verso di lei e la osservò. Aveva
il suo solito sguardo intenso, che le scavava nell’animo; uno sguardo
che le
faceva sempre dimenticare persino dov’era.
“Come
mai stavi venendo da me? E dov’è Renee?”
gli chiese.
“Perché
sei qui?” domandò lui, quasi
contemporaneamente.
“Prima
io, avvocato!”
Lui
distolse lo sguardo e Sarah temette che si
richiudesse di nuovo in se stesso.
“Harm,
perché stavi venendo da me? Dimmelo. Ti
prego.” Lo implorò lei.
“Non
sopportavo di stare in casa…” mormorò,
cercando di svicolare con una scusa, ma Sarah lo costrinse, con lo
sguardo, a
dire la verità.
“Volevo
parlarti”, riprese esitante; poi,
quasi con rabbia, continuò: “Volevo portarti via da Brumby! E tu, come
mai sei
qui? Dov’è il tuo futuro marito? ” aggiunse con cattiveria.
“L’ho
mandato a casa sua”, rispose
candidamente Sarah. “Volevo stare sola con i miei pensieri… Poi mi sono
accorta
che non volevo stare sola, volevo stare con te.”
“Con
me?… Perché con me?”
“Volevo…
Desideravo sapere…” mormorò lei.
“Cosa?“
chiese Harm, trattenendo il fiato.
“…
nulla.” E distolse lo sguardo.
“Sarah…
cosa desideravi?” insistette lui,
sollevandole il viso con le dita, deciso a non lasciar cadere il
discorso. Lei continuava a tacere.
“Dimmelo…
” le sussurrò, guardandola negli
occhi.
Finalmente
si decise: “Mi chiedevo come
sarebbe andata stasera se non fossimo rientrati alla festa, ecco!”
La
guardò sorpreso: “In altre parole se tu non
avessi detto che stiamo diventando bravi a dirci addio? E se non te ne
fossi
andata dopo che ti ho baciato?”
“Ummmh…”
rispose Sarah.
“E
come pensi che sarebbe andata?” le chiese.
L’argomento lo interessava moltissimo e non aveva alcun’intenzione di
mollare.
“Non
lo so” ammise lei.
“Beh,
c’è solo un modo, se vuoi, per
scoprirlo...” aggiunse Harm, con una strana luce divertita negli occhi.
E le fece
un cenno, come a volte faceva mentre lavoravano ad un caso, quando le
chiedeva
di ripetere quello che il cliente aveva detto loro di aver fatto.
Talvolta
utilizzava questo metodo per verificare una teoria, oppure per capire
se
l’assistito stava mentendo.
Sul lavoro erano davvero in sintonia: quasi
sempre si capivano solo con un gesto o con uno sguardo, ed era per
questo che
entrambi adoravano lavorare assieme. Le loro indagini e le rispettive
conclusioni finivano sempre col coincidere, sia che si trovassero dalla
stessa
parte, sia che fossero l’uno contro l’altra. Questo li rendeva una
squadra
imbattibile. Anche l’ammiraglio, il loro capo, se n’era accorto da
tempo, ed
era il motivo per il quale, appena poteva, li assegnava allo stesso
caso.
Quando
capì cosa le aveva proposto di fare, lo
guardò negli occhi, indecisa. Nello sguardo di Harm leggeva
molte cose: la
sfida con la quale la incitava a ripetere la scena che era stata
preludio al
loro bacio, la dolcezza che i suoi occhi e le sue labbra le
promettevano, il
desiderio che lei lo baciasse di nuovo… Ma lesse anche incertezza.
L’incertezza che
lei non lo facesse più. E, finalmente, prese la decisione solo per far
sparire
dai suoi occhi quell’incertezza.
Come
poche ore prima, si sporse verso il suo
viso e gli sfiorò le labbra con le sue, per ritrarsi quasi subito.
E
come allora, le labbra di Harm la seguirono,
decise a non lasciare le sue. Di nuovo la strinse a sé con forza, ma
questa
volta la sua stretta sembrava meno disperata. Ora, con una mano nei
suoi
capelli, le accarezzava la nuca mentre la baciava con struggente
dolcezza,
mentre la lingua le sfiorava la bocca, costringendola, di nuovo, ad
aprirsi per
lui. E lei obbedì… Non appena lo fece, Harm trasformò il loro dolce
incontro di
labbra in un bacio sensuale e appassionato.
A
Sarah il cuore batteva impazzito nel petto,
mentre lui non la lasciava andare e continuava a baciarla con desiderio.
Harm,
invece, fu sorpreso che lei accettasse
la sfida: ora che l’aveva di nuovo tra le braccia, nulla gli avrebbe
impedito
di dimostrarle quanto la desiderasse. Voleva sentire la sua
pelle sotto le dita…
Fece scivolare il giubbotto che le aveva posato sulle spalle per
scaldarla, e
con esso cadde a terra anche la stola di seta che lei indossava sopra
l’abito.
Così poteva stringerla premendo le mani contro la schiena nuda,
accarezzandogliela. La pelle di Sarah era liscia come seta e il suo
profumo lo
stordiva. Non riusciva a smettere. Era meraviglioso
baciarla! Così bello da fargli rimpiangere tutte le volte che aveva
desiderato
farlo e aveva rinunciato. Le sue labbra morbide si erano arrese così
dolcemente
alla sua volontà che il desiderio di lei, provato poche ore prima, non
era
nulla a confronto di ciò che stava provando ora.
Possibile
che non capisse quanta voglia avesse
di far l’amore con lei?
Nel
frattempo, Sarah si sentiva soffocare
dalla passione che quella bocca dolcissima faceva crescere in lei. Si
scostò a
fatica da lui, sconvolta da quell’emozione, ancora più intensa di
quella
provata alla festa. Di nuovo fece per allontanarsi, ma la sua voce roca
le
sussurrò:
“Ti
amo, Sarah… ”
Quelle
parole la paralizzarono. Non glielo
aveva mai detto.
Harm
le sfiorò con le dita un braccio nudo e un
brivido la attraversò tutta. Lui la guardava negli occhi, e
sembrò leggere
tutte le sue emozioni. Lei, invece, non riusciva a vedere null’altro se
non il
suo viso mentre le ripeteva: “Ti amo, Sarah…”
Mai
il suono del suo nome le era sembrato
tanto dolce quanto in quel momento! Un’emozione intensa le fece tornare
le lacrime
agli occhi, come alla festa, quando Harm aveva domandato perché non lo
avesse
aspettato il tempo necessario per liberarsi dalle sue paure. E come
poche ore
prima, la mano di Harm le asciugò una lacrima con una lenta carezza;
poi,
fissandola negli occhi, le disse di nuovo: “Ti amo”.
Rapita
dal suo sguardo e da quelle parole non
riuscì più a resistere: si avvicinò e lentamente fece scorrere la mano
sul suo
petto, per abbracciarlo. Nel farlo sentì che anche il suo cuore batteva
forte…
allora si strinse a lui. Aderì a quel corpo forte e muscoloso.
Immediatamente
lui la strinse ancora di più, fino a farle mancare il respiro.
“Harm,
baciami ancora…” lo implorò. Desiderava
di nuovo le sue labbra.
Sentirla
pronunciare il suo nome mentre la
teneva tra le braccia, gli fece perdere del tutto il controllo.
“Oh
Dio, Sarah…” gemette, mentre obbediva alla
sua richiesta.
Intanto
le sue mani esigenti le scorrevano
sulla schiena nuda e scivolavano sotto le spalline dell’abito… Quando
si
accorse di quello che stava facendo, si bloccò, incerto, quasi ad
attendere il
suo permesso. Stretta contro di lui, anche lei voleva
accarezzare la sua pelle. Rispose alla sua domanda slacciandogli i
pochi
bottoni della camicia ancora chiusi e passando le mani sul suo torace
nudo: era
così caldo sotto le sue dita… Mentre lo accarezzava, lo sentì sospirare.
Harm
non aspettava altro: iniziò a lasciar
scendere le labbra dal collo alle spalle, fino al suo seno. Quel seno,
che
aveva immaginato più volte nascosto dall’austera uniforme da Marine, e
che lo
aveva fatto impazzire tutte le volte (troppo poche, per i suoi gusti)
che lo
aveva intravisto, quando lei indossava un abito da sera. Come quello
che
indossava ora: non aveva desiderato altro che poterla toccare da quando
l’aveva
vista a casa dell’ammiraglio, al fianco di Brumby, con quell’abito
addosso!
Aveva addirittura pensato che l’avesse indossato apposta, per farsi
desiderare
maggiormente da lui, quasi a fargliela pagare per non averle detto
prima quello
che sentiva per lei. Il suo seno… era meraviglioso averlo tra
le
mani, così morbido e caldo; era stupendo poterglielo toccare. Poi
abbassò il
viso e glielo baciò con una dolcezza tale da sconvolgerla del tutto.
“Harm…”
sospirò, completamente presa da lui.
Le sue mani così grandi… Quante volte aveva desiderato averle su di sé?
Quante
volte aveva desiderato che la stringesse, la baciasse, la toccasse
così? Non riusciva più a pensare razionalmente… Che
cosa stavano facendo? Avrebbe dovuto sposarsi con Mic tra pochi giorni.
Fece per allontanarsi da lui, ma Harm tornò
con la bocca alle sue labbra e, sfiorandogliele, le sussurrò con voce
roca:
“No. Ti prego… Non andartene”.
“Non
possiamo… Mic…” cercò di dire lei,
mentre, ancora una volta, non riusciva a resistere al bacio che le
stava dando.
La
baciò di nuovo, quasi con disperazione.
Quando lei stava iniziando a pensare che non avrebbe più smesso, si
fermò per
guardarla intensamente negli occhi, mentre le faceva scivolare una mano
sulla
guancia e col pollice le accarezzava la bocca.
“Fai
l’amore con me, Sarah …” le sussurrò con
voce profonda.
Non
gli aveva mai visto quello sguardo… Spesso
cercava di nascondere le sue emozioni, ma gli occhi lo tradivano sempre
e lei
aveva imparato a leggere il suo sguardo per capire quello che a volte
non
voleva dirle. Guardandolo negli occhi, Sarah lesse tutto il
desiderio che lui aveva. Sentì la passione attraversarle il
corpo, come
se fosse una sua intensa, lunghissima carezza. Harm, però, non la stava
toccando, non più. Si accorse anche che aveva sciolto il loro
abbraccio, ma le
era così vicino che respiravano lo stesso respiro. Voleva che
fosse lei a decidere. Non l’avrebbe
forzata. Aveva solamente dimostrato quanto la desiderava; tuttavia
avrebbe
accettato la sua decisione.
Sarah
si sentì lacerata: la sua lealtà le
imponeva di uscire da quella casa; l’amore e la voglia che aveva di lui
le
impedivano di farlo. Quanto desiderava quell’uomo! Voleva
ancora le
sue mani su di lei, la sua bocca…
Voleva
amarlo.
Da
moltissimo tempo non desiderava altro che
poterlo amare. Come avrebbe potuto resistere ora? Ora che, finalmente,
anche
lui voleva fare l’amore con lei. Gli tolse la
camicia, senza quasi accorgersi
di quello che faceva, e lo abbracciò. Un’ondata di sensualità la
travolse,
quando lo sentì fremere tra le sue braccia. Allora gli cercò la bocca,
mentre
una mano saliva a sfiorargli il viso. Stringendosi di più a lui, gli
passò
lentamente la lingua sulle labbra, che immediatamente si aprirono per
lei…
Dio
mio, cosa gli stava facendo? Come poteva eccitarlo tanto,
solamente
sfiorandogli le labbra? Nessuna donna lo aveva fatto sentire così, solo
con un
bacio. La sua sensualità lo travolgeva. Non riuscì più a
resistere: la sollevò tra le
braccia e la portò verso il letto.
La
passione tra loro stava aumentando in
maniera incontrollabile. A Sarah venne da sorridere, mentre
pensava a
quello che gli aveva detto proprio poche ore prima.
“Perché
sorridi…?” le chiese dolcemente Harm,
la voce che era un sussurro, mentre continuava a baciarle la gola, il
viso, le
labbra.
“Pensavo
a quando ho detto che non perdi mai
il controllo…”
Lui
la guardò e le rivolse uno dei suoi
affascinanti sorrisi, che le facevano sempre sciogliere il cuore. Poi,
lasciandola scivolare contro il proprio corpo, fece in modo che si
rimettesse in
piedi accanto al letto. Sarah trovò quel gesto estremamente
eccitante:
aveva sempre desiderato quel corpo magnifico e ora lo aveva così
vicino… così addosso…
e fra poco sarebbe stato solo suo.
Si
guardarono negli occhi, gli sguardi
offuscati dalla passione, e insieme continuarono a spogliarsi…
Harm
la accolse nel suo letto, stendendosi
accanto a lei.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
La
risvegliò la luce fioca del mattino. Si stiracchiò, provando
un senso di
beatitudine che non provava da tempo. Incuriosita, si domandò come mai;
poi si
accorse del braccio che le cingeva i fianchi nudi e del viso
addormentato sul
cuscino accanto al suo e ricordò.
Sorrise
dolcemente mentre guardava Harm che
dormiva beato, come un bambino. Era stato incredibile tra loro… così
sensuale
e dolce... Mai con nessun uomo si era sentita così, neppure con quello
che aveva
pensato di sposare. Harm le aveva dato tutto: amore, passione,
dolcezza, ma, soprattutto, le aveva dato se stesso. Lui, sempre così
distaccato
perché immerso nei suoi mille problemi, quella notte, facendo l’amore,
le aveva
rivelato la sua vera personalità.
Appena
lo aveva conosciuto, era stata colpita
dalla sua bellezza: come non esserlo?
Madre
Natura era stata davvero generosa con
lui. Era così alto, atletico, con due occhi chiari e molto profondi,
ravvivati
da un intuito e da un’intelligenza oltre la media, e un bel viso
maschio, che
s’illuminava e diventava davvero affascinante quando lui sorrideva. Un
sorriso
perfetto, splendido e molto seducente. Un sorriso in grado di
sconvolgere una
donna. Ogni cosa di lui l’affascinava, persino la
disinvoltura con la quale il suo fisico perfetto si
esprimeva. Un uomo così
alto, avrebbe potuto muoversi impacciato, a volte, oppure sentirsi a
disagio in
alcune situazioni. Harm, invece, era sempre a suo agio, in armonia con
se con
stesso e con ogni parte del suo corpo, e questo lo si osservava dalla
sicurezza e
dall’agilità con cui si muoveva in ogni occasione.
Ma,
soprattutto, lei trovava affascinante il
contrasto che aveva scoperto tra la forza che il suo corpo sprigionava
e la
dolcezza con cui, a volte, la sorprendeva.
Lui
era sempre così sicuro di sé! Raramente
esitava: sia sul lavoro, sia quando doveva prendere una decisione
difficile, di
solito seguiva sempre il suo istinto, e non sbagliava mai. Era sempre
sicuro e
tranquillo, anche quando pilotava i suoi adorati Tomcat. All’inizio,
lei aveva
trovato addirittura antipatica tutta quella sua sicurezza! Inoltre
era sempre leale al dovere di patria e
alle persone che considerava suoi amici; sempre pronto a mettersi in
gioco in
prima persona. E sensibile e dolce con lei… Sì, perché nonostante i
loro
battibecchi, lui non l’aveva mai abbandonata e l’aveva sempre trattata
con
molta stima e con molto rispetto.
Col
tempo, conoscendolo, aveva scoperto anche
aspetti molto fragili della sua personalità, ma che lo rendevano più
umano. Era
un misto tra un cucciolo tenero, da coccolare e proteggere, e un uomo
forte,
che l’aveva sempre fatta sentire al sicuro. Probabilmente era proprio
l’intuire
questo insieme, associato alla sua bellezza, che affascinava ogni donna
che
aveva a che fare con lui!
Ripensò
alle ore d’amore che si erano regalati.
Quella notte, tra le sue braccia, tutte le sfaccettature della sua
personalità
si erano unite, fuse assieme da un’incredibile dolcezza e dalla
passione,
rivelando il vero Harmon Rabb, l’uomo che le aveva rubato il cuore.
Dentro
di sé aveva sempre sospettato che lui
sarebbe stato così. Non riusciva a spiegarsi, altrimenti, perché le
provocasse
più emozioni di chiunque altro; però non n’era certa. E la
curiosità, oltre al desiderio, di fare
l’amore con lui, nascevano anche da questo: voleva conoscerlo nella sua
intimità più profonda, perché voleva capire il “mistero Harm”.
Ora
che le era stato svelato, non sarebbe più
riuscita a dare il suo cuore ad un altro.
Mic…
Ripensò all’uomo che avrebbe dovuto sposare di
lì a pochi giorni e capì che non sarebbe stato più possibile. Gli
voleva bene,
le piaceva molto anche, ma non era Harm. Non lo sarebbe mai stato. Però
non sapeva come dirglielo: non voleva
farlo soffrire. A questo proposito ricordò che le aveva detto che
sarebbe
passato a prenderla per accompagnarla in ufficio.
“E’ tardi… se non ritorno a casa
alla svelta,
non mi trova! ”
Non
voleva che venisse a saperlo così! Voleva
essere lei a dirglielo, anche se non sapeva ancora come ci sarebbe
riuscita.
Inoltre doveva trovare il modo di parlare con Harm: voleva essere
sicura che
anche per lui quella notte fosse stata speciale. Ora, però,
non poteva aspettare che si
svegliasse, stava diventando troppo tardi. A malincuore cercò
lentamente di
sciogliersi dal suo abbraccio, per non svegliarlo: non c’era tempo per
le
spiegazioni. Come avrebbe voluto, invece, poter restare, svegliarlo con
un
bacio e chiedergli di fare ancora l’amore!
Si
alzò, si vestì rapidamente e iniziò a
cercare nella scrivania di Harm un foglietto per lasciargli un
messaggio.
“E’
stato tanto brutto stanotte, per farti
scappare così?”
La
voce divertita di Harm la fece sobbalzare.
Si voltò e si ritrovò ad aspirare il profumo della sua pelle,
circondata dalle
sue braccia.
“Buongiorno!
Non mi dai un bacio? ” chiese
teneramente lui.
Che
bello che era! Appena sveglio, e con
l’aria ancora addormentata… Era un’altra cosa che aveva
sempre desiderato
scoprire: com’era appena sveglio. Le rare volte che, in
missione, erano stati
costretti a condividere da fratelli la stessa camera, lui le aveva
sempre
ceduto galantemente il letto e aveva trascorso la notte sul divano… e
sempre
con un occhio aperto, vigile, pronto a scattare al primo segnale di
pericolo.
Aveva dormito su un divano o addirittura su una poltrona, sempre troppo
piccola
per lui… ma qualunque sedia sembrava sempre troppo piccola per lui:
ogni volta
che si sedeva, lo osservava muoversi sempre per qualche secondo, prima
che
riuscisse a trovare la giusta posizione per le sue lunghe gambe!
Come
si presentava ora, era sicuramente
meglio: molto sexy, con indosso solo un paio di boxer e con uno sguardo
dolcissimo negli occhi. Lo guardò e vide un'altra cosa che le fece
tenerezza:
l’ombra scura della barba sulle sue guance di solito perfettamente
rasate. Gli sfiorò con una mano il viso e lui,
voltandosi leggermente, ne baciò il palmo. Poi la strinse tra le
braccia,
cercandole la bocca. Lei sapeva che se si fosse lasciata baciare non
sarebbe
più uscita. Allora con uno sforzo lo fermò, cercando d’essere dolce e
gli
disse:
“Harm,
devo tornare nel mio appartamento. Mic
passa a prendermi… Non voglio che lo scopra così”.
Sentì
il suo abbraccio che s’irrigidiva e gli
occhi gli si fecero di ghiaccio.
“Voglio
essere io a dirglielo, cerca di
capire. Poi vorrei anche parlare con te di quello che è accaduto tra
noi questa
notte.”
“E
cosa pensi sia accaduto, tra noi, questa notte?” la
sua voce era controllata, ma fredda.
“Ti
prego, Harm. Lasciami andare. Parleremo
poi. Ora sta venendo tardi… ” e così dicendo, gli sfiorò le labbra con
un
bacio, si sciolse dal suo abbraccio e uscì, lasciandolo solo.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
Era
uscita: poche parole e se n’era andata.
Cercava
di capire, ma non era sicuro di
riuscirci. Dopo la notte appena trascorsa, aveva immaginato un
risveglio molto
diverso. Era stato svegliato dalla sensazione del posto vuoto accanto a
sé.
Non che sempre vi fosse una donna! Ma ricordava (e come, se lo
ricordava!) che
si era addormentato abbracciato a Sarah, dopo le meravigliose ore
trascorse ad
amarla e si aspettava di ritrovarla tra le braccia, al
risveglio. Invece non c’era… Poi l’aveva sentita muoversi
silenziosamente e allora l’aveva raggiunta. Voleva abbracciarla di
nuovo: mai
avrebbe immaginato che non poterla stringere al suo risveglio gli
avrebbe fatto
sentire quell’intensa sensazione di vuoto. Lei, invece, se
n’era andata e lui non sapeva
più cosa pensare. Era convinto che le cose fra loro si fossero
chiarite, che
avesse capito che lui l’amava.
Lei,
però, non glielo aveva mai detto.
Lui
le aveva finalmente aperto il suo cuore
ma, ora che ci pensava meglio, lei aveva solo ricambiato la sua
passione, non
gli aveva mai detto che lo amava.
Decise
di farsi una doccia, per vedere se
riusciva, nel frattempo, a schiarirsi le idee. Mentre l’acqua gli
scorreva sul
corpo, lasciò vagare i pensieri per riflettere, però le sensazioni
vissute con
lei durante la notte erano così meravigliose, che continuavano a
tornargli alla
mente.
Aveva
scoperto un aspetto di Sarah che non
immaginava. Conosceva già la sua dolcezza, la sua
tenerezza, a dispetto di come voleva apparire, ossia un duro
Marine! Lui la conosceva... molte volte aveva avuto modo
di sperimentarla. Come quella volta, quando gli avevano rubato e
smontato la sua adorata Corvette rosso cremisi: Sarah aveva raccolto,
dai pochi
pezzi non ancora rivenduti dai ladri, l’impugnatura della cloche, dove
lui
aveva fatto incastonare il distintivo di pilota, per dargliela,
affinché
potesse rimontarla sull’auto nuova. Oppure quando aveva convinto
l’ammiraglio che
aveva bisogno ancora di qualche giorno di convalescenza sulla
portaerei, dopo
che si era ritrovato a lottare tra i rifiuti contaminati col ladro che
aveva
derubato la nave di oltre un milione di dollari. Lo aveva fatto per
permettergli di approfittare della riconoscenza del comandante e di
farsi
qualche ora di volo su un Tomcat.
Lei
era sempre tenera e dolce con lui… Anche
quando doveva essere dura! Come in Russia, quando lo aveva
seguito nella
disperata ricerca di suo padre. Ancora ora non riusciva ad immaginare
come
avrebbe potuto farcela senza Sarah al suo fianco. Non solo
perché era sveglia, intelligente e
acuta nel consigliarlo; non solo perché insieme riuscivano ad occuparsi
di un
qualunque caso e risolverlo. E neppure perché parlava correttamente il
russo…
Senza di lei, non sarebbe mai riuscito a sopportare il dolore quando
aveva
scoperto che suo padre era morto. Quando tutte le speranze di
ritrovarlo ancora
in vita erano crollate, mentre piangendo, ascoltava le parole della
contadina
che gli raccontava come suo padre, per salvarla, avesse sacrificato la
propria
vita.
Quella
notte aveva scoperto quanto Sarah
potesse essere sensuale ed appassionata. La dolcezza con cui lo aveva
accolto
dentro di sé, fino a fargli desiderare di potersi annullare tra le sue
braccia,
e la passione e la sensualità che aveva dimostrato nel ricambiare il
suo
desiderio, gli avevano toccato il cuore.
Aveva
avuto alcune relazioni e anche più di un
incontro di una sola notte, ma nulla assomigliava a quello che aveva
provato
facendo l’amore con Sarah. Ricordava di aver provato qualcosa
di simile
solo con Diane…
“Forse è davvero solo il vero
amore a fare
quest’effetto!” .
Quella
notte si erano amati per ore e solo la
stanchezza gli aveva impedito di continuare, perché il desiderio che
aveva di
lei non era stato per niente placato, al contrario, era
aumentato.
Voleva
che fosse sua, solo sua.
Voleva
tutto di lei: il suo splendido corpo,
le sue carezze appassionate, i suoi sospiri pieni di desiderio, ma ora,
soprattutto, voleva i suoi pensieri. E invece era andata da Brumby…
Aveva
pensato a lui. D’accordo: era ancora l’uomo che avrebbe dovuto sposare
a breve,
ma… Forse era giusto che chiarisse le cose con lui, eppure il pensiero
che ora lei
fosse con Brumby, e non tra le sue braccia, gli impediva d’essere
razionale.
Già,
razionale! Ad essere davvero onesti, infatti, il
piantagrane tra loro tre era stato proprio lui.
“Sono io che, prima per la mia
indecisione e
poi perché non sono più riuscito a trattenermi dallo svelarle i miei
sentimenti, mi sono intromesso tra due persone in procinto di sposarsi!
Quindi
ora devo smetterla! Devo lasciarle affrontare la situazione come
ritiene
corretto e non continuare a tormentarmi con dubbi… ”
Eh
sì, perché alla fine c’erano proprio i suoi
maledetti dubbi!
Il
dubbio che lei non provasse gli stessi suoi
sentimenti, la paura di aver compromesso definitivamente la loro
amicizia e
l’incertezza riguardo alle intenzioni di Sarah con Brumby.
“Se decidesse di rispettare la
parola data e
sposasse lo stesso quel dannato australiano, nonostante le abbia
confessato il
mio amore? ” si domandò, incerto.
Ore
prima, c’era stato un momento in cui aveva
temuto che non volesse fare l’amore con lui e che restasse fedele alla
promessa
fatta ad un altro. La desiderava così tanto… Non sapeva come
avrebbe reagito se lei lo avesse rifiutato: non era sicuro di essere in
grado
di lasciarla andare, di non insistere. Sarebbe stato molto difficile
accettare
l’idea d’averla avuta tra le braccia, così morbida, calda e
appassionata e poi
non poterla amare come avrebbe voluto. Ma la passione tra loro era
troppo forte
perché potesse essere ignorata, e anche lei lo aveva capito. Quando
finalmente
si era arresa all’evidenza del loro desiderio, quando era stata lei a
baciarlo,
Harm aveva provato la stessa sensazione di gioia e d’euforia che
provava ogni volta
che volava in cielo con un Tomcat… e quella sensazione lo aveva
travolto.
“E se Brumby provasse a
convincerla che ho
confessato di amarla solo per portarla via a lui? Ma è stato così?”
e su quella
domanda si fermò pochi secondi a riflettere.
“No, di questo ormai sono certo!
Anche se
avevo avuto dei dubbi, dopo stanotte sono scomparsi. Io amo davvero
quella
donna!”
Doveva
smettere di tormentarsi, ma non ci
riusciva. La testa gli stava per esplodere con tutti quei pensieri.
Cercò di
ritornare alla realtà e prese una decisione: sarebbe andato al lavoro;
in
ufficio l’avrebbe rivista e avrebbe valutato meglio la situazione.
Terminò
di indossare l’uniforme, prese la
cartella con i documenti che gli servivano durante la giornata e uscì di
casa.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
“Che disastro!”
pensò Sarah “ Volevo
chiarire
le cose con Mic, ma non ci sono riuscita. E ora Harm arriverà fra poco
e non
saprò come fare, cosa dirgli…”
Era
arrivata al suo appartamento, giusto in
tempo per riuscire ad indossare l’uniforme (e un’aria meno colpevole)
prima che
Mic suonasse alla porta. Lo aveva fatto entrare, poiché era arrivato
prima del previsto, sperando di riuscire a parlargli, ma lui aveva
cambiato i
piani. L’aveva abbracciata e l’aveva baciata…
Non
desiderava più i suoi baci: voleva
conservare sulle labbra il sapore dei baci di Harm. Non poteva tirarsi
indietro, però, senza farlo arrabbiare. E non lo voleva già arrabbiato
prima di
potergli parlare. Non sapeva neppure ancora cosa dirgli.
Nel
tragitto da casa di Harm aveva provato a
pensare alla conversazione, ma inutilmente. Tutti i suoi pensieri erano
rivolti
all’uomo che l’aveva amata quella notte. Desiderava essere ancora con
Harm, nel
letto con lui, e fare ancora l’amore… Mai aveva provato un desiderio
così intenso
per un uomo.
Sorridendo
si era domandata come avesse fatto
a restare così indifferente quella volta che si era offerta di passare
la notte
a casa sua per vegliare su di lui, mentre quello psicopatico di Palmer
lo
tormentava. Si era alzato per accenderle il riscaldamento, mentre lei
non
riusciva a dormire a causa di tutti gli avvenimenti di quel periodo. La
coperta
che l’avvolgeva sul divano, non la scaldava a sufficienza e non capiva
come lui
potesse dormire solo con un paio di boxer in quella casa gelata!
Stanotte
lo aveva capito: il suo corpo emanava
un calore tale da avvolgerla ancora, anche se non gli era più accanto.
Era
giunta a casa con questi pensieri e quando
Mic aveva incominciato a baciarla, non era riuscita ad iniziare un
discorso
logico. Poi si era fatto troppo tardi: lui l’aveva accompagnata in
ufficio e
sarebbe passato a prenderla verso sera, perché voleva a tutti i costi
accompagnarla alla conferenza.
Avrebbe
cercato di parlargli durante il
viaggio, nonostante avesse preferito farlo prima. Non avrebbe
più voluto che Mic andasse con
lei. Visto come stavano le cose, ormai, avrebbe voluto Harm con sé.
Tuttavia
non poteva parlargli prima: non aveva più il tempo per farlo, poiché
doveva
ancora terminare la stesura del discorso e controllare anche alcuni
particolari.
Perché
Harm non arrivava ancora?
Uscì
dall’ufficio e si diresse verso il suo,
per vedere se fosse già arrivato.
Era
nel suo ufficio, ma non era solo. Era
abbracciato a Renee e la stava baciando… Stava per girarsi e tornare da
dove era
venuta, quando sentì la donna dirgli:
“Ciao,
tesoro. Ci vediamo stasera a casa tua.
Passo a prenderti non appena termino col produttore…”
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Uscendo
di casa aveva trovato Renee che stava
per suonare il campanello. Quando una mattina iniziava già complicata,
perché
doveva complicarsi ulteriormente?
Sorridente
e bellissima come sempre, lei gli
si era avvicinata e, col suo solito fare da gatta, lo aveva abbracciato
e
baciato, senza lasciargli il tempo di dirle: “Ciao”.
Poi
aveva insistito per accompagnarlo in
ufficio: voleva parlargli del suo incontro, durante la giornata, con un
produttore. Harm l’aveva ascoltata descrivere entusiasta tutto quello
che
l’attendeva, ma i suoi pensieri erano altrove. Ora doveva anche pensare
a come
farle capire, e il più dolcemente possibile, che amava Sarah e che il
miracolo
che tanto attendeva Renee, si era verificato sì, ma con un’altra.
Gli
spiaceva farla soffrire, ma era
inevitabile.
Quella
sera Sarah sarebbe stata in viaggio per
andare alla conferenza. Sarebbe voluto andare con lei, ma non avrebbe
potuto:
aveva controllato l’agenda e l’indomani aveva una testimonianza per il
caso che
stavano seguendo assieme e, poiché lei non ci sarebbe stata, lui non
poteva
mancare.
Doveva
rassegnarsi ad una notte senza di lei.
Sarebbe stata l’ultima, però: non riusciva ad immaginare di trascorrere
più di
una notte ancora, senza riaverla tra le braccia.
Aveva
detto a Renee che si sarebbero visti
quella sera: così avrebbero potuto parlare con calma e avrebbe tentato
di farle
capire quello che era successo.
Poi
lei aveva insistito per salire e salutarlo
in ufficio, e non era riuscito a dirle di no, perché lo aveva fatto
altre volte
e impedirglielo ora avrebbe richiesto troppe spiegazioni.
Prima
di andare via lei lo aveva avvolto di
nuovo in uno dei suoi abbracci voluttuosi, l’aveva baciato e gli aveva
ricordato che sarebbe passata a prenderlo per riaccompagnarlo a casa.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
Dopo
averli visti abbracciati, si era
rintanata tutta la mattina in biblioteca, uscendo solo per un panino al
bar
sotto l’ufficio, quando Harriet le aveva detto che Mic l’aspettava giù.
Aveva
mezz’ora libera e aveva voluto farle una sorpresa, per definire gli
ultimi
dettagli della partenza. Sarah gli aveva permesso di accompagnarla in
ufficio,
incapace di pensare a qualcosa che non fossero Harm e Renee
abbracciati. Prima di
andare lui l’aveva baciata e le aveva detto che sarebbe passato a
prenderla
prima di sera, con la borsa da viaggio che lei aveva già preparato.
Mentre
Mic la salutava, aveva visto Harm che
li osservava a braccia conserte, con un viso teso e un’espressione per
nulla
promettente. Infuriata, si diresse verso il proprio
ufficio. Come si permetteva di giudicarla? Era stato
lui a fissare un appuntamento con la sua bionda per quella sera! Sapeva
che lei
sarebbe stata fuori città. E lui avrebbe trascorso la serata, e
probabilmente
anche la notte, con Renee.
Allora
si sarebbe adeguata! Se le cose per lui
stavano così…
Aveva
detto d’amarla… Che bugiardo! Era stata
tutta una tattica per farla andare a letto con lui! Sapeva
perfettamente che la
sua lealtà nei confronti di Mic sarebbe stata spazzata via solo
dall’amore… Da
quella fatidica parola che lui non aveva mai detto, tranne la notte
scorsa.
Eppure
sembrava talmente sincero quando aveva
sussurrato: “Ti amo, Sarah …”
Com’era
stato dolce con lei... E tenero, e
appassionato. E quanto lo desiderava...
Quella
mattina, tuttavia, sembrava che per lui
le cose fossero cambiate. Probabilmente si era già pentito di tutta la
faccenda: non aveva mai voluto mischiare lavoro e sentimenti. E
lei che aveva pensato di lasciare Mic! Per
fortuna che lui le aveva impedito di parlare. Era un uomo
buono e non meritava di essere
trattato così. Considerato come stavano le cose, era ancora in tempo
per
dimenticare la notte appena trascorsa e sposare Mic Brumby.
Harm
entrò in ufficio dietro di lei e si
chiuse la porta alle spalle. La vide voltarsi di scatto, con un’aria
infastidita.
Non
riusciva a capirla: perché baciava ancora Brumby? Perché lui aveva
detto che sarebbe passato a prenderla per accompagnarla alla
conferenza? Sarah
e Brumby, via assieme, soli, questa notte?
Quella
mattina, quando era scappata dalle sue
braccia, gli aveva detto che non voleva che Mic venisse a sapere di
loro due,
prima che fosse lei a spiegargli e lui si era sforzato di accettare la
sua
volontà. Era convinto che tutto fosse stato chiarito e che restasse
solo a lui
l’ingrato compito di parlare con Renee.
“Che
cosa vuoi?” lo apostrofò Sarah. La sua
voce era molto controllata e lo sguardo era quello di una persona che
desiderava
mantenere le distanze.
Harm
non capiva più nulla. Si era aspettato,
se non un’accoglienza appassionata, visto il luogo dove si trovavano,
almeno un
saluto cordiale. Invece non si era fatta trovare per tutta la mattina.
Harriet
gli aveva detto che si trovava in biblioteca per terminare le ricerche
e mentre
stava per raggiungerla, l’ammiraglio lo aveva chiamato per discutere
con lui di
una faccenda, ed era arrivata ora di pranzo. Sperava allora di poterle
parlare
pranzando con lei, ma aveva saputo che Brumby l’attendeva al bar e che
lei lo
aveva raggiunto. Ora, fredda, gli chiedeva cosa voleva…
“Voglio te! ”
avrebbe risposto; invece si
limitò a dirle: “Ciao, Sarah“, cercando di rendere il suo tono il più
dolce
possibile.
“Ciao.
Allora, cosa c’è?” gli chiese.
…
non capiva…
“Volevo
parlare con te di quello che è
successo…” iniziò, ma lei non lo lasciò finire.
“Non
preoccuparti, non serve. Non è successo
nulla di grave. Non occorre farne un affare di stato.”
Ma
cosa diavolo stava dicendo? Nulla di grave?
“…
ma le cose tra noi…” cercò di parlare lui.
“Quello
che è accaduto non interferirà con i
nostri rapporti di lavoro. Stai tranquillo! Siamo adulti tutti e due… “
disse e
poi, addolcendo un poco il tono, continuò: “Anch’io tengo molto alla
nostra
amicizia. Ora scusami, Harm, ma devo proprio andare. Devo ancora
terminare
alcuni punti della relazione e Mic passa a prendermi alle cinque. Il
viaggio
richiede almeno due ore e lui vuole fare in tempo ad arrivare per
poterci
gustare una deliziosa cenetta. Penso che abbia organizzato una serata
romantica…”
E
così dicendo uscì dall’ufficio, lasciandolo
lì, in piedi, come uno stupido!
Perché
si comportava così? Per quale motivo? Aveva deciso di sposare
lo stesso Brumby, ecco
perché! I suoi timori si erano rivelati reali.
Al
diavolo… Mai avrebbe capito le donne!
Avrebbe
dovuto ammirarla per la sua lealtà…
“Ma che cavolo sto pensando?
Harmon Rabb,
quella donna ti ha ridotto il cervello in pappa!”.
Non
lo avrebbe più permesso, però. Non si
sarebbe più esposto così per una donna!
Sarah
lo aveva riportato alla realtà: aveva
preso la sua dichiarazione d’amore per una frase romantica detta al
momento
giusto, e lo aveva usato per una scappatella prematrimoniale.
Eppure
sembrava così sincera… il suo istinto
non poteva sbagliarsi così.
Ora
si sentiva a pezzi e non sapeva più cosa
fare.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
Sarah
cercava disperatamente di dimenticare.
Erano
passati quattro giorni dalla notte in
cui aveva fatto l’amore con Harm e il ricordo di quelle ore faticava ad
andarsene. Durante il viaggio fuori città con Mic aveva cercato di fare
ordine
nei suoi pensieri e alla fine aveva preso una decisione: i suoi
progetti
matrimoniali non dovevano andare in fumo per una notte trascorsa tra le
braccia
di un uomo che, anche se aveva detto di amarla, alla fine restava
sempre un
indeciso.
Era
stanca di aspettare che Harm decidesse
cosa fare della sua vita.
Col
suo comportamento non aveva fatto altro
che renderle le idee più confuse. Si era già rassegnata a non poterlo
avere, ma
quella notte d’amore aveva fatto rinascere in lei la speranza.
Ora,
però, dopo la sua condotta con Renee,
aveva capito che nessuna donna, lei compresa, lo poteva avere. Harm era
uno
spirito eternamente libero. Nessuna donna, neppure la più innamorata,
sarebbe
stata in grado di farlo crescere a sufficienza per fargli affrontare le
responsabilità di un rapporto serio. E lei aveva speso già troppo tempo
in
rapporti irrealizzabili e non voleva sprecarne altro.
Aveva
deciso, quindi, di sposare lo stesso
Mic, nonostante sapesse che non lo avrebbe mai amato quanto Harm e
nonostante
non fosse più riuscita a trascorrere la notte con lui. Aveva bisogno di
ancora
un po’ di tempo, per scordare le braccia di Harm su di lei e per
dimenticare la
passione che avevano condiviso.
Non
era stato facile convincere Mic, ma era
riuscita a metterla sul “tradizionale”, ricordandogli che le ultime
notti da
single voleva trascorrerle da sola, per gustare meglio la luna di
miele. Alla
fine, anche se non condivideva la sua opinione, Mic aveva acconsentito
ad
accontentarla, senza sospettare il vero motivo della sua richiesta.
Al
suo rientro dal viaggio, i rapporti con il
capitano Rabb erano ancora tesi, ma lei aveva fatto il possibile per
farli
tornare quelli di una volta, basati sull’amicizia. Non voleva perderlo
anche come amico, di
questo era sicura. Se non poteva averlo come suo uomo, nessuno poteva
impedirle
di averlo come amico… e continuare ad amarlo in silenzio.
Intanto
era allenata da anni a nascondergli i
suoi veri sentimenti! Prima, però, non aveva mai sperimentato la
passione tra
le sue braccia. Questo rendeva molto più difficili le cose: come quando
lo
aveva rivisto in ufficio appena tornata. Le era sembrato, se possibile,
ancora
più bello del solito e la sua aria tenera aveva messo a dura prova la
volontà
di resistergli.
Harm
aveva cercato ancora di parlarle. Sarah
non capiva come mai continuasse ad insistere sui loro rapporti. Lei
voleva che
rimanessero buoni amici; glielo aveva detto, ma lui non sembrava
convinto.
Allora aveva cercato di chiarire di nuovo le cose con lui, spiegandogli
che
voleva bene a Mic e lo avrebbe sposato come stabilito, anzi proprio
l’indomani
ci sarebbero state le prove del matrimonio.
A
quel punto Harm le aveva comunicato che non
sarebbe stato presente alle prove: “Sarò sulla Patrick Henry per le
qualificazioni semestrali, ma ci sarà Renee alla cena…”
Sarah
si era arrabbiata: “… Ma… Harm, non puoi
rimandare? In fondo voli solo poche volte l’anno… Preferisci rischiare
di
perdere la cerimonia?”
“Mac,
cerca di capire! Quest’impegno io già lo
avevo quando tu hai fissato la data”.
“E’
che a te non interessa esserci, ecco!” gli
aveva risposto lei, nervosa.
“Se
pensi che io sia indispensabile per la
riuscita della cerimonia e del tuo matrimonio, allora dovresti
riconsiderare
l’uomo che stai per sposare!” aveva replicato lui, arrabbiato.
Poi,
immediatamente, guardandola negli occhi,
aveva chiesto scusa, ma lei si era sentita offendere da quelle parole e
non gli
aveva neppure augurato buona fortuna…
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo
10
Almeno
si sarebbe risparmiato la tortura delle
prove della cerimonia!
Non
vedeva l’ora di partire. Quando Mac gli aveva detto che
avrebbe sposato
comunque Brumby, si era sentito morire.
Come
poteva? Come poteva voler sposare ancora
quell’uomo, dopo quello che c’era stato tra loro? Com’era possibile che
si
fosse sbagliato a tal punto? Eppure lei lo aveva amato, quella notte.
N’era
sicuro! Così come era sicuro di amarla e desiderarla più di ogni altra
donna,
allo stesso modo era sicuro che anche lei lo aveva amato.
E
allora come poteva sposare comunque Brumby?
Non
era servito a nulla cercare di parlarle:
lei aveva preso la sua decisione. Si sentiva sollevato solo dal fatto
che le
qualificazioni di volo gli davano l’ottima scusa per non
esserci. Lo avrebbero considerato un egoista, ma a lui
non sarebbe importato. Se Sarah lo avesse voluto, avrebbe mandato tutto
a
monte, pur di stare con lei.
Ma
così … Meglio non esserci: non poteva
sopportarlo.
Mac,
però, se l’era presa molto quando glielo
aveva detto… E lui, da stupido, aveva peggiorato la situazione,
sostenendo che
doveva pensare bene all’uomo che stava per sposare.
D’accordo,
allora: avrebbe fatto il possibile per
arrivare a casa in tempo per la cerimonia. Con un po’ di fortuna
sarebbe
arrivato a cerimonia già iniziata, così non avrebbe corso il rischio di
rendersi di nuovo ridicolo ai suoi occhi, supplicandola di non sposare
quel
dannato australiano.
Ma
almeno le prove le se le sarebbe
risparmiate. Le prove e la cena a seguire: lui non aveva
nulla da festeggiare. Che ci andasse Renee alla cena! Non aveva voglia
di avere
tra i piedi neppure lei.
Meglio
concentrarsi sul volo: i suoi adorati
aerei non erano come le donne, gli creavano molti meno problemi.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo
11
Solo
un giorno ancora.
Non
sapeva se sperare che le ventitré ore,
diciassette minuti e quarantatré secondi che mancavano all’inizio della
cerimonia, passassero al più presto, per dare un punto fermo,
irrevocabile alla
sua decisione, oppure se pregare perché le lancette del tempo si
fermassero.
Si
trovava con Harriet e stava provando
l’abito da sposa. Avrebbe dovuto sentirsi felice, eccitata magari.
Invece si
sentiva solo tanto triste, perché quella sera, alle prove e alla cena,
Harm non
ci sarebbe stato.
Inoltre
si erano lasciati senza neppure
salutarsi, e questo la faceva stare ancora peggio.
Lei
aveva bisogno del suo migliore amico: era
l’unico che poteva darle la forza necessaria per non cambiare idea
all’ultimo
momento. Harm la faceva sempre sentire tranquilla. Ironia della sorte,
poiché
era proprio per lui che temeva di cambiare idea.
Come
poteva pensare, allora, che la sua
presenza la calmasse, la rendesse sicura della decisione di sposare
Mic? Forse
sperava sempre in un miracolo? Forse sperava che lui le dicesse,
finalmente,
che aveva lasciato Renee e che voleva lei?
Se
l’era presa perché Harm aveva deciso di
andare sulla portaerei, anziché essere presente alle prove e alla cena.
“Ma
ci sarà Renee, alla cena” aveva replicato
lui.
Cosa
se ne faceva lei di Renee? Lei
voleva Harm… E invece avrebbe rischiato di non vederlo
arrivare in
tempo neanche per la cerimonia.
“Accidenti
a te, Harmon Rabb Jr…»
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Capitolo
12
La
soddisfazione gliela si leggeva in volto:
aveva ottenuto il punteggio massimo.
Il
responsabile delle qualificazioni aveva
cercato in tutti i modi di rendergli la vita difficile. Era
convinto che fosse uno “scribacchino”
e
che fosse venuto a far perdere tempo a tutti. Aveva anche cercato di
attribuirgli la colpa, quando aveva fatto una manovra azzardata per
riuscire ad
evitare un incidente sul ponte durante il primo atterraggio. Un cavo
aveva
impedito all’aereo, che non avrebbe dovuto esserci, di liberare la
pista, ma il
responsabile aveva sostenuto che non era sceso quando glielo aveva
ordinato. Harm, tuttavia, era riuscito a convincerlo a
farlo riprovare, grazie alla sua dialettica (non per altro era un
avvocato!),
alla convinzione di essere dalla parte della ragione e grazie anche
all’appoggio della sua compagna di volo, il tenente Elizabeth Hawkes.
Era
stata il suo secondo, quando aveva ripreso
a volare dopo l’intervento agli occhi che aveva eliminato il suo
problema di
visione notturna. A causa di quel difetto, anni prima era
stato
costretto ad abbandonare la professione che più adorava, ossia pilotare
gli
‘F14’. Un fallito appontaggio notturno, durante il quale aveva
distrutto un
aereo da cinquanta milioni di dollari, lui stesso aveva rischiato la
vita e il
suo secondo era morto, non gli aveva lasciato scelta.
Dopo
allora era diventato avvocato ed era
entrato a lavorare al ‘JAG’, la Procura Militare. La professione
d’avvocato gli
piaceva, ma gli aerei restavano sempre il suo primo amore. Quando
l’intervento gli aveva restituito la
vista, gli era stato impossibile non seguire il richiamo di quella
passione:
aveva lasciato il ‘JAG’ ed era tornato a fare il pilota di Tomcat.
Skates,
il tenente Hawkes, era stata il suo
secondo e con lei si era subito trovato bene. Erano diventati
immediatamente amici. A favore
di questo legame aveva giocato il coraggio di Harm quando l’aveva
salvata,
mentre stava per cadere in mare dopo che si era eiettata da un aereo in
fiamme.
Ma erano stati decisivi anche la sua bravura nella professione
d’avvocato e il
fatto che non avesse mai dubitato di lei, la volta che l’aveva difesa
quando si
era trovata nei guai.
Il
suo ritorno al volo, tuttavia, non era
durato molto: solo sei mesi, durante i quali era anche riuscito a
conquistare
la sua seconda Croce al valore. Ma ormai era troppo vecchio per la
carriera di
pilota; inoltre si era accorto che la professione di avvocato gli
mancava… Così
era ritornato al ‘JAG’.
Continuava
a volare, di tanto in tanto, ecco
perché seguiva sempre le qualificazioni: voleva essere pronto ad ogni
evenienza. Il responsabile gli aveva intimato di eseguire
i successivi quattro appontaggi “dritti
come spaghetti”. Altrimenti non avrebbe
avuto alcuna chance. Lui non solo li aveva eseguiti alla perfezione, ma
anche
nell’appontaggio notturno, che rimaneva sempre il suo incubo peggiore,
aveva
ottenuto il miglior punteggio. Alla fine il responsabile aveva dovuto
riconoscere che lo “scribacchino
di Washington” era anche un ottimo pilota!
Ora
attendeva di partire al più presto per
Andrews, assieme a Skates che andava in licenza per il week-end, per
essere a
casa in tempo per il matrimonio di Mac. Sapeva che lei ci teneva che ci
fosse e
non voleva deluderla. Anche se per lui sarebbe stato come morire…
“Sei
pronto Harm?” chiese Skates.
“Si.
Andiamocene di qui, prima che il tempo
peggiori ulteriormente e che non ci lascino più partire”.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo
13
La
telefonata aveva raggiunto l’ammiraglio
mentre la cena era in pieno svolgimento.
Il
tenente Roberts, collega, amico e
testimone, aveva appena terminato il discorso di felicitazione agli
sposi,
quando gli avevano passato la comunicazione. Nessuno si era
accorto della cosa:
continuavano a festeggiare.
Alle
prove della cerimonia tutto era filato
liscio, e lui era orgoglioso che Mac avesse espresso il desiderio che
fosse lui
ad accompagnarla all’altare. Gli sembrava che fosse felice, anche se la
sera
della festa di fidanzamento, a casa sua, aveva avuto la strana
sensazione che
la cerimonia non sarebbe stata più celebrata o, per meglio dire, che lo
sposo
sarebbe stato sostituito.
Ancora
ora, continuava a non capire i due
elementi migliori del suo staff.
Mac
e il capitano Rabb si erano girati attorno
per anni… All’inizio sembrava che si odiassero; poi erano riusciti a
diventare
ottimi amici e anche il lavoro ne aveva tratto notevoli
vantaggi. Lui, tuttavia, aveva sempre sospettato che
quell’amicizia fortissima che li legava, celasse un sentimento più
profondo,
che nessuno dei due riusciva ad ammettere.
Quando
Brumby era arrivato dall’Australia per
lavorare con loro al ‘JAG’, gli era sembrato che il maggiore MacKenzie
fosse
attratta da lui. Ma era anche convinto che fosse innamorata del
capitano Rabb,
il quale, tuttavia, continuava a tenerla sulle spine.
Perché
diavolo non si decideva?
Quell’uomo
lo aveva fatto sempre impazzire,
fin dalle prime volte! Era un fantastico avvocato, il migliore forse
del suo
staff, ma anche terribilmente complesso da gestire. Ogni volta
era capace di mettersi nei guai.
Oppure riusciva a mettere nei guai qualcun altro, il che era ancora
peggio! Ma
non si tirava mai indietro, mai una volta. Era sempre pronto a
rischiare in
prima persona. Doveva ammetterlo. E in questo gli assomigliava.
Sapeva di poter mettere la vita nelle sue
mani… e lo aveva anche fatto, quando erano assieme in Italia a liberare
sua
figlia Francesca dai rapitori. Harm non aveva esitato un solo attimo
nel
volerlo aiutare e lui era riuscito in quell’impresa disperata,
unicamente
grazie al fatto che il capitano gli aveva coperto le spalle.
Quando
Harm e Mac erano stati dati per morti
in Russia, non era riuscito a crederci: provava un affetto quasi
paterno per
loro… e poi il destino non poteva privarlo di entrambi gli elementi
migliori
della sua squadra! Era andato in Russia e li aveva ritrovati…
A
volte si divertiva ad osservarli: bastava
sentirli litigare o ascoltarli quando si divertivano a punzecchiarsi,
oppure
guardarli in volto quando uno era in ansia per l’altro. Chiunque
avrebbe capito
che quei due si amavano! Chiunque tranne loro due.
Era
convinto che Mac fosse innamorata di Rabb;
quello che allora non capiva era perché stesse per sposare
l’australiano e non
lui. A Sidney, quando aveva costretto Rabb e Brumby
a prendersi a pugni per appianare le loro divergenze, aveva sperato che
Rabb
vincesse nel cuore di Mac, ma poi le cose erano andate diversamente.
Sospettava
che fosse colpa di Harm. Quel
diavolo di ragazzo doveva sempre complicare tutto! Eppure, nonostante
gli
creasse più problemi di un esercito intero, non avrebbe potuto fare a
meno di
lui, né come avvocato, né come persona.
Era
stata dura quando aveva lasciato il ‘JAG’
per tornare a pilotare aerei da combattimento. Ma sapeva che la sua
passione
per il volo era troppo forte… Era stato difficile accettare che se ne
sarebbe
andato, soprattutto perché non voleva che quel ragazzo ci lasciasse la
pelle...
In fondo l’ex-Jugoslavia era territorio di guerra.
Che
idee, per un ex-SEAL! Si stava intenerendo
con l’età?
Poi,
quando Harm era ritornato al ‘JAG’, era
stato orgoglioso di poter essere lui ad appuntargli al petto la
medaglia al
valore.
Alla
festa di fidanzamento aveva colto segnali
strani: Harm e Mac erano rimasti fuori per molto tempo… Quando erano
rientrati,
lui aveva un’aria da cane bastonato e lei sembrava sconvolta. La
curiosità lo
divorava: avrebbe dato qualunque cosa per sapere cosa fosse successo
sulla sua
veranda. Nei giorni successivi aveva cercato di capirci qualcosa, ma
non c’era
riuscito. A quanto sembrava, il matrimonio sarebbe stato celebrato e lo
sposo
non sarebbe stato sostituito.
Infine
aveva saputo che Harm, il giorno delle
prove della cerimonia, sarebbe stato sulla Patrick Henry per le
qualificazioni
semestrali. A quel punto non ci aveva capito più nulla. Ma non ci aveva
badato
più di tanto: con quel ragazzo era destino che non capisse mai nulla!
E
ora questa notizia…
Come
avrebbe fatto a comunicarla agli altri,
se non voleva a crederci neppure lui?
Si
fece forza e si avvicinò al tavolo: “Era il
capitano Ingalls, comandante della Patrick Henry. Mi ha appena
informato che il
Capitano Rabb e il suo copilota, il tenente Hawkes, mentre stavano
volando
verso Andrews, hanno avuto problemi con l’aereo durante una tempesta e
ora si
teme siano dispersi in mare…”
La
sala ammutolì e l’ammiraglio guardò Renee,
la donna di Rabb, mentre gli chiedeva:
“Ma…
come mai stavano volando con questo
tempo?”
Rispose
quello che il comandante gli aveva
risposto a sua volta, quando anche lui aveva posto la stessa domanda al
telefono.
“Harm
stava tentando di tornare in tempo per
la cerimonia…” e mentre diceva questo, volse lo sguardo verso Mac e non
ebbe
più dubbi.
Il
volto del colonnello MacKenzie lasciava
trasparire i suoi veri sentimenti. E’ possibile nascondere
tutto, ma non l’amore
per qualcuno, quando pensi di averlo perso per sempre.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo
14
Le
onde gli impedivano di stare con la testa
fuori dell’acqua, nonostante fosse riuscito a liberarsi del paracadute
e a
gonfiare la tuta che lo aiutava a stare in superficie. Ma la tempesta
era
spaventosa e lui era ormai allo stremo delle forze.
Era
stato incapace di capire perché non fosse
riuscito ad eiettarsi subito, assieme a Skates: qualcosa aveva bloccato
il
meccanismo. Questo poteva rappresentare un bel problema per i
soccorritori, e
lui lo sapeva. Poteva ancora considerarsi fortunato, però. Alla fine il
meccanismo d’espulsione aveva funzionato: pochi secondi ancora e
sarebbe finito
in fondo all’oceano assieme all’aereo.
Chissà
se Skates era riuscita a cavarsela, gli
aveva ricordato che non era una gran nuotatrice. Ma anche lui, che di
solito
non se la cavava male in acqua, faceva fatica a respirare… Faceva
fatica anche a vedere qualcosa: solo i
lampi in cielo rischiaravano, a tratti, l’oscurità che lo avvolgeva.
Del resto
c’era ben poco da vedere attorno, se non una vasta distesa d’acqua
sovrastata
da altra acqua.
Che
freddo... Chissà da quanto tempo, ormai, era in
mare? Aveva perso il senso del tempo…
Mac
avrebbe saputo dirgli da quanto era in
acqua. Lei e il suo orologio biologico!
Sarah…
Perché
pensava a lei, proprio ora?
Si
era imposto di non pensare a lei durante le
prove di volo, ma non c’era riuscito.
Si
stava sposando… No, erano solo le prove, ma
che importava? Ormai non sarebbe stata più sua. Neppure se fosse
sopravvissuto
a quell’inferno. E se Sarah non era più sua, cosa importava
sopravvivere?
Com’era
stanco... Perché lottare ancora? Non sarebbe stato più
semplice assecondare la furia della natura e lasciarsi andare? Faceva
così
freddo…
“Papà anche tu hai sentito freddo
quando stavi
morendo?”
Voleva
disperatamente essere in un luogo
caldo… in un posto dove poter respirare.
Sarah…
Tra
le sue braccia era stato al caldo. Ma
neppure accanto a lei riusciva a respirare. Quando la baciava, oppure
quando
lei baciava lui, non respirava affatto! Però si sentiva vivo. E al
caldo.
Che
pensieri, in un momento come quello... Non
riusciva a fare a meno di pensare a lei; probabilmente non l’avrebbe
più
rivista.
“Sarah… sono tanto stanco. Mi
spiace. Non era
mia intenzione deluderti. Ho davvero sperato di riuscire a tornare in
tempo…”
Un’altra
onda lo travolse e lo portò
nuovamente sott’acqua.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo
15
Seguiva
attentamente, assieme agli altri, le
operazioni di salvataggio, mentre premeva le mani una contro l’altra,
con forza,
sentendosi assolutamente impotente.
L’ansia
le impediva di respirare: la
soffocava.
Non
riusciva a pensare ad altro che non fosse
Harm in mezzo alla tempesta. Solo, travolto delle onde, al freddo, al
buio…
Non ce la faceva a sopportare l’idea che
sarebbe stato solo. Ma non sarebbe stato solo, ci sarebbe stata
Skates con lui… O forse no. Non importava… era lei che voleva
disperatamente essere con lui, poterlo aiutare, nonostante fosse un
pensiero
assurdo: in mezzo ad una tempesta, anche se fossero stati insieme, come
avrebbe
potuto aiutarlo? Ma, irrazionalmente, pensava che bastasse il fatto di
potergli
essere accanto per dargli la forza di sopravvivere. Essergli accanto
com’era
stata in Russia, e in tante loro avventure: nonostante i pericoli, loro
due assieme
erano sempre riusciti a cavarsela. E, invece, non essergli vicino, non
essere
assieme a lui, poteva ucciderlo. Ma, soprattutto, non essergli accanto
stava
uccidendo lei.
Voleva
che fosse tra le sue braccia, al
sicuro, al caldo, senza paura.
“Oh Harm, perché siamo stati così
stupidi? Ero
così arrabbiata con te, che non ti ho neppure salutato, non ti ho
neppure
augurato buona fortuna! E ora… ora questo! Come farò a sopravvivere, se
tu
morirai?” pensò, mentre la voce del pilota che stava
portando i soccorsi
arrivava tramite il collegamento viva-voce, che lei aveva preteso nella
saletta
del ristorante.
“Vedo
una zattera, signore… Ora scendo!” stava
dicendo la voce.
“Quanto
si sente fortunato, tenente?”
chiedeva, nel frattempo, il comandante Ingalls all’altro capo.
“Moltissimo,
signore!” rispondeva nuovamente
il pilota dell’elicottero di soccorso.
Sarah
strinse ancora più forte le mani. Forse
lo avevano trovato!
“Signore, ti prego, fa che sia
lui… fa che sia
vivo “ implorò nella sua mente: chissà se dopo sarebbe
tornata a respirare? Le
sembrava di essere in apnea, come probabilmente lo era stato Harm, e
forse lo
era ancora.
“Uniti anche in questo”
pensò. “Come ho potuto
anche solo pensare di poter vivere la mia vita senza di lui? Pur
sposando Mic,
tuttavia, Harm ci sarebbe stato: avrei potuto parlargli, avrei potuto
vederlo.
Avrei potuto continuare a vedere i suoi occhi, il suo sorriso. Questo
avrei
potuto sopportarlo. Ma se dovesse morire…”
“…E’
il tenente Hawkes, signore “, stava
gridando di nuovo la voce al telefono.
“E
il capitano Rabb? Nessuno ha visto il
capitano Rabb? ” chiese, ansioso, il comandante.
“Signore,
il tenente Hawkes non ha visto
l’eiezione del capitano Rabb!” rispose di nuovo il pilota.
Non
c’era.… Harm non c’era! Non lo avevano
trovato. Non sapevano neppure se fosse riuscito ad eiettarsi.
“Qui
sta ballando tutto, signore…” di nuovo la
voce del pilota.
“Va
bene, tenente, rientrate pure. Ma prima
fate ancora un giro su tutta la zona”.
L’ordine
del comandante Ingalls fu, per Sarah,
come un colpo in pieno petto.
“Ma…
signore, il Capitano Rabb potrebbe essere
ovunque…” gridò al telefono.
“Ha
centrato perfettamente il problema,
colonnello MacKenzie! Però non posso rischiare l’intero equipaggio per
un solo
uomo. E’ la procedura…” rispose il comandante.
“Al
diavolo la procedura!”
Tutti
si voltarono,
ammutoliti, a fissarla: non era da Mac usare espressioni del
genere.
“Allora
lo
lascerete lì?” chiese, severa.
L’ammiraglio
intervenne deciso, troncando con
autorità le proteste di Sarah: “Comandante, nessuno vi sta accusando di
non
aver fatto il possibile… Quando riprenderete le ricerche?” chiese.
“Appena
il tempo migliora… ” e con questa
risposta del comandante della Patrick Henry, l’ammiraglio chiuse la
comunicazione. Poi, con lo sguardo severo e preoccupato, guardò Mac
che, con le
lacrime agli occhi, scappava dalla sala, lasciando tutti i presenti che
la
stavano fissando senza parole.
Mic
le corse dietro e la trovò in una sala
adiacente: stava guardando fuori della finestra.
“Non
dovresti stare qui sola, Sarah, ma di là,
con tutte le persone che ti vogliono bene. Hanno trovato Skates, vedrai
troveranno anche Harm” le disse dolcemente.
Sarah
non rispose… continuava a guardare fuori
della finestra.
Mic
poteva ancora credere che fosse così
sconvolta a causa dell’amicizia che li legava da anni, anche se gli
sembrava,
in ogni caso, una reazione troppo eccessiva, per un amico. Gli venne un
dubbio
alla mente: chissà se ci fosse stato lui, al posto di Rabb… Lei sarebbe
stata
così sconvolta?
Perché
gli venivano alla mente pensieri
simili?
Al
diavolo quell’uomo! Ogni volta che
cominciava a sentirsi sicuro dei sentimenti di Sarah, quel dannato
yankee
riusciva a combinarne una delle sue e lei era sempre confusa. E quando
Mac era
confusa, lui si sentiva ancora peggio. Avrebbe dovuto esserci
lì Renee, a soffrire
così per Rabb. Del resto, era la sua donna. Era stata Sarah, però, ad
insultare
quasi il comandante Ingalls, ed era stata lei a scappare sconvolta
dalla sala.
Un
sussulto delle sue spalle gli fece
sospettare che stesse piangendo. La fece girare lentamente verso di sé
e la
guardò in volto. Il viso di Sarah era sconvolto dalle lacrime e
dall’angoscia:
Mic non era preparato a quello che vide. Lei cercò di nascondere in
parte la
sua espressione, ma non fu svelta e abile a sufficienza e Mic riuscì a
cogliere
tutta la sua disperazione. Quel viso rigato di lacrime era il
volto di una
donna innamorata che temeva per la vita del suo uomo, e non quello di
un’amica
in ansia per la sorte del suo migliore amico.
E
quelle lacrime erano per il capitano Harmon
Rabb, non per Mic Brumby.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Capitolo
16
Sentì
bussare alla porta, ma non andò ad
aprire. Sapeva chi la stava cercando. Non voleva vederlo e neppure
parlargli: si
sentiva ancora troppo vulnerabile. Aveva bisogno di altro tempo per
riuscire a
tenere sotto controllo i propri sentimenti.
Gli
ultimi giorni in ufficio, da quando lui
era rientrato al lavoro, erano stati per lei quasi una tortura. Era
ancora
troppo scossa da tutto quello che era accaduto durante la cena dopo le
prove
del suo mancato matrimonio e nei giorni successivi.
Finalmente
il suo cuore aveva ripreso a
battere regolarmente, quando aveva saputo che Harm era stato ritrovato.
Ma la
disperazione provata quando credeva di averlo perso per sempre, aveva
creato
una grossa crepa nel muro che aveva innalzato tra lei e l’uomo che
amava
disperatamente, muro che lei stessa si era imposta perché convinta che
il suo
amore non fosse corrisposto, almeno non come voleva lei.
Già
temeva di crollare quando lo aveva rivisto
sano e salvo, bellissimo come sempre, anche se un po’ più pallido del
solito:
ma era normale, considerato quello che aveva passato. Anche i medici
erano
rimasti sorpresi per com’era riuscito a resistere così a lungo in
acqua. Quando
era stato tratto in salvo, era a serio rischio d’ipotermia, aveva
un’amnesia
che per fortuna si era risolta in pochi giorni e rischiava una
polmonite; ma il
suo fisico atletico e forte, sempre allenato, aveva impedito il peggio
e gli
aveva permesso di uscire presto dall’ospedale.
Da
quando era rientrato al lavoro, Harm aveva
cercato più volte di parlarle, ma lei era sempre riuscita ad evitarlo.
Lui
aveva notato che Mic non le stava accanto come sempre e aveva chiesto
come mai
la cerimonia non era stata celebrata.
“Ma…
Accidenti a te, Harmon Rabb! Pensi
davvero che possiamo essere tutti così insensibili al punto di
celebrare il
matrimonio, festeggiare e tutto il resto, mentre tu sei disperso in
mare,
mentre lotti tra la vita e la morte? Ma che razza d’amici pensi che
siamo,
tutti quanti? Nessuno ha pensato più alla cerimonia… “ gli aveva quasi
urlato,
quando lui aveva cercato la fede sul suo dito e, non avendola trovata,
aveva
domandato cosa fosse successo. Gli aveva lasciato credere, tuttavia,
che la cerimonia
fosse solo stata rimandata e non annullata, come invece era accaduto in
realtà.
Mic
aveva capito tutto, quando lei era
crollata dalla disperazione nel sapere Harm disperso in mare durante la
tempesta. Non era riuscita a nascondergli tutta l’angoscia e la
preoccupazione
per l’uomo che amava da anni. Ci aveva provato, ma di fronte all’idea
di non
poter più rivedere Harm vivo, i suoi veri sentimenti erano venuti alla
luce in
maniera irrevocabile e poi era stato troppo tardi per negare. Mic
allora l’aveva lasciata: non poteva
sposarla, poiché lei era innamorata del capitano Rabb. Sarah aveva
cercato di
protestare, di dirgli che non era vero che era innamorata di Harm, che
era
turbata solo a causa del forte legame d’amicizia che li univa. Allora
Mic le aveva
chiesto cosa avrebbe fatto se Harm fosse morto. Lei lo aveva guardato
impietrita e, senza rendersi conto di quello che diceva, gli aveva
urlato
dietro che era insensibile, che si aspettava più comprensione dal suo
futuro
marito.
“Se
fossi tu ad essere disperso in mare, e qui
con me, al tuo posto, ci fosse Harm, lui non mi direbbe queste cose,
capirebbe
perché sono sconvolta per un amico.”
“Sei
proprio sicura che tu saresti così
sconvolta per me?” aveva chiesto lui, guardandola negli occhi. “Non
penseresti
invece, dentro di te, magari abbracciata a lui, che sei felice che lui
sia al
sicuro con te?”
“Come
puoi pensare una cosa simile? Mic io…”
gli aveva risposto lei.
Ma
Mic aveva continuato ad insistere: “Dimmi,
Sarah, e questa volta voglio la verità. Se fossi costretta a scegliere
uno solo
di noi due, tu chi vorresti vivo?”
“Mic!
Come puoi chiedermi questo? Sei crudele.
Sai che non ho mai augurato la morte a nessuno, neppure al mio peggior
nemico…”
Allora
l’aveva presa per le spalle, per
costringerla a guardarlo: “Non ti sto chiedendo chi vorresti veder
morire. Ti
sto solo chiedendo chi vorresti vivo. Di chi assolutamente non potresti
fare a
meno, nella tua vita. Riesci a pensare al tuo mondo, alla tua vita
senza di me?
E riusciresti a pensare di vivere i prossimi anni senza Harm? Senza
vederlo mai
più, senza potergli parlare…”
Mic
la stava uccidendo con quelle parole.
“Noo!
Mio Dio, no…” E aveva nascosto il viso
pieno di lacrime tra le mani, sussurrando: “… Oh Signore, non portarmi
via Harm! Non
potrei vivere senza di lui.”
Mic
allora l’aveva abbracciata, mentre lei
piangeva, e le aveva accarezzato i capelli: “Vedi che ho ragione? Di me
potresti fare a meno, ma non di lui… ”
Sarah
aveva alzato gli occhi ancora pieni di
lacrime: “Oh Mic, come farò senza di lui? Mi spiace, ma io lo amo… Lo
amo da
tantissimo tempo e non riesco a farne a meno, non riesco a smettere di
amarlo.
Quante volte ci ho provato, ma è stato sempre inutile…”
“Allora,
perché non glielo dici? “ aveva
chiesto Mic con dolcezza.
“Credevo
di averglielo fatto capire. Lui,
però, sta ancora con Renee…”
Poi
erano stati interrotti dalla notizia che
Harm era stato ritrovato. Sarah stava quasi per sentirsi male dalla
felicità,
dal sollievo, ma Mic l’aveva riportata alla realtà affermando che
l’amava, ma
non poteva più sposarla.
La
persona alla porta bussò di nuovo, con più
insistenza; poi, visto che lei continuava a non rispondere, la voce di
Harm
suonò forte e decisa: “Mac, so che sei lì… Apri questa porta. Devo
parlarti!”
“Vattene
Harm, sono stanca e non ho
alcun’intenzione di parlarti… Ci rivediamo lunedì in ufficio”.
Dopo
un attimo di silenzio, lui parlò più
dolcemente: “Ti prego, Sarah, aprimi…”
Avrebbe
tanto voluto resistergli, ma proprio non ci riusciva quando
era così
dolce con lei. Rassegnata, si avvicinò alla porta e l’aprì.
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Capitolo
17
Si
era sentito emozionato come un quindicenne,
quando l’aveva vista per la prima volta, dopo aver creduto di non
poterla mai
più rivedere. Sapeva che lei non sarebbe stata sua. Ormai
era sposata con Brumby. Però avrebbe ancora potuto lavorare con lei,
parlarle,
vederla: alla fine si era reso conto di aver lottato contro la forza
della
natura solo per quello, solamente per stare ancora con lei, anche
soltanto come
amico.
Inconsciamente
aveva preso la sua mano
sinistra, per toccarle la fede, ma non l’aveva trovata. Non portava
alcun
anello… Dapprima si era sentito in colpa, quando lei
gli aveva annunciato che avevano rimandato la cerimonia a causa sua, ma
per un
assurdo momento aveva anche sperato di riuscire ancora a farle cambiare
idea.
Poi aveva pensato di aver già fatto il possibile per farle capire che
l’amava.
Lei, ormai, aveva preso la sua decisione: la cerimonia rinviata era
solo un
altro esempio di come lui riuscisse sempre a creare scompiglio nella
vita delle
altre persone.
Brumby
doveva odiarlo ancora più di
prima, dopo che gli aveva rovinato il giorno del suo matrimonio; ma si
sarebbe
rifatto a breve. Tuttavia Mac continuava a stare sul vago
quando
lui aveva domandato la nuova data della cerimonia. Scherzando gli aveva
detto:
“Non ti dico nulla, così non sparirai da qualche altra parte e non
correrai il
rischio di morire un’altra volta!”
Però,
mentre gli diceva questo, aveva gli
occhi lucidi e una lacrima le era scivolata su una guancia, subito
asciugata
con un gesto rapido. Chissà se piangeva perché aveva temuto per la sua
vita o
perché aveva dovuto rimandare il giorno del suo matrimonio? Le donne
tenevano
così tanto al giorno del loro matrimonio!
Non
aveva più pensato alla cosa fino a quando,
quella mattina, aveva sentito Bud che diceva a Harriet che Mic gli
sarebbe
mancato, visto che erano diventati amici.
Perché
mancato? Lui e Mac sarebbero andati via
da Washington? Sarebbero andati a vivere in Australia, dopo la
cerimonia? No,
non era possibile! Sposata a Brumby sì, ma non sarebbe riuscito a
resistere,
senza poterla vedere… Aveva deciso di chiedere spiegazioni a
Bud e
Harriet e loro lo avevano colto di sorpresa quando gli avevano
assicurato che
era Mic a partire, che non ci sarebbe stata alcuna cerimonia… Pensavano
che lui
lo sapesse.
“Io
non so nulla. Credevo che Mac non mi
comunicasse ancora la data per scaramanzia. Ma… che cosa è successo?”
Bud
e Harriet si erano scambiati uno sguardo
complice e poi Bud se n’era andato. Harm era rimasto solo con
Harriet, che lo stava
guardando con un’espressione triste e tenera allo stesso tempo, e aveva
cercato
una spiegazione.
“Harriet,
tu sai cosa è successo? Ti prego.
Dimmelo. Brumby si è arrabbiato con me per il casino che ho combinato e
hanno
litigato? I litigi per sciocchezze simili si possono appianare…”
“Quello
che è accaduto tra loro non si può
appianare” gli aveva risposto Harriet.
“Che
cosa è successo? Ti prego. Devo saperlo.”
Harriet
non sapeva se dirgli tutto o se
tacergli la verità: quando Mac era andata via sconvolta, la famosa sera
alla
cena dopo le prove, lei aveva lasciato trascorrere un po’ di tempo, in
seguito
era andata a cercarla. L’aveva trovata con Mic, e aveva sentito mentre
lui le
chiedeva se avrebbe potuto vivere senza Harm; poi aveva sentito i
singhiozzi di
Mac mentre gli diceva che lei aveva sempre amato il capitano
Rabb. Quando aveva saputo che il fidanzamento era
rotto, aveva chiesto a Sarah se Mic aveva capito tutto. Lei aveva
risposto
semplicemente sì.
Aveva
raccontato ogni cosa a suo marito e Bud
aveva detto che Harm aveva diritto di sapere quello che era successo a
causa
sua. Bud aveva sempre avuto la convinzione che il colonnello e il
capitano Rabb fossero fatti per stare assieme, ma quando Mac aveva
annunciato il suo matrimonio
con il capitano Brumby, alla fine aveva dovuto ricredersi. In fondo
anche Mic
gli piaceva. La situazione, però, ora era cambiata e il capitano Rabb
doveva
sapere.
“Harriet…”
l’aveva incitata ancora Harm.
Allora
lei si era fatta forza e gli aveva
raccontato tutto; poi lo aveva lasciato solo.
Harm
non sapeva più cosa pensare: Sarah aveva
pianto per lui! Harriet gli aveva raccontato che Sarah era
sconvolta oltre ogni dire, quando aveva saputo che era disperso in
mare, quando
temeva per la sua vita.
Sarah
lo amava! Non amava Brumby, o almeno non
quanto amava lui.
Ecco
perché era riuscito a sopravvivere a
quell’inferno!
Da
quando era stato salvato in extremis, si
era continuamente domandato come mai fosse riuscito a scampare ad una
morte
quasi certa. Aveva addirittura pensato che fosse un debito del destino:
sua
madre non poteva perdere anche lui, dopo aver già perso suo padre. Dopo
le
parole di Harriet, aveva pensato che la vita gli stesse dando un’altra
opportunità.
Il
ricordo della loro notte d’amore gli era
tornato prepotentemente in mente e con esso tutto l’amore e il
desiderio che
provava per lei.
Perché
Sarah non gli aveva detto nulla? Per
quale motivo voleva fargli credere che stava ancora per sposare Brumby?
Aveva
deciso che l’avrebbe costretta a
parlargli, a spiegargli. Ma non al ‘JAG’. L’avrebbe raggiunta a casa
sua dopo
il lavoro; così avrebbero avuto pace e tranquillità per chiarirsi.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Capitolo
18
Aveva
aperto l’uscio, ma esitava a farlo
entrare: si era fermata sulla soglia. Harm osservò che doveva
essere appena
rientrata, anche se era uscita parecchio prima di lui dall’ufficio,
perché
indossava ancora l’uniforme.
“Che
cosa vuoi, Harm?” gli chiese con aria
stanca.
Il
suo bellissimo viso era così triste… Harm
provò subito il desiderio di baciarla, per farle ricomparire
quell’espressione
sognante che aveva visto la notte in cui avevano fatto l’amore.
“Fammi
entrare …” e mentre diceva questo, la
spostò con un gesto dolce, ma allo stesso tempo deciso. Lei si lasciò
spostare,
quasi incapace di opporgli resistenza; poi richiuse la porta e si voltò
a
guardarlo. L’uniforme gli modellava splendidamente il corpo e lo faceva
sembrare ancora più alto.
“Non
potevi aspettare lunedì?”
“No,
non potevo Sarah” le disse, mentre la
guardava negli occhi.
Eccolo
di nuovo quel suo sguardo che le
scavava l’anima: perché quando la guardava così aveva il potere di
sconvolgerla
sempre? Ma era proprio quello sguardo una delle cose cui non avrebbe
potuto
rinunciare, se lui fosse morto... No. Non doveva pensare al dolore
provato quando
lo aveva creduto perso per sempre. Se avesse pensato a quello, le sue
difese
sarebbero presto crollate.
“D’accordo.
Che cosa vuoi? ” gli chiese,
cercando d’essere dura, scostante; ma lui non si lasciò scoraggiare.
“Questo…”
E così dicendo la spinse delicatamente
contro la porta e si avvicinò, cercandole la bocca.
“Harm…”
mormorò Sarah. L’aveva colta di
sorpresa, ma doveva fermarlo. Non sarebbe più riuscita a resistergli,
se
l’avesse baciata, perché essere di nuovo tra le sue braccia era quello
che
desiderava più d’ogni altra cosa al mondo.
Tentò
di farlo smettere, ma lui non glielo
permise. Con una mano si appoggiò alla porta, impedendole la via di
fuga,
mentre con l’altra le sollevò il viso. Dolcemente iniziò a sfiorarle le
labbra
con lievi baci e lei si sentì morire. Sapeva che avrebbe ceduto, se lui
avesse
continuato. Doveva fermarlo! Ma non era sicura di riuscire a farlo
smettere… E
forse, non lo voleva neppure. Harm, tuttavia, non aveva ancora
alcun’intenzione
di lasciarla andare: affondandole la mano tra i capelli la attirò con
più forza
verso la sua bocca e iniziò a baciarla con più passione.
Fu
un bacio abbastanza breve… intenso, ma
breve. Doveva prima parlarle; se avesse continuato a baciarla avrebbe
fatto
l’amore con lei lì, in piedi, contro la porta. La desiderava
da impazzire! Però prima
dovevano parlare. Quando fece per lasciarla, Sarah lo
sorprese,
perché gli mise le braccia attorno al collo e lo baciò con una passione
incontenibile.
Era
di nuovo tra le sue braccia, dopo aver
temuto di non poterlo più fare! Quanto le era mancato il sapore dei
suoi baci!
Non ce la faceva più a respingerlo.
Ma
fu Harm a fermarla.
Con
uno sforzo si staccò da lei. Stupita,
Sarah lo osservò dirigersi verso il camino, dopo aver appoggiato sul
divano il
berretto dell’uniforme. Lui stava cercando disperatamente di
controllarsi e
aveva un’aria tesa, quasi nervosa, mentre si passava una mano tra i
capelli,
prima di prendere l’attizzatoio per ravvivare il fuoco.
“Sarah,
dobbiamo parlare…”
Parlare…
Lui voleva parlare! Lei no: voleva solo far l’amore con lui e
non
voleva parlare affatto. Lo desiderava subito, ora: non le
importava
quello che sarebbe successo poi. Non le importava se lui l’avesse
voluta solo
per una notte, non le importava se fosse rimasto con Renee. Aveva
talmente sofferto, quando aveva creduto
di averlo perso per sempre, che ora non voleva sprecare altro tempo con
parole:
quello che voleva era soltanto poterlo riavere tra le braccia e poterlo
amare
di nuovo.
Nei
giorni precedenti, in ufficio, aveva
addirittura cercato di evitarlo, perché temeva di rendersi ridicola
facendogli
capire quanto lo desiderava, ma ora… lui era venuto a cercarla e
l’aveva
baciata! E lei avrebbe potuto averlo per se ancora una volta, almeno
ancora
una.
Lentamente
si avvicinò a lui.
Harm
stava fissando il fuoco. Sul suo viso le
fiamme disegnavano giochi di luce che sembravano riflettere le sue
tensioni.
Sarah gli toccò un braccio e lui, immediatamente, si voltò a guardarla.
Anche i
suoi occhi erano illuminati dalla luce del camino e la stavano fissando
con
insistenza. Desideravano delle risposte. Lui voleva delle risposte.
Lei,
invece, voleva solo abbracciarlo, toccarlo di nuovo. Gli sfiorò il viso
e lo
baciò ancora. Dolcemente. E lui non riuscì a resistere e la strinse tra
le
braccia.
Harm
non riusciva più a pensare con lucidità:
Sarah lo stava facendo impazzire. Avrebbero dovuto parlare, chiarirsi.
Ma
quando era così appassionata e dolce, non riusciva più a mantenere il
controllo. I suoi baci, le sue mani su di lui… mentre lo baciava, gli
aveva
sfilato la giacca e stava sciogliendo il nodo della cravatta...
Quando
indossava l’uniforme sembrava sempre
così serio, così professionale… invece Sarah adorava vederlo passare da
un
aspetto così impeccabile ad un atteggiamento vulnerabile e
appassionato.
Sembrava che tutto il suo temperamento sensuale fosse imprigionato
dall’uniforme, ma appena questa era tolta, si liberava prepotentemente.
Harm
la stava lasciando fare... incoraggiata,
gli allentò la cintura, aprì i bottoni della camicia e gliela sfilò.
Poi
cominciò ad accarezzarlo e a baciargli il collo. Lui cercò nuovamente
di
parlare, per chiarire prima le cose tra loro.
Lei,
però, glielo impedì: “Non voglio parlare,
voglio fare l’amore con te… ” gli sussurrò sulle labbra.
A
quelle parole, Harm la fermò, deciso.
Sarah
lo osservò. Il suo sguardo si era fatto
più intenso, velato di desiderio a stento trattenuto. Dopo alcuni
attimi, che
le sembrarono un’eternità, sembrò che la sua lotta interiore fosse
terminata,
oppure che, rassegnato, si fosse arreso al loro reciproco desiderio,
perché
dolcemente le sfiorò il viso. Poi le lasciò scivolare la mano lungo il
collo,
fino ai bottoni della sua uniforme. Iniziò a slacciarglieli, mentre
Sarah
tratteneva il respiro, per paura di distoglierlo da ciò che stava
facendo.
Toglierle
l’uniforme lo eccitava ancora di
più. Gli sembrava di poter realizzare, finalmente, un sogno proibito.
Uno dei
sogni che lo avevano tormentato i giorni successivi la loro notte
d’amore,
quando la incontrava al lavoro, così distante, così irraggiungibile.
Invece lui
non desiderava altro che far l’amore con lei, anche in ufficio, se solo
avesse
potuto!
Le
tolse ogni singolo indumento con studiata
lentezza, finché rimase nuda davanti a lui. Era stupenda. La
sua pelle, illuminata dal
bagliore delle fiamme, aveva riflessi dorati. Iniziò ad accarezzarla
lentamente e Sarah
rispose al suo tocco con trasporto, eccitandolo sempre più. Al punto
che non
riuscì neppure a portarla a letto. La trascinò a terra, sul tappeto ai
loro
piedi, continuando a baciarla ovunque. Si fermò solo qualche istante,
per
togliersi i pochi indumenti che ancora indossava. Poi riprese a far
scorrere le
mani e le labbra su di lei, con un desiderio che ormai non riusciva più
a
controllare. Quando gli aveva detto che voleva far l’amore
con lui, Harm non era più riuscito a pensare razionalmente. Aveva solo
desiderato di poter essere ancora dentro di lei. Non si trattava solo
di sesso.
Questo bisogno disperato che aveva di Sarah, gli nasceva dal cuore. E
al cuore
di Sarah voleva arrivare...
“Oh
Harm, mi sei mancato talmente… Ho creduto
di non poterti più rivedere.” Le parole le uscirono senza che potesse
impedirselo. Harm la stava travolgendo, con i suoi baci,
con le sue carezze. La stava trasportando in un mondo meraviglioso,
dove non
esisteva altro che lui. Solo lui. Soltanto lui, con le sue mani su di
lei, così
esigenti, ma anche tanto dolci, e con le sue labbra, avide e sensuali.
“Anch’io
temevo di non vederti più” mormorò
Harm, con voce soffocata.
Aveva
ancora un milione di cose da chiederle,
ma non riuscì più a dire nulla. Decise che avrebbero parlato dopo,
molto più
tardi…
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Capitolo
19
Erano
stesi sul tappeto, davanti al camino,
che oramai era spento. Harm allungò un braccio verso il divano
e
prese una coperta leggera, che Sarah teneva ripiegata, per quando vi si
rannicchiava di sera a leggere, e coprì entrambi.
L’intensità
delle sue emozioni lo sconcertava. Sentiva di amare la donna
stesa al suo fianco,
come mai avrebbe immaginato di riuscire a fare. Quando avevano
fatto l’amore per la prima
volta, aveva creduto di aver provato già allora sensazioni
meravigliose. Ma si
sbagliava. Su quel tappeto, alla luce calda del fuoco, tra le braccia
di Sarah
aveva raggiunto il massimo del piacere fisico e l’emozione più intensa
della
sua vita.
L’aveva
baciata e accarezzata a lungo, prima
di spingersi in lei e amarla completamente.
Una
parte di lui avrebbe voluto soddisfare
subito il desiderio che li travolgeva. Entrambi avevano provato paura
all’idea
di non vedersi più. La lontananza di quei giorni e questa paura avevano
alimentato un bisogno talmente urgente, che anche Sarah lo aveva
implorato più
volte, con gli occhi e con le parole, di placare al più presto la
voglia che
avevano l’uno dell’altra. Ma il suo cuore gli imponeva di
assaporare
lentamente le emozioni che stavano vivendo. E lui, al cuore, non aveva
potuto
che obbedire.
Erano
trascorse alcune ore ed erano sempre lì.
Sarah
si era assopita. Appoggiato ad un
gomito, Harm le sfiorava con dolcezza i capelli e la guardava mentre
stava
dormendo. Non riusciva a smettere di guardarla e neppure di toccarla.
Provava
per lei una tenerezza infinita e un amore immenso: com’era stato
stupido, a non
averlo capito prima. In molti avevano cercato di fargli capire che il
loro
legame andava ben oltre la grande amicizia, ma lui continuava ad avere
paura di
rovinare tutto. Sua madre più volte gli aveva detto che Sarah
era la donna giusta per lui. Invece lui, ostinato come sempre, aveva
dato
ascolto solo ai suoi timori. Così avevano perso tantissimo tempo, oltre
ad aver
corso il rischio di perdersi per sempre. Però forse era stato meglio
così: ora sapeva che la
decisione di lottare per il loro futuro assieme veniva proprio da lui,
e non da
qualcun altro. Inoltre, il fatto di essere così certo di quello che
provava per
lei, gli permetteva d’essere più determinato a fare in modo che le cose
tra
loro funzionassero.
Sempre
che anche lei lo volesse… Sembrava
strano pensare una cosa simile, dopo quello che c’era appena stato tra
loro,
dopo tutta la passione che avevano condiviso. Molte sue
domande, tuttavia, attendevano
ancora una risposta e lui non voleva uscire da quell’appartamento
finché non
avessero chiarito del tutto le cose fra loro. Non che questo gli
dispiacesse
più di tanto, pensò divertito: con lei, sarebbe stato rinchiuso in
quella casa
anche per dei mesi!
Sarah
si voltò leggermente verso di lui e aprì
gli occhi. Gli rivolse un sorriso dolce, prima di sollevarsi
leggermente e
baciarlo sulla bocca.
“Ciao!”
Che bellezza svegliarsi e vederlo al
suo fianco. Si sentiva in paradiso! L’uomo steso su un tappeto
con lei, l’aveva
amata al di là della sua immaginazione e l’aveva fatta sentire, per la
prima
volta in vita sua, pienamente soddisfatta. E, finalmente, una donna
completa.
Non aveva più quell’orribile sensazione di vuoto, come se le mancasse
qualcosa,
o qualcuno. L’amore di Harm aveva colmato quel vuoto.
“Ciao,
dormigliona, come stai?” chiese lui,
sorridendole a sua volta.
“Benissimo!
E tu?”
“Meravigliosamente
bene… con te,” Poi,
premuroso, le chiese: “Vuoi andare a riposare? Non sei stanca?”
Intanto
aveva ripreso ad accarezzarla,
lasciando scivolare pigramente la mano sul suo braccio. Era un
movimento
deliberatamente lento, quasi distratto, che a tratti si avvicinava
pericolosamente
al suo seno.
“No…
“rispose Sarah, con la voce soffocata.
“Sicura?
“
Lo
guardò. Il suo tocco la faceva
rabbrividire. Accadeva sempre così: bastava che lui la
sfiorasse leggermente e il corpo rispondeva immediatamente alle sue
carezze. E,
a volte, bastava anche meno. Era sufficiente un suo sguardo, oppure un
sorriso
perché sentisse subito l’irresistibile bisogno di lui.
“No,
non sono stanca. Anzi, a pensarci bene,
potrei anche ricominciare... ” Glielo disse, perdendosi nei suoi occhi.
Vide
lo sguardo di Harm farsi più intenso.
“Ehi,
donna di fuoco! Non conoscevo questo tuo
aspetto “, le rispose, mentre osservava con interesse quello che lei
gli stava
facendo. Con le dita aveva iniziato a percorrere il suo torace,
scivolando
dalla nuca fin sulle spalle, e poi più giù, provocandogli dei leggeri
brividi.
“Sei
tu che mi fai diventare così… mi piace
così tanto fare l’amore con te che non riesco a smettere” sussurrò
Sarah,
abbracciandolo e cercandogli di nuovo la bocca. Sentiva
rinascere in lei lo stesso desiderio
che l’aveva assalita prima, appena lo aveva visto. Quando gli era così
accanto,
un’ondata di sensualità la travolgeva sempre. Cominciò a baciarlo, con
le mani
che continuavano ad esplorargli il corpo e Harm sentì che stava per
perdere di
nuovo il controllo.
“Sarah,
aspetta, ora dobbiamo parlare…” Ma era
tanto bella… e troppo vicina a lui, per resistere.
“Ti
piace tanto parlare, questa sera?” chiese
lei, sorridendo, senza smettere di accarezzarlo.
“Non
è per questo! E’ che voglio capire… ”
Ma
sembrava che lei non ne avesse
alcun’intenzione: “Parla tu, io ascolto…” E mentre diceva così, lo
aveva fatto
girare supino e si era stesa sopra di lui.
“Non
riesco a parlarti, se mi fai questo…”
Così dicendo, ricambiò il suo bacio; poi si mise il cuore in pace e la
lasciò
fare. Sorridendo, pensò a quanto era piacevole arrendersi al suo
volere. Quando
lei lo desiderava in quel modo, lui non era capace di resisterle!
Ricominciarono
a fare l’amore, questa volta
ancora più dolcemente, guardandosi negli occhi. L’urgenza che prima li
divorava si era in
parte placata e aveva lasciato spazio alla dolcezza, alla sensualità,
all’amore. Infine si lasciarono andare esausti, ma ancora abbracciati.
“Ti
amo, Harm…” glielo disse, mentre gli
sfiorava il petto con piccoli baci. Era talmente presa da lui, dalla
felicità
di riaverlo con se, che non si era accorta di averglielo detto.
Lui,
però, lo aveva sentito. La fermò,
sollevandole il viso: “Cos’hai detto?”
Sarah
si sentì scoperta e arrossì: “Lo sai…”
“Non
me lo avevi mai detto, l’altra volta.”
“L’
ho talmente pensato in questi anni, che
ero convinta di avertelo detto… Ti amo.”
“Anch’io
ti amo, Sarah…”
“Tu
me lo avevi detto.”
“Si,
te lo avevo detto… e allora, mi spieghi
come mai avevi deciso di sposare, lo stesso, Brumby?” riuscì finalmente
a
chiederle.
Lei
lo guardò negli occhi senza rispondere;
poi si spostò, scivolando via dalle sue braccia e cercò di rialzarsi,
ma Harm
la fece fermare, prendendole una mano.
“Perché,
Sarah? Perché non mi hai detto che vi
siete lasciati e mi hai fatto credere che la cerimonia era stata solo
rimandata?”
“Come
hai fatto a saperlo?”
“Non
ha alcun’importanza. Quello che importa è
che io non riuscivo a capire perché tu non mi volessi più, dopo la
nostra notte
d’amore. Mi sono tormentato per giorni, per comprendere quando e in
cosa avessi
sbagliato… Poi non sono più riuscito a resistere. Non ero in grado di
sopportare l’idea di vederti sposare; per questo non ho rinunciato alle
qualificazioni. Ma ti sei arrabbiata... Io credevo che anche tu non
volessi avermi
tra i piedi alla cerimonia, invece ti sei arrabbiata. Allora avevo
deciso che
dovevo tentare di tornare in tempo…”
“Ssh
” sussurrò, posandogli un dito sulle
labbra “Ti prego, non parlare di quel giorno…”
“E
invece dobbiamo parlarne, Sarah… perché tu
e Brumby non vi sposate più? Ha saputo che abbiamo fatto l’amore e non
ti ha
perdonato?”
“No”
“E
allora, cosa è successo di tanto grave per
mandare a monte il matrimonio?”
“Ha
capito che amo solo te”
“Glielo
hai detto tu?”
“Si,
ma alla fine, quando mi ha costretto a
confessarlo. Mic lo ha capito da solo…”
“In
che modo? Dimmelo, Sarah”
“Lo
sai… perché vuoi che te lo dica?”
“Voglio
sentirtelo dire” le disse, guardandola
negli occhi.
Pretendeva
che gli aprisse del tutto il suo
cuore; voleva sentire dalle sue parole quanto aveva sofferto per lui,
quanto lo
amava; ne aveva bisogno per riuscire a convincersi che i suoi sogni
stavano
diventando realtà. E lei lo accontentò. Capiva la sua necessità. Ora,
che
finalmente gli aveva permesso di parlare, anche lei voleva che lui
confermasse
a parole le sue emozioni, i suoi sentimenti.
“Ero
disperata. Quando abbiamo saputo,
dapprima che tu e Skates eravate dispersi in mare, e poi che lei era
stata
tratta in salvo, ma non aveva visto se eri riuscito ad eiettarti, non
sono più
riuscita a resistere. Ho aggredito il comandante Ingalls al telefono,
quando
aveva detto che sospendeva le tue ricerche finché il tempo non
migliorava… Poi
sono scappata dalla sala in lacrime. Mic mi ha raggiunto per
consolarmi, ma
quando ha visto il mio viso ha capito tutto. In seguito mi ha costretto
ad
ammettere la verità.”
“Hai
davvero aggredito verbalmente il
comandante Ingalls?” le chiese, sorridendo divertito alla scena.
“Sì.
E se l’ammiraglio non mi avesse
interrotto, probabilmente ora sarei sotto corte marziale” gli rispose,
ricambiando il sorriso.
“Perché
non volevi dirmelo?”
“Perché
non volevo dirti che ti amo?”
“Sì,
perché non mi hai parlato, non me lo hai
detto subito, quando sono tornato? E non volevi dirmelo nemmeno ora…”
“Perché
tu vuoi Renee.”
“Ma
che dici? Chi ti ha detto che io voglio
Renee?”
“Stai
ancora con lei… ”
“Non
ho rotto con lei, hai ragione: tu mi
avevi detto che avresti sposato comunque Brumby! Ad ogni modo le cose
tra noi,
da qualche tempo, dalla famosa notte della tua festa di fidanzamento,
non sono
più quelle di una volta. C’è stato solo qualche bacio, voluto
soprattutto da
lei. E io non avevo ancora trovato la forza per lasciarla, perché
continuavo a
scervellarmi sul motivo per il quale tu avessi deciso di sposare
ugualmente Brumby,
dopo aver fatto l’amore con me in quel modo. Il mio istinto mi diceva
che non
potevo sbagliarmi: anche tu mi amavi! Una donna non fa l’amore così con
un
uomo, se non è innamorata di lui. Ma non me lo avevi mai detto, e poi
mi avevi
detto che ti saresti sposata comunque… “
“La
mattina dopo quella famosa notte ti ho
visto abbracciato a lei: la baciavi e avevi con lei un appuntamento, a
casa
tua, per la sera. Ho pensato che ti fossi pentito di quello che c’era
stato tra
noi e che volessi far tornare i nostri rapporti come prima.”
“Era
lei che mi baciava e sì, avevo fissato un
appuntamento per la serata, ma per parlarle, per dirle di noi… Sapevo
che tu
non ci saresti stata quella sera, così volevo approfittarne per
lasciarla. Poi
ti ho sentito parlare con Mic: lui ti avrebbe accompagnato alla
conferenza e ti
stava baciando. Ho cercato di parlarti, se ben ricordi, per capire.
Volevo una
spiegazione. Volevo parlare con te. Quella mattina te n’eri andata via,
lasciandomi solo, e mi sentivo così insicuro dei tuoi sentimenti.
Temevo che
saresti rimasta fedele alla parola data a Brumby e quando mi hai
annunciato che
intendevi sposarlo comunque… mi sono sentito morire”.
“Oh
Harm, come sono stata stupida! Io credevo
che tu fossi pentito delle cose che mi avevi detto durante la notte.
Temevo che
non sarei riuscita a sopportarlo, se tu me lo avessi confermato a voce.”
“Poche
ore fa, perché non volevi vedermi,
perché non volevi parlare?”
“Non
volevo parlare per lo stesso motivo: non
volevo che tu mi dicessi che le cose tra noi dovevano ritornare come
prima “.
“E
come potevi pensare che volessi dirti una
cosa simile, se non facevo altro che baciarti, desiderarti e far
l’amore con
te?”
“Pensavo
che il tuo, fosse solo desiderio… “
“Solo
sesso e basta? Mi consideri così poco,
allora? D’accordo, a volte sono stato superficiale con le donne, ma tu
sai
perfettamente che il motivo principale per il quale non ho mai voluto,
prima
d’ora, che facessimo l’amore, era proprio perché avevo il massimo
rispetto per
te. Come hai potuto pensare questo di me, dopo che ti avevo aperto il
mio
cuore, dopo che avevo detto che ti amo?”
“Mi
spiace, Harm… Ero confusa…. Poi, quando ti
ho lasciato entrare, non ho più pensato a questo: quando ti ho visto,
pensavo
solo che se mi baciavi, ero perduta. Non sarei più riuscita a resistere
e ti
avrei confessato il mio amore…”
“Ed
è stato così brutto confessarmelo?”
“No.”
Harm
la guardò negli occhi e le accarezzò il
viso. Sarah si sentiva felice: lui l’amava davvero.
“Anch’io,
sai, pensavo a te, mentre lottavo nella
tempesta… Pensavo che avrei potuto smettere di lottare, che non
m’importava di
morire se non potevo averti…”
“Oh,
Harm…”
“Avevo
tanto freddo e non riuscivo a
respirare, perché le onde continuavano a mandarmi sotto... solamente
con te ero
stato al caldo. Anche se faccio fatica lo stesso a respirare, quando mi
baci!”
Nel dirle questo le rivolse uno dei suoi splendidi sorrisi. Ecco:
anche ai suoi sorrisi non avrebbe potuto
rinunciare. Ai suoi sorrisi, alle sue labbra, alle sue braccia attorno
a lei
che la stringevano sempre così forte, come se lui non volesse mai più
lasciarla
andare.
“
… poi, mentre pensavo a questo, ho avuto
come la sensazione che tu fossi lì, con me. Allora ho sentito una
nuova,
inspiegabile energia che mi faceva lottare di nuovo… Finché non sono
arrivati i
soccorsi”.
“Non
so se sarei stata capace di vivere senza
di te, Harm… Ho pregato tanto, affinché riuscissero a salvarti” e
mentre
parlava, le vennero ancora le lacrime agli occhi, ripensando a quei
momenti.
“Ora
è tutto finito, amore” le disse con
dolcezza, accarezzandole il viso.
“Lo
so… ma non mi sembra ancora vero che tu
sia qui, con me.”
“Neppure
dopo le ore appena trascorse?” le
disse con uno sguardo divertito, e si capiva che era felice.
Stesa
su un tappeto, sotto una coperta leggera,
tra le sue braccia: a Sarah sembrava di essere in paradiso! Le sembrava
di non
aver bisogno di nulla d’altro, se lui era con lei. Avrebbe
dovuto essere certa di non poter più
rinunciare a lui, dopo aver fatto l’amore la prima volta. Con Mic non
aveva mai
avuto la sensazione di non desiderare nulla d’altro, se non essere con
lui:
quando era con Mic, spesso si accorgeva di attendere con ansia il
momento in
cui avrebbe rivisto Harm. Con Mic non si era mai sentita così
appagata,
così soddisfatta. Mic non l’aveva mai fatta sentire così completa.
Harm
l’abbracciò, posandole la testa sul seno
e Sarah iniziò lentamente ad accarezzargli i capelli, come se fosse un
bambino
da coccolare. Faceva ancora fatica a credere che lui fosse
di nuovo tra le sue braccia…
Harm,
invece, non riusciva a staccarsi da lei:
adorava esserle così vicino. Trovava fantastico avere la sua pelle
sotto di sé… comprese che avrebbe voluto addormentarsi abbracciato a
lei ogni notte,
col viso affondato tra i suoi seni, mentre lei l’accarezzava… Quando
era tra le sue braccia, si sentiva
vivo, felice… Le stesse sensazioni che provava quando pilotava un
caccia...
Desiderava
volare con leiper sempre, così, per tutta la
vita. Si sentiva talmente in pace…
Lasciò
vagare i pensieri e nel farlo si rese
conto che, travolti dal desiderio, non avevano usato alcuna
precauzione. Sorrise all’idea che forse avevano già messo
in cantiere un bimbo… Quel bambino che si erano promessi di fare
insieme,
qualora fossero stati ancora single fra tre anni. Chissà, magari
avevano rispettato
il loro patto con parecchio anticipo!
Un
figlio suo… suo e di Sarah.
Sentì
il cuore riempirsi di tenerezza a
quell’idea. Ultimamente aveva cominciato a pensare che gli sarebbe
piaciuto
diventare padre. Finalmente si sentiva più maturo, più responsabile:
molte
delle sue fissazioni si erano risolte e da poco cominciava a sentirsi
in pace
con se stesso. Quando questo pensiero lo sfiorava, gli era
impossibile non pensare a suo padre: come avrebbe voluto poter essere,
per suo
figlio, lo stesso genitore amorevole che suo padre, pur per poco tempo,
era
stato per lui. A volte pensava che Harmon Rabb sr. potesse
rivivere attraverso lui anche in questo. Ma non era solo per
quel motivo che avrebbe
desiderato un figlio, soprattutto un figlio da Sarah. Sapeva di essere
stato
concepito dall’amore immenso dei suoi genitori e voleva che anche il
sentimento
che lui provava per lei si concretasse in qualcosa di tangibile… E cosa
c’era
di più tangibile di un figlio?
Chissà
se anche lei…?
Prima
di pensare ad un figlio, però, voleva
che lei fosse sua per sempre. E non c’era alcun motivo perché non
potesse
realizzare il suo sogno.
Sarah
continuava ad accarezzarlo dolcemente,
in silenzio. Dopo qualche minuto, Harm le sussurrò:
“Sposami, Sarah… ”
Pensò
di averlo sognato: “Cos’ hai detto?” gli
chiese, trattenendo il respiro e fermando di colpo la mano.
Lui
si sollevò e la guardò intensamente negli
occhi, poi le mormorò sulle labbra: “Fammi volare per sempre, Sarah…“
Per
un attimo lei pensò che il suo cuore si
sarebbe fermato definitivamente. Lui la baciò dolcemente, prima di
dirle di
nuovo: “Vola con me! Sposami, Sarah “.
Sposarlo...
Harm le stava chiedendo di sposarlo!
E lei non desiderava altro.
Con
gli occhi pieni di lacrime gli sfiorò il
viso; poi lo abbracciò forte e, felice, gli disse:
“Ti
amo, Harmon Rabb jr! ”
“Questo
sarebbe un sì?” le chiese lui,
divertito.
“Sì.”
FINE
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