Fly with me

di Alexandra_ph
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Nota dell’autore:

 E’ il mio primo racconto in assoluto e lo scrissi nel lontano 2002;  sebbene già da tempo desiderassi scrivere qualcosa,  fino a quel momento non lo avevo mai fatto. In quel periodo  stavo attraversando un periodo difficile e in TV scoprii JAG per la prima volta (prima non sapevo neppure cosa fosse)... sulla Rai stavano trasmettendo le ultime puntate della 5a stagione e poi la 6a... Mi "innamorai" subito della serie, ma soprattutto dei due protagonisti... 
Questo racconto non è nulla di particolare, ma mi è molto caro, proprio perchè mi permise di superare un momento un po' critico della mia vita, che forse avrei vissuto  ancora peggio, se tutte le idee ed energie “incasinate” che frullavano in me in quel periodo, non fossi riuscita a convogliarle in qualcosa di creativo.

Spero che faccia trascorrere anche a voi del tempo in maniera serena e spensierata, com'è stato per me mentre lo scrivevo.

 
Buona lettura!

 




FLY WITH ME


Capitolo 1


La porta sbatté con violenza alle spalle del capitano Harmon Rabb.
Dopo aver riaccompagnato Renee, era rientrato in casa e si sentiva distrutto. Aveva provato a parlare con Sarah, a dirle quello che aveva nel cuore, ma non era sicuro di esserci riuscito. Lei se n'era andata con Brumby.

Ma cosa pensavo? Che dopo quel discorso assurdo, fatto alla sua festa di fidanzamento con un altro, lei lasciasse l’uomo col quale aveva deciso di trascorrere il resto della vita, per tornare a casa con me? Che stupido che sono! Avevo tutto il tempo per dirle prima quello che pensavo, quello che volevo… E non l’ho fatto. Ho aspettato. E ora? Cosa pretendo, ora, da Sarah?

Sarah…

Gli piaceva tanto il suono del suo nome, ma, ancora di più, quello dei loro due nomi assieme. Solitamente non la chiamava così, ma quando pensava a lei, quello che gli veniva in mente era il suo nome e non Mac, il soprannome col quale tutti la chiamavano di solito, lui compreso.
Quando pensava a lei si sentiva sempre vulnerabile e forse, proprio per questo, solo pochissime volte gli era sfuggito di chiamarla col suo nome di battesimo. Le rare volte che l’aveva chiamata Sarah, mentre lo faceva aveva sempre provato il desiderio di baciarla, di stringerla a sé, ma non lo aveva mai fatto… neppure sul battello a Sidney, neppure quando lei non aspettava altro.
Poche ore prima Sarah gli aveva chiesto perché in Australia si fosse tirato indietro ancora una volta.

Per le complicazioni, ho risposto. Ma quali complicazioni? Prima mi sembravano insormontabili; ora non vorrei altro che averla qui con me!”

Non l’aveva mai baciata, tranne la volta in cui credeva che ci fosse Diane con lui, e non Sarah.
Alla festa, tuttavia, quando lei gli aveva sfiorato le labbra con quel bacio che sapeva di rimpianto, non era più riuscito a resistere. Non aveva permesso che le labbra di Sarah lasciassero le sue. Cercandole di nuovo la bocca, l’aveva stretta tra le braccia e l’aveva baciata con dolcezza, assaporando la gioia di essersi concesso, finalmente, di fare quello che desiderava da tempo. Per un meraviglioso attimo anche Sarah si era abbandonata al bacio e quando aveva schiuso le labbra per lui, gli aveva fatto desiderare disperatamente di poter fare l’amore con lei. L’aveva lasciata andare solamente quando lei aveva posto fine al loro bacio. Non lo avrebbe mai fatto, altrimenti: avrebbe continuato a baciarla all’infinito, e al diavolo se li avessero visti! Al diavolo Brumby, Renee, l’ammiraglio… nessuno avrebbe potuto impedirgli di portarla con se. Lei, però, si era sciolta dal loro abbraccio, lo aveva guardato sorpresa e poi era rientrata.
Ora temeva che anche la loro amicizia fosse compromessa. Per questo si era sempre impedito di baciarla. Fin da quando l’aveva conosciuta, l’aveva trovata una donna molto desiderabile. Non gli sarebbe spiaciuto avere una storia con lei, anche quando la considerava ancora solo una cara amica. Tuttavia non l’aveva mai voluta, proprio perché teneva moltissimo alla loro amicizia.

Di solito le sue storie finivano sempre. A volte era lui che le faceva terminare, anche se più spesso era la sua partner del momento che lo scaricava. Ma in fondo era sempre lui che se l’andava a cercare perché era continuamente preso dai suoi problemi, dal lavoro, dalle sue fissazioni.
Ogni volta che stava con una donna, c’era sempre qualcosa in lei che lo attraeva, che lo affascinava, che gli toccava anche il cuore, ma mai a sufficienza. Mai a sufficienza per farlo pensare anche ai desideri della sua compagna: prima di tutto venivano sempre i suoi bisogni, le sue necessità, la sua volontà; se la donna lo seguiva, bene, altrimenti… La storia, prima o poi, finiva.

Solo con Mac era diverso. Loro, prima di tutto, erano amici e lei era l’unica donna per la quale provava un sentimento d'amicizia e tenerezza così forte, al punto di sentirsi in ansia quando la sapeva in una qualunque difficoltà, anche minima. Con lei riusciva a confidarsi come con nessun’altra e quando aveva un problema, Sarah gli era sempre stata accanto.
Solo Mac era a conoscenza di tutta la pena vissuta in Russia, alla disperata ricerca di suo padre. Solo Mac aveva capito fino in fondo il suo desiderio di tornare a volare.
Solamente Sarah… Solo lei gli era sempre vicina e lo accettava per quello che era.
Non poteva baciarla: se lo avesse fatto, sapeva per certo che non sarebbe riuscito a fermarsi ad un bacio. Era sicuro che con Sarah non avrebbe potuto mantenere il controllo della situazione. Oltre a desiderarla come donna, aveva scoperto di essere innamorato di lei e questo lo rendeva vulnerabile.

Mentre pensava a tutto questo, si era sdraiato sul divano; vista l’ora sarebbe dovuto andare a letto, ma non ci riusciva. Irrazionalmente, aveva pensato che quella sera lei sarebbe stata nel letto con lui, come aveva cominciato a desiderare da qualche tempo, all’inizio senza quasi rendersene conto. Ora quel letto vuoto lo faceva soffrire. Renee avrebbe voluto riempirlo; ma lui non voleva trascorrere la notte con lei. Era una donna piacevole, le era anche affezionato, ma non era la donna che desiderava, nonostante avesse detto a Sarah che pensava fosse la donna giusta per lui.

Aveva nascosto i suoi veri sentimenti, ancora una volta. A chi? Agli altri, oppure soprattutto a se stesso?

Mac aveva ragione, quando aveva affermato che vedeva in lui un uomo che non si lasciava mai andare, che non voleva mai perdere il controllo. Eppure non aveva desiderato altro, nella sua vita adulta, che trovare una donna di cui riuscire ad innamorarsi, come suo padre era innamorato di sua madre. Una donna da voler far sorridere e che facesse sorridere lui.
Pensava d'averla trovata nella sua compagna d’accademia, Diane, ma era stata brutalmente uccisa e il dolore per averla perduta era stato troppo forte. Poi aveva conosciuto la sua nuova collega, il maggiore dei Marine Sarah MacKenzie, e aveva creduto di essere impazzito. Somigliava a Diane in maniera impressionante, anche se erano molto diverse come personalità.
All’inizio avevano faticato ad andare d’accordo: Mac era molto dura con lui. Ma il tempo e le esperienze vissute assieme avevano creato un legame molto profondo, anche se continuavano a litigare come cane e gatto. Lui, però, adorava punzecchiarla a volte, così come trovava divertente quando lei gli rispondeva per le rime. Era come un gioco; una specie di loro codice segreto per parlarsi. Anche chi li conosceva, anche chi lavorava con loro, lo percepiva.
Nei momenti importanti, tuttavia, erano sempre presenti, l’uno per l’altra.

Una donna con cui dividere la vita… L’aveva trovata, ma non era stato capace di capirlo in tempo.

Prima si era impedito di desiderarla perché aveva pensato che assomigliasse troppo a Diane. Lui teneva troppo alla loro amicizia, per metterla a rischio con la fine di una loro storia: se avesse perso anche Sarah, avrebbe temuto di soffrire quanto aveva sofferto perdendo Diane. In seguito aveva capito che non poteva fare a meno di lei e aveva iniziato a pensare a loro due assieme, ma si era anche reso conto che lei si stava attaccando troppo a Brumby.
Brumby! Quell’uomo lriusciva ad infastidirlo anche solo quando pensava a lui… Figuriamoci quando lo vedeva! O quando lo vedeva con Mac. Anche ora, il solo pensiero di loro due assieme lo faceva infuriare. Ma era anche colpa sua: non si era fatto avanti, quando aveva capito che Sarah era la donna che desiderava, perché sempre bloccato dai suoi timori… e poi lei si era messa con l’australiano.

“Dannazione! Non riesco a sopportare l’idea che si sposi con quel tizio! Voglio andare da lei. Voglio farle capire che la amo e che desidero stare con lei! E non m'importa se, per dirglielo, prima sarò costretto ad affrontare Brumby!”

Si alzò dal divano; infilò il suo giubbotto da Top Gun, si richiuse la porta alle spalle e scese gli scalini a due a due.



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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***





Capitolo 2


Finalmente Mic se n’era andato! Sarah si appoggiò contro la porta chiusa dietro di lui, con un sospiro di sollievo e il cuore in tumulto. Mic avrebbe voluto passare la notte con lei.

“Insomma Sarah, perché vuoi restare sola, questa notte? E’ da qualche tempo che nel mio appartamento torno solo per prendere gli abiti puliti o dei documenti. Anzi, fosse dipeso da me, non sarei tornato neppure per quello. E stasera, dopo la nostra festa, vuoi che torni a dormire là. Per quale motivo? “

“Te l’ho detto, Mic… È solo perché sono molto stanca. Sono anche tesa per quella conferenza che devo tenere dopodomani all’Accademia Navale. Inoltre, qualche sera senza dormire assieme ci farà gustare meglio la luna di miele”, gli aveva detto, cercando di scherzare un po’. Ma evidentemente non c’era riuscita bene, perché lui aveva insistito: 

“Sei sicura? Sei davvero sicura che sia per questo? Questo voler restare sola non ha nulla a che vedere con il fatto che tu e Harm avete trascorso tanto tempo, questa sera, sulla veranda dell’ammiraglio? Cosa vi siete detti?”

Sarah aveva cercato di rispondere senza evitare il suo sguardo: “Nulla d'importante, Mic… Io e Harm abbiamo rivangato un po’ i vecchi tempi, alcune delle avventure vissute assieme. Sai che n’abbiamo passate tante, noi due! Poi lui mi ha augurato tanta felicità.” A quel punto, però, non era più riuscita a sostenere lo sguardo di Mic. Il ricordo del bacio di Harm non riusciva a scomparire dalla sua mente. Voleva restare sola per pensare; non ce la faceva più a sopportare le attenzioni del suo futuro marito.

“Va bene, come vuoi, ma domattina passo a prenderti per accompagnarti al lavoro” e così dicendo, era uscito e si era voltato indietro per darle il bacio della buonanotte, ma lei stava già chiudendo la porta dopo avergli sussurrato: “Grazie, Mic… Buonanotte!”

Finalmente sola!

“Che bei pensieri, Sarah! A pochi giorni dalle tue nozze, l’unica cosa cui riesci a pensare è che sei sollevata per aver sbattuto fuori di casa il tuo futuro marito!”

A dirla tutta, non erano quelli i suoi unici pensieri, ma gli altri erano ancora peggio, erano ancora più pericolosi per una donna in procinto di sposarsi. Aveva una gran confusione in testa... Continuava a pensare a quello che lei e Harm si erano detti sulla veranda. Mai avrebbe immaginato che lui le dicesse cose simili. E proprio alla sua festa di fidanzamento con Mic…
Harm aveva confessato di essere innamorato di lei, anche se non era stato del tutto diretto ed esplicito; di desiderarla e d’essere incapace di capire perché non l’avesse aspettato. Poi entrambi avevano assicurato che si sarebbero sempre voluti bene. A quel punto Sarah, spinta più che altro dalla tenerezza che aveva provato nel vederlo tanto triste, gli aveva sfiorato le labbra con le sue…
Quello che era successo dopo, non se lo aspettava assolutamente. Harm l’aveva già baciata, tempo addietro, una sola volta, quando pensava di baciare Diane, e lei lo aveva capito subito. Quel bacio le era piaciuto molto, ma le aveva messo nell’animo tanta tristezza: allora non stava baciando lei, anche se era sua la bocca sulla quale lui aveva posato le labbra.

Ma alla festa… non c’erano dubbi: Harm non voleva nessun’altra. Aveva voluto lei!

Dopo quel lieve bacio di conforto stava per scostarsi, ma lui non l’aveva lasciata. Le sue labbra le avevano cercato di nuovo la bocca; poi l’aveva stretta con forza al proprio corpo e aveva prolungato il bacio finché non era riuscito ad ottenere che lei lo ricambiasse, schiudendo le labbra per lui. Tra le sue braccia Sarah si era sentita sciogliere tutta. La passione, repressa da moltissimo tempo, e un’incredibile dolcezza, erano esplose tra loro, e lei n’era rimasta profondamente turbata. Sconvolta dalla sua reazione, ma soprattutto dal desiderio che aveva percepito in lui, aveva posto fine al loro bacio. Sembrava, tuttavia, che anche in quel momento Harm non volesse lasciarla. Sarah l’aveva capito dal modo in cui tentava di stringerla ancora a sé, e da come la guardava negli occhi, mentre lei si stava sciogliendo dal loro abbraccio. Poi, però, la sua razionalità aveva avuto il sopravvento. Sarah, allora, gli aveva restituito la giacca, che lui le aveva prestato e che l’aveva avvolta del suo profumo per più di mezza serata, e gli aveva detto: “Stiamo diventando bravi a dirci addio!” Quindi era rientrata… 

Ora non riusciva più a capire nulla! Aveva desiderato la sua bocca e le sue braccia attorno a sé per talmente tanto tempo che, a volte, si accorgeva di fissarlo incantata… e sempre attenta a non farsi scoprire da lui.

Harm aveva avuto altre occasioni per baciarla, ma non n’aveva colto neppure una.

Anche quella volta, sul battello a Sidney: l’emozione le stringeva la gola mentre gli parlava, e lo aveva provocato con i suoi discorsi perché non ce la faceva più ad aspettare che fosse lui a fare la prima mossa. Quella sera avrebbe voluto che lui la baciasse; avrebbe voluto cenare con lui, una cena romantica, per loro due soli e poi avrebbe voluto che lui l’accompagnasse nella sua stanza e facesse l’amore con lei per tutta la notte. Dio, quanto lo aveva desiderato… Invece lui era rimasto sulle sue e lei si era sentita respinta. Poi era arrivato Mic, con la sua dichiarazione, col suo anello, con le sue premure che non la facevano più sentire respinta da nessuno…

Questa sera, però, era andata diversamente: Harm l’aveva baciata con desiderio, e lei non ce la faceva ad ignorare quello che era successo tra loro. Senza pensarci due volte si girò, aprì la porta dalla quale era uscito da poco Mic, e uscì a sua volta di casa.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***





Capitolo 3


Harm stava per salire in macchina, quando la vide. Indossava ancora l’abito che aveva alla festa e stava scendendo dalla sua auto. Era bellissima, e non lo aveva ancora visto. Si fermò, quando si accorse di lui, paralizzata dalla sorpresa di trovarlo in strada.

“Ciao! Che ci fai qui? ” domandò Harm.

“Ciao.” E così dicendo, un brivido le attraversò la schiena.

“Vieni. Saliamo da me… Stai tremando di freddo.”

“No, tu stai uscendo. Non voglio disturbare.“

“Non disturbi. Stavo per venire da te, Sarah.”

Quelle parole la sconvolsero ancora di più. Stava andando da lei? Inoltre l’aveva chiamata Sarah… rare volte l’aveva chiamata così, col suo nome di battesimo, e ogni volta che lo aveva fatto, il suo cuore aveva perso un battito. Lo fissò in quegli occhi chiari, profondi, dove adorava perdersi ogni volta che si guardavano.

“Vieni Sarah…” E le prese la mano. Al tocco delle sue dita rabbrividì di nuovo.

Lui si sfilò il giubbotto e glielo mise sulle spalle.

“Sembra che questa sera tu debba per forza indossare qualcosa di mio “ le sussurrò dolcemente, mentre la guidava su per le scale, fino al suo appartamento.

Adorava indossare qualcosa di suo, essere avvolta completamente dal suo profumo. Si sentiva sicura, protetta. Anche se, in quel momento, la sua voce profonda, la sua mano calda sulle spalle mentre la invitava ad entrare e i suoi occhi che la osservavano, la facevano sentire più eccitata che protetta.

“Così va meglio. Mettiti comoda.”

Sarah non riusciva a parlare e si guardò attorno, come faceva tutte le volte che entrava in casa sua. Non sapeva perché. Conosceva bene la sua casa, eppure ogni volta era incuriosita dall’ordine che vi regnava. Era sempre ordinata, ma al tempo stesso vissuta: vissuta da lui. Ogni volta si guardava in giro, con la curiosità di cogliere qualche traccia diversa, qualcosa che avrebbe denotato un attimo di smarrimento, un po’ di rabbia, una gioia improvvisa… ma nulla, tutto era sempre perfettamente a posto.

Ogni volta, tranne quella: la giacca che indossava alla festa era stata gettata su una sedia. Si voltò a guardarlo e notò che indossava gli stessi pantaloni del completo e la stessa camicia. Questa non era più diligentemente infilata, ma fuori dei calzoni e slacciata sul fondo, come lui era solito fare non appena entrava in casa e si metteva in libertà. 
Lo faceva subito, quasi d’istinto, e lo aveva fatto anche da lei più di una volta, quando era andato a cena per discutere di un caso direttamente dall’ufficio. Appena lei gli diceva di mettersi comodo, invece di sedersi subito, prima si toglieva la giacca, che appoggiava ordinata alla spalliera di una sedia. Quindi si toglieva la cravatta, slacciava i primi due bottoni, rivelando il suo bellissimo collo, e poi, proprio un attimo prima di sedersi e sospirare soddisfatto, sfilava la camicia e apriva altri due bottoni sul fondo.

Sembrava un rituale. La prima volta, lei era rimasta esterrefatta!

Era l’unico uomo che conosceva che si sfilava la camicia in compagnia di una donna, solo per mettersi comodo, senza secondi fini. Glielo aveva fatto notare e lui l’aveva guardata sorpreso, le aveva rivolto un sorriso disarmante e, con aria da cucciolo, aveva assicurato che non ci aveva pensato, lo aveva fatto d’istinto. Di solito non gli succedeva di sentirsi così rilassato e a suo agio in una casa diversa dalla sua. Quello era un rituale intimo, che normalmente faceva solo in privato. Avrebbe dovuto sentirsi lusingata e non offesa, perché significava che lei lo faceva sentire a suo agio.

“Ma se la cosa ti offende…”

Sarah non lo aveva lasciato finire e aveva replicato: “No, figurati, non preoccuparti!”

Harm, tuttavia, non intendeva quello che lei aveva capito e con un sorriso sornione aveva terminato la frase:

“… posso sempre decidere di avere secondi fini!”

A quelle parole, lei gli aveva tirato dietro un cuscino del divano, che lui aveva abilmente schivato. Da allora, ogni volta che automaticamente gli diceva di mettersi comodo, sorrideva divertito, allontanava da lei i cuscini del divano e poi iniziava col suo rituale!

La giacca, però, quella sera non era accuratamente infilata alla spalliera della sedia, ma gettata sul sedile. Anche la cravatta penzolava a terra. Sembravano gettate con rabbia.

“Scusa il disordine…” disse Harm, dirigendosi verso la sedia.

“No. Lascia stare.” Prendendogli una mano, Sarah lo fermò. Era tenero, nella sua maniacale ricerca dell’ordine, come se cercasse di nascondere tutte le sue emozioni, qualunque fossero. Lei, però, lo adorava quando era allo scoperto…
Harm si girò verso di lei e la osservò. Aveva il suo solito sguardo intenso, che le scavava nell’animo; uno sguardo che le faceva sempre dimenticare persino dov’era.

“Come mai stavi venendo da me? E dov’è Renee?” gli chiese.

“Perché sei qui?” domandò lui, quasi contemporaneamente.

“Prima io, avvocato!”

Lui distolse lo sguardo e Sarah temette che si richiudesse di nuovo in se stesso.

“Harm, perché stavi venendo da me? Dimmelo. Ti prego.” Lo implorò lei.

“Non sopportavo di stare in casa…” mormorò, cercando di svicolare con una scusa, ma Sarah lo costrinse, con lo sguardo, a dire la verità.

“Volevo parlarti”, riprese esitante; poi, quasi con rabbia, continuò: “Volevo portarti via da Brumby! E tu, come mai sei qui? Dov’è il tuo futuro marito? ” aggiunse con cattiveria.

“L’ho mandato a casa sua”, rispose candidamente Sarah. “Volevo stare sola con i miei pensieri… Poi mi sono accorta che non volevo stare sola, volevo stare con te.”

“Con me?… Perché con me?”

“Volevo… Desideravo sapere…” mormorò lei.

“Cosa?“ chiese Harm, trattenendo il fiato.

“… nulla.” E distolse lo sguardo.

“Sarah… cosa desideravi?” insistette lui, sollevandole il viso con le dita, deciso a non lasciar cadere il discorso. Lei continuava a tacere.

“Dimmelo… ” le sussurrò, guardandola negli occhi.

Finalmente si decise: “Mi chiedevo come sarebbe andata stasera se non fossimo rientrati alla festa, ecco!”

La guardò sorpreso: “In altre parole se tu non avessi detto che stiamo diventando bravi a dirci addio? E se non te ne fossi andata dopo che ti ho baciato?”

“Ummmh…” rispose Sarah.

“E come pensi che sarebbe andata?” le chiese. L’argomento lo interessava moltissimo e non aveva alcun’intenzione di mollare.

“Non lo so” ammise lei.

“Beh, c’è solo un modo, se vuoi, per scoprirlo...” aggiunse Harm, con una strana luce divertita negli occhi. E le fece un cenno, come a volte faceva mentre lavoravano ad un caso, quando le chiedeva di ripetere quello che il cliente aveva detto loro di aver fatto. Talvolta utilizzava questo metodo per verificare una teoria, oppure per capire se l’assistito stava mentendo.
Sul lavoro erano davvero in sintonia: quasi sempre si capivano solo con un gesto o con uno sguardo, ed era per questo che entrambi adoravano lavorare assieme. Le loro indagini e le rispettive conclusioni finivano sempre col coincidere, sia che si trovassero dalla stessa parte, sia che fossero l’uno contro l’altra. Questo li rendeva una squadra imbattibile. Anche l’ammiraglio, il loro capo, se n’era accorto da tempo, ed era il motivo per il quale, appena poteva, li assegnava allo stesso caso.

Quando capì cosa le aveva proposto di fare, lo guardò negli occhi, indecisa. Nello sguardo di Harm leggeva molte cose: la sfida con la quale la incitava a ripetere la scena che era stata preludio al loro bacio, la dolcezza che i suoi occhi e le sue labbra le promettevano, il desiderio che lei lo baciasse di nuovo… Ma lesse anche incertezza. L’incertezza che lei non lo facesse più. E, finalmente, prese la decisione solo per far sparire dai suoi occhi quell’incertezza.

Come poche ore prima, si sporse verso il suo viso e gli sfiorò le labbra con le sue, per ritrarsi quasi subito.

E come allora, le labbra di Harm la seguirono, decise a non lasciare le sue. Di nuovo la strinse a sé con forza, ma questa volta la sua stretta sembrava meno disperata. Ora, con una mano nei suoi capelli, le accarezzava la nuca mentre la baciava con struggente dolcezza, mentre la lingua le sfiorava la bocca, costringendola, di nuovo, ad aprirsi per lui. E lei obbedì… Non appena lo fece, Harm trasformò il loro dolce incontro di labbra in un bacio sensuale e appassionato.

A Sarah il cuore batteva impazzito nel petto, mentre lui non la lasciava andare e continuava a baciarla con desiderio.

Harm, invece, fu sorpreso che lei accettasse la sfida: ora che l’aveva di nuovo tra le braccia, nulla gli avrebbe impedito di dimostrarle quanto la desiderasse. Voleva sentire la sua pelle sotto le dita… Fece scivolare il giubbotto che le aveva posato sulle spalle per scaldarla, e con esso cadde a terra anche la stola di seta che lei indossava sopra l’abito. Così poteva stringerla premendo le mani contro la schiena nuda, accarezzandogliela. La pelle di Sarah era liscia come seta e il suo profumo lo stordiva. Non riusciva a smettere. Era meraviglioso baciarla! Così bello da fargli rimpiangere tutte le volte che aveva desiderato farlo e aveva rinunciato. Le sue labbra morbide si erano arrese così dolcemente alla sua volontà che il desiderio di lei, provato poche ore prima, non era nulla a confronto di ciò che stava provando ora. 

Possibile che non capisse quanta voglia avesse di far l’amore con lei?

Nel frattempo, Sarah si sentiva soffocare dalla passione che quella bocca dolcissima faceva crescere in lei. Si scostò a fatica da lui, sconvolta da quell’emozione, ancora più intensa di quella provata alla festa. Di nuovo fece per allontanarsi, ma la sua voce roca le sussurrò:

“Ti amo, Sarah… ”

Quelle parole la paralizzarono. Non glielo aveva mai detto. 

Harm le sfiorò con le dita un braccio nudo e un brivido la attraversò tutta. Lui la guardava negli occhi, e sembrò leggere tutte le sue emozioni. Lei, invece, non riusciva a vedere null’altro se non il suo viso mentre le ripeteva: “Ti amo, Sarah…”

Mai il suono del suo nome le era sembrato tanto dolce quanto in quel momento! Un’emozione intensa le fece tornare le lacrime agli occhi, come alla festa, quando Harm aveva domandato perché non lo avesse aspettato il tempo necessario per liberarsi dalle sue paure. E come poche ore prima, la mano di Harm le asciugò una lacrima con una lenta carezza; poi, fissandola negli occhi, le disse di nuovo: “Ti amo”.

Rapita dal suo sguardo e da quelle parole non riuscì più a resistere: si avvicinò e lentamente fece scorrere la mano sul suo petto, per abbracciarlo. Nel farlo sentì che anche il suo cuore batteva forte… allora si strinse a lui. Aderì a quel corpo forte e muscoloso. Immediatamente lui la strinse ancora di più, fino a farle mancare il respiro.

“Harm, baciami ancora…” lo implorò. Desiderava di nuovo le sue labbra.

Sentirla pronunciare il suo nome mentre la teneva tra le braccia, gli fece perdere del tutto il controllo.

“Oh Dio, Sarah…” gemette, mentre obbediva alla sua richiesta.

Intanto le sue mani esigenti le scorrevano sulla schiena nuda e scivolavano sotto le spalline dell’abito… Quando si accorse di quello che stava facendo, si bloccò, incerto, quasi ad attendere il suo permesso. Stretta contro di lui, anche lei voleva accarezzare la sua pelle. Rispose alla sua domanda slacciandogli i pochi bottoni della camicia ancora chiusi e passando le mani sul suo torace nudo: era così caldo sotto le sue dita… Mentre lo accarezzava, lo sentì sospirare.

Harm non aspettava altro: iniziò a lasciar scendere le labbra dal collo alle spalle, fino al suo seno. Quel seno, che aveva immaginato più volte nascosto dall’austera uniforme da Marine, e che lo aveva fatto impazzire tutte le volte (troppo poche, per i suoi gusti) che lo aveva intravisto, quando lei indossava un abito da sera. Come quello che indossava ora: non aveva desiderato altro che poterla toccare da quando l’aveva vista a casa dell’ammiraglio, al fianco di Brumby, con quell’abito addosso! Aveva addirittura pensato che l’avesse indossato apposta, per farsi desiderare maggiormente da lui, quasi a fargliela pagare per non averle detto prima quello che sentiva per lei. Il suo seno… era meraviglioso averlo tra le mani, così morbido e caldo; era stupendo poterglielo toccare. Poi abbassò il viso e glielo baciò con una dolcezza tale da sconvolgerla del tutto.

“Harm…” sospirò, completamente presa da lui. Le sue mani così grandi… Quante volte aveva desiderato averle su di sé? Quante volte aveva desiderato che la stringesse, la baciasse, la toccasse così? Non riusciva più a pensare razionalmente… Che cosa stavano facendo? Avrebbe dovuto sposarsi con Mic tra pochi giorni. Fece per allontanarsi da lui, ma Harm tornò con la bocca alle sue labbra e, sfiorandogliele, le sussurrò con voce roca: “No. Ti prego… Non andartene”.

“Non possiamo… Mic…” cercò di dire lei, mentre, ancora una volta, non riusciva a resistere al bacio che le stava dando.

La baciò di nuovo, quasi con disperazione. Quando lei stava iniziando a pensare che non avrebbe più smesso, si fermò per guardarla intensamente negli occhi, mentre le faceva scivolare una mano sulla guancia e col pollice le accarezzava la bocca.

“Fai l’amore con me, Sarah …” le sussurrò con voce profonda.

Non gli aveva mai visto quello sguardo… Spesso cercava di nascondere le sue emozioni, ma gli occhi lo tradivano sempre e lei aveva imparato a leggere il suo sguardo per capire quello che a volte non voleva dirle. Guardandolo negli occhi, Sarah lesse tutto il desiderio che lui aveva. Sentì la passione attraversarle il corpo, come se fosse una sua intensa, lunghissima carezza. Harm, però, non la stava toccando, non più. Si accorse anche che aveva sciolto il loro abbraccio, ma le era così vicino che respiravano lo stesso respiro. Voleva che fosse lei a decidere. Non l’avrebbe forzata. Aveva solamente dimostrato quanto la desiderava; tuttavia avrebbe accettato la sua decisione.

Sarah si sentì lacerata: la sua lealtà le imponeva di uscire da quella casa; l’amore e la voglia che aveva di lui le impedivano di farlo. Quanto desiderava quell’uomo! Voleva ancora le sue mani su di lei, la sua bocca…

Voleva amarlo.

Da moltissimo tempo non desiderava altro che poterlo amare. Come avrebbe potuto resistere ora? Ora che, finalmente, anche lui voleva fare l’amore con lei. Gli tolse la camicia, senza quasi accorgersi di quello che faceva, e lo abbracciò. Un’ondata di sensualità la travolse, quando lo sentì fremere tra le sue braccia. Allora gli cercò la bocca, mentre una mano saliva a sfiorargli il viso. Stringendosi di più a lui, gli passò lentamente la lingua sulle labbra, che immediatamente si aprirono per lei…

Dio mio, cosa gli stava facendo? Come poteva eccitarlo tanto, solamente sfiorandogli le labbra? Nessuna donna lo aveva fatto sentire così, solo con un bacio. La sua sensualità lo travolgeva. Non riuscì più a resistere: la sollevò tra le braccia e la portò verso il letto. 

La passione tra loro stava aumentando in maniera incontrollabile. A Sarah venne da sorridere, mentre pensava a quello che gli aveva detto proprio poche ore prima.

“Perché sorridi…?” le chiese dolcemente Harm, la voce che era un sussurro, mentre continuava a baciarle la gola, il viso, le labbra.

“Pensavo a quando ho detto che non perdi mai il controllo…”

Lui la guardò e le rivolse uno dei suoi affascinanti sorrisi, che le facevano sempre sciogliere il cuore. Poi, lasciandola scivolare contro il proprio corpo, fece in modo che si rimettesse in piedi accanto al letto. Sarah trovò quel gesto estremamente eccitante: aveva sempre desiderato quel corpo magnifico e ora lo aveva così vicino… così addosso… e fra poco sarebbe stato solo suo.

Si guardarono negli occhi, gli sguardi offuscati dalla passione, e insieme continuarono a spogliarsi…

Harm la accolse nel suo letto, stendendosi accanto a lei.


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***





Capitolo 4


La risvegliò la luce fioca del mattino. Si stiracchiò, provando un senso di beatitudine che non provava da tempo. Incuriosita, si domandò come mai; poi si accorse del braccio che le cingeva i fianchi nudi e del viso addormentato sul cuscino accanto al suo e ricordò.

Sorrise dolcemente mentre guardava Harm che dormiva beato, come un bambino. Era stato incredibile tra loro… così sensuale e dolce... Mai con nessun uomo si era sentita così, neppure con quello che aveva pensato di sposare. Harm le aveva dato tutto: amore, passione, dolcezza, ma, soprattutto, le aveva dato se stesso. Lui, sempre così distaccato perché immerso nei suoi mille problemi, quella notte, facendo l’amore, le aveva rivelato la sua vera personalità.

Appena lo aveva conosciuto, era stata colpita dalla sua bellezza: come non esserlo?

Madre Natura era stata davvero generosa con lui. Era così alto, atletico, con due occhi chiari e molto profondi, ravvivati da un intuito e da un’intelligenza oltre la media, e un bel viso maschio, che s’illuminava e diventava davvero affascinante quando lui sorrideva. Un sorriso perfetto, splendido e molto seducente. Un sorriso in grado di sconvolgere una donna.  Ogni cosa di lui l’affascinava, persino la disinvoltura con la quale il suo fisico perfetto si esprimeva. Un uomo così alto, avrebbe potuto muoversi impacciato, a volte, oppure sentirsi a disagio in alcune situazioni. Harm, invece, era sempre a suo agio, in armonia con se con stesso e con ogni parte del suo corpo, e questo lo si osservava dalla sicurezza e dall’agilità con cui si muoveva in ogni occasione.

Ma, soprattutto, lei trovava affascinante il contrasto che aveva scoperto tra la forza che il suo corpo sprigionava e la dolcezza con cui, a volte, la sorprendeva. 

Lui era sempre così sicuro di sé! Raramente esitava: sia sul lavoro, sia quando doveva prendere una decisione difficile, di solito seguiva sempre il suo istinto, e non sbagliava mai. Era sempre sicuro e tranquillo, anche quando pilotava i suoi adorati Tomcat. All’inizio, lei aveva trovato addirittura antipatica tutta quella sua sicurezza! Inoltre era sempre leale al dovere di patria e alle persone che considerava suoi amici; sempre pronto a mettersi in gioco in prima persona. E sensibile e dolce con lei… Sì, perché nonostante i loro battibecchi, lui non l’aveva mai abbandonata e l’aveva sempre trattata con molta stima e con molto rispetto.

Col tempo, conoscendolo, aveva scoperto anche aspetti molto fragili della sua personalità, ma che lo rendevano più umano. Era un misto tra un cucciolo tenero, da coccolare e proteggere, e un uomo forte, che l’aveva sempre fatta sentire al sicuro. Probabilmente era proprio l’intuire questo insieme, associato alla sua bellezza, che affascinava ogni donna che aveva a che fare con lui!

Ripensò alle ore d’amore che si erano regalati. Quella notte, tra le sue braccia, tutte le sfaccettature della sua personalità si erano unite, fuse assieme da un’incredibile dolcezza e dalla passione, rivelando il vero Harmon Rabb, l’uomo che le aveva rubato il cuore.

Dentro di sé aveva sempre sospettato che lui sarebbe stato così. Non riusciva a spiegarsi, altrimenti, perché le provocasse più emozioni di chiunque altro; però non n’era certa. E la curiosità, oltre al desiderio, di fare l’amore con lui, nascevano anche da questo: voleva conoscerlo nella sua intimità più profonda, perché voleva capire il “mistero Harm”.

Ora che le era stato svelato, non sarebbe più riuscita a dare il suo cuore ad un altro.

Mic… Ripensò all’uomo che avrebbe dovuto sposare di lì a pochi giorni e capì che non sarebbe stato più possibile. Gli voleva bene, le piaceva molto anche, ma non era Harm. Non lo sarebbe mai stato. Però non sapeva come dirglielo: non voleva farlo soffrire. A questo proposito ricordò che le aveva detto che sarebbe passato a prenderla per accompagnarla in ufficio.

“E’ tardi… se non ritorno a casa alla svelta, non mi trova! ”

Non voleva che venisse a saperlo così! Voleva essere lei a dirglielo, anche se non sapeva ancora come ci sarebbe riuscita. Inoltre doveva trovare il modo di parlare con Harm: voleva essere sicura che anche per lui quella notte fosse stata speciale. Ora, però, non poteva aspettare che si svegliasse, stava diventando troppo tardi. A malincuore cercò lentamente di sciogliersi dal suo abbraccio, per non svegliarlo: non c’era tempo per le spiegazioni. Come avrebbe voluto, invece, poter restare, svegliarlo con un bacio e chiedergli di fare ancora l’amore!

Si alzò, si vestì rapidamente e iniziò a cercare nella scrivania di Harm un foglietto per lasciargli un messaggio.

“E’ stato tanto brutto stanotte, per farti scappare così?”

La voce divertita di Harm la fece sobbalzare. Si voltò e si ritrovò ad aspirare il profumo della sua pelle, circondata dalle sue braccia.

“Buongiorno! Non mi dai un bacio? ” chiese teneramente lui.

Che bello che era! Appena sveglio, e con l’aria ancora addormentata…  Era un’altra cosa che aveva sempre desiderato scoprire: com’era appena sveglio. Le rare volte che, in missione, erano stati costretti a condividere da fratelli la stessa camera, lui le aveva sempre ceduto galantemente il letto e aveva trascorso la notte sul divano… e sempre con un occhio aperto, vigile, pronto a scattare al primo segnale di pericolo. Aveva dormito su un divano o addirittura su una poltrona, sempre troppo piccola per lui… ma qualunque sedia sembrava sempre troppo piccola per lui: ogni volta che si sedeva, lo osservava muoversi sempre per qualche secondo, prima che riuscisse a trovare la giusta posizione per le sue lunghe gambe!

Come si presentava ora, era sicuramente meglio: molto sexy, con indosso solo un paio di boxer e con uno sguardo dolcissimo negli occhi. Lo guardò e vide un'altra cosa che le fece tenerezza: l’ombra scura della barba sulle sue guance di solito perfettamente rasate. Gli sfiorò con una mano il viso e lui, voltandosi leggermente, ne baciò il palmo. Poi la strinse tra le braccia, cercandole la bocca. Lei sapeva che se si fosse lasciata baciare non sarebbe più uscita. Allora con uno sforzo lo fermò, cercando d’essere dolce e gli disse:

“Harm, devo tornare nel mio appartamento. Mic passa a prendermi… Non voglio che lo scopra così”.

Sentì il suo abbraccio che s’irrigidiva e gli occhi gli si fecero di ghiaccio.

“Voglio essere io a dirglielo, cerca di capire. Poi vorrei anche parlare con te di quello che è accaduto tra noi questa notte.”

“E cosa pensi sia accaduto, tra noi, questa notte?” la sua voce era controllata, ma fredda.

“Ti prego, Harm. Lasciami andare. Parleremo poi. Ora sta venendo tardi… ” e così dicendo, gli sfiorò le labbra con un bacio, si sciolse dal suo abbraccio e uscì, lasciandolo solo.

 


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***





Capitolo 5


Era uscita: poche parole e se n’era andata.

Cercava di capire, ma non era sicuro di riuscirci. Dopo la notte appena trascorsa, aveva immaginato un risveglio molto diverso. Era stato svegliato dalla sensazione del posto vuoto accanto a sé. Non che sempre vi fosse una donna! Ma ricordava (e come, se lo ricordava!) che si era addormentato abbracciato a Sarah, dopo le meravigliose ore trascorse ad amarla e si aspettava di ritrovarla tra le braccia, al risveglio. Invece non c’era… Poi l’aveva sentita muoversi silenziosamente e allora l’aveva raggiunta. Voleva abbracciarla di nuovo: mai avrebbe immaginato che non poterla stringere al suo risveglio gli avrebbe fatto sentire quell’intensa sensazione di vuoto. Lei, invece, se n’era andata e lui non sapeva più cosa pensare. Era convinto che le cose fra loro si fossero chiarite, che avesse capito che lui l’amava.

Lei, però, non glielo aveva mai detto.

Lui le aveva finalmente aperto il suo cuore ma, ora che ci pensava meglio, lei aveva solo ricambiato la sua passione, non gli aveva mai detto che lo amava.

Decise di farsi una doccia, per vedere se riusciva, nel frattempo, a schiarirsi le idee. Mentre l’acqua gli scorreva sul corpo, lasciò vagare i pensieri per riflettere, però le sensazioni vissute con lei durante la notte erano così meravigliose, che continuavano a tornargli alla mente.

Aveva scoperto un aspetto di Sarah che non immaginava. Conosceva già la sua dolcezza, la sua tenerezza, a dispetto di come voleva apparire, ossia un duro Marine! Lui la conosceva... molte volte aveva avuto modo di sperimentarla. Come quella volta, quando gli avevano rubato e smontato la sua adorata Corvette rosso cremisi: Sarah aveva raccolto, dai pochi pezzi non ancora rivenduti dai ladri, l’impugnatura della cloche, dove lui aveva fatto incastonare il distintivo di pilota, per dargliela, affinché potesse rimontarla sull’auto nuova. Oppure quando aveva convinto l’ammiraglio che aveva bisogno ancora di qualche giorno di convalescenza sulla portaerei, dopo che si era ritrovato a lottare tra i rifiuti contaminati col ladro che aveva derubato la nave di oltre un milione di dollari. Lo aveva fatto per permettergli di approfittare della riconoscenza del comandante e di farsi qualche ora di volo su un Tomcat.

Lei era sempre tenera e dolce con lui… Anche quando doveva essere dura! Come in Russia, quando lo aveva seguito nella disperata ricerca di suo padre. Ancora ora non riusciva ad immaginare come avrebbe potuto farcela senza Sarah al suo fianco. Non solo perché era sveglia, intelligente e acuta nel consigliarlo; non solo perché insieme riuscivano ad occuparsi di un qualunque caso e risolverlo. E neppure perché parlava correttamente il russo… Senza di lei, non sarebbe mai riuscito a sopportare il dolore quando aveva scoperto che suo padre era morto. Quando tutte le speranze di ritrovarlo ancora in vita erano crollate, mentre piangendo, ascoltava le parole della contadina che gli raccontava come suo padre, per salvarla, avesse sacrificato la propria vita.

Quella notte aveva scoperto quanto Sarah potesse essere sensuale ed appassionata. La dolcezza con cui lo aveva accolto dentro di sé, fino a fargli desiderare di potersi annullare tra le sue braccia, e la passione e la sensualità che aveva dimostrato nel ricambiare il suo desiderio, gli avevano toccato il cuore.

Aveva avuto alcune relazioni e anche più di un incontro di una sola notte, ma nulla assomigliava a quello che aveva provato facendo l’amore con Sarah. Ricordava di aver provato qualcosa di simile solo con Diane…

Forse è davvero solo il vero amore a fare quest’effetto!” .

Quella notte si erano amati per ore e solo la stanchezza gli aveva impedito di continuare, perché il desiderio che aveva di lei non era stato per niente placato, al contrario, era aumentato. 

Voleva che fosse sua, solo sua.

Voleva tutto di lei: il suo splendido corpo, le sue carezze appassionate, i suoi sospiri pieni di desiderio, ma ora, soprattutto, voleva i suoi pensieri. E invece era andata da Brumby… Aveva pensato a lui. D’accordo: era ancora l’uomo che avrebbe dovuto sposare a breve, ma… Forse era giusto che chiarisse le cose con lui, eppure il pensiero che ora lei fosse con Brumby, e non tra le sue braccia, gli impediva d’essere razionale.

Già, razionale! Ad essere davvero onesti, infatti, il piantagrane tra loro tre era stato proprio lui.

“Sono io che, prima per la mia indecisione e poi perché non sono più riuscito a trattenermi dallo svelarle i miei sentimenti, mi sono intromesso tra due persone in procinto di sposarsi! Quindi ora devo smetterla! Devo lasciarle affrontare la situazione come ritiene corretto e non continuare a tormentarmi con dubbi… ”

Eh sì, perché alla fine c’erano proprio i suoi maledetti dubbi!

Il dubbio che lei non provasse gli stessi suoi sentimenti, la paura di aver compromesso definitivamente la loro amicizia e l’incertezza riguardo alle intenzioni di Sarah con Brumby.

“Se decidesse di rispettare la parola data e sposasse lo stesso quel dannato australiano, nonostante le abbia confessato il mio amore? ” si domandò, incerto.

Ore prima, c’era stato un momento in cui aveva temuto che non volesse fare l’amore con lui e che restasse fedele alla promessa fatta ad un altro. La desiderava così tanto… Non sapeva come avrebbe reagito se lei lo avesse rifiutato: non era sicuro di essere in grado di lasciarla andare, di non insistere. Sarebbe stato molto difficile accettare l’idea d’averla avuta tra le braccia, così morbida, calda e appassionata e poi non poterla amare come avrebbe voluto. Ma la passione tra loro era troppo forte perché potesse essere ignorata, e anche lei lo aveva capito. Quando finalmente si era arresa all’evidenza del loro desiderio, quando era stata lei a baciarlo, Harm aveva provato la stessa sensazione di gioia e d’euforia che provava ogni volta che volava in cielo con un Tomcat… e quella sensazione lo aveva travolto.

E se Brumby provasse a convincerla che ho confessato di amarla solo per portarla via a lui? Ma è stato così?” e su quella domanda si fermò pochi secondi a riflettere.

No, di questo ormai sono certo! Anche se avevo avuto dei dubbi, dopo stanotte sono scomparsi. Io amo davvero quella donna!”

Doveva smettere di tormentarsi, ma non ci riusciva. La testa gli stava per esplodere con tutti quei pensieri. Cercò di ritornare alla realtà e prese una decisione: sarebbe andato al lavoro; in ufficio l’avrebbe rivista e avrebbe valutato meglio la situazione.

Terminò di indossare l’uniforme, prese la cartella con i documenti che gli servivano durante la giornata e uscì di casa.

 


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***





Capitolo 6


“Che disastro!” pensò Sarah “ Volevo chiarire le cose con Mic, ma non ci sono riuscita. E ora Harm arriverà fra poco e non saprò come fare, cosa dirgli…”

Era arrivata al suo appartamento, giusto in tempo per riuscire ad indossare l’uniforme (e un’aria meno colpevole) prima che Mic suonasse alla porta. Lo aveva fatto entrare, poiché era arrivato prima del previsto, sperando di riuscire a parlargli, ma lui aveva cambiato i piani. L’aveva abbracciata e l’aveva baciata…

Non desiderava più i suoi baci: voleva conservare sulle labbra il sapore dei baci di Harm. Non poteva tirarsi indietro, però, senza farlo arrabbiare. E non lo voleva già arrabbiato prima di potergli parlare. Non sapeva neppure ancora cosa dirgli.

Nel tragitto da casa di Harm aveva provato a pensare alla conversazione, ma inutilmente. Tutti i suoi pensieri erano rivolti all’uomo che l’aveva amata quella notte. Desiderava essere ancora con Harm, nel letto con lui, e fare ancora l’amore… Mai aveva provato un desiderio così intenso per un uomo.

Sorridendo si era domandata come avesse fatto a restare così indifferente quella volta che si era offerta di passare la notte a casa sua per vegliare su di lui, mentre quello psicopatico di Palmer lo tormentava. Si era alzato per accenderle il riscaldamento, mentre lei non riusciva a dormire a causa di tutti gli avvenimenti di quel periodo. La coperta che l’avvolgeva sul divano, non la scaldava a sufficienza e non capiva come lui potesse dormire solo con un paio di boxer in quella casa gelata!

Stanotte lo aveva capito: il suo corpo emanava un calore tale da avvolgerla ancora, anche se non gli era più accanto.

Era giunta a casa con questi pensieri e quando Mic aveva incominciato a baciarla, non era riuscita ad iniziare un discorso logico. Poi si era fatto troppo tardi: lui l’aveva accompagnata in ufficio e sarebbe passato a prenderla verso sera, perché voleva a tutti i costi accompagnarla alla conferenza.

Avrebbe cercato di parlargli durante il viaggio, nonostante avesse preferito farlo prima. Non avrebbe più voluto che Mic andasse con lei. Visto come stavano le cose, ormai, avrebbe voluto Harm con sé. Tuttavia non poteva parlargli prima: non aveva più il tempo per farlo, poiché doveva ancora terminare la stesura del discorso e controllare anche alcuni particolari.

Perché Harm non arrivava ancora?

Uscì dall’ufficio e si diresse verso il suo, per vedere se fosse già arrivato.

Era nel suo ufficio, ma non era solo. Era abbracciato a Renee e la stava baciando… Stava per girarsi e tornare da dove era venuta, quando sentì la donna dirgli:

“Ciao, tesoro. Ci vediamo stasera a casa tua. Passo a prenderti non appena termino col produttore…”

 


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***





Capitolo 7


Uscendo di casa aveva trovato Renee che stava per suonare il campanello. Quando una mattina iniziava già complicata, perché doveva complicarsi ulteriormente?

Sorridente e bellissima come sempre, lei gli si era avvicinata e, col suo solito fare da gatta, lo aveva abbracciato e baciato, senza lasciargli il tempo di dirle: “Ciao”.

Poi aveva insistito per accompagnarlo in ufficio: voleva parlargli del suo incontro, durante la giornata, con un produttore. Harm l’aveva ascoltata descrivere entusiasta tutto quello che l’attendeva, ma i suoi pensieri erano altrove. Ora doveva anche pensare a come farle capire, e il più dolcemente possibile, che amava Sarah e che il miracolo che tanto attendeva Renee, si era verificato sì, ma con un’altra.

Gli spiaceva farla soffrire, ma era inevitabile.

Quella sera Sarah sarebbe stata in viaggio per andare alla conferenza. Sarebbe voluto andare con lei, ma non avrebbe potuto: aveva controllato l’agenda e l’indomani aveva una testimonianza per il caso che stavano seguendo assieme e, poiché lei non ci sarebbe stata, lui non poteva mancare.

Doveva rassegnarsi ad una notte senza di lei. Sarebbe stata l’ultima, però: non riusciva ad immaginare di trascorrere più di una notte ancora, senza riaverla tra le braccia.

Aveva detto a Renee che si sarebbero visti quella sera: così avrebbero potuto parlare con calma e avrebbe tentato di farle capire quello che era successo.

Poi lei aveva insistito per salire e salutarlo in ufficio, e non era riuscito a dirle di no, perché lo aveva fatto altre volte e impedirglielo ora avrebbe richiesto troppe spiegazioni.

Prima di andare via lei lo aveva avvolto di nuovo in uno dei suoi abbracci voluttuosi, l’aveva baciato e gli aveva ricordato che sarebbe passata a prenderlo per riaccompagnarlo a casa.

 


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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***





Capitolo 8


Dopo averli visti abbracciati, si era rintanata tutta la mattina in biblioteca, uscendo solo per un panino al bar sotto l’ufficio, quando Harriet le aveva detto che Mic l’aspettava giù. Aveva mezz’ora libera e aveva voluto farle una sorpresa, per definire gli ultimi dettagli della partenza. Sarah gli aveva permesso di accompagnarla in ufficio, incapace di pensare a qualcosa che non fossero Harm e Renee abbracciati. Prima di andare lui l’aveva baciata e le aveva detto che sarebbe passato a prenderla prima di sera, con la borsa da viaggio che lei aveva già preparato.

Mentre Mic la salutava, aveva visto Harm che li osservava a braccia conserte, con un viso teso e un’espressione per nulla promettente. Infuriata, si diresse verso il proprio ufficio. Come si permetteva di giudicarla? Era stato lui a fissare un appuntamento con la sua bionda per quella sera! Sapeva che lei sarebbe stata fuori città. E lui avrebbe trascorso la serata, e probabilmente anche la notte, con Renee.

Allora si sarebbe adeguata! Se le cose per lui stavano così…

Aveva detto d’amarla… Che bugiardo! Era stata tutta una tattica per farla andare a letto con lui! Sapeva perfettamente che la sua lealtà nei confronti di Mic sarebbe stata spazzata via solo dall’amore… Da quella fatidica parola che lui non aveva mai detto, tranne la notte scorsa.

Eppure sembrava talmente sincero quando aveva sussurrato: “Ti amo, Sarah …”

Com’era stato dolce con lei... E tenero, e appassionato. E quanto lo desiderava...

Quella mattina, tuttavia, sembrava che per lui le cose fossero cambiate. Probabilmente si era già pentito di tutta la faccenda: non aveva mai voluto mischiare lavoro e sentimenti. E lei che aveva pensato di lasciare Mic! Per fortuna che lui le aveva impedito di parlare. Era un uomo buono e non meritava di essere trattato così. Considerato come stavano le cose, era ancora in tempo per dimenticare la notte appena trascorsa e sposare Mic Brumby.

Harm entrò in ufficio dietro di lei e si chiuse la porta alle spalle. La vide voltarsi di scatto, con un’aria infastidita.

Non riusciva a capirla: perché baciava ancora Brumby? Perché lui aveva detto che sarebbe passato a prenderla per accompagnarla alla conferenza? Sarah e Brumby, via assieme, soli, questa notte?

Quella mattina, quando era scappata dalle sue braccia, gli aveva detto che non voleva che Mic venisse a sapere di loro due, prima che fosse lei a spiegargli e lui si era sforzato di accettare la sua volontà. Era convinto che tutto fosse stato chiarito e che restasse solo a lui l’ingrato compito di parlare con Renee.

“Che cosa vuoi?” lo apostrofò Sarah. La sua voce era molto controllata e lo sguardo era quello di una persona che desiderava mantenere le distanze.

Harm non capiva più nulla. Si era aspettato, se non un’accoglienza appassionata, visto il luogo dove si trovavano, almeno un saluto cordiale. Invece non si era fatta trovare per tutta la mattina. Harriet gli aveva detto che si trovava in biblioteca per terminare le ricerche e mentre stava per raggiungerla, l’ammiraglio lo aveva chiamato per discutere con lui di una faccenda, ed era arrivata ora di pranzo. Sperava allora di poterle parlare pranzando con lei, ma aveva saputo che Brumby l’attendeva al bar e che lei lo aveva raggiunto. Ora, fredda, gli chiedeva cosa voleva…

Voglio te! ” avrebbe risposto; invece si limitò a dirle: “Ciao, Sarah“, cercando di rendere il suo tono il più dolce possibile.

“Ciao. Allora, cosa c’è?” gli chiese.

… non capiva…

“Volevo parlare con te di quello che è successo…” iniziò, ma lei non lo lasciò finire.

“Non preoccuparti, non serve. Non è successo nulla di grave. Non occorre farne un affare di stato.”

Ma cosa diavolo stava dicendo? Nulla di grave?

“… ma le cose tra noi…” cercò di parlare lui.

“Quello che è accaduto non interferirà con i nostri rapporti di lavoro. Stai tranquillo! Siamo adulti tutti e due… “ disse e poi, addolcendo un poco il tono, continuò: “Anch’io tengo molto alla nostra amicizia. Ora scusami, Harm, ma devo proprio andare. Devo ancora terminare alcuni punti della relazione e Mic passa a prendermi alle cinque. Il viaggio richiede almeno due ore e lui vuole fare in tempo ad arrivare per poterci gustare una deliziosa cenetta. Penso che abbia organizzato una serata romantica…”

E così dicendo uscì dall’ufficio, lasciandolo lì, in piedi, come uno stupido!

Perché si comportava così? Per quale motivo? Aveva deciso di sposare lo stesso Brumby, ecco perché! I suoi timori si erano rivelati reali.

Al diavolo… Mai avrebbe capito le donne!

Avrebbe dovuto ammirarla per la sua lealtà…

Ma che cavolo sto pensando? Harmon Rabb, quella donna ti ha ridotto il cervello in pappa!”.

Non lo avrebbe più permesso, però. Non si sarebbe più esposto così per una donna!

Sarah lo aveva riportato alla realtà: aveva preso la sua dichiarazione d’amore per una frase romantica detta al momento giusto, e lo aveva usato per una scappatella prematrimoniale.

Eppure sembrava così sincera… il suo istinto non poteva sbagliarsi così.

Ora si sentiva a pezzi e non sapeva più cosa fare.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***





Capitolo 9


Sarah cercava disperatamente di dimenticare.

Erano passati quattro giorni dalla notte in cui aveva fatto l’amore con Harm e il ricordo di quelle ore faticava ad andarsene. Durante il viaggio fuori città con Mic aveva cercato di fare ordine nei suoi pensieri e alla fine aveva preso una decisione: i suoi progetti matrimoniali non dovevano andare in fumo per una notte trascorsa tra le braccia di un uomo che, anche se aveva detto di amarla, alla fine restava sempre un indeciso.

Era stanca di aspettare che Harm decidesse cosa fare della sua vita.

Col suo comportamento non aveva fatto altro che renderle le idee più confuse. Si era già rassegnata a non poterlo avere, ma quella notte d’amore aveva fatto rinascere in lei la speranza.

Ora, però, dopo la sua condotta con Renee, aveva capito che nessuna donna, lei compresa, lo poteva avere. Harm era uno spirito eternamente libero. Nessuna donna, neppure la più innamorata, sarebbe stata in grado di farlo crescere a sufficienza per fargli affrontare le responsabilità di un rapporto serio. E lei aveva speso già troppo tempo in rapporti irrealizzabili e non voleva sprecarne altro.

Aveva deciso, quindi, di sposare lo stesso Mic, nonostante sapesse che non lo avrebbe mai amato quanto Harm e nonostante non fosse più riuscita a trascorrere la notte con lui. Aveva bisogno di ancora un po’ di tempo, per scordare le braccia di Harm su di lei e per dimenticare la passione che avevano condiviso.

Non era stato facile convincere Mic, ma era riuscita a metterla sul “tradizionale”, ricordandogli che le ultime notti da single voleva trascorrerle da sola, per gustare meglio la luna di miele. Alla fine, anche se non condivideva la sua opinione, Mic aveva acconsentito ad accontentarla, senza sospettare il vero motivo della sua richiesta.

Al suo rientro dal viaggio, i rapporti con il capitano Rabb erano ancora tesi, ma lei aveva fatto il possibile per farli tornare quelli di una volta, basati sull’amicizia. Non voleva perderlo anche come amico, di questo era sicura. Se non poteva averlo come suo uomo, nessuno poteva impedirle di averlo come amico… e continuare ad amarlo in silenzio.

Intanto era allenata da anni a nascondergli i suoi veri sentimenti! Prima, però, non aveva mai sperimentato la passione tra le sue braccia. Questo rendeva molto più difficili le cose: come quando lo aveva rivisto in ufficio appena tornata. Le era sembrato, se possibile, ancora più bello del solito e la sua aria tenera aveva messo a dura prova la volontà di resistergli.

Harm aveva cercato ancora di parlarle. Sarah non capiva come mai continuasse ad insistere sui loro rapporti. Lei voleva che rimanessero buoni amici; glielo aveva detto, ma lui non sembrava convinto. Allora aveva cercato di chiarire di nuovo le cose con lui, spiegandogli che voleva bene a Mic e lo avrebbe sposato come stabilito, anzi proprio l’indomani ci sarebbero state le prove del matrimonio.

A quel punto Harm le aveva comunicato che non sarebbe stato presente alle prove: “Sarò sulla Patrick Henry per le qualificazioni semestrali, ma ci sarà Renee alla cena…”

Sarah si era arrabbiata: “… Ma… Harm, non puoi rimandare? In fondo voli solo poche volte l’anno… Preferisci rischiare di perdere la cerimonia?”

“Mac, cerca di capire! Quest’impegno io già lo avevo quando tu hai fissato la data”.

“E’ che a te non interessa esserci, ecco!” gli aveva risposto lei, nervosa.

“Se pensi che io sia indispensabile per la riuscita della cerimonia e del tuo matrimonio, allora dovresti riconsiderare l’uomo che stai per sposare!” aveva replicato lui, arrabbiato.

Poi, immediatamente, guardandola negli occhi, aveva chiesto scusa, ma lei si era sentita offendere da quelle parole e non gli aveva neppure augurato buona fortuna…

 


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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***





Capitolo 10


Almeno si sarebbe risparmiato la tortura delle prove della cerimonia!

Non vedeva l’ora di partire. Quando Mac gli aveva detto che avrebbe sposato comunque Brumby, si era sentito morire.

Come poteva? Come poteva voler sposare ancora quell’uomo, dopo quello che c’era stato tra loro? Com’era possibile che si fosse sbagliato a tal punto? Eppure lei lo aveva amato, quella notte. N’era sicuro! Così come era sicuro di amarla e desiderarla più di ogni altra donna, allo stesso modo era sicuro che anche lei lo aveva amato.

E allora come poteva sposare comunque Brumby?

Non era servito a nulla cercare di parlarle: lei aveva preso la sua decisione. Si sentiva sollevato solo dal fatto che le qualificazioni di volo gli davano l’ottima scusa per non esserci. Lo avrebbero considerato un egoista, ma a lui non sarebbe importato. Se Sarah lo avesse voluto, avrebbe mandato tutto a monte, pur di stare con lei.

Ma così … Meglio non esserci: non poteva sopportarlo.

Mac, però, se l’era presa molto quando glielo aveva detto… E lui, da stupido, aveva peggiorato la situazione, sostenendo che doveva pensare bene all’uomo che stava per sposare.

D’accordo, allora: avrebbe fatto il possibile per arrivare a casa in tempo per la cerimonia. Con un po’ di fortuna sarebbe arrivato a cerimonia già iniziata, così non avrebbe corso il rischio di rendersi di nuovo ridicolo ai suoi occhi, supplicandola di non sposare quel dannato australiano.

Ma almeno le prove le se le sarebbe risparmiate. Le prove e la cena a seguire: lui non aveva nulla da festeggiare. Che ci andasse Renee alla cena! Non aveva voglia di avere tra i piedi neppure lei.

Meglio concentrarsi sul volo: i suoi adorati aerei non erano come le donne, gli creavano molti meno problemi.

 


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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***





Capitolo 11


Solo un giorno ancora.

Non sapeva se sperare che le ventitré ore, diciassette minuti e quarantatré secondi che mancavano all’inizio della cerimonia, passassero al più presto, per dare un punto fermo, irrevocabile alla sua decisione, oppure se pregare perché le lancette del tempo si fermassero.

Si trovava con Harriet e stava provando l’abito da sposa. Avrebbe dovuto sentirsi felice, eccitata magari. Invece si sentiva solo tanto triste, perché quella sera, alle prove e alla cena, Harm non ci sarebbe stato.

Inoltre si erano lasciati senza neppure salutarsi, e questo la faceva stare ancora peggio.

Lei aveva bisogno del suo migliore amico: era l’unico che poteva darle la forza necessaria per non cambiare idea all’ultimo momento. Harm la faceva sempre sentire tranquilla. Ironia della sorte, poiché era proprio per lui che temeva di cambiare idea.

Come poteva pensare, allora, che la sua presenza la calmasse, la rendesse sicura della decisione di sposare Mic? Forse sperava sempre in un miracolo? Forse sperava che lui le dicesse, finalmente, che aveva lasciato Renee e che voleva lei?

Se l’era presa perché Harm aveva deciso di andare sulla portaerei, anziché essere presente alle prove e alla cena.

“Ma ci sarà Renee, alla cena” aveva replicato lui.

Cosa se ne faceva lei di Renee? Lei voleva Harm… E invece avrebbe rischiato di non vederlo arrivare in tempo neanche per la cerimonia.

“Accidenti a te, Harmon Rabb Jr…»


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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***





Capitolo 12


La soddisfazione gliela si leggeva in volto: aveva ottenuto il punteggio massimo.

Il responsabile delle qualificazioni aveva cercato in tutti i modi di rendergli la vita difficile. Era convinto che fosse uno “scribacchino” e che fosse venuto a far perdere tempo a tutti. Aveva anche cercato di attribuirgli la colpa, quando aveva fatto una manovra azzardata per riuscire ad evitare un incidente sul ponte durante il primo atterraggio. Un cavo aveva impedito all’aereo, che non avrebbe dovuto esserci, di liberare la pista, ma il responsabile aveva sostenuto che non era sceso quando glielo aveva ordinato. Harm, tuttavia, era riuscito a convincerlo a farlo riprovare, grazie alla sua dialettica (non per altro era un avvocato!), alla convinzione di essere dalla parte della ragione e grazie anche all’appoggio della sua compagna di volo, il tenente Elizabeth Hawkes.

Era stata il suo secondo, quando aveva ripreso a volare dopo l’intervento agli occhi che aveva eliminato il suo problema di visione notturna. A causa di quel difetto, anni prima era stato costretto ad abbandonare la professione che più adorava, ossia pilotare gli ‘F14’. Un fallito appontaggio notturno, durante il quale aveva distrutto un aereo da cinquanta milioni di dollari, lui stesso aveva rischiato la vita e il suo secondo era morto, non gli aveva lasciato scelta.

Dopo allora era diventato avvocato ed era entrato a lavorare al ‘JAG’, la Procura Militare. La professione d’avvocato gli piaceva, ma gli aerei restavano sempre il suo primo amore. Quando l’intervento gli aveva restituito la vista, gli era stato impossibile non seguire il richiamo di quella passione: aveva lasciato il ‘JAG’ ed era tornato a fare il pilota di Tomcat.

Skates, il tenente Hawkes, era stata il suo secondo e con lei si era subito trovato bene. Erano diventati immediatamente amici. A favore di questo legame aveva giocato il coraggio di Harm quando l’aveva salvata, mentre stava per cadere in mare dopo che si era eiettata da un aereo in fiamme. Ma erano stati decisivi anche la sua bravura nella professione d’avvocato e il fatto che non avesse mai dubitato di lei, la volta che l’aveva difesa quando si era trovata nei guai.

Il suo ritorno al volo, tuttavia, non era durato molto: solo sei mesi, durante i quali era anche riuscito a conquistare la sua seconda Croce al valore. Ma ormai era troppo vecchio per la carriera di pilota; inoltre si era accorto che la professione di avvocato gli mancava… Così era ritornato al ‘JAG’.

Continuava a volare, di tanto in tanto, ecco perché seguiva sempre le qualificazioni: voleva essere pronto ad ogni evenienza.  Il responsabile gli aveva intimato di eseguire i successivi quattro appontaggi “dritti come spaghetti”. Altrimenti non avrebbe avuto alcuna chance. Lui non solo li aveva eseguiti alla perfezione, ma anche nell’appontaggio notturno, che rimaneva sempre il suo incubo peggiore, aveva ottenuto il miglior punteggio. Alla fine il responsabile aveva dovuto riconoscere che lo “scribacchino di Washington” era anche un ottimo pilota!

Ora attendeva di partire al più presto per Andrews, assieme a Skates che andava in licenza per il week-end, per essere a casa in tempo per il matrimonio di Mac. Sapeva che lei ci teneva che ci fosse e non voleva deluderla. Anche se per lui sarebbe stato come morire…

“Sei pronto Harm?” chiese Skates.

“Si. Andiamocene di qui, prima che il tempo peggiori ulteriormente e che non ci lascino più partire”.


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***





Capitolo 13


La telefonata aveva raggiunto l’ammiraglio mentre la cena era in pieno svolgimento. 

Il tenente Roberts, collega, amico e testimone, aveva appena terminato il discorso di felicitazione agli sposi, quando gli avevano passato la comunicazione. Nessuno si era accorto della cosa: continuavano a festeggiare.

Alle prove della cerimonia tutto era filato liscio, e lui era orgoglioso che Mac avesse espresso il desiderio che fosse lui ad accompagnarla all’altare. Gli sembrava che fosse felice, anche se la sera della festa di fidanzamento, a casa sua, aveva avuto la strana sensazione che la cerimonia non sarebbe stata più celebrata o, per meglio dire, che lo sposo sarebbe stato sostituito.

Ancora ora, continuava a non capire i due elementi migliori del suo staff. 

Mac e il capitano Rabb si erano girati attorno per anni… All’inizio sembrava che si odiassero; poi erano riusciti a diventare ottimi amici e anche il lavoro ne aveva tratto notevoli vantaggi. Lui, tuttavia, aveva sempre sospettato che quell’amicizia fortissima che li legava, celasse un sentimento più profondo, che nessuno dei due riusciva ad ammettere.

Quando Brumby era arrivato dall’Australia per lavorare con loro al ‘JAG’, gli era sembrato che il maggiore MacKenzie fosse attratta da lui. Ma era anche convinto che fosse innamorata del capitano Rabb, il quale, tuttavia, continuava a tenerla sulle spine.

Perché diavolo non si decideva?

Quell’uomo lo aveva fatto sempre impazzire, fin dalle prime volte! Era un fantastico avvocato, il migliore forse del suo staff, ma anche terribilmente complesso da gestire. Ogni volta era capace di mettersi nei guai. Oppure riusciva a mettere nei guai qualcun altro, il che era ancora peggio! Ma non si tirava mai indietro, mai una volta. Era sempre pronto a rischiare in prima persona. Doveva ammetterlo. E in questo gli assomigliava.  Sapeva di poter mettere la vita nelle sue mani… e lo aveva anche fatto, quando erano assieme in Italia a liberare sua figlia Francesca dai rapitori. Harm non aveva esitato un solo attimo nel volerlo aiutare e lui era riuscito in quell’impresa disperata, unicamente grazie al fatto che il capitano gli aveva coperto le spalle.

Quando Harm e Mac erano stati dati per morti in Russia, non era riuscito a crederci: provava un affetto quasi paterno per loro… e poi il destino non poteva privarlo di entrambi gli elementi migliori della sua squadra! Era andato in Russia e li aveva ritrovati…

A volte si divertiva ad osservarli: bastava sentirli litigare o ascoltarli quando si divertivano a punzecchiarsi, oppure guardarli in volto quando uno era in ansia per l’altro. Chiunque avrebbe capito che quei due si amavano! Chiunque tranne loro due.

Era convinto che Mac fosse innamorata di Rabb; quello che allora non capiva era perché stesse per sposare l’australiano e non lui. A Sidney, quando aveva costretto Rabb e Brumby a prendersi a pugni per appianare le loro divergenze, aveva sperato che Rabb vincesse nel cuore di Mac, ma poi le cose erano andate diversamente.

Sospettava che fosse colpa di Harm. Quel diavolo di ragazzo doveva sempre complicare tutto! Eppure, nonostante gli creasse più problemi di un esercito intero, non avrebbe potuto fare a meno di lui, né come avvocato, né come persona.

Era stata dura quando aveva lasciato il ‘JAG’ per tornare a pilotare aerei da combattimento. Ma sapeva che la sua passione per il volo era troppo forte… Era stato difficile accettare che se ne sarebbe andato, soprattutto perché non voleva che quel ragazzo ci lasciasse la pelle... In fondo l’ex-Jugoslavia era territorio di guerra.

Che idee, per un ex-SEAL! Si stava intenerendo con l’età?

Poi, quando Harm era ritornato al ‘JAG’, era stato orgoglioso di poter essere lui ad appuntargli al petto la medaglia al valore.

Alla festa di fidanzamento aveva colto segnali strani: Harm e Mac erano rimasti fuori per molto tempo… Quando erano rientrati, lui aveva un’aria da cane bastonato e lei sembrava sconvolta. La curiosità lo divorava: avrebbe dato qualunque cosa per sapere cosa fosse successo sulla sua veranda. Nei giorni successivi aveva cercato di capirci qualcosa, ma non c’era riuscito. A quanto sembrava, il matrimonio sarebbe stato celebrato e lo sposo non sarebbe stato sostituito.

Infine aveva saputo che Harm, il giorno delle prove della cerimonia, sarebbe stato sulla Patrick Henry per le qualificazioni semestrali. A quel punto non ci aveva capito più nulla. Ma non ci aveva badato più di tanto: con quel ragazzo era destino che non capisse mai nulla!

E ora questa notizia…

Come avrebbe fatto a comunicarla agli altri, se non voleva a crederci neppure lui?

Si fece forza e si avvicinò al tavolo: “Era il capitano Ingalls, comandante della Patrick Henry. Mi ha appena informato che il Capitano Rabb e il suo copilota, il tenente Hawkes, mentre stavano volando verso Andrews, hanno avuto problemi con l’aereo durante una tempesta e ora si teme siano dispersi in mare…”

La sala ammutolì e l’ammiraglio guardò Renee, la donna di Rabb, mentre gli chiedeva:

“Ma… come mai stavano volando con questo tempo?”

Rispose quello che il comandante gli aveva risposto a sua volta, quando anche lui aveva posto la stessa domanda al telefono.

“Harm stava tentando di tornare in tempo per la cerimonia…” e mentre diceva questo, volse lo sguardo verso Mac e non ebbe più dubbi.

Il volto del colonnello MacKenzie lasciava trasparire i suoi veri sentimenti. E’ possibile nascondere tutto, ma non l’amore per qualcuno, quando pensi di averlo perso per sempre.


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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***





Capitolo 14


Le onde gli impedivano di stare con la testa fuori dell’acqua, nonostante fosse riuscito a liberarsi del paracadute e a gonfiare la tuta che lo aiutava a stare in superficie. Ma la tempesta era spaventosa e lui era ormai allo stremo delle forze.

Era stato incapace di capire perché non fosse riuscito ad eiettarsi subito, assieme a Skates: qualcosa aveva bloccato il meccanismo. Questo poteva rappresentare un bel problema per i soccorritori, e lui lo sapeva. Poteva ancora considerarsi fortunato, però. Alla fine il meccanismo d’espulsione aveva funzionato: pochi secondi ancora e sarebbe finito in fondo all’oceano assieme all’aereo.

Chissà se Skates era riuscita a cavarsela, gli aveva ricordato che non era una gran nuotatrice. Ma anche lui, che di solito non se la cavava male in acqua, faceva fatica a respirare… Faceva fatica anche a vedere qualcosa: solo i lampi in cielo rischiaravano, a tratti, l’oscurità che lo avvolgeva. Del resto c’era ben poco da vedere attorno, se non una vasta distesa d’acqua sovrastata da altra acqua.

Che freddo...  Chissà da quanto tempo, ormai, era in mare? Aveva perso il senso del tempo…

Mac avrebbe saputo dirgli da quanto era in acqua. Lei e il suo orologio biologico!

Sarah…

Perché pensava a lei, proprio ora?

Si era imposto di non pensare a lei durante le prove di volo, ma non c’era riuscito.

Si stava sposando… No, erano solo le prove, ma che importava? Ormai non sarebbe stata più sua. Neppure se fosse sopravvissuto a quell’inferno. E se Sarah non era più sua, cosa importava sopravvivere?

Com’era stanco... Perché lottare ancora? Non sarebbe stato più semplice assecondare la furia della natura e lasciarsi andare? Faceva così freddo…

Papà anche tu hai sentito freddo quando stavi morendo?”

Voleva disperatamente essere in un luogo caldo… in un posto dove poter respirare.

Sarah…

Tra le sue braccia era stato al caldo. Ma neppure accanto a lei riusciva a respirare. Quando la baciava, oppure quando lei baciava lui, non respirava affatto! Però si sentiva vivo. E al caldo.

Che pensieri, in un momento come quello... Non riusciva a fare a meno di pensare a lei; probabilmente non l’avrebbe più rivista.

“Sarah… sono tanto stanco. Mi spiace. Non era mia intenzione deluderti. Ho davvero sperato di riuscire a tornare in tempo…”

Un’altra onda lo travolse e lo portò nuovamente sott’acqua.

 


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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***





Capitolo 15


Seguiva attentamente, assieme agli altri, le operazioni di salvataggio, mentre premeva le mani una contro l’altra, con forza, sentendosi assolutamente impotente.

L’ansia le impediva di respirare: la soffocava.

Non riusciva a pensare ad altro che non fosse Harm in mezzo alla tempesta. Solo, travolto delle onde, al freddo, al buio…
Non ce la faceva a sopportare l’idea che sarebbe stato solo. Ma non sarebbe stato solo, ci sarebbe stata Skates con lui… O forse no. Non importava… era lei che voleva disperatamente essere con lui, poterlo aiutare, nonostante fosse un pensiero assurdo: in mezzo ad una tempesta, anche se fossero stati insieme, come avrebbe potuto aiutarlo? Ma, irrazionalmente, pensava che bastasse il fatto di potergli essere accanto per dargli la forza di sopravvivere. Essergli accanto com’era stata in Russia, e in tante loro avventure: nonostante i pericoli, loro due assieme erano sempre riusciti a cavarsela. E, invece, non essergli vicino, non essere assieme a lui, poteva ucciderlo. Ma, soprattutto, non essergli accanto stava uccidendo lei.

Voleva che fosse tra le sue braccia, al sicuro, al caldo, senza paura.

Oh Harm, perché siamo stati così stupidi? Ero così arrabbiata con te, che non ti ho neppure salutato, non ti ho neppure augurato buona fortuna! E ora… ora questo! Come farò a sopravvivere, se tu morirai?” pensò, mentre la voce del pilota che stava portando i soccorsi arrivava tramite il collegamento viva-voce, che lei aveva preteso nella saletta del ristorante.

“Vedo una zattera, signore… Ora scendo!” stava dicendo la voce.

“Quanto si sente fortunato, tenente?” chiedeva, nel frattempo, il comandante Ingalls all’altro capo.

“Moltissimo, signore!” rispondeva nuovamente il pilota dell’elicottero di soccorso.

Sarah strinse ancora più forte le mani. Forse lo avevano trovato!

“Signore, ti prego, fa che sia lui… fa che sia vivo “ implorò nella sua mente: chissà se dopo sarebbe tornata a respirare? Le sembrava di essere in apnea, come probabilmente lo era stato Harm, e forse lo era ancora.

Uniti anche in questo” pensò. “Come ho potuto anche solo pensare di poter vivere la mia vita senza di lui? Pur sposando Mic, tuttavia, Harm ci sarebbe stato: avrei potuto parlargli, avrei potuto vederlo. Avrei potuto continuare a vedere i suoi occhi, il suo sorriso. Questo avrei potuto sopportarlo. Ma se dovesse morire…”

“…E’ il tenente Hawkes, signore “, stava gridando di nuovo la voce al telefono.

“E il capitano Rabb? Nessuno ha visto il capitano Rabb? ” chiese, ansioso, il comandante.

“Signore, il tenente Hawkes non ha visto l’eiezione del capitano Rabb!” rispose di nuovo il pilota.

Non c’era.… Harm non c’era! Non lo avevano trovato. Non sapevano neppure se fosse riuscito ad eiettarsi.

“Qui sta ballando tutto, signore…” di nuovo la voce del pilota.

“Va bene, tenente, rientrate pure. Ma prima fate ancora un giro su tutta la zona”.

L’ordine del comandante Ingalls fu, per Sarah, come un colpo in pieno petto.

“Ma… signore, il Capitano Rabb potrebbe essere ovunque…” gridò al telefono.

“Ha centrato perfettamente il problema, colonnello MacKenzie! Però non posso rischiare l’intero equipaggio per un solo uomo. E’ la procedura…” rispose il comandante.

“Al diavolo la procedura!” 

Tutti si voltarono, ammutoliti, a fissarla: non era da Mac usare espressioni del genere. 

“Allora lo lascerete lì?” chiese, severa.

L’ammiraglio intervenne deciso, troncando con autorità le proteste di Sarah: “Comandante, nessuno vi sta accusando di non aver fatto il possibile… Quando riprenderete le ricerche?” chiese.

“Appena il tempo migliora… ” e con questa risposta del comandante della Patrick Henry, l’ammiraglio chiuse la comunicazione. Poi, con lo sguardo severo e preoccupato, guardò Mac che, con le lacrime agli occhi, scappava dalla sala, lasciando tutti i presenti che la stavano fissando senza parole.

Mic le corse dietro e la trovò in una sala adiacente: stava guardando fuori della finestra.

“Non dovresti stare qui sola, Sarah, ma di là, con tutte le persone che ti vogliono bene. Hanno trovato Skates, vedrai troveranno anche Harm” le disse dolcemente.

Sarah non rispose… continuava a guardare fuori della finestra.

Mic poteva ancora credere che fosse così sconvolta a causa dell’amicizia che li legava da anni, anche se gli sembrava, in ogni caso, una reazione troppo eccessiva, per un amico. Gli venne un dubbio alla mente: chissà se ci fosse stato lui, al posto di Rabb… Lei sarebbe stata così sconvolta?  

Perché gli venivano alla mente pensieri simili?

Al diavolo quell’uomo! Ogni volta che cominciava a sentirsi sicuro dei sentimenti di Sarah, quel dannato yankee riusciva a combinarne una delle sue e lei era sempre confusa. E quando Mac era confusa, lui si sentiva ancora peggio. Avrebbe dovuto esserci lì Renee, a soffrire così per Rabb. Del resto, era la sua donna. Era stata Sarah, però, ad insultare quasi il comandante Ingalls, ed era stata lei a scappare sconvolta dalla sala.

Un sussulto delle sue spalle gli fece sospettare che stesse piangendo. La fece girare lentamente verso di sé e la guardò in volto. Il viso di Sarah era sconvolto dalle lacrime e dall’angoscia: Mic non era preparato a quello che vide. Lei cercò di nascondere in parte la sua espressione, ma non fu svelta e abile a sufficienza e Mic riuscì a cogliere tutta la sua disperazione. Quel viso rigato di lacrime era il volto di una donna innamorata che temeva per la vita del suo uomo, e non quello di un’amica in ansia per la sorte del suo migliore amico.

E quelle lacrime erano per il capitano Harmon Rabb, non per Mic Brumby.

 


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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***





Capitolo 16


Sentì bussare alla porta, ma non andò ad aprire. Sapeva chi la stava cercando. Non voleva vederlo e neppure parlargli: si sentiva ancora troppo vulnerabile. Aveva bisogno di altro tempo per riuscire a tenere sotto controllo i propri sentimenti.

Gli ultimi giorni in ufficio, da quando lui era rientrato al lavoro, erano stati per lei quasi una tortura. Era ancora troppo scossa da tutto quello che era accaduto durante la cena dopo le prove del suo mancato matrimonio e nei giorni successivi.

Finalmente il suo cuore aveva ripreso a battere regolarmente, quando aveva saputo che Harm era stato ritrovato. Ma la disperazione provata quando credeva di averlo perso per sempre, aveva creato una grossa crepa nel muro che aveva innalzato tra lei e l’uomo che amava disperatamente, muro che lei stessa si era imposta perché convinta che il suo amore non fosse corrisposto, almeno non come voleva lei.

Già temeva di crollare quando lo aveva rivisto sano e salvo, bellissimo come sempre, anche se un po’ più pallido del solito: ma era normale, considerato quello che aveva passato. Anche i medici erano rimasti sorpresi per com’era riuscito a resistere così a lungo in acqua. Quando era stato tratto in salvo, era a serio rischio d’ipotermia, aveva un’amnesia che per fortuna si era risolta in pochi giorni e rischiava una polmonite; ma il suo fisico atletico e forte, sempre allenato, aveva impedito il peggio e gli aveva permesso di uscire presto dall’ospedale.

Da quando era rientrato al lavoro, Harm aveva cercato più volte di parlarle, ma lei era sempre riuscita ad evitarlo. Lui aveva notato che Mic non le stava accanto come sempre e aveva chiesto come mai la cerimonia non era stata celebrata.

“Ma… Accidenti a te, Harmon Rabb! Pensi davvero che possiamo essere tutti così insensibili al punto di celebrare il matrimonio, festeggiare e tutto il resto, mentre tu sei disperso in mare, mentre lotti tra la vita e la morte? Ma che razza d’amici pensi che siamo, tutti quanti? Nessuno ha pensato più alla cerimonia… “ gli aveva quasi urlato, quando lui aveva cercato la fede sul suo dito e, non avendola trovata, aveva domandato cosa fosse successo. Gli aveva lasciato credere, tuttavia, che la cerimonia fosse solo stata rimandata e non annullata, come invece era accaduto in realtà.

Mic aveva capito tutto, quando lei era crollata dalla disperazione nel sapere Harm disperso in mare durante la tempesta. Non era riuscita a nascondergli tutta l’angoscia e la preoccupazione per l’uomo che amava da anni. Ci aveva provato, ma di fronte all’idea di non poter più rivedere Harm vivo, i suoi veri sentimenti erano venuti alla luce in maniera irrevocabile e poi era stato troppo tardi per negare. Mic allora l’aveva lasciata: non poteva sposarla, poiché lei era innamorata del capitano Rabb. Sarah aveva cercato di protestare, di dirgli che non era vero che era innamorata di Harm, che era turbata solo a causa del forte legame d’amicizia che li univa. Allora Mic le aveva chiesto cosa avrebbe fatto se Harm fosse morto. Lei lo aveva guardato impietrita e, senza rendersi conto di quello che diceva, gli aveva urlato dietro che era insensibile, che si aspettava più comprensione dal suo futuro marito.

“Se fossi tu ad essere disperso in mare, e qui con me, al tuo posto, ci fosse Harm, lui non mi direbbe queste cose, capirebbe perché sono sconvolta per un amico.”

“Sei proprio sicura che tu saresti così sconvolta per me?” aveva chiesto lui, guardandola negli occhi. “Non penseresti invece, dentro di te, magari abbracciata a lui, che sei felice che lui sia al sicuro con te?”

“Come puoi pensare una cosa simile? Mic io…” gli aveva risposto lei.

Ma Mic aveva continuato ad insistere: “Dimmi, Sarah, e questa volta voglio la verità. Se fossi costretta a scegliere uno solo di noi due, tu chi vorresti vivo?”

“Mic! Come puoi chiedermi questo? Sei crudele. Sai che non ho mai augurato la morte a nessuno, neppure al mio peggior nemico…”

Allora l’aveva presa per le spalle, per costringerla a guardarlo: “Non ti sto chiedendo chi vorresti veder morire. Ti sto solo chiedendo chi vorresti vivo. Di chi assolutamente non potresti fare a meno, nella tua vita. Riesci a pensare al tuo mondo, alla tua vita senza di me? E riusciresti a pensare di vivere i prossimi anni senza Harm? Senza vederlo mai più, senza potergli parlare…”

Mic la stava uccidendo con quelle parole.

“Noo! Mio Dio, no…” E aveva nascosto il viso pieno di lacrime tra le mani, sussurrando: “… Oh Signore, non portarmi via Harm! Non potrei vivere senza di lui.”

Mic allora l’aveva abbracciata, mentre lei piangeva, e le aveva accarezzato i capelli: “Vedi che ho ragione? Di me potresti fare a meno, ma non di lui… ”

Sarah aveva alzato gli occhi ancora pieni di lacrime: “Oh Mic, come farò senza di lui? Mi spiace, ma io lo amo… Lo amo da tantissimo tempo e non riesco a farne a meno, non riesco a smettere di amarlo. Quante volte ci ho provato, ma è stato sempre inutile…”

“Allora, perché non glielo dici? “ aveva chiesto Mic con dolcezza.

“Credevo di averglielo fatto capire. Lui, però, sta ancora con Renee…”

Poi erano stati interrotti dalla notizia che Harm era stato ritrovato. Sarah stava quasi per sentirsi male dalla felicità, dal sollievo, ma Mic l’aveva riportata alla realtà affermando che l’amava, ma non poteva più sposarla.

La persona alla porta bussò di nuovo, con più insistenza; poi, visto che lei continuava a non rispondere, la voce di Harm suonò forte e decisa: “Mac, so che sei lì… Apri questa porta. Devo parlarti!”

“Vattene Harm, sono stanca e non ho alcun’intenzione di parlarti… Ci rivediamo lunedì in ufficio”.

Dopo un attimo di silenzio, lui parlò più dolcemente: “Ti prego, Sarah, aprimi…”

Avrebbe tanto voluto resistergli, ma proprio non ci riusciva quando era così dolce con lei. Rassegnata, si avvicinò alla porta e l’aprì.

 


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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***





Capitolo 17


Si era sentito emozionato come un quindicenne, quando l’aveva vista per la prima volta, dopo aver creduto di non poterla mai più rivedere. Sapeva che lei non sarebbe stata sua. Ormai era sposata con Brumby. Però avrebbe ancora potuto lavorare con lei, parlarle, vederla: alla fine si era reso conto di aver lottato contro la forza della natura solo per quello, solamente per stare ancora con lei, anche soltanto come amico.

Inconsciamente aveva preso la sua mano sinistra, per toccarle la fede, ma non l’aveva trovata. Non portava alcun anello… Dapprima si era sentito in colpa, quando lei gli aveva annunciato che avevano rimandato la cerimonia a causa sua, ma per un assurdo momento aveva anche sperato di riuscire ancora a farle cambiare idea. Poi aveva pensato di aver già fatto il possibile per farle capire che l’amava. Lei, ormai, aveva preso la sua decisione: la cerimonia rinviata era solo un altro esempio di come lui riuscisse sempre a creare scompiglio nella vita delle altre persone.

Brumby doveva odiarlo ancora più di prima, dopo che gli aveva rovinato il giorno del suo matrimonio; ma si sarebbe rifatto a breve. Tuttavia Mac continuava a stare sul vago quando lui aveva domandato la nuova data della cerimonia. Scherzando gli aveva detto: “Non ti dico nulla, così non sparirai da qualche altra parte e non correrai il rischio di morire un’altra volta!”

Però, mentre gli diceva questo, aveva gli occhi lucidi e una lacrima le era scivolata su una guancia, subito asciugata con un gesto rapido. Chissà se piangeva perché aveva temuto per la sua vita o perché aveva dovuto rimandare il giorno del suo matrimonio? Le donne tenevano così tanto al giorno del loro matrimonio!

Non aveva più pensato alla cosa fino a quando, quella mattina, aveva sentito Bud che diceva a Harriet che Mic gli sarebbe mancato, visto che erano diventati amici.

Perché mancato? Lui e Mac sarebbero andati via da Washington? Sarebbero andati a vivere in Australia, dopo la cerimonia? No, non era possibile! Sposata a Brumby sì, ma non sarebbe riuscito a resistere, senza poterla vedere… Aveva deciso di chiedere spiegazioni a Bud e Harriet e loro lo avevano colto di sorpresa quando gli avevano assicurato che era Mic a partire, che non ci sarebbe stata alcuna cerimonia… Pensavano che lui lo sapesse.

“Io non so nulla. Credevo che Mac non mi comunicasse ancora la data per scaramanzia. Ma… che cosa è successo?”

Bud e Harriet si erano scambiati uno sguardo complice e poi Bud se n’era andato. Harm era rimasto solo con Harriet, che lo stava guardando con un’espressione triste e tenera allo stesso tempo, e aveva cercato una spiegazione.

“Harriet, tu sai cosa è successo? Ti prego. Dimmelo. Brumby si è arrabbiato con me per il casino che ho combinato e hanno litigato? I litigi per sciocchezze simili si possono appianare…”

“Quello che è accaduto tra loro non si può appianare” gli aveva risposto Harriet.

“Che cosa è successo? Ti prego. Devo saperlo.”

Harriet non sapeva se dirgli tutto o se tacergli la verità: quando Mac era andata via sconvolta, la famosa sera alla cena dopo le prove, lei aveva lasciato trascorrere un po’ di tempo, in seguito era andata a cercarla. L’aveva trovata con Mic, e aveva sentito mentre lui le chiedeva se avrebbe potuto vivere senza Harm; poi aveva sentito i singhiozzi di Mac mentre gli diceva che lei aveva sempre amato il capitano Rabb. Quando aveva saputo che il fidanzamento era rotto, aveva chiesto a Sarah se Mic aveva capito tutto. Lei aveva risposto semplicemente sì.

Aveva raccontato ogni cosa a suo marito e Bud aveva detto che Harm aveva diritto di sapere quello che era successo a causa sua. Bud aveva sempre avuto la convinzione che il colonnello e il capitano Rabb fossero fatti per stare assieme, ma quando Mac aveva annunciato il suo matrimonio con il capitano Brumby, alla fine aveva dovuto ricredersi. In fondo anche Mic gli piaceva. La situazione, però, ora era cambiata e il capitano Rabb doveva sapere.

“Harriet…” l’aveva incitata ancora Harm.

Allora lei si era fatta forza e gli aveva raccontato tutto; poi lo aveva lasciato solo.

Harm non sapeva più cosa pensare: Sarah aveva pianto per lui! Harriet gli aveva raccontato che Sarah era sconvolta oltre ogni dire, quando aveva saputo che era disperso in mare, quando temeva per la sua vita.

Sarah lo amava! Non amava Brumby, o almeno non quanto amava lui.

Ecco perché era riuscito a sopravvivere a quell’inferno!

Da quando era stato salvato in extremis, si era continuamente domandato come mai fosse riuscito a scampare ad una morte quasi certa. Aveva addirittura pensato che fosse un debito del destino: sua madre non poteva perdere anche lui, dopo aver già perso suo padre. Dopo le parole di Harriet, aveva pensato che la vita gli stesse dando un’altra opportunità.

Il ricordo della loro notte d’amore gli era tornato prepotentemente in mente e con esso tutto l’amore e il desiderio che provava per lei.

Perché Sarah non gli aveva detto nulla? Per quale motivo voleva fargli credere che stava ancora per sposare Brumby?

Aveva deciso che l’avrebbe costretta a parlargli, a spiegargli. Ma non al ‘JAG’. L’avrebbe raggiunta a casa sua dopo il lavoro; così avrebbero avuto pace e tranquillità per chiarirsi.

 


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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***





Capitolo 18


Aveva aperto l’uscio, ma esitava a farlo entrare: si era fermata sulla soglia. Harm osservò che doveva essere appena rientrata, anche se era uscita parecchio prima di lui dall’ufficio, perché indossava ancora l’uniforme.

“Che cosa vuoi, Harm?” gli chiese con aria stanca.

Il suo bellissimo viso era così triste… Harm provò subito il desiderio di baciarla, per farle ricomparire quell’espressione sognante che aveva visto la notte in cui avevano fatto l’amore.

“Fammi entrare …” e mentre diceva questo, la spostò con un gesto dolce, ma allo stesso tempo deciso. Lei si lasciò spostare, quasi incapace di opporgli resistenza; poi richiuse la porta e si voltò a guardarlo. L’uniforme gli modellava splendidamente il corpo e lo faceva sembrare ancora più alto.

“Non potevi aspettare lunedì?”

“No, non potevo Sarah” le disse, mentre la guardava negli occhi.

Eccolo di nuovo quel suo sguardo che le scavava l’anima: perché quando la guardava così aveva il potere di sconvolgerla sempre? Ma era proprio quello sguardo una delle cose cui non avrebbe potuto rinunciare, se lui fosse morto... No. Non doveva pensare al dolore provato quando lo aveva creduto perso per sempre. Se avesse pensato a quello, le sue difese sarebbero presto crollate.

“D’accordo. Che cosa vuoi? ” gli chiese, cercando d’essere dura, scostante; ma lui non si lasciò scoraggiare.

“Questo…” E così dicendo la spinse delicatamente contro la porta e si avvicinò, cercandole la bocca.

“Harm…” mormorò Sarah. L’aveva colta di sorpresa, ma doveva fermarlo. Non sarebbe più riuscita a resistergli, se l’avesse baciata, perché essere di nuovo tra le sue braccia era quello che desiderava più d’ogni altra cosa al mondo.

Tentò di farlo smettere, ma lui non glielo permise. Con una mano si appoggiò alla porta, impedendole la via di fuga, mentre con l’altra le sollevò il viso. Dolcemente iniziò a sfiorarle le labbra con lievi baci e lei si sentì morire. Sapeva che avrebbe ceduto, se lui avesse continuato. Doveva fermarlo! Ma non era sicura di riuscire a farlo smettere… E forse, non lo voleva neppure. Harm, tuttavia, non aveva ancora alcun’intenzione di lasciarla andare: affondandole la mano tra i capelli la attirò con più forza verso la sua bocca e iniziò a baciarla con più passione.

Fu un bacio abbastanza breve… intenso, ma breve. Doveva prima parlarle; se avesse continuato a baciarla avrebbe fatto l’amore con lei lì, in piedi, contro la porta. La desiderava da impazzire! Però prima dovevano parlare. Quando fece per lasciarla, Sarah lo sorprese, perché gli mise le braccia attorno al collo e lo baciò con una passione incontenibile.

Era di nuovo tra le sue braccia, dopo aver temuto di non poterlo più fare! Quanto le era mancato il sapore dei suoi baci! Non ce la faceva più a respingerlo.

Ma fu Harm a fermarla.

Con uno sforzo si staccò da lei. Stupita, Sarah lo osservò dirigersi verso il camino, dopo aver appoggiato sul divano il berretto dell’uniforme. Lui stava cercando disperatamente di controllarsi e aveva un’aria tesa, quasi nervosa, mentre si passava una mano tra i capelli, prima di prendere l’attizzatoio per ravvivare il fuoco.

“Sarah, dobbiamo parlare…”

Parlare… Lui voleva parlare! Lei no: voleva solo far l’amore con lui e non voleva parlare affatto. Lo desiderava subito, ora: non le importava quello che sarebbe successo poi. Non le importava se lui l’avesse voluta solo per una notte, non le importava se fosse rimasto con Renee. Aveva talmente sofferto, quando aveva creduto di averlo perso per sempre, che ora non voleva sprecare altro tempo con parole: quello che voleva era soltanto poterlo riavere tra le braccia e poterlo amare di nuovo.

Nei giorni precedenti, in ufficio, aveva addirittura cercato di evitarlo, perché temeva di rendersi ridicola facendogli capire quanto lo desiderava, ma ora… lui era venuto a cercarla e l’aveva baciata! E lei avrebbe potuto averlo per se ancora una volta, almeno ancora una.

Lentamente si avvicinò a lui.

Harm stava fissando il fuoco. Sul suo viso le fiamme disegnavano giochi di luce che sembravano riflettere le sue tensioni. Sarah gli toccò un braccio e lui, immediatamente, si voltò a guardarla. Anche i suoi occhi erano illuminati dalla luce del camino e la stavano fissando con insistenza. Desideravano delle risposte. Lui voleva delle risposte. Lei, invece, voleva solo abbracciarlo, toccarlo di nuovo. Gli sfiorò il viso e lo baciò ancora. Dolcemente. E lui non riuscì a resistere e la strinse tra le braccia.

Harm non riusciva più a pensare con lucidità: Sarah lo stava facendo impazzire. Avrebbero dovuto parlare, chiarirsi. Ma quando era così appassionata e dolce, non riusciva più a mantenere il controllo. I suoi baci, le sue mani su di lui… mentre lo baciava, gli aveva sfilato la giacca e stava sciogliendo il nodo della cravatta...

Quando indossava l’uniforme sembrava sempre così serio, così professionale… invece Sarah adorava vederlo passare da un aspetto così impeccabile ad un atteggiamento vulnerabile e appassionato. Sembrava che tutto il suo temperamento sensuale fosse imprigionato dall’uniforme, ma appena questa era tolta, si liberava prepotentemente.

Harm la stava lasciando fare... incoraggiata, gli allentò la cintura, aprì i bottoni della camicia e gliela sfilò. Poi cominciò ad accarezzarlo e a baciargli il collo. Lui cercò nuovamente di parlare, per chiarire prima le cose tra loro.

Lei, però, glielo impedì: “Non voglio parlare, voglio fare l’amore con te… ” gli sussurrò sulle labbra.

A quelle parole, Harm la fermò, deciso.

Sarah lo osservò. Il suo sguardo si era fatto più intenso, velato di desiderio a stento trattenuto. Dopo alcuni attimi, che le sembrarono un’eternità, sembrò che la sua lotta interiore fosse terminata, oppure che, rassegnato, si fosse arreso al loro reciproco desiderio, perché dolcemente le sfiorò il viso. Poi le lasciò scivolare la mano lungo il collo, fino ai bottoni della sua uniforme. Iniziò a slacciarglieli, mentre Sarah tratteneva il respiro, per paura di distoglierlo da ciò che stava facendo.

Toglierle l’uniforme lo eccitava ancora di più. Gli sembrava di poter realizzare, finalmente, un sogno proibito. Uno dei sogni che lo avevano tormentato i giorni successivi la loro notte d’amore, quando la incontrava al lavoro, così distante, così irraggiungibile. Invece lui non desiderava altro che far l’amore con lei, anche in ufficio, se solo avesse potuto!

Le tolse ogni singolo indumento con studiata lentezza, finché rimase nuda davanti a lui. Era stupenda. La sua pelle, illuminata dal bagliore delle fiamme, aveva riflessi dorati. Iniziò ad accarezzarla lentamente e Sarah rispose al suo tocco con trasporto, eccitandolo sempre più. Al punto che non riuscì neppure a portarla a letto. La trascinò a terra, sul tappeto ai loro piedi, continuando a baciarla ovunque. Si fermò solo qualche istante, per togliersi i pochi indumenti che ancora indossava. Poi riprese a far scorrere le mani e le labbra su di lei, con un desiderio che ormai non riusciva più a controllare. Quando gli aveva detto che voleva far l’amore con lui, Harm non era più riuscito a pensare razionalmente. Aveva solo desiderato di poter essere ancora dentro di lei. Non si trattava solo di sesso. Questo bisogno disperato che aveva di Sarah, gli nasceva dal cuore. E al cuore di Sarah voleva arrivare...

“Oh Harm, mi sei mancato talmente… Ho creduto di non poterti più rivedere.” Le parole le uscirono senza che potesse impedirselo. Harm la stava travolgendo, con i suoi baci, con le sue carezze. La stava trasportando in un mondo meraviglioso, dove non esisteva altro che lui. Solo lui. Soltanto lui, con le sue mani su di lei, così esigenti, ma anche tanto dolci, e con le sue labbra, avide e sensuali.

“Anch’io temevo di non vederti più” mormorò Harm, con voce soffocata.

Aveva ancora un milione di cose da chiederle, ma non riuscì più a dire nulla. Decise che avrebbero parlato dopo, molto più tardi…

 


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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***





Capitolo 19


Erano stesi sul tappeto, davanti al camino, che oramai era spento. Harm allungò un braccio verso il divano e prese una coperta leggera, che Sarah teneva ripiegata, per quando vi si rannicchiava di sera a leggere, e coprì entrambi.

L’intensità delle sue emozioni lo sconcertava. Sentiva di amare la donna stesa al suo fianco, come mai avrebbe immaginato di riuscire a fare. Quando avevano fatto l’amore per la prima volta, aveva creduto di aver provato già allora sensazioni meravigliose. Ma si sbagliava. Su quel tappeto, alla luce calda del fuoco, tra le braccia di Sarah aveva raggiunto il massimo del piacere fisico e l’emozione più intensa della sua vita.

L’aveva baciata e accarezzata a lungo, prima di spingersi in lei e amarla completamente. 

Una parte di lui avrebbe voluto soddisfare subito il desiderio che li travolgeva. Entrambi avevano provato paura all’idea di non vedersi più. La lontananza di quei giorni e questa paura avevano alimentato un bisogno talmente urgente, che anche Sarah lo aveva implorato più volte, con gli occhi e con le parole, di placare al più presto la voglia che avevano l’uno dell’altra. Ma il suo cuore gli imponeva di assaporare lentamente le emozioni che stavano vivendo. E lui, al cuore, non aveva potuto che obbedire.

Erano trascorse alcune ore ed erano sempre lì.

Sarah si era assopita. Appoggiato ad un gomito, Harm le sfiorava con dolcezza i capelli e la guardava mentre stava dormendo. Non riusciva a smettere di guardarla e neppure di toccarla. Provava per lei una tenerezza infinita e un amore immenso: com’era stato stupido, a non averlo capito prima. In molti avevano cercato di fargli capire che il loro legame andava ben oltre la grande amicizia, ma lui continuava ad avere paura di rovinare tutto. Sua madre più volte gli aveva detto che Sarah era la donna giusta per lui. Invece lui, ostinato come sempre, aveva dato ascolto solo ai suoi timori. Così avevano perso tantissimo tempo, oltre ad aver corso il rischio di perdersi per sempre. Però forse era stato meglio così: ora sapeva che la decisione di lottare per il loro futuro assieme veniva proprio da lui, e non da qualcun altro. Inoltre, il fatto di essere così certo di quello che provava per lei, gli permetteva d’essere più determinato a fare in modo che le cose tra loro funzionassero.

Sempre che anche lei lo volesse… Sembrava strano pensare una cosa simile, dopo quello che c’era appena stato tra loro, dopo tutta la passione che avevano condiviso. Molte sue domande, tuttavia, attendevano ancora una risposta e lui non voleva uscire da quell’appartamento finché non avessero chiarito del tutto le cose fra loro. Non che questo gli dispiacesse più di tanto, pensò divertito: con lei, sarebbe stato rinchiuso in quella casa anche per dei mesi!

Sarah si voltò leggermente verso di lui e aprì gli occhi. Gli rivolse un sorriso dolce, prima di sollevarsi leggermente e baciarlo sulla bocca.

“Ciao!” Che bellezza svegliarsi e vederlo al suo fianco. Si sentiva in paradiso! L’uomo steso su un tappeto con lei, l’aveva amata al di là della sua immaginazione e l’aveva fatta sentire, per la prima volta in vita sua, pienamente soddisfatta. E, finalmente, una donna completa. Non aveva più quell’orribile sensazione di vuoto, come se le mancasse qualcosa, o qualcuno. L’amore di Harm aveva colmato quel vuoto.

“Ciao, dormigliona, come stai?” chiese lui, sorridendole a sua volta.

“Benissimo! E tu?”

“Meravigliosamente bene… con te,” Poi, premuroso, le chiese: “Vuoi andare a riposare? Non sei stanca?”

Intanto aveva ripreso ad accarezzarla, lasciando scivolare pigramente la mano sul suo braccio. Era un movimento deliberatamente lento, quasi distratto, che a tratti si avvicinava pericolosamente al suo seno.

“No… “rispose Sarah, con la voce soffocata.

“Sicura? “

Lo guardò. Il suo tocco la faceva rabbrividire. Accadeva sempre così: bastava che lui la sfiorasse leggermente e il corpo rispondeva immediatamente alle sue carezze. E, a volte, bastava anche meno. Era sufficiente un suo sguardo, oppure un sorriso perché sentisse subito l’irresistibile bisogno di lui.

“No, non sono stanca. Anzi, a pensarci bene, potrei anche ricominciare... ” Glielo disse, perdendosi nei suoi occhi.

Vide lo sguardo di Harm farsi più intenso.

“Ehi, donna di fuoco! Non conoscevo questo tuo aspetto “, le rispose, mentre osservava con interesse quello che lei gli stava facendo. Con le dita aveva iniziato a percorrere il suo torace, scivolando dalla nuca fin sulle spalle, e poi più giù, provocandogli dei leggeri brividi.

“Sei tu che mi fai diventare così… mi piace così tanto fare l’amore con te che non riesco a smettere” sussurrò Sarah, abbracciandolo e cercandogli di nuovo la bocca. Sentiva rinascere in lei lo stesso desiderio che l’aveva assalita prima, appena lo aveva visto. Quando gli era così accanto, un’ondata di sensualità la travolgeva sempre. Cominciò a baciarlo, con le mani che continuavano ad esplorargli il corpo e Harm sentì che stava per perdere di nuovo il controllo.

“Sarah, aspetta, ora dobbiamo parlare…” Ma era tanto bella… e troppo vicina a lui, per resistere.

“Ti piace tanto parlare, questa sera?” chiese lei, sorridendo, senza smettere di accarezzarlo.

“Non è per questo! E’ che voglio capire… ”

Ma sembrava che lei non ne avesse alcun’intenzione: “Parla tu, io ascolto…” E mentre diceva così, lo aveva fatto girare supino e si era stesa sopra di lui.

“Non riesco a parlarti, se mi fai questo…” Così dicendo, ricambiò il suo bacio; poi si mise il cuore in pace e la lasciò fare. Sorridendo, pensò a quanto era piacevole arrendersi al suo volere. Quando lei lo desiderava in quel modo, lui non era capace di resisterle!

Ricominciarono a fare l’amore, questa volta ancora più dolcemente, guardandosi negli occhi. L’urgenza che prima li divorava si era in parte placata e aveva lasciato spazio alla dolcezza, alla sensualità, all’amore. Infine si lasciarono andare esausti, ma ancora abbracciati.

“Ti amo, Harm…” glielo disse, mentre gli sfiorava il petto con piccoli baci. Era talmente presa da lui, dalla felicità di riaverlo con se, che non si era accorta di averglielo detto.

Lui, però, lo aveva sentito. La fermò, sollevandole il viso: “Cos’hai detto?”

Sarah si sentì scoperta e arrossì: “Lo sai…”

“Non me lo avevi mai detto, l’altra volta.”

“L’ ho talmente pensato in questi anni, che ero convinta di avertelo detto… Ti amo.”

“Anch’io ti amo, Sarah…”

“Tu me lo avevi detto.”

“Si, te lo avevo detto… e allora, mi spieghi come mai avevi deciso di sposare, lo stesso, Brumby?” riuscì finalmente a chiederle.

Lei lo guardò negli occhi senza rispondere; poi si spostò, scivolando via dalle sue braccia e cercò di rialzarsi, ma Harm la fece fermare, prendendole una mano.

“Perché, Sarah? Perché non mi hai detto che vi siete lasciati e mi hai fatto credere che la cerimonia era stata solo rimandata?”

“Come hai fatto a saperlo?”

“Non ha alcun’importanza. Quello che importa è che io non riuscivo a capire perché tu non mi volessi più, dopo la nostra notte d’amore. Mi sono tormentato per giorni, per comprendere quando e in cosa avessi sbagliato… Poi non sono più riuscito a resistere. Non ero in grado di sopportare l’idea di vederti sposare; per questo non ho rinunciato alle qualificazioni. Ma ti sei arrabbiata... Io credevo che anche tu non volessi avermi tra i piedi alla cerimonia, invece ti sei arrabbiata. Allora avevo deciso che dovevo tentare di tornare in tempo…”

“Ssh ” sussurrò, posandogli un dito sulle labbra “Ti prego, non parlare di quel giorno…”

“E invece dobbiamo parlarne, Sarah… perché tu e Brumby non vi sposate più? Ha saputo che abbiamo fatto l’amore e non ti ha perdonato?”

“No”

“E allora, cosa è successo di tanto grave per mandare a monte il matrimonio?”

“Ha capito che amo solo te”

“Glielo hai detto tu?”

“Si, ma alla fine, quando mi ha costretto a confessarlo. Mic lo ha capito da solo…”

“In che modo? Dimmelo, Sarah”

“Lo sai… perché vuoi che te lo dica?”

“Voglio sentirtelo dire” le disse, guardandola negli occhi.

Pretendeva che gli aprisse del tutto il suo cuore; voleva sentire dalle sue parole quanto aveva sofferto per lui, quanto lo amava; ne aveva bisogno per riuscire a convincersi che i suoi sogni stavano diventando realtà. E lei lo accontentò. Capiva la sua necessità. Ora, che finalmente gli aveva permesso di parlare, anche lei voleva che lui confermasse a parole le sue emozioni, i suoi sentimenti.

“Ero disperata. Quando abbiamo saputo, dapprima che tu e Skates eravate dispersi in mare, e poi che lei era stata tratta in salvo, ma non aveva visto se eri riuscito ad eiettarti, non sono più riuscita a resistere. Ho aggredito il comandante Ingalls al telefono, quando aveva detto che sospendeva le tue ricerche finché il tempo non migliorava… Poi sono scappata dalla sala in lacrime. Mic mi ha raggiunto per consolarmi, ma quando ha visto il mio viso ha capito tutto. In seguito mi ha costretto ad ammettere la verità.”

“Hai davvero aggredito verbalmente il comandante Ingalls?” le chiese, sorridendo divertito alla scena.

“Sì. E se l’ammiraglio non mi avesse interrotto, probabilmente ora sarei sotto corte marziale” gli rispose, ricambiando il sorriso.

“Perché non volevi dirmelo?”

“Perché non volevo dirti che ti amo?”

“Sì, perché non mi hai parlato, non me lo hai detto subito, quando sono tornato? E non volevi dirmelo nemmeno ora…”

“Perché tu vuoi Renee.”

“Ma che dici? Chi ti ha detto che io voglio Renee?”

“Stai ancora con lei… ”

“Non ho rotto con lei, hai ragione: tu mi avevi detto che avresti sposato comunque Brumby! Ad ogni modo le cose tra noi, da qualche tempo, dalla famosa notte della tua festa di fidanzamento, non sono più quelle di una volta. C’è stato solo qualche bacio, voluto soprattutto da lei. E io non avevo ancora trovato la forza per lasciarla, perché continuavo a scervellarmi sul motivo per il quale tu avessi deciso di sposare ugualmente Brumby, dopo aver fatto l’amore con me in quel modo. Il mio istinto mi diceva che non potevo sbagliarmi: anche tu mi amavi! Una donna non fa l’amore così con un uomo, se non è innamorata di lui. Ma non me lo avevi mai detto, e poi mi avevi detto che ti saresti sposata comunque… “

“La mattina dopo quella famosa notte ti ho visto abbracciato a lei: la baciavi e avevi con lei un appuntamento, a casa tua, per la sera. Ho pensato che ti fossi pentito di quello che c’era stato tra noi e che volessi far tornare i nostri rapporti come prima.”

“Era lei che mi baciava e sì, avevo fissato un appuntamento per la serata, ma per parlarle, per dirle di noi… Sapevo che tu non ci saresti stata quella sera, così volevo approfittarne per lasciarla. Poi ti ho sentito parlare con Mic: lui ti avrebbe accompagnato alla conferenza e ti stava baciando. Ho cercato di parlarti, se ben ricordi, per capire. Volevo una spiegazione. Volevo parlare con te. Quella mattina te n’eri andata via, lasciandomi solo, e mi sentivo così insicuro dei tuoi sentimenti. Temevo che saresti rimasta fedele alla parola data a Brumby e quando mi hai annunciato che intendevi sposarlo comunque… mi sono sentito morire”.

“Oh Harm, come sono stata stupida! Io credevo che tu fossi pentito delle cose che mi avevi detto durante la notte. Temevo che non sarei riuscita a sopportarlo, se tu me lo avessi confermato a voce.”

“Poche ore fa, perché non volevi vedermi, perché non volevi parlare?”

“Non volevo parlare per lo stesso motivo: non volevo che tu mi dicessi che le cose tra noi dovevano ritornare come prima “.

“E come potevi pensare che volessi dirti una cosa simile, se non facevo altro che baciarti, desiderarti e far l’amore con te?”

“Pensavo che il tuo, fosse solo desiderio… “

“Solo sesso e basta? Mi consideri così poco, allora? D’accordo, a volte sono stato superficiale con le donne, ma tu sai perfettamente che il motivo principale per il quale non ho mai voluto, prima d’ora, che facessimo l’amore, era proprio perché avevo il massimo rispetto per te. Come hai potuto pensare questo di me, dopo che ti avevo aperto il mio cuore, dopo che avevo detto che ti amo?”

“Mi spiace, Harm… Ero confusa…. Poi, quando ti ho lasciato entrare, non ho più pensato a questo: quando ti ho visto, pensavo solo che se mi baciavi, ero perduta. Non sarei più riuscita a resistere e ti avrei confessato il mio amore…”

“Ed è stato così brutto confessarmelo?”

“No.”

Harm la guardò negli occhi e le accarezzò il viso. Sarah si sentiva felice: lui l’amava davvero.

“Anch’io, sai, pensavo a te, mentre lottavo nella tempesta… Pensavo che avrei potuto smettere di lottare, che non m’importava di morire se non potevo averti…”

“Oh, Harm…”

“Avevo tanto freddo e non riuscivo a respirare, perché le onde continuavano a mandarmi sotto... solamente con te ero stato al caldo. Anche se faccio fatica lo stesso a respirare, quando mi baci!” Nel dirle questo le rivolse uno dei suoi splendidi sorrisi. Ecco: anche ai suoi sorrisi non avrebbe potuto rinunciare. Ai suoi sorrisi, alle sue labbra, alle sue braccia attorno a lei che la stringevano sempre così forte, come se lui non volesse mai più lasciarla andare.

“ … poi, mentre pensavo a questo, ho avuto come la sensazione che tu fossi lì, con me. Allora ho sentito una nuova, inspiegabile energia che mi faceva lottare di nuovo… Finché non sono arrivati i soccorsi”.

“Non so se sarei stata capace di vivere senza di te, Harm… Ho pregato tanto, affinché riuscissero a salvarti” e mentre parlava, le vennero ancora le lacrime agli occhi, ripensando a quei momenti.

“Ora è tutto finito, amore” le disse con dolcezza, accarezzandole il viso.

“Lo so… ma non mi sembra ancora vero che tu sia qui, con me.”

“Neppure dopo le ore appena trascorse?” le disse con uno sguardo divertito, e si capiva che era felice.

Stesa su un tappeto, sotto una coperta leggera, tra le sue braccia: a Sarah sembrava di essere in paradiso! Le sembrava di non aver bisogno di nulla d’altro, se lui era con lei. Avrebbe dovuto essere certa di non poter più rinunciare a lui, dopo aver fatto l’amore la prima volta. Con Mic non aveva mai avuto la sensazione di non desiderare nulla d’altro, se non essere con lui: quando era con Mic, spesso si accorgeva di attendere con ansia il momento in cui avrebbe rivisto Harm. Con Mic non si era mai sentita così appagata, così soddisfatta. Mic non l’aveva mai fatta sentire così completa.

Harm l’abbracciò, posandole la testa sul seno e Sarah iniziò lentamente ad accarezzargli i capelli, come se fosse un bambino da coccolare. Faceva ancora fatica a credere che lui fosse di nuovo tra le sue braccia…

Harm, invece, non riusciva a staccarsi da lei: adorava esserle così vicino. Trovava fantastico avere la sua pelle sotto di sé… comprese che avrebbe voluto addormentarsi abbracciato a lei ogni notte, col viso affondato tra i suoi seni, mentre lei l’accarezzava… Quando era tra le sue braccia, si sentiva vivo, felice… Le stesse sensazioni che provava quando pilotava un caccia...

Desiderava volare con leiper sempre, così, per tutta la vita. Si sentiva talmente in pace…

Lasciò vagare i pensieri e nel farlo si rese conto che, travolti dal desiderio, non avevano usato alcuna precauzione. Sorrise all’idea che forse avevano già messo in cantiere un bimbo… Quel bambino che si erano promessi di fare insieme, qualora fossero stati ancora single fra tre anni. Chissà, magari avevano rispettato il loro patto con parecchio anticipo!

Un figlio suo… suo e di Sarah.

Sentì il cuore riempirsi di tenerezza a quell’idea. Ultimamente aveva cominciato a pensare che gli sarebbe piaciuto diventare padre. Finalmente si sentiva più maturo, più responsabile: molte delle sue fissazioni si erano risolte e da poco cominciava a sentirsi in pace con se stesso. Quando questo pensiero lo sfiorava, gli era impossibile non pensare a suo padre: come avrebbe voluto poter essere, per suo figlio, lo stesso genitore amorevole che suo padre, pur per poco tempo, era stato per lui. A volte pensava che Harmon Rabb sr. potesse rivivere attraverso lui anche in questo. Ma non era solo per quel motivo che avrebbe desiderato un figlio, soprattutto un figlio da Sarah. Sapeva di essere stato concepito dall’amore immenso dei suoi genitori e voleva che anche il sentimento che lui provava per lei si concretasse in qualcosa di tangibile… E cosa c’era di più tangibile di un figlio?

Chissà se anche lei…?

Prima di pensare ad un figlio, però, voleva che lei fosse sua per sempre. E non c’era alcun motivo perché non potesse realizzare il suo sogno.

Sarah continuava ad accarezzarlo dolcemente, in silenzio. Dopo qualche minuto, Harm le sussurrò: “Sposami, Sarah… ”

Pensò di averlo sognato: “Cos’ hai detto?” gli chiese, trattenendo il respiro e fermando di colpo la mano.

Lui si sollevò e la guardò intensamente negli occhi, poi le mormorò sulle labbra: “Fammi volare per sempre, Sarah…“

Per un attimo lei pensò che il suo cuore si sarebbe fermato definitivamente. Lui la baciò dolcemente, prima di dirle di nuovo: “Vola con me! Sposami, Sarah “.

Sposarlo... Harm le stava chiedendo di sposarlo! E lei non desiderava altro.

Con gli occhi pieni di lacrime gli sfiorò il viso; poi lo abbracciò forte e, felice, gli disse:

“Ti amo, Harmon Rabb jr! ”

“Questo sarebbe un sì?” le chiese lui, divertito.

“Sì.”

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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