Occhi neri incantatori

di Fayes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Spider non bastava. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Oggi inizio a scrivere di Lui. Da Lui è partita un po' la luce della mia vita, sono cambiata in poco tempo, ho vissuto esperienze nuove e ho cominciato a sopravvivere in maniera differente; mi sembra giusto, quindi, dargliene merito. Nonostante sia circondata da persone a cui tengo, non sono ancora riuscita ad esternare le mie sensazioni su "un certo qualcuno". Probabilmente dipende dal fatto che ho paura di essere giudicata. Tuttavia scrivere mi aiuterebbe a capire mille cose di me stessa che mi risultano ancora incomplete. Ho bisogno di riflessioni esterne, forse. Questa è una di quelle storie che va letta in maniera sciolta e veloce. Non fatevi troppe domande, le risposte non esistono. 
Voglio solo ricordare che, sebbene la storia sia assolutamente reale, i nomi saranno stravolti anche se cercherò di mantenerli fedeli più o meno agli originali.
Gli episodi si distingueranno in sequenze narrative, come questo primo capitolo e sequenze riflessive, dove scriverò di ciò che provo dentro e che sento.


Capitolo 1

Inizio finale.

 

«Allora? Hai scelto quei dannatissimi corsi!?»
La voce di J. risultò come un proiettile sparato da una pistola a pochi centimetri dalla mia nuca. 
Le persone cercano la convinzione, il punto esclamativo e la certezza nelle grida. Gridano, gridano, gridano. Si danno importanza. 
Scientificamente l'urlo è un modo come un altro per imporre la propria autorità, per farsi rispettare, per ottenere. 
Sfortunatamente la maggior parte delle persone che utilizza questo sistema per avere un influenza personale sugli altri è povera. Povera di molteplici cose: intelligenza, sensibilità, capacità di riflessione, cultura, fascino, originalità, bellezza e dettagli. Io sono una che pretende i dettagli, nelle persone. 
Mi spiego: una persona che veste in maniera squadrata e alla moda; una persona che parla nel linguaggio comune dei giovani; una persona che ascolta la musica dei suoi stessi coetanei e che non fa determinate cose, solo perchè "gli altri-non-lo-fanno", è una persona senza dettagli. Apatica, banale, trasparente, invisibile, nulla.
Ho sempre giudicato molte persone in base a ciò che fanno e ciò che cercano di essere: non ho mai sbagliato.
J. sta per Judy. All'epoca dei fatti conoscevo Judy da quattro mesi o giù di lì. Dopo i primi giorni di conoscenza, la mia acida considerazione delle persone aveva preso il sopravvento: Judy era una biscia. Una di quelle persone senza particolari che vuole essere quello che non è. Una persona che mi è servita come pagliaccio quando avevo bisogno di ridere e delusione quando avevo necessità di aprire gli occhi. Forse, dopo circa sei mesi, dovrei esserle riconoscente almeno di questo, peccato che lei abbia smesso di guardarmi in faccia. 
«Dammi il tempo di scegliere, Judy.» risposi. «E poi a te cosa interessa? Tu vai con Clair.» l'ultima frase mi uscì di bocca come un'affermazione sicura e non come una richiesta.
Feci un sorriso amaro, ma così amaro, che quasi ne sentii il sapore in bocca.
Conoscevo Clair da più di un anno, avevamo iniziato la scuola insieme camminando vicine, quasi abbracciate, per i corridoi del nuovo istituto. Insieme avevamo sostenuto gli sguardi di coloro che si credevano migliori e insieme eravamo cresciute. L'arrivo di Judy aveva disinnescato tutto. La magia dell'amicizia che si era creata tra di noi era andata a farsi fottere e da tempo, io e Clair avevamo smesso di confidarci. Il nostro rapporto c'era ancora ma a tutte e due sembrava stranamente impacciato. Un rapporto che sapeva di plastica. 
Dunque Judy ci aveva divise ed io ero stata costretta a girare i tacchi e cercare la pietà di qualcun'altro. 
«Ovviamente!» rispose lei, con un tono di superiorità. Poi si riavviò i capelli e parlò di nuovo. «Volevo solo sapere cosa avevi scelto.» lanciò un'occhiata indagatoria al foglio delle iscrizioni per i corsi e si voltò, dirigendosi al suo banco vicino alla finestra.
Era metà dicembre. Nella mia scuola, in quel periodo, si organizzavano dei corsi di cogestione che si sarebbero conclusi con l'inizo delle vacanze Natalizie e la conseguente chiusura dell'istituto. 
L'evento era particolarmente atteso dagli studenti. Numerosi alunni, in particolare del triennio, avrebbero organizzato qualcosa su un argomento che avrebbe attirato persone: musica, danza, teatro, moda e così via. L'intero istituto avrebbe partecipato ed ogni studente avrebbe scelto il corso secondo i propri gusti. Ogni classe sarebbe stata occupata dagli organizzatori e i rispettivi corsisti. Naturalmente non ovunque si sarebbe rispettato ciò che si era scritto nero su bianco nelle presentazioni. Molti organizzavano corsi praticamente chiusi ed aperti solo ai propri amici. In qualche classe si sarebbe fumato, cazzeggiato, pomiciato e svagato in mille altri modi. Infatti gli insegnanti non erano un problema. Per la scuola ne giravano pochi e di questi, la maggior parte restava nella sala docenti a chiacchierare e a chiedersi cosa preparare per pranzo.
In poche parole noi alunni eravamo eccitatissimi e ognuno era impegnato ad iscriversi al corso più figo insieme al proprio amico/i.
Ci avevo pensato pochissimo e adesso ero un tantino indecisa sebbene il tempo stringesse. Avevo solo un giorno per scegliere sei corsi diversi.
Io e Bliss, la mia compagna di banco, decidemmo di frequentare gli stessi corsi e concordammo sull'idea che sceglierli insieme sarebbe stato molto più semplice. 
Bliss l'avevo conosciuta grazie alla prof di greco, la quale si era "premurata" di sconvolgere la classe con i suoi spostamenti dei banchi.
Sin dall'inizio della scuola però, avevo deciso che era una ragazza simpatica. Era un po' come me. L'unica che ascoltava band come gli Slayer in mezzo a tanta gente fissata per i Coldplay. L'unica che vestiva costantemente di nero e tingeva i capelli di colori appena un po' eccentrici. Mi piaceva, mi somigliava ed era da imitare. Il suo unico difetto ma allo stesso tempo pregio, era la schiettezza. Bliss parlava chiaro e non aveva peli sulla lingua. Se ti stavi comportando da perfetto idiota te lo diceva chiaramente senza perifrasi inutili. Pur essendo amiche, qualche volta avevo paura del suo giudizio e in questi casi, distorcevo la verità in modo da fargliela piacere. Da renderla orgogliosa di me. Da impressionarla. 
Dopo che Judy se ne fu andata, Bliss si avvicinò a me e insieme analizzammo la lista dei corsi.
In tre fogli c'erano scritti una decina di corsi, con i rispettivi organizzatori e orari. 
Contemplammo il tutto per un paio di secondi, poi i miei occhi caddero su un nome: Spider Quinn.
Spider frequentava l'ultimo anno e già in passato avevo frequentato, per caso, uno dei suoi corsi di cogestione.
Era un tipo abbastanza popolare ma per niente tirato. Aveva origini austriache sebbene avesse la pelle molto scura e un volto latino, bravo a scuola, giocava  a calcio e suonava il pianoforte. Era abbastanza alto, con degli occhi nerissimi che incantavano alla prima occhiata. Le labbra sottili, i capelli scuri arruffati, i jeans stretti e la camicia aperta indossata sopra la maglietta gli davano l'aspetto di bravo ragazzo con dei lati oscuri tutti da scoprire. Spider era perfetto ed io l'avevo notato sin dal primo giorno.
 

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Capitolo 2
*** Spider non bastava. ***


Capitolo 2 

Spider non bastava.

 
 
 
Ognuno possiede un determinato posto per riflettere.
La riflessione è un qualcosa di particolare, che richiede tempo, attenzione, calma e silenzio. C'è chi si rifugia in una condivisione di pensiero "condivisa" con amici o parenti. C'è chi cerca il silenzio in cucina, chi nel salotto e chi al bagno. Poi c'è chi non riflette assolutamente e vive alla giornata lasciandosi trasportare dagli eventi. Si adatta alle circostanze e agisce d'istinto senza troppi giri di parole e complicazioni personali; senza dubbio, da un lato, è la persona che vive con più facilità e spesso è migliore nelle situazioni problematiche rispetto ad altri. Dall'altro lato, chi non riflette non modifica il corso delle cose, non ha una crescita psicologica, non riconosce le novità, non è responsabile di se stesso e prima o poi si renderà conto di tutto ciò che ha perso a causa della pigrizia. Io rifletto troppo, rifletto così tanto da dimenticare l'essenziale. A proposito, non ho ancora citato il mio nome: Faye.
Probabilmente il fatto di isolarmi nei miei pensieri mi allontana da cose certamente più importanti e concrete. Lo stesso motivo per il quale il mio carattere è spesso titubante ed esitante è la riflessione. Penso, penso, penso. Spesso mi chiedo a cosa cazzo penso, per ritrovarmi in situazioni assurde, piena di domande esistenziali che non avranno mai una risposta. A tutti è capitato di dire qualcosa d'impulso. Talvolta qualcosa che non si sarebbe dovuto dire, altre volte qualcosa che ha fruttato bene, sebbene ,se ci avessimo riflettuto di più, non l'avremmo mai detta.
Agisco d'impulso solo in alcuni casi, i più indecenti forse: gli insulti.
Per il resto, rimugino sulle cose per ore. Come la sera prima dell'inizio dei corsi scolastici.
Mi ero infilata nel letto intorno alle undici e trenta e non avevo assolutamente intenzione di prendere subito sonno.
Mi strinsi le coperte fino sotto al mento e voltai la testa a destra, in direzione della finestra. Il cielo era di un blu scuro e quella notte c'era la luna piena, sebbene fosse oscurata da numerose nuvole grigio-nere. Dovetti ammettere, tra me e me, che la finestra della mia camera aveva una vista strepitosa. Migliaia di alberi si stagliavano su numerose colline perlopiù abbandonate a se stesse. A sud era facile vedere "la Grande Montagna", la quale è davvero uno spettacolo in inverno, specialmente quando è innevata. A sinistra si ammirava un paesino vicino: le case sono chiaramente distinguibili e i lampioni della notte danno un effetto magico al paesaggio. 
Restai a fissare la luna che veniva inseguita dalle nuvole per qualche minuto, immergendomi nei pensieri della giornata finita e di quella che sarebbe iniziata.
La prima immagine che affiorò nella mia testa fu Judy. Feci una smorfia e scacciai violentemente la sua figura. Non avevo voglia di perdere tempo con una persona tanto falsa quanto stupida. E pensare che in passato eravamo state amiche e adesso lei, convinta ancora del nostro rapporto, credeva di poterci speculare sopra. Illusa.
Mi costrinsi a pensare a quello che sarebbe accaduto l'indomani. Con Bliss avevamo finalmente deciso i corsi di autogestione.
Primo giorno: "Modi di comunicare" - Spider Quinn, dalle 9:00 alle 11:00.
Non avevo idea di ciò che trattava l'argomento del corso. "Modi di comunicare": Spider sapeva comunicare tante cose, troppe cose.
Sorrisi, pensando a come sarebbe stato bello ascoltare la sua voce per due ore, poterlo guardare indisturbatamente e rispondere ai suoi sorrisi.
La seconda parte della prima giornata sarebbe stata occupata da un torneo di scacchi, organizzato da un tizio che conoscevo di vista, grazie ad amici in comune. Questo tizio, Jason, piaceva da morire a Bliss, quindi l'avevo accontentata, accettando di iscrivermi al corso insieme a lei. Bliss non sapeva nemmeno giocarci a scacchi, avrei fatto io la sua parte.
Per il secondo giorno: "On the way of metal", le prime due ore. "Dive del passato" le altre due.
Il primo riguardava un genere di musica che piaceva sia a me che a Bliss ed eravamo contente di aver trovato qualcosa che ci attraeva sul serio. Il secondo era una cosa veramente squallida e snob: Dive del passato. Marylin Monroe, Grace Kelly e così via. Tre ragazze vestite di rosa, beige e bordeau in stile retrò, che avrebbero riempito l'aria con le loro chiacchiere su queste "dive". Ma a Bliss piaceva e io non potevo farci niente.
3 giorno: Cultura Giapponese e poi a cazzo per il resto delle ultime due ore.
Non fraintendetemi, non sono razzista e i giapponesi mi stanno alla grande, ma un corso sulla cultura era veramente qualcosa di insopportabile. Non avevo proprio voglia di ascoltare un tizio che mi parlava di thè e spezie puzzolenti per 120 minuti.
«Bliss, ma che ci trovi in questi cinesi?» le avevo detto, guardando con tristezza il mio nome scritto in quel corso.
«Sono giapponesi! Non cinesi!» aveva risposto lei stizzita.
«Vabbè dai, è uguale...» ribattei io con gli occhi bassi e la sensazione che sarei esplosa da un momento all'altro.
«No! Non sono uguali! I giapponesi sono teneri, cicciotti e carini e hanno tante tradizioni affascinanti e inoltre..» iniziò lei, con l'aria di chi la sa lunga.
La interruppi, prima che potesse andare avanti con il suo monologo su quanto siano carini-e-cicciotti e giapponesi. «Hanno tutti e due gli occhi a mandorla, chissene frega! Tanto ormai mi sono iscritta...»
«Ecco appunto, quindi non lamentarti. Pensa a Spider...» mi canzonò con uno sguardo di complicità.
Io sentii che stavo arrossendo e mi voltai cercando di trattenere un sorriso imbarazzato e sognante.
In realtà, ogni volta che l'immagine di Spider compariva nella mia mente, cadevo nell'imbarazzo più totale. Per me Spider era come qualcosa di sacro, da vedere ma non toccare, qualcosa di caldo come il fuoco su cui era meglio non mettere le mani. 
Immersa in questi pensieri, mi addormentai col sorriso stampato sul volto, pensando a come mi sarei dovuta comportare il giorno dopo.
 
Mi svegliai più presto del solito, eccitata per il grande giorno. 
Indossai una maglietta viola, un cardigan aperto nero un paio di pantaloni scuri attillati e le converse nere. Misi in una punta di gel nei capelli lunghi ed ondulati e passai il ciuffo con la piastra. Passai uno strato di trucco non leggero, ma leggerissimo e tentai di sembrare carina.
«Forza.» mi dissi guardandomi allo specchio. Sto arrivando, Spider.
 
Arrivata a scuola, passai la prima ora a chiacchierare in classe con Bliss e al suono della campanella iniziai a sentirmi nervosa.
«In quale classe dobbiamo andare, Bliss?» domandai sinceramente, con lo sguardo impacciato sul tabellone delle informazioni.
«Hmm, credo VD.» rispose lei controllando su un foglietto.
Deglutii rumorosamente. «La sua classe?!» chiesi con tono di impotenza ed esasperazione.
«Si dai, ma come fai a dire che c'è anche lui..non puoi esserne certa...in fondo...»
Non stavamo parlando di Spider ma di Chris.
Chris frequentava il secondo anno della mia stessa scuola. Era un ragazzo popolarissimo per motivi che non voglio spiegare ma era incredibilmente timido. Il suo aspetto ingannava.
Aveva dei favolosi capelli lunghi, lisci, con un ciuffo di quelli che vanno di moda tra i ragazzi di oggi. Era alto, magro, due labbra carnose e gli occhi verdi. Vestiva come vestono in molti. Colori scuri, jeans stretti, felpe e magliette. Chris era bellissimo. Incrociavo spesso il suo sguardo ma la sua timidezza lo portava sempre ad abbassare la testa e continuare a camminare. Non credo avesse molti amici tranne un ragazzo della sua stessa classe. Lo vedevo passeggiare a ricreazione sempre e solo con lui. Non ero sicura del suo nome ma credo si chiamasse Jeremy.
La prima volta che avevo guardato Jeremy l'avevo giudicato come un ragazzo relativamente brutto. Col tempo, imparai a guardarlo con altri occhi. Jeremy suonava la chitarra, aveva i capelli biondi ricci e lunghi quasi fino alle spalle legati in uno chignon maschile. Non avevo mai visto dei capelli così biondi in vita mia, così simili al colore dell'oro... Aveva gli occhi verdi molto chiari. La pelle bianca come quella di un bambino, due scocche rosse e l'aspetto di una persona silenziosa, naturale, semplice. Presto avrei dovuto ricredermi.
Chris e Jeremy dunque frequentavano la classe in cui io e Bliss avremmo dovuto passare due ore con lo splendido Spider. Per Chris avevo avuto una cotta incredibile ma poi mi ero stancata del suo atteggiamento freddo ed ero andata avanti. Sfortunatamente, nel momento in cui venni informata che quasi certamente Chris avrebbe frequentato il mio stesso corso, nella stessa aula, cominciai a tremare e il cuore inizò a battere troppo velocemente per i miei gusti. Chris mi faceva ancora uno strano effetto.
Presi coraggio e mi avviai insieme a Bliss verso la classe. Arrivata davanti alla porta, diedi un'occhiata all'interno e naturalmente il mondo mi crollò addosso in un secondo.
Eccoli lì: Chris e Jeremy in tutto il loro splendore. 
Jeremy stava alzato e chiacchierava animatamente con dei ragazzi seduti nel banco dinanzi a lui. Chris era seduto accanto al suo amico dai riccioli biondi e fissava un punto inesistente nel banco, con il suo solito sguardo perso chissà dove ma sexy da morire.
Mi morsi il labbro inferiore e tornai indietro prendendo Bliss per il gomito e trascinandola via con me fuori dall'aula. Non ce la facevo. Io mi ero preparata per Spider, avevo pensato solo a lui. Non potevo sopportare il fatto di dover essere così vicina anche a Chris, no.
Bliss mi guardò e annuì ma poi il suo cinismo ebbe la meglio sulla pietà e parlò con tono acido e crudele.

«Non me ne frega un cazzo che ci sono quei due lì dentro, hai capito?!» ecco, questa era Bliss. «Adesso dobbiamo entrare ok?»
«Ma..»ribattei riluttante.
Poi, meraviglia delle meraviglie, arrivò Spider in tutta la sua bellezza.
Mi mise una mano sulla spalla e con l'altra ci invitò ad entrare in classe. 
«Prego, ragazze.» poi ci rifilò un sorriso a trentadue denti.
Spider era straordinario quel giorno. Indossava un paio di jeans stretti che mettevano in risalto la sua magrezza atletica, un paio di converse bianche, una t-shirt blu a maniche corte e una felpa dello stesso colore con cerniera aperta. Sul volto si leggeva chiaramente la serenità e la contentezza di essere pronto a stare al centro dell'attenzione.
A fare da assistenti a Spider, c'erano due ragazze che non avevo mai visto a scuola. Le due si scambiarono occhiate decise e Spider si sedette sulla cattedra iniziando a parlare.

«Allora.» sorrise. «Buongiorno a tutti e..» esitò. «vi ringrazio per essere qui, quest'oggi...»
La ragazza-assistente  alla sinistra di Spider rise. 
«Oddio, Spider, ma come parli? Non siamo qui a fare una campagna elettorale. Mettici più...» ci pensò un attimo. «...più complicità!»
Spider la guardò e poi si rivolse alla classe. «Ok. La prima cosa da sapere è che questa magnifica creatura alla mia sinistra si chiama Kessi ed è la regina dell'arroganza.» sorrise prima a noi, poi a lei. Era evidente che i due fossero buoni amici liberi di prendersi in giro a vicenda.
Poi si schiarì la voce e parlò ancora «Ma va bene! Mettiamoci più complicità, almeno oggi!» mi lanciò uno sguardo come a cercare la mia approvazione e lì...sentii qualcosa che, ancora oggi, non so descrivere.




P.S Ecco qui, grazie per aver letto. Voglio ricordare che non ho fatto in tempo a rileggere il tutto e nel caso ci fosse qualche errore di grammatica, vi prego di scusarmi e se volete, di farmelo notare. Grazie e al prossimo capitolo! :)

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