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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo *** Capitolo 2: *** (Parte 1): "Un uomo tranquillo" *** Capitolo 3: *** Un tuffo nel passato (Parte II) "Il risveglio della Viverna" *** Capitolo 4: *** Un tuffo nel passato (ParteIII) "Il viaggio nell'ade *** Capitolo 5: *** "Il drago risorge" ***
Il
signore dell’Ade, Hades
non era ancora stato risvegliato, e nel palazzo del signore dei morti si
respirava una strana atmosfere quel giorno, e Pandora
aveva indotto una riunione speciale degli unici due giganti dell’Ade che vi erano a custodire quel posto.
La
ragazza dai lunghi capelli color corvino, si apprestò a chiamare i due
con il suono malinconico e misterioso della sua arpa.
I
due giganti infernali dopo aver sentito il suono, si apprestarono a varcare la
soglia del portone del grande palazzo, pronti ad
ascoltare la loro Signora.
Pandora
si alzò dalla sua postazione, dove vicino vi era l’arpa dorata,
che suonò per chiamare i due giganti,conosciuti
con i nomi di Garuda e Minos
del grifone, i quali presero parola, mostrando tutto il loro rispetto per Lady
Pandora.
Garuda: “mia
signora, qual è il motivo del vostro richiamo?”.
Pandora:
“Vi ho chiamato qui al mio cospetto, perché è giunto il
momento, di cercare il terzo gigante, prima del risveglio del signoreHades.”.
Minos: “Mia signora, lo abbiamo
cercato ormai invano, nessuno degli Specter presenti
è abbastanza forte per domare il drago
infernale.”.
Pandora:
“Questo lo so anche io. L’armatura della Vivernaha uno spirito
molto forte che deve essere domato solo e unicamente da colui che sarà
il suo padrone. Tuttavia dobbiamo trovarlo, se non si trova qui allora lo
cercheremo nel regno dei vivi e anche in quello degli
dei se è necessario.”.
Garuda: “Quindi qual’è il nostro compito?.”.
Pandora:
“Dovete cercarlo. Andate nel regno dei vivi e trovatelo come vi ho
ordinato.e portatelo qui”.
Garuda: “Ma se è uno dei vivi,
non può accedere in questo luogo .”.
Minos: “Non hai capito
allora…”.
Garuda: “Che cosa?.”.
Pandora:
“Lo dovrete uccidere naturalmente.”.
Due
rimasero in silenzio.
La
ragazza aveva assunto un espressione autoritaria,
mentre i due annuirono, e si misero in viaggio.
La
ragazza dopo che i due giganti si furono allontanati, volse il suo sguardo
verso,l’armatura indomata, dalla forma di drago.
La
guardò intensamente, mentre sentiva la sua energia ribelle che sembrava
quasi doverla attaccare.
Pandora:
“in nome del nostro signore Hades,
troverò chi ti domerà.”
Pronunciò
seria queste parole, poi si sedette , e in attesa
iniziò a suonare una sua nenia, lenta e triste, in onore del suo dio.
entre, i Garuda e Minos , erano in viaggio per eseguire il volere di Pandora
e di Hades, in una città ad est, in una
periferia malfamata , dove la mala regnava sovrana , un boss molto famoso era
in giro con la sua macchina nera che si fermò vicino ad un bar.
A quanto parte qualcosa di losco stava per
accadere.
La
macchina nera lussuosa, si fermò avanti al barpiù malfamato della zona,
da lì ne uscirono quattro uomini, tre di loro si avviarono verso
l’entrata del bar mentre il quarto uomo aprì la porta al suo capo
che aveva una valigetta nera che stringeva nella mano destra.
Il
suo aspetto era molto semplice, un uomo di mezz’età , basso, dalla testa calva un viso arcigno e diabolico con
un paio di baffi, era chiamato da tutti con il nome di Don Domingo, non
c’era malavitoso che non conoscesse il suo nome.
Infatti quando entrò nel bar , la gente
che vi era dentro, iniziò ad assumere un comportamento di assoluto
rispetto ed anche di paura, visto la pressione che incuteva.
Il
barista gli preparò subito il suo tavolo.
Si
sedette con a fianco i suoi scagnozzi, poi fece un
segno a uno dei suoi, che si alzò subito in piedi
Don
Domingo: “Allora hai provveduto a
chiamarlo?.”.
L’altro:
“Si signore, dovrebbe essere…”.
L’uomo
non fece in tempo a parlare che subito una voce lo fermò, alle spalle.
Voce:
“Quanta fretta, vedo che volete , togliervi
questo affare alla svelta. Degno di voi Don Domingo, ah ahah.”.
L’uomo
vicino a Don Domingo, si girò di scatto, e vide
avanti a se una figura con indosso un impermeabile nero e un cappello dello
stesso colore.
Uomo:
“Ah eccoti.”.
L’atro:
“I miei omaggi,.”.
Don
Domingo: “Sono felice di vederti, Radamatis,
hai fatto quel lavoro come ti ho detto?.”.
Il
ragazzo alzò il suo cappello sfoderando il suo
sguardo, maligno e beffardo dagli occhi gialli come i demoni, sorrise di
scherno.
Radamantis: “A già che
sciocco, dimenticavo di darvi il regalo che ti ho portato, da partedi quel
magistrato…”.
Il
ragazzo, tirò fuori dalla sua giacca un sacchetto,
dove vi era una falange di dito tagliato, poi lo gettò verso il boss che
lo prese e notò il contenuto, poi emise un sorriso, mentre i suoi
scagnozzi inorridirono, un po’ spaventati dalla crudeltà di quel’uomo, così terrificante e misterioso.
Radamantis: “Mi spiace, ma dopo il
mio trattamento ci è rimasto solo quello, lo so
che lei avrebbe voluto vedere il cadavere, ma non ricordo più dove
l’ho seppellito…”.
Don
Domingo: “Che importa, L’importante è che ora non mi dia
più fastidio, sai bene quanto era fastidioso, quel insetto.”.
Radamantis: “Tranquillo, ora solo gli
dei sapranno giudicarlo, sei coperto per ora…”
Radamantis, si avvicinò, al tavolo,
mentre L’uomo che era vicino al boss gli si frappose avanti, cercando di
tenerlo distante dal capo.
Don
Domingo: “Non essere maleducato Ron, fallo
avvicinare, dopo tutto sono un uomo generoso, ho qui
quello che gli devo.”
Ron ubbidì e fece passare Radamantis.
Radamantis: “sono
contento, vedo che sei uno ragionevole.”.
Don
Domingo, emise un sorriso, maligno.
Don
Domingo: “Certamente.”.
Il
boss, mise la valigetta sul tavolo , poi la
aprìe all’interno vi
erano dodicimila dollari, tondi,tondi.
Don
Domingo: “Ecco qui. La tua ricompensa, come promesso.”.
Radamantis non disse
niente, si limitò a prendere la valigetta con i soldi, tuttavia
Don Domingo, lo trattenne ancora, aveva bisogno di un altro lavoro da parte
sua.
Don
Domingo:”Aspetta ho ancora bisogno di un tuo
lavoro.”.
Radamantis, si fermò, poi
guardò l’uomo con il suo sguardo severo.
Radamantis: “Quanto ?”.
Don
Domingo: “Il triplo.”.
Radamantis, sembrò interessato,
c’erto se la somma era triplicata, non poteva farsi sfuggire un’occasione del genere, il suo sguardo si fece
più acuto, però poi una sola frase uscì dalla sua bocca.
Radamatis: “Chi?.”.
Don
Domingo: “Si tratta di un poliziotto, a quanto pare questo sta indagando
su alcuni affari che ho lasciato indietro tempo fa ,
su alcuni appalti.”.
Radamantis, non era disposta ad ascoltare i
suoi affari, dopotutto stava lavorando anche lui, quindi gli bastava sapere
semplicemente il nome della sua vittima, senza tanti sotterfugi inutili.
Radamantis: “Io con le tue storie delc***omi ci pulisco il c**o, quando imparerai
a dirmi solo il nome del fottuto bastardo che vuoi
che ammazzi, senza annoiarmi con le tue stronzate? Ho da fare lo sai bene.”.
Ron:
“Ehi come osi rivolgerti al boss così?”.
Radamantis, guardò l’uomo con
un’espressione, di sfida assassina.
Radamantis: “Senti amico è da
prima che continui ad infastidirmi, guarda che se voglio che tu mi lustri le
scarpe con la tua lingua, sta pur certo che te lo farò fare, anche se qui davanti c’è il tuo capo che
ti para il c**o.”.
Ron: “Fottutissimo
figlio di…”.
Ron stava per mettere le mani addosso a Radamantis, e in tanto lui stava caricando la
sua pistola , all’interno
dell’impermeabile scuro.
Don
Domingo fermò i due, non gli conveniva far arrabbiare il suo socio Radamantis, ora che aveva più bisogno.
Don
Domingo: “Ron, smettila. dimenticavo,
tu sei un uomo impegnato, scusami, comunque si chiama Lutor,
è uno della squadra investigativa federale. Ecco la sua foto.”.
Radamantis, distolse lo sguardo
dall’altro uomo, poi prese la foto eguardò la sua vittima.
Radamantis: “Okdammi tempo di
trovarlo e poi di lui, non se ne sentirà più parlare.”.
Si
prestò ad andarsene,poi però si
fermò sembrava aver dimenticato qualcosa.
Radamantis: “ A dimenticavo…”.
Si
voltò per guardare il boss,poi continuò.
Radamantis: “La prossima volta evita
di portare con te la spazzatura, altrimenti sarò costretto a dare una
bella ripulita…”.
Il
ragazzo naturalmente, era rivolto all’altro Ron
che sentì il sangue ribollire, ma si trattenne, perché per ora il
suo capo voleva così.
Radamantis: “I miei omaggi Don
Domingo.”.
Continuò
a ripetere mentre si allontanava a passo lento.
Radamantis dopo aver ricevuto il lavoro che
doveva fare, si diresse verso la sua casa che era un mini
appartamento, situato verso l’estremità della via.
Arrivò
al portone di un palazzo molto vecchio che non si reggeva in piedi, dove vi
erano delle crepe e delle finestre mezze rotte, dal quale si potevano udire
grida di litigio, infatti subito dopo si vide una
valigia buttata fuori dalla finestra.
Radamantis: “Che p***e. Hanno
rincominciato di nuovo, prima o poi li
ucciderò.”.
Il
ragazzo stava per infilare la chiave, quando la porta si aprì di colpo,
e una donna , dall’aria arrabbiata , ne
uscì fuori.
Il
suo aspetto era anziano e non più bello, come quando era giovane,
però i suoi occhi erano decisi, anche se il suo aspetto era trasandato e
cadente.
Radamantis: “SignoraSperman? Che c’è
un'altra volta? lo ha beccato ubriaco e se ne sta
andando?.”.
Donna:” Me ne vado per sempre, non voglio più
vederlo, basta adesso mi sono rotta le p***e di lui. Non ne posso più
sempre la solita storia.”.
Radamantis:”Se vuole
posso ammazzarlo?.”.
Donna:
“Non servirebbe, io lo odierei anche da morto, la salutoRadamantis e si ricordi che ogni tanto potrei venire
a farle visita.”.
La
donna gli ammiccò un occhiolino malizioso, mentre il ragazzo pensava
nella sua mente.
Radamantis: “Questa ci prova sempre, ma non ha capito che ormai è
vecchia decrepita per me, che P***e, e poi comunque
torna sempre alla fine anche se il marito la tratta male. E’proprio
vero che l’amore rende stupidi, per fortuna io ho deciso di levarmi
questo problema, meno male, preferisco di più farmi una notte con una
della strada più tosto che innamorarmi come un idiota.”.
Il
ragazzo andò nel suo appartamento, entrò
in casa.
Era
un appartamento molto piccolo che aveva solo la cucina e di fronte lo spazio,
per la branda che aveva come letto, mentre qualche metro più in
là c’era il Water e la doccia con un piccolo lavandino e uno
specchio.
Il
disordine regnava sovrano, il tavolo della cucina era pieno di giornali vecchi
e macchiati di caffé e di olio, poi i piatti
sporchi nel lavandino, con le mosche che ronzavano, e sulla cucina vi erano
pentole incrostate con dentro avanzi di cibo, a terra schifezze di ogni genere
e polvere sui pochi mobili che vi erano,poi non parliamo di come era ridotto il
Water e il lavandino, del resto Radamantis con tutto
quello che aveva da fare non poteva pensare anche a pulire, tanto viveva da solo,
non gli importava neanche.
Appoggiò
la valigetta con i soldi vicino ad uno stendi panni
sul quale appoggiò il suo cappotto, poi il capello, infine si tolse
anche il cinturone con la pistola, provvista di silenziatore e pallottole a
volontà.
Sbadigliò,
stiracchiandosi un po’, visto l’ora poi si diresse verso la branda
vicino e notò che su di essa vi era coricato
qualcuno.
Era
una donna, molto carina anche se era magrolina e
scarnita portava dei capelli lunghi fino alle spalle neri,e il suo corpo mezzo
nudo era longilineo e mostrava bene le sue fattezze, anche se erano mezze
coperte dal lenzuolo nero che la copriva,nonostante lei comunque dormisse bella
spaparanzata, come se fosse la regina del letto.
Radamantis,la guardò
, e mise le braccia sui fianchi, era un po’ arrabbiato nel vederla.
Radamantis: “Ehi ma che cavolo ci fai ancora qui Silvia?ti ho detto di andartene ti ho pagato
solo per ieri sera. Cavolo.”.
La
ragazza si girò dall’altra parte, facendo finta di non ascoltare.
Il
ragazzo ne fu ancora più irritato.
Radamantis: “Ehi insomma Silvia?.”.
La
chiamò più volte,alla fine la ragazza si
svegliò sbuffando.
Silvia:
“Che noia , ma che cavolo hai da gridare, sai
che ore sono?.”.
Radamantis: “Certo è ora che
alzi il tuo bel culetto da qui.”.
La
ragazza sbuffò di nuovo.
Silvia: “Uffa, come sei acido oggi?”.
Radamantis: “Senti domani ho da fare,
ho bisogno di dormire se non ti spiace,”.
Silvia:
”Anche ieri mi hai detto la stessa cosa, è possibile che hai
sempre da fare? Perchènon trovi un po’ di tempo
per me?”.
Radamantis: “Guarda che non sei la
mia ragazza per sempre. Su smamma se non vuoi che ti
ammazzi.”.
Silvia:
“E dai non fare lo s*****o, lo sai che infondo noi due siamo fatti
l’uno per l’altro, non posso andarmene, e tu non puoi
ammazzarmi, anche perché so che non lo faresti mai.”.
Radamantis: “Chi te l’ha detto?
tu sei solo una che ho trovato all’angolo, non
sei mica la mia ragazza, posso farti quello che voglio visto che la grana la
tiro fuori io, ma ora non ho intenzione di spendere nulla per te quindi
fuori.”.
Silvia
lo guardò con aria maliziosa.
Silvia:
“E dai, stanotte te la offro gratis.”.
Radamantis sbuffò, non era la prima
volta che quella ragazza non se ne voleva andare, ormai era un po’ che infondo che stava con lui, ed anche se era una donnaccia,
lui sentiva chenon poteva stare
senza di lei, forse si stava innamorando senza però volerlo ammetterlo
apertamente, quindi non poteva ucciderla, non lo avrebbe mai fatto,
perché qualcosa lo fermava avanti a lei, ed anche lei provava pere lui
qualcosa di molto di più che un semplice rapporto come faceva con i suoi
clienti, quel ragazzo dagli occhi così strani quasi demoniaci, la
affascinavano stregandola sempre ogni volta che lo guardava.
Il
ragazzo si accendette una sigaretta, mentre si dirigeva verso la finestra,
guardò fuori e non potette far altro , che
guardare la bellezza della luna alta nel cieloe le stelle così immense e poi
l’oscurità che tutto avvolgeva nella sua morsa, affascinante, la
città era avvolta in un silenzio surreale.
Radamantis, si fermò a pensare.
Radamantis: “La notte è così intensa e misteriosa. Delle volte
mi sento quasi un suo servo, il servo
dell’oscurità.”.
Fece
un tiro con la sigaretta, che si accorciava man mano, mentre la cenere cadeva,
e la sua bocca faceva uscire le sottili nuvole di fumo, che si confondevano
attraverso l’ambiente circostante.
Poi
ancora un pensiero.
Radamantis:”Ricordo che qualcuno mi ha detto , che
ognuno di noi è nato sotto la protezione di una stella, chissà se
anche io…”.
IL
suo pensiero si interruppe, quando Silvia gli si
avvicinò toccandogli le spalle e avvicinando le sue labbracalde, al suo orecchio mordicchiandolo,
poi gli sussurrò qualcosa con la sua voce seducente.
Silvia:
“Cosa fai? Mi fai aspettare? O
preferisci la luna a me? Sono un po’ gelosa lo
sai?.”.
Radamantis: “Scusami, mi ero un
attimo perso, sai la notte ha potere di farmi perdere
nei miei pensieri.”.
Silvia: “E cosa pensi?”.
Radamantis: “Niente di particolare,
stavo pensando se anche io ho la mia stella guida, sai
in Greciaalcune persone dicono che
le loro stelle guida gli permettono di vedere il proprio destino e gli
infondono poteri come dei.”.
Silvia:
“Affascinante.”.
La
ragazza mentre parlava iniziò a baciarlo sul collo.
Radamantis, sospirò.
Radamantis: “Che stronzate,
vero? Sono un po’ troppo visionario non trovi?
Come faccio a pensare alle stelle dopo aver ammazzato uno, e
pensando a domani quando dovrò ucciderne un altro? Assurdo.”
Silvia
si fermo un attimo, poigli fissò i suoi occhi.
Silvia:
“E’ proprio questo che mi piace di te, sai essere freddo e senza
scrupoli, un vero demone, ma nel tuo cuore vedi anche qualcosa che va al di là di ogni immaginazione.”
Il
ragazzo le sorrise, lei era l’unica che lo
capiva , e per questo che le piaceva, anche se non aveva nessuna intenzione di
innamorarsene, per lo meno così vuole a farlo crede lui.
Silvia:
“Baciami.”.
Il
ragazzo, le spostò una ciocca dei capelli corvini che scendeva leggera
sulla fronte , mettendola dietro ad uno orecchio, poi
le sfiorò il collo con le dita, mentre le sfiorava le labbra, con le
sue.
Lei
chiuse gli occhi, poi fu lei stessa a baciarlo ormai impaziente, mentre le sue
mani longilinee e sottili , percorrevano le forme
muscolosedel corpo del suo
compagno, che erano coperte ora dalla sua maglietta nera, poi si spostarono
come serpenti, più giù fino a cingere la vita del ragazzo, dove
vi erano i pantaloni neri cinti da una cintura di cuoio nera con una fibbia
spessa con inciso un drago, poi risalìsollevando la maglietta ed infine
togliendola, mentre il ragazzo le aveva già tolto la veste leggera, che
cadde leggera a terra ed ora l’aveva stesa sul letto, continuando a
baciarla dappertutto, a toccarla , a stringerla a se.
Poi
ad un tratto si fermò, gli sembrò di aver avvertito un qualche cosa nel l’aria, si alzò e si
diresse di nuovo alla finestra e guardò giù.
Era
pieno di volanti della polizia.
Radamantis, sentì una sensazione di inquietudine, poi vide a fianco di una volante un uomo,
vicino all’ispettore, che indicavail palazzo, precisamente la sua casa e diceva “è lì
dentro il figlio di p******ache ha
ucciso mio padre…”.
Radamantis iniziò a capire, quell’uomo era il figlio del magistrato che aveva
ucciso, per conto di Don Domingo, probabilmente non si era accorto, che
c’era qualcun altro che lo aveva visto mentre
commetteva quel misfatto.
Che errore.
Radamantis: “Cristo.”.
Silvia: “Che c’è amore?”.
Radamantis: “Presto vestiti, gli
sbirri, mi hanno beccato, hanno circondato l’edificio, siamo futtuti.”.
Silvia:
“Merda.”.
La
ragazza si vestì velocemente, mentre lui prese
la sua pistola, e preparò i colpi.
Radamantis: “ Su tu
prendi i soldi.”
Silvia.
“Si ma da dove scappiamo?”.
Radamantis: “La scala antincendio,
useremo quelle dal retro. Su muovi il culetto.”.
Silvia:
“Siamo fottuti. Non c’ la faremo
mai.”.
Radamantissi
avvicinò a lei e la trascinò per un braccio, verso
l’uscita.
Radamantis: ”Non preoccuparti,
andrà tutto bene ci sono io qui con te, qualunque cosa accada io ti proteggerò e adesso muoviamoci, tieni
stretta la valigetta e stai dietro di me.”.
Intanto
la polizia fece incursione nel palazzo , e velocemente
percorsero le scale arrivando nell’appartamento di Radamantis
, sfondarono la porta, l’appartamento era vuoto.
Poliziotto:
“Dannazione è vuoto.”.
Un
altro: “Ecco li, sono laggiù!”.
Il
poliziotto indicò i due ragazzi che erano già sulla scalinata
antincendio.
Poliziotto:
“Fermi bastardi , o sparo.”
L’agente
intimò con la pistola, puntata.
Radamasntis: “Fottitisbirro!”.
Sparò
dei colpi all’impazzata, mentre gli agenti si paravano erispondevano a
fuoco , imprecando.
Silvia
intanto era salita sulla scalinata, mentre Radamantis, la seguiva sparando indietro cercando di
allontanare i poliziotti.
Arrivarono in cima al tetto, ormai erano in trappola.
Silvia:
“Siamo in trappola.”
Radamantis: “Cavolo.
Dannazione.”.
Gli
agenti ormai erano arrivati, stavano sfondato la porta che vi era per entrare
in terrazza.
Radamantis guardò Silvia, non voleva
che finisse anche lei in prigione, doveva salvarla, allora gli venne un idea, guardò verso l’altro palazzo che
distava pochi metri, quindi prese Silvia con se.
Silvia:
“Rada cosa vuoi fare? “.
Radamantis: “Lascia i soldi a terra e
tieniti stretta a me , ora si fa un bel salto.”.
Silvia:” Cosa vuoi saltare nell’altro palazzo?sei
impazzito non c’è la faremo mai.”.
Radamantis: “Non
preoccuparti.”.
Silvia:
“Ci ammazzeremo.”.
Radamantis: “Voi fottere con gli sbirri? È l’unico modo
che abbiamo per cavarci da questa seccatura. Ce la faremo vedrai.”
Silvia:
“ Ma…”
Radamanti la guardò
negli occhi poi le disse.
Radamantis: “Ti fidi di me?”.
Silvia
per ora non rispose, anche perché non ebbe tempo di farlo, poiché
gli agenti ormai era già arrivati e avevano le
pistole già pronte a far fuoco.
Radamantis sparò ancora, e gli
agenti indietreggiarono , poi mise la pistola tra i denti
e prese in braccio Silvia, dopodichè si preparò a prendere una
lunga rincorsa, ed infine saltò dal cornicione.
Il
salto era abbastanza lungo per sua fortuna quindi arrivò paro, paro ad
aggrapparsi all’altro cornicionecon una mano.
Gli
agenti non credevo ai loro occhi, però stava
scappando quindi continuarono a sparare.
Uno
dei proiettili colpì il braccio del ragazzo, che teneva sospesi i due.
Un
dolore atroce lo percosse, ma non si poteva arrendere, doveva arrivare su.
Ad
un tratto il cornicione mezzo rotto cedette, e i due ragazzi stavano per
cadere, ma una mano coperta da un guanto metallico nero come la pece , prese il braccio del giovane tirandolo su.
Radamantis e Silvia furono in salvo anche
se però non erano fuori pericolo, dato che la poliziastava arrivando anche
nell’altro palazzo e i poliziotti a fianco continuavano a sparare.
La
voce del loro salvatore però li portò alla realtà.
Voce:
“Ehi voi due state bene?”.
Radamantis e Silvia si voltarono e videro
un uomo ammantato di nero con un cappuccio intesta.
Radamantis: “E tu chi cavolo sei?.”
Un'altra
voce gli rispose, e un altro uomo ammantato di nero ne venne fuori
dall’oscurità.
Voce:
“Chi siamo noi? Diciamo che siamo i messaggeri
della morte.”.
Radamantis: “a
buono a sapersi? Cos’ è siete venuti a
prendermi allora?”.
Uno
dei Due: “No non preoccuparti non è te
che vogliamo, per ora, dopotutto l’averti salvato è già un
chiaro segno non trovi?altrimenti avremmo aspettato che tu morissi per portarti
al cospetto del giudizio del nostro signore.”.
Radamantis, non ci capì molto,
pensò che i due fossero pazzi, però qualcosa in quei due lo
inquietava , perché?.
Silvia:
“Gli sbirri stanno arrivando.”.
Uno
dei due uomini: “Tisk. I vivi…”.
Poi
si voltò dall’altra parte, il retro dell’altro palazzo, e si incamminò avanti.
Uomo:
“ Ehi voi due se volete sfuggire a quegli umani
venite qui.”.
Radamantis e Silvia si avvicinarono un
po’ titubanti verso l’uomo, il quale aveva tirato fuori una mano
dal suo mantello e la aveva posta fuori dal
cornicione, mentre alcuni filamenti sottili iniziarono a scendere leggieri e a
formare una rete poco più in giù quasi a terra.
I
due ragazzi non credevano ai propri occhi, non avevano mai visto nulla del
genere, quel uomo aveva creato una rete poco
più in basso come aveva fatto?.
Radamantis: “O cacchio, ma che cosa
cavolo…”.
Uomo:
“Forza saltateci sopra, la rete che ho creato con i miei filamenti
cosmici, resisterà al vostro peso, poi vifarà cadere dolcemente a
terra. Lì quegli umani non vi raggiungeranno potete scappare
tranquillamente.”
I
due non sapevano se fidarsi o meno, però era
l’unico modo per salvarsi, non avevano scelta.
Radamantis guardò per un attimo
l’uomo , sotto a quel cappucci , il suo volto,
era coperto da uno strano elmo e ciuffi bianche, uscivano fuori coprendo il suo
volto, che lasciava un sorriso quasi beffardo.
Minos del grifone.
Radamantis: “Per chi
lavorate?”.
Minos: “Il nostro non è un
lavoro, diciamo che è un compito un dovere che
le stelle ci hanno messo avanti, per il nostro signore.”.
Radamantis, fu sorpreso di vedere che
qualcuno era visionario come lui, non se lo aspettava, sorrise.
Radamantis: “ Già le stelle,
tutte stronzate…”.
Minos: “Voi vivi non potrete mai
capire cosa significano le stelle. Tuttavia non te ne faccio una colpa, anzi ti
auguro che un giorno quando guarderai il cielo potrai sentire il calore
dell’universo infinito da cui ebbero origine gli dei.”
Radamantis prese in braccio Silvia.
Radamantis: “Ora non ho tempo di
parlare con te di queste cose, e convincerti che sono tutte cazzate,
ti dico solo grazie.”.
Cosìsi buttò
giù, cadde sulla rete cosmica, che poi si dissolse facendoli caderedolcemente a terra, poi fuggirono.
Capitolo 3 *** Un tuffo nel passato (Parte II) "Il risveglio della Viverna" ***
Parte II
Parte II
Un tuffo nel passato:
(Parte
II) “Il risveglio della Viverna”.
S
iamo
nel regno di Hades.
Pandora
era ancora intenta a suonare la sua arpa e scrutava con la sua telepatia il
mondo dei vivi, alla ricerca di colui che avrebbe
indossato l’ armatura della indomata Viverna.
Non
era un compito facile, ma qualcosa le diceva che prima
o poi lo avrebbe trovato.
Un
solo pensiero alla mente.
Pandora:”Ti
troverò,E ti guiderò fin qui.”.
Le
dita tese sull’arpa, mentre la sua mente scrutava le persone sulla terra,
dove intanto Minos e Garuda continuavano a cercare invano.
Garuda:
“Continuando così non credo che riusciremo a trovare qualcosa, che
ne pensi Minos?”.
Minos:
“Dobbiamo aver pazienza vedrai che lo troveremo.”.
Garuda:
“Non sono più abituato a vedere il regno dei vivi, mi sembra tutto
improvvisamente così strano.”.
Minos:
“Già anche per me, ormai non mi ricordo nemmeno come
ero quando ero vivo è passato tanto tempo.”.
I
due giganti passeggiavano lentamente come ombre , sul
marciapiede della città, dove vi erano i vivi, che li osservavano , un
po’ intimiditi da quelle figure ammantate di nero, ma anche incuriositi.
Minos
e garuda era quasi infastiditi da tutti quegli sguardi, ma di certo non
potevano uccidere tutti, oraprima di tutto dovevano far
risvegliare Hades, e poi avevano una missione da compiere.
Ad
un tratto si imbucarono in un vicolo stretto, dove
persino la peggior feccia non si azzardava ad entrarci, perché a quanto
pare alcune leggende metropolitane , dicevano che lì vi era una bandamolto pericolosa.
Era
denominata la via della “Banda est”.
Garuda:
“Che strano silenzio.”.
Minos
non disse niente.
Ad
un tratto delle ombre iniziarono a circondare i due.,
che però erano impassibili, non mostravano ne paura, ne
superiorità, tanto loro erano quasi dei, invece quelle ombre erano dei
vivi, vivi sinistri , che ridacchiavano.
Un ombra parlò.
Voce:
“ ehi belli che ci fate nella nostra zona?qui ci siamo noi della
“Banda dell’est”.”
Garuda
e Minos , non dissero, loro parola.
Le
ombre si fecero chiare, alla fioca luce del lampione, che vi era lì.
Erano
dei brutti ceffi, trasandati , ragazzacci di strada, e
ognuno di loro possedeva un arma, in tutto erano in quattro, uno aveva una
catena, un altro una mazza, un altro un coltello, e un altro ancora una
pistola.
Avevano
tutti un aria spavalda, e credevano che il mondo fosse
solo loro, delle vere carogne.
I
due giganti non dissero ancora niente , si limitarono
a guardarli , dall’alto in basso, quasi disgustati di vedere , dei vivi,
per di più quei vivi, che erano peggio della morte stessa, ma che non li
intimorirono nemmeno un po’, anzi erano tranquilli, e fermi.
Ragazzo
con la catena: “Ehi?Siete sordi? Se volete passare di qui
dovete pagarci in contanti, altrimenti non potete passare chiaro?.”
Il
ragazzo stava già facendo girare la catena, MaGaruda e Minos sempre indifferenti e soprattutto fermi
senza spostarsi.
Ragazzo
con la mazza: “Mmm, questi qui vogliono fare gli eroi vedo.”.
Ragazzo
con il coltello: “Giàguarda quante arie, già
quei mantelli neri che hanno addosso, mi fanno solo venir voglia di vomitarci
sopra.”.
Ragazzo
con la pistola: “Sono solo dei buffoni che stanno per morire, cerchiamo
di capirli…”.
I
due giganti, non sembravano proprio voler reagire, alle provocazioni.
I
ragazzi iniziarono a girare intorno a loro, con aria minacciosa.
Ragazzo
con la catena: “Che ne dite ragazzi? siccome non
reagiscono, e gli piace essere presi per il c**o perché non ci
divertiamo un po’?”.
Ragazzo
con coltello: “Si dai sono sicuro che potrebbero piacere anche al capo,
li portiamo da lui, o li ammazziamo adesso?”.
Minos
rivolse la parola sottovoce al suo collega.
Minos:
“Senti Garuda, pensi che tra questi ci sia l’uomo che
cerchiamo?”.
Garuda:
“E’ solo un branco di marmaglia puzzolente, è impossibile
che si trovi tra di loro il futuro possessore del
drago.”.
Minos:
“Già hai ragione, uccidiamoli tutti, tanto non servono.”.
Minos
tirò fuori una mano dal suo mantello, pronto a
usare il suo potere per uccidere tutti quei vermi, insignificanti, ma Garuda lo
fermò.
Garuda : “Tutta via, perché dobbiamo finirla subito? Conosciamo il loro capo magari potrebbe essere lui.”.
Minos
sorrise di scherno.
Minos:
“Già hai ragione, mi sto annoiando, e visto che siamo
nel regno dei vivi, divertiamoci.”.
Minos
ritrasse la mano.
Ragazzo
con la catena: “Ehi che cavolo, avete da confabulare tra
di voi? Vi state forse confessando prima di crepare?”.
Garuda:
“Stavo dicendo al mio amico, che ci farebbe
molto piacere conoscere il vostro capo. Dopotutto non possiamo competere con vuoi, siete in quattro e per di più troppo forti, per
due miseri disgraziati come noi.”.
Naturalmente
Garuda, li stava prendendo in giro, senza che quelli ,
poiché erano ottusi, se ne accorgessero.
Ragazzo
con la catena : “Mmmm, se proprio volete
suicidarvi, che sia, vi accompagno da Braun, contenti?.”.
Garuda,
mise le mani in alto in segno di, resa, Minos fece lo stesso, anche se non gli
andava giù tutta questa assurda storia, gli
sembrava un inutile perdita di tempo, ma a Garuda è sempre piaciuto il
divertimento, anche da vivo, quindi si prestò a quel gioco.
Così
i due giganti furono condotti in un enorme capannone abbandonato,li avevano legati per evitare che fuggissero, ma era
inutile se lo volevano fare, avrebbero rotto le catene facilmente con il loro
cosmo, ma per ora non lo fecero.
Minos
si fermò per qualche secondo, ma uno dei ragazzi lo spinse con forza.
Ragazzo:
“Muoviti C****one.”.
Minos , sorrise di scherno, e fece una battuta ironica.
Minos:
“Ti ringrazio per la gentilezza, se non mi avessi
detto di essere un C****one, non me ne sarei mai accorto”.
Ragazzo:
“Siamo spiritosi…”.
Minos,
rise divertito, tanto sapeva che presto gliela avrebbe
fatta pagare, era un piacere per lui sfottere quei babbei, che ignoravano
l’errore e la sfortuna di averli incontrati.
Entrarono
dentro, l’interno dell’edificio era diroccato, e vi era polvere
ovunque e macerie, poi intorno vi era altra marmaglia, che diedero il benvenuto
con i loro modi, agli altri senza dare conto per ora ai due prigionieri.
Subito
dopo alcuni ragazzi, iniziarono a prenderli in giro, con una valanga di insulti e di epiteti strafottenti, mirati a umiliarli
sghignazzando, poi li portarono al centro della stanza , dove il gruppo si pose
a cerchio mentre aspettavano,l’arrivo del loro capo.
Dopo
qualche minuto di attesa, finalmente si fece vedere il
loro capo, accerchiato dai suoi prediletti , tra cui una donna, molto carina
dai capelli neri e occhi azzurri e un bel personale.
Il
capo invece era un ragazzaccio, in jeans e maglietta con una giacca di pelle
nera, da cui pendevano vari catenacci, sul capo aveva una bandana nera e
sull’occhio sinistro aveva una benda.
Il
suo volto era veramente inquietante esattamente come le sue cicatrici, e i suoi tatuaggi sui bracci.
Fumava
con aria strafottente una sigaretta, e si avvicinò al gruppo,
salutandoli a suo modo, poi guardo con aria non
curante i due giganti.
Capo:”Beh? E questi? Chi C***o
sono?”.
Il
ragazzo con la catena: “Questi li abbiamo
beccati mentre giravano soli, soletti nella nostra zona. Sono un po’
silenziosi, ma hanno detto che volevano tanto
conoscerti Braun, e io li ho portati qui, sei contento?.”.
Braun:
“ a e così questi due vorrebbero
conoscermi, interessante…”.
Braun
aspirò, avidamente il mozzicone poi rilasciò il fumo, proprio in
faccia a Garuda, il quale rimase impassibile, mentre quell’
essere cercava di guardarlo negli occhi, che erano coperti dal cappuccio e
anche dall’elmo, che per ora non si notava, visto
l’oscurità.
Braun:
“Allora che c***o vuoi da me?Vuoi morire?”.
Garuda,
non rispose, stava cercando di leggere quell’anima, non
vedeva niente in quell’uomo, solo spazzatura, non poteva essere
lui il futuro possessore della Viverna, non possedeva il cosmo l’anima
giusta e ribelle per domare il drago, tuttavia voleva giocare ancora un
po’.
Garuda:
“Ho già scelto di morire, da molto tempo.”.
Rise
soffocatamene, Minos lo accompagnò ridendo anche lui, mentre il gruppo
non capiva, Braun rise anche lui, forse per prendersi gioco di loro, anche se
qualcosa gli diceva che quelle due figure nascondevano
qualcosa.
Braun:
“Quindi siete voluti venire qui per morire,
siete coraggiosi.”.
Garuda:
“No non è questo,non ho bisogno che tu mi
uccida, perché io sono già morto da tempo.”.
I
ragazzi a quella affermazione, risero,ed anche Braun.
Braun:
“Se sei giàmorto come mai non sei all’inferno allora?.”.
Ci
fu un attimo di pausa, poi Garuda riprese.
Garuda:
“Perché il mio signore, ha voluto che io e il mio compagno venissimo fin qui, dopotutto perché il mondo deve
essere solo dei vivi? Noi allora che abbiamo vissuto non abbiamo il diritto di
vedere ancora una volta il nostro passato? Dobbiamo solo
bruciare tra le fiamme per l’eternità senza avere un'altra
possibilità di vedere il mondo?non vi sembra un po’
egoistico? Certo non tutti i morti sono degni di
vedere di nuovo il mondo, però, io sì , e ciò che vedo
è solo ignoranza, ma quando sarete giudicatidal nostro signore , avrete quello che
vi meritate, mentre io starò a guardare soddisfatto, le vostre
pene.”.
Braun
stette zitto, a riflettere, certo il discorso dello specter, era giusto da una
parte, ma molto contorto, erano parole di un pazzo, forse lo stava prendendo in
giro,però volle stare anche lui al gioco.
Braun:
“Forse hai ragione, ma vedi se io ti uccidessi
adesso, non credo che potresti ritornare per vedere di nuovo il mondo, quindi
saresti tu a essere giudicato, non noi.”.
Garuda:
“io ho già avuto il mio giudizio.”.
I
due rimasero a guardarsi per qualche secondo,Braun,prese dalla sua tasca un coltellaccio.
Braun:
“Dimmi uomo che ha provato a morire, se non hai paura della morte, allora
non ti dispiace se io ti taglio la gola lentamente con questo?.”.
L’uomo
avvicinò il coltello verso la gola dello specter, mentre un altro
ragazzo gli tirò la testa indietro, che si scoprì, e tutti
così poterono vedere, il volto di Garuda coperto da quello strano elmo.
Braun
si fermò, stupito di quello che vedeva.
Braun:
“e quello che cavolo è? Ti piace anche
giocare in maschera vedo.”.
Garuda:
“Mi vuoi guardare negli occhi mentre mi
uccidi?.”.
Braun:
“Certo. Sarà ancora più divertente.”.
Garuda:
“allora liberami da questa catena mi
toglierò l’elmo così potrai vedermi.”.
Braun
fece segno all’altro di liberarlo, Minos intanto stava espandendo il suo
cosmo, per liberarsi delle catene, e intanto stava facendo scendere dalla sua
mano migliaia di filamenti cosmici, pronti a colpire senza che nessuno di
quegli idioti se ne accorgesse.
Garuda
era libero.
Braun:
“Bene su forza, togliti quell’affare.”.
Ad
un tratto i due specter furono contattati telepaticamente da Pandora, forse aveva
da dirgli ancora qualcosa, la sua musica era un richiamo che non potevano
rifiutare, quindi dovettero per forza andarsene e finire con quella farsa.
Garuda: “ Accidenti proprio ora che mi stavo
divertendo.”.
Minos:
“dai basta muoviamoci, Lady Pandora ha bisogno
di noi.”.
Brun:
“ehi vuoi due state fermi, e tu che aspetti non
volevi morire?.”.
Garuda:
“Te lo ho già detto insulso umano, io sono già
morto.”.
Garuda
si tolse il mantello sfoderando la sua suplice, nera come la notte, Minos si
liberò dalle catene e sfoderò anche lui la sua suplice.
Lo
stupore nei presenti vedendo quelle armature fu totale,
rimasero allibiti.
Minos:
“Cos’è? Ora che vedete le nostre suplice
vi è caduta la lingua? Peccato, allora non avrete fiato per gridare. Ah ah ah.”.
Minos
alzò le mani e i filamenti cosmici, si innalzarono
e avvolsero i presenti in strette mortali, urla lancinanti uscirono fuori dalle
loro bocce, mentre Minos si divertiva a spezzare le loro dita il loro corpo.
Braun
ne fu subito spaventato, e se la diede subito a gambe, assieme alla donna che
era con lui, ma Garuda gli si teletrasportò avanti.
Braun:
“Ti prego risparmiami.”
Garuda,
disegnò una croce a terra.
Garuda:
“Tu morirai qui.”.
Braun: “Ti supplico, non voglio finire
all’inferno con te.”:
Garuda
eseguì il suo colpo, un vortice tormentoso avvolse l’uomo che
ricadde a terra ,proprio sulla croce che aveva
disegnato il gigante di Hades,in testa in giù, morendo.
Garuda:
“bene direi che per oggi ci siamo divertiti
abbastanza usciamo fuori.”.
Minos
aveva finito anche lui, di quegli uomini rimase solo la ragazza,
ma Minos e Garuda decisero di risparmiarla, poi uscirono dal capannone,
mentre ascoltavano il richiamo di Pandora.
Intanto
da un'altra parte, Radamantis e Silvia , dopo essere
fuggiti dalla polizia, si ritrovarono in un vecchio deposito abbandonato.
Radamantis
era ferito al braccio, gli doleva, la pallottola era in
profondità avrebbe dovuto estrarla.
Silvia:
“Rada ti famale? Dai andiamo
in ospedale.”.
Radamantis:
“Sei impazzita? Gli sbirri mi cercano, non preoccuparti
, non mi hanno sparato per la prima volta, sono in grado di togliermi la
pallottola da solo.”.
Il
ragazzo prese un coltello che aveva nello stivale, poi
lo usò per estrarsi, il proiettile.
Il
dolore era immenso,ma il ragazzo resistette, mentre il
sudore gli scese copioso.
Alla
fine riuscì a togliere il proiettile, che cadde a
terra coperto di sangue, poi Radamantis mise via il coltello, e si
appoggiò al muro, mentre il suo braccio continuavaa sanguinare.
Silvia
tirò fuori un fazzoletto di stoffa che aveva con se nella giacchetta,
poi lo usò per pulire il braccio del suo compagno, dopo di che si
strappò un pezzo di stoffa dalla camicia, e lo usò per fasciare
il braccio.
Radamantis:
“Ti ringrazio, Silvia.”.
Silvia
sorrise, poi lo baciò.
Silvia:
“Cosa pensi di fare ora che la polizia ti ha
scoperto?”.
Radamantis:”non lo so, tutta viadomani andrò a fare il
lavoro.”.
Silvia:
“Che cosa? Non puoi…”.
Radamantis:
“ Io non mi sono mai tirato indietro, anche se sono braccato, io devo comunquecompiere la mia missione.”.
Silvia:
“Ti rendi conto di quello che dici? Se la
polizia…”.
Radamantis:
“Lo so bene cosa succederà non c’è bisogno che me lo
ricordi.”.
Silvia:
“E allora perché vuoi farlo? Per i soldi?”.
Radamantis:
“No non è per i soldi che quel vile di
don Domingo mi vuole dare, lo voglio fare perché è una questione
anche di onore, non ho mai rinviato un esecuzione, per niente al mondo.”
Silvia
si appoggiò alla sua spalla.
Radamantis:
“Silvia, io non ho niente da perdere anche se mi
prendono, ma tu non devi seguirmi, devi andartene.”.
Ci
fu un attimo di pausa, poi Silvia rispose,
abbracciandolo sempre.
Silvia:
“No io non me ne andrò, se il tuo destino
è questo, allora sarà anche il mio.”
Radamantis,
sapeva che non le avrebbe fatto cambiare idea, quindi
non insistette, si limitò ad abbracciarla anche lui, a stringerla a se,
sfiorandole i capelli.
Radamantis:
“Sei una testarda come sempre.”.
Un
altro bacio sottile.
Silvia:
“Già. Dimmi secondo te chi erano quei
due?”.
Radamantis:
“Parli di quelli che ci hanno aiutato? Non saprei, sai ti confesso che ne ho avuto paura, meglio non sapere chi
siano.”.
Silvia:
“Già anche io ho avuto paura di quei due, ma con te ora mi sento
protetta, vorrei che non finisse mai questo
momento.”.
Radamantis,
continuava ad accarezzarla dolcemente, finché non si addormentò,
mentre Radamantis, era inquieto, il ricordo di quelle due figure lo tormentava,
chissà poi perché? Forse perché conoscevano le stelle
anche loro? Chi lo sa.
Si
addormento anche lui verso tardi, e in quel frangente successe qualcosa, un
sogno gli attraversò la mente.
Era in un posto
lugubre, un palazzo, poi camminò avanti e vide avanti a se la figura di
una donna che suonava un arpa, una melodia che lo
attirava così intensamente, perché?.
Radamantis:
“Che mi succede perché sento questa musica, chi sei tu donna?”.
La donna si
presentò.
Donna : “Io sono Pandora messaggera dell’Ade, e
finalmente ti ho trovato futuro possessore del drago.”.
Radamantis si
sentì confuso, non comprendeva bene le parole di quella donna, poi ad un
tratto si vide circondato da due oscure figure, che già aveva visto,
Garuda e Minos.
Radamantis:
“Che significa tutto questo? Chi siete voi?.”.
Radamantis era terrorizzato,
voleva scappare , ma qualcosa glielo impediva, la
musica di quell’arpa.
Minos:
“Non temere, sei solo confuso, ma presto ti sarà tutto più
chiaro.”.
Garuda:
“Esatto quando il drago si risveglierà in te, allora
capirai.”.
I due giganti
scomparvero, il ragazzo era sempre più inquieto, e la musica gli dava
ormai alla testa.
Radamantis:
“Smettila…”.
Lo gridò
più volte, ma la musica era ancor più pesate e
insopportabile.
Pandora:
“Torna dal tuo signore drago dell’inferno.”.
Ad un tratto il
ragazzo iniziò a sentirsi strano, sentiva che
il suo corpo, si stava trasformando, e così era, stava prendendo la
forma di un oscuro drago, sibilante.
In
quel momento Silvia si svegliò come colta da un
improvvisa sensazione, guardò Radamantis e vide che il suo corpo
era avvolto da un alone di luce viola, che andava ad espandersi.
Silvia:
“oh mi dio, cosa sta succedendo?”.
Iniziò
a spaventarsi e rimase immobile, poi Radamantis si destò dal suo sonno,
di colpo emettendo un grido,e l’alone scomparve.
Il
ragazzo sentiva una fitta al cuore pazzesca, ansimò
però era contento di essere uscito da quello strano sogno.
Silvia
si avvicinò a rada, fece per calmarlo.
Silvia:
“Rada calmati, Hai fatto solo un brutto sogno, non preoccuparti.”.
Radamantis,
si calmò.
Radamantis:
“Ho sognato quei due, e poi una donna con un arpa,
che suonava un suono angosciante, poi improvvisamente mi trasformai in
qualcosa, che non so nemmeno io casa fosse. Avevo paura, cosa che non ho mai
avuto , in tutta la mia vita, e ne ho anche adesso, mi
sembra di essere diverso.”.
Silvia,
lo accarezzò, anche se dopo aver visto quell’alone in lui provavaun po’ di
paura, ma era solo una sensazione, sapeva di fidarsi di Radamantis, quindi non
ci pensò, posò ancora il suo viso sul dorso del suo ragazzo.
Silvia:
“non preoccuparti era solo un sogno, ora ci
penso io, rilassati e chiudi gli occhi,e non pensarci, ci sono io qui con
te.”.
Il
ragazzo si riaddormentò coccolato dalle carezze di
silvia, ora era lui a sentirsi al sicuro con lei.
Capitolo 4 *** Un tuffo nel passato (ParteIII) "Il viaggio nell'ade ***
Parte III
Parte III
Un tuffo
nel passato:
(Parte III) “IL viaggio
nell’Ade”
L
a
notte Silvia anche se si era addormentata, nonostante lo spavento e il dubbio,
dopo aver visto in Radamanti quella luce viola e
oscura, non riuscì a fare un sonno tranquillo, infatti anche leifece un sogno, un sogno terrificante:
Erada sola lungo
un oscuro corridoio, camminava , si sentiva solo il suono dei suoi passi.
Silvia:
“Dove sono?è così buio qui. Rada dove sei?”.
Si chiese mentre avanzava, lenta chiamando, il suo ragazzo, che
non rispose lasciando echeggiare la sua voce, che rendeva il tutto così
spettrale.
Ad un tratto uno
sparo, uno suono sordo echeggiante che rimbombò
dappertutto.
Silvia:
“Cos’è stato?.”.
Un altro sparo,
poi ancora, la ragazza corse in direzione degli spari, poi ad un tratto si
ritrovò bloccata da un muro trasparente, nel quale videuna scena che
forse non doveva vedere.
Radamantis, era a terra, trivellato da colpi di pistola, in
un lago di sangue, mentre oscure figure vi erano in
piedi, a guardare il suo cadavere.
Silvia rimase
ammutolita, e incredula, la sensazione di disperazione di non dover più
vedere il suo adorato, la percosse, lanciò un urlo, mentre cercava di
battere sul vetro che le impediva di andare da lui, che la faceva soffrire
ancora di più.
Poi
l’immagine scomparve gradualmente, e la ragazza fu inghiottita nel buio.
Si
svegliò di colpo.
Era
mattina, il sole penetrava attraverso la finestra mezza rotta del deposito,
Silvia era in un primo momento, era contenta, di essersi svegliata da quell’incubo, era stato solo un sogno,
Si
guardò attorno e vide che Radamantis, non
c’era già, non era strano lui non l’avvisava mai quando se
ne’andava, era abituata a questo suo
comportamento, ma non vedendolo ora, iniziò ad avere una strana
sensazione di inquietudine, e di ansia,iniziò a cercarlo.
Silvia:
“Rada? Dove sei rispondi?”.
Lo
chiamò diverse volte, ma nessuna risposta,
allora la preoccupazione salì di colpo, andò subito a cercarlo.
Intanto
ilragazzo,
si era diretto verso il luogo in cui aspettava, la sua vittima , il poliziotto
della squadra investigativa che gli aveva detto di uccidere Don Domingo, lo
aspettava come la morte silente avanti a casa sua, impugnando la sua pistola,
che era riposta nel suo impermeabile nero, il suo cappello a tesa larga copriva
il suo volto dandogli un aria sinistra, come un fantasma.
Aspettò
per qualche tempo, poi la sua vittima si fece avanti ,
era appena tornato dal suo lavoro, si vedeva un po’ dal suo lungo
impermeabile e anchedalla pistola
di ordinanza appesa ai pantaloni.
Radamantis lo vide, solo
un pensiero lo sfiorò.
Radamantis: “Sei qui finalmente, la morte sa attendere…”.
Si
avvicinò cauto alla sua vittima, che intanto stava tirando fuori le
chiavi di casa, ad un tratto gli scivolarono di mano e caddero a terra, allora
il poliziotto si abbassò per raccattarle, ma avanti a lui vi era Radamantis, che tirò fuori la pistola.
Il
destino in quel momento volle che proprio in quel momento, una pattuglia di
poliziotti che stava facendo il suo giro, assistette alla scena e subito
uscirono fuori dalla macchina, e puntarono le loro
pistole.
Fu un attimo, una questione di nano
secondi, che però il tempo faceva scorrere
lentamente come la sabbia in una clessidra.
I
poliziotti intimarono al ragazzo di fermarsi, Radamantis
fece solo in tempo a stupirsi, e anche a spaventarsi, datol’ improvvisatadegli agenti, puntò veloce la
pistola su di loro, ma quelli non gli diedero tempo di puntarla che subito
partì una raffica di colpi dalle loro pistole che colpirono il corpo
delragazzo facendolo stramazzare
al suolo.
In
quel momento, Radamantis ebbe solo la forza di
pensare, che prima o poi sarebbe arrivata anche da lui
la morte, esattamente come lui l’ha fatta arrivare agli altri.
Ironia della sorte, successe
esattamente come nel sogno di Silvia.
In
quel momento infatti Silvia arrivò e come nel
sogno, davanti a quella scena si sentì impotente e di improvviso una
disperazione l’assalì, si buttò sul corpo , privo ormai di
vita del suo ragazzo, e chiamò il suo nome tra le lacrime.
Silvia:
“Radamantis, Noooo…”.
La
ragazza era incontrollabile, i poliziotti si avvicinarono a lei e cercarono di
allontanarla, mentre lei non voleva staccarsi dal corpo, del suo adorato,
dovettero staccarla a forza, mentre lei li malediceva tutti, ma soprattutto se
stessa per non averlo fermato.
Intanto
dal tetto sopra un palazzo, I due giganti Minos e Garuda che avevano assistito alla scena, erano felici , che fosse andata così, dopo tutto era proprio Radamantis che cercavano,
Minos: “Beh ci hanno risparmiato la
fatica di ucciderlo.”.
Garuda: “Peccato.”.
Minos:“Che facciamo andiamo a
prenderlo?”.
Garuda: “Ovvio, è giunto il
momento che il drago torni a casa.”.
Minos: “Cosa stiamo
aspettando allora? Andiamo.”.
I
due specter saltarono furtivamente giù,
arrivando sul ciglio della strada proprio di fronte al luogo del
l’accaduto dove vi era Silvia ancora in lacrime, e gli agenti che
cercavano di calmarla, mentre il poliziotto che doveva essere ucciso da Radamantis , copriva il corpo con
un telo nero, sentendosi sollevatodi essere scampato alla morte.
Minos e Garudasi
avvicinarono.
Minos: “Ehi voivivi ? levatevi di mezzo e dateci
quel cadavere, non appartiene più a questo mondo, altrimenti sarà
peggio per voi.”.
I
poliziotti e Silvia si girarono videro i due, Silvia si ricordò subito
di loro, li aveva già visti, anche se erano ammantati nei loro mantelli
neri ,e ora invece sfoggiavano le loro surplice nere come l’ebano e spaventose.
Silvia:
“Non è possibile voi?...”.
I
poliziotti furono spaventati dalle due figure , e
tremanti iniziarono ad intimare loro di fermarsi.
Poliziotto:
“Fermi vuoi due, non avvicinatevi,o dovremo aprire i fuoco.”.
La
pistola era tremante, e i due specter , non mostravano segni di esitazione alcuna, avanzavano
lenti come la morte.
I
poliziotti a quel punto presi dalla paura, iniziarono a sparare, i colpì balzavano come niente sulle oscure surplice, e i colpi portati al volto o alle parti scoperte
erano parati con estrema facilità , dal cosmo nero dei due giganti.
Gli
agenti , tremarono i tre poliziotti arrivati
iniziarono a scappare, mentre l’investigatore era ancora attonito e
incredulo a ciò che stava vedendo, Silvia invece rimase immobile anche
lei attonita, con il cuore in gola che le pulsava avidamente, senza mai
fermarsi.
Garudavide la ragazza si
ricordò di lei.
Garuda: “Di nuovo tu? A quanto parenoto
che ci incontriamo ancora.”.
Silvia
era troppo , impaurita per rispondere.
Garuda: “Non ti preoccupare per lui,ritornerà
in vitamolto presto, ma non ti
garantisco che potrai rivederlo, dipende tutto dalla decisione del nostro
signore, quando si risveglierà, fino ad allora, aspettalo se ci tieni
tanto.”.
Silvia
sentì pronunciare quelle parole così astratte, non era possibile
farlo tornare in vita, quell’uomo stava
delirando, eppure qualcosa le diceva che quei due
nascondevano, un alone di mistero, così nonostante la paura ebbe il
coraggio di parlargli ancora.
Silvia:
“No aspettate, non è possibile quello che dici, mi stai solo prendendo in giro, lascialo stare chiaro non
toccarlo.”.
I
due non ascoltaronoGaruda, levò il lenzuolo nero,
un ultima occhiata, Minos annuì col capo.
Minos: “è
lui l’uomo che cerchiamo, colui che dominerà il drago.”.
Garuda annuì a sua volta, poi prese
per i capelli il cadavere e iniziò a
trascinarselo dietro, mentre il sangue a terra seguiva i movimenti come un
ombra.
Garuda: “Andiamo qui il nostro lavoro
è finito.”.
I
due specter iniziarono ad andarsene.
Silvia
non poteva stare a guardare, mentre le portavano via l’unica sua ragione
di vita, no non ci stava, iniziò così a rincorrerli.
Silvia:
“Fermi non potete portarmelo via, lasciatelo lui deve stare qui.”.
I
due si fermarono, mentre Silviacercò di staccare la mano
di Garuda dal suo adorato.
Silvia:
“Lascialo, hai capito lascialo, pazzo .”.
La
ragazza era arrabbiata , mentre singhiozzava e tentava
di strappare via in suo amore dalle mani, di quell’essere,
che non lo mollava.
Alla
fine intervenne Minos che la fermò con il suo
cosmo, poifece
in modo di farla svenire,la ragazza cadde a terra.
Minos: “Non la uccido solo
perché è una donna. Andiamo ora.”.
Garuda: “Una donna innamorata.”.
Minos: “Innamorata? Stronzate, le donne si innamorano
di tutti.Sono tutte sciaquette da quattro soldi. In vita ne ho già avute troppe.”.
Garuda: “Io invece ho sempre cercato di
stare lontano da loro, a parte forse una volta , non
me lo ricordo di preciso...”.
Minos: “Hai fatto bene credimi,e poi ormai che importa siamo morti. Non ti crucciare
troppo.”.
Garuda , alzò le
spalle, dando ragione all’altro, anche se gli scappò un sorriso
pensando, a quello che gli aveva detto Minos, non
pensava davvero che lui gli dicesse una frase simile dopo tanto tempo,
l’ultima volta che aveva scherzato sul tema delle donne era quando era
ancora in vita prima di morire, con dei suoi amici , si ricordava vagamente ,
però anche lui aveva avuto una bella donna che lo ha amato, è per
questo che si era accorto del sentimento di Silvia nei confronti di Radamantis, e infondo gli dispiaceva, ma ormai non
c’era tempo per dire di no, il suo signore Hades
attendeva, e il drago doveva fare ritorno, poi continuò a camminare.
Intanto
nelle profondità più infinite dove tutto taceva, una strana
processione si stava svolgendo lungo un sentiero, che portava al corso di un
fiume un fiume lunghissimo e tetro, L’Acheronte il
fiume che porta nell’ade.
Quella
processione infatti erano , nient’altro che
anime che aspettavano di essere traghettate fino alla loro meta, gli inferi,
tra queste però una figura famigliare.
Radamantis.
Radamanti:
“Che strano posto ma che diavolo è?”.
Attorno
a luinient’altro
che anime dannate, che si lamentavano, ad un tratto scorse qualcuno che
conosceva.
Radamantis: “ma
quello non è quel magistrato che ho fatto fuori?”.
L’anima
di quel’uomo sembrava, molto stanca e immersa
nella più totale oscurità, e si lamentava,probabilmente
non era un uomo così giusto, se è finito laggiù, anche se
rappresentava la legge.
Radamantis: “ Quindi sono morto anche
io e questo deve essere l’inferno. Sapevo che
sarei finito qui prima o poi, ma cosa significa questo
fiume?”.
Ad
un tratto da lontano si scorse una barca, dove uno
oscuro traghettatore , canticchiava una canzoncina storpia, e stonata.
Radamantis: “ Che schifo ma chi
è quello che sta cantando con questa voce assurda, Mammamia,insopportabile.”.
Si
tappò le orecchie, alla fine la barca si fermò, e da lìne scese un
uomo con un armatura nera come la notte, simile a quella dei giganti
dell’Ade, tanto che Radamantis,
sembrò quasi di conoscere.
Quello
strano essere sembrava rintronato completamente, e si comportava con non
curanza, scherzando.
Quello:
“buona sera a tutti Signori, benvenuti
all’inferno, io sono Caronte il traghettatore
di anime, e il mio compito è accompagnarvi alle porte dell’Ade dove verrete giudicati e condannati alle vostre
pene.”.
Tutti
tacquero aspettando il loro destino , mente Radamantis era impassibile, anche se a vedere quello scemo
gli sarebbe venuta voglia , di ucciderlo subito.
Caronte, su forza muoviamoci voglio un bel
gruppetto, ma non spingete, tanto tornerò a prendervi, ah ahah.”.
Caronte selezionò ungruppo tra cui radamantis.
Caronte: “ Ok
signori, per salire sulla mia baca, dovete per prima
pagarmi il biglietto. Su muovetevi, uno alla volta chiaro?”.
Radamantis: “ Cosa? Dobbiamo anche
pagare un cretino come quello,tral’aro
stonato come una campana ,che ci porta in luogo dove dovremmo pure soffrire,
figurati, scordatelo. Preferisco vagare qui allora”.
Caronte: “ Ehi a chi hai dato del
cretino? E poi come osi dire che sono stonato? Non sai
ciò che dici io sono un tenore qui e poi, lo sai che io sono una delle
massime autorità qui? devi portarmi rispetto,
oppure Hades ti infliggerà una punizione,
orrenda.”
Radamantis: E chi se ne frega? Tanto sono
già morto, non ho niente da perdere, io ti saluto tonto.”.
Caronte: “ Grrr
adesso basta .di solitole anime che non possono pagare il
tragitto, vagano nell’limbo per sempre , però con te visto che sei
così sfacciato ho deciso di provvedere a punirti personalmente
gettandoti nel fiume Acheronte.”.
Lo
specter cercò di attaccare Radamantis,
però forse non aveva capito con chi aveva a che fare, il ragazzo era di
spirito molto forte, tant’è vero che il
drago sarebbe stato domato da lui,quindi non si fece intimidire da quell’omuncolo, che senz’altro aveva strani
poteri, che nemmeno lui immaginava, ma la cosa che odiava è essere
comandato a bacchetta, e inoltre se qualcuno voleva fare a botte, per lui
sarebbe stato un piacere, di solito vinceva spesso, e poi qualcosa in lui di
nuovo iniziò a fremere, esattamente come nel sogno che aveva fatto,
sentiva di nuovo quella sensazione, e gli parve di vedere di nuovo quel drago,
impadronirsi di lui , il drago nero.
Radamantis: “ Sei irritante
idiota.”.
Lo
specter di Caronte
iniziò ad attaccarlo conalcuni suoi poteri ,
dall’alone viola, erano colpi molto potenti, un normale umano avrebbe
fatto una brutta fine, ma con sorpresa dello stesso specter,
Radamantisespanse una energia potentissima, che creò dei raggi violache presero alla sprovvista il
traghettatore infernale e lo scaraventò qualche metro avanti , dove vi
era la riva del fiume.
In
quel momento le anime che vi erano nel fiume iniziarono a trascinare Caronte insieme a lui.
Caronte: “ Ehi fermi giù le mani,
ve lo ordino. Ahhh… aiuto salvami
ti prego…”.
Lo
specter si dimenava invano e chiedeva aiuto a Radamantis, che intanto non capiva, come aveva fatto a fare quei raggi? non se ne rese
conto.
Caronte: “Ehi tu aiuto…Salvami,
ti accompagnerò gratis alla porta infernale, te lo prometto
aiutami…”.
Radamantis anche se avrebbe benissimo fatto
a meno di un tipo simile, non poteva lasciarlo lì,sentiva che qualcosa lo spingeva
a salvarlo, lo sentiva vicino a lui, in effetti il bagliore viola che aveva
visto prima in quell’uomo era uguale al suo anche se più debello,
quindi prese il remo del traghettatore che era rimasto a terra, e glielo
allungò.
Lo
specter, si aggrappò freneticamente , poi il ragazzo lo tirò a riva.
Lo
specter tossì, poi guardò
l’altro, non avrebbe mai immaginato , che un
umano, che non era nemmeno un guerriero di Hades
avesse un potere oscuro così immenso, pari al suo, se non superiore.
Caronte: “ Grazie.”.
Radamantis : “ Beh la
strada che mi conduce là dove verrò punito, la sai tue poi un fiume senza il suo
traghettatore è non servirebbe a niente.”.
Caronte, si prestò a continuare a fare
il suo lavoro.
Caronte: “Dai muoviti,ho già perso tempo , non
vorrei sentire lamentele perché non sono puntuale ,da quelle altre anime
che aspettano. E poi per te ci sarà Lune a
giudicarti, spero che ti dia la pena più dura possibile.”.
Radamantis: “ lo spero anche io se
no, che inferno sarebbe?”.
Caronte: “Avrai poco da fare lo spiritoso
vedrai.”.
Il
ragazzo alzò le spalle, non lo sapeva neppure lui ma
lì si sentiva a suo agio, come mai?
Radamantis lo seguì, sempre
impassibile, anche se andava in un posto dove avrebbe sofferto migliaia di
pene.
Caronte, traghettò le anime fino alla
porta dell’Ade.
Radamantis scese giù dalla barca.
Caronte: “Eccoci
arrivati , vedete quella porta là? Quella
è la porta del regno di Ade,
attraversatela e vi troverete avanti al palazzo del giudizio.”.
Radamanti:
“ Che c’è scritto là sopra?”.
Il
ragazzo indicò la scritta in greco antico che vi era in cima alla porta.
Caronte: “ sei proprio
sicuro di volerlo sapere?”.
Radamantis: “ Se te l’ho
chiesto ci sarà un motivo, non pensi?”.
Caronte: “ C’è scritto
‘Lasciate ogni speranza o voi che entrate.’ ”.
Radamantis: “ Rassicurante.”.
Il
ragazzo era ironico, Caronte
alzò le spalle.
Caronte : “ Scusa
che pretendevi che ci fosse scritto ’ Benvenuti ‘?”.
Radamantis: “ Beh una bella
ristrutturata a questo posto, ci vorrebbe, tuttavia visto che devo andare a
scontare le mie pene, non è che prima avresti dietro una sigaretta, vorrei fumarmela, tanto sono già morto.”.
Caronte: “ Ehm appunto che sei morto,
non dovresti avere il desideri di fumare, mi spiace ma
non le ho.”.
Radamantis: “ Uffa
qui è proprio un inferno.”.
Radamantis si avviò
avanti, insieme alle altre anime, poi si voltò un'altra volta
verso il traghettatore.
Radamantis: “ ehi Caronte , vienimi a trovare ogni tanto se ti capita.”.
Gli
fece un saluto con la mano .
Caronte : “ Che
tipo, certo che non avere paura di andare all’inferno non è da
tutti, avrà propriosofferto
molto , in vita per non avere paura di questo posto.”.
Il
gruppo di anime si diresse verso la porta del grande
palazzo della prima prigione, dove li fermò uno strano tipo Marchino specter di guardia.
Marchino:
“ Ehi fermi non potete entrare tutte insieme uno
alla volta chiaro?”
Radamantis sbuffò e iniziò a
pensare.
Radamantis: “Che p***e anche per stare all’inferno ti fanno fare
la fila.”.
Marchino:
“Su forza . Tu muoviti entra.”.
Indicò
Radamantis.
Radamantis: “ Meno male sono primo
così evito la fila, che fortuna.”
Marchino:
“ Vedo che abbiamo uno molto ansioso di bruciare
tra le fiamme di Hades, bene mi fa piacere.”.
Radamantis: “ E allora ?dai apri sta
cavolo di porta, mi sono rotto di sentire le vostre storie.”.
Marchino
fu sorpreso del comportamento del ragazzo, tuttavia aprì.
Marchino:
“ ecco prego entravisto che sei tanto ansioso.”.
Radamantis: “ Voglio togliermi dai
piedi la tua brutta faccia.”
Marchino:
“ Ah io sarei brutto , ma ti sei visto tu con
quel sopraciglio e quella cresta intesta.”.
Radamantius: “ meglio che essere un troll ammuffito come te.”
Marchino:
“ Grrr, entra avanti. Razza di
impudente, spero che il signor Lune ti scaraventitra le fiamme dei dannati.”.
Radamantis indifferente entrò,
All’interno c’era un ampio atriodove vi era in alto un enorme
scrivania dove seduto,era Lune, lo specter
giudicatore di Barlon, avanti a se aveva il libro
dove vi erano segnati i nomi dei relativi defunti e i vari peccati, con le
punizioni da infliggere.
Lune:
“Su avvicinati e presentami il tuo nome, anima dannata”.
Radamantis: “ Il mio nome è Radamantis .”.
Lune
guardò sull’elenco.
Lune : “ radamantis, radamantis , a, b, c…uffa ma dov’è la r
…vuoi vedere che quell’idiota di Marchino
mi ha passato l’elenco che arriva fino alla m?...ecco lo
sapevo…Marchino?...”.
Radamantisne approfittò
per sbadigliare intanto, Marchino arrivò di corsa.
Marchino:
“ Si mio signore.”.
Lune:
“Vammi a prendere l’elenco che arriva fino alla z
, razza di idiota.”.
Marchino
ubbidì. Intanto in quel momento arrivarono i due giganti Garuda e Minos con il corpo di Radamantis, che non appena lo vide, non credeva ai propri
occhi, quello era lui, certo faceva un gran bell’effetto
in quella condizione , vedersi, insomma lui era da una
parte, mentre vedeva il suo corpo martoriato in quel modo.
Garuda: “ Bene per fortuna Lune non ti
ha ancora giudicato.”
Lune:
“ Non l’ho fatto ancora , perché quell’idiota non mi ha portato l’elenco giusto,
Marchino? Insomma muovi le chiappe , se non vuoi una
frustata.”.
Marchino
arrivò subito con l’enorme elenco.
Marchino:
“ Ecco quimio
signore l’ho trovato.”.
Lune:
“ era ora.”.
Minos: “ Aspetta Lune, non devi
giudicare quest’uomo.”.
Lune:
“ Cosa è perché mai?”.
Garuda: “ Perché Hades ha deciso che deve rinascere ancora e servirci?Lui
è il drago.”
Lune:
“ ah capisco, bene sei libero allora su vattene
ho molto da fare oggi .”
Radamantis, non capì, perché
non lo avevano punito? Epoi perché gli stava
capitando tutto questo, che centra il suo corpo, perché lo hanno portato
lì dal regno dei vivi?
Mille
domande senza risposta.
Radamantis: “Scusate, non capisco,
sono morto, perché volete che rinasca e poi come faccio?”.
Garuda: “ ti spiegheremo tutto quando saremo da Lady Pandora.”.
Radamantis: “ Un momento , ma voi due vi ho già visto.”.
Minos : “Ci siamo
incontrati nel regno dei vivi, è vero, eravamo venuti a cercarti, per
ucciderti, ma invece il destino ha voluto che tu morissi non per mano nostra
buffo vero?”.
Radamantis; “ scusate ma
perché non mi avete ucciso quella volta anzi che salvarmi?”.
Garuda: “ Non lo abbiamo fatto
perché non sapevamo che tu eri proprio, l’uomo che cercavamo,
quindi ti abbiamo lasciato perdere.”.
Radamantis , rimase
titubante, ma presto avrebbe capito tutto, soprattutto quando vedrà il
motivo per cui era stato chiamato fin lì, ovvero la sua futura armatura,
la Viverna.
Intanto
nel regno dei vivi, Silvia era fuori quella sera ed era depressa, non poteva
crederci, quegli spettri gli avevano portato via il suo adorato, anche da
morto, non poteva accettarlo, piangeva mentre mandava
giù un ultimo sorso di liquore, per dimenticare, ma non ci riusciva.
Silvia:
“ Radamantis, perché? Dovevo avvisarti,
è tutta colpa mia, perdonami.”.
Altre
lacrime .
Silvia:
“ Basta non c’la faccio più a
vivere così, io non posso stare senza di te, voglio raggiungerti
Rada…”.
Silvia
prese la sua decisione, quindi prese delle pillole, che aveva per la sua
depressione e per il suo stress, poi le ingerì tutte, attendendo
così la morte, che l’avrebbe portata dal suo
Rada.
aruda
e Minos, portarono Radamantis
da Pandora che intanto, si stava preparando perrichiamare il potere, di Hades e dare così vita nuova,al corpo di Radamantis che giaceva a terra.
Radamantis intanto, assisteva, e ancoranon era
convinto che quegli esseri lo potessero far ritornare in vita, e poi per cosa?
A cosa gli serviva uno come lui?.
Radamatis:“Scusate, ma siete sicuri
che ritornerò in vita?”.
Garuda annuì col capo.
Garuda: “Certo abbi fiducia, vedrai che
tornerai a nuova vita molto presto.”.
Radamantis era titubante.
Radamantis : “ e dimmi
una volta che sarò tornato in vita , cosa volete in cambio?Io ormai non
ho più niente da offrirvi.”.
Garuda: “Non abbiamo bisogno che tu ci dia qualcosa, lo stiamo facendo per te naturalmente, il
nostro signore presto ritornerà a nuova vita, e presto anche il mondo
dei vivi si unirà al nostro.”
Radamantis non ci capiva molto, per lui
quei discorsi erano strani, ma eppure perché qualcosa in lui gli diceva che poteva fidarsi? Proprio lui che si è
sempre fidato, unicamente di se stesso, ora si fidava di esseri
sconosciuti, che avevano poteri strani e oscuri, perché?.
Mille
domande affollarono la sua mente, poi videin un angolo una strana
armaturaa forma di drago, che
sembrava pulsare e chiamarlo a se, il ragazzo avvertì di nuovo la
sensazione e l’istinto della bestia che aveva sognato, ma che significava
ciò? Di nuovo l’energia iniziò ad impadronirsi di lui, quell’energia intensa e selvaggia.
Minos: “Quella quando sarai di nuovo
vivo sarà tua.”.
Radamantis, si voltò verso lo specter, con aria interrogativa e assorta,mentre
quello continuava.
Minos: “E’ per lei che ti
abbiamo portato qui.”.
Il
ragazzo forse iniziava a capire, anche se non del tutto, ecco perché
quel sogno, ma allora era un presagio della sua morte o della sua rinascita?.
Garuda: “Non ti crucciare presto avrai
risposta a tutte le tue domande, giovane Radamantis.”.
Il
ragazzo rimase a guardare Pandora la donna venutagli in
sogno, con quella musica opprimente, a cuoi non sapeva resistere.
Pandora:
“Ecco ho finito.”.
La
ragazza si rimise a sedere vicino alla sua arpa poi
iniziò a suonarla.
Pandora:
“Ascoltami bene, ora ho bisogno di te, chiudi gli occhi e cerca di
concentrarti, la tua energia spirituale deve essere in simbiosi con la mia
musica, solo così l’incantesimo della resurrezione di Hades potrà avere effetto.”.
La
ragazza era rivolta a Radamantis, che mostrava ancora
qualche titubanza, e indecisione, allora la ragazza cercò di farlo calmare.
Pandora:
“Rilassati, e lascia che il canto di Hades ti
faccia ritrovare la via per la tua seconda rinascita.”.
Radamantis sebbene con il dubbio nel cuore,
fece come gli aveva detto la ragazza, e iniziò a concentrarsi in modo
che la sua energiafosse in sintonia con la musica, poi subito dopo alcuni minuti di
concentrazione,Radamantis
iniziò brillare di nuovo , di quell’energia
fatua viola , questa volta però era accompagnata dalla musica, si
sentiva leggero, poi la sua immagine iniziò gradualmente a scomparire, e
a trasformarsi in un fuoco fatuo, l’essenza della sua anima, poi sempre
accompagnato dalla musica della bella Pandora, il fuoco, si posò sul
corpo unendosi a lui, mentre i buchi dei colpi di pistola iniziarono a
rimarginarsi, lasciando però dei profondi solchicicatrizzati.
Il
ragazzo riaprìcosì gli occhi, e tutto ad un tratto gli sembrò di
essere nuovamente rinato, mentre il cuore iniziava nuovamente a ribattergli e i
polmoni a respirare ancora ossigeno, mentre la coscienza riprendeva le sue
funzioni, vitali e prendeva atto di ciò che stava accadendo.
I
suoi sensi ritornarono, poteva sentire,vedere, toccare,
assaporare e annusare per poi infine muoversi, incominciò a muovere le
dita, pian piano poi gli arti inferiori, ed infine si alzò sedendosi,
dalla posizione a supino in cui lo avevano messo , i due giganti quando lo
avevano portato.
Garuda e Minos , rimasero in silenzio, guardandolo con aria interrogativa,
il ragazzo fece lo stesso anche lui, guardandosi attorno, come se tutto fosse
rinato a sua volta, come se avesse fatto un sogno lunghissimo, da cui si era
destato.
Pandora
smise di suonare.
Pandora : “ Allora, come ti senti?”.
Radamantis si rialzò in piedi,
ancora in silenzio, poi si diede un occhiata
scrupolosa,si toccò le cicatrici
dei colpi, ed erano proprio sparite, non sentiva neanche male.
Sorrise
di scherno, poi rispose, stringendo il pugno destro, come per
dimostrare la sua felicità, un miracolo era accaduto.
Radamantis: “Mai stato
meglio.”.
Pandora
sorrise a sua volta.
Pandora:
“ Non avevo alcun dubbio.”.
Si
alzò e si prestò ad andarsene, però prima di andare aggiunse qualcosa, voltandosi verso Garuda.
Pandora:
“Te lo affido.”.
Garuda, annuì, col capo, d’ora
in avanti si sarebbe preso lui cura di Radamantis e
lo avrebbe fatto diventare un ottimo gigante, gli avrebbe insegnato a
padroneggiare i suoi poteri, a dominare il drago che era in lui ed a usare la sua furia, quando ne avevapiù bisogno.
Minos si apprestò ad andarsene
anch’egli, ormai non aveva altro da fare, era inutile stare lì, la
sua missione ormai l’aveva compiuta.
Passò
un giorno, Radamantis, fu messo al
corrente di quello che doveva fare, ma non aveva incominciato ancora
nessun esercizio, poiché il suo istruttore, prima di imparargli le varie
tecniche da cavaliere, voleva mostrargli , i vari luoghi dell’Ade quindi nella mattinata avrebbero fatto un giro per i
vari gironi.
Garuda fece una breve panoramica, del tutto.
Garuda: “Ecco qua questo il girone numero 2, qui vengono mandate tutte le anime che hanno
commesso il peccato della lussuria e dell’avarizia.”
Radamantis, guardò inorridito tutte
le anime, sbattute di qua e di là dal vento, in un ampio cratere senza
fine, poi voltò lo sguardo da una parte e vide un enorme cane a tre
teste, che mangiava anime.
Ancora
più inorridito da quella scena Radamantis,
chiese che cosa fosse quella cosa.
Radamantis:
“ Che diavolo è quello?”.
Ad
un tratto gli rispose una voce calma, accompagnata da una nenia, lenta e
triste, un suono d’arpa, simile a quello di Pandora.
Voce:
“ Vedo che hai notato , il mio cucciolo? Non
è carino?”.
Radamantis si voltò, e vide avanti a
se una figura, di un uomo di bell’aspetto, dai
lineamenti mediorientali, e dalla carnagione olivastra, con indosso un armatura nera come la pece, e una strana arpa, gigante.
Radamantis, non si fidava, e rimase teso,Garuda gli appoggiò una
mano sulla spalla per calmarlo.
Garuda: “ Non preoccuparti, lui
è il custode di questa prigione, si chiama Pharaon,
e la sua suplice rappresenta l’
enigmatica sfinge.”.
Radamantis si rilassò.
Pharaon: “ Chi è costui? E’
un resuscitato ?”.
Garuda annuì.
Garuda: “esatto
è il mio nuovo allievo, che prenderà il posto del drago.”.
Pharaon: “Interessante.”.
Suonò
qualche nota, poi continuò.
Pharaon: “Gli stai facendo fare il giro
turistico dunque, bene allora, visto che siete qui
lasciate che vi presenti,quel mostro laggiù il mio cucciolo, è
Cerbero il custode di Hades e divoratore delle anime
degli avari.”.
Radamantis: “Davvero interessante,
credo che chiederò adHades
di darmene uno anche a me.”
Pharaon: “Prima però dovrai
diventare come me, ne sei cosciente spero.”.
Radamantis: “Ovvio, vedrò di
mettercela tutta.”.
Pharaon: “ Ti augurò buona
fortuna allora.”.
Radamantis, alzò le spalle , poi Garuda gli fece segno, che
dovevano andarsene, e quindi congedarono lo specter
di Sphiix e andarono a fare un giro da un altra
parte.
I due allievo e maestro, trascorsero la
mattinata così, anche se nel regno di Hades
giorno e notte non esistono.
Il
ragazzo man mano che visitava i gironi e vari specter,
si accorse di essere stato veramente fortunato , ad
avere la possibilità di rivivere ancora, anche se prima non lo credeva e
guardava, lamorte come un'altra
sfida, ne era quasi divertito e la donava come se fosse un gioco ad altri, con
la sua pistola, ora invece provava quasi pietà per le anime dannate che
vi erano lì a tormentarsi, e sapeva che molte di loro le aveva uccise
lui, e costrette ad andare in quel posto.
A
quel punto il ragazzo, iniziò a sentirsi, in colpa, Garuda sentiva la sua incertezza, e la sua pena.
Garuda: “Che cos’hai? Perché sei così assorto nei tuoi pensieri ? Hai paura? Non temereè normale averne, ma tu
non patirai mai quelle pene, perché adesso sei immortale, esattamente
come me.”.
Radamantis, si fece
coraggio e rispose, sincero quasi molto di più di quanto non lo eramai stato in vita.
Radamantis: “Molte di quelle anime,
sono cadute per mano mia, le conosco perché io le ho uccise, mi sento
quasi ingiusto, io sono ancora vivo e loro invece no, tutto questo mi
rattrista, forse non meritavo questo.”.
Garuda , gli mise ancora
una mano sulla spalla, poi parlò sempre calmo e sicuro.
Garuda: “Non è colpa tua,
è stata solo colpa del loro destino, che gli dei hanno segnato per loro,
tu sei stato solo un messaggero, che haaccompagnatolorofin qui, sbagliato o giusto che sia
ormai,hai fatto, ma a differenza
di loro, tu hai il potere delle stelle, e il tuo destino ti ha condotto fin
qui, perciò non farti venire dubbi o sensi di colpa, pensa solo che tu
hai la possibilità ancora di cambiare, ancora una volta”.
Radamantis rimase in silenzio,
ma quel discorso lo aveva convito, e poi sapeva che per diventare come Garuda bisognava avere sangue freddo e non farsi prendere
dai sentimenti, il suo cuore si irrigidì ancora, freddo e sicuro, come
quando era vivo.
Camminarono
ancora in quella valle di lacrime, chiamata Ade poi
ad un tratto ,Radamantis
scivolò, inciampando su una roccia finendo in una valle oscura, Garuda non fece in tempo a salvarlo, e subito dopo si
precipitò giù nella vallata, per vedere se era vivo.
Il
giovane apprendista specter, per fortuna si
ritrovò ancora vivo, però avanti a lui vi era un
immensa foresta, fatta di strani alberi, dalla nera corteccia.
Radamantis: “Hai che botta, ma questa?...”.
Il
ragazzo si rialzò un po’ dolorante dopo la caduta, poi si
guardò attorno, che cavolo ci faceva una foresta all’inferno?.
Radamantis: “Certo che
l’inferno è assurdo oltre che spaventoso, eppure ho una stana
sensazione, questi alberi sono così strani.”.
Girò
ancora lo sguardo, poi però si ricordò
che doveva cercare Garuda e dirgli che stava bene, ma
come avrebbe fatto a trovarlo?doveva attraversare la foresta, così si
addentrò all’interno, e man mano la foresta si fece sempre
più intricata e selvaggia, i rami erano sempre pi fitti e le cime
più alte, poi ad un tratto , un ramo gli intralciò la
strada,impigliandosi nella sua
maglietta, allora il ragazzo, tirò cercando di liberarsi, e il ramo si
ruppe.
In
quel momento un lamento ne uscì fuori, il ragazzo non capì da
dove venisse, non ci fece tanto caso , poi però
vedendosi la strada ancora sbarrata cercò di aprirsi un varco tra i
rami, e i lamenti non furono solo uno ma tanti.
Radamantis: “ Ma cosa cavolo?...”.
Una
voce gli arrivò alle orecchie.
Voce:
“ Basta smettila, perché ci fai soffrire ancora
, anche tu che sei un non morto.?”
Radamantis non capì.
Radamantis: “ Cosa
, io ti farei soffrire, ma scusa come faccio se non so nemmeno dove
sei?.”.
Voce:
“Sono qui di fianco a te giovane, non morto.”.
Il
ragazzo si voltò, e vide un albero e nessun altro, tuttavia si accorse
che nel punto in cui prima aveva strappato il ramo, stava colando delle gocce
di sangue, si stupì gli alberi non avevano sangue, ma allora
perché quello?...a meno che…improvvisamente
tutto gli balenò, in mente , si affiancò all’albero, poi
guardò bene lì scorse il volto di una persona, probabilmente
un'altra anima dannata, ma allora quella foresta era tutta fatta di anime.
Radamantis: “Mio dio ma dove sono
capitato?”.
Ancora
domande, però questa volta , fu l’albero
a rispondere.
Albero:
“ Questa è la selva dei suicidi, il luogo dove noi che abbiamo
recato violenza a noi stessi, siamo costretti a vivere, e a scontare la nostra
pena, tramutati in alberi, da cui le foglie diventano nutrimento per le sozze
arpie, che ci straziano con i loro graffi, mentre strappano le nostre foglie.”
Radamantis, guardò il cielo, e vide
uno stormo di quegli esseri , dal volto di donna e il
corpo di uccello, che sibilavano strani versi acuti , mentre con i loro artigli
strappavano le foglie ai dannati che vi erano li, che si lamentavano ad ogni
tortura.
Radamantis: “ Dannazione voglio uscire di qui. Ehi tu non sai per caso come fare ad
uscire di qui?”.
Albero:
“ Purtroppo chi vi si avventura qui dentro, è destinato a perdersi
per sempre mi spiace, ma non posso aiutarti,solo il nostro padrone può
farlo.”.
Radamantis: “E dov’è il
vostro padrone?.”.
Albero:
“ Segui quelle streghe piumate, ti porteranno da lui, poiché
è lui che le alleva per torturarci.”.
L’albero
parlava dello specteredi arpia
naturalmente, l’unico signore di quel posto desolato.
Radamantis, guardò in aria e vide
che le Arpie iniziavano ad allontanarsi allora ,
subito non perse tempo e le seguì.
Gli
esseri piumati , andarono verso un altura, ve ne erano
un centinaio, lì infatti erano situati i loro nidi, tutti incavati nella
roccia, in profonde cavità.
Radamantis oltre che quelle streghe non vide nient’altro, e iniziò a pensare che
l’albero lo avesse preso in giro, ed ora era ancora più perso, in
quella selva dannata.
Radamantis: “ Stupido
albero…”.
Ad
un tratto, le arpie iniziarono ad avvicinarsi a lui minacciose, forse erano
infastidite dalla sua presenza, e per protezione nel confronto del proprio
luogo, di nascita,il ragazzo iniziò a
spaventarsi e cercò di fuggire ancora tra gli alberi, anche se sapeva
che si sarebbeperso di nuovo, ma il
gruppo delle creature, gli sbarrò la strada, e iniziarono ad attaccarlo,
con i loro artigli, graffiandolo , tagliandolo , ferendolo
strappandogli i vestiti , sembravano quasi
divertite, nel vederlo soffrire, fin quando Radamantis,
non decise però di difendersi, espandendo il suo cosmo allontanandole,
ma non bastava ,ecco arrivarne altre.
Il
ragazzo si liberò , per un attimo, giusto il
tempo di fuggire , ancora dentro la foresta, e perdersi di nuovo, tra quei
maledetti alberi,ferito e stanco ,
corse di nuovo , verso una meta che non c’era, mentre le ombre di quel
posto, lo confondevano, facendogli perdere di nuovo la strada.
Ad
un tratto si ritrovò in un ampio spazzo, dove gli alberi non
c’erano, il suolo era tappezzato da petali rosa di fiore, il profumo era
rilassante, ma come poteva esserci una cosa simile in quiel
posto? poiin mezzo a quel piccolo angolo di paradiso, vi era un albero, dalla chioma
bellissima,dalle foglie verdi e
rigogliose, mentre dei fiori lo rivestivano, perdendo iloro petali, sorretti dal vento, che li
faceva apparire come neve, il suo tronco era esile diverso dagli altri sembrava
avere un corpo suo, un corpofemminile.
Il
ragazzo come incantato da quella visione, iniziò a sentire in cuore suo
una strana, ma piacevole sensazione, mentre i petali
accarezzavano il suo volto e il suo corpo, sembrò essere a suo agio.
Volle avvicinarsi all’albero, non riusciva a capire, perché
quella sensazione di pace? Toccò il tronco, poi sentì qualcosa,
un lamento, sottile e pacato, che poi mutò in
una parola sola, “Radamantis”.
Sentì
invocare il suo nome, poi quella voce, la conosceva, ne era
sicuro.
Radamantis:”Questa voce? No non
è vero…”.
Il
suo pensiero, fu uno solo, quella voce, che lo
chiamava la conosceva, ma sperò fino all’ultimo di sbagliarsi, che
fosse solo un impressione, solo una sensazione che lo percorreva, percorse con
la mano, il tronco, immobile, il cuore gli batteva come impazzito, non voleva
credere, a ciò che pensava, ma poi una conferma terrificante.
Il volto di quell’albero,
rigato di sottili lacrime, simili a cristalli.
Anche
se incastrato, e la corteccia lo ricopriva ,mentre
sottili cascate di foglie e sottiliboccioli, e gemme leggere, che percorrevano la superficie, era
inconfondibile.
Il
ragazzo , inizio a sentire un groppo, in gola, non
aveva la forza neppure di parlare, talmente era incredulo e soprattutto, non
voleva crederci a ciò che vedeva nei suoi occhi ora, un solo attimo di
incredulità, sperando ancora che non fosse vero, poi unasola parola disperata, nell’aria,
prima sottile poi gridata, e disperata.
Radamantis: “Silviaaaa…”.
Una
sola parola tremante nell’aria, una sola frase, poiqualcosa accadde, il ragazzo
iniziò a d espandere la sua energia, la rabbia gli aveva dato una grande
forza, che nemmeno se si fosse allenato con Garuda
gli avrebbe mai fatto venire.
Quell’energia possente arrivò
fino al palazzo di Hades, dove l’armatura della
Viverna, ascoltava, e sentiva che il suo padrone la
richiamava, così attirata da quell’energia
così intensa, l’armatura raggiunse il ragazzo, e si adagiò
al suo corpo.
Radamantis, sentiva che il drago era stato
domato, ma a che prezzo però? Cosa gli serviva aver domato il drago ora
che Silvia , non c’era più, ora che si
era sacrificata per raggiungerlo, perché il destino ha voluto che lui
vivesse, mentre lei era costretta a vivere da dannata in quel luogo, maledetto
dagli dei.
Ilragazzo, si
inginocchiò, ormai disperato, mentre faceva scivolare la sua mano sul
tronco, dove ora era imprigionata la sua adorata.
Non
si diede pace,perché
il destino di lei doveva essere di seguirlo, fino addirittura
all’inferno, perché lei? Se lo chiese
diverse volte senza mai rispondersi.
Ad
un tratto l’albero fece dinuovo sentire la voce, di Silvia.
Silvia:
“Rada , non piangere…”.
Il
ragazzo , alzò lo sguardo verso quello di
Silvia, sembrava sorridere anche se incastrato nel legno.
Silvia:
“Non piangere più, io sono felice almeno so che sei ancora
vivo…”.
Radamantis: “Silvia…”.
Silvia:
“Non potevo più vivere, se non c’erti tu, ma ora che so che potrò rivederti qui, non mi importa di vivere,
voglio solo starti accanto, anche a costo di perdere la mia anima tra mille
sofferenze.”.
Il
ragazzo, si sentiva tremendamente in colpa per Silvia, lui non voleva che
facesse un gesto come questo, pur di stare al suo fianco.
Radamantis: “ Sei una stupida,”.
Silvia:
“Ti amo, Rada.”.
Il
neo gigante dell’Ade non poteva accettare una
cosa simile, allora decise solo di fare un ultima cosa.
Radamantis: “Non preoccuparti Silvia,
tiporterò
via da qui, lo chiederò io stesso ad Hades mio
signore, se ha resuscitato me, lo farà anche con te, così non
sarai più costretta a soffrire qui.”.
La
ragazza sapeva benissimo, che era impossibile, ma lo lasciò comunque sperare, dopo tutto era l’unico modo, di non
farlo soffrire oltre.
Intanto
all’inizio della foresta della selva dei
suicidi, Garuda incontrò, Valentine
lo specter delle arpie.
Garuda: “Valentine?.”.
Valentine: “Garuda?
mio signore cosa fate da queste parti?”.
Garuda: “ un mio allievo si è
perso nella foresta.”.
Valentine: “Cosa? Beh allora non credo che
tornerà, mi spiace mio signore, ma è destinato a vagare per
sempre tra i suicidi, è condannato anche lui ormai.”.
Garuda: “Io non ne sarei così
sicuro.”.
Garuda indicò il fondo del bosco, da
cuiuna
figura avvolta nell’oscurità, e da bagliori viola, ne uscì
fuori.
Garuda: “c’l’hai
fatta allora, il drago ti ha riconosciuto come suo padrone, ottimo, il nostro
addestramento può dirsi concluso, benvenuto tra l’armata di Hades.”.
Radamantis, non disse niente, a parte
un'unica frase che non era, rivolta a se stesso, per congratularsi col suo
nuovo operato, ma era solo per Silvia.
Radamantis: “Devo parlare con quella
donna, Pandora.”.
Garuda: “Andiamo a palazzo allora, sono
sicuro che ti farà le congratulazioni anche lei.”.
Radamantis: “Fa poche storie, delle
vostre congratulazioni, mi ci pulisco le scarpe.”.
Garuda. “ Vedo che andare là
dentro ti ha reso più forte, mi fa piacere.”.
Radamantis, era troppo arrabbiato ed anche
disperato, per mantenere la calma, quindi prese per il collo Garuda, alzandolo in piedi.
Radamantis. “Non capisci che devo
parlare assolutamente con quella donna? guardami negli
occhi, e dimmi se non ti basta, vedere adesso il mio dolore, tu che ti vanti di
vederlo negli occhi di tutti compiacendotene.”.
Gli
occhi delgiovanegigante, non mentivano, Garuda in quel momento riuscì quasi a vedere la sua
anima tormentata, da una parte la bestia che giaceva sopita in lui,
dall’altra parte, l’uomo che era, anche se ormai specter, era difficile pretendere che cambiasse tutto ad un
tratto, sperava di fargli dimenticare tutta la sua vita passata, facendogli
vedere il regno dove lui era riuscito a vivere, alla faccia degli altri che non
potevano, pensava di renderlo forte abbastanza di animo per entrare tra le file
dei giganti di Hades, lo era, ma ora i suoi
sentimenti erano altri.