L'araba fenice

di angelad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il risveglio di Kate ***
Capitolo 2: *** Rick ***
Capitolo 3: *** Johanna ***
Capitolo 4: *** Ciao papà ***
Capitolo 5: *** Al parco giochi ***
Capitolo 6: *** Vicini, ma così lontani ***
Capitolo 7: *** La leggenda dell'araba fenice ***
Capitolo 8: *** Benvenuta nel mondo Johanna Katherine Rogers! ***
Capitolo 9: *** Finalmente si torna a casa ***



Capitolo 1
*** Il risveglio di Kate ***


 Un raggio di sole le colpì il viso svegliandola. Kate provò a tirarsi le coperte sulla testa, ma l’incantesimo si era rotto, non sarebbe più riuscita a dormire.
 


Allungò una mano dalla parte opposta del letto alla sua, ma non trovò chi stava cercando. Doveva essersi già alzato, ma il suo profumo era ovunque.

Si stirò, scostò le coperte e scese dal letto. Pensò di trovarlo in cucina, sicuramente le stava preparando la colazione: sapeva viziarla e coccolarla come nessun altro al mondo.

Kate sorrise: questa storia dei “fidanzatini segreti” le piaceva, ma incominciava a starle stretta.

Da quando Castle era rimasto intrappolato in quella banca, rischiando la vita, tutto era cambiato. Quando quel bandito aveva osato minacciare di uccidere gli ostaggi si era sentita bruciare dentro.

“Inizierò col tuo fidanzato Kate”

Il tuo fidanzato..

Era davvero così evidente ciò che provava per lei?

Quella parola le era rimasta in testa per molti giorni a venire, finchè una sera, dopo che lui l’aveva accompagnata a casa, lo aveva fatto salire e, chiusa la porta alle loro spalle, lo aveva attirato a sé e baciato con passione.

Se per tutti era il suo compagno, lo sarebbe stato ufficialmente anche per lei.

Lui, in pratica, non se n’era più andato: tutti i weekend, quando Alexis andava da Ashley e Martha usciva con i suoi colleghi, la raggiungeva nel suo appartamento e passavano il tempo uno nelle braccia dell’altro, per recuperare gli anni perduti.

Non avevano ancora reso pubblica la loro storia, ufficialmente per impedire alla Gates di buttare Castle fuori dal distretto, in realtà perché amavano questa clandestinità. Lo trovavano  eccitante. La donna, però, sapeva che non sarebbe potuto durare ancora per molto, ma non era dispiaciuta, anzi..
Non vedeva l’ora di poterne parlare con Lanie!

Andò nel bagno e si sciacquò la faccia e, mentre stava uscendo, chiamò: “Rick, tesoro! Sei in cucina?”, ma non ottenne risposta.

Giunta nel salotto capì di essere sola. Il suo appartamento era vuoto.

Le sembrò strano, non se n’era mai andato senza lasciarle almeno un biglietto. Forse era sceso a prendere il latte che lei aveva dimenticato la sera prima. Non si preoccupò immediatamente e preparò il caffè.

Passò più di un’ora, ma dell’uomo nessuna traccia.

Kate iniziò ad agitarsi, qualcosa dentro di lei le diceva che era una situazione strana. Decise di telefonargli. Cercò il suo cellulare, ma nel posto in cui lo lasciava sempre non lo trovò. Incominciò a perlustrare incessantemente ogni angolo della casa, ma sembrava sparito.

Ad un tratto lo sentì suonare. Il suono proveniva dal divano, probabilmente era rimasto incastrato sotto i cuscini.

“Grazie al cielo Rick, ce ne hai messo di tempo” pensò la giovane donna tirando un sospiro di sollievo.

Quando prese l’oggetto tra le mani, però, rimase delusa. Sul dispaly non appariva il volto del suo uomo, ma la scritta “Home”.

Rispose: “Ciao papà, scusa ti richiamo tra pochi minuti, devo fare una telefonata urgente”.

“Tesoro, aspetta, non riagganciare”.

Rimase gelata, non riusciva più a muoversi.

Quella voce..

L’aveva riconosciuta subito, ma non era possibile.

Non poteva essere vero.

Sapeva che non avrebbe mai più potuto parlare con lei.

Forse si era sbagliata, si era sognata, non l’aveva sentita davvero.

“Katie, sei ancora lì?”.

Di nuovo..

Non lo aveva immaginato..

Riuscì a sussurrare incredula: “Mamma?

Dall’altra parte del telefono sentì rispondere: “Tesoro, certo sono io. Ero preoccupata. Dovevi essere qui circa due ore fa. Non ti vedevo arrivare e iniziavo a stare in pensiero, tenevo ti fosse successo qualcosa”.

Era proprio sua madre. Dolce, amorevole, solo come Johanna Beckett sapeva essere.

“Dovevo essere lì?” balbettò Kate.

La donna rise: “Katie, non puoi esserti dimenticata il nostro tradizionale pranzo di inizio estate nella
nostra casa in montagna! Tuo padre si offenderà a morte. Avanti, prendi la macchina e raggiungici. A dopo, ti voglio bene” e la comunicazione fu interrotta.

Kate dovette sedersi, era sconvolta. Si pizzicò la pelle per essere sicura di essere cosciente.

Aveva parlato con sua madre, era viva..

Doveva assolutamente raccontarlo a Rick. Cercò il suo numero sulla rubrica, ma non lo trovò.

Maledetto telefono, non era la prima volta che le cancellava i numeri.

Ricordandolo a memoria lo digitò sulla tastiera ed inoltrò la chiamata. Una voce metallica rispose: “Il numero selezionato è inesistente”.

Provò col suo numero di casa con lo stesso risultato.

Turbata, tentò  più volte con entrambi i numeri, ma ottenne sempre la medesima risposta.

Ora era veramente nel panico. Si infilò un paio di jeans ed una maglietta, chiuse la porta di casa in tutta fretta e si mise al volante verso casa di Castle.

Salì con l’ascensore fino al giusto piano. Il corridoio era deserto, non sentiva nessun rumore.

Suonò il campanello, nessuno venne ad aprirle. Riprovò una seconda, una terza e una quarta volta.
Niente.

Mentre stava per spingere il tasto per l’ennesima volta, una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione: “Cerca qualcuno signora? Posso aiutarla”. Un uomo con indosso una divisa stava avanzando verso di lei.

“Si sto cercando il sig. Richard Castle, abita qui. Sono un’amica”. Rimase sulla difensiva. Era stata molte volte a casa di Castle e conosceva benissimo sia il portiere sia gli addetti alla sicurezza di quel palazzo. L’uomo di fronte a lei non era nessuno di questi.

“Mi dispiace darle una brutta notizia signora, qui non ha mai vissuto nessun Richard Castle. Questo appartamento è vuoto da anni, nessuno ha mai più abitato qui dopo la morte improvvisa dell’ultimo proprietario. Qualcuno deve averle dato un’informazione sbagliata. Sono davvero spiacente. Anzi se vuole posso farle vedere l’alloggio, magari è interessata a comprarlo” ed aprì la porta prima che Kate potesse protestare.

All’interno tutto cadeva a pezzi, si poteva vedere senza alcun ombra di dubbio  che era disabitato da molto tempo. L’uomo non le aveva mentito. La donna, però, non riuscì ad oltrepassare la soglia, non stava capendo più niente.

Farfugliò qualche scusa con l’uomo e si affrettò ad uscire in strada, aveva bisogno di aria.

Si infilò nel primo vicolo che trovò, appoggiò la schiena contro un freddo muro e chiuse gli occhi, passandosi le mani tra i capelli.

Mille pensieri le offuscavano la mente.

Sua madre era viva, aveva chiacchierato con lei.

Rick, invece, sembrava sparito dal mondo. La città lo aveva inglobato dentro di sé senza lasciare alcuna traccia.

Come era possibile?

Cosa diavolo stava succedendo alla sua vita?
 
 
 
Angolo mio
Ecco la mia seconda long…
Inizio col dire che questa è molto particolare, nata in maniera strana (questo primo capitolo me lo sono sognato). La sto ancora sviluppando, ma ho le idee molto chiare per quanto riguarda il finale.. il centro della storia mi appare ancora un po’ confuso, ma sono dettagli, spero di essere illuminata dall’ispirazione.
So che apparentemente il titolo non c’entra nulla, ma abbiate pazienza, il mistero verrà chiarito dopo. Se qualcuno conosce la leggenda dell’araba fenice, può farsi un’idea..
Ci tengo a dirvi che il buon Rick non è sparito, ma tornerà nel prox capitolo!!
Ditemi le vostre impressioni, sia in positivo sia in negativo! Grazie Anna

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Capitolo 2
*** Rick ***


 Il fischio dell’ambulanza gli martellava nelle orecchie e gli rimbombava nella testa. Aveva un fastidioso senso di nausea come se avesse preso un pugno in pieno stomaco. Era voluto salire con lei  per non lasciarla da sola, ma mentre i paramedici operavano sul suo corpo per salvarla, si era dovuto scostare di lato.
 
Non riusciva ancora a capire cosa fosse successo in realtà, si era semplicemente svegliato e non l’aveva trovata al suo fianco. Si era alzato per cercarla e l’aveva vista distesa sul pavimento del salotto completamente priva di sensi.

Stava cercando d’andare in bagno, ma non c’era riuscita. Non doveva star bene, perché non lo aveva svegliato?

Si era gettato verso di lei, l’aveva stretta nelle sue braccia. Aveva provato a chiamare il suo nome, a scuoterla leggermente, ma Kate non aveva reagito.

Solo quando l’aveva voltata verso di lui si era accorto che  il respiro il suo battito erano più deboli del solito. Senza perdere un attimo di tempo aveva avvertito i soccorsi.

Non era possibile, il fato si era accanito ancora una volta contro di loro, proprio nel momento in cui erano felici, quando erano innamorati pazzi l’uno dell’altro. Cosa avevano fatto di male?

Era sembrata subito una situazione disperata, ogni attimo che passava Kate respirava sempre più a fatica. Le avevano messo la mascherina dell’ossigeno e la flebo. Le avevano testato i riflessi e alzato le palpebre dei suoi occhi.

Dallo sguardo che i due paramedici si scambiarono, Rick capì la gravità della situazione.

Caricarono la donna sulla barella in fretta e furia e iniziarono il trasporto all’ospedale. Rick sapeva che era diventata una corsa contro il tempo, l’ambulanza correva all’impazzata.

“Maledizione tutti i valori stanno collassando! aumenta l’ossigeno e prepara il kit rianimazione. Stiamo rischiando seriamente l’arresto cardiaco” disse un paramedico.

“Quanto manca?- urlò l’altro verso l’autista- cosa diavolo è successo a questa donna? Non riusciamo a stabilizzarla…”

Castle tremava e si avvicinò a Kate, ma fu spinto indietro dagli uomini.

“Non può star qui la prego, ci faccia fare il nostro lavoro” disse con sgarbo uno dei due.

“Volevo solo tenerle la mano, farle capire che ci sono, che non è sola” sussurrò Rick.

Il secondo paramedico si girò verso di lui e, intuendo il suo dolore, disse: “Ok, venga vicino a me. Le parli, le dica che stiamo cercando d’aiutarla e che deve lottare.  La voce delle persone care può essere d’aiuto in certe situazioni, lo sa? È il suo fidanzato?”

Rick annuì.

“Sa dirci se aveva delle malattie, degli eventi traumatici passati che possono aver provocato questa ricaduta?”

“No, è sempre stata sana come un pesce.. l’anno scorso, però, le hanno sparato, al torace, sotto il cuore.. Sapete è una poliziotta.. Però si era ripresa.. non aveva avuto altre complicazioni”

“Cosa aspettava a dircelo?- urlò il più scontroso dei due-  Maledizione, siamo arrivati o no?”
 

Non appena giunsero al pronto soccorso le porte dell’’ambulanza si aprirono dall’esterno e Kate, prelevata da due infermieri, fu immediatamente trasportata in una sala emergenza dove venne affidata alle cure dei medici.

Castle rimase da solo in sala d’attesa.

Era tutto ciò che poteva fare, aspettare.

Aspettare notizie della donna che amava.

Quel giorno doveva essere speciale, era il loro anniversario, erano tre mesi che stavano insieme. Avevano preso l’abitudine di festeggiarlo a causa sua: amava farle delle sorprese, vedere il suo finto stupore e il suo splendido sorriso.

La sera precedente, però, era stata lei a prenderlo in contropiede, mentre cenavano: “Rick, sai che giorno è domani?”.

Lui aveva posato la sua mano su quella di lei accarezzandola: “Naturalmente tesoro”.

“Di solito sei sempre tu quello dei doni inaspettati giusto? Bene, sappi che qualunque cosa tu abbia inventato, creato o anche solo pensato, domani ti sconfiggerò. Non puoi competere”.

Provò una fitta di dolore nel ricordare la gioia che emanavano i suoi occhi, sprizzava serenità da tutti i pori. Aveva cercato in tutti i modi di farla confessare, era troppo curioso. Kate, però, da buon detective, non aveva ceduto e gli aveva ripetuto che avrebbe potuto saperlo solo il giorno successivo..

Non avrebbe mai potuto immaginare che non avrebbero festeggiato. Quello che doveva essere un giorno di gioia si era trasformato in un incubo senza fine.

Castle aveva già chiamato i suoi famigliari e Jim Beckett, ma erano fuori città e, nonostante avessero promesso d’arrivare nel minor tempo possibile, sapeva che ci sarebbero volute ancora alcune ore. Gli amici del 12esimo, invece, erano in servizio all’esterno.

 Così aveva lasciato loro un messaggio in segreteria con la richiesta di richiamarlo non appena lo avessero ascoltato.

Era solo e quella lugubre stanza d’ospedale gli stava stretta. La puzza del disinfettante aumentava le sue vertigini e il senso di smarrimento che lo avvolgeva.

Passò un ora;  nessuno si degnava di comunicargli le condizioni di Kate, se fosse ancora viva. Se lo chiedeva alle infermiere lo rimbalzavano indietro dicendo di dover attendere il dottore.

Quando la sua pazienza stava ormai per esaurirsi, una dottoressa dai capelli biondi entrò nella stanza chiedendo chi fossero i parenti di Katherine Beckett.

Si fece avanti con passo spedito: “Io”..

La donna lo scrutò: “Piacere, dottoressa Susan Nichol. Posso sapere il grado di parentela?”.

“Sono il suo fidanzato.. era con me stamattina, quando si è sentita male. Mi chiamo Richard Castle. Come sta Kate?”.

“Piacere sig. Castle. Prego mi segua nel mio studio, non possiamo parlare del quadro clinico della signora qui”.

Quella frase su un ulteriore strappo nell’anima provata di Rick. Restò immobile, ma riuscì a chiederle: “Mi dica solo se è ancora viva”.

La donna lo guardò con aria compassionevole: “Sì è viva, ma le sue condizioni non sono buone. Ora, la prego, venga con me”.

La donna lo condusse in una piccola stanza finemente arredata e gli fece segno di sedersi.

Dopo essersi accomodata anche lei dall’altra parte della scrivania parlò: “Sig Castle, come le ho detto, la signora è viva, ma il suo stato di salute è critico. Quando è arrivata qui le sue condizioni fisiche erano quasi disperate. Non riuscivamo a capire il motivo della sua totale incoscienza. Ci siamo accorti che la temperatura era molto alta. Abbiamo fatto esami approfonditi e abbiamo riscontrato una encefalite, crediamo di tipo virale. Normalmente è curabile e non provoca danni seri, ma nel caso della sua fidanzata, ha avuto un decorso strano ed inaspettato.
Abbiamo iniziato immediatamente a somministrarle la cura indicata, ma nonostante la febbre sia lievemente scesa, lo stato di incoscienza persiste. Mi duole davvero doverglielo dire, ma si è presentato uno stato profondo di coma. L’elettroencefalogramma è chiaro.
Devo ammettere di non saper spiegare come possa essere successo, né di poter prevedere come si svolgerà il decorso. Posso solo dirle che la sua fidanzata è seguita dalla miglior team dell’ospedale. Cercheremo d’abbassare ulteriormente la temperatura per proteggere sia lei sia il bambino da eventuali danni futuri”.

Richard la fermò, credeva di non aver capito bene.

“Mi scusi cosa ha detto? Proteggere da eventuali danni sia lei sia il bambino?”.. era totalmente incredulo.

La donna lo fissava e capì che l’uomo non ne era al corrente e parve imbarazzata: “Sì, lei e il vostro bambino. La signora è incinta di almeno sette settimane. Ce ne siamo accorti visitandola. Non lo sapeva?”.

“No, non lo sapevo.. sa oggi era un giorno speciale per noi, credo che Kate volesse farmi una sorpresa, ieri sera mi aveva detto d’aver in mente qualcosa di speciale per questa giornata” mormorò l’uomo passandosi una mano tra i capelli. La voce gli era morta in gola.

La dottoressa si sporse verso di lui: “Mi dispiace che lo abbia dovuto sapere da me, da un’estranea. Ora, però, deve aiutare la sua compagna a lottare. Lei sta tenendo duro, ma avrà bisogno anche del suo sostegno. Se la sente?”.

Rick rispose con tono più sicuro: “Assolutamente sì. So che Kate è una donna forte e io farò la mia parte. Fate tutto ciò che dovete, ma riportatemela. Qualunque cura, a qualunque costo. Tutto ciò per farli star bene entrambi”.

La donna annuì.

 Uscendo dalla stanza Rick chiese: “Quando posso vederli?”.

“Non appena la trasferiranno nella sua camera. Potrà restare tutto il tempo che vuole”.

L’uomo ringraziò e andò ad accomodarsi su una sedia nel corridoio.

Era la giornata più strana della sua vita. La più terribile, ma paradossalmente anche la più indimenticabile.

Aspettava un figlio, il loro bambino.. Era il suo dono per lui..

Si era addormentata in un sonno infinito, dal quale era difficile svegliarsi. Chissà dov’era.. Chissà se si ricordava di loro..

L’unica cosa certa era che lui non le avrebbe permesso di andarsene.

Avrebbe combattuto con lei.
 

Angolo mio
Come promesso Castle non era sparito, anzi è più vivo che mai. Mi sento un po’ in colpa per aver mandato Kate in coma, ha già avuto una serie di sfortune notevoli nelle vita, ma in questo modo posso sviluppare la mia idea iniziale.. ho anticipato la pubblicazione di qualche giorno, perchè la prossima settimana non riuscirò a connettermi!  
Dite la vostra e non siate clementi!  Grazie a tutti coloro che hanno recensito, o semplicemente letto.. Un bacione Anna

 

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Capitolo 3
*** Johanna ***


 

Era risalita in macchina ed era partita verso casa dei suoi genitori. Il traffico rallentava la sua marcia, ma in parte ne era felice, aveva tempo di pensare.

Quella situazione era decisamente ridicola e surreale. Castle era scolpito nella sua mente, nel suo cuore. Sentiva ancora sulla sua pelle il calore della notte che avevano appena trascorso insieme, abbracciati l’uno all’altra, dopo aver fatto l’amore.

Non poteva essere sparito così, senza darle una benché minima spiegazione. Avevano lavorato insieme quattro anni, si erano innamorati, aveva finalmente ceduto ai suoi sentimenti, non poteva lasciarla proprio adesso.

Ripensandoci, non era assolutamente possibile, lui non l’avrebbe mai trattata così. Doveva essere successo qualcosa di incomprensibile, di folle ed insensato.

Si sarebbe messa alla sua ricerca, ma prima doveva andare da lei. Doveva assolutamente  vederla, capire che quella telefonata non era un’illusione.

Quando imboccò il vialetto che portava alla sua casa montana, il cuore incominciò a batterle forte.

Sentire la sua voce, parlare con lei.. era stato incredibile.

Parcheggiò la macchina proprio nel vialetto in giardino e, mentre si apprestava a scendere dall’auto, vide che la stava aspettando in veranda.

Era proprio come la ricordava, la sua adorata mamma.

Capelli castani, occhi verdi, corpo snello e slanciato, gesti aggraziati e quello splendido sorriso che dava luce al suo viso.

Castle una volta le aveva detto che erano identiche, ma lei non credeva fosse vero fino in fondo: non avrebbe mai potuto competere con la dolcezza che Johanna trasmetteva con ogni suo movimento.

Non riusciva a scollarle gli occhi da dosso, mentre si avvicinava.

“Katie finalmente sei arrivata! Come mai ci hai messo così tanto? Tesoro mio perché stai piangendo?”.

Kate non rispose, ma si buttò contro il suo corpo serrandola in un abbraccio. Johanna Beckett, nonostante fosse stupita dallo strano comportamento di sua figlia, cinse le sue braccia contro la schiena di Kate.

Non era abituata al suo lato fragile, la sua bambina era sempre stata una roccia, un peperino niente male.

Si sedettero sugli scalini di legno e, prendendo il viso della giovane tra le mani, cercò i suoi occhi.

“Amore mio è la prima volta che ti vedo così. Sembra che tu abbia visto un fantasma!” disse la donna, mentre asciugava le lacrime di Kate.

“Sta tranquilla mamma, sto bene”.

“Non mi sembra tesoro, cos’è successo?”

“Non mi crederesti mai mamma..” rispose Kate continuando a fissarla. Era reale, la stava accarezzando.. com’era bello, non aveva mai dimenticato quella sensazione.. se solo avesse immaginato quante volte ne aveva avuto bisogno in passato, quanto quel gesto meccanico era importante per lei.

“Prova a spiegarmi, mettimi alla prova. Anche se mi dicessi la cosa più assurda del mondo, io ti crederò, non devi avere dei dubbi”.

Kate riuscì a sorridere, era la risposta tipica di sua madre.

Scrollò la testa: “Sono felice mamma, sono lacrime di gioia. Voglio solo fare  una chiacchierata con te più tardi”.

 Johanna le ricambiò il sorriso: “Sono qui per questo tesoro, sono qui per ascoltarti, parlarti, consigliarti, sgridarti, abbracciarti, dirti che ti voglio bene, per guidarti verso la tua strada, per qualunque cosa tu abbia bisogno.. Sono tua madre, o no? Qualunque cosa vorrai la faremo insieme. Ora, però vieni, andiamo a mangiare o a tuo padre verrà una sincope” e presa la sua mano, l’aiutò a mettersi in piedi.

Dio quanto le era mancata, quanto l’aveva rimpianta.

Le avrebbe raccontato tutto, dal suo lavoro al suo unico grande amore. Sentì una punta di dolore, mentre pensò a Rick. Avrebbe voluto che fosse lì in quel momento, a gioire con lei. Chissà dov’era, ma lei lo avrebbe ritrovato.

Entrò in casa seguendo sua madre e notò che nulla era cambiato da quando era stata lì per la convalescenza dopo la sparatoria. Aveva trascorso lunghi mesi in quel luogo ad arrovellarsi sul suo futuro, indecisa sul da farsi. Avevano lasciato perfino quelle orribili tendine, si chiese come aveva potuto scegliere un motivo tanto strano. Doveva star male davvero quando le aveva comprate.

 In cucina suo padre stava preparando l’occorrente per la tavola e quando la vide esclamò: “Ce l’hai fatta Katie, stavo per mandare una squadra di soccorso a cercarti. Sei sempre la solita”.

“Jim lasciala in pace, avrà avuto le sue buone ragioni per ritardare. Non sono affari tuoi, ormai è una donna adulta e la sua vita non deve riguardarci”.

“Beh direi che mi riguarda se mi fa ritardare il pranzo!” e strizzò l’occhio verso sua figlia.

Kate rise, non ricordava più quando fosse stata l’ultima volta che aveva sentito i suoi genitori punzecchiarsi. Si sentì meglio, quella dolce atmosfera famigliare era ciò di cui aveva bisogno dopo la sua difficile mattinata.

“Avanti Katie aiutami a portar fuori i piatti, oggi si mangia all’aperto come quando eri bambina” disse suo padre sporgendole le stoviglie.

I due finirono di apparecchiare e Kate si avvicinò all’uomo e appoggiò una mano sulla sua spalla e gli diede un bacio su una guancia. L’uomo restò perplesso.

“Come mai sei così affettuosa oggi?”

“Non è bello che la mamma sia di nuovo a casa con noi?”

Jim rise: “Parla per te tesoro, io sono quarant’anni che la sopporto. La amo ancora moltissimo, ma ogni tanto vorrei che si prendesse una vacanza. È sempre stata un tornado! Scherzi a parte, non posso nemmeno immaginare la mia vita senza di lei, non so come potrei reagire se dovesse capitarle qualcosa”.

Kate lo accarezzò di nuovo, purtroppo ricordava bene in quale terribile vortice era caduto suo padre quando Johanna era morta. Era ancora nitido nella sua mente, ma, per fortuna, quei terribili anni non sarebbero tornati mai più.

Johanna uscì in quel momento con una bella pentola fumante nelle mani.

“Voi due scansafatiche vi siete almeno degnati di accendere il grill per far cuocere la carne?”.

Jim alzò gli occhi al cielo: “Ecco cosa intendevo pochi minuti prima, mi dà continuamente ordini..”.

Kate sorridendo raggiunse sua madre dall’altra parte del tavolo.

“Avanti Kate, raccontami qualcosa sul tuo lavoro. Quando avrai il prossimo convegno? Per quanto tempo starai ancora a New York?”.

Kate non riuscì a capire cosa intendeva la donna.

Convegno? Non aveva mai viaggiato per lavoro, se si esclude l’incursione a Los Angeles con Rick per scovare l’assassino di Royce.

Ad un tratto, un dubbio le balenò per la mente, ma era così assurdo che non riusciva a capacitarsene.
C’era solo un motivo per il quale aveva scelto di diventare un poliziotto: la morte di sua madre.

Se Johanna era viva, lei allora doveva aver seguito un’altra strada. O mio Dio, quindi non era un detective, non lavorava al Dodicesimo..

Un brivido le percorse tutto il corpo.

Non ricordava la sua vita, conosceva solo un passato che sembrava non esistere.
 

Angolo mio

Eccomi sono tornata!! Questo capitolo, come il quarto che presto pubblicherò, sono due capitoli “di transito”. Non accade granché, ma ho introdotto Johanna.. la mamma è sempre la mamma… Ci servirà più avanti! :-)
Ringrazio nuovamente tutte/i coloro che hanno letto la mia storia.
Grazie per le vostre opinioni, sono importanti per me! Anna

 

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Capitolo 4
*** Ciao papà ***


 
Era ormai pomeriggio quando gli permisero d’entrare nella sua stanza. Aveva trattenuto tutte le sue emozioni dopo essere uscito dallo studio della dottoressa Nichol, ma, nell’istante in cui la vide distesa in quel letto, i suoi occhi si riempirono di lacrime.

Le ricacciò indietro, non voleva piangere davanti a Kate, doveva essere forte, doveva aiutarla.

Si avvicinò e le si sedette accanto. Intrecciò le dita di lei con le sue, mentre l’altra mano istintivamente si posò sopra il suo ventre. Era la prima carezza che dava al loro bambino..

Era ancora molto calda, la febbre non era scesa.

La guardò e pensò che nonostante tutto fosse bellissima. I capelli le cadevano lungo il volto direttamente sulle spalle, avevano ancora l’arricciatura fatta dal parrucchiere il giorno prima. Li sfiorò e ne ricacciò una ciocca dietro l’orecchio per poterla vedere meglio.

 Aveva sempre adorato vederla addormentata, aveva passato notti intere a farlo, e, anche se era in quella terribile situazione, i suoi lineamenti sembravano rilassati, se stava soffrendo non si vedeva.

La dottoressa gli aveva spiegato che il suo quadro clinico era stabile, nonostante la gravità. Non aveva più la mascherina per l’ossigeno, la respirazione si era normalizzata.

Non riusciva ancora a crederci, era quasi certo che se avesse fatto un po’ più di rumore o semplicemente l’avesse chiamata, Kate si sarebbe svegliata.

 Purtroppo, però, non stava scrivendo la trama di un duo libro, non poteva scriverne il finale.

Le diede una carezza sul viso, un bacio sulla fronte e le sussurrò: “Buon anniversario amore mio”.

Avrebbe voluto dirle un milione di cose, ma in quel momento tutto ciò che gli passava per la mente che sembrò stupido ed inadatto.

Era stata una giornata troppo difficile per lui, non si era ancora ripreso. Continuava a guardarla e a sperare che tutto ciò che era accaduto fosse solo un incubo dal quale si sarebbero svegliati presto.

Non si accorse dell’infermiera alle sue spalle e nell’istante in cui parlò si girò verso di lei con aria sorpresa.

 “Mi scusi sig. Castle non volevo spaventarla. Volevo avvertirla che in sala d’attesa la stanno attendendo il sig. Beckett  e sua madre. Hanno chiesto di lei”.

L’uomo sospirò e rispose: “Li raggiungo subito” e dopo aver dato un ulteriore bacio alla sua musa uscì dalla stanza.

Non appena lo videro Jim Beckett e Martha Rogers gli andarono incontro preoccupati.

“Cos’è successo tesoro? Le hanno sparato di nuovo?” esordì sua madre.

“no..” rispose Rick.

Jim Beckett gli si parò contro: “Allora perché mia figlia è di nuovo in ospedale a lottare contro la morte? In quale guaio vi siete cacciati?”.

Castle poteva vedere la disperazione negli occhi del padre della sua compagna, la stessa  che lui teneva nel cuore.

Era il momento della verità, nessuno sapeva della loro storia, era un segreto tra lui e Kate. Non sarebbe durato per sempre, ma mai avrebbe pensato di doverlo rivelare in un luogo così freddo, in un momento così disperato.

Raccontò i fatti come si erano svolti quella mattina e come il loro legame fosse cambiato nell’ultimo periodo.

Alla fine sussurrò: “mi dispiace, se solo mi fossi svegliato prima, se avessi sentito qualcosa, forse Kate non sarebbe in questo stato”.

L’uomo continuò a guardarlo in silenzio, poi appoggiò le mani sulle braccia di Castle.

“grazie a Dio eri con lei e hai potuto aiutarla prontamente. Se fosse stata sola sarebbe morta su quel pavimento. Quello che è successo a Kate non è colpa tua. Capito?”. Esitò un istante e poi continuò: “ Quindi non sbagliavo quando dicevi che tenevi a mia figlia vero?”.

“No, non sbagliava. Io amo Kate. Sa noi…”.

“Non mi devi spiegazioni, se la mia bambina si è finalmente decisa ad ascoltare il suo cuore, io ne sono felice”, abbozzò un sorriso.

Castle cercò di fare altrettanto, ma non ci riuscì.

“Quanto vorrei che si svegliasse..”

“Conosci Katie, l’hai mai vista arrendersi davanti alle difficoltà? È una leonessa, lo è sempre stata. Troverà la forza e la via per ritornare da te, da noi. Dobbiamo solo starle vicino”.

Martha, avvicinandosi a suo figlio, aggiunse: “Jim ha ragione. Dobbiamo farle capire che non è sola, dobbiamo essere forti. Il tuo amore la aiuterà”.

Rick annuì.

“Potete entrare da lei quando volete, abbiamo avuto un trattamento di favore al riguardo. Io dovrei portare alla dottoressa la vecchia cartella clinica di Kate, credo che sia a casa sua. Non ci metterò molto”.

“Certo tesoro. Anzi approfittane, cerca di riposarti un poco. Restiamo noi qui. Ti chiameremo se dovesse cambiare qualcosa” disse Martha.

Dopo aver salutato, Castle uscì dall’ospedale.

L’aria fredda lo colpì in faccia, facendolo sussultare. Si strinse nel cappotto e si diresse a grandi passi verso un taxi. Quando arrivò davanti al portone dell’appartamento della donna, un nodo gli strinse la gola. Aveva preso le chiavi di Kate, ma non riusciva ad aprire la porta sapendo che all’interno non ci sarebbe stata la sua donna ad accoglierlo.

Lasciò passare qualche secondo , ma alla fine si decise ad entrare.

C’era un silenzio irreale tra quelle mura, un silenzio che gli entrò nell’anima. Si mosse lentamente come fosse un ladro per non rompere quell’incantesimo, come se fosse veramente importante.

Doveva cercare quei documenti, lo sapeva, ma era troppo stanco, troppo debole. Si tolse il giaccone e si lasciò cadere sul divano, sul quale erano stati abbracciati fino alla sera prima.

Si passò una mano tra i capelli e sul viso e ispirò profondamente.

Il profumo di lei era ovunque.

Chiuse gli occhi e si lasciò inebriare da esso. Aveva bisogno di Kate, ora più che mai.

Quando aprì nuovamente gli occhi, dopo essersi calmato,  notò sul tavolino davanti a lui una grande busta, dove sopra era stata appoggiata una rosa rossa.

 Si alzò, la prese tra le mani e restò per qualche istante a contenprarla.

“Sei riuscita lo stesso a prepararmi una sorpresa amore mio, grazie”.

 Purtroppo aveva già scoperto il segreto di Kate, ma si emozionò comunque.

 La aprì delicatamente e ne fece scivolare fuori il contenuto.

Mentre la rovesciava un piccolo oggetto rotondo e variopinto cadde.

Un ciuccio.

Rise. Kate era sempre stata la parte razionale della loro coppia, gli sembrò di sentirla dire: “Beh, potrebbe esserci utile”. Non poteva darle torto.

Lo raccolse, lo osservò. Era giallo e verde, Kate non poteva ancora sapere se sarebbe stato un principe o una principessina, era stata molto democratica.

Lo mise in tasca. Aveva deciso che lo avrebbe portato con lui in ospedale, sarebbe stato il loro portafortuna.

In seguito rivolse la sua attenzione ai fogli davanti a lui.

Sorrise: mai un’istantanea in bianco e nero gli era parsa così meravigliosamente radiosa. Seguì con un dito il contorno della testa e del corpo di quella minuscola creatura dalle forme non ancora perfettamente definite.

Il cuore incominciò a battergli forte nel petto, ma accelerò ancor di più quando vide la scritta sopra l’immagine.

“Ciao papà”.

Un brivido percorse tutta la sua schiena.

Oh Kate… io sono uno scrittore e con le parole sono bravo, ma solo tu  potevi dire così tanto con due termini così semplici- pensò l’uomo.

Avrebbe voluto abbracciarla in quel momento, tempestarla di baci, stringerla a sé fino a farle mancare il fiato, mentre la faceva volteggiare tra le sue braccia, con lei che gli ordinava di fermarsi perché le stava salendo la nausea.

Una lacrima cadde sul foglio. Rick si asciugò gli occhi, ma il suo pianto non si fermò. Tutte le emozioni che aveva trattenuto fino a quell’istante si riversarono all’esterno.

Rick decise di assecondarle.

Sapeva che Kate, ovunque si trovasse, avrebbe capito.

A volte anche i grandi uomini hanno bisogno di piangere.
 
 
Angolo mio

Ho deciso di pubblicare stasera perché sono giù di corda e stare con voi mi rende serena.
Vi ringrazio tanto per i commenti e un grazie anche ai lettori silenziosi. Un bacione, Anna

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Capitolo 5
*** Al parco giochi ***


 Kate si chiuse nel silenzio, non pronunciò quasi parola durante il pranzo, la sua mente era altrove. Come si era cacciata in quella situazione? Come poteva uscirne?

I suoi genitori la osservavano preoccupati, ma la giovane donna non se ne accorse. Aiutò a sparecchiare, poi uscì di casa e andò a sedersi sotto il vecchio albero del giardino, doveva riflettere.

Quando appoggiò la schiena contro la corteccia, sentì una pressione sul ventre, come se nella sua pancia dell’acqua stesse fluttuando. Istintivamente vi passò sopra una mano e la massaggiò, finchè la sensazione non si dileguò.

Probabilmente non aveva digerito, anche il suo corpo aveva deciso di fare i capricci quel giorno.

“Hai mal di pancia? La mia cucina è così scandalosa?”

Johanna Beckett si sedette accanto alla figlia e le mise un braccio intorno al collo, per cingerle le spalle, attirandola a sé.

“No mamma, tranquilla. Era tutto buonissimo”.

“Allora cosa c’è che non va? Non dire “niente”, perché anche un cieco capirebbe che qualcosa ti preoccupa. Puoi parlarne con me, lo sai”.

Il tono della donna non ammetteva repliche, sua madre era un avvocato, sapeva ottenere quello che voleva con le parole. Era brava, dannatamente brava.

Un po’ come lei durante gli interrogatori, sapeva dove andare a parare.

“Niente di preoccupante mamma, davvero”.

Johanna inarcò gli occhi: “Katie per favore. Devo cavarti le parole di bocca con le pinze?”.

La giovane donna abbassò lo sguardo e sospirò: “No, ma non voglio rovinarti la giornata con i miei problemi. Ho avuto una mattinata complicata”.

La donna la guardò, il suo sguardo le ordinava d’andare avanti.

Non era facile parlare dei suoi sentimenti, aveva imparato a trattenere le sue emozioni dentro di sé per troppo tempo, non avuto mai nessuno con cui esternarle. Solo Richard era riuscito ad abbattere lentamente la sua diffidenza. Ora davanti a lei stava, però, l’unica persona di cui si era veramente fidata, non poteva restare in silenzio.  

“C’è un uomo speciale nella mia vita, mi sono innamorata mamma..”, ma fu interrotta dalla risata fragorosa di Johanna:  “Questa è una buona notizia tesoro! L’importante è che non sia un pluri pregiudicato, perché questo sarebbe un problema. Per il resto tutto si può aggiustare. Su raccontami qualcosa di lui. È sposato?”

Kate apprezzò il tentativo di sua madre di allentare la tensione: “Non è un delinquente, anche se ogni tanto uccide la mia pazienza!  È stato sposato due volte in passato, ha una figlia adolescente. Fa lo scrittore, è famoso, ho letto tutti i suoi libri. Un giorno le nostre vite si sono incrociate…”

“Ed è stato subito amore?” scherzò Johanna.

“Oh no! Non lo sopportavo, lo consideravo un bambino viziato, egocentrico e pomposo. Ho dovuto passare del tempo forzatamente con lui e, a poco a poco, ho iniziato a guardarlo con occhi diversi.

Aveva la straordinaria capacità di riuscire a capirmi dentro anche se io mi chiudevo a riccio. Sa sempre in anticipo ciò di cui avevo bisogno, sa capire cosa penso e quali siano i miei sentimenti solo guardandomi. Sai non amo mostrare la mia interiorità.. beh per lui sono un libro aperto e questo, in passato, mi spiazzava, ora mi rende felice.

Sa farmi ridere e scherzare, mi piace provocarlo e tenerlo un po’ sulla corda, ma entrambi sappiamo che è solo un gioco, non sopporterei di perderlo..”.

Mentre Kate parlava Johanna Beckett la guardava con tutto l’amore che una madre possa provare per sua figlia; era così bello vederla felice, così libera. Non l’aveva mai sentita parlare in quel modo, la sua bambina si era veramente innamorata.

“Le difficoltà che ci si sono parate davanti le abbiamo affrontate insieme, nonostante avessi molti dubbi, ora so che la mia vita coincide con la sua. Lo conosco da quattro anni, ma stiamo insieme solo da tre mesi. Sei la prima a cui lo confesso, non lo sa nessuno tranne noi due”.

“Mi considero onorata Kate. Perdonami, ma, allora non capisco la tua tristezza”.

“Stamattina quando mi sono svegliata nel mio letto, non l’ho trovato al mio fianco. Sembra sparito. Non riesco a rintracciarlo, in alcun modo”.

Kate omise volontariamente gli ulteriori sconvolgimenti che la sua vita aveva subito quella mattina.

Spiegare la sua malinconia se pensava a Rick era stato facile, estremamente più difficoltoso sarebbe stato illustrarle il suo ritorno dal mondo dei morti o il fatto di ricordare un passato totalmente opposto da ciò che aveva carpito dalle sua mezze parole. L’avrebbe presa per pazza.

Si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, gesto automatico che sottolineava il suo nervosismo.

Johanna cercò di rassicurarla: “Non credo che quell’uomo sia sparito tesoro, probabilmente non l’hai cercato nel posto giusto, o nel modo giusto. Dal tuo racconto sembra estremamente preso di te. Se qualcuno ti aspetta per ben quattro anni, non può abbandonarti di punto in bianco. Dev’essere successo qualcosa. Probabilmente anche lui è preoccupato per la tua assenza. Vedrai che riuscirete a ritrovarvi”.

Kate era perplessa, non riusciva a capire cosa intendesse la madre: “Sai qualcosa che io ignoro? Ha telefonato qui?”

“No tesoro, io purtroppo non l’ho mai sentito, non lo conosco di persona. Non so nemmeno il suo nome. Sto solo cercando di farti capire che se il vostro è vero amore riuscirete a far si che le vostre strade si incrocino di nuovo, nonostante ora siate lontani. Era solo un modo per farti coraggio”.

Kate sospirò: “Grazie mamma”.

Per un attimo aveva avuto come la sensazione che sua madre conoscesse una parte della verità, che potesse indicarle la via per ritrovarlo.

Era stata una sciocca, come poteva saperlo?

Johanna non aveva mai conosciuto Rick.

La donna si alzò e allungò una mano verso sua figlia per aiutarla ad alzarsi: “Ti lascio sola. Fatti una bella passeggiata, camminare di solito aiuta a pensare”.

La giovane donna annuì, due passi le avrebbero fatto bene e si incamminò lungo il sentiero.

Mentre la guardava allontanarsi Johanna sussurrò tra sé e sé: “Non preoccuparti tesoro, tornerai da Rick. Troverò il modo di riportarti indietro, ti aiuterò. Non è ancora il tuo momento, non puoi stare qui ancora per molto. Tornerai a casa dalla tua famiglia. Te lo prometto”.

Kate si incamminò lungo una stradina stretta e tortuosa che portava in un altro gruppetto di case. Le costeggiò ed arrivò accanto ad un parco giochi  dove alcuni bambini erano intenti a giocare.

Vide alcune altalene libere e ripensò al giorno in cui era andata a riprendersi Rick alla presentazione del suo ultimo libro su Nikki Heat. Ricordando le sue paure di quei giorni si sentì una stupida, avevano perso tanto tempo inutilmente. Potevano essere felici molto prima.

 Si avvicinò ad una di esse e si sedette. Si dondolò avanti e indietro per qualche secondo. Era totalmente immersa nei suoi pensieri e non notò una presenza avvicinarsi.

“Ti piace andare sull’altalena?” chiese una vocina.

Kate alzò lo sguardo e davanti ai suoi occhi  trovò una bambina molto piccola. Doveva avere al massimo quattro anni.

 Era molto graziosa, i capelli castani racchiusi in due codini le davano un’aria molto birbante, ma il suo splendido sorriso trasmetteva allegria.

“Si piccolina, mi piace giocare con l’altalena” le rispose gentilmente la donna.

“Come ti chiami?” disse la piccola appoggiando le sue piccole manine sulle sue ginocchia.

“Mi chiamo Kate. E tu?”

“Io sono Joy. Mi prendi in braccio e mi fai fare un giro? Ti prego. Da sola ho paura”.

La guardava con occhi preganti, ma la detective era perplessa: “Tesoro non so se la tua mamma sarebbe contenta se una sconosciuta ti facesse giocare. Dobbiamo chiedere il suo permesso che dici?”.

“Per favore...”. I suoi occhietti chiari erano irresistibili, la donna non riuscì a resistere per molto.

  In fondo era solo un giro,che male c’era?

“Mi hai convinto. Dai girati” e con un rapido gesto appoggiò la bimba sulle sue gambe e con la mano libera le cinse la vita per impedirle di cadere durante la corsa. La bimba appoggiò il suo piccolo corpo contro il ventre della donna e posò le sue manine sulle dita di Kate.

Non appena l’altalena si mosse la piccolina incominciò a ridere. Kate poteva sentirla fremere di gioia tra le sue braccia.

“Vai più veloce, mi piace” la incalzò. Ubbidì, la risata di quella piccola creatura era contagiosa. Si stava divertendo come una matta pure lei.

Quando rallentò e fermò il gioco, la piccola mostrò segni di insofferenza: “Non ti fermate, voglio giocare ancora!”.

“No tesoro, basta. Mi gira la testa”.

Joy non protestò ulteriormente e si girò verso di lei, senza scendere dalle sue gambe.

“Va bene.. Sai che sei simpatica? Nessuno ha mai giocato con me”.

Kate rise: “Non ci credo! Una bella bimba come te ha sicuramente degli amichetti”.

“Forse hai ragione. Ora ce l’ho. Sei tu. Abiti qui? Dov’è la tua mamma? Che lavoro fai?”.

-cavolo- pensò Kate- sarà pure piccolina, ma questa bimba ha carattere da vendere. Non mi conosce neanche, ma continua a stare qui, le starò simpatica-.

“La mia mamma è a casa. Abita poco lontana da qui, sono venuta a trovarla oggi. Così siamo state un po’ insieme, era un po’ di tempo che non la vedevo. Io in realtà vivo a New York, un posto un po’ lontano da qui. Il mio lavoro è, invece, particolare. Sono un poliziotto, catturo le persone cattive, le faccio andare lontano da quelle buone.

 Hai paura di me adesso?”.

“Perché scusa? Hai appena detto che sei un super eroe donna. Mi piaci. E hai anche un partner che ti aiuta? Magari lui pensa a un piano, si intrufola nelle case dei cattivi e quando loro non ci sono, poi ti chiama e tu li aspetti e li catturi? Non dirmi che lavori per la CIA, piace tanto al mio papà”.

Kate non riuscì a trattenersi dal ridere, la fantasia dei bambini non aveva confini.

 Le accarezzò la testolina: “Ho un collega speciale, ma non è un poliziotto come me. Lui scrive dei libri, dei racconti, ma mi aiuta lo stesso”.

“Oh ho capito. Ti vuole bene?”

“Si tesoro, moltissimo”.

“Perché non lo sposi?”

-Oddio-

“Sto aspettando che me lo chieda” scherzò Kate.

“Secondo me dovresti fare tu il primo passo. Perché non lo fai?”

La donna sbiancò:“Lo sai che saresti una perfetta agente? Mi stai tempestando di domande. Nessuno può raccontarti delle bugie vero? Sei molto intelligente”.

“Infatti. Sai, però il tuo lavoro non mi piace”.

“Ah sì? E cosa ti piacerebbe fare?”.

“La giornalista!”.

Finta la frase la piccola scese dalle sue ginocchia, lasciando Kate un po’ perplessa. “Devo andare ora. Grazie per avermi fatto giocare”.

“Di niente tesoro”.

Le fece segno di abbassarsi e Kate si chinò verso di lei. Prima che potesse dire qualcosa le schioccò un bacio su una guancia e si allontanò agitando una manina.

“Ciao Kate, spero di rivederti presto”.

Kate imitò il suo gesto: “Ciao piccola”.

Si accarezzò la guancia dove la piccola l’aveva baciata. Quel gesto l’aveva colpita, il suo cuore aveva sussultato senza motivo.

Si ritrovò a sorridere, mentre nel suo ventre, senza che lei se ne accorgesse, “quell’acqua” tornò a muoversi.
 
 
 
Angolo mio!
Eccomi col quinto capitolo!! Giusto per confondervi ancora un po’ le idee… i personaggi sono finiti, Joy è l’ultimo. Qualcuno mi ha detto che ho una fantasia sfrenata (vero Rebecca? ;-) ) e qui ho dato il meglio di me stessa. Kate parla con la bimba della sua vita reale, non di quella nel sogno, lo fa senza rifletterci.. non è caso.. è collegato direttamente all'identità della piccola.
 Si accettano scommesse: chi sarà la bambina? Come mai Johanna conosce Rick?
Alla prossima!! grazie a tutti naturalamente!!! 

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Capitolo 6
*** Vicini, ma così lontani ***


 I mesi erano passati, l’inverno aveva lasciato il posto alla primavera. Il mondo continuava a andare avanti, a cambiare, mentre la loro vita era come imprigionata in un limbo. I suoi giorni erano diventati uguali e prevedibili.

Ogni mattino quando si svegliava la cercava accanto a sé, ma restava deluso ogni volta. Lei non c’era..

Si vestiva e la raggiungeva in ospedale, dove passava l’intera giornata.
Anche quella mattina varcò il portone dell’edificio con due caffè in mano, salì al piano ed entrando nella camera dove si trovava Kate, la salutò: “Buongiorno amore! Come ti senti oggi? Ti ho portato un cappuccino scremato con sciroppo di vaniglia. So che lo adori”.

 La dottoressa gli aveva spiegato che, riuscendo a ricreare al meglio il contesto in  cui il paziente viveva prima del trauma,  le possibilità di un risveglio sarebbero state maggiori.

I ragazzi del dodicesimo passavano a trovarla quasi tutti i giorni, suo padre veniva a dargli il cambio ogni pomeriggio, quando lui tornava a casa per riposarsi qualche ora, dove Alexis e Martha lo confortavano.

Tutti cercavano di dare una mano.

Lui si era assicurato che giorno dopo giorno la stanza di Kate diventasse più famigliare: le aveva portato le sue fotografie, il suo portagioie con la foto dei suoi genitori, le aveva messo al collo la collanina della sua adorata mamma e le portava spesso dei fiori per coccolarla.

Cercava di comportarsi come se la donna potesse sentirlo e rispondergli. Passava il suo tempo a raccontarle cosa accadeva al distretto, i casi più interessanti che si stava perdendo, i tormenti di Alexis per la scelta dell’università, i nuovi lavori teatrali della madre, ma soprattutto, le raccontava di come il suo ventre stesse crescendo.

La rotondità della pancia era ormai evidente e si sentivano indistintamente i movimenti del bambino. Rick passava molto tempo ad accarezzarla, a far in modo che suo figlio non restasse troppo a lungo nella stessa posizione. Qualche volta stringeva la mano di Kate e la spostava sulla pancia, in modo che anche lei potesse sentirlo, magari quel semplice contatto l’avrebbe aiutata.

“Eccoci.. su piccolino saluta la mamma, fai il bravo e muoviti. Così, bravo. Sei proprio mio figlio, ti piace la mamma vero?”..

Rick sorrise, doveva sembrare un po’ stupido, ma non gli importava. Se fosse servito a risvegliarla, avrebbe anche scalato l’intero edificio a mani nude.

“Hai sentito Kate? Il nostro piccolino ti saluta. Ha voglia di conoscerti lo sai? Tra qualche mese nascerà e sono sicuro che non vorrai perdertelo. So che ci sarai. Lo dovrai prendere in braccio quando l’avranno pulito e lavato, perché piangerà forte. Solo tu riuscirai a calmarlo, perché ti riconoscerà tramite il suo sesto senso. Sei la sua mamma. Quando lo porteranno al nido, dovrai occuparti di me, perché sarò dannatamente felice e non credo che riuscirò a rispondere di me stesso, dovrai rimettermi in riga. Un’occhiata basterà! In più dobbiamo scegliere il nome, andare per negozi e comprare tutto ciò che il nostro principe, o la nostra principessina, avrà bisogno.
 Dimenticavo, dobbiamo traslocare, non ho nessuna intenzione di perdermi neanche un momento della nostra vita insieme, quindi dovrai rassegnarti, non ti libererai di me così facilmente! Ormai sei mia Katherine Beckett, non si torna più indietro. Non importa, se a casa mia o a sua tua, o in una casa solo nostra, lo lascerò decidere a te, ma vivremo insieme.
 Ti prometto che la nostra vita sarà stupenda, non te ne pentirai neanche un momento. Dici che sto esagerando come al solito? Mi devo ridimensionare?”.

La guardò, ma nulla cambiò. L’espressione del suo volto restò la stessa. Le macchine non diedero segno di nessun cambiamento.

 Neanche quella era la volta buona, ma non si sarebbe mai arreso.

Infilò le mani in tasca e ne estrasse un sacchettino.

“Lo so, adesso mi dirai che sono uno sciocco e forse anche un credulone, ma l’ho visto in una vetrina e non ho saputo resistere. Ti ho preso un regalo, spero sia di buon auspicio. La commessa mi ha assicurato che lo sarà. È un braccialetto con un ciondolo particolare, una fenice, ti spiegherò il suo significato quando ti sveglierai amore, per ora è un segreto tra me e te!”.

Le accarezzò una guancia poi lo infilò al suo polso e strinse nuovamente la mano inerme di lei.

Improvvisamente si sentì stanco, ma non fisicamente, interiormente. Quella terribile situazione lo stava logorando.

Decise di non pensarci troppo, cercava di non rattristarsi.

Si appoggiò con i gomiti sul letto e, senza quasi accorgersene, i suoi occhi si fecero troppo pesanti e si addormentò accanto alla sua donna, continuando a stringerle la mano.
 
***********************************************************************

I giorni di Kate trascorrevano senza vivacità. Da quando era rientrata a New York era stata spesso chiusa in casa per escogitare un modo per ritrovare il suo amato Castle.

Non essendo un detective in quella realtà, non poteva accedere al distretto di polizia, non poteva accertare se lui fosse mai stato lì.

Quando nella cassetta della posta aveva trovato vari giornalini medici aveva avuto un’illuminazione: doveva essere un medico.  Le era sembrato un paradosso: usava tranquillamente la pistola, ma aveva una terribile paura degli aghi. Grazie a Dio, da una lettera dell’ospedale aveva scoperto di essere in ferie  e nessuno la cercava.

Non aveva amici a cui chiedere un favore. Si sentiva terribilmente sola. Quanto avrebbe voluto parlare con Lanie in quel momento.

Aveva cercato sul web qualunque notizia riguardante Richard, le sue pubblicazioni più recenti, i suoi spostamenti. Non aveva ottenuto niente.

 Dall’uscita dell’ultimo romanzo su Derrick Storm, sembrava fosse sparito anche dalla scena letteraria.
In fondo la cosa non la sorprese: lui non poteva aver creato Nikki Heat, se non avevano mai lavorato al dodicesimo.

Chissà se si erano mai veramente incontrati e se il loro amore esisteva davvero, o era stato solo una sua fantasia.

 Cacciò via quel pensiero all’istante: no, lei e Richard si amavano e sarebbero stati insieme in un modo e nell’altro, i suoi ricordi erano reali.

Si sentiva frustrata, molto stanca.

Dal giorno del pranzo con i suoi genitori in montagna non era più stata bene fisicamente: si indeboliva per nulla, aveva sempre una strano senso di spossatezza, bruciori di stomaco e strani doloretti alla pancia. Non aveva ancora chiamato un dottore, non era preoccupata per quella situazione, dentro di lei sapeva che era normale. Non sapeva spiegarsi il perché, ma si sentiva serena.

Quella mattina aveva un fastidioso mal di testa.

 Infreddolita, si avvolse in una coperta. Si stese sul divano del salotto per cercare di rilassarsi un momento, ma in meno di un minuto, si ritrovò nelle braccia di Morfeo.

***********************************************************************

Rick si risvegliò nell’appartamento di Kate, non ricordava minimamente come ci fosse arrivato. Pensava di trovarsi ancora all’ospedale. Invece era nel loro letto, sentì chiaramente il profumo della donna provenire dal cuscino accanto al suo.

 Si alzò e scese nella sala. Rimase senza parole quando la vide addormentata sul divano. Non indossava il pigiama, aveva un paio di pantaloni beige e una dolce vita in tinta. Com’era bella..

Estremamente felice, la chiamò con tutta la voce che aveva in gola: “Kate”.

La donna si risvegliò all’istante e si girò ad ammirarlo: “Rick, sei tornato” si alzò di scatto e si diresse verso di lui.

“Non sono mai andato via, amore mio” rispose l’uomo avvicinandosi a lei.

Tentarono di toccarsi, per stringersi forte l’uno nelle braccia dell’altra, ma non ci riuscirono. Una forza incomprensibile impediva loro ogni contatto.

“Perché non riesco a toccarti Rick? Cosa mi sta succedendo?”. Kate si mise a piangere.

“Tesoro non piangere, ti prego. È solo un sogno. Nella realtà non stai bene, sei in ospedale. Devi lottare, non arrenderti, capito? Devi ricordarti che io sarò sempre al tuo fianco e non ti abbandonerò”.

Kate non lo sentiva, la voce di Rick era sempre più debole. Sembrava che quel muro invisibile diventasse ogni attimo più spesso.

“Non ti sento, non capisco quello che mi dici. Amore..”. si sentì disperata come mai nella vita.

Incominciò a colpire con le mani il nulla, nel tentativo di far crollare quella muraglia invisibile. Rick le fece segno di calmarsi e posò le sue mani in concomitanza con quelle di Kate.

Non potevano toccarsi, ma sentirono lo stesso un brivido attraversarli, i loro cuori battevano con lo stesso ritmo. Si guardarono negli occhi e Kate si calmò.

Sillabando lentamente, in un modo che la donna potesse seguirlo, disse: “Sono sempre con te, qui” ed indicò il suo cuore. “Torna da me”

Kate annuì.

“Non avere paura, mai”.

 Rick mosse la bocca per pronunciare una frase che Kate capì perfettamente nonostante l’assenza di suono.

“Ti amo”..

“Anch’io ti amo Rick”.

***********************************************************************

“Richard svegliati, non puoi dormire così. Vai a casa”. La voce squillante di sua madre lo riportò alla realtà.

Che diamine!

“Mamma no! Accidenti.. Ero con lei, le stavo parlando. Ho visto Kate..”.

“Tesoro, era solo un sogno-rispose sconsolata la donna- non puoi averla vista sul serio!”

“Mamma ti dico che era reale, so che era vero”.

La donna lo guardava con occhi compassionevoli, suo figlio era veramente disperato per credere a quell’illusione.

Rick, invece, era perso nei suoi pensieri:  l’aveva vista, era sveglia, era vigile.

La sua Kate.. era così bella..

Non se n’era andata per sempre, poteva tornare.

Voleva tornare.

Avrebbero vinto. Ora ne era sicuro. Nonostante il parere di tutti, medici, amici e parenti. Il loro amore avrebbe trionfato.

Dopotutto la chiave delle grandi storie d’amore era sconfiggere la sorte. Lo aveva detto lei stessa.

Beh lui tifava per loro e sapeva che Kate era d’accordo con lui.

***********************************************************************

Si svegliò di soprassalto e capì d’averlo solo sognato.

Non era lì con lei, ma non era scomparso nel nulla. Esisteva davvero, non si era mai sbagliata.

Sentì al suo polso un peso strano, qualcosa di diverso. Lo guardò, dal suo braccio penzolava un braccialetto con uno strano ciondolo attaccato, un uccello mitologico che lei non conosceva. Non sapeva cosa fosse, quando glielo avesse dato, ma capì che era un suo dono.

Non aveva alcun dubbio.

Sua mamma aveva ragione, anche lui la stava cercando. Voleva riunirsi a lei.

Dovevano solo trovare la stessa frequenza, la dimensione per poterlo fare.

Per la prima volta in tanti mesi, sentì dentro di lei rinascere la speranza.

Era sicura, sarebbe tornata da lui, lo voleva con tutto il suo cuore.
 


Angolo mio
Ecco, li ha fatti incontrare! Ve lo aspettavate così? Non credo.. questo capitolo non mi convinceva molto, poi ho avuto l’ok da più persone e allora l’ho pubblicato così com’è…
Ringrazio infinitamente Rebecca per la sua supervisione, per avermi concesso un po’ del suo tempo e per l’aiuto! 
Naturalmente aspetto i vostri commenti! Grazie a tutti!!! Un bacione

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Capitolo 7
*** La leggenda dell'araba fenice ***



Aveva lasciato il suo appartamento di buon mattino e si era messa in viaggio nuovamente per la loro casa in montagna. Non era dell’umore adatto per passare il week end in compagnia dei genitori, ma sua madre aveva insistito così tanto che Kate non era riuscita a dirle di no.

Ascoltava distrattamente la radio, mentre il paesaggio fuori dal finestrino cambiava con il passare dei minuti.

Si ritrovò in breve tempo sulla strada di casa notando uno strano andirivieni di automezzi. Di solito era una zona molto tranquilla.

Capì che doveva essere successo qualcosa quando il fischio di una sirena dei vigili del fuoco le arrivò alle orecchie e fu costretta ad accostarsi al ciglio strada per dar loro il passaggio.

Quando arrivò in prossimità della sua casa si rese conto che era proprio quella che stava bruciando.
Parcheggiò la macchina nel primo spazio disponibile e cercò con lo sguardo i suoi cari. Vide suo padre parlare con alcuni uomini del soccorso, gesticolavano animatamente.

Kate corse verso di lui e gli domandò: “Papà, cos’è successo?”.

L’uomo la allontanò dalle altre persone per poter parlare con tranquillità: “Non ne ho idea tesoro, ero andato a fare la spesa e quando sono rientrato la casa stava già bruciando. Tua madre è ancora là dentro”.

Era visibilmente disperato..

“Che cosa?! Cosa stanno aspettando ad entrare in casa?”

Jim scosse la testa: “Dicono che è troppo pericoloso avvicinarsi..”, ma non riuscì a terminare la frase.

Kate rabbrividì: “Non avranno intenzione di non fare niente, vero?”.

L’uomo abbassò lo sguardo.

La donna rimase senza parole e, prima di potersene pentire scavalcò il cordone di sicurezza con un rapido salto e si diresse correndo verso la porta di casa. Udì a malapena suo padre urlare: “No, Katie”, ma non voleva ascoltarlo. Se lei era là dentro, doveva salvarla.

Non l’avrebbe lasciata morire un’altra volta.

Davanti alla porta infuocata ebbe un secondo di esitazione, poi, con tutto il coraggio che poteva possedere, la buttò giù con un calcio ed entrò. La sala e la cucina erano invase dal fumo, non si vedeva nulla.

La chiamò: “Mamma!!!”, ma iniziò a tossire.

La cercò al piano inferiore, ma non la trovò. Raggiunse la scala ed iniziò a salirla mentre il fuoco le avvolgeva. Appena raggiunse il pianerottolo si rese conto che non avrebbero potuto utilizzarle per il ritorno, erano quasi completamente bruciate.  Il panico incominciò ad impossessarsi di lei, se non l’avesse trovata in fretta, sarebbero morte entrambe. Scrutò ogni angolo che le si parava davanti, ma non riusciva a vederla, Johanna sembrava scomparsa.

La stanza dei suoi genitori era deserta, dove poteva essersi cacciata? Da dove stava cercando di scappare?

L’ultima possibilità era la sua vecchia stanza da bambina, quella in cui si rintanavano per giocare insieme, mentre suo padre puliva e curava il giardino. Quando si trovavano in montagna, sua madre aveva occhi solo per lei, il resto del mondo non esisteva.

Con molta difficoltà, schivando le lingue di fuoco che trovava sul suo cammino riuscì a raggiungerla.

La porta era aperta e con suo immenso stupore vide sua madre seduta sul letto che stava guardando un vecchio album di fotografie. Appariva molto tranquilla e rilassata.

Doveva essere in stato di shock, senza alcun dubbio, una persona sana di mente avrebbe cercato di scappare da quell’inferno con tutte le sue forze.

Entrò di corsa, mentre dietro di lei, le fiamme impedivano ogni via d’uscita. Erano in trappola. Kate era visibilmente preoccupata.

“Mamma, ma cosa stai facendo? Alzati, dobbiamo andarcene da qui!”.

Johanna Beckett alzò lentamente lo sguardo e regalò alla figlia uno splendido sorriso: “Finalmente sei arrivata Katie, ti stavo aspettando”.

Kate era incredula: “Mi stavi aspettando? Cosa diavolo stai dicendo mamma? Non ti sei accorta che questa casa sta bruciando? Dobbiamo andarcene via, ora! O moriremo entrambe”.

La madre la guardò con aria rassicurante: “Bambina mia non essere preoccupata, non può accaderci alcun male. Tutto questo non è reale..”

Kate la interruppe: “Mamma per favore...”.

Johanna si alzò in piedi e si avvicinò alle fiamme che lambivano il muro. Guardò la figlia e con un rapido gesto allungò la mano verso di esse, mentre Kate, pensando che la donna fosse totalmente impazzita, urlò: “No!!”.

La voce le morì in gola, quando si rese conto che la mano di Johanna non stava subendo alcun danno. Le fiamme toccavano le sue dita e si ripiegavano su se stesse, come se stessero giocando. Non la stavano bruciando, non la stavano toccando veramente, sembrava una danza.

“Com’è possibile?” sussurrò la giovane donna.

“Katie rifletti, questa non può essere la realtà, la tua vera vita. Io non potrei farne parte, sono morta tanti anni fa tesoro. E tu lo sai, te lo ricordi benissimo. Hai sofferto troppo per essertene dimenticata, anche se ti trovi qui”.

“Dove siamo allora? Cosa mi è accaduto mamma?”.

“Questo posto non ha un nome preciso, i medici lo chiamano coma, ma per ognuno che si è trovato nelle tue stesse condizioni è diverso, per ognuno è un viaggio differente.

Questo “male” sta giocando con le tue fragilità, facendo leva sul tuo desiderio maggiore, sul quale hai basato tutta la tua vita: rivedermi, sperare che un giorno io potessi tornare da te. Ti sta trattenendo qui contro la tua volontà, impedendoti di fare ciò che senti nel cuore, tornare da lui, tornare da Rick.
Non devi permettergli di vincere”.

La giovane donna era confusa: “Non riesco a capire..”.

“Ti è stata fatta vedere come sarebbe potuta essere al tua vita se io quel giorno non fossi andata in quel vicolo per le mie ricerche, se quel maledetto killer non mi avesse strappata da te. Sono sicura che ti sarai chiesta milioni di volte se la tua esistenza sarebbe stata migliore se le cose fossero andate diversamente.

Bene, guardati intorno. Sei stata felice da quando ti trovi qui? No tesoro  per niente. Non hai amici veri con cui confidare i tuoi problemi, ma soprattutto qui lui non c’è. Il tuo cuore non può amare veramente, perché la tua anima gemella non ha mai incrociato la tua strada, né mai lo farà.

Per quanto dolorosa sia stata la mia morte ha contribuito a costruire il tuo futuro. Se io sono dovuta morire per far in modo che tu conoscessi il vero amore, sono felice d’averlo fatto. Sei la cosa più importante della mia vita Katie, lo sei sempre stata, e lo sarai per sempre. Farò qualunque cosa per aiutarti a tornare indietro, per vedere di nuovo il tuo splendido sorriso.

 Ti starai chiedendo il perché di questo incendio, perché siamo proprio dentro di esso in questo momento.  

E’ alimentato da una fiamma particolare: il fuoco della vita.

Esso ci pone davanti a molti pericoli, se non si sta attenti si rischia di bruciarsi e di soffrire, ma se si sa godere della vivacità e del calore che esso emana, i nostri giorni saranno meravigliosi. Devi sapere che ciò che la mantiene viva e rigogliosa è un unico elemento: l’amore.

Questa fiamma Katie è quella della tua vita, tenuta accesa dalla tua grandissima forza di volontà e dal sentimento così profondo di Richard. Inconsciamente, continuando a restarti al tuo fianco e donandoti incessantemente il suo cuore, non le ha permesso di spegnersi, ti ha salvato, ti sta dando la possibilità di tornare indietro. Ora tocca a te trovare la forza di farlo”.

Le prese il braccio e alzandolo le mostrò il ciondolo che pendeva dal suo bracciale: “La via per ritornare alla realtà è questa, te l’ha suggerita lui attraverso il suo ultimo dono. Conosci la leggenda dell’araba fenice? La fenice quando sente arrivare la fine o si trova a stretto contatto con essa si prepara un nido nel quale prende fuoco spontaneamente e torna alla vita dalle sue ceneri, uguale a prima, ma, nello stesso tempo, completamente diversa.

Lascia che il calore e l’amore che hai dentro di te ti avvolgano tesoro mio, non contrastarli più. Lasciati bruciare da esse. Continua ad essere la persona splendida che sei, ma abbandona qui tutte le paure e i dolori che affliggono la tua anima. Ti meriti molto di più di ciò che hai ottenuto finora.

 Di raggiungere finalmente la serenità.

Lanciati verso la vita e risvegliati. Non puoi restare qui ancora per molto o sarà troppo tardi”. 

Kate aveva ascoltato ogni singola parola con stupore sempre crescente. Stentava a credere a quella storia, ma capì che sua madre non le stava mentendo. Anzi le aveva dato i mezzi necessari per poter uscire da quella terribile situazione.

Era ancora immersa nei suoi pensieri quando si sentì tirare i pantaloni all’altezza delle ginocchio.

Abbassò lo sguardo e vide la bambina conosciuta al parco qualche tempo prima che le stava sorridendo.

“Tu cosa ci fai qui! È pericoloso!” sentenziò la donna.

 “Sono venuta a prenderti” rispose la piccolina visibilmente felice.

Non portava i codini in quell’occasione, i capelli le scendevano lunghi sotto le spalle e quando ne scostò una ciocca dietro l’orecchio mentre parlava, Kate restò paralizzata. Quel gesto le aprì improvvisamente gli occhi.  

Solo in quell’istante si rese conto quanto quella piccola creatura le assomigliasse, sembrava il suo ritratto da piccola.

Si accucciò accanto a lei per poterla vedere meglio in faccia e, con voce tremante, le chiese: “So che me lo avevi già detto, ma mi ripeteresti il tuo nome?”

La bambina sorrise: “Mi chiamo Johanna, ma tutti mi chiamate Joy”.

Kate chiuse gli occhi per un secondo e quando li riaprì le lacrime avevano già incominciato a rigarle il volto. Istintivamente una mano si mosse verso la sua pancia e vi si posò sopra.

Tutto le era finalmente chiaro.

“Finalmente hai capito mamma, ci hai messo un po’!!- la bimba rideva felice- te lo sei ricordato! Evviva!!”.

Mamma…

L’aveva proprio chiamata mamma.

Non aveva mai provato un’emozione così intensa.

Sì, ora ricordava tutto.. le nausee improvvise, la sensazione inspiegabile di quando aveva capito di essere incinta, anche prima di fare il test, l’immensa gioia che aveva provato quando su di esso era apparsa la famose lineetta blu.. e la sorpresa preparata per Rick in fretta e furia.

Allungò le braccia verso Joy e, raggiuntala, la attirò contro il suo petto stringendola in un abbraccio struggente, mentre la piccola appoggiò la testolina sulla sua spalla. La tenne stretta a sé per un tempo che le sembrò infinito, mentre piangeva come una bambina. Quando la allontanò le diede un caloroso bacio sulla guancia. Continuava ad ammirarla ed ad accarezzarla, non riuscendo ancora a credere che fosse possibile: “Quanto sei bella tesoro mio, come ho fatto a non rendermi conto di niente mentre giocavamo insieme in quel parco?”.

Joy inclinò la testa ed alzò le spalle: “Eri confusa, però mi aspettavo che quando ho detto che la Cia piace tanto al mio papà, un dubbio ti sarebbe venuto! Invece eri troppo immersa nel tuo limbo...”

“Già papà e la Cia..- e scoppiò a ridere anche lei- oddio hai i suoi occhi.. hai i suoi magnifici occhi azzurri..”

“Si, lo so.. sono belli vero? Papà sarà contento di avermeli imprestati?” chiese la bambina inarcando le sopracciglia,

 Kate era esterrefatta da quanto Joy assomigliasse fisicamente a lei, e caratterialmente a Rick. Aveva la stessa battuta pronta ad ogni occasione e la sua proverbiale loquacità.

La voce di sua madre ruppe l’incantesimo: “Katie è tempo di andare”. Era un sussurro dolcissimo.

“Beh sì, nonna ha ragione io dovrei nascere ed avrei anche una certa fretta!” continuò Joy.

Kate si alzò e raggiunse sua madre. Erano a pochissimi centimetri l’una dall’altra, i loro corpi potevano toccarsi.

 “Quindi sto per perderti di nuovo” disse Kate. Aveva gli nuovamente gli occhi pieni di lacrime.

Johanna la accarezzò: “Tu non mi perderai mai amore mio. Io sarò sempre accanto a te, tutti i giorni della tua vita. Nei momenti belli sarò lì a gioire con te, in quelli difficili asciugherò le tue lacrime. E, se la mia malinconia e la mia mancanza dovessero assalirti, chiudi gli occhi e guarda nel tuo cuore, mi troverai lì. Io ci sarò.

 Voglio che tu capisca una cosa, che ti sia chiara per sempre: non mi hai mai deluso, mai. Quando ti ho lasciata eri un bocciolo che doveva sbocciare, ora sei uno splendido fiore, figlia mia. Ti sei presa cura di tuo padre, hai preso il mio posto anche quando non dovevi e lo hai salvato.

Sei diventata una donna meravigliosa della quale io sono orgogliosa e fiera. Non devi mai averne il minimo dubbio, sei esattamente come avrei voluto che diventassi.

Devi solo farmi una promessa, una soltanto. Non lasciare mai più che le ricerche del mio omicida ti rovinino la vita. Avrò giustizia, quel giorno arriverà, ma tu non devi più affannarti a far in modo che accada.

Devi vivere serena. Io sono il tuo passato, ed esso non può farti del male, guarda come sarà splendido e roseo il tuo futuro- ed indicò la nipote- vivi bambina mia e goditi ogni attimo, sii felice. Fallo per me”.

Fu il turno di Kate ad essere stretta in un abbraccio rassicurante nel quale la giovane donna riuscì a sentire tutto l’amore che la madre provava per lei. Prima di lasciarla Johanna le asciugò l’ultima lacrima che aveva sul viso e la baciò: “Ora va, risvegliati, è venuto il momento”.

Kate annuì, non riusciva a parlare per le emozioni che le stavano sussultando nell’anima. Prese sua figlia in braccio e guardò in direzione del fuoco.

Dopo aver preso un lungo respiro, vi voltò per l’ultima volta verso sua madre.

“Un giorno ci rivedremo, vero?”

“Assolutamente sì, quando sarà il momento”.

“Ti voglio tanto bene mamma. Grazie di tutto! Grazie per avermi salvata”.

“Ti voglio bene anch’io tesoro mio”.

Kate dovette raccogliere tutte la sua forza di volontà per girarsi e darle le spalle, ma sapeva cosa era giusto fare, cosa il suo cuore le stava dicendo.

Appoggiò la testolina di Joy contro il suo seno e, circondandole le spalle con un braccio per proteggerla, si lanciò verso le fiamme.
 

Angolo mio

Ho aggiornato presto, lo so, ma non ho resistito!

Ecco svelato il misterioso compito di Johanna, far capire alla figlia di vivere davvero, di lasciarsi guidare dai suoi sentimenti. Le dona tutto il suo cuore, le dice tutto quello che non è riuscita a dirle in vita, ciò di cui Kate ha bisogno per andare avanti.

Joy, invece, rappresenta il futuro a cui Kate deve aggrapparsi. Joy è il diminutivo di Johanna, come avete notato in tante, ma significa anche “gioia”, (bravissima evidence per averlo intuito). La gioia che Rick e Kate si meritano.

Il mito della fenice è spiegato bene (almeno spero) da Johanna, io non aggiungo nulla.

Ora Kate deve rincontrare Rick..

Se pensate che io sia contorta, avete ragione. Se avete voglia di lasciarmi un commento, ne sarei felice.

Grazie infinite a tutti!

Grazie a Rebecca per la supervisione!! :-)

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Capitolo 8
*** Benvenuta nel mondo Johanna Katherine Rogers! ***


 
La notte era già scesa su New York quando rientrò a casa.
 


Martha ed Alexis avevano preparato la cena, ma non aveva fame, per niente. Si sforzò di mangiare almeno un po’ di frittata, poi si rintanò nel suo studio.

Accese il computer ed aprì il programma di scrittura.

Guardò quel foglio bianco davanti a lui, ma l’ispirazione non venne neanche quella sera. Da quando la sua musa stava lottando contro la morte non era riuscito a scrivere neanche una parola, anche se era passato molto tempo.

Nonostante ciò, doveva sforzarsi, aveva delle scadenze da mantenere o avrebbero rescisso il contratto.

Improvvisamente la rabbia si impadronì di lui e chiuse il portatile con forza.

Al diavolo, strappassero in mille pezzi quel stramaledetto pezzo di carta, non gli importava nulla. Non poteva inventarsi qualcosa di brillante in quelle condizioni.

“Va tutto bene papà? Anche stasera è una serataccia, vero?”.

Alexis aveva fatto capolino dalla porta.

 Suo padre la guardò e le fece segno d’entrare. Si sentiva un po’ in colpa nei suoi confronti, in quei mesi l’aveva trascurata parecchio, ma la ragazza non l’aveva fatto pesare.

“Già.. ormai credo d’aver perso la mia vena creativa, è inutile. Vieni qui e siediti un po’ col tuo vecchio”.

La ragazza ubbidì e cercò di consolarlo: “Non dire così papà, non hai perso nulla, ma non puoi concentrarti. Il tuo corpo è qui seduto sul divano insieme a me, ma la tua mente è sempre con Kate e con il mio fratellino. Finchè questa terribile situazione non si sarà conclusa non potrai essere sereno per poter lavorare”.

L’uomo la accarezzò: “A volte dimentico quando tu sia cresciuta bambina mia, quanto tu sia matura. Mi aveva detto che sarebbe tornata da me, era così triste quando l’ho vista.. tu credi al mio sogno, vero? La nonna continua a sostenere che mi sto illudendo troppo”.

“Papà, non ne ho mai dubitato. Credo nell’amore e il vostro lo è.  Si sveglierà. Hai mai visto Kate Beckett mancare una promessa? Probabilmente non è così facile scappare dal luogo in cui si trova”.

Alexis cercò di sorridere, ma le risultò difficile. Voleva confortare l’uomo, regalargli un piccolo momento di serenità.

Castle la abbracciò forte: “Grazie di esistere figlia mia! Come avrei fatto in tutti questi mesi se tu non fossi stata al mio fianco?”.

Quella ragazza era sempre stata una benedizione, sarebbe stata un’ottima sorella maggiore.

“Non ce l’avresti mai fatta!” sdrammatizzò Alexis.

Mentre si stringevano, il cellulare di Rick  squillò.

Entrambi guardarono l’ora preoccupati.

Era molto tardi, chi poteva essere?

L’uomo rispose all’istante e dall’altra parte dell’apparecchio sentì la voce piatta di Jim Beckett: “Richard torna in ospedale per favore. Il più presto possibile”.

Il cuore di Castle batteva a mille e il suo volto si doveva essere contratto in una maschera di sgomento, perché vide cambiare anche l’espressione di sua figlia: “E’ successo qualcosa a Kate?”.

Jim Beckett esitò a rispondere: “Non lo so con precisione. È entrata un’infermiera per controllarla, come tutte le sere. Mi hanno fatto uscire dalla sua stanza e i dottori vogliono parlarci subito. Ti prego raggiungimi”.

L’uomo intuì che suo suocero stava cercando di prendere tempo, forse non voleva turbarlo più del dovuto al telefono, così si limitò a rispondere: “Arrivo subito” e riagganciò”.

“Devi andare in ospedale ora? È così grave?” mormorò Alexis. Castle poteva leggere nei suoi occhi la sua stessa paura.

“Non lo so, Jim è stato evasivo”.

“Ti accompagno, da solo non ci vai!”.

 Il tono della ragazza non ammetteva repliche.

Annuì con la testa: “Grazie”.

Uscirono insieme dall’appartamento.

 In pochi minuti raggiunsero l’ospedale, grazie a Dio non avevano trovato traffico. Quando li vide arrivare Jim Beckett andò loro incontro. Nei suoi occhi erano visibili  tristezza,  disperazione e rassegnazione.

Quell’uomo aveva già perso sua moglie, forse pensava che la stessa sorte sarebbe toccata a sua  figlia quella sera:“Richard ci sono delle complicazioni, la dottoressa ci aspetta nel suo studio- poi guardò Alexis- solo noi due, mi dispiace”.

La ragazza capì all’istante e guardò Richard: “Va pure papà, io ti aspetto qui”.

Rick e Jim raggiunsero lo studio del medico. L’uomo dovette fermarsi un momento davanti alla porta prima d’entrare, doveva cercare di ricomporsi, non voleva lasciar trapelare la sua paura.

Non appena si trovò dentro la stanza vide la dottoressa Nichol andargli incontro: “Scusi se l’ho fatta chiamare sig. Castle, ma avevo bisogno da parlare con lei urgentemente. Durante la visita serale ci siamo accorti che si è presentata una sofferenza fetale molto seria. Il suo bambino sta soffrendo, dobbiamo intervenire”.

L’uomo sospirò e balbettò: “Dovete aumentare il dosaggio delle medicine? Perché avete bisogno di me?”.

La donna davanti a lui lo guardò con aria perplessa e rispose: “Probabilmente non mi sono spiegata bene, non possiamo aumentare i farmaci, non migliorerebbe la situazione. Suo figlio deve nascere, stanotte. O morirà nel grembo di sua madre. Il termine della gravidanza non è ancora stato raggiunto e per questo ho bisogno del consenso di almeno un genitore per poterlo fare. Non potendolo avere dalla madre, mi sono dovuto rivolgere a lei. Capisce?”.

Rick non si aspettava di dover prendere quel tipo di decisione. Si era immaginato uno scenario differente, sempre negativo, quando l’avevano chiamato, ma non così tragico. Il loro bambino non doveva morire, non era giusto. Non avevano ancora sofferto abbastanza? Cosa voleva la vita da loro?
“Non credo d’avere molte alternative. Ha il mio permesso. Salvi il nostro bambino” concluse l’uomo.

La dottoressa scura in volto si alzò immediatamente, ma  poco prima  di raggiungere la porta fu bloccata da una domanda di Rick: “Sarà pericoloso per Kate?”.

La donna decise di non mentirgli, quell’uomo meritava rispetto:“Sì sig. Castle. Purtroppo è sempre rischioso  far nascere un bambino da una donna in coma. Se avete fede, pregate che qualcuno la aiuti”.  

Rick si lasciò cadere sulle seggiole della sala d’attesa, passandosi una mano tra i capelli. Doveva aspettare, costante fissa di quei mesi, e sperare che tutto andasse per il verso giusto. Aveva esaurito il suo proverbiale ottimismo, per la prima volta dopo molti mesi incominciò a pensare che non avrebbero vinto.

 Quella notte sarebbe diventato padre per la seconda volta, ma non si sentiva particolarmente eccitato.

Nonostante il dramma che stavano vivendo, aveva sperato fino all’ultimo che Kate sarebbe stata con lui, che avrebbero condiviso insieme quel momento così speciale. Invece la nascita del loro primo figlio poteva portarsela via per sempre.

Alexis si era seduta accanto a lui senza dire una parola, aveva preso la sua mano tra se sue e non aveva nessuna intenzione di lasciarla. Jim, al contrario, percorreva avanti ed indietro il corridoio con ansia sempre crescente.

I minuti passavano inesorabili, ma per Rick era come se il tempo si fosse fermato. Continuava a fissare le ante chiuse della porta scorrevole dietro alle quali Kate stava combattendo l’ennesima battaglia. Non era potuto entrare, non glielo avevano permesso. Suo figlio sarebbe nato con un cesareo d’emergenza e gli avevano spiegato che durante gli interventi di quel genere il padre non poteva assistere.

Kate resisti, stiamo per diventare una famiglia, non mi lasciare, ricordati me lo hai promesso.. Always..

Tirò fuori dalla tasca il ciuccio del suo piccino e lo strinse forte nel suo pugno, sperando che quel gesto insignificante potesse compiere una magia.

In quel momento le porte automatiche si aprirono e un’infermiera uscì, avvicinandosi a loro.

“Congratulazioni sig. Castle. Lei è appena diventato padre di...”, ma venne interrotta da un’altra donna in camice verde che arrivò nel corridoio correndo: “Richard venga presto, mi segua, non c’è un minuto da perdere, la dottoressa Nichol vuole vederla immediatamente!”.

L’uomo fu attraversato da un brivido, Alexis e Jim restarono impietriti. Era come paralizzato, ma la sua insistenza riuscì a smuoverlo e la seguì lungo il corridoio fino a raggiungere uno spogliatoio dove la donna gli passò un camice simile al suo:“Si metta questo altrimenti non potrà entrare nella sala emergenza. Abbiamo trasferito lì sua moglie. Venga su, si sbrighi!”.

Rick si vestì rapidamente per essere condotto dove si trovava Kate. Si stava preparando al peggio, a dover dire addio alla sua amata. Tutta quella fretta improvvisa lo spaventava, non poteva essere niente di buono.

Non si trovò davanti, però, la scena che si aspettava: Kate non era completamente sdraiata, lo schienale della barella era sollevato in modo che la donna fosse parzialmente eretta. Dalle macchine attaccate al suo corpo provenivano suoni strani che non aveva mai udito. Doveva essere già stata ricucita, era coperta sul ventre.

Nessun dottore le era accanto per soccorrerla.

Non riusciva a capire.

 Non si accorse dell’arrivo della dottoressa Nichol finchè non appoggiò una mano sulla sua spalla.

“Cosa sta succedendo dottoressa?” mormorò.

Quando vide apparire un sorriso sul volto della donna, il suo cuore si scaldò improvvisamente.

“Un miracolo. Sta per assistere a un prodigio sig. Castle. Si avvicini, credo che sia giusto che il primo viso che la sua compagna veda, una volta sveglia, sia il suo. Il volto dell’uomo che ama”.

“Sta cercando di dirmi..” balbettò Castle.

“Vada, non stia qui a parlare con me. La sua compagna la sta aspettando”.

Si avvicinò a Kate. La fissò. Era incredibile, stava per svegliarsi davvero. Le sue preghiere erano state esaudite.

Avevano vinto ancora una volta, ce l’avevano fatta. Avevano dimostrato al mondo intero che l’amore poteva abbattere qualunque muro, anche il più resistente.

Si sedette accanto a lei direttamente sul letto, accarezzandole ritmicamente i capelli, iniziò a chiamarla dolcemente: “Kate, amore”. Voleva che si sentisse al sicuro, mentre riapriva gli occhi alla vita.

Improvvisamente notò un movimento brusco dei muscoli delle sue palpebre, come una scossa. Sapeva che il momento tanto atteso da tutti stava per arrivare. Strinse forte la mano di lei e, quando sentì di essere ricambiato seppur più dolcemente, le lacrime inondarono i suoi occhi per la gioia. La sua Kate era cosciente.

Qualche secondo dopo poteva specchiarsi in un profondo oceano verde. Le posò una mano sul viso e Kate reclinò la testa per godersi quella carezza di cui aveva tanto bisogno.

Restarono in silenzio, per pochi, intensi attimi, poi la donna sussurrò:“Perché stai piangendo Rick?”.

La sua voce giunse alle orecchie dell’uomo come la più soave delle melodie, il suo suono era meraviglioso.

“Sono solo maledettamente felice amore mio. Sei tornata”.

“Già.. Tanta fatica e tu ti presenti vestito così? Sei orribile. Sembri un alieno” e allungò una mano per asciugargli una guancia bagnata dalle lacrime. Non voleva vederlo piangere, desiderava con tutta l’anima un suo sorriso.

Castle l’accontentò, si mise a ridere: “Mi mancava da morire la tua gentilezza tesoro”.

“Ti mancava solo quella? Quasi quasi torno da dove sono venuta!” lo punzecchiò Kate.

“Non dirlo neanche per scherzo, non ti azzardare!” disse Rick attirandola a sé in maniera decisa.

“Piano piano tesoro, mi fai male, non sono ancora pienamente in forma” piagnucolò la giovane donna.

“Scusa, scusa scusa! Mi sono fatto prendere la mano, volevo stringerti un po’, non sai quanto l’ho desiderato in questi mesi!”.

Kate sorrise: “Lo so Rick, non ne ho mai dubitato. Anch’io avevo bisogno del tuo calore. Comunque puoi sempre baciarmi. Non mi vergogno a dire che non mi dispiacerebbe”.

Rick sorrise ancor di più: “Ogni suo desiderio è un ordine mia regina”. Le prese il viso tra le mani e, quando le loro labbra furono vicinissime, le sussurrò: “Ti amo da morire Kate” e la baciò profondamente.

Quando si staccarono, però, Kate divenne improvvisamente seria e gli domandò: “Dov’è Joy?”.

L’uomo rimase in silenzio, non riuscì immediatamente a capire cosa intendesse la sua compagna.

Intanto dietro di lui echeggiò il pianto disperato di un  neonato. Rick si voltò, liberando così anche la visuale di Kate, e vide avvicinarsi la dottoressa Nichol con in braccio un fagottino fasciato in una copertina rosa: “Se intende questa bella signorina, eccola qui. Vorrebbe conoscere mamma e papà. È piccola, ma è una tosta. Nonostante sia prematura respira da sola e ha dei bei polmoni, come potete ascoltare.. Un gran bel caratterino. Che dici piccola, andiamo da mamma?” e la adagiò tra le braccia di Kate.

“Congratulazioni ad entrambi”.

Kate incominciò immediatamente a cullarla, ma non dovette insistere molto, non appena appoggiò Joy contro il suo petto la piccola smise di piangere ed iniziò a fare un sacco di smorfie.

“Guarda ti ha riconosciuto subito, ha capito che sei la sua mamma!” sentenziò Rick.

La donna si scansò in modo da consentire all’uomo di appoggiarsi al suo cuscino per poter vedere bene la bambina.

 Aveva un visino tondo come una mela, una marea di capelli scuri, le manine erano piccoline, ma perfette.

La loro creatura era perfetta.

Le diedero un bacio a testa sulla fronte e la accarezzarono dolcemente. Si commossero entrambi, erano così felici.

Rick mise un braccio sulla spalle di Kate per cingerla in un abbraccio.

“Lasciami dire che quella notte abbiamo fatto proprio un buon lavoro!”

Kate parve imbarazzata: “Rick! Ti prego.. non siamo soli. Stai parlando davanti a tua figlia!”.

“Beh, è un complimento. È bellissima! E poi, è ancora troppo piccola per capire di avere un padre pazzo”.

Kate rise, ripensando a ciò che Joy le aveva detto sulla Cia: “Non ne sarei così sicura”.

“Non prendermi in giro Kate! Adesso parliamo seriamente. Come l’hai chiamata prima?”.

“Joy.. in realtà sarebbe il diminutivo di Johanna, il nome di mia madre. Vorrei darle il suo nome per ringraziarla per tutto ciò che ha fatto e continuerà a fare per me.
Per tutti noi, però, la piccola sarà sempre e solo Joy, la bambina che ha portato la gioia nella nostra vita. Sempre che tu sia d’accordo”.

“Non devi neanche chiederlo” disse Rick dandole un bacio tra i capelli.

 Kate allungò le braccia verso di lui e gli porse la piccola: “Adesso è il tuo turno di stringerla un po’.
Tua figlia vuole conoscerti”.

L’uomo, una volta avutala nelle braccia,  la ammirò estasiato: “Allora benvenuta nel mondo Johanna Katherine Rogers! Ti prometto che farò di tutto per donare a te e alla tua mamma la vita che meritate. Non sono e non sarò un padre modello, ma ci divertiremo insieme, puoi starne certa! Dobbiamo cercar di far impazzire la mamma.. io so essere molto bambino se voglio, domanda a tua sorella. Oddio, Alexis e Jim!! Sono ancora in sala d’attesa”.

L’infermiera rimasta si intromise: “Non preoccupatevi, li abbiamo avvertiti noi”.

Rick tornò a parlare alla piccola: “Wow, allora scampato pericolo! Ti immagini la reazione di Alexis sennò? Per non parlare della nonna! Preparati lei è un’artista e un tipo eccentrico...”

Kate li guardava felice. Era riuscita volare, a spezzare l’incantesimo.

 Si sentiva stanca, ma non riusciva a smettere di ammirare quello spettacolo delizioso, sua figlia e il suo grande amore accanto a lei per sempre.

 Era diventata una donna diversa, niente li avrebbe più divisi. Sarebbero invecchiati insieme donando tutto l’amore di cui erano capaci a quella piccola creatura e ai fratellini che sarebbero arrivati in seguito.

Avrebbe raccontato a Rick la sua storia, il suo viaggio, l’incontro con sua mamma e con la piccola Joy del futuro. Tra loro non ci sarebbero stati segreti.

A tempo debito però. Ora voleva godersi quel momento.

Voleva lasciar bruciare dall’amore la fenice che era in lei.
 
 


Angolo mio!!
Siamo quasi alla fine, questo è il penultimo capitolo.. Allora che ne dite? Kate si è svegliata, è tornata da Rick...

Joy è nata ed è la loro degna figlia, tenace e con un bel caratterino!!

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito, o chi ha semplicemente letto! Un bacione grande!

Naturalmente grazie Reb!!! (tu sai il perché) ;-)

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Capitolo 9
*** Finalmente si torna a casa ***


 
Il sole era sorto da poco, ma Kate era sveglia da molte ore.

 Era eccitata, quel giorno tornava finalmente a casa, dopo tanto tempo. Si erano decisi a dimetterla, si sentiva bene fin dal suo risveglio, ma i medici avevano preferito trattenerla in ospedale per precauzione.

Incominciava ad esserne stufa e, quando la dottoressa le aveva comunicato che la sua degenza era finita, aveva fatto i salti di gioia. Non vedeva l’ora di coccolarsi Rick e Joy in santa pace, di godersi la sua famiglia.

Guardò fuori dalla finestra della sua stanza, New York non le era mai apparsa così bella. La borsa era pronta, aveva sistemato tutti i suoi effetti personali, aspettava solo l’arrivo di Rick.

Si avvicinò verso la culla accanto al suo letto e si fermò ad ammirare la sua stupenda bambina. Non aveva permesso che la mettessero al nido, l’aveva voluta sempre accanto a sé. I medici non avevano obbiettato, le avevano fatto un enorme regalo.

Joy dormiva beata col suo ciuccio verde e giallo in bocca. Messa su un fianco, ciucciava serena, muovendo le manine confusamente. Kate si chiese in quale mondo l’avessero portata i suoi sogni per renderla così tranquilla.

La accarezzò e la piccola emise un piccolo vagito, aprendo leggermente gli occhi. Riuscì a scoprirsi e a cambiarsi di lato, strappando un sorriso alla donna.

“Buongiorno tesoro. La mamma ti ha svegliato, scusa, ma non resistevo più, dovevo accarezzarti un po’. Credo che dovrai abituarti, riceverai un sacco di coccole. A costo di diventare insopportabile”.
Joy emise un dolce gridolino e cercò con gli occhi da dove venisse il suono della voce della donna, muovendosi incessantemente. Era davvero scatenata. Le avrebbe dato da fare quella piccola monellina.

Kate la prese in braccio: “Mi stavi cercando piccola? Eccomi. La mamma è qui, accanto a te”.

Cullandola, tornò accanto alla finestra lasciando che il sole che illuminava la stanza le scaldasse il viso.

“Vedi tesoro, ormai è giorno, papà starà per arrivare. Sai oggi ci porterà a casa, dove ci aspetteranno un sacco di persone. Dovremo ringraziare, sono sicura che ci faranno molte sorprese. Nonno Jim ti ha comprato il lettino, me lo ha già detto, non oso immaginare cosa possono aver combinato papà, nonna Martha e Alexis.. Per non parlare di zia Lanie. Lei avrà pensato sicuramente a un sacco di vestitini, tutti pizzi e merletti. Non preoccuparti, ci penserò io ad assicurarmi che tu non diventi un confetto. Sarai una signorina di classe, ma senza esagerare”.

Kate non si era accorta di non essere più sola. Rick era arrivato da qualche minuto, ma si era nascosto dietro la porta.

Aveva visto la sua compagna parlare con la figlia e non voleva perdersi quello spettacolo meraviglioso.

In effetti, le stava spiando, ma non si sentiva in colpa. Quello che stava vedendo avrebbe reso orgoglioso qualunque uomo.

Da quando era uscita dal coma si ritrovava spesso ad ammirare la sua donna senza nemmeno rendersene conto, si perdeva a contemplare ogni centimetro del suo corpo, come se fosse stato stregato da un sortilegio.

“Si Kate Beckett, sono completamente in tuo potere, la mia vita sarebbe finita se tu non fossi riuscita a tornare da me” pensò Rick.
 
Era rimasto stupito nel vederla già pronta: indossava il vestitino fiorito con le spalline sottili che lui le aveva regalato qualche giorno prima, si era lievemente truccata gli occhi e aveva lasciato cadere i capelli, ormai molto lunghi, sulle spalle. Era ancora un po’ gonfia in viso per colpa delle medicine, ma stava riacquistando la sua linea, le sue cerve perfette.

Era comunque bellissima. Nessuno al mondo l’avrebbe eguagliata. La venerava come una dea.

Più la guardava, più si rendeva conto di quanto fosse fortunato, di quanto la vita gli avesse donato.

Certo, avevano passato mesi terribili, ma quel sorriso dipinto sul volto di Kate e gli strani versetti emessi da Joy valevano tutti i sacrifici che  aveva dovuto affrontare.

Immerso nei suoi pensieri non aveva sentito il cambiamento del tono di voce della donna.

“E poi dobbiamo insegnare a papà a non fare il guardone, perché, finchè fissa noi due intensamente, può essere perdonato, ma se si osa farlo col altre bellezze, la mamma sarà costretta a tirar fuori la pistola e lui non passerà dei bei momenti”.

“Mi hai visto allora..- disse l’uomo entrando nella stanza e avvicinandosi a loro- adoro quando sei gelosa, quando manifesti i tuoi sentimenti”. Le donò un bacio sulle labbra.

“Non sarei così contento se fossi in te, questo è solo l’inizio. Ti marco stretto Richard Castle, non ti lascerò andare tanto facilmente”.

Rick la guardò negli occhi: “Non dovrai stare in guardia amore mio. Ho tutto ciò che posso desiderare: tu, la mia Kate, Alexis e Joy. Non mi serve altro. Non ho nessuna intenzione di rovinare tutto”.

La donna sorrise: “Lo so, sei un uomo meraviglioso”.

Lo scrittore proseguì: “Sai Kate, non credo di esserlo così tanto. Ho un grande rimpianto. Mentre ti guardavo parlare con la bambina, ho pensato quanto sia stato ingiusto che tu non ti sia potuta godere la tua gravidanza. Vedere il tuo corpo cambiare, diventare diverso, acquistando una bellezza ancor più straordinaria del normale, tipica delle donne incinta. Se solo fossi riuscito a fare di più in quei momenti..”

Kate lo bloccò: “No, Rick. Non dirlo. Ascolta, è vero, non ho potuto vivere quei mesi come tutte le altre donne, ma non credere che sia stato meno emozionante. Sapevo che Joy era dentro di me, sapevo della sua esistenza. In realtà..”.

La donna fu interrotta dal pianto disperato di Joy, aveva perso il suo amato ciuccio. Rick lo raccolse e, dopo averlo lavato, lo infilò dolcemente nella bocca di sua figlia.

“Credo che Joy sia stufa di stare qui quasi quanto te!”.

 Kate rise: “Esatto, voglio  venire a casa. Voglio riprendere di nuovo in mano la mia vita. Chiusa qui dentro non facevo altro che annoiarmi”.   

Rick la guardò seria: “E’ stato per il tuo bene. Dovevi riprenderti, quello che ti è successo non è stato uno scherzo, hai rischiato di morire Kate. So che sei una donna forte, hai lottato come una leonessa, ma devi concederti il tempo per poterti ristabilire al cento per cento. Non voglio mai più vederti in quelle condizioni”.

Kate sapeva quanto l’uomo dovesse aver sofferto in quei mesi, quanto dovesse essere stato difficile per lui. Gli accarezzò una guancia la mano libera e gli sussurrò: “Sta tranquillo amore mio, stiamo parlando del passato, non può più farci del male. Io non mi sono mai sentita meglio, sono rinata. Non mi affaticherò più del dovuto, ma ho intenzione di godermi ogni attimo del nostro amore. Non voglio più perdere tempo. Sono impaziente, non vedo l’ora di poter dormire di nuovo insieme nel nostro letto, guardare un film sdraiati sul divano, cucinare mentre tu fai giocare Joy.. Voglio vivere appieno il nostro futuro. Voglio vederla crescere, voglio impallidire quando rientrerò a casa dopo una lunga giornata al distretto e la troverò sottosopra perché voi due state giocando con le pistole laser o a guitar hero.. Voglio alzare gli occhi al cielo alle vostre battute insensate ed intenerirmi quando mi farete gli occhi da cucciolo per farvi perdonare.. perché ora stai sorridendo?” chiese Kate un po’ stupita.

Rick ridacchiò: “Parli come se Joy fosse uguale a me, ma sinceramente più la guardo, più vedo te in miniatura, mi chiedo dove siano finiti i miei geni. È identica alla sua mamma” ed accarezzò il pancino di Joy.

Kate lo corresse seria: “Avrà gli occhi azzurri”.

“Kate, il colore degli occhi dei bambini cambia. So che ora sembrano chiari, ma è troppo presto per dirlo, sono ancora mutevoli”.

La donna capì che era arrivato il momento.

Voleva continuare il discorso interrotto dal pianto della loro piccola, voleva raccontargli la sua storia.

“No Rick, non capisci. Joy avrà i tuoi occhi e il tuo splendido carattere, mentre erediterà le mie fattezze, il mio corpo”.

“Ok allora a sedici anni, non uscirà di casa da sola! Le sguinzaglierò dietro zio Javi e zio Kevin come guardie del corpo. I party saranno vietati e in vacanza solo con noi” cercò di sdrammatizzare Rick.

“Rick non fare lo stupido, sto cercando di parlarti seriamente. Non so se riuscirai a credermi, ma ho visto Joy prima che nascesse. Ti ricordi il nostro sogno? Io e te, in casa mia  separati da un muro invisibile senza riuscire  a parlarci? Beh non è stato solo una fantasia” continuò Kate.

“Lo hai sognato anche tu? Ho sempre creduto che fosse reale, ma non credevo così tanto”.  

“Lo era.. devo raccontarti cosa mi è successo quando ero lontana da te. Mia madre e la nostra Joy mi hanno aiutato a tornare indietro. Credi nelle favole amore? Un uomo speciale mi ha donato questo bracciale che raccontava una storia a me sconosciuta e le parole di una donna altrettanto straordinaria, mi hanno spiegato come ritornare alla vita dalle mie ceneri, come ricostruire la mia vita”.

“Quindi sai della leggenda... E ci hai creduto?.

“Si.. se non lo avessi fatto, non avrei potuto essere qui in questo momento. Ti racconterò tutto, ogni dettaglio. A casa però..”.

Rick la abbracciò: “Si amore, usciamo da qui”.

Prese la valigia di Kate, mentre la donna appoggiava la bambina nell’ovetto della carrozzina.

L’uomo si fermò a guardare sua figlia: “Non posso credere che mi assomiglierà, sarà divertente!”.

Kate rise: “Più di quanto credi..- sospirò la donna- ah dimenticavo, speriamo abbia preso anche un po’ del tuo talento per la scrittura”.

“Perché?” domandò l’uomo..

“Da grande vuol fare la giornalista” rispose la donna uscendo dalla porta insieme a sua figlia.

Rick rimase senza parole: “Come la giornalista? Oddio, speriamo non diventi un recensore letterario..
Se ha preso solo un po’ del tuo senso critico, sono uno scrittore rovinato.. Sarebbe imbarazzante.. Kate aspettami!” e corse dietro alla donna, alla sua nuova e favolosa famiglia.
 
 
Angolo mio!!!

Eccovi l’ultimo capitolo, la mia storia è conclusa. Lo pubblico presto, perché ho paura di dimenticarmi.
Ho la testa nelle nuvole in questi giorni!! Spero vi sia piaciuta, nonostante fosse un po’ diversa dal solito!

Ringrazio veramente tanto tutte voi che avete letto, avete commentato e mi avete fatto tanti complimenti.

Sono un po’ dispiaciuta d’averla già finito, mi diverto un sacco a interagire con voi, che amate Castle quanto me..

Grazie, davvero. Un bacione e alla prossima storia (se mai avrò l’ispirazione!).

Ciao Annalisa

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