Scommetti che ti amo?

di CathLan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I capitolo ***
Capitolo 3: *** II capitolo ***
Capitolo 4: *** III capitolo ***
Capitolo 5: *** IV capitolo ***
Capitolo 6: *** V capitolo ***
Capitolo 7: *** VI capitolo ***
Capitolo 8: *** VII capitolo ***
Capitolo 9: *** VIII capitolo ***
Capitolo 10: *** IX capitolo ***
Capitolo 11: *** X capitolo ***
Capitolo 12: *** XI capitolo ***
Capitolo 13: *** XII capitolo ***
Capitolo 14: *** XIII capitolo ***
Capitolo 15: *** XIV capitolo ***
Capitolo 16: *** XV capitolo ***
Capitolo 17: *** XVI capitolo ***
Capitolo 18: *** XVII capitolo ***
Capitolo 19: *** XVIII capitolo ***
Capitolo 20: *** XIX capitolo ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***




Scommetti che ti amo?

 


 

Buonsalve a tutti quanti! Allora, comincio col dire che questa è la mia prima long sui One direction e proprio per questo sono un po' agitata. Sono una ragazza con davvero una quantità misera di autostima e sono sicura che se non dovesse piacere la fan fiction finirei in un angolino di casa a deprimermi e a fare cerchiolini per terra con un dito. Detto questo, io spero vivamente che la storia d'amore un po' travagliata di Zayn Malik e Harry Styles possa attirare tanti occhi e piacere molto, emozionando e facendo battere forte il vostro cuore. Un bacio, a presto.


Buona lettura.





                                                                            

 

 

Secondo me con lui non ce la fai”, mi sfidò il mio migliore amico. Seguii il suo indice affusolato e mi ritrovai a fissare due ragazzi seduti ad un tavolo circolare, proprio come il nostro, solo appena più piccolo.
Cercai di ricordarmi dove li avessi visti prima e quindi di pensare a quale dei due potesse riferirsi Louis, ma la realtà era che quella era la prima volta che entravano nel mio campo visivo.
“Il moro?” Domandai mordendomi l'interno della guancia lievemente preoccupato.
Annuì e azzannò un altro pezzo della sua brioche alla crema. “Sì, lui.”
Mi concentrai sul ragazzo dai capelli scuri sistemati verso l'alto e socchiusi le palpebre, mettendolo a fuoco. Il viso era piuttosto squadrato, la mandibola ben marcata. Gli occhi scuri, color cioccolato -no, forse più chiari- erano incorniciati da un paio di sopracciglia lineari, piuttosto spesse, che lo facevano apparire un po' corrucciato. Il naso era dritto, né troppo piccolo, né troppo grande e le labbra un po' sporgenti, sembravano morbide. La pelle era ambrata, in netto contrasto con quella dell'altro, che invece era di un rosa assurdamente chiaro. Entrambi stranieri, pensai.
Ad un tratto il biondino dagli occhi blu aprì e chiuse le labbra in fretta, facendo facce strane e gesticolando. Quando alla fine tornò serio, ed io rivolsi nuovamente l'attenzione sul moro mi ritrovai a boccheggiare. Le sue labbra erano distese in un largo e caldo sorriso, mentre i suoi occhi erano posati sulla mia figura.

Harry, se la smetti di fissarli fai a meno di sembrare un maniaco”, il mio amico mi riprese, trattenendosi da ridere.
Sbuffai e tornai a punzecchiare la mia macedonia. “Perché proprio lui?”

Non hai appena detto che potresti farti tutta la scuola senza alcun problema?” Ingoiò l'ultimo boccone.
Alzai un sopracciglio. “E con questo? Dai, era solo una cagata.”

Lui è gay, Hazza.” Si fece scappare un breve risolino. “Prova a farti lui.”
Mi sembrava strano il suo atteggiamento, se il moretto era gay sul serio allora sarebbe dovuto anche essere più facile per me. “Mi nascondi qualcosa comunque”, mormorai.
Mi lanciò uno sguardo accigliato, da finto tonto. “Se ce la fai, allora avrai per sempre tutta la mia stima e ti regalo pure la tuta bianca che brami da un anno e mezzo.”
Sospirai e indietreggiai con la sedia, che stridette sul pavimento. “Ora che il biondo se n'è andato vado da lui”, con un segno della testa indicai il ragazzo che avevamo scelto sarebbe diventato il centro della scommessa.
Feci per alzarmi, ma Lou mi prese per un polso, fermandomi a mezz'aria. Il mio peso gravò sulle ginocchia ancora piegate. “Io userei un altro metodo, non sarà così semplice.” Sapeva molto di più di quanto non mi avesse voluto dire, quello stronzo. “Segue le tue stesse lezioni di storia”, mi suggerì.
Tornai con lo sguardo a quel tavolo, ma il ragazzo era già scomparso. Non mi ero mai accorto di lui, anche se frequentavamo regolarmente delle lezioni assieme, strano.
Annuii facendo ondeggiare i ricci su e giù, per poi afferrare lo zaino che stava a terra. “Ciao, non saltare matematica”, lo ammonì e lui sorrise, prendendo tra le mani i resti della mia merenda.
A passo svelto uscii dalla sala e corsi per i corridoi, per non arrivare tardi alle lezioni. Arrivato davanti alla porta dell'aula di storia mi fermai di colpo, poggiando i palmi sulle ginocchia, per prendere fiato. Il ginocchio mi doleva. Inspira ed espira, mi dissi.

"Permesso." Una voce piuttosto bassa, ma gentile mi riscosse da quella mia posizione particolare. Di fianco a me, da quel che potevo vedere dalle scarpe da ginnastica bianche e rosse, c'era un ragazzo. Mi raddrizzai di colpo, chiedendo scusa.
Quando i miei occhi incontrarono i suoi mi sentii trasalire. Era il ragazzo moro della mensa. Lui mi guardò con un'espressione strana, con le sopracciglia piegate a formare una V.
Si sistemò meglio la cinghia della tracolla sulla spalla. “Stai bene?”

"Sì, ho solo corso per arrivare in tempo", gli spiegai posando una mano sul mio petto che si abbassava e si alzava ancora molto rapidamente.
Lui annuii e entrò in aula, lasciandomi come un deficiente fuori. Scrollai il capo e lo seguii con lo sguardo per poter scoprire dove cavolo per sei mesi si fosse nascosto. Quarto banco a partire da sinistra, ultima fila.
Ora capivo, la professoressa mi aveva spostato in seconda fila all'inizio della scuola, per tenermi d'occhio -sue testuali parole-, per questo non lo avevo mai notato. Sbuffai e andai al mio solito posto, poggiando i libri sulla superficie liscia del banco bianco.

"Harry", mi chiamò una ragazza bionda seduta due posti dopo il mio. “La prof ha cambiato la disposizione dei posti, sei all'ultima fila ora.”
Sgranai gli occhi e mi voltai all'indietro. L'unico banco libero era quello accanto al ragazzo scuro, che tranquillo se ne stava con le cuffie nelle orecchie a scrivere qualcosa su un blocchetto.
Sospirai e mi alzai, andando ad accomodarmi nel mio nuovo posticino.
Era assurdo che per tutti quei mesi io non ci avessi mai fatto caso e ora, proprio ora che era nata quella scommessa, mi ritrovavo non solo ad incontrarlo per caso, ma anche ad avercelo come compagno di banco.
Quando mi sedetti la sedia graffiò contro al pavimento e i suoi occhi nocciola -non cioccolato-, saettarono su di me. Cercai di sorridere, ma mi uscii una smorfia sbieca. “Ciao”, dissi.
Un sopracciglio folto si alzò. “Ciao.”

Sono Harry Styles.” Bofonchiai, sperando di non sembrare completamente andato.
Una sua mano andò a levare la cuffietta dall'orecchio per poi lasciarla scivolare su una spalla. “Zayn Malik.”
Siccome mi sentivo un emerito deficiente annuii soltanto, portando poi la concentrazione sulla vecchia talpa che entrò accompagnata dal fastidioso ticchettio dei tacchi sulle piastrelle. “Buon giorno ragazzi!” Attraverso la vecchia montatura mi fissò infastidita, come a volermi fulminare.
Mi portai una mano tra i ricci, spettinandoli un po'. Quella donna ce l'aveva con me dal mio primo giorno di scuola, non aveva fatto altro che darmi del pigrone chiacchierone e quell'anno, il terzo, non era accaduto nulla di diverso.
Con la coda dell'occhio cercai la figura di Zayn e mi resi conto che lui stava facendo lo stesso. Decisi di non preoccuparmene e di vagare imperterrito sulla sua figura. Notai in quel momento i due orecchini neri e il tatuaggio sul braccio abbandonato sul banco. Indossava una felpa rossa e dei jeans neri, entrambi abbastanza larghi da non mostrare alcun segno della muscolatura. Sorrisi e tornai a studiare il mio quaderno. Come avevo potuto non notarlo?
Poggiai la fronte sul banco, chiudendo gli occhi. Dopo alcuni secondi qualcosa mi colpì il capo. Alzai la testa di scatto, spaventato, tastando il punto in cui avevo sentito qualcosa e mi guardai attorno. Zayn mi osservava con un'espressione strana in volto. Inarcai un sopracciglio e lui indicò con lo sguardo i miei piedi. Non appena mi ritrovai ad ammirare le mie nike nuove bianche mi resi conto che per terra c'era un foglietto tutto incartocciato. Feci rotolare una matita a terra e mi chinai afferrando quella e il biglietto.
Aspettai che la professoressa si mettesse a scrivere un nuovo schema di appunti alla lavagna e lo aprii. Era bianco, non c'era scritto niente.
Tornai con il viso rivolto a Zayn e aprii la bocca, senza però fare uscire alcun suono, dopodiché la richiusi. I suoi occhi e le sue labbra si spalancarono, e una grossa risata ne fuoriuscì facendo voltare tutti verso di noi. Quella racchia della professoressa non aspettava altro da ben quattro anni e non appena si rese conto che la risata di Malik era rivolta a me gridò a entrambi di uscire dall'aula.
Sempre confuso mi diressi fuori in corridoio, seguito a ruota da Zayn che non aveva ancora finito di dare sfogo alla sua ilarità.
Mi fermai agli armadietti, poggiandomi al mio con la schiena. Sentivo il lucchetto spingere contro il fianco destro, ma non mi andava di spostarmi. Mi ricordai improvvisamente che per la fretta non avevo nemmeno preso lo zaino, ma che l'avevo lasciato ai piedi del banco.
“Mi dispiace”, prese un respiro e si appostò dinanzi a me, lasciandosi andare contro al muro. “Non volevo farci cacciare.”
Io feci spallucce e alzai il volto verso l'alto, affondando le mani nelle tasche della tuta. “Dimmi almeno cosa ti ha divertito tanto.”

Il fatto che tu abbia pensato io avessi scritto qualcosa su quel biglietto, quando in realtà l'avevo usato soltanto per svegliarti”, si grattò il petto, al di sopra della maglietta bianca. “La prof ti guardava male da circa dieci minuti, pensavo che di lì a poco ti avrebbe ripreso.”
Tornai con il viso alla sua altezza, per poterlo osservare. “E alla fine sono stato addirittura cacciato.”
Lui annuì e spostò il peso da una gamba all'altra. “Dovevi vedere la tua faccia”, mormorò cercando di non scoppiare nuovamente a ridere.
“Quando?” Inspirai il suo profumo che sapeva di menta e fumo, e che, pur essendo lontani di almeno un metro e mezzo mi arrivava alla narici forte e chiaro.
“Quando ti sei spaventato per il biglietto che ti è arrivato in testa”, sputò tra un respiro profondo e un altro. “O quando non capivi cosa volessi, o ancora quando abbiamo dovuto abbandonare l'aula.”
Sorrisi e spostai un riccio che era sfuggito alla piega finendomi davanti al viso. Lui per tutto il tempo non aveva smesso di fissarmi e io di sentirmi messo in soggezione.
Ero conosciuto da gran parte degli studenti come Harry Styles, uno dei ragazzi più belli e popolari della scuola, eppure con lui, con Zayn Malik, riuscivo a mala pena a non sentirmi un cretino.
Ed ero certo la colpa non fosse da dare alla sua bellezza rara o al suo sguardo magnetico, tanto meno alla sua aria da sbruffone, ma semplicemente al fatto che era uno dei pochi, insieme a Louis, a non guardarmi con l'aria di chi è ammaliato.
Mi studiava, piuttosto, ma non sembrava preso. Come se il mio fisico o i miei occhi non sortissero su di lui il benché minimo effetto.
Sospirai e con due passi gli arrivai di fronte. Nemmeno in altezza lo sovrastavo, eravamo praticamente alti uguali. Le sfumature dei suoi occhi sembrarono accendersi e insinuarsi dentro di me, ma non potevo permettermi di abbassare lo sguardo.
“Zayn, esci con me.” Non sapevo nemmeno io se fosse un' affermazione, una domanda o una supplica.
La sua mandibola si irrigidì e per la prima volta da quando le nostre vite si erano incrociate lo avevo messo in difficoltà io. Ci misi gran parte della mia volontà per non mettermi a sorridere orgoglioso.
“No.” La sua risposta fu semplice, concisa. Umiliante.
Mi doveva almeno una spiegazione. Chi mai, a maggior ragione se gay, non avrebbe voluto uscire con Harry Styles? “Perché?”

Frequenti la squadra di calcio, sei molto popolare e non ti interessi minimamente ad alcuna forma d'arte”, sentenziò come se lui sapesse già tutto. “Come potrebbe uno come te stare con uno come me?”
Fu come ricevere un calcio negli stinchi prima di una partita importante. “Non mi conosci.”
“Lo so”, ammise. “Ma non ci tengo nemmeno a farlo.”
E con quest'ultima frase, nonché con quell'ultimo pugno nello stomaco mi sorpassò andandosene tranquillamente, come se non fosse realmente accaduto nulla.
Cercai il cellulare nelle tasche incazzato nero e velocemente scrissi un messaggio a Louis.
“Quella dannata tuta sarà mia, puoi scommetterci.”
Mi immaginavo già il viso di carota Lou completamente compiaciuto al sentire che per la seconda volta nella mia vita i miei ricci ed il mio viso d'angelo non erano serviti a nulla.

 


 

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Capitolo 2
*** I capitolo ***




I capitolo



 

Rieccomi qui, più presto che mai. Ho deciso di aggiornare così in fretta, perché io in realtà ho già scritto e salvato gran parte dei capitoli della storia e l'unica cosa che mi resta da fare è pubblicarli. In pratica, non mi va di tenere i capitoli nascosti in una cartella del computer mentre voi aspettate e quindi eccomeh.
Sono piuttosto dispiaciuta che l'inizio sia piaciuto a così poche persone, ma penso sia anche normale, perché gli inizi sono sempre piuttosto noiosi. Spero che con questo nuovo aggiornamento la storia colpisca maggiormente, anche se tutto prenderà una piega diversa soltanto tra qualche tempo. Un bacio, a presto.



Buona lettura



 

Erano ormai passate novantasei ore dal giorno in cui per la mia prima volta ero stato rifiutato bellamente da Zayn Malik ed erano novantasei ore che continuamente ci pensavo e cercavo di comprendere dove avessi sbagliato. In fondo con chiunque quella tattica avrebbe funzionato, non ero stato insistente, tanto meno menefreghista. Semplice e diretto.
Sbuffai e tornai a concentrarmi sul gioco. Il pallone schizzava dagli attaccanti della mia squadra ai difensori dell'altra.
“Ci pensi ancora?” Mi domandò Louis senza staccare gli occhi dal campo. Teneva le mani chiuse a pugno sulle ginocchia, era così teso che se solo lo avessi punzecchiato su un fianco sarebbe saltato in aria e avrebbe gridato come una ragazzina.
Sobbalzammo entrambi quando il portiere della squadra avversaria afferrò la palla con le mani appena prima che potesse sfondare la rete. “A cosa?”
“A Zayn”, il suo sguardo saettò su di me per poi tornare subito dopo sui miei compagni di squadra. “E' da martedì che sei pensieroso.”
Annuii, portandomi le mani al mento per sorreggerlo. “E' una persona difficile”, ammisi.
Non so come, ma riuscii a catturare la sua completa attenzione, si voltò verso di me e cercò il mio sguardo. Gli permisi di sottrarmi al gioco. “E ti piace” sorrise. “Uuuuh ti piace!”
Sgranai gli occhi, voltandomi subito, appena in tempo per ammirare il goal di testa dal rinvio, del mio amico Seth. Saltammo entrambi in piedi come due molle, gridando cose a caso, seguiti a ruota da gran parte delle persone presenti sugli spalti.
Dopo qualche minuto di esultanze varie e abbracci, ci risedemmo sui gradini di marmo sporco e tornammo nel silenzio.
“Non mi hai risposto”, mi rimbeccò.
Sbuffai, la sua petulanza a volte batteva addirittura la mia. “E' una persona interessante, oltre che difficile, ma non credo sia il mio tipo.”
Scrollò il capo puntualizzando con un grugnito tutto il suo disappunto e io lo spintonai appena, facendolo finire addosso ad un altro ragazzo.
Ci mettemmo a ridere e il discorso si chiuse lì, così come dopo un quarto d'ora finì anche la partita.
Scendemmo dagli spalti entusiasti e andammo a salutare i nostri amici, nonché miei compagni di squadra.
Parlammo qualche minuto con il capitano prima che entrasse negli spogliatoi e non fece altro che ripetermi -così come ogni volta che ne aveva l'opportunità- quanto fosse dispiaciuto che il suo miglior centrocampista non potesse giocare, chiedendomi poi quando sarei potuto tornare. Come ogni santa volta risposi che non appena il medico mi avrebbe dato il via e assicurato che il ginocchio era completamente sano sarei sicuramente tornato, ma che purtroppo fino ad allora sarei stato solo il loro miglior tifoso.
Dopo altri vari discorsi di minor valore, ci salutammo ed io e Louis abbandonammo il piccolo stadio della scuola.
“La scommessa è ancora aperta?” Se ne uscì d'un tratto, mentre con calma, a piedi, ce ne tornavamo a casa.
Gli diedi una pacca sulla spalla, soffermandomi davanti al cancello di casa sua. “Sì.”
Lui annuì contento e indicò la porta. “Non vuoi fermarti?”
Scrollai il capo e feci scivolare una mano dentro la tasca dei jeans, tirandone fuori il cellulare. Erano le sette. “No, torno a casa.”
Louis sospirò e allargò le braccia sornione. “Abbracciami, abbracciami!”
Non avevo intenzione di far allarmare il vicinato con scene strambe, ma quando mi acciuffò mi fu impossibile divincolarmi. Mi fece fare due giri su me stesso sempre stritolandomi, finché io non lo allarmai dicendogli che avrei vomitato.
“Dai, Lou, ci vediamo domani tanto!” Si fermò di colpo e mi fece poggiare i piedi a terra un po' controvoglia.
Sbuffò e mi fece la linguaccia, incrociando le braccia sul petto, mettendo il muso. Mi venne da ridere, ma se mi fossi lasciato andare carota Lou se la sarebbe presa ancora di più, così aspettai in silenzio, ricambiando il suo sguardo.
I suoi occhi azzurro-verdi mi ispezionavano curiosi, colpendomi col loro colore chiaro e straordinario. Si portò una mano ai capelli lisci, castani, spettinandoli appena. “Non mi abbracci più e non entri più nemmeno in casa mia da un po' di tempo, Hazza” mugugnò afflitto.
Arricciai le labbra, lasciando che un sorriso prendesse forma. “Hai la ragazza ora.” Strabuzzò gli occhi, spintonandomi con una mano. Feci un altro passo indietro, tornando serio. “Sono gay Louis, se cominciano a girare voci su noi due, la perderai.”
Lui annuì senza più guardarmi. “A me non importa, sei il mio miglior amico.”
Dopo aver scambiato ancora qualche parola e qualche risata, decisi che non era il caso di andarmene e accettai il suo invito a cena.
In fondo era assurdo che a causa della mia omosessualità, la nostra amicizia -nata all'asilo- dovesse allarmarsi in quel modo. Mi ero reso conto di essere interessato al mio stesso sesso alle elementari e quando alle medie glielo avevo rivelato lui aveva semplicemente annuito, dandomi un pugno su una spalla, saltandosene fuori con un: “Non sono mica scemo, l'avevo già capito”. Al primo anno delle superiori -lui frequentava il terzo- quando gli avevo rivelato di essermi innamorato di lui, senza scomporsi mi aveva rifiutato, scoccandomi un bacio a fior di labbra, giustificandosi dicendo che aveva sempre voluto provare la morbidezza delle mie labbra. “Mi piacciono le bombe” aveva aggiunto poi riferendosi alle tette.
La cosa era finita lì, io poi mi ero trovato altri compagni e avevo perso la verginità, mentre lui faceva il marpione con le ragazze e si proclamava il Re del sesso.
Era sempre stato così, amici fin dall'asilo, uno gay e l'altro 'molto' etero. Non ci eravamo mai preoccupati delle nostre diversità o dei pettegolezzi della gente, ma quando quell'anno, il terzo, la mia omosessualità era uscita fuori arrivando all'orecchio di tutti la paura si era impossessata di me, portandomi in qualche modo ad allontanarmi, seppur impercettibilmente, da lui.

Ti voglio bene”, dichiarò sedendosi a tavola nel posto accanto al mio, quelli che da undici anni ci eravamo assegnati.
Gli sorrisi e gli sfiorai il volto, mentre sua sorella entrava in sala portando un vassoio colmo di spaghetti al ragù. “Anche io, Carota.”


**

Il week end era passato velocemente, nella piena normalità, sperai la settimana prendesse una piega diversa.
Quando mi svegliai era tardi, così come accadeva ogni lunedì mattina. Sbuffai e saltai fuori dalle coperte correndo in bagno. Mi preparai e corsi giù in tutta fretta, afferrando il maglione e lo zaino.
Uscendo di casa udii un “buona scuola”, ma non tornai indietro a ringraziare e semplicemente continuai a correre come un forsennato verso l'edificio scolastico, che fortunatamente non distava più di un chilometro.
Intravedendo il portone, mi decisi a rallentare e a riempire i polmoni d'aria. A passo svelto scartai altri ritardatari e feci capolino in classe.
Naturalmente avevo storia e la mia dolce professoressa non poté far altro che sgridarmi negandomi l'accesso alla lezione, dandomi del pigrone ritardatario.
Prima di abbandonare l'aula però guardai verso l'ultima fila e il mio sguardo si incrociò a quello caldo di Zayn, che se ne stava seduto tranquillamente a scarabocchiare qualcosa su un foglio bianco.
Accennai un saluto e lui lo ricambiò appena prima che la professoressa mi buttasse fuori quasi di peso.
Camminai per il corridoio per un'ora intera praticamente, passando volontariamente davanti alla porta aperta della mia classe, per poter farmi beffa di quella vecchia zitella.
Ad un tratto però lei sembrò averne abbastanza e gracchiando qualcosa venne verso di me arrestando il mio passo. “Styles, ne ho abbastanza ora!”
Sgranai gli occhi preso in contropiede. “Scusi?”
“Sei proprio un maleducato” sputò irata. “Questa volta non potrai sottrarti ad una bella punizione!”
Mi imputai, facendo sprofondare le mani nelle tasche, trattenendomi dal strappargli quei due peli che aveva in testa.
“Cosa ho fatto ora?!” La mia voce si alzò di un tono, risultando appena più roca e calda.
I suoi occhi si ridussero a due fessure. “E sei pure impertinente!” Scrollò il capo impettita. “Da oggi in poi parteciperai al corso di teatro che si tiene al pomeriggio e di cui faccio da assistente, capito?”
Era tutto così surreale che mi veniva da piangere e ridere assieme. “Non penso proprio”, annunciai sommessamente.
“No, caro”, sorrise. “Se non ti farai vedere alle prove il tuo voto in condotta avrà un bel calo, sei al terzo anno, giusto?”
Quando annuii il suo sorriso si accentuò. “Non credo proprio la tua idea sia di ripeterlo allora”, si spolverò la gonna grigio topo di panno. “Ogni venerdì dalle sei alle sette, ti aspetto.”
E detto questo se ne rientrò in classe proprio nel momento in cui la campanella suonò per dare la fine delle lezione.
Mi poggiai al muro improvvisamente stravolto, facendo scivolare le palpebre sulle iridi verdi. Il venerdì si tenevano le partite di calcio, merda.

Ehy?” Pur non vedendoci il profumo di menta misto a fumo e il suono della sua voce me lo preannunciarono.
“Mh?” Fu tutto ciò che mi uscii dalle labbra.
Ci fu un attimo di silenzio nel quale mi decisi a riaprire gli occhi. Lui se ne stava di fronte a me con le sopracciglia incurvate. “Mi dispiace”, borbottò giocherellando distrattamente con la cerniera della felpa.
“Di cosa?” La colpa era della mia sveglia che ogni lunedì mattina decideva di suonare meno prepotentemente degli altri giorni, ecco.
Fece scorrere lo sguardo sulla mia figura, senza preoccuparsi di poter sembrare ambiguo. “Della punizione.”
“Mi sono svegliato tardi, è colpa mia”, sussurrai non avendo nemmeno voglia di parlare.
Lui annuì e le ciglia lunghe e folte si abbassarono con potenza sugli occhi. “Non sarà male il corso di teatro.”
Grugnii e mi staccai dal muro, arrivando a qualche centimetro dal suo corpo. “Lo spero.”
Indietreggiò, ponendo qualche altro centimetro di distanza tra noi. Scrollò le spalle con espressione indecifrabile e mi diede la schiena, scomparendo tra gli studenti intenti a correre da una classe all'altra.
La campanella aveva suonato da un pezzo. Sarei arrivato tardi pure alla seconda ora. Mi misi una mano sul capo e mi spettinai un po' i capelli, strizzando gli occhi.
Ero già a pezzi e dovevo affrontare ancora altre cinque ore. Di sicuro quella settimana non era iniziata nel migliore dei modi.

**

Per fortuna quando ero arrivato alla lezione di matematica avevo scoperto che il professore avendo avuto qualche tipo di contrattempo non avrebbe potuto presentarsi.
Stavo girovagando come un'idiota per i corridoi della scuola senza una meta precisa, siccome mi ero ritrovato con un'ora buca, quando svoltando l'angolo -passando accanto all'aula di Louis e a quella di informatica- mi accorsi di essere giunto dinanzi ad un battibecco che si stava tenendo tra una donna alta, vestita bene e che era sicuramente una professoressa al sentirla parlare, e qualcuno che non riuscivo né a vedere né a sentire perché sovrastato completamente dalla bruna.
Sbuffai e aspettai che il tutto sfumasse prima di passare. Non mi presi nemmeno la briga di ascoltare, erano già troppi i miei di problemi per potermi permettere di ascoltare pure quelli altrui.
“Non lo voglio fare questo stupido compito.” La voce che sopraggiunse, in una delle poche pause della donna, era maschile e la riconobbi subito.
La prof sussurrò qualcosa sommessamente. “Dovrei pagare qualcuno?” La domanda di Zayn mi sorprese parecchio e il mio orecchio si distese, per poter afferrare tutte le informazioni necessarie. Quatto, quatto mi misi ad origliare e sono sicuro che se avessi potuto trasformarmi in una mosca e volare da loro lo avrei fatto sicuramente.
“No, Malik”, la risposta della donna arrivò qualche secondo dopo, susseguita da altrettanto silenzio.
Le labbra mi si distesero, compiaciute. Che cosa doveva pagare Zayn? La mia mente vagò velocemente verso le risposte più assurde e perverse della storia e con altrettanta rapidità le accantonai.
Farfugliarono ancora qualcosa troppo a bassa voce perché io potessi sentire e dopo un saluto educato di entrambi le gambe lunghe della prof si allontanarono, lasciandoci soli.
Ero così concentrato a seguire i movimenti controllati della donna che quando il rumore dello scozzare del ferro sopraggiunse mi ritrovai col cuore in gola.

Zayn” non era né una domanda né una conferma, semplicemente una constatazione. Lui era lì, proprio di fronte a me con un'espressione mista tra l'irato e l'offeso e un pugno conficcato in un armadietto.
Con uno scatto ritrasse il braccio e notai con dispiacere e gran sorpresa che la sua mano sinistra sanguinava. Goccia dopo goccia il pavimento color panna perse le sue sfumature candide, prendendone altre cremisi.
Con due grandi passi fui da lui. “Tutto bene?” Gli chiesi senza fiato, senza perdere d'occhio la mano e la macchia rossa sulle piastrelle.
La sua testa scura si abbassò e si alzò rapidamente, prima di rimanere rivolta verso il pavimento.
“Ultimamente ci incontriamo spesso” borbottai, non sapendo che altro dire.
I suoi occhi grandi presero l'iniziativa e cercarono i miei. Li lasciai incontrare, finché l'odore pungente del sangue non mi arrivò al naso.
Mi tolsi il maglioncino e anche la maglietta, rimanendo a petto nudo. Gli afferrai il polso, stando attendo a non sfiorargli la ferita e avvolsi la mano nel tessuto bianco della mia polo.
Zayn non mi perdeva di vista un attimo. “Stringi”, gli dissi e lui lo fece.
Mi infilai nuovamente il maglione, sentendo i primi brividi di freddo arrivare alla schiena.
“Dobbiamo andare in infermeria”, suggerii afferrandolo per un lembo dei pantaloni, facendo strada.
Mentre camminavamo a passo piuttosto svelto, sentivo il cuore battere forte dentro le orecchie. “Cosa è successo con quella?”
“Mi rovinerà la media”, sputò con tono basso.
Sgranai gli occhi e mi fermai, facendolo sbattere contro la mia schiena. Mi voltai. “E tu ti sei ferito una mano solo per la media?”
Sorrise, fissandomi le dita che ancora non avevano lasciato il bordo dei suoi pantaloni. “Non solo per quello.”

E cosa?” Ringhiai quasi. “Arrabbiarsi in questo modo per una simile banalità è assurdo, lo sai?”
Mi ignorò. “Ha dato un compito”, richiuse le labbra, con le sopracciglia lo invitai a continuare. “E ha detto che se non lo consegno la mia media calerà di due punti.”
Il mento mi colò sul collo. “Sei scemo?!” Con le dita, strinsi i suoi pantaloni, portandolo un passo più vicino a me. “E fallo tu questo compito!”
Scrollò il capo afflitto. “Perché non vuoi?”

E' assurdo”, inarcò un sopracciglio quando sbuffai. “E poi mi serve un modello.”
Trovatelo”, ribattei.
Stinse le labbra. “Devo ritrarlo nudo.” Sbattei le palpebre più volte e Zayn sembrò divertito dalla mia reazione.
“Completamente?”
“Sì”
Portai il peso sull'altra gamba, soffermandomi a pensare. Lui mi lasciò riflettere con calma. “Io vado bene?” Non era certo una di quelle cose di cui mi sarei offerto volontario qualche giorno prima, ma sinceramente aveva poca importanza ora. Oramai non si trattava nemmeno più di una scommessa con Lou, io dovevo -volevo- fargli perdere la testa per me e se vedermi nudo e disinibito lo avrebbe fatto cedere allora mi sarei anche sacrificato in quel modo.
I suoi occhi si illuminarono e per un attimo pensai volesse tuffarsi in una sonora risata, ma sorprendendomi rimase serio. “Sì.”
Inspirai ed espirai, riflettendo ancora qualche altro istante. “Ma non faccio niente per niente.”
Non ne sembrò sorpreso, semplicemente incrociò le braccia, nascondendo la mano ferita sotto l'ascella. Per un momento mi ero dimenticato stesse sanguinando copiosamente, dovevo sbrigarmi.
“Ora non mi viene in mente niente”, sbuffai. “Ma se io ti faccio da modello tu farai qualcosa per me, in cambio.”
Il suo volto ritrasse tutto il suo disappunto. “Non mi chiedere la luna”, disse facendomi intendere dell'altro.
Io trattenni una risata e annuii, facendo spallucce. “Non la voglio.”
Rimanemmo a fissarci altri due o tre minuti, poi lui fece una smorfia di dolore e io entrai nel panico. Strinsi l'orlo dei suoi pantaloni e lo trascinai per i corridoi correndo.
Dopo tutti quei passi avanti non potevo certo farlo morire dissanguato.

 

 

**Anticipazioni**

 

Mh”, iniziò attirando la mia attenzione. “Cominciamo?”
Speravo lo dicesse, così mi alzai senza farmelo ripetere due volte e iniziai a sbarazzarmi dei vestiti. Toccò alle scarpe e ai calzini per primi, poi al maglione e alla camicia. Quando me li sfilai mi spettinai un po', ma non ci pensai. Mi concentrai soltanto sul suo sguardo ambrato che non mi perdeva nemmeno un attimo.







 

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Capitolo 3
*** II capitolo ***





II capitolo

 



 

E sono ancora qui, non frustatemi :'D
Sono dannatamente contenta che la fan fiction cominci a prendere e beh, spero che con l'andare del tempo venga sempre più apprezzata. Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la ff nei preferiti e seguiti e mando un caloroso abbraccio a tutte le care ragazze che recensiscono ogni volta, dandomi quella spinta in più per continuare a postare con il sorriso. In questo capitolo qualcosa si accende, ma è una fievole candela, per i fuochi d'artificio bisogna pazientare ancora un po'. Un bacio, a presto.
{ ci tengo a ringraziare in particolar modo la mia dolce amica Francesca, quel salame che non mi abbandona mai e mi incoraggia sempre molto, anche quando mi sento a terra. E' lei una delle ragioni della realizzazione di questa storia, quindi grazie tesoroh. I love U
}


Buona lettura

 


 

Quella mattina mi stava piacendo particolarmente, materie semplici e professori allegri. Scostai un riccio dal volto e tornai ad osservare il tavolo dove stavano seduti Zayn e il suo amico biondo.
“Quand'è che ti spoglierai dinanzi a Salvador Dalì?” Louis si tuffò in una risata accesa, colpito dalla sua stessa battuta. “E meno male che non ci teneva a conoscerti eh!”
Zayn disse qualcosa al biondino che si mise a ridere forte, quasi quanto Lou. Mi ritrovai a scrollare il capo quasi nello stesso momento di Malik, la cosa mi sorprese.
“Non lo so” diedi una leggera spinta a quella carota, guardandolo male. “Ma ti calmi?”
Dopo qualche secondo tornò serio e si sistemò meglio sulla sedia, portando la forchetta a punzecchiare la mia macedonia. “La mangi?”

Non mi va”, gliela passai, facendola scivolare sul tavolo nero. “Dopo ho storia.”
Mi Difpiace” sputò un pezzetto di mela mangiucchiata e cominciammo a ridere come due cretini.
Aveva sempre avuto il vizio di parlare con la bocca piena e ogni volta, come fosse la cosa più normale dell'universo, almeno un decimo di ciò che aveva mangiato ce lo ritrovavamo addosso o per terra.
Tra le risa, con la coda dell'occhio intravidi il tavolo sul quale stavano i due vuoto ed immacolato.
La mia intenzione di andare dal moretto prima della fine dell'intervallo mi era sfuggita per colpa di quel mannaro di un Tomlinson.
“Se ne è andato” dichiarò, dopo aver ingoiato la poltiglia. “Parlagli durante l'ora di quella racchia.”
Annuii e mi alzai dal mio posto. “Fra poco suona, non arrivare tardi.”
“Certo mamma” strizzò un occhio verdazzurro.
Era un caso perso, seppur avesse due anni più di me e ormai frequentasse l'ultimo anno era pigro e svogliato e molte volte assieme alla sua ragazza saltava le lezioni per andare ad amoreggiare nei bagni o negli sgabuzzini.
Nell'uscire dalla sala ristoro mi passò di fianco una mora che riconobbi subito. La salutai e lei mi fece un largo sorriso. Louis e Eleaonor avrebbero saltato le ultime due ore, sbuffai e continuai a marciare verso la mia classe.
Vi entrai a passo svelto, ringraziando dio che quella vecchia talpa non fosse ancora arrivata e andai a sedermi al mio posto, accanto ad un Malik intento a scarabocchiare come al solito qualcosa su un blocchetto.
“Che fai?” Mi uscii dalle labbra velocemente, prima che la mia ragione riuscisse a fermarmi.
I suoi occhi corsero a me, soffermandosi nei miei. Ci avrei messo la mano sul fuoco mi rispondesse che non erano affari miei e invece mi sorprese ancora una volta sussurrando: “disegno.”
Io annuii e inclinai il capo per poter sbirciare al di là del suo braccio, ma non riuscii a vedere nulla, così tornai a farmi gli affaracci miei, aprendo il libro di storia.
“Ho cinque giorni prima della consegna”, iniziò riportando la mia attenzione su di lui. Sembrava teso, la matita si era fermata e tremava nella mano.
Annuii serio. “Dimmi quando e dove.”
Il suo volto si rilassò, portò una mano sotto al mento, pensieroso. Rimasi in silenzio e aspettai, dopo qualche attimo le sue labbra si socchiusero. “Stasera, alle otto a casa mia va bene o è troppo tardi?”
Sentii il cuore scendere alle ginocchia e risalirmi fino in testa. “No, è okay.”
Lui assentì con un cenno del capo e strappò un angolo del foglio su cui stava disegnando. Con rapidità fece scorrere la mina sul frammento bianco e me lo porse.
La scrittura era lineare, piuttosto ampia, era molto femminile. Memorizzai il suo indirizzo e il numero civico, e infilai il biglietto nell'astuccio. Lo guardai e lui fece per aggiungere qualcosa, ma il rumore dei tacchi della professoressa lo fecero ammutolire.
La vecchia isterica entrò e con un gran sorriso ci consegnò dei fogli. Quel giorno, dichiarò felice, aveva deciso di farci fare una verifica a sorpresa.
La felicità che poco prima aleggiava nel mio corpo, scomparì di botto per lasciare spazio ad un'ansia terribile. Non avevo studiato niente. Ruotai il capo verso Zayn e mi resi conto che aveva la mia stessa espressione scettica ed infelice.
Mi rincuorai, prendendo a scrivere cose a caso sul foglio.

**


No, dov'è che stai andando scusa?!” La voce di Lou al telefono era ancora più straordinaria di quanto non risultasse dal vivo. Quando tre mesi prima mi aveva rivelato che stava incidendo un disco in casa non rimasi sorpreso affatto, semmai mi sconcertò il fatto che volesse che partecipassi anche io.
“A casa di Zayn”, ripetei un'altra volta, la terza per l'esattezza. “Ora ti è chiaro?”

No”, seppur non fossi in grado di vederlo sapevo con certezza se la stesse ridendo sotto ai baffi inesistenti. “E che farete?”
Sospirai e mi fermai al semaforo, facendo passare le automobili. “Beh, devo farmi ritrarre nudo”, ammiccai al nulla.

Questo l'hai già detto tre volte.” La sua risata sbocciò e mi assordò un timpano.
Scrollai il capo e una cuffia mi cadde, sbuffai. “Lou, sono teso.”
Tornò serio, o almeno così mi parve. “Sei un figo”, attraversai sulle strisce e continuai a proseguire dritto. “Hai un fisico da invidiare, un volto dolcissimo e due occhi stupendi.”
Tutti quei complimenti mi fecero arrossire. “Louis”, feci per dire, ma lui mi interruppe.

Non scherzo Hazza, se avesse pensato tu non fossi bello come il sole ora non saresti sulla via di casa sua” sospirò. “E comunque non ti sei mai fatto problemi ad andare in giro nudo e ora ti vergogni?”
“E' che con lui è diverso”, passeggiai ancora per qualche metro, prima di arrivare dinanzi al numero civico esatto. “Ora devo staccare. Ciao carota.”
“Ciao, chiamami quando hai finito.” Mi tolsi gli auricolari e con un sorriso sbieco ammirai il palazzo in cui viveva Malik. A passo incerto varcai il cancello, fermandomi poi davanti al piccolo porticino.
Tra i nomi elencati nel citofono ce n'erano diversi e ci misi qualche istante a rintracciare il cognome Malik, seguito da Horan. Affondai un dito nel pulsante accanto a quei due cognomi particolari, e attesi.
La risposta arrivò quasi subito e mi fece trasalire. Zayn mi invitò a salire, aprendomi il portone da casa sua.
Ero agitato, lo percepivo dai battiti del mio cuore che correvano veloci e dalle mani tremanti. Salii le scale, trattenendo quasi il respiro e mi fermai solo quando mi ritrovai davanti ad una porta aperta. Prima di entrarvi però volli essere certo di non sbagliare e mi misi a leggere i cognomi appena fuori casa, sul campanello, chinandomi appena.

Non sei davanti alla porta sbagliata”, accennò lui, in piedi di fronte a me con le mani sui fianchi. Indossava una maglietta a maniche corte bianca e dei pantaloni della tuta piuttosto larghi, aveva i capelli bagnati e un odore -più forte del solito- di vaniglia mista a menta sopraggiunse non appena si voltò. Doveva avere appena finito di farsi una doccia, pensai.
Volevo esserne certo”, mi giustificai.
Lui sorrise e mi fece entrare, dicendo che potevo comportarmi come fosse casa mia. Io annuii semplicemente e lo seguii in sala, dove ci attendeva una tela di circa trenta x sessanta poggiata su un tre piedi posizionato proprio davanti al divano.
Deglutii e mi accomodai, aspettando che mi dicesse qualsiasi cosa, anche solo “spogliati”. Accaldato com'ero ci avrei messo sì e no due secondi e mezzo. Non vedevo l'ora di cominciare, per non pensarci più.
Non ero mai stato l'attenzione di qualcuno, no, almeno non in quel modo. Molti mi avevano osservato, bramato, mangiato con gli occhi, ma mai nessuno mi aveva studiato attentamente, senza perdersi difetto o particolare del mio intero corpo. E per quanto sapessi di essere bello e sodo, non ero mai stato poi molto attento ad ogni mia minima caratteristica fisica.
“Sei agitato?” Mi domandò entrando in sala con uno sgabello in mano e un pennello tra le labbra.
Continuavo a far battere la pianta del piede sul tappeto come a tempo di musica e a mordicchiarmi l'interno della guancia, avrei voluto dirgli che non ero solo agitato, ma che di lì a poco mi sarebbe venuto un infarto, ma rimasi zitto.
Lui sembrò capire e sorrise -cosa che faceva da quando ero arrivato- andando ad accomodarsi accanto alla tela, a tre quarti, in modo da potermi guardare e ritrarre.
“Vuoi qualcosa da bere?” Mi chiese anche lui lievemente sconvolto dalla situazione.
Feci ondeggiare i ricci a destra e a sinistra e tornai a concentrarmi sul ritmo. Il piede batteva ogni due secondi, poi c'era una lieve paura, di circa quattro secondi, e l'altro, il sinistro si scontrava contro il tessuto non molto pregiato della stuoia.
“Mh”, iniziò attirando la mia attenzione. “Cominciamo?”
Speravo lo dicesse, così mi alzai senza farmelo ripetere due volte e iniziai a sbarazzarmi dei vestiti. Toccò alle scarpe e ai calzini per primi, poi al maglione e alla camicia. Quando me li sfilai mi spettinai un po', ma non ci pensai. Mi concentrai soltanto sul suo sguardo ambrato che non mi perdeva nemmeno un attimo.
Scorse i miei addominali, per poi salire ai pettorali e alla linea delle spalle, come a volersi fare un'idea di ciò che spettava a lui e alla tela.
Con un leggero sforzo sbottonai tutti e tre i bottoni dei jeans e li feci scivolare lungo le gambe, sfilandoli poi dai piedi.
Ancora una volta i suoi occhi mi studiarono, seguendo la linea del quadricipite e poi delle natiche, quando mi voltai per posare gli abiti sulla poltrona lì a fianco. Prima di arrivare all'ultimo indumento inspirai ed espirai. Con uno strattone li tolsi, rimanendo in controluce.
Mi aspettai di ritrovarlo immerso nello studio, ma quando mi voltai verso di lui e la tela, Zayn stava soffiando sul pennello, tutto concentrato.
Le labbra si distesero e immaginai che le fossette stessero già nascendo sulle mie guance. “Non ti faccio effetto?”
Raccolsi la sua attenzione, proprio come volevo. Le ciglia lunghe si posarono un paio di volte, velocemente, sulle iridi scure. “Siamo due uomini”, sentenziò serio. “Non sei il primo che vedo nudo.”
La mia bocca tornò ad essere una linea dritta. Strinsi un pugno e sospirai. E allora perché era tanto problematico per lui fare un ritratto ad un soggetto nudo? Era tutto fumo e niente arrosto quel ragazzo. “Come mi devo mettere?” Stare in piedi tutto nudo davanti a lui mi faceva uno strano effetto.

Sdraiati.” Lo feci, il divano era morbido, ma piuttosto freddo, quando vi poggiai la schiena mi inarcai quasi senza volerlo e notai il suo sguardo saettare sul mio basso ventre, per poi tornare subito al mio volto. “Ora voltati verso di me, tieniti su la testa gravando il peso sul gomito destro.”
Mentre seguivo le sue indicazioni mi sentivo talmente vulnerabile e stupido che a stento trattenni una risata.
“L'altro braccio posalo sul ginocchio, la gamba piegata, bravo” Sorrise compiaciuto da sé stesso e tornò a preoccuparsi degli attrezzi del mestiere.
La posizione era piuttosto comoda, anche se sentivo un po' di freddo a volte. “Non te la prendere se non viene bene” mormorai e lui inarcò un sopracciglio. “Non ho mai fatto queste cose, non sono pratico”, aggiunsi.
Sembrò divertito da quella mia affermazione perché a gran fatica riuscì a restare serio. “Andrai benissimo”, disse con tono sincero.
Entrò nel suo mondo dopo qualche istante, abbandonandomi nel silenzio più pesante che avessi mai sentito.
Oltre al fatto che dovevo restare immobile, non potevo parlare e tanto meno pensare ad altro, altrimenti avrei rischiato di perdere la concentrazione e cambiare posizione distrattamente.
Stetti per sbuffare, ma mi trattenni all'ultimo, maledicendomi.
L'unica cosa positiva di quell'incontro rimaneva il fatto che mentre lui mi studiava e mi disegnava io potevo ammirarlo a mia volta, perdendomi in quei tratti decisi, nella mascella contratta, nelle labbra corrucciate, leggermente all'infuori.
Seguii la sua mano, che veloce lasciava piccole linee sulla tela bianca, andando poi a cercare l'altra, posata su una coscia.
Era fasciata in modo impeccabile -cosa che non avevo notato la mattina- e sembrava essere molto meno grave di quanto avessi ricordato. Dentro di me, il cuore spirò di contentezza. La sera prima avevo sognato Zayn con un uncino al posto della mano che mi rincorreva e mi voleva uccidere.
“A cosa pensi?” Mi chiese improvvisamente, ridestandomi dai miei pensieri.
Rimasi immobile, siccome la sua mano non aveva smesso di muoversi su e giù sul foglio. “Alla tua mano, perché?”
“Il tuo volto” per un attimo andò a guardarmi dritto negli occhi. “Si è rilassato”
Mi sentii le guance calde. “Quindi?”
“Niente, per fortuna ho già finito di bozzare il tuo volto” annuì come a voler darsi ragione e poi calò nuovamente il silenzio.
Mi infastidiva il fatto che non potessi muovermi e tanto meno parlare quando più ne avevo voglia, ma d'altronde non potevo fare altro. Mi ero offerto volontario io, non potevo tirarmi indietro per la troppa noia. Ma era anche vero che mi sarei aspettato qualcosa di diverso, tipo occhiate infuocate, gesti timidi, frasi lascive e invece tutto ciò che stava accadendo al momento era il nulla. Ed il nulla è peggio di qualsiasi altra cosa.
Non potevo spostare lo sguardo di molto, non riuscendo quindi ad arrivare all'orologio attaccato al muro e a sincerarmi quindi dell'ora. Mi era difficile rimanere in silenzio così a lungo, se ci fosse stato Louis al mio posto ero sicuro avrebbe resistito al massimo per due minuti interi, poi avrebbe iniziato a blaterare cose a caso o racconti di carote assassine.
Feci roteare gli occhi, mentre la mano sul quale poggiavo la testa si informicolava dandomi un leggero fastidio.
Piano piano la tensione era fortunatamente scesa e il fatto di essere nudo sul divano del ragazzo che mi stava dipingendo su una tela passò in secondo piano.
Rimanemmo immobili e nella quiete per un lasso di tempo che mi parve infinito. “Sei stanco?” ruppe il silenzio all'improvviso, quando ero proprio sul punto di perdere la pazienza.
“Quanto ti manca?” non era una bugia, tanto meno una risposta sincera.
Le sue labbra piene si incurvarono. “Ho finito la bozza, ma dovrai tornare” si alzò e si sgranchì le gambe.
Con un gesto veloce mi alzai e non appena lasciai scivolare lungo il fianco il braccio che avevo tenuto piegato sentii una miriade di piccoli aghi invisibili infilzarlo. Arricciai il naso e la mossi con calma, facendo scorrere il sangue fino alla punta di ogni dito.
“Quando?” chiesi, infilandomi i boxer. Ero estremamente stanco, non vedevo l'ora di tornare a casa e buttarmi nel letto, mi sembrava di troppo anche il sol parlare. Dopo aver saggiato per così tanto la pace, difficilmente si trova la forza di tornare al caos.
“Domani” non era né una domanda, né un ordine. “Ma facciamo alle sei.”
Io annuii e finii di allacciarmi i pantaloni. “Quanto tempo è passato?”
“Un'ora e un quarto.” Si avvicinò alla poltrona, passandomi la camicia. La presi e me la infilai, abbottonandola con calma. “Sei stato bravo”, aggiunse.
Speravo di sentire almeno un commento come quello prima di andarmene e tornare l'indomani, perché almeno mi sarei sentito meno deficiente e più adeguato. “Grazie.”
Infilai il maglione blu, soffermandomi per un attimo a ricambiare il suo sguardo persistente. Fece per aprire la bocca, ma poi la richiuse di colpo, toccandosi nervosamente i capelli ormai asciutti.

No”, gli sfiorai un braccio, prima che si potesse allontanare. “Dimmi.”
Eravamo uno di fronte all'altro, completamente immobili e seri, due colonne avrebbero posseduto più vitalità di noi. “Che cosa vuoi in cambio?”
Quella domanda mi colpì forte, penetrandomi nel cervello. Inizialmente le risposte che varcarono le soglie delle mie labbra riguardavano lui, il suo corpo e le sue labbra. Successivamente ce ne furono altre sulla scuola e alla fine su un semplice appuntamento, ma mi decisi a non farne uscire fuori nessuna. Non ero sicuro di cosa avessi bisogno al momento. “Non lo so.”
Sgranò gli occhi e guardandolo meglio, aiutato dalla luce del lampadario, mi resi conto aveva le lenti a contatto. “Sei miope?” chiesi di slancio, infilandomi le scarpe che essendo già larghe non avevano bisogno di essere slacciate o allacciate.
Spostò un piede in avanti, e raddrizzandomi me lo ritrovai ad un soffio dal naso. Il suo alito fresco mi carezzò il volto e i nostri sguardi si cercarono febbricitanti. “Sì, non vedo niente senza le lenti o gli occhiali.”
Pensai subito a quanto mi sarebbe piaciuto vederlo con addosso degli occhiali da vista e mi sorpresi dei miei stessi pensieri. “Mi vedi meglio ora?” domandai facendo riferimento al fatto che fossimo a neanche due centimetri di distanza l'uno dall'altro.
Le sue labbra si arricciarono e lo stesso fecero le mie. “Sì.”
Con un sospiro lo obbligai a strizzare gli occhi, mi venne da ridere, ma mi trattenni. Anche lui sembrava divertito, ma qualcosa lo forzava a rimanere serioso. Forse lo stesso motivo che imponeva a me di non ridere.
“Forse dovrei andare” il silenzio mi stava schiacciando e non sarebbe accaduto niente di speciale quella sera, Zayn non era il tipo da lasciarsi andare con tanta facilità. Avremmo semplicemente alitato l'uno addosso all'altro fino a quando la stanchezza non ci avesse preso facendoci addormentare in piedi. “Ti dirò un'altra volta cosa voglio in cambio.”
Lui annuì e sembrò ringraziare quel mio intervento, mi accompagnò alla porta. “Vai a piedi? E' buio.”
Mi voltai verso la finestra dal quale si vedeva il cielo. Quella sera la luna era piuttosto sottile e le stelle erano rade, coperte da un lieve velo di nebbia. Seppur fosse ormai marzo inoltrato, l'inverno non era ancora scomparso del tutto.
“Viene un mio amico.” Presi il cellulare e mandai un messaggio a Louis. Quando il mio migliore amico mi rispose con uno squillo decisi che era il momento di uscire di scena. Salutai Zayn e, quando mi aprì la porta gentilmente, gli sorrisi.
“A domani”, borbottai saltando fuori, correndo poi giù dalle scale velocemente, non vedendo l'ora di vedere il mio Boo Bear.
Era stata una giornata particolarmente stancante e ricca di eventi, dovevo assolutamente rendere partecipe Lou di tutto quanto, per poi divertirmi nell'osservare le sue facce e nell'udire i suoi commenti.

 

 

 

 

**Anticipazioni**



Il suo petto si alzò e si fermò. “Ho dimenticato di togliere le lenti, se mi entra il sapone negli occhi bruceranno da impazzire.”
Mi irrigidì a mia volta, sentendo tutta la sua agitazione come fosse mia. Non sapendo come comportarmi decisi di fare una delle cose più stupide e astute allo stesso tempo. Mi tolsi le mutande e le portai sotto il getto d'acqua, le strizzai e poi con delicatezza gli staccai le mani dal muro, in modo che mi stesse di fronte.
Strizzai una terza volta il mio intimo e andai a tamponare i suoi occhi con pazienza, le sue mani intanto andarono a cingermi le spalle, per tenersi in piedi.



 

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Capitolo 4
*** III capitolo ***


 

 

III capitolo


 



Yep! Eccomi, più presto del presto (?) Il capitolo che state per leggere è uno dei più stravaganti che mi sia mai capitato di scrivere, anche perché cose come queste si vedono praticamente solo nei film, ma è anche uno dei più carini e divertenti. Noterete che fra i due si sta finalmente spezzando quel velo di timidezza e indecisione, ma leggendo vi accorgerete anche che.. vabbé sto zitta. Leggete e ve ne renderete conto. Beh, ora è il momento di ringraziare tutte quante voi, che avete inserito la fan fiction tra preferiti, ricordati e seguiti e come sempre stritolo tutte le dolci personcine che sprecano minuti vitali (?) per lasciarmi un commento. Ragazze, mi fate sentire importante, potrei iniziare anche a tirarmela u.ù No, continuate, continuate, cercherò di trattenermi xDDD
Un bacio, a presto.

 

Buona lettura



 

Quel giovedì mattina, all'intervallo, Zayn era seduto da solo al suo solito tavolo. Il suo amico non si era presentato a scuola.
Mi soffermai sulla sua figura per qualche minuto, perdendomi nei suoi lineamenti perfetti e nella sua espressione concentrata, che lo faceva sembrare ancora più interessante di quanto già non fosse. I suoi capelli, che solitamente erano acconciati in piedi con il gel, erano semplicemente tenuti un po' spettinati ed un accenno di barba gli incorniciava il mento e le labbra.
Ultimamente, sia a casa sua che a scuola mi capitava di rimanere a fissarlo per minuti interi quasi senza rendermene conto, come se mi fosse impossibile non guardarlo.
“Vai da lui”, mi incoraggiò Louis dandomi una gomitata, facendomi scappare dalla forchetta il pezzetto di ananas.
Sbuffai e spostai verso di lui il piccolo contenitore di plastica ormai quasi vuoto. Senza farselo ripetere due volte si avventò sulla mia merenda, riempiendosi la bocca.
Poggiai i palmi sul tavolo e basai tutto il mio peso su di essi, alzandomi con un balzo. “Ci vediamo più tardi.” Dovevo spicciarmi ad arrivare dal moretto, prima che tutta la mia sicurezza sfociasse nell'imbarazzo più assoluto.
Per i primi due metri Zayn sembrò non curarsi del fatto che gli stessi andando incontro, molto probabilmente pensava che una volta arrivato da lui lo avrei sorpassato, ma quando con un cenno del capo lo salutai sembrò capire.
“Zayn” mormorai piano, bloccandomi davanti a lui.
Mi sorrise ed io, non sapendo come comportarmi, rimasi in piedi come un coglione, finché lui non mi fece cenno di sedermi.
Erano ormai due giorni che mi recavo a casa sua per farmi ritrarre nudo, eppure non eravamo ancora riusciti a scavalcare quel muretto che era sorto dinanzi a noi. Non potevamo definirci conoscenti, tanto meno amici, e quella cosa mi frenava imponendomi una serietà particolarmente imbarazzante in sua presenza.
Spostai la sedia che stava esattamente dall'altra parte del tavolo davanti a lui e mi accomodai, dando le spalle a Louis.
I suoi occhi scuri vagarono sulla mia figura curiosi, soffermandosi quasi subito sui miei capelli. Quel giorno avevo tirato indietro i ricci con un piccolo elastico bianco, scoprendo il viso perché avevo caldo. La primavera si stava facendo sentire finalmente, dopo settimane di attese.
“Hai proprio la faccia da atleta” sentenziò, andando a morsicare il suo muffin al cioccolato.
Decisi di non prendere quell'affermazione come un insulto, ma come semplice constatazione. “Lo sono.”
Lui annuì e si mise a masticare lentamente, rimanendo dunque in silenzio.
Era quello che mi faceva impazzire di lui, il fatto che riuscisse a rimanere senza parlare per interi minuti, facendomi andare nel panico.
“Anche oggi devo venire?” Spezzai la quiete.
Ingoiò il boccone e aggrottò le sopracciglia. “Sì, ma più tardi.”
Giocherellai qualche istante con la catenina che tenevo al collo, in modo da lasciargli del tempo per ingurgitare il dolcetto. “A che ora?” domandai quando ebbe finito.
Si grattò l'interno del gomito, allungando il braccio verso di me. “Alle otto.”
Non obbiettai, ma non ero nemmeno tanto contento. La prima volta che ero andato da lui alle otto, tornato a casa mi ero ritrovato ad essere talmente stanco da non riuscire nemmeno a salire le scale, avevo deciso di addormentarmi sul divano alle dieci meno un quarto, sorprendendo pure mia mamma.
“Sta venendo bene” la sua voce era lievemente più bassa del solito. “Sei un buon soggetto.”
Non potei fare a meno che sentire le orecchie bollenti e per non fargli notare il mio imbarazzo mi concentrai sul bordo del tavolo rotondo, sul quale erano presenti diverse scalfitture.
“Meno male” mi decisi a dire, per non fare la figura del completo deficiente.
Zayn non rispose, così mi permisi di alzare lo sguardo, accorgendomi che stava sorridendo. Non era un sorriso dei suoi soliti, sfacciato e sbieco. Semplicemente sorrideva, contento. Le mie labbra si distesero a loro volta e un leggero calore mi avvolse il petto.
Ad un tratto la campanella suonò e ci dovemmo separare. Io tornai al mio tavolo, dove un Louis tutto felice mi aspettava trepidante di sapere cosa ci fossimo detti e lui uscì dalla sala a passo svelto, per non arrivare tardi.

 

**
 

Oggi agirai oppure” lo fermai, sapevo già cosa mi stesse per chiedere. “In verità non lo so” borbottai.
Aggrottò le sopracciglia, facendo sporgere le labbra. “Ricordo il giorno in cui mi hai baciato, non ti eri fatto alcun problema” mormorò sognante.
Strabuzzai gli occhi incredulo. “Io ti avrei baciato?!” Ricordavo bene l'episodio e non ero di certo stato io ad assalirlo.
Si strinse nelle spalle, ingranando la marcia. “Non ha importanza, il fatto è che ci siamo baciati e non è cascato il mondo!” Capii subito dove volesse andare a parare, ma lo lasciai finire comunque. “Questo è il terzo giorno che vai da lui e ti spogli completamente, è assurdo che tu non abbia ancora fatto niente!”
“Lou, è diverso” mi giustificai.
Mi incenerì con lo sguardo, dandomi un pizzicotto sul braccio. “Diverso da chi?” Mi lamentai e andai a massaggiarmi il bicipite, come un gatto che si lecca le ferite.
“Ma Zayn non è il tipo che si lascia andare con tanta facilità!” mi toccai i capelli, andando a levarli dalla fronte, in macchina di Louis faceva sempre un caldo assurdo. “Non posso prenderlo e attaccarlo al muro!”
Lui scrollò il capo e sbuffò con l'aria di uno che ormai ha perso ogni speranza. “E poi” aggiunse, sapendo che continuando mi avrebbe solo inacidito “potevi benissimo avvisarlo che saresti arrivato con venti minuti di ritardo.”
Con uno scattò mi slacciai la cintura, notando in lontananza il palazzo. “Non è colpa mia se non mi ha lasciato il suo numero di cellulare!” gridai esasperato, scendendo dall'auto e sbattendo la portiera, senza nemmeno salutare.
Mentre gli passavo davanti, attraverso il parabrezza intravidi Louis con un largo sorriso stampato in faccia. Gli feci il medio e lui sporse il labbro inferiore facendo il faccino da gatto con gli stivali. Mi voltai inscenando un finto distacco e dopo qualche istante la sua auto mi schizzò affianco lasciandosi una scia di fumo e smog alle spalle.
Quel ragazzo non dimostrava la sua età, ma cinque anni. Mi sistemai il ciuffo e corsi al portoncino, suonai al citofono di Malik, ma nessuno mi rispose, sperai non se la fosse presa, in fondo non era stata colpa mia, ma di mia madre che mi aveva trattenuto in casa più del dovuto per farmi cenare con i miei cugini arrivati da lontano.
Sbuffai e diedi una lieve spinta alla porta in acciaio, che con mia grande sorpresa si aprì con un basso cigolio. Alzai gli occhi all'aria e ringraziai il cielo. Presi un grande respiro ed entrai, correndo poi su per la gradinata, fermandomi con il fiatone davanti a casa del moretto.
Suonai il campanello, ma nessuno mi rispose. Ci riprovai un paio di volte leggermente spazientito, e solo all'ora mi sembrò di sentire il rumore di una musica potente sbattere contro le pareti circostanti. Avvicinai un orecchio al legno chiaro della porta e mi resi conto che le note arrivavano proprio da casa di Zayn. Immaginai fosse per quello che non mi aveva risposto e mi rallegrai del fatto che il motivo della sua indifferenza nei miei confronti non fosse la rabbia.
Pur suonando il campanello tutte le volte che volevo, non mi avrebbe mai sentito con quel gran baccano, così sperai che la serratura fosse aperta. Posai una mano sulla maniglia e la abbassai piano, facendola scattare. Non mi era mai capitato di avere tanto culo come in quel momento.
Entrai in punta di piedi, sperando che non mi scambiasse per un ladro e decidesse di colpirmi con un qualche soprammobile.


You’ve got that smile,
That only heaven can make.
I pray to God everyday,
That you keep that smile.


Riconobbi il testo della canzone, Next to you di Chris Brown e Justin Bieber. Sorrisi, quel pezzo piaceva anche a me.

One day when the sky is falling,
I’ll be standing right next to you,
Right next to you.
Nothing will ever come between us,
I’ll be standing right next to you,
Right next to you.


Con lentezza mi introdussi in casa, fino a raggiungere la sala, dove Zayn se ne stava in piedi dinanzi ad una tela ancora più grande di quella dove ritraeva me, con addosso una maglietta verde a maniche corte e dei jeans scoloriti e larghi.
Lo osservai ammirato, mentre con velocità muoveva il pennello su e giù sul foglio bianco, lasciando chiazze di colore violette e azzurre sullo sfondo verde, a volte si asciugava la fronte con il dorso della mano, aumentando la grandezza della macchiolina gialla sulla tempia destra. Il suo volto era un insieme di diverse emozioni tra cui, notai, la rabbia e la disperazione. Mi domandai cosa potesse renderlo così abbattuto, che cosa di ciò che stava dipingendo lo stava lentamente corrodendo.
Decisi che forse era il caso di andarmene, non avevo intenzione di disturbarlo e non potevo nemmeno stare tutta notte a guardarlo di nascosto, così gli diedi le spalle.
“Ehy” bisbigliò una voce facendomi arrivare il cuore alle caviglie. Ruotai il capo rapidamente, tornando a lui, che aveva i lineamenti del viso più rilassati e lo sguardo puntato su di me.
“Non volevo introdurmi come un ladro” strinsi il bordo dei miei pantaloni. “Mi dispiace per il ritardo, ma mia madre ha insistito per farmi cenare.”
Lui sorrise e posò il pennello su una tavolozza di legno abbandonata su una sedia. “Non ti preoccupare” il suo tono di voce era basso come al solito e feci fatica a capire cosa mi stesse dicendo, siccome la musica era veramente molto alta.

We’re made for one another
Me and you
And I have no fear
I know we’ll make it through.

Andò verso il divano e si chinò, afferrando un piccolo telecomando con il quale spense lo stereo, che purtroppo non riuscivo a comprendere in quale angolo della casa fosse situato; riuscivo solamente a vedere -o meglio sentire- le casse.
“E' là” indicò un punto della sala piuttosto nascosto. Affilai la vista e intravidi lo stereo nero e bianco, messo sopra ad una mensola attaccata ad una parente, proprio accanto ad un vaso di girasoli.
“Quella canzone è piuttosto famosa” accennai.
“Sì, e ultimamente mi capita di ascoltarla spesso, a me piace Chris e Niall è letteralmente innamorato di Justin” si mise a ridere divertito.
“Niall sarebbe il ragazzo biondo che sta sempre con te a scuola?”
Annuì. “Sì e abitiamo assieme, cioè lui mi ospita a casa.”
“E' casa sua?” ero stupito, pensavo fossero degli affittuari. Quell'appartamento era in un'ottima zona e non era nemmeno piccolo, doveva essere costato un occhio della testa.
Lo seguii con lo sguardo, mentre a passo svelto girava a vuoto per la sala. “Gliel'ha comprata sua papà per permettergli di studiare qua in Inghilterra, sai Niall è irlandese” sospirò, chinandosi sul divano, guardandovi sotto. “E mi ha offerto di lasciare tutto e andare a convivere, per venire a studiare insieme la lingua inglese. E' una storia piuttosto lunga la nostra, ma in pratica ci siamo conosciuti su internet sei anni fa e siamo diventati migliori amici.” La loro storia era quasi più singolare della mia e di Louis, era interessante scoprire quanti tipi d'amicizia esistessero.
“Ma cerchi qualcosa?” gli chiesi istintivamente, notando la sua angoscia sempre crescente.
I suoi occhi grandi si posarono su di me, prima di tornare a vagare in giro. “I miei guanti” spostò il peso del corpo da un piede all'altro, facendo sporgere appena un'anca. “Ho dipinto senza e ora dovrei metterli, così non mi sporco i vestiti.”
“Perché dovresti sporcarli?” Se quella era una domanda poco intelligente, lui sembrò non darci peso. Con un gomito si asciugò la fronte, aumentando di qualche altro millimetro la piccola macchia. “Devo lavarmi, non posso mettermi a ritrarti in questo stato, rischio di sporcare il tuo quadro” mi spiegò.
Lo guardai un po' meglio, rendendomi conto che non solo il viso e le mani erano sporche, ma anche le braccia ed il collo.
“Non si asciugherà?” Avanzai di qualche passo, per potergli arrivare proprio di fronte. Le mie labbra si arricciarono, quando un intenso odore di tempere e menta sopraggiunse.
“No”, sbuffò guardandosi le mani. “Fa fatica ad asciugare questo tipo di colore.”
Mi sembrò assurdo ciò che la mia mente stava formulando, ma pareva essere anche l'unica soluzione. Andai ad incatenare il suo sguardo al mio, cercando di non perdere il controllo della situazione. “Stai fermo e assecondami” gli ordinai straordinariamente serio.
Corsi con le dita all'orlo della sua maglietta, facendolo scorrere in alto, scoprendogli lembi di pelle ambrata. Non volevo perdere il contatto dei nostri occhi, ma ero curioso di scoprire come fosse messo il suo fisico. Mi maledissi mentalmente per i miei soliti pensieri perversi e decisi di trattenermi.
Gli scoprì l'ombelico e man mano che avanzavo verso l'alto il suo viso diventava una maschera impenetrabile. Non mi era possibile comprendere se fosse arrabbiato, offeso o imbarazzato, semplicemente mi fissava come io stavo facendo con lui.
“Alza le braccia” lo fece e gli sfilai la maglietta, stando attento a non sfiorare con il tessuto la sua pelle perfetta. Nel momento esatto in cui il suo volto fu coperto mi permisi di scorrere velocemente le iridi sul suo petto e mi resi conto che aveva un altro tatuaggio, appena sopra al pettorale sinistro. Era una scritta in una qualche lingua orientale, molto probabilmente la sua. Come avevo inoltre immaginato il suo fisico era formato, sodo, molto probabilmente frutto di qualche ora spesa in palestra.
Lanciai la maglietta sulla poltrona e gli sorrisi sentendo la tensione affievolirsi pian piano. “E' immacolata.”
Zayn dal canto suo continuava a guardarmi come se fossi un puzzle da dover risolvere. Poi abbassò lo sguardo e capii che stava aspettando gli levassi pure i pantaloni prima di poter sentirsi tranquillo e sereno.
Inspirai con il cervello in pappa ed il cuore che sembrava fremere come un uccellino chiuso in gabbia. Lo sentivo battere ovunque, perfino nelle orecchie. Espirai e mi chinai leggermente, andando a sbottonare il bottone, abbassando poi la cerniera. Non osai alzare le palpebre finché i pantaloni non gli arrivarono alle caviglie e fu lui stesso a levarseli, aiutandosi coi piedi.
Mi raddrizzai con la mente annebbiata, non potendo far altro che concentrarmi sulle sue forme, nonché sulle sue gambe atletiche e la lieve protuberanza sotto ai boxer celesti.
“Vuoi che” feci un ghigno, indicando i suoi boxer. Una sua mano mi si posò sul viso spintonandomi all'indietro. Quando tornai a guardarlo confuso, la sua risata proruppe forte, avvolgendomi completamente, mentre un suo dito accennava al mio volto.
Mi ci volle poco a fare due più due. Lui aveva le mani sporche e me ne aveva appena posata una sulla faccia. Anche se mi veniva da ridere decisi di trattenermi e fare il finto offeso, aggrottai le sopracciglia e lo afferrai per un polso, attirandolo a me. Gli feci il solletico sui fianchi stretti, mentre lui si divincolava ridendo come un pazzo e chiedendo una tregua, solo quando sentii che gli mancava il fiato mi fermai, senza però lasciarlo andare.
Ci studiammo per qualche secondo e mi ritrovai a pensare a quanto fosse bello. “Hulk” disse d'un tratto, facendo riferimento al mio volto verde.
Grugnì, togliendomi con uno strattone la maglietta rossa che indossavo, facendolo scoppiare nuovamente a ridere. “Hulk ti uccide” me lo caricai sulle spalle e cominciai a correre per casa, non sentendo poi molta fatica dato il suo fisico scarno, mentre lui mi dava pugni leggeri sulla schiena.
Aprii tutte le porte dell'appartamento, cercando il bagno e quando, alla penultima porta lo trovai, vi entrai mirando alla doccia. Tenendolo con un solo braccio, mi allungai con l'altro andando ad azionare il getto d'acqua -che era più potente di quanto mi aspettassi- e mi ci infilai sotto, facendolo finalmente scendere dalle mie spalle, tenendolo però per i polsi. Mi resi conto che al posto della solita benda, sulla ferita era incollato un semplice cerotto piuttosto grande, il taglio stava guarendo, tanto meglio.
Sentii la tempera scivolare giù per le gote e quando mi resi conto che colava velocemente mi sbrigai a levarmi i pantaloni, in modo che non ci finisse sopra sporcandoli irrimediabilmente. Per farlo avevo mollato Zayn, che però non se ne era andato, ma era rimasto sotto l'acqua a fissarmi.
“Hulk si scolorisce” lo disse con tono tenero, che mi invogliò a carezzargli una guancia.
Feci scivolare la mano dalla tempia al mento, per poi riportarla a ciondolare contro un mio fianco, per non sembrare un maniaco depravato.
Abbassai la testa e mi resi conto che c'era una scia di colori diversi che stava scivolando giù, fino al buco di scolo. “Cosa dipingevi?” chiesi seriamente curioso.
“Dei fiori” con una mano sul quale aveva appena versato del sapone andò a pulirmi il viso. Chiusi subito gli occhi, per non farvici entrare dentro il bagno schiuma, che di sicuro mi avrebbe fatto lacrimare copiosamente. Le sue dita mi sfioravano incerte, andando a delineare i miei contorni. “I tuoi occhi sono dolcissimi” sussurrò quando li riaprii, puntandoglieli addosso.

Inarcai un sopracciglio, domandandomi mentalmente da dove stesse arrivando tutta quella sua cortesia e spontaneità. “Anche i tuoi.”
Lui sorrise e andò a pulirsi le braccia e le mani nello stesso modo con cui si era appena occupato del mio viso. “Lo vedo che ti piacciono” mi diede le spalle, per poter afferrare lo shampoo.
Andò a portarsi i palmi tra i capelli, massaggiandoli con cura. “E da cosa lo vedi?” Zayn si voltò verso di me, senza però aprire gli occhi, capii non volesse farci entrare il sapone.

Sorrise e portò le mani alle piastrelle bianche che circondavano per due terzi la doccia, come a volersi reggere non potendo contare sulla vista. “Fai fatica a reggere il mio sguardo.”
Punto sul vivo avanzai verso di lui, sfiorandogli la schiena, in modo che percepisse la nostra vicinanza. “A te non faccio il benché minimo effetto invece” lo punzecchiai.
Scrollò il capo, facendo partire tante piccole goccioline ovunque. “Non è vero” ammise e mi sentii sprofondare. Se avessi potuto saltellare come una rana impazzita l'avrei fatto, ma avrei rischiato di scivolare e sbattere la testa da qualche parte, morendo nel pieno della mia giovane vita.
“Passami un asciugamano, il sapone mi da fastidio”, strizzava gli occhi come se avesse una paura terribile dello shampoo. Come se fosse del terribile veleno.
Mi guardai attorno, scostando la tendina che non permetteva a chi stava fuori dalla doccia di poter vedere al suo interno, ma non intravidi nessuna salvietta. “Non ce ne sono.”
Il suo petto si alzò e si fermò. “Ho dimenticato di togliere le lenti, se mi entra il sapone negli occhi bruceranno da impazzire.”
Mi irrigidì a mia volta, sentendo tutta la sua agitazione come fosse mia. Non sapendo come comportarmi decisi di fare una delle cose più stupide e astute allo stesso tempo. Mi tolsi le mutande e le portai sotto il getto d'acqua, le strizzai e poi con delicatezza gli staccai le mani dal muro, in modo che mi stesse di fronte.
Strizzai una terza volta il mio intimo e andai a tamponare i suoi occhi con pazienza, le sue mani intanto andarono a cingermi le spalle, per tenersi in piedi.
Il cuore si stringeva poco a poco, come a voler chiudersi in sé stesso e scomparire dalla faccia della terra. Il respiro era accelerato inverosimilmente, come se avessi appena fatto cinque giri di corsa sul campo da calcio della scuola.
“Credo possa bastare” mi avvisò aprendo gli occhi. Erano belli come sempre, di quel particolare color nocciola liquido e le ciglia lunghe leggermente attaccate tra loro. “Con cos-” non fece a tempo a finire la domanda che scorse i miei boxer stropicciati lasciati a terra dal sottoscritto e il mio corpo completamente nudo.
Sembrò trattenere il respiro e mi venne quasi un infarto quando pensai si stesse arrabbiando come una furia, invece si tuffò in una risata senza eguali. “Come ti è venuto in mente?!”
Feci spallucce. “Ero agitato, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente.”
Lui annuì sempre con un accenno di risa tra le labbra e aprì la tendina con uno scatto. “Finisci di lavarti, ti aspetto nella stanza accanto a questa.”
Se ne andò rapidamente, non prima di aver tirato fuori da un armadietto bianco due asciugamani e avermene lasciato uno sulla piccola lavatrice accanto al bidè.
Rimanendo solo mi sentii improvvisamente spossato. Il cuore riprese il solito ritmo calmo e pacato e i polmoni raccolsero aria senza fretta. Zayn mi faceva uno strano effetto, non che mi piacesse, ma non mi dispiaceva nemmeno. Ogni volta che mi avvicinavo a lui uno strano calore si prendeva possesso del mio petto e la voglia di toccarlo si faceva sempre più forte.
Decisi di smettere di pensarci e presi un po' di shampoo, massaggiandomi i capelli, stando ben attento a pulirli per bene. Amavo i miei capelli e il fatto che fossero così ricci e scompigliati, permettevo a stento al barbiere di toccarli, erano una delle poche cose di cui andavo veramente fiero.
Finito di lavarmi uscii dalla doccia, mi tamponai i capelli in modo che non lasciassero laghetti in giro per casa e mi fasciai la porzione di corpo che andava dal basso ventre alle ginocchia con la salvietta, lasciando visibile il resto.
Mi recai a passo svelto nella stanza dove Zayn mi stava aspettando e quando vi entrai mi resi conto che era una camera, molto probabilmente la sua. “Questa dovrebbe andarti bene” mi lanciò in faccia una maglietta azzurra a maniche corte con uno strano disegno bianco sul davanti. Lui se ne stava chinato davanti ad un cassettone colmo di magliette di tutti i tipi, si era già vestito, indossava una delle sue solite magliette colorate e dei pantaloni larghi, forse del pigiama. I capelli erano ormai asciutti.
La tenni in mano senza infilarla e lui mi guardò come se fossi scemo. “Se la metto la bagno, i miei capelli” gli spiegai indicandoli.
Si alzò e mi venne davanti, allungò una mano e io mi morsi un labbro cercando di non dar peso al fatto che di lì a poco avrebbe toccato i miei preziosi capelli, alla fine si fermò a mezz'aria sorridendo. E invece di sentirmi sollevato, mi sentii deluso. Volevo mi toccasse. “Tranquillo, non li tocco.”
Gli sorrisi e lui annuì, tornando all'armadio. Dopo qualche istante mi lanciò un paio di boxer verdi e un paio di pantaloni della tuta grigi e larghi.
Mi misi tutto -compiacendomi del fatto che mi fossero un tantino stretti siccome io ero più muscoloso di lui- sempre tralasciando la maglietta e mi sedetti sul letto, portando l'asciugamano che prima mi copriva le parti intime sulle spalle. Frizionai i capelli, non potevo andarmene coi capelli ancora fradici.
“Non li asciughi mai?” si sedette accanto a me, portando le mani sulle ginocchia.
Scossi piano il capo. “Li lascio asciugare da soli, mi annoio.”
I suoi occhi sembravano divertiti, mi resi conto non aveva più le lenti a contatto. “Sono le dieci meno venti” mi avvisò.
Scattai in piedi, come se fossi stato punto sul sedere da un ago, era tardi e dovevo chiamare Louis e chiedergli di venirmi a prendere. Mi tastai le tasche ricordandomi, quando non sentii nulla, che il mio cellulare era nei pantaloni che mi ero tolto nella doccia.
Zayn si alzò e scomparve per qualche minuto, quando tornò mi porse il mio cellulare. Io intanto mi ero infilato la maglietta. “Eccolo, ho aggiunto in rubrica il mio numero” sospirò. “Le tue braghe sono in lavatrice, insieme alla tua t-shirt.”
Annuii e mandai subito un messaggio a Louis che mi rispose prontamente, dandomi l'okay.
Come al solito mi accompagnò alla porta, dove ci fermammo per lanciarci un'occhiata. “Come farai con la consegna?” ero preoccupato per il suo voto e poi mi avrebbe fatto piacere tornare a casa sua un'altra volta. La sua compagnia mi rallegrava, dovevo ammetterlo.
“Se vieni domani riesco a finirlo tranquillamente.” Stavo per dare il mio consenso, quando mi ricordai che l'indomani pomeriggio sarei dovuto andare al primo incontro del corso di teatro, lui sembrò capire e si mise a riflettere.
“Allora vieni alle quattro e mezza, finirò in un'ora, poi potrai andare.”
Ero troppo stanco per fermarmi a parlare ancora, così annuii soltanto e aprii la porta, trovandomi davanti un biondino dagli occhi più blu che mi fosse mai capitato di incrociare.
Lui spalancò la bocca e sghignazzò. “Zayn! Finalmente ti stai dando da far-” non riuscì a finire la frase con quel suo accento particolare, perché il moretto lo tirò in casa.

Ciao Harry” mi sorrise e io uscii ricambiando il saluto.
Per la prima volta da quando ci conoscevamo aveva pronunciato il mio nome. Era straordinario, feci un saltello e corsi giù in fretta e furia, sperando che Louis non si facesse attendere molto.

 

 

**Anticipazioni**

Sorrisi e tornai con gli occhi nei suoi caldi. “Mi è impossibile non guardarvi o non udirvi. Siete diventato essenziale per me tanto quanto lo è la mia spada” mi morsi il labbro, rendendomi conto solo in quel momento che i dialoghi erano rivolti al maschile. “Ed è la mia spada a salvarmi la vita in ogni battaglia, sapete?”
Con il fiato corto e le mani tremanti uscii da quello stato di trance, rendendomi conto che Zayn si stava dirigendo a grandi passi all'uscita, sbatté la porta e Niall gli diede una rapida occhiata, sembrava colpito tanto quanto me.

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Capitolo 5
*** IV capitolo ***




 

IV capitolo

 

 

Vas happenin' girls? 8D
Mh, questo capitolo è piuttosto corto, ma è di vitale importanza. In effetti anche il prossimo lo sarà, cioè in effetti sono più o meno tutti importanti, va beh lasciamo stare. Ah! A proposito dei capitoli che seguiranno questo vi comunico -non uccidetemi- che comincerò a postarne uno ogni due giorni, quindi il quinto non lo potrete leggere domani, ma l'otto gennaio. Mi dispiace molto, ma ho troppi impegni e ho bisogno di più tempo per concluderla, perché, mi spiego meglio, io ho scritto fino all'ottavo capitolo, ma in realtà sono tipo quattordici. Ho bisogno di tempo, cavoletti 8D
Beh, ringrazio come sempre tutti quelli che hanno aggiunto la fan fiction tra preferiti, seguiti e ricordati e chi recensisce. Un bacione, a presto.

 

Buona lettura


 

 

Ero arrivato a casa di Zayn con dieci minuti di anticipo -come a scusarmi del disguido del giorno prima- e per tutta l'ora non avevamo fatto altro che scambiarci sguardi veloci ed infuocati, ma ancora una volta non mi ero sbilanciato poi molto, avevo solo accennato a qualche battutina a cui lui nemmeno si era degnato di sorridere. Ad opera finita ero curioso di vedere come ero uscito sulla tela, ma non appena avevo cercato di sbirciare, lui era corso via nascondendola da qualche parte nella sua stanza, dicendomi che mi avrebbe permesso di vederla solo dopo che la professoressa l'aveva valutata.
Così dopo essermi rivestito lo avevo salutato ed ero corso a scuola, dove mi aspettava quel maledetto corso di teatro.
“Allora ragazzi” cominciò quella vecchia racchia, quando fummo tutti seduti in cerchio sulle sedie in plastica. “Da oggi ci sarà tra noi anche Harry Styles” tredici paia di occhi corsero a me, facendomi sprofondare sotto al pavimento. Il mio sguardo scivolò su ognuno degli studenti seduti in cerchio e mi resi conto di non conoscere nessuno di loro. C'erano sei ragazze, due anonime, tre super-truccate e una davvero bella, con gli occhi verdi e i capelli rossi legati in una coda alta. Non mi guardava, era concentrata a parlare con il suo vicino che aveva il viso coperto dal cappuccio della felpa. Il rimanente era naturalmente componente maschile; altre persone a cui non riuscivo attribuire un nome.
“Ciao” dissero in coro tutti, come ad uno di quegli incontri per alcolisti anonimi, mi venne da ridere, ma mi trattenni per paura di fare arrabbiare la prof e beccarmi così qualche altra stramba punizione.
Con un cenno del capo risposi al saluto, tornando a concentrarmi sulle punte delle mie scarpe bianche.
“Harry?”, quell'accento particolare già lo avevo udito una volta, alzai lo sguardo e mi ritrovai a contemplare il biondino, l'amico di Zayn. Si tolse il cappuccio e mi sorrise, mentre la ragazza che gli stava a fianco se ne fregò altamente, non cagandomi.
“Tu sei?” non volevo essere scortese, ma il suo nome non lo ricordavo davvero.
Lui fece un cenno alla ragazza che gli aveva chiesto a bassa voce -in modo che la sentisse solo lui- qualcosa e tornò a sorridermi. “Niall, quarto anno.” Sembrava un tipo molto più aperto del moretto, sia per i grandi sorrisi che regalava, sia per il fatto che non si era fatto tanti problemi a parlarmi.
Quarto anno. Mi venne da domandargli se conosceva Louis -la ragazza di Louis era del quarto e lui conosceva molta gente- ma mi fermai appena prima di aprire bocca, siccome mi resi conto che tutti ci stavano fissando come fossimo due alieni, compresa la professoressa White.
“Beh” la vecchiona si alzò, mettendosi alle spalle di Niall. “Ora lascerò come al solito tutto nelle mani del nostro caro Horan. Ci vediamo settimana prossima ragazzi!”
E nel chiasso dei saluti e chiacchiericci vari se ne andò, lasciando noi ragazzi tutti soli. Il biondino si alzò, parandomisi davanti. “Harry, sono contento ci sia anche tu, ci serviva proprio un attore protagonista.”
Io sgranai gli occhi, alzandomi per poter arrivare alla sua altezza. Era alto tanto quanto me anche lui, solo appena più magrolino, ma non tanto quanto Malik. Indossava una polo verde e dei jeans con la patta bassa. “No, io pensavo ad una parte molto meno importante.”
Scrollò il capo. “Io sono il capo qui e io decido” la sua faccia paciosa scomparve per lasciare spazio ad un'espressione più seria, per poi tornare subito alla normalità.

Non ho mai recitato” ribattei in modo da darmi ragione.
Lui fece spallucce. “Nessuno a parte me e lei”, indicò la ragazza rossa “ha mai recitato seriamente qui Styles. Non ti fare problemi.”
Non c'era niente da fare, avrei dovuto impegnarmi in quello stramaledetto spettacolo di fine anno anche controvoglia. Ora capivo perché Zayn non ne era rimasto amaramente colpito dalla mia punizione, ma mi aveva detto che non mi sarei trovato male; era normale, il suo migliore amico ne faceva parte.
Mi posai un palmo sul volto, già stufo. “Va bene.”
Seppur non avessi saltato felicemente all'idea di fare l'attore principale, Niall sembrò contento lo stesso e se ne andò, mollandomi da solo in mezzo al palco.
Tutti se ne erano andati a sedersi nei posti degli spettatori e l'unico coglione ancora sul palco ero io, feci per seguire gli altri quando la tipa con i capelli legati fece di 'no' con la testa.
“Non avere paura, anche se hai meno tempo degli altri. Cath ti darà un copione ora” la voce del biondino era piuttosto alta, non come quella dell'amico. “Facci vedere come reciti.”
La ragazza con i capelli infuocati mi passò dei fogli legati assieme con delle pinzette. Sfogliai rapidamente il testo non capendoci quasi nulla. Presi a caso una delle righe della pagina sette e decisi che quel pezzo sarebbe andato più che bene. Inspirai, spostando il peso da un piede all'altro.
Prima di leggere a voce alta lasciai andare tutta l'aria dei polmoni con un solo respiro e mi concentrai su Horan, facendo finta fosse presente solo lui. Se mi fossi concentrato anche sugli altri sicuramente le gambe avrebbero cominciato a fare 'ugah ugah' e a traballare come steli d'erba.
“Vi sto dicendo” cominciai, lasciando che la mia voce prendesse un tono tranquillo, piatto. “che mi piacete. Mi piace il vostro sorriso, il fatto che quando stendete le labbra il mio cuore salta il ritmo. Mi piacciono i vostri occhi, mi piace quando senza poter oppormi vi annaspo dentro, come un pesce rosso preso all'amo.” Aggrottai le sopracciglia, sorpreso dall'assurdità di quelle parole.
Il volto di Horan divenne una maschera di divertimento, ma non rise. Scrollò invece il capo. “No, no” soffiò. “Impegnati di più, fai conto che dinanzi a te c'è la persona che ti piace di più al mondo.”
Sbuffai e strinsi i fogli nella mano, facendomi diventare le nocche bianche. “Questi dialoghi” mi fermai, per paura di risultare forse impertinente.
Sgranò gli occhi, ma poi annuì. “Li ho scritti io” annunciò sorridendo. “Impegnati Styles, devi immaginare che davanti a te ci sia la persona che ami. Dille ciò che senti, non puoi più trattenerti dal farlo.”
Non riuscivo ad immaginarmi nessuno, così rimasi in silenzio a pensare chi mi piacesse in quel periodo. Da quando mi ero lasciato con Davis nessuno era più entrato nel mio letto, tanto meno nel mio cuore.
Ad un tratto apparve Zayn Malik dal fondo del teatro, pensai la mia mente mi stesse facendo un brutto scherzo, ma quando anche il biondino lo intravide facendogli poi segno con una mano di avvicinarsi compresi che non era un miraggio, ma una semplice casualità.
Sospirai e abbassai le palpebre. Come mi sarei espresso parlando alla persona che amavo? Le mie mani cosa avrebbero fatto? Mi spettinai i ricci e quando riaprii gli occhi li puntai sul volto di Zayn, che a passo lento era arrivato a mala pena a metà delle scalinate. Il biondino era tornato a fissarmi, insieme a tutti gli altri, sentivo i loro occhi puntati sul mio volto.
Zayn inarcò un sopracciglio, ricambiando il mio sguardo insistente. Poi sorrise e un caldo prepotente mi sorprese le orecchie e il petto.
Cambiai pagina, lessi velocemente e cercai di memorizzare il dialogo. “La verità è che non so cosa mi stia succedendo” iniziai, facendo cadere il copione a terra, fregandomene. “Non so nemmeno da quando, ma qualcosa è cambiato dentro di me -non trasmetti niente, mi dissi mentalmente, riprova- ma se questo non è odio e non è amore, allora cos'è?” Feci una breve pausa e avanzai di un passo, contraendo la mascella.

“Se ha la stessa intensità di una pioggia autunnale, se nutre la stessa bellezza di un bocciolo che si schiude sotto il sole, allora che cos'è?” Trattenni il respiro indeciso se continuare o meno. Zayn sembrava compiaciuto, mi fece cenno di continuare. “Ditemelo voi, allora, che schivate i miei sentimenti e li sbattete contro agli altri. Ditemelo voi dannazione” alzai di un tono la voce, senza volerlo. “che avete abbattuto pure i miei, mandandomi in frantumi.”
Mi guardai il palmo della mano, notando che c'erano i segni delle mie unghie, dovevo aver stretto con forza il pugno. Sorrisi e tornai con gli occhi nei suoi caldi. “Mi è impossibile non guardarvi o non udirvi. Siete diventato essenziale per me tanto quanto lo è la mia spada” mi morsi il labbro, rendendomi conto solo in quel momento che i dialoghi erano rivolti al maschile. “Ed è la mia spada a salvarmi la vita in ogni battaglia, sapete?”
Con il fiato corto e le mani tremanti uscii da quello stato di trance, rendendomi conto che Zayn si stava dirigendo a grandi passi all'uscita, sbatté la porta e Niall gli diede una rapida occhiata, sembrava colpito tanto quanto me.
“Com'è andata?” chiesi ad alta voce.
Il biondino tornò a guardarmi e mi regalò uno dei suoi larghi sorrisi. “Sei molto portato, hai una voce particolarmente adatta” si alzò e mi venne incontro. Tutti sembravano statue di cera e ancora una volta mi sentii a disagio. Ringraziai il cielo che fosse lui l'unico ad essersi accorto della mia confessione e mi chinai a raccogliere il copione, porgendoglielo poi quando allungò una mano verso di me.
“Dovrebbe sentirsi onorato” bisbigliò in modo che lo udissi soltanto io, facendomi l'occhiolino. “Hai una buona memoria comunque” tornò serio, prima di rivolgersi a tutti. “Ragazzi cominciate a provare, io intanto mi mangio qualcosa” tutti si misero a risedere e Niall se ne trotterellò via, scomparendo dietro a qualche scatolone. I ragazzi si avvicinarono gli uni agli altri provando scene e dialoghi, creando a poco a poco un mormorio sempre più confusionario.
Non riuscivo a far altro che pensare a Zayn così, sicuro che nessuno se ne potesse accorgere, scesi dal palco con un piccolo slancio, cercando di non pesarmi sul ginocchio che mi ero leso qualche settimana prima ad una partita, e corsi fuori. Lo cercai per i corridoi in cui di solito mi capitava di incrociarlo, ma sembrava aver fatto in modo di scomparire dalla mia vista.
Dopo venti minuti di ricerche mi arresi e uscii dalla scuola, trovandolo proprio là fuori, seduto sugli scalini dell'entrata a fumarsi una sigaretta.
“Ciao” mormorai, infilando le mani nelle tasche, per non mostrargli quanto stessero tremando.
Lui alzò il volto e mi fulminò con lo sguardo. “Tu sei scemo!” se ne uscì quasi gridando.
“Perché?” potevo immaginarlo il motivo, ma volevo sentirglielo uscire dalle labbra.
Scrollò il capo afflitto, portandosi una mano davanti al volto. “Io non posso.”
Inarcai un sopracciglio. “Non puoi cosa?”

Ti vorrei dare un pugno” sibilò tra i denti alzandosi.
Avanzai verso di lui, scendendo due scalini. “E' così che risolvi i tuoi problemi?” mi stavo arrabbiando anche io, ma non volevo alzare la voce. “Tirando pugni a destra e a manca?”
“Sei un coglione!” lanciò via la sigaretta, buttando fuori tutto il fumo.
“Ma cosa ho fatto?!” Digrignai i denti, per non gridare.
“Perché mi ronzi intorno?” I suoi occhi lanciavano saette, talmente aveva perso il controllo. “Cazzo.”
“E cosa dovrei fare eh?” mi stropicciai gli occhi, stanco.
Sospirò, portandosi una mano dietro il capo. “Comportiamoci come se non ci conoscessimo, è meglio.”
Una fitta mi colpì lo stomaco, facendomi salire la nausea. Se si aspettava davvero una cosa del genere era un folle, tornare indietro era impossibile per me. Indietreggiai, portandomi una mano sulla pancia.
“Oh!” gridai. “'fanculo quindi a me e a ciò che stava nascendo!” Le mie parole ci colpirono come uno schiaffo, ma era la pura verità. Stava nascendo qualcosa e qualsiasi cosa fosse mi piaceva pure.
“Harry io non voglio far nascere niente!” Le nostre voci volavano al vento, creando un'atmosfera teatrale. Fortunatamente non c'era nessuno in giro.
Strinsi i pugni, mordendomi un labbro. Prima che potesse aggiungere qualcosa lo sorpassai e me ne andai. Non poteva catalogarmi nella lista degli errori, abbandonandomi come un oggetto vecchio e brutto. Ne avevo abbastanza di lui e dei suoi fottuti problemi.



 

**Anticipazioni**


“Ti avevo detto di starmi alla larga” proruppe con un tono basso e roco, dando un calcio al cartone che si abbatté per terra con un grande tonfo.
Mi levai gli occhiali da sole e lasciai che la schiena si poggiasse per terra, portando un braccio a coprirmi il volto. Il ginocchio oltre a pulsare aveva cominciato a bruciare e a lanciare piccole scariche elettriche lungo tutto il muscolo. “Non ci riesco” fu un soffio, flebile, ma arrivò al suo orecchio.




                                                                                                


                                                                                                                   Regalino!
                                                                                                     Vi voglio bene ragazzeee 8D

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Capitolo 6
*** V capitolo ***




V capitolo

 

 

Potatoooh buon giorno :3
Ho pensato di aggiornare più presto del solito (come orario) perché mi dispiace farvi aspettare così tanto D: Comunque, ecco il nuovo capitolo, non ho molto da dire a riguardo, spero vivamente piaccia come gli altri u.ù Vi dico solo che non vedo l'ora di postare il prossimo, perché accadrà una cossssina 8D
Beh, ringrazio tutti quelli che seguono, ricordano e preferiscono questa storia e tutte le caVe ragazze che recensiscono sempre. Un bacio, a presto.


 

Buona lettura

 


 

Gli occhi di Louis quel giorno avevano preso un particolare colore azzurro acceso, il sole gli brillava addosso facendolo apparire ancora più bello di quanto non fosse già. Era una splendida giornata e per questo avevamo deciso di recarci al parco dopo la scuola a ridere e scherzare un po'.
Te ne sei accorto?” portò un braccio dietro le mie spalle, poggiandolo sul bordo della panchina. Era serio, l'ombra del divertimento aveva abbandonato il suo volto.
Sospirai, portando il naso all'insù. Il cielo era limpidissimo e non c'era una nuvola. Un passerotto cinguettava nel suo nido, forse affamato. “Di cosa?”
Mi attirò a sé usando la mano che avevo dietro la mia schiena, mi ritrovai con l'orecchio proprio davanti alle sue labbra. “Che ti piace Salvador” alitò.
Io sbuffai e mi levai le sue zampacce di dosso, staccandomi da lui. “Ma la finisci di sparar cazzate?”
“No perché ho ragione e tu dovresti agire, invece di stare qua a disperarti.”
Mi sistemai gli occhiali da sole sul naso, prendendo una posizione più comoda. “Finiscila.”

Harry, sii sincero con te stesso per una volta” allargò le gambe, posandoci nel mezzo le braccia, mettendosi a trafficare per terra tutto indaffarato. Quando si raddrizzò mi porse un fiorellino bianco e giallo. “Lui ti piace molto, anche più di Davis.”
Lo afferrai per il sottile gambo e me lo portai alle labbra, chiudendo gli occhi. Il viso di Zayn mi attraversò la mente rapidamente, prima di scomparire e lasciare spazio al viso di Louis. “Anche tu mi piacevi molto più di Dave” soffiai, facendo volteggiare fino a terra un piccolo petalo.
Non potei notare la sua reazione, ma mi sembrò sentirlo sospirare. “Appunto.”
Inarcai un sopracciglio, alzando le palpebre. “E appunto per questo, posso benissimo fare a meno di lui, così come ho lasciato perdere te da tempo.”
Mi diede una pacca e quando mi voltai a guardare che avesse scoppiai a ridere. Aveva le sopracciglia inarcate verso il mezzo e le labbra all'infuori. “Tu non mi hai lasciato perdere, hai semplicemente tramutato il tuo piacere in altro piacere” alluse alla nostra amicizia.
Scrollai il capo, con la testa improvvisamente pesante. “Non capisci”, sputai “con lui non c'è via di ritorno. Non c'è nulla che ci leghi. Io e te ci conoscevamo da un sacco di anni, è normale che abbia trovato un modo per non perderti, ma con lui non c'è niente da fare.” Sentii gli occhi inumidirsi e ringraziai di avere indosso gli occhiali da sole.
“Che assurdità Harry Styles!” Si alzò in piedi, battendo un piede sull'erba. “Non è mai finita finché non è finita davvero” recitò le parole che aveva letto su qualche libro o sentito in qualche film tutto orgoglioso.
Con uno scatto mi alzai a mia volta, arrivando a superarlo in altezza di qualche centimetro. “Cazzate” feci per continuare, quando l'attenzione di Louis venne catturata da qualcuno alle mie spalle. Mi voltai per poter capire perché mi stesse ignorando bellamente e mi resi conto di aver dietro Niall, l'amico biondo di Zayn. Mi sentii mancare, pregai in qualsiasi lingua esistente che fosse arrivato lì proprio in quel momento e non prima, ma il suo viso sembrava dire tutt'altro.
Ruotai completamente e notai che teneva la mano a Catherine, la ragazza aveva i capelli rossi sciolti sulle spalle e mi guardava come fossi scemo. Lui sorrise e fece un cenno a Lou, come se già lo conoscesse. “Ragazzi” cominciò “sono contento di vedervi, che strana coincidenza.”
Lanciai una breve occhiata al mio migliore amico rendendomi conto che era tranquillissimo e sorrideva pacioso. “Non me l'aspettavo proprio” rispose, dando una pacca amichevole sulla spalla dell'altro.
Io annuii facendo capire che la pensavo allo stesso modo, facendo in qualche modo scaturire la loro ilarità, pure quella della ragazza.
“Sembra ti abbia investito un treno Harry” spiegò con il suo accento piuttosto marcato, ogni volta che mi rivolgeva parola non potevo fare a meno che sorridere come un idiota.
“Zayn dov'è?” Domandò Louis facendomi cascare i bulbi oculari sotto ai piedi.
Niall scrollò il capo e la ragazza prese parola. “E' a scuola” la sua voce era delicata e aggraziata proprio come mi sarei aspettato. Il suo ragazzo mi squadrò e poi distese le labbra.

E cosa fa?” Mi appuntai mentalmente di dover dare quattro pugni in testa a quella dannata carota che non riusciva a starsene zitta non appena fossimo rimasti da soli.
Questa volta rispose il biondo e si rivolse proprio a me, puntando i suoi occhi blu nei miei. “Sta dipingendo il cartellone per la recita di fine anno.”
Non sapendo come comportarmi annuii e riabbassai lo sguardo. Avrei voluto sprofondare sotto al terreno e rimanerci fino alla fine dei miei giorni. Poi però qualcosa mi colpì al petto e mi decisi a parlare. “E dov'è esattamente?” non potevo permettermi di perdere un'altra volta, non quella volta.
Gli occhi di Louis e Niall si illuminarono e la ragazza sorrise. “E' in teatro, rimarrà là un'altra mezz'ora, forse anche di meno” mi rispose.
Chiusi gli occhi e riempii i polmoni d'aria, li salutai e presi a correre per il parco come un folle.
Voltai un angolo e poi un altro, senza darci tanto peso. Non riuscivo a concentrarmi su altro se non il suo viso squadrato e le sue labbra piene. La gente che mi scorreva a fianco, gli alberi e le auto non avevano significato, mi sembrò che nulla in quel momento ne avesse. Se anche tutto fosse scomparso e l'unico a rimanere fosse stato lui, ero sicuro che mi sarei sentito l'uomo più felice della terra.
Arrivai dinanzi al cancello della scuola con la fronte imperlata di sudore, la gola in fiamme e il ginocchio dolorante, mi veniva la nausea al pensiero di dover fare anche le scale, ma non potevo fermarmi e così andai avanti, lentamente, gravando col peso soprattutto sulla gamba sana.
Dopo più o meno trenta scalini arrivai a destinazione e il mio cuore esultò, insieme al mio ginocchio malandato. Spalancai la porta d'entrata del teatro facendo sobbalzare Zayn che se ne stava sul palco a dipingere su un cartellone gigante. Si voltò e quando mi mise a fuoco mi fucilò con lo sguardo.
Aveva poggiati sul naso dritto degli occhiali da vista e ne rimasi colpito, perché la montatura rettangolare completamente nera gli donava parecchio, ancora di più di quanto non avessi mai immaginato.
Gli sorrisi e lui sbuffò, tornando a far scorrere il pennello sul cartellone nero. Determinato a non farmi abbattere dalla sua indifferenza a passo lento mi avvicinai, percorrendo ogni passo con attenzione. Lui non mi guardava, ma ero sicuro avesse capito che mi stavo avvicinando perché i suoi movimenti si fecero più ansiosi e veloci.
Nel momento esatto in cui un mio piede toccò la superficie del palco, i suoi occhi furono su di me, accesi e irati.

Zayn” mi chinai a terra e mi sedetti, stanco e sudato. “Hai davvero intenzione di non parlarmi mai più?”
Lui non rispose, semplicemente tornò a preoccuparsi della sua opera. Decisi di non aprire più bocca, ma di aspettare che il silenzio lo stufasse e mi accomodai meglio, portando i palmi sul pavimento a sorreggermi, dietro la schiena. Quando però raddrizzai la gamba e il ginocchio scricchiolò mi fu impossibile non lamentarmi e mugugnai sommessamente stringendo gli occhi.

Ti avevo detto di starmi alla larga” proruppe con un tono basso e roco, dando un calcio al cartone che si abbatté per terra con un grande tonfo.
Mi levai gli occhiali da sole e lasciai che la schiena si poggiasse per terra, portando un braccio a coprirmi il volto. Il ginocchio oltre a pulsare aveva cominciato a bruciare e a lanciare piccole scariche elettriche lungo tutto il muscolo. “Non ci riesco” fu un soffio, flebile, ma arrivò al suo orecchio.
“Che hai ora?” tuonò, pungolandomi nel fianco con la punta del piede.
Sbuffai e tolsi il braccio dal volto, abbandonandolo sul parquet. “Il ginocchio” la voce mi si ruppe a metà parola, a causa di una fitta che mi colpì la coscia.
Sembrò preoccupato, perché si chinò accanto alle mie gambe. “Quale?”
“Il destro.” Mi tirai su con l'aiuto degli addominali, stando però sempre seduto. Volevo poter far incrociare i nostri sguardi almeno un'altra volta, ma lui non osava alzare gli occhi sul mio volto.
Con calma alzò l'orlo dei miei jeans -fortunatamente larghi- fino ad appena sopra il ginocchio, sorprendendosi alla vista del gonfiore. “Che hai fatto?”
“Mi hai visto nudo, cosa ti sorprendi?” piegai la gamba sana, poggiandovi su il braccio. “Un'entrata, qualche settimana fa, ci sono caduto sopra.”
Inclinò il capo “non è mai stato così gonfio”, tagliò corto.
Annuii. “Ho corso fino qua.”
Finalmente alzò lo sguardo, trovando subito il mio. Trascinò i miei occhi nei suoi, facendomi perdere il contatto con il mondo. Mi beai della loro bellezza fino a quando non tornò a concentrarsi sul mio arto inferiore. “Ho sempre pensato tu fossi un cretino.”
Le labbra mi si incurvarono naturalmente. “Ho finalmente deciso cosa voglio in cambio.”
“Che?” Il suo volto perse espressività, prendendo le sembianze di un pesce. “Ma mi ascolti quando parlo?!”
Annuii. “Mi aiuterai a provare i dialoghi, a casa mia o tua non mi importa, ma ti tocca aiutarmi.”
Si alzò in piedi sbuffando sonoramente. “Non ho tempo”, raccolse il cartellone ormai mezzo piegato “devo dipingere questo.”
Poggiandomi sulla gamba sana mi misi in piedi, trattenendomi dal piangere dal dolore. Mi misi gli occhiali per nascondere il luccichio e avanzai verso la fine del palco saltellando.
“Dove vai?” chiese con una nota di disperazione nella voce. Feci per fare un altro passo, ma non appena mi mossi la gamba cedette facendomi traballare in avanti. La voce per gridare mi si spense in gola e se non fosse stato per i suoi riflessi pronti mi sarei ritrovato per terra, giù dal palco, con qualche osso rotto. Quando mi resi conto di essere sano e salvo e sentii il suo respiro caldo tra i capelli e il profumo del suo corpo avvolgermi completamente mi immobilizzai. Trattenni il respiro, cercando di non pensare al suo braccio destro intorno alla mia vita.
“Mi hai fatto perdere tredici anni di vita” soffiò solleticandomi il collo. Sentivo sulla mia schiena il battito inferocito del suo cuore.
“Mi dispiace.” Ero un disastro, lo ero sempre stato in realtà. Lo ero stato per Louis, quando due mesi prima la sua ragazza Hannah lo aveva lasciato perché ossessionata dal nostro rapporto di amicizia. Per Dave, a cui non ero mai stato abbastanza vicino, troppo occupato a pensare a me stesso. Lo ero stato per la mia famiglia, quando si era dovuta sorbire tutte le paranoie del vicinato riguardo la mia omosessualità. E lo ero in quell'ultimo periodo, con Zayn. “Non volevo importi la mia presenza” mi divincolai dalla sua presa e mi scompigliai i capelli, irritato da me stesso.
“Harry” il mio nome pronunciato dalle sue labbra sembrava quasi bello. “Stai bene?”
Mi misi a guardare il soffitto, per non far scivolare le lacrime sulle gote. “No, sinceramente no.”
Mi affiancò, per cercare di guardarmi in viso. Il cuore perse un battito quando una sua mano si intrecciò alla mia ed iniziò a carezzarla con il pollice. “Credo tu possa ronzarmi intorno, se proprio non ne puoi fare a meno, so di essere irresistibile” sorrise e mi sentii un beota. “Ma non ti aspettare nulla di diverso dall'amicizia.”
“Va bene” mentii, il petto mi si dilaniò. Stava ripetendosi la stessa storia di anni prima, il mio cuore si invaghiva di un uomo, quello lo capiva e mi rifiutava in tempo, donandomi almeno l'amicizia. Amicizia che bastava a stento a riempire metà organo vitale. Staccai le nostre mani e lo guardai dritto in viso, sorridendogli. “Ti ringrazio.”
Un lampo di tristezza percorse il suo volto, ma mi convinsi che forse avevo visto male. Poi sorrise. “Ci conto.”
Ero imbarazzato, furioso, triste e confuso. Presi il cellulare dalla tasca e mandai un messaggio a Louis che dopo nemmeno due secondi mi rispose con una faccina e un okay. “Io ora torno a casa.”
Inarcò un sopracciglio. “E come ti muovi?”
“Viene Louis” mi chinai a sistemarmi il pantalone, facendolo scorrere sul polpaccio. “Mi porterà in spalla.”
La sala piombò nel silenzio più assoluto per qualche minuto. “Allora io vado.”
Io annuii soltanto e lui non aspettandosi nient'altro, a passi lunghi e decisi se ne andò lasciandomi solo. Il silenzio mi piombò addosso prepotentemente e le lacrime mi rigarono le gote senza preavviso. Non c'era un motivo legato a tutta quella disperazione, erano molti motivi che si sovrapponevano gli uni sugli altri piegandomi.
“Che diavolo è successo carotone?” Louis piombò su di me in un nano secondo, un istante prima era sulla porta e un istante dopo stava addosso a me, stritolandomi.
Tra i singhiozzi mi era impossibile farmi capire, così restai in silenzio. Un silenzio che sembrò capire comunque, perché mi cullò fra le braccia sussurrandomi cose carine per quasi mezz'ora.
Alla fine, quando sembrò bastare sia a me che a lui, ci allontanammo un po' per parlare tranquillamente. La prima cosa che mi venne da raccontargli fu il dolore al ginocchio e il fatto che mi fosse quasi impossibile camminare. Lui si chinò davanti a me.
“Lou ti voglio bene” gli mormorai all'orecchio, una volta che gli fui sulle spalle.
Mi sistemò meglio su di sé e lentamente percorse a ritroso tutta la strada che prima mi ero dovuto fare zoppicando. Sapevo stesse faticando, ma non lo dava a vedere. Qualsiasi cosa facesse lui, aveva la strana capacità di metterci il cuore e di non chiedere mai nulla in cambio. Per me poi, si sarebbe pure fatto togliere un rene. “E io ti amo” sussurrò all'improvviso.
Io sospirai e mi appoggiai sulla sua spalla, accanto alla sua testa. “E non è vero, ma va bene.”




**Anticipazioni**


“Non farlo” soffiò sul mio volto.
Aggrottai le sopracciglia, sapendo bene a cosa alludesse. “Fare che cosa?”
Prima che dalle sue labbra potesse uscire un qualsiasi tipo di suono vi poggiai sopra le mie, scoprendo un gusto stucchevole, di menta mista ad un lieve accenno di fumo. Strizzai gli occhi, nella speranza che non mi scansasse proprio in quel momento, mentre stavo finalmente facendo divenire reale uno dei miei sogni notturni ricorrenti e per fortuna non si mosse.





                                                                                                      

                                                                                               

 

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Capitolo 7
*** VI capitolo ***



 

VI capitolo




 

Nyaa sono qui! Bene, bene allora siccome non so che cosa dire se non che ho inserito un dialogo tra Hazza e la sua mamma perché adoro il loro rapporto, vi lascio al capitolo, sperando come sempre che vi piaccia e mh, al prossimo!
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la fan fiction tra seguiti, preferiti e ricordati e chi recensisce ogni volta :'D Un bacio, a presto.

 

Buona lettura

 

 

 

Al mattino la sveglia suonò troppo presto per i miei gusti, la spensi e mi rimisi a dormire. Quando suonò nuovamente la lanciai contro al muro esasperato, poi me ne pentii, mi alzai e andai a raccoglierla. Era sana e salva e segnava le due e mezza. Sbuffai e tornai ai piedi del letto, tastando sotto al cuscino in cerca del cellulare. Lo trovai e lo accesi, sullo schermo apparivano cinque chiamate perse e otto messaggi, tutti di Louis. Ne aprii uno a caso, sapendo già che tutti dicevano più o meno le stesse identiche cose. “Hazza dove sei? Mi manchi :C” Ne aprii un altro: “Carota non ti parlo più, perché non sei venuto? E' martedì e ho bisogno di te e della tua merenda.”
Risi e lasciai il cellulare sulle coperte, per andare a lavarmi e vestirmi. Mi feci una doccia veloce, mi asciugai e mi infilai dei pantaloni da ginnastica e una maglietta larga blu. I capelli gocciolavano in giro, così li frizionai con una salvietta, che poi posai sulle spalle.
Lo stomaco brontolò rumorosamente e decisi di scendere al pian terreno a cercare del cibo, siccome dovevo ancora pranzare.
Nella dispensa della cucina non trovai nulla che potesse interessarmi, così cercai in frigo dove mia madre aveva lasciato due fette di pizza avanzate dalla sera prima. Le presi e le posai su un piattino che infilai poi nel microonde. La sera prima, tornato a casa sulle spalle di Louis mia mamma si era agitata talmente tanto che si era dovuta bere una tisana rilassante, borbottando che sulla porta gli ero parso mezzo morto e aveva pensato ad un incidente stradale. Era per questo che quella mattina non aveva fatto problemi sul fatto che non mi andasse di andare a scuola, seppur il ginocchio si fosse visibilmente sgonfiato.
Sorrisi al trillo del microonde che mi avvisava che era pronto e senza farmelo ripetere due volte mi fiondai sulla prima fetta divorandola velocemente. “Mh” mormorai leccandomi le labbra.
Mangiai la seconda con altrettanta rapidità e finito tutto posai il piatto nella lavastoviglie. Era tornata la stanchezza ad assalirmi le ossa, così me ne andai in sala a guardare un po' di televisione. L'accesi e feci zapping finché non trovai un canale musicale decente, dopodiché mi sdraiai sul divano e mi avvolsi nella copertina. Chiusi gli occhi e cercai la quiete, in modo da addormentarmi, ma non appena la trovai il campanello suonò obbligandomi ad alzarmi. Sbuffai e zoppicando andai alla porta.
“Chi è?” avrei ucciso chiunque fosse, anche Louis. Ci fu un attimo di silenzio, poi la risposta arrivò talmente chiara da perforarmi il cervello. “Sono Zayn.”
“Ora ti apro” non me lo aspettavo proprio e per poco non mi venne un infarto. Ci misi più tempo del necessario ad aprire la serratura, preso dall'agitazione e quando ce la feci mi venne l'assurda idea di non aprirgli e lasciarlo fuori. Ci ripensai e spalancai la porta, trovandomelo davanti.
Mi fissava impassibile, aveva addosso dei jeans stretti scuri e una polo bianca, tra le mani dei fogli. “Entra” mi spostai dall'entrata poco convinto.
Varcò la soglia e poi tornò a fissarmi. “Ti aiuterò con il corso di teatro” si portò una mano dietro alla testa. “Te lo devo.”
Chiusi la porta e annuii distrattamente all'udire le sue parole. Avrei voluto tirargli un pugno dritto sul naso, ma non mi sembrava il caso, soprattutto perché si era offerto di aiutarmi.
Me ne andai in sala, con lui al seguito e mi sedetti sul divano, proprio accanto a lui. Ero agitato e confuso, non capivo il motivo di quell'improvviso interesse nei miei confronti. “E' solo dovere” spiegò come ad avermi appena letto il pensiero.
“Come hai scoperto il mio indirizzo?”
“Ho chiesto a Niall che a sua volta l'ha chiesto a Louis.” Come avevo immaginato quei due già si conoscevano.
“Dunque da cosa cominciamo?” lui mi porse la metà dei fogli che teneva in mano. Li presi, per poi portarmeli in grembo.
“Devi memorizzare ogni singolo dialogo e poi ci saranno i combattimenti” cominciò, ma io lo fermai. “Come le sai queste cose?”
Sbuffò e si accomodò meglio sul divano, poggiando la testa sullo schienale morbido. “Mi sono fatto spiegare da Niall e poi io ho già recitato qualche volta.” C'era una cosa che non era capace di fare il moretto?
“Grazie” tagliai corto.
Prese a osservare un foglio davanti e dietro, tutto concentrato. “Dicevo devi imparare anche come muoverti su un palco.” Io annuii sempre meno convinto. “Come mai non eri a scuola?”
Inarcai un sopracciglio a quel repentino cambio d'argomento. Lui non mi guardava, stava leggendo qualcosa. “Non ne avevo voglia.”
I suoi occhi si posarono su di me, mandandomi su di giri. “Il tuo ginocchio come sta?”
“Sta meglio.” Feci spallucce.
Scrollò il capo. “Riesci a muoverti?” nella sua voce c'era un filo di disperazione.
“Sì.”
Sorrise e si alzò. “Alzati” lo feci e mi si mise davanti. “La prima scena vede te, Fabrizio, cavaliere italiano, intento a lottare contro un altro uomo, Orlando.”

Di cosa parla l'opera?” non avevo nemmeno avuto tempo di informarmi, dannazione.
Sgranò gli occhi. “Non lo sai?” Scossi il capo e lui si morse un labbro pensieroso. “Allora, è una storia fra due amici che si innamorano, ma che a causa della guerra si devono separare e si trovano a combattere per due fazioni opposte. Più o meno.”
Sorrisi. “Niall ha scritto un'opera scolastica su due gay?”
“Sì” fece spallucce. “E' un pazzo.”
“E uno dei due muore?” succedeva sempre, in fondo. Lui annuì, ma non aggiunse altro.
Mi grattai una tempia. “Okay, cominciamo quindi.” Mi stavo già preoccupando e quando mi chiese se avevo dei bastoni o qualcosa di simile mi salì un groppo in gola. Vagai per casa in cerca di qualcosa, finché non mi imbattei in due tubi di plastica colorata che l'idraulico aveva lasciato in bagno. Li afferrai e tornai da Zayn, che alla mia vista trattenendosi a stento dal ridere si soffocò quasi con la saliva.
Immaginando già cosa avesse in mente di fare gli porsi uno dei due tubi, quello verde, e mi tenni quello giallo. Prese una posizione particolare, il piede destro davanti a quello sinistro e il busto leggermente inclinato davanti, il tubo tenuto in mano come a brandire una spada. “Imitami.”
Con non poca fatica mi misi nella sua stessa posizione, come in uno specchio. Ad un tratto fece scendere il tubo -la finta spada- su di me e istintivamente mi parai con una mano.
Sbuffò sorridendo. “Facciamo finta che sei obbligato a tenere le mani sulla spada, se le togli ti tiro i capelli.”
Spalancai la bocca fingendo orrore, ma quando fece per allungare una mano verso i miei ricci bagnati mi spaventai sul serio e indietreggiai. “Okay faccio il bravo” borbottai.
Lui sembrò soddisfatto e tornò alla posizione, io lo imitai. I suoi occhi non lasciavano la mia figura e i miei la sua. Se mi fosse arrivato quel coso in testa, anche se era di plastica un lieve dolore me l'avrebbe fatto venire.
Avanzò di un passo e portando il tubo di lato, mi colpì al fianco. Lo guardai male e cercai di colpirlo nello stesso modo, ma lui si parò prontamente. Mi stavo già stufando.
La sua finta spada si abbassò su di me con rapidità, feci per fermarla con la mano, mi mi ricordai del compromesso e velocemente scansai a destra chinandomi appena, battendo il ginocchio contro il divano. Sbiancai e mi chinai per terra, mollando il tubo che rotolò in giro. Tanti puntini colorati mi annebbiarono la vista e mi salì la nausea. Zayn mi fu di fianco in un battibaleno.
“Stai bene?” la sua voce era bassa come al solito, ma con un accenno di paura.
Annuii, ma non mi mossi. “Non so se riesco a stare in piedi” lo avvisai.
Le sue mani andarono a posarsi sotto le mie ascelle e con una lieve spinta sulle ginocchia mi fece sedere sul divano. “Aspetta.”
Se ne andò verso la cucina e quando mi fu di nuovo affianco aveva in mano un sacchetto di piselli surgelati. Inarcai un sopracciglio e lui fece spallucce, come a dire che non aveva trovato altro.
Mi prese la gamba e se la posò sulle cosce, poggiando sul ginocchio il sacchetto gelato. Sobbalzai al contatto con il freddo e lui mi tenne fermo, sogghignando sotto i baffi.
Il dolore poco a poco si affievolì e mi sentii più leggero. Corsi al suo volto e mi sentii nuovamente pesante. Lui voleva amicizia. Ed io volevo di più. Sbuffai e incrociai il suo sguardo ansioso.
I suoi occhi grandi nocciola penetrarono nei miei, scartandomi l'anima. Non mi era mai accaduto di perdermi così solo per un semplice scambio di sguardi. Mai, nemmeno con Louis, e lui sì che aveva degli occhi bellissimi.
“Va meglio?” lo chiese sorridendomi, con quelle sue labbra delicate e rosse.
Il cuore frenò e poi iniziò a tamburellare veloce, senza sosta. Sapevo di dovermi trattenere, di non poterlo toccare o di non potergli parlare come un folle invaghito, ma era talmente difficile che mi arresi a quell'impulso, sapendo che stavo andando a buttare all'aria tutto. Portai un palmo sul suo volto e gli accarezzai la guancia calda, sentendo sotto i polpastrelli il lieve strato di barba che stava nascendo. I suoi occhi cercarono una via d'uscita schizzando ovunque, ma alla fine tornarono nei miei, che li attendevano impazienti.
“Non farlo” soffiò sul mio volto.
Aggrottai le sopracciglia, sapendo bene a cosa alludesse. “Fare che cosa?”
Prima che dalle sue labbra potesse uscire un qualsiasi tipo di suono vi poggiai sopra le mie, scoprendo un gusto stucchevole, di menta mista ad un lieve accenno di fumo. Strizzai gli occhi, nella speranza che non mi scansasse proprio in quel momento, mentre stavo finalmente facendo divenire reale uno dei miei sogni notturni ricorrenti e per fortuna non si mosse. Dischiusi le sue labbra, infilandovi dentro la lingua, trovando la sua pronta e vogliosa. Mi sentii soffocare d'emozione, i polmoni si riempirono d'aria come un palloncino e dovetti staccarmi appena da lui, per lasciarla andare tutta in una sola volta. Il mio respiro caldo fece vibrare il ciuffo scuro che si poggiava come sempre sulla sua fronte e lui sorrise. Fece scorrere le palpebre, che poco prima se ne stavano scese sulle grandi nocciole, verso l'alto, per potermi guardare. Le ciglia fremevano leggermente, le labbra se ne stavano schiuse. Avevo desiderato questo momento talmente tanto che mi sentivo quasi stupido, qualcosa in una piccola porzione del mio cervello mi diceva di interrompermi prima che tutto ci sfuggisse dalle mani, ma ormai giunto a quel punto non riuscivo proprio a fermarmi e accantonai ogni pensiero. Andai a sfiorargli il volto e il collo, prendendo a carezzargli la nuca, lui si inarcò, abbandonando il capo all'indietro e io non avendone ancora abbastanza di quel suo sapore scesi a lasciargli piccoli baci umidi sul collo, scoccandone poi un ultimo sul pomo d'adamo. Spirò e portò le dita ad infilarsi tra i miei ricci, avvicinandomi al suo volto. Le nostre bocche si gustarono avare, succhiando con sempre più veemenza. Con la lingua disegnai i contorni delle sue labbra, mordicchiando e leccando. Un piccolo fuoco nato dentro al petto iniziò a vagare per il corpo, fin alla punta dei capelli dove le sue dita ancora giocherellavano curiose, poi ad un tratto lasciò la presa e posò i palmi sul mio petto, abbassandoli fino al ventre, lasciandomi una scia bollente. Si fermò appena in tempo, ma non riuscii a trattenere un gemito. Mi morse il labbro inferiore e sorrisi, scappando alla presa dei suoi denti brillanti.
Desideravo ammirarlo, fare incrociare i nostri sguardi e così mi feci appena distante, poggiando la fronte sulla sua. “Zayn” sospirai.
Si staccò da me come fossi stato acqua e lui fuoco, il suo viso si piegò in una smorfia di dolore, l'esatto contrario di poco prima. Si mise in piedi di colpo, come ad essersi reso conto solo in quel momento dell'accaduto, e si fregò una mano sul viso come a scacciare un brutto sogno. “Non avremmo dovuto.”
Rimasi seduto, con il fiatone e il cuore in fiamme. “E perché?” c'era piaciuto, ad entrambi, non comprendevo il motivo di quel pentimento improvviso.
“Io ho un altro” lo disse tutto d'un fiato, colpendomi esattamente dove voleva. Cercai di non dargli a vedere il mio turbamento, tanto meno la mia frustrazione, ma dentro qualcosa stava graffiando per uscire. Non sapevo esattamente che dire, il mio cervello si era squagliato. “Forse sarebbe meglio non vederci più sul serio” quelle parole mi uscirono di bocca animate da qualcosa che aveva le stesse sembianze della rabbia, ma che non lo era davvero. Piuttosto delusione.
Lui fece un cenno col capo e a passi lunghi e soppesati se ne andò, seguito dal rumore della porta che si chiudeva pesantemente. Rimasi nella stessa posizione in cui ci eravamo appena baciati e non mi preoccupai nemmeno di raccogliere i tubi ed i fogli che stavano sul tappeto.
Chiusi gli occhi e sperai di addormentarmi presto, per non pensare troppo a lui e a quel bellissimo errore.

**

Al mio risveglio accanto a me sul divano c'era mia madre. La osservai attentamente con la coda dell'occhio mentre interessata stava leggendo l'intero copione. Ero intenzionato a farla spaventare gridando qualcosa, ma quando sorridendo mi rivolse uno sguardo amabile ci ripensai.
“Mamma” sospirai toccandole una spalla. Lei si voltò verso di me. “Come è andata al lavoro?”
“Bene, tu stai meglio?” Io annuii e sembrò soddisfatta.
Mi carezzò il volto e i suoi occhi corsero ai fogli sparpagliati sulle sue cosce. “Partecipi ad un corso di teatro ora?”
Mi mordicchiai l'interno della guancia. “Sì, ma non per mia scelta.” Non capì, ma non mi fece nemmeno domande, mia madre si fidava ciecamente di me, ero il suo angioletto.
“Tesoro, domani mattina io e papà partiamo, deve andare ad una riunione importante in una cittadina qua vicino e lo accompagno, torneremo dopo domani.”
La strinsi con un braccio. “Non morirò, stai tranquilla!”

Se non vuoi stare solo invita Louis e ordinate una pizza, no?” si sistemò i capelli lunghi castani, appena più scuri dei miei, e li fermò sulla testa con un mollettone. “Ultimamente non l'ho più visto.”
Scossi il capo, facendo ondeggiare i ricci che tanto apprezzava. “Magari lo invito a pranzo, ma la sera me ne starò da solo. Ordino qualcosa e poi mi guardo un film.”
“Ultimamente sei strano, è successo qualcosa?” Mi capiva sempre, ogni volta che stavo poco bene o semplicemente avevo un periodo nero. “E' forse l'amore?”
Risi, sorpreso ancora una volta dalla sua perspicacia. 'Istinto della mamma' lo chiamava lei. “Non lo so, forse sì” risposi sinceramente. Non ammettevo bugie nel nostro rapporto, lei era come una mia migliore amica, più saggia e dolce di qualsiasi altra persona che conoscessi.
Annuì e si chinò a lasciarmi un bacio tra i capelli, alzandosi in piedi. “Se vorrai parlarne io ci sono.” Lo sapevo, lei c'era sempre stata. Le sorrisi e lei di rimando borbottò ancora qualcosa, del tipo che era ora di sistemare un po' la casa e di preparare la cena e se ne andò poi tutta indaffarata, scomparendo in cucina. Mi sgranchii la schiena e mi misi in piedi, per poi seguirla, voglioso di aiutarla a preparare da mangiare. Mi piaceva passare del tempo con lei, mi piaceva il suo modo di fare, il fatto che tifava sempre per me, qualsiasi cosa facessi o volessi intraprendere. “Stasera cotolette e patatine fritte!” Trillò contenta. Saltellai sul posto battendo le mani entusiasta, facendola ridere di gusto. In fondo lei era semplicemente mia madre, il mio più grande amore. L'unica incapace di deludermi.



**Anticipazioni**


“Harry” la sua voce era pacata come sempre, lievemente tremante.
Mi levai per permettergli di entrare, ma non si mosse. Aveva lo sguardo basso e si stava torturando le mani. “Quindi rimarrai fuori tutta la notte?”
“No, certo che no” affondò le mani nelle tasche, per non distruggersele. Ora che era guarita la ferita, non era certo il caso di procurarsene un'altra. “Non so nemmeno che cosa ci faccio qui.”
“Se non lo sai tu.” Mi poggiai allo stipite della porta incrociando le braccia, il freddo che entrava da fuori mi stava facendo venire la pelle d'oca sulle braccia e sulla schiena nuda. “Ho freddo” ammisi.




                                                                                                             

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Capitolo 8
*** VII capitolo ***


 



VII capitolo

 



 

Ragazze me è qui :D
Allora, su questo capitolo non voglio spendere una parola, perché voglio lasciarvi la sorpresa, spero solo vi colpisca e vi faccia battere il cuore forte, forte.
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la fan fiction tra preferiti, seguiti e ricordati e chi recensisce, davvero mi rendete molto orgogliosa e felice, grazie di cuore.
Un bacio, a presto.

 

 

Buona lettura.

 



 

La notte seguente al bacio non riuscii a chiudere occhio, troppo preso dalle emozioni che ancora mi vorticavano nello stomaco. Continuavo a sentirmi maledettamente in colpa e allo stesso momento anche molto felice. Louis mi aveva ripetuto per tutta la mattina a scuola che non era stata solo colpa mia, ma che siccome Salvador -così lo chiamava ormai da una settimana- aveva risposto, in fondo era stato uno sbaglio di entrambi. Io non la pensavo affatto in quel modo, era tutto un peso da doversi stabilire sulle mie spalle, era a causa mia se Zayn aveva tradito il suo ragazzo ed ero stato un vile a baciarlo anche dopo avergli espressamente detto che non mi sarei mai spinto oltre alla semplice amicizia. Gli avevo detto mi sarebbe bastata e invece non era affatto andata come speravo.
“Sei sempre esageratamente tragico” Louis mi affiancò, prendendomi per mano per farmi aumentare il passo. Avevo deciso di invitarlo a casa mia per pranzo, accontentando le richieste di mia madre che non voleva sapermi da solo come un coglione a casa a guardare la televisione sul divano e lui stava letteralmente morendo di fame. “E' stato solo un bacio.”
Sbuffai, correndogli quasi dietro. “No, lui è fidanzato.” Il fatto che Zayn fosse impegnato aveva fatto sprofondare le mie ultime chance nel cesso e il mio cuore in un baratro.
Lui scrollò il capo. “Questa cosa non l'ho mai sentita.”
“Non è perché non l'hai mai sentita che non è vera. Tu non sai tutto di tutti.” Svoltammo un angolo, ritrovandoci davanti a casa. Aprii la porta e lo lasciai passare per primo, senza farsi troppi problemi corse in cucina come un assatanato. Quando lo raggiunsi stava curiosando dentro al frigorifero.

Mangiamo delle bistecche?” prima ancora di udire la mia risposta le prese e accese il fornello, mettendole sulla piastra. Mi erano sempre piaciute, lo sapeva bene.
Mentre il profumo della carne che cuoceva si diffondeva per la stanza io andai a condire l'insalata, aggiungendoci anche patate dolci e carote e lui apparecchiò la tavola quadrata.
Andai a sedermi e posai la ciotola di verdura in mezzo alla tovaglia, aspettando che Louis mi raggiungesse con la carne cotta. Dopo qualche minuto spense il fuoco, porgendomi un piatto. Si sedette accanto a me e insieme ci mettemmo a mangiare. La carne era tenera, si tagliava facilmente e il sapore era ancora più spettacolare del previsto.
“Mh” sorrise trangugiando in fretta per poter aprire bocca senza sputacchiare in giro. “E' buona.”
Io annuii e iniziai a tastare con la forchetta le patate dolci. “Come è stato il primo bacio con Eleanor?”
“Bellissimo” i suoi occhi si illuminarono e mi sentii un idiota per aver accennato a quella domanda. Lui e lei erano perfetti insieme, come poteva non essere stato magico? “Ma è stata piuttosto complicata come cosa. Niente è mai semplice, Harry.”
“Come non è stata semplice?” Avevo sempre creduto che per loro fosse stato amore a prima vista.
Si rabbuiò. “C'era una persona che non riuscivo a togliermi dalla testa.”.
Pensando stesse parlando della sua ex fidanzata Hannah mi limitai ad un accenno del capo. “Sono felice che tra voi ora vada tutto bene.”
“Anche io” mi sorrise calorosamente, con una guancia gonfia. Ingoiò e poi accennò: “Oggi ci esco.”
Mordicchiai una foglia di insalata. “A che ora te ne vai?”
“Per le quattro parto, tu non suicidarti intanto.” Dopo quella risposta nessuno dei due accennò più a nulla, se non una risata soffocata. Seppur non amassi il silenzio, quando accadeva che io e lui rimanessimo con la bocca chiusa, non mi sentivo mai a disagio. I suoi occhi avevano la strana capacità di trasformare il suo silenzio in frasi concise.
Finito di mangiare lasciamo i piatti nella lavastoviglie e andammo a stravaccarci sul divano a guardare un po' di tv. Le quattro arrivarono in fretta e Louis dovette andarsene per poter raggiungere casa della sua ragazza in tempo. Rimasto solo, non avendo voglia di fare niente mi sistemai meglio sul sofà e mi lasciai cullare dalla quiete. In poco tempo mi addormentai.

**

Aprii un occhio e lo puntai sull'orologio attaccato al muro bianco. Segnava le sette e un quarto, sbuffai e mi sedetti. Mi sgranchii un po' e sbadigliai, afferrando il telefono che se ne stava sul tavolino dinanzi al divano. Tre squilli, poi qualcuno rispose. Era il proprietario della pizzeria da asporto, ordinai una pizza metà al prosciutto e metà con le patatine, gli diedi il mio indirizzo e decisi di farla arrivare per le otto e mezza. Riattaccai e corsi di sopra a farmi una doccia veloce. Mi lavai rapidamente e proprio nel momento in cui misi piede fuori dalla doccia il campanello suonò. Immaginando fosse il ragazzo delle pizze -in evidente anticipo-, mi infilai in fretta i pantaloni e ancora mezzo bagnato scesi di corsa giù, andando alla porta. Aprii, ma invece di un tipo dai capelli rossi, pieno di lentiggini con addosso una buffa felpa con disegnata una pizza con gli occhi e le braccia, mi ritrovai davanti un moro, completamente immobile, con degli occhi giganteschi di un caldo color nocciola.

Harry” la sua voce era pacata come sempre, lievemente tremante.
Mi levai per permettergli di entrare, ma non si mosse. Aveva lo sguardo basso e si stava torturando le mani. “Quindi rimarrai fuori tutta la notte?”
“No, certo che no” affondò le mani nelle tasche, per non distruggersele. Ora che era guarita la ferita, non era certo il caso di procurarsene un'altra. “Non so nemmeno che cosa ci faccio qui.”
“Se non lo sai tu.” Mi poggiai allo stipite della porta incrociando le braccia, il freddo che entrava da fuori mi stava facendo venire la pelle d'oca sulle braccia e sulla schiena nuda. “Ho freddo” ammisi.
“Sei solo?”
“Sì.” I suoi occhi schizzarono al mio petto abbandonando finalmente quel benedetto pavimento. Sorprendendomi fece un passo avanti posando i palmi sulle mie spalle, spingendomi indietro. Chiuse la porta alle sue spalle con un piede e spirò forte con le narici. Prima ancora che potessi comprendere cosa volesse fare le sue labbra si posarono sulle mie, facendo scomparire tutto il gelo di poco prima dal mio corpo. Insinuò la sua lingua nella mia bocca e subito risposi, quasi senza rendermene conto. Gli strinsi i fianchi, portandomelo più vicino, per poter sentire le sue costole scontrarsi contro le mie. Lo volevo vicino, volevo sentirlo mio.
Le sue mani si staccarono dal mio torace, andando all'orlo dei jeans. Ci si raccapezzò ansioso, ma la cintura gli dava parecchio da fare. Le mani gli tremavano e gli occhi sembravano implorare qualcosa, con una mano andai a fermarlo, allontanandomi appena per prendere fiato. Posai il mento sulla sua testa, col fiato corto. “Il tuo ragazzo?”
Mi strinse la mano con cui lo avevo appena bloccato. Era bollente. “E' un anno che non stiamo insieme.”
Il mio cuore scivolò come un bambino al palazzo del ghiaccio. “Ma lo ami ancora.” Zayn rimase in silenzio. “Sei sicuro?” lui annuì e senza farmelo ripetere due volte lo attirai nuovamente a me.
Mi sporsi verso di lui, facendo aderire le nostre bocche ansanti e le sue braccia mi cinsero il collo. Senza staccarmi, cominciai ad indietreggiare verso le scale e tra uno scalino e un altro, come tante molliche di pane ci lasciammo alle spalle i nostri indumenti, ritrovandoci davanti alla mia camera completamente nudi e accaldati.
Le sue labbra schiuse, i suoi occhi luminosi e i movimenti rapidi del suo petto mi stavano facendo impazzire, così lo afferrai sollevandolo di peso e lo lanciai letteralmente sul materasso. Strisciò con la schiena, fino a posare la testa sul cuscino e io gattonai da lui, posizionandomici sopra.
Ci guardammo per un tempo che sembrò infinito, col fiato spezzato, poi lui portò un palmo sul mio volto e mi carezzò la guancia calda. Inclinai la testa e vi affondai il volto dentro, la sua mano profumava di vaniglia e fumo. Lasciai un bacio nell'interno del suo polso, proprio dove il battito frenetico del suo cuore faceva chiaramente percepire la sua gioia, e poi un altro al centro della mano.

Tu sei come l'odore antecedente alla pioggia” non so esattamente perché glielo dissi, era il verso di una vecchia canzone che mi aveva fatto scoprire Louis qualche anno prima di cui nemmeno avevo mai compreso il reale significato, ma in quel momento mi sembrò più che adatta.
Zayn mi sorrise dolcemente, mordicchiandomi una spalla. “Ed è una cosa bella?”
“Certo” non ci pensai su due volte. Era normale fosse una cosa bella, tutto quello che lo riguardava era qualcosa di speciale. “Non saremmo qui altrimenti.”
“Siamo qui per quale motivo?” Sorrisi malizioso, inclinando appena il capo per potermi inebriare ancora del suo sapore. Ero deciso ad agire con calma, in modo che non si svolgesse tutto come in una ruvida scopata, ma quando gemette premendo la sua virilità contro la mia, chiedendo qualcosa di più non riuscii a darmi del contegno e mi calai a lambire il suo collo pulsante, scendendo fino ad arrivare ad un capezzolo duro. Con un gesto gli allargai le gambe, sistemandomici nel mezzo. Lui ricambiò il sorriso e con una spinta scambiò le posizioni, mi ritrovai sotto di lui in un batter di ciglia.
Mi sfiorò la guancia scrutandomi affascinato. “Sei molto bello, te l'ho mai detto?” arrossii inevitabilmente a quelle parole e nascosi il volto nell'incavo della sua spalla timidamente. Lui fece scorrere le dita sulla mia schiena, muovendosi sinuosamente come su una tela da disegnare. Gli sorrisi sornione e prima che potesse scoprirmi lo feci scivolare sotto di me, tornando alla posizione dominante.
“Pure tu sei molto bello” bofonchiai e lui si mise una mano in faccia come a nascondersi, prontamente gliela tolsi, aprendo il suo braccio verso l'esterno, come fosse un'ala, facendo intrecciare le nostre dita. Mi allungai e tracciai una linea dritta lungo tutto l'arto con la lingua, fermandomi sul polso. Lo addentai come fosse un panino e lui scoppiò a ridere lamentandosi. Cercò di sottrarsi alla presa, divincolandosi come un pesce e allora lo lasciai.
Alzò la mano libera e me la posò dietro all'attaccatura dei capelli, con una fievole pressione mi obbligò ad abbassarmi. I nostri occhi sprofondarono gli uni dentro quelli dell'altro e mi parve che le nostre ciglia si sfiorassero, talmente eravamo vicini.

Harry” lo disse come in una preghiera, inarcando la schiena per farmi sentire quanto fosse eccitato. Il cuore si fermò un istante e mi sentii mancare l'aria, mentre un caldo accecante si impossessò del mio basso ventre. Zayn era tutto ciò che desideravo ormai da due settimane, era diventato per me un po' come l'ossigeno per il fuoco. Sentivo il bisogno di averlo accanto in ogni istante, desideravo toccarlo e baciarlo come non mi era mai accaduto con nessuno e seppur lui non provasse amore per me, la convinzione che qualcosa stesse comunque nascendo in lui mi incoraggiava a non bloccarmi.
“Sei sicuro?” Non mi era mai accaduto di dover chiedere addirittura due volte se il ragazzo con cui stavo per fare sesso o l'amore -qualsiasi cosa fosse- ne era davvero certo. In realtà non mi ero mai fatto tanti problemi, nemmeno le prime volte con Dave, e lui era vergine. Con Zayn era stato fin dall'inizio molto differente, mi sentivo sempre in dovere di proteggerlo e prendermi cura di lui, come se non avessi il diritto di fare certe cose, come se per ogni cosa dovessi chiedere il permesso.
“Certo” come a darsi ragione annuì e distese le labbra inarcandole verso l'alto.
Mi sistemai meglio tra le sue gambe e mi piegai un po' per poter lambire le sue labbra rosse. Mi piacevano le sue labbra, sapevano di buono, inspiegabilmente come la prima volta, avevano un po' la stessa influenza su di me dell'acqua per un superstite sperduto in qualche isola deserta.
Allungai un braccio per arrivare al comodino affianco al letto e ne tirai fuori un preservativo. Me lo infilai lentamente, sentendo i suoi occhi caldi puntati addosso e poi rialzando lo sguardo gli sorrisi, puntando le mie iridi verdi nelle sue nocciola. Rimanemmo immobili finché la tensione non mi fece quasi perdere il senno e allora, sempre senza perdere il contatto visivo con lui, poggiai la mia erezione contro la sua apertura. Era bollente ed eccitato, ma non osai muovermi. Mi arcuai su di lui, gravando il mio peso sui gomiti posati sulle lenzuola ai lati del suo volto e presi un profondo respiro sfiorandogli la bocca con la mia. Spinsi appena, per non provocargli dolore, ma a lui non parve bastare perché fece scivolare le mani sul mio fondo schiena e spingendomi in avanti fece in modo di farmi entrare del tutto. Fu una spinta che mi mozzò il fiato, il sangue cominciò a pompare forte, ovunque.

Harry” la sua voce strozzata mi rimbombò nella testa come un tamburo. Il suo volto era contratto, un po' per la passione e un po' per il dolore, gli scostai il ciuffo che gli si era appiccicato sulla fronte e vi poggiai le labbra. Ondeggiai un po' per farlo abituare e poi mi misi a spingere, non resistendo più. Mi mossi dentro li lui come se non ci fosse altro modo, aggrappandomi a quella sensazione appagante come fosse l'ultima, facendolo prima nel modo più calmo e delicato possibile e poi, quando gemette forte cingendomi il bacino con le gambe, aumentando il ritmo. Le sue dita si strinsero sulla mia schiena e mugolai il suo nome quando con veemenza mi graffiò una scapola. Le nostre voci soffocate dalla passione che rimbombavano tra le pareti erano l'unico aggancio che mi teneva legato al mondo e non mi faceva scomparire completamente dentro i suoi occhi lucidi e i suoi gemiti vogliosi. Lui era in grado di risucchiarmi come un buco nero.
Quando sentii il mio corpo irrigidirsi diedi altre due veloci spinte e poi, tremando, tra un bacio e un altro venni esplodendo, seguito subito da lui. Il suo orgasmo sbocciò sul mio ventre, scaldandomi. Mi pulì appena con le lenzuola, appena prima di accasciarmi sul suo petto, stanco morto e decisamente soddisfatto.
“Ho sonno” mormorò. Io chiusi gli occhi, concentrandomi sui battiti sfrenati del suo cuore. Il profumo della sua pelle era ovunque, come sempre, era diventato talmente familiare che riuscivo a riconoscere la sua presenza anche senza vederlo.
“Vuoi dormire?” sussurrai prendendo a disegnare dei ghirigori sul suo petto rovente. Andai a ricalcare con il polpastrello il tatuaggio che aveva sopra al pettorale destro, domandandomi che cosa significasse. “Non voglio dormire” sospirò, infilando le dita tra i ricci ancora lievemente bagnati. “E' dedicato a mio nonno” indicò il tatuaggio sul torace, poi scese più in basso con l'indice e seguendolo mi ritrovai ad ammirare un altro piccolo disegno nero, una lettera in cinese. “Questo è una lunga storia invece” sorrise. Lo avevo visto solo in quel momento perché il giorno della doccia era rimasto coperto dai boxer. Stetti per fargli qualche altra domanda, quando il campanello trillò smorzandomi la voce in gola.
Questa volta ero certo fosse arrivata la cena e così corsi giù coprendomi con i vestiti che avevo mollato sulle scale. Aprii la porta, pagai il fattorino, presi una coca dal frigo e poi ricorsi di sopra con la pizza gigante in una mano e la bottiglia nell'altra. Andai a sedermi sul letto e porsi la pizza a Zayn che quando la vide fece una smorfia.
“Che c'è?”
Sorrise. “Non posso mangiare il maiale, sono pakistano.” Mi era più chiaro quel suo colore ambrato, decisamente affascinante e sensuale.

Tu mangia la parte con le patatine” staccai una fetta con su il prosciutto e la morsicai. Lui annuì e prese a divorare la sua. “E' che non pensavo saresti venuto, ti da fastidio se mangio maiale davanti a te?”
Sgranò gli occhi scoppiando a ridere come se avessi appena detto una delle più divertenti barzellette del mondo. “Mangia tranquillo” bofonchiò tornando improvvisamente serio.
Trangugiammo la pizza velocemente e poi ci coricammo per poter digerire tutto, non solo il cibo, ma anche l'accaduto. Io e Zayn avevamo fatto l'amore, sì, perché non si era trattato di semplice e rude sesso e ora dovevamo farci i conti.
“Harry?” se ne stava poggiato con la testa sul mio braccio, accoccolato addosso a me sotto le coperte, io ci stavo sopra, siccome ero vestito e quindi avevo caldo.
Alzai una palpebra, notando che aveva gli occhi chiusi. “Mh?”
“Buona notte.” Si strinse un po' di più a me, cingendomi la vita con le braccia.
Gli lasciai un bacio nei capelli profumati. “'notte”
Ci addormentammo in quella posizione particolare, l'uno avvolto nel calore dell'altro.

**

La sveglia mi ridestò dal mondo dei sogni alle sei e mezza. Sbadigliai sonoramente, stiracchiandomi, accorgendomi solo in quel momento che Zayn non era più sopra di me, ma piuttosto distante, voltato dall'altra parte coperto fino a sopra gli occhi.
Scivolai fuori dal letto e andai ad abbassare le tende delle finestre, per non fare entrare tutta quella luce accecante. Andai all'armadio e presi la maglietta e i pantaloni che qualche giorno prima mi aveva prestato per non farmi tornare a casa con i miei vestiti bagnati addosso e li poggiai sulla scrivania in legno che faceva angolo. Infine scelsi il mio abbigliamento di quel giorno e silenziosamente andai in bagno. Mi feci una doccia veloce, mi vestii e poi tornai in camera per accertarmi che fosse ancora lì, l'idea che se ne potesse andare pentito e arrabbiato mi straziava il cuore.
“Dove vai?” si era svegliato anche lui, quando si tirò su levandosi le coperte dal volto per poco non mi misi a ridergli in faccia. Aveva un'espressione stravolta e i capelli che di solito erano sempre perfetti andavano a ciuffi in direzioni diametralmente opposte, facendolo sembrare un istrice. Si stropicciò un occhio “torna a letto, dai” e allungò una mano verso di me. Sembrava un bambino di tre anni, non potei fare a meno che sorridere alla scena.

Volevo preparare la colazione” andai da lui, stringendogli le dita. “Tu fatti una doccia e poi vieni giù. Dobbiamo sbrigarci, alle otto iniziano le prime lezioni.”
Lo baciai su una guancia e mollandolo tra le lenzuola me ne andai giù in cucina a cercare qualcosa che potesse andar bene per la colazione. Trovai dei biscotti e riscaldai del latte, riempiendo con esso due tazze piuttosto grandi a forma di Tom e Jerry. A lui diedi il topo e io mi tenni il gatto, i gatti mi erano sempre piaciuti, fin da bambino.
“Buon giorno” fece capolino in cucina con i capelli bagnati e gli occhi socchiusi. La doccia non lo aveva svegliato del tutto.
Sorrisi e inzuppai un biscotto al cacao nella brodaglia bianca. “Noto con piacere che ti sei svegliato bene” lo scherzai.
“Ah. Ah.” si sedette davanti a me, sorseggiando il latte caldo, poi si accorse della forma delle tazze e inarcò un sopracciglio. “Hai tre anni?”
“Sì e quindi?” mordicchiai un biscotto, deliziandomi del sapore dolce.
Scrollò il capo con espressione affranta. “Sono un pedofilo.”
Scoppiamo a ridere contemporaneamente e avremmo anche continuato all'infinito, ma quando gli addominali cominciarono a fare male e i polmoni a scarseggiare d'aria ci calmammo, prendendo profondi respiri.
“Zayn” feci incontrare i nostri sguardi, che se prima erano solo infuocati e curiosi, dopo la notte passata insieme erano anche molto languidi e dolci. “Sono contento.”
Lui annuì serioso. “Anche io.”
“All'inizio è nata come una scommessa sai?” mi sembrava il caso di dirgli la verità ora e non aspettare il momento peggiore. “Louis mi aveva detto che non sarei mai riuscito ad avvicinarmi a te e così ci ho provato. Il giorno in cui ti ho chiesto di uscire, l'ho fatto a causa della scommessa.”
Sorrise posando il mento sulle mani. “E' accaduta la stessa cosa con Niall, mi aveva accusato di essere talmente cinico da non riuscire a farti entrare nella mia vita” sospirò divertito. “E' proprio per questo motivo che ho accettato che tu mi facessi da modello.”
Era assurdo, i nostri due migliori amici avevano fatto incrociare le nostre strade volutamente ed ecco dove eravamo finiti. Dovevo ringraziarli entrambi, non solo quella carotona. A quanto pare il biondino era molto più astuto di quanto non volesse dimostrare.
“Ma non è mai stata una scommessa per me” spinto fino a quel punto, non potevo tirarmi indietro, volevo raccontargli tutto. Posai la tazza sul tavolo bianco, mordendomi un labbro. “Non lo sei mai stato, forse solo i primi dieci minuti, poi tutto ha cominciato a roteare intorno a te spinto da qualcos'altro.”
I suoi occhi si addolcirono, bevve l'ultimo sorso di latte e si alzò venendomi di fianco. “Non lo sei mai stato nemmeno tu, una stupida scommessa” detto questo si chinò scoccandomi un rumoroso bacio sulla tempia.
Il cuore si strinse e poi scoppiò come un petardo dentro al petto. Zayn mi piaceva, molto probabilmente me ne stavo innamorando anche. E se me ne fossi innamorato tutto sarebbe diventato un casino, un vero grande pazzesco casino.


 


**Anticipazioni**
 

Harry è la mia carota” accentuò il tono sul 'mia' e il mento mi cascò letteralmente verso il basso. Stetti per chiedergli che cavolo stava dicendo, ma fortunatamente subito dopo aver aperto bocca sorrise e ci annunciò che scherzava. La risata convulsa di Niall mi riempì nuovamente la testa.
Per un attimo il suo volto sostenuto mi aveva quasi fatto credere che non stesse per niente giocando, avevo l'impressione ci fosse qualcosa di reale in quella frase. “Louis sei un idiota” scrollai il capo afflitto. Il castano fece spallucce, ghignando sotto ai baffi. “Mai quanto te.”




                                                                                                           



  

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Capitolo 9
*** VIII capitolo ***





 

VIII capitolo
 



 

TRALALALA LALA! Sono arrivata u.ù Questo capitolo non è di sicuro uno dei migliori che mi sia mai capitato di scrivere, ma è di passaggio e diciamo che è essenziale per la continuazione della storia, quindi chiedo venia se non vi dovesse piacere come gli altri :D Ringrazio tuutti quanti come sempre! Un bacio, a presto!


Buona lettura

 


 

Lanciai una rapida occhiata all'orologio sulla parete bianca impaziente, mancavano tre minuti, poi sarebbe suonata la campanella e sarei potuto andare nell'aula ristoro a mangiare qualcosa e a subirmi gli interrogatori di Louis. Finalmente il frastuono della campana si disperse per le mura dell'edificio e uscii quasi di corsa, dirigendomi alla mensa.
La carota mi aspettava al nostro solito posto, solo che non era solo, accanto a lui c'era il biondino. Se la ridevano come due pazzi isterici.

Ciao” mormorai, accomodandomi su una sedia davanti ai due, dall'altra parte del tavolo. Loro risposero al saluto in simbiosi, ghignando. Insieme facevano quasi paura.
Ragazzi” la voce di Zayn mi arrivò alle spalle bassa e lievemente tremolante, “ero intenzionato a sedermi altrove, assieme mi fate venire i brividi.”
Tutti scoppiammo a ridere e il moro si mise accanto a me, nell'unico posto libero rimasto. Mi scoccò un breve sguardo e poi si mise a scartare il suo muffin, passandone due a Niall.

Harry mi hai portato la brioche?” Louis allungò una mano verso di me, sapendo già quale sarebbe stata la risposta. Frugai nello zaino e gli passai la brioche alla crema, prendendo poi la mia solita macedonia.
Perché Harry ti porta la merenda?” domandò Niall con il suo accento adorabile.
Io feci spallucce e lasciai la briga di parlare a Louis. “Perché questa brioche l'ha fatta con le sue manine, un anno fa lavorava in una panetteria che si adoperava anche come pasticceria.”
Due paia di occhi, due blu e due nocciola si posarono su di me facendomi sentire un alieno. “Davvero?” Zayn sembrava il più sorpreso. Ultimamente avevamo avuto del tempo per conoscerci meglio, eppure c'erano comunque tante altre cose che non sapevamo l'uno dell'altro.
Io annuii e sorrisi, andando a infilzare una fettina di mela. “Ma non sono poi molto bravo” la azzannai.
“Non è vero è bravo”, Louis sbuffò. “E' sempre troppo modesto.”
Lo fulminai con lo sguardo, mentre Niall ricominciava a spanciarsi dalle risate senza un reale motivo. Non mi era ancora capitato di vedere l'irlandese triste o per lo meno tranquillo.

E quindi voi due” cominciò quella carota castana, improvvisamente seria, trafiggendo me e Zayn con i suoi occhi azzurri. Mi irrigidii. “State insieme?” finì il biondo fissandoci a sua volta.
“No” rispose Zayn, perché io non ne avevo proprio la forza. Volevo solo dare due pugni in testa ad entrambi e tramortirli in modo che la smettessero di comportarsi come due bambini dell'asilo.
Louis annuì serio. “Harry è la mia carota” accentuò il tono sul 'mia' e il mento mi cascò letteralmente verso il basso. Stetti per chiedergli che cavolo stava dicendo, ma fortunatamente subito dopo aver aperto bocca sorrise e ci annunciò che scherzava. La risata convulsa di Niall mi riempì nuovamente la testa.
Per un attimo il suo volto sostenuto mi aveva quasi fatto credere che non stesse per niente giocando, avevo l'impressione ci fosse qualcosa di reale in quella frase. “Louis sei un idiota” scrollai il capo afflitto. Il castano fece spallucce, ghignando sotto ai baffi. “Mai quanto te.”
Feci per ribattere, ma la campanella suonò nuovamente interrompendomi. Niall e Louis si alzarono velocemente e senza nemmeno salutare corsero via. Io e Zayn rimanemmo seduti, completamente in silenzio, guardandoci intorno spaesati.
“Quindi” cominciai, ma non sapendo come finire boccheggiai il resto della frase come un pesce.

Stavo pensando se oggi non ti andrebbe di venire a casa mia a ripassare il copione” lo disse tutto d'un fiato e la cosa mi fece sorridere.
Mi voltai verso di lui e lui fece lo stesso. L'intensità del suo sguardo mi fece traballare per un istante il cuore. “Per me va bene.”
“Alle sette e mezza”, dopodiché si alzò e senza aspettarmi scappò via proprio come avevano appena fatto gli altri due, mollandomi lì come un demente.
Alla fine ero sempre io l'unico babbeo, aveva ragione Louis.


**
 

Boo Bear?” incastrai il cellulare tra la spalla e l'orecchio. Ci fu un attimo di silenzio, poi un botto e qualche mormorio sommesso. “Tutto bene?”
“No, Hazza” sospirò. “Sto cercando la maglietta di superman, ma non la trovo, tu sai dove potrebbe essere?”
Ci pensai qualche secondo, prima di ricordarmi che l'ultima volta che l'avevo vista era sulla mia lavatrice. “E' a casa mia.”
Sbuffò sonoramente. “Dieci minuti e sono lì.”
“No Louis, non sono a casa” grugnì, facendomi percepire tutto il suo disappunto. Lo ignorai. “Si può sapere a che ti serve?”
“Volevo fare una sorpresa a Eleanor.” Non stetti lì a chiedergli che genere di sorpresa fosse, perché ne avevo già una mezza idea. Quella maglietta la utilizzava quando voleva fare lo sbruffone, dandosi delle arie da superuomo. “Ma dove sei a quest'ora?” erano le sette del mattino.
“Da Zayn” speravo non cominciasse a gridarmi nell'orecchio, perché non avevo proprio voglia di starlo a sentire, siccome mi ero appena svegliato, ma Lou era Lou e naturalmente cominciò a urlare che ero diventato una macchina da sesso e cose simili. Gli ripetei più volte di abbassare la voce, ma non la smise. Sospirai e riattaccai. Misi il silenzioso e feci sparire il cellulare tra i cuscini, sapevo avrebbe continuato a chiamarmi solo per farmi un dispetto.
“Chi era?” il moretto si era svegliato e mi guardava con gli occhi grandi mezzi socchiusi.
Gli sorrisi e gli carezzai i capelli scompigliati. “Louis.”
“E' una furia quel ragazzo” sbadigliò stiracchiandosi. “Mi hanno svegliato le sue grida.”
“Mi dispiace” lui fece spallucce in risposta e si tolse la coperta di dosso. Si infilò una maglietta e i pantaloni e si dileguò in cucina. Ricomparì dopo qualche istante con un bicchiere d'acqua mezzo vuoto in mano. “Stavo morendo di sete” si giustificò, tornando a sedersi accanto a me. Allargai le braccia e lui si poggiò con la schiena contro il mio petto nudo. Lo cinsi per bene e poi mi tuffai con la testa nell'incavo del suo collo, lasciandovi un piccolo bacio.
Quella notte non avevamo fatto nulla, semplicemente ci eravamo addormentati sul divano dopo aver provato per due lunghe ore i dialoghi e le mosse del mio corso di teatro e quando ci eravamo svegliati siccome erano le tre di notte ed era molto buio, avevamo deciso di spogliarci e continuare a dormire lì dov'eravamo.

Zayn che cosa significo per te?” Fu un flebile sussurro, ma lui lo sentì. Si voltò verso di me allarmato. Era straordinario il modo in cui stava sempre attento a ciò che facevo o dicevo, mi faceva sentire importante.
Perché questa domanda?”
“So che non mi ami” sospirai, “ma vorrei sapere.”
Scrollò il capo, stringendomi una mano. “Non lo so Harry, so solo che continuo a pensare all'altra sera.”
Annuii, comprendendo bene che quell'argomento era ancora molto delicato. Gli sorrisi e gli baciai una tempia. Lui ruotò con il corpo verso di me, abbracciandomi, come a volersi scusare. Chiusi gli occhi stringendolo a mia volta, abbandonandomi a quel calore che solo lui mi donava e inspirai il suo profumo. Rimanemmo così per un tempo che nemmeno calcolai, finché un rumore come di tosse mi sorprese obbligandomi ad alzare le palpebre.
Davanti a noi, proprio a due passi dal divano c'era Niall con le guance gonfie e un pacchetto di biscotti in mano. Ingoiò e un largo ghigno gli si dipinse sul volto. “Mi dispiace interrompervi, ma non trovo il mio libro di matematica.”

E' in camera mia” gli disse Zayn alzandosi, facendo in modo di non scoprirmi dalla coperta, siccome avevo addosso solo i boxer e il biondino non accennava ad andarsene. “Te ne vai?!”
Niall sbocciò in quella sua risata convulsa e scomparve velocemente in una delle camere.
Conoscendolo meglio mi ero ritrovato ad adorarlo, era un tipo di persona molto simile a Louis, forse appena più contenuto. Se non fosse stato che suonava la chitarra e recitava dall'età di quattro anni, l'avrei preso per un nullafacente mangione sempre pronto a ridere, proprio come sarebbe apparso il mio migliore amico se non avesse posseduto quella splendida voce e il dono di riuscire a fare sempre tutto ciò che voleva, pur avendo tutti gli ostacoli del mondo a contrastarlo.
Mi scostai la trapunta di dosso e misi i piedi a terra, stando sempre seduto sul sofà. Presi la maglietta che se ne stava abbandonata sul pavimento gelido e me la misi. Notando poi un silenzio piuttosto pesante alzai gli occhi, ritrovandomi i suoi nocciola addosso.
“Che hai?” domandai infilandomi i pantaloni.
Il moro si portò dinanzi a me e mi carezzò la testa. Il suo tocco gentile aveva la capacità di farmi piombare il cuore nei pantaloni. “Mi piaci”, sorrise lasciandomi un bacio veloce tra i ricci, prima di andarsene. Dentro di me qualcosa si perse nei suoi occhi allegri, forse la convinzione di non essere ancora innamorato che recentemente si divertiva a prendere a pugni il mio cuore ogni volta che sbandava e finiva fuori dalla retta via. Non che avessi paura di poter provare amore per Zayn, piuttosto mi feriva il fatto di essere l'unico dei due a provare qualcosa di così potente, ritrovandomi spesso in conflitto con me stesso.
“Cos'è?”, mi gridò da un'altra stanza “sei morto?”
Andai da lui, in modo da non essere costretto ad urlare da una parte all'altra della casa e quando lo trovai in bagno chinato intento a lavarsi i denti gli diedi una pacca sul culo. “Sono bastate due notti insieme per farti perdere la testa per me e in una non abbiamo nemmeno fatto qualcosa!”
Alzò la testa di scatto, fissandomi nel riflesso dello specchio, proprio come stavo facendo io. Sputò nel lavabo e si tamponò il volto con una salvietta. “Ci vorrà molto di più” sospirò. “A te è bastato guardarmi negli occhi invece” costatò come se stesse parlando del tipo di formaggio da comprare per la cena.
Incrociai le braccia, lievemente ferito nell'orgoglio. “Non fare il figo.”

Prova a dire che non è vero” mi sfidò voltandosi dalla mia parte, dando la schiena al grosso specchio, poggiandosi al lavabo con le mani.
Abbassai la testa, fissandomi le dita dei piedi. “Non è vero” mi morsi un labbro.
Con due dita mi strinse il mento, costringendomi ad osservarlo. “Bugiardo!”
“Quanto sei scemo!” Gli scansai la mano, ruotando poi su me stesso per imbucare la porta, ma prima di poterlo fare mi fermò, tirandomi l'orlo della maglietta. “Me la sformi!” gli gridai quando un rumore come di strappo mi arrivò alle orecchie.
Non mi mollò. “Tu allora stai fermo”, smise di strattonarmi non appena io smorzai ogni mio tentativo di fuga. La maglietta probabilmente era tre volte più larga del normale.
“Non è giusto” mi lamentai.
“Tu ammetti che ti è bastato uno sguardo e io ti lascio.”
Sbuffai sonoramente, per essere certo che mi udisse. “Non dicevo quello!”
“E che cosa?” mi lasciò una breve carezza su un fianco con la mano libera, per poi abbandonarla lì, incendiandomi l'intero tronco. “Cosa non è giusto?” ripeté quando non accennai ad una risposta.
“Che non hai ancora perso la testa per me.”
La stretta sul mio fianco si affievolì e pure quella sulla t-shirt, pensai di essere libero e quindi di potermene andare e tuffarmi giù da un ponte per dimenticare l'enorme stronzata che avevo appena detto, ma non appena le sue braccia mi cinsero la vita compresi di essere ancora in trappola. Il peso della sua testa mi gravò su una spalla, ma ci diedi poco conto. Il contatto fisico mi piaceva, mi dava alla testa potergli stare vicino, toccarlo e baciarlo quando più ne avevo voglia. Mi dava alla testa lui, la sua sola presenza.
“Mi piaci” soffiò, solleticandomi il collo. “Se non mi piacessi l'altra sera non mi sarei ritrovato sudato e ansante sotto di te” il modo rude con cui proferì quella frase mi fece accelerare il battito cardiaco. Le immagini di due notti prima mi rotearono nel cervello, accendendo uno strano calore nel mio basso ventre.
Sospirai, facendo un passo avanti, in modo da staccarmi da lui quel tanto che bastava per attenuare i miei bollenti spiriti. “Zayn mi fai impazzire” ammisi.
“E' un reato grave?” Attraverso lo specchio notai le sue labbra inarcarsi. “Quanti anni mi daranno?”
“Condanna a morte, direi” mi voltai per dedicargli un breve ghigno e uscii dal bagno lasciandolo solo. Se fossi rimasto con lui anche solo per altri due minuti gli sarei letteralmente saltato addosso e non mi sembrava il caso, dato che Niall si aggirava per casa come un paparazzo in cerca di scoop.


 

**Anticipazioni**

“Mi domando se non ti spezzerai.” Poggiò il dorso della mano sulla mia coscia e io vi poggiai sopra il palmo, le nostre dita si intrecciarono e un sospiro mi si perse in gola. “E se ti ferissi?”
Il suo volto era concentrato sul cielo nuvoloso, come a voler evitare il mio sguardo insistente. “Mi dovresti ferire?”
“Potrebbe accadere.” Ruotò il capo nella mia direzione, incendiandomi dentro con quei suoi occhi tremendamente belli. “Sì, potrebbe” ripeté.
Annuii e strinsi la sua mano, che era ancora arpionata alla mia. “Potrei farlo anche io se è per questo.”
Le sue labbra si distesero, dolcemente. “Certo.”



                                                                                                     

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Capitolo 10
*** IX capitolo ***





IX capitolo





Nyaa! Allora ragazze tutto bene? Spero di sì, io oggi sono stra-contenta perché il mio compagno di banco, nonché mio grande amico, è finalmente tornato dalla Polonia e si è 'nammurado! Aaah, l'amore 8D
Beh, tanto per parlare della storia e tornare a cose più serie, ci tengo a farvi sapere che tutti i miei piani in cui prevedevo di far finire la fan fiction entro il dodicesimo capitolo sono andati in fumo, quindi mi dovrete sopportare ancora per qualche tempo :3
Ultimamente le cose tra Zayn e Harry stanno andando a gonfie vele -lo avete notato- e infatti in questo capitolo saranno ancora lì a piccioncinare come due uccellini in amore. Ricordate comunque che niente è dato al caso e che ogni cosa che accadrà da ora in poi avverrà per una ragione!
Ringrazio tutti come sempre, un grosso bacio!



Buona lettura






Era ormai quasi un mese e qualche settimana, più o meno dal giorno in cui avevo conosciuto il moretto, che c'erano state talmente tante belle giornate che Londra non sembrava nemmeno più la stessa, era strano non sentire la pioggia scivolare sulla pelle, era strano alzare gli occhi al cielo e invece del grigio trovare il blu, ma sinceramente non potevo nemmeno lamentarmi, in fondo era proprio grazie a quelle giornate assolate che avevo colto l'occasione per invitare Zayn ad uscire assieme, una volta mi ero offerto di accompagnarlo ad una mostra d'arte contemporanea che mi aveva rivelato gli interessava molto e un'altra volta ci eravamo semplicemente recati a bere qualcosa da Starbucks dopo la scuola.
Quel giorno seppur il cielo non fosse limpido come ci eravamo abituati a vedere ultimamente, avevamo deciso comunque di andare a fare un giro insieme al parco.
Afferrai il cono gelato che la ragazza paffuta mi stava porgendo da sopra il bancone e me lo portai alle labbra, leccandolo appena. Banana e tè verde, buonissimo.
Mi voltai verso Zayn che stava pagando -avendo perso a 'sasso carta forbici'- e gli feci la linguaccia con la lingua non più rosata, ma verde.
Sgranò gli occhi e scrollò il capo. “Andiamo, bambino dell'asilo” mi prese per un braccio trascinandomi alla panchina appena fuori dalla gelateria.
Ci sedemmo uno di fianco all'altro e ci mettemmo ad assaporare il nostro dolce quasi senza parlare. Col passare delle settimane ero riuscito ad abituarmi al fatto che Zayn fosse un ragazzo di poche parole, cioè l'esatto contrario di Louis, trovandolo addirittura piacevole per questo.
“Fammi assaggiare” gli mormorai, lui inarcò un sopracciglio e quando aprii la bocca cacciando fuori la lingua mi avvicinò il dolce. Gli diedi una breve leccata, ma quando il sapore del pistacchio mi si diffuse nel palato arricciai subito il naso. “Non mi piace” contestai.
Sorrise gentilmente, allungandosi con il collo verso la mia mano. Gli feci provare il mio, che era di gran lunga più buono del suo, e poi aspettai la sua sentenza. “Io preferisco il pistacchio e lo yogurt.”
Scossi il capo per niente d'accordo. “I gusti che hai scelto sono strani.”
“Vogliamo parlare del gusto tè verde?” mi diede una piccola pacca su una spalla, io persi l'equilibrio e mi sfuggì il wafer dalle mani. Cadde a terra e si spiaccicò lasciando una macchia sul marciapiede. La sua risata proruppe non appena con gli occhi grandi come due palloni da calcio lo incenerii. Seppur la scena fosse una delle più comiche, riuscii a trattenermi dal ridere per lanciarmi in un'espressione mezza traumatizzata. “Quel gelato aveva ancora tutta la vita davanti” feci melodrammatico.
“Semmai altri due minuti di vita, prima di finire disgraziatamente nel tuo stomaco.”
“Ma almeno era una morte giusta!” gesticolai. “Loro nascono per questo, per donarsi alle fauci di noi umani golosi!”
“Mi dispiace, mi dispiace” spirò, con ancora qualche sfumatura di risata tra le labbra. “Compratene un altro.”
Gli strizzai l'occhio e mi alzai, fermandolo prima che riuscisse a tirare fuori del tutto il borsellino dalla tasca posteriore dei suoi jeans. “Lo pago io, però se uccidi pure lui ti mangio una mano” era una delle minacce più assurde che mi era mai capitato di fare, ma lui fece finta di crederci e mimò un'espressione tra lo spaventato e il triste.
Tornai alla piccola gelateria ridendomela sotto i baffi e presi un cono uguale a quello che Zayn aveva appena fatto schiantare sull'asfalto, la ragazza non disse niente, ma il modo in cui mi guardava, con quei piccoli occhi marroni sgranati, mi fece percepire pensasse io fossi un pazzo affamato.
Pagai e la salutai gentilmente, uscendo poi rapidamente per non lasciare troppo da solo il mio amico -mi limitavo a chiamarlo in quel modo, siccome amante era esagerato e non potevo chiamarlo compagno o fidanzato perché non stavamo assieme-.
“Hazza?” C'erano solo due persone a chiamarmi in quel modo e siccome la voce che mi aveva appena chiamato non apparteneva a Lou, mi voltai sapendo esattamente chi ritrovarmi davanti.
Sorrisi al ragazzo che mi fronteggiava superandomi in altezza di una spanna. “Dean”, aveva i capelli biondo cenere spettinati e i grandi occhi verde scuro sgranati.
“Che sorpresa!” mi tirò a sé cingendomi le braccia intorno al collo, feci appena in tempo a salvare il mio cono prima che venisse annientato dal suo petto muscoloso. “E' da anni che non ci vediamo” disse poi lasciandomi respirare.
Io annuii e diedi una breve leccatina alla banana, in modo che non mi si sciogliesse completamente sulle dita. “Come ti trovi nella nuova squadra?”
“Mi trovo bene”, fece spallucce. “Louis come sta?”
Sorrisi, scrollando inevitabilmente il capo a sentire quel nome. “Sinceramente sta benissimo, è sempre il solito casinista.”
Sghignazzò e tornò poi subito serio. “Ho sentito che ti sei fatto male al ginocchio durante una partita e che non giochi da un po'” sospirò sfiorandomi una spalla. “Mi dispiace.”
Lui poteva comprendermi, lui lo aveva sempre fatto, non solo perché mi conosceva da quando avevo tre anni, non perché era stato il migliore amico mio e di Louis per un sacco di anni. Non c'entrava nemmeno il fatto che era stato lui a subirsi tutte le mie lacrime il giorno in cui la carota mi rifiutò. Mi poteva capire perché era stato proprio lui ad avermi insegnato a giocare e perché nutriva da sempre la mia stessa passione per il pallone.
Feci un cenno col capo e le labbra mi si curvarono verso l'alto. “Almeno uno dei due ce l'ha fatta.”
“Avrei preferito entrassi anche tu nella squadra e che non mi lasciassi afferrare quella fortuna tutto solo” si strinse nelle spalle ricambiando il sorriso. “Ma Harry Styles è un pazzo.”
Scoppiammo a ridere in simbiosi, finché qualcosa non catturò la mia attenzione. Zayn mi era arrivato affianco e dal modo in cui teneva le braccia incrociate immaginai avesse finito il suo dolce. Si sciolse e posò una mano ambrata sulla mia schiena, porgendo l'altra a Dean.
Gli occhi verdi del biondo si posarono sul moretto interessati. “Dean” gliela strinse sorridendo.
“Zayn” rispose l'altro, voltandosi poi dalla mia parte sorridendo, aspettandosi qualcosa.
Inarcai un sopracciglio e per fortuna Dean prese parola. “Sono un vecchio compagno di squadra di Hazza, ci conosciamo da quando portava ancora il pannolino.”
“Lo dici sempre, potresti limitarti a sottolineare che ci conosciamo da anni" sbuffai. "Che poi il pannolino lo portavi anche tu.” Zayn sembrò divertito dalla scena, perché si mise a ridere forte. “Cosa ridi tu?”
Portò un braccio a cingermi le spalle. “Mi sto immaginando te, ora, con un pannolino addosso” non appena finì la frase, Dean si unì alla sua ilarità.
Ero davvero stupito da quel suo atteggiamento fresco e rilassato. “Fate comunella?”
Annuirono nello stesso momento, poi si guardarono e tornarono a ridere. Grugnii e diedi un pugno a tutti e due, uno sul fianco al moro e uno sul petto al biondo. Si lamentarono e andarono a massaggiarsi laddove li avevo appena colpiti.
“Dean” una mora alta, magra e piuttosto formosa accostò il biondo, poi si voltò verso me e Zayn e fece inarcare le labbra rosse e gonfie all'insù. “Siamo in ritardo” il suo accento era ancora più pazzesco di quello di Niall.
Lui la baciò su una guancia e le disse di andare all'auto e che l'avrebbe raggiunta subito. Non appena la sua ragazza scomparve mi lasciai sfuggire un fischio di approvazione. “Che bomba!”
Dean annuì soddisfatto e mi fece l'occhiolino. “Lo ammetto, in Spagna ci sono delle belle ragazze” mi diede una pacca sulla spalla. “Ma ci sono anche un sacco di bei ragazzoni!”
Ridemmo nuovamente, ma dovemmo ricomporci quasi subito, perché la ragazza suonò il clacson ansiosamente. Prima di andarsene il biondo mi chiese di telefonargli qualche volta e di porgere i suoi saluti a Louis, io gli dissi che l'avrei fatto con piacere e lo abbracciai forte, sapendo bene che non l'avrei rivisto tanto presto come avrei voluto.
“Ti si è sciolto tutto il gelato” mi guardai la mano e mi resi conto che sul wafer non era rimasta che una misera pallina mezza sciolta, mentre il resto era colato tutto sulle mie dita. Sbuffai e mi misi a leccarmi per pulirmi.
“Quindi tu eri stato scelto per andare a giocare in Spagna?” doveva aver ascoltato.
Annuii, troppo occupato a ripulirmi per dargli una risposta adeguata. Lui sorrise e mi porse un fazzolettino. “Perché non ci sei andato?”
“E' una storia lunga” sospirai, andando a buttare il cono nella pattumiera. “C'erano in ballo diverse persone” mi sedetti sulla stessa panchina di prima e quando lui si accomodò accanto a me gli sorrisi.
“Se non vuoi parlarmene non c'è problema” bofonchiò leggermente a disagio.
Con la mano non appiccicosa gli sfiorai una guancia, portandola subito sul ginocchio per non attirare sguardi curiosi. Due uomini che si accarezzano in pubblico sono piuttosto ambigui.
“Diciamo che non volevo lasciare solo Louis, che in quel periodo si era lasciato da poco con la sua ragazza e non potevo mollare così Dave, il mio ex ragazzo, anche perché si lamentava sempre di quanto io fossi poco attento a lui. Mi accusava sempre di amare più il calcio e di sentirsi la ruota di scorta, così ho rifiutato l'offerta e sono rimasto qua in Inghilterra.”
“E Louis veramente non voleva che tu inseguissi il tuo sogno?” la sua voce asciutta era poco più di un sussurro.
Mi scompigliai i capelli nervoso, non mi era mai capitato di ammettere così a gran voce la mia disfatta. “In realtà non glielo dissi, altrimenti mi avrebbe fatto lui stesso le valige e ficcato sull'aereo.”
“Ti sei pentito?”
Mi voltai verso di lui e mi morsi un labbro quando nei suoi occhi lessi l'ombra della mia tristezza. “Sì” tornai a guardare per terra. “Certo, sempre, ogni giorno ci penso.”
“L'ho notato subito” cominciò incerto, “sei una di quelle persone che si preoccupano completamente per gli altri, mettendo da parte sé stesse.”
Non era la prima volta che sentivo quella frase riferita a me, me la ripeteva spesso anche Lou, e ogni volta mi ritrovavo a dissentire. In quel momento però non ce la feci a mentire e rimasi in silenzio.
“Mi domando se non ti spezzerai.” Poggiò il dorso della mano sulla mia coscia e io vi poggiai sopra il palmo, le nostre dita si intrecciarono e un sospiro mi si perse in gola. “E se ti ferissi?”
Il suo volto era concentrato sul cielo nuvoloso, come a voler evitare il mio sguardo insistente. “Mi dovresti ferire?”
“Potrebbe accadere.” Ruotò il capo nella mia direzione, incendiandomi dentro con quei suoi occhi tremendamente belli. “Sì, potrebbe” ripeté.
Annuii e strinsi la sua mano, che era ancora arpionata alla mia. “Potrei farlo anche io se è per questo.”
Le sue labbra si distesero, dolcemente. “Certo.”
“Ultimamente ti sei sciolto, anche prima, con Dean, mi hai quasi spaventato.”
“In realtà quando vi ho visti assieme il modo il cui lo guardavi mi ha fatto venire dei dubbi, quindi sono venuto da voi.”
Un largo ghigno mi travolse il volto. “Il modo in cui lo guardavo?” lo ripetei come un pappagallo.
“Pensavo fosse un tuo ex ragazzo o qualcosa di simile” sbuffò spazientito quando mi lasciai sfuggire un risolino. “Insomma sembravi una tredicenne in piena crisi ormonale Harry!”
“Non sarai mica geloso?!” lo stuzzicai, dandogli una gomitata.  
Mi bruciò con la sola forza degli occhi. “Semplicemente ero curioso!”
“Se fai così mi viene voglia di baciarti” lo dissi scherzando, ma in realtà dentro ero serio. Per qualsiasi cosa, anche solo per un suo sguardo o un suo sorriso, io perdevo la testa, se poi mi ritrovavo il suo viso corrucciato e ingelosito davanti potevo esser certo di star per perdermi completamente.
Rise qualche istante, poi tornò serio e si guardò attorno circospetto. Si tirò su il cappuccio della felpa e accorciò le distanze tra i nostri visi, fermandosi ad un palmo dal mio naso. Avendo compreso benissimo quale fosse il suo piano mi coprii a mia volta col cappuccio della mia giacca e gli sorrisi malizioso.
Lui poggiò una mano sulla mia guancia -quella non stretta alla mia- e poggiò le sue labbra sulle mie impaziente. Il suo sapore mi invase la testa e in poco meno di un secondo mi sentii vuoto come un melone. Fu un bacio breve e molto casto, ma quando si staccò da me non potei fare a meno che sospirare.
“Stasera Niall non c'è” mormorò tornando in una posizione più normale, poggiandosi allo schienale della panchina. “Vieni a farmi compagnia?”
Il cuore inciampò e si perse un battito. “Certo.”
Con un balzo scattò in piedi e strattonandomi con la mano che stava ancora stretta alla mia mi obbligò ad alzarmi. Inevitabilmente gli sbattei contro.
“Allora andiamo!” e così dicendo mi tirò letteralmente sulla via di casa.
Poi ero io la ragazzina arrapata, in piena crisi ormonale.



**Anticipazioni**


“'Cause your the one for me and I'm the one for you. You take the both of us and we're the perfect two. We're the perfect two, we're the perfect two. Baby me and you, we're the perfect two.” Aprii le labbra e mi rimisi a cantare, non perdendo di vista i suoi occhi incandescenti. Gli dedicai ogni parola, mettendoci il cuore, porgendoglielo. Le sue ciglia lunghe calarono sulle iridi nocciola un paio di volte, per poi rimanere abbassate. Ci fu un attimo di silenzio, nel quale Auburn cantò sola, poi una voce si unì a lei. Ma questa volta non era la mia.




                                                                                                                                                       

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Capitolo 11
*** X capitolo ***





X capitolo





Nyaa! Allora, eccomi qui! Non so esattamente cosa dire, se non domandarvi se la storia vi sta realmente piacendo; ultimamente sono piuttosto confusa, quindi, la storia vi piace? La trovate banale o troppo sdolcinata? Mi dispiace che lo scorso capitolo abbia attirato così poche approvazioni xD
Vi suggerisco di ascoltare la canzone di Auburn 'The perfect two' perché è davvero splendida e molto dolce, non ve ne pentirete!
Coomunque, vi anticipo che fra poco -due capitoli, forse nemmeno- accadranno delle cose che sconvolgeranno ogni equilibrio dei ragazzi, di tutti.
Un grazie di cuore a chi mi segue e a chi recensisce. Un bacio, a presto.



Buona lettura






Non appena varcammo la porta del suo appartamento Zayn si catapultò sul divano accendendo lo stereo con il telecomando a distanza.
“Cioè scusa tutta la fretta di venire a casa e poi ti tuffi sul divano e mi molli qui?” bofonchiai con le mani nelle tasche e la schiena appoggiata alla porta.
“Vieni qui, no?” batté una mano sul tessuto bianco del sofà. “E dimmi un numero.”
Mi sedetti accanto a lui, sprofondando nella morbidezza dei cuscini. “Diciotto” il primo numero che mi era venuto in mente.
All'istante partì una canzone che conoscevo fin troppo bene. 'The perfect two' di Auburn. “E' un cd con tante canzoni diverse, lo adoro” mi spiegò.
Io annuii e chiusi gli occhi, concentrandomi sulla chitarra che creava il sottofondo alla voce incantevole della cantante.
“You can be the peanut butter to my jelly, you can be the butterflies I feel in my belly, you can be the captain and I can be your first mate. You can be the chills that I feel on our first date” mi andai a sovrapporre alla voce della ragazza, cantando assieme a lei.
La schiena mi si cosparse di brividi quando il palmo di Zayn si posò sulla mia gota e scivolò giù, fino al ad arrivare collo, dove si soffermò. “Hai una voce bellissima.”
“Grazie” alzai le palpebre e puntai le iridi verdi sul suo volto. Lui mi osservava tutto concentrato.
“Continua.”
“Don't know if I could ever be without you 'cause boy you complete me and in time I know that we'll both see that we're all we need. 'Cause you're the apple to my pie, you're the straw to my berry, you're the smoke to my high and you're the one I wanna marry” sull'ultimo verso mi fermai, ridendo nervoso. 'Tu sei l'unico che voglio sposare' diceva.
Aggrottò le sopracciglia folte. “Perché ti sei fermato?”
“Non mi sento a mio agio a cantare davanti a qualcuno.” Durante tutta la mia vita mi ero deciso a cantare -oltre che davanti alla mia famiglia- solo di fronte al mio insegnante di canto e a Louis, che insieme a me prendeva lezioni. Louis aveva una voce dolcissima e leggera, molte volte da bambini gli avevo chiesto di cantarmi qualcosa per potermi addormentare.
Con le dita mi sfiorò, delineando le linee del mio volto come un modellatore d'argilla. “Hai mai preso lezioni?”
“Ho studiato canto per otto anni, poi mi sono fermato per potermi concentrare sulla scuola e il calcio” ammisi leggermente imbarazzato.
“Mi sbagliavo, l'arte ti interessa.”
Risi qualche istante, per poi tornare serio. “Ti avevo detto che non mi conoscevi abbastanza.”
“E io ti avevo detto che non mi interessava conoscerti.”
Gli afferrai la tasca anteriore della felpa, avvicinandomelo un po'. “Eppure eccoci qui.”
Lui fece spallucce. “Già.”
“'Cause your the one for me and I'm the one for you. You take the both of us and we're the perfect two. We're the perfect two, we're the perfect two. Baby me and you, we're the perfect two.” Aprii le labbra e mi rimisi a cantare, non perdendo di vista i suoi occhi incandescenti. Gli dedicai ogni parola, mettendoci il cuore, porgendoglielo. Le sue ciglia lunghe calarono sulle iridi nocciola un paio di volte, per poi rimanere abbassate. Ci fu un attimo di silenzio, nel quale Auburn cantò sola, poi una voce si unì a lei. Ma questa volta non era la mia.
“'Cause you're the apple to my pie, you're the straw to my berry, you're the smoke to my high and you're the one I wanna marry. 'Cause your the one for me and I'm the one for you.” La voce di Zayn era particolare, calda e gradevole, anche migliore della mia. Mi avvolse come le braccia di una madre amorevole stringono il proprio bambino. Gli sorrisi e mi avvicinai al suo volto serioso, scoccandogli un bacio rapido sul naso.
“Baby me and you”, mormorai. “We're the perfect two.”
Mi tirò per il collo della giacca e fece scontrare le nostre labbra, come in un gesto impaziente, molto probabilmente non aspettava altro dall'intero pomeriggio. Io mi aggrappai alle sue spalle facendo aderire i nostri corpi e le sue gambe si issarono prontamente alle mie. In meno di un secondo si sistemò sopra di me, con le ginocchia strette ai miei fianchi e le braccia a cingermi il collo. Quel contatto così ravvicinato mi fece risalire dai fianchi una miriade di piccoli brividi che si sciolsero sotto le orecchie. Ricambiai il bacio come se fosse ossigeno ed io fuoco, e anche se sentivo ancora il sapore di pistacchio misto a yogurt provenire dal suo palato, questa volta mi sembrò decisamente più gustoso, quasi afrodisiaco.
Con malavoglia mi separai qualche istante da lui, per potergli levare la felpa e la maglietta di dosso, lasciandolo a petto nudo. Mi chinai appena e con la lingua lasciai una scia infuocata su quella pelle ambrata che sognavo ogni notte. Salii dal basso ventre, scivolando sugli addominali e sui pettorali, soffermandomi sul collo profumato. Lui insinuò le dita nei miei capelli, tirandoli appena, facendomi sorridere. Gli mordicchiai un lembo di pelle e lui brontolò qualcosa sommessamente ridacchiando.
“Cosa?” rialzai il capo, incrociando il suo sguardo bollente.
Si stuzzicò un labbro coi denti. “Togliti i vestiti.”
“Non hai detto questo.”
Sbuffò. “Ma se mi hai sentito cosa mi chiedi cosa ho detto?”
“Non ti ho sentito, ma non era di certo quella la frase, l'avrei capita altrimenti” nel parlare andai a togliermi la giacca e la maglietta. “Comunque lo faccio volentieri.”
Sghignazzò e si sbottonò i pantaloni, per poi dedicarsi ai miei. Quando ebbe finito si alzò e se li tolse, i miei occhi corsero subito alla sua evidente erezione e come in un movimento istintivo afferrai l'orlo dei suoi boxer e glieli calai fino alle ginocchia. “Harry?” inclinò leggermente il capo, sorridendo sornione, rimuovendoli poi completamente.
“Aiutami” allungai le gambe, poggiandomi sulle mani per poter alzare il sedere dal divano e lasciai che mi sfilasse i jeans e l'intimo assieme. Ero eccitato quanto lui, se non di più, era chiaro dalle occhiate sagaci che mi lanciava Zayn e dal calore che si era impossessato ormai del mio inguine. Prima di tornare su di me, mi fece sdraiare, buttandomi giù con una manata.
“Cosa hai detto allora?” feci il labbruccio e sbattei le ciglia svariate volte.
Mi diede un pugnetto su una spalla giocosamente. “Non te lo dico.”
“Non funziona la faccia da cane bastonato con te?”
Scrollò le spalle. “A quanto pare no.”
“Che palle” mi lagnai.
“Mi fai perdere la testa” i suoi occhi finirono su un punto indefinito alle mie spalle.
“Cosa c'entra ora?”
“Ho detto questo!” sbottò arrossendo.
Arricciai le labbra contento e feci l'unica cosa che la mia testa da quattro giorni mi stava gridando di fare. Lo attirai verso di me e mi impossessai della sua bocca asciutta, la inumidii con la lingua, per poi entrarvici impaziente di un contatto più acceso. Rispose al bacio immediatamente, esplorando con le dita ogni singola parte del mio corpo, dalle spalle alle cosce. Io dal mio canto, senza pensarci due volte presi a stuzzicargli i capezzoli, sostituendo poi le dita ai denti quando ci fu bisogno di una pausa dal bacio per riprendere fiato.
Era passata quasi una settimana dalla notte in cui avevamo fatto l'amore e anche se da quel momento erano seguiti molti baci, anche poco casti, sembravano non bastarmi mai. Io, ma potevo metterci la mano sul fuoco che anche Zayn si sentiva come me, ero alla costante ricerca di un rapporto più intimo e soddisfacente, in pratica avevo una fottutissima voglia di ripetere l'amplesso e inebriari delle stesse emozioni di quella notte infuocata.
Improvvisamente si allontanò da me, raddrizzando la schiena. Una goccia di sudore gli colò su una tempia e andai ad asciugarla con l'interno del polso, in una carezza. Il suo volto stravolto dal desiderio mi fece sobbalzare il cuore. Fece strusciare il suo bacino contro il mio, una, due, tre volte, finché non mi costrinsi a stringere le labbra per non gemere forte.
“Cambiamo le posizioni” scivolò sotto di me in un batter d'occhio, facendomi prendere la stessa posizione che aveva lui poco prima. Presi un profondo respiro e cominciai la languida discesa, soffermandomi con le labbra sopra al suo membro caldo ed eccitato. Gli lasciai un bacio veloce sulla punta e Zayn si irrigidì puntandosi sui talloni. Lo presi come un 'sì' e aprii le labbra, coprendo la sua virilità quasi completamente. Mi mossi verso l'alto e poi velocemente verso il basso e una sua mano corse tra i miei ricci tremante. Sempre con più rapidità feci su e giù sull'asta, carezzando laddove non riuscivo ad arrivare, mentre la sua eccitazione si faceva sempre più bollente. Quando mugolò ad alta voce inarcando il bacino verso l'alto, mi permisi altri due veloci movimenti e poi lo lasciai libero. Venne qualche istante dopo con un sospiro soddisfatto.
Tornai all'altezza del suo volto, notando che teneva le palpebre serrate e le labbra schiuse, come a cercare più aria. Il suo petto si alzava e si riabbassava sollecitamente. “Tutto bene?” aprì gli occhi e li puntò su di me. Una mano mi sfiorò un braccio, dalla spalla al gomito.
“Certo che sì” rispose con il solito tono basso.
Mi sistemai meglio in mezzo alle sue gambe e sospirai allargando le narici. Lui fece un cenno col capo e con un dito andai a penetrarlo, facendolo gemere. Senza smettere di muovermi nella sua apertura andai ad aggiungere un altro dito, spingendo appena verso l'interno. Inarcai appena una falange e Zayn grugnì approvando. Mi concentrai su quel punto che lo mandava letteralmente in estasi e man mano che i suoi singulti di piacere aumentavano di volume la mia eccitazione si faceva sempre più voluminosa e ardente. Ormai il sangue circolava copioso dalla testa al basso ventre freneticamente.
“Zayn” comprese e divaricò maggiormente le gambe. Con una mano tastai il pavimento in cerca dei miei pantaloni e quando li trovai presi dalla tasca il borsellino, tirandone fuori un preservativo. Senza pensarci due volte me lo infilai e sostituii le dita al mio membro, entrando dentro di lui con una sola spinta, non riuscendo a fare diversamente. Stavo realmente per venire solo per averlo guardato e sentito compiacersi delle mie premure. Con movimenti lenti del bacino andai in cerca di quel punto che tanto lo faceva impazzire e quando lo trovai spinsi sempre di più, affondando con grandi e rapide spinte in quel corpo caldo e dannatamente bello. Le sue labbra che mi lambivano avare il collo e le labbra, e quelle mani grandi che studiavano il mio corpo come un cieco si ritrova a dover comprendere un nuovo oggetto mi stavano facendo perdere la testa. E così, dopo qualche altro istante di godimento assoluto, arrivammo all'orgasmo, esplodendo quasi in contemporanea.
Mi lasciai andare, abbandonando la testa sul suo petto ansante e sudato.
“Credo di amarti” sussurrai, sperando realmente che la mia voce non fosse tanto bassa da non farsi udire.
Il suo cuore accelerò la corsa inciampando qua e là, ma nessun suono uscì dalla sua bocca, se non un basso sospiro strozzato. Trattenni il respiro chiudendo gli occhi, desiderando ardentemente non si accorgesse della mia profonda delusione. Io lo amavo, lo amavo tanto quanto si può amare la pioggia autunnale che scorre lentamente sulla pelle, come si può amare un tramonto rosa aldilà delle colline. Senza rendermene conto Zayn era diventato il mio miglior sogno, il mio miglior giorno.
Mi puntellai sui gomiti, per potermi alzare quel tanto che bastava per osservarlo in viso. Il suo volto era una maschera indecifrabile. Inclinai il capo e gli sorrisi. “Ho fame.”
“Hai rovinato il momento!” Mi spintonò, facendomi rotolare giù dal divano. Tra le risa lo afferrai per un polpaccio e lo strattonai, facendolo cascare sul pavimento accanto a me.
Mi arrampicai su di lui, bloccandogli i polsi e le gambe. “Non è colpa mia se ho fame!”  
Lui si dimenò, ma io ero più massiccio, così si arrese, rimanendo sotto di me immobile, come un topo che aspetta la fine. “Che ore sono?”
“Saranno le sette” risposi, lasciandogli un bacio sul tatuaggio più alto.
“Cosa vuoi mangiare?”
“In questo momento vorrei tanto essere un cannibale” così dicendo mi fiondai su di lui mordendogli un fianco asciutto.
Si agitò ridacchiando. “Bandiera bianca!” gridò.
“Seriamente, credo di amarti” ripetei, questa volta guardandolo negli occhi intensamente, sperando che si rendesse conto di cosa realmente stavo cercando di dirgli. Zayn prese le sembianze di una statua in marmo, immobile e fredda e mi venne un colpo. Solo quando dopo qualche istante le sue labbra si distesero e le iridi nocciola si accesero, divenendo luminose come due piccoli soli, mi rilassai a mia volta. Non riuscii a capire esattamente che cosa pensasse, ma qualcosa nel suo sguardo mi fece perdere la stabilità e afferrando l'opportunità, con uno scatto, si liberò dalla mia presa, rotolando su un fianco. “Andiamo a mangiare” lo disse serenamente, alzandosi in piedi raccogliendo i propri indumenti sparsi in giro.
Decisi di non insistere e mi issai a mia volta, recuperando i miei vestiti. “Ho voglia di pasta” così dicendo lo seguii in cucina, dove lui si era già posizionato davanti ai fornelli con un pacco di penne in mano e i soli boxer addosso.
 


**Anticipazioni**


Sospirò e si spinse verso di me, accorciando ogni distanza. Ero già pronto a scattare e arrampicarmi sulla mobilia se solo avesse provato nuovamente a baciarmi. “Scusa” sussurrò invece, sfiorandomi semplicemente con le dita una spalla.

**

Fece spallucce, grattandosi una tempia. “Sai il nome del parente?”
Sbuffai, non mi aveva risposto, stava solo divagando. “No.”
“Liam” sospirò. “Si chiama Liam” mi sembrò stesse per aggiungere dell'altro, ma non appena la porta si aprì e il moretto fece la sua apparizione, la voce gli morì in gola e parve volersi quasi mordere la lingua dalla rapidità con cui serrò le labbra.



                                                                                                       

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Capitolo 12
*** XI capitolo ***





XI capitolo





Ciao a tutti! Esattamente non so che dire, non voglio anticipare nulla, quindi mi limiterò a ringraziarvi tutti! Grazie a chi recensisce e chi mi segue :D Un bacio, a presto.



Buona lettura





Quella domenica mattina mi svegliai presto, a causa del lungo suono del campanello.
“Mamma vai ad aprire!” gridai coprendomi la testa con il cuscino per attutire quel dannato trillo fastidioso. Aspettai qualche istante, ma non mi rispose nessuno, il campanello intanto continuava imperterrito a stordirmi. “Cazzo” scesi dal letto, infilandomi dei pantaloni della tuta grigi e corsi giù deciso a sputare nell'occhio a chiunque mi ritrovassi davanti, una volta aperta la porta.
“Dio mio, sono qui!” aprii la porta con uno scatto, ma non appena la figura minuta del mio migliore amico mi si stagliò davanti tutti i buoni propositi di vendicarmi per quel risveglio brusco si librarono nell'aria fresca di Londra scomparendo tra i nuvoloni grigi.
“Hazza” Louis in stato pietoso, mi fissava con un'espressione indecifrabile in volto.
Mi scansai dall'entrata, facendogli spazio. “Entra”, mi sorpassò, ma si fermò a soli due passi dalla porta.
Io chiusi la porta e aspettai mi accennasse qualcosa, ma lui rimase stranamente in silenzio, voltato di spalle.
Gli posai una mano sulla spalla. “Stai bene?” mi stava facendo seriamente preoccupare.
“No” sputò ruotando per guardarmi dritto negli occhi, ghiacciandomi con le iridi azzurre. “No che non sto bene! Ti pare?!”
Sgranai gli occhi, non l'avevo mai visto tanto agitato in vita mia, nemmeno dopo che Hannah lo aveva lasciato si era comportato in quel modo. “Hai intenzione di parlarmene civilmente oppure griderai cose a caso ancora per molto?”
Sbuffò e incrociò le braccia. “Ho dimenticato il nostro anniversario.”
“Ne avevamo uno?”
Mi incenerì. “Sei deficiente o cosa?”
“Cosa” ghignai e lui mi diede uno schiaffetto sulla guancia, come era solito fare. “Tuo e di Eleanor?” chiesi tornando serio, comprendendo che scherzare in quel momento era l'ultima delle cose da fare.
Louis annuì e si sfiorò i capelli castani, sospirando. “Si è arrabbiata molto e mi ha detto che è stanca di essere trattata in questo modo” stetti per chiedere 'quale modo?', ma lui fu più veloce di me. “Ma poi quale modo?!” fece rimbalzare le braccia dai fianchi al cielo. “La tratto come” si interruppe aggrottando le sopracciglia in cerca di un vocabolo adatto.
“Una principessa” finii la frase per lui, sorridendogli.
“Appunto.” Spostò il peso da un piede all'altro. “Io proprio non capisco che cosa voglia di più.”
Feci spallucce. “Le donne vogliono sempre troppo. Anche quello che non puoi loro lo pretendono.”
“Non fare il filosofo donnaiolo, che sei pure gay” sputò acido.
Sbuffai e mi diressi al divano come uno zombie, un risveglio come quello proprio non ci voleva. “Senti, Principe dei miei stivali vieni a sederti!” gli urlai dal salotto.
Dopo qualche istante la carota apparve e mi si sedette accanto, abbandonandosi come un invertebrato sui cuscini. “Cosa posso fare? Non me ne ero mai dimenticato prima.”
“State insieme da sei mesi giusto?” annuì, fissando il soffitto. “Allora comprale dei fiori, portale dei cioccolatini, non lo so cantale una canzone, ma fai qualcosa e scusati!”
“Con te è diverso” mugugnò con tono basso.
Gli carezzai un braccio. “Certo, sono un uomo e sono il tuo migliore amico.”
“No, Hazza” arricciò le labbra sottili in un sorriso. “Tu mi capisci al volo e non mi tieni mai il muso per più di due ore, se ho bisogno ci sei sempre e comprendi i miei vuoti di memoria senza prendertela. E' tredici anni che mi conosci e ancora mi vuoi bene.”
Annuii. “Ripeto: perché sono il tuo migliore amico, è normale.”
Scrollò il capo. “No!” mi spettinò i capelli con una mano, colto da uno dei suoi soliti momenti. “Dico davvero, con te è diverso tutto.”
Stetti per chiedergli che cosa intendeva realmente, perché proprio non riuscivo a comprenderlo, ma quando i suoi occhi corsero ai miei e si accesero come solo quella volta dopo il bacio avevano fatto, mi sentii improvvisamente vuoto. Il mento quasi mi cadde a terra e la sua risata riempì il silenzio.
“E' strano, ma anche se solitamente ti capisco al volo ora proprio non riesco ad afferrare ciò che vuoi dire” feci il finto tonto, sperando che il lieve rossore che mi era salito alle guance non aumentasse.
Si acquietò, respirando regolarmente. “E' perché c'è qualcosa di me che ancora non conosci.”
“Impossibile” bofonchiai. “Ti conosco come le mie tasche.”
Inarcò un sopracciglio. “Tu credi?” e avrei giurato che se solo la suoneria del suo cellulare non avesse preso a cantilenare all'improvviso, il suo volto si sarebbe pericolosamente avvicinato al mio, fino a far sfiorare le punte dei nostri nasi. E non solo quelle.
“Scusa” si alzò con un balzo. “E' lei” mi sussurrò con una mano schiacciata sul ricevitore, scomparendo poi in cucina.
Sospirai, posandomi un palmo sul petto, all'altezza del cuore che stava battendo all'impazzata. Inspira ed espira, mi dissi mentalmente. Louis, il mio Louis aveva davvero cercato di baciarmi? Che diavolo gli stava succedendo ultimamente? Scattai in piedi e mi ravvivai il ciuffo nervosamente, camminando da una parte all'altra del salotto in cerca di una risposta sensata, che non accennò ad arrivare nemmeno dopo dieci minuti di giri a vuoto.
“Eccomi!” trillò con un sorriso a trentacinque denti stampato in faccia, sbucando fuori da chissà dove.
Mi poggiai al mobile in legno antico del salotto con i gomiti, inspirando forte. “Cos'era quello di prima?”
Un lieve cenno di terrore passò in quegli occhi azzurri, ma fu così rapido che non mi fu chiaro se fosse solo segno della mia paranoia o fosse apparso davvero. “Quello cosa?”
Espirai. “Quello!” Se aveva deciso di prendermi per il culo lo stava facendo nel modo sbagliato. Scrollò le spalle e istintivamente avanzai di un passo verso di lui, abbandonando la superficie legnosa.
Si irrigidì visibilmente e indietreggiò, sbattendo contro il tavolino in vetro. “Ah quello” borbottò toccandosi distrattamente un gomito.
“Già, quello” ripetei, sempre meno convinto di dove realmente volessi andare a parare. Era in difficoltà, perché lo stavo mettendo alle strette?
Si mordicchiò un labbro, con lo sguardo fisso sul pavimento lucido. “Sinceramente?” Inarcai un sopracciglio in risposta. “Non lo so nemmeno io” continuò.
“Mi stai spaventando” ammisi, infossando le mani nelle tasche della tuta, senza aver nemmeno più la forza di osservarlo. “Sei strano, sai?”
Sospirò e si spinse verso di me, accorciando ogni distanza. Ero già pronto a scattare e arrampicarmi sulla mobilia se solo avesse provato nuovamente a baciarmi. “Scusa” sussurrò invece, sfiorandomi semplicemente con le dita una spalla.
Puntai le iridi verdi nelle sue celesti e quando mi ritrovai a combattere contro un mare di emozioni contrastanti che Louis chissà da quanto tempo stava cercando di schiacciare sul fondo mi sentii un perfetto idiota. Lui era il mio migliore amico, il mio primo amore, per quale motivo tutto ciò mi stava spaventando in quel modo? Di cosa avevo realmente paura?
“Che ti succede Louis?” Con un braccio gli cinsi il collo, facendo scontrare i nostri petti. Le sue mani si arpionarono al tessuto leggero della mia maglietta, stringendola forte. Inspirai qualche istante il suo profumo, beandomi del suo calore famigliare, proprio come faceva sempre lui.
“Sono molto confuso” tagliò corto, sprofondando con la testa nell'incavo del mio collo.
“Cosa ti ha detto Eleanor?” domandai posando un palmo su una sua guancia bollente.
Si staccò da me, lasciando come unico contatto le sue mani sui miei fianchi. “Che mi perdona e che ha esagerato.”
“Bene” il suo volto non dava il minimo segno di allegria. “No?”
Fece scivolare le braccia lungo il corpo, come fossero diventate improvvisamente troppo pesanti. “Certo”, sorrise, di un sorriso talmente falso che mi salii quasi la nausea. “Ora è meglio che vada da lei, mi sta aspettando da Starbucks.”
Seppur la voglia di abbracciarlo forte fosse tanta, mi trattenni perché avevo imparato a mie spese come ci si sentisse ad essere stretti da qualcuno che schiva il tuo amore e in cambio ti regala semplice amicizia. E' come ricevere uno dei dolci più buoni del mondo e non avere le papille gustative funzionanti.
“Harry?” mi chiamò prima di uscire. “Dimentica tutto.” Dopodiché se ne andò, facendo cigolare la porta nel richiuderla.

**

Alle quattro decisi di mandare un messaggio a Zayn per chiedergli se gli andasse di incontrarci, avevo un'assurda voglia di vederlo e toccarlo - ogni minuto passato lontano da lui era come un'ora senza ricevere la quantità giusta d'ossigeno. La risposta mi arrivò neanche dopo due minuti: “Lo sai che la domenica pomeriggio devo andare via. Non capisco come faccia Niall a dire che hai una buona memoria, bah.”
“E a che ora torni a casa? D:” cliccai invio e attesi trepidante.
Il cellulare vibrò e aprii subito la cartella degli sms ricevuti. “Alle sette, vieni pure da me ;)”
“Va bene, assassino! A dopo.” avevo iniziato a chiamarlo in quel modo da quando aveva fatto spiaccicare il mio gelato sull'asfalto qualche giorno prima.
Sbuffai e posai le labbra sulle braccia, che stavano incrociate sul tavolo. “Cosa diavolo faccio io fino alle sette?” bofonchiai con la voce ridotta ad un sussurro, a causa della vicinanza con la pelle del mio avambraccio. Mi mordicchiai in cerca di una qualsiasi idea. Se solo mi fossi messo a pensare la mente sarebbe corsa a quella mattina e all'accaduto con Louis, e proprio non mi andava di meditarci su.
All'improvviso una lucina mi si accese in fondo al cervello. Feci stridere le gambe della sedia sulle piastrelle e mi alzai in piedi, raccogliendo il copione dell'opera teatrale da terra. Ormai ero diventato sempre più bravo sia a recitare che a memorizzare i dialoghi, mi sarei potuto anche rilassare qualche istante, senza provare tutti i santi giorni come uno stacanovista, eppure la voglia di inscenare quel personaggio al meglio mi dava talmente tanto alla testa che mi ritrovavo a passare gran parte del mio tempo con una miriade di fogli in mano e ad avere la voce stanca alla sera. Sfogliai le pagine assente, senza realmente vederle, finché sul fondo di una facciata non intravidi un piccolo cuore schizzato con una matita dalla mina pesante. Subito il volto del moretto si intrufolò nella mia mente, mandandomi una fitta al centro del petto.
“E così mi disegni dei cuoricini?” pensai, sorridendo malizioso, mettendomi a leggere le righe antecedenti a quel piccolo bozzetto.
“Non mi interessa l'amore che non siete disposto a darmi, non mi interessa scavare a fondo e rimanere poi con le mani a brandelli. Non mi interessa sgusciare tra le vostre dita, non mi interessa provare a seguirvi e ritrovarmi poi da solo in un vicolo cieco. Non mi interessa l'amore che continuo a regalarvi. Non mi interessa l'amore che non riesco a frenare. Non mi interessate voi o il vostro stupido sorriso. Né i vostri occhi, tanto meno il vostro profumo. Ho deciso di finirla, perché non mi interessate. O almeno provo a crederci.” A quella parte io e Zayn non eravamo ancora arrivati, per questo non la conoscevo e rimasi sorpreso dalla tristezza di quelle parole. Non mi ero impegnato a leggere tutto il copione, andavo avanti a pezzettini, memorizzando un po' per volta, altrimenti mi sarei soltanto reso la vita più difficile, così non sapevo esattamente nemmeno cosa realmente accadesse ai due amanti una volta iniziata davvero la guerra. In pratica conoscevo i fatti come se mi fossero stati raccontati, mentre una sola parte della storia la conoscevo come mia.
“Fabrizio, siete forse impazzito?” nel dialogo Orlando rispondeva all'amante con una nota preoccupata, immaginai Zayn dinanzi a me con le labbra increspate da una falsa smorfia.  
Scrollai il capo, facendo ondeggiare i ricci scomposti. “Sono stanco di dovermi nascondere dietro ad una spada, Orlando io vi amo e voi lo avete fatto tempo addietro, ma sembra non ve lo ricordiate neppure” digrignai i denti, serrando la mascella. “Mi si dilania il cuore al sol pensiero che le mani di Marta vi abbiano sfiorato ogni notte e che lo faranno nuovamente, voi eravate mio ed io ero vostro, come era giusto che fosse.”
A questo punto il moro avrebbe dovuto ribattere: “Fabrizio, non è normale ciò che state dicendo. Siamo due uomini, comprendete la gravità della cosa? Quale disgrazia del cielo dovrebbe spingerci a pensare di amarci in un modo così osceno?”
Allargai le dita di una mano, facendo finta che da esse scivolasse l'elsa di una spada. Mi sembrò di udire il rumore dell'acciaio scontrarsi contro il terreno fangoso e umidiccio. Avanzai di un passo, fissando il vuoto che in realtà sarebbe dovuto essere riempito dalla sagoma slanciata e perfetta di Orlando. “Vorrei la battaglia non avesse cancellato il mio ricordo, vorrei potervi dire quanto vi amo senza avere paura del rifiuto o della vergogna.” Mi sarei dovuto perdere nei suoi occhi scuri e profondi, ma non accadde. “Vorrei foste capace di mettere da parte il vostro orgoglio e ammettere che mi amate, ma non posso pretendere nulla. Siamo cavalieri di due fazioni opposte oramai.”
Sbuffai, accartocciando i fogli che ancora tenevo stretti in mano. Senza Zayn non c'era gusto. Poi, a quel punto, seguendo il copione, avrei dovuto anche baciarlo. Alzai gli occhi al cielo e lanciai le pagine lontano, rimbalzarono sul divano finendo a terra, ma non me ne preoccupai. Erano più le volte che dovevo raccoglierle di quelle in cui mi rimanevano salde tra le mani.
Per il resto del pomeriggio non feci niente, se non guardare la televisione e fissare continuamente l'orologio, aspettando che le lancette segnassero le sette meno un quarto.

**

Suonai al campanello di casa sua tre volte, poi qualcuno mi venne ad aprire, ma non era di certo Zayn. Zayn non era biondo, tanto meno aveva gli occhi blu e un largo sorriso sempre appiccicato al volto. Niall, con quei suoi due grandi pozzi splendenti allegri mi aprì la porta e mi lasciò entrare, salutandomi calorosamente.
“Come stai?” gli chiesi gentilmente, accomodandomi sul divano.
Le labbra del biondino si inarcarono verso l'alto. “Bene” se ne stava in piedi con le mani nelle tasche dei jeans color cachi a studiarmi curioso. “Zayn è ancora all'ospedale.”
“Lo so, mi aveva detto sarebbe tornato per le sette” cercai con lo sguardo l'orologio rotondo, segnava le sette e quattro minuti. Quando tornai con gli occhi sull'irlandese, lo trovai intento a fissarmi ancora più insistentemente di qualche attimo prima.
“Cosa sai?” fece scivolare le mani fuori dai taschini e incrociò le braccia, poggiando la schiena al muro.
Inarcai un sopracciglio, non capendolo fino in fondo. “So che ogni domenica va all'ospedale a trovare un parente.”
Le sue spalle si rilassarono. “Oh” bofonchiò soltanto.
“Oh, cosa?” mi stava facendo innervosire con quel suo comportamento stravagante.
Fece spallucce, grattandosi una tempia. “Sai il nome del parente?”
Sbuffai, non mi aveva risposto, stava solo divagando. “No.”
“Liam” sospirò. “Si chiama Liam” mi sembrò stesse per aggiungere dell'altro, ma non appena la porta si aprì e il moretto fece la sua apparizione, la voce gli morì in gola e parve volersi quasi mordere la lingua dalla rapidità con cui serrò le labbra.
“Harry” la voce di Zayn era più alta del solito e mi parve strano. “Sei già arrivato!”
Nel momento in cui i miei occhi incontrarono i suoi mi resi conto che sprizzavano gioia da tutte le parti. Era davvero felice di vedermi o il motivo della sua felicità era che quel suo parente stava forse migliorando?
“Già” arricciai le labbra in un vago accenno di un sorriso, ma il fatto che Niall si fosse rintanato in una qualche area della casa lontano dai miei sguardi curiosi mi stava comunque facendo impazzire. “Per fortuna sei qua” andai da lui e gli cinsi il bacino con le braccia, assaporando a pieni polmoni il suo profumo. Posai una guancia sul suo orecchio, lasciandomi andare. Il suo respiro caldo mi solleticava dolcemente, donandomi la quiete.
“Tutto bene?” infilò le dita tra i miei ricci, tastandone la morbidezza. Scese con le dita fin sotto l'orlo del collo rotondo della maglietta, scorrendo avanti e indietro come una barca scossa dalle onde e una miriade di brividi mi rotolarono sulla schiena, finendomi sulle natiche.
“Mh” sfregai il naso sul suo collo, facendolo sorridere sulla mia guancia, appena prima che vi lasciasse un bacio. “Ora che sei qui sì.”
Mi strinse più forte, facendo scontrare i nostri bacini. Un basso mugolio mi salì dalla gola e nello stesso istante Zayn portò le mani ai lati del mio viso, appropriandosi delle mie labbra secche, facendomi quasi sentire il cuore scappare fuori dal petto, talmente sbatteva veloce contro la cassa toracica. “Niall vai a farti un giro!” gridò il moretto, sorridendo poi quando gli strinsi un lembo di pelle del collo tra i denti.
Saremmo finiti di nuovo ad ansimare compiaciuti da noi stessi, affogando nell'intensità dei nostri baci e delle nostre carezze. E non mi dispiaceva affatto, anzi. Tutto quello che potevo fare in quel periodo era proprio donarmi completamente a Zayn, in modo che comprendesse quanto in realtà lo amassi. Volevo lasciare un segno, invisibile, su quel corpo ambrato, volevo non mi dimenticasse, qualsiasi cosa accadesse. Non volevo finire come il povero Fabrizio.



**Anticipazioni**


Lo guardai negli occhi, perdendomi all'istante in quelle due grandi nocciole. "Liam?" le pupille gli si dilatarono, mangiando quasi tutta la parte colorata, come se il solo sentire quel nome lo facesse impazzire.
"Sì", contrasse la mascella e mi lasciò, poggiando le mani sulle ginocchia, stringendole a pugno.
Qualcosa, da qualche parte nel petto, mi lanciò una scossa lungo tutto il corpo. "Non è davvero un tuo parente" non era una domanda, ma una semplice constatazione. 
Zayn si voltò dalla parte opposta al mio volto e sospirò forte. "Non lo è."




                                                                                                                     

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Capitolo 13
*** XII capitolo ***




XII capitolo





Ehy! Eccomi qui, un po' più tardi del solito, ma ho avuto diversi impegni oggi, scusate :D
Allora, anche questa volta non so che dirvi, se non che le cose cominciano seriamente a complicarsi.
Ah, dimenticavo! Fra qualche capitolo potrete finalmente leggere dal punto di vista del nostro caro Malik e spero tanto di non deludervi :'D
Grazie come sempre a tutti <3 Un bacio, a presto.



Buona lettura





“Quando hai detto che torna?” mi voltai verso il biondino che stava sistemando tutto concentrato uno degli ultimi palloncini rossi legandolo ad un quadro.
Fece spallucce. “Non so quanto vuoi che ci metta a finire il cartellone per il teatro?”
Sbuffai e gli passai un pasticcino, lo aveva adocchiato dal primo istante in cui lo avevo tirato fuori dalla scatola, e siccome mi aveva dato una mano a sistemare tutto glielo dovevo, insomma almeno uno potevo sacrificarlo. Niall mi sorrise e con un solo unico e grande boccone lo fece sparire, sporcandosi ovunque con la crema pasticcera.
Masticava come un criceto, con le guance gonfie e gli occhi blu sgranati. “Buono, l'hai fatto tu?” bofonchiò dopo aver ingoiato il tutto.
Io annuii e girai attorno al divano, osservando per bene l'intera stanza per assicurarmi che tutto fosse come lo avevo immaginato fin dall'inizio. Avevamo trasformato in solo due ore il loro -di Zayn e Niall- salotto in una di quelle stanze smielate che i locali addobbano solitamente per la festa San Valentino. Feci scorrere le iridi smeraldo dai muri, da cui spiccavano sì e no venti palloncini rossi e bianchi che ondeggiavano nell'aria sinuosamente, al tappeto tramutato in una specie di coperta da picnik, al grosso cuscino a forma di cuore abbandonato sul divano. Mi venne da ridere all'immagine del viso di Zayn traumatizzato e spaesato che mi si parò dinanzi, ma mi trattenni.
“Direi che è venuto bene” cominciò l'irlandese, prendendo la sua giacca dall'attaccapanni, andando verso la porta. “Io ti devo lasciare, non penso che Zayn tarderà ancora molto” dopodiché se ne andò senza nemmeno darmi la possibilità di ribattere, lasciandomi completamente solo nel suo appartamento.
Sospirai e andai al divano, lasciandomi andare a peso morto sui cuscini, abbracciando quello a forma di cuore, dopo qualche istante di riposo la porta si aprì e apparve il moretto, tutto sorridente. Quando si guardò attorno però le labbra rosse presero la forma di una 'O' perfetta e le sopracciglia si inarcarono verso l'alto.
“Cosa diavolo è successo qui?” allungò un braccio e sfiorò un palloncino, facendolo dondolare come un pendolo.
Ridacchiai alzandomi, raggiungendolo. “Oggi è esattamente due mesi che ci conosciamo” gli sfiorai una guancia calda.  
“Tu sei fuori!” inclinò la testa per potermi scoccare un veloce bacio sulle labbra e io gli cinsi la vita con le braccia portandomelo più vicino, facendo in modo che i nostri petti si toccassero. Con una mano andai dietro la sua nuca e gli carezzai i capelli corti, strofinando il naso sul suo collo profumato. “Non ti piace?”
“Mi piace” annunciò tornando con la bocca sulla mia, sfiorandomi con la lingua dolcemente, prima di approfondire il contatto. Le gambe mi si fecero molli e mi dovetti aggrappare a lui per non traballare a terra come un budino. “Nessuno ha mai fatto una cosa” cercò la parola concentrato “così dolce”, finì con un risolino.
“Sei felice?” domandai prendendolo per mano, trascinandolo al centro della stanza, sedendomi poi per terra, su un angolo della coperta rossa adoperata come tovaglia. Lui annuì e mi imitò, accomodandosi accanto a me. “Li hai fatti tu?” indicò meravigliato le paste posate sui piattini bianchi in plastica.
“Sì” ne afferrai una al cioccolato con glassa alla ciliegia e gliela passai. “Mangiala.”
La annusò e sorrise. “Adoro il cioccolato”, se la infilò in bocca esattamente nello stesso modo in cui Niall poco tempo prima aveva trangugiato la sua, senza però sbrodolarsi come un bambino di due anni e mezzo, e sorrise sornione.
Io ne mangiai una alla frutta, orgoglioso del mio buon lavoro svolto. “Buono?” lui annuì e si leccò le labbra soddisfatto.
Allungò una mano e si appropriò di un altro pasticcino. “Com'è questo?”
“Panna montata, fragola e mandorla” gli si illuminarono gli occhi e assaporò anche quest'altro dolce ingoiandolo velocemente.
Ne mangiò altri due, uno alla crema pasticcera e un altro ripieno di liquore, prima di decidere di darsi del contegno. “Sei bravissimo” nel dirlo mi posò le labbra su una guancia e subito un intenso odore zuccheroso e forte mi salì alle narici. Incorniciai il suo volto con le mie mani e lo attirai a me, baciandolo. Il sapore che mi ritrovai a respirare era talmente invitante e paradisiaco che la testa si mise improvvisamente a girare velocemente. Succhiai dalla sua bocca quel sapore stucchevole, inebriandomi di lui. Con le dita ridisegnai i contorni del suo petto da sotto la maglietta, mentre lui si limitò a infilarle tra i miei capelli. Scesi poi più giù e gli sbottonai i jeans, allargandoli quel tanto che bastava per infilarvici dentro una mano, facendola finire sul tessuto liscio dei suoi boxer blu scuro. Mugugnò senza contegno, spingendo il bacino verso il mio palmo aperto.
“Zayn?” mi staccai da lui quel tanto che bastava per potergli rivolgere la parola osservandolo.
Grugnì per quel fulmineo distaccamento e come a volermi punire si mise a carezzarmi le gambe, dal ginocchio all'attaccatura della coscia, rimanendo sempre distante però dalla zona sensibile.
“Domenica a che ora tornerai dall'ospedale?” mancavano tre giorni a quel fine settimana e io avevo intenzione di portarlo fuori a cena.
Smise di toccarmi, rimanendo con i palmi accanto all'inguine di proposito, e aggrottò le sopracciglia pensoso. “Per le sette, credo.”
“Bene, allora per le otto e un quarto sarai pronto?” sorrisi e gli morsicai un lembo di pelle del collo, lui si inarcò per sfuggire alla presa.  
“Boh” mi spinse via giocosamente, facendomi finire con la mano che prima stava sul suo sesso bollente, su un pasticcino. “Perché?”
Brontolai e con la lingua mi leccai via la panna dalle falangi. “Usciamo a mangiare.”
“E lo hai deciso quando?” ghignò, afferrandomi il polso, portandosi una ad una le mie dita in bocca, ripulendomi. Quando con le labbra mi risalì dal polso al gomito una scarica di brividi mi rotolarono lungo la schiena, facendomi sospirare di piacere. “Mh” mi riuscii di dire soltanto.
“Sì, comunque” mi stuzzicò con i denti una spalla “cercherò di essere pronto per quell'ora.”
Annuii. “Come sta Liam?” la domanda mi uscii dalle labbra senza realmente volerlo.
“Che nome hai detto?”
Lo guardai negli occhi, perdendomi all'istante in quelle due grandi nocciole. "Liam?" le pupille gli si dilatarono, mangiando quasi tutta la parte colorata, come se il solo sentire quel nome lo facesse impazzire.
“Come lo conosci?” sputò irato.
Feci spallucce, confuso da quel suo cambio repentino di umore. “Da Niall, perché?” sbuffai. “E' una cosa troppo privata perché anche io la conosca?”
“Sì”, contrasse la mascella e mi lasciò, poggiando le mani sulle ginocchia, stringendole a pugno.
Qualcosa, da qualche parte nel petto, mi lanciò una scossa lungo tutto il corpo. "Non è davvero un tuo parente" non era una domanda, ma una semplice constatazione. Non so esattamente perché lo dissi, ma qualcosa in quel suo modo di comportarsi me lo aveva fatto credere.
Zayn si voltò dalla parte opposta al mio volto e sospirò forte. "Non lo è."
“Chi è?”
Sempre senza rivolgermi uno sguardo si alzò da terra, rimanendo fermo immobile a sovrastarmi. “Non ne voglio parlare.”
“Non sta bene?” cosa lo turbava tanto? Cosa avevo detto di sbagliato?
Se possibile si irrigidì maggiormente. “Non proprio.”
Issandomi sulle gambe arrivai alla sua altezza. Siccome mi dava le spalle tutto ciò che potei fare fu posargli un palmo sulla schiena. Il suo cuore batteva all'impazzata e il respiro era corto. “Scusa” mi morsi un labbro. “Mi dispiace, non volevo essere impertinente.”
Zayn finalmente mi rivolse attenzione e ruotando su sé stesso fece scontrare i nostri sguardi. I suoi occhi che poco prima mi stavano squartando ora s'erano raddolciti. Con due dita mi sfiorò il volto, seguendo la linea dal mento alla tempia. “Scusami tu, non dovevo reagire in questo modo.”
Posai la fronte contro una sua spalla, nascondendoci dentro tutta la mia confusione. “Stai bene?”
Sospirò e mi accarezzò la schiena, lentamente. “Tu?”
“Da quando ti conosco sono molto più felice” ammisi.
“Anche io.”
“Lui ti manca?” azzardai, stringendomi maggiormente a lui, abbracciandolo forte.
Le sue braccia mi legarono come delle corde, mozzandomi quasi il respiro. “L'ho perso.”
Seppur non sapessi che cosa intendesse realmente con quella frase detta con voce strozzata, mi sentii mancare l'aria nuovamente, ma questa volta non a causa della sua stretta. “Io sono qui, sono qui per te. Fin quando vorrai.” Mi sentii un emerito coglione al pronunciare quella frase, sentii la mia intera disperazione travolgermi e sopraffarmi. La verità era che ero io ad aver bisogno di Zayn, molto di più di quanto lui non avesse bisogno di me.
“Lo so Harry” mi baciò i capelli, ispirando il mio profumo. “Lo so.”


**


Tornai a casa alle dieci e mezza, trovandola vuota. Mia madre e il suo compagno erano usciti a cena, e sarebbero tornati molto tardi.
Andai quindi a riposarmi sul divano e accesi la tv, senza però realmente guardarla. Nella mente continuava a vorticarmi l'immagine di Zayn di quel pomeriggio, il suo modo di comportarsi, il suo sguardo ferito e irato mi avevano confuso davvero tanto. E seppur dopo aver avuto quel breve battibecco ci eravamo ritrovati a fare l'amore -cosa che ultimamente facevamo spesso- non riuscivo comunque a sentirmi tranquillo.  
Un trillo familiare mi ridestò da quei pensieri e mi obbligò ad alzarmi, andai alla porta e l'aprì senza nemmeno chiedere chi fosse.
“Louis”, non so perché, ma immaginavo si trattasse di lui, anche perché era l'unico che alle undici meno venti di mercoledì sotto una pioggia fitta come quella aveva il coraggio di uscire di casa per venirmi a trovare.
Mi fece un cenno col capo in saluto e chiuse l'ombrello, lasciandolo fuori prima di entrare e seguirmi sul sofà. Ci sedemmo uno accanto all'altro in silenzio come due deficienti.
“Hazza?” sussurrò, voltandosi dalla mia parte per potermi guardare bene.
Cambiai canale, trovando un film di guerra. “Mh?” faceva schifo, c'era fin troppo sangue e teste mozzate.
“Mi vuoi guardare?” il suo tono di voce solitamente alto, quel giorno non lo era affatto, neppure in quel momento; in qualsiasi altra situazione simile avrebbe urlato come un pazzo, sgridandomi.
Un uomo con i capelli lunghi e una bella spada fece una giravolta, tagliandone letteralmente in due un altro. Arricciai il naso e spensi la televisione, donando al mio amico la mia completa attenzione. “Dimmi” feci scontrare le nostre iridi bollenti.
“Non mi chiedi nemmeno perché sono qui?”
Ruotai gli occhi. “Perché sei qui?”
“Sei un coglione” sputò alzandosi in piedi con un balzo, recandosi a passo violento verso l'entrata. Dopo un primo momento di sorpresa compresi di essermi comportato come un vero coglione e mi alzai seguendolo, fermandolo appena prima che facesse scattare la maniglia della porta.
“Scusa”, bofonchiai non sapendo bene cosa dire. “Ma non è stata una giornata delle migliori.”
Lui scrollò il capo e ruotando a tre quarti mi fulminò con le iridi azzurre. “E allora devi fare lo stronzo con me?”
Feci spallucce, allentando la presa sul suo polso sottile. “Ti ho già chiesto scusa.”
“E' da quel giorno che sei strano” sbuffò, spostando il peso da un piede all'altro. “Ti avevo detto di dimenticare.”
Inarcai un sopracciglio. “E tu pensi che basti dirmi 'dimentica'?”
“No”, abbassò la testa, fissando la mia mano ancorata al suo braccio “ma ci speravo.”
Lo attirai un po' a me. “Zayn ogni domenica va a trovare qualcuno all'ospedale” sbottai sperando non mi desse un pugno in faccia per aver cambiato discorso così improvvisamente. “So per certo che non è un suo parente, ma non riesco a capire di chi si tratta.”
Si strinse soltanto nelle spalle, sorridendo. “Come si chiama?”
“Liam” strinsi le labbra. “Il cognome non lo conosco.”
Louis sembrò perdere lucidità, serrò le palpebre. “Vuoi che indaghi?” mi chiese con un filo di voce.
“Lo conosci?” Lui fece 'no' con il capo ed io decisi di fidarmi, annuii e con un'ultima spinta lo feci arrivare da me, cingendolo con le braccia. Avevo bisogno di sentirmelo addosso, lui che non mi aveva mai tradito e tanto meno ferito volontariamente, lui che per me era come un fratello, un amico e un.. mi fermai, shockato dai miei stessi pensieri. Un cosa? Cos'era per me Louis Tomlinson?
“Mi ami?” gli chiesi con tono basso, sperando che la voce non mi morisse in gola. “Si tratta di me, vero? Sono io la persona che ti aveva messo in difficoltà con Eleanor, giusto?”
Si irrigidì e fece per allontanarsi dalla mia presa, ma non glielo permisi. “No.”
“Non mentirmi Lou” con una mano gli carezzai i capelli lisci e lui affondò il volto nel mio petto, arrendendosi. Mi domandai se stesse sentendo la velocità del mio cuore che stava correndo a più non posso. “Non farlo almeno tu.”
“Harry” cominciò, stringendo tra le dita la mia maglietta. “Eri” si fermò sospirando, correggendosi subito “sei sempre stato tu.”
“Da quanto?” volevo andare a fondo a quella faccenda, sapere da quanto corrispondeva il mio sentimento, o meglio da quanto corrispondeva quel mio vecchio amore.
Strusciò la fronte su un mio pettorale. “Un anno, forse qualcosa di più. Forse due.”
Mi sentii morire, affondai i palmi nelle sue scapole e me lo levai di dosso, incontrando il suo sguardo liquido. “Cazzo e non me lo hai mai detto?”
“Cosa avrei potuto fare?!” Scrollò il capo portandosi una mano al volto, per coprirsi. “Pensavo fosse solo una cosa passeggera, cazzo non sono gay!”
Digrignai i denti involontariamente. “Ti sono venuto dietro per non so quanto tempo Louis!” lo abbandonai definitivamente, lasciando che le braccia mi scorressero lungo i fianchi, come morte. “Cazzo se solo me lo avessi detto” mi fermai non sapendo come continuare.
“Cosa?” ribatté gesticolando. “Cosa avresti fatto?”
“Non lo so” ammisi.
Scosse il capo, stringendo i pugni. “Nel periodo in cui ero confuso e non capivo se ti amavo davvero oppure ero semplicemente impazzito tu stavi con Dave, Harold!” mi chiamava col mio nome vero solo quando era davvero arrabbiato, la cosa mi colpì come uno schiaffo. “Cosa dovevo fare? Mettermi in mezzo alla vostra relazione?”
Strizzai gli occhi, completamente accecato dalla rabbia. “E dopo?!” gridai spintonandolo, facendolo sbattere contro il legno chiaro della porta. “Quando ci siamo lasciati perché sei rimasto in silenzio?!”
Con una mano mi colpì sul petto, facendomi traballare all'indietro, proprio come avevo appena fatto io. “Eri distrutto! Potevo mettermi con te in quel momento?!” contrasse la mandibola. “Potevo approfittarmi del tuo dolore?” finì in un sussurro.
Mi girava la testa, come una trottola. Mi poggiai al muro con una spalla e feci aderire una guancia alla parete fresca. “Io ti ho sempre amato.”
Chiuse gli occhi, allargando le narici come a cercare più aria. “Lo so, ma non potevo.”
“Perché?” sentivo gli occhi lucidi tremare sotto il peso di tutto quel casino. “Perché ora?”
Fece scorrere le palpebre verso l'alto, per potermi osservare. “Non lo so” sorrise mestamente. “Ma voglio vederti felice, davvero. Spero che con Zayn vada tutto bene.”
Non riuscii a rispondergli che se ne andò, correndo sotto i nuvoloni grigi e la luce della luna piena, scomparendo poi nella sua auto. Aveva lasciato l'ombrello fuori casa mia, sbuffai e richiusi la porta, poggiandovi sopra la fronte.
Stava andando tutto storto oppure era solo una mia impressione?



**Anticipazioni**


I pugni mi si strinsero sotto il banco involontariamente, mentre una scarica forte e decisa mi si propagò per il corpo, finendomi al centro del petto. “Mi ha mentito” sputai irato.
“E' una cosa molto difficile da rivelare” stava cercando di essere obbiettivo, cosa che non gli riusciva mai bene.
“Cosa?” mi alzai in piedi con un balzo, sbattendo i polpacci contro le gambe della sedia che crollò a terra con un gran tonfo. “Diamine noi ci frequentiamo!” quando fece per toccarmi, lo afferrai per il polso, allontanandolo. “Doveva dirmelo!”



                                                                                                               
 


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Capitolo 14
*** XIII capitolo ***





XIII capitolo





Ciau! Allora come state? :D
Questo capitolo è stata una vera e propria batosta, decisamente devastante, ma almeno vi potrete chiarire le idee riguardo a tante cose.
Sono felice la fan fiction piaccia come sempre, anche se molte di voi mi hanno abbandonata :'C
Grazie a tutte comunque, siete degli angeli! A presto, un bacio!


Buona lettura






Il cellulare mi vibrò nella tasca, lo sfilai da sotto il banco e sullo schermo trovai un messaggio. Era Louis. “Carota esci dalla classe, vieni in aula 6, subito” diceva. La cosa mi fece preoccupare e così senza nemmeno chiedere il permesso al professore me ne uscii dalla classe, portandomi dietro pure lo zaino, dirigendomi a passo svelto all'aula di informatica.
Erano passati due giorni da quel nostro dialogo -non sapevo in che altro modo definirlo- e le cose sembravano essere tornate alla completa normalità, anche perché ci eravamo ripromessi di far finta che nulla fosse successo. Louis mi aveva pregato di non ritornare mai più su quell'argomento, perché così gli sarebbe stato più facile rimediare a quella confusione interiore, e io naturalmente gli avevo promesso che non l'avrei fatto.
Aprii la porta della piccola stanza e seduto su una sedia girevole dietro ad un computer vi trovai il mio amico, tutto concentrato a far scorrere lo sguardo sullo schermo luminoso.
“Lou?” i suoi occhi azzurri guizzarono su di me e con una mano mi fece segno di avvicinarmi. Posai la cartella su un banco vuoto e prendendo una sedia in legno andai da lui, accomodandomi alla sua destra.  
“Mi avevi detto di fare delle ricerche e le ho fatte” cominciò, facendo un cenno del capo verso la pagina di google aperta. “Leggi, ma non ti agitare.”
Io annuii, non capendo dove volesse arrivare. Tutto ciò che mi appariva davanti agli occhi non erano altro che stralci di giornali vecchi di chissà quanto. Feci scorrere le iridi su e giù, finché finalmente non lo vidi. In basso a destra spiccava un articolo riguardante un incidente stradale che aveva coinvolto due giovani ragazzi di buona famiglia. Liam Payne e Zayn Malik. “Cos'è?” non mi andava di leggerlo tutto, mi sentivo già male.
“Un anno fa Harry e Liam sono stati coinvolti in un incidente automobilistico e a quanto pare Liam è rimasto ferito gravemente” sospirò.
“Come hai fatto?”
Inarcò un sopracciglio, come se nemmeno avessi dovuto porre una domanda del genere. “Ho chiesto qua e là -naturalmente con la massima discrezione- e ho scoperto l'interno nome di Liam, alla fine mi ci sono voluti solo quarantacinque minuti per trovare il resto” sorrise. “Internet è molto utile, se solo lo usassi capiresti.”
Lo ignorai. “Che altro sai?”
“Liam è rimasto in coma per undici mesi, finché due mesi fa non si è finalmente risvegliato.” Il mio cuore si strinse, come a volersi richiudere in sé stesso fino a scomparire in un cumulo di polvere rossastra. “A quanto pare lui e Zayn sono amici di infanzia e” distolse lo sguardo dal pc, puntandomelo addosso “stavano insieme.”
I pugni mi si strinsero sotto il banco involontariamente, mentre una scarica forte e decisa mi si propagò per il corpo, finendomi al centro del petto. “Mi ha mentito” sputai irato.
“E' una cosa molto difficile da rivelare” stava cercando di essere obbiettivo, cosa che non gli riusciva mai bene.
“Cosa?” mi alzai in piedi con un balzo, sbattendo i polpacci contro le gambe della sedia che crollò a terra con un gran tonfo. “Diamine noi ci frequentiamo!” quando fece per toccarmi, lo afferrai per il polso, allontanandolo. “Doveva dirmelo!”
Louis digrignò i denti, scrollando il capo. “Tu gli hai detto di Dave?!” sbottò ad alta voce. “Gli hai detto che ho provato a baciarti?!”
La testa mi girava come un mulinello, era la terza volta in una cazzo di settimana che mi sentivo uno schifo ed era assurdo. “E' diverso” sussurrai non avendo nemmeno più la forza per gridare. “Tu dovevi vedere il suo viso quando l'ho nominato. Zayn lo ama ancora.” Gli diedi le spalle e afferrai lo zaino, caricandomelo sulle spalle.
“Hazza” Louis acchiappò un lembo della mia maglietta, fermandomi ad un battito di ciglia dalla porta ormai spalancata. “Lui ama anche te” soffiò sul mio collo.
Scossi il capo, facendo ondeggiare i ricci. “Ma ama di più lui. Non mi basta possedere un terzo del suo cuore” dissi appena prima di andarmene e correre via, in modo da non incontrare nessuno. Almeno non lui, non Zayn.


**

 
A casa mi chiusi in camera, alzai al massimo il volume dello stereo e mi sdraiai sul letto per poter riordinare i pensieri. In pratica Zayn era stato assieme a Liam per chissà quanto tempo, poi quest'ultimo era finito in coma e dopo undici mesi si era risvegliato. Intanto ero arrivato io. Ma se Zayn andava a trovarlo tutti le domeniche perché allora non erano tornati assieme? Se Liam era finalmente guarito e il moretto andava a trovarlo ogni settimana, perché stava a perdere tempo dietro ad uno come me? Avevo visto il suo sguardo, nel momento in cui avevo nominato il suo ex ragazzo -almeno speravo lo fosse davvero- ed era tutto meno che disinteressato. Zayn lo amava ancora.
Spensi lo stereo, presi il cellulare e composi il numero di Louis, due squilli e mi rispose. “Ho bisogno di sapere un'ultima cosa” dissi senza troppi convenevoli.
“Dimmi” ribatté nel medesimo modo.
Presi un respiro e strinsi le dita attorno al lenzuolo bianco, pronto a ricevere l'ennesimo pugno nello stomaco. “Perché Zayn sta con me se Liam si è risvegliato?”
Ci fu un lungo momento di silenzio, nel quale persi sì e no venti battiti, poi la sua voce arrivò forte e chiara. “Liam non ricorda più nulla” sospirò. “Zayn ogni domenica lo va a trovare e gli porta dei quadri che dipinge lui stesso sperando che Liam ritrovi la memoria.”
“Lo ama” seppur già ne fossi certo, in quel momento fu come se la realtà delle cose mi rotolasse addosso spingendomi verso il basso. Gli occhi iniziarono a pungermi e un mal di stomaco particolarmente acceso mi assalì. “Se Liam ricorderà io che fine farò?” il mento tremolò e la prima lacrima mi rigò una gota, finendomi nel colletto della polo.
“Non piangere” sussurrò Louis dall'altra parte del telefono. “Harry lui ti ama, è solo difficile, prova a capirlo.”
“Cosa dovrei capire?” tirai su col naso, asciugandomi il volto con il braccio. “Mi mentono tutti ormai” feci una breve pausa. “Ora magari scoprirò che anche tu mi hai mentito su qualcosa, sai che bello?” Non mi arrivò nessuna risposta e il cuore si buttò da qualche parte nel petto, a lasciarsi schiacciare dal dolore. “Merda.”
“Harry” la sua voce era poco più che un flebile sussurro, ma mi perforò il timpano comunque. “Un anno e mezzo fa conobbi Liam e Niall, se ne stavano al cinema a vedere un film, io ero con Hannah invece. Non so esattamente come, ma cominciammo a parlare e da lì diventammo amici più o meno.” La gola secca non mi permise di rispondere, così grugnii soltanto. “Ma Harry non sapevo di Zayn e Liam, sinceramente non sapevo nemmeno dell'incidente” sospirò affranto. “Non volevo mentirti, ma semplicemente proteggerti.”
“Sono stanco” mi alzai dal letto, abbandonando la coperta. “Sono stanco di tutte queste bugie.”
“Mi dispiace.”
Andai verso l'armadio e mi misi a fissare una vecchia foto di me, Louis e Dean con ancora addosso degli assurdi pannolini. “Cosa ho di sbagliato io?”
“Come?”
“Dico, che cosa sbaglio ogni volta?” tossii, schiarendomi la voce. Avevo la gola incredibilmente secca. “Mi innamoro delle persone più sbagliate dell'universo.”
“Io non sono sbagliato” fece scoccare la lingua sul palato nervosamente, facendomi sorridere. “Semplicemente lo era il momento Hazza” costatò.
“Non mi lascerai mai vero?” avevo bisogno che qualcuno ammettesse d'amarmi più di sé stesso, avevo bisogno di sentirmi accettato e voluto. Desiderato davvero. Volevo sentirmi dire di essere l'unico, io volevo essere il solo almeno per una cazzo di singola anima che cammina sulla faccia della Terra.
“No” fu talmente veloce da farmi sobbalzare. Non ci aveva pensato nemmeno, come se ne fosse realmente sicuro. “Mai.”
“Se solo me lo avessi detto prima forse ora saremmo noi due ad essere innamorati l'uno dell'altro” quelle parole mi uscirono dalle labbra mosse da qualcosa che da qualche tempo mi rendeva completamente affranto e confuso. “Credo che noi saremmo stati perfetti.”
Seppur non lo potessi vedere, mi sembrò stesse sorridendo, di un sorriso amaro. “Noi siamo perfetti” marcò la voce sul 'siamo' “siamo due migliori amici perfetti” concluse.
“Meno male” ridacchiai, tastandomi con le dita il volto ancora umidiccio.
“Qualsiasi cosa accadrà tra te e Zayn io ci sarò okay?”
Leccai via dalle labbra un'ultima lacrima birichina. “Lo so.”
“Ora devo andare” sbuffò e sentii sua madre gridare che era pronta la cena. “Ci sentiamo, non piangere. Ciao.”
“Certo, ciao” feci per premere il tasto rosso quando la sua voce strozzata mi obbligò a riportare il cellulare all'orecchio.
“Ti amo” non feci in tempo ad aprir bocca che un familiare 'tuh tuh' si mise a ronzarmi nel padiglione auricolare. La mascella mi colò sul mento, mi aveva messo giù. No, non ero stupito da quello. Louis mi aveva detto ti amo e non ero mai stato così certo come in quel momento della sua sincerità.


**


Stavo finalmente per addormentarmi quando il cellulare si mise a vibrare da sotto il cuscino, lo trascinai con una mano verso di me e non appena gli occhi si posarono sul nome di Zayn mi venne quasi un infarto. Gli misi giù senza rifletterci nemmeno due volte, schiacciando prontamente il tasto rosso. Non passarono nemmeno due minuti che lo schermo si illuminò nuovamente, accecandomi. Mi stava richiamando, che diavolo voleva? Zayn non era mai stata una persona insistente, anzi.
Sbuffai e incastrai il cellulare tra l'orecchio e le lenzuola. “Pronto?”
“Mi hai messo giù” non era una domanda. Mi sistemai meglio, incrociando le caviglie. “E' tutto oggi che non ti fai sentire” continuò con il solito tono basso.
Solitamente ero sempre io a chiamarlo o a chiedergli di uscire, lui semplicemente rimaneva ad aspettarmi. “E' che non è stata una bella giornata” dissi in un soffio.
“Stavi per addormentarti?” doveva aver colto la mia voce gracchiante.
“Sì”
“Mi dispiace” e lo era davvero.
Strinsi i pugni e mi alzai, prendendo tra le mani l'aggeggio elettronico. Mi sedetti sul bordo del materasso e mi lasciai sfuggire un sospiro. “Non ti preoccupare, sono solo le dieci.”
“Stai bene?”
Scrollai il capo, conscio del fatto che non avrebbe potuto vedermi. “Sì.”
“Non è vero” sbuffò. “Non mi mentire.”
“Sei tu che mi menti” non riuscii a serrare la bocca prima che la frase ne sbucasse fuori. Ci fu un momento di silenzio, nel quale i nostri respiri affannosi si sovrapposero a formarne uno solo.
“Cosa intendi?”
Mi abbassai un po' sul letto, puntando il peso su un solo gomito. “Dimmelo tu che cosa intendo.”
“Si può sapere che cosa cazzo hai?” sputò irato e sentii il rumore di una sedia che struscia pesantemente sul pavimento. Stava per perdere la pazienza, se già non l'aveva persa.
“So di Liam.” Era inutile continuare a far finta di nulla, era il momento di mettere da parte il dolore e l'orgoglio, ma soprattutto le bugie.
“M-” fece per dire qualcosa, ma si bloccò all'istante.
“No, dimmi” lo incitai.  
Rimase in silenzio per qualche istante, poi respirò forte. “Cosa sai?”
“Che eravate fidanzati e che a causa di un incidente stradale lui è entrato in coma” mi fermai perché sentivo le prime lacrime spingere ai lati degli occhi. “So che due mesi fa si è svegliato, ma che non ricorda nulla e che da quel giorno ogni domenica lo vai a trovare.”
“Quindi?” fu la sua semplice risposta.
Tornai dritto, sempre seduto. Mi faceva male lo stomaco. “Quindi perché non me lo hai detto?”
“Perché non sono affari tuoi” tagliò corto.
Annuii al nulla, sentendomi un vero idiota. Cosa mi aspettavo mi dicesse? Che gli dispiaceva di avermi mentito? “E' affar mio se un giorno a lui torna la memoria” cercavo di tenere un tono di voce basso, ma era più difficile di quanto mi aspettassi.
“E perché dovrebbe?” me lo immaginai mentre con fare acido alzava un sopracciglio, fulminandomi con quelle due nocciole luminose.
“Se ricorderà allora cosa ti fermerà dal non tornare con lui?” la prima lacrima sfuggì alle ciglia, finendomi su una guancia. La seguirono subito molte altre.
Sospirò. “Non lo so.”
“Appunto” mi nascosi il volto in un palmo, stropicciandomi con ferocia gli occhi. Quelle dannate lacrime che non la smettevano di scorrermi addosso. “Il quadro con i fiori viola che stavi dipingendo il giorno in cui poi abbiamo fatto la doccia assieme era per lui, giusto? Per fargli ricordare” sorrisi mesto. “E immagino c'entri Liam anche per il fatto del quadro che non volevi consegnare, il quadro di nudo dico, vero?”
“Sì.”
“Perché?” quello era uno dei punti in cui mi ero raccapezzato maggiormente, senza uscirne con una risposta sensata.
“La verità è che non avevo mai dipinto nessun altro a parte lui.” Finalmente avevo capito.
Mi morsi un labbro. “Hai dipinto me” constatai.
“Harry cosa vuoi che ti dica?” borbottò all'improvviso, innervosito.  
Feci spallucce. “Un'altra bugia.”  
“Come?”
“Dimmi che mi ami” mi sentivo un vero coglione, ma in quel momento volevo sentirmelo gridare davvero da quella sua dannata voce sensuale. “Se proprio devi mentirmi allora fai in modo da non farmi soffrire, okay?”
“Harry” sussurrò, facendomi perdere un battito. Ci speravo davvero? Quanto potevo essere infinitamente disperato?
Mi poggiai con la schiena all'armadio, le gambe improvvisamente molli mi reggevano a stento. “Non mi avrai preso sul serio davvero?” scesi giù, fino a toccare con le natiche il pavimento freddo. “Scherzavo Zayn.”
“Harry” ripeté, donandomi un'altra fitta al costato.
“Dico davvero” la voce mi si strozzò a metà frase. “Ne parleremo meglio, magari faccia a faccia. Ora vado, ciao.” Non lo lasciai rispondere, chiusi la telefonata e lanciai il cellulare lontano. Mi portai le gambe al petto e le cinsi con le braccia, nascondendo il volto tra di esse. Piansi per quasi due ore, poi il resto lo ricordo a stento, so solo che mi addormentai in quella posizione, perché il mattino dopo al mio risveglio avevo un mal di schiena atroce.



**Anticipazioni**


Feci spallucce. “All'ospedale.”
La sua testa mora scattò nella mia direzione. “Non stai bene?”
“Sto bene” le diedi le spalle, sistemandomi il colletto della camicia. “Devo incontrare un amico” senza darle più corda, sapendo che di lì a poco avrebbe cominciato a tartassarmi di domande, andai all'entrata e uscii rapidamente.
Non le avevo rifilato proprio una bugia, ma se le avessi detto che dovevo incontrare una persona che nemmeno conoscevo, di sicuro mi avrebbe fermato e si sarebbe accertata della mia sanità mentale.



                                                                                                               
                                                                                                          

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Capitolo 15
*** XIV capitolo ***




XIV capitolo




Ciao ciaoino (?) 8D
Allooora, questo capitolo, se possibile, è stato ancora più traumatico del precedente. Mi sto complicando la vita, ma pensandoci bene, non solo a me, la sto complicando anche a loro, poveracci. Beh, sinceramente ciò che in realtà non vedo l'ora di postare è il prossimo capitolo, perché è quello su cui mi sto raccapezzando maggiormente. Saranno dolori, mi limito a dirvi questo.
Grazie a tutte, vi adoro! Grazie a chi mi ha lasciato una recensione e a chi mi segue semplicemente. Un grosso bacio, a presto!   



Buona lettura





Mentre me ne stavo davanti allo specchio a sistemarmi i ricci mi sfuggii una smorfia. Il mio volto era stravolto, quella notte avevo dormito malissimo e oltre al dolore che mi affliggeva la schiena, dei profondi solchi viola si erano adagiati sotto ai miei occhi liquidi decisi a non andarsene tanto presto. In fondo però era quasi normale che fossi così affranto, dopo tutto ciò che era accaduto con Zayn erano il minimo quelle occhiaie. Non era però di certo comprensibile il fatto che se solo avessi potuto sarei corso da lui all'istante e che senza pensarci due volte mi sarei appropriato delle sue labbra fino a non avere più fiato ed energie.
Lanciai un'ultima occhiata truce al mio riflesso nello specchio e scesi in cucina dove mia madre stava finendo di sparecchiare la tavola.
“Mamma io esco” la avvisai passandole a fianco, afferrando un biscotto al cioccolato, infilandomelo in bocca prima che mi beccasse in flagrante.
Lei si voltò verso di me e sorrise. “Com'è?”
Sgranai gli occhi ed ingoiai, in modo da risponderle senza avere la bocca impastata. “Cosa?” feci il finto tonto.
“Il biscotto che hai appena divorato” sorrise e aprì l'acqua del lavabo, sciacquando via i rimasugli del pranzo dai piatti.
“Buono” ridacchiai e le stampai un bacio su una guancia. “Ora vado davvero.”
“Dove vai?”
Feci spallucce. “All'ospedale.”
La sua testa mora scattò nella mia direzione. “Non stai bene?”
“Sto bene” le diedi le spalle, sistemandomi il colletto della camicia. “Devo incontrare un amico” senza darle più corda, sapendo che di lì a poco avrebbe cominciato a tartassarmi di domande, andai all'entrata e uscii rapidamente.
Non le avevo rifilato proprio una bugia, ma se le avessi detto che dovevo incontrare una persona che nemmeno conoscevo, di sicuro mi avrebbe fermato e si sarebbe accertata della mia sanità mentale. E io non potevo perdere tempo, avevo fretta. Fretta di sapere, di conoscere. E di soffrire, molto probabilmente.

**

Quando mi ritrovai all'entrata dell'ospedale, davanti ad un'infermiera dal corpo snello e sinuoso, con una massa informe di capelli color grano, tutta la sicurezza che avevo accumulato per tutta la mattina sfumò via, lasciando spazio all'ansia e l'indecisione più completa ed estenuante.
“Chi deve vedere?” mi ripeté, inclinando il capo verso destra, facendo scivolare alcuni ricci nella scollatura del camice.
Abbassai lo sguardo, facendo sprofondare le mani nelle tasche dei jeans scoloriti. “Liam Payne.”
Rimase in silenzio qualche istante, poi sospirò. “Lei sarebbe?”
Un fratello? Un amico? Un.. “Un cugino” mentii spudoratamente, sperando che dalla mia voce non si notasse.
“Mh” quella sua indecisione mi obbligò ad alzare il volto. Feci scorrere le iridi verdi sul suo viso rotondo in cerca di qualche segno di negazione o fastidio. “Come mai non ti ho mai visto?”
“Sono tornato stamattina dalla” strizzai gli occhi in cerca di un'idea intelligente “dall'Australia” finii, maledicendomi subito mentalmente. Cosa diavolo era l'Australia, quale era la capitale? Nemmeno lo sapevo, cazzo.
Mi squadrò torva, poi le mie occhiaie sembrarono convincerla e le si illuminarono gli occhi. “E hai visto i canguri?”
“Sì, naturalmente” risposi senza battere ciglio. “Ne è entrato uno nel cortile di un mio vicino, non ti dico che ridere!”
Le labbra piene le si distesero verso l'alto e una risata argentina si propagò nell'aria. “Non ci credo!”
“Giuro” era cosa? La seconda bugia nel giro di due minuti? Mi facevo schifo da solo.
Annuii e si strinse nelle spalle, come se si fosse resa conto di essersi lasciata andare oltre il lecito. “Brutta faccenda quella di Payne” bofonchiò all'improvviso tornando seria.
“Sì” una fitta dilaniò la carne, infiltrandosi tra le costole per arrivare proprio al centro del cuore. “Proprio brutta.”
“Comunque la stanza è la trecentoquindici” sorrise mestamente, indicando un punto dietro le mie spalle con un indice affusolato. “Svolta a destra e prendi l'ascensore. Secondo piano, vai sempre dritto, la troverai facilmente.”
Ricambiai il sorriso e le diedi le spalle, recandomi a passo lento verso la stanza di Liam. Percorsi la strada come fosse un vero calvario, facendomi tanti di quei problemi mentali da farmi salire perfino il mal di testa. Uscii dall'ascensore e mi sentii tramortire dallo sconforto. L'idea che non fosse giusto andarlo a trovare mi ronzava in testa da quando avevo partorito l'insana idea di fargli visita. Con una mano tremante mi riavviai il ciuffo e camminando mi ritrovai proprio davanti ad una porta il cui numero coincideva alla perfezione con quello indicatomi dalla giovane infermiera.
Bussai un paio di volte, facendo scontrare le nocche rosee contro il legno bianco. “Avanti” una voce profonda mi fece sprofondare nella confusione più totale. Dovevo entrare? E se me ne fossi andato via semplicemente? Chi lo sarebbe mai venuto a sapere?
“Ho detto avanti” ribatté, con tono appena più leggero, come se si stesse trattenendo dal ridere.
Respirai a fondo, feci scivolare la mano sulla maniglia e quella con una leggera pressione scattò. Senza rendermene nemmeno conto mi ritrovai ad ammirare le spalle di un ragazzo alto, con dei capelli mossi e spettinati color biondo cenere. Indossava una camicia scozzese blu e bianca e dei pantaloni del pigiama con la stessa stampa del pezzo sopra, ai piedi delle semplici pantofole. “Posso?” chiesi incerto, prima di entrare del tutto nella stanza.
“Certo” il ragazzo ruotò su sé stesso, scrutandomi dall'alto al basso con gli occhi piccoli e lucidi, di un colore appena più chiaro di quelli di Zayn. Sorrise e le labbra sottili e screpolate si arcuarono facendo apparire due lievi rughe ai lati della bocca. Era dannatamente bello, di una bellezza particolare. “Tu sei?” domandò alzando le sopracciglia chiare e folte.
“Harry” mi spicciai a rispondergli, cercando di non sembrare teso. “Harry Styles” specificai.
“Non so chi tu sia, se anche ci conosciamo non mi ricordo di te, mi dispiace” ammise facendo spallucce. “Ma comunque ciao.”
Io annuii e mi richiusi la porta alle spalle. “In realtà non ci conosciamo” a quelle parole si irrigidì appena. “Ma conosco Niall e Zayn” continuai per tranquillizzarlo.
“E se non ci conosciamo perché sei qui?” poggiò le mani sul davanzale della finestra a cui dava le spalle, incrociando le caviglie.
“Volevo conoscerti” dissi sinceramente, sperando non pensasse che fossi completamente pazzo.
Alzò la testa al soffitto, facendomi scorgere una piccola voglia sul collo che quando stava dritto non si notava perché coperta dal colletto della camicia. “E perché?”
“Non vorrei darti una brutta impressione di me, ma la realtà è che io fino a qualche giorno fa frequentavo Zayn” vagai con lo sguardo sulla stanza candida, notando con orrore quanto fosse spoglia. Oltre naturalmente al letto e a un armadio di legno antico color mogano sulle pareti spiccava un solo accenno di arredo, un quadro raffigurante un campo di girasoli. Il moretto aveva un dono che sapeva sfruttare al meglio, mi faceva venire i brividi ogni volta.
“E perché avete smesso?” il suo tono era profondo proprio come all'inizio, non era cambiato di una virgola. Le mie parole non lo avevano nemmeno scalfito di striscio.
Feci scontrare i nostri sguardi e mi resi conto solo in quell'istante che il suo era strano, come fosse stato svuotato di qualcosa. Lui non ricordava nulla, non ricordava sé stesso, figuriamoci l'amore e l'affetto provato anni prima per Zayn.
“Lui ti ama” tagliai corto.
La sua testa bionda scattò su e giù velocemente, fermandosi poi all'altezza della mia. “Capisco.”
“Volevo sapere di te e così ho pensato di venire di persona.” Non volevo arrivare al punto con tanti giri di parole, ma era difficile approcciarsi ad una persona tanto fragile. “Lui non mi ha mai parlato di te” scrollai il capo affranto “e penso non abbia mai parlato a te di me.”
“Già” confermò secco.
“Non penso questa sia una buona scusante alla mia intrusione nella tua vita, ma io lo amo” ci ero arrivato, finalmente. “Ma lui no” mi affrettai a continuare “quindi sono venuto per accertarmi che la persona che si è presa il suo cuore fosse quantomeno adatta.”
Sorrise, facendomi sentire un cretino. “E' un onore allora che una persona come te si sia innamorata di Zayn.” Era la seconda volta che mi veniva detta una cosa del genere, ma io non ero per niente d'accordo. Non era lui a dover essere onorato di essere amato da me, ma io dovevo essere onorato di poterlo amare con tanto sincero amore.
“Non penso lo sia davvero” mi grattai un gomito, cercando di far affievolire l'imbarazzo momentaneo. “Comunque ora, avendoti visto e parlato, posso capire cosa lo abbia fatto impazzire e beh, sono più felice ora” risi sommessamente e lui si unì a me.
“Sei davvero sicuro lui non ricambi?” aggrottò le sopracciglia. “Non hai detto che vi frequentavate?”
Annuii. “Sì, sono sicuro.”
“E chi lo dice?”
Scrollai le spalle. “Lo dice il fatto che quando gli ho rivelato d'amarlo lui se ne è rimasto in silenzio.”
“Oh” si allontanò dal davanzale, arrivando con qualche passo delle sue gambe lunghe ed atletiche di fronte a me. “Nemmeno tu sei male” si riferiva alla mia frase di prima.
Sbuffai. “Non penso basti con uno che si ciba di arte e” non mi veniva l'altra parola.
“Sesso?” Il mento mi cadde sul pavimento. “Mi ha raccontato molte cose di me e lui e devo dire che non stavamo tutto il giorno a fissarci negli occhi. Siamo stati insieme per tre anni, non ci bastavano i sorrisi” me lo riferì come parlasse della cena che gli avrebbero propinato quella stessa sera.
“Non credo fosse quella la parola che volevo usare.”
Sghignazzò. “Per quanto tempo siete stati assieme?”
Arricciai il naso. I nostri due mesi erano il nulla confrontati ai loro tre anni, per questo mi sentii un verme quando glielo rivelai. Lui però rimase serio e sospirò forte, facendomi ispirare il suo alito fresco.
“Da come parli di lui, dalle tue occhiaie e dalla tua aria sembra molto di più. Insomma, sembri amarlo davvero molto.”
Un qualcosa nel torace sbatté forte contro le costole, il mio cuore stava combattendo per uscire allo scoperto. “A quanto pare non basta.”
“Ti stai convincendo di non bastare?” Non sapendo cosa rispondergli, grugnii soltanto. “Harry, così ti chiami giusto?” annuii e lui sorrise. “Mi sono svegliato due mesi e qualche settimana fa e Zayn era distrutto, poi una domenica arriva e sorride.”
Non riuscivo a seguirlo. “Quindi?”
“Quindi seppur non ricordassi alcuna espressione del suo bel volto, quando quella domenica arrivò e sorrise come fosse rinato dalle ceneri e alla mia domanda 'che cos'hai da essere così allegro?' lui mi rispose che aveva incontrato una persona, mi sembrò che quel sorriso, oltre ad essere strepitoso, fosse anche il migliore del suo repertorio. Capisci?”
Sentii gli occhi pungere e stringersi, mentre le mani si intrufolavano tra i capelli per spettinarli. “Non proprio.”
“A quanto pare eri tu, la ragione di quell'ottava meraviglia.”
“Ero io?”
“Tu cosa credi?” mi posò una mano sulla spalla. “Harry io non mi ricordo di lui e per quanto lui continui ad amarmi io proprio non posso. Ma tu sei riuscito a portargli via gran parte della sofferenza che si posava sulle sue spalle a causa mia e ti ringrazio tanto, davvero. Per questo e tanto altro non credo ci sia persona più adatta a te in grado di prendersi cura di lui.”
Una lacrima mi solcò il volto, finendomi tra le labbra. Le strinsi forte, cercando di farla sparire tra le crepe. “E se ricorderai, dovrete tornare assieme no?”
“Voglio rivelarti una cosa” sussurrò, stringendo le dita sulla mia scapola. “Io e Zayn il giorno dell'incidente stavamo litigando per l'ennesima volta, ci stavamo lasciando, per questo non mi accorsi del tir che si era fermato e ci andai addosso.”
Il cuore si fermò e scoppiò in una miriade di palline rosse. “Come lo sai?”
“Niall, me lo ha spifferato, quel ragazzo non sa stare zitto.” Mi scappò un sorriso e mi asciugai con un palmo, dandomi del contegno. “Cosa pensi che spinga una persona già innamorata ad innamorarsi di un'altra?”
Non capii subito il concetto, ma dopo qualche secondo di silenzio ci arrivai. “Ma lui non mi ama” chiarii.
“Secondo me sì, Zayn non è il tipo di persona da lasciarsi andare in un certo modo con persone a cui non tiene davvero” schioccò la lingua, lasciandomi la spalla. “'Se un giorno ti accorgi di essere innamorato di due persone allora devi scegliere la seconda, perché se davvero ti fossi innamorato della prima allora la seconda nemmeno l'avresti presa in considerazione', non ricordo dove sentii questa frase, ma trovo sia dannatamente vera.” Alla fine era lui a confortare me e non io a dispiacermi del suo stato, ma quanto facevo pena?
“E tu?” soffiai senza voce quasi. “Se ricorderai e lui sceglierà davvero me?”
Si strinse nelle spalle, arricciando le labbra. “Vale la stessa cosa per me, se ci stavamo lasciando quel giorno e non era la prima volta che litigavamo allora forse è giusto che io trovi una persona più adatta a me, no?” sorrise mestamente. “Insomma, non credi nel destino?”
“No.” Non ci avevo mai creduto, a dirla tutta. “Poi parli così solo perché non ricordi la forza del tuo sentimento.”
“Io sì, ci credo”, piegò il gomito e si scrutò il polso sul quale spiccava un orologio fine e bianco, della Brail. “Sono le quattro, fra mezz'ora lui sarà qui” mi avvisò ignorando completamente la mia constatazione.
“Allora vado” con un sorriso cercai di fargli comprendere quanto gli fossi grato e lui sembrò capire, perché fece spallucce. “Liam, ti auguro il meglio” ed ero sincero.
“Anche io” con un ultimo saluto me ne uscii dalla sua vita con la stessa velocità con cui vi ero entrato.
Di certo non mi sentivo al settimo cielo, ma almeno ora sapevo che se Zayn avesse scelto Liam allora mi sarei potuto sentire tranquillo. Quel ragazzo senza memorie era una delle persone più particolari e sincere che avessi mai conosciuto nell'arco della mia vita, molto probabilmente la migliore che avrebbe potuto affiancarsi a Zayn.
Ripercorsi a ritroso l'intero percorso e all'entrata mi fermai qualche istante a salutare l'infermiera. Poi uscii dall'edificio a passo svelto, mancava solo un quarto d'ora all'orario dell'abituale visita di Zayn e mi dovevo quindi sbrigare.
“Harry?” il sangue mi si raggelò nelle vene, non riuscivo quasi a crederci. Voltai il capo a sinistra lentamente, sperando d'aver sentito male, ma quando il suo viso mi si parò dinanzi non potei fare a meno che accettare la realtà. Mi aveva beccato con le mani nel sacco.



**Anticipazioni**


“Stai zitto cazzo!” urlai, facendo voltare qualche passante nella nostra direzione. “Si può sapere da dove arrivano queste tue grandi idee?!”
Boccheggiò senza una reale risposta, una fitta mi penetrò una tempia, fino a raggiungere l'altra. “Zayn, insomma tu” bofonchiò come se avesse imparato a parlare da sole tre ore.


I suoi occhi caldi si liberarono dalle palpebre pesanti, scontrandosi coi miei. Mi guardò come a chiedermi disperatamente di fare qualcosa, qualsiasi cosa ed io feci la cosa che mi sembrò più giusta, sorrisi e feci un passo indietro scuotendo piano il capo.
Abbassai il volto, perdendo il suo contatto visivo. Mi feriva anche il sol osservarlo.
“Cazzo” quella fu l'ultima cosa che il mio cervello comprese, prima che le sue labbra dolci si posassero sopra le mie, senza il minimo preavviso, facendomi dimenticare tutto il resto. Incorniciò il mio viso con le mani, carezzandolo lievemente con la punta delle dita.

 

                         

                                                                                                                                        

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Capitolo 16
*** XV capitolo ***



XV capitolo




HERJBJNDFSKHSGHKJHAFG! Yeah, ecchime.
Allora, oggi ho deciso di parlare di più del solito perché ho diverse cose da riferirvi, ma non abbiate paura, sarò breve. Allora, prima cosa: da questo capitolo potrete finalmente vedere il punto di vista del nostro moretto tutto pepe, Zayn. Seconda: la storia sta arrivando al termine, lo dico per avvisarvi che -purtroppo- non è infinita (mancano sì e no sei capitoli) D: Terza cosa: appunto perché mi dispiace troppo abbandonarvi ho deciso di mettermi all'opera e iniziare a scriverne un'altra -che posterò soltanto alla fine di questa-. Ma il fatto è che sono indecisa se puntare su una Ziall o una Niam, quindi vi chiedo consiglio, consigliatemiih 8D
E beh ho finito, ringrazio tutte voi come sempre, vi adoro. Un bacio, a presto.


Buona lettura




Pov. Zayn


“Harry?” sì, era lui. Lo avevo riconosciuto subito, quei suoi dannati capelli ricci di un biondo cenere scuro lo distinguevano dalla massa come fosse l'unica pecora nera tra quelle bianche. Sarebbe potuto stare in mezzo a un centinaio di persone che ero sicuro lo avrei trovato comunque.
“Sì?” parve ingoiare due grandi rospi, in cerca di aria.  
Strinsi gli occhi su di lui, fino a farli divenire quasi due linee orizzontali. Sentivo il sangue fluire ovunque, soprattutto in faccia. “Non ci posso credere” sputai irato, stringendo i pugni lungo i fianchi.
“In fondo è a causa tua che mi trovo qui e” fece per aggiungere qualcosa, ma lo bloccai con un suono gutturale.  
“Stai zitto cazzo!” urlai, facendo voltare qualche passante nella nostra direzione. “Si può sapere da dove arrivarono queste tue grandi idee?!”
Boccheggiò senza una reale risposta, una fitta mi penetrò una tempia, fino a raggiungere l'altra. “Zayn, insomma io, tu e” bofonchiò come se avesse imparato a parlare da sole tre ore.
Scrollai il capo e mi avvicinai a lui come una furia. Non potevo credere che lo aveva fatto realmente, si era intromesso nella mia vita e non solo, pure in quella di Liam. Un gesto imperdonabile e vile da parte sua. Feci scattare un braccio indietro e poi lo lanciai in avanti, facendo scontrare il pugno proprio al centro del suo bel volto. Ci misi due minuti buoni a rendermi conto davvero di ciò che avevo appena fatto e me ne pentii all'istante.
Harry si chinò su sé stesso, portandosi una mano a coppa sul naso da cui affluiva una quantità eccessiva di sangue. Una parte di me mi gridava di prenderlo e portarlo dentro l'ospedale, mentre l'altra, ancora arrabbiata, mi incoraggiò a mollarlo lì.
“E' finita, qualsiasi cosa ci fosse è finita Harry” gli dissi, dando retta alla peggiore delle due voci. Lo sorpassai con la stessa foga con cui mi ci ero appena scagliato contro e lo lasciai in mezzo alla strada.

**  

Entrai nella camera di Liam senza nemmeno bussare e non appena fui certo che nessuno potesse vederci mi fiondai su di lui, stringendolo forte. “Tutto bene?” gli chiesi, allontanandolo quel tanto che bastava per poter far incontrare i nostri sguardi.
“Sì, certo” sorrise e mi carezzò una guancia, delicatamente. Sembrava stare bene come sempre e la cosa mi stupì non poco.
“Ho dato un pugno a Harry” gli rivelai tutto d'un fiato.  
I suoi occhi piccoli si allargarono a dismisura. “Cosa? Chi?”
“E' stato qui, lo so” constatai stufo di quella sua recita da finto tonto. “Mi sono arrabbiato e gli ho tirato un pugno.”
“Lui ti ama” disse spiccio, facendo spallucce.
Strinsi i pugni, sempre meno tranquillo. “E quindi?”
Roteò le iridi, sbuffando. “Non ti basta? Ti ama come forse non ha mai fatto nessuno!” si morse un labbro screpolato. “Forse anche più di quanto non abbia fatto io” concluse, abbassando man mano la voce.
“E questo gli ha dato il permesso di intrufolarsi nella tua vita?!” mi tremavano ancora le mani dalla rabbia.
Scrollò il capo, stringendo una mano attorno al mio fianco. Da quanto era lì? Nemmeno me ne ero reso conto. “Dovresti andare avanti, sai?”
Qualcosa mi colpì forte un punto imprecisato della testa, obbligandomi a stringere gli occhi. “Ci. sto. provando” sillabai ogni singola parola, irato.
“Non mi pare” mi tolse il palmo di dosso, scocciato. “Dovresti chiamarlo e chiedergli scusa.”
“No” irrigidii la mascella. “Ormai è finita.”
Si strinse nelle spalle. “Alla fine la vita è tua, ma lui non ha fatto nulla di male.”
“Come no?” non potevo gridare, altrimenti le infermiere sarebbero subito corse da noi, così mi limitai a sibilare. “Cazzo lui ha fatto di testa sua ed è venuto qui, senza nemmeno avvisarmi! Non erano cazzi suoi!”
“Non sono d'accordo” mi diede le spalle, leggermente turbato da quel mio atteggiamento da testone. Era la prima volta da quando si era svegliato che mi vedeva arrabbiato, doveva esserne sorpreso. “E' diventato affar suo da quando avete iniziato a frequentarvi.”
“Liam, le cose sono più complicate di quanto tu non creda” gli poggiai una mano sulla spalla, in modo che non si allontanasse troppo. Mi piaceva averlo vicino, mi faceva piacere sapere che era vivo e vegeto, che poteva reggersi in piedi con la sola forza delle sue gambe. Amavo il fatto che potessi permettermi di stargli ancora accanto. Dall'incidente, per tutti gli undici mesi passati con lui disteso su un letto d'ospedale vivo solo grazie a delle macchine non avevo fatto altro che sentirmi in colpa. Il litigio di quella maledetta notte lo avevo come al solito provocato io, con il mio consueto caratteraccio, ed eravamo finiti all'ospedale, io con solo un braccio rotto e lui con due costole fratturate e un trauma cranico che lo aveva fatto entrare in coma.  
“Lo ami?” lo chiese in un soffio, come se non gli bastasse la voce.
Nella mente si formò subito l'immagine del viso del riccio, con quegli occhi verdi grandi e luminosi e le labbra sottili sempre distese in un largo sorriso. Un profumo dolce, di muschio bianco mi invase il cervello, il suo profumo, quello che mi rimaneva addosso anche dopo ore che ci eravamo lasciati. A casa mi era capitato più di una volta di annusarmi le mani, dandomi successivamente mentalmente dell'idiota. “Sì” ammisi, il cuore si fece improvvisamente pesante. “Ma amo anche te” continuai.
Lui annuì e sospirò forte. “La scelta spetta a te, io non posso dirti che quando ricorderò, sempre se lo farò, mi ritroverò ad amarti, ma di lui ne hai la certezza” ruotò il capo per potermi osservare. “Insomma, anche se gli avessi rotto il naso lui ti perdonerebbe e tornerebbe da te senza nemmeno pensarci due volte.”
Artigliai le falangi alla sua schiena e lui si voltò del tutto, avvolgendomi con le braccia lunghe e muscolose. Affondai il volto nel suo petto formato e lo strinsi a mia volta, come a voler imprimere la sua figura sul mio corpo. “Ti amo” soffiai, prima che una lacrima mi colasse sul volto, spinta da qualcosa che mi aveva afflitto per così tanto tempo che ci sembrava essere sempre stata.



Pov. Harry


La prima cosa che mi era venuta in mente di fare in quella situazione assurda era stata chiamare Louis e nel gesto non feci altro che sporcarmi tutto, dalla camicia al cellulare, di quel liquido cremisi senza un odore preciso.
“Stai meglio?” apparve da dietro di me, porgendomi un altro fazzoletto con dentro qualche cubetto di ghiaccio. Lo accettai e me lo posai sul naso, grugnendo dal dolore. Ringraziavo il fatto che non fossimo mai riusciti a tenerci il muso per più di due ore e che la nostra amicizia stesse continuando a filare liscia seppur i piccoli battibecchi che ultimamente ci eravamo ritrovati ad avere, perché altrimenti sarei dovuto correre a casa in preda al panico perdendo sangue a destra e a manca.
“Sì”, la mia voce era nasale, uno schifo. “Sto meglio.”
Girò attorno al divano e mi si sedette accanto, cingendomi le spalle con un braccio. “Ma perché non sei voluto entrare all'ospedale?” Era sì e no la quarta volta che me lo chiedeva.
“Mi trovo meglio qui a casa tua” tagliai corto nuovamente, per la quarta volta.
Sbuffò e si rigirò nelle mani un grande pezzo di stoffa bianco. “Questo è il tuo premio” disse porgendomi il telo bianco.
“Perché mi sono preso un pugno da Zayn?” sputai con ironia agghiacciante.
Scrollò il capo, ignorando la mia acidità. “Hai vinto la scommessa, questa tuta è tua ora.”
Strizzai gli occhi e mi resi conto solo all'ora che il grande pezzo di stoffa in realtà non era altro che la sua tuta bianca che avevo ambito per tanto tempo. “Tienila tu” risposi con voce strozzata, mi faceva male persino respirare. “Non la voglio più.”
“Sei proprio arrabbiato eh” constatò in un soffio, abbandonando il capo d'abbigliamento sulle ginocchia. “Poi mi dovrai spiegare che hai combinato.”
“Lo farò” se gli avessi risposto in altro modo avrebbe cominciato a lagnarsi e a fare i capricci e proprio non avevo voglia di sorbirmi le sue lamentele. Non in quel momento.
Si alzò in piedi e si batté le mani sulle cosce. “Chiamo tua madre, le dico che dormi qui, così non si preoccuperà per la tua faccia trasfigurata.”
Lo linciai con gli occhi e poi ci abbassai sopra le palpebre, nascondendoli. Avevo sonno e mi faceva un male cane la testa, dovevo assolutamente dormire. “Grazie” sibilai.
“Per te questo e altro” scherzò, poi non lo sentii più. Probabilmente era scomparso in qualche area della sua enorme casa a telefonare.
Mi sistemai meglio sul divano e raccolsi tutti quei fastidiosi pensieri, chiudendoli a chiave in un cassetto arrugginito del cervello, deciso a lasciarli lì per tutto il resto della mia vita.
“Carota?” mi chiamò d'un tratto, alitandomi in faccia. Non gli risposi e inscenai di essermi addormentato, sperando in qualche modo che mi lasciasse in pace. La cosa sembrò funzionare alla grande, perché non parlò più, rimase semplicemente a respirarmi sulla guancia, come un cane. “Dormi davvero?” tornò all'attacco, esasperandomi.
Arricciai il naso e sospirai forte, facendogli intendere che ero perso tra le braccia di Morfeo sul serio. Un silenzio pesante si intrufolò nella mia testa e interpretandolo come un segno che si fosse finalmente arreso socchiusi le palpebre per accertarmene. Cosa che non mi stupì poi molto fu il fatto che Louis non se ne era affatto andato, ma se ne stava ancora di fronte a me, con le mani poggiate sulle ginocchia leggermente piegate -per arrivare alla mia altezza- e gli occhi fissi nei miei. Mi persi all'istante nei suoi due grandi pozzi azzurri e lui distese le labbra sottili, sfiorandomi con due dita una guancia. “Sei orribile” dichiarò sprezzante, facendo riferimento al mio volto livido.  
Gli feci la linguaccia. “Hai gli specchi di legno in casa?” scherzai a mia volta.
“No” corrucciò le labbra. “Perché mi trovi orribile?”
Annuii e sorrisi non appena i suoi occhi si strinsero, come ad indurmi a mutare la risposta. “Sei bruttissimo” ripetei.
Si morse un labbro sottile con gli incisivi brillanti, storcendo lievemente la bocca. “Grazie mille!”
“Dai scherzavo!” sbottai quando per l'ennesima volta fece l'espressione da cucciolo bastonato. “Ti amo anche se sei così bruttarello!”
Il suo sguardo si fece più buio e si drizzò di scatto, allontanandosi da me. Qualcosa stava lottando dentro di lui, forse la consapevolezza di quel suo nuovo sentimento che malmenava l'ultimo rimasuglio di dubbio.
Fece spallucce e sorrise mestamente. “Meno male allora!” non era mai stato capace a mentire, almeno non con me.
“Louis aspetta” le mie braccia si mossero ancor prima che il cervello elaborasse il movimento. Si alzarono all'aria, permettendo alle mani di stringersi attorno al suo bacino asciutto. Con una spinta mi misi in piedi, raggiungendolo in altezza, superandolo pure.
Lui ruotò e mi osservò curioso, come volesse comprendere che cosa avessi in mente, ma non lo sapevo nemmeno io a dirla tutta. Senza rifletterci feci scivolare un palmo fino al suo volto, posandolo su una guancia calda. Sospirò forte e chiuse gli occhi, come impaurito. Il suo volto era straordinariamente bello, di una dolcezza letale. Era perfetto, lo sapevo bene da tempo, ma in quel momento fu come se lo guardassi per la prima volta e il cuore strusciò contro le costole disperato. Tutto ciò che sapevo era che non eravamo pronti, non io, tanto meno lui. E non volevo ferirlo, quella era una delle ultime cose che desideravo, così levai la mano dalla sua gota e la nascosi nella tasca dei jeans, con noncuranza. I suoi occhi caldi si liberarono dalle palpebre pesanti, scontrandosi coi miei. Mi guardò come a chiedermi disperatamente di fare qualcosa, qualsiasi cosa ed io feci la cosa che mi sembrò più giusta, sorrisi e indietreggiai di un passo scuotendo piano il capo.
Abbassai il volto, perdendo il suo contatto visivo. Mi feriva anche il sol osservarlo.
“Cazzo” quella fu l'ultima cosa che il mio cervello comprese, prima che le sue labbra dolci si posassero sopra le mie, senza il minimo preavviso, facendomi dimenticare tutto il resto. Incorniciò il mio viso con le mani, carezzandolo lievemente con la punta delle dita. Era talmente tanto tempo che non assaporavo quel sapore che mi sembrò paradossale poterlo gustare nuovamente, proprio in quel momento così cupo e selvaggio. Divaricai appena le labbra, lasciandogli lo spazio necessario per infilarvici dentro la lingua e mi trovò pronto a ricambiare il bacio. Sfilai la mano dalla tasca e andai a carezzargli i capelli morbidi, posando l'altra sul suo petto magro. Mi spinse all'indietro e persi l'equilibrio, finendo con le natiche sul cuscino del divano, lui si chinò, infilando le gambe tra le mie e continuò a baciarmi, con sempre più foga. Mi domandai da quanto aveva aspettato quel momento, perché sembrava averne bisogno come dell'ossigeno. Io avevo il cuore sfinito dalla corsa frenetica e la mente che non faceva altro che viaggiare da una frase all'altra, maledicendosi e compiacendosi allo stesso tempo.
“Louis” sussurrai sulle sue labbra, in un momento di pausa. Non avevo intenzione di illuderlo oltre, seppur quel bacio fosse uno dei più dolci e attesi dell'universo il mio cuore continuava a risiedere altrove. Non potevo, non riuscivo. “Scusa.”
Si staccò da me comprendendo, tornando con la schiena dritta. Aveva il fiato corto e il petto ansante, il volto di un colorito rosso scuro e gli occhi lucidi. “Vorrei chiederti scusa anche io, ma la realtà è che  non me ne pento per niente” si strinse nelle spalle e sospirò.
“Io non posso” borbottai, riavviandomi il ciuffo, ancora mezzo sconvolto. “Ma in qualche modo ti amo anche io, vorrei lo capissi, solo che è tardi ormai.”
Annuì. “Lo so” distese le labbra ancora umide, in un impacciato sorriso.
“Hai fame?” gli chiesi cercando di sviare il discorso, sembrava star per perdere dei pezzi, tra un respiro e un altro, ed io non volevo si affliggesse per una cosa del genere. Ero stato io in primis a giocare col fuoco, era colpa mia. “Che ore sono?”
“Sono le otto.” Non avevamo ancora cenato e il mio stomaco si accartocciava su sé stesso emettendo rumori ambigui. “Sì, ne ho tanta.”
Affamati come due lupi ci dirigemmo in cucina. La casa era libera, la sua famiglia era uscita tutta, chi al ristorante e chi al circo che si era stabilito da qualche giorno appena fuori città, così ci dovemmo arrangiare, mettendoci noi stessi ai fornelli a preparare qualcosa. Louis mise a bollire l'acqua per la pasta sul fuoco, mentre io mi occupai del sugo.
“Ti voglio bene” disse all'improvviso, buttando gli spaghetti nella pentola fumante.
Mi voltai dalla sua parte e gli sorrisi. “Io di più.”
Ed era vero, io lo amavo molto, ma l'amore che nutrivo per lui era molto diverso da quello che avevo iniziato a provare per Zayn. Nelle occasioni in cui avevamo fatto l'amore mi ero sentito straordinariamente completo, come se bastasse donarmi a Zayn per sentirmi veramente me stesso. Mi ero scoperto a perdere la lucidità con un solo suo sguardo o a desiderarlo convulsamente sia di giorno che di notte. Con lui ogni cosa, dalla più banale alla più particolare, era stata diversa. Il solo fatto che due persone come noi, così diverse tra loro, avessero trovato il tempo di conoscersi e affezionarsi mi dava piacere. E il sapere che ero riuscito anche solo per due mesi a far breccia nella sua vita e a fargli nascere un sorriso sul volto triste era motivo di esultanza. Louis lo amavo in altro modo, seppur fosse stato il mio primo amore, ormai da qualche anno quel mio sentimento era andato via, via sfumando per lasciar spazio alla consapevolezza che tra noi non ci potesse essere altro che semplice amicizia. Amavo Louis come si può amare un fratello, quello che sai non ti tradirà mai e che ti rimarrà sempre accanto. Lo amavo come si può amare il migliore amico di sempre, solo questo. Erano due amori opposti, ma anche molto simili. Uno lo amavo con anima, corpo e mente, mentre l'altro lo amavo con il cuore. E ancora non mi era chiaro quale fosse il migliore tra i due, a quale mi potessi affidare davvero.



**Anticipazioni**


Non sapevo bene da dove cominciare, così partii dalla fine. “Liam si sta ricordando”, il suo corpo prestante si irrigidì, si aggrappò con una mano allo stipite della porta trasparente. “Ricorda di voi?” aveva il volto livido di dispiacere e dolore, gli occhi di quello splendido verde lucidi e tremanti.

Harry aveva lo sguardo basso e non si rese nemmeno conto del rossore che mi aveva assalito le guance o dei brividi che mi erano rotolati per la schiena. Non sapendo che altro fare lo afferrai per i fianchi e lo trascinai da me, cingendolo forte. Il riccio sembrava non aspettare altro, perché non appena i nostri corpi si sfiorarono si aggrappò a me, stringendomi forte. Affondai il volto tra i suoi capelli e inspirai il suo profumo inconfondibile, deciso ad imprimerlo nella mente, per non dimenticarlo. Se quella era davvero la nostra ultima volta, almeno che fosse indimenticabile.



                                                                                           

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Capitolo 17
*** XVI capitolo ***




XVI capitolo




Ciao 8D L'altro capitolo vi ha sconvolte eh! Beh, questo se possibile sarà ancora più traumatico.
Tra l'altro è pure uno dei più lunghi che abbia mai scritto e quindi perdonatemi se farà schifo, ma giuro che ci ho messo il cuore D:
Omioddio ci stiamo proprio avvicinando alla fine eh, mi fa male il cuore çAAAç
Ringrazio come il solito tutte voi donzelle e vi adoro. Un bacio, a presto.
P.s. Sono arrivata alla conclusione che la prossima longfic sarà una.. non lo so! Perché mi avete confusa ancora di più! Ahaha! C:


Buona lettura





Pov. Zayn


Era passata già una settimana dal giorno in cui avevo rifilato un pugno in faccia a Harry e non avevo ancora finito di sentirmi in colpa. Durante l'intervallo a scuola ci comportavamo come due perfetti sconosciuti, come se in realtà per quei due mesi le nostre bocche non si fossero mai baciate o i nostri corpi non si fossero mai sfiorati e nelle ore di storia, come se non bastasse, Harry aveva chiesto espressamente di cambiare banco ed era tornato alla sua seconda fila, mollandomi accanto la secchiona della classe, brutta e antipatica.
Il riccio non si curava affatto di me e non mi lanciava nemmeno uno sguardo curioso, cosa che io invece non riuscivo a far a meno di fare. Col passare dei giorni il gonfiore sul suo volto era scomparso e il grosso livido si era scolorito, arrivando quasi ad un rosa normale.
Alle volte, quando capitava che mi passava accanto, la voglia di afferrarlo per un polso e chiedergli di ascoltarmi per soli sessanta secondi mi dava alla testa, ma l'orgoglio mi frenava sempre in tempo, facendomi passare per lo stronzo menefreghista che forse in realtà ero davvero.
“Mi stai ascoltando?” mi chiese il mio migliore amico, puntandomi con i suoi occhi incredibilmente blu.
Mi voltai verso di lui e scansai un passante. “Sì, certo, perché?” ultimamente avevo sempre la testa altrove.
“Da quando hai litigato con Harry sei sempre sovrappensiero.” Si fermò al semaforo. “Io credo che dovresti andare a parlargli” consigliò.
Mi strinsi nelle spalle, pregando che il verde scattasse all'istante. “Io non credo invece.”
“Sei proprio testardo” sbottò. “Ti stai comportando da coglione, te lo dico.” Era sempre stato difficile che Niall si arrabbiasse, ma a quanto pareva negli ultimi giorni perdeva la pazienza molto più spesso di quanto volesse, e sempre a causa mia naturalmente.
“La vita è mia e decido io come cazzo comportarmi” sputai, riprendendo a camminare, seguito dall'irlandese. Lui sbuffò rumorosamente, apposta per farmi sentire e non mi rivolse più la parola per tutto il resto della strada.

**

“Siete in anticipo” trillò allegro Liam quando ci vide entrare.
“Non sapevamo cosa fare a casa e abbiamo deciso di venire qui prima” Niall fece spallucce e andò a sedersi sul letto, scartando qualche cioccolatino che aveva tirato fuori dalle tasche della felpa.
Liam mi si avvicinò e mi abbracciò dolcemente, cosa che mi colpì parecchio, solitamente ero sempre io ad avvicinarmi a lui, mai il contrario. “Non mi hai portato nessun quadro oggi?” chiese guardandomi dall'alto al basso, con gli occhi socchiusi.
Scossi la testa da destra a sinistra, stringendomi nelle spalle. “Ti ho portato solo questo” gli porsi il libro 'Il ritratto di Dorian Gray', uno dei suoi preferiti e gli sorrisi. “Manca neanche un mese alla fine della scuola e ci stanno riempiendo di compiti, non ho avuto tempo di dipingere nulla, mi dispiace.”
“Non ti preoccupare” distese le labbra e afferrò il libro sfogliandolo. “Quindi questo era uno dei miei libri preferiti?”
Annuii e mi tolsi la felpa, nella sua stanza faceva sempre un caldo incredibile che fosse ottobre o, come in quel periodo, maggio. Lo abbandonai sul materasso accanto a Niall, ancora impegnato a mangiare e mi stiracchiai.
“Zayn ho una domanda” disse all'improvviso Liam, andando alla finestra, per ammirare il cielo limpido e chiaro.
“Certo” lo affiancai, mettendomi a scrutare un piccolo nido su un ramo di una quercia nel quale erano nascosti due piccoli passerotti intenti a dividersi un vermicello. “Dimmi pure.”
“Stanotte prima di addormentarmi, non so come, ma mi è venuta in mente una cosa” fece una breve pausa. “In pratica non so bene se stavo dormendo oppure ero sveglio, ed è quasi assurdo, lo so, ma noi siamo mai stati a Parigi?”
“Sì” i miei occhi cercarono i suoi e li trovarono subito. Avevo già le gambe tremanti e il cervello in tilt. “Sì, ci siamo stati” ripetei con più convinzione.
Si grattò la piccola voglia sul collo, nervosamente. “Ci siamo baciati sotto la Tour Eiffel?” rimasi in silenzio e lui lo prese come un 'no'. “Ecco, come non detto, pensavo di aver ricordato e invece era solo un sogno.”
“Descrivimi il sogno” sperai vivamente sapesse dirmelo nei minimi dettagli, incrociai le dita dietro la schiena, come uno scolaretto alle prese con il suo primo voto in matematica.
Sospirò e aggrottò le folte sopracciglia. “Pioveva e tu tenevi in mano un orribile ombrello rosa” sghignazzò e a me venne quasi un infarto. “Tu avevi addosso un impermeabile blu ed io uno arancione e niente, ci baciavamo. Ciò che mi è sembrato strano sono state le emozioni che ho provato nel sonno, il cuore mi scoppiava nel petto” concluse, scoccando la lingua sul palato.
Mi aggrappai al muro, con la testa vuota. Nialler intanto si era alzato e ridendo come un pazzo saltellava per la stanza, prese le mani di Liam e si mise a girare in tondo, entusiasta.
“Hai ricordato!” urlò, abbracciandolo. “Cavolo Lì, hai ricordato!”
L'altro si mise a ridere a sua volta, molto probabilmente troppo eccitato anche solo per dire qualcosa di sensato, mentre io non riuscii neanche a muovermi, rimasi boccheggiante a reggermi contro al muro con un solo pensiero fisso in testa: Harry.
Ora che il mio Liam aveva ricordato avrei dovuto parlargliene e lasciarlo andare una volta per tutte. E avrei dovuto soprattutto scusarmi, perché a lui dovevo molto.   
 
**

Aprii il cancelletto blu scuro della grande villa che mi fronteggiava e mi avvicinai alla porta d'entrata, suonando il campanello. Mi venne ad aprire una bella donna, dalle fattezze molto simili a quelle di Louis, molto probabilmente sua madre. Mi sorrise e inclinò il capo da un lato. “Cerchi Louis?”
“Sì” ero teso e mi faceva male lo stomaco, non avevo ancora chiaro che cosa mi avesse spinto fin lì. Ero praticamente corso via dall'ospedale, chiedendo scusa a Liam e spiegandogli che prima di festeggiare dovevo assolutamente fare una cosa e lui mi aveva sorriso, intimandomi di fare la cosa giusta. Non volevo infierire sullo stato d'animo di Harry, ma mi sembrava giusto parlargli per un'ultima volta e spiegargli bene. “Io sono Zayn, comunque.”
“Io sono Johanna, la mamma, piacere” le strinsi la mano e entrai in casa quando si scansò per lasciarmi passare. “Sono di sopra, basta che segui la musica e li troverai.”
Feci come mi aveva detto e salii le scale, subito una musica dolce mi perforò i timpani e seguendola mi ritrovai dinanzi ad una porta in legno bianco. Bussai, ma nessuno mi rispose, così aprii ed entrai senza nemmeno chiedere permesso, tanto non mi avrebbero comunque sentito.
Nella stanza dalle pareti arancioni e bianche c'era Louis, seduto davanti ad una grande parete di vetro trasparente, dietro il quale se ne stava Harry. Nessuno dei due mi vide, uno perché coperto dal vetro che gli permetteva di essere visto, ma non di vedere e l'altro perché girato di spalle. Mi concentrai praticamente solo sul riccio, che era tutto assorto a cantare davanti ad un microfono professionale, con un'espressione sofferente e sensuale dipinta sul volto angelico. Aveva i capelli tirati indietro da una fascetta bianca e mi venne in mente il primo giorno in cui lo avevo visto coi ricci tirati indietro e della stupida frase che gli avevo propinato. In realtà lo avevo trovato maledettamente sexy 'pettinato' in quel modo, ma non lo avrei mai ammesso e così mi ero ritrovato a dargli dell'atleta, quasi come fosse una cosa malvagia. Scrollai il capo e mi poggiai con la schiena al muro, incrociando le braccia. La voce di Harry era come sempre incantevole e calda, riusciva a prenderti il cuore e spolparlo fino all'ultima goccia di sangue.
Stava cantando una canzone che non avevo mai sentito, me ne accorsi solo in quel momento, così mi concentrai per bene su ogni singolo verso.

Wake up, we both need to wake up
Maybe if we face up to this
We can make it through this
Closer, maybe we’ll be closer
Stronger than we were before
It made this something more, yeah

Qualcosa nella tristezza della sua voce mi spinse a pensare che quelle parole le sentisse veramente, come appartenessero direttamente a lui. Abbassai le palpebre e arricciai il naso quando una fitta molto poco piacevole si propagò nel torace, puntando dritta al centro di esso. Le parole scorrevano veloci tra le sue labbra e i suoi occhi color smeraldo si rabbuiavano sempre di più, come se la potenza di quei versi lo spingesse verso il basso. Eppure non si fermò e continuò a intonare la canzone, procurandomi una lunga raffica di brividi sulla schiena.

Yeah, yeah, that’s what crazy is
When it’s broken, you say there’s nothing to fix
And you pray, pray, pray that everything will be okay
While you’re making all the same mistakes

Si aggrappò con le mani al microfono, stringendolo talmente tanto da farsi diventare le nocche bianche.

Don’t look back
But if we don’t look back
We’re only running babe
Out of me, cause ain’t this
Same mistakes again

Decisi che era ora di far sapere che mi trovavo lì e mi avvicinai a Louis, poggiandogli un palmo su una spalla, quello sobbalzò sulla sedia e si voltò di scatto, con gli occhi azzurri sgranati. Quando mi vide strinse i denti e si alzò, levandosi di dosso le grosse cuffie grigie. “Devo parlare con Harry” lo anticipai. “E' una cosa importante.”
“Non dovrebbe nemmeno permetterti di rivolgergli ancora la parola” sbottò, agitato. “Sei solo uno stronzo, sai?”
Lo sapevo bene. “Mi dispiace molto di averlo ferito, ma io” mi fermò, facendomi cenno con la mano di tacere.
“E' inutile che ti giustifichi con me.” Diede una rapida occhiata al vetro, accertandosi che il riccio fosse ancora occupato a cantare e tornò a trucidarmi con le iridi ghiacciate. “Non sono io quello che si è ritrovato per la terza volta con il cuore spezzato, cazzo Hazza questo proprio non se lo meritava” scrollò il capo infuriato. “E' distrutto e non fa altro che darsi la colpa di tutto, non gli bastava incolparsi per Dave o per me, ora si mette a autocommiserarsi pure per te.”
“Come?” mi sfuggiva qualcosa, dove voleva arrivare esattamente? E cosa c'entrava il suo ex ragazzo?
Fece spallucce. “Sai qualcosa a proposito di Davis?”
Annuii. “So che Dave lo ha lasciato perché Harry non era sempre presente” mi pareva di ricordare questo.
“No” sospirò. “La realtà è che quello si lamentava sempre che Hazza fosse più interessato al calcio che a lui, così un giorno ha deciso di mettersi a cornificarlo. Nessuno di noi naturalmente ne era a conoscenza, così quando hanno offerto un posto nella squadra spagnola a Harry e lui lo ha rifiutato non mi sono permesso di ribattere, perché sapevo quanto ci tenesse al suo ragazzo, ma poi un giorno trovo quel coglione appiccicato ad un altro, mentre il mio migliore amico aveva rinunciato al suo più grande sogno solo per lui! Assurdo, no? E Harry ha cominciato a incolparsi dell'accaduto dicendo che se solo fosse stato più presente non sarebbe accaduto niente di tutto ciò.”
Non sapevo nulla a dirla tutta, la versione dei fatti che mi aveva rifilato il riccio era stata molto meno brutta di quanto non fosse realmente. “Mi ha detto che ha rifiutato anche a causa tua” mi permisi di aggiungere.
Lui annuì. “Già, per non bastare si era messo in testa che era colpa sua se Hannah mi aveva lasciato, senza rendersi conto che la colpa alla fine era solo mia, perché le avevo rivelato che forse mi stavo innamorando di Harry.”
Quella rivelazione mi colpì ferocemente lo stomaco. “Lo ami?”
Sbuffò. “Non si vede?”
Avevo sempre avuto qualche dubbio, ma non ci avevo dato poi molto peso. “E perché non” non sapevo come finire la domanda. Perché non state assieme? Perché non glielo hai mai detto? Perché.. cosa?
“Lui ama te, mi ha rifiutato” si strinse nelle spalle e si voltò. “Non farlo stare male o ti do un pugno io, 'sta volta.” premette l'indice su un pulsante della grossa tastiera che nemmeno avevo notato, una specie di cosa da discografici. “Harry, hai visite” detto questo se ne andò, lanciandomi però prima un'ultima brutta occhiata.
Harry si tolse le cuffie e le poggiò sul microfono, uscì e quando mi vide si fermò di scatto, come se dinanzi si fosse trovato un fantasma senza testa e braccia.
“Come mai sei qui?” lo chiese con un filo di voce, molto probabilmente l'aveva usata tutta per cantare quella bella canzone.
“Sono passato da casa tua e tua madre mi ha detto di venire qui. Devo parlarti.”
Annuì e si portò una mano a spettinare i ricci, gesto che faceva ogni volta che era nervoso. In quei due mesi avevo imparato a conoscerlo davvero molto bene e mi ci volle poco per anticipare mentalmente il gesto delle sue mani che si infilavano nelle tasche. “Certo, dimmi” la sua voce roca mi faceva tremare ogni volta, come una foglia in balia del vento autunnale.
“Prima vorrei chiederti il titolo della canzone che stavi cantando” non volevo perdere tempo, ma ero seriamente curioso. L'avrei scaricata appena tornato a casa.  
Si morse un labbro. “Same Mistakes.”
“Di chi è?”  
“Mia” sorrise timidamente, arrossendo. “Ho scritto il testo, la musica è di Louis.”
Ora capivo molte cose, il testo parlava espressamente del nostro rapporto, degli errori che avevamo purtroppo commesso. Mi sentii importante come mai prima dall'ora e mi sfuggii un sorriso. “Complimenti allora.”
“Grazie” spostò il peso da un piede all'altro. “Allora, cosa dovevi dirmi?”
Non sapevo bene da dove cominciare, così partii dalla fine. “Liam si sta ricordando”, il suo corpo prestante si irrigidì, si aggrappò con una mano allo stipite della porta trasparente. “Ricorda di voi?” aveva il volto livido di dispiacere e dolore, gli occhi di quello splendido verde lucidi e tremanti.
Annuii. “Piano piano gli sta venendo in mente tutto” ero indeciso se continuare o meno quella piccola tortura, ma non potevo fermarmi proprio arrivato a quel punto. “Così ho deciso di riprovarci, anche se non so bene come andrà a finire.”
Il suo petto si fermò, come se rinunciasse a respirare. “Capisco” disse infine, espirando.
“Mi dispiace” ecco, dovevo solo scusarmi e poi sarei scomparso dalla sua vita. “Mi dispiace di averti illuso, di averti ferito, in tutti i sensi” indicai il suo naso non ancora del tutto guarito.
Scrollò il capo, facendo danzare i ricci morbidi. “Non ti preoccupare, non sono nemmeno più arrabbiato” ed era vero, dopo tutto ciò che gli avevo fatto niente di quel suo atteggiamento mi faceva intendere che fosse irato. Semplicemente stava soffrendo in silenzio. “Spero che tra te e Liam torni tutto come prima, davvero” non mentiva nemmeno questa volta e il cuore mi si strinse nel petto.
“Harry, tu cosa farai?” feci un passo in avanti, senza quasi rendermene conto. Come una calamita attirata dal metallo.
Fece spallucce e sorrise, di uno di quei sorrisi che erano capaci di mozzarmi il fiato. “Non lo so ancora, stavo valutando tutte le opzioni.”
Mi domandai quali fossero le opzioni e se tra quelle spiccasse il nome di Louis, ma non mi permisi di chiederglielo espressamente. “Non volevo ferirti, mi dispiace” ricominciai a scusarmi, come se non potessi farne a meno.
“Sinceramente è inutile che ti scusi, perché in fondo non hai fatto nulla di così spiacevole” si grattò una tempia, storcendo il naso. “Stai seguendo il tuo cuore, non posso fartene una colpa.”
“Ma” feci per ribattere, ma lui scosse il capo.
“Voglio solo dirti grazie Zayn” con un passo spazzò gli ultimi centimetri di distanza che ci dividevano. Il suo profumo dolce mi inebriò. “Grazie perché mi hai dato più forza, mi hai fatto comprendere che c'è sempre un'altra via, che non bisogna arrendersi, ma che bisogna lottare per i propri sogni. Ti ringrazio perché mi hai fatto conoscere una parte di me che era rimasta nascosta anche per troppo tempo.”
“Avrei tanto voluto aver più tempo per dimostrarti tutto questo, ma vorrei comunque potessi credermi quando ti dico che l'amore che ho provato per te in questi ultimi due mesi e mezzo è stato talmente forte da mozzarmi il fiato nel petto. Ho amato ogni singola parte di te e non solo, anche il modo in cui sei riuscito a farmi sentire ed essere in tua compagnia. Mi hai fatto amare anche me stesso. Per questo, molto probabilmente non mi sento in colpa o non mi dispiaccio di essermi intrufolato nella tua assurda vita.”
Mi portai un palmo al torace, per accertarmi che il cuore fosse ancora al suo posto. Non lo sentivo battere, doveva essere fuggito da qualche parte a frustarsi. Harry aveva lo sguardo basso e non si rese nemmeno conto del rossore che mi aveva assalito le guance o dell'agitazione che mi aveva colto impreparato. Non sapendo che altro fare lo afferrai per i fianchi e lo trascinai da me, cingendolo forte. Il riccio sembrava non aspettare altro, perché non appena i nostri corpi si sfiorarono si aggrappò a me, stringendomi forte. Affondai il volto tra i suoi capelli e inspirai il suo profumo inconfondibile, deciso ad imprimerlo nella mente, per non dimenticarlo. Se quella era davvero la nostra ultima volta, almeno che fosse indimenticabile. Feci scivolare le dita sulla sua schiena possente da sopra la maglietta e se possibile me lo incollai ancora di più addosso. Era diverso, con lui era diversa ogni cosa. Era assurdo il modo in cui mi si riempivano i polmoni d'aria con un suo semplice tocco, era folle il modo in cui mi sgusciava il cuore fuori dal petto quando mi parlava, con quel suo tono seducente e rauco ed era illogico il mio modo di amarlo, completamente diverso da quello per Liam. C'era qualcosa di diverso nei battiti dedicati a lui, c'era qualcosa di strano nel modo in cui pronunciavo il suo nome, come fosse una caramella da gustare, all'inizio avevo addirittura faticato a chiamarlo 'Harry', come se avessi paura che potesse udire con quanto piacere mi capitava di pronunciarlo. C'era qualcosa di ambiguo nel mio modo di percepire il mio amore per lui, fin dal primo bacio avevo cercato di convincermi che non era stato niente di speciale, che lui non fosse niente di particolare, ma non era vero per niente e me ne rendevo conto solo all'ora, alla fine di tutto. Preso da qualcosa che era molto simile a rabbia e frustrazione gli presi il mento tra due dita e feci scontrare le nostre labbra, gustando il suo sapore familiare. Strizzò gli occhi e li chiuse, lasciandosi andare completamente. Entrai con la lingua nella sua bocca e danzai con la sua, troppo euforico per limitare i tempi. Ne avevo bisogno in quel momento, quello era il nostro ultimo bacio e non potevo aspettare. Con al punta delle dita mi carezzò il volto e mi spinse verso il muro, facendomi cozzare la schiena contro di esso. Portò una gamba in mezzo alle mie e spinse il bacino contro il mio, facendomi sospirare di piacere. Ci stavamo aggrappando entrambi a quell'ultimo istante come se la nostra vita dipendesse da quello. Infilai la mano tra i suoi capelli, rigirandomeli tra le falangi e spinsi a mia volta contro di lui. Mi morse il labbro inferiore con gli incisivi e mugugnò qualcosa. Stavamo arrivando al limite di sopportazione, sapevo benissimo che di lì a poco ci saremmo staccati per non rincontrarci mai più e così scesi a lasciargli umidi baci sul naso, sulle palpebre serrate, sul collo, un po' ovunque. Quella era l'ultima volta che avrei potuto farlo.
Alla fine ci separammo, così come era giusto che fosse e ci guardammo per minuti interminabili, entrambi col fiato corto e le gambe molli.
“Quanto hai preso?” mi domandò riferendosi a qualcosa che mi sfuggiva.
Mi sistemai la maglietta che si era leggermente sgualcita e inarcai un sopracciglio. “Come scusa?”
“Il dipinto di nudo” sorrise, facendo nascere le due adorabili fossette. “Non mi hai mai detto il voto.”
Era vero, non glielo avevo nemmeno mai fatto vedere a dirla tutta. “Dieci.”
“Davvero?” sembrava colpito, come se ci fosse qualcosa in cui non riuscisse a credere realmente.
Annuii convinto. “Ha detto che era uno dei miei lavori migliori” e che c'era qualcosa in quel quadro che le faceva intendere dell'altro, qualcosa che nei quadri che avevo fatto ispirandomi a Liam non c'era mai stato, ma naturalmente non glielo rivelai. Non aveva più senso ormai.
“Sono contento” fece spallucce e mi diede le spalle. “Di' pure a Louis di tornare, così finiamo” quello era il suo modo di dirmi addio?
Annuii e aprii la porta, fermandomi sul ciglio. “Buona fortuna Harry.”
“Anche a te.”

**

Uscito dalla villetta corsi a più non posso, fermandomi solo quando i polmoni sembrarono volermi scoppiare tra le costole. Mi chinai come una rana e poggiai la schiena al muro più vicino, nascondendomi il volto con le mani tremanti.
Perché mi sentivo così triste e afflitto? Avevo scelto Liam, avevo detto addio a Harry; perché non riuscivo a sentirmi felice?
Nella mente continuavano a formarsi ricordi, il nostro primo incontro nato per una stupida casualità, il nostro primo bacio, il giorno della doccia. Il giorno della mostra di arte contemporanea, nel quale Harry non aveva fatto altro che annuire alle mie spiegazioni senza in realtà capire nulla, il giorno in cui era corso da me fino in teatro, il giorno in cui gli avevo chiesto di lasciarmi stare, il giorno in cui mi aveva cucinato una miriade di pasticcini di tutti i tipi per festeggiare due mesi trascorsi assieme. E la prima volta in cui avevamo fatto l'amore, il ricordo più emozionante e doloroso. Cosa mi stava accadendo? Io amavo Liam, avevo scelto lui, no?
Le lacrime sfuggirono alle ciglia scure, finendomi sul volto contratto in una smorfia. Le asciugai velocemente con le maniche della felpa, ma quelle continuavano a sbucare, come infinite. Cosa diavolo mi stava succedendo?




**Anticipazioni**

Dean si voltò verso noi studenti e cercò con lo sguardo qualcuno, le iridi chiare si soffermarono prontamente su Harry, proprio come avevo fin da subito anticipato. Poi distese le labbra sottili e gli fece cenno di alzarsi.
“Scusi, ma devo rubarle uno studente” detto ciò cinse con un braccio l'amico e se ne uscì rapidamente, lasciando la componente femminile ancora trasognante.
Cosa ci faceva a Londra, non era mica tornato in Spagna? E poi perché era venuto fino alla nostra scuola? Non era possibile fosse venuto solo per fare un saluto ad Harry.
Alzai un braccio verso il soffitto in un riflesso spontaneo. “Posso andare in bagno?”

 

                                                                                                                             

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Capitolo 18
*** XVII capitolo ***



XVII capitolo




Ciau! Allora, comincio col dire: Auguroni Harold 8D Sei maggiorenne, yeeah! E finisco, tornando naturalmente a noi, dicendo che non so che cosa dire D:
Insomma, spero solo come sempre che il capitolo vi piaccia -anche se io lo trovo particolarmente banale- e basta. Uh, aggiungo che mancano solo tre capitoli e vi giuro che mi fa male il cuore al pensiero che fra poco vi dovrò lasciare DD:  
Ringrazio tutte come sempre, vi adoro seriamente. Scusate eventuali errori nel capitolo, ma sono piuttosto di fretta. Un bacio, a presto.
P.s. La prossima storia sarà una Niam e posterò il prologo il giorno dell'epilogo di 'Scommetti che ti amo?'.


Buona lettura






Pov. Zayn

Alzai il capo dal libro che stavo fissando senza una vera e propria ragione e i miei occhi precipitarono su Harry. Lui mi dava le spalle, aveva i gomiti poggiati sopra il legno bianco del banco e si toccava nervosamente i ricci con le mani grandi. Erano passati quattro giorni dalla mia scelta eppure il mio stato d'animo era ancora fermo su un filo, costantemente in bilico: una parte di me era veramente felice che la memoria di Liam stesse pian piano tornando, mentre l'altra se ne stava incollata a Harry come se non riuscisse a staccarcisi.
Bussarono e la professoressa gracchiò un 'entrate' molto poco felice. Quando però la porta si aprì e da essa sbucò un adone dalle spalle larghe e un'altezza eccessiva la vecchiona andò a toccarsi i capelli civettuola e sfoggiò un largo sorriso. Senza nemmeno aver il bisogno di guardarlo più di due volte lo riconobbi, non potevo certo dimenticarmi dei suoi capelli biondicci o degli occhi straordinariamente verdi, ancora più chiari di quelli del riccio, Dean si voltò verso noi studenti e cercò con lo sguardo qualcuno, le iridi si soffermarono prontamente su Harry, come fin da subito avevo anticipato. Poi distese le labbra sottili e gli fece cenno di alzarsi.
“Scusi, ma devo rubarle uno studente” detto ciò cinse con un braccio l'amico e se ne uscì rapidamente, lasciando la componente femminile ancora trasognante.
Cosa ci faceva a Londra, non era mica tornato in Spagna? E poi perché era venuto fino alla nostra scuola? Non era possibile fosse venuto solo per fare un saluto al riccio.
Alzai un braccio verso il soffitto in un riflesso spontaneo. “Posso andare in bagno?”
La prof mi concesse il permesso e uscii dall'aula velocemente, vagando tra i corridoi in cerca di una testa riccioluta e di un'altra bionda. Corsi di qua e di là come un pazzo e quando finalmente udii il lontananza le loro voci mi fermai, nascondendomi dietro l'angolo e sbirciando di tanto in tanto verso di loro. Non erano soli, accanto a loro c'erano altre due persone, un ragazzo dell'età di Dean, forse qualche anno più piccolo dal fisico statuario coi capelli scuri lisci che gli toccavano le spalle larghe e un uomo sulla quarantina basso, pelato e vestito di tutto punto, in giacca e cravatta.
“Allora ci faremo sentire ragazzo” disse l'uomo in inglese, con un accento molto simile a quello della ragazza di Dean -che avevo conosciuto qualche tempo prima un pomeriggio-.
Harry annuì serio e il biondo gli mise un braccio sulle spalle sorridendo, mi ritrovai a pensare che fosse una vera fortuna fossero messi a tre quarti, almeno potevo osservare le loro espressioni facciali.
Dean all'improvviso disse qualcosa che non mi riuscii di capire perché lo disse in spagnolo e il ragazzo moro lo guardò male. “Julian è stufo”, aggiunse ridendo rivolgendosi a Harry “perché ti lodo sempre e parlo solo di te.”
L'uomo più grande scosse il capo, come a voler far intendere avesse ormai perso ogni speranza. “Ci ha parlato così tanto di te che sei come già di famiglia” disse tastandosi la testa pelata con una mano e porgendo l'altra al riccio dopo aver lanciato una veloce occhiata all'orologio sul suo polso. “Allora ci conto, mi raccomando.”
Harry gliela strinse e sorrise. “Non si preoccupi.”
Dopodiché il moro e l'uomo pelato se ne andarono, lasciando da soli i due amici. Dean si poggiò con la schiena al muro, incrociando le braccia al petto, puntando lo sguardo sull'altro, che se ne stava immobile come uno spaventapasseri. “Ancora fatico a crederci, sai?”
“Anche io” ammise il riccio, distendendo le labbra in un mesto sorriso. “Però è meglio così, è questo ciò che devo fare ora.”
Il biondo annuì. “Ultimamente ti sono successe tante cose eh?” si grattò il mento con due dita, storcendo il collo verso sinistra. “Prima quella dannata carota che ti rivela i suoi sentimenti e ti bacia, poi Zayn che ti molla, cavolo fratello che batoste!”
Al pensiero che Louis avesse poggiato le sue labbra su quelle di Harry il cuore fece una capriola. Non potevo essere geloso, potevo esserlo stato, ma in quel momento la sua vita non era più affar mio, era un suo diritto far ciò che gli pareva. Sbuffai, niente da fare ero geloso.
“Se Zayn non fosse entrato nella mia vita molto probabilmente mi sarei messo con Louis” ammise il più piccolo. “Ma non riesco a far a meno che pensare a lui, proprio non riesco a levarmelo dalla mente” sospirò “il fatto è che mentre ciò che provavo per Lou ormai è solo un ricordo sfumato, il ricordo di Zayn mi tortura ad ogni ora di ogni giorno.”
“Quando vi ho visti quel pomeriggio lui mi sembrava molto interessato, mi è venuto un colpo quando mi hai detto era finita. Non riesco ancora a crederci.”
Qualcosa nel cervello mi disse che forse Dean non aveva del tutto torto, che forse Harry mi piaceva veramente, molto più di quanto non volessi ammettere, eppure una parte di me rifiutava quel pensiero malmenandolo a suon di sberle e cacciandolo in fondo, in modo che non uscisse più.
“Mi manca” cominciò il riccio con un filo di voce, facendomi rabbrividire. “Era la cosa più bella che avevo e ora non c'è più.”
“E perché non lotti allora? Insomma, stai scappando e tu non l'hai mai fatto, cazzo.” Il biondo si staccò dalla parete bianca e si avvicinò all'amico, spettinandogli i capelli. Quello scosse il capo e si portò un avambraccio al volto, come si stesse pulendo da qualcosa, forse da altre lacrime.
“Non voglio lasciarlo” bofonchiò con voce strozzata, ci misi un po' a riformulare la frase e quando la compresi mi si strinse lo stomaco in una morsa d'acciaio.
Le braccia di Dean si allungarono verso Harry e se lo avvicinarono, in modo da poterlo abbracciare forte. “Perché mi segui allora?”
“Rimanere sarebbe solo l'ennesimo errore” si fermò e prese un respiro, i singhiozzi non gli permettevano di ingoiare la giusta quantità d'aria.
Quindi se ne andava, se ne andava davvero. Il suono di un altro singhiozzo mi invase la testa e mi venne un'estenuante voglia di svoltare l'angolo e di gridare, gridare qualsiasi cosa, anche solo “non piangere, rimani, io starò con te”, ma naturalmente non lo feci, rimasi nascosto a sentire il suo pianto disperato, finché la campanella non suonò e fui costretto a tornare in classe a beccarmi la ramanzina della professoressa per i miei venti minuti passati in “bagno”.

**

“E' venerdì” constatò Liam, vedendomi entrare. Era seduto scompostamente sul suo letto e leggeva il libro che gli avevo portato la domenica prima.
Annuii e andai a sedermi accanto a lui. “Lo so, però avevo voglia di vederti.”
Senza staccare gli occhi dal libro distese le labbra screpolate verso l'alto, come soddisfatto della risposta. “Fra una settimana esco, hai già deciso dove portarmi?” disse dopo qualche istante di silenzio, non riuscendo a mascherare l'intonazione di felicità nella voce bassa.
“Sì”, ci avevo pensato per una notte intera da quando lo avevo scoperto, era naturale avessi deciso. “Il ristorante giapponese in centro, ti è sempre piaciuto.”
Lui annuì e chiuse il libro posandolo sul cuscino, portando finalmente gli occhi su di me. “Ora dimmi cosa ti affligge, perché davvero mi stai facendo arrabbiare, è da domenica che ti comporti da zombie.”
“Non capisco cosa intendi” mentii spudoratamente. In realtà sapevo benissimo a cosa si riferisse, mi vedevo allo specchio, con le occhiaie e il volto sempre stanco. Lo sentivo bene il masso fermo al centro del petto.
Sbuffò e mi sfiorò una spalla con la punta delle dita affusolate, era un pianista bravissimo, ma questo nemmeno lo ricordava. “E' per Harry, vero? Cosa avete deciso di fare?”
“Ho scelto te” feci spallucce. “Lui se ne va, credo in Spagna.”
Sgranò gli occhi scuri, di quel bellissimo color oro. “E lo lasci andar via?”
Ora, sì ora non riuscivo bene ad intendere cosa volesse dire. “Certo, non è affar mio.”
“Assurdo” scosse la testa biondo cenere. “Possibile tu sia l'unico a non essertene ancora accorto?”
Inarcai un sopracciglio, leggermente innervosito da quel suo modo di fare. “Accorto di cosa?”
“Sono stanco di rimanere il silenzio a guardarti perdere di nuovo la persona che ami e non te lo permetterò ancora” soffiò sul mio volto.
Le sue parole mi colpirono come acqua ghiacciata, una scarica di brividi mi percorse il corpo intero e schizzai in piedi, con i pugni stretti. “Cosa stai dicendo?”
“Insomma, io davvero non capisco perché ti devi aggrappare al ricordo che hai di me, quando sai benissimo che la nostra relazione stava andando male prima ancora dell'incidente, è ora che cambi pagina. Ti sei innamorato di Harry e comportandoti così lo perderai soltanto.”
“Non sai di cosa stai parlando, non ricordi.”
“No, Zayn” il suo tono per la prima volta da quando si era risvegliato prese una piega dura. “Lo so, sto ricordando. Ricordo tanti momenti felici e tanti altri molto tristi, ti senti solo in colpa, il fatto è questo, ma ami lui, non me. Almeno non più.”
Sentii le lacrime star per arrivare e strizzai gli occhi deciso a non farle scendere. Non aveva senso, niente ormai aveva più senso. “Non posso amarlo” le parole stavano uscendo fuori da sole, non era certo io ad averle partorite. “Lui finalmente coronerà il suo sogno ed io ho scelto te, devo starti accanto.”
Mi si mozzò il fiato, i polmoni si chiusero. 'Devo starti accanto', avevo detto davvero ciò? Devo. Era veramente il senso di colpa ad avermi convinto che lo amassi ancora? Mi tremarono le gambe e mi dovetti reggere alla testata del letto per non rovinare a terra. “Io lo amo” forse quella era una delle cose più sincere che mi fossi rifiutato per così tanto tempo di dire.
Il volto di Liam che fino a qualche istante prima era contratto in un'espressione rabbiosa si rilassò e un enorme sorriso gli delineò le labbra rosee. “Finalmente lo hai ammesso.”
“Mi dispiace Lì” mi morsi un labbro, nervosamente. Come potevo essere stato così egoista e cieco? “Potrai mai perdonarmi per essere stato così egoista?”
La sua risata forte riecheggiò nella stanza piccola e bianca. “Già fatto Zayn e ora vai da lui per piacere!”
Mi spinsi su di lui e lo abbracciai. Quando mi staccai lui sorrideva allegramente, gli stampai un bacio sulla fronte grato del fatto non stesse soffrendo della mia scelta, la mia nuova reale scelta. “Ti ho amato tanto, vorrei lo tenessi a mente.”
“Non lo dimenticherò” mi concesse facendo spallucce. “Ora vai, cazzo.”
Sghignazzai, quella era la sua prima parolaccia dal suo risveglio. “Come siamo diventati scurrili!” Liam si alzò sventolando in aria un pugno, intimandomi di andare, così corsi fuori, sempre ridendo e mi diressi nell'unico posto in cui avrei potuto trovare Harry a quell'ora di venerdì.

**

In teatro quel giorno c'era un casino estenuante, forse perché si trattava di una delle ultime prove prima della grande serata.
Feci vagare lo sguardo sul palco e intravidi subito la testa bionda di Niall, era intento a discutere animatamente con Catherine, probabilmente su questioni riguardanti lo spettacolo. Erano favolosi assieme, come due metà di una stessa mela perfettamente compatibili solo di due colori differenti, una rossa e l'altra verde. Era assurdo anche solo il modo in cui anni prima si erano incontrati, entrambi desiderosi di prendersi una parte in un musical, nati come rivali e poi divenuti entrambi attori protagonisti. Sorrisi quando la rossa diede uno scappellotto al biondo e decisi di lasciarli perdere ai loro battibecchi giornalieri, tornando alla mia ricerca. C'era talmente tanta gente ed erano tutti così ammassati e intenti a provare che trovarlo divenne quasi impossibile, così mi avvicinai di qualche metro e strinsi gli occhi, maledicendomi del fatto che non avessi messo le lenti a contatto e mi fossi dimenticato gli occhiali. Sbuffai e feci qualche altro passo in avanti, ma niente, fui sul punto di richiamare l'attenzione dell'irlandese mettendomi a gridare, quando il tocco leggero di una mano sulla mia spalla mi fece salire il cuore in fronte. Sobbalzai e mi voltai di scatto, scontrando inevitabilmente lo sguardo con quello acceso di Harry.
Le iridi verdi contornate da profonde occhiaie lampeggiavano su di me come dei fanali e fui costretto ad abbassare lo sguardo sulle sue mani, strette intorno a due bottiglie, una d'acqua e l'altra di coca cola. Non l'avevo visto per quello, era andato a recuperare qualcosa da bere.
“Cosa ci fai qua?” mi chiese con la voce roca, soppesando ogni parola come se avesse paura di sbagliare in qualche modo.
Mi strinsi nelle spalle, non sapendo come dirglielo. “Volevo incontrarti” dissi d'un fiato.
Inarcò un sopracciglio. “Pensavo che avessimo chiarito che” si fermò, molto probabilmente non sapendo come finire la frase. “Insomma, cosa vuoi davvero?” soffiò tra le labbra serrate.
“Ho sentito che te ne vai.” Assurdo prima mi arrabbiavo perché lui si intrometteva nella mia vita e io facevo lo stesso dopo solo due settimane.
Sospirò affranto. “Ho deciso di seguire il mio sogno, insomma, ora non c'è niente che mi possa indurre a ripensarci.”
Il cuore prese fuoco tra le costole, mi domandai come potesse non notare le fiamme, perché davvero mi sentivo ardere. “Quindi entrerai nella squadra di calcio spagnola” non era una domanda, lo sapevamo entrambi, ma lui annuì comunque facendo finire un riccio ribelle davanti ad un occhio. “Quando?” dovevo sapere quanto tempo mi rimaneva.
“Quest'estate parto e finirò il liceo là, non mi sembra il caso di ritardare oltre” cercò di scostare il ciuffo con uno scatto veloce del capo, ma quello non si mosse. Sbuffò e cercò un'altra soluzione, ma aveva le mani occupate e di certo non poteva usare i piedi.
Allungai una mano verso di lui e il suo viso prese il colore di una ciliegia, presi tra due dita il ciuffo e lo sistemai con gli altri, sul lato destro del suo volto angelico. “Capisco” fu tutto ciò che mi uscii dalle labbra una volta che riportai il braccio a dondolare lungo il fianco.
“Sei venuto solo per questo?” sorrise mestamente, facendo nascere le piccole fossette sulle guance magre.
'Ora non c'è niente che mi possa indurre a ripensarci', questa frase continuava a vorticarmi in testa come un tornado inarrestabile. Me l'aveva detto lui quel pomeriggio al parco, si pentiva ogni giorno di non essere partito, chi ero io per mettermi in mezzo?
Scossi il capo e ricambiai il sorriso, distendendo le labbra forzatamente. “Solo questo, vorrei darti una cosa prima della partenza” volevo regalargli il mio quadro, quello di nudo, quello poggiato contro la parete della mia camera e che mi ritrovavo a fissare ogni notte prima di addormentarmi.
“Certo” spostò il peso da un piede all'altro e inclinò il capo in modo da poter vedere dietro di me. “Dovrei tornare alle prove, sai” indicò con il mento il palcoscenico.
Annuii e mi scansai, per lasciargli libero il passaggio. “Lo verrò a vedere, sono curioso” prima di superarmi inarcò le labbra nuovamente verso l'alto e fece spallucce.
“Sono migliorato, vedrai.” Mi oltrepassò e a passo svelto tornò dai suoi compagni.
Lo seguii con lo sguardo finché non scomparì dietro qualche studente che non conoscevo e nemmeno avevo mai visto, dopodiché troppo afflitto per rimanere lì a guardare le prove me ne andai.
Nel tragitto per tornare a casa fumai quattro sigarette, mandando all'aria i buoni propositi di smettere. Ero agitato, nervoso, arrabbiato e triste. Non ero riuscito a rivelargli i miei sentimenti nemmeno all'ora e molto probabilmente mai l'avrei fatto.
Il fatto era che non volevo essere io la persona ad anteporsi ai sogni di Harry, non volevo essere io il muro della sua sconfitta, tanto meno la causa del suo più grande rimpianto. Lo avrei lasciato partire e avrei accantonato il mio sentimento, tifando per lui ad ogni singola partita. Era quello l'amore in fondo, il sacrificio della propria felicità per avere in cambio quella dell'altra persona. In amore non v'è egoismo, gelosia o risentimento, non può esistere rimpianto o malinconia, ma solo buoni propositi e sentimenti gentili. E siccome l'amavo avrei buttato all'aria ogni cosa, anche la mia stessa vita, pur di renderlo felice.


**Anticipazioni**


Alzò il volto verso di me perforandomi con le iridi smeraldo. “No” soffiò, portandosi una mano ai ricci spettinati. “Mi viene da vomitare.”
Mi chinai sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. “Andrai benissimo, non devi preoccuparti.”
“Non credo, ho la testa vuota, ho dimenticato tutte le battute” nel dirlo perse la voce un paio di volte.
In un gesto spontaneo gli posai entrambe le mani sulle guance e sorrisi. “Harry, andrà tutto benissimo, io sono qui” e non so esattamente perché, ma posai le mie labbra sulle sue, in un attimo che parve infinito. Quando mi allontanai -dopo solo due secondi- entrambi sembravamo aver lasciato una parte importante di noi stessi nell'altro. “Perché?” l'accenno di un sorriso comparve sulla sua bocca rosea, ma si preoccupò subito di mascherarlo con una smorfia.
“Per vederti sorridere un'ultima volta."
 

                                                                                                      
                                                                                                          


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Capitolo 19
*** XVIII capitolo ***


                                                                                                                                                   


XVIII capitolo





Ehy! 8D
Allora, come al solito non so che cavolo dire, non ho mai abbastanza parole quando servono, mi dispiace tanto, davvero.
Vi ringrazio soltanto, siete degli zuccherini. Scusate eventuali errori e la banalità del capitolo, ma era essenziale vi facessi capire un po' l'andamento dell'opera teatrale, siccome l'avevo inserita fin dall'inizio nella storia. Non sono soddisfatta per niente, ma ho avuto troppo poco tempo e quindi scusatemi :D
Non aggiungerò le anticipazioni perché non mi va di farmi capire qualcosa, sarà tutta una sorpresina 8D
A presto, un bacio grande.


Buona lettura.





Pov.Zayn


Entrammo in teatro e velocemente ci accomodammo, avevo messo gli occhiali in caso avessimo dovuto sederci troppo lontani dal palco, ma a quanto pareva non ce n'era stato bisogno, eravamo in seconda fila e si vedeva benissimo.
“Non vedo Niall da nessuna parte” borbottò Liam seduto al mio fianco guardandosi attorno curioso.
Feci vagare lo sguardo in giro, ma non intravidi la testa bionda dell'irlandese da nessuna parte. “Probabilmente è così impegnato che non si farà vedere fino alla fine” constatai, non era la prima volta che assistevamo ad un suo spettacolo, sapevo come si comportava solitamente, ma Liam non lo ricordava ancora.
Lui annuì e si accomodò meglio sulla poltroncina rossa, poggiando una guancia su un palmo, inclinato completamente dalla mia parte. Passarono circa dieci minuti -in cui non spiccicammo parola- e poi finalmente le luci si spensero, facendo intendere che tutto stava avendo inizio. Una musica bassa e delicata si propagò formando un lieve eco, ma nessuno entrò in scena. Mi raddrizzai, non capendo cosa stesse succedendo quando la mano calda di Liam mi si arpionò al braccio e mi scrollò animatamente. Mi voltai verso di lui e mi fece cenno col capo di guardare verso destra. Allungai il collo per sbirciare dietro le sue spalle e mi resi conto che in fondo alla nostra fila se ne stava Niall intento a sbracciarsi. “Credo ce l'abbia con te” mi suggerì il mio vicino a bassa voce.
Mi alzai e cercando di non dare troppo disturbo alle persone sedute raggiunsi il biondo, accorgendomi solo in quel momento quanto il suo viso trasmettesse la sua intera preoccupazione. Continuava a mordicchiarsi l'interno della guancia e a gesticolare confusamente.
“Vieni con me, Harry ha avuto una specie di attacco di panico” a quelle parole mi scoppiò il cuore nel petto e senza farmelo ripetere due volte lo seguii fino a dietro il palco, dietro le quinte.
Non appena Niall mi indicò Harry, che se ne stava seduto scompostamente sul pavimento con la testa china, mi venne un altro colpo. Gonfiai i polmoni d'aria e mi spinsi verso di lui, mentre il biondo se ne andava da qualche altra parte ancora sotto shock.
“Harry tutto bene?”
Alzò il volto verso di me perforandomi con le iridi smeraldo. “No” soffiò, portandosi una mano ai ricci che erano stati schiacciati dall'elmetto. “Mi viene da vomitare.”
Mi chinai sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. “Andrai benissimo, non devi preoccuparti.”
“Non credo, ho la testa vuota, ho dimenticato tutte le battute” nel dirlo perse la voce un paio di volte.
Gli posai entrambe le mani sulle guance e sorrisi. “Harry, andrà tutto benissimo, io sono qui” e non so esattamente perché ma posai le labbra sulle sue, in un attimo che parve infinito.
Quando ci separammo entrambi sembravamo aver lasciato una parte importante di noi stessi nell'altro. “Questo perché?” distese le labbra in un fievole sorriso.
“Per farti sorridere.” La verità era che avevo cercato soltanto un misero pretesto per sentire almeno per un'ultima volta il suo sapore dolce e la consistenza della sua bocca incollata alla mia. “Allora hai intenzione di salire in scena e fare un figurone o ti ci devo portare in braccio?”
Inarcò un sopracciglio. “Non sono sicuro, ho paura di sbagliare, le ultime scene non le abbiamo nemmeno provate assieme.” Ed era vero, a causa degli ultimi accaduti non avevo nemmeno mantenuto la mia promessa, non avevo finito di aiutarlo. Mi feci schifo da solo.
“Mi dispiace” lui arricciò le labbra in un breve sorriso. “Ma andrà bene, davvero. Ti fidi di me?”
I suoi occhi smeraldo brillarono e sospirò forte, soffiandomi un po' d'aria calda e profumata sul volto. “Sì, certo.”
“E allora sali sul palco, io sono seduto in seconda fila nel mezzo, rimarrò tutto il tempo concentrato su di te e se all'improvviso ti sentirai afflitto o non in grado guardami, okay?”
Annuì convinto e mi alzai, porgendogli poi una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi a sua volta. “Allora a dopo e grazie Zayn” il modo in cui pronunciò il mio nome mi fece inciampare il cuore.
“Quando vuoi” feci spallucce e aspettai che scomparisse dietro il gran tendone prima di fuggire a mia volta al mio posto, dove avevo lasciato il povero Liam tutto solo.

**

“Niall si è superato questa volta” sussurrai al mio vicino che tutto concentrato non faceva altro che sospirare e sorridere dall'inizio della tragedia.
Senza staccare gli occhi dorati dal palco annuì. “Ho la pelle d'oca” ammise facendomi vedere i peli delle braccia rizzi.
Anche io ero stato colpito fin dall'inizio dallo spettacolo, seppur conoscessi tutto a memoria. Il modo di recitare degli attori era impeccabile, non sembravano nemmeno essere dei principianti e beh, Harry era spettacolare, cosa di cui però ero già a conoscenza. Me ne ero reso conto durante le prove che avevamo fatto assieme, aveva una predisposizione strabiliante per la recitazione.
“Finirà bene?” era da dieci minuti che Liam mi ripeteva sempre la stessa domanda e io finivo sempre per rispondergli che non facevo spoiler.
Eravamo arrivati quasi a metà e qualcuno già piangeva come una fontana, il mio vicino si tratteneva a stento. A quanto pareva la storia d'amore travagliata di Orlando e Fabrizio stava piacendo molto. In fondo non dovevo nemmeno stupirmene, Niall aveva creato dei personaggi fantastici, Orlando, il più piccolo, con il suo carattere forte, orgoglioso e indeciso, che si ritrova a dover combattere non solo con i propri sentimenti, ma anche con l'uomo che si rifiuta di credere d'amare e Fabrizio, un uomo sincero e innamorato in continua lotta con sé stesso, indeciso se scegliere la propria vita oppure l'amore.
Harry, nonché Fabrizio, avanzò d'un passo verso Orlando stringendo le dita attorno all'elsa della lunga spada, mentre con l'altra mano, quella libera, andò a sistemarsi il tricorno* sulla testa e poi il mantello con gesti veloci e tremanti. Il petto ansante si alzava e abbassava rapidamente, mentre le labbra erano socchiuse, guardava l'altro debolmente.
Si era appena tenuta l'ennesima battaglia, nel quale entrambi avevano riportato qualche lieve ferita agli arti. Erano stanchi, lo si leggeva sulla loro fronte corrugata, nelle labbra corrucciate, erano stanchi di tutto, non solo di dover lottare.
“Un giorno” cominciò con voce roca Fabrizio “un giorno arriverà il momento in cui uno dei due dovrà realmente soccombere per mano dell'altro e non posso fare a meno che domandarmi se è davvero questo quello che volete. Mi domando se davvero sentiate la voglia di uccidere la persona che amate, perché io non la sento.”
Orlando si tolse il cappuccio, mostrando i capelli neri e spettinati, incollati alla fronte alta. Respirò forte, una, due, tre volte e poi lasciò cadere il mantello nero sul parquet -come fosse divenuto improvvisamente troppo pesante-, mostrando la camiciola candida infilata nelle brache lunghe fino al ginocchio color beige. “La verità è che preferirei morire per vostra mano, piuttosto che perire infilzato dalla spada del migliore dei vostri spadaccini.”
Il più grande sospirò e fece un altro passo in avanti, arrivando a qualche centimetro dal suo amato. “Se dovessi scegliere tra il lasciarmi uccidere o l'uccidervi con le mie stesse mani allora sceglierei di morire” ammise in un soffio, portando un palmo sul volto dell'altro. “Ma se potessi avere la scelta di morire tra le vostre braccia oppure di vivere accanto a voi allora sceglierei la seconda, mi capite?”
Orlando scosse il capo, facendo ondeggiare i ciuffi corvini. “Riflettendoci, è pressoché naturale scegliere la vita, anziché la morte.”
“E allora perché voi scegliete d'esser ucciso o addirittura d'uccidere?” sospirò e tolse la mano dalla gota del più piccolo, riportando il braccio lungo il fianco asciutto. “Potreste fuggire via con me e trascorrere felicemente la vostra vita, eppure decidete di impugnare la spada e lottare, io non vi comprendo.”
Liam al mio fianco sospirò trasognante borbottando qualcosa, ma io lo ignorai bellamente concentrandomi invece sui due protagonisti.
“Non sarebbe un trascorso facile” si permise di accordare Orlando, mandando in frantumi le prime barriere che aveva posto tra lui e l'amato. “Non sappiamo nemmeno se sarebbe felice a dirla franca.”
“Se io vi amo e voi ricambiate che cosa può esserci di sbagliato o infelice?”
Orlando si irrigidì e indietreggiò d'un passo, rialzando le difese. “Non ho mai ammesso d'amarvi e mai lo farò, non accetto menzogne lo sapete.”
“E io non vi chiedo di proferirne”, rispose stringendosi nelle spalle larghe “ma sappiamo entrambi che siete rimasto incantato dal mio bacio” si stava riferendo all'atto in cui Fabrizio esausto e deluso dai continui rifiuti del compagno aveva incollato le proprie labbra su quelle dell'altro ricevendo poi un pugno in faccia, era una delle mie parti preferite, sul copione di Harry infatti avevo disegnato un piccolo cuoricino su quella parte.
“State vaneggiando ora!” sputò irato il bruno, alzando la testa al soffitto.
Nello stesso istante un boato si aggiunse ai loro respiri affannosi ed entrambi capirono che era il momento di ritirarsi, che quella battaglia era per il momento finita, o meglio rimandata.
Il più grande si portò una mano al volto, coprendola del tutto. “Vorrei ricordaste soltanto che vi amo oggi, che lo farò l'indomani e il giorno dopo ancora” Orlando a quelle parole parve perdere la sua solita maschera impenetrabile e gli occhi scuri si misero a brillare “che in ogni luogo in cui sarete il mio cuore vi apparterrà e in ogni modo, qualsiasi cosa accada, io sarò vostro, fino alla morte.”
Dopodiché si separarono correndo uno nella direzione opposta all'altro, per raggiungere la propria armata.

**

Eravamo arrivati all'atto finale, Fabrizio ed Orlando avevano lottato ancora una volta fino allo stremo, ma questa volta non da soli, ma circondati da una schiera di combattenti decisi a rubare più vite possibili. Orlando naturalmente non aveva ancora ammesso il suo amore per il più grande e quello si era limitato a parare gli affondi senza mai colpire, rimanendo sempre sulla difesa. Ad un tratto però accadde qualcosa, successe tutto così rapidamente da lasciare gli spettatori col fiato sospeso: un uomo brandendo un pugnale si spinse ferocemente verso le spalle di Orlando, fece per affondare la corta lama nel fianco del bruno, quando Fabrizio, anticipando il gesto, riuscii a tuffarsi di lato appena in tempo per mozzare la mano del proprio alleato in battaglia, che ricadde versa e bagnata di liquido cremisi ancora stretta al pugnale. Seguì un feroce grido addolorato e ancora un altro, appartenente questa volta però ad Orlando.
Fabrizio se ne stava chinato su un ginocchio con la spada del più piccolo conficcata nel petto, lo penetrava da parte a parte. Nel parare l'affondo del nemico di Orlando non aveva fatto altro che spingersi contro la spada sguainata dell'amato.  “Credo di dovervi delle scuse” la voce di Fabrizio era un flebile soffio, appena udibile e smorzata dagli zampilli di sangue che gli colavano dalle labbra. Orlando si chinò su di lui, con ancora l'elsa della propria arma tra le mani tremanti. “Non sono stato capace di mantenere la mia promessa.”
Orlando aveva il volto cosparso dalle lacrime, eppure l'espressione orgogliosa non lo aveva ancora abbandonato. “Quale promessa?”
“Anni or sono vi promisi di rimanervi per sempre accanto” sorrise e mi venne un colpo quando gli occhi di Fabrizio, no, quello era Harry, schizzarono dalla mia parte per poi tornare subito sull'altro attore. Cosa voleva dire quello sguardo? Liam si voltò a fissarmi, lo aveva visto pure lui, non ero impazzito quindi. “Ma a quanto pare è arrivata la mia ora e sono costretto a lasciarvi.”
“No!” Orlando scrollò il capo, disperato. Stava urlando, ma la battaglia era così dura che nessuno se ne rese conto. “No, voi non mi lascerete, non ora, non ve lo permetto!”
“Vorrei poteste capire quanto vi ho amato, ma più di ogni altra cosa vorrei mi aveste ricambiato, almeno per un giorno da quando le nostre vite hanno preso strade incrociate, vorrei aveste sentito il vostro cuore ardere d'amore per me almeno per un giorno, sì.” Tossì un paio di volte, le lacrime stavano sbocciando sui suoi smeraldi rotondi, forse dal dolore per la ferita, forse dal dolore della perdita.
“Ma io vi amo!” ululò Orlando, ma era davvero troppo tardi. “Vi ho sempre amato e sono stato un vile a non ammetterlo prima! Non mi lasciate, non potete farlo!”
Il più grande sorrise, lieto di udire finalmente quelle parole. “Vi lascio il mio cuore, amor mio” mi partii un altro battito e forse partì anche a Orlando, perché singhiozzò forte. Poi Fabrizio chiuse gli occhi e si lasciò andare all'indietro e il più piccolo levò la spada dal suo petto, prima che la schiena dell'uomo senza vita potesse toccare il pavimento. Poi disperato si chinò sul corpo esanime dell'amato, lo strinse a sé e pianse, pianse talmente tanto da farmi scoppiare il cuore nel petto.
“Vi amo Fabrizio, l'ho sempre fatto e sempre lo farò” tra i singhiozzi continuava a parlare al corpo dell'altro, come se potesse davvero sentirlo. Sembrava una lunga preghiera, eppure erano soltanto le parole di una persona che ha perso semplicemente tutto. “E mai vi dimenticherò e lascerò affievolire il vostro ricordo, il mio cuore batterà per voi fino al giorno della mia morte e mai nessuno prenderà il vostro posto.”
“Vi ho amato tanto, vorrei avervelo comunicato prima, vorrei la natura ci avesse dato il permesso, vorrei il tempo ci avesse concesso più momenti, ma soprattutto vorrei tornaste indietro e che mi baciaste ancora una volta.” Nel dirlo si poggiò con le mani sul petto immobile di Fabrizio e posò delicatamente le proprie labbra sulle sue.
“Vi amo e vi lascio il mio cuore, amor mio.”
Quando le luci si accesero e i grossi tendaggi rossi si richiusero coprendo la scena, mi ritrovai circondato da una miriade di persone in lacrime che battevano come delle forsennate le mani. Mi aggregai al gruppo e poi sorrisi a Liam che come il resto della gente presente si asciugava il volto con la manica della camicia, cercando di darsi del contegno.
Si aprì nuovamente il sipario e ogni singolo attore ci si parò davanti sul palco e si inchinò varie volte. Niall fece i ringraziamenti e poi fu la volta di Catherine. Harry sorrideva orgoglioso e mi fissava, come a voler chiedermi se mi fosse piaciuto o meno, io annuii sorridendo.

**

Schivai la gente ammassata che continuava a parlare dell'opera come fosse la più bella mai vista e cercai ovunque Harry, sperando non fosse già scomparso.
Ad un tratto notai un uomo con delle rose rosse in mano e mi bloccai di colpo, illuminato da un'idea. “Me ne vende una?”
“Sono un regalo per uno dei protagonisti” mi rispose sorridendo.
Annuii e distesi le labbra. “Gliene compro una, mi dica un prezzo e la pagherò.”
“Non le vendo” ammise, ma poi sembrò ripensarci e mi porse una rosa, la afferrai e corrucciai la fronte, non capendo. “Sembri particolarmente innamorato, te la regalo” mi spiegò. Io lo ringraziai cinque volte, forse anche di più e poi me ne andai, riprendendo le ricerche.
“Zayn, di qua!” La sua voce roca l'avrei saputa riconoscere nel bel mezzo di un coro di cinquanta persone. Quando lo intravidi mi sentii con i piedi ad un metro da terra, se ne stava seduto su un piccolo sgabello al lato del palco con i capelli spettinati e i vestiti sgualciti, doveva aver abbracciato talmente tanta gente da sentir male alle braccia, ma ciò che mi colpì più di tutto fu il sorriso mozzafiato che sbandierava senza ritegno.
Gli andai accanto e gli porsi il fiore, lievemente imbarazzato. “Complimenti Harry.”
Lo accettò entusiasta e ci si tuffò dentro con il naso, inspirando il dolce profumo. “Non ho mai ricevuto dei fiori, cavolo.”
“Beh, una sola rosa è un po' misera, te ne meritavi cinquanta come minimo” avrei dovuto pensarci prima e comprargli un intero mazzo.  
Si strinse nelle spalle. “Una è già abbastanza direi” sorrise. “Grazie davvero comunque, senza di te non ci sarei nemmeno salito su quel palco.”
Non sapendo cosa rispondere mi limitai ad arcuare le labbra verso l'alto, sfiorandogli una spalla con la punta delle dita tremanti. Lo amavo, lo amavo talmente tanto da sentirmi il cuore bruciare nel petto con un suo solo sguardo. “Quando partirai?” chiesi d'un soffio, ricordandomi all'improvviso che non era possibile, perché era finito anche il nostro tempo.
“Dopo domani.” Qualcosa nel petto si storse, arrivando al punto di non ritorno. Mi ero rotto, qualcosa dentro si era spezzato e non sarebbe più tornato come prima.
“Devo darti ancora una cosa, domani posso portartela?” avevo bisogno di sapere di avere almeno un'ultima opportunità, avevo bisogno di fargli sapere che non era finita davvero.
Annuì e si alzò, sbattendo le mani sulle cosce atletiche. “Certo!”
"Ti" Feci per aggiungere qualcosa, di cui nemmeno ero a conoscenza di voler dire, quando quattro ragazzine si avvicinarono a noi sorridendo sornione al riccio. Tenevano in mano dei fogli e qualche pennarello colorato, molto probabilmente volevano un autografo. "Ti faccio ancora i miei complimenti" mi ritrovai a bofonchiare. Salutai con un cenno le ragazze ed Harry e corsi letteralmente via.
L'indomani si sarebbe tenuto il nostro, di gran finale; la fine della nostra tragedia ed io non ero pronto. No, affatto.



*Tricorno: corpicapo a tre punte in voga nel 1700, solitamente portato sotto al braccio, in modo da non sporcarlo con la parrucca incipriata.



                                                                                                                                     

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Capitolo 20
*** XIX capitolo ***




XIX capitolo




Ragazze ciao 8D
Ho da dirvi un paio di cosette :'D
Per prima cosa: sono emozionata e agitata, cavolo questo è il penultimo capitolo e voi mi mancherete maledettamente, se potessi vi rapirei tutte e vi porterei a casa mia, ma purtroppo vivo in un piccolo appartamento e vi toccherebbe dormire sul tetto e proprio non ve lo meritate, nossignore.
Per seconda cosa: sinceramente non sono soddisfatta nemmeno di questo capitolo e la cosa mi turba molto, perché proprio questi ultimi capitoli mi hanno lasciato con l'amaro in bocca e boh, non so più che pesci pigliare.
Per terza ed ultima cosa: sapete la storia, la Niam che avevo deciso di scrivere? Sono in un punto morto, così mi sto deprimendo perché non sono sicura se mi piaccia o meno D: Mi uccido da sola, risparmiatevi le fatiche.
Comunque, vi lascio al capitolo (ancora niente anticipazioni, vi avviso). Scusate eventuali errori e la banalità del capitolo. Ringrazio tutte, un bacio grande <3 A presto.


Buona lettura




Pov. Harry



Abbandonai sul pavimento lindo le due grosse valigie e mi voltai verso mia madre che non aveva ancora finito di piangere. “Mamma ti verrò a trovare a Natale e a Pasqua e ti chiamerò tutti i giorni, non piangere dai” la abbracciai forte e lei mi si arpionò addosso come un koala, continuando a singhiozzare.
Louis era accanto a noi e aveva anche lui gli occhi lucidi, cercava di trattenersi invano. Avevano scelto di accompagnarmi all'aeroporto promettendomi di non piangere eppure, proprio come avevo immaginato dal principio, mi stava toccando consolarli. “E Louis non ti ci mettere pure tu, tornerò lo sapete, non vado in Alaska!”
Lui scrollò il capo in lacrime e non appena mia madre mi mollò per potersi soffiare il naso mi assalì, stritolandomi letteralmente. Non mi avevano ancora dato tregua da quando avevo comunicato la mia idea di trasferirmi in Spagna per seguire il mio sogno.
“Mi mancherai, tanto, tantissimo” strofinò il naso sulla mia camicia e aumentò la presa sui miei fianchi. Io dal mio canto ero piuttosto felice d'andarmene, lui ed Eleanor si erano presi una pausa, ma lui l'amava, in un qualche suo modo particolare lui le voleva bene tanto quanto ne voleva a me ed era giusto risolvessero i loro problemi e tornassero ad essere la bellissima coppia che erano stati.
“Anche tu” ammisi e mi staccai dal suo corpo mingherlino, asciugandogli con l'interno del polso le guance umidicce.
Lui sospirò e tirò su col naso, indecentemente. “E stata una cosa stupida non aver avvisato Zayn che saresti partito con un giorno in anticipo, sei proprio scemo.”
Mia madre annuì, dando ragione al mio migliore amico. Sapevo bene di essere stato davvero uno stolto a non aver avvisato il ragazzo che amavo della mia partenza anticipata, ma volevo convincermi con tutte le forze fosse stata la scelta più giusta e loro non mi aiutavano affatto.
“Almeno non dovrò dirgli addio” feci spallucce dando un calcetto ad uno dei due bagagli.
Mia madre sbuffò rumorosamente, cingendomi le spalle con un braccio. Non aveva ancora perso quella abitudine, seppur ormai dovesse mettersi sulle punte per poterlo fare. “Quindi preferisci lasciare le cose così?”
Inarcai un sopracciglio, mentre il cuore dava i primi segni di ribellione. “Così come? Lui ha scelto Liam, cos'altro dovrei aspettarmi?”
“Lui ti ama” sputò tra le labbra sottili Louis, dandomi un pugno leggero nello stomaco. “Non vorrai finire come Orly e Fabry?”
Era da quando aveva assistito al mio spettacolo che aveva cominciato a paragonare la mia relazione passata con Zayn a quella inventata di Orlando e Fabrizio. “Oh, finiscila per piacere!”
“Secondo me stai facendo solo un grande errore” finì, corrucciando le labbra.
“Dovrei quindi non partire?”
Spalancò gli occhi azzurri, portandosi una mano alla bocca tragicamente. “No, certo che no, ma almeno dovevi permettergli di vederti un'ultima volta” distese le labbra verso l'alto. “Non doveva mica darti una cosa poi?”
Il cuore perse un battito, me ne ero dimenticato. Avevo dimenticato completamente volesse darmi una cosa. “Me ne ero scordato” ammisi.
“Sei sempre il solito.” Mia madre sorrise e mi diede un buffetto sulla testa. “Penso sia ora che tu vada comunque, fra nemmeno di trenta minuti il tuo volo partirà.”
Li abbracciai entrambi un'altra volta e poi dopo aver annuito alle ultime raccomandazioni me ne andai, lasciandoli soli all'entrata dell'aeroporto.
Andai verso il check in, ma non appena feci per passare il biglietto ad una signorina dal viso gentile una voce familiare mi bloccò col braccio a mezz'aria, intimandomi di guardarmi attorno, perché forse non era tutto perso. Quando non lo vidi però il cuore smise di battere. Era persa ormai ogni speranza, era davvero la fine di tutto quella. La mia mente mi giocava semplicemente dei brutti scherzi.



Pov. Zayn


“Harry, sono qui!” gridai un'altra volta, con tutto il fiato che avevo in gola e lui tornò a far scorrere lo sguardo in giro, poi, finalmente, esaudendo le mie preghiere, mi intravide e spalancò i grandi occhi verdi. Aveva pensato fossi soltanto frutto della sua fervida immaginazione?
“Zayn?” riprese il biglietto che aveva appena dato alla signorina e le sorrise, poi si voltò di nuovo dalla mia parte e ripercorrendo a ritroso la fila mi si avvicinò, trascinandosi dietro le due enormi valige.
“Non me lo hai detto, perché?”
Si chinò per lasciare a terra i due grossi bagagli. “Pensavo non fosse importante” disse rialzandosi e posandomi gli occhi spenti addosso. “Chi te lo ha fatto sapere?”
“Io penso lo sia, insomma si tratta del nostro addio” tutto il discorso che mi ero preparato era andato in fumo, mi uscivano parole messe in fila a casaccio, per di più brutte. “Louis mezz'ora fa ha chiamato Niall e lui ha avvisato me, ho corso qui come un pazzo con questo in mano” alzai la mano nel quale stringevo il grande quadro incartato. Mi era venuto quasi un infarto per arrivare in tempo.
Abbassò le palpebre, nascondendo per qualche istante le iridi verdi. “E' il mio quadro?”
“Sì.”
Si riavviò il ciuffo nervosamente. “Posso vederlo?”
“Certo” con poca delicatezza strappai la carta bianca che lo rivestiva e glielo passai. Sul suo volto passarono tante di quelle emozioni che non capii se ne fosse felice, fiero o che altro.
“E' bello, molto.” Ad un tratto abbassò la tela e la tenne con una sola mano. “Non volevo venissi perché non volevo dirti addio” sembrò perdere pezzi di sé stesso tra quelle parole sussurrate.
Il mio cuore si raggomitolò su sé stesso. “Mi ami ancora?”
“Sì” non ci pensò nemmeno e qualcosa dentro il mio petto prese a muoversi velocemente, come rinato. “Certo che ti amo ancora” aggiunse con un filo di voce.
Mi avvicinai a lui eliminando ogni distanza, posai le mani sulle sue guance rosse e sorrisi. “Ti amo anche io Harry” nel momento in cui quella rivelazione mi sbucò dalle labbra il cuore fermò la corsa forsennata. Ero riuscito a dirglielo, alla fine.
Spalancò gli occhi e la bocca, esterrefatto. Mi sembrò addirittura di sentire il suo cuore scoppiare dalla sorpresa, ma mi dissi fosse solo una mia impressione. “Sei impazzito?”
“Harold Edward Styles ti amo, ti amo e ti amo” ripetei, ad alta voce questa volta, facendo voltare dalla nostra parte qualche curioso.
Lui mi fissò ed io non resistendo al suo sguardo infuocato corsi a cercare altrove dell'ossigeno. Dopo qualche istante però tornai a guardarlo, non riuscendo a farne a meno. Lui se ne stava immobile, come una statua greca, le sopracciglia aggrottate e la bocca serrata. “E Liam scusa?”
“In realtà non ne ero più innamorato, cercavo di auto-convincermene e basta, è stato proprio lui a farmi rendere conto di ciò che provo realmente per te.”
“Mi è sempre piaciuto quel ragazzo” distese le labbra e mi sentii ad un metro da terra, come un perfetto idiota, uno di quelli innamorati però.
All'improvviso una voglia sconfinata di poggiare le mie labbra sopra le sue ancora arcuate verso l'alto si impossessò del mio corpo e inclinando appena il capo lo baciai. Non si scostò come una parte di me si aspettava spaventata, ma si arpionò di più con la mano libera alle mie spalle lasciandomi libero accesso, rispondendo con passione travolgente.
Non volevo quella fosse la nostra fine così mi staccai un istante, lasciando solo la mia fronte poggiata sulla sua calda, per dirglielo. “Non voglio finisca qui Harry.”
Sospirò forte. “Sei sicuro?”
“Insegui il tuo sogno, io finirò l'ultimo anno e poi magari mi trasferirò da te e frequenterò un'università in Spagna, ma non voglio questo si trasformi in un addio” con la punta delle dita gli sfiorai il contorno delle labbra socchiuse.
“No, non volevi mica frequentare il Royal College of Art qui a Londra?”
Se ne ricordava davvero, gliene avevo accennato un pomeriggio e lui se l'era ricordato. Mi strinsi nelle spalle, scoccandogli un fugace bacio sul naso. “Ci sarà una scuola simile a Madrid” constatai.
“Non voglio.” Il suo tono non accettava repliche. “Frequenta quel College qui a Londra, se anche dovessero passare cinque anni prima di poter stare assieme davvero io aspetterò, ma non voglio rinunci al tuo sogno.”
“Piangerai” ed era vero, avrebbe pianto tanto, lo sapevamo entrambi. Non era abbastanza forte.
Lui annuì e poi fece spallucce. “Dobbiamo solo aspettare, arriverà il giorno in cui potremo tornare a stare insieme davvero.”
“Quindi questo è un arrivederci?” avevo bisogno di sentirmelo dire più di ogni altra cosa.
Inclinò il capo da un alto e mi sfiorò con le falangi le guance. “Certo, ti lascio il mio cuore amor mio.”
Mi sembrò di impazzire dentro quelle parole e non potendo farne a meno lo abbracciai, cingendolo forte. Lo amavo, lo amavo più di ogni altra cosa al mondo e lo avrei aspettato anche per dieci anni se solo ce ne fosse stato bisogno. “Il quadro lo tengo io, un giorno verrai a riprendertelo ok?” annuì e mi passò la tela. Me la strinsi al petto, conscio del fatto quella fosse l'unico nostro legame una volta divisi.
“O verrai tu a darmelo” concluse, prima di riprendere in mano i bagagli. “Devo andare Zayn, ricorda che ti amo.” mi scoccò un ultimo bacio sulla bocca e mi diede le spalle correndo verso il suo sogno.
“Ti amo e ti lascio il mio cuore, amor mio” avrei voluto rispondere, ma lui questo già lo sapeva e non sembrò aver bisogno di sentirselo dire.
In fondo quella non era la fine della nostra tragedia, ma l'inizio della nostra storia d'amore. Di occasioni per dirci ci amo ce ne sarebbero state a centinaia se non di più, avremmo dovuto solo attendere.    




                                                                                                                                      

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Capitolo 21
*** Epilogo ***





Epilogo




[Commentino mio alla fine del capitolo 8D]



Buona lettura.






Stavo vagando ormai da più di mezz'ora per la grande stanza osservando i bei dipinti appesi sulle pareti color bianco panna ed il cuore non aveva ancora smesso di battere all'impazzata. Continuavo a ripensare a quei cinque anni passati e a tutte le cose che erano cambiate: Louis si era sposato con Eleanor due estati prima -io ero stato il suo testimone- ed ora aspettavano un bambino, Niall e Catherine avevano messo su una compagnia teatrale e giravano per l'Europa a far conoscere il loro talento e Liam aveva trovato un ragazzo, di nome Evan ed erano felicemente fidanzati da tre anni. Zayn era riuscito a realizzare il suo sogno e dopo aver preso la laurea aveva comprato un piccolo locale nel centro di Londra e si era messo a fare mostre d'arte, divenendo famoso in davvero poco tempo ed io invece ero sempre il solito, l'unica cosa cambiata era la squadra di calcio in cui giocavo, quell'estate ero stato comprato infatti dal Manchester, ma nessuno ancora ne era a conoscenza.
Voltai un angolo e lo vidi, se ne stava con le braccia incrociate dietro la schiena e i capelli scuri lasciati scomposti sulla fronte, mi aveva detto non amava più usare il gel, ma riuscivo a crederci solo ora, vedendolo coi miei stessi occhi. Indossava una camicia di jeans abbottonata a casaccio, con le maniche rigirate fino ai gomiti e dei pantaloni color beige stretti, che gli delineavano alla perfezione il fondo-schiena sodo. Sorrise alla donna sulla quarantina che gli stava accanto e lo guardava ammaliata e le disse qualcosa, toccandosi distrattamente i capelli. Quella annuì e si rimise a scrivere su un piccolo blocchetto che teneva stretto in una mano affusolata. Poi se ne andò lasciandolo solo e decisi di avvicinarmi. Gli arrivai alle spalle, in modo che non mi potesse vedere e solo all'ora mi resi conto che il quadro a cui stava di fronte e sorrideva orgoglioso era il mio, quello di nudo. Ogni volta che lo vedevo mi capitava di stupirmi della quantità d'amore che Zayn aveva amalgamato ai colori quasi senza rendersene conto, ma quella volta più che stupirmi me ne vergognai. Arrossii violentemente e mi coprii la bocca con le mani. “Potrei denunciarti” bofonchiai, esterrefatto. Tutti quanti avevano visto l'Edward? Cavolo, no.
Zayn sobbalzò all'udire la mia voce e lentamente si voltò, come se non volesse si trattasse di un semplice sogno e una volta girato, come in un incubo, io non ci fossi stato davvero. “Harry?” domandò incredulo, con le labbra arricciate.
Annuii e gli sfiorai il volto con due dita, scostandogli il ciuffo spettinato dagli occhi di quel bellissimo color nocciola. “Ricomincia a rimettere il gel per piacere.”
Lui ridacchiò e fece 'sì' con la testa. “Da quando sei arrivato?”
“Due ore, Louis mi ha avvisato della tua mostra e sono venuto subito, ero curioso.”
Distese le labbra piene e sospirò. “Ho bisogno di fare una cosa” mi prese per mano e mi tirò serpeggiando intorno alle colonne dove erano appesi i suoi quadri sotto lo sguardo curioso dei visitatori. Si fermò solo quando arrivammo davanti ad una porta color mogano e, dopo averla aperta ci si tuffò dentro, trascinandomi con sé.
Non feci in tempo quasi a rendermi conto che si trattava di un piccolo sgabuzzino che mi ritrovai incollato con la schiena al muro e le sue labbra incantevoli appiccicate alle mie. Insinuò la lingua tra le mie labbra e io mi ci misi subito a giocare con la mia. Avevamo bisogno di quei baci rubati, avevamo bisogno di sentirci nostri, avevamo un assurdo bisogno di quello che ci era mancato per tanto tempo. Avevamo aspettato due anni -in fondo al matrimonio di Louis ci avevamo dato dentro- ed era anche troppo.
Prese a toccarmi, lasciando scie infuocate ovunque e senza troppi scrupoli mi strappò la camicia di dosso, abbandonandola sul pavimento. Si slacciò i pantaloni e abbassò i miei, assieme ai boxer, mentre io non facevo altro che guardarlo affascinato e sfiorarlo di tanto in tanto con la punta delle dita. Lo amavo ancor più di quanto non avessi fatto prima della mia partenza. “Ti voglio” soffiò sul mio volto e io in risposta lo afferrai per la nuca e me lo portai più vicino, facendo scontrare nuovamente le nostre bocche ansanti. Il suo sapore mi era mancato più di ogni altra cosa, così come il suo sorriso.
Con un gesto rapido mi issò su di lui, facendomi circondare con le gambe i suoi fianchi asciutti e spinse il suo bacino verso il mio facendomi gemere di piacere, era bollente e duro. Gli sfilai la camicia di dosso lasciandolo con la semplice canottiera bianca e poi mi sporsi verso il suo collo a lasciargli tanti umidi baci, scorrendo sulla pelle ambrata fino alla spalla. “Non resisto più” gli intimai, spingendomi verso di lui per fargli sentire la mia eccitazione prorompente.
Senza aver bisogno di farselo ripetere fece scivolare una mano sotto di me ed infilò un dito dentro la mia apertura, facendomi fremere. Dopo qualche istante ne aggiunse un altro e poi un altro ancora ed i miei sussulti divennero gemiti sempre più forti.
“Harry ci sentiranno se fai così.” Lo guardai male e mi misi a mordermi l'interno della guancia per non urlare. “Vado?”
Annuì e mi preparai, bloccando tra i denti il labbro inferiore, lui però non sembrò d'accordo e si mise a baciarmi, con passione. Poi, senza nemmeno avvisarmi entrò dentro di me con una sola spinta e fortunatamente il mio grido si spense fra le sue labbra umide.
Ondeggiò per qualche istante con i fianchi in modo da farmi abituare, dopodiché si mise a spingere sempre più velocemente, poggiando la fronte su un mio pettorale e ansimando a gran voce. “Non ansimare così” lui alzò il volto e mi sorrise, mi afferrò per le natiche e con una spinta feroce raggiunse il mio punto più sensibile obbligandomi a tapparmi la bocca con un palmo per non far sentire il mio grido a tutta Londra. Gli strinsi le spalle con le falangi, conficcandogli le unghie nella carne e lo trucidai con lo sguardo. Lui ghignò, ignorandomi, e continuò a muoversi dentro di me per minuti che parvero interminabili, finché con un'ultima spinta venne, seguito subito da me.
Sospirai, lasciandomi andare per terra, sfinito. “La lontananza ti fa bene” scherzai malizioso.
“Ne avevo bisogno, non so nemmeno quando tornerai.” Bofonchiò col fiato corto, accasciandosi accanto a me sul pavimento, poggiando una tempia contro la mia spalla destra. “Mi manchi maledettamente, ti sogno ogni notte.”
Distesi le labbra in un largo sorriso all'udire quelle parole. Me lo ripeteva sempre, in ogni telefonata -e noi ci chiamavamo minimo tre volte al giorno-, come non fosse mai abbastanza, come volesse non farmi dimenticare quanto mi amava follemente.
“Non te l'ho detto? Ho comprato una casa qua in Inghilterra, lavorerò per il Manchester d'ora in poi, saremo sempre vicini vicini” borbottai, strusciando il naso sui suoi capelli morbidi e profumati.
Mi diede un pugno leggero sul fianco, sbuffando rumorosamente. “Dirmelo prima, no eh?”
“E perdermi questo?” gli strizzai l'occhio e lui ghignò. “Mai.”  
In fondo era quello ciò che avevamo sempre sognato entrambi. Vivere un grande amore travagliato, trionfante e felice e coronare il nostro desiderio più grande, per vivere una vita completa. Un po' il sogno di tutti in pratica, innamorarsi ed esaudire i propri sogni e far combaciare le due cose magari.
“Sono venuto a riprendermi il mio quadro, amor mio” sussurrai, abbassando le palpebre.
Seppur non lo vedessi, immaginai stesse sorridendo sornione. “Ma il tuo cuore me lo tengo.”
“Quello sarà tuo per sempre” e anche se potesse sembrare una frase smielata all'inverosimile io lo pensavo davvero, il mio cuore era passato a lui il giorno stesso in cui le nostre strade si erano incrociate.
“Così come il mio lo sarà per te.”
L'amore in fondo non è nient'altro che uno scambio di cuori, il mio va nel tuo petto e il tuo corre nel mio, per riempire quel vuoto che altrimenti non potrebbe essere colmato da null'altro. L'amore a senso unico non può esistere, non possono esserci due cuori in una sola cassa toracica, tanto meno nessuno.
L'amore è uno scambio equivalente basato sul totale affidamento dei propri sentimenti, del proprio orgoglio e della felicità nell'altro.
Alla fine, i nostri cuori, quello mio e di Zayn, si sarebbero appartenuti per sempre, pur essendo eternamente divisi da due corpi.


The end

 



Ciao 8D Come va? Io sono super felice perché ho comprato Up all night e mi sono iscritta al concorso :DDD Yeah, non vincerò mai, ma la speranza è l'ultima a morire, giusto?

Si okay, fa schifo pure questo capitolo, ma è l'epilogo e ho dovuto spiegare in sintesi che è accaduto a tutti e beh, dio non mi uccidete se è finita così. Questo era il massimo che potessi darvi.

Ho il cuore spezzato, cavolo questo è l'ultimo capitolo, davvero, sto male. Mi mancherete tutte, dalla prima all'ultima.
Ragazze davvero, voi mi avete dato la forza per postare ogni nuovo capitolo col sorriso e per questo non vi ringrazierò mai abbastanza. Ho deciso, comunque, di rispondere ad ogni singola recensione che mi lascerete qui, perché mi pento di non averlo fatto prima, insomma avrei avuto l'opportunità di conoscervi un po' e invece sono svogliata e ho risposto sì e no a dieci commenti, mi frusto da sola.

Vi voglio bene anche se non vi conosco -almeno non tutte- e boh, non so che altro dire, se non che ora piango çAAAç

Ecco la nuova storia, intitolata "You're my destiny". Ho postato il prologo ieri perché non riuscivo ad aspettare xD
Ringrazio in anticipo chi vorrà seguirmi e sopportarmi ancora. Spero la Niam avrà lo stesso successo di questa Zarry, perché davvero ne sarei molto felice.


                                                                                                                  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=948417&i=1



Un bacio, ragazze non scriverò a presto, ma arrivederci, alla prossima!

Vostra, Chantal.



                                                                                                        


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