Here Without You

di Kiki87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I° ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I° ***


Here without you.

Return  To Me.

 

I° Parte.

 

 

“  Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono orgoglioso di te…

 

…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa… sono stato troppo egoista con lei…

 

…l’ho fatta soffrire…”.

 

 

Un dolcissimo sorriso, lo sguardo etereo di chi sente l'inequivocabile e irresistibile richiamo del mondo celeste.

 

Un ultimo sorriso a colui a cui ha dato la vita, un ultimo pensiero a chi lo ha amato più d’ogni altra cosa...chi fin da bambina gli ha donato il suo cuore...

 

Un dolce ma terribile solleticare del cuore...un brivido... una lacrima birichina che fa brillare quegli occhi di velluto...come l'ultima stella che illumina il firmamento e sta per dissolversi...

 

Un ultimo sguardo per abbracciare il mondo, tutti coloro che l'hanno amato e continueranno a farlo da quaggiù, a tutti coloro che lo sa, continuerà ad amare e guardare dall'alto.

 

 

 

Addio.

 

 

~

 

Juman stava ancora trafficando intorno al televisore, ma sembrava che fosse impossibile ripristinare il collegamento con l'arena in cui si stava ancora svolgendo il Cell Game. Spense la televisione, quando apparve di nuovo l'immagine di un giornalista che si scusava con gli utenti per il disagio creato al quale - veniva detto - i tecnici stavano cercando di porre rimedio, ma risultava impossibile rintracciare l'operatore e il giornalista inviati al Torneo.

 

Sospirando, rivolse lo sguardo a sua figlia: la giovane donna era seduta alla tavola, il cestino da ricamo era ancora posato ed aperto sulla superficie di legno.

Teneva in mano una tuta da combattimento arancione che stava cercando di rammendare un'ennesima volta. I suoi movimenti erano precisi, esperti, abitudinari, mentre Juman osservava l'ago illuminato dalla luce del lampadario emergere e poi nascondersi di nuovo nel tessuto che la donna stava rinforzando.

I suoi occhi non seguivano le sue azioni, ma sembravano osservare un punto indefinito, un tumulto d’emozioni, di sensazioni sottopelle pesavano come un immenso e insostenibile macigno nel suo cuore le cui fragili pareti oscillavano impotenti.

 

La mano di suo padre si era poggiata delicatamente ma fermamente sulla sua spalla, la giovane si riscosse, e finalmente alzò quelle perle di notte verso di lui.

Vide un sorriso fiducioso e speranzoso fare capolino sulla faccia barbuta ed estendersi ai quegli occhioni dolci e gentili.

 

"Andrà tutto bene, Chichi”.

 

Disse un'ennesima volta, infrangendo il silenzio carico di tensione che regnava sovrano nella stanza, la giovane continuò a guardare il padre attentamente, sostenendo il suo sguardo e cercandovi una conferma a quanto aveva detto, cercando in quegli occhi conosciuti quella forza di cui ora sentiva di avere un disperato bisogno. Suo padre annuì con il capo, continuando a sorridere e premendo la mano sulla sua spalla ancora una volta.

 

Un sorriso fece debolmente capolino sulle sue labbra, seguito da un profondo sospiro, mentre chiudendo gli occhi, miriadi d'immagini dei suoi due 'uomini' emersero: la festa di compleanno del loro adorato Gohan, e il modo in cui si era disastrosamente conclusa (povera torta di compleanno! E pensare tutta la fatica che aveva fatto per prepararla…che brutta fine! Spalmata addosso a lei, a suo marito, a Crilin e a suo padre!), il loro picnic sul lago, il modo in cui il bambino sorrideva rassegnato quando gli intimava di fare i suoi compiti (sebbene avrebbe preferito di gran lunga seguire il padre in una delle sue passeggiate, o semplicemente a fare un sonnellino sotto i tiepidi raggi del sole),  il modo in cui si era lasciato stringere e baciare più e più volte, per salutarla, rassicurandola che tutto sarebbe andato bene, sarebbero presto tornati da lei.

 

'Goku...'.

 

Lo rivide da piccolo, quando era giunto a salvarla per ricondurla alle braccia paterne, il loro prima viaggio sulla sua nuvola d'oro,  quel primo disastroso appuntamento…quello stupidone aveva frainteso tutto e l’aveva sfidata a combattimento, quando lei trepidava per un bacio (e il pugno rimase per sempre impresso nella corteccia del malcapitato albero e sotto le loro iniziali!), il loro scontro al Torneo d’Arti Marziali, il loro fidanzamento, l'avventura per la ricerca del ventaglio di Bansho, il matrimonio, la nascita del loro bambino.

 

Aveva osservato il marito in quegli ultimi dieci giorni, notando come più e più volte si soffermava a guardarla, a guardare il loro figlioletto, distribuendo sorrisi, baci ed abbracci con tenera assiduità, ricordò di averlo sorpreso più volte a vegliare il figlio, quando lei - dopo le consuete ultime pulizie domestiche - saliva al piano superiore.

Immancabilmente lo vedeva trasalire quando appoggiava una mano sulla sua spalla e gli chiedeva che cosa stesse facendo, allora le sorrideva, con quel caldo ed intenso sorriso da Son, pieno di luce e d'amore, carezzandole la guancia, riponendole alcune ciocche di capelli dietro l'orecchio, mentre il suo sguardo si faceva così intenso da metterla in soggezione e farla arrossire come una scolaretta.

Lui allora sorrideva con una semplicità e un calore tale da disarmarla, prima che si chinasse, e come ali di farfalla, posasse le labbra sulle sue. In modo così dolce, tenero da darle l'impressione che stessero condividendo il loro primo bacio, salvo scostarsi con quello stesso magico sorriso e poi condurla, tenendola per mano, verso la loro camera. Si era stupita di quanto persino quell'aspetto da guerriero, da 'duro', da vero e proprio saiyan (persino la notte, con suo rammarico, non rinunciava alla trasformazione in super saiyan) s’illuminasse e si bagnasse della sua tenerezza, della sua unica dolcezza…ricordò con un sorriso ancora una volta la festa di compleanno…aveva assaggiato della glassa, prendendola dal viso di Goku e il super saiyan, l’uomo più forte dell’universo…era arrossito…

 

Un delizioso colorito roseo le tinse le gote e le illuminò gli occhi d'ebano al ricordo di quella notte trascorsa insieme, al momento in cui si era appisolata e si era lasciata cullare dalle sue braccia, cadendo in un tepore che le aveva regalato un meraviglioso sonno che non aveva più provato fin dai primi giorni di matrimonio, vuoi le varie preoccupazioni domestiche, vuoi le lunghe assenze del figlio e del marito e l'acquisita consapevolezza del ruolo che doveva ricoprire, in quanto moglie dell'eroe, del salvatore della Terra.

 

Ricordò del meraviglioso risveglio, il bacio che le aveva regalato suo marito, le sue carezze sulla guancia, quello sguardo intenso e perso in ogni suo gesto, mentre l'aveva di nuovo attirata a sé, stringendola con tanta forza quasi da farle male, quasi temendo che lei sarebbe potuta scomparire da un momento all’altro e le dolci parole d’amore sussurrate mentre i raggi del sole li salutavano, annunciando l'inizio di quella lunga giornata.

 

Sospirò ancora una volta e ultimate le cuciture, prese in mano la casacca della tuta arancione di suo marito, sorrise soddisfatta, chiedendosi distrattamente in quale stato pietoso sarebbe rincasato, ricordandosi di andare nella loro camera e tirar fuori il kit del pronto soccorso per disinfettare le varie abrasioni e ferite, e pensando con un sospiro che il giorno dopo avrebbe impiegato diverse ore per rammendare le tute - o meglio i brandelli di tute - che suo marito e suo figlio avrebbero esibito al rientro. Si rilassò contro lo schienale della sedia, chiudendo per un attimo gli occhi, portandosi una mano al ventre, quando avvertì un'improvvisa ed insolita fitta di dolore.

 

Ma quella fitta al ventre, fu nulla rispetto all'improvvisa e agghiacciante morsa in cui sentì il suo cuore stringersi e quasi soffocare, annaspò per qualche istante senza fiato, lasciando cadere a terra la casacca, e portandosi le mani al cuore, avvertendone il rallentamento dei battiti...un secondo dopo...le sembrò che le pareti del suo cuore fossero semplicemente crollate, mentre un brivido freddo le corse lungo la schiena.

 

"Chichi?! Tesoro...cosa...?!".

 

 

' Mio Dio...Goku...'.

 

~

 

 

La luna regnava sovrana in quella gelida notte, le stelle - una alla volta - erano apparse nel cielo e vegliavano amorevolmente sulla terra e sull'umanità, quasi ad indicare che la paura, il terrore, la morte che sembrava incombere su tutti, si erano dileguate e la vita, con la sua straordinaria forza avrebbe ripreso a scorrere.

 

“Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono fiero di te…

 

…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa…sono stato troppo egoista con lei…

 

…l’ho fatta soffrire…”.

 

Quelle parole, le ultime sussurrate dal padre, continuavano a ronzare nella sua mente, come una dolce ma straziante melodia, mentre si rendeva conto che non avrebbe mai, mai dimenticato il suo sguardo, il suo sorriso, quel luccichio nei suoi occhi, il suo Addio.

 

Vide dall'alto la sua casa, un fumo nero che usciva dal camino, le luci ancora accese. Nonostante la tarda ora, sapeva che sua madre era lì, la sua dolcissima quanto severa madre; sapeva che aprendo la porta sarebbe stato risucchiato tra le sue braccia, su di lui avrebbe pianto lacrime di gioia, gli avrebbe detto con voce rotta quanto lo amasse, quanto si fosse preoccupata per lui, e quanto fosse stato incosciente suo padre a decidere di farlo combattere...

 

A quel pensiero fu come se una ferita avesse ripreso a sanguinare, il suo cuore perse un battito, sospirò, cercando di arginare quel magone che dall'addio di suo padre gli stringeva la gola, facendolo annaspare, racchiuse nelle palpebre le lacrime che avrebbe voluto versare amaramente.

 

Atterrò sul suolo, muovendosi un passo alla volta, lentamente, mentre cercava di distinguere la figura di sua madre, ma nella sua mente non poteva smettere di proiettare le immagini di suo padre, le sue parole, lo avrebbero accompagnato – n’era certo – fino a quando non sarebbe stato lui a chiudere gli occhi per sempre.

 

Sua madre...la sua dolce, forte ma fragile e delicata madre...quali parole per esprimere il tutto?

 

Quali parole per confortarla? Per darle forza?

 

Lui...lui che era solo un bambino...

 

Lui che aveva vissuto delle esperienze che nessun altro bambino alla sua età avrebbe mai potuto immaginare; che nessun bambino dovrebbe conoscere, lui che si sentiva così vulnerabile.

 

Lui che aveva salvato la Terra, lui che aveva eliminato quell'assassino, lui che si era macchiato le mani del suo sangue, lui che aveva sviluppato una forza fisica di gran lunga superiore al principe dei saiyan...e a suo padre.

 

Lui che...si sentiva così…abbandonato.

 

Guardò in alto il cielo, sospirando e scacciando le lacrime che scorrevano sul suo viso, mentre un solo, amaro singhiozzo fuoriuscì dalle sue labbra tremanti.

 

Quasi vergognandosi, si asciugò prepotentemente il viso, e sospirò prima di guardare ancora verso il cielo, quasi certo che lassù suo padre lo stesse guardando…e sicuramente stava sorridendogli.

 

‘ Papà…perdonami se puoi.’.

 

Mise una mano sulla maniglia e aprì la porta, entrando sulla soglia dell’uscio le sue narici colsero subito il profumo delle varie pietanze che sua madre doveva aver preparato per  festeggiare, avvertì il fragore delle fiamme che ardevano nel camino,  ma i suoi occhi in quel momento cercavano solo una persona.

 

La vide scendere le scale che conducevano al piano superiore, tenendo in mano tutto il necessario per le medicazioni, ma quando i loro sguardi si incrociarono, vide le sue labbra comporre il suo nome, seguito da altre parole che non riuscì bene a distinguere, il tutto  intervallato da sommessi singhiozzi e lacrime, lasciò cadere a terra le varie scatole e gli corse incontro, si inginocchiò sul pavimento,aprendo le braccia.

 

Non avrebbe saputo dire chi per primo si fosse mosso, chi avesse accolto l'altro tra le proprie braccia, l'unica cosa che veramente importava era sentire il calore della sua presenza, il suo amorevole abbraccio, le sue esclamazioni di gioia, i suoi singhiozzi soffocati, le sue carezze, i suoi baci, il suo profumo, il suo delicato tocco.

 

' Oh Mamma...avrò cura di te...non ti abbandonerò mai...'.

 

Quando si scostò, sua madre sorrideva con ancora le lacrime agli occhi, le mani appoggiate sulle sue spalle, prima di accarezzargli ancora la testolina e i capelli arruffati.

 

"Oh Gohan...tesoro!". Disse ancora con un sorriso lacrimoso.

 

"Non piangere mamma, sono tornato!”.

 

“...sono tornato da te...".

 

Bisbigliò appena, lasciandosi stringere un'altra volta, mentre dentro di sé avvertì la sua ferita ricominciare a sanguinare copiosamente,soffocò un singhiozzo contro la sua spalla.

 

Chichi avvertì il corpo del figlio irrigidirsi, e lo scostò di nuovo da sé, continuando a sorridere commossa, ringraziando Dio una quantità infinita di volte, accarezzandolo sulla guancia e guardandolo confusa per la sua espressione.

 

 

"Gohan...tesoro?".

 

"Sto bene,  Mamma, sto bene! E’ solo che sono felice di essere qui… con te...".

 

Disse con gli occhi lucidi, il suo cuore diviso: la commozione per riabbracciare e vedere la persona più cara che aveva ancora al mondo e il dolore per scomparsa dell'altra persona più importante.

 

Chichi annuì appena, sorridendogli intenerita. Si alzò di nuovo in piedi, guardando la porta ancora aperta, mentre Gohan abbassava la testa, serrando forte gli occhi e mordendosi le labbra.

L'espressione di Chichi era ancora felicemente commossa mentre osservava ancora l'ingresso, nell’attesa di scorgervi una seconda figura, di sentirne i passi avvicinarsi.

 

 

 

 

Chinò la testa per guardare suo figlio che non aveva più il coraggio di ricambiarne lo sguardo, gli occhi che scintillavano, un nuovo e teso silenzio a riempire l'atmosfera.

 

 

"Gohan...?".

 

 

 

Il ragazzino si prese forza, serrò fermamente i pugni, capendo che non c'era nulla che potesse fare, non poteva evitare di  ferire mortalmente la madre con poche parole che l'avrebbero dilaniata, le avrebbe spezzato il cuore e l'avrebbero fatta precipitare in un baratro di dolore, di rimpianto, di tenebre oscure; il tutto incorniciato dalla figura di suo padre: non più un dolce ritratto racchiuso nel suo cuore innamorato ma uno straziante ricordo, accompagnandola nella sua vita senza di lui.

 

Alzò lo sguardo su sua madre, la vide leggermente impallidita, le lacrime che traboccavano dai suoi occhi, fino a quel momento, sembravano essersi bloccate, notò qualche muscolo vibrare sulla sua guancia, le labbra - che non riuscivano a formulare la sua domanda, quella terribile domanda!- rese aride da quel nefasto silenzio,  i suoi occhi sembravano improvvisamente resi opachi...privi di vita.

 

 

 

"Mamma...".

 

 

 

Bisbigliò appena e quando la vide indietreggiare, la sua bocca fare una lieve smorfia come se stesse mangiando qualcosa d’amaro, n’ebbe la conferma.

 

 

La vide ritrarsi improvvisamente da lui, come temesse che lui, il suo adorato figlio, la sua creatura potesse ferirla, ferirla mortalmente, la vide portare una mano al cuore, e guardare ancora disperatamente la porta d'ingresso da cui entrava solamente una gelida brezza che la schiaffeggiò brutalmente, facendo bruciare le lacrime rotolate sul suo visino.

 

 

"No...". Bisbigliò appena Chichi.

 

 

"No...".

 

 

 

 

"Mamma...".

 

 

 

 

"NO!".

 

 

 

"Mamma...".  

 

 

Quasi non riconobbe il verso stridulo ed acuto che era uscito dalle sue labbra, mentre la guardava impotente, avvertendo lui stesso la forte tentazione di scoppiare in lacrime, la forte tentazione di piangere fino a cadere stremato a terra.

 

 

Si lasciò cadere ancora una volta in ginocchio, tenendo ancora una mano sul cuore, socchiuse gli occhi, incurante delle lacrime che ripresero a scorrere e bagnarle il viso, il collo; batté con rabbia, con disperazione, con forza i pugni a terra, gridando e urlando al mondo il suo dolore.

 

I singulti presero a scuotere il suo corpo, ogni singulto era come un colpo sferrato con inaudita violenza al suo cuore, ogni lacrima che scorreva sul suo viso era come ogni goccia di sangue, sì perché in quell'istante, il quel semplice frammento d'eternità: il suo cuore era morto.

 

 

 

 

"Oh Mamma...".

 

 

Bisbigliò appena con le lacrime agli occhi, incapace di trovare parole di conforto, incapace di fare qualcosa che la facesse sentire al sicuro, che attenuasse quella voragine di amaro dolore, incapace di fare qualcosa che potesse scaldarla… almeno una ventesima parte di quanto suo padre sapesse fare con un semplice abbraccio.

 

 

 

 

 

Si avvicinò alla casa, chiamando a gran voce il nome del nipotino adorato, sorridendo quando ne scorse l'immagine, tenendo ancora in mano scatole su scatole di festoni, ghirlande, giochi, cibi per festeggiare, tutta la famiglia unita, la vittoria e la morte di Cell.

 

Nessuna risposta alle sue urla felici, nessuna reazione, nessuno che gli venisse incontro ridendo, facendogli cenno d'entrare, aiutandolo a trasportare i vari pacchetti, un gelido e inquietante silenzio.

Entrò dentro silenziosamente  e quando vide al centro della stanza la figlia rannicchiata tra le braccia del nipotino, quando avvertì i suoi  disperati e incontrollati singhiozzi, lasciò cadere a terra tutto quanto e rimase ad osservarli impotenti, gli occhi si fecero lucidi, e le sue labbra tremarono, indietreggiò fino ad uscire dall’abitazione, con il capo chino.

 

 

Dopo attimi che gli parvero infiniti in cui realizzò quello che doveva essere accaduto, si voltò a guardare il cielo, incredulo, attonito.

 

 

Tra le eteree stelle, una brillava più delle altre, vegliando su loro.

 

 

 

'Goku...figliolo...'.

 

 

~

 

"No, Gohan...".

 

Bisbigliò appena la voce di Juman bloccando il nipote, e ponendo una mano sulla sua spalla, mentre questi era intenzionato ad entrare nella camera di sua madre.

 

Anche dall'esterno si potevano udire distintamente i suoi singhiozzi disperati, interrotti da sussurrati e strazianti richiami, mentre con parole rotte dal pianto invocava ancora il nome di suo amato, quasi sperando che - ancora una volta - avrebbe fatto goffamente capolino dalla porta, le avrebbe sorriso, l'avrebbe stretta tra le sue braccia, per non lasciarla più.

 

"Ma...nonno...".

 

Bisbigliò appena la voce di Gohan, gli occhi luccicanti, le labbra tremanti, il pomo d'Adamo che saliva e scendeva senza controllo, un muscolo che vibrava sulla sua guancia pallida.

 

"Non c'è nulla che possiamo fare per lei adesso…”.

Disse con voce atona ma ben distinta.

 

Il ragazzino scosse lentamente la testa, guardando suo nonno con occhi lucidi ma fermi:

 

 

"No, nonno...non posso abbandonarla! Non posso!". Disse con forza.

 

 

"So che ti prenderai cura di lei…

.

So che sarai il pilastro della sua vita d'ora in poi...

 

Ma almeno questa notte...questa notte soltanto, lascia che tua madre viva da sola, il suo dolore...".

 

 

Il ragazzino abbassò la testa, salvo sussultare ad un ennesimo e disperato singhiozzo, guardando impotente la porta chiusa.

 

'Papà…veglia la mamma da lassù...'.

 

 

~

 

 

Camminò con passi felpati, avvolto dall'oscurità, cercando di non far rumore, aprì delicatamente la porta della camera, ed entrò.

Si accostò al letto, vedendo una figura rannicchiata e appoggiata docilmente al cuscino, i capelli scarmigliati, le palpebre calate, le lacrime che ancora luccicavano alla luce della luna; stringeva tra le braccia quella stessa tuta che quel giorno aveva rammendato, come una bambina che cerca nel suo orsacchiotto preferito sicurezza e calore che in quel momento le era venuto a mancare.

Il suo respiro profondo, il petto si alzava e abbassava automaticamente, una mano che cercava e toccava l'altra parte del letto, quasi ad avvedersi che dall'altra parte ci fosse qualcun altro, quasi sperando di avvertire un’altra presenza.

 

Le rimboccò  le coperte, le scostò delicatamente i capelli dal viso, carezzandoli lentamente e teneramente. Osservò le sue labbra muoversi e un sussurro fuoriuscire da esse, mentre stringeva con più vigore la casacca arancione.

 

 

"Go-ku- san".

 

 

 

"No, mamma...sono io...".

 

 

 

Bisbigliò con voce rotta, sedendosi sul bordo del letto e continuando ad accarezzarla, mentre le lacrime fuoriuscivano dai suoi occhi, così simili a quelli di lei.

Così simili a quelli di sua madre, proprio come in quegli ultimi dieci giorni aveva continuato a ripetere, con evidente orgoglio ed amore, suo padre.

 

 

"Gohan...".

 

 

Mormorò con voce rotta, aprendo gli occhi arrossati e guardando il figlio senza

riuscire a dire altro, mentre un altro singulto la scuoteva, facendola annaspare e inducendola a portarsi un'altra volta la mano al petto.

 

 

"L-Lui...non tornerà, vero?".

 

 

Non era una domanda, quanto il bisogno di una conferma, voleva sentire dalle labbra di suo figlio, il neo-eroe della Terra dirle con la sua purezza, con la sua sincerità quell’amara realtà che la stava schiacciando con tutto il suo peso.

 

 

“No Mamma”. Disse a stento.

 

 

“…dice che è meglio così…per tutti noi…”.

 

La donna fu di nuovo scossa dai singhiozzi, immergendo il viso nell'indumento e riprendendo a piangere disperatamente, illuminata dai delicati e soffici raggi di luna che cadevano sulla sua esile e fragile figura, quasi a volerla confortare.

 

 

Il ragazzo la strinse di nuovo a sé, sospirando, cercando di trattenere le lacrime e reprimere con forza i singhiozzi, era...abbandonato.

 

Entrambi...erano abbandonati.

 

Erano soli, vulnerabili, fragili.

 

 

"Mamma...voleva che ti dicessi...che, che… gli dispiace di averti fatto soffrire...".

 

 

I singhiozzi si quietarono improvvisamente, alzò il viso dal petto del figlio e lo guardò con occhi sbarrati ancora grondanti di lacrime.

 

 

"L-lui...".

 

 

"Sono state le sue ultime parole, Mamma...voleva chiederti perdono...".

 

 

Annuì appena, asciugandosi le lacrime, con le labbra ancora tremanti, distogliendo lo sguardo da suo figlio, e guardando verso il cielo.

 

 

"Lui… lui  era così….felice. Così felice,  in questi ultimi giorni…”.

 

 

Snocciolò con voce che quasi non riconobbe come la propria. In ogni parola, in ogni sillaba sembrava essere scandita la sua immane sofferenza, marchiata come un timbro indelebile sulle pareti vacillanti del suo cuore,mentre il figlio la guardava incapace di dirle qualcosa in risposta, di reagire in qualche modo.

 

 

"...ed era così…fiero di te…”.

 

 

 

 

Disse continuando a guardare le stelle con gli occhi scintillanti, Gohan alzò lo sguardo, guardandola incredulo, con gli occhi sbarrati.

 

 

 

"...e anch’ io lo sono...".

 

 

A hundred days have made me older

since the last time that I saw your pretty face...

 

(Cento giorni mi hanno reso più vecchio

dall'ultima volta che ho visto il tuo grazioso viso…).

 

 

 

 

Gli accarezzò la gota con dolcezza e tentò di sorridere, cercando di accantonare, per quel misero frammento d’eternità, il dolore.  Così facendo avrebbe potuto mostrare e trasmettere tutto l’amore per suo figlio, per il loro amatissimo figlio…l’unica cosa ancora viva che le rimaneva di Goku.

 

Il ragazzino non poté più trattenersi, scoppiò in un amaro e disperato pianto, mentre i singhiozzi del bambino, dell'anima del bambino racchiusa nel corpo di quello che stava diventando così rapidamente un uomo,  riempirono la stanza e si abbandonò bisognoso tra le braccia della madre che lo accolsero con lo stesso vigore, la stessa forza violenta del suo, del loro  pianto solitario.

 

 

"E' tutta colpa mia, Mamma! E’ tutta colpa mia!”

 

“...se solo lo avessi ucciso prima, se avessi fatto come mi aveva detto Papà, se  avessi obbedito…oh,perdonami mamma…! Perdonami!”.

 

“…”.

 

Il suo cucciolo si era finalmente sciolto nel calore delle sue braccia, aveva finalmente dato libero sfogo a quel macigno insopportabile nel suo cuore, si era finalmente aperto alla sua sofferenza stessa e ora quello che ai suoi occhi era un eroe, il suo eroe…tremava e singhiozzava senza più ritegno e remore tra le sue braccia, bisognoso soltanto di tutto l’amore che un’anima dilaniata può ancora donare, deve – per il suo stesso bene – continuare a donare.

 

“Perdonami Mamma! Non ti abbandonerò mai, non ti abbandonerò mai! Ma  perdonami...ti prego, perdonami!!".

 

 

"Schhh...tesoro...sccchh...! Tesoro mio, Gohan!”.

 

 

“Mamma…”.

 

 

“Non ti abbandonerò tesoro, non ti abbandonerò mai!La mamma sarà sempre qui con te…sempre!”.

 

 

Si strinsero con la forza del dolore, della disperazione, dell'angoscia, in quel lettone così grande, e per quella notte...per quella notte madre e figlio vissero semplicemente la loro immane sofferenza.

 

Domani sarebbe stato un altro giorno...

 

Ma quella notte…c’erano solo loro…e il loro dolore.

 

 

~

 

 

La giovane donna scese dal suo piccolo jet, rinchiudendolo in una capsula. Cingendo delicatamente il figlioletto di quasi un anno, percorse il piccolo vialetto verso quella casa familiare.

 

Fu Juman ad andare ad aprire e il suo viso così serio e contrito, si addolcì scorgendo la persona di fronte a lui, accogliendola con un caloroso sorriso.

 

"Oh, ciao Bulma...".

 

"Buongiorno...Juman...". Rispose sorridendo, salvo tornare a farsi seria, guardandolo attentamente.

"Chichi è in casa? Vorrei...sì, beh vorrei parlarle...pensi che sia possibile?".

 

 

Chiese riferendosi evidentemente a tutto ciò che la donna  stava passando, chiedendosi se potesse esserci qualcosa che lei, una celebre scienziata, potesse fare per alleviare il suo dolore, o esserle in qualche modo di supporto.

 

Juman non rispose, ma si limitò a spostarsi dal vano della porta e farla entrare.

 

"Dai pure a me il tuo bel bambino...Chichi è di sopra, forse sta dormendo...non saprei...". Sospirò.

 

Bulma annuì comprensiva, baciando il piccolo Trunks, bisbigliando un ‘la mamma torna subito’  lo depositò tra le forti braccia di Juman.

 

 

"E Gohan?".

 

 

"Ha mangiato qualcosa ed è uscito a fare una passeggiata... è… è stato orribile, Bulma…per tutti noi”.

 

Bulma non poté che annuire, sospirando tristemente, prima di dirigersi verso le scale, per salire al piano superiore.

Camminò per un tratto di corridoio, trovandosi davanti alla porta della camera da letto della moglie del suo amico, accostò l'orecchio alla porta per sentire dei rumori ma avvertendo quel gelido silenzio, l’aprì delicatamente  per evitare di svegliarla, qualora stesse dormendo.

Una volta che l’ebbe aperta, la vide e trattenne il respiro.

 

Chichi era seduta sul letto, i capelli ancora spettinati e sciolti, ricadevano sul suo volto angelico, gli occhi spenti e lucidi che osservavano ciò che teneva in grembo, quella tuta arancione che aveva da sempre odiato e che ora accarezzava con cura e tenerezza.

 

Non doveva essersi accorta della sua presenza, così Bulma Brief  camminò lentamente sino al letto, bisbigliando il suo nome per non spaventarla. Chichi alzò lo sguardo guardandola per un istante, salvo tornare ad accarezzare quasi ipnotizzata la casacca, e Bulma notò con dispiacere le occhiaie sul suo viso delicato, gli occhi arrossati, quegli occhi che avevano sempre brillato come il suo spirito stesso, sembravano essersi spenti…resi opachi, privi di vita.

 

Posò una mano sulla sua spalla, sedendole accanto e sospirando, non sapendo che cosa fare o che cosa dire per alleviarla dalle sue sofferenze.

 

"Chichi...". Bisbigliò appena.

 

"Sto bene...". Rispose lei automaticamente, senza nemmeno alzare lo sguardo.

 

Bulma sospirò, prendendole ad accarezzare delicatamente la schiena.

 

"Devi farti forza...Chichi…”.

 

“…”.

 

 

“Lo sai, Goku non vorrebbe che tu...".

 

 

"Che io cosa?!".

 

Bulma sussultò mentre la donna aveva di nuovo alzato lo sguardo su di lei,i suoi occhi parvero accendersi per un istante e sprigionare delle fiamme, le fiamme del suo stesso dolore, del suo rimpianto, dell’amarezza, di quel cumulo nocivo di sensazioni, di emozioni che gravavano nella sua anima tormentata…era bastato pronunciare il nome di suo marito.

 

"Non vorrebbe che io...piangessi...certo! In fondo perché dovrei farlo…mi ha chiesto perdono,prima di morire...questo mette tutte le cose a posto! Devo mettermi il cuore in pace e sorridere e far finta che vada tutto bene...è questo che dovrei fare, secondo te?!”.

 

"Chichi...ascolta, tu...".

 

"Io non posso farlo...perché- perché  DANNAZIONE non c'è NULLA…N-U-L-L-A (!!) che vada bene...non più...”.

 

Si portò una mano alla bocca, cercando di reprimere un altro singulto.

 


”Oh…Chichi, io…”.

 

 

“Me lo avete portato via…ancora una volta…”.

 

 

Disse a stento tra le lacrime e i singhiozzi, scuotendo la testa e così anche i suoi capelli.

 

 

"Chichi...cosa?".

 

 

"Voi...voi tutti...me lo avete portato via...lui si è sacrificato per tutti noi...e mi ha abbandonata…mi ha abbandonata ancora una volta…con nostro figlio…ma questa volta non  tornerà…non tornerà mai più…

 

Non tornerà mai più da me…”.

 

 

Disse amaramente, riprendendo a singhiozzare, stringendo spasmodicamente la tuta, mentre Bulma l'avvolgeva tra le sue braccia, stringendola ed accarezzandola.

 

 …a thousand lies have made me colder

and I don't think  I  can look at this the same...

 

(Mille bugie mi hanno reso più freddo

e non penso di poter guardare alle cose nello stesso modo…).

 

 

 

"Sarebbe stato meglio che Cell avesse distrutto il pianeta! Sarebbe stato meglio saltare tutti quanti in aria! Ora almeno non...".

 

 

"Chichi! Non puoi pensare una cosa del genere...cosa pensi che direbbe Goku se lo sapesse?! Come puoi dire una cosa del genere…quando proprio Goku si è sacrificato per….".

 

 

"Vattene!".

 

"Chichi...ti prego, ascolta…”.

 

 

"VATTENE! Tu non puoi capire... NESSUNO  può capire...vattene! Tu hai un uomo da cui puoi tornare...tu...".

 

Aveva cominciato ad urlare, i suoi occhi fiammeggiavano ardenti, mentre riusciva a stento a stare in piedi, le sue labbra tremanti, le lacrime a bagnarle ancora il viso, il suo cuore che sembrava aver rallentato ancora una volta i battiti… fino a quando un intenso, insopportabile dolore le attanagliò il petto e il ventre, annebbiandole la vista, udendo a malapena le parole e i richiami di Bulma, semplicemente non vide più nulla e le sembrò di cadere debolmente a terra, se non fosse stato che due braccia forti l'avevano sostenuta, prima che potesse toccare il pavimento.

 

 

'Goku'.

 

 

 

"CHICHI!".

 

 

"Chichi...la sua aura...è diminuita...improvvisamente!".

 

 

~

 

 

La dottoressa uscì dalla camera: Juman, Gohan, Bulma, Crilin e Genio si alzarono immediatamente.

Juman e Gohan le andarono incontro, entrambi i loro visi ancora sconvolti e tesi, cercando di capire come stessero le cose, osservando l'espressione della dottoressa.

 

La donna si levò gli occhiali che pulì con un lembo del camice bianco, prima di rimetterli, rivolse lo sguardo al bambino e al nonno che si erano avvicinati e la guardavano ansiosi.

 

"Allora...dottoressa...come sta mia figlia?".

 

 

"Come sta la mia mamma?".

 

 

La dottoressa volse lo sguardo al bambino, sorridendogli, rassicurante e scompigliandogli i capelli, prima di tornare a farsi seria, guardando negli occhi di Juman.

 

"Sua figlia ora sta bene...ma per precauzione vorremmo tenerla sotto osservazione per le prossime ventiquattro ore...".

 

Juman sospirò un "grazie a Dio!", prima di guardare la dottoressa ed annuire, sorridendole grato.

 

"Ma cosa pensa sia stato di preciso, dottoressa?".

 

"Un forte shock emotivo, suppongo...".

 

Disse e notò lo sguardo dei due rattristarsi, dandole un'altra prova della sua esatta diagnosi.

 

"E' stata molto fortunata...".

 

 Aggiunse, guardando seriamente Juman.

 

 "...nel suo stato attuale questi forti shock possono essere molto pericolosi...".

 

"Cosa...cosa vuol dire?Il suo ‘stato attuale’?".

 

 

"...fortunatamente però il feto sembra non averne risentito...".

 

 

 

Tutti i presenti stralunarono gli occhi increduli, impallidendo, mentre Bulma stringeva a sé il piccolo Trunks soffocando un singhiozzo con una mano.

 

 

"I-Il feto?!". Riuscì appena ad articolare Juman.

 

 

"Sì…”.

 

Disse la dottoressa, guardandoli tutti seriamente.

 

“…sua figlia aspetta un bambino…”.

 

“Un…un bambino?!”. Ripeté Gohan incredulo e stordito.

 

 

~

 

 

 “CHICHI!”.

 

Re Kaioh sussultò, mentre era fermo immobile e si stava sporgendo con le sue speciali antenne, per controllare (come di consuetudine) ogni pianeta della Galassia del Nord.

 

Sentendo l’improvviso urlo di Goku, perse la concentrazione e sussultò, così facendo si stava – inavvertitamente- sporgendo ulteriormente rischiando così di cadere. Tentò di recuperare l’equilibrio agitando spasmodicamente le braccia in avanti, fino a quando il suo corpo non trovò saldo sostegno nelle gambe.

 

“Oh…Kami…”.

 

Bisbigliò ancora madido di sudore e scosso, passandosi una mano sulla fronte, salvo voltarsi, pronto a farla pagare a quello screanzato che neanche dieci giorni prima lo aveva VOLONTARIAMENTE  fatto morire per salvare il suo pianeta, che razza d’egoista era stato…lui, una delle massime autorità era stato ucciso a causa sua e di quell’orribile mostro!

Dulcis in fundo, la sua morte era stata anche vana, poiché Cell era riuscito comunque a far ritorno sulla Terra.

Il suo pianetino distrutto, la sua casa…la fiammante auto nuova…e tutto per quel ragazzo impertinente (e con il negato umorismo!) che non gli aveva mai portato il dovuto rispetto.

 

 

Son Goku era seduto ai piedi di un albero, Bubbles gli trotterellava attorno, tenendo in mano un casco di banane e cercando di attirare la sua attenzione, camminando nel suo tipico modo, con i palmi delle mani rivolte verso il cielo con il suo “uh,uh, uh, uh, uh!”; ma il ragazzo aveva ancora gli occhi stralunati, l’espressione seria, prima che tornasse a chiudere gli occhi.

Sul suo viso vibrò un muscolo e sospirò, passandosi una mano tra i capelli prima di chiudere fermamente i pugni, quasi con rabbia, riaprire gli occhi con lo sguardo basso.

 

“Goku…? Figliolo….?”.

 

Lo richiamò  Re Kaioh, completamente dimentico dell’ira e della stizza di pochi istanti fa non appena vide la sua figura stranamente inquieta e cupa, non capendo il motivo di quel suo stato d’animo, mentre camminava lentamente verso di lui, ricordando di averlo sentito gridare angosciato il nome “Chichi”.

 

Chichi…lo aveva già sentito...

 

 

‘ Ma certo…dev’essere il nome di quella terrestre, sua moglie…’.

 

 

“Goku…”.

 

Lo chiamò un’altra volta, mentre il ragazzo aveva ancora gli occhi chiusi ed era ancora seduto ai piedi dell’albero.

 

Il giovane aprì gli occhi, incrociando lo sguardo del suo mentore, alzandosi subito dopo in piedi, prendendo a camminare agitato, tornando a passarsi una mano tra i capelli, con lo sguardo chino e il viso contrito.

 

 

“Cosa…cosa è successo…figliolo?”.

 

Chiese Re Kaioh seguendolo, salvo andare a sbattere contro la sua  schiena, quando questi si bloccò di colpo, gemendo e ritirandosi, tenendosi dolorosamente il naso, mentre Bubbles aveva lasciato cadere la banana e lo additava con divertiti “uh,uh,uh,uh!”.

 

“Bubbles…razza d’impertinente, smettila! Goku…figliolo, vorresti spiegarmi…”.

 

Chiese con una nota impaziente e un poco stizzita (e soprattutto dolorante) nella voce, mentre continuava a sfiorarsi il naso, meravigliato che non si fosse rotto all’urto con la sua possente schiena.

 

 

“La sua aura…è diminuita improvvisamente…”.

 

 

“La sua aura…? Riesci a percepirla anche da quassù…?”.

 

 

“…si è azzerata di colpo…”.

 

 

Continuò a parlare Son Goku, quasi non avendo sentito le parole di re Kaioh, mentre sembrava stesse ragionando tra sé, più che fornirgli spiegazioni, stringendo con forza i pugni.

 

 

“…azzerata? N-non capisco…cosa, cosa stai dicendo?”.

 

 

“…è come se fosse…svenuta…dev’esserle senz’altro successo qualcosa! Ma cosa?!”.

 

Disse amaramente, lasciandosi cadere in ginocchio, stringendo con forza i fili d’erba del neo pianeta di Re Kaioh, con un gemito strozzato.

 

 

“Chichi…”. Disse con voce flebile.

 

 

Anche la piccola scimmietta sussultò, guardandolo incredulo, smettendola di saltellare e guardò confuso Re Kaioh e prendendo a fare dei frenetici e incomprensibili cenni con le mani e con le braccia, riprendendo con un assiduo “uh,uh,uh,uh,uh?”.

 

“Insomma…stai zitto, Babbles! Ti sembra questo il momento?! Figliolo…”.

 

 

Si alzò subito dopo e si voltò verso re Kaioh, correndo verso di lui e appoggiando le mani sulle sue spalle, guardandolo ansiosamente e spaventandolo.

 

 

“ Re Kaioh…la prego! Mi metta in collegamento con Gohan…con Juman…devo sapere cosa sta succedendo! Devo saperlo!”.

 

 Disse scuotendolo, e facendolo oscillare quasi come una bambola di pezza.

 

“Ma…ma…Figliolo!”. Disse a stento, cercando di non cadere mentre la presa del ragazzo non diminuiva.

 

“La prego re Kaioh…la supplico…le è successo qualcosa, lo so…lo sento!”.

 

Disse Goku affranto, mollando la presa (lasciandolo cadere rovinosamente sul deretano, con un doloroso urto), inginocchiandosi di nuovo, con una mano sul proprio petto,  gli occhi serrati, invocando il nome di sua moglie e del loro bambino.

 

 

Re Kaioh si rimise in piedi, scrollandosi i vestiti con l’espressione imbronciata, pronto a fare una ramanzina a quell’impertinente ragazzino, ma le parole gli morirono in gola, incontrando i suoi occhi improvvisamente resi lucidi.

 

“La prego, Re Kaioh...mi metta in contatto con mio figlio…o con Juman…”.

 

“Ah…posso fare di meglio!”.

 

Disse con aria un poco pomposa, sorridendo quando lo vide sgranare gli occhi incredulo, mentre si rialzava in piedi, l’espressione resa impaziente ed ansiosa.

 

“Sul…sul serio?”.

 

“Seguimi, figliolo…”.

 

Disse prendendo a trotterellare, seguito da Goku e da Bubbles che aveva recuperato il suo casco di banane.

 

Si fermarono di fronte ad un laghetto e Goku guardò confusamente re Kaioh, questi sporse le antenne sopra la superficie azzurra e Goku lo udì pronunciare una formula arcana in una lingua sconosciuta di cui non distinse nulla, se non il nome di sua moglie. S’inginocchiò di fronte al laghetto, aspettando e guardandolo intensamente.

 

Appena Re Kaioh smise di parlare, Goku alzò gli occhi verso di lui:

 

”Cosa…cosa ha…?”.

 

“Osserva, figliolo…”. Disse indicando le acque con un sorriso pomposo, fiero della sua eccellente prestazione.

 

Goku guardò senza capire il laghetto, vide le acque incresparsi, producendo miriade di bolle colorate, e avvertendo lo sciabordare che diventava sempre più intenso, sempre più forte, fino a quando la superficie tornò ad essere perfettamente liscia ed immobile.

Sbatté le palpebre incredulo, quando, dopo che le acque si erano improvvisamente tinte di arancio e giallo, scorse delle immagini.

 

 

“CHICHI?!”.

 

 

 

La giovane era stesa sul letto (ma quella non era la loro camera!),  i capelli le ricadevano scompostamente sul viso, era immersa in un sonno profondo, distinse il colore così gelidamente pallido, le occhiaie e il colorito rossastro intorno alle palpebre.

Solo Kami sapeva quanto doveva aver pianto, le labbra che sembravano sbiadite erano lievemente dischiuse e anche da lì avvertì il suo debolissimo respiro, le sue mani stringevano disperatamente i bordi del lenzuolo, e la sua testa si muoveva tormentata, mentre sembrava prigioniera di un vero e proprio incubo.

 

“Oh Chichi…cosa ti è successo?”.

 

Bisbigliò appena, continuando a guardarla, sentendo la rabbia e la disperazione prender possesso del suo corpo, il suo cuore battere forsennatamente e brividi correre lungo la schiena.

 

La sua Chichi…in cosa si era trasformata? Sembrava una debole ed inanimata bambola di porcellana…così deliziosa nella sua fragile vulnerabilità, così graziosa in quell’infernale tormento.

Che fine aveva fatto tutta la sua vitalità? Il suo orgoglio di piccola guerriera, il suo animo di madre, di moglie, la sua essenza di forza, di coraggio, di determinazione, di testardaggine, di fede.

 

Abbassò lo sguardo, sfregandosi con forza il viso, cercando di calmarsi, salvo sentirsi letteralmente struggere quando le sue labbra si mossero e avvertì il suo lieve ma intenso sussurro.

 

 

“Go-ku- san…Goku-san!”.

 

 

...but all the miles that seperate...

Dissapear, when I'm dreaming of your face...

 

(Ma tutte le miglia che ci separano,

scompaiono,  quando sto sognando il tuo viso…)

 

 

 

Aprì gli occhi, gemendo appena, e tornando a guardarla, quasi tentato di sfiorare con un dito la superficie dell’acqua, quando la sua attenzione tornò alla stanza d’ospedale (l’ospedale? Allora…era qualcosa di grave?!) e alle parole della dottoressa.

 

 

 

“Vado a dirlo ai suoi parenti…erano così scossi. Avete provato a rintracciare il marito?”.

 

“Sembra che sia morto la scorsa settimana...il giorno del Cell Game”. (a causa del Cell game, direi io! Nd.A)

 

”Oh…questo spiega tutto…”.

 

Bisbigliò gettando uno sguardo clemente e impietosito alla donna che si muoveva debolmente nel letto.

 

 

Goku si alzò in piedi, incapace di guardare ancora, voltandosi e mordendosi quasi con rabbia le labbra, stringendo con ancora più vigore i pugni, quasi fino a quando le unghie non si conficcarono nella carne, ma neanche se ne rese conto.

Rimase fermo per qualche istante che sembrò interminabile, socchiudendo gli occhi, salvo farsi sommergere da ondate d’immagini di sua moglie, della loro vita insieme, del loro bambino, dei loro ultimi attimi in quel gran letto, di quella magica notte…

Avvertì il suo cuore tremare e una profonda e lacerante amarezza accendersi in lui, intaccare ogni arto, ogni nervo, ogni tessuto.

 

 

G-GOKU?!”. Lo richiamò Re Kaioh incredulo e sorpreso un attimo dopo.

 

“…”.

 

”…hai sentito?! Hai sentito cosa ha detto la dottoressa?”.

 

“C-cosa?”.

 

Bisbigliò debolmente, tornado a voltarsi, i suoi occhi caddero sulla superficie e vide l’espressione stupefatta ed incredula di Juman e di suo figlio, si riaccostò al laghetto, inginocchiandosi.

 

 

"I-Il feto?!".

 

"Sì…”.

 

“…sua figlia aspetta un bambino…”.

 

 

 

Goku rimase senza fiato, sbarrando gli occhi e lasciandosi di nuovo cadere sull’erba, continuando a guardare con la bocca dischiusa la reazione dei presenti e l’espressione della dottoressa, mentre quelle parole presero a ronzare in continuazione nella sua mente.

 

‘ Un…un bambino? Chichi…aspetta un bambino?!

Il…il mio bambino…il nostro bambino…oh Kami…’.

 

 

Re Kaioh socchiuse le labbra, salvo sorridere, ridendo di semplice e pura gioia, guardando con affetto il giovane ragazzo che ancora incredulo, sembrava perso in profondi pensieri. Bubbles non riuscendo a comprendere si sporse per guardare a sua volta, salvo cadere nella superficie e le immagini dal pianeta Terra si dissolsero.

 

“Bubbles! Razza di scimmia maldestra!”. Lo rimproverò Re Kaioh, salvo voltarsi a guardare Goku, con gli occhi ancora lievemente spalancati.

 

“Insomma…figliolo…n-non dici nulla? Ma non sei felice?! Stai per diventare di nuovo padre…dobbiamo festeggiare, assolutamente!”. Disse Re Kaioh, quasi commosso, ridendo di pura gioia, dimenticando tutta la stizza e il risentimento per quell'impertinente ragazzino.

 

Goku tornò a guardarlo, l’espressione un poco vacua, ancora trasognata, persa nei propri pensieri, salvo tornare a sorridere, quando Re Kaioh lo scosse dolcemente.

 

“Sono felice per te, figliolo…e anche per il piccolo Gohan e…tua moglie, naturalmente!”.

 

“Chichi…”.

 

“Questa è una grazia, Goku…ne sono certo. Quel bambino sarà la sua benedizione…sua, di tuo figlio e anche tua…”.

 

Disse dolcemente stringendogli la spalla, mentre Goku si limitò ad annuire, con un sorriso, il primo vero e gioioso sorriso che gli avesse incurvato le labbra da quando aveva dovuto dire Addio alla vita stessa, a Chichi, a Gohan, alla Terra.

 

 

‘ Amore mio…così tanta gioia mi hai dato in vita…e continui a darmene anche ora…anche ora che sono qui…mio dolce angelo…veglierò su di te, sul nostro amato figlio…e sulla creatura che riposa dentro di te, adesso…

 

Sii forte amore mio…un giorno ci rivedremo…quel giorno ti stringerò tra le mie braccia e non ci separeremo mai più…per tutta l’eternità, mia piccola dolce Chichi…

 

 

I’m here without you baby

but you're still on my lonely mind

 

(Sono qui senza di te, amore

Ma tu sei ancora nei miei pensieri solitari).

 

 

 

 

Ora so che continuerai a vivere per te, per me, per noi, per il nostro Gohan…adesso so che un'altra parte di me vivrà con te e non ti abbandonerà mai…fino a quando Kami vorrà riunirci anche in questo mondo...’.

 

 

~

 

 

La giovane donna era intenta a contemplare il cielo stellato, appoggiata al davanzale della finestra, una lieve ma dolce brezza sembrò baciarla sul viso e asciugarle quelle piccole, fragili gocce salate.

Si asciugò gli occhi con un lieve sospiro, mentre le sue labbra s’incurvarono in uno dei primi dolci, veri sorrisi da quel nefasto giorno. Una sua mano scese lungo l’addome, soffermandosi al pancino di appena un mese, carezzandolo con amore e con tenerezza.

 

‘Piccolo mio…non vedo l’ora di vederti, di stringerti, di conoscerti…insieme, tutti insieme… noi tre ce la faremo…te lo prometto, piccolo mio…’.

 

Si voltò e sorrise con la stessa dolcezza, lo sguardo commosso quando vide il primogenito che dormiva nel suo letto, in quel lato che fino a poco più di un mese prima era occupato da suo marito.

Si accostò al bambino, sedendosi sul bordo del letto, gli rimboccò le coperte, gli accarezzò la gota, scostandogli i capelli dal viso e baciandolo teneramente.

 

“Tesoro mio…”.

 

Non avrebbe mai, mai dimenticato l’amore, la tenerezza e la devozione che il suo adorato Gohan le aveva riservato fin da quel maledetto giorno, senza mai lamentarsi, senza mai stancarsi, si accingeva a fare di tutto pur di vederla serena, pur di strapparle un sorriso, ed era così entusiasta all’idea di crescere con lei il suo fratellino o la sua sorellina.

 

I suoi figli… lei sarebbe riuscita a continuare a vivere una vita che le sembrava già morta, grazie a loro, per solo ed esclusivo merito loro.

Avrebbe dedicato il resto della sua vita a loro, li avrebbe cresciuti ed accompagnati per un certo periodo della loro vita, sarebbe stata sempre lì, pronta a tutto, anche a sacrificare se stessa, purché crescessero felici e spensierati, come l’era stato Goku, anzi, come sapeva che Goku continuava ad essere anche ora.

 

Tornò alla finestra, osservando le stelle e sospirando, cercando quella più luminosa, la stessa che brillava da quando suo marito se n’era andato, la stessa che sembrava voler vegliare amorevolmente su di loro, sulla loro casa.

 

 

...I think about you baby

and I dream about you all the time...

 

 

(Io penso a te, amore

Sogno di te continuamente).

 

‘ Grazie per il tuo ultimo dono, amore mio…non ti dimenticherò mai…sarai sempre una parte di me…la più luminosa, la più intensa…

 

Lo crescerò e lo amerò affinché sappia e conosca quale eroe sia stato suo padre…ti amerà e sarà fiero di te…così come io ti amo e sono fiera di te…

 

 

Amore mio, so che continui a vegliare su noi, non smettere mai, ti prego…voglio continuare a sentire la tua silenziosa presenza, mio dolce Goku…mio bellissimo angelo…so che in realtà non mi hai mai abbandonata…ti amo, amore mio…non dimenticarlo mai…’.

 

 

I'm here without you baby

but you're still with me in my dreams.

 

( Sono qui senza di te, amore

Ma tu sei ancora con me, nei miei sogni).

 

 

“Ti amo, mia piccola Chichi…e non smetterò mai…

Grazie per tutto quanto, amore mio…

 

Non smetterò mai di vegliare su te e sui nostri figli…

Sogno solo di voi…di te...tu sei sempre con me…e un giorno non saranno più solo sogni…’.

 

 

~

 

 

Il pianto di un bambino invase la sala d’attesa, Juman, Gohan, Bulma, Crilin, Genio e Yanko si alzarono immediatamente, mentre Juman commosso stringeva con forza il nipotino che ricambiò l’abbraccio con la stessa gioia.

 

 

“E’ un maschietto, signora…”.

 

“M-mio figlio…”.

 

“Ora un bel bagnetto e poi…AHHHHH!”.

 

”Cosa?! Cosa…cos’ha il mio bambino?!”.

 

Chiese Chichi, ansante, alzando un poco il busto, salvo riappoggiarsi al letto, ancora sfinita e madida di sudore…no! Non il suo bambino, non l’ultimo dono di Goku!

 

“S-signora…s-suo figlio ha…ha…”.

 

“Che cosa?! N-non sta bene?!”.

 

“Sta bene ma ha…la…”. L’infermiera snocciolò le parole, tremante, non sapendo come giustificare qualcosa di così…anormale.

 

“…la coda…”. Disse, aspettandosi che la paziente reagisse con urla isteriche o esclamazioni di sorpresa, stralunò gli occhi incredula, quando la vide sorridere commossa, sospirando di sollievo.

 

“E’ una caratteristica di famiglia…l’ha ereditata dal padre…”. Disse posando la testa sul cuscino e sorridendo stancamente, ma con tanto amore ed orgoglio.

 

“…”. (Dal padre?! Che si trattasse di uno…scimmione?! Pensò l’infermiera orripilata e sconcertata allo stesso tempo).

 

 

 

 

“Tenga, ecco il suo bambino…”.

 

Riaprì gli occhi e non poté non sciogliersi di lacrime di gioia quando per la prima volta vide il suo bambino, quell’amata, tanto aspettata ed invocata creatura, e non poté non sentire un dolce brivido al cuore quando si rese conto che era una copia del padre.

Ironia della sorte…Goku se n’era andato, e ora quella creatura era venuta al mondo…quasi a sostituirlo.

 

Ironia della sorte?

 

No, una benedizione…un angelo se n’era andato cedendo il suo posto ad uno nuovo….

 

Il bambino ricambiò curioso il suo sguardo, e con un dolce e lieve verso si lasciò stringere al seno della madre e dopo pochi secondi, madre e figlio caddero in un dolcissimo sonno, ignari che al di sopra del cielo azzurro una stella luminosa vegliava su di loro.

 

 

 

 

 

“E’ bellissimo…”.

“Quanto è piccolo…”.

“E’ identico a papà…”.

“Hai ragione è identico a tuo padre…”.

“Sono certa che lui e Trunks diventeranno due splendidi ragazzi”.

“E chissà quanto diventerà forte!”

“Oh…il mio piccolo Juman junior!”.

 

 

 

Gohan si staccò dalla culla circondata da una vera e propria folla di persone: suo nonno e tutti i loro più cari amici, e si avvicinò al letto dove la madre era ancora profondamente assopita, e un’infermiera stava facendo degli ultimi controlli.

 

“Come sta mia madre?”. Chiese.

 

”Benissimo…è stata bravissima e il parto è andato perfettamente…”.

 

“Gohan?”. Mormorò Chichi, socchiudendo gli occhi, avendo evidentemente sentito – sebbene immersa in un dolce quanto fragile torpore – la sua voce.

 

”Sì, mamma, sono qui…”. Disse prendendole e stringendole la mano.

 

“Tesoro mio…”. Lo chiamò Chichi, sorridendogli ancora stanca e spossata.

 

“Stai bene?”.

 

Le chiese il suo primogenito e lei annuì, guardandolo e stringendo più forte la sua mano, prima di tornare a guardare la culla circondata da una decina di persone. Sorrise.

 

 

“Noi tre…noi tre insieme…affronteremo ogni cosa…”. Bisbigliò, tornando a guardare suo figlio, con occhi colmi d’amore ma anche d’orgoglio, di forza, di determinazione.

 

“Sì, mamma…te l’ho promesso, ricordi? Non ti abbandonerò mai…né te, né il bambino…”.

 

“…Goten…”. Mormorò appena Chichi.

 

“Cosa?”.

 

“Goten…significa ‘ dono di Dio’* …”. Mormorò appena, prima di addormentarsi di nuovo, sotto lo sguardo amorevole di suo figlio.

 

 

(* NdA ovviamente la traduzione del nome…l’ho inventata di sana pianta! Ad ogni modo non ho sbagliato più di tanto, in alcuni siti, sembra che Goten significhi ‘ultima parte del cielo’, è pur sempre una sorta di benedizione, no? ;D Che amore! Lo strapazzerei di baci…d’altronde come il padre…ehm, andate pure avanti e scusate l’interruzione! ^^;;;).

 

 

~

 

 

“No, amore…non piangere…la mamma è qui…”.

 

Mormorò Chichi, prendendo in braccio il neonato e stringendolo al seno, il bambino la guardò con i suoi occhioni traboccanti di lacrime.

 

“Mamma?”. Bisbigliò Gohan, passandosi una mano sugli occhi, stancamente e issandosi con il torso.

 

“Ti ho svegliato tesoro, perdonami…Goten piangeva e se è il figlio di tuo padre…sono sicura che sta reclamando ancora del cibo…”. Sussurrò sorridendogli continuando a stringerlo tra le sue forti braccia.

 

“Continua a dormire…lo porto in camera con me…”.

 

“No, restate…”.

 

Disse il ragazzino sorridendo, facendola sedere sul suo futon e sedendosi a sua volta accanto a lei, prendendo la manina del bambino che succhiava avidamente latte dal suo biberon, dimenando le braccia bambine.

Il neonato strinse il dito del fratellone, continuando a guardare la madre con adorazione, dimenando anche i piedini a festa, facendoli sorridere entrambi.

 

Una lieve brezza fece mormorare il neonato, quasi a dargli un suo dolce saluto, allora Gohan si alzò per chiudere la finestra, ma sua madre lo fermò.

 

“Aspetta tesoro…”.

 

Prese la coperta dalla culla e vi avvolse il bambino che sembrava esser sazio al momento, tenendolo ancora stretto a sé, si accostò con lui alla finestra.

 

“Guarda, Goten:quella stella…la più luminosa, la più bella…”.

 

Il bambino prese ad indicare quello stesso punto con le braccia, mentre Gohan sorrideva intenerito, guardando a sua volta quella stella.

 

“…lì c’è il tuo papà…e ti sta guardando, sai?”.

 

“Sì…”. Sorrise Gohan. “…non ha mai smesso di farlo…”.

 

 

 

“Gohan?”.

 

“Sì mamma?”.

 

Chichi sorrise continuando a guardare quella stella.

 

“Ho deciso. Tra qualche anno, noi due gli insegneremo le Arti marziali…”.

 

C-cosa?!”.

 

Disse Gohan totalmente sorpreso, ricordando quanto spesso in passato il suo addestramento era stato motivo d’inquietudine e tensione tra i suoi genitori.

 

“Ho sbagliato con te, tesoro mio. Ho cercato di soffocare la tua anima saiyan, temendo che saresti diventato una specie di mostro e mi avresti abbandonato.”.

 

Confessò Chichi con gli occhi bassi, rivolti al neonato – appena addormentato – che ora  giaceva di nuovo nella sua culla.

 

“…”.

 

 

“Ti chiedo perdono, tesoro…sappi che non ripeterò mai più lo stesso errore…”. Bisbigliò alzando lo sguardo e sorridendogli.

 

“Oh mamma…”.

 

“…io sono orgogliosa di tuo padre, di ciò che ha fatto per tutti noi…e non ho mai smesso di amarlo, anche quando ho scoperto le sue vere origini…e sarebbe un insulto alla sua memoria cercare di estirpare le sue e le vostre radici…

 

So per certo che sarò sempre orgogliosa di lui e anche dei miei due piccoli mezzi-saiyan…”.

 

Disse carezzandogli la gota, prima di tornare a guardare con un sorriso il neonato, carezzandogli la testolina e i capelli sparati in aria, identici a quelli di Goku.

 

~

 

 

Gohan si stropicciò gli occhi, passandosi una mano sulla fronte e voltandosi verso l’altro futon vicino al proprio, aspettandosi di trovarvi il piccolo fratellino magari addormentato con delle pose assurde che ricordavano (a Chichi in primis) in modo a dir poco comico quelle del padre, identico…in tutto e per tutto.

 

 Non solo fisicamente, ma anche il modo di parlare, di gesticolare, di mettersi una mano dietro la testa quando era imbarazzato, la sua dolce quanto – a volte – estenuante innocenza e candore, per non parlare del suo appetito.

 

 Tutto questo aveva fatto sì che Goten fosse per tutti coloro che lo conoscevano o vivevano con lui un ‘Goku in miniatura ’, era pertanto vezzeggiato e coccolato oltre ogni misura. Gohan stesso che ormai era diventato un vero e proprio uomo, non poteva trattenersi dall’essere sempre pronto a fare di tutto (da leggere libri su libri d’avventure e di fiabe a seguirlo negli studi e negli allenamenti) pur di vederlo crescere nel modo più sereno possibile.

 

Stralunò gli occhi confuso, quando invece vide il futon sfatto ma del fratellino nessuna traccia, si guardò attorno per tutta la stanza chiedendosi dove potesse essersi cacciato alle… 02.54 del mattino!

Controllò in bagno, chiamando a bassa voce il suo nome per evitare di svegliare la madre, decidendo, infine, di controllare nella sua camera. Probabilmente Goten aveva avuto un incubo e aveva preferito dormire nel lettone con lei.

Aprì un poco la porta, vedendola dormire profondamente, tenendo ancora stretta a sé quella stessa casacca arancione, quasi a dimostrare quanto – nonostante tutto quel tempo – la presenza di suo padre e allo stesso tempo il senso di…vuoto della sua assenza si facessero sentire.

Si accostò al letto e deglutì quando si rese conto che del bambino non c’era alcuna traccia…ma dove poteva essere finito?

 

Doveva essersi allontanato da solo…lui avrebbe certamente percepito la presenza di un’aura estranea se si fosse aggirata a casa propria! Scese al piano di sotto, imprecando, dicendosi tra sé che  se – come sperava! –  si fosse trattato di uno scherzo di quel monello, gliel’avrebbe fatta pagare a suon di sculacciate!

 

Magari aveva avuto un languorino, d’altronde se buon sangue non mente, si trattava pur sempre di un Son, e per di più in parte saiyan!

Si diresse immediatamente in cucina, chiamando ancora il suo nome ma invano, quando un brivido di freddo lo travolse, si rese conto che…la porta era ancora aperta? Senza pensare, trasformandosi in ssj, illuminando l’oscurità attorno, socchiuse l’uscio di casa (cercando di non fare rumori per non svegliare la madre ed allarmarla), ed uscì nel giardino.

 

 

 

“Goten!”.

 

 

 

Il bambino era seduto su un tronco d’albero che Gohan aveva sradicato quello stesso pomeriggio, su richiesta di sua madre per la legna.

 

“Piccolo monellaccio! Aspetta che ti prenda!”.

 

Disse camminando con fare simile a quello della madre quando sgridava suo padre per una di quelle sue ultime trovate che gli faceva meritare l’appellativo di “incosciente”o “screanzato”.

Tornò al suo aspetto abituale e aprì ben bene la mano con l’intenzione di dargli (con la dovuta moderatezza) uno scappellotto ma i suoi propositi vennero del tutto infranti, quando il bambino si voltò finalmente a guardarlo.

 

Gohan perse del tutto la volontà di colpirlo, quando vide quegli occhioni solitamente pieni di spensieratezza e di gioia,ora malinconici e quell’espressione smarrita e confusa.

 

“G-Goten?”.

 

Il bambino non disse nulla, si alzò, abbracciando le gambe del suo fratellone, finché questi non si abbassò in ginocchio. Il bambino si rifugiò contro il suo petto, aggrappandosi con le mani alla sua maglia, mentre il sedicenne, con un sospiro, prese ad accarezzargli la testolina, chiedendosi ancora il perché di quel comportamento insolito.

 

“G-Goten…cosa…perché sei qui?”.

 

Il bambino si ritrasse, guardandolo indeciso, prima di sospirare affranto, gli indicò con un gesto della mano il cielo, quell’eterea, splendente e luminosa stella al centro del firmamento.

Gohan sospirò tornando a guardarlo, carezzandogli rassicurante i suoi capelli spettinati e “selvaggi”, come li definiva sua madre quando cercava – inutilmente – di pettinarli.

 

“Ora ho capito…”. Bisbigliò Gohan, stringendolo con calore.

 

”Tu e la mamma…mi avete sempre detto che quando mi sentivo solo, dovevo guardare quella stella...perché lassù, c’è…papà…”.

 

“Sì”.

 

Mormorò Gohan aumentando la pressione del suo abbraccio, prima di alzarsi cingendolo ancora, mostrandogli ancora l’astro.

 

“Lui è lassù, Goten…veglia sempre su di noi…sulla mamma, su…”.

 

“Anche su di me?”. Pigolò speranzoso e dubbioso.

 

“Ma certo! Soprattutto su di te…anche adesso, Goten…”.

 

“Lo pensi sul serio?”.

 

Chiese il bambino guardandolo attentamente negli occhi, i suoi occhioni di cucciolo sembrarono rianimarsi di speranza, di fede, gioia, proprio come quelli di sua madre, dopo che era nato quell’angioletto che aveva di nuovo riempito le loro vite..

 

“Non lo penso. Ne sono certo…”.

 

Il bambino annuì e il suo visino fu di nuovo rischiarato da uno splendido sorriso che – superfluo dirlo – era lo stesso di suo padre, ma ancora lievemente contrito, quasi simile a quello che gli era stato rivolto, prima che questi si sacrificasse.

 

Avvertì un improvviso pizzicore alla nuca e al collo, quello sguardo…gli sembrava di poterlo vedere ancora, distintamente, come fosse stato ieri.

 

“Gohan?”.

 

Lo richiamò il bambino, guardandolo confuso.

Il ragazzo si riscosse, sorridendogli rassicurante, dandogli un buffetto sul naso.

 

“Per questa sera ti è andata bene…ma se mi fai un altro…”.

 

GOHAN!? GOTEN?! DOVE SIETE FINITI?!”.

 

Gli strilli disperati ed arrabbiati di Chichi li fecero sobbalzare, mentre entrambi guardavano ansiosamente la figura della donna che si sporgeva lievemente dalla finestra, guardandoli – dopo averli scovati - con un misto di preoccupazione e di rabbia.

 

“Ehm…mi sa che ho parlato troppo presto…”.

 

Sospirò Gohan, mentre entrambi sorridevano forzatamente, all’espressione truce della madre, facendo goffamente rientro in casa.

 

~

 

 

“Forza Goten…esprimi un desiderio…”.

 

Sorrise Chichi, depositando la torta di compleanno  con sette candeline, davanti al bambino,  sotto gli occhi divertiti e felici della madre, del fratello e del nonno, oltre a quelli degli altri invitati.

 

Il bambino chiuse gli occhi, concentrandosi…cosa poteva chiedere a Dio? Il suo sogno era una vera e propria cascata di dolci, di gelati e di cioccolata…magari qualche nuovo giocattolo…ma no, c’era qualcosa di molto più importante che avrebbe tanto voluto, ma che nessuno poteva esaudire…ma forse…Dio…

 

‘ Dio…vorrei tanto che il mio Papà tornasse…tornasse da tutti noi…per sempre’.

 

La festa di compleanno fu bellissima e calorosa, tutti i più cari amici di suo padre vi avevano partecipato, Crilin, sua moglie, la sua figlioletta; Bulma, il suo migliore amico Trunks e persino suo padre, il signor Vegeta (ma questi si era limitato per tutto il tempo a trangugiare cibo preparato da Chichi e starsene per lo più in disparte, guardando di sottecchi il piccolo di casa Son); Genio, Yanko e persino il signor Junior che aveva accettato dopo l’invito del suo pupillo Gohan.

 

 

Fu una giornata memorabile per il piccolo Goten, senza contare il succulento bottino dei regali ( solo suo nonno gli aveva scaricato nel giardino una ventina di pacchi dai più grandi ai più piccoli) e stava ancora giocando con l’ultimo giocattolo scartato, quando sua madre e suo fratello lo chiamarono.

Si avvicinò a sua madre che sorridendogli commossa gli si fece incontro e gli consegnò un altro pacco, ancora incartato che non aspettava altro che essere aperto dalle sue dita impazienti.

 

“Questo è da parte mia e di tuo fratello”. Gli disse.

 

Il bambino sorrise, sedendosi sull’erba e prendendo a scartare il pacco, salvo prendere in mano tutto contento ed emozionato una tuta da combattimento.

 Ma non era una semplice tuta da combattimento, come quelle che solitamente indossava e che erano appartenute (la più parte) a suo fratello in passato ed erano rattoppate, quella tuta…non poteva sbagliarsi, l’aveva vista in tantissime foto nell’album di famiglia.

 

Era identica a quelle che soleva ed amava indossare suo padre, ad eccezion fatta della maglietta che aveva le maniche lunghe, a parte questo…era identica, persino le stesse scarpine!

Sorrise, stringendola con forza a sé, sorridendo, invocando silenziosamente – di fronte alla sua famiglia e ai suoi amici commossi – ancora una volta suo padre, quel padre che non aveva mai conosciuto ma che amava profondamente, e che sentiva – nonostante tutto – accanto a sé, e amava credere che fosse veramente così.

 

Sorrise e si gettò con foga tra le braccia di sua madre, prima di abbracciare le gambe di suo fratello, felicissimo, bisbigliando con gli occhioni lucidi di lacrime:

 

”Grazie mamma, grazie Gohan…è il più bel regalo che io abbia mai ricevuto…”.

 

“Se solo tuo padre potesse vederti…”. Mormorò Chichi, asciugandosi una lacrima birichina.

 

“Ma Mamma! Non ricordi? Lui è sempre lassù e ci sta guardando…anche adesso…”. Disse indicandole la stella che – immancabilmente – continuava a brillare alta nel cielo.

 

“Sì, hai ragione…che sciocca…”. Sorrise, continuando a guardare la stessa stella.

 

~

 

 

“EH?! Parteciperai al prossimo Torneo Tenkaichi?! Come mai?”. Gli chiese Bulma sorpresa, salvo poi aggiungere:

 

“…però non ti divertirai molto…perché sono sicura che sarai tu a vincere…”.

 

“Non sarà così facile…a quel Torneo, se ci sei tu…PARTECIPERO’ ANCH’IO!”. Era intervenuto inaspettatamente Vegeta.

 

 

ALLORA PARTECIPERO’ ANCH’IO!”.

 

“P…PAPA’…LA VOCE DI MIO PADRE!”.

 

“Kakaroth…?!”.

 

 

 

“Papà! Sei tu, non è vero?”.

 

“Sì, sono io!E’ da molto che non ci sentiamo, eh?!”.

 

 

“Veramente…veramente verrai a partecipare al Torneo Tenkaichi?!”.

 

”Certo! Chiederò il permesso alla vecchia Sibilla, tornerò da voi il giorno del torneo!”.

 

 

 

 

“Mamma…Goten!”.

 

Gohan entusiasta più che mai entrò di corsa in casa, chiamando a gran voce la madre e il fratellino, quest’ultimi scesero le scale, avvertendo il suo richiamo, mano nella mano.

 

“Gohan? Tesoro, perché stai strill- ”.

 

Ma non finì di parlare perché suo figlio la strinse a sé con forza, ridendo di pura e semplice gioia, quasi stritolandole le costole, mentre la donna pronunciava delle deboli parole di protesta.

 

“Ma…ma Gohan…cosa ti è preso?!”.

 

Il ragazzo si scostò sorridendole, posandole le mani sulle spalle.

 

“Tornerà, Mamma…tornerà…!”.

 

”Gohan…cosa…?”.

 

La donna continuò a guardarlo con gli occhi stralunati, non riuscendo a capire, mentre guardava gli occhi felici, estasiati del suo primogenito che continuava a ridere con così tanta gioia che sembrava tornato il ragazzino spensierato che era stato fino a pochi anni fa.

 

“Papà…”.

 

“G-Goku?!”.

 

Disse Chichi spalancando gli occhi che subito si riempirono di lacrime di pura e semplice gioia, il suo cuore prese a battere, a battere come quando era ragazzina e le bastava uno sguardo o un sorriso del fidanzato per sentirsi avvolgere da un intenso e benefico calore.

Un sorriso dolcissimo apparve sulle sue labbra, appoggiando una mano sul cuore.

 

“Hai sentito Goten?!”. Continuò Gohan prendendo in braccio il bambino che prese a ridere spensierato, continuando a ripetere.

 

”Davvero? Davvero? Papà tornerà?!”.

 

“Sì Goten, davvero!”.

 

 

‘ Goku…amore mio…’.

 

 

‘ Ancora pochi giorni e potrò riabbracciarti Gohan, potrò conoscerti Goten…e potrò riaverti tra le mie braccia…Chichi…amore, solo pochi giorni…’.

 

 

Quella notte, quando Chichi si spazzolò i lunghi capelli di fronte alla finestra le parve che quella stella brillasse ancora più del solito; sorrise mandandole un bacio e dandogli una dolcissima buonanotte.

 

‘ Amore mio…anche se sarà solo un giorno…lo aspetterò con tutta me stessa…a presto, amore mio!’.

 

 

~

 

 

“Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono fiero di te…

 

…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa…sono stato troppo egoista con lei…

 

…l’ho fatta soffrire…”.

 

“Papà…”.

 

“Papà…”.

 

 

 

 

“Papà…”.

 

Il sedicenne si svegliò di soprassalto, drizzandosi con il busto e passando una mano sulla fronte madida di sudore.

Un sogno, lo stesso da quando suo padre gli aveva fatto sapere che avrebbe partecipato lui stesso alla prossima edizione del Torneo Mondiale d’Arti Marziali.

Da quel giorno – notte dopo notte – non faceva che rivivere quei drammatici e profondi istanti prima della sua dipartita.

 

Nonostante fossero passati ben sette anni, nonostante ripetesse il sogno senza tregua da diverse notti, ogni volta quel ricordo non mancava di scuoterlo intensamente nell’anima, procurargli brividi di freddo lungo la spina dorsale e una fastidiosa quanto intensa sensazione di gelo…di gelo interiore.

Malgrado tutto quello che era successo in quei lunghi sette anni; malgrado l’amore e la dedizione che non aveva mai smesso di riversare su sua madre e il suo fratellino, non poteva farci nulla…non era ancora riuscito a perdonarsi.

 

Non era ancora riuscito ad essere indulgente con sé stesso, lui che con la sua superbia, con quell’arroganza della sua anima saiyan aveva indotto suo padre a sacrificarsi per salvare lui, sua madre, il feto che già cresceva in lei e tutta l’umanità; aveva così condannato sua madre ad un’ulteriore e precoce vedovanza e lui e il suo fratellino –  questi soprattutto – all’essere orfani.

 

E di questo, forse, non si sarebbe mai perdonato.

 

Il suo sguardo cadde sulla sveglia appoggiata sul comodino, rendendosi conto che erano già le 9 passate sussultò e un sorriso gli increspò le labbra, mentre si alzava di fretta e furia.

 

Oggi, finalmente, avrebbe rivisto suo padre.

 

Oggi, finalmente, lo avrebbe riabbracciato, gli avrebbe parlato, e avrebbe cercato e sperato nel suo perdono.

 

Solo in quel momento si accorse che il futon di Goten era già vuoto, indi, si diresse al piano inferiore e lo trovò già seduto a tavola, intento a fare colazione, vestito di tutto punto con la tuta da combattimento regalatagli da lui e da sua madre che – saputo dell’imminente ritorno del padre – il piccolo aveva deciso di indossare per la prima volta proprio in questo giorno speciale per tutta la famiglia Son.

 

 

“Buongiorno fratellone!”. Disse il bambino tra un boccone e l’altro, con la sua solita e solare spensieratezza della sua infanzia.

 

“Goten…? Sei già sveglio…”. Bisbigliò il sedicenne guardandolo incredulo, constatando le fatiche sue e di sua madre per convincerlo ad alzarsi al mattino.

 

Il bambino sorrise candidamente e in modo straordinario, considerando la quantità di cibo che stava trangugiando, Gohan scosse la testa divertito sedendosi accanto al bambino e guardando con l’acquolina in bocca una bellissima, profumata, gigantesca ed invitante torta alle mele, la preferita di suo padre, da sempre.

 

“Uhm…ha l’aria invitante…”. Disse andando in brodo di giuggiole pensando a quanto dovesse essere deliziosa.

 

Stava per prenderne una fetta, se non fosse che il fratellino lo colpì con il mestolo di legno sulle dita:

 

“Ahi! Ma che ti prende?! Sei impazzito?!”. Gemette il ragazzo, guardandolo furioso e massaggiandosi goffamente le dita colpite.

 

“La mamma ha detto che QUELLA non si può toccare…la mangeremo stasera a cena, per festeggiare papà…”. Disse il bambino con gravità e tono rimproverevole, che lo rendevano in qualche modo ancora più buffo.

 

“Umpft!”.

 

Borbottò il fratello, rinunciando alla torta e apprestandosi a mangiare qualcos’altro, prima di guardarsi intorno con sguardo interrogativo.

 

“A proposito…dov’è mamma?”.

 

“Ci ha preparato la colazione ed è andata di sopra a cambiarsi…ha detto che non aveva molta fame…”.

 

Gohan annuì comprensivo, versandosi alcune delle squisite prelibatezze preparate dalle mani esperte della madre.

 

“Immagino che l’idea di rivedere papà dopo così tanto tempo, la innervosisca un po’…peccato che possa restare solo un giorno…se non altro stasera mangeremo tutti insieme, prima che torni nell’aldilà…”.

 

Il bambino annuì, prima di smettere momentaneamente di mangiare, accostando gli indici delle sue manine, con fare pensieroso.

 

“Gohan?”.

 

”Che c’è?”. Chiese il ragazzo con la bocca piena di cibo. In quei particolari momenti, come Chichi sorrideva tra sé avvedendosene, persino Gohan: sempre impeccabile, premuroso, serio, preciso, composto e posato ragazzo, lasciava trasparire il suo essere – in fin dei conti – un ingordo, un selvaggio ingordo.

 

 

“T-Tu credi, cioè…pensi veramente che…”.

 

“Che cosa?”. Chiese il ragazzo confuso, notando l’aria un poco nervosa e titubante del piccolo.

 

“…pensi che io piacerò a Papà?”.

 

~

 

 

 

”Uhm…io direi proprio di sì!”.

 

Disse con la sua solita voce solare, profonda ed allegra che aveva il dono di strappare un sorriso – fosse anche esasperato o lacrimoso – a chi gli stava accanto, aveva il dono di riuscire a riempire una stanza che sembrava vuota, sembrava fredda, solo camminandovi e guardandosi goffamente attorno, aveva il dono di scaldare gli animi e di essere un faro, un conforto, una guida, un compagno di viaggio, anche nei momenti più drammatici e terribili.

 

In tutto il suo splendore, la sua spensieratezza, la sua ingenuità, la sua dolcezza, dopo sette anni…Son Goku varcò di nuovo l’uscio della propria abitazione. (dopo sette anni è quiiiiiii! Carramba che Sorpresa! @_@ Scusate, non ho resistito! :P NdA.)

 

La vecchia Baba (alias Sibilla) l’aveva accompagnato per un lungo tratto, decisa a scortarlo fino alla città dove si sarebbe svolto il prestigioso Torneo ma il ragazzo aveva dichiarato di voler innanzitutto far ritorno dalla propria amata quanto rimpianta famiglia.

 

E ora che si guardava attorno, vedere che nulla lì dentro (eccetto il suo secondogenito) era cambiato, gli trasmise una piacevole fitta all’altezza del cuore: gioia, calore, ma anche tanta, tanta nostalgia e rimpianto, pensò osservando con commozione una foto della neo-famiglia.

Raffigurava  la sua incantevole Chichi e i loro due splendidi figli, dietro alle loro spalle la maestosa quanto rassicurante figura di Juman.

 

Spostò lo sguardo di nuovo alla tavola e a quelle due creature, emblema dell’assoluta perfezione a suo parere, poiché nati da un intenso, profondo ma anche travagliato (nel senso di pieno di sofferenze e travagli; Nd A), amore. Un amore che neppure la morte aveva potuto estinguere o  a poco a poco affievolire ma aveva saputo mantenersi acceso, con quella dolce aspettativa, quella amara impazienza di aspettare il momento in cui poter di nuovo sprigionare tutta la propria forza ed intensità.

 

 

Sorrise, e con quel semplice gesto volle trasmettere tutto il turbinio di sentimenti, d’emozioni, di sensazioni sottopelle che per l’innumerevole quantità, ma soprattutto per la loro intensità e le varie sfumature, non avrebbe mai potuto descrivere a parole, perché le parole erano troppo… riduttive,limitative  seppur nella loro massima pregnanza.

I sentimenti non possono essere ‘arenati’ nei rigidi schemi mentali degli uomini…i sentimenti sono…liberi, si devono vivere e basta…e questo Son Goku l’aveva imparato.

 

 

“Ciao…figlioli.”.

 

Avvertì appena il rumore di una sedia spostata con forza e con velocità, un frammento di secondo dopo (forse anche meno) si ritrovò ad abbracciare con forza e con affetto il suo primogenito, notando con una dolce commozione quanto il suo adorato Gohan fosse cresciuto, come fosse – così rapidamente – divenuto uomo.

 

Lui ancora ricordava con affetto quel bambino che all’età di quattro anni si annoiava e sbadigliava quando gli dava lezioni d’Arti Marziali…ma che già conosceva metà enciclopedia! Quel bambino che aveva subito  – con la costrizione –  l’iniziazione  alle Arti Marziali;  quel bambino che aveva avuto delle esperienze che neppure lui – pur essendo un puro saiyan e in qualche modo…predestinato – avrebbe mai potuto immaginare, all'epoca.

Quel bambino che era stato l’unico vero e proprio eroe che aveva eliminato in modo definitivo quel terribile mostro, noto come Cell.

 

“Papà…”.

 

Bisbigliò il ragazzo, incapace di proferir altro motto. Quante cose avevano da dirsi, da ricordare insieme…ma sembrava divenuto impossibile trovare le parole e il modo giusto per farlo.

 

“Come sei cresciuto, figliolo! Quasi non ti riconosco…”.

 

Disse affettuosamente, scostandolo da sé e posando le mani sulle sue spalle per contemplarlo.

 

“Sei diventato un uomo, ormai…”.

 

Disse infine, sotto lo sguardo emozionato e commosso del figlio. Continuarono a guardarsi e sorridersi in silenzio, per qualche istante. Non servivano parole, o altri gesti. Il legame che aveva unito padre e figlio fino alla nascita di questi, non si era dissolto, nemmeno la morte aveva potuto sgretolarlo o corroderlo.

 

Gohan  avvertì una leggera pressione, si voltò confuso, salvo individuare la sagoma del fratellino che lo cingeva (come faceva quando era spaventato, felice o turbato) per le gambe.

 

Sorrise, scostandosi leggermente, con lo sguardo chino verso il bambino. Goku seguì il suo sguardo e quando incontrò quel visetto così ingenuo, puro; quando si rispecchiò in quel bambino che era una sua copia esatta, un sorriso fece di nuovo capolino sulle sue labbra, i suoi occhi lanciarono un guizzo di pura e semplice gioia mista a commozione, un lieve solletico al cuore.

 

Era lui, lui di cui non avrebbe mai immaginato l’esistenza; lui che aveva visto nascere dall’alto dei cieli;  lui che aveva vegliato nelle notti in cui il bambino sgattaiolava fuori per guardare le stelle; lui di cui aveva seguito l’iniziazione alle Arti Marziali da parte della sua Chichi e poi di Gohan; lui verso cui sentiva un grande debito da saldare per la sua totale e completa assenza fisica nella sua giovanissima vita; lui che si nascondeva timidamente dietro le gambe di Gohan…gli parve di sentire in cuor suo i sentimenti del bambino: gioia ed entusiasmo, ma allo stesso tempo paura e nervosismo, come quando ci si trova di fronte ad una persona mai incontrata con la quale bisognerà condividere del tempo.

 

Si sedette a carponi, un sorriso dolce e gentile, confidenziale e degno di fiducia sul volto, uno sguardo caldo e amorevole, prima di scandire con voce volutamente dolce e flebile:

 

”Ciao…figliolo…”.

 

Gohan sorrise, scostandosi leggermente, carezzando rassicurante il bambino sulla testa, permettendogli di trovarsi faccia a faccia con il padre, come da sempre aveva sognato.

Goten guardò per un attimo negli occhi l’uomo che aveva imparato a conoscere – grazie a foto, filmini e racconti – come suo padre, sostenne per qualche intenso secondo il suo sguardo ed il suo sorriso, avvertendo il proprio cuore battere forsennatamente e le gambe tremolare per l’emozione, la sua testa era così piena di pensieri e allo stesso tempo vuota, leggera.

Mille immagini della sua infanzia senza un padre gli affiorarono nella mente, le parole di sua madre, di suo fratello, quella stella così splendida nel cielo notturno; tutte quelle immagini gli passarono di fronte agli occhi come un flash, prima di essere sostituita da una assolutamente reale e concreta. Non c’erano dubbi.

 

Quello era il suo papà.

 

Con slancio e foga si gettò tra le sue braccia, gridando con forza, con calore ma anche con disperazione, con commozione quel “ Papà!” che per la prima volta non fu un suono dolce ed amaro che riempiva il silenzio, ma un vero e proprio richiamo.

 

Il sorriso di Goku aumentò, stringendo con calore il bambino, cullandolo delicatamente, tanta la paura di fargli male visto come sembrava piccolo e fragile, nonostante avvertisse un forte potere scaturire da lui. Prese ad accarezzargli la testolina, i capelli, rialzandosi in piedi, continuando a stringerlo, e lasciandolo ridere e piangere al contempo contro il suo possente torace, prendendo a bisbigliargli parole d’affetto e conforto, mentre Gohan sorrideva guardandoli in disparte, lasciando che vivessero da soli quel momento così emozionante per entrambi e così…personale.

 

“Visto di persona sei ancora meglio…”.

 

 Disse Goku, sfiorandogli la testolina, con sguardo amorevole ed intenso.

 

“T-tu…mi guardavi da lassù…papà?”.

 

Aggiunse subito dopo, era così bello poterlo dire, poterlo chiamare, poterlo toccare, sentirsi stringere da lui. Gli fece quella domanda, ma in fondo già sapeva la risposta, solo voleva provare la dolcezza e l’emozione di sentirlo dire da lui, dal suo papà.

 

“Certo…non ho mai smesso di vegliare su ognuno di voi…”.

 

Bisbigliò dolcemente, passandogli una mano tra i capelli, mentre il bambino annuiva, continuando a guardarlo con ammirazione e adorazione.

Goku lo strinse di nuovo con forza, prima di posarlo delicatamente a terra, scambiando un altro sorriso con il primogenito.

 

I suoi occhi si posarono sulla tavola apparecchiata e i suoi occhi andarono in vero e proprio visibilio, riconoscendo la torta alle mele, la sua preferita, la prima in assoluto che Chichi aveva cucinato per lui, quando avevano cominciato a vivere insieme, quando lui e lei stavano cominciando a costruire quella splendida, così unita e calorosa famiglia.

 

I suoi occhi vagarono nella stanza, aspettando che da un momento all’altro il suo angelo dai lunghi capelli corvini e dagli occhi intensi e vivi, pieni di luce nei quali avrebbe voluto naufragare, facesse – finalmente – la sua apparizione.

 

 

~

 

Chichi sorrise, lasciando entrare la luce del sole dalla finestra aperta, mentre una lieve quanto dolce brezza faceva il suo ingresso carezzandole il viso che quel mattino sembrava risplendere di luce propria, i suoi occhi sembravano essersi riaccesi dopo un lungo lutto durato sette anni. Domani forse sarebbe stato di nuovo così, ma non oggi. Non oggi che il suo Goku sarebbe tornato da lei, non oggi, oggi non c’era spazio per inquietudini, tristezze, noie e rimpianti…oggi sarebbe stato solo un giorno di gioia, di amore, di pace…quella giornata sarebbe stata una delle più importanti della sua vita.

Importante come il giorno in cui Goku le aveva promesso di sposarla.

Importante come quello del fidanzamento.

Importante come quello del matrimonio.

Importante come le nascite di Gohan e di Goten.

 

Non doveva esserci spazio per nulla che non rispecchiava lo splendore della sua gioia, di quell’amore che palpitava in lei e che le sembrava identico a quello di quella ragazzina che non abbandonava mai il suo fidanzato…identico ma allo stesso tempo più intenso, più suggestivo, più ricco, più profondo.

 

Spazzolò delicatamente i capelli, seduta sul bordo del letto, guardando con un sorriso civettuolo il caos in cui era piombata la sua camera da letto; vestiti sparsi ovunque, scatole di trucco, cosmetici, accessori vari; da quanto tempo non si sentiva così…le sembrava di provare quella stessa ansia, quella stessa impazienza, quella gioia, ma allo stesso tempo quella lieve inquietudine, vissuti prima del suo matrimonio, quando una buona parte dello staff della servitù le ronzava attorno preparandola al meglio.

 

Allo stesso tempo sentiva quanto in quei sette anni fosse maturata, fosse diventata ancora più donna di quanto fosse mai stata, in quei sette anni aveva affrontato tante avversità, tante vicende, tante emozioni crescendo e stando accanto ai suoi figli e se non erano “leggendarie” come le avventure del suo Goku e dei suoi amici…di certo non avevano minor importanza ai suoi occhi.

Ma era felice di lasciare che quella ragazzina tornasse ad emergere nel cuore e nell’anima della donna che era diventata, della donna che aveva allevato da sola i suoi figli non facendo mai mancare loro amore, protezione, cura, devozione e spensieratezza, quella donna che era per loro un importante ed irrinunciabile punto di riferimento, quella donna di cui suo padre si diceva così fiero.

 

Dopo estenuanti ricerche aveva optato per abbandonare – una volta tanto – uno dei suoi rigorosi abiti in stile cinese, optando per una fine ed elegante camicetta bianca, con una serie di deliziosi laccetti incrociati sul davanti e una gonna di jeans che le arrivava un poco sopra le ginocchia, ai piedi degli eleganti ma sobri sabot e tanto per far emergere ancora quella ragazzina piena di sentimenti, di sensazioni palpitanti avrebbe lasciato scorrere la sua chioma corvina lungo le spalle.

 

Quasi senza rendersene conto si ritrovò a canticchiare un motivetto con le labbra, da quanto non si sentiva così bene? Continuando a spazzolare la sua fluente cascata d’ebano, i suoi occhi si posarono per un attimo sulla comodina e con un dolce sospiro, prese in mano la casacca arancione che dalla sera di sette anni prima – oh, non avrebbe mai dimenticato quella sera! – non aveva più abbandonato la sua camera da letto. Sorrise portandosela un’altra volta al viso, cercando ancora – nonostante il passare di tutti quegli anni – un accennato, appena percettibile alone del profumo del suo saiyan.

 

 

In quel mentre avvertì il materasso cigolare, perché qualcuno doveva essersi appena appoggiato con le ginocchia, roteò gli occhi tra l’esasperato e il divertito, scostandosi i capelli dal viso, prima di riappoggiare – dopo averla ripiegata – con cura la casacca sulla comodina, accanto alla foto di lei e di Goku il giorno delle nozze. Accavallò  le gambe, riprendendo a spazzolare i capelli, che avvertì sfiorare con un piccolo e delicato tocco, così gentile e delicato.

Sospirò, riappoggiando la spazzola al letto e incrociando le braccia, senza nemmeno voltarsi, certa di chi si trattasse ma soprattutto che cosa volesse.

 

“No, Goten! Te l’ho già detto…non dovete in NESSUN MODO o CIRCOSTANZA avvicinarvi alla torta di mele! Quella torta…”.

 

Ma si interruppe improvvisamente quando avvertì un familiare, quanto goffo.

 

“Ops! Ehm…scusami, tesoro…sono sempre il solito, lo so! Eh eh...”.

 

Chichi lasciò cadere la spazzola a terra, i suoi occhi strabuzzarono increduli, le sue labbra si dischiusero e il suo cuore prese a palpitare a ritmi inimmaginabili.

Con una lentezza che le sembrò infinitesimale, si voltò e le parve di intravedere frammento per frammento,  tutte quelle immagini che da quel momento le apparvero davanti.

 

 

 

 

Goku.

Il suo Goku.

 

Sorrideva come al suo solito, con fare goffo e remissivo, colpevole, mentre si grattava con nervosismo la nuca, guardandola con espressione dispiaciuta e innocente.

 

Ma un secondo dopo, i suoi lineamenti assunsero tutt’altra forma. Smise di sorridere, i suoi occhi si focalizzarono in quelli di lei, scrutandola con intensità, con attenzione, come volesse leggerle l’anima, come se la vedesse per la prima volta, studiandone le delicate e fini fattezze di quel visino d’avorio così elegantemente scolpito. Si perse nei suoi occhi, lo specchio della sua anima, così intrisi d’emozioni, di sentimenti da perdervisi dentro per non riemergere mai più…ma si sarebbe perso con pura e semplice gioia all’interno delle sue iridi e lì dentro avrebbe cercato l’essenza di lei, l’avrebbe fatta propria e così avrebbe saputo trovare nel mare delle emozioni più eteree, più pure, ma anche quelle meramente passionali e sensuali della sua donna…se stesso.

 

Perché Son Goku lo sapeva. Sapeva che morendo…non si era dissolto del tutto, metà di se stesso era custodita nel cuore della giovane, nell’intima essenza della sua anima e anche nel Regno dei Cieli, oltre la vita, senza di lei…non era completo.

 

Ora. In quel momento. Insieme, occhi negli occhi, senza fare o dire nulla, semplicemente lasciando emergere emozioni, brividi, sensazioni, pensieri e incertezze…in quel momento seppe che era quella la perfezione assoluta.

 

Chichi si perse a sua volta nella sua espressione così dolce, eppure così…suggestiva che la stava soggiogando più di qualsiasi altra cosa, in quello sguardo così…scrutatore, intenso, profondo, ma allo stesso tempo caldo…rovente, sembrava entrare in lei e nello stesso tempo indurla a scavare nel profondo di lui per far riemergere la sua stessa essenza. Perché sapeva come e quanto le loro essenze fossero mischiate e solo dalla loro unione sarebbero tornate ad essere un tutt’uno.

C’erano così tante cose che avrebbe voluto dirgli. Tante cose da chiarire. Erano tanti i gesti che gli aveva riservato, i sorrisi, i baci…ma in quel momento, semplicemente si sentiva risucchiare dalla luce dei suoi occhi di velluto e nel sorriso emozionato e allo stesso tempo affascinante e sensuale che incurvò le labbra di lui. Era splendido, spaventosamente bello, proprio come sette anni fa. Non era cambiato.

 

“G-Goku”.

 

Fu solo in grado di bisbigliare, mentre sentiva una lacrima birichina contenuta nelle sue ciglia, facendole risplendere, come quella nuova mistica ed eterea luce accesasi nel suo sguardo.

 

Il saiyan annuì impercettibilmente. Un battito di ciglia, il frullio d’ali di una farfalla, e si ritrovò stretta tra le sue braccia, avvertì il battito lievemente aumentato del suo cuore sotto il suo orecchio, avvertì la carezza calma ma intensa delle sue grandi mani tra i suoi capelli e poi sulla schiena, avvertì il suo profumo…il profumo del suo saiyan, avvertì il calore del suo corpo e il modo in cui si era istintivamente lasciata andare, il modo perfetto in cui il suo corpo sapeva trovare rifugio, protezione in quello di lui. Le sembrò che il tempo si fosse fermato. Non c’era più nulla, più nessuno, solo loro due, sembravano essersi elevati ad una dimensione ultraterrena loro, solo e soltanto loro.

Strinse forte le braccia intorno al suo collo, bisbigliando il suo nome contro la sua spalla, avvertendo lacrime di gioia fuoriuscire dalle sue palpebre, mentre lui la teneva ancora saldamente a sé.

Lo sentì affondare  il viso contro i suoi capelli, carpendone il profumo e la morbidezza setosa,  avvertì il suo respiro profondo contro il suo collo e la pelle accapponarsi, rabbrividire mentre istintivamente si fece più vicina, quasi volendo diventare una parte stessa del suo corpo.

 

“Oh Goku…”.

 

“Chichi…tesoro…”.

 

Mormorò appena contro il suo orecchio, facendola sciogliere in un sorriso lacrimoso, mentre appoggiava le sue morbidi e virili labbra contro la sua mascella, in dolci, teneri,lenti e suggestivi baci lungo la linea curva della sua gota, soffermandosi allo zigomo. Sorrise intenerito, vedendo una lacrima rotolare sulla guancia e la baciò, assaggiandone il sapore salato ma in qualche modo…invitante. Le scostò i capelli dal viso, riponendoli con attenzione dietro le orecchie, continuando a starle intimamente vicino, i loro nasi che si sfioravano, studiando con attenzione ogni gesto, come a volerlo imprimere per sempre dentro di sé, e forse – pensò  Chichi – era proprio così.

Le scostò qualche ciuffo, in modo da liberarne la fronte, baciandola delicatamente, scivolando poi – lento e suggestivo – sul nasino, percorrendone la piccola discesa e la punta del naso.

Le cinse il viso, facendolo leggermente inclinare all’indietro per studiarla meglio.

Chichi scosse leggermente la testa, quando avvertì un istintivo ma delizioso rossore imporporarle le gote, mentre sospirava leggermente, sorridendogli con il cuore ancora in tumulto, scendendo con le mani a sfiorare le sue spalle perfette – come a darsi un’altra prova che in QUEL momento, lui fosse veramente LI’, con lei – salvo scivolare al petto muscoloso.

Sorrise, dolcemente emozionata, posando le mani su quelle di lui che ancora le tenevano il viso accarezzandole le gote, e ridendo leggermente, con gli occhi che risplendevano di tutto quel turbinio di magiche emozioni che covava nel cuore.

 

“Non sei cambiato. Sei sempre lo stesso…il mio Goku…”.

 

Disse le prime parole con voce flebile ma ferma, mentre le ultime divennero un bisbiglio, come un loro intimo e riservato segreto.

Lo vide sorridere, i suoi occhi riempirsi di quello stesso arcobaleno d’emozioni racchiuse nel suo cuore.

 

 

“Nemmeno tu. Sei così bella…come l’ultima volta che ti ho vista…forse anche di più…”.

 

Bisbigliò posandole ancora dei leggeri baci sulla guancia, scivolando fino al mento, fino a posarne uno sul collo, sorridendo quando la sentì fremere letteralmente facendosi più vicina, e avvertì di nuovo la consistenza del suo seno contro il suo petto. Le mani del ragazzo scivolarono dal viso, lungo il collo, le spalle, i fianchi con lentezza, quasi a voler riscoprire pian piano ogni centimetro del suo splendido corpo, salvo stringerle poi con dolce fermezza ed intensità la vita, dolcemente possessivo. Erano entrambi ancora seduti sul letto, appoggiati alle ginocchia.

 

“Goku…io…”.

 

“No, amore…non adesso…”.

 

Bisbigliò appena il ragazzo, schioccandole un bacio sulla mascella, salendo leggermente all’orecchio, togliendole un sospiro d’emozione.

Sorrise scivolando con le labbra sul suo viso, giungendo al suo mento, soffermandosi un attimo a guardarla, occhi negli occhi, sfregando il naso contro il suo.

 

 

“Dopo, amore…dopo…abbiamo tutto il tempo…”.

 

 

Bisbigliò dolcemente, con voce ferma ma così intensa da lasciarla senza fiato, facendola struggere contro di sé, avvertì i fremiti del suo corpo.

Decisamente, un invito troppo allettante per poterlo rifiutare.

 

La vide annuire, ricambiando il suo sguardo, riconobbe in quello sguardo intenso ed etereo quella stessa scintilla che doveva accendere il suo animo in quel momento.

Sorrise con un che di sensuale e sbarazzino prima di appoggiare le labbra a quelle della giovane, le cinse di nuovo il viso, facendoglielo inclinare all’indietro, in modo da conferire al bacio la giusta intensità.

 

Un lieve, leggero, tenero, soffice sfiorarsi di labbra. Quasi come studiarsi di nuovo, dopo tanto tempo, quasi come una prova.

 

Un altro, un lieve frullio d’ali di farfalla, quella stessa scintilla cominciare ad ardere, senza più controllo, senza remore.

 

Fece scivolare le mani ai suoi fianchi, attirandola con forza e con energia a sé, godendo di quel lieve ma intenso brivido di aspettativa che intaccò ogni suo nervo, scuotendolo fin nel profondo, mentre avvertì la donna bisbigliare di nuovo il suo nome…ma il suo nome gli parve così intenso, così dannatamente…allettante e meraviglioso.

 

Socchiuse gli occhi, accostando il volto al suo, catturandole le labbra, lambendole intimamente, perdendosi nel fragrante sapore della sua bocca, lasciando intingere le proprie labbra del respiro di lei, avvertendo quanto si facesse più agitato il suo stesso respiro, continuare implacabile, cercando, scovando ogni anfratto più segreto di lei, premendola con più energia, salendo con una mano alla sua nuca, chiedendo di più, osando di più. Fu il saiyan  a fremere letteralmente quando le mani di lei risalirono la schiena, e si strinsero contro il suo collo, incrociando le braccia, facendosi più vicina, intrecciando una delle sue dita tra i suoi capelli, ricambiando con ardore il bacio, fino a quando lui non avvertì la scintilla accendersi nel profondo di sé, non accontentandosi mai, conscio che quel fuoco che nemmeno la morte poteva estinguere, si era fatto ancora più intenso, era stato rigidamente tenuto a bada per tanto, troppo tempo…ed ora di lasciarlo bruciare…ardere con foga, slancio e disperazione, al pensiero di dover godere di ogni istante perché non sapevano quello che sarebbe stato di loro l’indomani.

 

”Chichi”.

 

 Mormorò appena scostandosi, senza fiato, contro le sue labbra.

 

“Schhh”.

 

Bisbigliò lei sorridendo e facendolo tacere a sua volta.

 

“…Goku, amore mio…finalmente…”.

 

Bisbigliò cingendolo ancora con forza, riaccostandosi a lui, cercando di nuovo le sue labbra con la stessa sua foga, disperazione, passione ma al contempo la dolcezza e la tenerezza, immutati con il passare del tempo.

 

O forse sì.

 

Accesi e resi più vivi, più palpitanti, più…roventi.

 

 

 

…Fine prima parte…

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Capitolo 2
*** Parte II ***


II° Parte.

 

Poche ore dopo, la famiglia Son si riunì al resto della comitiva Z ansiosa di partecipare o assistere all’ennesima edizione del Torneo Tenkaichi.

Ovviamente, furono tutti molto felici e commossi nel rivedere Goku che cingendo per la vita la moglie, con il piccolo Goten adagiato sulla sua spalla e il suo primogenito a fianco, tornò a riabbracciare, ridere e scherzare con tutti i suoi amici, in tripudio e commozione generale.

Quella che avrebbe dovuto essere, però, una tranquilla giornata (seeee! Veramente si erano illusi?! Io no! Nd.A), fu purtroppo turbata dalla comparsa di equivoci ed insoliti personaggi che la comitiva avrebbe dovuto affrontare nella competizione sportiva.

 

La situazione si fece ancora più tesa quando – con lo sgomento e lo sbigottimento di tutti  - per una inspiegabile ragione, Junior si arrese e rifiutò di combattere contro un singolare e misterioso partecipante: Shin (se ricordate il nostro Kaiohshin per celare la sua identità, aveva usato questo pseudonimo…però che fantasia! ^^’’’ Nd.A.).

 

“Junior…ma è così forte?”.

 

“Già…sono problemi d’ordine diverso…”.

 

“Ma no, dai! Stai scherzando, vero? Sai che devo combattere con lui al prossimo incontro, eh?”.

 

Lo sbigottimento generale aumentò quando Videl nel terzo scontro se la dovette vedere con un equivoco personaggio dall’aria bruta e losca: Spopovich.

All’inizio del combattimento sembrava scontata la superiorità della ragazza, Spopovich aveva ricevuto danni gravi, ciononostante continuava  a rialzarsi e mentre la ragazza cominciava ad ansimare e respirare affannosamente.

 

“Bravissima! Gliel’ho insegnata io la tecnica Bukijutsu!”.

 

“Sarebbe stato meglio se fosse caduta…”.


“EH?”.

 

“Come ti ho già detto, quello Spopovich non è normale…ha già subito grossi danni, ma riesce a muoversi con indifferenza…non sento alcun vigore da lui…”.

 

 

 

“Credo che quel tizio abbia ottenuto una forza molto superiore alle sue vere capacità…ma non riesco a capire perché…”.

 

 

 

“Non ti perdonerò mai! Te la farò pagare cara!”.

 


“Sta’ tranquillo, Gohan! Goku è andato a prendere dei senzu!”.

 

Ma le sorprese erano appena iniziate, nel terzo scontro Gohan dovette vedersela con un altro personaggio misterioso, un uomo anziano, alto e con il fisico maestoso che aveva accompagnato Shin.

 

 

“Trasformati in super saiyan! Voglio sapere se tu sei davvero d’aiuto in caso d’emergenza…”.

 

“EH?! C-Come mai conosce i super saiyan?!”.

 

 

 

“Mi dispiace molto, ma vogliamo approfittare del signor Gohan…e devo chiedervi anche di non muovervi assolutamente, qualunque cosa accada! Promettetemelo, vi prego…”.

 

“C-Cosa?!”.

 

“Ma cosa significa tutto ciò?!”.

 

“Non posso accettare la proposta di uno sconosciuto…chi sei?!”.

 

“Qu-questo signore è Kaiohshin…il dio dei Kaioh…è superiore al grande Re Kaioh!”.

 

“Eeh?! Me ne aveva parlato anche il Re Kaioh! Kaiohshin…ma allora sei tu il dio Kaioh?!”.

 

 

 

 

“Cosa succede se si trasforma?”.



“Credo che quello Spopovich e l’altro atleta chiamato Yamu lo assaliranno…ma come ho detto prima, non fate alcuna mossa, mi raccomando…”.

 

“Non preoccupatevi…il loro scopo non è quello di ucciderlo, vogliono solo la sua straordinaria energia…”.

 

 

Così come Kaiohshin aveva predetto, i due loschi individui – Spopovich e Yamu – assalirono il ragazzo, sotto gli occhi increduli, esterrefatti e angosciati dei suoi amici, dei suoi genitori e di tutti gli spettatori.

 

 

“Aspettate ancora! Non muovetevi! Non preoccupatevi per Gohan! Kibith lo curerà subito…”.

 

“Adesso seguirò di nascosto quei due…se volete venire con me…sarete di grande aiuto…”.

 

 

“C-cosa facciamo…Goku?”.

“Io vado con lui! Nonostante le sue capacità, Kaiohshin vuole il nostro aiuto…voglio sapere perché è successo tutto questo!”.

 

 

“Mi raccomando, prenditi cura di Gohan!”.

“Non preoccuparti, vi raggiungerò anch’io non appena si sarà ripreso…verrò con lui…”.

 

 

 

 

Dopo questa rassicurazione, Goku prese il volo, seguito immediatamente da Junior, Vegeta, Crilin e poi successivamente da Kibith, Gohan e Videl, sotto lo sguardo impotente ed esterrefatto di tutto lo staff del Torneo Tenkaichi, Mr Satan e gli spettatori sugli spalti:

 

 

“Ma cosa sta succedendo?! Se ne sono andati tutti!”.

 

“Cosa sarà successo?”.

 

“Ho…un brutto presentimento…”.

 

 

Chichi aveva ragione, i nostri eroi – come furono informati da Kaiohshin e Kibith – dovevano affrontare un’altra battaglia che si sarebbe rivelata lunga e cruenta per salvare il Pianeta.

Yamu e Spopovich non erano che due pedine, due dipendenti la cui missione era raccogliere l’energia necessaria al risveglio di una creatura mostruosa: Majin Bu, creata dalla mente del terribile Mago Bibidy. Bibidy aveva rinchiuso la creatura, rendendosi conto della sua pericolosità e l’impossibilità di controllarla, ma il figlio Babidy volle farlo tornare in vita, per conquistare il mondo.

 

Nonostante l’aspetto tutt’altro che minaccioso, Majin Bu aveva un potere immenso e a nulla valsero gli sforzi dei nostri eroi. Vegeta – che era stato, nel frattempo, posseduto (sebbene parzialmente) dal mago Babidy – perì nell’impresa, sacrificandosi e sperando così di uccidere il mostro ma questi con orrore di Junior e Crilin si rigenerò.

Gohan era in fin di vita ma sarebbe stato miracolosamente e tempestivamente salvato in extremis, ad insaputa di tutti gli altri.

 

 

Goku riaprì gli occhi, massaggiandosi la nuca dolorante e si rialzò. Cercò di far mente locale, e con un lampo improvviso di comprensione si rese conto di non riuscire più ad avvertire l’aura del figlio e del rivale, ma solo quella di Junior e di Crilin. Si teletrasportò al santuario di Dende, deciso a farsi spiegare cos’era successo mentre aveva perso i sensi, a causa dell’attacco alle spalle di Vegeta.

 

Mentre stava seduto e Dende stava curando le sue ferire, Goku venne messo al corrente degli ultimi sviluppi e fu con un grande ed immane dolore che fu informato della morte del figlio.

 

Gohan…il suo adorato figlio…com’era possibile?!

 

Suo figlio…sangue del suo sangue…quel bambino diventato così precocemente uomo…l’uomo che si era preso cura di sua moglie e del suo secondogenito…come poteva non esserci più?

 

Gemette digrignando i denti, leggendo negli occhi di Junior lo stesso dolore.

 

Ma non c’era tempo per lasciarsi prendere dallo sconforto e dal dolore. Erano tutti in pericolo, la Terra era in pericolo e Goku sapeva che la priorità al momento era salvarla  e proteggerla fino alla fine. Così facendo, annientando quell’orribile mostro – l’assassino di suo figlio – avrebbero poi potuto farlo tornare in vita e riconsegnarlo alle braccia materne perché continuasse a fare le sue veci e prendersi cura della sua amata famiglia.

 

Sì, dovevano proteggere la Terra, le sfere del drago…così Gohan sarebbe tornato in vita.

 

Recuperata la lucidità riuscì ad escogitare un piano per salvare il Pianeta: la fusion, Goku e poi Junior l’avrebbero insegnata a Trunks e Goten e così si sarebbero sbarazzati del loro nemico.

Erano ancora intenti a discutere di quest’ultimo piano, quando improvvisamente le tenebre s’abbassarono e tutti si guardarono attorno, increduli e confusi.

 

 

“Cosa? E’ scesa la notte improvvisamente…”.

 

“Ma questo…”.


”Sta per apparire il Dio drago?! Ma perché?!”.

 

“Era Bulma che raccoglieva le sfere del drago ultimamente, vero? Come mai?! Non può conoscere tutte le circostanze!”

“E’ vero! Vegeta ha ucciso molta gente al Torneo! Vuole resuscitare tutta quella gente!”.

 

“Accidenti!Se tutti e tre i desideri fossero esauditi adesso, dovremmo aspettare un anno…”.


“VADO A FERMARLA!”.

 

Bulma, Chichi, Yanko e company si erano tutti riuniti di fronte alle Capsule Corporation e avevano evocato il drago Shenron. Avevano già espresso il primo desiderio: tutte le persone buone morte quel giorno furono resuscitate (così anche Kibith che curò Gohan e lo teletrasportò nel proprio pianeta con Kaiohshin per poterlo allenare).

In quel mentre, con loro grande stupore, Goku apparve tra loro.

 

“GOKU!”.

 

“Dende mi senti?! Hanno già espresso il primo desiderio!”.

 

“Ho capito…ora lasciatelo andare! Se ha esaudito un desiderio, basta aspettare solo quattro mesi…”.

 

“Visto che si sono riuniti tutti qui, di’ a Crilin che li porto io al santuario!”.

 

 

 

~

 

 

Chichi si strinse forte al marito mentre – tutti uniti a catena – vennero teletrasportati nel santuario di Dende. La giovane donna si guardò attorno, scrutando per la prima volta quell’imponente e sontuoso edificio che non aveva mai visto, ad accoglierli: Crilin, Junior, Dende e Mr Popo.

Aveva avvertito che qualcosa non andava, fin da quando aveva visto suo figlio attaccato da quei due mostri, suo marito parlare con quel Kibith, e poi prendere il volo seguito da tutti gli altri. Gohan dopo essersi miracolosamente ripreso era volato via con quell’uomo nella stessa direzione di Goku e degli altri, per non parlare di quando Vegeta – irriconoscibile – aveva ucciso tutti quegli innocenti al Torneo e voleva ad ogni costo combattere contro suo marito.

 

Seguita – come sempre – dal padre si guardò attorno, una muta domanda le venne alle labbra mentre cercava lo sguardo di suo marito che era in piedi di fronte a lei e che la scrutava di sottecchi con una strana espressione in viso e un’ombra scura che avvolgeva le sue iridi.

 

 

“G-Goku”.


Lo chiamò appena aspettandosi che lui la guardasse e le dicesse quello che stava accadendo in quell’istante, confermando il suo presentimento negativo, chiedergli perché c’era stata quella fretta, quell’ansia di portarli in quel luogo che veniva – evidentemente – ritenuto più sicuro per tutti loro, e soprattutto quella domanda non pronunciata, dov’erano i loro figli.

Goku alzò il viso ma stranamente non volle incontrare lo sguardo di sua moglie e Chichi avvertì uno strano ed improvviso brivido freddo lungo la schiena, il suo cuore – che non sapeva esattamente quando si fosse fermato – riprese a battere, veloce, inesorabile, selvaggio.

 

Per la seconda, spiacevole volta in vita sua fu ancora come se il tempo si fosse fermato, come se guardasse la realtà in modo lontano, come se la guardasse con gli occhi di un altro, come se i secondi diventassero lunghi quanto ore, come se potesse scorgere l’immagine, il volto turbato, contrito e pensoso del marito in fotogrammi, mentre l’ansia, il terrore allo stato puro smaniava per prendere controllo del suo spirito.

 

Perché Goku stava zitto?

Perché non la guardava?

Perché sembrava così…turbato?

 

 

Lui…il suo eroe, l’uomo più forte al mondo, lui che era l’incarnazione della forza, del coraggio…cos’era successo che lei non sapeva? Cosa poteva essere successo per ridurlo così…come un qualunque terrestre impotente e sconvolto?

 

Incrociò finalmente il suo sguardo e istintivamente indietreggiò di un passo, fino a quando non andò a sbattere contro il petto di suo padre che le appoggiò le mani sulle spalle confuso e preoccupato dal suo comportamento.

 

“G-Goku…dove…dove sono Gohan e Goten?”.

 

Chiese con voce flebile, spezzata, alzando gli occhi su di lui e sostenendo il suo sguardo, mentre brividi di freddo continuavano a scorrerle lungo la schiena e le gambe presero inevitabilmente a tremarle.

 

Goku la guardò, le sue labbra si mossero come se avesse deglutito qualcosa d’amaro, un muscolo vibrò sulla sua guancia, prima di annuire impercettibilmente, non poteva nasconderle a lungo la verità. Sospirò, prendendo fiato e chiudendo gli occhi e mordendosi il labbro, odiandosi al pensiero di dover dire a Chichi che un mostro orribile le aveva portato via un altro, l’ultimo pilastro* della sua vita.

 

(* Non fraintendetemi…non è che Goten – tesoruccio mio! *-* – non sia importante ai suoi occhi,

ma Gohan è stato proprio come una colonna…un sostegno, un appoggio. Nd.A.).

 

 

“…”.

 

“Anche Trunks e Vegeta”.

 

Aggiunse Bulma che prese a guardarsi attorno a sua volta, mentre Crilin sussultava, stringendo più forte sua figlia e guardando tutti gli altri. Junior abbassò la testa, incrociando le braccia, Dende evitò lo sguardo delle due donne mortificato e Goku rialzò improvvisamente la testa, incrociando lo sguardo di sua moglie e fu una vera coltellata al cuore quando scoprì che i suoi meravigliosi e grandi occhi si erano fatti lucidi e stava letteralmente tremando, appoggiata inerme a suo padre.

 

Sospirò, sostenendo lo sguardo ansioso di sua moglie.

 

“Mi dispiace…ma prima o poi dovete sapere la verità…”.

 

Tacque per un attimo e un’improvvisa ma agghiacciante coltre si abbatté sui nuovi arrivati, Crilin sospirò impotente come gli altri, ma Goku fu sorpreso dal comportamento di sua moglie, contorse appena le labbra, mantenendo però nello sguardo lucido una luce di fermezza, sostenendo il suo sguardo. Non servivano tanti giri di parole, tanti fronzoli, sua moglie aveva intuito che qualcosa non andava, che qualcosa di grave era avvenuto, ciononostante aspettava che fosse la voce vellutata e agrodolce del marito a dar voce ai suoi più orribili pensieri, rendendoli così… reali.

 

“Trunks e Goten stanno bene…stanno dormendo…”.

 

Sentì la necessità di dare loro questa rassicurante notizia, di attenuare le preoccupazioni e gli incubi di sua moglie, la vide annuire, un piccolo sorriso fare capolino sulle sue labbra, mentre si portava una mano al cuore, sospirando e chiudendo per un attimo dopo gli occhi. Juman le appoggiò una mano sulla spalla, sporgendosi per guardarla in viso e sorridendole:

“Hai visto, tesoro? Ti preoccupi sempre troppo!”.

 

Goku scosse la testa, chiudendo fermamente i pugni, fino a quando non si fece male con le unghie e tornò a guardare sua moglie, abbassando di nuovo la testa.

 

‘ Il nostro Gohan...il nostro adorato Gohan non c’è più…oh amore mio, come posso farti questo? Chichi… ti prego, sii forte…te lo riporterò…”.

 

Rialzò lo sguardo, una luce di determinazione nello sguardo chiaramente ferito, facendo un passo avanti e incrociando di nuovo lo sguardo di sua moglie che non l’aveva ancora abbandonato, conscia – seppur istintivamente – che c’era qualcos’altro, qualcos’altro che annientava e stava lacerando il suo uomo.

 

“Ma Vegeta…e Gohan…loro, loro purtroppo non ci sono più…”.

 

“Sono stati uccisi da Majin Bu”.

 

Abbassò lo sguardo, incapace di sostenere ancora lo sguardo di sua moglie, incapace ma non volendo soprattutto guardare la sua espressione, scorgere il modo in cui velocemente ed inesorabilmente i suoi lineamenti si sarebbero trasformati, agghiacciati e sconvolti.

Non voleva guardare i suoi occhi d’onice spegnersi improvvisamente, il suo respiro farsi affannoso e il suo corpo tremare, o lui stesso non sarebbe più stato in grado di rimanere fermo, di guardare avanti, di insegnare ai bambini una tecnica per salvare la terra, per salvare loro, per salvare Chichi.

 

No, il guerriero Son Goku non poteva lasciarsi andare al dolore, non poteva…e doveva farlo soprattutto per sua moglie, per esserle – anche in quel momento – un’ancora, un punto fermo e invulnerabile. Se lo continuò a ripetere, mordendosi le labbra, fino a quando non rialzò lo sguardo.

 

Juman era sbiancato di colpo, tremante, continuando a ripetere il nome dell’amato nipote, mentre la prese sulla spalla di Chichi si era attenuata.
Chichi non strillò, non urlò il nome del figlio come Bulma stava facendo con quello dell’amato, non singhiozzò sommessamente come Videl;  i suoi occhi traboccavano di lacrime, il suo corpo tremava, un flebile sospiro usciva dalle sue labbra, ma era muta, immobile. Il suo era un dolore che andava oltre tutto questo…ora che si sentiva ancora più sola, ora che un’altra parte della sua stessa anima, del suo cuore, le era stato sottratto.

 

 

 

Goku la guardò impotente, facendo un altro passo avanti, Chichi aveva lo sguardo puntato nei suoi occhi, uno sguardo estraniato, perso in miriadi di pensieri.

 

 

La vide vacillare e un secondo dopo, cadde a terra priva di sensi.

 

 

“CHICHI!”.

 

 

 

~

 

“CHICHI!”.

 

Gemette Juman, mentre la donna era crollata sul pavimento priva di sensi, lui e Goku si fecero subito avanti, e Goku le alzò delicatamente il busto, sostenendole la nuca con una mano, e chiamando più volte con voce roca e angosciata il suo nome, osservando impotente il suo colorito pallido, così mortalmente pallido e il suo corpo inanimato.

 

Juman sembrò recuperare per primo la lucidità e la calma, s’inginocchiò accanto al corpo della figlia, cingendola e prendendola delicatamente tra le braccia.

Goku se la vide portare via, si alzò, mentre Juman si era silenziosamente voltato  – ancora cingendola – guardandosi attorno, cercando forse un luogo tranquillo e silenzioso dove avrebbe potuto stenderla, aspettando che si risvegliasse.

 

Goku fece un passo avanti, restando alle spalle del suocero, prima di appoggiare una mano sulla sua spalla e fu con una strana scossa che si avvide che la spalla di Juman si era improvvisamente…irrigidita, fatta tesa tutto d’un tratto.

Scacciò quel pensiero, quella strana sensazione, prima di bisbigliare un sommesso ma calmo e deciso:


”Lascia Juman, lascia che me n’occupi io…”.

 

Juman neppure si voltò, ma Goku poté quasi sentire una coltre di gelo estendersi tra loro due, non aveva ancora proferito motto ma gli sembrò di avvertire freddezza e gelida rabbia trasmessagli anche solo guardando quelle imponenti spalle e il corpo gigantesco.

 

“J-Juman”.

 

Lo richiamò con voce sommessa – cercando di ignorare i pianti e le urla lì vicino – e quando questi si voltò, quella sensazione di gelida rabbia…di risentimento, di biasimo si abbatté sul saiyan, provocandogli un brivido lungo la spina dorsale, mentre lo guardava zitto ed immobile.

Il suo sguardo cadde sulla moglie che per contrasto alle gigantesche dimensioni paterne, sembrava una piccola e fragile bambola di pezza, inanimata, senza vita.


”No. Me ne occuperò io.”.

 

Fu la risposta concisa e sferzante dello Stregone del Toro. Ogni parola, ogni sillaba sembrava intrisa di quella stessa freddezza, di quella caparbietà, di quel risentimento e Goku si ritrovò istintivamente ad indietreggiare come se quei sentimenti fossero dei potentissimi pugni sferratigli in pieno volto, mentre la sua espressione tradiva la sua incredulità, la sua confusione e il suo smarrimento.

Juman non l’aveva nemmeno guardato negli occhi, e caparbio – senza aggiungere altro – si voltò, mentre il ragazzo che si sentiva sempre più mortificato fece un ulteriore passo avanti.

 

“Juman…cosa…”.

 

Lo Stregone del Toro non si preoccupò di rispondere alle esitanti parole e repliche del ragazzo, ma continuò a parlare come se non fosse stato interrotto, sempre quella stessa nota gelida, colma di tutto quello che doveva aver provato e che aveva sempre taciuto a tutti, persino a sua figlia.

 

“ D’altronde come ho sempre fatto.”.

 

 Disse con quella che sembrò una frustata sferrata inesorabilmente al cuore del saiyan che continuava a guardarlo sempre più sconcertato e avvilito, come un cucciolo incapace di comprendere quale fosse la propria colpa e il motivo di tanta avversità.

 

Juman rimase immobile, dando di nuovo le spalle a suo genero. Sembrò aspettare, aspettare qualcosa…forse una reazione, una replica da parte di questi ma di fronte a quel silenzio, scosse la testa con un sorriso.

 

 Ma c’era freddezza in quel sorriso mentre si voltava a guardarlo: un sorriso amaro, un sorriso di biasimo perché era certo che quel ragazzone, l’uomo amato e rispettato da tutti non riuscisse a capire il motivo del suo comportamento, e magari se ne stupiva anche!

 

I due uomini, uno di fronte all’altro si guardarono per qualche istante. Non c’erano più schiamazzi confusi, urla di dolore, pianti accanto a loro, tutti quei suoni erano come ovattati…lontani da loro…erano entrambi esclusivamente concentrati nello scrutare l’altro, come a voler aprirsi un varco nelle iridi dell’interlocutore  per aver accesso ai suoi misteriosi sentimenti.

 

 

“Che cosa vuoi dire?”.

 

Fu la semplice domanda posta da Son Goku, i suoi lineamenti si fecero di nuovo attenti, concentrati, i suoi occhi intensi, volti ad analizzare profondamente il padre di sua moglie.

C’era sempre stata complicità tra i due, reciproca stima e rispetto ma evidentemente in suo suocero qualcosa era mutato e Goku voleva capire cosa stesse cercando di celare – ma allo stesso tempo sputare fuori – con il suo comportamento, con il suo sguardo quasi…superiore, sferzante, autoritario.

 

 

 

Abbassò lo sguardo su sua figlia, e con una grande mano le scostò alcune ciocche disordinate dagli occhi, salvo voltarsi verso Mr Popo che si era avvicinato per sincerarsi delle condizioni della donna.


”La porti da qualche parte, per favore.”. Chiese Juman e delicatamente depositò il corpo della donna tra le braccia di Mr Popo che annuì comprensivo e disponibile, sorridendo loro rassicurante.

 

“Non si preoccupi, lasciate fare a me…”.

 

“Grazie, Popo”.

 

Aggiunse Goku con sguardo riconoscente e lo osservò portare il via il corpo inanimato e incosciente di sua moglie. Lo vide entrare e attraversare l’ala sinistra dell’edificio e li seguì con lo sguardo finché gli fu possibile.

 

Indi tornò a guardare l’uomo di fronte a sé che aveva anche lui lo sguardo rivolto verso l’edificio.

Goku lo vide stringere i pugni prima di tornare a guardarlo. Il suo viso non lasciava trasparire le sue emozioni ma Goku avvertì chiaramente la tensione del momento e ancora quella gelida coltre abbattutasi su di loro.

 

Dopo quelli che parvero infiniti attimi di silenzio, finalmente suo suocero parlò.

 

“Ti avevo affidato mia figlia…la mia unica figlia, l’unica persona che mi fosse rimasta al mondo!”.

 

L’espressione di Goku tradì il suo sbigottimento, la sua confusione e la sua incredulità a quelle parole…cosa, cosa voleva dire con questo? Non aveva mai messo in dubbio quanto amore Juman avesse sempre riservato sulla sua donna,  nessuno si sarebbe mai sognato di farlo…e gliene era sempre stato profondamente e sinceramente grato…

 

“Mi avevi promesso che ti saresti preso cura di lei…”.

 

Continuò Juman con tono sferzante, quelle parole amare, quelle accuse proferite con tutto il risentimento, con tutto il biasimo e con tutto il veleno che covava dentro da chissà quanto tempo e che in quel momento – dopo l’ulteriore grave colpo al suo cuore, la morte di suo nipote – sembrarono emergere e venire a galla per abbattersi con la violenza di un uragano sull’uomo che aveva ritenuto degno di sua figlia.

 

Goku aggrottò appena le sopracciglia, ma non parlò, strinse solo con forza e quasi rammarico i pugni, mentre le sue labbra assumevano una piega amara, ma non voleva replicare, non adesso comunque. Voleva conoscere quali fossero i sentimenti di suo suocero.

 

“Kami, Goku! L’hai abbandonata! Un’altra volta…le hai mentito! Tu sapevi perfettamente cosa sarebbe successo quel giorno…lo sapevi fin dall’inizio, ma lei no! Lei no, DANNAZIONE! Si è illusa un’altra volta, ha aspettato di vederti rientrare…e invece si è trovata davanti suo figlio pieno di lividi e di sangue a dirle che suo marito non c’era più!”.

 

“…”.

 

“…e quel che è peggio…sapeva che suo marito sarebbe potuto tornare da lei – in un modo o nell’altro -  da suo figlio ma aveva rifiutato…non aveva voluto tornare…aveva preferito restarsene nell’aldilà!”.

 

 

Goku avvertì le pareti del suo cuore oscillare e comprimersi, come schiacciandolo, come se improvvisamente fosse a corto d’ossigeno, mentre implacabile continuava a guardare negli occhi di quell’uomo, lasciando che il gelo, la sorda rabbia e il rancore si abbattessero su di lui.

 

Tutto d’un tratto perse la volontà di difendersi, la volontà di dire qualcosa in sua discolpa di fronte a quelle amare quanto dilanianti accuse.

 

Tutto d’un tratto perse la volontà di proteggersi.

 

Tutto d’un tratto fu come se volesse fisicamente punirsi per quei lunghi anni d’assenza, per non aver potuto salvare suo figlio e proteggerlo com’era suo dovere, fu come se volesse punirsi di non esser mai stato la colonna portante della sua famiglia, di Chichi, non esser mai stato presente per Goten…

 

 

La reazione, o meglio la non reazione di Goku servì – quasi paradossalmente – a inasprire ulteriormente i sentimenti di Juman, come se fosse stato spalmato sale sulle sue ferite, quasi che il silenzio di suo genero fosse una tacita ammissione delle sue colpe e questo lo esacerbò fino al limite, fino a fargli venir voglia di mettergli le mani addosso e di colpirlo.

 

 

“E ora guardati…”. Continuò con lo stesso tono glaciale e pieno di veleno.

 

“…sei tornato tra noi, per poi riandartene quando sarà buio…quando sarà il momento di fare i conti con le tue scelte, quando dovrai assumerti le responsabilità di ciò che hai fatto e ciò che non hai fatto…ma tu non ci sarai…e lei dovrà farlo ancora una volta al posto tuo.

 

 

Avevi un solo giorno a tua disposizione per far ritorno dalla tua famiglia...lo sapevi, lo sapevi perfettamente…e hai scelto questo giorno, proprio QUESTO giorno,  per partecipare a quello STRA-MALEDETTO Torneo…la famiglia è sempre stata al secondo posto per te…SEMPRE!”.

 

“…”.

 

Lasciò che continuasse a vomitargli addosso tutto quel turbinio di emozioni, lasciò che lo guardasse quasi con disgusto, quasi con odio.

 

Non aveva volontà di difendersi… non aveva volontà di protestare e gridare la sua verità, tutto quello che in quei lunghi sette anni aveva provato, la sofferenza immane di doversi accontentare di guardare i suoi cari attraverso la superficie di un laghetto, la sofferenza di sentire sua moglie piangere e non essere al suo fianco, la sofferenza di non poter abbracciare il suo primogenito nei momenti dello sconforto, della difficoltà per poter aiutare sua madre, la sofferenza per l’impossibilità di abbracciare il suo piccino quando usciva di notte per guardare le stelle e lo chiamava piangendo.

 

La sofferenza di guardarli da lontano, condividere sofferenze e gioie come uno spettatore esterno, come un ficcanaso.

 

 

“…un’altra donna al suo posto non avrebbe indugiato…non si sarebbe fatta scrupoli dopo quest’ultimo abbandono…lo sai, vero?

 

Un’altra donna al suo posto si sarebbe costruita un’altra vita, sposando un ALTRO uomo…l’avrebbe fatto  e NESSUNO di noi avrebbe potuto biasimarla…avrebbe potuto vivere serenamente con un uomo che si sarebbe preso veramente cura di lei, insieme ai suoi figli…

 

Ma tu sapevi che non l’avrebbe mai fatto…e ne hai sempre approfittato perché  - nonostante tutto questo - lei ha continuato ad esserti devota e fedele ed amarti più di quanto abbia mai amato se stessa…”.

 

 

Sembrava aver perso la grinta di prima, ma era chiaro che ogni parola era intrisa di gelida e silenziosa rabbia…anche se quelle parole furono profferite in tono normale, per Goku fu come sentirsele urlare e gettare addosso…una serie di pugnalate: una dopo l’altra: lenti, decise, inesorabili…mortali.

 

 

 

“…”.

 

 

“Mi hai veramente deluso Son Goku. Non credevo che il ragazzino cresciuto con Son Gohan, il mio più caro amico avrebbe potuto fare una cosa del genere a me, a sua moglie e ai suoi figli…”.

 

 

Non aspettò una sua risposta, una sua reazione, qualsiasi fosse stata – forse consapevole dallo sguardo assente di Goku, dalla sua espressione contrita e dilaniata, devastata  che non ce ne sarebbe stata alcuna – e lentamente si avviò verso il palazzo, lasciando dietro di sé un silenzio gelido che sembrò abbattersi su tutti i presenti che confusi ed incuriositi si erano voltati verso Goku, incapaci di chiedergli spiegazioni.

 

 

 

“PAPA’! PAPA’!”.

 

 

~

 

Stava rivivendo inesorabilmente quegli ultimi terribili istanti, ricordando ogni espressione, ogni sguardo, ogni parola proveniente da quel gigante dal cuore tenero e dalla lacrima facile, ancora incredulo su quanto gli era stato sputato addosso, ancora incapace di giudicarsi colpevole od innocente di tutto ciò di cui era stato accusato.

 


Semplicemente devastato…

 

 

 

Sussultò quando sentì due braccia forti cingergli le gambe e confuso abbassò istintivamente lo sguardo, trovandosi di fronte il suo secondogenito e avvertì un’altra fitta al cuore vedendo quello sguardo felice, quel sorriso innocente e pieno di gioia, di affetto che sapeva essere dedicato a lui.

 

Si sciolse in un sorriso – seppure avesse ancora tanto, tanto amaro in bocca – e prese ad accarezzare la testolina del bambino, i capelli arruffati.

Si chinò, mettendosi a carponi di modo da essere alla sua altezza e lo strinse brevemente a sé, di fronte allo sguardo un poco imbarazzato e confuso del bambino, chiedendosi il motivo di tale dimostrazione d’affetto così sincera e…pubblica.

 

“Grazie a Dio stai bene, Goten”. Bisbigliò e il bambino annuì, scostandosi e sorridendo, prima di guardare tutti i suoi amici.


”Papà…ma dove sono la mamma e Gohan?”. Chiese.

 

“…”.

 

In quel momento, mentre Goku si rialzava, continuando ad accarezzare con un sorriso mesto i suoi capelli, Junior apparve al suo fianco e Goku fu momentaneamente dispensato dal dover ripetere quelle tristi parole.

 

 

“Goku…dovremmo iniziare subito, anche Trunks si è svegliato, è con Mr Popo”.

Gli disse Junior con voce naturale e razionale, potendo intuire che la mente di Goku fosse arenata ad altri pensieri ma che urgeva ristabilire le proprie priorità per la salvezza del Pianeta!

 

 

“Hai ragione, Junior. Vieni Goten, ti spiegherò tutto quando saremo dentro…”.

 

Il bambino annuì prendendo la mano del genitore che se lo mise in spalla, camminando accanto a Junior ed entrando nel Palazzo.

 

Goku guardò in direzione della sala dove presumeva che Chichi fosse stata portata da Mr Popo e ora doveva essere assistita da suo padre. Sospirò, rafforzando la stretta su suo figlio, cercando vagamente di farsi coraggio, perché sapeva che di lì a poco avrebbe dovuto affrontare anche la sofferenza dei due bambini per la morte di un fratello e di un padre.

 

 

~

 

Inevitabilmente, Goku aveva dovuto ancora una volta ricoprire il triste ruolo dell’ambasciatore spiegando ai bambini velocemente ciò che era successo, rivelando la morte di Gohan e di Vegeta,dovette sopportare le lacrime e la sofferenza dei bambini, dovette forzarsi di essere duro e severo e soprattutto convincerli – superando la loro stizza e anche un’apparente mancanza di fiducia e di rispetto (che in realtà non erano che rabbia per l’ingiusta fine dei loro cari) – ad apprestarsi ad imparare quella nuova tecnica per salvare il Pianeta e vendicare Gohan e Vegeta.

Nel bel mezzo delle prime istruzioni del saiyan, poterono tutti avvertire distintamente la voce di Babidy.

 

“Signori terrestri! Adesso ho ricevuto un’informazione molto interessante…

Uno dei terrestri ricercati, Trunks, sembra che abiti in un famoso istituto, chiamato Capsule Corporation, che si trova nella città dell’Ovest! Sto pensando di andarci!

Chissà se è là in questo momento…io gli consiglierei di farsi vedere immediatamente, altrimenti la sua città sarà distrutta!”.

 

“MALEDIZIONE! Chi diavolo glielo avrà detto?! A casa ci sono ancora i miei nonni!”.


“Goku! L’hai sentito?! Anche i miei genitori saranno uccisi!”.

 

“Non preoccuparti, li resusciteremo con le sfere del drago…”.

 

“Ascoltami! Se il nostro istituto venisse distrutto, anche il dragon radar andrebbe in frantumi! Siccome quel radar è stato costruito con dei materiali speciali, non è possibile ricostruirlo! Così non potremo più chiamare il Dio drago!”.

 

“…COSA?! Accidenti…ok! Trunks corri a casa e porta qui il radar! Ci penserò io a Majin Bu e a Babidy, nel frattempo!”.

 

 

 

 

Dopo aver raccomandato al bambino di sbrigarsi, Goku si concentrò sull’aura di Majin Bu e si teletrasportò con grande sorpresa di quest’ultimo e di Babidy, comparendo improvvisamente d’innanzi a loro.

 

 

“E-EHI!”.

 

“SALVE!”.

 

“Ma tu…credevo che Vegeta ti avesse ucciso, invece sei ancora vivo…Già! Devo ringraziarti perché grazie a te, Majin Bu è riuscito a risvegliarsi!”.

 

 

 


“E allora che sei venuto a fare qui? Ho capito! Sei venuto a dirci dove sono quei tre, non è vero?!”.

 

“NEANCHE PER SOGNO! Sai che uno di quei tre è mio figlio!”.

 

Pensò il saiyan con un moto di stizza e di rabbia, avrebbe protetto Goten con la sua stessa vita, lui e Trunks erano l’ultima speranza per la Terra, senza contare che il bambino era l’unico che sarebbe rimasto accanto a sua madre fino a quando quel mostro non sarebbe stato ucciso! E a Goten avrebbe affidato la cura e la protezione di sua moglie, in sua assenza e in assenza del loro primogenito.

 

Non avrebbero tolto a Chichi l’ultimo membro della loro famiglia…non l’avrebbe mai permesso a costo di morire di nuovo con il conseguente dissolvimento del suo corpo e del suo spirito.

 


“ASCOLTATE! Quei tre che state cercando compariranno davanti ai vostri occhi fra pochissimo! Ve lo garantisco! Perciò aspettate quel momento! Smettete di fare inutili distruzioni a dispetto dei deboli!”.

 

“Perché dobbiamo aspettare? Stanno cospirando qualcosa?”.


“Sì! Si stanno allenando per sconfiggervi!”.

 

“AH AH AH! Sconfiggerci?! Ci vorranno più di mille anni!”.

 

“KAKAKA!”.

 

“Non possiamo aspettare così a lungo! Devono venire qui immediatamente! Altrimenti continueremo a uccidere i terrestri…queste distruzioni ci divertono tantissimo…”.

 

“Sapevo…che avresti detto così…allora anch’io farò un po’ di resistenza!”.

 

Così per guadagnare tempo – nell’attesa che Trunks recuperasse il dragon radar a casa propria – Goku intrattenne Majin Bu, ricorrendo anche ad una breve spiegazione e illustrazione sui saiyan e i vari gradi di trasformazione.

 

“…Questo…è il super saiyan che ha superato ulteriormente quel secondo…”.


“Ba-basta Goku! Se ti trasformi ora, il tempo per rimanere là…”.

 

Gemette Re Kaioh ma il suo allievo pur essendo consapevole del grave inconveniente che avrebbe dovuto affrontare per questa trasformazione, continuò a raccogliere la sua aura.

 

“Magnifico…la sua aura continua a gonfiarsi…”.

 

“Goku…cosa sta cercando di fare? Fa scuotere l’intera Terra…”.

 

“…questo è il SUPER SAIYAN III°! Scusate se ci ho messo tanto tempo, non mi sono ancora abituato a trasformarmi così…”.

 

“Qu-Questo sarebbe Goku?!”.


“Incredibile!”.

 

 

“Ma…quest’aura è…di mio padre…no…non è sua…”.

 

Gemette Gohan che – estratta la leggendaria spada Z – si stava allenando sotto gli occhi vigili di Kaiohshin e di Kibith.

 

“S-sì, invece…è Goku! Ha un’energia terribile, ma è lui!”.

 

“Non posso crederci! E’ una forza che possiamo sentire fino a questo luogo sacro!”.

 

“Pa-papà…c-che ti sta succedendo?!”.

 

 


“Anche se sei diventato un uomo dall’aria truce…a me non fai paura nemmeno un po’!”.

 

“Esatto! Che stupido…ma quel super qualcosa III°! Non darti troppe arie! Sistema subito questo stupido, Majin Bu!”.

 

 

 

“Adesso basta! Smettila! Se continui ad usare quella potenza così anormale, il tuo tempo per rimanere sulla Terra diminuirà moltissimo! Devi ancora insegnare la fusion ai due bambini!”.

 

Continuò a dirgli telepaticamente un Re Kaioh angosciato e preoccupato.

 

 

L’aura di Trunks comincia a muoversi velocemente! Bene! Avrà trovato il dragon radar e starà per lasciare la città dell’Ovest!’.


Pensò il saiyan tornando al suo stadio normale.

 

“Ehi! Perché non ti trasformi più?! Mi diverto a combattere contro di te! Continuiamo!”.

 

“E’ un grande onore per me…ma non ho molto tempo per giocare…mi dispiace ma devo andare…”.

 

 

 

Goku si teletrasportò e un secondo dopo riapparve al Santuario di Dio, ad accoglierlo Junior.

 

“E-Ehi Goku…”.


“Ehi! Majin Bu ha ucciso Babidy!”.

 

“Co-Cosa?! Hai ragione…l’aura di Babidy è scomparsa…”.


“Sapevo che l’avrebbe fatto prima o poi…”.

 

“Allora…non c’è più nessuno che lo comanda…può darsi che Majin Bu smetta di distruggere il pianeta!”.

 

“Non saprei ma…speriamo di sì…”.

 

Invece:

 

“Niente da fare…Majin Bu si diverte a distruggere tutto senza alcun motivo…”.


”Maledizione…”.

 

 

 

“…dobbiamo cominciare subito l’allenamento…credo di avere meno di un’ora…”.


COSA?! Non è possibile! Dovremmo avere più tempo!”.

 

“La trasformazione in super saiyan III°…è una tecnica che si può usare solo all’altro mondo…in questo mondo il tempo trascorre troppo in fretta, e trasformandomi in quel modo occorre molta energia…infatti mi consumo in un secondo…”.

 

 

Mancano soltanto 30 minuti…comincia a prepararti per tornare, Goku…”.

 

“Vecchia Sibilla! 30 MINUTI?! Ho così poco tempo?”.

 

“Purtroppo è così…”.

 

“MALEDIZIONE! Sbrigati, Trunks!”.

 

 

 

~

 

Goku passò i restanti trenta minuti ad insegnare ai due bambini la tecnica della fusione, mentre Junior assisteva con molta attenzione e concentrazione agli allenamenti e alla …ehm…danza, studiandone ogni movimento, poiché dopo il ritorno di Goku all’aldilà avrebbe dovuto prendere le sue veci e aiutare i bambini.

 

 

“E-Ehi, ma…questa danza sarebbe il loro allenamento?”.

 

“Ok! Un,due! Un, due! Un, due! Un,due!”.

 

Goku il tempo è scaduto…ora devi tornare all’altro mondo…”.

 

“Ah…sì, d’accordo… Junior, al resto pensaci tu...credo che entro domani riusciranno a completare la fusion!”.

 

“Ok…”.

 

 

 

“Sembra strano dirti di stare bene, ma te lo dico lo stesso…”.

“Mi dispiace che non ti sia potuto rilassare…”.

“Addio, Goku!”.

 

Goku sorrise, passando in rassegna con lo sguardo tutti gli amici che si erano riuniti fuori dal santuario per dargli l’ultimo, definitivo addio. Si sentì come se per la seconda volta dovesse lasciare questo mondo, la Terra, i suoi amici, i suoi cari e essere di nuovo condannato a vivere lontano anni luce da loro.

 

Sospirò, salvo sussultare quando avvertì una familiare stretta all’altezza delle gambe, abbassò lo sguardo e il suo bel volto fu illuminato da un sincero, dolce e amorevole sorriso mentre i suoi occhi si riempivano d’affetto mentre senza dir nulla si chinò, prese tra le braccia suo figlio e lo strinse con forza.

 

Goten serrò con forza gli occhi, nascondendo il viso contro la spalla del padre, e tenendo gli occhi ben chiusi per assaporare un’ultima volta quel dolce-amaro, intenso e tenero contatto. Non era mai stato così felice come quel giorno: aveva conosciuto, stretto ed era stato accanto all’uomo migliore del mondo, all’uomo di cui tutti parlavano con affetto, con amore e con nostalgia, suo padre.

 

Non solo, per la prima volta in vita sua aveva assaggiato quella bellissima ed eterea emozione, stare stretto tra le sue braccia, giocare sulle sue spalle, stringergli la mano come tutti i bambini facevano con i loro padri, per la prima volta erano stati padre e figlio, insieme.

 

E ora…doveva rinunciare di nuovo a tutto, strofinò con foga il visino contro la sua spalla, avvertendo le labbra tremare, tentando di reprimere le lacrime, non voleva che suo padre lo vedesse così, voleva che suo padre fosse fiero ed orgoglioso di lui, così come lo era di suo fratello, voleva dimostrarsi all’altezza della situazione, voleva essere forte, come il mezzo saiyan che era.

 

Ma era così difficile….

 

E lui avrebbe dato di tutto purché suo padre restasse con loro, avrebbe rinunciato a giocattoli e dolci, si sarebbe dedicato con più foga agli studi, avrebbe fatto tutti i sacrifici di questo mondo…ma non voleva rinunciare a lui.

 

Goku sospirò accarezzandogli delicatamente la testolina, potendo ben intuire da quella stretta e dal modo in cui il bambino si era raggomitolato contro di lui, quali fossero i suoi sentimenti riguardo quella triste ma inevitabile separazione. Baciò la testolina, prima di esercitare una lieve pressione sulle sue spalle, di modo da scostarlo.

 

Lo guardò negli occhi con il suo dolcissimo sorriso, notando che negli occhioni del suo cucciolo non vi erano lacrime ma in quel momento erano estremamente lucidi mentre questi aveva lo sguardo chino e si mordicchiava le labbra nervosamente.

Poi però alzò il viso, incrociando lo sguardo di suo padre.

 

“Papà…”. Bisbigliò con nota amara, pensando sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe potuto rivolgersi così a lui.

 

“Sì, figliolo?”. Chiese il saiyan guardandolo intensamente negli occhi.

 

“Non potrò vederti mai più, vero?”. Chiese con voce sconsolata, ma in realtà sapeva già la triste risposta.

 

Goku avvertì un brivido scendere lungo la spina dorsale a quella domanda, e una stretta al cuore. Sospirò, stringendo con maggior fermezza i fianchi del bambino che teneva ancora in braccio, e sul suo volto si aprì un sorriso triste, lo stesso che aveva rivolto a Gohan prima di sacrificarsi.

 

“No, Goten. Ma voglio che tu mi prometta una cosa…”.

 

“Che cosa?”. Chiese il bambino con voce rotta e rauca.


”Da stasera, prima di andare a letto, quando ti senti solo, quando ti senti triste…guarda ancora la tua stella… perché io ci sarò. Io sarò lì a vegliare su di te e sulla mamma… per sempre”. Gli promise.


Il bambino annuì con occhi fermi, stringendosi ancora una volta al suo petto, sentendosi al sicuro, un’ultima volta.

 

“Papà…ma senza di te…senza Gohan…”. Goku lo sentì tremare nel suo abbraccio. “…siamo ancora una…. famiglia?”.

 

Goku avvertì una sorda rabbia al pensiero di quell’orribile mostro che aveva sottratto un altro membro alla sua amata e dilaniata famiglia, pensando che la morte del figlio sarebbe stata vendicata, e sarebbe stata opera del suo cucciolo, pensò con un sorriso misto d’orgoglio e di semplice ma intenso amore.

 

“Certo che lo siete…non conta quante persone siate…ma quello che avete qui…”.

 Bisbigliò sfiorandogli il petto, dove sentiva lo scandire rapido del suo cuore.

 

“…l’amore che vi lega indissolubilmente l’un l’altro…”.

 

Gli spiegò, carezzandogli la gota su cui era scesa una lacrima che il bambino – malgrado gli sforzi – non aveva saputo trattenere.

 

“…quando tu e Trunks avrete ucciso Majin Bu potrai far tornare in vita tuo fratello.

Mi raccomando figliolo, vendicalo e…proteggi tua madre, proteggila anche per me, d’accordo?”.

 

“Sì, papà…lo farò…”. Disse il bambino, uno sguardo fiero degno del figlio di un valoroso saiyan e di una guerriera nella forza e nello spirito.

 

Goku sorrise con un ultimo abbraccio prima di posarlo di nuovo a terra.

Si guardò attorno, un’espressione interrogativa sul volto, mentre scrutava i vari visi davanti a lui.

 

“Goten? Dov’è tua madre?”.

 

 

*

 

 

 

"Non piangere mamma, sono tornato!”.

“...sono tornato da te...".

 

 

“Perdonami Mamma! Non ti abbandonerò mai, non ti abbandonerò mai! Ma  perdonami...ti prego, perdonami!!".

 

 

“Noi tre…noi tre insieme…affronteremo ogni cosa…”.

“Sì, mamma…te l’ho promesso, ricordi? Non ti abbandonerò mai…né te, né il bambino…”.

 

 

 

 

Chichi si asciugò un’ennesima volta gli occhi arrossati, sfregandoli e ravviandosi i capelli dietro le orecchie. Sospirò con gravità, un’altra volta. Le bastava chiudere gli occhi perché mille immagini del suo Gohan le passavano davanti come un flash.

Il suo Gohan…adesso non c’era più.
Un silenzioso singulto le scosse tutto il corpo, mentre si portava istintivamente una mano alla bocca cercando di reprimerlo, volendo vivere intimamente il suo dolore.

 

Era stanca di tutte le persone che la guardavano addolorati, clementi, impietositi, rivolgendole quegli sguardi che in sette anni di lutto aveva imparato a conoscere a menadito e ora le erano rivolti perché un altro uomo della sua vita era venuto a mancare.

 

Era così dannatamente ingiusto!

 

Perché?!

 

Per quale assurda coincidenza del fato…il suo Gohan…

 

Scosse la testa quando i singhiozzi aumentarono vertiginosamente e a nulla valsero i suoi sforzi di contenerli, di reprimerli. Il suo cuore semplicemente non poteva più contenere una quantità simile di dolore…lo aveva fatto per tanto, troppo tempo.

 

 Da quando la sua vita era cambiata…sette anni prima.

 

Ogni giorno - da allora -  aveva concentrato ogni singola energia del suo corpo nel crescere, amare e accudire i suoi figli.

 

Ma ogni giorno… ogni singolo giorno guardava il firmamento, guardava una stella del cielo e piangeva lacrime silenziose.

 

Certe notti – quando il dolore raggiungeva di nuovo il culmine – con nostalgia, singhiozzava in silenzio, mordendo le lenzuola per non farsi udire da nessuno, per non preoccupare i suoi figli.

 

E ora…anche Gohan.

 

 

“Mamma, mamma! Guarda!”.

 

Le strilla di gaudio del piccolo Goten riempivano la casa e Chichi aveva sorriso dalla cucina.

“Arrivo, arrivo!”. L’aveva rassicurato, finendo rapidamente di riporre le stoviglie lavate nella credenza. Si era pulita le mani al grembiule, se l’era sfilato dalla vita e ora si stava dirigendo verso il salotto.

 

Non poté non scuotere la testa e incrociare le braccia con espressione lievemente accigliata, prima di lasciarsi sfuggire un sorriso divertito a quello splendido quadretto.

Goten nella spensieratezza dei suoi cinque anni e mezzo  era seduto sulla schiena di suo fratello il quale sorridendo per il divertimento del più piccolo, aveva ceduto un’altra volta. Così, per l’ennesima volta si era ritrovato a mettersi a “gattone” o per meglio dire a “cavallino” e ora Goten imitava le mosse di qualche cowboy visto in tv, e spingeva i piedi contro i fianchi del fratello e stringendo la cordoncina che lo cingeva per il collo, tirandola come se si trattassero di vere e proprie redini.


”Forza, cavallino…corri cavallino!”. Lo incitò Goten mentre Gohan diviso tra la vergogna e il divertimento prendeva a muoversi, sempre più veloce, facendo ridere il bambino che – sentendosi al sicuro contro il suo corpo – si stese sul suo dorso, fino a quando Chichi non lo prese in braccio.

 

Gohan allora si rialzò in piedi e Chichi guardò Goten con espressione appena accigliata.


”Goten, tesoro…cosa ti avevo detto? Non voglio che disturbi tuo fratello mentre sta studiando e poi…poverino! Non puoi usarlo come cavallo!”.

 

“Ma no, mamma.”. Gohan le aveva rivolto un sorriso dolcissimo, prendendo di nuovo tra le braccia quel dolce fagottino.

 

“…non preoccuparti…e poi a me non dispiace giocare con il mio fratellino…anche se mi tocca fargli da cavallo…”.

 

Goten sorrise, stringendolo forte e appoggiando la testa contro la sua spalla.

 

“Ti voglio tanto bene, fratellone…”.

 

Gohan aveva sorriso, un sorriso candido, tenero, affettuoso che si estese ai suoi occhi d’ebano, facendoli risplendere di una luce eterea e mistica.

 

“Anche io…non immagini quanto…”.

 

 

 

*

 

 

Il piccolo Goten gemeva tra le lenzuola del suo futon, continuando ininterrottamente a starnutire e gemendo mentre la madre china su di lui gli passava la fronte con un panno umido, per fargli calare la temperatura corporea.

Gohan aveva appoggiato una mano sulla spalla di sua madre, le si era seduto accanto, guardando il fratellino che aprì gli occhi febbricitanti.

 

“Perché non vai a dormire, Mamma…sei stata con lui per tutto questo tempo…sei esausta…”.

 

“Ma no, sto benone…e poi mi sento più tranquilla se gli sto accanto…”.

 

“Ma mamma, ti occupi di noi ventiquattr’ore al giorno, da quando siamo nati… lascia che me ne occupi io e ti dimostri quanto apprezziamo le tue premure…”.


”Gohan…tesoro…”.

”Vai, mamma…ci penso io a Goten”.

 

 Non le aveva dato il tempo di replicare, le aveva sottratto di mano il panno e aveva preso lui stesso a rinfrescare il viso del bambino.
Chichi lo aveva osservato per qualche istante, come a valutare cosa fare, ma aveva finito con il cedere di fronte al sorriso determinato e rassicurante di suo figlio.

 

Li aveva baciati entrambi, si era silenziosamente alzata e prima di lasciare la loro stanza, si era fermata sulla soglia a guardarli.

 

Goten aveva aperto gli occhi e stava stringendo la mano di suo fratello che gli sorrideva rassicurante.

 

“Gohan?”.

“Sì, cosa c’è, piccolo?”.

”Resti con me, stanotte?”. Chiese prima di riprendere a tossire.

 

“Certo…stai tranquillo…ci sono io con te…”.

 

Il bambino aveva sorriso, stendendosi di fianco, continuando a stringere la sua mano e a guardarlo con affetto e ammirazione, con gli occhi che sbattevano.

 

“Vuoi che ti racconti  la tua favola preferita?”.

 

Il piccolo aveva sorriso, riaprendo gli occhietti e guardandolo eccitato:


”Lo faresti sul serio?”.

 

“Certo! Prima però…fammi spazio…”.

 

Il bambino aveva riso di gioia – dimentico del dolore provato per la febbre – scostandosi un poco e alzando le coperte. Il giovane si era immerso sotto le coperte accanto a lui, gli aveva passato un braccio intorno al corpicino rassicurante, il bambino si era accoccolato contro il suo torace e aveva chiuso gli occhi, sorridendo a quel dolce calore.

Allora Gohan aveva preso a raccontare con voce lenta e suadente la favola, mentre il piccolo si addormentava tra le sue braccia, in un dolcissimo tepore e la rassicurante certezza di essere amato e protetto.

 

*

 

Gohan era entrato furtivamente in cucina, individuando la figura di sua madre seduta sulla sedia di fronte al camino acceso, mentre stava cucendo con attenzione una tutina da combattimento.


”Cosa stai facendo?”. Le aveva chiesto, con fare giocoso che ricordava l’innocenza e il candore che anche suo marito – nonostante l’età adulta – aveva conservato.

 

“GOHAN!”. Esclamò sua madre a mo’ di rimprovero, portandosi una mano sul cuore e guardando suo figlio accigliata. Questi sorrise sedendosi su una sedia davanti a lei.

 

“Scusami…”. Aveva sorriso, osservando i suoi movimenti con l’ago.

 

“Finito…”. Bisbigliò sua madre, sorridendo orgogliosa e mostrandogli il frutto di tanta fatica e lavoro.

 

Gohan prese in mano l’indumento osservandolo e sorridendo con un velo di malinconia.


”E’ perfetta…è proprio identica a quella di papà…”.

 

“Credi che a Goten piacerà?”. Gli aveva chiesto a voce bassa, sebbene non ce ne fosse bisogno visto che il bambino era impegnato a giocare con Trunks nel salotto e non avrebbe certamente prestato loro la sua attenzione.

 

“Ne sono certo…hai fatto un ottimo lavoro, mamma…”.

 

“Grazie tesoro…ma il merito è anche tuo…hai avuto una splendida idea…tuo padre sarebbe così orgoglioso…”. Aveva aggiunto, tornando a guardare il fuoco con un sorriso triste.

 

“Manca moltissimo anche a me…”. Bisbigliò il sedicenne, prima di sorriderle, stringendole la mano rassicurante.

 

Chichi era tornata a guardare il figlio, sorridendo commossa, asciugandosi frettolosamente due lacrime birichine.

 

“So che tuo padre può vederti e so che è fiero di te come lo era sette anni fa…anzi, molto di più…come lo sono io…non so che avrei fatto senza di te…”. Aveva aggiunto poi con slancio, stringendosi al suo primogenito.


Era passato molto tempo da quando Chichi poteva stringerselo al seno e rassicurarlo, ora riusciva a malapena ad appoggiarsi alla sua spalla, mentre il ragazzo la cingeva delicatamente, carezzandole la schiena, prima di scostarsi con quel sorriso così simile a quello di suo marito, così candido…così innocente.

Le baciò la guancia dolcemente, asciugandole le ultime e capricciose lacrime.

 

“Ricordi? Ti avevo promesso che non ti avrei mai abbandonata…e non lo farò mai…qualunque cosa accada…tu e Goten siete tutto quello di cui ho bisogno…”.

 

“Gohan…”.

 

“Ti voglio così tanto bene, mamma…per tutto quello che hai sempre fatto per me e per Goten…non potremmo vivere senza di te…”.

 

“Oh tesoro! Io non vi abbandonerò mai…siete tutta la mia vita…”.

 

 

*

 

 

Chichi si sfregò con maggior vigore il viso, prima di chinare la testa affranta, continuando a singhiozzare senza sosta.

 

‘ Perdonami tesoro mio…questa volta non ho saputo  proteggerti…’.

 

Si riscosse quando una brezza improvvisa la schiaffeggiò in viso, sentì il sale delle sue lacrime bruciare inesorabile e si asciugò di nuovo il viso, incurante degli occhi rossi e gonfi.

Doveva calmarsi, doveva recuperare una parvenza d’equilibrio, di tranquillità: per suo padre, per il suo bambino e anche per suo marito che era fin troppo affranto ed amareggiato, più di quanto lei stessa potesse immaginare.

 

Le sue orecchie captarono dei passi avvicinarsi e anche qualcosa che sembrava galleggiare in aria, incurante non si voltò, continuando a guardare il cielo turchese dalla finestra della sontuosa stanza.

Sentì due voci concitate che in quel momento stavano discutendo, ma riuscì a carpire solo qualche parola:

 

“Mi dispiace ma te l’ho detto, purtroppo…”.

“Sì, Baba, hai ragione…sarò subito da te…ma devo ancora fare una cosa…”.

Incosciente! Credevo avessi insegnato ai bambini la fusion! Ti avevo avvisato che…”.

”Sì, sì! Stai tranquilla. Non mi riferivo a quello…”.

 

Chichi si voltò verso l’entrata, sussultando quando vide una familiare sagoma occuparne la soglia.

Bisbigliò il suo nome e di gran carriera corse verso di lui e si gettò senza remore, senza esitazioni tra le sue braccia. Solo per un attimo. Solo per quel misero frammento d’eternità.

 

Solo lui.

 

Solo sentirsi stringere tra le sue braccia, avvertire la consistenza del suo corpo, avvertire il suo profumo, avvertire la sua presenza in ogni suo senso, sentirsi accogliere nel fantastico mondo delle sue braccia, sentirsi cullare, rassicurare ed accarezzare da lui…dal sole della sua vita, dall’unico uomo che avesse mai amato e che avrebbe mai potuto amare.

 

Appoggiò il capo contro il suo torace, piangendo lacrime amare, e avvertendo le sue mani sfiorarle le spalle e la schiena mentre con un lieve sospiro aumentava la stretta, accostandola a sé, quasi a farla diventare una parte del suo corpo. Lo sentì affondare il viso tra i suoi capelli profumati e rilassarsi a quel contatto, mentre un sorriso salato le faceva incurvare le labbra rese aride e asciutte dalla sua profonda malinconia.

 

“Goku”.

 

Quel lieve bisbiglio era intriso di tutte le emozioni di cui il suo cuore era fradicio, il senso di vuoto, d’annientamento, il silenzioso  quanto straziante richiamo della morte che ancora una volta sembrava annidarsi nel ventre di Chichi, nel ventre di una moglie e di una madre, il dolore, la stordita incredulità e il bisogno di continuare a vivere, di scrollarsi di dosso l’apatia, il bisogno di ricominciare a vivere, a sperare, a credere.

 

Il saiyan le appoggiò le mani sulle spalle esili e compì una delicata ma risoluta pressione, scostandola dal suo torace per guardarla in viso. I suoi occhi, gemme di notte, indugiarono sul suo viso gonfio, gli occhi arrossati e grondanti di gocce di rugiada e di sale, le labbra riarse e il corpo fragile e vacillante. Non disse nulla, guardandola semplicemente e le labbra del guerriero si contorsero con amarezza.

 

Accostò una mano al suo viso, carezzandole la guancia. Accostò solo le dita, le asciugò quelle stille di dolore che volevano alterare la sua immane bellezza, le scostò i capelli spettinati, riponendoli dietro le orecchie e con l’altra mano le alzò delicatamente il mento, così da incontrare i suoi occhi e farle sostenere il suo sguardo. Accostò anche il palmo della mano, avvertendo così la morbidezza setosa, la pelle di crema, mentre l’altra mano era scesa a cercare la sua e stringerla rassicurante. Chinò il viso, quando sentì le dita affusolate e fragili di lei ricambiare la sua stretta.

Alzò la sua mano portandosela alle labbra, baciandola delicatamente, tornando a guardarla negli occhi. Le cinse di nuovo il viso con entrambe le mani, accostandola a sé e prendendo a baciarle febbrilmente le guance, il naso, la fronte e il mento.

 

Chichi chiuse gli occhi, assaggiando il suo stesso sale e avvertendo le labbra di suo marito scostare e baciare quelle gocce di disperazione, rannicchiandosi contro il suo calore, intrecciando una mano tra i suoi capelli, accostando la guancia contro quella calda di lui.

 

 


”Dimmi che andrà tutto bene…”.

 

“Chichi…”.


”Dimmelo, ti prego! Dimmelo…dimmelo, Goku”.

 

 Snocciolò tra i singhiozzi, piangendo contro il suo torace, mentre il saiyan rabbrividì con una dolorosa stretta al cuore, continuando a stringerla, guardandola impotente e avvilito.

 

“Dimmelo…”. Continuò tra i singhiozzi. “…perché se me lo dirai tu…ci crederò… ti giuro che ci crederò con tutta me stessa…!”. Disse.

 

Goku la scostò di nuovo da sé, appoggiando la fronte contro la sua, accarezzando con lenti, decisi e delicati movimenti circolari dei pollici le guance, così da asciugarle di nuovo. Si protese e le baciò gli occhi, scivolando lungo la mandibola, scivolò ancora naufrago cercando in lei, un angolo di paradiso nel quale rifugiarsi, nel quale nascondersi per un attimo.

 

Un attimo.

 

Nascondersi da Majin Bu, nascondersi da se stesso, dall’essere Son Goku, l’uomo su cui tutti contavano e che aveva infinite responsabilità, l’uomo inneggiato ma biasimato quando – come tutti gli esseri umani – vacillava e sbagliava, era preda di insicurezze, di esitazioni, di paure, di debolezze.

 

Approdò contro il suo collo candido, baciandone la linea curva, e sospirando contro la sua pelle, sentendola gemere contro il suo torace, abbandonandosi a quel dolce contatto.

Chiuse gli occhi, stringendo le palpebre contro il profumo di vaniglia dei suoi capelli, mentre mille immagini di loro, dei loro figli gli passavano nella mente, la rabbia e il rammarico per non poterli più stringere e toccare, guardare da vicino quando se ne sarebbe andato…di nuovo.

 

Sospirò e si scostò, guardandola negli occhi, con sguardo profondo, intenso, malinconico. La sua stessa sofferenza incisa sui suoi lineamenti pressoché perfetti.

 

“Chichi”. Bisbigliò con voce risoluta, alzandole il viso con una mano.

 

La donna alzò gli occhi, guardandolo, sostenendosi con le mani contro il suo torace, avvertendo subito dopo un braccio di suo marito cingerle la vita.

 

“…io ti giuro sul mio onore che Majin Bu morirà…dopo aver sofferto le pene dell’inferno…”.

 

Le disse con forza, mentre i suoi occhi si accendevano d’orgoglio, di determinazione, di risoluzione, di fermezza.


”Una volta eliminato Majin Bu…”.

 Il suo tono era tornato dolce e carezzevole, mentre le accarezzava una gota.

“…potrete risuscitare Gohan con le sfere del drago…”.

 

Chichi annuì, gli occhi ancora lucidi ma sinceramente e profondamente convinta dal giuramento solenne di suo marito. Un sorriso malinconico fece capolino sulle sue labbra, mentre alzava una mano al suo viso, sfiorandogli la guancia e sorridendo quando lo vide chiudere gli occhi e abbandonarsi alla sua carezza, come un bambino bisognoso d’affetto.

La donna dai capelli corvini scosse leggermente la testa, mentre continuava a sfiorargli la guancia, salendo alla fronte e scostandogli alcune ciocche disordinate dal viso, con affetto.

 

“Non è giusto. Tutto questo…non è giusto…”. Bisbigliò affranta, al che Goku inclinò il viso, guardandola attentamente negli occhi, con le sopracciglia sollevate.

 

“Non meritavi tutto questo, amore mio…avresti dovuto passare questa giornata con la tua famiglia, con i tuoi figli…ed hanno rovinato tutto…”.

 

“Lo sai, Chi…la vita facile non ha mai fatto per me…”.

 

Bisbigliò con un sorrisetto divertito ma intriso d’amarezza e di triste consapevolezza, mentre la donna scuoteva la testa sorridendo altrettanto amaramente, ma con una nota addolcita quando il marito le rivolse quel richiamo che soleva usare quando erano solo dei bambini.

 

Sospirò, prendendole la mano e baciandola di nuovo, sospirando afflitto.

 

“Goku…”.

 

Bisbigliò la donna prendendogli il viso tra le mani e carezzandolo affettuosamente, alzandosi sulle punte per baciarlo sulla pelle che riportava ancora una leggera abrasione dall’ultimo scontro con Majin Bu.

 

“Che cos’è che ti tormenta, amore mio?”.

 

Chiese la donna tenendogli ancora il volto tra le mani e guardandolo con occhi asciutti ma intrisi d’amore e di preoccupazione per lui.

 

Goku sospirò, scrollando un poco la testa con un sorrisetto ironico contro se stesso, non c’era nulla da fare, erano passati così tanti anni eppure…lui era ancora così trasparente, qualunque sentimento lui provasse…non poteva nasconderlo, non a lei che riusciva a scorgerne anche solo un pallido alone.

 

La guardò intensamente negli occhi, deglutendo un poco e sospirando di nuovo, storcendo le labbra al pensiero di quello che non le aveva ancora detto.

 

“Vedi tesoro, è sorta una complicazione prima…”.

 

Farfugliò Goku guardandola negli occhi, e cercando le parole più giuste per spiegarle la gravità di quanto era successo.

 

“…la nostra vita è tutta una complicazione…”. (In effetti…poveriiii! Mai un po’ di pace! ;___; Nd.A.) Mormorò Chichi, con un sorriso sbieco.

 

 

“…ho dovuto affrontare Majin Bu…”. Continuò Goku, come se non fosse stato interrotto.

 

“CHE COSA?!”.

 

Esclamò la donna, che gli cinse di nuovo il viso tra le mani, passando in rassegna con occhio clinico l’abrasione sulla sua guancia, farfugliando qualcosa come sciacquarla immediatamente, prendendo a sgridarlo per non averglielo subito riferito, preoccupata che la ferita potesse infettarsi.

 

“Sto bene, tesoro…”. Bisbigliò Goku appoggiando le braccia sulle sue spalle per richiamare la sua attenzione, Chichi tornò a guardarlo con espressione confusa.

 

“Ma allora…qual è il problema, Goku?”.

 

“Ho dovuto ricorrere ad una nuova trasformazione in super saiyan, ma così facendo…il tempo per rimanere qui si è… notevolmente ridotto...”.

 

“R-Ridotto?”.

 

Ripeté la donna, la voce ridotta ad un bisbiglio, gli occhi che lampeggiavano, le sue labbra che tremavano, mentre si stringeva le braccia al corpo, come cercando un conforto, un ulteriore sostegno, mentre istintivamente indietreggiava.

 

“Sì…Baba è venuta a richiamarmi…me ne devo andare, Chi.”.

 

Bisbigliò tornando a guardarla con un’ombra di dolore e di rimpianto nello sguardo fisso in quello della donna. Chichi si lasciò sfuggire un gemito, distogliendo lo sguardo da suo marito, scuotendo la testa mentre nuove lacrime ripresero a percorrere i ben noti sentieri del suo viso.

 

“Non è possibile…”. Snocciolò, coprendosi il viso tra le mani.

 

Non era possibile…doveva essere un incubo, un terribile incubo. Un mago psicopatico, un pazzo squilibrato aveva rovinato una delle giornate più importanti della sua vita, aveva obbligato suo marito a vestire di nuovo i panni dell’eroe del mondo persino quel giorno: l’unico che aveva a disposizione per stare con i suoi cari…le aveva sottratto un figlio, incombeva minaccioso su tutti loro e adesso…anche questo.

 

Non era pronta per questo…

Non era pronta a dirgli Addio.

No…

 

 

The miles just keep rollin'

as the people leave their way to say hello...

 

(Le miglia continuano ad aumentare

quando la gente lascia la propria strada per salutare…).

 

 

 

 

Il saiyan le si accostò di nuovo, osservando i suoi occhi vitrei persi nei loro pensieri, vacui, lontani. La strinse con impeto a sé, affondando di nuovo il viso contro i suoi capelli, accarezzandole la schiena prima di seppellire il viso contro la morbidezza del suo collo.

 

“Chichi…”.

Bisbigliò appena.

 

 

Socchiuse gli occhi con forza, prendendo con ardore, con frenesia, con foga a baciare la sua pelle, succhiandone per un secondo  il nettare prelibato, sentendola soffocare un gemito intorpidito – a metà tra piacere  e dolore – contro il suo petto.

 

Le imprigionò il viso tra le mani, salendo con le labbra sulle sue gote, gli occhi, il naso prima di protendersi con disperazione, con slancio contro le sue labbra, sentendola sussultare, soffocare un gemito, prima di stringersi contro di lui.

 

La accostò con più forza a sé, facendola rannicchiare contro il suo petto, rafforzò la pressione sulla sua vita, mentre le sue labbra sembravano letteralmente bruciare contro quelle di lei.

Bruciare, ardere con disperazione, con violenza ma anche tanta tenerezza, dolcezza mentre riempiva ancora una volta tutti i suoi sensi del sapore di lei, riassaggiando la sua essenza, cercando di farla propria, così da portarla di nuovo con sé, cercando di mantenerla intatta nella sua mente, nella sua memoria e riassaporarla con struggente malinconia quando si sarebbe di nuovo sentito solo.

 

A quel pensiero, aggrottò le sopracciglia, scostandosi di nuovo da lei, imprigionandole il viso ancora arrossato e bagnato tra le mani.
La guardò con gli occhi ancora accesi da quel momento di mera passione appena condiviso, bagnato dalla gelida consapevolezza che sarebbe stato l’ultimo per tanto…troppo tempo.

 

“Goku”. Bisbigliò la donna quasi senza respiro, guardandolo con occhi riaccesi, come il suo cuore che aveva ripreso a palpitare, a dispetto della soffocante atmosfera di quegli ultimi attimi insieme.

 

Il volto del saiyan fu di nuovo rischiarato da un improvviso, dolcissimo ma radioso, tenero sorriso, intriso di tutto il suo amore, tutto quello che aveva dentro.

Le asciugò di nuovo le lacrime, baciando di nuovo con dolcezza quei lineamenti che conosceva a menadito, prima di stringerla di nuovo, cullarla dolcemente e scivolare di nuovo alla ricerca delle sue labbra, baciandola con più dolcezza e gentilezza, ma la stessa intensità, gemendo quando sua moglie gli allacciò le braccia al collo, sfiorandogli la nuca, aumentando la pressione del bacio.

 

Sorrise contro le sue labbra, sfiorandole i capelli, le gote, il collo, le spalle, scivolando ai fianchi, sollevandola fino a quando raggiunse la sua altezza, dandole di più, cercando di rendere in quel modo palpabile le eteree emozioni, tante e così sfumate e dolcemente intrecciate tra loro da creare un arcobaleno che non avrebbe saputo mai descriverle ma che era inciso nelle pareti del suo animo.

 

Si scostò da lei, le carezzò la gota e la guardò intensamente.


”Non piangere più, Chi. Hai pianto troppo per colpa mia. Non piangere più… si risolverà tutto…”.

 

Chichi annuì, aprendosi in un sorriso, alzandosi sulle punte dei piedi per rubargli un bacio a fior di labbra. Goku sorrise contro le sue labbra, prima di stringerla ancora a sé, vicini ancora…solo un attimo ancora.

 

 

“Un giorno, amore mio, saremo di nuovo insieme…e da quel giorno, da quel giorno nessuno nell’universo potrà separarci di nuovo…”. Le bisbigliò all’orecchio.

 

“Promettimelo, saiyan…”. Bisbigliò Chichi.

 

“Te lo prometto, Chi. Lo sai che sono bravo a mantenere le promesse, no?”.

 

Aggiunse con il suo solito candido sorriso, facendo sorridere la donna, con tenera e struggente nostalgia al ricordo di tempi lontani e più lieti.

Ciononostante, Chichi era consapevole che se fosse tornata indietro, avrebbe rivissuto ogni attimo, ogni secondo, per cento, mille, miliardi di vite, accanto al suo saiyan.

 

I’m here without you baby

but you're still on my lonely mind

 

(Sono qui senza di te, amore

Ma tu sei ancora nei miei pensieri solitari).

 

 

 

 

 

“Ti saluterò Gohan e mi prenderò cura di lui, fino a quando non lo risusciterete…”. Aggiunse Goku, tornando a farsi serio.

 

“Sì, io e Goten lo aspetteremo…”.

 

“Goten ti proteggerà, Chi. Lui e Trunks ce la possono fare…ho insegnato loro…”:

 

Ma la donna aveva sorriso, ponendogli un dito sulle labbra, con sua sorpresa.


”Mi fido di te. E poi… vuoi che anche le tue ultime parole riguardino le arti marziali, Majin Bu e tutti quegli psicopatici che cercano di ucciderti?”. Gli chiese la moglie con fare divertito ed ammonitore allo stesso tempo.


Son Goku annuì con espressione intensa e pensierosa, stringendo la mano di lei che era di nuovo salita a fargli una carezza. La baciò dolcemente, facendola scivolare sino al suo petto, dove il suo cuore palpitava a velocità anormale.

 

“Ci sono tante cose che avrei dovuto dirti…”.

 

Chichi annuì semplicemente, sorridendo con un che di rammarico.

 

Il saiyan sorrise sbarazzino, accostandola di nuovo a sé e carezzandole le gote, guardandola intensamente, come volesse interiorizzare ogni attimo, ogni sguardo, ogni gesto.


”Signora Son?”.

 

Chichi sbatté le palpebre, arrossendo leggermente e guardandolo incredula, era la prima volta che le si rivolgeva con quel tono falsamente formale, sorridendole così dolcemente, così sbarazzino e allo stesso tempo così…intenso.

 

“Goku?”.

 

“Ti amo, signora Son, ti amo da morire…come non ho mai amato nient’altro nella vita e come non saprei mai spiegarti, neppure se vivessi mille anni…”.

 

 Aggiunse con un velo malinconico nel suo orecchio, baciandole la guancia e le labbra, ancora una volta.


”Ti amo, Chi…e nessuno potrà mai portarmi via il mio amore…nessuno…”. Le bisbigliò contro le labbra.

 

 

 

...I think about you baby

and I dream about you all the time...

 

(Io penso a te, amore

Sogno di te continuamente).

 

 

 

 

La vide sorridere, i suoi occhi risplendere con tanta malinconia ma con profondo, inequivocabile, travolgente e ardente amore. Si sporse baciandolo di nuovo, impregnandosi di nuove le labbra di lui, prima di lasciarlo andare.

”Ti ho amato fin da bambina, ti ho amato quando ho scoperto chi eri veramente, ti ho amato finché ti ho avuto accanto e ti ho amato anche in questi ultimi sette anni…non smetterò mai! La mia vita è tutto l’amore che ho per te…per te e i per i nostri figli…i miei saiyan…per nient’altro al mondo!”.

 

Disse con foga, mentre nuove e capricciose lacrime scivolarono dal viso, morendo sulle sue labbra, e lì suo marito le bevve avidamente, stringendola con forza a sé, con occhi lucidi...per poi andarsene di nuovo via…senza lei.

 

Lasciandola lì, senza di lui.

 

I’m here without you baby

But you’re still with me in my dreams

 

 

(Sono qui senza di te, amore

Ma tu sei ancora con me nei miei sogni)

 

*

 

“Bene, Goku. Da qui andrai da solo”.

 

Gli disse Baba una volta che si erano trovati di fronte allo studio del Re dell’inferno.

Goku le sorrise, salutandola.

 

“Ok! Grazie, vecchietta!”.

 

 

“Salve, Re dell’inferno, volevo chiederti una cosa…”.

“Ehilà, Son Goku! Come mai sei tornato così presto? Cosa sta succedendo sulla Terra? Guarda quanti morti sono arrivati qui! Sono stufo di lavorare!”.

“A proposito, prima che arrivassero questi terrestri, non è venuto un ragazzo di nome Son Gohan? E’ mio figlio…”.

 

“Son…Son…No, non è venuto qui…ne sono sicuro, anche perché l’avrei riconosciuto subito, se fosse stato tuo figlio!”.



 

“Quindi…non è morto…”.

 

Appena un bisbiglio, una contestazione fatta a voce alta ma il cuore di Son Goku prese di nuovo a palpitare speranzoso e colmo di gioia, il suo Gohan…era ancora vivo…ma allora…dove…?

 

Cosa avrebbe dato per poter rassicurare sua moglie…

 

“Gohan è vivo da qualche parte! Ma allora perché non riesco a percepire la sua aura!”.

 

Ma proprio in quel preciso momento, il giovane saiyan si voltò, i suoi lineamenti completamente trasfigurati per la sorpresa e l’incredulità:

 

“Ma…è GOHAN?! Sì! Questa è la sua aura! Ma perché?! Ma dov’è? Non è qui, non è nemmeno nel mondo del Re Kaioh…ma allora…”.

 

Il saiyan sorrise sbarazzino, si mise due dita sulla fronte e si concentrò, apparendo un istante dopo in un pianeta sconosciuto e individuò subito la sagoma di suo figlio.

 

“Pa-papà!”.

 

 

Goku sorrise avanzando verso il ragazzo che lasciò immediatamente cadere a terra – con stupore e indignazione di Kibith – la spada leggendaria, stringendo suo padre in un abbraccio.

Goku lo scostò da sé guardandolo ancora incredulo.


”Grazie a Dio sei ancora vivo…pensavamo che Majin Bu ti avesse ucciso…”. Gli spiegò, ansioso di conoscere la verità.


”Fortunatamente, il signor Kaiohshin e Kibith mi hanno trovato e mi hanno portato qui, nel loro mondo, per allenarmi…”.

 

“Urca! Ma tu pensa…allora aveva ragione quella ragazza…Videl, è davvero in gamba sai? Era sicura che fossi ancora vivo…”.

 

Sorrise Goku, stringendogli la spalla con una mano, con un sorriso dolce, con un che di sbarazzino, avendo inteso quali fossero i sentimenti della ragazza per il figlio (e come fossero ricambiati!), non potendo che gioire per quella che sarebbe stata – senz’ombra di dubbio – una coppia affiatata e ben assortita… una nuova famiglia Son, pensò con un’improvvisa e dolorosa stretta al cuore.

 

Gohan sorrise, salvo arrossire lievemente quando suo padre fece menzione della giovane figlia di Mr Satan, e avvertì una familiare stretta allo stomaco, pensando a quel dolce sorriso, a quello sguardo così fiero e quella luce mistica nei suoi occhi d’ebano. (Eh…Gohan…non ce la racconti giusta! ;> Ma paparino ti ha beccato! ;) Nd.A).

 

Si fece serio e tornò a guardare il padre con espressione sorpresa e confusa.


”Ma papà…tu cosa ci fai qui? Non sono ancora passate ventiquattro ore!”.

 

“Lo so, ma trasformandomi in un super saiyan 3, il tempo per stare sulla Terra si è ridotto, mi sono consumato moltissimo…tu piuttosto, perché indossi quest’abito assurdo?!”.

Chiese il saiyan, evidentemente non notando l’espressione stizzita e bieca di Kibith.

 

“Tze! Terrestri!”. Borbottò questi incrociando le braccia, punto sul viso e guardandoli con occhi ridotti a fessure.

”Ecco cosa succede, facendo entrare dei semplici essere umani in un luogo così sacro!”.

 

 

 

~

 

La situazione sulla Terra, nel frattempo, stava precipitando. Mister Satan era riuscito sorprendentemente a riscuotere la simpatia e l’amicizia di Majin Bu.

Non solo, grazie a lui Majin Bu non avrebbe più ucciso gli esseri umani per puro sfizio e divertimento.

 

 

Questo fino a quando due manigoldi non ferirono con la loro arma  il suo cagnolino e  Mr Satan stesso, Majin Bu riuscì a guarire entrambi ma ormai…il danno era già stato procurato.

 

Una volta risvegliatasi la sua terribile rabbia, dal vecchio Majin Bu ne nacque un nuovo, costituito essenzialmente della sua stessa malvagità. La parte buona e quella cattiva si scontrarono, fino a quando quella cattiva non ebbe il sopravvento e assorbì quella buona.

Così, un nuovo terribile e spietato Majin Bu nacque: Super Bu.

 

Questi risparmiò Mr Satan – grazie alle reminescenze del vecchio Majin Bu -  e raggiunse con velocità supersonica il santuario di Dende, tra l’orrore, lo sgomento e la sorpresa generale.

 

“Eh, eh! Finalmente…”.

 

‘Saremo tutti uccisi’. Fu il pensiero angosciato di Junior che cominciò ad avvertire dei brividi freddi scorrere lungo le tempie e la spina dorsale.

 

“Fatemi vedere…”.


“EH?!”.


FATEMI VEDERE!”.

 

“Farti vedere? Ma che cosa? Co-cosa intendi dire? S-spiegati”.

 

“Quello che combatterà contro di me…mi ricordo perfettamente della promessa! Voglio vederlo subito ed ucciderlo! Dev’essere qui…ho sentito una grande potenza da queste parti!”.

 

“In effetti è qui…ma ora sta dormendo…per combattere con te…”.


“Sveglialo! Combattiamo ora!”.


”La sua energia non è ancora piena! Credo che anche tu vorrai combattere con un guerriero il più potente possibile, non è vero?”.

 

“…Uhm…non posso accettare…odio aspettare…”.

 

‘ O-ormai è inevitabile…perdonateci, terrestri sopravvissuti…vi risusciteremo senz’altro con le sfere del drago! Ma ora dobbiamo assolutamente guadagnare tempo!”.

 

Ti prego! Soltanto un attimo! Ah, già! Non dicevi che volevi eliminare i terrestri?! Sulla Terra ci sono ancora molti terrestri sopravvissuti! Vi combatterete dopo che avrai annientato i terrestri!”.

 

“…EH EH…”.

 

Super Bu sorrise beffardo e prese indolentemente a camminare intorno al Santuario, facendo un giro completo, guardando in basso.

 

Camminò e si fermò proprio di fronte al suo interlocutore – Junior – e un ghigno diabolico gli solcò le labbra.

 

Alzò un braccio, emanò la sua aura e scintille variopinte presero a scendere come zampilli di una fontana, cadendo inesorabilmente sulla Terra, tra l’orrore e l’incredulità generale

.

Il cielo si fece scuro, le uniche fonti di luce erano le onde energetiche assassine scaturite dal mostro.

 

“Ho già ucciso tutti i terrestri…ora sono pronto a combattere…fatemi vedere chi combatterà contro di me!”.

 

 

Fu come se si fossero tutti pietrificati…Dende cadde debolmente a terra, pensando che tutti gli esseri umani, tutti i suoi protetti erano stati uccisi e lui che era la massima autorità sulla Terra non aveva potuto muovere un dito per evitarlo. Lui stesso rischiava di fare la stessa tragica fine, erano tutti alla mercé di quel terribile mostro.

 

“Va…va bene…”. Esalò Junior senza fiato.


“Ma…ma questo guerriero sta dormendo, perciò avrà bisogno di prepararsi per combattere contro di te…gli dai due ore…? Anzi, basterà un’ora…per carità…”.

 

“…Un’ora? Quanto è lunga?”.

 

 

 

“Finché non cadrà tutta la sabbia di questa clessidra…”.

 

Super Bu s’inginocchiò guardando quell’ordigno con sguardo stolido, prima di risollevarsi e guardarlo con ferocia.

 

“Non voglio!”.

 

“Anche la figlia di Mr Satan ti chiede di aspettare!”.

 

EH?!”.

 

Super Bu dispiegò il ‘codino’ puntandolo verso la giovane che – come tutti gli altri – era atterrita e pietrificata alla vista di quel mostro e del suo terribile potere.

 

“…Già…ha un odore che assomiglia a quello di Satan…”. (spero non sia sudore! ;) pardon Videl, ma ci voleva per sdrammatizzare un po’! ^^’’’ Nd.A.)

 

“…Va bene…aspetterò…ma quando sarà passata un’ora ucciderò tutti quanti! Ucciderò anche la figlia di Satan!”.

 

 

Junior annuì, e camminò verso Crilin, lasciando Super Bu a guardare, con un che di sospettoso e anche di beota, la clessidra.

 

“Sveglia Trunks e Goten e portali nella stanza dello spirito del Tempo! La potranno allenarsi per quindici giorni, anche se qui passerà un’ora sola…”.

 

“Eh?! Possono combattere subito…”.

 

“Non te ne sei accorto?! Ormai non potranno vincerlo nemmeno con la fusion! Di’ loro che devono allenarsi sul serio, se non vogliono morire!”.

 

 

 

 

“Eh? Quello sarebbe Majin Bu?”. Esalò Trunks sorpreso.

“Allora si è trasformato davvero…”. Bisbigliò Goten.

“Non solo l’aspetto fisico, ma gli è aumentato tutto…”.

 

“Avete capito, vero? Su, andate immediatamente ad allenarvi nella Stanza dello spirito e del tempo! Potete allenarvi 8 ore per ogni minuto che passa in questa dimensione!”.

 

 

“AH! MAMMA!”. Gemette improvvisamente Goten, richiamando l’attenzione di tutti.

 

“Cosa?”.

 

~

 

Non c’era nulla di premeditato.

Nessun intento preciso.

 

Era rimasta sconvolta – come tutti gli altri – quando lo aveva visto arrivare, quando con un semplice e noncurante gesto aveva posto fine alla vita di milioni, di miliardi di persone, senza battere ciglio.
Sconvolta, turbata ma non pietrificata.

 

Nel momento in cui quell’essere orribile si era inginocchiato con sguardo troglodita a guardare la clessidra, dopo aver minacciato di ucciderli tutti, aveva sentito il sangue ribollire, il suo cuore aveva preso a battere vertiginosamente.

 

 Nulla a che fare con la paura, con la paura che anche il suo cucciolo sarebbe stato annientato e uno dopo l’altro avrebbero dovuto soccombere, con l’orrore di vedere le persone care ed amiche chiudere gli occhi e sapere di essere il prossimo, o il prossimo ancora o subito quello dopo.

 

Non c’era paura in lei.

Nessuna paura in quell’istante.

 

Era perfettamente conscia d’essere solo una piccola e fastidiosa mosca di fronte a quel mostro. Perfettamente consapevole di ciò che stava facendo, di quello che stava rischiando.


Ciononostante, per la prima volta, Chichi decise di scendere nell’arena del leone.

 

I suoi passi erano sicuri, lenti e pacati mentre camminava verso di lui – con lo stupore e l’angoscia degli astanti, alcuni dei quali presero a richiamarla (“Cos’ha in mente?! Che stupida!”. Esalò Junior dall’alto del gazebo dove assisteva alla scena insieme agli altri, insieme al piccolo Goten nei cui occhi il semplice e puro orrore albergavano) – li ignorò o probabilmente le sue orecchie non riuscivano più a percepire qualsiasi altro rumore, tutto il resto era ovattato, lontano da lei.

 

 

Odio, intenso, puro e scottante odio ribolliva nelle sue vene.

 

Mai nella sua vita aveva provato un simile sentimento, aveva odiato amaramente Cell per quello che aveva fatto la sua famiglia ma era solo un pallido alone rispetto a quella smania accecante e implacabile, inarrestabile di avvicinarsi.

 

Sentiva i suoi pugni – chiusi fermamente – prudere, il sangue sembrava scorrere nelle sue vene come lava incandescente, i suoi occhi erano ombrati, agghiaccianti. Odio.

 

 

Sangue.

 

Tingersi le sue stesse mani del sangue di quell’assassino.

 

Il richiamo del sangue.

Lo sentiva, chiaro, inequivocabile, straziante, il richiamo di suo figlio, mille immagini di suo figlio le apparvero di fronte agli occhi, facendola fermare un istante, stringendo i pugni e socchiudendo le palpebre con forza.

 

 

Odio. Sangue.

 

Il sangue versato di suo figlio sembrava ribollire in lei, nel suo spirito di donna, di madre, di moglie e… di guerriera.

 

 

 

Riprese a camminare, schiena dritta e il mento alto, in segno di sfida; i  suoi piedi sfioravano il pavimento e i suoi passi si facevano sempre più sicuri e implacabili, passi dopo passi entrò nello spazio vitale del mostro, i suoi lineamenti completamente trasformati.

 

 

Sangue.

Sangue di un assassino.

Sangue di suo figlio.

 

 

 

Desiderio di uccidere.

Desiderio di farlo agonizzare.

Desiderio di vedere l’orrore nei suoi occhi, lo stesso che aveva dovuto brillare negli occhi di suo figlio, prima di esalare l’ultimo respiro.

 

 

Odio.

Dolce, intenso odio.

 

 

“Majin Bu!”

 

Quasi non riconobbe la sua stessa voce, come uno schiocco di frusta, voce insanguinata dalla pura voglia di uccidere, la voglia di odiare, di vendicare.

 

“Come hai osato uccidere il mio Gohan?!”

 

 

Rabbia, odio, morte…sangue.

 

Alzò il braccio, cercando ci concentrare le proprie forze, le sue forze avvelenate d’odio, di vendetta di rabbia, di disprezzo e lo schiaffeggiò.

 

“RESTITUISCIMELO! Restituiscimi Gohan!”.

 

Angoscia, dolore, rimpianto…il suo bambino, suo figlio, l’uomo che l’aveva aiutata a guidata in quello smarrimento di sette anni…come avrebbe potuto crescere da sola Goten…come avrebbe potuto continuare a vivere…

 

 

Majin Bu restò silenzioso, immobile, incurante, completamente insensibile a  tutto quello che era appena successo. Non aveva alzato lo sguardo quando l’aveva vista avvicinarsi, quando aveva sentito i suoi passi, non alzò nemmeno gli occhi quando sentì il concentramento delle sue forze.

Avvertiva chiaramente tutti i sentimenti che sembravano avvolgerla, ma non si scompose, si lasciò colpire, non tentò nemmeno di schivare il colpo, non si toccò la porta colpita.

 

Silenzio.

 

Indifferenza. Completa indifferenza.

 

Chichi strinse i pugni.

 

Odio, sangue, voglia di morte.

 

 

Majin Bu sollevò un angolo della bocca, non si mosse ma la fissò con la coda dell’occhio.

 

Uno battito di ciglia…si drizzò, torreggiandola con la sua imponente e smisurata figura, la scrutò dall’alto al basso.

 

Sorrise. Un sadico ghigno diabolico.

 

 

 

Chichi non indietreggiò, serrò i pugni, stringendoli fino a perforare con le unghie la carne, ma non si mosse. Ferma, implacabile. Sguardo fisso in quello dell’assassino di suo figlio.

Occhi negli occhi, non avrebbe distolto lo sguardo, non avrebbe implorato perdono, non avrebbe supplicato.

 

No.

 

Morte…un dolce e straziante richiamo.

 

Ma non l’avrebbe gratificato con uno sguardo di pura e semplice paura, d’orrore. No. Nessuna gratificazione, nessuna soddisfazione.

 

Sarebbe rimasta lì fino alla fine, a testa alta, con orgoglio, come una guerriera, come la moglie e la madre dei saiyan più forti al mondo. Semplicemente.

 

 

 

Majin Bu la guardò senza proferir motto, nessuna emozione scaturiva dal suo sguardo, ma un angolo delle sue labbra era ancora sollevato, gelidamente…divertito.

 

Lentamente, gustando ogni secondo, mosse il suo codino, e lo puntò verso la donna, in piedi di fronte a lui, con gli occhi fissi nei suoi.

 

Quegli occhi di guerriera: odio, sangue e morte.

 

 

 

Everything I know,and anywhere I go

It gets hard but it won’t take away my love...

 

(Tutto quello che so, dovunque vado

E' dura ma non mi porterà via il mio amore…).

 

 

Sarebbe successo.

Da un istante all’altro.

 

 

Non avrebbe abbassato lo sguardo.

Non avrebbe indietreggiato.

Non avrebbe supplicato.

 

 

Il codino di quel mostro dagli occhi gelidi fu ricoperto da una luce scintillante che partì dalla punta sino all’appendice che lo teneva unito alla testa.

 

 

Era solo questione di secondi.

 

Il tempo sembrò allungarsi, bloccarsi e scorrere con lentezza infinitesimale. Le parve di rivivere con dei flash tutta la sua esistenza.

 

La morte con il suo gelido passo sembrò annidarsi in lei, investirla, e riempirla a poco a poco, lentamente in una straziante melodia e l’attesa era più snervante di qualsiasi altra cosa.



Vide quel mostro formulare una formula, ma non si curò di decifrarla…erano i suoi ultimi istanti sulla terra…era quello il momento sublime…il trapasso... il mondo celeste la richiamava e lentamente quello terrestre l’avrebbe liberata dai propri artigli.

 

 

Mio dolcissimo Goten, abbi cura di te…ti veglierò da lassù…mio dolce bambino, ora devo andare…non sarà un addio, mio piccolo angelo…’.

 

‘ Gohan, non ho saputo render giustizia alla tua ingiusta morte…sto per raggiungerti…come promesso, tua madre non ti avrebbe mai abbandonato…’.

 

 

Majin Bu concentrò i propri poteri, e vide quell’alone rosato che ricopriva il suo codino accostarsi a lei, sempre più vicino, fino a quando – inesorabilmente – l’avrebbe avvolta in tutta quell’accecante luce…luce di morte.

 

 

 

...and when the last one falls,

when it's all said and done...

 

(...E quando tutto sarà finito,

quando tutto sarà stato detto e fatto…)

 

 

Ancora un attimo.

 

Un lungo ed ultimo frammento d’eternità per abbracciare il mondo, per abbracciare tutti quelli che l’amavano…un ultimo istante.

 

Il suo ultimo istante nel mondo terrestre, prima che quello celeste le strappasse lo spirito.

 

L’ultimo frammento d’eternità…l’ultimo pensiero.

 

 

“Il mio spirito si è già involato, sto per lasciare la Terra…la mia amata Terra…sto per lasciare il mio bambino…ma non ho paura. Non sono mai stata così serena, così tranquilla…


Amore mio…troppo forte è il nostro amore perché qualcosa d’insignificante come la morte possa deteriorarlo o scheggiarlo…avevi ragione…niente e nessuno può portare via il tuo amore…e niente e nessuno mi sottrarrà il mio…’.

 

 

 

...It gets hard but it won’t take ...away... my love ...

     (E’ dura ma non mi porterà via il mio amore…).

 

 

‘ Goku…amore mio…ora, finalmente…di nuovo insieme…me l’hai promesso, niente e nessuno ci dividerà d’ora in poi…aspettami…’.

 

 

 

 

 

“Chichi…”.

 

Un brivido freddo, una dolorosa ed improvvisa stretta al cuore, le viscere attanagliasi tra loro come serpi litiganti…una dolce e straziante melodia ad incorniciare il volto di sua moglie.


Chiuse gli occhi e rabbrividì, strinse con forza i pugni, e riaprì gli occhi improvvisamente lucidi.

 

Odio, sangue, morte…

 

‘Amore mio…dove sei? Non temere…verrò a prenderti…aspettami…’.

 

~

 

 

“TRASFORMATI IN UOVO!”.

 

 

La gelida, indifferente e indolente condanna, mentre il suo piccolo cuore sembrò agghiacciarsi improvvisamente nel petto, rimase senza respiro, incapace di muoversi, mentre inesorabilmente il corpo inerme di sua madre era ricoperto da una luce rosata.

 

Un attimo dopo nello stesso punto dove sua madre era in piedi…un uovo.

 

Un ghigno satanico incurvò le labbra di Majin Bu, ed incurante si avvicinò all’uovo, ridendo sguaiatamente. Alzò il piede.

 

Massimo disprezzo e puro e sadico divertimento.

 

Schiacciò l’uovo in mille frammenti.

 

 

“Ma...MAMMA!”.

 


Odio, sangue, morte…una sorda rabbia investì il corpo del bambino, era come se una piccola belva si stesse risvegliando nel cuore di un cucciolo, una belva assettata di sangue, con artigli e fauci per sbranarlo, smembrarlo a poco a poco, e trafiggerlo con gelido disprezzo.

 

“Ma…Maledizione! Maledetto bastardo! Co-Come hai osato…”.

 

Abbi pazienza, Goten! Vuoi rendere tutto inutile?!”.

 

Il bambino non rispose, il suo cuore batteva inesorabile nel petto, gli ultimi istanti della vita di sua madre gli balenarono nella mente e la sua crudele quanto agghiacciante fine.

Non era giusto! Dannazione!

 

Stille di rabbia, d’impotenza, di disperazione gli riempirono gli occhi e represse un singhiozzo, restando in piedi, immobile, un piede già posato sul balconcino per scendere e malmenare quel dannato mostro, quell’assassino.

 

 

 

“…Proteggi tua madre, proteggila anche per me, d’accordo?”.

 

“Sì, papà…lo farò…”.

 

 

Si lasciò sfuggire un gemito. Non aveva potuto far nulla. Non era riuscito a proteggerla com’era suo dovere, come suo padre gli aveva chiesto prima di andarsene.
E ora sua madre…

 

“Non ce l’ho fatta Papà, perdonami…Mamma…perché, perché anche tu?!”.

 

“Tua madre potrà tornare in vita con le sfere del drago, se tu e Trunks sconfiggerete Majin Bu!
Ma con l’attuale forza non ci riuscite! Perciò addestratevi! Col poco tempo che vi è rimasto addestratevi con tutte le forze!”.

 

Gli disse Junior che – sconvolto come tutti gli astanti – sembrò essere stato il primo a riprendersi e come al solito a dar sfoggio della sua razionalità.

 

Il bambino deglutì, quelle parole – per quanto veritiere – gli scivolarono addosso…una sola agghiacciante e triste verità lo sconvolse, facendogli tremare le gambe, annebbiare la vista di lacrime e stringere il cuore in una dolorosa morsa.

 

In quel momento, in quel misero granello di sabbia di una clessidra… Son Goten era solo al mondo.

 

 

 

…Capito? ”.

 

“ … ”.

 

 

“Dai, alleniamoci Goten! E distruggiamo Majin Bu dopo esserci allenati con tutte le forze!”.

 

Si asciugò gli occhi con una manica della mogliettina cucita da sua madre e deglutì, prendendo un profondo respiro. Alzò il capo e puro odio dardeggiò nelle sue iridi, la sua sorda rabbia si risvegliò.

 

Avrebbe eliminato quel mostro, a qualsiasi costo…avrebbe vendicato suo fratello, sua madre e avrebbe reso fiero suo padre, avrebbe tenuto fede ad una promessa, avrebbe degnamente ricambiato la sua fiducia e la sua stima.

 

Si sarebbe comportato come un vero saiyan.

 

D…D’accordo!”.

 

 

~

 

 

Dopo molte peripezie, la fusione era finalmente riuscita e il guerriero nato dall’unione dei piccoli mezzi saiyan – Gotenks affrontò Super Bu e sembrò riuscire a tenervi testa.

Questo fino a quando…

 

“Accidenti! E’ ritornato al suo stato originario!”.

 

Esalò Son Goku senza respiro. Egli stava, infatti, assistendo – assieme a Kibith e Kaiohshin - a tutto quello che stava succedendo sulla Terra grazie ad una sfera di cristallo, datagli dal Sommo Kaiohshin che – dopo esser stato liberato, in seguito alla rottura della spada – stava potenziando e risvegliando le forze di Gohan.

 

“Ni-Niente da fare…ormai è finita…”. Mormorò Junior, impietrito.

 

“Ehi, vecchio Kaiohshin! Sbrigati! La fusion dei due bambini ha perso potenza!”. Gemette Goku, preoccupato per la sorte dei due bambini, il figlio del rivale e…suo figlio.

 

“Dici davvero, papà?!”.

“Sì! Li ucciderà!”.

 

“Ok, puoi andare…ho già concluso la procedura da un pezzo…”. (…)

 

“EH?!”.

 

“HAI CONCLUSO DA UN PEZZO?!”. Esclamarono increduli e attoniti Goku, Kibith e Kaiohshin.

 

“DA UN PEZZO?! MA QUANDO HA FINITO?!”.

 

“Uhm…circa cinque minuti fa…”.


C-COME MAI NON MI HA DETTO NIENTE?!”.

 

“Cretino…”. Fu il pacifico ed indolente rimprovero. “…se l’eroe arriva al momento critico, renderà più drammatica la scena!”.

 

“…Accidenti! Allora devo sbrigarmi!”.

 


”P-Presto! Deve andare sulla Terra prima che sia troppo tardi! L’accompagniamo noi!”.

 

“No…vado io da solo…”.


“Cosa sta dicendo, Kibith? Devo resistere anch’io fino alla fine! Questa è responsabilità di un Dio Kaioh!”.

 

“Mi dispiace ma credo che siamo solo d’intralcio…anch’io tornerò subito dopo che l’avrò accompagnato…non voglio ostacolare il nostro meraviglioso messia!”.

 

“Kibith…”. Sorrise Gohan, chiaramente colpito da tale dimostrazione di stima e fiducia da parte di quel personaggio così taciturno e facilmente irritabile.

 

“Capisco…hai ragione…allora ci pensi lei…”.

 

 

Goku avanzò mestamente verso il figlio, il volto raggiante, gli occhi pieni d’orgoglio e d’affetto, un sorriso triste al pensiero del loro ultimo addio, di quanto avrebbero dovuto parlare, quante cose avrebbero potuto fare insieme quel giorno, quanto avrebbe voluto ripagarlo per tutto quello che aveva fatto in sua assenza, per sua madre e per il suo fratellino…

 

“Perdonami, Gohan! Non posso venire con te, anche se vorrei…”.

 

“Volevo vederti combattere…volevo vedere la tua crescita con i miei occhi…”.

 

Continuò, mentre Gohan abbassava lo sguardo, con un sorriso contrito, ancora una volta doveva dirgli addio, ancora una volta in circostanze drammatiche e molto più grandi di loro…come l’ultima volta, doveva prendere il suo posto e cercare di annientare il nemico, ancora una volta il destino del suo pianeta era racchiuso nelle sue mani.

 

“Papà…”.

 

Bisbigliò il ragazzo impotente e amareggiato, così tante cose lasciate in sospeso, così tante paure che avrebbe voluto confidargli, tutte le amarezze di quei sette anni senza la sua gioiosa presenza e compagnia, senza quel faro, senza quella guida che sapeva rassicurare tutti anche nei momenti più drammatici…la sua essenza di purezza e di spensieratezza…solo lui.

 

 

“…Ma purtroppo non ti vedrò mai più…”.

 

Bisbigliò con amarezza…aveva dovuto dire addio al piccolo Goten, a quel legame così recente eppure così profondo, aveva dovuto dire addio alla sua donna quando sentiva ancora sulle sue labbra il sapore etereo e inconfondibile di lei e ora…anche l’uomo di casa…suo figlio.

 

“…Finché non verrai anche tu all’altro mondo…”.

 

Aggiunse con un’amabile strizzatina d’occhio, nonostante tutto Son Goku non perdeva il suo ottimismo, la sua…speranza.

Un giorno…sarebbero stati di nuovo tutti insieme, una famiglia completa.

 

“Forza! Sconfiggi Majin Bu!”.

 

“Sì!”.

 

Un ultimo abbraccio, un ultimo contatto, un ultimo addio. Goku lo strinse con forza chiedendosi quando sarebbe stata la prossima volta e quanto gli sarebbe mancato tutto questo. Sospirò, e si scostò, mettendogli le mani sulle spalle.

 

“So che cosa ti ha tormentato in tutti questi anni…figliolo…”.

 

“Papà…”.

 

Bisbigliò il ragazzo un poco imbarazzato, e anche amareggiato al pensiero di sette anni prima, quel fatidico momento…l’ordine di suo padre e la sua sfrontata presunzione che gli era costata così tanto, quella presunzione che aveva pagato a caro prezzo.

 

“Gohan, nessuno ha colpa di quanto successe sette anni fa…eri solo un bambino, avrei dovuto considerarlo prima di mandarti allo sbaraglio contro Cell…ma avevo piena fiducia nelle tue forze e nelle tue possibilità…e non mi sbagliavo!

 

Non  potrei essere più orgoglioso di te, di come sei cresciuto in questi anni, di come hai guidato tua madre e il tuo fratellino…non sai quanto te ne sia stato grato…

 

Smettila di torturarti…non hai nessuna colpa, figlio mio… ”.


Bisbigliò Goku con occhi scintillanti, stringendogli le spalle. Il ragazzo sorrise con lo stesso velo di commozione…era come se un pesante, intenso e soffocante macigno fosse stato liberato dal suo cuore…grazie a suo padre.

 

“Ok…”. Sorrise Goku. “Va’!”.

 

“Addio…papà!”. Sorrise alzando il braccio, a mo’ di saluto.

 

Son Goku sorrise in risposta, alzando il pollice, gesto di complicità che il figlio ricambiò prima di teletrasportarsi con Kibith sulla Terra.

 

 

 

“Ora affido tutto a te…”.

 

“Sì! Ehm…”.

 

“Mh?”.

“Mi potresti fare un favore? Voglio che cambi il mio vestito…voglio avere lo stesso vestito che aveva mio padre…voglio combattere indossando la tuta di mio padre…”.

 

“…Uhm…ti capisco…va bene, te lo cambierò.

Dunque…il colore era quello della cacca delle rane che abitano nel pianeta Popor…”.

 

“Ehm…si dice ARANCIONE…”.

 

 

~

 

“A-Accidenti…”. Gemette Trunks. “…anche la semplice fusion si è sciolta…”.

 

“Ehi…questo non significa…che saremo uccisi? N-Niente da fare…”. Gemette Goten atterrito e pietrificato, se solo ci fosse stato lì la sua mamma, suo padre o il suo adorato fratellone

 

Junior si parò di fronte ai bambini:

 

“Non sono certo d’aiuto, ma combatterò anch’io…RESISTIAMO fino alla fine e moriremo insieme…”. (che bel modo di vedere le cose, eh? ;) Nd.A).

 

Improvvisamente, tutti e quattro – Goten, Trunks, Junior e lo stesso Super Bu che sembrava volersi prendere una pausa prima di ucciderli – sgranarono gli occhi guardando nella stessa direzione.

 

C-CHE C’E’?!”.

 

“DI CHI E’ QUEST’AURA?!”. Chiese Junior incredulo e atterrito di fronte a quella potenza.

 

“S-Sta arrivando qualcuno!”.

 

“…Chi è?!”.

 

“Ha un’aura potentissima! Non riesco a capire chi diavolo sia…un nuovo nemico?!”.

 

“GO…GOKU!”.

 

Goten sorrise, strabuzzando gli occhi, sentendo il cuore colmo di gioia e di commozione. Gli astanti potevano essere caduti nell’equivoco, ma non lui che aveva avvertito quella dolcissima sensazione, quel dolcissimo torpore che solo una persona sapeva trasmettergli.

 

“N-No! E’ mio fratello! MIO FRATELLO!”.

 

“C-COSA?!...IMPOSSIBILE!”. Gemette Junior, quando di fronte ai loro occhi estasiati e sconvolti allo stesso tempo, il giovane Son atterrò.

 

Si voltò verso di loro, un dolcissimo sorriso apparve sul suo volto cesellato.

 

“Gohan!”. Sorrise Trunks.

 

“Fratellino! Non sei morto! Come sono contento!”.

 

Mormorò il piccolo Goten…il cuore che palpitava a gran velocità nel suo petto…il suo adorato fratellone…ora non era più solo al mondo…sapeva che con lui tutto sarebbe andato bene, era sempre stato il suo faro, la sua rassicurazione, il suo focolare…lui che era il suo modello, il suo protettore…

 

Gohan sorrise, raddolcito, come sempre quando si specchiava negli occhioni ingenui del fratellino, così trasparenti.

 

“Aha, mi ha salvato Kaiohshin appena in tempo…e sono rimasto da lui finora…”.

 

“Dove sono gli altri?”.

 

Sono stati tutti uccisi da Majin Bu”. Gemette Trunks.

 

COSA?!”. Volse lo sguardo verso Goten.

 

ANCHE LA MAMMA….E DENDE?!”.

 

Goten avvertì il suo cuore colmarsi di nuovo di dolore a quel pensiero, ma non poté che rispondere:

 

Sì! Solo noi siamo sopravvissuti!”.

 

‘M-Maledizione! Anche Dende è stato ucciso…D-Dannazione! Anche l’ultima speranza delle sfere del drago è sfumata!’

 

Pensò affranto, anche ammesso che avrebbe ucciso quel mostro, come avrebbero potuto far risuscitare tutti i loro amici…sua madre…come avrebbero potuto vivere da soli?!

 

“Eh eh eh…erano ottimi…li ho mangiati tutti trasformandoli in cioccolato…”.

 

‘No…percepisco la sua fievole aura…’. Pensò il giovane Son e sorrise, rassicurato, sarebbe andato tutto per il meglio…avrebbero ripristinato tutto, dopo aver ucciso quell’orribile mostro…avrebbero di nuovo potuto vivere in pace…

 

Lui, Goten, sua madre…Videl…

 

 

 

~

 

Tutto sembrava andare per il meglio, Super Bu non poteva che soccombere di fronte alla straordinaria potenza del giovane ma…gli eventi precipitarono di nuovo.

Super Bu – dopo esser fuggito con un diversivo – si fece di nuovo innanzi ai nostri eroi superstiti e riuscì con un abile stratagemma a provocare e poi assorbire Super Gotenks e dopo di questi anche Junior, così da affinare ulteriormente le sue capacità e …il suo intelletto. (…).

 

“M-Maledizione! N-NO NON CE LA FA…GOHAN!”.

 

Gemette Goku che – come sempre – stava osservando la situazione grazie alla sfera del Sommo Kaiohshin. Questi li guardò con espressione mesta:

 

“Era impossibile prevedere una cosa del genere…non c’è altra scelta…va’ a dargli una mano, Son Goku!”.

 

EH?! …Ma…ma io purtroppo…”.

 

“Già…Son Goku non può più tornare in vita…”. Aggiunse Kaiohshin.

 

“Lo so benissimo! Ti offrirò la mia vita…così puoi tornare sulla Terra…”.

 

La vita del grande Kaiohshin?! A ME?!”.

 

 

 

“…Addio a tutti…”. Bisbigliò il Sommo Kaiohshin, prima di chiudere gli occhi e cadere ai loro piedi.

 

“V-Vecchietto!”. Gemette Goku, alzò lo sguardo ed esattamente nell’attimo in cui l’anziano uomo era deceduto, l’aureola sopra la sua testa scomparve.

 

“Ti ringrazio moltissimo! Farò sì che la tua morte non sia stata inutile!”.

 

“Ok, va’ immediatamente!”.

 

Con grande stupore ed incredulità degli astanti, il Sommo Kaiohshin si era rialzato, guardandoli con cipiglio serio e preoccupato.

 

Dai, dunque! Vuoi forse che la mia morte sia stata inutile?!”.

 

“… Ah…già…”. Bisbigliò Goku ancora attonito.

~

 

 

 

Goku fece ritorno sulla Terra con i potara donati dal Sommo Kaiohshin: il suo piano era infatti la fusione con il figlio per poter eliminare Majin Bu. Questi tuttavia riuscì ad assorbire anche Gohan, dopo che la fusione dei due bambini dentro il suo corpo si era sciolta, e così un nuovo orribile mostro si generò. Quando sembravano non esserci più speranze, Goku individuò l’aura di Vegeta e si teletrasportò, raggiungendolo e riuscì a convincerlo dopo molte (mooooooolte) perplessità e istanze a effettuare la fusione con lui.

 

Così nacque Vegekou ( o Vegeth) il quale aveva una netta supremazia nei confronti di Majin Bu, questi si fece assorbire così da riuscire ad entrare nel suo corpo. All’interno del corpo del nemico, la fusione si sciolse e i due rivali-amici procedettero con il cercare tutti coloro che erano stati assorbiti.

 

Dopo varie vicissitudini (che figata Vegeta con i vermi, ih,ih,ih! ;D Nd.A) riuscirono ad uscire dal corpo di Majin Bu dopo aver liberato tutti gli altri.

Majin Bu si vede ridotte notevolmente le sue capacità, ciononostante Goku e Vegeta non disponendo più dei potara, non erano in grado di annientarlo.

 

Majin Bu decise, infine, di distruggere il Pianeta e Goku era deciso a teletrasportarsi con tutti gli altri, riuscì a prendere Dende, Mr Satan e il cagnolino e fu salvato in extremis da Kibith (o meglio Kibith unito a Kaiohshin, ma non so il loro nome! Nd.A.).

Goku, Vegeta, Dende, Mr Satan e il cagnolino furono teletrasportati sul pianeta di Kaiohshin, ma per la Terra – e con essa – Gohan, Goten, Junior e Trunks non c’era stata alcuna possibilità, con grande rammarico ed amarezza dei due saiyan.

 

E non era finita…Majin Bu apparve improvvisamente con lo sgomento e l’orrore di tutti i presenti.

A  nulla valsero gli sforzi di Goku ssj 3, e anche del Majin Bu buono per annientare quell’orribile mostro. Un tragico epilogo sembrava essere all’orizzonte, ma…

 

“Vegeta! Qui ci sono tutte e sette le sfere del drago!”.

 

“Allora chiamate Polunga, il Dio drago di Namecc! Ci sono due desideri da esaudire! Il primo è quello di rigenerare la Terra, che è stata distrutta! Il secondo è quello di resuscitare tutti coloro che sono morti dal giorno del Torneo Tenkaichi…escluso i malvagi!”.

 

“Ah, ecco perché! Volevi resuscitare Gohan e Gotenks per farli combattere, non è vero?”.


“No! Procediamo subito…prepara…la sfera Genkidama!”.


 “Ma è impossibile! Anche se tutti i terrestri danno un po’ d’energia spirituale, la sfera non sarà in grado di uccidere Majin Bu…”.


 “Ti ho già detto che anche i terrestri devono pensare a salvare la loro Terra almeno una volta! E poi non solo un po’ d’energia, ma tutta la loro energia!”.

 

Grazie all’aiuto di Re Kaioh, Vegeta riuscì a parlare a tutti i terrestri, spiegando loro la situazione e domandando loro di donare la loro energia per uccidere Majin Bu, ma solo le famiglie e gli amici dei due saiyan collaborarono, tutti gli altri terrestri parvero molto scettici, ma non tutto andò perduto…bastò che i terrestri sentissero parlare Mr Satan, colui che era stato ritenuto il salvatore della Terra a partire dal Cell Game perché tutti acconsentissero.

 

“Sei stato davvero fantastico…sei riuscito a combattere da solo fino a ora…spero che la tua reincarnazione possa essere una brava persona, perché voglio combattere di nuovo con te…ti aspetterò…nel frattempo diventerò più forte di prima allenandomi severamente…”.

 

Ci vediamo!”.

 

 

“Uff…è finito tutto…”. Esalò Goku sfinito, ancora in posa di combattimento.

“…Hun…quanto ci ha messo…”. Si lamentò Vegeta con un sorriso stanco.

 

 

“Ce l’ha fatta! Ce l’ha fatta!”. Esultarono tutti gli abitanti del neo pianeta Namecc.

 

 

 

“C-Com’è andata?”. Chiese Trunks.

 

“…Uhm…sembra che ce l’abbia fatta…l’aura di Majin Bu è scomparsa completamente!”.

 

YAHOO!”. Fu la risposta all’unisono di Gohan, Goten e Trunks.

 

 

 

“C-Ce l’hai fatta?”.

“…Ce l’hai fatta davvero?”.

 

Goku sorrise, senza rispondere, seduto esausto su una roccia, alzò semplicemente il pollice in direzione di Mr Satan. (Eh già… i due futuri con-suoceri! ;D Nd.A)

 

 

 

“Ascoltate tutti, amici terrestri! Sono Mr Satan, il campione Mondiale d’Arti Marziali! Quel terribile Majin Bu è morto grazie alla vostra collaborazione! Ora state tranquilli! Siete liberi dalla paura!”.

 

~

 

Mr Satan aveva appena annunciato al mondo la vittoria su Majin Bu, dopo mille battaglie e peripezie (sembrava non finire più, che fatica! U__U Nd.A) la pace sarebbe tornata a regnare sulla Terra.

Tutta la comitiva – riunita al santuario di Dende – si diede ad esclamazioni di gioia e di giubilo e Chichi – resuscitata come tutti gli altri – passeggiò lungo il pavimento di marmo.

 

La donna dai capelli corvini si mise ad osservare il cielo, il sole stava tramontando e al colorito turchese si andavano sostituendo le tonalità calde del rosso e dell’arancione; le prime stelle apparvero, adornando e incorniciando il firmamento. Non sarebbe passato molto tempo da quando quelle microscopiche particelle di cosmo avrebbero preso a brillare con tutta la propria intensità e la donna fu scossa da un brivido caldo, pensando a quanto sarebbe stata bella la stella di suo marito quella notte.

 

‘Goku’.

 

Ancora una volta, immancabilmente, suo marito aveva avuto un ruolo determinante nella salvezza del suo Pianeta, lui che ne era così crudelmente escluso, lui che continuava a mettere a repentaglio tutto se stesso perché lei e i suoi figli vivessero al sicuro, come tutta l’umanità, ma che avrebbe dovuto accontentarsi di guardarli dall’alto, vegliarli da lassù, non potendo prender parte ‘attivamente’ alle loro gioie e alle loro sofferenze.

 

Ma suo marito non era uomo che si scoraggiava, sapeva che suo marito avrebbe continuato a sorridere da lassù, si sarebbe commosso con loro nei momenti bui, avrebbe gioito con loro nei momenti più rosei, lui…quella splendida creatura, espressione stessa della bellezza d’ogni cosa, della bellezza di quel firmamento…di quelle stelle.

 

 

Amore mio…grazie. Grazie di tutto…

Ancora una volta hai salvato tutti noi…ancora una volta sei tu il nostro eroe…il mio eroe…’.

 

 

I’m here without you baby

but you're still on my lonely mind

 

(Sono qui senza di te, amore

Ma tu sei ancora nei miei pensieri solitari).

 

 

Amore mio…so che manterrai la tua promessa…e anche io ti prometto che niente e nessuno potrà mai prendere il tuo posto e portarmi via il mio amore…niente e nessuno… e un giorno so che ci rivedremo, e nessuno ci separerà mai più…’.

 

Pensò intensamente continuando ad osservare il cielo che lentamente si tingeva di un dolce e tenue indaco, anche quella sera Dio stava dipingendo.

Quel bellissimo tramonto… il crepuscolo, erano espressione della purezza, della bellezza eterea del creato, le stesse componenti del suo angelo lassù.

 

Lentamente si asciugò una lacrima con un sorriso e chiuse gli occhi, lasciandosi avvolgere da dolcissimi ricordi. Forse non avrebbe potuto ricordare parola per parola il saluto di suo marito, ma era sicura che non avrebbe mai dimenticato la dolcezza incisa nei suoi lineamenti, la lucentezza e la commozione nei suoi grandi occhi, il tono vellutato e quasi rauco della sua voce e le eteree emozioni che avevano fatto scalpitare il suo cuore e sembravano averlo ringiovanito, risvegliato dopo un lungo torpore e adesso era vivo, vivo come non mai: la cornice dei suoi stessi sentimenti.

 

 

“Non piangere più, Chi. Hai pianto troppo per colpa mia. Non piangere più… si risolverà tutto…”.

 

“Ti amo, signora Son, ti amo da morire…come non ho mai amato nient’altro nella vita e come non saprei mai spiegarti, neppure se vivessi mille anni…”.

 

 

 

‘A presto, Goku…’.

 

 

 

 

“ MAMMA, MAMMA!”.

 

Chichi sussultò avvertendo quel richiamo e si voltò verso la direzione da cui proveniva quel dolce quanto ben noto richiamo. Sorrise, di pura e mera gioia, mentre nuove lacrime di felicità le brillarono negli occhi scivolando sulle guance. Il piccolo stava ridendo di pura gioia, le braccia spalancate guardandola e prendendo a correre verso di lei.

 

 

“Goten…”.

 

Bisbigliò appena, guardandolo correre con tutta la sua spensieratezza, la sua gioia, la sua vitalità, il suo brio verso di lei, s’inginocchiò nel bel mezzo del Santuario e un decimo di secondo dopo madre e figlio si strinsero in un caloroso abbraccio. Il bambino si strinse forte contro la sua spalla, mentre Chichi, le cui parole erano interrotte da lacrime e singulti, prendeva a sfiorargli la testolina e baciarlo lungo tutto il visino, facendolo arrossire. Il bambino ricambiò con slancio l’abbraccio e la donna si alzò in piedi, continuando a cingerlo.

 

“Grazie a Dio stai bene…oh Goten! Tesoro…ho temuto così tanto per te…”. Gli bisbigliò tra un bacio e l’altro.

 

Il bambino si strinse forte contro il seno materno con gli occhioni lucidi, prima di alzarli a guardarla.

 

“Mamma…?”.

 

“Sì, tesoro, cosa c’è?”.

 

Chiese Chichi scostandolo un poco, continuando a stringerlo, per guardarlo negli occhi, asciugandogli qualche lacrima.

 

“Ho avuto così tanta paura quando…quando ti sei avvicinata a Majin Bu…e poi…e poi…”. Non fu capace di finire la frase, avvertendo così tanto dolore al ricordo di quei momenti, tra i più brutti della sua giovane vita.

 

Chichi lo strinse con forza, accarezzandogli la nuca per rassicurarlo.

 

“Mi dispiace tesoro…mi dispiace così tanto!”.

 

Bisbigliò con un immane senso di colpa al ricordo della sua follia che le era costata la vita, quando avrebbe potuto stargli vicino prima che dovesse affrontare quell’orribile mostro.

 

“Mamma…promettimi che non mi lascerai mai…promettimelo…non voglio stare senza di te!”. Snocciolò il bambino piangendo contro la sua spalla e Chichi non poté che ricambiare il suo abbraccio con ardore, sospirando con occhi lucidi.

 

“Sì, tesoro mio…te lo prometto, perdonami…”.

 

Il bambino annuì, asciugandosi gli occhi e cingendo il collo della madre, sollevandosi dandole un bacio sulla guancia.

 

“Ti voglio tanto bene, mamma, tanto tanto!”.

 

Chichi sorrise, asciugandosi gli occhi commossi, baciandogli la testolina.


”Anche io tesoro…voi saiyan siete tutta la mia vita…”.

 

Si ritrovò a ripetere quelle stesse parole che aveva usato per congedare Goku.

 

 

 

“Hai sentito Goten? Guarda che la mamma non è solo tua!”.

 

Intervenne un’altra voce e Chichi avvertì un brivido caldo correrle lungo la schiena, sentì Goten ridacchiare osservando qualcosa al di sopra delle sue spalle, ma non fece in tempo a voltarsi che avvertì una familiare risatina.

 

Neanche un decimo di secondo dopo, si sentì cingere da dietro da due forti braccia, Gohan sorridendo raggiante l’aveva un poco sollevata da terra mentre lei continuava a tenere stretto il cucciolo di casa, con il risultato che Gohan teneva in braccio entrambi, sotto lo sguardo divertito e commosso degli astanti che osservavano da lontano quel bel quadretto familiare.

 

“G-Gohan?”.

Mormorò appena commossa, non riuscendo a voltarsi, avvolta nella sua forte stretta.

“Wow, quanto siamo alti, vero mammina?”.

 

Gohan sorrise, riposandola sul pavimento e il piccolo Goten si svincolò dall’abbraccio di sua madre, osservandola con un sorriso radioso. Chichi si voltò, gli occhi traboccanti di lacrime, guardando il suo adorato primogenito, avvertì una stretta al cuore notando quanto i suoi lineamenti fossero simili a quelli del padre e sembravano risplendere ed essere risaltati dalla tuta che ancora indossava, una tuta identica a quella di Goku, quella tuta che aveva tanto odiato ma  che conservava come un prezioso cimelio.

 

“Ciao mamma”. Bisbigliò Gohan sorridendole e guardandola dall’alto al basso.

 

“Oh, Gohan…”.

 

La madre si accostò al ragazzo, alzando una mano al viso, carezzandogli la guancia prima di stringerlo al colmo della gioia e della commozione. Il suo Gohan…era vivo, era lì, con lei…non l’avrebbe più lasciato andare…mai più.

 

Il ragazzo cinse delicatamente il corpo esile della madre, scostandola un poco da sé, guardandola con un sorriso radioso.

 

“Scusami se ti ho fatto preoccupare…”.

 

“Credevo che quel mostro ti avesse ucciso…”. Bisbigliò con occhi ancora lucidi, tenendogli ancora il viso tra le mani.

 

“No, Kibith e Kaiohshin mi hanno salvato e sono rimasto con loro…ma lo sai…non potrei mai abbandonare te o questa piccola peste!”. Aggiunse con un sorriso, strofinando la mano contro i capelli del bambino che replicò con un “Ehi!”.

 

 

 

Chichi sorrise, scrollando la testa, asciugandosi le lacrime e stringendolo ancora una volta, ora che Gohan era tornato da loro, ora che erano di nuovo tutti uniti, era certa che tutti insieme avrebbero continuato a vivere, ad affrontare tutte le difficoltà, l’immancabile senso di vuoto per la mancanza di Goku, pensò chiamando il più piccolo e tutti e tre si strinsero in un dolce e fugace abbraccio.

 

 

 

 

“Mamma”. Chichi tornò a guardare il suo bambino che sorrideva goffamente, grattandosi la nuca con una mano, con fare un poco impacciato e sicuro.

 

Chichi e Gohan sorrisero scambiandosi uno sguardo complice al sovvenire di tanti dolcissimi ricordi, prima che la madre rivolgesse le sue attenzioni al secondogenito.

 

“Che cosa c’è, tesoro?”.

 

I lineamenti del bambino mutarono improvvisamente e assunse un’espressione seria e pensosa che stonava con la sua spensieratezza e la sua ingenuità. Notando l’espressione confusa della madre e del fratello, sorrise ingenuamente accostandosi a lei e prendendo a tirare i lembi della sua gonna, tirandogliela.

 

“Mamma…”. Disse in tono serio e composto, chiudendo i pugni fermamente, con espressione determinata.

 

“Sì, cosa c’è?”. Chiese Chichi completamente spiazzata da quei cambi repentini d’espressione.

 

 “… ho fame!”.

 

Aggiunse con aria contrita e sofferente, mentre Chichi scrollò la testa tra l’esasperato e il divertito, prima di carezzargli la testolina.

 

“Allora tu e tuo fratello andate a salutare gli altri e chiamate il nonno, ce ne torniamo a casa, d’accordo?”.

 

“Usiamo la Nuvola Speedy?”.

 

Chiese il bambino eccitato, tornando a stringere i lembi della sua gonna e prendendo a saltellare.

 

“Beh ecco…”.

 

“Dai, dai, dai!”. Insisté il bambino saltando e aumentando la presa.


”Ma tesoro…non credo che ci staremo tutti…”. Rifletté Chichi.

 

Il bambino tornò ad assumere un’espressione pensosa, mettendosi un dito sotto il mento, osservando sua madre, suo fratello, se stesso e concentrandosi – evidentemente – nel ricordare l’effettive dimensioni del nonno, prima di tornare a rivolgersi alla madre.

 

“Hai ragione, Mamma…”.

 

“… il nonno è un…grassone!”.

 

Concluse il bambino, scatenando uno scoppio di risa da parte del fratello maggiore e Chichi si sforzò di trattenere il sorriso, assumendo un’espressione severa.

 

“SON GOTEN! Non osare parlare in questi termini di tuo nonno!”. Lo sgridò, mentre il bambino sorrideva impacciato, assumendo la stessa posa di prima.

“…anche se non hai tutti i torti…”.

 Aggiunse dopo con un sorrisetto, scrollando la testa.

 

 

Nulla da fare. Era troppo felice, troppo grata di riaverli tutti sani e salvi per potersi arrabbiare.

 

Entrambi i figli la guardarono sorpresi e Goten aggiunse:

 

“Sei sicura di stare bene, mammina?”.

 

“Sì, certo…ma è meglio che tu vada a salutare tutti quanti, prima che cambi idea…monellaccio!”. Aggiunse con un sorrisetto, dandogli una leggera sculacciata e inducendolo ad affrettarsi.

 

“Vai Gohan…sono sicura che Videl non vede l’ora di abbracciarti!”.

Aggiunse con un gran sorriso, facendolo arrossire mentre borbottando qualcosa si avviava verso la moretta che gli stava correndo incontro, chiamando a gran voce il suo nome.

 

 

Chichi non poté non sorridere di fronte alla dolcezza, la tenerezza e il calore dell’abbraccio tra suo figlio e la figlia di Mr Satan.

 

Inizialmente era stata un po’ diffidente ma  poi si era resa conto che la sua diffidenza non era altro che l’istinto protettivo e forse un pizzico di gelosia, al pensiero che un’altra donna stesse entrando nella vita di suo figlio.

 

Si diede della stupida, alzando le spalle. Aveva sempre voluto il meglio per i suoi figli e non si sarebbe tirata indietro ora…ora che era chiaro quale sarebbe stato il meglio per Gohan.

N’era ancora più sicura da quando aveva trascorso del tempo con la ragazza nell’aldilà, scoprendo delle doti che le ricordavano tanto se stessa: le arti marziali, l’orgoglio, la testardaggine, il coraggio e il profondo e devoto amore per il proprio Son.

 

Gohan e Videl erano perfetti insieme.

Gohan era essenza di Goku e Videl era essenza di lei alla sua età.

 

Perfetti.

 

La loro famiglia non si sarebbe disgregata…al contrario si sarebbe allargata con l’ingresso di Videl e di suo padre…un’unica grande famiglia.

 

‘Anche tu amore mio approveresti , vero?’.

 

...I think about you baby

and I dream about you all the time...

 

 

(Io penso a te, amore

Sogno di te continuamente).

 

 

 

 

“Gran bella coppia, vero?”.

 

 

 

~

 

Son Goku aveva guardato dall’alto quel delizioso quadretto…la sua famiglia. Stava ancora galleggiando in aria qualche metro sopra di loro e guardò l’abbraccio sciogliersi, vide la comica posa del piccolo Goten, le espressioni di Chichi e di Gohan che sfumarono tra il divertito e l’esasperato, fino a quando Gohan scoppiò a ridere e sua moglie assunse un’espressione severa (chissà che cosa aveva detto Goten!)  prima di sciogliersi a sua volta in un sorriso semplice ma intenso, aveva spintonato birichina il bambino, prima di dire qualcosa a Gohan. Goten stava raggiungendo Trunks, Gohan stava andando incontro ad una Videl commossa e angosciata e si erano abbracciati con tutta la dolcezza, la tenerezza e il calore di un amore appena sbocciato.

 

Lievitò in aria abbassandosi con un sorriso sbarazzino, fino ad atterrare con un balzo agile, appoggiando un piede sul pavimento alle spalle di sua moglie che ancora osservava i due ragazzi, persa nelle sue riflessioni.

Sorrise facendo un passo avanti silenziosamente, osservando suo figlio al di sopra della testa di sua moglie, prima di abbassare lo sguardo su di lei, avvertendo le mani prudere dalla voglia di prenderla tra le braccia.

 

 

“Gran bella coppia, vero?”.

 

Domandò con voce sbarazzina, infrangendo il silenzio e i pensieri di sua moglie, un radioso sorriso a decorare i suoi bellissimi lineamenti.

 

 

 

Chichi avvertì una scossa elettrica correrle lungo la schiena, uno strano singulto, le viscere attanagliarsi nervosamente, uno strano magone e si ritrovò improvvisamente con la gola secca.

 

No…non poteva essere vero…no…come avrebbe potuto…?

 

Aveva ancora gli occhi sgranati, il suo cuore prese a scalpitare forsennatamente, le sue gambe traballavano e avvertì una ben nota stretta al ventre, come ogni volta che era stata in sua compagnia il giorno del Torneo e in tutta la loro vita.

 

No…doveva essere stato un crudele scherzo della sua immaginazione, cercò di ammonirsi, passandosi una mano tra i capelli…non poteva essere vero…si mordicchiò un labbro, avvertendo i suoi occhi farsi lucidi…al pensiero di voltarsi e di non trovarvi nulla, se non un profondo rammarico e una struggente malinconia…

 

 

‘E’ tornato nell’aldilà…non può essere qui…’.

 

Cosa avrebbe dato affinché quello non fosse un semplice sogno? Ma non aveva più speranze, non aveva più forza di farsi una simile illusione…doveva solo stringere i denti ed andare avanti per il bene dei suoi figli e per se stessa, fino a quando sarebbe stato Dio a riunirli, per sempre. Pensò stringendo con forza i pugni, serrandoli e accostandoli ai fianchi.

 

 

Goku continuò a guardarla, aspettando che si voltasse dopo aver esordito con quella frase. Sorrise sbarazzino, poteva immaginare quali pensieri le stavano frullando in testa, la vide chiaramente sussultare, il suo corpo tendersi, fino a quando con fermezza non scosse la testa, forse a volersi convincere di qualcosa.

 

Fece un altro passo avanti, fermandosi esattamente dietro di lei. Si concesse qualche frammento di secondo per aspirare il suo buon profumo di vaniglia, chiudendo gli occhi, prima di appoggiare dolcemente e rassicurante il mento sopra la sua testa. La sentì sussultare e rabbrividire al contempo, incapace evidentemente di reagire in qualsiasi modo, sorrise ancora di più alzando le braccia e cingendola delicatamente da dietro, inclinando lievemente la testa con espressione divertita, prima di bisbigliarle all’orecchio.

 

“Ricordano tanto noi due, non è vero…Chi?”.

 

 


Chichi avvertì il suo cuore prendere a battere tumultuosamente ed era certa che se non ci fosse stato lui dietro di lei a cingerla, avrebbe vacillato e sarebbe caduta debolmente a terra.

 

“G-Goku…”.

 

Fu solo capace di sussurrare, gli occhi sgranati, la bocca dischiusa e il cuore che le batteva a ritmi sempre più selvaggi. Avvertì la stretta al suo ventre venir meno e per puro istinto – la sua mente era tutto un formicolare e brulicare di pensieri, molti dei quali sconnessi – si voltò.

 

E quando i suoi occhi incontrarono la sua immagine: i suoi grandi occhi scuri colmi di dolcezza, il suo sorriso intenso e genuino, lo splendore della sua figura; si sentì sul punto di svenire.

Tutti i rumori – risate, grida, dialoghi – parvero ovattati, le frescure della sera che stava lentamente scendendo, la lieve brezza che le scompigliava i capelli, tutto questo cocktail di sensazioni sembrò venir meno.

 

Goku sorrise di fronte alla sua espressione incredula e trasognata e si mosse lentamente verso di lei, fermandosi proprio di fronte, con lo sguardo in basso, puntato nei suoi meravigliosi occhi sfavillanti.

 

“Ciao Chichi”. Sussurrò con voce bassa ma intensa, tanto tanto intensa da far sciogliere il cuore della donna, provocandole una scossa elettrica lungo la spina dorsale.

 

“Goku…”.

 

Bisbigliò di rimando la donna, gli occhi traboccanti di lacrime, il cuore che palpitava come non mai, lo poteva avvertire…il suo cuore era vivo, vivo, come forse non l’era mai stato, i suoi stessi sentimenti sembravano aver preso a ribollire in lei come una giostra vorticosa e semplicemente la sua mente non riusciva a star dietro a così tante sensazioni diverse, vissute in uno stesso attimo e così sfumate tra loro da non riuscir a distinguerle.

 

“Oh, Goku!”.

 

Un decimo di secondo dopo si ritrovò tra le sue braccia, avvertì il battito rassicurante del suo cuore, la consistenza del suo forte torace, il suo profumo e il suo calore avvolgerla, lo sentì appoggiare il mento contro la sua testa sospirando rilassato, avvertì la carezza della sua mano lungo i capelli mentre l’altra la cingeva possessivo e dolce per la vita.

 

Lui era lì, lì con lei, la stava stringendo, avvertiva chiaramente il suo corpo rilassato contro quello di lui, avvertiva i battiti del cuore di Goku, l’inconfondibile profumo, l’inconfondibile calore e la piacevole sensazione di pace, di completezza…di amore.

Mille domande vorticavano nella sua mente, mille immagini, mille suoni, mille sensazioni ma non c’era tempo di assaporarle e di approfondirle…non erano rilevanti, non ora…non ora che lui era lì.

Non si chiese se si trattasse di una fugace visita, un frammento di paradiso, di presente rubato all’eternità, al tempo, a Dio…un frammento nel quale erano incisi i loro nomi a fuoco.

 

No, non importava, non adesso…realizzò Chichi avvertendo nuove lacrime fuoriuscire dai suoi occhi e leggeri singulti soffocati contro il suo petto.

Non adesso.
Adesso c’era solo lui… c’erano solo loro.

 

 

Goku affondò il viso contro i suoi capelli, chiudendo gli occhi cullandola e facendosi cullare in quell’idilliaco istante che profumava e rispecchiava loro, solo e soltanto loro.

Avvertì la fragile stretta della donna contro la sua maglia, l’avvertì sfregare il viso contro il suo torace, come una gattina alla ricerca di calore, avvertì i suoi deboli singulti e dolci stille bagnargli la maglia e – forse – attraverso quella anche la sua anima, già così pregna della sua dolce piccola Chi.

 

“Goku…”.

 

 Bisbigliò ancora lei, e avvertire il suo nome pronunciato con quella tonalità: così calda, incantata, melodica, innamorata e…viva,  lo fece scuotere nei meandri del suo stesso spirito.

Sorrise, rafforzando ulteriormente la stretta, sfiorandole la guancia con la propria, vicini…un dolce quanto intenso contatto, prima di accostare le labbra al suo orecchio.


”Sono qui Chi…sono qui con te…”.

 

Le mormorò rassicurante ed intenso, scivolando con le labbra lungo la guancia, assaggiando quelle perle di felicità uscite dai suoi occhi mistici, eterei, impressi nel proprio cuore, nel proprio animo.

 

 

Chichi alzò lievemente la testa, un sorriso le illuminò e risaltò i fini lineamenti del suo viso di porcellana, facendolo apparire bello come non mai alla luce della luna e delle silenziose stelle, provocando una dolcissima fitta al cuore del saiyan.

Alzò le mani al suo torace, per sostenersi, incrociando lo sguardo nel suo, come a cercare l’antro più profondo delle sue iridi per scovarvi ancora una volta l’intima essenza del suo uomo e potersi perdere in quel misterioso quanto invitante anfratto di lui.

 

Alzò lentamente una mano alla sua guancia, il suo viso apparve concentrato, perso in quel semplice gesto d’affetto che aveva però il mistico potere di far struggere il cuore del guerriero più forte nella galassia, continuando a sorridere con gli occhi traboccanti di stille di rugiada, rispecchiandosi nello sguardo e nel sorriso pieno d’amore che ricevette in cambio per quel dolce gesto.

 

Goku mosse appena il viso, ricercando lui stesso il contatto della pelle contro le vellutate affusolate dita della mano di lei, ricercandone una carezza lungo la guancia, il naso, gli occhi, la fronte, fino ad intrecciarsi contro le scombinate ciocche che gli ricadevano sulla fronte scarmigliate, salvo poi percorrere con le labbra il palmo e le dita di lei, prima di stringerla con calore di nuovo a sé, tempestandola di baci lungo le guance, il naso, la fronte e il mento.

Si fermò appoggiando la fronte alla sua, strofinando il naso contro quello di lei con un dolce e sbarazzino sorriso perdendosi nel luccichio dei suoi occhi, osservando il riflesso delle stelle in quel firmamento a lui così noto ma che amava scoprire e riscoprire fino all’infinito, per cercarvi sempre qualcosa di nuovo che lei sapeva e aveva sempre saputo donargli.

 

 

La donna alzò le mani, sostenendosi contro le braccia di lui che le cingevano ancora la vita, stringendola ancora contro di sé, al sicuro prima di riaccostarsi con uno slancio euforico ed energico contro la sua spalla, chiudendo gli occhi con un sorriso estasiato dipinto sulle sue labbra, salvo poi riaprire gli occhi quando un improvviso ma lacerante pensiero le passò per la mente.

 

“Goku…”.

 

Il saiyan si riscosse avvertendo un ulteriore ma ben diverso richiamo da quello precedente, avvertì chiaramente la nota preoccupata ed angosciata con cui aveva intriso il suo nome.

Continuando a cingerla per la vita, la scostò un poco da sé, in modo da guardarla negli occhi, incontrando i suoi occhi che con sua gran sorpresa ed amarezza, sembravano essersi spenti, come se le stelle riflesse nel suo sguardo si fossero infrante, lasciando un cielo buio e sperduto.

 

“Dimmi che non è un sogno…”. Cominciò con voce rotta e angosciata. “…dimmi che non è solo un attimo e poi scomparirai di nuovo e io  non ti vedrò più…dimmelo!”.

 

“Chichi…”. Bisbigliò appena il saiyan sconvolto.

 

“…dimmelo ti prego…”.

Continuò con la sua voce ridotta ad un sussurro, la voce bagnata d’angoscia, di paura, di dolore.

 

“…perché non potrei sopportarlo…non potrei lasciarti andare…non di nuovo…”.

 

Singhiozzò contro il suo torace, strofinando energicamente la testa contro il suo torace.

 

Goku avvertì una dolorosa morsa al cuore vedendo il suo viso trasfigurato di nuovo, ma questa volta era sconvolto dall’amarezza e dal dolore al pensiero di una nuova separazione. La scostò lentamente da sé, prendendole il viso tra le mani e asciugandole rapidamente le nuove lacrime, guardandola con un grande e luminoso sorriso, mentre Chichi lo guardava impotente e incapace di proferir motto.


”No, Chichi…”.

 

Bisbigliò sorridendo nuovamente di fronte alla sua espressione interrogativa e confusa. La strinse contro il suo petto, affondando di nuovo il viso contro i capelli, carezzandole la schiena, scivolando con le labbra sulla sua fronte, sul naso, sugli occhi umidi, sulle guance, prima di sorridere contro il suo orecchio.

 

“…non è un sogno…”. Bisbigliò con voce bassa ma incredibilmente suggestiva.

 

Chichi alzò la testa con occhi sbarrati e labbra tremanti, ancora incapace di dire qualcosa, di porre altre domande e poi esser vittima di un’amara quanto terribile illusione. Solo non poteva che guardarlo negli occhi, guardare quel fulgido ed etereo, sereno sorriso che gli incurvava le labbra.

 

Il  sorriso del ragazzo si fece ancora più dolce, tornando a scendere lentamente lungo la linea della gota, soffermandosi poi al mento, appena sotto le sue labbra, prima di prenderle il viso tra le mani e protendersi lentamente verso di lei.

 

“Questo non è un sogno, amore mio…”. Continuò a pochi centimetri dalla sue labbra. “…e io sono qui perché questo è il mio posto…ed è qui che resterò…”. La sua voce era così flebile…calda…intensa.

 

Concluse con un dolcissimo sorriso contro le sue labbra, vide gli occhi di sua moglie stralunare prima che un decimo di secondo dopo tutte le stelle del suo firmamento ripresero a brillare con luce sfolgorante più intensa e magica di prima. Questa fu l’ultima cosa che Goku riuscì a scorgere prima di chiudere gli occhi, prima che le sue labbra cercassero e ritrovassero quelle di lei.

 

La strinse con foga a sé, volendo averla il più vicino possibile, stando attento allo stesso tempo a non farle male, cingendole la vita con un braccio e la nuca con una mano, attirandola più a sé quando la sentì soffocare un gemito e rilassarsi completamente, lasciandosi andare a lui, al suo bacio, a loro stessi.

 

Si staccò dopo pochi secondi, ma solo per guardarla di nuovo negli occhi, solo per vedere il suo sorriso dolcissimo, le perle luminose in quelle gemme di notte, solo per rispecchiarsi in una felicità che non poteva esprimersi a parola per la sua assoluta perfezione e per il suo essere eterea, intensa, viva…vera.

 

Chiuse di nuovo gli occhi e le loro labbra si ricercarono ancora, sfiorandosi e completandosi in una danza ben nota ad entrambi ma sempre nuova e palpitante, lo stesso allettante meccanismo, lo stesso gioco simbolico e segreto, la stessa voglia di intingersi dell’essenza dell’altro, di perdersi in un attimo profumato di primavera.

 

Il saiyan sorrise fremendo letteralmente avvertendo le braccia di sua moglie cingergli possessivamente il collo e senza esitare aumentò la pressione del suo abbraccio, sussultando di piacere, cercando con più vigore le labbra di lei, dischiudendole più rapidamente e lambendole con frenesia, con ardore, con urgenza…un’urgenza soffocata per sette anni e che era stata trattenuta per tanto, troppo tempo.

 

Le sue labbra scivolarono al mento, alla guancia, sospirando con affanno e stringendola con ardore a sé, affondando il viso contro il suo collo, perdendosi nel suo profumo intenso e dolce, nel suo tenero e dolce angolo di paradiso, pensò distrattamente lasciandovi scorrere il suo respiro, sorridendo quando avvertì il sospiro estasiato della donna stretta a sé.

 

Chichi si scostò poco dopo appoggiando le mani contro il suo torace, sorridendo quando incrociò di nuovo il suo sguardo.

 

“Sei tornato…”.

Mormorò appena, carezzandogli la guancia.

 

 “Sei tornato da noi…da me…ho sempre sperato che sarebbe successo… prima o poi…”. Bisbigliò con occhi ancora un poco lucidi prima di scuotere la testa, ridendo di pura gioia, gettandogli con slancio le braccia al collo, baciandolo.

 

Il saiyan sussultò, soffocando un buffo gemito  contro le sue labbra, sorpreso e un poco imbarazzato prima di sorridere contro la sua bocca rilassandosi a quel dolce, invitante contatto, pensando che non ne sarebbe mai stato sazio…non dopo averne dovuto fare a meno, e così a lungo, aggiunse sempre ragionando tra sé, prendendole la mano, dopo che si furono scostati, guardandosi come fosse la prima volta, come si stessero innamorando di nuovo uno dell’altra.

 

“Torniamo a casa?”. Chiese Chichi con un enorme sorriso.

 

Goku sorrise, gli occhi raggianti. “…quanto ho sognato che me lo dicessi, Chichi  e poi…sto morendo di fame!”.

 

Chichi scoppiò a ridere, baciandolo velocemente sulla guancia e voltandosi verso la direzione cui stavano venendo i loro figli che si scambiarono uno sguardo incredulo quando scorsero la figura del padre. Sorrisero entrambi i genitori, notando le loro espressioni comiche, stordite, incredule, sorprese, commosse e inaspettate.


Ma fu solo questione di un battito di ciglia. Un istante dopo Gohan e Goten si erano catapultati verso i genitori ridendo come due bambini spensierati, gettandosi uno dopo l’altro al collo del padre, in un abbraccio che profumava di calore, di tenerezza e semplicemente…d’amore.

 

 

Goten adagiato sulla spalla del padre si chinò verso sua madre, porgendogli la mano che la madre prese sorridendo.

 

“Hai visto Mamma…avevi ragione…i desideri dei compleanni si avverano sempre!”. Aveva detto con un alone di commozione.

 

“Hai ragione, tesoro!”. Sorrise Chichi, carezzandogli la guancia.

 

“Direi che dovremmo festeggiare…”. Disse Goku solare in risposta, tenendo con un braccio il figlio, con l’altro la moglie, mentre il primogenito gli stava di fianco.

 

“E’ un’ottima idea…”. Sorrise Chichi che stava cercando di ritrovare lucidità nella sua mente, in quel brulicare di pensieri, ricordi, immagini e parole.

 

“Mammina…ci prepari la torta alle mele?”. Chiese Goten con espressione supplichevole ed occhi da cucciolo, mentre Gohan e Goku gongolavano mostrando chiaramente la loro approvazione alla scelta del bambino.

 

Chichi sorrise:


”Non c’è ne bisogno…la torta alle mele è già pronta! Non ricordi?”. Rispose candidamente.

 

Padre e figli si scambiarono uno sguardo colpevole e preoccupato per la possibile reazione della donna.

 

“Ehm…veramente…”. Cominciò Gohan.

 

“…vedi mammina…”. Proseguì Goten.


”…la torta che avevi preparato…”. Riprese Gohan.


”…aveva un’aria squisita…”. Commentò Goku con espressione trasognata, mentre continuavano a camminare sul pavimento di marmo.


”…e sì…beh…non c’è più…”. Concluse frettolosamente Gohan.

 

Chichi si fermò di colpo, voltandosi a guardarli, le mani sui fianchi e l’espressione incredula e il cipiglio severo.

 

“Cosa significa che ‘ non c’è più’ ?!”. Chiese la donna, prima che scuotesse la testa, avendo compreso quello che doveva essere successo.

 

“MI SEMBRAVA DI ESSER STATA CHIARA SU QUELLA TORTA!”.

 

“Ehm…mammina…dai non ti arrabbiare…”. Pigolò Goten, mentre Goku e Gohan indietreggiavano istintivamente, rabbrividendo di fronte a quel cipiglio arrabbiato..

 

“CHI E’ STATO?!”.

 

“Lui!” Gohan indicò Goten.


”Lui!”. Goten indicò Gohan.

 

“Loro!”. Goku indicò entrambi, i suoi figli si bloccarono guardandolo impietriti e questi prese a sudare freddo, prima di sorridere, tornando a cingere la vita della moglie.

 

 

“Dai tesoro, Goten ha ragione…non arrabbiarti!  Credevo fossi contenta di riavermi a casa…”. Aggiunse Goku, notando i cenni d’approvazione del primogenito, sperando di riuscire ad ammorbidirla, con un sorriso bonario.

 

Chichi scosse lievemente la testa, non potendo che sorridere.


”Hai ragione, tesoro!”. Disse sorridendo al marito. “…vorrà dire che non mi fiderò mai più di voi due!”. Scoccò uno sguardo accigliato ai figli che si scambiarono un’occhiata incredula e sgomenta..


”Ma…ma…”. Protestarono.

 

“Niente ma!”.

 

“Ma…mammina non è giusto!”. Protestò Goten esibendo i suoi famosi occhioni da cucciolo, ma la donna dai capelli corvini non si smosse, sorridendo di sbieco.

 

“Oh! Basta con la faccetta triste!”.

Scosse la testa, scrollando le spalle, e Goku poté comprendere che non era la prima volta che il bambino usava quell’espediente per cercare di dissuadere la madre dal punirlo.

 

“…in realtà l’avevo immaginato…”. Continuò Chichi.

“Tu Goten sei un monellaccio…specie quando si tratta di torte…”. Bisbigliò Chichi pensosa. Il bambino arrossì, assumendo un’espressione imbronciata vedendo il padre e suo fratello ridacchiare.

 

“Ma tu…Gohan!”.

 

“Ehhehe…”. Sogghignava questi. “…ehehhhehe….EH?!”. Cadde completamente dalle nuvole.

 

“C-Chi?! Io…?”.

 

“Sì, tu!”. Disse Chichi scuotendo la testa e puntando il dito verso il primogenito, mentre Goten rideva divertito, facendolo incupire.

 

“Da te, giovanotto, non me lo sarei mai aspettato!”.

 

“Te l’avevo detto…giovanotto!”.

 

Continuò Goten gongolando e ridendo dall’alto della spalla di suo padre, mentre Gohan lo guardava accigliato, alzando una mano e cingendogli la spalla per scuoterlo e farlo cadere, mentre Goku cercava di non perdere l’equilibrio, specie quando Goten gli si avvinghiò con uno stile “piovra umana”.

 

“Ma se sei stato tu a prenderla!”. Ribatté Gohan.

 

“Non è vero! Sei stato tu…giovanotto!”. Disse, e concluse con una pernacchia, mentre Goku scuoteva le testa con un pacifico e divertito. “Ragazzi, ragazzi”, pensando tra sé che avrebbe dovuto ripagarli per l’eccellente performance per…coprirlo. Eh sì, pensò guardando con la coda dell’occhio l’espressione sarcastica  e accigliata della moglie.


”…beh, dal momento che voi due vi siete serviti da soli…niente torta dopo cena!”.

 

“N-Niente torta?”. Gemette Gohan.

 

“Neanche…neanche un pezzettino-ino-ino?”. Chiese Goten indicandone la quantità con un gesto del pollice e dell’indice.

 

“Esatto…neanche un ‘pezzettino-ino-ino’…”. Rispose Chichi, imitando il gesto del figlio.


”Ma…ma…ma…”.


”Mammina! Ti preeeeeeego!”.

 

“Niente da fare ragazzi…ero stata chiara su quella torta! Non posso crederci che l’abbiate mangiata nonostante le mie raccomandazioni…sono veramente delusa…da E-N-T-R-A-M-B-I…”. Disse scuotendo la testa ed incrociando le braccia, mentre i due fratelli si guardavano angosciati.

 

“Ma…ma…mamma, il fatto è che…”.


”Mammina!”.

 

 

“Meglio sbrigarsi…”. Continuò Chichi con aria calma e pacifica, ignorando i loro richiami supplicanti.

“…visto che dovrò prepararne un’altra… per vostro padre!”. Aggiunse in fretta quando vide le loro espressioni farsi speranzose e…golose.

 

“Fantastico! Non vedo proprio l’ora!”. Gongolò Goku, prima di notare lo sguardo complice dei figli.

 

“Ma papà ce ne darà una parte della sua, VERO?”. Chiese Gohan con un sorrisetto sferzante e minaccioso, mentre Goten si sporgeva dalla sua spalla per guardarlo.

 

“Certo…il nostro papy ce ne darà un po’ della sua!”.

 

“Ehm…beh…non credo che vostra madre approverebbe!”. Rispose frettolosamente, impaurito dall’espressione di Chichi e dall’idea di…dividere la SUA torta PREFERITA.

 

“Come vuoi tu, tesoro!”. Rispose Chichi con un dolce sorriso, mentre Gohan e Goten sorridevano di rimando, guardando con insistenza il padre, con un sorriso raggiante ma che sapeva tanto di “fallo o vuotiamo il sacco!”.


”Allora…”. Cominciò Gohan sibilando.

 

“…papà?”. Concluse Goten.

 

“Ehm…io…beh…ecco…”.

 

“Non sei certo obbligato, anche perché NON se lo meritano”. Decantò Chichi seccamente.

 

“Ma papà lo farà COMUNQUE…”. Replicò Gohan.


”Già…”. Sorrise Goten, sfregandosi le manine.

 

“Avete sentito cosa ha detto vostra madre?”.

 

Sbottò Goku, al che tutti si bloccarono, Chichi rimase pietrificata e Gohan andò a sbatterle contro, prima che si voltassero entrambi verso di lui. Goten appollaiato sulla sua spalla, rischiò di cadere per lo shock, mentre si sporgeva per guardarlo in viso.

 

“COSA?!”. Bisbigliò Gohan atterrito.


”CHE COSA?!”. Replicò Goten con il cuore infranto.

 

“COSA?!?”. Fece di rimando Chichi, totalmente sconvolta.

 

“Dovreste…dovreste vergognarvi! Ecco sì, PROPRIO (marcò bene quel ‘proprio’ per accentuare il rimprovero, cercando di apparir…convincente)…vergognatevi!”.

 

Disse Goku provando ad imitare il tono secco e inappellabile della moglie, prendendo a sudar freddo quando tutti e tre lo squadravano, come  a domandarsi se stesse bene, se avesse la febbre o se avesse…preso una botta in testa di recente!

 

“Noi dovremmo…vergognarci?”. Scandì Gohan, con gli occhi fuori dalle orbite.


”Lo pensi sul serio, papy?”. Aggiunse Goten sgranando gli occhi, mentre il suo pancino prendeva goffamente a protestare per la fame.

 

“Certo! Vostra madre ha perfettamente ragione! Niente torta…”.

 

“Ma…ma…”.

 

“Ma papy…”.


”Niente ma!”. Aggiunse osservando le diverse espressioni suscitate a quell’insolito comportamento: stordimento e incredulità della moglie; tradimento, rabbia e rivendicazione dei piccoli.

 

“MAMMA! NON SIAMO STATI NOI…”. Cominciarono ad urlare all’unisono. “E’ STATO…”.

 

“OH, MA SI STA FACENDO TARDI! VOI AVVIATEVI PURE A CASA!”. Esclamò Goku lasciando il piccolo Goten.

 

“MAMMMA!”.

“MAMMINA!”. Si misero ad urlare i figli, ma Goku fu più lesto e prese la moglie per le spalle, sorridendo candidamente e cercando tutta la sua attenzione:

 

“MEGLIO CHE ANDIATE! E tu tesoro, non dare retta a quello che dicono…”. Si voltò a guardarli, scuotendo teatralmente la testa.

 

“…sarebbero capaci di fare qualsiasi cosa…incolpare CHIUNQUE per un pezzo di torta!”. Disse con aria cupa e seria.

 

Chichi lo guardò pensierosa, con una mano sotto il mento, prima di volgere lo sguardo ai suoi figli che si guardavano increduli ed angosciati, completamente spiazzati dal comportamento del padre.

 

“Tu puoi usare la nuvola Speedy, tesoro…vi raggiungerò subito!”.

”Sei sicuro?”.

 

“Saluto gli altri e mi teletrasporto a casa, voi andate pure!”. La rassicurò baciandola sulla guancia, prima di voltarsi verso i figli che lo guardarono con occhi ridotti a fessure, sorridendo diabolicamente.

 

“Ciao papà…”.

 

“Ci vediamo dopo…”. Dissero con un sorriso sadico, al che al saiyan fu chiaro d’essere ancora in PERICOLO di vita…lasciando i ragazzi con Chichi non si sarebbe salvato…tutto il contrario!

 

“EHM…ripensandoci…perché voi non rimanete qui e mi aspettate! Così, tesoro potrai preparare la torta con calma senza il rischio che…la mangino di nascosto mentre la fai freddare!”. Disse Goku sudando sempre più freddo.

 

“Non è una cattiva idea…”. Disse Chichi scuotendo la testa e guardando i figli con fare rimproverevole.

 

Ci aveva messo così tanta cura e dedizione a preparare quella torta, sapeva che era quella che Goku preferiva e per cui sarebbe arrivato a fare di TUTTO (tutto?! Questa parola risuonò nella sua mente più volte, senza una specifica ragione…) pur di assaggiarla e gustarsela, possibilmente tutta per sé.

Scosse la testa…e dire che l’aveva detto più di una volta a Goten: quando aveva preparato la colazione e l’aveva lasciata sul tavolo e poi anche quando era salito in camera e lei era seduta sul letto e si stava pettinan…

 

“Ma…ma…”.

 

“Mammina…io voglio tornare con te!”. Disse Goten velocemente, prendendole i lembi della gonna e saltellando, facendola riscuotere dai propri pensieri.

 

“Sì, ANCH’IO!”. Aggiunse Gohan velocemente, uno sguardo di sbieco rivolto al padre.

 

“Non preoccuparti tesoro…se vuoi li porto io…”. Aggiunse frettolosamente Goku.

 

Chichi si riscosse, guardando il marito.

 

“Oh, no…AMORE, non è necessario…tu vai pure a salutare gli altri...io andrò a casa e preparerò una bella e succulenta…torta alle mele…la tua preferita, se non ricordo male…”.

 

Riprese con voce modulatamente dolce, forse fin troppo, guardandolo con un sorriso smagliante che fece indietreggiare istintivamente Goku.

 

“Ehm…sì…”. Balbettò questi. “…non che le altre non siano da meno! Tu sei la migliore cuoca dell’universo…nemmeno il cibo dell’altro mondo è buono quanto il tuo…”. Disse con voce cauta, scandendo bene le sue lodi.

 

“Mi fa piacere che il tuo palato n’abbia un così dettagliato ricordo…specie considerando che non l’ha  assaggiata negli ultimi S-E-T-T-E anni, vero?!”. Continuò la donna con voce serafica.

 

Gohan e Goten ridacchiarono divertiti, mentre Goku indietreggiava sudando freddo.

 

“Non è forse vero, Goku-san?”. Continuò Chichi con tono sferzante, avvicinandosi con le braccia incrociate e gli occhi fissi nei suoi.


”Ehm…io…ecco…”. Balbettò questi, evidentemente angosciato al pensiero che…


”Oh, sì, Goku…ora ricordo tutto!”.

 

“EHM…NUVOLA SPEEDY! A DOPO, ALLORA!”. Concluse con un gran sorriso, posandosi due dita sulla fronte e riapparendo un decimo di secondo dopo dentro il santuario, ma poté udire distintamente un:


”SON GOKU! QUANDO TORNERAI, FAREMO I CONTI!”.

 

“Tze, super saiyan!”. Fu il commento di Vegeta osservando in disparte la scena e scuotendo la testa.

 

 

 

Goku si passò una mano sulla fronte…il pericolo era scampato, almeno per ora. Non poteva farci niente, quando si parlava di torta di mele non ragionava…non era stato molto corretto nei confronti dei figli…ma era la torta di MELE, in fondo! Avrebbero capito, visto che loro nella sua situazione avrebbero fatto lo stesso.

 

Si riscosse dai suoi pensieri, scorgendo una figura ben nota che aveva osservato tutta la scena da una finestra e che stava guardando pensosamente il cielo, evidentemente non si era accorto della sua materializzazione alle sue spalle.

 

Goku camminò verso di questi, con passo lento ma deciso; un’espressione pensierosa e seria sul volto, quelle sbarazzina e gongolante (al pensiero della torta che FORSE Chichi gli avrebbe lasciato mangiare) erano del tutto scomparse dal suo volto.

 

Si fermò alle sue spalle e si schiarì la gola con un chiaro e ben scandito:

 

 

“Buonasera, Juman”.

 

 

Questi sussultò al richiamo e Goku lo vide tentennare chiaramente a disagio, ma dopo aver un poco sospirato, forse più verso se stesso che verso il ragazzo, si voltò.

 

I suoi occhi non ardevano più di rabbia e di stizza come l’ultima volta che si erano parlati, e il saiyan fu anche lieto di rendersi conto che non ci fosse più quella gelida e agghiacciante tensione, quel silenzio…teso e pesante.

 

Sembrava aver perso tutto il vigore, la forza e la rabbia che lo avevano dominato quando si erano parlati l’ultima volta…sembrava…svuotato, stanco, spossato, amareggiato.


”Goku…sei vivo…”. Replicò questi ma a Goku fu chiaro che quella non era una domanda, ma una considerazione, una riflessione fatta ad alta voce.

 

“Sì, il Sommo Kaiohshin mi ha donato la sua vita…e così…sono tornato”. Replicò Goku candidamente, con voce lenta e chiara, pacata…marcando appena le ultime due parole.


Voleva che suo suocero intendesse chiaramente il significato che celavano…era tornato, tornato sulla Terra, e soprattutto era tornato dalla SUA famiglia, da sua moglie e dai suoi figli…e non vi avrebbe mai rinunciato, mai…anche a costo di dover andare contro il suo volere, a costo di dover aspettarsi altre conversazioni del calibro dell’ultima.

 

Voleva che Juman intendesse che era tornato più forte, non tanto fisicamente quanto di tempra…voleva fargli intendere di essere maturato in quei solitari sette anni, di aver imparato ad apprezzare più di quanto già non facesse la vita, e l’affetto dei propri cari…e non avrebbe mai permesso a nessuno di prendere il suo posto, non avrebbe mai lasciato che un altro uomo entrasse nella sua famiglia…

 

Gli occhi del suocero si soffermarono in quelli di lui, volendo scrutarli con attenzione, e Goku lo vide abbassare la testa, avendo evidentemente capito i sentimenti e i pensieri del giovane, anche se erano stati inespressi.

 

“Sì, me ne rendo conto…”. Replicò con voce chiara e ben scandita.

 

Goku annuì semplicemente, prima di riprendere.

 

“Juman io…”.


Ma Juman lo bloccò con un gesto della mano.


”No, Goku…non devi dire nulla…io…io non avevo il diritto di dire tutte quelle cose…ero fuori di me e sconvolto perché non potevo sopportare che mia figlia perdesse un altro uomo della sua vita…e me la sono presa con te…dicendo cose che non ho mai nemmeno immaginato di poter pensare…”.

 

Disse l’uomo affranto e Goku non dubitò nemmeno per un istante della veridicità di quelle parole, gli occhi dell’uomo che gli stava di fronte erano un perfetto riflesso di ciò che celava nel suo animo, del resto come gli occhi di sua figlia.

 

“Io…”. Cominciò di nuovo questi, alzando lo sguardo sul giovane, lo sguardo che fino a quel momento era stato chino, incapace di sostenere quello limpido del genero, così…devastante, ma s’interruppe quando questa volta fu Goku a farlo tacere con un lieve sorriso.

Allora  tacque, aspettando e preparandosi ad ascoltare le parole del giovane.

 

 

“Ho avuto modo di riflettere su quello che mi hai detto…”. Cominciò Goku, la preoccupazione e anche la confusione ben evidenti negli occhi di suo suocero.

 

“…so perfettamente che tutto quello che hai detto era per il bene di Chichi e dei ragazzi, e so che hai detto quelle cose proprio perché loro sono tutta la tua vita…lo capisco e lo accetto…nessuno può capirti meglio di me…anche se forse non ci crederai…”.

 

“…”. Juman sbarrò gli occhi incredulo, di fronte alle parole del ragazzo che riprese tranquillamente a parlare, gli occhi puntati in quelli del suocero ma lo sguardo concentrato e preso dai propri pensieri.

 

“…per questo non ti serbo alcun rancore…sono perfettamente consapevole di quali sono stati i miei errori d’uomo, di padre…di marito…non mi nascondo di fronte alle mie responsabilità.”.

 

Juman sembrò sul punto di intervenire ma si trattenne dal farlo quando vide che il ragazzo stava per riprendere a parlare. Fu…disarmato. Disarmato da quello sguardo così…intenso, e dal suo modo di parlare: la sua voce modulata, dolce, pacata ma…intrisa di tutto quello che aveva nel cuore.

 

 

 

“Non sapevo esattamente quello che sarebbe successo il giorno del Cell Game.”. Lo sguardo di Goku era assente, come stesse facendo tornare alla mente ricordi lontani…ricordi lontani di sette anni fa.

“ Sapevo soltanto che malgrado i miei allenamenti non sarei stato in grado di sconfiggere quel mostro…non hai idea di quanto questo mi abbia tormentato per giorni e giorni: il pensiero che tutti contavano su di me e io avrei potuto deludervi…il fatto che la MIA famiglia,mia moglie, mio figlio dovevano essere difesi da me…ma non ero in grado di farlo, malgrado i miei sforzi e le mie capacità.

 

Ma sapevo che vi era un’unica possibilità…e quella possibilità era mio figlio, tuo nipote: Gohan…ma non volli metterlo sotto pressione…non gli svelai mai quello che avevo scoperto allenandomi con lui nella Stanza dello Spirito e del Tempo…e questo è stato forse il mio errore…e la mia colpa…”.

 

“…”.

 

“Forse se n’avessi parlato con lui…se n’avessi parlato a Chichi…forse avrei risparmiato a lei, a Gohan, a Goten…e anche a te, Juman…molte sofferenze…”.

 

 

“Posso solo provare ad immaginare quello che devi aver sopportato in quei giorni…”. Disse Juman, con voce stenta.

 

 

“Come tu stesso hai detto…dopo la mia morte i miei amici stavano cercando qualsiasi espediente per riportarmi in vita. Io intervenni e dissi loro che sarebbe stato meglio che io fossi rimasto nell’aldilà: fu una mia scelta…non posso che ammetterlo, Juman…”.

 

Disse Goku, lo sguardo profondo e amareggiato.

 

“Ma in questi ultimi sette anni non è passato un giorno, un solo giorno in cui io non mi sia chiesto se quella fosse stata la giusta decisione…avevo agito con lo scopo di proteggere tutti voi, di proteggere Chichi e Gohan dal pericolo che costituiva per loro avermi accanto…amarmi…

 

E giorno dopo giorno stavo morendo…qualcosa dentro di me stava morendo lentamente, non dandomi tregua…ogni giorno qualcosa di me moriva…

Da quando seppi che mia moglie avrebbe dato alla luce un altro bambino, il NOSTRO bambino…

Da quando trovai un modo per guardarli ogni giorno… per essere in qualche modo una parte di loro, anche se loro non potevano accorgersene…

 

Ma non potevo tornare indietro…avevo preso la decisione che mi sembrava la più giusta per loro…la decisione che DOVEVO prendere perché sono un saiyan, Juman… sono un saiyan…e questo non potrà cambiare…”.

 

Il suono della sua voce si fece amaro…sempre più amaro, fino a raggiungere il culmine pronunciando la parola ‘saiyan’.

 

“…”.

 

 

 

“Nel mio sangue c’è la lotta e la necessità di mettersi continuamente alla prova…ma la mia natura saiyan si è sempre scontrata con quella terrestre…e mi sono reso conto che non riuscivo a conciliarle…

 

Da quando mio fratello rapì mio figlio e mi disse chi ero, da quel MALEDETTO  giorno sono sempre stato diviso: il mio essere un saiyan, il mio amore e il mio bisogno di combattere e…i miei sentimenti…

 

Il mio amore per una donna che non merito, che forse non ho mai meritato ma che mi ha sempre amato più d’ogni altra cosa al mondo, più della sua stessa vita…senza mai chieder nulla in cambio…e mi ha donato  i due più preziosi tesori della mia vita…”.

 

 

“…”.

 

“Non è stato facile realizzare completamente di essere…un altro, di avere un’identità diversa da quella che ho sempre mostrato…e malgrado questo, malgrado tutte le sofferenze, i sacrifici, le terribili conseguenze…Chichi ha continuato ad amarmi per quello che ero, per il ragazzo che ha conosciuto quando eravamo bambini…per il ragazzo che è cresciuto standole accanto e non ha potuto che abbandonarsi completamente al suo amore…a quel suo amore così devastante, così immenso, così infinito che mi ha spaventato all’inizio…mi ha spaventato da morire…

 

Ma sono cresciuto con lei…e sono arrivato ad un punto in cui non potevo immaginare di starle lontano un istante…di avere un’altra donna accanto se non lei, ancora oggi non posso nemmeno immaginare di vederla accanto ad un altro uomo…

 

Mi è entrata dentro, Juman,  è una parte di me…la migliore parte di me…ho imparato ad amarla del suo stesso amore… ho imparato cosa fosse l’amore stesso…con lei ho imparato a guardare le cose in un altro modo…ad apprezzare le cose più belle della vita…

 

Ed è stato solo e soltanto merito di Chichi se ho capito che non posso ripudiare il mio essere saiyan, ho dovuto accettarlo…e anche lei l’ha accettato…e anche i nostri figli…

 

 

Ma è proprio per il mio essere saiyan che giorno dopo giorno sentivo un’inquietudine dentro di me…mi sentivo come una calamita…l’obiettivo di mille popoli e tiranni sconosciuti il cui unico obiettivo è sterminare la mia razza…giorno dopo giorno, ho capito che anziché proteggere la mia famiglia, i miei cari…rischiavo di metterli in pericolo…e questo non potevo tollerarlo…”.

 

 

“…”.

 

Juman continuò a guardare negli occhi del giovane, stupendosi perché per la prima volta poté scorgervi tutto quello che gli avevano celato sino a quel momento, il suo amore, la sua tenerezza, il suo calore, la sua preoccupazione, la sua silenziosa sofferenza, il suo biasimo e le sua rabbia.

 

 

 

“Non ho mai dubitato dell’amore di Chichi…ma non ho mai neanche osato  pensare di approfittarne…o tanto meno di darlo per scontato…Juman…tutto il contrario!

Non posso che ringraziare Kami perché non ho la minima idea di cosa io debba aver fatto per potermi meritare tutto questo…non so cos’abbia stabilito che io quel giorno te la riportassi a casa, che le facessi quella promessa…non lo so davvero…ma non posso che ringraziare chiunque o qualunque cosa ne sia responsabile…perché è tutto quello che ho…tutto quello che mi rende ciò che sono…tutto quello che sono…


Senza Chichi…sarei soltanto Kakaroth!”.

 

Concluse il ragazzo, i cui occhi tornarono a focalizzarsi in quelli di Juman, dopo essersi straniati, forse a contemplare la sua stessa anima, i suoi sentimenti.

 

“…”.

 

Juman rialzò la testa dopo qualche istante di silenzio, non più il silenzio agghiacciante dell’altra volta, intriso di biasimo, rabbia e rancore…un silenzio nel quale cercò di realizzare a poco a poco tutte le parole proferite dal genero.

 

 

“Anche se non mi serbi rancore…”. Cominciò infine, esitante a guardarlo negli occhi ma con voce ben scandita e chiara.

 

“…lascia che ti porga le mie scuse…figliolo.

 

 

Per tutti questi anni mi sono dedicato a mia figlia, a Gohan e poi anche a  Goten…ho cercato di aiutarli e di sostenerli per quanto mi fosse possibile…”.

 

“…e di questo non sai quanto io ti sia grato…lo sono sempre stato, Juman…ho sempre avuto cieca fiducia nei tuoi confronti…e non me sono mai pentito…ora meno che mai…”. Disse Goku, avvertendo la necessità di dirglielo.


”…ciononostante…”. Continuò Juman nel suo discorso. “…ho detto delle cose terribili che non avrei mai voluto pronunciare…

 

Ho sbagliato, Goku…”. Ammise dopo un attimo di silenzio, mentre Goku lo guardava e gli rivolgeva tutta la sua attenzione.

 

“Non ho mai cercato di comprendere quali fossero i tuoi sentimenti…non ho mai cercato di capirti…di esserti di supporto…e non potrei biasimarti se provassi del rancore per questo…”. Ma prima che il ragazzo potesse replicare, proseguì:

 

“Ti ho affidato mia figlia: è vero…ma è altrettanto vero che dandotela in moglie, io avrei dovuto prendermi cura di te…io avrei dovuto essere per te quel padre che ti è stato sottratto troppo presto, figliolo…”. Concluse Juman con tono intriso di rammarico e d’amarezza.

 

(so che Son Gohan era il nonno adottivo di Goku…ma lui stesso lo definisce ‘padre’ quando gli chiede perdono per averlo inavvertitamente ucciso quando si era trasformato da bambino, e per quanto alcuni pensano che ciò sia dovuto ad un errore di traduzione…beh io amo credere che Goku l’abbia considerato tale… Nd.A.)

 

“…e credo che il mio amico Gohan sarebbe stato d’accordo con me…”.

 

Il volto di Goku si schiarì in un sorriso radioso, un poco commosso alla menzione dell’unico uomo che si fosse preso cura di lui quando – ancora neonato – si era trovato in quel pianeta che aveva imparato a conoscere ed amare come la sua Terra.

 

 

Il ragazzo annuì.


”Sì, è quello che mi disse Chichi quando siamo venuti da te, dopo il Torneo…ed era delle cose che più mi emozionavano e mi piacevano del matrimonio…l’idea che anch’io avrei avuto un padre…”.

 

Juman non poté che sorridere, sebbene sentendosi ancora amareggiato e avvilito per ciò che era successo, non poté che sorridere di fronte all’espressione seria e assolutamente sincera del ragazzo e anche inequivocabilmente…commossa ed entusiasta, ingenua come quella di un bambino.

 

“…se tu, Goku, pensi che non sia troppo tardi potremmo…cominciare… da oggi…”. Disse alzando lo sguardo e fissandolo in quegli occhi limpidi, emblema di un’anima altrettanto pura.

 

“Ne sarei felicissimo…”. Sorrise Goku, con grande gioia di Juman che si sentì spaventosamente vicino alle lacrime. (l’avevo detto: il gigante dal cuore buono e la lacrima facile!), tuttavia cercò di trattenersi e sorrise al ragazzo, annuendo fortemente con il capo.

 

“…papà…”. Aggiunse prendendogli la mano.

 

 

“Anche io…figliolo…”.

 

 

 

 

 

“Sapevo che ti avrei trovato qui…”.

 

 

 

Era ormai passata la mezzanotte quando Chichi aveva mandato tutti a letto con un cipiglio e un’espressione severa che non permise ai tre saiyan di provare ad opporre la minima resistenza...e dire che lei li mandava sempre a letto presto, si era sempre imposta di far dormire i loro figli almeno otto o nove ore, per potersi svegliare freschi e pieni d’energia il giorno seguente, dedicandosi così con piene forze e lena agli studi, agli allenamenti e in qualsiasi altra attività…ma era stato impossibile farlo prima…era tutto troppo bello, troppo entusiasmante, troppo meraviglioso…e lei stessa avrebbe voluto che quei momenti non finissero mai…

 

Goku, il suo Goku, era tornato…era tornato in vita e loro finalmente – per la prima volta dalla nascita di Goten – erano una famiglia unita…una splendida famiglia e quella sera avevano semplicemente voluto godere della compagnia, del calore, dell’amore dello stare insieme, tutti e quattro, anzi, no…sorrise Chichi…tutti e cinque.

 

 

Aveva appena posto la torta di mele sul davanzale della finestra – per farla freddare – quando Goku con la sua naturale quanto straordinaria tempestività (specie se si trattava di torte!) era apparso improvvisamente in cucina…e con lui anche suo padre. Non aveva potuto che commuoversi notandoli insieme e avvertiva che tra i due ci fosse una nuova…complicità, una sorta di simbiosi, anche se non ne comprendeva bene l’origine, o il momento stesso in cui tale tipo di rapporto fosse nato tra loro…ma non poteva che scaldarle il cuore, avere accanto a sé, quella sera, tutti gli uomini della sua vita: era tutto semplicemente…perfetto.

 

 

Gohan e Goten erano stati spediti di sopra a farsi un bel bagno e cambiarsi dai brandelli di tuta che indossavano, Chichi rabbrividì ricordando che quella del marito era in uno stato ancora peggiore, tuttavia non poté trattenersi dal sorridere spensierata, anche solo al pensiero che domani avrebbe potuto sedersi (magari fuori, all’ombra di un albero) a rammendarle, guardandoli mentre si prodigavano in qualche allenamento o alla caccia di un pesce…era tutto così…semplice, nulla di entusiasmante o di eccitante, ma era così…appagante, così confortevole, così caldo, come quell’atmosfera che non aveva più vissuto da quei dolci amari nove giorni prima del Cell Game.

 

 

Goku aveva sorriso appena era apparso di fronte al tavolo della cucina, lui e Juman avevano salutato la giovane che d’altro canto baciò la guancia del padre e finse di ignorare il marito con un broncio quasi infantile, mentre spostava con attenzione (Goku in fondo avrebbe potuto commettere qualche...marachella, magari tentandole di rubare il dolce con la stessa tecnica con cui era giunto lì, o magari usando la sua super velocità!) la torta, per farla raffreddare.

 

Goku le aveva rivolto uno sguardo supplichevole, un broncio altrettanto infantile ma incredibilmente dolce mentre le trotterellava attorno, fiutando con grande appagamento l’aroma della tanto agognata torta.
”Amore…perché fai così?”. Aveva finito con l’esordire con tono puerile, al che Chichi aveva dovuto trattenersi dal ridacchiare e si era voltata, le mani posate sui fianchi e un cipiglio severo sul volto mentre teneva ancora in mano il mestolo usato poc’anzi.

“Dovresti vergognarti…PROPRIO, vergognarti”. Aggiunse, incrociando le braccia e facendo una perfetta imitazione del tentativo di rimprovero del marito, ai danni dei figli.

Goku aveva ridacchiato, portandosi una mano dietro la testa sorridendo con quel modo di fare ingenuo e sbarazzino, mentre lei sbuffava scuotendo la testa e andando a controllare il forno sul quale stava cocendo del riso.

 

Juman aveva osservato la scena ridacchiando sotto i baffi prima di accomodarsi in salotto, su un divano, aspettando che scendessero i suoi nipoti, nell’attesa si accese la pipa. (lo so che non l’abbiamo mai visto fumare…però ce lo vedo bene con la pipa! Non chiedetemi perché! @__@ Nd.A).

 

 

Chichi stava mescolando il riso, quando sussultò, sentendosi cingere da dietro, e dopo pochi secondi avvertì il respiro di Goku scivolarle lungo il collo, scuotendola sin nel profondo, facendola desistere dalle sue originali intenzioni quando lo sentì posare le labbra lungo la sua guancia, carezzandole il ventre con una mano, scostandole i capelli dal viso per giungere meglio alla sua pelle.

Chichi sospirò, chiudendo gli occhi e rilassandosi a quel magico quanto invitante torpore, tutto di un tratto dimentica del broncio che avrebbe dovuto ancora ostentare, semplicemente abbandonandosi a quel momento di pura dolcezza ed intimità.

Goku sorrise quando la sentì rilassarsi al suo abbraccio, indugiò per qualche istante con le labbra lungo la sua guancia, prima di spostare le mani ai suoi fianchi, mentre la donna socchiudeva gli occhi completamente abbandonata a lui. Il sorriso sul volto del saiyan si addolcì ancora di più, mentre Chichi si muoveva nel suo abbraccio parandosi di fronte al marito, allora la strinse forte a sé, affondando il volto contro quel manto d’ebano e aspirando ancora una volta la dolce fragranza del suo shampoo.


”Goku-san…”. Mugolò Chichi, sfregando il viso contro il suo torace, appoggiando la testa contro la sua spalla.

 

“Mh?”. Mormorò appena il ragazzo, scendendo lentamente con le labbra lungo il suo collo elegante come quello di un cigno, aumentando istintivamente la pressione del suo abbraccio.

 

“Questo non sarà un vile espediente…per rubare la torta quando meno me lo aspetterò, vero, Goku-san?”. Aggiunse mormorando il suo nome con fare sensuale e suadente, carezzandogli la nuca e sussurrando quelle parole dritte nel suo orecchio, sorridendo quando lo sentì fremere.

 

“No…amore…che dici?”. Rispose scostandosi ed esibendo il suo spensierato ed ingenuo sorriso, mentre la donna scuoteva la testa, imbronciando le labbra, poco convinta da quella risposta, mentre incrociava le braccia, sollevando le sopracciglia  e guardandolo fisso nelle sue sfavillanti iridi.

 

“E poi…”. Cominciò Goku con gesti frenetici della mano. “…non te la ruberei MAI sotto gli occhi!”. Disse con tono solenne e con enfasi, fin troppa, pensò Chichi con espressione poco convinta.

 

“…tutt’al più…un…pezzettino!”.  Concluse il saiyan con la sua solita espressione goffa e giocosa, al che Chichi gli scoccò uno sguardo tra l’esasperato e il divertito, prima di voltargli di nuovo le spalle, tornando ad occuparsi del riso.



 

“Sei un caso senza speranze, Goku…non cambierai mai!”.

 

Concluse la donna e un sorriso le incurvò le labbra a quella profonda verità che – come entrambi sapevano – andava ben oltre la sua golosità e il suo comportamento, in certi ambiti e in certi versi, puerile.

 

La donna sussultò, quando il marito la cinse di nuovo delicatamente, accostando le labbra al suo orecchio e con voce suadente, intensa e profonda mormorò:


”Te l’ho detto, nulla tra noi sarebbe cambiato…”. Mormorò ricordando quel triste e presunto addio quando stava per far ritorno nell’aldilà.


Quella semplice frase, tuttavia, fece brillare gli occhi della donna e un sorriso dolce, innamorato, felice fece risplendere i suoi lineamenti, facendone immergere la calda bellezza, malgrado il grembiule, un mestolo in mano e i capelli rigidamente legati per cucinare.

 

“…non avrei chiesto nulla di più…Goku-san”. Fu il flebile sussurro in risposta.

 

“Nemmeno io...ma adesso vi ho di nuovo tutti quanti…e ho di nuovo te…”. Bisbigliò con voce stenta che fece rabbrividire ancora di più la moglie. “…non so veramente, cos’altro possa voler desiderare…”.

 

Bisbigliò con voce calda, mentre la donna si voltava, lo sguardo sfavillante delle più pure ed eteree emozioni, il cuore palpitante come quando era ragazzina innamorata… un amore che non si era infranto con il passare del tempo…ma aveva saputo arricchirsi del sapore amaro della solitudine e quello caldo della riunione.

 

Si alzò lievemente sulle punte dei piedi, socchiudendo gli occhi, sfiorandogli le labbra in un bacio a stampo, un dolce quasi innocente contatto a preludere qualcosa di ben più intenso che aspettava solo il momento in cui avrebbe potuto emerge.

 Il saiyan sorrise contro le sue labbra, salvo poi scostarsi, carezzandole la guancia e soffermandosi con lo sguardo su di lei, come a ristudiarne i lineamenti, come a gustare ogni frammento d’eternità.

 

“Chichi?”.


”C-cosa c’è?”.

 

 Chiese la donna notando lo sguardo intenso e profondo, l’espressione pensosa e concentrata – evidentemente – nei propri pensieri.

 

“Io…”.

 

Chichi non avrebbe mai saputo quali sarebbero state le parole di Goku, perché in quell’istante una piccola ma agile figura era entrata in cucina, correndo spensierato e dopo aver sorriso al padre, si era aggrappato saldamente alla gonna della madre che si era abbassata a guardarlo.

 

“Mamma, mi sono lavato e cambiato…ora posso avere qualcosa da mangiare, per favore?!”. Chiese con espressione implorante.

La madre sorrise, scompigliandogli affettuosamente i capelli, guardandolo.

“Abbi pazienza per cinque minuti…è quasi pronto…e poi prima dovete esserci tutti…Goku, è meglio che tu vada a cambiarti…e dov’è Gohan?”.


Il bambino sorrise divertito.

 

“Si sta facendo la doccia…”.

 

“Goten! Non avrai di nuovo messo la vernice nel suo shampoo, VERO?!”. Chiese la donna, notando la furba espressione apparsa sul suo volto.


”No, no!”. Disse il bambino con aria seria, quasi scandalizzata all’accusa della madre.

 

“Ho fatto di meglio…”. Mormorò poi ridacchiando, ma sfortunatamente la madre sembrava sviluppare un udito che non aveva nulla da invidiare a quello dei cani quando si parlava delle sue marachelle.

 

“CHE-COSA-HAI-FATTO?!”.

 

“GOTEN! IO TI UCCIDO!”.

 

 Aveva urlato in modo prodigioso Gohan dal piano superiore, mentre Goku si passava una mano sul cuore, l’espressione sconvolta ed incredula.


”Kami…che urlo!”. Mormorò incredulo, non aveva mai sentito il figlio urlare a quel modo e l’unica volta che lo aveva visto veramente infuriato – a parte il combattimento contro Cell – era stato il giorno del Torneo quando la figlia di Mr Satan era stata gravemente ferita.

 

Juman ridacchiò, entrando in cucina. “Oh…ti ci abituerai!”. Disse dandogli una pacca sulla schiena, mentre Goten si era portato le mani sulla bocca  e rideva a crepapelle.

 

“Goten...CHE COSA GLI HAI FATTO!?”.

 

“Ma nulla mamma…ho solo messo della colla nel suo pettine…”. Aveva replicato il bambino.

 

“GOTEN…SI PUO’ SAPERE DA DOVE TI VENGONO QUESTE BRAVATE?!”.


”E’ così buffo quando si arrabbia…proprio come te!”. Concluse il bambino ridacchiando, mentre Juman e Goku impallidivano, solo provando ad immaginare quale sarebbe stata la sua reazione.

 

“CHE-COSA-HAI-DETTO?!”. Ringhiò la madre, scandendo ogni parola, con espressione minacciosa.


”Sì…sembri una pentola a pressione, lo dice sempre il nonno!”.

 

“G-GOTEN!”.

 

Gemette Juman, parandosi dietro al genero che sebbene non avrebbe potuto coprirlo gli ispirava abbastanza…fiducia, forse non si era reso conto che il ragazzo aveva preso a tremolare quando la donna aveva preso a camminare verso di loro con fare inviperito.

 

“E così…io sarei…una pentola a …pressione?!”

 

 Berciò Chichi avanzando di passo in passo, mentre di passo in passo Goku e Juman indietreggiavano.

 

“Ma no, tesoro…stavo solo…SCHERZANDO!”.


”Ah,sì…anche io ho voglia di scherzare, papà…ma con il tuo CADAVERE!”.

 

 

Il delizioso quadretto…familiare, si arricchì quando Gohan (con una strana pasta indefinita sulla testa) entrò in cucina e prese a rincorrere il piccolo monello che ridendo e crepapelle si attaccava alle gambe della madre, del padre e del nonno.

 

 

“Amore…dai, calmati…e se il riso si bruciasse?!”. Bisbigliò Goku angosciato a tal pensiero.


”Goku, STA ZITTO e va a lavarti!”.

 

“MOLTO VOLENTIERI!”. Rispose ridacchiando e sgusciando dalla stretta serrata del suocero che lo richiamò:

 

“GOKU, non si abbandona un compagno in combattimento…!”. Gemette arretrando.

 

 

“MAMMA…GOHAN MI STA STROZZANDO!”.

“CHICHI, MI STAI FACENDO MALE!”.

“PERCHE’ NON RIDI ADESSO, PICCOLO INFAME!”.

“COSì TU HAI DETTO A MIO FIGLIO CHE SONO UNA PENTOLA A PRESSIONE, EH?!”.

 

 

“MAMMINA…AIUTAMI!”.

“MA TESORO…STAVO SOLO SCHERZAND….AAAAHHHHH”.

“PICCOLO MOSTRO…NON NELL’OCCHIO!”.

“COSì IMPARI…CATTIVONE!”.

“OH…MA ANCHE IO STO SOLO…SCHERZANDO…INFATTI,  ORA PASSIAMO ALLE COSE SERIE: TI UCCIDO!!”.

 

 

Goku li osservò dall’alto delle scale, e un sorriso si dipinse sulle sue labbra…era tornato finalmente.

 

“Casa dolce casa”.

 

 

 

 

 

 

 

 

“Sapevo che ti avrei trovato qui…”.

 

Goku sorrise, lo sguardo concentrato e serio ancora rivolto alle due figure, immerse nel buio, che stava silenziosamente osservando. Il suo sorriso si addolcì ancora di più, estendendosi agli occhi quando avvertì il soffice corpo di sua moglie così vicino, questa lo cinse da dietro all’altezza della vita, appoggiando la guancia contro la sua schiena e gli parve di avvertire contro il braccio il tessuto leggero e setoso della camicia da notte che doveva indossare.

 

Non l’aveva sentita arrivare, evidentemente aveva sgattaiolato pian piano in punta di piedi, il saiyan avrebbe scommesso che avesse camminato scalza solo per coglierlo di sorpresa. Voltò appena la testa, guardandola con la coda dell’occhio, sul volto del saiyan un sorriso dolce, intenso, mentre i suoi occhi sembravano essersi accesi e brillare di luce propria, forse il tutto era dovuto a quel nugolo di dolci sentimenti, di pensieri, di ricordi e di tepore che stava assaporando lentamente per goderne ogni sfumatura. Chichi sorrise, mollando la presa, e stringendogli il braccio, guardando a sua volta i figli addormentati ed inermi.

 

Un istante dopo, fu la volta di Chichi di sentirsi cingere da dietro, Goku sospirò affondando la testa contro la sua, prima di appoggiare il mento contro la sua spalla, carezzandole con una mano il ventre e divertendosi ad intrecciare l’altra nel manto setoso dei suoi capelli.



 

 

”Sapevo che mi avresti raggiunto”.

 

Bisbigliò appena ma il cuore di Chichi riprese a battere tumultuoso, e sospirò, abbandonandosi a quel dolce contatto, non volendo nemmeno soffermarsi a cercar di comprendere, di razionalizzare le sue stesse emozioni, volendo soltanto goderne, lasciarsi coccolare da ciò che lui sapeva suscitarle, dal modo in cui sapeva far vibrare la sua anima, le corde del suo cuore, da come sapeva semplicemente amarla…e lei voleva semplicemente abbandonarsi al suo amore…perdersi e naufragare in esso…nel più dolce degli oblii.

 

 

Goku sorrise, attirandola ancora più vicino, continuando a guardare i loro figli.

 

Gli bastava chiudere gli occhi e poteva ancora rivivere esattamente il momento del suo ritorno: lo sguardo raggiante e commosso del primogenito e quello spontaneo, dolce e forte abbraccio, quasi a voler sintetizzare in un gesto così…naturale tutto quello che non avrebbero mai saputo dirsi a voce. Era rimasto così impressionato da Gohan, da come fosse inevitabilmente maturato, di come fosse cresciuto…del giovane uomo che era già diventato…un uomo molto più responsabile, maturo di quello che era lui alla sua età.

 

Gli parve ancora di sentir la pelle accapponarsi al pensiero della sua morte per mano di Majin Bu, fino a quando lo aveva ritrovato nel mondo dei Kaiohshin…e poi l’ultimo dialogo, aveva intravisto negli occhi del figlio un’ombra che aveva visto sette anni prima, quando gli aveva detto Addio…

Gli parve di scorgere ancora la sua espressione sconvolta e lentamente…consapevole, consapevole di quello che sarebbe successo da lì a pochi secondi… che grande fardello aveva lasciato sulle sue spalle…quanto male gli aveva fatto dovergli dire addio, in quel modo…lasciare così un ultimo messaggio per Chichi, pensò sospirando e baciandole la gota al ricordo…gli era parso di sentire il cuore scoppiare.

 

Aveva colto nello sguardo del sedicenne un alone di quel bambino, quando lo aveva lasciato e aveva voluto ad ogni costo che suo figlio conoscesse la verità, che sapesse quanto era fiero di lui, quanto lo amasse e che non l’aveva mai giudicato responsabile della propria morte…e non voleva che lui vivesse con un simile fardello nel fondo del cuore.

 

Strinse con più vigore Chichi, con un altro sospiro.

 

Il piccolo Goten…naturalmente aveva potuto intravederlo di tanto in tanto, grazie alle prodigiose formule magiche di Re Kaioh, ma non poteva farci nulla…il trovarselo davanti così…identico a se stesso, lo aveva sorpreso.

 

Era stato così…bizzarro, come trovarsi davanti il se stesso da bambino…con la sola differenza dell’istinto paterno che aveva provato anche solo guardandolo negli occhi, la voglia di stringerlo, di rassicurarlo che tutto sarebbe andato bene, la voglia di proteggerlo, di farlo sentire al sicuro…e quel commosso, quasi…sfogato ‘papà!’ che gli aveva rivolto…lo aveva fatto rabbrividire... quel piccolo tenero, cucciolo monellaccio, pensò sorridendo.

 

Era così simile a lui…ingenuo, candido, puro…selvaggio, niente a che vedere con baby Gohan che alla sua età era già stato dichiarato uno dei più prodigiosi bambini del Giappone, niente a che vedere con il piccolo ‘genietto’ che era anche così… frignone, così riluttante nelle arti marziali ma che aveva già le idee così chiare sul suo futuro.

 

Goten era pura vitalità, energia, brio, voglia di vivere…Chichi stessa doveva aver deciso di lasciare che esprimesse…se stesso, Chichi stessa voleva che entrambi fossero liberi di esternare la loro componente…saiyan.

 

 

“Senza Chichi…sarei soltanto Kakaroth!”.

 

 

Niente di più vero.

 

 

 

“Questo, decisamente, l’ha preso da te…”.

 

 

Gohan dormiva supino pacificamente, Goten che fino a quel momento era rannicchiato su un fianco, stringendosi al cuscino, si voltò nel tepore del sonno e un attimo dopo rimase steso supino, divaricò le gambe e spalancò le braccia, così facendo dispiegò le lenzuola accuratamente rimboccate.

 

Goku tornò a focalizzare lo sguardo sul bambino, dopo aver udito le parole di sua moglie,  e non poté trattenersi dal ridacchiare, notando che un enorme e spensierato sorriso era dipinto anche sulle labbra di lei.

 

“Sì, decisamente… Gohan, invece, ti assomiglia sempre più…”.

 

“Io non dormo supina…e…non russo!”.

 

Il saiyan ridacchiò, mentre la moglie tornava a guardare intensamente il primogenito.


”Io trovo che siano tutto loro padre…”.

 

Mormorò sorridendo, tornando a farsi pensosa al ricordo di quei sette anni, il piccolo saiyan tornato a casa pieno di ferite ed abrasioni, ma quella luce nello sguardo, la stessa luce che brillava in quelli di suo marito dopo esser uscito vincitore da uno scontro terribile…la soddisfazione, l’orgoglio saiyan.

 

Dopo lo sfogo di quella prima notte senza di lui, aveva preso in mano la situazione, era diventato un perfetto uomo di casa, si prendeva cura di lei, cura di Goten…trasmetteva loro quella sensazione di…calore, di protezione, di cura, di devozione, come solo il figlio di suo marito poteva trasmetterle, era ostinato, caparbio, deciso, sicuro e indomabile, selvaggio quando si trattava di difendere la sua famiglia…disposto a far del male.

 

E poi come suo padre…non riusciva a non aiutare il prossimo, non riusciva a rimanere indifferente quando dei civili inermi erano nei guai, doveva intervenire…doveva essere un giustiziere…che fa tutto ma non chiede nulla in cambio.

 

Se n’era resa sempre più conto in quei sette anni e vederlo al ritorno dalla battaglia con le vesti del padre…l’aveva profondamente commossa.

Le era sembrata un’ulteriore rassicurazione, un altro…dono per lei, un’altra garanzia che tutto sarebbe andato bene…sempre.

 

 

“Ha il tuo sguardo…e il tuo sorriso…”. Rifletté Goku, inclinando la testa, guardandola.


”Ha i tuoi lineamenti…e il tuo cuore…”.

Concluse Chichi, voltandosi a guardarlo, sfiorandogli la guancia e sorridendo.

 

“Invece…Goten…”. Continuò, tracciando una carezza lungo la guancia del marito.


”…se non fossi certa di averlo partorito, io stessa penserei che è solo figlio tuo…”.

 

Disse mentre Goku sorrideva, tornando a guardare il bambino, storcendo un poco le labbra, cercando di far sovvenire alla mente tutti i momenti passati con lui, i suoi gesti, il suo modo di parlare, di esprimersi…

 

“Tu dici? Non ha nulla di te?”. Incrociò le braccia e si mise una mano sul mento guardando il bambino, prima di scrollare le spalle.

 

“Non saprei, proprio, Chi…”. Concluse, tornando a guardarla.

 

Chichi sorrise di rimando, scuotendo leggermente la testa con un sorriso divertito e consapevole, prima di tornare a guardare il marito.

 

“Ma è proprio per questo che li amo da morire…”. Replicò guardandolo negli occhi, prima di volgere lo sguardo ai figli debolmente illuminati dalla luce lunare.

 

“Sono la tua essenza, Goku…”. Bisbigliò e Goku sorrise, di un sorriso dolce, intriso d’amore, di devozione, di tenerezza, intriso di pura e semplice gioia, prima di sfiorarle la guancia, carezzandola e guardandola attentamente.

 

“…ma io sono completo solo con te...”.

 

Chichi sorrise di rimando, ravviandosi i capelli e protendendosi verso di lui, mentre il saiyan le cingeva di nuovo la vita, inclinò la testa, scostandole qualche ciocca disordinata dagli occhi, pronto a riavvertire quella dolce e familiare stretta al cuore, quella sensazione di…completezza.

 

“Voglio la torta Mamma…la torta alle mele!”.

 

Entrambi sussultarono, arrossirono violentemente (eheheh! Beccati! ;) Nd.A) e si voltarono verso i figli: videro Goten nella stessa identica posizione, gli occhi chiusi e le braccia spalancate mentre continuava a ripetere nel sonno:


”Mammina…ti prego…la torta di mele!”.

 

“Sì, anch’io la voglio…”. Rispose Gohan ancora dormendo, sotto gli occhi increduli e storditi dei genitori, rimasti senza parole.

 

“Com’è buona, mamma…”.


”Non mangiartela tutta, INGORDO!”.

 

 

Chichi ridacchiò silenziosamente, portandosi una mano alla bocca per cercar di reprimere il riso, prima di voltarsi verso Goku che ancora guardava i due ragazzi, il volto alquanto…sconvolto.

La donna incrociò le braccia, alzandosi sulle punte per guardare il marito.

 

 

“Eh sì…proprio i figli di loro padre…non c’è dubbio!”. Mormorò, fissandolo con sguardo sfavillante, sfiorandogli la guancia, scivolando con lo sguardo sulle sue virili ed invitanti labbra, mentre Goku sorrideva di rimando, facendosi più vicino.

 

 

“Sta zitto, giovanotto!”.

“Sta zitto tu, piccolo demonio!”.

 

“Mamma…ancora una fetta, ti prego!”.

“Grazie Mamma, era buonissima…”.

 

Goku scosse lievemente la testa, liberandola dal suo abbraccio, mentre Chichi sospirava rassegnata, passandosi una mano tra i capelli. (poveri i miei piccioncini! ;D Nd.A).


”Aspetta…”.

 

Mormorò e si accostò ai due futon camminando in punta di piedi, si chinò verso Goten cercando – con non pochi sforzi – di rimetterlo in una posizione decente, coprendolo e rimboccandogli le coperte, baciandolo infine sulla guancia, mentre il bambino si rannicchiava di nuovo di fianco, con un sorriso e un flebile. “Mamma…papà…”. Aggiunse e Goku avvertì di nuovo quella dolcissima fitta al ventre e un vuoto d’aria repentino, mentre osservava incantato tutti i movimenti di Chichi, le sue cure e attenzioni di madre.

 

Dopodiché si spostò a quello di Gohan, riponendogli il braccio scoperto sotto le lenzuola, sfiorandogli la guancia e baciandolo, passandogli una mano sui capelli e indietreggiando con un:

 

“Bleah! Goten, giuro che domani lo metto in castigo!”. Borbottò disgustata, osservando la pasta biancastra della colla seccata che le aveva sporcato le dita.

 

Goku d’altro canto non riuscì a trattenere una risatina quando la vide indietreggiare, come se avesse preso una scossa elettrica. Chichi lo fulminò con un’occhiata.

 

“SON GOKU! Non è AFFATTO divertente! Ti sembro così buffa?!”. Sbottò piccata, prendendo un canovaccio dall’armadio dei figli e cercando di rimuovere la colla.

 

 “No, hai ragione…”. Goku sorrise procedendo in avanti, si chinò verso di lei, baciandole dolcemente la guancia.

 

“…ti trovo stupenda, signora Son”. Le sussurrò, ammiccando sbarazzino.

 

 

Chichi arrossì, totalmente disarmata, continuando a guardarlo con il cuore che le batteva all’impazzata e le gambe che avevano preso a tremolare, incapace di dire qualcosa…reagire.

Che stupida! Era…sua moglie, insomma…era una donna, non era più una scolaretta…eppure, quello sguardo, quel sorriso, quell’ammiccamento…la metteva totalmente in subbuglio…non poteva farci nulla…lui la soggiogava e neanche se ne rendeva conto…era semplicemente…Goku.

 

Il saiyan sorrise di rimando quando le vide le gote imporporate di un dolcissimo colorito rosato, ma non fece nulla in risposta e la superò per poi accostarsi ai due futon. Si chinò su quello del bambino, carezzandogli la testolina e la schiena, depositandogli un bacio sulla fronte, per poi accostarsi a quello del figlio più grande, facendo lo stesso, sotto lo sguardo amorevole ed intenerito della moglie.

 

 

“Siamo due genitori fortunati…”. Mormorò appena, con voce velata, alzando la testa e inclinandola da un lato, guardando la moglie.

 

“Sì…”. Convenne lei, passando lo sguardo dal marito ai figli.

 

“E ora…”. Cominciò Goku, intrecciando le dita delle mani e allungando le braccia, come faceva di solito per sgranchirsi, prima di combattere, il tutto sotto lo sguardo…sconcertato di Chichi.

‘ Oh Kami…non dirmi che vuole allenarsi, ORA!’. Pensò sorpresa.

 

Sussultò quando invece se lo trovò alle sue spalle:

 

“A letto, signora Son…è tardi!”.

 

Le disse sbarazzino, con tono fintamente rimproverevole. Chichi non fece in tempo a dire o fare nulla in risposta, perché un decimo si secondo dopo si sentì sollevare dalle sue forti braccia.

 

“G-Goku?”.

 

 Mormorò appena, arrossendo, era da così tanto tempo che non condividevano simili momenti e la donna non poté non arrossire, sebbene fossi incredibilmente piacevole, struggente, sentirsi cingere in quel modo, da lui...

 

Il saiyan sorrise appena, uscendo dalla camera da letto dei figli e percorrendo lentamente il corridoio, continuando a stringerla e conducendola verso la loro camera, aprì la porta con un fianco per poi richiuderla con un leggero calcio, mentre Chichi osservava rapita ogni suo gesto, incapace di commentare, di dire o di fare qualcosa.

 

Goku la adagiò lentamente a terra, lo sguardo incatenato al suo, si chinò verso di lei e appoggiò le labbra alle sue, attirandola a sé, cingendole la vita con un braccio e tenendole la nuca, quasi a trattenerla. Chichi sorrise contro le sue labbra, le sue braccia risalirono lentamente per poi cingerlo dietro il collo, intrecciandole e accostandosi più vicina, sorridendo quando lo sentì sussultare. Goku aumentò la pressione del suo abbraccio, e dischiuse lentamente le labbra, lambendo quelle della sua donna, scivolando con le mani tra i suoi capelli, le spalle, le braccia, i fianchi, gemendo quando sentì quelle di sua moglie esplorare lentamente i lineamenti del viso, scendendo al collo, al torace, alla schiena, attirandolo più vicino.

 

Goku rabbrividì, salvo perdersi e naufragare nel sapore dolce di lei, inconfondibile che ancora una volta sembrò inebrialo, risvegliando tutti i suoi sensi, e accendendoli, infiammandoli, mentre le sue mani si spostavano irrequiete scoprendo di nuovo il suo corpo, l’armoniosa e la  flessuosa figura, sentì le mani della moglie scivolare oltre il tessuto della tuta, andando a cercare la sua pelle e rabbrividì, mugolando qualcosa contro le sue labbra. La sentì sorridere contro la sua guancia, lasciando scivolare le labbra sulla sua mandibola, sul mento, approdando al collo muscoloso, facendogli correre una scarica elettrica lungo la schiena. Chiuse gli occhi, rilassandosi e sorridendo quando la sentì mordere la pelle sensibile, gli era sempre piaciuto giocare in quel modo.

 

Sorrise risalendo con le mani lungo il suo viso, facendoglielo inclinare e assalendola letteralmente, impossessandosi di nuovo, con foga, delle sue labbra, facendola fremere e sfiorandole la schiena, le spalle nude facendo pressione con i palmi, con le dita affusolate, prima di muovere uno, due passi avanti, conducendola lentamente verso la loro alcova.

 


Chichi sospirò contro le sue labbra, salvo aggrapparsi con forza alle sue spalle, quando le sue gambe trovarono l’ostacolo del letto, sorrise contro le sue labbra, abbandonandosi a lui.

Un frammento d’eternità dopo avvertì la morbidezza di quel lettone solitario e le sembrò di sprofondare nella mollezza, nel tepore di una nuvola e un secondo dopo, avvertì il dolcissimo e familiare peso del suo corpo. Le sembrava di trovarsi su una nuvola, perché il sentirlo di nuovo su di sé, sentire il suo corpo a contatto con il suo, le loro membra che si rincontravano, i loro corpi cercarsi, le loro braccia cingersi per stare vicini…ancora più vicini…toccare l’anima dell’altro…in quel momento le sembrò di toccare il cielo con un dito.

 

 

Goku sorrise scostando le labbra e lasciandole scivolare lentamente lungo la gota della donna, riaprendo gli occhi e guardandola intensamente, perdendosi nella dolcezza, nell’amore che leggeva nel suo sguardo, mentre spostava lo sguardo, abbracciando il suo corpo, e socchiudendo gli occhi, abbandonandosi per un istante contro quella morbidezza, quel calore tanto bramato, sentendo i suoi sensi ardere e infiammarsi ogni volta che i loro corpi erano in contatto…intimamente in contatto, pensò lasciando vagare le mani lungo la sua schiena, i fianchi, le gambe e sorrise quando la sentì di nuovo stringersi con forza a lui, cercando il tepore della sua pelle, al di sotto dei vestiti.

 

Si chinò, sfiorando ancora delicatamente le sue labbra. Fu un dolce, delicato sfiorarsi d’ali di farfalla, prima che il ragazzo l’avvolgesse tra le braccia, rendendo il contatto più intimo: le loro labbra si sfioravano, giocavano, si mordicchiavano, si assaggiavano con frenesia, con ardore ma con dolcezza, con tenerezza, con tepore; i loro corpi si muovevano simultaneamente, sincronizzati, né lenti, né veloci, cercando il contatto tra ogni lembo di carne, scuotendoli nel profondo delle loro anime, richiamando istinti e passioni mai estinti, ma…annebbiati, intorpiditi e riaccendendoli con arcobaleni di colori, di suoni, di profumi, ogni volta che le loro labbra si incontravano e ogni volta che prendevano a muoversi irrequieti alla inesauribile ricerca dell’altro.

 

 

“Goku…”.

 

Goku socchiuse gli occhi, rabbrividendo a quel richiamo…flebile, accennato eppure così… sensuale, incredibilmente suggestivo  alle sue orecchie, alle sue membra incandescenti, ai suoi sensi in delirio.

Si scostò, guardandola in viso, sorridendo e perdendosi nei suoi occhi accesi di passione, le guance rosate, e le labbra semischiuse. Le sfiorò delicatamente la guancia, la fronte, scostandole alcune ciocche di capelli dal viso. Lasciò scivolare le labbra dalla fronte sulle guance, sugli occhi, sul mento, risalendo sino all’orecchio. La sentì stringersi con forza, con energia, a lui e la strinse a sua volta, rassicurandola, facendola sentire al sicuro, protetta, anche e soprattutto in quel momento…in quella voglia di riscoprirsi ancora…la voglia, il bisogno, il desiderio, l’urgenza…resi sempre più devastanti, rendendoli amanti ed amati allo stesso tempo, amando e lasciandosi amare… cullandosi in quei barlumi di paradiso sottratti al tempo, e resi loro.

 

“Mi sei mancato da morire…Goku-san…”.

 

La sentì mormorare a stento, un sospiro, una lacrima birichina le scivolò sulla guancia, al ricordo di quel lunghissimo lutto.

 

“…se non ci fossero stati Gohan e Goten…non so come avrei fatto…non voglio più stare senza di te, amore…non voglio!”.

 

Disse con foga, con disperazione, al pensiero che forse non quella notte, forse non domani, né il giorno dopo…ma prima o poi qualcun altro le avrebbe sottratto l’unico uomo che avrebbe mai amato, in Terra e in Cielo, oltre la vita…oltre la morte.

 

 

Goku la strinse con maggiore forza, baciandola dolcemente sulle guance, sul mento, sugli occhi, sulla fronte, sulle morbide labbra, cercando di rassicurarle, sfiorandola dolcemente la schiena con le mani, stringendola in un forte abbraccio.

 


”Anche tu mi sei mancata da morire…”.

 

 Mormorò tra un bacio e l’altro, carezzandole il fianco e scostandole con l’altro mano i capelli dal viso.

 

“ Ma durante questi sette anni, dopo tutta la solitudine che abbiamo dovuto sopportare…non devi più avere paure, amore mio: qualunque cosa accada...noi apparteniamo l’uno all’altra…”. Le mormorò carezzandole la guancia  e asciugandola. “…siamo una sola cosa…e questo nessuno può cambiarlo…lo sai…siamo destinati a ritrovarci…in un modo o nell’altro…ora e sempre…”.

 

Le mormorò con voce dolce, quasi rauca, soffocata dalle sue stesse emozioni, mentre le sfregava il naso contro il suo, tornando ad avvolgerla con le sue braccia, e guardandola intensamente negli occhi. La vide sostenere il suo sguardo, fissarlo fin nel profondo e il suo volto un attimo dopo fu rischiarato da un sorriso, mentre annuiva.

 

“Non avevo paura quando ho affrontato  Majin Bu…sapevo che ti avrei ritrovato…”. Mormorò carezzandogli la guancia. “…anche se immaginavo in…un altro Mondo…”.

 

“Ti ho sentita, lo sai?”. Le mormorò contro la guancia, baciandole la mandibola. “…ho sentito cosa ti è successo…sarei venuto da te…ma è sorta…un’altra complicazione…”. Mormorò con un sorriso sornione, baciandole le dita che erano salite a sfiorarlo.

 

La donna annuì, sorridendo e sfiorandogli attentamente la guancia, scivolando alle sue labbra e guardandolo dolcemente.


”Beh...ma ora ci sei, e non abbiamo limiti di tempo da rispettare…almeno fino a quando i tuoi figli non reclameranno cibo…”. Mormorò, stringendolo forte.

 

Goku ridacchiò, sorridendo contro il suo abbraccio, stringendola a sua volta, affondando il viso contro il suo collo, baciandola dolcemente.

 

“So di averti fatta soffrire,amore…ma so che mi capisci, sai cosa voglia dire essere…un saiyan nel bene e nel male…”.

 

Chichi annuì, stringendolo e carezzandogli la nuca, rassicurandolo.

 

“Non ho rimpianti, Goku…non ho recriminazioni o biasimi, ho scelto di starti accanto quando ti ho sposato e ho confermato i miei voti quando ho scoperto chi sei veramente, e anche se non è stato facile, ne ho accettato le conseguenze, amore mio…e non me ne sono mai pentita…”.


Concluse guardandolo dritto negli occhi, baciandolo sulla punta del naso e scivolando dolcemente alle sue labbra, incontrando quelle di lui, intrecciandosi in un vortice di passione, prima che Goku tornasse a guardarla, ma prima che potesse dire qualcosa, Chichi lo anticipò:

 

“Se tornassi indietro, pur sapendo a cosa dovrei andare incontro…ti sposerei in un’altra vita, in centinaia, in altre miliardi di vite, Goku…pur di amarti, sarei disposta a far tutto…io…”.

 

Goku la baciò con foga, carezzandole il viso e muovendosi dolcemente su di lei, trasmettendole in minima parte la gioia, il calore, la tenerezza, l’amore che solo lei, la sua dolce piccola Chi, poteva e sapeva donargli, per la sua compagna, per il suo nido d’amore…lei, lei era il suo rifugio, la sua rassicurazione…il sapere che lei non provava rimpianti, biasimi contro di lui, il saperlo era così totalizzante, devastante…da commuoverlo nel profondo, ringraziando infinitamente Kami per un così splendido e unico dono…suo e di nessun altro.

 

“Ti amo Chi…ti amo da morire…”. Le mormorò tra un bacio e l’altro, attirandola più vicino, stringendola come temesse che potesse scomparire, con urgenza, con disperazione, con forza.

 

“Anch’io, saiyan…anch’io…”. Mormorò Chichi sorridendo, prendendogli il viso tra le mani, baciandolo ancora, baciandolo intensamente, per fargli intendere quanto profonde fossero le sue parole.

 

“Non ti merito Chi…ma preferisco morire che vivere anche solo una vita senza conoscerti…senza amarti…senza di te, sarei solo un saiyan…con te sono un saiyan con un cuore, un’anima terrestre...con te, sono Son Goku…”.

 

Le disse febbrilmente, tempestandola di baci ovunque, stringendola con foga, senza darle tregua, prendendo a sfiorare la sua pelle, ora più che mai bisognoso di sentirla di nuovo sua…solo e soltanto sua, com’era sempre stata,  come del resto lui era solo e soltanto suo, non era mai stato di nessun’altra…appartenevano l’uno all’altro, erano sempre stato così...e sempre lo sarebbe stato.

 

 

“…il mio unico amore…”. Concluse la donna con un sospiro estasiato.

 

 

Goku sorrise, scivolando di nuovo a baciarla, nella sua mente un turbinio d’immagini, di ricordi, di parole, tante domande sul futuro, poche risposte, tanti dubbi ma anche la rassicurante consapevolezza di non dover temer nulla perché non sarebbe mai stato solo, la rassicurante consapevolezza che il loro amore li faceva volare in alto, oltre le stelle, oltre le nuvole, oltre Dio…come in quel momento, all’apice della passione, in quell’istante…toccando la sua anima…intingendosi del suo spirito…

 

Frammenti d’eternità…eterei, grandiosi, imprendibili… loro, solo e soltanto loro.

 

 

 

And tonight girl , it’s only you and me...

(E stanotte amore, ci siamo solo io e te...).

 

 

 

 

 

Un saiyan con il cuore, l’anima terrestre.

La moglie dell’eroe, principessa nel cuore e spirito guerriero.

 

 

Goku &  Chichi.

 

The End.

 

 

 

Cosa posso dire?

 

Ho messo tutta me stessa in questa fan fiction, mi sento di poter dire che le ho donato parte del mio cuore e della mia anima...

 

Scriverla mi ha donato delle sensazioni, delle splendide emozioni  - malinconia e gioia che siano - che se ho saputo trasmettere anche solo in minima parte nei vostri cuori, aggiungeranno altri granelli di gioia nel mio cuore...

Ringrazio il cielo per aver riscoperto questa passione dentro di me, riaccesa anche dal rivedere i nostri eroi in tv...ringrazio Akira Toriyama per aver creato questa coppia...per aver illustrato quest’amore...

 

Un amore che ha l'innocenza, la dolcezza, la tenerezza di Goku... un saiyan cresciuto sulla Terra;  e la forza, il coraggio, la determinazione, la fierezza e la devozione di Chichi... una vera principessa nel cuore e nello spirito che ha continuato a sognare e poi ha potuto vivere un amore che non ha nulla da invidiare ad una favola...

Questo amore, per quanto difficile, per quanto travagliato, con alti e bassi, incomprensioni, ma anche momenti di semplice tenerezza e persino romantici (questo persino è riferito all'autore e il tipo di cartone di tutt'altro genere!^^)  mi ha accompagnato per un bel percorso della mia vita, e ora sta tornando a scaldarmi il cuore, emozionarmi...farmi sognare...

 

Semplicemente...a Goku & Chichi.

 

 

La canzone che da' il titolo alla fan fiction e di cui ho inserito alcune (quasi tutte ;D) frasi è la bellissima ed intensa  "Here without you" dei 3 Doors Down.

Inoltre - come vi sarete accorti - ho inserito alcuni stralci di conversazione presi dai Manga, precisamente dal numero 36 al 42.

 

 

Grazie infinite a tutti coloro che la leggeranno e chi sarà così disponibile e gentile da volerla commentare.

 

Un ringraziamento particolare alla dolcissima Aleberil90, la mia amica Aly  che con la sua dolcezza e tenerezza  mi ha scaldato il cuore in tante occasioni e mi ha sostenuto in questo progetto (aiutandomi – tra l’altro – a ricordare il compleanno di Gohan, visto che la mia memoria ha fatto cilecca! ;D), senza farmi mai mancare comprensione e stimoli!

Un bacione, dolcissimo, con tutto il bene che ti voglio!

 

 

Per questa volta è tutto!

Alla prossima! ^^

 

Kiki87

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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