Here without
you.
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Me.
I° Parte.
“
Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono orgoglioso di te…
…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa… sono stato troppo egoista con
lei…
…l’ho fatta soffrire…”.
Un dolcissimo
sorriso, lo sguardo etereo di chi sente l'inequivocabile e irresistibile
richiamo del mondo celeste.
Un ultimo
sorriso a colui a cui ha dato la vita, un ultimo pensiero a chi lo ha amato più
d’ogni altra cosa...chi fin da bambina gli ha donato il suo cuore...
Un dolce ma
terribile solleticare del cuore...un brivido... una lacrima birichina che fa
brillare quegli occhi di velluto...come l'ultima stella che illumina il
firmamento e sta per dissolversi...
Un ultimo
sguardo per abbracciare il mondo, tutti coloro che l'hanno amato e continueranno
a farlo da quaggiù, a tutti coloro che lo sa, continuerà ad amare e guardare
dall'alto.
Addio.
~
Juman stava
ancora trafficando intorno al televisore, ma sembrava che fosse impossibile
ripristinare il collegamento con l'arena in cui si stava ancora svolgendo il
Cell Game. Spense la televisione, quando apparve di nuovo l'immagine di un
giornalista che si scusava con gli utenti per il disagio creato al quale -
veniva detto - i tecnici stavano cercando di porre rimedio, ma risultava
impossibile rintracciare l'operatore e il giornalista inviati al Torneo.
Sospirando,
rivolse lo sguardo a sua figlia: la giovane donna era seduta alla tavola, il
cestino da ricamo era ancora posato ed aperto sulla superficie di legno.
Teneva in mano
una tuta da combattimento arancione che stava cercando di rammendare un'ennesima
volta. I suoi movimenti erano precisi, esperti, abitudinari, mentre Juman
osservava l'ago illuminato dalla luce del lampadario emergere e poi nascondersi
di nuovo nel tessuto che la donna stava rinforzando.
I suoi occhi non
seguivano le sue azioni, ma sembravano osservare un punto indefinito, un tumulto
d’emozioni, di sensazioni sottopelle pesavano come un immenso e insostenibile
macigno nel suo cuore le cui fragili pareti oscillavano impotenti.
La mano di suo
padre si era poggiata delicatamente ma fermamente sulla sua spalla, la giovane
si riscosse, e finalmente alzò quelle perle di notte verso di lui.
Vide un sorriso
fiducioso e speranzoso fare capolino sulla faccia barbuta ed estendersi ai
quegli occhioni dolci e gentili.
"Andrà tutto
bene, Chichi”.
Disse
un'ennesima volta, infrangendo il silenzio carico di tensione che regnava
sovrano nella stanza, la giovane continuò a guardare il padre attentamente,
sostenendo il suo sguardo e cercandovi una conferma a quanto aveva detto,
cercando in quegli occhi conosciuti quella forza di cui ora sentiva di avere un
disperato bisogno. Suo padre annuì con il capo, continuando a sorridere e
premendo la mano sulla sua spalla ancora una volta.
Un sorriso fece
debolmente capolino sulle sue labbra, seguito da un profondo sospiro, mentre
chiudendo gli occhi, miriadi d'immagini dei suoi due 'uomini' emersero: la festa
di compleanno del loro adorato Gohan, e il modo in cui si era disastrosamente
conclusa (povera torta di compleanno! E pensare tutta la fatica che aveva fatto
per prepararla…che brutta fine! Spalmata addosso a lei, a suo marito, a Crilin e
a suo padre!), il loro picnic sul lago, il modo in cui il bambino sorrideva
rassegnato quando gli intimava di fare i suoi compiti (sebbene avrebbe preferito
di gran lunga seguire il padre in una delle sue passeggiate, o semplicemente a
fare un sonnellino sotto i tiepidi raggi del sole), il modo in cui si era
lasciato stringere e baciare più e più volte, per salutarla, rassicurandola che
tutto sarebbe andato bene, sarebbero presto tornati da lei.
'Goku...'.
Lo rivide da
piccolo, quando era giunto a salvarla per ricondurla alle braccia paterne, il
loro prima viaggio sulla sua nuvola d'oro, quel primo disastroso
appuntamento…quello stupidone aveva frainteso tutto e l’aveva sfidata a
combattimento, quando lei trepidava per un bacio (e il pugno rimase per sempre
impresso nella corteccia del malcapitato albero e sotto le loro iniziali!), il
loro scontro al Torneo d’Arti Marziali, il loro fidanzamento, l'avventura per la
ricerca del ventaglio di Bansho, il matrimonio, la nascita del loro bambino.
Aveva osservato
il marito in quegli ultimi dieci giorni, notando come più e più volte si
soffermava a guardarla, a guardare il loro figlioletto, distribuendo sorrisi,
baci ed abbracci con tenera assiduità, ricordò di averlo sorpreso più volte a
vegliare il figlio, quando lei - dopo le consuete ultime pulizie domestiche -
saliva al piano superiore.
Immancabilmente
lo vedeva trasalire quando appoggiava una mano sulla sua spalla e gli chiedeva
che cosa stesse facendo, allora le sorrideva, con quel caldo ed intenso sorriso
da Son, pieno di luce e d'amore, carezzandole la guancia, riponendole alcune
ciocche di capelli dietro l'orecchio, mentre il suo sguardo si faceva così
intenso da metterla in soggezione e farla arrossire come una scolaretta.
Lui allora
sorrideva con una semplicità e un calore tale da disarmarla, prima che si
chinasse, e come ali di farfalla, posasse le labbra sulle sue. In modo così
dolce, tenero da darle l'impressione che stessero condividendo il loro primo
bacio, salvo scostarsi con quello stesso magico sorriso e poi condurla,
tenendola per mano, verso la loro camera. Si era stupita di quanto persino
quell'aspetto da guerriero, da 'duro', da vero e proprio saiyan (persino la
notte, con suo rammarico, non rinunciava alla trasformazione in super saiyan)
s’illuminasse e si bagnasse della sua tenerezza, della sua unica
dolcezza…ricordò con un sorriso ancora una volta la festa di compleanno…aveva
assaggiato della glassa, prendendola dal viso di Goku e il super saiyan, l’uomo
più forte dell’universo…era arrossito…
Un delizioso
colorito roseo le tinse le gote e le illuminò gli occhi d'ebano al ricordo di
quella notte trascorsa insieme, al momento in cui si era appisolata e si era
lasciata cullare dalle sue braccia, cadendo in un tepore che le aveva regalato
un meraviglioso sonno che non aveva più provato fin dai primi giorni di
matrimonio, vuoi le varie preoccupazioni domestiche, vuoi le lunghe assenze del
figlio e del marito e l'acquisita consapevolezza del ruolo che doveva ricoprire,
in quanto moglie dell'eroe, del salvatore della Terra.
Ricordò del
meraviglioso risveglio, il bacio che le aveva regalato suo marito, le sue
carezze sulla guancia, quello sguardo intenso e perso in ogni suo gesto, mentre
l'aveva di nuovo attirata a sé, stringendola con tanta forza quasi da farle
male, quasi temendo che lei sarebbe potuta scomparire da un momento all’altro e
le dolci parole d’amore sussurrate mentre i raggi del sole li salutavano,
annunciando l'inizio di quella lunga giornata.
Sospirò ancora
una volta e ultimate le cuciture, prese in mano la casacca della tuta arancione
di suo marito, sorrise soddisfatta, chiedendosi distrattamente in quale stato
pietoso sarebbe rincasato, ricordandosi di andare nella loro camera e tirar
fuori il kit del pronto soccorso per disinfettare le varie abrasioni e ferite, e
pensando con un sospiro che il giorno dopo avrebbe impiegato diverse ore per
rammendare le tute - o meglio i brandelli di tute - che suo marito e suo figlio
avrebbero esibito al rientro. Si rilassò contro lo schienale della sedia,
chiudendo per un attimo gli occhi, portandosi una mano al ventre, quando avvertì
un'improvvisa ed insolita fitta di dolore.
Ma quella fitta
al ventre, fu nulla rispetto all'improvvisa e agghiacciante morsa in cui sentì
il suo cuore stringersi e quasi soffocare, annaspò per qualche istante senza
fiato, lasciando cadere a terra la casacca, e portandosi le mani al cuore,
avvertendone il rallentamento dei battiti...un secondo dopo...le sembrò che le
pareti del suo cuore fossero semplicemente crollate, mentre un brivido freddo le
corse lungo la schiena.
"Chichi?!
Tesoro...cosa...?!".
' Mio Dio...Goku...'.
~
La luna regnava
sovrana in quella gelida notte, le stelle - una alla volta - erano apparse nel
cielo e vegliavano amorevolmente sulla terra e sull'umanità, quasi ad indicare
che la paura, il terrore, la morte che sembrava incombere su tutti, si erano
dileguate e la vita, con la sua straordinaria forza avrebbe ripreso a scorrere.
“Hai combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono fiero
di te…
…di’ alla Mamma che il tuo Papà le chiede scusa…sono stato
troppo egoista con lei…
…l’ho fatta soffrire…”.
Quelle parole,
le ultime sussurrate dal padre, continuavano a ronzare nella sua mente, come una
dolce ma straziante melodia, mentre si rendeva conto che non avrebbe mai, mai
dimenticato il suo sguardo, il suo sorriso, quel luccichio nei suoi occhi, il
suo Addio.
Vide dall'alto
la sua casa, un fumo nero che usciva dal camino, le luci ancora accese.
Nonostante la tarda ora, sapeva che sua madre era lì, la sua dolcissima quanto
severa madre; sapeva che aprendo la porta sarebbe stato risucchiato tra le sue
braccia, su di lui avrebbe pianto lacrime di gioia, gli avrebbe detto con voce
rotta quanto lo amasse, quanto si fosse preoccupata per lui, e quanto fosse
stato incosciente suo padre a decidere di farlo combattere...
A quel pensiero
fu come se una ferita avesse ripreso a sanguinare, il suo cuore perse un
battito, sospirò, cercando di arginare quel magone che dall'addio di suo padre
gli stringeva la gola, facendolo annaspare, racchiuse nelle palpebre le lacrime
che avrebbe voluto versare amaramente.
Atterrò sul
suolo, muovendosi un passo alla volta, lentamente, mentre cercava di distinguere
la figura di sua madre, ma nella sua mente non poteva smettere di proiettare le
immagini di suo padre, le sue parole, lo avrebbero accompagnato – n’era certo –
fino a quando non sarebbe stato lui a chiudere gli occhi per sempre.
Sua madre...la
sua dolce, forte ma fragile e delicata madre...quali parole per esprimere il
tutto?
Quali parole per
confortarla? Per darle forza?
Lui...lui che
era solo un bambino...
Lui che aveva
vissuto delle esperienze che nessun altro bambino alla sua età avrebbe mai
potuto immaginare; che nessun bambino dovrebbe conoscere, lui che si sentiva
così vulnerabile.
Lui che aveva
salvato la Terra, lui che aveva eliminato quell'assassino, lui che si era
macchiato le mani del suo sangue, lui che aveva sviluppato una forza fisica di
gran lunga superiore al principe dei saiyan...e a suo padre.
Lui che...si
sentiva così…abbandonato.
Guardò in alto
il cielo, sospirando e scacciando le lacrime che scorrevano sul suo viso, mentre
un solo, amaro singhiozzo fuoriuscì dalle sue labbra tremanti.
Quasi
vergognandosi, si asciugò prepotentemente il viso, e sospirò prima di guardare
ancora verso il cielo, quasi certo che lassù suo padre lo stesse guardando…e
sicuramente stava sorridendogli.
‘ Papà…perdonami se puoi.’.
Mise una mano
sulla maniglia e aprì la porta, entrando sulla soglia dell’uscio le sue narici
colsero subito il profumo delle varie pietanze che sua madre doveva aver
preparato per festeggiare, avvertì il fragore delle fiamme che ardevano nel
camino, ma i suoi occhi in quel momento cercavano solo una persona.
La vide scendere
le scale che conducevano al piano superiore, tenendo in mano tutto il necessario
per le medicazioni, ma quando i loro sguardi si incrociarono, vide le sue labbra
comporre il suo nome, seguito da altre parole che non riuscì bene a distinguere,
il tutto intervallato da sommessi singhiozzi e lacrime, lasciò cadere a terra
le varie scatole e gli corse incontro, si inginocchiò sul pavimento,aprendo le
braccia.
Non avrebbe
saputo dire chi per primo si fosse mosso, chi avesse accolto l'altro tra le
proprie braccia, l'unica cosa che veramente importava era sentire il calore
della sua presenza, il suo amorevole abbraccio, le sue esclamazioni di gioia, i
suoi singhiozzi soffocati, le sue carezze, i suoi baci, il suo profumo, il suo
delicato tocco.
' Oh Mamma...avrò cura di te...non
ti abbandonerò mai...'.
Quando si
scostò, sua madre sorrideva con ancora le lacrime agli occhi, le mani appoggiate
sulle sue spalle, prima di accarezzargli ancora la testolina e i capelli
arruffati.
"Oh Gohan...tesoro!".
Disse ancora con un sorriso lacrimoso.
"Non piangere
mamma, sono tornato!”.
“...sono tornato
da te...".
Bisbigliò
appena, lasciandosi stringere un'altra volta, mentre dentro di sé avvertì la sua
ferita ricominciare a sanguinare copiosamente,soffocò un singhiozzo contro la
sua spalla.
Chichi avvertì
il corpo del figlio irrigidirsi, e lo scostò di nuovo da sé, continuando a
sorridere commossa, ringraziando Dio una quantità infinita di volte,
accarezzandolo sulla guancia e guardandolo confusa per la sua espressione.
"Gohan...tesoro?".
"Sto bene,
Mamma, sto bene! E’ solo che sono felice di essere qui… con te...".
Disse con gli
occhi lucidi, il suo cuore diviso: la commozione per riabbracciare e vedere la
persona più cara che aveva ancora al mondo e il dolore per scomparsa dell'altra
persona più importante.
Chichi annuì
appena, sorridendogli intenerita. Si alzò di nuovo in piedi, guardando la porta
ancora aperta, mentre Gohan abbassava la testa, serrando forte gli occhi e
mordendosi le labbra.
L'espressione di
Chichi era ancora felicemente commossa mentre osservava ancora l'ingresso,
nell’attesa di scorgervi una seconda figura, di sentirne i passi avvicinarsi.
Chinò la testa
per guardare suo figlio che non aveva più il coraggio di ricambiarne lo sguardo,
gli occhi che scintillavano, un nuovo e teso silenzio a riempire l'atmosfera.
"Gohan...?".
Il ragazzino si
prese forza, serrò fermamente i pugni, capendo che non c'era nulla che potesse
fare, non poteva evitare di ferire mortalmente la madre con poche parole che
l'avrebbero dilaniata, le avrebbe spezzato il cuore e l'avrebbero fatta
precipitare in un baratro di dolore, di rimpianto, di tenebre oscure; il tutto
incorniciato dalla figura di suo padre: non più un dolce ritratto racchiuso nel
suo cuore innamorato ma uno straziante ricordo, accompagnandola nella sua vita
senza di lui.
Alzò lo sguardo
su sua madre, la vide leggermente impallidita, le lacrime che traboccavano dai
suoi occhi, fino a quel momento, sembravano essersi bloccate, notò qualche
muscolo vibrare sulla sua guancia, le labbra - che non riuscivano a formulare la
sua domanda, quella terribile domanda!- rese aride da quel nefasto silenzio, i
suoi occhi sembravano improvvisamente resi opachi...privi di vita.
"Mamma...".
Bisbigliò appena
e quando la vide indietreggiare, la sua bocca fare una lieve smorfia come se
stesse mangiando qualcosa d’amaro, n’ebbe la conferma.
La vide ritrarsi
improvvisamente da lui, come temesse che lui, il suo adorato figlio, la sua
creatura potesse ferirla, ferirla mortalmente, la vide portare una mano al
cuore, e guardare ancora disperatamente la porta d'ingresso da cui entrava
solamente una gelida brezza che la schiaffeggiò brutalmente, facendo bruciare le
lacrime rotolate sul suo visino.
"No...".
Bisbigliò appena Chichi.
"No...".
"Mamma...".
"NO!".
"Mamma...".
Quasi non
riconobbe il verso stridulo ed acuto che era uscito dalle sue labbra, mentre la
guardava impotente, avvertendo lui stesso la forte tentazione di scoppiare in
lacrime, la forte tentazione di piangere fino a cadere stremato a terra.
Si lasciò cadere
ancora una volta in ginocchio, tenendo ancora una mano sul cuore, socchiuse gli
occhi, incurante delle lacrime che ripresero a scorrere e bagnarle il viso, il
collo; batté con rabbia, con disperazione, con forza i pugni a terra, gridando e
urlando al mondo il suo dolore.
I singulti
presero a scuotere il suo corpo, ogni singulto era come un colpo sferrato con
inaudita violenza al suo cuore, ogni lacrima che scorreva sul suo viso era come
ogni goccia di sangue, sì perché in quell'istante, il quel semplice frammento
d'eternità: il suo cuore era morto.
"Oh Mamma...".
Bisbigliò appena
con le lacrime agli occhi, incapace di trovare parole di conforto, incapace di
fare qualcosa che la facesse sentire al sicuro, che attenuasse quella voragine
di amaro dolore, incapace di fare qualcosa che potesse scaldarla… almeno una
ventesima parte di quanto suo padre sapesse fare con un semplice abbraccio.
Si avvicinò alla
casa, chiamando a gran voce il nome del nipotino adorato, sorridendo quando ne
scorse l'immagine, tenendo ancora in mano scatole su scatole di festoni,
ghirlande, giochi, cibi per festeggiare, tutta la famiglia unita, la vittoria e
la morte di Cell.
Nessuna risposta
alle sue urla felici, nessuna reazione, nessuno che gli venisse incontro
ridendo, facendogli cenno d'entrare, aiutandolo a trasportare i vari pacchetti,
un gelido e inquietante silenzio.
Entrò dentro
silenziosamente e quando vide al centro della stanza la figlia rannicchiata tra
le braccia del nipotino, quando avvertì i suoi disperati e incontrollati
singhiozzi, lasciò cadere a terra tutto quanto e rimase ad osservarli impotenti,
gli occhi si fecero lucidi, e le sue labbra tremarono, indietreggiò fino ad
uscire dall’abitazione, con il capo chino.
Dopo attimi che
gli parvero infiniti in cui realizzò quello che doveva essere accaduto, si voltò
a guardare il cielo, incredulo, attonito.
Tra le eteree
stelle, una brillava più delle altre, vegliando su loro.
'Goku...figliolo...'.
~
"No, Gohan...".
Bisbigliò appena
la voce di Juman bloccando il nipote, e ponendo una mano sulla sua spalla,
mentre questi era intenzionato ad entrare nella camera di sua madre.
Anche
dall'esterno si potevano udire distintamente i suoi singhiozzi disperati,
interrotti da sussurrati e strazianti richiami, mentre con parole rotte dal
pianto invocava ancora il nome di suo amato, quasi sperando che - ancora una
volta - avrebbe fatto goffamente capolino dalla porta, le avrebbe sorriso,
l'avrebbe stretta tra le sue braccia, per non lasciarla più.
"Ma...nonno...".
Bisbigliò appena
la voce di Gohan, gli occhi luccicanti, le labbra tremanti, il pomo d'Adamo che
saliva e scendeva senza controllo, un muscolo che vibrava sulla sua guancia
pallida.
"Non c'è nulla
che possiamo fare per lei adesso…”.
Disse con voce
atona ma ben distinta.
Il ragazzino
scosse lentamente la testa, guardando suo nonno con occhi lucidi ma fermi:
"No, nonno...non
posso abbandonarla! Non posso!". Disse con forza.
"So che ti
prenderai cura di lei…
.
So che sarai il
pilastro della sua vita d'ora in poi...
Ma almeno questa
notte...questa notte soltanto, lascia che tua madre viva da sola, il suo
dolore...".
Il ragazzino
abbassò la testa, salvo sussultare ad un ennesimo e disperato singhiozzo,
guardando impotente la porta chiusa.
'Papà…veglia la mamma da lassù...'.
~
Camminò con
passi felpati, avvolto dall'oscurità, cercando di non far rumore, aprì
delicatamente la porta della camera, ed entrò.
Si accostò al
letto, vedendo una figura rannicchiata e appoggiata docilmente al cuscino, i
capelli scarmigliati, le palpebre calate, le lacrime che ancora luccicavano alla
luce della luna; stringeva tra le braccia quella stessa tuta che quel giorno
aveva rammendato, come una bambina che cerca nel suo orsacchiotto preferito
sicurezza e calore che in quel momento le era venuto a mancare.
Il suo respiro
profondo, il petto si alzava e abbassava automaticamente, una mano che cercava e
toccava l'altra parte del letto, quasi ad avvedersi che dall'altra parte ci
fosse qualcun altro, quasi sperando di avvertire un’altra presenza.
Le rimboccò le
coperte, le scostò delicatamente i capelli dal viso, carezzandoli lentamente e
teneramente. Osservò le sue labbra muoversi e un sussurro fuoriuscire da esse,
mentre stringeva con più vigore la casacca arancione.
"Go-ku- san".
"No, mamma...sono
io...".
Bisbigliò con
voce rotta, sedendosi sul bordo del letto e continuando ad accarezzarla, mentre
le lacrime fuoriuscivano dai suoi occhi, così simili a quelli di lei.
Così simili a
quelli di sua madre, proprio come in quegli ultimi dieci giorni aveva continuato
a ripetere, con evidente orgoglio ed amore, suo padre.
"Gohan...".
Mormorò con voce
rotta, aprendo gli occhi arrossati e guardando il figlio senza
riuscire a dire
altro, mentre un altro singulto la scuoteva, facendola annaspare e inducendola a
portarsi un'altra volta la mano al petto.
"L-Lui...non
tornerà, vero?".
Non era una
domanda, quanto il bisogno di una conferma, voleva sentire dalle labbra di suo
figlio, il neo-eroe della Terra dirle con la sua purezza, con la sua sincerità
quell’amara realtà che la stava schiacciando con tutto il suo peso.
“No Mamma”.
Disse a stento.
“…dice che è
meglio così…per tutti noi…”.
La donna fu di
nuovo scossa dai singhiozzi, immergendo il viso nell'indumento e riprendendo a
piangere disperatamente, illuminata dai delicati e soffici raggi di luna che
cadevano sulla sua esile e fragile figura, quasi a volerla confortare.
Il ragazzo la
strinse di nuovo a sé, sospirando, cercando di trattenere le lacrime e reprimere
con forza i singhiozzi, era...abbandonato.
Entrambi...erano
abbandonati.
Erano soli,
vulnerabili, fragili.
"Mamma...voleva
che ti dicessi...che, che… gli dispiace di averti fatto soffrire...".
I singhiozzi si
quietarono improvvisamente, alzò il viso dal petto del figlio e lo guardò con
occhi sbarrati ancora grondanti di lacrime.
"L-lui...".
"Sono state le
sue ultime parole, Mamma...voleva chiederti perdono...".
Annuì appena,
asciugandosi le lacrime, con le labbra ancora tremanti, distogliendo lo sguardo
da suo figlio, e guardando verso il cielo.
"Lui… lui era
così….felice. Così felice, in questi ultimi giorni…”.
Snocciolò con
voce che quasi non riconobbe come la propria. In ogni parola, in ogni sillaba
sembrava essere scandita la sua immane sofferenza, marchiata come un timbro
indelebile sulle pareti vacillanti del suo cuore,mentre il figlio la guardava
incapace di dirle qualcosa in risposta, di reagire in qualche modo.
"...ed era
così…fiero di te…”.
Disse
continuando a guardare le stelle con gli occhi scintillanti, Gohan alzò lo
sguardo, guardandola incredulo, con gli occhi sbarrati.
"...e anch’ io
lo sono...".
A
hundred days have made me older
since
the last time that I saw your pretty face...
(Cento giorni mi hanno reso
più vecchio
dall'ultima volta che ho visto
il tuo grazioso viso…).
Gli accarezzò la
gota con dolcezza e tentò di sorridere, cercando di accantonare, per quel misero
frammento d’eternità, il dolore. Così facendo avrebbe potuto mostrare e
trasmettere tutto l’amore per suo figlio, per il loro amatissimo figlio…l’unica
cosa ancora viva che le rimaneva di Goku.
Il ragazzino non
poté più trattenersi, scoppiò in un amaro e disperato pianto, mentre i
singhiozzi del bambino, dell'anima del bambino racchiusa nel corpo di quello che
stava diventando così rapidamente un uomo, riempirono la stanza e si abbandonò
bisognoso tra le braccia della madre che lo accolsero con lo stesso vigore, la
stessa forza violenta del suo, del loro pianto solitario.
"E' tutta colpa
mia, Mamma! E’ tutta colpa mia!”
“...se solo lo
avessi ucciso prima, se avessi fatto come mi aveva detto Papà, se avessi
obbedito…oh,perdonami mamma…! Perdonami!”.
“…”.
Il suo cucciolo
si era finalmente sciolto nel calore delle sue braccia, aveva finalmente dato
libero sfogo a quel macigno insopportabile nel suo cuore, si era finalmente
aperto alla sua sofferenza stessa e ora quello che ai suoi occhi era un eroe, il
suo eroe…tremava e singhiozzava senza più ritegno e remore tra le sue braccia,
bisognoso soltanto di tutto l’amore che un’anima dilaniata può ancora donare,
deve – per il suo stesso bene – continuare a donare.
“Perdonami
Mamma! Non ti abbandonerò mai, non ti abbandonerò mai! Ma perdonami...ti prego,
perdonami!!".
"Schhh...tesoro...sccchh...!
Tesoro mio, Gohan!”.
“Mamma…”.
“Non ti
abbandonerò tesoro, non ti abbandonerò mai!La mamma sarà sempre qui con
te…sempre!”.
Si strinsero con
la forza del dolore, della disperazione, dell'angoscia, in quel lettone così
grande, e per quella notte...per quella notte madre e figlio vissero
semplicemente la loro immane sofferenza.
Domani sarebbe
stato un altro giorno...
Ma quella
notte…c’erano solo loro…e il loro dolore.
~
La giovane donna
scese dal suo piccolo jet, rinchiudendolo in una capsula. Cingendo delicatamente
il figlioletto di quasi un anno, percorse il piccolo vialetto verso quella casa
familiare.
Fu Juman ad
andare ad aprire e il suo viso così serio e contrito, si addolcì scorgendo la
persona di fronte a lui, accogliendola con un caloroso sorriso.
"Oh, ciao
Bulma...".
"Buongiorno...Juman...".
Rispose sorridendo, salvo tornare a farsi seria, guardandolo attentamente.
"Chichi è in
casa? Vorrei...sì, beh vorrei parlarle...pensi che sia possibile?".
Chiese
riferendosi evidentemente a tutto ciò che la donna stava passando, chiedendosi
se potesse esserci qualcosa che lei, una celebre scienziata, potesse fare per
alleviare il suo dolore, o esserle in qualche modo di supporto.
Juman non
rispose, ma si limitò a spostarsi dal vano della porta e farla entrare.
"Dai pure a me
il tuo bel bambino...Chichi è di sopra, forse sta dormendo...non saprei...".
Sospirò.
Bulma annuì
comprensiva, baciando il piccolo Trunks, bisbigliando un ‘la mamma torna subito’
lo depositò tra le forti braccia di Juman.
"E Gohan?".
"Ha mangiato
qualcosa ed è uscito a fare una passeggiata... è… è stato orribile, Bulma…per
tutti noi”.
Bulma non poté
che annuire, sospirando tristemente, prima di dirigersi verso le scale, per
salire al piano superiore.
Camminò per un
tratto di corridoio, trovandosi davanti alla porta della camera da letto della
moglie del suo amico, accostò l'orecchio alla porta per sentire dei rumori ma
avvertendo quel gelido silenzio, l’aprì delicatamente per evitare di
svegliarla, qualora stesse dormendo.
Una volta che
l’ebbe aperta, la vide e trattenne il respiro.
Chichi era
seduta sul letto, i capelli ancora spettinati e sciolti, ricadevano sul suo
volto angelico, gli occhi spenti e lucidi che osservavano ciò che teneva in
grembo, quella tuta arancione che aveva da sempre odiato e che ora accarezzava
con cura e tenerezza.
Non doveva
essersi accorta della sua presenza, così Bulma Brief camminò lentamente sino al
letto, bisbigliando il suo nome per non spaventarla. Chichi alzò lo sguardo
guardandola per un istante, salvo tornare ad accarezzare quasi ipnotizzata la
casacca, e Bulma notò con dispiacere le occhiaie sul suo viso delicato, gli
occhi arrossati, quegli occhi che avevano sempre brillato come il suo spirito
stesso, sembravano essersi spenti…resi opachi, privi di vita.
Posò una mano
sulla sua spalla, sedendole accanto e sospirando, non sapendo che cosa fare o
che cosa dire per alleviarla dalle sue sofferenze.
"Chichi...".
Bisbigliò appena.
"Sto bene...".
Rispose lei automaticamente, senza nemmeno alzare lo sguardo.
Bulma sospirò,
prendendole ad accarezzare delicatamente la schiena.
"Devi farti
forza...Chichi…”.
“…”.
“Lo sai, Goku
non vorrebbe che tu...".
"Che io cosa?!".
Bulma sussultò
mentre la donna aveva di nuovo alzato lo sguardo su di lei,i suoi occhi parvero
accendersi per un istante e sprigionare delle fiamme, le fiamme del suo stesso
dolore, del suo rimpianto, dell’amarezza, di quel cumulo nocivo di sensazioni,
di emozioni che gravavano nella sua anima tormentata…era bastato pronunciare il
nome di suo marito.
"Non vorrebbe
che io...piangessi...certo! In fondo perché dovrei farlo…mi ha chiesto
perdono,prima di morire...questo mette tutte le cose a posto! Devo mettermi il
cuore in pace e sorridere e far finta che vada tutto bene...è questo che dovrei
fare, secondo te?!”.
"Chichi...ascolta,
tu...".
"Io non posso
farlo...perché- perché DANNAZIONE non c'è NULLA…N-U-L-L-A (!!) che vada bene...non
più...”.
Si portò una
mano alla bocca, cercando di reprimere un altro singulto.
”Oh…Chichi, io…”.
“Me lo avete
portato via…ancora una volta…”.
Disse a stento
tra le lacrime e i singhiozzi, scuotendo la testa e così anche i suoi capelli.
"Chichi...cosa?".
"Voi...voi
tutti...me lo avete portato via...lui si è sacrificato per tutti noi...e mi ha
abbandonata…mi ha abbandonata ancora una volta…con nostro figlio…ma questa volta
non tornerà…non tornerà mai più…
Non tornerà mai
più da me…”.
Disse
amaramente, riprendendo a singhiozzare, stringendo spasmodicamente la tuta,
mentre Bulma l'avvolgeva tra le sue braccia, stringendola ed accarezzandola.
…a
thousand lies have made me colder
and I
don't think I can look at this the same...
(Mille bugie mi hanno reso più
freddo
e non penso di poter guardare
alle cose nello stesso modo…).
"Sarebbe stato
meglio che Cell avesse distrutto il pianeta! Sarebbe stato meglio saltare tutti
quanti in aria! Ora almeno non...".
"Chichi! Non
puoi pensare una cosa del genere...cosa pensi che direbbe Goku se lo sapesse?!
Come puoi dire una cosa del genere…quando proprio Goku si è sacrificato per….".
"Vattene!".
"Chichi...ti
prego, ascolta…”.
"VATTENE! Tu non
puoi capire... NESSUNO può capire...vattene! Tu hai un uomo da cui puoi
tornare...tu...".
Aveva cominciato
ad urlare, i suoi occhi fiammeggiavano ardenti, mentre riusciva a stento a stare
in piedi, le sue labbra tremanti, le lacrime a bagnarle ancora il viso, il suo
cuore che sembrava aver rallentato ancora una volta i battiti… fino a quando un
intenso, insopportabile dolore le attanagliò il petto e il ventre, annebbiandole
la vista, udendo a malapena le parole e i richiami di Bulma, semplicemente non
vide più nulla e le sembrò di cadere debolmente a terra, se non fosse stato che
due braccia forti l'avevano sostenuta, prima che potesse toccare il pavimento.
'Goku'.
"CHICHI!".
"Chichi...la sua aura...è
diminuita...improvvisamente!".
~
La dottoressa
uscì dalla camera: Juman, Gohan, Bulma, Crilin e Genio si alzarono
immediatamente.
Juman e Gohan le
andarono incontro, entrambi i loro visi ancora sconvolti e tesi, cercando di
capire come stessero le cose, osservando l'espressione della dottoressa.
La donna si levò
gli occhiali che pulì con un lembo del camice bianco, prima di rimetterli,
rivolse lo sguardo al bambino e al nonno che si erano avvicinati e la guardavano
ansiosi.
"Allora...dottoressa...come
sta mia figlia?".
"Come sta la mia
mamma?".
La dottoressa
volse lo sguardo al bambino, sorridendogli, rassicurante e scompigliandogli i
capelli, prima di tornare a farsi seria, guardando negli occhi di Juman.
"Sua figlia ora
sta bene...ma per precauzione vorremmo tenerla sotto osservazione per le
prossime ventiquattro ore...".
Juman sospirò un
"grazie a Dio!", prima di guardare la dottoressa ed annuire, sorridendole grato.
"Ma cosa pensa
sia stato di preciso, dottoressa?".
"Un forte shock
emotivo, suppongo...".
Disse e notò lo
sguardo dei due rattristarsi, dandole un'altra prova della sua esatta diagnosi.
"E' stata molto
fortunata...".
Aggiunse,
guardando seriamente Juman.
"...nel suo
stato attuale questi forti shock possono essere molto pericolosi...".
"Cosa...cosa
vuol dire?Il suo ‘stato attuale’?".
"...fortunatamente
però il feto sembra non averne risentito...".
Tutti i presenti
stralunarono gli occhi increduli, impallidendo, mentre Bulma stringeva a sé il
piccolo Trunks soffocando un singhiozzo con una mano.
"I-Il feto?!".
Riuscì appena ad articolare Juman.
"Sì…”.
Disse la
dottoressa, guardandoli tutti seriamente.
“…sua figlia
aspetta un bambino…”.
“Un…un
bambino?!”. Ripeté Gohan incredulo e stordito.
~
“CHICHI!”.
Re Kaioh
sussultò, mentre era fermo immobile e si stava sporgendo con le sue speciali
antenne, per controllare (come di consuetudine) ogni pianeta della Galassia del
Nord.
Sentendo
l’improvviso urlo di Goku, perse la concentrazione e sussultò, così facendo si
stava – inavvertitamente- sporgendo ulteriormente rischiando così di cadere.
Tentò di recuperare l’equilibrio agitando spasmodicamente le braccia in avanti,
fino a quando il suo corpo non trovò saldo sostegno nelle gambe.
“Oh…Kami…”.
Bisbigliò ancora
madido di sudore e scosso, passandosi una mano sulla fronte, salvo voltarsi,
pronto a farla pagare a quello screanzato che neanche dieci giorni prima lo
aveva VOLONTARIAMENTE fatto morire per salvare il suo pianeta, che razza
d’egoista era stato…lui, una delle massime autorità era stato ucciso a causa sua
e di quell’orribile mostro!
Dulcis in fundo,
la sua morte era stata anche vana, poiché Cell era riuscito comunque a far
ritorno sulla Terra.
Il suo pianetino
distrutto, la sua casa…la fiammante auto nuova…e tutto per quel ragazzo
impertinente (e con il negato umorismo!) che non gli aveva mai portato il dovuto
rispetto.
Son Goku era
seduto ai piedi di un albero, Bubbles gli trotterellava attorno, tenendo in mano
un casco di banane e cercando di attirare la sua attenzione, camminando nel suo
tipico modo, con i palmi delle mani rivolte verso il cielo con il suo “uh,uh,
uh, uh, uh!”; ma il ragazzo aveva ancora gli occhi stralunati, l’espressione
seria, prima che tornasse a chiudere gli occhi.
Sul suo viso
vibrò un muscolo e sospirò, passandosi una mano tra i capelli prima di chiudere
fermamente i pugni, quasi con rabbia, riaprire gli occhi con lo sguardo basso.
“Goku…?
Figliolo….?”.
Lo richiamò Re
Kaioh, completamente dimentico dell’ira e della stizza di pochi istanti fa non
appena vide la sua figura stranamente inquieta e cupa, non capendo il motivo di
quel suo stato d’animo, mentre camminava lentamente verso di lui, ricordando di
averlo sentito gridare angosciato il nome “Chichi”.
Chichi…lo aveva
già sentito...
‘ Ma
certo…dev’essere il nome di quella terrestre, sua moglie…’.
“Goku…”.
Lo chiamò
un’altra volta, mentre il ragazzo aveva ancora gli occhi chiusi ed era ancora
seduto ai piedi dell’albero.
Il giovane aprì
gli occhi, incrociando lo sguardo del suo mentore, alzandosi subito dopo in
piedi, prendendo a camminare agitato, tornando a passarsi una mano tra i
capelli, con lo sguardo chino e il viso contrito.
“Cosa…cosa è
successo…figliolo?”.
Chiese Re Kaioh
seguendolo, salvo andare a sbattere contro la sua schiena, quando questi si
bloccò di colpo, gemendo e ritirandosi, tenendosi dolorosamente il naso, mentre
Bubbles aveva lasciato cadere la banana e lo additava con divertiti
“uh,uh,uh,uh!”.
“Bubbles…razza
d’impertinente, smettila! Goku…figliolo, vorresti spiegarmi…”.
Chiese con una
nota impaziente e un poco stizzita (e soprattutto dolorante) nella voce, mentre
continuava a sfiorarsi il naso, meravigliato che non si fosse rotto all’urto con
la sua possente schiena.
“La sua aura…è
diminuita improvvisamente…”.
“La sua aura…?
Riesci a percepirla anche da quassù…?”.
“…si è azzerata
di colpo…”.
Continuò a
parlare Son Goku, quasi non avendo sentito le parole di re Kaioh, mentre
sembrava stesse ragionando tra sé, più che fornirgli spiegazioni, stringendo con
forza i pugni.
“…azzerata?
N-non capisco…cosa, cosa stai dicendo?”.
“…è come se
fosse…svenuta…dev’esserle senz’altro successo qualcosa! Ma cosa?!”.
Disse
amaramente, lasciandosi cadere in ginocchio, stringendo con forza i fili d’erba
del neo pianeta di Re Kaioh, con un gemito strozzato.
“Chichi…”. Disse
con voce flebile.
Anche la piccola
scimmietta sussultò, guardandolo incredulo, smettendola di saltellare e guardò
confuso Re Kaioh e prendendo a fare dei frenetici e incomprensibili cenni con le
mani e con le braccia, riprendendo con un assiduo “uh,uh,uh,uh,uh?”.
“Insomma…stai
zitto, Babbles! Ti sembra questo il momento?! Figliolo…”.
Si alzò subito
dopo e si voltò verso re Kaioh, correndo verso di lui e appoggiando le mani
sulle sue spalle, guardandolo ansiosamente e spaventandolo.
“ Re Kaioh…la
prego! Mi metta in collegamento con Gohan…con Juman…devo sapere cosa sta
succedendo! Devo saperlo!”.
Disse
scuotendolo, e facendolo oscillare quasi come una bambola di pezza.
“Ma…ma…Figliolo!”. Disse a stento, cercando di non cadere mentre la presa del
ragazzo non diminuiva.
“La prego re
Kaioh…la supplico…le è successo qualcosa, lo so…lo sento!”.
Disse Goku
affranto, mollando la presa (lasciandolo cadere rovinosamente sul deretano, con
un doloroso urto), inginocchiandosi di nuovo, con una mano sul proprio petto,
gli occhi serrati, invocando il nome di sua moglie e del loro bambino.
Re Kaioh si
rimise in piedi, scrollandosi i vestiti con l’espressione imbronciata, pronto a
fare una ramanzina a quell’impertinente ragazzino, ma le parole gli morirono in
gola, incontrando i suoi occhi improvvisamente resi lucidi.
“La prego, Re
Kaioh...mi metta in contatto con mio figlio…o con Juman…”.
“Ah…posso fare
di meglio!”.
Disse con aria
un poco pomposa, sorridendo quando lo vide sgranare gli occhi incredulo, mentre
si rialzava in piedi, l’espressione resa impaziente ed ansiosa.
“Sul…sul
serio?”.
“Seguimi,
figliolo…”.
Disse prendendo
a trotterellare, seguito da Goku e da Bubbles che aveva recuperato il suo casco
di banane.
Si fermarono di
fronte ad un laghetto e Goku guardò confusamente re Kaioh, questi sporse le
antenne sopra la superficie azzurra e Goku lo udì pronunciare una formula arcana
in una lingua sconosciuta di cui non distinse nulla, se non il nome di sua
moglie. S’inginocchiò di fronte al laghetto, aspettando e guardandolo
intensamente.
Appena Re Kaioh
smise di parlare, Goku alzò gli occhi verso di lui:
”Cosa…cosa
ha…?”.
“Osserva,
figliolo…”. Disse indicando le acque con un sorriso pomposo, fiero della sua
eccellente prestazione.
Goku guardò
senza capire il laghetto, vide le acque incresparsi, producendo miriade di bolle
colorate, e avvertendo lo sciabordare che diventava sempre più intenso, sempre
più forte, fino a quando la superficie tornò ad essere perfettamente liscia ed
immobile.
Sbatté le
palpebre incredulo, quando, dopo che le acque si erano improvvisamente tinte di
arancio e giallo, scorse delle immagini.
“CHICHI?!”.
La giovane era
stesa sul letto (ma quella non era la loro camera!), i capelli le ricadevano
scompostamente sul viso, era immersa in un sonno profondo, distinse il colore
così gelidamente pallido, le occhiaie e il colorito rossastro intorno alle
palpebre.
Solo Kami sapeva
quanto doveva aver pianto, le labbra che sembravano sbiadite erano lievemente
dischiuse e anche da lì avvertì il suo debolissimo respiro, le sue mani
stringevano disperatamente i bordi del lenzuolo, e la sua testa si muoveva
tormentata, mentre sembrava prigioniera di un vero e proprio incubo.
“Oh Chichi…cosa
ti è successo?”.
Bisbigliò
appena, continuando a guardarla, sentendo la rabbia e la disperazione prender
possesso del suo corpo, il suo cuore battere forsennatamente e brividi correre
lungo la schiena.
La sua Chichi…in
cosa si era trasformata? Sembrava una debole ed inanimata bambola di
porcellana…così deliziosa nella sua fragile vulnerabilità, così graziosa in
quell’infernale tormento.
Che fine aveva
fatto tutta la sua vitalità? Il suo orgoglio di piccola guerriera, il suo animo
di madre, di moglie, la sua essenza di forza, di coraggio, di determinazione, di
testardaggine, di fede.
Abbassò lo
sguardo, sfregandosi con forza il viso, cercando di calmarsi, salvo sentirsi
letteralmente struggere quando le sue labbra si mossero e avvertì il suo lieve
ma intenso sussurro.
“Go-ku- san…Goku-san!”.
...but
all the miles that seperate...
Dissapear, when I'm dreaming of your face...
(Ma tutte le miglia che ci
separano,
scompaiono, quando sto
sognando il tuo viso…)
Aprì gli occhi,
gemendo appena, e tornando a guardarla, quasi tentato di sfiorare con un dito la
superficie dell’acqua, quando la sua attenzione tornò alla stanza d’ospedale
(l’ospedale? Allora…era qualcosa di grave?!) e alle parole della dottoressa.
“Vado a dirlo ai suoi
parenti…erano così scossi. Avete provato a rintracciare il marito?”.
“Sembra che sia morto la
scorsa settimana...il giorno del Cell Game”. (a causa del Cell game, direi io!
Nd.A)
”Oh…questo spiega tutto…”.
Bisbigliò gettando uno sguardo
clemente e impietosito alla donna che si muoveva debolmente nel letto.
Goku si alzò in
piedi, incapace di guardare ancora, voltandosi e mordendosi quasi con rabbia le
labbra, stringendo con ancora più vigore i pugni, quasi fino a quando le unghie
non si conficcarono nella carne, ma neanche se ne rese conto.
Rimase fermo per
qualche istante che sembrò interminabile, socchiudendo gli occhi, salvo farsi
sommergere da ondate d’immagini di sua moglie, della loro vita insieme, del loro
bambino, dei loro ultimi attimi in quel gran letto, di quella magica notte…
Avvertì il suo
cuore tremare e una profonda e lacerante amarezza accendersi in lui, intaccare
ogni arto, ogni nervo, ogni tessuto.
“G-GOKU?!”.
Lo richiamò Re Kaioh incredulo e sorpreso un attimo dopo.
“…”.
”…hai sentito?!
Hai sentito cosa ha detto la dottoressa?”.
“C-cosa?”.
Bisbigliò
debolmente, tornado a voltarsi, i suoi occhi caddero sulla superficie e vide
l’espressione stupefatta ed incredula di Juman e di suo figlio, si riaccostò al
laghetto, inginocchiandosi.
"I-Il feto?!".
"Sì…”.
“…sua figlia aspetta un
bambino…”.
Goku rimase
senza fiato, sbarrando gli occhi e lasciandosi di nuovo cadere sull’erba,
continuando a guardare con la bocca dischiusa la reazione dei presenti e
l’espressione della dottoressa, mentre quelle parole presero a ronzare in
continuazione nella sua mente.
‘ Un…un bambino? Chichi…aspetta un
bambino?!
Il…il mio bambino…il nostro
bambino…oh Kami…’.
Re Kaioh
socchiuse le labbra, salvo sorridere, ridendo di semplice e pura gioia,
guardando con affetto il giovane ragazzo che ancora incredulo, sembrava perso in
profondi pensieri. Bubbles non riuscendo a comprendere si sporse per guardare a
sua volta, salvo cadere nella superficie e le immagini dal pianeta Terra si
dissolsero.
“Bubbles! Razza
di scimmia maldestra!”. Lo rimproverò Re Kaioh, salvo voltarsi a guardare Goku,
con gli occhi ancora lievemente spalancati.
“Insomma…figliolo…n-non dici nulla? Ma non sei felice?! Stai per diventare di
nuovo padre…dobbiamo festeggiare, assolutamente!”. Disse Re Kaioh, quasi
commosso, ridendo di pura gioia, dimenticando tutta la stizza e il risentimento
per quell'impertinente ragazzino.
Goku tornò a
guardarlo, l’espressione un poco vacua, ancora trasognata, persa nei propri
pensieri, salvo tornare a sorridere, quando Re Kaioh lo scosse dolcemente.
“Sono felice per
te, figliolo…e anche per il piccolo Gohan e…tua moglie, naturalmente!”.
“Chichi…”.
“Questa è una
grazia, Goku…ne sono certo. Quel bambino sarà la sua benedizione…sua, di tuo
figlio e anche tua…”.
Disse dolcemente
stringendogli la spalla, mentre Goku si limitò ad annuire, con un sorriso, il
primo vero e gioioso sorriso che gli avesse incurvato le labbra da quando aveva
dovuto dire Addio alla vita stessa, a Chichi, a Gohan, alla Terra.
‘ Amore mio…così tanta gioia mi hai
dato in vita…e continui a darmene anche ora…anche ora che sono qui…mio dolce
angelo…veglierò su di te, sul nostro amato figlio…e sulla creatura che riposa
dentro di te, adesso…
Sii forte amore mio…un giorno ci
rivedremo…quel giorno ti stringerò tra le mie braccia e non ci separeremo mai
più…per tutta l’eternità, mia piccola dolce Chichi…
I’m
here without you baby
but
you're still on my lonely mind
(Sono qui senza di te, amore
Ma tu sei ancora nei miei
pensieri solitari).
Ora so che continuerai a vivere per
te, per me, per noi, per il nostro Gohan…adesso so che un'altra parte di me
vivrà con te e non ti abbandonerà mai…fino a quando Kami vorrà riunirci anche in
questo mondo...’.
~
La giovane donna
era intenta a contemplare il cielo stellato, appoggiata al davanzale della
finestra, una lieve ma dolce brezza sembrò baciarla sul viso e asciugarle quelle
piccole, fragili gocce salate.
Si asciugò gli
occhi con un lieve sospiro, mentre le sue labbra s’incurvarono in uno dei primi
dolci, veri sorrisi da quel nefasto giorno. Una sua mano scese lungo l’addome,
soffermandosi al pancino di appena un mese, carezzandolo con amore e con
tenerezza.
‘Piccolo mio…non vedo l’ora di
vederti, di stringerti, di conoscerti…insieme, tutti insieme… noi tre ce la
faremo…te lo prometto, piccolo mio…’.
Si voltò e
sorrise con la stessa dolcezza, lo sguardo commosso quando vide il primogenito
che dormiva nel suo letto, in quel lato che fino a poco più di un mese prima era
occupato da suo marito.
Si accostò al
bambino, sedendosi sul bordo del letto, gli rimboccò le coperte, gli accarezzò
la gota, scostandogli i capelli dal viso e baciandolo teneramente.
“Tesoro mio…”.
Non avrebbe mai,
mai dimenticato l’amore, la tenerezza e la devozione che il suo adorato Gohan le
aveva riservato fin da quel maledetto giorno, senza mai lamentarsi, senza mai
stancarsi, si accingeva a fare di tutto pur di vederla serena, pur di strapparle
un sorriso, ed era così entusiasta all’idea di crescere con lei il suo
fratellino o la sua sorellina.
I suoi figli…
lei sarebbe riuscita a continuare a vivere una vita che le sembrava già morta,
grazie a loro, per solo ed esclusivo merito loro.
Avrebbe dedicato
il resto della sua vita a loro, li avrebbe cresciuti ed accompagnati per un
certo periodo della loro vita, sarebbe stata sempre lì, pronta a tutto, anche a
sacrificare se stessa, purché crescessero felici e spensierati, come l’era stato
Goku, anzi, come sapeva che Goku continuava ad essere anche ora.
Tornò alla
finestra, osservando le stelle e sospirando, cercando quella più luminosa, la
stessa che brillava da quando suo marito se n’era andato, la stessa che sembrava
voler vegliare amorevolmente su di loro, sulla loro casa.
...I
think about you baby
and I
dream about you all the time...
(Io penso a te, amore
Sogno di te continuamente).
‘ Grazie per il tuo ultimo dono,
amore mio…non ti dimenticherò mai…sarai sempre una parte di me…la più luminosa,
la più intensa…
Lo crescerò e lo amerò affinché
sappia e conosca quale eroe sia stato suo padre…ti amerà e sarà fiero di te…così
come io ti amo e sono fiera di te…
Amore mio, so che continui a
vegliare su noi, non smettere mai, ti prego…voglio continuare a sentire la tua
silenziosa presenza, mio dolce Goku…mio bellissimo angelo…so che in realtà non
mi hai mai abbandonata…ti amo, amore mio…non dimenticarlo mai…’.
I'm
here without you baby
but
you're still with me in my dreams.
( Sono qui senza di te, amore
Ma tu sei ancora con me, nei
miei sogni).
“Ti amo, mia piccola Chichi…e non
smetterò mai…
Grazie per tutto quanto, amore mio…
Non smetterò mai di vegliare su te e
sui nostri figli…
Sogno solo di voi…di te...tu sei
sempre con me…e un giorno non saranno più solo sogni…’.
~
Il pianto di un
bambino invase la sala d’attesa, Juman, Gohan, Bulma, Crilin, Genio e Yanko si
alzarono immediatamente, mentre Juman commosso stringeva con forza il nipotino
che ricambiò l’abbraccio con la stessa gioia.
“E’ un
maschietto, signora…”.
“M-mio figlio…”.
“Ora un bel
bagnetto e poi…AHHHHH!”.
”Cosa?!
Cosa…cos’ha il mio bambino?!”.
Chiese Chichi,
ansante, alzando un poco il busto, salvo riappoggiarsi al letto, ancora sfinita
e madida di sudore…no! Non il suo bambino, non l’ultimo dono di Goku!
“S-signora…s-suo
figlio ha…ha…”.
“Che cosa?!
N-non sta bene?!”.
“Sta bene ma
ha…la…”. L’infermiera snocciolò le parole, tremante, non sapendo come
giustificare qualcosa di così…anormale.
“…la coda…”.
Disse, aspettandosi che la paziente reagisse con urla isteriche o esclamazioni
di sorpresa, stralunò gli occhi incredula, quando la vide sorridere commossa,
sospirando di sollievo.
“E’ una
caratteristica di famiglia…l’ha ereditata dal padre…”. Disse posando la testa
sul cuscino e sorridendo stancamente, ma con tanto amore ed orgoglio.
“…”. (Dal
padre?! Che si trattasse di uno…scimmione?! Pensò l’infermiera orripilata e
sconcertata allo stesso tempo).
“Tenga, ecco il
suo bambino…”.
Riaprì gli occhi
e non poté non sciogliersi di lacrime di gioia quando per la prima volta vide il
suo bambino, quell’amata, tanto aspettata ed invocata creatura, e non poté non
sentire un dolce brivido al cuore quando si rese conto che era una copia del
padre.
Ironia della
sorte…Goku se n’era andato, e ora quella creatura era venuta al mondo…quasi a
sostituirlo.
Ironia della
sorte?
No, una
benedizione…un angelo se n’era andato cedendo il suo posto ad uno nuovo….
Il bambino
ricambiò curioso il suo sguardo, e con un dolce e lieve verso si lasciò
stringere al seno della madre e dopo pochi secondi, madre e figlio caddero in un
dolcissimo sonno, ignari che al di sopra del cielo azzurro una stella luminosa
vegliava su di loro.
“E’
bellissimo…”.
“Quanto è
piccolo…”.
“E’ identico a
papà…”.
“Hai ragione è
identico a tuo padre…”.
“Sono certa che
lui e Trunks diventeranno due splendidi ragazzi”.
“E chissà quanto
diventerà forte!”
“Oh…il mio
piccolo Juman junior!”.
Gohan si staccò
dalla culla circondata da una vera e propria folla di persone: suo nonno e tutti
i loro più cari amici, e si avvicinò al letto dove la madre era ancora
profondamente assopita, e un’infermiera stava facendo degli ultimi controlli.
“Come sta mia
madre?”. Chiese.
”Benissimo…è
stata bravissima e il parto è andato perfettamente…”.
“Gohan?”.
Mormorò Chichi, socchiudendo gli occhi, avendo evidentemente sentito – sebbene
immersa in un dolce quanto fragile torpore – la sua voce.
”Sì, mamma, sono
qui…”. Disse prendendole e stringendole la mano.
“Tesoro mio…”.
Lo chiamò Chichi, sorridendogli ancora stanca e spossata.
“Stai bene?”.
Le chiese il suo
primogenito e lei annuì, guardandolo e stringendo più forte la sua mano, prima
di tornare a guardare la culla circondata da una decina di persone. Sorrise.
“Noi tre…noi tre
insieme…affronteremo ogni cosa…”. Bisbigliò, tornando a guardare suo figlio, con
occhi colmi d’amore ma anche d’orgoglio, di forza, di determinazione.
“Sì, mamma…te
l’ho promesso, ricordi? Non ti abbandonerò mai…né te, né il bambino…”.
“…Goten…”.
Mormorò appena Chichi.
“Cosa?”.
“Goten…significa
‘ dono di Dio’* …”. Mormorò appena, prima di addormentarsi di nuovo, sotto lo
sguardo amorevole di suo figlio.
(* NdA ovviamente la
traduzione del nome…l’ho inventata di sana pianta! Ad ogni modo non ho sbagliato
più di tanto, in alcuni siti, sembra che Goten significhi ‘ultima parte del
cielo’, è pur sempre una sorta di benedizione, no? ;D Che amore! Lo
strapazzerei di baci…d’altronde come il padre…ehm, andate pure avanti e scusate
l’interruzione! ^^;;;).
~
“No, amore…non
piangere…la mamma è qui…”.
Mormorò Chichi,
prendendo in braccio il neonato e stringendolo al seno, il bambino la guardò con
i suoi occhioni traboccanti di lacrime.
“Mamma?”.
Bisbigliò Gohan, passandosi una mano sugli occhi, stancamente e issandosi con il
torso.
“Ti ho svegliato
tesoro, perdonami…Goten piangeva e se è il figlio di tuo padre…sono sicura che
sta reclamando ancora del cibo…”. Sussurrò sorridendogli continuando a
stringerlo tra le sue forti braccia.
“Continua a
dormire…lo porto in camera con me…”.
“No, restate…”.
Disse il
ragazzino sorridendo, facendola sedere sul suo futon e sedendosi a sua volta
accanto a lei, prendendo la manina del bambino che succhiava avidamente latte
dal suo biberon, dimenando le braccia bambine.
Il neonato
strinse il dito del fratellone, continuando a guardare la madre con adorazione,
dimenando anche i piedini a festa, facendoli sorridere entrambi.
Una lieve brezza
fece mormorare il neonato, quasi a dargli un suo dolce saluto, allora Gohan si
alzò per chiudere la finestra, ma sua madre lo fermò.
“Aspetta
tesoro…”.
Prese la coperta
dalla culla e vi avvolse il bambino che sembrava esser sazio al momento,
tenendolo ancora stretto a sé, si accostò con lui alla finestra.
“Guarda,
Goten:quella stella…la più luminosa, la più bella…”.
Il bambino prese
ad indicare quello stesso punto con le braccia, mentre Gohan sorrideva
intenerito, guardando a sua volta quella stella.
“…lì c’è il tuo
papà…e ti sta guardando, sai?”.
“Sì…”. Sorrise
Gohan. “…non ha mai smesso di farlo…”.
“Gohan?”.
“Sì mamma?”.
Chichi sorrise
continuando a guardare quella stella.
“Ho deciso. Tra
qualche anno, noi due gli insegneremo le Arti marziali…”.
“C-cosa?!”.
Disse Gohan
totalmente sorpreso, ricordando quanto spesso in passato il suo addestramento
era stato motivo d’inquietudine e tensione tra i suoi genitori.
“Ho sbagliato
con te, tesoro mio. Ho cercato di soffocare la tua anima saiyan, temendo che
saresti diventato una specie di mostro e mi avresti abbandonato.”.
Confessò Chichi
con gli occhi bassi, rivolti al neonato – appena addormentato – che ora giaceva
di nuovo nella sua culla.
“…”.
“Ti chiedo
perdono, tesoro…sappi che non ripeterò mai più lo stesso errore…”. Bisbigliò
alzando lo sguardo e sorridendogli.
“Oh mamma…”.
“…io sono
orgogliosa di tuo padre, di ciò che ha fatto per tutti noi…e non ho mai smesso
di amarlo, anche quando ho scoperto le sue vere origini…e sarebbe un insulto
alla sua memoria cercare di estirpare le sue e le vostre radici…
So per certo che
sarò sempre orgogliosa di lui e anche dei miei due piccoli mezzi-saiyan…”.
Disse
carezzandogli la gota, prima di tornare a guardare con un sorriso il neonato,
carezzandogli la testolina e i capelli sparati in aria, identici a quelli di
Goku.
~
Gohan si
stropicciò gli occhi, passandosi una mano sulla fronte e voltandosi verso
l’altro futon vicino al proprio, aspettandosi di trovarvi il piccolo fratellino
magari addormentato con delle pose assurde che ricordavano (a Chichi in primis)
in modo a dir poco comico quelle del padre, identico…in tutto e per tutto.
Non solo
fisicamente, ma anche il modo di parlare, di gesticolare, di mettersi una mano
dietro la testa quando era imbarazzato, la sua dolce quanto – a volte –
estenuante innocenza e candore, per non parlare del suo appetito.
Tutto questo
aveva fatto sì che Goten fosse per tutti coloro che lo conoscevano o vivevano
con lui un ‘Goku in miniatura ’, era pertanto vezzeggiato e coccolato oltre ogni
misura. Gohan stesso che ormai era diventato un vero e proprio uomo, non poteva
trattenersi dall’essere sempre pronto a fare di tutto (da leggere libri su libri
d’avventure e di fiabe a seguirlo negli studi e negli allenamenti) pur di
vederlo crescere nel modo più sereno possibile.
Stralunò gli
occhi confuso, quando invece vide il futon sfatto ma del fratellino nessuna
traccia, si guardò attorno per tutta la stanza chiedendosi dove potesse essersi
cacciato alle… 02.54 del mattino!
Controllò in
bagno, chiamando a bassa voce il suo nome per evitare di svegliare la madre,
decidendo, infine, di controllare nella sua camera. Probabilmente Goten aveva
avuto un incubo e aveva preferito dormire nel lettone con lei.
Aprì un poco la
porta, vedendola dormire profondamente, tenendo ancora stretta a sé quella
stessa casacca arancione, quasi a dimostrare quanto – nonostante tutto quel
tempo – la presenza di suo padre e allo stesso tempo il senso di…vuoto della sua
assenza si facessero sentire.
Si accostò al
letto e deglutì quando si rese conto che del bambino non c’era alcuna traccia…ma
dove poteva essere finito?
Doveva essersi
allontanato da solo…lui avrebbe certamente percepito la presenza di un’aura
estranea se si fosse aggirata a casa propria! Scese al piano di sotto,
imprecando, dicendosi tra sé che se – come sperava! – si fosse trattato di uno
scherzo di quel monello, gliel’avrebbe fatta pagare a suon di sculacciate!
Magari aveva
avuto un languorino, d’altronde se buon sangue non mente, si trattava pur sempre
di un Son, e per di più in parte saiyan!
Si diresse
immediatamente in cucina, chiamando ancora il suo nome ma invano, quando un
brivido di freddo lo travolse, si rese conto che…la porta era ancora aperta?
Senza pensare, trasformandosi in ssj, illuminando l’oscurità attorno, socchiuse
l’uscio di casa (cercando di non fare rumori per non svegliare la madre ed
allarmarla), ed uscì nel giardino.
“Goten!”.
Il bambino era
seduto su un tronco d’albero che Gohan aveva sradicato quello stesso pomeriggio,
su richiesta di sua madre per la legna.
“Piccolo
monellaccio! Aspetta che ti prenda!”.
Disse camminando
con fare simile a quello della madre quando sgridava suo padre per una di quelle
sue ultime trovate che gli faceva meritare l’appellativo di “incosciente”o
“screanzato”.
Tornò al suo
aspetto abituale e aprì ben bene la mano con l’intenzione di dargli (con la
dovuta moderatezza) uno scappellotto ma i suoi propositi vennero del tutto
infranti, quando il bambino si voltò finalmente a guardarlo.
Gohan perse del
tutto la volontà di colpirlo, quando vide quegli occhioni solitamente pieni di
spensieratezza e di gioia,ora malinconici e quell’espressione smarrita e
confusa.
“G-Goten?”.
Il bambino non
disse nulla, si alzò, abbracciando le gambe del suo fratellone, finché questi
non si abbassò in ginocchio. Il bambino si rifugiò contro il suo petto,
aggrappandosi con le mani alla sua maglia, mentre il sedicenne, con un sospiro,
prese ad accarezzargli la testolina, chiedendosi ancora il perché di quel
comportamento insolito.
“G-Goten…cosa…perché sei qui?”.
Il bambino si
ritrasse, guardandolo indeciso, prima di sospirare affranto, gli indicò con un
gesto della mano il cielo, quell’eterea, splendente e luminosa stella al centro
del firmamento.
Gohan sospirò
tornando a guardarlo, carezzandogli rassicurante i suoi capelli spettinati e
“selvaggi”, come li definiva sua madre quando cercava – inutilmente – di
pettinarli.
“Ora ho
capito…”. Bisbigliò Gohan, stringendolo con calore.
”Tu e la
mamma…mi avete sempre detto che quando mi sentivo solo, dovevo guardare quella
stella...perché lassù, c’è…papà…”.
“Sì”.
Mormorò Gohan
aumentando la pressione del suo abbraccio, prima di alzarsi cingendolo ancora,
mostrandogli ancora l’astro.
“Lui è lassù,
Goten…veglia sempre su di noi…sulla mamma, su…”.
“Anche su di
me?”. Pigolò speranzoso e dubbioso.
“Ma certo!
Soprattutto su di te…anche adesso, Goten…”.
“Lo pensi sul
serio?”.
Chiese il
bambino guardandolo attentamente negli occhi, i suoi occhioni di cucciolo
sembrarono rianimarsi di speranza, di fede, gioia, proprio come quelli di sua
madre, dopo che era nato quell’angioletto che aveva di nuovo riempito le loro
vite..
“Non lo penso.
Ne sono certo…”.
Il bambino annuì
e il suo visino fu di nuovo rischiarato da uno splendido sorriso che – superfluo
dirlo – era lo stesso di suo padre, ma ancora lievemente contrito, quasi simile
a quello che gli era stato rivolto, prima che questi si sacrificasse.
Avvertì un
improvviso pizzicore alla nuca e al collo, quello sguardo…gli sembrava di
poterlo vedere ancora, distintamente, come fosse stato ieri.
“Gohan?”.
Lo richiamò il
bambino, guardandolo confuso.
Il ragazzo si
riscosse, sorridendogli rassicurante, dandogli un buffetto sul naso.
“Per questa sera
ti è andata bene…ma se mi fai un altro…”.
“GOHAN!?
GOTEN?! DOVE SIETE FINITI?!”.
Gli strilli
disperati ed arrabbiati di Chichi li fecero sobbalzare, mentre entrambi
guardavano ansiosamente la figura della donna che si sporgeva lievemente dalla
finestra, guardandoli – dopo averli scovati - con un misto di preoccupazione e
di rabbia.
“Ehm…mi sa che
ho parlato troppo presto…”.
Sospirò Gohan,
mentre entrambi sorridevano forzatamente, all’espressione truce della madre,
facendo goffamente rientro in casa.
~
“Forza
Goten…esprimi un desiderio…”.
Sorrise Chichi,
depositando la torta di compleanno con sette candeline, davanti al bambino,
sotto gli occhi divertiti e felici della madre, del fratello e del nonno, oltre
a quelli degli altri invitati.
Il bambino
chiuse gli occhi, concentrandosi…cosa poteva chiedere a Dio? Il suo sogno era
una vera e propria cascata di dolci, di gelati e di cioccolata…magari qualche
nuovo giocattolo…ma no, c’era qualcosa di molto più importante che avrebbe tanto
voluto, ma che nessuno poteva esaudire…ma forse…Dio…
‘ Dio…vorrei tanto che il mio Papà
tornasse…tornasse da tutti noi…per sempre’.
La festa di
compleanno fu bellissima e calorosa, tutti i più cari amici di suo padre vi
avevano partecipato, Crilin, sua moglie, la sua figlioletta; Bulma, il suo
migliore amico Trunks e persino suo padre, il signor Vegeta (ma questi si era
limitato per tutto il tempo a trangugiare cibo preparato da Chichi e starsene
per lo più in disparte, guardando di sottecchi il piccolo di casa Son); Genio,
Yanko e persino il signor Junior che aveva accettato dopo l’invito del suo
pupillo Gohan.
Fu una giornata
memorabile per il piccolo Goten, senza contare il succulento bottino dei regali
( solo suo nonno gli aveva scaricato nel giardino una ventina di pacchi dai più
grandi ai più piccoli) e stava ancora giocando con l’ultimo giocattolo scartato,
quando sua madre e suo fratello lo chiamarono.
Si avvicinò a
sua madre che sorridendogli commossa gli si fece incontro e gli consegnò un
altro pacco, ancora incartato che non aspettava altro che essere aperto dalle
sue dita impazienti.
“Questo è da
parte mia e di tuo fratello”. Gli disse.
Il bambino
sorrise, sedendosi sull’erba e prendendo a scartare il pacco, salvo prendere in
mano tutto contento ed emozionato una tuta da combattimento.
Ma non era una
semplice tuta da combattimento, come quelle che solitamente indossava e che
erano appartenute (la più parte) a suo fratello in passato ed erano rattoppate,
quella tuta…non poteva sbagliarsi, l’aveva vista in tantissime foto nell’album
di famiglia.
Era identica a
quelle che soleva ed amava indossare suo padre, ad eccezion fatta della
maglietta che aveva le maniche lunghe, a parte questo…era identica, persino le
stesse scarpine!
Sorrise,
stringendola con forza a sé, sorridendo, invocando silenziosamente – di fronte
alla sua famiglia e ai suoi amici commossi – ancora una volta suo padre, quel
padre che non aveva mai conosciuto ma che amava profondamente, e che sentiva –
nonostante tutto – accanto a sé, e amava credere che fosse veramente così.
Sorrise e si
gettò con foga tra le braccia di sua madre, prima di abbracciare le gambe di suo
fratello, felicissimo, bisbigliando con gli occhioni lucidi di lacrime:
”Grazie mamma,
grazie Gohan…è il più bel regalo che io abbia mai ricevuto…”.
“Se solo tuo
padre potesse vederti…”. Mormorò Chichi, asciugandosi una lacrima birichina.
“Ma Mamma! Non
ricordi? Lui è sempre lassù e ci sta guardando…anche adesso…”. Disse indicandole
la stella che – immancabilmente – continuava a brillare alta nel cielo.
“Sì, hai
ragione…che sciocca…”. Sorrise, continuando a guardare la stessa stella.
~
“EH?! Parteciperai al
prossimo Torneo Tenkaichi?! Come mai?”.
Gli chiese Bulma
sorpresa, salvo poi aggiungere:
“…però non ti divertirai
molto…perché sono sicura che sarai tu a vincere…”.
“Non sarà così facile…a
quel Torneo, se ci sei tu…PARTECIPERO’ ANCH’IO!”.
Era intervenuto
inaspettatamente Vegeta.
“ALLORA
PARTECIPERO’ ANCH’IO!”.
“P…PAPA’…LA VOCE DI MIO
PADRE!”.
“Kakaroth…?!”.
“Papà! Sei tu, non è
vero?”.
“Sì, sono io!E’ da molto
che non ci sentiamo, eh?!”.
“Veramente…veramente
verrai a partecipare al Torneo Tenkaichi?!”.
”Certo! Chiederò il
permesso alla vecchia Sibilla, tornerò da voi il giorno del torneo!”.
“Mamma…Goten!”.
Gohan entusiasta
più che mai entrò di corsa in casa, chiamando a gran voce la madre e il
fratellino, quest’ultimi scesero le scale, avvertendo il suo richiamo, mano
nella mano.
“Gohan? Tesoro,
perché stai strill- ”.
Ma non finì di
parlare perché suo figlio la strinse a sé con forza, ridendo di pura e semplice
gioia, quasi stritolandole le costole, mentre la donna pronunciava delle deboli
parole di protesta.
“Ma…ma
Gohan…cosa ti è preso?!”.
Il ragazzo si
scostò sorridendole, posandole le mani sulle spalle.
“Tornerà,
Mamma…tornerà…!”.
”Gohan…cosa…?”.
La donna
continuò a guardarlo con gli occhi stralunati, non riuscendo a capire, mentre
guardava gli occhi felici, estasiati del suo primogenito che continuava a ridere
con così tanta gioia che sembrava tornato il ragazzino spensierato che era stato
fino a pochi anni fa.
“Papà…”.
“G-Goku?!”.
Disse Chichi
spalancando gli occhi che subito si riempirono di lacrime di pura e semplice
gioia, il suo cuore prese a battere, a battere come quando era ragazzina e le
bastava uno sguardo o un sorriso del fidanzato per sentirsi avvolgere da un
intenso e benefico calore.
Un sorriso
dolcissimo apparve sulle sue labbra, appoggiando una mano sul cuore.
“Hai sentito
Goten?!”. Continuò Gohan prendendo in braccio il bambino che prese a ridere
spensierato, continuando a ripetere.
”Davvero?
Davvero? Papà tornerà?!”.
“Sì Goten,
davvero!”.
‘ Goku…amore mio…’.
‘ Ancora pochi giorni e potrò
riabbracciarti Gohan, potrò conoscerti Goten…e potrò riaverti tra le mie
braccia…Chichi…amore, solo pochi giorni…’.
Quella notte,
quando Chichi si spazzolò i lunghi capelli di fronte alla finestra le parve che
quella stella brillasse ancora più del solito; sorrise mandandole un bacio e
dandogli una dolcissima buonanotte.
‘ Amore mio…anche se sarà solo un
giorno…lo aspetterò con tutta me stessa…a presto, amore mio!’.
~
“Hai
combattuto in modo impeccabile, figliolo…sono fiero di te…
…di’ alla
Mamma che il tuo Papà le chiede scusa…sono stato troppo egoista con lei…
…l’ho
fatta soffrire…”.
“Papà…”.
“Papà…”.
“Papà…”.
Il sedicenne si
svegliò di soprassalto, drizzandosi con il busto e passando una mano sulla
fronte madida di sudore.
Un sogno, lo
stesso da quando suo padre gli aveva fatto sapere che avrebbe partecipato lui
stesso alla prossima edizione del Torneo Mondiale d’Arti Marziali.
Da quel giorno –
notte dopo notte – non faceva che rivivere quei drammatici e profondi istanti
prima della sua dipartita.
Nonostante
fossero passati ben sette anni, nonostante ripetesse il sogno senza tregua da
diverse notti, ogni volta quel ricordo non mancava di scuoterlo intensamente
nell’anima, procurargli brividi di freddo lungo la spina dorsale e una
fastidiosa quanto intensa sensazione di gelo…di gelo interiore.
Malgrado tutto
quello che era successo in quei lunghi sette anni; malgrado l’amore e la
dedizione che non aveva mai smesso di riversare su sua madre e il suo
fratellino, non poteva farci nulla…non era ancora riuscito a perdonarsi.
Non era ancora
riuscito ad essere indulgente con sé stesso, lui che con la sua superbia, con
quell’arroganza della sua anima saiyan aveva indotto suo padre a sacrificarsi
per salvare lui, sua madre, il feto che già cresceva in lei e tutta l’umanità;
aveva così condannato sua madre ad un’ulteriore e precoce vedovanza e lui e il
suo fratellino – questi soprattutto – all’essere orfani.
E di questo,
forse, non si sarebbe mai perdonato.
Il suo sguardo
cadde sulla sveglia appoggiata sul comodino, rendendosi conto che erano già le 9
passate sussultò e un sorriso gli increspò le labbra, mentre si alzava di fretta
e furia.
Oggi,
finalmente, avrebbe rivisto suo padre.
Oggi,
finalmente, lo avrebbe riabbracciato, gli avrebbe parlato, e avrebbe cercato e
sperato nel suo perdono.
Solo in quel
momento si accorse che il futon di Goten era già vuoto, indi, si diresse al
piano inferiore e lo trovò già seduto a tavola, intento a fare colazione,
vestito di tutto punto con la tuta da combattimento regalatagli da lui e da sua
madre che – saputo dell’imminente ritorno del padre – il piccolo aveva deciso di
indossare per la prima volta proprio in questo giorno speciale per tutta la
famiglia Son.
“Buongiorno
fratellone!”. Disse il bambino tra un boccone e l’altro, con la sua solita e
solare spensieratezza della sua infanzia.
“Goten…? Sei già
sveglio…”. Bisbigliò il sedicenne guardandolo incredulo, constatando le fatiche
sue e di sua madre per convincerlo ad alzarsi al mattino.
Il bambino
sorrise candidamente e in modo straordinario, considerando la quantità di cibo
che stava trangugiando, Gohan scosse la testa divertito sedendosi accanto al
bambino e guardando con l’acquolina in bocca una bellissima, profumata,
gigantesca ed invitante torta alle mele, la preferita di suo padre, da sempre.
“Uhm…ha l’aria
invitante…”. Disse andando in brodo di giuggiole pensando a quanto dovesse
essere deliziosa.
Stava per
prenderne una fetta, se non fosse che il fratellino lo colpì con il mestolo di
legno sulle dita:
“Ahi! Ma che ti
prende?! Sei impazzito?!”. Gemette il ragazzo, guardandolo furioso e
massaggiandosi goffamente le dita colpite.
“La mamma ha
detto che QUELLA non si può toccare…la mangeremo stasera a cena, per festeggiare
papà…”. Disse il bambino con gravità e tono rimproverevole, che lo rendevano in
qualche modo ancora più buffo.
“Umpft!”.
Borbottò il
fratello, rinunciando alla torta e apprestandosi a mangiare qualcos’altro, prima
di guardarsi intorno con sguardo interrogativo.
“A
proposito…dov’è mamma?”.
“Ci ha preparato
la colazione ed è andata di sopra a cambiarsi…ha detto che non aveva molta
fame…”.
Gohan annuì
comprensivo, versandosi alcune delle squisite prelibatezze preparate dalle mani
esperte della madre.
“Immagino che
l’idea di rivedere papà dopo così tanto tempo, la innervosisca un po’…peccato
che possa restare solo un giorno…se non altro stasera mangeremo tutti insieme,
prima che torni nell’aldilà…”.
Il bambino
annuì, prima di smettere momentaneamente di mangiare, accostando gli indici
delle sue manine, con fare pensieroso.
“Gohan?”.
”Che c’è?”.
Chiese il ragazzo con la bocca piena di cibo. In quei particolari momenti, come
Chichi sorrideva tra sé avvedendosene, persino Gohan: sempre impeccabile,
premuroso, serio, preciso, composto e posato ragazzo, lasciava trasparire il suo
essere – in fin dei conti – un ingordo, un selvaggio ingordo.
“T-Tu credi,
cioè…pensi veramente che…”.
“Che cosa?”.
Chiese il ragazzo confuso, notando l’aria un poco nervosa e titubante del
piccolo.
“…pensi che io
piacerò a Papà?”.
~
”Uhm…io direi
proprio di sì!”.
Disse con la sua
solita voce solare, profonda ed allegra che aveva il dono di strappare un
sorriso – fosse anche esasperato o lacrimoso – a chi gli stava accanto, aveva il
dono di riuscire a riempire una stanza che sembrava vuota, sembrava fredda, solo
camminandovi e guardandosi goffamente attorno, aveva il dono di scaldare gli
animi e di essere un faro, un conforto, una guida, un compagno di viaggio, anche
nei momenti più drammatici e terribili.
In tutto il suo
splendore, la sua spensieratezza, la sua ingenuità, la sua dolcezza, dopo sette
anni…Son Goku varcò di nuovo l’uscio della propria abitazione. (dopo sette anni
è quiiiiiii! Carramba che Sorpresa! @_@ Scusate, non ho resistito! :P NdA.)
La vecchia Baba
(alias Sibilla) l’aveva accompagnato per un lungo tratto, decisa a scortarlo
fino alla città dove si sarebbe svolto il prestigioso Torneo ma il ragazzo aveva
dichiarato di voler innanzitutto far ritorno dalla propria amata quanto
rimpianta famiglia.
E ora che si
guardava attorno, vedere che nulla lì dentro (eccetto il suo secondogenito) era
cambiato, gli trasmise una piacevole fitta all’altezza del cuore: gioia, calore,
ma anche tanta, tanta nostalgia e rimpianto, pensò osservando con commozione una
foto della neo-famiglia.
Raffigurava la
sua incantevole Chichi e i loro due splendidi figli, dietro alle loro spalle la
maestosa quanto rassicurante figura di Juman.
Spostò lo
sguardo di nuovo alla tavola e a quelle due creature, emblema dell’assoluta
perfezione a suo parere, poiché nati da un intenso, profondo ma anche
travagliato (nel senso di pieno di sofferenze e travagli; Nd A), amore. Un amore
che neppure la morte aveva potuto estinguere o a poco a poco affievolire ma
aveva saputo mantenersi acceso, con quella dolce aspettativa, quella amara
impazienza di aspettare il momento in cui poter di nuovo sprigionare tutta la
propria forza ed intensità.
Sorrise, e con
quel semplice gesto volle trasmettere tutto il turbinio di sentimenti,
d’emozioni, di sensazioni sottopelle che per l’innumerevole quantità, ma
soprattutto per la loro intensità e le varie sfumature, non avrebbe mai potuto
descrivere a parole, perché le parole erano troppo… riduttive,limitative seppur
nella loro massima pregnanza.
I sentimenti non
possono essere ‘arenati’ nei rigidi schemi mentali degli uomini…i sentimenti
sono…liberi, si devono vivere e basta…e questo Son Goku l’aveva imparato.
“Ciao…figlioli.”.
Avvertì appena
il rumore di una sedia spostata con forza e con velocità, un frammento di
secondo dopo (forse anche meno) si ritrovò ad abbracciare con forza e con
affetto il suo primogenito, notando con una dolce commozione quanto il suo
adorato Gohan fosse cresciuto, come fosse – così rapidamente – divenuto uomo.
Lui ancora
ricordava con affetto quel bambino che all’età di quattro anni si annoiava e
sbadigliava quando gli dava lezioni d’Arti Marziali…ma che già conosceva metà
enciclopedia! Quel bambino che aveva subito – con la costrizione –
l’iniziazione alle Arti Marziali; quel bambino che aveva avuto delle
esperienze che neppure lui – pur essendo un puro saiyan e in qualche
modo…predestinato – avrebbe mai potuto immaginare, all'epoca.
Quel bambino che
era stato l’unico vero e proprio eroe che aveva eliminato in modo definitivo
quel terribile mostro, noto come Cell.
“Papà…”.
Bisbigliò il
ragazzo, incapace di proferir altro motto. Quante cose avevano da dirsi, da
ricordare insieme…ma sembrava divenuto impossibile trovare le parole e il modo
giusto per farlo.
“Come sei
cresciuto, figliolo! Quasi non ti riconosco…”.
Disse
affettuosamente, scostandolo da sé e posando le mani sulle sue spalle per
contemplarlo.
“Sei diventato
un uomo, ormai…”.
Disse infine,
sotto lo sguardo emozionato e commosso del figlio. Continuarono a guardarsi e
sorridersi in silenzio, per qualche istante. Non servivano parole, o altri
gesti. Il legame che aveva unito padre e figlio fino alla nascita di questi, non
si era dissolto, nemmeno la morte aveva potuto sgretolarlo o corroderlo.
Gohan avvertì
una leggera pressione, si voltò confuso, salvo individuare la sagoma del
fratellino che lo cingeva (come faceva quando era spaventato, felice o turbato)
per le gambe.
Sorrise,
scostandosi leggermente, con lo sguardo chino verso il bambino. Goku seguì il
suo sguardo e quando incontrò quel visetto così ingenuo, puro; quando si
rispecchiò in quel bambino che era una sua copia esatta, un sorriso fece di
nuovo capolino sulle sue labbra, i suoi occhi lanciarono un guizzo di pura e
semplice gioia mista a commozione, un lieve solletico al cuore.
Era lui, lui di
cui non avrebbe mai immaginato l’esistenza; lui che aveva visto nascere
dall’alto dei cieli; lui che aveva vegliato nelle notti in cui il bambino
sgattaiolava fuori per guardare le stelle; lui di cui aveva seguito
l’iniziazione alle Arti Marziali da parte della sua Chichi e poi di Gohan; lui
verso cui sentiva un grande debito da saldare per la sua totale e completa
assenza fisica nella sua giovanissima vita; lui che si nascondeva timidamente
dietro le gambe di Gohan…gli parve di sentire in cuor suo i sentimenti del
bambino: gioia ed entusiasmo, ma allo stesso tempo paura e nervosismo, come
quando ci si trova di fronte ad una persona mai incontrata con la quale
bisognerà condividere del tempo.
Si sedette a
carponi, un sorriso dolce e gentile, confidenziale e degno di fiducia sul volto,
uno sguardo caldo e amorevole, prima di scandire con voce volutamente dolce e
flebile:
”Ciao…figliolo…”.
Gohan sorrise,
scostandosi leggermente, carezzando rassicurante il bambino sulla testa,
permettendogli di trovarsi faccia a faccia con il padre, come da sempre aveva
sognato.
Goten guardò per
un attimo negli occhi l’uomo che aveva imparato a conoscere – grazie a foto,
filmini e racconti – come suo padre, sostenne per qualche intenso secondo il suo
sguardo ed il suo sorriso, avvertendo il proprio cuore battere forsennatamente e
le gambe tremolare per l’emozione, la sua testa era così piena di pensieri e
allo stesso tempo vuota, leggera.
Mille immagini
della sua infanzia senza un padre gli affiorarono nella mente, le parole di sua
madre, di suo fratello, quella stella così splendida nel cielo notturno; tutte
quelle immagini gli passarono di fronte agli occhi come un flash, prima di
essere sostituita da una assolutamente reale e concreta. Non c’erano dubbi.
Quello era il
suo papà.
Con slancio e
foga si gettò tra le sue braccia, gridando con forza, con calore ma anche con
disperazione, con commozione quel “ Papà!” che per la prima volta non fu
un suono dolce ed amaro che riempiva il silenzio, ma un vero e proprio richiamo.
Il sorriso di
Goku aumentò, stringendo con calore il bambino, cullandolo delicatamente, tanta
la paura di fargli male visto come sembrava piccolo e fragile, nonostante
avvertisse un forte potere scaturire da lui. Prese ad accarezzargli la
testolina, i capelli, rialzandosi in piedi, continuando a stringerlo, e
lasciandolo ridere e piangere al contempo contro il suo possente torace,
prendendo a bisbigliargli parole d’affetto e conforto, mentre Gohan sorrideva
guardandoli in disparte, lasciando che vivessero da soli quel momento così
emozionante per entrambi e così…personale.
“Visto di
persona sei ancora meglio…”.
Disse Goku,
sfiorandogli la testolina, con sguardo amorevole ed intenso.
“T-tu…mi
guardavi da lassù…papà?”.
Aggiunse subito
dopo, era così bello poterlo dire, poterlo chiamare, poterlo toccare, sentirsi
stringere da lui. Gli fece quella domanda, ma in fondo già sapeva la risposta,
solo voleva provare la dolcezza e l’emozione di sentirlo dire da lui, dal suo
papà.
“Certo…non ho
mai smesso di vegliare su ognuno di voi…”.
Bisbigliò
dolcemente, passandogli una mano tra i capelli, mentre il bambino annuiva,
continuando a guardarlo con ammirazione e adorazione.
Goku lo strinse
di nuovo con forza, prima di posarlo delicatamente a terra, scambiando un altro
sorriso con il primogenito.
I suoi occhi si
posarono sulla tavola apparecchiata e i suoi occhi andarono in vero e proprio
visibilio, riconoscendo la torta alle mele, la sua preferita, la prima in
assoluto che Chichi aveva cucinato per lui, quando avevano cominciato a vivere
insieme, quando lui e lei stavano cominciando a costruire quella splendida, così
unita e calorosa famiglia.
I suoi occhi
vagarono nella stanza, aspettando che da un momento all’altro il suo angelo dai
lunghi capelli corvini e dagli occhi intensi e vivi, pieni di luce nei quali
avrebbe voluto naufragare, facesse – finalmente – la sua apparizione.
~
Chichi sorrise,
lasciando entrare la luce del sole dalla finestra aperta, mentre una lieve
quanto dolce brezza faceva il suo ingresso carezzandole il viso che quel mattino
sembrava risplendere di luce propria, i suoi occhi sembravano essersi riaccesi
dopo un lungo lutto durato sette anni. Domani forse sarebbe stato di nuovo così,
ma non oggi. Non oggi che il suo Goku sarebbe tornato da lei, non oggi, oggi non
c’era spazio per inquietudini, tristezze, noie e rimpianti…oggi sarebbe stato
solo un giorno di gioia, di amore, di pace…quella giornata sarebbe stata una
delle più importanti della sua vita.
Importante come
il giorno in cui Goku le aveva promesso di sposarla.
Importante come
quello del fidanzamento.
Importante come
quello del matrimonio.
Importante come
le nascite di Gohan e di Goten.
Non doveva
esserci spazio per nulla che non rispecchiava lo splendore della sua gioia, di
quell’amore che palpitava in lei e che le sembrava identico a quello di quella
ragazzina che non abbandonava mai il suo fidanzato…identico ma allo stesso tempo
più intenso, più suggestivo, più ricco, più profondo.
Spazzolò
delicatamente i capelli, seduta sul bordo del letto, guardando con un sorriso
civettuolo il caos in cui era piombata la sua camera da letto; vestiti sparsi
ovunque, scatole di trucco, cosmetici, accessori vari; da quanto tempo non si
sentiva così…le sembrava di provare quella stessa ansia, quella stessa
impazienza, quella gioia, ma allo stesso tempo quella lieve inquietudine,
vissuti prima del suo matrimonio, quando una buona parte dello staff della
servitù le ronzava attorno preparandola al meglio.
Allo stesso
tempo sentiva quanto in quei sette anni fosse maturata, fosse diventata ancora
più donna di quanto fosse mai stata, in quei sette anni aveva affrontato tante
avversità, tante vicende, tante emozioni crescendo e stando accanto ai suoi
figli e se non erano “leggendarie” come le avventure del suo Goku e dei suoi
amici…di certo non avevano minor importanza ai suoi occhi.
Ma era felice di
lasciare che quella ragazzina tornasse ad emergere nel cuore e nell’anima della
donna che era diventata, della donna che aveva allevato da sola i suoi figli non
facendo mai mancare loro amore, protezione, cura, devozione e spensieratezza,
quella donna che era per loro un importante ed irrinunciabile punto di
riferimento, quella donna di cui suo padre si diceva così fiero.
Dopo estenuanti
ricerche aveva optato per abbandonare – una volta tanto – uno dei suoi rigorosi
abiti in stile cinese, optando per una fine ed elegante camicetta bianca, con
una serie di deliziosi laccetti incrociati sul davanti e una gonna di jeans che
le arrivava un poco sopra le ginocchia, ai piedi degli eleganti ma sobri sabot e
tanto per far emergere ancora quella ragazzina piena di sentimenti, di
sensazioni palpitanti avrebbe lasciato scorrere la sua chioma corvina lungo le
spalle.
Quasi senza
rendersene conto si ritrovò a canticchiare un motivetto con le labbra, da quanto
non si sentiva così bene? Continuando a spazzolare la sua fluente cascata
d’ebano, i suoi occhi si posarono per un attimo sulla comodina e con un dolce
sospiro, prese in mano la casacca arancione che dalla sera di sette anni prima –
oh, non avrebbe mai dimenticato quella sera! – non aveva più abbandonato la sua
camera da letto. Sorrise portandosela un’altra volta al viso, cercando ancora –
nonostante il passare di tutti quegli anni – un accennato, appena percettibile
alone del profumo del suo saiyan.
In quel mentre
avvertì il materasso cigolare, perché qualcuno doveva essersi appena appoggiato
con le ginocchia, roteò gli occhi tra l’esasperato e il divertito, scostandosi i
capelli dal viso, prima di riappoggiare – dopo averla ripiegata – con cura la
casacca sulla comodina, accanto alla foto di lei e di Goku il giorno delle
nozze. Accavallò le gambe, riprendendo a spazzolare i capelli, che avvertì
sfiorare con un piccolo e delicato tocco, così gentile e delicato.
Sospirò,
riappoggiando la spazzola al letto e incrociando le braccia, senza nemmeno
voltarsi, certa di chi si trattasse ma soprattutto che cosa volesse.
“No, Goten!
Te l’ho già detto…non dovete in NESSUN MODO o CIRCOSTANZA avvicinarvi alla torta
di mele! Quella torta…”.
Ma si interruppe
improvvisamente quando avvertì un familiare, quanto goffo.
“Ops!
Ehm…scusami, tesoro…sono sempre il solito, lo so! Eh eh...”.
Chichi lasciò
cadere la spazzola a terra, i suoi occhi strabuzzarono increduli, le sue labbra
si dischiusero e il suo cuore prese a palpitare a ritmi inimmaginabili.
Con una lentezza
che le sembrò infinitesimale, si voltò e le parve di intravedere frammento per
frammento, tutte quelle immagini che da quel momento le apparvero davanti.
Goku.
Il suo Goku.
Sorrideva come
al suo solito, con fare goffo e remissivo, colpevole, mentre si grattava con
nervosismo la nuca, guardandola con espressione dispiaciuta e innocente.
Ma un secondo
dopo, i suoi lineamenti assunsero tutt’altra forma. Smise di sorridere, i suoi
occhi si focalizzarono in quelli di lei, scrutandola con intensità, con
attenzione, come volesse leggerle l’anima, come se la vedesse per la prima
volta, studiandone le delicate e fini fattezze di quel visino d’avorio così
elegantemente scolpito. Si perse nei suoi occhi, lo specchio della sua anima,
così intrisi d’emozioni, di sentimenti da perdervisi dentro per non riemergere
mai più…ma si sarebbe perso con pura e semplice gioia all’interno delle sue
iridi e lì dentro avrebbe cercato l’essenza di lei, l’avrebbe fatta propria e
così avrebbe saputo trovare nel mare delle emozioni più eteree, più pure, ma
anche quelle meramente passionali e sensuali della sua donna…se stesso.
Perché Son Goku
lo sapeva. Sapeva che morendo…non si era dissolto del tutto, metà di se stesso
era custodita nel cuore della giovane, nell’intima essenza della sua anima e
anche nel Regno dei Cieli, oltre la vita, senza di lei…non era completo.
Ora. In quel
momento. Insieme, occhi negli occhi, senza fare o dire nulla, semplicemente
lasciando emergere emozioni, brividi, sensazioni, pensieri e incertezze…in quel
momento seppe che era quella la perfezione assoluta.
Chichi si perse
a sua volta nella sua espressione così dolce, eppure così…suggestiva che la
stava soggiogando più di qualsiasi altra cosa, in quello sguardo
così…scrutatore, intenso, profondo, ma allo stesso tempo caldo…rovente, sembrava
entrare in lei e nello stesso tempo indurla a scavare nel profondo di lui per
far riemergere la sua stessa essenza. Perché sapeva come e quanto le loro
essenze fossero mischiate e solo dalla loro unione sarebbero tornate ad essere
un tutt’uno.
C’erano così
tante cose che avrebbe voluto dirgli. Tante cose da chiarire. Erano tanti i
gesti che gli aveva riservato, i sorrisi, i baci…ma in quel momento,
semplicemente si sentiva risucchiare dalla luce dei suoi occhi di velluto e nel
sorriso emozionato e allo stesso tempo affascinante e sensuale che incurvò le
labbra di lui. Era splendido, spaventosamente bello, proprio come sette anni fa.
Non era cambiato.
“G-Goku”.
Fu solo in grado
di bisbigliare, mentre sentiva una lacrima birichina contenuta nelle sue ciglia,
facendole risplendere, come quella nuova mistica ed eterea luce accesasi nel suo
sguardo.
Il saiyan annuì
impercettibilmente. Un battito di ciglia, il frullio d’ali di una farfalla, e si
ritrovò stretta tra le sue braccia, avvertì il battito lievemente aumentato del
suo cuore sotto il suo orecchio, avvertì la carezza calma ma intensa delle sue
grandi mani tra i suoi capelli e poi sulla schiena, avvertì il suo profumo…il
profumo del suo saiyan, avvertì il calore del suo corpo e il modo in cui si era
istintivamente lasciata andare, il modo perfetto in cui il suo corpo sapeva
trovare rifugio, protezione in quello di lui. Le sembrò che il tempo si fosse
fermato. Non c’era più nulla, più nessuno, solo loro due, sembravano essersi
elevati ad una dimensione ultraterrena loro, solo e soltanto loro.
Strinse forte le
braccia intorno al suo collo, bisbigliando il suo nome contro la sua spalla,
avvertendo lacrime di gioia fuoriuscire dalle sue palpebre, mentre lui la teneva
ancora saldamente a sé.
Lo sentì
affondare il viso contro i suoi capelli, carpendone il profumo e la morbidezza
setosa, avvertì il suo respiro profondo contro il suo collo e la pelle
accapponarsi, rabbrividire mentre istintivamente si fece più vicina, quasi
volendo diventare una parte stessa del suo corpo.
“Oh Goku…”.
“Chichi…tesoro…”.
Mormorò appena
contro il suo orecchio, facendola sciogliere in un sorriso lacrimoso, mentre
appoggiava le sue morbidi e virili labbra contro la sua mascella, in dolci,
teneri,lenti e suggestivi baci lungo la linea curva della sua gota,
soffermandosi allo zigomo. Sorrise intenerito, vedendo una lacrima rotolare
sulla guancia e la baciò, assaggiandone il sapore salato ma in qualche
modo…invitante. Le scostò i capelli dal viso, riponendoli con attenzione dietro
le orecchie, continuando a starle intimamente vicino, i loro nasi che si
sfioravano, studiando con attenzione ogni gesto, come a volerlo imprimere per
sempre dentro di sé, e forse – pensò Chichi – era proprio così.
Le scostò
qualche ciuffo, in modo da liberarne la fronte, baciandola delicatamente,
scivolando poi – lento e suggestivo – sul nasino, percorrendone la piccola
discesa e la punta del naso.
Le cinse il
viso, facendolo leggermente inclinare all’indietro per studiarla meglio.
Chichi scosse
leggermente la testa, quando avvertì un istintivo ma delizioso rossore
imporporarle le gote, mentre sospirava leggermente, sorridendogli con il cuore
ancora in tumulto, scendendo con le mani a sfiorare le sue spalle perfette –
come a darsi un’altra prova che in QUEL momento, lui fosse veramente LI’, con
lei – salvo scivolare al petto muscoloso.
Sorrise,
dolcemente emozionata, posando le mani su quelle di lui che ancora le tenevano
il viso accarezzandole le gote, e ridendo leggermente, con gli occhi che
risplendevano di tutto quel turbinio di magiche emozioni che covava nel cuore.
“Non sei
cambiato. Sei sempre lo stesso…il mio Goku…”.
Disse le prime
parole con voce flebile ma ferma, mentre le ultime divennero un bisbiglio, come
un loro intimo e riservato segreto.
Lo vide
sorridere, i suoi occhi riempirsi di quello stesso arcobaleno d’emozioni
racchiuse nel suo cuore.
“Nemmeno tu. Sei
così bella…come l’ultima volta che ti ho vista…forse anche di più…”.
Bisbigliò
posandole ancora dei leggeri baci sulla guancia, scivolando fino al mento, fino
a posarne uno sul collo, sorridendo quando la sentì fremere letteralmente
facendosi più vicina, e avvertì di nuovo la consistenza del suo seno contro il
suo petto. Le mani del ragazzo scivolarono dal viso, lungo il collo, le spalle,
i fianchi con lentezza, quasi a voler riscoprire pian piano ogni centimetro del
suo splendido corpo, salvo stringerle poi con dolce fermezza ed intensità la
vita, dolcemente possessivo. Erano entrambi ancora seduti sul letto, appoggiati
alle ginocchia.
“Goku…io…”.
“No, amore…non
adesso…”.
Bisbigliò appena
il ragazzo, schioccandole un bacio sulla mascella, salendo leggermente
all’orecchio, togliendole un sospiro d’emozione.
Sorrise
scivolando con le labbra sul suo viso, giungendo al suo mento, soffermandosi un
attimo a guardarla, occhi negli occhi, sfregando il naso contro il suo.
“Dopo,
amore…dopo…abbiamo tutto il tempo…”.
Bisbigliò
dolcemente, con voce ferma ma così intensa da lasciarla senza fiato, facendola
struggere contro di sé, avvertì i fremiti del suo corpo.
Decisamente, un
invito troppo allettante per poterlo rifiutare.
La vide annuire,
ricambiando il suo sguardo, riconobbe in quello sguardo intenso ed etereo quella
stessa scintilla che doveva accendere il suo animo in quel momento.
Sorrise con un
che di sensuale e sbarazzino prima di appoggiare le labbra a quelle della
giovane, le cinse di nuovo il viso, facendoglielo inclinare all’indietro, in
modo da conferire al bacio la giusta intensità.
Un lieve,
leggero, tenero, soffice sfiorarsi di labbra. Quasi come studiarsi di nuovo,
dopo tanto tempo, quasi come una prova.
Un altro, un
lieve frullio d’ali di farfalla, quella stessa scintilla cominciare ad ardere,
senza più controllo, senza remore.
Fece scivolare
le mani ai suoi fianchi, attirandola con forza e con energia a sé, godendo di
quel lieve ma intenso brivido di aspettativa che intaccò ogni suo nervo,
scuotendolo fin nel profondo, mentre avvertì la donna bisbigliare di nuovo il
suo nome…ma il suo nome gli parve così intenso, così dannatamente…allettante e
meraviglioso.
Socchiuse gli
occhi, accostando il volto al suo, catturandole le labbra, lambendole
intimamente, perdendosi nel fragrante sapore della sua bocca, lasciando
intingere le proprie labbra del respiro di lei, avvertendo quanto si facesse più
agitato il suo stesso respiro, continuare implacabile, cercando, scovando ogni
anfratto più segreto di lei, premendola con più energia, salendo con una mano
alla sua nuca, chiedendo di più, osando di più. Fu il saiyan a fremere
letteralmente quando le mani di lei risalirono la schiena, e si strinsero contro
il suo collo, incrociando le braccia, facendosi più vicina, intrecciando una
delle sue dita tra i suoi capelli, ricambiando con ardore il bacio, fino a
quando lui non avvertì la scintilla accendersi nel profondo di sé, non
accontentandosi mai, conscio che quel fuoco che nemmeno la morte poteva
estinguere, si era fatto ancora più intenso, era stato rigidamente tenuto a bada
per tanto, troppo tempo…ed ora di lasciarlo bruciare…ardere con foga, slancio e
disperazione, al pensiero di dover godere di ogni istante perché non sapevano
quello che sarebbe stato di loro l’indomani.
”Chichi”.
Mormorò appena
scostandosi, senza fiato, contro le sue labbra.
“Schhh”.
Bisbigliò lei
sorridendo e facendolo tacere a sua volta.
“…Goku, amore
mio…finalmente…”.
Bisbigliò
cingendolo ancora con forza, riaccostandosi a lui, cercando di nuovo le sue
labbra con la stessa sua foga, disperazione, passione ma al contempo la dolcezza
e la tenerezza, immutati con il passare del tempo.
O forse sì.
Accesi e resi
più vivi, più palpitanti, più…roventi.
…Fine prima parte…
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