L'ombra del riflesso

di lore23031988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1, Alba spettrale ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2, La visione ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3, L'anticamera del pensiero + guida alla lettura ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1, Alba spettrale ***


La luce della luna colora la sabbia di bianco e opacizza il cielo blu cobalto; sento il rumore del mare, ma non lo vedo dalla mia posizione.
Ci sono due bambini con me…  Un bambino e una bambina; lei è seduta .
Lo sono anche io? …Sembra di si.
Siamo seduti sulla sabbia e stiamo facendo qualcosa assieme, almeno così sembra…
Si, ci sono l’immagine inizia a farsi più nitida!
Stiamo costruendo un immenso castello di sabbia. Il progetto sembra molto elaborato, ma sopratutto copre un'area di spiaggia veramente notevole.
Il bambino è in piedi, e sembra dirigere le operazioni, mentre io e la ragazzina stiamo ritoccando gli ultimi particolari di questo capolavoro… 
Un momento…  Ma come sono vestiti questi due?
Il bambino… Credo di aver recepito il suo nome, qualcosa tipo Asmodeo… Amadeo… Non so di preciso, ha stampato sul volto uno strano sorriso…
Indossa un completo blu, leggermente più scuro del cielo,  e, sotto la giacca aperta, posto sopra il colletto di una camicia bianca, ha un papillon rosa.
In testa ha un cappello di paglia… Sembra una paglietta, con una riga bianca sopra la visiera.
Nella mano sinistra tiene… mmm… una lampadina?!? Ma è accesa?!?
Come diavolo può essere accesa se non è collegata a niente?  

…Ahrgh… Che dolore!
…E che cos’è questo maledetto ticchettio? Mi sta martellando in testa da quando ho iniziato a fissare l’orologio che il bambino porta al polso sinistro…


Giro lo sguardo verso destra, per vedere se il dolore svanisce, ma non me ne accorgo neppure, perché il mio sguardo cade sulla bambina, che sta seduta accanto a me; Raffaella, mi sembra d’aver carpito il suo nome mentre il bambino lo pronunciava.
Anche Raffaella non è vestita  per andare a giocare sulla spiaggia, di fatti indossa un abito lungo, ma quello che mi colpisce di più è una lunga piuma (…Di pavone?) coloratissima che sfoggia sulla piccola testa, credo fissata a una sorta di diadema.

Sembra che siamo giunti alla fine, non è così?

…La voce sembra provenire da  Asmodeo, che però non ha mosso le sue labbra, contemporaneamente il bambino guarda l’orologio, lasciando cadere dalla mano sinistra la lampadina, che a contatto con la sabbia estingue la sua misteriosa luce.

Sembra proprio di si

Risponde Raffaella. La sua voce è molto bassa e il suo sguardo visibilmente soddisfatto.
Detto ciò Raffaella si alza, e, rivolgendomi lo sguardo, mi ringrazia per averla aiutata nella costruzione del castello.
Le cade un fiore nero dalla mano (era già in mano da prima? Non l'avevo notato...) che sembra un’orchidea, non m’intendo di fiori.
Mi chino per raccoglierlo, rialzo lo sguardo… E non so più dove sono...
Sembra… 
Non è possibile…
Si, sembra proprio di essere dentro il castello che stavamo costruendo, o meglio, fra una torre di sabbia e l’altra, in una specie di corridoio aperto…
Mi metto le mani sugli occhi per capire se è un sogno oppure no, quando mi accorgo della misura delle mie mani...
Le mie mani sono così piccole..
Sono un bambino anche io? …Sembra di si.
Dovrei essere qualcos’altro? Non credo, non so e non voglio saperlo…
L’unica cosa che adesso vorrei sapere è dove diavolo mi trovo!
Continua...

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Capitolo 2
*** Capitolo 2, La visione ***


Il paesaggio (è un paesaggio o un’architettura? Difficile rispondere…) è diventato grande; o sono io ad essere rimpicciolito?  Difficile dirlo con precisione…
So soltanto che vedo queste immense torri di sabbia, che circondano la sorta di sentiero renoso che sto seguendo; la sabbia da vicino sembra ancora più bianca.
Qua e la, sparsi  sui muri, ci sono degli orologi a pendolo, ma questi non hanno lancette e non fanno nessun rumore, mi sento sospeso, fuori dal Chrònos, nell’Aiòn; non luogo… Non tempo

Cosa ho detto? …Non lo so... Non riesco a catalogare i pochi ricordi che ho, e sopratutto ognitanto pronucio delle parole che neppure credo di conoscere... 

Continuo, stordito ed impaurito, la mia esplorazione, quando a un certo punto davanti a me un bivio…
Scelgo di svoltare a destra, perché da quella direzione mi sembra provenga una luce leggermente più calda; d’un arancione gommagutta, forse messo in risalto dal contrasto complementare col  blu del cielo, che continuo a vedere, se alzo lo sguardo.
Subito dopo la svolta, noto un immenso spazio circolare aperto, circondato da mura (sempre di sabbia) leggermente più basse di quelle viste finora.
Al centro dell’area c’è una piccola barca a remi  arenata, guardandola sembra una di quelle barche che si trovavano sul litorale negli anni ’80…
In che anno siamo? Non saprei dirlo con sicurezza, però indubbiamente dopo il 1980… Almeno credo.
Mentre sono assorto nei miei pensieri non mi accorgo che due figure femminili si materializzano: stanno sedute sulla barca, sorseggiando qualcosa da delle tazze; suppongo sia del the.
Le guardo bene, quella rivolta verso me è una donna di colore, indossa un vestito nero con una fantasia di fiori bianchi; in testa porta un cappello di paglia molto piccolo.
Dell’altra noto soltanto il cappello, nero e immenso, perché è messa di spalle (potrebbe non essere una donna… Lo sembra però).
Osservandole noto che stanno ripetendo gli stessi gesti già da un po’…
Come in una sorta di rituale, posso vedere che:  la donna nera prima parla, e poi porta alla bocca la tazza; nel frattempo la donna di spalle sembra annuire, lo deduco dal movimento che fa il suo cappello. A seguito di ciò “la scena” sembra bloccarsi, come un fermo immagine per un tempo relativamente breve.
Tutto riparte come se fosse un circolo quando la donna di colore inizia nuovamente a parlare…
Ecco! Una sorta di immagine residua, dove è come se ogni azione corrispondesse a una reazione prefissata; già calcolata.
Mi faccio coraggio e decido di avvicinarmi perché, nonostante sia una scena abbastanza paradossale, non mi sento in pericolo; anzi, quella luce arancione mi lascia addosso una leggera sensazione di calore, e le due donne sembrano avvolte da una leggera nebbiolina, tipo quella della primo mattino di una giornata estiva, che dona all’atmosfera un non so che di aulico.
Molto strano però, che nonostante mi stia avvicinando non riesca a sentire quello che la donna rivolta verso me sta dicendo… Ancora più strano adesso, che sono a pochi passi dalla barca posta al centro dell’area…

“Scusi signora… Disturbo? Credo… Si, credo di essermi perso e vorrei delle informazioni…”

Niente!
La donna nera non mi  guarda nemmeno, ma continua a parlare con l’altra, come se non sentisse… O meglio, come se non potesse sentire.
Continuo ad avvicinarmi per vedere se con l’altra signora sarò più fortunato.
Avvicinandomi noto il suo zigomo, sembra rosa, forse questa signora capisce il mio linguaggio!
Sono di carnagione caucasica? Riguardo le mie mani… Sembra di si.

“Scusi, forse lei mi capisce signo….”

La mia frase si ferma qui, perché la visione del volto della signora dal cappello nero mi lascia senza parole…
La conformazione del volto non mi è nuova (dove l’ho già vista?) ma la cosa sconcertante è il fatto che alla donna mancano gli occhi, o meglio, sembra che le siano stati strappati; mentre lo noto, questa prende la parola:

“Ti sei dimenticato di qualcosa, non è così?”

e mi passa uno specchio, che incautamente prendo in mano…
E che ci dovrei fare? Prima che possa chiederglielo lei mi anticipa:

“Guardati…”

Non del tutto sicuro di cosa stia facendo, alzo lo specchio, e mi guardo…
Mio Dio…
Non ho un volto… I contorni periferici ci sono, ma non vedo né occhi, bocca, naso…. Nulla di nulla!

“Com’è possibile? Come posso vedere senza occhi?... Dov’è il mio volto?!?” 

Mi rivolgo alla donna cieca, ma, alzando lo sguardo noto che le due donne non ci sono più, sparite come una sorta di ologramma…
Solo e ancora sotto shock crollo a terra e vorrei iniziare a piangere, ma non posso, o meglio le lacrime non scendono...
Quando finisce quest’incubo, e perché sembra così reale? Cazzo…

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Capitolo 3
*** Capitolo 3, L'anticamera del pensiero + guida alla lettura ***


E’ ormai passato un po’ di tempo dalla strana visione delle due donne,  anche se non ho modo di dire quanto, dato che questi stupidi orologi non hanno lancette.
inizio anche ad avere parecchio sonno… Se ho sonno vuol dire che non è un sogno?!?
…Sono troppo stanco per pensare…
Mi accascio a terra, e mi assopisco immediatamente…

...

Mi risveglio con la bocca ancora piena di rena, mi metto seduto a gambe incrociate e mi guardo attorno…
Dove mi trovo?
Sicuramente non nel castello di sabbia!
Sono rinchiuso in una struttura di ferro, che sembra una sorta di gabbia aperta e dietro queste sbarre non vedo niente… O meglio un’immensa distesa di colore bianco… Può essere un’ideale di infinito?
Un momento… Non sono sbarre di ferro queste, ma sembrano…  Cavi?
Una miriade di cavi pendono dall’alto verso il basso! (O viceversa?)
Dove sono seduto? Sembra una sorta di pavimento, ma è sottile e flessibile… Sembra una membrana…
Oddio, ma è un lembo di pelle umana?!?
Faccio per alzarmi quando una voce mi comanda:

“Rimani seduto!”

Alzo lo sguardo e noto che qualcosa sta scendendo dall’alto…
Una sorta di braccio meccanico, avvolto da una miriade di cavi (la presenza di questi sembra una costante di questo spazio/non spazio), alla cui estremità è fissata un’enorme sfera metallica.
Quando la leva termina la sua scesa la sfera è a circa 2 metri dal mio “volto”; da vicino mi accorgo che è davvero grande; molto probabilmente più grande del mio corpo.
La fisso, da seduto, e mi accorgo che la cromatura metallica della sfera inizia a muoversi… Dilatarsi… O meglio… Si sta schiudendo…
La parte scoperta sotto la sfera metallica è inizialmente nera, ma, man mano che la cromatura si apre sempre più (si, forse aprire è il verbo più idoneo) un’intensa luce rossa esce dal suo interno, tipo un laser… Cos’è un laser?
Pian piano questa inizia ad attenuarsi, posizionandosi al centro, come… Come la pupilla di un occhio!
Sembra… Sembra proprio che mi fissi, questo simulacro di occhio…
Noto che al suo interno, inizia a formarsi, oltre a un codice formato da strane lettere in diverse lingue (alcune a me comprensibili, altre no) che scorrono come su di una sorta di schermo sul layout di quella che , in un occhio vero, sarebbe la cornea, una sorta di pupilla contornata di iride (sempre rossa), molto più elaborata del semplice punto iniziale, e questa si allarga a dismisura, come se l’inscrizione all’interno dell’occhio fosse quasi un’imposizione.
Mentre penso a ciò che sta accadendo, l’occhio si rivolge a me (suppongo sia lui a parlare… Un occhio che parla?!?):

“Chi sei?”

Esasperato dalle stranezze di questa nuova pseudo realtà, ed esasperato da una domanda del genere, decido di rispondere alzando il tono:

“Chi sono io?!? Chi sei tu piuttosto!  Poi, più che chi sei… Cosa diavolo sei!!! E per una buona volta, posso sapere dove diavolo mi trovo?”

A seguito della mia reazione noto che il braccio portante dell’occhio, che essendo collegato a questa sorta di sfera può esser paragonato a un nervo ottico, inizia a muoversi; questo movimento fa tremare la sfera che emette uno strano rumore, tipo ingranaggi che si muovono; fatto questo l’occhio torna nella precedente posizione, e risponde:

“Mi chiedi chi sono?”

Muovo il volto per annuire…

“Io…
Io sono…
Io sono!
Non ero, ma poi sono divenuto/a.
… Non ricordo molto di quando non ero…
Forse sono stato/a creato/a in questo silenzio…  Da questo silenzio…  Per  questo silenzio…

Chi sono, mi chiedi…
E’ da tutta la vita che sto cercando di capire chi io sia!”


Non riuscendo a dare senso alle parole della macchina gli (o le?) chiedo:

“Come posso fare per uscire di qua?”

Lui/lei, risponde:

“Questo posso dirtelo! E’ facile! Basta che tu dica ad alta voce il tuo nome!”

Tutto contento per la risposta; per quanto paradossale, almeno questa volta certa inizio a pensare al mio nome…
L’occhio prende parola:

“Non lo ricordi, vero?”

Purtroppo ha ragione… Non lo ricordo!

“Fissa la parte nera al mio interno…” 

Mi suggerisce l'occhio...

Io muovo il mio sguardo dentro al suo, e… Oddio! Finalmente! Si, lo riconosco, questo è  il mio volto!

“ Ti riconosci?”

Mi chiede la voce. Le rispondo:

“Si, sono io! Un uomo di quarant’anni circa, con capelli neri, occhi verdi…”

“E il nome?”

“il nome…  Francesco!”


Appena pronunciato il mio nome mi sento svanire, come assorbito da un’altra dimensione…



Quel giorno, Francesco Rossini si svegliava, dopo un mese di coma profondo, all’ospedale Mayer di Firenze; d’intorno a lui, la cara zia e la sua, ormai anziana, badante di colore, rimasta molto affezionata all’ormai quasi quarant’enne Francesco.
Durante il recupero e la riabilitazione Francesco venne a sapere che era entrato in coma a seguito di un violento incidente stradale, e che i medici lo davano al 90% come spacciato, quindi una sorta di miracolato.
La cosa che colpì Francesco, non appena uscito dal coma fu la presenza di un bigliettino rosso nella sua mano; sopra c’era scritto:

“Ricordati che potrei aver di nuovo bisogno di te”GUIDA ALLA LETTURA, Assolutamente da leggere DOPO!

Il racconto, diviso in tre capitoli inizia in modo molto confuso (la confusione sarà una costante per tutto il racconto).
La prima ambientazione rappresenta l‘idea di un ipotetica “dimensione di coma”; qui si trova Francesco, ovvero su di una spiaggia (poi siamo sicuri sia una spiaggia? Il mare non viene mai visto dal protagonista, nonostante ne oda il suono in lontananza) senza tempo, desolata, infinita dove ogni sensazione percettiva è paradossale e, apparentemente, insensata.
Uno dei primi punti più difficili da comprendere è la presenza dei due bambini, Asmodeo e Raffaella.
Già il nome di questi due personaggi dovrebbe far riflettere, perché Asmodeo, secondo la tradizione biblica prima, poi medievale è uno degli appellativi di un demone, mentre Raffaella è una traslazione al femminile di Raffaele, l’arcangelo Raffaele.
Nel libro di Tobia, testo deuterocanonico contenuto nella Bibbia cristiana, troviamo una sorta di “scontro” indiretto tra i due personaggi (chi vuole conoscere la storia vada a leggerla).
Etimologicamente il nome Raffaele significa “la medicina di Dio”, colui che guarisce dai mali, mentre Asmodeo sta per colui che uccide; già questo primo elemento dovrebbe rimandare all’idea che il protagonista sta subendo una sorta di giudizio, e le due entità, impersonate da bambini piccoli che giocano con lui, sono li ad osservare il suo comportamento, sia pure da spettatori inermi, o meglio, da comparse, vestite giustamente per l’occasione (una sorta di teatralità del ciclo vitale, che alla sua probabile conclusione, si presenta in abito da sera). Molto particolare, a mio avviso, è questo rapporto di non belligeranza tra i due bambini, che anzi, sembrano molto complementari (altro rimando al ciclo vitale).
Per quanto riguarda Asmodeo, la sua allegoria nel tempo si è evoluta; nell’astrologia medievale è associato al tempo che scorre, ecco perché il protagonista si sente male quando sente e guarda le lancette dell’orologio di Asmodeo; perché è spaventato dal tempo che passa, gli vorrebbe ricordare che questa dimensione è eterna, ma la sua intermissione non lo è, anzi, si deve muovere perché ha un appuntamento con qualcuno (quindi la figura di Asmodeo in questo racconto è molto ambigua, non così antagonista come rimanda la tradizione).
Il castello di sabbia è un simbolo che, nell’ideale di questa storia, vorrebbe, con l’atto della costruzione rappresentare la vita, che viene plasmata dalla guarigione e dalla protezione (in senso lato, dall’amore), ma supervisionata dalla morte (qui amore e morte  potrebbero anche essere intesi  Freudianamente, ovvero la distinzione Eros/Thanatos, impulso di vita e impulso di distruzione, quindi morte; non necessariamente morte intesa fisicamente).
Raffaella a un certo punto, sollecitata da Asmodeo, congeda Francesco, lasciando cadere a terra un’orchidea nera; l’orchidea è un simbolo di armonia e di bellezza, una bellezza che però va al di la dei canoni fisiologici. Questa orchidea, in particolare, è nera; il nero si sa, ha una simbologia pressoché infinita, comunque l’aspetto che più salta all’occhio è il fatto che il nero sia l’assenza di colore, quindi sull’orchidea che sta all’armonia, il nero vuol essere una sorta di negazione, ovvero che il protagonista non è in armonia con se stesso.
Francesco a un certo punto si ritrova dentro la costruzione che ha ultimato, in esplorazione all’interno della sua vita e dei suoi ricordi.
Attirato dalla luce calda e soffusa oltre l’angolo, si incammina verso uno spiazzo; qui vede una barca .
La barca, in questo caso, guarda alla mitologia egizia; di fatti la barca era, per gli egizi, l’imbarcazione rituale che trasportava il sole ogni giorno, divenuta poi simbolo di rinascita, da morte a nuova vita.
In questa barca, compaiono due figure, che poi ritroveremo alla fine del racconto, che sono la donna di colore ( che poi scopriremo essere la tata di Francesco, quando era piccolo) e una donna con gli occhi strappati.
Il fatto che la donna di colore non dia considerazione al protagonista è forse un ricordo di Francesco da piccolo, in cui cercava qualcosa da questa donna, ma essa non gli dava ha dato la dovuta attenzione, però il fatto che anche la zia non possa vedere, rimanda più a una riflessione di Francesco, che bisognoso di attenzione, forse in modo esagerato, si è sempre sentito come emarginato e non considerato, neppure dalle persone a lui più vicine. Particolare che Francesco non veda la zia e la tata e non i genitori o i nonni.
Il non volto di Francesco… Questo è il punto; perché non ha un volto?
Semplicemente perché Francesco non sa più chi è, non vuole saperlo; anche se non è consapevole di non volerlo sapere.
Inizia allora questa ricerca del suo io, mentre qualche ricordo continua a riaffiorare, pian piano.
A un certo punto Francesco si addormenta, è ora in grado di entrare in un livello superiore di questa dimensione, ma dove si ritrova?
In una struttura futuristica, ubicata sul nulla.
Qui scende una sfera metallica, che scopriremo essere un occhio.
L’occhio rappresenta la divinità. Il nostro protagonista ha un incontro ravvicinato con questo Dio, questo prototipo di Dio.
Particolare che questo Dio sia molto confuso; sembra in ricerca di qualcosa, come il nostro protagonista, sembra quasi che guardi Francesco per capire se stesso.
Alla fine Francesco guardando dentro l’occhio riesce a comprendere chi è, e appena ne è consapevole ritorna nella nostra dimensione, dentro al suo corpo.

Spero  sia stata una lettura piacevole, e per il possibile vi abbia sorpresi!

Grazie di aver letto e commentato, e chissà, un giorno magari ci sarà un seguito.


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