Ali Ancestrali di Ireland s sky (/viewuser.php?uid=967)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ali Ancestrali ***
Capitolo 2: *** La donna d'acqua ***
Capitolo 1 *** Ali Ancestrali ***
Autore: Ireland's Sky
Questo testo
mi è molto caro. E' stato uno dei pochi che mi hanno fatto sognare e che mi è
piaciuto scrivere. Penso che la storia continuerà ad andare avanti, ma per
ora accontentatevi di questo capitolo. Mi piacerebbe
sentire la opinioni sia positive che negative (anche se io preferisco le prime
:-P). Se questo riscuoterà abbastanza
successo, lo continuerò, altrimenti rimarrà nel mio cassetto degli scritti.
Scegliete voi, in tutta libertà se volete che la storia continui fino alla
fine. Mandatemi i vostri pareri
ad ireland_sky@yahoo.it. Buona lettura!
Midi: Dissipating sorrow
L'idrovolante si alzò lentamente da terra, sollevando con le sue enormi eliche,
una grande nuvola di sabbia. Il sole dipingeva, con i suoi raggi colorati, il
cielo di un arancione intenso, quasi irreale. Garnet si sporse dalla nave, per
cercare di scorgere tra tutte quelle nubi di polvere, la sagoma di Gidan. Ma non
ci riusciva. Era come se la nave fosse avvolta da un manto di nebbia. Garnet si
protese al massimo, ed alla fine lo poté vedere, in lontananza, mentre la
guardava sorridendo come lui solo sapeva fare. Ed allora Garnet non ce la fece
più, e guardandolo con gli occhi pieni di lacrime, sussurrò piano il suo nome,
come se lo dicesse per la prima volta. Assaporò quelle brevi sillabe, cercando
di imprimersi l'immagine del suo viso, la sua voce ed il suo sorriso. Poi,
quando ormai Gidan era diventato un puntino minuscolo sulla terra rossa, Garnet
si inginocchiò sul ponte della nave.
Eiko guardava desolata quella scena che le si parò davanti. Freija si era
inginocchiata vicino a Daga, cercando di confortarla, mentre Steiner si
disperava continuando a guardare inerme la sua principessa in lacrime. Vivi non
diceva niente, guardava anche lui, probabilmente con in testa mille pensieri su
cose che nemmeno lei conosceva. Quina scuoteva la testa tristemente. Amarant se
ne rimaneva in disparte, con quel suo sguardo freddo ed indecifrabile. Ma Eiko
scommetteva che anche lui, sotto sotto, stava cercando di trovare le parole per
consolare Daga. E mentre tutti si avvicinarono a Garnet, Eiko rimaneva ferma al
suo posto, troppo presa da quelle emozioni per parlare. Si sentiva sola in quel
momento. Anche se era circondata da tanta gente, si sentiva sola, senza nessuno
che fosse interessato a lei. Continuavano a non badarla. Avrebbe tanto voluto
che Mogu fosse lì con lei, nel suo posticino segreto, per confortarla, per
dirle che andava tutto bene. Istintivamente la chiamò in silenzio, ma sapeva
già che lei non sarebbe spuntata dal nulla come per magia. Ora che tutto era
finito, cominciava a sentirne la mancanza. Prima, con tutte le cose che erano le
successe, non si era potuta rendere conto di quanto le mancasse. Ora si sentiva
veramente sola. Pensava che con la venuta del suo "eroe" Gidan , le
cose si sarebbero sistemate, ma alla fine aveva capito anche lei che il suo
amore per lui era solo un capriccio da bambina, un modo per non sentirsi
abbandonata. Ma Gidan amava solo Daga, e per lui Eiko Carol era solo una amica.
Quando si era lanciata dall'Hilda Garde II, e tutti si erano recati al castello
di Alexandria, Gidan non si era minimamente preoccupato per lei. Solo per Daga.
Ma ora Gidan era costretto ad abbandonare colei che amava più di ogni altra
cosa. Anche lui doveva essere infelice. Ed allora, piena di tristezza per Daga,
Gidan, Mogu, i suoi amici e per sé stessa, si avvicinò a Daga, si
inginocchiò, appoggiò la sua testa sulla sua spalla, ed abbracciandola forte,
cominciò a piangere pure lei. Garnet rimase un istante in silenzio, poi cinse
con un abbraccio la sua piccola amica, e smise di piangere. E mentre gli altri
cominciarono a consolarla, Cid guardava da lontano, con sua moglie Hilda vicino.
- Sei proprio sicura di voler restare a Madain Sari?- chiese
Garnet ad Eiko, mentre questa scendeva la scaletta dell'idrovolante, poco
distante dalla sua casa.
- Sì.- girandosi verso Daga.- Voglio tornare a casa. Ci sono alcune cose
importanti che devo fare. E poi,…cos'è, hai paura che qualcuno possa farmi
qualcosa? Guarda che non sono più una bambina!- disse mettendosi le mani sui
fianchi, come era solito fare.
- Bè,…certo…- disse Daga, cercando di nascondere l'imbarazzo.
- Allora ci vediamo! Stammi bene e salutami gli altri!- aggiunse correndo verso
Madain Sari.
- …ASPETTA!- Gridò Garnet raggiungendola.
- Cosa c'è?
- Ti volevo dare questi.- disse mostrandole i quattro gioielli ancestrali.
- Come?!
- Vorrei che tu li custodissi. Hanno già causato molti guai. Chi li possiede
deve conoscere il loro potere meglio di chiunque altro, e penso che tu sia la
persona adatta.
- Ma…ma…
- Ti prego Eiko. Io non ne sono stata capace, e per colpa mia molti sono morti…Mi
fido di te.
- …Anche il tuo ciondolo?
- Sì.
Eiko guardò l'amica e poi i quattro monili. Sapeva quanto fosse costato a Daga
darle anche la sua collana reale, e promise a sé stessa, in silenzio, di essere
all'altezza della situazione.
- Li proteggerò a costo della mia stessa vita.
- Grazie Eiko.
Una volta entrata nel suo villaggio Eiko chiamò a raccolta i
suoi amici Moguri. Erano tutti lì. Nessuno era scappato, e la avevano aspettata
fiduciosi. La piccola sciamana era felice di avere degli amici come loro accanto
a lei. Soprattutto ora, che doveva mantenere fede alle promesse fatte a suo
nonno ed a Daga. Perciò si diresse verso il muro dell'invocazione, ed una volta
lì depose i quattro monili per terra, in mezzo ad un cerchio che aveva
disegnato prima.
- Ed adesso? Cosa devo fare? Riunirli insieme e poi sigillarli? Oppure devo
distruggerli? O invece devo nasconderli da qualche parte? Aaahh! Non so cosa
fare! Uff. Daga mi aveva detto di proteggerli, quindi devo solo trovare un posto
sicuro dove metterli….Sì, ma dove?!
- Eiko!
- Ciao Morfeo! Cosa c'é?
- Scusa, ma non abbiamo ancora visto Mogu, sai dirci dov'è? E' tutto il giorno
che la cerchiamo! Pensavamo che fosse con te, kupò.
Ad Eiko le si formò un nodo in gola. Non li aveva informati ancora niente di
quello che era successo al vulcano Gulgu. Cosa avrebbe potuto dire agli altri?
Che Mogu era morta per lei? Che si era trasformata in Madein per salvarla? E
come avrebbero reagito loro? Se la sarebbero presa con lei? Avrebbe perso la
loro amicizia? Mogu era sempre stata considerata la sorella minore di Eiko, ed
era logico che spettasse a lei proteggerla, non il contrario. Eiko rimase zitta.
- Allora, dov'è Mogu, kupò?
Eiko cercò di trattenere le lacrime, ma alla fine cedette. E cominciò a
singhiozzare.
- Eiko cos'hai?- chiese Morfeo preoccupatissimo.
Ora tutti l'avrebbero odiata, ma non poteva nascondere loro la verità.
- Mogu è morta.- e si rimise a piangere.
I moguri che stavano aspettando fuori dal Muro l'arrivo di Morfeo, si
precipitarono dentro, sorpresi dal pianto della bambina.
- COSA?!
Eiko non smetteva di piangere.
- E' morta. Si è trasformata in un Eidolon per salvarmi da Kuja. Voleva
togliermi il potere di sciamana, e lei…Mogu…Mogu ora è con il nonno.- e per
la disperazione si coprì il viso con le mani e si inginocchiò per terra.
Anche i Moguri piano piano cominciarono a piangere. Ed Eiko si sentiva tanto in
colpa. Alla fine, incapace di sentire ancora quei singhiozzi, si alzò
lentamente e si diresse verso il Muro. Tocco con la mano un punto ancora pulito,
dove non c'erano né scritte, ne disegni arcani. Lì, chiuse gli occhi e
sussurrò poi delle brevi parole. Poi raccolse da terra una pietra bianca e
cominciò a disegnare. I Moguri la osservarono mentre stava tracciando quelle
strane forme, poi la bambina, quando finì, indietreggiò un poco per guardare
la sua opera. Aveva raffigurato Madein nel modo migliore, cercando di dargli un
aspetto fiero e coraggioso. Morfeo si avvicinò alla piccola.
- Questa allora è Mogu, kupò?
- Sì. E' molto forte, e i suoi attacchi sono devastanti. Mi chiedo perché si
sia rivelata per quello che era solo adesso.
- Perché forse i tuoi amici non potevano fare niente in quel momento, kupò.
Allora lei ha deciso di farlo al posto loro, kupò.
- …Sapete, ha detto che lei mi proteggerà sempre, ed anche se io non la vedo,
lei non smetterà mai di starmi accanto. - disse con tono convinto.
I Moguri smisero di piangere, e si cinsero attorno ad Eiko, per mostrarle la
loro solidarietà.
- Sentite. Siate sinceri adesso. Voi mi odiate…per quello che è successo a
Mogu?…Mi ritenete…responsabile?
- Ma che stai dicendo, kupò?!
- Noi, non ti riteniamo responsabile di quello che è successo, kupò!
- Non ci è neanche passato per l'anticamera del cervello, kupò!
- Non potremo mai pensare queste cose di te, kupò!
- Tu sei nostra amica, kupò!
La piccola sciamana si commosse nell'udire quelle frasi così belle, così
sincere, rivolte a lei. Non avrebbe mai dovuto dubitare dei suoi amici Moguri,
che le volevano un bene dell'anima. Una volta che tutti se ne furono andati per
preparare la cena, Eiko prese ancora il gessetto bianco di prima, e
inginocchiatasi davanti all'immagine di Madein, scrisse:
Cara Mogu, tu per me sei stata una amica
dolce ed inseparabile,
mi hai sempre voluto bene e mi hai protetto con tutta te stessa
sacrificandoti perfino per me…
perché mi volevi bene.
Pochi lo avrebbero fatto al posto tuo.
Rimarrai sempre nel mio cuore.
E non dimenticarti mai che io ti penserò sempre.
Sempre.
- Bene. Così tutti quelli che leggeranno questa scritta
sapranno quello che tu hai fatto per me. Grazie ancora Mogu.
Ripose il gessetto e andò a prendere i gioielli ancestrali.
- E adesso? - disse sospirando.- Cosa me ne faccio di voi?
Fece appena in tempo a finire la frase, che sentì un rombo fortissimo provenire
dall'albero di Iifa. E poi tutto cominciò a tremare. Per la grande scossa Eiko
cadde, ma riuscì a prendere i gioielli, prima che si sparpagliassero in ogni
angolo.
- AAAAAAAAAAAHHHHHHHH!!!!!! AIUTO!!!!
Il Muro si riempì di crepe, ed i sassi cadevano dall'alto uno dopo l'altro,
sfracellandosi sul suolo.
- EIKO!
Eiko guardò verso l'uscita.
- MOLINSU'!
Altri massi precipitarono.
- EIKO, VIENI VIA DI LI', KUPO'!
Intanto nell'idrovolante, Garnet guardava tristemente il mare
sconfinato. A causa dell'assenza di vento non potevano viaggiare velocemente, e
non si erano allontanati di molto da Madain Sari. Continuava a guardare il
riflesso della nave sul manto azzurro del mare. Non riusciva a pensare altro che
a lui. L'avrebbe mai rivisto un giorno? Quando lei gli aveva posto quella
domanda, lui non aveva detto una parola. Era rimasto in silenzio. Ma allora,
cosa ne sarebbe stato di loro? Sarebbe finito tutto così? Per un attimo si
erano abbracciati, sorretti, aiutati, ed ora…cosa sarebbe rimasto? Il flusso
dei suoi pensieri fu interrotto da una mano che si posò sulla sua spalla. Daga
si girò e vide il volto di Cid che le sorrideva, sotto ai suoi baffi grigi.
Daga rispose al sorriso, anche se non con la stessa spontaneità. Poi Garnet
tornò a guardare il mare celeste. Cid si appoggiò al ponte e guardò anche lui
la distesa d'acqua, sempre con quel sorriso tra le labbra.
- E' molto bello…vero?- chiese a Daga, senza distoglierne lo sguardo.
- …il mare?…Sì, è bellissimo.
Rimasero in silenzio.
- Cos'hai Garnet? Stai pensando ancora a quel ragazzo?- le chiese Cid, serio,
guardandola.
Daga sospirò.
- Sì.
- Perché…hai paura che non ce la faccia?
Ritornò il silenzio.
- Sì.- disse ancora la principessa.
- Allora, non ti fidi di lui, giusto?
Daga si destò da quella specie di tristezza che la avvolgeva, e guardò Cid
dritto negli occhi.
- Non ho mai detto questo!
- Allora spiegami come mai,- continuò il granduca con aria tranquilla- continui
a credere che non faccia ritorno da te.
Daga stava per ribattere, quando si accorse che Cid aveva ragione. Non stava
dando fiducia a Gidan, e questo la fece star male. Cosa avrebbe detto lui se
fosse stato lì con lei? Si sarebbe deluso del suo comportamento. Del resto,
Gidan manteneva sempre le sue promesse, perché mai avrebbe dovuto farla
soffrire? Ma allora perché non le aveva detto con quella sua determinazione che
sarebbe tornato? Perché aveva chinato la testa, senza aprire bocca? Perché? I
suoi pensieri furono interrotti da una scossa poderosa che fece tremare il mare.
Le onde si sollevarono fino all'idrovolante, che riuscì comunque a non
rovesciarsi. Garnet era caduta sul ponte. Si massaggiò la testa, poi, un dubbio
l'assalì. Si alzò in fretta ed andò dall'altra parte del ponte. E lo vide.
Vide l'albero di Iifa che si autodistruggeva con quelle sue radici verdi
smeraldo, le stesse che la avevano seguita nella Foresta del Male. Era lì che…
- Oh no!- e si accasciò senza forze in ginocchio con le lacrime agli occhi.
- S-S-SIGNORINA DAGA!!!
Garnet si girò, asciugandosi rapidamente il viso.
- Vivi! Cosa c'è?
Era trafelato ed i suoi occhi erano terrorizzati. Non riusciva a spiccare una
parola.
- Cos'hai Vivi? Ti senti male?
- M-m-madain Sari, sta, sta…
- Cosa?
- STA PER ESSERE RISUCCHIATO!!!
(Madain Sari!)
- EIKO!
Midi: The Weapon
- EIKO!!!!
Eiko guardava terrorizzata verso Molinsù che le continuava a fare segni di
sbrigarsi, ma lei era come immobilizzata dalla paura. Le pietre cadevano, ma la
piccola continuava a stare ferma. Fino a quando un masso particolarmente grande
si frantumò al suolo a qualche metro da lei. Si accorse che se restava lì
rischiava di morire. Non poteva fare altro. Tenendo i gioielli stretti al petto,
Eiko si alzò in piedi e corse più forte che poté. Vedeva l'uscita sempre più
vicina. La terra tremava. Gli occhi di Eiko continuavano a puntare verso la
porta di pietre, sperando con tutte le sue forze che il Muro non crollasse prima
che lei si fosse salvata. Poi...Una voce le riempì le orecchie. Anzi, non era
una sola. Erano tante. Tanti piccoli sussurri. Una miriade di sibili, che poi
divennero grida, sempre più forti. Erano di terrore, angoscia. Paura. Le
sentiva dentro la sua mente, crescere sempre di più, fino a farle male. Poi
una, su tutte, parlò. Sì. Sì, riusciva a capirla. Ma perché?
<>
- Cosa?!
- EIKO! ATTENTA!!!!
Un'altra pietra ben più grande cadde dietro alla bambina. Le schegge le
colpirono la schiena, graffiandola da tutte le parti.
- AAHHH!
<>
- Non so di cosa tu stia parlando!
Nel muro le crepe si moltiplicavano.
- CHI SEI? CHE VUOI DA ME?!
<>
(!!!!!)
- Fai scendere subito questa nave!
- Non possiamo regina! La terra non ce lo permette.
- Non me ne importa un fico secco se non ce la fai! Porta almeno questa più
vicina a terra.
- Daga, adesso calmati!
- Non se ne parla Freija! Questo rottame non sa neanche abbassarsi un po'?!
- Moderiamo i termini! Garnet cos'hai?
- Voglio andare a Madain Sari, dobbiamo salvare Eiko! Se non facciamo in fretta
sarà troppo tardi!
Freija si avvicinò al parapetto e guardò in basso. La terra si stava spaccando
lentamente in due. Sarebbe stato difficile e pericoloso avvicinarsi alla suolo.
L'unica soluzione era…
- Forza! Saltiamo- e spiccò il salto.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Garnet prese la sua asta, e lanciò su di lei
l'incantesimo Levita.
(Sto arrivando Eiko!)
Quina guardò le due preoccupata. Poi prese un po' la rincorsa.
- Mo' vediamo…spero de farcela. BANZAI!- e si lanciò.
Vivi era preoccupato. Già soffriva di vertigini, se poi doveva pure buttarsi
giù…
- M-ma…i-io n-non so se…
Amarant prese Vivi e se lo mise sulle spalle.
- Tu tieniti stretto. O.K.?
- …Grazie…
- Mi scusi messere, ed io?
Amarant sbuffò.
- Forza cavaliere. Si prepari.
E saltarono tutti e tre dalla nave.
(Io…io sono d'ostacolo? Ma a cosa?)
<>
(No, non posso. Questi oggetti li proteggerò a costo della mia vita!)
<>
(Ma tu chi sei? CHI SEI?)
<>
Eiko sentì una forte fitta al cuore. Era come se le avessero piantato un
coltello in pieno petto. Cadde in ginocchio in preda al dolore, tenendosi forte
il petto. Strinse gli occhi, cercando di non gridare. Sentiva Molinsù che la
chiamava disperatamente. Ma lei non ce la faceva. Com'era possibile tutto
questo? Era tutta colpa di quei gioielli…anzi no…lo spirito aveva detto che
solo uno le impediva di uscire dal sigillo…ma quale era? Ma poi cosa le
sarebbe servito? Non poteva contrastare questo Eidolon, ammesso che lo fosse…non
ce l'avrebbe mai fatta da sola…Sarebbe morta allora? No! Non voleva! Così no!
Aveva fatto troppe promesse che non aveva ancora mantenuto. Non poteva morire
senza averle portate a termine. Ma intanto il cuore le faceva male. Non riusciva
più a respirare. Non ce la faceva!
(MOGU! QUALCUNO MI AIUTI!!!!)
- EIKO!!!!
Eiko alzò debolmente gli occhi da terra, verso all'entrata del Muro. C'era
qualcuno, oltre a Molinsù. La vista era annebbiata, riusciva a vedere solo
delle chiazze di colore uniformi, stava perdendo le forze. Ma la voce, quella la
riconosceva.
(…Da…ga…)
- EIKO! SIAMO QUI! TIENI DURO!
(No!…morirete…non…voglio…)
Dal terreno si innalzarono, davanti all'entrata, spuntoni di roccia nera. Tutto
tremava.
Amarant provò a distruggere quelle enormi stalagmiti con i suoi artigli, ma fu
inutile. Stessa fine fecero gli interventi di Steiner e di Freija. Sembrava che
niente riuscisse ad annientare la barriera.
- PORCA MISERIA!- imprecò Amarant, alla vista delle sue unghie d'acciaio piene
di graffi.
- EIKO! ALZATI PICCOLA!- urlò Freija cercando di usare il suo Araldo su quelle
dannate pietre.
- FORZA PICCOLA! ALZATE' E VIEN QUA!!- ma sembrava che Eiko non riuscisse a
sentire nemmeno le parole di Quina.
Il cuore non smetteva di gemere, e la piccola sciamana sentiva che le rimaneva
poco tempo. Poi un lampo squarciò il cielo. Eiko alzò il busto, sempre tenendo
la mano sul cuore, che lo sentiva bruciante. Cercò di mettere a fuoco la vista,
ma non ci riuscì. Proprio allora quella dannata voce le risuonò nelle
orecchie.
<>
(Non ti darò mai i monili, LASCIAMI STARE!)
<>
Un rombo più forte degli altri riempì l'aria. Eiko alzò debolmente il viso
verso l'alto, e vide che il cielo si stava colorando di viola. Rimase un attimo
incantata a guardare quel manto che ormai non aveva più niente di celeste, ma
poi la voce dei suoi amici la fece ritornare in sé.
- EIKO!
- V-VIENI VIA!
Eiko volse lo sguardo verso l'entrata. E con tutto il fiato che aveva in corpo
riuscì a gridare quelle poche parole:
- ANDATE VIA! POTETE MORIRE! ANDATE VIA!
Un masso enorme si staccò dal muro verso la piccola. Ma una palla infuocata la
distrusse in tanti piccoli pezzettini.
(Vivi…)
- EIKO, C-CHE A-ASPETTI? F-FORZA!
Daga continuava a non capire.
( Perché continui a stare ferma là? Perché non ti alzi?)
- NON CE LA FA! Presto dobbiamo fare qualcosa!- disse rivolgendosi agli altri.
- Ma principessina, cosa?!
- Non lo so Steiner, ma non posso lasciarla qua!
Fulmini argentei cominciarono a nascere tra le nuvole.
<>
Le ultime parole di quell'essere fecero dimenticare ad Eiko il dolore lancinante
al cuore.
(I miei amici?!)
<>
(NOOOOOOOOO!)
Il dolore al petto svanì così com'era venuto. Ma Eiko non ebbe il tempo di
rallegrarsene.
La terra sotto i suoi piedi si spaccò.
Per un attimo la bambina rimase sospesa in aria, come se avesse delle ali che la
sostenessero dal baratro.
<>
Daga lanciò un urlo.
<>
Eiko fu inghiottita da quel vortice nero. E con lei i quattro monili.
Midi: Interruped by fireworks
Attorno a lei sfrecciavano solo le pareti scure e indefinibili della
interminabile crepa.
Vedeva la luce bianca del cielo che scompariva velocemente dalla sua visuale,
diventando solo un piccolo puntino all'orizzonte. I lampi continuavano a
vorticare lontano, facendo risuonare il loro grido nel cielo. Fu l'ultima cosa
che Eiko riuscì a vedere. Il buio l'avvolse. Ormai l'uscita di quel baratro era
simile ad una piccola stella nel mantello nero e cupo della notte.
…………………
(…E' finito tutto?…E' questa la fine?)
…………………
(Così…)
…………………
(………NO…non voglio morire in questo modo! Non posso lasciare i miei amici
da soli. Non possono morire così…e io ho ancora tante cose da fare, da
vedere, da capire! Non voglio…NON CHE TUTTO TERMINI COSI'!)
All'improvviso le figure dipinte sul Muro brillarono. Una luce squarciò il
cielo scarlatto. Il corpo di Eiko si accese di una fiamma verde. Una colonna
dorata si erse maestosa nel cielo. Come una spada questa si conficcò dentro
alla crepa, fino ad incontrare la piccola sciamana. La corsa verso il basso di
Eiko si arrestò. Lei rimase sospesa in aria per qualche secondo, tra il cielo e
la terra. Poi sentì che una misteriosa forza la portava verso l'alto. Non
oppose resistenza. I quattro monili rimasero sospesi per un attimo, succubi pure
loro di quella magica attrazione. Poi cominciarono a girare attorno ad Eiko,
come i pianeti vicino al loro sole. E intanto che vorticavano sempre più
velocemente accanto a lei, si coloravano di rosso, verde, giallo e blu. La
sciamana sentiva dentro di sé che qualcosa stava crescendo. Un potere enorme,
cominciava a defluire dentro al suo piccolo corpicino. Era caldo e…soffice.
Ormai la luce l'aveva portata fuori dalla gola. E quella sensazione di serenità
non l'abbandonava neanche per un istante. Poi delle parole. Delle parole le
riempirono le orecchie.
<>
La bambina non sapeva chi era questa voce, ma stranamente si sentiva felice. Era
contenta di sentirla. Ma la prima domanda che pose a quella voce non fu
"Chi sei?", ma:
(Cos'é…questa sensazione?…Tu…lo sai?)
<>
Una mano morbida le accarezzò il viso. Eiko aprì gli occhi. Era davanti a lei:
una donna dai capelli lunghi, mossi…viola. Un corno le sovrastava la fronte. I
suoi occhi verdi la guardavano con affetto. L'abito immacolato era splendente
come quella colonna di luce.
- Ma…mamma…- sussurrò piano.
<>
Eiko protese le mani verso di lei. Voleva sfiorarla, abbracciarla, almeno per un
momento. Voleva sentire cosa si provava ad avere una persona che ti voleva bene
come non mai vicino a te. Al tuo fianco. L'apparizione la accolse tra le
braccia, stringendola a sé. Rimasero così per alcuni, interminabili attimi.
Poi la giovane donna cominciò a sciogliere piano l'abbraccio che la legava alla
sua unica figlia, anche se a malincuore. Le sue ultime parole, toccarono Eiko
nel profondo.
<>-
sussurrò mentre abbandonava la figlia, sorridendole in viso.
La donna sparì, dileguandosi tra i raggi luminosi della colonna.
STRAP!
Qualcosa lacerò una parte dell'abito rosa sulla schiena di Eiko. Due grandi e
bianche ali si aprirono, in tutto il loro splendore.
- Sembro un angelo…vero mamma?
Intanto che i gioielli continuavano la loro sfrenata corsa attorno a lei.
<>
(Guarda bene maledetto Eidolon o qualunque cosa tu sia! Questo è il potere
degli sciamani!)
<>
- BAGLIORE ANCESTRALE!
Le parole le uscirono dalla bocca senza esitazione. Non sapeva che gliele aveva
suggerite. Ma questo non aveva importanza. Tutto si fece bianco. Poi più
niente.
<>
Midi: Thinking of you
…
(eh?)
…
(Cosa c'è? Qualcuno mi chiama?)
…Eiko…
(Sono viva?!)
…Svegliati Eiko…
(?)
Eiko aprì gli occhi. Dapprima rimase quasi accecata dalla luce, poi i suoi
occhi verdi ci si abituarono.
- Stai bene Eiko?
Eiko si alzò da terra. Era sdraiata su uno dei letti della nave di Cid! Se ne
accorse subito. Stupita di essere ancora viva, Eiko volse lo sguardo attorno a
lei. C'erano proprio tutti accanto a lei. A quanto pare avevano l'aria di aver
passato un brutto quarto d'ora, aspettando che lei si svegliasse.
- Che, che, che è successo?-disse Eiko, guardando i suoi compagni
- Questo dovresti dircelo tu.
- Amarant, si è appena svegliata e già cominci ad attaccar briga?- esclamò
Freija.
- Ma senti te!
- La volete smettere Amarant? Non vedete che la signorina è in piena
convalescenza dopo quella grande esplosione? Il vostro non è un comportamento
da signore!- disse Steiner, con quel suo caratteristico tono da cavaliere.
- Cominciamo bene!
Intanto che i due litigavano (non provava neanche a fermarli, non sarebbe
servito a molto), Vivi si avvicinò ad Eiko che, poveretta, forse ancora non
sapeva…
- E-e-eiko, t-ti devo far v-vedere u-una…
- Vivi.
- …? S-sì?
- Grazie mille per avermi aiutata, quando ero nei guai…se non avessi usato la
tua Firaga ora…
- N-non è v-vero. Te la saresti ca-cavata comunque.
- …Grazie ancora.
- …
- …Dov'è Sa…ehm volevo dire Daga?
- E' sul ponte.
- Grazie!- e fece un balzo giù dal letto, correndo verso il ponte.
- E-ehi! A-aspettami!
I due bambini uscirono dalla camera, e andarono fuori. Eiko vide rincuorata, che
il cielo era di nuovo azzurro. Era tutto finito. Poi abbassò lo sguardo, e vide
Daga mentre ammirava il panorama dall'alto dell'idrovolante.
- DAGA! Tutto bene?
Daga si girò verso di lei, sorridendo. Ma poi guardò a Vivi, che le fece
capire con lo sguardo che Eiko non l'aveva lasciato parlare. A quanto pare
doveva pensarci lei. Si avvicinò lentamente alla amica. Ma prima che riuscisse
a fermarla, Eiko volse lo sguardo verso ovest. Ed il sorriso le si spense in
volto. Là dove prima c'era la capitale abbandonata degli sciamani, la sua casa
e le tombe dei suoi genitori, ora vi era solo un cumulo di macerie ancora
fumanti. Il fumo bianco si alzava lentamente nel cielo, facendo intravedere per
qualche minuto le rocce carbonizzate. Lei non se ne rendeva conto, ma aveva
cominciato a piangere. Forse non voleva, cercava inutilmente di trattenerle, ma
a quanto pare era tutto inutile. Eiko si avvicinò ancora di più al parapetto.
Non si accorse neanche che Daga le si era avvicinata, come Vivi.
- Eiko. I tuoi amici moguri sono salvi. Non ti devi preoccupare per loro.
Ma a lei non importava. Sapeva che i moguri era duri a morire. Ma la sua casa…non
esisteva più. Tutti i suoi ricordi infantili erano bruciati in quella
esplosione che lei stessa aveva provocato. Anche il Muro che lei doveva
custodire…custodire?
- DAGA! I GIOIELLI! Dove sono?!
- I gioielli?
- Quelli ancestrali!
- …Non lo so. Sono scomparsi.
- Oh. - e si volse di nuovo a guardare la città - Bene…
- ………Eiko…non importa per il mio monile.
Eiko si asciugò il viso. Poi disse:
- Posso stare a casa da te per qualche giorno?
- Certo!
- …Grazie.
Daga si allontanò, chiedendo sottovoce a Vivi di starle vicino.
- Daga! Aspetta!
- Sì?
- Voi…avete visto qualcosa in quella esplosione?
- No. Niente. Mi dispiace.
- Figurati! Era solo pura curiosità.
Garnet scese le scale per andare da Cid.
(Meno male. Questo vuol dire che non hanno sentito niente, né visto alcun ché.
Devo assolutamente scoprire chi era veramente quello spirito. E poi devo
recuperare i monili. E avvertire le sacerdotesse del pericolo, anche se non so
chi siano. Sarà meglio tenere gli altri all'oscuro di tutto. Soprattutto ora
che Gidan non c'è più.)
- Vivi! Andiamo a giocare? - chiese, dirigendosi verso le camere.
- E-e-hi, aspetta!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** La donna d'acqua ***
CAPITOLO II
ovvero
LA DONNA D’ACQUA
Midi: Bittersweet_romance
L’idrovolante atterrò lentamente sui prati che circondavano la vicina
città di Alexandria, di cui si vedeva già da lontano la spada di cristallo
spezzata, cicatrice dell’attacco di Bahamurth di qualche mese fa.
Daga continuava a provare un senso di colpa guardandola, anche se sapeva di
aver fatto il possibile per proteggere il suo regno. Non aveva più rimpianti di
quando aveva invocato assieme ad Eiko Alexander, lo spirito supremo. Dopotutto
la sua stessa reggia l’aveva guidata sulla sommità della torre più alta, per
proteggere Alexandria. E si vede che il monile di sua madre aveva risposto al
desiderio di difendere la città ed i suoi abitanti dal drago. Istintivamente
portò la mano al collo. Poi si ricordò che il ciondolo non esisteva più. Ci
rimase male. Insieme alla melodia che cantava sempre, il gioiello ancestrale era
uno dei suoi pochi ricordi di quando era piccola. Lo teneva sempre con sé…
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Cid:
- Bene, cara - disse dirigendosi verso di lei. - non possiamo avvicinarci
di più. Credo che ora possiate scendere.
- Grazie mille per il passaggio Cid - disse Garnet sorridendogli. - E per
tutto quello che hai fatto per noi.
- Di niente figurati. E’ stato un vero piacere. - Si avvicinò a lei,
le mise una mano sulla spalla e sussurrò piano, in modo che potesse
sentirlo solo Garnet. - Non demoralizzarti mai. Sono sicuro che quel ragazzo
tornerà molto, molto presto. E mi raccomando - disse con aria complice. -
tieni d’occhio quel terremoto di una bambina.
- Chi? Eiko? - disse Daga cominciando a ridere. - Tranquillo. Me ne
occupo io.
- Va bene. Allora abbia cura di te.
I due si abbracciarono. Poi Garnet scese le scalette e si diresse con tutti
gli altri verso le mura. Dopo quello che era successo, aveva deciso di ospitarli
tutti da lei per un po’ di tempo. Del resto nessuno se l’era sentita di
tornare alle proprie case. Per chi ne avesse ancora una naturalmente. Vivi aveva
espresso il desiderio di tornare nella caverna di suo nonno Quan, ma anche lui,
come Eiko, erano stati sconvolti sia dall’addio di Gidan che dal terremoto di
Madain Sari. Per questo Daga aveva deciso che avrebbero passato almeno qualche
giorno da lei, giusto il tempo per riprendersi. Nessuno dei due si era opposto.
Amarant non aveva nessun posto dove tornare. Se mai ne avesse avuto uno. Freija
non aveva parlato per tutto il viaggio dopo che era saltato fuori quell’argomento.
E Quina doveva ancora gustare le specialità di Alexandria. L’unico veramente
felice di essere ritornato ad Alexandria, oltre a lei, pareva Steiner. E già si
immaginava perché.
Una volta entrati in città, Garnet fu acclamata da tutta la popolazione, che
aspettava con ansia il suo ritorno. C’era chi lanciava fiori, chi esultava,
chi cantava in onore della regina salvatrice e dei coraggiosi eroi che avevano
sconfitto la minaccia su Gaya. Tutti battevano le mani, con negli occhi una
insperata gioia. Daga trattenne a stento le lacrime. Non era lei che dovevano
applaudire. Ma il ragazzo di Linblum, no anzi, di Tera, che aveva dato tutto sé
stesso per proteggere quello che era diventato il *suo* mondo, i *suoi* amici,
la *sua* patria. Un giorno di questi l’avrebbe annunciato al suo popolo. Ma
ora vedeva che anche gli altri erano nella sua stessa situazione. Si fece
scortare con loro nel palazzo dalle guardie che cercavano di trattenere la folla
in festa. Una volta al sicuro dalle acclamazioni della gente, Garnet portò
tutti negli appartamenti reali. Entrarono nella sua camera. Presero posto nella
grande stanza. E rimasero lì, in silenzio, senza parlare. Ognuno stava pensando
a tutto quello che era successo in quelle ultime ore. L’orrore delle grida sul
Colle della Disperazione, la gioia di aver sconfitto Trivia, la decisione del
loro amico più caro ed la distruzione della città sacra agli sciamani. Troppe
cose tutte in una sola volta. Poi, Quina ruppe il silenzio:
- Allora! Ce facemo ‘sta magnata che v’avevo promesso?
- Cos’è, cucini tu? Ma se sei brava solo a mangiare.
- Sempre cortese con gli altri, eh Amarant?- disse Eiko.
Quei due non riuscivano ad andare mai d’accordo.
Ma fortunatamente il silenzio non tornò più sulla combriccola. Dopo questo
piccolo battibecco, Quina portò tutti in cucina. E, non si sa come, riuscì
perfino a far cucinare qualcosa ad ognuno, pure a Steiner, che aveva ancora
indosso l’armatura. Il pomeriggio volò via in un attimo. E dopo aver mangiato
quello che avevano preparato insieme, Daga indicò loro le stanze in cui
avrebbero passato la notte. Si salutarono e poi ognuno se ne andò nella propria
camera. Forse tutto poteva ritornare alla normalità? Forse sì.
Midi: One_Winged_Angel (fate partire il midi quando vedete il carattere in
simboli)
<>
<>
<>
<
Io non sono nato a Gaya!
E forse sono stato io stesso a distruggere Alexandria!
Come posso continuare a stare con voi?>>
Daga cercava di prendere sonno. Impresa quanto mai impossibile. Era molto
tardi, almeno per lei. Di solito si addormentava come un sasso appena metteva la
testa sul cuscino. Invece stasera non riusciva a chiudere occhio. Non era
stanca. Solo che…ogni volta che chiudeva gli occhi *lo* rivedeva…riascoltava
le *sue* parole…rivedeva i *suoi* sorrisi…e…non se la sentiva di sognare.
Fu l’unica spiegazione che riuscì a dare, anche se era piuttosto stupida.
Scese dal soffice letto a baldacchino e si avvicinò alla finestra. La aprì,
come aveva fatto il giorno del suo sedicesimo compleanno. Le leggere tende di
seta si mossero quando la brezza passò loro accanto. Era l’ultimo giorno d’estate.
Da domani sarebbe cominciato a soffiare il gelido vento dell’autunno. Tutto
sarebbe morto. Gli alberi si stavano già spogliando delle loro chiome di
smeraldo, i fiori stavano appassendo…Che triste paesaggio. L’unica cosa che
pareva ancora viva era il lago. Là, proprio al centro, si poteva distinguere la
piattaforma dove c’era la tomba di sua madre. Era illuminata dai raggi pallidi
della Luna, che creava delle sfumature argentee sulla fredda lapide di marmo.
Daga tenne lo sguardo fisso per qualche altro secondo. Poi, senza pensarci, si
mise la tuta arancione che usava in battaglia, gli stivali rossi, ed uscì.
Voleva andare a visitarla. Prese con sé anche l’asta. Così poteva fare
visita ad un po’ di mostri vicino alle mura. Scese le scale con cautela,
evitando di svegliare le guardie Plutò addormentate all’ingresso. Una volta
fuori, si diresse verso la barchetta ormeggiata vicino alla riva. La soldatessa
che la guidava era già andata a dormire. Così Daga salì sull’imbarcazione,
prese il lungo remo, e pilotò il mezzo fino ad arrivare nei pressi della tomba.
Fortunatamente si era fatta insegnare come navigare una barchetta come quella,
altrimenti si sarebbe trovata nei guai. Finalmente arrivò a destinazione. Scese
e salì i pochi scalini che la separavano dalla lastra di marmo bianco. I
piccoli fiori che erano piantati ai lati della stradina si erano chiusi in sé
stessi, per dormire l’ultimo sonno della loro breve vita. Presto il gelo li
avrebbe uccisi, lasciando al loro posto solo uno stelo bianco e grigio, che
presto la neve avrebbe coperto. Una foglia cadde dal ramo di un albero. Si posò
lieve sul pavimento biancastro della tomba. Garnet teneva gli occhi bassi. Una
volta superato l’ultimo gradino si fermò e alzò lo sguardo. Ma davanti a lei
non c’era la lapide. Ma una strana figura, che le dava di spalle. Era una
donna, si vedeva dai lunghi capelli azzurri che le arrivavano fino a terra.
Erano raccolti verso la fine da un nastro, azzurro anch’esso. Indossava uno
strano copricapo, blu scuro, con delle striature argentate. Anche il suo abito
lungo era dello stesso colore. La donna osservava ferma la lastra, e sembrava
che non si fosse accorta della presenza di Daga. Garnet stava quasi per
rivolgerle la parola, quando questa cominciò a sussurrare delle parole, in una
lingua che lei non conosceva.
Passa la vita,
leggera tra le ali del vento,
morte e vita,
capi di una sola stirpe,
aprite la mia vista al futuro.
( Cosa?)
Daga cominciava a sentire un freddo improvviso che le faceva venire i brividi
in tutto il corpo.
- Ehi, che stai facendo? - chiese con un po’ di paura. Non sapeva
perché, ma qualcosa in quella figura non era normale.
La donna smise di parlare. Si girò verso la principessa. Sembrava una
semplice donna di circa 20 anni, solo che…i suoi occhi…erano…bianchi.
Daga indietreggiò, tenendo stretta l’asta.
- Chi, chi sei tu? Che sei venuta a fare alla tomba di mia madre?!
La voce le tremava. La misteriosa figura continuò a fissarla, poi si volse
di nuovo verso la tomba.
<< Non sei tu la prescelta.>>
- Eh?! C-che stai dicendo?
<>
E così dicendo, una sfera luminosa e azzurra le nacque dalla mano. La puntò
verso Daga.
- Come?!
La sfera si staccò. E colpì Daga in pieno. L’urto provocato la fece
cadere all’indietro. Cadde sugli scalini, rimanendo poi esamine a terra. L’asta
le scivolò lontano.
La donna scese con calma gli scalini e superò il corpo di Daga.
(Che…che cosa vuole fare?)
Daga alzò lentamente lo sguardo dalla piattaforma di marmo. Vide che la
donna si stava dirigendo verso il castello…solo che non con la barca!
(Sta…sta camminando…sull’acqua!)
Avanzava sicura, come se al posto del lago ci fosse la terra ferma.
Era già arrivata al molo.
(Non dirmi che…!)
- FERMATI!- gridò Garnet prendendo in mano l’asta- Leviathan, vieni in
mio soccorso, conducimi più veloce che puoi al castello.
Il drago comparve dalle profondità del lago, tra gli spruzzi freddi dell’acqua.
Fece salire sul proprio corpo la sua padrona e si diresse al molo. Quella donna
non si vedeva già più. Daga scese dalla groppa dell’Eidolon.
- Grazie Leviathan. Torna pure nel tuo mondo.
Detto questo il serpente sparì così com’era venuto. La principessa entrò
nel castello. Le guardie Plutò erano a terra, esamini, ma fortunatamente erano
ancora tutte vive.
(E adesso dov’è andata?)
La reggia era troppo grande. Poteva essere ovunque. Ma poi Daga guardò il
pavimento. C’erano pozze d’acqua sugli scalini, che conducevano verso la
parte est del castello.
- DANNAZIONE!
Garnet salì più veloce che poteva le scale, e seguì le orme d’acqua,
anche se sapeva dove portavano.
Una volta arrivata nelle vicinanze delle camere degli ospiti, la potè
vedere.
Camminava lentamente per il corridoio, osservando attentamente le porte che
portavano alle tante camere. Il suo sguardo si posava con cura su ognuna.
Sembrava che cercasse qualcosa. E a quanto pareva non sia era accorta ancora una
volta della presenza di Daga. O forse sì. In ogni caso non la prendeva in
considerazione.
All’improvviso la donna di fermò. Guardò la porta scarlatta alla sua
sinistra. E la sua bocca si aprì in un sorriso. Avvicinò tremante la mano alla
maniglia. Ma prima che lei potesse sfiorarla, Daga impugnò l’asta con tutte e
due le mani ed urlò:
- Tu! Che cosa stai cercando?!
La donna si fermò. Si voltò verso la principessa. Il sorriso era sparito.
La squadrò per un secondo.
<>
Ancora una volta la palla d’acqua prese forma sulla sua mano, e la scagliò
contro Daga. Ma questa fu più veloce, e la schivò.
- Le tue magie funzionano una sola volta! SILENCE!
L’attacco magico non partì, la donna aveva fermato la magia con un solo
dito.
- Come?!
Daga rimase senza parole.
Ma prima che se ne rendesse conto, fu colpita allo stomaco: un’altra sfera
aveva fatto centro. E pensare che non aveva fatto in tempo neanche a vederla.
Poi cadde svenuta.
<>- disse la donna guardando la porta chiusa vicino a lei
-<>.
Senza che la porta venisse toccata da lei, questa si aprì.
Midi: Interruped_by_fireworks
Neanche Eiko riusciva a prendere sonno quella sera. E dopo essersi rigirata
più e più volte nel letto, era uscita sul balcone della sua cameretta e si era
messa a guardare in silenzio il cielo notturno, cercando di comporre delle
immagini con le stelle scintillanti, che brillavano come diamanti in quella
ultima sera d’estate. Si ricordava ancora delle storie che suo nonno le
raccontava quando era piccolina sulle stelle e la loro nascita.
(Come si divertiva a narrarmele…Diceva che…)
“All’inizio dei tempi gli sciamani vivevano in piccoli gruppi sparsi per
tutto il mondo. Erano tribù nomadi di circa una ventina di persone l’una e
raramente queste si incontravano durante i loro vagabondaggi per la Terra. Non
si vedevano con i membri delle altre tribù che una volta massimo nella vita.
Gli antichi sciamani passavano la notte in caverne buie, ed antri oscuri, dove
la debole luce della Luna non poteva entrare. Avevano paura del nero delle
tenebre, e non uscivano mai dai loro rifugi fino allo spuntare dell’alba. Di
giorno pensavano solo a sopravvivere e ad parlare con gli spiriti e per certi
versi questa vita a loro piaceva. Ma quando scendeva la sera, tutti sentivano il
bisogno di stare vicini gli uni agli altri, per non avere paura dei mostri e
dell’oscurità che li avvolgeva. Nonostante questo, gli sciamani si sentivano
sempre soli, e pregavano gli spiriti che proteggessero sempre i membri delle
altre tribù. La Luna vedeva la loro sofferenza, e anche lei si mise a pregare,
ed una sera dal suo volto argentato cominciarono a cadere delle gocce
splendenti, che si posarono sulla Terra. Cadevano dappertutto, ed erano tante,
tante quante le tribù degli sciamani. Quelle lacrime brillavano a miglia e
miglia di distanza. Allora gli sciamani decisero di raccogliere quelle gemme
scintillanti, in ricordo del pianto lunare. E cosa successe quando quella notte
le lacrime di Luna furono portate fuori dalle caverne? Tutta la Terra si
illuminò a giorno, ovunque vi erano luci argentate! Era uno spettacolo
meraviglioso. E finalmente tutti i gruppi di sciamani si sentirono vicini, l’uno
all’altro, anche gente che dall’altro capo del mondo, vedendo quella luci
sfavillanti si sentiva più sicuro. Quando gli sciamani si riunirono tutti nella
grande comunità che fondò Madain Sari, le lacrime si alzarono al cielo e
ritornarono dalla Luna, che le accolse nel suo cielo. Vennero chiamate stelle,
che nella lingua antica significa “Fuoco Bianco”. Sono i bivacchi del cielo,
Eiko!”
(Lo so nonno. Anche tu sei vicino ad una stella ora? E mi vedi nonno?)
Eiko continuava a scrutare il manto stellato, ma la testa cominciava a
girarle. Smise di guardare le stelle. Ormai era tardi. Domani avrebbe iniziato
le ricerche. Adesso aveva proprio bisogno di riposare. Si alzò dal pavimento e
si incamminò verso il letto di piume. Ci si sedette sopra, e si tirò su le
coperte fin al mento, stava quasi per chiudere gli occhi quando sentì la
maniglia della porta cigolare. Si girò verso l’entrata della stanza.
- Chi c’è, sei tu Daga?
Ma la frase le morì in gola quando vide al posto di Garnet quella donna
senza iride.
Midi: Pray
Eiko guardò la figura femminile incuriosita.
Non si alzò. Non impugnò il suo flauto che aveva sul comodino di faggio.
Non aveva paura. Non sapeva perché. E questo non la preoccupò.
La donna la guardò, senza dire una parola. Poi, dai suoi occhi cominciarono
a cadere delle luci cristalline (le lacrime della Luna…pensò Eiko), che si
infrangevano nel duro pavimento di marmo della stanza, dividendosi in tante
piccole sfere trasparenti.
Stava piangendo.
<>- si
asciugò le lacrime con la mano sinistra, anche se continuava a piangere -<>.
- La reincarnazione?
- EIKO!
La voce di Daga riportò la piccola sciamana alla realtà.
Si era alzata da terra malgrado il colpo ricevuto, e aveva corso verso la
stanza, ma era stata subito respinta da una barriera lucente. Tramortita dall’urto,
Garnet guardò verso la porta, ma la dama azzurra era già entrata da Eiko, con
quel suo passo regale. Daga batté impotente sull’invisibile barriera che le
impediva il passaggio.
- EIKO!!!!
Eiko distolse lo sguardo da Daga. Ed osservò quella donna vestita d’azzurro.
Stava ancora piangendo. Non riusciva a fermarsi. Poi, poco distante da lei,
quella donna si inginocchiò a terra, tese entrambe le mani verso Eiko. Sembrava
una madre che stesse per prendere in braccio il suo bambino, stringendolo a sé.
Lei non si mosse.
- Che vuoi da me?
La giovane donna la guardò, senza muoversi. Poi, in un sussurro, parlò, con
una voce diversa da quella con cui aveva minacciato Daga, nuova. Era dolce,
gentile.
<< Ti prego. Solo per un attimo…>>
Eiko sentì qualcosa dentro di sé che la portava verso quella figura
singhiozzante, che attendeva il suo arrivo. Cos’era? Forse compassione? No.
No, era qualcos’altro. Ma lei non volle approfondire l’argomento. Lasciò
andare le sue emozioni, fece decidere al suo istinto. E si mise a camminare
verso quella donna. Con passi lenti e insicuri, Eiko si avvicinò sempre di più
verso di lei. Quando ormai fu vicinissima a quella strana donna, si fermò.
Scrutava tra quegli occhi bianchi, cercando un segno che le avrebbe fatto capire
le sue intenzioni reali. Ma non ci riuscì.
- Tu…chi sei?
La donna sorrise, il volto rigato dalle lacrime. Allungò tremante le mani
verso di lei e strinse a sé il suo corpicino. Eiko non oppose resistenza. I
singhiozzi della donna si fecero più insistenti. Passò una mano tra i corti
capelli viola della bambina, con delicatezza. La sua chioma celeste aveva un
buon profumo. Sapeva di rose fresche.
<>
Il silenzio calò nella stanza, rotto solo dai continui singhiozzi della
donna.
- Non riesco a capire.
Finalmente le lacrime cristalline si fermarono. La giovane donna sciolse l’abbraccio,
e prese le mani rosee di Eiko tra le sue. La guardò in viso.
<< Io…io sono la tua guardiana. E allo stesso tempo, sono ciò che
rimane dell’anima perduta di una delle quattro sacerdotesse.>>
Il cuore della sciamana parve fermarsi.
- Allora. Tu…sei una delle persone che sto cercando! Voi! Le altre!
I-io! Siamo tutte in pericolo. C’era uno spirito a Madain Sari, che vuole
ucciderci e…
<< So già tutto.>>
Eiko smise di parlare.
(Se sapeva già tutto, perché è venuta qui da me? Che cosa vuole fare?)
<< Dopo anni, Gaya sta per andar incontro ad una infinita agonia. Io…>>
All’improvviso la donna si zittì. Guardò tremante verso la finestra.
Anche Eiko guardò incuriosita verso la stessa direzione, curiosa di sapere che
cosa preoccupasse quella figura azzurra.
Il disco solare si stava lentamente alzando, illuminando con il suo splendore
il balcone che dava sul cielo azzurro, macchiato qua e là da piccole nuvole
striate di rosa.
- L’alba. - sussurrò piano Eiko, senza togliere lo sguardo dal cielo.
La donna chiuse gli occhi e si alzò. La bambina rimase a vederla mentre si
dirigeva verso il davanzale.
- Dove vai?
La donna si fermò.
<< Ora devo tornare alla mia casa. Il mio tempo è finito.>>
(Cosa? Mi lasci sola?)
Eiko guardò la donna con negli occhi un’ombra di paura.
Questa si girò verso la piccola, sorridendole per la seconda volta.
<< Vieni al tempio dell’acqua, quello in cui hai combattuto tempo fa.
Là ti dirò tutto. Tutto ti sarà svelato. Non avrai più dubbi. Non avrai più
paura. Non avrai più esitazione. E ti racconterò tutto. Non tardare.>>
La sua immagine cominciò a dissolversi.
- A-aspetta! N-non….non so niente di te!
La donna sorrise ancora.
<< Il mio nome…è Shila.>>
Un lampo di luce bluastra illuminò la stanza. Poi scomparve e con lei anche
Shila. Eiko rimase a guardare ancora dove un minuto prima c’era la sua
guardiana. Poi si ricordò di Daga. La barriera era scomparsa, e Garnet era lì,
con l’asta ancora in pugno, osservando Eiko con stupore.
- Eiko…mi devi delle spiegazioni.
- Sì, - disse con voce flebile - và…và a chiamare anche gli altri.
Ci sono alcune cose, che dovete sapere.
FINE SECONDO CAPITOLO
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=9514
|