The Promise

di kogarashi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


On behalf of her love She no longer sleeps Life no longer had meaning Nothing to make her stay

She sold her soul away…




THE PROMISE




La sera del ballo fu la sera nella quale la mia vita cambiò radicalmente. La mia vita, la mia casa, la mia famiglia, i miei affetti, il mio amore…tutto mi fu portato via nel giro di pochi istanti, durante una serata che si prospettava sin dall’inizio carica di agitazione e di fermento.


Ma non di quel fermento e di quell’agitazione che fanno da sfondo a qualsiasi festa, no, i sentimenti che sfociarono in quella serata furono molteplici.


Allegria, gioia, contentezza…


E poi...


Dolore, disperazione, morte.


E poi il buio.


*


Ricordo ogni dettaglio talmente nitidamente che è come se qualche artista avesse dipinto per me ogni attimo di quella serata. Io, sciocca diciassettenne alle prese con il primo ballo a corte ero forse la persona più osservata e discussa dell’intera festa. Ovunque voltavo lo sguardo vedevo gente che mi fissava, che parlava di me con altre persone. Donne talmente prese da loro stesse incrociavano il mio sguardo assumendo stupide pose di superiorità, riuscendo solo a sembrare ancora più stolte e ignoranti di quello che gia fossero.


Vagavo per l’enorme sala cercando di non inciampare nelle pieghe del vestito da ballo, odiavo le cerimonie e tutto ciò che concerneva qualsiasi impegno che risultasse femminile o relativamente dolce. Ero sempre stata diversa dalle mie amiche, tutte ammiratrici segrete di fronzoli e altri accessori che alla sola parola mi facevano venire la pelle d’oca.


“Eppure ti ho cresciuta da ragazza” diceva qualche volta esasperata mia madre.


Solitamente a quelle parole io sbuffavo contrariata, ripetendole la stessa e identica frase che ormai le ripetevo con noia da una decina d’anni:


“Solo perché hai partorito una femmina, non significa che debba comportarmi da oca come le altre”


A quelle parole mia madre nascondeva sempre una risata, perdendo forse per qualche istante quel contegno degno di una regina.


Riuscii ad uscire fuori sul piccolo balconcino nel quale da piccola sostavo guardando meravigliata la natura incontaminata fuori dalle mura del palazzo, all’interno di esse i giardini tenuti come oro dai giardinieri erano uno spettacolo neppure paragonabile a ciò che stava al di là.


Posai le braccia sul balcone fatto di solito marmo, lasciando che la brezza fresca della sera facesse volare i miei capelli rossi per me troppo lunghi. Li odiavo, quel colore innaturale mi faceva sentire diversa, anche se in fondo, amavo esserlo.


Fu in quel momento che lo incontrai. Fino a quel momento non mi ero resa conto della persona che poco distante da me osservava incantato la notte. Mi rimisi composta senza togliergli gli occhi di dosso, era strano ma i suoi lineamenti, il modo in cui scrutava tranquillo l’orizzonte con quegli occhi scuri e profondi, il suo sorriso sereno mi toglievano il fiato. Era perfetto, sotto qualunque aspetto lo si guardasse.


In quel momento lui distolse lo sguardo, posandolo sul mio sorpreso e mi sorrise, mentre io imbarazzata abbassavo di colpo il mio arrossendo.


“Non…non ti ho mai visto da queste parti, vieni da qualche contea esterna?” chiesi maledicendomi per il mio imbarazzo. Non avevo mai avuto problemi a parlare con le persone, invece in quel momento qualsiasi cosa tentassi di dire finiva inesorabilmente con un balbettio di voce.


Lui sorrise nuovamente e in quel momento qualcosa in fondo al mio stomaco sussultò, facendomi arrossire ancora più ferocemente tanto che dovetti voltargli le spalle e posarmi una mano sul cuore, che aveva incoerentemente iniziato a reagire a quella situazione in modo assurdo, battendo in un modo talmente forte che mi faceva mancare il respiro, quasi avessi corso per chilometri senza mai fermarsi.


“Esatto, vengo da una contea qui vicino. Ho ricevuto l’invito al ballo così per caso, e mio padre mi ha semplicemente obbligato ad accettare”


Mi voltai verso di lui sorpresa. La sua voce provocava in me un miscuglio di sentimenti e di emozioni strane che andavano dalla malinconia, alla gioia, alla commozione, alla dolcezza.


“Ah” dissi semplicemente, cercando di trovare qualsiasi argomento per continuare a discorrere con lui. Non mi resi conto di essere talmente imbarazzata da scostarmi una ciocca e portarmela dietro l’orecchio, come solo le civette di corte facevano e quando me ne resi conto esclamai di disgusto, riportando la ciocca dove si trovava, mentre quel ragazzo scoppiava a ridere.


“A quanto vedo non sei una ragazza molto femminile” disse cercando di ritrovare un minimo di contegno, mentre la mia faccia assumeva un colorito più rosso dei miei capelli mentre mi davo mentalmente dell’idiota per la misera figura appena fatta.


“Mi dispiace” riuscii solo a dire, senza trovare la benché minima scusa per giustificarmi. Se mia madre o mio padre fossero stati li sarebbero rimasti inorriditi dalla mia mancanza così profonda di tatto, che mi portava a fare figure come quella.


Lui scosse la testa mantenendo quell’insolito e così meraviglioso sorriso, avvicinandosi a me lentamente, come se il tempo avesse arbitrariamente deciso di rallentare il suo scorrere silenzioso.


Mi resi conto solo alcuni attimi più tardi di quanto lui fosse vicino a me, talmente tanto che potei quasi sentirne il respiro sulla mia pelle, lentamente alzò una mano e mi scostò quella ciocca che prima avevo volutamente ricacciato dov’era dal viso, portandola dietro al mio orecchio, dove lei stette, quasi fosse stata anch’essa rapita dalla figura di quel ragazzo.


“Hai dei begli occhi” disse improvvisamente, fissandomi sorpreso e quasi ammirato, mentre io rimanevo completamente pietrificata, incantata dai suoi, talmente scuri e profondi quasi fossero le porte d’accesso di un baratro, eppure così caldi da imprimersi nella mia memoria in modo quasi tangibile.


“Grazie, anche i tuoi sono…strani”


Lui mi guardò stranito, mentre io abbassavo di colpo lo sguardo cercando un qualsiasi pretesto per fuggire da quella conversazione talmente assurda e logora per i miei nervi che credevo sarebbero implosi con me stessa.


“Bhe, grazie del complimento” disse lui tornando a ridere di gusto.


Nonostante le figuracce che continuavo a fare una dietro l’altra lui restava li, sereno e tranquillo, come qualsiasi persona ingenua che non capisce quando qualcuno lo sta offendendo. Ma forse era questo che lo rendeva diverso, che rendeva diversa tutta quella situazione. Io non stavo cercando di offenderlo, anzi, cercavo con tutta me stessa di rendermi carina e socievole, ma le mie prove continuavano a fallire miseramente.


“Sei divertente” mi disse ad un certo punto.


“Divertente?” chiesi io sorpresa di quella constatazione.


Nessuno fino ad allora mi aveva mai detto una cosa simile. Ero abituata a commenti poco carini sulla mia persona, come “maschiaccio, antipatica, superba” ma mai nessuno mi aveva detto che ero divertente.


“Sei divertente, e in qualche modo carina”


Lo fissai quasi scandalizzata, forse ero fin troppo diffidente verso le persone, ma quella frase mi fece credere che mi stesse solo prendendo in giro.


“Ti stai burlando di me!” sbottai mentre lui assumeva uno sguardo confuso e disorientato.


Senza un motivo apparente strinsi i pugni e gli occhi mi si riempirono di lacrime che riuscii a ricacciare indietro prima che facessero danno rotolando giu dal mio viso.


Non sono sicura che lui se ne fosse accorto, ma ricordo ancora perfettamente il tocco della sua mano che sfiorava la mia guancia, mandando letteralmente a fuoco la mia pelle.


“Mi dispiace” disse.


Quel tepore mi restituì la lucidità necessaria per riprende il controllo di me stessa, voltai lo sguardo verso l’interno della sala, dove tutti si stavano divertendo sorseggiando drink o spettegolando dell’ultima moda. Mentre io ero fuori insieme ad un perfetto sconosciuto, conosciuto per caso quella sera.


Sorrisi, cercando di essere il più naturale possibile e quello che accadde dopo fu la cosa più irrazionale che qualsiasi persona potesse fare.


“Come ti chiami?” mi chiese.


“Misty…e…tu?”


“Ash…piacere”


Senza una benché minima ragione scoppiai a ridere sentendo quel nome, mi piegai in due stringendomi le braccia sulla pancia mentre lui mi guardava non riuscendo a capire cosa ci trovassi di così divertente in un nome simile.


“Scusami…è solo che…” dissi cercando di bloccare l’attacco di ridarella acuta che mi aveva colpita improvvisamente.


“Ti stai burlando di me?” chiese improvvisamente e io divenni tutta d’un tratto seria, fissandolo sorpresa.


Credo che si fosse spaventato della mia reazione così volubile perché scoppiò a ridere di gusto mandando a quel paese il contegno e lasciando che il cappello gli cadesse a terra dal ridere.


“Scusa, non volevo farti spaventare, è solo che…la tua faccia”


Io rimasi inebetita a fissarlo, mentre i suoi capelli sbarazzini si muovevano ondeggiando al vento, rapendo il mio sguardo tanto che provai l’impulso irrefrenabile di toccarli.


Mi fermai a pochi centimetri dal suo viso, dopodichè mi abbassai velocemente per raccogliere il suo cappello, mentre lui, ne sono certa mi guardava con uno sguardo talmente profondo da trafiggermi.


Mi alzai tenendo lo sguardo basso e gli porsi il cappello, che lui si rimise in testa senza smettere – ne sono sicura – di fissarsi.


“Che ne dici di entrare? Stanno per aprire le danze”


A quelle parole sbiancai. Odiavo ballare e quindi mettermi in bella mostra davanti alla gente.


“Non so ballare” risposi fin troppo in fretta perché risultasse vero.


Lui inarcò un sopracciglio guardandomi dall’alto in basso prima di prendermi per mano e trascinarmi dentro.


Appena entrammo le persone che stavano discorrendo animatamente si bloccarono tutte, quasi fossero state poste sotto l’influsso di un potente incantesimo che le obbligava a guardarci come rapiti. Gli orchestrali che fino a quel momento avevano solo guardato lo svolgersi della festa iniziarono a suonare una melodia molto lenta e dolce ed Ash mi portò al centro della pista, mentre io mi sforzavo di mantenere la concentrazione sul pavimento per non dover incrociare gli sguardi dei miei genitori che sicuramente mi guardavano con tanto d’occhi, facendo poi battutine poco consone alla situazione.


Ash si fermò in mezzo alla pista, voltandosi verso di me e avvicinandomi con le braccia al suo corpo, mi avvolse in un semi abbraccio talmente dolce che al pensiero di quel momento ancora adesso sento il calore del suo corpo…nonostante questo non sia più possibile.


“Ash…non so ballare!” disse a voce talmente bassa che lui dovette avvicinarsi a me per potermi ascoltare.


“Non preoccuparti, lasciati andare, al resto ci penserò io” mi disse nell’orecchio.


E per la prima volta mi ritrovai a ballare, completamente rapita dal mio partner, mentre ogni singolo individuo in quella sala ci mandava occhiate equivoche, ma poco importava in quel momento, era come se in quel momento tutto intorno a noi fosse svanito nel nulla, le cose, le persone, le voci, la musica, tutto era relativo in quel momento. Esistevamo solo noi due…


Quando la musica cessò mi allontanai da lui lentamente, alzando il viso e perdendomi nei suoi occhi scuri. Lui mi guardò sorridendomi prima di allontanarsi e fare un piccolo inchino di fronte a me in segno di saluto e di rispetto, dopodichè alzò il viso facendomi l’occhiolino e ridendo quando io divenni un’altra volta rossa.


Quella serata terminò così. Poco dopo Ash dovette tornarsene a casa, scortato da alcuni uomini ed io, rimasi in mezzo alla sala, scoprendomi sorpresa di come il cuore stesse male a quella lontananza. Quella notte dormii molto poco, anzi, forse dovrei dire che non dormii per niente, continuavo a ripensare a quell’incontro, e ogni volta che la mia mente focalizzava il viso di Ash il mio cuore correva veloce, e io arrossivo come una sciocca.


Solo più tardi mi resi conto di quanto quel ragazzo mi avesse colpita.


Me ne ero completamente, totalmente innamorata.



*


Non ricordo esattamente quando successe, ma ricordo perfettamente come io e Ash ci mettemmo insieme…


Quella sera avevo deciso d’ignorare le lamentele dei miei genitori, in particolare di mio padre che si comportava come un vero e proprio dittatore nei miei riguardi, sempre troppo preso dai suoi impegni passava quel poco tempo che gli rimaneva con me rimproverandomi qualsiasi cosa facessi o dicessi.


Così quella sera uscii da palazzo diretta non sapevo bene dove, sellando il mio cavallo e correndo veloce sulle colline verdi che a quell’ora si riempivano di lucciole e di gracidii di rane e grilli.


Scesi da cavallo facendo attenzione a non inciampare, il vestito che mio malgrado ero costretta ad indossare in quanto membro femminile di un’importante casata non avrebbe dovuto sgualcirsi, altrimenti avrei rischiato un castigo forse peggiore della forca stessa.


Mi misi ad osservare le stelle nel cielo, mentre le poche nuvole che occupavano il cielo notturno correvano veloci, a formare altre nuvole più grosse e scure.


Tornai con lo sguardo a terra posandolo sul mio cavallo, intendo ad abbeverarsi nel piccolo ruscello che scorreva poco distante da dove mi ero fermata. Era un cavallo giovane, di un nero talmente lucido da fare invidia ai lustrascarpe del paese. Le zampe e la fronte portavano delle macchie bianche simili a gocce che piovute su di esso lo rendevano ancora più meraviglioso di quello che gia fosse.


Fu in quel momento che sentii uno scalpiccio di zoccoli provenire da lontano e dirigersi quasi sicuramente nella mia direzione. Inconsciamente afferrai le redini del mio cavallo, pronta a saltare in sella e correre via se ce ne fosse stato bisogno, mentre con lo sguardo aspettavo d’intravedere colui o colei che si stava avvicinando con velocità esagerata a me.


Improvvisamente dal buio della notte uscì un bellissimo cavallo marrone, ma la mia attenzione fu catturata dalla persona che lo stava cavalcando.


E il mio cuore perse un battito.


Vestito come un comune ragazzo di campagna Ash rallentò l’andatura mentre il suo viso s’illuminava vedendomi li, sorpresa e affascinata.


“Misty!” disse fermando il cavallo quasi di fronte a me e scendendo da esso prima di dargli una pacca e lasciarlo trotterellare fino al piccolo ruscello dove prima si era abbeverato il mio cavallo.


“Cosa ci fai qui?” mi chiese tutto d’un tratto voltandosi verso di me.


“Nulla di che, passeggiavo” risposi io facendo spallucce come se essere li a quell’ora di notte fosse una cosa normalissima per una ragazza.


Lui sorrise e si distese sul manto verde, chiudendo gli occhi e lasciandosi accarezzare dalla brezza della sera.


“E tu come mai ti trovi qui?” chiesi.


“Per il tuo stesso motivo penso”


Lo guardai per un momento prima di alzare nuovamente lo sguardo verso il cielo, dove le nuvole si stavano addensando in modo preoccupante, ormai le stelle erano quasi sparite dietro di esse ed un brivido di freddo mi avvolse.


“Credi che pioverà?” chiesi rivolgendomi ad Ash che per tutta risposta si mise seduto osservando i cavalli.


“Di solito gli animali sentono i cambiamenti climatici prima di noi uomini, se notiamo qualche cambiamento in loro torniamo indietro”


Non appena finì la frase un lampo squarciò il cielo seguito subito dopo dal potente rombo di un tuono e terrorizzata strillai chiudendo gli occhi e portandomi le mani strette a pugno sulle orecchie.


Ash si alzò di scatto, prendendomi e avvicinandomi a lui.


“Torniamo indietro” disse voltandosi verso i cavalli e prendendo le loro redini con una sola mano.


Nel giro di qualche istante stavano correndo veloci verso le mura del paese, mentre la pioggia e il vento ci sferzava il viso impedendoci di vedere bene la strada di casa.


“Non pensi che dovremmo trovarci un riparo almeno finchè la pioggia non si placa?” gridai cercando di farmi sentire.


E ci riuscii perché Ash prese una svolta improvvisa e nel giro di qualche minuto ci ritrovammo di fronte ad una baracca logora e vecchia. Facemmo entrare i cavalli e Ash accese il fuoco, mentre io cercavo con tutta me stessa di calmare i brividi che scuotevano il mio corpo.


“Tutto bene?” mi chiese vedendo come io cercassi di farmi caldo con le mani.


Annuii, e mi avvicinai al fuoco, trovando sollievo nel constatare che le mie mani non avevano perso la sensibilità, come invece credevo.


Ci sedemmo accanto al fuoco in silenzio, entrambi guardando il fuoco che scoppiettava.


“Strano come secondo incontro non trovi?” disse Ash sogghignando divertito.


A quelle parole anche io non riuscii a trattenere una piccola risata, mentre le mie guance s’imporporavano appena. In quel momento non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso, la luce del fuoco lo rendeva così bello che in confronto alla sera del ballo sembrava aver acquisito vigore.


Lui si voltò verso di me e mi sorrise, all’oscuro di come in quel momento i miei pensieri si addensavano attorno a lui e solo a lui.


Non mi capacito ancora di quello che feci in quel momento. Ricordo solo che mi tesi verso di lui e gli sfiorai le labbra con le mie.


Quando mi allontanai da lui lo vidi arrossire e portarsi meccanicamente le dita sulle labbra, preso alla sprovvista da quel gesto.


Mi sentii stupida, perché lui mi guardava con i suoi occhioni sgranati che alla luce del fuoco risplendevano e mi diedi nuovamente dell’idiota per essere stata così spontanea.


Non avevo mai baciato nessuno, per la verità non avevo mai neppure provato un sentimento simile e quindi imbarazzata mi alzai, scoprendo che il temporale fuori dalla finestra sembrava essersi placato magicamente.


“Possiamo andare” dissi cercando di non guardarlo in faccia. Però lo sentii annuire e alzarsi mentre i suoi occhi non si distoglievano dal mio viso.


Uscimmo e cavalcammo fino dentro le mura di cinta della città, dopodichè scendemmo e c’incamminammo verso il mio palazzo, solo allora mi ricordai che lui non faceva parte di quella contea.


“Non è tardi? I tuoi genitori saranno preoccupati” dissi.


Lui controllò il grosso orologio che sovrastava la chiesa e si mise una mano sulla nuca, imbarazzato.


“Bhe in effetti, credo che sia ora di andare”


Si voltò per andarsene, ma il mio stupido autocontrollo vacillò nuovamente e lo chiamai facendolo voltare verso di me.


“Si?”


Prima che potessi dire qualsiasi altra cosa andai da lui e posai nuovamente le labbra sulle sue, più a lungo questa volta, per imprimere quel calore e quella morbidezza disarmante nella mia mente.


Fu magico quello che accadde dopo, mi strinse a se, prolungando quel bacio che divenne molto più simile al bacio di due innamorati che a quello di due estranei, mentre il mio cuore batteva impazzito nel mio petto, furioso e innamorato.


*



Il giorno della festa in onore del compleanno di mia madre fu un evento che non dimenticherò mai. Non potrò mai dimenticarlo, perché segnò il mio destino e le mie scelte future.


Per tutto il giorno fu un via vai assurdo di servitori che si davano da fare per rendere il ricevimento e il ballo perfetti sotto qualsiasi punto di vista.


Mia madre per l’occasione aveva sfoggiato il suo abito migliore, un vestito di raso e seta talmente bello che le dame di corte facevano a gara per vederlo per prime.


Il mio abito, scelto appositamente per il ricevimento era di seta finissima, di un rosa caramellato con delle rifiniture violacee che mi dava il voltastomaco, ma per quell’occasione dovevo sembrare almeno un po’ femminile, per non ferire i sentimenti di mia madre. Mi fece indossare anche un collare d’oro al collo che mi faceva somigliare più ad un cane da passeggio con il collo rotto che ad una ragazza. Infine per completare l’opera aveva voluto che indossassi per forza un diadema incastonato di gemme verdi che s’intonavano perfettamente – a suo dire – con i miei occhi.


La serata iniziò nel migliore dei modi, almeno per loro, tutta quella gentaglia di nobili allietava la festa come delle oche in un cortile di porci, ma da brava attrice, fingevo che quelle persone mi piacessero.


Attesi appoggiata al muro di vedere qualche persona che potesse alleviare le mie sofferenze per quella serata così malsana finchè la porta non si aprì e nella sala entrò lui, vestito come un cavaliere, con tanto di mantello e cappello blu con un marchio dorato.


Appena lo vidi corsi da lui felice, dimenticandomi dei tacchi che portavo ai piedi e che mi fecero inciampare nelle pieghe del vestito. Chiusi gli occhi pronta alla caduta e al silenzio più totale della sala, sostituite poi dalle risate di scherno delle nobili più giovani. Ma quella caduta e quella figuraccia non arrivarono mai. Quando riaprii gli occhi mi ritrovai fra le braccia di Ash, che mi aveva preso al volo, impedendomi di volare a terra come un sacco di patate.


“Dovresti fare attenzione a dove metti i piedi sai?” mi disse sorridendo e in parte prendendomi in giro per la mia goffaggine.


Gli diedi una leggerla sberla sul braccio e lui rise, inebriandomi con la sua risata cristallina e spontanea.


Durante la mezz’ora successiva ballammo come avevamo fatto la prima volta. La mia goffaggine sulla pista da ballo sembrava quasi scomparsa e lui, era talmente paziente da non dire nulla neppure quando finivo con il pestargli i piedi.


Mentre eravamo li a danzare sentii delle voci che parlavano animatamente di alcuni fatti di cronaca avvenuti in una contea vicina, ma non ci feci caso, troppo presa a ballare con Andrew, nonostante il suo sguardo in quel momento tradisse una seria preoccupazione per quello che stava cercando di catturare dalle parole degli altri ballerini.


Improvvisamente le porte della sala si aprirono e mio padre venne di gran carriera verso di me, era da qualche giorno che lo non vedevo e così sorrisi allontanandomi un po’ da Ash per poter andare da lui. Ma Ash mi trattenne inconsciamente, come se avesse visto qualcosa che non andava.


Il suo sguardo si era fatto duro e così seguii anche io il suo sguardo e quello che vidi mi fece pietrificare dalla paura.


Dietro mio padre c’erano alcuni soldati della guardia, cavalieri e alti ufficiali che senza neppure aspettare un qualsiasi ordine iniziarono a fare roteare le spade, colpendo all’addome gli invitati che si trovavano più vicino a loro.


Le grida superarono improvvisamente la musica che si fermò e tutti cercarono di scappare in ogni direzione, mentre io non mi muovevo di un passo, troppo presa a vedere cosa ne fosse stato di mio padre e di mia madre.


Fu allora che li vidi. Mio padre che prima stava venendo da me ora era a terra in una pozza di sangue, mentre mia madre era poco distante da lui, riversa sulle sedia con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata in quello che doveva essere stato un grido di terrore, nonostante la distanza la vedevo ancora respirare debolmente, nonostante il rivolo di sangue che le scendeva dalla bocca e la spalla completamente coperta di sangue che scendeva fino alla mano per poi gocciolare a terra.


“MADRE!!!” gridai perdendo il controllo cercando di correre da lei ma Ash mi fermò.


“Dobbiamo scappare!” mi disse e mi trascinò via, verso i corridoi del palazzo.


“I miei genitori! Non posso lasciarli li!”


“Se torni ti uccideranno!” mi gridò lui senza smettere di correre.


Aprì una botola dietro ad una parete nascosta da un quadro e mi spinse dentro senza tanti complimenti.


“Dove vai? Cosa sta succedendo Ash?” dissi in preda al panico mentre iniziavo a tremare in modo convulso, terrorizzata dalle immagini dei miei genitori morti.


“Tranquilla, andrà tutto bene” mi disse prendendomi il viso fra le mani e baciandomi delicatamente le labbra.


“Tornerò presto, vado solo a controllare se se ne sono andati” disse “Ma tu ora smetti di piangere d’accordo?”


Neppure mi ero resa conto di aver iniziato a piangere e così mi asciugai il volto, tirando su con naso, mentre il diadema crollava insieme ai miei capelli impiastricciati di sudore.


“Promettimelo!” gli dissi.


“Cosa?”


“Che tornerai! Giuralo!”


Lui mi guardo e mi sorrise dolcemente.


“Te lo prometto” disse dopodichè si voltò e se ne andò.


Non lo rividi più da quel giorno…



CONTINUA…


°___° ok, questa fic nasce da 1 idea strampalata e totalmente sadica che mi è uscita di notte mentre ero su msn insieme ad una mia cara amica…>___>’’ questo è il primo capitolo e penso che non durerà poi molto xD spero solo che possa piacere…ù_ù ah…la frase e il titolo provengono dalla canzone The Promise dei Within Temptation *___*

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


After the night he died I wept my tears Until they dried But the pain stayed the same

I didn't want him to die all in vain I made a promise

To revenge his soul in time I'll make them bleed at my feet...


THE PROMISE



Fin da bambina avevo sempre avuto la certezza illusoria che nulla di quello che era accaduto di brutto nel mondo alle persone a me vicine potesse scalfirmi, come se io fossi diversa, come se fossi nata protetta da un vetro così sottile e trasparente da non permettere a situazioni brutte e no come la guerra, l’amore o al dolore di colpirmi. Ma quella notte mi resi conto di quanto il mio punto di vista fosse totalmente irrazionale, e di come ciò che accade alle altre persone può colpirci.


Perché siamo esseri umani. Ed è nel nostro destino soffrire.


Soffrire per vivere.


Quella notte non dormii, ogni volta che i miei occhi cercavano di chiudersi io li riaprivo di colpo, avevo paura di ciò che avrei potuto vedere addormentandomi. Nonostante ciò però la mia mente creava ugualmente nella mia testa immagini e ricordi che non tolleravo, che non volevo ricordare, non in quel momento.


Non così.


Era come se qualcuno avesse deciso di riversare in un pentolone tutti i miei ricordi, facendomi tornare indietro nel tempo sino a quella maledetta notte.


Ma come capita di solito in queste situazioni, gli eventi prevalgono sulla volontà…finendo con il trascinarmi con loro.


Sognai.


Quella notte, fu la prima volta che iniziai ad avere gli incubi su di lui. Non fui mai certa se si trattassero di sogni con un fondo di verità o semplicemente incubi dove vagavo, in balia di speranze alle quali la mia mente tentava con ogni mezzo possibile di aggrapparsi.


Ricordo quel sogno perché in parte ripercorreva a ritroso ciò che quella notte successe. Una volta uscita dal mio nascondiglio camminai cercando di fare il minimo rumore possibile. Temevo che qualcuno potesse sentirmi e mi poggiai una mano sul petto, sentendo solo in quel momento il mio cuore battere talmente forte da rimbombarmi nelle orecchie.


Quando arrivai alla scalinata rimasi pietrificata dall’orrore. Gli invitati, i miei amici, i miei stessi genitori erano a terra, con le gole tagliate, come se chi aveva compiuto quel massacro fosse poi tornato indietro e avesse sgozzato ogni singolo invitato, per essere sicuro di non lasciare sopravvissuti…


Vagavo con lo sguardo fisso verso una massa informe vicino al corpo senza vita di mio padre, senza neanche accorgermi di come le mie scarpe calpestassero di tanto in tanto le pozze di sangue colate dai corpi dei cadaveri che mi circondavano loro malgrado.


Arrivai a quell’oggetto, sollevandolo lentamente, mentre il mio cuore perdeva un battito e il respiro mi si mozzava nel petto.


Il suo cappello.


Il cappello che Ash portava al ballo era a terra, intriso di sangue.


Del suo sangue.


Mi voltai di scatto, cercando intorno a me il suo corpo, terrorizzata al pensiero che avrei potuto vederlo riverso a terra, con la gola tagliata come i miei genitori.


Ma per qualche strano motivo il suo corpo non era insieme agli altri, nonostante il mio sguardo lo cercasse ossessivamente, non riuscii a scorgere la figura esile del corpo di Ash da nessuna parte.


Strinsi inconsciamente il cappello a me, stringendolo talmente forte da imprimere le macchie di sangue sul mio vestito.


E piansi, lasciai che le lacrime mi offuscassero la vista, le lasciai correre lungo il mio viso, fino a bagnare parte del pavimento intriso di sangue, mentre il mio sguardo si perdeva nell’incoerente massacro che si stanziava di fronte ai miei occhi.


Misty”


Mi voltai di scatto verso la voce e lo vidi li, di fronte a me, con in mano la spada ancora sporca di sangue usata per sgozzare le gole delle persone alle quali volevo bene, lui, di fronte a me.


Gli occhi ancora profondi ma pieni di un fuoco che non riconoscevo.


Ash aveva ucciso la mia vita.


Aprii gli occhi di colpo, rendendomi conto in quel momento del mio respiro accelerato e delle lacrime che stavano bagnato il mio viso.


Un incubo.


Il primo di una lunga serie che non mi avrebbe più lasciato vivere.


Ti sei svegliata” mi disse una voce vicina e calda e voltai lo sguardo, incontrando occhi glaciali posati sul mio viso, occhi talmente azzurri da risultare bianchi ad una prima veloce occhiata, occhi che trasmettevano un misto di risentimento e malinconia. Eppure, gli unici occhi che da quel giorno riconoscevo come amici.


Jared” dissi mettendomi seduta e lasciando che i miei gomiti facessero leva sul materasso.


Hai fatto un brutto sogno?” mi chiese, scostandomi leggermente una ciocca di capelli dal volto.


Io scrollai la testa in senso di diniego, quell’uomo mi era stato vicino in quei giorni, non volevo farlo preoccupare con stupidi incubi adolescenziali. Nonostante ciò però, quei ricordi riaffioravano nella mia testa in modo quasi testardo.


Non dovevo dimenticare.


La sera del massacro Jared fu l’unica persona sopravvissuta a venire da me e a farmi forza. Fu lui stesso a dirmi che Ash era scomparso e che forse adesso era morto. Non ne ebbi mai la prova certa, ma quel sangue trovato sul suo cappello non mi lasciarono dubbi, anche se, nei miei sogni e nella mia mente qualcosa mi diceva che Ash era vivo.


Era sopravvissuto.


Da quel giorno Jared si prese cura di me, nonostante fosse un uomo avanti con l’età era ancora un grande combattente, sempre fedele alla casata dalla quale provenivo. Mi aveva educata fin da piccola, e solo con l’arrivo dell’adolescenza le nostre strade si erano un po’ sbilanciate, lasciando che fossi io stessa a camminare da sola, senza nessuno al mio fianco che potesse sorreggermi.


Era un uomo saggio e un’ancora di salvezza per me.


Fu durante quei giorni che nella mia mente iniziò a delinearsi un pensiero corrotto. Un pensiero rivolto al male che mi faceva tremare ma al tempo stesso m’infondeva fiducia e una carica inattesa in tutto ciò che facevo.


Li avrei stanati.


Avrei ucciso chi aveva massacrato i miei genitori.


Li avrei fatti sanguinare ai miei piedi.


Mi sarei vendicata di ognuno di loro, fino a che le mie lacrime e il mio dolore non fosse cessato con la loro morte.


All’inizio ebbi paura di aver formulato un pensiero simile, eppure, con l’andare del tempo quel pensiero divenne parte di me.


Con il passare dei giorni i miei incubi peggiorarono, e così il mio malumore, arrivando al punto che dovetti trovare qualsiasi espediente per riuscire a non pensarci. Ma la cosa fu più facile a dirsi che a farsi. Fu allora che Jared venne nuovamente in mio soccorso.


Che ne dici d’imparare a combattere?”


Rimasi impietrita da quella proposta, mentre con una mano mi tendeva una spada che di primo acchito doveva pesare parecchio, ma che lui riusciva a tenere con una sola mano con estrema disinvoltura, quasi fosse stata fatta di carta. Incerta la presi fra le mani, e la pesantezza dell’arma mi fece sbattere la lama a terra.


E’ pesante!” dissi irritata e con disappunto.


Ci farai l’abitudine, in fondo sei una bambina”


Se fosse stata mia madre a darmi della bambina sarei andata in escandescenze, eppure in quel momento mi sentii davvero fragile e minuta a cercare di reggere un’arma che era quasi pesante come me e che ricordavo fin troppo bene, aveva ucciso le persone che amavo.


Insegnami a maneggiarla” dissi quasi senza rendermene conto.


Volevo vendicarmi, e quel pensiero, unito al fatto della spada che tenevo ben salda fra le mani mi diedero la forza necessaria perché il mio desiderio potesse cominciare a prendere spessore.


E il tempo passò…inesorabile.



*



Così non va! Se vuoi imparare a difenderti e ad attaccare inizia a maneggiarla come se fosse parte di te! Un’appendice del tuo braccio!”


Come se fosse facile!”


Se continui a lamentarti come una femminuccia non sarai mai pronta!” gridò Jared al limite della sopportazione, mentre io, offesa da quelle parole lasciai cadere a terra con un tonfo la spada.


Al diavolo!” dissi digrignando i denti, mentre con una mano ricacciavo indietro una ciocca di capelli rossi.


Ormai erano passati mesi da quando Jared aveva iniziato ad allenarmi all’uso della spada, eppure i miei miglioramenti erano pressoché nulli. L’unica cosa che ero riuscita a fare era tenerla con una mano sola senza lasciare che cadesse a terra, anche se, il dolore ai muscoli del braccio a causa dei crampi provocati, mi facevano gridare di dolore per tutta la notte.


Con il fiato corto mi lascia cadere a terra, lasciando che la polvere del terreno e i raggi del sole si mischiassero con il colore dei miei lunghi capelli rossi, cercando per qualche istante almeno di separarmi da quella condizione di rabbia e dolore per trovare un equilibrio che mi facesse restare ancorata e lucida alla realtà.


Fu come una pugnalata in pieno stomaco, il viso di Ash, il suo sorriso, la sua voce e tutto ciò che restava di lui nei miei ricordi si affollarono improvvisamente nella mia mente, non lasciandomi libera di respirare. Involontariamente la mia mente corse al giorno del nostro primo incontro e le fitte al petto diventarono pura follia.


A quanto vedo non sei una ragazza molto femminile”


...



Hai dei begli occhi”


Riaprii gli occhi di colpo, le parole che la mia mente aveva formulato con la voce di Ash erano talmente nitide che avevo pensato davvero per una frazione di secondo che se avessi aperto gli occhi l’avrei visto li davanti a me, a scostarmi nuovamente una ciocca di capelli dal viso.


Mi misi seduta, ancora spaventata da quel ricordo così nitido e il mio sguardo corse verso l’impugnatura della spada che giaceva inerme poco distante da me.


Ciò che feci dopo mi fece odiare me stessa.


Mi alzai in piedi e presi di getto la spada, impugnandola in modo tale che la lama fosse rivolta verso il mio viso e presi una ciocca dei miei capelli, tagliandomeli via e lasciando che disegnassero piccoli cerchi prima di cadere a terra.


Che stai facendo? I tuoi capelli!” gridò Jared correndo verso di me.


Non lo ascoltai, ricordo che in quell’impeto di rabbia provocato dal dolore dei ricordi tagliai i miei capelli in modo disordinato e convulso, aggrappandomi all’insana idea che stroncando la loro lunghezza avrei anche allontanato il dolore per la morte di Ash.


Se è davvero morto.


Nonostante la mia mente continuasse ad aggrapparsi a false speranze io continuavo a stare male, ad odiare il mio passato e soprattutto, il mio presente.


Il mio presente senza di lui.


Non mi resi conto di Jared fino a quando non mi strappò dalle mani la spada, lanciandola lontana e mi prese per le spalle, scrollandomi rabbioso per ciò che avevo appena commesso, come se avessi appena commesso un terribile peccato.


Perché l’hai fatto?” mi urlò contro, il viso contratto, le mani che mi stringevano le spalle.


“…”


Misty! Non mi avevi detto che erano una delle cose che ti facevano amare te stessa? Non erano un legame con Ash?”


Il respiro mi si mozzò nel petto. Avevo dimenticato, avevo lasciato che il dolore e la rabbia avessero il sopravvento sulle mie emozioni e sui miei sentimenti e mi ero dimenticata di una cosa per me importante come la mia stessa vita.


I miei capelli erano il mio legame con Ash.


Era stata la prima cosa che mi aveva toccato quando c’incontrammo per la prima volta, e io, avevo reciso quel legame senza rendermi conto di ciò che stavo facendo.


Avevo reciso una parte di quel legame alla quale ero legata.


Mi ero allontanata da lui.


Misty…”


Mi allontanai da Jared, sconvolta per quella constatazione improvvisa, portandomi le mani sul volto e scoppiando a piangere senza ritegno, mentre ancora le immagini di quel momento mi tornavano alla mente, ora più dolorose e crudeli di quanto non lo fossero state precedentemente.


Mi buttai a terra, restando in ginocchio, con le ciocche di capelli rosso fuoco che una volta mi erano appartenute intorno a me.


Perdonami, perdonami”


Jared non disse nulla, capì all’instante che quell’implorazione non era rivolta a lui, ma bensì ad Ash.


Ad Ash e a ciò che rappresentava per me.


Restai a lungo inginocchiata a terra, con il viso coperto dalle mani, mentre sentivo Jared vicino a me raccogliere silenziosamente ogni singola ciocca, come se facendolo mi avesse voluto dire che lui c’era, che ci sarebbe sempre stato.


Decisi di guardarlo, e rimasi ferma in silenzio ad osservarlo mentre compiva quella strana azione, senza riuscire a muovermi. Forse in quel momento Jared aveva voluto dimostrami che avrebbe protetto ciò che ero e ciò che sarei diventata un giorno.


Che mi sarebbe sempre rimasto accanto.


Per sempre.



*



Da quel giorno il mio cuore iniziò ad indurirsi, non lasciavo più trasparire i miei sentimenti come un tempo, anche se, la notte, i miei sogni tornavano a ricordarmi quanto quella maschera fosse deleteria per me.


Ma andava bene così.


Sei migliorata”


Jared venne verso di me offrendomi una bevanda fresca per ripagarmi del duro allenamento. Ormai riuscivo a maneggiare la spada come se fosse parte di me, come se non avessi fatto altro da quando ero nata. Sorrisi, accettando di buon grado il dono e bevvi, lasciandomi inondare dal piacere che la bevanda fresca aveva nella mia gola.


Grazie”


Mi sorrise, spostando lo sguardo sui miei capelli che dal giorno del taglio isterico avevano gia cominciato a crescere, arrivando quasi alle spalle.


Per fortuna non sei riuscita a finire, chissà come li avresti corti adesso”


Volevo solo spuntarli” dissi io imbarazzata. In realtà in quel momento avevo davvero intenzione di farli sparire per sempre, tagliarli tutti, senza lasciare alcuna traccia della loro esistenza.


Sembri un maschietto sai?” mi disse.


Alzai le spalle, tornando a bere.


In fondo mi sto vestendo come se lo fossi no? Basta abiti e basta essere femminile, o verrò calpestata”


Mi sentivo più tranquilla da quando Jared aveva deciso di prendersi cura di me. Era come se avessi di nuovo un padre, e forse in realtà era così, data l’età simile e il carattere pressoché identico. Rimasi a guardare la bevanda che mi aveva offerto Jared, indecisa se formulare o meno quella domanda che albergava da un po’ di tempo nelle parti più recondite del mio animo.


Qualcosa non va?” mi chiese d’un tratto, come se avesse avuto l’assurda capacità di leggermi nel pensiero.


Alzai lo sguardo, incontrando i suoi occhi glaciali preoccupati per me e sorrisi. Un sorriso sforzato che gli fecero capire all’istante che qualcosa non andava.


Perché…perché hanno fatto tutto questo? Cos’aveva fatto mio padre e tutti gli altri della contea per ricevere un simile trattamento?”


Jared mi fissò per minuti che parvero interminabili, dopodichè sospirò e guardò verso un punto imprecisato del campo, dove ormai iniziavano a delinearsi i primi sentori della sera.


Sono questioni che riguardano il regno, non ti è dato sapere”


I MIEI GENITORI SONO MORTI!” gridai a quella risposta.


Gli occhi di Jared indugiarono nuovamente su di me, prima che con profondo rammarico iniziasse a spiegarmi tutto.


Rimasi frastornata quando finì il racconto. Sapevo che esisteva una faida fra contee, ma mai avrei creduto che tutto quell’odio sarebbe sfociato in un crimine talmente atroce come l’uccisione di decine e decine di persone innocenti.


Perché altri non erano che innocenti.


Stai bene?” mi chiese Jared avvicinandosi.


Si…” risposi senza però sentire davvero quella parola dentro di me.


Non stavo bene, i miei genitori e i miei amici erano stati uccisi solo per una guerra ai limiti dell’assurdo fra mio padre e il sovrano della contea che si trovava ai confini del regno. I miei amici erano stati barbaramente uccisi non per un regolamento di conti, ma solo perché gli assassini non avessero avuto sopravvissuti in grado di poter riconoscere i propri assalitori.


E poi Ash.


Come poteva una persona come lui venire uccisa –se davvero era stata uccisa – e poi sparire nel nulla, lasciando solo il cappello intriso del suo odore e del suo sangue ormai secco.


Loro sanno che sei viva”


Tornai alla realtà di colpo, guardai Jared non capendo cosa volessero significare quelle parole, non capendone il significato.


Non sono stupidi, sapevano qualsiasi cosa della contea, anche la tua esistenza, e quindi sanno che non sei stata uccisa come tutti gli altri”


Questo vuol dire…”


Che verranno a cercarti per completare l’opera Misty”


Strinsi i pugni a quelle parole. Volevo affrontarli, volevo vendicarmi, ma ora, ora che la situazione iniziava a giocare a mio svantaggio iniziavo ad avere dei dubbi. Erano molto più esperti di me nel combattimento, erano tanti e io ero da sola. Sarei rimasta uccisa. Ne avevo la consapevolezza.


Eppure il pensiero dei corpi martoriati dei miei genitori a terra invasero le mie vene di odio e rabbia, che fecero ribollire ulteriormente il mio sangue.


Pensi che, qualcuno abbia fatto il doppiogioco?”


Credo che ci sia stato un qualche infiltrato, e poi non ti hanno cercata a palazzo, i morti erano solo nella sala…quindi questo significa che qualcuno ha voluto intenzionalmente lasciarti viva, per poi ucciderti affrontandoti da sola. In modo che fossi indifesa”


Seppi immediatamente dove voleva arrivare, e lo squadrai con rabbia. Non poteva essere, non doveva essere così.


Ash non lo avrebbe mai fatto!”


Il suo corpo non è mai stato trovato Misty, non ci sono indizi che ci conducano a lui”


Lo avranno portato via! Oppure avrà cercato di scappare per allontanarli da me! Lui…lui non può aver architettato tutto questo! Non può esserne l’artefice…non Ash…lui…è rimasto ucciso come tutti gli altri!”


Ma l’espressione sul viso di Jared era irremovibile, Ash non era li, non era da nessuna parte, e quella voce dentro di me ora urlava a più non posso ciò che non volevo più ascoltare.


Ash non è morto…


Jared, entriamo in guerra”


Le parole mi uscirono spontanee, non volevo credere che Ash potesse arrivare a tanto, lo conoscevo, era una persona buona, mi fidavo di lui. Avrei trovato i colpevoli e li avrei uccisi, e avrei fatto vedere a tutti che Ash non era immischiato in tutto questo.


Fu in quel momento che decisi di dare un senso alla sua morte.


Avrei combattuto per lui.


Avrei combattuto in nome di Ash.



CONTINUA...

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


I held you tight to me

But you slipped away

You promised to return to me

And I believed, I believed


THE PROMISE



Ricordo che quando ero ancora molto piccola qualche volta mi affacciavo al grande balcone fuori dalla mia stanza, giusto in tempo per vedere mio padre uscire dalle mura del palazzo, in sella al suo cavallo nero, seguito dai suoi uomini, o più semplicemente dalla sua scorta, formata da persone enormi e sempre coperte da mantelline nere e mi domandavo che gusto si provasse a combattere per degli ideali come l’assunzione di nuove legioni e di nuovi territori.


Mi domandavo ingenuamente come si potesse fare del male a degli uomini, vendicarsi sui loro parenti più stretti che per giunta risultavano all’occhio di qualsiasi altra persona come innocenti, e poi ridere sulle loro carcasse mutilate.


Mi chiedevo se tutto ciò fosse davvero necessario. Continuavo a domandarmi se invece non ci fosse stata qualche altra soluzione, perché non sempre sedersi al tavolo dei vincitori risulta vantaggioso.


Non avrei mai pensato che avrei risposto da sola a quella domanda.


Cos’è più doloroso?


Amare il prossimo oppure odiarlo?



*



Il rapporto con mio padre era stato, sin dal principio, un rapporto carico di profondo rispetto, lui, un uomo di potere, fiero ed orgoglioso che non abbassava mai la testa. Che non si abbassava neppure a fare una semplice e docile carezza alla sua unica figlia.


Forse fu anche a causa di questo suo modo di comportarsi, che il mio rispetto nei suoi riguardi si tramutò ben presto in odio, ma non quell’odio sprigionato da chi decide, da un giorno all’altro, di uccidere a sangue freddo un proprio famigliare o qualsiasi altra persona, solo per un torto subito o per quella caratteristica a pelle per la quale, un giorno, decidi arbitrariamente di provare astio per qualcuno.


No, l’odio che provavo io nei confronti di mio padre era molto diverso. Era un odio molto più sottile, fatto di sguardi accusatori e pieni di rancore.


Ricordo ancora fin troppo bene la frase che mi disse un giorno, quando ancora ero in quell’età dove si è troppo piccoli per comprendere il senso di certi atteggiamenti adulti, ma nonostante ciò, riuscii a capire che quella frase non era certamente detta con l’amore che di solito un padre, un qualsiasi genitore dice ad un figlio. No, quella frase era stata detta come una sentenza di condanna eterna…


Tu vali meno di zero, avrei preferito di gran lunga un maschio ad un’insulsa e stupida femmina”


Mia madre a quelle parole sussultò inginocchiandosi accanto a me e guardandolo male, non si sarebbe mai permessa di mettersi contro di lui. La legge non lo consentiva. Andare contro al volere di un sovrano equivaleva alla forca. Così si limitò a guardarlo ergersi davanti a noi come un gigante, per poi voltarsi e andarsene, mentre mia madre mi abbracciava teneramente, ed io non potevo fare altro che guardare la grande ed imponente figura di quell’uomo sovrastare il mio diritto alla vita.


Crebbi con la consapevolezza del suo odio nei miei riguardi, nonostante facessi di tutto per essere ciò che desiderava, ai suoi occhi, commettevo sempre errori, macchiandomi di ridicolo e di umiliazioni di fronte a tutti.


Fu in quel periodo che il mio carattere prese forma, divenendo quel mio modo d’essere scontroso e facilmente irritabile di adesso. Le rare volte che lo incontravo, lo guardavo di sfuggita, indifferente, proprio come lui.


Simili


A volte, capitava che lui mi guardasse, ed io, conscia di ciò, proseguivo imperterrita per la mia strada, qualunque essa fosse, con lo sguardo fiero di chi decide, per forza di causa maggiore, di non permettere mai a nessuno di calpestarmi. Di calpestare nuovamente i miei sentimenti.


Non mi sarei mai più sentita in dovere di provare amore per qualcuno, ne affetto, ne qualsiasi altra emozione che mi precludesse la felicità.


Ma qualcuno, distrusse ciò che avevo creato.


Ash


Me ne innamorai talmente tanto da non riuscire più a dividere la realtà dall’illusione. Trasportata com’ero da un sentimento dolce e tenero che non mi dava scampo alcuno.


Ero convinta che le persone fossero solo strumenti in mano a gente più potente, che li governava e li usava come pedine per i propri scopi, non avevo mai creduto che un semplice sorriso potesse cancellare di colpo un odio portato dentro di me in modo così viscerale.


Mi spieghi una cosa?” mi disse una volta Ash mentre eravamo seduti sulle sponde di un fiume dove eravamo soliti rifugiarci durante i nostri incontri.


Mmmh?” risposi io, senza distogliere lo sguardo dall’increspatura che i miei piedi provocavano nell’acqua.


Perché hai sempre un atteggiamento così scontroso?”


Smisi di giocherellare con l’acqua e voltai il viso verso di lui, mentre un’espressione esterrefatta mi si disegnava sul volto.


Prego?”


Si bhe, a volte, anzi, quasi sempre rispondi male a chiunque ti ponga anche una semplice domanda” rispose lui imbarazzato, mettendosi una mano dietro la testa e abbassandola.


Ti da fastidio?” chiesi.


Mi guardò sorpreso da quella domanda.


Certo che no…solo che, ecco, mi sarebbe piaciuto sapere il perché”


Lo fissai per alcuni istanti pensierosa, prima di alzarmi e scrollarmi di dosso la polvere della terra ed avviarmi verso il mio cavallo.


Non penso siano affari tuoi Ash”


Ma…”


Ho detto che non sono affari tuoi Ash!”


Mi seguì, lo percepii dal rumore che dell’erba calpestata sotto i suoi passi.


Perché te la sei presa adesso?”


Non me la sono presa!”


Si invece! Ti conosco Mis…”


TU NON MI CONOSCI AFFATTO!” gridai voltandomi come una furia verso di lui. Lo spaventai, o comunque lo sorpresi, perché rimase impietrito dal mio sfogo, restando a fissarmi sconcertato.


Scusa…” sussurrai abbassando sconfitta la testa. Mi sentivo a disagio. Tra tutto quello che avrei desiderato c’era anche la speranza di non ferire mai Ash con il mio comportamento, ed ora, quella semplice speranza era sfumata sotto quelle grida.


Non disse niente, sentii solo nuovamente i suoi passi, e pochi istanti dopo mi ritrovai stretta fra le sue braccia, sorpresa da quella reazione improvvisa. Mi sarei aspettata qualsiasi altra cosa, che si voltasse e se ne andasse o chissà, che mi tirasse addirittura uno schiaffo, ed invece, prendendomi completamente alla sprovvista mi aveva abbracciata, affondando il viso nell’incavo del mio collo.


Mi dispiace…”


No. Non era lui quello a doversi scusare. Sentire la sua voce tremare mi ferì più di qualunque altra cosa potesse avvenire davanti a me. Sarei rimasta più scottata dal viso di Ash oscurato dalla tristezza che all’intero mondo impreparato di fronte alla distruzione.


Cercai di trattenere a stento le lacrime, ma i flebili singhiozzi che mi scuotevano alle spalle non mi lasciavano via di scampo. Scoppiai a piangere senza ritegno, aggrappandomi come una bambina alla maglia di Ash, mentre lui, silenzioso aumentava la stretta, come a volermi dire che no, lui non se ne sarebbe andato. Che sarebbe rimasto accanto a me.


Per sempre



*



Mi asciugai il sudore dalla fronte. Il tempo stava volgendo al caldo, segno che ormai l’estate era alle porte. Lasciai cadere la spada a terra e mi diressi verso il piccolo torrente che scorreva vicino a dove Jared aveva deciso di piantare le tende per passare la notte.


Pochi istanti più tardi venni raggiunta da Geremy, il figlio adottivo di Jared, un ragazzo della mia stessa età con un’innata capacità di combattimento, ed anche una spiccata capacità di farmi imbarazzare per i suoi timidi atteggiamenti di approccio che alla vista di qualsiasi altra persona potevano risuonare come prese in giro. Ma per me suonavano come qualcos’altro.


Amore


Sei stanca?” mi chiese vedendomi intenta a rinfrescarmi il viso con l’acqua fredda.


No…solo accaldata” risposi io senza guardarlo.


E’ normale…è tutta mattina che combattiamo, una bella pausa ci voleva”


Gia…”


Posso farti una domanda?” mi chiese improvvisamente ed io, ignara, mi limitai ad annuire, sollevando la testa.


Perché continui a sperare nel suo ritorno?”


Mi prese alla sprovvista. Sapevo che Jared gli aveva raccontato tutto ciò che era successo a palazzo, di come mi fossi salvata grazie al tempismo di Ash nel portarmi via e di come, lui stesso, fosse sparito senza lasciare traccia.


Come?”


Hai capito bene…continuare a rincorrere un sentimento sbagliato…cercare vendetta…non ti farà solo star male? Perché continuare ad aggrapparsi al suo ricordo?”


Ash non è un ricordo” dissi mestamente.


Come fai ad esserne sicura? Cosa ti fa andare avanti in questa follia?”


Guardai l’acqua scorrere limpida e sospirai alzandomi.


Voglio dare una ragione alla sua scomparsa…finchè avrò vita…stanerò chi ha ucciso i miei genitori e ha portato via Ash…non mi darò pace finchè non avrò dato un nome a questo dolore”


Misty…”


Non potrò andare avanti se non saprò di aver portato a termine il mio lavoro…l’ho giurato a me stessa…avrei vendicato le persone che amavo…combattendo in loro nome”


Mi guardò in silenzio per qualche istante prima di sospirare e abbassare lo sguardo, stringendo i pugni, quasi dentro di lui stesse provando sentimenti contrastanti.


Rabbia


Io…non potrei andare bene?”


Mi resi solamente conto pochi attimi più tardi di quello che stava succedendo.


Geremy si stava lentamente avvicinando a me, potevo sentire il suo respiro sul mio viso, ed il mio corpo era completamente paralizzato da quegli occhi talmente azzurri da sembrare fatti di ghiaccio. Un ghiaccio che però ardeva.


“…Geremy?” sussurrai rapita da quello sguardo serio.


Pochi centimetri e le sue labbra avrebbero sfiorato le mie. In un bacio che non volevo…ma che forse, mi avrebbe fatta andare avanti.


Quello non è un corpo che galleggia?” disse improvvisamente Geremy distogliendo gli occhi da miei ed indicando un punto imprecisato del fiume.


Un corpo che galleggia?” d’istinto mi voltai verso il punto da lui indicato


Non so per quanto tempo rimasi pietrificata di fronte a quella sagoma scura che galleggiava senza peso nel fiume. Ricordo però perfettamente di come mi sia messa a correre verso quella figura, implorando tutti gli dei possibili di trasformare quell’angoscia che provavo in qualcos’altro, che quella persona non fosse chi pensassi, perché non poteva essere vero. Non doveva esserlo.


Misty! Che diavolo stai facendo? Hai la cintura e la fodera della spada! Affogherai!”


Ignorai le parole di Geremy, nella mia mente si stava affacciando sempre più il terrore che quel momento fosse un incubo, o un sogno.


No…ti prego…” sciolsi l’imbragatura della cintura tuffandomi in acqua e nuotando con tutte le mie forze verso quel corpo, lottando contro la corrente che andava via via allontanandomi da quella sagoma.


Improvvisamente uno spostamento più feroce dell’acqua portò il viso di quella persona a galla e fu in quel momento che il mio respiro si mozzò, sparendo di colpo.


Un viso che per troppo tempo avevo scacciato, per paura di dover affrontare quel dolore, un dolore che anche adesso rischiava di lacerarmi l’anima. Quei capelli corvini sbarazzini e quell’aria da ragazzo spavaldo quale non era mi fecero venire le lacrime agli occhi.


Era lui…


ASH!”


Riuscii con un ultimo sforzo ad aggrapparmi al suo corpo trasportato dalla corrente e a riportarlo con estrema fatica a galla.


Non mi curai di nient’altro se non di lui, gli toccai il viso schiaffeggiandolo piano e continuando a pronunciare il suo nome come un mantra, forse più per me stessa che per lui.


Oh mio dio!” esclamò Jared avvicinandosi di corsa a me e ad Ash, inginocchiandosi e cercando anch’esso di farlo riprendere.


E’…è vivo?”


Avevo paura, paura della risposta, paura che si voltasse verso di me e scrollasse la testa dicendo quelle maledettissime parole che avevo già sentito innumerevoli volte da quel giorno.


Mi dispiace Misty”


Invece…


Il cuore batte ancora…”


Lo guardai pietrificata. Ci misi un po’ a rendermi effettivamente conto delle parole di Jared. Il suo cuore batteva. Era vivo…era vivo.


Non so cosa successe nei secondi successivi a quella presa di coscienza. Ricordo solo vagamente il pugno di Jared colpire forte l’addome di Ash e lui tossire tutta l’acqua ingurgitata e riaprire lentamente gli occhi.


Quanto mi erano mancati quegli occhi. Quel castano intenso che mi faceva sciogliere come neve al sole. Li amavo.


Lo amavo


Ash…”


Misty…cosa…?”


Non gli diedi tempo per finire la frase, mi buttai su di lui scoppiando a piangere come una bambina, mentre sentivo le braccia di lui timide stringermi gentilmente, inebriandomi di un tepore che fino a quel momento stavo trasformando in un ricordo.


Sei vivo! Sei vivo! E ti ricordi di me!” singhiozzai senza tregua, mentre lui più lucido mi accarezzava i capelli. Non m’interessava se poco distante da li ci fosse Jared che tossiva insistentemente, probabilmente pensando che per un cavaliere quale ero – almeno nella sua testa – quello non era l’atteggiamento più consono.


Ma non mi sarei mai limitata ad una stretta di mano, una pacca sulla spalla o qualsiasi altra stupidaggine che si riservavano gli uomini quando erano tra amici.


Lui era Ash, il mio Ash, ed era li, tra le mie braccia, e respirava, rideva.


Vivo


Hai intenzione di tenerlo li a terra ancora per molto?”


Mi ricordai solo in quel momento di Geremy, e presa da un qualche impulso strano mi staccai veloce da Ash mettendomi in ginocchio e lasciando che si mettesse seduto facendo leva sui gomiti.


Non cambi mai eh? Sempre impulsiva”


La Misty di un tempo gli avrebbe risposto a tono, magari dandogli qualche botta, ma ero completamente frastornata da quella situazione, troppo felice per pensare ad una vendetta fisica su di lui.


Stupido” mi limitai a rispondere arrossendo lievemente.


E forse, in quella calda giornata afosa per la prima volta riuscii a sorridere nuovamente come un tempo. Perché quel giorno, il mio cuore era tornato a battere, insieme alla mia anima…



CONTINUA

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Sometimes I wonder

Could I have known their true intensions?


THE PROMISE




Sono contenta che tu sia vivo…lo sapevo che non potevi essere morto”


Mi guardò accigliato sedendosi sulla paglia della piccola tenda dell’accampamento che Jared aveva messo su per lui.


Sarebbe stato meglio se fossi morto…”


Lo guardai sorpresa, da quando Ash formulava simili pensieri? Da quando il suo viso era diventato così stanco e triste?


Dove sei stato in tutto questo tempo?” chiesi avvicinandomi a lui e sfiorandogli il viso con la punta delle dita “Ero…ero preoccupata da morire…”


Cercai di ricacciare indietro quelle stupide lacrime. Ero forte, continuavo a ripetermelo, ma il ritrovare Ash aveva mandato a quel paese tutti i miei buoni propositi.


Aspettai una risposta, una qualsiasi parola di spiegazione, che potesse rincuorarmi, ma non arrivò. Ash si sdraiò, voltandosi e dandomi le spalle, sussurrando solo un sommesso “Buonanotte” ed io non ebbi la forza – non in quel momento almeno – di rovinare quel momento con la mia cocciutaggine.


E di questo me ne pentii amaramente…


Feci per uscire dalla tenda, quando ad un certo punto, la mia attenzione fu attirata da un rumore soffocato, e istintivamente mi voltai verso la sagoma raggomitolata del ragazzo dietro di me.


Ash?”


Sto bene” rispose secco lui, con la voce rotta nonostante cercasse invano di tenerla dura e ferma “Va a dormire, è tardi”


No che non me ne vado! Che hai?” risposi, facendo dietrofront, inginocchiandomi accanto a lui e posando con dolcezza la mano sulla sua spalla. Solo in quel momento mi resi conto di quanto il suo corpo stesse tremando. Non era dovuto al freddo, no, era dovuto a qualcos’altro.


“…Ash cosa?”


Com’è stato?” mi chiese interrompendomi senza voltarsi, continuando a restare in quell’assurda posa, quasi cercasse di sparire facendosi sempre più piccolo.


Che cosa?” gli domandai cercando di afferrare il senso delle sue parole.


Vederli…i tuoi genitori…”


Fu come se qualcuno mi avesse afferrato con violenza e sbattuto contro lo spigolo di un qualche mobile. Sentii la gola farsi di colpo secca e il respiro annullarsi, mentre immagini che avevo ormai sepolto in fondo al mio cuore tornavano con ferocia a farsi largo nella mia testa.


Mio padre steso a terra in una pozza di sangue e mia madre, con gli occhi sbarrati e vitrei che sembrava volersi allungare verso di lui per raggiungerlo mentre esalava i suoi ultimi respiri.


Istintivamente strinsi le mani a pugno, coprendomi gli occhi, cercando con tutta me stessa di ricacciare indietro quei ricordi. Non volevo ricordare. Volevo dimenticare quella sera, dimenticare di aver perso di colpo, nel giro di qualche ora, non solo la mia famiglia ed i miei amici più cari. Avevo perso la mia intera vita.


Misty?”


Mi resi conto del tempo passato solo quando sentii le mani calde di Ash posarsi con delicatezza sulle mie strette a pugno, allontanandole dal mio viso e tenendole ben salde alle sue.


Mi dispiace”


Scossi la testa alzando lo sguardo e cercando un pretesto per non dare a vedere come quella semplice domanda avesse riaperto quel baratro dal quale cercavo ancora di uscire.


“…va…tutto bene…”


Era assurdo per me poter anche solo pensare di mentire ad una persona come Ash, seppi fin da subito che aveva capito come mi sentivo, perché non disse nulla, mi lasciò semplicemente le mani afferrandomi per le spalle e tirandomi a lui, in un qualcosa di molto simile ad un abbraccio consolatorio. Un abbraccio che non avevo mai voluto da nessuno ma che ora, in quella situazione, reclamavo a gran voce dentro di me.


Mi aggrappai a lui, affondando il viso sulla sua spalla, pregando di poter smettere di vivere da un momento all’altro pur di restare così, pur di sentire quel calore avvolgermi fino a stritolarmi.


Diventare una cosa unica con lui.


Restammo così, aggrappati l’uno all’altro fino all’alba, senza proferire parola, semplicemente noi, io e lui, e in quel momento mi resi realmente conto di quanto Ash fosse importante per me. Così tanto da cancellare la mia esistenza se fosse stato necessario.


Solo quando mi svegliai mi resi conto di essermi addormentata. MI ero stupidamente convinta di essere rimasta sveglia a rimuginare per tutto il tempo, ma probabilmente ero stata trascinata nel mondo dei sogni senza neppure rendermene conto. Non che avessi sognato in effetti, ma la prima cosa che notai riaprendo gli occhi fu il fatto che Ash non era al mio fianco.


Mi alzai, facendo leva sui gomiti, ancora leggermente intontita prima di alzarmi e uscire dalla tenda, guardandomi attorno. E fu allora che lo vidi.


Ash era li, in piedi vicino al fiume, illuminato dalla luce del sole del mattino, che riesce a darti sensazioni così diversificate da farti mancare il respiro nei polmoni.


Ash...” sussurrai avvicinandomi a lui ancora di spalle, stringendomi le mani intorno al corpo a causa della brezza mattutina che pizzicava, tanto era ancora fredda.


Ehi...” rispose lui voltandosi appena verso di me e mostrandomi un piccolo sorriso, quasi di circostanza, che non sfuggì ai miei occhi.


Per quanto potessi risultare cieca nei confronti di determinate cose e situazioni, niente riusciva a scappare dal mio sguardo attento quando si trattava di lui.


Che succede?” domandai mettendomi di fianco a lui e guardandolo.


...devo partire” mi rispose semplicemente, tornando a guardare l'acqua del fiume che scorreva lenta e tranquilla, come se anche lei fosse ancora mezza addormentata.


Come? Ma...sei appena...ti ho appena ritrovato!” esclamai sconvolta da quella notizia, ma fu come se Ash ignorasse le mie parole, chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal rumore dell'acqua.


Mi dispiace, ma ho lasciato delle cose in sospeso che proprio...”


Quali cose in sospeso Ash? Di che stai parlando? Anche ieri...sei diverso!”


Misty non dire assurdità”


Non sto dicendo assurdità! Che ci facevi nel fiume in balia delle onde? Cos'è successo? Perchè mi tratti con così tanta freddezza, perchè sei...”


...questo significa che qualcuno ha voluto intenzionalmente lasciarti viva, per poi ucciderti affrontandoti da sola. In modo che fossi indifesa “


Mi bloccai di colpo, mentre le parole di Jared mi tornavano in mente, senza motivo apparente, e mi sforzai di concentrarmi su Ash e sul perchè avesse d'improvviso preso quella decisione.


Misty tu...non hai idea di ciò che ho fatto...non sai chi sono io in realtà”


Il suo corpo non è mai stato trovato Misty, non ci sono indizi che ci conducano a lui”


Io sono...”


BASTA!” gridai, più alla mia mente e ai miei ricordi che tornavano ad affollarsi che alle parole del ragazzo di fianco a me.


NON LO VOGLIO SAPERE! NON M'INTERESSA! PER ME TU SEI ASH E BASTA!” gridai con la voce disperata, mentre mi rendevo conto solo in quell'esatto momento di aver afferrato il braccio di Ash, tremando come una foglia, guardandolo in preda al senso di colpa.


Forse dentro di me sapevo gia la verità, ma cercando con tutta me stessa di ricacciarla via, perchè era una verità che non mi apparteneva.


Che non doveva appartenermi.


Mi allontanai appena da lui, ma non appena lo feci, Ash mi afferrò per le spalle, impedendomi di andarmene, di fuggire.


No...devi ascoltarmi!”


Non voglio!”


E invece devi! E' importante!”


Che diavolo state combinando voi due di prima mattina?” esclamò una voce scocciata alle nostre spalle, e per quanto mi sembrò stupido, vedere la figura di Geremy mi rincuorò.


La mia via di fuga.


Non ti riguarda” rispose Ash perdendo forza sulle mie spalle, dandomi la possibilità di liberarmi e andare da Geremy.


Nulla, una sciocchezza. Jared ha gia preparato la colazione? Sono affamata” mentii allontanandomi con Geremy e lasciando Ash – ne sono certa – a fissarmi mentre mi allontanavo.


Non ero ancora pronta per una cosa del genere. Venire a sapere verità che avevo sepolto dentro di me faceva male. Forse in parte avrei preferito restare ignorante a vita.


Sarebbe stata la soluzione migliore...


*


Quella sera decisi di andare a dormire presto, stanca e spossata per una giornata che mi aveva tolto fin dal mattino forze sia fisiche che mentali, gli allenamenti con Jared erano stati estenuanti e mi stiracchiai appena, alzando di sfuggita gli occhi al cielo, sorprendendomi di come si fosse oscurato, pronto a sfogarsi con un temporale fuori dal comune.


Sospirai, entrando nella tenda e fermandomi di colpo.


Ash era li, davanti a me, guardandomi serio.


Cosa ci fai qui?” domandai.


Ti stavo aspettando. Dobbiamo parlare”


Feci dietrofront uscendo dalla tenda senza neanche aspettare che iniziasse il discorso, ma dei passi alle mie spalle mi fecero capire che questa volta non sarei riuscita a sfuggire.


Fermati!” mi ordinò, prendendomi per un polso e obbligandomi a voltarmi verso di lui.


Piantala! Non voglio ascoltare le tue...”


Sono figlio di quell'uomo!” gridò sovrastando le mie parole e lasciandomi ammutolita a fissarlo, mentre il rumore di un tuono impediva al ragazzo di fronte a me di sentire il mio cuore frantumarsi.


...ricordi quella notte? Quando c'è stato...” deglutì “...il massacro. Colui che ha estratto per primo la spada...”


...era tuo padre” sussurrai finendo io stessa le sue parole, mentre le immagini di quella notte tornavano ad affollare la mia testa.


Quella volta non ci feci caso, o forse si, ma ero decisamente più concentrata sui miei genitori che sul riconoscere chi aveva compiuto quella carneficina. Ma in quel momento, tornando con la mente a quella notte mi resi effettivamente conto di essere rimasta terrorizzata da quella figura alta e fiera che estraeva la spada, colpendo a morte mio padre.


..mi dispiace...non sapevo che...che avesse deciso di sterminare il tuo casato”


Mi hai tradita!” gridai furiosa, tornando in me e allontanandomi da lui con uno strattone mentre la pioggia iniziava a scendere furiosa “Mi hai...CI hai controllati! Hai aspettato il momento più propizio per colpirci...MI HAI COLPITA ALLE SPALLE!”


Non è così! Forse all'inizio si...dovevo visionare la situazione...ma con l'andare del tempo...mi sono affezionato...altrimenti perchè...”


BALLE!” gridai ancora, e imprecai contro me stessa pensando che la spada per poterlo colpire e vendicarmi del dolore provato in tutto quel tempo si trovava nella sua custodia nella tenda.


Sono davvero innamorato di te Misty!” gridò lui di rimandò spiazzandomi e lasciandomi basita, mentre lui disperato mi tirava a se, abbracciandomi in una morsa che non mi lasciò possibilità di replica.


...se solo fossi riuscito...”


...perchè? Perchè proprio i miei genitori?” domandai sull'orlo delle lacrime, mandando a quel paese tutto ciò per cui avevo combattuto.


Diventare forte.


Non lo so...” sussurrò.


Si ma...”


Posò la fronte sulla mia, e solo in quel momento mi accorsi del dolore che stava provando. Forse anche lui, come me aveva dovuto sopportare e subire situazioni che non aveva fatto altro che obbligarlo ad indurire il cuore.


Proprio come me.


Posò una mano sul mio viso, sfiorando poi con delicatezza le labbra sulle mie, in un bacio casto e carico di rispetto.


Sarebbe stato meglio se non ti avessi mai incontrata”


Lo guardai, incapace di rispondere a quelle parole. Mi limitai a fissare Ash senza proferire parola, mentre lui mi guardava sotto la pioggia, sorridendomi amaramente, sciogliendo quella carezza e voltandosi, allontanandosi di nuovo da me.


No.


Avrei voluto gridarlo, dirgli di non andarsene, di non lasciarmi di nuovo da sola, ma fu come se il mio intero corpo avesse deciso di propria spontanea volontà di lasciarlo andare.


Perchè sapevo che la prossima volta che l'avrei incontrato non ci sarebbero stati ne sorrisi, ne abbracci, ne baci. Ne qualsiasi altra cosa che poteva presupporre un qualsiasi sentimento di affetto.


E rimasi così. Sotto la pioggia, guardando la figura della persona che amavo allontanarsi sempre di più.


Sia dal mio mondo...


...che dal mio cuore.



CONTINUA...

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


As the pain stayed the same
I'm going to haunt them down all the way
I made a promise
To revenge his soul in time
One by one they were surprised


THE PROMISE



Non so quanto tempo passò da quando le spalle di Ash sparirono all'orizzonte in piena tempesta, ma rimasi li, ferma per tutta la notte, continuando a fissare quel punto, come se in qualche piccola parte del mio cuore, serbassi la speranza di rivedere la sua sagoma riapparire e tornare da me.

“...perchè?”

Ormai aveva quasi smesso di piovere. Me ne resi conto perchè il freddo pungente dei vestiti bagnati contro la pelle iniziava a darmi fastidio, mentre un leggero vento iniziava ad alzarsi, facendo scuotere lievemente il mio corpo. E forse, in parte, quei tremori non erano a causa del freddo. Ma delle lacrime che cercavo con tutta me stessa di tenere a freno.

“Misty! Che ci fai qui fuori? Rischi di prenderti un malanno!”

Geremy. Il suo senso di protezione era pari a quello di un fratello, solo con sentimenti più profondi.

“Non preoccuparti, va tutto bene” risposi voltandomi appena verso di lui e accennando una sorta di sorriso di circostanza “...come sempre” aggiunsi.

“Vieni, devi scaldarti...anzi no, prima devi cambiarti! Sei fradicia” disse prendendomi per mano e facendomi strada nella sua tenda. Jared probabilmente era ancora nel mondo dei sogni. Sentivo il suo russare fin da li.

Non ero mai entrata nella tenda di Geremy, non che ci fosse chissà che dentro, ma era comunque accogliente per essere la tenda adibita ad un ragazzo.

“Grazie” dissi quando mi allungò una coperta, obbligandomi a sedermi su alcuni strati di paglia e versando del te caldo dentro una tazza tirata fuori da una piccola scatola di legno piena di polvere.

“Allora, spiegami cos'è successo? Dov'è finito quel tipo?”

“Ash” puntualizzai io quasi irritata.

“Si come vuoi. Allora, dov'è finito quell'Ash”

Roteai gli occhi, non poteva proprio soffrirlo eh? Sospirai bevendo un sorso della bevanda, fermandomi poi a fissare i cerchi liquidi dentro di essa.

“Se n'è andato” risposi afona, guardando il vuoto e ripercorrendo gli ultimi avvenimenti dentro la mia testa, costatando quanto avessero fatto male le sue parole.

Geremy mi osservò per alcuni istanti, spostando lentamente lo sguardo dal mio e volgendolo verso l'uscita “...cos'hai intenzione di fare?”

Quella domanda mi prese alla sprovvista e gli fui grata. Al contrario di chiedermi cosa fosse accaduto, o per quale motivo mi trovassi in quelle condizioni, si limitò a chiedermi semplicemente cosa volessi fare. Gli sorrisi con dolcezza.

“Sei davvero un amico”

“Cos...?” arrossì imbarazzato alle mie parole e la dolcezza che provavo nei suoi confronti aumentò, così come anche il mio senso di colpa “...perdonami” dissi alzandomi.

“Per cosa?”

“...perchè andrò a cercarlo. Non ci riesco. Nonostante tutto non riesco a fare a meno di lui”

“Ma lui!”

“Lo amo! Ed è l'unica cosa di cui sono sicura in questo momento”

Si alzò, abbassando la testa una volta di fronte a me.

“...lo capisco...ed è per questo che qualsiasi cosa tu deciderai, io rimarrò al tuo fianco”

“Grazie Geremy” risposi, prendendogli il palmo della mano e posandoci sopra la tazza che mi aveva dato poco prima “Ti voglio bene”

Mi voltai uscendo dalla tenda, rendendomi perfettamente conto che ora, qualsiasi cosa decidessi di fare, il mio rapporto con Ash era ormai destinato a morire. Ma nonostante tutto volevo provare. Provare a riportarlo indietro. Perchè per quanto odiassi ciò che aveva fatto ai miei genitori, lui, in quel momento, era la mia famiglia.

“Jared!” dissi con tono risoluto, mentre l'uomo che dormiva nella tenda accanto a quella di Geremy scostava un lembo di tenda, guardandomi con lo sguardo di chi è ancora nel mondo dei sogni.

“Andiamo in guerra”


*


Non seppi come ebbi la forza di mettermi la maglia di ferro e le restanti parti dell'armatura, ma ogni pezzo che indossavo, era come un macigno che andava a sommarsi al peso che sentivo dentro.

“...perchè siamo arrivati a questo Ash? Perchè?”

Uscii dalla tenda ritrovandomi davanti Jared e Geremy con gia i cavalli sellati pronti alla partenza, insieme ad alcuni cavalieri che con molta probabilità, Jared aveva chiamato in rinforzo.

Non riuscii a proferire parola, mi limitai a tenere lo sguardo basso e salii sul cavallo che nitrì appena sotto il mio peso, presi con decisione le redini, dandogli un piccolo colpo con i talloni e partimmo alla volta del regno del padre di Ash.

“Sei sicura di ciò che stai facendo?”

“Si”

Continuavo a ripetere a me stessa che no, non mi sarei tirata indietro, non stavolta. Anche se la posta in gioco non era più la vita di qualcuno.

Era il mio cuore.

Cavalcammo per molte ore prima di giungere ai sentieri sterrati che caratterizzavano la tundra di quel luogo. Aleggiava una foschia strana, quasi inquietante. Poi li vidi. Una decina di cavalieri in armatura proprio di fronte a noi.

In attesa.

Deglutii appena, ormai sapevo che tornare indietro era impossibile

“Misty, aspettiamo un tuo ordine.

“Perchè sono così pochi? E' così smagro il loro esercito?” domandai.

“No, sicuro hanno pensato che non ci sarebbero voluti molti uomini per farci fuori una volta per tutte”

Sospirai agitata.

“Volevo ringraziarvi...per essermi stati vicino in questi anni...comunque andrà...non mi pentirò mai di ciò che ho fatto”

Anche l'essermi innamorata di Ash.

E partimmo alla carica.

La prima cosa che vidi fu solo il grande polverone alzato dai cavalli al galoppo che ci venivano incontro, e poi un forte boato, segno che lo scontro fra i cavalieri nemici e i miei era ormai iniziato.

Cercai fra le tante armature la figura che più mi premeva di trovare. Dovevo a tutti i costi riconoscerlo prima che qualcuno lo colpisse. Stando ben attenta a non farmi colpire anche io. Ma il caos che regnava era così assurdo che facevo fatica a capire da che parte dovessi andare, finchè mi decisi a scendere da cavallo e a lasciarlo correre via, imbizzarrito.

Perlomeno qualcuno si sarebbe salvato in quella che, mi resi conto solo in quell'istante, stava diventando una carneficina.

Perchè poi? Perchè i sovrani non combattono mai, ma mandano il popolo a farlo? Non dovrebbero essere loro i primi a stare tra le file e combattere in prima linea?

Sentii un rumore metallico alle mie spalle e mi voltai appena in tempo per scansarmi da un fendente di spada.

“Maledizione!” ringhiai tirando fuori la spada e iniziando un combattimento con quel cavaliere di cui non conoscevo neppure il volto.

“Non toccarla!” gridò qualcuno e vidi Geremy arrivare alle spalle del cavaliere e trafiggerlo con rabbia.

“Stai bene?” mi domandò, mentre estraeva la spada da quell'uomo che stramazzò a terra senza vita.

“Non c'era bisogno di ucciderlo!”

“Questa è una guerra. O si vive o si muore. Non si deve avere clemenza con nessuno!”

Non riuscii a rispondergli perchè vidi un altro cavaliere arrivare verso di me, e agii d'impulso, senza capire, senza guardare, senza ascoltare.

Il mio cuore.

Strillai chiudendo gli occhi e alzando la spada, colpendo all'addome il cavaliere che si bloccò di fronte a me.

Aprii piano un occhio, e ciò che vidi mi gelò il sangue nelle vene.

“...no...”

Tremai, e fu come se il mondo intorno a me iniziasse a vorticare furiosamente mozzandomi il respiro.

“...no....no....NO....!”

Lasciai cadere a terra la spada sorreggendo quel corpo e quell'armatura.

“Sapevo che eri...un'ottima spadaccina...” disse prima di accasciarsi al suolo con un tonfo.

“ASH NO!”

Vedere il colpo che io stessa avevo inferto ad Ash mi diede la nausea, facendomi sprofondare nel dolore più acuto che mai, prima di allora, avessi provato. Mi tolsi l’elmo inginocchiandomi pesantemente al suo fianco, mentre lui, con una smorfia di dolore si premeva le mani ormai impregnate di sangue sulla ferita.

“Perdonami, perdonami se puoi”

Non voleva attaccarmi, non aveva la spada sguainata, ma io l'avevo ugualmente colpito.

Stupida, stupida, STUPIDA.

Non riuscii più a controllare le lacrime, avevo creduto di averlo perso per sempre, e quando finalmente l’avevo ritrovato, ero stata io stessa a rendere vana quella ricerca.

L’ avevo ferito a morte

Quasi non mi accorsi della sua mano che, a fatica, si tendeva verso il mio viso rigato dalle lacrime e macchiato dal dolore.

“Non piangere”

Come poteva dire una cosa del genere in quella situazione? Lui stava morendo davanti ai miei occhi, e nonostante ciò, continuava a pensare a me.

Perché era così altruista?

“Stupido” dissi soffocando un singhiozzo.

Lui rise, una risata dolorosa e amara che lo fece sussultare dal male, mentre il suo viso assumeva nuovamente quella smorfia che precede la morte e che avevo visto ormai un anno fa, comparire sul volto di mio padre.

“Ti prego non lasciarmi” sussurrai prendendo la sua mano e stringendola, soffocando un singhiozzo fra le sue dita.

Ed in quel momento seppi che invece questa volta l’avrebbe fatto. Non sarebbe tornato più, sarebbe volato via, lontano da me, la promessa che mi aveva fatto stava per spezzarsi.

Ed ero stata io a rendere ciò possibile.

Troppo presa dalla mia visuale concentrata su Ash mi resi conto solo in un secondo momento che Geremy stava correndo verso di noi, deciso a distruggere per sempre la gia sottile esistenza rimasta ad Ash.

“A morte il traditore!”

Non pensai, mi alzai di colpo mettendomi fra Ash ed il suo giustiziere ed un lancinante dolore mi colpì all’addome facendomi esplodere negli occhi una scia di puntini luminosi, mentre ogni singolo senso si concentrava sul dolore, mentre anche l’udito di colpo svaniva.

Dolore

Quando presi di nuovo coscienza delle mie sensazioni abbassai lo sguardo e vidi nella mia armatura una profonda apertura, dalla quale fuoriusciva del sangue vivo.

“Misty!” gridò Ash alle mie spalle, mentre Geremy iniziava ad assumere un colorito cinereo.

Nel giro di pochi istanti caddi a terra, con la faccia nella polvere, la quale, mi rendeva difficile il respiro.

“Maledizione Misty!” disse qualcuno, e pochi istanti dopo Ash mi girò di lato, dandomi leggere pacche sul viso per farmi riprendere.

“Non mollare! Avanti, stringi i denti”

Le parole arrivavano troppo lontane perché riuscissi ad udirle perfettamente, era come un eco distante chilometri dal luogo dove mi trovavo, la bellissima figura di Ash adesso mi sembrava più simile a quella di un angelo che a quella di un ragazzo troppo esile e spaventato per poter combattere.

“Ti amo Misty! Avanti resisti”

Cercai di tenere gli occhi aperti, quanto bastasse per fissare i miei occhi in quelli della persona che amavo, ma la vista si offuscava sempre di più. Cercai inutilmente di rispondere con un semplice “Anche io” ma la voce non usciva.

Che stessi per morire?

Non aveva più nessuna importanza, per qualche strano motivo non avevo paura, per la prima volta sentivo di non essere sola, sentii che stavolta, ovunque sarei andata, non sarei rimasta indietro...perchè con me c'era finalmente Ash al mio fianco e mentre le lacrime bagnavano il mio volto, Ash tossì sangue, ed io, chiusi definitivamente gli occhi, mentre la mia mente sussurrava un leggero e soffocato.

“Anch’io”


*


La guerra terminò poche settimane più tardi. Alcuni cavalieri, viste com’erano andate quel giorno le cose, decisero di tornarsene a casa. Lo spettacolo che avevamo offerto loro era troppo per le loro membra stanche.

E’ stata creata una piccola tomba nel luogo in cui Misty ed Ash sono morti. Un piccolo e semplice tributo alla loro memoria.

Ci siamo improvvisati scultori quel giorno, mentre seppellivamo i loro corpi ormai bianchi e freddi, creando una piccola statua che li raffigurava, reduci dall'errore più grande che un uomo potesse mai compiere in vita sua. Quel giorno, avevamo imparato tutti una grande lezione. Anche se si è diversi, anche se l'odio è così profondo e radicato nelle nostre vite, c'è sempre uno spiraglio di amore che può salvarci.

E loro erano l'amore. L'amore che nonostante le difficoltà e l'odio, era riuscito ad insinuarsi così in profondità da annientare tutto quell'odio e quel rancore che ci aveva impregnato gli animi per tutti quegli anni.

Quella scultura era importante.

Una sorta di innocuo ricordo del loro primo incontro la sera del ballo.

“Qui giacciono i resti di due anime volte all’amore e all’affetto totale”



FINE
E dopo un botto di tempo e incalcolabili anni (?) metto fine a questa storia. Il finale mi lascia un po' perplessa, non perchè non mi piace ma perchè mh, bho, forse non mi piace molto che le storie finiscano male XD ahahahahahah *parla proprio lei*. Vi ringrazio tutti/e sentitamente per i commenti e soprattutto per averla letta. Perlomeno non vi ho annoiati con una storia che a mio dire è forse un po' troppo mentale ecco. Però mi rendo conto che creare in un personaggio la prima persona è una fighezza unica *ç* no seriamente, non bisogna stare li a mettere tutti quei “disse di qua” e “disse di la” XD basta immedesimarsi ed il gioco è fatto (restando sempre IC col personaggio da “muovere”). Quindi, grazie infinite. E spero di riuscire a trovare la forza (più mentale che fisica eh) per andare avanti anche con Disturbia, che è una bella gatta da pelare visto quanto è complessa come trama e come “immedesimazione” (>__> ma io a che pensavo quando l'ho iniziata?)

^___^ bhe alla prossima! Ciaooooo!!! ^O^/

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