Cuore corroso

di Padme92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La promessa ***
Capitolo 2: *** Cuore nello stomaco ***
Capitolo 3: *** Svolte ***
Capitolo 4: *** "Io la salverò." ***
Capitolo 5: *** Non posso farne a meno ***
Capitolo 6: *** Rifugio ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 8: *** Nekama ***
Capitolo 9: *** Bewakashà ***
Capitolo 10: *** Verità ***
Capitolo 11: *** Piccole bugie ***
Capitolo 12: *** Confronto ***
Capitolo 13: *** L'addio ***
Capitolo 14: *** Sorriso di madre ***



Capitolo 1
*** La promessa ***


CAPITOLO UNO: La promessa.

Quartier generale dell'NCIS
Ore 7.04 a.m.

Ziva aveva passato una notte tormentata, e quel mattino era scossa quando prese posto come al solito dietro la sua scrivania. Non c'era ancora nessuno.
Quando sentì aprirsi la porta dell'ascensore, il suo sguardo non cadde su colui che era entrato fino a che questo non le fu davanti.
Era Tony, e la guardava sogghignando. Lei lo ricambiò con uno sguardo stravolto.
-Ehi. Buongiorno occhioni belli.- Disse Tony scrutandola in cerca di una risposta per quel viso così pallido.
Il ragazzo le arruffò i capelli con una dolcezza inaspettata. Sapeva che ogni tanto questo la faceva sorridere.
E non rimase deluso. Ziva rimase docile mentre lui le passava la mano tra i capelli.
-Ciao Tony.- Rispose con un sospiro.
Si guardarono per un istante, prima che Tony si sedette al suo posto. In quel preciso momento arrivò Gibbs che con un saluto appena udibile ai due li superò per poi salire le scale, probabilmente diretto verso l'ufficio del direttore. Prima che il telefono suonasse, fece in tempo ad arrivare anche McGee.
-Buongiorno ragazzi.- Interloquì lui posando il suo zaino.
Ziva gli fece un cenno di saluto, e alzò la cornetta. Dopo qualche istante passato con l'apparecchio all'orecchio si alzò senza esitazione e partì su per le scale.
Tony e McGee la guardavano incuriositi.
-Un incontro di prima mattina faccia a faccia col direttore?- Domandò Tony rivolto a McGee quando Ziva non fu più in vista. -La sua faccia stravolta sarà ancora più stravolta una volta uscita da lì.- Constatò con un sorrisetto.

Mentre si avvicinava alla porta dell'ufficio di Jenny, Gibbs ne uscì e la guardò con apprensione. Ziva strinse gli occhi e ricambiò lo sguardo interrogativa. Passandole accanto, il capo le poggiò una mano sulla spalla, e senza una parola tornò dabbasso. Lei entrò senza capire. Il direttore Shepard scrutava fuori dalla finestra.
-Voleva vedermi, direttore?-
Jenny si voltò verso di lei, con l'aria di chi preferirebbe trovarsi da un'altra parte, poi, molto semplicemente le disse: -Si. Mi è arrivata una chiamata. Tuo padre è morto.-
L'aveva detto così: in poche parole, che agli orecchi della ragazza parvero quasi brutali.
Un attimo di vuoto. Un silenzio teso e carico di significato: Ziva non reagì subito a quelle parole, le ci volle un attimo per registrarle a dovere.
Suo padre. Morto. Poteva crederci? Ma sapeva che Jenny non avrebbe mai mentito. Vedendola non accennare una parola, Jenny continuò: -Il funerale sarà domani pomeriggio. Puoi partire oggi, se vuoi.-
Detto così sembrava tanto semplice, quasi normale. Ziva fece per parlare, ma le parole le si strozzarono in gola. Se ne uscì solo con un flebile: -Va bene, direttore.- E, senza aggiungere altro, uscì di corsa.
Era confusa. Non sapeva cosa provava. Amava suo padre perchè era suo padre, ma non per qualche altro motivo in particolare: i ricordi di infanzia erano ancora vividi in lei, ma era come se quel padre affettuoso che aveva avuto in passato fosse morto molto prima di quel giorno. Per questo, non era certa dei suoi sentimenti.. non sapeva se questa perdita le avrebbe sortito un qualche effetto. Per il momento il dolore, sempre se c'era, era sordo.
Scese le scale piano, scura in volto, decidendo tra sè se andare o no al funerale; quando approdò di nuovo alla sua scrivania, Tony la osservò con interesse. Ziva guardava ovunque tranne che nella direzione sua o di McGee.
-Tutto bene?- Domandò McGee, dando voce anche al dubbio di DiNozzo.
-Si. McGee.- Rispose secca l'ufficiale. Non si azzardarono a fare altre domande.
Ziva rimase in meditazione qualche minuto, poi, dopo aver sfogliato qualche foglio e consultato l'orario dei voli per Tel Aviv su internet, raccolse in fretta la sua roba, e con lo zaino in spalla si parò di fronte alla postazione di Gibbs.
-Hai preso la tua decisione?- Domandò questi.
Ziva annuì col capo. L'uomo la fissò per un momento e i suoi occhi chiari la trafissero. Sostenne il suo sguardo più del dovuto, dopodichè si congedò. Tony e McGee apparivano disorientati.
-Cos'è questa storia?- li accusò irritato DiNozzo.
-Ziva torna a casa per un po'.- rispose Gibbs, vago.
Era chiaro che ai due questa risposta non bastava. Guardarono Ziva sfilare davanti a loro, in cerca di risposte più concrete. Lei si voltò verso i due prima di avviarsi verso l'ascensore ed esaudì il loro desiderio di conoscenza.
-Mio padre è morto. Sto andando al suo funerale..- Dirlo faceva ancora più effetto, se possibile. E con quelle parole marciò a passo spedito verso l'uscita.
McGee si fece un po' preoccupato. -Ma.. tornerai una volta finito, no?-
Ziva non rispose e si allontanò. In realtà non poteva reggere la loro vista un secondo di più: non era sicura di quello che sarebbe successo, non era sicura di niente! Ma non voleva sollevare questioni ora, quando niente era ancora stato deciso. Il suo destino le era oscuro, ora che il vicedirettore del Mossad non c'era più.. Forse c'era chi si aspettava che lei prendesse il suo posto? Quando, quella mattina, Ziva mise piede nell'ascensore, non ebbe il cuore di voltarsi di nuovo, eppure giurò a sè stessa che sarebbe tornata a qualunque costo. Prima che le porte si chiudessero udì dei passi avvicinarsi veloci, e qualcuno le afferrò le spalle, come per trattenerla.
Sapeva chi era. Senza bisogno di voltarsi, chiese, più duramente di quanto non volesse: -Cosa vuoi Tony?-
-Solo sentirti rispondere alla domanda di McGee.-
La ragazza esitò. Poi rispose lentamente: -Non sono nella posizione di poter fare promesse.- E con queste parole rinnegò a voce alta la decisione del suo cuore.
Tony la fece voltare, e si ritrovarono faccia a faccia, a pochi centimetri l'uno dall'altra. Il ragazzo la guardò truce, e con una mano le accarezzò delicatamente il viso.
-Allora sarò io a fare una promessa..-
Ziva sentì il suo cuore accellerare un poco, ma lo guardò scettica.
-Sarebbe?-
Tony incatenò i suoi occhi chiari a quelli scuri di lei.
-Se non tornerai, sarò io a venire a prenderti.-
Detto questo indietreggiò di qualche passo fino a trovarsi fuori dall'ascensore. Ziva rimase lì impalata mentre le porte si chiudevano e Tony spariva dalla sua vista.

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Note dell'autrice:
Ecco il primo capitolo della mia prima fanfic.
Ne ho in serbo altri ma ne posterò uno alla volta per vedere le vostre impressioni e creare un po' di suspance.
Dunque, ci terrei a sapere cosa ne pensate.
Shalom!

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Capitolo 2
*** Cuore nello stomaco ***


CAPITOLO DUE: Cuore nello stomaco.

Casa David, Tel Aviv
Ore 20:00

Avendo dormito durante il viaggio, quella notte faticò a chiudere occhio. Si trovava in una casa in cui non entrava da molto tempo: casa sua.
Eppure quel luogo aveva un'aria estranea, nonostante non fosse cambiato nulla da quando se n'era andata: la sua stanza era linda e ordinata, nulla era era stato spostato, quasi come se Eli David avesse continuato a sperare in un imminente ritorno della figlia durante la sua assenza. Ziva stessa era quasi stupita di possedere ancora le chiavi di quel posto! 
Una volta atterrata vi si era diretta in fretta, per poi indugiare sulla soglia e chiedersi se non avrebbe fatto meglio a prenotare una stanza da qualche parte. Tuttavia quella casa suscitava in lei ancora un'immensa attrattiva, e nella notte, quando la stanchezza non aveva ancora preso il soppravvento, si era ritrovata a girare per i corridoi e le stanze, dove da piccoli giocavano lei e i suoi fratelli. Quella casa ora era piena di spettri del passato: Ari, Tali, suo padre, sua madre.. Non era rimasto nessuno, eccetto lei, che ora era costretta a portare il peso delle loro scomparse tutta da sola.
Nella stanza di suo padre, pomposa e regale com'era sempre stata, aveva fissato a lungo fotografie di anni ormai perduti. La sua famiglia non esisteva più, perlomeno in quel mondo, e spesso Ziva si ritrovava a pensare che ora la sua vera famiglia era all'NCIS. Pensava questo già prima di ricevere la notizia del decesso di suo padre. Che poi, per mano di chi? I particolari li avrebbe saputi solo l'indomani, al Mossad, e intanto non le restava che crogiolarsi nel dubbio. Suo padre aveva molti nemici dopotutto.. Si sarebbe forse aspettato che lei lo vendicasse? Questo era fuori discussione. Ziva iniziava a pensare di stare molto meglio fuori dagli affari del Mossad. 
Alla fine, tra il dormiveglia, i pensieri e le immagini sconnesse di vecchi ricordi, arrivò il mattino. Ziva sapeva che al Mossad si attaccava alle 5 a lavorare, quindi verso le 6 uscì di casa e respirò l'aria mattutina con sollievo. Il cielo era di un azzurro intenso, la giornata era calorosa ma ventilata, e nel suo tragitto verso l'istituto, Ziva decise di deviare il percorso e di attraversare la spiaggia, per ammirare i colori del mare.
Quel paesaggio familiare la tranquillizzò molto, e fu proprio allora che i suoi pensieri indugiarono su un ricordo recente dal quale si era tenuta lontana per tutta la notte: rivangando il passato, aveva scacciato il presente, ma ora, ecco che la realtà tornava ad opprimerla. Ricordava le parole di Tony del giorno prima.. Le avevano lasciato una sensazione di disagio, come se qualcosa fosse rimasto in sospeso. Non aveva salutato Ducky né Abby, che sicuramente per questo se la sarebbe presa, ma non voleva allarmare nessuno con la sua partenza: salutarli sarebbe stato un po' come ammettere di non sapere quando sarebbe tornata.. E se sarebbe tornata. Ma a questo non riusciva a pensare: razionalmente non avrebbe potuto accettarlo, non voleva nemmeno pensare a questa possibilità. Per destarsi da questi pensieri, iniziò a correre.
Raggiunse il Mossad in breve tempo, e quando entrò nell'edificio tanto familiare, il suo cuore perse un battito.

Quartier generale del Mossad
Ore 6.55

Di spalle, chinato sul banco della reception, stava un uomo alto, incapucciato, vestito di bianco. Ziva non si mosse, osservandolo: quello parlava a una donna che stava dall'altra parte del bancone, con voce profonda e misurata.. Avrebbe riconosciuto ovunque quella voce. Quando si voltò, notò il suo sguardo posarsi su di lei, e la sua espressione raddolcirsi. Aveva una barbetta corta e un po' incolta, di quelle che fanno da splendida grattuggia, e due occhioni scuri e profondi, che ipnotizzavano.
Si avvicinò a Ziva con passo elegante e sinuoso, accennando un mezzo sorriso. -Shalom, Zòhar.-
La ragazza si sciolse in un sorriso e ricambiò il saluto: -Shalom, Altaïr.-
Si scambiarono un veloce bacio sulle guance. -E' bello rivederti, anche se già immagino il motivo della tua visita.
Ziva si sentiva scottare lì dove le labbra di lui si erano appena posate. 
-Fa piacere anche a me, vorrei solo che le circostanze fossero migliori.- Disse abbassando lo sguardo e fissando un punto imprecisato del pavimento. In quell'istante, una decina di uomini in giacca e cravatta arrivarono da un corridoio laterale e si dispersero davanti all'uscita. Ziva li guardò con attenzione, e notò alcuni tra i più importanti membri interni del Mossad. Per rispondere alla domanda inespressa di Ziva, Altaïr disse: -E' appena finita un'importante riunione. Devono decidere chi prenderà il posto di tuo padre. Una decisione su cui pare in molti non siano d'accordo.. C'è chi ha fatto il tuo nome, e credo che per te non sia una sorpresa.. e devo dire che non sarei contrario se fossi tu la prescelta.-
Ziva scosse insistentemente la testa. -Non sono venuta qui per prendere il posto di mio padre. E ad ogni modo, io non sono fatta per stare dietro a una scrivania.-
A quelle parole Altaïr curvò leggermente le labbra. -Certo, tu sei più un'operativa, lo so bene.- Convenne strizzandole l'occhio. -Ma se non sarai tu a diventare vicedirettore, è probabile che lo diventi Rafik.. E allora tu sarai alla sua mercè.-
L'espressione di Ziva si fece più dura. Era vero. Rafik Naim era il consigliere di suo padre.. Un uomo viscido che Ziva non aveva mai visto di buon occhio. E sicuramente di mentalità molto più chiusa di suo padre. Dubitava che avrebbe sostenuto un contatto con l'NCIS, soprattutto un contatto ormai inutile, visto che Ziva non faceva piu' rapporto da troppo tempo. Rafik sapeva quanto valeva, e non avrebbe rinunciato a riaverla tra le sue file.
Altaïr sembrò leggergli nel pensiero, perchè disse: -Sei tra i migliori agenti, qui dentro, Ziva. Non puoi biasimarli. Hai delle capacità eccezionali, che, personalmente, trovo sprecate all'NCIS.-
Ziva s'irritò, ma non poteva discutere queste parole. Altaïr era sempre stato molto schietto. Decise di porre fine a quella conversazione, congedandosi: -Devo vedere Aaron. Lui mi dirà tutto quello che devo sapere. Se mi vuoi scusare.. Shalom, amico mio.-
-Shalom, Ziva.- Rispose lui cortese, facendo un cenno col capo.
Mentre Altaïr si allontanava, lei lo seguì con la coda dell'occhio, per poi muovere i passi in direzione della segreteria.

Quartier generale dell'NCIS
Ore 18.00

Era ora di staccare: McGee stava già radunando le sue cose. Gibbs fu il primo a lasciare l'ufficio, e passando di fronte alla scrivania dove Tony era seduto da tutto il giorno, rivolse a quest'ultimo la parola, con una nota di raccomandazione nella voce: -Vai a casa DiNozzo. Il tuo lavoro è finito per oggi.-
Ma Tony non sembrava intenzionato a mollare la sua sedia, e era stato insolitamente spento quel giorno. Sentiva l'aria più pesante: qualcosa nella precipitosa partenza di Ziva non lo convinceva. Da quando se ne era andata non aveva fatto altro che lanciare occhiate alla sua postazione vuota, come se per magia d'un tratto potesse ricomparire dal nulla. Si sentiva in parte patetico, ma la tentazione era più forte di lui. McGee lo salutò senza particolare entusiasmo, e raggiunse Gibbs all'ascensore.
Ormai nel locale poche luci erano rimaste accese. L'NCIS in breve divenne deserta. Tony fu lasciato solo con i suoi pensieri.. E con l'immagine fantasma di Ziva che andava e veniva di fronte ai suoi occhi. Non c'era niente da fare: quando Ziva riusciva a preoccuparlo, riusciva a stento a togliersela dalla testa.
Nella penombra si alzò lentamente, e prese posto alla scrivania della collega. Aveva un presagio negativo, diffuso, e questo lo inquietava terribilmente. Da come si comportavano Gibbs e McGee, si sarebbe detto che Ziva fosse andata in vacanza. Lui avrebbe voluto saper ostentare la stessa tranquillità, ma nei suoi occhi permaneva sempre una sorta di velata agitazione quando percepiva qualcosa di storto in qualche faccenda. L'unica che aveva espresso apertamente la sua preoccupazione per lei era stata Abby.

-Mi state prendendo in giro?!- Fu la reazione poco trattenuta diella scienziata alla notizia della partenza della loro collega.
-E me lo dite adesso?! Quando non posso nemmeno più rincorrerla e obbligarla a salutarmi!- Suonava esasperata, più che furibonda.
-Ma tornerà, vero? Voglio dire, Ziva è Ziva. Non può restare via molto.- Sembrava solo vagamente convinta, e sempre più agitata.
-Perchè se resta via molto, io.. io non so più da chi andare a mangiare italiano. Io non so più a chi chiedere i nomignoli per McGee in ebraico. Io non so più a quale altra donna rivolgermi in questo team!!- Fece un salto verso McGee e lo afferrò per le spalle, scuotendolo.
-Credete che sia facile, vero? Essere una donna in mezzo a un branco di maschi discendenti diretti delle scimmie?! Io ho bisogno di Ziva! Del suo esempio di superiorità, del suo sguardo di ghiaccio che mi ha insegnato a frantumare in tanti piccoli pezzi l'egocentrismo degli uomini!-
Tony fissava Abby senza dire nulla. Quella lo squadrò arcigna e poi aggiunse: -Va bene. Non ditemi niente, non giustificatevi, non cercate scuse.
Tornerò al lavoro cercando di dimenticare questa storia.- Sembrava improvvisamente risoluta. -Si, Ziva non è qui, ma sarà qui a breve. Non è qui ma sarà qui, non è qui ma sarà qui.- In quel momento entrò Gibbs, con un'espressione indecifrabile sul viso. Abby gli si gettò addosso.
-Gibbs! Questi due tipi qua mi fanno preoccupare. Ziva tornerà, vero? Vero?- 
Lo sguardo limpido del leader della squadra si posò su Abby, e con un filo di voce le disse: -Farà quel che deve fare, Abbs.-
Abby lo guardò costernata, temendo che questo potesse equivalere a un no. Da quel momento nessuno fece più domande a riguardo.


Dopo quasi un'ora, Tony si stava addormentando, accasciato sulla scrivania di Ziva: non aveva né la voglia, né un motivo per allontanarsi da lì.
Nel petto aveva un vuoto, perchè il suo cuore non c'era più: era volato in Israele con la sua Ziva, e se questa non fosse tornata, non lo avrebbe riavuto più. 
La sua promessa, era l'unica cosa che li teneva uniti anche a quella distanza. Prima di perdersi nel sonno, DiNozzo sorrise tra sé.. e sussurrò all'aria: -Non puoi scappare da me, piccola ninja.-
E così, d'improvviso, seduto al posto di Ziva,Tony si rese conto di una cosa. Una cosa importante: lui, quella sedia, non si sarebbe mai abituato a vederla vuota.

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Piccola annotazione: Zòhar significa splendore in ebraico.

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Capitolo 3
*** Svolte ***



CAPITOLO TRE: Svolte.

Quartier generale del Mossad
Ore 7.45

-E' stato ucciso mentre veniva scortato a casa. Non siamo certi di chi sia il mandante di quest'attentato ben riuscito, ma sospettiamo che si tratti dei capi di una cellula che stavamo per stanare.- 
Ziva alzò un soppracciglio. -Stavamo?-
Aaron annuì. -L'operazione non è ancora iniziata. Ed ora che Eli è morto.. spetta a qualcun altro prendere di queste decisioni..-
I due si guardarono attentamente, poi Aaron fece la domanda che Ziva stava aspettando: -Devo chiedertelo, Ziva. Prenderai il posto di tuo padre come vicedirettore dell'agenzia?-
La domanda era semplice. E altrettanto lo era la risposta: -No.-
Non c'era alcuna esitazione nella sua voce. Aaron Abdar diede segno di rispettare la sua decisione con un religioso silenzio, poi alzò la cornetta del telefono.
-Avvertirò Rafik della tua decisione.. La tua lealtà va a lui, ora. Non dimenticarlo.-
Ziva annuì col capo, e si ritirò da quel breve colloquio. Ora non le restava che aspettare.

Casa David. Tel Aviv
Ore 20.00

Il funerale era stato monotono, e nell'assisterlo Ziva provò un moto di odio per tutti i presenti. Più che amarlo o ammirarlo, era certa che tutte quelle persone temevano Eli da vivo. Forse fu solo la sua immaginazione, ma le parve addirittura di scorgere un'ombra di soddisfazione sul viso del nuovo vicedirettore Rafik Naim in quell'atmosfera cupa.
Ora Ziva sedeva al tavolo del salotto di casa sua, inespressiva, oppressa dal peso delle decisioni del nuovo vicedirettore: costui l'aveva fermato subito dopo la cerimonia, per comunicarle nuove direttive. Non sarebbe più tornata a lavorare per l'NCIS, era stata assegnata alla squadra di Altair, e sarebbe immediatamente partita per l'operazione “Dogs of war”: trovare e assassinare i mercenari che lavoravano per un'organizzazione terroristica palestinese.
E così il suo destino era ormai compiuto. L'unica che supponeva fosse venuta a conoscenza di questo suo ritorno al vecchio lavoro era Jenny. Nella sua mente scorrevano vivide immagini dei momenti passati con la sua squadra a Washington: Ducky intento a raccontare una delle sue storie.. Gibbs che dava scappellotti.. Abby con i suoi codini svolazzanti che l'abbracciava.. McGee che rispondeva alle prese in giro di Tony.. Tony.. e il suo sorriso sornione.. Per qualche motivo si rese conto che le battute di Tony sarebbero state tra le cose che le sarebbero mancate di più. Ripensarci le dava fitte al cuore.
Accese la tv per cercare di distrarsi. Non servì a molto, ma dopo poco qualcuno suonò alla porta, e, lieta di avere un motivo per distrarsi, Ziva sbirciò nello spioncino.
Si trattava di Altair. Quando lo vide il suo cuore perse un battito, proprio come quella mattina al Mossad. Aprì la porta e lo invitò ad entrare.
-Buonasera, Ziva.. Sono venuto a sapere che sarai nella mia squadra..- Disse il ragazzo accennando un sorriso.
Ziva gli sorrise di rimando. -Già.. almeno qualcosa di positivo.- Appariva piuttosto entusiasta di vederlo, suo malgrado.
Altair tuttavia capì subito che si trattava di una recita. -I tuoi occhi.. sono nostalgici.- Le disse con quella sua voce profonda, in un tono capace di rilassarla tanto quanto allarmarla. Poi, senza alcun preavvizo, lui le accarezzò il viso. -Non hai bisogno di fingere quando sei con me.- Il suo era un tentativo molto diretto di penetrare le sue difese: Ziva nel guardarlo distinse chiaramente un'ombra di desiderio neli suoi occhi, e le sue mani cominciarono a sudare. Non sapeva che fare. Era paralizzata, per metà desiderosa di richiudergli la porta in faccia, e per metà vogliosa di farlo rimanere. Alla fine cedette, si accostò al petto dell'uomo e sussurrò il suo nome: -Altair..-
Lui la guardò comprensivo, accarezzandole i capelli. -Lo so, Ziva..-
In seguito Ziva non seppe definire perchè l'aveva fatto. Forse Altair aveva solo aprofittato della sua fragilità, e lei aveva riscoperto dei sentimenti per lui che andavano al di là della semplice amicizia, o forse l'aveva fatto per segnare una svolta, per lasciare dietro di sé le vecchie persone.. i brividi che le faceva provare Tony.. E che ora non significavano più niente, perchè non l'avrebbe mai più rivisto. Certo, c'era ancora la promessa che lui le aveva fatto.. ma lei non se la sentiva di crederci: sembrava troppo bella e troppo impossibile l'idea di vederlo apparire tutt'un tratto per riportarla a casa. Ma cosa stava dicendo? Lei era già a casa: era nel suo amato paese.

Washington DC
Quartier generale dell'NCIS
Ore 7.05 am

Tony era appena arrivato, e seduto alla sua scrivania fissava imperterrito per le millesimavolta quella della collega.
-E' passata più di una settimana, McGee.- Commentò rivolto al collega che batteva i tasti della sua tastiera con frenesia.
-Lo so, Tony. Ma mettiti l'anima in pace. Ziva ha altro da fare ora.- Fu la risposta paziente dell'amico. 
Ma Tony non ci riusciva: guardava in faccia la realtà e si rifiutava di accettarla: Da quando Jenny li aveva informati del ritorno definitivo di Ziva al Mossad, fu come se una parte di lui avesse iniziato a morire. Si era talmente abituato ad averla tra i piedi.. Sapeva che avrebbe fatto male non averla più lì con lui, ma non pensava così male: si sentiva mancare l'aria ogni mattina che entrava in ufficio e non la vedeva. Ma non poteva farci niente: Ziva non era di sua proprietà, e se avesse voluto davvero stare sempre con lei, avrebbe dovuto farla sua. Amarla, sposarla. C'era sempre stato un legame chimico tra loro, che a volte nemmeno loro due capivano fin dove sfumava, ma, in cuor suo, per quanto sembravano dirgli i suoi sentimenti, Tony aveva sempre percepito Ziva come irraggiungibile.. E piano piano si era rassegnato all'idea di essere solo colleghi. Senza contare che c'era in ballo anche la regola numero 12! 
Certo, anche se gli era capitato di sognare una loro fuga passionale.. sapeva fin troppo bene che questo sarebbe per sempre rimasto un sogno. Ziva non era il tipo che si abbandonava ai sentimenti, e soprattutto a sentimenti che avrebbero potuto compromettere il loro lavoro. Il peggio era che, oltre a non lasciarsi andare ai sentimenti, nemmeno li ammetteva: ostentava sempre quella natura da imperturbabile assassina che lo affascinava tanto quanto lo turbava.
Cosa nascondeva Ziva, dietro quella maschera? A volte pensava di saperlo, altre no: era come un fiore proibito e spinoso. Un bellissimo fiore, tra l'altro, e come tale l'attrazione verso di lei era innegabile.
D'improvviso seppe tutto quello che doveva fare: mantenere la sua promessa. E sapeva che sarebbe stato arduo farlo, ma non aveva scelta: dentro di lui sentiva che, senza Ziva lì accanto, non avrebbe potuto vivere.

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Capitolo 4
*** "Io la salverò." ***


CAPITOLO QUATTRO: “Io la salverò”

Quartier generale dell'NCIS
Ore 8.00 am

-Non posso divulgare il contenuto di questa missione, DiNozzo.- Jenny era irremovibile.
-Le ho già detto che non andrò nei panni di un agente dell'NCIS, ma come semplice civile! Sarò un turista!- Tony iniziava a perdere la pazienza: voleva solo qualche informazione su dove trovarla, anche vaga.
-Un turista che, per caso, si trova tra capo e collo di un'operazione del Mossad?- Fece Jenny sarcastica. -Ti vai a cacciare in un guaio serio. Non contare sul nostro appoggio.-
Tony fissò con occhi ardenti il direttore, con uno sguardo di sfida. -Non ne ho bisogno.- Detto questo uscì dall'ufficio, come in fiamme.
Il direttore non voleva che lui la trovasse. Eppure ne aveva tutto il diritto: non poteva pensare di dargli una notizia del genere, e poi pretendere che se ne stesse lì zitto e buono come un cagnolino. L'operazione del Mossad era già iniziata, ma nessuno era ancora tornato! Ziva poteva trovarsi chissà dove e sopprattutto chissà in quale stato: imprigionata, ferita, moribonda o già morta. Nessuno aveva fatto rapporto, e questo era tutto quello che Jenny era venuta a sapere, il resto erano informazioni riservate: non sapeva se qualcuno era stato mandato in quel dannato posto, ovunque fosse, a cercare la squadra perduta.
Ma Tony dal canto suo sapeva perfettamente cosa doveva fare, perciò scese le scale e marciò dritto verso il laboratorio di Abby: se c'era qualcuno nel mondo in grado di rintracciare Ziva, quella era Abby.
Quando lo vide, lo accolse con una stretta tale da farlo quasi soffocare. -Tony! Sei venuto a trovarmi perchè ti mancavo? Dì la verità.-
Tony si divincolò dalla morsa mortale e le disse: -Non proprio, Abby.. Ho bisogno del tuo aiuto: mi prendo qualche giorno di ferie.. vedi.. Io, la salverò.-

Tel Aviv, Israele
Ore 19.00

E alla fine ce l'aveva fatta: aveva fatto giurare a Abby di non dire a nessuno dove stava andando, aveva preso l'occorrente indispensabile, ed era partito senza indugio. Non aveva idea di come aveva fatto Abby a trovarla, sta di fatto che l'avrebbe ringraziata per sempre.
Aveva con sé una cartina segnata con un evidenziatore. Alcuni segni circolari lo aiutavano ad orientarsi: aveva segnato la casa di Ziva, l'istituto, e l'apparente obiettivo del Mossad, ovvero quel che rimaneva di una ditta abbandonata, poco fuori Tel Aviv, in una terra deserta squassata dalla polvere. Era lì che doveva trovarsi Ziva in quel momento, e mentre vi si dirigeva a piedi per non fare rumore, la mente di Tony era sgombra da tutto, concentrata su un solo pensiero: portarla via. Perché di sicuro era in pericolo! Bè, era una cosa un po' scontata, visto il tipo di azioni in cui veniva coinvolto il Mossad. Tony infatti non era tranquillo: ebbe l'impressione di andare verso la bocca del leone, mentre muoveva ciascun passo sul terreno sconnesso e sabbioso verso il vecchio edificio. Sapeva tanto di pazzia quello che stava facendo!
Per un momento si chiese perfino perchè lo stava facendo: in fondo c'erano ben poche speranze di ritrovarla viva. Ma se era morta.. “Lo devo sapere.” si ripeteva a non finire. Non poteva lasciarla lì.. anche da morta.. Non poteva abbandonarla.
Tirò fuori la pistola, in allerta, riparandosi sotto un'arrugginita scala antincendio. Ispezionò la zona accuratamente: le finestre erano rotte e, sbirciando dentro, Tony vide solo una macchia buia. Facendo attenzione fece il giro dell'edificio. Tutto era silenzioso, e soprattutto non c'era traccia di alcuna sentinella. Preso un po' di coraggio, entrò tra i frantumi di vetro di una delle finestre al pian terreno, e, nella penombra, lo spettacolo che apparve ai suoi occhi fu orrendo: una decina di corpi massacrati giacevano sul pavimento di quell'enorme stanzone, in vari punti e in strane posizioni. L'odore di marcio era insopportabile, quindi evitando di respirare con il naso, Tony attraversò la stanza diretto alle scale. Con passo felpato scese i primi gradini, poi iniziò ad udire qualcosa: qualcuno urlava con tono imperioso parole che Tony non riconobbe. Doveva essere arabo. Dopo un attimo, un urlo più prepotente squarciò l'aria e il petto di Tony insieme. Era la voce di una donna.
La bocca inaridita, il cuore che batteva sempre più veloce, Tony si mise in guardia mentre entrava in una stanza completamente oscurata, senza finestre. L'unica luce proveniva dall'entrata, dove la porta non c'era più, e illuminava i cadaveri di quel piano in modo spettrale, rendendoli deformi e simili a mummie. L'agente mosse qualche passo, addentrandosi in quel luogo dove il profumo di morte era tanto forte che gli afferrava la gola. Le urla provenivano da sotto i suoi piedi, e lui dedusse che doveva esserci un sotterraneo o qualcosa di simile. Entrò in un altro locale, che sapeva di muffa, oltre che di rancido, con un piccolo spiraglio di luce che proveniva da un buco nel pavimento. Si trattava di una grata. Tony vi si avvicinò e si inginocchiò, sbirciando oltre le sbarre, e il fiato gli si mozzò.
Ziva era lì: riconosceva la sua voce, solo che era incatenata: la catena pendeva dal soffitto e le legava le mani. Non poteva vederla in viso: portava un sacco di yuta sulla testa. La situazione era chiara, orribilmente chiara: la stavano torturando. Tony ebbe i brividi chiedendosi da quanto si trovasse in quello stato: i suoi vestiti erano stracciati e insanguinati, i capelli arruffati e sporchi, e nei momenti di pausa poteva udire il suo respiro affannoso.

Dentro di sé, Ziva era rassegnata ormai da un bel pezzo: non solo aspettava la morte, ma la invocava. 
Sudava, le mancava l'aria. Le coltellate le avevano lasciato dolori lancinanti alle braccia, e le scosse elettriche erano state anche peggio: riusciva a sentire l'odore della sua stessa carne bruciare. Ma, in qualche modo, forse per quanto terribile era la sua situazione, era riuscita ad estraniarsi. In qualche modo si sentiva come se il dolore non fosse suo, ma del suo corpo. E non aveva risposto a una singola domanda che le era stata posta, dando prova di una forza inconcepibile.
Ad un certo punto, qualcuno che non era lo stesso che la stava martoriando, parlò: -E' inutile. Non ti dirà nulla. E' stata addestrata a non cedere.-
Ziva ebbe un sussulto. 
-Addestrata.. da me.- Aggiunse la voce, con una nota straziante di compassione.
Ziva riconobbe all'istante quella voce, l'aveva ascoltata così tante volte in passato.. era Al Mualim, il suo vecchio maestro. Ed allora tutto acquistò un senso per lei: ecco come sapevano che stavano arrivando. Li stavano aspettando in realtà! Al Mualim li aveva traditi.
Ziva provò un moto di rabbia che però non riuscì ad esprimere. Aveva la gola secca, e la collera era tanta che si sentiva l'anima bruciare.
Al Mualim. Una persona che aveva sempre ammirato, amato perfino. Il suo tradimento era costato la vita a tutta la sua squadra.. e chissà quante altre vite sarebbero andate perse. Quando lo sentì avvicinarsi Ziva tentò di calciarlo via, ma invano. Lui le sfilò il sacchetto dalla testa e fissò gli occhi vuoti e spenti dell'ufficiale.
Ziva gli sputò in faccia, e quello per tutta risposta la schiaffeggiò. Poi, come risultato di quello che Al Mualim aveva detto, il suo persecutore si accanì di più contro di lei, strappandole grida disperate, nonostante lei facesse di tutto per trattenersi. Alla fine chiuse gli occhi, consapevole che i sensi la stavano abbandonando a poco a poco.
Non aveva dubbi: di lì a poco sarebbe finalmente morta. E la promessa di Tony si sarebbe infranta. E lei non avrebbe mai più rivisto il suo sorriso.. nemmeno in fotografia.

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Capitolo 5
*** Non posso farne a meno ***


CAPITOLO CINQUE: I can't help it.

Le urla di Ziva gli straziavano il cuore.
Con uno sforzo enorme Tony staccò gli occhi da lei e si mise a cercare un modo per entrare in quella stanza.. Ziva poteva avere i minuti contati e questo pensiero gli rendeva faticoso concentrarsi. Ma non trovava scale, non trovava porte, non trovava niente che potesse condurla da lei! Poi, un passo strascicato alle sue spalle lo fece voltare, in guardia: un uomo avanzava lentamente, puntandogli contro una pistola. I due si squadrarono.
-Sei uno di loro?- Domandò Tony con disprezzo.
Con sua somma sorpresa l'uomo gli rispose nella sua lingua. -No. Sono del Mossad. Sono qui per Ziva.-
A quelle parole Tony cambiò sguardo.
-Il mio nome è Altair, sono il capo della squadra che era stata mandata qui.-
Tony lo scrutò in maniera pesante. -Come mai non ti hanno preso? Perchè non hai fatto rapporto?-
Quello rispose tranquillamente: -Un soldato, probabilmente troppo codardo, mi ha rinchiuso in uno sgabuzzino anziché spararmi.
Avevo perso i sensi. Per questo non ho potuto avvisare nessuno.. Tu chi sei?-
-Sono un agente dell'NCIS. E porterò Ziva via da qui.- Il suo volto era risoluto.
-Devi amarla molto, se sei giunto fino a un posto come questo solo per lei..- Commentò Altair, piano. -Sfortunatamente per te, la amo e anchio, e si dà il caso che lei ricambi.. ragion percui non la lascerò morire.-
A quelle parole Tony lo guardò confuso, ma trafiggendolo con uno sguardo pungente. Cosa significava? Ziva si era già trovata un partner, dopo solo una settimana?
La cosa più deplorevole è che quella frase suonava molto come una sfida.. Tony cercò di ignorare la cosa.
-Vediamo di collaborare..- Si azzardò a proporre invece. In fondo, aveva bisogno di una mano.
Altair sembrava d'accordo. -Credo che l'entrata per il sotterraneo sia fuori.-
-Impossibile. Ho fatto il giro dell'edificio.-
-Ho ragione di supporre che l'entrata non sia attaccata all'edificio, ma un po' più lontano. Quel luogo non ha niente a che vedere con la ditta che c'era tempo fa.-
Udito ciò Tony marciò verso l'uscita dicendo: -E allora muoviamoci. Non c'è tempo da perdere.-
I due si allontanarono, lasciandosi dietro le grida di Ziva, che tuttavia rimbombavano ancora spiacevolmente nella testa di DiNozzo. Doveva fare in fretta.
Esplorarono i dintorni, e non ci volle molto prima di trovare l'entrata di un tunnel: assomigliava a una fogna, ma non c'era acqua. Si addentrarono sotto terra senza un attimo di indugio. 
-Sto arrivando, Ziva.. Tieni duro.- Si ripeteva Tony nella mente, cercando come di comunicare con lei telepaticamente.
Dopo una ventina di metri, ricominciarono a sentire dei rumori. Si stavano avvicinando al loro obiettivo.
Giunti in un locale fiocamente illuminato da dei neon mezzi andati, Altair sussurrò a Tony: -Coprimi. Io entro dentro e lo uccido in silenzio. Sembra esserci solo lui.-
Tony, per quanto riluttante a lasciargli il piacere di mandare all'inferno quel bastardo, non discusse. Poi tutto si svolse in pochi, fatali secondi: il rumore di una porta che sbatteva, Altair che si lanciava sul nemico con un coltello e lo sgozzava, un'altra porta che si apriva in lontananza e il rumore di passi veloci che sembravano uscire dal tunnel. Tony non stette a domandarsi chi fosse, si precipitò da Ziva e la liberò. Quella cadde a peso morto, senza emettere un suono. Tony spaventato la prese al volo e la fece stendere a terra.
-Ziva..- sussurrò. Sembrava morta. Era fredda, distrutta.
Altair lo osservava, senza osare avvicinarsi. Ziva aprì gli occhi per mezzo secondo e, sfuocato, le apparve il viso di Tony, poi di nuovo buio. Tentò di articolare il suo nome, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Tony allora la prese in braccio, cercando di rassicurarla: -E' tutto finito, ci sono qui io, ora.. Andrà bene.- 
Mentre le diceva queste parole, si rese conto che stava tentando di rassicurare anche se stesso: la paura di vedere la luce negli occhi di Ziva spegnersi era tanta che gli tremavano le mani.

Scossoni, il calore del sole sulla pelle, il vento che le scomipgliava i capelli, e un profumo che non avrebbe mai dimenticato mischiato all'odore di polvere nel naso. Ziva si rendeva a malapena conto di quel che le accadeva intorno.
Percepiva di essere trasportata da qualcuno in fretta, di essere all'aperto, finalmente. Poteva scorgere il cielo azzurro e luminoso sopra di lei se appena dischiudeva gli occhi. Tuttavia la vista le andava e veniva, e vedeva tutto quanto ad intervalli:  il viso di Tony contratto per lo sforzo.. La landa deserta e secca che si distendeva tutt'intorno a loro.. Altair dietro di loro, che li seguiva a passo spedito, guardandosi intorno.. Altair.. Ma, allora era vivo..
Dopo questa fugace scoperta, il buio s'impadronì totalmente della mente di Ziva.

-Cosa ti hanno fatto..- sussurrò Tony con la voce incrinata.
Le accarezzava il viso, con delicatezza.
Un sola singola lacrima cadde dagli occhi del ragazzo sul volto di Ziva.
Poi la stanchezza prese il soppravvento, e Tony la raggiunse nel mondo dell'incoscienza.

Quando riaprì gli occhi, la giovane donna si trovava su un giaciglio confortevole, caldo, morbido. C'era un'odore di torta alla mele nell'aria, e fuori stava diventando buio. Accese la lampada sul comodino accanto al letto.
Si trovava in una stanza colorata, con diversi pupazzi e qualche poster, qualcuno le aveva medicato le ferite. Quel che però attirò di più la sua attenzione fu Tony, accanto a lei, seduto su una sedia con la testa appoggiata al materasso: era profondamente addormentato.
Ziva lo guardò un secondo, poi gli accarezzò i capelli dolcemente. Ora riusciva a ricostruire meglio l'accaduto: Tony l'aveva salvata. L'aveva portata via da quel posto terribile, l'aveva portata al sicuro.
Percepì una gocciolina scendere dalla sua guancia fino alle labbra. L'assaporò con la lingua: era salata.. Doveva essere una lacrima.
Ziva guardò meglio il volto di Tony. Era un po' impataccato, come se avesse pianto, e il lenzuolo era leggermente bagnato nel punto dove aveva la testa. Un moto di commozione fece diventare lucidi gli occhi della ragazza.
-Tony..- sussurrò.
Ma quello per tutta risposa iniziò a russare. Allora Ziva si ridistese sul materasso, rimanendo con gli occhi aperti. Il suo cuore batteva forte. Forse per l'emozione di riavere Tony accanto? Tony.. come gli era venuto in mente di fare una cosa del genere? Stava mantenendo la sua promessa, probabilmente.. certo che era cocciuto come un mulo, pensò sospirando. Ma poi le venne in mente.. c'era anche Altair là con lui, mentre la portava via.
Altair.. era stato un risorsa vitale, in quell'ultima settimana. Senza di lui.. forse non avrebbe avuto il coraggio di riprendere la sua vecchia vita. Ma ora che con lei c'era Tony, sentiva che il suo ruolo perdeva importanza.. Che non era tanto importante che lui fosse venuto a salvarla, quanto il fatto che Tony era venuto. Il suo Tony..
Quando sbirciò nella sua direzione, gli occhi le risplendettero per un fugace attimo, poi tornarono vuoti, spenti, due pozzi scuri e impenetrabili.
Dopo una mezzoretta, Tony grugnì, e si svegliò di soprassalto. Ziva lo accolse con con un'occhiata profonda e significativa, e lui le rispose con un sorriso: uno splendido sorriso, che cancellò dalla mente della ragazza ogni brutto ricordo.
-Credevo di averti persa.- Mormorò con la voce un po' roca.
Ziva si sentì a disagio. Avrebbe voluto dire la stessa cosa, ma aveva un nodo alla gola. Non riusciva ad esprimere sentimenti così forti. Quindi non rispose.
-Perchè sei venuto?- Domandò seria, guardandolo fisso.
-Lo sai.. sono un tipo impulsivo. Ed era da tanto che volevo visitare il tuo paese..-
-Tony.- Lo chiamò lei, con una nota di ammonimento nella voce.
-Che ti aspettavi? Che ti avrei lasciato morire?-
Ziva esitò. Aveva diversi pensieri che le giravano nella mente, e tra questi c'era quello che forse.. sì, forse sarebbe stato meglio morire. Almeno così non avrebbe dovuto continuare a convivere con tutti quei ricordi dolorosi.. Non avrebbe rivissuto quel trapasso nella stanza di tortura nei pensieri, nei sogni. Perchè lo sapeva, sarebbe diventato un altro dei suoi incubi. 
Tutta la sua vecchia squadra era morta. Tranne Altair. Quante altre perdite avrebbe potuto sopportare? Nascondeva ancora, dietro le pupille dei suoi occhi, le immagini dei loro cadaveri crivellati di pallottole, del loro sguardo vuoto, fisso, e in qualche modo sorpreso. Il fato non era stato clemente.
-Dov'è Altair?- Domandò d'improvviso.
-Chi?- Fece a sua volta Tony, senza capire. Ma poi si ricordò.
-Ah, il tuo tipo.. E' andato a far rapporto al Mossad. Non era conciato male, a quest'ora sarà già là.-
Ziva lo guardò contrariata. -Non è il mio tipo.-
-Ah, no?- Disse Tony con aria distratta. -A me ha detto il contrario.-
-Voglio dire.. non stiamo insieme.. ufficialmente.- Precisò lei, incespicando nelle parole.
-Ah. Tutto chiaro.- Commentò Tony senza espressione.
Per un momento molto lungo, nessuno dei due disse nulla. Fu Ziva a interrompere quel silenzio teso: -Dove siamo?-
-A casa di un tipo che gentilmente ci ha accolti. Siamo vicini all'autostrada. E' stato il posto più lontano dove sono riuscito a portarti.. Questa è la camera di sua figlia.-
Altro silenzio.
Ziva non poteva sopportare quello sguardo negli occhi di Tony, e non aveva ancora espresso la sua gratitudine.. perchè gli era grata, in fondo.
Così gli si avvicinò, abbracciandogli le spalle. -Tony.. Grazie.-
Lui si voltò per guardarla bene in viso. C'era qualcosa di diverso dal solito, nei suoi occhi.
-Lo sai, non potevo fare altrimenti..-
Lei lo guardò raggiante per un momento.
-Ora lo so.-
I loro visi si avvicinarono sempre di più, ma lenti, timidi. Il respiro fresco dell'uno accarezzava la pelle dell'altro.. e quando le labbra di Ziva percepirono il contatto con quelle di Tony, un brivido le percorse la schiena. Poi Tony mormorò, ad un soffio dalle sue labbra:
-Ziva, io.. non posso fare a meno di amarti.-
La ragazza sorrise tra sé, e per tutta risposta approfondì il bacio. In breve entrambi caddero vittime dell'oblìo più piacevole dei sensi.

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Capitolo 6
*** Rifugio ***


CAPITOLO SEI: Rifugio.

Tel Aviv,
Casa di Amir Yits'aq
Ore 9:12 am

Quando Tony aprì gli occhi, ebbe la rara possibilità di contemplare Ziva che dormiva serenamente accanto a lui: aveva un mezzo sorriso sulle labbra, che nonostante il sonno non si era del tutto spento. Doveva essere parecchio sbadato a Washington, perchè in quel momento si rese conto improvvisamente della bellezza inecepibile di Ziva. Una bellezza esotica, per nulla banale, che ora lo catturava. Forse se ne accorgeva solo ora perchè era ancora in tarda fase di innamoramento.
Con delicatezza le scostò le ciocche di capelli che le oscuravano il viso. A quel tocco lei si mosse, e dopo poco sbattè le palpebre.
Tony le diede il buongiorno con un dolce bacio a stampo sulle labbra. Lei, dapprima confusa, si alzò a sedere di scatto.
C'era qualcosa di strano nella sua espressione. Sembrava quasi.. mortificata. Si alzò senza una parola e iniziò a vestirsi in fretta. Lui la osservava.
-Preoccupata di farti vedere nuda alla luce del sole?- Domandò Tony malizioso.
Ziva se ne uscì con una frase che lui trovò un poco spiazzante. -Tony, possiamo anche dimenticarci di stanotte. Lo sai, nel mio stato emotivo.. sarebbe capitato con chiunque.-
Questa affermazione amareggiò il ragazzo, che invece aveva vissuto il momento in maniera totale e sincera. In realtà era convinto che lo stesso fosse capitato a Ziva.. c'era stata una tale sintonia tra di loro.. Lui le aveva perfino confessato di amarla. Come poteva ora far finta di niente?
-Aspetta un momento..- fece per dire, ma Ziva lo interruppe bruscamente.
-Aspettare cosa? Pensi davvero che possa esserci qualcosa tra di noi, Tony? Io e te siamo troppo diversi, senza contare che viviamo in paesi diversi!-
Poi Tony si ricordò di quello che aveva detto Altair. Ovvero che Ziva lo amava.
Forse era davvero così. Se una notte insieme per lei non significava niente.. cos'altro avrebbe potuto pensare? Senza aggiungere altro si preparò anche lui. Ziva lo lasciò solo con i suoi pensieri, e, quando la rivide, stava al tavolo della cucina, chiaccherando allegramente in un'altra lingua con la ragazzina che le aveva prestato la stanza. Suo padre Amir versava caffè per tutti.
Quando Tony apparve sulla porta, lo salutò gioviale: -Buongiorno, Shegetz! Hai un'aspetto decisamente migliore stamattina.-
Mikàl, la ragazzina che all'apparenza aveva all'incirca tredici anni, gli sorrise e lo salutò nella sua lingua, probabilmente in ebraico, e Tony ricambiò il sorriso, poi si sedette al tavolo. Mentre facevano colazione, Ziva prese la parola: -Ti devo ringraziare, davvero, Amir, per l'ospitalità e tutto il resto..-
-E di che, Gvèret, è un piacere aiutare due giovani anime come voi. Poi, per come eravate conciati.. anche un sasso avrebbe avuto pietà.- Sorrise sotto i folti baffi grigi.
Amir era un uomo sulla cinquantina, ma dall'aria vissuta. Aveva pochi capelli grigi e mani nodose, occhi vispi color nocciola e quasi sempre un sorriso che gli raddolciva i tratti rugosi del viso. Il suo aspetto ispirava fiducia, e dava già una vaga idea di che tipo di persona era: un tipo che aiutava gli altri senza riserve, semplice, che viveva solo per la figlia.
Finita la colazione, entrambi furono invitati a lavarsi. Ziva scoprì con disappunto di camminare a fatica: alcune ferite le pungevano ancora, e i lividi ci avrebbero messo un bel po' prima di scomparire. Amir insistette perchè si fermasse per un po', prima di partire, ma lei non aveva tempo da perdere, perciò chiamò il Mossad, e parlò a Rafik del tradimento di Al Mualim. Sperava che tutto si risolvesse entro breve.
Le giornate seguenti le passò in compagnia di Tony, Mikàl e Amir. Ziva scoprì di divertirsi molto con la bambina, che peraltro era assai intelligente e studiava arti marziali, e passava delle ore a combattere per gioco con lei, almeno per quel che le permettevano le sue condizioni.
-Ecco un'altra piccola ninja..- aveva pensato Tony divertito, che invece scoprì di avere di più da spartire con Amir: i due condividevano la stessa passione per i film.
Amir era particolarmente appassionato del mondo occidentale e non si faceva mancare alcuna comodità. Le loro discussioni cinematografiche erano interminabili, e spesso facevano esasperare le due donne del gruppo.
-I film catastrofici sono così inverosimili.. preferisco le cose più terra terra, o i film di fantascienza, ma con un pizzico di umorismo..- stava dicendo Tony, tutto intento ad esprimere la sua opinione. -Anche se gli effetti speciali sono comunque un punto apprezzabile..-
-Per me un film è bello solo se ha una morale, effetti speciali o no. Dei filmetti cretini non so che farmene- Amir aveva gusti particolari ed era molto selettivo: secondo lui un film era un modo come un altro per educare, istruire e comunicare qualcosa di profondo.
Ziva non s'intrometteva mai nelle loro discussioni, ma assieme a Mikàl si divertiva a stare a guardare le loro guerre fatte di citazioni. In queste, Mikàl si faceva sentire spesso, perchè con la sua memoria formidabile era in grado di correggere le battute di alcuni film che i due uomini erravano. Tony era rimasto strabiliato da questa sua abilità anche di interpretazione, che dopo poco aveva già iniziato a chiamarla affettuosamente “piccola star”.
Col passare dei giorni, Tony non sorprese mai Ziva con altro che espressioni gioiose. Forse troppo gioiose. Dentro di sé era scettico, e si chiedeva quanto sarebbe riuscita a portare avanti quella recita prima di crollare. Ma Ziva sembrava incrollabile! Non sembrava affatto aver vissuto l'inferno, era un po' come se fossero in vacanza. Intanto Tony si chiedeva come fare per riportarla a casa. Per strapparla a quel paese ingannevole, splendido e letale.

Il primo giorno che Ziva si fu totalmente ristabilita, Mikàl insistette per andare a fare un giro nel centro della città, prima di lasciarla tornare al Mossad. Essendosi molto affezionata alla ragazzina, Ziva acconsentì.
Intrapresero a piedi la strada per il centro, lei, Mikàl e Tony, lasciando Amir a fare le sue cose, e attraversarono la città che era viva e rumorosa come sempre. Era piacevole, camminare spensieratamente per le vie della sua città, scherzando e adocchiando le vetrine sotto i porticati. Ziva si sentì rianimata e si lasciò guidare da Mikàl a destra e a sinistra. Tony si stupì di quanto quelle due si somigliassero e andassero d'accordo, pur essendo del tutto diverse.
Mikàl infatti era biondissima, dagli occhi chiari e cerulei: Amir aveva rivelato che sua madre non era nata in quel paese. In effetti Mikàl sembrava in tutto una straniera e per questo vederla accanto a Ziva era paradossale.
A causa dell'alta temperatura, implorarono ben presto tutti e tre per una granita, e Tony si offrì di andarne a prendere per tutti, lasciando le due ragazze sole a chiaccherare amichevolmente sedute su un muretto. Mentre camminava tornando verso le due ragazze con le granite in mano, e tentando invano di asciugarsi il sudore dalla fronte, una jeep verde militare lo superò in fretta attirando la sua attenzione: due uomini stavano in piedi sul retro, con in mano un sacco, e scrutavano concentrati la strada. Tony ebbe un brutto presentimento, e istintivamente accelerò il passo.
Non aveva ancora individuato le due ragazze, quando un boato prepotente e terribile squarciò l'aria, facendo gridare i passanti e creando il panico tutt'intorno. Tony non stette a pensare. Lasciò cadere le granite e corse più veloce che potè nella nuvola di polvere che si era formata ormai a pochi passi di fronte a lui. Non riusciva a capire dove fosse Ziva, finchè sentì delle parole pronunciate in maniera isterica.
Trovò Ziva dietro il muretto dove l'aveva lasciata, che trascinava il corpo inerme di una bambina. Il suo cuore perse un battito. La chioma bionda non lasciava spazio a fraintendimenti: era Mikàl. Non ragionò, ma bruscamente afferrò Ziva per le spalle e la trascinò lontana in fretta, obbligandola a lasciare la ragazzina.
Ziva si opponeva con tutte le sue forze, e Tony faticava. -Lasciami, Tony! Io non la lascio!-
-Sei pazza?! Vuoi farti ammazzare?! Quelli adesso tornano con i bazuka! Dobbiamo andare!- La sua voce era vagamente disperata ma ferma. Ma Ziva non si smuoveva.
-Torno a prenderla io, va bene?! Adesso muoviti!- Con uno sforzo disperato, cercando di ripararsi, prese Ziva di peso e la portò giù da una scalinata lì accanto: portava in un garage e poteva andare bene come nascondiglio. Mollò la ragazza per terra e fece per tornare di sopra a prendere il corpo di Mikàl.
-Tu resta qui!- Ma non fece in tempo a finire di pronunciare queste parole che si udì un altro scoppio fragoroso e l'entrata crollò.
Entrambi furono inghiottiti da un buio quasi totale, e ogni suono divenne sordo e sfumato. Tony per un attimo non disse niente, sconvolto. Guardò Ziva, che stava rannicchiata a terra e respirava affannosamente. Si sfogò urlando e cercando di rimuovere le macerie che ostruivano loro il passaggio verso l'esterno, ma, per quanto ci provava, fu tutto inutile: erano in trappola.

---
Alcune note:
Shegetz si usa per riferirsi a un "ragazzo non ebreo"e letteralmente si traduce come "monello", "canaglia".
Gvèret significa "signora".
E infine il nome Mikàl, che sarebbe il mio nome in ebraico, si pronuncia Michal, con la ch come fanno i tedeschi, aspirata tipo.

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Capitolo 7
*** Confessioni ***


CAPITOLO SETTE: Confessioni.

Washington D.C.
Quartier generale dell'NCIS
Ore 7:30 am

Erano passati ormai diversi giorni da quando Tony aveva detto che si sarebbe preso qualche giorno di “ferie”, e McGee da un po' annusava l'aria e sentiva puzza di bruciato: aveva provato a chiamare Tony al cellulare e anche a casa, ma non sembrava raggiungibile in nessun modo.
Tony non era neanche un po' malato quando aveva deciso d'improvvisarsi tale, e McGee lo aveva capito. Che volesse prendersi qualche giorno per gli affaracci suoi poteva capirlo.. ma ormai era passata una settimana.. La sua assenza lo inquietava. In qualche modo percepiva che la sua misteriosa scomparsa aveva a che fare con quella di Ziva. Il lunedì mattina quindi, McGee decise di fare parola dei suoi dubbi a Gibbs.
-Ehm.. capo, Tony non risponde a nessuna chiamata.. è via già da una settimana, non pensi che gli possa essere capitato qualcosa.. ehm.. di serio?-
Stava già pensando al fatto che il direttore poteva avergli affidato un altro incarico sotto copertura. Il solo pensiero lo allarmava.. Guardò Gibbs curioso in attesa di una risposta, ma quello gli fece a sua volta una domanda: 
-Tipo cosa, McGee?-
McGee non sapeva che dire. O, meglio, era restìo a rivelare i suoi veri dubbi: che Tony potesse essere andato in cerca di Ziva. Alla fine decise di provarci, e dopo un attimo di esitazione puntualizzò: 
-Bè capo, si sa che Tony è un po'.. impulsivo, ecco. E quando si tratta di certe cose.. insomma, non pensi che abbia anche un po' la tendenza a.. fare l'eroe?- McGee inghiottì sonoramente, sperando di essersi fatto capire.
Gibbs aggrottò le soppracciglia, e una singola ruga gli increspò la fronte.
-Si può sapere cosa stai insinuando, McGee?-
Il giovane aprì la bocca per rispondere, ma non ce ne fu bisogno, poiché l'arrivo di Abby interruppe la conversazione: era stranamente spenta e non stava saltellando e fremendo come suo solito. Sembrava invece piuttosto agitata e un po' timorosa.
-Ok, Gibbs. Adesso, lo so che mi dirai che avrei dovuto dirtelo prima, ma lo sai, non lo avrei mai fatto se non me l'avessero fatto giurare e se non fossi stata sul punto di essere convinta a fare un patto di sangue.- Qui Abby fece una pausa, guardando concentrata il volto di Gibbs, come per prepararsi a una scenata.
-Di che parli, Abbs?- Ora Gibbs iniziava davvero ad irritarsi.
-Di Tony. Mi ha chiesto di rintracciare Ziva in Israele e poi è partito per andare a cercarla. O, ehm.. salvarla, per usare le sue parole.-
Gibbs la trafisse con i suoi occhi chiari: uno sguardo che ad Abby trapanava il cervello.
-Quando pensavi di dircelo, Abby?- Domandò con un fil di voce.
Abby sembrò sul punto di scoppiare in lacrime. Si teneva la testa, disperata e sparò a raffica una serie di parole:
-Gibbs! Mi dispiace, davvero! Ma Tony mi ha fatto giurare.. ed era disperato.. e poi anchio ero preoccupata per Ziva, dopo quello che ha detto il direttore, Gibbs! E io, lo sai, mi sono fatta convincere e.. Oddio, l'ho lasciato andare verso la morte, e adesso è colpa mia se--
Gibbs interruppe la serie infinita di giustificazioni poggiando il dito indice sulle labbra di Abby, che smise all'istante di parlare. Dopo un'attimo sbiascicò piano:
-Tony sta bene, vero? Dimmi cosa dice il tuo istinto.-
Gibbs guardò negli occhi di Abby in profondità, poi le disse:
-Il mio cuore, Abby.. cercherà sempre di convincermi che Tony e Ziva sono al sicuro.-
E con questo, lasciò indietro Abby e McGee e salì al piano di sopra, diretto verso l'ufficio del direttore.

-E a te non aveva detto niente, eh, Jenny?-
Sebbene fosse appena udibile, nella voce di Gibbs c'era una vena accusatoria. Jenny stava seduta alla sua scrivania, ormai non più così spiazzata dalle entrate brusche di Gibbs senza preavviso.
-Me ne aveva accennato, si Jethro. Ho cercato di convincerlo a non andare, credevo avrebbe desistito..-
-E quando pensavi di parlarmene?! Dopo un mese che non lo vedevi tornare al lavoro?- Gli occhi di Gibbs erano in fiamme.
Jenny ebbe un fremito, ma non abbassò lo sguardo.
-Confidavo che per allora sarebbe comunque tornato.-
Gibbs finse una mezza risata. 
-Bè, è passata una settimana, e di lui non si ha traccia.-
L'espressione di Jenny si fece più apprensiva.
-Lo so, e sono preoccupata. Ma non siamo i suoi genitori Jethro.. è stata una sua scelta.-
Gibbs non rispose, e mosse qualche passo incerto verso la porta.
-Una scelta irresponsabile.-
-Una scelta dettata dal cuore.- ribattè Jenny decisa.
-Ziva non è entrata nel cuore solo a lui..- buttò lì Gibbs.
Jenny sorrise amaramente. -No.. Ma credo che lui sia volato da lei rappresentando tutti noi.-
Ci fu una pausa. Un silenzio significativo, dove nessuno dei due si guardò. Poi Jenny fece un sospiro.
-Prima o poi doveva crescere, Jethro.. capire per chi vale davvero la pena di vivere.-
Gibbs sbuffò piano poi afferrò la maniglia della porta e fece per aprirla, poi, prima di andarsene, mormorò rassegnato:
-Avrei preferito che crescesse senza il bisogno di un viaggio in Israele.-

Tel Aviv,
Ore 12:05

L'espressione vuota della bimba, la sua vita spazzata via in un battito d'ali, proprio come quella di Tali.. Sul viso ancora lo spettro dell'ultima risata.. La mano che mollava la presa del suo palmo.. erano tutte tra le immagini più vivide che le scorrevano davanti agli occhi della mente.
Ziva si sentiva svuotata mentre si lasciava andare contro uno dei solidi muri di pietra dietro al quale lei e Tony erano barricati. Non provava alcuna emozione. Solo un immenso vuoto senza nome e senza fondo la inghiottiva e la faceva sprofondare, in basso, troppo in basso, e non sapeva quando e se, ne sarebbe mai riemersa.
Tony la guardava depresso di tanto in tanto, continuando a camminare lungo il perimetro della loro prigione, come una tigre in gabbia. Con sua sorpresa Ziva non stava ancora piangendo.
Per qualche motivo avrebbe preferito che lo facesse. Avrebbe voluto consolarla, ma ogni parola sembrava perdere significato di fronte alla tragedia.
Dopo quelli che parvero delle mezzore interminabili, Ziva, con voce un po' roca, ruppe il silenzio: -E' stata colpa mia.-
Tony la guardò stranito. 
-Oh dai Ziva, non vorrai assumerti la colpa di quello che è successo!-
Ma Ziva scosse la testa. Nella sua testa giravano pensieri precisi: Ari, Tali, Roy, sua madre, suo padre e ora Mikàl.. se ne erano andati tutti: sembrava che da lei si sapesse fare solo questo. Attorno a lei girava una spirale di morte, non poteva negarlo, e presto forse sarebbe toccato ad Altair o a Tony.
Forse lo scopo della sua vita era davvero quello di diventare una spietata assassina senz'anima. Quanto dolore le avrebbe risparmiato, vivere distaccata da tutto e da tutti, senza legami..
Ma c'era una lezione che non aveva mai imparato del tutto al Mossad: quella di lasciarsi il passato alle spalle. I suoi fantasmi la tormentavano.. e la soluzione era una sola: smetterla di lasciarsi andare alle emozioni. Aveva già segnata indelebile nel cuore la notte passata pochi giorni prima con Tony.. e questo avrebbe già pesato abbastanza sull'imminente separazione dei due. Quella definitiva.
-E' chiaro che sono nata per essere una specie di mostro apportatore di morte.- Disse per rispondere a quel che aveva detto Tony.
Quello non rispose subito, ma prima le si avvicinò e le si sedette accanto.
-Tu non sei così. Non devi neanche pensarlo.- La sua voce era misurata e cauta.
-Sono stata addestrata per questo. Era il volere di mio padre.-
-E allora dimentica tutto! Tutto quello che hai imparato!-
Ziva guardò per un attimo negli occhi di Tony, e il fervore che vi vide la rattristò. -Non posso.- mormorò affranta. -Anche se volessi, non sarei mai più quella che ero prima..-
-Se è per questo non sarai mai più nemmeno l'assassina perfetta, Ziva.-
Ziva si irritò a queste parole e di conseguenza alzò la voce: 
-E tu che ne sai?! Niente! Non sai cosa vuol dire essere me! Uno come te non potrà mai capire quello che provo!-
Tony non rispose a tono, ma lasciò che lei si sfogasse.
-Io so chi sei, Ziva.- disse poi con semplicità. -E tu sai amare. E proprio come me, non puoi farne a meno-
Lo sapeva. Lo sapeva perchè l'aveva sentito quella notte assieme. Lo sapeva perchè l'aveva osservata giocare con Mikàl. Lo sapeva e basta.
Ma Ziva si rifiutava di crederci, non voleva accettarlo: le era stato insegnato che amare ti rendeva debole e vulnerabile.
-Accettare questa parte di me significherebbe accettare ancora tanto altro dolore..- affermò seria.
Tony la guardò apprensivo.
-Ma tu non sei sola, Ziva. Hai degli amici. Hai me. E io ti aiuterò ad affrontarlo. Ti sosterrò sempre.-
Gli amici.. al ricordo dei volti dei suoi colleghi preferiti, gli occhi di Ziva divennero lucidi. Senza nemmeno rendersi conto del suo gesto, si accoccolò contro la spalla di Tony e pianse in silenzio. Dopo poco con voce incrinata disse: 
-A che serve, ormai? Siamo bloccati in questo posto.. che probabilmente sarà la nostra tomba.-
Tony fece un mezzo sorriso a quell'affermazione e la strinse a sé più forte.
-Comunque vada, sono contento che siamo insieme. Non vorrei nessun altro qui con me. Solo te, la mia piccola ninja.-
Detto questo le asciugò una lacrima con delicatezza, e Ziva si lasciò andare al suo abbraccio. Non seppero mai quanto a lungo rimasero lì in quello stato, ma fu per molto, molto tempo. Tanto tempo da riuscire a perdersi completamente l'uno nell'altro.

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Capitolo 8
*** Nekama ***


CAPITOLO OTTO: Nekama

Bunker di Tel Aviv
Ore 14.07

-[...]Jehè shelamà rabbà min shemaià wechajìm
tovìm ‘alènu we’al kol Israèl weimrù amèn.
‘Osè shalòm bimromàv hù berachamàv
ja’asè shalòm ‘alènu weal kol Israèl, amèn.-


Tony ascoltò quietamente ZIva recitare quella che sembrava una preghiera. In ebraico somigliava quasi a una nenia e, in cuor suo, Tony capì che era per Mikàl.
Teneva Ziva saldamente stretta a sè, in un modo che lei non gli aveva mai permesso di fare. Si sentiva particolarmente protettivo nei suoi confronti, e per quella volta poteva dimostrarlo: sapeva bene che ZIva non aveva quasi mai bisogno di protezione, se la cavava egregiamente da sola, ma quando era l'anima ad essere messa a nudo e a sanguinare, allora le cose cambiavano. Per quanto fosse stata cresciuta come tale, Ziva non era una macchina. Era umana. E Tony l'amava così, con ogni sua fragilità, accettando la complicatezza del suo carattere.
Con spontaneità, vedendo che non voleva parlare, dopo un altro po' di silenzio Tony iniziò a raccontare. Parlò a Ziva di tutto, dalle trame dei film alle sue bravate al college, perfino della sua infanzia. Le raccontò la sua visione del mondo, servendosi di citazioni rubate dal cinema, e Ziva, da parte sua, ascoltò senza fiatare, lasciandosi trasportare dalle sue parole.
Trascorsero così altro tempo, ripercorrendo la vita di Tony e cercando di trovare rifugio da quel presente straziante. Fu solo quando a Tony stava iniziando ad arrochirsi la voce, che un rumore più vicino degli altri li costrinse a guardarsi in giro ripiombando in silenzio: a meno di sbagliarsi di grosso, qualcuno stava trafficando coi blocchi di cemento che sbarravano l'entrata.
Tony e Ziva vi si avvicinarono, in guardia. Poteva trattarsi di un normale cittadino così come di un nemico. Poi una voce familiare li raggiunse.
-Tony! Ziva! Siete lì sotto?-
Era Amir.

-Come ci hai trovati?- Domandò Tony mentre riattraversavano Tel Aviv in un pick up rosso diretti verso la casa di Amir.
-Non tornavate.. Mi sono preoccupato e ho saputo dell'esplosione. Mi sono precipitato sul posto e.. l'ho trovata..-
Tony abbassò lo sguardo. Stava alludendo a Mikàl.
-Sapevo che non potevate essere lontani. Ho usato il cervello e vi ho trovati.-
La voce di Amir era seria, il suo solito sorriso era scomparso e in qualche modo appariva invecchiato. Il corpo della bambina giaceva sui sedili posteriori, tra le braccia di Ziva. Tony gli raccontò com'erano andate le cose, ma Amir non commentò.

Casa di Amir Yits'aq
Ore 17.55

Quando arrivarono, Ziva volle subito ritirarsi nella stanza di Mikàl, e Tony e Amir si sedettero in salotto. La casa appariva stranamente vuota senza la graziosa presenza di Mikàl. Era così chiassosa..
Nessuno cenò quella sera: i due uomini si prepararono un drink e poi si ritirarono entrambi per la notte. La mattina dopo era chiaro che nessuno dei tre aveva quasi chiuso occhio: le conversazioni erano laconiche e i pasti silenziosi. In qualche modo Amir era riuscito ad arrangiare il funerale per la figlia per il pomeriggio.
Piccola cerimonia, poche persone. Tutto si svolse in un'atmosfera quasi surreale. Tutti recitarono il Kaddish.
Tony, mentre ascoltava, credette di riconoscere alcune frasi della preghiera che aveva recitato Ziva quand'erano ancora intrappolati nel bunker. Terminata la cerimonia, Ziva indugiò a lungo di fronte alla tomba di Mikàl. Nei giorni seguenti, si sarebbe sempre presa un momento per andare a trovarla.
Tony pensò che per Ziva fosse stato un po' come perdere una seconda volta la sua sorellina.. Nello stesso cimitero infatti c'erano anche le tombe di Tali e di suo padre: Ziva vi aveva portato dei fiori freschi e aveva pregato anche di fronte a quelle. Quando poi venne il momento di andarsene, e di smettere di piangere i morti, Ziva contattò Altair: aveva avuto modo di riflettere, quella notte, e c'era qualcosa che non le tornava.
Quell'attentato.. sembrava proprio essere mirato a lei: qualcuno voleva eliminarla. A questo punto, alcuni dubbi sorsero alla mente di Ziva, dubbi che non trovavano risposte, così chiamò Altair, l'unico di cui era sicura di potersi fidare.
-Shalom, Altair. Hai saputo dell'esplosione nel quartiere medio di Tel Aviv?-
-Oh, si.. ma non ci sono tracce su chi sia il mandante.. nè su chi fosse l'obiettivo.-
Ziva rispose senza giri di parole: -Ero io.-
-Che cosa?! Tu eri là?! Stai bene?- La voce di Altair suonava sinceramente preoccupata, ma Ziva aveva fretta.
-Sisi.. Altair, ascolta. L'altro ieri ho fatto sapere a Rafik che Al Mualim ci ha traditi. Lui era lì con me, quel giorno, nella stanza di tortura! Sai se sono stati presi provvedimenti?-
Altair parve sorpreso. -Al Mualim, Ziva? Dici sul serio? Nessuno mi ha detto niente. Al Mualim sta ancora lavorando per il Mossad, l'ho perfino incontrato stamattina!-
Ziva non poteva crederci. In questo caso, all'orrizzonte si apriva una sola possibilità.
-Rafik.- Disse tra sè. Era ovvio.
-Come?- giunse interdetta la voce di Altair dall'apparecchio.
-Rafik è una talpa, Altair! Non c'è altra spiegazione! E ha tentato di eliminarmi perchè non lo dicessi a nessuno!-
Altair non discusse. Era d'accordo. Ziva di rado sbagliava e per di più questo voleva dire che era ancora in pericolo.
-Resta dove sei. Ci penso io a Rafik.- Sembrava molto risoluto.
Ziva invece si stava agitando: -Cosa vuoi fare? Non ti lascerò fare nulla da solo, avrai bisogno di una copertura!-
-So fare il mio lavoro Ziva. Io lavorò in solitaria.-
Ma la ragazza era contraria. -Bè, non questa volta. Se permetti, una vendetta ho diritto di prendermela, tu ti sei già occupato di uno di loro, mi pare.-
Al che Altair commentò con amarezza: -Nekama.. un altro nome per "errore".-
Ziva non rispose. Altair cercò di dissuaderla ancora, ma fu tutto inutile.
-A tra poco Altair, ci vediamo alla fontana del golem. Dopotutto penso ancora di potermi permettere di entrare al Mossad.- Detto questo Ziva riagganciò.
Rientrò in casa, per prepararsi, ma trovò Tony ad aspettarla davanti all'ingresso.
-Dove pensi di andare, metikut?-
Ziva lo guardò con aria di sfida.
-Ti piace questa parola? L'ho appena letta sul dizionario.- Continuò Tony alla leggera. Ziva lo ignorò.
-Ho ascoltato la tua amabile conversazione col tuo amabile fidanzato.-
-Shotek.- Fece ZIva secca.
-Aspetta che riprendo il dizionario..- fece Tony, conscio di irritarla.
Ziva sbuffò. -Falla finita Tony. E soprattutto, impara a farti gli affari tuoi.- 
Scansò Tony e si sistemò il coltello alla caviglia. Regola numero 9 di Gibbs: mai andare da qualche parte senza un coltello.
-Ma tu sei affare mio. Sono venuto qui per te. Sei l'unico affare che mi ha portato sin qui, se non te ne sei resa conto.-
Come era insistente! -Bè allora adesso vattene. Ho da fare e non ho tempo per te.-
A quel punto Tony divenne serio. -Ho fatto una promessa, Ziva. Non me ne vado senza di te.-
Ziva se lo ricordava molto bene.. Ma non aveva intenzione di tornare a Washington con lui, nemmeno una volta sistemate le cose.
-Allora ti toccherà rimanere qui per molto tempo. Faresti meglio a trovarti un lavoro, e una casa, perchè da me non ci puoi stare.-
Diceva così per dire, sapeva che Tony non sarebbe rimasto.. Ma poi intervenne Amir, che era apparso in anticamera senza che lei se ne accorgesse.
-Non c'è problema, può stare da me.- E fece l'occhiolino.
Ziva alzò gli occhi al cielo, e Tony sorrise in direzione di Amir. 
-Fate quel diavolo che vi pare!- Gridò esasperata la ragazza, e fece per aprire la porta.
Prima di uscire, la voce di Amir la raggiunse di nuovo: -Bene, allora verremo con te.-
Ziva strizzò gli occhi, pregando di non stare portando nessun'altro verso la morte.

---
Note:
*Il Kaddish è una preghiera molto usata dagli ebrei in varie occasioni.
Si recita anche ai funerali per i defunti, benchè non parli di morti.
Ecco la traduzione della parte finale che ho scritto recitata da Ziva:
"Scenda dal cielo un’abbondante pace ed una vita felice su di noi e su tutto il popolo d’Israele.
Colui che fa regnare la pace nell’alto dei
cieli, nella Sua infinita misericordia la accordi anche a noi e a tutto il popolo d’Israele. E così sia."
*Metikut vuol dire "dolcezza" e shotek significa "zitto" , mentre Nekama vuol dire "vendetta".

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Capitolo 9
*** Bewakashà ***


CAPITOLO NOVE: Bewakashà..

Quartier generale del Mossad
Ore 16:55

La figura del golem si ergeva al centro di una grande fontana gettando un'ombra enorme e minacciosa.
Passandogli accanto Tony lo osservò impressionato e domandò a Ziva: -Cosa diavolo è quel coso?-
Ziva guardò a sua volta l'ergumeno di roccia e spiegò: -E' una figura mitologica. In origine era un gigante di argilla forte e ubbidiente, evocato da chi conosceva certe arti magiche, che poteva essere usato come servo, impiegato per svolgere lavori pesanti, oppure come difensore del popolo ebraico dai suoi persecutori.-
Dopo aver ascoltato quest'ultima frase Tony capì perchè quella statua si trovasse al Mossad.
Altair li aspettava lì accanto, come d'accordo. Insieme tutti e tre si fecero strada con circospezione all'interno dell'edificio, mentre Amir era rimasto al suo pick-up, pronto per ogni evenienza.
Senza difficoltà raggiunsero il corridoio del secondo piano, e senza indugiò bussarono alla porta del nuovo ufficio di Rafik. Non ricevettero risposta. Dall'interno non proveniva alcun rumore, ragion per cui immaginarono che Rafik non si trovasse lì. Questo complicava leggermente le cose. Altair sospirò.
-E va bene..sentite, io vado a cercarlo dabbasso. Voi rimanete qui in giro, in caso che torni, e cercando di non farvi notare.- Sottolineò le ultime parole, come per raccomandazione.
Ziva e Tony annuirono e ascoltarono i passi di Altair allontanarsi fino a non udirli più, poi ripercorsero parte del corridoio, in cerca di una posizione strategica.
Un rumore di passi incombenti provenienti da dietro l'angolo li costrinse a indietreggiare. In fretta Tony sospinse Ziva dentro una stanza fiocamente illuminata che dava sul corridoio. Poi, quando il pericolo fu passato, sbirciò fuori. Un uomo dai capelli brizzolati e gli occhiali camminava tranquillo.
Ziva da dietro la sua spalla sussurrò: -E' Aaron.. lui è a posto, penso.-
-A posto?- ripetè Tony -Capisco che dev'essere frustrante nascondersi da tutti quelli che si chiamavano perlomeno buoni conoscenti, ma non possiamo fidarci di nessuno, Ziva.-
Lei non ribattè, mentre un rumore costrinse Tony a voltarsi: la ragazza si era accasciata contro il muro, col busto piegato.
Tony la soccorse immediatamente, allarmato. -Ehi.. tutto ok?-
Ziva deglutì forte e si portò una mano alla testa. -Si.. mi gira solo un po' la testa.. e ho la nausea.-
Tony non fece in tempo a dire niente che un'altra voce, una che non conosceva ma che decisamente non gli piacque, intervenne.
-Shalom, Ziva ben Eli.-
Un uomo in completo, dall'aria distinta, attraversava la stanza puntado addosso ai due una pistola. Tony e Ziva lo fissarono: aveva la mascella pronunciata, capelli corvini lunghi e un pizzetto che terminava con un ricciolo, sul viso un'espressione quasi di rapita gioia.
-Rafik.- Ziva pronunciò il suo nome a denti stretti.
Quello le sorrise in maniera inquietante. Tony notò un dente d'oro nel suo sorriso.. Ormai era tanto vicino da sovrastarli.
-E chi è questo? Il tuo fidanzato? Non lo riconosco.. Davvero, Ziva, ho sempre saputo che te la facevi con Altair.-
Una rabbia sorda si impadronì di entrambi. Tony cercava di prendere la pistola senza farsi notare, ma sembrava impossibile. E infatti Rafik lo ammonì:
-Io non lo farei.. A meno che desideri vedermi subito far saltare la testa alla tua bella..- Il suo sguardo si posò su Ziva, malefico. -Mollate le armi, su.-
Non avevano scelta. Entrambi fecero scivolare ogni oggetto lontano. Rafik li calciò via, per sicurezza. Poi parlò ancora.
-E pensare che ero venuto qui in sala conferenze solo per recuperare alcune cose.. E invece mi ritrovo con te che mi cadi tra le braccia. Quando si dice che la vita a volte ti sorprende..-
-A proposito di sorprese..- fece Ziva irata -Sei stato tu a uccidere mio padre.-
Il sorriso di Rafik si fece più ampio.
-Consideralo come un regalo di compleanno anticipato. Tra te e lui non è mai scorso buon sangue..-
Ziva ebbe un fremito. Era vero, ma non per questo l'avrebbe voluto morto.
-Tu non vuoi solo il potere..o il prestigio..Rafik. Hai in mente qualcosa, lo so.- Cercava disperatamente di guadagnare tempo. Rafik rise. 
-Sempre molto perspicace la nostra assassina. Hai ragione, non me ne faccio nulla del prestigio, Ziva. Io servo cause nobili.-
Fu il turno di Ziva di ridere.
-Cause nobili? Tu non hai nessun valore, Rafik. Sei uno sporco terrorista.-
Doveva continuare a conversare: l'unica speranza che avevano era che Altair in qualche modo li trovasse, presto.
-Ziva, Ziva.. davvero credi di essere così diversa da me? Io non direi.. Entrambi uccidiamo per cose in cui crediamo.. siamo leali a un fine e vogliamo la pace. Il modo in cui la otteniamo alla fine è lo stesso: eliminiamo gli ostacoli e gli elementi infetti.-
Ziva esitò a rispondere, ma poi scosse la testa.
-Non ti permetto di paragonarmi a un verme come te.- I suoi occhi lanciavano lampi.
-Ma la tua fine si avvicina, Ziva.. entro poco tu ti affloscerai.. sì, come un verme.-
Ziva era più che mai irritata. -E allora cosa stai aspettando?-
A questo punto fu Tony ad intervenire.
-Non lo vedi, Ziva? A lui piace giocare con le vittime.. è un bulletto.. Buffo, non credevo che entrare nel famoso Istituto sarebbe stato un po' come tornare al liceo..- Terminò la frase con un amabile sorrisetto sarcastico.
Ziva non si stupì di questa sua uscita. Tony era sempre lo stesso, anche in pericolo di vita.
-Nar..- mormorò Rafik con una smorfia di disgusto.
-Behemah.- ribattè Tony all'istante.
Rafik si indignò e afferrò Tony per la testa.
-Conosco almeno altre tre parole, adatte all'occasione, le vuoi sentire?- sbiascicò Tony quasi senza fiato.
Di certo Rafik non si aspettava che un'americano conoscesse parole ebraiche, ma Tony aveva letto il giorno stesso, per di più tutto interessato, una lista di insulti sul dizionario. Ad ogni modo, non gli sarebbero serviti a salvarsi.
-Di te mi occuperò dopo.- Sibilò Rafik. Poi puntò la pistola alla testa di Ziva.
-Non avete nulla da dirvi, prima di questa tragica separazione?- Chiese divertito, fissandoli. Godeva della sensazione di averli in pugno.
-Non avere paura. Non morirai, Ziva.- giunse piano la rassicurazione assurda di Tony.
Egli da parte sua avrebbe voluto dire qualcosa di più, ma non riusciva proprio ad accettare la situazione: dentro di lui aveva forte la speranza di poter ancora cambiare le cose. Non poteva essere quello il loro destino! Altair sarebbe arrivato da un momento all'altro. Doveva arrivare.
Ziva, al contrario, era ormai rassegnata. Era impensabile che proprio in quell'istante entrasse Altair e tutto finisse bene.
-Chiudi gli occhi..- fece piano, quasi dolcemente.
Non voleva che Tony la vedesse morire. Non voleva che avesse quell'immagine nella testa nemmeno per mezzo secondo.
-Non credi nei miracoli, Zee?- fece Tony, quasi in tono supplichevole.
-Non erano parte del mio addestramento.- disse fredda, prima di ripetere: -Chiudi gli occhi, ti ho detto..-
Ma Tony non li chiudeva.
-Bewakashà, Tony..- lo implorò in un sussurro.
Allora Tony obbedì, seppur riluttante: chiuse piano gli occhi, e deglutì, afferrando la mano di Ziva con le dita.
-Commovente.- commentò ironico Rafik.
Ziva abbassò a sua volta le palpebre, in attesa del corpo mortale. Sentiva la presa di Tony sulla sua mano. Si mise a contare.
Non era arrivata a 3, che, improvvisamente, il botto arrivò prepotente, e il cuore di Ziva si fermò.
Ma non era morta! Qualcuno l'aveva brutalmente assalita da un lato e obbligata a stendersi a terra. Un istante più tardi udì nuovamente uno sparo, e a quel punto, in qualche modo intuendo quello che avrebbe potuto vedere, aprì gli occhi, pensando intensamente. "Ti prego, per favore.."
Rafik giaceva a terra, e la figura di Altair si stagliava immobile di fronte a lei, sovrastandolo.
"Per favore, per favore.."
Abbassò lo sguardo sul suo grembo, che percepiva appesantito.
-Ti prego, per favore.. fa che non sia morto."
Ma di nuovo credette di morire: il corpo di Tony era abbandonato inerme contro di lei, la faccia ricoperta di sangue.


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Non uccidetemi, please :3
*Nar vuol dire "idiota"
*behemah vuol dire lett. "animale" ma è usato nel senso di "imbecille"
*Bewakashà significa "per favore"

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Capitolo 10
*** Verità ***


CAPITOLO DIECI: Verità

Mitpaa S.Raphael
Ore 17:49

L'attesa era snervante, e Ziva non riusciva a starsene seduta ad aspettare. Camminava ininterrottamente avanti e indietro per il corridoio, lanciando occhiate preoccupate alle infermiere che uscivano da quella porta dietro alla quale era Tony, in bilico tra la vita e la morte.
Non era mai stata così in ansia per qualcuno. Era come se dalla vita di Tony dipendesse anche la sua.. In quei momenti si rese conto che non era pronta a perderlo: aveva perlomeno bisogno della consapevolezza che Tony continuava a vivere sotto il suo stesso cielo; voleva la certezza che, se lo avesse chiamato, avrebbe risentito la sua voce. Cos'era quel sentimento così forte che la portava perfino a desiderare la morte, se questa avesse salvato Tony? Poteva essere che.. era possibile che forse lei..?
-Ziva.- sentì chiamare.
Era Amir che cercava di richiamare la sua attenzione: il dottore era appena uscito. Ziva si precipitò da lui.
-Allora, dottore?- chiese tentando di simulare quasi indifferenza per non farsi, al contrario, travolgere dalle emozioni.
Quello fece un mezzo sorriso e disse solo: -E' salvo.-
Ma dopo il profondo respiro di sollievo dei due, esitando aggiunse: -Però.. il danno è grave. Il signor DiNozzo ha perso l'uso dell'occhio destro.-
Ziva aprì la bocca come per dire qualcosa, poi la richiuse, silente.
-Il proiettile lo ha preso di striscio.. non c'è stato nulla da fare.- continuò quello. Il tono era basso e dispiaciuto, ma non consolò Ziva.
-Posso vederlo?- domandò questa con un fil di voce.
-Certo, adesso lo trasferiamo in una stanza, però l'avverto che dormirà ancora per un po' per effetto dell'anestetico.-
Quando Tony fu portato in quella che nei giorni successivi sarebbe stata la sua dimora, Ziva gli si sedette accanto, stravolta, vegliando su di lui come un buon angelo custode, in attesa che si svegliasse.
Amir si era congedato, e aveva promesso di passare a trovarli l'indomani; Ziva da parte sua non aveva intenzione di lasciare nemmeno per un attimo Tony da solo. Il pensiero che, in fondo per colpa sua, Tony avesse perso l'occhio, la tormentava. In due giorni, sempre a causa sua, prima Mikàl.. e ora Tony..
Strinse gli occhi, dilaniata dal senso di colpa. Tutti attorno a lei finivano sempre male. La cosa peggiore era che almeno questi due avvenimenti avrebbe potuto evitarli.
Se solo fosse morta la settimana precedente..in quel rancido cubicolo.. Sarebbe dovuta finire quel giorno. Quello era il suo destino, un destino a cui era stata deliberatamente sottratta. 
Nemmeno il pensiero di aver liberato il Mossad da Rafik riusciva a sollevarla, anzi, dentro di lei in qualche modo montò una rabbia sorda per quell'”ingiustizia” di essere ancora viva. E il colpevole era Tony. Perchè non se n'era stato a casa sua? Perchè?
Forse, in fondo, Ziva sapeva benissimo che avrebbe fatto lo stesso per un altro del suo vecchio team.. Ma in quel momento aveva solo il prorompente bisogno colpevolizzare Tony. Così questi, al suo risveglio, trovò un'irosa Ziva che, appena si fu accorta del suo unico occhio vigile, lo abbracciò di scatto e con furore.
-Sei uno stupido DiNozzo!!- gridava quasi sull'orlo delle lacrime, avvolgendolo in un abbraccio mozzafiato.
-Perchè diavolo sei venuto?! Perchè non mi hai lasciata là a morire?! Eh?! Perchè?! Perchè devi essere così maledettamente..!-
-..innamorato?- terminò per lei la frase Tony, ansimando.
Ziva lo guardò di traverso, spiazzata, ma non rispose, perchè quello sfogo violento ed improvviso la fece sentire male: si lasciò andare, molle, addosso a Tony, sentendosi priva di forze. La reazione di lui fu dolce ma preoccupata.
-Ehi.. riprenditi. Non dovresti scaldarti tanto, fa male alla pelle sai..- disse abbozzando un sorriso.
Ziva ricambiò la sua occhiata ironica con un'espressione contrariata.
-Dicevo sul serio..- fece piano.
-Anchio.- replicò lui all'istante.
-Tony..- sospirò Ziva -Smettila. Mi pare di averti già detto come la penso..-
-A vederci così avvinghiati, si direbbe che tu abbia cambiato idea.- commentò Tony piatto.
A quella frase Ziva si tirò indietro in fretta, chiaramente disturbata.
-Non è così?- continuò lui imperterrito.
La povera ragazza era vagamente a disagio, e un po' esasperata, ma questo punto doveva essere chiarito.
-Non ha importanza. Non c'è niente da fare Tony, qualunque cosa proviamo l'uno per l'altra..-
-Quindi provi qualcosa anche tu?- fece lui, pungente.
-Nel cuore di un'agente del Mossad non c'è posto per cose come l'amore.- dichiarò freddamente lei.
-E per cosa c'è posto allora, Ziva? Eh? Cos'hai nel cuore, si può sapere?!-
Ziva esitò. Non era chiaro?
Tony espresse il suo disappunto con un cipiglio da falco sul volto.
-Sotto quella corazza c'è una donna vera, Ziva. Dovrai farci i conti, prima o poi.-
Ziva non trovò nulla da controbattere, poi la conversazione fu interrotta dall'arrivo del dottore. Questi riportò Tony al problema principale che lo affliggeva, e a cui sembrava ancora non prestare attenzione: aveva la testa abbondantemente fasciata, ma sembrava ancora non rendersi conto di cosa significasse.
Ziva era quasi grata che fosse arrivato il dottore e che non toccasse a lei dare a Tony la notizia che non ci avrebbe mai più visto da un occhio. Ma quando, dopo pochi istanti, il ragazzo apprese la verità, la sua reazione la sconcertò: Tony ammiccò nella sua direzione e disse, abbozzando un sorriso un po' malinconico:
-Bè.. posso solo dire che ne è valsa la pena.-
A quelle parole Ziva percepì una stretta al cuore, e non riuscì più a guardare dalla sua parte.
Quando il dottore se ne fu andato, sentì di non poter reggere un'altra conversazione, così salutò Tony, promettendo di tornare l'indomani mattina.
Poi, presa da un altro pressante dubbio, si allontanò a passo svelto, ma non verso casa, bensì verso la farmacia dell'ospedale, prima che chiudesse.
Quella notte Ziva non dormì a casa sua: molto più tardi tornò indietro fino alla stanza di Tony, e prese posto su una sedia appena fuori dalla porta.
Sebbene scomoda, si addormentò lì, esausta e confusa, una mano istintivamente posata sul grembo.


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Note:
*mitpaa significa tipo ospedale, clinica
*In origine Tony doveva morire all'incirca a questo punto della storia.. poi ho cambiato idea. Ho rivisto alcuni pezzi di "Metal gear solid 3: Snake Eater" e non ho resistito.. come il mio adorabile Snake per salvare la sua bella Eva, ho fatto perdere un occhio al povero Tony nel tentativo di salvare la bellissima Ziva XD

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Capitolo 11
*** Piccole bugie ***



CAPITOLO UNDICI: Piccole bugie

Mitpaa S.Raphael
Ore 8.04 am

Erano già le 8, e Ziva ascoltava Tony scherzare con le infermiere.
Non aveva ancora svelato la sua presenza. Lo ascoltava giocherellare come un bambino e intanto rifletteva: cercava di liberare la mente, ma con scarso successo. Con che occhi avrebbe guardato Tony d'ora in avanti? Le sembrava di essersi cacciata in un pasticcio assurdo, ma forse, inconsciamente, ci sperava in una cosa come questa. Forse dentro di lei non era mai stato del tutto soffocato l'istinto di donna.. e di madre. Tony aveva ragione. Ora doveva fare i conti con quello che era!
Anche se non era sicura di sapere chi fosse il padre della creatura nel suo grembo, si scoprì a desiderare che fosse Tony. Ma se era così.. e questo era quello che sentiva dentro di sé.. il problema era più grosso: sembrava davvero che si fosse innamorata di lui.
Da non crederci.. tra tutti, proprio lui. Tony DiNozzo. Ma per quanto fosse preoccupata sul da farsi, quel pensiero la faceva sorridere, dentro, tutto il tempo.
Non poteva certo dire a Tony che aspettava un bambino.. avrebbe pensato che fosse suo, e non se ne sarebbe più andato. E che vita poteva essere quella del marito di un agente del Mossad? Forse l'unico che poteva andar bene era Altair..
Ora che Rafik era morto, era chiaro che il posto da vicedirettore sarebbe stato suo. Doveva accettarlo a questo punto: non poteva e non voleva rischiare che qualcun'altro prendesse quel posto, soprattutto ora che non sapeva quanti erano gli elementi nel Mossad di cui potersi fidare. Forse se avesse lasciato il posto a qualcuno, questo sarebbe stato Altair.. ma dubitava che avrebbe accettato un tale incarico.
Tra l'altro aveva la netta convinzione che Altair la volesse con sé: era stato così entusiasta di rivederla.. Non l'avrebbe lasciata andare andare via, non se poteva evitarlo. Proprio mentre i suoi pensieri si concentravano su di lui, il bianco e nobile uomo apparve:
-Shalom, Ziva. Sapevo che ti avrei trovata qui.-
Lei gli sorrise, un po' tesa. Lui le si avvicinò per baciarla sulla guancia, e lei non si tirò indietro. Si rese conto in un lampo che il loro rapporto era troppo equivoco.
Poi, come previsto, Altair la informò che era stata nominata in automatico, per il momento, vicedirettore. Lei sospirò rassegnata.
-Potevi anche telefonarmi, non c'era bisogno che venissi fin qui.-
Altair la guardò un po' sconcertato. -Si.. ma volevo vederti.-
Bè ovvio, pensava, di certo non era qui per Tony..
In quel momento fu salvata dallo rispondere dall'arrivo di Amir, che indossava un'espressione gioviale.
-Allora, come sta il nostro eroe?- domandò a gran voce.
Ziva fece un largo sorriso e disse: -Dovrà chiederlo a lui.. io non sono ancora entrata.-
Quello le lanciò un'occhiata sospettosa, poi entrò da Tony. Ziva spostò lo sguardo su Altair, che frettolosamente si congedò.
-Ci sentiamo presto, allora..-
-Si..- rispose flebile lei, poi seguì Amir dentro la stanza, sentendosi spiacevolmente gli occhi dell'ufficiale ancora addosso.

-Wè, pirata!- lo salutò calorosamente Amir.
Tony ricambiò il saluto mascherando in fretta l'espressione triste che aveva dipinta sul volto. Ziva lo notò, e per questo iniziò ad osservarlo attentamente: forse Tony si era reso conto che perdere un occhio non è cosa da niente. Quando le rivolse lo sguardo però, nel suo unico occhio chiaro non c'era alcuna traccia di rimpianto. Il minimo che poteva fare era prenderla con filosofia.. infatti subito si lanciò con Amir in un'acceso paragone coi film d'azione in cui qualcuno perdeva un occhio.
Ziva li ascoltò solo per metà, per il resto era estraniata. Poi Tony si rivolse a lei:
-Ehi Ziva.. non mi hai detto niente, sei tu il capo ora?- Chiaramente si riferiva all'agenzia.
Lei annuì poco entusiasta. Nell'unico occhio di Tony passò un'ombra fugace, poi tornò acceso più che mai.
Ora sarebbe stato chiaramente più arduo strappare Ziva da quel luogo. Maledetto Mossad.. pensò contrariato. Poi entrambi presero la decisione di non pensarci, almeno per il momento; non volevano pensare a cosa sarebbe successo, volevano solo vivere il presente, e far vibrare al massimo l'anima in ogni attimo che passavano insieme.
Passò così qualche giorno, in cui Ziva era più radiosa che mai, tranne in certi momenti in cui aveva il viso molto pallido, il che portava Tony a domandarsi se fosse ancora perseguitata dal ricordo della cella in cui era rimasta rinchiusa per qualche giorno. Amir invece era sempre più sospettoso, e il suo sguardo indagatore sembrava trapanare il cervello di Ziva, che tentava di dissimulare ogni emozione o gesto che potesse tradirla.

-Ziziiii..-
Era pieno pomeriggio. Tony si stava annoiando, e non trovava di meglio da fare che tormentare Ziva con chiacchere d'ogni tipo.
-Che c'è stavolta?- chiese esasperata, posando per la decima volta il suo libro. Nell'ultima ora Tony l'aveva tartassata di banali richieste, e lei obbediva solo perchè gli si era alzata un po' la febbre e non poteva alzarsi.
-Voglio una letifa.-
Ziva sorrise, ed eseguì: posò una mano sulla sua guancia, che era calda e sudata.
-Ora voglio un hibuk.- fece Tony, insoddisfatto.
-Sei tremendo.- commentò lei arricciando le labbra.
-Hai promesso al dottore che ti saresti presa cura di me, te ne sei già dimenticata?- domandò lui innocentemente.
-Ma questo è viziarti!- Ziva si stava aprendo in un sorriso.
-Sei tremenda. Mostrati umana, per una volta.-
Ecco, questa affermazione lei la prese un po' male.
-Vorresti dire che sono fredda?- domandò aggrottando le sopracciglia.
Tony fece un ampio sorriso beffardo.
-Zizi, sei così fredda che un giorno o l'altro ti prenderai un raffreddore.-
Ziva annuì condiscendente, poi strinse Tony in un leggero abbraccio che in un lampo la surriscaldò.
-Bene.- fece lui -Ora invece vorrei un neshika da una bella ragazza-
Ziva corrugò la fronte.
-Vorresti dire che non sono una bella ragazza?-
-Al contrario!- si affrettò a negare Tony -Il mio era un complimento!-
-Come no.. vuoi che ti chiami un'infermiera?- fece lei ironica.
-Non hai capito.. Io lo voglio da te.-
Si guardarono per un lungo attimo, poi Ziva disse secca:
-Sei febbricitante, Tony, stai delirando.-
-Non sono mai stato così lucido in tutta la mia vita, credimi.- E lo sembrava davvero, in quel momento.
-Ti hanno ancora imbottito di antidolorifici, vero?- fece lei esasperata. -Non sai quello che dici, come l'ultima volta, quando Damon ti ha rotto il naso, ricordo che ripetevi a tutti che le tue dita.. diteggiavano.-
Finì la frase con un gesticolìo assurdo, che fece sorridere Tony.
-Sei libera di non credermi..- sospirò infine lui -Ma dicevo sul serio, quando ho detto che non posso fare a meno di amarti-
-Ma io non ho mai detto lo stesso, quindi piantala.- sbottò Ziva che si sentiva in difficoltà.
-Dovresti smetterla di dire bugie, soprattutto a te stessa.- la pungolò Tony.
-Senti chi parla, tu menti a te stesso di continuo!- sbottò lei, questa volta irritata.
-Non più. O, perlomeno, non più sulle cose importanti.-fece lui.
-Tipo cosa?-
-Tipo sul fatto che ti amo.-
-Ti ho detto di smetterla!-
-No che non smetto.-
La voce di Tony era ferma, e lui tranquillo. Il fatto che lei si scaldasse tanto era per lui una prova inconfutabile dei suoi sentimenti per lui. La cosa buffa è che stavano litigando abbracciati! Ma la discussione non andò avanti, perchè in quel momento Amir li interruppe, entrando dalla porta.
-Sono passato per un saluto..- esordì pieno di entusiasmo -E, bè.. per farvi le miei congratulazioni.-
Tony lo guardò confuso, mentre Ziva ebbe un tuffo al cuore e si sciolse lentamente dall'abbraccio di Tony.
-Di che parli?- domandò Tony, disorientato.
Ziva aveva la bocca arida. Avrebbe voluto gridare ad Amir di stare zitto, ma era troppo scioccata, e si chiedeva come avesse fatto a capirlo. Perchè era sicura che di quello si trattava.
-Bè, state per diventare genitori, mi pare!-
Tony aprì la bocca, per poi richiuderla senza emettere alcun suono. Guardò Ziva in cerca di spiegazioni: si aspettava che lei gli dicesse che Amir stava scherzando, che li stava prendendo un po' in giro. Invece quello che vide gli fece sgranare gli occhi.
-Tu.. noi..- domandò indicando però sé stesso.
Ziva strizzò gli occhi, poi disse, con voce ferma ma rassegnata: -No, Tony. Noi niente. Il bambino non è tuo.-
A quel punto fu Amir a sgranare gli occhi.
-Non è mio?- ripetè lui assente.- Vuoi dire.. Altair?-
Ziva annuì piano.
-Ne sei sicura? Voglio dire.. noi..-
-Ne sono sicura Tony.- E, nel dirlo, per qualche motivo non riusciva a guardarlo: fissava il pavimento, e cercava di impedire che gli occhi le si riempissero di lacrime.
-Lui lo sa?- sentì Tony chiedere.
-Lo saprà.- rispose lei laconica.
Seguì un silenzio denso, pesante, che nessuno aveva il coraggio di spezzare, in cui Tony sentì Ziva scivolargli via dalle dita, mentre quella si alzava e si allontanava senza degnarlo più di un'occhiata. In quel momento capì che le possibilità di riportarla a casa si erano ridotte a zero. L'aveva persa.

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Note:
*Letifa significa carezza in ebraico.
*Hibuk significa abbraccio.
*Neshika significa bacio.
*In origine Ziva doveva dire che aveva abortito e in realtà non era vero.. ma mi sembrava troppo.. bah ci ho ripensato insomma.
*Questo capitolo è ispirato a questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=rWEvJ8nG1XE

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Capitolo 12
*** Confronto ***


CAPITOLO DODICI: Confronto

Washington DC
Quartier generale dell'NCIS
Ore 11:25

-Tony.. l'occhio destro di Tony..-
Abby se ne stava accucciata nel suo laboratorio, ripetendo sempre le stesse parole. Aveva ricevuto da poco la notizia dell'incidente di DiNozzo, che finalmente aveva chiamato, ma la gioia del risentirlo era tuttavia offuscata dal suo nuovo handicap. Era chiaro che Abby si incolpava per aver dato un modo a Tony di rintracciare Ziva. McGee cercava di consolarla, invano.
-Abby, non è stata colpa tua, quante volte devo dirtelo?- ripetè lui, paziente, per l'ennesima volta.
-Abbastanza perchè mi entri nel cervello, McGee!- abbaiò quella veemente. -Continua!- gli ordinò decisa, mentre si riprendeva la testa tra le mani.
Il povero McGee, sottomesso, non ribattè, lasciando che lei si sfogasse:
-Il povero Tony.. se solo ci avessi messo un minuto in più nel trovare Ziva.. forse questo avrebbe potuto cambiare tutto!-
I ragionamenti di Abby erano sempre più assurdi, ed esasperavano il povero agente.
-Forse se ci avessi messo un minuto in più, Tony a quest'ora sarebbe in obitorio a far compagnia a Ducky.- Commentò McGee risentito.  Abby gli rifilò uno scappellotto.
-Devi convincermi che non è colpa mia, Timmy! Non fare atroci speculazioni!-
McGee alzò gli occhi al cielo. Non c'era nulla da fare: Abby vinceva sempre. Ma alla fine a lui andava bene così.. E quando questa appoggiò la testa contro il suo petto, imbronciata, lui sorrise.

Gibbs aveva semplicemente sospirato, al giungere della notizia dell'occhio di Tony. Era decisamente sollevato che l'avesse scampata, e, prima che accadessero altri disastri, avrebbe voluto che Tony tornasse a casa.. Ma, come diceva Jenny, era una sua scelta.
-Lo sentivo che era una stupidaggine.- commentò pacato, appoggiandosi contro la scrivania del direttore.
-Tutti da innamorati abbiamo fatto stupidaggini.- replicò Jenny con un debole sorriso.
-Si, lo ricordo bene.- fece lui. -Per questo cerco di impedirglielo almeno quando sono qui.-
-Non puoi impedire loro di innamorarsi, Jethro. Non puoi controllarli.-
-Ma posso almeno provarci. Lo sanno che qui vige la regola numero 12.-
-Bè, non puoi biasimarli.. attualmente non sono colleghi.- puntualizzò Jenny, con un altro mezzo sorriso.
Gibbs aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse, silente.
-Vuoi sapere se tornerà a casa?- domandò Jenny.
Gibbs annuì piano.
-Sembra di sì. Ma da quel che ho capito non si porterà dietro Ziva..-
In qualche modo l'espressione di Gibbs si rattristò, poi lasciò la stanza commentando:
-Non so se sia meglio un DiNozzo depresso di uno innamorato..-

Tel Aviv
Mossad, basement
Ore 20:42

Era stata una giornata particolarmente pesante per Ziva.
L'aver mentito a Tony la faceva sentire male, ma cercava di convincersi di aver fatto la cosa giusta: ora Tony se ne sarebbe tornato a casa ed era sicura che presto si sarebbe consolato. Non era altrettanto sicura di sé, visto che negli ultimi tempi tutti i suoi pensieri vertevano sempre su Tony, ma in qualche modo pensava di farcela, e che l'avrebbe di certo dimenticato entro breve. Invece, non aveva ancora detto niente ad Altair della sua condizione.. Per il momento aveva deciso che l'avrebbe tenuta segreta e sperava solo che Altair, al contrario di Amir, se ne accorgesse tardi.. in effetti, il più tardi possibile.

-Scusa, forse avrei dovuto stare zitto.. Ma ero sicuro che voi due..-
La voce di Amir era sommessa e dispiaciuta. Erano appena fuori dalla stanza di Tony. 
Ziva scosse la testa. -Non ha importanza, ormai. Forse è meglio così.. che sappia..-
-Immagino di sì..- commentò Amir grattandosi la testa.
-Solo una cosa..- fece Ziva esitante -Come hai fatto a capirlo?-
-Oh, andiamo.- fece lui incredulo -Ho fatto due più due. Ti sei vista ultimamente? I mancamenti, la nausea.. mangi in continuazione e poi hai quella luce negli occhi.. che ho visto solo negli occhi di mia moglie quando aspettava Mikàl.-


Altair non aveva mai avuto una moglie gravida, forse non conosceva tutti i sintomi. Ziva ci sperava.
Sospirò profondamente, seduta alla sua scrivania, ripose alcuni fogli nei cassetti e poi si alzò, diretta dabbasso, con l'idea di sfogarsi un po' col punchball: faceva sempre esercizio fisico quando era stressata.
Aveva dato ordine di trovare e ed eliminare Al Mualim, ma non c'erano ancora stati risultati, perciò quando quella voce familiare e un po' gracchiante la raggiunse sotto la luce artificiale delle lampade, diede d'istinto un colpo più forte al sacco.
-Shalom, yahalom.-
Si voltò, e lo vide: Al Mualim. Stava all'altro capo della sala, tranquillo come l'aveva sempre visto, con quell'aria distaccata, con quell'inecepibile controllo di sé; la voce pacata, calma e profonda, un po' catarrosa. I suoi occhi erano chiari, terribilmente simili a quelli di Gibbs, e il suo aspetto imponente, mentre il suo sguardo e il suo viso vissuto incutevano timore e soggezione, facendo trasparire il suo animo inflessibile.
Lui le aveva insegnato tutto. A combattere, ad assassinare, a seguire un codice severo; l'aveva addestrata al meglio nel krav maga e nel CQC; l'aveva resa l'assassina perfetta, ed essendo la migliore dei suoi allievi, era il suo diamante. E ora stava di fronte a lei, non più come padre e mentore, ma come nemico.
-Dubito che tu sia qui a portare pace, Mualim.- commentò aspra Ziva al suo saluto, fissandolo.
-Non essere precipitosa, Ziva. Sono qui per dovere.-
Ziva combatteva contro il dolore del suo tradimento, senza capirlo. E non si trattenne dal chiedere una risposta al dubbio che l'assillava fin dal giorno in cui Tony era venuto a salvarla: -Perchè hai disertato?-
Quello la fissò in modo penetrante, avvicinandosi appena. Ziva sentiva di non doversi ancora mettere in guardia, sebbene avesse estratto la pistola.
-Non l'ho fatto. Sono fedele al mio fine, al mio scopo. Tu non conosci la verità-
Ziva non rispose, ma lo lasciò continuare. Conosceva Al Mualim, e sapeva che una spiegazione sarebbe arrivata.
-Ho aspettato, Ziva.. per molto tempo. Ho aspettato che tu nascessi, crescessi.. e questo stesso giorno.
-More..- mormorò lei, piano.
-Vedi, la politica e il tempo possono cambiare gli amici in nemici così facilmente come cambia il vento.- Al Mualim fece un sospiro. -Ridicolo, non trovi? L'alleato di ieri diventa l' opposizione di oggi. E questa guerra? C'è chi la considera la “guerra infinita”., Ma tu credi che palestinesi e israeliani saranno ancora in guerra il prossimo secolo? Io ne dubito.. I nemici cambiano col tempo.. e noi, semplici strumenti, soldati, in effetti, siamo costretti ad adattarci. Ziva.. - e chiamò il suo nome con una nota dolce nella voce -Non ti ho cresciuta e trasformata nella donna che sei oggi solo perchè potessimo affrontarci in battaglia: le abilità di un soldato non sono fatte per far del male agli amici.-
Ziva ascoltava, rapita, come sempre, dalle parole di Al Mualim, che in qualche modo riuscivano sempre a insegnarle qualcosa, a farle aprire gli occhi.
-Dopotutto cos'è un nemico?- Continuò lui, senza fretta. -Esiste un nemico assoluto, fuori dal tempo? No, non esiste, e non è mai esistito qualcosa di simile. Per il semplice fatto che i nostri nemici sono essere umani come noi. Possono essere nostri nemici solo in senso relativo.- Un'altra pausa.. poi un sospiro: -Io dovevo seguire Rafik nella sua impresa disperata per un esplicito ordine di tuo padre. Ma ora che tuo padre è morto, non c'è più nessuno che possa garantire per me, Ziva. Nemmeno tu. I palestinesi si chiederebbero perchè il Mossad mi ha redento, e capirebbero ogni imbroglio..E io non posso continuare questo doppio gioco, non ho piu' l'età.. ho già sacrificato troppe vite.. per poco anche la tua.-
Qui Al Mualim fece una pausa, e Ziva lo fissò corrugando la fronte.
-Cosa intendi dire..?- fece, esitante: temeva già di sapere la risposta.
-E' necessario che tu mi uccida qui, adesso, Ziva.-
Ma Ziva non reagì. Quelle parole le rimbombarono nella testa per istanti infiniti. Chiuse gli occhi un attimo, poi li riaprì. Guardò di nuovo Al Mualim.. Ora che l'aveva davanti, che si era giustificato.. sentiva che non avrebbe saputo premere il grilletto.
-L'avresti fatto comunque, no?- Disse quello. -Ti ho detto la verità perchè volevo che la sentissi, è una scelta tua se crederci o no. Le cose comunque non cambiano. Devi uccidermi in entrambi i casi.-
Ma Ziva non si muoveva. Rifletteva a una velocità spaventosa, e si rendeva conto ogni istante di più che non poteva uccidere Mualim.. non lui: gli credeva. Lo sapeva, lo sentiva che lui non poteva averli traditi davvero. Ma quello notò con disappunto la sua indecisione, così si avvicinò per tentare di provocarla.
-Difenditi, ora, Ziva. Perchè io non ti risparmierò.-
Ma quella ancora non mosse un muscolo, così Mualim le sferrò un pugno che lei bloccò solo all'ultimo momento. E in un attimo si ritrovarono coinvolti in un combattimento corpo a corpo frenetico. Mualim sembrava non avere pietà. Ziva per forza di cose doveva reagire!
Colpo dopo colpo, andavano avanti, in perfetta parità. Si muovevano sciolti, quasi con grazia, e sferravano colpi con una forza tremenda. Poi un duro colpo andò a segno, strappando a Ziva un gemito e facendola piegare in avanti. Al Mualim la guardò severo, allontanandosi un poco.
-Devi impegnarti di più, Ziva. Hai si e no dieci minuti per mettermi ko e poi uccidermi prima che arrivi qualcuno e lo faccia al posto tuo. Quindi, svelta, su, in guardia!-
Si lanciò di nuovo addosso a lei, e il combattimento riprese ad un ritmo più serrato. Ziva cercava di svuotare la mente, di non pensare a contro chi stava combattendo.. Ma ogni volta che i suoi occhi incontravano quelli chiari del vecchio maestro, sentiva una fitta al cuore. Passarono così minuti che sembravano interminabili, e che lasciavano Ziva sempre più sfinita.
Alla fine, con uno sforzo stratosferico, atterrò Al Mualim, e quello non si rialzò più: ansimava, e sembrava stranamente indifeso ora. Ziva provava solo pietà.
Poi con voce spezzata, Mualim parlò:
-Così si fa, Ziva. Lo sapevo che eri la migliore.. yahalom.- finì la frase pronunciando il suo soprannome con affetto paterno, il che fece diventare lucidi gli occhi della ragazza. -Ora, finiscimi. Fallo.- Era un ordine.
-Non posso..- sussurrò Ziva, gli occhi splancati e fissi su di lui.
-Si che puoi.. combatti la paura, Ziva.. vedrai che ci incontreremo ancora.. un giorno..-
Ziva strizzò gli occhi, tenendo tanto forte la pistola che le sembrava di poterla sgretolare tra le dita. La puntò contro il petto dell'uomo. Attese. Dei suoni giungevano dal piano di sopra: qualcuno si avvicinava.. doveva farlo. Anche se non voleva, doveva.
Sentì i muscoli contrarsi, il sangue appesantirle la testa; la bocca era serrata e il viso contratto come se stesse facendo uno sforzo immane. Poi, con un flebile sussurro scandì:
-Perdonami..-
-Sei tu che devi imparare a perdonare te stessa.- furono le ultime parole del vecchio. -Ricordatelo, Ziva..-
Il suono seguente che riempì tutta la stanza fu un boato secco e spaccatimpani. Ziva, stremata, si accasciò a terra a fianco al corpo ora senza vita di Mualim.
Quanto ancora poteva andare avanti così? Non lo sapeva. L'opposizione tra volere e dovere era straziante, ma quella era la vita che aveva scelto.

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Note:
*Yahalom significa diamante.
*More significa maestro.
*Il Krav Maga è un tipo di combattimento, ma non un'arte marziale.
*Il CQC è il Close Quarte Combat, combattimeno corpo a corpo con la pistola.

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Capitolo 13
*** L'addio ***


Rieccomi qui, dopo molto tempo, con un nuovo capitolo!
Ho faticato a tornare a scrivere, per cui non è tra i capitoli più lunghi, ma ci ho messo il cuore.
Spero vi piaccia e chiedo perdono per l'attesa infinita!
Pad

P.S. Questa parte è ispirata alla canzone "Wherever you will go" dei The Calling.

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CAPITOLO TREDICI: L'addio

Mitpaa S.Raphael
Ore 22.14

La serata era stata monotona, e Tony, mogio da quando Ziva se n'era andata, si rigirava di continuo in quel letto d'ospedale dal materasso duro e il cuscino floscio.
S'interrogava, tetro, sul comportamento di Ziva, sulla quella nuova, inaspettata, situazione e soprattutto su cosa fare arrivati a quel punto; sapere che Ziva portava in grembo una creatura che non era frutto del loro amore lo intristiva terribilmente. Non c'era da stupirsi che glielo volesse tenere nascosto! Ora Tony si sentiva derubato: gli avevano portato via un futuro, un sogno, una vita intera da passare con la donna che amava. 
Come poteva rimanere lì, a guardare da lontano una felicità che non gli apparteneva? Era ora di andare, di tornare a casa, di lasciarla; era stato sconfitto: la sua caparbietà non gli sarebbe più servita. Era stato pronto a seguire Ziva ovunque, ma ora era costretto a rinunciare a lei.. Qualcun altro avrebbe preso il suo posto: Altair avrebbe asciugato le sue lacrime al posto suo, avrebbe goduto della sua risata, avrebbe scherzato insieme a lei, l'avrebbe amata ogni notte, avrebbe strappato i suoi pensieri dal viso di lui, l'americano. E Ziva lo avrebbe dimenticato per forza di cose, mentre lui avrebbe dovuto ricorrere a qualche birra ogni sera, nella speranza di addormentarsi e non fare sogni.
Ne avrebbe avuto bisogno anche adesso, in quello scomodo lettino: alcool per placare i pensieri, scacciare lo sconforto, e confondere i sensi. Ma alla fine, consumato dal troppo pensare, chiuse gli occhi e non li aprì più fino a tarda mattina.

Ziva era arrivata presto alla clinica, aveva domandato quando avrebbero lasciato uscire Tony, aveva aspettato per un po' che si svegliasse, ma, vedendolo ancora profondamente addormentato, ora si fissava nello specchio del bagno della sua stanza. Una volta dimesso, di sicuro non l'avrebbe più rivisto, quindi eccola lì.
Il suo riflesso mostrava un viso stravolto, dalle occhiaie marcate, e gli occhi velati di tristezza. Ziva sospirò, appoggiata al lavabo, poi tirò su una parte di maglietta per scoprire il punto dove Al Mualim l'aveva colpita con forza la sera prima: sotto l'ombelico, un po' di lato, verso il fianco, si era formato un livido violaceo piuttosto grosso.
Ziva lo sfiorò con la punta delle dita e fece una smorfia. In quel momento una voce alle sue spalle esclamò rocamente:
-E quello come te lo sei fatto?-
Era Tony, e aveva intravisto il livido dal riflesso dello specchio. Ziva non si voltò, abbassò la maglia e la sua espressione si fece contratta. Non fece tempo a dire nulla, che Tony si avvicinò molto a lei, troppo, anzi. Le cinse la vita e con una mano le accarezzò il grembo.
Per un breve momento, la sottile superficie d'acciaio di fronte a loro rifletté la loro famiglia. A Ziva si mozzò il fiato. L'immagine era troppo forte, e le diede una fitta terribile al cuore, prima che avvertisse una sgradevole sensazione di nausea.
-Cerca di proteggerlo, Zii..- Disse solo Tony.
Non voleva indagare su come si era fatta male, era chiaro che lei non aveva intenzione di dirglielo. Così cambiò discorso.
-Se potessi, ti seguirei ovunque, e lo sai.- mormorò Tony alle sue spalle.
Ziva lottava contro le lacrime con tutte le sue forze. Non rispose.
-Ma ora.. si è frapposta tra noi una barriera invalicabile. Se tento di scavalcare quel muro, quei cocci aguzzi sulla cima mi feriranno.- Tony cercò con lo sguardo gli occhi di lei. -Io lo farei anche, Ziva.. se solo sapessi che tu sei dall'altra parte ad aspettarmi.-
Ziva abbassò lo sguardo a quelle parole.
-Io non ci sarei a curarti le ferite, Tony.- rantolò poi con voce rotta, ma che cercava inutilmente di suonare neutra.
-Appunto.- ribadì lui, con voce inespressiva. -Quindi è meglio che io vada.-
Ziva strinse le labbra mentre Tony scioglieva l'abbraccio.
-Mi dimetteranno presto. Non c'è bisogno che torni a trovarmi.- fece lui, sempre con quell'innaturale noncuranza. -Porterò i tuoi saluti a tutti quanti.-
Fece un flebile sorriso e poi si voltò per uscire dal bagno: non ce la faceva più. Averla lì davanti era al di là di ogni sopportazione.. Sentiva il cuore cedere.
Invece, a quel punto, fu Ziva a far crollare le difese.
-Tony..- sussurrò attirando la sua attenzione.
Il ragazzo si bloccò dov'era. Si davano le spalle. Erano due solitudini intrecciate, che si cercavano, senza legarsi mai. Quindi, entrambi si girarono, quasi in sincronia.
Erano trattenuti da corde invisibili, che, quando si spezzarono gli diedero terribili colpi di frusta. Ma ormai erano liberi, e si gettarono l'uno nelle braccia dell'altra.
Le loro labbra si incontrarono ancora una volta, un'ultima volta. Una struggente nota d'amore lacerò l'aria quel giorno, in quella stanza.
Tony affondò una mano negli spumosi capelli della sua amata, respirando il suo profumo, succhiandole inconsapevolmente via l'anima. Lei, col cuore che le batteva all'impazzata, si lasciò trasportare dalla passione per un breve attimo, senza sapere che da quel momento sarebbe rimasta solo una bambola vuota.
Quando infine la foga del bacio fu svanita, Ziva fuggì via da Tony e da quel luogo a passo svelto, senza mai voltarsi indietro.

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Capitolo 14
*** Sorriso di madre ***


CAPITOLO QUATTORDICI: Sorriso di madre

 
Il periodo più duro doveva ancora incominciare, per entrambi.
Tony, col cuore lacerato, tornò a Washington con una promessa infranta che gli pesava addosso come un macigno. Ziva dal canto suo si chiuse in un silenzio di tomba: lavorava di continuo, seduta alla sua scrivania da nuovo vicedirettore, e scambiava troppe poche parole perchè la sua voce non risultasse roca ogni volta che apriva bocca, proprio come se avesse appena pianto. Tutto quello a cui pensava era stare al sicuro, per proteggere la sua creatura, esattamente come aveva detto Tony. 
Il suo appetito era praticamente scomparso, e si sforzava poco di mangiare: per lo più andava avanti a yogurt e latte e cereali.
Forse a causa di questo il suo fisico andò deteriorandosi: per crescere dentro di lei, il suo bambino utilizzava ogni risorsa disponibile, e quando Ziva non mangiava abbastanza, il piccolo si nutriva di lei. Presto le si formarono perenni occhiaie violacee, che assieme ad un viso più scavato, le davano un'aria malata. Così, piano piano, la sua delicata bellezza esotica sfumò in una più spenta, antica, un pallido ricordo del suo fresco viso giovanile; la luce dei suoi occhi non era più accesa e limpida, ma debole e polverosa; il suo sguardo si stava trasformando in ombra: era indifferente, freddo e calcolatore; la sua aggressività era aumentata in maniera proporzionale al passare dei giorni, e uccideva con lo sguardo chiunque cercasse di alludere al suo stato, sia fisico che psicologico. 
Ziva si ricoprì di filo spinato, ed eresse un muro di rovi tutt'attorno a sé, attirando molte critiche. Vedeva Altair di rado, poiché cercava più volte possibile di infilarlo in qualche missione pretenziosa di vendetta.
Fu proprio in quel periodo, rinchiusa nel suo bozzolo, che venne ovviamente il momento della prima ecografia.
La giovane donna, non sapeva con che stato d'animo accogliere questa cosa: si sentiva smarrita quando ci pensava, mentre per il resto del tempo aveva chiuso a chiave in fondo al cuore tutto ciò che riguardava il passato o il futuro. Non si sentiva piena di vita, quale incubatrice di una nuova vita, ma vuota, inerme, come una bambola di porcellana dagli occhi fissi e il corpo fragile. Non se la sentiva di affrontare quel momento, che sembrava tanto importante e spaventoso, da sola. Così rimase per un po' preda del dubbio e della paura, finchè qualcuno d'imprevisto arrivò a bussare alla porta dell'ufficio, un mercoledì pomeriggio qualunque: una voce familiare e amichevole la raggiunse come da lontano attraverso i ricordi, e la risvegliò come da un sogno.
La porta si aprì: era Monique.
Vederla fu per Ziva un sollievo enorme: la sorella più grande che non aveva mai avuto arrivava per tenerla a galla nel momento peggiore. Sembrava quasi un miracolo.
Ziva si alzò goffamente in piedi, senza però riuscire a sorridere, piena di stupore, mentre quella, sfoggiando il suo sorriso più bello, le correva incontro per abbracciarla.
-Ziva- Pronunciò con gioia la donna.
-M-Monique?- balbettò lei con voce strozzata.
Quella si allontanò di un passo da lei per scrutarla meglio in tutta la sua figura. Ziva notò chiaramente la singola ruga che le increspò la fronte, mentre prendeva nota dei sintomi fisici della sua evidente depressione.
-Achot.. Stai male.- Affermò duramente Monique senza preamboli.
Se fosse stata un animale, Ziva in quel momento avrebbe abbassato le orecchie. Non parlò in risposta: più che altro mugolò, come un gattino.
Monique non disse nulla, ma la strinse forte, alleviando il suo dolore come la pioggia sulla terra arida. 
Eccola: la stagione delle piogge finalmente sopraggiungeva lenitiva. E fu solo allora che, per la prima volta dopo mesi, Ziva irruppe in un singhiozzo.
 
Casa David, Tel Aviv
Ore 19:04
 
Erano andate a casa di Ziva insieme, dopo la chiusura dell'istituto.
Lei stava accoccolata contro lo schienale morbido del divano, mentre Monique preparava un tè al limone per entrambe. Era triste e sconsolata, e abbracciava un cuscino come una bambina. Era raro vedere Ziva in questi atteggiamenti, anzi, forse solo Monique ne era stata partecipe: il loro legame perdurava da tanto, tanto tempo. Così tanto che la loro amicizia sconfinava in un affetto molto più intimo: Monique era stata l'unica persona, oltre a Al Mualim, a darle affetto nella sua gioventù. 
In realtà, però, l'affetto di Monique era più simile a un amore profondo: assoluto e completo. Ella era una donna forte, coraggiosa, decisa, e nelle relazioni era dominante e orgogliosa. Quanto profonda era la loro unione, non lo sapevano neanche loro: da adolescente, per Ziva, Monique rappresentava il solo canale di sfogo, e grazie a lei esprimeva sé stessa, la vera sé.  Ma dove finiva l'amicizia e iniziava l'amore? Questo Ziva non l'aveva mai imparato. Forse per quello aveva fatto tanta fatica con Tony..
L'unica cosa certa, è che Ziva e Monique si erano amate, e da allora non si erano mai veramente separate: vivevano l'una nel cuore dell'altra, intensamente, sempre.
Quella sera, potendo osservare di nuovo il suo viso dai tratti severi, così simile a quello di un uccello selvatico, Ziva si sentiva come se il tempo non fosse mai passato: erano di nuovo insieme, con la stessa naturalezza di allora.
Monique posò piano la tazza di fronte a lei: emanava un vapore caldo e ristoratore. Ziva inspirò a fondo e poi riprese la conversazione da dove l'avevano interrotta mentre erano sulla strada di casa:
-C'è una cosa che devo fare Monique.. e per cui ho bisogno del tuo.. sostegno, diciamo.- Era incerta, ma se c'era qualcuno con cui sapeva e addirittura voleva confidarsi, questi era Monique, che la guardò interrogativa.
-Lo sai che puoi chiedermi qualunque cosa. Di che si tratta?- I suoi occhi da cerbiatta erano indagatori.
Ziva esitò un attimo solo, poi sputò fuori il rospo.
-Sono incinta e proprio domani ho la prima ecografia..-
Smise di respirare e per poco non ricominciò a piangere. Monique non azzardò una parola, prima che lei continuasse:
-Non me la sono sentita di farla prima, ma ora che tu sei qui.. ti prego, non voglio andare da sola.- Distolse lo sguardo e unì le mani come in preghiera. Monique si avvicinò e gliele strinse nelle sue: erano congelate. Aspettò che Ziva rialzasse lo sguardo, per metterla a suo agio con un grande e limpido sorriso.
Lei, suo malgrado, ricambiando la sua occhiata piena di tenerezza, azzardò un singhiozzo che cercava di distendersi in un sorriso di risposta.
 
Mitpaa S. Raphael
Ore 9:24 am
 
Ci aveva messo molto tempo, troppo anche, secondo la sua opinione, ma alla fine aveva raccontato tutto a Monique, o, perlomeno, tutto quello che era accaduto dall'ultima volta in cui si erano sentite per email: la morte di suo padre, la sua partenza improvvisa, la missione, l'imprigionamento, Altair, Tony, Amir, Mikàl e Al Mualim. Tutto quanto. La voce più volte le aveva tremato mentre discorreva, e più volte aveva interrotto il riassunto con profondi sospiri, ma non aveva più pianto. 
Quale buona, dolce, cara amica che era, Monique era stata a sentirla con attenzione. Alla fine, su quel divano di lino, si erano entrambe addormentate: la testa di Ziva sul grembo di Monique, e il piccolo feto nel suo ventre che cresceva in silenzio.
La mattina, dopo averla svegliato con un bacio sulla fronte, Monique accompagnò Ziva alla clinica, come promesso. Lei era nervosa, e visibilmente provata, e più volte Monique l'ammonì per il suo comportamento:
-Sei forte Ziva, non lasciarti andare così, non è da te.-
Ma Ziva pareva non ascoltarla, e divenne via via più muta con l'avvicinarsi dell'orario di appuntamento.
Quando finalmente si stese sul lettino per effettuare l'ecografia, si sentiva contratta all'idea di stare per vedere la prima immagine del figlio suo.
E di Tony. Già, di Tony, questo era un particolare essenziale.
Chiuse gli occhi, mentre una ragazza piuttosto giovane vestita di bianco le scopriva il ventre e iniziava a spalmare una fredda e viscida sostanza pomatosa. Ebbe un brivido, e aggrottò le sopracciglia. Dopo quello che sembrò un attimo, la donnina in bianco la invitò a guardare: a quel punto aprì gli occhi, nello stesso momento in cui sentì una mano gentile sfiorarle la spalla. Fissò attonita lo schermo di fianco al lettino per qualche istante, poi, dopo tanto tempo, il suo spirito assopito si risvegliò, e il suo viso si aprì in un gran sorriso, un sorriso unico al mondo: il sorriso di una madre.

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*achot significa sorella in abraico.

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