Notti di sangue

di Christelle
(/viewuser.php?uid=172467)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 - Sogno di una notte d'autunno ***
Capitolo 2: *** Cap 2 - Una giornata come tante ***
Capitolo 3: *** Cap 3 - Incontri sotto la pioggia ***
Capitolo 4: *** Cap 4 - Il secondo sogno ***
Capitolo 5: *** Cap 5 - Mistero a scuola ***
Capitolo 6: *** Cap 6 - Detective improvvisate ***
Capitolo 7: *** Cap 7 - Com'è possibile? ***



Capitolo 1
*** Cap 1 - Sogno di una notte d'autunno ***


Capitolo 1: Sogno di una notte d’autunno

Fa freddo. Tanto freddo.

Cammino, in una foresta totalmente bianca.

Il sole sta tramontando all’orizzonte, creando così dei giochi di luce meravigliosi con la neve … quanto è bella.

Nessun rumore, ci sono soltanto io qui: gli uccelli non cantano, i lupi non ululano ... è tutto così strano …

Come se tutto intorno a me fosse MORTO …

Io tuttavia continuo a camminare.

Indosso un bellissimo vestito candido, come il paesaggio che mi circonda: lungo, di lana pesante, con una sciarpa del medesimo colore e tessuto.

Nonostante ciò continuo a sentire freddo … troppo freddo …

Alzo lo sguardo: un grande castello bianco s’innalza fiero e solenne davanti ai miei occhi: è a dir poco magnifico.

Il sole alle mie spalle è quasi svanito del tutto, le tenebre si stanno avvicinando piano piano …

Decido di entrare, anche se qualcosa dentro di me mi sta dicendo di fermarmi … di correre lontano.

Una strana sensazione s’impossessa di me, una sensazione di pericolo, come se fossi un agnello che sta entrando nella tana del lupo.Non m’importa

Appena sorpasso la porta d’ingresso tutto diventa buio e ancora più freddo, sempre se è possibile …

Dove sono finita? Non vedo niente …

Dove posso andare? … Ho paura …

Avanzo alla cieca per una decina di metri, poi intravedo una luce molto fievole.

Mi avvicino con prudenza, notando che questa proviene da dietro un grande portone in ebano.

Strizzo ancor di più gli occhi, ormai abituati alla fitta oscurità del luogo.

Ci sono incise delle scritte in latino … o almeno così mi pare.

Odora di muffa … deve essere molto antico.

Mi affaccio per vedere all’interno.

… Fermati …

Una voce nella mia testa: decido di ignorarla, del resto cosa potrebbe mai succedermi?

È una stanza circolare, arredata in stile rustico, sui toni del rosso.

… Va via …

Continuo a ignorare la voce, anche se ha un qualcosa di familiare …

Pare vuota … no, un attimo: c’è un ragazzo seduto su quella sedia laggiù …

… Vattene …

Lo osservo, sembra giovane tuttavia non ne sono sicura: ha un cappuccio calato in testa.

Che strano: è così pallido … e sembra anche molto triste.

… Ti prego …

Guado meglio … ha qualcosa di diverso da me … da noi … da TUTTI noi … ma non riesco a capire …

… Ascoltami …

Ha qualcosa di IRREALE …

Si volta, io mi nascondo dietro il portone: mi ha forse visto?

… Scappa …

Ancora quella voce nella mia testa, ma più forte questa volta …

Rimango immobile, dietro al portone, non sapendo cosa fare.

… Scappa …

Ancora, continua a parlarmi: cosa vuole da me?

Mi riaffaccio alla porta, spinta dall’eccessiva curiosità.

... Scappa ...

Il ragazzo sta fissando il muro, di nuovo, ad un tratto sorride, o forse è meglio dire ghigna?

In un modo tutt’altro che rassicurante … in un modo sadico …

Inizio a sudare, il cuore accelera, ma perché?

… ORA CORRI! …

Senza farmelo ripetere mi volto di scatto, correndo verso la porta d’ingresso, lasciata aperta al mio arrivo, ma appena tocco la maniglia si chiude improvvisamente.

La afferro e cerco di aprirla: è bloccata.

Sto sudando, sono preoccupata, non riesco a pensare lucidamente … cosa sta succedendo?!

… Sei in trappola …

Ancora una voce, questa volta però è diversa … non è la stessa di prima … è calda e soffice, ma allo stesso tempo inquietante.

Neanche un secondo dopo, un dolore fortissimo alla schiena: mi hanno tirato contro qualcosa suppongo.

Tutto diventa ancora più nero … il mio corpo si accascia a terra … le forze pian piano mi abbandonano … gli occhi si chiudono al sonno eterno …

… te l’avevo detto di andartene, perché non mi hai ascoltato Anita? …

 

 

"NO!" urlo ad un tratto spalancando gli occhi: sono tutta sudata e il battito del mio cuore è molto simile al rumore di quei vecchi treni a vapore.

TUM-TUM, TUM-TUM, TUM-TUM … non la vuole proprio smettere!

Sono ancora un po’ scombussolata per via del sogno … è la prima volta che mi capita di farne uno così strano … e così reale …

Ricordo poco del suo contenuto, e tutto in modo sfuocato.

Soprattutto quella voce, eppure aveva qualcosa di familiare … quella che ho sentito prima di entrare in quel grande castello, che mi intimava di andarmene: l’ho già sentita da qualche parte …

Stranamente non riesco a ricordarmela … eppure era così chiara nel sogno … aveva un qualcosa di rassicurante.

Guardo la sveglia, sono appena le 5:30.

"Che bello ... un’altra ora di sonno" mi rificco sotto le coperte, abbandonandomi alle braccia di Morfeo … questa volta in un sonno senza sogni.

 

 

"Anita svegliati! Altrimenti farai tardi!" quest’urlo mi riporta alla realtà.

Con un grande sforzo fisico e mentale mi alzo "Ma cosa stai dicendo mamma sono appena le … 7:30! Oddio questa volta faccio tardi sul serio!".

Salto in piedi dalla fretta, afferro le prime due cose che trovo nell’armadio e mi chiudo in bagno.

Mi preparo in fretta e furia, i lisci capelli castani proprio non ne vogliono sapere di stare al loro posto (tanto per cambiare), gli occhi del medesimo colore, forse leggermente più scuri sono ancora mezzi addormentati, e non dimentichiamoci delle occhiaie paurose: per poco non mi è venuto un colpo quando le ho viste!

Velocemente mi metto la matita nera, l’ombretto rosa chiaro, il mascara nero e cerco, ovviamente invano, di coprire le già citate occhiaie con del correttore.

Riesco, non so come, a vestirmi altrettanto rapidamente, per poi guardarmi allo specchio e vedere come sto: indosso una maglietta dell’Hard Rock Cafè bianca, una felpa pesante a righe bianche e blu, i jeans aderenti strappati e le snakers bianche.

"Può andare" dico al mio riflesso, per poi scaraventarmi giù per le scale.

Se non l’avete già capito mi chiamo Anita ed ho sedici anni.

Abito nel centro di Milano, al quarto piano di una palazzina con la mia famiglia, in altre parole mia mamma e la mia sorellina: i miei hanno divorziato sette mesi fa …

Sono una ragazza bella, simpatica, alta, magra, intelligente, con una quarta di reggiseno … no eh?

Va bene, va bene!

Sono piuttosto bassa, di costituzione normale e la quarta di reggiseno ce l’ho solo nei miei sogni.

Sono socievole (finalmente una cosa positiva!) e attiva, tuttavia sono anche molto impulsiva e sincera, troppo sincera.

Basti dire che una volta alle scuole medie consigliai gentilmente al mio insegnante di disegno di cambiare professione, lo definii come "braccia rubate all’agricoltura".

Stranamente il mio consiglio non gli piacque per niente.

"Anita, tesoro non fai colazione?" chiese mia mamma appena misi piede in cucina.

Sandra, quarant’anni portati abbastanza bene, i capelli lisci come i miei, solo molto più lunghi e neri, gli occhi del mio stesso colore.

Grassoccia (indendiamoci: è diverso da obesa! Voglio dire che non ha il fisico di una modella), ora si è messa in testa di voler dimagrire.

"No Mami, se tu non l’avessi notato, sono in ritardo spaventoso!" "Va bene, ma non correre!" "Invece mi sa che sarò costretta a farlo!" "Almeno sta attenta a non inciampare!" "Mamma! Non ho più quattro anni!", le ultime parole famose, perché presi dentro nel tappeto e caddi rumorosamente a terra.

"Dicevi tesoro?" "Niente mamma … non dicevo niente!" le risposi, richiudendo la porta alle mie spalle.

"Ricapitoliamo: ho trenta minuti, se non meno, per arrivare dalla parte opposta del centro città e non ho i soldi né per l’autobus, né per il tram … quanto vorrei che mamma avesse la patente!" dissi sconsolata.

D’un tratto il mio sguardo si posò sul cielo che stava diventando sempre più cupo … cosa normale visto che siamo in una città stra-inquinata, per lo più quasi a Novembre.

Eppure queste giornate mi mettono sempre addosso una tristezza infinita, nonché contribuiscono alla mia grande depressione … sembra quasi che tutto il mondo sia triste: le poche persone che si vedono in giro camminano rapidamente, senza fermarsi nemmeno per un ciao, le altre, ovviamente in macchina, strombettano più che mai all’auto che le precede, anche quando il semaforo è rosso.

È questo il problema delle grandi città: tutti vanno di fretta … non hanno il tempo di fermarsi a osservare le cose belle che li circondano … hanno troppo da fare e poco tempo.

"No! Adesso non è il momento di fare discorsi poetici! Devo correre a scuola, altrimenti chi lo sente poi il prof!".

 

 

 

NdA: *Si avvicina impaurita* B-b-b-buongiorno a tutti! *Inizia a sudare*. Ecco, questa sarebbe la mia prima fanfiction *sta per svenire a causa dell'ansia*, bhe mi piacerebbe molto che ne uscisse qualcosa di decente ... accetto qualsiasi critica con piacere *inizia a mangiarsi le unghie per lo stress*. Spero di aggiornare presto, anche se sono molto presa con la scuola, quindi non so con che ritmo ruscirò a procedere *le sta per venire un infarto* ... Vi prego di non arrabbiarvi se trovate qualche errore di italiano: io e la grammatica non siamo mai andate d'accordo! La ritengo la materia più inutile che esista! So che l'inizio non è dei migliori, ma conto di migliorare! Solo per favore ... Non picchiatemi! *Si rifugia in un bunker costruito apposta per l'occasione*

Christelle*

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap 2 - Una giornata come tante ***


Capitolo 2: Una Giornata Come Tante

Stranamente riuscii ad arrivare a scuola in tempo … mi sembrò impossibile di aver corso così rapidamente, se solo mi avesse visto il professore di educazione fisica!

Ovviamente però la cattiva sorte mi ha preso in simpatia.

Eccovi un’altra mia caratteristica: non me ne va mai bene una, e con mai intendo dire MAI.

Sono, obbiettivamente parlando, una studentessa in gamba, con questo non mi riferisco ai voti (molti dei quali sono sempre sospesi tra il 5 e il 6), ma a quello che ogni bravo studente dovrebbe fare: non ho mai copiato durante un test, non ho mai consegnato una ricerca in ritardo, ho sempre svolto i compiti assegnatici, se non tutti la maggior parte … almeno quasi sempre.

Solo una volta mi è capitato di non farli del tutto, visto che il giorno prima non ero stata bene.

In un’intera classe composta da venticinque alunni, dove solo quattro hanno svolto gli esercizi, indovinate chi viene sgamata dalla professoressa? Ma la sottoscritta ovviamente …

Giungo finalmente, dopo ben due rampe di scale, davanti alla grande e ormai vecchia porta rossa con scritto “3 D”, la mia classe.

La spalanco, non curante della maggior parte dei miei compagni già seduti ai loro posti, e urlo a gran voce “BUON GIORNO A TUTTI!”, per mia grande fortuna il prof non era ancora arrivato.

Dopo un attimo di sorpresa iniziale, scoppia una risata generale … un bel modo per iniziare la giornata.

Rischiando più volte di inciampare tra zaini e sacche da ginnastica sparsi sul pavimento, mi dirigo al mio banco, arrivandoci stranamente incolume, accanto al quale vedo Serena che letteralmente sta morendo dalle risate.

“Buongiorno Sere! Passato bene il week-end?”

“Abbastanza bene, grazie! Mi spieghi come mai “Miss perfettina” stava per arrivare in ritardo?”.

Eccola qua, lei è la mia migliore amica: Serena.

Oggi i lunghi capelli lisci, neri le ricadono morbidi quasi fino alla vita … teoricamente li avrebbe mossi, ma se li piastra ogni mattina.

Gli occhi sono verdi e vivaci, ma all’occorrenza indifferenti e distanti.

Ecco, lei si che in confronto a me sembra una modella! Ogni tanto la invidio …

Sere è una ragazza tranquilla e moderata, ma all’occorrenza sa essere davvero crudele.

La sua è una famiglia di quelle che la gente comune definisce “all’antica”, per darvi l’idea non l’ho mai vista con una gonna che le arrivasse sopra il ginocchio.

Suona il violino, ha lezione il mercoledì e il venerdì dalle 17 alle 18:30, inoltre frequenta una scuola di danza classica … ed è bravissima!

Molti ci paragonano a due facce della stessa moneta: opposte, ma che si completano a vicenda.

Dove non riesco io fa lei, e viceversa, dove non arriva lei vado io.

“Scusa Sere, non è colpa mia: è stata la sveglia: questa mattina non ha suonato! È già tanto che sono qui!”

“Vabbè … se lo dici tu”

“Guarda che è vero! ... Senti, devo assolutamente raccontarti del sogno che ho fatto stanotte! Era stranissimo, pensa che …”

“Un attimo!”

“Perché?”

“Sua signoria miss svampitella non sta forse dimenticando qualcosa?”

“Non mi pare … come mai?”

“Che cosa abbiamo adesso?”

“Latino!” esclamai, era la mia materia preferita.

“Sbagliato: Storia, e penso interroghi”

“COME?! No, no; ti assicuro che adesso abbiamo … Storia … ecco, mi sa che ho sbagliato giorno … O mamma …”.

“La solita Anita! Vuoi ripassare sul mio libro? Tanto io ho studiato ieri e so praticamente tutto”.

“Brava, complimenti! Infierisci pure!” le rispondo facendo la finta offesa.

Dopo un attimo di silenzio entrambe ci mettemmo a ridere, non so come farei senza di lei!

“Comunque … quel libro me lo presti vero?” domando supplicante.

“Ma certo! È a questo che servono le amiche, no? Oggi io aiuto te, domani tu aiuterai me.”

“Grazie Sere! Sei la migliore!”.

 

  

La mattinata passò abbastanza velocemente, tra i pettegolezzi di Sere e le urla dei prof.

Quasi mi dispiacque quando, verso l’una e mezza, il suono della campanella segnò la fine delle lezioni: la scuola in fondo non mi dispiaceva.

Mi alzai dal posto e, assieme a Serena, mi diressi verso l’uscita principale.

Dovete sapere che la nostra scuola è gigantesca: è situata su tre piani e suddivisa in quattro aree, rispettivamente Nord, Sud, Est e Ovest.

Per i novellini è davvero difficile orientarsi, per questo ci sono mappe ovunque.

Contiene vari indirizzi: liceo classico, liceo scientifico, liceo delle scienze applicate, liceo linguistico e liceo artistico … per questo è così grande.

Io frequento il terzo anno di liceo scientifico, e ovviamente anche Serena.

La nostra classe si trova al secondo piano, nell’ala est.

“Ma secondo te a cosa serve studiare storia?” chiesi, senza motivo, a Serena.

“Insomma, è acqua passata, perché dovremmo ricordarla? Soprattutto quando si tratta di eventi orribili?”.

“Appunto per questo la studiamo: per far si che quei fatti non si ripetano più, per far diventare questo mondo un posto migliore per le future generazioni”.

“Wow come sei poetica oggi … mi hai quasi convinto”.

“Lo spero!”.

“Invece secondo te perché si studia la grammatica?” mi domandò lei.

“Ma per farci perdere tempo, ovviamente!” scoppiammo in una tremenda risata, tanto che ci fermammo a prendere fiato.

“Vabbè, se lo dici tu Anita … io vado di qua, ci vediamo domanti a scuola!”

“Ciao Serena! A domani!” la vidi correre a perdifiato verso casa, stavo per riprendere a camminare quando mi giunse da lontano la sua voce.

“Ricordati di portare i libri giusti!” non riuscii a trattenere un sorriso.

Percorsi appena un centinaio di metri quando una goccia d’acqua mi cadde sul naso, all’inizio non ci badai, ma nel giro di un minuto le gocce si moltiplicarono.

“Oh no, sta ricominciando a piovere” sospirai, in pochissimo tempo il cielo divenne nero e un fulmine squarciò il cielo.

“Devo sbrigarmi … ma come fa il cielo a diventare così cupo alle due di pomeriggio?” dissi, riprendendo a correre.

 

 

“Sono a casa mamma!” urlai, varcando la soglia di casa.

“Ciao tesoro! Vieni, è pronto da mangiare”

“Ciao sorellona!”.

Non feci in tempo a voltarmi che Marta mi saltò addosso “Dai scendi piccola peste!”.

Marta è la mia sorellina minore, frequenta la terza elementare, è una tipetta sveglia e scaltra … dicono che non ci assomigliamo per niente.

I lunghi capelli lisci, corvini le arrivano quasi fino alla vita, anche se li raccoglie spesso in una coda di cavallo.

Ha gli occhi castani, come i miei.

Nonostante sia apparentemente molto femminile, ama lo sport: pratica ginnastica artistica e pallavolo … sta cercando di convincere mamma a iscriverla anche al corso di danza classica, dopo aver visto il saggio di Serena se n’è innamorata.

Diversamente da lei io ODIO ogni genere di sport, non sono mai stata brava …

“Sorellona vieni a giocare con me? Ti prego!” mi chiese con la faccia da cucciolo.

“Non posso piccola … devo pranzare, poi ho molti compiti da finire”.

“Che peccato … domani però giochiamo! Me lo prometti, vero?”

“Si: te lo prometto. Ora posso andare?”

“Certo!” come sempre aveva ottenuto quello che voleva.

Mi sedetti a tavola, con lo sguardo perso fuori dalla finestra: il cielo si era fatto ancora più scuro.

Ad un tratto un tuono mi fecce sobbalzare, i temporali mi piacciono, ma solo quando posso starmene seduta in salotto a guardare la pioggia cadere mentre sorseggio della buona cioccolata calda, non quando devo studiare.

Eppure, la pioggia mi da un senso di tranquillità, nonostante questo tempo sia lugubre, era come se, assieme alla sporcizia materiale, lavasse anche quella della mia anima … non so se mi spiego.

Sono strana lo so: odio il cielo grigio, lo trovo deprimente, mentre trovo la pioggia piacevole e rilassante.

Iniziai a mangiare: un altro tuono, un altro mio spavento.

“Prevedo una giornata davvero lunga” dissi tra me e me.

 

 

Dopo aver divorato primo, secondo e una mela mi alzai da tavola.

“Vado a studiare!” urlai a mia mamma, che era scesa in cantina.

“Va bene tesoro!”.

Con passo svelto salii ed entrai nel mio regno.

La stanza aveva una grande finestra con delle tende blu notte, dalla quale riuscivo a vedere la pioggia mentre cadeva sulle case vicine, alla parte opposta c’era un letto enorme.

Quest’ultimo aveva il copriletto blu, con sopra disegnata una splendida mezzaluna.

Sul letto vi erano due cuscini rossi a forma di cuori, molto grandi.

Il tappeto era bianco, peloso, su di esso vi erano due poltrone a sacco: una rossa e una blu.

La scrivania, bianca, abbastanza all’antica, era posta sotto a destra della finestra, alla sua sinistra vi era il mio grande guardaroba, anch’esso bianco e del medesimo stile.

Attaccate alla lavagnetta in sughero sopra la scrivania, c’erano tantissime fotografie mie e dei miei amici.

“Meglio mettersi al lavoro” dissi ad un certo punto.

Presi dalla grande libreria bianca tutti i libri e quaderni necessari per svolgere i vari esercizi, poi mi sedetti alla scrivania a studiare, mentre la pioggia continuava a scendere incessante.

 

 

 

NdA: *Esce dall'ormai famoso bunker, dopo essersi ascoltata una trentina di audiocassete sull'autostima e si fa coraggio. Buongiorno a tutti! Come potete vedere questa ragazza non si abbatte e riuscirà a strapparvi qualche recensione (prima o poi). Che ve ne pare di Anita? Ho paura che col passare del tempo, senza che io me ne accorga, diventi una Mary Sue ... per ora come sta andado? E riguardo gli altri personaggi? A proposito: vi avverto che dal prossimo capitolo ne introdurrò un importantissimo che non vedo l'ora di presentarvi, spero di renderlo bene ^_^ ... Se avete dei consigli per migliorare la storia (sia i pezzi già pubblicati sia consigli sui capitolo futuri) sarò ben felice di ascoltarvi! Perdonate eventuali errori di grammatica, nonostante abbia riletto il capitolo tre volte sono sicura che me ne sia scappato qualcuno ... Fatemi sapere cosa ne pensate, aspetto con ansia le vostra recensioni! A presto! (Recensite, recensite, recensite! Tranquilli: non mordo  ^_^)

Christelle*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap 3 - Incontri sotto la pioggia ***


Capitolo 3: Incontri sotto la pioggia

 “Ecco … vediamo … forse così? No dai, è assurdo!”.

Stavo rimuginando da più di mezz’ora su quella espressione, il mio cervello si era letteralmente fuso e i pochi neuroni rimanenti stavano organizzando una vacanza alle Hawaii … non è normale vero?

Ma non è colpa mia! È lei che non esce!

Senza contare che io tutta questa differenza tra 24 e 28,2 non la vedo …

In questo momento quanto vorrei gettare il libro giù dal balcone … ops, in camera mia non c’è un balcone, vabbé vorrà dire che mi accontenterò della finestra.

Non fraintendetemi, a me la matematica piace, ma spesso mi fa andare fuori di testa!

Non vuole mai collaborare!

“Aspetta … qui magari era così … si … poi questo … si … SI! Finalmente ce l’ho fatta!” Esultai, mi sembrò anche di sentire gli angeli cantare l’Alleluia …

Certo che ce ne avevo messo di tempo!

“E adesso passiamo a grammatica” in poche parole: dalla padella alla brace!

Ad un tratto, un urlo ruppe quello splendido silenzio e quella meravigliosa quiete che si erano creati.

“Anita vieni! C’è Serena al telefono! Dice che è urgente!”

“Adesso arrivo mamma!” risposi.

Mi alzai molto lentamente dalla scrivania, erano quasi tre ore che ero seduta e avevo le gambe leggermente intorpidite.

In parte ero felice per quel piccolo contrattempo, sarei riuscita a rimandare i compiti di grammatica, d’altro canto però ero un po’ preoccupata per Sere: chissà cos’ha combinato …

Scesi le scale, afferrai il telefono che mia madre mi stava porgendo e risalii.

“Dimmi tutto Serena”

“Oh Any! Per fortuna ti ho trovato! Qui c’è un grande guaio! Anzi enorme! Anzi gigantesco! Extralarge! Anzi …”

“Serena vai al punto, non ho tutto il pomeriggio!” detesto quando fa così! Si comporta peggio di una bambina!

“Ti ricordi di una certa verifica … di una certa materia … affibbiataci da una certa prof … tu ricordi, vero?”

“Intendi la verifica di scienze di domani? Quella della prof Spinelli?”

“Ecco! Proprio quella! Vedi, io mi chiedevo …” non promette nulla di buono “… se tu potessi darmi una mano …”.

“Certo, dimmi cosa non hai capito”

“Beh … ecco vedi, è proprio questo il problema … stavo studiando, ma non c’è una sola cosa che abbia senso! Per esempio …”

“Sere …”

“Ok, ok lo ammetto! Non sono stata attenta e ora non ci sto capendo niente! E intendo ASSOLUTAMENTE NIENTE! … non è che potresti venire a darmi una mano?”.

“Tu sei pazza! Ormai è buio e poi sta diluviando!” ed era vero, nonostante fossero appena le cinque di pomeriggio non si vedeva più il sole: il cielo era grigio piombo e sembrava stesse venendo il diluvio universale!
“Ti prego Any … fallo per me”

Che fare? Sinceramente me ne sarei stata a casa molto volentieri: chi non l’avrebbe fatto?

Però era Serena, la mia migliore amica, lei mi ha sempre aiutato: è buona, dolce, gentile …

“Anita … ti ricordi di una certa interrogazione di storia? Dove una certa ragazza ti ha aiutato a ripassare, privandosi del suo libro, per far si che tu non prendessi quattro? Dovresti restituire il favore non pensi?”

… subdola, manipolatrice!

“Uffa … e va bene! Aspetta che chiedo a mia mamma …”

“Già fatto! E ti fermi anche a dormire da me! Quindi porta i libri per domani! A dopo!”

“No, Sere: aspetta!”

“TU, TU, TU” niente da fare: aveva riattaccato.

 

 

 

Uscita di casa mi accorsi che avevo leggermente sottovalutato le attuali condizioni meteorologiche … sarei di sicuro morta affogata nel tragitto!

Altro che ombrello! Mi serviva un salvagente!

Il cielo diventa sempre più cupo ogni minuto che passava, e, anche se pian piano la pioggia diminuiva, i tuoni non cessavano.

“Per fortuna ho ricomprato l’ombrello! Altrimenti non so come avrei fatto ad arrivare da Serena!”.

Continuai a camminare, la fermata dell’autobus non doveva essere molto lontana.

Se lo scorda quella che vado a piedi con questo tempo!

Nel tragitto intanto pensai a come spiegare a Sere il capitolo di scienze su cui avremmo svolto la verifica: è l’unica materia in cui è meno brava di me.

 

 

 

“Che bello! Ormai manca poco!” la fermata si trovava nel centro di una via a un isolato circa dalla mia casa. Era abbastanza lunga, con molte case, in gran parte condomini, e senza vie trasversali.

Ero quasi arrivata, quando, senza neanche accorgermene, mi fermai improvvisamente: appoggiato al lampione di fianco alla fermata, ormai acceso visto che il sole stava per tramontare, c’era uno strano ragazzo.

Alto, sarà stato circa una spanna e mezza più di me … anche due forse.

Era vestito totalmente di nero: felpa, maglia, jeans e scarpe … tutti neri!

Si era tirato su il cappuccio, ma si potevano ugualmente distinguere i capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi.

Era appoggiato al lampione con fare menefreghista, lo sguardo rivolto a terra, intento a fissare chissà che cosa.

Soltanto in quel momento mi accorsi che non aveva l’ombrello.

“Devi stare attento, così ti ammalerai!” dissi con un tono scherzoso, anche se ero un po’ preoccupata.

Per tutta risposta alzò lo sguardo: aveva gli occhi azzurri, ma talmente azzurri che sembravano fatti di ghiaccio.

Un brivido mi attraversò la schiena.

“ … A te che importa …” rispose con un tono brusco e leggermente svogliato.

Mi offesi non poco.

“Bhe, scusa tanto se non volevo che ti prendessi qualcosa! Non l’hai notato che sta piovendo a dirotto?!”

“E chi saresti tu? Mia madre? Neanche ti conosco …”

Colpita e affondata.

Perché mi stavo preoccupando per uno sconosciuto?

Non lo so nemmeno io … ma c’era qualcosa di strano in lui, sembrava così malinconico …

Mi faceva tenerezza.

Consapevole di aver fatto un’enorme figuraccia, abbassai lo sguardo imbarazzata, cercando di evitare i suoi occhi, mi soffermai però su un particolare interessante: davanti alla fermata si era formata una grande pozzanghera, il che implicava due cose gravissime:

1-    Mi sarei bagnata le scarpe nuove

2-    Mi avrebbe comunque visto nel riflesso

… ma non fu così … (solo per il secondo punto, le scarpe me le bagnai eccome!)

La pozzanghera rifletteva tutto … tranne lui: il lampione, la panchina, le lattine abbandonate probabilmente da dei ragazzi di passaggio … ma lui no.

Mi stropicciai gli occhi: dovevo avere la vista annebbiata, l’ho sempre detto che troppo studio fa male!

Poco dopo sentii una voce.

“Ehi tutto bene?” aprii gli occhi e mi trovai il viso di quel ragazzo a non più di 10 cm dal mio.

“Non ti sarai mica arrabbiata?” domandò

“A te che importa?!” risposi cercando di imitare il suo precedente tono

“Non essere cosi scontrosa con me, volevo solo …” improvvisamente, senza che io potessi replicare, mi prese il mento con due dita e lo sollevò leggermente fissandomi negli occhi.

“ … sapere come stavi …”.

Arrossii di botto, nonostante ciò riuscii a ritrovare il mio normale autocontrollo e mi allontanai da lui.

“Bene, grazie”

Fece spallucce.

“Se lo dici tu”

Tornò così al suo posto ed io mi sedetti il più lontano possibile da lui, quel tipo mi faceva uno strano effetto.

Per fortuna poco dopo arrivò l’autobus, ringraziai mentalmente il Signore per questo.

Mi alzai, stavo per salire quando …

“Ehi” mi voltai.

“Si?”

“Il mio nome è Alexander, ma gli amici mi chiamano Alex, tu?”

“Perché dovrei dirtelo?”

“Perché io mi sono presentato, è buona educazione che lo faccia anche tu piccoletta”

“NON MI CHIAMARE PICCOLETTA!”

“Va bene, va bene. Adesso calmati ok?”

“… Comunque mi chiamo Anita …”

“Bene: arrivederci allora! Spero di rivederti presto … Anita” disse, rivolgendomi un sorriso malizioso.

Mi voltai immediatamente per non avvampare di nuovo.

“Signorina vuole salire o no?” l’autista sembrava avere fretta

“Oh si arrivo”.

Salendo sull’autobus notai che era deserto “Dove la porto?” “In via Garibaldi”*, andai a sedermi in fondo, non riuscendo a trattenermi mi voltai cercando di incrociare un paio di splendidi occhi celesti, ma non c’erano … e nemmeno lui c’era.

Non avevo la minima idea di come avesse fatto, ma era sparito.

 

Di lui nessuna traccia.

 

 

 

 

 

Nda: Ciao a tutti :). Prima di tutto mi scuso per il ritardo, il mio computer si è quasi suicidato, e vi avviso che, causa scuola, aggiornerò con tempi un po' più lunghi (tra poco ricominceranno le interrogazioni di matematica :S) ... Che ne pensate del capitolo? Questo sarà l'ultimo "normale", dal quarto ma soprattutto dal quinto il lato vampiresco comincerà a mostrarsi...abbiate ancora un po' di pazienza care :D ... Bhe che dirvi, il solito: recensite, recensite, recensite!

Attendo con ansia i vostri pareri!

Christelle*

P.S perdonate eventuali errori grammaticali e segnalatemeli: non mi sento molto bene ed è probabile che mi sia sfuggito qualcosa, ma soprattutto non volevo farvi aspettare troppo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap 4 - Il secondo sogno ***


Capitolo 4: Il secondo sogno

DIN DON

 “Arrivo … eccoti qua Anita! Ero così preoccupata! Stavo per chiamare il 112! Ma dove ti eri cacciata?!”

Serena era leggermente fuori di sé, nonostante fossi arrivata con appena venti minuti di ritardo: da come lo stava raccontando lei sembrava che ci avessi messo quattro giorni!

“Scusami, c’era molto traffico e all’autobus si è bucata una gomma … mi dispiace”

Ho già nominato la mia “grande fortuna” vero?

“Vabbè, per questa volta di perdono, ritieniti lusingata! Ora entra, non vorrai mica ammalarti”

“Anita!”

Un urlo, qualcuno mi stava chiamando.

Mi voltai e vidi un uomo sulla quarantina sbracciarsi nella mia direzione, lo riconobbi subito grazie ai capelli color carota e alla strana montatura di occhiali che era solito usare.

“Gigi! Cosa ci fai qui?”, a dir la verità il suo nome sarebbe Giovanni, ma tutti lo chiamano Gigi, è un amico di mamma e fa il postino.

“Anita! Grazie al cielo ti ho trovata!” disse con il fiatone, non è esattamente un tipo atletico.

“Tua madre voleva che ti portassi questi, ha detto di dirti che sei la solita sbadata”

Avevo dimenticato a casa il diario e l’astuccio, non che fosse la prima volta.

“Miss svampitella colpisce ancora!”

“Taci Sere! Grazie mille Gigi”

“Di niente, arrivederci Anita!”

Se ne andò via, con la sua solita corsa buffa.

Appena entrata in casa venni subito calorosamente da Carla, la madre di Serena, che era la copia sputata della figlia … o forse dovrei dire che è Serena ad essere la copia sputata di sua madre?

Salimmo in camera, dove raccontai alla mia migliore amica degli ultimi avvenimenti, riassumibili con una parola: Alexander.

 

 

 

“Si può sapere perché queste cose capitano solo a te?? Poi osi anche dire che la sfiga ti perseguita!”

“Credimi, non è stato così piacevole fare la sua conoscenza”

“Se lo dici tu, comunque … non è che ha un fratello?”

“Serena!”

“Era solo per chiedere …”

“Ragazze è pronta la cena!” ci disse Carla

“Un attimo mamma! Allora, che ti ha detto?”

“Il suo nome : Alexander, ed è scomparso”

“Come scomparso? Nel mezzo della via? Non è che è parente di Houdini?!”

“Esatto! Non lo trovi strano??”

“ … No affatto” disse con fare serio.

Scoppiai senza volerlo a ridere.

Serena poteva sembrare una ragazza a modo, ma era completamente fuori!

Era strana sotto ogni possibile punto di vista ma era per questo che le volevo bene. Lei non era come le altre oche della nostra classe, sempre a civettare e a parlar male degli altri, lei era diversa, era come me.

“Davvero? Perché?”

“Anita rifletti, magari abita lì”

“Non ci avevo pensato … Può darsi che tu abbia ragione”

“Certo che ho ragione, come sempre. Le case di quella via sono molto vecchie, magari ci abitano i suoi nonni, non penso che qualcuno andrebbe ad abitare lì, alcune stanno perfino cadendo a pezzi”

“Di sicuro è come dici tu”

Non sapevo che quello sarebbe stato uno dei rari casi dove la mia amica aveva torto e, sinceramente, neanche lo sospettavo.

“Allora scendiamo a cenare, altrimenti mia mamma diventa una furia”

 

 

Dopo cena:

“Ragazze tornate subito qui! Dovete guardare il TG, siete grandi ormai”

“Ma mamma, è noioso! Parlano solo di politica!”

“Su, su, tornate ai vostri posti e ascoltate”

“Ma mamma …”

“Ascolta ho detto! Ho giuro che non ti mando più al corso di danza!” alzò il volume.

Serena si sedette, nessuno avrebbe mai separato lei e le sue adorate scarpette.

Sullo schermo apparvero immagini conosciute, una casa particolare, una scuola, il Duomo … il Duomo?!

“Sere ascolta” alzai ancora di più il volume

 

 

Giornalista: “… i fatti parlano chiaro, questa è la 3 vittima della settimana, la terza ragazza trovata morta dissanguata nella sua abitazione.

Ascoltiamo ora la testimonianza del fratello della vittima, nonché colui che ha trovato il corpo.

“Erano circa le 4 di questa mattina, stavo rientrando da una serata con gli amici, mi aspettavo la solita ramanzina invece nulla … quando ho visto il cadavere di mia sorella disteso sul pavimento … è stato orribile. All’inizio credevo fosse uno scherzo di pessimo gusto ma poi …(scoppia in un pianto a dirotto)”

Ascoltiamo ora invece i risultati dell’autopsia.

“La causa del decesso è certa: la ragazza è morta dissanguata. Dall’autopsia non si rilevano segni di colluttazione.

Il collo della ragazza è completamente squarciato ed ha numerosi segni di morsi sul corpo … dalle dimensioni e in base alla profondità delle ferite abbiamo escluso l’ipotesi che si tratti di morsi umani”

Con cosa ci dobbiamo confrontare questa volta dottore?

“Sinceramente non ne ho la minima idea”.

Maria Leoni, 25anni, così giovane ha conosciuto troppo presto un’esperienza che non auguriamo a nessuno: la morte.

Ci chiediamo perché non sono state rilevate impronte all’interno dell’abitazione? Perché questa “cosa” colpisce solo di notte e infine perché le sue vittime, finora, sono state solo delle giovani ragazze?

Restate con noi in attesa di ulteriori aggiornamenti”.

 

 

“Povere ragazze morire dissanguate. Mi raccomando tesoro sta lontana da i guai, non far preoccupare la tua mamma, d’accordo? Anche tu stai molto attenta Anita”

“Si mamma”

“Certo signora, non si preoccupi”

 

 

 

Cammino, è la stessa foresta di qualche settimana fa.

Stesso panorama, stessi abiti, stesse sensazioni … e stesso castello.

… Vai via …

Entro, ed è tutto come l’ultima volta, sbircio ancora dietro l’immenso portone.

… Scappa …

Vedo le stesse cose dell’ultima volta, scruto attentamente la stanza alla ricerca di qualche dettaglio utile, ma niente.

… È pericoloso …

Il ragazzo si volta, io mi nascondo, esattamente come l’ultima volta … qualcosa però cambierà.

Mi alzo e, con passo leggero, mi dirigo alla destra della porta, vedo delle scale in pietra, antiche.

… No …

Scendo, davanti a me un lungo corridoio, anch’esso in pietra.

Ai muri sono appese delle torce spente.

… Meglio la morte …

Avanzai di un passo.

Si accesero improvvisamente.

Percorsi di fretta il corridoio, ritrovandomi di fronte ad una porta rossa.

Era normale, ordinaria.

Strano.

Niente era normale e ordinario in quel sogno.

... Anita ...

Afferro la maniglia dorata titubante, la giro e …

 

 

… Perché non mi ascolti?...

… Non devi immischiarti in affari che non ti riguardano …

… Finirai male altrimenti …

… Molto male …

Nda: Ciao a tutte carissime, come state? Spero che il capitolo vi sia piaciuto ... il sesto è già pronto, devo solo ricontrollarlo, comunque penso che lo pubblicherò verso il fine settimana: la scuola non mi da tregua! Ho usato la prima giustifica del secondo quadrimestre: che cosa deprimente ... Come sempre aspetto vostre recensioni, positive e non :D! Dai prossimi capitoli inizierà a venire a galla il lato vampiresco della storia, scusate la lentezza ma tengo molto ai dettagli ...     A presto!

Xoxo

Christelle*

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cap 5 - Mistero a scuola ***


Capitolo 5: Mistero a scuola

Mi svegliai con il fiatone, accanto a me c’era Serena.

“Anita tutto a posto? Continuavi ad agitarti”

Un'altro incubo ... sarà di sicuro un caso.

“Si, si tranquilla, solo un brutto sogno” risposi con sicurezza.

“Va bene, forza vai a prepararti: dobbiamo andare a scuola!”

 

 

Non le parlai del sogno, cosa avrei potuto dirle?

Del resto era solo un sogno …

solo un brutto sogno.

 

 

Assieme a Serena mi avviai verso la scuola, a differenza di me lei vi abitava abbastanza vicino: ci volevano meno di 10 minuti.

Durante quel breve tragitto non riuscii a smettere di pensare alla notizia sentita ieri sera, al sogno e ad Alex …

“Che hai Anita? Sei sicura di stare bene?”

“Uccide di notte …”

Era meglio affrontare un problema per volta, tra gli incubi notturni e il tipo pseudo-emo-misterioso quello sembrava il meno complicato.

“Ancora con quel servizio: vivi la vita ragazza! Solo perché sono morte tre persone non vuol dire che capiterà anche a te!”

“Non sono morte solo tre persone: sono morte tre giovani ragazze, dissanguate, nei loro appartamenti! Nessun impronta digitale, niente di niente! Solo morsi, morsi e morsi!”

“E pensi che scervellarti su problema aiuti qualcuno? No! Quindi rilassati! Non siamo poliziotte o agenti segreti, solo due comuni liceali che vanno a scuola … Non possiamo fare niente …”

Il resto del tragitto lo passammo senza rivolgerci la parola, ognuna assorta nei suoi pensieri.

Serena probabilmente rifletteva su come passare l’imminente verifica di scienze.

Mentre io?

A cosa pensavo?

A tutto e a niente … in certi momenti quanto vorrei che il cervello avesse un pulsante OFF.

 

 

 

“Any”

“…”

“Any”

“…”

“ANITA!”

“Che hai da urlare Serena?!”

“Ti sto chiamando da mezz’ora! Perché non rispondi?”

Ci eravamo fermate nel bar lì vicino a mangiare qualcosa, solito attacco di fame pre-verifica.

“Scusami, non ti avevo sentita. Che c’è?”

Non era una scusa: non l’avevo proprio sentita, del resto stavo letteralmente dormendo in piedi … tutta colpa di quel maledetto incubo.

 “Devo farti una domanda riguardo a quello strano tizio … Alex, giusto?”

Uffa, tutte a me capitano! Già sono stanca figurati se ho voglia di parlare di quel tipo!

“ … Certo dimmi”

Come facevo a dire di no a Serena?

“Allora … hai detto che è alto, ha i capelli neri e gli occhi blu … Sbaglio?”

“Esatto, perché me lo chiedi?”

“Perché dalla tua descrizione assomiglia molto a quel ragazzo in motorino … infatti ti sta fissando da circa cinque minuti”

Ti prego no.

Signore non abbandonarmi.

Fa che non sia lui.

Tutto ma non lui!

Mi voltai di scatto.

… Come sempre sei di grande aiuto …

 

 

Davanti al cancello c’era un gruppetto di ragazzi che non avevo mai visto prima, uno di loro mi fissava, però non ero sicura che fosse Alex.

Aveva i suoi stessi occhi, mentre i capelli, che io ricordavo attaccati al viso per colpa della pioggia, erano tirati su con il gel, un po’ sparati dappertutto.

Indossava una giacca di pelle (ovviamente nera, quanta fantasia!), dei jeans blu scuro e sotto la giacca si intravedeva una maglia bianca con il collo a V.

Notai che all’orecchio destro portava un orecchino tipo piercing d’argento, uno spuntone.

Sembrava molto diverso dal ragazzo che avevo conosciuto.

“Davvero carino! Ma anche i suoi amici non sono certo da meno!”

“Piantala Sere, siamo in ritardo, quindi entriamo. E per favore vedi di passare inosservata!”.

Dissi alzandomi.

Attraversai la strada assieme alla mia amica, ma per entrare dovevamo passare accanto a quei ragazzi.

Non ci notarono.

Proseguimmo lentamente … molto lentamente.

Signore ti prego aiutami tu!

Proprio mentre stavo per varcare la soglia mi sentii afferrare il polso e una voce soave disse:

“Da quando non si saluta … Anita? …”.

Prima o poi dovrai spiegarmelo cosa ti ho fatto per meritarmi questo!

Mi voltai, il ragazzo che credevo Alex mi rivolse un sorrisetto malizioso, non c’erano dubbi: era lui.

“Alexander” dissi con un tono di completa indifferenza.

“Come mai da queste parti? Tu e i tuoi amici non dovete andare a scuola?” continuai con lo stesso tono.

“No” disse ridacchiando, cosa ci trovava di così divertente?

“E voi che fate?”

“Non saprei, stiamo entrando in un liceo è così difficile capire dove andiamo … a proposito l’altro giorno sei sparito all’improvviso, dove sei andato?”

“Qualcuno è un po’ curioso!”

“Ah! Cavolo rispondi!”

“Da mia nonna, siccome sono appena arrivato in città mi ospita lei”

Serena 1 Anita 0

“Non puoi stare con i tuoi?”

“…” abbassò lo sguardo, sembrava triste.

Sperai con tutto il cuore di non aver fatto un casino.

 “Mi dispiace … spero di non averti causato brutti ricordi”

“No, no figurati!”

Ecco, era tornato allegro, se lui si potesse definire allegro!

“Senti Anita, prima che mi dimentichi, mi dispiace il liceo oggi è chiuso”

“Sentiamo un po’, chi lo dice?” chiesi con una voce da saputella, se lo meritava!

Chi si credeva di essere questo qua?!

“La polizia, non hai sentito la notizia … Piccoletta?”.

“No,non l’ho sentita … E NON CHIAMARMI PICCOLETTA!”

Rise, ma ero così divertente oggi?

“Ieri è stata assassinata ieri una studentessa, mentre era ai corsi di recupero serali”.

“Davvero?! Chi?!”

Chiese Serena.

“Elisa Bianchi … Piacere Alex, tu sei?”

“Serena, piacere mio”

Dissero stringendosi la mano.

“Ma vi sembra il caso?! Piuttosto, tu come fai a saperlo? Nessuno ne è ancora a conoscenza a quanto ho capito … Guarda, non è arrivata nemmeno la televisione” sembrò deglutire, ma forse fu solo un’impressione.

“Perché dovrebbe venire la TV?”

“Andiamo, già vedo i titoli: “Il quarto omicidio misterioso”, oppure “Il killer fantasma colpisce ancora” … Ti pare che si farebbero scappare uno scoop del genere? Comunque non cercare di cambiare argomento, non attacca con me …”

Dopo un attimo di silenzio mi rispose

“Conosco la famiglia della ragazza, scusaci ma adesso dobbiamo andare. Ci sentiamo presto … mia piccola Anita” arrossii, poi lui sgommò via, assieme ai suoi amici.

“Sere ne sapevi niente?”

“Intendi della ragazza? No, mi dispiace …”

“Senti, proviamo ad andare a chiedere alla polizia?”

“Sei sicura? Non credo ci diranno qualcosa ...” neanche io lo credevo, in fondo che speravo di fare?

Andare là e chiedere “Scusi, sono molto curiosa, mi fa vedere la cartella clinica della ragazza morta? O almeno il cadavere se non le è permesso, sa sto giocando alla giovane investigatrice!”

Idee da pazzi.

“Vorrà dire che faremo delle indagini per conto nostro …”

“Frena! Anita mi spaventi! Cosa intendi fare? Non vorrai mica intrufolarti nella scuola e cercare il cadavere per vedere in che stato è ridotto?”

“Veramente no … ma ora che ci penso è un’ottima idea! Grazie Serena!”

La faccia che fece la mia amica dopo quella mia affermazione era indescrivibile.

“Ma sei pazza?! È un reato! Ti proibisco anche solo di pensarci!”

“Serena so che può sembrarti strano ma sento che devo saperne qualcosa di più … non so il perché, è come se fosse una necessità … Ti prego”

“ …”

“Per favore … Mi accompagni?” chiesi supplichevole.

La mia amica tirò un sospiro con fare rassegnato.

 “Perché tu credi che io ti lasci sola là dentro? Sei proprio stupida Any, lasciatelo dire”

“Grazie! Sei la migliore!”

“Ma adesso ci vedrebbero” pensai.

“Stasera qui alle 9, non mancare Sere”

“Non farmene pentire”

 

 

 

 

 

 

Nda: Salve popolo! Un milione di grazie a tutti coloro che hanno recensito! Siete fantastici ** Questa giornata è stata orrenda! Avevo bisogno di qualcosa che mi facesse sentire meno depressa e, siccome ho finito di vedere Alcatraz su premium play (alla TV mi becco sempre le puntate in inglese -.-"), ho deciso di aggiornare. Che ne pensate del capitolo? Dal prossimo comincerà ad esserci un po' di azione e, tra non molto, la verità inizierà a venire a galla. Via avverto già che, nel caso io citi vie, nomi di palazzi, piazze, ecc è TUTTO FRUTTO DELLA MIA MENTE MALATA, purtroppo non vado spesso a Milano e non la conosco molto bene ... anche la scuola di Anita, ovviamente, è inventata. Quindi, riferimenti a fatti, luoghi e persone sono puramente casuali, meglio specificare u.u. Penso di aggiornare tra una settimana, non ne sono sicura perchè sono piena i verifiche! A presto! Sono benvolute tutte le recensioni, positive e non! Xoxo

Christelle*

P.S sono riuscita ad aggiungere le "Note dell'autore"! Ci provavo da due giorni ma il computer non me le prendeva ... lo so, sono un disastro, vi abituerete :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cap 6 - Detective improvvisate ***


Capitolo 6: Detective improvvisate

 

Serena arrivò molto puntuale all’appuntamento.

Con un veloce scambio di sguardi decidemmo che era arrivato il momento.  

 

 

 

Davanti all’entrata principale ci saranno state almeno una decina persone tra poliziotti e medici.

Appostate dietro alcuni cespugli li sentimmo discutere.

“Voglio che manteniate la scena del crimine intatta, non spostate nulla: nemmeno il corpo” disse uno di loro.

“Neanche per sogno! Ora è necessario accertare le cause della morte!”

Il cadavere era ancora dentro.

Benissimo.

Con passo lento e furtivo ci avviammo verso la porta sul retro, implorando che almeno quella non fosse bloccata.

Le nostre speranze si rivelarono vane.

Il cancelletto era sorvegliato a vista da quattro agenti in divisa, evidentemente erano molto prudenti.

Nei film dicevano tutte le volte “Il colpevole torna sempre sulla scena del delitto!”, magari loro ci speravano.

Come quando dei bambini il 24 dicembre restano alzati tutta la notte ad aspettare Babbo Natale, che puntualmente non si fa vedere.  

“Caspita questa non ci voleva, e adesso che facciamo Anita?!”.

Ci pensai un attimo: anche se Serena fosse riuscita ad allontanarne uno ci sarebbero stati gli altri tre da sistemare … cosa potevo fare?

Ad un tratto il lampo di genio!

“Sere ricordi le scale antincendio?”

“Ah si, quelle che usiamo per le esercitazioni?”

“No, non le nostre. Quelle vecchie”

“ Non le hanno chiuse?”

“Esatto, e dove si trovano?”

“Nei pressi del linguistico penso … ”

“Bene, ecco il piano: entreremo nel cortile scavalcando il muretto dove è più basso, poi ci avvieremo verso la rampa e alla fine entreremo. Ci siamo passati davanti prima e non ho visto nessuno di guardia … Piano geniale no?”

“Speriamo …”

Mi fissò con una faccia che sembrava dire “se ci beccano è la volta buona che ti ammazzo, a costo di finire in carcere!”

“Rilassati Sere … quando mai i miei piani vanno a monte?”

“Sinceramente? Sempre …”

 

 

 

 

Dopo essere entrate nel giardino e aver salito la rampa incontrammo un piccolo problema.

 “Cavolo Any! Non si apre!”

Cavolo!

Avevo dimenticato che la porta antincendio si apriva solo dall’interno perché era difettosa!

Per questo avevamo smesso di usarla.

E adesso?

“Aspetta! Si è aperta!”

“Cosa?! Ma ne sei sicura Sere?”

“Si, probabilmente la serratura era rovinata …”

“ … ”

“Qualcosa non va Anita?”

“No, va tutto alla perfezione … ed è esattamente questo il problema”

 

 

 

Appena entrate notammo l’alone di tenebra che avvolgeva i corridoi, quella notte la luna non c’era, anzi era previsto un temporale.

“Per fortuna che ho portato una torcia” mi sussurrò la mia amica nell’ orecchio.

“Ottimo lavoro”

“Che facciamo adesso?” chiese, leggermente perplessa e impaurita.

Non è cosa da tutti i giorni intrufolarsi in un edificio dove era stato commesso un crimine … suppongo che sia considerato un reato.

Anzi, sicuramente è considerato un reato.

Bhe, siamo minorenni, non ci possono mandare in galera … vero?

“Cerchiamo il cadavere, mi sembra ovvio”

“Ma la scuola è gigantesca! Ci metteremo delle ore!”.

Purtroppo aveva ragione un’altra volta.

Non per vantarmi ma il nostro istituto* è uno dei più grandi della città! Nel peggiore dei casi ci avremmo potuto mettere l’intera notte, a meno che …

“Dividiamoci”

“Cosa?! Ma sei matta?!”

“È l’unico modo per trovare ciò che cerchiamo, ci terremo in contatto con il cellulare”

“Ne sei sicura?”

“Perché? Hai paura Sere?”

“Un po’”

“ … Anch’io … ”.

 

 

 

Serena andò a perlustrare l’ala destra mentre a me toccò la sinistra.

Era talmente buio che dovetti procedere con la luce del telefonino!

La scuola era così tetra e spaventosa che ad ogni scricchiolio mi veniva un infarto, e non era una cosa positiva.

Ad ogni angolo prima di proseguire mi fermavo a controllare che non ci fosse nessuno … la prudenza non è mai troppa.

Dopo circa quindici minuti di cammino mi arrivò una telefonata di Emy, risposi immediatamente.

“L’hai trovata?”  mi chiese.

“No, tu?”

“Nemmeno” accidenti!  Speravo avesse qualche novità!

“Allora continua a cercare”

“Ok Any, passo”

“ … Passo?”

“Si dicono così nei film, passo e chiudo” e attaccò.

Passo? Chiudo?

Questa storia le aveva seriamente dato alla testa … forse è vero che ho una cattiva influenza su di lei …

Vabbè, lasciamo stare e riprendiamo questa sottospecie di indagine.

Dopo altri venti minuti stavo cominciando a perdere la pazienza.

Mi resi conto che non potevo continuare ad andare avanti alla cieca, di conseguenza decisi di fermarmi a riflettere.

“Raccattiamo gli indizi:

1- Alex ha detto che la ragazza è stata uccisa ai corsi di recupero serali

2- La notizia stamattina non è stata trasmessa

Quindi è molto probabile che sia morta ieri sera, altrimenti la voce si sarebbe già sparsa” 

Fin qui era tutto abbastanza ovvio.

“Continuiamo:

3- Ieri era martedì … mi pare ci fossero i corsi serali di: storia, inglese, latino e scienze … quindi frequentava uno di questi corsi!” 

Bene!  

Pian piano stavo facendo dei progressi, ero eccitatissima!

“Ora, le aule che usano per storia e latino si trovano nell’ala sinistra, mentre le altre nell’ala destra! C’e l’ho fatta! Devo chiamare Serena!”.

Composi molto frettolosamente il suo numero di cellulare.

“Si?”

“Serena ascoltami attentamente! Corri a controllare le aule che si usano per i corsi serali di scienze e inglese! Fai in fretta!”

“Perché?”

“MUOVITI!” riagganciai.

Senza notarlo mi ero messa a correre. Arrivai in pochissimo tempo alla prima aula, quella di storia. Entrai spalancando con violenza la porta, ma non vi trovai niente.

In quel preciso istante mi arrivò una telefonata.

“Sere?”

“L’ho trovata …”

“Davvero! Dove?!”

“Nell’aula di inglese …” sentivo nel sottofondo strani rumori.

“Tutto a posto?”

“Si si … cioè … sono appena corsa in bagno a vomitare … ora sto tornando verso l’aula”

“È conciata così male?”

“Diciamo … Forse sono io, sai non vedo cadaveri tutti i giorni”

“Può darsi, senti io …”

Sentii altri strani rumori in sottofondo, ma diversi da quelli di prima.

“Ehi cosa succede? Cavolo!”

“Cosa c’è Sere?! Stai bene?!”

“Shhh parla sottovoce … c’è qualcuno”

Il panico mi assalì.

Le gambe iniziarono a tremare, caddi in ginocchio.

Come poteva esserci qualcuno?!

“Serena va via …”

“Aspetta, provo a vedere chi è, forse …”

“SERENA VATTENE CAZZO**!”

“Non ci posso credere, non può essere … lui … oddio!”

“COS’È SUCCESSO?! SERE RISPONDI!”

“Mi ha visto, mi ha visto!”

Il rumore causato dalle scarpe della mia amica mentre correva rimbombava nel cellulare, provocando un eco fastidioso, riuscivo a sentire la sua paura, il suo fiato corto …

“Anita … è scomparso!”

“Cosa?!”

“Si, mi sono girata e lui non c’era … Any tu non puoi capire! Lui … AHHH!”

“SERENA!”

“Lasciami! … Per favore lasciami andare … aiuto Anita … TU,  TU, TU”.

Scostai sconvolta il telefono dall’orecchio: chiamata interrotta.

 

 

*colgo l'occasione per dirvi (se non l'ho già fatto) che la MAGGIOR PARTE se non TUTTI i luoghi che citerò sono frutto della mia testolina, compresa la scuola di Anita, visto che praticamente non vado mai a Milano (purtroppo).

**scusate il linguaggio ma, diciamocelo, in questa situazione chiunque lo direbbe!

 

 

 

 

 

NdA: Buongiorno ^^. Mi scuso per il ritardo, come vi avevo già detto (mi pare) settimana scorsa è stata un tormento inimmaginabile ... Il capitolo 7 penso di pubblicarlo tra 2 settimane visto che non l'ho ancora iniziato e questa settimana non ci sono. Bene, ora che abbiamo chiarito veniamo al dunque: che ve ne pare?? Aspetto ovviamente vostri commenti e ricordo ai lettori che non mordo (non ancora almeno ... non si sa mai) :D. Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, alla prossima! Una grande bacio a tutti!!

Xoxo

Christelle*

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cap 7 - Com'è possibile? ***


Capitolo 7: Com'è possibile?

Non saprei descrivere quello che accadde negli attimi seguenti a quella telefonata.

È tutto confuso, come se il mio cervello si fosse scollegato per un paio di minuti, come se d’un tratto avessi smesso di pensare.

L’unica cosa della quale sono certa è che ero seduta a terra, schiena contro il muro e testa fra le mani.

I capelli erano tutti scompigliati e incollati alla testa per il sudore.

Si, stavo sudando.

Sudavo freddo.

Il mondo intorno a me pian piano scomparve, inghiottito dal nero più profondo e tetro che avessi mai visto.

Fu come entrare in trance.

I miei occhi vagavano senza meta in quella oscurità apparente, confusi e disorientati mentre le parole di Serena, le sue ultime parole, riecheggiavano con un eco sinistro nella mia testa.

C’era qualcuno, ma non se n’è andata.

Era corsa via, ma l’aveva raggiunta.

Si, l’aveva raggiunta … e se fosse troppo tardi?

No! Non dovevo nemmeno pensarci!

Serena non poteva … lei non … non può.

Stavo tremando, tremavo molto forte.

Avevo paura … ero stata un’idiota.

Perché sono venuta qui? Perché ho portato Serena?

Perché?!

Perché?!

PERCHE’?!

“Perché?!” urlai, scoppiando in un pianto disperato.

Da sola, in quel corridoio deserto, senza la mia migliore amica.

Io non piango mai, precisiamolo.

Non ho pianto quando a sei anni è morto Pablo, il mio cagnolino; quando a dieci anni nonna ci ha lasciato; quando papà e la mamma si sono separati …

Io ero forte, lo ero sempre stata … dovevo esserlo.

Perché quando gli altri sono tristi hanno bisogno di qualcuno con cui sfogarsi, di una spalla su cui piangere, e quella spalla sono io … se anche io piangessi loro non si sentirebbero più al sicuro, protetti; non capirebbero che tutto andrà bene.

Io non avevo mai avuto qualcuno con cui piangere, non mi ero mai lasciata andare così tanto con una persona.

Neanche con mia madre, con la mia sorellina, con Serena … con nessuno.

Non che non mi fidassi di loro, che non volessi loro molto bene, solo … non potevo, non potevo e basta.

Io non potevo permettermi il lusso di essere debole.

Soprattutto non in questo momento!

Serena aveva bisogno di me, cavolo!

Serena poteva essere in pericolo!

Serena contava su di me!

Lei … per lei dovevo farcela!

“Sto arrivando Sere”

 

 

Mi alzai con uno scatto improvviso e cominciai a correre.

Fu come se il mio corpo si muovesse da solo, come se cervello e gambe fossero due cose separate.

Non sentivo niente: fatica, stanchezza … solo il bisogno di correre.

Di correre da lei.

Scivolai un paio di volte sul pavimento bagnato per poi rialzarmi senza fatica, per poco non mi schiantai su una parete appena riverniciata e caddi perfino giù dalle scale.

Non so come, ma riuscii ad arrivare viva davanti al bagno da cui Serena mi aveva chiamato illesa.

Personalmente lo considero una specie di traguardo personale (e ovviamente quando serve il prof di educazione fisica non c’è mai).

Sulla porta vecchia e malandata, di un rosso spendo e sbiadito, si intravedeva a malapena la scritta “WC”, un tempo probabilmente d’orata.

La porta si aprii provocando un sinistro cigolio, che mi fece venire la pelle d’oca.

Le piastrelle grigiastre erano increpite in più punti, alcune erano perfino rotte.

Molti pezzi erano sparsi ai bordi della stanzetta, per non essere d’intralcio.

Era praticamente spoglia: due lavandini, tre bagni e uno specchio.

Tutto rigorosamente grigio.

Tranne le porte del bagno, no.

Ovviamente quelle erano verde acceso.

Mi sono sempre chiesta: perché verde?

Cosa diamine c’entra con tutto il resto?

Ma questo non è rilevate, discuteremo del pessimo gusto estetico della preside un’altra volta …

Entrai, guardandomi intorno con fare circospetto, quasi come un ladro; mi spostavo con passi piccoli e silenziosi, come se strisciassi sul pavimento.

Dovevo prestare attenzione.

Nella mano destra impugnavo con stretta ferrea il coltellino svizzero di mamma, rubato prima di intraprendere la nostra “missione”.

Tremavo.

D’un tratto, la porta del gabinetto numero due, quella alle mie spalle, si spalancò.

Puntai istintivamente il coltello contro l’ignota figura, seminascosta dall’oscurità.

“Sono armata! Attento a te!”

Urlai, terrorizzata.

“Anita ma sei scema?! Abbassa quel coso per favore!”

“… Serena?”

 

 

Fu come riemergere in superficie dopo essere rimasta in apnea per ore.

Era lì, Serena, davanti a me: era viva.

Le saltai addosso, stritolandola, mentre un’ultima lacrima, stavolta di gioia, solcava il mio viso.

“Serena stai bene! Grazie al cielo …”

“Ok, senti Anita non che mi dispiaccia questa improvvisa dimostrazione d’affetto ma … cosa ci fai qui?”

Rimasi sbigottita.

Non era possibile vero? Era di sicuro uno scherzo, e anche di pessimo gusto …

“Come? In che senso Serena?”

“Intendevo …” proseguì lei “ … cosa ci fai GIÀ qui, stavo per chiamarti … Ah, ho capito! Hai finito di controllare le altre aule e, visto che non c’era niente sei venuta a darmi una mano! Comunque guarda che il corpo è di là, però è una scena orrenda! La ragazza è …”

“Serena si può sapere cosa stai dicendo??”

Smise immediatamente di parlare, questa volta era lei quella confusa.

“Come?”
“Sei stata tu a chiamarmi, dieci minuti fa circa …”

Scoppiò a ridere.

“Ahahahahah! Ma che stai dicendo Anita? … Anita stai bene?”

Avevo ripreso a tremare, se possibile ancora più forte di prima.

Mi accasciai a terra per la seconda volta, con le braccia strette al petto, mentre Serena farfugliava qualcosa con tono preoccupato.

No, non sentii quello che mi diceva.

Ero confusa, disorientata … lei mi aveva chiamato! Ne ero certa!

Non sono mica pazza io!

Eppure, com’è possibile?

La mia mente era un groviglio di pensieri disordinati, senza capo né coda.

Fu come cadere di nuovo in un baratro.

Le mie domande, i miei dubbi, mi stavano soffocando.

“Serena?”

“Anita finalmente rispondi! Stai bene? Che ti è successo?”

“Vuoi che stia bene? Ti prego, dimmi che mi stai prendendo in giro, che ti ricordi cos’è successo vero? La telefonata, la persona che era qui … te lo ricordi vero?”

“ …”

“VERO?!”

Urlai disperata.

“Anita cosa stai dicendo … qui non è successo niente …”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA: *Si avvicina portandosi dietro Alex come scudo umano" A: "Puoi, gentilmente, spiegarmi COSA CI FACCIO QUI?!"   C: "Shhh! Tu sei il diversivo! Se tentano di picchiarmi, e credimi hanno tutti i motivi per farlo, ti lancio sulla folla e mi rintano nel bunker!"   A: "Perchè io?! E poi scusa, non lo avevi demolito quel bunker?"    C:" Taci! Ne ho uno di riserva, per situazioni come questa, ma è un segreto ... Ora sii carino e coccoloso e lascia parlare l'autrice!"   A: "Autrice, insomma ... "    C: "Sfotti poco, non hai idea di quello che potrei farti fare.... Muahahahah (risata malvagia con tanto di lampi e tuoni)".

Ehm, allora, eccoci qua. Parto con l'implorare il vostro perdono! Non pensavo di metterci così tanto ad aggiornare, cercherò di essere più regolare ma la scuola mi sta soffocando! (Ho preso 7 e mezzo in matematica! Sono un fottuto genio!). Comunque, capitolo leggermente più corto degli altri, lo so, ma non volevo farvi aspettare oltre. Ringrazio tutti coloro che hanno recensito i capitolo precedenti, in particolare lady_blacK_Rose e Cassandra Nox che lasciano sempre un segno del loro passaggio, grazie di cuore ^^ ... Ovviamente ringrazio anche tixy che ha aggiunto la storia alle preferite, mi piacerebbe tanto leggere una tua recensione, e Maya99 che l'ha aggiunta alle ricordate :).

Poi ci sarebbero anche tutti gli altri che hanno messo la storia tra le segiute ma a scrivere tutti i nomi ci metto troppo tempo! Ringrazio anche voi di cuore <3

Alla prossima!! Mi raccomando, se siete arrabbiati ... Prendete lui! *scaglia Alex contro la folla e si rintana nel bunker di riserva

Xoxo

Christelle*

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=955604