NCIS - College Version

di cheekbones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Prologo] Come eravamo ***
Capitolo 2: *** Take a breath ***
Capitolo 3: *** Prendi una decisione e falla tua ***
Capitolo 4: *** All we are, we are ***
Capitolo 5: *** Cosa sei disposto a perdere? ***
Capitolo 6: *** Remember me ***
Capitolo 7: *** On the radio ***
Capitolo 8: *** Goodbye, Tony... ***
Capitolo 9: *** ... Welcome back, Zee ***
Capitolo 10: *** The strangers ***
Capitolo 11: *** Fuoco incrociato ***
Capitolo 12: *** Le cose che non ti ho detto ***
Capitolo 13: *** Family is more than just DNA ***
Capitolo 14: *** It's time for me to go Home. ***
Capitolo 15: *** Unexpected ***
Capitolo 16: *** Supernova (Part 1) ***
Capitolo 17: *** Supernova (Part 2) ***
Capitolo 18: *** Only the good die young ***
Capitolo 19: *** Make it or break it ***
Capitolo 20: *** Fai bei sogni ***
Capitolo 21: *** Di bersagli e riviste porno. ***
Capitolo 22: *** The best way to predict the future is to invent it. ***
Capitolo 23: *** Three, Two, One, Go! (part 1) ***
Capitolo 24: *** Three, Two, One, Go! (part 2) ***
Capitolo 25: *** Aba ***
Capitolo 26: *** It's time to begin, isn't it? ***



Capitolo 1
*** [Prologo] Come eravamo ***


NCIS
NCIS - COLLEGE VERSION

Prologo

Due anni e mezzo dopo.





Nonostante tu abbia trentacinque anni, una vita agiata e felice, ci sono sempre cose che ti possono sconvolgere.
"Sono incinta, Jethro" e il suo mondo si era ribaltato in meno di sei secondi netti. Non che gli dispiacesse - amava Shannon e, per quanto fosse diversa da lui, era consapevole che senza di lei la sua vita sarebbe stata alquanto invivibile. Ma lui non era bravo con i bambini; con gli adolescenti poteva urlare e sbraitare. Con gli adulti poteva litigare. I bambini, invece, prendevano tutto. I bambini diventavano tutto. Era stato già abbastanza complicato accettare che un'altra persona fosse fondamentale, ma un figlio? Sarebbe stato in grado di essere un buon padre?
Con la figlia di Fornell era bravo, ma non si sentiva responsabile e, quindi, era diverso. In ogni caso, Shannon sembrava rinata: accarezzava il pancione, sorrideva a tutti e aveva scoperto dei libri sulla gravidanza nel suo comodino. Un pò lo faceva soffrire che lei l'avesse tagliato fuori, però in un certo era sollevato dal non dover pensare ad altro.
Si, Jethro Gibbs era entrato nel panico.





themetalmistress:

“What if you made a different choice?”

NCIS 9x14 Life Before His Eyes


9x14


1.



Tony si svegliò molto dolcemente, come non succedeva da molto. Le lezioni alla Washington University lo impegnavano molto più del previsto e riusciva a malapena ad andare in palestra, nei momenti liberi dallo studio. Non faceva che correre in giro e si occupava dell'appartamento che suo padre gli aveva comprato dopo il diploma; i rapporti con lui ernoa talmente migliorati, che si sentiva libero di chiamarlo, se aveva qualche problema. Certo, evitava di farlo se sapeva della presenza di Kate, con lui. Li aveva beccati solo una volta a fare sesso, e gli era bastato.
Poi c'erano i pomeriggi passati in gelateria con Abby e McGee, gli unici amici che gli erano rimasti del liceo. La prima viveva nel campus universitario, mentre al secondo aveva affitato una stanza del suo appartamento, per pagare almeno le bollette e non farlo fare a suo padre. Vivere con McGee si era mostrata un'impresa quantomai dura da superare: avevano orari e abitudini talmente diverse da fare a botte, ma si volevano troppo bene e la situazione andava troppo comoda a tutti e due. Inoltre, la presenza costante di Abby in quell'appartamento gli era molto gradita.
Per cui, la sua nuova vita universitaria, non era molto rilassante. Quella domenica mattina, però, si era liberato da ogni impegno proprio per dormire qualche ora in più. Sorrise, spostando una ciocca di capelli scuri dal naso. La sua ragazza russava ancora, a differenza sua: dormiva tranquilla, per niente disturbata dai suoi movimenti. Tony si sporse leggermente e le baciò una tempia. Lei mugugnò qualcosa e lo fece sorridere.
"Buongiorno, Wendy!" le accarezzò il braccio e la ragazza gli sorrise. "Ehi" si stiracchiò, spostando le coperte.
"Tim ha fatto il caffè?" domandò a Tony, che si stava alzando.
"Spero per lui di si, guarda" alzò gli occhi al cielo. "Sono giorni che non mi fa dormire per colpa di quell'assurdo progetto di Scienze, se non mi ha preparato la colazione mi incazzo! Tu fai con calma" le fece l'occhiolino e uscì dalla stanza, mentre Wendy annuiva e si buttava sul cuscino a peso morto.
La loro relazione era cominciata da poco meno di un anno, con grande stupore dei suoi amici. Wendy sapeva esattamente cosa voleva, quando lo voleva e a Tony piaceva esattamente per questo. Non si sentiva di dirle Ti amo, nè di prometterle alcunchè (non era il tipo) e voleva essere abbastanza libero da fare quello che sentiva. Wendy, tuttavia, era diventata oramai una relazione seria, nonostante le sue rimostranze.
A suo padre, lei non piaceva. Gli aveva fatto capire che la considerava un'arrampicatrice sociale - ma quando mai Anthony Junior aveva seguito i consigli di Senior? Era solo geloso, secondo lui.
"McCaffè!" salutò Tony, con uno sbadiglio. Entrò in cucina solo in boxer e l'aria sfatta, mentre il suo coinquilino lo guardava disgustato.
"Mettiti qualcosa addosso, Tony!"
"Hai paura di essere abbagliato dalla mia fantastica bellezza?" scherzò Tony, tirandogli uno scappellotto. Notò con piacere che stava facendo il caffè con la moka italiana che aveva comprato prima di trasferirsi da solo nel suo appartamento. "Ti abbiamo disturbato?" continuò, più serio.
"No, no. Avete fatto piano" sorrise lievemente, osservando il caffè uscire. "E poi io e Abby ci siamo presi una paura dal progetto, per farlo visionare al rettore della facoltà di Ingegneria" fece spallucce. "Prima della consegna, vogliamo essere sicuri che funzioni"
"Ce la farete" si allungò per prendere due tazzine dalla credenza. "Siete i più geniali che conosca!"
"Ma il progetto 09 coinvolge tutta la nazione" tirò un sospiro "e frutterà molti soldi ai vincitori"
"Dai, non deprimerti, McTristezza" gli tirò una spallata divertita. "Voglio parte del premio, quando vincerete"
"Oh, speriamo, io..."
"Buongiorno, McGee!" lo salutò Wendy, accuratamente vestita. Baciò Tony e sorrise all'altro. "Per me niente caffè, devo proprio andare. Pranzo con i parenti, che noia. Ci sentiamo, eh?" uscì di corsa dall'appartamento e McGee la seguì con lo sguardo confuso.
"Ancora non posso credere che stiate insieme da nove mesi!"
Tony si limitò a fare una smorfia e prese un biscotto dalla credenza, in attesa del caffè. "A chi lo dici. Ma lei mi piace, per quanto non voglia mettere la testa a posto, sai. Mi da quello di cui ho bisogno, adesso"
Tim non rispose, preferendo preparare la tavola per la colazione. Tony non ebbe alcun bisogno di sentire la sua opinione, visto che la conosceva già bene: a lui, Wendy non dispiaceva, però trovava che non fosse fatta per stare con Tony.
"Caffè pronto!"

Devi diventare vuota. Svuota tè stessa, Ziva. Guardò dritto di fronte a sè e sparò. Tolse gli occhiali e, compiaciuta, si accorse di aver colpito il manichino proprio nei punti chiave: testa e cuore. Precisa, letale. Scaricò la pistola e uscì dal poligono di tiro del Mossad.
Fuori, poggiato al muro, c'era Michael Rivkin. Suo padre gli aveva dato l'incarico di affiancare Ziva, visto che erano i suoi primi mesi al Mossad come agente; contemporaneamente, cercava di laurearsi in Lingue e di completare l'addestramento di routine, sebbene fosse molto giovane - avere un padre come Direttore le era decisamente servito.
"Michael" salutò, sorpassandolo. Aveva il sentore che avesse una cotta per lei e, in quel caso, cascava male. Ziva David aveva chiuso con gli uomini.
"Ziva" le andò dietro, sorridente come sempre. Un pò era positivo averlo intorno, visto che riusciva spesso a farla ridere - e a letto era bravo. Tuttavia non era stata con molti ragazzi per fare il paragone: in vent'anni di vita, aveva fatto sesso solo con Michael e con un'altra persona.
"Cosa vuoi, Michael?" lo trattava sempre con freddezza.
"Devo starti dietro, è il mio compito. Ah" la bloccò per un braccio, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra. "Prima di andare al quartier generale, che dici se facciamo una sosta a casa tua?" le sorrise e Ziva corrugò la fronte.
"Scordatelo" lo cacciò via. "Perchè dobbiamo andare al quartier generale?"
"Mi hanno affidato una missione, visto che sono fermo da un pò" con una smorfia si allontanò da lei, riprendendo a camminare. "Ho chiesto di farti venire con me, tanto per cominciare a prendere la mano con gli incarichi; è abbastanza semplice, solo di controllo e tuo padre ha accettato di farti venire con me"
Non ne avevo dubbi la ragazza alzò gli occhi al cielo. Suo padre spingeva affinchè facesse coppia fissa con Michael - forse si sentiva in colpa per ciò che era accaduto due anni e mezzo prima, forse perchè non desiderava che sua figlia entrasse nel Mossad, tanto da spingerla tra le braccia di chiunque pur di distrarla.
"Cosa dovremmo fare?" tirò su col naso.
"Si parte fra due giorni. Hai quarantotto ore per preparare la valigia. In ogni caso, dobbiamo scoprire la persona di collegamento tra una cellula terroristica dormiente e uno studente americ..."
"Aspetta un secondo" lo fermò bruscamente. "Dobbiamo andare in America?"
"Si, a Washington. All'università, per essere precisi. La cellula lavora lì e le nostre fonti dicono che hanno un nuovo membro, una specie di genio dell'informatica che li starebbe aiutando ad attivare di nuovo la loro cellula. Dobbiamo trovare lo studente e neutralizzarlo, se possibile" fece spallucce. "Stai bene?"
Ziva era impallidita e, per un secondo, ebbe una certezza: Ecco perchè mio padre ha accettato!

Tutte le mattina, Tony DiNozzo andava a correre al Rooney Park, vicino al suo appartamento. Era piccolo e ben tenuto, ma soprattutto alle sette del mattino non c'era nessuno. Anche quella domanica mattina andò a correre, ma il Rooney, alle dieci, pullulava di persone. Era diventato molto più caotico da quando il governatore aveva deciso di inaugurare lì un nuovo edificio federale e, prima del grande evento, molti stand di dolci e zucchero filato si erano piazzati in bella mostra davanti ai cancelli.
Ma Tony non andava lì solo per correre. Sorrise, vedendo che il suo professore era, come sempre, seduto alla stessa panchina.
"Buongiorno, Boss"
"Tony" Gibbs prese un sorso del suo caffè e gli porse l'altro, che aveva accanto a sè. Tony lo accettò di buon grado e si sedette accanto a lui.
"La dottoressa Stevens?"
"Prosegue la gravidanza. E Tim e Abby?"
"Stanno ancora impazzendo dietro al progetto 09!" ridacchiò, prendendo un altro sorso del suo amato caffè extra zuccherato. Era diventata una piacevole abitudine chiacchierare con Gibbs, prima di rientrare nella sua pazza vita da universitario. Si erano incontrati la prima volta l'anno prima e Tony aveva attaccato a parlare a macchinetta - perchè era stanco, tanto stanco e voleva solo che tutto tornasse come era prima. Il giorno dopo gli aveva detto che Shannon era incinta, quello dopo ancora gli aveva portato il caffè; alla fine, vedersi era risultato talmente normale, da parte di entrambi, che non riuscivano a rinunciare alla cosa. Inoltre, Gibbs si occupava ancora della squadra di basket e lo aiutava spesso per i suoi esami alla facoltà di Educazione Fisica.
Gli aveva anche raccontato di Wendy e l'aveva visto fare una smorfia contrariata, oltre che vagamente sorpresa. C'erano anche giorni in cui restavano in silenzio, solo per godersi l'aria pulita del parco. Quella, era una di quelle mattine.




Ziva entrò piano nel suo -loro- nuovo appartamento. Era piccolo, con due camere singole, un bagno e una cucina, separata dal salone solo da un angolo cottura abbastanza largo. Era carino, ma soprattutto, vicino all'Università. Michael aveva poco meno di trent'anni ma, falsificando i documenti, era riuscito ad apparire come uno studentello di Gerusalemme al suo ultimo anno di Università e aveva "accettato" il ruolo di assistente del professore di Lingua e Cultura Araba. Ziva era ufficialmente la sua fidanzata, una certa Rachel Watson. Il nome, perlomeno, le piaceva. Le era stato ordinato di uscire raramente di casa, doveva solo aguzzare la vista e lavorare al computer, per dare man forte a Michael.
Tutti, al Mossad, sapevano del suo passato a Washington e non volevano rischiare: avrebbero potuto riconoscerla. Ma lei era di casa, in America, quindi una risorsa troppo succosa per non essere sfruttata. Ziva aveva fatto quello che sentiva: era andata dal parrucchiere e si era fatta fare un taglio nuovo, giusto per evitare di essere riconosciuta. Certo, dieci centimentri di capelli erano volati via, ma era abbastanza soddisfatta. Entrata nell'appartamento, aveva aperto le tende; dalla finestra si vedeva un parco molto carino e decise che sarebbe andata a correre lì.
Tanto, chi vuoi che ci sia alle sette di mattina?
"Ti ho già detto che con questo nuovo taglio sei uno splendore?" Michael le circondò i fianchi con un braccio e le baciò il collo.
Come sempre, lo stomaco di Ziva si contorse, in una mossa dolorosa che urlava, in tutta la sua potenza, che era tutto, fottutamente, sbagliato.


































Maia says:


^_^ AH! Non uccidetemi, per favore.
Ve lo aspettavate, dite la verità?! xD [Cele se lo aspettava, scommetto!] Bah. Ditemi voi xD Continuo? :O

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Capitolo 2
*** Take a breath ***


NCIS
NCIS 7x04 Good Cop, Bad Cop


Ziva: But he was never there.

3x17



Le sue giornate trascorrevano tra i libri che si era portata da Tel Aviv, per affrontare un esame all'Università, il computer con i dati che Michael le passava e la televisione.
Ergo, il piano era abbastanza semplice, l'avrebbe compreso anche un bambino di dieci anni: sta in casa, zitta, possibilmente a viso coperto e, per carità, evita di immischiarti eccessivamente nel caso. Perchè Ziva David aveva poco più di vent'anni, era appena entrata nel Mossad e non poteva in alcun modo prendere parte alla missione. E Ziva cosa aveva fatto? Naturalmente l'esatto contrario.
Per prima cosa, aveva sedotto Michael. Ci era andata a letto, solo per farsi raccontare come stava andando all'Università e gli aveva fatto una serie infinita di moine che avevano lo scopo diretto di farla partecipare in prima persona - che le avevano fatto guadagnare l'appellativo orribile di gattina.
Si era offerta a lui, aveva mentito, si era trasformata nella Mata Hari della situazione: ebbene, in dieci minuti Ziva David aveva fatto centro. Aveva convinto Michael a portarla alla festa dell'Università, uno di quei tanti party che spesso gli studenti organizzavano nei dormitori.
Aveva anche comprato un vestitino carino a fiori (che aveva sempre odiato, ma poco importava). La nuova pettinatura corta ci stava proprio bene, sul suo nuovo look. Poi si era truccata, con gran piacere di Michael, seriamente convinto che tutto quel lavoro fosse solo per compiacerlo.
Sbang. Errore. Il Mossad le aveva insegnato, prima di tutto, a piegarsi. Piegarsi alle persone, alle situazioni. Le aveva insegnato a mentire. Cominciava a capire perchè Ari le diceva sempre i Servizi Segreti erano un pò come la mafia: non ne puoi uscire, una volta entrata. In pochi mesi, Ziva si era resa conto che tutte le storie che aveva sentito erano vere, se non peggio. Sapeva troppo, ormai.
Di fatto, non aveva neanche intenzione di cambiare vita. Vita, poi. Che espressione buffa. La faceva sempre ridere. Perchè dopo l'adolescenza passata in uno Stato in guerra, dopo la morte di tutti i membri della sua famiglia, eccetto suo padre, dopo aver conosciuto l'amore vero e dopo averlo perso con uno strappo di cui la ferita sanguinava ancora, Ziva David non era certa di poter definire, la sua, una vita. Era arrivata negli Usa a pezzi. Era partita non solo a pezzi, ma disintegrata.
"Sei pronta?" Michael si sistemò il colletto della giacca davanti allo specchio in salotto. La ragazza annuì e, con la mano, lisciò la gonna del vestito.
"Andiamo?" si schiarì la voce, per richiamarlo all'ordine. Era estremamente vanitoso, quando ci si metteva.
Le fece l'occhiolino e corse in cucina a prendere un goccio di whisky. Ziva lo guardò duramente - non le andava giù il fatto che abusasse dell'alcool.
"Hai finito? Dobbiamo andare" ringhiò, incrociando le braccia al petto. Nella collana che portava, avevano nascosto una cimice.
"Calma, gattina! Sono pronto, andiamo"

"Sei pronto? Dobbiamo andare!" urlò Tony, battendo il pugno sulla porta del bagno. "Cazzo, McGee!"
L'altro aprì la porta di botto, guardandolo male. "Eccomi!" l'amico guardò divertito la sua Polo, nuova di zecca.
"Tim, non dobbiamo andare in chiesa" alzò gli occhi al cielo. "E' una festa! Certo, di una confraternita, ma pur sempre una festa!"
"Io lo trovo molto sexy!" esordì Abby e lo baciò lievemente, macchiandogli le labbra di rossetto scuro. McGee sorrise.
"Siete disgustosi" ridacchiò Tony. Afferrò al volo la giacca sul divano e prese le chiavi della macchina. "Sbrigatevi, guys!" trottò fuori dall'appartamento e, mentre aspettava, mandò un messaggio veloce a Wendy.
"Siamo pronti" sorrise Abby, a braccetto col suo ragazzo.
In auto, si parlò del più e del meno. Tony sorrideva sempre quando era in compagna di quei due: proprio non pensava che, di tutti i compagni di liceo, si sarebbe portato dietro loro - ma ne avevano passate tante. Insomma, troppe. Troppe per dei diciassettenni, troppe per degli adolescenti in generale.
Tutto sommato era contento, però, di ciò che era accaduto. Aveva avuto degli amici nuovi e... si morse le labbra, sovrappensiero. Ziva David.
"Tony!" urlò Abby.
"Eh, cosa?" saltò sul sedile.
"Siamo arrivati, parcheggia!" Dallo specchietto retrovisore, vide l'espressione preoccupata e leggermente confusa di McGee. Gli sorrise, cercando di infondergli sicurezza. Scesero dall'auto, a pochi metri dalla sede della confraternita che aveva organizzato la festa. Tony era stato invitato perchè abbastanza popolare, Abby e McGee perchè vincitori di innumerevoli premi scientifici e attuali concorrenti per il progetto 09.
Entrati nella villetta, i tre ragazzi si guardarono in giro spaesati: chi vomitava, chi beveva, c'era pure qualche ragazza nuda. Ed erano solo le dieci.
La coppia si eclissò in cucina, chissà dove, mentre Tony cercava, in un'ondata di studenti, un viso familiare; frequentava parecchio le lezioni e si era fatto un decente giro di amicizie, ma nessuno sembrava presente a quella festa.
"Ciao, Tony!" un ragazzo biondo, dall'aria simpatica e le labbra in fuori, gli diede una pacca sulla spalla. Tra le mani aveva un bicchiere di cartone pieno di liquido ambrato e lo porse all'altro, come segno di benvenuto.
"Ciao, Steve. Come procede?" lo seguì verso il balcone aperto.
"Meglio di quanto pensassi!" rise istericamente. "Ci sono tre ragazze che vanno in giro in topless, non so se ci hai fatto caso. Joshua dice che sno qui per scommessa, in ogni caso miro a farmene una" gli fece l'occhiolino e brindarono, ignorando la musica dall'interno. "Ti lascio qualche ragazza?"
Tony sorrise: "Ci penserò, dai" Non voleva ammettere dinanzi a terzi che non intendeva tradire Wendy - mai fare la parte dello sfigato di turno.
"Fammi sapere" brindarono ancora una volta, poi Steve sparì tra la marmaglia di studenti.
Tony sospirò tra sè e sè, osservando il suo riflesso nella bevanda alcolica e si passò una mano tra i capelli. Per caso, o meglio, intenzionato a ritrovare i suoi due amici, alzò lo sguardo di nuovo verso l'interno della casa. La prima cosa che vide fu un vestito a fiori. Gli piacque. Era carino. Era diverso. Faceva a botte con i vestiti succinti e gli shorts inguinali che indossavano il resto delle ragazze a quella festa. Un paio di sandali rossi, non eccessivamente alti, ma che la slanciavano perfettamente. Pelle abbronzata, liscia: sexy. Sorrise, involontariamente.
Salì con lo sguardo ad osservare i capelli corti e leggermente ondulati, che le arrivavano alle spalle. La ragazza misteriosa era di spalle e si stava servendo un pò di ponch; Tony DiNozzo, quella sera, non aveva intenzione di tradire Wendy e in nove mesi non l'aveva mai fatto. Ma si annoiava e quella ragazza lo attirava come non mai, perchè sembrava totalmente estranea nel contesto della Washington University.
Di scatto, la ragazza si voltò, per raggiungere qualcuno dall'altra parte della stanza. Tony la vide solo di lato.
Tanto bastò per provocargli un improvviso mancamento.
Non fece niente, Tony, e in seguito si complimentò con sè stesso per aver avuto i nervi saldi. La sua mente passò in rassegna tutte le possibilità, nessuna vagamente probabile. Perchè, tra loro, c'era un oceano - e, in effetti, era il male minore. Perchè l'ultima volta che l'aveva vista gli aveva vomitato addosso tutto l'odio del mondo - e, Dio!, se aveva fatto bene. Perchè Zee non aveva i capelli corti. Li aveva lunghi.
Dopo circa cinque minuti, Tony convenne che aveva preso una svista. Una terribile e pessima svista. Forse era un particolare periodo dell'anno, visto che pensava a lei più del dovuto e, ogni volta, il rimpianto prendeva possesso del suo corpo, cacciandolo fuori e obbligandolo a guardare cos'era diventato, cosa le aveva fatto. Non era servito a niente scusarsi e spiegare il suo punto di vista, le sue ragioni. Era tornata in Israele, perchè continuare ad illudersi?
Sono passati due fottutissimi anni. Dovrei averla superata.
Con Tim ne aveva parlato. Lui era dell'opinione che certe cose non si superano; quando qualcuno ti penetra dentro, come una radice, può essere sradicato, ma lascerà sempre un pò di terra smossa, aveva detto. Tony l'aveva preso in giro, ma ripensandoci aveva ragione.
Decise di cercare seriamente i due amici. Aveva voglia di tornare a casa e dormire. Tuffarsi nel cuscino e ignorare il magone allo stomaco.
Perchè, per un secondo, Tony DiNozzo era stato felice, per la prima volta dopo due anni e mezzo.

Ziva David, da quando aveva lasciato Washington per tornare a Tel Aviv, era spesso soggetta a tremendi attacchi d'ira: scattava con poco e per poco, ma dietro di sè lasciava terra bruciata. Per cui, in piedi nella casa della confraternita, meditava propositi di vendetta seri contro Michael, che l'aveva lasciata da sola in mezzo ad un branco di studenti arrapati e la sua rabbia si traduceva nello stritolamento del bicchiere di ponch che aveva tra le mani. Decise che era ora di tornarsene a casa.
Lanciò il bicchiere in un cestino di fortuna e si avviò verso la porta; peccato, dovette fare subito marcia indietro.
C'erano poche cose che Ziva ricordava con chiarezza, una di queste era il modo sconclusionato di vestire di Abby Sciuto. L'aveva riconosciuta subito: i capelli, l'espressione entusiasta. Con commozione, vide che era cresciuta. Era bellissima. E, a giudicare dal ragazzo appeso al suo braccio, era ancora impegnata.
McGee! La gola sembrò ingrossarsi, gli occhi divennero lucidi e si portò spasmodicamente una mano alla gola, osservando i suoi due vecchi amici. Non si era mai resa conto che le mancavano così tanto. Era una nostalgia malvagia e sottile, perchè non aveva scelto di andarsene, era stata obbligata dalle scelte di qualcun altro. Pensava che i due fossero al MIT, dove avevano sempre sperato di essere ammessi. Si guardò in giro, improvvisamente terrorizzata: Tony? Poteva essere con loro? Ma che vado a pensare. Sarà in California a fare il... cretino. Deglutì tre volte, prima di ritrovare la mobilità alle gambe. La coppia se ne stava andando di tutta fretta ed ebbe la conferma che Tony non era con loro.

"Tony! Oh, mio Dio! Tony! Che è successo?" Abby scosse fortemente il suo amico, seduto per terra, nel parcheggio, a ridosso della sua auto. Si teneva la testa con le mani e non dava segni di averla sentita. McGee si accovacciò accanto a lui, cercando di sbirciargli il viso.
Tony sembrò riprendersi subito, dopo qualche secondo. Alzò la testa ed Abby sospirò di sollievo, poichè si era resa conto che non era nè ubriaco, nè ferito. Sembrava avesse visto un fantasma.
"Ci hai fatto spaventare, coglione! Cos'era quel messaggino che mi hai mandato?"
"Io" tossicchiò leggermente. "Dovevo uscire di lì. Credo di aver avuto una specie di mancamento... non mi sento molto bene. Mi servivano le chiavi, sono nella tua borsa"
Abby e McGee si guardarono stupiti.


"Ehi"
"Ehi"
Gibbs entrò in casa e posò le chiavi sulla mensola del soggiorno. Shannon era seduta in salotto, sul divano, le ginocchia raccolte in petto e l'espressione seria. Jethro capì subito che lo stava aspettando. Aveva fatto più tardi del previsto e non si era nemmeno preoccupato di avvisare.
"Dobbiamo parlare" gli disse, neutra.
"Lo so. Lo so."








































Maia says:

Prima di tutto, volevo ringraziarvi tipo un sacco per il vostro appoggio :') 
E lo so che voi siete orribilmente arrabbiati con me perchè in questo capitolo NON SUCCEDE NULLA, E' CORTO E SCRITTO MALE, ma per la storyline è fondamentale che le cose siano ben delineate e divise, anche perchè ci saranno salti temporali e non voglio farvi diventare scemi UUHUHUHUHUHUH. In compenso il prossimo sarà lungo e FORSE, scoprirete perchè Ziva è scappata in Israele.

Che poi... NOVE RECENSIONI? WOW T.T  

Vi voglio bene, Team!


Semper Fidelis.






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Capitolo 3
*** Prendi una decisione e falla tua ***


NCIS
NCIS 9x14 Life Before His Eyes

Shannon: We've been waiting for you

9x14





Gibbs afferrò la tazza che sua moglie gli porgeva. Sorrise dolcemente, notando che era caffè e non il thè che lei faceva sempre. Aveva pensato a lui, per la prima volta da quando aveva scoperto di essere incinta. Ne prese un sorso, mentre Shannon si sedeva di fronte a lui, il viso scavato.
"Stai bene?" le sussurrò, senza però fare un passo verso di lei. Shannon alzò lo sguardo e lo fissò interdetta, nonchè stupita.
"Ora ti preoccupi per noi?" ogni volta che ne aveva la possibilità, sottolineava il fatto che fossero in due. E Jethro non riusciva ancora a capacitarsene.
"Shannon" prese un respiro e posò la tazza. Vide il suo sguardo risentito e cercò di rimediare: "Mi sono sempre preoccupato"
"Non mi sembra. Sono due mesi che esci senza avvisare, torni quando ti pare. Si può sapere cosa ti prende?" ringhiò. "Aspetto un bambino, Jethro! Ho bisogno, io devo averti accanto. Ho bisogno di sapere che tu ci sia, che non sono sola..."
"Non lo sei" Gibbs scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli.
"Forse. Ma non grazie a te" trattenne un singhiozzo.
"Io ti amo, Shannon" le disse, guardandola negli occhi.
"E' proprio questo il problema, Jethro. Tu ami solo me" si alzò, una lacrima che le bagnava la guancia e una mano sul ventre, in segno di protezione.
"Non capisco perchè, sai. Pensavo saresti stato felice. Mi sono fatta un'esame di coscienza, forse dovevo coinvolgerti di più, ma ora mi rendo conto che il problema non sono io, sei tu. Sei fatto per stare solo, sei questo: un animale solitario. E io ci ho provato... " prese un respiro. "Ci ho provato a starti accanto, sto bene con te. Io ti amo. Ma non posso stare con qualcuno che non ama il mio bambino. Mi dispiace. Domani torno dai miei..." fece per andare in camera da letto, ma Jethro l'afferrò in tempo. L'abbracciò da dietro e affondò il naso tra i suoi capelli.
"Ascolta" le sussurrò all'orecchio. "Mi dispiace"
"E' un segno di debolezza" singhiozzò.
"No, stavolta no. Sono confuso, Shannon. Non credo di essere pronto per diventare padre, ma d'altro canto non credevo di essere pronto neanche per diventare un marito.. e invece lo sono. E non è vero che amo solo te" le poggiò una mano sulla pancia. "Dammi tempo. Ce la puoi fare?"
Shannon si voltò: "Spero che abbia i tuoi occhi" mormorò.

Dopo aver respinto Michael, Ziva si arrotolò nel lenzuolo, lo sguardo perso nel vuoto. C'erano tante cose che le vorticavano in testa, troppe cose forse. Non ci era più abituata. Da quando era entrata nel Mossad, aveva staccato la spina. Doveva solo eseguire gli ordini, non c'era nulla di difficile: lasciare i sentimenti fuori, era la regola. Per Ziva non era stato difficile, visto che di sentimenti non ne aveva più. Gli erano stati portati via dopo troppe morti (fisiche e non).
Si può dire che si era arresa. Si era arresa al suo destino, alla sua storia, a quello che era stato, da sempre, il volere di suo padre.
Perchè era stato più facile entrare nel Mossad, scappare in Israele, prendersela con Tony. Aveva sbagliato solo lui? Oh, no. Dopo due anni, Ziva si chiedeva perchè non era rimasta a combattere per la sua felicità; in fondo, era di questo che si trattava, Felicità. La sua.
Michael si mosse lievemente nel sonno e poggiò una mano sulla sua pancia. Ziva lo scostò, presa da una singulto disgustato, decisamente non da lei. Aveva imparato a soffocare tutto, pur di arrivare alla fine di una missione, pur di averla, una missione. Anche se significava andare a letto con Michael.
Non l'aveva mai rifiutato prima d'ora, anche perchè non le dispiaceva far prendere aria ai pensieri, in quel lasso di tempo in cui l'uomo riusciva a darle un orgasmo degno di questo nome.
Ma non è la stessa cosa, Zee. E tu lo sai.
Fare l'amore con Tony era diverso. Era stare in pace con l'Universo. Era entrare in contatto con la parte più nascosta e intima del mondo. Fare l'amore con Tony era tutto, era sentirsi amata come mai lo era stata. La prima volta, semplicemente perfetta. Ziva non credeva che potesse essere così. Aveva aspettato, l'aveva amata, nonostante lei non volesse andare fino in fondo. Mai una pressione, poche battute, tante coccole.
Alla fine aveva ceduto. Era stata lei a saltargli addosso, quel giorno, sul divano di casa DiNozzo. Tony aveva avuto perfino paura a spogliarla, toccarla. Diceva di essere un esperto, navigato nel settore, ma si era subito accorta che, con lei, non sapeva dove mettere le mani; poi era andata sempre meglio. Ziva aveva scoperto di dover fare l'amore con lui, in media, due volte alla settimana (ed Abby l'aveva preso in giro per giorni, dopo che aveva fatto quella stima matematica). Cominciava ad essere insofferente se non le era vicino. Lo amava, lo amava con tutta sè stessa. Tutto quell'amore, molto adolescenziale, ora se ne rendeva conto, l'aveva ben presto trasformato in odio.
Odio distruttivo, ma non per lui: per lei.
Ziva si alzò di scatto a sedere, colta da un improvviso attacco di panico. Passeggiò fino in cucina e prese a guardare fuori dalla finestra, le mani che sfregavano sulla canotta che usava per dormire. Certe volte la mancanza diventava insopportabile, dolorosa, opprimente.
In quei momenti Ziva non riusciva a fare nulla, o semplicemente andava al poligono di tiro per sfogare la frustrazione. Ma oramai era passata.
Non si ricorderà neppure di me si morse le labbra. Meglio. Dovunque tu sia, spero che tu stia soffrendo, DiNozzo.
Il Mossad era diventato ben presto un guscio protettivo. Era il luogo in cui Ari aveva lavorato ed era diventato quel mostro che aveva dovuto conoscere, per cui era morto. Lì lavorava suo padre, c'era tutta la storia della famiglia David. Il Mossad non avrebbe potuto, mai, farle del male.
Guardò l'orologio: erano le tre. Ziva, però, non aveva sonno, così si sedette al tavolo della cucina, strapieno di fogli e con una grossa lavagna bianca che lei e Michael utilizzavano per lavorare al loro caso. C'erano quattro nomi, scritti con un pennarello nero:
Atef - Fares - Jaber - Ibrahim
Mancavano i cognomi, a loro sconosciuti. Il Mossad era riuscito ad invidividuare la cellula grazie ad alcune intercettazioni ambientali, ma si sapeva poco di questi tre individui, che frequentavano abitualmente l'Università. Con sorpresa di Ziva, c'erano molti musulmani che frequentavano la Washington University, ma nessuno che rispondeva a questi quattro nomi. Copertura. Rimaneva un campo troppo vasto da tastare, per cui avevano deciso di mandarli dritti sul campo. Il portatile era costantemente acceso e Ziva ne approfittò per mettere le cuffie e riascoltare le voci di due dei quattro terroristi.
C'è qualcosa che non va - era la prima cosa a cui aveva pensato.
Le due voci erano strane, come se fossero rarefatte o estremamente perfette. Di solito riusciva ad individuare il dialetto dall'articolazione della pronuncia e Michael aveva sperato che ci riuscisse anche quella volta. Ma non ce l'aveva fatta, semplicemente perchè non avevano un modo particolare di parlare.
Rimaneva una difficoltà insormontabile, ma Michael stava registrando tutte le voci degli studenti che frequentava, in qualità di assistente, per confrontare le voci: una tecnica che non aveva ancora dato i risultati sperati.
Ziva, però, non demordeva e, mentre Michael si occupava dei possibili membri della cellula dormiente, lei aveva deciso di occuparsi dello studente americano, genio dell'informatica, che avevano pagato per fare chissà cosa - le registrazioni in loro possesso non ne parlavano.
Mentre ascoltava, con le cuffie nelle orecchie, guardava le schede degli studenti che Michael aveva raccolto, i migliori in campo ingegneristico e informatico. Con orrore, si accorse che Abby e McGee erano nella lista. Osservò i due nomi per qualche minuto, poi prese il pennarello che utilizzavano per la lavagna e li cancellò.

"McGee, però ascoltami!" Tony gli tirò una potente gomitata e il ragazzo saltò su dalla sedia.
"Eh!?" Tony sorrise della sua espressione stanca, ma buffa. Era stato tutta la notte davanti al computer, per montare la presentazione in 3D del progetto 09, di lui e di Abby. Non ci capiva molto, però i due amici gli avevano spiegato che la loro invenzione avrebbe potuto portare molti benefici in campi vari.
"Niente, lascia perdere" allungò le gambe sotto il banco.
"E' già cominciata la lezione?" McGee si grattò una guancia, mentre gettava uno sguardo agli studenti attorno a sè, che prendevano posto per seguire la lezione di Anatomia. Poco lontano, potevano scorgere Abby parlare con una ragazza, sicura che i due le avessero tenuto il posto.
"Ancora no... uh, ecco Abby!" Tony si tirò su dalla sedia, per farla sedere tra lui e McGee.
"Tim, dormivi?" ridacchiò la sua ragazza, seguita subito da Tony.
"Non ho per niente dormito!" piagnucolò. "Il computer che abbiamo scelto è lentissimo" Tony si sporse in avanti, con espressione sconvolta.
"L'avete pagato un occhio della testa! Come fa a non essere adatto?!" Abby fece una smorfia divertita.
"Si, ti dico che non è ada..." la ragazza li interruppe con un cenno della mano, perchè il professore era entrato in aula. Per due ore restarono seduti nelle micro-sedie dell'aula quindici, tra un sospiro di Tony, uno sbadiglio di McGee e un'occhiata concentrata di Abby.
Tony sentì la tasca vibrare ed estrasse l'Iphone, ultimo modello, che tutti gli invidiavano: Ci vediamo stasera? :). Wendy. Il ragazzo sorrise allo schermo e rispose velocemente: Cena e cinema? la risposta fu dolcemente affermativa. Non aveva detto alla sua ragazza cos'era successo alla festa della facoltà, anche perchè ignorava l'esistenza di Ziva David; qualcosa doveva aver intuito, però, perchè dopo mesi Abby si rifiutava ancora di rivolgerle la parola.
Aveva dovuto inventarsi una scusa su due piedi, del fatto che, in qualità di migliore amica, era sempre stata ossessivamente gelosa di lui.
Wendy non ci aveva creduto, ma fingeva che la situazione le andasse bene.
"Stasera esco con Wendy" sussurrò ad Abby. "Non cucinate per me" l'amica lo guardò malissimo, per poi voltarsi verso la cattedra.
McGee accennò un sorriso e Tony alzò gli occhi al cielo. Finita la lezione, corsero fuori dalla classe, tutti molto provati.
"Mangi qualcosa con noi?" gli chiese l'amico, mentre Abby gli teneva ancora il muso.
"No, io... devo... ecco... ci vediamo a casa, eh?" si grattò la testa e scappò via.
"Ma che cavolo gli prende, ultimamente?!" sbottò Abby.

Ventotto settimane.
Sette mesi.
Un sacco di tempo, aveva pensato Tony. Aveva quasi ventuno anni, in fondo. Poteva tentare. Sapeva di poterlo fare e aveva tutte le carte in regola, anche quasi tutti i crediti necessari.
Non lo spaventavano le innumerevoli prove fisiche (era stato capitano della squadra di basket, studiava Educazione Fisica e andava a correre tutti i giorni) e nemmeno il test psicologico, tantomeno il poligrafo e il test scritto. Cos'era che lo terrorizzava tanto, allora? Non lo sapeva nemmeno lui.
La Metropolitan Police Academy di Baltimora aspettava solo lui, per corsi dalle sette del mattino alle quattro del pomeriggio, avrebbe dovuto trasferirsi, perchè non gli concedevano vitto e alloggio. Era seduto al tavolino di un anonimo bar e mordicchiò il tappo della penna, guardò incuriosito il foglio che aveva stampato da internet, barrando tutto ciò che gli mancava. Non aveva ancora usato la penna: Tony aveva tutto per essere un bravo (decente) poliziotto.
"Sarà bellissimo avere un ragazzo poliziotto!" Ziva si sollevò su un braccio, per guardarlo dall'alto. "Secondo me la divisa ti sta bene!"
"Dici?" scherzò Tony e le diede un bacio a stampo, per poi incrociare le braccia dietro la testa.
"Si, però adesso non montarti la testa" gli salì sopra e disegnò ghirigori immaginari sul suo petto nudo. "Spero di esserci, quel giorno" mormorò.
Tony si alzò a sedere e le poggiò le mani sui fianchi. "Purtroppo - e sottolineo il purtroppo, tu ci sarai" sorrise e Ziva con lui.
Strinse la penna nel palmo della mano e firmò velocemente la domanda di idoneità.
Lo aspettavano sette mesi di inferno, probabilmente. Aveva ancora qualche mese di libertà. Avrebbe voluto passarli con Ziva.

"I've got you... under my skin..." canticchiava Shannon, mentre con un panno puliva i vetri del salotto. La sera prima lei e Jethro avevano fatto l'amore, dopo giorni che nemmeno si sfioravano. Era felice, insomma. L'idea di avere un figlio la terrorizzava, ma la riempiva allo stesso tempo: stava già fantasticando sul nome, ma allo stesso tempo pregava che fosse sano; aveva adocchiato una culla, ma sperava che Jethro la costruisse (non aveva il coraggio di chiederglielo).
Sarebbe stato bellissimo, ora che aveva chiarito con Jethro, o almeno lo sperava. Non era sicura che si sentisse pienamente sicuro di diventare padre, ma succedeva un pò a tutti gli uomini, col primo figlio, almeno. Era una psicologa. Doveva aspettarselo. E, invece, aveva reagito come una ragazzetta isterica. Il campanello suonò e lei corse alla porta.
"Ducky!" abbracciò il dottore sulla porta di casa e lo invitò velocemente ad entrare. Ducky era sorridente come sempre, il papillon rosso che svettava sulla giacca scura.
"Come stai, cara?" le diede una pacca sulla spalla, seguendola in cucina.
"Meglio. Non sei a scuola? Come mai?" mise a bollire un pò d'acqua, per preparare il the.
"Ho il mio giorno libero" le sorrise, togliendosi il cappello. "Volevo un pò vedere se ti era cresciuta la pancia" le fece l'occhiolino e Shannon arrossì.
"In effetti ha messo su tre chili" accarezzò la pancia, poggiata al lavello della cucina. "Ma non sono chili che mi fanno male, anzi. Buon segno!"
"Già" il professore sorrise, poi divenne stranamente serio. "Senti, Shannon. Jethro non vuole che te ne parli, ma sono venuto qui anche per un altro motivo..."
"Dimmi tutto" aggrottò le sopracciglia, preoccupata: se Jethro non voleva che lo sapesse, c'era qualcosa di grave sotto.
"Ho uno studente, si chiama Gerard" strizzò li occhi. "si pronuncia alla francese, sai, come il grande..."
"Ducky" lo interruppe. "Stringi!"
"Si, certo" tossicchiò. "Dicevo, è sempre stato un ragazzo volenteroso, pieno di vita, interessato alla materia, ma di famiglia molto umile. Qualche mese fa si era trovato un lavoro in un autogrill lungo la strada e una ventina di giorni fa..." prese un respiro profondo. "... un malvivente è entrato per rapinare il posto, ma qualcosa non ha funzionato e gli ha sparato"
Shannon si coprì la bocca con il palmo della mano. "Si, lo so, è terribile" il professore scosse la testa. "Sta bene ma... da allora non è più lo stesso. Ha un costante tremore alla mano destra e questo gli impedisce di tentare la carriera di medico chirurgo, come sperava. Anche se, ti dirò, penso che il tremore sia psicosomatico. Senti, so che sei in maternità e non voglio forzarti a tornare a scuola ma... non potresti farci solo una chiacchierata, per vedere se ho ragione ed è solo un riflesso condizionato. Non posso sopportare che il suo futuro venga rovinato!"

"Ma certo, Ducky. Gli parlerò" sorrise.

NCIS 6x19 Hide and Seek

- I'll got an "A" in geography

Tony, 5x09







Tony distolse lo sguardo dallo schermo, dove il film che Wendy aveva scelto scorreva incurante sullo schermo. Cercava di restare concentrato, ma quella commedia romantica non lo convinceva per niente, lui era più il tipo da vecchi film, o da actions. E poi gli aveva fatto spendere cinque dollari per una barretta energetica. Ora, lui andava spesso al cinema, e comprava quintali di cose. Come quando ero con... Ziva. Il problema, ammise a sè stesso, era tutto lì.
Sapeva, capiva e comprendeva che la sua era stata una cotta adolescenziale, che le cose sarebbero andate diversamente da adulti, ma non riusciva a chiudere completamente col passato, non dopo che era finita in quel modo. Inoltre c'era stata quella svista, che gli aveva scombussolato tutto e gli aveva fatto capire che, in fondo, non l'aveva affatto dimenticata. Passò un braccio sulle spalle di Wendy, che lo accolse con calore.

Passò un braccio attorno alle spalle di Ziva e lei gli si poggiò sulla spalla. "E' bello" sussurrò, guardando le figure muoversi sullo schermo.
"E' un classico di Hitchcock" mormorò Tony, al suo orecchio. Le baciò il lobo e lei scoppiò a ridere.
"Sapevo che ti sarebbe piaciuto"
"Mi conosci troppo bene!"

"Tony?" Wendy gli diede un colpetto sul braccio. "Mi stai ascoltando?"
"Si, si" Al cinema, di regola, non si parlava. Era una sua regola, che la sua ragazza non condivideva. Non le aveva neanche detto delle sue intenzioni di entrare in polizia.
Non gli andava di parlare, in generale.
Stava decisamente peggiorando.

















Maia says:

Bè, mica solo Tony peggiora! PURE IO! XD
Ma... c'ho i lettori più belli dell'Universo, davvero :') Mi fate commuovere!




Al prossimo capitolo ;)


- Che non so quando arriverà, ma arriverà D: SPOILER: qualcuno potrebbe incontrare qualcuno u.u






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Capitolo 4
*** All we are, we are ***


NCIS
Questo capitolo inizia in modo speciale
(niente foto di NCIS, nè citazione dà un episodio).
C'è un perchè e lo capirete!
1) .. ad ogni modo lo dedico a Simo,
perchè la amo. Sul serio!, e vorrei averla di nuovo con me.
Che amicizia pessima :') 
2) E al "mio" gatto. Domani ti porto il latte.
... ma non dirlo a mia madre!
3) A Neve. Il mio coniglietto nano.
Perchè è geloso (sei solo tu il mio unico amore, batuffolo!)






- La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare
dal modo in cui essa tratta un animale.

Gandhi








Ziva decise che era arrivato il momento di uscire di casa. Davanti all'appartamento che avevano preso lei e Michael c'era un adorabile parco, che di domenica si riempiva di famiglie felici e fidanzati in calore: infatti lo evitava nei giorni festivi. Ma quella mattina sentiva odore di chiuso dappertutto e cominciava ad avere degli attacchi ansiosi, molto vicini ad attacchi di panico. Non riusciva a stare chiusa in casa troppo a lungo, desiderava il sole sulla pelle, il profumo dell'erba e dei fiori. Approfittò di un giorno in cui Michael era di turno all'Università molto presto.
Con la scusa di essersi svegliata per il suo baccano, fece una doccia veloce e, dopo averlo sentito uscire, infilò la prima tuta trovata nell'armadio. Non correva da molto tempo: in Israele lo faceva sempre di meno, visto che correva sempre al Mossad di prima mattina. Corse giù per le scale, in preda ad un'euforia del tutto fuori luogo e sproporzionata al momento. Si divertì come una bambina a scivolare sul corrimano, a saltare i gradini d'ingresso, tanto che le sue risate rimbombarono per tutto l'androne delle scale. Per prima cosa, fece un pò di riscaldamento, malamente appoggiata al cancello del suo condominio, poi prese a correre sempre più velocemente e svoltò verso il parco cittadino. Canticchiò, perfino.
Che ti prende, Ziva? rise tra sè e sè. Sarà che l'America le aveva sempre fatto bene, all'inizio. Ma quella volta non avrebbe permesso a nessuno di farla soffrire, si sarebbe solo goduta il soggiorno. Anche perchè il caso non risultava essere complicato, nè a rischio. Dovevano solo trovare quattro minuscoli studenti musulmani che credevano di essere Bin Laden. Insomma: quanto poteva volerci? Tel Aviv l'avrebbe rivista presto - purtroppo.

Si fermò, scoprendosi affaticata, mentre si rimproverava di aver lasciato un pò andare il suo allenamento. Il parco era pressochè deserto, eccetto per qualche signore anziano e due uomini seduti ad una panchina poco lontano da lei; tirò su il cappuccio della felpa, abbasso la testa e prese a correre. Preferì non dare nell'occhio, anche se non c'era alcun pericolo che qualcuno la riconoscesse. A quel punto, prese la direzione inversa rispetto ai due sulla panchina e ad un vecchietto con un cane al seguito: sentire i muscoli che si tendevano le sembrò un'esperienza quasi mistica, con l'aria gelida di primo mattino che le entrava nei polmoni.
Si fermò circa dieci minuti dopo e la coppia non era più sulla panchina: ne era rimasto uno, che beveva tranquillo il suo caffè. Ziva prese un respiro profondo, si spiegò sulle ginocchia, le mancava il respiro, tanto che si portò una mano al petto.
"Tutto bene?" le chiese una voce. L'uomo sulla panchina. Per rispondere, sventolò la mano, sempre col viso rivolto al cemento per la stanchezza.
"Alleno una squadra di basket, conosco i miei polli" l'uomo si alzò e la raggiunse lentamente. "Non ha dell'acqua con sè?"
"Non... si preoccupi. E' che... non correvo da molto, ho ricominciato stamattina, avrò esagerato" Ziva sorrise e alzò lo sguardo sul bravo cittadino preoccupato.
Rimase bloccata sul colpo. L'uomo la guardava accigliato: sapeva di conoscerla, ma non riusciva a ricordare.
"Professor Gibbs" sussurrò la ragazza e l'aria le mancò di nuovo.
"Oh. Una mia studentessa" Jethro spalancò gli occhi. "Strano, ma non riesco a ricordarmi di te..."
La ragazza si lasciò scappare qualche parolaccia in ebraico, non poteva credere di essere così sfortunata. Gibbs sembrò comprendere all'istante.
"Ziva David!" spalancò la bocca, sconvolto. Non si sarebbe mai dimenticato di lei, giacchè l'aveva inserito in una storia che rasentava la follia e, sebbene fossero passati quasi tre anni, ricordava come, da un giorno all'altro, sulla scrivania del preside Vance era arrivata la comunicazione del padre della ragazza: lei se n'era andata. Aveva dovuto sopportare di vedere il suo banco vuoto e il viso scavato, disperato di Tony. Aveva provato a chiedere una spiegazione, perchè non era passata a salutare, prima di andarsene e credeva che amasse gli Stati Uniti - e non solo. Nessuno sembrava conoscere il vero motivo del trasferimento.
"Ziva" ripetè. Rimasero a fissarsi, finchè la ragazza non alzò una mano in segno di saluto. "Ehilà" disse, ironica. "Salve prof!"
Finirono a sedere su una panchina. Gibbs beveva il suo solito caffè, mentre la sua ex alunna lo guardava ammirata e leggermente malinconica. Riconosceva l'odore del suo caffè forte e senza zucchero, dopo tutto quel tempo non aveva smesso di berlo. Non aveva una ruga in più, era sempre il professore attraente e dall'aria severa che ricordava, eppure le sembrò di vedere un uomo più vecchio. A dir la verità, non c'era niente che le indicasse fisicamente il cambiamento, era più che altro una sensazione. Michael, forse, le avrebbe consigliato di dargli una botta in testa e scappare. Ma lei non era ufficialmente sul caso della cellula dormiente.
E di Gibbs si fidava. Si era sempre fidata.
"Caffè" riuscì ad articolare, parecchi minuti dopo, e indicò il bicchiere. "Riesce a dormire la notte?"
Gibbs accennò un sorriso. "Non da quando Shannon è incinta" vide gli occhi di Ziva diventare grandi e un sorriso radioso farsi strada sul viso, diverso dall'ultima volta che l'aveva vista: era diventata adulta, forse. O forse era il taglio di capelli. "Si muove di continuo" spiegò.
"E' meraviglioso. Davvero meraviglioso" sussurrò, senza regolare il tremolio della voce. "Sarete degli ottimi genitori" le sembrava stupido pensare che niente fosse cambiato, dall'ultima volta che era stata a Washington. La vita scorreva. Non per lei, evidentemente.
"Forse" Gibbs alzò le spalle, poi si voltò verso di lei. "Non ti chiederò perchè sei sparita, da un giorno all'altro. Ma potevi passare a dirmi Shalom" sorrise di sbieco.
Ziva abbassò la testa, sentendosi colpevole. "Mi dispiace, professore. E' stato... improvviso, diciamo"
"Non chiamarmi professore. Non sono più un tuo insegnante. Azzarderei che puoi perfino darmi del tu"
"Non ci riesco" la ragazza sorrise, stendendo le gambe davanti a sè e rilassandosi sulla panchina. "Sta per diventare papà. Wow" mormorò.
"Già. Non ricordarmelo" soffocò il resto della frase in un sorso di caffè. Non aveva parlato a nessuno dei suoi problemi nell'accettare la gravidanza. Ma quella mattina, stare seduto con Ziva, ignorare cosa le era accaduto negli ultimi anni, lo faceva riflettere. Lo faceva sentire più libero nel chiacchierare, paradossalmente: era come essere in un sogno ad occhi aperti, una specie di visione.
Ziva lo guardò sorpresa: "Non le piace l'idea, Gibbs?"
"Diciamo che sto cercando di assimilare l'idea. E tu? Che mi racconti? Perchè sei tornata?"
La ragazza si morse il labbro inferiore. "Non posso dirglielo"
"Ok" alzò le spalle, Gibbs, e non fece altre domande. Era una cosa che Ziva apprezzava molto nelle persone e lo ringraziò senza dire niente.
"Potrebbe... potrebbe evitare di dire in giro che sono qui?" mormorò. "Non mi va di rivedere nessuno..."
"Come vuoi. Ma credo che vorrebbero rivederti, sai?" la guardò di sbieco. "Abby, McGee.."
"Si, so che frequentano l'Università di Washington" lo interruppe. "Non volevano andare al MIT?"
Da quella mezza frase, Gibbs capì che non sapeva che anche Tony era rimasto in città. Una voce interiore gli ordinò di tacere. "Fanno i primi anni qui, per riuscire a prendere una borsa di studio e pagarsi la retta del MIT, non avevano abbastanza denaro. Credo che fra poco avranno i sovvenzionamenti, però. So che stanno lavorando su un prestigioso progetto scientifico. Li avvantaggerà molto" si decise ad informale. Poi tacque. "Perchè non vuoi vederli?"
"Dovrei spiegare molte cose. Non sono come lei: non accetterebbero il mio silenzio. Vorranno risposte, risposte che non posso dare. A nessuno"
"... eccetto Tony" sorrise e Ziva si irrigidì.
"Preferirei non parlarne"
"E' stato male"
"Mi creda, io di più" Ziva si alzò dalla panchina, sfregando le mani tra loro. "Ora devo andare, sta cominciando ad affollarsi, questo posto" Non era vero.
"Ok. Quando vuoi fare due chiacchiere, sono qui. Tutte le mattine" Ziva annuì lievemente e alzò una mano per salutarlo. Poi ci ripensò e tornò da lui.
"Qui. Tutte le mattine. Non è un pò lontano da casa sua?"
"Si" rispose Gibbs. Non aggiunse altro. Ziva sorrise, annuì di nuovo, come se avesse capito tutto. Anche se non lo aveva detto. Se ne andò via, definitivamente, riprendendo a correre. Jethro sapeva che lei sarebbe tornata e si domandò cos'aveva di particolare da attirare tutti i suoi ex studenti in crisi.
Finì il caffè e lo lanciò nel cestino. Sperava che Tony e Ziva non si incontrassero, in quelle mattine. Il ragazzo se ne era andato esattamente qualche minuto prima che vedesse lei. Non voleva trovarsi in mezzo ad un duplice omicidio. Non di nuovo. Sorrise tra sè e sè, avviandosi verso casa.

Ziva restò imbambolata davanti a lui. "Ciao" trillò, stupidamente. Lui la guardò, con due paia di grossi occhi azzurri lucidi. "Chi ti ha lasciato, eh?" la ragazza si accovacciò, ma non allungò la mano. Lui inclinò la testa. "Chiunque sia stato, non ti merita. Credimi" sorrise e trovò il coraggio di allungare un dito.
Il gattino lo annusò, prima, poi gli diede una leccatina. "Oh, ma allora sei buono" ridacchiò la ragazza e il gattino si avvicinò a lei sulle zampette instabili. Chissà da quanto tempo miagolava disperato, avvolto su sè stesso nel cortile del condominio, affamato e lasciato al freddo. Era rossiccio, piccolo e peloso. Adorabile. Ziva non aveva mai avuto il permesso di tenere un animale.
Figurarsi se Michael... la ragazza guardò il gattino, determinata. "Sai cosa ti dico? Tu, vieni con me!" Passò il palmo della mano sulla pancia calda dell'animale e se lo portò al petto: il gattino protestò per un pò, ma poi si lasciò cullare dalla sua nuova amica. Soffiò e Ziva lo prese come un apprezzamento.
"Ti piace il latte?" gli parlò, mentre saliva velocemente le scale. "Non ho mai avuto un animale, non so come si fa. Almeno avrò qualcosa da fare mentre sto chiusa in casa... e avrò qualcuno con cui parlare. Mi ascolterai, vero?" giocherellò con una zampetta, mentre il gattino collassava addormentato tra le sue braccia.
"Lo prendo come un si" scoppiò a ridere e, con audaci acrobazie, riuscì a prendere le chiavi dalla tasca interna della tuta. "Devo nasconderti prima che..."
"Ciao, Ziva" ringhiò Michael, in salotto. "Vedo che hai seguito gli ordini del Mossad..."
Ohoh! Il gattino si svegliò e miagolò. Aveva captato il pericolo.
Per quanto la conoscesse da soli un paio di anni, Michael credeva di conoscere bene Ziva David.
Prima di tutto, Ziva David sorrideva poco. Era sexy. A letto non voleva mai stare sotto. Sapeva sparare bene. Era tremenda e, all'occorrenza, spietata.
Di certo, non credeva che fosse tipa da gattini. La chiamava gattina, era vero, ma solo perchè aveva sempre i nervi tesi e le fusa pronte, non perchè amasse particolarmente felini. Inoltre Ziva David non era la tipa che trasgrediva le regole.
Ebbene, quel giorno Ziva sconvolse tutte le certezze che aveva su di lei. Prima di tutto, non avrebbe mai tollerato un micio.
"Quel gatto deve finire fuori dalla porta" disse, con una nota di disgusto nella voce. Ziva gli lanciò una sguardo gelido. "Scusa?"
"Hai capito bene, niente animali. Sarebbero solo una distrazione, e come vorresti fare, poi, tornati in Israele? Senza contare che sei uscita, contravvenendo alle..."
"Senti un pò" ringhiò. "Questo gatto rimane dov'è, altrimenti puoi scordarti di vedermi senza mutande. E questo è il primo punto" si avvicinò di un passo e lasciò il gattino sul pavimento, per farlo ambientare. "Punto secondo, certi toni con me tu non li usi" incrociò anche lei le braccia e allargò spaventosamente le narici.
"Punto terzo, non ho infranto nessuna regola, sono stata prudente" il senso di colpa non la sfiorò nemmeno. "... ed è bene ricordarti che sono solo una pivella, ma sono un'agente migliore di te" lo sorpassò velocemente, per andare a farsi una doccia. Devo scegliere un nome per il gatto.
Michael la guardò sconvolto, mentre si infilava in bagno. Intanto, il gatto si era placidamente appropriato della portona davanti alla tv.

Shannon entrò al liceo Woodrow di Washington e prese un respiro profondo. Poi, sul viso, le si aprì un sorriso sincero. Era felice di essere incinta, ma non riusciva a stare a casa senza fare nulla, a parte mettere a posto la già pulitissima casa che condivideva con suo marito. Credeva nel suo lavoro, era pienamente convinta di essere utili agli studenti e non intendeva fermarsi solo perchè aspettava un bambino.
La porta di un'aula si aprì e ne uscì un professore con in mano un plico di fogli - probabilmente da consegnare in segreteria. A seguirlo, una folla di alunni. La terza ora era appena terminata e i corridoi della Woodrow si riempirono di adolescenti. Qualcuno la saluto, qualcun'altro la guardò palesemente divertito dalla sua pancia. Qualcuno, da dietro, le picchiettò sulla spalla. "Che ci fai qui?" le chiese, con voce tua.
"Ciao anche a te" Shannon alzò gli occhi al cielo e suo marito le lanciò uno sguardo infastidito.
"Dovresti essere a casa. A riposare. O a fare qualsiasi cosa tu faccia quando sei in casa, di certo non dovresti essere qui" tentò Gibbs.
"Inutile che ci provi" lo liquidò con un regale gesto della mano e continuò per il corridoio, mentre lui le correva dietro. "Devo lavorare"
"Shannon, sei in maternità!"
"Lo so anche io, ma a casa mi annoio e Ducky mi ha chiesto solo un piccolissimo aiuto" si fermò e squadrò sua marito con serietà: "Si tratta del futuro di un ragazzo che potrebbe arrivare lontano e, per la stupidità umana, forse non potrà mai fare il medico"
"Gerard" sussurrò Gibbs, annuendo tra sè e sè. "Ducky me ne ha parlato. Gli avevo chiesto di tenerti fuori..."
Shannon sospirò. "Evidentemente tiene a quel ragazzo più di quanto pensassi. Si rispecchia in lui. Elementare" alzò le spalle. "Voglio aiutarlo"
"D'accordo" le accarezzò le braccia. "Ma non ti affaticare. Non fare tardi. E torni a casa con me, così ti accompagno io e non devi riprendere la tua auto. Poi la riporto io a casa, tranquilla" le sorrise, cercando di sembrare già un buon padre.
"Va bene" lo baciò. "Stai migliorando" ridacchiò, mentre si allontanava. "Un pò meno apprensivo e sei perfetto!" lo salutò con un gesto della mano ed entrò nel suo vecchio ufficio. Si rallegrò, perchè non era chiamato di molto: la sua onnipresente pianta, la sedia girevole, i libri un pò scomposti e il profumo di gelsomino.
Shannon inspirò l'aria familiare dell'ufficio - in cui, probabilmente, era stato concepito suo figlio. Al display del pc erano ancora attaccati i post-it gialli che utilizzava per ricordarsi le cose. Ne aveva conservato uno come ricordo, un post-it rosa, particolare. Lo staccò con due dita e lo osservò nostalgica:
Alla Doc più dolce del mondo. Grazie. Ziva! :) lo riattaccò al computer, sperando che la colla reggesse.
"Bentornata, Shan" si disse, un pò commossa. "Maledetti ormoni. Maledetti, maledetti ormoni!"

"Ehi! C'è nessuno?" urlò Tony, entrando nel suo appartamento. Chiuse la porta d'ingresso con un calcio ben assestato e si guardò in giro: tutte le luci spente, nessun profumino invitante. Tirò su col naso, un pò deluso dalla prospettiva di passare da solo l'intera serata, ma non ebbe la tentazione di chiamare Wendy come sempre.
Appese la giacca all'appendiabiti a forma di scheletro (regalo di Abby quando McGee era andato a vivere con lui) e si sgranchì le gambe, dopo quasi un'ora passata in auto, causa traffico. Si avviò verso la cucina, intenzionato a riscaldare una delle sue fantastiche pizze congelate.
Nel tragitto, vide uno strano rigonfiamento sul divano. Si avvicinò cauto: sorrise, intenerito come poche volte in vita sua.
McGee era appallottolato sotto una copertina rossa, che lo copriva interamente, lasciando fuori solo il viso al di sopra del naso. Ronfava, ma si sentiva poco perchè il rumore era attuito ancora dal plaid. Di fronte a sè, sul tavolino basso, in vetro, del salotto, c'era il portatile aperto e una presentazione in 3D, di quello che sembrava un apparecchio alla Star Wars. Tony spense il computer, assicurandosi di non aver fatto disastri, e andò in camera di Tim per poggiarglielo sulla scrivania.
Tornato in cucina, infilò due pizze nel microonde e impiegò circa dieci minuti per scegliere un DVD. Alla fine, decise di svegliare il suo coinquilino.
"Ehi, McBelloAddormentatoNelBosco" lo scosse prima lievemente, poi sempre più violento. McGee emise un grugnito poco elegante e balbettò qualcosa.
"Buongiorno!" lo prese in giro, sedendosi accanto a lui sul divano. "Ti sei addormentato mentre lavoravi al progetto" gli ricordò.
McGee divenne pallido e saltò su dal divano, alla disperata ricerca del suo computer: "Dov'è? Dov'è?"
"Te l'ho messo in stanza, sta tranquillo, ok?" alzò gli occhi al cielo. "Devi uscire con Abby?" decise di informarsi.
"No, perchè?"
Tony, tra sè e sè, sospirò di sollievo. Per quella sera, aveva qualcosa con cui parlare. "Ho messo una pizza in forno anche per te e..." sorrise in modo esagerato. "Ho un DVD tutto da vedere!"
McGee si risedette annoiato sul divano e guardò Tony con la coda dell'occhio: "Ti prego, ti prego... non è in bianco e nero, vero?"
"Sei un ignorante, McGee" commentò infastidito il ragazzo. "E' comunque no. E' Il Padrino"
"Non mi piace" sussurrò l'altro, pronto a beccarsi una ramanzina coi fiocchi. Di fatto, Tony impallidì e spalancò la bocca, sconvolto.
"Come... MCGEE! Sei... argh!" infilò le dita nei capelli. "Perchè viviamo insieme?"
"Sono... uhm... l'unico che ti sopporta?" tentò il ragazzo, con un sorriso. Tony lo guardò male e gli saltò addosso, afferrandogli i capelli, per scompigliarli tutti.
"Baaaaaaaaaaaazinga!"
"Lasciami, Tony!" urlò McGee, sotto il peso dell'altro.
Un campanello li fece bloccare entrambi. "Salvato dal timer del microonde, McGenio. Che culo" rise Tony, alzandosi. "Tu metti la tavola!"
McGee arricciò il naso. "Fallo tu, mi sono appena svegliato!"
"Io ho messo in forno le pizze" disse, scocciato. "e, appunto, per svegliarti è bene mettere la tavola. Così non ti addormenti durante il film!"
"Tony" grugnì McGee. "Ma perchè stasera vuoi torturare me? Non puoi uscire con Wendy?" si alzò dal divano per raggiungerlo in cucina.
"Voglio passare una serata col mio migliore amico: è un male?" aggrottò la fronte.
McGee si bloccò con la tovaglia a mezz'aria e sperò che il suo rossore passasse inosservato. Era la prima volta che Tony lo definiva il suo migliore amico. In effetti, erano coinquilini e passavano la gran parte del tempo insieme, ma era ben lontano dal pensare di essere così importante per lui.
"Che c'è?" Tony si voltò stupito, sentendolo canticchiare mentre apparecchiava.
"Niente" gli sorrise, alzando le spalle.
"Dai, siediti!" lo fece sedere e mise le pizze in due piatti. Si sedette di fronte a lui e cominciarono a mangiare, in silenzio. Ad un certo punto, Tony si schiarì la voce.
"Tim..." si pulì la bocca con un tovagliolo.
"Perchè mi hai chiamato così?" McGee lo guardò spaventato. Quella sera gli sembrava davvero molto strano.
"Ti devo dire una cosa" disse Tony e prese un respiro. "Io... sono stato preso... all'Accademia di Polizia di Baltimora"
McGee restò in silenzio e la pizza gli cadde dalle mani. Inizialmente, gli lanciò uno sguardo fer
ito: "Non me l'hai detto!" lo accusò.
"Lo so, mi dispiace" Tony fece una smorfia. "E' che pensavo di non essere preso ma... ma ce l'ho fatta"
"Devi trasferirti a Baltimora?" chiese, subito dopo.
"Credo di si, poi mi organizzerò. Ma tranquillo, qui ci puoi restare" alzò le spalle e diede un morso alla sua pizza.
McGee lo osservò mangiare, pensieroso. In realtà non aveva pensato all'appartamento, ma al fatto che gli sarebbe mancato. Vedendo che si era bloccato, Tony alzò di nuovo lo sguardo di lui e ridacchiò: "Tranquillo, McPreoccupazione" addolcì il tono, cercando di tranquillizzarlo per tutto ciò che gli stava passando per la testa.
L'amico gli sorrise, stavolta veramente felice: "Complimenti, Tony! Davvero!" si scambiarono un cinque, con divertimento e sorpresa di tutti e due.
"Per festeggiare, guarderò il film senza lamentarmi" si portò una mano al cuore e annuì. "Te lo prometto!"
"Bene! E... già che ci sei, vai al supermercato di sotto e prendi due birre!"




































Maia says:

Troppe cose in questo capitolo, mi gira tutto @.@ Voglio solo dire che... madonna santa... CHE BEI LETTORI CHE C'HO ** No, sul serio. Gli stessi della storia precedente, non ci credo. Mi sento catapultata in una vera famiglia :') Ok, non voglio farvi piangere [so con sicurezza che alcuni di voi sono molto facili ai lacrimoni :D] ... quindi... quindi... vi volete fare un pò di affari miei?! FRA POCO VADO IN GITAAAAAAAAAAAAA ** [Sicilia]
Troppo figo. Troppo. Non vedo l'ora ** E sono ricominciate le interrogazioni (tragedia), spero quindi di riuscire a scrivere a intervalli regolari!




Non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni **



SCIAO SPLENDIDIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

Semper Fidelis!

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Capitolo 5
*** Cosa sei disposto a perdere? ***


NCIS
Goodnight, kid.

NCIS 9x05 Safe Harbor

- Goodnight, kid

Gibbs to Ziva, 9x05




"Come avete deciso di chiamarlo? O chiamarla..."
"Non lo so. Shannon vorrebbe che prendesse il nome di una sua zia, non ricordo bene. A me non piace" Gibbs prese un sorso di caffè. "Ricordo esattamente che non mi piace. Vorrei un nome più musicale, non imponente, nè eccessivamente lungo"
Ziva ridacchiò e portò le ginocchia al petto. "Sempre il solito, professore: la politica dello -Stretto Necessario-" alzò gli occhi al cielo, divertita.
"Bè... sono più di trent'anni che la porto avanti e non mi ha creato nessun problema" accennò un sorriso stringato. Poi indicò il batuffolo rosso che giocava ai piedi della panchina su cui erano seduti. "E lui? Come si chiama?" il gattino sembrò capire che si riferiva a lui, perchè alzò il musetto nella sua direzione.
"Whisky!" Ziva piegò la testa e lo guardò con amore. "Non è un bel nome?" L'unica cosa che in casa mia non manca mai.
"Un gatto rosso di nome Whisky" Gibbs rise e scosse la testa. "Sei tremenda"
"E' bello" si difese con forza la ragazza. "E' davvero bello! E poi è molto tranquillo. Ieri gli abbiamo comprato due ciotole, una cuccia" fece una smorfia buffa in direzione del micio, che miagolò, per poi tornare a giocare con una margherita un pò gialla e secca. Tentava di afferrarla con le zampine bianche, senza riuscirci.
"Abbiamo? Tu e...?" Gibbs inclinò la testa nella sua direzione. Ziva arrossì e si grattò distrattamente la guancia.
"Si, ecco... non sono qui da sola. Non mi chieda di più" lo pregò, tornando con lo sguardo su Whisky. Lo afferrò appena in tempo per evitare che si rotolasse sull'erba umida del mattino, e lo rimise in piedi. "Domani mattina mi porta il caffè?" domandò, indicando la confezione per due. Una era vuota. 
"Se vuoi..." sussurrò Gibbs, bevendo il suo caffè.
"Perchè te ne sei andata?" le chiese con tranquillità, fingendo di interessarsi al fondo del suo bicchiere di caffè. Ziva non rispose subito, preferì prendere Whisky tra le braccia e cullarlo per distrarsi. Ci giocherellò per qualche minuto, finchè il gattino non si calmò.
"Dovevo" mormorò e scrollò le spalle. "Non potevo fare altrimenti. Per un pò ho sperato... ho sperato di poter risolvere le cose ma... poi ho capito che non avevo più nulla per cui rimanere. Avrei dovuto combattere, per cosa? Per qualcuno che non mi ha voluta abbastanza" sospirò.
"Io sono sempre stato favorevole alle battaglie intrise di... pathos... la Storia ne è piena" spiegò Gibbs.
"Già" arricciò le labbra, indecisa su cosa dire. "Non dovrei passare con lei le mie mattine, professore. Non è sicuro"
"E perchè lo fai, allora?" le disse Gibbs, voltandosi verso di lei. Ziva si morse le labbra, indecisa su cosa dire.
Perchè mi sento a casa. "A volte mi sento sola. Whisky non è un chiacchierone" gli tirò un orecchio. "E... sono qui per lavoro, non per piacere"
"Capisco" Gibbs annuì.





- Cosa sei disposto a perdere?

[Mi fido di te]


Shannon non si sentiva così sconfitta dai tempi di Ziva David. Parlare con Gerald era come buttarsi su un muro di gomma: torni sempre indietro, alla fine. A differenza della sua vecchia alunna, però, Gerald non era scontroso, nè sembrava particolarmente stanco di starla a sentire tutti i mercoledì mattina. Facevano terapia tutti i mercoledì da due mesi e mai l'aveva sentito esprimersi in una parola che facesse trapelare la sua rabbia.
Shannon era sicura che ci fosse rabbia: il suo futuro era stato distrutto da una pallottola, da un incidente che non avrebbe dovuto capitare. Insomma, chi non sarebbe arrabbiato? Era impossibile che il ragazzo non provasse nulla. In un certo senso, aveva dentro di sè lo stesso vuoto di Ziva, ma se lei lo esprimeva, lui se lo teneva dentro. Un cimitero, senza un guardiano. Non posso permettere che tu ci resti dentro, Gerald. Anche quel mercoledì il ragazzo entrò calmo nel suo studio.
"Ciao, Gerald" lo salutò con un sorriso.
"Buongiorno, dottoressa. Buongiorno anche a te" si rivolse al pancione e sorrise. La mano tremante era stipata nella tasca dei jeans.
"Fatto altri brutti sogni, stanotte?"
"No, ho dormito come un neonato" disse, tranquillo - troppo tranquillo. Era quasi snervante, per lei. Aveva buttato mesi al vento? Gerald stava davvero bene? Il suo istinto le diceva di no, ma la realtà era che niente riusciva a scalfire quella roccia dura che era diventato. Tentò il tutto per tutto ed estrasse dalla scrivania un articolo di giornale che aveva scovato da internet. Lo ripiegò per bene e lo porse a Gerald.
"La donna che era nel negozio, al momento della sparatoria, è morta in ospedale ieri sera" sussurrò.
Il ragazzo prese con la mano che tremava l'articolo di giornale e lesse la notizia. Dopo un pò, lo vide accartocciare la carta e lanciarla nel cestino dei rifiuti.
"Gerald" Shannon gli prese la mano, tenendola tra le sue. Non la smetteva di muoversi. 
"Potevo esserci io, in quella bara" deglutì. "Potevo esserci io" vomitò.





Abby: Tony, I'm gonna miss her
Tony:  Me, too

3x01




"Se vuoi ti aiuto" si offrì Abby, seduta sul letto di Tony DiNozzo. Il ragazzo scosse la testa e continuò a fare la sua valigia. Era il giorno del suo ventunesimo compleanno e la Metropolitan Police Academy di Baltimora lo stava aspettando. Abby e McGee avrebbero voluto festeggiare, ma lui aveva deciso di passare quel giorno con suo padre e la sera, a cena, con lui, i suoi amici e Wendy. Aveva molte cose da fare, inoltre: la valigia, chiamare lo studente con cui avrebbe dovuto dividere la stanza in quell'ostello giovanile a Baltimora... troppe cose, una festa gli sarebbe stata solo d'intralcio. Erano passati un paio di mesi da quando aveva annunciato a McGee la sua decisione, di trasferirsi e provare a scriversi un futuro. Dirlo ad Abby non era stato facile come pensava, nè Wendy aveva preso benissimo la novità - non gliel'aveva detto nemmeno per prima, preferendole Timothy; il più felice sembrava suo padre, fiero di lui come non lo era mai stato.
"Dovresti portare più t-shirt, Tony. Sono sempre utili, e metti caso fa freddo, puoi sempre metterci su una felpa" gli lanciò una maglietta.
"Grazie, Abbs" sorrise e la infilò in uno dei due borsoni che aveva preparato oltre la valigia. Decise di occuparsi delle mutande e dei calzini. Fu bloccato da uno strano rumore, come un risucchio; voltatosi verso Abby, vide che stava soffocando il pianto in un fazzoletto.
Alzò gli occhi al cielo, divertito. "Abbyyy!, dai" si sedette con lei sul letto e la abbracciò. "Non vado in guerra!"
"Non ci vedremo per un sacco di tempo!" singhiozzò. "E chissà se riuscirai a trovare un posto qui a Washington, una volta tornato!" si asciugò gli occhi, sporcarcandoi le dita del trucco che aveva sulle palpebre.
"Nel caso più remoto che a Washington non ci sia possibilità per un giovane poliziotto, verrò a trovarti ogni volta che posso, ok?"
"Giura!" lo minacciò con un dito. Tony si portò una mano al cuore. "Giuro sulla mia collezione di DVD!" la abbracciò di nuovo, cercando di tranquillizzarla. "Ti porterò un sacco di souvenirs, e ti verrò a salvare ogni volta che McGee tenterà di ucciderti con la noia" le accarezzò la fronte, coperta dalla frangetta.
Abby rise divertita e gli tirò una gomitata. "Stupido uomo!" si lasciò cullare ancora qualche minuto dalle braccia di Tony, almeno finchè l'aveva vicino. Era uno dei suoi migliori amici e non le piaceva l'idea di non essere stata avvisata a tempo debito di quel cambiamento improvviso.
Era come quando suo fratello se ne era andato via per il college: non una perdita vera e propria, nessuna ferita sanguinante, più un brufolo che prude e che da un tremendo fastidio. Un fastidio che non sparisce da un giorno all'altro - nonostante le telefonate, le videochiamate, le gite a che avrebbero fatto a Baltimora.
"Fammi capire" cominciò, alzando leggermente lo sguardo su di lui, mentre le accarezzava distrattamente i capelli. "Ora tu e Wendy vi lasciate, vero? Perchè lo sappiamo che le relazione a distanza non funzionano!"
"Abby!" la rimproverò con lo sguardo, ma segretamente divertito.
"Cosa?" fece spallucce e finse un'espressione oltraggiata. "Non starai mica pensando che io sia felice se vi lasciate?" ridacchiò. "Assolutamente... si"
"Mi sarebbe piaciuto che foste diventate amiche, invece. Wendy ti piacerebbe, se non fossi così razzista nei suoi confronti" si alzò dal letto per continuare a sistemare le sue cose. "Ti sei solo fissata"
"No, non potremmo andare d'accordo" lo osservò analizzare due calzini che sembravano dello stesso colore. Non lo erano, evidentemente, visto che Tony continuava a guardarli con uno sguardo minaccioso, sperando in un'illuminazione, che puntualmente non sarebbe arrivata.
"E' così triste vedere la gente che parte..." si stese sul letto e prese ad osservare il soffitto. "Prima mio fratello, i nostri compagni di liceo, poi Zi..." si bloccò appena in tempo e sollevò la testa nella direzione del ragazzo. Aveva l'espressione tranquilla, ma le mani e le spalle tese.
"Mi dispiace, Tony" si scusò Abby, portandosi le mani alla bocca. "Davvero, non volevo. Mi è scappato"
"Puoi nominarla, se vuoi. Non è proibito" tentò di scherzare e gettò entrambi i calzini in valigia. "Sono passati tre anni. L'ho superata"
"Beato te" sussurrò Abby. Prima che il suo amico potesse indagare ulteriormente, se ne andò lentamente in cucina. Le serviva un caffè.
Poggiato al lavello, mentre osservava la macchinetta del caffè fumare, c'era Timothy: aveva una tuta sformata e l'espressione confusa, un pò malinconica, esattamente come la sua. Abby lo raggiunse sorridente e lo abbracciò, poggiando la guancia all'altezza del suo cuore.
"Coccole?" le domandò. Abby si limitò ad annuire e strofinò il naso contro la sua maglia. Il ragazzo le accarezzò la testa.
"Ricordami perchè ti ho lasciato, l'anno scorso" bofonchiò Abby.
"Uhm... per seguire i tuoi sogni di gloria in Europa" disse divertito Timothy.
"Sono stata un'idiota"
"Lo so, ma ti amo lo stesso, tranquilla" risero e Abby lo baciò, lasciandogli un pò di rossetto sulle labbra fini. "Ops" rise e passò l'indice per togliere il rosso.
"Che brutto, Tony che prepara le valigie!" gli sussurrò all'orecchio. "Non voglio che vada via"
"Pensa positivo, avremmo casa tutta per noi" le fece l'occhiolino, circondandole i fianchi con le braccia. "E niente più Wendy" fischiò e si scambiarono un cinque.
"Questa è decisamente una bella notizia" ammiccò Abby. "Anche se, conoscendola, correrà a Baltimora pur di accaparrarsi i soldi di Tony" ringhiò.
"Sta calma" le diede un bacio a stampo. "Stasera dobbiamo andare a cena con lei e Anthony Senior, quindi... tieni a posto le mani, perchè tra te e lui, la poverina si troverà con le spalle al muro" sorrise. "Ho la netta sensazione che anche la signorina Kate non la possa sopportare"
"Sai che se la chiami di nuovo signorina ti spara, vero?" spalancò gli occhi scuri. "Non farlo, stasera. Non voglio un fidanzato con i buchi, sembreresti un formaggio stagionato, io odio il formaggio!, soprattutto quello stagionato" annuì e gli circondò il collo con le braccia.
"Sto per entrare!" urlò Tony, una mano sugli occhi. I due lo guardarono divertiti.
"Siamo presentabili" rise Abby, staccandosi da McGee. "Piuttosto, c'è il caffè pronto... cosa devo mettermi stasera?"
Tony e McGee si guardarono sconsolati, pronti ad una digressione senza fine sulla moda made in Sciuto.
Sono esattamente questi, i momenti che mi mancheranno.

La scena risultava quantomeno ironica, se saltava all'occhio di uno spettatore esterno e privo di tutte quelle dinamiche che intercorrevano nel gruppo.
Prima di tutto c'era Tony: elegantissimo nella sua camicia sportiva, i pantaloni dal taglio classico e i capelli, per una volta, voltati nel verso giusto. Teneva la mano di Wendy, la sua bellissima ragazza, e giocherelleva distrattamente col cellulare, nell'altra mano.
Qualunque psicologo, poi, avrebbe detto che la gestualità di Abby e DiNozzo Senior esprimeva difesa e le loro espressioni erano quantomai guardinghe: la ragazza aveva le braccia incrociate sotto il seno, tese e strette tra loro, mentre osservava con scetticismo misto a disgusto le mani intrecciate dei primi due; Senior, invece, non faceva che tenere il bicchiere sulla punta della labbra, cercando di non farsi sentire mentre borbottava tra sè e sè.
McGee, per contro, era in evidente difficoltà: si spostava da una parte all'altra sulla sedia, sbriciolava fette di pane e, contemporaneamente, nascondeva il viso di Abby mentre faceva smorfie poco carine nei confronti di Wendy. L'unica tranquilla era Kate, che mangiava come se non fosse realmente presente, si limitava a scherzare con Tony, beccandosi occhiatacce da Wendy, Abby e Senior, con l'eccezione di Tim.
"... e Tony mi ha regalato i biglietti per questa fantastica mostra di arte moderna per il mio compleanno" finì di parlare Wendy, mentre tagliava una fetta di carne particolarmente succosa. Rivolse un sorriso a Tony, che le fece l'occhiolino.
"Te lo meriti..."
"Ma davvero?!" Senior si schiarì la voce. Di fianco a lui, Kate alzò lo sguardo al cielo, esasperata. "Perchè se lo merita?"
"Aveva lavorato tutta la settimana" disse Tony, lanciando uno sguardo ammonitore a suo padre.
"Anche io. Inoltre studio. Nessuno mi da premi, però" aggiunse inviperita Abby. Sorrise in modo palesemente falso a Wendy, che preferì non dire altro.
"Ma, Abbs, tu lavori solo la sera" ghignò Tony. La sua amica gli lanciò uno sguardo di fuoco e, prima che potesse aprire bocca, Kate intervenne: "Devo andare al bagno. Abby, vieni con me? Ho un nuovo rossetto che vorrei farti provare..." si alzò e la prese per un braccio con più violenza del necessario e la fece traballare.
Wendy si imbronciò per non essere stata inclusa in quel momento tutto al femminile, ma capì che non era desiderata e si accontentò di mangiucchiare l'insalata.
McGee si schiarì la voce e si rivolse a Tony: "Bè, ehm... hai conosciuto lo studente con cui dividerai la stanza a Baltimora?" l'altro annuì e prese un sorso di vino.
"Si chiama Sam*, è una specie di figlio dei fiori con i dreds lunghi fino al pavimento" sorriso. "Simpatico. Suona la chitarra"
"Bene, ti passerà un pò di arte. Già immagino le serate che passerete a cantare le canzoni di Elvis" Senior alzò gli occhi al cielo, divertito. La tavolata scoppiò a ridere, mentre Tony sorrideva a stento.
"Voi scherzate, ma credo che le mie serate passeranno proprio così"
"Sei ancora in tempo, Tony" suo padre gli puntò contro la forchetta. "Sei sicuro di quello che fai? E' del tuo futuro, che si parla"
"Si, sono sicuro. Non sono mai stato così sicuro di qualcosa in vita mia" Più o meno.

"La odio"
"Hai la matita sotto gli occhi sbavata"
"E' brutta!"
"Il lucidalabbra ti è quasi sparito"
"... arrampicatrice sociale!"
"Abby!" Kate l'afferrò per le spalle e la scosse violentemente. "Devi stare calma, ok? Ho la pistola in borsa, posso usarla" la ragazza la guardò sconvolta e prese un respiro profondo, guardandosi allo specchio. Aveva una smorfia terribile che le deturpava il viso e, effettivamente, il trucco era quasi sparito.
"Se non fossi sicura che ami il tuo ragazzo, oserei dire che sei gelosa" Kate diede le spalle allo specchio e si poggiò al lavandino con le mani, guardandola attenta.
"Già" si mordicchiò le labbra. "Forse faccio così perchè qualcun'altro non può farlo" piegò la testa e osservò la sua immagine allo specchio.
"Ziva" scandì Kate, annuendo leggermente. "Ti manca molto di più di quanto pensassi" la donna le accarezzò i capelli e Abby tirò su col naso, cercando di tirare indietro le lacrime che spingevano fortemente per uscire. 
"Sono questi, i momenti in cui mi manca di più. Stare insieme, prima di una decisione così importante per Tony... sai cosa mi fa più male? Non sapere dov'è, cosa sta facendo, se è viva. Israele non è esattamente il posto più sicuro al mondo e sappiamo tutte e due cosa fa suo padre" strinse le labbra. "Non mi ha nemmeno salutata, capisci? Da un giorno all'altro la mia amica mi è stata portata via"
"Abby" tentò Kate. "Perchè Ziva se n'è andata?" La ragazza la guardò con gli occhi ludici e prese a raccontare...






































Maia says:


Vorrei ricordare a tutti i lettori che se mi fate fuori non leggerete il continuo >.< Come avrete capito, dallo scorso capitolo sono passati un paio di mesi: Ziva continua a vedere Gibbs al parco, non incrociandosi con Tony (che sta per partire per Baltimora). Abby, invece, è nel bagno del ristorante, pronta a raccontare a Kate cosa è successo tre anni prima, visto che lei non lo sa.
-> Perciò, il prossimo capitolo sarà un flashback, tutto da punto di vista Tiva, che vi (spero) chiarirà tante cose. Molte cose. Troppe cose.
Vi ricordo che se mi uccidete non leggerete il continuo ^o^'''


*Sam: personaggio liberamente ispirato al mio AMATO Sam, vincitore del Glee Project :)




Me lo merito! D:



Alla prossima, squadra u.u

STASERA NON PERDETE LA NONA STAGIONE SU RAI DUE *W*


Semper Fi.
Amalia.

 

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Capitolo 6
*** Remember me ***


NCIS
hjgh

- No

Tony DiNozzo, 7x01




Ziva mosse qualche passo e si sedette sugli scalini del portico di casa sua. Il cielo era aperto, sebbene nei giorni precedenti non avesse fatto altro che piovere, e le infondeva una strana calma, di cui però aveva davvero bisogno. Tra le mani distringeva il cellulare, con la finestra dei messaggi ancora aperta e l'ultimo messaggio che le ordinava, quasi, di guardarlo un'ultima volta.
Che fine hai fatto, piccola ninja? Nessuna faccina, nessuna inflessione del testo particolare che le facesse pensare che lui fosse davvero preoccupato. Tony non si preoccupava per lei da un sacco di tempo e aveva ragione, in effetti. Il peggio era passato, la morte di Ari era lontana e la sua preoccupazione più grande rimaneva diplomarsi col massimo dei voti e il pericolo maggiore che correva era sbucciarsi un ginocchio durante l'ora di Educazione Fisica, o quando il professor Gibbs era particolarmente di cattivo umore, avere una C.
Già, Tony non poteva pensare che Ziva fosse in pericolo, o triste, o in chissà quale disastro internazionale.
La ragazza decise di non fare la codarda e gli rispose, con le mani tremanti: Ho studiato tutto il giorno, scusa. Puoi venire da me? rilesse tre volte il messaggio, cercando di non far trasparire la sua ansia, il suo dolore, la sua paura nascosta.
Uh-uh :) Secondo round? Eli David è finalmente uscito? Era stato veloce nella risposta. No, Tony non era preoccupato, ma avrebbe scommesso che era stato tutta la domenica attaccato al cellulare, chiedendosi perchè la sua ragazza, a pomeriggio inoltrato, non si era ancora fatta sentire. Ziva trattenne un sorriso, ricordando la sera prima. Si, sono sola. Dai, vieni. Ti devo parlare. Giusto per mettere subito in chiaro che non aveva intenzione di finire con lui sotto le coperte - magari dopo, ma non subito. La risposta di Tony fu semplice e sbrigativa.
Non era uno stupido. Ziva era convinta che avesse percepito che qualcosa non andava. Posò il cellulare nella tasca interna dei jeans e guardò sconsolata il cielo sopra di lei. Pensava di averne passate abbastanza e di aver trovato il suo posto, finalmente. La sua persona, i suoi amici, una famiglia. Perchè le doveva essere strappato via tutto? Si coprì il viso con le mani, distrutta. Stette seduta lì per molto tempo, finchè non sentì un tonfo e una macchia scura che saltava il cancelletto del suo giardino. Si alzò e tentò di sorridere.
"Ehilà!" Tony le fece l'occhiolino, mentre tentava di sistemare i pantaloni. "Ho sempre il terrore che tuo padre abbia attaccato qualche presa elettrica al cancello sul retro, così da farmi prendere la scossa. Ne sarebbe capace, secondo te?" scherzò.
Ziva sorrise e gli andò incontro; non gli rispose, si limitò ad alzarsi sulle punte e lo baciò, obbligandolo a schiudere le labbra, per cercare qualcosa di più di un semplice bacio di Benvenuto. "Wow, Ziva. Ehi" la allontanò da sè, divertito e stupito al tempo stesso.
"Di solito sono io che ti salto addosso come un cretino e mi fai pure sentire in colpa. Che ti prende?" le strizzò una guancia.
Ziva allontanò la sua mano irritata: "Per una volta che prendo l'iniziativa non ti va bene?!"
"Ritira gli artigli" Tony la guardò, ferito. "Mi hai mandato un messaggio cadaverica, pensavo fosse successo qualcosa e tu vuoi solo..." indicò il suo corpo, non senza un minimo di vanità. La  ragazza alzò gli occhi al cielo, lo prese per mano e lo fece sedere accanto a sè sui gradini.
"D'accordo, è successo qualcosa" sospirò Tony, passandosi una mano sul viso. "Dovevo aspettarmelo. Non credo che tu voglia scaricarmi, vista la calorosa accoglienza, ma allora?" alzò le spalle e la guardò in trepidante attesa.
Ziva deglutì e ricominciò a giocherellare sul cellulare. "Io... stamattina, quando mi sono svegliata, mio padre mi ha chiamata nel suo studio" prese un respiro e continuò: "si è prima scusato, mi ha detto che non avrebbe mai voluto farmi una cosa del genere"
Tony si mosse leggermente dalla sua postazione. Ziva capì che si stava innervosendo: "Il nostro visto sta per scadere, Tony. Dobbiamo tornare in Israele" alzò lo sguardo su di lui.
Il ragazzo ebbe una reazione dapprima sorpresa, poi rise: "Bello scherzo, David, davvero"
"Non sto scherzando, Tony" sussurrò. "Mio padre è stato appena nominato Direttore del Mossad e, nonostante tutto, siamo ancora ospiti di un paese che non è il nostro. La presenza dei David su suolo americano sta facendo innervosire parecchie persone, a Tel Aviv" mormorò. "Non dovrei nemmeno frequentare la Woodrow, capisci? E' come se... fossi una turista"
Tony la guardò accigliato: "Siete qui da quasi un anno. Come..."
"Lo so" sospirò. "Ma non possiamo rimanere ancora, potrei perdere un anno di scuola in Israele e mio padre avrebbe seri problemi con i Servizi Segreti: tutti credono che rimaniamo qui per chissà quale motivo!"
"E allora spiegatelo!" si alterò il ragazzo.
"Papà ci ha provato" tirò su col naso. "Ma non possiamo rimanere ancora. Il tuo governo non ci rinnoverà ancora il visto. Fra poco diventeremo degli emigranti senza regolare permesso e ci rimanderanno in patria con la forza" mormorò. Tony le prese una mano.
"Tu... ti stai per diplomare qui. Tuo padre non può partire e lasciarti in America? Con Leni?"
"Sono ancora minorenne, Tony. Non ho nemmeno ventun'anni. Devo partire con lui, non posso rimanere da sola" scosse la testa. "Non sono americana, capisci? Dovrei aspettare anni prima di riuscire anche solo a pensare di prendere la Green Card. E nel frattempo?"
Restarono in silenzio, con le dita intrecciate. Ziva teneva lo sguardo fisso sul prato di casa, cercando di rimettere ordine nei pensieri.
"No" esclamò Tony, d'improvviso. Ziva si voltò verso di lui. "Eh?"
"Ho detto no!" si alzò e cominciò a passeggiare in tondo, con lo sguardo della ragazza fisso su di lui. "Non permetterò che ti riportino lì. Assolutamente no! Non dopo tutto quello che abbiamo passato, Zee. Sarebbe... si stava risolvendo tutto!" borbottò tra sè e sè, poi si fermò e la guardò con decisione. "Scappa. Ci sposiamo. Sono maggiorenne!"
"Ma sei impazzito?!" strillò.
"Assolutamente no! Io ti amo, tu mi ami e non vuoi tornare in Israele" riassunse. "E hai bisogno di rimanere negli Stati Uniti. Il modo più veloce per prendere la Green Card è sposarmi. Sposami" le propose, le braccia aperte e un sorriso fiducioso.
Ziva non sembrava altrettanto d'accordo: "Sono minorenne, Tony. E un matrimonio, Dio..." si prese la testa tra le mani. "Te ne pentirai. Ce ne pentiremo. Cominceremo a litigare e..." si inginocchiò di fronte a lei e poggiò la fronte sulla sua.
"Ziva" sussurrò. "Stammi bene a sentire: forse è un'idea folle, ma pensaci, ok? In ogni caso, a costo di parlare con tuo padre o di rapirti, io non permetterò che ti facciano tornare in Israele. E' questa casa tua" le accarezzò una guancia.
"So che questa è casa mia, ma non sulla carta" chiuse gli occhi. "Tony..."
"Non tornerai lì. Te lo prometto. Troverò tutte le soluzioni possibili"

Tony tornò a casa ubriaco. Suo padre neanche se ne accorse, stanco com'era, dopo aver passato l'intera giornata in ufficio. Il ragazzo sbattè parecchie volte contro i mobili, ridendo di sè senza motivo. Erano parecchie sere che usciva con Vincent e gli altri della squadra di basket, per divertirsi. Era giovane, aveva appena diciotto anni, e stava vivendo dei mesi assurdi, di nuovo - tutto a causa di Ziva.
Pensare a certe cose lo faceva anche sentire in colpa: di certo non era lei che voleva tornare in Israele, ma stava obbligando anche lui a vivere da ospite. A diciotto anni non si può pensare già ad un matrimonio - anche se l'aveva proposto lui. A diciotto anni non si può pensare di scappare con la propria ragazza - e si sentiva in colpa anche per non essere abbastanza forte.
La verità era che più il tempo passava, più Ziva diventava fiduciosa. E più lui perdeva le speranze. Le avevano tentate tutte, l'unica cosa rimaneva rapirla o sposarsi. Tony non era pronto a fare nessuna delle due cose e si sentiva così inadeguato e l'unica cosa che riusciva a fare era uscire e bere come una spugna con i suoi vecchi compagni di squadra.
Ziva aveva ben presto capito che c'era qualcosa che non andava in lui, perchè aveva smesso di fargli domande e chiedergli novità sulle sue ricerche, lo lasciava in pace e non gli chiedeva perchè aveva le occhiaie e puzzava di birra. Aveva lasciato correre anche la sua rinnovata amicizia con Vincent e l'avvicinamento alle cheerleaders. Abby le diceva di stare tranquilla, che Tony stava sicuramente trovando una soluzione e un bel giorno l'avrebbe stupita, ma non ci credeva nemmeno lei.
Tony tornò a casa ubriaco, ma quella sera non tornò a casa da solo. La ragazza era una biondina prorompente, piena di assi nella manica, che l'aveva puntato alla festa del liceo già qualche giorno prima. Non aveva smesso di essere una preda ambita, sebbene la sua storia con Ziva non mostrasse alcun segno di cedimento - almeno negli ultimi mesi. Quella storia della Green Card lo stava mettendo seriamente sotto pressione e, anche prima di conoscere la David, il suo metodo per scacciare via la tensione era fare sesso.
La biondina dal nome sconosciuto era perfetta. Sicuramente il giorno dopo, a scuola, non avrebbe fatto baccano per attirare la sua attenzione, nè avrebbe spinto affinchè lasciasse Ziva. Tony prese una bottiglia di vino dalla dispensa del padre e la divise con la ragazza.
Ziva. Bere lo faceva sentire meno colpevole di quel tradimento - che poi tradimento non era. Era anche colpa sua se stava facendo sesso con un'altra ragazza, era anche colpa sua se non stava più tranquillo, era anche colpa sua se era israeliana.

La mattina dopo, a scuola, la vide poggiata al suo armadietto. Stringeva un libro tra le mani e si torturava il labbro inferiore con i denti. Tony sorrise e sentì quel familiare formicolio allo stomaco che gli prendeva ogni volta che l'aveva davanti, seguito, recentemente, da attacco di panico leggero, come se l'aria gli venisse bruscamente tirata via. Ziva alzò lo sguardo appena in tempo per vederlo arrivare e gli sorrise.
Tony non la baciò, per evitare che sentisse l'odore di birra e Ziva non chiese di essere baciata, altrettanto consapevole di non voler sapere.
"Sei venuto tardi" gli disse, con le spalle rivolte ancora agli armadietti. Tony aprì silenziosamente il suo e prese i libri di Chimica.
"Si, ecco, mh, non mi sono svegliato" si grattò la testa e la invitò ad accompagnarlo verso la classe. Di solito gli piaceva coccolarla un pò, prima di cominciare le lezioni, ma non le prendeva la mano da un sacco di tempo. Ziva la ritirò nella tasca del jeans.
"Fatto tardi ieri sera?" domandò, cercando di rimanere, al tempo stesso, sul vago.
Tony sbuffò pesantemente. "Anche se fosse? Cos'è, un terzo grado?" replicò e svoltò velocemente per il corridoio. Ziva lo guardò andare via. Non ci era rimasta male, capitava spesso che le rispondesse male. In cuor suo, sperava che fosse per la pressione dovuta a quella terribile spada di Damocle che incombeva su di loro - non voleva gridare al Lupo, confidava che, lasciandogli del tempo, tornasse tutto come prima.
Lei si avviò verso i bagni, entrò e si chiuse in uno di questi.
Sentì la porta aprirsi e due ragazze, che ridevano, entrare.
"... allora è bravo come dicono" mormorò una. Ziva intuì che si stava rifacendo il trucco.
"Di più, molto di più" rise l'altra. "Devi pensare che era così ubriaco da non riuscire nemmeno a mettersi il preservativo, ma una volta cominciato, credimi, era più lucido di chiunque altro. Pure una bella casa"
"Ma non stava insieme a una?"
"Boh, mi pare di si. Però, andiamo! Tony DiNozzo che sta fisso con una ragazza? Non ci ha mai creduto nessuno. Fare sesso con me è stata solo la prova del nove. Non è cambiato per niente"
Il cuore di Ziva mancò un battito. Poi un altro. E un altro ancora.






hjghjgh

- Ziva... can you fight?

Tony, 6x01





"Te lo ricordi?" gli chiese, dondolando sull'altalena.
"Certo. E' dove ci siamo baciati la prima volta" Tony sorrise, dondolando anche lui. "Certo, il cielo non era così azzurro e la situazione non così bella, però è un bellissimo ricordo. Perchè mi hai fatto venire qui?" si voltò di lei. Ziva sembrava pensierosa, mentre strisciava con le scarpette da ginnastica sul terreno sotto l'altalena.
"Sto per farti una domanda, Tony. Potresti rispondermi sinceramente?"
Il ragazzo la guardò accigliato: "Si. Chiedimi tutto!"
"Mi hai tradita, due sere fa?" alzò lo sguardo su di lui. Una delle cose che Tony amava in Ziva David era l'autocontrollo. Non gli sembrava arrabbiata, nè disperata, nè in collera. Rassegnazione. Era lo stesso sentimento che c'era nei suoi occhi.
"Si" rispose, mantenendo lo sguardo fisso su di lei. "Mi dispiace" mormorò, subito dopo. Ziva incassò il colpo con dignità e riprese a guardare il terreno sotto i suoi piedi. "Mi dispiace, dico sul serio. E' che... non voglio giustificarmi, ma... tutta questa storia mi sta mettendo ansia"
"Non sono stata io a proporti di sposarmi" replicò con forza, mostrando per la prima volta della rabbia.
"Lo so. Forse... ho accellerato le cose" prese un respiro. "Non sono pronto a lasciarti andare via"
"Ma non sei pronto neanche a trattenermi. Non hai la forza necessaria, Tony" si alzò dall'altalena e lo guardò, scossa. "E io non ho la forza necessaria per perdonarti. Perchè il mondo mi sta crollando addosso e tu, invece di starmi vicino, scopi con chissà chi" ringhiò.
"Ti ho già chiesto scusa" si alzò anche lui e alzò la voce. "Ti sono stato vicino finchè ho potuto, ti ho promesso mari e monti, ho provato a convincerti, ma sai che ti dico?!" le disse, rabbioso. "Non sembrava che tu fossi tanto predisposta a rimanere qui... ti conosco, Zee. Ho visto che cedevi giorno dopo giorno, mentre io cercavo di tenere in piedi tutta la baracca. Mi hai lasciato scelta?!" gridò.
"Si!" urlò anche lei. "Si che te l'ho lasciata! Quando ti ho detto che sarei dovuta tornare in Israele, potevi stare zitto, muto!, e vivere questi ultimi mesi con me" si colpì il petto. "Me! Sarebbe stato meno terribile, credimi" si asciugò una lacrima e lo fissò disgustata. "Negli ultimi tempi non hai fatto altro che trattarmi male, ignorarmi, mentre... mentre... mentre io combattevo con qualcosa di molto più grande di me!"
"Stammi a sentire" la afferrò per le braccia. "Non potevo rassegnarmi all'idea che tu andassi via"
"E ora puoi, Tony?" sussurrò.
"Non ho altra scelta" la guardò colpevole e tentò di abbracciarla, ma Ziva si divincolò.
"No. Ora sono io a dire basta" tentò di fermare le altre lacrime con la manica della maglietta. "Mi hai fatto credere che sarebbe andato tutto bene. Non è stato così. Mi hai detto che mi amavi. Non è così, mi hai tradita. E..."
"No!" le urlò. "Non ti azzardare a mettere in dubbio il fatto che io ti ami, perchè è così! E, a questo punto, preferirei..." si zittì.
"Cosa, Tony?" singhiozzò Ziva. "Non avermi mai conosciuta? Hai ragione. Anche io vorrei non averti mai conosciuto. Ho tradito mio fratello - ho ucciso mio fratello, anche per stare con te. Ho vissuto questi mesi in una bolla di sapone solo perchè tu mi avevi dato qualcosa su cui sperare: quel qualcosa eri tu. E ora non ci sei. Forse non ci sei mai stato" pianse.
"Per favore" biascicò. "Non... non è così. Io ti amo, Ziva"
"Sai solo dire questo" scosse la testa. "Ma non è abbastanza. Non ho più forza, Tony. Non posso combattere anche per te" tirò sul col naso e si pulì il viso. "Ho detto a mio padre che sono d'accordo. Parto dopo domani, il tempo di prenotare un volo"
"Non devi farlo per forza" tentò, prendendola per mano. "Non farmi questo" le baciò la fronte, disperato.
"Tu a cosa pensavi, mentre stavi con quell'altra? Anche io avrei voluto che non mi facessi questo, Tony. L'hai fatto. Io ti odio" scandì, gelida. Infilò le mani nel giubbino e uscì dal parco, lasciandolo lì, da solo.

Timothy McGee accese la tv e si buttò a peso morto sul divano. I suoi genitori erano andati a dormire e sua sorella era in camera sua, così poteva guardarsi in santa pace la maratona di Star Trek che davano alla tv. Si era preparato di tutto: pop corn, modellini in scala dei suoi personaggi preferiti e orsetti gommosi. Aspettava quel momento da settimane e, ben felice di stare finalmente da solo, si sintonizzò sul canale desiderato. Pochi minuti prima dell'inizio della saga, McGee pensava davvero che quella sera sarebbe riuscito a stare tranquillo.
Finchè non suonò il campanello.
"Ma perchè?!" si lamentò, alzando gli occhi al cielo. "Perchè, Dio, mi fai questo?!" mise da parte la ciotola di pop corn e ciabattò fino alla porta d'ingresso, chiusa a doppia mandata. Guardò dallo spioncino. Tony.
"Ehi, amico. Cosa ti porta a casa mia alle nove di sera?" inclinò la testa, osservandolo curioso. Stava con lo sguardo basso, poggiato alla porta dell'appartamento della signora di fronte. "Tony... ? Stai bene?" si avvicino a lui, con passo felpato.
L'altro scosse ritmicamente la testa. Poi tutto il suo corpo sembrò scuotersi e, con orrore, Tim si accorse che stava piangendo. Uscì, sul pianerottolo, e gli strinse piano una spalla. "Tony..." lo chiamò ancora una volta, confuso.
"L'ho fatta andare via, Tim" pianse. "L'ho fatta andare via"
McGee non trovò altro da fare se non abbracciarlo e accoglierlo in casa.

































Maia says:

PIANO, RAGAZZE, PIANO >.< Non mi uccidete Tony, ne ho ancora bisogno per la storia.
Adesso avete capito perchè? Non lo condannate, ha corso troppo e ha pensato che sarebbe riuscito a salvare le cose come in uno dei suoi film. Erano giovani, adolescenti. Si, insomma: chi si sposa a diciotto anni, nel 2012?! xD hahahahahaha
Ora sono cresciuti, però :3 uhuhuhuhuhuhuhuhuhuhuhuh.
Vabbè. Questo capitolo mi ha distrutta, in tutti i sensi, ma sapete cosa? Ve lo meritate. Per tutti i complimenti, per tutte le recensioni, per tutta la passione che ci mettete e per... volermi bene? ** Un pò me ne volete? *_*
Quindi...


GRAZIE!




P.s.: Avviso importante! Allora, prima di tutto volevo scusarmi in anticipo >.< Visto che siamo una squadra (u.u), ve lo dico: la pubblicazione sarà parecchio ritardata in queste ultime settimane. A partire da domani ho TUTTI I GIORNI un'interrogazione oppure un compito, devo studiare come una pazza, leggere un libro di Calvino e due tragedie greche D: In più, lunedì 19 parto per la gita di cinque giorni, torno il 23, e il lunedì successivo già cominciano ad interrogare.
Una delle cose di cui ero più fiera erano gli aggiornamenti veloci :( Non sono una di quelle che fa aspettare secoli per i nuovi capitoli, perchè se ho tempo scrivo e pubblico al momento, cerco sempre di portarmi con i capitoli avanti, ma stavolta mi trovo proprio in difficoltà :( Proverò ad aggiornare prima di andare in gita il nuovo capitolo - che ancora non è pronto, tra l'altro xD - e, perdonatemi davvero, se vi farò aspettare un pò :( Midispiacemidispiacemidispiace! :( Anche perchè ve li meritate i capitoli in tempo, mi fa stare male 'sta cosa :(




Semper Fidelis, Team!

Amalia.

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Capitolo 7
*** On the radio ***


NCIS


NCIS 7x18 Jurisdiction

- I'm not totally emotionless perfect warrior!

Abby, to Ziva, 5x10




"C'è qualcosa che mi puzza. So che c'è qualcosa che non va! E' come... sai, è come quando ti spunta un brufolo al centro della schiena e non riesci a grattarti" la ragazza si voltò verso il suo gatto. "Ma che ci parlo a fare con te!" sbuffò, accusandolo apertamente della sua ignoranza, come se fosse realmente una colpa del micio il quale, di tutta risposta, sventolò la coda e le diede le spalle, mostrandole il sedere. Ziva finse di guardarlo oltraggiata, mentre si affaccendava a lavare le stoviglie ammucchiate nel lavello. Era da giorni che cercava una soluzione per risolvere quel maledetto caso, senza tuttavia trovare niente che potesse aiutarli.
Era decisamente stufa di stare negli Stati Uniti e voleva tornarsene in Israele - prima che un altro americano bello, simpatico ed intelligente le rovinasse la vita. Michael rimaneva ancora del parere che dovesse solo fare da spalla. Peccato che Ziva non fosse di questo avviso - come sempre. Decise, mentre lavava i piatti, che per il bene di entrambi non doveva dirgli delle sue idee sulle voci contraffatte. Nè della sua intenzione di andare all'Università.
"Tu ci rimani da solo a casa, Whisky?" si asciugò le mani e gli accarezzò il nasino. "Ziva deve andare a fare il suo lavoro" corse in salotto, col gatto al seguito. Sul divano giaceva la sua borsa: la afferrò e ci mise dentro le chiavi di casa, la pistola, un teiser e alcuni dossiers del Mossad, che potevano sempre essere utili.
Prima di uscire si guardò allo specchio. Tu sei Rachel. Rachel. Ripetè, muovendo appena le labbra. Sistemò i capelli e uscì.

Tony infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans e lanciò uno sguardo malinconico alla Washington University. Aveva ventun'anni, tutta la vita davanti, un lavoro (quasi) assicurato e non credeva che la vita universitaria gli sarebbe mancata in quel modo. Era come perdere l'innocenza per la seconda volta, dopo aver lasciato il liceo. Lo sentiva come un tradimento, un abbandono. In fondo, ci aveva passato quasi tre anni lì dentro.
"Le feste degli Omega non saranno più le stesse, senza di te" un ragazzo gli diede una pacca sulla spalla, gli sorrise ed entrò nella sede della confraternita tutta maschile degli Omega Sigma, di cui Tony faceva parte da quando era entrato alla facoltà di Educazione Fisica.
Tony rispose allo sconosciuto con un cenno del capo, dentro di sè compiaciuto per il fatto che avrebbero sentito la sua mancanza. Non a caso, l'avrebbero aspettato per la festa in piscina del mese prossimo - il Pool Party più esclusivo del trimestre. Si era creato un bel giro di amicizie. E avrebbe dovuto cominciare tutto daccapo.
"Ehi, DiNozzo!" un gruppo di giovani Omega lo salutarono, mentre lui si avviava verso la caffetteria. Aveva intenzione di riprendere più tardi le cose che aveva lasciato alla confraternita: gli premeva farsi un giro per il campus.
"Mh, un... muffin al cioccolato e una grossa, grossa tazza di caffè!" ordinò alla cameriera, seduto al suo minuscolo tavolino di metallo. Intorno a lui, gran parte degli studenti stavano al laptop, altri sottolineavano, altri ancora parlavano tra loro, prestando attenzione ogni tanto alla radio dell'ateneo.
Tony sorrise, pensando che i suoi giorni a poltrire lì dentro erano finiti. Aspettò pazientemente la sua colazione, mentre giocherellava al cellulare. Si ridestò solo quando la ragazza tornò con la sua ordinazione e le rivolse un sorriso seducente; zuccherando il suo caffè, notò che il tavolino accanto al suo era stato occupato da una ragazza di spalle. Lì per lì non ci fece granchè caso, ma mentre mordeva il suo muffin, riconobbe i capelli scuri tagliati corti.
Quasi soffocò con una goccia di cioccolato. La tipa che somiglia a Ziva... ricollegò subito. Gli occhi si rimpicciolirono e l'attenzione crebbe a livelli stratosferici.
Cercò di vedere cosa stava facendo: era piena di fogli e foglietti, ma non aveva un computer. Stava leggendo qualcosa, ma non gli sembrava un libro, piuttosto un fascicolo.
"Ecco a lei" la cameriera, che l'aveva servito, portò a lei l'ordinazione. Tony sgranò gli occhi: cioccolata calda al caramello. Deglutì a vuoto, posando lentamente la tua tazza di caffè zuccherato. Ricordava i gusti di Ziva come fossero i suoi e non era possibile che ci fosse qualcuna che avesse la sua stessa faccia e i suoi stessi gusti? Stava seriamente per alzarsi e prendere l'iniziativa, quando un assistente - lo notò subito dal cartellino -, la raggiunse di corsa. Le diede un bacio a fior di labbra e si sedette di fronte a lei. Tony tornò subito col sedere sulla sedia, finì la sua colazione e andò via, a cercare Abby.
Eppure, mi piacerebbe vedere il suo viso.
Per la sua sanità mentale, preferì non indagare oltre, anche perchè aveva altro a cui pensare. Abby sembrava essere sparita, quando l'arrivo di un sms lo fece distrarre: Vieni in camera mia! Ho fatto tardi!. Tony alzò gli occhi al cielo, scocciato. Gli sembrava strano che Abby non avesse ancora cacciato qualche scusa della sue: sicuramente si stava ancora truccando e a lui toccava aspettare secoli.

"Tu sei pazza!" ringhiò Michael - sotto il falso nome di Bedi Karell, in caffetteria. Ziva non si lasciò impressionare, prese un sorso della sua cioccolata e sbriciolò con la mano una pezzettino di muffin. "Se ci scoprono, la colpa sarà tua! Che diavolo ci fai qui? Non dovresti essere all'Università, sono io l'agente che..."
"Bedi" soffiò candidamente Ziva e gli prese la mano, accarezzandola. "Sono la tua ragazza, è naturale che io venga a trovarti, ogni tanto" si sporse leggermente, per evitare orecchie indiscrete. "e, detto tra noi, non posso aiutarti se non vedo come stanno le cose con i miei occhi, ti pare, Michael?" tornò con la schiena diritta, senza mai lasciare la sua mano.
"Se lo dici tu..." borbottò l'agente del Mossad. "In ogni caso, fai la brava"
Ziva alzò pericolosamente un sopracciglio. "Fammi capire bene, è una specie di predica? Di nuovo?" si alzò, portando con sè le sue cose. "Dov'è il tuo ufficio, amore? Poso queste cose e studio un pò" sorrise e gli diede un bacio sulla guancia. "Andiamo?"
Solo durante il percorso tra la caffetteria e l'ufficio di Michael, Ziva si rese conto di quanto la Washington University fosse effettivamente grande. C'erano studenti di tutti i tipi, forse di ogni classe sociale, colore, pensiero. Le associazioni studentesche si moltiplicavano a vista d'occhio e le confreternite facevano un pò tenerezza, con la stessa maglietta. Qualcuno ammiccò verso di lei, che rispose con un sorriso: era un ambiente pulito, divertente, anche se la maggior parte dei ragazzi aveva le occhiaie causate dai libri. Sembrava quasi meglio del liceo. Seguì Michael in un corridoio semi deserto, fino ad un ufficio poco illuminato e pieno di scartoffie.
"Sta qui" le ordinò, spingendola dentro. "E' l'ufficio del professore per cui lavoro e fra dieci minuti abbiamo lezione"
"Ho due ore per fare una delle mie magie" si vantò, sedendosi alla poltrona. C'era ancora una tazza sporca di thè.
"Certo, magie!" Michael fece una smorfia e si chiuse la porta alle spalle. Ziva aspettò un minuto, con l'orologio tra le mani, che lui si allontanasse.
Si alzò, solo quando fu sicura che il suo collega fosse oramai lontano, e aprì il computer del professore a cui Michael faceva riferimento.
"Fa che non ci sia la password, andiamo" sussurrò, osservando il display. Sorrise: niente password. Il computer del professore era decisamente povero di dati: compiti, il software contro il plagio, qualche foto di famiglia... "... e l'elenco degli studenti del corso dell'anno 2011/2012" Ziva picchiettò il dito sulla guancia, soddisfatta. Era un semplice documento Word, ma pieno di possibili membri della cellula.
Tutti americani, però. Nessun nome sembrava coincidere con la lista dei ragazzi migliori nel campo informatico - quindi, non era neanche nel corso "per arabi" di Michael, che dovevano cercare una traccia. Per sicurezza, Ziva stampò il documento e lo infilò in borsa.



NCIS 7x05 Code of Conduct

- I say it with love

Tony, 7x05




"Tu sei matta" rise Tony. "Dimmi come hai fatto!". Abby non rispose, si limitò a guardare con aria soddisfatta tutti quelli che erano stati invitati alla festa di Addio (a sorpresa) per il suo amico. C'erano tutti quelli della sua confraternita, qualche ragazza del suo corso e tanti altri, che lo conoscevano poco ma erano presenti comunque - perchè DiNozzo se lo merita!, non sarà più la stessa cosa, ora che lui se ne va! Chi li farà gli scherzi al professor Lancaster?
Quasi si era commosso, Tony. Non riusciva a spiegarsi come tante persone riuscissero a stare nella sala comune di quel dormitorio femminile, ma di fatto erano lì per lui. Aveva detto di voler far passare inosservata la sua partenza, ma era contento che Abby ci avesse pensato.
McGee gli fece l'occhiolino in un angolo, mentre parlava con un ragazzo del suo corso. "Che bello, no?" Abby si attaccò al suo braccio.
"Già" mugugnò, senza smettere di sorridere. "Mi mancherà tutto questo" sussurrò.
"Quando parti?"
"Stasera, se riesco a mettere a posto tutte le mie cose. E' arrivato il momento di crescere" fecero un brindisi.

Ziva uscì silenziosamente dall'ufficio, con la lista al sicuro nella borsa. Mentre camminava tra i corridoi, mise le cuffie, fingendo di sentire la musica: in realtà, per l'ennesima volta, risentì le voci dei (possibili) terroristi, che aveva passato sul cellulare. Qui c'è davvero qualcosa che non va... pensò, sospettosa. Arrivò di nuovo alla caffetteria e, durante una pausa tra una parola e l'altra, le arrivò l'orecchio anche la voce dello speaker della radio universitaria.
Si fermò di colpo e tolse le cuffie. La radio. Ma certo!
"Scusami" corse a perdifiato dalla cameriera della caffetteria. "Dov'è la sede della radio universitaria?"
La ragazza sorrise: "Se cerchi un lavoro, arrivi al momento sbagliato. Proprio l'altro giorno hanno assunto uno nuovo..."
"No, ti sbagli! Devo solo... chiedere... una... cosa" balbettò.
"Oh, va bene. Devi prendere il secondo corridoio" indicò un punto dietro di sè. "C'è una porta con la faccia di Che Guevara sopra e la bandiera americana. Dovrebbe esserci un cartello con scritto - RADIO - ma non ne sono molto sicura"
"Grazie mille" si avviò verso il corridoio, poi ci ripensò e tornò indietro: "Hai detto che hanno assunto uno nuovo?"
"Si, perchè?"
"Niente..." Ziva trattenne un sorriso vittorioso. "Grazie ancora"
Tornò sui suoi passi, ma stavolta più lentamente. La radio dell'Università non era una di quelle professionali e le voci, dagli altoparlanti, sembravano quasi rarefatte. Inoltre, il nuovo speaker, ne era certa, utilizzava degli effetti sonori per modificare la sua voce. Che fosse uno dei suoi obiettivi? Possibile, visto che le voci che ascoltava da settimane non sembravano parlare davvero arabo e potevano usare la radio, che arrivava in tutte le sale dell'Università, per mandarsi dei messaggi in codice senza lasciare tracce. Ziva bussò lievemente alla porta che la cameriera le aveva indicato.
"Si?" un ragazzo di colore le aprì, guardandola con sospetto.
"Ciao!" trillò Ziva, per prima cosa. "Io..."
"Non c'è posto per te, qui" scosse la testa. "Abbiamo anche un nuovo speaker, non ce ne serve un altro"
"Lo so, lo so. Volevo solo vedere come funziona... non si sa mai quando può servire una mano!"
Il ragazzo la squadrò dall'alto in basso. "Hai esperienza?" mormorò alla fine. "Hai una bella parlantina, forse possiamo inserirti nel buco della sera. Senza paga"
"Si, ho parecchia esperienza"
Nel frattempo, lo speaker misterioso annunciò: ... e infine, un saluto ad Anthony DiNozzo Jr, da parte della sua confraternita, gli Omega Sigma!
Ziva sbarrò gli occhi ed ebbe un leggero capogiro. Il ragazzo le toccò il braccio: "Stai bene? Ah, mi serve il tuo tesserino da studentessa"
Merda.
























Maia says:

Ve l'avevo promessooooooooooooooooo :D Per il prossimo dovrete aspettare, cari ragazzi. LUNEDI' PARTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO ** GITAGITAGITA! Fortunatamente le interrogazioni sono andate bene, non devo recuperare niente e quando torno dalla gita avrò parecchio tempo libero ;)
Come vedete, Ziva is in action <___< uhuhuhuhu quanto la amo in versione Mossad! :Q___

FATEMI SAPEREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE :D

Semper Fi,
Amalia.







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Capitolo 8
*** Goodbye, Tony... ***


NCIS
NCIS 7x09 Child’s Play


- I envy your brain, sometimes!

Tony, to Ziva, 7x18




"E così..."
"Già. Ci siamo lasciati" Tony guardò la palla infilarsi nel canestro. "E' stata colpa mia, McGee. L'ho tradita e me ne pentirò per il resto della mia vita. Ma, per qualche perversa ragione, mi sento sollevato. Sollevato perchè non devo..."
"Sposarla?" McGee alzò un sopracciglio, vagamente divertito, mentre osservava Tony esercitarsi nei canestri, nel giardino di casa sua. "Non voglio essere polemico, Tony, ma... seriamente, avevi detto una grossa cazzata. Te l'avrei impedito. E avremmo impedito insieme a Ziva di tornare in Israele"
"Scusa" mormorò Tony e un pensiero volò anche alla ragazza sull'aereo, probabilmente diretta a Tel Aviv, o Gerusalmme. "Avrei dovuto fidarmi di te. Di voi. Avrei dovuto chiedere una mano e invece ho fatto tutto da solo. Ho sbagliato, lo so"
"Abby" sospirò McGee, guardando il display del suo cellulare. "Mi sta chiamando. Chi glielo dice di Zee?"




"Tu non sei una studentessa!" la accusò il ragazzo della radio. "Senti, non posso perdere tempo. Addio" le chiuse la porta sul naso, mentre Ziva cercava disperamente di trovare, nella sua testa, un'altra soluzione. La possibilità che la radio c'entrasse qualcosa con la cellula terroristica era altamente probabile e lei non voleva di certo perdere l'occasione di fare un impulso maggiore al caso; ma la notizia alla radio, di Tony, l'aveva talmente scioccata da non riuscire a trovare una scusa plausibile per giustificare il non avere un tesserino di riconoscimento come studentessa. Era stata stupida, si era fatta scoprire.
Non le restava che aspettare la fine del programma radiofonico e fare una foto al nuovo speaker.
Si sedette sulla mensola di una finestra, poco lontano dall'ufficio della radio. Ziva aveva finamente la prova che Tony non si era trasferito, ma era rimasto a Washington. Si chiese com'era diventato. Se pensava ancora a lei, giusto ogni tanto. Deglutì, cercando di fermare la bile che le risaliva lungo la gola; aveva sempre pensato che ci sarebbe stata lei, accanto a Tony, finchè la morte non li avrebbe separati. Ci aveva creduto, in una vita al di fuori del Mossad, ma aveva perso. Dopo tre anni era arrivata a concepire l'idea che le cose, nonostante tutto, non sarebbero potute andare diversamente. Lei apparteneva a quella vita, non sapeva fare altro se non l'agente operativo.
Ziva tremava: dentro di lei c'erano altre due Ziva; la prima desiderava ardentemente risolvere quel caso, mentre la seconda fremeva vedere Tony, prenderlo, picchiarlo, forse baciarlo, ma sicuramente almeno vederlo.
Non era stata una buona idea tornare negli Stati Uniti, solo in quel momento se ne rendeva conto. A parte tutto, rimaneva il problema di essere scoperta dai suoi vecchi amici ed era l'ultima cosa che avrebbe voluto. Lei non era Ziva David, ma Rachel. E Rachel era la fidanzata di Bedi, così come Ziva stava con Michael (sebbene nessuna ufficialità era stata data al rapporto) e faceva l'agente del Mossad. In questo quadro non c'era più spazio per la ragazzina del liceo.
Improvvisamente la porta della radio si aprì e ne uscì un ragazzo con un berretto rosso e la felpa di Star Trek. Ziva gli fece una foto veloce col cellulare, per poi riporlo nella borsa. Lo seguì.

"Dottoressa Stevens?" Gerald bussò lievemente alla porta dell'ufficio di Shannon, che lo fece entrare con uno sguardo perplesso. Il loro appuntamento non era quel giorno e lei aveva messo in conto di tornare presto a casa, invece di portare in giro il suo pancione.
"Dimmi Gerald! In che cosa posso esserti utile?" 
Il ragazzo si sedette davanti a lei e si tormentò le mani. "Mi hanno chiamato dalla centrale di polizia e vogliono che vada per il riconoscimento" alzò lo sguardo su di lei. "Non credo di potercela fare. Davvero, se lo denuncio dovrò andare in tribunale per testimoniare e..."
"Ma Gerald!" lo rimproverò. "Quella persona deve finire in prigione! Puoi testimoniare, devi!, anche per coloro che sono morti"
"Lo so, dottoressa! Ma io... io... fa parte di una banda, questa persona fa parte di una banda"
"I poliziotti possono proteggerti. Non puoi lasciare che salti il processo..." la campanella interruppe il suo discorso e il ragazzo ebbe una scusa per correre via. Shannon guardò affranta il posto dove si era seduto, consapevole di essere riuscita a fare ben poco per lui: la mano tramava ancora, la facoltà di Medicina si allontanava e probabilmente un assassino sarebbe rimasto in libertà. Si sentiva parecchio inutile.
Si sa che in gravidanza gli ormoni solo a mille, ma Shannon pensava che a lei non sarebbe potuto accadere. Era una terapista, lei. Una psicologa. Le emozioni da controllare erano il suo pane quotidiano. Si ritrovò a piangere come una bambina con la guancia appoggiata sul freddo legno della scrivania, tenendosi la pancia, mentre un numero eccessivamente alto di pensieri negativi le affollava il cervello.
"O mio dio, stai male?" Gibbs entrò di corsa in ufficio e la obbligò a guardarlo. "Shan... !"
"Sto bene, Jethro!" lo allontanò per asciugarsi il viso e tirò su col naso. "Sono stata presa da un momento di sconforto ma sto bene, davvero. Niente di grave"
"Lo sapevo che lavorare non ti avrebbe giovato" digrignò i denti. "Ora ce ne andiamo a casa e non voglio sentire..."
"Devi farmi un favore" gli prese la mano. "Ti prego" sussurrò, guardandolo supplichevole.
Non mi fa bene amarti così tanto, pensò Gibbs, già sconfitto. "Dimmi"

Lo speaker della radio andava veloce: Ziva ringraziò il suo buon senso, che la spingeva ad andare a correre tutte le mattine, altrimenti l'avrebbe perso entro poco. Fare slalom tra gli studenti le tolse ogni energia e si beccò parecchie parolacce per aver rovesciato il caffè addosso a qualcuno. Il ragazzo arrivò in un corridoio ed entrò in un alloggio per studenti. Ziva guardò la porta così male, sperando che si aprisse per una sorta di strano incantesimo. Ma la porta rimase chiusa.
"Accidenti!" pestò i piedi per terra e si guardò in giro, in cerca di una soluzione. Poco lontano, alla fine del corridoio, vide la biblioteca. Ed ebbe l'ennesimo lampo di genio.
Pochi minuti dopo, bussò alla porta e il ragazzo le aprì, guardandola di sbieco. "Ciao" lo salutò e picchiettò sul badge appeso alla sua giacca.
"Sono un'addetta della biblioteca e..." sorrise accondiscendente. "Abbiamo bisogno di un libro che tu hai prelevato, ehm giovedì!" inventò su due piedi.
"Impossibile" si accigliò il ragazzo. "Non ho preso libri nell'ultima settimana"
"Bè, la firma sl registro è proprio la tua" arricciò il naso. "Voglio quel libro" lo spinse indietro ed entrò in stanza.
"Ehi! Sta calma, eh!"
La camera era nel caos più totale, tanto che la ragazza dovette tapparsi il naso per la puzza di chiuso. C'erano fumetti sparsi in giro, libri, afferrò alcuni appunti per la radio, ma lo speaker non aveva nemmeno il computer. Come poteva fare ed essere vagamente un terrorista? Forse si era sbagliata, forse utilizzavano un altro metodo per falsificare le loro voci. Ma cosa? Non era molto brava in fatto di tecnologie. "Mentre tu cerchi il tuo fottutissimo libro, che non troverai" disse il ragazzo, infastidito. "Io vado a sciacquarmi, che devo uscire. Non prendere niente" le puntò il dito contro e si chiuse in bagno.
Ziva lo guardò con un sopracciglio alzato. Se solo sapessi, piccolo e insulso americano... aprì tutti i cassetti, prima che il ragazzo uscisse dal bagno. Frugò tra i libri sulla mensola in alto, parallela al letto; guardò sotto il materasso, sotto il cuscino, perfino tra i vestiti e nell'armadio. Si sedette sul letto, col fiatone.
Un altro buco nell'acqua. Venne distratta da un leggero bussare alla porta. "Puoi aprire?" urlò il ragazzo.
"Mi hai preso per la tua cameriera?!" borbottò, ma il senso di colpa per essere piombata in camera sua era ancora vigile, perciò si affrettò ad ubbidire.
Mossa sbagliata.
"Scott, dai... O mio Dio. Ziva!"



NCIS 7x17 Double Identity

- We are the lucky ones

Ziva, 9x03



"Ti voglio bene!"
"Me l'hai già detto!"
"Ti voglio bene!"
"Abby!" rise Tony, accarezzandole la schiena. "Devo prendere un aereo, davvero! Tra cinque minuti devo imbarcarmi..." la allontanò delicatamente da sè.
La ragazza si asciugò gli occhi, sporcandosi le mani di trucco. In un angolo, Anthony DiNozzo Senior fingeva di non essere commosso, mentre Kate lo guardava con un vago senso di orgoglio. Wendy gli teneva la mano e, di tanto in tanto, lo baciava.
"Mi fate partire?" scherzò il ragazzo.
"Ma dov'è McGee?" Abby digrignò i denti, irritata. "Mi aveva promesso di esserci!"
Tony finse di non aver accusato il colpo, anche se il mancato saluto di quello che oramai considerava il suo migliore amico, pesava parecchio. Non voleva partire senza averlo salutato. "Non fa niente, Abbs, avrà avuto da fare"
"Vieni qui, dai..." Wendy lo attirò a sè per abbracciarlo. "Sarai ancora più bello con la divisa e non farò altro che vantarmi, lo sai?"
Tony la baciò lievemente. "Mh, lo so. Anche io mi vanterò, a Baltimora, con la tua foto appesa in camera"
"Neanche se andassi in prigione!" rise. "Ti aspetto"
"Fatti salutare, figlioccio!" Kate gli fece l'occhiolino e lo abbracciò. "Ci sono passata anche io, gli anni d'accademia sono i migliori. E, ricorda, se ti stanchi della polizia, nei federali ci sarebbe un posto per te!"
"Grazie, mammina" la prese in giro, beccandosi uno scappellotto. "Tienimi d'occhio il vecchio" indicò con un cenno del capo suo padre, poi si avvicinò leggermente a lei: "Grazie, Kate. Davvero"
"La famiglia è molto di più che semplice DNA" accennò la donna, indicando Abby e il suo compagno. "Dovrei essere io, a ringraziare voi"
"Posso salutare mio figlio?" borbottò Senior, spingendo via le donne. Si abbracciarono e Tony sentì il petto di suo padre alzarsi e abbassarsi velocemente.
"Dai, papà... !"
"Sono fiero di te, Tony"
"Non volevo sentire altro" Senior gli strinse una spalla, sorridente.
"Su, vai! La polizia aspetta solo te..."
Tony lanciò un ultimo sguardo in giro, sperando di scorgere McGee. Ma il ragazzo non c'era. Sospirò, stanco, e decise di non poter aspettare oltre.

"Ciao, Tobias!" Gibbs fece entrare in casa il suo amico. Era vestito comodo, segno che l'aveva sicuramente disturbato, a casa. "Scusa per l'ora, ma non sono riuscito a calmare Shannon. Dovevo chiamarti, altrimenti non se ne sarebbe andata a dormire!"
"Immagino" ghignò Tobias. Si sedettero sul divano, con le solite due birre che Gibbs aveva precedentemente prelevato dal frigorifero. "In cosa posso esserle utile?"
"Ha uno studente, Gerald. E' stato coinvolto in una sparatoria e adesso si rifiuta di testimoniare. Ha paura"
"Fammi indovinare! Ha bisogno di un avvocato che non chieda nessuna parcella" prese un sorso di birra.
"Beh... si. Però, tranquillo, alle spese possiamo pensarci noi..."
"Non dirlo neanche per scherzo! Ti devo ancora un favore, ricordi? Mi hai tenuto la bambina quando dovevo uscire con la mia collega, certe cose non si dimenticano, Jethro!" risero entrambi. "Per me va bene" fecero cozzare i colli delle bottiglie.
"Siamo pari, adesso"
"Già. Tony è partito?"
"Si, credo qualche ora fa, con l'aereo. Sarà un buon poliziotto" mugugnò Gibbs, con la mente altrove.
"E tu?" sussurrò Tobias, guardandolo con la coda dell'occhio.
"Io cosa?"
"Tu come stai? ... come stai per davvero. Sai che non puoi mentirmi"
Gibbs si prese qualche secondo, prima di rispondere: "Non so come sto. Davvero, non lo so"
"Ma non sei felice... "
"No"

"Sono ancora sotto shock" McGee scosse la testa e si massaggiò le tempie. Nemmeno la pizza l'aveva attirato, tanto che era rimasta illesa nel suo piatto.
"Immagino. Non credere che mi abbia fatto bene, vederti sulla soglia della porta dello speaker della radio" biascicò Ziva, spezzettando il cornicione del suo calzone.
"Si chiama Scott, ed è mio amico!" ringhiò Tim. "Come... mio Dio."
"Lo so. Ma te l'ho spiegato, Tim. L'unica cosa di cui mi pento è di non avervi salutato"
"Sai come ci è rimasta Abby?" si accorse di urlare e, in pizzeria, tutti gli sguardi erano puntati su di lui. "Sai quanto è stata male? No, non lo sai! Ho dovuto consolarla per mesi e quando è stata meglio mi ha lasciato! Per andare dove? In Europa!"
Ziva si fece piccola e scivolò sulla sedia. Si disse che era stata stupida, che il rischio c'era, che doveva aspettarsi di doverne incontrare uno. Eppure non se ne era andata, aveva voluto rischiare, forse sperando inconsciamente di essere riconosciuta. Alla fine era accaduto, McGee l'aveva vista ed era giusto che riversasse tutto il suo dolore addosso a lei; se lo meritava, in fondo.
"Merda" commentò il ragazzo, guardando l'orologio. "Me ne sono completamente scordato! Tony..." mormorò, passandosi una mano sul viso.
"Dovevate vedervi?" chiese con voce tremante. La sola idea di Tony la scombussolava, anche se il rancore era onnipresente.
"No, lui.." McGee fu tentato di non dire niente. "E' partito per Baltimora, l'hanno preso per l'accademia di Polizia"
Ziva sorrise, senza poterlo impedire. "Ce l'ha fatta"
"Già. Ce l'ha fatta"































Maia says:


Ma lo sapete che questo capitolo mi ha fatta piangere? XD Non so perchè, in fondo non è commovente xD Sarà che da quando sono tornata dalla gita non faccio altro che piangere, T_T. Mamma mia quanto mi so divertita!! T_T Non sto qui a raccontare se no vi annoio e io piango ancora di più xD hahaha
Allora, che ve ne pare? Tony è ufficialmente partito, Ziva è stata scoperta da McGee. Nel prossimo capitolo vedrete il confronto tra loro due e, FORSE, con Abby (ancora non ho deciso). Intanto la storia di Gerald ha ripreso il suo corso: il ragazzo ha paura, ma chi può biasimarlo?
Fatemi sapere :D



Semper Fi, team!

Amalia





 
P.s.: devo chiedervi una cosa >.< come vedete, ho l'abitudine di mettere foto e frasi dal telefilm. Ora, mi POTREBBE capitare di metterne qualcuna di puntate non andate ancora in onda in Italia... quindi Spoiler a go a go xD voi siete d'accordo? Ecco, non vorrei rovinare niente a nessuno, perciò fatemi sapere :)

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Capitolo 9
*** ... Welcome back, Zee ***


NCIS

[Spoiler]

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9x13



Ziva pensò che McGee era cambiato. Certo, chiunque cambia, in tre anni; lei però lo vedeva cambiato in tutto e per tutto. Il ragazzino del liceo era violentemente sparito - chissà quando, chissà perchè. Le rughe ovviamente non c'erano, ma lei poteva vedere le rughe interiori, quelle che rimangono nascoste, ma ce ne si può accorgere, se solo si osserva bene. O meglio, se l'osservatore ti conosce bene.
Era ambiguo. Erano passati tre anni, ma Ziva sentiva quell'alchimia, quell'amicizia, che la legava a Timothy fortemente presente, come se non si fossero mai lasciati. Non aveva mai nascosto il debole che aveva per quel ragazzino mingherlino. Era stato il primo a fare breccia nel suo cuore, anche prima di Tony; era stato suo amico, suo confidente, il suo primo vero rapporto d'amicizia, forse.
Nessuno, con lei, aveva usato la delicatezza di McGee. Nessuno, d'altronde, l'avrebbe più fatto. Sentiva di poter discutere anche del pranzo, con lui. Come se davvero tra loro non ci fossero tre anni e tanto dolore.
Lei sapeva che nella mente di Timothy c'erano gli stessi identici pensieri, riusciva a vedere ogni singola smorfia del suo volto a rallentatore.
"Ho una gran voglia di abbracciarti, Zee" le disse, come se non fossero circondati da trenta persone.
Il Mossad le aveva insegnato a trattenere le emozioni e lo fece anche quella volta. "Fallo" sussurrò, semplicemente. Con McGee non erano mai servite molte parole, perchè si capivano subito.
"Vieni qui" McGee sorrise lievemente e si alzò, prendendola per una mano. Si abbracciarono: "Mi sei mancata"
"Anche tu mi sei mancato..." solo in quel momento si potè permettere un groppo nostalgico alla gola e costrinse le lacrime a fare marcia indietro. "Molto più di quanto immagini, Tim"


"Come mai sei tornata?" McGee prese un sorso della sua coca-cola e, subito dopo, addentò una patatina. Ziva lo guardò attentamente mangiare, prima di rispondere: gli mancava il vecchio McGee, il ragazzetto che sbrodolava dappertutto.
"Per lavoro" scrollò le spalle.
"Lavoro? Uh, lavori già?"
"Si" guardò altrove, cercando di non far leggere altro nei suoi occhi. Era Tony, di solito, quello che riusciva a scannerizzarla, ma non si poteva mai sapere. McGee le aveva fatto una ramanzina di venti minuti abbondanti, ma l'abbraccio di poco prima le aveva fatto dimenticare tutto. C'era voluto un pò per farlo riprendere dallo shock, in effetti, ma aveva reagito meglio di come si aspettava.
"Mi fai così stupido?" alzò un sopracciglio. "Che ci facevi in camera di Scott?"
Ah, già. Lo speaker. "Problemi di biblioteca" scherzò. "Piuttosto... tu come lo conosci?"
"Al corso di ingegneria meccanica. E poi, gli avevamo chiesto di salutare Tony prima della sua partenza, sai... quando ti ho beccata nella sua stanza, ero venuto a prenderlo, Abby aveva invitato anche lui. Lo sai com'è fatta, fa le cose in grande!"
"Ricordo vagamente" sorrise sorniona. "Quindi lo conosci bene. Che tipo è?" inclinò la testa, fingendo di interessarsi alla sua pizza.
"Stai scherzando?!" ringhiò Tim. "Non ci vediamo da tre anni, dopo che sei scappata, dopo che è successo tutto quello che è successo!, e mi domandi di Scott?! Lo Scott sfigato quasi quanto me al liceo, lo stesso Scott che lavora alla radio?!" prese un respiro. "C'è qualcosa sotto"
Ziva scosse la testa, divertita. "Era per parlare. Va bene, dimmi un pò: come ti vanno le cose?" chiese, questa volta con serietà.
McGee sorrise. "Cosa vuoi sapere?"
"Ti vedo... cambiato. Più... vecchio" si morse le labbra.
"Vorrai dire maturo, spero" ridacchiò. "In effetti si. Ti sei persa parecchie cose quando te ne sei andata"
"Ovvero?"
"Non ho vinto la borsa di studio per il MIT" mormorò. "Mi è passato davanti il figlio di un chirurgo, solo perchè suo padre aveva certe conoscenza, sai com'è. I miei genitori non potevano permettersi di mandarmi nel Massachusetts, pagarmi affitto, retta e libri. Così ho fatto domanda qui e mi hanno preso" alzò lo sguardo liquido su di lei. "Non che me ne penta! Qui c'era Tony, che mi ha offerto di dividere casa con lui ad un buon prezzo. Per un certo periodo c'è stata Abby, ma come ti ho detto mi ha lasciato per andarsene in Europa"
"Come mai?"
"Non voglio farti sentire in colpa" la guardò di sottecchi. "Ma la tua partenza ha sconvolto parecchio gli animi. Per un periodo sembrava che Abby fosse... una tua sostituta. Parlava come te, vestiva come te. Ha - abbiamo provato persino a cercarti, ma sapevamo che con tuo padre al Mossad sarebbe stato praticamente impossibile. Aggiungi il fatto che ero stato rifiutato al MIT, Tony non sapeva dove sbattere la testa se non all'Università, nelle feste delle confraternite, e Abby... ha... scoperto di essere stata adottata" annuì allo sguardo atterrito di Ziva. "Già. Io e Tony le siamo stati accanto come potevamo ma... avevo l'impressione che non bastasse. Così è partita"
Ziva si passò una mano sul viso. "Non pensavo... non credevo che..."
"Oh, tranquilla. Abby è sempre la stessa, si è ripresa abbastanza in fretta. Ha cercato per un sacco di tempo i suoi genitori biologici, ma è riuscita a trovare solo un fratello, Kyle" McGee rivolse lo sguardo in un punto lontano. "E' stato strano. Tremendo, come se tu fossi andata via una seconda volta" si riscosse. "Ma ci siamo rimessi insieme, alla fine"
"Vedo" mormorò. "L'ho sempre saputo che eravate fatti per stare insieme"
"Forse. O forse no" poggiò la guancia sulla mano. "Per ora so di amarla. Ma Abby è una mina vagante, potrebbe lasciarmi anche ora"
"E... " Ziva divenne rossa e si schiarì la voce. "di lui, che mi dici?"
McGee sorrise. "Tony?" Ziva annuì. "Oh, beh. Dire che è stato male, è semplicemente riduttivo. Lo vedevo solo bere e bere e bere, oltre che lamentarsi. Improvvisamente, non so come, ma si è ripreso. Penso sia stato merito dell'Università e del fatto che aveva già deciso di tentare la carriera in polizia - detto fra me e te, non pensavo l'avrebbero preso" fece una smorfia vittoriosa. "Siamo tutti fieri di lui. Anche se non credo ti abbia completamente dimenticata" mormorò. "Ora sta con una ragazza: Wendy"
La ragazza finse che la notizia non le facesse effetto. "Mi fa piacere"
"... ma non la ama. Si vede. E' completamente diverso da come era con te" diede un morso alla pizza, oramai fredda.
"Mi stupirei del contrario! Eravamo al liceo, ora si hanno relazioni adulte, McGee" Disse, con la solita aria da donna matura che utilizzava con lui al liceo.
"Mh... certe cose, come dire, sono semplicemente destinate ad essere"



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- Look at me and Tim. It was meant to be

Abby, to Tony, 9x04



"Sei un idiota!" Abby colpì il suo ragazzo con un forte pugno sulla spalla. Tim si lamentò eccessivamente, carezzandosi la parte lesa.
"Che ho fatto?"
"Che hai fatto?!" strillò. Timothy fu tentato di chiuderle la porta in faccia, ma l'amava troppo e temeva troppo la sua furia. Una furia che, in quell'istante, vedeva crescere di minuto in minuto. "Tony è partito e tu, razza di migliore amico ingrato, non c'eri!" gli tirò un altro pugno ed entrò, spingendolo via. McGee alzò gli occhi al cielo, divertito più che spaventato.
"Lo so, hai ragione, ma il professore mi ha beccato all'uscita dell'ultima lezione e..."
"Per due ore?" lo guardò in cagnesco, battendo ritmicamente il piede sul pavimento.
"Sss.. no! Poi ho provato a venire, ma sono rimasto imbottigliato nel traffico" alzò le spalle. Abby lo fissò intesamente per qualche secondo. Quando decise che poteva credergli, si lasciò andare tra le sue braccia. "Tim, quest'appartamento non è più lo stesso senza Tony" miagolò.
McGee si guardò in giro: effettivamente, l'appartamento si era praticamente svuotato. Anche a lui mancava Tony - gli mancava terribilmente, come quando un fratello maggiore parte per il college. Non l'avrebbe mai ammesso davanti a lui, naturalmente.
"Vado a preparare qualcosa da mangiare. L'aspetto positivo della partenza di Tony è che posso rimanere qui quanto mi pare..." gli sorrise sorniona. "E non dobbiamo chiudere le porte" ammiccò e si diresse in cucina, lasciando un McGee color porpora in mezzo al corridoio.
Tossicchiò leggermente e decise di distrarsi, inviando un messaggio al suo amico, sull'aereo per Baltimora.

Ehi, DiNozzo! Mi spiace non essere venuto all'aereporto, ho avuto un mezzo impegno al campus. Appena arrivi, chiama, a qualsiasi ora.
Buona fortuna!
 P.s.: Se decidi di scappare, lascio un letto libero.

Chiuse il menù dei messaggi e raggiunse Abby in cucina. Ziva gli aveva chiesto di non dire niente, perchè, fosse stato per lui, l'avrebbe portata di peso all'aereoporto, per beccarsi la scenata della sua ragazza e il successivo mancamento di Tony.
Anche se la sua vecchia amica aveva provato a sviare le domande, aveva compreso che non si trovava negli USA per motivi di semplice lavoro: poteva vagamente intuire di che lavoro si trattasse; insomma, suo padre era pur sempre il Direttore del Mossad. Sperò, in cuor suo, che Ziva non si fosse arruolata, poichè sarebbe stato molto più difficile per lui farla ritornare a casa.
Si, perchè Timothy McGee aveva un piano. Un piano assurdo, che non poteva funzionare, ma lui c'avrebbe provato lo stesso: far tornare tutto, ma proprio tutto, come era prima.
"A che pensi?" gli domandò Abby.
"A cose belle. Solo cose belle" le cinse la vita con un braccio e le baciò la guancia.

E' un modo carino per dirmi che ti manco, McSMS? Io sono appena arrivato, è tardi, ho preferito non chiamarti.
Grazie, per quel letto. So che c'è, anche se non me l'avessi detto.
A domani!
P.s.: Evitate le zozzonerie nel MIO letto.




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Ziva: In the Mossad, part of the training is to be open to things you cannot see, or even understand. 
McGee: You mean the supernatural.

5x06

"Facciamolo!"
"Scordatelo, Tony"
"Dai, Zee! Che ti costa?"
"Ti dico di nnnoomh..." la sua replica venne prepotentemente soffocata dalle labbra di Tony DiNozzo che, pian piano, la stava portando alla macchina, parcheggiata di fronte al liceo Woodrow. "Tonyy..." mugugnò Ziva, senza una reale replica.
"Tanto lo so che vuoi saltare la scuola quanto me" le sorrise accattivante. "Non mi va di fare due ore con Gibbs. Lo sai quant'è pesante di Lunedì mattina! E spiegherà sicuramente l'argomento nuovo, quindi niente interrogazioni, ergo..."
"Nessun sonnellino sul banco" completò per lui Ziva. "Ma non possiamo saltare la scuola, Tony. Seriamente" sbuffò.
"Seriamente..." ripetè il ragazzo, giocando con una sua ciocca di capelli. "... non voglio vedere nessuno stamattina. Non mi va. Mi sono svegliato male e l'unica cosa che potrebbe migliorare questa giornata è passare cinque ore con te, in un posto isolato dal resto del mondo" poggiò la fronte sulla sua.
"Sei... sei..." Ziva digrignò i denti. "Tanto non mi convinci!"
"Ti prego. Ti prego. Ti prego" sussurrò, alternando un bacio a stampo ad ogni preghiera. "Giuro che tengo le mani a posto"
Ziva lo guardò, indecisa. "E va bene" si arrese e sorrise, vedendolo esultare. "Ma ti proibisco di tenere le mani a posto"
"... la mia piccola ninja ninfomane!"

"Ehi!" una mano la riscosse dal sonno. "Ehi! Stai occupando un tavolo, dobbiamo chiudere, qui" la avvisò la cameriera di poco prima.
Ziva si stropicciò gli occhi e si guardò in giro: era alla caffetteria dell'Università, ed erano quasi le undici. Stava aspettando Michael da un'ora, dopo che era tornata da quella cena improvvisata con McGee. Che fine aveva fatto? Preferì non andarlo a cercare, per evitare di essere riconosciuta da qualcun altro. Certo, Tony era partito per Baltimora ed Abby sicuramente era tornata a casa.
Ma meglio evitare incidenti. Si voltò verso la cameriera: "Devo aspettare il mio fidanzato, è un assistente. Posso stare altri cinque minuti?" il suo viso stravolto dovette fare breccia nel cuore della giovane, perchè sospirò e la lasciò stare.
Da quando era arrivata negli Stati Uniti dormiva poco: passava l'intera nottata a sognare Tony, quello che aveva fatto con Tony, talvolta le uscite con Abby, le chiacchierate con McGee al telefono, di notte, il ballo scolastico, il terrore per le interrogazioni di Gibbs. E, tutte le volte, non poteva impedire a quel fastidioso senso di vuoto farsi strada tra i suoi organi interni.
Chi te l'ha fatto fare, di tornare qui? Era la domanda ricorrente, a cui non riusciva a dare ancora una risposta.
Neanche il caso, era riuscita a risolvere! Non si era affatto dimenticata del buco nell'acqua di quel pomeriggio, alla radio. Doveva trovare qualche altra cosa e scoprire il segreto di quelle voci strane.
Poggiò la guancia sul palmo della mano e, in testa, ripetè mentalmente tutte le parole della registrazione. Sapeva che le stava sfuggendo qualcosa, ma non sapeva ancora dove andare a cercare il lampo di genio.
"Cos'è che mi aveva colpita, la prima volta?" mormorò, tra sè e sè. La pronuncia troppo perfetta, la totale assenza di un accento, suoni metallici come se le voci fossero... "Finte!" esultò, battendo il palmo sul tavolino. La cameriera la guardò come se fosse pazza.
Ziva si diede mentalmente della stupida, per non averci pensato prima: già le sembrava strano che degli studentelli arabi organizzassero un attentato terroristico, ancora più strano che frequentassero l'Università negli Stati Uniti. Ma se erano americani e, di certo, non studenti, allora tutto combaciava. Potevano utilizzare le Università come copertura - e quindi sono falsi anche i quattro nomi che abbiamo.
Il prossimo passo era scoprire, prima di tutto, dove avevano creato le voci finte e, soprattutto, se erano davvero americani. In ogni caso, il Mossad aveva preso una vera cantonata.






















































Maia says:



Oh là là! Allora, cominciamo: questi terroristi sono davvero quello che il Mossad credeva? Acciderbolina, i perfettissimi servizi segreti degli Israeliani, per una volta, si sono sbagliati! Ziva è appena una recluta, ma ha già fatto, in un giorno, quello che Michael non è riuscivo a fare in poche settimane. E' una grande, lo so *-*
Mi sono accorta che, con la story-line, sto un sacco indietro xD Dicevo l'altro giorno ad una cara lettrice che mi verrà un sacco di capitoli, a meno che non decido di tagliare qualcosa :/ Se continuo così, il grande incontro Tiva non lo vedremo mai xD Intanto, vi inserirò qualche flashback qua e là - a fine storia, la MIA Ziva avrà una psicosi, probabilmente.

VOGLIO FARE UNA DEDICA *-* Me lo permettete?

Al mio prof. preferito,
che ha deciso di interrogare dopo Pasqua. jhgjg
TI ADORO, PROFFO! <3



(uhuhuhuhuhuhuhuhuhuhuh)

Vedo che siete tutti abbastanza d'accordo con le frasi spoiler :D In ogni caso, metterò un avvertimento piccolo piccolo, tanto per evitare guai con chi magari non recensisce, ma legge x'D Siete tutti avanti, con le puntate, eeeh?! Pure io! :D (nda a questo proposito, dopo aver letto gli spoiler sulla 9x20 -> fgdfg. Passo e chiudo!)


Al prossimo capitolo, squadra!


Amalia.




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Capitolo 10
*** The strangers ***


NCIS
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McGee: Are you looking for love, Tony?

9x03




"C'è nessuno?" urlò Tony, sulla soglia della sua nuova casa. Era un trilocale spoglio, a tratti vuoto, ma pieno di tele colorate - il mio nuovo coinquilino è un artista. Tony riusciva solo vagamente a immaginare che tipo fosse il ragazzo.
Posò le sue valigie fuori dalla porta ed entrò in cucina: c'erano dei piatti non lavati, bottiglie di birra vuote e qualche pennello nei bicchieri di ceramica che aveva lasciato il proprietario. Tony appuntò mentalmente di non bere mai da quei bicchieri. Si spostò nel salotto, solo un pò caotico; poi nel bagno, mediamente pulito, anche se le mattonelle erano di un pessimo color cammello; e nella sua (probabile) stanza, ancora vuota, con un lettino a prima vista scomodo e un armadio troppo piccolo per i suoi gusti.
"Sei Tony?" il ragazzo sobbalzò. Dietro di lui c'era un ragazzo con i dreds e il naso sporco di pittura: aveva un sorriso enorme, aperto. Ispirava subito simpatia, anche se vestiva come un figlio dei fiori andato a male. "Io sono Sam" gli porse la mano. "Benvenuto!"
"Ciao, Sam!" gliela strinse. "E' carino, l'appartamento..." farfugliò.
"Non ti vedo convinto!" Strinse le palpebre. "C'è un pò di disordine, effettivamente" corse in salotto e Tony potè vederlo nascondere qualcosa sotto un tavolino di vetro scuro. Sorrise, anche se Sam non poteva vederlo. "Ma è solo perchè vivevo da solo... studio Arte!" si rizzò a sedere e tornò da lui, con un pennello tra le mani. "Probabilmente troverai macchie di pittura dovunque..."
"Non è un problema" alzò le spalle. "Starò qui molto poco, passerò il resto del tempo a dormire o all'accademia di Polizia"
"Forte" Sam gli diede una pacca sulla spalla. "Sospettavo che fossi uno di loro" ammiccò. "Questo è uno dei condominii più economici e più vicini all'accademia, ne passano parecchi di cadetti. Al piano di sotto vive una coppia di ragazzi - ma non stanno insieme" alzò gli occhi al cielo. "Non fanno che specificarlo. Ma sono simpatici e frequentavano l'Università, prima di iscriversi all'accademia, per diventare degli sbirri" ridacchiò. "Domani te li presento!"
"Grazie" gracchiò Tony, anche se non era in vena di fare amicizia. Era notte fonda e si sentiva stanchissimo. "Devo averti svegliato..."
non lo credeva, perchè Sam non aveva il pigiama e sembrava più sveglio di lui. Non era nemmeno in casa.
"Ma no, no! Ero sul terrazzo a dipingere. Sono sceso quando ho visto un tipo con la valigia, ho immaginato che fossi tu" battè le mani e gli sorrise: "Ehi, ti preparo qualcosa da mangiare! Di solito ordino qualcosa, ma la mia ragazza lascia sempre qualcosa in frigo! Vado a vedere!"
Tony non fece in tempo a fermarlo, che Sam era corso via. Si grattò la fronte, divertito: sarebbe stato un pò come vivere con Abby, versione maschile. Lanciò uno sguardo in giro - cavolo. Mi manca McGee!

Dopo la cena a base di patate lesse e verdure scondite, Tony se ne era andato a dormire, ignorando persino la valigia sul pavimento. Aveva chiesto a Sam di non svegliarlo, visto che era in anticipo sulla tabella di marcia. Le lezioni all'accademia sarebbero cominciate il giorno dopo, e aveva ventiquattro ore per rilassarsi e sistemare le sue cose. Di certo, Tony doveva immaginare che vivere con Sam non sarebbe stato semplice, anche se era così stanco da non aver neanche pensato di chiudere la porta a chiave.
Dovevano essere circa le nove, quando Tony sentì dei mugolii attorno a sè. Dapprima, pensò che fossero gli strascichi di un sogno che non ricordava, o magari lo stereo acceso da Sam - era troppo esausto per aprire anche solo un occhio. Poi, le voci cominciarono a farsi insistenti e, visto che era in procinto di alzarsi, Tony riconobbe chiaramente la voce del suo coinquilino e la voce di una donna, più un'altra voce maschile.
"... è carino!"
"Ah! Lo sapevo! Poi mi rinfacci di essere un materialista e un lurido pervertito, oltre che immorale perchè giudico le donne dal loro aspetto!"
"Quanto fai pena! Il mio è solo un commento preliminare, non me lo voglio mica portare a letto!"
"Come non se non ci avessi fatto un pensierino..."
"Hai rotto le scatole, va bene?! Stasera cucini e lavi i piatti!"
"Sei una despota!"
"Così lo svegliate, ragazzi!"
Tony aprì un occhio. Vide un dred di Sam e un sorriso di scuse. Per sicurezza, aprì anche l'altro occhio: c'era una ragazza che lo guardava con la mano sulla bocca, mentre cercava di trattenere una risata. Spostò lo sguardo e, accanto a lei, vide un biondino con la testa inclinata.
"Buongiorno!" gli dissero, in coro. Tony urlò e scattò a sedere, portandosi il lenzuolo al petto.
"Ma non sei nudo!" lo rassicurò Sam, aggrottando la fronte.
"Chi... cosa..." annaspò Tony, indicando i due ospiti indesiderati.
"Oh, loro sono Kensi..." la ragazza gli sorrise benevola, salutandolo con la mano. Era bruna, molto carina e aveva gli occhi di due colori diversi - non mi era mai capitato di vederne una così... sexy, pensò in un guizzo di lucidità.
"... e Marty" il biondino gli fece l'occhiolino, mentre Tony deglutiva. "Sono i due ragazzi che frequenteranno con te l'accademia" finì Sam.
"Già, scusa se ti abbiamo spaventato!" Kensi fece una smorfia. "E' che portiamo sempre la colazione a Sam, pensavamo non fossi ancora arrivato e, quando abbiamo saputo che eri qui, non abbiamo resistito" ridacchiò.
"Lei non ha resistito" mormorò Marty verso di lui. Si beccò una gomitata. "Deeks, Dio mio! Eri curioso quanto me!"
"Non è vero! Bugiarda!" l'accusò, puntandole contro il dito.
"Abituati" Sam sorrise. "Fanno sempre così"
"Vi..." Tony si schiarì la voce. "Conoscete da molto, voi tre?"
"Bè, da quasi un anno" Marty scrollò le spalle. "Da quando io e Kensi ci siamo trasferiti qui, per studiare. Invece" sorrise all'indirizzo della ragazza. "Io e lei ci conosciamo da quando avevamo dieci anni. La mia relazione più lunga con una donna, esclusa mia madre. Anche se..." borbottò, tra sè e sè. "Non è esattamente una relazione, è come avere un amico maschio nel corpo di una..." Kensi gli tirò uno schiaffo dietro la nuca, rossa in viso e con l'aria di chi non ha apprezzato il commento.
Tony abbozzò un sorriso - i litigi con Ziva, di solito, seguivano esattamente questo corso. "Beh, ora, se non vi dispiace..."
"Oh!, certo" Kensi afferrò il compagno per l'avambraccio e lo trascinò fuori. "Vestiti pure con calma, c'è un cornetto anche per te!"
Sam lo salutò con la mano e si dileguarono oltre la porta della sua nuova stanza.



dfsfd

Shannon: I'm just gonna call you Gibbs
Gibbs: You can call me anything you want.

6x04



"Shannon..."
"No!"
"Shannon..."
"Non ti sto ascoltando, Leroy Jethro Gibbs!"
Il professore alzò gli occhi al cielo e seguì sua moglie in silenzio, come poche volte aveva fatto. Non era riuscito a fermarla, nonostante le ricordasse molto esplicitamente le sue condizioni. Sono incinta, non malata terminale!, era la sua classica risposta, sebbene anche lei non fosse proprio convinta che tutto quello stress fosse salutare. Oramai la pancia era ben visibile.
Al commissariato di polizia, molti la guardarono stupefatti, mentre correva avanti e indietro per chiedere notizia di Gerald. Non c'era stato verso di farla rimanere a casa e Tobias, divertito, l'aveva lasciata fuori, durante l'interrogatorio di Gerald. La morte della donna nel negozio aveva cambiato parecchie cose: il ragazzo era l'unico testimone - l'unico testimone vivo. Chiunque avrebbe avuto paura.
"Dovevo entrare con lui" si mordicchiò un'unghia. "Si, dovevo. Dovevo insistere, ecco cosa dovevo fare!"
"Non è compito tuo" Gibbs le strinse una mano in grembo. "Avresti dovuto rimanere a casa. Ti ho anche comprato il gelato alla nocciola"
Gli occhi della donna si illuminarono di pura gioia: nonostante tutto, Gibbs aveva capito che ci voleva poco per far felice una donna incinta.
"Davvero? L'hai comprato? Buono" sorrise. "Stasera ci metto sopra il burro di arachidi!"
Suo marito fece una smorfia disgustata: "Tutta questa roba che ingurgiti, non ti farà male?". Capì subito di aver detto la cosa sbagliata. Gli occhi di Shannon si inumidirono e si allontanò da lui di qualche sedia.
"Mi stai... indirettamente dicendo che sono grassa?!" strillò. Molti poliziotti si voltarono verso di loro.
Gibbs spalancò gli occhi. "Non ho mai detto questo! Dicevo tanto per dire!"
"Tanto per dire?!" ringhiò. "Leroy Jethro Gibbs non dice mai le cose tanto per dire...!" si alzò. "Vado ai distributori di merendine. Stronzo!"
L'uomo la guardò andare via sconvolto: aveva fatto tutto da sola.

Shannon inserì due dollari nel distributore e pigiò il numero 3. La barretta di cioccolato cadde subito, così da poterla mangiare al momento. Col resto rimasto, Shannon fece cadere anche una barretta di cereali. Prese il suo bottino e si sedette sulle sedie lungo il corridoio.
Diede un morso alla barretta di cioccolato, sovrappensiero.
Era incinta di cinque mesi e da circa tre mesi, lei e suo marito non avevano rapporti. Non che lei non lo volesse, ma era spesso stanca, lui era talvolta impegnato con gli allenamenti e le partite della squadra di basket della Woodrow, così che tornava tardi. Insieme agli suoi scatti d'ira (provocati dagli ormoni, la maggior parte delle volte), il quadro del suo matrimonio non era esattamente idilliaco.
Dando un altro morso, si rese conto che farsi vedere nuda, da suo marito, le metteva addosso un'ansia non indifferente. Era diventata davvero grossa, tonda e grinzosa. Non era più desiderabile, ne era consapevole. Della sua forma fisica si era sempre preoccupata poco, anche perchè non aveva mai avuto grossi problemi su quel fronte.
Ma non era incinta e non aveva ancora conosciuto Gibbs.
Guardò sconsolata la barretta di cioccolata, per poi finirla in un sol boccone. Amava quello scorbutico testone e voleva ardentemente fare l'amore con lui, prima che la sua pancia prendesse il volo per una nuova taglia; l'idea che lui non la desiderasse la faceva sentire peggio.
"Shannon" Tobias la raggiunse in due falcate e le si sedette accanto. "Gerald non ha ancora finito, stanno mettendo tutto a verbale"
"Oh, bene" annuì, mentre apriva la barretta di cereali.
"Tutto ok? Ti vedo un pò..." roteò un dito. "Depressa?"
"Mh. Senti Tobias" si voltò verso di lui. "So che tu e Jethro siete amici da una vita ma..."
"Lo tradirò, se me lo chiedi tu!" sorrise.
"Grazie" ridacchiò. "Volevo chiederti... ti ha detto niente? Sai, le cose tra noi non funzionano granchè, ultimamente"
"Niente di rilevante" prese un pezzetto della barretta ai cereali e se lo portò alle labbra. "La gravidanza l'ha scombussolato un pò, solo questo"
"Immagino" sospirò. "Io intendevo... con me" balbettò.
"Sei consapevole del fatto che sei, se possibile, l'essere umano più amato sulla Terra, vero?" si accigliò.
"Scusami?" aggrottò la fronte.
"Jethro. Non ho mai visto tanto amore concentrato nella sua persona. Ti ama, più di quanto sia in grado di ammettere. E io posso dirlo, sai. Lo conosco da parecchio e sono stato sposato, so cosa vuol dire. Amavo mia moglie, ma non l'ho mai guardata come lui guarda te. Non credo che nessuno abbia mai guardato la propria moglie come Jethro. Sei il centro del suo Universo" annuì tra sè e sè. "All'inizio, ero un pò geloso, lo ammetto. Quando sei entrata nella sua vita ha cominciato a sparire dalle nostre serate tra uomini, lasciandomi da solo a bere vodka. Ma poi ho capito, la prima volta che ci ha presentati: eri tu. Ti aveva trovata. Come migliore amico, avevo il diritto di esser... oh, no!" rise, vedendola piangere. "Lo sapevo, dovevo ricordarmi che voi portatrici di pagnotte siete facilmente emozionabili!"
"Mi dispiace" si asciugò gli occhi. "Credimi, Tobias. Lo amo anche io, ma questa gravidanza lo... ci ha trasformati"
"Gli passerà" le sorrise, accarezzandole una spalla. "Ho una figlia, Shannon, e anche io ero spaventato prima che nascesse. Ma poi l'ho vista ed è cambiato tutto. E' un rapporto che va oltre: si sistemerà tutto, vedrai"
Shannon annuì. "Di Gerald che mi dici?"
"Ha raccontato tutto quello che sapeva e lasciato un identikit" le mormorò. "Il colpevole sarà in prigione entro poco, se riusciranno a trovarlo"
"Dovrà testimoniare in tribunale, non è così?"
"Per forza. Ma tranquilla, ci sarò io accanto a lui. Non lavoravo pro bono da un sacco di tempo..." commentò.
"Bentornato alle origini, allora!"


gfdgdf

- You're a sick chick, David.

Tony, 3x10



Quando si era svegliata, la mattina dopo, Ziva aveva trovato Whisky che giocava tra le lenzuola e un biglietto di Michael che l'avvisava che sarebbe andato dritto all'Università. Lo aveva informato delle sue ultime scoperte, ma temeva che non l'avesse presa molto sul serio. La radio non c'entrava niente e altrettanto poco c'entravano i musulmani.
Secondo Ziva, la cellula dormiente era composta da americani, che venivano aiutati da un giovane genio del computer a fare nonsisaancorabenechecosa. Il Mossad, però, se ne voleva occupare e lei era stata mandata in America per fare il suo lavoro: cioè fare da spalla a Michael. Dal canto suo, avrebbe dovuto essere l'esatto opposto, ma nemmeno i Servizi Segreti sono perfetti.
"Scendi, palla di pelo" prese il gatto per la collottola e lo posò sulla moquette. "Non diamo un'altra occasione a Michael per cacciarti via" afferrò il cellullare dal comodino e si avviò verso la cucina per prepararsi un caffè.

Buongiorno, Zee! Senti, oggi dovrei pranzare da solo, Abby non c'è.
Ti va di vederci? Fammi sapere.
Tim

Forse aveva fatto un errore a dargli il numero di telefono. Ziva gli rispose brevemente che non potevano vedersi alla caffetteria dell'Università (se Michael li avesse visti, la sua uscita dal Mossad era praticamente assicurata e nemmeno una notte di sesso bollente gli avrebbe fatto passare l'arrabbiatura), così gli scrisse il nome di un ristorantino vicino casa sua.
In fondo, non stava facendo niente di male. Il caso che suo padre aveva affidato ad entrambi non era una cosa seria, o almeno così credeva. Inoltre, Tim non era nemmeno nella lista dei sospettati - è un mio amico. Perchè non potrei vederlo?
"Non guardarmi in quel modo" borbottò, con gli occhioni di Whisky puntati addosso mentre metteva la caffettiera sul fuoco. "Non mi sento affatto in colpa, se è questo che vorresti chiedermi. Proprio no. Sono maggiorenne, sono del Mossad e so quello che faccio. Questione chiusa"
Whisky miagolò e Ziva sorrise. "D'accordo, hai fame, ho capito" strappò la confezione di cibo confezionato e lo versò nella ciotola.
Stava quasi per prepararsi una sana colazione, quando il cellulare satellitare di Michael cominciò a squillare. Ziva rispose senza indugi.
"Si?"
"Shalom, Ziva"
"Papà!" sorrise la ragazza, accomodandosi sul divano. "Shalom"
"Come procede la missione?"
"Direi bene" fece una smorfia. "Senza offesa, papà, ma potevi mandarmi con uno più capace!"
Venne sorpresa da una risata di suo padre. "Non fare la moralista, Ziva. Michael è pedante, ma è un buon agente"
"Lo prenderò come un avviso" ponderò l'idea di dirgli di McGee, poi decise di lasciar perdere. "Senti, ho scoper..."
"So già tutto, Michael mi ha aggiornato. Le voci, le registrazioni e la tua idea sul fatto che siano americani. Se così fosse..."
"Dovrò contattare l'FBI?"
"Probabilmente" sospirò suo padre. "Anche se non è un'ottima idea. In teoria non dovreste essere sul suo americano"
"Non abbiamo autorizzazioni" annuì la ragazza, osservando Whisky mangiare. "Ma non avremmo scelta, in tal caso. La missione non riguarderebbe più il Mossad, ma le autorità locali"
"E' una situazione politicamente difficile"
"Già" asserì Ziva. Poi si ricordò di Kate Todd. "Sai, papà" mugugnò. "Potrei, se mi dai il via libera, contattare Kate Todd. FBI"
"Me la ricordo" le rispose. "Ma aspetta un altro pò. Se non sono americani, non voglio altre agenzie tra i piedi"
"Sarà fatto. Come vanno le cose a Tel Aviv?"
"Bene. Qui tutto nella norma. Tu come stai?" mormorò.
"Meglio di quanto pensi. Mi..." si morse il labbro inferiore. "Mi ha fatto piacere tornare qui"
"Lo immaginavo. Devo andare, Ziva, riunione. Ci sentiamo in settimana. Shalom, cara"
"Shalom, papà"












































Maia says:


CIAO BELLI! Sono cominciate le vacanze UHUHUHUHUHUHUHU! fds

Come le passerete? Io ad ingozzarmi di roba, studiare e uscire con gli amici pessimi che mi ritrovo (perdonatemi, guys, ma è vero!, siete terribili :') ). Qui da me - città sperduta in Campania - abbiamo un sacco di tradizioni, dal tipico pranzone che non finisce più, ai dolci, al giovedì dopo Pasqua passato insieme (tradizione stupida, ma in fondo carina)
... ma qui piove, quindi ADDIO tradizioni pasquali. Sigh. gfdgf


Comunque! :D Che ne pensate del nuovo capitolo? ... ehm, avete per caso RICONOSCIUTO qualcuno?! xD hahaha anticipo che l'accademia di polizia sarà piena di strani individui che renderanno la vita di Tony un vero inferno...
(ndTony: gdfgdnda si fa per dire, dai u.u).
Chi pensate / vi piacerebbe vedere? Per ora Kensi e Deeks hanno già rovinato la prima mattinata di Tony... che carrrini :')
Il caso di Ziva procede, anche la questione di Gerald... e la prima telefonata di ZivaPadre! :D Nel prossimo capitolo ci sarà un forte scossone.

State psicologicamente pronti...




BUONA PASQUA TEAM! :D

gfgdfg

(sono teneri, sìsìgnore!)

Semper Fi,
Amalia





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Capitolo 11
*** Fuoco incrociato ***


NCIS

Questo capitolo è per te, Olivia Weatherly (tantatantaemozione T_T)
Il fatto che tu sia nata di materdì, mi fa ben sperare.
Ehi!... magari, diventarai
 la " Tiva Fan #1", da grande!
:)










FSDF

- Let's go home.

Gibbs, 7x01



Tre giorni possono essere molto lunghi. Ziva se ne era resa conto, anche se ne aveva avuto il vago sentore ai tempi della morte di Ari - i giorni a casa di Tony erano sembrati quasi infiniti. Ma passare tre giorni in giro per la città, per seguire membri di spicco della comunità scientifica dell'Università, era davvero stancante. Certo, la lista di possibili terroristi andava accorciandosi, mentre Michael prendeva informazioni dall'intervento, cercando di farsi contattare direttamente dalla cellulare dormiente.
Ziva era decisamente contro questi metodi "gentili" e aveva preferito di gran lunga prendere in mano la situazione e seguire il suo istinto: i terroristi erano dei falsi musulmani. Doveva cercare di capire il loro vero obiettivo e, nel caso, passare la missione al Bureau, per poi lasciare definitivamente gli Stati Uniti - finalmente sarebbe stata libera. Magari avrebbe davvero scordato la sua vita in America.
Più ci pensava, più vedeva il suo periodo adolescenziale a Washington come una luminosa ma altrettanto passeggera meteora. A mente fredda, poteva dirsi stupida per aver pensato di scappare dal Mossad e avere una vita normale.
Seduta su una panchina e munita di occhiali da sole e macchina fotografica, guardò con un malsano affetto la pistola che aveva in borsa. Era quello, il suo destino. La sua rara familiarità con le armi non poteva andare sprecata, nè il suo essere naturalmente una spia.
Il soggetto che stava seguendo uscì dall'Internet point. Ziva si alzò velocemente e gli si affiancò lungo la strada.
Era uno degli ultimi della lista che aveva stilato Michael, prima di prendere servizio all'Università. Era un tal dei tali molto bravo con il computer, e legato al progetto 09.
Era abbastanza sicura del fatto che fosse un altro buco nell'acqua, quando il ragazzo si fermò ad una cabina telefonica - un genio dell'informatica che usa il servizio pubblico per telefonare? Improbabile, disse tra sè e sè. Finse di allacciarsi una scarpa e si poggiò alla cabina, ma di fatto attaccò una cimice a lungo raggio sotto il vetro del telefono.
Appena lo studente si fosse allontanato, avrebbe ripreso la cimice per ascoltare tranquilla la telefonata in un luogo più appropriato. Si nascose in un vicolo cieco e attese che il ragazzo concludesse la sua telefonata; nel frattempo, scrisse un breve sms a Michael, per avvisarlo, in codice, di nuovi sviluppi nel caso. Il suo bersaglio si allontanò e Ziva riuscì a recuperare la cimice.
"E adesso..." sospirò, rigirandola tra le dita, "... vediamo cosa ci nascondi, Francis"

Ziva cliccò l'icona sul pc e aspettò pazientemente che l'apparecchio caricasse la registrazione: stese le gambe sotto il tavolo della cucina e un'improvviso calore le si accalcò sulle dita dei piedi. "Whisky, non farmi la pipì addosso!" sorrise, osservando il gattino appallottolato sui suoi piedi. Venne distratta dal computer, pronto a farle sentire la telefonata di Francis J. Thompson, numero sette della sua lista.
"Ciao! ... Si, tranquillo, sono ad una cabina pubblica... che cazz?!... no! Ora non esagerare" grugnito. "Ho fatto tutto ciò che c'era da fare. E' tutto nel mio -cervellone-. Ok. Si, quando ti pare. Ci vediamo"
"Molto utile, davvero!" sbuffò Ziva, grattandosi una guancia. Indubbiamente, Francis nascondeva qualcosa e lei era pienamente intenzionata a scoprire che cosa. Prima di tutto: cos'era quel fantomatico "cervellone"? Forse una cassetta di sicurezza.
Prese d'istinto il cellulare e chiamò l'unica persona che aveva la conoscenze adatte per darle delle risposte:
"Ciao McGee!" trillò al telefono, appena l'amico accettò la chiamata.
"Oh, ehm... ciao sorellina!" Ziva spalancò gli occhi. "Abby, c'è Sarah al telefono" la ragazza capì subito che quella precisazione fosse diretta a lei e non davvero alla sua fidanzata. Aveva chiamato sicuramente nel momento sbagliato.
"Ti saluta, Sarah"
"Ricambia il saluto, McGee. E complimenti per le capacità d'attore!" sorrise, ma lui non potè vederla.
"Già" borbottò insoddisfatto e infastidito. "In cosa posso esserti utile?"
"Se ti dicessi la parola cervellone, tu che mi rispondi?" si morse il labbro inferiore.
"Cervellone? Beh... ma perchè ti interessa?"
"Tu rispondi!"
"A parte una persona molto molto intelligente, penserei sicuramente a... " la voce di Abby si frappose alla sua. "... Cervellone!, ma certo!" McGee rise. "E' un modo poco carino con cui vengono identificati quelli del Dipartimento di Matematica e Fisica"
"E a cosa è dovuto?" Ziva scrisse sotto su una pagina vuota di Word, al computer.
"Al fatto che sono geniali, talvolta. E' che sono più legati al loro hard disk che a..."
L'hard disk del suo computer! Chiuse di scatto la telefonata.
Aveva ben altro da fare, Ziva David: tipo entrare illegalmente nella stanza di qualcun altro.



sdasd

- Yo no pudiera ser esto sin ella. Es una mujer increible.

Tony about Ziva, 9x20




"Non ci credo!" Kensi Blye afferrò il braccio di Tony e glielo stritolò, fino a farlo gemere per il dolore. "Stiamo per diventare veri poliziotti!, non so se mi spiego. Finalmente potrò dire a mio padre: -ehi, ce l'ho fatta!-" saltellò sul posto.
"Frena, frena, Kensi" Marty alzò gli occhi al cielo. "Potremmo fallire dopo una settimana"
Tony e la ragazza si voltarono a guardarlo visibilmente contrariati.
"Certo che sei positivo!" grugnì Tony. "E' solo un'Accademia di Polizia, Deeks. Ce la caveremo" sorrise, lanciando un vago sguardo all'edificio di fronte a sè. Kensi annuì alle sue parole e guardò Marty con un vago senso di schifo.
Erano le sette del mattino del loro primo giorno in accademia. A Tony, Baltimora non era mai sembrata così bella, anche se faceva freddo e le strade erano ancora coperte da un lieve strato di foschia. Qualcuno si era già messo in moto e la città si andava pian piano popolando: uno spettacolo bellissimo, che preferì apprezzare in quel momento, visto che non sarebbe stato piacevole alzarsi tutte le mattine così presto.
"Speriamo ce ne siano di carine!" Marty strofinò le mani tra loro e diede una gomitata a Tony. "Una bella poliziotta, eh!"
"Veramente sarei occupato!" ridacchiò e la mente volò a Wendy, sicuramente sola a Washington. O, perlomeno, ci sperava. In realtà non sapeva nemmeno se considerarsi occupato; d'altronde, entrambi avevano un carattere piuttosto libertino.
"I migliori sono sempre occupati" Kensi gli sorrise benevola.
"Oh, certo" la imitò l'altro ragazzo, beccandosi un'altra occhiata disgustata.
"Ci aspettano un sacco di lezioni interessanti. Meno male che ho studiato..." Marty finse di vomitare e Tony scoppiò a ridere. "Ridi pure, Deeks. Ma quando diventerò la numero uno, non andare a piangere da mammina" gli puntò il dito indice sulla fronte. "Idiota" lo spinse via.
Nel frattempo, di fronte ai cancelli dell'Accademia, si stavano riunendo molti giovani, tra cui qualche ragazza: Tony e Marty si scambiarono uno sguardo complice e soddisfatto.
"Eccoli" sbuffò Kensi. "Sempre i soliti. Mi chiedo: come diavolo si fa ragionare con un organo genitale?! Insomma... è possibile, quindi?"
"Non fare l'antipatica, Blye" Marty le si avvicinò sornione. "Rimani sempre tu" le prese una mano. "La mia preferita!"
Si guardarono sorridenti per un pò, finchè Kensi non lo spinse via. "Mentre tu cerchi di farti perdonare, DiNozzo è già andato all'attacco!"

"... ma sei sicura?"
"Si" la ragazza, che aveva detto di chiamarsi Kate,  lo guardò con la punta dell'occhio. "Ma perchè, non lo sapevi?"
Tony si grattò la fronte, perplesso. "Diciamo che ho fatto tutto molto in fretta. Non ho guardato bene il programma di allenamento e non pensavo ci fossero tutte queste attività sportive" sbuffò. "Ma non sono quelle che mi spaventano - mi sto laureando in Educazione Fisica"
"Oh" Kate lo guardò ammirata. "Riuscirai a stare qui e studiare, nello stesso tempo?"
"Ci proverò. Fare il poliziotto era il mio sogno e non mi lascerò scappare quest'occasione" le fece l'occhiolino. "E poi sono troppo carino per non avere la divisa!"
"Come no" la ragazza lo guardò con sufficienza.
"E' una buona motivazione, la mia!" replicò piccato Tony. "E tu? Perchè vuoi fare il poliziotto?"
Kate si schiarì la voce e guardò altrove: "Fatti miei"
Hai beccato la ragazza sbagliata, Tony. Ritenta. "Già" sospirò. "Non sei molto loquace"
Kate abbozzò un sorriso. "Parlo con chi ho voglia. Parlo con chi ha qualcosa da dirmi"
"Io ho qualcosa da dirti" le sussurrò, vedendola alzarsi improvvisamente.
"Sta buono, DiNozzo. Hanno appena aperto i cancelli" ghignò la ragazza.




hgfg

- I am ready to die.

Ziva, 7x01



"Ma perchè gli americani sono così stupidi?" Ziva alzò gli occhi al cielo e premette più a fondo la forcina. La porta si aprì con uno scatto a lei familiare e sorrise vittoriosa: il pass che Michael le aveva dato le permetteva di accedere all'Università più o meno quando voleva e senza essere disturbata. In realtà, avrebbe anche potuto fare senza, ma non voleva mortificare il suo partner.
Trovare la stanza di Francis era stato altrettanto facile: aveva solo chiesto in giro e le avevano indicato la strada. Se solo sapessero... un'agente del Mossad così giovane non era facile da pescare a Washington, nessuno ci avrebbe mai pensato. Aveva fatto bene a tagliare i capelli: sembrava più americana.
"Ciao, Francis" sussurrò alla stanza e chiuse la porta dietro di sè. Sperò di non essere disturbata, stavolta. La prima cosa che vide fu il computer portatile, poggiato su una scrivania. Imprecò in ebraico perchè non aveva la più pallida idea di come portare fuori l'hard disk. L'unica soluzione era portarlo con sè, ma non aveva la borsa abbastanza grande da passare inosservata per il corridoio.
"E adesso?" si sedette sul letto sfatto, sconfitta. Accarezzò le lenzuola con fare noncurante, finchè l'idea del secolo non la fece sorridere.
Ah, Ziva. Sei troppo brava! si disse. Prese il computer e lo infilò nel cuscino di Francis, poi piegò accuratamente le coperte.
Il tocco di classe fu lo chignon improvvisato e accartocciò il suo cappotto tra le lenzuola sporche. Prese tutto fra le braccia e uscì dalla camera del ragazzo. Chiuse la porta dietro di sè e un paio di ragazzi la guardarono preoccupati.
"Si, c'è il controllo delle stanze" annunciò con le mani sui fianchi. "Il rettore esige che questo posto sia pulito. Passerò da voi tra poco" riprese tra le mani le lenzuola e il cuscino con dentro il computer.
Nessuno la disturbò, mentre portava via l'unica prova che aveva.
Ziva, per qualche minuto, credette davvero di aver vinto. Vinto su chi la credeva incapace di fare l'agente, vinto su Michael, vinto sul Mossad. Eppure, sapeva di dover sempre controllare ciò che prelevava - presa dalla foga se ne era scordata, altrimenti avrebbe facilmente notato la cimice sotto il portatile.

"Sai che giorno è, oggi?" Ziva chiuse di scatto l'armadietto di Tony, facendolo spaventare. Il ragazzo la guardò per qualche secondo.
"No, non è il tuo compleanno. Comunque, buongiorno, guanciotte dolci!" si sporse per baciarla, ma Ziva si scostò.
"Tony!" la rimproverò, dandogli un pugnetto sulla spalla. "Che giorno è, oggi?"
"Dai, Zee! Non me lo ricordo!" sospirò. "Un nostro qualche anniversario? Se è così, lo sai che su queste cos..."
"Oh!" la ragazza incrociò le braccia, imbronciata. "Per tua informazione, no, niente anniversario: ma mi fa piacere sapere quanto impegno tu ci metta in questo rapporto. Bravo" sbuffò, cercando di non guardarlo. "E comunque, oggi è il compleanno di McGee"
"Ah. Già. E io cosa devo farci?" sussurrò. Ziva lo colpì di nuovo. "Con questa storia dei pugni, mi ucciderai, tra qualche anno!"
"Tony!" lo richiamò all'ordine. "Dobbiamo festeggiare, è nostro amico..." Il ragazzo sorrise sornione e Ziva arrossì. "Ok, Abby mi sta tartassando da giorni. Vuole che facciamo qualcosa di carino per lui, sai com'è, con l'ultima litigata che ha avuto col padre, è un pò giù di morale..."
Tony le si avvicinò piano e le accarezzò le braccia. "Ti fidi di me?"
Ziva rimase di stucco, osservando quel volto quasi perfetto che la guardava con adorazione. Guardava lei con adorazione. Le sembrava sempre più impossibile: "Che c'entri tu, adesso, scusa?"
"Devi dire ad Abby di non fare niente. Ho già provveduto" le lasciò un veloce bacio sulle labbra, per poi dirigersi verso l'aula di Inglese.
Ziva gli corse dietro e lo afferrò per la manica. "Che vuol dire? Ti prego, non dirmi che hai combinato qualcosa!"
"Se te lo dico, mi sgridi" Tony gonfiò le guance. La ragazza si intenerì: "Giuro" poggiò una mano sul cuore.
"Non mi picchi nemmeno?"
"Nosssignore"
"Ok..." Tony si rilassò. "... stasera al Mirage, il locale, c'è uno spettacolo di burlesque. Ci doveva andare papà con un collega, ma mi ha mollato i biglietti e avevo pensato di portarci McGee. E' o non è il suo compleanno?" ghignò.
Ziva rimase impassibile. "Non posso picchiarti nè sgridarti. Ma c'è una cosa che posso fare"
"Cosa?" Tony impallidì.
"Toglierti il sesso"

Ziva sorrise, tra la veglia e il sonno. Tony aveva piagnucolato per un pò, ma alla fine a quello spettacolo ci erano andati, se lo ricordava bene, perchè era stata tutta la sera a telefono con una Abby, in piena crisi di pianto. Pensava che McGee la tradisse e che l'amicizia con Tony non gli facesse affatto bene, delle volte. Ziva sapeva, però, che la ragazza avrebbe voluto passare con lui il compleanno e che Tony gli aveva rovinato tutti i piani. Involontariamente, le scappò un singhiozzo, attirando degli sguardi su di sè.
Capì di essere sveglia quando un dolore lancinante le ricordò che le avevano sparato.




gdfgdf

- You know, people keep looking at their watch, usually means they're worried

Gibbs, 9x18



Jethro sapeva che non era normale perdere sangue così, dal nulla. Non era neanche normale accasciarsi sul marciapiede, quando, fino a cinque minuti prima, si stava benissimo. Per qualche secondo, Jethro perse la cognizione del tempo e dello spazio.
"Il bambino... " mugolò Shannon, afferrandolo per un braccio, mentre cadeva sull'asfalto. Jethro le fu subito accanto, appena l'idea che avevano sparato a sua moglie prese corpo nella sua mente. "Il bambino..." Shannon gli strinse la manica e respirò a vuoto.
"Aiuto!" urlò il professore, mentre molte persone si fermavano a guardare - qualcuno chiamò il 911.
Riuscì ad essere abbastanza freddo da cercare la ferita: le avevano preso la pancia di striscio.
Sentì i singhiozzi di sua moglie e cercò di ignorare la stretta allo stomaco che gli diceva, senza mezzi termini, che stava per perdere il suo bambino; ciò lo sconvolse più di quanto avrebbe mai pensato. 
"Tranquilla, Shan, tranquilla" una voce gli disse che stava per arrivare l'ambulanza. Poco dopo, si sarebbe chiesto chi fosse e perchè non l'aveva subito ringraziato. Le lacrime di Shannon le stavano bagnando il petto, sconvolto dai singhiozzi.
"Non voglio perderlo, Jethro. Non voglio"
"Non lo perderai. Non lo perderemo. Te lo prometto"















































Maia says:


Oh, dio. Che capitolo merdoso. Che capitolo merdoso/merdoso/merdoso. So che lo è T_T L'ho pubblicato così in fretta, senza nemmeno riguardarlo, per non lasciarvi a bocca asciutta, è un sacco che non mi faccio sentire x'D
Se vi può consolare, ho mangiato un sacco durante le vacanze e non ho studiato, quindi ora devo riprendere la dieta e studiare il doppio T_Tfsdf
(ndLettori: certo che sei sfigata!)

E comunque... u_u ora comincio a stancarmi seriamente della scuola,  non ce la faccio più D: Ora viene il mese duro, spero di riuscire a combinare qualcosa di buono -> La vostra Amalia punta sul compito di italiano di domani, sperando in un altro 8. Incrociamo le dita!
gdfgd


... avete fatto caso che sto cercando di evitare di commentare il capitolo?! XD Bè, che hanno sparato sia a Ziva, sia a Shannon è abbastanza ovvio [non metto i titoli a caso ;) hehehehehehe *me malefica*]... ma come finirà? La prima è stata rapita? La seconda perderà il bambino?
ma soprattutto: Chi ha sparato?
Stavolta voglio fare la misteriosa, quindi non vi dico niente :D XD
Ora vi abbandono che... che... va bene, confesso: devo fare la pipì ^///^

Semper Fi, team!

Baci,
Amalia.


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Capitolo 12
*** Le cose che non ti ho detto ***


NCIS
hjfghf

- This is the life I have chosen.

Ziva, 9x19



La sconfitta è un sentimento amaro da mandar giù. Ziva l'aveva sentito la prima volta quando non era riuscita a prendere un buon voto in Geografia, in terza elementare. La seconda volta non era così remota: risaliva ad appena tre anni prima, quando Tony l'aveva tradita e buttato alle ortiche tutto quello che erano riusciti a costruire.
Stranamente, aveva fatto più male il cattivo voto in Geografia. Perchè sapeva che prima o poi sarebbe successo, in fondo. Stare con Tony, avere una vita normale, era troppo bello per essere vero. Non poteva durare a lungo - era solo questione di tempo. Certo, non pensava che sarebbe finita in quel modo, ma forse era stato meglio. Il dolore era stato così grande da non permetterle alcun ripensamento.
La terza volta che Ziva provò il sentimento della sconfitta, fu in quel momento, abbandonata nell'auto che lei e Michael avevano affittato, due proiettili conficcati uno alla spalla e uno allo stomaco: come poteva, proprio lei, essersi fatta sorprendere in quel modo?
Doveva ringraziare il cielo che, chiunque le avesse sparato, non doveva essere un gran cecchino, visto che non l'aveva uccisa. Ci aveva provato, ci aveva creduto, quando le aveva sparato la seconda volta - Fingermi morta è stata una mossa furba. Codarda, ma furba.
Lui e quei quattro sfigati dei suoi amici non avevano nemmeno trovato il computer, giacchè si era ben presto accorta della cimice... il pc doveva trovarsi, insieme alla biancheria sporca, nel bagagliaio dell'auto. O, perlomeno, così sperava.
Alla fine, Ziva si trovava grondante di sangue, prossima alla morte, con un computer tutto da controllare e quattro (cinque?) studenti, abbastanza idioti da non riuscire ad uccidere un'agente del Mossad, nè di recuperare un fottuto computer.
O magari erano stati disturbati. Sparare a qualcuno nel garage del proprio condominio, non era precisamente una buona idea.
A Ziva venne da ridere e lo spasmo le provocò un dolore inaudito alla ferita allo stomaco. Perse, nel giro di pochi minuti, conoscenza per la seconda volta.

"Nuova crema per il corpo?" Tony alzò lievemente lo sguardo dalla sua pancia. Ziva si sollevò sui gomiti. "Si. Cioccolato"
Il ragazzo annuì, sornione, e continuò a baciarle la pelle intorno all'ombelico. Lei tornò giù, con la testa sulla sabbia, e continuò a guardare le stelle su di sè. Ne contò trenta, prima di perderne il conto: Tony la stava mordicchiando.
"Sei diventato un cannibale, DiNozzo?" gli tirò una ciocca di capelli e Tony tornò di fianco a lei. Si voltò su un fianco: "Come se poi ti infastidisse..." sembrava stranamente attratto dal suo costume rosso, con le perline.
"Certo. Ogni santa volta mi lasci segni rossi dappertutto"
"... ma solo in posti in cui nessuno ti dovrebbe guardare" si accigliò l'altro. "Non ti guarda nessuno, vero?"
"Oh, beh. Sai, con tutti gli amanti che ho..." lo fissò per un minuto buono, prima di scoppiare a ridere.
"Stronza!" spalancò la bocca, indignato. "Un giorno di questi ci crederò alle cazzate che mi racconti!" Ziva sorrise e gli accarezzò una guancia.
"Oh oh" le baciò il naso. "Stai entrando nella tua modalità dolce? Avvisami, così ne approfitto!"
"Vorresti dire che non sono mai dolce!?" s'indignò. "Siamo in spiaggia. Di notte!"
"Ma ti ci ho portato io!"
"Ma, la prima volta, l'idea è venuta a me!" Stettero qualche minuto in silenzio.
"Ti amo" le disse, improvvisamente serio.
"Ok" Ziva spalancò gli occhi. "Perchè me lo dici così? Stai morendo?" gli tirò uno scappellotto.
"No, ma per me è importante che tu lo sappia"
"Mh. Va bene"
"E come si risponde?"
"... che ti amo anche io?" Ziva rise, sotto le dita di Tony che le facevano il solletico.
"Brava ragazza!"
"Ma è ovvio, Tony"
"No, non è ovvio. Una cosa che ho imparato da te è che se ci tieni a qualcuno, devi dirglielo. Prima che sia troppo tardi"
Ziva si alzò seduta e lui la imitò. "Ah, si?" gli sussurrò, sulla punta delle labbra. "Allora, DiNozzo: ti va di fare l'amore con me?"
"Veramente... non aspettavo altro!" si beccò un altro scappellotto.

Ziva aveva smesso di credere a tutte quelle favole. Il suo amore adolescenziale l'aveva profondamente cambiata, resa più matura, ma più attenta. Nel mentre, tentava di cancellare quegli episodi dalla sua testa, perchè le sembravano così lontani, da non appartenerle nemmeno. Quella giovane donna sulla spiaggia, che faceva l'amore, non era lei. Era un'altra Ziva, una Ziva più felice, più stupida.
E perchè pensava a Tony, poi? Doveva trovare, piuttosto, una soluzione per il suo problemino: non poteva farsi trovare dai condomini in quelle condizioni, perchè l'avrebbero portata in ospedale e avrebbero scoperto dei documenti falsi - e, in particolar modo, avrebbero voluto sapere perchè le avevano sparato due volte. Punto due, non poteva nemmeno salire in casa, perchè rischiava di essere vista e poteva morire lì, da sola. Magari Michael l'avrebbe pure sgridata, senza contare che non sarebbe mai riuscita a salire le scale.
Cominciava a sentire male e freddo, Ziva, chiusa nella sua auto, nel parcheggio, e col sangue che scendeva a fiotti.
Aveva bisogno di una persona fidata, di una persona che avrebbe potuto aiutarla senza mettere in pericolo la sua identità.

"E' la seconda volta che mi chiami in poche ore! Devo preoccuparmi? ... Ziva?"
"McGee. Mi hanno sparato. Aiutami"


vbcbv


M. Franks:
You really want to be a cop. you've got to let a lot of old stuff go.
Learn a lot of new stuff to take its place. Think you can do that?
Gibbs: I think I'd be a good cop.




"Ho bisogno di un caffè" mormorava Gibbs tra sè e sè, seduto nella sala d'aspetto dell'ospedale. Aveva smesso di contare i minuti non molto tempo prima, ma era abbastanza sicuro che fossero passate delle ore, da quando Shannon era entrata in sala operatoria.
Gibbs aveva detto a tutti, di continuo, che era suo marito, ma nessuno sembrava averlo preso davvero sul serio: giravano come avvoltoi attorno a Shannon e a suo figlio. Sapeva, nella sua testa, che volevano solo aiutarla ma, di fatto, l'istinto gli diceva di fare tutto da solo.
Lui. Un professore di Storia. Non avrebbe mai potuto aiutare sua moglie. E suo figlio.
Si sentiva inutile, solo. Perso.
Leroy Jethro Gibbs non dovrebbe sentirsi così. Così male, insomma. E si sentiva in colpa, per non aver voluto il piccolo mostriciattolo fin dall'inizio: in quel momento, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di essere al loro posto.
"Jethro" una mano si posò sulla sua spalla. "Mi dispiace immensamente, amico mio"
"Ducky" sospirò l'uomo, passando una mano sul viso, come se potesse tirare via la paura. "Che ci fai qui?"
"Mi ha chiamato Tobias. Lui è con Gerald, alla stazione di polizia" il professore si sedette accanto a lui, l'aria grave. "Ce la faranno"
"Non ne sono così sicuro" intrecciò le dita. "E' per me. E' una punizione" alzò lo sguardo al soffitto. "Perchè non volevo il bambino"
Ducky si tolse il cappello e lo rigirò tra le mani. "L'uomo e la religione. Eterno dilemma, eterna croce. Da buon uomo di scienza, oserei dirti che è stato tutto un caso, ma da semplice essere umano, con le proprie paure, posso solo dirti di pregare, Jethro. E che quello che è successo non è stata colpa tua, questo si"
"Non ne sarei così sicuro"
"Un bambino è il cambiamento più grande nella vita di un uomo. E di una donna. Essere spaventati è normale" accennò un sorriso. "Anche per chi si crede un super-uomo. Levati dalla testa ogni senso di colpa e sorridi: tua moglie dovrà vederti tranquillo, quando uscir..."
"Signor Gibbs?" un medico si avvicinò a loro.
"Sono io" il professore deglutì e si avvicinò, senza titubanza, al dottore. "Come sta... stanno?"
"Fortunatamente il proiettile ha solo sfiorato la signora. Lei è salva, ma per il bambino, dobbiamo operare d'urgenza"
"Ancora?" sospirò il professore.
"Faremo il possibile. Stiamo anche pensando di effettuare il parto prematuramente"
"Ma Shannon è di soli sette mesi, potrebbe non farcela!" annaspò Gibbs.
"Mi dispiace"


dasd


- For the first time, in my life... I made a difference. I did something that mattered.
I've been trying to do that ever since.

Tony, 9x21



"Tony! Smettila! Mi metti in imbarazzo!"
Tony la guardò sornione, con la guancia poggiata sul palmo della mano. Sembrava tranquillissimo, steso sul letto della ragazza, mentre lei cercava di mandarlo via con sguardi infuocati. Lei doveva assolutamente spogliarsi, dopo quella giornata passata a fare palestra con Abby (che si era messa in testa di dover imparare il Krav Maga): l'aveva obbligata a restare fino a tarda sera finchè, esausta, non aveva dato forfait.
"Andiamo, Zee. Sono il tuo ragazzo. Puoi spogliarti davanti a me!"
Ziva arrossì e spostò lo sguardo sull'armadio aperto davanti a lei. Certo, Tony era il suo ragazzo, ma stavano insieme solo da qualche mese e lei ancora non sapeva quanto l'argomento "sesso" sarebbe stato ancora evitato. Era abbastanza certa di amarlo, ma era altrettanto certa di non essere pronta a farsi vedere senza veli da un essere umano di sesso maschile.
"Ti dico che mi vergogno. Vai via?!"
"Volevo stare un pò con te, non ci vediamo da tre giorni" spalancò gli occhi, ma vide che lei non cambiò per niente espressione: come sempre risoluta, come sempre glaciale. Tony pensava di aver superato quella fase e, invece, ogni tanto la vecchia Ziva ritornava, solo per rovinargli l'esistenza. Scese giù dal letto, la salutò con un neutro bacio sulla guancia e fece per uscire dalla finestra.
"Tony" si sentì richiamare dalla voce sottile di Ziva. Si voltò appena in tempo per vederla avvicinarsi a lui, prendere la manica e tirarlo via dall'unica via d'uscita della stanza. "Mi dispiace. Scusa" mormorò.

"Merda. Merda, merda, merda" anche Ziva pensò un sacco di parolacce in ebraico, quando sentì quella voce avvicinarsi a lei. Era una donna, di certo non poteva essere McGee. La sentì scostarle la maglia, senza che lei riuscisse a porre resistenza. Aveva perso tanto sangue, le veniva da vomitare, la testa le girava. Non sapeva cosa fare, per la prima volta da quando era in missione: aveva perso completamente il controllo.
"Tim, dobbiamo portarla in ospedale!" disse concitata la voce.
Oh, grazie al cielo. Lui c'era. L'amico di sempre, il confidente, il principe azzurro dal cavallo molto poco bianco, era arrivato.
"Lo so, lo so. Ma al telefono mi ha detto di non chiamare nessuno... penso..."
"Non è in America legalmente"
"E' qui per il Mossad"
Brava, Ziva. Digli pure il tuo indirizzo di Tel Aviv, la prossima volta. Digrignò i denti, quando la ferita venne esaminata da due dita fredde; la presero, una da una parte e l'altro dall'altra, per portarla fuori dal parcheggio.
"Dobbiamo portarla in ospedale" la donna digrignò i denti e si rivolse direttamente a lei. "Dopo quello che hai combinato, Zee, dovrei lasciarti qui. Ma ho troppa voglia di picchiarti e abbracciarti nello stesso momento per farlo"
Abby.
Perse i sensi. Di nuovo.

"Mi dispiace. Scusa" mormorò. Tony sospirò e le prese la mano. "Dobbiamo parlare" la fece sedere sul letto e le si sedette di fronte.
"D'accordo. Lo capisco che per te sia strano, stare con me. Non sono facile da trattare, questo è vero. Ma... sai, non è bello vedere che la propria ragazza non si fida di te" le picchiettò sulla fronte e le sorrise. "So che non lo fai di proposito e che ti hanno cresciuta così. Ma lasciarti andare, ogni tanto, non ti distruggerà, Ziva. Anzi. Potrebbe essere addirittura piacevole"
"Lo so. E' solo che..." si grattò la testa. "Ci sei tu e io ti vedo che..."
"Se il problema è il sesso, Ziva, non ti devi preoccupare" alzò le spalle. "Ti darò tutto il tempo che vuoi. Però, ti prego... non tagliarmi fuori come se fossi uno qualunque. Io ti a... Ziva!" strillò, coprendosi gli occhi con la mano.
"Che c'è? Mi sono solo tolta la maglietta!" osservò il suo reggiseno, preoccupata. "Che ho che non va?"
Tony si alzò dal letto, sempre con la mano sugli occhi, e cercò a tentoni la finestra. "Non hai proprio niente che non vada. Il problema è esattamente questo!" sbuffò. "E' vero che ti darò tutto il tempo che ti serve, ma torturarmi così è disumano" allungò una gamba oltre la finestra.
"Ti ucciderai!" lo avvisò.
"Forse. Ma vedere te in reggiseno senza poter fare niente, fa altrettanto male. Non so se te ne rendi conto" Ziva scoppiò a ridere e lo bloccò di nuovo. Delicatamente gli tolse le mani dagli occhi e vide che lui li teneva serrati.
"Guardami, Tony" il ragazzo aprì prima un occhio, poi l'altro.
"Wow. Carino il reggiseno con gli unicorni. Fanno molto Barbie. E di certo riducono un pò il mio... ahia!" l'unica cosa che riuscì a fare, oltre a ridere, fu di dargli un forte scappellotto.
"Quanto sei scemo. Ti va di restare, stanotte?" domandò, sovrappensiero.
"Dici davvero?"
"Si, dico davvero" Tony si aprì in un sorriso estasiato. Quella notte, fecero l'amore per la prima volta.

Ziva riaprì lievemente gli occhi. Si guardò attorno distratta: era in ospedale. Imprecò tra sè e sè, prima di guardare fuori dalla finestra: il sole non c'era più, sostituito da un cielo rosato. Era quasi sera.
"Ben svegliata" Ziva si voltò di scatto alla sua destra. "Non sei cambiata proprio per niente. Ringrazia le pallottole: nelle tre ore in cui hai dormito, ho sbollito la rabbia. Ma ho ancora voglia di picchiarti. Tranquilla, un'amica fa l'infermiera qui e sono riuscita a farti ricoverare sotto nome mio. Dovremmo inventarci qualcosa per le pallottole, ma credo che la mia amica si occuperà anche dei poliziotti. In caso contrario, Tim farà sparire tutte le prove. Come sempre. Non abbiamo smesso di essere i tuoi cagnolini, alla fine"
Ziva distolse lo sguardo dalla figura di Abby. Era diventata più alta, più donna. Ed era più arrabbiata.
Le braccia incrociate, le labbra strette tra le loro, l'espressione distaccata. Tutto faceva di lei una donna furiosa.
"Sai, Tim non voleva dirmi perchè, nel bel mezzo del nostro progetto, avesse dovuto scappare via. L'ho spremuto un pò e alla fine ha parlato: mi ha detto tutto. Ma poi mi ha trascinata con sè di corsa, dicendo che stavi male" si alzò e si sedette sulle coperte, obbligandola, di conseguenza, a guardarla di nuovo.
"Nessuno di voi doveva sapere che..."
"Già. Ovvio" ghignò. "Era inutile mettervi a conoscenza di una cosa che poteva uccidervi... e le solite chiacchiere. Tim mi ha detto anche questo. Ha cantato come un usignolo, a dire il vero"
"Abby..." tentò di fermarla.
"No, no!" alzò una mano. "Sono tre anni che non ti vedo. Sai cos'è successo, mentre eri via? Fammi pensare... ah si!" fece una smorfia infastidita. "Ho scoperto di essere stata adottata. Bello, no? Scoprire una cosa così, quando la tua migliore amica se n'è andata chissà dove senza dirti niente, naturalmente. Poi sono scappata in Europa. Ho fatto una vita abbastanza schifosa finchè non mi sono decisa a tornare a casa - pensa te, ho lasciato persino Tim. Ah, e poi la disperazione di Tony, quella avresti proprio dovuto vederla!" alzò la voce. "E che dire di tutti quei pomeriggi passati nel tentativo di telefonarti? Tutte quelle notti passate al computer cercando di rintracciarti?"
Gli occhi di Ziva si inumidirono. "Mi dispiace"
"Non è abbastanza" scosse la testa e i codini, contemporaneamente. "Mi hai fatto un male che non puoi nemmeno... oh" si asciugò le lacrime e tirò su col naso. "Le ho pensate tutte: anche che fossi morta. Ci doveva essere un motivo valido, se non ti facevi sentire. Potevo capire Tony, dopo quello che ha combinato... ma io? Io me lo meritavo il tuo silenzio?" scrollò le spalle. "Dimmi la verità: mi hai mai voluta davvero bene?"
"Non devi metterlo in dubbio nemmeno per mezzo secondo" sussurrò.
"Mi sei mancata" singhiozzò, lanciandosi tra le sue braccia. "Dio, quanto mi sei mancata!"



































Maia says    - Paolo says:


Ciao a tutti! Scusate, non volevo infilarmi brutalmente nella fanfic. Ma sono stato COSTRETTO!
(Se vi può consolare, il capitolo l'ha scritto Amalia, mica io. Nono, io scrivo canzoni!).
Prima di tutto, piacere: mi chiamo Paolo e sono uno dei migliori amici dell'autrice. Ho visto che una volta mi sono anche beccato una dedica! YO, BELLO. Quindi vuol dire che per lei sono importante *Paolo si commuove* ma anche no. Brutta stronza, non me lo dici mai che mi vuoi bene! STRONZASTRONZASTRONZA.
Ora torno a voi, cari lettori. Sto ricattando Amalia, è per questo che mi ha "concesso l'onore" di inserirmi nel suo angolo privato. So che non ve ne frega niente, ma Domenica compio 18 anni! YO, BELLO. Ed è normale che io voglia lei al mio fianco, no? E' una delle mie migliori amiche (no, non sorridere brutta bastarda). E invece, lo sapete che mi ha detto questa mattina?...
Ah, già. E' di Domenica. MA ASPETTA! Io devo vedere NCIS... posso venire alle dieci e mezza. SOLO alle dieci e mezza.
No, per capirci: vi pare giusto? A Paolo non pare affatto giusto. Ai suoi 18 anni si è beccata DUE FESTE, di cui una a sorpresa (è vero, se lo meritava, ma...) . Ho dovuto pure nasconderla, perchè si era commossa e non voleva farsi vedere dagli altri. Stronza.
Glielo dite voi, per piacere? :( Le avevo proposto di registrare tutta la puntata, così poi lunedì mangia a casa con me e ce la vediamo :( Ma mi ha guardato male :( Forse perchè sa benissimo che non la farò concentrare sulla puntata. Però ha accettato, forse un cuore ce l'ha ancora!
NCIS mi sta rovinando la vita. Lo so che a voi piace, ma è così. Tutti i lunedì mattina devo sentirla blaterare sulla puntata della sera prima.
Mi tartassa, davvero! NON SI FA COSI'!... . Ah, e la volete sapere l'ultima? L'ho chiamata, prima, per proporle di venire a casa e poi uscire. La risposta? NO DEVO SCRIVERE! E poi finge di farmi le prediche perchè OGNI TANTO cambio qualche ragazza.
-.-'

T_______________________________T Mi sento trascurato.
Glielo dite, per piacere?
Grazie.

Se stai leggendo queste righe,

Ti voglio bene :D
(no, non sorridere brutta bastarda)



- Perdonatemi se pubblico con qualcosa di sbagliato, perchè non so usare l'HTML e mi sono affidato completamente a ciò che mi ha mandato l'autrice :)


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Capitolo 13
*** Family is more than just DNA ***


NCIS
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- Very special agent DiNozzo doesn't get scared!

Tony, 9x09



"Sono stanco!" piagnucolò Marty, lanciandosi a peso morto sul divano. "Sono stanco, affamato e... stanco! L'avevo già detto?" si portò teatralmente una mano sul cuore, mentre Tony lo guardava divertito, dall'alto.
"Non esagerare, adesso!"
"Ah si!?" ringhiò. "Avrò fatto il doppio delle flessioni che hai fatto tu!"
"Io ero in piscina, con Sam! Deeks, avrai mica le tue cose?" Tony rise e si avviò in cucina. Contro ogni pronostico, era da qualche settimana che frequentava l'accademia e non aveva ancora mollato. Forse era la presenza di Deeks e Kensi che, nonostante tutto, gli rendevano meno grigia la giornata, senza Abby e McGee tra i piedi, era difficile farsi due risate. Poi c'era Kate, che a lezione di autodifesa lo gettava sempre a terra: a lui non dispiaceva, visto che aveva un decolteè niente male. Ci avevano messo un pò, ma nello strambo gruppo di amici, erano entrati anche Sam e Callen, silenziosi quanto letali, ma che, con un paio di birre, diventavano quasi peggio di Marty.
"Vi va una birra?" infilò la testa nel frigorigero, sperando che Sam, il suo coinquilino, avesse fatto la spesa. I due, nel salotto del suo appartamento, gli urlarono un sì decisamente convincente. Era prassi rimanere sul divano di casa sua a ronfare davanti alla televisione, dopo le lezioni. Così dopo potevano uscire senza problemi.
"Ecco qua" rientrò in salone, con tre birre già stappate tra le mani. Ma non ci arrivò mai al divano, perchè si fermò prima: Kensi si era seduta accanto alla testa di Deeks e gli accarezzava piano la zazzera bionda che aveva sulla testa. Il ragazzo teneva gli occhi chiusi, ma sorrideva.
"Ehm. Ragazzi, io esco" annunciò, di punto in bianco. I due alzarono la testa verso la sua direzione.
"E dove vai da solo, alle cinque del pomeriggio?" l'apostrofò la ragazza, togliendo velocemente la mano dai capelli di Marty, che protestò piano.
"Chiamo Sam e Callen. Magari hanno voglia di uscire. Vi lascio le chiavi" le lanciò, così che Kensi potesse afferrarle al volo.
Tony l'aveva capito subito che tra quei due c'era qualcosa di mai detto. Lo sentiva a pelle, come quando Ziva era entrata per la prima volta dalla porta principale della Woodrow High School. A distanza di tempo, vedeva chiaramente che non avrebbe avuto scampo.
Ziva era come un tatuaggio che non gli piaceva più: doveva tenerselo marchiato a fuoco sulla pelle, doveva sentirlo bruciare ogni volta che vedeva, o provava qualcosa che solo lei era riuscita a fargli buttar fuori.
Non aveva voglia di andare in giro, era troppo stanco, così si sedette sul primo scalino del suo condominio. Probabilmente, Sam e Callen erano a casa a mangiarsi una pizza. Non sapeva nemmeno dove abitavano, a dirla tutta. Il punto di ritrovo era diventato il suo appartamento. L'appartamento di una puttana, in pratica.
Prese il cellulare e cercò il numero di Abby in rubrica. Decise di chiamarla.
"Pronto?"
"Ehi, Abbs!" sentì un rumore soffocato, una porta che sbatteva. "Tutto bene?"
"Ma si, si" ridacchiò. Stava mentendo. "A te come va?"
"Bene... è da un pezzo che non ti fai sentire" mugugnò. "Novità?"
"Mh, no. A te?" trillò.
"Nemmeno" restarono in silenzio per qualche secondo, entrambi impegnati a capire se e quanto sapesse l'altro.
"Vuoi McGee?" sospirò alla fine la ragazza. "Io, ecco... stavo per uscire"
"Oh. Scusa. Si, passami pure McGee"
"Ecco... veramente... lui non c'è. Ti faccio richiamare, ok? Ciao!"
Tony guardò stranito il cellulare. Era sicuro che a casa sua stesse succedendo qualcosa: McGee rispondeva raramente e lo chiamava altrettante volte, Abby nemmeno ci provava, e quando lo faceva lui, erano misteriosi peggio di quando c'era di mezzo il Mossad, nella loro vita.
Tornò alla rubrica del cellulare e osservò per poco il numero di Wendy. Lei sembrava quasi sparita, ma non gli faceva granchè male, la sua indifferenza. Anche perchè se lo aspettava - avrebbe potuto almeno fare la parte della fidanzatina triste, però. Si sarebbero rivisti al suo ritorno. Aveva in programma di passare il weekend a casa, visto che non vedeva suo padre da un pò.
Lui sembrava l'unico davvero preoccupato per le sue condizioni. Per la prima volta in vita sua, Tony si sentiva escluso. Nonostante le nuove conoscenze, sentiva la mancanza della sua città e dei suoi amici - oltrettutto, il loro strano comportamento lo preoccupava.
"Tony DiNozzo. Cos'è quel broncio?" il ragazzo alzò la testa e vide che Kate Beckett gli sorrideva dal finestrino di un'auto.
"Ehi, Kate. Niente, solo... a casa si stanno divertendo senza di me, credo" indicò distratto il cellulare. "Come mai, qui? Kensi è di sopra..."
"Veramente sono passata di qui per caso" lo guardò indecisa per qualche minuto. "Ti va di venire con me?"
"Dove?"
"Vedrai"

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- You've been through the puberty? I had not noticed.

Ziva to Tony, 9x21



"Disturbo?"
"Ma va, entra" Ziva sorrise a McGee e gli indicò la sedia accanto al suo letto.
"Abby ti ha picchiata?" ridacchiò.
"Oh, ci ha provato" sorrise. "Ehi... comunque, grazie" gli pizzicò la guancia. "Anche per avermi coperta col governo"
"Di niente. C'è voluto un pò per far sparire le pratiche, a dire il vero. Però è filato tutto lo liscio e l'amica di Abby ha convinto tutti che ti chiami anche tu Abby Sciuto. E' stato facile. Non abbiamo perso il nostro smalto da spie" le fece l'occhiolino.
"Non siete mai stati spie, McGee" sospirò. "E, credimi, anche se fosse, non ti piacerebbe"
"Dov'è Abby?" le domandò.
"Ha ricevuto una chiamata ed è uscita fuori. Non so chi sia. Probabilmente tornerà con le braccia piene di merendine dei distributori" risero.
"Visto che siamo soli" McGee spostò la sedia più vicino a lei. "Hai intenzione di dirmi in cosa ti sei cacciata? So che c'entra il Mossad. So che sei un'agente operativa" Ziva provò a chiedere spiegazioni, ma lui la bloccò prima. "E' ovvio, Zee. Non saresti mai tornata qui, se non obbligata. E poi abbiamo frugato nella tua borsa, mentre ti portavamo in ospedale. Bell'arsenale" si diedero un cinque.
"Grazie" alzò un sopracciglio, divertita. "Ma ora dovrò uccidervi!"
"Si, si" il ragazzo alzò gli occhi al cielo. "Allora? Che missione è?"
"Non posso, McGee" mormorò. "Per favore"
"D'accordo. Ho provato!" alzò le mani, in segno di resa. "Vuoi che avvisiamo qualcuno?"
"Effettivamente, dovrei chiamare il mio partner, ma ci penso io, tranquillo. Probabilmente sta già rintracciando il mio cellulare" si rilassò meglio sul cuscino, poi le venne in mente qualcosa. "Ehi! La mia auto?"
"E' ancora nel parcheggio... perchè?"
Ziva si sporse col busto, arrivando al comodino, dov'era la sua borsa. Cercò le chiavi della macchina e le diede a McGee: "Torna lì. Nel bagagliaio ti sembrerà ti trovare biancheria sporca, ma nel cuscino c'è infilato un computer. Puoi recuperarlo per me?" si morse il labbro inferiore. "Non ti metterei in mezzo se non fosse importante. Ma se parlo col mio collega, sono fottuta"
"Ai tuoi ordini, agente David. Solo recuperarlo? Se vuoi lo analizzo..." provò.
"No" lo guardò male. "Vi ho già coinvolti abbastanza"
Improvvisamente, la porta della stanza di Ziva venne spalancata da una Abby sconvolta e piena di cibarie tra le mani.
"Non potete nemmeno immaginare chi ho incontrato nel corridoio di Terapia Intensiva!"



ghfhg

- Seriously, probie, I don't make enough fun for you?

Tony



"Ok. Ora mi potresti spiegare perchè siamo qui?" chiese perplesso Tony, mentre scendeva dall'auto di Kate. Di fronte a lui c'era una libreria; a giudicare dalla fila, doveva esserci qualche presentazione di un libro.
"Ho promesso ad una persona che ci sarei stata oggi. Fortunatamente le lezioni sono finite in tempo" la ragazza fece ballare le chiavi dell'auto sul palmo, osservando l'entrata col volto corrucciato.
"Bè? Entriamo?" le punzecchiò il braccio. "Che facciamo fermi qui fuori? La persona che ti sta aspettando potrebbe offendersi"
Kate fece una smorfia divertita. "Già. Sarebbe capace di tenermi il muso per mesi"
Riuscirono ad entrare nella libreria saltando la fila: Tony notò che avevano tutti lo stesso libro in mano, magari ansiosi di farselo firmare.
Si, probabilmente lo scrittore, o la scrittrice, era di appoggio per prensentare la sua opera. Arrivati dentro, i due si guardarono attorno.
La fila convergeva in un unico punto. Tony si alzò sulle punte e vide un ragazzo, circa della sua età, che firmava con un sorrisone tutti i libri che i fan gli piazzavano davanti. Kate, improvvisamente, alzò il braccio, attirando la sua attenzione.
Il ragazzo recepì il messaggio, annuì, e sussurrò qualcosa al suo manager, che poco dopo annunciò una pausa del signor Castle.
"Kate!" trillò il ragazzo, moro, abbastanza alto, e il viso simpatico. Fece per abbracciarla, ma Kate si scansò prima.
"Antipatica" borbottò. "Però almeno sei venuta, quindi dovrà bastarmi" si accorse di Tony e lo guardò perplesso. "Ciao...?"
"Ah! Sono Tony. DiNozzo" allungò la mano e lui gliela strinse. "Sto con Kate all'accademia di polizia"
"Rick Castle. Scrittore. Cioè..." tergiversò. "Questa è la mia prima opera. Non penso ce ne saranno altre, è stato un colpo di..."
"Bugiardo" sillabò Kate, poi si voltò verso Tony. "Vogliono comprargli i diritti per farne un film"
"Non volevo dirlo maaa... si!" si vantò il ragazzo, sistemandosi il colletto della camicia. "Diventerò una star e farò un sacco di soldi" ridacchiò.
"Illuso" soffiò la ragazza. Tony lo guardò divertito: sembrava un bravo ragazzo. Era circondato da finte coppie, evidentemente.
"Aspetta, vado a prenderti un libro!" gli disse, camminando all'indietro. "Ti faccio anche l'autografo, fra qualche anno su Ebay potrebbe valere una fortuna! Non vi muovete!" e corse via, stavolta nella direzione giusta.
"Buffo" ridacchiò Tony. "Conosci anche uno scrittore di successo. Complimenti, Beckett"
"Conosco è esagerato" sospirò. "Mi sta appiccicato come una cozza da quando ci siamo conosciuti ad un parco pubblico, mentre studiavo per i test dell'accademia. Mi ha detto che stava scrivendo un giallo e se potevo aiutarlo - non mi ha più mollata" si grattò la testa. "Ma sapevo che avrebbe fatto successo, ce l'ha nel sangue il talento per la scrittura"
"Beh, dovresti sentirti fiera. Hai contribuito in parte al suo successo e..." sorrise sornione. "penso che abbia una gigantesca cotta per te"
Kate si morse il labbro inferiore. "Nah"
"Oh, si" si zittì quando Rick tornò col suo libro e lo accettò di buon grado. "Prometto che lo leggerò" gli disse.
"Grazie" gli diede una pacca sulla spalla. "Ehm, Kate..." porse anche a lei una copia.
"Ma l'ho già letto" protestò la ragazza.
Rick arrossì e guardò altrove. "Si, ma non la stampa ufficiale. Leggi la dedica"
Tony si illuminò e aprì subito il suo libro, imitato dalla sua compagna.

a K., che mi ha spronato a crederci. Grazie.

"Rick..." sospirò Kate. "E'... non dovevi. Non ho fatto niente!"
"Certo, come no" alzò gli occhi al cielo. "Forse non te ne sei accorta, ma sei stata fondamentale, davvero" mormorò.
"Ci credo!" se ne uscì improvvisamente Tony, lo sguardo immerso nel libro. "Questa scena di sesso a pagina 213 è tutto frutto della tua fantasia?"



gfdgd

Tony: You're behind me again, aren't you?!
Ziva: Lucky guess

4x10



"Leroy Jethro Gibbs" sussurrò McGee davanti al suo professore di Storia. Ziva si trascinava a stento dietro agli altri due, altrettanto curiosi di rivedere il loro vecchio professore; Abby e McGee, però, ignoravano che la loro ritrovata amica avesse già reincontrato Gibbs. I due, infatti, si scambiarono uno sguardo d'intesa e profondamente sorpreso.
"Sciuto, McGee e David. Insieme come sempre" sorrise malinconicamente.
"Manca solo DiNozzo. E poi il quadretto sarebbe completo!" ridacchiò accanto a lui Ducky. Solo in quel momento si accorsero di lui e andarono a salutarlo: il ghiaccio era stato spezzato, almeno per gran parte del gruppo. Ziva, in camice, continuava a guardare Gibbs, una muta domanda nello sguardo; aveva il terribile presentimento che fosse accaduto qualcosa alla dottoressa Stevens.
"Cosa ci fate qui, ragazzi?" l'anticipò Ducky, dandole una pacca sulla schiena. "Pensavo fossi tornata a casa..."
Io sono appena tornata, a casa pensò, tra sè e sè. "Si, ecco, sono dovuta tornare per... problemi tecnici" svicolò.
"Ma stai bene?" le sussurrò Gibbs, indicando con un cenno del capo il suo vestiario.
"Si" sospirò. L'uomo abbozzò un sorriso, di nuovo, e Ziva inutì che, ancora una volta, aveva capito tutto. Da un singolo monosillabo: era spaventoso quanto Gibbs le ricordasse Tony, a volte. Lo stesso modo di scannerizzarla dentro, lo stesso modo di scherzare, lo stesso modo di farla sentire capita.
"Cosa ci fate qui?" sussurrò Abby.
"Shannon" commentò brevemente Gibbs. "Le hanno sparato"
McGee spalancò gli occhi e Abby si portò una mano alla bocca; Ziva parve non capire e aggrottò le sopracciglia: "Cosa?"
"Mentre erano per strada" continuò Ducky. "Il proiettile l'ha appena sfiorata, ma le ha preso di striscio la pancia"
Ziva impallidì, ricordando della gravidanza. "E il bambino?"
"La stanno operando giusto ora. Probabilmente effettueranno un cesario"
Abby si sedette accanto a lui, mormorando appena il suo dispiacere. McGee la imitò, prendendo alcune merendine e addentandone una. Nessuno dei presenti sembrava intenzionato ad andarsene, almeno non prima di avere notizia di Shannon e del piccolo.

Quando Gibbs si alzò, quattro paia d'occhi puntarono su di lui.
"Vado al bagno" annunciò freddamente. Sentiva l'aria andare via dal polmoni e sperò che, stare all'aperto, migliorasse le sue condizioni fisiche. Shannon era in sala operatoria da circa un'ora e mezza; un'ora e mezza di totale e distruttiva sofferenza interiore, di sospiri da parte degli altri e di camminate indefinite lungo il corridoio. Si parlava poco, ma per nessuno era un peso. Tutti e cinque pensavano alla casualità del destino e a quante probabilità ci fossero di incontrarsi in un ospedale, dopo tre anni di silenzio.
"Scommetto che vorresti finire sotto terra" gli disse una voce femminile. Fuori dall'ospedale faceva un pò freddo, ma in giacca stava bene. Gibbs non si voltò nemmeno: riconosceva bene la voce della ragazzina che gli aveva complicato un intero anno di scuola.
"Perspicace come sempre, David"
"Ci sono passata. Forse troppe volte" gli si affiancò e intrecciò le mani tra loro, per fare calore. "Prima con mia madre, poi con mia sorella. Mio fratello" socchiuse gli occhi. "Tony. Si ricorda, prof, quando si è fatto male alla partita di basket?"
"Si" annuì, lanciando uno sguardo spaesato ad un salice poco più avanti. "Sbattè la testa..."
"Già. Ero terrorizzata. Pensavo non si sarebbe più svegliato dal coma temporaneo, anche se i medici avevano detto che stava bene"
"Non è la stessa cosa" sussurrò. "Ci sono due persone, lì dentro"
"Lo so" Ziva si voltò verso di lui. "E so anche che il dolore e la paura sono così forti da offuscare il cervello e il pensiero razionale. Ma, più di tutto, c'è il senso di colpa. La dottoressa Stevens, tre anni fa, mi ha detto che si chiama senso di colpa del sopravvissuto. Prof, lei non è un sopravvissuto" gli strinse il braccio. "Non ancora. Non le permetta di farla affondare. C'è ancora speranza. Perderla prima non aiuterà sua moglie. Anzi. Non aiuterà nemmeno lei: la renderà peggiore e la rosicherà tanto che alla fine non rimarrà nulla. Ci pensi. Torno dentro"
"Aspetta" la bloccò. Ziva si voltò verso di lui. "Si?"
"Tu come hai fatto?"
La ragazza sorrise e abbassò lo sguardo. "Forse non ero del tutto consumata. E' stata come un'operazione chirurgica, di ricostruzione: la dottoressa Stevens ha dato gli strumenti a Tony... e gli altri" aggiunse. "Che hanno effettuato l'intervento. Ero come nuova"
"Eri?"
Ziva si zittì. "Le cose cambiano"
"Professore!" McGee uscì trafelato dall'ospedale. "La dottoressa Stevens: sta bene" aprì le braccia e sorrise. "Tutti e due, stanno bene"
Ziva si morse il labbro inferiore e sorrise: dopo poco scoppiò in una risata fragorosa, a cui si unì anche Gibbs.






































Maia says:


Sono distrutta. Spossata. E mi viene da piangere T_T le conversazioni tra Gibbs e Ziva mi portano sempre via un casino di energie!! D :
BENE! u.u COMUNQUE! u.u Giuro solennemente che non permetterò mai più a qualcuno di prendersi il mio angolino autrice D:
Quello del capitolo scorso è stato solo uno squallido tentativo di ricattarmi - andato a buon fine, ma vabbèèè... u.u
Che poi, VOI, lo trovate ANCHE SIMPATICO? D: Nononono, non andiamo bene. Non è affatto simpatico, Paolo! D: E' un malvagio manipolatore di giovani menti (secondo voi perchè sono diventata una stronza? Si, la sua vicinanza).
E' un puttaniere di prima categoria!! Io davvero non so come facciano le ragazze ad andargli ancora dietro (passi che è un figone della madonna, ma dopo un pò... insomma, le voci di corridoio non le sentono?!... però adesso pare che abbia trovato IL GRANDE AMORE. Speriamo bene. Vi terrò aggiornati... !) ed è dannatamente petulante.
Oltre che malvagio. Malvagissimo!
Però gli voglio bene :( Insomma... anche Hitler doveva avere amici, no? Mi dico sempre: no, Amalia, questa volta non lo aiuterai, perchè ingannare le ragazzine del secondo è IMMORALE. E invece lo faccio sempre. Toh!, occhi da cucciolo, ed è fatta.
HFDSNKLCHLFDKHLGDKAWJH. Mondo crudele.
Alla fine, al suo compleanno, ci sono andata (insomma, nemmeno per una volta ho pensato di saltarlo... :3) u.u Ho anche conosciuto la nuova fiamma - si aprono scommesse, io dico che dura una settimana, ma solo perchè secondo me gliela dà, altrimenti dura meno... comunque, il giorno successivo mi sono vista la puntata e ho pianto come una deficiente T____________________________________T LE BAMBINE... insomma... LE BAMBINE!
Vabbè, passiamo oltre T_T
Per quanto riguarda la mia storia sappiate che... (sedetevi, prima e non fatevi prendere dal panico!) questo capitolo è il cosidetto giro di boa. ... intesi? XD Traduco: Tiva-Incontro più vicino di quanto possiate pensare. E non perdete d'occhio i due casi u____U e... Michael? Vi siete chiesti che fine farà?! XD ... Nel prossimo capitolo ci sarà una cosa molto molto divertente u.u hahahahahahaha
... eeeeeeee... diamo il benvenuto a Sam, Callen e Rick :') Tesori!

Devo smetterla di fare angoli dell'autrice così lunghi :'( State diventando il mio diario segreto, VE NE RENDETE CONTO?! :O
Bè, ora ci credo sul serio: la scrittura è terapeutica :)) Soprattutto per una che ha sempre trovato scomodo avere un diario!

Questo capitolo è dedicato a mamma e papà, appena tornati da Madrid :D
[Baldracconi, potevate portarmi più regalini :( ] E alla mia chicchissima nonna, che mi ha ospitata.

See u soon, Team! :D
Semper Fi,
Amalia. 


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Capitolo 14
*** It's time for me to go Home. ***


NCIS
fdsfdsfd

- I'm pregnant. McGee's going to be very proud.

Tony, 4x11


Tony calciò distrattamente una pietra e la guardò rotolare fino ad un tombino, un paio di metri più avanti. Kate l'aveva lasciato davanti al suo condominio, ma non aveva granchè voglia di rientrare in casa: un pò perchè aveva paura di trovare Kensi e Deeks a fare qualcosa di poco appropriato sul suo divano, un pò perchè la telefonata con Abby di poche ore prima non l'aveva fatto sentire meglio. Affatto.
Tony conosceva Abby dall'alba dei tempi e sapeva (sentiva) che c'era qualcosa che non andava. La breve gita con Beckett non l'aveva per niente tranquillizzato: in testa aveva il pallino fisso di casa sua. La verità era che voleva fortemente tornare a Washington, senza aspettare che qualcuno lo andasse a trovare. Voleva tornare ed essere avvolto per pochi secondi dalle persone che gli volevano bene.
Si sentiva abbandonato, come quando Ziva era andata via.
"Tony! Che ci fai qui fuori?" Deeks spalancò gli occhi e lo guardò stranito.
"Oh, ehm... sono uscito con Kate e mi ha appena lasciato qui" mugugnò, poi notò che era ben coperto. "Dove vai?"
"Kensi. Pizza" scandì. "Mi accompagni?"
"Nah. Salgo. Prendila anche per me e per Sam" gli diede una spallata amichevole. "Mangiate da noi?"
"Mh, si. Non mi va di rimanere solo con lei" rabbrividì "ha le sue cose" sussurrò. "Prima era tutto uno zucchero e cinque minuti fa ha tentato di uccidermi. E' frustrante!" alzò gli occhi al cielo. "Vabbè vado" lo salutò con la mano e sparì oltre l'angolo di strada. Tony fissò pensieroso il punto in cui era sparito Deeks.

"Buon..."
"Ti pare un buongiorno, DiNozzo!?" gli ringhiò contro Ziva, sbattè l'anta dell'armadietto e gli diede le spalle, per andare a lezione.
"Oh Gesù" Tony si passò una mano sulla fronte. "Che ho fatto? Zee!" accellerò il passo per seguirla. "Che ho fatto?" ripetè.
"Parli a sproposito! Ecco cosa!" gli puntò un dito al petto, furiosa. "Stamattina sono arrivata a scuola senza ombrello e mi sono bagnata tutta; poi ho dimenticato di fare i compiti di letteratura e la professoressa mi ha preso di mira; mio padre mi ha appena scritto che stasera dovrò sorbirmi una festa all'ambasciata e, indovina?, non ho nemmeno un vestito, i miei capelli fanno schifo e..." prese fiato. "Ma che vuoi tu oggi?!" strillò.
Tony cominciò a sudare freddo e non disse altro. Ziva si stancò di aspettare che dicesse qualcosa e, borbottando parolacce in ebraico, proseguì verso la sua classe, con lo sguardo sorpreso di Tony puntato sulla schiena.
A circa metà percorso, Ziva si fermò, per poi voltarsi lentamente. "Oh" sospirò, triste. "Mi dispiace" corse verso di lui e lo abbracciò.
"Tranquilla" brontolò Tony, alzando gli occhi al cielo.
"No, no" piagnucolò la ragazza. "Non dovevo trattarti così. Sono un mostro. Un vero mostro. Non è colpa tua" si alzò sulle punte e lo baciò. "Oh, Tony. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace" appoggiò la fronte sul suo petto.
Ancora più stranito di prima, Tony le diede una pacca sulla spalla. "Amore..." deglutì e Ziva alzò lo sguardo su di lui: "Hai le tue cose?"
Vide il viso della sua ragazza diventare rosso pomodoro: aspettava da un momento altro di veder uscire del fumo dalle sue orecchie, ma non accadde.
"Ovvio! Una non può essere di cattivo umore che subito utilizzate la scusa del ciclo mestruale!" gli tirò una gomitata così forte che dovette piegarsi per il dolore. "Ahia!"
"Bene! Per cinque secondi hai capito cosa si prova! Vaffanculo!" 

"Faccio prima a lanciarmi da un ponte..." digrignò i denti tra sè e sè. Senza pensare, prese il cellulare e chiamò nell'appartamento universitario che Abby condivideva con un'altra ragazza. Dopo tre squilli, le rispose Jenna, la sua coinquilina.
"Ehi, Jenna. Sono Tony... c'è Abby?... ah" corrugò la fronte. "Cosa? Scusami?" spalancò la bocca. "Hai detto 'ospedale'?"




dsfdsf

Gibbs: Ehi, Duck!, you win the pool
Ducky: Yes! Thank you, Jethro

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"Oh mio dio!" Abby si piegò sulla sedia dal ridere. "E vi ricordate quando, all'interrogazione, Ziva cominciò a parlare in ebraico?"
Gibbs, Ducky e McGee scoppiarono a ridere, mentre Ziva ebbe il buon gusto di limitarsi ad arrossire: "Ero troppo presa" si difese. "Volevo che andasse bene, stavo parlando a macchinetta..."
"Però poi hai dovuto ripetere tutto!" McGee le fece una linguaccia. "E' stata l'interrogazione più lunga della storia!"
"Che meritava una bella A +" la ragazza guardò Gibbs, assottigliando gli occhi. "E qualcuno mi ha dato una A -!"
"Ziva! Parlavi in ebraico!" ridacchiò l'uomo.
"Però poi ho beccato la lingua giusta!" si grattò il naso, imbarazzata. "Per quanto tempo me lo rinfaccerete?"
"Beh, direi che la tua figuraccia non è in nulla, se pensiamo all'esplosione di Tony nella mia classe" Ducky scosse la testa, mentre tutti gli altri ridevano. "Sporcò tutte le pareti e gli finì anche nei pantaloni... li dovette togliere" si portò una mano alla fronte.
"Bei tempi quelli del liceo" sospirò Abby, giocherellando con la carta di una brioche.
"Sono cambiate un sacco di cose" distrattamente Gibbs guardò alla porta d'ospedale: dietro c'erano sua moglie e sua figlia... che era ancora nella pancia della mamma, fortunatamente. Ma che sentiva di amare già: forse era quello che stava aspettando. Essere pronto ad amare incondizionatamente qualcun'altro, dopo Shannon. Di certo, non immaginava di trovare, di fianco a sè, tutte quelle persone.
Era sempre stato abbastanza sfuggente, allontanare gli altri era una specie di sport, per Leroy Jethro Gibbs. Ma qualcuno aveva imparato ad apprezzarlo così com'era - ed era contento di non essere solo, in quelle circostanze.
"Scusate un momento" biascicò Ziva, alzandosi di scatto. Gli altri annuirono, ma non le diedero molto peso: non avevano visto un uomo dalla carnagione scura, alla fine del corridoio, che la guardava furioso.
Ziva era preparata alla sfuriata di Michael.

"In quale Universo parallelo, Ziva, tu hai pensato di poter agire da sola, facendoti aiutare da alcuni civili, tra l'altro!"
"Stai strillando come una donnicciola" Ziva sbadigliò e si appoggiò meglio al cuscino della sua stanza.
Michael spalancò gli occhi scuri e la guardò sconvolto. La ragazza pensò che era divertente, in fondo, fare la mela marcia, per la prima volta in tutta la sua vita. C'era anche il fatto che Michael si era visto togliere dalle mani l'operazione della sua vita - da una appena entrata nel Mossad, per giunta. Lo guardò bene, mentre continuava a strillare: forse, quella volta, andare a letto con lui non sarebbe servito.
"Come sta Whisky?" domandò candidamente.
"Stai scherzando, vero?! Tu hai combinato un macello senza precedenti e mi chiedi del gatto?" ringhiò e si appoggiò al letto. "Giuro, Ziva, che stavolta ti faccio buttare fuori dai Servizi Segreti! Stai superando il limite!"
Ziva alzò un sopracciglio: "Prego?" Michael si morse il labbro inferiore. "Vorrei ricordare a sua signoria, se mi permette, che sono una David. Figlia di Eli David. Che ha quasi risolto il caso e che te l'ha messo in quel posto. Che sta nel Mossad da appena qualche mese..." sorrise lasciva e gli accarezzò il petto. "Se dici solo mezza parola, non solo mio padre sbatte fuori te dal Mossad... ma verrai anche ridicolizzato"
Michael tacque e sembrò valutare bene le parole della sua collega; era leggermente impallidito e si era allontanato dal suo letto.
Capì subito di aver vinto quello scontro verbale, di nuovo. Non le piaceva usare la carta del papà Direttore, ma Michael la stava spingendo verso il limite consentito - probabilmente, a fine soggiorno negli States, gli avrebbe anche sparato.
"Come sta Whisky?" chiese nuovamente, cercando di moderare i toni. Un pò si sentiva colpevole.
Michael le lanciò uno sguardo infastidito, mentre misurava la stanza a passi veloci: "Piscia dappertutto"
Le si aprì un sorrisone sincero in viso: "Allora sta bene. Pensavo l'avresti avvelenato..." mormorò. Non aveva niente da dire a Michael, se non una sequenza di parolacce molto colorite ma, in fondo, lei ci aveva messo del suo. E poi a letto non era male. E suo padre si era raccomandato di non farlo uscire fuori dai gangheri.
Fu lì che Ziva comprese e fece violenza su sè stessa per ingoiare il rospo. Perchè doveva ingoiare il rospo. Michael era un suo superiore e, se voleva tornare ricoperta di gloria a Tel Aviv, aveva bisogno del suo appoggio. Aveva, poi, risorse che a lei mancavano e che potevano aiutarla a lavorare meglio sul caso che le era stato affidato.
Prima questa cosa si risolve, prima me ne torno in Israele. Anche se non aveva, oramai, più voglia di tornare da dove era venuta.
"Senti, scusa" sbuffò e aprì le braccia. "Mi dispiace. E' che mi è capitata questa occasione, ho trovato uno studente che c'entra qualcosa... e poi col proiettile che i medici mi hanno trovato addosso, potremmo avere un riscontro... eddai..." buttò fuori il labbro inferiore.
Michael le lanciò un'occhiata di sfuggita e sorrise, intenerito: "E va bene. Stavolta, non ti faccio rapporto. Ma ti prego di non fare più una cosa così" si sedette accanto a lei e le accarezzò una guancia.
"Come mi hai trovata?" lo lasciò giocare con una sua ciocca di capelli, anche se la faceva sentire terribilmente sporca.
"Tramite il tuo cellulare. Ho già chiamato al Mossad, comunque, stanno facendo sparire le tue tracce e... tuo padre ti vuole parlare"
Cazzo. "Sicuramente non per dirmi che tempo fa a Tel Aviv" commentò amara.

Nel frattempo, Shannon Gibbs aveva aperto gli occhi, terrorizzata. L'ultima cosa che ricordava era il volto mandido di sudore di suo marito e poi il nulla. Buio. Sono una gran paura di perdere il suo piccolo bambino. Alzò gli occhi sulla pancia: era ancora gonfia. Di fianco a lei, i macchinari indicavano due battiti regolari.
"Oh, mio dio" scoppiò in lacrime. "Grazie, grazie!" mormorò tra sè e sè, accarezzandosi la pancia. Lui o lei era ancora dentro e stava bene. Anche lei stava bene. Gibbs stava bene. Improvvisamente, il mondo divenne di nuovo fantastico, ai suoi occhi.
"Va tutto bene!" un'infermiera entrò di corsa. "Si è svegliata, ottimo. Abbiamo dovuto operarla, ma adesso state bene. Tutte e due" le sorrise e le strinse una mano. "E' una guerriera, sua figlia"
Figlia. Shannon si portò l'altra mano alla bocca, per soffocare una risata liberatoria. E' femmina.
"Come si sente?"
"Confusa" disse, solamente. "Potrei vedere mio marito?" continuò.
"Certo, è qui fuori. Non se ne sono andati nemmeno per cinque minuti" Shannon non fece caso al plurale e osservò l'infermiera uscire, probabilmente per chiamare Jethro. Tornò con la testa sul cuscino: era stanca, ma non riusciva a far scemare quel sorriso stupido sulle sue labbra. Quando la porta si riaprì, non nascose la sua commozione.
"Stai bene" sospirò Gibbs, avvicinandosi al suo letto. Shannon aprì le braccia e si lasciò abbracciare. "Mi sono spaventato"
"Anche io" singhiozzò. Jethro le asciugò le lacrime col palmo della mano e le diede un bacio tra i capelli. "Non sopravviverò con due donne così forti in casa..." scherzò.
"Ti hanno detto che è femmina?" rise.
"Esatto"
"Baciami, Jethro"
"Ai suoi ordini, madame"




fsdfs

- Why are you so grumpy?

Ziva to Tony, 9x22



Solo quando si ritrovò fuori dall'aereoporto di Washington, Tony capì che non era stata proprio una buona idea prendere un aereo di sabato mattina, per tornare a casa: le auto suonavano all'impazzata il clacson, imbottigliate insieme ai taxi nella follia generale dell'autostrada; la gente correva dappertutto, ballonzolando insieme a valigie di proporzioni cosmiche; senza contare i turisti, indecise su cosa fare, dove andare e che lingua parlare. Si grattò la testa e osservò il misero trolley che aveva con sè - tanto doveva restare solo per il weekend.
Ancora non capiva perchè McGee e Abby non rispondevano alle sue chiamate. Aveva un brutta sensazione, soprattutto da quando, il giorno prima, Jenna gli aveva detto  che la sua amica era in ospedale ("è stata ricoverata per una sciocchezza, tranquillo"), ma nemmeno lei sembrava tanto sicura delle sue parole. Si sentiva puzza di bruciato da un miglio.

Tonyyyyy! Mi manchi già (sto scherzando. Torna più tardi possibile. Intanto, la tua collezione di DVD è sotto il mio controllo!)
Il tuo Deekie


"Merda!" pestò un piede a terra. Era stato un grosso errore lasciare il suo tesoro nelle mani di quel microcefalo di Marty Deeks. Di sicuro, nè Sam nè Kensi avrebbero difeso la sua roba, visto che era scappato senza dire niente a nessuno. E Kensi, per questo, gliel'avrebbe fatta pagare cara. In ogni caso, aveva altro a cui pensare.
"Tony!" il ragazzo si voltò e sorrise, vedendo suo padre che si sbracciava per attirare la sua attenzione. "Tony, corri!"
"Arrivo" non doveva lamentarsi, per una volta era arrivato in orario. Abbracciò d'istinto suo padre, quando si trovò a pochi metri da lui - Anthony Senior borbottò qualcosa di non ben definito e lo congedò con una pacca sulla spalla. "Che ti danno da mangiare, a Baltimora?"
"Non posso avere voglia di vedere il mio..." si fermò. "Hai ragione, il cambio d'aria mi fa male" ghignò.
Senior lo guardò male e lo invitò a seguirlo verso la sua auto, in un parcheggio coperto. "Come mai sei venuto di tutta fretta?"
"Devo vedere urgentemente Abby. Tu lo sapevi che è stata portata in ospedale?"
"Mio dio, no" corrugò la fronte. "Sta bene?"
Tony fece slalom tra un gruppo di turisti cinesi e una scolaresca: "Non ne ho la più pallida idea. Ma penso di si, ci ho parlato giusto ieri, ma non mi ha detto nulla. Adesso poso le mie cose a casa e corro in ospedale"
"Ti accompagno. Non sia mai che mio figlio prenda i mezzi pubblici"
Senza farsi vedere, Tony alzò gli occhi al cielo. "Kate?"
"Abbiamo litigato" gorgogliò suo padre. Si vergognava a morte.
"Oh, beh. Non è una novità" ridacchiò Tony. Individuò subito la lussuosa auto di suo padre, al parcheggio coperto. Già che c'era, inviò un breve e stentato sms a Wendy, annunciando il suo breve ritorno a casa.
"Conosciuto qualcuno?" afferrò il suo trolley e lo lanciò nel portabagagli, per poi salire in auto.
Tony allacciò la cintura: "Si, parecchie persone" sorrise. "Simpatiche. Diciamo che sento sempre meno la mancanza di casa"
"Ci avrei giurato" Senior tirò su col naso.
"Papà!... non ti sarai mica offeso?"






































Maia says:


[Chiuso per lutto. Chi ha visto LA puntata, mi capirà T_T]

Semper Fi,
Amy.




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Capitolo 15
*** Unexpected ***


NCIS
ghfgh

Tony (to Tim): Let's see who the boss likes better!
Gibbs: Ziva!

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E' questo che provano le donne incinte? si domandò Ziva, seduta sulla punta del suo letto d'ospedale. Aveva una nausea terribile mentre guardava il cellulare satellitare, buttato sul lenzuolo con poca grazia. Si scoprì nervosa come quando Gibbs la chiamava all'interrogazione. Ma stavolta, l'uomo da affrontare era Eli David. La ragazza sapeva di doversi aspettare il peggio.
Aveva messo a repentaglio vita, copertura e missione. E solo per avere la meglio su Michael. Effettivamente, non era un comportamento granchè maturo. Il telefono, improvvisamente, cominciò a vibrare. Ziva lo prese lentamente e rispose.
"Shalom"
"Ziva! Stai bene?"
La ragazza si grattò la fronte. "Si!"
"Bene. Volevo solo dirti..." lo sentì chiudere una porta. "Complimenti!"
"Eh?!" sbroccò improvvisamente, alzandosi perfino dal letto. Raggiunse la finestra e, con uno strano sorriso euforico, prese a guardare fuori.
"Volevo farti i complimenti, agente. Hai individuato la cellula, suppongo"
"Credo di si, papà. Anche se non ne sono molta sicura... il computer che ho prelevato dalla stanza dello studente dovrebbe arrivarmi tra poco"
"Perfetto" borbottò Eli. "Senti, Ziva. Vorrei parlarti di una cosa un pò delicata. Puoi parlare?"
Ziva non impiegò che qualche secondo per preoccuparsi. Conosceva bene i toni di voce di suo padre: non voleva dirle una cosa piacevole.
"Si, sono sola"
"Hai notato strani comportamenti da parte di Michael?" Ziva ammutolì, mentre Eli rimaneva composto dall'altra parte della cornetta, in attesa che sua figlia pensasse. Effettivamente, Michael non le era sembrato molto sveglio, alcune volte.
"Beh, ecco... no. Insomma, è un buon agente. Distratto, forse... ma sarà l'alcool. Beve parecchio, sai?" ridacchiò.
"Il punto è proprio questo" sospirò e Ziva fece una smorfia stupita. "Tienilo d'occhio, va bene? Mi sono arrivate voci..."
"Che tipo di voci?"
"Niente di cui tu debba preoccuparti" la rassicurò. "Pensa solo al caso e cerca di evitare troppi disastri, la prossima volta. Rivkin mi ha detto che la tua copertura all'ospedale mantiene"
"Si, ecco..." stava per confessare a suo padre di aver rivisto i suoi vecchi amici, anche se le fosse costato il posto. Negli ultimi anni, con suo padre aveva ripreso un rapporto degno di essere chiamato tale; ricadere nelle brutte abitudini, mentirgli, avrebbe fatto del male ad entrambi: era l'unico alleato che le rimaneva, in Israele.
"Lo so, Ziva" quasi pensò che stesse sorridendo. "Meglio che tu non me lo dica, eh? Faccio finta di non sapere nulla. Ad ogni modo, sii prudente. Non potrò essere in contatto con voi per un pò"
"Missione per il Direttore?"
"Più o meno. Shalom, Ziva"
"Shalom" la ragazza concluse la chiamata e rimase a guardare il display. Forse era il suo sesto senso femminile, ma sentiva che c'era qualcosa che suo padre non le aveva detto. Il problemino di Rivkin con l'alcool non era una novità, nel Mossad. Di fatto era mandato in missione sempre con qualcuno più capace di lui; cosa c'era, stavolta, di diverso? Aveva un sospetto, che non voleva prendere corpo. Distrattamente, vide una costosa auto fermarsi davanti all'ospedale. Nel suo cervello scattò uno strano meccanismo: conosceva quell'auto.
Aguzzò lo sguardo, dopo essersi ripresa dai suoi pensieri. Dall'auto scese un ragazzo. E a Ziva venne di nuovo da vomitare.
Si allontanò come bruciata dalla finestra e, terrorizzata, osservò la stanza in cui si trovava e il camice che aveva addosso: doveva sparire.
In meno di cinque minuti, Ziva si era vestita e aveva raccolto le sue cose. Nella borsa, la pistola pesava come un macigno. Inviò un breve messaggio a McGee, per avvertirlo della sua fuga rocambolesca e di avvisare Abby che "era tutto ok". Sperò che avesse già recuperato il pc.
"Michael" digitò il suo numero, sperando che si trovasse ancora in zona per darle un passaggio fino a casa. Cellulare staccato.
"Cazzo!" gorgogliò. "Cazzo, cazzo, cazzo"
Le si presentò immediatamente un secondo problema: Abby Sciuto era stata ufficialmente colpita da una pallottola, due giorni prima. Non poteva semplicemente uscire dall'ospedale come se nulla fosse - doveva firmare. Ma come?
Per evitare di perdere altro tempo, cominciò velocemente a scendere le scale che la separavano dall'ufficio informazioni.
Pensa, Ziva, pensa. Le rimaneva solo da sperare che le infermiere fossero abbastanza distratte da non notarla.
Quasi inciampò, sui suoi piedi, quando arrivò in sala d'aspetto. Si avvicinò col fiatone ad una delle infermiere di turno (naturalmente corse da quella al telefono: di sicuro, l'ultimo suo pensiero era controllare una ragazza perfettamente in forma).
"Salve, sono stata dimessa, devo firmare" disse velocemente, con un sorriso rassicurante.
La donna, una cinquantenne dall'aria annoiata, biascicò qualcosa e le porse un foglio. "Compili"
Con stizza, Ziva notò che era davvero lungo e lei non aveva tempo. Prese a scrivere come una forsennata.
"Salve" qualcun'altro si era avvicinato e Ziva deglutì a vuoto. Le sembrò di non avere più un briciolo di saliva. "Abby Sciuto è stata ricoverata qui, è una mia amica. Potrebbe dirmi la stanza?"
Ziva si sentì morire, ma riuscì comunque a coprirsi il viso con i capelli, continuando a scrivere senza sosta.
La stessa infermiera, sempre al telefono, guardò il ragazzo appena giusto con un ghigno d'apprezzamento. "Ma certo caro, lasciami controllare" lui annuì e le sorrise.
Ziva firmò velocemente col nome di Abby Sciuto e lo lasciò sul bancone. "Arrivederci" disse alla donna, correndo di volata verso l'uscita.
La donna prese il foglio, per custodirlo gelosamente negli archivi. Poi notò il nome e aggrottò le sopracciglia.
"Scusami, ci sentiamo dopo" concluse la chiamata, accigliata. "Senti, chi hai detto che cercavi?"
Tony DiNozzo poggiò i gomiti sul bancone. "Abby Sciuto"
"Io... se ne è appena andata" lo guardò incuriosita.
"Cosa?" Tony ridacchiò nervosamente.
"Era la ragazza che stava qui cinque secondi fa" indicò la postazione lasciata vuota da Ziva.
"Quella non..." Tony si voltò verso l'uscita: non c'era più. "Non era Abby"




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- Could you give McGee my hug, today, because he really needs one.

Abby to Gibbs, 7x19




Abby era felice. Abby era molto felice, dopo tanto tempo. Ziva era tornata, la dottoressa stava bene, il suo bambino stava bene, il professor Gibbs era sempre lo stesso e... Ziva era tornata: lei era curiosa di natura, ma non aveva fatto pressioni sulla sua amica, per scoprire la verità. Aveva terribilmente paura che potesse scappare di nuovo e, anche quella volta, non avrebbe potuto fermarla.
Saltellò felice verso la stanza di Ziva, pronta a dirle di quanto Shannon e Gibbs fossero teneri.
Peccato che non ci fosse.
"Ma cosa...?" il letto era sfatto, ma di Ziva nessuna traccia. Tuttavia, c'era qualcuno, nella stanza.
"Abby!"
"T... Tony!" la ragazza deglutì a fatica, mentre l'amico correva ad abbracciarla, felice che stesse bene. "Che ci fai qui?" lo staccò da sè.
"Sono venuto per il weekend e la tua compagna di stanza mi ha detto che eri qui! Fortuna che mi ha dato l'indirizzo dell'ospedale" scosse la testa e la guardò con rimprovero: "Perchè non mi hai detto che stavi male?"
"Perchè, già" tossicchiò la ragazza. "Perchè era una cosa da niente!"
"E cioè?" Tony incrociò le braccia al petto.
"Cioè..." Abby fece una faccia fintamente stupita. "Beh... sai come... sono certe... cistite!" sorrise.
"Cistite?" Tony alzò un sopracciglio.
"Già. Cistite" restarono per qualche secondo a guardarsi, nel mentre l'altro cercava di capire se gli stesse mentendo.
"Oh, ti ho trovata!, ho ricevuto un mess... Tony!" urlò McGee, sulla soglia della porta. Tony DiNozzo Jr zittì quella voce nella sua testa che gli sottolineava, con insistenza, il fatto che nessuno sembrava davvero felice di vederlo, quindi diede una pacca sulla spalla all'amico.
"Ehi, McSfigato! Ti sono mancato?" si aprì in un sorriso smagliante.
"Si, si... ma che ci fai qui?" gli sembrò che stesse anche sudando, in effetti. Scambiava strane occhiate con Abby.
"Per il weekend" ripetè, come se fosse ovvio: cominciava a provare un certo fastidio per la loro poco calorosa accoglienza. "Perchè non mi hai detto che Abby era stata ricoverata per la cistite?"
"La... cistite" sussurrò tra sè e sè, guardando la sua ragazza. "La cistite, si!" si battè una mano sulla fronte. "Ecco, in verità non volevamo farti preoccupare" Abby annuì e si attaccò al braccio del suo ragazzo, riprendendo il discorso: "Eri all'accademia, sarebbe stato stupido farti tornare per una cosa del genere, saresti sicuramete andato in paranoia!"
"Già" asserì McGee e lo spinse verso la porta. "Ma adesso che sei qui, dobbiamo proprio andarci a fare una birretta, amico!"
Abby si affrettò a chiudere la porta, con un groppo pesante alla gola.

McGee aveva volutamente evitato il reparto maternità, per evitare di incontrare i loro vecchi professori, che avrebbero potuto chiedere di Ziva, perciò aveva costretto Tony a fare l'intero giro dell'ospedale, senza che questi se ne rendesse conto. Abby camminava a pochi metri da loro, corrucciata perchè Ziva non le aveva detto che sarebbe andata via. Ma il messaggio a McGee parlava chiaro: non poteva farsi vedere da Tony.
Abby aveva decisamente qualcosa da ridire, visto che oramai era stata scoperta.
"Devo andare al bagno, McGee" lo informò stizzito Tony, liberandosi della sua presa. "Posso, o vuoi anche portarmi in Geriatria?"
"Scusa, vai..." Tony lo guardò di traverso, per poi entrare in un bagno laterale. Abby e McGee rimasero a guardarsi in corridoio.
"Non possiamo fare così" mormorò Abby.
"Lo so. Ma lei non vuole che sappia, cosa vuoi che faccia?" sbuffò. "Se parlo, perdo lei. Se non parlo, forse non perderò nessuno dei due"
"Oramai tutti sanno che è tornata" s'impuntò la ragazza. "Perfino Gibbs! Solo che non sappiamo il perchè"
"Hai centrato il bersaglio" si passò una mano sul viso.
"Dobbiamo dirglielo" biascicò Abby, accarezzandogli una guancia. "Lei non ha sempre ragio..."
"Fatto" Tony chiuse la porta con un calcio leggero e sorrise ad entrambi: "Allora: festeggiamo?"
"Certo" McGee si sforzò di rispondere al sorriso. "Andiamo, DiNozzo"


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- Our work is sometimes dangerous, Abby

Ziva, 6x12


"Oh, Whisky!" squittì Ziva, rientrata nel suo appartamento. Il gattino saltellò fino alla ragazza e cominciò a farle le fusa. "Ma lo sai che mi sei mancato in questi giorni? E guarda quanto sei cresciuto!" lo afferrò con una mano sola e se lo portò davanti al viso. Con un colpo di lingua, Whisky le leccò il naso. Lla ragazza lo strinse al petto. "Scommetto che Michael ti ha messo a dieta"
Camminò fino in cucina e vide che la ciotola di Whisky era piena. Strano.
"Non mangiavi perchè non c'ero io?" gli grattò l'orecchio. "Masochismo puro. Vai e ingurgita!" lo posò accanto al cibo, su cui si fiondò all'istante. Ziva lo guardò soddisfatta per qualche secondo, per poi accorgersi di essere sola.
Michael non c'era, eppure non aveva lezioni all'Università. Si sedette sul divano, mugugnando di dolore per i punti.
McGee, mi serve il computer. Ce l'hai? scrisse velocemente all'amico. Aspettò paziente la risposta.
Si, è nella mia macchina. Ma in questo momento non credo di poterlo portare - siamo con Tony, voleva festeggiare il suo ritorno. Abby dice che dovresti farti vedere.
Ziva strinse il cellulare tra le mani: scrivere pessima idea era semplicemente riduttivo; Tony DiNozzo non faceva più parte della sua vita, non doveva farne parte, nè le faceva piacere vederlo.
Bugiarda.
L'aveva riconosciuto subito, all'ufficio informazioni: stessi occhi, stesso naso all'insù, stessi capelli castani, stesso comportamento da gentiluomo d'altri tempi - stesso cascamorto, insomma. Certo, quei muscoli che spuntavano dalla giacca non se li ricordava.  Probabilmente era l'effetto dell'Accademia. Puntellandosi il cellulare sulle labbra, si chiese se stava ancora con Wendy.
Neanche morta. Per me non esiste. Lo sai. Voglio il computer!, quando vi liberate di lui?
Il gattino si avvicinò a lei lentamente, saltò sul divano e le si accocolò in grembo. Ziva sorrise e gli accarezzò il pelo fulvo.
Non lo so! Questa storia mi sta uccidendo! ... facciamo così... stasera, quando lui sarà beato sotto le coperte, passa da casa e ti do il computer. Non te lo posso portare io, Tony mi seguirebbe o si accorgerebbe subito della mia assenza.
Era rischioso. Ziva lo sapeva. L'aveva sempre saputo, in fondo, quando aveva accettato la missione a Washington. Si era detta che faceva parte del gioco, che comunque non lo poteva evitare, che sarebbe ricapitato - una volta o due, di incontrare qualcuno che aveva fatto parte della sua vita. O meglio, della sua vita felice e costruita sul nulla. In fondo, Tony DiNozzo era stato solo il suo ragazzo.
Solo una pietra lungo la strada. Solo una foglia su un albero.
Tony DiNozzo non era assolutamente niente.
Va bene. Busso tre volte.

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- Who really likes weddings, anyway?

Tony, 9x24



Tony guardò l'orologio: erano le otto e mezza di sera. Il suo appartamento era rimasto esattamente lo stesso, eccetto per alcuni reggiseni di Abby sparsi in giro (decisamente erano di Abby: i teschi rosa erano proprio il suo genere). Anzi, forse molto più pulito e ordinato di come l'aveva lasciato. Sorrise, pensando a McGee, versione massaia, che rassettava la casa. Sorrise ancora di più, nel ricordarsi della casa da barboni che aveva lasciato a Baltimora, con Sam, Deeks e Kensi ubriachi sul terrazzo.
Sei fortunato, DiNozzo.
"Cosa vuoi mangiare?" trillò McGee, aprendo il frigorifero. "Ho di tutto... ma fammi indovinare: pizza surgelata?"
Tony annuì, tolse le scarpe e si gettò sul divano, così da poter vedere McGee girovagare per la cucina. "Sei nervoso?" osservò.
"No, no. E' che sono felice che tu sia tornato!"
"Fra poco dovrebbe venire Wendy" lo informò.
"Ok..." sospirò McGee, gettando in forno due pizze. "State ancora insieme?"
"Non lo so, per questo le ho detto di venire" si massaggiò le tempie. "Ero ancora sotto l'effetto del Bloody Mary, quando l'ho chiamata" ridacchiò e McGee con lui. Usciti dall'ospedale, infatti, erano stati trascinati da Abby in un locale new age, frequentato da goth, vampiri moderni e finti buddhisti, che bevevano dalle tre di pomeriggio. Scolarsi tutti quei Martini non era stata una grande idea.
Ma i suoi amici continuavano a versare e versare; di certo, c'era qualcosa che loro volevano dimenticare.
"Non ho una terza pizza per lei" si preoccupò McGee.
"Tranquillo. Non starà molto" non finì neanche la frase, che qualcuno bussò alla porta. Vide McGee irrigidirsi, per poi rilassarsi qualche secondo dopo. "E' lei. Vado io" Tony ciabattò fino alla porta d'ingresso.
"Tony!"
"Wendy" Si guardarono, sulla soglia della porta, con un sorriso leggero ad increspare le labbra di entrambi. "Entra.."
"No, io..." balbettò la ragazza. "Devo andare. C'è qualcuno che mi aspetta di sotto"
"Ovviamente" Tony si appoggiò con la spalla allo stipite della porta. "Volevi solo darmi il Bentornato, quindi?"
Wendy inclinò la testa e gli fece l'occhiolino. "Si, ma non così. Nella mia testa era tutto molto più... infuocato" scoppiarono a ridere entrambi.
"Come te la cavi a Baltimora?"
"Bene. E tu, qui?"
"Bene. Quindi..." si alzò sulle punte più volte, indecisa. "Magari ti chiamo domani. Se rimani qualche giorno potremmo..."
"Si, potremmo" Tony si avvicinò e la baciò. Wendy sorrise e lo lasciò fare, attirandolo a sè per la camicia.
"Hai sempre una porta aperta, dalle mie parti, DiNozzo" gli mormorò all'orecchio. "Buona fortuna"
"Anche a te" le fece una carezza tra i capelli, che le provocò un sorriso involontario. Tony la vide scendere le scale senza rimpianti, nè rammarico: in fondo, sapeva che con lei era finita, ancor prima di cominciare quella storia. Ma il sesso era bello, così aveva sorvolato.
Di certo avrebbe preso alla lettera il suo invito ad andarla a trovare - adorava i doppi sensi di quella donna.
"Pronte queste pizze?" tornò in cucina, scaldandosi le mani.
"Quasi - com'è andata?" McGee gli rivolse un vago cenno del capo.
"Bene" ed era sincero. "Credo di avere una nuova amica" fece una smorfia. "O scopamica. In ogni caso, ho fame!" gli diede una spallata, per osservare le pizze in forno. "C'è modo di accellelare la cosa?"
"Sempre il solito" McGee alzò gli occhi al cielo. "No!"
"Piuttosto, come va il vostro progetto da Nerd?" si appoggiò al lavello con entrambe le mani.
McGee finse di trovare interessante una crepa sul muro - in realtà, il suo pc era spento da quasi una settimana. Era Abby che si occupava di tutto, da quando Ziva era tornata, e lui non aveva più messo mano al progetto. La nuova arrivata gli aveva davvero stravolto l'esistenza.
Di nuovo.
"E'... sì, sta andando avanti" mentì. "E l'Accademia? Ci hai raccontato poco"
"Stupendo!" si entusiasmò subito. "Ho conosciuto un sacco di bella gente" giocherellò con una mela. "Sai chi devo presentarti? Sam! E' una specie di artista che si fa le canne, ma è simpatico! E anche l'altro Sam -si, un armadio di colore, ma non ti ucciderebbe. Credo. Poi ci sono Kensi e Deeks" alzò gli occhi al cielo. "quei due ti farebbero rimpiangere di avermi sbattuto fuori. Per Kate, invece, potresti prenderti una cotta, quindi non te la presento, se no chi la sente Abby! Anche Callen è simpatico, se riesci a capire cosa intende quando parla..." si fermò di botto, osservando l'espressione divertita di McGee. "Che c'è?"
"Si vede che sei felice. Non ti vedevo così da..." si bloccò. "Da tanto"
Tony annuì tra sè e sè, malinconico. "Già. Hai ragione"

Timothy McGee restò seduto per un'ora sul suo divano. Erano le due. Tony era andato a dormire quasi un'ora prima e lui aveva chiamato Ziva. Gli sudavano le mani e il computer, accanto a lui sul divano, sembrava quasi scottare, o urlare.
Deglutiva a fatica e, insistentemente, guardava la porta della camera da letto di Tony. Era abbastanza sicuro di aver fatto passare parecchio tempo, non c'era pericolo che si svegliasse. Era, tuttavia, il senso di colpa che lo consumava dentro, il suo problema. Perchè stava mentendo. Stava disgustosamente mentendo al suo migliore amico, sull'unico amore della sua vita. Sulla sua migliore amica. Su Ziva David.
Solo in quel momento si rese conto della gravità della cosa.
Furono tre colpi alla porta a distrarlo dai suoi pensieri, che soffocò in un angolo della sua testa. Afferrò il computer e corse alla porta.
Ziva David era un pò pallida, ma sembrava stare bene, da quando l'aveva lasciata in ospedale. "Eccolo qui" glielo diede.
"Hai avuto problemi?" sussurrò.
"Nemmeno uno. Nessuno pare essersi accorto del sangue sull'asfalto e il pc era ancora lì. Vorrei esaminarlo, se per te non... Ziva?"
La ragazza si era congelata sul posto, guardando un punto poco oltre la spalla di McGee.
Timothy McGee era stato per un'ora sul suo divano, per evitare che quello accadesse.
"Tony..."
"Sta zitto, McGee"












































Maia says:

Ehi, team! :)

Piaciuto il capitolo? A me non tanto D: hahahahaha comunque!, è già un miracolo che ci sia e che sia riuscita a scriverlo in determinati tempi: no, non sono TROPPO catastrofica, è che esco da una settimana a limite del suicidio.
Prima di tutto, ho affrontato tipo... quattro interrogazioni (tutte andate bene), così ho avuto solo 4 giorni di pace, me ne mancano solo due per chiudere ANCHE quest'anno e ciò vuol dire VACANZE. Certo, sto sputando sangue, sono stanchissima e quasi mi sveglio con la voglia di piangere o prendere a sprangate professori, compagni di classe e vicini di pianerottolo ._.

Poi voglio chiedervi: state tutti bene? D: Ho sentito del terremoto, perciò... state tutti bene... VERO? :/ Si, mi piace pensare che sia così. Della maggior parte di voi non conosco praticamente niente, eppure siete diventati il mio diario segreto D: Sono stata con l'ansia per la mia amica per ore, finchè non ho letto che stava bene - si era solo svegliata troppo presto. No, non va bene: anche questo evento ha contribuito a questa pessima settimana.

Senza contare Paolo. Avete presente? Ma sì. E avete presente la sua nuova ragazza? Ma sì. Beh, si sono mollati e UDITEUDITE, lei ha mollato lui. Cioè. Non so se mi spiego. Prima di tutto, ho vinto la scommessa, xD, non sono durati. Ma lungi da me pensare che lei avrebbe lasciato lui... ora, non perchè mio amico, ma Paolo è davvero, davvero, davvero... fantastico. Quindi, mi è toccato, in qualità di migliore amica, prendere a mani nude tutto il suo dolore, cercare di portarmelo un pò sulle spalle (sì, si era davvero affezionato a lei)... che poi è faticoso abbracciare e dare i bacetti a qualcuno tutto il giorno! Anche inventarsi battute pessime per farlo ridere.

E siamo a tre, con Paolo. Poi un IDIOTA (per evitare di usare altre parole) ha ben deciso di mettere una bomba davanti ad una scuola, a cavallo dei vent'anni della strage di Capaci. Ora, direte voi: brutta storia, sì, ma come ha fatto a peggiorarti la settimana?
Lì per lì, dico la verità, non è che ci avessi fatto troppo caso. Ma quando sono tornata a casa da scuola, mi è piombato tutto addosso moltomolto violentemente.
Mia madre è una di quelle tipe che parla tanto (esattamente come me) perciò, vederla ammutolita davanti alla tv e col volto grave, per un clown come lei, è... strano. Beh, mia madre stava muta perchè lei è una mamma, un'insegnante e una guerriera.
Perchè è stata lei a mettere in piedi, alla sua scuola, un progetto "Noi Siamo la Legalità", tirandosi addosso un sacco d'odio da molta gente. Perchè è sempre lei che conosce l'oramai famoso Don Luigi Ciotti, che ha fatto volare nella sua zona per una manifestazione contro la camorra. Ed è sempre lei che, con il suo amico giornalista, fa uscire degli articoli che attirano il favore popolare, ma non di certo quello dell'amministrazione. E sono sempre io che, entusiasta, l'aiuto - perchè abbiamo gli stessi valori e perchè sono tanto fiera di lei.
Ecco, davanti alla tv, mi sono improvvisamente resa conto di quanto rischia mia madre, tutti i giorni. Di quanto rischio io, aiutandola.
Me ne sono vergognata, dopo, ma negli occhi di mia madre vedevo gli stessi pensieri:
"Perchè lo facciamo?"
"A cosa serve, se questi sono i risultati?"
"Adesso non posso stare tranquilla nemmeno se vai a scuola. Potevi essere tu"
Però c'è una cosa che mi ha fatta commuovere, anche se non ho detto niente. Mia madre si è alzata e ha preso a cucinare. Senza guardarmi, mi ha detto: "E' per evitare questo, che lo facciamo. Non dubitarne mai"
Mi ha fatta piangere, lei ha fatto finta di non vedere, forse perchè s'era commossa pure lei.
QUESTO ha DECISAMENTE peggiorato la mia settimana.

Ma... insomma... a parte tutto... Avete notato che nel prossimo capitolo... ù_ù... beh, dai... AVETE CAPITO!
:D



Tanti tanti tanti bacetti,
Amy.



 

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Capitolo 16
*** Supernova (Part 1) ***


NCIS
Questo capitolo lo dedico alla mia mamma che,
a 45 anni (lo so che non si dice maaa...) ha deciso
di tornare all'Università per prendere una seconda laurea.
Pazza? Forse!






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 Tony: What if I said it was?
Ziva: Now, you'll never know

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Se in quel momento avessero chiesto a Timothy McGee se voleva morire, lui avrebbe sicuramente risposto di si. Perchè Timothy era un ragazzo intelligente e sapeva che un terremoto di livello 10, scala Richter, era una catastrofe. Che uno tzumani forza dieci, era una catastrofe. Che una terza guerra mondiale, era una catastrofe. E sapeva anche che far incontrare Tony DiNozzo e Ziva David, dopo tre anni, alle due di notte, non era una catastrofe: era molto, molto di più di una semplice catastrofe. Era una supernova, pensò. Si, una supernova.
Quella sera poteva nascere una nuova stella. Oppure, McGee avrebbe dovuto fare 'ciaociao' ad un bel buco nero.
Conscio dei suoi pensieri totalmente fuoriluogo e degni del McGee liceale, si appiattì contro la parete dell'ingresso, per evitare di finire in mezzo alla supernova del secolo - voleva bene ad entrambi, ma lungi da lui rischiare la vita.
Tony sembrava stranamente calmo. Guardava Ziva in quel suo modo particolare, con gli occhi strizzati, ma non arrabbiati, come se non stesse davvero capendo la situazione (pardon, la supernova). Si leccava le labbra, impensierito, quasi ansioso di parlare, ma senza avere parole per esprimersi. D'altro canto, l'espressione dura e profondamente ferita di Ziva non aiutava.
McGee si domandò se lo stesse maledicendo in ebraico, perchè forse pensava ad una squallida trappola, orchestrata per farglielo vedere.
Ancora non ho raggiunto tali livelli di stupità e masochismo si rispose da solo il ragazzo, ancora premuto verso la parete dell'ingresso.
Per alcuni minuti nessuno parlò e, ingenuamente, McGee pensò che forse la cosa si sarebbe risolta senza spargimenti di sangue.
"McGee" Tony si era voltato verso di lui quasi a rallentatore e il ragazzo cominciò a sudare freddo.
"Tony, ascolta..."
"No" alzò una mano, per zittirlo, sempre con la fronte corrucciata, ma tranquillo. "Fa parlare me, per favore. Ho una domanda da farti" prese una leggera pausa. "Tu e Abby pensate che io sia stupido?"
Un pugno in faccia gli avrebbe fatto meno male. "No, Tony"
"Bene. E allora come avete fatto a credere che mi bevessi la storia della cistite? Oltretutto se Abby si presenta in ospedale perfettamente vestita e truccata, senza camice, nè un minimo segno di essere stata in ospedale. No, dimmelo, ti prego"
Ziva, con un gesto impercettibile, si sfiorò lo stomaco e la fasciatura che premeva sulla sua pelle.
"Tony" McGee prese un respiro esageramente profondo.
"Non ho finito" mormorò, corrucciandosi maggiormente e facendo, in risposta, far spaventare maggiormente McGee. La supernova era lì davanti a lui e stava per esplodere. "Come avete fatto a non pensare - voi, proprio voi!, che potesse risultarmi strano che Abby uscisse dall'ospedale così, senza firmare niente? E come avete fatto a non pensare che dovessi davvero andare in bagno. Ho sentito tutto" aggiunse. "Certo, non ci avevo capito molto. Ma sai, McGee... non sei mai riuscito a nascondermi niente" quasi lo disse con dolcezza, che tuttavia McGee non colse, troppo occupato a sentirsi uno schifo, per aver tradito l'unico amico vero che gli era rimasto.
"Non doveva andare così" mormorò McGee, mentre si staccava finalmente dalla parete, in un moto coraggioso insolito per lui. "Non volevamo. E' che... tu sei tornato all'improvviso e la situazione si è..."
"Posso chiederti un favore?" gli domandò, mentre McGee annuiva. Non guardava mai verso la ragazza, ancora sulla soglia della porta.
"Tutto quello che vuoi"
"Sparisci, prima che ti tiri un pugno" provò a sorridere, senza successo.
"D'accordo" annuì e salutò Ziva con un cenno del capo, che lei parve non cogliere. A differenza di Tony, lei lo guardava, senza ombra di sentimento nello sguardo - oh si, la supernova stava per travolgere tutto.



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- We will never see her again.

Gibbs, 6x25


Sei uno stupido coglione, Tony DiNozzo Jr disse tra sè e sè il ragazzo, senza fare un minimo passo verso di lei, nè indietreggiare. No, semplicemente se ne stava fermo nella posizione iniziale, mentre sentiva la porta della camera di McGee chiudersi. Magari si era chiuso dentro a chiave. Di sicuro, sarebbe stata una buona idea. Sei uno stupido, stupidissimo coglione, Tony DiNozzo Jr.
Aveva sognato e immaginato quella scena tante di quelle volte, nella sua testa, da aver perso oramai il conto. Sognava di andarla a riprendere a Tel Aviv, strapparla dal Mossad, arrivando magari su una Ferrari rossa fiammante; non prima, però, di averle chiesto scusa in centinaia di modi diversi, in centinaia di lingue diverse, con milioni di toni diversi di voce. L'aveva sperato così tanto da svuotarsi, da creare un buco nero - come una supernova - ai suoi piedi, che aveva cominciato a succhiare la sua linfa vitale, i suoi sogni, i suoi desideri; l'aveva sperato così tanto da ridursi ad una briciola, ad una particella di carne e ossa che abitava la Terra, ma senza una reale connotazione; l'aveva sperato così tanto da crederci per davvero, giustamente, e la delusione era stata così forte da dargli la stoccata finale. Da ucciderlo.
"Hai tagliato i capelli" mormorò, sempre con gli stessi occhi stretti tra loro e le labbra a penzoloni. Non era la prima cosa che le avrebbe voluto dire, in effetti - siccome aveva tanti di quegli insulti sulla punta della lingua, da poter andare avanti per anni, ma era stata la prima cosa che gli era venuta in mente - siccome, con quel nuovo taglio, era molto più bella di quanto ricordava.
Ziva continuava a non parlare. Era una bella statuina del presepe, un albero al parco, una semaforo spento. Niente di niente. Per un attimo, un secondo, solo per un secondo, Tony aveva pensato di non essere l'unico ad essere stato svuotato, in quei tre anni. Ma poi lei aprì bocca.
"Già. Ultima moda, mi hanno detto" strinse al petto il computer portatile che McGee le aveva dato.
Lo spiazzò. Effettivamente per lui sarebbe stato tutto molto più facile, se avesse cominciato ad urlargli contro.
"Non me ne intendo di queste cose. Dovresti saperlo" aggiunse in ultima battuta, con il solo scopo di farla irritare. Perchè la vedeva, la supernova, che premeva e ribolliva per poter scoppiare, finalmente. La vedeva negli occhi scuri e funerei di Ziva, che sembrava non essere minimamente toccata dal fatto che Tony DiNozzo fosse in pigiama davanti a lei.
"Nemmeno io. Dovresti saperlo" gli rispose. Stavolta, un tremolio alla mano la tradì.
Dai, Ziva. Fallo: sputami addosso, picchiami, sparami. Sono tre anni che aspetti di farlo.
"Come mai qui... Zee?" Tony studiò le parole accuratamente, ma si accorse troppo tardi di aver sbagliato. E alla grande. Vide Ziva che, con una calma invidiabile, posava il computer sulla moquette del suo appartamento. Si risollevò, mentre Tony registrava lo strano colorito della sua camicetta.
"Non chiamarmi in quel modo" sillabò, facendo un passo in avanti. "Non ti azzardare"
Tony non potè fare a meno di sorridere - "Finalmente. Finalmente, dopo tre anni, Ziva David tira fuori le palle e, invece, di scappare, affronta la vita a muso duro. Non ti senti meglio, Ziva? Per una volta in vita tua, non stai facendo la codarda" lo schiaffo arrivò in pochi secondi.
"Come osi dire a me che scappo, eh?"
Il piacere arrivò perverso, nel sentire la sua voce tremare. Tony si massaggiò la guancia, per niente colpito da quel gesto infantile, e si voltò a guardarla. Guardarla per davvero. Nemmeno lui sapeva cosa fare, che pesci prendere, con lei. Aveva solo una gran voglia di baciarla, ma il pensiero lo faceva vomitare - però il desiderio rimaneva. Era come spaccato in due, diviso tra ciò che era ovvio e ciò che voleva.
"Si, lo dico a te. Pur sforzandoti, non sei mai riuscita a restare da nessuna parte. Scappare è la tua specialità"
"Non sono io che mi sono scopata la troietta di turno" senza volerlo, aveva alzato il tono di voce.
"Non sono io che ho gettato la spugna. Due volte" le ringhiò contro. "L'hai fatto con me, quando tuo fratello ti è venuto a prendere. L'hai fatto con tuo padre, quando ti rifiutavi di ascoltarlo sulla storia di Ari. L'hai fatto con te stessa, quando hai deciso che combattere per restare in America era troppo doloroso anche solo provarci"
"Tu mi hai tradita!" urlò. "Tu mi hai fatta scappare! Ero una bambina, porca troia! Avevo bisogno di sapere che se avessi deciso di rimanere, ci sarebbe stato qualcuno a combattere con me! Qualcuno per cui la mia felicità era più importante di qualsiasi confine nazionale! Tu, sempre tu, hai preso tutto ciò che avevo costruito e l'hai gettato via, come se fosse carta straccia. Non lo era! Era la mia vita!"
Restarono in silenzio, tutti e due. Respiravano velocemente, senza fiato, a pochi centimetri l'uno dall'altra, i corpi protesi, vicini. Come se, in fondo, le cose non fossero mai davvero cambiate. Mai, come in quel momento, Ziva sentì che era tutto come doveva essere.
Odiava Tony, per quello che le aveva fatto.
Odiava essere tornata a Washington.
Odiava suo padre, per averla fatta tornare.
Odiava McGee, per averla messa in quella situazione.
Ma, più di tutti, Ziva odiava sè stessa, perchè ci stava ancora male. E più di tutto, Ziva odiava il fatto che, litigare con Tony, fosse la cosa più naturale e piacevole del mondo.
"Ma che diavolo...?" balbettò improvvisamente Tony, distraendola dai suoi pensieri. "Ziva" la voce gli tremò. La ragazza non capì subito: seguì il suo sguardo, che puntava in basso, sul suo petto. Lì, all'altezza dello stomaco, si stava espandendo una grossa e rossa macchia di sangue.
Si toccò la camicetta e vide i polpastrelli macchiati di rosso.
"I punti" biascicò. Non doveva uscire così presto dall'ospedale e lo sapeva. Aveva anche dimenticato di prendere le medicine.
"McGee!" urlò Tony, mentre la afferrava per un braccio. Fu come se tutto perdesse di significato; lui la stava toccando. Aveva distrutto quell'ultima membrava antidolorifica che ricopriva entrambi. E Ziva non potè evitare di guardarlo con tutto il disprezzo del mondo.
Stava rovinando ogni cosa. Di nuovo. Lei scappava, forse era vero. Ma lui distruggeva.
McGee, evidentemente, era incollato alla porta, perchè arrivò subito da loro. "Cosa c... Ziva!" spalancò la bocca, afferrandola per l'altro braccio.
"Sto bene!" cercò di divincolarsi.
"Mettiamola sul divano" disse Tony all'amico, ignorandola completamente. In fondo, non era cambiato granchè, in tre anni.
"Si saranno tolti i punti" biascicò McGee, senza sapere cosa fare. "Devi andare al Pronto Soccorso" le diceva, mentre Tony si allontanava di qualche passo, lo sguardo puntato sulle dita macchiate di sangue.
"Non se ne parla nemmeno, McGee. Scordatelo. Devo portare via quel computer" fece per alzarsi, ma l'amico la tenne giù con la forza. "Non farmi incazzare, Timothy. Devo andare via. Subito" ringhiò.
"Evita di fare la bambina" la voce di Tony la raggiunse con qualche secondo di ritardo. Lui la guardava furente: "Stai sanguinando, razza di genio del male, dove vorresti andare, eh?"
"Conosco almeno dieci modi per ucciderci solo con un dito. Ti prego, dì un'altra parola, così te li farò vedere uno ad uno" si sfidarono, osservandosi in cagnesco, così McGee fece violenza su sè stesso per mettersi in mezzo.
"Non mi sembra il momento adatto per litigare"
"Senti, McTonto, in ospedale non ci posso andare, lo sai"
"Ah già!" Tony rise, ma senza reale divertimento. "Tu sei un'immigrata"
Ziva si alzò, pronta a saltargli alla gola, ma Tim la spinse di nuovo sul divano. "Tony, sta zitto!" urlò. "Sono stanco di farvi da balia! Passi il liceo, ma non ora. Non qui. Non dopo tre anni. Non quando dovreste essere cresciuti!"
Tony e Ziva lo guardarono sorpresi ed ebbero il buon gusto di restare in silenzio.
"Bene. Ora, se non vi dispiace, io avrei un'idea"


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Gibbs: Ehi, I'm a happy guy!
Fornell: Since when?

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"Sai, piccola" Shannon si accarezzò il pancione. "Un giorno, quando sarai abbastanza grande, ti racconterò di quando tua madre si beccò una pallottola: sono il genere di storie che gli adolescenti amano raccontare di sè per essere accettati nella società" annuì tra sè e sè. "E poi ti racconterò di quando i tuoi genitori sono finiti in un affare del Mossad" sbuffò. "Certo, tu non eri nemmeno in programma, ma sai... potrebbe essere un ottimo argomento di conversazione. Oppure potresti raccontare di quando la tua coraggiosa madre convinse un giovane del ghetto a denunciare la banda che aveva rapinato e ucciso in un negozio" aggrottò le sopracciglia. "Oh, cielo. Penso che non ti crederebbe nessuno, arrivati al terzo o quarto aneddoto. Buffo, non trovi?"
"Io non ci vedo niente di buffo" borbottò Gibbs, entrando nella sua stanza d'ospedale. In mano aveva una cioccolata calda fumante. Shannon gli sorrise gioviale e Gibbs pensò che non la vedeva così felice dal giorno del test di gravidanza. Eppure le avevano sparato.
"Oh, Jethro!" Alzò gli occhi al cielo. "E' un modo come un altro per far sentire Kelly partecipe della nostra vita"
"E' nella tua pancia" obiettò l'uomo, sedendosi accanto a lei. Poi abbozzò un sorriso. "Quando abbiamo scelto il nome, esattamente?"
"Leroy Jethro Gibbs" ringhiò la futura mamma. "Io la sto portando in grembo, io sopporto le nausee, i dolori e gli ormoni in subbuglio. Io dovrò soffrire le pene dell'inferno per farla uscire dal mio utero e avrà il tuo cognome. Il minimo che possa fare è scegliere il nome" incrociò le braccia, inacidita. "Anche perchè, tesoro, senza offesa, ma di nomi non ne capisci proprio niente"
Gibbs si massaggiò la fronte, stanco ma quantomai divertito. "Ziva ti voleva salutare" si ricordò.
"Oh mio dio" spalancò la bocca. "Ziva David? Quella Ziva David?"
"Esatto" le strizzò una guancia. "Per una serie di cose che ti racconterò quando sarai più calma e fuori di qui, si trovava in ospedale. Ah, non raccontare in giro questa cosa" la avvisò.
"Ti prego" gli strinse una mano, preoccupata. "Dimmi che il Mossad non è di nuovo in America!" afferrò finalmente la cioccolata, che si stava freddando. "Non credo di poter sopportare un altro intrigo internazionale. Assolutamente no!"
Gibbs rise, per poi tornare velocemente serio. "La polizia vuole parlarti"
Shannon quasi soffocò con il liquido caldo. "Cosa?" strillò.
"La polizia vuole parlarti" scandì bene suo marito. "Ci ho parlato giusto cinque minuti fa, ho voluto prepararti io alla cosa. Pensano che a spararti siano stati quelli della rapina al negozio di Gerald"
Shannon lo guardò stupita. "E perchè dovrebbero sparare a me?"
Due uomini in divisa entrarono nella stanza, spaventando a morte la coppia. "Signora Gibbs, sparare a lei è stato solo l'inizio: pensiamo che vogliano spaventare Gerald per non farlo testimoniare" disse un ometto basso, con la voce graffiante. Shannon sentì di odiarlo.
"In fondo, il ragazzo ha passato con lei molte ore ed è sempre lei che l'ha convinto a prendersi le sue responsabilità" seguì l'altro, con tono più morbido, che Shannon apprezzò da subito.
"Vogliamo darle una scorta" fece improvvisamente l'ometto.
"No!" urlò la donna, picchiando il pugno sul lenzuolo. "Invece di dare una stupida scorta a me, pensate al ragazzo"
"Signora" balbettò il più alto. "Forse non si rende conto: non stiamo parlando di una banda di quartiere come le altre. Lei e il ragazzo vi siete invischiati in qualcosa di molto più grosso di voi"
"Ho detto che non voglio nessuna scorta" sussurrò. "E non cambierò idea"
"Ma..."
"Avete sentito mia moglie" Gibbs si schiarì la voce. "Non vuole nessuna scorta. Ora, se potete lasciarci soli..."
"Come volete" i due poliziotti si guardarono e uscirono sileziosamente. Gibbs si voltò verso Shannon, che aveva gli occhi lucidi e una mano sulla bocca.
"Shannon..."
"Io... Sono terrorizzata"

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Tony: Remember the time that we SuperGlued McGeek's face to his desk?
Ziva: Good point!

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Ziva David aveva trascorso mezz'ora circa a scrutare con occhio critico Anthony DiNozzo Junior, che se ne stava in canotta e pantaloncini davanti a lei, seduto in poltrona, mentre la guardava altrettanto male. Era decisamente un comportamento infantile, ma il battito cardiaco stranamente accelerato non le faceva pensare ad altro, in quel momento. Riusciva solo a scrutarlo con durezza, perfettamente ricambiata, mentre McGee cercava di risolvere la piccola e insignificante questione dei punti di sutura. Non aveva ben capito cosa avesse intenzione di fare, ma dopo aver balbettato qualcosa circa una telefonata, era sparito in camera sua, lasciandola stesa sul divano.
"Fammi indovinare" esordì improvvisamente Tony. "Chi ti ha sparato? CIA? KGB? M16? Hamas? Bin Laden?"
"Di certo, qualcuno con più palle di te" fece un sorrisino storto - anche se sapeva di aver detto la bugia dell'anno.
"Oh, si" ridacchiò Tony. "Devo proprio stringere la mano all'autore di questo capolavoro. Nome?" digrignò la mascella.
"Se lo sapessi, l'avrei già ucciso" mormorò tra sè e sè Ziva.
"Mio dio!" Tony scoppiò a ridere, accasciandosi sulla poltrona. "La giovane e spietata killer del Mossad non sa chi le ha sparato?!"
"Chi ti dice che io sia nel Mossad?" gli fece il verso.
"Vuoi farmi credere che ti sei fatta sparare per hobby e sei tornata qui perchè ti mancavo?" alzò gli occhi al cielo, per poi dirigersi in cucina. Ziva lo seguì con lo sguardo, mentre apriva il frigorifero. Non aveva mai smesso di osservarlo e, per qualche assurdo motivo, lo trovava più... rilassato. Era come se il vero momento critico fosse passato e il suo minuscolo e insignificante cervellino stesse solo partorendo nuovi modi per ferirla. Ziva, invece, non aveva smesso di stare sul chi vive - certo, tra sè e sè cercava invano di tamponare il sangue che zampillava dal suo cuore, oramai uno straccio, dopo tutti quegli anni. Cercava, tuttavia, di apparire rilassata quanto lui.
Di questo passo, dentro avrò un cimitero. Sempre se soppravviverò tanto da starci così male - deglutì e le venne spontaneo massaggiarsi gli occhi.
"Che c'è, piccola ninja? Ti ho fatto piangere?" le tirò una birra, che Ziva afferrò al volo.
"Solo la tua infinita ottusità, mi fa piangere" notò che era già stata aperta e ne prese un sorso. "Il mondo sta proprio..."
Il campanello distrasse entrambi, facendoli sobbalzare. Ziva afferrò di scatto la borsa, con dentro la pistola. Tentò di alzarsi ma Tony le fece segno di rimanere seduta e prese qualcosa sotto la poltrona.
Da quando Tony DiNozzo ha una pistola?
"Tony, no!" urlò McGee, uscendo da camera sua. "E' per me" corse ad aprire, mentre Tony e Ziva allungavano  il collo per vedere il loro salvatore. Quando Tony lo vide, valigetta alla mano e occhiaie incorporate, spalancò stupito la bocca.
"Ehi!" abbozzò un sorrisino e corse a salutare il ragazzo alto e allampanato, con tanto di occhiali alla Harry Potter.
"Ma chi...?" borbottò Ziva, mentre gli occhi dello sconosciuto puntavano su di lei.
"Ziva!" le sorrise apertamente. "Come stai?"
"Ehm... bene?" strizzò gli occhi. "Credo di non ricordarmi di te..."
"Sono Jimmy. Jimmy Palmer" il sorriso del ragazzo si spense. "Ti avevo chiesto di venire al Ballo con me, al liceo, ma tu mi hai mollato per Tony" quest'ultimo guardò da tutt'altra parte.
"Jimmy" masticò Ziva. "Ma sì!" sorrise. "Jimmy" poi si voltò imbronciata verso McGee. "No, dico, vogliamo mettere i manifesti per annunciare il mio ritorno a tutto il mondo?"
"Oh, senti, ti serviva un dottore e, guarda caso, Jimmy studia Medicina alla mia Università" gli diede una pacca sulla spalla.
"Già" annuì il ragazzo, avvicinandosi a Ziva. "Puoi..." arrossì. "Sollevare la..."
"Certo" sbuffò Ziva, sbottando la camicetta, mentre Jimmy arrossiva maggiormente.
"Ogni tanto io e McGee ci prendiamo un caffè" balbettò. Ziva pensò che fosse per distrarsi, visto che sembrava non riuscire a staccare gli occhi dal suo reggiseno. "A parte Tony e Abby, siamo gli unici della Woodrow, lì. E' bello rimanere in contatto" alzò le spalle, cominciando a togliere i punti di sutura.
"Beh, perchè con me non hai mai voluto prendere un caffè?" s'indispettì Tony. Tra i tre, sembrava l'unico a non essere imbarazzato nel vedere Ziva in reggiseno, stesa sul loro divano.
"Non me l'hai mai chiesto" disse semplicemente Jimmy. Ziva abbozzò un sorriso divertito.
"Come immaginavo" disse. "Non sei cresciuto per niente"
Tony la guardò male. "Forse. Intanto, non sono io quello che sanguina" sorrise malizioso. "Ops"
Ziva gli lanciò un'occhiata gelida e prese a guardare Jimmy. "Mi dispiace di averti fatto alzare così tardi"
"Ma veramente ero sveglio" sorrise Jimmy, cominciando a cucire la ferita. Ziva si morse il labbro inferiore: pungeva. "Studiavo"
"A quest'ora?" domandò stupito McGee.
"Tim... studio Medicina" ridacchiò. "Rendo l'idea? E poi la mattina lavoro, tre giorni a settimana. Allora Ziva..." pulì leggermente la ferita. "Ci racconti un pò com'è che ti hanno sparato?" rise. Sembrava stranamente divertito all'idea.
Tony diventò improvvisamente più vigile, puntando gli occhi in quelli di Ziva. Si guardarono per qualche secondo, finchè lei non distolse lo sguardo: "Credimi, Jimmy: non vuoi davvero saperlo"






























Maia says:


Sì, sono viva e SI ho praticamente finito la scuola ** Martedì ho l'ultima interrogazione, ma è solo una formalità :D:D:D:D
Certo, oggi sono particolarmente incazzata... [roba di scuola, non voglio annoiarvi] quindi ho pensato di pubblicare il capitolo più atteso di tutti i tempi! XD (ESAGERATA ndLettori Era per dire :( ndAmy) Coooooooooooooooooooomunque... sto nel panico. Appunto perchè lo aspettate da molto, ho DAVVERODAVVERO paura di aver deluso tutt(e) voi!
Non avevo il coraggio di scriverlo perchè non sapevo da dove cominciare... ci ho pensato per tipo una decina di giorni, finchè non sono arrivata alla conclusione che... beh...
Ziva + Mossad + Delusione d'Amore + Tony + Altra Delusione d'Amore = RABBIA INCONTROLLATA XD
Avevo anche pensato a farli saltare subito addosso (la mia indole Tiva sta scalpitando xD), ma, in fondo, non si amano più e questo è un fatto accertato D: Non DOVREBBERO più essere quelli del liceo (ma in pratica sembrano regrediti all'asilo...) XD
Ricordate sempre che qui sono parecchio giovani, perciòòò... xD haahaha e poi ho preso molto dall'ultima puntata della sesta stagione, dove vediamo Ziva seriamente incavolata con Tony... u_u cerco sempre di prendere spunto, per essere più IC possibile! (si, ci tengo un sacco xD)
Tutto questo per dirvi che, se volete uccidermi, ricordatevi che l'ho scritto in buona fede T_T

Ringraziamento specialissimo a VooJDee, che l'ha letto e approvato in anticipo :'D

Alla prossima! (spero presto :D)

Semper Fi, Team u___u

Amy

 

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Capitolo 17
*** Supernova (Part 2) ***


NCIS
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- There is a weapon for every fight

Ziva, 5x10




"Posso andarmene, adesso?" Ziva sbuffò alla grossa, dondolando la testa.
"No" Jimmy sorrise e scosse la testa di riflesso condizionato. "Ti ho appena ricucita. Hai presente quando in ospedale ti dicono 'lei ha bisogno di riposo, la faremo restare qui una sola notte?'... ecco, non è una frase buttata lì così"
"Senti, Jimmy, non posso rimanere. Ve l'ho già detto"
"Oh, già" la voce sarcastica di Tony DiNozzo le arrivò veloce e rapida come una pugnalata al cuore. Una pugnalata che ti uccide, il più delle volte. "Già, lei è l'agente del Mossad che sicuramente sarà inseguita dai servizi segreti di mezzo mondo" diede un altro morso alla mela che aveva in mano, mentre McGee lo guardava male, di sbieco.
"La finisci?" gli intimò. "Le hanno sparato"
Ziva ebbe la sensazione che Tony stesse per dire qualcosa di molto cattivo, quando McGee riprese subito la parola: "Visto che devi rimanere qui, Zee, avrei un'idea: posso cominciare a scavare nel computer"
"No. Non voglio metterti in mezzo, McGee. E' il mio lavoro, tu non c'entri"
"Un lavoro che non sai fare molto bene" commentò serafico Tony.
"DiNozzo, sto cercando di ignorarti. Non sfidare la mia pazienza" ringhiò.
"Time out!" urlò McGee, spaventando persino Palmer. "Io studio un pò il computer, tu riposati, per favore. Ne abbiamo avuto già abbastanza l'anno scorso di Mossad. Voglio solo aiutarti, ok? Giuro che farò il bravo" le sorrise.
Ziva si morse il labbro inferiore. Effettivamente, far studiare il computer a McGee sarebbe stato molto più semplice che mandarlo all'ambasciata e farlo analizzare da uno del Mossad: troppo tempo sprecato. Senza contare che, di fatto, doveva passare su quel divano almeno un paio d'ore per convincerli della sua ottima salute. E doveva pur far qualcosa.
"E va bene" si arrese. "Ma tutto quello che trovi passa a me, e devi dimenticartelo dopo tre secondi, capito?"
"Capito!" McGee sembrava, stranamente, felice come una Pasqua e Ziva se ne chiese il motivo: aveva un'agente del Mossad che sanguinava sul divano e un computer di un possibile terrorista tra le mani. Non c'era proprio niente da essere così contenti.
"Beh, ragazzi, io vado" Jimmy si stropicciò gli occhi e sbadigliò. "E' stato un piacere, Ziva!" la abbracciò, con grande sorpresa della ragazza.
Salutò calorosamente anche gli altri due.
"E' un bravo ragazzo" sussurrò Ziva. "E' venuto qui, mi ha aiutata e non ha fatto domande. Davvero un bravo ragazzo"
McGee annuì. Tony non disse niente.

"Oggi è San Valentino! Oh, chissà cosa mi regalerà McGee! Io gli ho preso dei cioccolatini molto carini - a tema Star Wars. Si, lo so, non mi guardare così. E' che quando li ho visti ho subito pensato a lui" Abby sorrise e fece una giravolta, colpendo parecchie persone in corridoio.
Ziva scosse la testa, ma sorrise. "Se credi che possano piacergli..."
"Gli piaceranno. E tu che hai comprato a Tony? Spero non un giochetto sessuale" Abby si beccò una gomitata. "Scusa"
"Non è che ne capisca molto di film, ma gli ho preso questo" Ziva tirò fuori dallo zaino 'Via col vento', in blu-ray, con grafica migliorata.
"Bella idea. Potreste guardarlo insieme!"
"Infatti" la ragazza annuì e si rigirò il DVD tra le mani. "Se non gli piace si arrangia. Non l'ho mai capito San Valentino!"
"E' una festa carina, invece. Molto carina" sospirò Abby. "Trovo che sia fantastico che ci sia una festa dove tutti, ma proprio tutti, possano trovare il coraggio di confessare i propri sentimenti. Non si fa mai abbastanza, non trovi?"
"Parole sante" Ziva si sentì abbracciare da dietro e rise per il solletico che i baci di Tony sul collo le stavano provocando. "Buongiorno, mia San Valentina" la fece voltare per baciarla come si deve, mentre Abby divertita si copriva gli occhi.
"Buongiorno Tony" gli diede un morso sul naso. "Lo vuoi il tuo regalo di San Valentino?"
"Wow" biascicò deluso. "Cioè me lo dai così? Io per il tuo ho fatto i salti mortali..."
Ziva alzò gli occhi al cielo. "Non provare a farmi sentire in colpa" vide Abby che si allontanava sorridente, così cacciò di nuovo dalla borsa il DVD e lo porse al suo ragazzo. Tony si aprì in sorriso sincero. "Volevo comprarlo! Grazie" si chinò a baciarla.
"Lo sapevo che lo volevi!" Ziva decise che, almeno per San Valentino, non si sarebbe preoccupata dei professori in corridoio, e attirò a sè Tony, ben felice di approfondire il bacio di quella mattina.
"Mh, a questo punto, vorrei che fosse San Valentino tutti i giorni" le disse. "Ah! Il tuo regalo!"
"Cos'è?"
"Penso che tuo padre lo sappia già" ridacchiò.

- Ziva, qui a casa sono arrivate delle rose rosse. Tante rose rosse. E un invito a cena per stasera. Cosa ne faccio?

"Ziva? Ziva?" la ragazza si svegliò di soprassalto e respirò profondamente. Forse mi sto ammalando, pensò. McGee, intanto, la guardava preoccupato. "Stai bene?"
"Si, si. Mi ero solo addormentata"
"Ce ne eravamo accorti" Tony era seduto alla solita poltrona di fronte a lei. Il pensiero che per tutto il tempo non si fosse mosso di lì la sfiorò appena, ma poi lo cacciò via. Era una cosa troppo intima. "Russi esattamente come tre anni fa" non lo disse con disprezzo. Si limitò semplicemente a prendere atto di quell'informazione - l'assenza di qualsiasi sentimento quasi la turbò.
"Si, io... dormivo" ripetè e si massaggiò la fronte. "Allora, che hai trovato?"




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Tony: Hi, Boss! I lost my... you're gonna say "mind" or "marbles", but I lost my...
Gibbs: Job?

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Shannon non poteva evitare di provare un'infinita compassione per quel ragazzino. Gerald se ne stava seduto accanto a lei, in ospedale, senza dire niente - se non un'infinita sequela di "mi dispiace davvero tanto". Era stato inutile dirgli che non era stata colpa sua, anche perchè lo sguardo preoccupato di Gibbs non aiutava di certo. Shannon sapeva quando Gerald fosse spaventato e, sebbene fosse terrorizzata, la sua voglia di aiutarlo aumentava di minuto in minuto.
"Gerald" gli strinse una mano. "Quello che è successo non deve in alcun modo fermarti, ok? Tu devi denunciare il rapinatore"
"Voglio farlo, dottoressa. Voglio farlo davvero ma..." alzò gli occhi lucidi su di lei. "Non posso"
"Sì, che puoi"
"No, che non posso. Ha visto cosa hanno fatto? Le hanno sparato! Poteva perdere la bambina!"
"Non è successo"
"Ma potrebbe succedere la prossima volta!" urlò il ragazzo. "Non posso permettere che succeda!"
"D'accordo, Gerald, allora" sospirò la donna. "Non devi preoccuparti per me. Concentrati solo e soltanto sulla tua testimonianza"
"Io... ho paura"
Shannon lo guardò commossa e lo strinse al petto. "Anche io, Gerald. Ma non possiamo permettere che vincano di nuovo" Gerald annuì distrattamente e si lasciò accarezzare i capelli dalla donna.
"Lei..." sobbalzò il ragazzo improvvisamente, poggiandole una mano sulla pancia. "... ha scalciato!" Sorrideva beato: Shannon non lo vedeva così contento e felice da parecchi mesi. "Ha scalciato! La bambina! L'ho sentita!"
Shannon scoppiò a ridere. "Beh, vedo che a lei piaci - sei il suo primo amore, Gerald. Ah, mi raccomando: voglio che non interrompiamo la terapia durante il processo. Ne avrai bisogno"
"Ok" fece una smorfia. "Ora è meglio che vada. Mia madre sclera ogni volta che esco di casa..." alzò gli occhi al cielo.
"E' normalissimo" lo prese in giro e gli diede uno scappellotto. "Sparisci, su!"
Gerald si alzò e sorrise, mentre si massaggiava la nuca. "E' proprio la degna signora Gibbs!"
Shannon gli fece una linguaccia e lo vide uscire; quando fu sicura che fosse andato, si lasciò sprofondare nel cuscino, che sapeva di muschio bianco. Sono una bugiarda pensò - aveva tranquillizzato Gerald, gli aveva detto di non aver paura, ma la prima ad essere terrorizzata era lei. Aveva paura di perdere tutto quello che finalmente aveva ottenuto (una bambina, una casa, una famiglia, Gibbs), ma, altrettanto, aveva paura di perdere sè stessa. La vecchia Shannon non ci avrebbe pensato due volte ad accompagnare Gerald, persino in tribunale.
Ma, ora, Shannon non era più sola. Con lei girava costantemente un altro essere umano (se non due, aggiungendo suo marito).
"Cosa faccio?" biascicò tra sè e sè. "Cosa faccio?" poggiò involontariamente una mano sulla pancia.
E fu lì che la sentì. La bambina, per la seconda volta, tirò un potente calcio, che la fece piegare in due dal fastidio.
Fallo, mamma.
Le vennero le lacrime agli occhi.
"Jethro!" strillò. Tempo qualche secondo e Gibbs piombò velocemente nella stanza. "Cosa? Cosa? Stai male? Chiamo qualcuno?"
"Sto una meraviglia!" Shannon si aprì in un sorriso esagerato. "Devi farmi un favore: chiama Tobias. Confermiamo che sarà l'avvocato di Gerald al processo e digli che voglio essere inserita nei testimoni dell'accusa come esperta forense"
"Ma... "
"Sta zitto" gli intimò con un dito. "Testimonierò circa l'ottima salute mentale di Gerald e che mi ha descritto i fatti poco dopo il massacro e che testimonierò anche circa la sparatoria in strada. Una donna incinta fa sempre commuovere le giurie" ghignò. "Punto due, fa venire qui Gianni e Pinotto!"
Gibbs alzò un sopracciglio. "Jethro!, i poliziotti di prima" sbuffò. "Falli venire qui e dì loro che accetto la scorta, a patto che questa venga divisa fra me e il ragazzo" prese fiato. "Un'ultima cosa: puoi andare a prendermi una vaschetta di gelato alla nocciola?"
Gibbs, lentamente, curvò la linea della labbra all'insù, in uno di quei suoi sorrisi consapevoli ed illuminanti.
"Allora, abbiamo fatto la nostra scelta? Combattiamo?"
"Combattiamo" Shannon sorrise. "Insieme"  





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Ziva: I'm observing you, Tony
Tony: Anyway you can do that in a less creepy manner?

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Tony si sentiva a disagio. Tony si sentiva molto a disagio. Ziva non faceva che fissarlo, imbronciata, mentre McGee lavorava freneticamente sul computer di quel tizio, Francis J. Thompson. Lo stesso tizio che forse aveva sparato a Ziva.
L'idea non gli piaceva per niente. Insomma, lui e Ziva si erano lasciati - le avrebbe sparato lui molto volentieri, ma che qualcuno le facesse del male non gli andava giù. Qualcuno le aveva sparato. Non erano i soliti dispetti che le faceva al liceo: ormai erano grandi, lui era quasi un poliziotto, era a metà dell'Accademia; lei addirittura nel Mossad. Più ci pensava e più si sentiva spaccato violentemente in due.
"A che punto sei, McGee?" domandò, senza distogliere gli occhi da quelli di Ziva.
"Quasi finito. Esattamente la stessa risposta che ti ho dato cinque minuti fa. Anzi, quattro minuti fa"
"Ho capito l'antifona, McHoLeMieCose"
Ziva abbozzò un sorriso e Tony colse la palla al balzo. "Ti ha fatto ridere?"
"Beh, vedervi litigare dopo tre anni così, come se foste al liceo, fa un pò ridere"
Tony corrugò la fronte. "Mi stai indirettamente dando dell'immaturo?"
"Ci sta indirettamente dicendo che le siamo mancati" sorrise McGee. Tony la guardò con un sopracciglio alzato.
"No, non è vero" si difese Ziva. "Era una semplice constatazione - o meglio, McGee mi è mancato, e a te stava davvero dicendo che sei un immaturo" si corresse. McGee le lanciò un'occhiata piena di gratitudine, poi riprese a lavorare.
Tony digrignò i denti, ma non le rispose, nè tantomeno si alzò dalla poltrona giusto di fronte al divano. Se fosse stato per lui, si sarebbe alzato di scatto e chiuso in camera. Quasi, però, c'è una forza superiore che lo incatenava davanti a lei e una vocina, soffice ma efficace, che gli sussurrava che se l'avesse persa di vista, forse le avrebbero sparato di nuovo. Meglio tenerla sotto controllo, comunque. Era pur sempre un'agente del Mossad. Ed è bellissima, non posso ignorarlo. I capelli corti le stavano bene - tutto le stava bene, in effetti.
E tu stai diventando pazzo, DiNozzo disse tra sè e sè, passandosi stancamente una mano tra i capelli. Quando era spossato per la scuola, o suo padre, Ziva lo costringeva sempre a ficcarsi sotto le coperte, lo abbracciava e cominciava a parlare. Parlava, parlava. Tony ricordava notti in cui Ziva parlava per tre ore di seguito. E si sentiva stranamente lusingato, perchè col resto del mondo Ziva David non parlava così tanto.
Era il suo personale modo di distrarlo e a lui piaceva, perchè sentiva il suo petto muoversi ritmicamente. Lo rilassava.
Deglutì, quando vide che Ziva lo stava osservando più lentamente. Ebbe l'infondata paura che gli stesse leggendo nel pensiero.
Poggiò la guancia sulla mano e si piegò a guardarla. "Posso farti una domanda?" sussurrò.
Ziva annuì. "In questi tre anni, tu hai mai..."
"Zee, puoi venire qui un attimo?" I due sobbalzarono.
"Oh, ehm. Si..." Ziva provò ad alzarsi, ma una smorfia di dolore la fece cadere sul divano con un tonfo sordo.
"Aspetta, ti aiuto" mormorò Tony, porgendole una mano. La tirò su senza troppa fatica e Ziva poggiò una mano sulla sua spalla. Era a troppi pochi centimetri da lui. Senza averlo premeditato, d'istinto, Tony le soffiò sulle labbra, come faceva sempre quando era troppo vicina e non poteva baciarla, per la presenza di insegnanti o genitori. Ziva sorrise.
"Ragazzi...?" McGee si schiarì la voce. Ziva scosse la testa e si dipinse sul viso la solita espressione neutra.
Entrambi si sedettero al tavolo della cucina con McGee, che aveva il computer davanti.
"Che hai trovato?" gli chiese.
"Allora" si grattò la fronte. "Questo Francis, non so come, ma sul computer ha tutti, ma proprio tutti, i prototipi degli esperimenti che verranno presentati alla commissione del progetto 09"
"Lo stesso a cui partecipate tu ed Abby" ricordò Tony.
"Già. Infatti c'è anche il nostro" era cupo, in volto. "Ma non sono solo i semplici progetti - affatto. Alla maggior parte sono state fatte delle modifiche. Strane modifiche, che non capisco in pieno. Per esempio..." selezionò un file a caso.
"Qui si parla di un concime" tirò su col naso. "Conosco anche chi l'ha ideato" scosse la testa. "Comunque, questo concime, che in realtà è un composto chimico, potrebbe rivoluzionare l'industria agragria. Il tuo terrorista, invece, ha preso l'originaria formula chimica e l'ha..."
"Salta i passaggi" lo fermò, brusca. Aveva la strana sensazione di star cominciando a capire. E non le piaceva per niente.
"... il concime è diventato un'arma batteriologica" sospirò. "E non ti parlo solo di questo, ma altri cento progetti che sono stati modificati. Anche il robot che io e Abby stavamo finendo"
"Non è una buona cosa, vero?" balbettò Tony.
"Oh, no. Per niente"
"E per il resto?" domandò Ziva.  
"Ho controllato le sue mail... tutte in inglese" Ziva sorrise - aveva sempre avuto ragione. "Altri tre lavorano con lui. Parlano anche della tua presunta morte" gliene fece leggere qualcuna. "Questi idioti credono di averti uccisa, ma non sanno dove hai messo il computer"
"Se solo avessero cercato" si passò una mano sul viso. "Pivelli"
"Già, sembrano abbastanza spaventati" ridacchiò Tony, leggendo pezzi di mail. "Piccoli terroristi crescono"
"Perchè parlavano in arabo, nelle intercettazioni del Mossad?" borbottò Ziva. "Non ha senso"
"Beh..." cominciò Tony, poi si fermò. Ziva si voltò velocemente verso di lui.
"Parla!"
"Secondo me, eh, parlavano in arabo perchè il loro acquirente sarà arabo"
"Acquirente" masticò Ziva, tra sè e sè.
"Si, non c'avevi pensato?!" la prese in giro. "Non possono creare queste cose e non avere nessuno a cui venderle, ti pare?"
Ziva annuì distrattamente, poi si riscosse. "Nient'altro?"
"No, a parte le registrazioni di voci arabe che parlano tra loro. Quelle mi hai detto di averle già sentite"
"Si. Niente sui possibili acquirenti?"
"No, ma una cosa è sicura" McGee si voltò a guardare Ziva. "Non ho la minima intenzione di mollare il caso"
"McGee!" urlò Ziva. "Mi avevi promesso..."
"Si, te l'avevo promesso" le concesse. "Ma prima di sapere che c'entriamo anche io e Abby. Il nostro progetto potrebbe diventare un'arma. Uccidere delle persone. Quando Abby lo saprà, credi che ti lascerà lavorare da sola?"
"Non se ne parla" ringhiò Ziva. "E' un'operazione del Mossad"
"Ti daremo solo una mano! Siamo studenti dell'Università, possiamo accedere a posti a cui neanche puoi avvicinarti. Quindi, la prossima mossa è..." lasciò volutamente la frase in sospeso. Ziva guardò stupida McGee: non l'aveva mai visto così risoluto.
"McGee"
"La prossima mossa?" ripetè, più forte di prima.
"Trovare gli acquirenti" sbuffò Ziva. McGee sorrise. "Perfetto"
Tony osservò con un sorriso i due che si affaccendavano ancora al computer - non è cambiato proprio niente, in fin dei conti. Stava per dare anche lui qualche consiglio, quando si sentì come se un secchio di acqua gelata gli fosse piombato sulla testa. Lui non poteva rimanere. Quarantotto ore e sarebbe dovuto tornare a Baltimora.
































Maia says:


Indovinate chi ha finito la scuola? *Amalia alza la mano* Massì ** Sono troppo super iper mega felice! :D Ora i piani sono:

1) Scuola guida.
2) Palestra
3) Imparare una lingua nuova
4) Trovare un vestito per i 18 della mia migliore amica
5) Organizzare una sorpresa (sempre per i 18 di sopra)
6) Rispondere alle chiamate di Paolo (^^''')
7) SCRIVERE LA FF u_u
8) Leggere i due libri che ho comprato
9) Andare a trovare la mia amica a Roma.

Approvate? *_* Ce la farò? (NO). Comunque, pffff u.u i Tiva mi uccidono, McGee lo sto amando e Shannon mi sta uscendo tanta Giovanna d'Arco. Approvate anche questo capitolo? *_* hahahahahahaha

E voi, Team? Ora che le scuole finiscono e si va in ferie, che farete? :D Io a Luglio vado al mare con i miei, e ad Agosto con le amiche! Sarà una bella estate - oddio, spero. Un'ultima cosa - la grandezza del carattere della scrittura va bene? O lo ingrandisco xD?

Fatevi sentire, squadra!
Semper Fi,
Amy
 

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Capitolo 18
*** Only the good die young ***


NCIS

gdfgdg

Tony: No torture
Ziva: He won't talk
Tony: Try!

3x23



"Non posso crederci! Davvero, non posso credere che abbiate fatto tutto questo senza di me!" urlò Abigail Sciuto. "Voi siete tre grandissimi ingrati! Vi mettete in un guaio del genere e non fate nemmeno una telefonata?"
"Ziva sanguinava" deglutì McGee. "Ed erano le tre del mattino"
"Avrei risposto al telefono!" ringhiò, mentre gli altri tre la guardavano colpevoli, seduti sul divano. "Cioè, avrebbe potuto essere una carneficina" indicò distrattamente Tony e Ziva, separati solo dal corpo tremante di McGee. Abby camminava avanti e indietro, furente, mentre i loro occhi la seguivano. "Davvero, ragazzi, mi avete delusa! Io dovevo essere informata... sono o non sono il cervello della squadra?"
"No, no!" si intromise Ziva. "Non c'è nessuna" cominciò a gesticolare a vuoto. "Squadra, ok? Ci sono io, c'è il computer e poi ci siete voi che date solo una mano. Un aiuto. Supporto tecnico"
"E tu questa come la chiami?" Abby incrociò le braccia al petto.
"Collaborazione?" azzardò Ziva.
Abby ringhiò qualcosa, poi si diresse spedita in cucina. Tony, Ziva e McGee la videro sbattere mobili e utensili vari.
"Che stai facendo?" le domandò cautamente McGee.
"Faccio dei pancakes. Starete tutti morendo di fare" sbuffò. McGee sorrise e le andò incontro, mentre Tony si leccava i baffi. "Oh, adoro i tuoi pancakes, Abbs! Mi mancano un sacco, lì a Baltimora"
"Ci credo. Scommetto che mangi solo pizza" la ragazza fece una smorfia.
"Più o meno"
Ziva sorrise distrattamente e si alzò. Non l'avrebbe mai ammesso, ma, in quel momento, si sentiva molto più tranquilla. Sapeva di star sbagliando su tutta la linea ad aver coinvolto i suoi vecchi amici, tuttavia si sentiva meno sola - e più al sicuro. Per quanto Michael fosse pieno di armi fino ai denti, non aveva mai avuto la capacità di farla sentire a casa e protetta. Nessuno ci era riuscito, in quei tre anni, nemmeno la vecchia casa della famiglia David a Tel Aviv. Nemmeno suo padre. Nessuno. Ziva si sentiva sempre in pericolo costante e sempre con la necessità di stare con gli occhi aperti. Aveva voglia di dormire.
"Ziva!" Abby le toccò un braccio. "Mi stavi ascoltando?"
Si era attardata davanti alla finestra del soggiorno. "Scusa non... dicevi?"
"Dicevo, quanti pancakes vuoi?"
"Due andranno bene" sorrise.
"Facciamo quattro" Abby le alzò il mento con un dito. "Tesoro, non hai una bella cera. Sei pallida. Un sacco pallida"
"Sono solo stanca" si passò una mano tra i capelli. "Ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti e poi andarmene a dormire" si toccò distrattamente la ferita. "E devo anche farmi una doccia. Lo convinci tu McGee a lasciarmi andare?" sussurrò.
"Guarda che puoi rimanere qui, Zee. Tanto... Tony esce, insomma"
"Non è lui il problema" abbozzò un sorriso. "Devo tornare a casa mia. Ho anche Whisky da sfamare"
"Whisky?" Abby la prese sottobraccio e la condusse in cucina, dove McGee e Tony stavano mettendo il preparato per la colazione sulla piastra. "Si, è il mio gatto" annuì Ziva, tra sè e sè. "L'ho trovato in cortile, a casa mia, e l'ho adottato"
"Uh, che carino!" Abby saltellò. "Posso passare a vederlo?"
Ziva si morse il labbro inferiore e guardò da un'altra parte. "Non credo sia una buona idea"
Abby e McGee la guardarono allucinati e stupiti; solo Tony le dava le spalle, mentre guardava i pancakes crescere sulla piastra.
"Io non... vivo da sola" i due si guardarono. "Vivo con... mh, un amico. Lavora con me"
Tony tirò su col naso. "E fammi capire" disse solamente, ma non si voltò. "Tu non torni la notte e lui non si è minimamente preoccupato di cercarti? Nemmeno mezza telefonata? Bell'amico"
"Punto primo, non sono affari tuoi" ringhiò Ziva. "Punto secondo, probabilmente non è tornato neanche lui"
"Una perfetta relazione" sussurrò Tony.
"Nessuno ha mai parlato di relazione!"
Tony si voltò e, furente in volto, stava per dirle qualcosa, quando Abby si lanciò tra i due. "Ok, time out, bambini"
"Fanno così da ore" McGee alzò gli occhi al cielo. "Prendo i piatti per i pancakes"



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- Did somebody break a mirror?

Gibbs, 3x10


"Grazie" Shannon afferrò la mano di suo marito e scese dall'auto. La loro casa non era cambiata per niente - in effetti, lei era stata in ospedale, perchè qualcosa sarebbe dovuta essere diversa? Le sembrava di non tornare a casa da una vita, invece era appena una settimana che non vi tornava. In effetti, le sembrò che l'erba in giardino fosse di poco aumentata e già immaginava che, dentro, la polvere doveva aver preso possesso di gran parte della casa.
"Non pensarci nemmeno" la rimproverò suo marito, dandole un bacio sulla fronte.
"Cosa?"
"So già che ti stai preparando alle pulizie di primavera, ma non te lo lascerò fare. L'hai sentito il dottore, devi riposare" Shannon fece per aprire bocca, ma Gibbs la zittì con un bacio. "Non fammelo ripetere la seconda volta. Giuro che l'ho tenuta in ordine, mentre non c'eri... e se c'è polvere da qualche parte, me ne occuperò io" sorrise, mentre l'accompagnava alla porta.
"Tu non sai spolverare" fece disgustata Shannon. "Lasceresti tutto sotto il tappeto e, oh mio dio!, chissà dove"
"Vuol dire che chiameremo una donna per le pulizie, Shannon" Gibbs si grattò la fronte e la fece entrare in casa. La donna sbirciò prima dentro, poi entrò con passi lievi e ritmici. Sembrava un coniglio con i baffi tesi, pronto a captare un eventuale intralcio alla sua esplorazione.
"D'accordo, non sta cadendo a pezzi. Almeno" sospirò.
"Visto?" le baciò una guancia, contento. "Stasera Abby, McGee e Tony passano a trovarti, così mi hanno detto. Ti fa piacere o vuoi riposare?" la informò, sbirciando in frigo - c'era poco e niente, bisognava fare la spesa.
"Va benissimo, non li vedo da anni" si sedette su una sedia della cucina. "E... Ziva?"
"Non lo se verrà" Gibbs aggrottò la fronte. "E' possibile. Nessuno doveva sapere del suo ritorno, ma in pratica..."
"Capisco" la donna annuì. "Non sai perchè sia tornata?"
"No, ma adesso non farti strane idee. E' già troppo che tu ti sia invischiata con Gerald e guarda com'è finita" la rimproverò con lo sguardo. "Puoi fare la donna incinta normale? Insomma, voglie, vomiti, capricci..." Shannon rise. "Solite cose, insomma"
"Ci proverò" poggiò la fronte sul legno fresco del tavolo. Poteva quasi sentire la consistenza dellE dita di suo marito, mentre lo costruiva. Erano piantate lì, nella memoria del legno, come se fosse carta pesta. "Oh, Jethro" alzò la testa e lo vide trafficare con le pentole. "La scorta?"
"Dovrebbero arrivare a momenti, sono due agenti del Federal Bur..."
"FBI?" Shannon si stupì. "Che c'entra l'FBI?"
"La banda che vi siete messi contro non è grandissima, ma attraverso questa vogliono prendere pesci più grossi" si voltò verso di lei, mentre l'acqua pian piano ribolliva. C'era solo della pasta, nella mensola. "Quindi ti hanno mandato agenti degni di questo nome"
"Non vorrei averli sempre i piedi" borbottò. "Sai già chi sono?"
La risposta di Gibbs venne anticipata dal suono del campanello. "FBI" l'uomo fece una smorfia. "Apri tu, così li conosci subito"
Shannon annuì e si alzò lentamente dal tavolo, per raggiungere la porta. Controllò prima dallo spioncino e vide che uno dei due aveva messo davanti il distintivo: erano sicuri. Shannon aprì la porta con un sorriso, che si allargò alla vista dei due.
"Salve signora Gibbs. Sono l'agente Steve McGarrett" si presentò, allungando una mano verso Shannon. Lei la prese con decisione e osservò i lineamenti fini ed eleganti dell'uomo che le stava di fronte; era decisamente bello da guardare e, ad una prima occhiata, anche degno di fiducia. La leggera barbetta gli dava quasi un'aria tormentata - le ricordò Gibbs nei primi tempi del loro rapporto - e misteriosa.
"E lui è l'agente Danny Williams" indicò il suo partner, più basso di lui di almeno cinque centimentri. A differenza dell'altro sembrava molto più alla mano, somigliava ad un cartone animato, con la mascella squadrata e i capelli biondi impomatati. Lui sorrise immediamente e le porse la mano a sua volta, presentadosi.
"Siamo la sua scorta"
"Si, lo immaginavo. Entrate, vi presento mio marito" soffiò Shannon, facendoli entrare.
La reazione di Gibbs fu glaciale, come lei si aspettava. Guardava alternativamente i due agenti, borbottando chissà cosa tra sè e sè. Sicuramente non gli era passata inosservata la prestanza fisica dei due.
"Allora, signora..." cominciò l'agente McGarrett.
"Oh, no. Ti prego. Shannon" sorrise la donna, massaggiandosi la pancia.
"D'accordo, Shannon" piegò divertito la testa. "Io e Danny ci saremmo organizzati così: la notte lui rimane in salotto, io sto fuori. Per il resto della giornata, quando devi uscire, chiama noi"
"Ci sono anche io" intervenne Gibbs.
"Senza offesa, ma lei non ha una pistola" sghignazzò Danny. "Scusi" disse, dopo l'occhiata gelida di Jethro.
"Dicevo" Steve lanciò a Danny un'occhiata infuocata, come per intimargli di stare in silenzio. "Quando devi uscire chiama, se hai bisogno di qualunque cosa siamo in giro. Puoi chiamarmi Steve"  aggiunse, in ultima battuta.
"Perfetto" Shannon sorrise. "Non potevano capitarmi agenti migliori, no?" diede una gomitata a suo marito, che finse un sorriso.
"Cercheremo di rendere tutto meno traumatico possibile" sorrise Danny, lanciando uno sguardo dolce alla pancia di Shannon. "Il processo si terrà abbastanza presto e non ci avrete in giro per molto tempo"
"Ha figli, agente Williams?" domandò Shannon, facendogli cenno di seguirlo in salotto. Gibbs lo vide annuire e la conversazione continuò dove Steve e Jethro non potevano sentirli.
"So che non deve essere facile" sussurrò l'agente McGarrett, voltandosi verso Gibbs. "Ma le prometto che faremo di tutto per impedire a quei bastardi di far del male a sua moglie"
Gibbs non disse nulla, si voltò verso l'acqua che stava bollendo e gettò parecchia pasta nella pentola. "Lo spero per voi, McGarrett"




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- It's not the danger; It's the fun.

Jonathan Cole, 9x24



"A questo punto, dobbiamo trovare gli acquirenti" Abby si massaggiò le dita e si sedette di fronte al computer di Francis, quello che Ziva aveva preso in prestito. Al tavolo, intorno a lei, gli altri tre mangiavano i suoi pancakes. "Ma come facciamo?"
"Poftremfo..." cominciò McGee. Ingoiò il pezzo di dolce. "Potremmo rintracciare gli indirizzi IP delle mail"
"Impossibile" sussurrò Abby, lo sguardo fissò sullo schermo.
"Mh, fissare un incontro?" propose Tony.
"Troppo pericoloso" rispose Ziva. "Non ho supporto nè di armi, nè di agenti del Mossad. Siamo solo in due"
"E allora non c'è soluzione" Tony tagliò un pezzo di pancake.
"Beh, Tony ha ragione" Abby fece una smorfia. "Non possiamo fare niente senza finire nei casini. Hai qualche idea?" si rivolse a Ziva.
"Forse. Sicuramente, devo tornare a casa e informare mio padre" fece spallucce. "Lui saprà sistemare la cosa. In teoria, la missione è quasi conclusa... dobbiamo solo impedire che Francis e i suoi amici scemi vendano i propotipi sul Web" scostò il piatto lontano da sè. "Grazie mille, Abby, ma ora devo tornare a casa, sul serio. Michael sarà preoccupato" non vide che Tony alzava gli occhi al cielo.
"Va bene, ma lasciaci il computer" annuì. "Però non ti farò prendere i mezzi pubblici... Tony, accompagnala" ordinò.
"Cosa?!" urlò. "No!"
"Posso andare da sola" Ziva guardò male Abby.
"Assolutamente no! Sei stata appena ricucita, Ziva. Per favore, eh. Tony sbrigati. Io e McGee abbiamo bisogno di lavorare al computer e tu saresti solo d'intralcio" gli rivolse un sorriso fastidioso. "Vai!"
Tony lanciò uno sguardo ad Abby, cercando di trasmetterle più odio possibile. Si alzò con il broncio e afferrò bruscamente le chiavi all'ingresso. Ziva lo seguì silenziosamente; non aveva senso obiettare, quando a dettare legge era Abigail Sciuto - e poi, davvero non le andava di prendere i mezzi pubblici. Era stanca e voleva solo sprofondare in qualcosa di morbido.
Scesero le scale del vecchio condominio silenziosamente e, altrettanto silenziosamente, arrivarono all'auto di Tony. Ziva salì al lato del passeggero, tenendo sempre le mani strette al petto. La ferita le pungeva un pò.
"Dove devo andare?"
"Jamesons Street. Di fronte..."
"... al Rooney Park, lo so. Vado a correre lì"
"Oh" Ziva non trovò nulla di intelligente da aggiungere. Si limitò a spostare lo sguardo sul finestrino.
Washington non era affatto cambiata: era la stessa città che aveva visto le sue fughe con Tony, per saltare la scuola e la stessa città i cui negozi erano stati svaligiati in compagnia di Abby e la stessa città che ospitava le sue passeggiate domenicali con McGee. Chiuse gli occhi per un attimo, intontita - anche il profumo di Tony era sempre lo stesso e le dava alla testa.
"Stai... bene?" la voce di Tony arrivò soffusa. Si era accorta di non percepire bene nulla. I suoi sensi si erano abbassati - odiava perdere sangue. Il risultato era sempre lo stesso e lei si sentiva così indifesa. Non poteva permetterselo davanti a DiNozzo.
"Si. Come ho detto ad Abby, sono solo stanca"
"Era per chiedere" lo sentì rizzarsi sulla difensiva. "Non vorrei ritrovarmi una ragazza svenuta in auto"
"Tranquillo. A differenza di quelle che ti scopi di solito, io non mi addormento nella macchina degli sconosciuti" si voltò per regalargli un sorriso sarcastico, a cui Tony rispose senza indugio. "Siamo arrivati" non si era accorta che i due appartamenti erano vicini. Ma doveva immaginarlo, in fondo, le aveva appena detto che andava a correre al Rooney Park.
Tony parcheggiò giusto di fronte al condominio e scese con lei. Ziva fece appena due passi, che una pallina arancione andò verso di lei, sul muretto che costeggiava gli appartamenti. "Whisky?!" prese il gattino tra le braccia. Miagolava - e poteva giurare che fosse disperato.
"Come... chi ti ha fatto uscire?" lo accarezzò e notò una strana macchia rossa sul dorso. "Ma..."
"Ehi, carino" trillò Tony, massaggiandogli le orecchie. "Questo è il famos..."
Un boato fece gettare a terra entrambi. Ziva sentì un forte dolore prima alle ginocchia (era caduta di peso, stringendo al petto il gattino) poi alle orecchie, che pulsavano con forza. Non riusciva a respirare, un pò per la paura, un pò per la presenza di Tony, che la stringeva forte.
"Ziva?" ansimò. "Ziva?"
"Sto... bene" la ragazza annuì e Whisky cercò di infilarsi nella sua camicia, terrorizzato. Ziva alzò lo sguardo. Una bomba.
"Oh" gli occhi divennero lucidi. "Oh. Mio. Dio"
Quello era il suo appartamento.





















Maia says:

Mi odiate, lo so! xD Ci ho messo un sacco di tempo a pubblicare e non è nemmeno un granchè... ma sapete cosa? :( Mi sono ammalata >.< Infatti vi sto scrivendo con un gocciolone al naso e un mal di testa che pulsa in maniera incontrollata... sto sclerando, giuro. Tutti che escono e io a casa che a stento sopporto il volume della tv -.-' Quindi inutile che vi dica che tutto quello che mi ero ripromessa di fare... beh, è finito VOISAPETEDOVE. Domani andrò al centro commerciale (per forza D: sto senza vestito per la festa!) e mi sto riempiendo di medicine.
Snif.
Aiutatemi :(
... senza contare che 'sta giornata sta peggiorando... prima ero tutta intenta a depilarmi (^^), ascoltavo una canzone troppo sgench (?) dei Club Dogo. La canzone finisce e BUM!, mi esce Justin Bieber D: Ora, niente contro Justin Bieber... ma che cazzo ci fa Justin Bieber dentro Giosuè? -il mio mp3 ha un nome, si :D Giosuè -. E comunque sto tanto incazzata che cado col culo per terra, mentre mio padre invece di aiutarmi se la ride -.-' ... per poi venire a scoprire che è stata mia cugina (13 anni di BELIEBER) a violentarmi l'mp3. Bella famiglia, davvero.
Quindi sono leggermente incazzata. Mi serve UN ANTIDOLORIFICO MAMMAAAAAAAAAAAAAAAA! T_
Mh. :( Vi lascio, ragazzi. Se sopravvivo, ci risentiremo...
anche perchè qualcuno ha fatto saltare in aria qualcosa :D

Semper Fi,
Amalia

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Capitolo 19
*** Make it or break it ***


NCIS

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- If not pride then what? Love of country? Sense of duty? I'm sure they exist in you,
but what burns is pride, my friend. Shalom.

Ari, 1x23




Le unghiette di Whisky le graffiarono la pelle del collo, ma Ziva non se ne curò. Le braccia di Tony erano ancora strette attorno al suo busto, così come il suo viso era piegato nell'incavo del suo collo. Ma lei era riuscita comunque ad alzare la testa verso l'appartamento saltato in aria.
Le girava la testa, sentiva male. Non è possibile. No. Qualche fiamma veniva ancora giù dalla porta-finestra che dava sul balcone, mentre gli altri condomini correvano in giardino, terrorizzati. Non è possibile. Non a me. Whisky le scappò di mano e andò a nascondersi sotto la macchina di Tony. Ziva non riusciva a staccare i suoi occhi: era tutto bruciato. Non è possibile. Non ora.
"Ziva? Ziva, stai bene?" le afferrò il viso con due mani e la obbligò a guardare verso di sè. Era sconvolto e il viso leggermente imbrattato di terra; sembrava appena uscito da una delle missioni nel deserto che di solito assegnava il Mossad. Buffo.
"Riesci a sentirmi?" Ziva riuscì solo ad annuire allo sguardo preoccupato di Tony. La aiutò ad alzarsi lentamente e controllò che stesse bene, facendola girare, voltare, le alzò le braccia per controllare eventuali tagli: era una figura di cartapesta, tra le sue mani. Ancora non riusciva a reagire, per quanto desiderasse prendere la rincorsa e salire le scale.
"Ma che... ma..." balbettò Tony, mentre le controllava il polso. "Ti prego, dimmi che quella non era casa tua. Ti prego" Ziva sentì il tono di voce profondamente stanco. Non gli rispose, però. Lasciò solo che le sue mani scivolassero lontane da Tony e trovò il coraggio di muovere un passo.
"Ehi" la voce di Tony divenne improvvisamente arguta. "Ehi... EHI!" le urlò contro, quando la vide correre nell'ingresso.
Il ragazzo si guardò in giro e vide che nè polizia, nè vigili del fuoco erano ancora arrivati. Lanciò uno sguardo al condominio.
"Ma vaffanculo!" disse tra sè e sè, così seguì velocemente Ziva su per le scale.
Il suo appartamento era al secondo piano, non ci misero molto ad arrivare. Ziva aprì la porta con un calcio, anche se non sarebbe servito: era solo legno bruciacchiato, oramai. Il fumo le entrò prepotentemente nei polmoni e cominciò a tossire; stava per fare marcia indietro, ma una mano le posò un fazzoletto su naso e bocca: Tony. Aveva fatto lo stesso per lui.
Ziva lo ringraziò con un cenno del capo ed entrò nell'appartamento. Come aveva previsto, era tutto bruciato, disintegrato. Gli ultimi mesi lì dentro non avevano più importanza e Ziva si sentì morire. Quella non era casa sua, ma le faceva un brutto effetto. Inoltre, non voleva pensare alla peggiore delle ipotesi: che l'appartamento non fosse vuoto.
Camminò tra le macerie e, d'istinto, pensò a come dovesse essersi sentito suo padre, a camminare tra i detriti che avevano ucciso sua figlia minore. Scacciò quei pensieri e proseguì spedita verso la cucina. Aveva una terribile sensazione.
Tony si fidò di lei, le camminò vicino, ma leggermente indietro. Si guardava intorno perso e si stupì quando la vide chinarsi e prendere, con un altro fazzoletto, in mano qualcosa. Era una specie di grosso tubo. Sentì un rantolo e la guardò sorpreso. Quando Ziva si rialzò, sembrava normale. Ma lui li vide, gli occhi lucidi e l'espressione corrucciata.
Qualcosa non andava.
Ziva fece dietrofront e andò nel salotto: il divano era ancora in fiamme, la televisione sembrava esplosa. Ma ciò che più colpì la loro attenzione, fu della materia nera sul divano. Era grossa. Troppo grossa. Un grosso cumulo non ben identificato.
Tony fu il primo a capire che si trattava di un corpo. Le afferrò il gomito per portarla via, ma Ziva si avvicinò, lentamente, incredula.
Le venne un conato di vomito e arretrò, fino a sbattere contro la schiena di Tony. La sirena della polizia la fece sobbalzare.
"Dobbiamo andare via" sussurrò. "Scappa, Tony"
"Cosa?"
"Scappa!"
Lo trascinò fuori dall'appartamento e scesero di corsa le scale. Ziva notò subito che la polizia stava appena parcheggiando. Ordinò a Tony di mettere in moto e di andare via. Afferrò Whisky per la collottola, mentre era ancora sotto la macchina e salì a bordo.
"Vai, vai, vai!" gli urlò, mentre Tony metteva in moto e correva via. La polizia non sembrò accorgersi di niente, ma tempo qualche ora e il resto del palazzo avrebbe riferito della fidanzatina Rachel in fuga. Oltretutto con un ragazzo sconosciuto.
"Ora mi spieghi" le ringhiò contro, mentre svoltava velocemente verso la strada principale di Washington, nel caso una volante li stesse seguendo. "E ti conviene essere esaustiva, visto che il tuo gatto mi sta rovinando la tappezzeria della macchina"
Ziva si voltò e, effettivamente, Whisky si stava limando le unghiette sul sedile posteriore. "Io..."
"Cosa è successo là dentro, Ziva?" le chiese, con voce ferma.
"Il corpo. Era Michael" deglutì. "Doveva per forza essere lui... Aspetta! Non andare da Abby e McGee, non posso tornare lì" si guardò spaesata attorno.
"Perchè?"
"Perchè... perchè è il Mossad che ha fatto saltare in aria casa mia. Il Mossad ha cercato di uccidermi e io non so perchè!"
Tony sbarrò gli occhi e si voltò a guardarla, senza prestare attenzione al traffico. "Come...?"
"Hai visto quel tubo che ho preso? ... è una delle nostre tecniche, per far saltare in aria qualcosa. Michael non deve essersi accorto di niente" Ziva si prese la testa tra le mani e si chinò, fino a toccare le ginocchia con la fronte. Tony le lanciò uno sguardo preoccupato.
"Dove vado, adesso?" la sentì sussurrare. "Che cazzo sta succedendo?"




ghfghhfgh


Diane: He's not afraid to show is emotions... like some people!
Fornell (to Gibbs): She's talking about us?

9x07




"... lo sai che non ti mentirei mai. Insomma, mi hai tenuto la fronte per tutta la notte, mentre vomitavo, il secondo anno di college"
Gibbs accennò un sorriso e offrì una birra a Tobias, seduto sul suo divano. "Bene. Perchè è stata una pessima serata"
"Ah, si?" L'avvocato alzò un sopracciglio sorpreso. "No, perchè io mi ricordavo che quella sera riuscisti a strappare un'appuntamento ad una certa ragazza che piaceva ad un certo nostro compagno... o no?" scosse la testa, divertito. "Era rossa anche lei"
"La smettiamo con questa storia delle rosse?" digrignò i denti. Dalla cucina si sentì la risata di Donald Mallard, mentre tornava con due piatti pieni di nachos.
"Ammettilo, Jethro. Le rosse sono il tuo punto debole" disse rabbonito il professore.
"E' risaputo" Tobias prese un sorso di birra, gettando un'occhiata alla tv accesa.
"Ricordatemi perchè siete qui" Gibbs guardò tutti e due con un moto di fastidio, stravaccati sul suo divano.
"Perchè oggi c'è la partita e tu non puoi uscire perchè tua moglie sta per mandare in prigione un criminale" riassunse Tobias. Il professor Mallard, accanto a lui, annuì e prese un nachos: non aveva intenzione di bere birra, ma solo il suo amato Scotch Whisky, capolavoro scozzese di cui andava estremamente fiero. Ne aveva portato un pò in bottiglia, ma gli altri due lo avevano ignorato.
"E da quando guardare una partita per voi è così importante?" abbozzò un sorriso, mentre gli altri due si scambiavano uno sguardo.
"E va bene!" si arrese l'avvocato, buttando le braccia al cielo. "Diane è andata al mare e si è portata Emily. Non avevo niente da fare"
"... così mi ha chiamato per chiedermi se volevo fare un giro, ma ho una certa età" sghignazzò Ducky. "E poi volevo vedere la partita"
"E allora, da buoni amici, abbiamo pensato che avevi casa libera, visto che Shannon è ancora al corso di yoga con gli eroi del FBI!"
"Certo, buoni amici. Come no" alzò lo sguardo al cielo.
"Non ti lamentare, Gibbs" disse Tobias, sorridendo. "Sono tre giorni che stai chiuso qui dentro, ti serviva compagnia!"
"Senza offesa, ma voi due non siete proprio il massimo" Ducky e Tobias lo guardarono palesemente offesi. "Insomma, siete venuti perchè non avevate niente da fare" ribadì, in suo favore.
"Sbagliato! Dovevo portarti delle pratiche che la nostra Shanny deve firmare per il processo. Uno di questi giorni ripasso di qui, devo mettermi d'accordo con lei per la prima sessione di interrogatori. Roba da avvocati" spiegò.
"E se, per assurdo" continuò Ducky. "Qualcuno entra in casa o ti spara addosso, almeno non sei solo"
"Oh, che carini!" commentò ironico Gibbs.
Shannon tornò proprio in quel momento, seguita a ruota da Steve McGarrett e Danny Williams. Il primo era palesemente annoiato a morte, mentre il secondo aveva la tuta proprio come Shannon e parlava con lei entusiasta.
"Tua moglie ha una nuova amichetta!" ridacchiò Tobias.
"Non sottolinearlo" grugnì Gibbs. "Devo ancora capire a cosa punta: se a mia moglie, o a diventare una brava massaia... ma devo ammetterlo, sanno il fatto loro. Non è successo niente da quando sono arrivati e seguono Shannon dappertutto"
"Ma guarda chi si vede!" la donna posò le mani sui fianchi e sorrise. "Mallard e Fornell nel mio salotto. Ora sì che mi sento al sicuro!"
"Cazzo, stasera c'era il Super Bowl" Steve McGarrett guardò con desiderio la tv.
"Sto io con Shannon" Danny alzò gli occhi al cielo. "Guardati la partita"
"Ok, sono qui se avete bisogno" Steve sorrise esageratamente e si stravaccò pure lui sul divano, costrigendo Gibbs a rimanere in piedi.
L'uomo fece un rapido calcolo: tre futuri tifosi sbronzi erano seduti sul suo divano, sua moglie era ricercata e incinta, in quel momento in compagnia di un agente del FBI, mentre insieme guardavano un programma sulla cucina, nello studio.
Ok, quando, esattamente, le cose mi sono sfuggite di mano?



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Tony: You go, Ziva
Ziva: Not without you.

9x24



Tony pensava di aver dato abbastanza. Insomma, tre anni prima aveva avuto a che fare con FBI, Mossad, polizia, una ragazza killer e suo fratello psicopatico. Tony pensava, appellandosi al calcolo della probabilità, di non potersi ritrovare in una situazione vagamente simile perchè - oh, ma andiamo! - certe cose accadevano più o meno una volta su un milione.
E invece no.
Forse era un problema suo, pensò. Si, probabilmente qualcuno lassù lo odiava a morte (che fosse il nonno paterno?), tanto da mandargli tutta quella valanga di merda dal nulla: è vero che dopo Ziva il suo cuore aveva ripreso le sue normali funzioni e non sentiva più alcun brivido, ma poteva dirsi felice. Stava per diventare poliziotto, aveva amici nuovi, si era tenuto quelli vecchi, era ricco sfondato e aveva anche una trombamica. Poteva dirsi mediamente felice, per l'esattezza.
E invece no.
Senza volerlo strinse forte, tra le mani, il volante e digrignò i denti. Sempre tenendo conto del calcolo delle probabilità, c'erano poche chances che da quella storia ne uscisse vivo per la seconda volta. Oramai si era capito che ci era dentro con tutte le scarpe, non poteva tirarsi indietro. Senza contare che tutti i condomini l'avevano visto in faccia - minimo mi sbattono fuori dall'Accademia. Si voltò verso Ziva David per dirgliene quattro, del tipo 'ti conviene seguire un corso per imparare a non rovinare più la vita delle persone', ma si bloccò. Era ancora in posizone fetale, che mormorava chissà cosa. Beh, c'era sicuramente qualcuno che stava peggio di lui.
"Che faccio? Dove andiamo?"
Ziva parve riacquistare tutta la sua lucidità, perchè si rialzò velocemente, tanto da fargli temere un tremendo dolore alla schiena.
"Lasciami alla stazione degli autobus" gli ordinò, voltandosi verso il sedile posteriore. La vide sorridere amaramente. "Ti lascio Whisky, ok? Portalo da Abby e dille... non lo so. Dille quello che ti pare" deglutì, poi prese a frugare nella sua borsa. Cacciò fuori la pistola e contò i colpi.
"Aspetta, fammi capire: cosa vuoi fare?"
"Zitto e guida"
"Zitto e guida lo dici a qualcun altro, Ziva David! Ora tu mi dici cosa vuoi fare, perchè si dia il caso che tu sia una quasi fuggitiva e io un quasi poliziotto. Devi ammettere che non siamo una grande accoppiata"
"D'accordo!" si voltò furente verso di lui. "Il Mossad vuole uccidermi e non so perchè, quanto pensi che ci metteranno a scoprire che c'è solo un corpo, lì dentro, eh?! Quanto? Te lo dico io, meno di un giorno. Quindi tra qualche ora sarò ricercata quantomeno dai servizi segreti migliori del mondo, con chissà quale accusa catastrofica, sempre che io ci arrivi viva a Tel Aviv, per il processo! Ora, Tony DiNozzo Junior, cosa pensi che mi rimanga da fare?" ringhiò. "Scappo!"
"Con l'autobus?" alzò un sopracciglio. "Non mi sembra una grande idea"
"Beh, l'aereo e il treno non li posso usare: troppi controlli e videocamere. Nè tantomeno tornare da Abby e McGee. E' il primo posto in cui mi cercherebbero, senza contare che li metterei in pericolo ed è l'unica cosa che non voglio, adesso"
Tony stette in silenzio per qualche secondo. "Il Mossad lo sa quello che è successo tre anni fa?"
"Ovviamente" scivolò lungo il sedile. "Ci sono poche cose che il Mossad non sa dei suoi agenti"
"Perfetto. Allora non credo che verranno a cercarti a casa mia"
"Che... che stai dicendo?"
"Sto dicendo che torno a Baltimora prima del previsto. In auto" afferrò il cellulare e lo lanciò a Ziva. "Chiama Abby e spiegale tutto"
"Non credo di aver capito" boccheggiò Ziva, maneggiando tra le mani il telefono.
"Vieni con me" sospirò. "Vieni con me a Baltimora. Arrivati a questo punto... o la va, o la spacca"

McGee guardò la sua ragazza lavorare frenetica al computer e sorrise. Si diceva sempre che era stato fortunato, ma quante volte gliel'aveva davvero detto? Pensava sempre a come era finita tra Tony e Ziva e a quanta sofferenza c'era stata. Non voleva che accadesse anche a loro.
"Abby..." venne interrotto sul più bello dal cellulare della ragazza. Lo afferrò per lei e vide che era Tony.
"Tony sta chiamando" alzò un sopracciglio. "Rispondo?" la vide annuire, troppo concentrata sul suo lavoro.
"Pronto?... Ziva, cosa... ma che... Oh. Cazzo" Abby si voltò velocemente verso di lui. McGee le fece segno di aspettare. "Si, si... ah ah" annuì. "Siete sicuri? Non pensate che sia... ? Documenti falsi?" boccheggiò e Abby spalancò gli occhi. "Io credo... penso che Abby possa procurarteli. Si, ci pensiamo noi... ok, ciao" chiuse la chiamata.
"Che diavolo hanno combinato?" strillò la ragazza.
"L'appartamento di Ziva è saltato in aria, con il suo collega dentro. Dice che è stato il Mossad e che sta scappando da Tony a Baltimora" sussurrò, buttandosi a peso morto sul divano, seguito da Abby.
"Oh, cazzo"
"Già"
"E Tony...? Si, insomma... ha accettato?"
"Te l'ho detto che l'ama ancora. Sicuramente si sarà gettato a pesce in questa bellissima novità" digrignò i denti. "Suicida. Quel ragazzo è un potenziale suicida. Ah, a Ziva servono documenti falsi. Dice che resterà da Tony per un pò, mentre cerca di mettersi in contatto col padre" aspettò una risposta di Abby, che non arrivò. Si voltò verso di lei e vide che gli occhi erano lucidi.
"Stai bene?"
"No. Perderemo Ziva di nuovo, me lo sento" si asciugò una lacrima e si aggrappò al petto di McGee, che la strinse forte.

"Che ha detto?"
"Ci penseranno loro ai documenti falsi" Ziva posò il cellulare sul cruscotto e chiuse gli occhi. Respira. Respira. Michael è morto. Respira.
"Perchè lo stai facendo?" guardò di sottecchi Tony e tirò su col naso. "Perchè lo stai facendo? Dicevi di odiarmi"
"Te l'ho detto, oramai ci sono dentro. Spero solo che nessuno abbia preso il numero di targa"
"Tony..."
"Sta zitta. Per favore" e Ziva, per la prima volta dopo tanto tempo, ubbidì.
































Maia says:

Aloha, lettori v_v lo so, lo so, non sono proprio velocissima nell'aggiornare, ma la storia si sta complicando e io ho passato una settimana d'inferno tra un funerale, le amiche, i compleanni e... ._________. vabbè. Sto seriamente pensando che... la scuola mi manca.
[Probabilmente è solo il caldo che mi da alla testa]
Allora... Il Mossad ha fatto fuori Michael e vuole far fuori Ziva. Ma perchè? v_v Voglio vedere se ci arrivate v_v Innnnnnnnnnnnnoooooooooooooooooooooltre, la nostra piccola israeliana è in trasferta per Baltimora, in fuga da polizia/Mossad e starà a casa di Tony... si prevedono scintille *_* Anche perchè... da Tony ci sono i Densi (Deeks e Kensi) e Sam, Callen, Kate, Rick... (che, per la gioia di molti di voi, torneranno nel prossimo capitolo a dare man forte alla fuggiasca :D - a proposito, ho comprato il libro di Richard Castle **).
Fatemi sapere v______________v

P.s.: Un caloroso benvenuto a Steve e Danny da Hawaii Five-0 :D Non so se molti di voi lo guardano, ma io me ne sono innamorata *_* (soprattutto di Steve/Alex O'Loughlin :Q_____________________________) a me personalmente fanno ridere un sacco e, visto che è la prima volta che mi cimento con loro, li sto trattando con i guanti x'D Più o meno li tengo sulla linea di tiro del telefilm originale.

P.s.2: Sono così disperata che vi chiedo aiuto :( La mia migliore amjca fa 18 anni e io DEVO farle una sorpresa la sera della festa (che si svolgerà in un locale)... il problema è che non so dove mettere mano. Lei non vuole collage di foto, non vuole video, non vuole niente di niente... non è che a qualcuno di voi hanno fatto/avete fatto una sorpresa carina? D': fatemi sapere, che non ci sto dormendo la notte.

P.s.3: perdonate eventuali errori di battitura, non ho tempo di ricontrollare al millimetro :(

Semper Fidelis,
Amalia.

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Capitolo 20
*** Fai bei sogni ***


NCIS

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- I'm a very special agent. I have my ways


Tony, 9x22



Ziva credeva di averla superata. Credeva davvero di averla superata. Oramai si sentiva grande, era nel Mossad, con suo padre le cose si stavano risolvendo. E invece? Si accorse, con orrore, di non essere diversa dalla ragazzina che, tre anni prima, piangeva disperata sul retro di una macchina dei federali, per la perdita di suo fratello, e veniva presa in braccio da un ragazzino, spaventato almeno quanto lei.
Ziva si accorse di odiare ancora profondamente sè stessa: per quello che era diventata (e che aveva promesso a sua madre di non diventare mai) e per quello che aveva dimenticato (che si era ripromessa di non dimenticare). La morte di sua madre, di Tali e di Ari bruciavano ancora come una ferita mai rimarginata. La prematura scomparsa di Michael aveva portato a galla tutto quel marciume che si ostinava a portare dietro. Non amava Michael, ma un'ondata nuova e pura di dolore la travolse, facendole smorzare il respiro.
Solo in quel momento, stava elaborando ciò che era accaduto. Passi la bomba, il Mossad... ma Michael era morto. Il suo collega, colui che avrebbe dovuto proteggerla era morto. Tutti quelli che la amavano, prima o poi facevano quella fine.
Whisky cominciò a miagolare quando, sul pelo fulvo, sentì delle gocce d'acqua davvero fastidiose. Tony si voltò, attirato dal suono soffice del micio, e vide chiaramente una lacrima scendere dagli occhi di Ziva.
Tornò subito con lo sguardo rivolto all'autostrada. Non gli avrebbe mai permesso di consolarla - avrebbe perfino mentito, se fosse stato necessario. Eppure, tutto in lei urlava un disperato bisogno di aiuto.
"Siamo arrivati" le disse, a tarda sera, dopo qualche ora di viaggio e poche frasi di circostanza. Ziva alzò gli occhi sul condominio dall'aria poco rassicurante, con qualche mattone mancante, malamente intonacato. Whisky si lamentava eccessivamente, così lo cullò tra le braccia, mentre saliva le scale dietro Tony. Entrambi erano senza bagaglio ma, se i vestiti del giovane DiNozzo sarebbe stati spediti da McGee, Ziva non aveva più nulla. In assoluto.
"Tony!" Sam fu una ventata di aria fresca. Abbracciò il suo coinquilino di slancio e i dreds volarono con lui. A Ziva ricordò in qualche modo Abby. "Sei qui! Accidenti, ti aspettavamo fra qualche giorno e..." la notò, finalmente. Poi notò il gattino. "C'è un gatto" lo indicò stupito. "Vieni, micetto. Gli do del latte, va bene?" rassicurò Ziva con una strizzata d'occhi e lei glielo lasciò, decisa a fidarsi. Non le aveva chiesto niente.
Tony la fece entrare in casa, spostandosi dall'ingresso e lievemente turbato.
L'appartamento era come lei se l'era immaginato: spoglio, ma caotico. Un ambiente di passaggio, ma vissuto intensamente. Non a caso, il salotto era pieno: c'erano sei persone sedute tra divano, poltrona e tappeto sul pavimento. E tutti sorrisero esageramente alla vista di Tony. Ziva non se ne stupì, più di tanto. Era quello che aveva amato di lui: la straordinaria capacità di farsi voler bene senza metterci impegno, semplicemente perchè lo voleva.
"Mi sei mancato!" una ragazza si aggrappò al suo braccio e Tony, ridendo, le accarezzò la testa. Le venne automatico guardarla male, come faceva al liceo - poi si rese conto di non avere un briciolo di autorità per farlo.
"Io non ti abbraccio" ridacchiò un ragazzo biondo. "Voglio solo sapere chi è la sventola che ti porti dietro! Io sono Deeks, comunque" le si parò davanti e le fece il baciamano.
"Rachel" si presentò Ziva, usando il nome che aveva concordato con Michael. Michael, che era appena morto.
"Ottimo. Un'altra delle tue puttane?" rise l'altra ragazza, seduta sul divano.
"Quanto sei simpatica, Kate" borbottò Tony. "Lei è, uhm... una mia... amica. Ha bisogno di ospitalità" la testa di Sam spuntò dalla cucina.
"Per me non ci sono problemi. C'è un divano libero, se stasera Deeks evita di ubriacarsi"
"Quanto sei stronzo! Mi fai anche pesare la cosa"
"Dovere, Deeks, dovere!"
Quelle scenette dovevano essere familiari, perchè tutti risero e malmenarono il povero Deeks. A Ziva vennero in fretta presentati Kate e Rick (che a quanto aveva capito, faceva lo scrittore), Sam, Callen e Kensi (la ragazza che aveva guardato ingiustamente male).
Sam l'Artista l'aveva già conosciuto, così come Deeks.
Ha una vita nuova. Tony si è rifatto una vita. Guardò tutti quei nuovi volti come se stesse per vomitare.
Io non ci sono riuscita.
"Ma la tua amica Rachel non ha bagagli? E i tuoi?" Kensi li guardò sovrappensiero.
"Oh, ehm... ce li spediranno, penso. Siamo venuti di corsa" involontariamente, scambiò uno sguardo con Callen, che lo guardava sospettoso.
"Rachel, ti va di mangiare?" Kate le si avvicinò. "C'è la solita pizza riscaldata in cucina, ma credo che ti possa bastare. O no?"




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- Don't you dare tell me there is a reason for you throwing away what you had

Gibbs, 2x01



Gibbs, la sera prima, era andato a letto esausto: la partita era finita tardi e aveva dovuto accompagnare Tobias a casa (perso nei fiumi dell'alcool), che blaterava senza sosta di quanto fosse crudele e senza cuore la sua ex moglie. Senza contare che aveva dovuto tenere a bada gli altri due, troppo impegnati a tifare per accorgersi del resto, e anche sua moglie aveva voluto la sua parte; McGee ed Abby, infatti, erano passati a trovarla e a lei non era di certo passata inosservata la mancanza di Tony e Ziva, soprattutto. Gibbs non aveva avuto il tempo di chiedere nulla, perchè lo sguardo dei suoi vecchi alunni aveva detto tutto.
Chissà in cosa si erano cacciati, di nuovo. E temeva che quell'esplosione in centro significasse qualcosa. O, almeno, così gli aveva suggerito lo sguardo terrorizzato di McGee al telegiornale serale.
La mattina dopo, perciò, Gibbs si alzò con un forte cerchio alla testa e con la sensazione di non essersi riposato abbastanza. Gettò lo sguardo accanto a sè, dove Shannon e il suo pancione dormivano beatamente. Lei, invece, la sera prima sembrava proprio essersi divertita: aveva scommesso con Danny su chissà quale programma di cucina, vincendo cinquanta dollari, poi la visita dei ragazzi l'aveva rinvigorita.
Forse le donne incinte avevano poteri sovrannaturali.
Si alzò lentamente, controllando l'orologio: erano le sette spaccate e, entro un'ora, doveva essere a scuola. Fece una doccia veloce, mentre Shannon ancora dormiva, si vestì di tutto punto e fece una veloce ma calorica colazione. In salotto trovò Danny e Steve che giocavano a poker (chiedendosi contemporaneamente se fosse una cosa legale, mentre controllavano una testimone).
"Io vado" disse agli agenti. "Mi raccomando"
Danny gli sorrise, con la faccia sconvolta e i capelli arruffati. "Tranquillo. Siamo pronti e svegli!"
"Svegli mica tanto. Non avete una bella cera" prese la sua borsa dall'ingresso. "Avete dormito?"
"Poco" intervenne Steve. "A turni" spiegò velocemente, mentre si scambiava uno sguardo d'intesa con Danny. Era da quando gli erano piombati in casa che quei due sembrano nascondere qualcosa; Gibbs non sapeva esattamente cosa, ma qualcosa c'era di sicuro. Shannon, la sera prima, aveva avanzato l'ipotesi che i due fossero una coppia. E perciò con tutte le implicazioni del caso. A lui non avrebbe dato molto fastidio, eccetto per il fatto che le loro moine li avrebbero distratti dalla protezione di sua moglie.
Li guardò un'ultima volta, abbozzò un sorriso e uscì di casa. L'aria cominciava decisamente a riscaldarsi, così, mentre prendere le chiavi, si sfilò anche la giacca. Raggiunse l'auto e, mentre cercava la chiave giusta, notò qualcosa sulla fiancata che non doveva esserci.
"Steve!" urlò. Mentre l'agente lo raggiungeva, Gibbs si abbssò ad osservare i fori di proiettili che aveva piantato nella sua auto.
"Che è successo?" Steve uscì di corsa, seguito da Danny.
"Guardate!" indicò con un dito i cinque cerchietti.
"Hanno sparato sull'auto. Chiaro avvertimento da banda" mormorò Steve.
"Chiamo la centrare. Niente scuola, per oggi" Danny prese il telefono e si allontanò.
Gibbs sospirò e si rivolse a Steve. "Dimmi la verità: quante probabilità ci sono che si fermino agli avvertimenti?"
"Meglio che tu non lo sappia"

Un'ora dopo circa, casa Gibbs era circondata da pattuglie e un grosso SUV dei federali. Shannon era seduta sugli scalini dell'ingresso, con l'aria affranta, mentre osservava i poliziotti della scientifica rilevare chissà quale traccia. Non che non si fidasse della polizia, ma le sembrava alquanto improbabile che gli autori del misfatto avessero lasciato qualcosa: probabilmente avevano sparato dall'auto in corsa.
"Ehi" Gibbs si sedette accanto a lei.
"Ehi" gli prese una mano e la strinse, portandola sulla pancia.
"Come stai?" le chiese, scrutandola a fondo.
"Bene. Credo. Io..." deglutì. "Non riesco a togliermi dalla testa l'immagine di te, sanguinante, chiuso in auto" poggiò la fronte sulla sua spalla. "Jethro, potevi esserci tu in quella mattina. E' stato solo un caso - o una mossa ben studiata - che tu non fossi lì"
"Non ti libererai di me" scherzò.
"Smettila" Shannon mise il broncio e alzò il viso per guardarlo. "Non è uno scherzo. Voglio che tu stia attento"
"Starò attentissimo" la rassicurò, prima di baciarla velocemente sulle labbra. "Ti amo troppo per morire prematuramente"
"Carino" ridacchiò, poi tornò seria. "Promettimelo. Prometti che ti guarderai le spalle"
"Te lo prometto, signora Gibbs"



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Ziva: "The two of them alone in another world"
Tony: "Putting their lives in each others' hands everyday. It was inevitable"

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L'arrivo di "Rachel" non aveva convinto tutti. Se persone come Deeks e Rick ci passavano sopra, Callen, Kate, Kensi e Sam cominciarono a guardarla con sospetto: non aveva bagagli, sembrava sconvolta, Tony non parlava (o se lo faceva utilizzava monosillabi) e si era presentata con un gatto. Un gatto arancione che stava distruggendo le tende dell'appartamento.
"Forse è meglio che vada" Sam L'Artista (come lo aveva soprannominato Ziva tra sè e sè) prese una sacca in un angolo della cucina. "Tony, paga l'affitto alla signora di sotto, mentre io non ci sono"
I presenti si alzarono per salutarlo. Evidentemente, erano tutti lì per una specie di festa d'addio. Anche Tony abbracciò il suo coinquilino. ù
"Dalle la mia stanza" gli sussurrò all'orecchio. "E sta attento"
"Lo farò"
Videro i suoi dreds sparire lungo le scale e la sua ragazza che lo raggiungeva nell'atrio.
"Cavolo, un safari. Chi andrebbe mai a fare un safari?" Deeks spalancò gli occhi. "Ci sono i leoni"
"Ma sta zitto" Kensi gli tirò uno scappellotto. "Andiamo a casa, su, Deekie" lo afferrò per il collo e lo trascinò fuori dall'appartamento.
"Andiamo via anche noi" Kate si stiracchiò e Rick si alzò dal divano. "Domani abbiamo lezione"
"E io ho un'intervista" il ragazzo si schiarì la voce e si sistemò il colletto della camicia. "E' stata una bella serata"
"Ciao, ragazzi" li salutò Tony, accompagnandoli alla porta. "Ci vediamo domani, Kate"
"A domani"
Anche Callen e Sam si erano alzati. "Tony, vieni un po' qua" Sam mosse l'indice verso di lui.
"Che c'è?" Ziva era seduta sul pavimento, accanto a Whisky, e non vi era nessun pericolo che sentisse.
"Chi è quella?" scandì Callen, indicandola con un cenno del capo. "La verità"
"Mi dispiace, ragazzi. Ma davvero, non posso dirvi niente" si grattò la testa.
"Se ti sei cacciato in qualche guaio..." cominciò Sam. "... diccelo. Possiamo risolverlo insieme"
"Non posso proprio" Tony ridacchiò nervosamente. "Comunque grazie" diede una pacca sulla spalla a tutti e due, mentre se ne andavano. Quando chiuse la porta dietro di sè, tirò un sospiro di sollievo. Aveva scordato che quel giorno Samuel doveva partire per il safari in Africa con la sua stramba fidanzata. Trovare tutta la banda sul suo divano non era stato esattamente un colpo di fortuna - soprattutto perchè avevano subito capito che c'era qualcosa che non andava.
"Ehm, Ziva..." la chiamò. Lei alzò la testa nella sua direzione. Aveva le occhiaie. "Puoi prendere la mia stanza. Mi sistemo io in quella di Sam"
"Non c'è bisogno, sto sul divano"
"Non dire cazzate" sbuffò. "Imboccato il corridoio, quella porta lì" gliela indicò con un vago gesto della mano. "Potresti evitare di portarci il gatto?"
"D'accordo" diede un'ultima carezza a Whisky, che si appiattì per farle le fusa, poi si avviò verso camera sua.
Una volta entrata, scoprì che Tony non era cambiato proprio per niente: le pareti erano tappezzate di poster di film in bianco o nero, il letto aveva le lenzuola di Magnum PI e una marea di libri e vestiti erano sparsi un pò dappertutto. Solo la collezione di DVD era ben impilata nell'unica libreria della stanza, mentre l'armadio a muro stava sopra il letto.
Ziva sorrise e accarezzò le coperte del letto. Poi si distese, poggiando la guancia sul cuscino. C'era l'odore di Tony dappertutto. Un morsa le fece sobbalzare lo stomaco: nostalgia. Non poteva essere altro che quello.

"Stupido, fottuto gatto! Ti odio, lo sai?"
Tony si era svegliato molto bruscamente intorno alle tre di notte. Dapprima aveva sentito come degli aghi sulle cosce, poi qualcosa di ruvido e caldo sulla guancia. Whisky.
"Lo sapevo che non dovevo lasciare la porta aperta. Gatto malefico" lo riportò in cucina tenendolo per la collottola, schifato.
"Mi hai leccato la faccia! Non si fa, cattivo gattino. Cattivo, cattivo, cattivo!" lo lanciò sul divano, dove cadde con una capriola ben piazzata.
"E non miagolarmi in faccia" lo minacciò, quando lo vide avanzare con le zampette nella sua direzione. "Sta lì, buono"
Imboccò il corridoio per ritornare nella camera di Sam, quando venne attirato da un suono soffocato. Proveniva da camera sua.
Sembravano gemiti, o lamenti. Niente di buono, insomma. Fortunatamente Ziva aveva lasciato la porta socchiusa, come si permise di entrare.
Era rannicchiata in posizione fetale e, a quanto pare, era proprio lei a gemere durante il sonno. Scalciava, anche.
Tony ricordava con chiarezza le sere che aveva passato da lui dopo la morte di Ari: era un film già visto, stava solo facendo un brutto sogno.
Si avvicinò piano al letto e le si sedette accanto. Aveva la fronte imperlata di sudore e una brutta smorfia che le deturpava il viso.
"Zee..." le accarezzò piano una guancia. Riuscì a calmarla, ma senza svegliarla. "Fai bei sogni" le baciò una tempia, delicatamente, per poi uscire dalla porta.
Ziva dormì tranquilla per il resto della notte.



























Maia says:

Uff. Si, ci sono. Eccomi! >.< Ho rischiato di morire per il caldo, spiaccicata sul mio divano, ma invece ce l'ho fatta **
Purtroppo, devo darvi una notizia >.< Questo è l'ultimo capitolo prima di settembre, perchè la settimana prossima vado in vacanza e non avrò un pc :/ ( a parte il telefono con internet, ma sono impossibilitata a scrivere capitoli... :/) Giuro che, però, dove e quando posso, mi scrivo qualche appunto per il capitolo post-vacanze (che non so quando arriverà, ma arriverà) XD

# Il titolo del capitolo "Fai bei sogni", è 'dedicato' all'ultimo libro che ho letto - Fai bei sogni, appunto, di Massimo Gramellini.
Se potete, LEGGETELO. Io l'ho scaricato da Internet in PDF e l'ho finito in un giorno, per poi piangere per il resto del pomeriggio. E' straziante, ma bellissimo. L E G G E T E L O  ** Se lo volete in pdf ve lo mando, SOFT u.u

Comunque, squadra... per adesso, la ff entra in pausa estiva :(

Ci vediamo fra un pò di settimane, susu :'D

Semper Fi,
Amy

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Capitolo 21
*** Di bersagli e riviste porno. ***


NCIS

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Tony: Well. I like that there's someone out there that makes you smile
Ziva: Yes. There is.

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"Ok... che mi sono perso?" Tony DiNozzo Jr rimase immobile sulla soglia del salotto, con le occhiaie e un gran mal di testa. Ziva David si voltò verso di lui solo per qualche secondo, in tempo per vederlo senza maglia del pigiama.
"Indago. Non ti dispiace, vero?"
"No, no. Fai pure..." spalancò gli occhi. "Potevi essere più discreta. Tutto qua" osservò con poco garbo la lavagna gigante che Ziva aveva letteralmente costruito grazie alle tele e ai cavalletti di Sam. Con la tempera nera aveva scritto nomi, fatto collegamenti. In alcuni punti, potè notare, c'erano anche dei disegni incomprensibili. O forse erano solo parole in ebraico. Poi numeri, e note a margine. Sembrava averci lavorato per giorni, invece erano solo poche ore. Aveva anche attaccato delle foto, chissà da dove le aveva prese.
"Bel lavoro" soffiò tra i denti. Whisky si era già appropriato di una poltrona. "Sei arrivata a qualche conclusione?"
"No" si grattò la testa con il pennello, l'aria scocciata. "Anzi, mi sono resa conto che ci sono fin troppe persone pronte a farmi fuori. O almeno, a tentare di farmi fuori. Non ci sono riusciti"
"Scusa un attimo" Tony si sedette sul divano, giusto di fronte le tele allineate. "Perchè pensi di essere tu il bersaglio? Poteva anche essere il tuo collega. Di fatto, lui è morto... non tu. Se davvero è stato il Mossad - e non mi riesce difficile crederlo -, avrebbero fatto un errore così grossolano?" fece una smorfia. "Tu stessa, qualche anno fa, mi hai detto che siete i migliori in intelligence"
"Ci avevo già pensato. Ma non vedo perchè uccidere Michael. Era pulito, so che lo..." spalancò la bocca. "Papà" sussurrò.
"Cosa?"
"Mio padre" si voltò verso di lui, dubbiosa. "Mi aveva detto di stare attenta a Michael Rivkin, tempo fa. Di non fidarmi, forse"
"E perchè?"
"Ah, non lo so. Ho provato a chiederglielo ma... mi ha ignorata"
Tony si grattò il mento. "Vabbè. Io ho fame. Vado a prendere dei cornetti al bar all'angolo. Non muoverti" la guardò di traverso e, indietreggiando, tornò in camera sua. Ziva si passò una mano sulla fronte e sbadigliò, mentre osservava perplessa le tele. In effetti, Tony non aveva torto: se qualcuno del Mossad la voleva morta, non aveva possibilità di sopravvivere. Papà. L'unica soluzione era contattare Eli David. Non sapeva, tuttavia, come fare. Il direttore stesso non era immune ad intercettazioni telefoniche e chiamare non era sicuro come una volta.
"E se non chiamassi direttamente mio padre?" disse, tra sè e sè.
"Cosa?" le urlò Tony, da un'altra stanza.
"Senti, qui intorno c'è ancora una cabina telefonica funzionante?"
"Penso di si, perchè?"
"Mi ci puoi accompagnare? Devo telefonare ad una vecchia amica"

"Abby?"
"Mh?"
"Stai torturando quel pezzo di carne da un quarto d'ora"
"Oh"
La ragazza posò sul vassoio la forchetta di plastica e prese a guardarsi intorno nervosa: la mensa dell'Università non le era mai apparsa un luogo così pieno di pericoli. "Tim..." si voltò verso il suo ragazzo. "Secondo te, Ziva ha ragione? C'è un gruppo di studenti che ha venduto i nostri brevetti per scopi terroristici? Possibile che nessuno se ne sia accorto?"
"Se, e sottolineo, se Ziva ha ragione, ancora nessuna trattavia sta andando in porto... ci hanno solo rubato le idee" le accarezzò la mano col pollice. "E poi, non ti devi preoccupare: se conosco bene Tony, sta aiutando Ziva a venirne a capo e ciò vuol dire solo che la situazione migliorerà prestissimo!" annuì e le sorrise.
"Che possiamo fare, nel frattempo?" Abby si morse il labbro inferiore.
"Scovare gli studenti traditori. E, se permetti, ho anche qualche idea per farli uscire allo scoperto" ridacchiò.
"Sai che questa tua aria misteriosa, mi piace?" sorrise e si alzò, prendendo la sua borsa. "Ci vediamo in camera mia. Muoviti a mangiare"




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- You've been doing a one hell of a job, Anthony

Gibbs, to Tony, 6x16



"Mi sento un estraneo in casa mia. McGarrett sembra un cane da caccia e Danny sta sempre davanti alla tv. Non ce la faccio" Gibbs alzò le mani al cielo. "Penso che mi trasferirò sotto i ponti finchè questa storia non si sarà conclusa"
"Scherzaci poco sopra, Jethro. E' una questione davvero seria. Si tratta della tua sicurezza e della sicurezza delle tue ragazze"
"Lo so, Ducky. Ma sono stanco"
"Gerald non è venuto a scuola nemmeno oggi"
I due insegnanti abbracciarono la mensa con gli occhi. "E' una settimana che manca?"
"All'incirca" Ducky deglutì e si tamponò la bocca con un tovagliolo. "Ma parliamo di Shannon: come sta?"
"Bene. E' solo molto tonda" sorrise. "Stranamente la vicinanza con i due pazzoidi le sta facendo bene. Si sente sicura e mi permette di uscire di casa senza andare in iperventilazione" ridacchiò.
"Il processo quando ci sarà?"
"Quattro giorni e non so davvero..." si strofinò il viso con le mani. "Sono stanco"
"L'hai già detto" il professore annuì tra sè e sè. "Quello incinto e sotto processo sembri tu!"
"E' come se lo fossi..."

"... è come se lo fossi!" Danny passò una ciotola piena di latte a Shannon, che annuì comprensiva e gettò il contenuto nell'impasto dei biscotti al cioccolato. "Capisci? Sono suo padre e mi sento il patrigno" digrignò i denti. "Grace è mia figlia"
"Brutto affare" sbuffò Shannon, mentre prendeva un mestola e univa il tutto. "Non puoi andare in tribunale?"
"E a dire cosa? Che mia moglie si è risposata e che suo marito non mi piace? Nah. Cerco di tenere Gracie il più possibile"
Steve si voltò: "E' una bambina adorabile" sorrise, poi tornò a guardare fuori dalla finestra.
"La porti in ufficio?" gli domandò Shannon, incuriosita.
"Si, qualche volta, quando proprio non la posso lasciare alla baby sitter, o sua madre non la può tenere. Sai com'è, sembra che si diverta ad aggirarsi tra pistole e documenti del Bureau. Deve aver preso tutto da suo padre" Danny gonfiò il petto.
"Ma sta zitto" Steve alzò gli occhi al cielo. "Quella bambina è cento volte più sveglia di te"
"Mi stai chiamando stupido?"
"Esatto"
Shannon scoppiò a ridere. "Smettetela! E aiutami a riempire le formine dei biscotti" tirò una gomitata a Danny, intento a fulminare con lo sguardo il suo collega. "Dovresti portarla qui, un giorno di questi. Sono sicura che la cantina le piacerebbe, Gibbs ci tiene un enorme quantità di cose... nemmeno io ci vado mai, credo che mi verrebbe un attacco d'ansia per tutto quel disordine"
"Visto? Non solo io sono allergico al disordine" si lamentò Danny, voltandosi verso Steve.
"Tu sei esagerato" si sentì rispondere.
"Oh, vivete insieme?" la donna sorrise e infornò i primi biscotti.
"Purtroppo. Dopo il mio trasferimento è stata la soluzione più comoda. Cerco una casa più grande, però. Dove Grace possa avere una stanza tutta sua" Danny sorrise. "Mi piacerebbe che possa fermarsi a dormire e..."
Steve si schiarì la gola, infastidito. "Oh. Super Uomo McGarrett dice che può dormire da lui. Ma a me da fastidio. Non è casa mia"
"Lo è. E lo sai" Il collega si alzò, il volto cupo. "Vado a fare un giro intorno alla casa"
Shannon osservò l'agente uscire e chiudersi violentemente la porta alle spalle. "Mi spieghi cosa...?"
"E'... difficile" sospirò Danny. "Allora, quanti altri biscotti devo fare?"
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- I'm not a goth. I'm a scientist.

Abby, 8x14




"Dove l'hai imparato? Anzi... sai cosa? Non lo voglio sapere!" sussurrò Timothy McGee, mentre la sua ragazza tentava di scassinare la porta della camera nel campus di Francis J. Thompson, l'unico studente traditore di cui conoscevano l'identità.
"Quanto la fai lunga... l'idea me l'hai data tu!"
"No, io ti avevo detto di entrare in camera di Francis, ma con metodi quantomeno legali" sbuffò. Gettò un'altra occhiata verso il corridoio, fortunatamente deserto. Per far scappare gli studenti, avevano finto di aver perso un ragno durante un'esperimento. Non era stato difficile farlo credere a tutti, visto che le identità dei partecipanti al progetto 09 erano ben note.
L'unica stanza non aperta era quella di Francis. Il ragazzo era, probabilmente, in fuga chissà dove e con chissà chi. Ma, almeno, sarebbe stato utile a Ziva e al Mossad sapere le identità degli altri ragazzi.
"Fatto!" esultò Abby, tirandosi su. "Porta aperta!"
"Bene, entriamo. Possibilmente, cercando di non finire in prigione"
Senza farsi vedere, Abby alzò gli occhi al cielo e lo precedette. La stanza era nel caos e la cosa non piacque a nessuno dei due; sarebbe stato complicato perquisirla in condizioni normali, ma con tutti gli oggetti sparsi in giro rasentava l'impossibile.
"Avrà preso le sue cose per la fuga" McGee si grattò il mento. "Facciamo così... tu sotto, io sopra"
"Tim!" trillò Abby. "Non che mi dispiaccia fare sesso in una situazione del genere, ma..."
"Cosa...? Che hai capito?" Il ragazzo divenne rosso ed Abby sorrise. "Intendevo dire, io mi occupo di mensole e armadi in alto. Tu controlla le cose sul pavimento"
"Oh! Beh, potevi spiegarti meglio, sporcaccione!" gli tirò scherzosamente una pacca sul sedere. "Cosa dobbiamo cercare?" poggiò le ginocchia sul pavimento e si calò, tanto da sfiorare la moquette col naso. McGee lanciò un'occhiata soddisfatta al suo fondoschiena.
"Non lo so. Numeri, nomi..." si guardò in giro. "... foto" sussurrò. Attaccate ad una lavagna in sughero, c'erano due fotografie. McGee le staccò con delicatezza: una era stata scattata il giorno del diploma di Francis, l'altra sembrava fatta nel cortile del campus. E ritraeva sempre gli stessi quattro ragazzi. "Credi che Francis sia tanto stupido da tenere la foto dei suoi complici al muro?"
"Probabile" sghignazzò Abby. "Tienila, intanto continuiamo a cercare.... uh, riviste porno sotto il letto!"

"Ti aspetto" Tony poggiò le spalle al muro che ospitava una cabina telefonica. Ziva lo guardò con malcelato fastidio, poi si decise a fare la sua telefonata. Inserì la carta di credito che Tony le aveva gentilmente prestato e compose il numero desiderato. Tremante, inserì il prefisso dello Stato d'Israele. Deglutì tre volte, una per ogni squillo andato a vuoto.
"Leni" biascicò, quando sentì la domestica alzare la cornetta.
"Oh, buon Dio. Zi..."
"Non dire il mio nome, Leni! Ascolta, non ho molto tempo, rispondi solo si o no. Papà è in casa?"
"No" Ziva sperò ardentemente che non scoppiasse in lacrime.
"E' in ufficio?"
"No"
"Sa cosa è accaduto... qui?"
"Si"
"Immaginavo. Leni, ora è importante che tu avvisi mio padre. Digli che ho chiamato e che..."
"No" le tremò la voce, ma sembrava risoluta.
"Cosa?" strillò Ziva.
"No, non posso"
"Perchè?"
"Perchè... è lì"
"E' qui? Mio padre, Eli David, è qui? Qui in America?"
"Si"
"Oh, merda. D'accordo, grazie. Mi manchi Leni" sorrise, come se potesse realmente vederla. "Shalom"
"Shalom, bambina"
Ziva terminò la telefonata ed estrasse lentamente la carta di credito. La porse a Tony, che la osservò attentamente: doveva avere un enorme punto interrogativo sulla faccia, perchè il ragazzo le toccò leggermente il gomito.
"Che succede?"
"Ci credi se ti dico che non lo so" si massaggiò la fronte. "Mio padre è qui in America"
"Non è un bene? Se sa cos'è successo, può proteggerti meglio di chiunque altro. Andiamo a fare colazione, adesso. Sono affamato" abbozzò un sorriso e, malgrado tutto, Ziva si ritrovò a ricambiarlo. Non era affatto convinta che suo padre fosse lì per proteggerla: avrebbe potuto chiamare. Invece, se l'era ritrovato nello stesso continente senza una spiegazione valida. Aveva il vago sentore che tutta quella storia fosse molto più complicata di quello che Tony pensasse.
Però aveva fame anche lei. Decise di accantonare tutta quella storia per qualche minuto - giusto il tempo di un muffin al cioccolato.











































Maia says:

Squadraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! :D
Troppo entusiasmo, vero? Scusate, ma non pensavo di riuscire a finire questo capitolo, sul serio ._. il ritorno dalle vacanze è stato da incubo, volevo seriamente buttarmi dal balcone, ma credo di essere in procinto di migliorare x'D

Comunque: le vostre vacanze come sono andate? u.u Le mie, una favola, STRANAMENTE XD Ho fatto le amicizie giuste :)
Fra una settimana torno a scuola per l'ultimo anno di liceo ._. Quindi abbiate pazienza se ritarderò la pubblicazione o alcuni capitolo faranno schifo :'(

Ah, un'ultima cosa... mi siete mancati :'D

Semper Fi,
Maia.

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Capitolo 22
*** The best way to predict the future is to invent it. ***


NCIS
[ATTENZIONE! IMMAGINI E FRASI SPOILER! :D]









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Ziva: We slipped
Tony: Did we? I thought the earth moved

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La prima cosa che Tony notò fu il modo in cui Ziva mangiava il suo muffin. Prima di tutto, si era morsa leggermente il labbro inferiore. Aveva, subito dopo, preso una goccia di cioccolato con due dita e se l'era portata alla bocca: aveva fatto così con tutte le altre, lasciando il dolcetto senza la sua decorazione, per poi aprirlo in due, per osservare il cuore di cioccolata all'interno. Erano i suoi preferiti.
Tutto il rito sotto lo sguardo di Tony, affascinato dal fatto che Ziva David non fosse per niente cambiata. In cui tre anni si era immaginato di tutto - potrebbe avere un marito, forse. O i capelli rosa. Magari l'hanno messa incinta, o è in prigione, il che non mi stupirebbe più di tanto, in effetti - ma non che continuasse a mangiare i muffins in quel modo strano, infatile, ma tutto suo. Tony la guardò per tutto il tempo, senza dire niente, solo con la guancia poggiata sul palmo della mano e l'espressione tranquilla. Aveva dimenticato quanto potesse farlo sentire bene guardarla; avrebbero potuto passare settimane, ma Tony non avrebbe cambiato posizione.
"Che hai da fissare?" borbottò, alla fine, la ragazza. "Sono dieci minuti che non fai altro"
"Scusa" si riscosse e si schiarì la gola. "E' che..." abbozzò un sorriso. "Tu mangi esattamente come tre anni fa: sembri un uccellino. Fai tutto a pezzettini, mangi lentamente e ingurgiti parecchio cibo, così, anche se non sembra"
"Tu hai finito il tuo cornetto in due morsi. Anche tu non sei cambiato per niente" Ziva alzò le spalle.
"Già" asserì Tony, rilassandosi sulla sedia. Aveva capito che, quella mattina, Ziva non aveva intenzione di mordere e doveva quantomeno approfittarne. Erano da soli, calmi, un po' sotto shock, ma comunque insieme. Aspettava quel momento da tre anni.
"Cosa hai fatto, dopo che te ne sei andata?" domandò, con cautela.
Ziva si pulì le labbra e alzò lo sguardo su di lui. "Università. Palestra. Mossad"
"Non in quel senso, Zee" sussurrò.
"Non chiamarmi in quel modo" la vide irrigidirsi. Si pentì amaramente di aver usato quel nomignolo - doveva farla rilassare, di nuovo. Non ricordava che fosse così faticoso, aver a che fare con lei. La amavi per questo, giusto? disse tra sè e sè.
"Ti piaceva, invece" sorrise. "Dicevi che 'Zee' era molto più familiare e ti faceva sentire a casa. Protetta"
"Le cose sono cambiate" non distoglieva lo sguardo da lui, nemmeno per un secondo.
"Ma per favore" sbuffò Tony. "Le persone non cambiano, occhioni belli" Ziva accennò un sorriso. "Nè tantomeno tu. Vuoi sapere io che ho fatto, dopo la tua partenza? Avrei voluto tornare indietro. Non dirti quelle cose" deglutì. "Non tradirti"
Ziva tirò un respiro profondo. Immaginava che sarebbe tornato sull'argomento. "Già. Anche io vorrei tornare indietro. Non tradire mio fratello, parlare di più con mio padre. Non sedermi nel tuo stesso banco"
Tony ridacchiò - stranamente non se l'era presa per l'ennesima frecciatina. "Ammettilo, invece è stata una gran bella scelta"
"Beh, guarda dove siamo finiti tre anni dopo" alzò un sopracciglio.
"A me non dispiace" le sorrise. "Ti ho amata. E tanto, anche. Non penso che molti possano vantare una cosa del genere" Evitò di dirle che aveva pensato di non riuscire ad amare nessun'altra, dopo di lei. In fondo era vero. "E poi, senza tutto quel casino, probabilmente non avrei mai avuto le palle per tentare l'accademia di polizia"
"Bel modo di vedere le cose" Ziva fece una smorfia.
"Grazie" abbozzò un inchino. "Risultato di mesi di autocommiserazione"
"Tu?" Ziva rise. "Non ci credo"
"Giuro" annuì. "Mi sei mancata così tanto che... sai come si dice: una volta che tocchi il fondo, non puoi far altro che risalire"
"Tu non sai come sono stata io" mormorò la ragazza.
"Dimmelo, allora" digrignò i denti e si sporse verso di lei. "Ziva, accidenti, tra noi è sempre stato così: parole non dette, frasi a metà. Stavamo insieme ma... è come se ci fosse sempre stato un burrone, tra me e te. Non dico di non avere colpe, probabilmente non ero pronto per... noi" deglutì. "Mi sono sempre sentito tagliato fuori dalla tua testa. Perchè?"
Ziva abbassò lo sguardo. "Perchè no?" tornò a guardarlo. "Tu non eri come me. Ero la figlia del Direttore del Mossad. Avevo perso tutta la mia famiglia. Sono sempre stata la straniera qui e ho visto cose che tu, nè Abby, nè Tim... "
"E' vero. Ma avrebbe potuto essere il nostro punto di forza. Sarebbe bastato parlarne di più"
"Forse non era destino, tra me e te" Ziva sorrise lievemente e scosse la testa. 
Tony, divertito, incrociò le braccia al petto. "Dici, eh?"
Ziva aggrottò le sopracciglia, distratta dal repentino cambio di atteggiamento. "Si. Dico"
"Va bene. Beh, io credo il contrario. Non è la prima volta che non siamo d'accordo, d'altronde"
"Che vuoi dire, Tony?" domandò cautamente la ragazza.
"Non voglio dire niente" si alzò e le tese una mano. "Andiamo a casa, su" Ziva riconobbe subito quel tono accondiscendente - l'aveva sempre usato, con lei. Neanche avesse a che fare con un'animale selvaggio. Afferrò, tuttavia, la mano che Tony le stava porgendo: era un suo personale metodo per far cadere una questione spinosa.
"Allora ricordavo bene" disse Tony, alzando le loro mani.
"Cosa?"
"La sensazione di averti al sicuro, vicino a me. E' rilassante" le fece l'occhiolino. "Soprattutto sapendo di avere una pistola nella giacca"
"Hai portato una pistola?" lo riprese. "Ma sei stupido?" gli tirò una gomitata. "Dio santo!"
"Shhh" le posò un dito sulle labbra. "David, ti prego. Lasciami fare - sono un quasi poliziotto" Ziva provò a dire qualcosa, ma ne uscì un gorgoglio indefinito. "A cuccia, mia piccola ninja..." rise della sua espressione contrariata.
"... e bentornata!"



dsadas

- He hurt my family.

Gibbs, 10x01


"Signora Gibbs" cominciò Tobias Fornell, in qualità di pubblico ministero. "Lei lavora al liceo Woodrow, di Washington D.C, è esatto?"
"Si, è esatto" Shannon annuì.
"Quali sono le sue mansioni?"
"Sono una terapista" deglutì. "Ho le redini dell'unico sportello di ascolto del liceo" vide Gibbs sorriderle dai posti a sedere. Shannon guardava solo lui, oppure la sua pancia enorme, per evitare di gettare lo sguardo tra i banchi della difesa. Lì era un seduto un messicano dall'aria arcigna, un certo Pedro Hernandez, a quanto pare a capo della banda di pazzi che volevano ucciderla.
"Molti studenti vengono da lei?" Tobias intrecciò le dita tra loro, come faceva sempre.
"Si, ogni giorno: sia per problemi comunissimi, ma anche per altri, più gravi"
"Gerald Jackson è uno di questi studenti?"
"Si. E' venuto da me, letteralmente trascinato da un altro professore. Era strano, così l'ho fatto parlare"
"Che le ha rivelato?"
Shannon prese un respiro profondo. E' la prova del nove, questa: se dico la verità, i cattivi finiranno in prigione, ma rischio la vita. Se sto zitta, vivrò tranquilla fino a quando Dio me lo permetterà, ma i cattivi saranno liberi di far del male a qualcun altro.
"... che aveva assistito ad una rapina. Conclusasi poi in un omicidio" Gibbs la guardò con un sorriso. Aveva il suo appoggio. "Non voleva andare dalla polizia, perciò l'ho convinto prima ad aprirsi con me"
"Gerald Jackson ha poi presentato una denuncia?"
"Si"
"Contro chi?"
Shannon guardò il volto di colui che aveva sparato sulla macchina di suo marito. "Pedro Hernandez"
Tobias sorrise. "Grazie, signora Gibbs. Alla difesa il teste" si sedette, soddisfatto.

"Sei stata eccezionale" sussurrò Gibbs nell'orecchio di sua moglie. Le prese una mano e la strinse, fuori dal tribunale, mentre aspettavano la decisione della giuria. "Non avrei potuto fare di meglio"
"Avrò fatto la scelta giusta, però?" si morse il labbro inferiore. "Non è ancora nata e devo già farla combattere contro il mondo. Quando si ha un figlio, certe cose si devono mettere da parte, come l'onore e..."
"La giustizia? Non si mettono da parte cose come questa, Shannon" la baciò. "Sei stata coraggiosa. E Kelly sarà fierissima di te"
"Kelly?" sorrise. "Sei d'accordo, quindi?"
"Si che sono d'accordo" l'abbracciò. "Sono d'accordo con ogni monosillabo e articolo che esce dalla tua bocca, signora Gibbs. Perchè, che Dio mi aiuti, ti amo e non posso fare altrimenti. Lo supereremo assieme, questo processo. Ok?"
"Ok" Shannon si allungò a baciarlo, prima che le porte dell'aula si aprissero, per rivelare la figura di Tobias Fornell.
"Sono stati condannati!" aprì le braccia, felice come una Pasqua, e Shannon corse ad abbracciarlo.
"Oh, Tobias, grazie!"
Gibbs gli fece un lieve applauso, più divertito che altro. "Allora, pubblico ministero: aria di promozione, a questo punto?"
"Non lo so" accarezzò la schiena di Shannon. "Per ora, mi preoccupo della sicurezza di tua moglie e tua figlia. Pedro Hernandez non rinuncerà, voglio che lo sappiate. Perciò, anche se la minaccia non spaventa il Bureau, sono riuscito a prolungare la copertura di McGarrett e Williams almeno fino al parto" fece l'occhiolino alla donna. "Mi raccomando, trattameli bene. Ora vado a festeggiare la vittoria" alzò la testa verso Gibbs. "Stasera io e Ducky veniamo a vedere la partita, eh. Evita sparatorie"
"Contaci, avvocato" li salutò con un inchino e proseguì verso il corridoio.
"E' fatta" sospirò Shannon, poggiando la testa sulla spalla del marito. "Come starà Gerald, secondo te?"
"Non lo so, in aula non c'era. Ma adesso andiamo, ok? Ho bisogno di un caffè!"

Gerald Jackson calciò una bottiglia di birra, che finì sbriciolata contro il muretto del parco, dove si era rintanato, neanche fosse un ratto. All'ultima fase del processo aveva preferito mancare - come se Pedro Hernandez non avesse già ben chiara la sua faccia - e aveva tutto il pomeriggio a rigirarsi i pollici nel lurido quartiere in cui era costretto a vivere. In realtà non voleva mostrare a sua madre quanto fosse spaventato: aveva già un bel da fare, per mandare avanti la famiglia, non voleva caricarla di altri guai. Si mostrava forte, davanti a lei, le parlava sempre del futuro, di quando avrebbe tentato di prendere una borsa di studio per studiare Medicina (ovvero, di lì a pochi mesi) e di quando, grazie al suo stipendio, le avrebbe comprato una casa nuova.
Probabilmente non sarebbe mai accaduto, ma a Gerald piaceva vedere quel sorriso speranzoso sul volto di sua madre. La sua bellissima, stupenda mamma.
"Ciao, Gerald" Donald Mallard affondo i pugni nelle tasche del suo costoso soprabito.
"Prof." lo salutò con un cenno del capo. "Non dovrebbe andare in giro vestito così, in questo quartiere"
"So badare a me stesso, ma grazie per il consiglio, giovanotto" gli fece l'occhiolino. "Sono passato da te e tua madre mi ha detto che eri qui. Mi ha dato questa per te" gli porse una busta bianca. Gerald l'afferrò, ma non guardò il mittente.
"Perchè mi cercava?"
"Non eri in tribunale, oggi. Hernandez e tutta la sua banda sono stati condannati. Sei libero" gli sorrise.
Gerald non sembrava altrettanto felice - ma rispose tristemente al sorriso. "Giusto. Libero. Come se fosse vero"
"Lo è" si accigliò Ducky.
"No. Mi dispiace, professore, ma lei non sa che significa. Non conosce questa gente. Io si, ci sono cresciuto. Non si fermeranno, anche se il loro ultimo uomo finirà in prigione. Ci sarà sempre e comunque un loro affiliato, amico, parente" scosse la testa. "Libero un cazzo!"
"Guarda quella lettera, signor Jackson" Ducky lo rimproverò con lo sguardo. "Avanti"
Il ragazzo sbuffò e le gettò un vago sguardo. Spalancò gli occhi per la sorpresa. "E' già arrivata"
"Si, hai inviato la domanda per il college settimane fa. Era questione di giorni. Quella è di Harvard - la migliore per il programma di Medicina, o no?" gli sorrise. "Tua madre mi ha detto anche che hai fatto domanda solo lì. Non ha avuto il coraggio di aprirla"
Gerald la soppesò tra le mani. "Se non mi hanno assegnato la borsa di studio, tutto questo sarà stato inutile"
"Scopriamolo" lo esortò Ducky.
Gerald deglutì e, con mani tremanti, aprì la busta. La lesse velocemente e il professore non disse nulla, finchè non lo vide piangere.
"Cosa?"
"Sono stato ammesso. Harvard mi offre una busta di studio" scoppiò a ridere e si gettò sull'erba. "Harvard! Harvard!"
Anche Ducky scoppiò a ridere. "Si, Gerald. Harvard!"



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 - I don't think. I know.

Tony, to Ziva, 9x12


"Posso chiederti cosa vuoi fare, adesso?" Tony lanciò il bicchiere, oramai vuoto, nel cestino più vicino, mentre tornavano verso casa.
"Puoi" Ziva abbozzò un sorriso. "Mio padre, nonostante tutto, è un abitudinario. Se è veramente in America, starà alloggiando in uno dei suoi tre alberghi preferiti. Voglio cercarlo lì, oggi pomeriggio, ma prima devo sapere se Abby e McGee hanno qualche novità"
"Sai, qualcosa mi dice di si. Sono cocciuti"
"Anche troppo" scosse la testa. "Certe volte mi chiedo come siano riusciti a sopravvivere per tutto questo tempo"
"Nessuno li ha fatti ancora fuori?" rise Ziva.
"Non ancora, ma mi sa che non manca molto" salirono velocemente le scale del condominio. Ziva si sentiva stranamente leggera, come se la pasta dolce del muffin le avesse annebbiato il cervello. Era felice estrema, la sua. Il suo cervello le stava rapidamente suggerendo cosa fare: mollare Tony DiNozzo al suo destino (di nuovo), trovare suo padre ed evitare una condanna a morte. Ma Ziva, e non l'avrebbe mai ammesso dinanzi ad anima viva, aveva bisogno di qualcuno vicino. Anche se qualcuno avrebbe potuto farle molto, molto male.
"Spero che Whisky non abbia mangiato niente" le lasciò la porta aperta. "Se trovo la tenda strappata, lo butto giù dal balcone. Mi spieghi da quando ti piacciono i gatti?"
"Non è che mi piacciono i gatti, mi piace lui!" Lo prese in braccio e lo coccolò a dovere. Tony la osservò intenerito.
"Si, ma sporca"
"Sporchi più tu, se vogliamo dirla tutta" arricciò il naso. "Andiamocene, Whisky" si avviò verso il corridoio.
"Ziva David!" rise. "Mi stai tenendo il broncio?"
"Può essere! E smettila di ridacchiare!" urlò.





























Maia says:


Tremate, tremate, i Tiva son tornati x'D Premetto che le questioni non sono tutte risolte, Ziva ha ancora bisogno di fidarsi di lui e Tony deve ancora capire se vuole farsi davvero perdonare, ma vista la situazione non possono fare altro che convivere, no? :) Prometto che nel prossimo capitolo tornerà la boy band (xD) di Tony - Kate, Deeks, Kensi, Sam e Callen... e Rick, che sarà stranamente d'aiuto - . Non perdetevelo perchè molti segreti verranno svelati v.v (WOW).
Poi, le novità sul fronte CasaGibbs non sono finite, perchè Pedro Hernandez vorrà vendicarsi... e ci sarà una new entry! (ndLettori: N'ALTRA? nda: si ^^''')

Avete cominciato la scuola, piuttosto? Io si ._.
Primo giorno: Romanticismo
Secondo giorno: Hegel, Ovidio.
E' un suicidio, non si può. Penso che mi ritiro e vado a vivere sotto i ponti ._. AHAHAHAHA
Intanto vi dico che potrei decisamente allungare i tempi di aggiornamento, visto come sono messa con questo ultimo anno di liceo (aiuto) e un problemino sentimentale che GIURO non mi impedirà di aggiornare xD (Se volete vi do l'indirizzo del suddetto ragazzo, così lo fate fuori e io sarò LIBERA XD)

Semper Fi, squadrone!
Amy


 

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Capitolo 23
*** Three, Two, One, Go! (part 1) ***


Tiva
 
hfgh

- Guess she'll call when she's ready.

Tony, 6x25



"Buonasera" Eli David lasciò la chiave della sua camera d'albergo al ragazzo della reception, che gli sorrise di rimando, afferrando immediatamente il rettangolino di plastica - il capo del Mossad odiava le chiavi elettroniche. Le trovava estremamente sensibili e poco sicure, così come quelle fastidiosissime porte di vetro. Uno spreso inutile di denaro, a detta sua.
"Aperitivo, signor David?" un uomo in giacca e papillon (una tremenda caduta di stile) gli strinse una spalla. "Direi che siamo proprio nella fascia oraria giusta" e gli fece l'occhiolino. Eli finse di trovare la battuta vagamente divertente e ridacchiò.
"Non pensavo che voi inglesi faceste anche l'aperitivo" sogghignò il Direttore e seguì l'ambasciatore inglese al bar dell'albergo. C'erano si e no una cinquantina di persone, a quanto pare troppe per la sua scorta, perchè uno dei suoi uomini gli segnalò i punti di fuga. Ma Eli si sentiva tranquillo, con la sua glock nascosta sotto la giacca. Mister Tennant, l'ambasciatore, riservò per loro un tavolino in vimini, appartato.
"Cosa beve, signor David?" gli sorrise.
"Faccio da me. Preferisco guardare, mentre mi preparano un drink" si tastò le tasche in cerca del portafoglio. "Mi permetta di offrire il primo giro. Un analcolico, vero?" alzò lievemente lo sguardo su di lui.
Per la prima volta, da quando si erano incontrati, il sorriso dell'ambasciatore si incrinò lievemente. Chissà come, e da chi, Eli David aveva scoperto il suo piccolo problema con gli alcolici. "Si, vero"
Una stoccata, giusto per far capire a quello stupido inglese con chi aveva a che fare. Eli si allontanò verso il bar e ordinò un martini per lui e dell'acqua tonica per il suo ospite. Lasciò una banconota da venti e aspettò la sua ordinazione.
"Un gin tonic, grazie" chiese una voce melliflua accanto a lui.
"Da quando bevi alcolici?" mormorò Eli, guardando fisso di fronte a sè. Il barman non sembrava aver notato niente.
"Da quando ho quindici anni. Non te ne sei mai accorto"
"Invece si. Le birre te le ho sempre lasciate passare" si voltò appena verso la donna dai capelli corti e lei fece altrettanto.
"Sono grande, ormai. Hai tempo per una chiacchierata?"
"Sono con l'ambasciatore inglese e..."
"Papà" Eli David sapeva riconoscere il tono urgente e spazientito di sua figlia. E decise che poteva benissimo dare buca a mister Tennant e al suo orribile papillon.
"Pensi di poter entrare in camera mia?"
"Niente di più facile. Chiavi elettroniche?"
"Esattamente"
"Ci vediamo lì fra un quarto d'ora"


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Tony: What are "thises"?
Ziva: Gifts to cheer you up.
Tony: Thank you! Very sweet of you

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Tony saltellava per tutto l'appartamento. Non lo faceva mai, eccetto durante i momenti di massima emergenza. Come quello. Whisky lo guardava come si guarda un pazzo, dall'alto della sua saggezza felina col sedere piantato sulla poltrona.
"Perchè? Perchè?" piagnucolava tra sè e sè. "La mia vita era così bella, prima di tutto questo! L'accademia di polizia, nuovi amici, ragazze a volontà, niente servizi segreti che vogliono farmi fuori, nessuna Ziva, niente di niente. La mia vita era così dannatamente tranquilla! Oh, e lei adesso sta lì a fare... quello che sa fare meglio, no? Spiare. Spero non si faccia uccid - oh!" si voltò di scatto verso Whisky, che ruotò il musetto.
"Secondo te c'è la vaga possibilità che possa morire? Intendo dire... sta andando da suo padre, non la ucciderà vero? Me lo ricordo abbastanza simpatico, più o meno, non farà fuori sua figlia perchè la crede una traditrice, giusto?"
Il gatto - ovviamente - non diede segno d'aver capito. E Tony sbuffò.
"Dovevo andare con lei, massì. Ci dovevo andare. Diavolo, non è manco americana, ora è una specie di immigrata senza permesso di soggiorno, con delle armi e una taglia sulla testa. Gesù..." si passò una mano sulla faccia. "Sono un suo complice. Se mi beccano... verrò buttato fuori dall'Accademia e messo in prigione" deglutì. "Lo sai che fanno agli sbirri (quasi sbirri) in prigione, Whisky? La bua!"
Il gattino miagolò.
"Ecco, bravo, hai afferrato il concetto" si passò una mano sulla fronte sudata. Da quando Ziva era tornata, la sua insicurezza toccava livelli massimi - livelli decisamente preoccupanti. Avrebbe cominciato ad avere attacchi di panico, se lo sentiva...
Il campanello lo fece sobbalzare. Memore delle raccomandazioni della sua ex, accarezzò la pistola e afferrò la pistola sulla tavola da pranzo.
"Chi è?" domandò, a voce sostenuta.
"Ma sei stupido? Apri idiota!" Pugni sulla porta. Kensi e Deeks. Tony sorrise e corse alla porta. "Che Dio vi benedica!" alzò le mani al cielo.
"Stai male?" Deeks sollevò un sopracciglio e lo spostò di lato per entrare in casa. "Perchè hai la pistola? Racheeeeeeeeeeel"
"Non è in casa" spiegò Tony e, con nonchalance, posò la pistola di nuovo sul tavolo da pranzo.
"Ah e dove è andata?" domandarono in sincrono i suoi vicini.
"Da... a... fare... spesa" annuì vigorosamente. "Spesa, si"
"E ti pareva" Kensi alzò gli occhi al cielo e andò a farsi un caffè in cucina. "Arriva una donna in questo buco e tu la mandi a fare la spesa. Ma comunque... come vi siete conosciuti? E' una strana tipa, lo sai..." accennò. Lei e Deeks si lanciarono uno sguardo e Tony capì che dovevano averne parlato. Effettivamente Ziva non ispirava molto sicurezza, a primo impatto.
"Siamo stati insieme, qualche anno fa" buttò lì senza pensarci. Optò per una mezza verità. "Poi si è trasferita"
"Complimenti amico. E' una gran bella ragazza" Deeks gli fece l'occhiolino, a cui rispose con una mezza smorfia, che voleva essere un sorriso.
"Già, lo è"
"Ritorno di fiamma?"
"Improbabile"
"C'è qualcosa che non ci stai dicendo" Non era una domanda, quella di Kensi. Tony le guardò la schiena, mentre faceva il caffè, ma poteva immaginare il broncio sospettoso che riservava raramente a lui, molto più spesso al suo coinquilino. Tony si grattò la testa e incrociò lo sguardo del suo amico, stranamente serio.
"Ragazzi..."
"Tony" sospirò Deeks. "Non siamo stupidi. Arrivate qua senza valigie, Rachel ha un gatto, uno strano accento e sporca di polvere"
"Non siamo stupidi" ripetè Kensi, voltandosi. "Terremo la bocca chiusa"
Anche Sam e Callen, si erano offerti di aiutarlo. Tony fu attraversato da un moto di gratitudine verso quei ragazzi che lo conoscevano da poco, ma che erano disposti a dargli una mano senza riserve. Deglutì - pensò che Ziva lo avrebbe ucciso.
"Ok. Ci sono un paio di cose di me che non sapete"


gdfg


- If I had one wish for Christmas, It would be to hug my daughter. That can never be.

Gibbs, 6x11


"Jethro?"
"Mpf"
"Jethro?"
"Eh?"
"Stai dormendo?"
"Non più"
"Jethro ti devo dire una cosa"
"Hm"
"O me la sono fatta addosso, o mi si sono rotte le acque. Visto che sono quasi alla fine del nono mese, penso sia la seconda"
"Cosa?" Leroy Jethro Gibbs scattò in piedi. "Se è uno scherzo, non è..." le dita dei piedi toccarono qualcosa di umido. "Cazzo"
Accese la luce dell'abat jour e vide che sua moglie gli stava sorridendo mesta. "Buongiorno. Portami in ospedale, dai" gli porse la mano, che lui afferrò tremante. "La borsa è già pronta in cucina, ti conviene svegliare Steve e Danny, prima"
"Ma... ma..." boccheggiò. "Vado a svegliarli, si!" in boxer e con l'affanno, Gibbs ruzzolò fuori dalla camera da letto e corse al piano di sotto.
"Steve! Danny!" accese la luce anche nel salotto. "Svegliatevi!"
I due agenti del Bureau stavano tranquillamente riposando l'uno sopra l'altro sul divano. Uno dei due stava pesantemente russando, ma Gibbs non si preoccupò di indovinare quale dei due. Dovevano solo svegliarsi.
"Codice rosso!" urlò. I due agenti si svegliarono di botto e caddero entrambi dal divano. "Sta partorendo, sta partorendo!"
"Oddio che schifo" fu il primo commento di Steve. "Macchina" biascicò.
"Lasciate fare a me" Danny alzò gli occhi al cielo. "Ci sono già passato, ok? Calma e sangue freddo. Vado di sopra, voi preparate il resto"
Danny salì le scale, lasciando nel panico più totale il suo collega e il futuro padre. Trovò la camera da letto aperta e Shannon che camminava avanti e indietro per la stanza, respirando a fondo. "Ehi"
"Oh, grazie a Dio. Qualcuno di concreto" ridacchiò, per poi fare una smorfia dolorante. "La bambina ha tanta voglia di conoscerti, Danny"
"Me ne sono accorto!" rise. "Ok, tuo marito e Steve stanno preparando tutto. Andiamo in ospedale, lanci fuori il fagotto e torniamo qui"
"Ti sembro uno spara-razzi?"
"Cercavo di alleggerire la tensione" la fece appoggiare al suo braccio. "Ok, adesso dobbiamo scendere le scale e..." Shannon si piegò dal dolore. "... e mi sa proprio che ti prenderò in braccio, signora Gibbs. Cavolo, la scorta non prevede queste cose" scherzò.
Al piano di sotto, Gibbs cercava la borsa che sua moglie aveva precedentemente preparato, mentre Steve cacciava l'auto dal garage.
"Dov'è, dov'è?" sussurrò a sè stesso, mettendo sotto sopra la cucina. Poi, la vide: era sotto il mobile della tv. L'afferrò appena in tempo per raggiungere Danny, che aveva in braccio sua moglie, alla fine delle scale.
"Ti metto giù, mammina"
Shannon era sudata, pallida e tremante. Ma sembrava felice così, inevitabilmente, Gibbs si rilassò leggermente e l'abbracciò, dando la borsa a Danny. "Andiamo!"



























[To be continued...]

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Capitolo 24
*** Three, Two, One, Go! (part 2) ***


NCIS college version
hgjgjghj

- Ziva, you are not dead. You are living your life, making your choices.
If you choose to let me be part of your life, I would welcome that with open arms.
I am saddled with responsibilities that you cannot possibly fathom.
The safety of a nation. And every one of our neighbors wants us dead.
I don't have the luxury of allowing my feelings to dictate my actions.


Eli David, 8x08



Ziva non potè evitare di pensare che suo padre sembrava essere invecchiato dall'ultima volta che l'aveva visto - ovvero qualche mese prima. Le rughe erano più profonde, le occhiaie accentuate, le labbra curvate. Eli David, in quel frangente, era solo un padre molto preoccupato.
"Dimmi che non vivi per strada" si servì un goccio di bourbon.
"Sto da un amico" sussurrò Ziva, lisciando le lenzuola dell'albergo. "Papà..."
"Quale amico?" non potè vederlo, ma Eli sorrise di sbieco. Aveva una vaga idea di chi avesse potuto ospitare una fuggitiva.
"Tony"
"D'accordo... Ziva, il Mossad ti sta cercando" la ragazza si chiese perchè non aveva chiesto di Tony, perchè non aveva fatto storie.
"Lo so. Vorrei sapere perchè. Chi ha ucciso Michael? Ma soprattutto, cosa c'entra il traffico di armi su cui sto indagando?"
"Secondo te chi ha ucciso Michael?" Eli si voltò verso di lei, lo sguardo perso nel liquido ambrato.
"Mi stai prendendo in giro, papà?" strillò. "Non siamo ad un fottuto quiz a premi!"
"Siamo stati noi - il Mossad ha ucciso Michael"
Ziva lo sapeva. In cuor suo, quando aveva visto l'appartamento saltare in aria, quando le tracce più elementari sembravano non esserci, Ziva aveva capito. Il mondo era pieno di assassini, ma nessuno poteva eguagliare la raffinatezza e la pulizia dei lavori israeliani: eppure, fu un duro colpo. La mano destra le tremò e fu costretta a coprirla con l'altra; la realtà era che Ziva lo sapeva, ma preferiva pensare di essersi sbagliata.
"Era un tuo agente, perchè?" deglutì.
"Era un alcolista, tesoro, e non faceva più bene il suo lavoro"
"Ti sembra un motivo valido per uccidere qualcuno?" digrignò i denti.
"Infatti non è morto per questo" Eli finì il suo bicchiere e si massaggiò gli occhi.
"Sono... confusa, papà. Non ci sto capendo niente" borbottò. "Quindi, o mi spieghi tutto dall'inizio, oppure giuro che sparo un colpo in testa a tutti gli agenti che trovo sul suolo americano" Eli rise e riempì di nuovo il suo bicchiere, poi un altro, che porse a sua figlia.
"Michael non era più un buon agente, era un alcolista e ha combinato un paio di casini, a Tel Aviv. E' per questo che gli abbiamo assegnato questo caso lontano, per vedere come se la sarebbe cavata. Male, a quanto vedo. Così se ne sono liberati"
Ziva boccheggiò, incerta e bevve un sorso di bourbon. "Ok. Io che ruolo ricopro, in questa messinscena?"
"Nessuno in particolare, bambina" Stai mentendo. "Era un caso come un altro. E tu potevi facilmente tenerlo sotto controllo, aveva una cotta, per te. E' stato facile convincerlo a venire in America"
"Cos'è che non mi stai dicendo?" Ziva deglutì. "Papà" lo pregò, quasi e si alzò, raggiungendolo. "Ti prego"
"Michael era una mela marcia" sospirò. "Ce ne sono parecchie a Tel Aviv, sai che me ne stavo occupando"
"Si" mormorò. Sapeva che la conclusione di quella chiacchierata non le sarebbe piaciuta.
"E' saltato fuori che stava cercando di comprare i prototipi delle armi biologiche dai quegli studenti, per conto del Mossad. Gli altri..." strizzò gli occhi. "Mi avevano chiesto di ordinarti di farlo fuori, in America"
"Ma certo" Ziva spalancò gli occhi. "Il Mossad non poteva uccidere Michael in Israele. Ci avrebbe fatto una pessima figura"
"Già. Li ho convinti a non farlo, così se ne sono occupati come meglio credevano"
"Grazie papà" Ziva fece una smorfia, che voleva essere un sorriso. "Non credo che... sarei riuscita ad uccidere Michael" arrancò fino al letto di suo padre e ci si buttò sopra con forza. "Pensavo che il Mossad volesse uccidermi" ridacchiò. "Buffo, vero?"
Non ricevette risposta da suo padre. Lo sentiva solo giocherellare col bicchiere di vetro.
"Papà? Il Mossad non vuole uccidermi... vero?" si tirò su, lentamente.
Eli alzò lo sguardo verso di lei. "Qualcuno pensa che essendo la sua partner, tu sapessi qualcosa"
"Ma non è vero!" urlò. "Gliel'hai detto, no?! Sei stato tu a mandarmi con..." si fermò. "Oh, Dio" si coprì la bocca con la mano.
"Sei perspicace" annuì con la testa. "Domani voteranno. C'è un voto di sfiducia nei miei confronti. Potrei essere dimesso"
"Ok. Ora voglio capire una cosa: se sapevi che sarebbe accaduto tutto questo, che il Mossad ti avrebbe chiesto di farmi uccidere Michael e che io avrei rifiutato... perchè mi hai assegnato questa missione?" singhiozzò.
Eli sorrise a sua figlia e la raggiunse. Si sedette accanto a lei, sul letto, e le accarezzò i capelli. "Per portare a termine il mio piano, Ziva"
"E sarebbe?"


hfghfgh

- I love you, McGee. I promise never to give you a hard time again.

Tony, to McGee, 5x05


"Rachel in realtà si chiama Ziva, è un'agente del Mossad sotto copertura, il suo appartamento è saltato in aria con un suo collega dentro, probabilmente la stanno cercando per farla fuori, mentre si sta occupando del progetto 09 dell'Università, che a quanto pare verrà trasformato nell'asilo nido di armi di distruzione di massa" ricapitolò Deeks.
"Hai dimenticato di dire che tre anni fa eravamo una coppia, suo fratello prima di morire ha cercato di ucciderci, e la nostra storia è finita nel peggiore dei modi" concluse Tony, puntandogli contro l'indice.
Deeks e Kensi caddero in un religioso silenzio. Il divano sembrò inghittirli e, per un lungo e tragico momento, Tony credette di vederli svenire entrambi, uno dietro l'altra. Invece, la prima a riprendersi fu Kensi.
"Non fai ridere, Tony" commentò.
"Non sto scherzando"
"Tony.."
"Non sto scherzando" scandì. Deeks fece per aprire la bocca, poi la richiuse. La aprì di nuovo, ma stavolta fu Kensi a precederlo.
"Vuoi farmi credere che una storia del genere sta andando avanti sotto il nostro naso? Nell'appartamento vicino al nostro?"
"Beh, si" Tony fece spallucce. "Voi avete chiesto di sapere, io ve l'ho detto. Sentite, questo non significa che..."
"Ok, cosa possiamo fare?" Deeks lo fermò. "Mi sembra che abbiate bisogno di una mano" disse, serio.
Kensi si voltò a guardarlo stupita: "Tu gli credi?"
"Sai, non penso stia scherzando" ridacchiò nervosamente. "Inventarsi una storia del genere... insomma, da fare invidia a Rick"
Il silenzio calò di nuovo - Tony osservava preoccupato i suoi amici, persi ognuno nei loro pensieri.
"Abbiamo le pistole" Kensi si schiarì la voce. "Io, Deeks, anche Sam e Callen. E Kate. Abbiamo le pistole. Possiamo... si, insomma, possiamo darvi una mano. Per quel che vale... cioè a che punto siete?"
Tony sorrise. "Ziva è da suo padre. Sta cercando di capire perchè il Mossad vuole ucciderla. Del computer dei ricettatori, invece, se ne sono occupati due persone fidate" si alzò dalla poltrona e andò al computer portatile di casa, poggiato sul tavolo da pranzo. "Vedo se sono in linea per una video-chiamata" smanettò sui tasti, Kensi e Deeks ai lati.
"Uhm, ragazzi?" richiamò la loro attenzione. "Grazie"
"Non dirlo nemmeno, dai. Siamo amici" Deeks gli diede una gomitata.
"Io non so ancora se crederti o no, ma impicciarsi di intrighi internazionali è troppo allettante. Non lo faccio per te, ma per me" rise l'altra.
"Ok, ok" Tony alzò le mani in segno di resa. "Ho capito l'antifona... Ciao McCervellone!" salutò il suo amico, apparso sullo schermo del pc.
"Ciao To... chi sono?" McGee spalancò la bocca.
"Amici. Parla dai!" lo incitò.
McGee fece posto ad Abby, che si inserì preopotentemente nella conversazione. "Mi manchi, Tony!"
"Anche tu Abby! Però, potreste, per favore, darmi qualche notizia in più?"
"Abbiamo notizie fresche fresche!" Abby saltò sulla sedia. "Gli studenti che hanno rubato i nostri brevetti, sono in prigione!"
"Cosa?" urlò Tony. "Come... quando..."
McGee ghignò. "Siamo entrati in camera di Thompson, abbiamo trovato un po' di foto..."
"Documenti..." ridacchiò Abby.
"... email..."
"... codici..."
"E insomma" riprese McGee. "Abbiamo dato tutto alla polizia e attualmente sono accusati di furto e frode telematica. Penso che arriveranno quelli dell'anti-terrorismo, però, appena si accorgeranno che nei file dei ragazzi ci sono troppe cose strane. Non è una buona notizia?"
"Penso di si. Ma Ziva non è qui, non so che notizie mi porterà" sbuffò. "Comunque siete stati bravi. Incoscienti. Ma bravi"
"Appena Miss Mossad torna, facci richiamare ok?" intervenì Abby.
"Sarà fatto!" Tony chiuse la video-chiamata e guardò gli altri due.
"Allora è tutto finito?" azzardò Kensi.
"Non penso" borbottò il ragazzo. "Quei quattro sono in prigione, ma i compratori no. Senza contare che, chiunque abbia ucciso il collega di Ziva, voleva sicuramente far fuori anche lei. Penso che i due casi siano collegati..."
Deeks si sedette sul tavolo e lasciò penzolare le gambe. "Ma non completamente"
"Già" Tony stava per aggiungere altro, quando Ziva entrò lentamente in casa. Aveva utilizzato il suo mazzo di chiavi, che le aveva dato in caso di estrema necessità. Era intontita, strana. Eccezionalmente pallida.
"Oh, ehm, ciao" se possibile, divenne ancora più bianca alla vista di Deeks e Kensi. "Tony... non gli avrai..."
"Detto tutto? Si" la guardò senza un pizzico di rammarico.
"Cretino" borbottò.
"Vogliamo solo aiutare" si difese Kensi. Deeks annuì.
"Ma perchè diavolo tutto il mondo vuole aiutarmi? Dio!" Ziva alzò le braccia e sbuffò. "Sembro tanto bisognosa d'aiuto? Sono un'agente del..." si fermò. Sei ancora un'agente del Mossad, Ziva David? "So cavarmela, ok?" deglutì.
"Ti calmi?" Tony le afferrò il viso. "Vuoi un po' di Xanax?*"
"Vaffanculo, Tony" ringhiò e allontanò le mani dal suo viso.
"Che ti ha detto tuo padre?"
Ziva non rispose, semplicemente andò in cucina e si versò un bicchiere d'acqua. Si appoggiò al lavello e osservò le goccioline d'acqua prendere il largo oltre lo scarico. Farei carte false pur di scivolare via anche io.
"Mi stai ascoltando?!"
"Il Mossad vuole uccidermi. Michael era corrotto e, visto che l'ho accompagnato in America, pensano che lo sia anche io" spiegò brevemente.
Qualcuno dietro di lei imprecò, ma non seppe dire chi. La raggiunse solo la voce di Tony.
"Tuo padre è il Direttore! Non può fare qualcosa?"
"Forse lo dimettono. Non si fidano di lui" Perchè sono sua figlia, stavo con un traditore e tre anni fa avrei tradito la mia patria, pur di tornare qua.
"Cazzo. Ah, ho chiamato McGee e Abby. I quattro studenti sono stati arrestati per furto e..."
"Arrestati? Ti prego" si voltò verso di lui. "Ti prego, dimmi che non li hanno mandati loro in prigione!"
Tony le fece una smorfia. "Sarebbe una bugia"
"Ma.. porca..." lanciò il bicchiere, oramai vuoto, nel lavello. "Perchè tutte a me?!" attraverò il salotto a passo di marcia e si chiuse in camera di Tony. Respira Ziva. Respira.

hfg

C'era stato un periodo della sua vita in cui Tony aveva avuto il terrore di Ziva David. Ancor prima di sapere della sua vera identità, ancor prima di sapere che era in grado di utilizzare ogni tipo di arma, ancor prima di sapere che si sarebbe innamorato di lei. Tony aveva paura di Ziva: una paura irrazionale, stupida. Una paura che però c'era. Mentre percorreva il corridoio della sua nuova casa, Tony sentì una parte remota di quella sensazione che tornava; fu così che la trovò: accucciata per terra, sulla sponda anteriore del letto, la testa infossata tra le ginocchia. Non tremava, non emetteva suoni. Stava solo ferma. E respirava lentamente.
Tony chiuse la porta dietro di sè, consapevole di avere Deeks e Kensi che gli coprivano le spalle, nel caso le venisse voglia di sparargli. Quasi gli venne da ridere, ma non lo fece. Si sedette accanto a lei, con la voglia di toccarla - sentire la sua pelle solo per qualche secondo.
"Lasciami sola, Tony. Sto bene. Devo solo..."
"Digerire"
"Più o meno" sospirò, non alzò la testa. Era sicura che se ne sarebbe andato, che avrebbe capito. Tre anni prima Tony l'avrebbe fatto, sicuramente. Sarebbe tornato da lei, una volta calmata, e probabilmente avrebbero fatto l'amore. Ma Tony era diventato grande.
"Cosa ti ha detto?" mormorò.
"Tony..."
"Non può essere peggio di quando mi hai detto che ti saresti trasferita, no?"
"Il Mossad vuole uccidermi" biascicò, dopo quasi cinque minuti.
"Ok. E questo l'abbiamo appurato. Poi?"
"Mio padre sapeva che sarebbe successo. Per questo mi ha spedita qui. Con Michael"
Tony aggrottò la fronte. Conosceva tanti aspetti di Eli David, ma non pensava che volesse far uccidere l'unica figlia che gli era rimasta.
"Nah. Forse hai capito male. Tuo padre non..."
"Si, Tony. Sapeva che sarebbe successo. E' il Direttore del Mossad"
"Perchè?" le domandò.
Ziva alzò il viso e lo guardò. Aveva gli occhi lucidi e la voglia di sfiorarla si rifece viva, prepotente. Ma Tony la soffocò: era rimasta il suo piccolo animaletto selvaggio, non poteva rischiare di farla scappare via, così si morse l'interno guancia. Fece violenza su sè stesso e si limitò a ricambiare lo sguardo.
"Vuole farmi uscire dal Mossad. Se credono di avermi uccisa, mi lasceranno in pace per sempre" confessò. "Era il suo piano fin dall'inizio, te ne rendi conto? Ha fatto uccidere Michael, mi ha mandata via da casa, si sta facendo licenziare e forse condannare a morte per... "
"Renderti libera" sussurrò Tony, stupito. "Wow. Lui... sta davvero facendo questo?"
Ziva annuì. "Mi ha detto che..." scosse la testa. "... che rischio la vita, che sto facendo la sua vita. Che sarei arrivata ad un punto in cui bene o male mi sarebbero apparsi confusi, sfocati, simili. Mi sarei sposata perchè dovevo, avrei trattato i miei figli come soldati. Esattamente come ha fatto lui con me e Ari per tutta la vita. Mi ha anche detto che non si è mai perdonato per avermi portata via dall'America" lo guardò. "Tony, seriamente. Penso che sia impazzito"
Io penso che sia rinsavito, invece. "Tu che gli hai detto?"
"Che è impazzito" gli rispose, come se fosse ovvio. "Io non voglio morire per finta. Perchè sta facendo tutto questo?"
Tony poggiò la testa alla sponda del letto e guardò dubbioso il soffitto. "E' come se fosse un regalo d'addio"
Ziva tremò e si accartocciò su sè stessa. Aveva un brutto presentimento.




















































Maia says:

Tornata u.u Vi avevo detto che non avreste aspettato tanto xD
Oddio, ehm... praticamente il caso è quasi risolto e come avrete capito la storia è... giunta al termine. Più o meno. (sto per mettermi a piangere). Ci avete fatto caso che la famiglia Gibbs manca? xD La vedrete nel prossimo capitolo (pieno d'azione u.u) che sarà il penultimo, credo. Si. Il penultimo. (Lacrime).
Allora, avevate pensato che dietro a tutto ci fosse Eli? u.u Per me era ovvio (BUAHAHAHHAHA MA VA? -.-' ndLettori) è il supremo Direttore u.u - (altre lacrime). Ma ancora non si è capito perchè. E Ziva accetterà di sparire per sempre?
Vedrete ;)

P.s.: Ciurma, per caso vi da fastidio se metto frasi o immagini della decima stagione? :/ Sto impazzendo, vorrei tanto metterle!, ma allo stesso tempo VOGLIO rispettare chi non legge spoiler. Fatemi sapere. * lo Xanax è un ansiolitico :)

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Capitolo 25
*** Aba ***


NCIS college version
vxcvxc
 

Ducky: You can tell me why you came down here to see me.
Tony: Ziva.
Ducky: Aah... personal, not professional.
Tony: It's not what you think.
Ducky: I'm not thinking anything!



Era strano pensare di lasciare il Mossad. Ziva non ci aveva mai pensato - non che non l'avesse desiderato -, ma sapeva che non era un'ipotesi lontanamente contemplabile. Oramai era salita sulla bicicletta e sapeva di dover pedalare. Ora, Eli David, suo padre, il Direttore del Mossad, le stava offrendo una via d'uscita. Ferma, Ziva. Non era esattamente una via d'uscita, lei lo capiva: era una fuga, una fuga a regola d'arte, una di quelle che l'agenzia avrebbe ricordato per il resto della sua esistenza e avrebbe sottolineato come esempio da non seguire.
"E' tutto così strano" strinse le gambe al petto.
"Che vuoi dire?" Tony si voltò così velocemente verso di lei, che quasi temette di veder rotolare la sua testa lungo il pavimento.
"Mio padre. E' strano" si morse le labbra. Continuò a parlare piano. "Lo conosco, ok? Non è stato, non è uno stinco di santo ma... a lui piace il Mossad. Cioè, l'ha sempre ritenuta un'ottima agenzia. L'ha resa la sua famiglia, dopo la morte di Tali e il tradimento di mio fratello. Era fiero, quando ho prestato giuramento, Tony. Quasi piangeva!" fece una smorfia.
"Beh, ok, a lui piace. Ma forse non vuole che piaccia a te"
"Questa frase non ha senso" lo guardò dubbiosa. Tony ricambiò lo sguardo.
"Senza offesa, mia piccola ninja, ma a parte quello che lui ti ha detto... non hai indizi. Non hai niente. Devi credergli e..." si bloccò.
Ziva stese le gambe lungo il tappeto e guardò la punta delle scarpe. "Cosa?"
"Non odiarmi, ma penso sia una cosa buona. L'unica cosa buona che tuo padre abbia mai fatto per te" sussurrò. "Sarai libera"
"Non lo sarò mai. Dovrò nascondermi per sempre, Tony. Cambierò nome, città, paese..."
"Paese?" lo vide sussultare. "Perchè? Non ce n'è biso..."
"Stiamo parlando del Mossad, Anthony DiNozzo Junior. Credi che si fermeranno?"
Tony non commentò. Lasciò vagare la mente altrove, a tre anni prima: la storia si ripeteva, in fondo. Ziva doveva andare via, di nuovo, e lui non poteva evitare in alcun modo che accadesse. Per qualche secondo aveva sperato di vederla sorridere, gioire, per quella notizia. Avrebbero potuto fare tante cose. Recuperare il tempo perso, per esempio. Raccontarsi quegli anni che avevano passato separati. Avrebbero potuto tornare alla Woodrow, per farsi due risate, accarezzare i loro vecchi armadietti. Tornare alle loro altelene.
Le dita di Tony strisciarono furtivamente lungo il tappetto e afferrarono quelle di Ziva - erano così fredde e piccole!
"Quante volte dovrò dirti addio, Ziva David?" la guardò, con un accenno di sorriso e l'espressione stanca. Ma Ziva non si voltò. Lo conosceva talmente bene da poter descrivere, ad occhi chiusi, la sua espressione, le rughe formate attorno agli occhi, la bocca increspata da quell'espressione affranta, ma mai sconfitta. Si limitò a stringere la presa sulla sua mano.
"Tony"
"Dimmi"
"Io..."
La porta si spalancò di botto e le mani si separarono. Tony non potè evitare di guardare malissimo Deeks che, preoccupato, sventolava un cellulare. "Ehi, Tom e Jerry. Un numero sconosciuto ha mandato un sms alla fuggitiva" le lanciò il cellulare, che afferrò al volo. Ziva lo aprì e notò che era scritto in ebraico. Lo sguardo si indurì.
"Che c'è scritto?" La guancia di Tony quasi toccò la sua. Non fece in tempo ad assorbirne il calore, che si alzò di scatto e afferrò la giacca che aveva malamente lasciato sulle lenzuola pulite. Whisky le miagolò disperato tra le gambe.
"Dove pensi di andare?" Tony la seguì fuori da camera sua.
"Devo fare una cosa"
"No, no" le afferrò il gomito, facendola voltare. "Tu non vai da nessuna parte senza di me. Che c'è scritto, Ziva?"
Si guardarono per un po' e, con imbarazzo, Deeks e Kensi si defilarono in cucina. "Allora, David? Parli o devo torturarti?"
"Non è affar tuo" non lo disse con disprezzo. Era una semplice constatazione, mista a quella che sembrava autentica paura. Paura che lui potesse seguirla per davvero - Tony ne rimase realmente ferito. Pensava di essersi guadagnato almeno un minimo di fiducia da parte sua.
"Ti ricordi l'ultima volta che sei andata a fare gli affari tuoi, da sola, cos'è successo? Tuo fratello è morto" le disse, quasi ringhiando. Non voleva dirlo con quel tono, ma non gli aveva lasciato molta scelta. Ziva David doveva smetterla di credersi Wonder Woman. Semplice.
"Questo era un colpo basso" sussurrò.
"Ho imparato dalla migliore" strinse gli occhi. "Non ti lascio" ... più, avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne. "Il messaggio?"
"Vuoi davvero venire con me?" Ziva sentì di avere la gola secca. "Perchè?"
"C'è davvero bisogno che io te lo dica?" sbuffò e le lasciò il gomito. "D'accordo, te lo dico: sei una deficiente"
Ziva David spalancò la bocca, offesa. "Scusami?" strillò.
"Oh, si" Tony sorrise, tronfio. "Sei una grandissima testa di cazzo, perdonami il francesismo, miss. Ma sei proprio una cretina. Tutti gli allenamenti del Mossad non riusciranno mai a renderti invulnerabile a..." alzò la mano e cominciò a contare. "Pallottole, bombe, pugnali, armi di distruzione di massa e chi più ne ha, più ne metta" incrociò le braccia. "Non sei minimamente capace di badare a te stessa, ti concentri sull'obiettivo e semplicemente... vai. Salvaguardarti? Ma ovvio che no. Ora" si schiarì la voce. "Ho una teoria"
Ziva era completamente senza parole, la mano pronta a tirargli un ceffone come si deve.
"Ritengo che la ragione della mia esistenza sia impedire che tu ti faccia male. Come una specie di baby-sitter" spiegò. "L'ho fatto anni fa, lo sto facendo adesso e continuerò a farlo. Voglio solo farti capire che oramai è finita. Non ti lascerò andare da sola, perchè potresti farti male anche solo guidando. E sappiamo tutti e due che è molto probabile che accada" ridacchiò. "Ora, hai due scelte: mi porti con te spontaneamente, o dovrò seguirti. E non sarà piacevole, credimi"
"Lo sai che sei stupido quanto me, no?"
"Ci amiamo per questo" la vide aprire bocca. "No, non provare a replicare. Questa cosa delle litigate, dei battibecchi... non funziona più. Usiamo l'odio per sopperire alla mancanza che abbiamo l'uno dell'altra. Perchè tu mi manchi, Ziva. E se devo finire di nuovo in un intrigo nazionale per te, lo sai che lo farò - e sono talmente stanco di questo amore distruttivo da romanzo di serie B, che voglio semplicemente buttare fuori tutto, essere vuoto dentro, piuttosto che subire tutto questo. Deve finire. Non importa se bene o male, per noi, deve solo finire"
Ziva annaspò in cerca d'aria. "Tu mi ami ancora"
"Perchè, tu no?" alzò un sopracciglio, divertito.
Quando le labbra di Ziva aggredirono le sue, Tony pensò che non si erano mai baciati così: erano l'istinto primordiale, la passione e la paura che stavano eruttando fuori tutte insieme per ricoprire entrambi. Non c'era dolcezza, ma solo bisogno. Tony quasi ruggì, sentendola tremare tra le sue braccia; non si sa come, finirono spalmati sulla parete dell'appartamento, tra gemiti e mugolii, provenienti da chissà chi.
Lo allontanò bruscamente. "No" Tony non si rese subito conto che gli stava rispondendo.
"Certo, Ziva. Sei decisamente credibile, dopo avermi quasi violentato"
Gli tirò una sberla dietro la nuca. "Dobbiamo andare in un motel. Era papà nel messaggio. Dice che il Mossad è in tenuta da caccia e la preda sono io. Mi stanno cercando e ho bisogno di un posto sicuro, mi ha detto dove andare. Fingerà, nel frattempo, di avermi trovata in un altro posto, così il Mossad utilizzerà un'altra bomba per fare fuori me e il gioco è fatto. Da stasera, dovrò solo fuggire"
"Perfetto. Quante pistole?"
"Tante"
"Ne abbiamo quattro, se Deeks e Kensi ce le prestano. Documenti falsi?"
"Ce li ho"
"Io pure. Ho ancora quelli che utilizzavo a scuola per bere alcolici. Cellulare?"
"Ne serve uno con scheda prepagata"
"Li prenderemo per strada. Contanti?"
"Ho anche quelli. Dollari, euro e sterline"
"Bene" le aprì gentilmente la porta e ghignò. "Allora, pronta?"
"Prontissima" lo afferrò per la giacca e se lo tirò dietro. "Per inciso, chiamami di nuovo cretina, deficiente e testa di cazzo, e giuro che ti sparo"



 vbcbvc  hgfhf


Maddie: Can't remember who took the photo...
Gibbs: I did.

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"Ti dico cosa devi fare: i primi tempi, Shannon sarà stanchissima. Quindi dovrai alzarti minimo tre volte, durante la notte, per dar da mangiare alla piccola peste. Il bagnetto è meglio che lo fai fare a tua moglie, sai com'è, sono più delicate loro e rischieresti di farle sbattere la testolina da qualche parte. Non spaventarti se fa tanta cacca e di colore strano: è una neonata. Ma soprattutto, Jethro, quando piange, non devi guardarla come se fossi terrorizzato, mi spiego? I bambini piccoli piangono per due cose: coliche o cibo. Se ha già mangiato, sono le coliche. Tenerla in braccio fa bene, ma non troppo. Non vorremmo mica viziare già Kelly Gibbs, vero? A quello ci penserà l'adorato zio Toby" Fornell annuì tra sè e sè, soddisfatto. "Oh, ma mi stai ascoltando?"
No, Gibbs non lo stava proprio ascoltando. Aveva la faccia premuta sul vetro del nido dell'ospedale, mentre un'infermiera girava tra le culle per prendere Kelly. Sua figlia. Stranamente l'aveva riconosciuta subito e non per l'orribile body color prugna, ma per l'espressione fiera e pacata e un ciuffetto di capelli bruni sulla testa. L'aveva sentito subito, quel colpo al cuore, come se avesse un infarto.
Si poteva avere un infarto per la troppa felicità? L'avrebbe chiesto al dottore.
Kelly ogni tanto sbadigliava e, contemporaneamente, dondolava tutta, agitando le manine per aria e i piedini sulla coperta. Un paio di volte si era anche girata su un fianco, poi sull'altro - sembrava una piccola tartarughina iperattiva. Improvvisamente, poi, si calmava. Gibbs si era quasi spaventato a vederla immobile, finchè Kelly non aveva fatto uno scatto e aveva ripreso a dondolarsi. Era piena di rughe.
"La culla, mi raccomando, deve essere a prova di dentini e fughe. I bambini di solito amano i box, così possono cominciare a... oh, Gesù. Jethro? Stai... Jethro, stai piangendo?"
"E' bellissima, Tobias" si portò una mano alla bocca.
L'amico sorrise e rischiò di piangere pure lui. Tirò su col naso un paio di volte e lo abbracciò. "La sapevo che avevi un cuore debole, amico mio. La senti questa felicità? Quest'ondata di amore che ti travolge? Bene. Perchè non perdirai più nessuna di tutte e due. Quella piccolina ti metterà a dura prova, ma tu non smetterai mai di amarla più di ogni altra cosa al mondo. Benvenuto nel magico regno della paternità!"
Gibbs strinse la camicia di Tobias e scoppiò a ridere. Sentiva di poter ridere per sempre, perchè ne aveva il potere, ma soprattutto ne aveva la voglia.
In fondo al corridoio, Danny e Steve sedevano con le spalle al muro, vicini. Il primo sorrideva estasiato, l'altro si stava tamponando il sudore con un fazzoletto, mentre cercava il cellulare nelle tasche della giacca.
"Mai più donne incinte da sorvegliare, ok?" avvisò il collega. "Mi è quasi preso un colpo. Non vedevo tanto sangue dai tempi della guerra in Afghanistan e, credimi, ce n'era tanto. Ma proprio tanto"
"Non apprezzi la magia della nascita, Steve. Questo perchè non hai figli tuoi, cavernicolo"
"Forse è vero" restò in silenzio per cinque minuti. "Forse dovremmo adottare un bambino. In quanto coppia, intendo" si beò della faccia sconvolta del suo compagno. "Che ho detto?"
Danny fece per parlare, ma vennero interrotti dall'arrivo di Ducky Mallard. "E' nata?"
"E' nata" Danny alzò il pollice in su, sorridente. "Ah, sono stato un'ostetrica perfetta" si vantò col professore. Steve si trattenne dal ridergli in faccia, mentre l'uomo annuiva. "Dove sono?"
"Gibbs è lì, Shannon è ancora dentro. La stanno rimettendo in sesto, credo. O forse non ha ancora smesso di piangere"
Ducky annuì un paio di volte e, alzando le braccia al cielo, corse anche lui ad unirsi all'abbraccio (molto poco virile, osservò Steve) tra Tobias e Gibbs.
Danny, invece, sorrise. "Ah, ma che bel momento" poggiò una mano sul ginocchio del compagno. "Sai, è per questo che mi piace fare questo lavoro. E, in fondo, mi mancheranno. Non prendermi in giro, ma cucinare con Shannon mi piaceva!"
"Anche a me mancheranno" soffiò Steve. "Almeno con Jethro si poteva guardare una partita in santa pace" guardò di traverso l'altro.
"Non mi prenderò la frecciatina, mi dispiace. Rimaniamo fino a domani?"
"Ma si. Voglio portare dei fiori alla neo-mamma"

"Si può?"
"Ma certo!" Shannon sorrise lentamente, quando la testa di suo marito spuntò sulla soglia della porta. "Ciao" mormorò.
"Ciao a te, mamma" Gibbs la guardò emozionato, ed entrò in stanza. Ma non era solo. In braccio teneva qualcosa di piccolo, rosa e caldo. "Vorrei ufficialmente presentarti Kelly. Lo so che vi siete già conosciute in sala parto, ma adesso le hanno fatto il bagnetto, diciamo che è presentabile" le si sedette accanto, porgendole la bambina.
Shannon allungò le braccia e la strinse al petto - la piccola si limitò a sbadigliare e si sistemò tra le braccia di sua madre. "Oh mio dio" la donna scoppiò a ridere e piangere insieme. "Mio dio, mio dio. Ciao Kelly" singhiozzò e le lasciò un bacio sulla fronte.
"E' bellissima, Shannon. Stupenda"
Sua moglie sorrise e si accostò al letto per fargli un po' di spazio. "Vieni qua, papà" lo baciò, attenta a non pesare su Kelly. 
"Lo sai che lì fuori c'è una squadra di calcio accampata per vedere tutte e due?" la informò Jethro. "Tobias e Ducky stanno litigando su chi dovrà essere il padrino, suppongo. Steve e Danny, invece, fissano i neonati... sinceramente, ho paura che ne possano rapire uno. Tu lo sapevi che stavano insieme? Ah, poi ci sono Abby e McGee"
"Che carini! Sono venuti!" Shannon passò l'indice sulla fronte di sua figlia. Era larga come la sua!
"Già. Pare che Tobias abbia dato la lieta notizia su Facebook. Penso che verrà parecchia gente. Anche il preside Vance mi ha mandato i suoi auguri e mi dice di salutarti - Jackie, sua moglie, ha un sacco di tutine da passarti" alzò un sopracciglio. "Saremo sommersi dai vestiti"
"Ringrazia, tesoro. Quando lei crescerà, ci troveremo sommersi di scarpe, vestiti, trucchi..."
"Non pensiamoci" le baciò una spalla, divertito. "I nostri genitori stanno arrivando"
"Oddio, allora c'è davvero una squadra di calcio, lì fuori" Shannon fece una smorfia. "Sei una star, Kelly. Hai visto?"



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"Non ci crederai mai!" soffiò Tony, allungandosi verso di lei.
Ziva lanciò un'occhiata dubbiosa al tassista e lo incitò a parlare. "La dottoressa Shannon ha partorito! Una bambina! Si chiama Kelly"
"Forte" sorrise. "Chi te l'ha detto?"
"McGee, mi ha mandato un sms..." alzò gli occhi al cielo, quando Ziva lo guardò preoccupata. "... a cui non risponderò. Tranquilla" le scompigliò i capelli e Ziva si rilassò. Tony sapeva che, nei rari casi di buon'umore, era un gesto che la faceva ridere. Le provocò un brivido, quando, con le dita, scese ad accarezzarle la nuca; Ziva socchiuse gli occhi. Aveva paura, ma non l'avrebbe mai ammesso davanti a Tony - si fidava di lui, come non si era mai fidata di nessuno prima, ma sentiva che quell'emozione doveva tenerla per sè. Se Tony avesse saputo quanto era terorizzata e spaurita, avrebbe potuto fare una sciocchezza.
"Ehi" le accarezzò l'attaccatura dei capelli col pollice. "Andrà bene. Dobbiamo solo aspettare il via libera di tuo padre e poi..."
"Esatto. E poi, cosa?" lasciò che la mano cadesse nel vuoto. "Non so ancora dove andare"
"Beh, uhm... potresti..."
"Non rimarrò qui"
"Ok" Tony sospirò. Sentì che non era il caso di replicare oltre, sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose. Voleva solo che il Mossad andasse via dall'America per sempre - un peso sul cuore gli diceva che per lui stava finendo male. Non c'era alcuna possibilità che Ziva potesse rimanere negli Stati Uniti, figuriamoci a Baltimora. Era completamente fuori questione; e lui era fuori fase, per colpa sua.
"Siamo arrivati" osservò il tassista e allungò una mano per avere la sua paga.
Tony sbirciò dal finestrino: il motel era quanto di peggio Eli David potesse trovare. Sembrava una bassa e tozza palazzina in rovina, seguita da altre mini stanze, pronte all'uso, la cui unica cosa funzionante (l'insegna al neon) era sul punto di crollare in testa a qualche ignaro passante.
Scesero dall'auto e non si avviarono all'ingresso, finchè il loro autista non sparì all'orizzonte.
"Bene" Ziva prese un respiro. Si schiarì la voce. "Puoi lasciarmi qui"
"Nah. Entro con te. Non si può mai sapere" si assicurò che la pistola fosse al suo posto, al sicuro nella sua giacca.
"Tony"
"Ti prego, non ricominciare. E prendimi la mano, sembreremo due fidanzati in cerca d'intimità" era una buona idea, così Ziva ubbidì e si stampò in faccia il sorriso più falso dell'Universo. La reception consisteva in un banco, un telefono, un registro e un ragazzino con i rasta che leggeva un fumetto. A Tony ricordò Sam, il suo coinquilino nel bel mezzo della Savana, ed ebbe una fitta di nostalgia. Chissà dov'era.
"Salve. Abbiamo prenotato la camera 223" trillò Ziva, lanciando sguardi languidi al suo finto accompagnatore.
"Ecco a voi" Il ragazzino estrasse da un cassetto la chiave. "Uscite, è la seconda porta dopo i cassonetti dei rifiuti" tornò con lo sguardo al suo giornalino. Ziva ebbe la tentazione di strapparglielo di mano, ma si trattenne. Soppesò tra le mani la chiave e uscirono di nuovo fuori.
"Dev'essere quella" Tony strizzò gli occhi. Indicò un punto luminoso poco lontano. "Merda. Le luci sono... accese"
Si guardarono e, contemporaneamente, estrassero la pistola. La mente di Ziva lavorava frenetica: come mi hanno trovata, se fino a cinque minuti fa non sapevo nemmeno dove andare? Come faccio a far andare via Tony? Perchè mio padre non mi ha protetta?
"Potrebbe essere la donna delle pulizie" tentò Tony.
"A mezzanotte inoltrata? Originale" osservò lei. "Coprimi" gli fece un cenno e si avviò verso la porta d'ingresso.
"Ziva?" sibilò Tony, nel buio.
"Che c'è?"
"Ti amo"
Si voltò verso di lui. "Ti sembra il momento?"
"Beh, si, mi sembra proprio il momento, in effetti"
Ziva biascicò qualche insulto in ebraico e poggiò le spalle al muro, di fianco alla porta d'ingresso. Le finestre erano coperte dalle tende, sembrava non esserci nessun movimento, all'interno. "Tony?"
"Che c'è?"
Ziva deglutì. "Andiamo". Con un colpo ben assestato del gomito aprì la porta e puntò la pistola verso l'unica figura in piedi nella stanza.
Sentì Tony, dietro di lei, la pistola alta, trattenere il respiro: Eli David li osservava, tranquillo, con dei documenti tra le mani.
"Shalom, Tony. Non ci vediamo da quando entravi in camera di mia figlia dalla finestra" Tony ebbe il buongusto di arrossire, ma non lasciò cadere la pistola.
"Bei tempi, quelli" rispose.
"Papà!" strillò Ziva. "Che ci fai qui?"
"Prima di risponderti, ti consiglierei di puntarmi contro la pistola di nuovo" la incitò con la mano. "Su, forza"
"Non ti punterò addosso una pistola! E tu, abbassala" urlò a Tony. "E' mio padre"
"Alzatela invece. Fate come vi dico, avanti"
Il ragazzo fece come ordinato, ma Zivaz esitò. "E' una farsa!" biascicò, alzando la pistola. "Ora, per piacere, spiegami che ci fai qui! Ci buttano in prigione tutti e due se ci trovano in questa stanza, lo sai, vero?"
Tony ebbe un sussulto che Eli notò. E gli sorrise. Tony aveva capito, sua figlia ancora no.
"Sei sempre stato un bravo ragazzo. Prenditi cura di lei"
"Lo farò"
"Di che state parlando? Ehi!" Ziva tirò un leggero colpo, con la gamba, a Tony. "Che significa?"
"Ti sta proteggendo, sai. Avevamo ragione" disse il ragazzo. "Ti prego, tieni alta la pistola, Zee"
"Perchè?" chiese. La risposta le arrivò circa tre secondi dopo; cinque persone, che riconobbe immediatamente come agenti del Mossad, entrarono dalla porta d'ingresso, già spalancata da loro. Erano armati fino ai denti e guardavano Eli David con autentico dolore e rammarico.
"Eli David. E' accusato di tradimento e spionaggio" disse uno di loro. Ziva non lo conosceva e, spaesata, lo vide stringere, intorno ai polsi di suo padre, delle manette. Le tremarono le mani.
"Ziva" Tony le fece abbassare l'arma. "Ziva, mi dispiace"
"Ma..." boccheggiò la ragazza. "Io..."
"Complimenti agente David" Genim, il braccio destro di suo padre, le porse la mano. "So che non deve essere stato facile inseguire e mettere con le spalle al muro il suo stesso padre, pochi agenti l'avrebbero fatto. E' una risorsa importante per l'agenzia. Sarebbe meglio, però, non... ecco, sottolineare che lei abbia avuto bisogno di un... aiuto esterno" accennò a Tony.
"Aba*" mormorò la ragazza, chiamando suo padre. Stava a testa bassa. "Aba" abbassò la pistola. "Vi sbagliate, io non stavo..."
Uno sguardo di Eli la incenerì sul posto. Non parlare, bambina. Non-parlare. Tony le strinse un braccio.
"E' innocente, non fatelo... " impotente, vide che lo portavano via. "Genim!" ringhiò. Lo conosceva da sempre, come Leni. Non poteva credere che facesse arrestare il suo mentore senza fare nulla.
"Ziva" l'uomo le fece una riverenza. Poi le sorrise. "Le Bahamas sono splendide in questo periodo dell'anno. Non trovi?" le strizzò una guancia. "A proposito" si voltò sulla soglia, prima di sparire. "Non ti disturbare a prenotare un'aereo per Tel Aviv. Prenditi prima una settimana per sistemarti: abbiamo bisogno di un'agente di collegamento all'ambasciata israeliana di Washington. Sono pieni di incapaci" fece una smorfia. "Ci servirà una come te, così ben inserita" gli scappò una risatina. "Shalom, bambina" si chiuse la porta alle spalle.
Ziva era spaesata. Tony anche.
"Tuo padre si è fatto arrestare come complice di Michael. Ha organizzato tutta questa sceneggiata per evitare di metterti nei casini" riuscì a dire Tony, dopo qualche minuto. Le si parò davanti. "Ziva?" sventolò una mano davanti al suo viso. "Ehilà?"
"Si?" scosse la testa e lo guardò. 
"Che c'entravano le Bahamas, scusa? Sono confuso, è successo tutto così..." Ziva gli scoppiò a ridere in faccia. Tony si accigliò. "Uhm?"
Non si fermò, la ragazza continuò a ridere, tenendosi la pancia. Balbettava qualcosa.
"Che figlio di puttana!" fece un'applauso.
"Dici a me?"
"No, scemo. A mio padre! Che grandissimo..." afferrò Tony per le spalle. "Ha intenzione di scappare. Le Bahamas. Mio padre adora le Bahamas. E Genim lo sa. Ha messo su questo teatrino non per far scappare me... ma per crearsi una fuga da solo!"
Tony si grattò una guancia. Poi scoppiò a ridere anche lui.

"Una pizza peperoni e funghi, pizza con patatine fritte. Voilà!" Tony si sedette sul marciapiede, davanti al motel, e porse uno dei due cartoni a Ziva. Mangiarono in silenzio per un po', scossi ancora da qualche risatina incredula.
"Perchè l'ha fatto, secondo te?" Le chiese, mentre osservava un fungo colare via dalla sua fetta di pizza.
"Penso fosse stanco. La morte dei miei fratelli l'ha distrutto - sono mesi che Leni prova a farlo dimettere. Adesso capisco perchè non l'ha fatto" scosse la testa. "Aveva già organizzato tutto con Genim, che bastardi. Senza dirmi niente"
"Ha colto l'occasione migliore. Tu ne esci pulita, rimani in America e lui se ne va al mare" fece spallucce. "Ma come ha intenzione di scappare?"
Ziva annuì tra sè e sè. "E' un David. E ha il suo vice. Quei due ne sanno una più del Diavolo"
"E così" la guardò di sottecchi. "Rimani a Washington"
"Efattho" sputacchiò, mangiando la pizza. "Non guardarmi così" si pulì la bocca con un tovagliolo di fortuna, pescato nella borsa.
"Così come?"
"Come se volessi mangiarmi" fece spallucce. "Io e te... non torneremo insieme, Tony. Anche se rimarrò in America... per un po', perchè non è detto che mi facciano restare qui per sempre... tra noi è finita tanto tempo fa. Mi hai tradita"
"E' vero" Tony sorrise e diede un morso alla sua pizza.
"Perchè sorridi?" gli domandò stizzita. "Ti ho detto che tra noi due non c'è alcuna possibilità di tornare assieme"
"Ho capito, Zee"
"La smetti di essere così pacato!?" gli tirò un pugno sul braccio. "Cos'hai in mente?"
"Niente"
"Non mi fido di te"
"Si, Ziva, si. Ora mangia"
"E non dirmi quello che devo fare, DiNozzo!"
Tony alzò gli occhi al cielo. "Dio! Sarà terribile essere il tuo ragazzo"
"Non lo sarai. Hai capito?"
"Si, Ziva, si. Ma quando arrivano Deeks e Kensi, diamine?!"
"Non cambiare argomento!"
"Sei pesante!"
"Ah" alzò le braccia la cielo, stizzita. "Io?!"
"Si, tu. Sei pesante e... sporca di pomodoro" le baciò il labbro superiore. "Ora non più"
"Smettila!"






































Maia says:

E il prossimo sarà l'epilogo :'D Vi confesso, ancora non so come... presentarvelo. Nel senso, ho due idee differenti, per il prologo. Molto simili, ma diverse (?) si, boh, non riesco manco a spiegarmi tra me e me.
Gesù, sono sopravvissuta a questo capitolo :'D Non mi va ancora di fare saluti, ringraziamenti (poi mi viene da piangere), posso solo dire che sono priva di energie e queste parole che state leggendo sono frutto di tanto stress fisico e mentale. Odio la maturità D:
Mi sento profondamente in colpa per come ho "trattato" la nascita di Kelly - ma ho 19 anni, signore e signori, non ho la più pallida idea di cosa significhi avere una bambino, perciò... ci ho provato, ecco >.< Però non ne sono soddisfatta, boh.
Dei Tiva invece lo sono HAHAHAHHAHAHHA perchè mi fanno ridere HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA li ho fatti più scemi degli originali, ragazzi sono un mito HAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHA
Vabbè, il mistero è venuto a galla :) Eli ha pensato un bel po' ai cazzi tuoi, ha coperto Ziva e se ne in giro (da solo) per il mondo. Io mi preoccuperei. Ehm, ho disseminato un po' di decima stagione in giro - vorrei mettere un bordello di gif e citazioni ma mi sto trattenendo - perciò non dico altro xD

Ci vediamo (per l'ultima volta) al prossimo capitolo :')

*Aba: Papà in ebraico.

P.s.: Metà capitolo non è stato betato :( Perdonate eventuali errori.



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Capitolo 26
*** It's time to begin, isn't it? ***


NCIS
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Union Station, Washington D.C., 7.00 p.m.


A Ziva piaceva particolarmente andare alla stazione ferroviaria di Washington. Prima di tutto, le piaceva artisticamente parlando: le ricordava un po' le grandi cattedrali italiane e gli archi di trionfo; tutta quell'aria classicheggiante le trasmetteva calma e spirito d'inventiva, tanto che immaginava di scolpire essa stessa le fini ed eleganti decorazioni in marmo. Si fermava sempre cinque minuti ad osservare la statua di Archimede.
Più di tutto, però, le piaceva guardare le persone. Alla Union Station, ogni giorno, transitavano migliaia di persone ed era bello vederle con i bagagli, chi con l'espressione felice, chi stanco, chi ancora commosso. C'erano gli amici e i parenti, in qualità di accompagnatori. C'erano gli artisti di strada, che strappavano sempre il sorriso a qualcuno. C'erano anche i venditori ambulanti, molto simpatici - una volta, Ziva aveva scambiato uno di loro per un terrorista boliviano. Lei arrivava, così, sempre un po' prima dell'orario stabilito e si metteva ad osservare tutti loro, come se fossero il suo personale palcoscenico, in una rappresentazione sempre originale, ma sempre la stessa.
Seduta su una delle panche, controllò l'orologio, in attesa.
Era stanca anche lei, come la maggior parte dei viaggiatori. La vita all'ambasciata non era facile come le era inizialmente sembrato: aveva a che fare con israeliani scontenti, o turisti scontenti, o politici scontenti (effettivamente si era resa conto che, chi entrava all'ambasciata, era sempre infelice per chissà quale bega diplomatica) e lei era tenuta a stare lì, alla sua scrivania, cercando di placare gli animi. Alcune volte, però, sentiva ancora il brivido della caccia, quando doveva interrogare un sospettato o perquisire qualcuno. Le era anche capitato di proteggere un agente del Mossad negli appartamenti dell'ambasciatore - non era stata una bella esperienza, alcuni la guardavano ancora con diffidenza, dopo che suo padre era scappato misteriosamente di prigione. Quello che le piaceva di più era, tuttavia, prendere il the con la mamma dell'ambasciatore, una signora distinta che le ricordava tanto la sua Leni; erano piccole vittorie di cui andava fiera, perchè era riuscita a crearsi una sua routine.
Ziva si stiracchiò e sbadigliò. Controllò di nuovo l'orologio. Dieci minuti di ritardo.
Ci aveva messo un po' a trovare una casa dove stare. Aveva subito scartato un'appartamento messo a dispozione dell'ambasciata - sentiva già di essere troppo sotto controllo e voleva rincasare a suo piacimento. Non avendo i soldi per comprarne o affitarne uno, aveva chiesto aiuto a McGee per cercare un buco che le andasse bene per i primi tempi, per poi sistemarsi più avanti: a sorpresa, McGee le aveva offerto la stanza lasciata vuota da Tony nel suo appartamento. Aveva sottolineato che non era un atto caritatevole, perchè aveva urgentemente bisogno di qualcun'altro che lo aiutasse con le spese; Abby era stata felicissima del trasferimento e passava molto tempo con loro (la notte, Ziva aveva scoperto di non sentire i due amanti in fondo al corridoio e aveva tirato un sospiro di sollievo). Vivere con il suo migliore amico era bello e inevitabilmente comodo. In pratica, McGee faceva tutto: lavava, cucinava, stirava... era una perfetta donna di casa, quello che Ziva non sarebbe mai diventata, nemmeno osservandolo tutti i giorni. Più o meno avevano gli stessi orari, perchè era diventato l'assistente di un professore alla facoltà di Fisica, così riuscivano a vedersi per pranzo e per cena, e la domenica oziavano entrambi (la ragazza si era impegnata a preparare la colazione almeno quelle mattine, così McGee poteva riposare).
Sobbalzò, quando il cellulare cominciò a vibrarle nella tasca dei pantaloni.
"Ciao, McInquilino" sorrise. "Si, sono ancora alla stazione ad aspettare" sbuffò. "Deve essere in ritardo... no, ma credo arrivi a momenti. Fa così, ordina le pizze, almeno non fai tardi quando vai a prenderle e le mangiamo calde. Ok, ti mando un messaggio. Ciao" attaccò.
C'era caos, a quell'ora, e non riusciva a sentire la gracchiante voce metallica che annunciava i treni. Magari si era persa l'annuncio parlando con McGee.
"Buonasera!" qualcuno le baciò il lobo dell'orecchio e Ziva sorrise. Guardò in alto e vide il viso gioviale di Tony che la osservava.
"Ce ne hai messo di tempo! Sono qui da minimo venti minuti!" lo rimproverò, mentre gli baciava il mento e poi la bocca. "Quando il treno è in ritardo avvisami, almeno mi porto un libro"
"Scusa" Tony arricciò le labbra e le prese la mano, per avviarsi verso l'uscita. "Andiamo a casa?"
"Si! Stasera ti toccano le pizze! McGee ha dovuto sostituire il professore, così non ha potuto cucinare. Ma l'ho spedito a prenderle, così fra due giorni torni a Baltimora con la pancia piena" ridacchiò. "A proposito, sei ingrassato"
Tony impallidì. "Sei seria?" si fermò, grattandosi la pancia. "Pensavo di aver messo su massa muscolare"
"No, tesoro, è massa e basta" scoppiò a ridere.
Tony non aveva ancora lasciato a Baltimora. L'accademia di polizia era terminata, ma era in prova in una centrale della città, vicino casa, insieme a Deeks, Kensi e Kate, mentre Sam e Callen erano stati trasferiti a Los Angeles. Fortunatamente era riuscito ad organizzare con i suoi amici i turni lavorativi, per tornare, almeno il sabato e la domenica, a Washington, per stare con lei. Non le piaceva averlo lontano, ma di sicuro i primi tempi le era servito: avere sempre Tony nei paraggi la destabilizzava, le faceva perdere la dovuta razionalità e le infilava anche le mani dappertutto. Non era, perciò, pienamente convinta di volerselo riprendere, sebbene Tony ci mettesse tutto l'impegno per riacquistare la sua fiducia.
Alla fine era successo, e non l'aveva programmato. Una mattina, dopo aver fatto accidentalmente l'amore con lui, si era svegliata, l'aveva visto sbavare sul suo cuscino e ricordarsi del perchè lo aveva amato era stato facile. Di tanto in tanto, andava anche lei a Baltimora - c'era sempre un letto disponibile, in quella casa.
"E' colpa di Kensi" alzò gli occhi al cielo. "Guarda troppo quei programmi di cucina e si sente in dovere di far da mangiare al povero vicino di casa, solo e abbandonato a sè stesso. Non vedo l'ora che torni Sam, guarda. Lei e Marty stanno sempre fiondati sul divano e io non posso fare praticamente niente" fece spallucce. "Ti sembra giusto?"
"Stai sempre a lamentarti, DiNozzo. A proposito, quando torni a casa, devi dire a Rick che il libro mi è arrivato, con tanto di autografo personale" sorrise. "Mi ha scritto una bella dedica!"
"Cioè?" Tony provò ad indagare. Nonostante Rick e Kate fossero una coppia, continuava a non fidarsi dell'estrema gentilezza nei confronti di Ziva, ogni volta che lo andava a trovare.
"Fatti nostri. Privati"
"Hai dei fatti privati con Richard Castle?" Spalancò la bocca.
"Tanti. Proprio tanti"
Tony ridacchiò e l'attirò a sè. "Quanto mi sei mancata" Ziva lo abbracciò e accarezzò il petto, coperto da un maglione, con la guancia.
"Anche tu. Pensi di baciarmi decentemente?"
Tony lasciò cadere la valigia e la prese in braccio. Le gambe si Ziva si artigliarono ai suoi fianchi e gli circondò il collo con le braccia. Qualche passante li guardò con occhio critico, ma nessuno dei due se ne preoccupò - era sempre la stessa scena, tutti i venerdì sera.
"Guanciotte dolci, non sarai mica in crisi d'astinenza?"
"Ti amo"
"Ti amo anche io"


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Casa Gibbs, Washington D.C., 8 p.m.


Gibbs aveva gli occhi socchiusi, nel vano tentantivo di sembrare minaccioso.
Kelly aveva gli occhi spalancati ed emise un gorgoglio divertito tipico dei bambini.
"Bene, tesoro. Ora ti lasciamo con i babysitter, ma devi fare la brava. Ok?" borbottò suo padre. Kelly ridacchiò. Gibbs sbuffò.
"Li farai impazzire, vero?" la bambina naturalmente non rispose, ma l'uomo notò quel luccichio malvagio negli occhi nocciola, che valeva più di mille parole. "Sei la figlia del demonio, tu" le diede un morbido bacio sulla guancia.
Kelly era un soldo di cacio, ma aveva messo sotto sopra la sua vita; doveva alzarsi durante la notte, controllare la temperatura del biberon, farla addormentare, farle fare il ruttino, bagnetto, pannolini... era un autentico lavoro, non c'erano pause pranzo o giorni liberi. Gibbs e Shannon facevano i turni per stare con la piccola e, dopo la sua nascita, erano usciti pochissimi e i momenti intimi ridotti al minimo.
A nessuno dei due, però, dispiaceva davvero.
Quella sera avevano deciso di andare a cena, loro due da soli. Era la prima volta che lasciavano Kelly con qualcun altro e Shannon non sembrava molto tranquilla in proposito, sebbene suo marito avesse tentato più volte di rassicurarla.
"Sono dei professionisti, sapranno come cavarsela" le aveva detto nemmeno un giorno prima.
"Che stai facendo?" gli domandò, entrando in camera di Kelly. Si stava pettinando i folti capelli rossi: aveva un bel vestito elegante, blu, che faceva risaltare la pelle chiara. Gibbs non potè fare a meno di baciarla.
"Dicevo a tua figlia che deve fare la brava"
"Oh, lo sai che non lo farà. Vero, amore mio?" la prese in braccio e la strinse forte. "Come faccio a lasciarti sola soletta?"
"Ehi" Gibbs la guardò male. "Abbiamo bisogno di una pausa"
"Lo so, lo so" Shannon mise il broncio e la riempì di baci.
"E poi c'è lui" l'uomo indicò il gattone arancione, comodamente seduto su due peluche della bambina. Whisky era stato regalato a Kelly dopo un mese esatto dalla sua nascita - Ziva non sapeva cosa diavolo si potesse mai regalare ad una bambina e, visto che anche lei era cresciuta con un gatto, aveva pensato di dare Whisky in adozione (McGee era stato molto felice della sparizione del micio). Da quel momento, il gatto si era appropriato di una poltrona, due cuscini e i peluche di Kelly. Oramai non provavano nemmeno a cacciarlo via.
"Ho sempre la netta sensazione che mi guardi male" osservò Gibbs. In effetti, ogni volta che provava a prenderlo, Whisky soffiava.
"Forse è geloso. A me non dici niente, anzi. E Kelly gli tira sempre la coda. Non gli piaci proprio tu" rise la donna.
Il campanello interruppe la discussione; i coniugi Gibbs si guardarono: "Sono qui" dissero in coro.
Scesero tutti e tre al piano di sotto, con Whisky al seguito. Sulla soglia della porta, Tobias Fornell e Ducky Mallard sorridevano compiaciuti.
"Ho cambiato idea" Shannon deglutì. "Non la voglio lasciare a loro due. Preferisco Abby"
"Stasera torna Tony. Non poteva venire" Gibbs alzò gli occhi al cielo. "Fidati, se la cavaranno. Al massimo c'è il gatto"
"Comunque noi siamo qui davanti a voi, eh" Fornell ringhiò stizzito. "Vieni dallo zio, tu" allungò le braccia e Kelly si allungò per andare da lui, poi passò a Ducky. Voleva stranamente bene a quelle due losche figure che giravano attorno alla sua vita.
"Ragazzi, mi raccomando" sospirò Shannon, prendendo la borsa e il cappotto all'ingresso.
"Tranquilla" Ducky sorrise.
Tobias li salutò con la mano e chiuse ad entrambi la porta in faccia, non prima di aver urlato un "Divertitevi!" molto eloquente.
Gibbs e Shannon scoppiarono a ridere, mentre salivano in macchina. "Sono pazzi. E faranno diventare pazza anche mia figlia!"
Jethro le sorrise e mise in moto. "Non credo - per quello bastiamo già io e te". Sua moglie gli fece una linguaccia divertita e gli si aggrappò al braccio.
"Allora, signor Gibbs... dove mi porta di bello?"

 
















The End.















Maia says:

Oh. Mio. Dio. Non pensavo... insomma. Cioè è parecchio brutto, sapete? T_T Mi viene da piangere. Ok, scrivo e scrivo così non ci penso.
Prima di tutto, vorrei ringraziarvi TUTTI. Ma proprio tutti - chi ha letto in silenzio, chi l'ha messa tra le seguite, le preferite, le ricordate -. Naturalmente un grazie speciale a chi mi ha seguita da sempre e che non si è perso/a un capitolo, sempre con recensioni positive ed entusiaste (insomma, avete pianto e gioito con me, che altro aggiungere? :'D).
In seconda battuta vi volevo dire che questa storia (anzi, tutte e due) sono andate avanti grazie a voi :'D C'è anche chi mi ha detto, 'Ehi, non c'è due senza tre ;)'... ma no, xD Non ci sarà una terza storia sui due modelli che avete già letto - non perchè non voglia... un po' è che veramente non ho tempo, tra maturità e cose così ma... non saprei cosa aggiungere a questo.
Quando ho cominciato High School, penso lo sappiate, stavo andando completamente allo sbaraglio. Mi piaceva immaginare i personaggi in un ambiente diverso, in particolare l'ambiente più vicino a me (il liceo, ahimè.) quindi non è che ci abbia tanto riflettuto sopra... senza sapere di avere tutto questo "successo" :'D Fantastici, siete fantastici! Mi avete dato la dimostrazione che quando si fa qualcosa con amore e con entusiasmo, la fatica (anche se per me non lo è stata) viene SEMPRE ripagata! Ma soprattutto abbiamo dimostrato che il fandom di NCIS è una grande famiglia feli... ok, felice non tanto, ammettiamolo, però sempre una famiglia u.u Con molti di voi commento anche le puntate su faccialibro ed è sempre bello parlare con qualcuno che mi capisce HAHAHAHAHAHAHHA
Si, boh, intanto mi sta uscendo la lacrimuccia, quindi non ho risolto proprio niente, brava Amalia, brava.
Prima di lasciarvi, voglio fare dei ringraziamenti speciali (?).

Grazie a Simona, amica e confidente, che mi sopporta su WhatsApp più di quanto dovrebbe :') Daje!
Grazie a Paolo. Perchè le sue canzoni hanno ispirato interi capitoli e la sua amicizia mi soffoca :) (Mi pare che lo conosciate, si xD)
Grazie a F., che meriterebbe tanti pugni e schiaffi, e una morte lenta e dolorosa, ma comunque questa storia grazie a lui ha guadagnato un po' di pathos.
E infine, grazie a Sonia. Perchè la adoro, perchè è la sorella che non ho mai avuto, perchè è la fidanzata che vorrei se fossi un uomo o se fossi lesbica, perchè soffrire con lei mi ha fatto capire che non voglio più vederla piangere. Perchè è la mia anima gemella.




Ok. Il momento è arrivato. Ragazzi, la storia si deve chiudere :') Ma dirsi addio è inutile, ogni tanto vi ritrovere una OS, così... tanto per salutarsi durante l'anno. Chi scrive, vi prego di continuare a farlo. Chi legge, non smetta :')

Alla prossima,
Amalia.





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