Gorgeous

di __Mais__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



PROLOGO

 

E’ strano, ma tu mi hai cambiata totalmente, adesso tutto ha un senso diverso per me.
Hai riempito la mia bocca di milioni di baci passionali e caldi, hai riempito le mie orecchie di parole dolci, anche se non era da te tutta quella tenerezza, e il mio cuore di emozioni forti come non le avevo mai provate per nessun’altro.
Grazie a te mi sento completa, anzi, mi sento felice.
Perché un tuo sorriso mi basta per essere felice, mi è bastato guardarlo una volta sola perché tu mi entrassi dentro e rubassi l'anima.
Sì, è vero, quel tuo sorriso mi ha stregato, mi ha fatto diventare dipendente da te.
Quindi sorridi, ti prego.
Mi basta svegliarmi con te accanto, abbracciati sotto le coperte e con i nasi che si sfiorano per essere felice.
Ma, paradossalmente, anche laddove i sentimenti sono chiari ci si mettono le situazioni a confonderli.
Tu non hai mai creduto nell'amore, in quei sentimenti così forti che ti logoravano dentro.
E nonostante tutto, io amo il fatto che tu mi conosca come le tue tasche.
Amo le tue espressioni.
Amo il modo in cui pronunci il mio nome.
Amo il fatto che vuoi dirmi delle cose, anche se tu stesso non sai bene cosa.
Amo la tua risata, anche quando è di me che stai ridendo.
Amo la tua vena sarcastica.
Amo il fatto che siamo sulla stessa lunghezza d'onda, sotto certi versi.
Amo il flirtare scherzosamente con te, soprattutto quando scorgo quella scintilla maliziona nei tuoi occhi.
Amo i nostri discorsi semi-seri e le risate che li seguono.
Amo il fatto che ti preoccupi, anche se non è quello il tipo di preoccupazione che voglio da te.
Amo il tuo profumo e come resta sui miei vestiti e sulle mie lenzuola.
Amo i tuoi abbracci, così rari, ma caldi e rassicuranti.
Amo il modo in cui i tuoi occhi diventano intensi quando cerchi di leggermi dentro.
Amo il fatto che tu sia così strano certe volte, facendomi sentire normale.
Amo l'essere la tua preferita, anche se vorrei essere la sola ed unica.
Amo il modo in cui le nostre mani si intrecciano in un incastro perfetto.
Amo la tua spontaneità, anche se spesso fa male.
Amo il fatto che mi sei  vicino quando ho più bisogno di te.
Amo te, lo ammetto.
Ha sempre avuto ragione lei però, perché chi ama non tradisce, non ti pugnala dritto nel cuore.
Non ne avrebbe il coraggio, la forza, la voglia.
Le persone possono tradire per indole, perché si sentono trascurate, per noia, per leggerezza.
C’è chi tradisce per abitudine e chi per stronzaggine.
Ma chi ama veramente non tradisce, e io mi ero illusa che tu mi amassi.
Sono una stupida, lo so, perché dopotutto io non ti odio.
Non ti ho odiato quando mi hai presa in giro davanti al mondo.
Non ti ho odiato quando mi hai illusa coi tuoi gesti e i tuoi occhi bollenti e verdi.
E non posso odiarti adesso che ti amo.
Posso odiare il fatto che non ti odio, nemmeno quasi, nemmeno un pochino, nemmeno niente, ma non posso odiare te.
La verità peggiore è che mi manchi.
Mi manchi come può mancare l’aria dopo attimi infiniti di apnea.
Mi manchi sempre, ogni secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno.
E, anche se sembravi così freddo e distante, quando mi abbracciavi mi sentivo scottare costantemente.

Non ho la minima voglia di affezionarmi a qualcuno che non sia tu, perché è di te che sento il bisogno impellente e di nessun altro.








Angolo autrice
Salve donzelle!
Inizio con dire che lo so, è da stupidi iniziare una nuova storia senza essere arrivati nemmeno alla metà di ‘Fist Love’, ma ho scritto questa prologo da un bel po’ e non ho resistito a pubblicarlo.
Della storia non si capisce quasi nulla ancora, se non che c’è la solita ragazza innamorata persa del ragazzo che non si accorge di ciò che ha finché non lo perde. Forse riuscirete a farvi un’idea, fino all’arrivo dei prossimi capitoli, solo leggendo l’introduzione.
Spero che come inizio vi piaccia o per lo meno vi incuriosisca abbastanza da lasciarmi un vostro pensiero a proposito :)
Grazie a chiunque mi seguirà in questa follia.
Maky_

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***



 

CAPITOLO 1
 

-Ehi nana- dice mio fratello, recuperando le chiavi lasciate sul tavolino in soggiorno, e coprendomi così la visuale della tv.
-E togliti!- gli assesto un bel calcio sul sedere. -Sto guardando TVD!- Mi muovo come un’assatanata da una parte all’altra per cercare d’intravedere qualcosina, dato che questa palla al piede di mio fratello non si decide a sparire; faccio così rovesciare il pacco di patatine che, con gusto, stavo sgranocchiando.
-Stai guardando che?- Domanda stranito, per poi scuotere le spalle. –Non rispondere va, non mi interessano le cazzate che guardi in tv. Piuttosto porta rispetto per i più grandi!-
-Capirai, due anni di differenza!- Ribatto, alzandomi di mala voglia dal divano per spintonarlo lontano dalla traiettoria del mio sguardo, ovviamente puntato su Damon mezzo nudo che provoca Elena.
Dio, quant’è fortunata quella donna!
-Ah la metti così?- Non gli presto la minima attenzione, finché la mia amata televisione non si spegne di colpo, lasciandomi imbambolata a fissare lo schermo nero.
-Brutto stronzo, ridammi subito il telecomando!- Mi riprendo, alzandomi di scatto infuriata. Ho tralasciato il suo chiamarmi ‘nana’, cosa che mi irrita profondamente, ma mai infastidirmi mentre sono nello stato di concentrazione massima sui miei amati telefilm; è una tacita regola di casa e ovviamente la regola in questione l’ho creata io.
Mio padre mi sfotte sempre con frasette del genere ‘Oh, si è immedesimata nel personaggio’, ‘Sabrina, tesoro, la nostra piccola Greta è entrata in scena’. Sabrina è mia madre, santa donna. Ancora non riesco a capire come abbia fatto a generare un essere orrendo come Mirko, è una donna così dolce e gentile! Oggettivamente parlando non è brutto, tutt’altro, è uno dei ragazzi più fighi -a detta delle mie amiche- del Liceo a cui siamo iscritti: io terzo anno, lui quinto e si spera ultimo… Speranza un po’ vana dato che di studiare non se ne parla proprio. Lui ormai è un uomo, come gli piace definirsi, e di conseguenza ha altro di più importante della scuola per la testa: il triangolo delle belle ragazze, per non dirlo volgarmente.
E’ un maschilista come pochi.
Comunque resta pur sempre mio fratello, di consegue per me è bello come lo può essere una caccola. Che schifo!
Perché i miei non hanno sfornato prima me e poi non si sono comprati un cane, se ci tenevano così tanto ad avere un animale in casa? La vita sarebbe stata più facile per tutti.
-No, se prima non mi ascolti.- Afferma deciso, sorridendo strafottente.
Non posso nemmeno strappargli il telecomando di mano, perché nemmeno mettermi a saltellare o prendere uno sgabello mi aiuterebbe a raggiungere la sua mano, sollevata in aria e lontanissima anni luce da me.
-Ma si può sapere che vuoi?- Sbotto con rabbia.
-Ieri hai chiesto a mamma se stasera puoi restare a dormire da Marika?- Domanda tranquillamente lui.
Marika è la mia migliore amica dall’asilo, praticamente è la sorella che non ho mai avuto e con la quale condivido tutto.
Non è la prima volta che resto a dormire a casa sua, anzi capita piuttosto spesso. Quando i suoi genitori, come stavolta, sono fuori paese per affari di lavoro, per non lasciarla sola, vado più che volentieri a farle compagnia e a passare più tempo possibile con lei.
-Sì e allora?- Volto la testa verso di lui per guardare la sua espressione, non intelligente, ma meno stupida del solito.
-Ti ha detto di sì?- Continua, fregandosene del fatto che mi ha rovinato il pomeriggio, costringendomi così a guardarmi la stessa puntata di The Vampire Diaries su Megavideo.
-Scusa ma i cazzi tuoi?- Chiedo irritata dal suo continuo ficcanasare nella mia vita.
Ricordo ancora quando l’ho beccato in camera mia a leggere attentamente il mio diario; era così tranquillo, rilassato e bellamente steso sul mio letto, che inizialmente non mi ero nemmeno accorta che, quello che aveva tra le mani, era il mio diario.
Dire che lo stavo per uccidere è poco, ma ahimè è intervenuta mia madre salvandogli la vita.
La mia fortuna è che non scrivo mai nulla di troppo personale su quei fogli, preferisco parlare di certe cose solo con la mia migliore amica, che ascolta e da consigli come meglio può e io cerco di fare lo stesso con lei.
-Quanto sei noiosa!- Esclama esasperato. -Rispondi e basta.-
-Mi ha detto di sì e allora?- Alla mia risposta, si apre in un sorriso.
-Perfetto, mi fai il favore di dire ad Alex che stasera non posso più uscire con lui perché ho un altro appuntamento con una sventola mozzafiato, più figa dell’altra? Mi è finito il credito altrimenti gli avrei mandato un messaggio. Grazie in anticipo!- Detto questo, si alza velocemente ed esce di casa senza nemmeno aspettare una mia risposta.
Stronzo. Col cazzo che avviso quell’altro imbecille del suo amico.
Alex. Il ragazzo più odioso che ci sia, persino più di mio fratello e per superarlo in stronzaggine ce ne vuole parecchio, ma lui ce la fa senza nessuno sforzo.
Con la sua aria perennemente annoiata e strafottente, è di un’antipatia unica; si crede il ragazzo più intelligente e bello che ci sia e le ochette, che gliela offrono alla prima occasione, non aiutano certo a farlo tornare coi piedi per terra.
Alex è bellissimo, su questo nemmeno io posso negare, ma la sola bellezza esteriore non basta affatto per essere considerato una bella persona in tutto, soprattutto se si tratta di quella testa calda.
E’ uno spaccone, si vanta delle sue conquiste di letto -abbastanza numerose devo dire- e tremendamente arrogante.
Non mi sorprende però che lui e mio fratello siano così amici, quasi quanto me e Marika addirittura; i due stupidi, che ragionano solo con l’organo che hanno in mezzo alle gambe, non potevano non diventare amici d’altronde!  
 
-Hai preso tutto?- Mia madre sbuca dalla cucina con il grembiule legato in vita.
-Sì mamma,- sbuffo -non sono una bambina, ho sedici anni, mica sei!-
-Le chiavi ce le hai? Lo sai che io e papà domani non saremo a casa fino alle nove di sera.-
Cavolo le chiavi! Mi sono dimenticata completamente che i miei domani andranno a trovare gli zii.
-Come non detto.- Faccio dietrofront verso la mia stanza.
-Ecco, brava.- Dice lei sorridendo vittoriosa.
 
Mio padre mi accompagna da Mary con la macchina e, come al solito, prima di farmi scendere, mi fa il discorsetto sulle cose da fare e su quelle da evitare assolutamente.
-Non accendete i fornelli, vi porterò delle pizze verso le otto. Non azzardatevi a fumare, né sigarette né tantomeno altro! Non invitate amici, specialmente maschi, a casa; ricorda che non è casa tua e che se ti becco finisci in guai seri, signorina. Non guardare film horror, perché altrimenti non dormi tutta la notte. Non… ho finito le idee.- Si gratta il cranio, pensando a qualcos’altro da vietarmi di fare.
-Hai finito?- Dico alzando gli occhi al cielo.
-Credo di sì.- Risponde sorridendo. -Adesso vieni qui a dare un bacino al tuo vecchio.-
Mi allungo a baciargli una guancia, ricambiando il sorriso. -Ciao pa’!-
Afferro il borsone con la mia roba e corro a suonare il citofono, aspettando che Marika venga ad aprirmi.
Dopo pochi secondi ad aprirmi non è la mia amica, ma suo fratello Alex.
Che ci fa qui a quest’ora? Di solito passa sempre la notte fuori quando ci sono io a casa loro. Ha sempre detto che avrebbe preferito spararsi piuttosto che stare ad ascoltare i miei discorsi stupidi con sua sorella.
Sì, perché lui è il ragazzo adatto con cui avere conversazioni intelligenti.
Ah già, adesso che mi ricordo, mio fratello gli ha dato buca. Ben fatto Mirko!
-Ciao occhi di ghiaccio.- mi saluta lui sorridendo. Saluto che non ricambio affatto e, scansandolo, entro in casa come un razzo.
In tutti questi anni che ci conosciamo non mi ha mai chiamata per nome. Greta, cosa ci vuole a dire Greta? Ha sempre preferito ‘occhi di ghiaccio’, più per la freddezza con cui lo tratto sempre che per il colore dei miei occhi.
Adoro il loro colore azzurro, è una delle poche parti del mio corpo che mi piacciono davvero, ma detto in quel modo da lui sembra quasi un’offesa. Per non parlare del ‘nana’, così frequente da sembrare mio fratello. Non sono poi così bassa, però! Il metro e sessanta lo raggiungo… Quasi, ma questo non fa alcuna differenza.
-Salve Ettore.- Sento che saluta mio padre con molta confidenza per poi chiudersi la porta alle spalle.
-Dov’è Mary?- Mi giro di malavoglia verso di lui.
-Non lo sai che è da maleducati non salutare?- Inarca un sopracciglio.
-No, non lo so. Mary è di sopra?- Continuo incurante di sembrare davvero maleducata, ma non posso farne a meno.
La stanza della mia amica è al piano di sopra, insieme a quella dei genitori e di Alex; un bagno bellissimo e enorme è su quel piano mentre l’altro al piano di sotto, dove ci sono la cucina, il soggiorno e uno sgabuzzino.
-No, è andata a comprare non so cosa dal negozio qui vicino.- Continua appoggiandosi alla porta con le braccia incrociate al petto e un sorrisino storto stampato in faccia.
Già, il suo solito sorriso da idiota che ha quando sta per fare battute poco gradite.
-Sai, sembri ancora più piccola dell’ultima volta.- Scoppia a ridermi in faccia.
-E tu più coglione del solito.- Rispondo stizzita.
-Quanta acidità! Possibile che io non ti sia per niente simpatico?-
-No, sei odioso.- Continuo alzando gli occhi al cielo.
-Odioso io? Ma se sono sempre così gentile con te, sei tu che fai la snob.- Dice portandosi teatralmente una mano al cuore, come se fosse ferito dal mio comportamento.
-La smetti di rompere? Vado in camera di Riky. Appena torna, dille che la sto aspettando su.- Ribatto annoiata, iniziando ad andare in camera della mia amica. Ormai questa è come se fosse casa mia.
-Antipatica!- Dice alzando la voce, mentre mi allontano. -Comunque tranquilla perché non ti infastidirò, io e Mirko stasera usciamo con due bombe sexy mentre tu e l’altra mocciosa vi mettete lo smalto a vicenda.- Si vanta.
Mi volto di scatto e stavolta anche io sorrido. -Quasi mi stavo dimenticando…- Mi porto una mano alla fronte -Mio fratello mi ha detto di dirti che stasera ha un altro appuntamento con, e sono parole sue, una sventola mozzafiato più figa dell’altra.-
-Non è vero, altrimenti mi avrebbe avvisato.- Ribatte convinto.
-No, perché gli è finito il credito.- Dico mentre il sorriso sulle mie labbra si allarga gradualmente.
-Ma che bastardo! Dà buca al suo migliore amico solo per una fica? Questa me la paga!- Grugnisce infastidito e arrabbiato, battendo il piede come un bambino piccolo.
-Divertiti a guardare mentre io e tua sorella ci mettiamo lo smalto a vicenda.- Stavolta è il mio turno di ridergli in faccia, sia per l’espressione troppo buffa del suo viso, sia per una piccola soddisfazione personale.
-Ah ah, molto divertente.-
 
Sento la porta della stanza aprirsi e, sollevando lo sguardo dalla rivista ‘Tu Style’ che ho trovato sulla scrivania, noto i capelli biondissimi e mossi della mia migliore amica; chiude la porta e corre ad abbracciarmi con forza, lanciando un urlo spacca timpani, come se non ci vedessimo da mesi e non da poche ore.
-Tesoro, come stai?- Mi stritola tra le braccia. E’ sempre stata molto affettuosa, ma la cosa non mi è mai dispiaciuta.
-Benissimo Riky, sono appena arrivata.- Sorrido, mentre si stende accanto a me sul suo lettone a due piazze, e prendiamo a sfogliare la rivista insieme.
-Scusami, ma sono dovuta andare a comprare un pacco di assorbenti, sento che mi sta per arrivare il ciclo.- Fa una smorfia e non posso biasimarla.
Anche per lei, come per me, quel periodo è davvero orribile; oltre ai dolori tremendi al basso ventre e ai reni, che non ci fanno dormire la notte, ma solo rigirare tra le coperte con sonori lamenti, si aggiungono anche i continui sbalzi d’umori. Peggio per chiunque osi infastidirci durante il nostro periodo nero.
-No tranquilla,- la rassicuro -comunque mio padre ha detto di non cucinare niente, perché ci porta le pizze.-
-Fantastico! Caccio mio fratello di casa e scendiamo giù a vederci un film appena arriva la nostra cena.- dice felice, battendo le mani.
-Ho una brutta notizia…- Mi spiace smorzare il suo entusiasmo.
-Quale brutta notizia?- Mi guarda sospettosa.
-Mirko ha dato buca a tuo fratello, quindi credo che per stasera dovremo sorbircelo, a meno che lui non esca con qualcun’altro degli idioti che quei due chiamano amici.- Non riesco ad evitare di fare una smorfia.
-Uffa, ma che palle però!- Esclama abbattuta, mettendo il broncio.
-Lo so, ma che ci possiamo fare?- Anche lei non sopporta suo fratello, infondo infondo gli vuole bene, ma loro due sono come cane e gatto. Ogni minima cosa è un ottimo motivo per litigare, come me e Mirko dopotutto. Forse questo è un altro motivo per cui siamo amiche: l’odio per i fratelli scemi.
-Cacciarlo ugualmente e uccidere tuo fratello?- Dice facendomi  ridere, l’idea non è niente male.
-Ma per me va più che bene!- E anche lei ride.
 
-Grazie mille pa’!- Dico, afferrando le pizze, che mio padre mi sporge, e portandole in cucina velocemente.
Ritorno all’entrata per salutare mio padre e lo vedo parlare, tutto sorridente, con Alex.
-No, stia tranquillo, bado io alle mocciose.- Sento dire dalla scimmia a mio padre.
-Sono più tranquillo così, ho sempre paura di lasciarle sole.- Il mio vecchio sorride grato al biondino.
-Ti capisco Ettore, hanno solo sedici anni.-  Che ruffiano! Sto per vomitare.
Ovviamente quando ci sono i miei genitori, sia lui che mio fratello diventano immediatamente degli angeli, così gentili e adulatori che i vecchi non possono far altro che adorarli. Io invece posso dire solo una parola: leccapiedi.
-Ok papà, ci vediamo domani, notte.- Mi intrometto, spintonando con poca delicatezza Alex dalla porta e baciando di nuovo la guancia a mio padre.
-Fai la brava, mi raccomando.- Mi lascia una carezza sulla testa, gesto che ripete spesso e che ogni volta mi ricorda la mia non-altezza; dando poi la buonanotte sia a me che ad Alex, se ne va.
-Sei una maleducata.- Sento la sua voce fastidiosa rimbeccarmi.
-E tu un lecchino.- Rispondo con lo stesso  tono.
-Nana.- Bastardo, lo sa che mi da fastidio essere chiamata così.
-Idiota.- Sputo velenosa, dandogli un altro spintone.
-Manesca zitella.- Ribatte, offendendomi ancora di più.
-Ehi tu, lascia in pace Greta o dico a mamma che l’hai infastidita per tutta la serata!- Marika compare dalla cucina con un pezzo di pizza in mano.
-Cosa?- Esclama indignato. -Ma non è vero!-
-A chi crederà, alla sua dolce figlia che rispetta le regole o all’idiota che si è fatto beccare con una ragazza nuda in camera, per poi subirsi una bella strigliata?- Controbatte la mia migliore amica, facendomi scoppiare dal ridere. Sono fiera di lei!
-Ne è valsa la pena, te l’assicuro.- Risponde arrogante. Il sorriso che si è disegnato sulle sue labbra però, mi due dirlo, ma è davvero bello e sexy.
Mi capita di rado di fare certi pensieri, ma alcune volte, come questa, è davvero inevitabile.
Marika mi afferra per il braccio e mi tracina con sé in cucina, esclamando: -Lasciaci in pace, sbruffone!-
E in risposta sento solo la sua risata.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***



 

 

CAPITOLO 2


Spaparanzate sui due divani di casa Rossi, io e Mary guardiamo per l’ennesima volta quello che per noi è diventato un classico: ‘Harry Potter e la pietra filosofale’. Il primo film secondo noi è uno dei più belli della saga, forse perché è la prima avventura dei nostri tre maghetti preferiti, ma sta di fatto che lo adoriamo.
Con la testa appoggiata a uno dei braccioli, i piedi penzoloni dall’altro, sono comodamente stesa sul divano a due posti con lo scatolone della pizza appoggiato sull’addome. La lattina di Coca-Cola ho dovuto poggiarlo sul tavolino, al centro tra i due divani e l’unica poltrona, per non rischiare di rovesciarla a causa della mia goffaggine e macchiare qualcosa.
Il film è iniziato da un quarto d’ora circa ed è l’unica parte del film che riusciamo a vedere tranquillamente e in silenzio, perché Alex alias rompipalle entra in salone emettendo un verso disgustato.
-Ma quanti anni avete?- Dice schifato, fissando lo schermo.
-Dieci e adesso fa silenzio.- Lo zittisce la sorella.
Con la coda dell’occhio lo vedo spostarsi dalla soglia della stanza verso di noi, per poi riprendere a parlare.
-E io dove mi dovrei sedere?- Si lamenta fissando prima Mary, poi me.
-Sulla poltrona.- Risponde secca la mia amica.
-Sai che odio sedermi lì, mi fa sempre male il culo per quanto è scomoda.- Ribatte imbronciandosi.
-Allora siediti a terra se preferisci.- Afferma Mary, facendomi sorridere nel buio della stanza.
-Col cavolo, fammi spazio sul divano!- Dice e, in due falcate, si piazza davanti a lei.
-Non ci penso proprio, io da qui non mi muovo. Va a rompere le palle a Greta!- Risponde lei, facendomi borbottare.
Se lo scorda, io il mio regale fondoschiena non lo muovo solo per far stare più comodo Alex.
Lui sbuffa e si avvicina a me.
-Mi fai un po’ di spazio almeno tu?- Mi sta supplicando? Questa sì che è nuova.
-Perché dovrei?- Non lo guardo nemmeno, fisso lo sguardo sullo schermo, ma so che lui sta fissando me. Possibile che non si possa guardare la tv in pace? C’è sempre qualcuno che deve rovinare quell’atmosfera che si trova solo al cinema.
-Perché non sei una strega come mia sorella?- Alle sue parole sorrido e continuo a guardare il film.
-Sei proprio un lecchino.- Ridacchio.
-Come non detto, sei stronza proprio come mia sorella.-
Sposto lo sguardo su di lui velocemente e lo vedo fissare la poltrona con cipiglio scuro. Dev’essere proprio scomoda.
Riporto gli occhi su Harry, riprendendo a guardare il film, finché non mi sento sollevare le gambe, facendomi così cadere la pizza a terra con un tonfo e quasi cadere dal divano.
Guardo Alex allibita, mentre si siede sul divano sistemandosi i miei piedi in grembo e la pizza sopra quest’ultimi. Ma è uscito fuori di testa? La mia povera pizza è spalmata sul pavimento, e adesso io che mangio? Inizio a sentire il sangue ribollire dalla rabbia. E’ il solito coglione che pensa solo a se stesso.
Un’altra emozione, però, si fa strada dentro di me quando sento le sue mani muoversi sulle mie gambe. In anni che ci conosciamo, non c’è mai stato un contatto fisico, se non per tirarci a vicenda qualche scappellotto o spinta, infastiditi l’uno della presenza dell’altra.
Inizio a scalciare infastidita da questa sua improvvisa confidenza, ma le sue mani mi bloccano le gambe.
-La smetti di muoverti come una forsennata?- Mi rimprovera. -Così mi farai cadere la pizza.-
-Come quella che hai fatto cadere a me?- Gli domando infuriata, sollevandomi sui gomiti per guardarlo meglio in cagnesco.
I suoi occhi guardano per terra, accanto al divano, notando solo allora il disastro che ha combinato.
-Mmh…- Sembra riflettere su cosa dire. -Dai ti do un pezzo della mia.-
-Mi hai fatto cadere mezza pizza e tu mi vuoi dare solo un trancio, questo sì che è saper contare!- Dico sarcastica, alzando gli occhi al cielo.
-Avete finito di parlare voi due?- Esplode Marika, voltando la testa verso di noi.
-E’ colpa sua!- Mi imbroncio.
-E’ colpa sua, gne gne.- Mi fa il verso Alex.
-Fottiti, idiota!- Non riesco a fare a meno di insultarlo, è proprio odioso.
In compenso, afferrando un pezzo di pizza, si sporge maggiormente verso di me e me lo spalma in faccia, lasciandomi incredula e a bocca aperta. -Sciacquati la bocca, mocciosa.- Dice arrogante, sorridendo.
-Ma brutto stronzo…- Esclamo sollevandomi a sedere di scatto, con le gambe ancora sulle sue, ma le mani più libere. Le miei parole allargano maggiormente il suo sorriso da schiaffi, così non resisto oltre ed afferro un trancio della mia pizza, che nessuno di noi si muove a buttare per poi pulire il pavimento, e gliela lancio addosso, sporcandogli la maglietta, che per mia fortuna è anche bianca.
Adesso è lui a restare sbigottito e stavolta sono io a sorridere.
-Così impari.- Incrocio le braccia al petto, vittoriosa.
-La metti così eh?- Inarca un sopracciglio, senza badare minimamente alle sorella che invoca il silenzio.
Mi sento improvvisamente afferrare con forza per le braccia e trascinare verso di lui, piegando le ginocchia per non farmi male; una volta che mi trovo con la faccia spaventata ad un palmo dalla sua sorridente, mi sento spingere all’indietro, facendomi cadere di schiena e con le gambe all’aria, mentre le mie mani si stringono di riflesso alle sue per non cadere.
I miei capelli toccano il pavimento e con le unghie graffio i palmi di Alex.
Faccio per alzarmi, ma la poca palestra in cooperazione alla forza delle braccia muscolose di lui, non mi sono di molto aiuto per alzarmi.
Ma Marika dov’è quando il fratello perde il lume della regione?
-Tirami su immediatamente!- Ringhio ferocemente verso di lui.
-Alex tirala su, muoviti.- Finalmente la mia salvatrice è tornata da Hogwarts.
-No, prima deve chiedere scusa.- Risponde insolente.
-Non lo farei nemmeno se mi pagassero.- Quando mi ci metto sono più impertinente di lui e ne vado fiera.
-Allora soffri in silenzio!- Mi fa scivolare maggiormente dal divano, al che lancio un urlo impaurita, mentre lui se la ride.
-Ma la finite? Prendetevi una camera e lasciatemi guardare il film in pace!- Si lamenta ad alta voce la mia amica.
-Ordinagli di lasciarmi allora!- Anche io mi sto spazientendo, sono stufa della mia situazione di impotenza sotto le sue mani o di aggrapparmi ai suoi jeans quando le sue mani mollano le mie di scatto.
Devo ammettere però che non ho mai sentito il mio cuore galoppare così velocemente…
-Alex, o la lasci o giuro su Dio che dico a mamma che stai molestando Greta!- Questo è il suo modo di aiutarmi?
-Ma l’ho già lasciata!- Solleva le mani in aria a mo’ di difesa.
-Tirala su, cretino.- Sbuffa lei.
Pare funzionare però, perché il biondino mi tira su di scatto e, continuando a sorridermi sornione, mi riappoggia al mio posto sollevandomi per i fianchi, come se pesassi quanto una piuma e non cinquanta chili buoni.
Sentire le sue mani direttamente sulla mia pelle, lasciata scoperta dalla mia maglietta mentre ero a testa in giù, mi fa sussultare; non so se per le sue dita fredde o perché sono semplicemente le sue mani a mandarmi brividi caldi per tutto il corpo.
-Contenta?- Dice alla sorella.
-No, non ancora. Devi portare il tuo culo fuori da qui e lasciarci guardare il film senza la tua fastidiosa presenza, allora sarò contenta.- Replica Marika, facendogli un sorriso che più falso non si può.
-Siete noiose.- Soffia alzandosi di scatto dal divano. –Puoi mangiare la mia pizza, nana.- E se ne va, senza aggiungere altro.
Finalmente posso tornare a stendere le gambe liberamente e, afferrando lo scatolo della sua pizza lasciata sul bracciolo del divano, inizio a giocarci senza mangiarla realmente, troppo concentrata a pensare alla sua pelle morbide, alle braccia forti e al colore verde smeraldo dei suoi occhi.
Ma che cazzo…?
 
-Che sonno!- Marika sbadiglia sonoramente e si stiracchia sul divano, mentre io continuo a guardare il soffitto da almeno una decina di minuti. -Vado a mettermi il pigiama e a lavarmi i denti.- Dice scomparendo dalla mia vista.
Mi alzo anche io, molto più lentamente di lei,  e allungo le braccia sulla mia testa con un sonoro crack e lo stesso faccio con le gambe intorpidite.
-Ancora sveglie voi due?- La sua voce mi fa sobbalzare per la sorpresa.
-Già.- Rispondo secca. -Gli imbecilli a quest’ora non dovrebbero essere già a letto?-
-Tuo fratello ha dato buca a me e a due sventole, altrimenti a letto ci sarei da un pezzo.- Sorride spudoratamente, facendomi arrossire dalla testa ai piedi.
Sbaglio o non stiamo parlando della stessa cosa?
-Sei squallido.- Disgusto, ecco cosa traferisce dalla mia espressione.
-Sono sincero.- Continua lui con una scrollata di spalle e il sorriso ancora stampato in faccia.
 
Non ricordo dove ho lasciato il borsone con la mia roba, forse perché non ci sto pensando realmente. Rifletto sul fatto che, statisticamente parlando, questa è la serata in cui lo sbruffone mi ha dedicato più attenzioni del solito. Di regola oltre a saluti cordiali, piccole frecciatine o qualche spintone dovuta a stupidi litigi, non c’era mai stato un contatto… Più ravvicinato, diciamo, e la cosa mi ha lasciata un po’ scossa.
Dopo Marika, entro anche io in bagno per lavarmi e indossare il pigiama che finalmente trovo. La camera della mia amica, non potendo essere chiusa a chiave, non mi sembrava il luogo migliore dove cambiarmi, quando uno scellerato come Alex gironzola per casa.
Afferrando i vestiti lasciati a terra durante il cambio, esco di corsa dal bagno e vado da Mary o almeno ci provo.
Prima che io riesca ad arrivarci infatti, la porta della stanza del matto si apre di scatto e, non faccio in tempo nemmeno a rendermene conto, vengo travolta da un uragano fortissimo, che mi fa cadere a terra e battere il capo sul pavimento. Per fortuna la botta non è stata troppo forte, visto che ho inarcato il corpo in tempo per risparmiarmi un po’ di dolore, ma adesso è la schiena a lanciarmi delle fitte allucinanti. C’è qualcos’altro di peggio però che mi sta soffocando, un pesante macigno che copre tutto il mio piccolo corpo e mi imprigiona al pavimento, senza lasciarmi possibilità di muovermi.
-Ahia, che botta.- Gemo per il dolore.
Abbasso la testa, per vedere cosa mi sta bloccando il respiro, e mi ritrovo il viso di Alex a un centimetro dal mio. E il bello è che non si decide nemmeno ad alzarsi, resta semplicemente immobile, con il viso nell’incavo del mio collo, così vicino che sento il suo respiro sulla pelle che mi fa rabbrividire.
Cerco di allontanarlo, spingendo contro le sue spalle con le mani, ma non riesco a spostarlo di un millimetro.
-Ti sei fatta male?- Sento che sussurra sul mio collo.
-No, però potresti alzarti per favore, sei pesante.-
In risposta ricevo solo il suo silenzio.
-Stai comodo Rossi?- Chiedo sarcastica e infastidita del fatto che non si decida a levarsi dalle palle.
Solleva la testa con lentezza e, sempre troppo vocino al mio viso, mi fissa negli occhi, mentre un sorriso birichino si fa largo sulla sua faccia.
-Sì decisamente, Quarta- risponde con lo stesso tono. -Quarta…- Ripete quasi tra sé e sé, per poi spostare lo sguardo dai miei occhi e sollevarsi leggermente sui gomiti per non pesarmi troppo.
-Cosa c’è?- Domando stranita dall’espressione intensa sulla sua faccia.
-Direi che il cognome è azzeccato.- Seguo il movimento della sua lingua, che fa capolino dalle labbra per leccarne l’inferiore. -Cazzo, non me n’ero mai accorto!- Continua a sussurrare, guardando chissà cosa.
-Ma di che stai parlando?- Cerco di levarmelo di dosso, ma non riesco a smuoverlo per niente.
Avvicina le labbra al mio orecchio, tornando a stendersi completamente su di me e facendomi tremare come una foglia. -Hai delle bocce enormi, cara.- Mi bisbiglia con semplicità.
Solo in quel momento capisco che quelle che stava osservando così attentamente erano le mie tette e che il gesto del sollevarsi era solo per guardarle meglio.
Brutto porco!
-Animale, togliti di dosso!- Urlo indignata e rossa fin alla radice dei capelli.
-No, sto comodo qui e poi sono morbidissime.- Afferma con voce calda e roca che, anche se involontariamente, mi fa sussultare.
-Vatti a comprare una bambola gonfiabile se non riesci a contenere i bollenti spiriti per una notte che non esci con mio fratello.- Non riesco a credere a quello che ha detto.
-Non è colpa mia se ti sono cresciute le tette e me le sbatti sotto al naso così!- Sta dando la colpa a me per essermi ancora spalmato addosso?
-Se mi lasci alzare magari non le hai più sotto al naso, idiota!- Digrigno i denti con rabbia. Vorrei mollargli una sberla.
-Non sto mica dicendo che mi danno fastidio!- Ammicca senza ritegno.
-Sei davvero schifoso. Non ti vergogni di dire queste cose ad una ragazza, per di più alla sorella del tuo migliore amico?- La mia voce, inizialmente decisa e seria, si incrina sempre di più verso la fine, quando sento le sue labbra dischiudersi sulla pelle sotto all’orecchio.
Alle mie parole si blocca di colpo e, come se si fosse improvvisamente scottato, si alza di scatto, allontanandosi il più possibile dal mio corpo; spolverandosi il pantalone di una vecchia tuta, che dovrebbe fungere da pigiama, mi sorprende dicendo: -Scusa, non accadrà più.- E se ne va senza incontrare più i miei occhi.
E soprattutto senza aiutarmi ad alzare, lo stronzo.
 
-Ti sono cresciute le tette, tesò!- Dice Marika, squadrandomi dalla testa ai piedi non appena metto piede nella sua stanza.
-Ma possibile che tutti ce l’abbiate con le mie tette oggi?-
-Eh?- Fa stranita.
Sbuffo nervosamente, passandomi una mano tra i capelli. Perché caspita ho l’affanno? Non dovrei provare solo il dolore alla schiena?
-Niente, niente.- Devo semplicemente non pensare ad Alex e alle sue parole, decisamente troppo spregiudicate.
Mi stendo sul lettone, accanto alla mia amica e chiudo gli occhi, sperando di addormentarmi presto e spegnere il motore incessante di pensieri.




 



Angolo autrice
Eccomi con il secondo capitolo, che spero vi piaccia! :)
Stranamente (e fortunatamente per voi) oggi sono di poche parole, quindi niente note estremamente lunghe e pallose; anche perché devo andare a ripetere (studiare in relatà XD) per il compito di domani di anatomia sul cuore e il sangue ç_ç
So già che andrà di pupù, ma non importa xD
Fatemi sapere se la storia vi piace o se sto solo perdendo tempo :3 
Siate spietate, non mi offendo :)
Un bacio,
Maky_

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***



 

 

CAPITOLO 3
 

Deglutisco numerose volte, alzandomi a sedere di scatto e prendendomi la testa tra le mani. Ho la gola così secca che poteri scolarmi una bottiglia in meno di due secondi, e una strana sensazione allo stomaco. Mi sembra di aver fatto uno strano sogno, ma non ne sono certa.
Apro lentamente le palpebre e, aspettando pochi secondi per far abituare i miei occhi al buio della stanza, scendo molto lentamente dal lettone, cercando di non far rumore per non svegliare Marika, profondamente addormentata accanto a me.
Cerco alla cieca le pantofole con le punte dei piedi ed esco dalla stanza. Ogni leggero passo, in questo silenzio, sembra la scossa di un terremoto; anche se tanto leggero il mio passo non è mai stato, visto che ho la grazia e l’eleganza di un elefante.
Mi dirigo subito in cucina con meta finale il frigorifero e dire che quasi mi ci infilo dentro, per cercare una bottiglietta d’acqua, è un eufemismo.
Con un bicchierino di carta in mano, nonostante siano passati diversi minuti, sono ancora appoggiata al banco della cucina, oscillando di tanto in tanto l’acqua nel bicchiere o trattenendola in bocca.
Mi è passato del tutto il sonno e non ho nemmeno controllato che ore sono, così sbircio l’orologio a pendolo del soggiorno. Indica le 04:36.
-Come mai sveglia a quest’ora?- Dice qualcuno alle mie spalle, che mi fa sobbalzare per lo spavento.
Porto una mano al cuore, cercando di rallentarne il battito di colpo accelerato, e mi volto verso la voce, trovandomi davanti l’idiota.
-Mi era venuta sete.- Rispondo indispettita e con la voce incrinata (per poco non ci restavo secca), tornandomene in cucina senza aggiungere altro.
Mi appoggio nuovamente al banco, però stavolta con i gomiti, e riprendo a rigirarmi il bicchiere tra le mani. Credevo che Alex se ne fosse tornato a dormire, visto che non sentivo più la sua voce irritante, ma me lo ritrovo dietro non appena mi volto, intento a fissarmi intensamente la schiena.
-Che vuoi?- Chiedo infastidita. Odio quando la gente mi fissa così, senza motivo.
-Niente, perché?- Fa il finto tonto, continuando appositamente a squadrarmi dalla testa ai piedi con un ghigno.
-Smettila di fissarmi, mi dà fastidio.- Grugnisco, voltandogli di nuovo le spalle e bevendo un altro sorso d’acqua.
-Impossibile.-
-Cosa?- Chiedo aggrottando le sopracciglia, confusa.
-Che smetta di fissarti. Hai anche un bel fondoschiena, sai?- Se ne esce Alex bello come il sole, facendomi andare l’acqua di traverso e tossire convulsamente.
Torno a guardarlo di scatto con la bocca spalancata, allibita da tanta schiettezza/maleducazione.
Se ne sta tranquillo, con le braccia incrociate al petto e le gambe leggermente divaricate, appoggiato con la schiena al muro e il capo leggermente inclinato, come se stesse studiando qualcosa degna del suo interesse e non avesse detto niente di particolare.
-Tu hai seri problemi.- Riesco solo a dire, mentre lui ridacchia.
-Seri problemi a non saltarti addosso, direi.- Fa una pausa, facendomi un’altra radiografia per poi riprendere a parlare. -Davvero, sei diventata decisamente bona.- Ammicca.
-Dio santo, ma che problema hai Alex? Perché non torni a sfottermi o semplicemente ad ignorarmi come facevi la maggior parte del tempo? Preferirei essere chiamata nana in eterno, piuttosto che sentirti mentre ci provi.- Affermo esausta da questo suo cambiamento improvviso e dalla piega che sta prendendo la situazione.
-Ci provo? Cosa ti fa pensare che io ci stia provando con te? Tesoro, sto dicendo che sei diventata bella, non che ti avrei scopata.- Che gran figlio di…
Vorrei strozzarlo, è proprio un bastardo! Le sue offese gratuite può ficcarsele nel didietro, perché non starò zitta mentre si prende gioco di me.
-Sta di fatto che le tue attenzioni non le voglio, anche perché non la darei mai a uno come te.- Digrigno i denti, scossa ancora dalla rabbia.
-Uno come me?- Domanda scettico. -Tesoro…-
-Smettila di chiamarmi tesoro!-
Ignora totalmente il mio rimprovero. -Tesoro, tu pagheresti per avere il mio gioiello nella tua patatina.- Sorride perfido, forse perché punto sul vivo dalle mie parole.
-Non ti dico cosa sembri parlando così.- Arriccio il naso, mentre le mani iniziano a farmi male tanta è la forza con cui le sto stringendo.
-Ammetto che se fossi una donna, sarei una gran puttana.- Mostra una faccia compiaciuta, come se la cosa gli facesse onore.
-Cambi ragazza con la stessa frequenza con cui ti cambi le mutande. Direi che anche se non sei donna, il risultato è lo stesso.- Alla fine della frase emetto, senza riuscire a farne a meno, un verso disgustato, che lo fa scoppiare a ridere estremamente divertito.
-Comunque dovresti sentirti lusingata dalle mie parole, non offesa.- Mostra uno dei suoi sorrisi storti da cattivo ragazzo.
-Certo, come no. Un idiota fa commenti sulle mie tette e sul mio culo, e secondo te dovrei sentirmi lusingata?- Inarco un sopracciglio, scettica.
-Sì, se è Alex Rossi che te li fa.- Dice gonfiando il petto con superiorità. -Non sai quante ragazze farebbero di tutto per venire a letto con me.- Continua a vantarsi.
-Ripeto: sei squallido e sbruffone.- Storco il naso decisamente nauseata, ormai non lo sopporto più.
-E io ti ripeto che sono sincero.-
Ma si sente quando parla?!
-No invece, sei solo un montato del cazzo.- Sbotto, irritata dalle sue parole e dai suoi atteggiamenti da macho. Persino mio fratello non mi ha mai infastidita così tanto.
-Oh, la tettona sta diventando volgare!- Scoppia a ridere, mentre io divento bordeaux per il modo in cui mi ha chiamata.
-Smettila di fare il cretino e non chiamarmi così.- Digrigno i denti.
-Così come, tettona?-
-Smettila!- Urlo alterata, rischiando di svegliare non solo Mary al piano di sopra, ma l’intero vicinato.
-Perché?- Fa la faccina da angioletto buono e in questo momento vorrei proprio stampargli il segno della mia mano su quella faccia da schiaffi che ha.
-Perché è un soprannome… squallido.- Sto diventando ripetitiva, e anche parecchio. Penso, mentre il suo sorriso si allarga.
-Conosci solo questa parola?- Mi deride.
-Se dovessi fare una tua descrizione, è la prima parola che mi verrebbe in mente.-
-Che alta opinione che hai di me.- Mostra una faccia estremamente triste quanto finta.
-E il bello è che non sono l’unica a pensare questo di te!- Affermo, gioendo per essere riuscita a tenergli testa senza perdere del tutto il controllo.
Si zittisce, non ribattendo in alcun modo. A quanto pare la mia ultima frase ha avuto successo e magari lo fa scendere dal piedistallo.
La stanza cala di nuovo nel silenzio più totale, rotto solo dai nostri respiri o dai nostri piccoli movimenti.
-Offeso Rossi?- Lo prendo in giro, sorridendo.
-No… Tettona.- Dice scandendo ogni singola lettera.
Sbuffo sonoramente, esasperata. -Sei noioso oltre che stupido. Vado a dormire, ciao.-
Faccio per andarmene velocemente, quando mi sento afferrare altrettanto velocemente per il polso e tirare indietro con decisione, finendo per scontrarmi contro il suo petto. Il contatto mi fa sussultare.
-Possibile che tu debba essere sempre così scontrosa con me?- Paroline sussurrate con voce calda direttamente al mio orecchio.
-Toglimi le mani di dosso!- Ringhio, sentendo le sue mani avvolgermi i fianchi e spingermi maggiormente verso il suo corpo.
-Perché?- Se la ride di gusto. Il ragazzo si diverte parecchio, peccato che la situazione non abbia nulla di comico.
-Perché altrimenti te le mozzo, ok?- Cerco di tirare fuori la voce più minacciosa che posso.
-Mmh…- Emette solo questo verso, mentre sento che immerge la faccia tra i miei capelli, inspirando profondamente.
Resto paralizzata e confusa, gli occhi sgranati e le labbra semiaperte. Non si era mai comportato così e mai avrei creduto che l’avrebbe fatto, ma sta di fatto che il mio respiro accelera e non capisco il motivo della mia reazione.
Tutta questa vicinanza è nuova per me e mi mette estremamente a disagio, perché non sono abituata ad averlo così a contatto con il mio corpo.
Ma poi che gli prende? Solo perché non sono più una bambina e mi sono cresciute le tette, adesso sono materia scopabile o per lo meno con cui provarci? Non può essere.
Sento le sue mani sue fianchi spostarsi in alto, verso la vita, che circonda quasi del tutto con le sue grandi mani da gigante; il viso si avvicina di nuovo al mio orecchio e rabbrividisco di rimando, mentre sento una strana morsa allo stomaco.
Non mi piace quello che sto sentendo, non mi piace il silenzio rotto dal mio respiro accelerato e dai suoi strani versi incomprensibili.
Sta giocando con te, Greta! Non ti far prendere per il culo da lui! Urla una lontana parte del mio cervello, quella razionale.
-Avevi detto, solo un paio di ore fa, che non sarebbe più successa una cosa del genere!- Cerco di rimproverarlo, ma ho la voce troppo stridula per risultare credibile.
-Sì.- Mi stringe maggiormente, facendomi quasi mancare l’aria quando sento tutto il suo corpo a contatto col mio, tutto.
-Ti devo ricordare che sono la sorella del tuo migliore amico?- Riacquisto un po’ del mio contegno e della mia decisione.
-No.-
-La smetti di rispondere così?- Cerco di liberarmi delle sue mani, ma ne ricavo solo una stretta leggermente più forte e un calore irradiarsi tra i nostri corpi.
-Mmh…- Ecco un’altra bella risposta, andiamo bene.
Possibile che sia così schiavo dei suoi ormoni e dei suoi bisogni da non avere una coscienza o un po’ di buon senso?
-Non c’è una regola tra migliori amici che dice di non scoparsi le sorelle dell’altro?-
-Non stiamo scopando…- Scoppia a ridere, rischiando di assordarmi per quanto le sue labbra sono vicine al mio orecchio. -Ma se vuoi possiamo…-
Alla sua ultima uscita non resisto e gli pianto un gomito nelle costole, sperando di fargli il più male possibile. Dal gemito che emette, scostandosi subito da me, direi di essere riuscita nel mio intendo.
Non mi piace essere provocata da lui in questo modo, quindi meglio per lui se non ci riprova altrimenti non saranno solo le sue braccia a rimetterci, ma anche qualcos’altro, che da quel che ho capito gli è più utile.
-Ma sei impazzita?- Si massaggia il punto dolente con una mano, disegnando piccoli cerchi.
-Così impari a fare il furbo con me.- Sorrido decisamente compiaciuta dalla smorfia dipinta sul suo viso.
-Ma guarda un po’ questa.- Borbotta a bassa voce, facendomi scoppiare a ridergli in faccia. Non tanto per la frase in sé, ma più che altro per irritarlo un altro po’.
-Voglio vedere te al mio posto dopo esserti presa una gomitata tremenda, non credo che rideresti per il dolore.- Si imbroncia, guardandomi attentamente. Poco dopo però, cambia espressione, tornando a sorridere smagliante, quindi vuol dire che sta sicuramente per sparare una cavolata delle sue.
-Forse però le gemelle attutirebbero il colpo.- Dice ridendo della sua stessa battuta.
Ma che ragazzo felice che abbiamo qui! Penso sarcastica, roteando gli occhi.
-Non ti rispondo nemmeno guarda.- Mi allontano per tornare a dormire.
-Lo sai? Credo che darò un nome alle gemelle appena avrò di nuovo un incontro ravvicinato con loro.- Cerca di irritarmi e ci riesce anche!
-Non ci sperare.- Devo solo smettere di ascoltare le cazzate che spara per darmi fastidio e farmi esplodere.
Passo dopo passo, salgo al piano di sopra per tornare in camere. Sento i suoi passi dietro di me; significa che mi sta seguendo a ruota, quindi accelero il passo per averlo il più lontano possibile.
Mi sembrava che la faccenda fosse conclusa visto che ha smesso di assillarmi con le sue inutili parole, infatti sto per cantar vittoria, quando sento la sua mano sul sedere in una palpata decisamente poco puritana.
Mi volto rigida e incazzata, e mi rendo conto troppo tardi di avergli mollato una sonora sberla, di quelle che ti lasciano la guancia arrossata per molto tempo e il cui suono rimbomba per la casa.
-Sei un depravato! Ma come ti permetti?- Urlo con sdegno, fulminandolo con lo sguardo.
-Volevo vedere se è così sodo come sembra.- Sorride sbruffone, tirando fuori il sorriso più irritante che io abbia mai visto in tutta la mia vita e che mi fa prudere le mani dalla voglia di colpirlo di nuovo.
-Dio, ma tu sei totalmente pazzo!- Riprendo, livida di rabbia, la marcia verso la stanza di Marika. -Non ti azzardare a farlo mai più o giuro che…-
-Che?- Chiede impertinente.
-Che dico tutto a mio fratello!-
-Non ti crederebbe mai.- Mi mostra un sorrisetto insopportabilmente sadico.
-Io non ci giurerei.- Cerco di convincere più me stessa che lui.
-Io sì invece, visto che gli ho sempre detto che eri una cozza.- Ridacchia beffeggiatorio.
-Intanto mi hai appena palpato il culo.-
-Infatti ho detto eri. Senza offesa, ma quand’eri più piccola eri proprio cessa.- Senza offesa… Perché la gente dice senza offesa poco prima di offendere?
-Pedofilo.- Dico la prima cosa che mi passa per la testa.
-Ma se ho solo due anni in più di te!-
-Pedofilo lo stesso.- Sembro proprio una bambina di cinque anni.
-Sembri proprio una bambina capricciosa.- Mi fa infatti notare lui.
-Vedi che ci sta? Pedofilo.- Sorrido, riuscendo a calmarmi almeno un po’, mi sta persino iniziando a fare male la testa per quanto ho urlato poco fa.
-Che cretina!- Si spalma una mano sulla faccia, quasi rassegnato ormai. -Comunque cammina e toglimi il tuo sedere dalla vista prima che decida di strizzarlo di nuovo.-
-Pervertito.- Rispondo altezzosa, imitandolo.
-Sei sempre piena di complimenti tu.- Sorride… Un sorriso strano, quasi tenero (?).
-E poi dici che sono sempre scontrosa, tsé.- Ricambio il sorriso non riuscendo a farne a meno, per poi mordicchiarmi le labbra improvvisamente agitata dalla sua occhiata intensa.
Strano, decisamente strano.
-E’ inutile che provi a fare battutine o altro, tanto resti antipatica.-
-Da che pulpito viene la predica!-
Apro lentamente la porta della camera di Marika, che è ancora profondamente addormentata, e lentamente la socchiudo quanto basta per infilarmici, ma prima che riesca nel mio intento, sento un’altra presa sul mio sedere e so già chi è l’artefice.
-Idiota.- Bisbiglio, sentendo la sua risata in risposta e le sue parole appena udibili.
-Notte anche a te tettona.- E si richiude la porta della sua stanza alle spalle.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***



 

 

CAPITOLO 4
 

Controllo per l’ennesima volta l’orologio, sbuffando. Tra qualche minuto suonerà la campanella d’inizio lezioni e di Marika ancora nemmeno l’ombra. E’ strano perché, per quanto alcune volte ci metta un’eternità a prepararsi prima di uscire di casa, non ha mai fatto così tardi.
Stufa di aspettare come una stupida da sola e controllare di continuo di ricevere un suo messaggio, decido di entrare a scuola. Quando vedo Alex appoggiato al muro vicino al cancello, per quanto sia un po’ titubante a parlarci o semplicemente ad avvicinarmici, mi incammino verso di lui lentamente.
-Ciao.- Cerco di essere educata sorridendogli forzatamente.
-Oh, qual buon vento!- Tira fuori un maxi sorrisone strafottente come per dire ‘Miss universo che mi rifiuta adesso ha voglia di parlare’.
-Ehm… Dov’è Mary?- E’ inutile girarci intorno, così vado subito al nocciolo della questione.
-Così mi ferisci, e io che pensavo che ti fossi svegliata col piede giusto e avessi voglia di chiacchiere.- Finta espressione offesa.
-Ascolta Alex non sono in vena di scherzi oggi, mi puoi dire per favore che fine ha fatto tua sorella?- Oddio, sto cadendo in basso, sono arrivata perfino a dirgli ‘per favore’.
-Se io ti do l’informazione che cerchi, tu cosa mi dai in cambio?- Ecco che fa il bambino, ma quanti cazzo di anni ha?
-Alex sei davvero esasperante, te l’ha mai detto nessuno?- Inarco le sopracciglia e incrocio le braccia al petto. Fisso lo sguardo nel suo e devo ammettere che ha proprio dei bei occhi verdi, stupidi, ma pur sempre belli.
Ha quell’aria fastidiosa da scazzato ventiquattro ore su ventiquattro, ma forse è proprio per questo suo modo di fare da superiore che colpisce così tanto le ragazze. Per non parlare del vantaggio che gli da il suo aspetto fisico!
-No tettona, tu sei la prima.- Ghigna pregustando una mia reazione.
Infatti non resisto a tirargli un pugno sul braccio. Pugno, che parolona! Il mio è un ‘tentato pugno’, perché sembra più una carezza per quanto sono deboluccia.
Mi blocca il braccio poco prima che io riesca a ritrarlo e, con un leggero strattone, mi trascina vicino a sé, sorridendo sbruffone.
-Alex, ancora?- Inizio già a sentire il sangue prendere fuoco nelle vene, stesso fuoco che poi mi farà diventare rossa e decisamente arrabbiata. La deve smettere con la storia della ‘tettona’ o ‘bel culo’, come ha iniziato a chiamarmi negli ultimi giorni… Ovviamente in assenza di mio fratello, perché non oserei immaginare quello che accadrebbe se Mirko ne venisse a conoscenza. Mi prende in giro, mi tratta da poppante bisognosa di biberon e pannolino, ma so che mi vuole bene ed è molto protettivo, persino più di mio padre.
Sta di fatto però che da quella sera non si è mai avvicinato troppo da superare la ‘distanza di sicurezza’, ma ha iniziato a fissarmi intensamente e di continuo. E’ snervante e, da come sorride, credo proprio che lo faccia apposta.
-Un bacino.- Ha la faccia di un cucciolo bastonato, mentre mi avvicina così tanto a sé che riesco a vedere le pagliuzze dorate dei suoi occhi immerse nel verde più intenso che abbia mai visto. Mi si mozza il respiro e deglutisco diverse volte prima di capire realmente le sue parole.
-Cosa?!- Domando scioccata.
-Andiamo, non mi vorrai far credere che non ha mai slinguazzato con qualcuno!- Afferma sicuro ridacchiando, mentre sono certa di essere diventata pallida come un cadavere. La mia espressione provoca ancora più risate. -Oh.Mio.Dio.-
Molla la presa sulle mie braccia solo per reggersi la pancia con entrambe le mani, mentre mi deride.
Offesa, fin troppo anche, non provo nemmeno a negare, ma mi allontano a passo di marcia ed entro a scuola.
Non c’è niente di male a non aver mai dato un bacio a sedici anni, ho tempo per quello, non devo per forza andare di fretta e sicuramente non devo vergognarmene!
-Ha detto che non si sentiva e non è venuta oggi!- Sento le grida, miste a risolini, di Alex.
Nemmeno Mirko oggi è venuto a scuola, quindi oltre ad essere venuta a piedi sola, mi tocca passare la giornata senza parlottare con la mia compagna di banco durante le lezioni, infastidendo i professori.
 
-Ehi mi puoi prestare lo sbianchino?- Mi chiede gentilmente Giacomo.
Vedendo che Marika oggi è assente, si è seduto accanto a me per non lasciarmi sola. E’ un ragazzo simpatico ed educato, ma decisamente troppo impiccione e spesso insistente e fastidioso.
-Sìsì, prendilo pure.- Rispondo sovrappensiero.
Strano che la mia migliore amica non mi abbia ancora mandato un messaggio, anche solo per chiedermi scusa per non avermi avvisata prima che avrebbe fatto un’assenza, così decido di scrivergliene uno io.
Ehi come stai? Tuo fratello mi ha detto che non ti sentivi molto bene :) 
Pochi secondi dopo ricevo la sua risposta.
Benone, solo un po’ di febbre :/
Povera la mia scemotta. Faccio per rispondere quando sento di nuovo il telefono vibrare.
Tu parli con mio fratello? E da quando? XD
Da quando mi ha palpata il sedere. Cazzo, non posso scriverle questo, così opto per una quasi verità.
Mi dispiace tesoro, hai preso qualcosa almeno? Misurato la febbre?
Comunque era solo per chiedergli di te, visto che non arrivavi :)

Sperare che lo smile distragga o rabbonisca è assurdo vero?
Tranquilla, ho solo qualche decimo di febbre, io sono tosta u.u
Risponde dopo un paio di minuti.
Ahahah certo! XD
-Quarta che cos’hai nell’astuccio?- Beccata con le mani nel sacco.
-Niente prof!- Rispondo allontanando subito le mani dal telefono e guardando in faccia la professoressa, sperando di sembrare almeno un po’ credibile.
Quando la professoressa torna a fare l’appello, riprendo il telefono e, facendo finta di prendere qualcosa dallo zaino, invio l’ultimo messaggio a Marika.
Ricky la prof mi stava per sgamare, ci sentiamo dopo! Un bacio :*
-Quanta, molla subito quel telefonino prima che te lo sequestri e fammi la cortesia di andare in quinta B a prendere il registro di classe.- Come non detto, altro che credibile! Non mi ha creduta affatto, ha semplicemente chiuso un occhio.
-Subito professoressa.-  Subito vecchia strega.
Esco con calma, così almeno perdo più tempo. Più tardi torno in quella classe/cella, meglio è per me.
Quinta B. Dov’era la quinta B?
Un attimo… Quinta B? Mio fratello va in quinta B… Alex!
Trovata la classe, mi trovo come una cogliona a sistemarmi i capelli e la maglietta prima di bussare. Ma che diavolo mi prende?!
All’avanti dell’insegnante, entro chiudendomi la porta alle spalle e sentendomi tremendamente a disagio quando iniziano i borbottii degli studenti dell’ultimo anno.
-Hai visto che tette la nanerottola?- Riesco a recepire la frase, anche se non capisco chi sia stato a pronunciarla.
Dio, ma perché tutti ce l’hanno col mio seno?!
Non guardo nemmeno verso i banchi, solo la professoressa Lippolis e le chiedo subito del registro di classe.
-Professoressa posso andare un attimo in bagno?- Sento la voce di Alex, così volto automaticamente il capo verso di lui, che sorride smorfioso.
-Sto per iniziare a spiegare.- Risponde lei, sistemandosi gli occhiali sul naso, forse solo una scusa per non guardare l’alunno che gli fa gli occhi dolci.
Che lecchino, approfittarsi così di una quarantenne in astinenza!
-E’ urgente.- Si lamenta facendole gli occhioni da cucciolotto, mentre i suoi amici sghignazzano divertiti.
-Va bene Rossi, ma si sbrighi.-
Alex esce rapidamente, superandomi senza degnarmi di uno sguardo, mentre la professoressa mi dà il registro da portare alla D’aprile.
-Grazie e buongiorno.- Dico prima di uscire dalla classe.
Faccio per tornare nella mia aula e passo ingenuamente davanti al bagno delle ragazze; vedo la porta aprirsi di scatto e una mano mi afferra per il polso trascinandomi dentro.
Guardo Alex con gli occhi sgranati strattonandomi dalla sua presa.
-Ancora tu! Ma la vuoi smettere di giocare con me!- Esclamo esasperata. -E’ inutile che fai così perché, anche se non stai scherzando e fai sul serio, non te la do.- Mi stringo il registro al petto a mo’ di barriera, come se mi potesse difendere da lui.
-Questo è da vedere.- Sussurra tirando fuori quel suo sorrisetto diabolico e un po' beffardo.
-Andiamo Alex non sono tanto scema da venire a letto con te solo perché ti sei accorto che mi sono cresciute le tette!- Vedo chiaramente come, alle mie parole, sposta lo sguardo sul mio davanzale fortunatamente coperto dal registro di classe.
-Mah… Stavo pensando...-
-Nel bagno delle femmine, ti sei reso conto che sei nel bagno delle ragazze vero?- Lo interrompo.
-Che un po’ ti piaccio, altrimenti non reagiresti così ogni volta che mi avvicino o ti tocco.- Continua compiaciuto, ignorandomi.
Ma compiaciuto di cosa?!
-Sbruffone, cos’è ti dà fastidio che anche solo una ragazza riesca a resistere al tuo fascino?- Lo sbeffeggio sorridendo stronza.
-Ma per favore!- Dice come se la mia frase fosse la più stupida che avesse mai sentito. -Scommetto che se ti baciassi adesso, ti scioglieresti come cera.-
-Quanto sei modesto.- Alzo gli occhi al cielo.
Ma io mi chiedo come cazzo ha fatto un troglodita del genere a farsi rispettare da quasi tutta la scuola?
Presa dai miei pensieri non mi accorgo che si è avvicinato parecchio a me, decisamente troppo. Faccio per indietreggiare, ma il bagno è quello che è, così in poco tempo mi ritrovo con le spalle al muro, mentre lui continua la sua marcia sorridendo furbamente.
Non devo pensare alle sue labbra che si avvicinano, ma a una via di fuga. Non devo guardare il suo sorriso sempre più vicino, ma ad una via di fuga.
-Se fai un altro passo, mi metto a gridare.- Minaccio facendolo ridere.
-Non se ti tappo la bocca con la mia.- Bastardo, trova una risposta per tutto!
-A-alex…- Inizio a balbettare come un’adolescente alle prime armi...
Aspetta, io SONO un’adolescente ed anche alle prime prese con l’altro sesso, è questo il problema!
Poggia le sue mani sulle mattonella del muro, ai lati della mia testa, e mi fissa divertito probabilmente dal colorito della mia faccia.
-Ti sei dimenticata di respirare?- Ridacchia avvicinando maggiormente il viso al mio.
Sbuffo, riprendendo davvero solo in quel momento a riempirmi i polmoni d’aria, ma il problema è che sento solo il suo profumo che mi confonde maggiormente.
Ma dov’è finita la forza e la determinazione della settimana scorsa?!
-Toglimi una curiosità, davvero non hai mai baciato un ragazzo?- Sembra incuriosito, ma allo stesso tempo si trattiene a mala pena dallo scoppiare a ridermi in faccia.
-Non sono affari tuoi!- Sibilo, ritrovando la ragione. -Spostati e fammi passare.-
-No.-
Stizzita, batto un piede a terra, facendolo divertire ancora più di quanto già non stia facendo.
Con una forza che non credevo di avere, quando sento che si avvicina ancora un po’ respirandomi sul viso, gli tiro un calcio ben assestato, facendolo imprecare; ma contrariamente a quanto pensavo, non si allontana se non di qualche millimetro. Solo quando faccio per scansarlo e correre, riprende la sua posizione addossandosi a me, quanto basta per bloccarmi le gambe con le sue.
-Dove credi di scappare?- Ridacchia, sbattendomi al muro e tuffandosi con il viso nell’incavo del collo.
-Alex, non è divertente.- Lo rimprovero, rabbrividendo quando sento le sue labbra poggiarsi sulla mia pelle.
-Oh sì, invece, che lo è.- Anche se non posso vederlo, sono certa che sta sorridendo.
-Non ti vergogni nemmeno un po’?- Cerco di distrarlo un tutti i modi, così da potermela dare a gambe levate.
-No, affatto.-
Sento le sue labbra, schiuse e umide, muoversi sensuali sul mio collo. Mi ritrovo a pensare che magari un po’ mi attira fisicamente, anche se è un cretino; insomma, sentire il suo torace forte stretto al mio seno fa un certo effetto, per non parlare delle mani che adesso accarezzano i miei fianchi.
Ma perché non mi decido a tirargli un calcio nelle palle?
Forse perché queste attenzioni da parte sua un po’ ti lusingano e ti piacciono.
Scuoto la testa velocemente, non posso aver davvero pensato ad un’assurdità del genere!
-Lo sai che questa è violen…- Non riesco a terminare la frase che la sua blocca si tuffa sulla mia, smorzando le mie accuse.
Chiudo di riflesso gli occhi, mentre divento rigida come il manico di una scopa.
Sento le sue labbra muoversi delicate sulle mie e mi chiedo perché cavolo non ho ancora strillato come una pazza, perché non gli ho mollato una sberla o semplicemente tentato di allontanarlo di nuovo.
Non resistendo, apro gli occhi e mi trovo a fissare le sue palpebre chiuse e le sue sopracciglia inarcate profondamente, confuse. Avrei giurato che avrebbe riso del mio non agire, del restare immobile e della mia inesperienza, invece sembra colpito (?).
Magari non devo vedere la situazione con occhio tragico, magari non devo sentirmi infastidita o schifata (che poi non lo sono), forse dovrei semplicemente prenderla come prova per imparare a baciare. E chi meglio per insegnarmi se non Alex?
Come dotate di volontà propria le mie mani gettano a terra il registro e corrono sulla sua nuca, infilandosi tra i suoi capelli. Sento il suo corpo avvicinarsi ancora un po’ e premere con più forza sul mio, togliendomi il fiato e facendomi aumentare il battito cardiaco.
Al mio gesto la sua espressione diventa ancora più confusa, chissà cosa gli frulla per la testa!
La sua lingua accarezza le mie labbra, portandole a dischiudersi per poter incontrare la mia, e qui inizia la parte difficile per una principiante come me. Apro la bocca e lui ne approfitta, mentre le sue mani dai miei fianchi si spostano febbrili tra i miei capelli, che stringe con forza spingendo il mio viso verso il suo per approfondire il bacio. Diventa famelico, vorace, finché accidentalmente e per mio grande imbarazzo, non gli mordo il labbro.
Geme di dolore staccando la bocca dalla mia e portandosi una mano al labbro, che ha iniziato a sanguinare leggermente.
-Oddio, scusa!- Dico inizialmente, ma poi ci rifletto un attimo e decido che non ho niente di cui scusarmi. -Anzi, col cavolo che ti chiudo scusa, così impari!-
Cogliendo la palla al balzo, raccolgo il registro da terra e me la do a gambe levate, ma mi blocco quando sento di nuovo la sua voce.
-Non baci niente male per essere una novellina!- 
Tastando con le dita le mie labbra gonfie per i suoi baci, mi ritrovo a sorridere e a pensare di avere un problema, bello serio.

 
 





 

Angolo autrice
Buona sera carissime lettrici :)
So di aver aggiornato solo due giorni fa ma, siccome ho il capitolo pronto da stamattina, non ho resistito a pubblicarlo :3
Ci tenevo anche ad augurarvi una buona festa della donna, anche se credo che la donna debba essere amata e rispettata tutti i giorni dell’anno, non solo l’8 Marzo.
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e che la storia non vada a finire nel banale, anche se la vedo dura.
Chiudo queste note ringraziando tutte le ragazze che hanno aggiunto questa storia tra le preferite, seguite, ricordate e soprattutto  lucydragonslayer,  firstlost_nowfound e  Lindafrg per aver recensito i precedenti capitoli. Grazie davvero  ♥
Un bacio,
Maky_

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***



 

 

CAPITOLO 5

 
Al suono della campanella dell’ultima ora afferro con calma le mie cose e, lanciate disordinatamente nello zaino, indosso la giacca per poi uscire dalla classe con altrettanta lentezza. La mia destinazione è la casa di Marika, perché voglio vedere come sta la mia amica, ma prima decido di avvisarla con un messaggio.
Ehi, tra poco passo per vedere come stai :)
Pochi secondi dopo ricevo la sua risposta.
Sto bene, tranquilla, ma passa lo stesso  così stiamo un po’ insieme :D
Sorrido leggendo le sue parole. Si mostra sempre forte lei, anche quando non lo è affatto.
Resti a mangiare per pranzo? Mamma ha fatto le lasagne ;)
Mi arriva un altro suo messaggio, mentre io ancora sto scrivendo la risposta al primo. Cavoli, è un razzo.
Ci penso un attimo su, non vorrei disturbare… Però le lasagne sono sempre le lasagne, così accetto al volo l’offerta.
Sì, grazie. E ringrazia tua mamma per l’ospitalità, ormai non faccio che stare da te XD
Non passano dieci secondi che ha già risposto.
Perfetto, ti aspetto. A tra poco :D
Ringraziandola ancora, metto il telefono in tasca e inizio a dirigermi verso casa sua.
Non appena esco da scuola però, la sfortuna torna a girare.
In piedi e appoggiato come stamattina con le spalle al muro vicino al cancello c'è Alex. Non appena mi vede mi sorride raggiante mostrando la sua dentatura perfetta.
Faccio per ignorarlo, sorpassandolo senza degnarlo di uno sguardo, ma non c’è nulla da fare perché mi segue a ruota, prendendo a camminare al mio fianco.
-Potrei denunciarti per molestie, lo sia, vero?- Sputo tra i denti nel modo più acido che riesco a tirare fuori, anche se non sono affatto infastidita come avrei dovuto essere da lui; più che altro mi sento agitata.
Ansia da prestazione?
Scuoto la testa per scacciare quei pensieri assurdi.
-Prima dovremmo scopare, però.- Con un braccio mi circonda le spalle, avvicinandomi di più al suo corpo, distruggendo il mio tentativo di stare il più alla larga dal suo corpo.
Non devo cedere in tentazione.
Sono così stanca però, dopo questa giornata estenuante a scuola, che non ho la forza per iniziare a litigare così lo lascio abbracciarmi senza dibattermi troppo, come avrei fatto normalmente, anche se continuo a non capire la sua improvvisa voglia di confidenza con me. Sarà solo per le tette?
Non ne ha mai viste o toccate un paio? No, mi cade un mito!
-Allora credo che non avrai mai questo genere di denuncia da parte mia.- Gli lancio un occhiata torva per la sua affermazione decisamente fuori luogo. Scopare… Il solito squallidone!
-Sei una veggente e non lo sapevo?- Domanda sarcastico, mentre con la mano inizia a giocare con il laccetto del cappuccio della mia felpa, che sbuca da sotto alla giacca.
-No, semplicemente so come ragiono e non ho cambiato idea su di te.- Rispondo seccata.
-Nemmeno dopo il mio bacio da maestro?- Ammicca, avvicinando il viso al mio orecchio mentre con il braccio spinge il mio collo verso di sé.
-Da maestro, che parolona!- Lo sfotto e vedo che inarca un sopracciglio, scettico delle mie parole.
-Non mi sembrava ti dispiacesse tanto baciarmi.- Insinua con la sua solita faccia da stronzo.
Mi sento punta sul vivo, perché nonostante tutto non ha torto, così decido di ribattere con lo stesso tono per restituirgli pan per focaccia.
-Nemmeno a te è dispiaciuto molto baciarmi, a quanto ho capito.- Tiro fuori un tono di voce odiosamente smorfioso.
Alle mie parole pensavo che avrebbe fatto l’orgoglioso come fanno tutti i maschi, non avrei mai creduto che sorridesse allusivo per poi riavvicinarsi e parlarmi ancora direttamente all’orecchio.
-Chi ha mai detto che mi è dispiaciuto, scusa?- Sfiora il mio orecchio con le labbra e in quel preciso momento ho creduto di morire per un attacco al cuore. Non credo che questo mio organo difettoso reggerà a lungo se continua a mancare battiti per qualsiasi piccola sciocchezza come questa.
Finalmente però siamo arrivati a casa sua, così mi distacco dal suo abbraccio e corro a suonare il citofono per evitare di rispondergli, ma soprattutto per non fargli vedere il rossore che ha imporporato le mie guance.
 
-Com’è andata la giornata senza la tua migliore amica?- Mi chiede Marika, sorridendo felice e buttandosi di schiena sul suo lettone, dopo aver aperto e avermi trascinata nella calma della sua stanza.
Non dovrebbe essere a letto con il termometro sul comodino? Penso accigliata, notando qualcosa di strano.
E’ stranamente vestita, dato che in questi casi la trovo sempre in pigiama; i capelli sono raccolti ordinatamente e il viso è arrossato dalla febbre. Mi sembra persino di vedere un po’ di trucco sul suo viso o sbaglio?
-Bene, noiosa come sempre.- Mi mordo la lingua a causa della mia agitazione. Il fratello ha iniziato a farmi uno strano effetto e questo quasi mi preoccupa.
Dovrei parlarle di Alex? Cavolo, non so come reagirebbe, non so nemmeno dove troverò il coraggio per parlare.
Non faccio che pensarci, sto impazzendo completamente. Mi sembra ancora di sentire le labbra morbide e calde di Alex sulle mie, la sua lingua furba e focosa intrecciata alla mia, le sue mani strette con forza tra i miei capelli ed il suo corpo che incendia il mio. Dio, che sensazioni strane e nuove, ma anche decisamente piacevoli.
-Quindi che avete fatto?-
-Niente.- Mi stringo nelle spalle.
Non avrei dovuto baciare il cretino, ma allontanarlo schifata o per lo meno non rispondere con così tanto trasporto. Non avrei dovuto stare tra le sue braccia per tutto il tragitto scuola-casa. Mi metto sempre in queste cavolo di situazioni!
Mi guarda piegando la testa di lato, come per esaminarmi, e sorride furba quando inizio a muovere le mani con scatti agitati.
-Conosco quella faccia, avanti bugiarda, sputa il rospo!- Si avvicina sospettosa. –Dev’essere successo qualcosa di strano se ti comporti così.-
-Non ho fatto nessuna faccia.-
-Ma dico, ti conosco da quando avevi il pannolino, a chi vuoi darla a bere? E poi quando menti inizi a toccarti la nuca e a evitare di guardarmi proprio come stai facendo adesso!- Sorride divertita.
Mi conosce come le sue tasche ormai, non posso farci niente.
-Ma che dici?- Faccio la finta tonta, voltandole le spalle e guardando senza interesse la sua collezione di cd.
-Parla- Mi punta un dito contro con aria quasi minacciosa quando torno a guardarla.
-Uffa che pizza, Giacomo si è semplicemente seduto al tuo posto perché non c’eri e…- Dico, senza pensare, la prima cosa che mi passa per la testa.
-Quant’è palloso quel tizio, mamma mia! Gli piaci, ma non ha le palle per farsi avanti, così continua a fare l’amicone e a gironzolarti intorno.-
-E’ solo gentile e disponibile.-
-Sei troppo ingenua Gretuccia, quello si mette a tua disposizione per altro, fidati.- Sorride maliziosa. -Però magari, se ti fai avanti tu, puoi usarlo come prova per imparare a pomiciare come si deve. Non credi sia ora di fare un po’ di pratica?- E certo, parla l’espertona.
Ed è in casi come questi che capisco perché Alex e lei sono rispettivamente fratello e sorella. Ci sono momenti in cui la loro somiglianza, nel modo di fare e di pensare, è spaventosamente perversa.
-Stai scherzando, vero?- Eh già, io la mia pratica l’ho già fatta.
-Mmh… No, però a giudicare dalla tua faccia deduco che l’idea non ti piaccia tanto, quindi facciamo finta che io stessi scherzando.- Scoppia a ridere.
-Tu sei tutta matta!- Alzo gli occhi al cielo esasperata.
Proprio in quel momento la porta della sua stanza viene spalancata da un Alex dall’aria tremendamente annoiata, spalancata senza nemmeno degnarsi di bussare, confermando così la sua poca educazione.
-Cretina, mi presti il tuo i-pod?- Dice entrando e appoggiandosi con le spalle all’armadio della sorella.
-No, cretino.- Risponde lei con lo stesso tono, facendomi sorridere.
-Ooh andiamo! Non fare la stronza!- Brontola lui, avvicinandosi alla scrivania.
Si è cambiato, non ha più la felpa blu che aveva oggi a scuola; adesso indossa una semplice t-shirt bianca sbiadita, che gli fascia il petto in modo delizioso, e una vecchia tuta da ginnastica grigia, portata a vita bassa, bassissima. Non capisco come facciano i suoi pantaloni a restare in equilibrio così sul suo sedere. Prima o poi se li ritroverà calati fino alle ginocchia, così come tutti i suoi amici, che giocano tutti a fare i fighi, mio fratello Mirko compreso.
Osservo le sue spalle così larghe, i muscoli delle braccia tesi, la postura sicura di sé con avidità. Non riesco ad evitare di deglutire, sentendo all’improvviso tanta sete e tantissimo caldo. Inconsapevolmente gli faccio una radiografia dettagliata da capo a piedi e me ne vergogno, ma non riesco a staccare gli occhi dal suo corpo. E’ perfetto cavolo!
-No, e adesso esci dalla mia stanza.- Mary non lo guarda nemmeno mentre parla con lui. Questi due sono come cane e gatto, ma in fondo (molto in fondo) si vogliono bene.
-No, resto qui finché non mi presti il tuo i-pod.- Dice cocciuto lui.
-Ma se hai il tuo!- Sbuffa infastidita.
-E’ rotto.- Scrolla le spalle, spostando per un millesimo di secondo lo sguardo su di me.
-Se lo fai cadere trentamila volte al giorno, grazie al cazzo che si rompe.- La mia amica è la finezza fatta persona.
-Capita.-
-Solo a te.- Ricky inarca le sopracciglia, segno che sta iniziando ad irritarsi seriamente.
-Okay, ho capito. Credo che mi toccherà restare qui a lungo, finché non ti decidi ad essere più generosa.- Sorride stronzo, perché sa quale sarà la reazione della sorella.
-Fuori!- Alza la voce.
-No.-
-E’ la mia stanza Alex, esci!- Si alza di scatto dal letto per andare a spintonare, verso la porta, il fratello. -Dai, stavo parlando con Greta di cose importanti e personali.- Si lamenta, quando si accorge di non riuscire a smuovere quell’ammasso di muscoli.
-Stronzo.- Ticchetta col piede per terra, inquieta.
Alex in risposta allunga la mano aperta verso di lei, aspettando che gli dia quello che vuole. Con uno sbuffo esasperato, Marika raggiunge la sua scrivania, apre il primo cassetto a sinistra e tira fuori il suo i-pod.
Intanto sento lo sguardo di Alex addosso, ma non oso guardarlo fino a quando, sentendolo tirare un calcio a qualcosa, per istinto non volto il capo.
Ha piegato e appoggiato con forza un piede sulla superficie liscia dell’armadio, sorridendo furbo. L’ha fatto apposta!
Prima che la sorella si giri dopo aver trovato anche le cuffie, ammicca spudoratamente verso di me, tirando fuori la lingua allusiva e leccandosi le labbra come se avesse fame.
Hai capito il maniaco!
Mi schiarisco la gola, sapendo di avere un colorito tendente al rosso se non addirittura bordeaux.
-Tieni e adesso evapora!- Glielo dà malamente, per poi tornare a stendersi.
-Grazie, non ci voleva poi così tanto!- Sorride vittorioso lui.
-Ho detto evapora prima che me lo riprenda.-
Il fratello la guarda attentamente, inarcando le sopracciglia, senza muoversi.
-Che vuoi ancora?- Ringhia a bassa voce.
-Perché sei vestita?- Risponde tranquillo Alex con un’altra domanda.
-Perché secondo te dovrei girare nuda per casa io?- Adoro la mia migliore amica e il suo sarcasmo.
-No, ma non è da te stare così quando non stai bene.- Ma allora non sono l’unica che se n’è accorta…
-Io ehm…- Balbetta lei sotto i nostri sguardi. -Non mi andava semplicemente di restare in pigiama.-
-Vedo che stai bene adesso…- Insinua Alex, sorridendo beffardo, mentre io non sbiascico parole per non intromettermi in discussioni che non mi riguardano.
-Sì, ho preso un’aspirina.- Si stringe nelle spalle.
-Bugiarda, ti conviene fare la brava se non vuoi che dica a mamma che hai fatto bollo oggi.- La madre torna sempre all’una circa dal lavoro, giusto il tempo per mettere qualcosa in forno per il pranzo, quindi Alex potrebbe benissimo aver ragione.
Esce chiudendosi la porta alle spalle ma, prima di scomparire del tutto dalla mia vista, riesco a intravedere come quella tuta strizza il suo fondoschiena perfetto.
Per essere pari potrei palparglielo anche io, giusto per vedere se è sodo come sembra, penso sorridendo stupida  e utilizzando le sue stesse parole.
-Cos’era quello sguardo?- Guardo  Marika che a sua volta fissa me.
-Quale sguardo?- Chiedo confusa.
-Quello che hai lanciato a mio fratello, poco fa.- Oh cazzo.
-Non so di cosa stai parlando.-
Per caso avevo un rivolo di bava vicino alla bocca? Allora credo di aver capito a cosa si riferisce.
Non dovrei calcolarlo di striscio come ho sempre fatto, ma non riesco a fare a meno di pensarlo. Continua ad irritarmi da morire con la sua sfacciataggine, la sua maleducazione, l’incapacità di provare sentimenti, per non parlare della stupidità cronica, ma è inutile perché è diventato un chiodo fisso non appena ho avuto le sue labbra sulle mie.
-Non hai una cotta per lui, vero?- Domanda con tono leggermente preoccupato e per poco non soffoco con la mia stessa saliva.
-Cosa?! Dio, no!- Tossisco convulsamente.
-Ah ok. Mi sembrava strano, anche se prima hai fatto una faccia strana.- Scrolla le spalle.
-Stavo pensando a quello che hai detto di Giacomo, tutto qui.- Mi stringo nelle spalle e abbasso lo sguardo colpevole.
-Allora stai considerando la mia idea, eh?- Inizia ad alzare e abbassare le sopracciglia con malizia.
-No, affatto. Sarebbe troppo meschino, Marika.-
-Ma dai, sareste contenti entrambi!-
Ma come le vengono queste idee voglio sapere io, questa ragazza è blasfema!
-Non credo proprio, la sola idea mi disgusta a dire il vero.-
-Si, in effetti Giacomo non è tutto ‘sto gran che.- Storce il naso.
-Mi riferivo alla tua idea, scema!- Alzo gli occhi al soffitto, con un verso sconfitto.
-Certo, certo.-
-Piuttosto, che hai combinato tu oggi?- Sono certa che Alex ci abbia visto giusto su Mary, così non resisto a stuzzicarla un po’ anche io.
-Ho dormito.- Risponde secca.
-Marika.- La rimprovero, non sono così stupida da credere a quel faccino che assomiglia tanto al mio poco fa: agitato e colpevole.
-Ok, sono… Sono uscita con un ragazzo, ma non dire niente a nessuno.- Sputa di getto, prendendosi la testa tra le mani per nascondere il rossore dovuto alla confessione.
-Cosa? E me lo dici così?- Chiedo incredula. -Chi è il misterioso boy?-
-Ehm… non posso parlarne per adesso.- Sussurra con voce carica di scuse.
-Come non puoi parlarne, perché?- Mi avvicino e mi siedo con lei sul lettone, con le gambe incrociate.
Si sdraia di getto e, afferrando il cuscino, si copre la testa e il viso arrossato. A quanto pare il ragazzo in questione le piace parecchio se la agita tanto il solo pensarlo.
-Perché mi ha chiesto di non farne parola con nessuno, finché non fosse sicuro di quello che prova per me.- Bofonchia piegando le ginocchia e stringendo forte il cuscino con i pugni.
-Dimmi almeno l’iniziale del nome, dai.- La supplico, perché sono troppo curiosa.
Ricky è la mia migliore amica, per me è come una sorella, quindi è normale essere così curiosi di conoscere il futuro cognato, penso sorridendo.
Tira fuori la testa per guardarmi un po’ incerta.
-Dai, che vuoi che sia l’iniziale del nome?- Cerco di convincerla, per soddisfare in parte la mia curiosità.
-Emme.- Dice semplicemente, per poi tornare a coprirsi la testa col cuscino.
-Emme, emme, emme.  Ma lo conosco?-
- … Sì.-
Sto per farle un’altra domanda della lunga lista che ho in serbo per lei, quando la madre apre la porta della sua stanza, costringendoci ad interrompere il nostro discorso.
Possibile che nessuno bussi in questa casa prima di entrare nella stanza di qualcuno?
-Il pranzo è pronto ragazze, venite a tavola.- Ci comunica affabile e sorridente la madre di Marika.
-Arriviamo.- Rispondiamo in coro, alzandoci dal letto.
 
Alex fortunatamente, non avendo fame, non pranza con noi, perdendosi così le lasagne della madre che sono la fine del mondo, a dir poco squisite.
Il padre non è ancora tornato dal lavoro, infatti, di solito, pranza sempre fuori casa poiché torna sempre verso le tre del pomeriggio circa. Quindi, sedute a tavola siamo solo tre donne pettegole che iniziano a sparlare dei vicini.
Dopo pranzo ricevo una chiamata da mia madre, che mi dice di tornare presto a casa perché lei e papà sarebbero di lì a poco usciti per andare a trovare la nonna, così sono costretta a salutare la mia amica e ringraziare un’ultima volta la mamma, per poi dirigermi a casa.
-Mamma, sono tornata!- Urlo non appena metto piede in casa.
-Alla buon ora, nana.- Mio fratello sbuca dalla cucina con un biscotto in mano.
-Perché non sei andato a scuola tu, scimmia?- Gli chiedo buttando lo zaino per terra, accanto all’entrata.
-Shh!- Mi rimprovera mettendosi il dito davanti alle labbra, gesto per intimarmi di stare zitta. Si guarda in torno per accertarsi che nessuno mi abbia sentita, ma per sua disgrazia mia madre entra in scena proprio in quel momento.
-Chi non è andato a scuola?- Chiede con leggerezza, con l’aspirapolvere tra le mani, concentrata a pulire per bene il tappeto del corridoio.
Potrei farlo sgamare, ma oggi non mi sento eccessivamente stronza, quindi gliela faccio passare, pensando anche che così potrei ricattarlo in qualsiasi momento.
-Marika, non stava bene.- Lancio un’occhiata furba a Mirko, che deglutisce a vuoto numerose volte, spostando lo sguardo da mia madre a me.
Un attimo. Emme… Emme… Mirko?! No, non può essere.
-Ah, adesso come sta?- Chiede lei.
-Non tanto bene, ma ha preso un’aspirina.- Mento, fissando lo sguardo su mio fratello per controllare ogni sua più piccola reazione.
-Perché cos’ha?- Chiede… Preoccupato?! E da quando si preoccupa per qualcun altro che non sia lui?
-Nulla di che, io vado in camera, ciao.- Dico accigliata.
Hai capito la scimmia con la mia migliore amica…
 
 
 
 
 

 

Angolo autrice
Buonasera chicas! :D
Sono tornata con i miei capitoli caccosi esattamente dieci giorni dopo l’ultimo capitolo pubblicato, quindi direi che siete (s)fortunate dato che per scrivere un capitolo dell’altra mia storia (First Love) ci metto secoli XD
Comunque, a parte questo, non so mai cosa dire dei miei capitoli, spero solo che piacciano o per lo meno non scoccino troppo, perché capisco che alcuni pezzi siano davvero noiosi e patetici ç_ç
Sto cercando di migliorare, abbiate pietà! :3
Mi farebbe piacere però avere un vostro parere, anche solo se volete dirmi che farei meglio a cancellare quest’altra schifezza XD
Non mi offendo, giuro, ma almeno non perdo tempo!
Grazie mille a chiunque mi segue, spero di non deludere nessuno :)
Un bacio,
Maky_

P.S Una mia amica, a cui voglio un bene dell'anima, sta scrivendo una storia bellissima.
Si chiama 
French Kote. ed è a dir poco splendida! :D  
Questa è la storia adatta a chiunque, come me, piace la coppia Nina/Ian :3

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***



 

 

CAPITOLO 6

 
Passano diversi giorni in cui non parlo di Mirko con Marika, perché l’idea della mia migliore amica, così bella e brava, anche se un po’ stravagante, con quel cretino di mio fratello mi disgusta.
Dopotutto sono gusti, è vero… però che schifo!
Sta di fatto che non dico niente anche se sono certa di aver ragione su di loro; preferisco osservarli in silenzio, sperando di cogliere sguardi significativi, sorrisi allusivi e sfioramenti casuali.
-Se infilo i bigliettini nella manica, dici che la prof mi sgama?- Bisbiglia Marika, coprendosi la bocca con la mano sinistra per farsi sentire solo da me.
Ci rifletto un attimo guardando la sua felpona, messa apposta per infilare a più non posso i bigliettini del compito di scienze dentro maniche e tasche.
E’ incorreggibile, le prova tutte per non studiare e dedicare il suo pomeriggio ad altro… Ovvero tv, computer, ogni tanto leggere qualche libro (vietato ai minori ovviamente) e tante uscite pomeridiane. Per non parlare dei pisolini!
-Non credo, ma sta’ attenta a non farti vedere. Perché se quella nota che sbirci sempre è naturale che ti becca!- La metto in guardia.
-Ok ok,- inizia a muovere la gamba nervosamente -ma se non riesco a copiare mi aiuti, vero?-
Quant’è tenera e indifesa quando fa quella faccina disperata e sull’orlo di una crisi di panico!
-Certo che ti aiuto socia!- Le sorrido rassicurante.
Questo non vuol dire che io sia una secchiona, ma semplicemente che studio quando sono certa di essere interrogata o, come in questo caso, per un compito. I miei voti sono nella media, non sono da dieci e lode ovviamente, ma nemmeno da zero spaccato.
-Grazie, grazie, grazie! Sei l’amica migliore del mondo!- Sembra adorarmi in questo momento.
-Lo dici solo perché vuoi che ti faccia copiare!- La butto sullo scherzo, togliendo tutte le cose dal banco, lasciandoci solo la penna nera e un foglio protocollo.
-Infatti.- Ridacchia.
-Stronza.- La sospingo leggermente, facendo la finta indignata per le sue parole per poi ridere con lei.
 
-Ohi, com’è andata?- Le chiedo vedendo che, una volta consegnato il compito, si accascia sul banco, sfinita.
-‘Na merda, detto finemente,- esclama giù di corda -anche perché quella bastarda ha preso a girare tra i banchi e, appena facevo per sbirciare i bigliettini, quella si girava. Comunque grazie mille per quelle sei risposte che mi hai passato, grazie al cielo il compito era a risposte multiple altrimenti mi sarei automaticamente sparata.-
-Ma perché quante ne hai fatte su venticinque?-
-Credo venti o diciannove, boh,- scrolla le spalle -ma sarebbe potuto andare meglio se avessi studiato, ma come una cogliona anche ieri pomeriggio mi sono grattata altamente.-
Scoppio a ridere divertita. -La prossima volta allora studia, scema.-
-Non ci penso proprio. Io, tempo per imparare cose di cui non so che farmene nella vita, non ci penso proprio a sprecarlo!-
 
-Professore, mi scusi, posso uscire un attimo?- Alla quarta ora ho bisogno  di andarmi a fare una passeggiata per l’istituto. La matematica mi provoca sonnolenza, tanta, tantissima sonnolenza. Rischio di addormentarmi sul banco se non mi sgranchisco un po’, magari mi prendo anche un caffè alla macchinetta lungo il corridoio.
-Sì, ma fai in fretta Quarta.-
Mi preparo il mio bel bicchiere di caffeina e me lo gusto con molta lentezza. Altro che fare in fretta, non ci penso proprio di andare di corsa, preferisco fare tutto con molta calma, anche perché più minuti perdo della lezione di matematica e più tranquillo resta il mio povero cervello, decisamente sotto shock a causa di quei segni ambigui che il professor Livrano si ostina a scarabocchiare sulla lavagna.
Mi scotto due volte la lingua per mia disgrazia e, camminando ancora un po’, mi appoggio leggermente con il sedere sul termosifone acceso, soffiando sul liquido bollente.
Un colpo di tosse mi fa distogliere lo sguardo dal bicchierino di plastica, che ho stretto tra le mani.
I miei occhi incontrano subito quelli di Alex, che a quanto vedo sta tutt’altro che bene.
Tossisce in modo spaventoso, finendo persino per piegarsi in due per la potenza dei colpi.
Senza riflettere mi muovo verso di lui velocemente, inarcando sempre di più le sopracciglia, preoccupata.
-Alex,- chiedo titubante -stai bene?-
-Mai stato meglio, tettona.- Dice per poi tossire di nuovo, mentre io gli rifilo con la mano dei piccoli colpetti sulla schiena.
-Si certo, lo vedo.- Ribatto scettica, alzando un sopracciglio.
-La tettona è forse preoccupata per me?- Mi fa un sorriso storto, andando ad appoggiarsi con la schiena alla parete del corridoio deserto, perché a mala pena riesce a reggersi in piedi.
-Forse.- Ricambio il sorrisino con naturalezza.
-Interessante.- Con anche la nuca poggiata al muro, mi guarda dall’alto verso il basso in modo penetrante, come a volermi leggere dentro.
Ha gli occhi liquidi e la faccia arrossata da quella che sembra febbre, così mi avvicino con lentezza, sempre sotto i suoi occhi attenti, e gli circondo il viso con le mani. E’ troppo alto così, facendo un po’ di pressione, gli faccio abbassare la fronte all’altezza delle mie labbra.
Sento il suo respiro, leggermente accelerato, sul collo e rabbrividisco di rimando; appoggio finalmente le labbra sulla sua pelle rovente.
-La tua fronte scotta!- Esclamo allontanandomi leggermente per guardarlo negli occhi. -Hai la febbre Alex, che caspita sei venuto a fare oggi a scuola in questo stato?-
-Fatti miei…- Parla a fatica e tossisce ogni tanto, voltando il capo dall’altra parte.
Intreccia il mio sguardo al suo e, con mia sorpresa, mi avvicina a sé con forza per incastrare le sue dita tra le mie.
-Come mai così premurosa, Quarta?- Aumenta la stretta sulle mie mani.
-Mi fai semplicemente pena, Rossi.- Non tento nemmeno di allontanarmi dal suo corpo così vicino al mio. Mi piace troppo la sensazione del suo respiro caldo sulla pelle, mi fa rabbrividire di piacere, anche se questo comporta la possibilità che mi ammali anche io.
-Non mi serve la tua pietà, nana.- E’ da molto che non mi chiamava così, rifletto.
-In fatti ti serve un’aspirina, idiota, non la mia pietà.- Rispondo con il suo stesso tono, anche se la sua voce è troppo roca a causa di come è ridotta la sua gola.
-Già presa, mammina.- Fa la vocina da bambinetto scemo, per quando la sua voce glielo permette.
-Bravo bimbo.- Mi ritrovo a sorridere senza nemmeno rendermene conto.
-Forza, ti accompagno in infermeria così ti misuri la febbre e dopo telefoni a tua madre o a tuo padre, così ti fai venire a prendere.- Affermo con autorevolezza.
-Non manca molto alla fine delle lezioni, quindi non vale la pena, e comunque in infermeria ci sono già andato, mi ha costretto la professoressa Lippolis.- Storce il naso. Chissà come gli dà fastidio dover prendere ordini da una donna, anche se più adulta e matura.
-Quant’è la febbre?- Non riesco a credere di star parlando con Alex Rossi a pochi millimetri dal suo viso, un viso angelico anche se accaldato.
-Trentotto e sette.- Chiude un secondo gli occhi, che stanno persino per iniziare a lacrimare.
-Ti posso fare una foto?-
-Per sbaciucchiarla quando ti manco?- Mi sbeffeggia, ridacchiando sempre ad occhi chiusi, asciugandosi una lacrimuccia all’angolo dell’occhio.
-Sì, certo, come no!- Alzo gli occhi al cielo.
-Perché baciare la foto? Bacia direttamente me, non mi dispiace mica!- Socchiude un po’ le palpebre per lanciarmi uno sguardo di fuoco. Anche da malato non riesce a fare a meno di provarci con ogni essere femminile sulla faccia della terra.
-Veramente io pensavo di metterla su facebook per smerdarti, ma sei ridotto così male che mi fai quasi tenerezza.- Gli lancio volutamente delle frecciatine, preferisco irritarlo e farlo rinvivire, che vederlo così debole e stanco. E non mi era mai successo…
-Per smerdarmi?- Inarca le sopracciglia, confuso.
-Anche Alex Rossi piange, le tue lacrimucce sono delle prove.-
-Io non sto piangendo!- Esclama indignato, come se la sola idea lo ripugnasse, mentre fa aumentare la vicinanza tra i nostri corpi.
-Sto scherzando, scemo.- Sorrido, cercando di allontanarmi senza farglielo notare.
E’ inutile, perché in poco tempo mi ritrovo in un abbraccio stritolatore, le sue braccia calde mi avvolgono la schiena e il suo viso affonda nel mio collo, facendomi smettere di respirare.
Non so per quanto tempo restiamo in questa posizione, ma non oso fiatare.
-Devo tornare in classe.- Soffio in fine.
-Ancora un po’.- Mormora con la voce più bassa e cupa di prima e con le labbra a diretto contatto con la mia pelle.
-Mancanza di affetto?- Chiedo scherzando.
-Sì, persino le ragazze con cui sto non mi coccolando abbastanza, fanno lavoretti più complessi, ma mai le coccole.- Sono certa che abbia messo il broncio, così come io ho appena fatto lo stesso.
Questo  è il modo adatto per rovinare un momento così bello, insolito, ma bello e coinvolgente… Almeno per me.
-Peccato, i ragazzi con cui sto io invece mi coccolano tantissimo, ti perdi la parte migliore.- Mento spudoratamente, ma anche con ingenuità.
-Ragazzi?- Alza  la testa di scatto per guardarmi negli occhi. -Ma se il tuo primo bacio l’hai dato a me, figuriamoci se sei arrivata al livello delle coccole!- Non mi crede minimamente e fa bene.
-Io non ho mai detto che quello era il mio primo bacio, sei tu che hai presupposto questo.- Altra bugia.
Stranamente però sembra crederci e anche tanto visto il cipigli scuro che gli compare sulla faccia.
-Mi stai prendendo per il culo?- Il ragazzo e la finezza vanno a braccetto.
-No.- Dico con semplicità, applaudendomi mentalmente per la credibilità della voce.
-Mmh…- Ha un broncio lunghissimo che mi fa sorridere.
Gli dà per caso fastidio? Ma poi perché dovrebbe dargli fastidio?
-Non dirmi che ti dà fastidio, Rossi.- Sento la consistenza del suo petto che sfiora il mio, il suo sguardo scrutarmi dentro e le sue mani giocare con le mie, ancora felicemente intrecciate alle sue.
-Ci mancherebbe altro.- Sbuffa, fissando un punto a caso dietro di me.
-Non si direbbe.- Continuo a punzecchiarlo, divertita.
-Forse non sono stato il primo che hai baciato o che ti ha coccolata, ma posso ancora essere il primo con cui scoperai.-
Smorzare il divertimento, la tranquillità e anche quel senso di complicità che si è magicamente creato per Alex è un gioco da ragazzi.
Mi allontano di scatto da lui, cogliendolo di sorpresa e guardandolo il più male possibile.
-Devo tornare in classe, ciao.- Dico glaciale. Mi stava persino piacendo stare tra le sue braccia, assurdo.
-Che ti prende?- Chiede confuso.
-Mi prende che il professore di matematica mi prenderà per dispersa.- Gli volto le spalle per tornare in classe.
-Dai resta un altro po’.-Mi blocca afferrandomi per il polso e trascinandomi di nuovo vicino a sé.
-Perché fai così?- Non mi trattengo più dal chiederglielo.
-Così come?-
-Come se ti importasse qualcosa di me…- sussurro, guardandolo dritto negli occhi -Non so per chi mi hai preso, ma quando ho detto che non sarei venuta a letto con te ero seria, serissima.-
-Perché?- Ha la mascella rigida, serrata con tutta la forza che ha.
-Perché?- Sono incredula.
-Perché non mi consideri all’altezza? Perché fai la superiore?- Sembrano ringhiate le sue parole.
-Non facci la superiore!- Rispondo stizzita. -Semplicemente voglio che la mia prima volta sia speciale.-
-E con me non lo sarebbe?- Inarca le sopracciglia scettico.
-No, affatto. Farò l’amore solo con il ragazzo che amo, non come fai tu, solo per puro divertimento.- Ribatto acida e decisamente alterata.
-Che romanticona!- Esclama con una risata sbeffeggiatrice.
-Cretino.- Offesa, mi scrollo le sue dita che ancora serrano il mio polso con forza e me ne vado. Un ragazzo non può essere più stupido e offensivo di Alex, lui è l’eccellenza in questo campo.
Però nonostante la sua stupidità non posso negare che mi piaccia, ma solo leggermente, proprio pochissimo.
Non mi richiama per scusarsi di essersi comportato da maleducato coglione, e la cosa mi fa stare peggio, tanto che sento gli occhi inumidirsi, ma trattengo quelle piccole lacrime fuori luogo e tiro su con il naso, orgogliosa.
Tornata in classe non poteva mancare la voce del professore ad irritarmi maggiormente.
-Grazie per averci degnato della tua presenza, Quarta.-
Non rispondo, ma faccio finta di niente. Meglio non rovinarmi ancora di più la giornata.
-Tesoro, che c’è? Ti senti poco bene?- Bisbiglia Marika a bassa voce.
-No, sto benissimo, tranquilla.- E come una cretina non posso fare a meno di pensare che il fratello della mia migliore amica ha la febbre alta ed è in corridoio da solo. E’ uno stupido bambinone, ma sta male e mi dispiace, perché infondo lo conosco da una vita e mi piace.
Mi piace il suo provarci spudoratamente, anche se fa lo stesso con tutto. Mi piace il suo tono di voce, sempre così caldo. Mi piace come abbraccia, adesso che l’ho sperimentato di persona. Mi piace e io sono rovinata, perché lui non è il genere di ragazzo che dovrebbe piacere ad una sentimentalona che ha sempre sognato il principe azzurro.
 
 
 
 
 
 

Angolo autrice
Salve ragazze :3
Innanzitutto parto col dire che mi spiace per il ritardo, speravo di poter aggiornare entro domenica scorsa, ma così non è stato.
Questo capitolo non mi piace, come d’altronde tutto quello che scrivo, ma questo più di tutti gli altri lo trovo brutto e inutile.
Sono giù di corda, ormai sto diventando una depressona tremenda, ma pazienza perché ho il mio gelato a tirarmi su di morale.
Non so quando arriverà il prossimo capitolo, spero il prima possibile e spero di non deludere nessuna delle ragazze che mi segue con pazienza! 
Grazie infinite e scusate ancora,
Maky_
 
P.S. Se vi va di dare un’occhiata alla mia prima storia, anch’essa ancora in corso, mi farebbe piacere :)
First Love ♥

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***




CAPITOLO 7

All’uscita di scuola, Marika cammina al mio fianco in totale silenzio. E’ immersa nei suoi pensieri e io nei miei, quindi nessuna delle due spiaccica parola, anche se è strano perché di solito è un fiume che ti travolge in pieno con tutto quello che ha sempre da dire.
Ad un certo punto però la sento sbuffare e fermarsi di colpo.
-Si può sapere che hai?- Sbotta incrociando le braccia al petto, decisa.
-Io?- Mi indico con l’indice non capendo il perché della sua reazione strana e improvvisa.
-Sì, tu. Ce l’hai con me per qualcosa?- Ha la fronte aggrottata, in quella che sembra essere un’espressione preoccupata e confusa.
-Cosa?- Continuo a non capire. -Perché dovrei?-
-Non lo so, dimmelo tu visto che oggi a stento mi rivolgi la parola.- Inizia a battere il piede sul marciapiede, nervosa. ­­
-Ma no, non è colpa tua e non hai fatto niente, davvero. Semplicemente non è giornata.- Mi guardo intorno, rompendo il contatto visivo con la mia migliore amica.
Riesce a capirlo subito quando qualcosa non va, ma adesso non ho semplicemente voglia di affrontare il problema, di affrontare i miei stessi pensieri e i miei sentimenti stupidi, che non ci dovrebbero essere.
-Perché?-
-Perché cosa?- Riporto lo sguardo su di lei.
-Perché stai così, parla.- E’ più cocciuta di un mulo quando ci si mette.
-Adesso non mi va, dai…- In questo momento vorrei tenermi tutto dentro, non voglio parlarne con nessuno, perché voglio che continui a logorarmi dentro tutto quello che sento.
-Lo vedi che non mi dici più niente? Ce l’hai con me.- Mette il broncio, dispiaciuta e triste.
E a questo punto mi sento in colpa, tremendamente in colpa; perché so com’è fatta, so che crede di essere lei il problema, so che ci starà male e non voglio.
-Ne parliamo dopo, giuro.- Le faccio un sorriso per rassicurarla.
-Non mi muovo di qui se non parli.- Si va a sedere sul muretto della scuola, ormai quasi del tutto deserta, e aspetta.
-Sei una ricattatrice!- Sbuffo irritata.
-Sto aspettando.- Incrocia le braccia al petto facendomi la linguaccia e una piccola smorfia che dovrebbe essere un sorriso che cerca di uscire, ma che lei trattiene.
-Mi piace tuo fratello.- Sputo di getto il nocciolo della questione, chiudendo gli occhi e immaginando la sua reazione.
Silenzio assoluto.
Quando torno a guardarla serro la bocca con forza, mentre come pensavo la sua per poco non arriva a terra.
-Definiscimi la tua concezione di ‘piacere’.-
-Mi piace. Mi attira, nel senso che è bello, ma ha anche un non so cosa che mi spinge verso di lui. Mi fa girare le palle come sempre, quello sì, ma mi piace, mi smuove l’ormone.- Butto lì, tutto d’un fiato, aspettando la sua reazione che in un primo momento non arriva.
-Sei sicura di star parlando di Alex, quell’odioso di mio fratello?- Domanda con sarcasmo.
-Eh sì, direi proprio di sì.- Inizia a farmi male la testa, tutto quel parlare di quello stronzo non mi fa affatto bene. Troppo caos, troppo rumore, troppo lui. Dovrei semplicemente far finta che non ci sia stato nessun primo bacio, nessuno scontro e tantomeno nessuna discussione con quella sottospecie di scimmia.
Oh merda, il bacio.
E da tutta la situazione ho capito anche che insultarlo mentalmente non aiuta affatto e non migliora la situazione.
-E… diciamo che ci siamo baciati, cioè lui ha baciato me, giusto per la cronaca, ma ci siamo baciati.-
-Cosa?!- Urla incredula, attirando l’attenzione dei pochi ragazzi rimasti ancora nel cortile della scuola.
-Non lo so com’è successo, ma lui era così vicino, mi teneva stretta e poi…- Dico insicura, perché non è che non sapessi cosa fosse successo, perché infondo quel bacio lo desideravo tanto anche io, solo che sono tutt’ora restia ad ammetterlo.
-Racconta.- Pronuncia una sola parola e mi guarda severamente.
Così, sedendomi accanto a lei, inizio a parlarle di come mi finì addosso proprio quella sera in cui dormii a casa sua, del nuovo soprannome con cui mi chiama, del fatto che mi manda al manicomio più del solito e che mi piaciucchia. Quando arrivo al momento del bacio, vedo Marika sgranare gli occhi per la sorpresa e mi blocco.
-Vi siete baciati nel bagno delle ragazze?- Sussurra con voce flebile.
-Sì.- Finirò per staccarmi il labbro inferiore a causa di tutti i morsi che gli sto tirando per il nervosismo.
-Viva il romanticismo per il primo bacio!- Esclama sarcastica.
-Stiamo pur sempre parlando di tuo fratello.- Dico sospirando mentre lei annuisce, consapevole più di me della superficialità di Alex e dei suoi modi di fare impulsivi.
-Però sei una stronza, potevi dirmelo prima!-
-Senti chi parla! Sbaglio o anche tu mi devi dire qualcosa?- La stuzzico un po’ per vedere se confessa o meno.
-No, cosa?- Fa pure la finta tonta, e poi sarei io la stronza!
-Dimmi un po’… Da quand’è che te la fai con quel cesso di mio fratello?- Ridacchio vedendo la sua faccia pietrificata dallo stupore.
Inspira profondamente, forse riflettendo sulle possibilità di scelta che ha: parlarmene finalmente chiaramente o continuare a fare quella scesa dalle nuvole, che non capisce che cosa dico.
-Prima di tutto non è un cesso e seconda cosa… Come cazzo hai fatto a scoprire che ci sentiamo?- E’ seriamente stupida, cosa che mi diverte ancora di più.
-Non sono stupida, mongola che non sei altro.- Le faccio la linguaccia, spigandole il mio semplice ma efficace ragionamento su loro due.
-Non ti facevo così intuitiva.- Storce il naso, fissando un punto davanti a sé.
-Lo so, sono un piccolo genietto.- Mi vanto, dandomi delle finte arie.
-Ma va, che sei una deficiente! Ma ti voglio bene lo stesso, tranquilla.- Mi fa l’occhiolino, mentre io le mostro il mio bellissimo ed elegante dito medio.
-La prossima volta col cazzo che ti aiuto al compito in classe!- Esclamo fintamente offesa, mentre lei con un piccolo slancio salta giù dal muretto, trascinando con sé anche me e mi abbraccia.
-Ma lo sai che ti voglio tanto bene, ciccia.-
-Sei una ruffiana stratosferica!- Ridacchiamo entrambe, incamminandoci seriamente per casa e raccontandoci di quello che nell’ultimo periodo ci siamo tenute dentro per qualche strano motivo, perché spesso capita che si ha paura di quello che anche la persona più importante possa pensare di te e di tutto il caos che ti vive intorno.
 
 
Una settimana dopo aver rigorosamente evitato Alex, perché l’idea di parlare ancora con quella testa vuota mi irrita, mi ritrovo sfortunatamente a dover andare a casa di Marika per prepararci insieme al compito di inglese. E’ la mia materia preferita, ma ultimamente ho la testa altrove e lo studio sta diventando un optional, quindi l’idea di ripetere l’ultimo capitolo con Ricky non mi dispiace affatto.
Sta di fatto che, una volta arrivata a casa della mia migliore amica, sono certa che la sfortuna mi perseguita, perché tra i quattro componenti della famiglia proprio il coglione doveva venire ad aprirmi?
-Ma ciao acidona che mi evita!- Sorride. Quel sorriso stronzo che ti fa venir voglia di rifargli la dentiera.
Lo fisso con astio, non ricambio il saluto e tantomeno il sorriso, ma lo supero semplicemente, nella vana speranza che decida una buona volta di girare a largo da me.
E’ solo un montato che per vivere ha bisogno di farsi una ragazza diversa ogni qualvolta che può.
Io stupida che ho sprecato il mio primo bacio per un così squallido.
-Noto con piacere che sei sempre più maleducata e vieni sempre meno a casa, centro io per caso?- Altro sorriso impertinente, ma cerco di resistere alla voglia di iniziare una rissa che sicuramente si concluderebbe con un omicidio, quindi anche questa volta faccio finta di niente mentre cammino verso il tavolo della cucina dove solitamente io e Ricky studiamo.
-Mia sorella non c’è.- E a quelle parole divento una statua.
Non è possibile, non può avermi abbandonata quando sa perfettamente quello che è successo con Alex.
No, lo stronzo mente sicuramente!
Mi giro verso di lui, lo guardo negli occhi e dopo aver inarcato un sopracciglio, scettica, riprendo ad avanzare verso il tavolo dove poggio la mia borsa.
Voglio fare la superiore e sono fiera di me nell’esserci riuscita.
-Sei di poche parole. Cos’è, il gatto ti ha morso la lingua?- Continua ininterrotto il suo monologo, cercando inutilmente di farmi parlare ed infastidirmi contemporaneamente.
-O te l’ho morsa io per sbaglio mentre giocava con la mia?- Non ho bisogno di guardarlo per sapere che i suoi occhi brillano di malizia e strafottenza.
Cerco di resistere alla voglia di rispondergli e di mal menarlo, finendo così per stringe i pugni e serrare la mascella così forte da sentirla indolenzita.
Non è degno della mia risposta, devo convincermene e ricordarmelo più spesso.
-Antipatica.- Sento la sua voce farsi sempre più vicina, mentre io sistemo il mio libro d’inglese e tiro fuori anche il mio evidenziatore arancione dal borsellino.
-Sto parlando con te, nanetta da giardino.- Sento il suo respiro a pochi millimetri dal mio orecchio, decisamente troppo vicino e mi immobilizzo di scatto, non sapendo bene cosa fare.
Nel mio campo visivo entrano le sue mani, che si vanno a poggiare al tavolo, esattamente ai lati dei miei fianchi; altra cosa che contribuisce a far andare in tilt il mio cervello già abbastanza fuso di suo, soprattutto nell’ultimo periodo.
Sono così concentrata a trovare una soluzione e una via di fuga da non dare nemmeno troppo peso a come mi ha chiamata.
-Il fatto che io non ti risponda vuol dire che non voglio parlare con te, quindi estinguiti.- Sputo tra i denti con tutta l’acidità e la cattiveria che riesco a tirare fuori.
Quello che non capisco però è il perché della necessità dei miei polmoni di ricevere sempre maggiore ossigeno, costringendomi a respirare come una che ha appena corso la maratona di New York, dannazione!
-Perché?- Sento il peso del suo corpo sulla mia schiena, ragion per cui senza farlo notare mi avvicino quanto posso al legno del tavolo, mentre lui si fa sempre più vicino a me.
-Perché due più due non fa tre.-
Lo sento ridacchiare in risposta.
Ma che cazzo ride a fare che la mia non era nemmeno una battuta decente, sto cretino!
-Infatti fa un pesce.- Questo secondo me è l’effetto che fanno le sostanze stupefacenti, ne sono sicura al cento per cento.
-Quante ne hai fumate?- Chiedo scettica, mordendomi un labbro non appena mi accorgo di non potermi più muovere.
-Cosa?- Chiede stranito dalla mia domanda.
-Di canne, intendo.- Sorrido, perché non mi può vedere, e mi trattengo dal voltarmi per non dover avere un contatto visivo con lui.
-Ah ah, simpaticona. Io non fumo.- Sussurra direttamente al mio orecchio provocandomi un brivido lungo la schiena.
Certo che, quando vuole, sa fare la voce sensuale…
-Non ti ho chiesti se fumi. Non ti ho chiesto niente, non mi importa. Adesso, se non ti spiace, mi chiami tua sorella che dovremmo studiare?- Cerco di dare un tono dignitoso alla mia voce quasi scomparsa, perché troppo fievole e arrochita per colpa dello strano nodo alla gola e allo stomaco che mi fanno sentire una stupida.
-Beh si, mi spiace…- Sta sorridendo, sta sorridendo, ne sono certa! Sicuramente si è accorto anche lui della mia situazione poco stabile, ma non è colpa mia se avere i suoi addominali spalmati addosso mi smuove un tantino l’ormone.
-Senti, ma si può sapere che vuoi?- Sbotto, voltandomi faticosamente verso di lui, visto che mi sta appiccicato tipo cozza allo scoglio e la cosa non è a mio vantaggio.
-Parlare dell’altro giorno a scuola.- Lo dice lentamente e mi sembra quasi serio nel pronunciare quelle parole. Quasi, vista la strana luce che aleggia nei suoi occhi verdi.
-Non ne voglio parlare. E poi non ho capito, che caspita c’è ancora? Mi hai baciata, ok, ma adesso perché non la smetti di scocciarmi? Sei esas…-
-Ti volevo chiedere scusa.- Non riesco a finire la frase che la marea di parole che stava uscendo dalle mie labbra, che adesso sono dischiuse per lo stupore, si blocca di colpo.
Non riesco a credere alle mie orecchie. Ho sentito bene? Vuole chiedermi scusa? Lui, il più egocentrico, presuntuoso ed orgoglioso ragazzo che conosco, vuole chiedermi scusa?
-Sicuro di non avere ancora la febbre alta?- Chiedo sospettosa e poco sicura della sincerità delle sue parole.
-Sì.- Risponde alzando gli occhi al cielo.
E restiamo così, immobili a fissarci e ogni tanto mi sembra di vedere il suo sguardo scendere un po’ sulle mie labbra per poi risalire agli occhi, ma sono sicura di sbagliarmi.
Mi sembra quasi tenero…
-Quindi?- Domanda impaziente.
-Quindi che?-
-Scuse accettate o no?- Ecco che ritorna il burbero, antipatico di prima.
-Forse, se ti levi dalle palle entro tre secondi. Uno, due…- Torno a fare anche io l’odiosa, giusto per tenergli testa, e ci riesco perché si allontana subito da me, ma non abbastanza per rendermi soddisfatta.
-Sia chiaro però che le scuse sono per il discorso stupido, non per il bacio, di quello non mi sono pentito.- Ammicca spudoratamente.
-Sei un idiota, ho avuto la conferma finale di quello che pensavo già da un bel po’.- Mi spalmo la mano sulla faccia, stremata dalla sua incoerenza.
La stupidità gli affligge il cervello.
-E tu una tettona.- Mi regala un sorriso smagliante. -A proposito, me le fai toccare?-
-Alex, vaporizzati.- Incrocio le braccia la petto e lo fisso con rimprovero.
Le sue, in pratica, sono state delle scuse vuote di cui non saprei che farmene, parole buttate all’aria, perché se uno nasce scemo resta tale.
Chissà quante volte sarà caduto dal passeggino da piccolo per essere ridotto in questo stato.
-E dai, solo un pochino!- Fa la faccia da cucciolo bastonato.
Ma adesso lo prendo a bastonate io, altro che cucciolo.
-Sto perdendo la pazienza. Ho accettato le tue scuse, ma adesso sparisci dalla mia vista.- Mi siedo sulla prima sedia che trovo e faccio finta di leggere e studiare inglese, facendogli capire che il discorso è più che chiuso, mentre in realtà cerco di rallentare il battito del mio cuore traditore che ha preso a martellarmi nel petto.
-Cattiva.- E per l’ennesima volta la sua voce mi arriva troppo vicina e, spaventata, giro la testa verso la fonte trovandomi le sue labbra decisamente oltre il limite di sicurezza. Pessima mossa, avrei dovuto pensare che voltare le spalle al nemico è sempre un mossa azzardata e sbagliatissima, specialmente se il nemico in questione è Alex Rossi.
Mi rassegno già all’idea di sentire di nuovo le sue labbra sulle mie, anche se molto infondo la cosa non mi dispiace più di tanto, quando un’altra voce interrompe tutto sul nascere.
-Ehi tu, stallone, allontanati immediatamente dalla mia migliore amica e sloggia!- Sento la voce di Marika che mi tira fuori da quel vortice oscuro che mi stava pian piano risucchiando.
Marika, mia dolce e adorata Marika, la mia salvatrice!
Alex sbuffa sonoramente sulle mie labbra.
-Guasta feste!- Si alza dal mio viso, guardandomi ancora negli occhi, per poi voltarsi verso la sorella e farle una smorfia mentre lei se la ride di gusto.
-Io e te dobbiamo fare due chiacchiere, Alex.- Lo avverte lei.
-Ma non mi cagare il cazzo.- Esclama uscendo dalla cucina.
Alex è la finezza fatta persona.
 
 
 

Angolo autrice
Buongiorno a tutte (:
No, non sono stata rapita dagli alieni. No, non sono morta schiacciata da un passeggino. Sì, sono viva e vegeta per vostra sfortuna :D
Mi dispiace da matti non aver aggiornato né Gorgeous né Fist Love per tre mesi, se non di più.
Non ho scusanti, semplicemente è un periodo di merda, detto con la finezza di Alex nonché la mia.
I ragazzi sono degli stronzi stratosferici (o per lo meno quello che mi fa battere il cuore lo è), i genitori sono dei rompipalle e le ‘amiche’ che fanno le carine e simpatiche con tutti sono delle ipocrite, false, bastarde da quattro soldi. Ogni riferimento è puramente casuale, certo.
Ma tranquille perché la mia delusione e rabbia repressa la sfogo con dei post su facebook, da brava fessa.
Per chi sta leggendo queste note finali, mi scuso ancora, visto che non hanno nulla a che fare con la storia, ma sembra che vi stia raccontando la mia vita, perciò la finisco.
La cosa importante è che sono tornata :P
Non so bene quando arriverà il capitolo di First Love, ma ci sto lavorando davvero :) e ci tengo a precisare che non ho intenzione di lasciare incompiuta nessuna delle mie storie, le porterò a termine, parola di scout :D
Okay, ho scritto tantissimo, la smetto.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto o per lo meno non vi abbia annoiato. Ho cercato di dare il massimo di me e, anche se so che non è poi così tanto, spero di avervi divertito con la mia stupidità infinita :P
Ringrazio di cuore quella santa che ogni giorno sopporta il mio essere una perfetta cogliona con sbalzi d’umore, che soffre di personalità multipla e attacchi di sonno improvvisi, che fa discorsi pochi intelligenti e spesso vietati ai minori su una persona in particolare e che non merita tutto il suo affetto.
Arianna Di Bartolomeo, se non l’hai capito, sto parlando di te! :P
Grazie anche alla mia dolce Lisina che legge i miei capitoli con pazienza e corregge i miei horror grammaticali degni di un’analfabeta XD
Grazie mille 

Un bacio,
Maky :)
Pace e amore.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***






CAPITOLO 8
 

-Ti stava per baciare di nuovo.- Dice Marika sottovoce, forse per paura che il fratello sia ancora nei dintorni, cosa alquanto probabile visto il divertimento che prova nel farci incavolare e nel metterci in situazioni decisamente imbarazzanti.
Sono ormai dieci minuti buoni che mi lei fissa, mentre io fingo di non accorgermene e cerco di studiare inglese.
-Già.- Rispondo con tutta l’indifferenza che posso, volendo disperatamente mettere fine al discorso.
-Lo sai che non è un normale, vero? Non so perché si sta comportando così con te, cioè non aveva mai dato l’impressione che tu gli interessassi in quel senso. E non voglio dire che non potresti interessargli, perché sai che penso che tu sia una gnocca, ma Alex preferisce un altro genere di ragazze.
-Che genere?- Oso chiedere, anche se la risposta la so già.
-Diciamo che ogni ragazza che ha avuto, o almeno quelle che ho conosciuto io, era molto aperte… in tutti i sensi.- Fa una faccia disgustata che mi fa sorridere.
-Immaginavo.- Dico sospirando.
-Il bello è che non capiscono che ‘aprile’ è un mese, non un’azione.- Scuote la testa sconfitta.
La sua frase mi fa scoppiare a ridere fragorosamente, quasi istericamente direi, tanto che devo reggermi la pancia con le mani per il dolore.
Ha ragione però, le ragazze di oggi sono così facili che mi vergogno io per loro. Non hanno più un briciolo di moralità o orgoglio. Niente.
Per non parlare del fatto che tutti fumano, bevono, si fanno le canne. Bambini che girano con la sigaretta tra le labbra per sembrare maturi davanti alle ragazzine, quando magari dovrebbero ancora avere il ciuccio.
Alcune volte penso di essere io la vera alternativa. Infatti, scelgo la nutella al fumo, la coca cola all’alcol e il dormire -da brava pigrona- alle canne.
-Ti piace così tanto?- Sembra davvero preoccupata, forse per paura che io mi scotti e finisca per stare male.
-No, è semplicemente un bel ragazzo e mi attrae, ma giusto pochino.-  
Non sono certa di star dicendo la verità. Insomma… Posso mentire agli altri negando l’evidenza che Alex mi piaccia, ma non posso mentire a me stessa.
-Sei fottuta.- Scoppia a ridere, non credendo per niente alle mie parole. Quando mai non mi ha capita? Basta un’occhiata e tutto è chiaro tra di noi, mi sa leggere dentro attraverso gli occhi.
-Lo so.- Piagnucolo poggiando pesantemente la testa sul libro di inglese.
Ormai Alex è un chiodo fisso.
-Devi fartela passare, tesoro.
Per quanto io e Marika possiamo fare le coglione ventiquattro ore su ventiquattro, in momenti delicati o comunque più o meno seri, come questo, riusciamo a comportarci da ragazze adulte o quasi.
-Sì, ma non so come fare! Ho cercato di evitarlo, di fare l’acida e la stronza più del solito, ho persino rifiutato di parlargli finché non mi ha messa con le spalle al muro. Ma, quando prima mi ha chiesto scusa per essersi comportato da idiota a scuola, non sono riuscita ad allontanarlo, perché mi piace sentirlo vicino.
Ho un groviglio assurdo di pensieri che mi stanno facendo scoppiare il cervello.
Quello che più non capisco è il perché lui faccia così. Va bene io che sono una ragazza emotivamente instabile, ma lui? Che motivo avrebbe di fare il cretino con me?
-Perché cosa è successo a scuola?
Un po’ titubante e irritata al ricordo della conversazione, inizio a dirle della non-piacevole chiacchierata con Alex quando lui aveva la febbre.
-Che cazzone!- Sbatte la matita sul libro e mi guarda allibita.
-Ho pensato la stessa cosa.- Rispondo a disagio, fissando le mie mani che si attorcigliano nervose.
-Io gli faccio il culo a strisce…- Fa per alzarsi dalla sedia per andare a cercare il fratello e, dallo sguardo da serial killer che ha, credo proprio che voglia ucciderlo.
-No, ti prego. Non dirgli niente e non ti immischiare nella faccenda. Peggioreremmo solo la situazione.- Le poggio un mano sul braccio, implorandola con lo sguardo.
Non voglio che lei faccia quello che dovrei fare io. E’ una mia questione e, per quanto le sue intenzioni siano buone, devo risolverla da sola.
-Io penso che tu debba uscire con qualcuno, così ti togli mio fratello dalla testa.- Ribadisce con convinzione, tornando a sedersi accanto a me.
-Non funzionerebbe.- Sono sempre stata pessimista, lo ammetto.
-Tu provaci almeno. Chiodo schiaccia chiodo.
-E con chi dovrei uscire?- Inarco un sopracciglio, decisamente scettica.
Non ho mai avuto tanti corteggiatori. Sarà per la mia non-altezza, per i miei fianchi troppo morbidi per i miei gusti, per i miei capelli di un castano spento, ma sta di fatto che non ho mai attirato troppi sguardi dal genere maschile.
-Beh, potresti sempre provare con…
-Se stai per dire Giacomo ti tiro un pugno sul naso.- L’anticipo, certa di averla presa in contropiede, rovinandole i piani.
-Dai, non è malaccio e sai che gli piaci dalla notte dei tempi!
-Ma se un po’ di tempo fa mi hai detto che è palloso!- Scuoto la testa, esasperata, e tutto sommato ridacchio. La mia amica è proprio matta.
-Sì vabbè, però si può fare, almeno un appuntamento. Che ti costa? Così magari riprendi a usare il cervello e smetti di pensare ad Alex nudo.- Mi lancia uno sguardo malizioso del tipo ‘Lo so che te lo vorresti sbaciucchiare tutto’.
-Non è vero che penso a lui nudo!- Sono certa di essere diventata bordeaux.
-Hai perso la testa per lui…-
-Non ho perso la testa per lui, semplicemente mi intriga.- Mi metto subito sulla difensiva.
-E’ bello…
-Lo so, te l’ho detto che fisicamente mi piace!
-Ha preso tutto da me.- Si gonfia, la gallina vanitosa.
Le tiro uno scappellotto sulla nuca, dandole delle deficiente.
-Che poi è impossibile visto che è più grande di te, ma fa niente. Sei stupida, perciò le cazzate che dici sono giustificate dalla tua imbecillità.- Le do una pacca sulla spalla a mo’ di conforto.
-Allora ci uscirai?- Chiede speranzosa, tirando il labbro in fuori per supplicarmi.
-No, non ci penso proprio. Piuttosto mi faccio suora!
-Stai facendo la bambina.- Mi rimprovera con severità. -Io lo sto dicendo per te, perché non voglio che stai male per mio fratello.
-Ok, lo capisco e ti ringrazio, ma Giacomo proprio no. Troverò qualcun altro a cui chiedere di uscire, te lo prometto.
-Brava, pettola.- Mi tira un pizzico sulla guancia e, finalmente, iniziamo a prepararci seriamente per il compito d’inglese.
Dopo solo mezz’ora di studio però, decidiamo di fare una piccola pausa. Così apriamo un pacco di patatine e, munite anche di coca cola e un Kinder Pinguì a testa, ci dirigiamo verso il salotto a guardare la tv.
-A te, invece, come va con Mirko?- Le domando curiosa, mentre fisso lo schermo davanti a noi.
Non ce li vedo insieme loro due, per niente.
Marika è davvero una bella ragazza e ha una forte personalità, ma soprattutto è una brava persona.
Mio fratello invece è un imbecille, rozzo, sessualmente disturbato come il suo migliore amico, e per nulla portato allo studio, cosa che aggrava la sua ignoranza. Praticamente è il suo opposto.
Però c’è da dire gli voglio bene, anche se spesso vorrei prenderlo a calci sul sedere.
-Bene.- Dice categorica, mentre sulla sua faccia si disegna un’espressione beata che mi fa sghignazzare.
-Stai proprio sotto per lui, ma che schifo!- Esclamo facendo finta di vomitare.
-Ma stai zitta che non è vero! E’ bellissimo…- Si porta le mani al viso arrossendo violentemente, per poi spalmare la faccia contro il cuscino per nascondere il rossore.
-Adesso sto per vomitare davvero.- Fingo di avere un conato fortissimo e di stare per rigettare tutte le patatine appena mangiate oltre il divano.
Lei, per tutta risposta, si alza e mi lancia il cuscino dritto in faccia.
Addio studio e benvenuta lotta coi cuscini!
 
In conclusione, abbiamo studiato davvero poco e siamo terrorizzate per il compito, che prevediamo andrà malissimo, ma le pause tra un paragrafo e l’altro erano decisamente più allettanti e oggi la concentrazione scarseggia.
Solitamente perdiamo più tempo a contare quante pagine mancano alla fine del capitolo assegnato che a studiare realmente.
Sedute sul divano, io bella composta e lei spaparanzata e con la testa appoggiata sulle mie gambe (dopotutto è casa sua), sentiamo il citofono  suonare e le nostre teste si voltano di scatto in direzione della porta, ma nessuna delle due sembra intenzionata ad alzarsi per andare ad aprire a chiunque sia.
-Chi va ad aprire?- Chiede appunto.
-E’ casa tua, perciò muovi il culo.- La spingo giù dal divano e finalmente si decide, sbuffando e mandandomi a quel paese.
Quando non la vedo tornare però, mi alzo anche io di malavoglia dal divano e raggiungo Marika, che intanto ha fatto entrare gli scocciatori.
Si tratta di mio fratello e un altro ragazzo, che non ho mai visto prima d’ora.
Strano, eppure gli amici di Mirko li conosco tutti.
Ha i capelli rossicci e delle graziose lentiggini sparse sul viso, che gli danno un’aria tenera. Gli occhi, color smeraldo, si fissano nei miei e per un attimo non riesco a distogliere lo sguardo da quelle iridi così chiare.
‘Ha davvero degli occhi profondi’ penso.
Non è magrolino come Giacomo, così tanto da pensare che da un momento all’altro si potrebbe spezzare un arto, ma non ha nemmeno il fisico perfetto di Alex, che è così sodo, con le spalle larghe e il bacino stretto. E’ normale, ma ugualmente piacevole da guardare.
-Ciao rompiballe.- Mi saluta mio fratello, mentre io guardo di nascosto lo sconosciuto, incuriosita di sapere chi sia.
-Ciao animale.- Siamo molto affettuosi l’un l’altro.
Marika è tendente al colore dei capelli del ragazzo sconosciuto, forse per la sorpresa del vedersi comparire il suo amato all’improvviso; in effetti nessuna delle due sapeva che mio fratello sarebbe passato da casa sua, per di più con un amico. Se l’avesse saputo come minimo si sarebbe truccata, allisciata i capelli con la sua adorata piastra e messa il profumo ‘buono’. Sì, perché lei ha quello costoso che usa quando deve uscire la sera o quando ha un evento importante, e quello giornaliero comprato ad Acqua&Sapone, ovviamente in offerta.
-Comunque lui è Daniel.- Finalmente il fesso si è deciso a fare le presentazioni e a spiegarci molto sinteticamente come si sono conosciuti.
A quanto ho capito il ragazzo ha iniziato recentemente ad andare alla stessa palestra che frequentano lui ed Alex, così hanno iniziato casualmente a parlare e da lì anche ad uscire ogni tanto insieme.
Mi ritrovo perciò a stringergli la mano e accennare un sorriso al suo ‘E’ un piacere conoscerti’.
-Ciao ragà!
Tutti e quattro ci voltiamo verso le scale, da cui proviene la voce del matto.
Alex, bello come il sole, inizia a scendere i gradini mezzo nudo, facendomi mancare l’aria. Con un semplice paio di pantaloncini e nient’altro addosso, scende al piano inferiore e saluta i suoi amici, ovviamente questo senza degnare di uno sguardo né me né la sorella.
Non posso non notare, visto che per poco non inizio a sbavare per come lo sto insistentemente guardando, che ha i capelli umidi e resi più scuri dalle migliaia di goccioline che pian piano scendono lungo il suo collo, fino ad arrivare al suo petto e ancora più giù, fino all’elastico dell’unico indumento che lo copre.
-Due secondi che mi vesto e usciamo.- Afferma andando verso la cucina e tornando con una brioche in mano, che divora in due bocconi. Non offre niente agli amici e se ne torna di sopra, da perfetto maleducato qual è.
Per fortuna c’è Marika che li fa accomodare in soggiorno, dimostrando di essere migliore del fratello e offrendo loro da bere.
-Stavate guardando Rossana?- Chiede scioccato mio fratello guardando prima il cartone animato e poi scoppiando a ridere, seguito a ruota da Daniel, il quale però ridacchia sommessamente, forse per non offenderci.
-Sì, e quindi?- Rispondo stizzita, mentre Ricky resta semplicemente in silenzio a guardarlo.
Sta proprio male, e poi dice a me.
-Che poppanti.- Cioè, crede davvero che con qualche finto insulto riesce a mascherare e a non farmi notare gli sguardi languidi che lancia alla mia amica anche adesso? Ma mi ha presa per scema?
-Devo ricordarti che ogni giorno, dopo pranzo, ti guardi Dragonball?- Lo provoco, inarcando le sopracciglia e sfidandolo a ribattere.
Se volessi potrei smerdarlo davanti al suo amico in un attimo, ma sono troppo buona per decidere di rovinargli la reputazione da un momento all’altro.
-E che c’entra! Dragonball è una tradizione ed è sempre bellissimo, questa roba smielata invece fa schifo.- Fa finta di vomitare, ricordandomi che siamo fratello e sorella e simili in modo spaventoso anche nei modi di fare, reagire e spesso anche pensare… Solo che io sono un po’ più normale e meno stupida di lui.
-Concordo. Con Goku ci sono cresciuto e mi fa sempre piacere guardare questo cartone.- Prende parola Daniel, sorridendo.
Non può insultare uno dei miei cartoni animati preferiti, come osa?!
Per non fare però la figura della pazza isterica che lo pesta a sangue in presenza di testimoni, mi rilasso, faccio spallucce ed esclamo: -Maschi, non capite mai un accidenti!
Con la mia frase fintamente calma, mi guadagno un altro sorriso del rosso e solo ora noto le fossette deliziose che compaiono sulle sue guance.
-Non ti ho mai visto da queste parti, ti sei trasferito da poco?- Buttò giù lì senza pensare, cambiando discorso.
Ci mette qualche secondo di troppo per rispondere, forse sorpreso per la mia domanda diretta e inaspettata.
-Ehm sì, diciamo che mio padre ha trovato lavoro qui, così ci siamo trasferiti circa tre settimane fa e adesso mia madre sta chiedendo in giro perché anche lei vuole riprendere a lavorare.
-Che lavoro fa tuo padre?- Quanto sono impicciona, dovrei farmi i fattacci miei.
La cosa però non sembra disturbarlo, infatti mi sorride di nuovo prima di rispondere: -Insegnante di storia.
-Al nostro Liceo?
-Ma perché non ti fai un kilo di cazzi tuoi?- Sbuffa mio fratello, alzando gli occhi al cielo e facendomi sentire un po’ a disagio.
E’ come se gli stessi facendo un interrogatorio, ma in realtà voglio solo chiacchierare un po’, infondo è nuovo e dovrà pur farsi degli amici decenti, visto che mio fratello e Alex proprio non lo sono.
-Tranquilla, non sei invadente. Comunque sì, al nostro Liceo.
-Nostro?
-Già, mi sono iscritto anche io allo Scientifico.
-Che coraggio.- La prima cosa che dice Ricky da quando ha offerto loro da bere, perché troppo presa a lanciare sguardi disgustosamente dolci a Mirko.
Sono entrambi dei depravati, due secondi senza mangiarsi con gli occhi non riesco proprio a stare?
Non oso neanche immaginare cosa combinano quando sono soli.
-Perché?- Dice Daniel ridendo sommessamente.
-Perché se non fossi già al terzo anno, cambierei scuola senza pensarci due volte. Il latino non mi piace per niente.- Fa una faccia disgustata.
Infatti neanche ai suoi genitori piacciono i suoi voti in latino, come ai miei genitori non piacciono i miei in matematica.
Per mia discolpa posso solo dire che il mio professore di matematica è un’imbecille che non sa spiegare, tantomeno rapportarsi con i suoi studenti. E poi credo che mi odi, anche se non ho ancora capito il perché.
-Beh, allora siamo in due, perché neanche a me piace molto.- Afferma con calma e cordialità.
-E allora perché hai scelto il nostro Liceo?- Domando confusa.
-Perché vengo da un Liceo Classico e ti assicuro che lo Scientifico in confronto è una passeggiata.- Ridacchia grattandosi il capo.
Mi ritrovo a sorridere alla sua risata contagiosa e riflettendo che, in effetti, il Liceo Classico aveva fama di essere peggio del militare in confronto a noi scansafatiche.
-Sono pronto, andiamo?- Alex compare all’improvviso, interrompendo il nostro discorso senza farsi troppi problemi.
Per la mia sanità mentale questa volta è vestito, anche se i miei ormoni sono parecchio delusi poiché la visione dei suoi addominali non mi dispiaceva affatto.
E’ così pigro che non si è asciugato i capelli, limitandosi a mettersi un cappello della New Era in testa e illudendosi che con quello non avrebbe preso freddo, quando fuori tira un ventaccio tremendo. Sono certa che il suo minuscolo cervellino diventerà un ghiacciolo, visto che fa abbastanza freddo anche se siamo ancora a metà ottobre circa.
-Avrai di nuovo la febbre…- Penso ad alta voce, pentendomene subito.
Ma perché mi sto preoccupando per lui? Che mi frega se sta male?
Lui mi guarda senza capire e io, ingenuamente, indico i suoi capelli ancora bagnati e distolgo subito dopo lo sguardo dal suo, tornando a guardare i capelli rosso fuoco di Daniel per distrarmi.
Perché mi devo mettere in queste situazioni di merda, dove faccio solo la figura della scema?
-Tranquilla mammina, starò bene.- Le sue parole ironiche e sbeffeggianti mi danno terribilmente fastidio, ma cerco di non rispondergli a tono per non risultare ancora più ridicola ai suoi occhi.
Gli lancio un’occhiata irritata, ma noto con un pizzico di piacere che mi rivolge un sorriso più aperto e sincero del solito.
-Fa’ un po’ come vuoi.- Ribatto fintamente scocciata per cercare di rimediare al mio errore di prima. Mai mostrarsi preoccupati per uno come lui, se ne vanterebbe e te lo rinfaccerebbe per l’eternità.
-Andiamo?- Non aggiunge altro, si limita solo a riportare la sua attenzione sugli amici.
Mi mordo la lingua per impedirmi di chiedere loro dove hanno intenzione di andare, ma non riesco ad evitare di fissare il suo viso, che casualmente evita la mia direzione.
Prima fa per baciarmi, ma adesso in presenza degli amici non sono nemmeno guardabile?
Finalmente se ne vanno e io posso tirare un sospiro di sollievo.
Devo assolutamente uscire con qualcuno.
 
-Come è andato il compito?- Chiedo alla mia migliore amica con tono deluso, mentre sistemo il banco, che la prof ha spostato come fa di solito con tutti, accanto al suo.
Crea diverse file per evitare che copiamo dal vicino di banco e ci allontana l’uno dall’altro. Se becca bigliettini o cellulari ritira automaticamente il compito e sono cazzi amari per noi.
Inglese è una delle poche materie in cui vado bene, ma per colpa della mia pigrizia e poca voglia di studiare, il primo compito dell’anno sarà sicuramente andato una merda. Ieri pomeriggio avremmo dovuto studiare come si deve, accidenti!
-Uno schifo, a te?- Risponde tranquilla. Lei è la solita tipina che del primo quadrimestre non gliene frega più di tanto, è nel secondo che dà il meglio di sé, visto che sono i voti finali.
-Idem.- Sussurro abbattuta. Ultimamente va tutto malissimo. Ho così tanti pensieri che alla fine non riesco ad averne uno logico, perché ingarbugliato in altre mille.
-Dai, non fare quella faccia! Lo recupererai subito, ne sono certa.- Mi regala un sorriso d’incoraggiamento.
Come se bastasse, però.
-Mia madre mi strozza.- Le insufficienze proprio non sopporta di vederle sul mio libretto. Magari può chiudere un occhio per matematica, me di certo non per l’inglese.
-Vedrai mio padre tu! Sai che è fissato con le lingue… Già me lo immagino mentre mi fissa da dietro i suoi occhiali dicendo ‘oggi se non sai l’inglese, non sei nessuno!’ e bla bla bla.- Fa il verso al padre facendomi ridere, perché in effetti è proprio ciò che dice, essendo stata presente ad una delle numerose ramanzine dei suoi genitori.
Sospiro facendo mente locale di quello che gli esercizi del compito chiedevano.
Il brutto è che mi accorgo da sola degli errori che faccio e mi sento ancora peggio, se possibile, perché se non fossi stata così in ansia e inquieta sono certa che alcuni avrei evitato di farli.
-Chi viene adesso?- Le solite domande che ripetutamente ogni settimana mi fa, insieme a ‘Che giorno è oggi?’ ‘Che ore sono?’.
-Mi sa la vecchia.- Ovvero la professoressa di storia: un’anziana polpetta, con le mani tozze, i capelli elettrizzati e i denti che sembrano una dentiera. Ma non è tanto l’aspetto fisico poco curato per una donna che non è poi così vecchia, ma il suo strano modo di parlare. Ha l’insopportabile abitudine di terminare le frasi alzando il tono di voce, in un acuto degno di una cantante lirica. In pratica una specie di fastidiosa cantilena che mi fa venire il mal di testa ogni volta che apre bocca.
-Svegliami quando se ne va.- Detto ciò, incrocia le braccia sul banco e vi poggia la testa, completamente rilassata.
 
All’uscita da scuola sono così presa a parlare con Ricky dell’inutilità della matematica nella vita, che non mi accorgo che il ragazzo che cammina davanti a me si è fermato all’improvviso e io, per aggiungere anche questo alla mia lunga lista delle figure di merda, finisco per scontrarmici, rischiando per giunta di cadere.
-Ma che…?!- Inizia a dire lui, mentre si volta verso di me.
-Oddio scusa, non ti avev…- Non termino nemmeno la frase, perché mi azzittisco guardando i capelli rossi del ragazzo. Sono così rossi, tendenti all’arancio. Una carota, insomma.
-Ehi ciao!- Daniel mi saluta sorridente, riconoscendomi.
-Ciao.- Dico un po’ titubante, abbozzando un sorrisino imbarazzato a mo’ di scuse.
-Tutto bene?- Domanda gentile, lasciando gli amici con cui stava parlando poco fa, per dedicare la sua attenzione a Mary e me.
Perché è così socievole? Mai vista una persona tanto aperta e felice di fare due chiacchiere.
-Sìsì, benone, a te?- Cerco di essere anche io educata con lui, così come anche Ricky.
-Diciamo di sì, anche se devo recuperare un po’ di materie.- Arriccia le labbra, in un’espressione al limite della tenerezza. Ha un viso davvero dolce, sembra un bambino.
-Ce la farai, tranquillo.- Risponde Marika, dandoli una pacca sulla spalla.
Lei è l’altra che si prende le confidenza senza pensare, ma lui non sembra infastidito. Meglio così.
-Avete bisogno di un passaggio per tornare a casa? Oggi sono venuto con la mia macchina.
-Uh, interessante. Se non ti scoccia troppo sì, grazie. Sono così stanca che non riesco nemmeno a camminare!- Esclama l’esagerata affianco a me.
Mi ritrovo così anche io ad accettare la sua offerta.
Marika si è seduta davanti con lui e io dietro sul sedile al centro per avere la possibilità di parlare con entrambi.
Daniel accompagna prima la mia migliore amica, sapendo già dove sia la casa.
Quindi quando lei scende, io mi ritrovo a passare davanti con lui per spiegarli dove abito io, anche se non è difficile visto che non è poi nemmeno tanto lontano da casa Rossi.
-Allora… Tu sei la sorellina di Mirko.- Dice quasi sovrappensiero dopo un’infinità di secondi trascorsi silenziosamente.
-Già, so che può sembrare impossibile che quell’animale sia mio fratello, ma ahimè lo è.
Le mie parole lo fanno ridere, infatti ogni tanto stacca gli occhi dalla strada per guardare il mio viso.
-Sei simpatica.
-Grazie.- Rispondo sincera, mordicchiandomi il labbro inferiore con nervosità.
Accosta la macchina e io, in un primo momento, non capisco ma poi mi accorgo che è arrivato a destinazione. Lo ringrazio di nuovo perché è stato davvero carino a darci un passaggio e poi scendo dalla sua auto, una Fiat 500 rossa e nuovissima.
Prima di entrare in casa però, mi ritrovo a guardare un’ultima volta alle mie spalle e a salutarlo con un gesto della mano, mentre lui rimette in moto e scompare dalla mia vista.






 

Angolo autrice

Buonasera a tutte! (:
Sono ritornata con un nuovo capitolo di Gorgeous, che spero vi piaccia (:
Come sempre mi dispiace di aver aggiornata dopo così tanto tempo, ma brutti avvenimenti nella mia vita mi hanno impedito di scrivere o per lo meno di concentrarmi adeguatamente per farlo.
Spero di riceve i vostri pareri sul capitolo appena letto, mi farebbe davvero piacere.
Vorrei sapere soprattutto cosa ne pensate del nuovo personaggio. Daniel vi piace? Che ruolo pensate avrà nella storia?
Non prometto che il prossimo aggiornamento arriverà prestissimo, ma la buona notizia è che ho già cominciato a scriverlo.
Un bacio,
Maky_

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***





Salve donzelle (:
Stranamente per questo capitolo non è passato molto tempo. Non ci ho messo tantissimo per concluderlo e, cosa ancora più incredibile, mi piace. Spero che anche a voi non deluda, perché ci tengo particolarmente.
E’ più lungo e diverso, credo.
Alex è cambiato, in senso positivo, perché se nei precedenti capitoli (di cui mi vergogno perché sembrano scritti con i piedi. Non che questo sia un’opera d’arte però) era solo un coglione, in questo capito è un coglione maturo, che ogni tanto sa fare l’adulto e sa prendersi cura delle persone con piccoli gesti, anche se non lo ammetterebbe mai.
Vabbé vi lascio al capitolo, buona lettura e spero che alla fine di esso vogliate lasciarmi una piccola opinione a riguardo ((:




CAPITOLO 9

 

Arriva novembre e nessun cambiamento. Non ho ancora chiesto a nessuno di uscire e continuo, come una cogliona, a sbavare quando Alex mi passa accanto.
Sembra farlo apposta a camminare vicino a me, per poi neanche salutarmi o degnarmi di uno sguardo, perché secondo lui io non sono al suo livello.
Durante la ricreazione di un sabato decisamente pesante, io e Marika usciamo dalla classe per andare a prendere qualcosa da mangiare dalle macchinette del secondo piano, visto che quelle nostre del primo piano sono guaste, la nostra solita fortuna.
La cosa che più mi inquieta è la possibilità di incontrare Alex, dopotutto lui in classe ci passa davvero poco tempo. Sta sempre in giro a gironzolare per i corridoi, il signorino.
Il corridoio principale è brulicante di studenti e, cosa scocciante, c’è una fila lunghissima alle macchinette.
Finalmente, però, arriva anche il mio turno e di Alex neanche l’ombra. Ottimo.
Prima non era così, accidenti! La sua presenza non mi faceva né caldo né freddo. Ricordo di non aver mai avuto, prima di lui, quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, mentre adesso sta diventando un’abitudine.
Quando solitamente intravedo la sua testa bionda -cosa facile dato che è più alto della maggior parte dei suoi compagni di classe- uscire dalla sua aula, che tengo d’occhio molto spesso, lo ammetto, mi prende un colpo al cuore. Non so se per l’emozione o per l’agitazione. E’ come quando sta per scivolarti dalle mani l’Iphone appena comprato e il tuo cuore inizia a battere velocissimo, perché settecento e più euro non li trovi per terra, così il mio cuore fa le capriole in presenza di lui. Sarà per attirare l’attenzione del suo di cuore?
Sta di fatto che mi sento più tranquilla, non ho voglia di dover affrontare anche oggi la sua strafottenza o la sua totale indifferenza. Non so nemmeno quale delle due mi dia più fastidio, se il fatto che si prenda gioco di me o che faccia semplicemente finta di non vedermi o peggio ancora di non conoscermi.
Ho capito che sono una nana, ma lui non è cieco, ci vede benissimo quindi salutare non gli costa nulla.
Per lui quel bacio non ha significato niente, l’ha fatto solo per divertirsi. Devo farmene una ragione.
L’unica novità decisamente positiva è l’amicizia che si è creata tra me e Daniel, il ragazzo nuovo. Lentamente il nostro rapporto si è evoluto e, in breve tempo, è diventato più forte di quanto pensassi.
E’ il primo ragazzo con il quale riesco a parlare tranquillamente di quello che mi frulla per la testa, perché ha un animo buono ed è tremendamente sincero e diretto e, cosa più importante, non giudica mai.
Lo conosco da poche settimane, ma da quando dette un passaggio a casa a me e a Ricky, abbiamo iniziato a parlare quasi ogni giorno a scuola e a sentirci tramite messaggi. Già, perché dopo poco mi aveva dato il suo numero di telefono e io la stessa sera gli avevo inviato un messaggio, felice di sentirlo ancora, e da lì abbiamo parlato per tutta la serata.
E’ più semplice quando la persona non la hai davanti e non devi affrontare il suo sguardo, il coraggio di osare salta fuori e il nervosismo diminuisce. Poi ho tutto il tempo che voglio per formulare una frase intelligente e fare la ragazza seria, quando dal vivo avrei sicuramente detto una scemenza, la prima cosa che mi passava per la testa.
Oso fare battute stupide, che lo divertono, o lamentarmi di qualcosa senza preoccuparmi di quello che potrebbe pensare, cose che mi aiutano ad essere più sciolta in sua presenza.
Sono parecchio timida inizialmente con le persone che non conosco affatto, però dopo un po’ riesco a lasciarmi alle spalle la rigidità e ad essere me stessa.
A me piace la sua compagnia, come deduco a lui piaccia la mia visto che ogni motivo è buono per chiacchierare con me.
Mi piacciono le sue attenzioni e a volte è piacevole avere un parere maschile.
Marika è convinta che io ci debba provare con lui, ma l’idea non mi piace affatto. Non perché lui non sia un bel ragazzo, anzi, sono decisamente innamorata dei suoi capelli rossi e dei suoi occhi verdissimi, per non parlare del fatto che caratterialmente è unico. Semplicemente non voglio finire per rovinare quella che sembra presentarsi come una bellissima amicizia.
-Prendo un Twix o un Tronchi?- Chiedo aiuto a Marika, indecisa come sempre.
-Ehm… Non lo so, quale ti va di mangiare di più?- Risponde senza aiutarmi affatto.
-Ok, ho capito, li prendo entrambi.- Sbuffo inserendo i soldi nella macchinetta. La campanella di fine intervallo suonerà a minuti e non posso certo metterci tutto il giorno per scegliere una merendina che farà aumentare il mio peso già abbastanza sostanzioso. Sarà bassa, ma di certo non sono una piuma.
-Mi dai un Twix?- Fa gli occhioni da cucciolo bastonato per convincermi a cederle un pezzo della mia adorata cioccolata. Dire che ne vado ghiotta è un eufemismo.
-E tu che mi dai?- Le faccio la linguaccia, porgendole però subito dopo un pezzo di cioccolata mentre lei mi scocca un sonoro bacio sulla guancia sinistra.
-Sei la migliore.
-Ne sono consapevole, cara.- Affermo sghignazzando, mentre lei mi spintona scherzosamente.
-Non è che mi dai un altro pezzettino?- Sbatte le ciglia in modo stupido e forzato.
-Compratela!- Dico ridacchiando alla sua faccia contrariata.
-Fottiti.- E’ la sua educata e femminile risposta.
-Sei una morta di fame.- Alzando gli occhi al cielo, divido a metà il tronchi e le porgo il suo pezzo, mentre lei mi stritola in un abbraccio.
-Mmh, che buono!- Per poco non si mette a sbavare prima di trangugiarlo in un solo boccone.
-E poi ti lamenti con me della cellulite.
-Ho davvero la cellulite?- Il terrore attraversa i suoi occhi, facendomi divertire.
No che non ha la cellulite, è solo complessata da quando è nata.
-No, cretina.- Sbuffo esasperata, alzando gli occhi al cielo.
-Sarà, ma ho il culo grosso.
Sono anni che la sento lamentarsi sul suo corpo, così come lei sopporta me che mi lamento dei fianchi, della panzetta, di tutto il mio fisico senza un filo di muscolo, ma composto unicamente di gelatina.
Alcune volte penso di essere un budino.
Due mani fredde mi coprono improvvisamente gli occhi, facendo diventare tutto buio.
-Chi sono?- Riconosco subito la voce di Daniel, anche se cerca inutilmente di camuffarla abbassando di molto il suo normale tono di voce.
-Mmh, vediamo. Per caso hai i capelli rossi, gli occhi verdi e sei scemo?- Domando sorridendo e poggiando le mani sulle sue.
-Indovina chi?- Dice ridacchiando e sono certa che quelle adorabili fossette sono comparse sul suo viso.
-Sei Davide?
-No.
-Dario?
-No, ritenta.
-Dante!- Esclama Marika e dal tono di voce direi che è esasperata e sicuramente ha alzato gli occhi al cielo, gesto che facciamo spesso entrambe.
-Non me lo nominare va, che per domani devo studiare tantissime pagine. Ho un arretrato assurdo, mi conviene suicidarmi.- Faccio una smorfia, sentendo le mani del ragazzo dietro di me riscaldarsi a contatto con le mie.
-Come me. Ieri ho provato a mettermi a studiare, ma l’unica cosa che ricordo è che Dante il martedì ha calcetto.- La sento sbuffare, riferendosi alla pubblicità della TIM.
E’ troppo scema, ovviamente in senso assolutamente positivo.
Io mi metto a ridere, così come Daniel.
-Allora?- Chiede proprio quest’ultimo.
-Sei Daniel?- Chiedo spostando le sue mani dai miei occhi per poi voltarmi divertita verso di lui.
-Ma come avrai mai fatto a capirlo?- Assume una fintissima espressione meravigliata.
-Avete finito di fare i babbei, voi due?- Marika scuote la testa, disperata.
-Sorry.- Il mio nuovo amico si scusa, anche se non sembra per niente dispiaciuto.
Ci piace scherzare insieme, è piacevole.
-Comunque sono venuto qui appena vi ho visto per darvi una bella notizia, o per lo meno spero che per voi lo sia.- Ecco che torna ad essere un ragazzo serio ed educato, perché lui sa quando scherzare e quando no, ed è davvero un grande pregio che non tutti hanno.
-Ovvero?- Chiediamo contemporaneamente io e la mia migliore amica.
-Ecco, diciamo che ho dei biglietti per il concerto di Ed Sheeran e pensavo che vi sarebbe piaciuto andar…
Non riesce a finire che noi due iniziamo a gridare e saltellare come matte, guadagnandoci gli sguardi increduli e infastiditi degli altri studenti.
-Mi sa che questo cantante vi piace.- Dice sarcastico, mentre gli occhi sorridono.
-Oh mio Dio, pensavo che i biglietti fossero esauriti!- Mi tocco i capelli, elettrizzata alla proposta di Daniel.
-Sì, ma diciamo che mio padre ha molti agganci e me ne ha procurati un paio.- Si gratta il capo, stranamente a disagio.
-Esattamente quanti sono per te un paio?
-Cinque.- Risponde con semplicità, mentre la mia mascella per poco non arriva a terra.
-Come cazzo hai fatto ad avere cinque biglietti se erano tutti finiti?!- Marika ha gli occhi sgranati, esattamente come i miei.
-Ve l’ho detto, mio padre è un tipo molto influente.
-Quindi… Tu sei così buono, gentile, dolce e bello da voler dare due dei tuoi biglietti a me e a Greta?- Marika assume un’espressione da angioletto. Che ruffiana.
Lui si mette a ridere e le scompiglia i capelli con una mano, in un gesto affettuoso.
-Non lo so, fammici pensare un attimo.- Finge di rifletterci su mentre Ricky gli tira un leggero schiaffo alla spalla sinistra.
-Ok, ok. Siete invitate, ma non mi picchiare!- Esclama alzando le mani in segno di resa.
-Grazie, grazie, grazie!- Dico abbracciandolo di getto e stritolandolo più che posso.
Chi lo trova un altro amico più generoso di Daniel? Nessuno, assolutamente nessuno.
Marika continua ad applaudire e gioire come una bambina, mentre io sospiro alla sola idea di poter vedere uno dei miei cantanti preferiti e di sentirlo mentre canta le canzoni che mi fanno emozionare sempre, anche se le ascolto trentamila volta di seguito mi fanno provare le stesse identiche sensazioni.
-Chi altro hai invitato?- Chiede la mia amica ricomponendosi quando un professore, che passava accanto a noi, le ha lanciato un’occhiata ammonitrice.
-Mirko e Alex.- Risponde prontamente lui.
Ed ecco che la mia euforia svanisce subito e l’unica domanda che mi vortica in testa è un sonoro ‘Ma perché?!’.
 
All’uscita da scuola, non vedevo l’ora di arrivare a casa. Il sabato è sicuramente la giornata scolastica più faticosa, perché inizi già a pregustare il weekend, prima ancora che la campanella dell’ultima ora segni la fine delle lezioni anche per quella settimana. Ti senti la stanchezza, accumulata nei giorni precedenti, e non fai altro che immaginare quando potrai metterti seduto e mangiare quello che mamma ha cucinato per pranzo, per poi sentire salire il sonno, come mi capita spesso essendo abituata al sonnellino pomeridiano, e mettermi a dormire comodamente nel mio caldo lettuccio.
Il gesto carino di Daniel non so se mi ha fatto piacere o meno. Nel senso che per quando lui possa essere stato dolce a pensare a me e a Marika, c’è sempre quel buzzurro in mezzo. L’idea del concerto mi entusiasma, ma l’idea di doverci parlare mi infastidisce.
Dovrei passare ore vicina a lui, a contatto con lui e la sua sfacciataggine? Purtroppo la risposta è sì, perché non ho intenzione di perdermi il concerto di Ed a causa sua, per nulla al mondo.
Posso ripagarlo con la sua stessa moneta però.
Lui è arrogante e così lo sarò anche io. Lui fa il superiore? Bene, io farò lo stesso.
Non devo continuare a stare così per una persona che non se lo merita, voglio abbastanza bene a me stessa per non voler continuare con tutto questo. Ho un orgoglio cocciuto che mi grida di tirargli un tacco dodici nei punti più sensibili per un uomo, ma la mia parte razionale me lo impedisce… purtroppo.
-Ehi Gre!- Sento la voce di Marika chiamarmi. E’ rimasta indietro rispetto a me perché stava parlando con Sara, una nostra compagna di classe, di come bisogna fare la ceretta correttamente. Proprio lei che di peli ne ha pochi ed invisibili essendo biondissima.
Mi fermo di scatto e sto per voltarmi verso la voce di lei, quando qualcuno mi finisce addosso.
-E sta un po’ attenta, nana!- Esclama con scazzo la sua voce.
Senza pensarci veramente, mi volto verso di lui e con lo stesso tono sgarbato gli rispondo: -sta attento tu, coglione!
La sua faccia assume un’espressione sorpresa, ma non ci bado neanche più di tanto. Lo scanso e, senza voltarmi indietro, proseguo verso la sorella che mi guarda sorridente e mi fa l’occhiolino.
-Greta-Alex 1-0!- Sghignazza, circondandomi le spalle con il suo braccio sinistro.
E’ più alta di me di qualche centimetro. In realtà tutti sono più alti di me di qualche centimetro, ma questo è irrilevante adesso perché sto ancora gongolando per il mio piccolo momento di gloria.
 
-Mi piace come sei vestita oggi.- Mi aveva detto Marika prima di arrivare al concerto.
Si riferisce al mio paio di leggins neri sotto un maglioncino lungo con ai piedi le mie amate Superga, la mia maxi borsa a tracolla e un cappellino, comprato recentemente, a cui ho attaccato la spilla che nonna mi aveva regalato quand’ero piccola. Due ali collegate tra loro da un tratto dorato, ecco il regalo per il mio ottavo compleanno da una delle persone più importanti per me.
Lei invece è vestita in un modo ancora più semplice del mio: un paio di jeans, una felpa, la giaccia e gli stivaletti bassi in pelle.
Il concerto non può essere più bello, è il massimo. I nostri posti non sono proprio vicinissimi al palco, ma nemmeno così distanti. Siamo già stati fortunati che Daniel abbia avuto i biglietti e ci abbia invitati tutti, perciò lamentarsi è impossibile.
Mi sento benissimo così, stretta nell’abbraccio della mia migliore amica mentre cantiamo a squarciagola ‘Give me love’.
L’andata però è stata alquanto imbarazzante, almeno per me.
Siamo venuti fin qui con la macchina di Daniel, il quale ha fatto sedere me accanto a lui, lasciando Alex, Mirko e Marika ai sedili di dietro.
Ero convinta che si sarebbe seduto Alex davanti, non di certo io, anche perché è lui quello che gioca a fare il superiore del mio piffero. Di ciò erano certi anche gli altri però, visto che le facce, che hanno fatto gli altri due ragazzi quando Daniel mi ha invitata a sedermi sul sedile davanti, trasudavano incredulità.
Mirko si è persino lasciato sfuggire un -ma ci stai provando con mia sorella?- che devo ammettere mi ha fatto irrigidire e deglutire a vuoto, mentre aspettavo la risposta e sentivo lo sguardo pungente del suo migliore amico addosso.
-No, siamo solo amici, perché?- Aveva risposto con tranquillità il rosso.
-Niente, così per sapere.- Ancora accigliato, mio fratello si era messo comodo in macchina.
Marika non aveva fiatato, semplicemente guardava fisso il fratello.
Il momento di silenzio che era seguito era scomparso non appena Daniel aveva acceso la radio. Praticamente ci siamo riscaldati le corde vocali per il concerto. Abbiamo canticchiato tutti almeno una canzone, tutti tranne Alex che non faceva altro se non guardare fuori dal finestrino.
E io stranamente ero serena, come ora, nonostante la sua presenza perché avevo deciso che non l’avrei degnato di attenzioni.
 
We’ll burn this out – Bruceremo tutto questo
We’ll play hide and seek - Giocheremo a nascondino
To turn this around - Per capovolgere le cose
And all I want is the taste - E l’unica cosa che voglio è il sapore
That your lips allow - Che concedono le tue labbra
 
A fine canzone ne parte subito un’altra che mi scioglie il cuore, ‘Kiss me’:
 
Settle down with me- Sistemati insieme a me
Cover me up - Comprimi
Cuddle me in - Coccolami
Lie down with me - Stenditi insieme a me
Hold me in your arms - Stringimi tra le tue braccia
Your heart’s against my chest- Il tuo cuore è contro il mio petto
Lips pressed to my neck - Le labbra premute sul mio collo
I’ve fallen for your eyes - Mi sono innamorato dei tuoi occhi
But they don’t know me yet - Ma loro ancora non mi conoscono
And the feeling I forget- E il sentimento che mi ero dimenticato
I’m in love now - Adesso sono innamorato
Kiss me like you wanna be loved- Baciami come se volessi essere amata
Wanna be loved - Volessi essere amata
Wanna be loved - Volessi essere amata
 
-Ti stai divertendo?- Mi chiede Daniel ad alta voce, anche se a me sembra un leggero soffio nell’orecchio.
-Sì, da matti e questo grazie a te!- Gli sorrido grata. E’ grazie a lui se posso vedere il mio idolo e sentire dal vivo la sua splendida voce.
Avvicina il viso al mio e mi dà un bacio sulla guancia, di quelli caldi e umidi, lasciandomi interdetta.
Perché ha fatto una cosa del genere? Soprattutto perché proprio in quel momento in cui tutti ci stavano guardando?!
Mio fratello inarca le sopracciglia, ma il rosso non ci fa nemmeno caso, mi circonda semplicemente con il suo braccio e solo allora mi accorgo che la mia migliore amica non lo sta più facendo.
So che dovrei staccarmi e allontanarlo, ma è così caldo e morbido e sicuro che non ne ho la forza per farlo; così mi ritrovo ad accoccolarmici ancora più stretta e a respirare il suo buon odore. Non ho la più pallida idea di che profumo usi, ma è squisito.
Restiamo così per non so quanto tempo. Marika non dice nulla e la cosa mi sembra strana, ma meglio così.
Ci dondoliamo un po’, ancora stretti l’una nelle braccia dell’altro e qualche volta sento che poggia il mento sul mio capo, cosa che mi fa sorridere e ricordare che almeno lui non mi sfotte per la mia non-altezza.
 
A fine concerto c’è tantissima confusione. Non so come muovermi, è il primo a cui sono mai andata.
-Stammi vicina.- Daniel mi prende per mano, per guidarmi verso l’uscita insieme agli altri.
Mi sento di nuovo a disagio per questo contatto così normale, ma allo stesso tempo così equivoco.
Tocco il mio berrettino sentendomi impacciata, ma qualcosa non va.
Le mie dita non sentono più la spilla.
Punto i piedi a terra e mi tolgo il cappello per accertarmi di quello che temo.
Faccio dietrofront velocemente, strattonando le mie dita intrecciate a quelle del rosso, che si volta verso di me con la confusione negli occhi.
-Dove vai?- Grida per farsi sentire, mentre io fisso il mio sguardo a terra.
-Ho perso una cosa, la trovo e torno subito, tranquillo!- Cerco di alzare anche il mio tono di voce per sovrastare tutte le altre.
Non sento la sua risposta, troppa distanza e troppa confusione ad impedirlo.
Non ci siamo mossi tantissimo e quando siamo arrivati ai nostri posti la spilla ce l’avevo ancora, ne sono certa.
-Dove diavolo è finita, maledizione!- Borbotto più a me stessa che a qualcuno in particolare.
Mi sento travolta con poca delicatezza e impreco, massaggiandomi la spalla. Certa gente è proprio maleducata.
Dopo diversi minuti che vago inutilmente con gli occhi puntati a terra, inizio a sentirmi invadere dalla delusione.
Ci tenevo a quelle ali, davvero tanto.
Gli occhi mi si inumidiscono e in questo momento mi sento una bambina, piccola e ingenua. Portare una cosa così preziosa per me in un luogo di caos e stracolmo di gente è stato molto sciocco da parte mia.
Ma mi trattengo e ricaccio tutto dentro di me. Piagnucolare non avrebbe senso, devo tirare fuori le palle.
Faccio per tornare indietro, ma mi blocco per la centesima volta.
Da quale parte sono andati Marika e gli altri?
Deglutisco ripetutamente, iniziando a guardami intorno e cercando di ricordare qualsiasi cosa che mi possa tornare alla mente sulla direzione da loro presa e illuminare sulla strada che anche io devo percorrere. Sono sola in mezzo a centinaia di persone.
Prendo il telefono dalla borsa e provo ad inviare un messaggio a Marika, perché chiamarla sarebbe inutile visto che non riusciremmo a capire niente di quello che dice l’una all’altra.
-Cavolo, non c’è campo!- Esclamo iniziando ad agitarmi seriamente.
-E muoviti!- Mi sento rimproverare da una ragazza scorbutica dietro di me, visto che non accenno a muovermi se non a far altro che girare su me stessa.
-Antipatica…- Mormoro facendo dei piccoli passi avanti, insicuri fino al midollo.
Non vado molto lontano però, perché mi sento di colpo afferrare malamente per il braccio e strattonare indietro.
-Che cazzo c’è ancora?!- Mi volto stizzita, pronta a sbranare la stessa tizia di poco fa, ma mi trovo davanti un ragazzo altissimo e biondo che conosco abbastanza bene.
-Cammina, tettona.- Dice secco, senza aggiungere altro e continuando a tirarmi senza sforzo.
-E mollami!- Urlo, strattonando il mio povero braccio tra le sue grinfie.
Le sue dita continuano a circondare il mio braccio in una mossa ferrea, ma pian piano si spostano al polso.
-Devi per forza lasciarmi i lividi?- Cerco di fargli notare la forza eccessiva con cui mi sta stringendo, ormai arresa all’idea di poter vincere contro la sua forza fisica.
Subito dopo sento la presa allentarsi, ma non scomparire del tutto.
Sembra arrabbiato e non mi capacito del perché. Sembrava tranquillo durante il concerto, quindi adesso che gli prende?
-Non ci penso nemmeno. Non ho intenzione di doverti venire a cercare ancora in mezzo a tutta questa gente!- Sbraita, scocciato.
-Nessuno ha chiesto il tuo aiuto, mi sembra.- Inizio ad alterarmi anche io.
Ho così tante emozioni che mi frullano dentro, che iniziano a fare a pugni per quale deve uscire prima per prendere il sopravvento.
Tristezza per aver perso la spilla, spavento per la situazione, rabbia per colpa di un ragazzo bello quanto odioso, confusione per il comportamento di Daniel e chi più ne ha ne metta.
-Non so se ti sei accorta che sei decisamente piccola ed è stato difficile individuare una nana come te.- Continua facendo finta di non avermi sentito.
Grugnisco in risposta, sentendo di nuovo le lacrime farsi vicine e bussare ai miei occhi per poter uscire, ma io non voglio che escano, non con lui che potrebbe vedere la mia fragilità.
Mi fa male sapere di aver perso un ricordo che ho di nonna.
-Per fortuna che le tette si vedono benissimo.- Si volta verso di me, facendo un sorriso sfacciato che si spegne quando nota il mio cipiglio triste e amareggiato.
-Che succede?- Stacca la presa dal mio polso, forse temendo di avermi fatto male.
Ma non è del dolore fisico di cui dovrebbe preoccuparsi.
-Niente.- Voglio evitare di parlare; la gola inizia a farmi male o è solo quel nodo a non permettermi di parlare?
-Ti ho fatto male alla mano?- Con delicatezza mi sfiora il punto che fino a poco fa stringeva con forza, facendomi una lieve carezza.
Se non lo conoscessi, avrei detto che è preoccupazione mista a qualcos’altro quella che colora la sua voce, forse insieme a dispiacere.
-No.
-Allora che c’è?- Adesso non stiamo più nemmeno camminando e lui si è totalmente girato verso di me e, cosa peggiore, mi guarda dritto in faccia. Chissà che espressione che ho!
-Ho detto niente.- Sussurro piano.
Sono passata dall’essere arrabbiata per i suoi modi a quasi iniziare a piangere davanti a lui, questo sì che è coerente; ed è strano perché non sono nemmeno in quel periodo del mese.
Non insiste oltre, ma emette un semplice ‘ok’ per poi tornare ad arpionare il mio polso, come si fa con i poppanti; forse è proprio così che mi vede, come una bambina incapace in tutto, vista anche la mia statura in confronto alla sua.
Ogni tanto però sento i suoi occhi addosso, adesso che camminiamo uno di fianco all’altro, ma faccio finta di niente e guardo dritto.
Non vorrei mai sapere quello che pensa di me ora.
La cosa che però mi lascia di stucco è il fatto che, senza preavviso, mi prende per mano e intreccia le dita alle mie.
Senza rendermene conto, mi perdo a guardarlo e ad ammirare il suo profilo e capisco che, per tutti questi anni al fianco di Marika, ho avuto delle fette di prosciutto enormi sugli occhi. Come ho fatto a non accorgermi prima d’ora di quanto è carino?
-Ho perso la spilla.- Dico senza pensare, forse per avere ancora una conversazione civili con lui.
-Eh?
-La spilla. Quella che avevo al cappello, l’ho persa.- Preciso per farmi capire, ormai il discorso l’ho iniziato quindi tanto vale portarlo a termine.
-Questa?- Domanda lasciando la mia mano e tirando fuori la mia spilla dalla tasca della sua giacca.
Io sgrano gli occhi scioccata e prima di rendermene contro la mia mano libera scatta verso di lui, stretta in un pugno per fargli male o per lo meno provare a farlo.
-Pezzo di merda!
-Che ho fatto adesso?- Ha pure il coraggio di fare il confuso, lui.
-Ridammela subito.- Gli porgo il palmo aperto, aspettando che lui mi restituisca ciò che è mio.
Quando stringo di nuovo tra le mani il mio tesoro, inizio a sorridere come una scema, felice di avere ancora quel pezzo di me.
Dopo torno a guardare lui che, ancora più confuso di prima, ricambia il mio sguardo.
Sono certa che i miei occhi mandano lampi, tanto ho le palle girate.
Tutto questo macello per colpa di quest’idiota.
-Non ti hanno mai detto che rubare è sbagliato?- Sputo acida.
-Rubare? Ma dico, stai scherzando?- Chiede allibito.
Non gli rispondo, così lui continua imperterrito. -Ti è caduta e l’ho raccolta da terra, te l’avrei restituita appena ci fossimo trovati soli, senza scocciatori.- Sembra irritato da qualcosa che non riesco a capire.
Il suo gesto mi lascia stupita e segretamente emozionata, ma di certo non glielo avrei mai detto.
-Non potevi ridarmela subito? Sai com’è, mi avresti risparmiato un sacco di fatiche inutili.
-Eri impegnata a fare il faccino da civetta con Daniel, quindi no.- Risponde seccato.
-Beh, grazie allora.- Faccio l’indifferente, rigirandomi la spilla tra le mani senza davvero guardarla.
-Aspetta, fammi capire… quindi stavi davvero per metterti a frignare per questa cosa insulsa?- Inarca le sopracciglia con fare scandalizzato, tornando ad avere il solito tono strafottente.
-Me l’ha regalata mia nonna e comunque non sono affari tuoi…- Bofonchio offesa, stringendo forte tra le mani la spilla. Quel che non avevo previsto è che lo spillo mi avrebbe perforato la pelle, non essendomi accorta che fosse quasi aperto e che alla pressione della mia mano si è aperto del tutto.
-Merda!- Metto la spilla nella tasca interna della borsa, mentre guardo il sangue uscire a piccole gocce sulla mia pelle.
-Che imbranata.- Sbuffa quando guarda il disastro che è la mia mano, al che gli lancio l’ennesima occhiataccia.
Per quanto il suo tono sia sempre così insopportabile, il suo sguardo si è stranamente addolcito.
-In quell’enorme borsa che ti porti appresso non ce l’hai un pacco di fazzoletti?- Domanda afferrando la mia mano per osservare il danno che ho combinato.
-Sì, dovrei avercelo…- Rispondo titubante. La visione di questo suo lato mi lascia abbastanza scossa e il mio cuore inizia a tradirmi e ad accelerare il suo battito.
Con la mano libera tiro fuori un fazzolettino di carta che lui prontamente mi frega. Inizia a pulire il mio palmo dal sangue per poi avvolgerlo e stringere per fermarne l’uscita.
Senza dire altro, intreccia di nuovo le dita alle mie e con il suo palmo blocca il fazzoletto sulla mia mano e riprende a camminare, come se nulla fosse.
Gli altri ci stanno aspettando vicino alla macchina e, non appena mi vedono, tirano un sospiro di sollievo.
Mirko inizia a farmi una piccola ramanzina, ma si zittisce subito e stranamente non aggiunge altro.
Il ritorno è tranquillo, ma essendo stati gli ultimi a raggiungere l’auto, io e Alex ci ritroviamo seduti dietro insieme a Marika, la quale mi lancia degli sguardi maliziosi a cui non do peso più di tanto.
Quello di cui non mi ero accorta fino a prima è che Alex ha ancora la mia mano stretta alla sua. Ero così distratta a pensare a tutti gli insulti che pensavo mi avrebbe detto Mirko, che non mi sono resa conto che non si è staccato, ma ha continuato a starmi vicino sotto gli occhi degli amici e della sorella.
Senza che riesca a controllarlo, mi ritrovo a sorridere e a guardare di sott’occhi il ragazzo al mio fianco.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***



 

 

Innanzitutto, buona domenica a tutte :)
Il capitolo è pronto, finalmente, e spero con tutto il cuore che non vi deluda.
Avevo intenzione di aggiornare un paio di giorni fa, ma la mia Lisina, che mi beta tutti i capitoli, non ha avuto molto tempo per leggere quello che le avevo inviato in mp, perciò ho dovuto rimandare l’aggiornamento ad oggi.
Non pubblico mai se prima lei non mi dà l’ok; perciò grazie mille, Lisina
Buona lettura :)



CAPITOLO 10

 
Un bacio. Un semplice bacio, dato per gioco, mi sta facendo letteralmente ammattire.
Non riesco a fare a meno di pensarci, di pensare a lui che mi circonda il viso con le sue calde mani o al suo sguardo dolce quando si è preso cura di me, anche se per poco tempo e con piccolissimi gesti, ma che per me hanno significato molto, decisamente troppo.
Alex non dà segni di vita, non accenna a fare un passo nella mia direzione. Si limita a non fare niente, anche se nemmeno io so cosa vorrei esattamente che lui facesse.
Dal giorno del concerto, dal giorno in cui ha intrecciato le sue dita alle mie trasmettendomi calore e serenità, dal giorno in cui mi ha lanciato quello sguardo preoccupato, che ha momentaneamente nascosto quello suo solito di sbruffone, non mi ha più parlato, continuando quel suo strano mutismo nei miei confronti che mi fa venire il nervoso.
Ogni tanto vorrei prenderlo e scuoterlo con tutta la forza che ho per smuoverlo da quello stato talmente fastidioso in cui si trova in mia presenza. Perché diamine si comporta così? Proprio non lo capisco. E poi dicono che sono le donne quelle complesse.
Se prima dello scontro fisico a casa sua, in cui siamo rotolati a terra l’uno sopra l’altra, non mi aveva mai considerata più della fastidiosa amica della sorella, adesso non esisto nemmeno più. Eppure nei giorni dopo essersi accorto che anche io sono cresciuta e sto diventando una donna, almeno fisicamente, mi ha assillata in tutti i modi possibili ogni qualvolta Mirko non fosse nei paraggi; persino in presenza della sorella faceva il beota.
E io pensavo di volere da lui che smettesse di infastidirmi con le sue provocazioni, con il suo modo di scherzare infantile, con quelle vicinanze che pensavo fossero indesiderate, ma mi sbagliavo. Sì, perché quelle strane attenzioni che mi dava mi piacevano, mi facevano sentire apprezzata fisicamente, nonostante la mia statura, e pensavo di iniziare a piacergli.
Insomma, per quante paranoie mi facessi, nei film americani i due che litigano sempre finiscono inevitabilmente insieme; nel profondo ne ero certa, anche se mi sembra assurdo solo pensarlo. Il fatto del bacio o della sua fissa per il mio seno non facevano altro che spingermi verso quella direzione, per non parlare dei suoi sospiri quando mi aveva abbracciata in alcuni casi eccezionali o delle sue frecciatine in cui ogni tanto era celato qualche complimento.
Ero certa poi che al concerto si fosse riavvicinato a me, che avessimo stabilito un contatto che andava oltre le apparenze fisiche, ma mi sbagliavo di grosso.
L’ennesimo mio errore.
Dopo essercene andati non mi ha più neanche guardata e l’unica cosa a cui sono riuscita a pensare è che volevo stringere ancora la sua mano, che mi faceva sentire così dannatamente bene.
Inizio seriamente a pensare che quand’era piccolo sarà sicuramente caduto dal passeggino, provocando danni seri e irreparabili al suo cervello.
Forse soffre di personalità multipla, altrimenti come spiegarsi questo suo strano modo di comportarsi?
Ho detto chiaramente a Marika di quelle emozioni contrastanti che provo e lei ha, per la centesima volta, risposto che devo uscire con qualcuno e non pensare a suo fratello, perché è un caso umano perso e nessuno riuscirà mai a capire quello che gli frulla per la testa.
Se da una parte credo che lei abbia assolutamente ragione, dall’altra non ci riesco a pensare con razionalità, non riesco a pensare a nient’altro che non sia lui.
Mi ritrovo a pensare costantemente a quegli attimi che abbiamo passato insieme, anche se spesso irritanti fino al midollo, e devo ammettere che lui mi ha fatto battereil cuore così forte da non pensare fosse reale ciò che scalpitava dentro il mio petto.
La serata cinema a casa sua aveva innescato questa mia ossessione ed è una tortura vederlo a scuola e non potergli parlare, guardarlo mentre fa lo spaccone con altre ragazze.
Ma non sono gelosa, per niente. Come potrei mai essere gelosa di qualcosa, o in questo caso qualcuno, che non è nemmeno mio?
Semplicemente avrei voluto essere io quella che lo faceva ridere così spensieratamente.
Non che avessi sicuramente trovato il coraggio di parlargli, anche se fossimo in una situazione diversa. Sono sempre stata dell’idea che, almeno con me, il primo passo l’avrebbe fatto il ragazzo. La mia poca autostima mi ha sempre penalizzata in questo senso, facendomi perdere un sacco di occasioni.
Probabilmente per lui ero un passatempo momentaneo; semplicemente si divertiva a provocarmi e a vedere le mie reazioni, ma adesso si sarà scocciato e fine dei giochi.
Peccato però che io non riesco a togliermelo dalla testa, sarà che è stato il mio primo bacio -e che bacio- anche se nel bagno delle ragazze, ma sta di fatto che è un chiodo fisso.
Alex è una di quelle persone che, vuoi o non vuoi, ti entrano dentro e ti lacerano. Ha quel suo modo di fare fuori dalle regole, come se nessuno potesse impedirgli di fare quello che desidera. E’ uno che ti penetra nella mente e difficilmente ci esce, così io mi ritrovo a pensarlo appena sveglia, a pranzo, mentre cerco inutilmente di studiare, prima di cadere tra le braccia di Morfeo, costantemente.
Marika un giorno mi aveva detto che, probabilmente, non si avvicina più a me per paura di rovinare l’amicizia con mio fratello. In effetti, prendersi gioco della sorella del suo migliore amico non è per niente carino e non gli fa onore.
Le ricordai che anche Mirko ci provava con lei, ma lei ribatté affermando che il loro era amore e non solo attrazione fisica, e mi ritrovai a sorridere, intenerita dalla visione della mia amica che si portava la mano al cuore e arrossiva vistosamente.
La conversazione era finita lì, mentre lei iniziava a parlare di mio fratello che, per quanto mi costi ammetterlo, mi ha resa davvero orgogliosa di lui. Da quello che la mia migliore amica mi racconta, Mirko si comporta da vero gentiluomo, cosa che non avrei mai detto visto che, da quando ho memoria, l’educazione e la galanteria per lui sono state un optional; l’ha corteggiata e conquistata e adesso finalmente stanno insieme, anche se di nascosto.
Quello di cui voglio accertarmi però è che non la faccia soffrire, perché se mio fratello fa soffrire la mia metà, la mia metà sorella, la mia parte migliore in effetti, io farò soffrire lui torturandolo nel modo più spietato possibile.
Dopo cena, mio padre si siede sul divano e cambia canale sintonizzandosi su Italia 1 per il telegiornale. Ha questo lato ossessionato alla politica che mi dà un po’ fastidio, perché non la sopporto.
E’ tutto un mucchio di frottole quello che si sente.
Quando un politico fa promesse sono sempre un mucchio di frottole.
E’ come quando io dico che lunedì inizierò a fare la dieta, ma guarda caso questo fatidico lunedì non arriva mai, infatti sono mesi che ho progettato di non mangiare più nutella, patatine o qualsiasi altra schifezza ricca di carboidrati, che fanno aumentare la grandezza del mio didietro.
Sbuffo, aiutando mia madre a sparecchiare, mentre Mirko sta ancora a tavola. Non che stia ancora mangiando, anche perché ha ripulito il suo piatto in un baleno, ma è così assorto ad usare il suo telefono che non si è accorto che io e mamma stiamo già mettendo tutto a posto.
Tra poco ovviamente mi toccherà pure lavare i piatti, perché mio fratello non sa cosa significhi, mi madre è troppo stanca e mio padre è troppo immedesimato nel parlamento per prestare attenzione a quello che fanno sua moglie e sua figlia.
-Mà, Alex può venire a casa tra poco? Stiamo solo un po’ a giocare all’Xbox e poi se ne va.- Chiede distrattamente Mirko, guardando lo schermo del suo telefono.
Mi irrigidisco, ma solo per un istante.
Non devo sentirmi a disagio, dopotutto è casa mia, sarà nel mio territorio e peggio per lui.
Probabilmente mio fratello sta messaggiando con Marika, così, dopo essermi rilassata un po’, scuoto la testa sorridendo al pensiero; non è certo ma è probabile visto il modo ebete in cui sta sorridendo.
-Non è un po’ tardi?- Risponde mia madre, sistemando le sedie in modo spaventosamente simmetrico. Perché sì, se mio padre è fissato con il telegiornale, e ancora più precisamente con la politica e il calcio, mia madre ha la mania di mettere tutto in perfetto ordine.
Fa la casalinga da sempre ed è sempre stata una maniaca della pulizia e dell’igiene, che per quanto possa sembrare positivo, non lo è affatto.
Quando ero piccola, e mio padre mi portava al parco a giocare con gli altri bambini, mi piaceva da matti giocare con la sabbia e sporcarmi tutta, perché avere il vestitino senza macchie non era il mio primo pensiero, l’importante era divertirsi. Mia madre è sempre stata così ossessionata che mi ripuliva di ogni singolo granello di sabbia, di ogni segno d’imperfezione, prima di permettermi di entrare in casa.
Per non parlare di quando, a tredici anni, tornai a casa gocciolante sporcando tutta casa e facendola dare di matto. Eppure non era colpa mia, non mi ero dimenticato l’ombrello anche perché non stava nemmeno piovendo in quel momento, semplicemente uno stronzo al volante aveva preso una bella pozzanghera, mentre guidava come un matto, facendomi fare un bel bagnetto non programmato.
-Eddai mamma, stasera non sono nemmeno uscito per cenare con voi!
-Quale onore.- Ribatte mia madre sarcasticamente, facendomi ridere.
-Ti prego, ma’…- La implora, lasciando perdere momentaneamente il telefono e guardandola finalmente in volto per farle gli occhi dolci.
-E va bene, ma non mettete la stanza in disordine!- Lo avvisa lei con tono di rimprovero.
-Sei la mamma migliore del mondo.- Si alza, infila il cellulare in tasca e le da un bacio sulla guancia, giusto per ingraziarsela un altro po’.
-Certo, certo.
-A proposito, si aggiunge anche Daniel.- Aggiunge frettolosamente mio fratello, forse nella speranza che mia madre non senta del tutto quello che è uscito in seguito dalla sua bocca.
Mia madre gli lancia un’occhiataccia tremenda.
-Non sporchiamo, non sporchiamo, giuro!- Si mette la mano sul cuore.
Per quanto la presenza di Daniel possa farmi solo piacere, la presenza dell’altro mi dà il sangue alla testa.
L’idea non mi entusiasma affatto, i suoi modi freddi mi fanno sentire invisibile, inutile e inadeguata, ma farò semplicemente finta di niente come sempre.
Avrei detto ‘l’idea non mi entusiasma dopo tutto quello che è successo tra di noi’, ma non credo abbia rilevanza per lui quello che è successo perché, per quanto ne so io, si sarà comportato alla stessa maniera con tante altre ragazze. Magari se l’è pure dimenticato di avermi baciato.
Scaccio dalla mia mente masochista questi pensieri e mi dirigo in camera mia, dove so che nessuno mi disturberà, con l’intenzione di rinchiudermici e non mettere piede fuori finché l’intruso non si vaporizza, così non devo subirmi la sua espressione che di espressivo non ha niente, soprattutto quando i suoi occhi incontrano i miei, perché è come se volesse chiudermi fuori dalla sua testa, fuori da tutto.
I miei piani, sfortunatamente, non vanno come previsti perché quel fesso di Daniel appena è arrivato si è precipitato da me per salutarmi con quel suo sorriso perennemente smagliante; per colpa sua e della porta lasciata spalancata da lui, ho intravisto Alex che, preceduto da mio fratello, mi ha lanciato uno sguardo di sott’occhi prima di scomparire dalla mia vista.
-Vieni a giocare anche tu con noi?- Riporto lo sguardo sul mio amico, dopo essere rimasta incantata a guardare il corridoio da cui era appena passato il mio incubo peggiore o forse migliore.
-No, lo sai che sono negata ai videogame.- Sbuffo, portandomi le gambe al petto e circondandole con le braccia.
Lui si siede accanto a me e si guarda intorno con espressione curiosa.
Credo che questa sia la prima volta in assoluto che entra nella mia stanza, anche se sapeva già dove fosse per via del fatto che è venuto spesso a casa e, per arrivare in camera di Mirko, deve passare per forza davanti alla mia.
Il rossiccio-bordeaux, con cui ho costretto i miei genitori a dipingere le pareti della mia camera, l’ho sempre adorato. I miei invece lo odiano, soprattutto mio padre che avrebbe preferito andare sul tradizionale con delle pareti perfettamente bianche e immacolate.
In realtà ho sempre adorato la mia camera perché è proprio come l’ho sempre voluta, fin da quand’ero piccola.
I mobili bianchi in legno danno quel tocco di eleganza e quella femminilità che contrasta il forte colore delle pareti, e le trapunte e le tende sempre sul color bianco quasi panna, tappezzate di fiorellini colorati tendenti al fucsia e al rosso, rendono il tutto delizioso per gli occhi.
Non è sfarzosa o super tecnologica come camera, anzi è bella nella sua semplicità: un letto ad una piazza e mezzo in fondo, vicino all’unica finestra, con accanto alla testiera del letto un comodino; un armadio un tantino piccolo ma sufficiente a contenere i miei vestiti è posto sulla parete opposta al mio dolce e caldo giaciglio, con accanto il comò e uno specchio rettangolare; infine una libreria accanto ad una scrivania per il pc e per lo studio, che di fatti è stracolma di libri che dovrei sistemare e mettere al loro posto, ma la mia pigrizia me lo impedisce.
-Bella stanza.- Commenta Daniel tornando a guardarmi.
-Grazie, ovviamente l’eccellente arredatrice che ha molto gusto sono io.- Dico sbruffona, scherzando.
-Vabbè, adesso non esageriamo.- Tira fuori la lingua per farmi una smorfia. -Comunque dai, andiamo a farci una partita a Medal of Honor!
-A che?- Domando confusa. L’unico gioco che conosco è Fifa e, anche questo, non è proprio per me essendo che non sono capace di utilizzare il joystick.
Alza gli occhi al cielo e, come una cantilena, ripete: -Medal of Honor, ma si può sapere dove vivete voi ragazze?
-Di certo non appiccicate ad una stupida console a rimbambirci il cervello.
-Di certo noi ragazzi non stiamo ventiquattro ore su ventiquattro a specchiarci.
-Ma se oggi si depilano più i ragazzi delle ragazze! Quest’estate alcuni avevano le gambe più lisce e vellutate delle mie, per non parlare delle sopracciglia inesistenti.- Affermo ridacchiando.
-Non tutti i ragazzi però.- Borbotta, perché non sa come altro ribattere.
-State diventando tutti delle femminucce.- Punzecchiarlo mi diverte da matti. -E comunque non so giocare all’Xbox, è una rottura ed è palloso.
-Ritira quello che hai detto… subito…- Mi minaccia, lasciando però sempre quel suo sorriso a illuminargli il viso.
-No, è la pura e semplice verità.- Sto al gioco.
-Ritira quello che hai detto o te ne pentirai.
-Sto tremando di paura.- Ridacchio, alzandomi in piedi per andare a recuperare il mio telefono che nel frattempo ha iniziato vibrato, segno che è arrivato un messaggio.
Non riesco a raggiungere la mia scrivanie però, che mi sento afferrare per i fianchi e buttare malamente sul letto.
Un po’ stordita per il colpo, sbatto gli occhi e noto il sorrisetto furbo del mio amico che, poco dopo, prende a farmi il solletico.
Dire che soffro il solletico è un eufemismo.
Il solletico non lo digerisco proprio, mi fa contorcere come una matta, mentre rido a crepapelle, lanciando di tanto in tanto qualche gridolino e qualche imprecazione.
-Dì che sono il più figo che conosci e la smetto subito.
-Sei un…- Tento di dire tra le risate.
-Un?
-Cesso!-  Con la mia uscita peggioro solo la mia situazione e cerco inutilmente di bloccargli le mani, che continuano a muoversi sul mio addome.
Senza che me ne rendessi conto è imponente su di me con gli occhi che luccicano e le labbra più distese del solito. Il suo corpo è sul mio, senza toccarlo ovviamente, ma ogni sussulto e riso che le sue mani mi provocano è uno sfioramento involontario e sbagliato.
Arrossisco inevitabilmente, diventando dello stesso colore dei suoi capelli.
Sono certa che se ne accorge, infatti smette subito di solleticarmi i fianchi e di sorridere, mi guarda semplicemente con quei suoi occhi verdi e penetranti.
-Daniè, vieni a giocare o no?- Un Alex scontroso e, dal tono di voce, direi anche incollerito sbuca sulla soglia della mia stanza in quel momento tanto sbagliato ed equivoco.
Il suo sguardo è impenetrabile, non sbatte ciglio quando ci vede, ma il suo corpo è rigido e le sue mani sono strette a pungo.
-Sì, arrivo subito.- Risponde l’altro, senza però guardarlo poiché i suoi occhi sono ancora su di me, come i miei su Alex che, grugnendo qualcosa, se ne va poco dopo.
Daniel finalmente si allontana e torna al suo posto.
Se fosse passato mio padre in quel momento credo che il Rosso avrebbe fatto una brutta fine, ma fortunatamente entrambi i miei genitori sono ancora al piano di sotto e, quasi sicuramente, non hanno sentito neanche le mie risate sguaiate.
Riportando con la mia mente ad Alex penso che, tutto sommato, l’idea che mi abbia vista con Daniel non mi dispiaccia. Il mio mondo non si ferma per lui, va avanti o almeno ci sta provando.
-Vado dagli altri.- Dice il mio amico, facendomi un piccolo sorrisino e andandosene anche lui, chiudendosi la porta alle spalle.
Deglutisco a vuoto e, in modo malfermo, recupero il telefono.
 
-Tesoro, io e papà andiamo a dormire, controlli tu ogni tanto che i ragazzi non facciano caos?- Mi domanda mia madre aprendo la porta della mia stanza.
Io, che stavo finalmente tranquilla a leggere il libro comprato recentemente, Il bacio dell’angelo caduto di Becca Fitzpatrick, le lancio un’occhiata scocciata.
Possibile che non possano lasciarmi respirare per neanche una mezz’oretta?
Dirle di no per una cosa così semplice però è impossibile, mi sentirei in colpa perché sono certa che, se non lo facessi io, lei rimarrebbe sveglia ad accertarsi da sé che il figlio e gli amici non mettano in subbuglio la casa.
-Sì mamma, ci penso io.
-Grazie tesoro, buonanotte.
-Buonanotte.
Mi manda un bacino volante, che nonostante tutto mi fa sorridere, e se ne va dimenticandosi di chiudere la porta, come suo solito.
 
Delle risate molto sonore mi giungono all’orecchio dalla stanza di Mirko.
Non ci farei caso se non sapessi che i miei genitori probabilmente dormono e che quelle tre bestie rischiano di svegliarli.
Di malavoglia mi alzo per la centesima volta dal letto e, come una condannata al patibolo, vado in camera di mio fratello.
Quando entro tre teste si voltano verso di me automaticamente.
-Che vuoi?- Chiede Mirko.
-Mamma e papà dormono, potreste fare meno chiasso?- Cerco di dire con voce calma e ferma, ma sento i suoi occhi addosso e finisco inesorabilmente per innervosirmi.
-Solo se ci porti delle birre, donna!- Esclama quel cretino di mio fratello, mettendo enfasi sull’ultima parola perché sa che mi darà fastidio.
Sento la risata di Alex e Daniel che mi mettono ancora più a disagio.
Tre contro una, poco corretto.
-Vai a prendertele da solo, animale!- Ribatto con lo stesso tono, ricevendo un fischio di approvazione dal rosso, e ritornandomene in camera mia.
Un’oretta circa dopo sento le bestie scendere al piano inferiore, segno che stanno per andarsene e sospiro più serena.
Finalmente posso andare a dormire, così infilo il mio pigiama che mamma mi regalò il Natale precedente e mi infilo sotto le calde coperte del mio letto.
 
Un bip fastidio mi trasporta verso la realtà, facendomi aprire gli occhi e borbottare cose insensate.
La sveglia segna le 06:15.
So che è prestissimo, visto che devo essere a scuola per le otto e cinque, ma ho bisogno di ripetere anatomia per l’interrogazione della prima ora, quindi non ho altra scelta.
Ho sempre fatto in questo modo; quando mi scoccio di ripetere la sera, mi sveglio presto la mattina per avere tutto il tempo di prepararmi, fare colazione e controllare che non faccia scena muta all’interrogazione. Alcune volte, presa dal panico, mi dimentico momentaneamente le cose e vado ancora più in tilt.
Ovviamente questo non vuol dire che per me non sia un trauma svegliarmi così presto, specialmente se la sera prima sono stata sveglia fino a tardi per colpa delle voci di mio fratello e degli amici. Dopotutto la stanza di mio Mirko è accanto alla mia, cosa mi aspettavo, che mi sarei chiusa nella mia campana di vetro senza interferenze con il resto della casa?
Scosto le coperte con stizza, ma chi me l’ha fatto fare di svegliarmi così presto!
Ancora intontita dal sonno, raggiungo il bagno per sciacquarmi il viso con un po’ d’acqua fresca per svegliarmi del tutto e, dopo aver fatto tutto il resto, scendo in cucina per mangiare qualcosa.
Mio padre è già al lavoro e mia madre è andata a correre con un’amica, come fa quasi ogni giorno e dovrebbe ritornare a casa verso le sette e mezzo, quindi non mi preoccupo di essere silenziosa quando mi muovo per la casa, anzi faccio rumore appositamente perché mio fratello ancora dorme.
Una piccola vendetta per la sera prima.
Quello che non mi aspettavo però e che mi spaventa è un altro rumore che sento provenire dal soggiorno, e che di certo non è colpa mia né tantomeno di Mirko che non si sveglierebbe mai prima delle sette e un quarto.
Con la casa immersa nel silenzio, ogni minima cosa provoca rumore, così sento distintamente le molle del divano cigolare leggermente, segno che qualcuno di è seduto sopra.
Che ladro si metterebbe comodo sul divano?
A questo pensiero mi rilasso dandomi della stupida, sicuramente mamma non è più andata a correre.
Prendo il pacco di cereali dalla credenza e il cartone del latte dal frigo e, munendomi anche della tazzina delle Winx -altro regalo di mia madre di quand’ero piccola- e cucchiaio, mi metto a mangiare tranquillamente, pensando a quello che devo ripetere di anatomia.
Una volta finito, faccio per rimettere tutto a posto ma, prima di riuscirci, sento una mano sulla spalla e sussulto e lancio un mezzo gridolino spaventano perché non è di certo quella di mia madre.
Con in mano ancora il cucchiaio, mi volto rapidamente e cerco di allontanarmi il più possibile dal corpo sconosciuto.
Anche con la fioca luce che penetra dalle finestre però, distinguo nettamente la figura di Alex e riprendo a respirare più tranquillamente, anche se vorrei tirargli comunque la mia arma improvvisata in pieno volto. Dire che mi ha spaventata è poco.
-Seriamente vuoi attaccarmi con un… cucchiaio?- Si trattiene malamente dal ridermi in faccia.
-Che cazzo ci fai a casa mia alle sei passate?!- Esclamo con rabbia. -Mi hai spaventata a morte, razza di idiota!
-Tuo fratello ha chiesto ai tuoi se potevo rimanere a dormire qui e così è stato.- Tranquillamente mi supera per prendere il pacco di biscotti sul ripiano della cucina.
-Avvisare no, eh?- Lancio il cucchiaio nel lavandino con stizza.
-Pensavamo stessi dormendo e comunque non è la prima volta che resto qui a dormire.
-Già, però per poco non ci restavo secca. Pensavo fossi un ladro o un assassino…- Rabbrividisco.
Guardo troppi thriller, devo smetterla.
-In quel caso con un cucchiaio mi avresti sicuramente messo al tappeto.- Sghignazza.
La sua risata mi ricorda che stiamo parlando. Cazzo, mi sta parlando e non devo fare figuracce.
Ops, troppo tardi.
-Non rompere.
-Almeno avessi preso una forchetta!- Continua a prendermi in giro, mangiando un altro biscotto al cioccolato.
-Idiota.- Non so in che altro modo rispondergli, gli insulti sono i più semplici da dire in questi casi.
-Come va la mano?- Mi domanda guardando il biscotto che ha tra le dita.
-Come nuova.- Deglutisco a vuoto, mostrandogliela e ritrovandomi a ripensando al giorno del concerto.
Dopo pochi minuti di un silenzio imbarazzante, lui riprende a parlare.
-Bel pigiama.- Afferma sbeffeggiatore, nascondendo un sorriso con il dorso della mano.
-Grazie.- Rispondo, maledicendomi per non essermi vestita prima e per essere rimasta con un pigiama ridicolo per una ragazza della mia età. Un completo rosa pallido con le mucche marroni, che figura di merda.
-Molto sexy le mucche, devo ammetterlo.- E adesso non si trattiene nemmeno più, ma ride tranquillamente.
Ed è bella la sua risata e i suoi occhi scintillanti che finalmente tornano a cercare i miei.
-Non sfottere, stronzo.- Mi imbroncio, la mia poca autostima ha già abbastanza traumi.
-Ma sono serissimo!
-‘Fanculo.
-Per Natale ti regalo le ciabattine a forma di mucca da abbinarci.- Continua lui facendo finta di non avermi sentita.
-Posso recuperare il cucchiaio e picchiarti, ti avverto.-
-Oh, allora se la metti così la smetto sicuramente.- Quel suo sorriso storto manda in tilt il mio stupido organo ribelle che, se non fosse così essenziale nel corpo, lo farei asportare immediatamente e senza alcuna pietà.
Finito di mangiare, si alza per rimettere il pacco sul piano della cucina e mi sento ribollire il sangue nelle vene per la sua vicinanza, perché non mi scanso per lasciarlo passare, ma resto immobile a fissarlo.
Ormai sono certa che soffre di personalità multipla perché, se ieri sera era rigido e scorbutico, adesso è rilassato e sereno.
Allungando il braccio oltre me, lascia i biscotti al loro posto e, sempre con gli occhi intrecciati ai miei, resta lì, vicino e in silenzio.
Tanto vicino da toccarmi, ma senza realmente farlo.         
Forse riesce a leggermi dentro il bisogno che ho di lui.
Sento il suo sguardo scivolarmi addosso in una carezza che vale molto più di qualsiasi contatto fisico. E il suo sorriso, che ormai è scomparso, mi provoca un déjà-vu, ricordandomi che una cosa simile è successa la sera prima con Daniel.
-Profumi di fragole.
-E’ un profumo dell’Aquolina che mi ha regalato mia madre…- Dico incerta guardando le sue labbra.
E’ tutto sbagliato, proprio come la sera prima.
Per quando lui mi piaccia e sembra quasi che, per come anche i suoi occhi divorano la mia bocca, anche io lo attragga, farei un grandissimo errore a lasciarmi di nuovo ammagliare così facilmente da lui.
Facendo un respiro profondo e cercando di raccogliere tutto il coraggio che ho, lo scanso rapidamente, sperando di non dovermene pentire.
-Vado a prepararmi per scuola.- Bisbiglio con voce secca.
-Ok, io vado a casa. Dì a tuo fratello che lo aspetto al cancello.- E detto ciò, senza neanche più guardami, mi supera e dopo aver preso la giacca se ne va.
 
-Hai fatto una buona interrogazione Quarta, ma puoi fare meglio, mi sembravi un po’ distratta.- Dice la professoressa scrivendo il mio voto sul libretto.
Otto meno. Troia di merda, ma quel meno che lo metti a fare visto che è inutile?!
Scocciata, ritorno al mio posto con il mio libretto stretto tra le mani. Mi sono fatta il culo per studiare e quella mi mette pure il meno!
Onestamente però ero un tantino distratta, ma proprio pochissimo. Sarà che non faccio che pensare ad Alex? Forse, ma giusto forse.
-Quanto ti ha messo?- Chiede Marika.
-Otto meno.- Faccio una smorfia. Per carità, è un bel voto, ma mi sembra come se quel meno lo rovini.
-Beh, ti è andata bene! Ti ricordo che io ho preso sei e mezzo.- Dice tranquillamente facendomi ridere.
-Sei tu la scema che non aveva aperto libro.
-Non è vero, guarda che avevo letto!- Ribatte quasi indignata.
-Questo cambia tutto.- Alzo gli occhi al cielo.
-Comunque sia, tu per caso mi devi dire qualcosa?- Domanda con lo sguardo furbo e il sorrisino storto, così dannatamente simile a quello del fratello.
-Cosa dovrei dirti?
-Non so… Tipo, perché mio fratello stamattina era più scorbutico del solito?- Abbassa volontariamente il tono della voce, rendendola un sussurro, cosicché solo io ascolti la sua domanda.
-E io che ne so!
-Greta…- Inarca un sopracciglio, consapevole.
-Abbiamo parlato. Stamattina presto.- Dico in modo scollegato.
-E?- M’incalza, senza lasciarmi tregua.
-E ci siamo trovati vicini, tanto.- Deglutisco mordendomi le labbra, ripensando a quel momento.
Ma perché mi sono allontanata, stupidissima che non sono altro, magari mi avrebbe ribaciata!
-Poi?
-Poi pensavo che si sarebbe avvicinato ancora, così… Mi sono allontanata.- Sospiro.
Marika mi guarda come per controllare se le sto mentendo e poi trae un sospiro di sollievo, leggendo la verità nei miei occhi.
-Hai fatto bene, tesoro. Non farti usare da quel fesso di mio fratello!- Mi stritola nel suo abbraccio da orsi, come lo chiama lei.
La mia risposta è un ‘mh-mh’, poco convinto.
 
Tornata a casa, lancio lo zaino sulle scale e vado in salone per appiccicarmi al camino che mio padre, quel santo, ha avuto la genialità di accendere.
Ho le mani che sono diventati due ghiaccioli per colpa del freddo e i miei poveri piedi non sono messi meglio.
-Greta!- Mia madre mi chiama con quel topo di rimprovero che ha quando si trova davanti a qualcosa che non le piace affatto.
-Sì mamma, tolgo subito lo zaino da lì.- Rispondo, prevedendo quello che mi avrebbe detto.
-Subito, grazie.
Alzo gli occhi al cielo, esasperata.
Non è che se lascio cinque secondi il mio zaino là succede qualcosa.
Quando le mie mani tornano ad avere un colorito più normale, mi fiondo in camera mia dopo aver recuperato quello che avevo abbandonato poco prima sulle scale.
Dicembre si avvicina rapidamente e con esso anche le vacanze di Natale.
Non vedo l’ora.
Non è semplicemente un fatto di regali, quella è la parte più superficiale. E’ una questioni di clima più bello, di felicità e attesa da parte di tutti, del bianco che ricopre le strade e delle luci che illuminano le notti fredde, del panettone Bauli, il mio preferito, e del camino acceso attorno al quale ci sistemiamo tutti insieme per scacciare via il gelo.
E’ quell’aria complice ed unita che rende il tutto perfetto.
Accendo il pc e, mentre carica, tiro fuori il diario di scuola per controllare i compiti per domani. Devo fare una ricerca su Freud e l’educazione nell’infante, che scocciatura.
Ovviamente, prima ancora di cerare di trovare qualcosa su google, apro la pagina facebook per controllare le notifiche. E’ una dipendenza per me, perché ogni qualvolta che posso entro su questo social network per vedere se vi sono notizie interessanti e per controllare le persone online.
Perché sì, ho Alex tra gli amici di facebook.
Potrebbe darmi della stalker se sapesse che vado regolarmente a visitare il suo profilo per vedere se ha pubblicato qualcosa di nuovo.
Non ho mai avuto il coraggio di mettere mi piace ad una sua foto o ad un suo post, né prima che iniziasse tutto questo tumulto che ho dentro né tantomeno adesso.
Il suono fastidioso della chat che viene aperta rimbomba nelle casse del pc quasi del tutto rotte, che devo assolutamente cambiare.
Marika Rossi sta scrivendo…
Marika: Mi sono ricordata quello che ti dovevo dire! :D
Io: Dimmi XD
Marika: Mercoledì esce Breaking down-parte seconda al cinema, dobbiamo andare a vederlo per forza u.u
Io: Me n’ero dimenticata o: comunque chiedo a mio padre se può accompagnarci?
Marika: Tranquilla, ho già chiesto al mio ed ha detto di sì ;)
Io: Perfettooo! :3
-Gretaaa, è pronto, vieni a tavola!- Sento mia madre chiamarmi.
-Arrivo mamma!
Io: Devo andare a pranzare, ci sentiamo dopo :*
Marika: Ciao vacca <3
Quant’è dolce!, penso sarcastica.
Io: <3







 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***






CAPITOLO 11
 

-Papà accelera, altrimenti ci perdiamo l’inizio del film!- Esclama Marika, battendo i piedi come una bambina capricciosa.
-Sinceramente preferisco arrivarci al cinema, non credi anche tu?- Ribatte il padre con voce che non ammette repliche, perché ha chiaramente ragione.
Non si scherza sulla strada, non si sa mai cosa possa succedere, e rischiare così tanto per non perdersi un pezzo di film è una follia, come lo sarebbe rischiare per evitare il traffico, per non arrivare cinque minuti tardi al lavoro o per provare semplicemente l’ebbrezza della velocità.
La mia amica non osa più proferire parola a riguardo, ma sbuffa, ad intervalli regolari, ogni volta che guarda l’orario sul cruscotto dell’auto.
Io, seduta sui sedili posteriori, cerco di non ridere perché mi sembra scortese e inappropriato nei confronti di Luca, il padre, ma è troppo buffa e non riesco a nascondere del tutto il sorriso che si forma sul mio volto.
Quando finalmente giungiamo a destinazione, scendiamo dall’auto e ci precipitiamo al cinema, dopo aver salutato il padre della mia migliore amica.
Per mio grande dispiacere, una volta in fila per comprare i biglietti, ci accorgiamo di non essere sole, infatti poco lontane da noi ci sono Idaria, Alessandra e Martina, tre nostre compagne di classe.
Le ultime e due non sono fastidiose, anzi sono simpatiche ed accessibili. Entrambe le more, la prima alta e slanciata mentre la seconda è poco più bassa, hanno un carattere tranquillo e sono di piacevole compagnia.
Il vero problema è Idaria, la bionda platinata con la puzza sotto al naso. Con il suo metro e ottanta mi fa sentire tremendamente piccola e insignificante.
Tra noi non è mai corso buon sangue, infatti come io non digerisco lei, lei non mi può vedere; si capisce dalle smorfie che fa sempre in mia presenza.
Riesco a leggerle in faccia che mi considera una sfigata di primordine.
-Ciao ragazze! Anche voi a vedere Breaking Down?- Chiede cordiale Martina.
-Sì, sto aspettando questo film da mesi!- Risponde Marika con entusiasmo, battendo le mani e non vedendo l’ora di entrare nella sala 5.
-I vostri fratelli non sono venuti?- Domanda Idaria, mostrando un po’ di interesse.
-No, perché avrebbero dovuto?- Ricky inarca le sopracciglia, confusa.
Che gliene frega a lei di Mirko e Alex?
Non glielo domando, anche se vorrei, per non intraprendere nessun genere di conversazione con lei e continuo a non sbiascicare parola.
-Niente, era per sapere.- Gonfia le guance e prende a guardarsi intorno.
-Prendiamo i biglietti insieme? Così stiamo sedute vicine.- Propone Ale, iniziando a tirare fuori il portafoglio dalla borsa.
-Certo, è un’ottima idea.- Intervengo finalmente, stampandomi un sorriso di circostanza in faccia.
E’ una pessima idea.
Dopo aver preso i ticket, fila P e posto 24, mi ricordo solo in quel momento di non aver comprato niente da mangiare.
-Entriamo?- Spazientita, Idaria inizia ad incamminarsi da sola verso la nostra sala di proiezione, perché ovviamente sa per certa che le altre sue amiche le andranno dietro.
-Sì, appena prendo i popcorn e la coca cola.- Dico precipitandomi verso il bancone per scegliere la grandezza del contenitore per lo snack da sgranocchiare.
In compenso Idaria borbotta qualcosa, ma non ci bado molto perché non me ne fotte un accidenti di quello che dice, pensa o fa.
-Ok, ti aspettiamo dentro?- Alessandra ha una voce dolcissima. Tra le tre, lei è quella che ispira più fiducia.
-Va bene, vi raggiungo subito.- Cosa non vera, perché al piccolo bar del cinema c’è una fila enorme e probabilmente mi perderò un quarto d’ora di film.
Dopo solo pochissimi minuti, inizio ad innervosirmi senza poterci fare nulla.
Perché minchia lasciano solo una ragazza a lavorare dietro il bancone se sanno che ci sarà un sacco di gente? Ed è sicuro perché qui vengono sempre un mucchio di persone, persino quando i film che proiettano fanno schifo.
Minuti dopo minuti, le persone prima di me iniziano a diminuire mentre la mia impazienza aumenta rapidamente. Chissà come sarà il film, mi sto perdendo tutto l’inizio.
All’improvviso mi sento spintonare in avanti e rischio di cadere, ma fortunatamente due mani abbastanza forti mi circondano i fianchi, impedendomi di sfracellarmi a terra e reggendomi con sicurezza.
Quando sono certa di avere i piedi ben saldati al pavimento, quelle braccia si allontanano immediatamente. Mi volto decisamente incazzata verso quelli dietro di me, eccetto il proprietario di quelle mani che dovrei solo ringraziare.
Si tratta di un ragazzo che conosco di vista. Capelli neri come la notte, occhi e sopracciglia altrettanto scure, fisico slanciato e denti brillanti, le labbra piegate in un sorriso di scuse.
-Mi spiace, non è colpa mia. Sono tutti un po’ nervosi, soprattutto il maleducato qua dietro.- Abbassa il tono di voce per farsi udire solo da me, mentre io sposto lo sguardo oltre lui e ridacchio trovandovi un uomo sulla cinquantina abbastanza accigliato.
-Tranquillo e grazie per avermi evitato la caduta.- Abbozzo un sorriso, cercando di non arrossire o fare qualsiasi altra cosa imbarazzante. Cose che mi succedono molto spesso con le persone che non conosco, essendo tremendamente timida.
-Tu sei la sorella di Mirko Quarta, giusto?
-Sì, sono io.- Aggrotto la fronte, incerta. Come fa a conoscerlo? Non mi sembra che abbia l’età di mio fratello, anzi credo proprio che sia molto più grande di noi di almeno tre o quattro anni.
Quella leggera barbetta sulle guance gli conferisco un’aria molto matura, gli darei venticinque anni circa.
Come se mi avesse letta nel pensiero, infatti, continua precisando.
-Andavo in palestra con tuo fratello e ogni tanto ti ho vista con lui. Comunque io sono Claudio, piacere.- Allunga la sua mano destra verso di me e non ci penso due volte prima di stringerla nella mia. E’ calda, mentre la mia è un ghiacciolo, come sempre.
-Greta, il piacere è tutto mio.- Accenno ad un altro timido sorriso, che lui ricambia con il triplo dell’entusiasmo.
-Che film sei venuta a vedere?-
-Breaking Down, parte seconda. Tu?- Non riesco a non notare quanto siano belli i suoi occhi. Sono così fottutamente neri e profondi, due pozze di prezioso petrolio. Ma non sono minimamente paragonabili a quelli di Alex, che sono di tutt’altro mondo.
Scuoto la testa, dandomi mentalmente della stupida.
Perché devo sminuire tutti? Perché devo sempre paragonarli ad Alex? E soprattutto perché nessuno ne esce vincente?!
-Anche io.- Stavolta il suo è un sorriso imbarazzato, infatti mi sembra quasi di vederlo arrossire, ma non ne sono sicura. La mia mente in questo momento è un tantino lontana.
-Sei venuta qui da sola?- Facciamo dei passi avanti quando un altro cliente si allontana con le sue bibite strette tra le mani.
-No, con delle mie amiche. E tu?-
-Sono qui con lei.- Afferma indicando una ragazza minuta che aspetta, con dei biglietti in mano, vicino al portone enorme che conduce alle varie sale.
-Oh, la tua ragazza.- Constato senza pensare.
Giusto quando stavo iniziando a riflettere che magari ci avrei potuto spudoratamente provare, tirando fuori il coraggio e la grinta che di rado si impossessano di me, ecco che si rivela impegnato.
Lui scoppia a ridere subito dopo e io lo guardo confusa dalla sua reazione.
-Che c’è?- Domando quando non accenna a smettere di ridacchiare.
-E’ mia sorella.- E mi sorride ancora.
-Ah.- La solita scema che fa figure di merda.
In effetti, adesso che la osservo meglio, noto un po’ di somiglianza tra il ragazzo difronte a me e quella ragazza lontana. Hanno lo stesso colore dei capelli e i tratti del viso abbastanza simili.
-Si chiama Jinny.- Pronuncia quelle parole con un tale affetto che mi ritrovo a sorridere per la centesima volta, anche se in questo caso involontariamente.
-Così, ti ha costretto a venite al cinema con lei?- Scherzo, nel tentativo di non far morire questa conversazione con lui. Almeno passo il tempo in modo pressoché piacevole, invece che contando i secondi che sembrano non passare mai.
-Sì, proprio così. Mi ha minacciato che, se non fossi venuto a vedere questo film con lei, non mi avrebbe più rivolto la parola.- Sbuffa, perdendosi nei suoi pensieri.
-Poverino.- Ridacchio divertita.
-E’ un pochino viziata, ma lei è tutta la mia vita.
Mi sembra di sciogliermi per la dolcezza della sua frase.
Non pensavo che un ragazzo potesse mai dire qualcosa di vagamente carino, senza sembrare smielato o diabeticamente vomitevole. E’ la prima persona che incontro che non ha paura di mostrare l’affetto che prova per una persona a lui cara.
Non è come mio fratello che mi vuole bene silenziosamente, senza mai un ‘ti voglio bene, Greta’.
-Che tenero.- Mi ritrovo a dire in un soffio di voce, in realtà più a me stessa che a lui.
Infatti, il mio è più un pensiero espresso senza essere prima filtrato a dovere.
E lui mi guarda dritto negli occhi, per poi sorprendermi con una domanda molto diretta e inaspettata.
-Sei fidanzata?-
Inizio a tossire convulsamente, strozzandomi con un fiotto della mia stessa saliva andata di traverso.
-Perché?- La titubanza fa da padrona nella mia voce.
-Sei carina e speravo, uno di questi giorni, di poterci vedere per un caffè.- Non mi sarei mai aspettata tutta questa sincerità. Di lui non si può certo dire che non vada subito al dunque.
-Io ehm…- Inizio a balbettare come una sciocca ragazzina.
-Se non ti va, non è un problema. Volevo semplicemente avere la possibilità di conoscerti, mi sembri simpatica.- Al che sorrido, anche se questa volta un po’ forzatamente.
Come fa a dire che gli sembro simpatica se questa è la prima volta che parliamo?
Riflettendoci su ancora qualche attimo, nel quale lui non stacca gli occhi da me, arrivo alla conclusione che il suo è il metodo di abbordaggio che consiste principalmente nel riempire la ragazza in questione di complimenti, sperando che ci caschi così da poter entrare nelle sue grazie.
-Sì.- E’ l’unica cosa che riesco a dire.
-Sì, ti va di uscire un pomeriggio o sì, sei fidanzata?- E’ speranza quella che leggo nei suoi occhi?
-Sì, mi farebbe piacere uscire con te.- Mi suona strana come frase, anche perché non del tutto sincera, ma non mi soffermo più di tanto a pensarci.
Marika pensa che io debba uscire con qualcun altro? Bene, coglierò la palla al balzo.
-Ma non sei fidanzata, vero? Non vorrei trovarmi a fare i conti con il fidanzato geloso.- Chiaramente sta scherzando, ma almeno non è uno di quegli stronzi che ci provano con le ragazze degli altri.
-No no, nessun fidanzato. Felicemente single.- La solita frase poco felice.
Essere single non è un problema, così come essere impegnati con una persona non è la fine del mondo. Conosco ragazze e ragazzi che non sono mai stati soli in vita loro, come se non riuscissero a sopportare l’idea che in un momento della loro vita nessuno le coccoli e dia loro sostegno.
Ma è tutto errato, perché bisognerebbe fidanzarsi perché si è innamorati, non perché si è soli.
-Ragazzina, ti muovi a ordinare?!- Sbraita l’uomo dietro Claudio.
Ero così presa a parlare con quest’ultimo che non mi sono accorta che nel frattempo è arrivato il mio turno.
Ordino velocemente la mia maxi porzione di popcorn e la mia coca cola, mentre lo scorbutico mi fulmina con gli occhi e il moro ridacchia divertito.
Mi allontano dalla fila dopo aver pagato e sono tentata di aspettare che anche lui finisca di comprare quello che deve per riprendere il discorso, ma un senso di paura mi invade di colpo.
Ma che minchia sto facendo? Ho appena accettato di uscire con uno che ho appena conosciuto casualmente? Ma sono uscita fuori di testa?!
Senza riflettere oltre, me la do a gambe levate, da brava codarda quale sono.
 
 
Seduta al margine, accanto a Marika, guardo l’enorme schermo e lo svolgersi delle scene in modo tranquillo. Devo ammettere che è molto più bello della prima parte, la quale era davvero angosciante e triste, a tratti persino nauseante.
La bambina però, Renesmee, mi sembra una bambola orrenda, almeno finché non arriva la parte di film in cui il suo viso non è modificato al pc, quindi smette di sembrare un robot e inizia ad essere più naturale.
Jacob invece lo si può descrivere in poche parole: è un figo da paura. C’è una scena in cui si deve spogliare per ovvi motivi e i miei occhi credo abbiano assunto la forma di due cuoricini, mentre dalla mia bocca è sceso un quintale di bava per quella visione celestiale.
Devo ammettere però che il mio cuore si è fermato in una parte di film decisamente diversa dal libro, nel quale l’incontro tra le due grandi famiglie si conclude in modo abbastanza pacifico.
Tutto sommato mi piace come film, durante il quale non faccio che mangiare, ingozzandomi come una porca. Idaria ogni tanto mi lancia un paio di occhiate infastidite per gli strani rumori che involontariamente faccio mentre bevo la mia coca cola.
Io e lei non abbiamo mai parlato molto, né a scuola né tantomeno fuori, ci stiamo antipatiche a pelle.
E’ una ragazza dai capelli biondissimi e lunghi, ha un corpo slanciato ma tutto sommato nella norma, ovvero niente sedere alla J.LO, niente labbra alla Angelina Jolie e niente seno alla Lindsay Lohan,ha un fisico assolutamente comune, ma si veste vintage e alla moda, quindi automaticamente si crede figa. Mi accorgo sempre di quanto si creda superiore a noi povere ragazze che non seguono le sfilate e i vari stilisti in modo ossessionata come lei.
Ogni tanto mi ritrovo a lanciare qualche pensiero a Claudio, sentendomi in colpa per il modo in cui mi sono comportata, ma scaccio via tutto per potermi rilassare e godere la visione.
A fine film, Marika telefona il padre, che arriva pochi minuti dopo, e salutiamo le altre frettolosamente.
Senza aspettare oltre, ci rifugiamo al calduccio nella sua auto.
-Idaria inizia a starmi sulle ovaie.- Afferma tranquillamente lei, voltandosi a guardare verso di me.
-A me è da quando la conosco che sta sulle ovaie.- Dico ridacchiando alla sua scelta di parole, un po’ stupita che anche per lei sia lo stesso.
La mia amica, che adesso è seduta sui sedili posteriori con me, ride anche lei e mi dà un puffetto sul braccio.
-A lei piace Alex dalla notte dei tempi.- Alle sue parole mi irrigidisco immediatamente.
Perché mi sta dicendo una cosa del genere?
Non so cosa dire dopo la sua affermazione, così preferisco tacere.
-Sì, Luisa una volta mi disse che ci provava spudoratamente con lui.
Luisa è un’altra nostra compagna di classe, anzi la pettegola della classe. Quella che sa tutto su tutti, sa tutto su tutti i cazzi di tutti. Non si sa come faccia, ma non ci si può mai fidare di lei perché anche se le confidi qualcosa di estremamente personale, dopo meno di un quarto d’ora, tutta la scuola lo verrà a sapere.
-Non mi interessa.- Faccio finta di niente, non sarebbe maturo mettere il broncio o iniziare a borbottare o, peggio ancora, ringhiare solo perché una ragazza ci prova con il ragazzo che mi interessa. Sarebbe piuttosto patetico, no?
Il padre di Marika non si intromette nelle nostre conversazioni da ragazze, è sempre stato un tipo riservato e silenzioso.
-Lui non l’ha mai calcolata.- Bisbiglia per non farsi sentire dal padre e mi fa l’occhiolino.
Strano che voglia far scemare la tensione che sale lungo il mio corpo, visto che lei è la prima a dire che il fratello non è per me perché potrebbe farmi soffrire e questo lei non lo sopporterebbe.
-Non mi interessa.- Ripeto ancora, digrignando con forza i denti.
Non sono gelosa. Semplicemente se si azzarda a toccarlo le stacco le braccia a morsi.
 
-Mamma, sono a casa!- Urlo non appena metto piede nella mia umile dimora.
-Ciao tesoro, com’era il film?- Domanda, sbucando dalla cucina con lo spolverino in mano e una bandana a raccoglierle i capelli.
Questa donna è proprio una maniaca dell’ordine e delle pulizie.
-Era carino, ci siamo divertite.- Rispondo nervosa mentre mi tolgo il cappotto.
-Mi fa piacere.- Mia madre non fa caso al mio strano tono.
Sto ancora ripensando a Claudio. Sono stata davvero una stronza maleducata a trattarlo così, mentre lui si è comportato in modo gentile ed è stato simpatico. Forse sarei dovuta rimanere lì, parlargli e soprattutto uscirci.
Perché diamine mi sono tirata indietro? Di che ho avuto paura?
Alcune volte mi strapperei i capelli per lo stress che mi provoco da me.
-Dove sono papà e Mirko?- Mi dirigo al piano di sopra sentendo il bisogno del bagno perché, dopo essermi scolata quel bicchiere enorme di coca cola, ho la vescica che implora pietà.
-Papà è andato a comprare delle pizze per stasera, mentre tuo fratello è di sopra con i suoi amici. Restano a cena.- La sua voce è meno chiara, perché è ritornata in cucina, sicuramente a pulire qualcosa che è già splendente e perfettamente in ordine, ma le mie orecchie e soprattutto la mia mente odono quanto basti perché il mio corpo si pietrifichi, così mi ritrovo a stringere le mani a pugno.
Perché deve stare sempre qui? Lui non ce l’ha una casa sua?!
Dopo i bisogni, mi rinchiudo in camera e, sfinita mentalmente, mi lascio ricadere di peso sul letto.
Poco dopo, non sapendo che fare e non riuscendo a prendere sonno, essendo solo le nove e qualcosa, decido di stare un po’ al computer e navigare un po’ su Internet.
Ovviamente mi ritrovo su facebook senza neanche rendermene conto, tanto è l’abitudine che muove i miei gesti.
Due notifiche e una nuova richiesta di amicizia attirano la mia attenzione.
Controllo subito le prime, che purtroppo si rivelano solo due stupide richieste di giochi, la seconda invece mi lascia basita.
Claudio Dalena – conferma/non ora.
Come caspita ha fatto a trovarmi così in fretta?!, penso mentre entro sul suo profilo.
Ripensando a quello di cui abbiamo parlato, ricollego il tutto: Mirko. Sicuramente avrà scorso tra i suoi amici, visto che digitando il mio nome sulla barra di ricerca non vi esce alcun risultato esatto.
L’idea del bloccare questa operazione è stata una genialata, ma purtroppo non sono stata abbastanza furba.
Anni prima, una volta iscritta a facebook, ho bloccato qualsiasi cosa fosse possibile bloccare, perché non mi piace che gli altri, anche un completo estraneo, possa vedere cose troppo personali, anche se bene o male quelle non ho mai avuto il coraggio di scriverle su un social network.
-Ehi Greta, vieni a mangiare? Tuo padre ha portato le pizze.- A quella voce scatto rapidamente, spegnendo lo schermo del computer.
Il mio è un riflesso innato che ho da quando mio padre ha iniziato a fare il ficcanaso e vuole sapere tutto, soprattutto della presenza di ragazzi nella mia vita.
Quando noto che si tratta solamente di Daniel, tiro un sospiro di sollievo.
-Non ho fame, sono già piena.- In effetti, mi sento una balena in questo momento.
-E’ questo il vero motivo per cui non vuoi la pizza?
-Sì, perché se no?- Mi allontano dalla scrivania e mi vado a stendere sul letto, sollevando gli occhi al cielo.
Per quanto voglia bene a Daniel, questo suo ficcanasare, tipo mio padre, inizia ad infastidirmi.
Inoltre, il pensiero di quello che forse sarebbe successo, solo un paio di sere prima, mi mette ancora a disagio.
-Non è per Alex?-
-Che centra Alex?- Aggrotto la fronte, confusa, sollevandomi sui gomiti per poterlo guardare in faccia.
-Lo so che ti piace.- Ammicca nella mia direzione, entrando definitivamente in camera mia e chiudendosi la porta alle spalle.
-Non so di cosa tu stia parlando, comunque sia non ho fame.- Lo guardo con la faccia stralunata, non sapendo che pesci pigliare.
Viene a sedersi comodamente sul letto accanto a me e mi fissa, prima l’intera radiografia e poi dritto negli occhi, con uno sguardo indecifrabile.
-Che c’è?- Sbraito nervosamente.
-Sei bella.- Risponde dopo alcuni secondi di esitazione e riesco a leggere la sincerità delle sue parole nei suoi due smeraldi, cosa che contribuisce maggiormente a mettermi in difficoltà.
Devo chiarire con lui questa situazione, adesso!
-Daniel, ascolta… Io ti voglio bene, ma… non voglio rovinare la nostra amicizia, quindi…- Tentenno, cercando di trovare le parole adatte per non ferirlo o offenderlo.
-Che stai dicendo?- Chiede incredulo, continuando a guardarmi dall’altro verso il basso.
-Io e te non siamo…- Compatibili? No, tutte sono compatibili con il Rosso, perché è una persona bellissima, sia fisicamente che caratterialmente.
Il problema non è incontrare la persona giusta per me, ma dimenticare quella sbagliata.
Perché Alex è sbagliatissimo per un’ingenua ragazza dal cuore tenero come la sottoscritta, è sbagliato perché può avere chiunque e io non ho chance alcuna di avere la meglio sulle altre, è sbagliato perché non mi basta solo un bacio da lui o il semplice contatto fisico, io voglio di più, io pretendo di più.
Daniel, inaspettatamente, inizia a ridere di gusto, arrivando persino ad accasciarsi sul mio letto mentre si regge la pancia con entrambe le mani.
Decisamente confusa e scioccata dalla sua reazione, lo guardo con gli occhi sgranati.
-Si può sapere perché cazzo ridi?!- Il mio è quasi un urlo, mentre gli lancio un occhiataccia delle mie.
Cerca di ricomporsi e di tornare serio, finendo però a ridere ancora e ancora.
-Non c’è niente di divertente, idiota!- Gli faccio notare più acida di una vecchia zitella.
Che diamine avrà tanto da ridere? Io ero serissima invece, come lo sono tuttora.
-Greta…- Inizia a dire, asciugandosi le lacrime agli occhi. -Sono gay.-
Mi aspetto che da un momento all’altro scoppi di nuovo a ridermi in faccia, ma si limita a guardarmi senza battere ciglio.
-Sono seria.- Digrigno i denti, stizzita.
-Ma anche io!- Esclama con enfasi, guardandomi senza ombra di scherzo negli occhi.
-Davvero?- Non mi accorgo neanche di aver spalancato la bocca per la sorpresa della sua rivelazione.
-Già.- Sorride imbarazzato, grattandosi il capo.
-Com… Quando?- Non so cosa chiedere prima.
-Da un bel po’ ormai, anche se non lo sa nessuno.- Si stritola le mani, ormai l’aria si è fatta tesa.
Sono la prima persona a cui rivela una cosa così personale? La scoperta mi lusinga e non mi crea alcun problema o fastidio.
-Quindi non ci stavi provando con me?- Rilascio un sospiro più tranquillo.
-No, direi di no.- Ridacchia ritornando ad essere il solito e lasciandosi alle spalle quell’aria severa e rigida che non gli dona affatto.
-Meno male. Anche se, per come ti sei comportato ultimamente, avrei detto di sì.- Gli faccio notare, facendogli la linguaccia.
-E che vuoi da me, sono un tipo affettuoso!- Si sdraia accanto a me, abbracciandomi.
-Ci provi con mio fratello?- Dico senza pensare per sfotterlo, ricambiando allo stesso tempo il suo abbraccio.
-No, altrimenti Marika mi fucila.- Lo sento ridere tra i miei capelli, mentre io mi irrigidisco di botto.
Sentendo nettamente il mio cambiamento, inizia a ridere ancora più forte, scoppiandomi un timpano.
-Dai, pensavi davvero che non mi sarei accorta di come si sbranano con gli occhi? E lo stesso vale per te e quell’altro zuccone.- Spiega come se nulla fosse con la sua voce calda.
-Non so di cosa par…- Tento di negare inutilmente.
-Non attacca con me, mia cara. Io mi accorgo di tutto, anche dei piccoli dettagli.- Mi interrompe, sollevandosi sulle braccia per ammiccare e farmi inevitabilmente arrossire.
-Non dire stronzate.- Replico glacialmente.
-Vi spogliate con gli occhi.
-Ma chi?!- Continuo a fare la finta tonta.
-Tu e Alex.- Alza gli occhi al cielo, esasperato dai miei futili tentativi di negare l’evidenza.
-Io sì, lui neanche mi guarda.- Ammetto con riluttanza e tristezza, coprendomi la faccia con il braccio.
Odio il fatto che la mia felicità debba dipendere da lui, è lacerante la consapevolezza che le persone innamorate sono ovunque, ma non sempre dove vorrebbero essere.
Ma poi, sono davvero innamorata di lui? Posso arrivare a questa conclusione solo perché sento che la sua assenza mi pesa in modo atroce?
-Non quando tu guardi lui, ma ti assicuro che lo fa. E anche tanto, direi.- Sento la sua mano accarezzarmi i capelli.
-Davvero?- Domando scettica.
-Davvero.- Lo guardo negli occhi e capisco che non mi sta mentendo solo perché è mio amico.
Lui è così, sincero e diretto fino al midollo.
-Comunque cos’è che mi stavi nascondendo quando sono entrato? Cos’è che guardavi al pc, eh?- Mi fa una faccia furba e scatta rapidamente verso la mia scrivania.
Lo seguo altrettanto velocemente, ma non abbastanza per impedirgli di accendere lo schermo e guardare il ragazzo in questione.
-E questo chi è?- Domanda guardando le foto di Claudio.
-Uno che ho incontrato al cinema e che mi ha chiesto di vederci per un caffè.- Tralascio volutamente la parte in cui me la svigno terrorizzata, perché sicura che mi avrebbe dato della deficiente.
-Mmh, carino lui.- Mi lancia un buffo sguardo malizioso.
Non riuscendo a trattenermi, scoppio a ridere di gusto.

 
 



 
 
 
Angolo autrice
Buonasera a tutte :)
Non voglio dileguarmi troppo con queste note che, probabilmente,
non leggerete neanche XD
Ci tenevo solo a dire che mi spiace se il precedente capitolo non vi è piaciuto molto e spero che questo invece non vi abbia deluse.
Sto cercando di scrivere e aggiornare velocemente, per quello che posso.
Inoltre, per quanto riguarda First Love, che è da taaantissimo che non aggiorno, volevo solo dire che la sto un po’ rivedendo. Mi mancano giusto un paio di capitoli e nella vacanze dovrei pubblicare il successivo, sperando che ci sia ancora qualcuno che segue quest’altra mia storia XD
Well, questo è quanto, grazie per l’attenzione.
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo,
un bacio.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***





CAPITOLO 12



Arrivo davanti alla mia classe con passo lentissimo, come se anche le mie gambe si rifiutassero di entrare in quell’aula delle torture, e le cuffiette dell’mp3 nelle orecchie.
Oggi mi sono svegliata male, con un tremendo mal di testa e quella sensazione che mi accompagna ogni mese per cinque lunghi e dolorosi giorni; di conseguenza anche i dolori al seno e ai reni torneranno a farsi sentire.
Credo proprio che l’unica cosa che mi convinca ad andare a scuola la mattina, soprattutto nei giorni in cui sono frustrata da nemmeno io so bene cosa, oltre ovviamente mia madre che altrimenti mi prenderebbe a sprangate con un ombrello, sia la musica. Mi aiuta a rilassarmi e a distrarre la mente anche se magari lo stesso giorno ho un compito in classe; infatti, non appena spengo il lettore musicale, l’ansia inizia a farsi sentire, facendo aumentare la mia emicrania.
Compito di matematica e io odio la matematica, ma soprattutto odio lo psicopatico che dovrebbe insegnarmela.
Incamminandomi come una condannata al patibolo, mi siedo al mio posto accanto a Marika, la quale sorride tutta smielata, vivendo in un mondo tutto suo fatto sicuramente di unicorni rosa, mio fratello e arcobaleni.
-Ehi, come mai così felice?- Mi umetto le labbra, trattenendo a stento un sorriso vedendola in questo stato, e tiro fuori il libro di matematica per lasciarlo aperto sotto al banco. Non si sa mai, può tornare sempre utile dare una sbirciatina, sperando che il prof non mi veda.
Non ricevendo alcuna risposta dalla mia amica, mi giro verso di lei e noto che non mi ha neanche sentita, troppo presa dalle sue seghe mentali.
-Ohi, che ti sei fumata oggi?- Ovviamente sto scherzando, perché lo so benissimo che odia il fumo e non sopporta chi fuma in sua presenza.
-Eh?- Finalmente si accorge della sottoscritta e mi guarda, continuando però a sorridere come un ebete.
-Stai bene?- Adesso sì che sono confusa.
-Mai stata meglio.- Risponde d’istinto per poi sospirare, estasiata.
-Centra mio fratello?- Aggrotto la fronte e allargo allo stesso tempo vistosamente il sorriso, prevedendo già la sua imminente risposta.
Il suo sorriso sornione avrebbe dovuto risultarmi sospetto fin da subito.
-Sì.- Il suo più che altro sembra un verso porno.
La sua espressione comunica un bisogno impellente di coccole.
-Mi racconti?- Sbuffo, esasperata dal suo stato atono che consiste in sospiri e movimenti lievi e carezzevoli.
In questo momento sembra davvero che si sia fumata una canna e mi preoccupa un po’.
-L’ho fatto.- Il suo è un sussurro quasi impercettibile, come se avesse squittito.
-Cosa?- Chiedo confusa, bevendo un sorso d’acqua dalla bottiglietta comprata dalla macchinetta, che finalmente hanno riparato, giusto prima di entrare in classe.
-L’amore.- Alle sue parole, inizio a tossire convulsamente e, per non farmi soffocare, Marika mi dà dei piccoli colpetti sulla schiena.
Ha fatto quello con mio fratello? Con Mirko, quell’animale con cui sono imparentata e che è convinto che la sua professoressa di letteratura inglese sia la Umbridge di Harry Potter, tutta rosa confetto e cattiva nel profondo?
-Mi prendi in giro?
Noi due eravamo le uniche ragazze ancora ‘pure’ in classe, perché ormai anche le ragazzine di tredici anni, gioventù molto precoce, hanno già dato e fatto tutto prima di noi. Però la cosa non mi è mai pesata, perché è una cosa di cui andare fieri e non di cui vergognarsi, secondo me.
L’idea di condividere una cosa così personale ed intima con il ragazzo sbagliato, ma soprattutto con troppi ragazzi sbagliati, mi fa inorridire al solo pensiero. Che schifo!
Poi le ragazzine di oggi hanno anche il coraggio di lamentarsi quando i ragazzi affibbiano loro nomignoli volgari o le insultano con la conosciutissima e sempre più usata parola ‘puttana’.
Ovviamente il problema non si presenta se è un ragazzo a portarsi a letto più ragazze nell’arco della sua vita, perché loro ne hanno tutti i diritti nel mondo maschilista in cui viviamo.
Una chiave che apre più serrature è una figata, mentre una serratura che si fa aprire da più chiavi è una presa per i fondelli.
-No, ed è stato meraviglioso!- Non l’ho mai vista così raggiante e presa da quello che dice, come se stesse rivivendo il momento attraverso i suoi ricordi.
Mi guarda dritto negli occhi e riesco a leggervi dentro tutto l’amore che prova per mio fratello e, anche se è mio fratello l’animale di cui si sta parlando, non posso che essere felice per la mia migliore amica. Infatti, sento gli angoli delle mie labbra piegarsi istintivamente all’insù.
-Com’è… successo?- Le bisbiglio titubante, oscillante tra il volerlo sapere e l’evitarlo assolutamente come argomento, perché è pur sempre di mio fratello che stiamo parlando.
-Mi ha portata a cena fuori, in quel ristorante carino vicino alla stazione.- Inizia a spiegare con calma e qualche sospiro di troppo.  -E mi ha regalato questa.-
Da sotto il maglioncino beige che indossa tira fuori una lunga catenella in argento tendente al bronzo, con un ciondolo tondo e pieno di incisioni che si apre solo se si clicca il minuscolo bottoncino sulla cima. Lo so per certezza perché ne ho sempre voluto uno così.
Marika lo apre e mi mostra una piccola foto che non avevo mai visto prima.
Si tratta di loro due che sorridono felice.
Non si vede dove sono o se sono in compagnia di qualcun’altro, perché la foto è piccolissima e concentrata sui loro visi, ma si noterebbe anche a miglia di distanza la scintilla luminosa nei loro occhi.
-E’ davvero bella.- Concordo meravigliata, allungando la mano e prendendo tra le dita il ciondolo.
-Poi siamo andati a casa mia e, siccome Alex è andato ad un compleanno e i miei non c’erano, una cosa tira l’altra…- Lascia la frase in sospeso, ma è chiaro quello che è successo dopo tra loro.
-Una cosa tira l’altra e ci avete dato dentro come ricci.- Rido, sfottendola.
-Ti giuro, è stato bellissimo. Inizialmente mi ha fatto un po’ male, ma poi è stato tutto così intenso.- Si porta una mano tra i capelli, come se il solo ricordo la facesse rabbrividire.
-Lo ami.- La mia non è una domanda, ma una semplice constatazione. I suoi sentimenti sono più che ovvi.
-Sì.- Sospira sorridendomi.
-Credo che questo faccia di te mia cognata.- Constato mantenendo il mio ghigno.
-Penso di sì.- E come una bambina, si porta le mani a coprirsi il viso surriscaldato.
-E se ieri fossero arrivati i tuoi?-
-Quando mai i miei si sono ritirati prima dell’una di notte?- Ribatte alla mia domanda con un’altra, sbirciando tra le sue dita leggermente divaricate con scetticismo.
-Hai ragione, ma se Alex fosse tornato prima?- La cosa più stupida che potessi chiederle.
Infatti lei non mi risponde nemmeno, stavolta mi guarda direttamente, inarcando entrambe le sopracciglia. Mi ritrovo ad alzare le mani in segno di resa, perché ha chiaramente vinto lei.
-Siete stati attenti vero?- In uno sprazzo di intelligenza, penso a quella parte fondamentale di un rapporto.
-Certo che sì!- Mi rassicura, al che rilascio un sospiro più tranquillo.
Avevo in mente qualche altra domanda da porle, ma l’entrata in scena del nostro odioso professore di matematica le fa dissolvere. Sono quasi certa che prenderò un altro quattro e mezzo.
-Wow, e io che pensavo che mi avresti fatto il terzo grado.- Si rilassa contro lo schienale della sedia.
Scoppio a ridere, divertita dall’idea che fosse un po’ preoccupata di come io avrei reagito.
-Credevo che mi avresti bombardata di domande.- Dice, aggiungendosi anche lei alla mia risata.
-Oh, ma infatti è così. Fammi superare il trauma del compito di matematica e poi voglio sapere i dettagli più sconci.- Cose non vera, perché non mi interessano le dimensioni di Mirko-junior, ma lo dico solo per metterla un po’ a disagio.
-Dai, Greta, non fare la stronza…- Mette il broncio, supplicandomi con gli occhi di non prendermela se non mi dice qualsiasi minuzioso particolare.
Quando eravamo più piccole, se lei mi teneva nascosta qualcosa io mi offendevo subito, perché volevo che la nostra amicizia fosse come quella dei telefilm, volevo che l’una sapesse tutto dell’altra e viceversa.
-E’ vero che ce l’ha piccolo? Mia madre mi diceva sempre che, quando Mirko aveva sette anni, credeva di essere una bambina per l’assenza di organi genitali maschili…- La stuzzico, mentre il professore inizia a sistemare i banchi per la verifica.
-Greta!- Mi rimbecca lei imbarazzata, alzando la voce di un’ottava.
-Sto scherzando, sto scherzando!- Alzo di nuovo i palmi delle mani in segno di resa, ma non riesco ad evitare di scoppiare di nuovo a ridere.
 
 
Due disastrose ore dopo, ho i primi bottoni della camicetta slacciati, la treccia che mi ero fatta stamattina totalmente sciupata e un broncio chilometrico.
Il mio mal di testa è decisamente peggiorato.
Il compito è andato male, ma mi consolo ripetendomi mentalmente che questo è ancora il primo quadrimestre e posso sempre recuperare.
Purtroppo però i miei genitori, specialmente mia madre, non sono dello stesso parere. Come se non avessero mai preso un cinque o un quattro in vita loro.
-Oh, come ti è andata?- Marika, che sembra essere tornata normale, forse a causa del fatto che i quesiti e i problemi da risolvere erano molto più difficili di quanto pensassimo, mi dà una pacca sulla spalla per attirare la mia attenzione.
-Mia madre mi ammazzerà perché ho preso un altro votaccio.- Desolata, mi lascio cadere sul banco con le braccia incrociate e la testa appoggiata su di esse.
-Se mi fai un bel sorrisone ti faccio il resoconto vietato ai minori di me e Mirko, affare fatto?- Fa uno sguardo furbetto e malizioso che mi fa sorridere involontariamente.
-Andata.- Accetto, aprendomi in un altro sorriso più naturale e sinceramente divertito al suo modo costante di volermi allontanare dai pensieri negativi.
Si sistema più comodamente sulla sedia in legno e, una volta incrociate le braccia con fare saggio ed importante, inizia a parlare con tono di chi è ormai esperto e sa quello che dice.
Non badiamo ai nostri compagni intorno a noi, che probabilmente avranno captato qualche piccola parola sfuggita a voce troppo alta dalle nostre labbra, ma ridiamo come due matte fregandocene se siamo sole.
 
 
A fine lezioni, non vedo l’ora di tornarmene a casa, pranzare velocemente e buttarmi a peso morto sul mio morbido e caldo lettuccio. Non mi sono mai sentita più stanca di oggi.
Al trillo della campanella, gli studenti di ciascuna classe si fiondano fuori dalle rispettive aule ed io, essendo sempre l’ultima ad uscire dalla mia classe perché troppo pigra e lenta nel mettere le mie cose in cartella, mi ritrovo nel gruppo di ragazzi un po’ più grandi.
Mi muovo con indifferenza, anche perché non è la prima volta.
Un braccio però, sbucato all’improvviso da chissà dove, mi circonda le spalle, stringendomi ad un corpo ormai famigliare.
-Ciao occhi di ghiaccio.- Mi saluta Daniel.
Sentendo il modo in cui mi ha salutata non posso che irrigidirmi immediatamente.
-Non chiamarmi così, per favore.- Senza neanche rendermene conto, mi ritrovo ad avere di nuovo il muso lungo e un senso di frustrazione e inadeguatezza mi aggrovigliano lo stomaco.
Come non detto, credo che salterò il pranzo.
-Perché no? Fa molto ragazza figa e misteriosa.- Scherza il mio amico inconsapevolmente.
-Perché no.- Sbotto nervosamente, stringendomi poi nelle spalle.
-Okay, okay. Come mai così scorbutica oggi? Cos’è, ti è venuto il ciclo?- Domanda con finta innocenza e pochissimo tatto, mentre io arrossisco vistosamente fino alla radice dei capelli.
Per me non è poi così normale parlare di queste cose con un ragazzo, mentre lui non sembra avere problemi.
-No, stupido. Il compito di matematica era più complicato di quanto pensassi e non è andato molto bene.- Una piccola smorfia si forma sul mio viso.
-Aah, e allora! Si recupera, dai!- Cerca di incoraggiarmi.
-Già, vallo a dire a mia madre.- Ribatto sarcasticamente.
Abbiamo appena messo piede fuori dall’istituto che, come se non fosse abbastanza, noto con dispiacere che mio fratello ed Alex stanno aspettando che il Rosso li raggiunga e fumando nel frattempo una sigaretta.
Faccio per sgusciare da qualche altra parte, ma Daniel, con un po’ di pressione e forza, mi costringe a proseguire al suo fianco verso di loro.
-Non essere spaventata, non ti mangia mica.- Mi bisbiglia divertito il mio finto amico tra i capelli.
Perché mi fa questo, bastardo traditore che non è altro?!
Mi stritola tra le sue braccia e mi dà un bacio sulla guancia, lasciandomi confusa e disorientata, perché il suo bacio, che dovrebbe essere innocuo, quasi ingenuo come quello di un bambino, ha un non so che di porno. Avvampo immediatamente quando sento le sue labbra dischiuse e umide sulla mia guancia.
-Che diamine…?- Certo di dire, sentendo le guance diventare bordeaux per l’imbarazzo quando il braccio, che era poggiato sulle mie spalle, mi circonda i fianchi con possesso.
-Lascia che lo stuzzichi un po’, ti prego.- Ghigna, per poi nascondere ancora la faccia tra i miei capelli e inspirare pesantemente.
Vuole dare fastidio ad Alex con questi gesti da bambino di cinque anni, che sicuramente nemmeno noterà? Ma cosa pensa di ottenere?
Le mie ultime parole famose prima di incontrare gli occhi del diretto interessato.
Ha il viso corrucciato e la mascella serrata, ma non riesco a notare nient’altro perché dirigo immediatamente lo sguardo lontano dal suo, cercando qualcos’altro di altrettanto interessante su cui fissarlo.
-Dà, sei un cretino.- Gli faccio notare, digrignando i denti e cercando di allentare la sua presa su di me.
-Fidati.- Sussurra rapidamente, prima di raggiungere i suoi due carissimi amici.
Cerco di allontanarmi con nonchalance, tentando invano di togliere la mano di Daniel senza attirare la loro attenzione su di me. Ma il problema non si pone perché non sembrano neanche avermi notata.
-Stavamo pensando di andare a farci una partita a calcio con gli altri al parchetto vicino alla stazione. Ti unisci a noi?- Chiede Alex con aria annoiata, guardandosi intorno.
-Quando?- S’informa il mio amico, sorridendo felice.
-Nel pomeriggio.- Interviene mio fratello.
Ovviamente il tutto continuando ad ignorare deliberatamente la sottoscritta. Ma che ci faccio in mezzo a loro? Dov’è Marika, proprio adesso che ho bisogno che mi tiri fuori da questa situazione?
-Verso che ora? Per domani abbiamo da studiare storia e diritto.- Fa una smorfia il Rosso.
-Io non ci penso proprio a studiarle. Non ne ho voglio.- Afferma sbruffone il ragazzo che mi fa scalpitare il cuore con un niente.
-Neanche a me va molto.- Ridacchia Mirko, seguendo la stupidità del migliore amico.
Sentendomi a disagio, mi porto una mano alla bocca con l’intenzione di torturare le mie povere unghie, ma la mano di Daniel, molto più grossa della mia, la scaccia via per poi rimproverarmi.
-Smettila di mangiarti le unghie, te le rovini.-
Alzando gli occhi al cielo, mi infilo le mani nella tasche della mia giacca a vento senza neanche rispondergli, scocciata.
Mi sento tremendamente fuori luogo e mi dà fastidio rendermi conto che, molto spesso in pochi minuti, mi sono ritrovata a fissare Alex senza neanche rendermene conto.
L’unica cosa di cui sono felice è che non sia stato lui ad accorgersi delle mie occhiate a metà tra l’essere maliziose e assassine.
-Comunque ci sono anche io a questo punto.- Daniel trascina il suo braccio dal mio fianco per posizionarlo di nuovo sulle mie spalle, facendomi però una lunga carezza che mi fa rabbrividire involontariamente.
Non per il suo tocco o per il leggero venticello fresco che mi ha scompigliato i capelli, ma per gli occhi di Alex che hanno seguito tutto quel gesto, studiato appositamente per fargli capire neanche io so bene cosa. Sta di fatto però che, finalmente, ho la sua attenzione e i suoi magnifici occhi su di me.
-Vieni a fare il tifo per me, vero piccola?- Piccola? Ma dico, Daniel è impazzito o cosa?!
Mio fratello fa una faccia davvero strana e, se fosse stato un altro momento, ci avrei persino riso su per quant’è buffa, ma adesso sono troppo inorridita per farglielo notare.
-Piccola?- Mirko sembra aver letto i miei pensieri e dato voce ad essi.
Il Rosso lo guarda con finta confusione, come se cercasse di capire quello che mio fratello vuole dire.
-Ci provi con mia sorella?- Mio fratello sembra caduto dalle nuvole e difatti ha una faccia molto stralunata.
La sua frase mi riporta involontariamente al giorno del concerto e al modo in cui il biondo si è preso cura della mia mano, stringendola e regalandomi sensazioni devastanti per il mio cuore.
-Non lo so, però mi piace. E’ bella, simpatica e sa essere sexy quando vuole, perché non dovrei provarci? Alex, non sei d’accordo anche tu che sia sexy?- Ammicca spudoratamente, lanciando uno sguardo malizioso verso di lui, mentre io vorrei sprofondare per la vergogna. Di sicuro non avrò mai più il coraggio di guardarlo in faccia, dopo questa figura di merda.
Vedo Alex strabuzzare gli occhi, come se a Daniel fossero spuntate altre due teste, e restare di sasso.
Inizio a dubitare della sanità mentale di quello che credevo essere un ragazzo davvero intelligente.
-Ehm…- Tentenna Alex, boccheggiando come un pesciolino furi dall’acqua, non sapendo bene cosa dire.
-E’ mia sorella.- Ribatte Mirko, ancora più accigliato di prima.
-Lo so, ma è troppo adorabile perché io riesca a starle lontano.- E come se non bastassero le sue parole, si mette anche a baciarmi con piccoli tocchi dalla guancia alla tempia. Io resto immobile, paralizzata dal suo comportamento.
-Dovrei tirarti un pugno.- Fa Mirko stranito e per nulla convinto di quello che dice. Anche lui scioccato dalle parole dell’amico.
-Ma non lo farai perché siamo amici e, anche se non lo ammetterai mai, mi vuoi bene.-
-Ma fottiti!- E’ l’unica risposta di quel pirla di mio fratello che, però, ha ritrovato il sorriso, divertito dalle parole del rosso.
-E tieni giù le zampe da…- Aggiunge poco dopo Mirko, ma viene interrotto da un’altra voce.
-Che cazzo ci fa mia sorella con quello?- Proruppe Alex, interrompendo l’amico, e strabuzza gli occhi per poi iniziare a digrignare i denti con rabbia.
Inizialmente nessuno di noi capisce a cosa si sta riferendo, ma poi riusciamo a intravederla, all’entrata del cancello dell’istituto, mentre parla con un ragazzo che mi sembra famigliare.
Non riesco a vederlo in faccia, perché Marika mi impedisce la visuale su di lui, ma i suoi capelli sono nero pece che mi ricordano qualcuno.
Mirko, l’ultimo a capire la situazione, quando guarda la scena, dà in escandescenza.
-Io quello lo pesto!- Esclama alterandosi velocemente e senza motivo.
-Sta solo parlando con uno.- Ribatto seccata in difesa dello sconosciuto.
-Quello è un bastardo, non si deve nemmeno avvicinare a lei!- Continua mio fratello imperterrito, prendendo ad andare nella loro direzione, ma io e Daniel lo blocchiamo immediatamente con gli occhi sbarrati quando notiamo che Alex è rimasto sbalordito e decisamente confuso dal comportamento del migliore amico.
-Smettila di fare il cretino.
Pochi minuti dopo, mentre i tre ragazzi guardano la scena e io mi mangio con gli occhi il ragazzo biondo che mi supera non di poco in altezza, Marika saluta il ragazzo e viene verso di noi, se possibile ancora più sorridente di prima.
Solo allora riesco a riconoscerlo definitivamente, anche se avevo già immaginato chi fosse.
Claudio guarda oltre la mia migliore amica, puntando gli occhi sul nostro gruppetto, ma soprattutto su di me ed accenna ad un sorriso timido prima di salire sulla sua macchina ed andarsene.
Quando Marika mi raggiunge mi afferra per un braccio e mi strattona via da Daniel, come se fossi una bambola di pezza.
-Di che minchia hai parlato con quel coglione?- Sibila Alex.
Ma perché sia lui che mio fratello ce l’hanno tanto con Claudio? Non andavano in palestra insieme?
-Taci.- Lo zittisce immediatamente la sorella, concentrandosi su di me e allontanandomi dal gruppo, senza badare minimamente agli altri e alle domande pungenti e infastidite.
-Che stai facendo?- Domando confusa quando, infilando le mani nelle tasche della mia giacca, prende il mio telefonino.
-Sei una stronza, perché non mi hai detto che quel figo ci ha provata con te al cinema?- Mi accusa, lanciandomi un’occhiataccia, e inizia a scrivere qualcosa sul mio telefono.
Sbianco sorpresa persino più del trovarmi Claudio all’entrata della mia scuola. Lui le ha detto del suo tentativo di abbordaggio e che me la sono data a gambe levate? Che figura di merda.
Sono così concentrata a mordermi a sangue le labbra con i denti che non noto l’occhiata irritata che Mirko lancia ad Alex e il modo in cui quest’ultimo mi perfora con lo sguardo. Infatti, quando sollevo il mio di sguardo, mi accorgo degli occhi del biondo puntati su di me con insistenza, occhi che si allacciano ai miei senza lasciarmi via di scampo.
-Non c’era niente da dire…- Cerco inutilmente di giustificarmi, senza però riuscire a staccare lo sguardo da Alex.
-Fessa.
-Ma che stai facendo con il mio cellulare?- Riporto l’attenzione sulla mia amica, riuscendo a liberarmi da quegli occhi che sanno logorarmi l’anima.
Continua a guardare dallo schermo del suo telefono al mio per poi digitarci qualcosa.
-Il suo numero.- Ribatte porgendomi il mio e sollevando le sopracciglia allusivamente.
-Cosa?!- Esclamo scioccata.
-Il suo numero.- Ripete alzando gli occhi al cielo. -Nel pomeriggio gli mandi un messaggio.-
-Non ci penso nemmeno!- Borbotto contrariata.
-Sì, invece perché è bello, simpatico, dolce e gli piaci.- Alla fine della frase ha anche la faccia tosta di sbuffare con esasperazione, quando l’unica che dovrebbe essere seccata sono io.
-Ci siamo visti solo una volta per pochi minuti.- La mia faccia è una maschera di perfetto scetticismo.
-Abbiamo parlato e mi ha detto che ti aveva notata da un bel po’.- Le due labbra disegnano una curva allegra, mentre gli occhi sono luminosi e pieni di malizia.
-Che cosa?
-Ha chiesto di te ad alcuni qui fuori e, quando ho sentito il tuo nome, mi sono avvicinata e gli ho parlato io. Mi ha detto della sera al cinema, di come l’hai lasciato lì senza neanche un saluto,- Si blocca giusto il tempo per tirarmi uno scappellotto al braccio per poi riprendere. -E che ti ha vista un paio di volte con Mirko e ti trova molto carina, così mi ha chiesto di lasciarti il suo numero se avevi voglia di ripensarci sulla sua proposta di andare a prendere un caffè.- Riassume il tutto rapidamente e parlando come un robot, al che mi chiedo se respira tra una parola e l’altra.
Dire che resto di sasso è un eufemismo, ma sento che è un’altra l’emozione che mi sovrasta dentro: la sorpresa. Sono sorpresa perché nessun ragazzo ha mai fatto tanto per me e non avrei mai immaginato che un ragazzo come Claudio potesse seriamente essere interessato ad una nana isterica.
-Che carino.- E’ l’unica cosa che riesco a dire, mentre cerco ancora di metabolizzare il tutto.
-Già, decisamente. Ed è pure più grande, che figo!- Saltella entusiasta, battendo addirittura le mani.
-Ma che me ne frega che è più grande?- Mi stropiccio la faccia con il palmo della mano per riprendermi almeno in parte.
-Come che centra? Ha la macchina.- Come se questo spiegasse tutto.
Al che scoppio a ridere di gusto, perché è proprio una rincoglionita.
-E allora? Anche Daniel ha la macchina.
-Sì, ma Daniel non è figo come Claudio.- Ribatte, annuendo con convinzione.
-Tu sei fuori di testa.- Nonostante le mie parole, mi ritrovo a sorridere insieme a lei.
-Certo, certo. Più tardi gli mandi un bel messaggino, con tanto di smile, e magari ci esci insieme all’istante.- Lei è quel tipo di ragazza che credo con convinzione che se un messaggio è sprovvisto di faccine è come se il mittente fosse arrabbiato o provasse qualche altra emozione negativa. Insomma, è una pazza adorabile.
-Non lo so…- Inizio a dire, poco convinta.
-Greta, guarda quel coglione alle mie spalle.- Fa un cenno con la testa verso il fratello. -Non vuoi veramente sbavare dietro a lui per la fine dei tuoi giorni, vero?
-Come sei macabra.- Alzo gli occhi al cielo. -E comunque io non sbavo!
Lei aggrotta la fronte e mi fissa dritto negli occhi, mentre io mi faccio piccola piccola, consapevole di avere torto marcio.
-Ok.- Mi arrendo con uno sbuffo.
Lei mi abbraccia di slancio, contenendo una felicità che dovrebbe bastare per entrambe.
Pochi secondi dopo, ritorniamo dagli altri, che nel frattempo hanno assistito alla nostra ambigua sceneggiata e origliato qualche parolina.
-Allora, che succede?- Alex ci mette subito alle strette.
-Ma che volete tutti quanti? Non sono affari vostri.- Si stizzisce di conseguenza la mia migliore amica.
-Rispondi.- La sua voce è molto autoritaria. Non l’ho mai visto così serio.
Daniel mi affianca subito e mi circonda con il suo braccio, mentre Mirko fa parlare l’amico, visto che sembrano provare le stesse emozioni.
-Ho solo parlato con un amico di Greta, mamma mia!- Rotea gli occhi, mentre tutti gli altri sguardi dei presenti si puntano su di me.
-Sei amica di quello?- Sibila mio fratello con astio.
-Si chiama Claudio e comunque non vi interessa, non capisco perché dobbiate rompere così tanto per una cosa del genere.- Mi metto sulla difensiva, stringendomi istintivamente al mio amico al mio fianco.
-E’ uno stronzo, dovresti stargli alla larga.- Interviene ancora Alex, accigliato e rigido come un manico di scopa.
-Anche tu e Mirko lo siete, ma non per questo tutti vi evitano.- Le parole sfuggono alle mie labbra, facendomi poi deglutire quando mi rendo conto del modo in cui ha stretto i pugni.
-Sei una cogliona, esci con quel verme?- Mi aggredisce verbalmente mio fratello, contenendo a stento la rabbia.
-Ma si può sapere qual è il tuo problema?!- Inizio, senza rendermene conto, ad alzare la voce.
-Il suo problema è che si preoccupa per te.- Proferisce il biondo, in difesa del migliore amico.
-Bene, la sua preoccupazione se la può ficcare…- Prima che io riesca a finire la mia frase cattiva, Daniel interviene smorzando l’atmosfera che stava prendendo una brutta piega.
Odio quando mio fratello mi dà ordini solo perché è più grande e crede di sapere tutto.
Non capisco perché ce l’abbia tanto con Claudio, ma non mi interessa nemmeno saperlo perché lui trova difetti in tutti i ragazzi che mi interessano o che sono interessati a me.
-Che ne dite se andiamo a casa? Dai, basta litigare.- E detto ciò mi trascina lontano con Marika che ci segue.
-E’ tuo fratello, vuole solo proteggerti.- Mi sussurra il rosso, facendomi un sorriso tenero.
-Lo so, ma mi fa imbestialire il modo in cui mi dimostra questo suo lato protettivo.- Biascico tra i denti, irritata.
-Comunque approvo.- Solleva il pollice in su.
-Cosa?- Domando confusa, mentre Marika silenziosamente mi prende per mano per darmi conforto.
-Lui. E’ proprio un figo, come dice Ricky.- Il suo è un bisbiglio quasi impercettibile vicino al mio orecchio, che mi fa scoppiare a ridere di gusto.
Lo abbraccio di slancio, in un attimo di affetto, immergendo la faccia nel suo petto.
-Ti voglio bene.- Riesco solo a dire, una volta placate le risa.
-Anche io, occhi di ghiaccio.- Risponde, beccandosi subito dopo un mia accidentale gomitata tra le costole.
-E io?- Interviene la mia migliore amica, facendo il faccino da cucciolo bastonato e con carenza di affetto.
Ripenso a quello che mi ha raccontato su lei e mio fratello e sorrido divertita, perché lei non ne dovrebbe avere di questi problemi dopo la giornata molto attiva e focosa che ha passato ieri.
-Oh, ma lo sai che voglio bene anche a te.- Le passo un braccio sulle spalle e la stringo tra di noi.
Formiamo un bel trio., mi ritrovo a pensare.
 
 
Sono le 18:23 e io sono ancora qui, seduta sul mio letto a divorarmi le unghia della mano sinistra mentre nella destra stringo il mio cellulare, nella speranza di raccogliere un po’ di coraggio e inviare un messaggio a Claudio, così come mi ha martellata di fare Marika per tutto il giorno.
Anche se ormai ho avuto la conferma che lui sia bene o male interessato a me, ho paura di fare una sciocchezza di cui poi mi pentirò.
Il reale problema è che sento il desiderio di stare con qualcuno, ma non con chiunque.
Voglio quelle mani su di me, voglio quelle labbra che mi sorridono, voglio quegli occhi che mi scavano dentro.
Ma Alex mi sembra così irraggiungibile, mentre la solitudine è come una seconda pelle, perché non credo che qualcuno possa riempire quel vuoto che ho all’altezza dello stomaco.
La cioccolata è un’ottima soluzione a questi mali., suggerisce una vocina scettica nella mia testa.
Se avessi saputo che avrei avuto così poco di lui, avrei preferito mille volte non avere niente, perché non mi piace avere un assaggino e poi rimanere a bocca asciutta. Questo non fa che farmi venire ancora più fame di lui.
Comunque sia, prendo un bel respiro profondo e inizio a digitare i tasti del mio telefono:
Ciao :)
Anche se si tratta di una parolina stupida, la rileggo trentamila volte e decido di aggiungere qualcosa, affinché capisca chi è il mittente del messaggio, nel caso Marika non gli avesse dato il mio numero:
Ciao, sono Greta :)
Riprendo a torturarmi le mani, finché non sento il telefono vibrare tra le mie mani, segno che la risposta di Claudio è stata immediata, davvero rapida, come se stesse aspettando il mio messaggio con ansia.
Ehi ciao! Come stai?
Leggendo il messaggio e pensando nel medesimo modo della mia migliore amica, avrei detto che è arrabbiato o per lo meno scazzato, ma poi scuoto la testa, dandomi della cretina, perché lui è più grande e sicuramente non fa caso alla presenza o assenza degli smile nei messaggi.
Benone, tu?
Decido di non metterli più neanche io, così magari pensa che sono matura.
Pochi secondi ed ecco che arriva la sua risposta.
Adesso che mi hai scritto direi benissimo :))
Mi ritrovo a sorridere istintivamente. E’ da tanto che non messaggiavo con un ragazzo e quasi mi sento impacciata come se fosse la prima volta, ma è piacevole passare il tempo a chiacchierare per conoscere l’altra persona.
Ci ritroviamo così a parlare di musica, cinema, persino culinaria, anche se io non ne so molto, non essendo proprio portata ai fornelli.
Contrariamente a quando pensavo, Claudio si dimostra molto piacevole come persone, così, presa da un’ondata di spavalderia, gli chiedo se è ancora valida la sua proposta di vederci per un caffè.
La sua risposta è rapida e sicura:
Certo, mi farebbe davvero piacere!!
Alla fine arriviamo alla decisione di vederci stasera stessa per un aperitivo in un bar, abbastanza conosciuto, in centro.
Magari non va così male., rifletto sorridendo.
 
 
-Marika, ti prego aiutami! Che cazzo mi metto?!- Urlo isterica, tenendo il telefono tra la spalla e l’orecchio per avere le mani libere e poter perquisire il mio intero armadio, alla ricerca di qualcosa di adatto da mettermi per uscire con Claudio.
-Mamma mia, Grè! Non stai uscendo con Brad Pitt, calmati.- Mi rimprovera lei, dall’altra parte della cornetta, sbuffando.
-E allora tu aiutami e mi calmo.- Continuo a lagnarmi, in piena crisi.
Stravolto il mio armadio, passo, cercando di non farmi vedere, in camera di mia madre per controllare se nel suo trovo qualcosa di decente. Non ha vestiti all’ultima moda, ma alcuni suoi capi sono davvero carini, devo solo trovare quello adatto a questa serata, qualcosa che sia elegante, non troppo sfarzoso e accattivante allo stesso tempo.
Sinceramente non so nemmeno perché sto facendo tutto questo caos, gettando vestiti all’aria, visto che non mi importa realmente di quello che Claudio potrebbe pensare anche vedendomi in pigiama, ma non potrei dire la stessa cosa se il soggetto fosse un altro: Alex. Anche se lui mi ha già vista in pigiama e presa inevitabilmente per i fondelli, cercherei di non farmi vedere mai più da lui in quello stato pietoso.
-Metti la gonna nera con le rondini bianche che ti ho regalato per il tuo compleanno.- Mi suggerisce la mia amica.
-Sì, ci avevo pensato, ma non saprei che abbinarci.- Borbotto, tristemente.
-Una blusa bianca e il cardigan nero, semplice, no?
-Che blusa?- Ha attirato la mia attenzione, forse perché ha trovato persino la soluzione al mio dilemma momentaneo.
Ci riflette su un attimo, ma poi sembra avere il colpo di genio.
-Quella di tua madre con lo scollo a V che mettesti il primo giorno di scuola!- Esclama con entusiasmo e convinzione.
-Grandissima!- La ringrazio un’infinità di volte e, dopo averle promesso che l’avrei tenuta aggiornata sulla mia imminente serata, riattacco e inizio a prepararmi.
 
-Ciao.- Saluto Claudio con un cenno impacciato della mano, andandogli incontro con un andamento malfermo.
Mi maledico mentalmente per il mio stupido e inappropriato nervosismo.
Non ha intenzione di sgozzarmi, quindi perché diamine mi tremano le gambe?!
-Ciao.- Sorride lui di rimando, avvicinandosi a me per baciarmi una guancia a mo’ di saluto.
Anche se il gesto è assolutamente innocente, arrossisco comunque da brava imbranata.
-Sei bellissima.- Mi sussurra, guardandomi negli occhi e peggiorando il mio rossore sulle gote.
-Grazie.- Tentenno un timido sorriso.
-Vogliamo andare?- E detto ciò, mi invita ad entrare nel bar, che brulica di gente.
A stento riusciamo ad accomodarci ad un tavolino infondo alla sala e ci leviamo i cappotti per stare più comodi.
Iniziamo, senza neanche rendercene conto, a conversare con naturalezza, come se ci conoscessimo da sempre.
-Sì, studio giurisprudenza all’università qui in città.- Mi spiega tranquillamente.
-A che anno sei?- Domando curiosa soprattutto perché così potrei farmi un’idea della sua età.
-Terzo.- Accenna un sorriso.
Quindi dovrebbe avere all’incirca ventuno anni., traggo le mie conclusioni.
Notando che non accenno a continuare quella specie di piccolo interrogatorio da parte mia, prende in mano lui stesso la situazione.
-E tu a che anno sei?
-Terzo.- Rispondo prontamente.
-Materia preferita?- Inarca un sopracciglio, attendendo.
-Mmh, non credo che ci sia una materia in particolare che mi piaccia.- Ridacchio, seguita a ruota da lui, e mi muovo un po’ per stare più comoda sulla sedia.
-E quella che odi qual è?- Continua rigirandosi la sua bottiglia di birra tra le mani.
Mi porto un dito alle labbra, riflettendoci su un attimo.
-Direi la matematica, ma anche la storia. Non che quest’ultima non sia interessante, ma il modo in cui la mai professoressa la spiega è davvero noioso.- Faccio una smorfia, ripensando ai minuti passati a cercare di non prendere sonno mentre quella strana donna parlava e parlava con la sua odiosa quanto fastidiosa cantilena.
-Sì, in effetti anche il docente fa la sua parte.- Sembra che il discorso sia finito qui, ma pochi secondi dopo ci ritroviamo immersi in altri argomenti, come ad esempio il calcio.
Non c’avrei mai creduto se qualcuno mi avesse detto che mi sarei trovata a bere birra, in un bar popolare, con un ragazzo davvero carino e soprattutto a parlare di sport con quest’ultimo!
-Non ci capisco molto, ma mio padre tifa Milan, quindi se dovessi chiedermi di che squadra sono ti direi lo stesso.-
-Cosa?! E’ un oltraggio per me che sono dell’Inter!- Si porta una mano alla fronte con finta disperazione e scuote la testa amareggiato. -Dovresti proprio vergognarti.- Mi stuzzica, prendendomi pubblicamente in giro, tanto che arriva a dirlo persino al cameriere giusto per mettermi ancora di più in imbarazzo.
-Eddai!- Esclamo, dandogli un buffetto neanche tanto leggero sul braccio.
-Se la smetto tu che mi dai in cambio?- Solleva le sopracciglia furbamente.
I suoi occhi mi sembrano persino più scuri di come me li ricordavo e soprattutto più intensi.
Nella mia mente, senza preavviso, compaio però un altro paio di occhi. Occhi che non dovrei pensare affatto, dannazione!
A mia volta, inarco le sopracciglia in un misto tra incredulità e fastidio.
-Assolutamente niente.- Ribatto, per non dargliela vinta.
Ormai quell’aria di disagio e timidezza iniziale è stata spazzata via da un pezzo.
-Cameriere…!- Urla improvvisamente il moro, facendomi sobbalzare per la sorpresa.
-Ma che fai?- Bisbiglio immediatamente, afferrandogli un braccio per impedire che continui a fare gesti al ragazzo col grembiule che poco prima ci ha portato da bere.
-Faccio sapere a tutti i camerieri che sei milanista, ti piace il colore blu, ti piacciono gli animali ma allo stesso tempo ne hai paura, così come hai paura del buio,- A questo punto si ferma un attimo per lanciarmi uno sguardo sbeffeggiatore facendomi sentire una bambina, per poi continuare. -degli insetti, soprattutto dei ragni…-
Sembra intenzionato a continuare la sua lunga lista di ciò che ha appreso di me in una sola serata, ma lo sbocco subito, supplicandolo con lo sguardo.
-Per favore.- Faccio la migliore espressione tenera che riesco a mettere su.
-Ma se mi fai questo faccino però...- Sorride con dolcezza, accarezzandomi improvvisamente la guancia e portandomi la ciocca di capelli, sfuggita dalla massa, dietro l’orecchio in quello che è uno dei gesti più carini di sempre.
Finito di bere, ci accorgiamo che sono quasi le 22, così decido che forse è meglio se torno a casa così non faccio incavolare i miei genitori, specialmente mio padre, anche se entrambi loro sapevano che sarei uscita con un mio amico.
Claudio mi accompagna con la sua macchina fino a casa e durante il tragitto scopro altro di lui, come ad esempio il fatto che ami i Muse e i Linkin Park, gruppi che adoro anche io.
Così ci siamo ritrovati a canticchiare Castle of Glass per tutto il tempo, con la musica che inondava l’abitacolo.
 
Bring me home in a blinding dream- Portami a casa in un sogno abbagliante
Through the secrets that I have seen - Attraverso i segreti che ho visto
Wash the sorrow from off my skin - Lava via il dolore dalla mia pelle
And show me how to be whole again - E mostrami come essere di nuovo completo
‘Cause I’m only a crack in this castle of glass- Perché sono soltanto una crepa in questo castello di vetro
Hardly anything left for you to see - Non è rimasto quasi niente da vedere per te
For you to see - Da vedere per te.
 
Parcheggia, scende dall’auto e mi apre persino lo sportello.
Insiste per accompagnarmi fino alla porta e lì mi ritrovo a pensare, presa dal panico, che magari mi vuole baciare e io non sono pronta a questo passo, soprattutto perché è la prima volta che usciamo insieme e non ci conosciamo abbastanza.
Ma una piccola vocina dentro di me mi urla che, se lui si avvicina, perché dovrei tirarmi indietro? Perché sprecare un’occasione con lui, che stasera si è dimostrato così educato, gentile e divertente. Poi, è bello, non solo carino. Più lo guardo è più dico a me stessa che, oggettivamente parlando, è davvero un bel ragazzo. E se è interessato a me ben venga.
Davanti alla porta di casa trovo il coraggio di parlare e staccare la spina a quei pensieri troppo confusi e disorganizzati.
-Grazie per la bella serata, mi sono divertita davvero.- Accenno ad un sincero sorriso.
-Anche io mi sono divertito e spero che questa serata si possa ripetere presto.- Anche le sue labbra si piegano all’insù, imitando le mie.
Mi muovo nervosamente sul posto, stritolando le mie mani che hanno iniziato a sudare.
-Beh, allora buonanotte.- Non sapevo bene cosa dire, così ho optato per la cosa più semplice che mi è venuta in mente.
-Buona…- Ed ecco che si avvicina, mentre io mi ritrovo a deglutire ripetutamente, mordendomi con forza il labbro. -…notte.- La sua mano mi lasica un’altra carezza sulla guancia, paralizzandomi sul posto, e la mia vista viene rapita dall’avanzare delle sue labbra verso le mie.
Sono quasi decisa ad arrendermi a questo bacio, quando la porta accanto a noi si spalanca improvvisamente, facendomi spaventare a morte.
Difatti sussultiamo sia io che Claudio, terrorizzati all’idea che si tratti di mio padre, ma colui che si presenta alla nostra vista non è affatto l’uomo che ha contribuito a mettermi al mondo, ma l’ultima persona che avrei voluto vedere in questo momento.
Non ce l’ha una casa, dannazione?! Perché proprio adesso?, penso con disperazione.
Sembra farlo apposta a comparire nei momenti meno opportuni.
Nei suoi occhi passa un lampo di qualcosa a cui non saprei dare un nome, ma a parte questo resta impassibile difronte a noi due.
Il moro, allo scatto della porta, si è allontanato rapidamente da me, ma vedendo che si tratta semplicemente del biondo, torna a riavvicinarsi a me per stamparmi un bacio sulla guancia e andare via, lanciandomi un sorriso eccessivamente felice.
In tutta quella sequenza di azioni da parte di Claudio, Alex è rimasto immobile con lo sguardo fisso su di me, la mascella rigidissima e il corpo teso, come se stesse per scattare da un momento all’altro.
Tra i due non c’è stato neanche un saluto o un cenno, cosa che mi lascia perplessa. Si sono volutamente ignorati.
Non accenna a muoversi o almeno a liberarmi il passaggio affinché io possa entrare a casa mia, continua a inchiodarmi con i suoi occhioni accigliarti.
-E io che credevo fossi una verginella alle prime armi. Mentre adesso hai non uno, ma due ragazzi con cui divertirti! Sono piacevolmente sorpreso.- Spura con un’acidità che non credevo possibile, il tono della sua voce è più letale del veleno di un serpente.
-Ma che stai dicendo?- Sono disorientata dalle sue parole, non capisco che cosa diamine voglia da me adesso.
-Se ti va di divertirti anche con qualcun altro, io sono disponibile.- Un angolo della bocca si solleva in quello che dovrebbe essere un sorriso storto e ricco di mal celato disprezzo ed evidentissima strafottenza.
-Sei un completo idiota.- Continuo a non capire dove voglia andare a parare, ma sta di fatto che quello che dice è un chiaro insulto nei miei confronti.
-E così esci con Dalena?- Domanda pungente.
-Chi?- In un primo momento non riconosco il cognome di Claudio.
-Il deficiente che se n’è appena andato. Mi dispiace tanto averti rovinato il finale della serata.- E lo vedevo tutto il suo dispiacere disteso in un ghigno fastidioso.
-Lo vedo.- Rispondo infatti, inarcando le sopracciglia con diffidenza. -Adesso, che ne dici di spostare la tua massa corporea per liberarmi l’accesso in casa mia?-
Non mi dà alcuna risposta, ma muove dei lenti e calcolati passi verso di me, costringendomi ad indietreggiare, mentre un campanello d’allarme inizia a suonare insistentemente nella mia testa.
Nessuna parola fuoriesce dalla mia bocca, fino a quando non mi accorgo, ormai troppo tardi, della sua vicinanza e delle sue mani bollenti che circonda il mio viso con prepotenza.
Il disgusto è malcelato sul suo viso e la voglia di prenderlo a schiaffi sale ad ogni centimetro che la sua bocca guadagna verso la mia.
Il mio cuore, bastardo traditore, ha spiccato il volo. Sento il suo rimbombo in ogni mia parte del corpo. Batte così forte che temo riesca a sentirlo anche Alex, il quale fissa le mie labbra come se volesse divorarmi.
Non può davvero avere intenzione di baciarmi quando, appena poco fa, lo stava per fare un altro ragazzo!, i miei ultimi pensieri famosi prima che la sua bocca si tuffasse sulla mia.
Questo bacio è come una liberazione.
Tutta la tensione e frustrazione accumulate in questi giorni, in cui mi ha deliberatamente evitata e ignorata, esplodono provocando un’altra rottura in me. E’ un fuoco d’artificio, è fuoco puro.
Sento la sua lingua lambirmi le labbra per poi immergersi nella mia bocca avida dei suoi baci, facendomi così attorcigliare lo stomaco mentre una morsa di puro piacere lo invade.
Lecca, succhia, morde con arroganza, come se sapesse che di me può fare ciò che vuole.
Non mi accorgo nemmeno di star ricambiando il suo bacio con desiderio, finché non mi ritrovo con le mani tra i suoi capelli, una sua mano sulla schiena con l’intento di spingermi verso di sé e l’altra dietro la mia nuca, reclinandomi leggermente il collo per avere un miglior accesso alla mia bocca.
Sono così rapida dal modo seducente in cui muove le labbra sulle mie. Non mi rendo conto neanche del fatto che mi abbia tirato un morso, anche piuttosto forte, fino a quando non sento un dolore al centro del labbro inferiore.
Come se improvvisamente gli fosse ritornata la ragione, cosa che in questo momento non mi appartiene affatto, mi allontana da sé in modo secco.
Scombussolata e con il respiro ansante, lo guardo mentre mi supera con passo svelto e mi lascia lì, da sola, sull’uscio di casa, a ripensare a quello che è appena successo.
Non mi sforzo nemmeno di insultarmi mentalmente per la mia poca volontà e resistenza nei suoi confronti, perché il mio fottutissimo problema è che su quelle labbra ci ho lasciato il cuore.
 
 
 
 
 






Angolo autrice
Salve salvino :)
Non ho intenzione di scrivere note chilometriche, ma volevo semplicemente augurare a tutte voi lettrici un felice anno nuovo, sperando che il 2013 porti più cose positive dell’anno appena trascorso che, per quanto mi riguarda, è stato davvero schifosamente monotono e triste. Un giusto mix di delusioni, amicizie false da lasciarsi alle spalle, problemi familiari e tanto tanto dolore al cuore.
Ah, la vita! :3
Comunque sia, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate lasciarmi un piccolo commento/parere a riguardo.
Un bacio e ancora auguri,
Maky

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***






CAPITOLO 13
 

 

Pov Alex
 
Quella piccola puttana!, continuo a ripetermi mentalmente, senza neanche sapere il perché io sia così scazzato in questo momento.
Sembro un leone a cui hanno strappato la criniera con una ceretta. Ridicolo.
Marcio senza meta da almeno dieci minuti buoni e non riesco ad impedire che quella voglia di prendere a pugni qualsiasi cosa mi capiti a tiro cresca dentro di me ogni secondo di più.
Che cazzo mi è saltato in mente? Perché minchia ho baciato quella nana da giardino?! E se proprio in quel momento fosse comparso Mirko, come avrebbe reagito? Probabilmente non mi avrebbe più rivolto la parola e la cosa non avrei mai potuto sopportarla, perché è il mio migliore amico da sempre ed è come un fratello per me.
Sento ancora il sapore di quella frigida del cazzo sulle labbra.
Dio, però ha un ottimo sapore, mi ritrovo a pensare, resistendo alla voglia di inumidirmi le labbra per constatare se una parte di lei è rimasta lì, sulla mia bocca, a farmi compagnia adesso che sono solo.
E io che mi facevo scrupoli a non avvicinarmi tanto a lei dato che ormai ci provava Daniel, perché non mi va di ritrovarmi a fare a pugni con lui solo per il fatto che quella puttanella mi fa arrapare con i suoi modi di fare. Anche semplicemente quando si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio o quando si mordicchia il labbro inferiore con nervosità mi piace; o peggio ancora, quando sento il suo sguardo su di me e non lo ricambio solo perché altrimenti lei lo distoglierebbe in fretta, anche in quel caso mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Tiro un calcio ad una lattina gettata lì in mezzo alla strada da qualche deficiente, come se non esistessero i centini appositi per l’immondizia. Come se non bastasse per questa sera orribile però, da bravo deficiente quale sono, ci metto troppa forza a causa della rabbia trattenuta a mala pena e quell’affare accartocciato della coca cola finisce dritto dritto sul parabrezza di un auto nelle vicinanze, facendo scattare l’allarme dell’antifurto.
Mi allontano immediatamente da lì, svoltando al primo vicolo possibile, spaventato che il proprietario dell’auto potesse entrare in scena proprio in quel momento.
Già, come sei entrato in scena tu mentre Dalena stava per baciarla,sussurra una vocina nella mia testa.
Mi do uno schiaffo sulla fronte, come per allontanare quell’immagine nauseante.
Come può stare con quell’ammasso di letame umano? E’ così insignificante rispetto a me.
E’ il solito morto di fica che fa tutto il carino e il gentiluomo dei miei stivali nella speranza che qualche ingenuotta spalanchi le gambe.
Mi ricordo tutt’ora le sue parole quando, il giorno in cui andai a scuola con la febbre, mi ritrovai con delle strane sensazione mentre la stringevo tra le mie braccia senza riflettere.
 
-Non faccio la superiore! Semplicemente voglio che la mia prima volta sia speciale.
-E con me non lo sarebbe?
-No, affatto. Farò l’amore solo con il ragazzo che amo, non come fai tu, solo per puro divertimento.

Sorrido senza divertimento e sento le mani prudere ancora.
E si è accorta di amare alla follia quella piattola così, all’improvviso? Penso sardonicamente.
  L’immagine di lei sotto di lui mentre geme mi fa andare letteralmente il sangue al cervello, tanto che mi ritrovo istintivamente a tirare un pugno sul muro accanto a me, facendomi pure un male cane.
Cazzo, che dolore! So di avere una smorfia sofferente sul viso, ma immaginare che quella parete fosse la faccia di quel segaiolo mi fa sentire leggermente più soddisfatto, perché ci gioco le palle che prima o poi lo pesterò a sangue.
Cos’è quella sensazione strana allo stomaco? Possibile che, dopo essermi scolato due birre e un pacco intero di patatine e schifezze varie, io abbia ancora fame?
Girato l’angolo, ormai quasi arrivato a casa, decido di fermarmi al piccolo bar proprio qui vicino che, diversamente da come immaginavo, è pieno di persone.
Ordino qualche stuzzichino e un’altra birra, con il desiderio di bere così tanto da sentirmi più sereno e meno nervoso, visto che la mia rabbia sembra aumentare a dismisura.
Vago con gli occhi in giro per il bar e un istinto naturale si fa spazio tra tutte le altre sensazioni amplificate che mi alloggiano dentro.
E’ un groviglio di non so cosa, proprio all’altezza dello stomaco.
Ma che cazzo ho? Forse non scopo da troppo tempo! Devo trovarmi una da farmi che possibilmente non sia nana, con gli occhi azzurri e i capelli castani.Sono immerso nei miei pensieri quando trovo la ragazza che fa proprio al caso mio.
Con la bottiglia di vetro della birra stretta tra le dita, mi avvicino alla prescelta stampandomi un finto sorriso dolce e allo stesso tempo compiaciuto sul viso.
Ho già deciso come agire per stasera.
Le donne sono facili da ingannare, basta dire loro che sono belle, che ti fanno impazzire e stronzate varie e cadono ai tuoi piedi, perché ‘ti amo’ non è più l’unica parola chiave per far aprire le gambe ad una ragazza.
-Ciao.- Dico con la voce più sexy che riesco a tirar fuori.
So che ha effetto sulle ragazze, lo riconosco dalle reazioni dei loro corpi.
La bionda, alta quasi quanto me, si volta immediatamente verso la mia voce ed intreccia i suoi occhi scuri ai miei, stupiti di trovarmi così vicino a lei, ma soprattutto sorpresa del fatto che le stia dedicando attenzioni.
-C-ciao.- Ricambia il saluto, balbettando.
-Idaria, giusto?- Non ne sono certo, perché ci sono troppe ragazze che ci provano costantemente, ma se non sono nulla di speciale o particolare non vale la pena neanche di imparare i loro nomi.
-Sì, Alex?- Il suo tentativo di convincermi che non sappia con certezza il mio nome è patetico, ma mi costringo a continuare a sorridere affabile.
-Sì, in persona.- Senza accorgermene le sto già facendo la radiografia, soffermandomi sulle tette.
Inconsapevolmente, mi ritrovo a fare un paragone sconveniente con la nana e mi irrigidisco immediatamente.
Perché minchia penso alle tette di quella, se ho davanti una che ci sta palesemente con me, senza che io debba fare i salti mortali anche solo per sfiorarla?
Non passa molto e ci ritroviamo a parlare di qualche stronzata, ovvero lei parla e io faccio finta di ascoltarla.
Poco dopo decidiamo di andare in una discoteca, anche se non proprio vicinissima e lei per tutto il tragitto non fa che blaterare e blaterare.
Ma che cazzo è, un pappagallo? Ma sta’ un po’ zitta o al massimo impegna la bocca in qualcos’altro di più piacevole per me!
La musica è altissima e la gente nella discoteca è scatenata. Mi trascina in pista e inizia a strusciarsi con fare provocante.
Mi sento leggermente stordito e leggero a causa di tutto l’alcol che ho buttato giù, ma non abbastanza per non reagire istintivamente ad un corpo che mi muove a contatto con il mio.
Finalmente fa qualcosa di buono, penso sorridendo e prendendola per i fianchi morbidi.
E’ calda e sexy, ma soprattutto ci sa fare abbastanza bene.
Grazie al cielo la musica è così alta da impedirmi di ascoltare un’altra sua parola, così stufo di aspettare e, avendola a disposizione e spalmata addosso, la bacio con impeto infilandole la lingua in bocca, certo che non mi respingerà.
Difatti, lei si avvinghia ancora di più a me, ricambiando il bacio con entusiasmo e circondandomi il collo con le braccia.
Senza poterlo evitare, mi ritrovo inizialmente a fare una smorfia quando le mie labbra toccano le sue. Ha un sapore così diverso da quello di lei. La bionda sa di birra e rossetto, mentre la mia nana aveva un sapore dolce, davvero delizioso.
Mia?, inorridisco ai miei stessi pensieri.
Con le mani scendo sul suo fondoschiena e lei non ha niente in contrario, anzi sembra farle molto piacere. Ci ritroviamo presto nel sudicio bagno della discoteca a pomiciare come posseduti. Lei con le mani tra i miei capelli, mentre le mie cercano di risalire sulle sue cosce, portando con sé lungo l’ascesa la stoffa del suo vestito.
Uno schiocco di labbra, un morso, una palpata qua e là e ci ritroviamo a spogliarci febbrilmente, le mani affrettata dalla voglia.
Una volta nuda, mi beo della visione del suo corpo privo di indumenti e in bella vista, anche se so che non è quello che voglio. Prendendola in braccio, lei allaccia le gambe intorno ai miei fianchi e il gioco inizia.
E’ tutto un crescere di tensione, ma così come è iniziato finisce. Rapido, piacevole, soddisfacente almeno per il momento.
Quando arrivo al limite, mi ritrovo a sussurrare parole sconnesse ed esco rapidamente da lei, che mi ansima sul collo.
La guardo in faccia e lei sembra sconvolta, ma non mi interessa realmente il motivo, sopravvivo lo stesso anche se non so qualcos’altro della sua vita personale e delle sue puttanate.
Mi rivesto il più velocemente possibile e l’aiuto a fare altrettanto e, con un bacio alle sue labbra e il miglior sorriso che posso farle in questo momento, me ne vado altrettanto rapidamente.
So di essere impresentabile, perché sicuramente ho i capelli più disastrosi del solito, la bocca rosso fuoco e i vestiti spiegazzati, ma non mi importa di come mi vedono le persone.
Pensavo di alleggerirmi e rilassarmi con lei, ma farmela in uno schifoso bagno non ha avuto nessun effetto. Non era l’orgasmo che volevo, è come se mi fossi semplicemente svuotato le palle.
Fanculo, devo assolutamente smetterla di pensare di farmi la nana!
 
 
Pov Greta
 
Entro in casa con le gambe ancora molli, debolissime a causa dell’esplosione emozionale di poco prima, e mi dirigo in camera mia senza guardare in faccia nessuno.
Sono certa di avere l’espressione più ebete di tutta la mia vita e lo sguardo vitreo.
Non guardo chi mi passa accanto e non sento le parole di mia madre, perché la mia mente sta rivivendo per la centesima volta il momento in cui la bocca di Alex si è avventata sulla mia.
Vorrei potermi picchiare da sola per avergli permesso di umiliarmi così, per avergli concesso di muovere le sue labbra sulle mie e farmi surriscaldare al momento, per poi staccarsi come se nulla fosse e lasciarmi lì, da sola e con senso di vuoto e di freddo dentro di me.
E mi sento in colpa, tremendamente in colpa. Mi sono lasciata baciare da Alex, quando ho passato una splendida serata con Claudio. Mi sono arrese al paio di labbra sbagliate, dannazione!
Mi lascio ricadere a peso morto sul mio letto e prendo a fissare il soffitto della mia stanza, finché non sento il mio cellulare squillare pochi minuti dopo e finalmente mi decido a muovere il sedere e andare a recuperarlo dalla borsa.
-Pronto.- Dico automaticamente.
-Alla buon ora! Quando avevi intenzione di farmi avere tue notizie, signorina?- Mi rimprovera Marika dall’altra parte del telefono.
-Scusa, me ne sono completamente scordata…- Cerco di dire, la mia voce è fievole.
Ho un groppo in gola che fa male, tanto male, e gli occhi inavvertitamente iniziano ad inumidirsi.
-Che succede?- Capisce subito dal mio tono di voce che c’è qualcosa non va.
Così mi ritrovo a riassumerle tutta la serata, soprattutto il modo scioccante in cui si è conclusa con il tremore nella voce, specchio del modo incerto in cui sono arrivata in camera mia, mentre le lacrime iniziano a bagnarmi le guance.
-Ha rovinato tutto.- Concludo il mio lungo monologo con un singhiozzo.
-Quella testa di cazzo!- La sento inveire con rabbia.
Per alcuni secondi io non fiato, mentre la mia migliore amica si lascia sfuggire diversi insulti, decisamente poco carini e più che meriati, verso il fratello maggiore.
-Appena torna a casa giuro che lo uccido!- Urla fuori di sé.
-No, per favore, stanne fuori.- La supplico e la mia mente torna all’immagine dei suoi occhi nel momento prima che le nostre labbra si divorassero.
Sembravano così pieni di emozioni.
-Non puoi permettergli di trattarti così, non sei il suo giocattolo!
-E non ho intenzione di permetterglielo, infatti.- Con la mia frase voglio convincere più me stessa che lei.
Mi siedo alla scrivania e accendo il computer mentre la mia amica continua ad insultare copiosamente Alex, definendolo il più vigliacco puttaniere di tutti i tempi e facendomi così sorridere.
Facebook mi mostra ancora quella richiesta di amicizia che non ho ancora confermato, ma che mi sembra sia arrivato il momento di accettare, soprattutto dopo stasera.
Dimenticare, ecco cosa devo fare.
Eliminare il ricordo dalla mia amigdala una volta per tutte e fare qualcosa.
Senza riflettere oltre, riattacco salutando la mia amica frettolosamente e mando un messaggio a Claudio, sia per scusarmi che per cercare di rimediare.
La confusione fa da padrona nella mia testa.
Ehi, scusami per stasera. Non sapevo che l’amico di mio fratello avrebbe deciso di rompere le palle e mi spiace che tu te ne sia andato subito a causa di quello, perciò mi chiedevo se ti andava di vederci ancora… :)
Invio e cerco di respirare tranquillamente, aspettando la sua risposta.
Il suo messaggio non tarda ad arrivare:
Tranquilla, non c’è problema. Comunque mi farebbe piacere rivederti presto :)
Sorrido, tornando a respirare, senza accorgermi nemmeno che mentre visualizzavo il suo messaggio stavo trattenendo il respiro.
Presto quando? :P
Decido di osare un po’ e vado a stendermi di nuovo sul mio letto, dopo aver spento il pc.
Quando vuoi, sono sempre disponibile per te.
Sorrido ancora, cercando una risposta adatta che non mi faccia sembrare troppo sfacciata o troppo insicura.
Nel fine settimana?
Spero che non abbia altri impegni, perché ho davvero bisogno di stare con qualcuno che mi faccia almeno per un attimo scordare di un ragazzo biondo che dovrei odiare con tutta me stessa.
Perfetto, va benissimo!
E da lì il discorso si allunga; infatti, dopo aver indossato il pigiama, mi infilo sotto le mie coperte e continuo a parlare con Claudio, finendo per addormentarmi con un mezzo sorriso sulle labbra.
 
Il giorno seguente per me andare a scuola è una tortura, letteralmente.
Ovunque mi giri mi sembra di vedere Alex e la sua chioma chiara e dire che mi prende un colpo ogni volta è un eufemismo. Credo di iniziare ad avere le allucinazioni.
Le cose però sono peggiori di quando già temessi perché, non appena metto piede nell’aula, tutte le ragazze della mia classe sono ammassate intorno ad un banco.
Inizialmente non ricordo nemmeno chi cavolo si siede lì, ma poi quando immagino la mia classe al completo mi torna in mente il viso della persona che solitamente occupa quel posto.
Fregandomene altamente di quello che potrebbe essere il pettegolezzo del giorno, anche perché di problemi a cui pensare bastano i miei, mi dirigo verso il mio banco.
Marika, seduta al suo solito posto, quando mi vede andare verso di lei, fa una faccia strana e preoccupata che non mi piace per niente.
Prima che io possa però accomodarmi e rivolgere anche una sola parola alla mia migliore amica, un’altra persona si rivolge a me, catturando la mia attenzione.
-Ohi Greta, hai sentito?- Mi domanda Luisa con un’incomprensibile entusiasmo.
-Cosa avrei dovuto sentire?- Chiedo confusa e leggermente irritata da lei.
-Idaria si è fatta il figo di quinto!- Sghignazza maliziosamente, lanciando un’occhiata alla mia compagna di banco.
Io volto immediatamente lo sguardo verso Ricky, che si tiene la testa tra le mani e evita appositamente il mio sguardo.
-Chi si sarebbe fatta?- La titubanza fa tremare leggermente la mia voce.
-Come chi? Alex, no? Quello biondo e bono, che quando lo vedo mi sciolgo.- Continua imperterrita e, facendo finta di avere caldo al solo pensiero di lui, si fa aria con la mano.
-Smettila, stai parlando di mio fratello.- La rimbecca, con malcelato disgusto, Marika.
-Ah, giusto.- Dà ragione alla mia amica, ma comunque non si tappa la bocca. -Ieri sera, a quanto pare, lui ci ha provato tutta la serata con lei e, quando si sono decisi, sono andati a casa di Idaria e ci hanno dato dentro per ore!
-Buon per loro.- Deglutisco, sentendo un senso di nausea improvviso.
-Chi te le ha dette queste cose?- Sento la voce della bionda al mio fianco.
-Idaria stessa stamattina.- Risponde, facendo l’occhiolino ad entrambe per poi allontanarsi e tartassare quelli appena entrati nella classe con l’ultimo gossip piccante.
Per quanto riguarda me, dire che sono vicina al collasso è davvero poco. Sento il cuore martellare dolorosamente e il respiro fatica ad uscire dai polmoni. La testa gira e la vista si appanna e, senza rendermene conto mi ritrova a correre fuori dalla mia classe come un razzo, sperando che nessuno mi noti.
Non sento la voce di Marika che mi richiama, preoccupata e triste per me, risento all’infinito solo le parole di quella pettegola che mi rimbombano nella testa. E’ come un vecchio cd, ormai quasi del tutto graffiato, che si blocca e fa ascoltare sempre lo stesso pezzo.
Lui ci ha provato tutta la serata con lei, ci hanno dato dentro per ore. Lui ci ha provato tutta la serata con lei, ci hanno dato dentro per ore. Lui ci ha provato tutta la serata con lei, ci hanno dato dentro per ore.
Mi tappo le orecchie con i palmi delle mani, come se questo bastasse ad allontanare quella vocina o a farmi stare meglio.
Mi sembra di avere un masso pesantissimo sul petto che non mi permette di respirare come vorrei e gli occhi, pieni di lacrime calde che iniziano ad inondarmi le guance, altrettanto arrossate, rendono le persone intorno a me quasi sfocate ed irriconoscibili.
Sbatto contro qualcuno, che non osa dirmi nulla una volta vista la situazione in cui sono, e chiedo scusa frettolosamente, mentre corro al riparo nel bagno delle ragazze.
Sbatto la porta dietro di me e mi accascio alla parete infondo alla stanza, lasciandomi andare in un pianto liberatore.
Continuo a singhiozzare anche quando sento la porta aprirsi, ma non mi curo nemmeno di vedere chi è appena entrato, continuo a pensare a quanto cazzo faccia schifo essere dipendenti da una persona.
-Greta?- Sussulto, ascoltando la sua voce, e alzo la testa, che avevo poggiato sulle mie ginocchia ripiegate al petto, di scatto.
Alex è incerto all’entrata del bagno delle ragazze e mi guarda accigliato, mentre io ho il respiro bloccato tra i denti e la rabbia, la gelosia, l’amore di cui sono capace cercano ognuno di prendere il sopravvento e mi ritrovo ad esplodere non appena fa per avvicinarsi alla mia figura tremendamente fragile seduta sul freddo pavimento. Non faccio neanche caso al fatto che probabilmente è la prima volta da quando lo conosco che mi chiama per nome.
Perché diamine è qui? Vuole torturarmi ancora?!
-Non ti avvicinare a me.- Ringhio tra i denti, cercando di apparire sicura, ma le lacrime continuano a scorrere ininterrottamente e senza controllo dai miei occhi.
-Perché stai piangendo?- Domanda e, senza dare ascolto alle mie parole, si inginocchia vicino a me.
Mi guarda con pietà, confusione e preoccupazione che non gli avevo mai visto provare davvero; o forse gli sembro semplicemente un cucciolo abbandonato, tanto disperato da scatenare involontariamente la sua tenerezza. Perché si preoccupa per me, perché?!
I suoi occhi non fanno che far aumentare il mio dolore, così come le sue labbra perché la sera prima hanno baciato con così tanto trasporto le mie per poi buttarsi su un'altra bocca e un altro corpo. Persino le sue mani mi fanno imbestialire, infatti quando fa per spostarmi una ciocca di capelli, umida a causa delle lacrime, dietro l’orecchio, gliela schiaffeggio con forza.
-Non mi toccare.- Lo spingo via con tutte le forze che ho nel corpo, non ho neanche la forza di guardarlo più in faccia.
-Che diamine ti prende adesso? E’ per il bacio di ieri sera? Non mi sembrava ti dispiacesse tanto.- Ha anche il coraggio di sbeffeggiarmi con divertimento, mentre l’unica cosa che vorrei fare io è sotterrarmi da qualche parte dall’altra parte del mondo.
-Vaffanculo, sei… disgustoso. Mi fai schifo!- Urlo per poi singhiozzare ancora.
Alla mia violenta reazione, un lampo consapevole passa nei suoi occhi e capisco che finalmente ha intuito il motivo per cui sono così turbata e infelice.
Il suo sguardo è diventato impenetrabile e l’unica cosa che fa ripetutamente è mordersi il labbro con forza.
Con gesti meccanici, si toglie lo zaino dalle spalle per recuperare un pacco di fazzoletti quasi vuoti e posarlo accanto ai miei piedi. Senza dire un’altra parola, si alza e mi lascia da sola a continuare a frignare come una poppante.
E io, infatti, continuo per un bel po’ a piangere di come mi sono mostrata per l’ennesima volta debole davanti a lui, facendogli persino capire quanto il fatto che stanotte si sia dato da fare mi faccia male; piango perché mi sento sola anche se circondata da persone che mi vogliono bene, piango perché sembra farmi stare persino un po’ meglio, piango perché questo mi permette di riprendere a respirare poco alla volta.
 
Passano i giorni e continuo ad essere una specie di zombie depresso e con gli occhi perennemente gonfi e rossi, e nemmeno le uscite con Claudio riescono a distrarmi totalmente dai brutti pensieri. Nonostante la mia voglia di uscire sia minima, mi sono ripromessa a me stessa che non avrei lasciato andare a puttane un altro solo giorno della mia vita a causa di Alex Rossi, che andasse a farsi fottere sia lui che Idaria o chiunque altra si porti a letto.
Ovviamente questo è quello che mi ripeto coraggiosamente quando sono chiusa nella mia stanza a riflettere su quanto i ragazzi siano problematici e completamente bastardi, mentre quando sono a scuola o in giro ho il terrore di vederlo e di provare ancora quella brutta sensazione di qualcosa che continua a rompersi dentro di me. Come se, ogni volta che i suoi occhi incontrano i miei, un martello colpisse il mio fragile, difettoso e ribelle organo che porta il mio sangue in giro per il corpo, riducendolo ogni volta in uno stato sempre meno stabile e forte.
Ma non è neanche colpa sua, che cosa pretendevo? Che improvvisamente, senza un motivo, lui iniziasse a provare qualcosa per me per poi dichiararmi il suo amore eterno?
Dopotutto le probabilità che qualcosa accada sono inversamente proporzionali alla sua desiderabilità, quindi questo lo rende impossibile.
Mi consola però, almeno un po’, avere Daniel accanto, sempre pronto a coccolarmi e a rassicurarmi con parole dolci. Adoro quando, anche se mio fratello lo guarda male, lui se ne fotte altamente di chi ha intorno e mi stritola in un abbraccio caldo e accogliente, braccia che mi fanno stare bene tutto sommato.
Anche Claudio fa di tutto per farmi ridere. Non mi ha fatto mai domande sul perché fossi così giù di morale negli ultimi giorni, ma è chiaro che si sia accorto di un mio involontario ed evidente cambiamento e quindi, di conseguenza, cerca di strapparmi un piccolo sorriso, facendo tutto quello che gli è possibile fare.
 
-Perché mangi il gelato in quel modo?- Domanda guardandomi con un’espressione stranita, al che mi domando se mi sono sbrodolata e macchiata come una bambina piccola.
Guardo velocemente i miei vestiti, ma non trovo nessuno sporco sulla maglietta e neanche sotto al mento o ai lati della bocca.
-In che modo?- Gli chiedo io, senza capire.
-Ti sei sporcata tutta.- Fa una faccia furba poco prima di spalmarmi buona parte del suo gelato sulla bocca, ma anche sulle guance, cosa che mi fa lanciare un lamento a metà tra l’infastidito e il divertito.
-Sei tutto scemo.- Borbotto, pulendomi con un fazzolettino la faccia.
Lo guardo in faccia e lo becco mentre lui, a sua volta, ha lo sguardo fisso su di me ed entrambi scoppiamo a ridere.
 
-Claudio, devo ritornare a casa, altrimenti mio padre mi fa il sedere a strisce.- Affermo, un po’ dispiaciuta all’idea di doverlo salutare così presto.
-Tranquilla, ti va di uscire anche domani?- Chiede con gentilezza, staccando gli occhi dalla strada per puntarli nei miei per pochissimi millesimi di secondo.
Potrei nuotarci nelle sue pozze nere, tanto sono profonde le sue iridi scurissime.
-Con piacere.- Rispondo con sincerità ed accenno ad un sorriso, mentre parcheggia pochi metri lontano da casa mia.
-Allora a domani.- Sussurra per poi cercare di avvicinarsi, con evidente incertezza, senza rompere il contatto visivo con la sottoscritta.
Io, stupendo persino più me stessa che lui, voglio poter provare quelle forti emozioni che avevo provato quando le labbra di Alex si sono tuffate sulle mie, perciò decido di affrettare un po’ le cose e dargli coraggio con i miei gesti decisi e rassicuranti.
Gli poso una mano sulla guancia e chiudo gli occhi, aspettando il tocco della sua bocca, che non tarda ad arrivare. E’ qualcosa di leggere, che poi prende la carica e si trasforma pian piano in un insieme di schiocchi e sospiri. Ma nonostante la ferocità con cui il bacio si è evoluto, non provo quello che speravo. Non sento la morsa da una parte piacevole e dall’altra fastidiosa allo stomaco, non sento la voglia di continuare a baciarlo all’infinito, non sento il desiderio di sentire le sue braccia avvolgermi e la sua bocca divorarmi.
L’unica cosa che percepisco è un lieve rossore che si forma sulle mie gote, poiché non mi aspettavo che fosse così passionale. Non è che mi faccia schifo, perché anche se un po’ inesperta si capisce quando un ragazzo è bravo a baciare, e Claudio lo è davvero. Il mio fottuto problema è che, mentre bacio lui, penso ad un altro e questo mi fa sentire sbagliata e in colpa.
Quando stacca la bacca dalla mia, mi dà un altro rapido bacio con il sorriso sulle labbra e con la mano sinistra mi lascia una carezza tenerissima sulla guancia.
 
Man mano che le uscite con lui diventano più numerose e frequenti, anche i baci e le carezze lo sono. Non mi dispiacciono, ma non mi fanno neanche sentire euforica e al settimo cielo.
Ho seriamente e più volte pensato di chiudere la faccenda con lui prima che si complichi ancora, sentendo di star facendo un grosso errore, soprattutto illudendolo che ci possa essere qualcosa di più. Quello che ogni volta però mi ha fermato dal farlo era la visione di Alex e di Idaria insieme.
Il solo pensiero mi fa imbestialire e venire la voglia di picchiarli, investirli o mutilarli; soprattutto lei che osa toccarlo, baciarlo, sorridergli, mentre io non posso farlo mai.
 
Un mercoledì sera, mentre mi infilo il cappotto e il cappellino prima di raggiungere Claudio, che mi aspetta ormai come d’abitudine in macchina, sento una presa sul mio polso che mi fa voltare di scatto.
Mio fratello, rigido come un manico di scopa, mi guarda in cagnesco.
-Dove vai?- Sibila per poi digrignare sonoramente i denti.
-Esco con Claudio, perché?- Domando accigliandomi, confusa.
-No, tu con quello non ci esci più.- Alza la voce con rabbia, lasciandomi basita.
-Scusami?- Adesso sì che iniziano a girare anche a me.
Mi stacco le sue dita che stavano ancora arpionando la mia mano e, con tutta la calma che riesco a trovare, faccio per uscire di casa, senza dargli alcuna risposta.
Però, prima ancora che io riesca ad aprire anche di pochi centimetri la porta, la sua mano la sbatte di scatto, richiudendola e facendomi sussultare e girare immediatamente verso di lui per guardarlo malissimo.
Che cavolo gli prende? E’ impazzito?!
Se il mio sguardo potesse uccidere, lui sicuramente sarebbe morto da tempo.
-Mirko, si può sapere che cazzo vuoi?- Ringhio, sentendo il fastidio e la rabbia aumentare.
-Non voglio che esci più con quello, te lo proibisco.- Incrocia le braccia al petto.
-Non ti ho chiesto il permesso di uscirci e non mi interessa se tu approvi o meno. E comunque Claudio deve piacere a me, non a te.- Ribatto seccata.
-Tu non lo conosci, si sta prendendo gioco di te. E’ un falso, bugiardo, manipolatore…- Inizia a dire con enfasi e convinzione.
-Dì un po’, ti sei scolato una bottiglia di vodka prima di venire a rompere l’anima a me?!- Esclamo indignata.
-Non sai di cosa è capac…-
-Non sono fatti tuoi!- Lo interrompo di nuovo, alzando di molto la voce e scandendo ogni singola parola affinché afferri il concetto.
Lui ammutolisce e, con la stessa velocità con cui si è avventato su di me, se ne va, mentre io esco di casa, sbattendomi la porta alle spalle con tutta la forza che ho.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***




 

CAPITOLO 14



Ho sempre sentito dire che gli occhi sono lo specchio dell’anima, che riescono a mostrare e tirare fuori quello che vorresti nascondere persino a te stesso. Allora i miei occhi gonfi e rossi cosa dovrebbero trasmettere? Che sono ferita, triste? Ma come posso essere ridotta così per una persona che infondo non conosco come vorrei? Come posso lasciare che uno stronzo del genere, con cui non ho condiviso quasi niente, a parte qualche bacio rubato, mi rovini le giornate? Come posso deprimermi al pensiero che un’altra ragazza si sia avvicinata a lui, mentre poco prima baciava me con così tanto trasporto e passione da farmi tremare le ginocchia?
Inizio a spazientirmi, irritata a morte dai miei stessi stupidi pensieri in cui lui è sempre, guarda caso, il protagonista.
Per quanto io mi prometta di non dedicargli più neanche un misero secondo della mia vita, non ci riesco. Il mio corpo è composto per il 70% d'acqua e il restante 30% di questi buoni propositi che ci affogano dentro, con troppa facilità.
Ma non è sempre colpa mia se non riesco ad evitarlo, ma è anche sua e della sua amicizia con mio fratello. Proprio in quei giorni in cui non voglio neanche sentirlo nominare, ecco che me lo ritrovo davanti con la sua solita aria scazzata e superiore. Dire che ho la tachicardia quando i miei occhi si intrecciano ai suoi, anche se per pochissimi secondi, è un eufemismo.
Vorrei odiarlo perché è uno stronzo manipolatore, ma quella strana attrazione che provo nei suoi confronti me lo impedisce.
Non so di preciso cosa provo per lui, ma non è assolutamente niente di buono.
Marika, invece, dal canto suo sta vivendo un vero e proprio sogno. Non avrei mai immaginato che mio fratello, quella sottospecie di scimmia che mi fa incazzare sempre, fosse capace di essere così dolce e amabile con la mia migliore amica.
-Ieri sera siamo andati a pattinare.- Sussurra trasognante Ricky, poggiando il mento sul palmo della mano e fissando un punto davanti a sé, senza degnare di un briciolo di attenzione il professore di matematica impegnato a scrivere qualcosa alla lavagna.
Per quanto io mi senta depressa e scazzata per la maggior parte del tempo, cerco di non darlo a vedere, specialmente a scuola. Non voglio sentirmi una debolissima e fragile bambola di porcellana ogniqualvolta incontro un paio di occhi verdi come smeraldi, perciò sorrido e elimino, anche se solo momentaneamente, ogni pensiero dalla testa.
-Da quando tu sai pattinare?- Domando scettica, ma allo stesso tempo sorpresa e curiosa di sapere altro sulla loro serata romantica.
-Da quando lui mi ha dato lezioni.- Il suo sorriso si allarga.
-Sì, certo.- Ribatto, ridacchiando. -Mirko ti ha dato un altro genere di lezioni, su una superficie decisamente più morbida del ghiaccio.-
Noto con divertimento che arrossisce per poi sorridere ancora, ripensando sicuramente a qualcosa che non credo di voler sapere.
Si schiarisce la voce prima di parlare con il mio stesso tono sfacciato. -Non l’abbiamo fatto solo sul letto.-
-Cosa?!- Esclamo allibita e schifata per l’immagine che si è appena formata nella mia mente. Dov’è finita la mia cara e, più o meno, casta migliore amica?
-Sul divano, in macchina e per poco anche sul tavolo della cucina.- Scuote le spalle, come se stesse dicendo la cosa più normale del mondo.
-Bleah!- Sto per vomitare. Sul tavolo della cucina? Ma è disgustoso!
-Fidati di me, quando proverai cambierai idea.- Dice ridendo come una pazza.
-Non farò mai sesso sul tavolo della cucina dove solitamente mangio.- Inorridisco al solo pensiero.
La ragazza bionda al mio fianco non riesce a ribattere alla mia affermazione perché il professore, stufo di sentire un vociare in sottofondo alla sua spiegazione, ci lancia un’occhiataccia tremenda, minacciando di metterci due se non la smettiamo di chiacchierare, disturbando così la sua importantissima lezione.
Ogni tanto, quando non sono attenta o non parlotto con la mia migliore amica, senza poterlo evitare e senza neanche rendermene conto, mi ritrovo a fissare Idaria con odio misto ad invidia. Lei è così bella, bionda, alta. E ovviamente è voluta da molti ragazzi della mia classe, cosa che la fa sentire superiore a noi verginelle con zero esperienze in fatto di maschi. In confronto a lei io sono il nulla, non valgo niente.
E’ ovvio che Alex, dopo aver baciato me, sia andato con lei. Forse bacio così male che ha dovuto assolutamente allontanare la penosa  prestazione delle mie labbra sulle sue dalla mente.
A fine lezione, mi alzo per stiracchiarmi un po’ le gambe indolenzite e, sentendo la gola secca, decido di andare a comprare una bottiglietta dell’acqua dalla macchinetta del mio piano, che hanno finalmente aggiustato.
-Ehi Greta!- Mi saluta allegramente Giacomo, mentre sto tornando in classe con la bottiglia di plastica tra le mani.
-Ciao.- Accenno un sorriso educato.
-Come va?- Si appoggia al muro, e così sono costretta anche io a fermarmi a parlare con lui lì, per non essere maleducata e offenderlo.
-Potrebbe andare meglio, a te?- Andiamo nella stessa classe ma, come con molti altri, ultimamente non ho più nessun genere di rapporto con nessuno, perché preferisco stare per i fatti miei, sola con i miei pensieri e la mia depressione. Anche se, bene o male, cerco di reprimere il tutto.
Se qualcuno in questo momento mi chiedesse: qual è la mia attuale situazione sentimentale? La mia risposta non potrebbe che essere: tragica per sempre.
-Benone… Ecco, mi chiedevo se uno di questi giorni… ti andava di fare insieme a me un giro al parco.- Dice titubante, prendendo subito a mordersi il labbro con nervosismo.
Ed ecco che resto spiazzata, perché Marika ancora una volta aveva ragione e Giacomo, dopo parecchio tempo, ha deciso che è arrivato il momento di farsi avanti e chiedermi di uscire. Non so cosa dire, infatti boccheggio a disagio per un bel po’ sotto lo sguardo impaziente del mio compagno di classe.
Non posso rispondergli con un secco no, perché non sono tanto stronza da umiliarlo così, senza che dopotutto mi abbia fatto niente di male; tuttavia, non è assolutamente pensabile che lui riceva un sì da parte mia. Questo non perché io mi creda superiore a lui o perché io pensi di meritare qualcosa di meglio, ma perché in primo luogo esco già con Claudio, quindi la cosa sarebbe davvero orrenda da fare nei confronti di entrambi; in secondo luogo, non posso essere così idiota da provare ad uscire anche con un altro quando per la mia testa c’è posto per un solo ragazzo biondo, altissimo e con il talento nato nel farmi stare di merda senza alcuno sforzo particolare.
-Ehm… Giacomo non è il caso, perché sto con un ragazzo adesso…- Molto furbo usare Claudio come scusa, dicendogli che mi ci sono fidanzata, anche se è del tutto una bugia perché in fondo non so nemmeno io il perché continui a frequentarlo.
E’ dolcissimo, intelligente, educato e mi fa stare bene. Ma non c’è nessuna scintilla tra noi, non riesco a lasciarmi andare e aprirmi totalmente a lui, non riesco a pensare ad altro che ad Alex e ai suoi modi maleducati, ai suoi occhi, alle sue labbra. E’ snervante, ma è la verità.
Claudio sarebbe davvero un ottimo ragazzo per me, perché mi dedica attenzioni, mi coccola, mi fa sentire bella quando mi guarda con quegli occhioni scuri come la notte. Ma non si può scegliere chi amare, altrimenti la vita sarebbe troppo facile, no?
-Ah, va bene…- Sussurra leggermente abbattuto dal mio rifiuto, ma si riprende subito. -Comunque se cambiassi idea, la mia proposta resta sempre valida.-
-Okay.- Rispondo semplicemente, sforzandomi di sorridergli nel modo più naturale possibile, non sapendo bene che altro dire.
Stranita e con i sensi di colpa che mandano segnali di fumo al mio cervello, guardo di sott’occhi Giacomo che si dirige verso la nostra classe e faccio per seguirlo, ma una mano, che sbuca dal nulla spaventandomi e facendomi sussultare, mi blocca per il polso e mi fa voltare fulmineamente verso il proprietario di quelle dita calde e forti.
-State insieme?!- Esclama livido di rabbia Alex, che era l’ultima persona che mi aspettavo di trovarmi davanti.
Un po’ titubante per la sua improvvisa e per nulla prevista vicinanza, mi riprendo poco dopo strattonando il mio braccio e massaggiandomi il polso con delicatezza. La sua presa era così stritolante da lasciarmi una leggera striscia arrossata sulla pelle.
Non riesco a capire la sua violenta sfuriata nei miei confronti, visto che dovrei essere io ad aggredirlo e ad urlargli contro che è un grandissimo bastardo.
-Sei impazzito?- Il mio tono, per quanto desideri che sia arrabbiato quanto il suo, è inebriato dalla presenza del biondo, perciò risulta troppo stridulo e insicuro per i miei gusti.
Mi fulmina con lo sguardo, piuttosto infastidito. -Rispondimi- sibila.
-Non sono cose che ti riguardano!- Sbotto stufa da queste sue sceneggiate insensate.
Non mi calcola per giorni, mi tratta con menefreghismo e superficialità e poi  se ne esce con queste sue strane manifestazioni di… non so neanche io cosa. Se non lo conoscessi quanto basta, direi che è geloso.
-Sì, invece.- Il suo tono è secco e tagliente.
-Non ti ha mai detto nessuno che origliare è maleducazione?- Incrocio le braccia al petto, come se questo semplice gesto potesse proteggermi dall’effetto che la sua sola presenza mi provoca.
-Ti sta solo usando e neanche te ne accorgi, stupida ragazzina che non sei altro!- Ringhia, prendendomi per le spalle per darmi una scollata, anche piuttosto forte.
Una scarica elettrica, al momento di quell’insulso contatto, attraversa il mio corpo, facendomi sussultare. Mi mette definitivamente con le spalle al muro, mentre la rigidità della sua mascella e del suo collo non fanno che aumentare.
Quei pochi superstiti ancora nei corridoi assistono alla scena con curiosità, ma nessuno dei due ci bada più di tanto.
I miei occhi furenti sono allacciati ai suoi, le labbra di entrambi sono dischiuse, come se implorassero di avere un altro contatto le une con le altre, come se supplicassero di potersi toccare ancora. Ma questa non è la situazione giusta. Non può permettersi di sbattermi al muro, intrappolandomi con il suo corpo imponente, dopo tutto quello che ha fatto.
Ma poi, cosa ci fa qui? La sua classe non è su questo piano dell’istituto.
E’ venuto a parlare con me?, la mia stupida mente si illude, facendo così aumentare il mio battito cardiaco.
-Non mi dare della stupida.- Vorrei dirlo con rabbia, vorrei tirargli uno schiaffo e tornarmene in classe, ma non ne ho la forza e nemmeno la volontà di allontanarlo. Non proprio adesso che mi è di nuovo così vicino dopo tanto tempo.
E’ da tanto che non mi specchiavo nelle sue iridi verdi e intense, penso debolmente, mentre il mio respiro si fa leggermente irregolare.
E lui sembra accorgersene, ne è consapevole dell’effetto che mi fa, lo vedo scritto a lettere cubitali nei suoi occhi.
-E’ quello che sei.- Soffia, avvicinandosi ancora. La sua rigidità non sembra diminuire, ma la sua voce è così carezzevole e sensuale da farmi attorcigliare il fegato.   
Ha le spalle così larghe ed è così alto da coprirmi senza difficoltà. Al suo avanzare, deglutisco, desiderando soltanto potermi confondere con il muro alle mie spalle e mettere fine a questa situazione, perché, per quanto allettante essa sia, quella che alla fine ci resta sempre male sono io.
-Non sono affari tuoi di quello che c’è tra me e Claudio.- Alzo il mento, con l’intenzione di mostrargli di essere forte come un leone, anche se dentro sono un tenero agnellino insicuro fino alle ossa.
-Ti sbagli.
-Perché?- Domando con trepidazione.
Ho sempre avuto paura di fare domande di cui non ero certa di voler sapere la risposta, soprattutto adesso che ho lui, la mia tortura fatta persona, a pochissimi centimetri di distanza.
-Perché… sì.- E’ la sua brillante replica.
-‘Perché sì’ non è una risposta.- Gli faccio notare con stizza, perché speravo in qualcos’altro. -Comunque non ti dovrebbe interessare, come a me non interessa nulla di te.
Le mie ultime parole non devono essergli piaciute molto, perché lo vedo nitidamente divorarsi l’interno delle sue labbra. Le sue mani si appoggiano di nuovo sulle mie spalle, ma questa volta con più leggerezza, per poi tracciare una scia squisitamente dolce fino al mio collo e alla mia nuca, sulle quali fa un leggera pressione per potermi sollevare un altro po’ il viso verso il suo, così da poter fissare i suoi occhi nei miei.
-E allora perché quando ti sono vicino respiri più velocemente? Perché quando ti sfioro rabbrividisci?- Alle sue parole segue una lieve carezza al mio braccio, facendomi sussultare per l’ennesima volta. -Perché quando ti bacio mi stringi a te invece di respingermi?
-Perché…
-Perché ti piaccio, non negarlo.- Mi interrompe, parlando con sicurezza e sfacciataggine, mentre un sorriso sghembo gli si dipinge sul volto.
-Tu sì che hai poca autostima di te stesso.- Ribatto scettica, non sapendo come altro difendermi dalle sue parole tanto vere quando incomplete e taglienti.
-Non negarlo.- Ripete, sfrontato come sempre.
-Il fatto che io abbia un ragazzo dovrebbe aiutarti a capire che ti sbagli.- Cerco di sembrare il più possibile convincente e padrona della situazione, nonostante io non lo sia affatto.
-Quindi state insieme…- Incassa il colpo con una smorfia, irrigidendo nuovamente la mascella e digrignando i denti.
-Esattamente.
-E a Daniel non dà fastidio?- Grugnisce irrequieto.
-Cosa centra Daniel, scusa?- Chiedo, allibita dalle sue strane domande.
-Beh, mi sembrava chiaro che tra voi due ci fosse qualcosa.-
-Beh, mi sembra chiaro che tu abbia preso un abbaglio.- Lo scimmiotto, seccata dalla sua stupidità. -Siamo semplicemente amici.
E poi sarei io la stupida?!
Sembra leggere la sincerità della mia risposta nei miei occhi e la cosa sembra fargli piacere. Le sue mani, ancora sulla mia pelle, si spostano lentamente sulle mie guance con piccole carezze circolari.
Io, da brava cretina, mi ritrovo senza volere a fissare le sue labbra, le cui punte sono rivolte verso l’alto, che si avvicinano sempre di più alle mie.
-Sta fermo dove sei!- Lo avverto a metà tra l’astioso e l’arrendevole, portando le mie mani sul suo petto per tenerlo lontano da me, per quanto questo sia possibile.
-Perché? Mi vuoi baciare anche tu, è chiaro…- Ribatte, impertinente.
-Perché sono fidanzata.- Sostengo la menzogna con più audacia, incoraggiata dalla sua evidente irritazione al mio rifiuto.
-Scopate?- Domanda arrogante, allontanando con un gesto rapido le mie mani per avvicinarsi definitivamente a me. Il suo petto sfiora lievemente il mio, mentre le sue mani adesso fanno avanti e dietro su tutta la lunghezza delle mie braccia, in carezze che stavolta non hanno nulla di dolce.
-Non sono cose che ti riguardano.- Il mio è un flebile sussurro.
-Ti ho già detto di sì, invece.- Sembra che la rabbia di prima sia tornata a farsi sentire.
-Ed è qui che ti sbagli, perché se ci vado a letto non sono cazzi tuoi!- Alzo la voce, cercando di allontanarlo senza risultati.
-Quindi la risposta è sì.- Sul suo viso nulla si smuove, ma vedo chiaramente le sue mani allontanarsi dalle mie braccia per posizionarsi piegate ai lati del mio viso, poco prima di stringersi a pugno con forza.
La cosa gli darebbe fastidio?, mi domando tra me e me.
-Io non ti vengo a chiedere chi sono le puttane che ti porti a letto!- Sbraito, spintonandolo e facendolo traballare leggermente.
-Ti danno fastidio le voci che girano a scuola su me e la bionda della tua classe?- Sorride divertito.
Cosa ci trova di divertente?!, urlo dentro di me, perché non gli mostrerò mai quanto quel vociare su loro due mi irriti e mi ferisca. Sono troppo arrabbiata, indignata, ferita, ma allo stesso tempo presa e ammagliata da lui che non faccio caso al fatto che non abbia chiamato Idaria per nome.
-Voci? Quali voci?- Faccio la finta tonta.
Lui non sembra affatto credermi, però.
-Quella mattina perché piangevi?- Cambia completamente discorso, riferendosi alla mattinata in cui iniziarono le voci sul fatto che lui e Idaria ci avessero dato dentro e si fossero definitivamente messi insieme.
-Avevo litigato con Claudio.- Mento spudoratamente, ma almeno stavolta sembra crederci.
Fa per parlare ancora, ma fortunatamente il mio professore di latino, perennemente in ritardo, ci rimbecca entrambi, ordinandoci di tornare nelle nostre rispettive aule, prima di voltarci le spalle e scomparire dalla nostra visuale.
Solo in quel momento noto la figura che, da parecchio, è rimasta ferma ed appoggiata alla porta della mia classe, poco più distante, con lo sguardo fisso su di noi, assistendo alla nostra rabbia, alla nostra vicinanza, ai nostri sussurri.
I suoi capelli biondi e gli occhi irritati mi dicono che non le dispiacerebbe affatto darmi fuoco o torturarmi con qualsiasi cosa possibile.
Riporto gli occhi su Alex, che nel frattempo non ha staccato i suoi da me, facendo così per l’ennesima volta far fare un triplo salto mortale al mio povero cuore malandato.
-Devo tornare in classe.- Dico incolore, sentendo tutta quella codardia e insicurezza che cercavo di nascondere sotto chili e chili di finto coraggio, orgoglio e autostima venire a galla.
-Non ho ancora finito…
-La bionda ti sta aspettando.- Lo interrompo con un filo di voce, consapevole che sul mio viso c’è una smorfia triste, specchio dei miei pensieri e ricordi.
Alex, inizialmente disorientato dalle mie parole, sposta lo sguardo su Idaria, ferma allo stesso punto e con la sua attenzione concentrata su di noi. Probabilmente avrà origliato quello che ci siamo detti, esattamente come poco prima ha fatto Alex con me e Giacomo.
Sono proprio fatti della stessa pasta.
Approfittando del fatto che ha abbassato la guardia con me, anche se per pochissimi secondi, sguscio da sotto le sue braccia e mi allontano a passo spedito verso la mia classe.
Non mi ferma, né mi richiama, ma sento ugualmente i suoi occhi perforarmi la schiena.
 
Il pomeriggio invito Daniel a casa, supplicandolo di aiutarmi con filosofia, materia che odio nel profondo, perché per quanto alcune volte sia interessante, mi scoccia da morire studiarla, anche perché è piuttosto complicata.
-Allora, come va tra te e Alex?- Domanda senza peli sulla lingua Daniel durante una piccola pausa, perché entrambi stufi di stare sui libri, soprattutto il rosso.
-Non dovresti chiedermi: come va tra te e Claudio?- Alzo gli occhi al cielo, esasperata dalle sue continue domande riguardanti me e il biondo.
-No, perché non sei innamorata di lui.- Sposta lo sguardo dallo schermo del mio pc, che sta usando per di più senza il mio permesso come sempre, per puntarlo su di me, comodamente stesa sul mio letto a fissare l’interessantissimo soffitto della mia stanza.
-Non sono innamorata e basta.- Mi metto sulla difensiva, cercando di convincere più me stessa che lui.
-E’ quello che ti ripeti per non piangere?- Colpita e affondata.
-Smettila.- Lo rimprovero e imploro di scatto.
-Di fare cosa?- Finge di non capire di cosa io stia parlando, anche se è evidente.
-Di parlarmi di lui, ne ho abbastanza!- Lo supplico con lo sguardo, ma lui non mi dà tregua.
-Perché non provi a parlargli?- Mi chiede con più dolcezza e comprensione.
Dopo un attimo di titubanza, sussurro: -Abbiamo discusso. Stamattina.
-E me lo dici solo ora?!- Esclama offeso, anche se non realmente.
Prende un peluche, sistemato sulla mensola sopra la scrivania in modo perfettamente allineato agli altri e me lo lancia, colpendomi in piena faccia. Poi, come mi aspettavo facesse, si allontana dalla scrivania per sedersi accanto a me.
-Non mi va di parl…
-Che vi siete detti?- Mi incalza subito, interrompendomi, così mi ritrovo controvoglia a fargli un piccolo resoconto della mia discussione con il biondo.
-E’ chiaramente geloso di te e Claudio.- Afferma con convinzione, aprendosi in un sorriso smagliante.
-E’ un cretino.- Borbotto.
-Sì, sono pienamente d’accordo, ma è anche geloso.- Mi scompiglia i capelli, beccandosi così una mia occhiataccia.
Non gli rispondo, perché non so come negare ulteriormente la sua affermazione, nonostante io sia fermamente convinta che essa sia del tutto errata.
-Ti sei accorta che ti ha involontariamente detto che vuole baciarti?- Alza un sopracciglio, ammiccando verso di me.
 
Mi vuoi baciare anche tu, è chiaro…
 
-Ti devo ricordare che, dopo aver baciato me, si è scopato Idaria?- Inarco anche io il sopracciglio sinistro, sfidandolo a ribattere.
Sfida che a quanto pare lui accetta senza battere ciglio: -No, me lo ricordo, ma Alex è umano. Fa errori come qualsiasi altra persona.
-Lo stai giustificando?- Sono allibita, perché non mi aspettavo una cosa del genere. Non da Daniel!
-Assolutamente no!- Esclama immediatamente. -Però dopo averti vista con un altro ed essendo possessivo e tremendamente geloso di te, cosa credi che avrebbe fatto? Che si sarebbe presentato il giorno dopo da te con un mazzo di fiori e una scatola di cioccolatini?
-Non è un buon motivo per portarsi a letto qualcuno.
-Non state insieme Greta, non sei la sua ragazza- la sua voce è un sussurro -non puoi pretendere che stia lontano da qualsiasi ragazza ci provi con lui. Questo solo perché tu non hai il coraggio di prenderlo e pomiciartelo come tanto agogni di fare.
-E’ stato lui a tenermi a distanza ogni volta e a trattarmi con sufficienza…-
-Sveglia! Stiamo parlando di Alex, il più montato arrogante sulla faccia della terra, tremendamente superficiale e stronzo con le ragazze, ma leale in amicizia!- Mi sventola una mano davanti agli occhi, mentre parla enfatizzando ogni singola parola. -Credeva che io ci stessi provando con te.
-No, perché anche prima che ti conoscessi era così. Si avvicinava e si allontanava continuamente.
-Ti devo ricordare che il suo migliore amico è tuo fratello?- Mi fa il verso.
Non gli rispondo, consapevole che il suo ragionamento non fa una piega.
Ma se non avesse ragione? Se lui non volesse davvero essere preso e pomiciato dalla sottoscritta?, arrossisco lievemente per i miei stessi stupidi pensieri.
Forse non sono quella che lui realmente vuole, ma ormai so per certo che lui è quello di cui io ho bisogno.
-Che dovrei fare secondo te?- Prendo un lungo sospiro per cercare di calmare il mio cuore che, alla sola illusione che le parole del mio amico siano vere, ha preso a correre con un pazzo.
-Domani mattina gli parli, possibilmente senza finire per litigare come sempre, e te lo sbaciucchi, così ti togli la voglia.- Termina la sua frase ridendo sguaiatamente.
-Ah ah, molto divertente. Comunque, ci proverò.- Mi arrendo ad un ultimo tentativo, anche se in realtà non ne ho mai fatto uno.
Ma se Daniel si sbagliasse?
-Brava, adesso torniamo a studiare.- Mi lascia una leggera carezza sulla guancia destra, prima di recuperare il libro di filosofia dal pavimento.
E se scoppiasse a ridermi in faccia? Se provassi a baciarlo e mi respingesse, umiliandomi?
Se l’omicidio non fosse un reato, probabilmente ammazzerei i miei pensieri. E si tratterebbe unicamente di legittima difesa.
 
Il giorno seguente, nonostante io sia piena di incertezze come al solito, lo aspetto davanti scuola nella speranza di poter parlare da soli. Non riuscirei a spiaccicare parola se ci fossero i suoi amici, soprattutto se con lui ci fosse mio fratello.
Marika, ancora ignara delle mie intenzione, è entrata nell’istituto, diretta in classe per ripetere prima dell’interrogazione di filosofia.
Ho passato parecchio tempo a piagnucolare silenziosamente su quanto stronzo lui fosse, su quanto ingiusta fosse la vita e su altre stronzate varie, ma adesso basta. Ha ragione Daniel, devo fare qualcosa.
Il problema è che è facilissimo ripetersi mentalmente ‘Non sei una debole, ce la puoi fare tranquillamente’ più e più volte, fino allo sfinimento, ma la parte difficile arriva quando ti accorgi che non hai certezze sul dopo, su quello che accadrà a breve.
Così, quando finalmente lo intravedo superare di corsa il cancello della scuola, sono ancora nel mio vortice di domande senza risposte.
Le cose però non vanno come previste, perché, nonostante dei suoi amici non ci sia traccia -essendo le 8 e un quarto passate-, dietro di lui compare una testa bionda, ormai familiare, che gli si affianca con rapidità.
Mi nascondo dietro una delle grosse colonne dell’entrata dell’edificio per spiarli, da sciocca quale sono.
E poi fai la paternale a lui perché origlia, eh? Patetica., mi rimprovero da sola.
Senza volere mi ritrovo appunto ad origliare pezzi della loro conversazione quando mi passano vicino, senza però accorgersi per fortuna della mia presenza.
-Sono uscito prima di…- Sembra disperazione quella nella sua voce, cosa che mi lascia perplessa.
-A quanto pare non abbastanza in fretta.- Risponde con tranquillità Idaria.
Non riesco ad ascoltare altro, perché si allontanano rapidamente.
 
-Quarta, ti sembra l’orario di venire a scuola?! Sono le 8 e 25!-
Cosa mi tocca subire di prima mattina. Oltre all’odiosa coppietta, persino la strigliata del professore.
-Scusi, non accadrà più.- Borbotto imbronciata. Il mio umore è nero per via del fatto che non ho potuto parlare ad Alex a causa della presenza dell’oca. Ma devo ammettere che è anche colpa mia, che ho preferito nascondermi per l’ennesima volta piuttosto che affrontare la questione.
-Dove eri finita?- Mi bisbiglia Marika, guardandomi con preoccupazione.
-Davanti scuola, volevo parlare con tuo fratello.- Le rispondo con sincerità, tirando fuori il libro di filosofia dallo zaino.
-Perché?- Mi domanda confusa dai miei comportamenti paradossali: passo dal non volerlo neanche sentir nominare, al cercarlo.
-Poi ti spiego.- Rispondo rapidamente, dopo aver ricevuto un occhiata ammonitrice del professore.
A fine lezione, tutte le ragazze della classe si avvicinano ancora intorno al banco di Idaria, lasciandomi interdetta.
Forse è per questo che stamattina sono entrati a scuola insieme… Dio, ti prego dimmi che lei e Alex non hanno più…, sento il sangue fluire alle guance, che pian piano iniziano a colorarsi di rosse per la rabbia.
-Che succede?- Cerco aiuto nella mia migliore amica, la quale, seguendo il mio sguardo, mi prende immediatamente la mano per stringerla tra le sue.
-Ti devo dire una cosa…
-Perché la tua frase non mi piace per niente?- Biascico, mentre tutte quella sofferenza che il giorno prima avevo faticosamente messo da parte, sta prendendo di nuovo il sopravvento su di me.
La imploro con gli occhi di continuare e non tenermi col fiato sospeso, perché la sua improvvisa titubanza e la tristezza che vedo immersa nei suoi occhi mi mettono paura.
-Ieri sera lei ha detto a Luisa…- Si blocca un attimo, prendendo un bel respiro. -Di essere incinta.
Qualcosa nel mio cervello scatta, qualcosa che cerca di eludere tutta la ragione in esso concentrata: piccoli residui di speranza che mi portano a domandare:
-E’ di Alex?
-Lei dice di sì. A quanto ho capito, ieri si sono visti e lei glielo ha confessato.- Nella sua voce c’è solo sgomento, mentre nei suoi occhi leggermente lucidi solo compassione.
Prova pietà per me?
-Ah.- Non riesco a dire altro, il mio corpo si è come paralizzato dalla notizia.
-Mi dispiace tanto, tesoro.- E so per certa che è sincera, ma questo non mi libera da quel peso opprimente che per la seconda volta nello stesso mese mi impedisce di respirare regolarmente.
-No, tranquilla, sto bene. E’ tutto ok.- Ribatto atona, cercando inutilmente di tranquillizzarla.
Dopotutto è lei che diventerà zia, no? E’ lui che sarà padre, no? E’ questo che rende definitivamente le cose tra me e Alex impossibili, no?
-Vado un attimo in bagno a… a rinfrescarmi.- Bisbiglio la prima scusa plausibile che mi viene in mente.
-Greta…- Mi richiama Marika, ma non le rispondo.
E’ per questo che ieri a scuola ci fissava con astio? Perché mi vedeva come una minaccia al suo futuro con il padre della piccola creatura che porta in grembo?, la testa mi pulsa dolorosamente.
 
-Sono uscito prima di…
-A quanto pare non abbastanza in fretta.
 
Dio, che stupida! Come ho potuto illudermi ancora che tra me e lui ci potesse essere qualcosa? Per di più in un solo giorno che parlo seriamente con quello che è diventato uno dei miei più cari amici!
Ma non è certo colpa di Daniel, che fa di tutto per essermi accanto e farmi ridere. La colpa è mia, perché mi sono innamorata del ragazzo sbagliato.
Mi rifugio nel bagno delle ragazze e mi siedo immediatamente, sentendo le gambe cedere.
Deja-vù.
Scoppio in un pianto disperato, esattamente come scoppia il mio tenero cuoricino ferito ancora e ancora dalla stessa persona. Ma non sono preoccupata, perché le cose si rompono sempre, no? Le unghie, le cornici, gli specchi, i piatti, i bicchieri, i cuori…
Sento il mascara e la matita, che mi ero messa stamattina per essere più carina ai suoi occhi, colarmi sulle guance umide.
Eppure dopo giorni e giorni passati in questo stato, dovrei essere abituata a queste fitte nel petto.
Dovrò stargli lontana, ancora più di prima, perché adesso lui ha altro a cui pensare, non può perdere tempo con me e io non mi metterei mai in mezzo tra lui ed Idaria adesso che c’è n bambino di mezzo, perché sentirei i sensi di colpa per il resto della mia vita.
L’unico mio problema è che so già che la sua fastidiosa presenza mi mancherà e io con le mancanze non riesco e non riuscirò mai a convivere.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***





 

CAPITOLO 15

 

 

You’re just a small bump unborn- Sei solo un piccolo bozzo
in 4 months you’re brought to life - Tra quattro mesi verrai alla vita
You might be left with my hair - Forse non avrai i miei capelli
but you’ll have your mother’s eyes - Ma avrai gli occhi di tua madre
Hold your body in my hands - Stringerò il tuo corpo tra le mie mani
be as gentle as I can - Nel modo più dolce possibile
now you’re a scan of my unmade plan - Sei una parte di un progetto che non avevo fatto…
 
Small bump, Ed Sheeran.
 

 
Le note della canzone riempiono la mia camera di un’angoscia di fondo che non riesco precisamente a spiegarmi. Eppure questa dovrebbe essere una di quelle canzoni, la cui melodia è tremendamente dolce, che trasmettono gioia e serenità senza neanche dover conoscere il reale significato del testo.
Ma infondo, il mio problema è proprio questo. Quelle parole sembrano descrivere qualcosa che, in questo momento, mi è così vicino da farmi mancare l’aria dai polmoni.
E’ come se non avessi più parole, mi hanno prosciugato l’anima o forse le ho semplicemente regalate tutte alla persona sbagliata.
Stesa, con gli occhi incollati al soffitto della mia camera, cosa che per di più sta diventando un’abitudine, ascolto con nervosismo e frustrazione le, odiate e allo stesso tempo amate, parole di uno dei miei cantanti preferiti.
Il soffitto è sempre molto interessante quando hai molti pensieri per la testa.
Mi ritrovo a chiudere gli occhi, senza neanche rendermene conte, e immaginare quell’altissimo ragazzo biondo con in braccio una piccola creatura da accudire.
Si immagina anche lui, come faccio io continuamente, con un figlio che avrà tanto bisogno di amore per crescere bene?
La canzone, dopo quasi cinque minuti buoni, finisce, lasciando il posto ad un’altra canzone di Ed, che inizio ad odiare dal profondo del mio cuore.
 
We’ll burn this out – Bruceremo tutto questo
We’ll play hide and seek - Giocheremo a nascondino
To turn this around - Per capovolgere le cose
And all I want is the taste - E l’unica cosa che voglio è il sapore
That your lips allow - Che concedono le tue labbra
 
Sempre questa dannatissima canzone. Perché diamine l’associo ad Alex ogni volta che l’ascolto?
Perché vorresti che le sue labbra si poggiassero ancora e ancora sulle tue, non su quelle di nessun’altra., un briciolo di ragione si intrufola nel mio cervello, costringendomi ad alzarmi di scatto per andare a spegnere lo stereo il più velocemente possibile.
Una volta che ho fatto tacere quell’aggeggio infernale, come se non potessi farne a meno, mi ritrovo a pensare al giorno del concerto in cui lui mi ha salvata da una situazione non proprio rosa e fiori, lui mi ha ridato la mia adorata spilla, lui mi ha tenuta per mano per tutto il tragitto, guidandomi nelle giusta direzione, e anche dopo aver raggiunto gli altri, fregandosene degli sguardi straniti degli altri. Quel giorno era stato così dolce, azzarderei dire persino affettuoso, per quanto uno come lui possa esserlo.
Questo si chiama masochismo, rifletto.
Ci vuole tanta forza ad ascoltare canzoni che si dovrebbero ascoltare in due.
Ma io sono bravissima a far finta di niente, a non guardarlo con insistenza, a non rivolgergli neanche una parola, per quanto difficile sia, soprattutto quando lo vedo venire verso di me con passo spedito e sguardo determinato e mi tocca cambiare immediatamente strada… Perché è più facile evitare il problema che affrontarlo.
-Ehi depressa, è qui la festa?- Daniel, come un razzo, entra nella mia stanza senza neanche bussare, facendomi persino sussultare per lo spavento.
Ero così concentrata su pensieri tetri, da essere totalmente assente con la testa dalla realtà.
-Non si usa più bussare?- Borbotto contrariata, andando a sedermi sul letto: gambe incrociate e occhi su di lui.
-Mi hai sempre detto di fare come se fossi a casa mia, no? Bene, io a casa mia non busso mai.- Mi regalo un caldo sorriso, che però non contagia anche me.
-Potevo essere in intimo o addirittura nuda.- Lo rimprovero con voce severa.
Se fosse successo in un altro momento probabilmente avrei riso della sua sincerità e perenne ilarità, ma non ora. Sento la scontrosità e lo stress come una seconda pelle, non mi abbandonano mai, è come se si fossero stabiliti definitivamente in me. Rispondo male a tutti quanti e mi odio per questo, perché è come se scaricassi la mia rabbia su chiunque mi capiti a tiro, eccetto la persona giusta.
-Capirai, non è che non ho mai visto un paio di tette.- Alza gli occhi al cielo, come se fosse esasperato.
In realtà lui è il ragazzo più paziente che io conosca. Non riesco a contare l’infinità di volte in cui l’ho mandato a quel paese per i motivi più futili, ma la sua reazione è sempre stata la stessa: mi ha abbracciata così stretta da confondere se stesso con me, così forte da farmi mancare l’ossigeno, da riscaldare la mia pelle fredda con il suo calore, ma soprattutto da alleggerire almeno di poco quel peso che ho sul cuore.
-Ma se sei gay!- Accenno un sorriso un po’ storto ed incerto.
E’ come se avessi dimenticato di come si faccia a sorridere, possibile?
-E che centra? Guarda che, prima di capire che mi piacciono le persone del mio stesso sesso, sono stato con delle ragazze…-
-Davvero?
-Già…- Fa una tenera smorfia, prima di aggiungere. -Bisogna sempre provare prima di arrivare a conclusioni di qualsiasi tipo, perché, per quanto ne sai, possono essere totalmente errate.
Gli faccio un po’ di spazio sul mio letto, cosicché si possa sedere accanto a me ed inizio ad guardare con finto interesse le mie unghie laccate di rosso, senza dargli una risposta… So dove vuole andare a parare, ma sa meglio di me che, in questo caso, non ci può essere una soluzione e tanto meno una conclusione.
-Avevi bisogno di qualcosa?- Gli domando, rivolgendo finalmente lo sguardo a lui e ricordandomi improvvisamente che non ci siamo messi d’accordo e che lui si è presentato a casa mia senza preavviso.
-Volevo vedere come stavi. Sono due giorni che non vieni a scuola.- Mi fa notare, comunicandomi allo stesso tempo con gli occhi che vuole una motivazione valida per le mie assenze.
-Non sono stata molto bene.- Mi stringo nelle spalle.
-Vedo che adesso stai meglio, quindi presumo che domani ritornerai a scuola?- Riesco a leggere perfettamente nel suo sguardo che non mi crede affatto, né alle mie parole né tanto meno alla mia faccia colpevole e triste.
-Non lo so.- Ribatto con stizza, stritolando la stoffa delle maniche della mia felpa, fin troppo grande per me.
-Greta, non puoi fare così.- Il rimprovero fa da padrone nella sua voce.
-Non capisco cosa tu voglia dire.- Faccio la finta tonta, nella speranza che improvvisamente decida di lasciare cadere questo assurdo e improduttivo discorso.
-Lo so che ci stai male, ma estraniarti, allontanando tutti, e fare molte assenze a scuola per non incontrarlo non risolverà il problema.
-Sei un rompi palle, Daniel. Il mio mondo non gira intorno ad Alex. Se in questi giorni non sono venuta a scuola è perché non sono stata bene, punto e basta!- Inviperita dalla sua insistenza e dal suo rammentarmi continuamente che Idaria aspetta un bambino da Alex, non riesco ad evitare di fulminarlo con gli occhi, perché così facendo non fa che irritarmi maggiormente e peggiorare quella che è la mia attuale ed instabile situazione emotiva.
-Marika è preoccupata per te.- Non batte ciglio al mio tono acido.
-Non ha nulla di cui preoccuparsi.- Testarda come sono, non ammetterò mai di essere seriamente ferita da tutta questa schifosa quanto difficile situazione.
-Da quanto tempo non senti la tua migliore amica? Da quanto non ci fai una conversazione come si deve?- Adesso è lui che si sta alterando per la mia cocciutaggine.
In effetti, mi hanno sempre detto che ho la testa più dura di un muro.
-Non sono affari t…
-Greta, sono passate settimane da quando si è saputo che Irina è incinta. Non puoi smettere di avere una vita per un ragazzo, cazzo!- Mi interrompe subito, dandomi una scrollata insistente e fissandomi negli occhi con intensità.
-Idaria.- Lo correggo, senza osare commentare il resto delle sue parole.
-Sei una stupida.
Una piccola fitta al cuore fa bacillare la mia maschera impenetrabile.
E’ orrendo ricordare le parole pronunciate dalle sue labbra, quando quello che più desideri è dimenticare tutto ciò che lo riguarda.
-Non mi dare della stupida.- Lo avviso, con la voce tremante.
-E allora non comportarti da tale!- Alza ancora la voce, senza preoccuparsi del fatto che probabilmente i miei genitori sono in casa e potrebbero preoccuparsi ed intervenire.
-Senti, cambiamo discorso per favore?!- Ribatto con il suo stesso tono di voce alto. Al che, muovendosi come un leone in gabbia, si alza dal mio letto, sbuffando sonoramente, e prende a camminare avanti e indietro per la mia stanza, senza risparmiarmi numerose occhiatacce.
-Zuccona.- Sospira, dopo alcuni interminabili secondi di silenzio in cui i suoi occhi non hanno lasciato i miei, e alla fine acconsente alla mia richiesta.
-Posso mettere un po’ di musica?- Domanda all’improvviso, giusto per rompere quel silenzio imbarazzante e ricco di tensione che si è creato.
-Sì, ma metti un altro CD in riproduzione.- Il mio, più che essere un consiglio, sembra una minaccia.
Niente più Ed Sheeran per stasera. Il mio cervello e soprattutto il mio cuore non reggerebbero altri ricordi.
-Perché?- Domanda incuriosito lui.
-Quello che c’è adesso, mi ha scocciata.- Ribatto vaga.
-Ed Sheeran?- Alza un sopracciglio, con furbizia, leggendo il nome del cantante sul CD mentre lo toglie dallo stereo.
Deglutisco numerose volte e vedo chiaramente la consapevolezza attraversare i suoi occhi color smeraldo, prima che lui interrompa il  contatto visivo con me per mettere su altre canzoni.
In religioso silenzio, torna ad accomodarsi accanto a me e, con altrettanta calma e sicurezza, mi circonda con le sue braccia.
Non ho bisogno di ammettere di stare uno schifo, perché so perfettamente che è capace di leggermelo negli occhi tutto il dolore che cerco di trattenere dentro. Una prigione, ecco cosa è diventata la mia gabbia toracica: deve impedire al mio stupido organo traditore di battere all’impazzata quando vedo Alex, deve racchiudere ed imprigionare tutti i miei sentimenti per non lasciarli uscire mai più alla luce del sole.
Possibile che una sola persona possa farti provare tutte queste emozioni in pochissimo tempo?
Un momento prima mi sento in Paradiso, ma l’attimo dopo sono catapultata nella centro dell’Inferno.
E’ così contradditorio e insensato!
Ma l’amore non dovrebbe far stare bene? Non dovrebbe riempire il cuore di adrenalina, di scariche di energia e voglia di vita? Di felicità?
Forse non sono realmente innamorata di Alex Rossi. Come può una persona sana di mente amare un soggetto simile? E’ assolutamente impossibile.
Oppure, eventualità da non scartare, sono improvvisamente impazzita del tutto.
Ho fatto così tante assenze da scuola da averne perso il conto e, probabilmente, se non mi do una regolata rischio persino di giocarmi l’anno scolastico.
-A cosa stai pensando?- Bisbiglia Daniel, più tranquillo e rilassato accanto a me.
-Alle assenze che ho fatto a scuola.- Rispondo con sincerità, stufa di mentire a lui ma specialmente a me stessa.
Sento le sue braccia stringermi con maggiore forza.
-Domani torni, vero?- La sua è una supplica.
Sentendomi tremendamente in colpa e leggendo nei suoi occhi tanta di quella preoccupazione da spaventarmi, non riesco a non cedere alle sue parole sussurrate.
Annuisco, prima di aggiungere con improvviso nervosismo: -però non mi lasciare.
Ho bisogno di lui, altrimenti non ce la farei ad affrontare tutto da sola.
-Sai tranquilla, sarò la tua ombra.- Accenna una sorriso, accarezzandomi i capelli. -Che ne dici se più tardi chiami Marika e vi mettete a spettegolare su qualcuno?
-Noi non spettegoliamo proprio su nessuno!- Esclamo con enfasi, prima di continuare. -Comunque, va bene.
-Brava, bambolina.- Mi lascia un bacio sulla fronte, cosa che mi rilassa immensamente.
E’ così bello essere abbracciati., penso.
Poco dopo, sento Daniel allungarsi verso il mio comodino per prendere il mio vecchio Atlante, che ho dimenticato di rimettere a posto dopo che ieri sera ho preso, senza un motivo preciso, a sfogliarlo con interesse.
-Ti piace viaggiare?- Chiede incuriosito, girando le pagine.
La sera prima, spinta da una voglia assurda di viaggiare per allontanarmi, anche se solo per poco, da questo posto tremendamente soffocante, ho preso un grosso pennarello nero e ho iniziato a cerchiare i nomi di quelle città dove mi piacerebbe andare. Non che i miei genitori me lo permetterebbero, però di certo l’idea non mi dispiacerebbe affatto.
-Ti piacciono le città grandi?- Nota, spostando l’attenzione dal libro al mio viso.
-Sì, mi piace l’idea che la confusione sia intorno a me, oltre che nella mia testa.- Ribatto con troppa sincerità.
Infatti, un attimo dopo che le mie parole sono sfuggite dalle mie labbra, me ne pento subito.
Troppo vulnerabile, troppo fragile, troppo piccola, insicura, bambina.
-Tesoro…- Sospira, abbandonando immediatamente il libro per tornare a stringermi ancora a sé.
E non so perché ma, come se fossi bicchiere stracolmo di emozioni a lungo trattenute, scoppio in cui pianto a dirotto e senza controllo.
Daniel non fiata, ma dalla sua rigidità capisco che non si aspettava un mio crollo così… devastato?
-Shh, non piangere. Vedrai che andrà tutto bene, te lo prometto.- Mi tiene talmente stretta e addossata da potermi confondere con lui, mentre mi accarezza i capelli e la schiena, cercando di tranquillizzarmi.
Alla fine, dopo avergli inzuppato di lacrime salate la felpa blu, riesco a ritrovare un respiro regolare e a smettere di piagnucolare come una poppante.
Mi odio quando mi comporto così, ma è più forte di me.
Più cerco di tenere tutto dentro e più mi sento soffocare.
-Ti voglio bene, lo sai, vero?- Mi bisbiglia all’orecchio quello che ormai potrei considerare il mio migliore amico.
Annuisco, non riuscendo a parlare perché ho la gola arrochita e impasta, e lo stringo ancora a me.
 
Pov Alex
 
Mi porto la mia sigaretta alle labbra, prima di buttarla a terra per schiacciare con il piede la piccola e quasi morta fiammella rossa.
Seduto sulle gradinate del campo di calcetto del mio minuscolo ed inutile paese, aspetto che i miei amici mi raggiungano per la nostra partita, come prestabilito questa mattina stessa.
Odio stare solo, perché così ho più tempo per pensare del casino in cui mi sono cacciato.
-Ehi, Alex!- Mi saluta Daniel, con un cenno del capo, venendo verso di me.
Il mio migliore amico, invece, che cammina al suo fianco, non mi rivolge neanche una fottutissima parola.
Non so cosa cavolo abbia da un po’ di giorno, si ostina semplicemente ad ignorarmi, facendomi irritare.
Non credo di avergli fatto nulla di male, quindi non capisco la sua assurda ed improvvisa rabbia nei miei confronti.
La paura mi paralizza quando nel mio cervello si fa largo un pensiero tutt’altro che felice: sa che ho fatto il coglione con la sorella, cazzo.
Stufo del suo mutismo nei miei confronti, mi alzo per affrontarlo direttamente.
-Mirko, che cazzo ti prende ultimamente?- Domando senza peli sulla lingua.
Lui, il quale si stava allacciando le scarpe che solitamente usa per giocare a calcio, alza un sopracciglio incredulo nella mia direzione.
-Vuoi sapere che mi prende?- Esclama, iniziando subito ad alzare la voce, e si avvicina al sottoscritto con rapidità.
Merda, è incazzato forte. Sa che mi volevo fare la sorella!
Prendo un piccolo respiro prima di parlare di nuovo: -sì, altrimenti non te l’avrei chiesto.
Si guarda intorno, forse cercando le parole adatte o semplicemente per reprimere la voglia di malmenarmi.
-Hai messo incinta una ragazza!- Esplode infine, fulminandomi con gli occhi.
Mascella e pugni stretti, serrati con rabbia e sono certo che a momenti mi arriverà un suo cazzotto, se non sbollisce prima.
Non so se trarre un sospiro di sollievo o sbattere ripetutamente la testa contro una parete per lo stress causato della dura verità che mi ha spalmato in faccia.
-Lo so.- Torno a sedermi sul gradino con nervosità.
-Lo sai?!- Sta dando in escandescenza.
-Sì!- Ribatto stizzito, guardando il campetto da calcio.
Daniel, d’altro canto, ascolta in silenzio la nostra discussione.
-Alex, ti rendi conto di quello che hai fatto?!- Continua a sbraitare Mirko senza sosta.
-Senti, non ho bisogno che tu…- Cerco di dire perché stufo del suo tono alto e fastidioso, che inizia ad irritarmi persino il sistema nervoso.
Non ho bisogno che lui mi faccia presente che sto nella merda fino al collo.
-Sì, invece! Hai rovinato la vita di una ragazza solo perché sei stato così pigro e stupido da non usare il preservativo, coglione che non sei altro!- Mi insulta senza pietà.
-Ma vaffanculo.- E’ la mia infelice risposta.
-Scusami?!- Sembra allibito.
Per poco non gli esplode la vena sul collo, penso massaggiandomi la fronte.
Sto mandando a puttane tutto: le mie amicizie, la mia famiglia, la mia vita.
-Lo so, ok? Ma non posso tornare indietro. Mi assumo le mie responsabilità, che altro posso fare?- Cerco di parlare con calma, per nulla intenzionato a rovinare il mio legame con Mirko: è come un fratello per me.
Il mio amico però sembra di tutt’altro avviso, perché si fionda su di me come un fulmine e, afferrandomi per la felpa, mi tira con forza in piedi per scuotermi ripetutamente.
-Giuro che se trascuri quella poverina o addirittura l’abbandoni, ti riempio di botte.- Mi minaccia ad una spanna dal viso.
Istintivamente allontano le sue mani da me e lo spingo lontano, per riavere il mio spazio invaso dalla sua rabbia.
-Certo, mammina.- Borbotto infastidito.
-Sono serio, coglione!- Mi restituisce lo spintone con più forza.
-Oh, ragazzi, smettetela.- Daniel, con calma, ci allontana, mettendosi tra di noi per evitare che parta qualche colpo.
A momenti ci prendiamo a calci e pugni., penso con rammarico.
-Anche io, idiota! Non la lascerò affrontare tutto questo da sola. Dopotutto quello che porta dentro di sé è anche mio figlio…- E’ la prima volta che lo dico a voce alta e non mi sembra quasi vero, sembra tutto un incubo: io che litigo con il mio migliore amico, io che non riesco ad avvicinare l’unica ragazza che mi abbia mai fatto sentire un vincitore e un perdente allo stesso tempo, io che devo mettere su famiglia su due piedi.
-Certo, ti ci vedo proprio a fare il padre.- Ribatte sarcastico, sbuffando come un animale.
-Non sono adatto a questo ruolo.- Ammetto, sedendomi per l’ennesima volta e prendendomi la testa tra le mani.
-Ti rendi conto che tutto questo non ha solo ripercussioni su di te, ma anche su tutti noi altri?- Riprende a parlare dopo un paio di minuti.
-Cazzo c’entreresti tu in questa storia?!- Sbotto, iniziando a sentire la testa pulsare.
-Sono il tuo migliore amico e mi preoccupo per te.- Dice serio, guardandomi in faccia.
-Bene, allora smettila di preoccuparti!- Non riesco a dire altro, so solo che vorrei prendermi a calci da solo quando dico queste stronzate che non penso affatto.
Perché sono così cazzone?!
-Fa un po’ come ti pare.- Esasperato e stufo di me, visto che è come parlare con un muro e la cosa peggiore è che ne sono consapevole, recupera il suo borsone e le sue cose e se ne va con passo spedito.
-Ha ragione Mirko: sei un coglione.-
Daniel, che fino a poco fa non era più intervenuto, non si fa problemi a rivelarmi quello che pensa di me in questo momento. Come se non bastasse leggere negli occhi di Mirko di quanto, ora come ora, non mi sopporti, ci si aggiunge pure lui.
-Daniè, non ti ci mettere anche tu adesso.- Alzo gli occhi al cielo, non riuscendo più a sopportare questa situazione di merda.
-Cazzone.- Continua imperterrito, guardandomi dall’altro verso il basso.
-Ancora?- Gli lancio uno sguardo seccato, che dovrebbe comunicargli di farla finita prima che esploda.
-Non ti accorgi neanche di quanto la fai stare male.- Anche lui, proprio come il mio migliore amico, mi volta le spalle e se ne va senza darmi neanche il tempo di replicare
Ed io resto ammutolito ed immobile.
Far soffrire chi? Idaria?
No, lui probabilmente neanche la conosce.
Si riferisce a lei?
 
Pov Greta
 
-Tesoro, ultimamente sei strana… Che succede?
Passeggiando per il piccolo parco giochi, brulicante di gioiosi bambini, si blocca di colpo e si volta verso di me.
Claudio circonda il mio viso con entrambe le mani, per avvicinarlo al suo e così guardarmi dritto negli occhi, che come sempre ultimamente sono gonfi e intoccabili.
Mi sembra di avere palline da ping pong al posto delle palpebre, infatti oggi non ho messo neanche l’eyeliner.
-Nulla, perché?- Cerco di allontanare lo sguardo dal suo.
Nelle ultime settimane non ho smesso di frequentare il ragazzo moro difronte a me, perché la sua compagnia, la sua sola presenza, in un certo senso mi fa sentire meglio.
Non credo però che questo c’entri qualcosa con i sentimenti; forse c’è affetto e amicizia tra di noi, ma non di certo amore. Piuttosto, il fatto che Claudio sia un bel ragazzo che apprezza la mia compagnia, che mi riempie di complimenti e parole dolci, che mi guarda con gli occhi trasognanti, tutte queste cose fanno ricomporre leggermente quella mia autostima di donna che ormai è a pezzi, distrutta in milioni di piccolissimi frammenti a causa del biondino.
-Hai sempre gli occhi gonfi e rossi…- Lascia la frase in sospeso.
-Ho litigato con la mia migliore amica e non abbiamo ancora fatto pace.- Mento, stringendomi nelle spalle, mentre il senso di colpa aumenta ancora e ancora.
Il suo viso si ammorbidisce ulteriormente, finché non mi lascia un bacio sulla fronte.
-Mi dispiace tanto. Comunque se vuoi parlarne, io sono qui, sempre disposto ad ascoltarti.- Mi regala un sorriso d’incoraggiamento, ma l’ultima cosa che voglio fare in questo momento è proprio parlare con lui.
Dio, mi sento così stronza! Eppure non ho il coraggio di mettere fine a questa ridicola storia, difatti di volta in volta riesco solo a peggiorare le cose.
Lui aspetta con paziente un mio cenno, un semplice segnale e io, per non smentire la mia solita codardia, riesco solo ad unire le sue labbra alle mie, per mettere fine al discorso e procedere verso un’altra strada.
Inizialmente è titubante, o forse semplicemente sorpreso dal mio gesto avventato ed improvviso, ma da essere umano il suo corpo reagisce al contatto.
Premo più forte le labbra sulle sue, stringendolo con più trasporto, quando sento che la sua prima reazione è quella di allontanarmi, e prendo il suo labbro inferiore tra i denti.
Dal profondo della sua gola risale un gemito roco che mi rende fiera del mio successo, prima che le sue braccia mi circondino: una alla base della mia schiena, troppo in basso, mentre l’altro è sul mio collo.
Ricordandomi solo in questo momento che siamo in un luogo pubblico e che probabilmente potrebbero denunciarci per atti osceni, mi allontano, imbarazzata per il mio gesto, e prendo a guardarmi intorno.
Lui però non vuole mettere fine al nostro bacio ed ecco che si impadronisce di nuovo della mia bocca.
E lui si muove sensuale, mentre io non riesco a fare a meno di paragonare il suo modo di baciare a quello di qualcun altro.
Alex, Alex, Alex.
E smettila di stare nella mia testa, cazzo, vai a farti una passeggiata fuori!
-Ti va di andare a casa mia?- Mi sussurra direttamente sulle labbra, lasciandomi basita perché non siamo mai arrivati a questo punto.
-Cosa?- Balbetto, incerta.
-Ti va di andare da me? Non c’è nessuno a casa adesso…- Continua, strusciando le labbra contro la mia tempia.
Il vuoto si forma nella mia mente. Non riesco a trovare la risposta adatta ed è in questo momento che un pensiero sciocco si fa strada nel mio cervello bacato.
Fare l’amore con Claudio? Perché non dovrei? Alex si è fatto le ragazze di mezza città e io dovrei farmi problemi a farlo con il mio ragazzo?
Ed è quello che succede quando il dolore ti offusca i sensi, i sentimenti, il buon senso.
-Sì.- Bisbiglio con voce a mala pena udibile, forse perché una parte di me non avrebbe mai voluto dare questa risposta e sa già che me ne pentirò.
Una volta arrivati al suo modesto appartamento, si fionda in camera trascinandomi con sé.
-Mi piace il tuo vestito..- Geme Claudio sul mio collo, facendomi arrossire violentemente, e si chiude la porta alle spalle con un calcio secco.
Sento le sue dita intrufolarsi sotto i vestiti e sfiorarmi la pancia. Rabbrividisco a causa delle sue dita fredde.
-Non stai toccando il mio vestito ora.- Tentenno un sorriso, rimanendo comunque più rigida di un manico di scopa.
Dio, ma che stai facendo?! Te ne pentirai, idiota che non sei altro!, la parte razionale del mio cervello non fa che urlare, ma quelle parole mi arrivano lontane e fievoli.
Neanche dieci minuti dopo, mi ritrovo in camera sua e sul suo letto, nuda e terrorizzata all’idea di quello che avverrà a momenti.
Tremante sotto le sue mani esperte e piena di vergogna, cerco di trovare un po’ di coraggio nei suoi occhi, mentre lui mi sorride intenerito dalla mia espressione persa.
In questo momento ho più ansia nel corpo che sangue.
Avrò letto centinaia di storie e altrettanti articoli che riguardavano la prima volta di una ragazza. So tutto sul dolore che generalmente, più o meno, tutte provano al primo rapporto, ma di certo non avrei mai pensato di sentire questo bruciore atroce.
Mi sembra che mi squarci i lombi, eppure mi ha accarezzata e coccolata, cercando in tutti i modi di prepararti alla penetrazione e di farmi eccitare quanto lui. Ma a quanto pare le sue mani sul mio corpo non mi hanno preparata come si deve, perché il dolore è davvero tanto. Oppure forse non ero semplicemente pronta e basta.
Sta di fatto che non ho il coraggio né la volontà di fermarlo. Sono io la sciocca che è arrivata a questo punto cieco e adesso non posso tirarmi indietro e lasciarlo così, su due piedi.
Sento il suo respiro sempre più veloce sul collo, il cigolio del letto, il suono del lattice fastidioso, i suoi ansiti, le sue mani fredde che scorrono febbrilmente sulla mia pelle. Sento tutto, tranne quello che dovrei e vorrei sentire.
Avrei voluto che la mia prima volta fosse diversa. Avrei voluto che fosse con un’altra persona.
Dio, che idiota che sono.
Sento gli occhi inumidirsi all’istante, quando la consapevolezza della puttanata appena fatta si fa strada in me.
Una minuscola lacrima scende sulla mia guancia, ma la asciugo velocemente affinché Claudio non la veda. Non voglio che pensi che mi abbia fatto del male, perché mi sono fatta male da sola. Il dolore fisico lo superi, è un altro il tipo di dolore che ti cambia per sempre.
Di certo non è colpa di Claudio se sono dipendente da un’altra persona. Non è colpa sua se Alex è stato il mio primo bacio e il mio primo livido al cuore. Non è colpa sua se i suoi baci non mi sono rimasti incastrati dentro come quelli del biondino. Non è colpa sua se io sono una stupida ragazzina.
Claudio mi fa stare bene.. Eppure ho questo vuoto tra la gola e lo stomaco che lui non riuscirà mai a colmare, perché è il posto di un altro.
La stessa sera, quando Claudio mi riaccompagna a casa, sono ancora un po’ scossa e amaramente pentita, ma cerco di non farglielo vedere.
Lui non fa che sorridere entusiasta della giornata, ha un sorriso smagliante che non fa che deprimermi ancora di più.
-E’ stato bellissimo. Tu, sei bellissima.- Dice una volta scesi dall’auto, baciandomi dolcemente le labbra.
-Già.- Deglutisco, stringendomi nelle spalle.
-So che ti ha fatto un po’ male, ma neanche una settimana e non sentirai più nulla… Se non piacere.- Mi fa l’occhiolino, mentre le sue labbra diventano maliziose.
Cerco di fare una risatina imbarazzata, ma ne esce fuori un verso strozzato.
Il suo viso si avvicina al mio per il bacio della buonanotte, che in questo momento vorrei proprio evitare, ma è impossibile. Se lo allontanassi capirebbe che c’è qualcosa che non va e non ho la forza per affrontare il discorso proprio stasera.
Gli dirò tutto domani, lo giuro., mi ripeto mentalmente per alleviare il peso che mi soffoca da giorni.
Sento il suo fiato sulle labbra, mentre io trattengo il mio.
Fisso i suoi occhi color petrolio, sentendomi una merda, mentre si allontana ed entra in macchina, continuando a sorridere ininterrottamente.
Quando finalmente vedo la sua auto allontanarsi, traggo un sospiro libero, perché è come se in tutte queste ore, che ho passato con Claudio, non avessi respirato affatto neanche una volta.
Con le mani mi strofino leggermente le guance, come per riprendermi e farmi forze, e mi stampo un falso sorriso sulle labbra. Basta poco per far credere agli altri di essere felice, ma la gente non capisce che non tutti quelli che sorridono lo sono davvero.
Di certo, mentre mi volto per entrare in casa, non mi sarei mai aspettata di trovarmi Alex seduto sulle scale, parzialmente nascosto dal buio, con gli occhi inceneritori puntati su di me.
Riesco a vederlo solo ora che sono più vicina al portone e mi sembra di aver sentito le mie gambe vibrare violentemente, segno che a momenti potrebbero tradirmi e cedere, facendomi cadere vistosamente a terra. Non so se per la loro debolezza dopo il sesso o per l’emozione di avere Alex vicino, ma quel che è certo è che a mala pena mi reggo in piedi.
-Ciao.- Grugnisce, alzandosi di scatto.
-Ciao.- Dico titubante, perché purtroppo stavolta non posso evitarlo.
Che diavolo ci fa qui al buio?! Perché è sempre presente nei momenti meno opportuni?
-Ti sei divertita?- Sputa tra i denti, venendo verso di me con passo fintamente tranquillo.
-Che ci fai qui fuori?- Ribatto, sentendo la mia voce tremare all’idea che lui continui ad avanzare.
E’ la prima volta che mi ritrovo a parlargli da quando ho saputo di Idaria e la cosa non mi piace, perché sono una debole e lui mi manca da morire.
-A dire il vero, stavo aspettando proprio te.- Fa uno strano sorriso amaro che non riesco a capire.
Confusa dalle sue parole, prendo a mordicchiarmi il labbro inferiore.
-Da quanto tempo sei qui?- Bisbiglio, con la paura che abbia ascoltato le parole di Claudio che aumenta ad ogni secondi.
Ma perché dovrebbe preoccuparmi quello che pensa Alex di me? Perché dovrei sentirmi sporca, come se lo avessi tradito?!
Eppure è così che mi sento: sbagliata, sporca, stupida, ingenua.
Non riesco a fare neanche una mossa, che me lo ritrovo davanti, a pochissimi millimetri di distanza. I suoi occhi smeraldo fuso, fissi nei miei, mi fanno sentire minuscola e insignificante, mentre il suo viso si abbassa verso il mio.
-Quanto basta per capire che Daniel si sbagliava.- Sibila, direttamente al mio orecchio, mentre io deglutisco, respirando a stento.
Ma diversamente da quello che mi aspettavo, non mi bacia, non mi sfiora nemmeno. Mi scansa rapidamente e altrettanto velocemente se ne va, lasciandomi scocca più che mai.
Quanto basta per capire che Daniel si sbagliava? Cosa?!

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***







Salve donzelle :)
Inizio con il dire che mi dispiace da morire averci messo così tanto nello scrivere questo capitolo; la prima parte è stata facile da scrivere, ma l’ultima è stata proprio un incubo. Mi sono bloccata e non sono riuscita a terminare il capitolo fino ad oggi, e se poi ci aggiungiamo anche un pizzico di problemi e la mancanza di tempo a disposizione da dedicare alla scrittura, esce fuori questo ritardo fastidioso.
Comunque, spero che il capitolo vi piaccia, ci ho messo davvero tutta me stessa.





CAPITOLO 16


 

Mi sono sempre chiesta cosa porta le persone a mentire, ad essere ingannevoli, ad essere tremendamente false.
Voler far del male, voler infliggere una ferita nell’animo di qualcuno per vendetta? Volersi difendere a tutti i costi da una verità pungente e dolorosa? O è una semplice strategia di difesa contro il dolore, la noia, la realtà indesiderata?
Odio le bugie, non fanno che far appassire il mio cuore e quello delle persone a me care.
Eppure sono la prima che mente spudoratamente: mento a Marika, a mio fratello, a Claudio, a me stessa.
Com’è facile illudersi, com’è facile fingere un sorriso, mentre dentro ti senti morire; com’è facile scappare, riempirsi la testa di stronzate senza aver il coraggio di affrontare il problema; com’è facile avere mille cose da dire, ma preferire il silenzio perché troppo intimorita dalle mie stesse parole.
Alex, ti amo.
Non credo che il diretto interessato sentirà mai queste parole fuoriuscire dalle mie labbra, così come non credo che gli interesserebbe minimamente sentirle pronunciare da una come me. Cos’ho io da offrirgli? Niente, assolutamente niente.
Non ho mai avuto il coraggio di trasformare i miei patetici pensieri innamorati in parole, figurarsi se ho il coraggio di sputarli fuori dalla mia testa proprio davanti a lui.
E’ tutto così facile e chiaro, ma allo stesso tempo dannatamente difficile e indistinto.
Difficile e indistinto come lo sono la sua personalità, i suoi occhi, le sue parole contraddittorie.
In effetti Alex è una continua contraddizione. Ha degli occhi così verdi e profondi, ma le sue parole sono quasi sempre spinose e superficiali; è sempre così derisorio e sorridente, ma allo stesso tempo è troppo serio; è sensibile, ma ha comunque il cuore freddo come un cubetto di ghiaccio.
E’ un paradosso vivente quel ragazzo.
Nervosa, preda di mille pensieri, tamburello con le dita sul banco di scuola, riflettendo su come sia meglio affrontare il discorso con la mia migliore amica. Basta con i sotterfugi, basta con le menzogne.
Marika non è ancora arrivata, poiché sono nettamente in anticipo rispetto agli altri giorni, e mi sento ancora così sporca da non riuscire neanche a guardarmi allo specchio prima di uscire di casa.
E’ passata poco più di una settimana da quel maledetto giorno, ma non sono ancora riuscita a parlare con Claudio, né tantomeno a raccontare qualcosa dell’accaduto alla mia migliore amica, la quale non sospetta di nulla perché sa meglio di me che sono cotta a puntino di un altro ragazzo.
Forse perché so già quello che mi dirà, forse perché vorrà prendermi a schiaffi per la stronzata fatta o perché vorrei far finta che non fosse mai successo nulla, ma sta di fatto che mi vergogno come una ladra.
Circa cinque minuti dopo, la mia classe inizia ad animarsi e finalmente anche la persona che aspetto con impazienza e nervosismo fa il suo ingresso.
La notizia della gravidanza di Idaria non ha avuto conseguenze disastrose solo su di me, ma anche su di lei. La sua preoccupazione per il fratello è evidente dalle occhiaie scure che circondano i suoi occhi e dall’aspetto un po’ trascurato, ma, nonostante tutto, non ha mai voluto sfogarsi con la sottoscritta per paura di ferirmi maggiormente rammentandomi la situazione.
E non posso darle torno, perché tutto quello che mi è rimasto non è altro che qualche canzone, che tra l’altro fatico ad ascoltare da sola senza che la tristezza mi invada, e una persona in meno nella mia vita.
Il fatto è che non importa quanto io ci stia male o quanto mi manchi la presenza di Alex intorno, perché prima o poi mi passerà. Il fatto è che quando lo vedo, quando incontro gli occhi ingiustamente arrabbiati di Alex, tutte quelle emozioni che cerco di affogare tornano inevitabilmente a galla.
-Buongiorno, tesoro- mi saluta Marika, accennando un sorriso e accomodandosi al mio fianco.
-Buongiorno- rispondo, sorridendo timidamente.
Mentre la mia migliore amica toglie il giubbotto e tira fuori i libri, i miei occhi vengono catturati dalla figura sempre snella e alta di Idaria, la quale sculetta allegramente fino al suo banco.
Non mi sono sfuggite le occhiate divertite e sfrontate che mi lancia continuamente, ma non ho mai badato più di tanto a lei e alle sue manie di superiorità.
Andasse a ‘fanculo, sta stronza. Ti sei fatta Alex? Hai un motivo per tenertelo stretto? Buon per te!
Eppure mi ritrovo spesso ad immaginare come sarebbero andate le cose senza questo imprevisto ed è un continuo colpo al cuore, perché lo sento nello stomaco l’istinto inconfondibile che mi sussurra che lui mi avrebbe voluta al suo fianco, lo sento nel petto scalpitante e affannato che Alex mi avrebbe baciata ancora e ancora, che mi avrebbe stretta di nuovo tra le sue braccia roventi.
-Mirko ultimamente è sempre di cattivo umore, ma non mi vuole dire perché- Marika si imbroncia, ripensando a qualche episodio poco piacevole che a me sfugge.
Mi volto verso di lei, che ha improvvisamente catturato la mia attenzione, facendomi cadere dalla mia nuvola di pensieri infelici.
Non devo dimenticarmi di quello che le devo dire.
E forse non è il modo migliore per dirglielo, ma non ne conosco un altro, perciò prendo un bel respiro e smetto di massacrarmi le labbra con i denti.
-L’ho fatto- dico di getto, senza rifletterci ulteriormente. Non posso tenere un segreto del genere con lei, perché finirebbe per soffocarmi.
-Cosa?- Inarca le sopracciglia senza capire, presa in contropiede.
-Sesso- ero tentata di dire ‘l’amore’, ma all’ultimo secondo mi sono data mentalmente dell’idiota, perché devo smetterla di illudermi e raccontarmi bugie, non faccio altro che peggiorare il mio stato d’animo già abbastanza compromesso di suo.
-Scusa?- La sua faccia è a dir poco scioccata.
Non riceve un ulteriore conferma da parte mia, perché i miei occhi angosciati dovrebbero dirle tutto.
-Quando?- Ha gli occhi sbarrati, perché non si aspettava minimamente una cosa del genere da parte mia. E sinceramente neanche io mi sarei mai potuta immaginare che la mia prima volta con un ragazzo sarebbe stata senza amore, senza sentimento, intimità, attrazione. Avevo sempre sognato la mia prima volta come un momento magico tra le braccia del ragazzo che amavo e che mi amava, ma sicuramente non in modo così vuoto, frivolo.
Mi sento così stupida.
-Un paio di giorni fa…- La mia voce si incrina impercettibilmente.
Come si fa a commettere errori del genere? Come si fa a riuscire a superarli senza restare feriti profondamente?
-Un paio di giorni fa e me lo dici solo adesso?!- Sbotta incredula.
-Mi spiace, è solo che…-
-Con Claudio?- Mi interrompe subito, cercando di saperne di più.
-E con chi se no?- Sussurro tristemente.
-Pensavo che Alex si fosse deciso, visto che non vede l’ora di...- Si blocca immediatamente, senza finire la frase, quando nota la mia espressione, che sicuramente non è delle migliori. -Scusa.-
-L’ho fatto con Claudio- ribatto secca.
-Perché?- Si volta totalmente con il busto verso di me e mi guarda dritto negli occhi, senza battere ciglio, come per cogliere anche i dettagli e le parole che le mie labbra sono restie a dire.
-Non lo so. E’ successo e basta!- Esclamo agitata, ripensando ad un paio di giorni fa e sentendomi inevitabilmente ingenua e fragile, come se potessi crollare da un momento all’altro. -Mi ha chiesto di andare da lui e non l’ho respinto.
-Hai sbagliato- sussurra sinceramente, accarezzandomi il braccio con la mano sinistra.
-Lo so- ammetto, inclinando il capo, abbattuta.
-Non lo ami.-
-Lo so- ripeto apaticamente.
-Avete parlato dopo…?- Cerca di farsi il quadro completo della situazione.
-No, non ci sentiamo da quella sera- le confesso, sentendomi immediatamente in colpa.
Non merito l’affetto di un ragazzo come Claudio, perché sono una grandissima cogliona.
-Quindi te ne sei pentita- trae le sue esatte conclusioni.
-Sì.-
-Tesoro…- Mi abbraccia improvvisamente e mi stritola a sé, trasmettendomi calore, sicurezza, affetto.
-Andrà tutto bene, vedrai che le cose si sistemeranno. Te lo prometto- mi bisbiglia tra i capelli e, senza neanche rendermene conto, mi ritrovo a singhiozzare e a bagnarle la camicetta di lacrime amare, attirando così occhi indiscreti su di noi, occhi confusi, occhi trionfanti.
Dentro di me, nel profondo, dove non posso alleviarlo o fingere, provo un dolore sordo e sorridere o piangere non serve assolutamente a niente.
Avrei voluto che fosse diverso, avrei voluto che fosse speciale. Avrei voluto che fosse Alex a stringermi tra le sue braccia.
Due ore dopo sono ancora un po’ scossa e Marika cerca di starmi accanto in tutto e per tutto. A ricreazione siamo d’accordo che sia meglio andare a farci una passeggiata tra i corridoi di scuola e a prendere qualcosa da mangiare alle macchinette, una piccola scusa per uscire da quella gabbia di matti e per allontanarci da Idaria che continua a fissarci con i suoi occhioni divertiti.
-Cosa vuoi da mangiare? Su, fammi un bel sorriso, che oggi offro io- la mia migliore amica mi fa un enorme e sincero sorriso, che cerco di ricambiare allo stesso modo.
-Quello che vuoi- rispondo guardandomi intorno.
E per poco non soffoco con la mia stessa saliva quando, poco distanti da noi due, noto Alex e Daniel che discutono energicamente, attirando anche l’attenzione di alcuni ragazzi appoggiati al muro, proprio vicino a loro.
-Merda!- Sputo tra i denti e, da brava codarda, inizio ad allontanarmi da lì con passo spedito, lasciando Marika ammutolita.
-Greta!- Sento qualcuno richiamarmi e so per certa che quella non è la voce della mia amica.
Stronzo, stronzo! Daniel è un grandissimo stronzo.
Mi volto verso quei due che si avvicinano a noi, il rosso sorride smagliante mentre l’altro sembra parecchio seccato dalla nostra presenza.
-Che combinate di bello voi due?- Domanda Daniel, abbracciandomi di slancio.
-Prendiamo qualcosa da mangiare e torniamo in classe- dice Marika, guardandomi di sott’occhi, come per accertarsi che io non svenga da un momento all’altro o, cosa più probabile, non uccida i due ragazzi che si sono appena avvicinati.
-Daniè, dobbiamo tornare in classe anche noi- grugnisce Alex, guardando un punto fisso davanti a sé.
Tutto pur di non guardare me.
Gli faccio così schifo?
Al solo pensiero mi si inumidiscono di nuovo gli occhi. Dio, quanto sono schifosamente debole e sentimentale.
Come posso ridurmi in questo stato per una sola fottutissima persona?
-Ma se siamo appena usciti- il mio amico alza gli occhi al cielo, per poi farmi l’occhiolino furbo.
Quando il giorno dopo quell’orrenda sera gli chiesi cosa avesse detto di così stupido ad Alex per convincerlo a venire a casa mia e parlare con me, non mi ha risposto; si è limitato a baciarmi una guancia e a sussurrarmi un tenero ‘Sei adorabile e lui è pazzo di te’, che mi ha fatto sentire ancora più idiota e confusa del solito.
In risposta, il ragazzo biondo borbotta qualcosa di incomprensibile.
-Lo sai? Oggi sei più bella del solito- sussurra Daniel tranquillamente, aumentando la stretta del suo abbraccio.
Non sono in vena di queste stronzate, perché so per certa che queste frecciatine dirette al suo amico non hanno alcun effetto, diversamente da quello che crede lui. Alex neanche mi guarda in faccia, tanto è la repulsione che prova nei miei confronti.
-Grazie- tentenno un piccolo sorriso più finto di Giuda.
 

 
Alex Pov
 
Lo so che è bella, testa di cazzo! Non ho bisogno che me lo dica tu!
Sono stufo di questa situazione di merda, sono stufo di Mirko che continua a evitarmi come la peste, sono stufo di Daniel che non fa che rammentarmi di quanto la nana sia sexy.
Non fa altro che ripetermi da ormai giorni e giorni ‘Che gnocca Greta, è davvero bellissima’ e non posso neanche mandarlo a quel paese, perché altrimenti penserebbe chissà cosa.
Gli ho dato ascolto una volta sola ed è andata malissimo. Non rifarò più lo stesso errore.
Mi sono presentato a casa sua, l’ho aspettata per ore e lei nel frattempo si faceva sbattere da quel coglione di Dalena.
Dio, il solo pensiero delle sue mani su di lei mi manda fuori di testa.
Meglio per lui se mi sta alla larga, perché altrimenti gli apro il culo.
Ma che cazzo me ne frega di lei? Perché mi faccio tanti problemi per lei? Perché cazzo mi viene voglia di prenderla e sbatterla al muro e farle cose piacevoli e potenzialmente illegali?
Non devo guardarla, non devo guardarla.
-Ce ne andiamo?- Domando, iniziando a sentire l’irritazione nei confronti del mio amico aumentare a dismisura.
Appena ho visto i suoi occhi azzurri e i lunghi capelli castani, una morsa forte e terrificante mi ha stretto lo stomaco. Ho cercato di far capire a Daniel con lo sguardo che non mi andava di perdere tempo con mia sorella e la sua amica, ma non c’è stato verso di farlo allontanare dal corridoi.
Perché diamine deve fare il coglione con lei in questo modo? Ci tiene proprio ad essere massacrato di botte anche lui?!
-Alex, rilassati, cazzo! Non sono passati neanche cinque minuti- ribatte Daniel, lanciandomi un’occhiataccia per poi tornare a fare gli occhioni alla nana.
-Io sono sempre rilassato- scandisco perfettamente le parole, stringendo però inconsapevolmente i pugni.
Continuo a guardarmi attorno e finalmente trovo la mia via di fuga.
E mi sento un po’ uno stronzo per quello che sto per fare, ma voglio che lei mi veda, così come io ho dovuto subire la sua patetica scenetta romantica davanti casa sua e le parole di Dalena su come fosse stato bellissimo scoparsela.
Raggiungo in due falcate la ragazza bionda, che ora mi dà le spella, e l’abbraccio di slancio nella speranza che la nana stia guardando proprio adesso.
-Ciao- sussurro, stringendo calorosamente le braccia intorno ai fianchi di Idaria, la quale resta sorpresa per il mio gesto.
-Ciao- risponde, voltandosi tra le mie braccia per guardarmi negli occhi.
E’ davvero una bella ragazza, ma non riesce a farmi provare niente, se non un ottimo orgasmo.
Non l’abbandonerei mai, questo è ovvio, perché porta in grembo mio figlio, ma nonostante tutto non riesco a togliermi dalla testa le labbra di un’altra ragazza, gli occhi di un azzurro così intenso da non sembrare neanche reale, occhi che mi entrano dentro perforandomi pelle, muscoli, ossa, anima.
Senza aggiungere altro, mi immergo nelle sue labbra con forza, sperando che questo bacio mi aiuti a colmare quella sensazione di vuoto che ho nella gabbia toracica, e lei risponde con prontezza, facendomi così inevitabilmente sorridere e compiacere.
Le nostre lingue giocano insieme, provocandosi piacevoli scosse d’intesa. Il problema è che nessuna di queste piccole scosse mi pervade il corpo, penetrando fin dentro le ossa.
Cosa che il semplice profumo di Greta fa, un sussurro lontano che la parte razionale della mia mente cerca di comunicare al resto del cervello.
Quando il bacio e tutta la messinscena finiscono, guardo di sott’occhi verso di lei, ma non la vedo più.
Se n’è andata?
Mi sorella vorrebbe prendermi a schiaffi, glielo leggo in faccia, mentre Daniel scuote la testa, sconsolato.
Io invece mi sento la solita merda, un idiota che non fa che sbagliare.
-Ci vediamo oggi pomeriggio?- Bisbiglia Idaria sulle mie labbra, accarezzandomi la nuca con le mani ancora intrecciate dietro al mio collo.
-Scusa, ma oggi pomeriggio ho da fare- e non è del tutto una bugia, perché devo seriamente parlare con Mirko.
Mi manca il mio migliore amico.
Quando si imbroncia mi sento un po’ in colpa, un bel po’, e inevitabilmente cerco di rimediare.
-Ti chiamo stasera, ok?- Propongo di getto.
Ammicca, decisamente più allegra, e mi ruba un rapido bacio sulle labbra prima di sculettare verso le sue amiche, che nel frattempo non hanno fatto altro che fissarci con quell’aria trasognante di sempre.
Successivamente mi riavvicino con cautela e lentezza verso Daniel, mentre mia sorella continua a guardarmi in cagnesco iniziando ad indietreggiare verso la sua classe.
-Alex, sei una testa di cazzo- ringhia quest’ultima al sottoscritto.
-Sei sempre così affettuosa- ribatto sarcasticamente.
Ultimamente tutti non fanno altro che insultarmi e la cosa inizia a darmi parecchio fastidio.
-Ma perché non le dici semplicemente che ti piace così entrambi siete felici?- Esordisce il rosso, alzando gli occhi al cielo.
-Tu fatti i cazzi tuoi- sibilo con fin troppa cattiveria, indispettito e solo contro i due pazzi.
Non mi sembrava così triste quando si è fatta una bella scopata con quella merda vivente!
-Dovresti solo vergognarti- la voce di mia sorella non è altro che un sussurro, così rassegnato e triste da mettermi i brividi.
-Tu non sai un accidenti di me e sì, sono una grandissima testa di cazzo. Contenta?- Senza neanche rendermene conto, a causa della rabbia del momento, mi ritrovo ad alzare la voce e a sentire l’adrenalina scorrermi fulminea nelle vene.
-No, vaffanculo- non mi lascia neanche il tempo di controbattere per mandarla a mia volta a quel paese, che mi ha già voltato le spalle per correre a rifugiarsi nella sua classe.
-Perché ti comporti così?-
-Così come?- Gracchio, prendendo dalla tasca dei jeans il pacco di sigarette comprate recentemente e accendendone una sotto lo sguardo allibito di Daniel.
Non risponde alla mia domanda difensiva e tanto finta quanto lo può essere una moneta da cinque euro, ma me ne pone un’altra a bruciapelo: -Da quand’è che adesso fumi?
-Da un po’- ribatto rapidamente, stringendomi nelle spalle.
-Perché?
-Mi aiuta a rilassarmi- sbotto, infastidito dal suo interrogatorio decisamente fuori luogo.
-Perché, sei forse agitato?- Domanda con una strana luce negli occhi.
Si appoggia al muro, con le braccia incrociate e gli occhi fissi su di me, come per non volersi perdere nessuna mia azione. E’ come se stesse cercando di leggere il linguaggio del mio corpo.
-Cazzo, sì. E’ da stamattina che mi scassate tutti la minchia!- Ringhio, rimettendo con troppa foga in tasca sia il pacchetto di sigarette che l’accendino.
-Sbaglio o tu eri quello sempre rilassato?- Mi sbeffeggia tranquillamente, prima di riprendere a parlare subito dopo. -E comunque non si può fumare qui. Se ti sgamano ti prendi una bella sospensione.
-Non mi importa- non mi importa più di niente, non mi importa della scuola, del mio futuro, della mia intera vita. Mi sento svuotato, privo di forze, privo di tutto quello a cui tenevo davvero.
E c’è una bella differenza tra l’essere vuoti e l’essere stati svuotati.
-E di cosa ti importa? Di chi ti importa?- So per certo che la sua è un’altra provocazione, un altro modo per mettermi alle strette.
-Smettila immediatamente di lanciarmi frecciatine, prima che mi incazzi seriamente- sibilo, guardandolo in cagnesco.
Inaspettatamente, si zittisce di colpo e il silenzio cala su di noi. Continuo a fumare la mia sigaretta, che mi aiuta a distendere i muscoli del mio corpo, fin ora troppo tesi, cercando di non farmi beccare da qualche professore di passaggio. Mi appoggio, per questo motivo, con la schiena sul muro, vicino a Daniel, esattamente dietro la macchinetta, affinché questa ci nasconda agli occhi indiscreti.
Come se questo servisse a nascondere il fumo, che raggiunge lentamente il soffitto, o il suo odore fastidioso, il mio cervello dice una cosa, mentre il mio corpo fa l’esatto opposto, continuando per questo a portare la sigaretta alle labbra.
-Perché non le parli, Alex?- Daniel decide di mettere fine a quel nostro strano silenzio.
-Parlare a chi?- Domando, roteando gli occhi.
Possibile che sia fissato con questa storia di me e Greta insieme?,rifletto tra me e me con fastidio.
-Mi prendi per un’idiota?! Svegliati, persino un cieco capirebbe che è innamorata di te dal semplice modo in cui ti guarda- ribatte con sicurezza, allontanandosi dal muro con una leggera pressione delle braccia.
Sospiro stancamente, scuotendo la testa diverse volte prima di rispondere.
-E’ andata a letto con Dalena- il mio è un flebile sussurro.
-Che ne sai?- Dal modo in cui sgrana gli occhi per una frazione di secondo, sembra che la mia risposta l’abbia colto di sorpresa.
-Ho sentito mentre lui le diceva che gli è piaciuto farlo- mi passo nervosamente una mano tra i capelli, cercando di controllare la rabbia e il nervosismo che oggi mi fanno da seconda pelle.
-Puoi benissimo aver frainteso…-
-Non c’è niente da fraintendere, credimi!- Sbotto, interrompendolo immediatamente.
Non sono stupido, non c’era niente da fraintendere nelle parole di quel parassita.
E’ la prima volta, da quando lo conosco, che il ragazzo rosso al mio fianco resta senza parole; ammutolito e accigliato, probabilmente ora si starà domandando se quello che gli ho detto è la verità.
-Prima hai baciato Idaria per questo, vero?- Scivola con il corpo sul muro, fino a sedersi a terra con le gambe incrociate, sospirando stancamente.
-Può darsi- rispondo vago, stringendomi nelle spalle.
-Se n’è andata via subito per non vedervi insieme, qualcosa vorrà pur significare, no?-
-Non mi importa- mento spudoratamente.
Non mi importa se le mani di quella piattola si sono posate sul corpo di lei, non mi importa se hanno fatto sesso e l’odore di lei è rimasto impresso sui vestiti di un altro, non mi importa se l’abbraccia o la bacia. Non mi importa di lei, perché mai dovrebbe importarmi?
-Sì invece, così come ti importa che lei sia fidanzata con Claudio. E, a meno che tu non ti faccia avanti seriamente, le cose non cambieranno- Daniel, inconsciamente, risponde alle mie stupide seghe mentali, perché è inutile che lo neghi: lei mi piace, mi attrae, mi fa provare cose che non avevo mai provato in vita mia.
-Non possono cambiare. Ti ricordo che sto con Idaria- il mio tono sembra stia subendo una tortura per quanto è insicuro e tremolante.
-Quella vipera della tua ragazza non mi piace- sbuffa il mio amico, lanciandomi un’occhiata dal basso.
-Non deve piacere a te- spengo la sigaretta, ormai finita, per poi gettare il mozzicone nel cestino più vicino.
-Se è per questo non piace neanche a te-
-Stai cercando di psicoanalizzarmi o cosa?- Gli lancio un’occhiata di traverso, indeciso se ridere per quello che sta dicendo o giocare a calcio con la sua testa.
-Sto cercando di dirti che se vuoi davvero una persona, tecnicamente, non sei geloso marcio di un’altra ragazza- ammicca nella mia direzione, mentre io mi siedo per terra con lui per poi poggiare la testa sul muro.
-Ge-cosa?- Scoppio a ridere di gusto alla più grossa stronzata mai stata detta da Daniel.
-Geloso, Alex. Hai capito benissimo.
-Non sono geloso di nessuno, perché questo significherebbe che ci sono dei sentimenti in gioco e ti assicuro che hai preso un abbaglio- ribadisco, ridendo un po’ più forzatamente.
-Sei ottuso! Quando lei si innamorerà di un altro ragazzo, perché di certo non può aspettare te per sempre, allora quello che soffrirà come un cane sarai tu e non più lei.-
-Ti sembra che lei soffra? La vedi in lacrime o anche solo imbronciata? No, quindi smettila di dire puttanate- distrutto definitivamente dalla volontà di ferro di Daniel e dal suo continuo ritornare al discorso su di lei, sussurro stancamente quello che mi divora il cervello e il cuore.
Se Daniel ha ragione perché al mio allontanarmi lei non mi riavvicina? Perché non mi parla, ma aspetta che sia io a farlo? Se le interesso davvero, allora perché continua a stare con quell’insignificante piattola?
-Certo, perché adesso tutte le persone sorridenti sono felici- ribatte con convinzione e logica, perché dopotutto non ha torto.
-Senti, finiamola qui. Non mi va di parlarne- metto fine al discorso, decisamente stanco di ripetermi.
-Come vuoi, ma smettila di ferirla- sospira il mio amico, alzandosi in piedi per tornare in classe. -Sono stanco di vederla star male per te.
 
 

Greta Pov
 
Il pomeriggio fa un freddo boia, ma il mio tremore è legato ad altro. Claudio sta per arrivare, perché vuole necessariamente parlare con la sottoscritta e non posso di certo biasimarlo. Non ci sentiamo da giorni e non ho fatto altro che evitarlo da quel giorno, il giorno in cui ho perso la mia innocenza con lui e me ne sono pentita l’attimo dopo, proprio come temevo accadesse. Ormai però è troppo tardi per piangerci sopra, non posso cambiare quello che è successo e ovviamente non posso continuare ad evitarlo come la peste. Non se lo merita, nessuno si meriterebbe un trattamento del genere.
Aspetto, con le mani ben piantate nelle tasche del giubbotto, di veder comparire la sua macchina nera davanti casa.
Non so nemmeno perché sono uscita qui fuori a gelare, quando avrei fatto meglio a stare in casa; forse perché non volevo essere poi costretta a presentarlo a mio padre, che sicuramente avrebbe insistito per fare la sua conoscenza e minacciarlo a dovere di tenere le mani a posto, ma sta di fatto che l’idea mi terrorizza e probabilmente questo perché lo legherebbe ancora di più alla mia vita e, in questo momento, è l’ultima cosa che voglio.
Non voglio ingannarlo, non sono stronza a tal punto da prendermi gioco di lui e devo dirglielo, devo dirgli che sono innamorata persa di un altro ragazzo, devo dirgli che il mio cuore va in iperventilazione unicamente quando i miei occhi incontrano delle iridi verdi magnifiche.
Fischiettando, con la testa fra le nuvole, e battendo il piede a terra con agitazione, continuo a fissare la strada difronte nell’attesa di vedere il viso di Claudio.
Quando però è un altro il volto che i miei occhi divorano, manca poco che collasso sugli scalini di casa.
Alex, molto tranquillamente, si dirige verso di me e mi accorgo benissimo del preciso istante in cui nota la mia figura, poiché sgrana gli occhi allacciandoli ai miei, prima di tornare ad indossare l’orrenda maschera impenetrabile e fastidiosa di sempre.
E’ così difficile riuscire a capire quello che gli passa per la testa, è così doloroso guardare i suoi occhi e sapere che si illuminano per un’altra persona, è doloroso fissare con brama quelle labbra perfette e sapere che baciano la bocca di un’altra ragazza; quando vorrei con tutta me stessa che baciasse me.
Voglio i suoi sorrisi, gli abbracci, le frecciatine, le carezze, voglio sentirlo vicino e sentire il suo odore inebriante, ma non ho niente di lui. E se non posso avere lui, non voglio assolutamente niente.
-Ciao- sussurro, senza pensare che probabilmente non ha tempo da perdere per parlare con me.
La sua espressione sembra stupita del mio saluto inaspettato.
-Ciao- risponde con freddezza, passandomi accanto.
Al suo tono più freddo dell’aria che mi fa tremare, mi irrito immediatamente e sento una fitta al cuore, perché dopotutto non è lui quello ferito, non è lui quello deluso e amareggiato da questa vita che indosso e che mi sta dannatamente scomoda. Alex non ha nessun diritto di essere arrabbiato con me, mentre dovrei essere io quella incazzata nera con lui per i suoi modi, per la sua indecisione, per quei suoi fottutissimi occhi tanto belli quanto letali che sanno trapassarmi e farmi rabbrividire.
-Hai qualche problema con me?- Sbotto con stizza, voltandomi verso la sua figura che stava per bussare alla porta di casa.
Il suo pugno, sollevato in aria, si arresta di colpo e, come a rallentatore, si volta verso di me.
Confuso e rigido, allaccia i suoi smeraldi ai miei occhi azzurri.
-Cosa ti fa pensare che io abbia un problema con te?- Risponde alla mia domanda con un’altra: decisamente poco sulla difensiva e molto educato.
-Non so, forse perché ti comporti da stronzo, più del solito?- Ribatto sarcasticamente, maciullandomi le labbra con i denti.
Ma perché mi metto in queste situazioni fastidiose? Perché creo questo disagio? Perché diamine c’è così tanta tensione nell’aria ogni volta che gli rivolgo la parola?
-E ti dà fastidio?- Un sorriso strafottente si forma sulle sue labbra, uno di quei ghigni da sbruffone che ti fanno prudere le mani dalla voglia di prenderlo a schiaffi.
Boccheggio in cerca di una risposta, mentre lui si avvicina di qualche passo senza liberarmi dall’incanto dei suoi occhi.
-Può darsi- mi stringo nelle spalle, respirando a pieni polmoni e ripetendomi mentalmente di stare calma, poiché probabilmente non oserà invadere il mio spazio privato proprio difronte casa mia per paura di eventuali ripercussioni nel caso ci vedesse il suo migliore amico o, peggio ancora, mio padre.
-Non vedo perché dovrebbe darti fastidio, visto che hai già chi ti dà tutte le attenzioni necessarie- ribatte pungente, più acido di un vecchio yogurt scaduto da troppo tempo.
Drizzo il capo, fiera e coraggiosa quanto lo può essere un tenero ed indifeso agnellino.
-Non vedo come il fatto che ci sia qualcuno felice di darmi attenzioni possa dar fastidio a te- lo scimmiotto, sperando di veder cadere quella sua maschera sfrontata e, contrariamente a me, sicura fino al midollo.
-Non ho detto che mi dà fastidio, infatti- sputa con arroganza, la sua voce è ingiustamente tagliente.
Smette di annullare le distanze tra di noi e si siede sui gradini di casa, senza però staccare neanche per un attimo gli occhi dai miei.
Prendo un bel respiro profondo, cercando di farmi forza mentalmente e spronandomi a tenergli testa.
-Allora perché ti comporti così?- Deglutisco, sperando che almeno una volta mi dia una risposta soddisfacente.
-Mi comporto come sempre.- Risponde in modo evasivo, allungano le gambe lunghe davanti a sé.
E’ così alto che la sua figura imponente mette in ombra gli scalini, mentre i suoi occhi sono così belli e luminosi da lasciarmi senza fiato.
-No, non è vero.- Ribadisco con convinzione, scuotendo il capo.
Voglio che me lo dica chiaramente che di me non gliene frega niente, voglio che mi dica chiaro e tondo che non vuole più a che fare con Greta Quarta, perché nei suoi occhi, che in questo momento si specchiano nei miei, leggo tutt’altro e la  cosa mi emoziona e spaventa allo stesso tempo.
Sulle sue labbra si forma un sorrisetto storto che non promette niente di buono.
-E come mi sto comportando, sentiamo?-
-Freddo, non mi rivolgi la parola, anzi mi eviti completamente. E poi sei stronzo, dannatamente stronzo- termino con un bisbiglio deluso, ripensando al bacio vietato ai minori che ha dato ad Idaria solo poche ore prima.
-Sono sempre stato freddo e stronzo con te, lo sono con tutti- grugnisce, passandosi una mano tra i capelli in modo angosciato, come se dentro di lui si stesse svolgendo una lotta fra due opposte e forti fazioni.
-No, non è vero.-
-Sì, invece.-
-Prima che ti mettessi con Idaria e io con Claudio litigavamo, certo, ma era tutto mille volte più semplice. Adesso non riusciamo nemmeno a parlare senza finire inevitabilmente a mandarci a quel paese- la mia voce trema come una foglia sotto attacco da un vento violento e letale.
Perché è così difficile per me parlargli senza sentire le ginocchia tremare?
E in questo momento vorrei solo che quel vento mi scompigliasse furiosamente i capelli, portandosi con sé tutti i miei pensieri.
-Io non ti ho mai mandata a quel paese- sul suo viso si distende un altro sorriso appena accennato.
-Beh, io invece sì e non me ne pento!- Dico sinceramente, battendo il piede per terra con stizza perché si ostina a non dare risposte vere.
-Abbiamo sempre litigato, quindi non vedo dove sia la differenza, il problema- è sconsolatezza quella che sento nella sua voce?
-Non voglio che mi eviti- mi ritrovo a confessargli, con la paura che scoppi a ridermi in faccia da un momento all’altro.
Probabilmente in questo momento starà pensando che io sia pazza, penso.
Pazza di lui.
-Non vuoi?- Chiede senza scomporsi minimamente.
-No, non voglio- continuo a parlare sinceramente, stufa di essere terrorizzata dai miei stessi sentimenti.
Una folata di vento mi scompiglia i capelli e mi fa rabbrividire per l’ennesima volta. Fa tremendamente freddo qui fuori e una coperta non varrà mai quanto un abbraccio di Alex.
-Perché?-
-Perché no- socchiudo gli occhi, irritata.
-‘Perché no’ non è una risposta- accenna un sorriso più rilassato, che mi manda in tilt il cuore.
 
-Non sono affari tuoi di quello che c’è tra me e Claudio.
-Ti sbagli.
-Perché?
-Perché… sì.
-‘Perché sì’ non è una risposta.
 
-Cosa fai, ricicli le mie parole adesso?- Ad un suo semplice sorriso il mio cuore è schizzato in aria, prendendo a battere così velocemente da rischiare di perforarmi la gabbia toracica.
-Non ne ho bisogno, tettona- mantiene il sorriso ben disteso sulle labbra morbide, rischiando in questo modo di mandarmi al manicomio.
-E’ da tanto che non mi chiamavi così…- mi ritrovo a riflettere ad alta voce, sentendo un pizzico di nostalgia farsi strada lentamente dentro di me.
-Pensavo che odiassi questo soprannome- torna ad essere di nuovo serio e a nascondersi dietro quell’orrenda maschera compassata e impenetrabile.
-Mi ci ero quasi abituata- ammetto, scuotendo le spalle con finta disinvoltura.
-Buono a sapersi, tettona- tentenna un altro sorriso, ma stavolta non raggiunge gli occhi, i quali restano bui e inespressivi.
Uno strano silenzio cala su di noi, ma dura poco perché, desiderosa di raggiungere almeno per una volta una conclusione con lui, riprendo a parlare con più sicurezza e determinazione di prima.
-Senti, devi necessariamente avercela a morte con me? Io non ti ho fatto niente di male, al massimo è il contrario- dico, sistemandomi meglio il cappello e la sciarpa nella speranza vana di sentire meno freddo.
-Stai con quel patetico segaiolo, quindi qualcosa di male l’hai fatto- ribatte con cattiveria e una buona dose di offese gratuite.
-Io non ti odio perché stai con Idaria, quindi perché dovresti odiarmi tu solo perché sto con Claudio?- Domando accigliata, non riuscendo a capire i suoi modi e i suoi continui sbalzi di umore.
Fino a poco fa sorrideva, mentre ora mi guarda in cagnesco, come se volesse sbranarmi da un momento all’altro.
-Non sei tu che mi stai sul cazzo. Io non ti odio- soffia con voce più controllata, ma ugualmente carica di rabbia mista a qualcos’altro. Dolore?
-Beh, non sembra visto il modo di sufficienza con cui mi tratti- lo accuso apertamente, prendendo a mangiucchiarmi le unghia delle mani per il troppo nervosismo.
-A voi donne non va mai bene niente- sbuffa, alzandosi in piedi e stiracchiandosi le gambe intorpidite.
-E voi uomini siete dei coglioni che ragionano con l’organo sbagliato- ricambio la sua affermazione idiota con la stessa moneta, sollevando il mento con orgoglio.
-In primis il tuo ragazzo- grugnisce, cercando qualcosa nella tasca sinistra del giubbotto.
-Si può sapere perché ce l’hai così tanto con lui?- Domando stizzita, decisamente stufa di sentirlo insultare continuamente Claudio.
-Perché esiste- risponde, tirando tranquillamente fuori dalla tasca un pacco di sigarette e portandosene una alle labbra.
-Sei infantile- gli faccio notare, con il tono più acido di quello di una vecchia zitella.
Seguendo la stessa rotta, trova anche l’accendino e si accende la sigaretta ancora stretta tra le sue labbra, come se per lui fosse la cosa più normale al mondo.
-E tu sei una stupida ragazzina- ribatte, dopo aver respirato una grande boccata di fumo.
-Ti ho già detto di non darmi della stupida- socchiudo gli occhi irritata.
-E io ti ho risposto che è quello che sei- si stampa in faccia uno di quei sorrisi che mi fanno venir voglia di strozzarlo con le mie stesse mani.
-‘Fanculo!- Esclamo, arrendendomi definitivamente all’idea di avere un discorso serio con lui.
-Molto maturo da parte tua- mi fa notare con la sua solita aria impertinente.
-Hai cominciato tu!- Borbotto, seccata.
-Uh, hai cominciato tu!- Mi scimmiotta, visibilmente divertito dalla situazione. -Quanti anni hai, tre?-
-Sei un beota, con te non si può mai parlare seriamente- lo ammonisco, indispettita ed abbattuta dai suoi modi di fare con le persone, ma soprattutto con me.
Ogni volta che ci provo, ogni volta che cerco di sistemare le cose, finisce in questo modo.
Scoppia a ridere di gusto, facendo aumentare la mia irritazione a livelli ineguagliabili e mai raggiunti fin ora.
-Quindi cosa proponi?- Riprende a parlare, sorprendendomi.
Traggo un sospiro di sollievo, distendendo i muscoli irrigiditi.
Se non posso averlo come ragazzo, voglio che sia mio amico. Voglio che faccia parte della mia vita, ne ho bisogno.
-Pacifica convivenza civile?- Propongo, e la mia voce sembra implorarlo. -Sono stufa di discutere per queste stronzate.-
Con disinvoltura fa pochi passi nella mia direzione, mentre io incrocio le braccia sul petto e non so se per cercare di riscaldarmi o per difendermi dalla sua figura imponente, sempre più vicina a me.
-Non sono stronzate- dice istintivamente, stringendo con forza i pugni lungo i fianchi.
-Io credo proprio di sì- ribatto con testardaggine.
-Molla quell’imbecille- questa volta sembra implorarmi lui, con gli occhi.
Le distanze tra di noi si accorciano ulteriormente, ma cerco con tutte le mie forze di rimanere impassibile al suo odore, ai suoi occhi, alle sue labbra.
Ha un fisico perfetto, così alto e allenato da essere irresistibile. Io invece ho sempre odiato il mio corpo; sono così bassa e i miei chiletti di troppo non sono invisibili, ma si notano benissimo. Ho le curve troppo morbide e il seno troppo abbondante e fastidioso. Anche adesso odio il mio corpo, tranne quando lui poggia le sue mani su di me. In quel caso lo ringrazio perché mi sento bella, felice.
-Perché dovrei?-
-Perché non ti piace nemmeno- il suo è un sussurro appena udibile, come se non fosse del tutto certo di quello che sta dicendo.
-Cosa te lo fa pensare?- Drizzo le orecchie, aspettando con ansia la sua risposta, mentre lui mette fine alla distanza tra i nostri corpo.
Sento il suo profumo inondarmi le narici e non riesco a resistere alla tentazione di prendere un bel respiro per imprimermi come si deve il suo odore nella mente e rinchiuderlo nel cassetto della mia memoria dedicato a lui.
-Il fatto che sei qui con me, cercando di trovare qualsiasi cosa di cui parlare, mentre lui aspetta impaziente in macchina proprio dietro di te- bisbiglia direttamente al mio orecchio, senza però toccarmi in alcun modo.
Sono costretta a conficcarmi le unghie nei palmi delle mani, qualsiasi cosa pur di resistere alla tentazione di circondare il suo colle con le braccia, proprio come ho visto e invidiato fare a Idaria stamattina a scuola.
Non so quando è cominciato tutto, ma mi ci sono ritrovata dentro, come risucchiata da emozioni di cui non ne conoscevo neanche l’esistenza. Un po’ come succede quando ti ritrovi le gambe martoriate da lividi, di cui non ti eri mai accorta, che iniziano a fare male dal momento in cui li vedi. E lui è così, è un livido profondo e scuro, nato in chissà quale impatto; è il mio livido al cuore.
-Non mi ero accorta che fosse arrivato…- Mi giustifico, balbettando lievemente e sentendo le gambe tremare con forza quando la sua mano mi sfiora la guancia con inaspettata dolcezza.
-Ha suonato due volte. Eri per caso distratta?- Nei suoi occhi leggo divertimento e trionfo, come se avesse ricevuto proprio quello che desiderava. Come se avesse lottato con Claudio e avesse vinto qualcosa, me.
-Devi necessariamente provocarmi di continuo per farmi incazzare?- Schiaffeggio la sua mano, con nervosismo, allontanandomi di poco da lui.
Sei una debole, non riesci neanche a trovare la forza per correre via da lui.
-Scaricalo- il suo sembra un ordine. Si è lasciato la spensieratezza alle spalle, per ritornare di nuovo rigido e distaccato.
-Ti ripeto che non sono cose che ti riguardano- alzo gli occhi al cielo.
Senza preavviso, mi circonda improvvisamente il viso con entrambe le mani, facendomi mancare il respiro.
Istintivamente mi ritrovo a circondare le sue mani con le mie, ma, invece di allontanarle da me, mi ritrovo a stringerle con forza verso la mia pelle.
I suoi occhi si intrecciano ai miei e tutto sembra bloccarsi. E’ come se nessuno dei due volesse più allontanarsi dall’altro e la cosa fa scalpitare il mio inutile cuore, ormai del tutto impazzito.
-Accetto solo se lo lasci- soffia, troppo vicino alle mie labbra.
Mi ritrovo inconsapevolmente a fissare la sua bocca, che ora si distende in un sorriso sensuale che non fa altro che peggiorare la mia sanità mentale.
-Accetti cosa?- Domando, con un tornado che mette confusione nella mia testa.
-Il patto della pacifica convivenza, come l’hai chiamata tu. Niente più frecciatine, provocazioni o altro, ma non uscire più con lui- il suo viso si avvicina definitivamente e mi sono quasi arresa all’inevitabile, chiudendo gli occhi di scatto, quando le sue labbra non incontrano le mie, ma si poggiano lievemente sulla mia fronte. Sembra più il tocco delicato di una farfalla che un bacio, ma in un certo senso lo preferisco.
-Questo è un ricatto bello e buono!- Sbotto, ritrovando la ragione, ma non accennando ugualmente a staccarmi da lui.
-Sono le mie condizioni- mi fa un semplice sorriso sghembo, prima di allontanarsi con lentezza e lanciare un’occhiata di sfida alle mie spalle.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***









 

A mia madre,
che ha passato un brutto periodo, ma nonostante tutto resta la donna più forte e decisa che conosco.
Ti voglio bene, mamma.




 

CAPITOLO 17
(Non ancora betato)

 

 


Sono pietrificata dai suoi modi di fare possessivi, che da una parte mi fanno attorcigliare lo stomaco per l’emozione, ma dall’altra mi innervosiscono soltanto, e resto ferma, totalmente immobile per svariati secondi, fissando la schiena perfetta di Alex e le sue spalle larghe finché non lo vedo scomparire dietro il portone di casa.
Non capisco mai quello che gli passa per la testa, dannazione!
Sento ancora le guance in fiamme e il corpo vibrare a causa del suo tocco, così distruttivo e allo stesso tempo benefico per me.
Fa freddo e solo adesso ricordo che dietro di me c’è Claudio, che mi aspetta in macchina e probabilmente è livido di rabbia.
Qualsiasi ragazzo lo sarebbe alla visione della propria ragazza che viene avvicinata da un altro, che viene baciata da un altro, che è innamorata di un altro.
Con gambe tremanti e i sensi di colpa e le mie emozioni contrastanti stampate in pieno viso, mi volto e mi avvicino a lui come una condannata si avvicina al patibolo.
Non riesco a guardarlo in faccia per la vergogna, ma sono certa che mi sta scrutando con attenzione per cogliere ogni messaggio non verbale che il mio corpo involontariamente gli invia.
-Ciao- dico semplicemente, aprendo la portiera della sua auto.
-Ciao- ricambia il saluto con voce cupa e triste, che peggiora immediatamente i miei sensi di colpa.
Cerco di mettermi comoda e mi stringo nel giubbotto, nella speranza che esso mi nasconda totalmente ai suoi occhi accusatori.
Passano interi minuti di silenzio, ma nessuno dei due parla; si sente solo il motore ruggente della macchina, il suono delle ruote sull’asfalto e i nostri respiri, i suoi sbuffi iracondi e le mie dita che non smettono di muoversi per il nervosismo.
-E’ lui il problema, vero?- Il suo sembra un ringhio, mentre le sue mani sul volante si stringono convulsamente fino a far diventare le nocche bianche.
-Come?- Balbetto, poiché mi ha colto di sorpresa, rompendo il silenzio con parole che mi mettono paura.
-E’ per lui che la nostra relazione va a puttane, vero?- La sua voce è più autoritaria e mi mette rapidamente alle strette.
Mi stringo nelle spalle, consapevole di non potergli mentire per sempre, consapevole che merita la verità come nel suo caso l’avrei pretesa io, consapevole che sto soffrendo per Alex e non voglio che lui soffra allo stesso modo per me.
-E’ complicato…- Inizio a dire, ma vengo subito interrotta da lui che accosta al lato della strada, con una manovra piuttosto brusca, per potersi girare verso di me e fissare i suoi occhi nei miei.
-Non è complicato,- scandisce ogni singola parola, digrignando i denti. –Le cose sono semplicissime, invece: o vuoi stare con me o non vuoi stare con me. Ma se sei la mia ragazza non posso tollerare che tu ti faccia toccare da un altro ragazzo!-
Rabbrividisco al suono della sua voce, così aspro e ricco di delusione e rabbia.
-Non è successo niente con Alex…- Inizio a dire, sempre più sulla difensiva, ma anche questa volta non riesco a finire la frase che un turbine di parole esce dalle sue labbra.
-Ho visto come mi ha guardato quello stronzo, ho visto che ti ha baciata, quindi non mi dire che non ti ha toccata!-
-Era un bacio sulla fronte, un fottuto bacio sulla fronte!- Mi ritrovo inconsapevolmente anche io ad alzare la voce, in difesa al suo tono elevato.
-E allora perché in questi ultimi giorni non ti sei fatta viva? Perché mi hai evitato come la peste? Perché cazzo, ogni volta che cerco di avvicinarmi a te, mi respingi?- Sospira esasperato e decisamente stanco, mentre cerca di regolare il suo respiro alterato.
Mi viene da piangere, sento gli occhi pungere e un nodo alla gola mi blocca il respiro.
-Io…- Cerco di dire, ma le parole mancano e la mia voce si spezza immediatamente.
-Non ti ho chiamata o scassato le palle con messaggi su messaggi unicamente perché volevo avessi del tempo per pensare e schiarirti le idee su quello che era successo, ma non credi che mi senta ferito se quando vengo da te, perché ho una voglia disperata di stare con te, dopo una giornata faticosa e stressante, ti trovo a fare gli occhi dolci ad un coglione?- Sento i suoi occhi puntati addosso, ma non riesco a guardarlo per paura di scoppiare a piangere proprio davanti a lui, così mi ritrovo a guardare fuori dal finestrino, cercando di ricacciare indietro queste odiose lacrime.
-So che sei pentita di essere venuta a letto con me, non sono stupido. L’ho capito dalla rapidità con cui te ne sei voluta andare e dal fatto che da allora sono diventato invisibile per te.-
Tremo, tremo per il freddo, per le cose ancora non dette, tremo nonostante tutto ancora per il tocco di Alex e per gli occhi feriti di Claudio che mi perseguiteranno in eterno.
-Non sei diventato invisibile, è solo che…- Non riesco mai a portare a termine una frase, mi limito a mordermi le labbra con forza, quasi fino a farle sanguinare, e a muovere le dita con frenesia.
-Solo che non vuoi stare con me- sospira di nuovo, abbattuto, guardando adesso dovunque tranne che la sottoscritta.
-Claudio, sono confusa e credo che Alex mi…- Provo a dirgli sinceramente come stanno le cose, provo a spiegargli quello che provo per quello stupido ragazzo biondo e il semplice affetto che invece nutro nei suoi confronti.
-Ti piace, lo so. Lo vedo scritto a lettere cubitali nei tuoi occhi- con la coda dell’occhio lo vedo passarsi stancamente una mano sul viso.
-Mi dispiace- riesco a dire solo questo, mentre abbasso il capo colpevole.
-Io ti amo- sussurra lui in risposta, lasciandomi interdetta, a dir poco basita.
-C-cosa?- balbetto, sgranando gli occhi e deglutendo rumorosamente più e più volte.
-Ti amo, cazzo. Non sai quanto mi faccia male sentirti dire che sei innamorata di un altro ragazzo, vedere che preferisci lui a me. Ma io ti amo, e lui? Lui farebbe qualsiasi cosa per te, tiene a te come ci tengo io?- Mi sfida con lo sguardo a controbattere, mi sfida con gli occhi a contraddire le sue parole perché sa per certo di aver ragione.
Dopotutto, Alex è conosciuto per la sua freddezza e indifferenza nei confronti delle ragazze che illude facilmente e di cui si sbarazza con altrettanta facilità.
Usa e getta, è questo l’uso che fa delle ragazze e lui ha una grandissima fama di stronzo.
Non ho neanche il tempo di formulare una risposta di senso compiuto che Claudio riprende a parlare più agguerrito che mai.
-Non ti sto chiedendo di ricambiare necessariamente adesso i miei sentimenti, ti sto chiedendo tempo per poterci conoscere meglio, tempo per riuscire a farti innamorare di me, perché so che ci riuscirei, so che con me ci stai bene, anche se a volte sei pensierosa e solo ora ho capito il perché.-
-Non lo so, complicheremmo solo le cose…- mormoro con insicurezza.
Che altro potrei dire?
Sono confusa, mi sembra di avere una feroce guerra dentro che mi scombussola, perché da un lato vorrei davvero credere di potermi innamorare di Claudio a tal punto da non dedicare neanche un misero pensiero al biondino, ma dall’altro lato la parte più sicura e scettica di me mi bisbiglia che non ci riuscirò mai a togliermelo dalla testa, non così per lo meno.
Chiodo schiaccia chiodo difficilmente funziona. Ci ho già provato con Claudio, no? E siamo arrivati ad un punto morto.
-No, invece. Io non mi sono pentito di aver fatto l’amore con te, di essere stato la tua prima volta, perché per me è stato bellissimo e so che per te è stato doloroso e probabilmente anche deludente, affrettato, ma non roviniamo tutto per un errore o per un passo falso- mi implora con lo sguardo e non riesco a non sentirmi toccata dall’affetto e dalla passione che percepisco nella sua voce.
Mi ama davvero? Come può amare una stronza come me? Come può amare una ragazza che l’ha trattato in questo modo, usandolo unicamente per dimenticarsi di un altro ragazzo?
-Ma non voglio che tu stia male, non voglio che tu soffra a causa mia- la mia voce si spezza per l’ennesima volta, poiché la gola cerca di trattenere i singhiozzi e le lacrime, spingendoli verso il lato opposto, verso il cuore, che a causa loro sta marcendo.
-Soffro quando non sto con te- sospira, come se provasse dolore solo pronunciando quelle parole.
-E se le cose vanno male? Se continuo ad avere Alex per la testa? Ti giuro, non è colpa mia, è più forte di me- mi sembra di sentire qualcosa spezzarsi: forse il mio organo palpitante al centro del petto, o forse il suo.
-In tal caso capirò e me ne farò una ragione, ma non intendo arrendermi e rinunciare a te prima di avere almeno un’altra possibilità- dice con decisione, circondando il mio viso con entrambe le mani.
Non ce la faccio a dire di no ai suoi occhi neri come la pece e speranzosi, al suo sorriso timido ed insicuro appena accennato sulle labbra, non ce la faccio a dire di no dopo le sue parole perché in un certo senso mi hanno toccata e mi sono entrate dentro, riempiendo un po’ di quella voragine che mi divora l’anima.
-Okay- il mio è un flebile sussurro.
E mi vergogno doppiamente di me stessa per aver rifatto lo stesso errore.
 
 
Il giorno seguente a scuola mi ritrovo immediatamente a raccontare tutto l’accaduto alla mia migliore amica, perché odio parlare di cose così importanti per telefono o su qualche stupido social network.
Lei, a fine racconto, ha gli occhi a cuoricino e una mano premuta al centro del petto e quasi mi pento di non averle detto frettolosamente tutto per messaggio.
-E’ così dolce e romantico- sospira beatamente, abbracciandomi di slancio.
-Lo so, ma credo di aver sbagliato di nuovo. Avrei dovuto mettere fine a questa storia una volta per tutte- borbotto, sciogliendo l’abbraccio e passandomi con rabbia una mano tra i capelli.
-Non dire sciocchezze, non ti far influenzare da mio fratello. Quello porta solo rogne- alza gli occhi al cielo, come se fosse stufa di ripetermi sempre le stesse cose. -Non ti azzardare a lasciare Claudio, è un ragazzo perfetto: carino, dolce, intelligente. Che puoi volere di più?-
-Chi, piuttosto- bisbiglio con voce sottile, forse più a me stessa che a lei.
Inaspettatamente lei mi tira uno scappellotto sulla nuca, facendomi persino sbilanciare in avanti.
Mi volto verso Marika, sbattendo ripetutamente le palpebre, mentre lei mi incenerisce con gli occhi e sono quasi certa che da un momento all’altro le uscirà del fumo dalle orecchie.
-Smettila di essere così depressa, così grigia. Non ti voglio più vedere triste per mio fratello, chiaro? E’ lo stesso rompipalle di sempre, e che cazzo! Prova a ricordarti com’era tra di voi prima che ti accorgessi degli addominali e del visetto carino da imbecille, prova ad odiarlo per davvero- il suo tono di voce non ammette repliche ed è anche parecchio elevato, tanto che alcuni nostri compagni di classe si voltano verso di noi, incuriositi.
-Ti sembra che non ci stia provando abbastanza?- digrigno i denti, ma non perché sono arrabbiata con lei. Sono arrabbiata con me stessa.
-Esattamente, non ci stai provando davvero!- Ribatte con enfasi lei. -Non vorrei essere brutale, ma ha messo incinta quella troia di Idaria, quindi non potrebbe funzionare tra voi perché so per certa che non ti metteresti mai tra di loro.-
Parlare della maternità dell’oca bionda la agita sempre, perché glielo si legge in faccia che non sopporta questa maledetta situazione esattamente come non la sopporto io.
-A quanto pare sapere che Idaria aspetta un bambino da Alex non ha contribuito a farmelo odiare a tal punto da smettere di amarlo- mi ritrovo per la prima volta ad ammettere i miei sentimenti ad alta voce, senza rendermene conto.
-Perché, vuoi seriamente dirmi di non odiarlo?- Inarca le sopracciglia con scetticismo.
-Certo che lo odio- brontolo, massaggiandomi le tempie con le dita.
Perfetto, mi sta venendo pure il mal di testa!
-Non ti sto capendo…- Aggrotta maggiormente la fronte, confusa dalle mie parole.
Prima di rispondere per spiegarle più chiaramente quello che provo, cerco di mettere ordine tra i miei pensieri, formulando una risposta che possa essere per lei soddisfacente a tal punto da mettere finalmente fine alla nostra discussione.
Parlare di Alex mi stanca.
-Sono sempre stata dell’idea che odio e amore vadano a braccetto. Lo odio perché è così stronzo e superficiale e coglione, ma allo stesso tempo mi piace da matti perché quando vuole sa essere buono, delicato, gentile e poi è dannatamente bello.-
Alle mie parole, Marika sembra volermi squartare.
-Non mi sembra che si sia comportato molto gentilmente con te, specialmente nell’ultimo periodo- sibila, facendo un visibile sforzo per non alzare la voce o, peggio ancora , strozzarmi.
-Hai ragione, ma della persona di cui ti innamori impari ad amare anche i suoi difetti- cerco di spiegarmi al meglio con lei.
-Stai dicendo cretinate- dice dopo un paio di minuti di silenzio, in cui si è limitata a fissarmi negli occhi, prima di scuotere il capo più volte.
-I pregi di una persona sono la cosa più semplice di cui innamorarti, la parte più difficile è imparare ad accettare i suoi difetti.-
Muovo il collo, che mi duole per la nottataccia passata a rigirarmi nel letto, non riuscendo a dormire, circolarmente finché non lo sento sciogliersi lievemente e anche il dolore sembra essersi dissolto, anche se solo di poco.
-E poi che accade quando inizi ad amare anche i suoi difetti?- Domanda lo stesso, anche se la risposta la sa già.
Smetto di muovermi meccanicamente e mi ritrovo a fissare il mio banco con sguardo perso, come se la mia mente stesse volando altrove.
-E’ la fine- sussurro, consapevole di essere arrivata alla mia fine.
E’ inutile che Marika o Daniel mi dicano di scordarmi di Alex, come se nulla fosse, perché ormai ci sono troppo dentro a questa storia per fare improvvisamente dietro front ed eliminarlo dalla mia vita. Anche se mi fa male, vorrei passare tutto il mio tempo in sua compagnia, vorrei che mi abbracciasse perché il calore delle sue braccia mi fa sentire bene, vorrei che mi sussurrasse frasi dolci, anche se non sono da lui, nell’orecchio, a bassa voce, come se mi stesse dicendo un bellissimo segreto.
-Come sei melodrammatica.- la voce contrariata della mia migliore amica mi riporta con i piedi per terra.
-Quindi secondo te dovrei seriamente riprovarci con Claudio?- Mi volto a guardare il suo viso e specialmente i suoi occhi, nella speranza che mi dia la risposta giusta.
-Sì, ma stavolta per davvero. Elimina Alex, lascia stare le stronzate che può dirti, i ricatti, qualsiasi modo lui usi per riavvicinarti. Lo so che è difficile, ma io lo dico per te. Non voglio più vederti stare male per lui- le sue parole sembrano una promessa rassicurante.
-Ci proverò- ma le mie parole non sembrano promettere nulla di buono.
 
 
Passano un paio di giorni da quella discussione con la mia migliora amica, durante i quali passo un sacco di tempo con Claudio, anche se in parte controvoglia. La gente è piena di buoni propositi, peccato che questi non bastino mai.
Lui è così perfetto, dolce e premuroso da farmi mancare l’aria e non so se per il disagio, che sento farmi da seconda pelle, o per il semplice fatto che vorrei riuscire ad amarlo con tutta me stessa. Mi sento bene con lui, ma lo sento dentro di me che non è quello giusto. Sto semplicemente rifacendo lo stesso dannatissimo errore: quello di illuderlo, di farlo soffrire.
Alex, Alex, Alex. Quanti problemi e quanto dolore mi hai causato, penso scuotendo la testa sul morbido cuscino del mio letto.
Ultimamente non faccio altro che stare stesa e dormire. Potrei restare addormentata per ore, perché alcune volte l’unica cosa che vorrei fare è stare stesa con le coperte sulla testa, nascondendomi alla luce fioca del sole, che penetra nella mia stanza dalle tende a fiori che mia madre tanto adora.
In un certo senso lo preferisco alla realtà, perché è un altro mondo decisamente più piacevole di quello che i miei occhi trovano una volta spalancati.
Sento la porta della mia stanza spalancarsi di colpo, facendomi sussultare e saltare giù dal letto. Poi, dopo aver visto di chi si tratta, mi lascio sprofondare nuovamente sulle lenzuola profumate, tralasciando volutamente le parole di convenienza. Con lui non servono, ormai è di casa e lo dimostra il fatto che non bussa mai.
-Ciao Daniel, come sei entrato?- Domando, stropicciandomi gli occhi con gesti goffi.
-Sono quasi le sette di sera e sei a letto mezz’addormentata? Vergognati- mi rimprovera il rosso, senza però celare un sorriso intenerito che gli si dipinge sul viso.
Mi stiracchio con estrema lentezza prima di mettermi a sedere, invitandolo poi a fare lo stesso.
-Comunque, mi ha aperto tua madre- si toglie, con due semplici mosse, le scarpe per poter incrociare le gambe sul mio letto.
-Spero per te che tu stamattina ti sia lavato i piedi e cambiato i calzini- lo avviso, guardando truce i suoi piedi.
Al che ridacchia, passandomi con strafottenza una mano sul capo, come se fossi un cagnolino che accarezza per accontentarlo.
-Veramente non li cambio da mesi- scherza, prima di sollevare le gambe ed avvicinarle minacciosamente al mio viso. -Odora.-
-Dio, che schifo, no!- Esclamo, schiaffeggiandogli la nuca e saltando in piedi, il più lontano possibile da lui. –Allontana i tuoi piedi puzzolenti da me.-
-I miei piedi non puzzano- borbotta lui, incrociando le braccia al petto e assumendo un’espressione adorabile.
-Sì, certo. E io sono Megan Fox- ribatto sarcasticamente, tornando poi a sedermi al suo fianco.
Quando la stupida questione sui suoi piedi si spegne, nella mia stanza regna un breve silenzio alleggerito solo dal rumore delle pentole proveniente dal piano di sotto e dal vento gelido che bussa alla finestra della mia stanza.
-Chissà che cosa sta combinando mia madre in cucina- mi ritrovo a pensare ad alta voce.
Sento il braccio di Daniel posarsi sulle mie spalle, così mi ritrovo immediatamente abbracciata a lui.
-Mi ha invitato a cena, quindi credo si stia dando da fare ai fornelli per fare bella figura. Le mamme fanno sempre così, il giudizio degli ospiti per loro è fondamentale- ridacchia il mio amico, poggiando il mento sul mio capo.
-Ma quale ospite che ormai passi più tempo qui, a rompermi l’anima, che a casa tua- sbuffo, fintamente scocciata dalla cosa.
-Ah, è così? E io che ero venuto a portarti gli inviti per il mio compleanno. Vorrà dire che li darò a qualcun’altro- solleva le sopracciglia, con aria superiore, sciogliendo immediatamente il nostro abbraccio per incrociare le braccia sopra la testa e appoggiarsi, così, al muro con la schiena.
-Capirai, me ne ero persino dimenticata del tuo compleanno- mostro un’indifferenza degna da Oscar.
-Stronza- grugnisce lui, imbronciandosi e facendomi inevitabilmente ridere.
-Ma lo sai che ti voglio bene e non mi perderei la tua festa per nulla al mondo- sorrido dolcemente a lui che per me è come un’ancora di salvezza.
-Brava ragazza- dice, cercando l’invito nella tasca del suo giubbotto, che si era tolto appena oltrepassata la soglia della mia camera.
Con un po’ di fatica tira fuori due buste totalmente bianche, che un attimo dopo mi porge allegramente.
-Due?- Chiedo confusa.
-Uno per te e l’altro per Claudio- risponde come se la cosa fosse ovvia.
-Non ho intenzione di portare Claudio con me- ritraggo immediatamente la mano, che avevo allungato per afferrare l’invito, o meglio gli inviti, come se fossi stata scottata dalle sue parole.
-Non essere sciocca, perché non dovrebbe venire? E poi tutti avranno un accompagnatore, è una festa in maschera- chiarisce, continuando a porgermi quei fogli maledetti.
Portare Claudio equivale mostrarlo a tutti i miei amici, spalancargli una porta sul mio mondo.
Non mi vergogno di lui, perché al massimo è il contrario; semplicemente mi sentirei fuori luogo con lui a farmi da cavaliere, mi sentirei ancora più bugiarda e stronza, più sporca e codarda.
-No, tu non capisci…- cerco di dire, prima che lui mi interrompa rapidamente.
-Non si discute. Dai l’invito a Claudio e fatti accompagnare da quel figo alla mia festa- ribatte con forza, senza ammettere minimamente repliche da parte mia. –Vedrai Alex come morirà di gelosia.-
-Ne sono certa- ribatto sarcastica più che mai, immaginando già il disastroso giorno della festa di Daniel.
-Non essere sempre così pessimista- mi rimbecca lui, alzando per l’ennesima volta gli occhi al cielo.
-Preferisco definirmi realista, grazie- mugugno, indispettita dal modo autoritario con cui mi ha fatto stringere tra le mani entrambi gli inviti.
-Io direi cogliona- dice, afferrando il primo cuscino che gli capita tra le mani per sbattermelo con forza addosso.
E così iniziò la guerra.
 
 
Alex Pov
 
Seduto sulla panchina della villa comunale, aspetto che il mio migliore amico mi raggiunga e nel frattempo guardo delle ragazze passeggiare a braccetto, borbottando tra di loro e lanciandomi occhiate di sott’occhi. Sorrido sotto i baffi, perché la cosa fa aumentare il mio ego, e tiro fuori dal giubbotto il pacco di sigarette appena comprato.
Dovrei smettere di fumare, ma in questo momento è l’unica cosa che mi impedisce di impazzire.
Mirko arriva tranquillamente, nonostante sia in ritardo di quasi venti minuti, con le mani ben piantate nelle tasche del giubbotto e il viso per metà coperto dalla sua adorata sciarpa della Burberry.
Sono felice di aver chiarito le cose almeno con il mio migliore amico, ma sento che c’è qualcosa in sospeso tra di noi e non so ancora bene dire di cosa si tratta.
Si siede sulla panchina accanto a me e sbuffa numerose volte, guardando le persone che camminano beatamente, senza dar peso al freddo glaciale, a soli pochi metri da noi.
-Che ti prende?- Domando dopo l’ennesimo suo sbuffo, che non so se definire preoccupato o incazzato.
-Greta- grugnisce lui, appoggiando la schiena al freddo ed umido legno della panchina.
Il solo sentire il suo nome mi fa attorcigliare le budella e mi ritrovo, molto inconsciamente, a deglutire diverse volte.
Pacifica convivenza. Pacifica convivenza. Pacifica  convivenza un corno!
-Sempre per il fatto di Dalena? Dovresti parlarle, perché da quel che ho capito continua ad uscire con quello- cerco di dire il tutto con nonchalance, ma la mia voce suona stridula e innaturale persino alle mie orecchie.
Come se non lo sapessi con certezza che continua a stare con il suo ragazzo, una vocina fastidiosa nel mio cervello cerca di mettermi di cattivo umore o forse, semplicemente, cerca di spronarmi ad essere sincero almeno con me stesso.
-Lo so, ho già provato a parlarle ma non mi dà retta- il mio amico digrigna i denti con rabbia.
Il semplice fatto che quel grandissimo ammasso di letame esista mi manda in bestia, figurarsi sapere che poggia ogni volta che vuole le sue sudice mani su di lei.
-Le hai detto la verità?- Faccio il possibile per contenere l’irritazione che mi provoca parlare di quella piattola.
-No, che non l’ho fatto!- Esclama il mio amico, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Beh, dovresti- ribatto con convinzione, accendendo finalmente una sigaretta.
Verità… come cazzo mi viene di parlare di verità al mio migliore amico, quando vorrei disperatamente farmi la sorella, per di più alle sue spalle?
-Facile per te, non sei tu quello che ci rimette- borbotta lui, fissando per alcuni secondi la sigaretta tra le mie labbra.
-Non hai nulla da perdere- gli rispondo una volta fatto il primo tiro, mentre nel suo sguardo passa una strana luce, oserei dire quasi colpevole o triste.
-Invece di sputare sentenze e consigli inutili, perché cazzo non mi aiuti?- Si passa una mano tra i capelli e posso capire la sua preoccupazione, anche se i miei motivi sono ben diversi dai suoi.
-Io? Che dovrei fare, scusa?-
-Che ne so, chiedile di uscire. Stalle vicino, così più tempo passa con te e meno ne trascorre con quel segaiolo- sbotta, lasciandomi a dir poco allibito e a momenti mi cade la sigaretta dalle labbra.
-Mi stai chiedendo di provarci con tua sorella?- Sgrano gli occhi, prima di deglutire per l’ennesima volta.
Sarebbe fantast…
-Cazzo, no! Non ti azzardare neanche a sfiorarla oppure ti fucilo. Devi semplicemente aiutarmi a non lasciarle molto tempo da dedicare a quella sanguisuga- è esilarante l’infinita lista di insulti che io e Mirko abbiamo dedicato a Dalena.
Alle sue parole scoppio a ridere di gusto, mentre lui mi guarda trucemente.
-Tu sei fuori di testa- dico, stringendomi nel giubbotto quando una folata di vento gelido mi fa rabbrividire persino la colonna vertebrale.
-Dai, non è poi così cattiva come idea- ribatte, guardandomi dritto in faccia e in un certo senso implorandomi con gli occhi di aiutarlo.
-E’ pessima. Poi ti ricordo che neanche io ho molto tempo a disposizione, perché devo stare con Idaria, in più tua sorella mi odia- cerco di parlare con superficialità, come se non mi importasse molto di quello che dico, ma le ultime parole escono fuori dalle mie labbra sotto forma di sussurro appena udibile.
Lei mi odia.
Perché il solo pensiero mi fa un male cane?

-Ma se ti guarda con gli occhi a cuoricino- dice disgustato, guardandosi un attimo intorno prima di tornare a guardare il sottoscritto.
-Un motivo in più per lasciar perdere questa stronzata, no?- Ridacchio, prendendo la cosa sul ridere, quando in realtà mi sembra che qualcosa o qualcuno abbia appena circondato il mio cuore per dargli una bella strizzata, come se già non mi facesse male.
-Facciamo così. Usciamo tutti insieme: io, te, Daniel, mia sorella e tua sorella- propone il mio amico, dopo un attimo di silenzio.
-E cosa risolveresti così?- Alzo gli occhi al cielo.
Non mi va di parlare di Greta, cazzo, perché mi fa sentire strano.
-Ce ne andiamo tutti al cinema e si divertirà così tanto che non uscirà più con Dalena- sorride smagliante, convinto al cento per cento che la sua idea avrà successo.
Io, invece, sono dell’idea che sarà un fallimento totale.
Un’intera serata al buio con lei? Non ce la posso fare, finirei inevitabilmente per saltarle addosso.
-Mirko posso farti una domanda?- Domando con finta serietà.
-Dimmi- Risponde lui, stranito.
-Ma tu ti fai di qualcosa?- Scoppio a ridergli in faccia, gettando poi lontano dalla nostra panchina il mozzicone di sigaretta, perché ormai finita da un pezzo.
-Vaffanculo- grugnisce, tirandomi un pugno sul braccio.
Sentendomi un po’ in colpa, specialmente dopo la nostra recente litigata, mi ritrovo a compatirlo e al suo posto probabilmente avrei fatto stesso.
La cosa però mi mette in difficoltà, in tremenda difficoltà.
Come faccio a lasciarla in pace se siamo costretti a passare tutto questo tempo insieme? Come faccio a non lanciarmi sulle sua labbra, quando mi guarda con quei suoi occhioni azzurri?
-Comunque ci sto- biascico dopo una serie di minuti interminabile.
In che altro pasticcio mi sto cacciando?
-Davvero?- Dal modo in cui gli si illumina il viso, sembra aver ritrovato la speranza.
-Per il cinema intendo, ma non ho intenzione di sprecare tutto il mio poco tempo libero con quella nana- vorrei apparire disgustato, magari con una nota di superiorità nel tono di voce, ma niente, ne esce fuori solo un suono strano, così poco famigliare a me.
E’ il tono di voce che hanno i ragazzi innamorati quando parlano della loro donna?, bisbiglia la solita fottutissima vocina dentro di me.
-Va bene, scegli il film che avviso Daniel- sorride smagliante, afferrando il telefono per mandare subito un messaggio al nostro amico.
-Avevo intenzione di andare a vedere quel film horror appena uscito. Com’è che si chiama?-
Solleva gli occhi dallo schermo del suo cellulare per guardarmi in modo accigliato.
-La Casa, credo- risponde con indecisione.
-Esatto! Andiamo a vedere questo film.-
-Non credo sia una buona idea- storce il naso, assumendo un’espressione ridicola.
-Perché no?-
-Mia sorella è una fifona, non verrà mai al cinema per vedere un film horror- si massaggia vigorosamente la fronte, come se la sentisse dolere.
-E allora non le diciamo quale film andiamo a vedere.-
-Lo scopo di questa cosa è farla divertire. Se si spaventa a morte probabilmente non ci rivolgerà più la parola per giorni e giorni- ridacchia lui al pensiero di Greta tremante, con gli occhi spalancati per la paura e che emette persino dei gridolini terrorizzati durante le scene più spaventose.
Dio, che sexy…
-Senti, io due ore di smancerie e stronzate varie non me le subisco. L’alternativa all’horror è un porno, ma credo che sia meglio la mia prima proposta- la mia voce suona così dannatamente rauca, che mi sento a disagio, decisamente in imbarazzo.
Perché cazzo la mia voce si è arrochita di colpo?!
-Andata per La Casa.-
 
 
Greta Pov
 
-Perché dovrei venire al cinema con te e gli altri? Illuminami- dico sarcastica, aprendo il frigorifero per prendere qualcosa da bere.
-Perché ci sarà anche Marika- risponde mio fratello, come se questo spiegasse tutto.
E mi viene da sorridere immediatamente, sentendolo pronunciare il nome della mia migliore amica con dolcezza.
-L’hai invitata tu?- Lo punzecchio, perché non sa che sono a conoscenza del suo piccolo segreto d’amore.
Si irrigidisce di colpo e altrettanto rapidamente si mette sulla difensiva, ma cerca comunque di mostrarsi indifferente.
-No, io quella nemmeno la sopporto. E’ stato Alex ad invitarla ad unirsi a noi- sbuffa, fintamente scocciato. Mi ritrovo inconsapevolmente a sorridere di nuovo per la sua inaspettata tenerezza. Non avevo mai visto questo lato di mio fratello e mi fa piacere che almeno lui abbia trovato la sua adorata metà, anche se si tratta della mia migliore amica.
-Che motivo avrebbe avuto di invitarla se bisticciano come cane e gatto?- Continuo a provocarlo per metterlo in difficoltà, portando il bicchiere di succo di frutta all’albicocca alle labbra, e fisso il mio sguardo insistente nel suo.
-Senti, ma cos’è questo interrogatorio? Vuoi venire al cinema con noi o no?- Domanda scocciato, seguendomi in soggiorno e sedendosi accanto a me con rigidità e una buona dose di nervosismo.
-Sinceramente non ne ho proprio voglia- sussurro, accendendo la tv e mettendomi comoda sul divano.
-Sei diventata una palla da quando esci con Dalena- lo sento digrignare i denti e alle sue parole volto il capo verso di lui e lo guardo in cagnesco più che posso.
-Che cazzo c’entra adesso Claudio?- Ringhio, infastidita dal fatto che debba sempre metterlo in mezzo ed accusarlo di qualsiasi cosa, unicamente perché non gli va a genio.
-Ma che ti costa?-
-Non mi va- sbuffo e ritorno a fissare lo sguardo sullo schermo piatto della tv.
-Passiamo una serata diversa tutti insieme, per favore- mi supplica Mirko, avvicinandosi lentamente per darmi un buffetto sulla guancia.
Ma mio fratello non ha mai supplicato nessuno e tanto meno si è comportato in modo affettuoso con la sottoscritta.
Mi ritrovo così a riportare lo sguardo su di lui per poterlo guardare negli occhi, nei quali vi leggo una preoccupazione che mi lascia interdetta e stranita.
-Perché ci tieni così tan…-
-Tu vieni e basta, ti prego.-
-Okay- dico stranita dai suoi modi improvvisamente gentili, supplichevoli, oserei dire quasi disperati.
-Perfetto! Vestiti che per le nove passa a prenderci Daniel- ribatte con entusiasmo, lasciandomi ancora più confusa di quanto già non lo fossi.
-Perché qualcosa mi dice che ho fatto male ad accettare?- borbotto, alzandomi pigramente per andare in camera mia a prepararmi.
Non ricevo una risposta da parte sua, semplicemente la sua risata che giunge inconfondibile alle mie orecchie.
Una mezz’oretta dopo, mentre sono ancora intenta a provare vestiti su vestiti, i quali mi sembrano tutti sbagliati, come se non ce ne fosse uno adatto a questa serata, vedo il mio cellulare illuminarsi, segnale che è appena arrivato un messaggio.
Mi avvicino al comodino, afferrandolo, e apro il messaggio immediatamente, pensando che si tratti di Marika.
Quel numero nuovo però non appartiene affatto alla mia migliore amica e, nonostante non sia registrato nella mia rubrica, mi basta leggere le sue parole per capire a chi appartiene.
 
Scordati la pacifica convivenza, perché non hai rispettato le mie condizioni.
Non vedo l’ora di vederti, tettona ;)

 
Merda.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***







 
CAPITOLO 18



 
 
Il genere maschile si è sempre chiesto il perché le ragazze ci mettessero un’eternità per prepararsi ogni qual volta devono uscire di casa. Le ragazze passano ore davanti allo specchio provando decine di vestiti, scarpe, cercano di trovare l’acconciatura adatta, sperimentano nuovi trucchi. La motivazione è quasi sempre la stessa, a meno che non si tratti di una ragazza particolarmente egocentrica e piuttosto vanitosa, il cui intento è prevalentemente mettersi in mostra e attirare sguardi.
Nel mio caso, invece, essendo una persona che odia stare al centro dell’attenzione, l’unica motivazione plausibile è lui.
Non mi era mai importato un granché di apparire carina agli occhi di qualcuno prima d’ora, ma ovviamente questo prima di trovare quel qualcuno che sa scombussolare il mio intero mondo con un semplice sguardo.
Mi guardo allo specchio, ammirando la mia immagine riflessa, e stranamente mi considero quasi bella.
I capelli lisci lasciati sciolti sulle spalle, un leggero trucco che rende il mio viso delicato, quasi fosse di porcellana, mentre il mio colore degli occhi è messo in evidenza dal nero dell’eyeliner e della matita dello stesso colore.
Non sono mai stata una di quelle ragazza che indossa sempre vestitini e gonne per lasciare scoperte le gambe affinché gli occhi dei ragazzi fossero sempre incollati alla mia pelle nuda, anche perché sono una nana paffutella abbastanza pudica. Ho sempre preferito un paio di comodi jeans a tutto il resto, ma questa sera ho optato per un vestito blu a maniche lunghe, aderente fino alla vita e poi morbido sui fianchi.
Si tratta di uno dei tanti regali della mia migliore amica, un vestito che ho sempre trovato bellissimo, ma che non ho mai avuto l’occasione di indossare.
Sembra esagerato vestirmi in modo così elegante per una stupida serata al cinema, ma se proprio devo averlo vicino voglio che abbia occhi solo per me, voglio che non riesca a staccarmi gli occhi di dosso perché è esattamente quello che io non riesco a fare con lui.
Ogni ragazza innamorata vorrebbe che il ragazzo per il quale ha perso la testa la guardi e pensi ‘Cavolo, oggi è davvero bellissima’, perché io penso che Alex sia sempre bellissimo e almeno per una volta voglio sentirmi alla sua altezza, voglio poter stare al suo fianco e non sfigurare.
Ci si impegna molto per conquistare chi ha conquistato te, ma è sempre un azzardo, perché potrai sentirti bellissima, ma sarai sempre e comunque piena di dubbi e insicurezze.
E se non gli piacessi affatto? Tutto tempo sprecato.
E’ dura perdere la testa per chi non la perde per te, è dura guardare con occhi trasognanti chi neanche ti vede.
Devo ammettere però di essere fiera di me stessa quando, scendendo le scale per raggiungere gli altri che mi aspettano pazientemente vicino all’ingresso di casa, incontro immediatamente gli occhi di Alex che brillano di una luce strana. La sua espressione resta neutrale, ma gli occhi e le labbra lievemente divaricate mi fanno rabbrividire deliziosamente.
Daniel, notandomi mentre scendo gradino per gradino con una certa lentezza, emette un forte fischio di approvazione che mi fa arrossire lievemente e abbassare il capo con imbarazzo.
-Sei bellissima- dice sorridendomi con sincerità, per poi farmi l’occhiolino e indicarmi con il capo il ragazzo biondo al suo fianco.
-Sei una gnocca!- Esclama Marika, euforica soprattutto del fatto che io abbia addosso un suo regalo.
Mi ritrovo a sorridere ad entrambi per ringraziarli dei loro complimenti, felice che apprezzino il mio sforzo di apparire bella in modo lievemente più appariscente, anche se il mio impegno è dedicato a qualcun altro. E quel qualcuno in questo momento non spiaccica parola, ma continua a guardarmi in silenzio, così come mio fratello.
Ogni tanto, mentre mi appresto a prendere il mio cappotto, gli lancio delle occhiate fugaci e lo ritrovo ancora lì con lo sguardo incollato su di me. Persino quando mi volto per infilare il cappotto, sento il suo sguardo incendiarmi la schiena.
-Dico davvero, stasera sei particolarmente bella- mi sussurra Daniel, passandomi un braccio intorno alle spalle.
-Mi raccomando, andate piano e non fate tardi!- Urla mia madre dalla cucina mentre lava i piatti.
Dopo averla rassicurata, ci avviamo verso la macchina di Daniel con passo veloce.
-Morirai di freddo- borbotta mio fratello, lanciando un’occhiata di disapprovazione alle mie gambe fasciate dai collant neri.
-Sopravvivrò- ribatto, alzando gli occhi al cielo.
-Io sto avanti - cambia discorso mio fratello.
-Te lo scordi- grugnisce Alex, facendo un mezzo sorriso all’amico.
-Stronzo, lo sai che soffro d’auto.-
E in effetti mio fratello non ama particolarmente fare lunghi viaggi in macchina e, essendo che il cinema non sia poi così vicino a casa nostra, non credo gli convenga stare seduto sui sedili posteriori, a meno che non voglia ritrovarsi a vomitare anche l’anima.
Apro lo sportello dell’auto e mi siedo rapidamente, facendo posto alla mia migliore amica e sto quasi per arrivare al lato opposto quando anche l’altro sportello dell’auto si apre e Alex si siede al mio fianco.
Ero convinta che si sarebbe seduto accanto alla sorella, facendo stare lei al centro, e invece ha girato tranquillamente intorno alla macchina e si è accomodato con indifferenza accanto alla sottoscritta.
Non sono l’unica però che ha notato il suo gesto imprevisto, infatti Daniel si è affacciato subito dopo oltre il suo sedile per lanciargli uno sguardo ammiccante.
-Che c’è? Sia a me che a Marika piace stare vicino al finestrino- sbuffa con esasperazione, ma persino alle mie orecchie quelle parole suonano tanto come una scusa.
Il mio amico non gli dà alcuna risposta, ma sorride ad entrambi dallo specchietto retrovisore, facendomi arrossire ancora.
Stargli lontano? Non lasciarmi ammagliare da lui? Impossibile.
Scordati la pacifica convivenza, perché non hai rispettato le mie condizioni.
Non vedo l’ora di vederti, tettona.
Durante tutto il tempo, mentre mi preparavo per usciere, non facevo altro che pensare a quel messaggio; il semplice fatto che abbia preso di nascosto il mio numero alla sorella o al suo migliore amico, perché data la circostanza dei fatti non credo che i due avrebbero mai acconsentito di dargli il mio numero di loro spontanea volontà, mi mette in agitazione, figurarsi poi se soppeso ogni suo parola.
Non vedo l’ora di vederti, non vedo l’ora di vederti, non vedo l’ora di vederti.
Parole che mi hanno scombussolata, come se già non lo fossi abbastanza.
Il problema è che non dovrei esserlo, non dovrei essere con loro e non dovrei dargli corda.
Eppure mi ritrovo seduta in macchina, al suo fianco, vestita di tutto punto e con l’eccitazione che mi scorre nelle vene.
Mi riprometto sempre le stesse cose, ma ricado sempre negli stessi errori, penso mordicchiandomi nervosamente il labbro inferiore.
La strada che porta al cinema mi sembra decisamente più lunga di quanto ricordassi.
Mi è difficile concentrarmi con Alex a pochi centimetri di distanza e credo di aver smesso di respirare quando, accavallando le gambe indolenzite, sfioro accidentalmente il biondino. Alzo lo sguardo su di lui e noto un fastidioso ghigno mal celato sulle sue labbra, che non fa altro che innervosirmi maggiormente.
-Cosa andiamo a vedere?- Chiedo schiarendomi la gola.
Mio fratello si volta di poco per incrociare il mio sguardo e poi quello del ragazzo al mio fianco.
Questo non promette nulla di buono, penso alternando lo sguardo tra i due.
-Che cosa c’è?- Insisto, sospettosa.
Marika fa una smorfia contrariata e Daniel ha un’espressione compassionevole stampata sul viso. L’unico estremamente divertito sembra Alex.
-Andiamo a vedere La Casa- risponde quest’ultimo.
Ci metto qualche secondo a registrare il nome del film e a collegarlo a qualche pubblicità vista alla tv.
-E’ un film horror?!- Il mio è quasi un urlo, mentre sento la rabbia farsi strada dentro di me per essere stata ingannata da tutti i presenti. Neanche uno di loro mi ha messa in guardia sul film scelto, nessuno si è preoccupato che forse  l’ultima cosa che avrei voluto vedere al cinema è proprio un horror.
-Così sembra- ridacchia Alex, seguito da mio fratello. Persino sul viso di Daniel si forma un sorriso dolce, probabilmente causato dalla mia reazione esagerata e istintiva.
La mia è una vera avversione ai film horror, ne sono allergica.
-Okay, allora potete anche riportarmi subito a casa, perché non ho nessuna intenzione di vedere quello stupido film- sbotto alterata, incrociando le braccia al petto.
-Non fare la bambina, è soltanto un film- inizia a dire mio fratello, cercando di calmarmi, ma con le sue parole non fa altro che aumentare il mio sdegno e la mia rabbia.
-Brutti stronzi infami!-
-Dai, che vuoi che sia. Ha ragione Mirko, è soltanto…- Cerca di rabbonirmi Daniel guardandomi dallo specchietto retrovisore, ma gli lancio subito un’occhiata di ghiaccio che lo azzittisce.
-Tu- gli punto l’indice contro. -Riportami a casa, ora.-
Il mio amico sembra indeciso se accontentarmi o trovare il parcheggio, perché ormai giunti a destinazione.
-Andiamo fifona, che il film sta per iniziare- ghigna Alex allargando con nonchalance il braccio sul mio sedile. Sembra quasi un abbraccio e infatti il mio cervello ha dimenticato per un nanosecondo di essere in collera, mentre il mio cuore ha cambiato marcia, passando dalla prima alla quinta con un rombo assordante.
-Mi rifiuto categoricamente di mettere piede in quella sala- cerco di assumere lo stesso tono ostile di poco fa, ma sono distratta dal suo braccio che adesso è magicamente più vicino, quasi totalmente poggiato sulle mie spalle.
-Ti abbiamo già comprato il biglietto- dice tranquillamente, come se non sentisse le mie parole.
-Vorrà dire che ve lo rimborserò- ribatto, cercando di sottrarmi a quel suo braccio tentatore.
Vorrei potermi stringere al suo fianco ed immergere il viso nel suo collo.
-Muoviti codarda o ti lasciamo qui- sbuffa mio fratello, scendendo dall’auto dopo che Daniel ha trovato il parcheggio perfetto per la sua auto, non troppo lontano dal cinema.
-Andate pure, me la caverò.-
-Dai Greta, è solo un film stupido realizzato da professionisti del computer e cose così- dice la mia migliore amica con voce dolce.
Ruffiana.
-Stronza, non mi parlare. Non te lo perdono questo tradimento- sussurro, imbronciata.
Scendono tutti dall’auto tranne la sottoscritta, che tiene il suo regale didietro perfettamente attaccato al suo sedile. Non ho nessuna intenzione di guardare quello stupido film, così come non ho intenzione di perdonare nessuno di loro così facilmente.
-Per favore, muoviti. Il film sarà già iniziato- borbotta mio fratello, infastidito dalla mia testardaggine.
Quando non gli rispondo e resto immobile con le braccia al petto, lo vedo chiaramente alzare gli occhi al cielo, esasperato.
-Iniziate ad andare voi, la convinco io e poi vi raggiungiamo- dice con sicurezza Alex, mentre Marika è già pronta a ribattere.
-Non ho intenzione di lasciarla qui con…-
-Che stai cercando di dire, sorellina?- Domanda lui, lanciando uno sguardo a Mirko, come per sfidarla a continuare in presenza del suo migliore amico.
Questo la zittisce e non la biasimo, perché nessuna delle due vuole che i nostri fratelli litighino dato il loro sincero rapporto di amicizia.
Intercetto lo sguardo di Daniel, improvvisamente serio. Con un cenno del capo mi indica mio fratello, che sembra lievemente confuso.
-Tranquilli, potete anche andare, tanto non tarderà a raggiungervi- cerco di dire per calmare le acque. -Ma non ha speranze di convincermi a vedere quel film con voi, piuttosto mi guardo il film di Barbie.-
La tensione improvvisa sembra scemare, mio fratello torna ad alzare gli occhi al cielo, mentre Daniel sorride scuotendo il capo.
-Ok, allora ci vediamo dentro- si affretta ad allontanarsi Mirko.
Il mio amico lancia le chiavi dell’auto ad Alex, per poi seguire mio fratello.
L’unica davvero riluttante ad andarsene è Marika, che guarda truce il fratello.
-Ti uccido- il suo è un sussurro appena udibile, quasi avesse sillabato le due parole, ma a giudicare dal sorriso sornione Alex deve aver sentito la sua minaccia.
Una volta soli, l’idiota fa il giro dell’auto e si risiede al mio fianco, mentre io mi rendo conto solo in questo momento del guaio in cui mi sono cacciata. Di nuovo.
-Le alternative sono due: o vieni nella sala cinque con noi, possibilmente senza fare storie, o ti ci porto di peso- il suo sorriso, se possibile, si allarga maggiormente. Qualcosa mi dice che preferisce la seconda opzione.
-Non mi minacciare, stronzo- sibilo, allontanandomi il più possibile da lui e dal suo corpo da favola.
-Stai tremando?- Cambia rapidamente discorso, mentre i suoi occhi diventano due fessure chiare che mi scrutano attentamente.
In effetti tremo come una foglia, ma non so se a causa del freddo o della sua vicinanza. Ogni secondo che passa mi sembra di averlo più vicino.
-Ho freddo- mi stringo nelle spalle.
-Sicura che sia per il freddo?- Un sorriso strafottente si forma sulle sue labbra. Le sue parole mi fanno venir voglia di tirargli un ceffone così forte da spedirlo a vedere il suo stupido film volando.
-No, sicuramente sei tu che mi fai questo effetto- ribatto sarcastica, nonostante io non sia del tutto certa che si tratti di una bugia.
-Ovviamente- la piega delle sue labbra sembra addirittura più provocante di quanto ricordassi.
-Puoi anche andare a goderti il film perché non riuscirai a convincermi a venire con te- guardo fuori dal finestrino, per non essere sorpresa da lui mentre fisso la sua bocca come un’affamata.
Dio, cos’è questo groviglio di sensazioni che sento all’altezza dello stomaco?
Sarà per l’abitacolo stretto e buio, per la vicinanza forzata, per la sua persona, ma tutto questo mi sta seriamente dando alla testa.
Sarei dovuta rimanere a casa, in pigiama, a guardare qualche commedia in tv.
Promemoria: mai assecondare il proprio fratello, mai.
-Ne sei sicura?- le sue parole vengono soffiate direttamente nel mio orecchio, facendomi sussultare per il contatto delle sue labbra sulla mia pelle.
-Che diamine fai?!- Sbotto non tanto perché io sia arrabbiata, quanto sorpresa, emozionata, imbarazzata: insomma, un mix di altre sensazione indescrivibili.
-A te cosa sembra che io stia facendo?- Ridacchia, lasciandomi un tenero bacio sulla guancia.
-Alex, non sei divertente- ringhio, voltandomi nella sua direzione per dargli una spinta. Dopodiché cerco inutilmente di aprire la portiera dell’auto, ma la sua mano mi blocca l’uscita.
-Questo non deve essere divertente, non ti deve far ridere. Ti deve far sciogliere- bisbiglia.
Sento la stessa mano con cui mi ha impedito la fuga posarsi sul mio mento e costringermi a voltare il viso verso di lui. Poi non sento altro, solo le sue labbra calde sulle mie.
Chiudo gli occhi, incapace di respingerlo e mi ritrovo a ricambiare il suo bacio con trasporto e sentimento. Dal mugolio di approvazione, il mio totale abbandono all’inevitabile deve piacergli.
Le sue mani sono ovunque, scivolano deliziosamente sul mio corpo e senza rendermene conto, ben presto, mi ritrovo seduta a cavalcioni su di lui.
Le sue labbra mi bloccano il respiro, ma non ho nessuna lamentela al riguardo. Sembra insaziabile, come se gli fosse mancato tutto questo. Come se per tutto questo tempo fosse stato assetato e solo adesso potesse dissetare la sua stramaledetta sete.
Un po’ come un drogato e la sua dipendenza. L’estasi di poter riassaggiare quello che sembra tenerti in vita e che ti era stato proibito.
Che Alex si stia prendendo o no gioco di me, non ne ho la più pallida idea. Ma tra baci profondi, schiocchi di lingue che si cercano con desiderio, corpi in fermento e gemiti involontari ed incontrollati, rischiamo persino di farci sentire da qualcuno.
La mia mente ha come un flash, un briciolo di ragione che cerca di farsi strada nel mio cervello.
Macchina.
Merda, sto pomiciando allegramente con Alex nella macchina di Daniel, nel bel mezzo del parcheggio di un cinema!
-Alex… aspetta…- cerco di dire, per quanto il respiro accelerato mi permetta, staccando le labbra dalle sue.
Il suo brontolio di disapprovazione manda al mio corpo un’altra vampata di calore che non riesco a controllare.
Ho ancora le mani immerse nei suoi capelli morbidi, il suo petto schiacciato al mio. Riesco quasi a sentire il suo cuore pompare rapido quanto il mio, come se facessero a gara per chi va più veloce.
-Che c’è?- soffia sul mio collo, facendomi rabbrividire.
Accorgendosene, appoggia le sue labbra sul mio collo, baciando e leccando la pelle lasciata scoperta dal vestito.
Il vestito.
Non mi sono neanche accorta che il playboy sul quale sono comodamente seduta è riuscito a sfilarmi il cappotto, lanciandolo sui sedili davanti.
Quando sento i suoi denti tirare un lembo della mia pelle per poi succhiarla con avidità, mi rendo conto di quello che sta facendo.
Le mie mani dalla sua nuca, che inconsciamente spingevo con forza verso il mio collo, si poggiano con forza sulle sue spalle, staccandolo da me.
-Mi stavi facendo un succhiotto?- Esclamo, mentre il mio petto si solleva e riabbassa troppo velocemente. Mi manca l’aria.
-Adesso non credo sia più il caso di usare l’imperfetto come tempo verbale. Non te n’eri accorta… Eri forse distratta?- Ridacchia, muovendo pigramente le mani sulle mie gambe. Sento le sue dita accarezzare il bordo del vestito, prima di infilarvisi sotto.
Afferro i suoi polsi con prontezza, guardandolo in cagnesco.
-Questo bacio non significa niente. Sono fidanzata, non avresti dovuto fare una cosa del genere!- Come avrei fatto a spiegare a Claudio un segno violaceo sul collo, un segno di passione?
La sua espressione passa rapidamente da euforica a infastidita.
-Bacio? Tu questo lo chiami bacio?- Libera fulmineo i suoi polsi per portare le sue mani sui miei fianchi. Con una presa ferrea e un movimento lascivo, fa scontrare i nostri bacini, facendomi deglutire mentre una nuova ondata di calore mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Provo a scendere dalle sue ginocchia, ma le sue braccia mi circondano, bloccandomi contro il suo petto.
-Rispondimi.-
-Io…- cerco di dire, ma mi interrompe immediatamente.
-Te lo dico io cos’è. Negli ultimi quindici minuti non hai fatto altro che gemere e muoverti su di me, provocandomi una fastidiosa erezione. Se non fossimo in macchina e ancora vestiti, staremmo già facendo sesso- le sue parole sembrano veleno, come se la mia precedente frase lo avesse seriamente ferito. –Quindi non mi venire a dire che era solo un bacio o giuro che ti stendo qui, su questi sedili, e ti faccio provare quello che quella mezzasega del tuo ragazzo non è riuscito a darti.-
Provo a colpirgli la guancia, ma riesce a bloccarmi il polso a mezz’aria, così come accade per l’altra mia mano. Mi ritrovo con le mani fuori uso e l’unica cosa che posso fare è guardarlo trucemente.
-A giudicare da come ansimavi poco fa, non dev’essere molto dotato il tuo Dalena se con me ti ecciti tanto facilmente- ghigna sadicamente.
Mi sento ferita nell’orgoglio e umiliata. Un piccolo groppo in gola, che a mala pena mi lascia respira, non fa altro che allargarsi piano piano, finché probabilmente non mi soffocherà del tutto.
-Su questo non devi preoccuparti, perché mi soddisfa benissimo. E a lui non dispiace affatto il modo in cui ansimo- ringhio, cercando di liberarmi dalla sua presa.
Certo, come se tutto quello che sto dicendo fosse vero.
La sua espressione diventa seria, quasi rabbiosa, mentre le sue dita si stringono con forza intorno ai miei polsi, talmente forte da rischiare di lasciarmi il segno.
-Beh, non credo che il tuo ragazzo sarà felice quando saprà che ti sei fatta slinguazzare e palpare da un altro- ribatte, allentando la presa sulle mie mani dopo un mio gemito di dolore.
-Perdonerà questo mio errore madornale perché mi ama- è incredibile la quantità di bugie e stronzate che si riesce a dire quando si è arrabbiati.
-Ma non mi dire, si è già dichiarato? Che cosa romantica- mi deride, avvicinando nuovamente il suo viso al mio.
-Mollami o giuro che mi metto ad urlare- minaccio, mostrando una decisione e una sicurezza che in realtà non mi sono mai appartenute.
-Potrei farti urlare in diversi modi- ridacchia al mio orecchio, dopo aver schivato le sue labbra per la seconda volta.
-Sei disgusto- provo a parlare, ma molto presto le mie labbra vengono catturate dalle sue.
La sua bocca è diversa, è rabbiosa, ma allo stesso tempo vorace, passionale, violenta. La sua lingua forza con facilità le mie labbra serrate, mentre un suono rauco e profondo si solleva dal suo petto e le sue mani si spostano pericolosamente in alto sulla mia vita.
Cerco di respingerlo con tutta me stessa, perché mi ha trattata come un oggetto, sempre, ma quando la sua mano destra si poggia mollemente su un mio seno, in una carezza di fuoco, non riesco a reprimere un gemito che esce con vergogna dalle mie labbra.
Lo sento sorridere, mentre con un colpo di reni capovolge la situazione. In un battito di ciglia mi ritrovo con al schiena sui sedili dell’auto, con Alex piacevolmente steso su di me.
Peccato che le sue parole pungenti si aggirino ancora nella mia testa e mi impediscano, fortunatamente, di abbandonarmi alle sue carezze.
-Alex, smettila- singhiozzo, liberando la bocca dalla sua e aprendo gli occhi di colpo più umidi.
Sentendo il mio tono afflitto, si solleva dal mio corpo e fissa i suoi occhi nei miei.
Sembra rabbuiarsi quando guarda le lacrime che cercano di uscire, ma che il mio orgoglio vuole trattenere a tutti i costi.
Si scosta da me con rapidità, prendendosi la testa tra le mani e sfregandosi il viso più e più volte.
Tremante, faccio lo stesso, ma con più lentezza. Cerco di sistemarmi il vestito rapidamente, afferro il cappotto cercando di non sfiorare Alex ed esco rapidamente da questa maledetta macchina, chiudendomi con forza la portiera alle spalle.
Non voglio che mi veda piangere. Non voglio che veda la vergogna che provo, la pietà per me stessa, l’amore per lui. La tristezza di sapere di non essere altro che uno stupido giocattolo tra le sue abili mani.
Sono quasi arrivata all’entrata del cinema, quando mi sento afferrare per il polso.
Non mi volto nemmeno perché so a chi appartengono le dita che bloccano la mia mano, ma strattono semplicemente il mio braccio per liberarmi.
-Mi dispiace- sussurra e sembra persino sincero.
-Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse!- Esclamo con rabbia e vergogna guardandolo finalmente in faccia e, almeno stavolta, ho le luci esterne del cinema che gli illuminano i lineamenti del viso e mi mostrano la sua espressione seria. -Cosa volevi fare, violentarmi?!-
-Non farei mai una cosa del genere, volevo solo farti ammettere che anche tu mi desideri quanto ti desidero io- ribatte prontamente, alzando di poco il tono di voce per sovrastare il mio e lasciandomi libera di allontanarmi da lui.
Volevo solo farti ammettere che anche tu mi desideri quanto ti desidero io.
Quanto ti desidero io.
-Tutto questo è assurdo- sbotto, passandomi una mano tra i capelli.
-Potrai anche stare con quella piattola, ma non puoi negare di essere attratta da me.-
Sta parlando di sesso, Greta. Semplice sesso, urla la parte razionale del mio cervello.
-Ti sbagli- provo a negare, ma la mia voce è troppo fievole per risultare convincente.
-Niente affatto.-
-Sei un’incosciente. Come ti viene in mente di baciarmi in quel modo? E se fossero arrivati Mirko e gli altri? Come avresti spiegato loro la situazione?-
-Avrei detto che mi sei saltata addosso.-
-Vaffanculo- sputo tra i denti.
-Greta, sto scherzando.-
-Beh, non mi sembra il momento adatto per scherzare, non credi?- Vorrei picchiarlo, fargli male affinché provi lo stesso dolore che sento io ogni volta a causa sua e delle sue parole pungenti.
-Senti, sono venuto per passare una serata tra amici, non per fare sesso sfrenato in macchina con te. Credo tu ti sia già accorta che mi fai un certo effetto, probabilmente a causa delle tue tette che sfidano la forza di gravità, ma sta di fatto che una bella ripassata te la darei. Ma non stanotte, quindi puoi anche smetterla di fissarmi come se fossi un maniaco sessuale. In quella macchina eravamo in due, non ero l’unico a ricambiare.-
Resto ammutolita dal suo discorso piuttosto lungo, specialmente dopo la parte in cui dice che non gli dispiacerebbe portarmi a letto. Mi sentivo già un oggetto, ma adesso è come se avessi le sembianze di un vaso in cui lui può svuotarsi le palle. La cosa è davvero squallida, soprattutto la superficialità e tranquillità con cui usa le ragazze.
Non lo degno neanche di una risposta, semplicemente gli volto le spalle ed entro nel cinema con passo svelto, quasi di corsa.
Mi sistemo rapidamente e con mani tremanti i capelli in modo che il segno sul mio collo non si veda, nella speranza che nessuno se ne accorga.
Alex non fiata ulteriormente per non dare spettacolo, data anche la distanza che sono riuscita a mettere tra noi, ma sento che mi segue, sento la sua presenza alle mie spalle.
-Ti va di prendere un pacco di popcorn prima di entrare in sala?- Rompe il silenzio una volta che mi ha raggiunta.
Non gli rispondo, ancora scioccata dall’errore che ho commesso per l’ennesima volta e dalla sua stupidità. Alcune volte sento un dolore al petto diverso rispetto agli altri, un dolore che sa di delusione, verso me stessa ma soprattutto verso di lui.
-Una lattina di coca cola?- Insiste, parandomisi di fronte e frenando così la mia marcia.
E dire che non volevo mettere piede nella sala cinque, mentre adesso sembra la mia unica ancora di salvezza.
Gli altri, devo raggiungere gli altri.
-Solo se ho il permesso di svuotartela in testa- sibilo, aggirando il suo corpo e procedendo verso la sala dove stanno proiettando il film horror.
-Simpatica come una spina nel culo- sbuffa, riprendendo a seguirmi.
-Maniaco- ringhio verso di lui.
-Non ho fatto niente che non volessi anche tu- schiocca la lingua, avvicinandosi parecchio quando la ragazza all’entrata della sala ci chiede i biglietti.
-Stammi lontano- lo incenerisco con gli occhi per poi mettere nuovamente distanza tra di noi.
Non sono arrabbiata per il bacio, perché non posso negare di averlo voluto anche io. Ho sempre voglia dei suoi baci. Sono arrabbiata per il modo in cui sminuisce il tutto, per la sua stupidità, per la sua forza e la mia debolezza.
Alex è fidanzato e la sua perfetta ragazza aspetta un figlio da lui, io sono fidanzata con un ragazzo dolcissimo che non merito. Tutto questo non ha senso e non ha fine, non ha un lieto fine.
-Cos’è, adesso ti faccio schifo?-
-Mi hai sempre fatto schifo- sputo tra i denti, più acida di una vecchia zitella.
-Disse quella che fino a poco fa era in posizione orizzontale, pronta per me.-
-La delicatezza e il tatto con cui dici le cose è sorprendente- se la cosa non compromettesse maggiormente la mia sanità mentale, adesso mi volterei e lo strozzerei volentieri con le mie stesse mani.
Con i biglietti in mano, Alex riesce a trovare finalmente i nostri posti.
-Ma dove eravate finiti?- Domanda con voce preoccupata la mia migliore amica.
-Stavamo litigando- e amoreggiando spudoratamente, aggiungo fra me e me.
-Forza, sedetevi e fate silenzio- borbotta mio fratello con gli occhi incollati allo schermo.
-Non sono pronta a vedere un film horror- dico a bassa voce, guardando ovunque tranne che il film.
Alex mi spintona verso il mio posto senza alcuna delicatezza e altrettanto bruscamente gli schiaffeggio la mano con cui ha osato sfiorarmi ancora.
-Okay, allora mi siedo io per primo- fa per superarmi, ma lo blocco immediatamente afferrandolo per la giacca in pelle nera.
-Non ci pensare nemmeno. Non mi siedo all’ultimo posto della fila, perché morirei di paura - sono certa di avere gli occhi sgranati quando sento la musica di sottofondo farsi più intensa e ansiosa, segnale che qualcosa di spaventoso sta per accadere ai protagonisti del film.
-Una bambina di cinque anni è più coraggiosa di te- ridacchia Alex, sedendosi però all’ultimo posto della fila J e lasciando a me quello tra lui e Daniel.
-Già, scommetto però che un bambino di tre anni ha più cervello di te, psicopatico coglione- sussurro con fastidio, mentre mi tolgo la giacca e afferro il telefono come distrazione.
Se nella prossima settimana voglio fare sonni tranquilli, non devo guardare lo schermo. Tutto tranne lo schermo.
-Vedo che siamo in vena di complimenti anche stasera- di sfuggita, guardo il suo viso angelico sul quale è accennato un lieve sorriso divertito.
-State zitti e guardate il film- ci rimbecca nuovamente Mirko.
-Vaffanculo- è la mia semplice e femminile risposta.
 
Neanche dopo mezz’ora di film ho la nausea, causata da alcune scene parecchio suggestionanti, e credo di tremare, ma stavolta non a causa del freddo né della presenza di Alex, anche perché fa piuttosto caldo in sala.
Cerco di mantenere lo sguardo fisso sulle mie mani, ma a volte la curiosità mi spinge a sollevare lo sguardo anche se so che rimarrò traumatizzata a vita da quello che vedrò.
Quando mi arriva un messaggio sul telefono, ringrazio il cielo e stacco definitivamente gli occhi dallo schermo.
Claudio: tesoro, puoi uscire? Ho voglia di vederti :)
Io: Mi dispiace, ma sono al cinema con gli altri in questo momento
La sua risposta non tarda ad arrivare.
Claudio: Gli altri??
Io: Daniel, Marika, Mirko
Premo invio e aspetto la sua risposta. Sentendomi osservata però, alzo lo sguardo e trovo quello di Alex fisso sul mio telefono, stretto tra le mie mani.
-Perché non gli hai detto che ci sono anche io?- Chiede a voce appena udibile, indicando il mio telefono con un cenno del capo.
-Hai sbirciato i miei messaggi?- Ribatto, indignata.
Alex è proprio un coglione.
-Sei ancora arrabbiata per prima a tal punto che non ti va neanche di sentire il mio nome?- Sembra serio, tremendamente serio, come se la cosa gli importasse davvero.
Non gli do alcuna risposta, lasciandolo così logorare nel dubbio, e sposto l’attenzione sullo schermo del mio cellulare che si è appena illuminato.
Claudio: A che ora finisce il film? :) Magari posso venirti a prendere io e riaccompagnarti a casa più tardi :**
Mi mordo il labbro inferiore, indecisa su cosa rispondergli. Probabilmente mio fratello non apprezzerebbe molto la sua presenza.
-Digli di no.-
Incredula di sentirlo ancora parlare, incenerisco Alex con lo sguardo.
-La smetti di leggere i miei messaggi, razza di impiccione?!- Digrigno i denti, attirando a me il mio telefono in modo che lui non possa più leggere nulla di personale.
-Digli di no, ti prego.-
-Non vedo perché dovrei- rispondo incolore, inarcando un sopracciglio e sfidandolo a fiatare ancora sull’argomento.
-Dopo il film, vieni a mangiare qualcosa con me. Conosco un posto carino non molto lontano da qui- bisbiglia avvicinandosi al mio orecchio e soffiandomi il suo alito caldo tra i capelli.
Mi sembra di sentire ancora le sue labbra sul collo…
E’ come quando trascorri un’intera giornata in spiaggia e passi molto tempo in acqua e poi, quando la stessa sera sei stesa sul tuo letto, ti sembra di sentire ancora il mare intorno a te. In questo momento, mi sembra di sentire ancora la sua bocca baciare la mia pelle, come se la venerasse, come se volesse divorarla.
-Portaci la tua ragazza, non me- rispondo con acidità, scacciando rapidamente i miei pensieri inopportuni.
Che diamine gli salta in mente?!
-Voglio portarci te, non Idaria- poggia con noncuranza la sua mano sul mio ginocchio, facendomi deglutire.
-Beh, la cosa non è possibile- accavallo le gambe, scostando le sue dita e allontanandomi quanto posso da lui.
-Voi due la smettete di bisbigliare, mi distraete e così non riesco a concentrarmi sul film- sbotta mio fratello, infastidito dal nostro chiacchiericcio continuo.
Tutta colpa di Alex.
-Digli di no- sussurra direttamente al mio orecchio, facendomi rabbrividire per l’ennesima volta.
-Fatti i fatti tuoi- gli tiro una gomitata, neanche tanto piano.
-Lo fai apposta- digrigna i denti per poi sbuffare con esasperazione.
-Cosa?- domando confusa e stufa di sentirlo ancora parlare.
-Farmi impazzire- risponde fissando i suoi meravigliosi occhi verdi nei miei.
Non so come interpretare le sue parole, ma non posso permettere di farmi stordire ancora da lui. Non con mio fratello a pochi passi da noi, non con Marika che ci guarda di sott’occhi e non con Daniel che probabilmente ha ascoltato la nostra intera conversazione, se così la si può chiamare, e adesso sorride come un’idiota.
-Sei tu che fai impazzire me con i tuoi fottutissimi sbalzi d’umore. Ma ti senti quando parli?-
-Digli di no- Alex resta impassibile alle mie parole.
-Perché dovrei dirgli di no? Illuminami.-
-Perché… Perché…- Inizia a dire prima di posare gli occhi sulle sue mani e sorridere furbamente.
Succede tutto così velocemente che non reagisco con prontezza, resto semplicemente allibita, con gli occhi sgranati. Alex afferra rapidamente il mio cellulare, strappandolo dalle mie mani con facilità e alzandosi altrettanto velocemente per uscire dalla sala.
Lo seguo come un razzo e una volta fuori mi ritrovo ad urlare a gran voce.
-Alex! Ridammi immediatamente il mio telefono!-
Lui continua ad allontanarsi armeggiando con ciò che mi ha rubato, fregandosene dei miei schiamazzi infuriati.
-Alex!- Probabilmente domani mi ritroverò senza voce e mi vergognerò da matti per aver urlato in un cinema, attirando su di noi gli sguardi di tutti i presenti.
Una volta raggiunto, lo strattono per la giacca per fermarlo.
-Tu sei da arrestare, anzi da ricoverare direttamente- ringhio con ferocia, cercando di riprendere ciò che è mio. -Ridammi subito il mio telefono, idiota che non sei altro!-
-Tieni, tieni. Basta che non ti scaldi- una volta ridato indietro il telefono, solleva le mani con finta innocenza.
Troppo facile, penso immediatamente.
-Che hai fatto?- Lo accuso.
-Non capisco cosa intendi- fa il finto tonto, mostrando disinvoltura. Quello che non riesce a fare però è nascondere il sorriso strafottente di sempre che gli si dipinge sul viso e che certa inutilmente di mascherare con dei fintissimi colpi di tosse.
Controllo il mio telefono e subito mi accorgo di ciò che ha fatto.
-Come ti sei permesso di prendere il mio telefono, leggere i miei messaggi e, come se non bastasse, anche fingerti me e rispondere al mio posto a Claudio?- Sbraito, gesticolando e finendo persino per tirargli un sonoro schiaffo in piano viso.
Non sembra scioccato o offeso per il mio gesto, si limita semplicemente a massaggiarsi la pelle arrossata della guancia.
-Ho solo anticipato i tempi, gli avresti risposto allo stesso modo.-
-Questo lascialo decidere a me, ok?- ribatto con i nervi a fior di pelle.
Inizia persino a farmi male la testa. E’ tutto così confusionario, doloroso, ingiusto e sbagliato allo stesso tempo. Creo queste situazioni con le mie stesse mani, quindi tecnicamente mi faccio male da sola.
E non so più cosa fare con questo ragazzo perché mi provoca uno stress allucinante, i soliti senti di colpa, uno stramaledetto dolore al petto come se d’improvviso le mie costole si fossero richiuse danneggiando tutto dentro di me.
-Non ne fare una tragedia, dai…- fa un passo avanti verso di me, ma prontamente indietreggio.
Prima ancora di riuscire a pensare, mi ritrovo a parlare a cuore aperto di quello che provo.
-Sono stufa di questo. Tu, mio fratello. Voi tutti non fate che darmi ordini e prendere le decisioni al mio posto, come se quello che voglio io contasse meno di zero- la mia voce trema e sono certa che a momenti diventerò una fontana, non riuscendo più a trattenere le lacrime che reclamano di uscire.
-Gli ho scritto solo una piccola ed innocua bugia, così siamo tutti più felici- dice sorridendo con innocenza, ma torna subito serio quando guarda l’odiosa lacrima che mi riga il volto.
Ho provato a trattenerla con tutta me stessa, ma non ce la faccio più.
-Tutti chi? Tu e Mirko? Peccato che non lo sia io- mi sfrego con il dorso della mano le guance per eliminare quell’ennesima prova di debolezza.
Dio, che vergogna! Non c’è niente di più imbarazzante di me che piagnucolo con lui che mi guarda come se fossi un alieno.
-Greta- sussurra avvicinandomi cautamente, come se avesse paura che io possa rompermi in mille pezzi da un momento all’altro.
-No! Sono stufa di mentire, sono stufa delle bugie- ormai ho iniziato a singhiozzare senza sosta e le lacrime sgorgano inevitabilmente dai miei occhi, lasciando dietro di sé una scia nera di distruzione causata dal trucco. -La mia intera vita sta diventando una grandissima bugia e la cosa non mi piace, proprio per niente. Mi fa paura. Tutte queste bugie verranno a galla, portando con loro la cruda verità e quella che soffre sono sempre io- mi prendo la testa tra le mani per nascondere il mio viso ai suoi occhi.
-Ehi, non fare così- me lo ritrovo a due centimetri di distanza in un battito di ciglia, ma con prontezza indietreggio ancora. Adesso mi ritrovo con le spalle al muro e le mie ginocchia tremanti implorano pietà, così mi ritrovo a scivolare lentamente sulla superficie fredda fino a sedermi completamente sul pavimento.
-Non fare quello sguardo con me- brontolo, cercando disperatamente di asciugarmi gli occhi e guardando inorridita le mie dita diventare nere.
-Quale sguardo?- domanda continuando ad avvicinarsi alla pazza in lacrime, finché non si siede al mio fianco.
Dopo il crollo di nervi di poco fa, non ho neanche più la forza di urlargli in faccia di starmi lontano.
-Quello che urla ‘merda, sta piangendo e adesso che cazzo mi invento per farla smettere?’-
Ho lo sguardo fisso sulla parete di fronte a noi e non me ne frega un accidenti delle persone che ci passano davanti guardandoci con curiosità. Sento la sua risata divertita, seguita a ruota dalle sue parole-
-E’ proprio quello a cui stavo pensando.-
-Non fingere che ti importi qualcosa di me- mi ritrovo a sospirare, sussurrando a lui parole che non avevo mai avuto il coraggio di dire a voce alta perché troppo veritiere.
La mia risposta lo ammutolisce e sono quasi sul punto di un’altra crisi di pianto, perché il fatto che non mi abbia contraddetta vorrà pur dire qualcosa, quando rompe il silenzio con un sonoro sospiro.
-Mi dispiace. Alcune volte sono impulsivo e totalmente coglione- devono costargli molto queste scuse e questa confessione a giudicare dal modo in cui sbuffa subito dopo.
-Alcune volte?- ribatto acidamente.
-Mi sto scusando, abbi pietà- ridacchia sollevato dal mio tono scorbutico e non più singhiozzante, triste.
Quando sento il suo braccio poggiarsi senza preavviso sulle mie spalle, circondandomi e confortandomi di conseguenza, sono tentata di prenderlo a calci. Poi però, mi rendo conto che ho davvero bisogno di un abbraccio in questo momento, ma soprattutto ho bisogno di un abbraccio caldo e innocente da parte sua.
-Alex, giuro che se provi a baciarmi adesso non rispondo più delle mie azioni. Ti stacco le orecchie e te le attacco al collo con la spillatrice- grugnisco rilassandomi contro la sua spalla.
-Sbaglio o è una frase che dice Mila Kunis in quel film degli amici che si danno alla pazza gioia?-  Mi sorprende con le sue parole.
-Hai visto Amici di letto?- domando sentendomi già più rilassata e tranquilla.
-Due ore di sesso sul grande schermo non me le sarei perse per nulla al mondo- sghignazza. E anche se non posso guardare il suo viso, sono certa che abbia il suo solito sorriso sornione sulle labbra.
-Sei un’idiota, hai appena rovinato un bel momento.-
-Era un bel momento per te?- inconsapevolmente aumenta la stretta del suo abbraccio, avvicinandomi maggiormente a sé.
-Non ti facevo tipo da abbracci consolatori- cambio subito discorso. Sento le palpebre farsi pesanti, forse a causa del recente pianto o forse perché sa abbracciare dannatamente bene, ma sta di fatto che mi ritrovo ad ascoltare ammagliata il battito del suo cuore.
-Non lo sono- rivela tranquillamente.
-E allora perché mi stai abbracciando? E’ sbagliato- dico e apro di scatto gli occhi per guardare il suo viso, sperando di scorgere qualcosa nei suoi occhi, qualunque cosa. Il suo sguardo è così intenso che mi pento immediatamente della scelta fatta e abbasso lo sguardo sulle mie mani, diventate improvvisamente interessanti.
-Non sto facendo niente di male, è solo un abbraccio- bisbiglia e prende ad accarezzarmi il braccio con lentezza calcolata, trasmettendomi calore. -Non ti sto palpando come prima nella macchina di Daniel.-
Mi irrigidisco all’istante, ripensando a quello che fino a poco fa avevo chiuso fuori dalla mia mente.
-Grazie per avermi rinfrescato la memoria- gli pianto una bella gomitata nelle costole.
-Non c’è di che- ridacchia con sfacciataggine.
Passano interi secondi, forse minuti, ma nessuno dei due accenna ad alzarsi per tornare nella sala, perché entrambi troppo rilassati e piacevolmente abbandonati a questo momento di dolcezza inaspettato.
-Lo sai? Sei bravo negli abbracci- le parole mi sfuggono prima che il mio cervello le esamini come si deve, così mi ritrovo ad arrossire per l’imbarazzo di aver seriamente confessato una cosa del genere proprio ad Alex. Probabilmente riderà di me a momenti.
-Davvero? Sei la prima ragazza che abbraccio senza un premio finale.-
-Premio?- chiedo con curiosità, alzando lo sguardo per incontrare il suo.
-Di solito punto alla palpata- un ghigno sfacciato gli illumina il viso, mentre il mio si incupisce all’istante.
-Ripeto: sei un’idiota- biascico a denti stretti.
Non voglio pensare alle altre ragazze con cui è stato o rischio di impazzire definitivamente.
-O semplicemente furbo.-
Sento il respiro fermarmisi a metà strada quando le sue labbra si poggiano sul mio capo, in quello che dovrebbe essere un tenero e casto bacio.
-Le orecchie sono le tue…- dico, ma la mia voce è fievole, perché ancora vittima della sua dolcezza.
Non avrei mai pensato che potesse comportarsi in questo modo. In lui avevo sempre e solo visto sfrontatezza, una sicurezza invidiabile, bellezza a dir poco accecante, ma mai dolcezza. 
-Quindi è il tuo primo abbraccio sincero ad una ragazza, senza doppi fini?- Voglio disperatamente essere la prima per lui almeno in qualcosa.
-No, non il primo.-
-Ma non avevi detto- inizio a dire prima che lui mi interrompa.
-Ricordi quel giorno a scuola, quando avevo la febbre e ti sei preoccupata di me? Lì volevo un tuo abbraccio, volevo sentirti vicina. In un certo senso mi faceva stare bene- confessa, lasciandomi a bocca aperta.
Sento il mio cuore galoppare in risposta alle sue parole, e probabilmente me lo starò immaginando, ma anche il suo cuore sta correndo più velocemente.
Segue un altro momento di silenzio, ma non è imbarazzante o fastidioso. E’ piacevole, mi sembra ancora di sentire le sue parole rimbombare nelle mie orecchie.
-Mi sono fatto perdonare?-
-No, ti farò pagare cara la bravata di stasera e il tuo essere uno stronzo, ma credo che mi godrò qualche altro secondo del tuo abbraccio- dico, ma non con cattiveria o con l’acidità che di solito uso per difendermi da lui. La mia voce è dolce, ancora schiava del nuovo Alex.
-Facciamo qualche minuto.-










Buonasera :)
Innanzitutto vorrei scusarmi per essere scomparsa per tutto questo tempo,
ma a causa di forze maggiore non ho potuto scrivere né aggiornare fino ad ora.
Inoltre, una ragazza mi ha fatto notare un errore nella intro di Gorgeous,
cosa che mi ha fatto piacere e mi ha così permesso di correggerlo e rimediare all'horror che avevo scritto.
Sto dicendo questo perché mi voglio scusare se trovate qualche errore durante la lettura dei capitoli,
ma sono cose che scrivo d'istinto e nella maggior parte dei casi neanche rileggo.
Potrebbero persino essere contraddittorie o banali, perciò mi dispiace se la cosa reca fastidio o delusione o qualsiasi altra cosa.
Non sono una scrittrice e non sono per niente brava, tuttavia mi piace scrivere e spero di poter migliorare con il tempo.
Grazie per l'attenzione,
Maky

 

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