Americano

di CHALLENGE_ACCEPTED
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** That lesson is too much easy ***
Capitolo 2: *** Agreements ***
Capitolo 3: *** Ripetitions ***
Capitolo 4: *** Strangeness ***
Capitolo 5: *** Fail ***



Capitolo 1
*** That lesson is too much easy ***


Americano

 

 

 

stava per iniziare un nuovo noiosissimo anno. Kurt cercò di non pensarci, per evitare di deprimersi ancora prima di aver varcato la soglia del liceo McKinley. Aveva scaricato da Internet il programma del primo giorno di scuola: aveva letteratura, due ore di matematica, un’ ora di ginnastica, calcolo e infine spagnolo insieme al professor Schuester.

Già sapeva che l’ ora più leggera sarebbe stata l’ ultima. Come inizio non era certo dei migliori.

Si avviò verso la scuola, pregando di fare un piccolo incidente, di rimanere bloccato o di essere la vittima di un attacco alieno. Ma non accadde niente e in meno di un quarto d’ora si ritrovò nel parcheggio del liceo.

Ancora prima di entrare incontrò Rachel e Mercedes. Entrarono insieme, ma subito constatarono che avevano solo l’ ora di calcolo tutti e tre insieme, mentre a matematica era in classe con Rachel.

________________________________________________________________________________

La giornata passò molto lentamente, e Kurt fu costretto a rispondere a mille domande che si assomigliavano tutte: come sono andate le vacanze? Avete fatto i compiti? Avete letto qualche libro? Vi siete riposati?   

Si stupì di quanto i professori fossero meccanici. “Forse sono dei saiborg con delle domande prestabilite che… ma che sto pensando?”

L’ ultima ora fu veramente un sollievo. Il professor Schue cercava goffamente di formulare delle frasi in uno spagnolo quasi corretto. Cinque minuti dopo l’ inizio della lezione, qualcuno bussò flebilmente, poi si affacciò un ragazzo moro, il quale si avvicinò con impaccio alla cattedra.

La classe era ammutolita per la curiosità. Il ragazzo X, così lo soprannominò Kurt finché non conobbe il suo nome, parava pianissimo, la sua voce era praticamente un sibilo, per non farsi sentire. Schuester disse qualcosa poi si rivolse al resto della classe.

-Ok, chicos! –disse con tono allegro l’ insegnante –Lui è Blaine Anderson, un nostro nuovo acquisto. –scherzò dando una pacca sulla spalla destra del “nuovo acquisto”.  –Blaine, siediti pure accanto a… -guardò i posti vuoti per decidere –A Kurt. –

Blaine guardò in giro per la classe, in cerca di un aiuto per capire chi fosse Kurt, finché non vide che c’era un solo posto vuoto.

Kurt abbozzò un accenno di sorriso: il nuovo ragazzo gli ispirava simpatia, in più non si poteva dire che fosse male…                                                                                                                                                                                                                         -Ciao, sono Kurt, piacere. Sei nuovo della scuola? Come ti trovi? –disse il soprano tutto d’ un fiato. Era risaputo quanto Kurt parlasse veloce, ma non si era mai reso conto di quanto potesse essere difficile capirlo; almeno fino a quel momento.

Il moro sorrise e disse –Sono Blaine. – allungò la mano e Kurt la strinse con forza. Solo dopo si ricordò di avere fatto delle domande, le quali erano state ignorate completamente.

“Due sono le opzioni: o è scemo, o è maleducato. O entrambe” pensò Hummel cercando di ricordarsi il suo cognome. –Blaine Anderson, giusto? –chiese con incertezza.

In verità, Kurt aveva pronunciato il suo nome “all’ inglese” cioè aveva detto Endersen, così Blaine intervenne con una correzione –Si pronuncia Andàrson.- poi divenne improvvisamente tutto rosso e aggiunse. –Sorry… -

Sembrava sinceramente imbarazzato, così spostò lo sguardo davanti a sé e finse di ascoltare con attenzione una lezione completamente sgrammaticata sui verbi regolari e le loro coniugazioni.

Intanto Kurt si accorse che c’era qualcosa di strano in quella parola: nella sua mente rimbombava una lettera. Il suono era martellante.

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

Era stranito ed imbarazzato allo stesso tempo. Imbarazzato perché il campo visivo del suo compagno rimaneva forzatamente spostato verso la cattedra

- Allora ragazzi, prendete appunti, por favor: il passato remoto del verbo cadere è yo cales… - disse il professore.

Kurt stava prendendo appunti, a differenza di Blaine che non aveva nemmeno un foglio davanti.

Il soprano stava per scrivere ciò che aveva detto Schuester, quando sentì una voce sussurrargli all’ orecchio –Yo caì. –Kurt sussultò, e vide Blaine che proteso verso il suo quaderno.                                                                                            

Schuester, avendo sentito la correzione che aveva fatto Blaine, si fermò di colpo mentre le sue guance s’ imporporavano.

-Come hai detto? –chiese Kurt, non appena il professore ebbe ricominciato.   –Ho detto: yo caì. Il professore ha sbagliato. –non ci volle molto per crederci: era risaputo che Schuester non sapesse effettivamente lo spagnolo, infatti Santana aveva abbandonato il corso, dedicandosi ad economia domestica.

Poi un’ idea brillò nella mente di Kurt.                                                                                                                    –Da dove vieni? –domandò inclinando la testa.                                                                                                       –Puerto Rico. –Blaine sorrise  -Ecco perché prima non ti ho risposto, perché non aveva capito bene che avevi detto. –il suo compagno di banco sorrise e chiese scusa, provando a parlare il più lentamente possibile.

-Come mai non c’era nessuno accanto a te? –chiese candidamente il nuovo arrivato. –Ecco… diciamo che prevalgono due motivi. Il primo: sono gay. –Kurt guardò il ragazzo, sperando che non se la prendesse, o che non chiedesse al professore cambiare posto.                                                                                                                    Non ci fu nessuna reazione.

-Secondo: -continuò –faccio parte del Glee Club. -                                                                                          Blaine spalancò gli occhi e chiese quasi con paura –Qué? – a questa domanda Kurt scoppiò a ridere. –E’ il coro della scuola! –Blaine si rilassò impercettibilmente.

-Credevo che fosse quasi una setta satanica. –confessò Blaine.                                                                           –Ho la faccia da satanista? –chiese Kurt fingendosi offeso. –No! –si affrettò a dire Blaine –Però mi stavi dicendo perché non c’era nessuno accanto a te, così ho pensato che fossi un tipo strano o pericoloso… -Kurt sorrise poi colse l’ occasione e chiese –Senti, Blaine Andàrson… ho detto bene? –Blaine annuì –Potresti entrare anche tu nel Glee. Nel coro, non nella setta… per quella ci vorrà un po’ più di tempo, mi dispiace. – il moro rise.

Kurt non sapeva nemmeno se fosse capace di cantare, ma non aveva molta importanza, lo voleva nel Glee, anche perché i membri scarseggiavano e la loro presenza alle competizioni era sempre da discutere.

-Mi piacerebbe! –esultò Blaine –Adoro cantare, solo che non ho mai cantato in un coro. –quel ragazzo era la manna divina.

-Che musica ascolti? –chiese Kurt, interessato. –Mi piace Pink, ha stile; ma la mia cantante preferita è sicuramente Katy Perry. – a queste parole, Kurt risentì quel suono rimbombargli nella scatola cranica.

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

Proprio in quel momento suonò la campanella.                                                                                                        –Allora, Blaine domani vieni a fare l’ audizione, d’ accordo? –il ragazzo annuì, guardando con disappunto la differenza di altezza tra lui e l’ altro ragazzo. Arrivarono al parcheggio, e quando furono sul punto di separarsi Blaine gli stampò un sonoro bacio sulla guancia.

Kurt spalancò gli occhi, rimanendo fermo davanti alla sua macchina. Poi sospirò e si disse “Già… gli ispanici molte volte si salutano così…”

 

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Buongiorno a tutti!

Spero vi sia piaciuta. È la prima long fic che pubblico, perciò siate clementi.

Fatemi sapere cosa ne pensate!  Grazie per aver letto.

<3 Margy  <3

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Capitolo 2
*** Agreements ***


 

 

 

 

Il giorno seguente Kurt si scoprì deluso del fatto che quel giorno non avesse spagnolo. Passò tutta la giornata con i suoi amici del Glee.

Durante l’ ora di pranzo cercò disperatamente Blaine con lo sguardo. Ma non lo trovò, così si rattristò, immaginando che fosse andato a mangiare tipo in bagno. Non gli era difficile credere che qualche bulletto con il cervello di un’ ameba lo avesse spintonato, o che gli avesse detto qualcosa come ‘Torna in Messico’, rovinandogli la giornata.

-Che stai cercando? –chiese ad un tratto Rachel, senza ottenere una risposta. A questo punto intervenne Mercedes –Kurt! Rachel ti ha appena chiesto che cosa stai cercando! –la ragazza stava praticamente urlando, oltre a scandire bene le parole. Nemmeno in questo modo ottennero una risposta.

-Ragazze, per me è andato! –sentenziò Puck prendendo posto al tavolo vicino alla “Mostra entomologa”, ovvero ad una pittoresca finestra che disponeva di vari tipi di insetti morti.

Mentre Brittany era intenta a spiegare la differenza tra un unicorno e un poni, Quinn provò a richiedere a Kurt che cosa stesse cercando. –Oh, no… nessuno, solo che ieri un ragazzo mi aveva detto che avrebbe fatto l’ audizione per entrare al Glee, ma ora non lo trovo più... –così dicendo si sporse dalla sedia per cercare di rintracciare il ragazzo.

-E chi è? –chiese stupita Rachel che, nonostante fosse un’ adorabile esaurita che vive solo per il Glee, sapeva benissimo che nessuno avrebbe mai osato mettere il suo nome sulla lista.

-E’ il ragazzo nuovo, hai presente? –rispose Kurt cercando di apparire disinvolto, e tenendo la testa china. –Chi dici? –s’ intromise Puck –Quell’ Anderson? Quello… - qui Kurt non si seppe trattenere e corresse il suo amico.

-Andàrson. –lo disse un po’ troppo ad alta voce e, soprattutto, con troppa enfasi.

-Mi stai prendendo in giro? –chiese seccato il suo amico, lisciandosi quella specie di opossum che aveva sulla testa. –No, sono serissimo Puck. –rispose Kurt con tono irriverente, facendo cenno al suo amico di proseguire.

-Dicevo… -prima di parlare diede un’ ultima occhiata a Kurt –che ho visto questo Blaine informarsi sulla squadra di basket. Vedeste come ci è rimasto quando gli hanno detto che solitamente i giocatori sono alti! –Puck scoppiò in una solitaria risata. Solitaria perché nessuno aveva presente la fisionomia del ragazzo, tranne Kurt che non la trovò divertente.

-Kurt, tu che lo conosci: è quello laggiù? –era stata Santana a parlare, indicando un ragazzo moro seduto ad un tavolo molto frequentato, intento a raccontare qualcosa che aveva tutta l’ aria di essere molto divertente. –Sì! –esultò Kurt.

-Perché stai fangirlizzando? –chiese Puck, con un tono molto scettico. –Io credo, Puckerman –Santana non sapeva mai quando starsene al suo posto –che ad Hummel interessi l’ integrazione a scuola di quel ragazzo. O sbaglio? –chiese poi, rivolgendosi all’ interessato.

Kurt arrossì violentemente –Sì! Vinciamo il razzismo! –poi si accorse del tono poco convincente della sua voce e abbassò lo sguardo.

-Allora vai immediatamentissimamente a chiedergli quando farà l’ audizione. –ordinò Rachel, la quale non aveva capito ciò che Santana voleva far intendere. Né lei, né il suo fidanzato. Brittany invece sì.

Kurt si alzò lentamente, sotto lo sguardo vigile di Santana Lopez. Da quando erano diventati amici, Santana aveva tentato in tutti i modi di trovare un ragazzo a Kurt. Così seguì tutti i suoi movimenti.

Kurt si avvicinò con passo felpato al tavolo di Blaine, ma nonostante gli sguardi intimidatori di Santana, non gli rivolse la parola: tutti i suoi ascoltatori pendevano letteralmente dalle sue labbra, e non voleva intromettersi rovinando tutto.

Riuscì a cogliere qualche frammento di discorso, come “E poi… a vedere… ma comunque…”oppure “Mi avevano detto che… invece era… però non…”.

Così Kurt finse di essersi alzato per gettare della plastica nella spazzatura, tornando a posto sconfitto e a testa china.

-Sei senza spina dorsale! –lo aggredì Santana, ma Puck la corresse –Peggio, sei senza palle! –Kurt simulò un’ aspra risatina ironica, per mostrare il suo disappunto, ma in realtà la pensava come loro.

-Non importa! –con questa affermazione Rachel se ne uscì con una vocetta stridula, così Puck strinse i pugni per evitare di tirarle il collo –Possiamo sempre chiederglielo all’ ora successiva. Io ho geografia. Voi? –

-Idem. –affermò un gruppetto, mentre tutti gli altri sbiascicarono –Francese. –

Kurt li guardò tutti con la faccia da cucciolo con la coda schiacciata –Ma come? –piagnucolò –Non ditemi che nessuno dopo a storia! –gli altri lo guardarono e gli dissero qualcosa, ma Kurt non ricevette nulla. Probabilmente ci sarebbe stato qualche idiota che lo avrebbe preso in giro tutta l’ ora.

L’ ultima volta gli erano arrivate una decina di palline di carta sulla schiena.

-Sii uomo, Hummel. Se ci riesci... –lo incoraggiò Puck. –Già! –disse Tina –Non ti preoccupare. –

“Speriamo bene.”

 

 

Kurt entrò a lezione prima del previsto, e dopo un paio di minuti entrò Blaine. Il ragazzo saluto con un ampio cenno della mano, al quale Kurt rispose con un timido sorriso.

-Posso sedermi accanto a te? – Blaine stava quasi urlando, visto che Kurt era rannicchiato in ultima fila, mentre lui era in piedi sulla porta.

Il soprano annuì, e dopo una frazione di secondo Blaine era già accanto a lui, intento a sistemarsi un ciuffo ribelle. –Allora, per l’ audizione? –chiese, ma Kurt percepì solo una minima parte della frase.

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

-Come hai detto, scusa? –finalmente si era svegliato dalla trance, accorgendosi che gli era stata posta una domanda.

-Ho chiesto: a che ora devo venire per il Glee? –Blaine scandì bene le parole, anche se in verità lui parlava quasi in quel modo.

-Certo, certo… il Glee. Dopo storia vieni con me, ti accompagno in aula canto. Ah, dimenticavo: porta un tuo coltello, così quando ti incideremo ti sentirai a casa. – Blaine spalancò gli occhi, poi si ricordò della setta satanica e scoppiò a ridere.

-Oh, andiamo! Ce l’ hai ancora con me? –chiese fingendosi disperato. –Sappi che ti prenderò in giro per tutta la vita. –lo avvertì Kurt.

-Pensavo che ti fossi dimenticato di me: aspettavo che tu davi le informazioni per oggi. –a queste parole Kurt si irrigidì, non voleva che Blaine pensasse questo.

-No, no, no! –disse con un po’ troppa enfasi –Oggi stavo per venirtelo a dire, solo che stavi parlando con dei ragazzi, e sembravano così interessati. Perciò non ti ho disturbato. –Blaine sorrise poi gli confidò –Non mi avresti disturbato. Tanto non raccontavo nulla di interessante, solo che quando parlo, anche se parlo della cosa più banale del mondo, tutti mi ascoltano. Si chiama… ehm… c-car… ca… - qui si bloccò, a causa di una parola strana.

-Charisma. –suggerì Kurt. Blaine annuì, pensando che era davvero stupido, visto che si diceva quasi uguale in spagnolo.

In quel momento si accorsero che la lezione stava iniziando.

La professoressa spiegava davvero bene e riusciva a far appassionare tutti. Kurt prendeva appunti, poi spostò lo sguardo alla sua sinistra e vide Blaine con la faccia stravolta e letteralmente disperato che leggeva il testo di storia e consultava un dizionario inglese-spagnolo.

-Tutto bene? –chiese piano Kurt.

-No! –Blaine sembrava davvero abbattuto –Non capisco: riesco a parlare con tutti, ma non riesco a capire che accidenti c’è scritto nei libri di scuola. –Kurt non sapeva cosa rispondere, non poteva dire ti capisco, né dare consigli che potessero essergli davvero utili.

-Questo è perché nei libri vengono usati vocaboli più complessi. –Kurt era stato molto diplomatico, ma non era servito a nulla.

Vocabolo. Che cosa voleva dire? Prese il dizionario inglese-spagnolo.

Term=palabra

Era tutto più difficile, in più lui era molto indietro con il programma di storia.  

 

 

Uscirono dall’ aula canto e Blaine era pienamente soddisfatto della sua esibizione. Aveva cantato The One That Got Away, di Katy Perry. Non Aveva portato un pezzo in spagnolo, ma un giorno l’ avrebbe fatto.

-Hey Kurt! È stato magnifico. Grazie! –Blaine abbracciò Kurt come un bambino abbraccia il suo orsetto di peluche.  

-Di niente, Blaine. –rispose.

-Ah, mi dispiace darti tanto disturbo, insomma: prima starmi accanto, poi il Glee… ma avrei bisogno di ripetizioni. In molte materie. Però non voglio disturbarti. – Kurt spalancò gli occhi e disse –No, no, non ti preoccupare. Non mi disturbi affatto. – poi divenne di colpo tutto rosso, perché si era accorto di aver esternato un po’ troppo i suoi sentimenti.

-Però, Blaine –disse Kurt –avrei anch’io bisogno del tuo aiuto. Voglio candidarmi come rappresentante di istituto, e mi servite tu ed il tuo carisma ad aiutarmi con la propaganda. –Blaine annuì.

-Come mai ti vuoi candidare? –Kurt sperava in quella domanda. –Mi batto contro la violenza ed il bullismo. –rispose orgogliosamente.

-Wow! –Blaine sembrava sempre entusiasta di tutto.

-Allora affare fatto? –chiese Kurt tendendo la mano.

-Affare fatto. –disse Blaine, stringendola.

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Capitolo 3
*** Ripetitions ***


 

 

 

 

-Dai, Blaine: ce la puoi fare! Non ti scoraggiare: parlami della caduta della borsa di New York del 1929. –Kurt era esasperato. Ormai erano passate un paio di settimane da quando aveva cominciato a dare ripetizioni al suo amico, e nonostante tutti i suoi sforzi non riusciva a fare qualcosa di veramente concreto. Non che non fosse migliorato, solo che non era abbastanza.

-Non ci riesco proprio, Kurt. –Blaine sembrava esasperato. I nomi gli risultavano troppo difficili, non era capace di esprimere fatti senza martoriare la sintassi, e non era capace di pronunciare le date. –Allora torniamo un po’ indietro. –disse Kurt, prendendo il libro di storia in mano e sfogliandolo.

-L’Imperialismo; parlami della guerra civile del Messico. –Kurt accennò un sorriso, mentre  Blaine si lasciò cadere pesantemente sul divano di Kurt. Avevano già fatto geografia e letteratura. Era seduto su quei cuscini eccentrici da più di tre ore.

-Yo soy de Puerto Rico! – Blaine aveva alzato la voce, così Kurt si sentì in colpa, anche se in realtà non aveva nessuna intenzione di offenderlo. –Guarda bello, che io ti ho solo fatto una domanda di storia. Lo so benissimo da dove vieni! –anche Kurt si accasciò sul divano, tenendo le bracca incrociate sul petto e lo sguardo fisso davanti a sé.

-Lo siento, mi sono comportato como un cavernicolo. Scusami. –Blaine lo guardava con un’ espressione che avrebbe dato del filo da torcere ad un gattino.

-Dilata le pupille. –disse Kurt, alzando appena il mento. –Estàs loco? –Blaine era alquanto allibito dalla risposta del soprano. –Oh, uffa! Non sei lui. –Kurt riabbassò lo sguardo fingendosi deluso, ma Blaine non aveva capito che stava scherzando, e soprattutto non aveva capito di chi stesse parlando.

-Lui chi? –chiese il portoricano. –Il gatto con gli stivali! – detto questo Kurt scoppiò a ridere –Te l’ ha mai detto nessuno che parli como lui? –Kurt abbracciò con affetto Blaine dicendo –Perdonato. Ma devi imparare a dilatare le pupille, sennò che gatto con gli stivali sei? –Blaine sospirò e annuì fingendosi esasperato.

-Stavamo parlando della caduta della crisi di New York, del ’29? –chiese ad un tratto Blaine. –Sì. –gli rispose Kurt, visibilmente compiaciuto. Era vero: Blaine non riusciva ad esporre un argomento di storia, ma sicuramente non si sarebbe arreso. Però era anche vero che Blaine non era uno stupido, e che s’ impegnava tantissimo, quindi era inspiegabile come mai non riuscisse a migliorare ancora.

Mentre Kurt era immerso nei suoi pensieri, Blaine aveva già preso a parlare della crisi americana del 1929, utilizzando frasi formate da soggetto, predicato e complemento oggetto. Se andava bene anche da un complemento di tempo, o uno di luogo.

 

 

 

 

Dopo poco meno di un’ ora decisero che per oggi sarebbe bastato. Cominciarono a parlare, scoprendo di avere molte cose in comune. Kurt notò che ogni che volta che poneva una domanda un po’ più personale Blaine diventava schivo, e girava intorno al quesito cercando qualcos’altro da dire.

Mentre Kurt esponeva i suoi motivi per amare Wicked, anziché Rent, il display del cellulare di Blaine s’ illuminò, e allo stesso tempo partì Last Friday Night. Kurt guardò storto Blaine.

-Che c’è? Te l’ ho detto che mi piace Katy Perry. –

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

Blaine rispose e Kurt non capì niente della conversazione, perché era in spagnolo. In più non riusciva a sentire cosa dicesse l’ altro interlocutore, infatti avvertiva solo un brusio proveniente dal microfono del telefono.

-Hola, mamà.- -Estoy en casa de un amigo.- -No te preocupes. - -No: no pasasà mucho tiempo.- -Ahora voy. Magnana, mamà.-

Kurt aveva capito solo una cosa: che era sua madre, ma chiese lo stesso –Chi era? –Blaine alzò lo sguardo, si era scordato di essere con Kurt –Mamà. Mi ha chiamato per chiedermi dov’ero e per dirmi che non posso stare fino a tardi da te. –

Kurt interpretò male quest’ ultima frase –Come non puoi stare da me? –chiese leggermente seccato. –Mi dispiace, ma ho un impegno che non posso proprio saltare. –disse Blaine candidamente.

“Dispiace anche a me.” Pensò Kurt, fissando Blaine con espressione idiota, poi si rese conto e riprese in mano la sua dignità. –Che cosa devi fare? –domandò Kurt, il quale non si sarebbe mai immaginato una risposta brusca. –Ti ho detto che ho un impegno, fattelo bastare! – rispose duramente Blaine.

-Io non volevo essere invadente. –la voce di Kurt era un sibilo. Se ne stava rannicchiato su quel divano con tono indifeso: faceva tenerezza, così Blaine si sentì in colpa. –Non volevo Kurt, mi dispiace. Non so che mi stia succedendo: negli ultimi giorni m’ innervosisco per un nonnulla. –Kurt non rispondeva, così Blaine capì che quel ragazzo si stava pentendo di tutti gli aiuti che gli aveva offerto.

-Io devo andare. –disse piano. Si diresse verso la porta, notando che Kurt non lo aveva accompagnato. sapeva che il suo amico fosse molto educato, infatti tutte le volte che andava via, veniva scortato alla porta.

Uscì, quando Kurt finalmente si fece capolino dalla porta d’ ingresso. –Blaine: -lo chiamò; la sua voce era ferma, sicura e fredda –Domani mi dovresti aiutare per quella cosa delle elezioni per diventare rappresentante d’istituto. te lo ricordi, giusto? –non ciò che si aspettava Blaine, ma almeno aveva la certezza che non avrebbe smesso di dargli ripetizioni.

-Certo, còmo podrìa?- rispose Blaine. Kurt salutò con un cenno della mano e, senza aspettare una risposta, richiuse sonoramente la porta.

 

 

 

 

Il giorno dopo Blaine se ne stava al suo armadietto, perché doveva prendere alcuni libri, ma non si ricordava più quali, così ne prese un paio a caso.

Kurt non riuscì a vedere la faccia del suo amico, perché era coperta dall’ anta aperta dell’ armadietto, ma lo riconobbe lo stesso.

--Ciao, Blaine! –salutò con enfasi. L’ altro ragazzo chiuse l’ anta, così Kurt riuscì a vederlo in volto.

Era pallido. Molto pallido. E aveva due occhiaie che sembravano spicchi d’ arancia. I capelli non erano oppressi dal gel, e molto probabilmente quella mattina non erano stati oppressi nemmeno dal pettine.

-Stai bene? –chiese Kurt, visibilmente preoccupato. –Eh? Ah… sì, sì. Sono solo un po’ stanco, non ho dormito un granché bene. –Kurt corrugò la fronte.

-E’ per via di quell’ impegno di cui parlavi ieri sera? –Kurt era molto sospettoso, così il moro evitò d’ incrociare il suo sguardo. –Sì! Esatto. Ho fatto un po’ tardi. Ma non è nulla. –Blaine era sfuggente.

S’ incamminarono verso l’ aula di storia, e mentre camminavano a Blaine scivolarono i suoi libri di francese, facendoli fare una caduta alquanto sonora. Si chinò per raccoglierli. Cominciò a traballare: non riusciva a stare in equilibrio.

-Hai bisogno di una mano? –a questa domanda il ragazzo scosse la testa, poi il Kurt continuò –Ma perché hai preso francese? –Blaine non sapeva cosa rispondere, così sorrise, fingendo una piccola distrazione. In realtà non era un po’ distratto: era proprio fuso.

-Senti: -disse Blaine con incertezza –hai qualcosa da mangiare? –Kurt frugò nella sua tracolla, estraendone un pacchetto di Pavesini.

-Grazie. Ieri non ho cenato, e oggi non ho fatto colazione. –disse Blaine afferrando il pacchetto di biscotti.

-Quindi non mangi da…? –chiese Kurt con la stessa ansia, e la stessa premura, di una mamma. –Ieri a pranzo. Grazie mille per i Pavesini. –Kurt non rispose.

Quel ragazzo gli nascondeva qualcosa, e quel qualcosa non era trascurabile. Doveva aiutarlo. si stava rovinando la vita, e tutti se ne potevano benissimo accorgere. Ma nessuno interveniva. Né i professori, né il preside, né gli assistenti sociali, né la sua famiglia.

Già, la sua famiglia. Non ne parlava mai, e quando gli aveva detto che aveva parlato con sua madre si era quasi vergognato.

Non voleva certo intromettersi nella vita di quel ragazzo, ma se non lo avesse fatto lui, gli altri avrebbero lasciato solo, a rovinarsi la vita.

 

 

 

Buongiorno a tutti!

O dovrei dire buonasera… comunque, mi dispiace per il ritardo. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. Come al solito, se vi è piaciuto recensite. Questo vale per tutti tranne che per Gleeklove. Grazie per aver letto.

<3 Margy <3

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Capitolo 4
*** Strangeness ***


 

Era passato più di un mese dall’ inizio della scuola. Si stava avvicinando Halloween, come al solito le Cherios avevano organizzato una festa in maschera a casa di Sasha, ovvero la ragazza pompon che cercava di imitare in tutto e per tutto Quinn Fabray. Però quest’ anno, invece, Figgins era venuto a sapere di questa festa e sotto richiesta di tutti i reietti della scuola (sapevano benissimo che non sarebbero mai stati invitati alla festa), aveva organizzato un ballo.

Kurt si trovava in nell’ aula di arte a realizzare dei cartelloni per il ballo. solitamente lui e Rachel facevano sempre coppia in laboratorio, ma da quando Rachel si era candidata alle elezioni di rappresentante di istituto questo non accadeva più: entrambi utilizzavano l’ ora di arte per preparare volantini, cartelloni e spillette pacchiane da distribuire.

Persino quel giocatore di Hockey strampalato aveva preparato qualche cartellone. Brittany invece no; nonostante Santana la spronasse a fare qualcosa per la sua campagna, lei continuava a disegnare unicorni che rubavano l’ arcobaleno di Nyan Cat.

Nell’ ora di arte dovevi sceglierti un compagno molto velocemente, sennò saresti capitato in coppia con Puck, che aveva la mano delicata di un ippopotamo, la finezza di un sasso, il gusto estetico di uno scimpanzé e la laboriosità di un ghiro.

Solitamente Kurt andava in coppia con Mercedes e Rachel con Finn, ma quel giorno Frangetta era stata più veloce di lui, e dopo aver preso per un braccio ‘Cedes, l’ aveva trascinata fino al suo tavolo.

Bene: sarebbe andato con Finn. Ma Finn era con Sam. Allora sarebbe andato con Quinn. Ma quel giorno era assente. Kurt guardò spaventato verso un tavolo posizionato in penombra: vide Puck che gli sorrideva beffardo, e che muoveva la mano molto lentamente, in segno di saluto.

“No, no, no, no, no, no, no, no, no, no!!” pensò impaurito Kurt, poi si avvicinò la professoressa, la quale suggerì –Hummel, oggi farai coppia con Puckerman, va’ a sederti accanto a lui; magari, visto che hai un’ ottima mano, potresti insegnarli qualche buona tecnica di disegno… o farlo lavorare almeno un po’. –l’ insegnante diede una pacca sulla spalla di Kurt. Il suo compagno, intanto, si era stravaccato sulla sedia, tenendo le braccia dietro la testa, poi fece ciò che Kurt odiava di più: mise i piedi sul tavolo.

-Puck, togli immediatamente quelle schifezze dal tavolo! –ordinò, indicando con l’ indice tremante di rabbia i suoi piedi, pigramente appoggiati su un’ estremità del mobile. –Uff! –sbuffò Puck –Sei peggio della Berry, e non ti sto facendo un complimento. –Puck voleva un sacco di bene a Rachel, solo che questo bene era dovuto al fatto che ci si fosse affezionato, non ad una simpatia.

-Non parlare in questo modo di Rachel Stellina Berry! –a queste parole Puck scoppiò a ridere e, fra una risata e l’ altra, disse –Vi chiamate così? Fammi indovinare: tu sei Kurt froc… -a questo punto, Puck si fermò e si schiarì la gola, imbarazzato –Kurt Stellina Hummel. –nonostante avesse cercato di rimediare al danno, Kurt non lo perdonò per ciò che aveva quasi detto.

-Comunque: -rirese il ragazzo, appoggiando i gomiti sul tavolo –tu e quell’ altra sclerotica non vi parlate da più di una settimana! –Kurt ignorò completamente ciò che aveva detto Puck, estraendo dalla cartella un album da disegno. Intento il suo amico gli fregò un foglio: almeno aveva preso del materiale, anche se non era suo, e anche se dopo circa dieci minuti si ritrovò ad ideare un pittoresco aeroplanino.

-Quanto mi dai se riesco a far atterrare il mio aero dritto, dritto nei capelli della professoressa? –chiese Puck, facendo automaticamente distrarre Kurt, che stava realizzando una scritta con su scritto: No tu violence, vote Hummel. –Ti do una scarpa in testa, ti va bene? –chiese seccato il ragazzo. La “L” di Hummel era venuta monca, perché per l’ enfasi della sua prodezza Puck lo aveva strattonato con veemenza. –Mia-ao! Siamo sulla difensiva Hummel? – Kurt perse del seconda volta la concentrazione, così scagliò la matita contro il tavolo e si avvicinò al volto di Puck, digrignando i denti –Vuoi stare zitto o devo farti mangiare quel cazzo di aeroplano?- Kurt aveva le guance che erano un fuoco, così Puck se ne approfittò della situazione per farlo arrivare all’ apice dell’ ira.

-Hey Hummel! –lo chiamò con voce antipatica Puck. –Che accidenti vuoi? –Kurt stava per lanciargli contro la matita, ma evitò. –Come sta il messicano? –Kurt sollevò lo sguardo. -Io non conosco messicani. –disse, fingendo di non aver capito di chi stesse parlando. –Come no? E Anderson? –Kurt sui avvicinò al planisfero, e indicò uno stato dell’ America latina. –Questo è Porto Rico. Fatti una cultura, ignorante.-  

Proprio in quel momento suonò la campanella, così Kurt fu libero di andarsene stizzito. Nel corridoio incontrò Blaine. Voleva chiedergli di incontrarsi a casa sua per preparare qualcosa per le elezioni. In realtà, Kurt aveva bisogno solo di una persona carismatica che dicesse “Vota Hummel”, per i cartelloni e le spillette ci poteva pensare benissimo da solo.

Controllò che nessuno lo vedesse dirigersi verso Blaine: era fiero di ciò che era, certo, ma non voleva mettere in mezzo Blaine.

-Ehi, Kurt! –salutò Blaine con entusiasmo. Blaine, invece, non si era fatto problemi: molti si erano girati, capendo che erano amici. –Ehi! –risalutò timidamente Kurt, poi si avvicinò all’ armadietto del suo amico –Allora… -chiese imbarazzato –Come va? –Blaine chiuse con enfasi l’ armadietto. Quel giorno aveva preso il libro giusto.

-Perché questo imbarazzo? Oh… aspetta: non mi starai mica per dire che non puoi più darmi ripetizioni? –chiese il ragazzo, allarmato. –No, no! È solo che eri un po’… strano negli ultimi tempi. –Kurt abbassò gli occhi, mentre l’ altro tirò un sospiro di sollievo.

-Io, ehm, ti volevo chiedere un favore? –chiese Kurt, sentendosi avvampare senza un motivo ben preciso. –Dimmi tutto! –Blaine era più energico del solito. La cosa cominciava a diventare strana. –Mi farebbe molto, ma molto piacere, se tu venissi… oh, insomma! –sbottò Kurt, stufo di sentirsi in imbarazzo con il ragazzo più alla mano del mondo –Verresti a casa mia, dopo la scuola, per preparare qualcosa per le elezioni? –Blaine si mise a ridere, poi annuì con enfasi.

-Andiamo in classe? Tanto siamo insieme a spagnolo, no? –Blaine sorrise, pregustandosi l’ ora di ricreazione che lo attendeva. Il ragazzo moro cominciò a saltellare verso l’ aula di spagnolo, dando del filo da torcere alla flemma del suo amico.

-Ora mi devi spiegare come fai! –esclamò Kurt, sorridendo appena, felice di rivedere il suo amico in forma. –A fare cosa? –chiese avvicinandosi talmente tanto a Kurt, che il soprano sentì pizzicore alla testa. –Come fai ad essere così euforico di lunedì, soprattutto se si tratta della seconda ora. –Nonostante fossero le nove passate, Kurt, come tre quarti del resto della scuola, aveva ancora un pezzo di cuscino attaccato alla faccia. –Sono solo contento di essere qui! –gridò Blaine, mentre entrava in classe. –Qui? - -Sì! Qui, a scuola!-Kurt non riusciva a capire come potesse essere anche solo lontanamente contento di trovarsi in quel liceo decadente, pieno di trogloditi e persone ignoranti che credevano che Porto Rico fosse in Asia.

-Ha, Kurt! –disse Blaine, prima di prendere posto in ultima fila. –Sì?-

-Buona lezione! –Kurt lo fulminò con lo sguardo, prendendo posto al primo banco.

 

 

 

 

Kurt stava aspettando il suo amico. Era seduto sul divano, sporgendosi ogni trenta secondi per vedere se era arrivato. La pioggia batteva sui vetri. Era strana: prima si schiantava con violenza e poi scivolava soave sul vetro. Ad un certo punto si sentì quel giro armonico di rumori che ti rende felice quando stai aspettando una persona: una macchina che parcheggia, uno sportello che sbatte, i passi sul vialetto e dopo qualche borbottio, il campanello.

Kurt non aprì immediatamente, per non dare l’ impressione di aspettarlo: lo faceva tutte le sante volte che Blaine arrivava, ovvero ogni volta si appoggiava alla porta e seguiva con lo sguardo il percorso che andava dalla cima delle scale fino alla porta. Almeno non ci avrebbe messo troppo, o troppo poco.

Mentre era a metà scalinata sentì Blaine dire –Odio l’ iluvia! –così non potette resistere, mandando al diavolo il suo percorso visivo. –Buenos dìas! –salutò Kurt, facendo sorridere Blaine che disse –Tu acento apesta! – (che vuol dire “il tuo accento fa schifo”).  –Che significa? –chiese Kurt, spalancando i suoi fanali azzurri. –Ho detto che sei carino. –dopo questa bugia, le guance di Kurt s’ imporporarono.

-Ti faccio vedere cosa ho fatto durante l’ ora di arte! –Kurt si avviò verso la cucina per prendere il suo cartellone, quando Blaine disse qualcosa che gli penetrò nella testa. –Certo! –

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

Poi tornò trionfante, con in mano un cartellone molto sobrio. –E’ solo uno schizzo, poi stasera lo faccio a computer e ci metterò una mia foto. Che ne pensi? –Blaine applaudì, orgoglioso del suo amico.

-Potremmo cominciare a farlo ora. –suggerì Blaine –ma poi o dovresti finire da solo, perché sarà una cosa lunga. –gli occhi di Kurt s’ illuminarono e fingendosi disinteressato propose –Potresti rimanere qui, per cena. –Kurt si sedette sul divano, sperando di non ricevere qualche altra risposta brusca.

-Non posso proprio, mi dispiace. Ho da fare. –Kurt cominciò ad analizzare questa frase. “Ho da fare” è la stessa identica cosa di “ho un impegno”. Molto probabilmente era lo stesso della volta scorsa. Però c’era qualcosa di diverso: la settimana prima il ragazzo era pallido e debole, mentre ora era tornato il Blaine di sempre. “Forse stava male.” Ipotizzò Kurt, ma la cosa non lo convinceva.

Comunque cercò di sembrare sereno, così scherzò –Però stavolta cerca di mangiare! –ma nonostante quella fosse una battuta, Blaine si irrigidì poi gli confidò –Non credo che riuscirò a mangiare. –poi abbassò lo sguardo, un po’ sconsolato, e forse preoccupato dall’ idea di digiunare. -Tra quanto devi andare via? –chiese Kurt. –Tra una decina di minuti vado.- Kurt pensò ad una soluzione che nella sua testa appariva come una cosa ovvia, infatti si meravigliò che non ci avesse già pensato. –Potresti mangiare ora. –Blaine scoppiò a ridere. –Molto dolce, ma sono appena le otto e non sono abituato a mangiare così presto: in Puerto Rico ceniamo più tardi. –Kurt annuì, facendogli cenno di aver capito, anche se in realtà non capiva perché non cercasse di abituarsi.

-Okay, ma visto che fra cinque minuti te ne devi andare, ora renditi utile. –ridacchiò Kurt, soddisfatto del suo tono imperioso. –Che dovrei fare? –Kurt gli fece cenno di seguirlo. –Mi dovresti aiutare a portare degli scatoloni in soffitta. –Blaine si irrigidì e poi chiese –Perché lo chiedi a me? –ovviamente il suo amico non si aspettava una risposta del genere –Perché sono solo in casa. E dai, dammi una mano! – Blaine odiava sentire la gente supplicare, quindi accettò.

Cominciarono a trasportare quei maledetti scatoloni. I primi due che Blaine portò erano abbastanza leggeri, ma poi arrivò il terzo che lo colpì all’ improvviso.

Intanto Kurt, che si era dato l’ importantissimo compito di spolverare le scatole, notò che Blaine aveva le braccia che erano cinque volte le sue. –Ma tu vai in palestra? –chiese mentre l’ altro ragazzo tornava per prendere la quarta (ovvero l’ ultima) scatola. Intanto Blaine cercava pensava a qualcosa da dire, perciò Kurt pensò che stava mentendo. –Ci andavo quando ero in Puerto Rico. –Poi non aggiunse altro, così Kurt tacque.

Dopo che Blaine se ne fu andato, Kurt cominciò a pensare. Prima cosa: venerdì era debole, e lunedì era in piena forma. Molto probabilmente si era riposato durante il fine settimana, è vero, ma ciò non spiegava come mai fosse così stanco il venerdì precedente. Seconda cosa: aveva sempre impegni, ma non voleva dire che doveva fare. In più durante questi impegni non poteva mangiare. Terzo: era restio a dire la verità, oppure al raccontare tutto. Quarto: non voleva abituarsi alle abitudini americane. Quando Kurt pensò questo gli si gelò il sangue nelle vene.

“E se Blaine volesse tornare in Porto Rico?” questo quesito lo terrorizzò, e quella notte non riuscì a dormire bene.

Kurt decise: lo doveva aiutare.

 

 

Buongiorno a tutti!

Anzi, anche questa volta sono costretta a dirvi buona sera. Uff, non riesco mai a postare ad un orario decente. Comunque: questo capitolo mi è venuto più lungo (Yeah!) e spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate!

<3 Margy <3

 

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Capitolo 5
*** Fail ***


 

 

 

 

-Non è possibile! –gridò una ragazza, nel bel mezzo di un corridoio –E neanche giusto! –ad urlare era stata Sasha, la cheerleader che stava organizzando la festa di Halloween più bella di tutto l’ Ohio. –Ti riferisci alle gravidanze inattese? –chiese Santana, tenendo le braccia strette al petto e guardando un colorato manifesto appeso al muro. –No! –Sasha e Santana non andavano molto d’ accordo: in verità Santana non andava d’ accordo con molti, ma con Sasha era ancora peggio.

-Io mi riferisco alla festa che ci sarà qui a scuola. Nessuno verrà più alla mia. –la ragazza stava piagnucolando come una bambina capricciosa. Sicuramente se la coach Silvester l’ avesse vista, l’ avrebbe presa a calci fino a farla arrivare in Alabama. –Oh, andiamo Sasha: magari tutti quelli che hai invitato verranno comunque alla tua festa, mentre tutto il resto della scuola verrà qui. –Sasha era sempre pronta ad ascoltare Quinn, non tanto per seguire i suoi saggi consigli, ma per prendere spunto su frasi da dire poi in futuro,

-Hai ragione, Quinnie. –ridacchiò Sasha, urtando i nervi del suo capitano che odiava non poco quel nomignolo, almeno lo odiava se detto da lei –Voi verrete tutte alla mia festa, no? –mentre tutte le ragazze annuivano eccitate, Santana fu sincera –Io e Brittany non ci saremo. –disse, poi la sua “amica” aggiunse –Non te la prendere, è solo che tu hai organizzato una festa… normale, mentre qui è in maschera, e noi abbiamo in mente dei costumi talmente belli! –detto questo Santana cercò di far capire alla sua ragazza che non dovevano dare spiegazioni a quella ragazza.

-Nemmeno io ci sarò, in realtà neanche Puck, Finn, Sam e Mike. Noi del Glee andiamo tutti insieme alla festa a scuola. –confessò Quinn, e Sasha insistette –Ma voi siete tutti invitati! –quella ragazza non era proprio una cima. –Forse non hai capito, Barbie, ma ci sono dei nostri amici che tu non hai invitato. –intervenne Santana, trattenendosi tallo sfoderare una delle sue lamette. –Allora dimmi chi sono, che li invito! –sbuffò Sasha, con tono sbrigativo e di chi ha un sacco di lavoro da fare.

-Vuoi sapere i nomi? –chiese Quinn, con sguardo minaccioso. Era una Barbie, ma se voleva poteva farti buttare di sotto da un grattacielo con un solo movimento delle sopracciglia, e questa cosa Sasha la invidiava molto. La ragazza annuì con incertezza. –Rachel Berry, Kurt Hummel, Artie  Abrams, Merc… -Quinn stava per continuare, ma Sasha la fermò e con tono altezzoso chiese –Mi stai chiedendo di invitare quello gay, il paraplegico e… la Berry? –non era la prima volta che quella ragazza cercasse di mettere i piedi in testa al suo capitano, ma tutte le stante volte non ci era riuscita. E questo successe anche stavolta. –No, non te lo sto chiedendo, perché io non ho nessuna intenzione di venire alla tua festa. –detto questo le tre amiche si presero a braccetto e camminarono vittoriose per i corridoi affollati del McKinley.

-Gente, avete sentito? –gridò Santana, poi continuò Quinn –Quinn Fabray, Santana Lopez e Brittany Pierce non andranno alla festa di Halloween di Sasha Comesichiama. –a queste parole si levò un brusio generale.

-Ah! Usare i proprio poteri seduttivi per abbindolare le persone! –esclamò Santana, compiaciuta –E’ così che faceva Mata Hari? –chiese rivolta alle sue amiche. –Credo di sì. –

 

 

 

L’ attesa dell’ arrivo di Blaine era sempre angosciante: Kurt non riusciva a calmarsi e aveva sempre paura che il suo amico gli desse buca. Il che era assurdo perché Blaine era sempre puntuale e se aveva un imprevisto lo avvertiva sempre.

Intanto Kurt se ne stava seduto sul suo divano, a girarsi fra le mani una penna masticata. Muoveva nervosamente il piede, quando il display del suo cellulare non s’ illuminò. Kurt si affrettò a leggere il messaggio.

Vieni su Facebook. Ahora.

Immediatamente Kurt fu assalito dal panico. Blaine non aveva uno Smartphone, ma neanche un telefono con la connessione Intenet, quindi se era su Facebook voleva dire che era a casa sua e che doveva parargli. Probabilmente doveva uscire con la sua ragazza, o doveva vedersi con dei suoi amici o…

Poi si accorse che il numero non era quello di Blaine, ma di Santana. Si era completamente scordato delle origini latine della sua amica.

Allora Kurt corse in camera sua ed entrò su Facebook. Trovò Santana online, così le aprì la chat.

KURT: Fai veloce che ho un impegno.

SANTANA: buongiorno anke a te

KURT: Santana spicciati.

SANTANA: OK, OK. X))) cmnq ci sn anke Quinnie e Britt

KURT: Ciao, ragazze. Ora, con uno dei tuoi sgrammaticati messaggi dimmi cosa dovete dirmi e poi salutiamoci.

SANTANA: allora: tu vai alla festa di halloween, no???

KURT: Non lo so, Finn mi ha chiesto di andare con lui, ma sarei solo il terzo in comodo… Rachel (ho detto tutto).

SANTANA: ma 6 proprio scemo!! O.o

KURT: Grazie.

SANTANA: qst era quinnie

KURT: E, sentiamo, perché sarei scemo?

SANTANA: xk potresti invitare Blaine. ma devo dirti ttt io? … ehm, noi

KURT: Ma non è nemmeno gay!

SANTANA: ki ha dtt ke dovete andare cm fidanzati??? ;D sei dawero malizioso…

KURT: No, non sono io malizioso, è solo che ho paura che Blaine fraintenda questa cosa. Non lo so se in Porto Rico andare con un altro amico ad una festa è normale.

SANTANA: fermo fermo fermo… solo perché è portoricano è per forza retrogrado?

KURT: Non volevo dire questo.

SANTANA: ma l’ hai ftt

KURT: Oddio, come sono stato razzista. Perdonami San.

SANTANA: ti ho già perdonato. lo so ke sei buono!! ma invitalo, xk sennò ti aizzo contro il quartiere dv vivo…

KURT: Non mi fai paura.

SANTANA: ma l’ avrai

KURT: San, è arrivato Blaine, devo andare. A domani <3

SANTANA: ciao scimmiotto bello… ahahahah ora ke 6 talmente preso dal tuo bello posso kiamarti cn ttt i soprannomi orrendi ke voglio.

KURT: Non pensarci nemmeno. Ciao!

SANTANA: ciao <3 <3 <3

 

 

Correndo per le scale rischiò di cadere un paio di volte, ma ciò non gli impedì di correre come un pazzo. Aprì la porta e fu subito accolto da una piacevole brezza autunnale; faceva abbastanza freddo, però era sopportabile. Poi vide che il suo amico indossava una giacca a vento e uno sciarpone di lana che gli copriva metà viso.

-Ciao. –salutò affettuosamente Kurt, mentre l’ altro si limitò ad un cenno del capo. Appena fu dentro Blaine si catapultò sul termosifone. –Hai freddo? –chiese Kurt, stupendosi. Blaine annuì veementemente. –Aspetta: -disse Kurt –Fa parecchio caldo a Porto Rico? –sapeva che non era certo un paese freddo, ma non pensava che un po’ di corrente autunnale potesse sconvolgerlo tanto.

-Clima tropicale. Però sono abituato al viento. –sospirò con nostalgia –sai com’è, gli uragani. –spiegò meglio. Kurt annuì convinto.

-Allora, -prese Blaine, con la sua solita euforia –cominciamo con la propaganda. –

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

-Sì. –biascicò Kurt, sentendosi un perfetto idiota.

-Potresti rispiegarmi cosa dovrai fare io? –domando Blaine, il quel si chiedeva cosa c’ entrasse lui, con i manifesti. –Tu devi andare in giro dicendo: vote Hummel. – spiegò Kurt, il quale arrossì violentemente notando l’ espressione poco convinta sul volto del suo amico.

-Per il mio carisma?-

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

-Proprio così. –sorrise Kurt. –Oggi hai da fare? –la buttò lì. –Sì, ho un impegno. Ma oggi non vado finché non viene mia madre a prendermi. –

“Impegno. Sempre lo stesso.” Pensò Kurt, evidentemente preoccupato.

Subito dopo entrò nella stanza Burt, il quel aveva già sentito involontariamente una parte della conversazione. Appena entrò, Kurt si sentì colpevole, nonostante suo padre sapesse che lui aiutava un ragazzo.

-Ciao papà. Lui è Blaine. –cercò di rimediare ad un danno che effettivamente non esisteva. Intanto il ragazzo si era alzato e porse la mano al signore. –Piacere signor Hummel. –disse con allegria.

RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR

Nemmeno a Burt sfuggì il colorito accento di Blaine. quest’ ultimo si salutò molto educatamente, poi si diresse verso la cucina, e prima ancora di essere abbastanza lontano per non farsi sentire gridò –Caaaaroole! Mio figlio è solo in salotto con un ragazzo che parla con il gatto con gli stivali. –Kurt arrossì violentemente, mentre Blaine si sentiva leggermente offeso. Da quando era arrivato in America, il paese più bello di tutti, non aveva fatto altro che sentire persone che lo giudicavano per le sue origini. Anche persone che non erano razziste aveva comunque dei pregiudizi sui portoricani.

-Sta scherzando. –tentò Kurt, mettendo ancora di più a disagio Blaine.

La serata trascorse molto lentamente, e quando il cellulare di Blaine squillò fu un sollievo per entrambi.

Il moro estrasse dalla tasca il suo “magnifico” telefono dell’ uno ed ebbe una breve conversazione con sua madre.

-Mia mamma è qui fuori, mi sta aspettando. –disse prendendo il giubbotto. –Ti accompagno alla porta. –suggerì Kurt. Il suo amico cercò di non farlo uscire, ma Kurt non si fece problemi ad ignorare le proteste di Blaine, così lo scortò fino al vialetto.

Vide che la macchina era un’ utilitaria di quarta, o forse quinta, mano. Alla guida di essa vi era una sifgnora giovanissima che non dimostrava più di trent’ anni. –E’ tua mamma? –chiese incredulo Kurt, astenendosi dal chiedere “è tua sorella?”.

-Sì. –Blaine sembrava sincero, una volta tanto. –Scusa se te lo chiedo, ma quanti anni ha? –Kurt parlò liberamente, perché l’ altro non sembrava scocciato. –Trentadue. –rispose, quasi con fierezza. –Ma trentadue meno diciotto fa quattor… oh… -dopo queste parole calò un silenzio imbarazzante, ma Kurt non si diede per vinto e chiese –Anche tuo padre è così giovane? –ma poi non volle una risposta, perché gli occhi di Blaine si rabbuiarono. Guardava in terra, cercando di non incrociare lo sguardo di Kurt. –Non lo so. –sospirò.

Kurt non disse “mi dispiace”, perché sapeva che non sarebbe servito a Blaine non sarebbe servito a niente. Si ricordò del fastidio che gli aveva provocato quella frase, quando era sbucata fuori dalla bocca di parenti visti a mala pena due volte, durante il funerale di sua madre. Si ricordò di quando qualcuno aveva detto “Se le cose fossero andate diversamente…”; ma le cose non erano andate diversamente, ed una stupida malattia se l’ era presa. Si ricordò del fastidio che gli avevano provocato le persone che dicevano che era morta di cancro: accidenti! Lui, a otto anni, sapeva che era leucemia.

Si ricordò di tutte queste cose, così si limitò a dire –A domani, Blaine. –

 

 

Il giorno dopo Blaine era uno straccio, ma nonostante ciò si mostrò allegro come sempre.

-Votate Hummel! Votate Hummel! Ciao, come va? Vota Hummel! –l’ aiuto di Blaine si era rivelato essenziale, infatti un sacco di ragazzi cominciavano a ripensare sul votare Brittany.

 

 

Qualche ora più tardi Blaine andò da Kurt, con il volto rigato di lacrime. –Che succede? –chiese ansiosamente Kurt. –Kurt, mi dispiace! –disse scoppiando a piangere –Oggi mi hanno interrogato e… e accidenti! E ho fatto pena! Poi mi ha reso il compito di inglese e ho preso quattro. Oddio, non rimedierò mai! –Kurt cercò di consolarlo, e gli sussurrò –Vuol dire che ci vedremo più volte alla settimana. –Blaine scosse la testa –No, Kurt! I patti erano io ti aiutavo con la campagna elettorale e tu con le ripetizioni: ma io non ti posso più aiutare, perché oggi hanno scoperto che sono nel Glee, e poi dicono che sto sempre con te e che sono un froc… -Blaine non riusciva ad andare avanti così Kurt cercò di calmarlo.

-Non smetterò certo di aiutarti con le ripetizioni. Oramai siamo amici, e non ho più bisogno di un patto per darti una mano. Ok? –Blaine annuì mentre il suo amico lo abbracciava.

Kurt era incerto sulla reazione del moro. Poi rimase sorpreso nel vedere che  Blaine non disdegnava, anzi, lo strinse ancora più forte, lasciandolo quasi senza respiro. Una parte di Kurt voleva staccarlo per evitare di procurargli altri inconvenienti, mentre l’ altra parte prendeva a schiaffi l’ idea di lasciarlo andare. Però ci pensò qualcun’ altro a dividerli.

-Guarda, guarda: due fatine che si scambiano la polverina magica! –a parlare era stato Karofsky, che li guardava con gli occhi serrati.

 

 

 

Eccomi!

Mi dispiace per il ritardo, ma ho avuto da fare. Credo che non sia male, comunque.

Vorrei dedicare questa FanFiction alla mia migliore amica, che quando era piccola si è trasferita in Italia: è vero che il rumeno e l’ italiano si assomigliano abbastanza e che i bambini imparano facilmente, però deve è stata dura! Ti voglio bene, amica mia!

<3 Margy <3

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