Americano di CHALLENGE_ACCEPTED (/viewuser.php?uid=173074)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** That lesson is too much easy ***
Capitolo 2: *** Agreements ***
Capitolo 3: *** Ripetitions ***
Capitolo 4: *** Strangeness ***
Capitolo 5: *** Fail ***
Capitolo 1 *** That lesson is too much easy ***
Americano
stava per
iniziare un nuovo noiosissimo anno. Kurt cercò di non
pensarci, per evitare di
deprimersi ancora prima di aver varcato la soglia del liceo McKinley.
Aveva
scaricato da Internet il programma del primo giorno di scuola: aveva
letteratura, due ore di matematica, un’ ora di ginnastica,
calcolo e infine
spagnolo insieme al professor Schuester.
Già
sapeva
che l’ ora più leggera sarebbe stata l’
ultima. Come inizio non era certo dei
migliori.
Si
avviò
verso la scuola, pregando di fare un piccolo incidente, di rimanere
bloccato o
di essere la vittima di un attacco alieno. Ma non accadde niente e in
meno di
un quarto d’ora si ritrovò nel parcheggio del
liceo.
Ancora prima
di entrare incontrò Rachel e Mercedes. Entrarono insieme, ma
subito constatarono
che avevano solo l’ ora di calcolo tutti e tre insieme,
mentre a matematica era
in classe con Rachel.
________________________________________________________________________________
La giornata
passò molto lentamente, e Kurt fu costretto a rispondere a
mille domande che si
assomigliavano tutte: come sono andate le vacanze? Avete fatto i
compiti? Avete
letto qualche libro? Vi siete riposati?
Si
stupì di
quanto i professori fossero meccanici. “Forse sono dei
saiborg con delle
domande prestabilite che… ma che sto pensando?”
L’
ultima
ora fu veramente un sollievo. Il professor Schue cercava goffamente di
formulare delle frasi in uno spagnolo quasi corretto. Cinque minuti
dopo l’
inizio della lezione, qualcuno bussò flebilmente, poi si
affacciò un ragazzo
moro, il quale si avvicinò con impaccio alla cattedra.
La classe
era ammutolita per la curiosità. Il ragazzo X,
così lo soprannominò Kurt finché
non conobbe il suo nome, parava pianissimo, la sua voce era
praticamente un
sibilo, per non farsi sentire. Schuester disse qualcosa poi si rivolse
al resto
della classe.
-Ok, chicos!
–disse con tono allegro l’ insegnante
–Lui è Blaine Anderson, un nostro nuovo
acquisto. –scherzò dando una pacca sulla spalla
destra del “nuovo acquisto”.
–Blaine, siediti pure accanto a…
-guardò i
posti vuoti per decidere –A Kurt. –
Blaine
guardò in giro per la classe, in cerca di un aiuto per
capire chi fosse Kurt,
finché non vide che c’era un solo posto vuoto.
Kurt
abbozzò
un accenno di sorriso: il nuovo ragazzo gli ispirava simpatia, in
più non si
poteva dire che fosse male…
-Ciao,
sono Kurt, piacere. Sei nuovo della
scuola? Come ti trovi? –disse il soprano tutto d’
un fiato. Era risaputo quanto
Kurt parlasse veloce, ma non si era mai reso conto di quanto potesse
essere
difficile capirlo; almeno fino a quel momento.
Il moro
sorrise e disse –Sono Blaine. – allungò
la mano e Kurt la strinse con forza. Solo
dopo si ricordò di avere fatto delle domande, le quali erano
state ignorate
completamente.
“Due
sono le
opzioni: o è scemo, o è maleducato. O
entrambe” pensò Hummel cercando di
ricordarsi il suo cognome. –Blaine Anderson, giusto?
–chiese con incertezza.
In
verità,
Kurt aveva pronunciato il suo nome “all’
inglese” cioè aveva detto Endersen,
così Blaine intervenne con una
correzione –Si pronuncia Andàrson.-
poi
divenne improvvisamente tutto rosso e aggiunse. –Sorry… -
Sembrava
sinceramente imbarazzato, così spostò lo sguardo
davanti a sé e finse di ascoltare
con attenzione una lezione completamente sgrammaticata sui verbi
regolari e le
loro coniugazioni.
Intanto Kurt
si accorse che c’era qualcosa di strano in quella parola:
nella sua mente rimbombava
una lettera. Il suono era martellante.
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Era stranito
ed imbarazzato allo stesso tempo. Imbarazzato perché il
campo visivo del suo
compagno rimaneva forzatamente spostato verso la cattedra
- Allora
ragazzi,
prendete appunti, por favor: il
passato remoto del verbo cadere è yo
cales…
- disse il professore.
Kurt stava
prendendo appunti, a differenza di Blaine che non aveva nemmeno un
foglio
davanti.
Il soprano
stava per scrivere ciò che aveva detto Schuester, quando
sentì una voce sussurrargli
all’ orecchio –Yo
caì. –Kurt
sussultò, e vide Blaine che proteso verso il suo quaderno.
Schuester,
avendo sentito la correzione che aveva fatto Blaine, si
fermò di colpo mentre
le sue guance s’ imporporavano.
-Come hai
detto? –chiese Kurt, non appena il professore ebbe
ricominciato. –Ho detto:
yo caì. Il professore ha
sbagliato. –non
ci volle molto per crederci: era risaputo che Schuester non sapesse
effettivamente lo spagnolo, infatti Santana aveva abbandonato il corso,
dedicandosi ad economia domestica.
Poi
un’ idea
brillò nella mente di Kurt.
–Da
dove vieni? –domandò inclinando la
testa.
–Puerto Rico.
–Blaine sorrise -Ecco
perché prima non ti ho risposto, perché
non aveva capito bene che avevi detto. –il suo compagno di
banco sorrise e
chiese scusa, provando a parlare il più lentamente
possibile.
-Come mai
non c’era nessuno accanto a te? –chiese
candidamente il nuovo arrivato. –Ecco…
diciamo che prevalgono due motivi. Il primo: sono gay. –Kurt
guardò il ragazzo,
sperando che non se la prendesse, o che non chiedesse al professore
cambiare
posto.
Non ci fu
nessuna reazione.
-Secondo:
-continuò –faccio parte del Glee Club. -
Blaine
spalancò gli occhi e chiese quasi con
paura –Qué? – a
questa domanda Kurt
scoppiò a ridere. –E’ il coro della
scuola! –Blaine si rilassò
impercettibilmente.
-Credevo che
fosse quasi una setta satanica.
–confessò
Blaine.
–Ho la faccia da satanista? –chiese Kurt
fingendosi offeso. –No! –si affrettò a
dire Blaine –Però mi stavi dicendo
perché
non c’era nessuno accanto a te, così ho pensato
che fossi un tipo strano o
pericoloso… -Kurt sorrise poi colse l’ occasione e
chiese –Senti, Blaine Andàrson…
ho detto bene? –Blaine annuì
–Potresti
entrare anche tu nel Glee. Nel coro, non nella setta… per
quella ci vorrà un po’
più di tempo, mi dispiace. – il moro rise.
Kurt non
sapeva nemmeno se fosse capace di cantare, ma non aveva molta
importanza, lo
voleva nel Glee, anche perché i membri scarseggiavano e la
loro presenza alle
competizioni era sempre da discutere.
-Mi
piacerebbe! –esultò Blaine –Adoro
cantare, solo che non ho mai cantato in un
coro. –quel ragazzo era la manna divina.
-Che musica
ascolti? –chiese Kurt, interessato. –Mi piace Pink,
ha stile; ma la mia
cantante preferita è sicuramente Katy Perry.
– a queste parole, Kurt risentì quel
suono rimbombargli nella scatola
cranica.
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Proprio in
quel momento suonò la campanella.
–Allora, Blaine
domani vieni a fare l’
audizione, d’ accordo? –il ragazzo
annuì, guardando con disappunto la
differenza di altezza tra lui e l’ altro ragazzo. Arrivarono al parcheggio, e
quando furono
sul punto di separarsi Blaine gli stampò un sonoro bacio
sulla guancia.
Kurt
spalancò
gli occhi, rimanendo fermo davanti alla sua macchina. Poi
sospirò e si disse “Già…
gli ispanici molte volte si salutano
così…”
_____________________________________________________________________
Buongiorno a
tutti!
Spero vi sia
piaciuta. È la prima long fic che pubblico,
perciò siate clementi.
Fatemi
sapere cosa ne pensate! Grazie
per aver
letto.
<3
Margy <3
|
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Capitolo 2 *** Agreements ***
Il giorno
seguente Kurt si scoprì deluso del fatto che quel giorno non
avesse spagnolo.
Passò tutta la giornata con i suoi amici del Glee.
Durante
l’
ora di pranzo cercò disperatamente Blaine con lo sguardo. Ma
non lo trovò, così
si rattristò, immaginando che fosse andato a mangiare tipo
in bagno. Non gli
era difficile credere che qualche bulletto con il cervello di
un’ ameba lo
avesse spintonato, o che gli avesse detto qualcosa come
‘Torna in Messico’,
rovinandogli la giornata.
-Che stai
cercando? –chiese ad un tratto Rachel, senza ottenere una
risposta. A questo
punto intervenne Mercedes –Kurt! Rachel ti ha appena chiesto
che cosa stai cercando!
–la ragazza stava praticamente urlando, oltre a scandire bene
le parole.
Nemmeno in questo modo ottennero una risposta.
-Ragazze,
per me è andato! –sentenziò Puck
prendendo posto al tavolo vicino alla “Mostra
entomologa”, ovvero ad una pittoresca finestra che disponeva
di vari tipi di
insetti morti.
Mentre
Brittany era intenta a spiegare la differenza tra un unicorno e un
poni, Quinn
provò a richiedere a Kurt che cosa stesse cercando.
–Oh, no… nessuno, solo che
ieri un ragazzo mi aveva detto che avrebbe fatto l’ audizione
per entrare al
Glee, ma ora non lo trovo più... –così
dicendo si sporse dalla sedia per
cercare di rintracciare il ragazzo.
-E chi
è?
–chiese stupita Rachel che, nonostante fosse un’
adorabile esaurita che vive
solo per il Glee, sapeva benissimo che nessuno avrebbe mai osato
mettere il suo
nome sulla lista.
-E’ il
ragazzo nuovo, hai presente? –rispose Kurt cercando di
apparire disinvolto, e
tenendo la testa china. –Chi dici? –s’
intromise Puck –Quell’ Anderson? Quello…
- qui Kurt non si seppe trattenere e corresse il suo amico.
-Andàrson.
–lo disse un po’ troppo ad alta voce e,
soprattutto, con troppa enfasi.
-Mi stai
prendendo in giro? –chiese seccato il suo amico, lisciandosi
quella specie di
opossum che aveva sulla testa. –No, sono serissimo Puck.
–rispose Kurt con tono
irriverente, facendo cenno al suo amico di proseguire.
-Dicevo…
-prima di parlare diede un’ ultima occhiata a Kurt
–che ho visto questo Blaine
informarsi sulla squadra di basket. Vedeste come ci è
rimasto quando gli hanno
detto che solitamente i giocatori sono alti! –Puck
scoppiò in una solitaria
risata. Solitaria perché nessuno aveva presente la
fisionomia del ragazzo,
tranne Kurt che non la trovò divertente.
-Kurt, tu
che lo conosci: è quello laggiù? –era
stata Santana a parlare, indicando un
ragazzo moro seduto ad un tavolo molto frequentato, intento a
raccontare
qualcosa che aveva tutta l’ aria di essere molto divertente.
–Sì! –esultò Kurt.
-Perché
stai
fangirlizzando? –chiese Puck, con un tono molto scettico.
–Io credo, Puckerman
–Santana non sapeva mai quando starsene al suo posto
–che ad Hummel interessi l’
integrazione a scuola di
quel ragazzo. O sbaglio? –chiese poi, rivolgendosi
all’ interessato.
Kurt
arrossì
violentemente –Sì! Vinciamo il razzismo!
–poi si accorse del tono poco
convincente della sua voce e abbassò lo sguardo.
-Allora vai immediatamentissimamente a chiedergli
quando farà l’ audizione.
–ordinò Rachel, la quale non aveva capito
ciò che
Santana voleva far intendere. Né lei, né il suo
fidanzato. Brittany invece sì.
Kurt si
alzò
lentamente, sotto lo sguardo vigile di Santana Lopez. Da quando erano
diventati
amici, Santana aveva tentato in tutti i modi di trovare un ragazzo a
Kurt. Così
seguì tutti i suoi movimenti.
Kurt si
avvicinò con passo felpato al tavolo di Blaine, ma
nonostante gli sguardi
intimidatori di Santana, non gli rivolse la parola: tutti i suoi
ascoltatori
pendevano letteralmente dalle sue labbra, e non voleva intromettersi
rovinando
tutto.
Riuscì
a
cogliere qualche frammento di discorso, come “E
poi… a vedere… ma
comunque…”oppure
“Mi avevano detto che… invece era…
però non…”.
Così
Kurt
finse di essersi alzato per gettare della plastica nella spazzatura,
tornando a
posto sconfitto e a testa china.
-Sei senza
spina dorsale! –lo aggredì Santana, ma Puck la
corresse –Peggio, sei senza
palle! –Kurt simulò un’ aspra risatina
ironica, per mostrare il suo disappunto,
ma in realtà la pensava come loro.
-Non
importa! –con questa affermazione Rachel se ne
uscì con una vocetta stridula,
così Puck strinse i pugni per evitare di tirarle il collo
–Possiamo sempre
chiederglielo all’ ora successiva. Io ho geografia. Voi?
–
-Idem.
–affermò
un gruppetto, mentre tutti gli altri sbiascicarono –Francese.
–
Kurt li
guardò tutti con la faccia da cucciolo con la coda
schiacciata –Ma come? –piagnucolò
–Non ditemi che nessuno dopo a storia! –gli altri
lo guardarono e gli dissero
qualcosa, ma Kurt non ricevette nulla. Probabilmente ci sarebbe stato
qualche
idiota che lo avrebbe preso in giro tutta l’ ora.
L’
ultima
volta gli erano arrivate una decina di palline di carta sulla schiena.
-Sii uomo,
Hummel. Se ci riesci... –lo incoraggiò Puck.
–Già! –disse Tina –Non ti
preoccupare. –
“Speriamo
bene.”
Kurt
entrò a
lezione prima del previsto, e dopo un paio di minuti entrò
Blaine. Il ragazzo
saluto con un ampio cenno della mano, al quale Kurt rispose con un
timido sorriso.
-Posso
sedermi accanto a te? – Blaine stava quasi urlando, visto che
Kurt era
rannicchiato in ultima fila, mentre lui era in piedi sulla porta.
Il soprano
annuì, e dopo una frazione di secondo Blaine era
già accanto a lui, intento a
sistemarsi un ciuffo ribelle. –Allora, per l’
audizione? –chiese, ma Kurt
percepì solo una minima parte della frase.
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
-Come hai detto,
scusa? –finalmente si era svegliato dalla trance,
accorgendosi che gli era
stata posta una domanda.
-Ho chiesto:
a che ora devo venire per il Glee? –Blaine scandì
bene le parole, anche se in
verità lui parlava quasi in quel modo.
-Certo,
certo… il Glee. Dopo storia vieni con me, ti accompagno in
aula canto. Ah,
dimenticavo: porta un tuo coltello, così quando ti
incideremo ti sentirai a
casa. – Blaine spalancò gli occhi, poi si
ricordò della setta satanica e
scoppiò a ridere.
-Oh,
andiamo! Ce l’ hai ancora con me? –chiese
fingendosi disperato. –Sappi che ti
prenderò in giro per tutta la vita. –lo
avvertì Kurt.
-Pensavo che
ti fossi dimenticato di me: aspettavo che tu davi
le informazioni per oggi. –a queste parole Kurt si
irrigidì,
non voleva che Blaine pensasse questo.
-No, no, no!
–disse con un po’ troppa enfasi –Oggi
stavo per venirtelo a dire, solo che
stavi parlando con dei ragazzi, e sembravano così
interessati. Perciò non ti ho
disturbato. –Blaine sorrise poi gli confidò
–Non mi avresti disturbato. Tanto non
raccontavo nulla di interessante, solo che quando parlo, anche se parlo
della
cosa più banale del mondo, tutti mi ascoltano. Si
chiama… ehm… c-car… ca… -
qui
si bloccò, a causa di una parola strana.
-Charisma.
–suggerì Kurt. Blaine annuì,
pensando che era davvero stupido, visto che si diceva quasi uguale in
spagnolo.
In quel
momento si accorsero che la lezione stava iniziando.
La professoressa
spiegava davvero bene e riusciva a far appassionare tutti. Kurt
prendeva
appunti, poi spostò lo sguardo alla sua sinistra e vide
Blaine con la faccia
stravolta e letteralmente disperato che leggeva il testo di storia e
consultava
un dizionario inglese-spagnolo.
-Tutto bene?
–chiese piano Kurt.
-No!
–Blaine
sembrava davvero abbattuto –Non capisco: riesco a parlare con
tutti, ma non
riesco a capire che accidenti c’è scritto nei
libri di scuola. –Kurt non sapeva
cosa rispondere, non poteva dire ti capisco, né dare
consigli che potessero
essergli davvero utili.
-Questo
è
perché nei libri vengono usati vocaboli più
complessi. –Kurt era stato molto
diplomatico, ma non era servito a nulla.
Vocabolo.
Che cosa voleva dire? Prese il dizionario inglese-spagnolo.
Term=palabra
Era tutto
più difficile, in più lui era molto indietro con
il programma di storia.
Uscirono
dall’
aula canto e Blaine era pienamente soddisfatto della sua esibizione.
Aveva cantato
The One That Got Away, di Katy
Perry.
Non Aveva portato un pezzo in spagnolo, ma un giorno l’
avrebbe fatto.
-Hey Kurt!
È
stato magnifico. Grazie! –Blaine abbracciò Kurt
come un bambino abbraccia il
suo orsetto di peluche.
-Di niente,
Blaine. –rispose.
-Ah, mi
dispiace darti tanto disturbo, insomma: prima starmi accanto, poi il
Glee… ma
avrei bisogno di ripetizioni. In molte materie. Però non
voglio disturbarti. –
Kurt spalancò gli occhi e disse –No, no, non ti
preoccupare. Non mi disturbi
affatto. – poi divenne di colpo tutto rosso,
perché si era accorto di aver
esternato un po’ troppo i suoi sentimenti.
-Però,
Blaine –disse Kurt –avrei anch’io bisogno
del tuo aiuto. Voglio candidarmi come
rappresentante di istituto, e mi servite tu ed il tuo carisma ad
aiutarmi con
la propaganda. –Blaine annuì.
-Come mai ti
vuoi candidare? –Kurt sperava in quella domanda.
–Mi batto contro la violenza
ed il bullismo. –rispose orgogliosamente.
-Wow!
–Blaine
sembrava sempre entusiasta di tutto.
-Allora
affare fatto? –chiese Kurt tendendo la mano.
-Affare
fatto. –disse Blaine, stringendola.
|
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Capitolo 3 *** Ripetitions ***
-Dai, Blaine: ce la puoi fare! Non ti
scoraggiare: parlami
della caduta della borsa di New York del 1929. –Kurt era
esasperato. Ormai
erano passate un paio di settimane da quando aveva cominciato a dare
ripetizioni al suo amico, e nonostante tutti i suoi sforzi non riusciva
a fare
qualcosa di veramente concreto. Non che non fosse migliorato, solo che
non era
abbastanza.
-Non ci riesco proprio, Kurt.
–Blaine sembrava esasperato. I
nomi gli risultavano troppo difficili, non era capace di esprimere
fatti senza
martoriare la sintassi, e non era capace di pronunciare le date.
–Allora
torniamo un po’ indietro. –disse Kurt, prendendo il
libro di storia in mano e
sfogliandolo.
-L’Imperialismo; parlami
della guerra civile del Messico.
–Kurt accennò un sorriso, mentre
Blaine
si lasciò cadere pesantemente sul divano di Kurt. Avevano
già fatto geografia e
letteratura. Era seduto su quei cuscini eccentrici da più di
tre ore.
-Yo soy de
Puerto
Rico! – Blaine aveva alzato la voce,
così Kurt si sentì in colpa, anche se
in realtà non aveva nessuna intenzione di offenderlo.
–Guarda bello, che io ti
ho solo fatto una domanda di storia. Lo so benissimo da dove vieni!
–anche Kurt
si accasciò sul divano, tenendo le bracca incrociate sul
petto e lo sguardo
fisso davanti a sé.
-Lo siento, mi
sono comportato como un
cavernicolo.
Scusami. –Blaine lo guardava con un’ espressione
che avrebbe dato del filo da
torcere ad un gattino.
-Dilata le pupille. –disse
Kurt, alzando appena il mento.
–Estàs loco? –Blaine era alquanto
allibito dalla risposta del soprano. –Oh,
uffa! Non sei lui. –Kurt riabbassò lo sguardo
fingendosi deluso, ma Blaine non
aveva capito che stava scherzando, e soprattutto non aveva capito di
chi stesse
parlando.
-Lui chi? –chiese il
portoricano. –Il gatto con gli stivali!
– detto questo Kurt scoppiò a ridere –Te
l’ ha mai detto nessuno che parli como
lui? –Kurt abbracciò con affetto
Blaine dicendo –Perdonato. Ma devi imparare a dilatare le
pupille, sennò che
gatto con gli stivali sei? –Blaine sospirò e
annuì fingendosi esasperato.
-Stavamo parlando della caduta della
crisi di New York, del ’29?
–chiese ad un tratto Blaine. –Sì.
–gli rispose Kurt, visibilmente compiaciuto. Era
vero: Blaine non riusciva ad esporre un argomento di storia, ma
sicuramente non
si sarebbe arreso. Però era anche vero che Blaine non era
uno stupido, e che s’
impegnava tantissimo, quindi era inspiegabile come mai non riuscisse a
migliorare
ancora.
Mentre Kurt era immerso nei suoi
pensieri, Blaine aveva già
preso a parlare della crisi americana del 1929, utilizzando frasi
formate da
soggetto, predicato e complemento oggetto. Se andava bene anche da un
complemento di tempo, o uno di luogo.
Dopo poco meno di un’ ora
decisero che per oggi sarebbe
bastato. Cominciarono a parlare, scoprendo di avere molte cose in
comune. Kurt notò
che ogni che volta che poneva una domanda un po’
più personale Blaine diventava
schivo, e girava intorno al quesito cercando qualcos’altro da
dire.
Mentre Kurt esponeva i suoi motivi
per amare Wicked, anziché
Rent, il display del cellulare di Blaine s’
illuminò, e allo stesso tempo partì
Last Friday Night. Kurt guardò storto Blaine.
-Che c’è? Te
l’ ho detto che mi piace Katy Perry. –
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Blaine rispose e Kurt non
capì niente della conversazione,
perché era in spagnolo. In più non riusciva a
sentire cosa dicesse l’ altro interlocutore,
infatti avvertiva solo un brusio proveniente dal microfono del
telefono.
-Hola,
mamà.- -Estoy en casa de
un amigo.- -No te
preocupes. - -No: no pasasà mucho tiempo.- -Ahora voy.
Magnana, mamà.-
Kurt aveva capito solo una cosa: che
era sua madre, ma
chiese lo stesso –Chi era? –Blaine alzò
lo sguardo, si era scordato di essere
con Kurt –Mamà. Mi ha chiamato per chiedermi
dov’ero e per dirmi che non posso
stare fino a tardi da te. –
Kurt interpretò male
quest’ ultima frase –Come non puoi
stare da me? –chiese leggermente seccato. –Mi
dispiace, ma ho un impegno che
non posso proprio saltare. –disse Blaine candidamente.
“Dispiace anche a
me.” Pensò Kurt, fissando Blaine con
espressione idiota, poi si rese conto e riprese in mano la sua
dignità. –Che cosa
devi fare? –domandò Kurt, il quale non si sarebbe
mai immaginato una risposta
brusca. –Ti ho detto che ho un impegno, fattelo bastare!
– rispose duramente
Blaine.
-Io non volevo essere invadente.
–la voce di Kurt era un
sibilo. Se ne stava rannicchiato su quel divano con tono indifeso:
faceva
tenerezza, così Blaine si sentì in colpa.
–Non volevo Kurt, mi dispiace. Non so
che mi stia succedendo: negli ultimi giorni m’ innervosisco
per un nonnulla. –Kurt
non rispondeva, così Blaine capì che quel ragazzo
si stava pentendo di tutti
gli aiuti che gli aveva offerto.
-Io devo andare. –disse
piano. Si diresse verso la porta,
notando che Kurt non lo aveva accompagnato. sapeva che il suo amico
fosse molto
educato, infatti tutte le volte che andava via, veniva scortato alla
porta.
Uscì, quando Kurt
finalmente si fece capolino dalla porta d’
ingresso. –Blaine: -lo chiamò; la sua voce era
ferma, sicura e fredda –Domani mi
dovresti aiutare per quella cosa delle elezioni per diventare
rappresentante d’istituto.
te lo ricordi, giusto? –non ciò che si aspettava
Blaine, ma almeno aveva la
certezza che non avrebbe smesso di dargli ripetizioni.
-Certo, còmo
podrìa?-
rispose Blaine. Kurt salutò con un cenno della mano e, senza
aspettare una
risposta, richiuse sonoramente la porta.
Il giorno dopo Blaine se ne stava al
suo armadietto, perché
doveva prendere alcuni libri, ma non si ricordava più quali,
così ne prese un
paio a caso.
Kurt non riuscì a vedere
la faccia del suo amico, perché era
coperta dall’ anta aperta dell’ armadietto, ma lo
riconobbe lo stesso.
--Ciao, Blaine!
–salutò con enfasi. L’ altro ragazzo
chiuse
l’ anta, così Kurt riuscì a vederlo in
volto.
Era pallido. Molto pallido. E aveva
due occhiaie che
sembravano spicchi d’ arancia. I capelli non erano oppressi
dal gel, e molto
probabilmente quella mattina non erano stati oppressi nemmeno dal
pettine.
-Stai bene? –chiese Kurt,
visibilmente preoccupato. –Eh? Ah…
sì, sì. Sono solo un po’ stanco, non ho
dormito un granché bene. –Kurt corrugò
la fronte.
-E’ per via di
quell’ impegno di cui parlavi ieri sera? –Kurt
era molto sospettoso, così il moro evitò
d’ incrociare il suo sguardo. –Sì!
Esatto.
Ho fatto un po’ tardi. Ma non è nulla.
–Blaine era sfuggente.
S’ incamminarono verso
l’ aula di storia, e mentre
camminavano a Blaine scivolarono i suoi libri di francese, facendoli
fare una
caduta alquanto sonora. Si chinò per raccoglierli.
Cominciò a traballare: non
riusciva a stare in equilibrio.
-Hai bisogno di una mano?
–a questa domanda il ragazzo
scosse la testa, poi il Kurt continuò –Ma
perché hai preso francese? –Blaine
non sapeva cosa rispondere, così sorrise, fingendo una
piccola distrazione. In realtà
non era un po’ distratto: era proprio fuso.
-Senti: -disse Blaine con incertezza
–hai qualcosa da
mangiare? –Kurt frugò nella sua tracolla,
estraendone un pacchetto di Pavesini.
-Grazie. Ieri non ho cenato, e oggi
non ho fatto colazione. –disse
Blaine afferrando il pacchetto di biscotti.
-Quindi non mangi da…?
–chiese Kurt con la stessa ansia, e
la stessa premura, di una mamma. –Ieri a pranzo. Grazie mille
per i Pavesini. –Kurt
non rispose.
Quel ragazzo gli nascondeva qualcosa,
e quel qualcosa non
era trascurabile. Doveva aiutarlo. si stava rovinando la vita, e tutti
se ne
potevano benissimo accorgere. Ma nessuno interveniva. Né i
professori, né il
preside, né gli assistenti sociali, né la sua
famiglia.
Già, la sua famiglia. Non
ne parlava mai, e quando gli aveva
detto che aveva parlato con sua madre si era quasi vergognato.
Non voleva certo intromettersi nella
vita di quel ragazzo,
ma se non lo avesse fatto lui, gli altri avrebbero lasciato solo, a
rovinarsi
la vita.
Buongiorno a tutti!
O dovrei dire buonasera…
comunque, mi dispiace per il
ritardo. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. Come al
solito, se vi
è piaciuto recensite. Questo vale per tutti tranne che per
Gleeklove. Grazie per
aver letto.
<3 Margy <3
|
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Capitolo 4 *** Strangeness ***
Era passato
più di un mese dall’ inizio della scuola. Si stava
avvicinando Halloween, come
al solito le Cherios avevano organizzato una festa in maschera a casa
di Sasha,
ovvero la ragazza pompon che cercava di imitare in tutto e per tutto
Quinn Fabray.
Però quest’ anno, invece, Figgins era venuto a
sapere di questa festa e sotto
richiesta di tutti i reietti della scuola (sapevano benissimo che non
sarebbero
mai stati invitati alla festa), aveva organizzato un ballo.
Kurt si
trovava in nell’ aula di arte a realizzare dei cartelloni per
il ballo.
solitamente lui e Rachel facevano sempre coppia in laboratorio, ma da
quando
Rachel si era candidata alle elezioni di rappresentante di istituto
questo non
accadeva più: entrambi utilizzavano l’ ora di arte
per preparare volantini,
cartelloni e spillette pacchiane da distribuire.
Persino quel
giocatore di Hockey strampalato aveva preparato qualche cartellone.
Brittany
invece no; nonostante Santana la spronasse a fare qualcosa per la sua
campagna,
lei continuava a disegnare unicorni che rubavano l’
arcobaleno di Nyan Cat.
Nell’
ora di
arte dovevi sceglierti un compagno molto velocemente, sennò
saresti capitato in
coppia con Puck, che aveva la mano delicata di un ippopotamo, la
finezza di un
sasso, il gusto estetico di uno scimpanzé e la
laboriosità di un ghiro.
Solitamente
Kurt andava in coppia con Mercedes e Rachel con Finn, ma quel giorno
Frangetta
era stata più veloce di lui, e dopo aver preso per un
braccio ‘Cedes, l’ aveva
trascinata fino al suo tavolo.
Bene:
sarebbe andato con Finn. Ma Finn era con Sam. Allora sarebbe andato con
Quinn.
Ma quel giorno era assente. Kurt guardò spaventato verso un
tavolo posizionato
in penombra: vide Puck che gli sorrideva beffardo, e che muoveva la
mano molto
lentamente, in segno di saluto.
“No,
no, no,
no, no, no, no, no, no, no!!” pensò impaurito
Kurt, poi si avvicinò la
professoressa, la quale suggerì –Hummel, oggi
farai coppia con Puckerman, va’ a
sederti accanto a lui; magari, visto che hai un’ ottima mano,
potresti insegnarli
qualche buona tecnica di disegno… o farlo lavorare almeno un
po’. –l’
insegnante diede una pacca sulla spalla di Kurt. Il suo compagno,
intanto, si
era stravaccato sulla sedia, tenendo le braccia dietro la testa, poi
fece ciò
che Kurt odiava di più: mise i piedi sul tavolo.
-Puck, togli
immediatamente quelle schifezze dal tavolo!
–ordinò, indicando con l’ indice
tremante di rabbia i suoi piedi, pigramente appoggiati su un’
estremità del
mobile. –Uff! –sbuffò Puck
–Sei peggio della Berry, e non ti sto facendo un
complimento. –Puck voleva un sacco di bene a Rachel, solo che
questo bene era
dovuto al fatto che ci si fosse affezionato, non ad una simpatia.
-Non parlare
in questo modo di Rachel Stellina Berry! –a queste parole
Puck scoppiò a ridere
e, fra una risata e l’ altra, disse –Vi chiamate
così? Fammi indovinare: tu sei
Kurt froc… -a questo punto, Puck si fermò e si
schiarì la gola, imbarazzato
–Kurt Stellina Hummel. –nonostante avesse cercato
di rimediare al danno, Kurt
non lo perdonò per ciò che aveva quasi
detto.
-Comunque:
-rirese il ragazzo, appoggiando i gomiti sul tavolo –tu e
quell’ altra
sclerotica non vi parlate da più di una settimana!
–Kurt ignorò completamente
ciò che aveva detto Puck, estraendo dalla cartella un album
da disegno. Intento
il suo amico gli fregò un foglio: almeno aveva preso del
materiale, anche se
non era suo, e anche se dopo circa dieci minuti si ritrovò
ad ideare un
pittoresco aeroplanino.
-Quanto mi
dai se riesco a far atterrare il mio aero dritto, dritto nei capelli
della
professoressa? –chiese Puck, facendo automaticamente
distrarre Kurt, che stava
realizzando una scritta con su scritto: No
tu violence, vote Hummel. –Ti do una scarpa in
testa, ti va bene? –chiese
seccato il ragazzo. La “L” di Hummel era venuta
monca, perché per l’ enfasi
della sua prodezza Puck lo aveva strattonato con veemenza.
–Mia-ao! Siamo sulla
difensiva Hummel? – Kurt perse del seconda volta la
concentrazione, così
scagliò la matita contro il tavolo e si avvicinò
al volto di Puck, digrignando
i denti –Vuoi stare zitto o devo farti mangiare quel cazzo di
aeroplano?- Kurt
aveva le guance che erano un fuoco, così Puck se ne
approfittò della situazione
per farlo arrivare all’ apice dell’ ira.
-Hey Hummel!
–lo chiamò con voce antipatica Puck.
–Che accidenti vuoi? –Kurt stava per
lanciargli contro la matita, ma evitò. –Come sta
il messicano? –Kurt sollevò lo
sguardo. -Io non conosco messicani. –disse, fingendo di non
aver capito di chi
stesse parlando. –Come no? E Anderson? –Kurt sui
avvicinò al planisfero, e
indicò uno stato dell’ America latina.
–Questo è Porto Rico. Fatti una cultura,
ignorante.-
Proprio in
quel momento suonò la campanella, così Kurt fu
libero di andarsene stizzito. Nel
corridoio incontrò Blaine. Voleva chiedergli di incontrarsi
a casa sua per
preparare qualcosa per le elezioni. In realtà, Kurt aveva
bisogno solo di una
persona carismatica che dicesse “Vota Hummel”, per
i cartelloni e le spillette
ci poteva pensare benissimo da solo.
Controllò
che
nessuno lo vedesse dirigersi verso Blaine: era fiero di ciò
che era, certo, ma
non voleva mettere in mezzo Blaine.
-Ehi, Kurt!
–salutò
Blaine con entusiasmo. Blaine, invece, non si era fatto problemi: molti
si
erano girati, capendo che erano amici. –Ehi!
–risalutò timidamente Kurt, poi si
avvicinò all’ armadietto del suo amico
–Allora… -chiese imbarazzato –Come va?
–Blaine
chiuse con enfasi l’ armadietto. Quel giorno aveva preso il
libro giusto.
-Perché
questo imbarazzo? Oh… aspetta: non mi starai mica per dire
che non puoi più
darmi ripetizioni? –chiese il ragazzo, allarmato.
–No, no! È solo che eri un
po’…
strano negli ultimi tempi. –Kurt abbassò gli
occhi, mentre l’ altro tirò un
sospiro di sollievo.
-Io, ehm, ti
volevo chiedere un favore? –chiese Kurt, sentendosi avvampare
senza un motivo
ben preciso. –Dimmi tutto! –Blaine era
più energico del solito. La cosa cominciava
a diventare strana. –Mi farebbe molto, ma molto piacere, se
tu venissi… oh,
insomma! –sbottò Kurt, stufo di sentirsi in
imbarazzo con il ragazzo più alla
mano del mondo –Verresti a casa mia, dopo la scuola, per
preparare qualcosa per
le elezioni? –Blaine si mise a ridere, poi annuì
con enfasi.
-Andiamo in
classe? Tanto siamo insieme a spagnolo, no? –Blaine sorrise,
pregustandosi l’
ora di ricreazione che lo attendeva. Il ragazzo moro
cominciò a saltellare
verso l’ aula di spagnolo, dando del filo da torcere alla
flemma del suo amico.
-Ora mi devi
spiegare come fai! –esclamò Kurt, sorridendo
appena, felice di rivedere il suo
amico in forma. –A fare cosa? –chiese avvicinandosi
talmente tanto a Kurt, che
il soprano sentì pizzicore alla testa. –Come fai
ad essere così euforico di
lunedì, soprattutto se si tratta della seconda ora.
–Nonostante fossero le nove
passate, Kurt, come tre quarti del resto della scuola, aveva ancora un
pezzo di
cuscino attaccato alla faccia. –Sono solo contento di essere
qui! –gridò Blaine,
mentre entrava in classe. –Qui? - -Sì! Qui, a
scuola!-Kurt non riusciva a
capire come potesse essere anche solo lontanamente contento di trovarsi
in quel
liceo decadente, pieno di trogloditi e persone ignoranti che credevano
che
Porto Rico fosse in Asia.
-Ha, Kurt!
–disse
Blaine, prima di prendere posto in ultima fila.
–Sì?-
-Buona
lezione! –Kurt lo fulminò con lo sguardo,
prendendo posto al primo banco.
Kurt stava
aspettando il suo amico. Era seduto sul divano, sporgendosi ogni trenta
secondi
per vedere se era arrivato. La pioggia batteva sui vetri. Era strana:
prima si
schiantava con violenza e poi scivolava soave sul vetro. Ad un certo
punto si
sentì quel giro armonico di rumori che ti rende felice
quando stai aspettando
una persona: una macchina che parcheggia, uno sportello che sbatte, i
passi sul
vialetto e dopo qualche borbottio, il campanello.
Kurt non
aprì immediatamente, per non dare l’ impressione
di aspettarlo: lo faceva tutte
le sante volte che Blaine arrivava, ovvero ogni volta si appoggiava
alla porta e
seguiva con lo sguardo il percorso che andava dalla cima delle scale
fino alla
porta. Almeno non ci avrebbe messo troppo, o troppo poco.
Mentre era a
metà scalinata sentì Blaine dire –Odio l’
iluvia! –così non potette resistere,
mandando al diavolo il suo percorso
visivo. –Buenos dìas! –salutò
Kurt,
facendo sorridere Blaine che disse –Tu
acento apesta! – (che vuol dire “il tuo
accento fa schifo”). –Che
significa? –chiese Kurt, spalancando i
suoi fanali azzurri. –Ho detto che sei carino.
–dopo questa bugia, le guance di
Kurt s’ imporporarono.
-Ti faccio
vedere cosa ho fatto durante l’ ora di arte! –Kurt
si avviò verso la cucina per
prendere il suo cartellone, quando Blaine disse qualcosa che gli
penetrò nella
testa. –Certo! –
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Poi
tornò
trionfante, con in mano un cartellone molto sobrio.
–E’ solo uno schizzo, poi
stasera lo faccio a computer e ci metterò una mia foto. Che
ne pensi? –Blaine applaudì,
orgoglioso del suo amico.
-Potremmo
cominciare a farlo ora. –suggerì Blaine
–ma poi o dovresti finire da solo,
perché sarà una cosa lunga. –gli occhi
di Kurt s’ illuminarono e fingendosi
disinteressato propose –Potresti rimanere qui, per cena.
–Kurt si sedette sul
divano, sperando di non ricevere qualche altra risposta brusca.
-Non posso
proprio,
mi dispiace. Ho da fare. –Kurt cominciò ad
analizzare questa frase. “Ho da fare”
è la stessa identica cosa di “ho un
impegno”. Molto probabilmente era lo stesso
della volta scorsa. Però c’era qualcosa di
diverso: la settimana prima il
ragazzo era pallido e debole, mentre ora era tornato il Blaine di
sempre. “Forse
stava male.” Ipotizzò Kurt, ma la cosa non lo
convinceva.
Comunque
cercò di sembrare sereno, così scherzò
–Però stavolta cerca di mangiare! –ma
nonostante
quella fosse una battuta, Blaine si irrigidì poi gli
confidò –Non credo che
riuscirò a mangiare. –poi abbassò lo
sguardo, un po’ sconsolato, e forse
preoccupato dall’ idea di digiunare. -Tra quanto devi andare
via? –chiese Kurt.
–Tra una decina di minuti vado.- Kurt pensò ad una
soluzione che nella sua
testa appariva come una cosa ovvia, infatti si meravigliò
che non ci avesse già
pensato. –Potresti mangiare ora. –Blaine
scoppiò a ridere. –Molto dolce, ma
sono appena le otto e non sono abituato a mangiare così
presto: in Puerto Rico
ceniamo più tardi. –Kurt annuì,
facendogli cenno di aver capito, anche se in
realtà non capiva perché non cercasse di
abituarsi.
-Okay, ma
visto che fra cinque minuti te ne devi andare, ora renditi utile.
–ridacchiò Kurt,
soddisfatto del suo tono imperioso. –Che dovrei fare?
–Kurt gli fece cenno di seguirlo.
–Mi dovresti aiutare a portare degli scatoloni in soffitta.
–Blaine si irrigidì
e poi chiese –Perché lo chiedi a me?
–ovviamente il suo amico non si aspettava
una risposta del genere –Perché sono solo in casa.
E dai, dammi una mano! – Blaine
odiava sentire la gente supplicare, quindi accettò.
Cominciarono
a trasportare quei maledetti scatoloni. I primi due che Blaine
portò erano
abbastanza leggeri, ma poi arrivò il terzo che lo
colpì all’ improvviso.
Intanto
Kurt, che si era dato l’ importantissimo compito di
spolverare le scatole, notò
che Blaine aveva le braccia che erano cinque volte le sue.
–Ma tu vai in
palestra? –chiese mentre l’ altro ragazzo tornava
per prendere la quarta
(ovvero l’ ultima) scatola. Intanto Blaine cercava pensava a
qualcosa da dire,
perciò Kurt pensò che stava mentendo.
–Ci andavo quando ero in Puerto Rico. –Poi
non aggiunse altro, così Kurt tacque.
Dopo che
Blaine se ne fu andato, Kurt cominciò a pensare. Prima cosa:
venerdì era
debole, e lunedì era in piena forma. Molto probabilmente si
era riposato durante
il fine settimana, è vero, ma ciò non spiegava
come mai fosse così stanco il
venerdì precedente. Seconda cosa: aveva sempre impegni, ma
non voleva dire che
doveva fare. In più durante questi impegni non poteva
mangiare. Terzo: era restio
a dire la verità, oppure al raccontare tutto. Quarto: non
voleva abituarsi alle
abitudini americane. Quando Kurt pensò questo gli si
gelò il sangue nelle vene.
“E se
Blaine
volesse tornare in Porto Rico?” questo quesito lo
terrorizzò, e quella notte
non riuscì a dormire bene.
Kurt decise:
lo doveva aiutare.
Buongiorno a
tutti!
Anzi, anche
questa volta sono costretta a dirvi buona sera. Uff, non riesco mai a
postare
ad un orario decente. Comunque: questo capitolo mi è venuto
più lungo (Yeah!) e
spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate!
<3 Margy
<3
|
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Capitolo 5 *** Fail ***
-Non
è
possibile! –gridò una ragazza, nel bel mezzo di un
corridoio –E neanche giusto!
–ad urlare era stata Sasha, la cheerleader che stava
organizzando la festa di
Halloween più bella di tutto l’ Ohio.
–Ti riferisci alle gravidanze inattese?
–chiese Santana, tenendo le braccia strette al petto e
guardando un colorato
manifesto appeso al muro. –No! –Sasha e Santana non
andavano molto d’ accordo:
in verità Santana non andava d’ accordo con molti,
ma con Sasha era ancora
peggio.
-Io mi
riferisco alla festa che ci sarà qui a scuola. Nessuno
verrà più alla mia. –la
ragazza stava piagnucolando come una bambina capricciosa. Sicuramente
se la
coach Silvester l’ avesse vista, l’ avrebbe presa a
calci fino a farla arrivare
in Alabama. –Oh, andiamo Sasha: magari tutti quelli che hai
invitato verranno
comunque alla tua festa, mentre tutto il resto della scuola
verrà qui. –Sasha
era sempre pronta ad ascoltare Quinn, non tanto per seguire i suoi
saggi
consigli, ma per prendere spunto su frasi da dire poi in futuro,
-Hai
ragione, Quinnie. –ridacchiò Sasha, urtando i
nervi del suo capitano che odiava
non poco quel nomignolo, almeno lo odiava se detto da lei
–Voi verrete tutte
alla mia festa, no? –mentre tutte le ragazze annuivano
eccitate, Santana fu
sincera –Io e Brittany non ci saremo. –disse, poi
la sua “amica” aggiunse –Non
te la prendere, è solo che tu hai organizzato una
festa… normale, mentre qui è
in maschera, e noi abbiamo in mente dei costumi talmente belli!
–detto questo
Santana cercò di far capire alla sua ragazza che non
dovevano dare spiegazioni
a quella ragazza.
-Nemmeno io
ci sarò, in realtà neanche Puck, Finn, Sam e
Mike. Noi del Glee andiamo tutti
insieme alla festa a scuola. –confessò Quinn, e
Sasha insistette –Ma voi siete
tutti invitati! –quella ragazza non era proprio una cima.
–Forse non hai
capito, Barbie, ma ci sono dei nostri amici che tu non hai invitato.
–intervenne Santana, trattenendosi tallo sfoderare una delle
sue lamette.
–Allora dimmi chi sono, che li invito!
–sbuffò Sasha, con tono sbrigativo e di
chi ha un sacco di lavoro da fare.
-Vuoi sapere
i nomi? –chiese Quinn, con sguardo minaccioso. Era una
Barbie, ma se voleva
poteva farti buttare di sotto da un grattacielo con un solo movimento
delle
sopracciglia, e questa cosa Sasha la invidiava molto. La ragazza
annuì con
incertezza. –Rachel Berry, Kurt Hummel, Artie
Abrams, Merc… -Quinn stava per continuare, ma
Sasha la fermò e con tono
altezzoso chiese –Mi stai chiedendo di invitare quello gay,
il paraplegico e…
la Berry? –non era la prima volta che quella ragazza cercasse
di mettere i
piedi in testa al suo capitano, ma tutte le stante volte non ci era
riuscita. E
questo successe anche stavolta. –No, non te lo sto chiedendo,
perché io non ho
nessuna intenzione di venire alla tua festa. –detto questo le
tre amiche si presero
a braccetto e camminarono vittoriose per i corridoi affollati del
McKinley.
-Gente,
avete sentito? –gridò Santana, poi
continuò Quinn –Quinn Fabray, Santana Lopez
e Brittany Pierce non andranno alla festa di Halloween di Sasha Comesichiama. –a queste parole
si levò
un brusio generale.
-Ah! Usare i
proprio poteri seduttivi per abbindolare le persone!
–esclamò Santana,
compiaciuta –E’ così che faceva Mata
Hari? –chiese rivolta alle sue amiche.
–Credo di sì. –
L’
attesa
dell’ arrivo di Blaine era sempre angosciante: Kurt non
riusciva a calmarsi e
aveva sempre paura che il suo amico gli desse buca. Il che era assurdo
perché
Blaine era sempre puntuale e se aveva un imprevisto lo avvertiva
sempre.
Intanto Kurt
se ne stava seduto sul suo divano, a girarsi fra le mani una penna
masticata. Muoveva
nervosamente il piede, quando il display del suo cellulare non
s’ illuminò. Kurt
si affrettò a leggere il messaggio.
Vieni su
Facebook. Ahora.
Immediatamente
Kurt fu assalito dal panico. Blaine non aveva uno Smartphone, ma
neanche un
telefono con la connessione Intenet, quindi se era su Facebook voleva
dire che
era a casa sua e che doveva parargli. Probabilmente doveva uscire con
la sua
ragazza, o doveva vedersi con dei suoi amici o…
Poi si
accorse che il numero non era quello di Blaine, ma di Santana. Si era
completamente scordato delle origini latine della sua amica.
Allora Kurt
corse in camera sua ed entrò su Facebook. Trovò
Santana online, così le aprì la
chat.
KURT: Fai
veloce che ho un impegno.
SANTANA:
buongiorno anke a te
KURT:
Santana spicciati.
SANTANA: OK,
OK. X))) cmnq ci sn anke Quinnie e Britt
KURT: Ciao,
ragazze. Ora, con uno dei tuoi sgrammaticati messaggi dimmi cosa dovete
dirmi e
poi salutiamoci.
SANTANA:
allora: tu vai alla festa di halloween, no???
KURT: Non lo
so, Finn mi ha chiesto di andare con lui, ma sarei solo il terzo in
comodo…
Rachel (ho detto tutto).
SANTANA: ma
6 proprio scemo!! O.o
KURT:
Grazie.
SANTANA: qst
era quinnie
KURT: E,
sentiamo, perché sarei scemo?
SANTANA: xk
potresti invitare Blaine. ma devo dirti ttt io? … ehm, noi
KURT: Ma non
è nemmeno gay!
SANTANA: ki ha
dtt ke dovete andare cm fidanzati??? ;D sei dawero malizioso…
KURT: No,
non sono io malizioso, è solo che ho paura che Blaine
fraintenda questa cosa. Non
lo so se in Porto Rico andare con un altro amico ad una festa
è normale.
SANTANA:
fermo fermo fermo… solo perché è
portoricano è per forza retrogrado?
KURT: Non
volevo dire questo.
SANTANA: ma
l’ hai ftt
KURT: Oddio,
come sono stato razzista. Perdonami San.
SANTANA: ti
ho già perdonato. lo so ke sei buono!! ma invitalo, xk
sennò ti aizzo contro il
quartiere dv vivo…
KURT: Non mi
fai paura.
SANTANA: ma
l’ avrai
KURT: San,
è
arrivato Blaine, devo andare. A domani <3
SANTANA:
ciao scimmiotto bello… ahahahah ora ke 6 talmente preso dal
tuo bello posso
kiamarti cn ttt i soprannomi orrendi ke voglio.
KURT: Non
pensarci nemmeno. Ciao!
SANTANA:
ciao <3 <3 <3
Correndo per
le scale rischiò di cadere un paio di volte, ma
ciò non gli impedì di correre
come un pazzo. Aprì la porta e fu subito accolto da una
piacevole brezza
autunnale; faceva abbastanza freddo, però era sopportabile.
Poi vide che il suo
amico indossava una giacca a vento e uno sciarpone di lana che gli
copriva metà
viso.
-Ciao.
–salutò
affettuosamente Kurt, mentre l’ altro si limitò ad
un cenno del capo. Appena fu
dentro Blaine si catapultò sul termosifone. –Hai
freddo? –chiese Kurt,
stupendosi. Blaine annuì veementemente. –Aspetta:
-disse Kurt –Fa parecchio
caldo a Porto Rico? –sapeva che non era certo un paese
freddo, ma non pensava
che un po’ di corrente autunnale potesse sconvolgerlo tanto.
-Clima
tropicale. Però sono abituato al viento.
–sospirò
con nostalgia –sai com’è, gli uragani.
–spiegò meglio. Kurt annuì convinto.
-Allora,
-prese Blaine, con la sua solita euforia –cominciamo con la
propaganda. –
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
-Sì.
–biascicò
Kurt, sentendosi un perfetto idiota.
-Potresti
rispiegarmi cosa dovrai fare io? –domando Blaine, il quel si
chiedeva cosa c’
entrasse lui, con i manifesti. –Tu devi andare in giro
dicendo: vote Hummel. – spiegò
Kurt, il quale
arrossì violentemente notando l’ espressione poco
convinta sul volto del suo
amico.
-Per il mio carisma?-
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
-Proprio
così. –sorrise Kurt. –Oggi hai da fare?
–la buttò lì. –Sì,
ho un impegno. Ma oggi
non vado finché non viene mia madre a prendermi. –
“Impegno.
Sempre
lo stesso.” Pensò Kurt, evidentemente preoccupato.
Subito dopo
entrò nella stanza Burt, il quel aveva già
sentito involontariamente una parte
della conversazione. Appena entrò, Kurt si sentì
colpevole, nonostante suo
padre sapesse che lui aiutava un ragazzo.
-Ciao
papà. Lui
è Blaine. –cercò di rimediare ad un
danno che effettivamente non esisteva. Intanto
il ragazzo si era alzato e porse la mano al signore. –Piacere
signor Hummel. –disse
con allegria.
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Nemmeno a
Burt sfuggì il colorito accento di Blaine. quest’
ultimo si salutò molto
educatamente, poi si diresse verso la cucina, e prima ancora di essere
abbastanza lontano per non farsi sentire gridò
–Caaaaroole! Mio figlio è solo
in salotto con un ragazzo che parla con il gatto con gli stivali.
–Kurt arrossì
violentemente, mentre Blaine si sentiva leggermente offeso. Da quando
era
arrivato in America, il paese più bello di tutti, non aveva
fatto altro che
sentire persone che lo giudicavano per le sue origini. Anche persone
che non erano
razziste aveva comunque dei pregiudizi sui portoricani.
-Sta
scherzando. –tentò Kurt, mettendo ancora di
più a disagio Blaine.
La serata
trascorse molto lentamente, e quando il cellulare di Blaine
squillò fu un
sollievo per entrambi.
Il moro
estrasse dalla tasca il suo “magnifico” telefono
dell’ uno ed ebbe una breve
conversazione con sua madre.
-Mia mamma
è
qui fuori, mi sta aspettando. –disse prendendo il giubbotto.
–Ti accompagno
alla porta. –suggerì Kurt. Il suo amico
cercò di non farlo uscire, ma Kurt non
si fece problemi ad ignorare le proteste di Blaine, così lo
scortò fino al
vialetto.
Vide che la
macchina era un’ utilitaria di quarta, o forse quinta, mano.
Alla guida di essa
vi era una sifgnora giovanissima che non dimostrava più di
trent’ anni. –E’ tua
mamma? –chiese incredulo Kurt, astenendosi dal chiedere
“è tua sorella?”.
-Sì.
–Blaine
sembrava sincero, una volta tanto. –Scusa se te lo chiedo, ma
quanti anni ha? –Kurt
parlò liberamente, perché l’ altro non
sembrava scocciato. –Trentadue. –rispose,
quasi con fierezza. –Ma trentadue meno diciotto fa
quattor… oh… -dopo queste
parole calò un silenzio imbarazzante, ma Kurt non si diede
per vinto e chiese –Anche
tuo padre è così giovane? –ma poi non
volle una risposta, perché gli occhi di
Blaine si rabbuiarono. Guardava in terra, cercando di non incrociare lo
sguardo
di Kurt. –Non lo so. –sospirò.
Kurt non
disse “mi dispiace”, perché sapeva che
non sarebbe servito a Blaine non sarebbe
servito a niente. Si ricordò del fastidio che gli aveva
provocato quella frase,
quando era sbucata fuori dalla bocca di parenti visti a mala pena due
volte,
durante il funerale di sua madre. Si ricordò di quando
qualcuno aveva detto “Se
le cose fossero andate diversamente…”; ma le cose
non erano andate
diversamente, ed una stupida malattia se l’ era presa. Si
ricordò del fastidio
che gli avevano provocato le persone che dicevano che era morta di
cancro:
accidenti! Lui, a otto anni, sapeva che era leucemia.
Si
ricordò
di tutte queste cose, così si limitò a dire
–A domani, Blaine. –
Il giorno
dopo Blaine era uno straccio, ma nonostante ciò si
mostrò allegro come sempre.
-Votate
Hummel! Votate Hummel! Ciao, come va? Vota Hummel!
–l’ aiuto di Blaine si era
rivelato essenziale, infatti un sacco di ragazzi cominciavano a
ripensare sul
votare Brittany.
Qualche ora
più tardi Blaine andò da Kurt, con il volto
rigato di lacrime. –Che succede? –chiese
ansiosamente Kurt. –Kurt, mi dispiace! –disse
scoppiando a piangere –Oggi mi
hanno interrogato e… e accidenti! E ho fatto pena! Poi mi ha
reso il compito di
inglese e ho preso quattro. Oddio, non rimedierò mai!
–Kurt cercò di
consolarlo, e gli sussurrò –Vuol dire che ci
vedremo più volte alla settimana. –Blaine
scosse la testa –No, Kurt! I patti erano io ti aiutavo con la
campagna
elettorale e tu con le ripetizioni: ma io non ti posso più
aiutare, perché oggi
hanno scoperto che sono nel Glee, e poi dicono che sto sempre con te e
che sono
un froc… -Blaine non riusciva ad andare avanti
così Kurt cercò di calmarlo.
-Non
smetterò
certo di aiutarti con le ripetizioni. Oramai siamo amici, e non ho
più bisogno
di un patto per darti una mano. Ok? –Blaine annuì
mentre il suo amico lo
abbracciava.
Kurt era incerto
sulla reazione del moro. Poi rimase sorpreso nel vedere che Blaine non disdegnava,
anzi, lo strinse
ancora più forte, lasciandolo quasi senza respiro. Una parte
di Kurt voleva
staccarlo per evitare di procurargli altri inconvenienti, mentre
l’ altra parte
prendeva a schiaffi l’ idea di lasciarlo andare.
Però ci pensò qualcun’ altro a
dividerli.
-Guarda,
guarda: due fatine che si scambiano la polverina magica! –a
parlare era stato Karofsky,
che li guardava con gli occhi serrati.
Eccomi!
Mi dispiace
per il ritardo, ma ho avuto da fare. Credo che non sia male, comunque.
Vorrei dedicare
questa FanFiction alla mia migliore amica, che quando era piccola si
è trasferita
in Italia: è vero che il rumeno e l’ italiano si
assomigliano abbastanza e che
i bambini imparano facilmente, però deve è stata
dura! Ti voglio bene, amica
mia!
<3 Margy
<3
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