Garo Second Season - Chapter of the Double Golden Wolf

di Botan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** INTRODUZIONE ***
Capitolo 2: *** #01 Chimera ***
Capitolo 3: *** #02 Gemelli ***
Capitolo 4: *** #03 Madre ***
Capitolo 5: *** #04 L'acquario ***
Capitolo 6: *** #05 Diario ***
Capitolo 7: *** #06 Acchiappasogni ***
Capitolo 8: *** #07 Seta ***
Capitolo 9: *** #08 Fermaglio ***
Capitolo 10: *** #09 Diluvio ***
Capitolo 11: *** #10 Portafortuna ***
Capitolo 12: *** #11 Fedeltà ***
Capitolo 13: *** #12 Gelosia ***
Capitolo 14: *** #13 Tangram ***
Capitolo 15: *** #14 Incubo ***
Capitolo 16: *** #15 Passato ***
Capitolo 17: *** #16 Febbre ***
Capitolo 18: *** #17 Possessione ***
Capitolo 19: *** #18 Incontro ***
Capitolo 20: *** #19 Menzogna ***
Capitolo 21: *** #20 Verità ***
Capitolo 22: *** #21 Atmosfera ***
Capitolo 23: *** #22 Incertezza ***
Capitolo 24: *** #23 Adunanza ***
Capitolo 25: *** #24 Involuzione ***
Capitolo 26: *** #25 Fantasmi - parte 1 ***
Capitolo 27: *** #26 Fantasmi - parte 2 ***
Capitolo 28: *** #27 Eroi ***
Capitolo 29: *** #28 Sortilegio ***
Capitolo 30: *** #29 Scambio ***
Capitolo 31: *** #30 Labirinto ***
Capitolo 32: *** #31 Solo tu puoi sentirmi ***
Capitolo 33: *** Garo Gaiden - Uguaglianza ***



Capitolo 1
*** INTRODUZIONE ***


“Vai come il vento, spadaccino del destino

                                     INTRODUZIONE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Vai come il vento, spadaccino del destino. Sei una luce nell’oscurità.”

 

 

Questo è ciò che recita l’ultima strofa di “Savior in the Dark”, la magnifica sigla d’apertura creata dagli Jam Project, per questo altrettanto magnifico capolavoro chiamato “Garo”.

 

La prima serie di Garo… ve la ricordate?

E’ passato più di un anno da quando è stata trasmessa qui in Italia.

Ed Amemiya, il grande Keita Amemiya, quel buffo uomo che indossa sempre il cappellino e gli occhialetti tondi, (per certi versi mi ricorda un pochino Gonza), non si decide a concepirne il seguito…!

Come me, ci sono centinaia di fan che scalpitano con trepidazione, ed attendono la lieta notizia, ma… per ora tutto tace.

Che strazio

Mi piacerebbe sapere cos’è che frulla nella mente superba del maestro…

Ci regalerà sì o no una seconda serie di Garo? Purtroppo, non ho il potere di leggere nelle teste altrui, tuttavia… so di preciso che cosa frulla nella mia, di mente malata! 

E quindi… Dopo una lunga attesa durata mesi, eccola qui! La mia seconda serie!

Trattasi di fanfic incentrata sulle avventure del lupo dorato dell’Est, che di preciso si colloca dopo la fine di “Gioco di spade” (altra mia fic), e dopo lo specialBeast of the White Night”.  

Preciso che non ho ancora visto gli ultimi episodi del telefilm (mi manca proprio l’ultimo dvd), e quindi, per non rovinarmi la sorpresa, non ho neppure visto lo special, ma anche se avessi quelle puntate a disposizione, non credo che me le guarderei subito... L’idea di vedere il finale, mi farebbe piangere come una fontana… E’ assodato!

Per ciò che riguarda il numero degli episodi, nella prima serie di Garo, che viene ufficialmente denominata “Chapter of the Black Wolf” (e quindi ciò mi fa seriamente sperare ad una reale seconda serie), se ne contavano ben 25, più un gaiden. Nella mia, viceversa, che ho denominato “Chapter of the double Golden Wolf” (e poi capirete il perché!), il numero degli episodi/capitoli, sarà un’incognita sia per voi che per me stessa.

Attualmente non ho ancora stabilito quanti capitoli scrivere, anche se ho già tutta o gran parte della trama fissa nella mente. Ad ogni modo, non penso di emulare la serie originale e quindi raggiungere le 25 puntate… Però mi piacerebbe superare almeno i 15/20 capitoli, anche perché se non lo facessi, rischierei di rovinare la storia e comprometterne la trama che difficilmente si potrebbe sviluppare con poco meno di 15 paragrafi…

 

Per il resto, analizziamo insieme i seguenti punti!

 

 

Parlando di Garo Second Season

Vi annuncio che ci saranno delle new entry tra cui:

Il famigerato “nemico di turno”

Un rivale che importunerà Kaoru e susciterà le gelosie del Cavaliere dal cappotto bianco

E forse (patos!) anche una donna che si legherà in maniera alquanto “pericolosa” a Kouga!

Detto questo, non aggiungo altro!

 

 

Parlando del cattivo principale di Garo Second Season

Per il cattivone, mi sono ispirata al “Zoroastrismo”, la religione fondata nell’antica Persia dal profeta Zoroastro.

Secondo la tradizione, all'età di trent'anni e dopo un lungo periodo di meditazione, Zoroastro ebbe una visione: il dio Ahura Mazda, onnipotente creatore di ogni cosa, nonché principio del bene, gli ordinò di predicare la vera religione e combattere la menzogna, alleata del malvagio Angra Mainyu.

Tutto ciò che è buono è emanazione di Ahura Mazda, ovvero il “Signore della Saggezza”. Lo sono anche Spenta Mainyu (il "Sacro Spirito", lo Spirito benefico, forza creativa) e le entità che lo assistono.

Tutto il male invece è causato dal "gemello" di Spenta Mainyu, ovvero Angra Mainyu (lo "Spirito malvagio" e distruttore, in persiano detto Ahriman) e dai suoi aiutanti. Angra Mainyu è malvagio per scelta, in quanto alleato della Menzogna, mentre Spenta Mainyu ha scelto la Verità, come possono scegliere gli uomini. Dopo la morte l'anima di ciascuno sarà giudicata al “Ponte del Giudizio”. Il seguace della Verità lo attraverserà e sarà condotto in paradiso, mentre gli amici della Menzogna precipiteranno nell'inferno. Ed il male, infine, sarà eliminato dal mondo grazie a una sorta di prova del fuoco.

Come potete vedere, in questo pezzo sono spesso riportate le parole “Verità” e “Menzogna”, che contraddistinguono i due gemelli, ovvero Spenta Mainyu (la Verità, e quindi il bene) ed Angra Mainyu (la Menzogna, vale a dire il male).

La mia fic ruota pressappoco su questo concetto e su alcuni punti fondamentali dello Zoroastrismo. Ovviamente, in questo caso, per fare in modo che la storia combaciasse meglio con l’universo di Garo, l’inferno del nostro mondo è stato sostituito con il mondo del Makai del telefilm.

 

 

Parlando della suddivisione dei capitoli di Garo Second Season…

Per prima cosa, a differenza delle altre mie opere dedicate a Garo, questa qui è stata suddivisa in capitoli e racchiusa in un solo blocco, per il semplice fatto che trattandosi di una storia frazionata con episodi contigui che necessitano di un senso di lettura cronologico, usare una serie di singole oneshot, avrebbe senz’altro contribuito ad ingarbugliare le cose, con il rischio per voi di dare prima la precedenza e quindi di leggere un episodio a piacere, anziché l’altro.

Spero tanto che non me ne vogliano i sostenitori delle oneshot… Ma diversamente non si poteva proprio fare…

 

 

Parlando di Keita Amemiya

Ogni capitolo che si aggiungerà alla storia, si presenterà come un episodio completo che, con l’avanzare della trama, andrà a formare una vera e propria seconda serie.

Ci tengo a precisare che il maestro Amemiya, per me, è un elemento insostituibile, nonché la colonna portante di Garo.

Ahimé, io non mi ritengo assolutamente all’altezza di quell’uomo, e, in fin dei conti, la mia seconda serie non si potrà mai e poi mai paragonare ad un’eventuale ed altrettanta seconda serie del maestro… Tuttavia, l’amore, le sensazioni, le emozioni vere che Garo mi ha saputo donare, per me sono state una fonte preziosissima ed inestinguibile di idee, concetti e voglia di fare, che mi ha spinto a prendere tale iniziativa.

Ma da qui a rimpiazzare quel demonio di Amemiya, ne passa! Quel genio è insostituibile! 

 

 

Parlando del “sorella” di Rei…

Ooh…! ^o^ Questo è un punto molto interessante!

Le persone che hanno avuto la possibilità di godersi il telefilm anche con l’audio giapponese, sapranno certamente di cosa sto parlando

Per tutti gli altri, invece, faccio un breve riassuntino.

Nella lingua originale, Rei ha la simpatica abitudine di chiamare tutte le donne che incontra con l’appellativo di “oneesan”, ovvero “sorella”. E’ un’espressione prettamente provocatoria, tipica della Zanna d’Argento, che però nel doppiaggio italiano non è stata presa minimamente in considerazione. Davvero un gran peccato, perché in questo modo il personaggio anziché guadagnarci, ha perso quel pizzico di fascino che lo rendeva veramente singolare.

Da parte mia, ho pensato di mantenere la versione originale che ritengo sia la migliore in assoluto, sotto tutti i punti di vista. Una sfumatura immancabile!     

Spero che la mia scelta piaccia anche a voi!

 

 

Parlando di Ryousei Konishi

Lo so, questo pezzo non centra granché con la mia fanfiction

Tuttavia, volevo solo spendere due paroline per questo tipetto di nome Ryousei.

Voi lo avete mai visto piangere? Piangere con i vestiti di Kouga indosso, quindi quelli del set, ma fuori dalle scene?

Io l’ho visto nel secondo disco che c’è all’interno del box dvd del Beast of the White Night che ho comprato qualche mese fa, in cui ci sono extra di ogni tipo più una lunga sezione dedicata al backstage e ai dietro le quinte.

Tutte le volte che rivedo quel toccante frammento, immancabilmente mi si riempiono gli occhi di lacrime…! Un po’ perché vedere Kouga che piange, o più precisamente, vedere l’attore che lo interpreta, è un po’ come vedere un termosifone che vola, e un po’ perché lì, in quel preciso attimo, ho avuto la stupenda possibilità di vedere il Ryousei “vero”, un essere umano come noi, una persona che non è solo speciale perché ha interpretato il ruolo di un personaggio che poi l’ha reso estremamente popolare e ricercato. In giro si vedono molti attori che non riescono a mostrarsi al pubblico per quello che sono in realtà, e che spesso ci offrono delle interviste un po’ “montate”, tristemente recitate.

Al contrario degli altri, Ryousei Konishi per me non è solo una stellina del cinema.  

Quel ragazzo ha nel viso davvero qualcosa di speciale. Di molto speciale. Oltre a fare semplicemente tenerezza (per me è simile ad un bambino), è una fonte inestinguibile di sincerità. Quella sincerità che purtroppo sta abbandonando l’animo di noi esseri umani.

Penso che se la caratterizzazione di Kouga Saejima sia venuta su così bene, il merito va attribuito in gran parte a quella qualità che il dolce Ryousei ha dentro il cuore! ^___^     

 

 

Per concludere

Mi auguro con tutta l’anima che questa storia vi piaccia davvero, e dentro di me spero vivamente di non deludere le aspettative di nessuno.

Mi piacerebbe che almeno uno di voi, leggendo questa fanfiction, provasse almeno una goccia di quelle emozioni che ha provato guardando la serie di Garo.

Per me sarebbe seriamente il massimo!

Io personalmente devo molto a questo telefilm. Gli devo concretamente molto. Garo è stato, è, e rimarrà per sempre dentro di me.

Perché? 

Quanti di voi, almeno una volta hanno provato sulla propria pelle la brutta esperienza di rimanere al buio?

Quando il black out arriva e ci agguanta, noi ci sentiamo persi.

Tuttavia, una luce che ci fa compagnia, c’è sempre.

 

Per darvi l’aggio di iniziare a leggere la storia, io concluderei proprio come ho iniziato…

 

“Vai come il vento, spadaccino del destino. Sei una luce nell’oscurità.”

 

Sei una delle mie luci nell’oscurità!

 

 

 

                                                                                                          Botan

 

 

 

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Capitolo 2
*** #01 Chimera ***


Come passa veloce il tempo

                                      Chimera

                                    #01

                                

                                       

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

E’ trascorso più di un anno, dalla mia disavventura.

Ma dentro di me, quei ricordi sono freschi come la pittura di un quadro che non si è ancora asciugato.

Ne ho passate tante, ne ho vissute tante sulla mia pelle, di esperienze da brivido. Avevo perso ogni speranza. Avevo perso la mia luce. E la paura di non poterla più riavere indietro, mi paralizzava. Buttava giù tutti i miei sogni, tutte le mie aspettative.

Ma poi, come un lampo imprevedibile, quella luce si è riaccesa nella mia vita. Ed io finalmente ho ripreso a sognare, ed a sperare in n futuro migliore.

Come passa veloce il tempo.

E pensare che fino a qualche settimana fa, non vedevo l’ora che passasse il più in fretta possibile.

L’idea di ritornare nella mia piccola patria, la voglia di preparare i bagagli, di prendere il primo volo disponibile e partire… Tutto ciò mi rendeva impaziente.  

Ed ora… Ora che finalmente sono qui, vorrei tanto che questo tempo rallentasse un pochino per potermi godere appieno questi attimi pieni di felicità che hanno inaspettatamente riempito la mia esistenza.  

Ora che tutto si è incanalato nella giusta direzione, ora che tutto è ripreso a scorrere con più vigore e più forza di questo stesso tempo che passa, io mi sento piena d’energie, e pronta ad affrontare questa mia nuova vita, con una luce interiore ancora più bella, per la felicità mia, e per quella del mio portare di luce!

 

 

 

 

 

- Signorina, è sicura di ciò che sta facendo?- le domandò premuroso Gonza, accingendosi a riporre a terra, sul pavimento di un piccolo monolocale situato in uno dei quartieri meno affollati della città, e soprattutto meno costosi, uno scatolone mezzo traboccante di colori e pennelli d’ogni misura.

Il buon Gonza Kurahashi, un uomo mite, dalle maniere educate e l’abito sempre in ordine, restò fermo sull’uscio della stanza ad attendere una risposta. Quel responso giunse celere, un po’ sofferto, e, ahimé, del tutto scontato. La speranza che quel pulcino spennacchiato, proprio come lo aveva definito Zarba tempo addietro, raccogliesse tutto e ritornasse sui propri e piccoli passi, si affievolì in un secondo.

 

Kaoru Mistuki, il pulcino spennacchiato, assentì con decisione alla domanda del buon uomo.

- Sicurissima! E poi, come ti ho già spiegato, non è consono che due fidanzati dividano lo stesso tetto… Io per prima mi sentirei a disagio. – confessò con una smorfia leggermente imbarazzata, sbocciatale all’improvviso su quel volto giovane e fresco.

 

Gonza sospirò amareggiato, affranto da quella decisione.

Kaoru era stata cresciuta conforme ai principi di ciò che era buono e giusto, e quel disagio che lei stessa si sentiva nascere dentro, era del tutto giustificato.

La schiena del maggiordomo si curvò permettendo così alle braccia di adagiare quella scatola verso terra.

- Come volete voi. – proferì infine, facendosi però vedere insofferente – Non penso che ci sia bisogno di farvi sapere che il signorino Kouga non ha accolto di buon grado questa vostra decisione. – le ribadì, per l’ennesima volta, giusto pochi istanti prima che, in quella stessa stanza, e da quello stesso uscio, spuntasse la sagoma di qualcuno.

 

- Non serve che tu le dica altro, Gonza. Con lei è fiato sprecato. – asserì proprio quel qualcuno, con parole fredde ed un timbro tutt’altro insofferente.

Kouga Saejima, il detentore del rinomato titolo di Garo, era lì, pronto a portare a terra uno scatolone sigillato in mal modo con del nastro adesivo tutto stropicciato. Il “signorino”, come soprannominato dal suo fido maggiordomo, aveva prestato attenzione alla conversazione dei due, durante la sua breve assenza.

 

- Sono grande, adulta e vaccinata! – replicò Kaoru, indispettita da quell’affermazione, mettendo il broncio e le mani sui fianchi. Proprio come una giovane bambina.

 

Kouga la scrutò velocemente in viso, con rassegnazione. Con lei, per l’appunto, era inutile sprecare fiato. Nonostante tutto, però, quella giovane fanciulla dai grandi occhi, era diventata la sua forte ed indelebile luce. Un sole che aveva preso a splendere soltanto per lui, una fiamma purissima che gli dava la carica, lo rafforzava sempre di più, lo faceva sentire vivo. Finalmente vivo.

Quella forza lo aveva incredibilmente cambiato. Lo aveva spronato a farsi avanti, e a non avere paura di esternare parte di quei sentimenti tanto taciuti e destinati ad appassire in un soffio, perdendosi nel buio più tetro e sempre più solitario di quel suo freddo cuore.

 

Tutto ciò che serviva ad un umile Cavaliere del Makai per essere felice, era avere una vita felice!

E per avere una vita felice, a quel giovane ometto coraggioso gli bastava semplicemente avere lei. La sua Kaoru Mitsuki.    

 

 

In un pomeriggio come tanti, i tre si accinsero a scaricare dall’autovettura di Gonza, tutti gli effetti personali della pittrice, e, alla meglio, a sistemarli nella sua nuova e minuta dimora.

Tra una scatola e l’altra, qualcuno inaspettatamente fece sentire forte e chiaro la sua voce.

 

- Kouga! A non molte miglia da qui è comparso un Orrore!

 

Il ragazzo sollevò la mano sinistra, mosso dall’istinto. L’anello magico aveva parlato, e… quando quella piccola testa di metallo captava qualcosa, un Cavaliere Mistico non poteva avere scampo: doveva correre via, ed intervenire al più presto.

 

Raccogliendo svelto il cappotto bianco dalla spalliera di una sedia, il coraggioso Saejima lasciò la stanza dirigendo i suoi lunghi passi verso l’esterno, nel bel mezzo della via.

La risposta di Kaoru alle improvvise movenze di Kouga, arrivò in un lampo. La mora gli corse incontro, mollando lì per lì una scatola verso terra. Il suono prodotto da quel chiassoso tonfo, fece sobbalzare Gonza che, colto dallo spavento, si lasciò cadere dalle mani il suo inseparabile pennacchio per la polvere. 

Oltrepassando la soglia d’ingresso del suo piccolo monolocale, la ragazza osservò il giovane Cavaliere immettersi in strada, e si accigliò.

- Ricordati che stasera dobbiamo cenare insieme! Non fare tardi! – gli urlò svelta, a squarciagola, nella speranza che lui non facesse semplicemente “finta di non capire”. – Chissà se ha capito… – sbottò poco dopo, mettendo nuovamente il broncio, mentre lo vedeva correre via, in prossimità dell’orizzonte, per sparire infine dalla sua visuale.

 

 

Per la precisione, Kaoru era tornata definitivamente in Giappone da appena una settimana.

Smettendo di svolgere lavoretti part-time, la ragazza era stata assunta presso uno studio artistico per lavorare a giorni alterni come illustratrice di libri fiabeschi.

La sera, per affinare le sue tecniche, frequentava un corso accademico di pittura, come una qualsiasi ragazza della sua età. Come una ragazza normale.

Dal giorno in cui era entrata in contatto con il sangue di quell’Orrore, il tempo non aveva mai smesso di correre.

In quel brutto periodo, Kaoru aveva perso la voglia di lottare per vivere e continuare a sognare, ma… grazie alla spada di un Cavaliere un po’ burbero e ostinato a volerle restituire tutti i suoi sogni, il desiderio di sopravvivere unicamente per essere felice, ebbe la meglio.  

Dopo la fine di quella brutta avventura, come ogni favola che si rispetti, tra il Cavaliere e la sua dolce protetta fiorì un forte sentimento che, tenuto nascosto dai loro timidi animi, spiccò finalmente il volo solo molto tempo dopo, per rompere le grosse catene che lo tenevano prigioniero, e liberarsi in aria a gran voce.

E, come ogni fiaba che si rispetti, da quel giorno Kouga e Kaoru non furono più in grado di dirsi addio.  

                                                                           

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Un vicolo completamente deserto, lontano da gente ed abitazioni, era il nascondiglio che l’Orrore, per sfuggire al suo irriducibile antagonista, si era trovato da poco.

Kouga giunse in quella viuzza, con una spada splendidamente sguainata e l’occhio attento sulla via.

- E’ qui. – gli confermò svelto Zarba, la sua infallibile guida. – Preferisce nascondersi, anziché affrontarti. Che disonorevole creatura!

 

- Come tutti i suoi simili, d’altronde. – scherzò fiacco il Cavaliere, avanzando coraggiosamente nella tana dell’essere. La mano che teneva l’ansa rossa della spada, era sicura oltremodo. Sicuri, inoltre, lo erano anche i suoi passi che, lenti ma inesorabili, si accostarono sempre più al bersaglio.

Un bersaglio dalla pelle scura, verdastra, viscida e maleodorante. Proprio grazie a quella pestilenziale esalazione, Kouga riuscì a stanare alla svelta quella spregevole creatura delle tenebre, facendole così vedere la luce del sole.

Non tutti gli Orrori impazzivano per quei caldi e luminosi raggi.

L’essere mostrò i denti con rabbia, spalancando le sue incredibili fauci ma regredendo come un vile codardo.

Il corpo piuttosto rinsecchito, e la voglia così evidente di non fronteggiare l’avversario dal cappotto bianco, lo rese ancora più misero di quanto non lo fosse in realtà.

Volteggiò e luccicò, la spada di Kouga, sopra la sua testa. In un secondo tempo, fu anche il vicolo a sfavillare. Un fascio mirabolante di luce, un barlume dorato, caldo e rasserenante. Tutto ciò, rivestiva l’armatura di un guerriero solitario dell’Est, il cui nome faceva intirizzire anche il più ostile di tutti gli Orrori: Garo.

Avanzando a passo lento, in direzione del mostro, l’eroico paladino del Makai si preparò ad attaccare.

Il mostro sguainò gli artigli, costretto alla controffensiva, ma la spada forgiata con l’Animetallo del valoroso lupo azzannato, fu più veloce. Un rapido fendente, e via! Il ventre della bestia si squarciò senza intoppi. Un fascio di sangue violaceo macchiò parti del rivestimento di quell’armatura dorata, con diversi ma brevi schizzi.

Quel flusso poi iniziò a farsi sempre più debole, ad appassire così come il mostro che cominciò pian pianino a sgretolarsi. Qualcosa, però, su quella faccia da perfetto figlio delle tenebre, scosse Garo. L’Orrore, nonostante la sua disonorevole fine, gli stava sorridendo. Un sadico ghigno, fastidioso come un sassolino nella scarpa, ma allarmante come la più pericolosa delle frane.

Infine, a fortificare quel timore, il ghigno si dischiuse all'improvviso, per dare l’opportunità a quella creatura di pronunciare qualcosa poco prima di spirare.

 

- Goditi pure questo piccolo attimo di gloria, Cavaliere d’Oro, perché per te, arriverà presto il momento di cedere il posto a qualcun altro che ti strapperà via tutto ciò che hai di più prezioso al mondo, e porrà fine al tuo inaffondabile mito!

 

 

Una frase, una forse rivelazione di un futuro chissà quanto prossimo, fece sussultare incredibilmente Garo che, non appena l’Orrore si dissolse del tutto, riacquistò le fattezze da semplice Cavaliere.

Kouga quindi abbandonò all’istante l’armatura con un’espressione sul viso che non presumeva nulla di buono.

Le parole di un Orrore, seppur a volte meschine ed bugiarde, non lo avevano mai turbato. Tuttavia, in quell’istante ci fu una rara eccezione.

 

- Dietro di te, Kouga! – esclamò d’un botto l’anello parlante, facendo sobbalzare il suo proprietario.

 

Il giovane si girò di scatto, rapido ma inquieto. Davanti a sé, davanti agli imperturbabili occhi di un Cavaliere dell’Est, l’inquietudine sparì in un soffio per fare spazio alla confusione dei suoi pensieri.

Svelto, il figlio di Taiga sollevò la mano sinistra di fronte al proprio viso, increspando furiosamente la fronte: - Mi prendi in giro?! – esclamò stizzito, ammonendo così la sua guida gotica. In quella viuzzola, infatti, non c’era nessuno.

 

Zarba non fu particolarmente entusiasta di quelle parole.

- Affatto. – replicò seccato, con un tono più che inacidito – Ho davvero percepito qualcuno alle tue spalle. La presenza è sparita poco prima che tu ti girassi.

 

- Un altro Orrore? – la domanda del proprietario taciturno, giunse rapida, almeno quanto la risposta del Madougu:

 

-Vorrei tranquillizzarti e replicare con un sì, ma… purtroppo la mia sentenza è tutt’altro che positiva.

 

Le palpebre di Kouga si sgranarono di colpo.

- Non era un Orrore?! – rinviò per l’ennesima volta, davvero sconcertato, e sempre più angustiato da quella situazione.

 

- Non chiedermi chi o che cosa fosse! Non l’ho capito neppure io. L’odore sembrava quello di un umano, ma l’aura… beh, quella non direi proprio che fosse conforme alla natura umana. – gli anticipò netto Zarba –Tuttavia, la sua energia mi ha fatto davvero paura. Brutta situazione, Kouga! – concluse alla fine, mostrandosi anch’egli turbato.

 

L’erede di Taiga, giunti a quel punto, desiderava intensamente avere delle risposte.

 

 

Pochi metri ancora e, passo svelto dopo passo, Kouga parò una mano di fronte a sé.

Dal quel vuoto, iniziò a sbocciare un foro grande quanto un puntino che, come un imboccatura automatica, si spalancò all’istante.

Quel portale, senza perdere attimi preziosi, venne attraversato dall’eroico giovine che ne fu così inghiottito.

 

Giunto dal capo opposto, un lungo corridoio fiancheggiato da bianche colonne aspettava solo di essere percorso. Con molta fretta, e tenendo lo sguardo stabile sulla fine di quel lungo andito, Kouga giunse presto a destinazione e si fermò d’innanzi ad una figura vestita di bianco.

Il suo viso imperturbabile, la sua fronte annottata, ed i tratti di un volto fermamente duro, incuriosirono ma al tempo stesso allarmarono il Cane da Guardia del Nord, che non poté far a meno di chiedere le dovute spiegazioni.

 

- Che cosa è successo? – domandò con voce gentile la mistica figura, immobile al centro di un piedistallo rettangolare illuminato di luce.

 

Kouga non sprecò un solo attimo. Riportò a quel sacerdote del Nord le parole dell’Orrore affrontato poc’anzi e quella presenza avvertita dal suo fidato Madougu dalla bocca loquace. Poco dopo l’esposizione dei fatti, il Guardiano vestito di bianco sospirò appena, per poi fornire una risposta:

 

- Sono diversi giorni che un umano, senza la nostra autorizzazione, s’introduce nel Makai.

 

- Che cosa?! – tuonò all’istante il giovine, trasalendo perchè spiazzato dalle parole di quella figura millenaria – E’ opera di un Cavaliere Mistico?

 

- Sai meglio di me, che un Cavaliere ha il diritto di aprire e varcare il portale solo con il lasciapassare di noi Sentinelle. Ciò nonostante… - il Cane da Guardia ricercò il viso dello spadaccino dell’Est per offrirgli uno sguardo profondo – di Cavalieri Mistici che infrangono le regole e seguono la via delle tenebre, ne nascono di continuo.

 

Le parole sottintese e sibilline del sommo sacerdote del Nord, illustrarono una cruda quanto dura realtà, già affrontata in passato dall’impavido Kouga. L’essere dalle fattezze umane, con una tunica bianca portata decorosamente indosso, si stava riferendo a Barago, colui che aveva venduto la sua anima a Kiba, Cavaliere Mistico delle tenebre, e infranto più di una regola.           

Che fosse nato, nell’ordine dei Cavalieri del Makai, un emulatore di Barago?

Kouga, deciso a farsi avanti con l’ardire di porre tale quesito, fu preceduto limpido dal guardiano del Nord: - Non si tratta di un Cavaliere. L’energia che sento, è ben diversa da voi guerrieri del Makai.

 

- E chi, allora? Chi è?- ribatté alla svelta quel flemmatico umano, ansioso di conoscere una risposta che gli avrebbe certamente ammansito tutti i suoi dubbi.

 

 - Ogni responso trova presto il suo tempo. – gli comunicò il sacerdote, mantenendo una quiete ammirevole – E quel tempo, non è ora.

 

- Mi state dicendo che neppure voi, i responsabili dei quattro punti cardinali, sapete darmi una risposta? – Dopo quella domanda che purtroppo non trovò taluna sentenza, Kouga fu costretto a porre il proprio animo in pace.

Il Cane da Guardia, avvertendo inquietudine nell’animo di quel giovane Cavaliere Mistico, lo confortò con uno dei suoi saggi consigli: - Resta in guardia, come hai sempre fatto, ma non tormentarti prima che arrivi quel tempo.

 

 

 

- Segui il consiglio del Guardiano, e non tormentarti! E’ molto semplice, no?- gli esclamò Zarba, una volta fuori dal palazzo antico, sperando in quel modo di rassicurare il suo proprietario.

 

- Tu che cosa ne pensi? – gli domandò presto lui, camminando a passo moderato lungo i bordi di una stradina tutt’altro che affollata.

 

Il Madougu non si decise a replicare subito. Aspettò ancora un po’ prima di fornire il suo parere personale.

- Penso che se non ti sbrighi, farai tardi alla cenetta romantica con la tua bella! – scherzò da buon anello sparlante, facendo d’un botto azzittire Kouga. – Come recita il galateo, un uomo non dovrebbe mai fare aspettare la propria donna! Soprattutto se si tratta di un tipetto suscettibile come Kaoru   

 

 

 

 

 

                                                                             ***

 

 

 

 

 

Erano le 20 e 35 esatte.

Kaoru osservò il tondo orologio che sovrastava l’aula di pittura dove si era da poco conclusa la lezione, e si preparò a rimettere gomme e colori nella sua capiente sacca marrone.

La fretta di arrivare a casa, in quel monolocale piccolo ma accogliente, e preparare una dignitosa cena, fece sì che quel voluminoso borsone le precipitasse a terra. L’impatto con il suolo balzò via il contenuto che, senza tante pretese, si riversò lungo tutto il pavimento.

 

- Accidenti! – sbottò all’istante, precipitandosi in un lampo a raccogliere i suoi preziosi strumenti.

Dopo aver recuperare un tubetto di vernice e delle matite colorate, Kaoru si adoperò ad afferrare un foglio di carta adagiato a terra proprio d’innanzi a lei, ma, in un battibaleno, un’altra mano arrivò prima della sua, lì su quel pezzo di carta. La giovane alzò gli occhi per fissare il volto di qualcuno che, con maniere garbate gli tese poi l’oggetto.

 

- Tieni! – esclamò quell’individuo, facendo un amabile sorriso. Un ragazzo con la voce gentile tanto quanto i modi, intimidì la mora al punto tale da farle ghermire il foglio con mano tremante.

 

- Grazie! – riuscì a stento a dire, riproponendo per educazione anch’ella un sorriso. – La fretta non porta mai a nulla di buono…! – ammise in seguito, volgendo gli occhi a terra con una punta di insicurezza goffa.

 

- Ti aiuto io, dai! – si offrì celere lo sconosciuto, allungandosi più in là per agguantare il materiale a terra. – C’è qualche film in tv o al cinema che devi vedere?

 

- Niente di tutto ciò! – replicò lei, scuotendo energica il capo- Devo preparare la cena! – dichiarò apertamente, ancora china sul pavimento, mentre gli gettava curiosa un’occhiata.

Spalle larghe, fisico slanciato, capelli castani raccolti appena da un piccolo codino dietro la nuca.

In tutto, erano diciannove le persone che frequentavano quel corso. Tre ore, divise per due lezioni a settimana, non erano sufficienti a farle memorizzare, o perlomeno, a stabilire un’amicizia con tutti quei partecipanti.

 

- Sono seduto nella fila dietro la tua. – le svelò quel giovane, accorgendosi al volo della bella Mitsuki che lo scrutava confusa. – Per chi la prepari la cena? – domandò poi, forse troppo indiscreto, nel momento in cui le ginocchia gli si fletterono a terra per raccogliere un foglio tinto da matite e colori. Il taglio di quegli occhi sottili ed aguzzi, si assottigliò ancor di più non appena le pupille, scure ma vivaci, squadrarono il ritratto impresso su quel pezzo di carta. – E’ forse per lui che cucini? – si sentì presto chiedere, vedendosi poi arrivare un ritratto di Kouga, fatto la sera prima, proprio sotto il naso. – E’ il tuo ragazzo, giusto?

 

L’artista si stupì senza indugio: - Come fai a saperlo?

 

L’altro invece sorrise disinvolto.

- Tutte le pittrici, prima o poi, ritraggono il loro consorte! Non è scientificamente provato, però io dico che è così! – scherzò alla fine, lasciando Kaoru libera di riprendere il disegno per rimetterlo a posto, con cura, insieme agli altri. – Mi permetti di accompagnarti a casa? – La proposta dell’altro artista, le fece ciondolare immediatamente il capo.

Kaoru negò, in risposta a quell’offerta, sempre più tesa ed imbarazzata: - Oh, no, no, davvero! Non serve! E poi, la mia casa è a non molti metri da qui. Mi bastano dieci minuti per arrivarci! – si affannò svelta a decantare, inforcando la tracolla sulle spalle e sollevandosi dal suolo in tutta fretta.

 

Lo studente di pittura la seguì a ruota, smorzando sul nascere un flebile sorriso di rassegnazione.

- Come l’invidio il tuo ragazzo! – esclamò poi, sfoggiando una voce all’apparenza gioconda, e porgendole educato una mano- Io sono Ikuo Shiota!

 

- Kaoru Mitsuki! – si presentò l’altra, ridente, stringendo lieta la mano del suo nuovo amico.

 

Ikuo le sorrise con cortesia, da persona di belle maniere. In seguito, poco prima di vederla andar via, diede lo sfoggio di un ennesimo atto d’educazione:

– Allora, ti auguro una buona cena, Kaoru!

 

L’artista assentì felice, regalandogli ancora un sorriso, ed infine corse via, a più non posso, tenendosi la tracolla della borsa ben ferma con una mano.

Il suo orologio da polso segnava appena le nove, e nessuna pentola bolliva sul fornello di casa Mitsuki.

Kaoru accelerò il passo, mentre in lontananza, la sagoma di qualcuno fermo nei pressi della porta sbarrata del suo monolocale, attirò la sua attenzione.

Un cappotto bianco ed uno sguardo accigliato. Questo fu ciò che servì alla pittrice per riconoscere Kouga senza nessun’esitazione.

Ancora con il fiatone, lei lo raggiunse andandogli incontro con un semplice sorriso, compiaciuta nel vederlo lì, davanti all’uscio di casa propria, e con la speranza di fargli dimenticare lo scortese ritardo. Quel sorriso però non le servì a molto.

Il volto immutato ed impassibile, e la smorfia accigliata del giovane, confermarono prontamente i suoi timori.

- Questa volta il ritardatario non sono io. – sbottò presto, con un accento seccato, forse stufo di aspettare immobile come una statua di marmo bianco, l’arrivo della sua ragazzina.

Kaoru calò il capo, con movenze mortificate. 

- Scusami. – pigolò mogia, intonando una voce davvero dolente.

Tuttavia, il sospiro di un Kouga rassegnato, le fece tornare il suo solito sorriso.

Come se quello stesso sospiro le avesse dettook, pazienza! Sei perdonata”.  Parole che Kouga, per l’appunto, non le avrebbe mai spontaneamente detto.

Tutto ciò, però, non aveva molto valore per lei. A Kaoru bastava veramente poco per capire ed elaborare un gesto emesso senza importanza da quel taciturno e giovane uomo.

A Kaoru, quello che le bastava veramente, era restare al suo fianco.   

 

 

La chiave dell’appartamento intanto era già nella serratura. Qualche scatto, e l’uscio finalmente si spalancò.

La mano della mora si sposò sull’interruttore della luce e, dal soffitto bianco, una flebile lampadina non molto grande, diffuse e diede splendore alla sala del monolocale.  

Kouga si osservò in giro, mettendo in mostra un’espressione poco raggiante e spaesata.

C’erano scatole a destra e a manca, da svuotare ed ordinare a dovere. La confusione regnava un po’ ovunque, in quella minuta casupola che lui non sembrava per nulla gradire.

- Non capisco perché dobbiamo cenare qui, con tutta questa confusione in mezzo. – si lamentò in fretta, annottando la faccia con una smorfia scocciata.

 

- Perché è di buon auspicio mangiare il primo giorno di trasloco in una casa nuova! – gli replicò istintiva Kaoru, apprestandosi poi a raggiungere uno degli scatoloni più ingombranti, accantonato nei paraggi di un angolo dell’ambiente. – E poi, c’è tutto quello che ci serve, qui! Questo, per esempio, è il tavolo! – espose con fantasia, cercando di spostare quella scatola di cartone verso il centro della stanza, per farle assumere il ruolo appena citato.

 

Tirò diversi sospiri, l’introverso Cavaliere del Makai, nel scrutarla con atteggiamento accidioso e del tutto rassegnato, poco prima di andarle incontro senza proferire parola, piegarsi anch’egli sulla pesante scatola, ed agguantare il lato opposto, con l’intento di darle una mano.

Lei alzò meravigliata il viso, sorpresa da quel gesto così premuroso che le fece ricambiare la gentilezza con un dolce sorriso.

Kouga tirò verso di sé il pacco quadrato, marciando all’indietro con passi piccoli. Dal capo opposto, contrario al suo, la dolce ritrattista si muoveva in avanti, puntellando con i piedi il pavimento, e facendovi leva per far scivolare di fronte a sé l’oggetto di cartone.

Poco alla volta, quel fasullo tavolinetto si portò finalmente al centro della stanza, soddisfando così le aspettative della mora.

- Ecco fatto! – esclamò quest’ultima, strusciandosi l’ampia fronte con il dorso della mano, e rivolgendo infine uno sguardo al signorino Saejima, silenzioso come sempre, fermo proprio di fronte a lei.      

Quegli occhi da Cavaliere, incredibilmente scuri e profondi, s’incontrarono d’impatto con quelli grandi e pieni di splendore della bella pittrice.

La fioca luce dell’ambiente, la quiete fra quelle quattro mura, ed un’atmosfera dolce e soffusa, fece sì che ambedue i ragazzi, con le mani ancora appoggiate sul bordo della scatola e i dorsi curvi, finissero per attrarsi. Quei due volti, con le movenze timide ma desiderose di congiungersi con un bacio appena sussurrato, si avvicinarono lenti. Come due timorosi magneti.

Kouga e Kaoru sembrarono quasi arrossire. Le loro guance s’intinsero amabilmente di rosso. I loro sguardi poi si abbassarono con vergogna, ma subito dopo, come d’incanto e senza pensarci, ripreso a fissarsi.

Le palpebre si socchiusero con movenze calme.

I nasi si sfiorarono appena.

Le labbra si aprirono teneramente, si avvicinarono lente, si accostarono fino a fronteggiarsi l’un con l’altra, con i respiri che, abbracciandosi, si unirono divenendo un armonico tutt’uno.

Kouga stava quasi per toccare dolcemente la guancia di Kaoru, stava quasi per carezzarle con gentilezza quella pelle liscia e bianca e, più di ogni altra cosa, stava quasi per sfiorarle quella deliziosa boccuccia rosa fragola ma, d’improvviso, egli diventò una statua.

La causa? Un gracchiante rumore.

E fu proprio quello, che costrinse entrambi i ragazzi a sussultare prima ancora che arrivasse il fatidico e tanto desiderato bacio.

 

- Cos’è stato? – esclamò Kaoru, sobbalzando e volgendo lo sguardo alla sua destra, con fare tremolante.

 

Kouga la seguì a ruota, con un rapido guizzo. I loro occhi poi s’incontrarono per l’ennesima volta. Quelli della giovane sapevano di ansia. Per fugare ogni dubbio, senza indossare nemmeno il soprabito, lo spadaccino si recò di corsa all’esterno.

Con gli occhi attenti, rivolse in fretta lo sguardo nei paraggi. Lì fuori, però, tutto era immerso nella quieta più surreale.

Le strade erano deserte, i lampioni le illuminavano, e non c’era neppure uno spiffero di vento a far ondulare le fronde di un alberello lì vicino.

Il Cavaliere dell’Est si avviò verso il retro della casupola per controllare, ma tutto continuava a tacere anche lì dietro.

Che fosse stato un gatto?

Oppure

Kouga sollevò la mano sinistra per interpellare il suo anello guida, però le grida di qualcuno, ahimé, non gli diedero il tempo necessario.

La voce di quel qualcuno, oltretutto, era di Kaoru.

 

 

La giovane se ne stava tutta tremante con le spalle accostate alla facciata anteriore del piccolo stabile. Nei suoi occhi, c’era un mare oscuro di paura. 

Una mano le agguantò con violenza la gola, spingendola senza nessun riguardo verso quel freddo muro di pietra. Poteva, tutto sommato, un Orrore, avere riguardi verso un essere umano incapace di difendersi?

Kouga si precipitò di corsa sul frontale dell’abitazione, con una mano già sull’ansa della spada.

- KAORU!!! – urlò a squarciagola, aprendo di botto le palpebre. In quel preciso istante, nulla gli avrebbe impedito di andare incontro alla sua bella.

Neppure un minimo d’esitazione, si manifestò in quelle gambe. La corsa fu rapida, turbolenta. Riuscì per un soffio a raggiungerla, ma qualcosa però andò storto. Una barriera invalicabile di energia, lo respinse tassativamente all’indietro, facendolo sbattere con violenza sulla strada dura e lastricata alle sue spalle.

Kouga tossicchiò per il colpo e si scosse a malapena. Aveva un taglio sulla guancia che si colorò presto di rosso, sporcandogli così quel lato del viso. Con una rabbia impressionante, respirando affannosamente, si tirò su, affaticato ma ostinato a soccorrere quella ragazza. La sua ragazza.

Accadde qualcosa, però, in quel preciso attimo.

La scena si svolse in un flebile soffio.

Ancor prima che il giovane Cavaliere potesse tornare all’attacco, l’Orrore azzannò al collo Kaoru proprio sotto lo sguardo sconcertato di un Kouga che, istintivamente sentì il bisogno di urlare a tutta voce il nome della giovane donna.

Fu per lui, come se qualcuno gli avesse strappato con forza l’anima.

Si sentì psicologicamente crollare, Kouga. Si sentì sfinire, cadere in un profondo abisso lontano dalla luce e dal calore del sole. Si sentì morire.

Le gambe, per rabbia, una rabbia incontrollabile, iniziarono a muoversi con impulso, per dirigersi scattanti verso la barriera, con l’intenzione di attraversarla ad ogni costo. A qualsiasi costo.

 

- Fermati, Kouga! O ti farai male sul serio! – tuonò immediatamente Zarba, sconvolto in pieno dalle intenzioni del suo proprietario.

 

Un Cavaliere dell’Est infuriato, non avrebbe mai sentito ragioni.

Come nulla fosse, Kouga oltrepassò la barriera e, in quel preciso attimo, sia essa che il vile Orrore, svanirono misteriosamente, sciogliendosi come neve di primavera.

Confuso ma preoccupato, il ragazzo si apprestò a soccorrere quel delicato pulcino spennacchiato ormai esanime al suolo. Con evidenti tremori negli occhi, nelle braccia, e nella voce, lui la tirò su, raccogliendola prudente tra le braccia, con il cuore invischiato in un folle battito.

- Kaoru! – Kouga chiamò il suo nome con un tono teso, ansioso, sempre più oscillante.

Con la mano, poi, gli scostò delicatamente un ciuffo di capelli dal collo. Il cuore di quel giovane ormai correva all’impazzata. Ebbe paura, Kouga. Tanta paura.

Quelle ciocche sfilarono via, scoprendo di botto una pelle completamente intatta, senza lacerazioni, priva di morsi.    

 

Il figlio di Taiga si rianimò di corsa corrugando la fronte con una smorfia arruffata.

 

Dal medio della mano sinistra, Zarba sospirò sapendo già cosa dire:

- Un’eccellente Chimera Mistica, non c’è che dire!

 

Una Chimera Mistica, nel mondo del Makai, appariva come una sorta di illusione che, per esito e consistenza, diveniva così reale da ingannare la propria vittima facendole vedere, a seconda dei casi, il lato oscuro della più tetra delle sue paura.  

Le Chimere Mistiche, inoltre, erano un tipo di incantesimo usufruibile solo da abili preti del Makai.

Il proprietario del gotico anello, non ebbe neanche il tempo di concedersi una replica.

Un fruscio misterioso punse il suo sottile udito.

La testa gli si sollevò di getto, attirata da un aguzzo e lancinante bagliore che gli giunse contro a tutta forza. Parando una mano all’altezza del volto, essa afferrò pronta qualcosa.

Una, due, tre gocce di sangue precipitarono sul terreno avvizzito, e lo macchiarono inevitabilmente.

Kouga socchiuse gli occhi e si accigliò accusando un dolore pungente alla mano. Aprì lento le dita, mentre quel pizzico, nell’attuare il semplice movimento, si tramutò in bruciore.

Ben 8 punte sottili ed acuminate, due delle quali conficcate nella carne del suo palmo, davano la forma ad uno shuriken.

Viste le fattezze, era ovvio che si trattasse di un’arma appartenente al Makai. La lamina scura ed opaca che lo rivestiva, e dei caratteri incisi su tutti e otto gli aculei, lo dimostrarono all’istante.     

Occorreva una mano preparata e decisa, per poter maneggiare tale arma. Una mano di un Cavaliere Mistico, per esempio.

L’oggetto di ferro si rianimò all’improvviso, senza dare l’aggio al Cavaliere di squadrarlo con cautela. Era come se qualcuno lo stesse richiamando magicamente a sé. Inutile, per Kouga, impedire che quell’arma prendesse il volo. L’oggetto sfrecciò via, infilandosi tra le fronde di un albero, e sparì nell’orizzonte di una notte buia.

 

Nello stesso momento, Kaoru riaprì gli occhi. Confusa, e con un pesante senso di spossatezza, si guardò intorno accusando un lieve capogiro.

- Cos’è successo? – domandò poi, concentrando uno sguardo sul viso teso di un Kouga che la fissava spaurito. Il taglio che aveva sulla guancia, attirò l’attenzione dell’artista, e quest’ultima, sentì l’istinto di sfiorargli premurosamente quel lato.  

Da un ciuffetto di capelli sbarazzino, che gli celava di poco lo sguardo, il guerriero solitario dell’Est si rasserenò appena. Sembrò quasi tirare un lungo sospiro di sollievo.

- Come ti senti?

 

- Ho un po’ mal di testa...  – gli rispose lei, sempre più confusa, e subito dopo rinviò- Che ci faccio qui a terra? Che cosa mi è successo?

 

Kouga aiutò quella ragazza a sollevarsi dal suolo, dopodichè, guardandosi attorno con movenze circoscritte, il suo sguardo divenne nuovamente teso.      

- Telefona Gonza, e digli di venire qua al più presto. C’è un trasloco da fare. – disse soltanto, senza spiegazioni accurate.

 

- Quale trasloco? – gli domandò repentina lei, aggrottando le sopracciglia, desiderosa di avere una risposta. 

 

Il signorino le rivolse le spalle, e si avviò in casa. Quella risposta giunse a metà tra la soglia di casa e l’esterno circostante: – Il tuo. – sentenziò secco, con sentenza certa ed inamovibile.

 

Descrivere la reazione di Kaoru, che però arrivò celere, era pressoché insignificante.

- Come sarebbe a dire?!- rinviò subito, totalmente agitata - Kouga! – lo richiamò altisonante, per poi corrergli dietro sbottando.

 

 

La luce debole del monolocale si accese.

La luna brillava in cielo, semi coperta da un folto strato di nuvole.

In quel quartiere tutto taceva. Tutto, eccetto il chiacchiericcio di un’artista che si affannava a far cambiare idea ad un inamovibile Cavaliere del Makai.

Qualcuno, in lontananza, nascosto dal folto fogliame che ricopriva le aiuole di un incolto giardino, tese l’udito ed osservò in silenzio quel monolocale striminzito per, infine, dileguarsi nel nulla.

 

Misteriose presenze stavano per minare la stabilità del genere umano.

Misteriosi quesiti bramavano nell’ombra, ansiosi di essere risolti.

E questo, era solo l’inizio di una nuova avventura che avrebbe aspettato imminente dietro l’angolo, il ruggito di un impavido paladino dell’Est come Garo.    

 

 

 

                                                               Fine episodio

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Capitolo 3
*** #02 Gemelli ***


La confusione e lo scompiglio creano sempre un gran trambusto

                                    Gemelli                   

                                       #02

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

La confusione crea sempre un gran disordine.

E quello che confonde me, riguarda ciò che mi è successo l’altro giorno. Sono svenuta così, da un istante all’altro, senza un perché. Forse… sarà stato lo stress? Tuttavia, dentro di me i ricordi di quella sera non sono chiari.  

Ed io che pensavo di aver finalmente rimesso ogni cosa al suo posto!

Mi sono illusa di poter spiccar il volo, avere un piccolo appartamento per conto mio, e vivere come una ragazza che lavora e si gestisce al meglio la propria vita.

Tuttavia, più si va avanti, e più non smetto mai d’imparare. Ho capito che c’è sempre una virgola che si può infrangere al di fuori dei soliti schemi, e che ti riordina di nuovo le cose, costringendoti poi a fare tutto daccapo.

Da parte mia, posso solo portare pazienza, e cercare di rimettere ordine.

Però, se al mio fianco c’è un intrepido e coraggioso Cavaliere, tutto ciò che mi circonda e che non riesce a trovare un proprio ordine, ritorna magicamente al suo posto!

 

 

 

 

 

Kaoru Mistuki cercava. Cercava con affanno e sveltezza, frugando in ogni dove.

Sotto il letto.

Nei cassetti di un comò.

In un vaso senza fiori.

In una scatola piena di colori.

Controllando spigolo spigolo, angolo dopo angolo, senza trovare ciò che pareva aver smarrito.

In quella camera, la sua vecchia camera racchiusa nella grande villa dei Saejima, le scatole spacchettate solo a metà del fallito trasloco di alcuni giorni prima, si rianimavano, si scuotevano vivacemente. Kaoru frugò al loro interno, rovistando qua e là, una ad una, più incalzante che mai. Era come se avesse l’acqua alla gola, perché consapevole che avrebbe fatto tardi al lavoro.

Fermandosi un secondo al centro della stanza, il pensiero di chiamare Gonza, nella vaga speranza che potesse darle un aiuto, le prese a gironzolare nella mente.

Senza scoraggiarsi, la ragazza si accinse a lasciare la camera con fare svelto. Il pomello girò, l’anta si spalancò in una frazione di secondo, e lei in un battibaleno si ritrovò già sul pianerottolo del piano sovrastante.

Che cosa stava cercando quella giovane ragazzina dai grandi occhi? Quello che avrebbe cercato anche un artista distratto: la propria matita. La sua prediletta.

Il maggiordomo esattamente era alla sua destra, qualche metro più in là, infondo al corridoio. Sparì in quel preciso istante infilandosi svelto in una stanza e richiudendosi, quasi subito, la porta alle spalle.

Kaoru lo scorse appena in tempo. Facendo una rapida corsetta, percorse la fine dell’andito e spalancò incurante l’uscio di quella camera.

- Gonza…- pronunciò altisonante, rapida. “Hai visto la mia matita?” avrebbe voluto dire, ma le parole le restarono lì dentro, in gola, smorzate da chissà quale imprevedibile fatto. 

Di chi era quella camera?

Avendo appena finito di fare una doccia, Kouga stava annodandosi in vita un asciugamano bianco, sotto l’attenzione di un fedele maggiordomo che gli aveva appena porto il telo pulito, e sotto un viso di colpo imbiancato della ragazza pittrice.

Un pallore, il suo, destinato a cambiare con un’immediatezza pressoché istantanea, in un rosso profondo e del tutto scontato.

Gli occhi poi si nascosero tra due mani tremanti poco dopo un “dietro-front” scattante. Il rumore di una porta che sbatté ed echeggiò altisonante nell’atrio della villa, fu l’unica reazione di quel timido pulcino spennacchiato, che celere come non mai nei passi, raggiunse la propria camera in un lampo per richiudersi all’istante l’anta alle spalle.

- Comincio a rimpiangere il mio piccolo monolocale! – esclamò crucciata, toccandosi le guance ormai divenute caldissime. Facendosi con le mani aria su quella faccia accaldata, e gettando un occhio alla sveglietta posta sul comò, Kaoru sospirò sconsolata: raccolse una manciata di coraggio, agguantò la tracolla della capiente sacca con una mano nervosa, e si lanciò risoluta all’esterno, percorrendo la gradinata del palazzo senza mai volgere lo sguardo all’indietro.

La paura di incrociare quel taciturno signorino, le avrebbe creato senza dubbio imbarazzo. Tanto imbarazzo.  

Raggiunta la cucina, un bicchiere di latte fresco, bevuto giù con un sol colpo un po’ per fretta e un po’ per rabbia, fu la sua magra colazione.

Kaoru poggiò il bicchiere di vetro sul tavolo posto al centro della sala, e poi si voltò.

Alle sue spalle c’erano una serie di finestre che si susseguivano in quell’ambiente arioso e pieno di luce. Luce che, filtrando da quelle lastre trasparenti e pulite, la fece subito sentire a disagio. In un momento come quello, in cui lei sarebbe voluta sprofondare del tutto nel buio, non c’era posto peggiore!

-“Davvero un pessimo modo per iniziare la giornata!” – sbottò tra sé, volgendo un secondo lo sguardo in aria. Ma poi, la paura di vedere arrivare Kouga, da un momento all’altro, la convinse a scattare via di corsa.

Quella paura, tuttavia, si consolidò presto.   

Nel momento in cui stava per lasciare il luminoso salone, appena svoltato l’angolo, dal lato opposto al suo, Kouga le piombò d’innanzi e la travolse in pieno. Kaoru sbatté forte sul suo torace vestito di nero e guarnito da effigi preziose, e rimbalzò meccanicamente all’indietro. L’intervento tempestivo dell’altro, però, la riprese al volo.

- Sta più attenta. – le sbottò quest’ultimo, tenendole i polsi con modi non proprio regali.

 

- Sta più attento tu, piuttosto! – controbatté lei, con una reazione eccessiva, che la spinse a chinare gli occhi verso terra soltanto dopo averlo fissato brevemente in volto. La risposta di Kaoru, inoltre, aveva un che di sottinteso.  

 

Quel significato, Kouga lo afferrò al volo, ma anziché tacere, il giovane paladino trovò lo spunto per replicare: - Prima di infiltrarti come una furia nelle camere altrui, dovresti bussare. – le rammentò arrogante, ma piuttosto tranquillo. I modi e la voce lo erano.

Il contrario di lei che, da persona offesa, non riuscì a starsene zitta: - Altro che Cavaliere! Sei un perfetto maleducato! – gli appuntò stizzita, sfoggiando un broncio davvero grigio, quasi certamente indignato. Andò via sbuffando, mentre Kouga si limitò a seguirla con uno sguardo accidioso. Nello stesso istante, la voce di Gonza, giunta proprio alle sue spalle, lo fece di nuovo voltare.

- Ho avvisato il maestro, signorino. Mi ha riferito di farvi sapere che vi sta aspettando.

 

- Bene. – disse lui, soddisfatto, ed assentendo con il capo. – Ci vado subito.   

 

 

 

 

 

                                                                          ***

 

 

 

 

 

- Hai detto otto, vero? – domandò un anziano uomo al giovane Kouga, gettando un’occhiata ad uno scaffale pieno di libri vecchi ed impolverati, situato lì vicino.

 

Nella cupa cantina di un seminterrato malconcio, saturo di muffa e ragnatele, il flemmatico spadaccino assentì a quella misteriosa figura che gli stava di fronte, per seguire poi lo spostarsi di quel tizio con lo sguardo.

 

- La pregherei di accettare ancora le mie scuse… Ho chiesto un appuntamento con troppo poco preavviso, ma né io né Gonza siamo riusciti a trovare quell’arma. – confessò amareggiato.

 

- C’è solo un registro araldico del Makai, che riporta quell’oggetto. – confermò il vecchio che, per fattezze, assomigliava proprio ad uno di quei classici anziani eremiti protagonisti di fiabe dalle storie antiche ed affascinanti. Prendendo in seguito uno dei tanti tomi tra le mani, il signor Denemon, persona ultra settantenne vestita in maniera bislacca con tanto di tunica rosso scuro, dalle ampie maniche, e baffetti lunghi e grigiastri, soffiò sulla copertina del libro per allontanare un promiscuo strato di polvere, infine lo aprì – Caro ragazzo, - premise, emettendo un lieve sospiro- quella che hai visto la scorsa sera, non è una semplice arma. – confermò alla fine, consegnando quel libro, con le pagine ben aperte, tra le mani di Kouga.

 

- E’ questa. Ne sono sicuro! – affermò chiaro e deciso, con lo sguardo attento più del solito, esaminando un ritratto dell’arma impresso sulla facciata ingiallita di quel foglio.

 

- “L’Ottava Stella del Makai”. E’ così che la chiamano. Può inseguire il bersaglio predestinato, ovunque esso si trovi. Si tratta di una potente arma molto antica, che tuttavia non viene utilizzata ormai da tempo immemore, perché nessuno ha l’ardire di farlo.

 

- Come mai? – domandò lo spadaccino, affascinato dalle parole di quel saggio vecchio.

 

La risposta di quell’uomo non tardò ad arrivare:

- Per forgiarla, è necessario invocare lo “Spirito Malvagio”, colui che tutti chiamano “il distruttore”.

 

- Ahriman?! Non è possibile! – esclamò agitato Zarba, dimostrando di conoscere quel cosiddetto “distruttore” in maniera alquanto impeccabile. Kouga gli gettò uno sguardo deciso.  

Denemon al contrario sogghignò compiaciuto, mentre si dilettava a squadrare le fattezze di quel gotico anello un po’ troppo ciarliero.

- A quanto pare, hai un’ottima guida mistica, ragazzo! Dopotutto, quell’anello è una delle più importanti opere che quel bontempone di mio fratello abbia mai creato. – commentò, lasciandosi per un attimo trasportare dai ricordi. Dunque, il vecchietto che assomigliava ad un eremita fiabesco, altri non era che il fratello del gran maestro Amon. Il geniale Prete del Makai, grande amico di Taiga, ucciso da Kiba più di un fa.

Kouga si osservò ancora la mano, e Zarba gli sorrise appena con una smorfia audace, piena di sé. Si sentì in quell’attimo piuttosto importante.

Lo spadaccino riprese in seguito l’argomento interrotto dall’anziano saggio, sempre più incuriosito da quella storia:

- Che cosa succede una volta invocato questo spirito?

 

Denemon osservò il Cavaliere dal retro di un paio di lenti sottili che gli stavano sul naso. Si carezzò lentamente il mento, fino a toccare quel po’ di barbetta che gli pendeva giù come erba secca attaccata al dirupo. – Le teorie legate al Zoroastrismo, dicevano che dopo la morte, l’anima di ciascuno di noi sarà giudicata al Ponte del Giudizio; il seguace della Verità lo attraverserà e sarà condotto in paradiso, mentre il servitore della Menzogna, precipiterà all’inferno. Se si stabilisce un patto con Ahriman, si rinuncia in questo modo ad attraversare l’empireo, e a finire per tutta l’eternità nelle più aride e profonde gole del Makai. Ecco perché quell’arma, tanto preziosa quanto funesta, è stata bandita dal regolamento dei Cavalieri Magici. Nemmeno un prete del Makai può ottenere il consenso per forgiarla. Sai che cosa c’è scritto su quelle otto punte?

 

Lo spadaccino scosse il capo: - Purtroppo… - premise amareggiato- non ho fatto in tempo a decifrare quei caratteri. – ammise, con la delusione che gli si poteva leggere chiaramente in volto.

 

- Non hai fatto in tempo? Meglio per te, ragazzino! – rise di gusto il vecchio. Kouga al contrario non sembrò affatto gradire e, capire, il perché di quel gesto così poco simpatico. L’anziano poi riprese il discorso- “Colui che vorrà servirsi dei prodigi della Stella, dovrà scandire a gran voce la frase rituale incisasi grazie alla preghiera del suo abile artigiano, e suggellare il Mistico Patto”. Questo è ciò che recita una parte dell’introduzione riportata nel registro del Makai che hai tra le mani.

 

Kouga assottigliò lo sguardo su quel vecchio tomo, poi osservò l’anziano: - Che cosa dice il resto dell’introduzione?

 

Il saggio eremita fissò intensamente il giovane spadaccino. – Vuoi davvero saperlo? – chiese in un primo momento. Il Cavaliere del Makai annuì senza taluna esitazione. Un tipo come Kouga non ne avrebbe mai avuta.– Ebbene…- scandì l’anziano Denemon, preparandosi a rivelare la misteriosa frase – “ Punta dopo punta, dall’uno fino all’otto, le profane parole egli dovrà pronunciare e il Patto Mistico sancire. Quando la nenia infausta proferita sarà, l’arrivo della Menzogna sul suo cremisi destriero, ad egli il Paradiso dal destino strapperà.  In altre parole, se tu avessi pronunciato quei profani lemmi a voce alta, ti saresti presto trovato faccia a faccia con Ahriman in persona, salutando per sempre la possibilità di accedere al paradiso. Però, tu non hai fatto in tempo…! Hai proprio una fortuna sfacciata, ragazzino! – dichiarò l’uomo, facendosi ben volentieri un’altra sana risata.   

 

Kouga chinò gli occhi, preso dall’imbarazzo, mentre in sottofondo si sentì Zarba ridacchiare allegramente. La questione, tuttavia, assunse presto una piega ben diversa, anche perchè qualcosa non parve, di primo acchito, ritornare chiaramente nei pensieri sempre più confusi dello spadaccino del Makai.

- Ha detto… - premise, mentre sembrava rammentare una cosa proprio in quell’attimo- ha detto che ha il potere di non mancare mai la meta, è così? Peròquell’arma non mi ha colpito in un punto vitale. – Il Cavaliere lanciò un’occhiata alla lieve ferita, ormai modicamente visibile, sul palmo della mano. Una fenditura breve, quasi del tutto cicatrizzata dagli effetti altamente curativi del balsamo di Rivatra. Niente di così grave, in fin dei conti. Almeno non per lui.

 

- Non è detto che debba uccidere per forza. – concluse secco quello strano tizio, mentre si riprese l’antico libro e lo ripose al proprio posto, lì, in una fila molto più sporca ed impolverata delle altre. Probabilmente perché quell’angolo non era mai stato sfiorato da nessuno, prima di quell’attimo.  – Chi te l’ha lanciata, forse mirava ad ottenere dell’altro, chissà! – sibilò infine, carezzandosi i lunghi baffi bianchi con il pollice e l’indice. – Ad ogni modo, il figlio del grande Taiga Saejima saprà senza dubbio ottenere la risposta ai quesiti che lo affliggono. – disse, avviandosi alla conclusione di quel colloquio. Poi però sogghignò, stavolta con una sottigliezza maggiore, quasi mistica - Non è forse così, ragazzino?

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

L’Ottava Stella del Makai.

Il Ponte del Giudizio.

Ahriman.

Kouga era più tacito e pensieroso del solito, in quella tarda mattinata.

Procedeva per i boschi, in direzione della sua bella villa, riflettendo a fondo nella speranza di ricollegare i pezzi di un puzzle che sembravano essersi disseminati lungo un irto e scivoloso cammino.

Sulle scalinate della sua abitazione, un Rei Suzumura completamente adagiato là in mezzo, adocchiò il collega vestito di bianco e gli fece presto un sorriso.

Svogliato, accidioso, il guerriero dell’Ovest si alzò e discese il gradino che lo separava dal suolo, lambendo la gradinata con l’orlo del suo soprabito nero.

I due si raggiunsero reciprocamente, ma per Rei, il ragazzaccio dal ciuffo un po’ più sbarazzino, l’idea di accogliere il collega con un gesto cortese, non gli sfiorò neppure la mente.

Kouga vide l’amico farsi avanti con un pugno. La prontezza del Cavaliere d’Oro, tuttavia, fu superiore. Lo spadaccino bloccò ed annientò quel destro, fermandolo con il palmo della mano.

- Che diavolo stai facendo?! – gli sbraitò arrabbiato il detentore del titolo di Garo, continuando a respingere la mano chiusa dell’altro.

Nello sguardo di Rei, c’era rabbia. Tanta rabbia.

 

In lontananza, la sagoma di Kaoru che faceva presto ritorno a casa, avendo finito le sue tre ore di lavoro mattutino, fece capolino nel piazzale della villa.

Vedendo quei due testardi Cavalieri discutere, le sue gambe iniziarono meccanicamente a correre. 

Svelta, senza perdersi d’animo, e con coraggio, l’artista si pose in mezzo ai due per dividerli immediatamente.

In replica alla domanda fattagli da Kouga alcuni istanti prima, Rei afferrò con prontezza il braccio dell’artista e la tirò di peso a sé, schioccandole con prepotenza un bacio sulla guancia.

Lo spadaccino del Makai lo ferì all’istante con un’occhiata torva. Ebbe come un sussulto, dentro di sé. Un fastidioso e lacerante malessere, sgradevole come uno sciame di zanzare.  

 

- Ti dà fastidio che qualcun altro tocchi la tua donna, eh?! – controbatté Rei, ostentando uno sfacciato sorrisino. Smorfia destinata a cancellarsi non appena uno schiaffo istintivo sferrato lì per lì da Kaoru, gli centrò in pieno il viso.  

In un attimo, Kouga afferrò l’arto della pittrice approfittando dell’occasione, e la spinse dietro di sé.

 

- Picchia forte la tua dolce metà! – fece subito sapere il moro, con una voce fastidiosa ed inappropriata, dall’accento vivace.  

 

La fronte del giovane Saejima si corrucciò in modo intimidatorio: - Fallo ancora, e lo rimpiangerai amaramente!

 

Minacciosa, in quell’istante, fu anche l’obiezione dell’altro: - Mi sono infastidito almeno quanto te, ieri notte! Perché hai permesso a quell’Orrore di fuggire?! – disse con rabbia, accigliandosi furente.

 

- Cosa?! – ribatté sul momento lo spadaccino dell’Est, mettendo in mostra un’aria confusa.

 

- Vuoi forse che ti faccia tornare la memoria? – Toccando le anse delle sue corte ma affilate lame, senza inutili convenevoli il Cavaliere dell’Ovest si apprestò a sguainarle con un’abile mossa.

 

- Basta così, Rei! – lo ammonì burbera Silva, non più appesa al collo del suo proprietario sotto forma di collana, ma incastonata sulla superficie nera e di pelle di un mezzo guanto, per indurlo a calmarsi. In seguito, con parole chiare e precise, fu lei a spiegare la situazione- Ieri sera, durante un pattugliamento notturno, hai colpito Rei allo stomaco e permesso ad un Orrore di scappare.

 

Quelle parole annichilirono Kouga in un battito d’ali.

- Impossibile! Non ero io! – controbatté prontamente. 

 

- Ed io non ero ubriaco, Kouga! – asserì subito il paladino dell’Ovest, sempre più deciso a sguainare le armi.

 

Kaoru, seguito attentamente il dibattito, non poté impedirsi di confermare: - Kouga ieri sera era con me! Te lo assicuro! – si affannò a dire, con lo scopo di difenderlo, facendosi avanti caparbia.

 

- Cos’è, mi prendi anche tu in giro, sorella? – le replicò Rei, sforzandosi di emettere un sorriso tirato. – Vuoi che stavolta ti sfiori le labbra? – il Cavaliere d’Argento si animò con l’intento di raggiungere la ragazza, ma questa volta Kouga fu più lesto di lui. L’Animetallo della spada luccicò alla luce del sole, per posarsi minaccioso sotto il mento dello sfrontato ragazzino. – Ma che bello! Come ai vecchi tempi, eh? – lo sfotté quest’ultimo, ferendolo con un’occhiata minacciosa.

Le armi di due Cavalieri Mistici, non avrebbero mai dovuto incrociarsi. Era il regolamento. Tuttavia, due perfetti violatori di legge come loro, quel regolamento non avevano nessuna voglia di rispettarlo.

 

Kaoru si scosse, si agitò. Anche lei non voleva che loro litigassero. Quei due testardi, prima di essere Cavalieri Mistici, erano soprattutto amici.

Un passo in avanti, fu tutto ciò che la giovane riuscì a fare, poco prima di avvertire un pericoloso capogiro.

- Ragazzi… - pronunciò a stento, stordita da quell’indisposizione improvvisa, e tenendosi la fronte con una mano. Kouga e Rei le lanciarono diretti uno sguardo. Il primo dei due lo fece con più attenzione. – Non credo di sentirmi tanto bene…- dichiarò infine, serrando di colpo le palpebre e crollando esanime verso terra.

 

- Kaoru! – esclamò Kouga, gettandosi verso di lei per sostenerla tra le braccia. L’afferrò quasi per un soffio.

 

- E’ svenuta. I battiti del suo cuore sono alquanto deboli. – gli annotò Zarba, costatandolo grazie all’anello di fidanzamento che la ragazza portava al dito, creato per l’occasione dal Madougu gotico e regalatole da Kouga il giorno in cui la pittrice partì per l’Italia con l’intento di recuperare le cose che aveva lasciato in quel piccolo ma accogliente paese, e trasferirsi definitivamente in Giappone.

Quell’anello, più del precedente, aveva il magico potere di comunicare a Zarba l’ubicazione pressoché esatta del suo possessore, compreso lo stato di salute. Tutto merito dell’Animetallo, il cosiddetto “metallo dell’anima”, usato per forgiare le armi e le armature dei Cavalieri Magici, che agiva proprio sull’anima del suo proprietario, divenendone un tutt’uno. Ed era proprio l’Animetallo del gioiello che, stando a contatto con il dito della pittrice, permetteva a Zarba di stabilire un quadro clinico attraverso i soli battiti del cuore.      

 

- Non starà per caso aspettando un bambino, eh Kouga? – scherzò il solito Rei, meritandosi pienamente un’ammonizione “visiva”, cioè fatta solo con uno sgarbato sguardo, da parte del collega. Quel ragazzo sospirò. D'altronde, la sua voleva sembrare solamente un’innocua battuta – Portiamola dentro, dai! – propose in seguito, mettendo da parte i dissapori.

 

 

 

                                                                    

 

                                                                          ***

 

 

 

 

 

Distesa sul divano in una sala della villa, Kaoru pian pianino dischiuse gli occhi e cercò istintivamente di alzarsi. Un capogiro però la costrinse a cedere senza indugio, e a sprofondare nuovamente su quel morbido sofà.

 

- Sta giù! – le ordinò con fermezza Kouga, tuttavia, premuroso sia nei gesti delle mani, che la costrinsero a distendersi con dolcezza, e sia nella voce. Anche se quest’ultima, aveva un accento un po’ burbero.

 

- Sto bene. – pronunciò lei, cercando di rassicurarlo, mentre si guardava intorno confusa. Gonza e Rei erano lì accanto. Anch’essi la fissavano con apprensione. - Mi sento solo un po’ debole. – ammise poi, sforzandosi di emettere un sorriso.

 

- La mattina non ti alimenti come si deve e sei sempre di corsa. E’ per questo che sei debole…! – replicò alla svelta lo spadaccino, con parole oggettive e assai dure. I due giovani si fissarono reciprocamente negli occhi. Quelli di Kaoru avevano il sapore della colpevolezza, mentre per Kouga, il suo sguardo dichiarava a gran voce il desiderio di urlare qualcosa. Era come se volesse dirle “non voglio perderti”, “mi preoccupa il pensiero di vederti soffrire”. Però, quel ragazzo non era ancora pronto per esternare alla sua bella delle simili parole. Rialzandosi dalla posizione supina, il signorino osservò Gonza in viso – Occupati di lei e falla riposare. – gli chiese infine, gettando poco dopo un’occhiata verso Rei. Il moretto dalla risposta sempre pronta afferrò al volo quel sottile segnale, e seguì Kouga verso l’esterno dell’abitazione, attraversando un lungo tratto di terra, per poi scomparire nella boscaglia più fitta di quel territorio.

 

Un luogo calmo, privo di rumori, accarezzato da una timida luce che s’infrangeva sopra agli alberi e ne proiettava le ombre sul terreno. Un posto magnifico per discutere con tranquillità.

 

- Presumo che tu mi abbia portato qui per chiarire. - intuì Rei, da bravo ragazzo sveglio – Ebbene… non mi piace ripetere le cose, ma per te farò un’eccezione! – il moro prese fiato, e poi con un fare incurante, si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e prese ad osservare il cielo- Ieri sera, grazie al geniale intervento di un lupo solitario dell’Est, non ho potuto fare il mio dovere.

 

La replica di Kouga, subito dopo la fine di quella frase, tuonò improvvisa: - Ti ho già detto che non ero io! – Gli occhi del figlio di Taiga, di primo acchito non parevano menzogneri. Il giovane Suzumura lo osservò bene in viso. Avrebbe mai potuto, Kouga, mentire così bene?

 

Zarba, appurata la situazione, decise di farsi avanti: - Sta dicendo la verità, Rei. Sono pronto a giurartelo. Non puoi non fidarti della parola di un Madougu.  

 

- E perché non dovrebbe? Anch’io ho visto Garo! – si affannò ad affermare Silva, più che decisa con quelle parole. - Sempre che il tuo proprietario non abbia un gemello che svolga il suo stesso operato, s’intende!- commentò maliziosa.

 

- Per la miseria…! – sbottò scocciato l’anello- Sta un po’ zitta, ex-collana! – evidenziò infine, con una voce stanca e scortese.  

 

Le parole di quel gotico testone pettegolo, ferirono Silva seduta stante, e quest’ultima, senza perdere tempo, si adoperò a rimbeccare adirata: - Sei uno zotico!

 

- E tu una ciarliera!

 

- Tra noi due il ciarliero sei tu, rozzo di un anello!

 

- Smettetela voi due! – Rei fermò i due gioielli attaccabrighe con il solo tono della voce, per porre così fine a quell’ inopportuno battibecco.

Lo sguardo e il volto del paladino dell’Ovest si fecero pensierosi almeno quanto quelli del collega dal soprabito bianco. – Lo sai che un diligente Cavaliere Mistico, ha l’obbligo di riferire ai piani alti del Makai le violazioni di un altro Cavaliere? – gli annotò la Zanna d’Argento, guardandolo dritto in faccia.

 

Ma quest’ultimo, quasi con certezza gli rispose secco: - Però tu non lo hai fatto. 

 

Il giovane Suzumura sospirò: - Infondo, speravo proprio che non fossi tu, quel Cavaliere. – ammise, sfoggiando mezzo sorrisino – Prima di passare ai fatti, volevo vedere la tua reazione… Tuttavia, se io non mi fossi convinto che tu dicevi il vero, a quest’ora ti saresti già ritrovato a terra da un pezzo! – Il baldanzoso Suzumura era più che sicuro delle sue capacità da bravo combattente. Così sicuro da sogghignare con noncuranza nei confronti dell’altro Cavaliere.

 

- Io dico che sarebbe stato il contrario. – lo azzittì in fretta Kouga, con una degna risposta.

 

Un sorriso come replica, e poi, quasi subito il Cavaliere dell’Ovest s’incrociò le braccia al petto:

- Secondo te, chi può essere quel Cavaliere d’Oro che assomiglia tanto al tuo Garo?

 

- Speravo che me lo dicessi tu. – appuntò l’altro, deluso dalla domanda del collega, in quanto sperava che fosse egli, quello a dare informazioni.

 

- Prima l’Ottava Stella del Makai, e poi uno che si fa passare per te... Sono alquanto inquieto. – Zarba fu categorico. Tuttavia, quella sua risposta portò Rei a divenire curioso. Molto curioso.

 

- “L’Ottava Stella del Makai”? – replicò proprio lui, aggrottando la fronte che gli si riempì di tante grosse increspature.

 

Silva diede subito sfoggio di tutto il suo sapere, senza lasciarsi sfuggire quella preziosa opportunità: - Si tratta di uno shuriken a 8 punte molto antico, che un tempo veniva creato dai preti del Makai per semplificare il lavoro dei Cavalieri Magici. Nel forgiarlo, però, il suo fabbricatore doveva rinunciare al paradiso. Per questo motivo quell’oggetto lo si doveva utilizzare solo per risolvere casi estremamente complicati e pericolosi.     

 

- Per essere un ninnolo giovane senza catena, sei ben informata! – controbatté subito l’anello chiacchierone, senza farsi vedere stupito, ma, al contrario, seccato. Un Madougu femmina che ne sapeva molto più di lui? Inammissibile!

 

- Non sono certo un’ignorante come te! – reagì pronta la collega, fiera di sé e della sua cultura che sovrastava perfino quella di Zarba. O forse, questo era ciò che pensava lei!

 

- L’anziano Denemon mi ha assicurato che la stella è stata bandita dall’ordine dei Cavalieri Mistici, e che da oltre trent’anni nessuno ne ha più vista una in circolazione.

 

- Denemon? Il saggio eremita che ha studiato e conosce ogni arma del Makai? Il fratello del maestro Amon? Perbacco! – si sbalordì prontamente Rei, facendo una smorfia stupita - Sei andato fin lassù, per chiedergli una cosa simile? Non potevi rivolgerti al Cane da Guardia del tuo settore?

 

- Non mi è stato di grande aiuto. Però… -Kouga sospirò e prese fiato- Mi ha detto che qualcuno varca il portale del Makai senza autorizzazione.

 

- Che cosa?!

 

- Inoltre, ha aggiunto che non appartiene all’ordine dei Cavaliere Mistici. – confermò in seguito, e Rei, in uno schiocco di dita, curvò le sopracciglia all’insù:

 

- Scorazza a piede libero nel Makai, senza il famoso lasciapassare di quelle puntigliose sentinelle? Per la miseria! Deve avere fegato…! Ma… - si trattenne dall’emettere una risatina- Se non è uno di noi, allora chi è? E soprattutto… quello che ho visto ieri, chi diavolo

 

- Non ne ho idea. – lo anticipò secco Kouga- E questo mi preoccupa. – Dopo quell’affermazione, lo spadaccino dell’Est si fece di colpo silenzioso. La faccenda, proprio come aveva confermato anche Zarba, lo doveva turbava parecchio.

 

Rei scrutò di sottecchi il figlio di Taiga. Kouga Saejima difficilmente si lasciava inquietare da qualcosa.  

Fu con una rapida risposta, che la Zanna d’Argento si apprestò a rimettere ogni cosa al suo posto.    

- Beh, se non altro, la tua fortuna è che hai conosciuto me! Ed io non sono un tipo che nega la mano a qualcuno che ne ha estremamente bisogno. Soprattutto quando c’è di mezzo un Cavaliere di poche parole e dal cappotto bianco…! – il giovane Suzumura, con una pacca sulla spalla, cercò di rassicurare il collega. Rei, per l’appunto, senz’altro avrebbe aiutato Kouga a districare quel complicato rompicapo venuto su improvvisamente e dal nulla, suggellando in quel modo un’amicizia, che legava due paladini del bene, destinata certamente a durare nel tempo.

 

 

Di rompicapi, molto più tardi, al povero Gonza di certo non ne mancavano!

- Ma signorina, ragionate! Oltretutto, il signor Kouga mi ha dato l’ordine di…

 

- Il “signor” Kougasottolineò Kaoru, mentre prese fiato con slancio, come se fosse un po’ arrabbiata- è sparito nel nulla da ben due ore, senza nemmeno preoccuparsi di passare da me, prima di sbattere la porta e correre via! Fammi indovinare… Un altro Orrore? E poi ora mi sento meglio! – asserì, mettendo la tracolla sulle spalle ed incamminandosi verso l’uscita dell’abitazione, incurante delle continue esortazioni di quel maggiordomo preoccupato che, poverino, fu costretto ad inseguirla correndo a piccoli passi con tanto di fastidiosa lombaggine al seguito. – Quando torno, con lui ci parlo io. Così non se la prenderà con lei, Gonza!- enfatizzò come nulla fosse, sfoderando un ammaliante sorriso e salutando l’uomo con mano sventolante e spensierata. Poco prima di richiudersi il portone alle spalle e sgattaiolare via, Kaoru si fermò un attimino per rivolgersi al paziente maggiordomo: - Quasi dimenticavo…! Ha trovato per caso una matita, qui in giro?  

 

Gonza ci pensò su, poi scosse il capo tutto desolato. L’artista corrucciò brevemente la fronte, ma poi quasi subito si riprese: tirò a sé il pesante portone di villa Saejima, e lasciò finalmente quel luogo.

 

“Davvero una bella gatta da pelare” pensò quel povero maggiordomo, prima di crollare sconsolato sulla sedia accanto all’ingresso della villa, e reclinare il capo sulla spalla.

Infine, volgendo gli occhi al soffitto, esclamò disperato: - Povero me!

 

 

 

 

 

 

                                                                     ***

 

 

 

        

 

- Sicuro che è qui?

 

- Sicurissimo! Non ti fidi più delle mie percezioni mistiche? – rimandò Zarba, scambiando una chiacchiera con il suo proprietario intento a stanare un Orrore.

 

Il figlio di Taiga sospirò, avanzando silenzioso nei pressi di un deposito di vecchie auto ormai abbandonato.

- E’ da un po’ di tempo che non mi dai le giuste indicazioni. – si lamentò svelto, restando vigile sull’ambiente che lo circondava.

 

- Ma tu sentilo! Perfino il fratello di Amon mi ha elogiato dignitosamente! – sbottò l’anello, visibilmente sdegnato- Per una Chimera Mistica da me non percepita, non c’è da fare i perfettini, ragazzo! Se fosse vivo tuo padre, a quest’ora ti avrebbe già rimproverato per la mancanza di fiducia nei riguardi di un nobile anello mistico come me!

 

Se Taiga fosse stato ancora in vita, forse sarebbe anche stato in grado di aiutare il suo amato figliolo, molto più di chiunque altro.

Era questo, ciò che carezzava i mille pensieri di Kouga, racchiuso in un luogo tutt’altro che illuminato e muto proprio come il suo animo.

Poi, uno scricchiolio inaspettato lo sollecitò a mettersi in allarme.

Il soprabito si mosse, si spostò rapidamente. Con una capriola il ragazzo si lanciò a terra, evitando così di essere colpito in pieno dalla portiera di un’auto vagante.

L’Orrore era finalmente uscito allo scoperto.

Kouga estrasse la spada, gli corse incontro, tra una macchina e l’altra, supino il più possibile per nascondersi ed arrivare al bersaglio senza essere visto.

La poca luce che illuminava l’ambiente, gli facilitò il compito.

L’essere mostruoso, dal corpo rozzo di un rosso violaceo, fece mutare il suo braccio in una lunga e pericolosa asta acuminata.

Una, due autovetture volarono via, spazzate in pieno dalla furia di quella robusta mazza ferrata.

Kouga si fermò. Attese che quelle carcasse si andassero a frantumare contro la parete posta alle sue spalle, e subito dopo uscì di colpo allo scoperto.

L’Orrore lo intravide, si scagliò furioso, pronto all’attacco, ma il colpo d’asta centrò il vuoto.

Il Cavaliere era stato più veloce di lui. Salito prontamente sulla cappotta di un’auto, Kouga ruotò su di sé la spada, e in un baleno si trasformò in Garo.

Il lupo dorato saltò come un enorme felino per sfuggire alla lancia dell’Orrore che, infuriato, tentò di ritrarre l’arma e lanciarsi a mani nude sul bersaglio. Il tutto per acquisire maggior rapidità.

La spada di Garo, anche stavolta, fu più dinamica di quelle mani. Un fendente preciso recise il braccio dell’essere che si piegò su se stesso dal dolore.

Il sangue cadde a terra. Le grida del mostro si levarono in aria, e l’arma di Garo si apprestò a condurre a termine lo scontro.

Prima le gambe, e poi il capo. L’Orrore finì in pezzi, tramutandosi in un cumulo di sporche ceneri. Il lupo azzannato dell’Est poté finalmente riporre la spada, perché per lui, quella battaglia era trionfalmente conclusa.

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

La porta di casa Saejima si aprì spalancandosi inaspettatamente.

Tra un passo e l’altro, Kouga rientrò sorpreso nel vedere Gonza, immobile e teso al centro della hall, che lo fissava con occhi intimoriti. Il ragazzo superò il maggiordomo per poi incamminarsi verso la stanza dove avrebbe dovuto riposare Kaoru, ma Gonza, mettendo in moto le gambe, e raccogliendo una punta di coraggio, lo raggiunse alla svelta e si parò d’innanzi a quella porta.

 

- Che cosa c’è? – lo interrogò svelto il suo signorino, fiutando subito puzza di bruciato.

 

Gonza tribolò, si scosse ed infine fu costretto a rivelargli l’accaduto: - La signorina… è voluta andare a quel corso. – disse a fatica, sforzandosi anche di emettere un sorrisino forzato.

Date le circostanze, il viso di Kouga, proprio come previsto, s’annottò di colpo.

 

 

                                                            

 

               

                                                                            ***

 

 

 

 

 

- Tutto ok? – si sentì rivolgere Kaoru che, per colpa di un fastidioso giramento di testa, se ne stava appoggiata sullo stipite di una porta, con un visino più bianco del solito. La porta, per l’esattezza, era quella che dava accesso alla struttura dell’istituto d’arte frequentato dalla giovane.

La mora, con un’espressione angustiata, si voltò a fatica.

Era stato Ikuo a parlare.

 

- Ho avuto solo un capogiro, nulla più! – gli disse, cercando di essere credibile.

 

- Mi hai detto di esserti nuovamente trasferita, vero? – Ikuo gettò uno sguardo al suo orologio da polso, e poi si mise pensieroso- E’ tardi, e in queste condizioni non credo che riuscirai a tornare a casa… – annotò con saggezza.

Pochi attimi e, le mani di quel giovane così gentile, l’aiutarono a reggersi in piedi, per sostenerla premurosamente. L’artista sobbalzò sorpresa da quel gesto, e si guardò attorno spaesata.

Lì vicino c’era una bici.

 

- Ikuo… - lo chiamò lei, avendo già intuito le intenzioni del compagno di corso.

 

- Mi restituirai il favore la prossima volta che sarò io ad aver bisogno del tuo aiuto! – esclamò il ragazzo, facendola prima accostare e poi sedere sul piano posteriore di quella bici.

Vista la situazione, Kaoru non poté fare a meno di arrendersi alle gentilezze dello studente.

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

- Come mai frequenti il corso, se sei già così brava a disegnare? – domandò lui, dopo svariati minuti, tra una pedalata e l’altra, intento a riportarla a casa.

 

- Per imparare nuove cose, e per poter, un giorno, essere autonoma e in grado di aprirmi uno studio tutto mio!

 

- Uno studio artistico?

 

- Esatto! – gli assentì Kaoru, sognando quasi ad occhi aperti – Attualmente lavoro presso una casa editrice che produce fiabe per bambini. Io ho il compito di illustrare le scene di quei libri, seguendo uno schema ed una storia concepita da altri. Però… il mio sogno sarebbe quello di produrre qualcosa di mio, senza persone che ti dicano come, cosa e soprattutto chi raffigurare.

 

- E tu, hai già ideato il protagonista della tua storia?

 

L’artista abbozzò un piccolo sorrisino.

- Veramente… sì!

 

- Scommetto che si tratta di uno di quegli animaletti carini e con il muso simpatico, ho indovinato?

 

- Beh… in effetti, ciò che ho in mente è completamente diverso! – gli confessò ad Ikuo, rivolgendo un pensiero a quel personaggio, vivo proprio nella sua testa, che le fece spuntare un dolce riso sulle labbra. - Si tratta di un cavaliere. Un intrepido cavaliere rivestito da una corazza d’oro, che sconfigge le tenebre e salva le persone in difficoltà.

 

- Però..! – s’incantò all’istante Ikuo, immaginandosi quasi la figura di quell’eroe dorato - Sembrerebbe interessante…! Se fossi un bambino, acquisterei subito i tuoi libri!

 

- Per il momento è solo un sogno, ma io spero che si possa trasformare molto presto in realtà! – I ricordi di Kaoru volarono indietro, nel tempo in cui lei era soltanto una bambina che sfogliava estasiata le pagine di quel libro illustrato fatto dal padre.

Sarebbe stato bello se, in una società sempre più povera di valori, le avventure di un Cavaliere Dorato avessero portato una ventata di speranza verso quei piccoli piccini, destinati un giorno a diventare gli eredi di un futuro non tanto lontano.

         

- A proposito… come mai hai cambiato casa così rapidamente?

La domanda di Ikuo era giunta alla sprovvista.

Kaoru sospirò sconsolata, poi rispose titubante: - Beh- premise, con la voce che sapeva di confusione, quasi non sapesse cosa dire- Di preciso, non lo so neppure io… Però il mio ragazzo pensa che per me sia più sicuro restare a casa sua.

 

- Al sicuro? – replicò Ikuo, più intontito che mai- E da chi? Spero che tu non abbia un serial killer alle calcagna!

 

- Oh, no! Sta tranquillo! – disse la ragazza, sforzandosi anche di sorridere. Come poteva, Kaoru Mitsuki, rivelare a quel giovane sconosciuto che Kouga Saejima, Cavaliere dell’Est, era un cacciatore di Orrori? – Sai, sono una ragazza molto pasticciona e…

 

- Ahh! Ho capito! – esclamò l’altro, mettendola a tacere- Lui ti protegge da te stessa, è così? Teme che tu possa cacciarti nei guai, e quindi preferisci tenerti d’occhio!

La mora ascoltò attentamente le parole dell’amico. In fin dei conti, forse Ikuo poteva avere ragione. Kouga stava cercando di tenerla lontana da quelle pericolose e tetre creature. E non c’era modo migliore, per lui, che tenerla con sé, in quella villa sontuosa, grande ed accogliente.

 

“Dimmi perché? Perché mi hai costretto a traslocare in fretta e furia?” aveva chiesto l’artista, la stessa sera della dislocazione, ad un Kouga muto ed impassibile che le stava d’innanzi.

 

“Combineresti solo guai se resti da sola. rispose lui, frettolosamente. Non poteva rivelarle la verità. Non voleva raccontare a Kaoru né delle Chimere Mistiche, né della faccenda di quell’arma ad otto punte, scagliata con violenza contro di lui da chissà quale creatura, e né delle truci parole di quell’Orrore affrontato nell’angusto vicolo.  

 

- Forse… hai proprio ragione.- pigolò a voce bassa, continuando a rammentare quell’attimo.

 

Le ruote della bici di Ikuo Shiota, ad un tratto si fermarono. Il rumore dei freni fece destare Kaoru che ritornò bruscamente alla realtà.

Il ragazzo richiamò a sé il ritratto di Kouga, visto per caso alcune sere prima, e lo contrappose ad una figura che stava in quel preciso attimo conquistando terreno in lontananza. Aveva esattamente le stesse fattezze del dipinto, appuntò subito.

 

- Mi sembra che quello lì, assomigli al tuo ragazzo. – gli fece presto notare, indicando lo sconosciuto con l’indice.

Un cappotto bianco, un’andatura inconfondibile, e lo sguardo accigliato.

L’artista riconobbe Kouga all’istante.

Il solitario spadaccino notò la bici ferma sul ciglio della strada, e, successivamente vide Kaoru che se ne stava seduta lì dietro ad osservarlo attonita.

Una corsa breve lungo la pista, lo avvicinò lì per lì ai due. 

 

- Kouga…! – esclamò la dolce bruna, scorgendogli in viso un’espressione inquieta.  

 

- Che cosa ti è successo?! – le chiese in fretta il Cavaliere, con una cadenza di voce allarmata.

 

Prima di rispondergli, Kaoru cercò di alzarsi dal sellino posteriore di quel mezzo, ma barcollando, ciondolò in avanti.

Il Cavaliere del Makai l’afferrò prontamente, riuscendo a tenerla su, mentre lei, con fare fiacco si lasciò quasi cadere tra le sue braccia.  

- Sto bene, sto bene! – si affannò presto a decantare, solo per tranquillizzarlo.  

 

- Ti avevo detto di restare a riposo! – Il rimprovero di Kouga giunse senza indugi. La sua espressione, oltretutto, non era certo delle più rosee.    

 

Kaoru chinò lo sguardo nella stessa maniera in cui avrebbe fatto una persona che, per via di uno sbaglio, si sentiva colpevole.

- Ci tenevo a non perdermi la lezione. – pigolò mogia, facendo quasi tenerezza.

 

Ancora una volta, il Cavaliere del Makai nei confronti di quell’ennesima idea balorda, sospirò piano. Poi, con modi calmi e dolcemente premurosi, la spinse ancor di più a sé, per sostenerla con più forza.

Ikuo, l’artista con il codino sulla nuca, nonché compagno di corso della bella Mistuki, osservò il duo di sottecchi, ed esalò anch’egli un sospiro. Ciò che sentì in quell’attimo, fu solo invidia. Forse, anche lui avrebbe voluto una persona da amare. Una moretta come la sua compagna di corso, per esempio.  

 

- Allora, la lascio a te! – esclamò il giovane a Kouga, inforcando i pedali della bici, e guardando per la prima volta lo spadaccino dritto negli occhi. I due si osservarono a lungo, in silenzio. Nessuno si sforzò né di fare particolarmente il buono, e né di essere scostante. Fu un’occhiata tra due sconosciuti coetanei che avevano in comune solo il privilegio di conoscere Kaoru. Nulla di più formale.

     

Il cigolio delle ruote iniziò a far rumore, a divorare il suolo, e a prendere il largo. La bici ripartì sotto lo sguardo perplesso di Kouga, che poi si accinse curioso a chiedere informazioni alla sua bella.

- Quello… Chi era?- disse a malapena, pervaso da un imbarazzo che per lui era davvero anormale.

La domanda pose Kaoru a picchiarsi la fronte con una mano: - Accidenti! Ho dimenticato di presentarvi! – esclamò tutta dispiaciuta - Lui frequenta il mio stesso corso. E’ una persona assai gentile e simpatica! Non appena mi ha visto in difficoltà, si è subito offerto di accompagnarmi a casa. – La ragazza sembrò descrivere quello sconosciuto con evidente entusiasmo. Kouga, dal suo canto, non ebbe modo di sfoggiare lo stesso trasporto. La mora gli osservò il viso lievemente incupito, poi, senza badare alla strana movenza, qualcosa sembrò non tornarle: - Ma tu… che ci fai qui?  

 

Lo spadaccino del mondo del Makai non aveva la benché minima intenzione di replicare. Nessun problema! Ci pensò Zarba l’anello, ad aprire le zanne al posto suo: - E’ corso qua per venirti a prendere. Lo hai fatto molto preoccupare, sai?

 

Un sorrisino affiorò lieve sulle labbra di Kaoru. Un sorrisino che sapeva di felicità. 

- Allora – premise arrossandosi in volto, e con una vocina deliziosa simile a quella di una timida bambina – Sei davvero un Cavaliere!

 

La reazione del signorino taciturno, fu rapida ma scontata. I suoi occhi si spostarono verso il ciglio della strada per reprimere un disagio impertinente che lo aveva colpito all’improvviso. L’animo forte e mai incerto dello spadaccino tremò, scosso dal suono delle parole della sua amata, e quel cuore impavido da assoluto cacciatore di Orrori, sussultò, rapito ed emozionato da quella serie di lettere che, messe insieme, facevano tanta armonia.

Teso, con una reazione pressoché spontanea, Kouga spintonò a sé il braccio di Kaoru per aiutarla a camminare, e quest’ultima lo seguì tenendosi a lui barcollante.

Passo dopo passo, il viso, le gambe, il respiro, tutto il corpo mostrò poi la stanchezza di quella giovane artista.

Le palpebre che si socchiudevano, uno sbadiglio di sonno che nasceva e sgorgava da quella bocca rosa e delicata, sottolinearono presto ogni cosa.

Sul bordo della via, dopo averle lanciato un’occhiata sommessa, lo spadaccino si fermò e fletté un po’ le ginocchia. La schiena s’incurvò e il soprabito bianco lambì per un breve attimo il sentiero. Con un gesto svelto, quasi doveroso in una simile situazione, il Cavaliere fece scivolare Kaoru sulle sue ampie spalle, e la tirò su.

La boccuccia della ragazza emise un altro sbadiglio. Le palpebre si abbassarono poco alla volta, sempre più stanche. Fu il capo, però, a cedere per primo. Con la guancia posata sul dorso di Kouga, lei poco prima di appisolarsi trovò la forza per replicare con un mugolio flebile: - Grazie!- disse stanca ma, felice.

 

- E’ proprio un tenero pulcino spennacchiato! – scherzò prontamente Zarba, arrivando perfino a far abbozzare un mezzo sorriso al suo proprietario, per lui fin troppo serio.

La verità era soltanto una: da quando Kaoru era entrata nella sua vita, aveva insegnato all’erede di Taiga e a quel suo muso quasi sempre chiuso ed annottato, a tirarsi e a sorridere più spesso.

Stava cambiando, Kouga. A piccoli passi, stava cambiando in meglio.

Anche se, orgoglioso com’era e con un’ostinata inflessibilità, non riusciva ancora del tutto ad accettare una tanto vergognosa quanto inammissibile verità.

Sarebbe sembrata una sera destinata a finire proprio con quel bel sorriso, ma… Un avvenimento inaspettato, cambiò senza avvertimento le sorti di quella giornata.

 

Dei passi imponenti e chiari attirarono Kouga che, invitato da essi, alzò di scatto il capo e… si sbigottì.

 

Gli si contrasse il viso.

Gli appassì il sorriso.

Gli si scatenò il cuore.

 

Un evento imprevedibile, poteva fare questo ed altro.

L’incredulità e lo stupore presero spudoratamente il sopravvento.

 

Il giovane sgranò i suoi occhi scuri e profondi.

D’innanzi a lui c’era una figura dalla stazza tuonante.

 

Zanne affilate.

Sguardo imperturbabile.

Riflessi sfolgoranti.

 

Riflessi che appartenevano all’armatura scintillante di un particolare tipo di Cavaliere Mistico.

Di quel Cavaliere Mistico.

Di Garo.

 

La Zanna Dorata dell’Est scrutò Kouga con insistenza.

Ma se Kouga era Garo, quanto poteva essere fattibile tutto ciò?

Era un paradosso.

Due facce della stessa medaglia, poste su di un unico piano?

Due facce di una medaglia, non si potevano tangibilmente incontrare.

Il ragazzo degluttì con una fatica ed un tremore quasi imperdonabili per un tipo forte come lui.

Rei Suzumura, quindi, non era ubriaco.

C’era per davvero un gemello dell’originale lupo dell’Est.

Adesso lui ne era più che convinto.

 

Come nulla fosse, quell’autorevole e rigida figura così dannatamente simile al vero Garo, volgendo la schiena si allontanò.

Il rumore di quei passi che picchiavano il suolo con l’Animetallo pesante e schioccante dell’armatura, echeggiò lassù, fin in cielo, e lui, con il nero mantello al vento, con l’andatura temeraria, con la struttura ardimentosa, divenne solo un puntino d’oro all’orizzonte.    

Il figlio di Taiga restò lì, pietrificato e con gli occhi sgranati, ad osservare in silenzio. Solo il cuore, che gli batteva forte in petto come non mai, faceva fracasso.

 

Era una visione onirica?

Era una subdola allucinazione?

O un’altra Chimera Mistica?

Se non fosse stato per quel tremolio vigliacco che lo faceva sentire un debole, Kouga non avrebbe esitato un solo attimo a scuotere il capo e a non farsi ingannare da quella vile e fastidiosa magia.

Sempre che, di magia si fosse trattato.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

F-I-N-A-L-M-E-N-T-E!!!!! Dopo un lungo ed interminabile periodo di totale e completa assenza, ritorno alla luce, proprio come un antichissimo reperto archeologico dell’era giurassica, e mi decido una –strabenedettissima- volta per tutte, a pubblicare il secondo capitolo della GSS (Garo Second Season)!!! Evviva!!! *Botan salta come un macaco per tutta la stanza, finché non prende in pieno l’angolo terribilmente appuntito della sua scrivania, si allontana di corsa da casa, raggiunge il cucuzzolo di una montagna sperduta, situata in un angolo (che, per carità! Non sia quello di una scrivania) altrettanto sperduto del Makai, e, come la degna erede di quel bontempone di Fantozzi, esterna tutta la sua sofferenza fisica strepitando come un notissimo esemplare di “bavosa del Makai”, mentre un gruppo di Orrori che giocano a briscola proprio sotto il cucuzzolo della montagna, apprendono per la prima volta che, nel mondo, c’è qualcuno che fa molto più orrore di loro poveri disgraziati.*      

Riprendo per un attimo il possesso dell’altra parte di me stessa (come la chiamo io), e mi quieto!

Dunque… Mi rendo conto che spiegare un simile ritardo, non è cosa semplice… (sto sudando come una nota specie di “bavosa sudorifera” detta anche “sudosa” …)

A parte i soliti impegni, soprattutto quelli che riguardano le altre mie fanfic che mi supplicano in ginocchio di trovare una fine, o, perlomeno, un inizio, Botan ha iniziato, spudoratamente per gioco, un cammino fatto di Ufo Plush, o Ufo Doll, o ancora Plush e basta, che le porta via un bel po’ di tempo, costringendola a mettere da parte le sue amate fanfic per occuparsi dei suoi altrettanto amati pupazzi…!

Parlando seriamente, ho iniziato questa nuova attività che, con franchezza, è cominciata davvero per gioco, e adesso è diventato un lavoro! O per meglio dire, un lavoretto che mi consente di guadagnarmi qualcosina da spendere secondo le necessità del momento (AF di Garo, manga, cd musicali, dvd, videogames, magnum smith e wesson, trick track e bombe a mano, beni di sostentamento, ecc…), e quindi, come detto, ho davvero poco tempo per scrivere e per disegnare…! :(  Realizzo questi peluche su commissione, e spesso alcuni personaggi non sono proprio una passeggiata… A volte impiego anche più di una settimana solo per farne uno, perché magari non riesco a trovare il materiale adatto per creare un accessorio particolare… E quindi, il tempo vola!

Ultimamente, però, mi son presa una pausa, e così, eccomi qua, con il secondo chap!

Prima di concludere, ci terrei molto a RINGRAZIARE DI CUORE TUTTE QUELLE PERSONE CHE HANNO CREDUTO NELLA MIA FANFIC, E CHE HANNO PERFINO LASCIATO UNA RECENSIONE! GRAZIE INFINITE, RAGAZZI! Grazie a tutti voi, nessuno escluso! Ah! Continuate a recensire, mi raccomando!

Per il momento, ho già scritto i primi 4 capitoli della storia, e sto progettando il quinto, che butterò giù (non dal cucuzzolo della montagna) a breve.

Qualora vogliate continuare a seguire la GSS, sappiate che la sottoscritta vi attenderà a braccia aperte!

Niko niko,

 

                                                                                                              Botan

 

To Mitra: Thank you sooo much!!! ^___^ Your comment has been much appreciated! Thanks a lot, my dear sweet friend! Now I feel sooo strong and happy! THANK YOU!

       

 

P.S. Restando in tema “Garo”, sapete qual è stato il primo peluche che ho realizzato? Vi do un aiutino: ha un cappotto bianco e porta sempre con sé un anello chiacchierone e saccente! Avete indovinato? No? Ok, ecco la soluzione: KOUGA SAEJIMA! ^_^ 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** #03 Madre ***


Nel portagioie ragalatomi dalla mamma, ho trovato una vecchia foto che ci ritrae pochi mesi dopo la mia nascita

                                Madre

                                  #03

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Nel portagioie regalatomi dalla mamma, ho trovato una vecchia foto che ci ritrae pochi mesi dopo la mia nascita.

Ero molto piccola, ma con una montagna di capelli scuri in testa. Lei mi teneva tra le braccia. Il suo sguardo aveva un’espressione molto dolce. Mi stava osservando.

Fu papà a scattarci quella foto. L’immagine raffigura quell’attimo con una spontaneità così limpida da farmi quasi venire le lacrime agli occhi.

In quel ritratto si può vedere chiaramente quello speciale sentimento d’amore che prova una madre verso la sua piccola creatura. Un sentimento d’amore che non potrà mai avere eguali.

Un sentimento d’amore proprio come quello che provo verso colui che ha combattuto fino allo stremo per cancellare tutti i miei incubi, e farmi ritornare a sognare!

 

 

 

 

 

 

Il campanello di casa Saejima suonò inaspettatamente.

Prima una, e poi due volte di fila. Era come se il misterioso visitatore avesse una gran fretta di entrare.

Kaoru Mistuki, nei pressi dell’entrata, si accinse a raggiungere la porta.

- Vado io, Gonza! – informò al maggiordomo che, in quel momento, era impegnato a rassettare la biblioteca della villa con il suo portentoso piumino leva polvere.

 

Con la mano sopra il pomello, la bell’artista lo fece ruotare di appena mezzo giro e lo tirò a sé liberamente, per spalancare infine l’uscio.

L’anta si aprì, e… La scena si svolse con una rapidità tale da farle intravedere il nulla.

Qualcuno, per la precisione, le aveva appena messo una cosa tra le braccia. 

 

- Questo è il biberon, questo è il succhiotto, e questo è il suo necessaire da viaggio! Se hai problemi, il mio numero di telefono lo conosci a memoria! Torno a riprendermelo domani! – si accinse ad esclamare in tutta fretta Asami Shinohara, la migliore amica di Kaoru, salutandola poi con un cenno svelto di mano, ed infilandosi di corsa in un’autovettura dal motore accesso guidata da un giovane uomo. Probabilmente il suo fidanzato.

Il rombo del motore tuonò con un gracchiare assordante. Le ruote del veicolo fiammeggiante girarono, e la macchina sparì dal piazzale della villa in una lesta manciata di secondi.

 

Kaoru rimase allibita, immobile ad osservare la vettura rosso fuoco dileguarsi nel nulla. Asami non le aveva concesso neppure il tempo di replicare. Il suo, aveva tutta l’intenzione di essere un discorso studiato con un certo proposito. Quello di evitare per l’appunto repliche.

 

Gonza, orecchiato il trambusto, si avvicinò svelto all’uscio per sincerarsi della situazione.

- Chi era? – chiese alla signorina, e quest’ultima, girandosi lentamente verso il buon uomo, si sforzò a malapena di sorridere. – Santo cielo! – esclamò giustamente lui, con la faccia sbalordita e gli occhi sgranati. Si sistemò meglio i tondi occhialini sul naso, poi continuò – E questo fagottino, da dove salta fuori?

 

- E’ di Asami, ma non chiedermi niente! Quella sciagurata è scappata subito via… – sbottò a stento, nell’attimo in cui Gonza si accinse a richiudere l’uscio del portone.

 

Quel qualcosa che le era stato messo tra le braccia, era un qualcosa di caldo, morbido, e soprattutto tanto delicato.

Una zazzera di capelli mezza spennacchiata, due guanciotte carnose, e degli occhietti vispi.

Molto vispi.

Undici, dodici mesi? Un anno? Chissà!

La cosa certa, in quel momento, era solamente una: In casa Saejima, era da poco arrivato un bambino.

 

Kaoru osservò quel bimbo in viso, e la sua espressione diventò di colpo perplessa.

- Scommetto che si tratta del suo nipotino. Non voglio neppure pensare che sia suo figlio…! – sbottò adirata e confusa al tempo stesso - Ha detto che verrà a riprenderselo domani… Secondo lei, Gonza, a Kouga darà fastidio se lo teniamo qui per un giorno?

 

Il maggiordomo sospirò con malinconia. Gli occhi di quell’uomo sembrarono inumidirsi appena.

- Sono anni che in questa casa non si sentono più le urla gioiose di un neonato. – disse, con una cadenza di voce nostalgica- Da quando è morta la madre del signorino, tra queste mura nessuno ha riso più come prima. – rivelò affranto, ricordando affettuosamente la coraggiosa e splendida Rin, moglie di Taiga nonché madre affettuosa di Kouga.

 

- Com’era la mamma di Kouga? – gli domandò Kaoru, lì per lì, istintivamente, con il forte desiderio di conoscere qualche particolare in più su quella donna. La ragazza non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederlo a quel signorino così silenzioso ed assai introverso, che quasi certamente non le avrebbe raccontato granché.

 

Gonza sospirò ancora, con gli occhi sempre più umidi e le labbra tirate in un dolce ma al tempo stesso malinconico sorriso:

- Un tipo deciso, a volte ostinato, ma immensamente gentile! Un po’ come voi, signorina! – l’affermazione del buon maggiordomo fece cadere Kaoru in imbarazzo. L’artista reclinò lo sguardo e sorrise un pochino– Ad ogni modo, al signorino non darà nessun fastidio questo piccolo pargoletto!

 

C’era lo spazio e c’era una casa grande, e poi, davanti ad un paio di tenere guanciotte carnose, perfino il più intrattabile Cavaliere del Makai si sarebbe sciolto.

Oltretutto, nello stesso momento, proprio quell’intrattabile Cavaliere aveva ben altro a cui pensare…

 

La spada che stringeva tra le mani compì una piroetta, seguita da una serie di colpi decisi. Cinque fendenti in avanti, e tre indietro.  Fendenti rivolti a colpire con rabbia il vuoto, nello stanzone semi oscurato dove si tenevano i suoi allenamenti quotidiani.

 

- Kouga… con calma. E’ la terza volta che te lo dico. Non mi piace quando la lama geme in quel modo. – la voce di Zarba, dal tono più che paziente, costrinse il suo proprietario a fare un breve intervallo. L’anello sospirò. Sapeva bene il perché di tutta quella foga – Lo sai anche tu che in questo modo non risolverai niente.

 

- Nessuno può permettersi di calzare l’armatura di Garo che un tempo era l’orgoglio di mio padre! – replicò il giovane, tutto d’un fiato, accigliandosi sempre di più ed alzando minacciosamente il tono della voce.

 

- Anche a me dà noia, ma… - Zarba aveva tutta l’intenzione di finire la frase, ciò nonostante, la voglia di controbattere da parte dell’altro, lo costrinse a tacere. 

 

- Perché aspettare? Quest’attesa mi snerva! Tutto ciò che voglio, è risolvere la questione al più presto possibile! – sentenziò netto, senza lasciare nessuna via di fuga.

 

- E come pensi di riuscirci? Perfino i Cani da Guardia non hanno risposte. Li hai sentiti anche tu, no? Quel Cavaliere d’Oro sembra irrintracciabile. Nessuno è in grado di percepire la sua energia mistica, e nessuno può prevedere dove e quando riapparirà di nuovo. Quindi, devi avere pazienza. – gli disse per l’ennesima volta la guida mistica- Anche per me non è facile starti dietro, sai? Ho promesso a tuo padre che…

 

- Non c’è bisogno che tu me lo ripeta ogni volta che se ne presenta l’occasione! – gli replicò il ragazzo all’improvviso, riprendendo di scatto a muoversi, e falciando ancora una volta il vuoto d’innanzi a sé con un forte fendente.

 

Zarba si lasciò sfuggire, sconsolato ed arrabbiato più che mai, un’esclamazione nervosa:

- Sei davvero un ragazzino cocciuto! – gli dichiarò asprigno, per poi tacere con dispetto.

 

Kouga non sbatté ciglio. Ciò che lo faceva preoccupare, e che lo rendeva inquieto, era quel Cavaliere d’Oro così simile al solo ed unico Garo che gli aveva lasciato in eredità l’amato padre.

Il Cane da Guardia del Nord, per l’ennesima volta, e dopo l’ennesima visita del giovane al palazzo, era stato categorico: “Ogni risposta trova presto il suo tempo”.  Sembrava che non sapesse dire altro.

Un Cavaliere coscienzioso, avrebbe dovuto aspettare che quell’oscuro mistero sarebbe uscito da solo allo scoperto, e poi muovere cauto il primo passo.

La città, tutto sommato, non era minacciata da presenze pericolose. Per cui, i Cani da Guardia dei quattro punti cardinali, non si lasciavano coinvolgere da quelle che loro reputavano solo “insipide faccende”.

Quel Cavaliere simile a Garo, altri non era che un grosso punto interrogativo, un inspiegabile mistero all’apparenza irrisolvibile solo perché nessuno ne conosceva l’origine. Nessuno, comprese le Sentinelle ne era al corrente. Nessuno, eccetto Rei che ne aveva saggiato le capacità qualche sera prima, e lo stesso Kouga,che lo aveva, con forte sgomento, incontrato di persona.   

Era ovvio, ormai, che si trattasse di un antagonista che anziché annientare gli Orrori, cercava di proteggerli, ma… non essendoci informazioni, c’era ben poco da fare.

 

E, per l’appunto, come insegnava il codice dei Cavalieri Mistici, non si poteva combattere e pretendere di annientare il nulla.

 

Anche se, il figlio di Taiga non la pensava esattamente così.

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

Un pianto fragoroso fece sobbalzare Kaoru che, nel frattempo, con l’aiuto di un Gonza con tanto di borsone blu dell’infante sulle spalle, si stava dirigendo su per le scale.

 

- E adesso perché piange? – disse la ragazza in preda allo sconforto, storcendo assai le labbra. Le sopracciglia le si piegarono all’ingiù.  

 

Il maggiordomo si fermò tra uno scalino e l’altro, colpito dall’ugola d’oro del piccolo esserino.

- Ha proprio una bella voce, questo bambino! La vostra amica non vi ha detto come si chiama?

 

- Asami è stata una vera e propria furia… Si è dileguata in un attimo…! – Kaoru si stizzì subito nel ripensare al comportamento poco educato dell’amica, ma cercò tuttavia di calmare il piccolino cullandolo alla meglio, nella flebile speranza di ammansirlo. Con i bambini, lei non ci sapeva proprio fare!

 

- Cos’è questo baccano? – chiese una voce, inaspettatamente, e giunta con sorpresa alle spalle della giovane.

Quest’ultima esitò un istante prima di per voltarsi. Al contrario, Gonza si girò in un lampo, mettendo in bella vista un viso a dir poco eccitato: - Oh, signorino! Venga a vedere! – disse, incitando Kouga che in quell’attimo era giunto ai piedi della scalinata perché attirato immancabilmente da quel pianto misterioso. Lo spadaccino salì i gradini, mentre il maggiordomo sorrise beato nel momento in cui Kaoru si girò appena, il bimbo fece capolino e si scontrò con i profondi occhi del ragazzo – Non è delizioso?  

 

Non appena intravide quel piccolo fagottino tra le sue braccia, Kouga non riuscì ad evitare di contrarre la fronte.

- Dove lo hai trovato? – le chiese, notevolmente stupito, fissando con attenzione, forse curiosità, il piccolo neonato. Chissà perché, ma vedere quella piccola creatura tra le braccia della sua altrettanto piccola donna, lo aveva scosso.

 

- Me lo ha portato Asami. – si affannò a spiegargli, con parole tremolanti e parecchio sbrigative. – Lei vuole…- pronunciò in un primo momento, tentennante- Vuole che badi a lui fino a domani… - riuscì a dire a stento, perché in cuor suo aveva il timore di ricevere un rifiuto da parte del ragazzo- Anche se non ho la più pallida idea di come si cresca un bambino…!

 

Gonza s’intromise seduta stante:

- Per quello, non dovete preoccuparvi! Quando il signor Kouga era piccolo, mi occupavo spesso di lui. Gli facevo il bagnetto, gli preparavo il latte, gli cambiavo perfino il pannolino! E lui, non ha mai pianto una volta! – asserì, sfoderando un gaio sorriso.

 

- Di sicuro era un bambino adorabile, allora! – esclamò la ragazza, lasciandosi affascinare dalle parole del maggiordomo, e cercando di visualizzare nella propria mente il ritratto di un Kouga bambino. E lo stesso Kouga, da bravo Cavaliere solitario, s’irrigidì all’istante. Le guance gli si colorarono di un rosso timido, e lo sguardo gli vacillò per un breve attimo nel vuoto, probabilmente con l’intenzione di voler reprimere altrove quel pungente imbarazzo.

 

- Invece che parlare di me, cercate di capire perché piange. – sbottò secco, animato da una meccanica reazione.

 

- Non sappiamo neanche se sia maschio o femmina…- Kaoru era più confusa del solito. Mettendo un po’ il broncio, cercò subito appoggio nel viso di un Gonza completamente rassicurante che, da esperto conoscitore di neonati, avvicinandosi con decisione al bambino, in un solo istante capì già tutto.   

 

- Lo scopriremo tra non molto! – affermò presto, tendendo le braccia verso il bimbo affinché la giovane ed inesperta donna lo affidasse alle sue sapienti cure. 

 

- Che cosa vuole fare? – gli domandò la pittrice, senza comprendere le intenzioni di quell’uomo gentile.

 

Gonza sorrise amabile.

- Gli cambio il pannolino! – dichiarò sicuro, avviandosi su per le scale con tanto di bebé al seguito.

 

Quando il maggiordomo sparì lungo la gradinata che conduceva ai piani alti, a Kouga nacque spontaneo un sospiro. Non era venuto lì solo perché attirato da quel pianto. In realtà, dovendo lasciare la villa, voleva che Gonza gli portasse di corsa il suo immancabile soprabito.

- Ho capito… - borbottò tra sé - Faccio da solo. – disse, avviandosi poi a prendere il cappotto bianco, riposto con cura in un armadio, appoggiato in uno degli angoli del foyer della villa.

 

- Non ti dispiace, vero? Mi riferisco a quel bambino… - precisò Kaoru in un secondo attimo, seguendo Kouga lungo tutta la hall. – Per te va bene se resta qui fino a domani?

 

Il ragazzo come di consueto non fu di larghe parole: - Va bene. – disse soltanto, agguantando il bianco indumento.  

 

- Ti ringrazio! – Kaoru si fece presto raggiante. La paura che a Kouga quel piccolo batuffolo di bambino gli avesse potuto in qualche modo dare noia, si era ormai dissipata proprio come il lampo di un fulmine. – Aspetta…! Ti aiuto! – enunciò in seguito, proponendosi con un atteggiamento gentile e assai premuroso, di fargli calzare il soprabito. Con quelle mani gentili, l’artista si apprestò a sistemargli il rigido colletto, appena sgualcito, con amorevole cura. Poi con gli occhi osservò Kouga in faccia, e le labbra le si piegarono in un timido sorriso. Lo spadaccino sentì il suo cuore fremere irrimediabilmente.

Per molti anni era sempre stato Gonza ad occuparsi di lui, e a fargli indossare il soprabito. Ormai il rito di infilarsi quel lungo indumento elegante, era diventata una semplice routine.

Ma vedere Kaoru interessarsi a lui con dolci premure, gli aveva fatto sciogliere per davvero il cuore.

 

- Va bene così. – le rispose, mentre cercava in tutti i modi di mantenere il controllo, di essere a tutti i costi il solito impassibile di sempre. In cuor suo, però, quel gesto lo aveva straordinariamente emozionato.

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

In una fresca domenica del mese, sotto i raggi di un sole di primissimo pomeriggio, il Cavaliere dal cappotto bianco percorreva la via di un sentiero tortuoso, per scomparire infine nell’ingresso del palazzo del Cane da Guardia del Nord.

Era una Lettera di Missione, ciò che gli fu presto consegnata da quel sommo guardiano.

Estraendo così il proprio accendino mistico, lo schermitore si adoperò a far divampare il Fuoco Guida sulla sottile carta di quella busta. L’involucro rosso s’infiammò, avvolto da una vampa verde, che, una volta estintasi, mise in risalto degli antichi ed indecifrabili caratteri.

 

- Per cibarsi egli vive avido. Per cibarsi vive colui che segue il sentiero della voglia incontenibile, ed è animato dalla più oscura e penosa ingordigia.  – scandì Kouga a voce alta, traducendo quella scrittura così strana ed incomprensibile per qualsiasi essere umano, e cercando di decifrare anche il suo sibillino significato.

Quel genere di missive era sempre e così terribilmente poco chiaro. Serviva una certa preparazione ed uno spiccato senso dell’intuito, per risolvere l’enigma da esse celato.

Kouga memorizzò nella propria mente quella frase, e quasi subito, senza avere neppure la premura di rivolgere uno sguardo al guardiano vestito di bianco che gli stava d’innanzi, si voltò per andarsene.

 

Il saggio millenario lo scrutò attentamente dal suo altarino sacro.

- Aspettare, per te, è così doloroso? – gli chiese, tutt’altro che sorpreso dall’atteggiamento di quel soldato silenzioso.

 

Senza avere il benché minimo rispetto nei riguardi del Cane del Nord, e quindi di evitare di dargli le spalle, Kouga fermò le gambe al centro del lungo corridoio, giusto il tempo per emettere una replica:

- Preferisco di gran lunga affrontare Meshia. – rispose secco, riprendendo a muoversi quasi subito e con fare sbrigativo, per lasciarsi alle spalle sia il palazzo, sia l’inquieta sentinella del Nord.

 

 

 

 

 

                                                                      ***

 

 

 

 

 

Anche di domenica, così come ordinava il regolamento dei Cavalieri Mistici, un servitore che vestiva l’armatura del Makai, non poteva concedersi riposo.

Seduto al tavolo, nella biblioteca dell’abitazione immersa nei boschi, Kouga stava consultando uno di quei tanti libri presenti tra le fila di quegli scaffali.

 

- Per me si tratta di Vergan.

 

- Cosa te lo fa pensare?

 

- Beh… - si accinse a spiegargli Zarba, collocato come sempre al dito – Quell’essere è piuttosto avido.

 

- Come tutti gli Orrori, del resto. – annotò presto il proprietario, volgendo accidioso uno sguardo alle pagine del libro, dedicate a quel mostro.

 

- La maggior parte degli Orrori, però, si accontenta di divorare una, due, o al massimo tre vittime al giorno.

 

- Significa che questo qui è in grado di mangiarne di più?

 

Zarba annuì con un mugugno supponibile al “sì”.

- Come prima cosa, s’impossessa di un corpo piuttosto corpulento che soddisfi i suoi requisiti, e poi, una volta radunate un folto numero di persone, spalanca le fauci e le divora tutte, in una manciata di secondi, solo per paura che qualcuno gliele porti via. Di solito predilige i luoghi molto affollati, in particolare le scuole o gli autobus, per esempio. I posti dove c’è una maggiore concentrazione di umani, in pratica. Ne divorerebbe all’infinito, se solo ne avesse l’opportunità. Un ingordo nato, direi!

 

Kouga si alzò, ripose il libro sul ripiano di uno scaffale ed uscì dalla stanza.

- Le scuole la domenica sono chiuse. – disse soltanto, mentre Zarba aveva già intuito le sue intenzioni -Rimangono i mezzi pubblici. – costatò perplesso, intento a riordinarsi le idee.

 

- Vagabondare a vuoto per l’intera città, non ti servirebbe a molto. In giro ci sono migliaia e migliaia di automezzi. Bisogna attendere che sia lui a fare la prima mossa. Anche se a te non piace aspettare, è così? – Con quest’ultima frase, l’anello magico non si lasciò sfuggire la possibilità di provocare il suo proprietario, anzi!

 

Kouga, quindi, anche questa volta doveva avere pazienza.

Attendere che l’Orrore si sarebbe fatto in qualche modo intercettare, e poi passare al contrattacco. Questo, era avere pazienza.

E, anche in quel caso, vista l’espressione accidiosa del volto, lui non ne era incredibilmente entusiasta.

 

Il riso gioioso di qualcuno, ad un tratto, prima lo attirò, e poi quasi subito lo portò ad avvicinarsi all’uscio di una porta semi schiusa che stava proprio in quelle vicinanze.

Si trattava del riso di quel pargoletto, che fu presto raggiunto da quello di Kaoru.

La ragazza e il bimbo erano seduti a terra, sulla grande superficie di un tappeto che rivestiva gran parte del salone, entrambi intenti a giocare con una pallina di spugna tutta colorata di giallo.

 

Kouga restò per qualche istante ad osservarli, muto come sempre, ma stavolta molto più del solito, accostato silenziosamente all’anta semi chiusa. Era un silenzio dolce, il suo.

Non aveva una voglia matta di farsi scoprire. Però, dovette presto ricredersi.

Il bimbo ad un tratto rivolse gli occhietti vispi in direzione della porta, come incuriosito da qualcosa. Kaoru lo seguì a ruota, con un gesto meccanico del capo, e si rianimò in un lampo. Le pupille sembrarono quasi brillarle dall’emozione.

 

- Kouga! – esclamò con intensità, allegria, sollevandosi da terra e andandogli incontro – Dai, vieni anche tu!

 

- A fare cosa? – chiese repentino lui, titubante più che mai, perché inquietato dal responso dell’altra.

 

Responso che arrivò istantaneo. - A giocare! Gli ho insegnato a tirare la palla! - L’allegria di quell’artista era incredibilmente contagiosa. Per un Cavaliere solitario ed impacciato, era pericolosamente contagiosa.

 

- Non ho tempo, adesso. – si apprestò a replicare, cercando di andarsene con un mezzo dietro-front. Tuttavia, una mano che gli afferrò gentile la sua, e che poi lo trascinò giù, a suon di spinte, su quel gran tappeto rosso, prevaricò sopra ogni cosa. Perfino sulla ferrea volontà di uno spadaccino del Makai.

La richiesta di un pittore caparbio, non si poteva certo rifiutare!

 

 

A gambe incrociate, in mezzo a un bambino delicato e a una donna forse più bambina di quel piccolo ospite, Kouga non si sentiva propriamente a suo agio.

L’ultima volta che si era divertito giocando, fu all’età di otto anni, in compagnia di Jabi, l’unica amica che aveva a quel tempo.

Il lungo periodo trascorso ad allenarsi, però, gli aveva fatto dimenticare molte cose.

Kouga non lo ricordava neppure più, come si faceva a giocare!

Poi, così, inaspettatamente, quel piccolo essere dalla zazzera spennacchiata gli lanciò in petto la pallina di spugna che, rimbalzando lì sopra piacevolmente, gli precipitò tra le mani.

 

- Avanti, tiragliela! – lo incitò Kaoru, con l’intenzione di animarlo un po’ da quel suo stato di indifferenza non proprio forzata.

 

- Non sono tagliato per questo genere di cose. – Lo spadaccino fu chiaro ed inamovibile.

Tirare una palla? La situazione gli creava imbarazzo. Tutto ciò che sapeva fare, era tirare, sì, ma di spada!

 

- Io da bambina lo facevo spesso, con mia madre. Il pomeriggio ci divertivamo un mondo! – raccontò la giovane, ricordando con piacere quei magici momenti di un passato molto lontano. Lo sguardo di Kaoru, tra un secondo e l’altro, sembrò spegnersi un pochino. – Quando lei è andata via, nessuno ha più giocato con me. Almeno non in quel modo. Non era divertente farlo da sola, eppure… la mamma diceva spesso una cosa che a quei tempi mi ha aiutato molto, e che in questo momento spero aiuti anche te - La voglia di fare e di sorridere, sempre coinvolgendo il prossimo, era una delle virtù di quell’artista che, con semplicità, ripeté a Kouga ciò che la sua adorata mamma le aveva sempre ricordato: - La vita è un gioco. Apri la porta al bambino interiore, e gioca con lui, Kouga! –Era come se sua madre fosse stata lì con lei, a pronunciare quelle parole. Infatti avvertì un brivido di emozione. Ma non fu l’unica.

Quella frase spontanea, detta allegramente, ma con un tono pieno di sincerità, che sapeva di vero, magicamente spinse lo spadaccino ad osservare la pallina di spugna con un curioso interesse, e, in un secondo momento, dopo un istante di esitazione, cercando prima una sorta di incoraggiamento negli occhi di Kaoru, a lanciarla con modi delicati e un po’ timidi all’infante piccino.

Piccino perché, come confermato da Gonza, il piccolo ospite era un maschietto!

L’oggetto sferico rimbalzò a terra, ruotò, camminò e camminò, fino a fermarsi tra le manine deliziose del pargolo che, quasi a sorpresa, nel raccogliere la sfera, rise. Una smorfia buffa, coinvolgente, rasserenante. Era un piacevole risolino che distendeva i nervi e cacciava via i problemi.

Kaoru in quell’attimo si sentì orgogliosa del suo temerario Cavaliere. Sapeva che in quel corpo da adulto, egli riusciva sì ad essere un uomo, pur mantenendo però un animo puro come quello di un bambino.

E lui, ancora titubante, guardando la faccia di quel pargolo che si accingeva a stringere la palla tra le minute dita, avrebbe voluto gioire, ma… su quel volto all’apparenza stabile, gli comparve chiaro e tondo un guizzo d’inquietudine.

 

- Kouga… - si sentì ad un tratto chiamare. La voce era di Kaoru. Con lo sguardo pieno di apprensione, non riuscì a starsene zitta. – C’è qualcosa che non va? – gli domandò, e sul viso le capitombolò una smorfia d’apprensione. Lei, in realtà, aveva già capito tutto, o quasi. L’artista aveva percepito che in Kouga c’era qualcosa di strano. Lei lo riusciva a sentire. Kaoru sentiva il tormento dell’animo di quello spadaccino, e desiderava in tutti i modi poterlo rincuorare.  

Il Cavaliere del Makai le rivolse frettoloso l’attenzione. Non voleva che lei capisse. Gli occhi gli vacillarono, ma lui, nonostante tutto, tentò di essere forte. Poi, quello stesso spadaccino si alzò improvvisamente e si voltò, solo per evitare che Kaoru scorgesse il tremolio del suo sguardo.

Ma la sua bella, beh, non avrebbe esitato un solo istante ad andargli vicino. E infatti fu così.

- E’ forse un Orrore, che ti impensierisce?- antepose, provando ad ipotizzare qualcosa. - E’ da ieri sera che sei strano. Io ricordo solo di essermi addormentata mentre mi riportavi a casa, poi…

 

- Sto bene. – si limitò a rispondere, togliendole la parola, e, ahimé, mentendole spudoratamente. Fu una bugia, quella, detta a fin di bene. Kouga non avrebbe mai voluto turbare Kaoru con la faccenda di quel Garo così simile al suo ma con un animo sicuramente oscuro.

 

La giovane, tuttavia, non si mostrò convinta da quella risposta, e quindi scosse il capo: - Anche se tenti di nascondermi i tuoi occhi, la tua voce ti tradisce. Io lo sento, sai? – fece, e l’animo di Kouga, in quell’istante, vibrò.

 

Il ragazzo si volse a malapena. La osservò con uno sguardo leggermente velato di malinconia, insofferente, quasi spento. -Kaoru…- pigolò il nome della propria ragazza quasi con garbo, nella speranza di essere il più dolce possibile – Tu sei felice?- La cadenza di quella voce voleva sì essere dolce, ma un flebile accento di marcato timore, la sporcò con grettezza.

 

La giovane rimase colpita da quel quesito, per lei, così incredibilmente inaspettato. Si sentì fremere dentro. - Pensi che non lo sia?

  

Kouga si trattenne un istante, prima di rispondere.

Quel ragazzo era preoccupato per i suoi affetti.

Quel ragazzo era preoccupato perché qualcuno lo aveva costretto a preoccuparsi.

C’erano troppe cose che lui avrebbe desiderato capire, e troppi enigmi da sciogliere. Ma… bisognava, purtroppo per lui, attendere in silenzio, e dimostrare una gran calma.

Quella che il figlio di Taiga, non riusciva proprio a mostrare.

La risposta che Kaoru stava con impazienza aspettando, non arrivò. Sarebbe stato consono da parte di Kouga, mentirle? Lo aveva già fatto una volta, in passato, nascondendole di avere solo cento giorni da vivere.

Kaoru tutto ciò se lo ricordava benissimo. Però, Kouga adesso era il suo Kouga. Un Kouga che non le avrebbe mai raccontato bugie se non a fin di bene, per proteggerla da questioni che in fin dei conti, non le avrebbero dovuto interessare.

Il ragazzo era convinto di una cosa: Era lui il Cavaliere del Makai. Il mondo parallelo a quello degli umani, doveva interessare solo lui. Quindi, perché impensierire la sua bella pittrice, con problemi che riguardavano unicamente il suo lavoro?

 

Nonostante tutto, l’artista ruppe il silenzio con delle parole. Un’esclamazione semplice, eppure piena di sincerità: - Io sono felice perché ho te. Sei tu la mia felicità, Kouga!

 

Nel sentirsi dire “Sei tu, la mia felicità”, le pupille di quel tacito servitore del Makai luccicarono in maniera intensa, con vigore. L’espressione del volto si trasformò, l’animo sembrò distendersi, i sensi riaccendersi.

Alla bocca, quella triste bocca, sarebbe venuto perfino da sorridere. 

E infatti, lo fece per prima Kaoru, prontamente. Un sorriso questa volta che sapeva di dolcezza. Poi, come se nulla fosse, la ragazza ebbe un’idea improvvisa.

Si voltò alle sue spalle, raccolse il bambino tra le mani, e poi, avanzando verso Kouga che la osservava intanto confuso, lo protese ad egli che, con una reazione scontata, si accigliò esitante.

 

- Che significa? – domandò, con lo sguardo malfermo.

 

- Prendilo in braccio! Vedrai che ti farà sentire più tranquillo!

 

Aveva mai tenuto, Kouga, un bambino tra le braccia? La risposta era “no”. Non si ricordava neppure quando sua madre lo stringeva a sé per cullarlo dolcemente. Lui era troppo piccolo anche solo per richiamare alla mente il bel sorriso di Rin, e le movenze affettuose che quella donna aveva avuto nei riguardi del suo unico figlio. Aveva solo due anni, Kouga, quando lei si ammalò e poi morì.  

Lo spadaccino impacciato scosse la testa. Anche la replica alla proposta di Kaoru fu un “no”.

 

- Avanti! Non morde mica…! – tentò invano di scherzare l’artista, senza però smuovere quel signorino talmente inamovibile che le stava di fronte. – Guarda che se non lo prendi subito, lo lascio cadere a terra!

La dichiarazione della ragazza, seppur fasulla, lo spinse miracolosamente a farsi subito avanti e a ghermire quel piccino tra le mani.

Era caldo. Tanto caldo. Questa fu la prima cosa che lo colpì. Un calore che, proprio come asserito dalla sua compagna, metteva tranquillità. Capì che l’artista aveva solamente bleffato quando la vide ridacchiare, ma… il dado, ormai era tratto! 

Quel piccino lo stava reggendo proprio lui! Poteva percepire la sua delicatezza, la fragilità immensa di quel piccolo corpicino che pulsava di vita. Il ragazzo aveva perfino paura di fargli del male, di stringerlo troppo tra quelle mani capaci solo di tenere stretta l’ansa della propria spada.

Chiese quindi conferma a Kaoru, nella speranza di ottenere consiglio.

- Vado bene così?

 

Lei fu categorica: - Benissimo! – esclamò in un primo momento, e poi, quasi senza riflettere, con una punta d’incaglio ma tanta dolcezza nella voce, gli asserì convinta - Saresti un padre perfetto…!

 

Quelle parole trascinarono Kouga in un baratro chiamato “vergogna”. Il giovane portò lo sguardo altrove, lontano dagli occhi di Kaoru, ed avvertì una vampa di calore asserragliarli il viso.

Quella frase avrebbe fatto arrossire chiunque. Ma fu solo in quell’attimo, che Kaoru si rese conto di ciò che aveva appena detto. L’artista diventò incredibilmente rossa. Reclinò il capo un pochino verso terra, e prese ad osservarsi le scarpe. In quel sottile ed imbarazzante attimo, però, al Cavaliere del Makai nacque spontaneo un sorriso. Lei sollevò gli occhi, lo scorse e poco dopo rise anch’ella, ma solo appena, perché ancora in preda alla vergogna. Scese il silenzio. L’attimo, per Kaoru, sembrò durare un’eternità. I suoi occhi, grandi e pieni di energia, s’incontrarono un'altra volta con quelli del ragazzo, accidentalmente. Anche se all’apparenza i due sembrarono cercarsi di proposito. Non furono solamente gli sguardi ad incrociarsi in quel percettibile attimo pieno di romantiche sfumature.

Con dei piccoli passi, inconsapevolmente, le due figure cominciarono ad avvicinarsi.

Poco per volta, pian pianino si ritrovarono l’uno d’innanzi all’altra. Si guardarono. Il capo di Kouga si piegò un po’ per chinarsi verso il viso bianco della ragazza.

Lei si lasciò attrarre da quel movimento che la rapì completamente, e si accoccolò con tenerezza accanto a lui. Quest’ultimo le sfiorò la guancia con la mano, abbassò ancora il capo, come a volerlo ricongiungere all’altro. Ci riuscì. Le strusciò appena la guancia con l’estremità del naso, quasi timidamente. Kaoru si sollevò in punta di piedi per accogliere quelle labbra che le stavano giungendo incontro.  Lo spessore di un pollice le separava dall’unirsi, dal toccarsi gentilmente.

Sorrise con delicatezza, lui ricambiò il gesto con altrettanta premura ma un po’ rigido, come sempre. E poi, finalmente, lentamente dischiuse la bocca.

Il bimbo, nel frattempo, con una manina poggiata sopra quella grande di Kouga, era intento a schiacciare il testone di ferro del gotico e millenario Zarba che, giunto al culmine della sopportazione, strepitando a gran voce rovinò il romantico attimo: - Spiegate a questo piccolo umano che non sono un giocattolo!

 

Entrambi i giovani si bloccarono. Kaoru sbatté le ciglia un paio di volte, spalancò la bocca come se volesse dire qualcosa, ed arrossì. Kouga fece istintivamente un passo indietro, vacillò con gli occhi, si quasi paralizzò.

I due umani poi chinarono lo sguardo sull’anello.

In effetti, la situazione di Zarba non era certo delle migliori!

All’artista scappò una smorfia di sorriso.  

 

- Sarà divertente per te, ragazzina, ma io non sono per niente contento! – replicò stizzito il Madougu, tirando un sospiro di sollievo non appena gli fu tolta la mano del pargolo dal suo bel testone.

Il bimbo non fu particolarmente entusiasta di quel gesto. Si accoccolò mogio sul torace del ragazzo, per toccare le preziose effigi applicate su quella maglia di pelle nera, nella vana speranza di staccarne qualcuna.

 

- Forse… è meglio se lo prendi tu. – disse Kouga, sentendosi sempre più a disagio, e porgendole con difficoltà l’infante.

 

- Perché invece non lo date un po’ a me? Adoro i mocciosi! – esclamò ad un tratto la voce di un ospite inatteso, proprio alle loro spalle. Presi in contropiede, i ragazzi si voltarono. Rei Suzumura, l’inatteso ospite, in un attimo si avvicinò ad entrambi ed esibì un sorriso compiaciuto. – Avete fatto in fretta, eh? Dopotutto, l’arrivo di un piccolo lattante unifica sempre il rapporto, no? –li prese alla svelta in giro, senza lasciarsi sfuggire quella magnifica opportunità.

 

Kouga e Kaoru si lanciarono brevemente un’occhiata. Poco dopo, le loro guance avevano già assunto il colore di quel tappeto rosso che ricopriva la sala.

- Non è nostro! – esclamarono in coro, per poi stupirsi subito dopo di averlo fatto all’unisono, e cadere ancora una volta nella vergogna.

 

- Posso? – il Cavaliere Mistico dell’Ovest allungò le mani in direzione del piccolo, con la chiara voglia di prenderlo a sé.

 

Kouga si fece vedere titubante. Tuttavia, lo diede in consegna al collega per, in seguito, ammonirlo all’istante. - Fa attenzione! – gli disse rapido, premuroso, irrequieto nel vedere quel ragazzaccio che stava facendo dondolare il piccolo poco sopra la sua testa.

 

- Calma, paparino! Con me non c’è pericolo. – lo beffò l’altro, con una secca affermazione, ammirando il bimbo ridere a fior di labbra. – Vedi? Anche lui è d’accordo con me!

 

- Come mai sei qui? – La domanda di Kouga arrivò celere. Il Cavaliere d’Argento diede un’ultima occhiata al simpatico pargolo, e poi lo consegnò a Kaoru.

 

- Hai qualche minuto? Devo parlarti. – dichiarò quasi subito, investendo con un’occhiata accennata il collega.

 

Lasciando la ragazza nel salone di quella stanza, Kouga condusse Rei nel luogo poco illuminato e ben chiuso dov’era solito allenarsi quando non si recava in giardino.

 

Una volta lì, il lupo d’argento si fece avanti senza indugiare:

- I Cavalieri dell’Ovest volevano farti la pelle, sai?

 

- I Cavalieri dell’Ovest?

 

- A quanto pare, anche loro hanno avuto a che fare con il tuo doppio.

 

- E’ comparso anche lì?!- lo interrogò alla svelta Kouga, desideroso di conoscere la risposta.

 

- Pare che li abbia aggrediti durante la solita caccia all’Orrore. Proprio com’è capitato a me… – ghignò il giovanissimo, ricordando l’accaduto poco piacevole- Tu, piuttosto, hai scoperto qualcosa?

 

- L’ho visto.

 

- Eh? L’hai visto?

 

- Quel Cavaliere d’Oro. – specificò Kouga, e Rei, del tutto plausibile, aprì all’istante la bocca:

 

- Quando?!

 

- Ieri sera.

 

- Vi siete affrontati?!

 

- No. Non mi ha dato nessun motivo per attaccarlo.  

 

Lo spadaccino dalla doppia arma scosse il capo. Quasi stentò a credere alle parole di Kouga.

- Attacca tutti i Cavalieri dell’ordine del Makai, tranne te?

 

- Forse non gli interessa.

 

- O forse, sta solo aspettando il momento giusto. – profetizzò Zarba, rettificando l’opinione di Silva.

 

Rei osservò l’anello parlante, poi i suoi occhi si spostarono sul detentore di quello stesso Madougu mistico.

- D’ora in poi, tieni gli occhi ben aperti. – gli disse, con un’occhiata che sapeva di attenzione estrema.

 

- Non devo difendere solo me stesso. – Le parole di Kouga, seppur palesemente sibilline, attirarono di corsa il giovane Suzumura.

 

- E’ lei, vero? – gli chiese quest’ultimo, afferrando lampante il significato di quella frase. – Sei eccessivamente preoccupato per quella ragazza. Te lo si legge in faccia, ormai.

 

Come poteva Kouga, non fare a meno di pensare alla sua Kaoru?

Il giovane si girò di schiena.

- “Arriverà presto il momento di cedere il posto a qualcun altro che ti strapperà via tutto ciò che hai di più prezioso al mondo”.

 

- Sono le parole di un Orrore. – precisò Zarba, accodandosi alla frase del suo proprietario silenzioso, nei riguardi di un Rei estremamente perplesso.

 

- E tu, il famoso Cavaliere dell’Est che ha tenuto testa a Meshia in persona, crede alle parole di una misera creatura? Mi prendi in giro? – Rei s’incrociò con dubbio le braccia al petto. Le parole di un Orrore, specie se dette in punto di morte, non avrebbero dovuto di certo intimorire il coraggioso guerriero del Makai. Lo sguardo scosso di Kouga, l’espressione tesa di quei tratti somatici più che seriosi, lo convinse però seduta stante del contrario: - A quanto pare…Non mi stai prendendo in giro. – analizzò.

 

- A questo punto, è tutto chiaro: la faccenda di quel doppio Cavaliere d’Oro e le parole dell’Orrore, sono entrambe collegate. – dichiarò Silva, per poi asserire ansiosa – I problemi raddoppiano.

 

Rei sollevò la mano fasciata dal guanto, quella dove risiedeva la guida.

- Senza tralasciare quel qualcuno che si diletta a scorrazzare nel Makai senza permesso, diciamo che triplicano!

 

- Quadruplicano. – appuntò celere Zarba, ficcandosi tra i due – Dimenticate forse “l’Ottava Stella del Makai”?

 

Quella lista di coincidenze, sembrava non avere mai fine. Che fossero tutte collegate o no, Kouga restava più teso che mai.

 

La causa principale dei suoi timori era palesemente ed evidentemente una.

 

Rei lo capì al volo, senza inutili pause. Un ragazzo vigile come lui, non avrebbe mai dovuto averne.

– Non le hai confidato niente, dico bene? - Il combattente dell’Est aveva già capito il significato di quella domanda, ma rimase ugualmente muto. - Quando imparerai, Kouga?

 

- Sono problemi che riguardano solo me. E’ una faccenda che devo risolvere da solo. – sentenziò acido lo spadaccino, voltandosi di scatto verso l’amico.

 

- Ma adesso, tu non sei più solo. Al tuo fianco c’è lei. Una lei che farebbe di tutto per vederti sorridere. – Lo sguardo di Rei si dipinse di malinconia. Gli occhi gli sussultarono brevemente, un finto riso gli servì a nascondere un dolore più che lancinante che gli era comparso dentro all’improvviso. Poi, quella sua bocca si aprì – “Porta avanti l’onore della casata dei Cavalieri dell’Ovest, e concepisci un figlio maschio sano e forte”. Mio padre adottivo voleva così. Tuttavia, l’unica donna che io abbia mai amato veramente, non mi è più accanto. E senza di lei, non potrò mai esaudire il desiderio dell’uomo che mi ha cresciuto. Che triste destino il mio, eh? – scherzò infine, abbozzando un malinconico sorriso.

 

Il discorso del giovane Suzumura costrinse Kouga a riflettere, a pensare, a capire. O se non altro, a sforzarsi di fare almeno con impegno una di quelle tre cose. 

Entrambi i ragazzi non avevano i genitori. Entrambi i ragazzi erano Cavalieri del Makai. Entrambi i ragazzi salvavano la vita agli umani in pericolo, ma Kouga aveva una marcia in più, rispetto all’altro. Al suo fianco c’era Kaoru.

Il Cavaliere d’Argento dell’Ovest, questa fortuna l’aveva persa un bel po’ di tempo fa.

 

Tuttavia, lo spadaccino non riusciva a darsi pace.

Era giusto, da parte sua, confidare a Kaoru quei problemi che lo tormentavano così terribilmente?

 

 

 

Salutando l’artista e il piccolo pargolo con un pizzicotto sopra la guancia di quest’ultimo, Rei lasciò il palazzo e si incamminò verso il suo territorio, con una briciola di amaro in bocca.

L’amaro gli era comparso quando nella sua mente si era manifestato il ricordo di quella donna. Un pessimo sapore, acre, che pungeva tanto. Ripensare al volto di Shizuka, anziché recargli conforto, per lui fu estremamente doloroso.

Rei era giovanissimo. Avrebbe avuto senz’altro occasione di conoscere una dolce egraziosa ragazza, al pari della sua amata che non c’era più, eppure, con quell’amaro in bocca permanente, sapeva bene che non sarebbe stato così. Se non fosse stata Shizuka la madre del suo erede, non lo sarebbe stata nessun’altra.

Amare incondizionatamente una persona, era amare sempre e soltanto quella persona.

Questo, era il credo del Cavaliere d’Argento dell’Ovest.  

 

 

                                                                           

                                                                         

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

Stavano calando le prime luci della sera.

Il sole ormai non c’era più. Aveva lasciato il compito ad una mezza luna biancastra, di brillare lassù in cielo.

Il tempo si scandiva attraverso le lancette di un orologio a pendolo, le ore passavano, e qualcuno, stremato dalla vivace giornata, si era ormai lasciato andare lungo la seduta di un divano, e cadere in sonno. Quel qualcuno era Kaoru.

Gonza era da poco entrato in camera per farle sapere che il bimbo si era finalmente addormentato, ma non appena si avvicinò a quel divanetto posto in salone, l’uomo con i baffi sorrise e andò via, lasciando quell’ambiente con modi silenziosi.

 

- Si sono addormentati entrambi! – disse quel simpatico maggiordomo a Kouga, incrociandolo proprio al di fuori della stanza.

L’erede di Taiga si accostò a quell’uscio, e restò lì ad osservare il suo piccolo scricciolo moro che riposava beato. Stremata ma felice, con un viso disteso e tranquillo.

Era così, che la bella gli apparve.

Ed era così, che lui l’avrebbe continuamente voluta vedere. Sempre felice.

Se Kouga si affannava a voler risolvere i suoi problemi, lo faceva anche per quella ragazza. Per non vederla mai inquieta. Non voleva che qualcuno soffrisse per lui, proprio come lui aveva sofferto in passato nel vedere i propri cari consumati dal dolore.

 

Anche se l’ora non era propriamente consona, Zarba aveva da poco captato qualcosa di infimo e pericoloso, nel pieno centro della città.

Aiutato da Gonza, il ragazzo infilò alla svelta il soprabito e si preparò a lanciarsi in aiuto dei più deboli.

 

 

 

Fermo al semaforo di un crocevia in pieno centro urbano, un autobus pieno di persone di ogni stazza ed età, stava aspettando di ripartire allo scattare del verde.

Il mezzo tuttavia lo fece all’improvviso, senza ossequiare le regole del codice stradale, e qualcuno lì dentro urlò a squarciagola.

Zigzagando da una parte all’altra della via, sfrecciando impazzito tra le arterie di un centro illuminato dai fari notturni dei lampioni, la vettura imboccò un sentiero plumbeo che sfociava dritto in uno sconfinato parcheggio. Nel bel mezzo di un campo lastricato ma deserto.

Le ruote del bus si fermarono con una frenata non proprio dolce.

Uno, e poi più passeggeri si alzarono dai posti per accalcarsi alle porte con la flebile speranza di uscire indenni da quel catorcio di lamiere impazzito, ma le via di fuga non si aprirono.

 

Con il fiato corto, Kouga giunse lì, e, senza neanche riprendere un soffio di respiro, raggiunse il bus di corsa.

 

- Maledizione! Le ha bloccate! – sbottò con rabbia, tentando in tutti modi di aprire almeno un’anta di quel grosso mezzo di ferro.

 

- Usa il Fuoco Guida! La fiamma dovrebbe riuscire a bruciare questa carrozzeria e a crearti un varco. – Il consiglio di Zarba si rivelò un preziosissimo aiuto.

 

Kouga estrasse scattante l’accendino. Il cappuccio di ferro si tirò su, e la fiamma verde prese ad ardere in un secondo. Un soffio su di essa bastò a far ribaltare le sorti di quella difficile situazione. Il Fuoco del Makai colpì una parte della carrozza, e la sciolse in breve tempo. Quel metallo liquefatto sembrava cera.

Il Cavaliere ripose l’accendino, ma presto sguainò la spada.

 

Intanto, tutti i superstiti si erano rannicchiati sul fondo del bus. Un uomo era a pochi metri da loro. Si trattava del conducente. Persona corpulenta, alta. All’apparenza sembrava un normalissimo essere umano, ma le sue intenzioni, rivelarono ben presto il suo lato demoniaco.

 

- L’Orrore si è impossessato di lui! – lo informò Zarba, captando forte e chiaro la presenza di quello spirito del Makai, rinchiuso nel corpo del tizio.

 

Kouga posizionò la spada davanti al testone del gioiello che, da brava guida mistica, ne addentò la lama.

Uno stridio, uno scintillio creato da quel lungo pezzo di Animetallo che strisciò e grattò l’interno delle sue piccoli fauci, generò una portentosa onda d’urto che si diresse ad oscurare la vista dei sopravvissuti.

Quegli umani caddero a terra come una manciata di birilli, perdendo così i sensi.

Al guidatore, l’interevento così categorico di quell’intruso dal cappotto bianco, non gli era affatto piaciuto.

L’uomo del bus si voltò, s’accigliò, ma poi sorrise misteriosamente.  

Di sorpresa, alle spalle del Cavaliere, qualcuno gli gettò due mani al collo nel tentativo di soffocarlo. Il ragazzo reagì celere nei riguardi di quell’inatteso attacco, e tirò una gomitata nello stomaco dell’aggressore che, per il colpo subito, mollò all’istante la presa e finì tramortito al suolo.

 

Per l’esattezza, ciò che aveva aggredito Kouga, era un Orrore. L’ennesimo.  

 

- Sono due?! – sbottò sorpreso, massaggiandosi il collo, arrossato, con una mano.

 

- Non farti ingannare, Kouga! Quella è una Chimera Mistica! – gli rettificò Zarba, prendendolo alla sprovvista.

 

Una Chimera Mistica non poteva uccidere di proprio pugno il bersaglio prescelto, ma poteva però illuderlo a tal punto da fargli commettere un suicidio involontario. E se il Cavaliere del Makai non lo avesse colpito allo stomaco, molto probabilmente quell’illusione lo avrebbe portato a soffocare se stesso con le proprie mani. Un particolare inganno in grado di dare davvero molto fastidio.

I due assalitori cominciarono ad avanzare verso lo spadaccino, togliendogli così la possibilità di fuggire.  

Kouga si trovò ben presto braccato da entrambi i lati. Lo stretto corridoio del mezzo, oltretutto, non gli semplificava affatto le cose.

Anche questa volta, però, l’intervento del Fuoco Guida facilitò l’attimo. La fiamma divampò e bruciò la facciata del bus che stava d’innanzi a lui, creando così un ennesimo varco per fuggire all’esterno.

Uno scatto in avanti, oltre quel foro, e poi finalmente fuori, sotto il cielo notturno della sera.

Lo spadaccino si voltò di scatto verso il bus e sollevò il capo. L’autista posseduto dall’Orrore aveva cambiato aspetto.

Una creatura rivestita da una pelle giallastra e striata di rosso, dischiuse adirata le fauci. La pelle della bocca, elastica, si tese al massimo per emettere un ruggito.

Il ragazzo fece un salto indietro, pose la sua spada sopra il capo, e solo dopo ebbe inizio il vero scontro.

Rivestito dalla sua armatura dorata, Garo sfoderò la spada e si lanciò contro Vergan. O perlomeno, era quella la sua intenzione.

Un intoppo, difatti, lo fece desistere.

Si trattava di quella Chimera Mistica, che, avvinghiatasi alle gambe con movenze prepotenti, lo aveva immobilizzato del tutto. Il lupo dell’Est impuntò i piedi a terra per non finire al suolo. Ci riuscì, ma in quel preciso momento Vergan ruggì ancora, famelico, e sfoderò la sua lunghissima lingua, che successivamente fece roteare furiosa sul capo, con l’incontenibile voglia di fare a pezzi il Cavaliere.

 

- Due contro uno, è sleale! – annotò all’istante Zarba, rendendosi pienamente conto della sgradevole minoranza.

 

Garo, se avesse voluto, si sarebbe potuto avvalere di un aiuto più che prezioso, in quell’istante.

Ben presto si rese conto che non c’era altra soluzione: Il Cavaliere d’Oro dell’Est chiamò a sé Goten, l’imponente destriero dalla criniera rossa e l’armatura lucente. La creatura fece la sua maestosa entrata generando un fascio di luce sfolgorante. Nitrendo con fragore, Goten caricò quella fastidiosa Chimera e la investì alla svelta con una corsa impetuosa che non le lasciò scampo. L’essere si dileguò come nebbia, sotto gli zoccoli dell’animale mistico, e Garo fu quindi libero dal suo assalitore.

Con uno scatto salì in groppa al suo cavallo dorato, deciso a capovolgere le sorti della battaglia.

La Garoken si tramutò presto nella massiccia Garozanba. Il paladino della luce strinse forte l’ansa di quell’imponente spadone, e partì all’attacco.

La velocità di Goten non aveva eguali. Vergan tentò di far cadere Garo dalla sella, con un colpo secco di lingua, non appena il destriero gli si avvicinò per corrergli attorno in cerchio. L’ organo del gusto schioccò abbattendosi sul terreno e mancando il bersaglio, poi, senza concedere un minuto di tregua, tornò alla carica.

Fu con una mano, che il lupo rivestito di oro agguantò quella viscida lingua e non si lasciò sfuggire l’Orrore.

Il destriero impuntò gli zoccoli al suolo, oppose resistenza e tenne a bada i violenti strattoni di Vergan che, nella speranza di liberarsi da quella cattura, si affannò a tirare i due dalla sua parte.

Come un gioco, sembrava proprio un tiro alla fune.

Quella lingua, però, era talmente viscida… Lo era così tanto, che iniziò a sfilare con lentezza tra la mano chiusa di Garo, che faticava a tenerla stretta nel suo pugno.

- Goten! – esclamò a gran voce il lupo dell’Est, e il destriero impetuoso, nitrendo vivido, s’impennò per colpire con forza il suolo. Gli zoccoli delle gambe anteriori dell’animale batterono e percossero il terreno, facendo così traballare l’Orrore. Garo mollò istantaneamente la presa, e Vergan finì a terra.   

Un pugno stretto di secondi e… Al galoppo verso l’essere, la Garozanba lo falciò in due metà esattamente uguali. Metà che si separarono e, nel cadere a terra, si sbriciolarono volando nell’aria, come un mucchietto di semplice terra.  

 

 

La gente all’interno del bus si svegliò poco dopo. Tutti si guardarono attorno, si rialzarono barcollanti. Un uomo cercò di sporgersi dal buco creato dal Cavaliere Mistico, e quindi guardò fuori.

Con stupore, però, notò che con c’era nessuno in quel luogo sperduto e desolato. Tutto taceva, lì nei dintorni. Ogni cosa sembrava essere a posto. Ogni cosa eccetto loro che, confusi e barcollanti, non ricordavano assolutamente nulla dell’accaduto.

 

 

Kouga, nel frattempo era già sul sentiero di casa. Tagliò per i boschi, con estremo silenzio, mentre si faceva sempre più buio.

Una Chimera Mistica poteva essere invocata sul posto, solo da un abile prete del Makai.

Quindi, c’era qualcun altro lì, nascosto chissà dove, durante il combattimento?  

Inaspettatamente per Zarba, il tacito ragazzo si fermò sul ciglio del sentiero ad osservare il cielo cupo, tra le fronde della natura selvaggia, mentre si accinse a domandare: - Secondo te, come avrebbe reagito mio padre se fosse stato al posto mio?

 

L’anello trasse un sospiro. Un lungo e malinconico sospiro.

- La notte in cui Taiga decise di fermare Barago, non ci fu verso di fargli cambiare idea. Persino Gonza lo supplicò in ginocchio di non andare. Tu in questo sei uguale a lui e…-trattenne brevemente il fiato, donando un velo di mistero a quell’attimo, e poi, ancora sospirando, finì la frase: Sì, sei anche il ritratto di Rin.   

 

La mamma. Rin Saejima.

Sentendo quel nome, Kouga ebbe un sussulto immediato. Erano poche le volte in cui si parlava di lei. Una donna così, avrebbe meritato di essere ricordata più spesso. Eppure il Cavaliere Mistico dal bianco soprabito, preferiva non farlo. Sua madre era lì, nel suo cuore forte e coraggioso. Un’immagine indelebile, che non sarebbe mai volata via. E a Kouga bastava solo questo.

 

- Tu la ricordi bene? – domandò, spontaneo. Sempre duro, sì, ma in quell’attimo ingentilito dal ricordo della sua cara mamma affiorato in lui solo per cullargli l’inquieto animo.

 

- Una gran bella donna, direi! – scherzò dapprima Zarba, per poi proseguire serio- Ma soprattutto, una gran donna. Era un tipo determinato e sicuro, scrupoloso nello svolgere il ruolo da sacerdotessa del Makai, ed amorevole con il suo prezioso pargolo. – Le parole dell’arguto anello suscitarono in Kouga uno spruzzo di nostalgia che sì, gli andò pure a punzecchiare con tristezza il cuore, ma che, nello stesso tempo, nel pensare alla sua famiglia, gli fece nascere un sorriso.

 

- Dici che loro farebbero le mie stesse scelte? – domandò al suo fidato accompagnatore di ferro, volgendo gli occhi al cielo, come se lì, in quella vasta distesa tinta di blu, ci fosse stato il ritratto dei suoi amati genitori.

 

Zarba sospirò ancora. Ci pensò un po’ su, prima di dare la sua sincera risposta.

-Dico semplicemente che…- enunciò dapprima, e dopo una trepidante pausa, finì placido- Taiga e Rin non potevano mettere al mondo erede migliore a cui affidare il titolo di Garo.

 

                                                                          

                                                                      

 

 

                                                                          ***

 

 

 

 

 

Il sole stava sorgendo, e con esso si levava nell’aria anche un nuovo giorno che stava arrivando più luminoso del predecessore.

La giornata iniziò in un baleno, ma anche il campanello di casa Saejima suonò in un baleno. Asami era lì per riprendersi il suo nipotino, per scusarsi del disturbo, e per spiegare i motivi che l’avevano costretta ad un simile gesto. Il piccolo era il figlio di sua sorella maggiore.

La ragazza lo teneva con sé ogni giorno, perché la madre a causa del suo lavoro da fotografa, viaggiava moto spesso. Il direttore del ufficio in cui lavorava Asami, le aveva ordinato in via del tutto eccezionale di esercitare anche la domenica, per via di un programma che la giovane dipendente doveva consegnare la mattina del giorno dopo.

Gonza salutò il piccolo, in seguito consegnò la borsa con tutte le sue cose alla giovane donna dal ciuffo rossiccio che se la infilò a tracollo.

Tra le braccia di Kaoru, quel pargolo cominciò lievemente a lamentarsi. Forse aveva capito di doversene andare. L’artista gli carezzò il capo, sfiorandolo delicatamente con le dita. Gli schioccò un bacino sulla fronte, e infine lo consegnò all’amica.

L’auto partì, Kaoru restò lì davanti all’uscio, con gli occhi malinconici che poi le si fecero sempre più offuscati. Era come se le avessero portato via qualcosa dal proprio corpo.

La ragazza rabbrividì perché sfiorata da quel velo di tristezza, e poi, sempre più mogia chiuse la porta e si voltò.

Kouga era lì, davanti a lei. Il giovane le squadrò il viso attentamente.

- Che cosa è successo? – chiese ansioso, vedendola piuttosto giù.

 

- Quel bambino è andato appena via. – rispose abbattuta, con fiacchezza – Come finta madre non sono un granché, ma gli volevo lo stesso bene! – affermò, con voce sincera.

 

- Già, non sei un granché. – dichiarò lo spadaccino, prendendola improvvisamente alla sprovvista, e perché no, facendole imbrunire ancor di più quel suo faccino abbattuto. La rettifica a quell’affermazione, tuttavia, giunse quasi all’istante – Ma solo come cuoca.

 

L’artista sorrise, luminosa più di quella stessa alba. Sorrise, inoltre, perché fu Kouga a farlo per primo. Un Kouga che forse, almeno in quell’attimo si sentiva più tranquillo. Aveva perfino la voglia di scherzare. Posandole una mano sul capo, le scarmigliò i capelli con un’energica ma allo stesso tempo dolce carezza.

Una carezza dolce, che sapeva d’amore.

 

 

 

 

 

Una madre per il proprio bambino farebbe qualsiasi cosa.

Lei è una figura speciale.

E le cose speciali, ci vengono concesse con parsimonia. Sono uniche.

Nel momento in cui le perdiamo, non possiamo più riaverle indietro.

La mamma non può essere rimpiazzata, perché lei può sostituire chiunque, ma non può essere sostituita da nessuno.

La mia, per esempio, mi ha fatto diventare ciò che sono adesso. Mi ha fatto crescere nella più luminosa delle luci, e, anche se lei non è stata per molto tempo al mio fianco, l’amore che unisce indissolubilmente il figlio a colei che lo ha generato, supera sfrontatamente ogni confine, per giungere anche fin lassù, verso il più lontano dei mondi. Là dove una mamma, anche se tanto distante, sentirebbe ovunque la tua voce.  

 

 

                                                                                                 Fine episodio

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

CI SONO RIUSCITA!!!!! L’HO FATTO DAVVERO E ANCORA NON CI CREDO…!!!

Dopo un tira e molla di forse 1 anno, ho visto l’ultima puntata di GARO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Che qualcuno mi tiri un ceffone o mi prenda a sprangate, vi supplico!!! TTvTT

Perché l’ho fatto?! Perche?! Perchèèèèèèèèèèèèèèè!!!!!!!!!!!

Garo è come il vino: se non ti scoli subito la bottiglia, e la stappi dopo decenni finché forse non sarà ormai ricoperta di ragnatele e polvere, avrà un sapore DIVINO!!! (Ma se proprio ti va male, e ti accorgi che forse le ragnatele e la polvere sono più del dovuto, al limite ci condisci l’insalata…)

Una parte di me mi urlava: GUARDALOOOOO!!!!! Altrimenti con l’avanzare dell’età, potrai restarci secca!

L’altra parte invece gridava: PER CARITA’! Non farlo!!! Sennò poi ti toccherà trovare un senso alla tua vita- anche se un senso non ce l’ha- perché ormai avrai esaurito tutte le puntate e non saprai più cosa fare per andare avanti!!!    

Alla fine, tutto considerato, ho capito che era arrivato il momento giusto, e quindi, dopo aver inserito il dvd nel lettore, ho fato il grande passo!

Che dire? L’ultimo episodio mi ha lasciato un po’ così, con l’amaro in bocca… (in realtà era il vino che sapeva d’aceto con l’aiuto dell’insalata che, al contrario, sapeva di cianuro… Ma questi sono dettagli!)

Ho quasi pianto nella parte in cui Zarba si frantuma… Mi sono veramente affezionata a questo anello, e si può dire che di tutta la serie è uno dei personaggi che stimo di più. E’ molto triste quella scena… ;___; E poi, naturalmente quando Kouga piange… beh, non riesco a trovare parole più adatte per descrivere quel momento. In parte lo sapevo già perché gironzolando nei vari forum e in rete, molte persone ne hanno parlato, però non l’avevo mai vissuta in prima persona, quindi è stata una novità.

Domanda: Secondo voi, che cavolo c’è sopra l’ultima pagina del tomo illustrato??

In uno dei libri che ho di Garo, ci sono le immagini delle pagine che noi tutti conosciamo, ma a mancare all’appello è proprio l’ultima… Keita Amemiya l’ha voluta nascondere per dare l’aggio a tutte le persone che hanno guardato la serie, di immaginarla loro stesse,  ma se ci fate caso, forse un modo per scoprirlo, c’è… Io ho rivisto al ralenti la puntata in cui Kaoru decide di creare quella pagina, ed ho stoppato con un ferma immagine: Si è visto appena una scena simile a quella dell’episodio 21, quando Kouga porta l’artista nel luogo che assomiglia al paesaggio del quadro del primo episodio, e si intravedono appena delle figure umane. Forse, centra con quello? Però in effetti non ne ho la certezza… :(  

Tralasciando questa cosa, ho visto anche il famosissimo gaiden! L’episodio extra chiamato “sorriso”… parlo in particolare per seasons_girl, che voleva vederlo!

Ebbene

Non ha niente a che vedere con la trama della storia, e non è un finale alternativo. E’ solo il sogno di una Kaoru con un taglio di capelli diverso da quello che abbiamo visto nella serie. Di fatto, lei stessa alla fine dice: “ho fatto questo strano sogno quando ancora abitavo con Kouga”.

Se non siete proprio dei fan accaniti, non è di vitale importanza vederlo, ma… una cosa la devo proprio dire: fa troppo ridere! Ci sono i 3 Cani da Guardia in versione ragazzine “lolita” con tanto di kimono indosso, che dicono di essere delle fans di Kouga, e poi Kodama, l’attore che lo interpreta è americano, e qui finalmente parla, ma lo fa in inglese dicendo che adesso ha la possibilità di esprimersi, dato che il regista gli aveva dato un ruolo privo di dialoghi… E’ molto buffo!

Ma la scena più ridicola e davvero terrificante, è Kouga versione “innamorato pazzo”!

Ragazzi, quella la dovete assolutamente vedere! In breve, è così:

C’è un volto alle spalle di Kaoru: è un ritratto che raffigura un viso di Kouga assai sorridente e un po’ fuori dal normale. Per magia questo disegno prende vita, e compare uno di quegli uomini con la tutina nera che al posto del viso ha per l’appunto questo grosso ritratto.

Il presunto Kouga comincia a fare il filo a Kaoru, con maniere davvero esagerate. Lei ad un tratto per difendersi da una delle sue amorevoli prese, lo punzecchia alla gamba con una matita, e a quel punto lui che fa? Prima si lagna un pochetto, e poi con la coscia in bella mostra le dice di rifarlo ancora perché gli è piaciuto! Lì sono rimasta di sasso…!

Inoltre, gli dice che brucia d’amore per lei!!! TTVTT

In poche parole, il gaiden è esilarante! Anche se alcuni pezzi sono molto toccanti

 

Tornando all’ultimo episodio, non potevo fare a meno di guardare anche lo Special.

Ebbene sì! Ho visto pure quello! Ricordo di averlo comprato a luglio dello scorso anno, quindi fate un po’ voi i conti… é_è Mi faccio proprio schifo…

Ma come si dice in questi casi… Fatto 30, si fa anche 31!

 

Passo subito al nocciolo della questione…

 

L’ultima scena del Garo Special:

Kaoru: “Okaeri…” (Bentornato)

Kouga: “Sore wa kocchi no seru za” (Quello, lo dovrei dire io)

Kaoru: -ride, poi si corregge per dare l’aggio a Kouga di poterla salutare- “Tada ima” (Eccomi! Sono tornata!)

Kouga: “Aa…! – un po’ come se volesse dire “ Ma va’? Sei tornata?”- “Okaeri!” (Ah…si! Bentornata!)

 

Questo è esattamente il dialogo che si scambiano durante le ultime scene dello Special. Ho messo sia la parte in lingua giapponese, sia la traduzione in italiano, così rende meglio l’idea.

La questione adesso è:

Kaoru non appena rivede Kouga, essendo lei già a casa, gli dice “bentornato”. E qui, tutto fila liscio. In fondo, quando qualcuno rientra a casa, magari dopo una giornata di duro lavoro, di solito lo si accoglie con qualcosa di simile.

Ma è a quel punto che Kouga la guarda, e poi dice “Quello, lo dovrei dire io”, oppure, anche se più astratta come traduzione “Veramente spetterebbe a me dire “bentornata”, visto che non ti vedo da un pezzo“.

Tutto ciò, quindi, fa pensare che Kaoru sia tornata da lui dopo un lungo periodo di assenza.

E l’asino, giustamente, è qui che casca! Tutti quelli che hanno visto lo Special, affermano che Kaoru e Kouga stavano insieme già da un po’, da prima che il Cavaliere dell’Est partisse per il Kantai, ma allora perché mai Kouga avrebbe dovuto dirle “bentornata”?

Le opzioni sono due:

1 Kaoru, che nell’episodio 25 aveva detto di andare in Italia, è rientrata. Quindi i due, in teoria, non si vedevano dal giorno del loro ultimo saluto. (vale a dire quello dell’ep 25)

2 Kaoru, ritornata dall’Italia, e nel frattempo fidanzatasi con Kouga, si era nuovamente allontanata da lui poco prima dell’inizio dello Special.

 

La seconda teoria, collegata all’ultima scena del Garo Special, ci può anche stare, ma è la prima a non farmi tornare i conti! Perché? Perché sembra l’ipotesi più corretta!

La teoria numero 1, anche se non concorda con il finale del Beast of the White Night, potrebbe essere quella esatta. L’ipotesi 2, in cui Kaoru parte, poi ritorna, e poi riparte ancora per ritornare di nuovo, fa troppo casino!

E allora? Direte voi, il punto qual è??

Soltanto uno:

Nello Special si capisce quasi chiaramente che i due alla fine si sono fidanzati, sì, ma quando?!?!?    

Kouga le dice che il bentornato sarebbe spettato a lui, e in qualche modo mi fa pensare a quando la ragazza, poco prima di salutarlo, gli disse che non si sarebbero rivisti per un po’ perché lei andava in Italia a studiare. Quindi lui si riferisce chiaramente a quella scena. E’ palese.  

Ma allora quand’è che questi due si sarebbero messi insieme? Nell’attimo in cui Kouga la vede dipingere in giardino, e poi la prende per mano “trascinandola” in tutti i sensi e con ardore con sé? Perché è chiaro: lui la trascina con slancio, e lei praticamente si lascia “catturare” e portare via!

Le immagini ti fanno provare l’ illusione, che i due sono diventati finalmente una coppia, ma…

La teoria vera, forse sapete qual è?

Quando Kouga corre, raggiunge il giardino, e finalmente la rivede, nell’istante in cui i due si scambiano uno sguardo, e poi si prendono per mano, è proprio in quell’attimo che inizia tutto: Perché il coraggioso Cavaliere del Makai e la bella artista, anche se tanto lontani, sapevano già che quando si sarebbero rincontrati niente e nessuno gli avrebbe mai impedito di esternare i propri sentimenti e restare insieme per sempre. 

 

P.S. Ancora una cosa… Qualcuno di voi ha visto il Garo Special? Perché ho scoperto una chicca fichissima! Nella versione Limited (quella con il box, i 2 libri e il disco con i vari contenuti speciali) ci sono delle scene inedite create apposta per l’occasione!  Mi è capitato di vedere anche quella divisa in due episodi da 50 minuti ciascuno, ed ho notato che mancano proprio un bel po’ di scene, alcune estremamente importanti (una riguarda proprio quella dell’ultimo pezzo, dove ci sono Kaoru e Kouga). Sul box che contiene dvd e libri, c’è scritto che ci sono delle parti aggiuntive e che si tratta di una trasposizione intera, o comunque riadattata proprio per l’occasione… Per cui il finale è stato “leggermente” cambiato.

Nella prima versione, quella spezzettata che non fa parte della limited, quando Kouga torna a casa e vede il quadro restaurato sopra al camino, si gira verso il tavolo ed immagina l’ipotetica scena in cui Kaoru lo rimette a nuovo. Poi l’inquadratura ritrae lei che dipinge in giardino, e lui che la osserva.

Nella limited, invece, Kouga, dopo aver visto il quadro restaurato, corre come un matto nel corridoio della sua villa per raggiungere il giardino. Lì c’è Gonza che si prepara a servire del tè, e quando lo vede vorrebbe dirgli che Kaoru è lì, ma poi sorride perché capisce che il signorino l’ha già intravista. (Inoltre, nel corridoio si può vedere una di quelle armature medievali dalla stazza piuttosto imponente, molto molto bella! Se la trovate nella mia fanfic, non vi spaventate! Perché esiste davvero!)

Personalmente, come finale preferisco proprio questo qui! Mi piace troppo la parte in cui Kouga corre come un matto per raggiungere il giardino, con la fretta di vedere Kaoru. E anche se non ne ha proprio la certezza che lei sia lì in quel momento, fila via lo stesso, con il cuore carico di speranza.

La scena è altamente emozionante, credetemi!

Ancora una volta, il maestro Amemiya ha fatto proprio centro!

 

Bene…

 

Rispondo adesso a voi lettori!

 

Per seasons_girl: Eeh… dovrai leggere, per scoprire l’arcano mistero legato ai malesseri di Kaoru! Comunque no, a parte gli scherzi, in quella scena a dire il vero mi hai fatto venire il dubbio… Perché l’avevo concepita in modo che Kaoru, avendo saltato la colazione, si sentisse male dopo, facendo coincidere lo svenimento con la lite tra Kouga e Rei. Alla fine il malore era dovuto ad un calo di energie, tutto qui. Però mi sa che non si è capito, dico bene? La prossima volta cercherò di stare più attenta, e rileggerò il capitolo più di una volta!

 

Per _Elentari_: Hai ragionissima, Ele! ;__; Vi faccio aspettare davvero troppo con i chap… Ma le cose da fare sono tante, e spesso io vorrei effettuare almeno un aggiornamento al mese, però non ci riesco… Ti chiedo davvero scusa!

 

To Mitra: Ooh, dear! ;___; Your comment  make me cry!!! Especially when you say “your character are ALIVE!”… This is very important for me, really. Then… about “the madou ring”, it’s a present for Kaoru when she goes to Italy. You can read that scene into my fanfic called “Gioco di Spade”. However, I’ll speak about it into the future chapter! 

 

Per Shannara_810:  Benvenuta! ^__^ E grazie infinite per la recensione! Già, chiunque pagherebbe chissà cosa per fare la guardona! ^///^ Povera Kaoru, però… Trovarsi tutto quel ben di Dio in una sola volta, non è cosa da poco… Riguardo alla faccenda della “combustione spontanea” (ho riso parecchio quando l’ho letto! ^-^), io non voglio anticiparti o rovinarti la sorpresa, ma… Più in là, nella storia accadrà qualcosa di pressoché simile a ciò che hai scritto… Però non dico altro! Ti piace Rei, eh? Allora ti anticipò già che il capitolo 6 sarà interamente dedicato a lui!

 

Per stelly89_s: A quanto pare, la scena dell’asciugamano è piaciuta davvero a parecchi... Ti giuro che non me lo sarei mai aspettato perché la reputavo una parte priva di originalità… anche se tutto ciò che indossa Ryousei-san, non è mai banale! Soprattutto se l’abbigliamento è molto ridotto…! ^_^ Seguiranno altre cose di questo genere, tranquilla! Grazie del commento!

 

 

Per il momento è tutto! Ringrazio sempre tutte le persone che continuano assiduamente a recensire, e anche tutte quelle che aggiungono la mia storia ai preferiti!

Vi ringrazio di cuore!

Un affettuoso saluto a tutti voi!

 

                                                                                                         Botan

 

 

                                                                              

     

 

       

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Capitolo 5
*** #04 L'acquario ***


- Pronto, Asami

                                  L’acquario

                                 #04

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

- Pronto, Asami? Sono io, Kaoru! – esclamò la ragazza, attaccata alla cornetta del suo cellulare, mentre sostava ai piedi della lunga scalinata che conduceva ai piani superiori della bella villa Saejima. – Per caso ti andrebbe adesso di accompagnarmi all’acquario di Port City…? Lo studio dove lavoro mi ha commissionato una storia ambientata sul fondo del mare. Non sono molto brava con i soggetti marini, ma visto che l’acquario è pieno di pesci colorati, forse lì potrei imparare molto! - dal capo opposto, tra una parola e l’altra dell’amica pittrice, Asami sospirò con voce amareggiata.

 

- Mi dispiace, non posso proprio! In questo momento sono in un ufficio… ho troppo lavoro da sbrigare… – dichiarò la giovane, sbuffando e guardandosi attorno, con la scrivania sovraccarica di lunghe ed interminabili pile di fogli che purtroppo non le consentivano di concedersi una fetta di tempo libero.

 

Kaoru scosse il capo:

- Non preoccuparti, non fa niente! – disse, sforzandosi di emettere una voce allegra. L’espressione del viso, però, sapeva assai di delusione. Andare lì, da sola, non le piaceva granché come prospettiva. La bocca si piegò un pochino, e il viso si spense. Stava quasi per sospirare, quando la sagoma di Kouga, appena rientrato dal giardino di casa propria, ed intento a raggiungere la biblioteca della villa, non la rianimò in un baleno - Sarà per la prossima volta, allora! Ti auguro una buona giornata! – esclamò in tutta fretta, riattaccando quasi subito per poter così raggiungere il giovane. Asami restò interdetta, si guardò intorno, sull’orlo della disperazione. – Certo, come no, passerò senz’altro una bella giornata…! – sbuffò alla fine, fulminando i fogli con un’occhiata.

 

- Kouga! – lo chiamò Kaoru, molto svelta, e il Cavaliere Mistico, fermando brevemente le gambe, si voltò appena, giusto per rivolgerle l’attenzione.

 

- Che c’è? – le disse, con lo sguardo fermo, stabile sul viso della sua bella.

 

La mora prese fiato, e con un pizzico di esitazione tentò di articolare qualcosa:

- Mi chiedevo se… - disse dapprima, un po’ titubante – se mi potresti… - ancor prima di portare a termine quella richiesta, la replica dell’altro fu più rapida e, soprattutto, più perentoria:

 

- Ho da fare. – le sentenziò, adoperando modi sbrigativi, e tagliando corto. Oltretutto, Zarba proprio in quell’istante aveva iniziato a parlare di Orrori e cose affini. Esattamente come Gonza il maggiordomo che, con un libro aperto tra le mani ed un’espressione eclatante, gridava con voce moderata e a più riprese “L’ho trovato! L’ho trovato!”. 

 

Kaoru Mitsuki chinò leggermente il capo, ed abbassò quindi il viso con una mossa pressoché meccanica. Un viso senz’altro molto rattristato. Avrebbe voluto mettere il broncio, ma quel giovane con l’abito di pelle color nero, non era di certo un giovane come tutti gli altri.

Kouga faceva parte dell’ordine dei Cavaliere Magici. E quell’ordine così tassativamente rigido, lo vincolava a svolgere il suo mestiere anche a costo di rinunciare alle normali esigenze di un comune essere umano. Le esigenze di un ragazzo come lui, insomma.

 

 

 

 

 

                                                                       ***

 

 

 

 

 

Camminava soprappensiero, Kaoru. Tra le strade della città accarezzata dai raggi di un sole fortissimo, la sua mente non poteva fare a meno di pensare, di rimuginare.

Col passare del tempo, anch’ella avrebbe dovuto imparare ad accettare le leggi assai rigide dei Cavalieri del Makai. Forse il futuro un po’ la intimoriva, ma in fin dei conti, lei quel tacito signorino lo amava per davvero.         

Con la mente persa in chissà quanti ragionamenti o anche semplici pensieri, con la sua ormai inseparabile sacca marrone a tracollo, e con gli occhi non proprio attenti sul selciato di città, improvvisamente andò a sbattere contro qualcosa. Una persona, per l’esattezza.

Presa alla sprovvista alzò di scatto il capo: - Mi scusi! – disse prontamente, nel momento in cui i suoi occhi s’incontrarono con quelli di Ikuo Shiota, il travolto malcapitato.

 

- Ma allora è vero che gli artisti sono sempre distratti, eh? – Il giovane sfoderò una voce tutt’altro che arrabbiata, mentre le mani, aggrappatesi alle spalle di Kaoru durante l’impatto, gli si abbassarono di scatto per liberare l’amica dalla presa.

 

- Già…! - asserì lei, arrossendo un po’ per vergogna, ma mostrando d’istinto un sorriso.   

 

Ikuo gettò uno sguardo al suo orologio da polso, dopodichè storse un po’ il labbro:

- Non è un po’ tardi per andare a lavoro? E’ per questo che eri così pensierosa? – le domandò squadrandole minuziosamente il viso. – Stavi pensando ad una scusa per placare l’ira funesta del tuo datore, eh?

 

L’artista scosse il capo: - Stamattina niente lavoro! O quasi… - pronunciò dopo- Sto andando all’acquario. Devo studiare un po’ l’ambiente marino per poterlo ricreare sulle tavole da disegno che mi hanno commissionato allo studio artistico. – gli rivelò in seguito, spiegando in breve tempo la situazione.

 

- L’acquario?! – esclamò con enfasi Ikuo, in estasi proprio come un bambino. – Davvero in questa città c’è un acquario?

 

- Non lo sapevi? – gli domandò Kaoru, divenendo perplessa dalla rivelazione dell’amico.

 

- Mi sono trasferito qui da poco tempo, e non so quasi niente della città. Le uniche vie che conosco, sono quella di casa mia, e quella dell’istituto dove si svolge il corso. Anche se spesso tendo ancora a dimenticarle…! – pronunciò lievemente imbarazzato, grattandosi la nuca con la mano, e cacciando un po’ la punta della lingua.

 

Kaoru rise di gusto, divertita da quelle parole.

- Dopotutto, anche tu sei un artista distratto, no? – asserì, per poi essere sopraffatta da una richiesta inaspettata da parte del giovane.

 

- Posso venire anch’io? Mi piacerebbe tanto vederlo! – dichiarò, con gli occhi scintillanti, con la voce estasiata, e con il viso sognante. Ikuo, per certi versi, assomigliava proprio ad un bambino.

Spiazzata da quella richiesta, Kaoru spontaneamente annuì. Il viso le si riaccese, e il pensiero di andare da sola in quel luogo, si dissipò in un lampo. Essere in compagnia di qualcuno, era molto meglio che essere completamenti soli.

Oltretutto, Ikuo ci teneva così tanto a visitare l’acquario, che la ragazza non avrebbe mai potuto rifiutare alla richiesta.

 

 

 

Un mondo marino, completamente colorato, dalle tinte sfavillanti riflesse dalle squame di una miriade di animali acquatici che nuotavano come danzando, in quelle vasche che costeggiavano da entrambi i lati i molteplici corridoi e le sale di quel posto. Ikuo non poté trattenersi dallo sgranare le palpebre.

- Stupendo! – esclamò completamente rapito da quei colori che, un po’ qui e un po’ là, lo accerchiavano piacevolmente.

 

Kaoru era già stata lì, qualche anno fa, in compagnia di Asami, quindi sapeva bene il posto, ciò nonostante, ritornare all’acquario dopo tutto quel tempo, non le fece smettere di osservarsi intorno, anch’ella rapita da quel magico mondo sommerso.

Alzò il capo puntando gli occhi al soffitto, e si allibì ancor di più.

- Guarda! – fece segno ad Ikuo di osservare su, sopra la testa. Perfino la volta lì, era stata trasformata in una vasca trasparente, ricca di esseri acquatici. – Deve trattarsi di una novità, questa del soffitto! L’ultima volta che sono stata qui non c’era.

 

- E’ ovvio! Lo hanno messo lì apposta per me! – scherzò il ragazzo, perdendosi in quella grande vasca.

 

 

Svoltato appena l’angolo, i due si fermarono nei pressi di una panca di legno senza schienale, collocata esattamente di fronte ad un lungo acquario dalle dimensioni gigantesche, pieno zeppo di pesci.

Ogni vasca ricreava un ambiente naturale marino o d'acqua dolce, ricco di varietà animali e vegetali presenti nei laghi, nei fiumi e nei mari di tutto il mondo. Tra le circa 200 specie animali ospitate, vi erano numerosi invertebrati, come meduse, coralli e crostacei, e grandi mammiferi marini, come le otarie, i delfini e le foche.

 

- Qui è perfetto per mettersi a disegnare! Ci sono un sacco di specie marine! – esclamò Kaoru, entusiasta più che mai e desiderosa di mettersi all’opera, di ritrarre tutto ciò che in quell’attimo la stava completamente attorniando. Così, poggiando la sacca marrone sull’asse della panca, afferrò un album da disegno ed una matita, ed iniziò il lavoro.

Ikuo, seduto lì proprio accanto a lei, di tanto in tanto, distraendo l’attenzione dalla vasca che gli stava d’innanzi, le mandava di sottecchi un’occhiata.

Tra un colpo di matita, e, qualche volta, anche uno di gomma sulle linee che spesso non le venivano assai diritte, Kaoru cercò di ritrarre quella moltitudine di piccoli esseri tutti diversi tra loro, che nuotavano liberamente nell’acqua. Quegli esserini, avvolti piacevolmente dal gradevole liquido trasparente, in un certo senso era come se volassero.

Ce n’era uno lì in mezzo, che catturò maggiormente l’attenzione dell’artista.

Non più grande di 5 centimetri, aveva un colore rossiccio molto vivo, e delle pinne lunghissime che si muovevano come un elegante strascico molto simile a quello di un abito da sposa fatto di seta.

Era proprio il movimento di quelle pinne, ad affascinarla e ad ispirarla così tanto.

Ikuo si accorse quasi all’istante dell’interesse che la ragazza nutriva nei confronti di quell’animale.

- Quello è un pesce combattente. – le affermò, mentre Kaoru, meravigliata, si voltò a guardarlo.

 

- Lo conosci? – gli chiese stupita.  

Alzandosi dalla panca, lui prese la ragazza per mano e la condusse ai piedi della vasca, proprio davanti all’animale marino tinto di rosso.

 

- Osserva bene il movimento delle sue pinne – le disse, puntando l’indice a pochi centimetri dalla lastra di vetro. Kaoru non si fece ripetere una seconda volta quella richiesta – Non ti ricorda il movimento di un drappo di seta rossa che ti accarezza le mani?

 

La giovane, con lo sguardo fisso sull’elegante movenza di quei lunghi organi natatori, assentì senza esitazione: - E’ vero! Più la guardo, e più mi sembra quasi di poterne sentire la consistenza, qui tra le mie dita! – esclamò guardandosi stupita le mani. Di cui la destra, ancora racchiusa in quella del ragazzo. I due si osservarono brevemente in volto, poi il giovane ritirò a sé l’arto per liberarle il palmo. – Come fai a conoscere così tante cose sui pesci? Sei molto preparato! – gli domandò in seguito lei, con il desiderio di sapere la risposta.

 

- Ma no! – rispose istantaneamente lui, accompagnando quell’esclamazione con lo sventolio della mano sinistra – Da bambino ne avevo uno anch’io. Non sono di certo un genio…! – affermò affranto, ma con un tono beffante. Poi, incuriosito, lanciò un’occhiata al blocco che Kaoru reggeva tra le mani, e che raffigurava per l’appunto proprio quel pesce dallo splendido strascico. – Se fossi in te, le pinne le farei un po’ più flaccide. Giusto per fargli acquisire movimento. Altrimenti sarebbe troppo statico. – consigliò all’amica che, osservando anch’ella il ritratto dell’animale marino, lo comparò subito al vero pesce combattente che le nuotava davanti al naso.

 

Storse le labbra in una smorfia di traballante indecisione, ma poi il suo verdetto arrivò in un lampo:

- Mi sa che hai ragione tu! Così è troppo statico. – Cercò quindi di correggere l’errore, seduta stante, esattamente lì, in piedi di fronte alla lastra. La matita, tenuta molle con l’indice e il pollice della destra, tracciò linee sinuose, morbide e delicate, donando un movimento incredibilmente realistico, quasi vivo, a quel ritratto. Paragonando ancora una volta lo schizzo alla sagoma vera dell’animale, Kaoru ne sembrò abbastanza soddisfatta. E, vista l’espressione attonita di Ikuo, anche lui non fu da meno.

 

- E’ uguale a quello vero! – si complimentò l’amico, incapace di trovare parole più adatte. – Ho fatto proprio bene ad accompagnarti!

 

Kaoru emise un sorriso, ma poi d’un tratto si sentì punzecchiare da un soffio di malinconia. Se ci fosse stato Kouga lì, al posto di Ikuo, quell’attimo sarebbe stato più che perfetto. Sarebbe stato indimenticabile. Ma Kouga, in quanto Cavaliere, aveva delle priorità da rispettare.

- Ti ringrazio per avermi fatto compagnia. – disse Kaoru al compagno di corso, per poi confidargli sincera – Non mi andava proprio di venire qua da sola.

 

- Hai un ragazzo, no? Non potevi chiederlo a lui? – le domandò subito l’altro, cogliendo al volo una preziosa opportunità. Ad Ikuo, a quanto pare, piaceva interessarsi un po’ degli affari altrui. In particolar modo di quelli di Kaoru.

 

- Lui… non poteva. – La bella Mitsuki chinò quasi con vergogna il capo, per nascondere forse quel velo di tristezza che le aveva incominciato ad appannargli la vista.

 

- Impegni di lavoro? – rinviò il moro, chiedendo con curiosità.

 

L’artista sospirò e sorrise a malapena: - Più o meno…!

 

Ikuo si strinse nelle spalle: - Beh, mi auguro che il tuo ragazzo venga sommerso dal lavoro un po’ più spesso, così troverò la scusa per accompagnarti un’altra volta all’acquario!

La giovane arrossì di colpo, infine, sentendosi in imbarazzo, riprese a disegnare.

 

 

Di lavoro, in quel periodo, Kouga ne aveva davvero tanto da sbrigare.

Quasi tutti i giorni, la sentinella a capo del settore Nord, gli faceva recapitare la solita lettera di missione, racchiusa nella busta rosso sangue e sigillata con tanto di cera lacca al seguito, che lo obbligava a cercare e ad eliminare Orrori sempre più crudeli ed ingegnosi.

Oltretutto, da un po’ di tempo a questa parte, le rocambolesche battaglie che il ragazzo era costretto ad ingaggiare, non finivano mai in meno di cinque minuti.

In quello stesso attimo, varcata la soglia proprio del Port City Acquarium, lo spadaccino stava camminando lungo l’andito per cercare e braccare una creatura ben più diversa da quelle specie marine.

Ben più diversa e… tutt’altro che innocua.

Mentre si accingeva a percorrere la lunga serie di androni saturi di gente ferma ad ammirare le enormi vasche ricche di fauna, lo spadaccino sentì l’inspiegabile impulso di volgere il capo alla sua destra, verso un punto ben preciso.

Ciò che vide con i suoi occhi, in lontananza, lo fece bloccare a metà tra un passo e l’altro.

Si nascose con uno scatto furtivo alle spalle di una colonna di marmo bianco, ed osservò attentamente il fondo del largo andito. Kaoru era lì, seduta sulla panca di legno a disegnare, ma la ragazza non era da sola. L’attenzione di Kouga finì immancabilmente sulla figura che le stava seduta di fianco: quello laggiù era proprio Ikuo. 

Il compagno di corso della giovane Mitsuki, sorrideva serenamente, prendendosi lì per lì, proprio in quell’istante, la libertà di farla ridere con qualche esilarante battuta.

Kouga corrucciò la fronte. Avrebbe voluto di certo andare incontro a quei due, prendere la sua bella per mano, e portarsela via. O perlomeno, gli sarebbe bastato anche intimorire quello sconosciuto solo con una sua tanto improvvisa quanto pericolosa apparizione. Stava perfino per emergere dalla colonna e muovere il primo passo, maZarba, la sua guida mistica, lo richiamò seduta stante:

- Non provarci nemmeno! –  ammonì decisivo, cogliendo al volo le intenzioni del suo proprietario e tarpandogli subito le ali – L’Orrore non aspetta!

 

Con un sospiro più che sommesso, il figlio di Taiga fermò le proprie gambe, ma prima di allontanarsi alla svelta da quel posto, si attardò, intenzionalmente, qualche istante in più per osservare Kaoru. 

Lasciare quella ragazza in compagnia di Ikuo? Giammai! Eppure… l’Orrore in quel momento era molto più importante di lei. O perlomeno, lo era per Zarba.

 

 

 

Una ragazza stava sorseggiando dell’acqua dal getto costante di una fontanella messa lì, lungo i bordi di un andito della struttura. Dopo aver bevuto, però, qualcosa all’interno del suo organismo sembrò divamparle nell'animo, incontrollatamente e senza motivo. La giovane si sentì male, cadde a terra e un uomo cercò di sollevarla, di prestarle soccorso, ma, purtroppo per lei, fu tutto inutile. Quella ragazza si rialzò di corsa dal suolo colpendo e scaraventando a terra il suo soccorritore, ed infine scappò via, divorando terreno come un treno impazzito. Un paio di persone furono travolte dalla sua folle corsa.

Il rumoroso trambusto fece sì che Kouga avvistasse con estrema facilità il bersaglio. Il Cavaliere dell’Est corse dietro al nemico con la sua stessa foga, cercando di non perderlo mai di vista.

La gente che gremiva quel luogo, tuttavia, non gli facilitò il compito. Infatti, la giovane scomparve dalla sua traiettoria, dissipandosi tra un banco di folla. Il Cavaliere dal bianco soprabito si fermò un istante per guadarsi attorno. Assunse presto un’aria spaesata. A Kouga non piaceva giocare a nascondino, tanto meno con un pericoloso Orrore! L’intervento di Zarba, anche quella volta fu provvidenziale:

- Si è diretto all'esterno!

 

Senza perdere istanti preziosi, Kouga seguì le indicazioni dell’anello gotico, e si affaccendò a raggiungere l’uscita.

Una volta lì, alla luce del sole, lo spadaccino vide il suo bersaglio filare via, e poi fermarsi ai piedi di una griglia di scarico piazzata sul selciato.

Mettersi a correre per cercare di raggiungerla, non sarebbe servito a nulla.

Il corpo della donna si tramutò in acqua e finì in quello scarico.

Agguantarla, a quel punto, sarebbe stato impossibile.

L’acqua era un elemento fluido, essa scorreva dappertutto, viaggiando di continuo, senza che nessuno potesse agguantarla tra le dita. E questo, per un Cavaliere del Makai, era davvero un bel problema!

 

- Ovviamente – sottolineò Zarba, con un accento abbastanza seccato – ne ho perso le tracce. – appuntò acidulo. Poi, con estrema schiettezza aggiunse – Se tu non ti fossi fermato a spiare quel ragazzo che faceva il cicisbeo con la tua bella… - accennò appena, senza avere l’aggio di concludere la frase, perchè Kouga lo fulminò con un’occhiata sprezzante.

 

 

 

Tra le vie di una stradina secondaria, ormai distante dall’acquario, Kouga camminava soprappensiero con la testa intinta chissà in quale universo misterioso. Mai così poco attento sulla strada, incappò in un qualcosa che, come una furia, gli andò a sbattere contro.

- Ahi! – piagnucolò quel qualcosa, che in realtà era un qualcuno, nel momento in cui sollevando il capo ebbe un sussulto – Ma tu sei il ragazzo di Kaoru!?

 

Kouga, dal lato opposto, riconobbe anch’egli quella persona senza esitare.

Per uno strano caso del destino, si trattava proprio di Ikuo, colui che lo aveva in qualche modo “turbato”.

 

- Scusami! Andavo un po’ di fretta, e non ti ho visto. – disse lo sconosciuto, pensando bene di fare l’educato. Fu proprio l’esatto contrario di Kouga che, quasi inerte, non si avvalse di nessuna risposta.

In un momento caratteristico come quello, non ne aveva particolarmente voglia.

 

All’occhio attento del giovane col mezzo codino bello sistemato sulla nuca, non scappò di certo la strana reazione dell’altro: - Non ti sono molto simpatico, eh? – gli disse con semplicità, con un modo diretto di dire le cose.

La dichiarazione fu seguita ancora una volta dal silenzio di Kouga. Quest’ultimo, con una fermezza impassibile, si scostò da Ikuo per spostarsi e lasciarselo alle spalle. O perlomeno, era questa la sua intenzione. Lo sconosciuto, quasi inaspettatamente, lo turbò per l’ennesima volta con una semplice affermazione: - Guarda che se non le rivolgi le attenzioni che merita, prima o poi la perderai. – pronunciò così, come se nulla fosse, mentre lo spadaccino del Makai, costretto a fermarsi da quell’affermazione, senza voltarsi di schiena non riuscì a trovare le forze necessarie per emettere replica.

Ikuo andò via salutandolo con un “ciao” pronunciato allegramente, forse troppo inappropriato per quell’attimo. Ma, quell’eclatante saluto, quasi certamente voleva sembrare una provocazione.

Zarba, poi, con quelle sue zanne affilate, non riuscì a tenere a freno la lingua: - Il cicisbeo è davvero simpatico, vero Kouga? – pronunciò scherzoso. Anche troppo.

 

Il ragazzo sollevò la mano sinistra dove si trovava l’anello chiacchierone, ed infine emise solo un sospiro.

Proprio così. Non fu in grado, per l’ennesima volta, di partorire una replica.

Forse perché, Ikuo Shiota, in fin dei conti, aveva ragione?

 

 

 

 

 

                                                                        ***

 

 

 

 

 

Kaoru era nella sua camera. Stava colorando e preparando le tavole con i pesci visti in mattinata nel Port City Acquarium.

Tra un tocco di pennello e l’altro, il legno che rivestiva la porta della sua stanza, suonò improvvisamente.

Qualcuno stava bussando a quella porta.

Sicura che sarebbe stato Gonza, la moretta pronunciò un “avanti” a voce alta, per farsi sentire ma, quando l’anta di legno si aprì scricchiolando lievemente, sul viso le comparve un’attonita smorfia. 

- Ko-Kouga..!? – disse appena, piena di meraviglia. Mai e poi mai si sarebbe aspettata di vedere il ragazzo entrare in quell’attimo in camera sua. Entrambi si squadrarono in viso con esitazione. Il Cavaliere dell’Est si fece avanti sfoggiando palese un timido atteggiamento. Sembrava quasi che avesse timore. Forse perché le parole di Ikuo lo avevano in qualche modo turbato.

- Che cosa volevi chiedermi stamattina? – le domandò, pentito di non averla voluta e potuta ascoltare durante la caotica mattinata.

 

Kaoru rimase brevemente interdetta dal suono di quella domanda. Per un istante il suo cuore sussultò stranamente. Quel quesito, detto da lui, suonava un po’ strano. Poi però, spontaneamente, gli andò incontro e lo prese per mano.

Entrambi raggiunsero il cavalletto. L’artista gli mostrò il dipinto che lei stessa in quell’istante stava accingendosi a portare a termine.

- Questo è uno dei tanti disegni che ho fatto stamattina all’acquario. – le annotò, perdendosi in quel dipinto tinto di blu e pieno di creature marine dalle mille sfumature – Mi sarebbe piaciuto che ci fossi stato anche tu, lì, insieme a me. Però… non preoccuparti! – premise d’un botto, scuotendo energicamente la testa- Tu sei un Cavaliere Mistico, e non puoi trascurare i tuoi doveri. La gente ha bisogno del tuo aiuto! – “E anche io ho bisogno di te”, gli avrebbe tanto voluto dire quella dolce moretta. Tuttavia, l’espressione le rimase in gola ed appassì in un lampo senza trovare la forza necessaria per sbocciare armoniosamente proprio come avrebbe voluto.    

 

Stupito dal suono di quelle parole, ma, come volevasi dimostrare, amareggiato al tempo stesso di non averle potuto dedicare le giuste attenzioni, il flemmatico spadaccino le volse di nuovo lo sguardo: - Se vuoi… - prepose inizialmente, con modi più impacciati che timidi – questa sera sono libero. – disse infine, facendo di colpo impressionare la ragazza.

Kouga, anche se visibilmente soffocato dal suo stesso atteggiamento che di sicuro non gli calzava esattamente a pennello, le aveva fatto capire di volerle dedicare quella serata.

Per lei, una ragazza di 23 anni con la testa sempre tra le nuvole, quelle parole le sembrarono un miraggio. Un tipo così poco incline al dialogo, di punto in bianco avrebbe mai potuto dire una cosa simile?

Rapita da quell’attimo così strano, si svegliò grazie alla rettifica di Zarba, che, come una fastidiosa zanzara, giunse in un lampo:

- Orrori permettendo! – specificò di corsa, da brava guida mistica. I due umani lo fissarono brevemente. Poi entrambi, scambiandosi un’occhiata complice, scoppiarono a ridere.

 

L’artista promettente si mise pensierosa. In un secondo istante, però, annuì con decisione a quella proposta.

- C’è ancora una cosa che devo studiare in un determinato posto… - disse con parole sibilline, senza svelargli alcunché.

Dopo quella frase, l’animo certamente amaro di Kouga, divenne dolce dolce, come un piccolo cucchiaino di miele.

Finalmente avrebbe potuto regalare a Kaoru le giuste attenzioni che meritava di tutto rispetto un tipo solare come lei.   

Orrori permettendo, però!

 

 

 

 

 

                                                                        ***

 

 

 

 

 

L’uno al fianco dell’altra, sotto il cielo della sera, si erano fermati lì, su una fattispecie di molo, e ne avevano raggiunto l’estremità più lontana, quella che affacciava direttamente sull’oceano.

- Nel racconto che mi hanno commissionato, c’è una scena che illustra un paesaggio marino notturno. – disse Kaoru al suo Kouga, mentre si adoperava ad imbracciare il blocco da disegno, e ad osservare le acque e l’orizzonte di quel posto. – E’ perfetto! – esclamò estasiata, rapita da quell’atmosfera, ma soprattutto affascinata dalla luce della luna che, brillando lassù nel cielo, si rifletteva sulla superficie piatta di quel calmo mare.

Bianco proprio come il suo faccino, quella luna e quel paesaggio piacquero anche al figlio di Taiga.

Il giovane spadaccino la guardava silenziosamente tracciare delle linee lungo quel foglio vuoto che a poco a poco si stava riempiendo di belle figure proprio sotto il suo occhio attento ed affascinato.

La superficie dell’acqua che Kaoru aveva ricreato sopra quel foglio, era quasi paragonabile a quella vera, a quella che si estendeva davanti ai due umani, e che, con una calma piacevole, rendeva quell’attimo altrettanto piacevole e sereno.

La mora fermò per un attimo la mano, e la matita che teneva in quelle dita si sollevò dal foglio. Storcendo deliziosamente la boccuccia, comparò il ritratto al paesaggio che le stava d’innanzi.

A giudicare dalle sopracciglia aggrottate, e da quella stessa boccuccia, il risultato non doveva soddisfarla granché. Così, voltandosi in direzione di Kouga, gli tese quel blocco poco sotto il mento:

- Che dici? – chiese, nella speranza di ricevere un commento o, perché no, una dritta. Era certa che anche Kouga avrebbe storto un pochino il muso.

 

- E’ molto realistico. – dichiarò invece il ragazzo, osservando estasiato quello schizzo che, seppur stilizzato e ancora incompleto, gli suscitò in un istante una miriade di emozioni.

 

- Sul serio?! – esclamò stupita l’artista, gettando un occhio alla sua opera. Non era pressoché convinta dello schizzo, ma la dichiarazione così sincera di Kouga, l’aveva quasi persuasa dall’accartocciare e gettare via il foglio. – Grazie! – disse soltanto, con un timido sorriso, ed abbracciando a sé quel blocco pieno di fogli tutti da riempire.      

Kouga la osservò di sottecchi, coinvolto da quella magica atmosfera e dal rumore dolce del mare calmo. Il vento che soffiava piano piano, la pallida luna in cielo, l’atmosfera sempre più romantica… C’erano molte cose che in quel momento lo facevano sentire bene. Ma, ovviamente, per lui la più importante era la presenza della sua Kaoru. Una ragazza che affrontava la vita con uno scintillante sorriso sulle labbra, una persona che in molti consideravano essere speciale. Speciale soprattutto per lui.

Continuava a guardarla di sottecchi, probabilmente si sentiva in imbarazzo, ma lui non poteva fare a meno di osservare quell’espressione assorta sopra quel foglio, che pareva immersa in un mondo tutto suo, fatto di sogni e passioni. Le avrebbe quasi voluto chiedere di quello sconosciuto, Ikuo, ma per non rovinare quell’attimo, pensò bene di tacere.

Colui, o per meglio dire, colei che non volle tacere, fu l’acqua. Improvvisamente la superficie aveva cominciato a borbottare, a ribollire. Ma più che altro, era come se là sotto ci fosse qualcosa di enormemente minaccioso. Da un istante all’altro, la minaccia prese forma e si materializzò in un baleno di fronte ai due. L’acqua prese vita, e si plasmò fino a comporre una sagoma sinuosa, longilinea, femminile.

- Kouga! – tuonò con fervore la voce di Zarba, giusto in tempo per metterlo in guardia. Il ragazzo si parò con prontezza davanti a Kaoru, ed un violento getto d’acqua lo investì in pieno. Il fluido trasparente gli scivolò indosso, lungo tutto l’impermeabile, infine si riversò sul terreno ai suoi piedi.

 

- Corri! – ordinò lo spadaccino a Kaoru, per indurla a mettersi al riparo. E in quel preciso istante, muovendo il braccio con rapidità, sguainò la spada.

 

Gurami, l’Orrore in grado di tramutarsi in acqua, aveva finalmente assunto un aspetto solido.

La pelle del corpo era chiara, azzurra come il cielo, gli occhi completamente bianchi, né iride pupilla. La ricopriva un abito di seta lattea, leggero e sinuoso come le pinne del pesce combattente.

Kaoru la osservò per un attimo, poco prima di correre via. Quell’essere sembrava proprio una creatura marina. In seguito, l’artista si allontanò dal luogo della battaglia che ci sarebbe stata da lì a poco, e scappò via proprio come le aveva tassativamente ordinato il suo Kouga.

Quest’ultimo, una volta fatto mettere la ragazza al riparo, non perse tempo e si lanciò immediatamente all’attacco. Con il pugno ben serrato sull’ansa rossa dell’arma, tirò un fendente in avanti, verso il ventre del mostro che, non appena la lama della spada gli sfiorò la pelle del corpo, si tramutò in acqua, rendendo vano il colpo del Cavaliere.

 

- Non è possibile! – sbottò Kouga all’istante, vedendo l’acqua strisciare sul pavimento, e poi solidificarsi alle sue spalle. Si girò di botto, e con molta più rapidità di prima, affondò una seconda volta l’animetallo della spada nell’avambraccio che Gurami aveva utilizzato per pararsi il volto. Quell’arto divenne acqua sotto lo sguardo sempre più nervoso del ragazzo.

 

- Perché ce l’hai tanto con le donne? Dovresti essere più gentile con me! – scherzò l’Orrore, emettendo un ghigno borioso con le sue sottili e fredde labbra. Subito dopo, alzando una mano, Gurami sollevò dall’oceano una sfera di acqua che successivamente scagliò con potenza e precisione sul suo avversario. Kouga schivò l’attacco, ma fu investito in pieno da un altro potente globo, simile al primo, che però lo gettò a terra.

 

- Era meglio se lo avessi catturato questa mattina, quand’era ancora nella sua forma innocua. – si lamentò Zarba, costatando la difficoltà della situazione. – Ora dovrai faticare il doppio.

 

- Cerca piuttosto di scovare il suo punto debole, mentre io lo tengo impegnato. – replicò acido il Cavaliere, rialzandosi di scatto dal suolo, grondante d’acqua.

 

- Ammesso che ne abbia uno. – parlottò subito l’anello, con una voce alquanto inquieta.

 

Il Cavaliere Mistico si proiettò nuovamente all’attacco, deciso più che mai a trovare un modo per annientare definitivamente quel perfido essere.

Però, tutte le volte che la spada toccava una parte del corpo di Gurami, la creatura diveniva acqua, rendendo così vani i suoi sforzi.

Mentre Kouga cercava di guadagnare istanti preziosi, Zarba osservava attentamente i movimenti del nemico.

Quasi allo stremo, il figlio di Taiga, con le ginocchia al suolo e il fiato corto, cercò di sorreggersi puntellando la spada sul selciato, come se fosse un valido appoggio, e si sforzò di rialzarsi.

Recuperato uno spiraglio di energia, il giovane si preparò a lanciarsi per l’ennesima volta contro il mostro.

Stava per impugnare saldamente il manico rosso della spada, quando in quell’attimo la voce di Zarba lo frenò appena in tempo:

- Usa il Rekka-Ensou, Kouga!

 

- Che cosa?! Il fuoco non può vincere l’acqua! – ribatté all’istante il Cavaliere Mistico, stupito dal consiglio così insolito del suo anello guida. Zarba era forse uscito di senno?

 

- Fidati! – tuonò senza indugio il gotico gioiello, convincendo e, forse di più, costringendo il suo proprietario a darsi da fare.

Senza sprecare ulteriori attimi, e con la rotazione del polso proprio sopra la testa, Kouga si trasformò in Garo.

Il lupo dorato portò la propria spada all’altezza del busto, nel momento in cui l’altra mano si adoperò a stringere il Madoubi, l’accendino magico. Una volta sollevato il coperchio di quel piccolo oggetto, la fiamma prese a divampare e a scorrere lungo tutto il tagliente filo dell’arma. Partendo dalla base dell’ansa, fino a raggiungere l’appuntito capo, la lama s’infiammò come una fiaccola. Quel fuoco, verde brillante, illuminò gran parte del pontile di pietra, riflettendosi anche sulla piatta superficie del mare.

Con la spada ben ritta d’innanzi al suo imperturbabile e fiero volto, il lupo dell’Est falciò il vuoto davanti a sé con due fendenti incrociati che si stamparono e fermarono esattamente a mezz’aria.

 

- Io sono fatta di acqua, l’hai dimenticato? Quella specie di fuoco non ti servirà a niente! – esclamò Gurami, sicura più che mai delle sue capacità che secondo la logica l’avrebbero certamente portata alla vittoria.

 

Garo non sprecò altro tempo, e con uno scatto del braccio che reggeva la spada, scagliò quel fascio di fiamme incrociate verso il bersaglio.

Gurami non si preoccupò neppure di evitare il colpo. Era certa che il tentativo di eliminarla, sarebbe andato a vuoto.

Il fuoco la investì in pieno, la trapassò del tutto come un doppio boomerang tagliente che ritornò poi alla base per investire questa volta il suo artefice.

La corazza d’oro di Garo prese a brillare di verde. Brillò di fuoco. Il fuoco del Makai.

Con le fiamme alte che gli ardevano su più punti dell’armatura, il paladino dell’Est falciò il suolo con un fendente dell’arma intrisa dalle fiamme danzanti.

Il fuoco raggiunse il terreno, generando una lunga fenditura rovente, sottile e precisa, che trapassò in due l’Orrore.

Nonostante il Rekka-Ensou appena scagliato, Gurami non aveva perso la sua troppo baldanzosa sicurezza. Il corpo, come da copione, si era liquefatto al momento del colpo, per poi ricomporsi praticamente all’istante.

 

- Non puoi annientarmi, Cavaliere d’Oro! Perché non ti rassegni e mi dai la tua anima? – disse la creatura, accompagnando le parole con una risata sottile e perfida.

 

- La tua sicurezza è stata la causa della tua sconfitta. – dichiarò solenne la voce di Garo, riponendo dignitosamente la spada all’interno del massiccio fodero d’oro. Finalmente quel lupo aveva capito l’utilità del Rekka-Ensou.

 

Gurami non ebbe neanche il tempo necessario per capire il significato di quella frase.

Il suo corpo, poco per volta iniziò ad evaporare. Prima le braccia, poi le gambe, e perfino quel suo sottile e delicato abito di seta bianca ebbe la stessa sorte.

Le alte temperature raggiunte dal fuoco del Makai, avevano portato alla vaporizzazione dei tessuti liquidi che componevano la struttura dell’Orrore fatto di acqua. E l’acqua, una volta ridotta in vapore, e mescolatasi con l’aria, non poteva più ricomporsi. La fiamma ne aveva ormai distrutto le molecole.

Il merito di quella intuizione geniale, andava riconosciuto interamente a Zarba.

 

- Hai visto? Avevo ragione! – affermò l’anello, sfoggiando un timbro logicamente altezzoso.

 

L’armatura di Garo si dissipò completamente.

Con tutta probabilità, Kouga avrebbe voluto replicare, ma in quello stesso attimo, le urla di Kaoru lo frenarono.

Il ragazzo si voltò immediatamente verso il fondo del molo, e la fronte gli si corrucciò in un baleno. Un Orrore stava avanzando verso l’artista che, impaurita da quell’essere viscido e scuro, non poté fare a meno di indietreggiare. 

Alle sue spalle, a pochi centimetri, c’era l’orlo del pontile di pietra.

 

- E’ una Chimera Mistica! – gli confermò svelto Zarba, tranquillizzando in parte l’animo irrequieto del suo proprietario.

Il giovane iniziò improvvisamente a correre lungo tutta la passerella di pietra, per cercare di raggiungere Kaoru prima che quest’ultima, per sfuggire all’essere, cadesse di sotto.

- E’ un’illusione! Non è reale! – gli urlò con quanto più fiato avesse in gola, nella speranza che la mora sentisse le sue parole ma… Fu tutto inutile.

Il frastuono di un cuore terrorizzato, e la paura che l’aveva completamente annichilita, costrinse Kaoru a fare un altro passo all’indietro. Nell’istante in cui la suola della scarpa sfiorò il pavimento reso pericolosamente scivoloso da una chiazza di acqua, l’artista cascò all’indietro, con il blocco di disegni ben stretto sul petto, e finì in mare.

La Chimera Mistica svanì seduta stante, cancellandosi nel nulla, come da copione.

Kouga raggiunse di corsa il posto dov’era da poco precipitata Kaoru. Si affacciò più che agitato da quel lato del pontile, ma l’artista era già stata inghiottita dalle scure acque.

Senza perdere tempo, e togliendosi l’impermeabile bianco per poi gettarlo a terra, lo spadaccino si buttò in mare. Gli spruzzi causati dal tuffo si levarono in aria per ripiombare giù a picco e divenire un tutt’uno con l’oceano.

Sparì anch’egli sotto la superficie dell’acqua, e poi calò di botto il silenzio.

Per una lunga ed interminabile scia di secondi, il solo ed unico rumore che si udì, fu il leggero fragore delle onde. Nulla più.

Poi, accadde all’improvviso: annaspando qua e là, le braccia della ragazza riemersero dall’acqua. Kaoru riaffiorò, tenuta saldamente in vita da Kouga. Quelle braccia la stringeva con forza, senza avere nessuna intenzione di lasciarla. Lui non lo avrebbe mai fatto. Piuttosto, sarebbe sprofondato insieme a lei, pur di non lasciarla sola. Il Cavaliere Magico la sollevò appena per farle raggiungere il bordo del muretto. L’artista cercò di tirarsi su seguita ed aiutata dallo stesso Kouga, e, una volta toccato finalmente il suolo, si mise a tossicchiare forte per espellere qualche goccio di quell’acqua salata che aveva ancora in bocca.

 

Completamente bagnata e tremolante più per la paura che per il freddo, la ragazza si chiuse a riccio per riscaldarsi. Kouga tirò immediatamente a sé il suo impermeabile, e la coprì con delicate premure, avvolgendola in quel manto pesante e bianco.

- Come ti senti? – le chiese quasi subito e ancora col fiatone, fissandola incessantemente negli occhi. Aveva il volto bagnato e l’espressione tesa, nervosa.

 

Lei assentì appena, lasciandosi rassicurare dal tepore di quel caldo soprabito bianco che la fasciava gradevolmente. 

- Mi dispiace – disse in un primo momento, con la voce un po’ timida e lo sguardo visibilmente spossato – io non so nuotare, e tu… ti sei bagnato per colpa mia. 

 

Kouga scosse la testa. Non aveva nessun interesse, per lui, essere zuppo.

- L’importante è che non ti sia successo niente. – le disse convinto, fissandola incessantemente negli occhi, con trasporto. Poi, in un secondo momento, lo sguardo gli cadde sul blocco di fogli che la giovane aveva ancora tra le mani. – Sono io quello che deve scusarsi. – disse, e quello stesso sguardo divenne improvvisamente triste – I tuoi disegni…

 

Questa volta fu Kaoru a scuotere la testa. La scosse così tanto che delle goccioline d’acqua le si scrollarono da alcune ciocche di capelli per volare via.

- Per me è stato molto più importante condividere questa serata con te! – dichiarò d’un botto, con la felicità in viso di chi aveva trascorso dei momenti veramente speciali in compagnia di una persona altrettanto speciale.

Smisuratamente speciale.

Quella, fu la frase che spinse Kouga a compiere, volontariamente, un passo largo oltremisura per un tipo chiuso come lui. Quella, fu la frase che lo spinse volontariamente a tirare il suo inzuppato pulcino spennacchiato verso di sé, su quel torace rivestito di nero, tra quelle braccia che non vedevano l’ora di stringere la cosa più preziosa della propria vita. La sua Kaoru.

L’artista si sentì cingere la schiena con energia, emozione, trasporto. Si sentì stringere con sentimento. Fu circondata da un manto di tenerezza che immancabilmente le fasciò anche il cuore.

Gli occhi le si inumidirono, sì, ma la gioia di quel gesto li asciugò in un baleno.

Kouga finalmente era riuscito a lasciarsi andare, a non essere quel rigido e freddo Cavaliere di sempre.

Kouga, grazie a lei aveva quindi imparato a sorridere e, viste le circostanze, anche ad abbracciare di sua volontà qualcuno, con meno rigidità del solito. A piccoli passi, proprio come un bambino, lui stava crescendo per divenire uomo.  

La paura di quel brutto momento, si era completamente dileguata.

Di quell’attimo rimase solo l’acqua dei loro indumenti bagnati e, naturalmente, l’emozione di quella stretta che li teneva uniti. Era una suggestione romantica che li attorniava, li circonda, li abbracciava. Si trattava di una scena che sprizzava tenerezza a priori. Era come guardare un bel dipinto pieno di calore e sentimento.   

Il magico attimo sarebbe potuto durare sicuramente di più, se il suono di uno starnuto improvviso non lo avesse interrotto.  

I due si staccarono appena dalla stretta perché attirati da quel rumore.

Quel tonante “ettchììì” faceva parte di Zarba.

- Di questo passo, finirò per arrugginirmi! – si lamentò alla svelta. Era bagnato almeno quanto i due umani, solo che lui l’acqua non la poteva assolutamente sopportare!

 

Kaoru stupita inarcò le sopracciglia: - Non sapevo che gli anelli potessero starnutire!

 

- Prima di essere un anello, io sono una creatura vivente a tutti gli effetti! – gli rettificò istantaneamente l’oggetto. La voce era un po’ acidula. 

 

Kouga lo sfilò dal medio della sua mano, per strofinarlo con un lembo del soprabito. Sembrava che stesse asciugando un gattino inzuppato.

- Ora sei asciutto. – gli disse semplicemente, senza mostrare ulteriore interesse. Zarba per lui era un po’ troppo lamentoso.

 

L’intenzione del Madougu era quella di sbottare, di protestare ancora una volta, tuttavia fu bloccato da un secondo starnuto. Stavolta più forte e buffo del primo.

I due umani si fissarono reciprocamente in viso per poi sorridere di gusto al bislacco rumore. E quell’ essere fatto di Animetallo, stizzitosi abbastanza, volse rassegnato lo sguardo al cielo:

 

- “Portare pazienza”. D’ora in poi sarà questo il mio motto!       

 

 

 

 

 

L’abbraccio che mi hai dato, per me ha significato tanto.

Giorno dopo giorno, mi accorgo sempre più di quanto tu stia cambiando. Piano piano ti apri come le giovani foglie di una vigorosa pianta, per permettere ai raggi del sole di scaldarti.

C’è ancora tanta strada da fare, ma la faremo insieme io e te, con la consapevolezza nel cuore che un viaggio di mille miglia deve cominciare sempre e comunque con un solo passo.

E tu, giovane ed intrepido guerriero dell’Est, quel passo lo hai appena fatto!

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

Finalmente sono riuscita a pubblicare il quarto episodio! Era da un po’ che volevo farlo, tuttavia è da qualche mese che ho abbandonato momentaneamente la scrittura per dedicarmi solo al disegno. Scusate quindi il ritardo!

Allora… ritorno con 2 importanti novità!

PER TUTTI VOI!!! IMPORTANTE!!! LEGGETE, VI PREGO! 

Mentre disegnavo, ho pensato bene di illustrare alcune scene che riguardano proprio la GSS, per cui ho deciso di accompagnare i capitoli della fanfiction con dei disegni che andranno a rappresentare una scena precisa dell’episodio in questione. Tuttavia, un po’ per mancanza di tempo, e un po’ perché l’ispirazione manca, non tutti i capitoli avranno la cosiddetta scena illustrata. Vi avviserò utilizzando questo solito spazietto ogni volta che ci sarà un disegno. Quest’ultimo, lo potrete vedere mediante un link che troverete sempre qui. Mi auguro che questa “novità” vi possa piacere, ovviamente nessuno di voi è obbligato a vedere per forza la tavola illustrata! ^_^ Per cui state tranquilli! Se avete tempo, e se, soprattutto, vi fa piacere, lo fate, altrimenti non succede nulla di grave!

Personalmente, ho pensato a questa cosa delle scene illustrate quando ho finito di scrivere il capitolo numero 9 e 12. Nel primo, c’è una scena in particolare che io personalmente ho sentito proprio tanto, mentre nell’altro, mi serviva un disegno per raffigurare un vestito, così mi sono messa all’opera ed è nato tutta da lì!

Per il momento ho fatto 4 disegni, ma tutti rappresentano episodi che leggerete più in là. Ad ogni modo, vi avviserò dell’illustrazione quando ci sarà!

La seconda novità è legata ad un personaggio in particolare… più precisamente, alla sorte di questo personaggio. Sto attualmente vagliando la possibilità di farlo uscire di scena, ma non è affatto facile! Però ho paura che potrebbe essere necessario proprio per la storia stessa, altrimenti dovrò faticare un bel po’ per trovare un’altra soluzione… é_è vi assicuro che sono combattutissima su questa cosa!

 

Detto questo, passiamo alle risposte!

 

Per akiko: BENVENUTISSIMA!!! ^___^ Sono davvero felice di fare la tua conoscenza! Poi, mi hai fatto arrossire tantissimo, sai? Quando ho letto che sei una mia ammiratrice, non volevo crederci! E’ davvero troppo per me, credimi! Se ti piace Rei, allora ti annuncio che tra esattamente 2 capitoli te lo ritroverai dappertutto! Grazie ancora per la recensione! E continua a seguirmi!

 

Per Shannara_810: Capitolo capitato a fagiolo, direi! E anche se in ritardo, ti faccio gli auguri di buon onomastico! *^_^* E poi, come l’hai ribattezzato tu il chap n.3, mi piace tantissimo! E’ azzeccato! Guarda, hai ragione su due cose: Rei nella serie era veramente attratto da Kaoru. Più volte l’ho pensato, e più volte ho provato pena per lui. Mannaggia a Barago! Perché uccidere Shizuka in quel modo? Bruttissimo quel pezzo…

Poi, sulla scena del clone di Kaoru… E’ vero anche lì!

Ho pensato inoltre ad un’altra cosa… Ti ricordi quando Zarba si frantuma nell’ultimo episodio? Ecco, dopo ciò la scena ci mostra la partenza di Kouga, però prima di quel momento, si può sapere che diavolo è successo tra il Cavaliere e l’artista??? Sicuramente non credo che sia trascorso 1 giorno da quando Garo ha sconfitto Kiba… Per cui, nel frattempo i due innamorati che cavolo hanno fatto?! Secondo me dovevano farla vedere quella parte…! I

Guarda, se abitavamo vicine, ti invitavo subito a casa mia per vedere lo special! Ti immagini trascorrere una giornata dedicata solo a Garo? Prima ci guardavamo gli episodi, poi tutte le interviste agli attori, ed infine vai con special e contro special! A volte desidererei tanto avervi tutti vicini, sai? Sarebbe una cosa indescrivibile!  

 

 Per seasons_girl: Grazie mille per il commento, e soprattutto grazie per aver riletto il chap precedente! Le tue recensioni e l’attenzione che dedichi alla storia sono esemplari!

 

To Mitra: Mitra!! Thanks a lot for your comment! Well, “Madre” is a little tribute to my mom and Kouga and Kaoru’s mom! Rin and Karin were very strong women. Thank you again to you, dear Mitra! Your comments are very important for me, and you too!

 

Per _Elentari_: Finalmente ho letto anche la tua recensione! Ti assicuro che l’ho aspettata fino all’ultimo, e mi sono pure un po’ preoccupata… Di solito i tuoi commenti sono sempre puntuali, ma per fortuna è tutto ok! ^_^ Grazie poi per averlo riletto 3 volte! Sei sempre gentile e deliziosa!

 

Ok, per ora è tutto!

Alla prossima, ragazzi!

 

Botan

 

P.S. Se riesco, il chap. 5 lo inserisco tra 1/2 settimane… Speriamo bene!

       

 

 

                                                           

 

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Capitolo 6
*** #05 Diario ***


Era tardi

                                                             Diario

                                  #05

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Era molto tardi. Le lancette dell’orologio da polso di un anziano signore che si aggirava nelle vie buie della città, segnavano le 22 esatte.

L’uomo, una settantina d’anni, imboccò una stradina secondaria priva di abitazioni e caseggiati. Ogni dieci metri, la luce fioca di un lampione rischiarava quel lungo pezzo lastricato che sembrava proseguire all’infinito per sparire in lontananza.

Il vecchietto accompagnava i movimenti di un corpo ormai stanco e segnato dal tempo, con un sottile bastone di legno che aveva l’impugnatura di forma ellittica fatta di metallo. Si fermò per alcuni secondi, sul ciglio della strada, per riprendere fiato e massaggiarsi il dorso curvo e sfiancato da un malessere improvviso.

- Ohi ohi! La mia povera schiena! – mugugnò con sofferenza- La vecchiaia è una gran brutta cosa. – pronunciò, parlando solamente a se stesso, in quella strada deserta e vuota. 

Tra uno sfregamento e l’altro, l’anziano si decise a riprendere il tragitto, con la consapevolezza che, una volta giunto a casa, un buon riposo gli avrebbe senza dubbio dato sollievo.

Stava per riprendere il passo con l’ausilio del suo bastone, quando ad un tratto, colto alla sprovvista si sentì bloccare da una voce dal tono aggressivo, che gli intimò di non muoversi. L’uomo rimase interdetto, cercò di girarsi, ma si sentì puntare alla schiena qualcosa di solido e gelido.

- Nel caso in cui non lo avessi ancora capito, questa è una rapina, nonnetto! – sottolineò la voce misteriosa e giovane, proprio alle spalle dell’uomo. – E questa-riprese subito dopo, premendogli sempre di più l’oggetto contro la schiena- è una pistola! Una di quelle vere, che fanno bang! – lo schernì alla fine, urlandogli all’orecchio di proposito.

L’anziano dapprima tremò lievemente a causa dello schiamazzo subito, e poi sospirò. Lo fece con calma, pazienza.

 

- Mio caro ragazzo, esistono due motivi per cui non si dovrebbe mai urlare nelle orecchie di una persona matura come me. – il vecchio fece una pausa, cercò di rilassarsi- Primo, perché potrei anche perdere l’udito per via del rumore eccessivamente forte, e secondo… - si fermò, facendo una sosta voluta.

 

- Su, vecchio signore, continua! Così poi potrò ripulirti come si deve! Dopotutto, bisogna sempre ascoltare ciò che una persona anziana ha da dire! – l’acerbo rapinatore ridacchiò con disprezzo e gusto, avvicinandosi l’ennesima volta all’orecchio dell’uomo. Lo fece senza dubbio di proposito, per molestarlo, magari nella speranza di fargli perdere l’udito per davvero.

 

Il vecchietto si portò una mano sopra l’orecchio per tapparlo: - Io ti avevo avvertito. Pazienza, vorrà dire che questa sera mi toccherà fare indigestione, dato che ho già consumato da poco la mia cena.       

 

- Ma che stai blaterando?! – sbraitò il ladruncolo, perdendo la pazienza. Stanco ormai di aspettare, afferrò il vecchio alle spalle con l’intenzione di gettarlo per terra e sottoporlo a perquisizione, ma quello a finire atterrato fu proprio lui. – C-che vuoi fare?! Sei impazzito?! – strepitò il ladruncolo, con entrambe le mani del vecchio, strette intorno al collo. – S-soffoco!!! – tentò invano di opporre resistenza, cercando di divincolarsi da quella morsa che a breve gli sarebbe stata letale, però la potenza dell’altro sembrava essere mille volte superiore alla sua. Un ragazzo di appena venti anni, come poteva farsi assoggettare da un flaccido e mezzo sdentato nonnino?

 

- Prima di morire, voglio farti un ultimo regalo. – disse l’anziano, flettendo la schiena, già arcuata di suo, per accostare la bocca all’orecchio del giovane- Il secondo motivo per il quale non dovresti mai alzare la voce ed urlare nelle orecchie, è dovuta al fatto che, anche se anziana, la reazione che potrebbe avere quella persona, non la potresti mai prevedere. Sarebbe anche capace di mettere fine ad un’inutile esistenza come la tua! Soprattutto perché… - l’uomo si bloccò, si bagnò le labbra strusciando la punta della lingua sopra di esse, e sorrise- Da cacciatore, potresti divenire preda!

 

Il giovane ladruncolo, con il viso sempre più rosso, divenuto quasi viola per via della respirazione difficoltosa o addirittura resa impossibile dalle mani del suo assalitore che sembravano due possenti morse, trasalì quando vide gli occhi del vecchio scintillare di verde come quelli di un orribile mostro.            

 

- M-ma tu… Che diavolo sei?! – replicò a stento, le parole spezzate, soffocate. Mancava poco, ormai. Ancora pochi secondi, e sarebbe morto per asfissia.

 

L’altro trasformò il sorriso in un ghigno malefico: - Colui che si nutrirà delle tue putride membra! – La situazione ormai era più che chiara: quel vecchio, altri non era che un Orrore.

Spalancò la bocca, pronto ad aspirare per prima l’anima della sua giovane vittima. Stava quasi per assaporarne il sapore, fresco ma ancora acerbo, quando l’arrivo inatteso di qualcuno interruppe l’atto. L’Orrore sollevò il capo come una furia, i suoi occhi avevano un sapore amaro.

 

- Lascialo andare! – gli ordinò Kouga Saejima, giunto appena in tempo sul posto, aizzandogli contro la punta della sua spada.

 

Il vecchio allentò la presa trovandosi alle strette: sapeva che quel Cavaliere lo avrebbe braccato di sicuro. La cosa giusta da fare, in quel momento, era quella di rinunciare al proprio pasto, per avere libere le mani e potersi difendere. Lasciò andare la presa, il ragazzo riprese finalmente a respirare, ed il colore del viso da violaceo passò lentamente a rosa.

Tossicchiò una e più volta, portandosi in posizione supina, ma quasi a stento. Poi vide il suo aggressore arretrare di soli due passi, tenuto sotto stretta sorveglianza da Kouga.

 

- Allontanati! – gli ordinò quest’ultimo, facendo una voce grossa. Il ladruncolo non si lasciò certamente ripetere per due volte l’ordine! Si alzò in fretta, e al primo tentativo di rimettersi in piedi cadde rovinosamente a terra, ma poi, nulla gli impedì di darsela a gambe, lontano da lì, e correre a perdifiato verso il centro della città.

Adesso che quel civile era in salvo, Kouga aveva il campo completamente libero. Lo sfruttò per stringere saldamente l’ansa rossa della spada, e mettersi in guarda. Sapeva che l’Orrore lo avrebbe attaccato da lì a breve, senza inutili convenevoli. Avanzò verso la creatura che ancora aveva sembianze umane, finché la punta della spada non sfiorò quel mento flaccido e raggrinzito. 

 

- Cosa vuoi fare, giovane Cavaliere? – chiese l’essere, senza mostrare astio, ma, al contrario, pacatezza. – Potrei essere tuo nonno… Perché, dunque, non riponi la tua spada e ne parliamo? Le persone anziane sanno sempre ascoltare il prossimo, e trovare una soluzione a qualsiasi problema.

 

Kouga assottigliò lo sguardo e strinse sempre più il manico dell’arma: - Le creature come te non dovrebbero neppure aprire la bocca! – sentenziò aspro, dopodichè, facendo roteare la spada sopra il capo, si trasformò in Garo.

 

- Te ne pentirai amaramente, Cavaliere d’Oro! – ringhiò l’uomo, assumendo finalmente le sue vere sembianze.

 

- Ehi, Kouga! – irruppe Zarba – Stai attento alle sue mani! Se ti afferra, sarà difficile fargli mollare la presa.  

L’Orrore, come anticipato dall’anello, aveva degli organi prensili estremamente grandi, in contrasto con tutto il resto del corpo che vantava una struttura pressoché normale. Potevano stritolare un pilastro spesso di cemento armato in pochi secondi.

Poco dopo l’avvertimento di Zarba, Uca, l’Orrore dalle mani gigantesche, si lanciò all’attacco, cercando di schiacciare Garo con uno dei suoi palmi. Il Cavaliere del Makai evitò il colpo facendo un balzo all’indietro. La parte della scarpa dorata dell’armatura, a contatto con il suolo fece scintille. Ficcò la punta della spada nel terreno usandola per frenare la scivolata, e con un rapido balzo in avanti passò al contrattacco.

La Garoken si abbatté sul nemico che cercò di parare quel fendente con l’ausilio dell’avambraccio. Ci riuscì, ma Garo tornò alla carica quasi subito, e lo ferì pericolosamente ad una gamba.

Il paladino dell’Est approfittò del momento favorevole, e si preparò a richiamare il suo scintillante Madouba, Gouten, affinché lo aiutasse ad eliminare l’Orrore.

Uca, però, fiutando puzza di guai, e con la gamba del tutto inutilizzabile, si decise a giocare la sua ultima carta.

 

- Aspetta! – gli esclamò, con voce tremante- Non ti conviene uccidermi! Io posso darti le informazioni che cerchi su quel Cavaliere d’Oro che ti assomiglia!

 

Garo si bloccò d’istinto, divenne una statua.

- Stai mentendo! – tuonò all’Orrore, più che deciso. Il tono di quella voce, però, un po’ lo tradiva.

 

Uca fiutò l’incertezza del suo cacciatore, e rincarò la dose: - Se mi uccidi, non saprai mai se ho detto la verità! Mettimi alla prova, Cavaliere! Non vuoi conoscere chi si nasconde dietro quell’armatura dorata che tu stai cercando tanto di scovare?

 

Come faceva, Uca, a sapere del Cavaliere d’Oro simile al vero Garo?

E soprattutto, come faceva quell’essere disgustoso, a conoscere i desideri di Kouga? Il figlio di Taiga ne aveva parlato solo con Rei Suzumura. E, naturalmente, lo sapevano anche i Cani da Guardia. Poteva, quella notizia, essersi espansa così tanto da arrivare agli Orrori? Oppure c’era qualcuno che li teneva abilmente informati?

Ad ogni modo, Uca senza dubbio ne doveva sapere un bel po’.  

Poteva Kouga lasciarsi scappare l’opportunità di conoscere maggiori dettagli? Forse no, la tentazione era tanta. Ma benché la voglia fosse grande, il figlio di Taiga sapeva che di una creatura malvagia come l’Orrore lì presente, non ci si poteva e, soprattutto, doveva fidare.

Mai.

Lo aveva imparato a sue spese, da bambino, quando uno di loro aveva tentato di usarlo come scudo per evitare che Taiga lo uccidesse. E quella lezione gli era servita veramente molto.

Nel ripensare all’accaduto, il Cavaliere dell’Est ebbe un istante di esitazione. Tentennare, avere esitazione davanti ad una creatura del Makai, non era mai una buona idea.

Uca si servì della distrazione di Garo per sferrare un pericoloso contrattacco.

Alzatosi in piedi, facendo un salto in avanti agguantò il suo peggior nemico con la mano destra.

Lo spadaccino dell’Est si ritrovò presto cinto in quel grosso palmo.

 

- E adesso ti stritolerò come un insetto, distruggendo una volta per tutte questa tua maledetta corazza d’oro!

 

Garo tentò di costringere l’essere ad allentare la morsa, cercando di muoversi come poteva, ma dalla presa di Uca, che non aveva eguali, sfuggire non vi era possibile.

 

- Che ti serva di lezione per la prossima volta, ragazzino! – sbraitò Zarba, rimproverandogli la scarsa attenzione.

 

Il mostro scoppiò a ridere.

- Non ci sarà una prossima volta, Cavaliere! Per te è giunta l’ora di esalare l'ultimo respiro! – L’Orrore si accinse ad aumentare la stretta. Di più, sempre di più, Garo si sentì mancare il respiro.

 

- AAAH!!! – gridò, giunto quasi al limite della sopportazione. Non ce la faceva proprio più, Kouga, ad opporre resistenza. Stava letteralmente collassando. E questo non gli faceva per niente piacere.

Accadde in quello stesso attimo una cosa inaspettata: un boomerang grosso ed affilato centrò in pieno l’arto di Uca che, a causa del dolore acuto, fu costretto a spalancare la mano permettendo così allo spadaccino di liberarsi. L’Orrore non ebbe neppure la possibilità di riprendersi, piegato in due dalla sofferenza, che si vide colpire mortalmente al petto.

Lo scontrò terminò all’istante, sotto lo sguardo di un Garo finito a terra e sorpreso, che si rivolse ad osservare colui che lo aveva appena salvato.

Si trattava di un altro Cavaliere del Makai, dalla corazza d’argento. Un Cavaliere dell’Ovest, che però non aveva le fattezze di Zero. La misteriosa figura falciò con la sua arma affilata il vuoto d’innanzi a sé, e lo raggiunse. Quest’ultimo fece per alzarsi da terra, ma ben presto vide la punta tagliente del boomerang che aveva tra le mani il nuovo arrivato, finirgli dritta al collo.

 

- Alzati e combatti! – pronunciò il Cavaliere dell’Ovest, assumendo un tono minaccioso e perentorio.

I 99 secondi messi a disposizione per calzare l’armatura da Cavaliere del Makai, per Garo stavano ormai giungendo al termine.

 

- Kouga! Esci dall’armatura! – lo avvertì prontamente Zarba.

 

Lo spadaccino si vide costretto ad abbandonare quella veste dorata, restando così privo di difese.

L’altro combattente lo fissò negli occhi, intensamente. Kouga respirava ancora a fatica. Non si era del tutto ripreso dallo scontro con l’Orrore. Questo, il Cavaliere d’Argento lo aveva capito.

In segno di lealtà, abbandonò anch’egli la sua tenuta da combattimento, rivelando in questo modo il proprio aspetto. Si trattava di un ragazzo, forse aveva qualche anno in più di Kouga, con i capelli neri, molto corti sulla nuca e spettinati. Sopra la guancia destra aveva una lunga cicatrice che percorreva fin giù tutto quel lato, e poi si fermava alla fine del collo, scomparendo così tra il colletto dell’abito.

Kouga non lo aveva mai visto. Non poteva di certo conoscere tutti i guerrieri appartenenti all’ordine dei Cavalieri Mistici.

- Chi sei? – domandò, mentre il respiro gli si era finalmente stabilizzato.    

 

- Alzati! Ti sto dando la possibilità di combattere alla pari! – replicò l’altro, ignorando completamente la domanda.

 

Kouga lo guardò bene in volto: - Tu non vuoi uccidermi, vero? – disse – Altrimenti lo avresti già fatto, senza concedermi neppure la possibilità di rialzarmi. – gli fece notare. Ma lo sconosciuto, dopo un primo attimo di esitazione, fece in modo che la sua arma replicasse per lui. La spinse ancor di più, accostandola al collo dello spadaccino che sentì il freddo Animetallo sulla propria gola.

Si trovò così costretto ad agire. Raccolse la spada, distesa a terra accanto a lui.

Zarba si precipitò a parlare: - Ricordati del regolamento! Vuoi che vengano tolti altri anni alla tua vita?

Il figlio di Taiga replicò con sicurezza: - Se qualcuno mi punta contro il petto la sua arma, io non posso ignorarla. – affermò, e detto questo si rimise in piedi. Scacciò via con una scoccata l’oggetto acuminato dell’altro, dando così inizio al duello. - Chi ti ha mandato?! Che vuoi da me?! – lo interpellò, tra un colpo parato e l’altro assestato, durante lo scontro.

 

- Perché?! Dimmi perché ti interessi così tanto al territorio di caccia dei Cavalieri dell’Ovest?! – replicò burbero l’altro, affrettandosi a concludere- Sono qui per farti capire che quella zona non ti compete! Tu non hai il diritto di ficcare il naso nelle nostre cacce!

 

Kouga afferrò al volo il senso di quella frase. E così, parando per l’ennesima volta un pericoloso fendente e respingendo sia esso che il suo artefice qualche passo più indietro, calò la sua spada, riponendola.

Il suo avversario si bloccò un istante, stupito dal gesto. 

- Perché rinfoderi l’arma?! Riprendi a combattere!

 

- Non c’è un motivo valido per combattere. Questa battaglia è durata anche troppo. – sentenziò, facendosi silenzioso.

 

- Vorrà dire che questa volta assaggerai la lama della mia arma sulla tua pelle! – esclamò lo straniero, aizzandosi contro di lui.

 

- Basta così, Jin! E’ ora di finirla. – pronunciò una voce. Il ragazzo si bloccò seduta stante, poi sollevò il polso della mano sinistra.

 

- Spiegami il perché, Danda! Quel tipo… sai benissimo che cosa ha fatto…!- si affannò a reagire, replicando al bracciale che gli adornava il polso. Era senza dubbio un altro Madougu proprio come Zarba e Silva.

 

- Guardalo bene… Ti sembra il tipo da fare irruzione nel nostro territorio, e mandare all’aria le nostre cacce? – gli fece notare il bracciale mistico, alla fine aggiunse- A me no! Perlomeno, ho l’impressione che sia un bravo ragazzo.

 

- Sicuro! Diglielo anche tu! – rettificò subito Zarba, facendo sentire anche la sua, di voce.

 

- Ehi, collega! Buona sera! – esclamò Danda con un’esclamazione allegra e squillante.

 

- Buona sera anche a te…- rispose l’anello, dopo un attimo di esitazione. – Più che collega, il mio nome è… - stava per finire la frase, quando la voce di Kouga irruppe tra i due:

 

- Torniamocene a casa, Zarba.

 

- Za-Zarba?! – Il bracciale ebbe un sussulto inatteso- Jin! Quell’anello è colui che ha visto la luce grazie al sommo Amon!

 

- “Quell’anello”? Ci conosciamo appena, e si prende già tutta questa confidenza?- sbottò il gotico gioiello, a voce non troppo alta, che neppure lo stesso Danda riuscì a sentire. Eccetto Kouga, ovviamente. Poi l’anello proseguì– Mi ricorda tanto una guida mistica che ho conosciuto molti anni fa… – mormorò tra sé, alquanto irritato da un flashback  che gli era comparso in quel momento. 

 

- Se quello è Zarba… allora… - Jin fece una pausa, poi fissò improvvisamente Kouga che nel frattempo si stava per allontanare- Aspetta un momento! – gli ordinò. Al signorino Saejima non piaceva che qualcuno gli imponesse di fare qualcosa. Soprattutto con un tono tutt’altro che gentile. - Tu sei il figlio di Taiga Saejima?

Il suono di quella domanda fece tuttavia fermare lo spadaccino. Kouga non rispose. Restò muto e fermo, lì in mezzo alla strada, senza neppure voltarsi a guardare il suo interlocutore.

 

- Rispondimi! Sei il figlio di Taiga Saejima? – insisté Jin, nuovamente.

 

Il cavaliere dell’Est finalmente si decise a controbattere:

- Sì. – disse soltanto.

 

- Tuo padre e il mio una volta hanno combattuto insieme. – Dopo una simile dichiarazione, Kouga non poté fare a meno di voltarsi. La frase di Jin lo aveva in qualche modo attratto. – Per essere più chiari, Taiga Saejima salvò la vita di mio padre e lo aiutò a finire una di quelle creature che, senza il suo intervento, lo avrebbe di sicuro divorato.

 

- Io me lo ricordo benissimo, quell’episodio, ma il piccolo Jin no, perché non era ancora nato. – specificò Danda, sotto lo sguardo attento di un Zarba che non riusciva a capire chi fosse– Possibile che non ti ricordi di me, collega? Danda! Sono Danda l’irrequieto! Colui che ti consigliò caldamente di farti lucidare il testone con il grasso dei maiali! – concluse infine, e stavolta, Zarba, riacquistata la memoria, ebbe un pesante mancamento.

 

- Kouga! – tuonò all’istante, rivolto al proprietario- Torniamocene subito a casa!

 

- E’ davvero irrequieto come dice di essere? – lo sfotté il ragazzo, stuzzicandolo appena appena.

 

L’anello emise un profondo ed intenso sospiro. – Tu non immagini quanto, ragazzino! E ti pentirai amaramente per non avermi dato ascolto se adesso non fai dietrofront e ce ne torniamo a casa! Subito! – Il Madougu era in preda all’esasperazione.

 

Kouga si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, poi tornò serio.

- Tuo padre è stato salvato dal mio, e tu hai salvato me. Siamo pari. – annotò, facendogli capire di voler andar via.

Jin lo trattenne ancora, con un altro dei suoi quesiti: - Se tu sei il figlio di colui che un tempo salvò mio padre da morte certa, allora perché fai del tutto per impedirci di eliminare gli Orrori? – lo fissò intensamente negli occhi. Cercava e voleva una risposta: - Qual è il motivo, Kouga Saejima?

 

 

   

 

 

                                                                              ***

 

 

 

 

 

- Un Cavaliere d’Oro simile al tuo? – domandò Jin, seduto su una delle poltrone poste nella sala a pian terreno di villa Saejima. Kouga annuì, in seguito il Cavaliere Mistico dell’Ovest aggiunse- Ma che razza di magia è mai questa?! Lo sanno tutti che ogni Cavaliere del Makai si distingue dall’altro grazie ad una propria morfologia che non lo fa assomigliare a nessuno. Deve trattarsi di un’illusione… - rifletté inoltre, ponendosi una mano sopra il mento, e spostando lo sguardo verso il basso, come per pensare. – Parlami di quell’arma… Sapresti descrivermela? – lo esortò. L’argomento sembrava interessargli.

 

Kouga si sollevò dalla poltrona, ed invitò il ragazzo a seguirlo. Raggiunsero entrambi la biblioteca della villa. L’unica stanza ricca di scaffalature piene di libri molto antichi. Alcuni di essi oltre ad essere vecchi, erano anche assai preziosi. Un buon collezionista sarebbe stato perfino capace di sborsare una vera fortuna, pur di averli.

Jin fece una panoramica della stanza, guardandosi attonito intorno. Nemmeno lui possedeva tutti quei tomi. Tuttavia, Kouga in quel frangente non mirava a prenderne uno di loro.

Si accostò in prossimità di uno scaffale, lì c’era una graziosa scatolina di porcellana purissima e dipinta a mano con estrema eleganza. Il tema principale di quelle raffigurazioni erano delle splendide peonie. Aprì il coperchio del raffinato oggetto, e ne tirò fuori una chiave.

Inserì quest’ultima nella serratura di un cassetto posto sotto la scrivania sistemata al centro della stanza, e lo tirò a sé.

Jin si fece curioso, e lanciò un’occhiata al contenuto. Tra i tanti fogli e documenti, ne spiccò uno in particolare, arrotolato come una pergamena, chiuso da un nastrino rosso.

Lo spadaccino sfilò via quella striscia di tessuto, e distese il foglio sulla superficie del tavolo.

 

- E’ questa. – enunciò, mentre Jin fletté di poco il collo verso il basso per osservare meglio il ritratto della stella.

 

- Dove hai preso questa foto? – gli domandò il guardiano dell’Ovest. 

 

- Denemon. Me l’ha data lui.

 

- Denemon era… - Jin si concesse una pausa, ci pensò su, pensò a quel nome, e poi riprese- il fratello del sommo maestro Amon?

Kouga gli annuì.

 

Danda si fece pensieroso.

- Quell’arma… - anticipò, tacendo per diversi istanti. Sembrava che stesse per dire qualcosa di veramente eclatante, ed infatti fu così – Quell’arma, Jin, tuo padre Makoto l’ha vista di persona! – La rivelazione del gioiello mistico sbalordì entrambi gli umani.

 

- Dove?!- chiese Kouga, travolto in pieno dalla scia di un’agitazione impudente.

 

- Mmh… fammici pensare un attimino…- Danda si zittì nuovamente. Il silenzio durò a lungo. Kouga aveva il cuore che sembrava galoppare all’impazzata, durante l’attesa. Osservò con un nodo in gola il gioiello millenario, finché arrivò il responso – Molti anni fa, quando ormai era stata già bandita da un pezzo, lui mi raccontò di un Prete, molto probabilmente un novizio, che ne plasmò una durante la Notte della Supplica. 

 

Lo spadaccino si stupì ancor di più.

- La Notte… della Supplica?

 

L’oggetto mistico gli spiegò il significato di quel termine.

- La cosiddetta “Notte della Supplica”, era la sera in cui ad ogni Monaco Mistico veniva concessa la possibilità di invocare lo spirito di Ahriman, per usufruire dei suoi servigi tramite il Mistico Patto.

 

- Quali sono i poteri che questo essere ti permettere di ottenere?- domandò la Zanna d’Oro dell’Est, sempre più attento al discorso.

 

- Il “distruttore”, oltre ad infondere potere all’Ottava Stella del Makai, promette a colui che lo invoca la possibilità di ottenere una speciale autorizzazione che permetta di interagire con gli Orrori. Talvolta il Monaco, se abile, ne riesce a diventare perfino l’ammaestratore.

 

Kouga e Jin si guardarono reciprocamente in volto. Ma fu quest’ultimo a parlare:

- Vuoi dire che…- fece una pausa, ancora incredulo- un Prete, uno qualsiasi di quei Preti del Makai, può assoggettare il volere di quelle creature e fargli compiere qualsiasi cosa?!

 

- Diciamo di sì, piccolo Jin! Però…

 

-Però…?- proseguì alla svelta Kouga, con un interesse incalcolabile.

 

Il Madougu sospirò: - Lo sapete entrambi che, sancendo il Mistico Patto, il Prete perde per sempre la possibilità di andare in Paradiso, giusto? Quindi, ognuno di quei sacerdoti, prima di effettuare l’invocazione, e prima ancora di creare la stella, è tenuto a pensarci attentamente, senza essere superficiale. Una volta stabilita la propria decisione, il Prete, accettando l’aiuto di Ahriman, ha di sicuro aiutato uno dei Cavalieri Magici a risolvere un caso estremamente pericoloso, ma nello stesso tempo, negato a sé stesso la beatitudine eterna.

 

- Dove vuoi arrivare, Danda? – si spazientì Jin, desideroso di sapere il fulcro di quel concetto. Il ragazzo non amava particolarmente i giri di parole.

 

- Un Prete sacrifica se stesso solo per permettere al bene di avere la meglio. Tuttavia… quella notte di venti anni fa, accadde il contrario, e quel novizio Monaco del Makai vendette per sempre la sua anima ad Ahriman il distruttore, per ottenere vendetta.

 

Kouga si sentì raggelare.

- Come si chiamava quel Prete? – irruppe alla svelta. Gli occhi scuri vacillavano, il cuore non aveva rallentato per un solo attimo la sua imperturbabile corsa, e la mente… La sua mente non aveva mai smesso di pensare ai misteri irrisolti che lo legavano sia alla Stella, sia a quel Cavaliere d’Oro fin troppo simile all’unico Garo.

 

- Eeeh…! – Danda trasse un lungo sospiro – Bisognerebbe chiederlo a Makoto, lui non me lo ha mai detto.

 

Il cuore di Kouga sembrò fermarsi di botto. Era come se un cavallo imbizzarrito avesse trovato un enorme ostacolo d’innanzi a sé, che gli bloccava la strada. Indirizzò i suoi occhi verso Jin: - Ti prego! – disse d’acchito, con lo sguardo vacillante – Portami da lui! Ho bisogno di sapere quel nome!

 

Il viso di Jin divenne inspiegabilmente triste. Il Cavaliere d’Argento chinò il capo, gli occhi si mossero verso destra, si stabilirono su quel lato, ma parevano non fissare un punto preciso.

- Mio padre… Lui non c’è più. E’ morto cinque anni fa, a causa di una malattia contratta in battaglia.

 

Kouga si zittì ed ebbe un flashback: l’attimo in cui Barago ferì mortalmente il suo, di padre. Taiga aveva tentato di salvare suo figlio, e sì, ci era riuscito, ma… sacrificando una vita per salvarne un’altra. Sacrificando la propria, di vita.

Il Kouga bambino di quel tempo, era ai piedi del padre, ormai esanime, disteso su quel selciato di terra, tra l’erba e i sassi, con gli alberi che rendevano quel buio ancora più penetrante, e che tenevano la luce della luna assai lontana. Quel bimbo scuoteva il suo amato genitore, lo scuoteva a più non posso, con il desiderio di vederlo rinvenire, con la speranza di poterlo ancora chiamare “papà” e ricevere poi un sorriso.

 

Il giovane Saejima ritornò in se, smise di ricordare quel momento, e lo allontanò via.

Tra i due discese il silenzio. Era più che prevedibile.

Entrambi i Cavalieri avevano perso il padre, ed entrambi ne sentivano comprensibilmente la mancanza.

Poi Jin all’improvviso ruppe quel silenzio: - Forse… posso darti quel nome! – esclamò, quasi con certezza. Lo sguardo di Kouga prese a brillare forte. Jin seguitò subito – Mio padre teneva un diario, una sorta di registro in cui appuntava le caratteristiche degli Orrori che affrontava in battaglia, dove descriveva le missioni che gli venivano affidate. Inoltre, in quelle pagine riportava i fatti più interessanti e gli avvenimenti più importanti che potevano in qualche modo servirgli in futuro.

 

- “Un Vademecum del cacciatore. Un giorno mio figlio potrebbe averne bisogno.” Fu così che mi disse Makoto.- proseguì Danda, ricordando una scena di molti anni addietro.

 

- Prima di morire, mio padre mi consegnò quel taccuino, dicendomi che forse avrebbe potuto aiutarmi, o perlomeno, rispondere a domande all’apparenza prive di risposta. – riprese Jin.

 

- Dici che…

 

Il figlio di Makoto assentì, capendo al volo cosa Kouga volesse dirgli. Poi approfondì.

- Potrebbe darsi che il nome di quel Prete, sia racchiuso in quelle pagine. Però… - si mise pensieroso- Io non ho mai aperto il Vademecum di mio padre, e quindi… - il giovane fece capire al quasi coetaneo che le possibilità di trovare quel nominativo lì dentro, non erano certe.

 

Kouga assentì ugualmente. Se c’era anche solo una remota probabilità di ottenere l’informazione che stava cercando, lui non poteva tirarsi indietro: ci doveva provare!

 

- Non importa. Voglio tentare! Io… devo farlo. - dichiarò lo spadaccino dell’Est, guardando attentamente l’altro. Kouga doveva provarci, Kouga aveva assoluto bisogno di sapere la verità e risolvere quel mistero. Doveva farlo per Taiga stesso, per sua madre, Rin, e soprattutto per la felicità di una persona in particolare. Una ragazza a cui lui teneva tantissimo, più della sua stessa vita. Doveva farlo per Kaoru.

 

- Domani verrai a casa mia, e ti farò vedere il diario. – disse il paladino dell’Ovest, arrivato nel frattempo nella hall insieme al collega, e deciso a lasciare la villa. Gonza era lì accanto, pronto a consegnarli il soprabito che aveva un colore molto scuro, sui toni del grigio. All’apparenza poteva sembrare nero, però osservandolo con attenzione e sotto una buona luce, si scopriva presto il contrario.

Proprio in quell’istante, si sentirono dei passi discendere le scale.

Kouga sollevò la testa, poi piegò le sopracciglia non appena vide la sagoma di Kaoru venire giù dalla lunga gradinata.

 

- Oh… scusate! – disse la ragazza in un primo momento, con modi un po’ timidi, osservando l’ospite inatteso- Non volevo disturbare!

 

- E’ tardi. Credevo che dormissi. – fece il signorino, vedendola raggiungere il foyer.

 

- In realtà stavo finendo di disegnare. Poi sono scena per prendere un po’ d’acqua… - scrutò timidamente l’ospite inatteso, che tra l’altro non aveva mai visto prima. Capì subito, però che si trattava di un “collega” di Kouga. Molto probabilmente, fu l’abito a rivelargli ciò.

 

- Lui è Jin. Un Cavaliere dell’Ovest. – Io spadaccino presentò il ragazzo all’artista.

 

- Molto piacere! Mi chiamo Kaoru! – esclamò, porgendogli con esitazione la mano. In realtà non sapeva come ci si doveva comportare nei riguardi di un altro Cavaliere Mistico. Jin non ricambiò il gesto, e tenne le mani abbassate. La pittrice ritirò a poco a poco la sua, poi cercò lo sguardo di Gonza per essere rassicurata. Il maggiordomo lo fece senza esitare.

 

- Non sapevo che avessi una sorella. – chiese poi lo stesso Jin nei riguardi di Kouga, squadrando bene la ragazza.

 

Il signorino Saejima e la bella Mitsuki si sentirono leggermente impacciati.

La verità era che entrambi non sapevano come comportarsi e cosa dire in quel momento.

Gonza afferrò la situazione al volo, e trasse entrambi dal pesante impaccio spiegando al giovane il “legame” di parentela che c’era tra i due.

- La signorina Kaoru è… - fece per concludere la frase, quando Zarba gli rubò la parola:

 

- La fidanzata di Kouga!

Quest’ultimo ferì l’anello chiacchierone con un’occhiata acidula.

 

Jin fissò ambedue gli umani, ma fu per poco, poi prese il soprabito senza commentare.

- E’ ora di andare. – disse soltanto. La notizia lo aveva forse turbato?

 

Kaoru portò lo sguardo sull’orologio appeso alla parete che le stava davanti. Le lancette segnavano la mezzanotte. Oltretutto, fuori aveva iniziato a diluviare. Lo scrosciare pesante dell’acqua si poteva sentire dall’interno della villa, tant’è che era forte.  Kouga l’aveva osservata. Infine si scambiarono uno sguardo, e lui sembrò intuire all’istante i pensieri della sua bella.

 

- Meglio se resti a dormire qui, stanotte. – gli disse, rivolgendosi a Jin.

 

L’altro si sentì in imbarazzo.

- Non posso accettare la tua ospitalità.

 

- Dovresti. – rispose Kouga – Mi hai salvato la vita. – ammise in seguito.

 

Kaoru si scosse nel sentire quelle parole: - Perché? Che cosa ti è successo? – chiese ansiosa, preoccupata.

 

- Niente di particolare. – sentenziò il giovane Cavaliere, con l’intenzione di non farla impensierire. La mora non si fidò della replica. Lei sapeva benissimo che quella non era la verità.

Spalancò le labbra: - Ma… - riuscì soltanto a dire.

 

- Gonza! – il suono della voce di Kouga sommerse quello della ragazza, che fu costretta ad arrendersi, quindi sospirando tacque. Il maggiordomo si mise sull’attenti, aspettando ordini- Preparagli una camera.

 

- Subito signorino! – assentì, e si avviò su per le scale.

 

- Potevo benissimo tornarmene a casa. – sbottò Jin, sembrando quasi seccato. In realtà, quel gesto gli era piaciuto.

 

- Andiamo, piccolo Jin! L’idea di dormire in un palazzo sontuoso come questo, non ti alletta nemmeno un pochino? – proferì Danda, con la sua solita voce squillante.

Tutto ciò che il suo proprietario riuscì a dire, fu solo: - Smettila di chiamarmi in quel modo! Sono stufo di ripetertelo sempre. 

 

- Su, andiamo sopra! – propose Kaoru, avviandosi su per le scale. I due maschi la seguirono poco dopo, ma prima di permettere a Jin di poggiare il piede sul primo gradino di quella lunga scalinata, Kouga gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo affinché si voltasse verso di lui.

 

- Non parlare di ciò che ti ho detto quando c’è lei. – gli disse, alludendo alla questione affrontata nella biblioteca.

 

Jin riprese a camminare, strattonandosi da quella presa, ma si fermò dopo aver percorso il primo gradino: - Un Cavaliere Magico non dovrebbe scegliere come propria compagna una persona qualunque, che non potrà mai difendersi dall’attacco di un Orrore in quanto priva di potere Mistico. – espresse, poi finì la frase- Ma questi sono problemi tuoi, per cui eviterò di parlare. – gli assicurò con una certezza matematica.

 

Giunti in cima, Kaoru si dispose davanti alla porta della propria stanza, che esattamente si trovava di fronte alla gradinata, ed era l’ultima alla fine della prima corsia di quel ripiano.

- Questa è la mia camera! Mentre se giri quell’angolo laggiù - puntò un dito verso il fondo del corridoio, per indicare il cosiddetto angolo  – troverai quella di Kouga! – esclamò, con un sorriso cordiale.

 

Danda scattò seduta stante: - Cosa?! – tuonò, sfoggiando una voce piena di stupore. Perfino il volto, di Animetallo, assunse una aria attonita- Voi due dormite in camere separate?!

 

L’affermazione del Madougu fu per Kouga e Kaoru un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Si guardarono istintivamente negli occhi, ma in realtà quel gesto fu spudoratamente accidentale. Infatti, mai e poi mai avrebbero desiderato rivolgersi l’attenzione in un momento tanto imbarazzante quanto gravoso come quello.

 

Danda notò subito l’impaccio dei due.

- A giudicare dalle vostre facce terribilmente scarlatte, scommetto che non avete mai affrontato l’argomento, dico bene?

 

- Danda! Falla finita! – lo ammonì prontamente Jin, cercando di zittire la sua guida che, questa volta, aveva davvero superato il limite.

 

- Guarda che non ho detto niente di male! E poi, ti sembra normale che quei due non dormano insieme? Prima o poi è un test che dovranno affrontare entrambi. – proseguì il bracciale, facendo scivolare sempre di più i protagonisti della conversazione nella più arroventata delle fornaci. Era un po’ come stare al mare, in pieno Agosto, sotto il sole cocente, senza creme solari od ombrelloni per ripararsi dal caldo. Si sentivano proprio come se il fuoco stesse divampando dentro di loro. – Volete che vi dia dei ragguagli a riguardo? Allora… - prese fiato, con l’intenzione di raccontare ogni cosa, di far conoscere a tutti il suo grado di preparazione. Sì, perché il gioiello pettegolo era un assiduo spettatore di romanzi televisivi a sfondo romantico. Quale occasione migliore per mettere alla prova le sue capacità di consulente matrimoniale?! – Di solito è il ragazzo che dovrebbe prendere l’iniziativa, anche se devo ammettere che in questi casi serve una buona dose di coraggio, per cui io direi di iniziare con un…– infilò una parola dietro l’altra, e stava per davvero costruendo un intricato ragionamento, quando il buon vecchio Gonza, compresa la complessità della cosa, si diede da fare:

 

- Ehm… Venite, signorino Jin! Vi mostro la vostra stanza! – propose, emettendo un sorrisino teso, e facendosi vedere impacciato. Jin fletté la schiena un po’ in avanti per congedarsi e salutare i due facendo mezzo inchino. Poi seguì il maggiordomo.

Kaoru e Kouga li accompagnarono con lo sguardo, mentre in sottofondo si poteva udire ancora Danda blaterare qualcosa. Quando li videro sparire dietro l’angolo, i loro volti si girarono di slancio finendo ancora una volta per incontrarsi.

Nessuno dei due riuscì a trovare il coraggio di parlare per primo. Che fossero imbarazzati, era più che scontato. Praticamente garantito. Semplicemente inequivocabile!

 

Zarba trasse un sospiro, poi senza remore, e quasi per dispetto esclamò a Kouga: - Io ti avevo avvertito! – puntualizzò, piuttosto seccato ma raggiante allo stesso tempo solo perché sapeva di avere ragione – Non hai voluto darmi ascolto? Peggio per te, ragazzino! Questa è la giusta punizione. Te la sei meritata. – Era pressoché… inutile! Zarba continuava a rincarare la dose, con una parola dopo l’altra, finché Kouga non si decise a farlo smettere. Coprì l’anello con l’altra mano, ma, senza la voce di quel testone loquace, inevitabilmente ripiombò tra i due umani il silenzio.

 

- Io… - stavolta fu Kaoru a rompere il ghiaccio- Ecco, tu… io…  - disse tartagliando, forse perché non sapeva in realtà cosa di preciso dire. Non riusciva a mettere insieme le giuste parole, ecco! Poi prese fiato, e disse di botto una cosa che poco dopo le fece venire la voglia di scomparire all’istante- Io vado a dormire, tu non vieni? – Evidentemente Kaoru voleva dire ben altro, ma presa da un momento di confusione, senza pensare bene a cosa pronunciare, le uscì fuori quella frase. – Vai! – disse urlando di botto, in agitazione. Kouga la guardò sempre più incerto. – Volevo dire… “vai”. Cioè, tu non vai a dormire? – rettificò subito, per levarsi di dosso quell’indigesto incaglio.   

 

- Sì, tra un po’. – rispose, cercando di mantenere una voce stabile e delle movenze pressoché normali.

 

Kaoru fece mezzo giro. Posò la mano sull’anta della porta perché pensava fosse chiusa, ma questa scivolò in avanti dato che il battente era stato solo accostato. La brunetta precipitò, rischiando di finire in terra, ma Kouga si mosse alla svelta per recuperarla.

Ci riuscì, il salvataggio andò a buon fine, ma il violento gesto la fece finire tra le sue braccia.

Sollevò gli occhi, l’artista, e gli rivolse con timidezza lo sguardo.

- Grazie… – pronunciò appena, non sapendo cosa dire, e provò un pizzico di disagio – Sono la solita distratta…!  

 

Kouga non disse nulla. Restò muto ed immobile a fissarla inconsapevolmente, senza rendersi conto di niente, senza pensare ai loro visi troppi vicini, pericolosamente vicini.

Restarono in quella posa a lungo, l’uno a guardare rapito gli occhi dell’altra, stretti in un goffo ma romantico abbraccio, finché la presenza di Gonza non li fece rinvenire.

 

- Ooh, scusatemi! Tolgo subito il disturbo. – fece il maggiordomo, imbarazzato almeno quanto loro, e con un mezzo inchino si preparò a scomparire.

 

- Aspetta, Gonza! – tuonarono in coro i giovani, guardandosi reciprocamente, ancora una volta. Infine, sciolsero l’abbraccio e si staccarono a vicenda.

 

- Io vado a dormire! Buonanotte… a tutti e due! – pronunciò Kaoru, tremante più che mai, entrando in camera e chiudendo la porta in un battibaleno.

 

- Vado anche io. – replicò Kouga, quasi immediatamente, avviandosi verso la propria stanza. 

 

L’uomo con i tondi occhiali, trovandosi solo nel pianerottolo di quel piano, emise un sorriso benevolo. Era la purezza di quei due ragazzi, a renderlo così felice. Una purezza che, rendeva il signorino Kouga e la signorina Kaoru veramente speciali.

 

 

 

 

 

                                                                       ***

 

 

 

 

 

Era sorto un nuovo giorno, dopo diverse ore di cammino, i Cavalieri Mistici dell’Est e dell’Ovest arrivarono a destinazione: la dimora di Jin.

 

- Non troverai un ambiente pulito e ordinato come quello di casa tua… - ammise, piuttosto imbarazzato – Io non posso permettermi un maggiordomo, e quindi… - Jin lasciò intendere che da solo, senza una persona come Gonza, capace di mantenere l’ordine in qualsiasi angolo della casa, non riusciva ad occuparsi di tutte le mansioni domestiche. Kouga non batté ciglio. A lui non gliene importava niente, in quel momento. Pensava solo a recuperare il diario di Makoto.

Il figlio di quest’ultimo avvicinò la mano al pomello dell’enorme portone, quando Zarba e Danda, le Guide Mistiche dei Cavalieri, esclamarono in coro:

 

- Kouga!

 

- Jin!

 

Gli umani sollevarono rispettivamente il dito e il polso delle mani sinistre.

- C’è un Orrore! – pronunciarono i gioielli, ancora una volta con un’espressione collettiva.

 

Il figlio di Taiga e il figlio di Makoto si scambiarono uno sguardo d’intesa.

 

- Sei pronto? – pronunciò Jin a Kouga, e lui, già con la mano sull’ impugnatura della spada, annuì alla svelta.

Il combattente dell’Ovest spalancò di getto la porta, colpendo l’anta massiccia di legno con un calcio violento. Kouga scattò in avanti con la spada sguainata, deciso all’attacco. Davanti a lui, tuttavia, il ragazzo trovò il vuoto.

Proprio così, la hall dell’abitazione era deserta, sembrava perfino tranquilla. Tutto in quell’istante lo era.

Entrarono con cautela e movenze circoscritte. Schiena contro schiena premerono a guardarsi intorno.

- Zarba – lo chiamò Kouga, per avere il suo aiuto.

L’anello si concentrò con l’ambiente circostante, tese l’udito, poi vibrò: - Lo sento vicino, ma non riesco ad individuarlo.

 

- Vorrai forse dire li sento vicini.- lo corresse Danda, immediatamente.

 

Jin sollevò il braccio, portando il polso all’altezza del mento.

- Quanti sono, Danda?! – domandò allarmato.

 

Il Madougu diede subito un responso : - Due, e molto cattivi. – precisò.

 

- Confermo, Kouga! – proseguì Zarba, e in fretta continuò- Hanno cominciato a muoversi! Sono quassù! – L’anello puntò il soffitto, indicandolo con gli occhi. Kouga e Jin lo seguirono.

 

- Seguimi! – urlò il Cavaliere dell’Ovest, avviandosi verso la gradinata che finiva dritta al piano elevato. La percorsero con sveltezza, giunti quasi in cima i due giovani avvistarono le pericolose creature. Il viso di Jin sbiancò di colpo: - Hanno preso il diario! – strepitò, notando che tra le mani affilate di una delle due bestie, c’era il preziosissimo vademecum di Makoto. I ragazzi non fecero in tempo a raggiungere la cima delle scale: uno degli Orrori si lanciò verso Jin, come un treno fuori controllo, e lo travolse. L’umano e la bestia ruzzolarono all'indietro, verso il fondo delle scale. Kouga si voltò con fare allarmato, nella speranza di scorgere il collega. Lui, sovrastato dall’Orrore che lo teneva bloccato sul pavimento, cercò di contrastarlo.

- Kouga! – gridò, nel momento in cui tentava di respingere ed allontanare dal suo viso le fauci sbarrate dell’essere- Prendi il diario! Sbrigati!

 

Il Cavaliere dell’Est annuì, deciso più che mai a riavere quel libro.

L’Orrore si sentì in pericolo. Scappò via, raggiunse un’enorme finestra verso la fine del corridoio, e si ci buttò dentro, mandandola in mille pezzi. Le schegge di vetro schizzarono ovunque. Kouga creò uno scudo coprendosi il volto con un lembo del suo soprabito, infine si lanciò anch’egli verso ciò che restava del finestrone.

Lo inseguì per parecchi metri, correndo a più non posso, con la spada sguainata.

Non doveva fare piacere, per una creatura del Makai, essere inseguita da un Cavaliere ostinato.

Così, individuò un edificio enorme, si nascose lì dentro.

Kouga varcò poco dopo la soglia d’entrata di quel casolare. Si trattava di una vecchia fabbrica, ancora in uso, con poche attrezzature ed una serie di finestroni a costeggiare tutto intorno il perimetro di quell’interno.   

 

- Fai attenzione… Questo posto è grande e molto pericoloso. – disse Zarba.

 

- Riesci ad individuarlo? – Kouga sollevò il braccio, lo portò davanti a se, l’anello chiuse gli occhi e li riaprì dopo una dozzina di secondi. 

 

- Sento una forte energia maligna provenire da lì.

 

Lo spadaccino osservò il punto segnalato da Zarba. Era un angolo buio: tra i quattro, il più buio.

C’erano due pile di lamiere accatastate, l’una al fianco dell’altra, più un barile di ferro arrugginito. Ai piedi di quest’ultimo, una chiazza giallastra lo attorniava. Probabilmente quel barile doveva avere una perdita.

Kouga si avvicinò con molta attenzione, ma tra lui e quell’angolo mantenne una certa distanza.

- Quella è benzina… - analizzò Zarba, riferendosi al liquido che bagnava il pavimento, intorno alla tanica circolare. - Con l’aiuto del Fuoco Guida, potresti carbonizzare quell’essere in un attimo.

 

- Non posso. – sentenziò secco Kouga- Così facendo, brucerebbe anche il diario.

 

- E questo l’Orrore lo sa benissimo. Ecco perché non ti ha ancora attaccato. Sa di poterti ricattare.

 

- Già.- il ragazzo annuì alle parole dell’anello. La situazione diventò presto snervante. Poi il Cavaliere prese una decisione. Si piegò verso il suolo, e lasciò lì la sua spada.

 

- Kouga, non farlo. – Zarba aveva già capito tutto. – Non ripetere lo stesso errore di ieri. Ricordi? Ti sei quasi fatto abbindolare dalle parole di Uca, e stavi per rimetterci la pelle.

 

- Quel diario mi serve. E poi… - si prese una pausa, il suo sguardo sembrò farsi deciso, sicuro più che mai – Non farò lo stesso errore.

 

- Speriamo bene…- appuntò il Madougu, emettendo un sospiro.

 

- Sono disarmato. La mia spada è a terra. – Kouga sollevò il tono della voce, affinché l’Orrore potesse afferrare al meglio quelle parole. Dalla pila di lamiere l’essere uscì con cautela allo scoperto, per appurare la veridicità di quell’affermazione.

 

- Senza la tua arma, sei come un umano qualunque! Inutile e debole. – proferì la creatura, sibilando come un velenoso serpente, consapevole di avere più che mai il coltello dalla parte del manico. Sbatacchiò il diario che stringeva in una mano, e sorrise – Cosa mi dai in cambio di questo inutile oggetto?

 

Kouga replicò all’istante, con il responso pronto: - La libertà!

 

- La libertà?! – tuonò con sarcasmo l’essere del Makai, scoppiando a ridere – E tu, lasceresti una creatura come me davvero libera di andar via? Sono solo parole, le tue! 

 

-Quando un Cavaliere promette qualcosa, quella promessa diventerà certezza.

 

L’Orrore ci pensò su, si trattava per lui di un’offerta estremamente allettante. La libertà, in cambio di un misero diario.

- E va bene, Cavaliere! Però, prima getta fin quaggiù la tua arma.

 

Kouga diede un calcio alla spada, e questa slittò percorrendo il suolo e fermandosi ai piedi del mostro.

Rapido, l’Orrore gettò il libro in aria, verso lo spadaccino che lo prese al volo tra le mani, e rimase fermo al centro del casolare.

- E adesso che la tua preziosissima arma è qui, inerte ai miei piedi, prima di andare, assicurerò a me stesso che tu mantenga davvero la promessa, semplicemente togliendoti la vita! – La creatura sguainò gli artigli, con l’intento di affettare letteralmente Kouga.

Il ragazzo era praticamente disarmato. Senza la sua spada, l’Orrore non gli avrebbe dato neppure l’aggio di scappare.

 

- E adesso, cosa conti di fare? – gli fece subito notare Zarba, cercando di dare un tono sarcastico alla frase, vista la gravità della faccenda.

 

Il ragazzino fece mezzo sorriso. - Sta a vedere. – disse semplicemente. Sembrava avere la situazione sotto controllo. O perlomeno, Zarba in quel momento lo sperò fortemente.

In effetti, il figlio di Taiga non era del tutto disarmato. Un Cavaliere Magico, oltre all’appoggio della propria arma, ne aveva una altrettanto pericolosa e potente.

L’asso nella manica di Kouga, era il suo accendino. Svelto, lo estrasse dalla tasca interna del soprabito e, nel momento in cui l’Orrore si stava preparando a saltare in avanti, lo spadaccino aprì il coperchio dell’affare mistico e lo scagliò in direzione del barile. Il Madoubi sbatté contro la tanica e finì a terra, esattamente nella pozza del propellente.                

Quando la creatura del Makai si gettò all’attacco, il Fuoco Mistico aveva già raggiunto il bidone. Esso scoppiò all’istante, producendo un boato incredibile. Un vaporoso fascio di fuoco raggiunse e travolse l’Orrore, annientandolo in un lampo.

Il Fuoco Guida scoppiettò per un’ultima volta, infine scomparve nell’aria.

Zarba finalmente aveva smesso di pregare in silenzio. La difficile manovra aveva dato i suoi frutti, e del mostro ormai non rimaneva nessuna traccia.

 

- Beh, che posso aggiungere? Hai rischiato grosso, ma hai fatto anche un buon lavoro! – si complimentò l’anello, fiero di assistere un Cavaliere del Makai come lui.

 

Kouga abbozzò un sorriso, poi la sua attenzione cadde inevitabilmente su quel diario che teneva nella mano. Alla fine ci era riuscito. Lo aveva recuperato, e per di più, integro.

 

- Cosa stai aspettando? Guarda che sono curioso anche io di sapere quel nome! – gli confidò Zarba, e l’altro, senza farselo ripetere, decise di sfogliare il vademecum di Makoto.

 

Sfiorò la copertina, di un verde smeraldo e piena di grinze, ma gli fu concesso di effettuare solo quel gesto.

Il preziosissimo oggetto si incendiò tra le sue mani come un cumulo di ramoscelli messi in un camino.

Ci fu una breve ma intensa vampa, e poco dopo, il nulla.

Kouga si guardò le mani: erano, fortuna per lui, leggermente ustionate ma piene di sangue. Il bruciore era più che fastidioso, ma quella sofferenza non era minimamente paragonabile a ciò che aveva appena perduto.

Non avrebbe mai scoperto quel nome. La risposta alle sue domande, non l’avrebbe mai avuta.      

Quel diario orma non esisteva più.

Nonostante la scottatura, serrò forte le mani, le chiuse a pugno, più che poteva, e si guardò attorno. Sperava di scoprire il colpevole di quel gesto. Perché lui ne era più che certo. A bruciare quel diario, con chissà quale magia, era stato qualcuno.

Zarba gli rivelò prontamente una cosa: - Ho percepito la stessa presenza che captai in quel vicolo, ricordi?

 

Kouga lo guardò con attenzione, quasi allibito: - Ne sei sicuro?!

 

- Mi ci gioco l’anello! – confermò deciso il Madougu.

 

A chi è che appartenesse l’aura percepita da Zarba, Kouga non sapeva proprio conoscerlo.

Non poteva essere quella di un Orrore, perché era stato lo stesso Zarba, quella sera nel vicolo, ad escluderlo. Poco dopo, aveva pure azzardato che quella, era un tipo di aura umana.

Ne aveva sentito l’odore, gli specificò.

L’odore di un umano.

 

 

 

 

 

                                                                        ***

 

 

 

 

 

Jin, il Cavaliere dell’Ovest, non riusciva a spiegarselo.

Stava accanto a Kouga, entrambi nella hall della propria casa semi distrutta dallo scontro con l’essere.

- Il mio palazzo era protetto da una serie di potenti talismani mistici. Un Orrore non avrebbe mai potuto spezzare la forza di quei sigilli. – confermò, guardandosi attorno e vedendo disordine in ogni angolo. Alcuni scaffali a terra, delle tende lacerate, un vaso di porcellana rotto. Afferrò proprio uno di quei cocci, lo fissò. – No, un Orrore non avrebbe mai potuto spezzare quei sigilli. – affermò per l’ennesima volta.

Kouga emise un lungo e sconsolato sospiro.

- Sono la stessa persona.

 

- La stessa persona? – replicò Jin, senza capire.

 

- Colui che ha annientato il potere dei tuoi amuleti, e colui che ha bruciato il diario che io avevo tra le mani… Sono la stessa persona.

 

- Ma… come faceva a sapere di quel diario? E perché mai lo ha distrutto? – Jin scosse la testa, erano davvero troppe le sue domande. Era pieno di perplessità, confusione.

 

- Adesso lo so- premise Kouga, con lo sguardo traballante e il cuore pieno di rabbia- Nelle pagine di quel vademecum, c’era il nome che stavo cercando. – Poi i suoi occhi divennero malinconici.

 

Jin lo guardò in silenzio. Anche il suo viso si trasformò, si fece amareggiato.

Poteva sentire la sofferenza dell’altro sulla propria pelle. Poteva percepire la sua rabbia, il suo sconforto. Jin si avvicinò, gli posò una mano sopra la spalla.

- D’ora in avanti, sappi che potrai contare anche su di me. – esclamò il Cavaliere Mistico dell’Ovest, accogliendolo per la prima volta con un sorriso amico. Poi gli porse una mano, per suggellare ulteriormente quelle parole. Kouga dapprima si trattenne, infine, con estrema gratitudine, ricambiò la stretta e suggellò così un giuramento fatto di speranza, coraggio, ma soprattutto amicizia.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Chiedo infinitamente perdono a tutti voi per l’incommensurabile ritardo…!!! Vi prego, accettate le mie scuse, ve ne supplico! ;___;

Purtroppo da quando ho iniziato il lavoro di plush maker, ho veramente pochissimo tempo da dedicare alla scrittura e a tutte le mie passioni generali.

E quando la sera finisco di lavorare, sono così stanca che alla fine mi vado a buttare subito sul divano…

Rimedierò sicuramente pubblicando il prossimo capitolo molto presto, così non vi stancherete di aspettare!

Spero vivamente di ricevere qualche recensione, anche dopo così tanto tempo, ma soprattutto spero che qualcuno di voi sia ancora interessato a leggere la fanfiction stessa.

Adesso devo scappare, risponderò ai vostri commenti nel prossimo aggiornamento!

Un grande abbraccio a tutti voi!  ^___^

 

Ah, che sbadata…! L’episodio numero 6 sarà INTERAMENTE dedicato a Rei Suzumura!

 

Botan

                                                          

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Capitolo 7
*** #06 Acchiappasogni ***


- Hey, Silva

                          Acchiappasogni

                                  #06

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

Non ce la faceva proprio più. Guardò in alto, la luna era piena, la notte fonda da sembrare infinita, ma di certo non lo era la sua pazienza.

- Ehi, Silva… E’ più di mezz’ora che stiamo aspettando… – sbraitò al magico Madougu, poi corrugò fronte e sopracciglia con fare nervoso - Cinque minuti! Gli do ancora cinque minuti, e se non salta allo scoperto, lo farò uscire a modo mio!

 

L’oggetto mistico emise un sottile sospiro.

- Abbi pazienza, Rei. Vedrai che tra non molto arriverà qualcuno che attirerà l’interesse di quell’Orrore.

 

- Nessuno percorrerà una via piena di fossi e desolata come questa! - Il giovane incrociò le braccia al petto, reclinò un po’ il capo e sollevò il sopracciglio: - Secondo te, esiste qualcuno di così avventato da fare una simile cosa?

 

Silva rise a fior di labbra: - A quanto pare- fece in un primo momento-  sembra proprio di sì!

 

Il Cavaliere dell’Ovest sollevò di scatto la testa. Una volta messa a fuoco l’immagine, la sensazione di stupore si tramutò in inquietudine.    

- E’ una ragazza! – appuntò sconsolato.

 

Silva non capì il perché di tutta quella delusione.

- E’ un’esca perfetta! Perché ti lamenti?

 

- Perché quell’esca, come la definisci tu, fa parte del gentil sesso.

 

- Adesso non metterti a fare lo schizzinoso… Preferivi forse passere un’intera notte ad aspettare qui?

 

Rei sbuffò alzando gli occhi in aria – E va bene! – disse fiacco, con un’esclamazione scocciata, infine sciolse le braccia dall’incrocio – Vorrà dire che cercherò di ridurle lo stress e soprattutto…- l’espressione del suo volto si fece più seria- la paura. – Toccò i manici delle sue piccole armi, e si preparò ad entrare in scena.

 

Nel frattempo, in lontananza, quella giovane donna stava correndo tutta affaccendata, mentre guardava il suo orologio da polso con un’espressione a dir poco nervosa.

Rallentò il passo perché uno dei lacci delle sue scarpe si era sciolto. Si fletté verso terra, agguantò entrambe le estremità di quei cordoni, e rifece il nodo.

Si sollevò con l’intento di rimettersi a correre, ma qualcuno la colse di sorpresa e gli impedì i movimenti tenendola ferma per il collo.

La ragazza si accorse che in quella stretta c’era qualcosa di strano. La mano dell’aggressore era molto fredda, viscida e rugosa. Sembrava perfino inumana. Poi lo strano tizio emise un ruggito famelico: stava per divorarla.

 

- Ehi! – irruppe una voce. Era quella di Zero, la Zanna d’Argento dell’Ovest. L’Orrore sussultò, colto alla sprovvista. – Sei troppo brutto e maleducato per chiederle un appuntamento! – lo schernì, e subito dopo passo al contrattacco. La creatura lasciò la sua preda per pararsi dall’imminente attacco del Cavaliere, usò le braccia, ma Zero gli affondò una delle armi nel costato. Prima di sfilare la lama, il Lupo dell’Ovest, con quegli occhi gialli, fissò rapidamente l’umana- Mettiti in salvo! - disse, e quest’ultima, con le gambe tremanti si allontanò di corsa.

Fu in quell’istante, che esso estrasse con ferocia la lama dal costato dell’Orrore, e lo mandò al suolo.

La creatura del Makai esalò il suo ultimo respiro. – Lui… mi vendicherà…! – sibilò, e con le ultime forze rimaste, cercò di agguantare la caviglia del suo avversario, strascicandosi verso di lui lungo il terreno.

 

- Stai strisciando esattamente come un verme. Infondo, è questo ciò che sei!- esclamò Zero, trapassando il cranio dell’Orrore con una pedata, e ponendo fine alla sua inutile esistenza.

 

- Ottimo lavoro, Zero! – si complimentò Silva, come al solito.

 

- E’ anche merito tuo, amica mia! – replicò il Lupo d’Argento, poco prima di riprendere le sue vere sembianze.

 

Rei si stiracchiò in mezzo a quello che prima era stato un campo di battaglia.

- Direi che adesso possiamo anche tornarcene a casa. – attuò il dietrofront che gli avrebbe permesso di allontanarsi da quel posto, ma una voce lo fece fermare:

 

- Aspetta! – disse quest’ultima. Il moro si voltò, poi storse le labbra. Rimase sorpreso nel vedere la ragazza, quella che inconsapevolmente gli aveva fatto da esca, essere ancora lì.

 

- Sbaglio, o ti avevo detto di andartene, sorella?

 

Lei abbassò gli occhi, poi gli si avvicinò.

- Volevo solo ringraziarti.- rispose, timidamente- Tu mi hai salvato da quella… cosa. – Non sapeva bene come chiamarla.

 

- In realtà, sarebbe molto più corretto chiamarlo “Orrore”, anziché “cosa”.

 

- Orrore? – replicò la giovane, increspando la fronte. – Cos’è un… Orrore? – chiese in seguito, incuriosita dal termine.

Essendo un essere umano qualunque, non lo poteva di certo sapere, per cui il ragazzo si preparò a darle una spiegazione semplice ma concisa – Un Orrore è una creatura che si nutre di noi persone, e che non bada di certo alla linea! – commentò scherzando, per addolcire una spiegazione già amara di suo.

 

La ragazza sorrise. Quella battuta aveva in un certo senso sminuito il tutto. Dopotutto, non era il caso di darle un’interpretazione cruda e spietata, per quanto in realtà lo fosse per davvero.

 

Rei si preparò a salutarla con un cenno della mano, tuttavia la sconosciuta lo trattenne per l’ennesima volta, con una proposta: - Vorrei offrirti la cena! – esclamò, di punto in bianco, sotto lo sguardo sbalordito di Silva. – Non fraintendermi! – spiegò subito al ragazzo- E’ per sdebitarmi.

 

Il moretto scosse il capo: - Non occorre! Salvare gli essere umani da quelle creature, per me è un dovere.

 

- Ma io voglio farlo! Ti prego, accetta!

 

Come poteva, Rei Suzumura, rifiutare un così allettante invito?

- Beh- premise- Una fetta di torta andrà più che bene! – dichiarando ciò, fece un bel sorriso.

Stava già pensando al sapore di quella torta, quando la sua collana lo riprese acida:

 

- Rifiuta subito, Rei! Non è corretto approfittare della gentilezza di una persona che hai appena salvato.

 

Il ragazzino sogghignò. Sapeva benissimo che il motivo di tanta acidità era un altro.

- Hai smesso con Kaoru, e adesso vorresti cominciare con lei? La tua gelosia non conosce ostacoli!

 

- Kaoru adesso è la ragazza di Kouga! Non è più necessario che io mi preoccupi di lei. – commentò sempre più acidula.

 

- Dunque, è così!

 

- Così? – ribatté Silva, senza capire.

 

- Con la tua risposta, hai appena ammesso di essere gelosa! – La collana trattenne il fiato, pareva quasi avere assunto un colore rosso, anche se tutto ciò poteva essere solo frutto dell’immagine, visto che l’Animetallo non poteva di certo arrossire!

 

- Sei davvero crudele! – gli rispose il Madougu, e per dispetto decise di non parlare più.

 

 

 

 

 

                                                                             ***

 

 

 

 

 

- Dunque, tu fai parte dei Cavalieri Mistici d’Oro? – chiese la ragazza, e Rei, alle prese con una bella fetta di torta completamente piena di panna, seduto al tavolino di un locale pubblico, scosse il capo e ridacchiò.

 

- Oh, no, no! Sono un Cavaliere d’Argento! Un Cavaliere d’Oro non avrebbe mai accettato il tuo invito, credimi! – commentò, rivolgendo chissà perché, un simpatico pensiero a Kouga.

 

- Da quanto tempo fai questo lavoro?

 

- Mmh…- il moro si mise pensieroso- Da prima che tu nascessi! – disse così, per scherzare. L’altra assunse presto un’espressione attonita. – Scherzavo! Mi fai così vecchio?

 

La ragazza scosse il capo. –No, scusami! E’ solo che, tutte queste cose che mi stai raccontando, mi sembrano così…

 

- Assurde, dico bene?

 

Dalla parte opposta, la giovane fu costretta ad annuire. In effetti, tutto ciò per lei era fin troppo assurdo.

Quegli esseri, gli Orrori, che si nutrivano di loro umani, e poi i Cavalieri Mistici come Rei, che invece combattevano per proteggerli ed annientare il male. Tutto ciò era davvero incredibile. Quasi non riusciva a crederci, però nello stesso momento, doveva farlo. Perché nella trappola di quelle pericolose creature, era caduta anche lei.

Il moro finì di mandar giù l’ultimo boccone della torta, poi appoggiò il piattino sul tavolo del bar.

- Io sono cresciuto con gli Orrori. All’età di 5 anni, scoprii che l’umanità doveva guardarsi bene le spalle da quegli esseri. Però la faccenda non mi sembrò così assurda. Forse perché ero solo un bambino. E i bambini, con la fantasia ci lavorano molto. Però ti capisco! Sei confusa, e questo è normale. L’unica cosa che mi preoccupa è… - Rei si fermò un attimino, fissò quella giovane diritta negli occhi. – Riuscirai, adesso che conosci la verità, a spegnere la luce e a restare da sola nel buio, come facevi prima che ti accadesse tutto ciò?

La sua domanda poteva avere molti significati.

Azioni come aprire l’armadio, guardare sotto al letto, camminare da sola per strada, restare senza luce anche per pochi secondi, chiudere gli occhi e dormire serenamente, forse non sarebbero state più possibili.

 

- Io…- premise la giovane, scuotendo il capo dopo un primo attimo di esitazione- Ci proverò! – disse infine, sforzandosi di sorridere.

Rei in quell’istante non ebbe scampo: il suo cuore cominciò stranamente a battere forte.

La semplicità di quell’esclamazione, il sorriso all’apparenza timido eppure così pieno di volontà, tutto ciò gli fece uno strano effetto. Un bell’effetto.

 

Silva spezzò l’attimo intromettendosi nel discorso: - Ti consiglio di adoperarmi alla svelta per cancellarle una parte di quei ricordi legati a tutta questa storia.

 

Il Cavaliere avrebbe potuto farlo senza chiedere alla ragazza il consenso, malgrado tutto, preferì che fosse lei a decidere.

- Hai sentito, no? Posso renderti la vita molto più facile, se lo desideri. Vuoi che lo faccia?

 

Ci pensò su, ma in realtà la risposta la sapeva già da un pezzo:

- Se perdo quei ricordi, allora perderò anche te. Ed io non voglio dimenticare una persona che lotta coraggiosamente per salvare l’umanità dalle tenebre che ci minacciano!

 

Rei arrossì, pesantemente, quella frase fu davvero imbarazzante. Ma per spezzare quello stesso imbarazzo, fece un colpetto di tosse.

Si sentì, inoltre, Silva borbottare qualcosa. Ahimé, il significato di quelle parole non fu udibile da ambedue i ragazzi. Anche perché lo blaterò nell’antica lingua del Makai.

 

- Che sciocca! – esclamò di botto la giovane donna- Non ci siamo nemmeno presentati… Io sono Yuka! Piacere di conoscerti, Cavaliere d’Argento dell’Ovest! – disse, e gli tese con gentilezza una mano.

 

- Rei, mi chiamo Rei! E’ più corto e, molto più facile da ricordare! – scherzò dapprima, poi ricambiò la stretta- Il piacere è tutto mio, sorella!

 

Tra una chiacchiera e l’altra, si era fatto notevolmente tardi.

Lo sguardo di Yuka finì accidentalmente sul suo orologio da polso. La ragazza sbiancò.

- Accidenti! E’ tardissimo!

 

- Cos’è? I tuoi ti hanno imposto di rispettare il coprifuoco?

 

- No, non è questo, oltretutto, vivo da sola…- si affaccendò a spiegargli – Ho perso l’ultima corsa del pullman, mi toccherà farmi un’oretta di cammino, prima di ritornare a casa…

 

Rei si incrociò le braccia al petto ed accavallò le gambe con fare sbarazzino: - Facciamo 15 minuti, ed in sella ad una moto!

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

Sulla moto di Rei, Yuka si teneva stretta a lui, cingendogli la vita con le braccia. Il veicolo sfrecciava a gran velocità per le vie illuminate e piene di luci della metropoli.

Imboccò una stradina laterale, tutt’altro che trafficata, e in seguito, in fondo ad essa, le ruote del possente bolide rallentarono per fermarsi poi sul ciglio della via. Poco distante, si trovava l’abitazione di Yuka. Una casa a due piani, non molto grande, a due passi dalla carreggiata.

Ancora con il motore acceso, Yuka scese dalla moto e si preparò a salutare Rei.

 

- Mi toccherà sdebitarmi un’altra volta! – gli disse, poi arrossendo si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

 

Rei sventolò la mano: - Figurati! La fetta torta è stata più che sufficiente! Beh- premise, aprendo il gas- E’stato un piacere!

 

Lo sguardo di Yuka si rattristò.

- Ci rivedremo?

 

Rei alzò le spalle, poi le sorrise: - Chissà! La vita è tutta un caso! – in seguito, togliendo il piede dal suolo, sfrecciò via come un fulmine, mentre il soprabito nero volteggiava nell’aria, agitato qua e la dal vento.      

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Erano le cinque del pomeriggio. Il Cavaliere dell’Ovest si era da poco svegliato dal solito riposino pomeridiano, stavolta durato più a lungo del consueto.

 

- Credevo che non ti saresti più svegliato…- borbottò Silva, adagiata sul comodino di fianco al letto.

 

Rei si scarmigliò un po’ i capelli, poi fece un grosso sbadiglio stiracchiandosi lungo tutta la branda. Agguantò la sveglia, vicino Silva, e sbadigliò ancora.

- Non è poi così tardi. – appuntò, con la voce ancora impastata dal sonno.

 

- Hai dormito un’ora più del solito. Tutto questo perché ieri hai fatto le ore piccole.- sottolineò la collana, esibendo un tono stizzito.

 

- Ancora gelosa?- la canzonò il ragazzino, mettendosi a sedere.

 

- Guarda che ho capito, sai? Quella ragazza ti piace!

 

- Quale ragazza? Quella del negozio di dolci, o la fioraia?  

 

Silva sbuffò, più rabbiosa che mai.

- Non prendermi in giro! Lo sai bene a quale ragazza mi sto riferendo… - il Madougu fece una pausa, sperava che Rei avesse fatto quel nome prima di lei, ma alla fine cedette al silenzio del suo proprietario, e fu costretta a rivelare– Sto parlando di Yuka!

 

Il ragazzo sospirò per gioco, poi si alzò dal letto per dirigersi verso l’armadio della camera.

- Sei logorroica! E poi, non hai nulla da temere: non credo che la rivedremo più. – Afferrò il soprabito nero di pelle, e lo indossò. Nell’armadio, attaccata all’anta, c’era una foto grande quanto una cartolina. Rei la osservò a lungo con quegli occhi scuri e vispi che in quel momento avevano iniziato ad oscillare. Su quella foto c’era il viso dolce e sorridente di Shizuka. La sua splendida e meravigliosa Shizuka.

Preso da quell’attimo, toccò quella foto con le dita, per carezzarne la superficie. In realtà, lui avrebbe voluto accarezzare la sua amata, e non un gelido pezzo di carta.      

Tolse le dita da quel luminoso sorriso, abbassò lentamente il braccio, ma la rabbia che sentiva dentro gli fece chiudere a pugno la mano.

 

-Rei, dobbiamo andare.- lo richiamò Silva.

Lui richiuse l’armadio, si voltò, raccolse il mezzo guanto con la collana, ed uscì.

 

 

 

Raggiunto il Palazzo del Cane da Guardia dell’Ovest, ritirò la sua Lettera di Missione e si servì del Fuoco Mistico scaturito dall’accendino, per bruciare l’involucro e leggere il messaggio.

 

- Voglia colui a cui la vita hai salvato, divenire una preda del male che finirà il lavoro intrapreso dal fratello perduto. – Letta la missiva, ci pensò su, infine si congedò dalla Sentinella dell’Ovest vestita di bianco e ritornò in città.

 

 

 

Camminava e nello stesso tempo rifletteva.

Il significato di quella frase sembrava quasi saperlo. Eppure, non riusciva proprio a capire.

- Voglia colui a cui la vita hai salvato… . ripeté, ragionando a voce alta- E’ evidente, si riferisce senz’altro a qualcuno che ho salvato in passato.

 

- Già, ma tu hai difeso centinaia di esseri umani dagli Orrori… Come farai ad individuare la persona giusta? – commentò Silva. Le sue parole suonavano quasi come una sentenza. Rei non aveva tutto quel tempo per rintracciare una ad una le persone che aveva aiutato: erano troppe, e c’era troppo poco tempo per agire.

Poi, accadde tutto all’improvviso. Il Cavaliere dell’Ovest ebbe un’intuizione. Svelto, salì sulla sua moto, e spalancò il gas in un attimo.

 

- Rei! Rallenta! – gridò Silva, con il vento che le veniva in faccia.

 

- Non posso! Non c’è tempo! –replicò il moro, con gli occhi attenti sulla via.

 

- Ma si può sapere dove stiamo andando?     

 

Serio come non mai, l’altro ribatté seduta stante: - A casa di Yuka!

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

La ragazza stava per lasciare la propria abitazione. Si accinse a chiudere a chiave la porta dell’appartamento, ma in quell’istante si voltò e trasalì.

 

- Rei! – disse, trovandosi faccia a faccia con il giovane, stupita ma felice allo stesso tempo di rivederlo. Il moro afferrò con rapidità la sua mano e la trascinò via di corsa. – Che succede?! – pronunciò a stento, sentendosi strattonare con violenza.

 

- Hai visto o sentito qualcosa di strano?

 

- No, nulla di tutto ciò… Ma perché mi fai questa domanda?

 

- Rei! E’ qui vicino! – tuonò improvvisamente Silva, e il giovane frenò quella corsa quasi subito.

 

Il Cavaliere si guardò attorno.

- Maledizione! Non qui! C’è troppa gente…- appuntò, poi si girò in direzione dell’appartamento di Yuka. – Ho dei Talismani Mistici… Dici che potrebbe funzionare? – domandò a Silva, sollevando la mano fasciata dal mezzo guanto. 

 

Lei intuì al volo le intenzioni dell’altro, quindi annuì.

 

- Ok, allora torniamo indietro! – mano nella mano, sempre di corsa, lui e Yuka fecero dietrofront e raggiunsero l’abitazione della ragazza. – Svelta! Apri!

 

La donna estrasse la chiave, le mani le tremavano un po’, ma riuscì ugualmente ad aprire la porta.

 

- E adesso? – chiese, disorientata, fissando Rei con incertezza. Quest’ultimo attaccò due Talismani Mistici ad ambedue i lati dell’entrata.

 

Poi sorrise a Yuka, come per tranquillizzarla.

- E adesso entriamo!

Una volta dentro, il ragazzo chiuse immediatamente il portone, e solo dopo poté finalmente trarre un profondo respiro.

 

- Adesso mi dici che sta succedendo? – gli chiese Yuka, con le mani chiuse intrecciate in petto, e l’espressione sconvolta.

 

- Ascoltami bene- premise, mettendole le mani sulle spalle, e fissandola con certezza in viso- Là fuori c’è un Orrore, ti sta cercando, ma ho sigillato questo posto, per cui non potrà entrare qui dentro. Almeno non per ora.

 

Yuka scosse la testa, era molto turbata: - Non capisco… Non lo avevi eliminato per sempre?

 

- Si tratta di suo fratello.

 

- Suo fratello?! – esclamarono sia Yuka che Silva, facendo un coro.

 

Rei annuì.

- L’orrore che avevo ucciso l’altra sera, prima di morire disse che presto qualcuno sarebbe venuto a vendicare la sua morte. Le parole di quella Lettera di Missione alla fine dicevano che il male avrebbe finito il lavoro cominciato dal fratello, quindi ho subito collegato le due cose.

 

- Ottimo lavoro, Rei! – enunciò Silva, poi proseguì – Ma adesso cosa pensi di fare?

 

- Fuori è ancora giorno, e ci sono troppe persone in strada. Qualcuno potrebbe farsi male… Aspetteremo che il flusso di gente diminuisca, e poi mi occuperò di lui.

 

Yuka guardò il suo orologio da polso: - Conosco bene questo quartiere… Tra un paio di ore si svuoterà completamente. Nel frattempo, andiamo a sederci in salotto. – Ambedue si avviarono in quell’ambiente e si sedettero sulla morbida seduta di un divano. 

La curiosità di Rei era tanta, così prese a guardarsi intorno, attratto da quel posto.

- Però! – fece, stupito- Hai davvero un sacco di foto! Quello, è il tuo ragazzo? – domandò, indicando con il dito un ritratto appeso al muro. Il più grosso di tutti.

Lei scosse il capo, e nello stesso momento il suo viso sembrò rabbuiarsi.

- Era mio fratello. – disse, e quell’espressione fece intuire allo stesso Rei che il tizio nel ritratto, purtroppo, non c’era più.

 

- Quando è successo?

 

- Due anni fa, fu investito da una macchina mentre andava in bicicletta. – reclinò il capo, voleva nascondere gli occhi lucidi e il viso triste.

 

Rei si lasciò scivolare con la schiena all’indietro, verso la spalliera del divano. Sollevò il capo e gli occhi in aria.

- Anche io ho perso qualcuno, diversi anni fa. – disse. Yuka gli rivolse con curiosità l’attenzione. – Lei, è morta tra le mie braccia, regalandomi per l’ultima volta uno dei suoi sorrisi. – La Zanna d’Argento ripensò alla sua Shizuka, e all’attimo in cui la raccolse da quel gelido pavimento, ormai esanime. – Yuka… - il ragazzo calò gli occhi su di lei. – Non te l’ho detto, ma gli Orrori possono manifestarsi in questo mondo usando come porta un individuo dall’anima oscura. Quindi, questo significa che quella creatura ti ha scelto perché…

 

- Ho capito. – lo interruppe la giovane, poi prese a fissare il pavimento. – Io… sono una persona cattiva… - fece in un primo momento, e poi insisté di colpo- Molto cattiva. Mio fratello… l’ho ucciso io! –  Lo sguardo di Rei si fece di colpo attonito.

Una persona così dolce, dal sorriso mite e i modi garbati, non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non si sarebbe mai potuta macchiare di un crimine così crudele, lei. No, Yuka non lo avrebbe mai fatto, eppure, scoppiò in lacrime, si nascose il viso tra le mani, singhiozzò a più non posso, in quello che voleva sembrare un pianto liberatorio.

 

- Tu non hai fatto del male a tuo fratello. Io lo so, Yuka. Lo sento. – gli disse Rei, cercando di consolarla. Con il viso rigato dal pianto, la giovane gli gettò uno sguardo torvo.

 

- Come fai a dire una cosa simile?! Tu non mi conosci nemmeno!

 

Rei scosse il capo. Le prese il viso tra le mani, ricambiò lo sguardo, poi la fissò attentamente:

- I tuoi occhi raccontano la verità al posto tuo. – le sussurrò.- Vedi, sono loro a dirmi che non è così. – gli abbozzò un piccolo sorriso, con la speranza di rincuorarla, e grazie a quei suoi modi di fare talvolta veramente speciali, fu così. Yuka pian piano smise di singhiozzare, si tranquillizzò, ed infine schiuse le labbra.

 

- Quel pomeriggio dissi a mio fratello se poteva venirmi a prendere al lavoro. Lo aspettai per più di un’ora, ma senza sapere che non sarebbe venuto mai più. – guardò il Cavaliere Mistico di scatto – Se quella sera non glielo avessi chiesto, lui a quest’ora sarebbe ancora qui con me!

 

Rei alzò le spalle con uno scattino: - Non puoi averne la certezza, e non puoi nemmeno accollarti la colpa di un crimine che non hai commesso! Tuo fratello non lo vorrebbe. – Ciò gli fece ripensare nuovamente alla morte di Shizuka. Lui non era riuscito a salvarle la vita, non aveva fatto in tempo a raggiungerla. Per molto tempo, troppo, si era comportato esattamente come Yuka, condividendo la sua vita con il peso del rimorso. Eppure, tutte le volte in cui, lì su quelle foto, rivedeva lo sfavillante sorriso della sua amata, il suo animo si faceva più sereno. Shizuka, così come il fratello di Yuka, non avrebbe mai voluto vederlo soffrire. Mai. Doveva essere felice, anche senza di lei, proprio per il bene di quella ragazza che ormai non c’era più.

Quant’era strano il destino, pensò in quel momento. Shizuka in un certo senso era sua sorella acquisita. E tra il caso suo e quello di Yuka, c’erano diverse analogie.

- Sai una cosa? – gli confidò il Cavaliere Magico, amichevolmente- La sera in cui persi per sempre quella persona, qualche ora prima lei era entrata in camera mia per regalarmi un acchiappasogni.

 

- Un acchiappasogni?

 

- Mi disse che serviva a scacciare via tutti gli incubi, e a fare dei bei sogni. Non ho mai avuto modo di provarlo, perché deposi quell’oggetto sulla sua tomba, affinché non le facesse mai avere incubi, ma penso che se qualcuno ti dona un simile oggetto, e lo fa soprattutto con il cuore, allora sicuramente funzionerà!

 

Yuka sorrise con tenerezza. – Le volevi veramente bene, vero?

 

- Quando qualcuno rende la nostra vita speciale, è inevitabile che quella persona lo sia altrettanto per noi! Non lo credi anche tu? – Rei la guardò, e quest’ultima, ancora con gli occhi lievemente umidi annuì.

Calò un manto di silenzio. I due si fissarono a lungo, ma ad un tratto, forse per un qualche riflesso influenzato certamente dall’atmosfera, la ragazza sembrò quasi accostare il proprio viso a quello di Rei. Facendo ciò, i loro occhi si fecero vicini, le loro bocche adiacenti l’una all’altra. Forse l’intenzione di dare, o perlomeno di ricevere un bacio, era ciò che sperava la ragazza.

E quello di sfiorare le labbra di Yuka, fu un pensiero che per un attimo toccò fuggevolmente anche lo stesso Rei. Tuttavia, non accadde.

Durò, per l’appunto, proprio un attimo quel pensiero. E ciò che fece, fu continuare a fissarla, soltanto questo.

In quello stesso istante, Silva gli fece notare che ormai era scesa la sera. Il ragazzo lanciò un’occhiata alla finestra, e tra le strade di quel quartiere non c’era più nessuno.

Si sollevò dal divano, e mise mano alle armi: Finalmente, era giunta l’ora di combattere.

 

- Tu resta qui dentro, e non uscire! In casa tua sei al sicuro. – gli ordinò il Cavaliere.

Yuka annuì, e in apprensione gli disse: - Ti prego…! Stai attento!

 

- Io sono la Zanna d’Argento dell’Ovest! Per me sarà una passeggiata annientare quella bestia demoniaca! – detto questo, con un’uscita teatrale, Rei si lanciò all’esterno, ordinando alla sua protetta di richiudere all’istante la porta di casa.

Con le armi sguainate, si mise al centro della via, poi alzò la mano sinistra: - Riesci a sentirlo, Silva?

 

- Verso Nord! A pochi metri da qui! – gli comunicò il Madougu. – Di sicuro ti starà aspettando.

 

Rei si voltò di scatto. Secondo le indicazioni della sua Guida Mistica, l’Orrore si trovava alle spalle dell’appartamento di Yuka. Dietro quel fabbricato c’era una sorta di giardino con delle erbacce alte quasi mezzo metro. Quando il piede di Rei toccò il terreno erboso, la creatura, nascostasi tra i fili di quel prato incolto, gli tese un agguato. Gli sbucò proprio davanti, e si lanciò come una belva pulciosa verso di lui.

 

- Tu hai ucciso mio fratello! – gli ringhiò dritto in faccia, ostentando una dentatura incredibilmente affilata. Le sue zanne somigliavano a quelle di una tigre molto, ma molto grossa.

 

- Non preoccuparti! – ribatté Rei, cercando di contrastare e respingere l’Orrore, evitando così che lo buttasse a terra- Tra non molto lo raggiungerai anche tu!

 

- Devo finire il compito che lui ha iniziato! E non sarai tu ad impedirmelo! – agguantò le spalle del ragazzo con una potenza inaudita, e lo sollevò da terra. – Quella umana è mia! Levati di mezzo! – strepitò, infine lo scaraventò via.

 

L’impatto non fu dei più dolci. Accasciato al suolo digrignò i denti dal dolore e cercò perlomeno di rimettersi in piedi.

 

- Il perimetro della casa è sigillato dai talismani! Non riuscirai ad entrare! – gli disse presto all’Orrore. Tuttavia, l’essere sfoderò gli artigli e cominciò a scavare.

 

- Ha intenzione di entrare dal suolo! – esclamò Silva, alquanto nervosa – L’effetto dei Talismani Mistici copre solo i lati esterni della casa, ma il potere non riesce a penetrare nel sottosuolo!   

 

- Maledizione! – imprecò il ragazzo, rimettendosi di corsa in piedi. Si portò le armi sopra la testa, e, correndo verso il mostro escavatore, le ruotò per trasformarsi nella Zanna d’Argento dell’Ovest: Zero.

 

L’Orrore continuava imperterrito a scavare. La terra asportata terminava a casaccio in ogni dove, come una pioggia fangosa. 

Dal terreno l’unica parte di quel corpo che si poteva vedere da lontano, era la coda. Lunga, agile e piena di scaglie.

Zero riuscì ad agguantarla, per estrarre quel mostro dal suolo. Oppose resistenza, si ancorò con i lunghi artigli nel terreno, ma il Cavaliere aumentò la potenza di quella presa, e con uno scatto finale riuscì a portarlo allo scoperto, estirpandolo da quella terra proprio come una vecchia radice putrefatta. L’impatto provocato da quella mossa fece schizzare l’Orrore a terra e, senza dargli neppure l’aggio di riprendersi dalla percossa, Zero si preparò ad infliggergli il colpo mortale.

Le due sciabole squarciarono l’Orrore in tre parti, e la belva cessò di esistere.

Alla fine il bene era riuscito a trionfare.

Il lupo solitario dell’Ovest sollevò il capo in direzione di una finestra.

Yuka era stata lì, ad osservarlo e a pregare per lui affinché riuscisse a farcela. La giovane, con le mani appoggiate al vetro di quelle limpide lastre, guardandolo con gli occhi pieni di commozione, lo accolse con un sorriso radioso, uno dei più belli che Rei avesse mai visto.

Al pari di quello della sua amata Shizuka.

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

Il giorno dopo, avvolti dalle prime luci di un tramonto spettacolare, pieno di colori caldi e sfumature intense, Rei e Yuka si rividero ancora. La ragazza aveva qualcosa tra le mani che doveva assolutamente dargli.

- Non ci rivedremo più, vero? – gli disse, ma il suo cuore però non era triste. Lui aveva amato una sola donna nella propria vita, e questo Yuka lo sapeva. Anche se infondo al suo animo, provava per quel moretto dagli occhi vispi un forte sentimento. - E’ per te! – esclamò, porgendogli un sacchetto blu tra le mani. – Per dirti semplicemente grazie! Con il tuo aiuto, ho smesso finalmente di addossarmi una colpa che non mi apparteneva, e adesso mi sento finalmente libera di guardare la foto di mio fratello con più serenità!

 

Il giovane Suzumura si grattò la nuca, era chiaramente a disagio. Raccolse ed accettò quel regalo, ma lo aprì solo dopo che lui e quella ragazza si furono salutati. Lo scartocciò quando ormai il tramonto era quasi sparito, e Silva curiosa cercò di sbirciare, con l’orgoglio che le impediva di fare domande. Tuttavia, il desiderio di conoscere prevalse sopra ogni sentimento:

- Che cosa ti ha regalato?

 

Con la felicità nel cuore e nell’anima, pensando a Shizuka, Rei sorridendo le rispose:

- Un acchiappasogni.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Prima del previsto, finalmente sono riuscita ad aggiornare!

Speravo però di farlo ancora più prima, tuttavia il lavoro in questo periodo non mi permette neppure di dedicarmi alle fanfic, e spesso mi ritrovo la sera stanca a scrivere piccoli pezzi, giusto per mantenere la mano allenata e, cosa più importante, per passare un’oretta felice in assoluta santa pace!  

Scrivere mi piace, ma amo ancor di più scrivere questa storia perché ciò mi permette di far rivivere personaggi come Kouga e Kaoru, a cui voglio un bene sconfinato, anche al di fuori del video. Credetemi, per me non c’è nulla di più soddisfacente!

Per quanto riguarda questo episodio… beh, che dire? Dedicato interamente a Rei, per la gioia di tutte le sue innumerevoli fans!

 

 

Per Seasons_girl: Ma non scusarti nemmeno per il ritardo! Quando hai voglia e tempo, lasci un commento! Poi, sono io che ringrazio te tutte le volte che ricevo un complimento, mi rendi molto felice! Inoltre, sei l’unica che non giudica male ciò che vi scrivo quasi sempre a fine capitolo. I cosiddetti “vaneggiamenti”, diciamo! A volte li butto giù di getto, altre invece me li studio a puntino basandomi su particolari sensazioni, ma spesso mi sembra di scrivere solo sciocchezze, ecco perché li chiamo così. Sono un po’ una valvola di sfogo, ecco! ^^, 

Infine, mi dispiace e non sai quanto che tu stia attraversando un brutto periodo… Lo dico sul serio, parlando veramente con il cuore, e questo perché anche io non me la passo per niente bene, tuttavia, se hai bisogno di parlare con qualcuno sappi che io sono qui, che ci sono e ci sarò sempre, sulle mie mani tu puoi contare, farò quanto in mio potere per darti un appoggio. E anche se non siamo vicine, nulla può impedirmi di abbracciarti forte forte almeno con l’uso delle parole!

Un bacio!   

 

Per Stelly89_s: Sì, in effetti d’acchito può sembrare il rigido Tsubasa, e pensa che all’inizio Jin doveva avere un carattere più sciolto, come quello del suo Madougu Danda, però la cosa non mi filava per il verso giusto, quindi per svariate esigenze ho cambiato. Continua a seguire che in futuro ne vedrai delle belle!

Per akiko: Eeh! Succederà, succederà, abbi fede! Non ora, ma prima o poi accadrà qualcosa tra i due! Ho già pianificato il tutto! Adesso però divento muta come un pesce… Mi son lasciata scappare già troppo! ^.^

 

Per _Elentari: Grazie, grazie grazie! Il tuo affetto, il fatto che segui la storia con così tanta passione, mi emoziona sul serio. Mi piace sapere che ci sono persone come te che si affezionino così tanto ad una fanfic. E’ veramente ammirevole. Grazie ancora! 

 

 

Infine…

Ci tengo a ringraziare tutte ma proprio tutte le persone che hanno inserito questa storia tra i preferiti e seguiti!

Quando e se vi va, lasciate pure una recensione! Può farmi solo piacere leggerle, perché così alimentate in me la voglia di scrivere, e questo vi assicuro che per me significa tanto!

 

Al prossimo aggiornamento!

 

Botan

 

                                                                                                       

 

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Capitolo 8
*** #07 Seta ***


Seta

                                   Seta

                                   #07

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Suonò per ben 3 volte, il campanello dell’enorme villa Saejima, prima che Gonza spalancasse l’imponente portone.

 

- E’ qui che abita Saejima Kouga? – gli domandò una ragazza dall’aspetto fine ed accurato.

Gonza, prima di rispondere la squadrò attentamente e con un certo interesse. Era alta, la pelle del viso bianca quasi quanto quella di Kaoru, ed i capelli scuri, di un liscio che sembrava essere seta, incredibilmente lucenti e lunghi. Legati da una coda di cavallo che lasciava libere solo due ciocche ai lati del viso, le sfioravano le spalle. Mentre gli occhi, probabilmente la parte più sorprendente di quella sconosciuta, si facevano notare perché, anche se dal taglio tipicamente orientale, erano meravigliosamente tinti d’un azzurro puro come il ghiaccio. Ma la cosa più incredibile, però, senza dubbio riguardava il suo modo di vestire. Indossava un kimono, bianco come la neve, legato in vita da un obi dello stesso colore. Quel particolare indumento aveva le maniche assai lunghe, che le sfioravano di poco le ginocchia, in più, anziché terminare a tubino, la gonna della veste era svasata, simile ad una campanula bianca che guardava verso terra.

 

- S-sì! – rispose Gonza, finalmente, e poi accadde all’improvviso: il maggiordomo riconobbe i lineamenti di quel viso snello ed aggraziato, di quel colore freddo d’un paio d’occhi meticolosi e ben attenti, e si stupì all’istante: - Voi siete…!?

 

 

 

 

 

                                                                       ***

 

 

 

 

 

Kouga, lasciato il palazzo del Cane da Guardia, era quasi arrivato a casa. Il sole, alto nel cielo risplendeva come non mai in quella calda mattinata.

Aprì la porta, Gonza lo accolse con un “bentornato, signorino”, e poi gli comunicò che aveva visite.

- Vi sta aspettando in giardino. – disse, accompagnandolo lungo il percorso.

 

- Di chi si tratta? – domandò il Cavaliere Mistico, ancor prima di varcare la soglia del terreno verdeggiante, ma la risposta del maggiordomo fu interrotta dal suono di una voce femminile.

 

- Kouga Saejima! – si sentì chiamare, e una volta raggiunto l’esterno vide la sagoma di una donna con indosso un kimono bianco. Ella attendeva di spalle, senza mostrare il proprio viso.

 

- Chi sei? – chiese all’istante il ragazzo, mentre accigliato continuava a squadrarla.

La presentazione di quell’ospite fu davvero singolare. Kouga di certo non se lo sarebbe mai aspettato, tuttavia riuscì a reagire in tempo.

Si udì un rumore simile a quello di due oggetti metallici che subiscono tra loro un forte contatto.

Quello, era il suono di un duello. 

 

- Bravo, ottima parata! – si complimentò la ragazza, incrociando la propria lama con quella del suo presunto avversario.

 

- Chi sei!? – tuonò quest’ultimo, senza ostentare taluna forma di gentilezza. La fissò bruscamente negli occhi che, per via di quel colore così caratteristico, per un istante lo fecero raggelare.

Lei sospirò, amareggiata, sperava un pochino che Kouga avrebbe ricordato perlomeno il suo nome, ma forse era passato troppo tempo, dall’ultima volta che si erano rivisti.

 

- Tu avevi solamente otto anni, ed io cinque. - rispose, e con la mente parve tornare indietro nel tempo. – Tuttavia, il tuo sguardo è rimasto sempre lo stesso. Sei cambiato moltissimo e, a quanto vedo, in meglio. – commentò la giovane combattente, senza farsi sottomettere dalla spada di Kouga. – Sono Souka, Souka Saejima!

 

Kouga si fece sconcertato, e confuso ribatté: - Souka…?

 

- Lo sapevo – disse, con un tono praticamente scontato. Sbuffò un pochino, senza perdere contegno, ma solo per gioco. – Sono la figlia di Sanae.

 

Lo spadaccino alla fine ricordò. - Zia Sanae…- disse, articolando quel nome a voce bassa.

 

- Esatto. La sorella di tuo padre. – Souka emise un sorriso. Kouga non poteva di certo dimenticarsi di sua zia, l’unica sorella di Taiga Saejima.

Il giovane ridusse pian pianino la pressione della spada, ma la donna in kimono non fu per niente contenta. Passò al contrattacco scagliandogli la lama addosso, l'altro la respinse appena in tempo per poi vedersi arrivare la mano di Souka allo stomaco. Parò anche quella, servendosi dell’arto libero, ma lo scontro non volse al termine.

 

- Smettila! – ordinò furente lui, perché costretto a difendersi controvoglia dagli attacchi dell’abile spadaccina.

 

- Mostrami la tua forza, cugino! – sorrise sprezzantemente, con fare dispotico, senza fermarsi.

 

Esattamente in quell’attimo, Kaoru era da poco rientrata a casa. Asciugandosi la fronte sudaticcia con il braccio, aveva chiamato Gonza il maggiordomo, ma invano.

- Sarà forse in giardino? – si guardò attorno, nella speranza di intravedere il buon uomo, poi si accinse a raggiungere la parte opposta della hall, per apparire in quel luogo circondato dal verde.

 

- Oh, signorina Kaoru! – esclamò Gonza, vedendola sopraggiungere di sorpresa alle sue spalle. Non sapeva esattamente cosa dire.

Kouga e Souka stavano duellando, Kaoru li guardava con la bocca semiaperta, in preda allo stupore.

 

- Che sta succedendo?! – chiese impensierita, mentre assisteva con i suoi occhi al frenetico combattimento.

 

Gonza la rassicurò istantaneamente:

- E’ tutto apposto, state pure tranquilla! Ecco – premise con garbo, com’era suo solito fare- quella ragazza è la figlia della sorella di Taiga, per cui cugina del signorino. Il suo nome è Souka.

 

Kaoru scosse un pochino il capo in preda allo stupore.

- Il padre di Kouga aveva una sorella? Non me ne ha mai parlato…

 

Il maggiordomo annuì: - Dopo la morte del padre, il signorino preferì separarsi dal resto della famiglia. Temeva che loro non gli avrebbero permesso di diventare un Cavaliere Mistico, e poter un giorno vendicare Taiga.

 

- Non deve essere stata una decisione tanto facile. – comprese la giovane Mitsuki, poi ripensò all’infanzia di Kouga, senza dubbio tutta in salita. Gonza era stato l'unico a prendersi cura di lui, a dargli quell'affetto che gli era mancato fin da piccolo.

No, di sicuro non doveva essere stata una decisone facile.

 

Il duello tra i due improvvisamente cessò. Le spade avevano smesso di roteare.

Era stata Souka a fermarsi per prima. In quel preciso istante, Kaoru notò che l’ospite la stava squadrando. E fu grazie a questo gesto, che la pittrice si accorse di quel colore azzurro ghiaccio che riempiva le iridi della donna. Non aveva mai visto prima d’ora un orientale avere occhi simili a quelli. Decisamente una rarità, pensò. Si sentì un pochino in imbarazzo, così prese a strofinarsi le mani con fare nervoso, e a fissare il suolo.

L’ospite rimise in un fodero nero la propria arma, successivamente si avvicinò all’artista.

 

- Ti sei preso una nuova domestica dopo Gonza? – disse rivolta al cugino, con una cadenza vocale a prima vista educata. 

Kaoru divenne subito rossa, oltretutto si sentì a disagio nel ritrovarsi di fronte una figura femminile così raffinata e bella come lei. Vedendola poi da più vicino, pensò che ella aveva l’eleganza della seta. Già, era veramente incantevole, soprattutto quando combatteva. Il kimono le volteggiava nell’aria con delicatezza, accompagnando i movimenti del corpo in quella che sembrava quasi essere una danza, e non uno spietato duello.

All’artista la scena del combattimento tra Kouga e la cugina, gli rimase particolarmente impressa. Entrambi vestiti di bianco, avevano duellato con maestria ed estrema classe.

Sembravano quasi una coppia di provetti ballerini, e per altro molto affiatati.

 

Tornando alle parole di Souka, al figlio di Taiga diedero molto fastidio, tant’è che assunse automaticamente un’espressione non proprio luminosa.

Gonza agguantò la situazione al volo, per spiegare la realtà dei fatti.

- Vedete, signorina Souka, questa ragazza è… - si trattenne solo qualche istante, e poi affermò di botto: - La fidanzata del signorino! 

 

L’ospite si svoltò di scatto verso il cugino. Compiaciuta, gli sorrise: - Mi chiedo come tu abbia fatto, con il carattere che hai, a trovare una ragazza… - trasse un sospiro - Ma d'altronde, un tipo come te non passa di certo inosservato. - commentò, poi si girò ancora verso Kaoru, e le accennò un inchino in segno di saluto: - Mi chiamo Souka Saejima, molto piacere. 

 

Kaoru provò ancora quella sensazione di disagio che aveva avvertito pochi minuti prima. Si fece coraggio e quindi dichiarò: - Il piacere è tutto mio! – Parve chiaramente timida ed impacciata. La presenza di quella ragazza le metteva soggezione, inoltre imbambolata da ciò, si era dimenticata perfino di enunciare il suo nome. Dopo un attimo di smarrimento, rimediò a quella mancanza – Sono Kaoru Mitsuki! – disse infine, e sorrise. Ma nervosamente.

 

 

 

  

 

                                                                         ***  

 

 

 

 

 

Erano seduti tutti a tavola. Stavano pranzando. Tra di loro c’era anche la bella Souka. La ragazza nel frattempo si era cambiata. Adesso indossava una canotta bianca con spalline molto sottili, ed una gonna color miele svasata alla fine, che non raggiungeva neppure il ginocchio. Anche senza kimono, lei continuava ad esibire un portamento fine ed armonioso, liscio come la seta.

 

- Quindi, ti fermerai qui per un po’? – le chiese Kaoru, per rompere il ghiaccio.

 

- Beh, era questa la mia intenzione, solo che… - Souka si trattene un secondo, poi riprese- non vorrei che la mia presenza qui, possa in qualche modo arrecarvi disturbo. – finì, con un tono che aveva un qualcosa di malizioso. Anche se nessuno sembrò accorgersene.

 

- Ma no, non pensarci nemmeno! La casa è fin troppo grande, ci fa più che piacere averti qui con noi! – esclamò la figlia di Yuuji, con sincerità. Perchè felice di averla tra loro.

Era convinta che prima o poi, anche se molto distanti, lei e Souka sarebbero diventate ottime amiche. Certo, per Kaoru la cugina di Kouga non poteva di certo competere con lei: la spadaccina aveva molta più classe e fascino, constatò.

 

- Ti ringrazio, ma… Non pensi che dovrebbe deciderlo Kouga? Dopotutto, è lui il proprietario di questa maestosa villa. –  le rispose ben presto, e con un gesto impeccabile si tamponò appena la bocca con un lembo del tovagliolo. Ancora una volta, l’affermazione di Souka sapeva di malizia, o addirittura malevolenza. Stavolta Kaoru se ne accorse, tuttavia sperò di essersi sbagliata. La cugina del suo ragazzo all’apparenza poteva sembrare un pochino altezzosa, ma forse era solo un fattore transitorio.

 

Lo sguardo delle due si spostò su Kouga che, naturalmente, si sentì osservato.

- Per me puoi restare. Basta che non intralci il mio lavoro. – dichiarò infine, senza tirare per le lunghe.

 

Kouga Saejima, con gli Orrori aveva il suo bel da fare. E poi, non c’erano solo quelle perfide creature a dargli dei grattacapi.

Il suo gemello, l'altro Garo, gli stava arrecando un bel po’ di problemi. Oramai la notizia era divenuta ufficiale: i settori dell’Est, dell’Ovest e del Sud, avevano informato i rispettivi Cavalieri Magici della sua presenza.

Kouga quindi non doveva più fare i conti con colleghi che volevano dargli una lezione, come Jin, ormai divenuto suo amico. Ma per lui, ovviamente questo non bastava. Tuttavia, stando agli ordini del Cane da Guardia del Nord, il giovane combattente si doveva dedicare solo al proprio operato: trovare e sconfiggere gli Orrori.

Solo e soltanto Orrori. Nulla più doveva tormentarlo.

Inoltre, per quelle Sentinelle da Guardia, il gemello indemoniato, a parte arrecare fastidi di poco conto, non era una minaccia.

Almeno non per ora.

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

Kouga se ne stava seduto nel suo studio, con i gomiti appoggiati sulla scrivania.

 

- Potrebbe essere questo, signorino. – espresse Gonza, mostrandogli il ritratto di un Orrore impresso sulle pagine di un vecchio libro del Makai.

 

- In effetti- premise lo spadaccino, osservando attentamente la foto- ha tre ali.

 

- Potrebbero elaborarle un po’ più chiare, le Lettere di Missione, non trovi Kouga? – commentò Zarba, e il proprietario con un sospiro assentì.

Qualcuno in quell’attimo varcò la soglia dello studio. I due uomini si girarono, e videro la cugina del signorino, Souka Saejima, raggiungere con scioltezza la scrivania.

 

- Quanti libri...- commentò, osservando il tavolo pieno di tomi e… confusione - Qual è l’Orrore che stai cercando?- disse dopo, dimostrando di conoscere abbastanza bene la materia.

 

- Non lo so ancora… Non è facile. – replicò l'altro, senza dilungarsi troppo.

 

Souka si accostò a lui, poi gli raccolse il libro dalle mani, e si mise ad osservare la foto dell’Orrore alato.

- E’ proprio sgraziato… - commentò, facendo una faccia disgustata. Il cugino gli strappò letteralmente quel libro dalle mani senza tanti preamboli.

 

- Sto lavorando! – disse burbero, facendosi vedere infastidito.

 

Souka, con una sfacciata indifferenza, si riprese per l’ennesima volta l’oggetto.

- Zarba, potresti dirmi che cosa diceva il messaggio della Lettera di Missione?

 

L’anello ripeté per filo e per segno le stesse parole di quella frase: - Non una non due ma tre. Sono un ornamento, e nel cielo non volano. Il centro è la debolezza, ma loro lo proteggono divenendone barriera.

 

La giovane ci pensò su. Le bastò giusto un attimo per decifrare il significato sibillino di quella missiva. Sfogliò alla svelta quel grosso libro, cercò di essere rapida, poi guardò Gonza il maggiordomo:

- Posso avere il Registro del Makai che riguarda le creature alate? – chiese, formulando la richiesta con maniere gentili. L’uomo assentì, e le porse quasi subito l’oggetto.

 

 

 

Kaoru si stava avvicinando allo studio. Doveva uscire. Aveva la lezione di quel corso d’arte.

Per educazione, prima di lasciare la dimora voleva salutarli, tuttavia si affacciò appena, e, vedendoli indaffarati, rinunciò per non disturbare. Non sarebbe stato corretto, soprattutto nei riguardi di Souka, pensò lei. Si allontanò in punta di piedi per non essere scoperta, e quindi andò via. Ci rimase lì per lì un po’ male, ma poi passò subito. Salutare Kouga, prima di uscire, per Kaoru era quasi un rito. A lei faceva piacere, e, tutto sommato, quel gesto così affettuoso rendeva anche lui felice.

 

Souka in quel frangente aveva trovato l’Orrore.

- Eccolo. E’ lui quello a cui dovrai dare la caccia. Si chiama Sanbasa, ed ha tre ali.

 

Kouga si riprese un’altra volta il libro, stavolta fece in modo che Souka non glielo portasse nuovamente via, e quindi si alzò dalla sedia.

- Ha le stesse caratteristiche dell’altro. – appuntò, quasi seccato.

 

Lei scosse il capo: - Ti sbagli, cugino. Sanbasa ha tre ali, come diceva la frase di quella missiva, però la centrale, più piccola delle altre due, è il suo punto debole. Il centro è la debolezza, ma loro lo proteggono divenendo barriera. Sembra combaciare, no?– s’incrociò le braccia al petto, poi alzò mezzo sopracciglio- Sono o non sono una brava Spalla Mistica? – concluse, con un sorrisino fiero e baldanzoso.

Eh, doveva ammetterlo Kouga: sua cugina era davvero un tipo in gamba. Tuttavia, si limitò solo a pensarlo.

 

Parlando di Souka, invece, le sue abilità derivavano dal fatto che ella era una cosiddetta “Spalla Mistica”.

 

Questa tipologia di persone, ha il compito di assistere in tutto e per tutto, nella lotta contro gli Orrori, i Cavalieri Mistici. A differenza del gioiello Madougu, ovvero chiamato “Guida Mistica”, le Spalle assistono il Cavaliere soprattutto nei combattimenti, fornendogli spesso un valido aiuto a livello fisico. Fin da bambini, vengono addestrati nel combattimento corpo a corpo nonché con le armi, inoltre devono imparare a conoscere le numerose tipologie di Orrori, compresi punti di forza e debolezza. Abilissimi quindi nel decifrare le Lettere di Missione, le Spalle Mistiche velocizzano il compito dei propri assistiti, trasformando ogni incarico in un successo.

Tuttavia, i Cavalieri del Makai possono scegliere se avvalersi o no di questi preziosi alleati: non tutti, infatti, amano il lavoro di squadra. La maggior parte di loro preferisce un cammino solitario, in compagnia del proprio Madougu.

 

Kouga stava per infilarsi il soprabito bianco e partire. Gonza glielo sistemò per bene e con molta premura, da bravo maggiordomo, mentre Souka se ne stava in silenzio ad osservare la scena. Aveva le spalle appoggiate allo stipite della porta dello studio, e pareva soprattutto guardare con attenzione il cugino.

- Perché non mi lasci venire con te? Potrei offrirti un valido aiuto. – gli disse, proponendosi di accompagnarlo, anche se lei lo sapeva benissimo che quel ragazzino con lo sguardo sempre torvo non avrebbe mai accettato la proposta.

 

- Non voglio ulteriori problemi. – commentò lui, senza rivolgerle neppure uno straccio di sguardo. Infine andò via, lasciandola lì da sola come un oggetto inutile ed ingombrante.

 

 La ragazza si strinse nelle spalle. “Peggio per te”, sembrò dire quel gesto.

 

 

 

 

 

                                                                                 ***

 

 

 

 

 

Al corso, Kaoru Mitsuki pareva avere la cosiddetta “testa tra le nuvole”, un po’ come tutti gli artisti simili a lei.

Il giovane Ikuo, il suo nuovo amico, seduto esattamente dietro di lei si accorse che la ragazza se ne stava in un mondo tutto suo, senza seguire con interesse la lezione.

Il docente di pittura aveva da poco finito di scrivere sulla lavagna il tema che gli studenti dovevano rappresentare sui loro fogli.

Per una qualche ragione sconosciuta, Kaoru portò lo sguardo su quei caratteri bianchi scritti col gesso, e qualcosa sembrò incredibilmente rianimarla.

“Imprimere su carta il concetto di eleganza”. Era questa la lezione di oggi.   

Raccolse i capelli in una coda di cavallo, prese la matita e cominciò magicamente a creare una figura.

Si affacciò con segretezza, Ikuo, e diede una sbirciatina. Kaoru era estremamente concentrata: in quel momento c’era lei e il ritratto, tant’è che non smetteva di levare quegli occhi grandi e luminosi che aveva dal foglio. Il ragazzo ne rimase folgorato. Non l’aveva mai vista così attenta e, soprattutto, contornata da una luce a dir poco sfavillante.

 

- Wow! – le esclamò, durante la lezione, e finalmente la figlia di Yuuji sembrò accorgersi di lui.

Si voltò appena, poi sorrise.

 

- Ah, sei tu Ikuo!– disse, come per fargli un saluto. – Scusami, non mi ero accorta che c’eri anche tu.

 

- Lo credo bene... Poco fa sembravi addirittura orbitare su un altro pianeta! – le fece notare l’amico, poi lanciò un occhio al disegno- Non c’è che dire! Il tuo concetto di “eleganza” è davvero impressionante! - Kaoru arrossì e ringraziò subito. Quel soggetto impresso su carta, sprizzava raffinatezza da ogni tratto. Come le era venuta, alla signorina Mitsuki, una simile idea? Ikuo proprio non riusciva a spiegarselo, per cui constatò che per avere la risposta giusta, bisognava farle quella domanda –  Dimmi una cosa… Per te il concetto di eleganza assomiglia ad una donna fasciata da un sinuoso kimono bianco? - L’artista osservò il suo ritratto, poi assentì timidamente. – E il viso di quella donna… Sembra molto accurato. Ti sei ispirata a qualcuno?

 

- Lei- premise la bella mora- è la cugina del mio ragazzo. L’ho conosciuta questa mattina, e resterà con noi per un po’ di tempo. – Ecco, per Kaoru il concetto era questo: Eleganza -uguale- Souka.

 

- Aaah… Adesso è tutto chiaro! – disse all’improvviso e con enfasi il ragazzo- Stavi pensando a lei, ed ecco perché eri soprappensiero! Ti capisco… avere un’altra donna in casa per te non deve essere facile. Soprattutto con un tipo attraente come il tuo ragazzo…- annotò, facendo di sì più volte con la testa. E poi, egli sputò fuori una di quelle sentenze che colpiscono come un fulmine a ciel sereno lasciando il diretto interessato di stucco- Fa attenzione: potrebbe fregarti il fidanzato. Un paio di occhi azzurro cielo come quelli, farebbero perdere la testa a chiunque.

 

Kaoru sussultò all’istante, e si sentì attanagliare da una gran brutta sensazione. Un colpo di sudore freddo la investì, e per di più le venne un lungo e pungente tremito addosso. Nonostante tutto, tentò di riprendersi esclamando verso la fine la più banale delle frasi: – Ma no! Loro due sono cugini. – disse, quasi come se nulla fosse, con tranquillità. Perché quel legame la faceva sentire al sicuro. Souka oltretutto sembrava un tipo così preciso e corretto… Non avrebbe mai importunato gli uomini delle ragazze altrui. Oltretutto, c’era anche un grado di parentela che frenava simili pensieri.

 

Fu in quell’istante che Ikuo si rese finalmente conto della sua ingenuità.

- Se fossi in te, non dormirei sugli allori! Ti do un consiglio…- premise, e parve diventare serio, o comunque finse di esserlo- Spesso bisogna temere di più le persone che fanno parte della nostra famiglia, anziché gli estranei, in quanto i primi hanno molte più possibilità di intrufolarsi nelle relazioni altrui, e portare scompiglio. 

 

Potevano per davvero le parole di Ikuo, trovare una loro verità talmente forte, da riuscire a concretizzarsi?

Kaoru non poteva, e soprattutto non voleva crederci. Primo perché Kouga non avrebbe mai fatto una simile cosa, anche se non vedeva la cugina da anni. Forse poteva reputarla un tipino mostruosamente attraente, fatto su misura per lui, ma nulla più. Secondo perché Souka era una ragazza seria, di buona famiglia, che non si sarebbe di certo andata ad innamorare proprio di suo cugino! O almeno, queste erano le presunte apparenze.

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

Kouga, riuscito finalmente a stanare Sanbasa l’Orrore, lo stava inseguendo a grande velocità tra i sentieri tortuosi di una boscaglia incustodita.

L’essere con le tre ali, di cui una piccola posta in mezzo alle altre due che dovevano proteggerla, incapace di spiccare il volo, ma abile nell’arrampicarsi su qualsiasi superficie, aveva preferito nascondersi tra le fronde di un grosso albero secolare.

Lo spadaccino si fermò, non aveva ancora sguainato la spada, e prese a guardarsi intorno.

Sanbasa, inoltre, aveva un’abilità particolarmente e pericolosamente rara: poteva indebolire se non annientare del tutto la propria energia Mistica, in modo da impedire ai Madougu di percepirne l’ubicazione. Quindi l’aiuto di Zarba, in quel caso, non sarebbe stato possibile.

Il Cavaliere doveva basarsi solo ed unicamente sul suo intuito. Ma quel bosco era così sconfinato e pieno d’alberi, che stanare l’Orrore non sarebbe stato per nulla semplice.

Era come giocare a moscacieca sull'autostrada. Un passo falso, e per lui non ci sarebbe stata più salvezza.

 

- Non va bene…- si lamentò il Madougu, molto turbato - Mi sento praticamente inutile!

Il Cavaliere si avviò verso est a passo lento. Non sapeva quale strategia mettere in atto per beccare Sanbasa. Tutto sommato, era più che preparato ad un eventuale attacco da parte sua, quindi tentò di tenere sotto stretta sorveglianza l'intero luogo.

 

- Alla tua destra, nascosto tra le fronde di quell’albero secolare! – irruppe una voce, senza dare preavviso. Kouga si voltò e vide Souka, in abito da battagliata, indicargli il nascondiglio dell’Orrore.

Era sorpreso di vederla lì, nonostante avesse detto di non volerla tra i piedi. Tuttavia, non c’era tempo per mettersi a discutere: doveva occuparsi della bestia.

Souka lanciò un pugnale di Haja, che aveva tirato fuori dalla lunga manica del kimono, in direzione dell’albero. La piccola arma colpì l’Orrore, che a quel punto si sentì costretto ad abbandonare il rifugio. Il Cavaliere del Makai finalmente lo vide, e arrivò il momento di sguainare la spada.

 

- Ricorda il suo punto debole! – gli ribadì la Spalla Mistica, gridando affinché sentisse la sua voce.

 

- Lo so! – reagì il cugino, e lo fece in modo seccato, infastidito probabilmente dal suo intervento.

Cercò in tutti i modi di recidere l’ala centrale, ma i primi tentativi andarono a vuoto.

Le ali laterali impedivano alla spada di fare il proprio dovere, perché si trasformavano in una sorta di scudo molto simile alle estremità di una conchiglia che si abbassa di colpo per proteggere la perla che custodisce al suo interno.

Kouga non sprecò altro tempo, e si trasformò in Garo. Il Lupo Dorato dell’Est si avvicinò più di una volta al mostro, ma riuscì a ferirgli solo una gamba. Ferita che, grazie ai poteri della terza ala, si rimarginò in un lampo. Garo si lanciò ancora all’attacco, ma le ferite inferte all’Orrore guarivano costantemente, rendendo così i suoi sforzi completamente vani.

- Ci vuole un piano... O così ti stancherai presto. – appuntò Zarba. E aveva ragione.

 

Il Cavaliere D'Oro del Makai pensò ad un modo per sorprendere l’Orrore, mentre il tempo messogli a disposizione per indossare l’armatura, stava velocemente finendo.

 

Con la spada sguainata, Souka si decise ad intervenire: lanciò quell’arma con una precisione impressionante, mirando all’ala destra dell’Orrore. Quest’ultimo si piegò a terra, strepitando, e grazie a ciò, Garo approfittò dell’attimo per agire.

Priva di difese, la piccola ala centrale si sentì sguarnita. Il Cavaliere d’Oro la acchiappò con una mano, ed infine, stringendola forte, la recise con l’ausilio della spada.

Sanbasa, con le mani strette ai lati del suo testone, e le ginocchia a terra, iniziò a sgretolarsi.

La polvere del suo misero corpo fluttuò nell’aria, e poi sparì magicamente.

Il Lupo Dorato dell’Est rinfoderò la Garoken, l’armatura svanì e… per Souka non ci fu nessun perdono.

 

- Ti avevo detto di restarne fuori!

 

La giovane reagì con un sorriso sdegnoso: - Ti ho aiutato a sconfiggere quell’Orrore, di cosa ti lamenti? Senza di me, dubito che avresti fatto così in fretta. – sottolineò, quasi a farlo di proposito. E in effetti, non aveva tutti i torti.

 

Davanti a lei, Kouga non si trattenne di certo: - Che cosa sei venuta a fare qui, dopo tutti questi anni?!

 

- Il Cavaliere Mistico che assistevo, è morto. – disse Souka, liberamente, come se niente fosse - Non sono più la Spalla di nessuno.

 

- Stai perdendo tempo, con me. Non sottoscriverò nessun contratto. – la replica di Kouga tuonò categorica e, soprattutto, irremovibile.

 

Souka si portò una mano dietro la testa, e da lì sciolse la coda di cavallo che le teneva i capelli legati.

La chioma cadde giù, elegantemente come un pesante manto di seta, e si arrestò rovesciandosi sulle spalle.

- Ho bisogno proprio di lavare questi capelli…- fece, prendendo una ciocca tra le dita, e storcendo le labbra con aria disgustata- Torniamo a casa. – concluse, e con una certa noncuranza si rimise in cammino.

 

- Ma che bel caratterino ha la tua piccola cuginetta! – osservò Zarba, compiaciuto da ciò.

Da parte di Kouga, uscì solo un sospiro sommesso.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Gonza stava apparecchiando la lunga tavola situata nel soggiorno, per la cena della sera, mentre Kaoru aspettava seduta sulla sedia lì accanto.

Sembrava turbata. Aveva saputo dal maggiordomo che la bella Saejima era uscita per raggiungere Kouga e dargli una mano a catturare un Orrore.

Diede un’occhiata all’orologio, che segnava le 22, e si mise pensierosa. L’idea di quei due, insieme, un po’ la tormentava.

Colpa delle parole di Ikuo. Pensò inoltre che forse avrebbe fatto meglio a non andare a quella lezione.

Se fosse rimasta a casa, forse adesso non si sarebbe sentita così inquieta e nervosa.

 

- Vedrete che arriverà a momenti! – esclamò Gonza, pensando che la signorina fosse preoccupata per il ritardo di Kouga, e non certo perché stava insieme alla cugina.

Lei annuì, facendo finta di nulla, e in quello stesso attimo si sentì spalancare l’uscio del portone.

L’artista schizzò in piedi, eppure l’agitazione non le fece muovere un solo passo. Riuscì a malapena a raggiungere la soglia d’ingresso del soggiorno. Gonza si recò ad accogliere i due, sfilò come sempre il soprabito dalle spalle di Kouga, e lo ripose con cura nell’armadio della hall. Souka era piuttosto stanca, disse a Gonza che avrebbe saltato la cena e fatto subito un bagno, e si avviò su per le scale. Kaoru notò subito che i capelli della ragazza erano sciolti.

Perché?”, si domandò, mentre le iniziarono a venire una serie stratosferica di sospetti.

Si era sciolta i capelli poiché stufa di tenerli legati?

Oppure per incantare Kouga con l’incredibile fascino di una capigliatura liscia e lucente come un manto di seta?  

La giovane artista rimuginava assorta, aveva la testa tra le nuvole tanto che non si era neppure accorta che qualcuno, in quel preciso momento, stava osservando proprio lei. Poi le nuvolette dei suoi pensieri sparirono di colpo quando capì di avere occhi puntati addosso, così alzò il capo.

 

- Ah… ben tornato! – esclamò, nel vedere Kouga davanti a lei. La voce parve smorzarsi in gola. Emise un colpetto di tosse, per nascondere la tensione, ma di certo a Kouga non l’avrebbe mai data a bere. Il signorino si avvicinò, le posò una mano sulla guancia, poi guardò attentamente la sua faccia.

 

- C’è qualcosa che non va? – disse, avvertendo in lei qualcosa di strano.

 

Scosse il capo. Dopotutto, non poteva certamente raccontargli la verità. Kouga avrebbe potuto pensare male, o addirittura arrabbiarsi.

 

- E’ solo stanchezza! – mentì, facendo uno sforzo sovrumano.

 

- Dovresti cercare di riposare di più, ogni tanto.

 

Calò il silenzio, poi la figlia di Yuuji lo ruppe con una mezza risposta a cui seguì poco dopo una curiosa domanda. - Lo farò, o perlomeno…proverò a farlo. Lo sai che disegnare mi piace molto, no? – disse, e poi sorrise con dolcezza. Ma fu in questo frangente, che la curiosa domanda sopraggiunse: - Kouga… - pigolò dapprima, tremolando con la voce - I miei occhi… - non riuscì a finire la frase.

Insomma, Kaoru proprio non ce la faceva a chiedergli se a lui piacevano di più un paio d’occhi dal colore banale come i suoi, oppure quelli dipinti da iridi chiare quasi quanto il cielo come quelli di Souka.

 

- Che cosa hanno i tuoi occhi? C’è forse qualche problema?

 

La giovane scosse il capo.

- No, va tutto bene, ma… - lo fissò con tremendo imbarazzo, dopodichè riuscì a malapena a dire: - a te come sembrano?

 

Quel quesito di certo lo stupì. Tuttavia, prese a fissarla ancora in volto. 

Schiuse le labbra. - Sono grandi, sono scuri, e…- fece una pausa che parve durare un’infinità. E soltanto alla fine, guardandola dritta negli occhi, con una sconfinata dolcezza concluse: - e pieni di luce.

Alla ragazza mancò per un istante il respiro. Le sue guance si colorarono di un porpora caldo, chinò il capo verso terra e sorrise al contempo. Si sentì estremamente risollevata da quell’affermazione.    

E soltanto dopo, con il cuore che ancora le batteva forte, si rese conto di essere da sola, in compagnia di Kouga, mentre tutto intorno a loro taceva.

C’era solo un rumore che però potevano udire soltanto loro: quello di due cuori che palpitavano all’unisono.

 

Un momento simile, doveva per forza finire con un bacio. Ma la cosa bella, era che lo sapevano entrambi. E nonostante sapessero di provare imbarazzo, sapevano anche cosa avrebbero dovuto fare. La domanda, però, era “come?”, e soprattutto “chi?”. Chi è che avrebbe fatto il primo passo? Chi si sarebbe avvicinato per primo?

Poi tutto avvenne spontaneo, com’era consono che fosse, e quel “chi”, assunse il nome di Kouga: la mano di quest’ultimo scivolò sotto il mento di Kaoru. Si cercarono con gli occhi, entrambi timidi ma desiderosi allo stesso tempo, e senza rendersene conto, per riflesso i loro visi cominciarono ad avvicinarsi.

Kaoru schiuse le labbra, si lasciò trasportare da quella presa gentile che in un certo senso la voleva solamente accompagnare. Con lentezza, forse un pizzico di tremore, quelle labbra si ritrovarono l’una ad un semplice saltello dall’altra.

Bastava ancora un pochino affinché avvenisse il tanto bramato contatto. Kouga reclinò il capo, schiuse la bocca, e…

L’arrivo a sorpresa di Souka arrestò tutto.

Quest’ultima si rese conto della situazione, quindi sentì il dovere di aprir bocca:

- Vi chiedo scusa. – disse, facendosi vedere piuttosto desolata – Spero proprio di non aver interrotto nulla.

 

L’occasione ormai non c’era più. Kaoru e Kouga fecero molta attenzione a non rivolgersi a vicenda lo sguardo. C’era ancora troppo imbarazzo tra i due.

- Nulla di particolare! – pronunciò a stento l’artista, cercando di trattenere l’agitazione- Stavamo per andare a cenare…! – si giustificò, e sorrise nervosa.

 

- Allora… - premise Souka, poco prima di andare nuovamente via- vi auguro una buona cena! – finì, sfoggiando una voce che sì, era gentile, ma che aveva un certo non so ché di artefatto. Ma forse, chissà! Era solo apparenza.

Kaoru infondo la conosceva davvero pochissimo.

Magari sperava che con il tempo avrebbe cominciato a capirla di più. Eppure, Souka sembrava non gradire molto la presenza di quell’artista. Sembrava addirittura scostante, nei suoi riguardi.

Kaoru scosse la testa. No, si stava sicuramente sbagliando.

Ci voleva solo tempo, tutto qui.

Tempo per avvicinarle, e farle diventare amiche.

Sempre che a Souka, l’idea di divenire sua amica, facesse piacere, ovviamente!

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Bene, eccoci qua dopo la fine di questo settimo episodio!

Dunque, vorrei dire una cosa in particolare che riguarda Yuka, guest star del capitolo precedente. Vi parlo con tutta sincerità: non mi sarei mai aspettata un simile attaccamento verso di lei da parte vostra.

Personalmente, la reputavo un personaggio di passaggio, dato che l’idea di legarla a Rei, a sua volta ancora legato a Shizuka, non mi piaceva per niente. E’ difficile trattare un argomento come questo, però io penso che quando due persone si amano, ed una delle due muore improvvisamente, l’altra continuerà ad esserle legata in eterno, senza legarsi a sua volta a nessun’altro. Lo so, può sembrare un pensiero strano il mio, però l’ho sempre pensata così, probabilmente perché sono un’inguaribile romantica…! E poi, penso che una volta morta quella persona continui a restare ugualmente al nostro fianco, solo che noi non possiamo vederla perché ciò condizionerebbe inevitabilmente il nostro modo di vivere, dato che l’amore tra un essere vivente ed uno spirito non è concepibile. Ma questo avviene solo per coerenza. Perché infondo sappiamo tutti che ragionando con il cuore ogni cosa diventa possibile!

Tornando a Yuka, vi dirò, adesso sono confusa. Non lo so bene di preciso, comunque in futuro potrei anche cambiare idea e farla ritornare! Ci sto attualmente pensando, ma soprattutto sto pensando anche al ruolo che avrà in futuro Souka, l’elegante cuginetta del giovane Saejima. Ci sono talmente tante cose che vorrei inserire in questa fanfiction, che temo supererà abbondantemente i 20 capitoli. Magari riuscirò ad eguagliare gli episodi della prima serie. Per il momento ne ho scritti 16, ma credo di “sentirmi” solo a metà dell’opera. Non so spiegarvelo bene, forse non sono ancora pronta per mettere la parola “fine” alla storia, e credo di sapere anche il perché: Quando lavoro alla GSS, mi sento in pace con me stessa. Lo dico spesso, ma sono pronta a ripeterlo: scrivere per me è una terapia contro gli orrori che tutti i giorni siamo costretti ad affrontare. E credetemi, ringrazio la serie di Garo ogni benedetta volta che sto veramente male, che sento ormai di non farcela più, di essere giunta al capolinea.

Penso di dovergli la vita, perché se riesco a stare in piedi, per un’abbondante parte è merito suo, e farò quanto in mio potere per evitare che le persone si dimentichino di lui!  

Scusate lo sfogo, ma sentivo profondamente il bisogno di farlo.

Tornando alla new entry… Ebbene, Souka Saejima dubito che riscuoterà lo stesso successo di Yuka… Non si fa di certo volere bene, questo lo avrete capito. E nelle puntate successive, scommetto che alcuni di voi la vorranno prendere a sassate… ^^,

Però, non so dirvi perché, ma Souka mi piace. E’ un personaggio ambiguo, indefinibile e a dirla tutta pure cattivello, però proprio come il cugino, lei indossa una maschera. Avrete modo di scoprire meglio la sua personalità nei prossimi episodi, e forse vi passerà anche la voglia di pestarla… chissà!

Riguardo l’aspetto fisico, mi sono palesemente ispirata ad una statua del marchio “Les Alpes”, che acquistai tempo fa. Ho solo aggiunto alcuni particolari all’abito e modificato il colore degli occhi, ma la base resta quella.

Comunque, riprendendo la questione dei disegni, finalmente ne arriva uno! Lo potete vedere qua:  http://picasaweb.google.com/lh/photo/IQVT-bvzPnScsfkKjUN5lA?feat=directlink

Ecco, questa è la famigerata Souka Saejima!

Come potete vedere, è truccata (ha il rossetto sulle labbra, l’ombretto sopra agli occhi e le ciglia ben definite. Volevo rendere l’effetto dell’eye liner, ma a dire il vero non so se nel complesso si nota). Si differenzia da Kaoru proprio perché cura maggiormente il suo aspetto, avvalendosi della cosmetica in generale. Diciamo che non è il classico tipo che rinuncia al trucco solo perché combatte gli Orrori e fa un lavoro sporco! Ho voluto darle questa caratteristica, perché spesso vedo donne che nonostante lavorino in fabbriche o svolgano mansioni poco femminili, non rinunciano al loro aspetto. Penso che sia ammirevole, soprattutto per le donne che fanno lavori stancanti.

 

Ma ora passiamo alle vostre risposte:

 

To Mitra: Well, dear MitraYuka  has been a revelation, it looks like! More people love her, and this is incredible! I still can’t believe this is happening. However, Yuka is a special guest star only. When I say “only”, I mean that she won’t return at moment. And yes, Rei plays a more important role into the fiction, as Tsubasa Yamagatana. You will see them in action soon! Especially into the final! Get ready for the next battle? ^__^   

 

Per Stelly89_s: Una curiosità: che musica ascolti quando leggi la fanfiction? Mi ha molto incuriosito questa cosa! Penso che la musica, soprattutto quella presa dall’O.S.T. di Garo (che secondo me è uno dei più belli in assoluto! E te lo dice una persona che non ama affatto gli O.S.T.) aiuti in qualche modo a sollevare la giusta atmosfera! Comunque, non credo che Yuka ritorni… é__è Almeno,  non era questa la mia intenzione. Devo decidere un bel po’ di cose, ma visto il successo che ha ottenuto, un pensierino lo sto già facendo!

 

Per _Elentari: Che bello sentirti sia qua che sul forum! Lo trovo magnifico! Cioè, non mi era mai successo prima d’ora, quindi mi piace! E, grazie come al solito del commento. Usi sempre le parole giuste!

 

Per Seasons_girl: Un’altra fan di Yuka! ^__^ Ok, lo ammetto: mi sa che l’ho sottovalutata troppo…

Sì, amo scrivere perché -come il disegno ed il canto- ciò mi rende libera. Sono alla perenne ricerca della libertà, per cui sfrutto queste mie passioni per spiccare il volo. Ed è anche vero che siamo simili! Molto, direi. E’ fantastica questa cosa!

Sai, quando aggiorno la storia, penso principalmente a coloro che leggeranno il nuovo capitolo. Mi piace pensare che ci sia qualcuno ad aspettarlo con ansia, e soprattutto mi piace pensare che quel qualcuno, leggendo ciò che scrivo riesca a stare meglio. E’ sorprendente sapere che attraverso la scrittura si possa ridare ad altri il sorriso. Ti mando anche io un affettuosissimo abbraccio!

 

 

IMPORTANTE! LEGGETE PER FAVORE!

 

Prima di andare, ho bisogno gentilmente di avere un vostro parere: Ho deciso di inserire una breve anticipazione di ogni nuovo episodio, alla fine del capitolo, proprio come accadeva alla serie tv, in cui Zarba ci svelava la trama della puntata successiva dopo i titoli di coda, vi ricordate?

Ciò che vi chiedo, è questo: Potreste esprimere, con una vostra preferenza all’interno delle recensioni, se preferite avere o no questo tipo di anteprima?

Preferisco fare scegliere a voi, perché molti non potrebbero gradire “spoiler” di questo tipo.

 

Nel frattempo, per darvi un’idea, vi lascio con il riassunto del prossimo episodio:

 

Kaoru cercherà di fare amicizia con Souka, ma sarà più dura del previsto. Kouga dovrà assentarsi da casa, e resterà via un giorno, lasciando da sole le due ragazze che in questo modo avranno la possibilità di conoscersi più a fondo, ma ciò scatenerà una serie di eventi che metteranno a dura prova la vita di Kaoru.

Prossimo episodio: #08 Fermaglio.

 

Alla prossima puntata!

 

Botan

 

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Capitolo 9
*** #08 Fermaglio ***


Kaoru era seduta sulla panchina di un parco pubblico, e si fissava le scarpe nell’attesa che Asami arrivasse da lei

                                     Fermaglio

                                         #08

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Se ne stava seduta sulla panchina di un parco pubblico rivolta a fissarsi le scarpe nell’attesa che Asami arrivasse da lei. Si sentiva un po’ in ansia, Kaoru. La sua amica era terribilmente in ritardo.

Riconobbe in lontananza la voce della rossina che la chiamava sventolando allegramente una mano sopra il capo, in segno di saluto. Lei ricambiò, poi sorrise.

 

- Sono in ritardo, vero? – disse la Shinohara, e già che c’era si scusò con la compagna, sedendosi di fianco a lei. – Passando per il centro, ho visto nella vetrina di un negozio un abito a dir poco stupendo! – gli occhi parvero luccicarle dalla commozione, ma in un secondo la curva della bocca le si piegò all’ingiù, strutta dal dolore- Il prezzo era pari a quello di tre mesi del mio stipendio…!

 

L’artista scoppiò subito a ridere. Le movenze dell’altra erano veramente buffe.

- Sei incorreggibile! – esclamò scuotendo il capo.

 

- Lasciamo perdere questa faccenda, e parlami piuttosto della tua! – Asami si piombò all’attacco, più che pronta a sapere tutto – Di che cosa volevi parlarmi? Al telefono sembravi così agitata…- commentò, storcendo le labbra.

 

- Io… agitata? Davvero ti ho fatto questa impressione?

 

Lei annuì più che convinta. – Praticamente ci conosciamo da una vita… Per me tu non hai segreti!

 

- Beh, vedi…- premise l’artista, e forse in quell’attimo si sentì a disagio- E’ arrivata la cugina di Kouga… Resterà da noi per un po’.

 

L’amica fu di una rapidità impressionante nel tirare le somme. Si sbatté un pugno nella mano: - Ho capito tutto!-Sembrava un fulmine a ciel sereno! – La parola “cugina”, è spesso sinonimo di guai! – sottolineò, con una certezza matematica. Le sue parole assomigliavano parecchio a quelle di Ikuo. Tant’è che l’artista ne rimase sconcertata.

 

- Ma possibile – premise, con l’aria di chi, alquanto stufa di sentirsi ripetere sempre le stesse cose, ormai non ne poteva più- che tu ed Ikuo la pensiate allo stesso modo? Mai una volta che qualcuno mi dicesse il contrario, o che mi confortasse!

 

- Ikuo? – Asami scandì quel nome con interesse – E chi sarebbe?

 

- Un ragazzo che frequenta il mio stesso corso di pittura.

 

- Ed è carino?

 

Kaoru notò subito l’aria interessata dell’amica. - Beh… sì – in seguito aggiunse spedita – Ma che domande mi fai?! Non era di questo che stavamo parlando!

 

La rossina le fece un sorrisino, poi riagguantò il filo del discorso lasciato in sospeso poc’anzi.

- Prova a descrivermi com’è questa fantomatica cugina, dai!

 

La bella Mistuki pensò a come rappresentarla al meglio, così richiamò l’immagine di Souka nella propria mente. - Ha i capelli neri, molto lisci e luminosi come la seta, le arrivano alle spalle, e gli occhi chiari come il cielo. E’ alta, un fisico magro, più che perfetto, e l’eleganza di una gran dama sia nei movimenti che nel modo di fare. – Si fermò, per ricordare ancora più particolari, ma l’altra la fermò seduta stante, mettendole una mano davanti alla bocca.

 

- Non serve che tu aggiunga altro. Finiresti solo col peggiorare ulteriormente le cose, facendo a te stessa una sezione gratuita di autolesionismo. In altre parole – concluse con una secca quanto perentoria affermazione- Rinchiudi il tuo ragazzo in un armadio, e poi getta via la chiave! Almeno fino a quando questo prototipo di donna perfetta non andrà via, ovvio!

 

Kaoru si liberò dalla mano dell’amica, poi replicò in preda allo scompiglio: - Ma sei forse impazzita?! Non farò mai una cosa così macabra… Il solo pensiero mi fa venire i brividi! – solo pronunciare quella parola, le aveva fatto venire per davvero i brividi!

 

La rossina sospirò tutta sconsolata: - Ma possibile che tu sia così credulona? Il mio era solo un modo per dire che forse dovresti tenere d’occhio il tuo ragazzo, e non lasciarlo mai da solo in compagnia della sua dolce cuginetta. Adesso hai capito?

 

Tenere d’occhio Kouga? Ma se era davvero un’impresa impossibile! E poi, a Kaoru quell’idea non andava a genio. Ognuno doveva avere la propria libertà, e non finire in catene.

- Io lo conosco, e so che si comporterà più che bene! – dichiarò, ostentando una sicurezza pressoché scontata. Sì, ne era certa: Kouga non l’avrebbe mai fatta soffrire.

 

Asami scosse la testa, perentoria: - Fidati di me, Kaoru. Io di esperienza ne ho accumulata tanta, negli anni. Il tuo Kouga è pur sempre un uomo! E gli uomini, in determinate circostanze sono molto sensibili al fascino femminile. Tanto da essere disposti a gettarti nel dimenticatoio non appena un’altra donna gli fa un accattivante sorriso! Dammi retta, quella lo congelerà con la sola forza di uno sguardo! Ma mi dici tu, dove la trovi un’orientale con gli occhi chiari? E’ una rarità che nessun uomo al mondo potrebbe mai permettersi di farsi scappare!

 

Mio Dio, che sentenza!

Kaoru stava a pezzi.

Inoltre, nel collegare le parole di Asami a quelle di Ikuo, il risultato fu catastrofico.

 

Le due amiche si salutarono con un abbraccio, e l’artista iniziò a percorrere le strade assolate di una città piena di gente. Passò accanto alla vetrina di uno dei tanti negozi situati nel quartiere centrale, e si fermò per osservare uno stupendo fermaglio per capelli esposto lì dentro.

Era nero, fatto di un materiale lucido, e con alcuni piccoli brillantini molto simili a dei diamanti sparsi qua e là sulla superficie liscia. Sarebbe stato un regalo più che perfetto per Souka. Kaoru decise all’istante di comprarlo.

Oramai ne era certa: con un dono del genere, conquistare la sua stima sarebbe stato un gioco da… ragazze!

 

 

 

Tornata a casa, con il pacchetto tra le mani, domandò a Gonza della giovane. Il bravo maggiordomo le indicò il giardino, dove la cugina del ragazzo si stava allenando.

Giunse lì in punta di piedi, si fermò silenziosa ad osservare quei movimenti fatti di sola eleganza, e per un momento le parve di assistere ad uno spettacolo teatrale, in cui la protagonista era una ballerina solitaria che danzava accompagnata dal fruscio silenzioso del suo kimono bianco.

In effetti, un po’ le dispiaceva interrompere l’allenamento di Souka, tuttavia accadde che in quell’attimo, la stessa spadaccina finì di volteggiare per fermarsi. Kaoru si sentì subito osservata da lei.

Divenne rossa a causa del disagio, e si scusò prontamente: - Non volevo disturbarti! 

 

Souka fece un tantino l’indifferente, e poi se ne uscì con una replica piuttosto amara: - Io ieri ho disturbato sia te che mio cugino. Direi che siamo pari. 

Fu pressoché inevitabile per Kaoru provare una forte vergogna. In effetti, parlare con Souka la metteva molto in soggezione.

Si sforzò quindi di reagire, e le tese il pacchetto che aveva tra le mani. La bella combattente lo squadrò minuziosamente, senza dire niente. Era perplessa.

 

-E’ per te! – disse timida, tant’è che non riuscì neppure a guardarla in viso. – Un piccolo regalo!

Souka raccolse il pacchetto, ma poco prima appoggiò la sua spada sopra il tavolino tondeggiante situato in giardino. Tolse la carta lacerandola con cura, senza fretta, e poi vide il fermaglio.

 

Lo guardò, ma non sembrava piuttosto interessata a quel piccolo oggetto luccicante.

- Grazie. – disse soltanto, da persona beneducata. Eppure, quella parola, anche se detta con una voce all’apparenza gentile, non aveva nessun particolare sapore. E per ultimo, Souka non poté fare a meno di aggiungere –  Non uso questo tipo di cose. – Stavolta il suono della sua voce divenne freddo.

Era come se Souka le avesse voluto dire: “ti ringrazio del pensiero, ma sappi che non lo metterò mai.”

 

Kaoru ci rimase senza dubbio male. Lei che sperava in una qualche parola gentile, purtroppo restò delusa. A quanto pare, a Souka non le era per niente simpatica.

Poi la dama con gli occhi del cielo cominciò a guardarle il viso con ostinazione. Finché non emise una sentenza - A te, invece, farebbe bene indossare uno di questi.

 

L’artista si puntò un dito in faccia. – Io?

 

- Hai un modo di vestire troppo asciutto, che ti fa passare inosservata. Dovresti curare di più il tuo aspetto.

 

Mille presentimenti, mille timori iniziarono ad impensierire Kaoru. Di certo non si sarebbe mai aspettata che qualcuno le dicesse cose simile. Eppure, detto da Souka, che di stile ne capiva certamente più di lei, quell’affermazione mai come in quel momento le parve veritiera.

 

- Tu…- cominciò. Voleva che Souka le desse un consiglio. – Cosa mi proponi di fare? – pronunciò di botto, trovando il coraggio.

 

Sul tavolino rotondo, proprio vicino alla spada, c’era una piccola pochette azzurra. Souka la aprì, poi prese qualcosa che in seguito offrì alla signorina Mitsuki. – Prova con questo. Farà sparire il pallore che hai sul viso, e ti renderà senz’altro molto più interessante. Soprattutto nei riguardi di mio cugino. – sottolineò l’ultimo pezzo della frase con un accento malizioso.   

 

- Non posso accettare! – replicò subito l’artista, costatando che l’oggetto datole da Souka aveva senza dubbio un valore alquanto alto.

 

- Tu hai fatto un regalo a me, giusto? Non mi va di avere debiti con nessuno. Così, anche ora siamo pari. – Souka raccolse la spada e la pochette azzurra e si incamminò verso l’interno. Kaoru rimase spiazzata, avrebbe senza dubbio voluto replicare, ma l’altra ormai non era più lì.

L’oggetto che aveva appena ricevuto in regalo, era un tubo d’orato di rossetto. Tirò il cappuccio, per vedere il colore del cosmetico, e ne restò sconcertata.

 

Sarebbe mai riuscita, Kaoru Mitsuki, a colorare di rosso la sua bocca?

 

 

 

 

 

                                                                                   ***

 

 

 

 

 

Il portone di villa Saejima si aprì per poi accostarsi quasi subito.

Gonza si affrettò a sfilare il soprabito bianco dalle spalle del suo amato signorino, e infine andò a riporlo.

Era arrivato appena in tempo per il pranzo. Il buon maggiordomo aveva già apparecchiato la tavola in modo ordinato, come faceva ormai da tantissimi anni.

Kouga varcò la soglia del salone illuminato da una serie di finestre che lasciavano ai raggi del sole la totale libertà di rendere quel luogo estremamente luminoso. Il ragazzo si accostò al tavolo e vide Souka, ben accomodata a tavola, leggere con interesse un libro nell’attesa che il pranzo giungesse a destinazione. Lo spadaccino si guardò brevemente intorno. I suoi occhi furono costretti a posarsi in direzione della cugina, semplicemente perché quest’ultima, avendolo osservato di sottecchi, con una frase riuscì ad ottenere la sua attenzione: - Si è chiusa nel bagno accanto allo studio. – disse dapprima, e poi tranquillamente sottolineò – è lì da più di un’ora. – Le parole di Souka erano riferite a Kaoru. Eh, sì! La bella e raffinata cuginetta, aveva capito che gli occhi di Kouga, dentro quell’enorme sala da pranzo, stavano cercando proprio l’artista. Lo spadaccino aggrottò la fronte, poi si affrettò a lasciare la stanza senza prima essere interrotto brevemente dall’esclamazione dell’ospite: - Ti sei scelto una ragazza davvero strana. Complimenti! – scherzò infine, e in quell’attimo non sembrò per niente essere raffinata. Kouga lasciò scorrere via quelle parole, e non si curò neppure di risponderle.

 

 

 

Kaoru, con lo sguardo immobile rivolto alla propria immagine riflessa in uno specchio ampio e nitido dell’unico bagno situato nel piano terra del palazzo, finalmente si era decisa ad utilizzare ciò che le aveva regalato Souka.

Stringeva quel tubo di rossetto con troppa forza. E la mano, inoltre, era tutt’altro che stabile. Eppure lei era un’artista! E si sa, tutti gli artisti, quando dipingono, devono avere una mano ferma e sicura.

Forse la tensione, forse il fatto di non essersi mai passata un rossetto sulla bocca, non la faceva sentire affatto tranquilla. Lo accostò alle labbra, nello stesso momento Kouga diede due colpetti alla porta. Fu tutto troppo improvviso, e quel suono altisonante la fece sobbalzare dallo spavento e… un disastro! Kaoru aveva appena combinato un disastro. Si guardò allo specchio, inorridita. Aveva sì colorato la bocca, ma solo per metà, ed inoltre una striscia spessa di rossetto le si era stampata sulla guancia.

 

- Gonza…? E’ lei? – chiese svelta, fremente.

 

Si sentì rispondere quasi all’istante: - Si può sapere che stai facendo lì dentro?

 

Kaoru cadde presto nel panico. La voce non era quella del buon maggiordomo!

 

- Kouga! – esclamò, ostentando un timbro traballante, proprio come lo erano le sue mani. Si guardò attorno per cercare qualcosa che le togliesse dal viso quell’orrendo disastro, poi decise di levare via il cosmetico strusciandosi la mano sulla guancia: il risultato fu ancora più catastrofico!

Il colore rosso si sfumò al contatto con le dita, e finì per imbrattarle mezzo viso, mani comprese. La ragazza aggrottò la faccia in una smorfia disgustata, sembrava avere contratto chissà quale strana malattia. Respirò lentamente e balbettò appena: - E’ tutto apposto! Non preoccuparti! – e non riuscì a dire altro. Non poteva di certo farsi vedere da lui in quello stato! 

 

Di sicuro a Kouga la situazione non parve assai chiara. – Il pranzo è pronto. – disse soltanto, senza aggiungere commenti di nessun tipo. Di certo non poteva buttare giù la porta.

 

- Dì a Gonza che pranzerò più tardi, va bene? – rispose, cercando di apparire tranquilla. Con quel disastro che aveva combinato, fu un’impresa piuttosto difficile.

 

Dall’altro lato, il signorino emise un sospiro, successivamente ritornò nel salone illuminato, e si sedette a tavola. Souka aveva accantonato la lettura di quel libro per versarsi dell’acqua in un bicchiere.

Durante il pranzo, la giovane, spinta dalla curiosità, non riuscì proprio a trattenersi, così, approfittando del momento, mentre Gonza si stava accingendo a portare via i piatti, si fece avanti con un quesito: - Girava voce che tu avessi salvato una giovane fanciulla purificandola dal sangue di un Orrore… E’ la verità?

 

Gonza per un attimo si bloccò. Osservò il signorino che trovò in lui un appoggio, poi riprese a raccogliere i piatti sporchi e a sistemarli sulla superficie di un carrellino porta pranzo.

 

- E con ciò? Perché ti interessa?– rispose bruscamente il ragazzo. Non gli andava di certo di tirare nuovamente in ballo quell’episodio. Soprattutto non gli andava di farlo con Souka.

Quest’ultima si strinse nelle spalle, con indifferenza: - Niente, ma mi auguro solamente che quella ragazza ti abbia perlomeno ripagato. Dopotutto, hai salvato la sua vita quando non eri tenuto a farlo.

 

Stavolta il maggiordomo non riuscì a trattenersi: - Ecco, signorina… - premise, continuando con calma a sparecchiare. Poi successivamente, quasi volesse approvazione, guardò Kouga. Il giovane non disse nulla, perciò l’uomo continuò – La ragazza purificata, è Kaoru! – La rivelazione improvvisa colse Souka alla sprovvista. La cugina del Cavaliere dell’Est corrucciò la fronte, e con quella bocca avrebbe voluto dire chissà che cosa, ma non fu capace di aprirla. Quando il maggiordomo uscì dalla sala portando con il carrellino con piatti e bicchieri da lavare, finalmente riuscì a dire la sua:

 

- E’ per questo che hai rischiato la tua vita per salvarla, non è così?

 

- Che vuoi dire? – replicò immediatamente Kouga, senza comprendere il significato di quelle parole. Ne comprese però la cattiveria.

 

Lei sorrise. – E’ chiaro: ti piaceva, e quindi non potevi permettere che morisse. Ma se si fosse trattato di una persona qualsiasi, beh… - lasciò la frase così, nel vago più totale, apposta per gettare fango.  

 

- Avrei fatto il possibile pur di salvarla lo stesso! – tuonò il cugino, parecchio adirato. Non aveva per niente gradito quell’insinuazione.

 

Souka restò un tantino scettica. Ad ogni modo, l’argomento non le dispiacque affatto.

- Però, te ne sei innamorato. Anziché lasciarla andare per la sua strada, hai deciso di tenertela per te! L’hai forse obbligata a ripagare il suo debito? – parole troppo impertinenti, le sue. Avrebbero dato fastidio a chiunque.

Kouga si alzò di scatto dalla sedia, ma anziché replicare personalmente, cosa che forse con difficoltà sarebbe riuscito a fare con toni pacifici, tacque.

A dare una lezioncina a Souka, però, ci pensò quel chiacchierone di Zarba, che vista la situazione non riuscì proprio a tenere a freno la lingua: - Hey, signorina! Prima di formulare delle ipotesi senza senso, dovresti conoscere almeno i fatti.

 

- Portami rispetto, Madougu! – sbottò all’istante lei, con un’aria di piena superiorità nello sguardo. – Il tuo compito è solo quello di fare da guida al tuo padrone durante le missioni.

 

Zarba si fece una grossa risata. – Ma davvero? Allora ci troviamo entrambi sulla stessa barca! – Dicendo ciò, le fece notare che sia le Guide Mistiche sia le Spalle Mistiche, avevano un punto in comune: quello di servire un Cavaliere.

 

Souka si incrociò le braccia davanti al petto, con fare indispettito:

- Io sono un essere umano! E i servi come te non dovrebbero nemmeno presenziare tra di noi quando non c’è lavoro da sbrigare!    

 

Come l’aveva chiamato? Servo?

No, Zarba su questo non poteva e soprattutto non voleva sorvolare.

- Insolente ragazzina! Ritira subito ciò che hai detto! – tuonò in preda all'ira. Quasi quasi preferiva le liti con Silva, a quelle con un essere umano sdegnoso e sfrontato come lei.  

 

L’unico a mantenere ancora la calma, sembrava essere Kouga. Lo spadaccino se ne andò via, senza aggiungere parola, lasciandosi la cugina alle spalle. Quest’ultima, con le braccia sempre più incrociate, sbatté un piede in terra, e poi si accomodò con rabbia sulla sedia.

 

Kouga raccolse ed indossò da solo il soprabito, senza chiamare a rapporto Gonza, sicuramente impegnato a svolgere le normali pulizie di routine, e lasciò la propria abitazione. Aveva ben altro a cui pensare che non diede assai peso alle parole pungenti di Souka e alla lite tra lei e il Madougu.

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

C’era un ragazzo con le spalle appoggiate alla parete di mattoni messa esattamente dietro di lui, che sembrava aspettare qualcuno. Aveva indosso un lungo soprabito, simile a quello di Kouga, ed era anch’egli un Cavaliere. Per la precisione, un Cavaliere d’Argento dell’Ovest. Ma stavolta non si trattava del giovane Rei Suzumura.

Jin, la persona in questione, vide Kouga avvicinarsi a lui, e sollevò gli occhi da terra.

 

- Gonza mi ha detto che volevi parlarmi. – disse per primo lo spadaccino.

 

- Infatti.- assentì il moro, poi slegò dal petto le braccia che fino a pochi istanti prima aveva tenuto incrociate, ed infilò una mano nella tasca interna dell’elegante soprabito- Ho qualcosa per te. – dichiarò, porgendogli un pezzo di carta ripiegato.

 

Kouga prima di sollevare il braccio, squadrò il foglio, ed infine si accinse a raccoglierlo.

Lo aprì e ci guardò sopra, trovandovi il nome e cognome di una persona.

 

- Che significa?

 

Jin, forse per orgoglio, si girò appena e guardò altrove. Non voleva farsi vedere da Kouga troppo preso da quella faccenda.

Dopotutto, lui era il Cavaliere d’Argento dell’Ovest, ragazzo riservato, taciturno, che pensava a fare il suo dovere. Tutto qui.

Ed anche se aveva ammesso di voler aiutare il figlio di Taiga, beh, per lui, mantenere una certa “distanza”, era una prassi. 

-Ho detto che ti avrei aiutato. Sto solo mantenendo la mia promessa. - Jin non era un tipo che amava sprecare il suo tempo per fare semplicemente quattro chiacchiere.

 

- In altre parole, sta cercando di dirti che quel tizio potrà fornirti tutte le risposte che cerchi. Semplice! – irruppe Danda, il bracciale magico e chiacchierone.

 

- Dove posso trovare questa persona? – Kouga sarebbe andato perfino in capo al mondo pur di avere risposte.

 

- Nel villaggio del Kantai. E’ un luogo che hai già visitato, no? – Anche Jin sapeva dello scontro sostenuto da Kouga in quel territorio, durante la cosiddetta “Notte Bianca”. Per cui, era certo che non avrebbe avuto nessun tipo di problemi ad arrivare in un posto formato prevalentemente da foreste e una manciata di abitazioni.

 

- Questa persona è un vecchio Cavaliere del Makai, e devi sapere che… - Danda stava per rivelare qualcosa, ma il suo proprietario lo coprì con una mano, privandolo della parola.

 

- Affinché ti riceva, devi portargli un compenso. – aggiunse l’umano.

 

- Di che tipo? – rispose titubante l’interessato.

 

-Basterà del saké rosso. Ma non uno qualunque. Una bottiglia di quello che producono nel territorio del sud, sarà sufficiente. - Il saké di quella zona era molto pregiato.

 

Il figlio di Taiga a dir la verità rimase alquanto perplesso dalla strana richiesta. Ciò nonostante, preferì non fare ulteriori domande, anche perché sapeva che Jin non avrebbe perso altro del suo tempo prezioso.

Ringraziò semplicemente il collega dell’Ovest con un diligente inchino, dato che dirlo a parole non era proprio il suo forte. Ma quello era il suo modo di esprimere riconoscenza. Ed un gesto così, fatto da un Cavaliere Magico che aveva la fama di essere scontroso e solitario, valeva molto di più qualsiasi parola.    

 

Dopo essersi congedati a vicenda, Danda, finalmente libero dalla mano del suo padrone, riuscì finalmente a dire la sua: - Perché mai mi hai tappato la bocca, piccolo Jin?! – disse arrabbiato.

 

- Avresti certamente rovinato tutto, con quel tuo difetto di parlare sempre a sproposito… – lo ammonì il ragazzo, e subito dopo sempre stizzito aggiunse: - E smettila di chiamarmi “piccolo Jin”!

 

 

 

 

                                                                                    ***

 

 

 

 

 

Varcata la soglia di casa, il Cavaliere Mistico dell’Est chiamò a rapporto il fedele maggiordomo, e gli spiegò in breve il dà farsi. Il gentile uomo assentì senza esitazione, poi scappò via, per preparare la vettura con il quale avrebbe accompagnato il suo signorino nel lontano distretto del Sud, per acquistare una bottiglia di saké rosso.

 

Prima che il maggiordomo sparisse del tutto, Kouga gli chiese un’ultima cosa: - Lei dov’è? Ho bisogno di dirle che partiamo. – La “lei” in questione altri non era che Kaoru. Raramente il ragazzo usava pronunciare il suo. Tranne in caso di pericoli immediati: a quel punto gli usciva limpido come un cielo di primo mattino.

 

- La signorina è nella sua stanza- disse in un primo momento Gonza, e appena esitante aggiunse – A dire il vero, si è chiusa lì dentro da quando voi siete uscito di casa.

Kouga storse un po’ le sopracciglia. Il comportamento di Kaoru gli era sembrato alquanto strano fin da quella stessa mattinata. Evidentemente doveva esserci qualcosa che non girava per il suo verso.

 

Si avviò su per le scale, costeggiò la parete di fianco ad esse, e in breve raggiunse la porta della camera, sbarrata, dell’artista.

Bussò dapprima, dimostrando di possedere grande educazione, e dall’altro lato si udì una risposta.

 

- Chi è? – disse la voce della mora. Ma non era un suono pulito. Sembrava quasi un fascio di parole modulate da un timbro instabile.

Kouga lo notò subito.

- Devo parlarti. – dichiarò semplicemente, con la chiara intenzione di farla uscire allo scoperto.

 

Ma che cosa stava facendo quell’artista, di così segreto, per chiudere la porta con una doppia girata di chiavi, e restare da sola nel suo alloggio?

Forse un nuovo dipinto? Una collana di fiori? Un lavoro ad uncinetto?

Ebbene… Niente di tutto ciò.

Kaoru si guardò brevemente intorno. Il pavimento della camera era un disastro. A terra, sparsi praticamente dappertutto, c’erano una miriade di abiti colorati che per via del modo con cui erano stati riposti, sembravano essere sgualciti.

Dopo le parole di Souka, che criticavano il suo modo di vestire, Kaoru voleva a tutti i costi trovare un indumento che potesse valorizzare al meglio la sua femminilità. Praticamente aveva provato tutto ciò che si trovava nel suo guardaroba: da quei pochi vestitini di cotone fino ad arrivare alle ormai infinite magliette e pantaloncini che aveva. In effetti, in quell’armadio c’erano troppe poche gonne.

 

- Adesso veramente non posso… - pronunciò dapprima, e aggiunse svelta- Facciamo dopo, ok? – poi si guardò rapidamente allo specchio: indossava i suoi soliti vestiti che, dopo le affermazioni della bella Souka, la facevano sentire ancora più insignificante di quanto in realtà lo fosse.

No, non poteva certamente farsi vedere in quello stato!

 

Tuttavia, la presenza dietro a quella porta chiusa non la pensava allo stesso modo. Posò una mano sul pomello, e tentò di girarlo, ma ovviamente non successe nulla.

- Non costringermi a buttare giù la porta. – enunciò lo spadaccino, con un tono pressoché irremovibile.

 

- Tu… - premise lei, quasi tremante- Non lo faresti mai, vero? – Infondo, sapeva bene che quello di Kouga era solo un falso pretesto intimidatorio per costringerla ad uscire.

 

Difatti, lo spadaccino replicò quasi subito: - No- pronunciò in un primo momento, ma non lasciò neppure il tempo necessario alla ragazza di tirare un sospiro di sollievo che proseguì all'istante – Però ho un duplicato di tutte le chiavi del palazzo.

 

Kaoru non poté fare a meno di deglutire con tensione. Di sicuro se quella porta non l’avesse aperta lei di sua spontanea volontà, lo avrebbe fatto Kouga! Questo pensiero la fece tremare. Fu in quel momento che, raccogliendo sia un pizzico di coraggio sia il tubetto dorato del rossetto regalatole da Souka, si convinse. Quindi, sollevò il tappo del cosmetico, si portò velocemente davanti allo specchio, e lo passò sulle sue pallide labbra che in un baleno divennero rosse come quelle di una magnifica geisha. Sospirò, specchiandosi un’ultima volta, e finalmente l’uscio della camera si aprì.

Kouga sentì lo scricchiolio della chiave all’interno della serratura che sbloccò la porta. Dopodichè, seguitò il cigolio di quest’ultima, e… Fu per lui chiaramente una sorpresa, scorgere un paio di labbra talmente rosse da far contrasto con il colorito di un viso bianco.

Rimase fugacemente interdetto. Quella era la prima volta che la vedeva truccata. Per cui anche l’espressione del volto lasciò che lo stupore gli trapelasse con chiarezza.

 

- Ecco… - pronunciò flebile la ragazza, abbassando per riflesso lo sguardo. Non riuscì a proseguire. Il battito del suo cuore era troppo alto e l’agitazione tanta. 

Questa volta fu lui a dire, o per essere più corretti, a fare qualcosa.

Prese un fazzolettino di cotone bianco dalla tasca interna del soprabito, e portò la mano che stringeva quel pezzo di stoffa sopra la bocca di Kaoru. Tolse via il rosso dalle sue labbra con un solo ma delicato passaggio. Poi guardò bene quella boccuccia che aveva ripreso il suo vero colore, le adagiò una mano sotto al mento e la toccò per la seconda volta, togliendo con la punta del pollice un ultimo frammento di rosso rimasto ancorato su di un lato.

 

- Mi stava così male? – chiese a quel punto Kaoru, presa alla sprovvista da quel gesto che di sicuro la portò a temere il peggio. Pensò che a Kouga non gli avesse fatto piacere vederla “conciata” in quello stato, e provò una tremenda vergogna che per un istante le fece desiderare di scomparire in un luogo molto lontano, soprattutto da lui.

 

Quando però si vide rispondere, tutto cambiò. – Affatto – fece, e la guardò profondamente negli occhi. – Ma sembravi non essere a tuo agio. – Portò lo stesso sguardo oltre le spalle della ragazza, su ciò che lo spiraglio della porta lasciava intravedere. – Stavi forse cercando qualcosa? – domandò, per cercare una spiegazione a quel disordine di vestiti sparsi dappertutto ed in subbuglio.

 

L’artista arrossì subito per via dell’imbarazzo, scosse il capo, ma non le uscì granché da quelle labbra.

- Io… stavo solo… - fece appena, poi zittì per non complicare ulteriormente la situazione.

 

Il rossetto sulle labbra, gli abiti in subbuglio… Forse Kouga aveva già capito, anche senza l’ausilio di una decente spiegazione. Tuttavia tacque, ma fece in modo di non farle pesare l’accaduto, e quindi cambiò discorso.

 

- Sto per partire. – le disse, ed il volto della mora parve farsi cupo.

 

- E’ successo qualcosa? – domandò preoccupata, si portò una mano in petto.

 

- Niente di grave. Devo prendere una cosa che si trova nel distretto meridionale. Gonza verrà con me per accompagnarmi. Dovrei tornare entro domani sera.

 

Quelle parole la presero in contropiede. Le si lesse chiaramente in volto un pizzico di timore. Kouga non era mai stato via per così tanto tempo. Ed inoltre abitare in quel palazzo immenso, da sola, un po’ la intimidiva. E questo lo spadaccino lo capì al volo.

 

- Ci sarà Souka insieme a te. Non devi preoccuparti.

 

- Già, è vero! – ammise sollevata, per un attimo si era completamente scordata della cugina di Kouga. – Comunque- rettificò all’istante, mostrandosi la persona più forte del pianeta- io non ho paura di restare da sola!

 

- Benissimo! – emise una voce. Quella di Zarba, precisamente. – I fantasmi che abitano in questa dimora saranno contenti di conoscere una coraggiosa ragazza come te!

 

Kaoru fu attraversata da un lungo e pungente brivido glaciale: - Fa-fantasmi?! – balbettò con difficoltà la parola in questione.

 

Zarba e il ragazzo si lasciarono scappare un inizio di riso, e a quel punto l’artista si rese conto della beffa. – Siete davvero odiosi! – sbottò, con tanto di labbra sdegnate, ma dopo tornò inspiegabilmente seria. Fissò Kouga diritto in volto – Non so cosa tu debba fare, ma comunque sii prudente. Me lo prometti? – aveva un timbro premuroso e tanto dolce al tempo stesso. Il ragazzo non poté fare a meno di notare la cadenza di quelle parole accompagnate da una voce così amorevole che avrebbe fatto sciogliere il cuore a chiunque. Le assentì, poi sorrise con la forza di uno sguardo soltanto.

Lei chinò gli occhi e senza volerlo vide che egli aveva due dita macchiate di rosso. Forse per via del rossetto che le aveva tolto poc’anzi. Gli raccolse dalla mano lo stesso fazzoletto che era servito a pulirle la bocca, e stavolta fu lei a levare via quel colore.

Lo fece con cura ed attenzione, prendendo la mano del Cavaliere, ed adagiandola nella sua.

Quanta tenerezza ostentò quella scena!

Era delicata, e aveva modi tanto dolci quasi quanto quelli di una madre che accudisce con cura il proprio bambino. Poi ad un tratto il fazzolettino le sfuggì dalle dita, volò a terra, lei cercò di riprenderlo, ma non appena staccò la mano da quella di Kouga, quest’ultimo la afferrò.

Si guardarono dritti negli occhi.

Il motivo del perché avesse fatto una simile cosa, neppure lui riuscì a spiegarselo. Non sapeva bene come, ma dentro di sé aveva sentito il forte istinto di compiere quel gesto.

Ci fu un momento di silenzio in cui lui dischiuse le dita, liberando così la gentile mano di Kaoru che anziché staccarsi, rimase lì per, poco a poco, congiungersi alla sua.

Tra la mano di Kouga e quella di Kaoru c’era una grossa differenza.

Erano due mani all’apparenza sì diverse, ma infondo tanto uguali.

E tutto ciò perché ciascuna non poteva fare a meno del contatto dell’altra.      

 

 

 

 

                                                                        

                                                                                           ***

 

 

 

 

 

Come in un lampo, la sera era presto arrivata.

Fuori il cielo appariva quieto, ma benché non ci fosse neppure l’ombra di una nuvola, in quel blu notte così denso non c’era neanche una stella. Perfino la luna si notava appena.

Erano all’incirca le 22, ed a Souka Saejima piaceva allenarsi all’aperto a quell’ora, soprattutto con un tempo sereno senza neppure uno spiraglio di vento che la potesse deconcentrare.

Nel frattempo, Kaoru aveva da poco finito di riordinare la cucina che fino a qualche istante fa era completamente invasa dal disordine di pignatte e scodelle varie. Si era offerta di preparare la cena, ma la paura di sbagliare tra i fornelli, alla fine le aveva fatto per davvero combinare un gran pasticcio.

Si guardò attorno, ed infine emise un sospiro di sollievo: finalmente ogni cosa era tornata al proprio posto! Tuttavia, Kaoru sentiva il bisogno di scusarsi con Souka, dato che il pasto serale non era andato a buon fine. Si asciugò la fronte con il dorso asciutto della mano, poi raggiunse il giardino ma non vi uscì subito.

Restò immobile ed in perfetto silenzio ad osservare quella splendida donna così elegante che si muoveva con armonia facendo volteggiare la lama della spada con bravura. Sembrava quasi che al suo posto in quella mano lei stesse reggendo un ventaglio, anziché un oggetto pesante come quello. Difficilmente un’arma nelle mani di una donna sarebbe riuscita a compiere simili evoluzioni.

Doveva avere forza, quindi, Souka. Eppure non aveva un fisico corpulento e massiccio, anzi!

Anche a Kaoru sarebbe piaciuto potersi muoversi in quel modo. E la cugina del signorino, per miracolo parve leggerle nella mente.

 

- Vuoi provare? – emise ad un tratto, cogliendo l’artista di sorpresa, dato che mai e poi mai si sarebbe aspettata né di essere vista, e né di essere letta nei pensieri. Ma come aveva fatto, la bella Souka, a fare tutto ciò? All'apparenza le era sembrata così presa dall’allenamento, che niente e nessuno avrebbe mai potuto attirare la sua attenzione. Doveva essere proprio un tipo speciale.

 

Kaoru a quel punto fu costretta a venire allo scoperto.

- Scusa, non volevo distrarti! – fece subito, con aria sinceramente affranta. E riguardo alla sconcertante proposta di Souka, aggiunse – Non riesco a tenere una padella in mano, figuriamoci una spada…!

 

La dama vestita di bianco riprese ad esercitarsi, e mentre lo faceva trovò anche il tempo per replicare con parole senza dubbio pesanti – Colei che aspira a diventare la futura sposa di un Cavaliere del Makai, deve essere ben preparata a qualsiasi evenienza. E’ per questo motivo che molti di loro prendono in moglie solo donne altamente addestrate nella lotta contro gli Orrori, e capaci di badare a loro stesse anche in caso di pericolo.

 

A Kaoru quell’espressione suonò con una certa inquietudine. Ma fu solamente in seguito, che quell’inquietudine stessa si trasformò in una vera e propria visione mostruosa del suo futuro.

Stando alle parole della cugina, Kouga prima o poi l’avrebbe lasciata per scegliere una compagna più capace e più forte? Lo avrebbe fatto per davvero, attenendosi così a quella sorta di regolamento del tutto ingiusto, oppure come al solito se ne sarebbe infischiato?

Non poteva sapere che cosa il futuro le avrebbe mai riservato, e anche se lei era più che convinta di conoscere bene colui che le aveva salvato la vita, non poté fare a meno di cadere nel baratro profondo dell’angoscia.

Fu presto colta da un flashback tremendo, in cui lei, braccata da un orripilante Orrore, correva a perdifiato per le vie di una stradina buia, mentre Kouga la osservava da molto lontano senza prestarle soccorso.

Si trattò di una visione agghiacciante che per sua fortuna terminò grazie al suono della voce di Souka.

- Non ti senti bene? Sei di colpo sbiancata.

 

Ritornata in sé, Kaoru non poté fare altro che negare.     

- Ero solo soprappensiero, tutto qui! – Ovviamente, mentiva. Discese un silenzio destinato a durare poco, e la brunetta dal dolce sguardo riprese quel pericoloso filo del discorso interrotto poco fa. – Se io imparassi ad usare la spada, pensi che a lui farebbe piacere?

 

Souka sapeva già cosa rispondere.

- Gli faresti un piacere, questo sì. – precisò netta – In questo modo non lo costringeresti ad esporsi troppo per tirarti fuori dai guai.

Quel responso fu la molla decisiva che portò Kaoru a prendere un’irrevocabile quanto convinta decisione.

Avanzò con passo sicuro, poi d’un botto esclamò caparbia: - Insegnami a combattere!

Fu proprio grazie a quella frase, che tutto ebbe inizio.

 

In una frazione di secondo, Souka mise nelle mani di Kaoru una spada. Non era particolarmente pesante, ma sorreggerla e farla muovere con una certa rapidità, non doveva essere una passeggiata.

Ed infatti, la prima mezz’ora la cugina di Kouga la spese per insegnarle ad impugnare con risolutezza l’ansa dell’arma.

 

- Tra te e la tua spada deve esserci prima di tutto feeling. Se lei percepisce che tra di voi c’è sintonia, per ringraziarti essa si farà più leggera, e vedrai il suo potere d’attacco duplicare.

 

Kaoru ascoltò attentamente i consigli della sua nuova istruttrice, e provò a metterli subito in atto.

Doveva e voleva essere degna di diventare, in futuro, la sposa di quel Cavaliere. E per farlo, era tenuta a trasformarsi in una persona completamente diversa. Tutt’altro che fragile ed indifesa.

Il suo Kouga, lei doveva meritarselo!

Souka le fece presto notare che aveva appena migliorato il modo di tenere l’arma tra le mani, e ciò spinse la bella Saejima a passare pericolosamente al contrattacco. 

Presa così alla sprovvista, Kaoru riuscì a stento a sollevare la spada davanti a sé, ma fu un’azione dettata per riflesso, tutt’altro che consapevolmente difensiva.     

 

- Aspetta…! – esclamò, in preda al panico- Non credi che sia troppo presto per affrontare un duello?

 

L’altra non sentì ragioni, e si portò la lama della spada davanti al volto: - Ci andrò piano, stai tranquilla. – caricò un nuovo attacco. Stavolta la giovane Mitsuki non fu così fortunata: l’impatto con quel fendente, oltre a farla cadere all’indietro, le fece scivolare l’ansa dell’arma dalle mani.

 

La dama vestita di bianco avanzò con passo lento ma deciso verso di lei, e le appoggiò la punta della lama alla gola.

- Non dovresti mai permettere a nessuno di farti disarmare. E’ un errore che potrebbe costarti caro. Ad esempio- antepose con un timbro gelido, prima di assottigliare lo sguardo e caricare con forza il braccio che impugnava la spada- la vita!

Durò giusto una manciata di secondi, quell’azione. Souka ebbe soltanto il tempo di vedere la propria arma volare letteralmente via perché colpita da uno spadino volante di ridotte dimensioni.

Scattò con il capo verso destra, poi fulminò l’inatteso quanto malgradito ospite con un’occhiata truce. Mosse rapidamente un passo all’indietro, e corse a recuperare la spada. Fu un movimento talmente rapido che neppure il più preciso dei cronometri sarebbe riuscito a segnalare il tempo.   

Le intenzioni della spadaccina furono abbastanza chiare: Ingaggiò spedita un duello con colui che le aveva appena tolto una preziosa quanto perfida opportunità. Ma solamente Souka sapeva in realtà quanto fosse disumano quel suo pensiero. Solo lei, ed il suo prossimo avversario: Rei Suzumura.

Kaoru si alzò svelta da terra, restò immobile a fissare i due che non parevano affrontarsi in un combattimento amichevole.

- Hey, vacci piano, sorella! Non vorrai mica ridurmi a fette…! – la sfotté la Zanna d’Argento, e trovò ironico perfino farle un bel sorriso.

 

Souka non lo gradì per niente. - Non ho mai permesso a nessuno di togliermi la spada dalle mani! – tuonò bruscamente, ma non si limitò solo a quello – Tanto meno ad un ragazzino impertinente come te!- Era a dir poco furibonda.  

 

- Modera le parole, umana! Di fronte a te c’è Zero, il Cavaliere d’Argento dell’Ovest che ha combattuto al fianco di Garo per distruggere Meshia! – replicò Silva, in preda alla collera. Il Madougu mai e poi mai avrebbe permesso a qualcuno di disprezzare il suo giovane proprietario.

 

Souka fece spallucce: - Sarà, ma resta pur sempre uno sciocco ragazzino.

 

La Zanna d’Argento, nonostante la stesse fronteggiando con una sola delle proprie spade, si parò il viso per bloccare l’ennesimo colpo della giovane, e sollevò lo sguardo al cielo: - Le donne! Sfido chiunque a capirle! – successivamente, afferrò con forza il polso della mano in cui Souka reggeva l’arma, e la indusse ad abbassarla.

 

Ovviamente, alla cugina di Kouga quel gesto così sgarbato non le piacque.

- Dovresti avere un po’ più di riguardo verso le donne.        

 

Rei le si accostò al lato del viso, ed a voce bassa le sussurrò all’orecchio: - Detto da una persona che di riguardo verso gli altri non ne ha, suona strano. Pensa per esempio se Kouga venisse a sapere della tua imperdonabile mancanza di riguardo a cui ho assistito poco fa… - fece, sottolineando le parole giuste per farle intendere che lui aveva capito quali fossero le sue vere intenzioni.

 

Souka si divincolò dalla presa che le impediva di muovere liberamente il braccio, e lo sfidò con un’occhiata. - Che cosa vuoi insinuare?

 

- Insinuare? L’ho forse fatto? Io non ho visto niente! – dichiarò, alzando le mani- E tu, mia cara sorella? Per il tuo bene, ti consiglio di fare la brava bambina. Dopotutto, è ciò che sei, no?

 

Quale fu la risposta di Souka?

Soltanto una: gli tirò uno schiaffo in pieno volto, ed andò via non prima però di avergli esposto con sdegno:

- Giocare con te non mi diverte più.

 

- Hey! – sbottò Rei, toccandosi la guancia dolorante con la mano. – Ma si può sapere che diavolo ti ho fatto?!

La risposta arrivò presto: - L’hai fatta arrabbiare. – commentò Silva, inoltre aggiunse – E a giudicare dall’impronta che hai sulla guancia, direi anche parecchio.

 

L’altro si lamentò presto.

- Voi donne siete davvero un mistero per me!  

 

 

Giunta nella propria stanza, Souka slegò con rabbia la coda che teneva i suoi lunghi capelli legati.

Sbuffò pesantemente. In quello stesso attimo, lo sguardo le finì per sbaglio sul ripiano della scrivania che si trovava all’interno dell’alloggio. Incappò così nel regalo che le aveva fatto la cosiddetta “futura sposa” di suo cugino. Quel fermaglio nero, elegante e raffinato, lei sembrava odiarlo con quanto più disprezzo avesse dentro. Sebbene in qualche modo si addiceva alla sua figura perfetta ed elegante, non avrebbe mai ammesso a sé stesse, di gradire quel dono. E né tanto meno lo avrebbe mai indossato.

Ebbene sì: Souka la odiava. E per di più, pochi minuti prima aveva perfino tentato di… Beh, diciamo sbarazzarsi di lei.

“Kouga, mi dispiace! Ma un Orrore ci ha attaccate di sorpresa, e… Sono così addolorata!”

Ecco, questo è quanto avrebbe riferito al suo amato cugino, per giustificare il tragico accaduto.      

In seguito lo avrebbe aiutato a superare la perdita, e poi finalmente sarebbe stata lei la sola ed unica sposa del Cavaliere.

Ma perché Kaoru non le era affatto simpatica?

Per gelosia? Perché in realtà quel cugino piaceva anche a lei? In verità, entrambe le ipotesi. Ma c’era anche dell’altro… Souka era più che convinta che Kaoru non fosse interessata minimamente al cugino, bensì ai suoi averi.

E nessuno mai sarebbe stato capace di levarle quel pensiero dalla mente.

 

 

Nel frattempo, in giardino Rei vide Kaoru andargli incontro con un’aria preoccupata.

 

- Tutto ok? – gli domandò dapprima, sfiorandogli con le dita della mano la guancia arrossata.

 

- Brucia un po’, a dir la verità. – si lagnò. Ed il suo cuore, nell’istante in cui lo sguardo cadde sul volto della ragazza, ebbe un sussulto. Fortuna che durò poco. Anche perché fu Rei stesso a non dargli una corda necessaria che lo avrebbe condotto molto probabilmente a commettere un errore madornale.  

 

- Vedrai che un po’ di ghiaccio andrà subito meglio! – gli propose l’artista, successivamente lo fece accomodare nel piccolo salotto della villa, quello a pian terreno che aveva due poltrone, un divano a due posti, tavolino e scaffale di legno.

Seduto sul divano, da una ciotola che Kaoru aveva appena appoggiato sul ripiano del tavolo, con diversi cubetti di ghiaccio, ne raccolse uno e lo accostò alla parte arrossata del viso.

 

- Questo è quello che definirei “sollievo immediato”! – esclamò, con beatitudine.

 

La mora sorrise, in seguito gli si accomodò a lato. Aveva assunto un’aria alquanto mogia. – Per favore, non dire a Kouga quello che è successo. Si arrabbierebbe tantissimo… - abbassò lo sguardo come una persona piena di vergogna.

 

- Mi chiedi troppo… Quella specie di bambolina antipatica stava quasi per…

 

- No, non è colpa sua! – si affrettò a dire, cercando di giustificare il comportamento di Souka che non le era sembrato per niente voluto. – Sono stata io a chiederle di insegnarmi a combattere. Ma l’idea si è rivelata un vero disastro… E penso che Souka si sia arrabbiata con me perché mi sono fatta togliere la spada. Non era sua intenzione farmi del male, voleva soltanto sgridarmi.      

 

- Beh, per sgridare qualcuno, non c’è bisogno di… - Rei si trattenne dal pronunciare quel pezzo, in quanto a Kaoru non avrebbe fatto immensamente piacere. Comunque, se ne avesse avuto l’opportunità, allora avrebbe finito dicendo “tagliare la gola del proprio allievo”. Già, perché per lui era palese: Souka avrebbe finito col tagliarle sul serio la gola, se fosse arrivato anche solo un minuto più tardi. – Perché ti interessa così tanto imparare a combattere? La tua passione non è forse la pittura?

 

Kaoru s’irrigidì presto. Non poteva raccontargli la faccenda nei minimi dettagli. Quella in cui la sposa di un Cavaliere doveva rispecchiare determinate caratteristiche. Era certa che il giovane avrebbe finito col deriderla, magari dicendole di non fantasticare troppo su questioni che avrebbe potuto non avercelo per niente, un senso. “Kouga non ti scaricherà mai” le avrebbe forse dichiarato. E magari sarebbe corso a riferire l’accaduto allo stesso Kouga.

Ma quello proprio non doveva succedere. Kaoru doveva tacere!    

La prima cosa che fece, fu quella di scuotere irrimediabilmente la testa.

Poi di botto esclamò: - Era per scaricare la tensione! Tutto qui! – e sorrise. O perlomeno, cercò di fingere nel farlo.

 

- Esistono tantissimi modi sicuramente più piacevoli per scaricare la tensione. – Rei la guardò dritta in faccia. Kaoru rimase lungamente perplessa. Che lui stesse in realtà alludendo a qualcosa? Quest’ultimo notò la sua perplessità, e per farla breve, con schiettezza aggiunse: - Hai o no un ragazzo?

 

- Si, ma con questo…?

 

La Zanna d’Argento scosse il capo, con un gesto ormai di rassegnazione. Kaoru era propria un’ingenua bambina! dovette pensare in quel momento.

- Potreste per esempio uscire insieme per una di quelle passeggiatine romantiche al chiaro di luna, entrambi mano nella mano…! – le disse, illustrandole perfettamente la scena soltanto con l’ausilio delle parole. – Dopotutto, siete pur sempre due giovani innamorati!

 

Quei discorsi la fecero terribilmente arrossire. Le ci volle un po’ per tornare tranquilla.

- Dubito che Kouga abbia così tanto tempo da potersi permettere di fare una passeggiata. – dichiarò in tono abbattuto. Poi si mise pensierosa. – Che tu sappia, c’è forse qualcosa che ultimamente lo preoccupa?

 

- Eh? – replicò Rei, fingendo di non capire- Qualcosa che lo preoccupa?

 

- Sì, non so, magari problemi con il lavoro, legati agli Orrori, oppure qualcosa di personale… - spiegò meglio.

 

Il giovane Suzumura fece la parte di colui che si era messo a riflettere, dando alla propria recitazione un tocco veramente realistico. Sospirò, con aria affranta: - Mi dispiace, non lo so proprio! – ovviamente, era una bugia. Ma non poteva tradire la fiducia di un amico che lo aveva pregato di mantenere il segreto. – Perché mi hai fatto questa domanda? E’ forse successo qualcosa tra di voi?

 

- No, affatto… E’ solo che negli ultimi tempi sembra un po’ inquieto… Come se ci fosse qualcosa che lo mettesse in apprensione, o... – poi scosse il capo- Ma forse è solo la mia fantasia!

 

Rei concordò, reggendole quello che a sua insaputa era solo un gioco.

- Già, magari un po’ di stress. – le posò con garbo una mano sulla spalla, per rincuorarla. – Vedrai che non è niente!

 

 

Poco prima che il ragazzo lasciasse l’abitazione, davanti all’uscio di casa Kaoru gli lanciò un saluto. E fu in quell’attimo che le venne in mente di chiedergli una cosa.

– A proposito! – urlò, affinché la potesse sentire – Che cosa ci facevi da queste parti?

 

Rei si girò appena. - Nulla di particolare. Sono capitato qui per caso! – disse, ed infine proseguì il tragitto.

 

- Per caso, eh? – gli ripeté Silva, intonando una vocina maliziosa – Non ti sembra di aver detto un po’ troppe bugie, questa sera?

 

Rei fece spallucce.

- Una più, una meno non fa differenza.

 

- Però potevi almeno dirle che era stato Kouga a chiederti di passare a dare un’occhiata.

 

- E ricevere in cambio un altro schiaffo? – Rei sollevò in alto le mani, poi assentì con certezza- No grazie!

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

                                                         

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Allora, pochi vaneggiamenti questa volta…

*e fu così, che tutti fecero festa*

^__^,

Ho aperto da poco il mio primo blog, quindi sto cercando di capirci qualcosa e di sistemarlo come si deve (ardua impresa), perché in materia faccio parecchio pietà… 

 

Prima di passare alle risposte, volevo dirvi una cosa in particolare… (e qui mi ricollego alle parole di stelly89_s riguardo al fatto che lei ascolta musica quando legge le fanfic)

UN MIRACOLO!!!

Mi sa che ho trovato il modo per sfornare capitoli a raffica e nel più breve tempo possibile, della GSS!!!

E’ successo per caso, (come mi capita la maggior parte delle volte), una notte stavo ascoltando una canzone dei KAT-TUN intitolata “Precious One”, mentre scrivevo il capitolo 19 della storia, e da lì mi sono accorta che più sentivo la canzone, più scrivevo, ed oltretutto senza problemi, così, libera come il vento!

Ragazzi una figata pazzesca, ve lo giuro!

Ma il bello è che mi capita solo con quella canzone… Oltretutto non rientra neppure nella mia top 10 di brani preferiti… Boh, non so proprio cosa dirvi… Sarà la melodia, sarà un po’ il significato del testo, oppure si tratta semplicemente di un fattore psicologico, tutto qui, ad ogni modo con Precious One filo come un razzo! Tant’è che ho appena finito di scrivere il 22°capitolo!

Ma la cosa assurda è che il motivetto non mi stanca affatto. Imposto il lettore mp3 sulla ripetizione continua di quel brano, e in una sera mi capita spesso di ascoltarla una decina di volte di fila, fino alle 4 del mattino. Solitamente anche con le mie canzoni preferite, già dopo i primi due ascolti, mi viene voglia di cambiare, però con questa no.

Proprio non me lo so spiegare…!

 

 

Per akiko: La tua recensione mi ha fatto parecchio sorridere! Eh, Souka quei sassi se li merita proprio… Soprattutto in questo capitolo! Sono sicura che adesso la vorrai ammazzare per davvero! Tuttavia, nel prossimo episodio forse cambierai idea, almeno lo spero per Souka!

Alla prossima!

 

Per _Elentari_: Mammina, Elentari…! Quello che hai scritto a fine recensione, mi fa morire dal ridere!! Ti immagino, con i nipotini che leggi al computer l’ottocentesimo capitolo di questa fanfic! Oppure anche l’ottocentesima serie! Altro che second season…! XD

 

Per seasons_girl: Che bello sapere che i miei capitoli ti facciano tornare il sorriso! ^__^ Mi fa stare bene anche a me!

Ok, ho inserito l’altra anticipazione, cercando di mantenermi sul vago, ma ho sempre un po’ paura di spifferare troppo… Tu cosa ne pensi?

Comunque, puoi anche smetterla di prostrarti ai miei piedi…! Mi fai diventare troppo rossa…! Un abbraccio fortissimissimo!!!

 

Per stelly89_s: Ah, sì! Ayumu Hamasaki la conosco, non bene, però ne sento spesso parlare. E’ considerata insieme ad Hikaru Utada (che conosco poco o niente) una delle regine del pop giapponese…! Io però mi accanisco sempre, e non so perché, su personaggi meno popolari… Forse è solidarietà? ^__^ Comunque no, prima di tutto mi innamoro della canzone, e poi vado a cercarmi chi la canta… ecco il perché! Faccio sempre così!

Tornando alla storia, a quanto pare abbiamo un’altra persona che vuole ammazzare Souka…! Eeh… l’avevo previsto, perché il personaggio è proprio odioso, e se poi si mette in mezzo ai due bombolotti (Kouga e Kaoru), è ancora peggio!

Comunque, sappi che tutto ciò che scrivi nelle recensioni, anche se a te può sembrare ripetitivo, per me è sempre nuovo! Quindi non farti problemi, e scrivi ciò che più senti di dire, perché spesso sono quelle le parole più vere! Un bacio!

 

 

Vi abbraccio tutti calorosamente, e vi aspetto al prossimo episodio corredato anche di disegno!

 

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Dubbi, incertezze e voglia di cambiare… Kaoru cercherà di diventare più forte, ma la situazione le sfuggirà di mano, e mentre fuori un violento temporale avvolgerà ogni cosa, un avvenimento inaspettato le farà crollare tutti i suoi sogni. Riuscirà l’intrepido Cavaliere dell’Est a rimettere a posto ogni cosa?

Questo e molto altro nel prossimo episodio: #09 Diluvio.

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Capitolo 10
*** #09 Diluvio ***


Lassù il cielo di quel tardo pomeriggio aveva un colorito spento, dai toni del grigio

                                        Diluvio

                                          #09

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Lassù il cielo di quel tardo pomeriggio aveva un colorito spento, striato da un manto di nuvole opprimenti dai toni dell’avorio e del grigio. Da un momento all’altro sarebbe venuto presto a piovere. E a giudicare dall’odore intenso ed umidiccio che si poteva respirare nell’aria, certamente non sarebbe stato un comune temporale.

Kaoru si affrettò a rincasare alla svelta, ma prima di richiudersi il pesante portone del palazzo alle proprie spalle, gettò un’occhiata al cielo.

 

- Che tempaccio! – esclamò, mentre un lieve brivido ghiacciato l’attraversò tutta. Richiuse alla svelta l’uscio per impedire ad un fascio di venticello sottile di accomodarsi in casa ed invadere il piccolo ingresso, ovvero la pre-hall che conduceva mediante l’apertura di un ennesimo portone, alla vera e propria hall principale del palazzo. Si tolse la tracolla della sacca marrone che portava sulla spalla, ed entrò nel piccolo salone di fianco a lei. La posò momentaneamente sulla seduta del divano, e qualcosa in quella stanza attirò la sua attenzione. Da una delle finestre, malgrado il tempo instabile, intravide qualcuno.

Souka non aveva rinunciato ai suoi allenamenti quotidiani in compagnia della propria spada.

Kaoru si avvicinò alle lastre della finestra, ci accostò una mano, e restò lì, come incantata, a guardarla combattere da sola contro il vento.

Come poteva una ragazza come lei, che era riuscita a sopravvivere al contagio del sangue di un Orrore, gettare la spugna? Durante tutta la notte non era riuscita a chiudere occhio. Non aveva fatto altro che rigirarsi di continuo tra le lenzuola del letto, e soppresso la testa più volte sotto il cuscino, con la speranza di soffocare i pensieri.

Quel tipo di pensieri.

Essere una donna debole, fragile, con il bisogno costante di protezione, quindi la preda ideale per quelle infide creature demoniache chiamate “Orrori”. E se un giorno una di loro avesse tentato di rapirla per ricattare Kouga? E se un giorno lei si fosse trovata in pericolo, sarebbe riuscita a cavarsela senza l’intervento di nessuno? E se…

Kaoru non ne poteva più di tutti quei “se”, di tutti quei cattivi pensieri che l’avevano assalita subito dopo le crude quanto veritiere parole di Souka.

Ne era sempre più convinta: Kouga doveva meritarselo!

Per quanto ancora avrebbe pesato su di lui? E per quanto tempo ancora lui le sarebbe restato accanto? Prima o poi era certa che un giorno o l’altro quel taciturno Cavaliere si sarebbe stancato di farle da balia, proprio come le aveva detto la stessa Souka, la sera prima in giardino. Ormai ne aveva la certezza: era solo questione di tempo. Forse un annetto al massimo, e la meravigliosa quanto impossibile fiaba tra lei e Kouga si sarebbe conclusa. E magari chissà, il cuore del giovane paladino avrebbe iniziato a palpitare proprio per la splendida cugina, che meglio rappresentava la protagonista di una favola tra un Cavaliere e la sua Principessa.

 

Ma poteva Kaoru permettere che accadesse una simile cosa?

La mano poggiata sulla lastra di vetro della finestra, lentamente si chiuse a pugno. In un certo senso, quel gesto fu la sola risposta.

No! Lei non poteva sopportarlo. Avrebbe fatto quanto in suo potere per impedire che il destino apponesse a quella storia la parola “fine”.

Lanciò uno sguardo all’orologio appeso alla parete. Kouga sarebbe tornato verso sera. Per cui, di tempo a Kaoru gliene restava ancora un bel po’.

Sì, ma per fare che cosa?   

 

Raggiunse di corsa la maestosa hall, e in seguito si spinse verso una delle porte che non avrebbe mai dovuto varcare. Perlomeno, non da sola.

Ebbene sì, l’artista si ritrovò molto presto nello stanzone semi oscuro dove solitamente Kouga svolgeva i suoi allenamenti più duri: L’ala riservata ai Cavalieri Mistici.

Il luogo dove lo stesso Kouga le disse, quando Gonza tempo fa la condusse lì, che vi potevano accedere solo le persone di cui egli si fidasse di più.

La mora aveva visitato quel posto soltanto una volta. Ma in quel periodo era talmente presa dalla battaglia che presto ci sarebbe stata tra Garo e Barago, che adesso manco se lo ricordava più.

Il pavimento, diversamente dal resto di tutta la villa, era stato lastricato con mattonelle di pietra color biscotto, mentre attaccate alle pareti vi erano diversi candelabri d’ottone a tre fiamme, che rischiaravano solo alcuni angoli della zona. Kaoru deglutì, poi aggrottò la fronte con aria pensierosa e si guardò intorno. Effettivamente, un posto tetro e misterioso come quello, avrebbe fatto paura a chiunque. Nella poca luce, intravide un supporto di legno per le spade, puntellato al muro. Gli si avvicinò, e cercando il più possibile di fare attenzione, alzandosi sulle punte dei piedi, raccolse l’ultima nonché la più vicina a lei delle spade che vi erano appese.

Si trattava di un pezzo assai vecchio, per sua fortuna composto da normale ferro anziché Animetallo. Una semplice umana non avrebbe mai potuto sorreggere una spada fucinata da un materiale esclusivo come quello. 

Nel modo in cui le aveva insegnato Souka, si affaccendò ad impugnare l’ansa tinta di blu con ambedue le mani: Stavolta avrebbe fatto tutto da sola, senza richiedere l’aiuto della dama vestita di bianco, e così iniziò subito ad esercitarsi.

 

 

 

 

 

                                                                                      ***

 

 

 

 

 

Seduto al fianco di Gonza, nell’autovettura che il buon maggiordomo stava con diligenza guidando verso casa, Kouga teneva tra le mani un involucro di carta che ricordava a prima vista la sagoma di una bottiglia. Probabilmente doveva trattarsi di quel famoso saké rosso prodotto nel territorio meridionale, che avrebbe poi dovuto regalare al vecchio Cavaliere Mistico del Kantai.

La macchina nel frattempo si era fermata. Gonza aveva innestato la prima marcia con un cambio ormai antiquato, tipico di un’auto d’epoca come quella, spinto la frizione ed infine premuto il piede sul pedale del freno.

 

- C’è un traffico incredibile, signorino. – gli comunicò con voce desolata, mentre fissava davanti a sé e con aria affranta una lunga coda di macchine ferme che pareva non aver fine. Poi prese dal cruscotto un foulard colorato, e lo usò per tamponarsi la fronte sudaticcia. Sebbene il cielo fosse carico di nubi, c’era un alto tasso di umidità che circolava imperterrito nell’aria. Era un clima afoso, che attendeva l’arrivo di una bella tempesta per potersi rinfrescare. Ma non era il solo a desiderare ciò. Anche Gonza aspettava con gioia la venuta del temporale. - Temo proprio che resteremo fermi qui per un bel po’… - continuò, sempre più abbattuto, picchiettandosi la fronte spaziosa con quel fazzolettino bordò a pois blu, che pareva essere il suo unico sollievo.

Kouga guardò la lunga fila di auto ed emise sommessamente un sospiro. In un secondo momento, volse il capo alla sua destra, in direzione del finestrino accanto, proprio nel luogo in cui si trovavano una successione interminabile di negozi, ed uno di essi attirò stranamente la sua attenzione. Rimase con lo sguardo fisso lì, quando ad un tratto, voltandosi verso Gonza, domandò:

- Quanto pensi che ci vorrà, prima che il traffico riprenda a scorrere e ci faccia ripartire?

 

L’uomo sporse brevemente il capo fuori del finestrino, e con certezza affermò: - Non meno di 20 minuti! – scosse con tribolazione la testa, ma quando vide Kouga aprire lo sportello della macchina, nel bel mezzo dell’ingorgo, e scendere, si trovò spiazzato. - Ma, signorino…! – biascicò, preso così, alla sprovvista- Dove state andando?

 

- Quando tornerò scommetto che sarai ancora qui. – disse solamente, e richiudendosi alle spalle la portiera della vettura, se ne andò verso l’esercizio commerciale visto poc’anzi.

Gonza lo seguì con lo sguardo, poi gettò anch’egli un occhio alla vetrina di quella boutique, e fu solo allora che capì il perché di tanta fretta.

Non c’era bisogno, infondo, di allarmarsi, e semplicemente sorrise.

 

 

 

 

 

                                                                                      ***

 

 

 

 

 

Era stanca morta. Per riprendere un po’ di fiato, Kaoru si era lasciata letteralmente cadere a terra. Di fianco a lei, su quella stessa pavimentazione color biscotto, si trovava anche la causa della sua fiacchezza.

Si girò accidiosa con la testa, e rivolse uno sguardo alla spada.

- Io e te non abbiamo nemmeno una briciola di feeling. – mormorò abbattuta, sbuffando quasi con una punta di rabbia. Per l’ennesima volta aveva fallito. E non riusciva proprio a darsi pace. Si voltò ancora, stavolta prese a guardare il soffitto che, a dirla tutta, a causa dell’oscurità non si vedeva nemmeno.

Le uniche cose con cui riusciva ad avere feeling, erano matite, pennelli e colori.

Pensò in quell’istante proprio a ciò che le riusciva meglio, ovvero dipingere. Ricordò una ad una tutte le tele che aveva creato da quando la passione per il disegno e la pittura le avevano rapito il cuore.

Ma quando le riaffiorò nella mente anche il primo dei tanti ritratti fatto a Kouga, improvvisamente le risalì l’angoscia. – Non basteranno pennelli e matite a difendermi da quelle malvagie creature…! – sull’orlo di una crisi di nervi, si infilò una mano tra i capelli.

Vide subito che la fronte era parecchio sudata. In quel luogo completamente chiuso e privo di finestre, doveva fare molto caldo. Si alzò da terra, raccattò la spada per rimetterla al proprio posto, e per farlo raggiunse il supporto di legno assicurato alla parete di fronte a lei.

Si alzò nuovamente sulle punte dei piedi, ed allungò entrambe le braccia verso l’alto per appendere l’oggetto nel giusto posto. Al primo tentativo non ci riuscì, per cui decise di spingersi ancora un pochino più su, finché la spada non le parve raggiungere correttamente il suo alloggio. Sì, perché quella di Kaoru fu solamente un’impressione. C’era davvero troppa poca luce, nello stanzone, e le ombre ingannarono i suoi occhi al punto di farle mollare la presa, benché l’arma non si fosse perfettamente incastrata nella sede. Si schiodò da lì quasi subito, prevedibilmente, ma la pittrice fu colta alla sprovvista, e…

Accadde l’irreparabile.

Nel finire giù a picco, la tagliente lama le lambì il braccio destro.

Soltanto appena. Per sua fortuna.

Kaoru emise un gemito di dolore, poi si afferrò l’arto ferito con la mano, e la faccia si contrasse in una smorfia di repulsione. Appena sopra il polso, si era aperto un taglio lungo all’incirca una decina di centimetri.   

Per istinto, la prima cosa che fece, fu quella di soffiare sopra la ferita.

- Accidenti e quanto brucia! – piagnucolò e corrucciò la fronte per via del fastidioso dolore. – Possibile che io non ne combini mai una giusta? – aggiunse poco dopo, con fare collerico verso stessa.

Si guardò rapidamente intorno, poi guardò ancora in terra e vide che le chiazze di sangue avevano già sporcato il pavimento.

Doveva tamponare quel brutto taglio, ed anche alla svelta.

Corse via, dritta verso l’uscita, ma quando si ritrovò nella hall, beh… iniziò a desiderare fortemente di trasformarsi nella donna invisibile di uno dei tanti fumetti che leggeva suo padre da ragazzo.

Ebbene, con un’ora scarsa di anticipo, Gonza era già lì, ma… non da solo, naturalmente!

Di fianco a lui, Kouga si era da poco sfilato il soprabito, e in quello stesso attimo sollevò lo sguardo verso la fine della sala, proprio in direzione di una Kaoru che quando lo vide rabbrividì all’istante.

Per di più, il signorino aveva notato che alle spalle della ragazza, il portone della fantomatica “ala riservata ai Cavalieri”, meglio conosciuta come la stanza più inaccessibile del palazzo, era spalancato. Senza perdere tempo, la raggiunse alla svelta.     

Con un gesto istintivo, la prima cosa che fece Kaoru fu quella di nascondersi il polso ferito dietro la schiena.

- Bentornato! – esclamò, fingendo di essere calma, ma il suono della voce la tradì spudoratamente. Cercò anche di sorridere, tuttavia si vedeva che quel gesto non aveva granché di vero. Era innaturale.

 

-Perché la porta è aperta? – gli chiese immediatamente Kouga, e come c’era da aspettarselo, lei trasalì di corsa.

 

Tentò di trovare una risposta, ma prima ancora aggirò come meglio poteva la domanda: - Hai fatto buon viaggio? – Quella fu una pessima mossa. Nel cercare di apparire la ragazza più gentile ed affettuosa del pianeta, Kouga si accorse subito della trappola, e non cadde nell’inganno.

 

- Perché è aperta? – ripeté. Stavolta le parole e la voce non gli uscirono con tanta gentilezza.

 

- Ti riferisci a questa porta? – Kaoru puntò il pollice della sinistra dietro le proprie spalle, cercando di guadagnare ancora tempo. Sperava di farsi venire in mente una giustificazione plausibile. Poco dopo trovò una sorta di “surrogato” di quella stessa giustificazione. – Era già aperta, stavo per venire a controllare... Ma non sono entrata! – disse all’istante per tranquillizzarlo. Oltretutto tentò di essere convincente. 

Tuttavia, nel vederla deglutire con i nervi a fior di pelle, Kouga capì che stava mentendo. Sentiva che c’era qualcosa di strano sia nella voce, e sia nel modo di muoversi di Kaoru. Ed infatti, vide subito che la ragazza teneva la mano destra dietro la schiena, come a voler celare qualcosa.

 

- Che cosa stai nascondendo? – chiese presto, additando l’arto con un cenno degli occhi.

 

Il cuore della pittrice iniziò a battere forte. Si trovò in balia del panico più totale.

Così, nella confusione disse: - Veramente, c’è stato un… - si trattenne, e poi ebbe la dabbenaggine di lasciarsi scappare – Non è niente di grave!

 

Kouga a quel punto capì che la situazione era molto più complicata del previsto. E quando intravide delle gocce di sangue precipitare verso terra e macchiare il pavimento, fu a quel punto che ebbe un sussulto improvviso. 

- Fammi vedere! – gli ordinò con fare allarmato. Quello, voleva essere un ordine, anziché una semplice richiesta.

Per istinto Kaoru scosse il capo. Cercò anche di indietreggiare con un passetto, ma lui glielo impedì afferrandole con forza l’avambraccio.

 

- Ahi! – gemette, proprio nell’istante in cui il signorino Saejima, scoprendole il polso, s’imbatté in quello che aveva tutta l’impressione di essere un gran brutto taglio.

Ovviamente, ciò che vide non lo portò di certo a calmarsi!

- Che cosa è successo?! – sentì il bisogno di guardarla dritta negli occhi, ma lo fece con una certa durezza.

 

L’altra aprì la bocca per parlare, ma a dire il vero, non sapeva bene che cosa rispondere.

- Non è nulla! – rispose ancora, come se quella ferita che le aveva lacerato la pelle, fosse da considerarsi assolutamente normale.

 

- Un taglio del genere può soltanto essere stato provocato da qualcosa di veramente affilato. – appuntò Zarba, prendendo al volo la verità. E, di fatto, finì il resto della frase cogliendo esattamente nel segno- Non ti sarai messa a giocare con degli oggetti appuntiti, spero!

 

Kouga la fissò ancora, stavolta con più insistenza: - E’ così? – A quel punto mentirgli sarebbe stato pressoché inutile. La mora corrucciò un po’ le labbra. Sapeva bene che non avrebbe mai potuto fingere, o quantomeno, portare per le lunghe quella che fin dal principio si era dimostrata un’instabile farsa. Abbassando un pochino la testa, con le spalle al muro fu costretta ad annuire e, ciò non la salvò dall’essere sgridata in pieno. Il sospiro che emise il ragazzo, stavolta non sembrò per nulla rassicurante. E di contenere quelle parole, lui non ne voleva proprio sapere. - Si può sapere che cosa ti succede?!  

 

Kaoru trasalì. - Io… -pigolò, incespicando per via della paura- volevo solo imparare ad usare la spada. – riuscì a pronunciare, ma era piena di vergogna, mentre l’altro in un primo momento sembrò non capire il perché di quel desiderio. Perché mai Kaoru avrebbe desiderato apprendere una simile arte? Lei cercò come meglio poteva di spiegargli l’accaduto. – Ne ho presa una di quelle che si trovano appese al muso della stanza, ma quando ho cercato di rimetterla a posto… - trattenne il fiato, lo guardò con il batticuore, e poi dopo un tergiversare snervante per entrambi, concluse - mi è caduta addosso. – I battiti del suo cuore ormai non si contavano più. Socchiuse un po’ gli occhi, pronta a ricevere un rimprovero che come una saetta in mezzo al cielo le arrivò addosso all’istante.     

 

- Ti rendi conto del rischio che hai corso?! Sei stata un’incosciente!– la voce di Kouga rintronò in tutta la hall, facendo tremare come non mai la ragazza che non ebbe la forza neppure di rispondere. Kaoru non lo aveva mai visto così… arrabbiato. Stavolta pensò che gli aveva proprio fatto perdere le staffe, ma se lo meritava dopo quello che aveva fatto, era stata proprio una vera incosciente.

Kouga era agitato, forse più della stessa Kaoru, ma soprattutto per un solo attimo sentì la paura divampare in lui con prepotenza.

E se la lama di quella spada, anziché sfiorarle il braccio, l’avesse colpita in modo assai più letale? Cercò di non pensarci, e soppresse quella brutta possibilità in un lampo. 

In verità, dello strano comportamento di Kaoru, se n’era già accorto da un po’. Più precisamente, dall’arrivo della cugina.

Cercò di riacquistare perlomeno un briciolo di calma, così riuscì a continuare – Perché vuoi imparare a maneggiare la spada? – Voleva farla arrivare al nocciolo della questione.

 

L’altra tergiversò ancora prima di rispondere: - Voglio essere indipendente- dichiarò in un primo momento, e con lo sguardo sempre più convinto aggiunse d’un botto- Voglio che tu non ti debba sempre preoccupare per me, e anche se sono una ragazza qualunque, voglio che tu sia fiero di me! – Kaoru disse tutto ciò con una foga tale che alla fine non aveva più fiato.

Il Cavaliere del Makai rimase interdetto. Zarba al contrario appurò subito una cosa: - Il tuo pulcino spennacchiato ha avuto un improvviso calo di autostima.

Lui non se ne curò e quindi proseguì: - Chi è stato a metterti in testa queste strane idee?

 

Kaoru alzò un pochino gli occhi, lo guardò in faccia brevemente, e poi li abbassò ancora.

- Ecco… Souka ha detto che…

 

- Souka?! E’ stata lei?! – reagì malamente, senza neppure darle l’aggio di finire la frase. Fu travolto da una folata improvvisa di emozioni come stupore e rabbia.

 

- No! Lei non centra! Non è colpa sua se mi sono ferita!

 

- Ha parlato anche troppo. Ecco qual è la sua colpa. – sentenziò secco. Sembrava più che inamovibile. Anzi, lo era. – Gonza! – chiamò, affinché il maggiordomo medicasse la ferita di Kaoru.

 

Il buon Kurahashi sopraggiunse seduta stante invitando la signorina a seguirlo con sé, mentre il figlio di Taiga prese ad incamminarsi verso il giardino con un’espressione minacciosa stampata in viso.

 

- Ti prego! – la giovane cercò di andargli dietro – Non prendertela con lei! – fece, quasi supplicandolo. Quest’ultimo però non le rispose.

Una volta fuori, quando la cugina lo vide sopraggiungere, cessò di usare la spada. Si girò e lo guardò bene in volto.

Con garbo chiese: - Che c’è?

 

Kouga non fu altrettanto gentile.

- Lo sai bene! – tuonò bruscamente. Souka, lanciando un’occhiata furtiva verso la soglia d’entrata che conduceva dritta in casa, nel vedere Kaoru che si teneva il polso della mano sporco di sangue, comprese il perché di tanto sdegno da parte dell’altro.

 

- Non pretenderai mica dare la colpa a me, spero! – pronunciò, come a volersene lavare le mani. Dopotutto, lei questa volta non centrava niente.

 

“Kouga!” stava quasi per dire Kaoru, ma si trattenne.

Non avrebbe mai dovuto fare il nome di Souka. E di questo ne era più che consapevole. Gonza le consigliò di farsi al più presto medicare, poi la portò via da lì, e nonostante un attimo di esitazione, alla fine si convinse a seguirlo.

 

- Perché le hai raccontato quelle cose?! – chiese bruscamente il signorino. Era più che collerico nei riguardi della cugina.

 

- Le ho detto solo la verità. – sentenziò semplicemente l’altra. – E’ forse un reato? Inoltre, lo sai bene anche tu che la moglie di un Cavaliere del Makai non può essere una donna qualsiasi.

                                                                                                              

- Sciocchezze! Non c’è nessun regolamento che lo vieti!

 

- Confermo! – asserì prontamente Zarba, accodandosi alle parole del suo possessore. – In quanto spirito millenario, conosco perfettamente a memoria il codice dei Cavalieri Magici. – si vantò presto.

 

Souka con scioltezza rinfoderò la propria spada, e benché il regolamento lo conoscesse benissimo, non poté fare a meno di ricordargli una cosa. - Anche tuo padre decise di sposare una promettente sacerdotessa. Ma correggimi se sbaglio, ti prego! – sembrò beffarlo infine.

 

- Non sbagli affatto. – sintetizzò Kouga. E dopo un istante di riflessione, richiamando a sé l’immagine dei suoi genitori, dichiarò con una semplicità unica: - Ma lui decise di sposarla perché ne era innamorato.

 

A Souka le sfuggì un sottile sorriso. – E tu, sei veramente convinto che quella ragazza lo sia di te?

 

La domanda lo fece innervosire. - Cosa stai insinuando?

 

Ancora una volta la Spalla Mistica rise.

- Una bella villa, ed un ingente patrimonio lasciato in eredità dal defunto padre farebbero gola a chiunque. – insinuò, con grande cattiveria. E quell’affermazione, di cattiveria, ne aveva veramente tanta.

 

Per Kouga fu addirittura troppa.

- Ne ho abbastanza delle tue intollerabili insinuazioni! – sentenziò bruscamente. Ma la sentenza più grossa e pesante, arrivò dopo- Raccogli le tue cose, e tornatene a casa!

 

Dopo quelle parole, pronunciate con un astio ed un disprezzo che chiunque, anche se si fosse trovato a chilometri di distanza da lì, avrebbe potuto percepire, Souka parve trasformarsi in una statua di ghiaccio. Stentò quasi a credere che suo cugino le avesse detto di andarsene.  

Il lampo di un tuono attraversò il cielo, squarciandolo in seguito con un fragoroso boato.

Kouga rientrò in casa lasciandosi alle spalle la dama dalle vesti bianche che, immobile in giardino, rimase a fissarlo. Le sembrò che il cugino irradiasse malevolenza dalla schiena. E in effetti, era proprio così.

Lui raggiunse lo stanzone oscuro e vi entrò. La prima cosa che attrasse la sua attenzione, furono delle piccole macchie di sangue, sparse qua è la, che formavano una lunga scia che sembrava condurre a qualcosa. Il ragazzo seguì il percorso, finché non lo portò dritto all’oggetto che aveva ferito Kaoru. Riversa al suolo c’era una delle sue vecchie spade, ed ancora, accanto ad essa, un altro cumulo di quelle rosse chiazze. Raccolse l’arma da terra, e la rimise al proprio posto. Lui sì, che non ebbe nessuna difficoltà nel farlo.

Rifletté a lungo. Nella mente si ricostruì quello spiacevole accaduto che per fortuna non aveva causato nulla di veramente grave.

Rivide l’attimo in cui la lama aveva sfiorato Kaoru, e vide quel taglio espandersi, colorarsi di rosso.

Immaginando ciò, gli si strinse il cuore.

Nello stesso momento, si udirono dei passi. Il Cavaliere si girò. La figura venne illuminata dalla luce di uno dei candelieri d’ottone a tre fiamme, e Zarba, per ripicca non riuscì a trattenersi: - Ma come? Sei ancora qui?  

Souka non proferì parola. Tutto ciò che fece, fu portarsi d’innanzi al cugino.

- Non mi piace che qualcuno mi tenga il broncio. Soprattutto quando sto per andarmene.

 

- E’ un problema tuo. – gli rispose con amarezza l’altro. I modi di fare erano sempre più freddi e distaccati.

 

- Non ti sto chiedendo né di farmi diventare la tua spalla Mistica, né tanto meno di essere la tua donna. – gli disse liberamente, con disinvoltura- Ma permettimi almeno di fare la pace. - Senza dargli neppure l’aggio di controbattere, cercò di toccare la guancia di Kouga con la mano, ma quest’ultimo le afferrò il polso e la trattenne. La bella donna sospirò affranta, tuttavia aveva un che di malizioso quel gesto – Non ti attraggo neppure un po’, Cavaliere?

 

In cambio, Souka ricevette solo un’amara risposta.

- Molto probabilmente, quando finirai di giocare ti accorgerai che qualcuno si è fatto male per davvero.   

 

Quella frase centrò esattamente un bersaglio che sembrava essere ben nascosto, e lei scoppiò letteralmente in lacrime.

Fino a pochi minuti fa, una reazione di questo genere sarebbe stata impensabile da parte sua. Eppure, fu proprio ciò che successe. Il viso della bianca dama di porcellana che aveva l’eleganza di un fine manto di seta, si rigò di sottili lacrime. Anche Kouga, nel vederla piangere, non poté fare a meno che sorprendersi.

Ma cos’era stato a provocare in Souka una simile reazione? Lì per lì non riuscì a darsi una risposta, ma fu grazie alle parole della stessa donna, che il signorino Saejima capì finalmente tutto.

- Quel Cavaliere Mistico che assistevo in battaglia, era mio padre! – enfatizzò, con una voce sommersa dallo sconforto. Dopo un’affermazione simile, nei pensieri del ragazzo riemerse come d’incanto il volto del valoroso Shigeru, marito della zia Sanae, nonché padre di Souka. Nonostante fossero passati anni, non gli fu difficile ricordare i lineamenti di quell’uomo che combatteva con lealtà nell’ordine dei Cavalieri di Bronzo della sua casata. Ma il ricordo più doloroso lo assalì quando la cugina gli fece successivamente un’importante rivelazione- E’ stato ucciso davanti ai miei occhi da un Cavaliere d’Oro simile al tuo Garo!

 

Nella mente, nell’animo ma soprattutto nel cuore di Kouga, tornò con prepotenza il lontano ricordo di quella notte di quasi 20 anni fa, in cui Barago trafisse Taiga davanti allo sguardo di colui che era solo un innocente bambino.

E Kouga lo sapeva. Sì, sapeva che cosa Souka avesse provato in quella circostanza. Lo sapeva proprio perché lo aveva provato anche lui.

Fu pervaso da un violento brivido che lo fece restare senza parole. Ma il fiato gli mancò anche per un altro motivo. Ad uccidere Shigeru, era stato quel gemello cattivo di cui non se ne conosceva l’origine.

Un Lupo Dorato che non faceva altro che seminare caos, scompiglio e… adesso anche dolore. Ad uccidere il padre di Souka, era stato quel Garo.     

Non poteva crederci, non riusciva a crederci, eppure era vero!  

 

- Quando? – seppe solamente chiederle.

 

- Cinque giorni fa. – rispose la giovane, ormai con la voce sporcata dal pianto.- Subito dopo il funerale, non sono più tornata a casa. Vivere tra quelle mura, circondata dai ricordi di una persona che nessuno potrà più riportarmi indietro, non può che provocarmi…

 

- Nient’altro che dolore. – finì Kouga al suo posto, con lo sguardo perso nel vuoto o semplicemente imprigionato dai ricordi del passato.

 

Souka lo guardò dritto negli occhi, intensamente.

- Tu puoi capirmi, vero? – gemette dopo. E non appena il Cavaliere Mistico le accennò un sì con la sola forza dello sguardo, lei si lasciò cadere verso quel torace vestito di nero per cercare conforto. Vi appoggiò il capo e premette la fronte per fare in modo che la rabbia le scorresse via, lontano da quella che adesso era l’anima di una sottile dama sommersa dal dolore. – Perdonami- disse poi, mentre sentì il bisogno di rivelargli qualcosa- Io ho cercato di fare del male a quella ragazza. – confessò disperata, alludendo a Kaoru.

Quelle parole turbarono Kouga, ma un altro evento imprevedibile, tuttavia, lo avrebbe a breve scombussolato di più.

 

Immobile, ferma a metà tra la linea di confine che delimitava la hall dalla sala oscura, Kaoru vide le braccia di Souka cingere la vita di colui che sarebbe dovuto diventare una presenza fissa del proprio futuro. Nel bene e nel male lei avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di trasformare i suoi sogni in realtà.

Ma questi, le vennero giù come castelli di sabbia.

 

Dunque, Kouga aveva scelto di rispettare il regolamento e disfarsi di una figura ingombrante come lei? Era questa la sua decisione?

Certo, l’essersi ferita con quella spada e quindi aver dimostrato di essere una persona debole ed incapace che non sarebbe potuta mai divenuta una vera combattente, forse le aveva fatto perdere dei punti importanti. Punti che poi sarebbero finiti dritti nel tabellone di Souka.

Ma dimenticarla così alla svelta, cancellare con un colpo di spazzola dei ricordi, dei momenti vissuti con la stessa intensità di una saetta che squarcia la tela di un cielo blu profondo, l’aveva completamente annichilita.

Eppure, non era così che stavano le cose. Kaoru aveva frainteso tutto nel peggiore dei modi, ma non riuscì a rendersene conto, in quel momento, semplicemente perché era confusa ed impaurita.      

Il rombo di un tuono si stagliò nel cielo. L’incredibile boato la colse alla sprovvista, e senza neppure accorgersene, dettato dall’istinto e dalla paura, compì un passo all’indietro che le fece urtare con la gamba il battente dischiuso della porta. Quel gesto produsse un tonfo secco e deciso. Kouga si voltò in direzione dell’uscio e dallo spiraglio scorse la sagoma oscurata di una figura esile. Sagoma che sarebbe stato in grado di riconoscere tra mille. Ebbe appena il tempo di osservare un volto flebilmente bagnato dalla luce della plafoniera d’ottone a tre fiamme.

Un paio di occhi umidi ed un viso dall’espressione sfatta, fu tutto ciò che riuscì ad intravedere, perché poi sparì dalla sua vista.

Kaoru si girò di scatto e scappò via, trascinando dietro di sé vere lacrime. Souka non si era ancora resa conto di nulla. Capì nel momento in cui il ragazzo urlò a gran voce il nome dell’unica donna che gli aveva fatto battere follemente il cuore.

 

Nel bel mezzo dell’atrio, Gonza vide la ragazza sfrecciare via come un lampo, con un’espressione sconvolta sul viso.

- Signorina! Aspetti! – pronunciò alla svelta – Fuori sta diluviando! – fece appena in tempo a dirle, ma ciò non servì a farla arrestare.

Kaoru si gettò in strada, l’acqua che veniva giù a fiotti la inzuppò in breve tempo, investendola con immane violenza. Proprio come se qualcuno le avesse gettato addosso una secchiata d’acqua improvvisa.

 

- Gonza! – esclamò Kouga, catapultandosi di corsa nella grande hall.

 

L’uomo gli indicò al volo il punto in cui era sparita.

- E’ corsa fuori! – poi dentro di sé pregò che il signorino la trovasse alla svelta.

 

Sfrecciò via, con la rapidità di una locomotiva impazzita, e si buttò all’esterno. Discese la breve rampa di gradini che portavano in strada, ma prima di prendere il largo si fermò sul ciglio della via. Con un movimento rapido degli occhi si guardò attorno, ed una volta intravista la sagoma di Kaoru in lontananza, iniziò l’inseguimento.

 

Souka si avvicinò ad un Gonza letteralmente in tribolazione che stava attaccato alle lastre di una finestra dell’atrio.  

 

- E’ colpa mia. – dichiarò la dama, e si accostò anch’essa a quei vetri. Fuori si vedeva davvero ben poco, tant’era copiosa la pioggia. Se fosse successo per davvero qualcosa a quella ragazza, il rimorso non le avrebbe dato più tregua. E questo, il caro e vecchio Gonza lo intuì senza pretese. Ne era più che certo: - Vedrete che vostro cugino riuscirà a riportarla a casa!

Souka sembrò per un attimo rincuorarsi. E solo in quel momento si rese conto di una cosa assai importante: Lei da suo cugino non voleva amore, bensì semplice affetto. Stava cercando disperatamente ed inconsciamente di sostituire la figura del padre scomparso con quella di Kouga.

Però aveva troppa rabbia dentro, e ciò inevitabilmente l’aveva condotta a sbagliare.

Meditò su questo, mentre osservava in silenzio la tempesta che impazzava all’esterno.

E sembrava veramente una pioggia impazzita, quella che veniva giù a picco dalle nuvole e s’infrangeva con durezza sull’asfalto. Quel diluvio inarrestabile avrebbe fermato chiunque.

Eccetto una ragazza dal cuore ferito come Kaoru.

 

 

Correva, correva a perdifiato senza mai fermarsi, senza mai voltarsi, squarciando la barriera di pioggia con la sua esile corporatura. Correva via senza una meta precisa, senza controllo, e quella strada di fronte a lei la vedeva a malapena. Giunta allo sfinimento, si fermò per riprendere fiato. Le mani appoggiate sulle ginocchia, la schiena curva verso il basso, e gli occhi chiusi, respirava velocemente, aveva il fiatone, ma non poteva fermarsi. Non ora.

 

- Kaoru! – Kouga chiamò quel nome spingendo le corde vocali al massimo. Fu un grido che oltrepassò la tempesta. Nonostante il fragore dell’acqua, l’artista riuscì a sentirlo, e riprese a muoversi malgrado si sentisse le gambe pesanti come piombo.

Correva, e mentre lo faceva, le gocce delle sue lacrime si confondevano con quelle della pioggia, divenendone un perfetto tutt’uno.

Poi successe l’imprevedibile: i fari abbaglianti di un grosso veicolo capitombolarono nel bel mezzo della strada. Per il conducente, scorgere Kaoru ed avere il tempo necessario per frenare, sarebbe stato impossibile. Chiunque, con un tempaccio di quelle dimensioni, avrebbe avuto difficoltà.

Kouga elaborò il pericolo seduta stante. Senza indugiare, aumentò il ritmo incessante dei passi, così come salì anche quello del cuore, e chiese alle proprie gambe di raggiungere il massimo.

Kaoru riuscì ad intravedere finalmente le luci di quel mezzo che pareva trovarsi ad un passo da lei, ma di botto diventò una statua e si bloccò in mezzo alla via.     

L’impatto sarebbe stato tremendo, tuttavia quel coraggioso Cavaliere del Makai, di coraggio ne aveva da vendere. Si gettò a capofitto alle sue spalle, e chiudendola forte tra le braccia, la trascinò con sé via da lì.  

Il mezzo passò di fianco ad entrambi, e quella scena, se osservata da un’angolazione diversa, avrebbe certamente fatto credere al peggio.

 

- Lasciami andare! – strepitò subito la ragazza, nonostante avesse il fiatone, mentre si dimenava come una furia tra quelle braccia. Anche Kouga di fiato ne aveva in verità pochissimo. Kaoru riuscì a sentirlo respirare con affanno, nonostante egli si trovasse alle sue spalle. Poi di scatto riuscì a girarsi verso di lui. Lo ferì con uno sguardo. – Che cosa vuoi ancora da me?!

 

- Voglio che tu la smetta di piangere. – disse semplicemente, guardandole il viso completamente rigato e gli occhi arrossati.

 

- Non sto piangendo! Queste non sono lacrime, ma soltanto pioggia! – replicò con affanno, ma un singhiozzo di pianto la tradì.   

Chiunque avrebbe stentato a capire se su quel viso ci fossero state lacrime o solo gocce di pioggia. Eppure Kouga riuscì perfettamente a separare le une dalle altre.

 

- Che strano… - disse il Cavaliere Mistico a voce bassa, come se stesse parlando tra sé- Se questa che hai sul viso è solo pioggia, allora perché anziché cadere dal cielo, scende dai tuoi occhi?   

 

Fu quasi impossibile descrivere l’effetto che le parole di Kouga ebbero su Kaoru.

Lei avrebbe voluto molto trattenere il pianto, ma dentro di sé c’era così tanta tristezza… In preda alla rabbia gli colpì il torace con uno schiaffetto, ed in seguito fece quello che avrebbe dovuto fare già da tempo. Raccolse il fiato e, parola dopo parola, finalmente cacciò fuori ogni sua paura.

 

- Io ho provato ad essere forte, ed ho creduto di potermi trasformare in una persona capace di cavarsela da sola! Volevo non esserti d’intralcio o pesare su di te! Tu hai già tanti problemi da affrontare... E prima o poi ti stancherai di soccorrermi, e a quel punto vorrai al tuo fianco una ragazza che sappia tenere testa agli Orrori con una forza che io non potrò mai avere! E poi…- emise, ma a quel punto, senza fiato non riuscì a dire altro.  

Kouga aspettò che lei si fosse calmata, attese e solo dopo le confidò una cosa che a sua volta gli aveva raccontato Gonza, quand’era ancora un bambino.

- Il giorno in cui i miei genitori s’incontrarono, fu durante la celebrazione di una festa che quella sera si stava tenendo in uno dei villaggi del Kantai. – cominciò, e nel parlare il suo sguardo si fece distante, tant’è che sembrò abbandonarsi ai ricordi. -Mio padre si trovava lì perché doveva portare a termine una missione, e durante i festeggiamenti, tra la folla gremita, una giovane fanciulla con un abito bianco gli finì accidentalmente addosso. Quando lui cercò di tenderle una mano per aiutarla a sollevarsi da terra, lo sguardo di quella figura s’imbatté nel suo, e fu allora che lui capì che quella sarebbe stata l’unica donna della sua vita.

 

Kaoru trattene il fiato. Aveva seguito con molta attenzione il racconto di Kouga. In verità, lui dei suoi genitori non ne parlava così volentieri. E quelle parole, in un certo senso l’avevano stupita. Tuttavia, non ce la faceva proprio ad allontanare la rabbia che aveva dentro. Giunta a quel punto, non sapeva se provare rancore verso il ragazzo, che all’apparenza sembrava aver scelto Souka, oppure verso se stessa, perché non era riuscita a trasformarsi nella donna che il Cavaliere Mistico per eccellenza avrebbe dovuto sposare.

- Perché mi stai dicendo queste cose? – riuscì solo a dire.

 

Kouga non esitò un solo attimo nel pronunciare la risposta.

- Soltanto dopo quella sera, mio padre scoprì che la donna di cui si era innamorato, e che un giorno mi avrebbe dato alla luce, era una Sacerdotessa del Makai.    

 

Ebbene, tra Rin e Taiga Saejima, a prevalere prima di ogni altra cosa, non era stato uno stupido quanto infondato regolamento, bensì la sola forza di un amore sbocciato all’improvviso e destinato nel tempo a diventare immortale.  

Ecco, era questo il significato di quelle parole.

Da entrambi i lati della faccia, Kaoru sentì un calore inspiegabile che le stava solcando le guance. Si trattava di lacrime talmente cocenti, che le fecero salire tutta la temperatura del corpo al viso. Molto probabilmente, quelle furono le ultime, ma non per questo le meno importanti. Non si trattava di semplici gocce ricolme di rabbia, anche perché nel suo cuore la tristezza aveva deciso finalmente che era giunto per lei il momento di lasciare spazio a qualcosa di ben più prezioso. Le parole di Kouga le erano servite a comprendere una sola quanto unica realtà: Quella in cui la favola di un Cavaliere e della sua Principessa, non avrebbe mai avuto fine.

E la principessa di quella favola, non poteva che essere soltanto una: Kaoru.

E sì, stavolta stava piangendo, ma per la gioia di quel cattivo presagio che ormai stava volando via. Molto lontano.

Tutto ciò che riuscì a dire, con le parole che restandole in gola non le permisero di parlare, lo esternò gettandosi tra le braccia di un Cavaliere gocciolante, ma finalmente ritrovato.    

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

- Potevate scegliere un tempo migliore per litigare. – commentò Zarba, non appena furono all’asciutto, sotto il riparo di una tettoia sorretta da due colonne in pietra, che si trovava proprio sopra il portone d’ingresso della villa. L’anello gotico provava nei riguardi dell’acqua una certa avversione.

Kouga e Kaoru si erano fermati lì, dopo aver risalito la breve rampa di scale che portava al palchetto leggermente sopraelevato del porticato, senza raggiungere ancora il portone. Infatti aveva i battenti completamente sbarrati, e sembrava aspettare soltanto che qualcuno, introducendovi la chiave nella serratura, lo sbloccasse.

Le piante ai lati di ciascuna colonna, erano totalmente bagnate. Le goccioline continuavano imperterrite a scivolare su quelle cascate di foglie dal colore verde mela, e a fargli assumere un effetto lucente che si accentuava di più quando i fasci del vento le scuotevano. Tuttavia, non furono le uniche a dare l’impressione del fradicio.

I ragazzi lo erano altrettanto, e sul pavimento color panna a capo del portone, per via dei loro indumenti bagnati, si erano formate delle pozzanghere d’acqua striminzite, che un materiale compatto come il marmo non poteva assorbire.   

Il soprabito bianco del ragazzo grondava acqua da tutte le estremità. Praticamente, sembrava un indumento appena lavato ed in procinto di essere appeso all’aria aperta, sotto ai raggi del sole.

Ma in cielo, anche se nascosta chissà dove, c’era la luna. In aggiunta, quel diluvio pesante non aveva accennato a smettere neppure per un secondo.

Kaoru lo squadrò brevemente da capo a piedi, e fu presa dai rimorsi. Irrimediabilmente.

Sapeva benissimo che per la seconda volta, quel giorno, aveva rischiato di farsi male per davvero Stavolta addirittura di finire investita da un pesante automezzo.

Aveva commesso un grave errore, e si era chiesta anche del perché Kouga non l’avesse ancora rimproverata. Già, poiché in una circostanza del genere, ne avrebbe avuto il pieno diritto.

Fu lei quindi a farsi avanti per prima. Chinò gli occhi a terra con aria mortificata, poi commentò abbattuta: - Sono stata una stupida a correre sotto la pioggia in quel modo, e per di più nel bel mezzo della strada. – Si sentì la ragazzina più sciocca del pianeta.

 

- Già. – concordò solamente il signorino, stringendo un attimo gli occhi come per dirle che avrebbe dovuto seriamente meditare su ciò che le era successo. Ma convenne di non farle pesare oltre la questione.

 

L’artista lo scrutò ancora, guardò l’acqua che continuava a scendere dal bianco cappotto, poi si portò d’innanzi a lui. Kouga aveva i capelli completamente bagnati, e la frangia impregnata gli ricadeva all’ingiù con pesantezza, arrivando a coprirgli un po’ gli occhi. Kaoru la scostò, cercò di allontanare quei ciuffi dalla fronte e, nel farlo, egli sentì dentro di sé una piacevole sensazione. Era come se Rin, sua madre, fosse stata lì, a prendersi cura di lui.

Poi, grazie al gesto della giovane, egli riuscì ad osservarla meglio.

I capelli neri le ricadevano ai lati del viso e parevano rubinetti d’acqua corrente, tant’era continuo quel flusso. Col tempo però cominciarono ad assomigliare di più a dei rubinetti semplicemente gocciolanti, dato che da quelle ciocche adesso l’acqua colava giù a piccole dosi. Vide anche che la lunga fasciatura avvolta attorno al polso, ormai umida, aveva bisogno di essere cambiata.

 

- Devi asciugarti. – le disse, e la voce parve assumere un tono premuroso. Poi si girò per raggiungere il portone. Il soprabito si muoveva sospinto dal vento.

 

- Grazie! – esclamò ad un tratto la dolce moretta. Kouga sussultò. Si voltò appena verso di lei, con incertezza. – Grazie per avermi salvato ancora, grazie per non avermi abbandonato, e… - con lo sguardo abbassato e le labbra leggermente piegate all’insù in quello che aveva tutta l’impressione di essere un piccolissimo ma raggiante sorriso, asserì infine- Grazie soprattutto per avermi aperto e regalato il tuo cuore! – Dopo quella farse, cadde un silenzio surreale, pregno di significati, ma breve. Fu spezzato ancora da Kaoru stessa, che proseguì, decisa a fare le sue dovute scuse, con una sfilza di parole che sembrava non finire più. - Riguardo a quella spada… Ti prometto che la pulirò così bene, che alla fine sembrerà come nuova! Naturalmente farò lo stesso anche con il pavimento della stanza, della hall, per non parlare della cucina che fino a ieri era un vero…- Vide Kouga venirle incontro, e a quel punto le venne meno la voce. Forse aveva mal di gola, o più semplicemente aveva esaurito le riserve d’aria nei polmoni, e ciò avrebbe giustificato come si deve quell’improvviso mancamento.

Ma la verità fu ben diversa.

 

La voce le venne meno per un semplice motivo: Kouga l’aveva coperta con le sue labbra.

E lei non capì più niente.

 

Per quanto tempo, entrambi, avevano provato invano a scambiarsi un bacio?

Troppe volte si erano avvicinati, e troppe volte qualcuno o qualcosa aveva negato loro la possibilità di farlo.

Ma adesso, proprio con la stessa intensità di quel temporale, finalmente ci erano riusciti.

Il ticchettio della pioggia si unificò a quello di due cuori che palpitavano all’unisono, con un diluvio che impazzava sullo sfondo, burrascoso come non mai, ma non solo lì. Anche dentro di loro, con una scia di vorticose emozioni, stava proprio diluviando. E le gocce di pioggia che bagnavano i loro visi, si miscelarono le une alle altre, con profonda armonia, caricandosi di forti sentimenti.   

 

Dai vetri chiusi di una finestra sopra la quale scivolava con sveltezza l’acqua, Gonza rimase ad osservare quell’immagine, e mentre la bocca gli si curvava in un sorriso, garbatamente e con educazione si allontanò da lì, lasciando un leggendario Cavaliere Mistico dell’Est e la sua dolce fanciulla, uniti da un gesto d’amore considerato come il più romantico in assoluto.

Il più puro.

 

 

 

 

 

                                                                                    ***

 

 

 

 

 

- Sei proprio sicura di volertene andare? – disse Kaoru a Souka, mentre si trovavano all’aperto, ai piedi della gradinata davanti alla villa.

 

- Mia madre ha bisogno di me. E adesso che mio padre non c’è più, sarà compito mio occuparmi delle questioni diplomatiche legate alla casata dei Cavalieri di Bronzo.

 

In quel frangente, Gonza si accinse a portarle la valigia per caricarla nel cofano posteriore dell’auto, in quanto sarebbe stato il maggiordomo stesso ad accompagnarla verso casa.

 

- Allora non cercherò di trattenerti. Però sappi che qui sarai sempre la benvenuta! – le esclamò la pittrice, con allegria e tanta cordialità.

Souka fece un sorrisino. Anche se d’acchito cercò di occultarlo. E nel momento in cui si mise di profilo, Kaoru intravide il fermaglio che le aveva regalato il giorno prima, cingere con eleganza l’attaccatura della sua lucente coda di capelli. Non disse nulla, ma il cuore le si riempì di una gioia immensa.

 

Poi inaspettatamente Souka le protese una mano: - Alleate? – proferì, e stavolta la guardava negli occhi con aria amichevole.

Kaoru non esitò un secondo: - Alleate! – e le strinse con calore la mano.

 

- Se dovessi avere bisogno d’aiuto, sai già dove trovarmi. – dichiarò una voce, giunta di sorpresa alle spalle delle due. Si girarono, e la giovane Saejima arricciò il naso con aria sdegnosa- Appena in tempo, cugino. Un minuto più tardi, e non mi avresti più trovato. – Si fece vedere profondamente seccata da ciò.

 

- Lo sai anche tu che gli Orrori non aspettano. – puntualizzò Zarba, e proprio come c’era da aspettarselo, la donna in kimono bianco non rimase zitta.

 

- Nessuno ti ha interpellato, Madougu.

 

- Presuntuosa! – mormorò seduta stante l’oggetto magico. Anche se a voce bassa, Souka sentì ugualmente, e lo ferì con la sola forza di uno sguardo.

 

- Tuttavia- riprese la bella dama, concentrando la propria attenzione sul cugino- Ad aspettarti avresti trovato una promettente artista. E a te basta solo questo, non è vero?

Il giovane taciturno scelse di non commentare, e Kaoru da parte sua non poté fare a meno che sentirsi in imbarazzo.

Poco prima di infilarsi nell’autovettura guidata da Gonza, che aveva già il motore acceso, fece un gentile inchino ad entrambi, ed infine partì, facendo ritorno a casa.

 

 

 

 

 

Souka è giunta da noi come un velo di sottile seta bianca che cade dal cielo. Non è stato facile conquistare la fiducia di quella che, anche se all’apparenza può sembrare una ragazza normale, in realtà è una donna dallo spirito coraggioso. Ma se adesso lo sono diventata un pochino anche io, il merito è suo. E ora che so di aver guadagnato l’appoggio e l’amicizia di una persona come lei, capisco che, in fin dei conti, tutti i miei sforzi sono serviti a qualcosa! 

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

                                                       

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Eccolo qui, il tanto atteso capitolo dove i due Romeo e Giulietta (piuttosto atipici), finalmente si danno ‘sto benedetto bacio! ^o^/ Era ora, diranno molti di voi… e vi capisco. Ho aspettato così tanto perché volevo rendere questo momento davvero unico, sospirato, desiderato. Non vi nascondo in effetti che questo è uno dei miei capitoli preferiti… a parte il bacio, mi piace l’idea del diluvio, di vederli bagnati dall’alto vero il basso, ma stretti l’uno all’altra. Non so, mi prende molto questa parte!

Naturalmente, qua l’illustrazione ci sta tutta! Ecco il link: http://1.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/S-RhUJwWsZI/AAAAAAAAAJg/0eYYwq9acvk/s1600/Botan+67.BMP

E’ senza dubbio uno dei miei disegni preferiti. L’ho sentito proprio parecchio, e mentre ricreavo l’acqua, pensavo a farle assumere un aspetto più reale possibile. Volevo che insieme ad essa, la scena prendesse vita, perché in realtà mi piacerebbe proprio vedere una cosa così sugli schermi della tv… *botan adesso va in depressione*

Spero che Souka, dopo quanto scoperto non vi stia più antipatica…! Infondo, non è male come ragazza, e vi dirò che mi sono affezionata molto a lei, ultimamente. Comunque, per un po’ non la rivedrete.

Tornerà tra una decina di capitoli.

Ok, detto questo, ho pubblicato il chap oggi perché è il compleanno di Botan! ^__^/ Volevo fare un regalo io a voi, diciamo, perché voi lo fate già a me ogni volta che leggete la storia, la commentate e la seguite con passione ed affetto! Sul serio, non mi aspettavo così tanto consenso da parte vostra, e spesso mi rifiuto quasi di credere a ciò. Però quando leggo le vostre recensioni, mi rendo conto che c’è la presenza, che voi ci siete, e quindi devo per forza crederci.

Mi commuove davvero tutto questo.

 

 

 

Per seasons_girl: Carissima Irene, come vedi tra i due nostri “bombolotti” (perché sono di una tenerezza smisurata…!) è finalmente successo qualcosina! Si son dati, come dicevi giustamente tu, una mossa! E più in là ne vedrai delle belle, garantito! C’è qualcosa già nel decimo episodio… Non ti dico altro per non rovinare la sorpresa, però scommetto che ti piacerà parecchio…!

 

Per _Elentari_: Oh, che bello che il Kouga versione dolce ti sia piaciuto! ^__^ Fa tenerezza, vero?

Guarda, io ogni volta che mi leggo le tue recensioni, chissà perché ma rido quasi sempre! Quella della candela votiva è fortissima! XD Immagino già la scena: Tu che vai davanti ai KAT-TUN con questo cero enorme e loro che ti fissano con un’aria stranita… E’ magnifico!!!

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Un viaggio verso una terra antica e misteriosa. Kouga incontrerà delle vecchie conoscenze mentre cercherà di fare luce sugli eventi che stanno condizionando la sua vita.

Kaoru questa volta sarà con lui, ed entrambi si ritroveranno per la prima volta ad affrontare una situazione alquanto insolita che li coglierà alla sprovvista.

Il Kantai sta arrivando!

Prossimo episodio: #10 Portafortuna.

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Capitolo 11
*** #10 Portafortuna ***


- Ho bisogno di un permesso

                                     Portafortuna

                                           #10

 

 

 

 

 

 “L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

- Ho bisogno di un permesso per recarmi nel Kantai. – annunciò al suo sovrintendente, ovvero il Cane da Guardia del Nord, l’erede di Taiga Saejima.

Il sommo guardiano inizialmente tacque. Preferì dapprima scrutarlo in volto, e lo faceva con l’aria di chi senza fare domande, avesse già capito tutto. Tuttavia, prima di accordargli quel permesso, la sentinella vestita di bianco trovò necessario ribadire un unico quanto obbligatorio concetto: - Non voglio guai di nessun genere. – dichiarò, poi concluse precisando – Ti concedo due giorni. Fa in modo di farteli bastare.

 

Kouga annuì con una certa sicurezza, in seguito accennò un inchino con il capo. – Sarà fatto. – disse soltanto, ed andò via.

 

 

 

 

 

                                                                                    ***

 

 

 

 

 

Kaoru stava sorridendo con una luce negli occhi davvero particolare.

Aveva l’aria di chi da un momento all’altro avrebbe fatto chissà cosa, tant’è che sfoderando una rapidità impressionante, si accinse a sgomberare il banco che adoperava nell’aula di pittura, durante le lezioni, dalle sue cose.

- Quanto entusiasmo! – esclamò Ikuo Shiota, arrivato ad un tratto alle sue spalle. Il giovane la stava osservando con attenzione, ed il suo innato senso di curiosità non lo avrebbe più lasciato in pace se non le avesse chiesto il perché di tanta eccitazione. – E’ successo qualcosa di bello?

 

L’artista annuì splendidamente. – Sto per partire! E non vedo l’ora di andare a casa e preparare il necessario! – disse con entusiasmo. Assomigliava ad una bambina in festa.

 

- Un viaggio? E dove, se non sono indiscreto.

 

- Visiterò una terra selvaggia e millenaria, fatta di antichi villaggi circondati da foreste e alberi, in mezzo alla natura incontaminata! – esclamò, e con la mente parve immergersi totalmente in quello che, stando alle parole di Gonza, doveva essere un luogo molto speciale.

Sì, perché era stato lo stesso maggiordomo, la sera prima, a parlarle del Kantai.

 

“ Vedete, signorina… Il Kantai è una terra millenaria, che racchiude tra lo splendore incantato delle sue foreste verdeggianti, un fascino unico al mondo. Sono in molti a pensarla in questo modo. Inoltre, i Cavalieri della Notte Bianca che proteggono quel luogo, sono considerati tra i più eleganti di tutte le Casate. Per non parlare dei villaggi…! Talmente antichi e naturali, che si ha l’impressione di essere tornati indietro nel tempo. La popolazione, inoltre, è ancora molto legata alle tradizioni ed alle cerimonie sacre che si celebrano ormai da millenni. Oltretutto, sono persone estremamente gentili. Dopotutto, il termine “Kantai” significa proprio ospitalità, accoglienza calorosa! E’ un posto che vale davvero la pena visitare, credetemi!”    

 

Queste, furono esattamente le espressioni che utilizzò Gonza per descrivere il vecchio continente.

Kaoru, come ogni artista che si rispetti, ne era rimasta semplicemente affascinata. Sperava in cuor suo di riuscire a ritrarre scenari mozzafiato da poter, un giorno, far vedere a tutti nelle proprie mostre. Una terra così magica, l’avrebbero dovuta ammirare in tanti. 

 

Ma c’era anche un altro motivo che la spingeva ad andare nel Kantai: Jabi.

Era venuta a sapere da Kouga che la Sacerdotessa del Makai, dopo che lui la ebbe salvata dall’albero bestia, era rimasta a vivere in quel luogo.

E Kaoru doveva ad ogni costo rivederla per dirle semplicemente “grazie”. Sia per lei, che per Kouga stesso, Jabi aveva fatto davvero tanto.

Sì, doveva assolutamente esternarle tutta la propria gratitudine. E non vedeva l’ora di farlo.

 

Sempre più rapita da quel sogno ad occhi aperti, ad un certo punto ritornò in sé e con agitazione si mise a guardare l’orologio da polso.

- Accidenti, devo muovermi! – disse in tutta fretta. Andando per ordine, raccolse il resto dei libri che c’erano sul banco, li infilò nella la sacca marrone, e si caricò la tracolla sulla spalla.

 

Ikuo non poté fare a meno di ridere. Quelle movenze così buffe avrebbero strappato un sorriso a chiunque. Poi, sempre più incuriosito, proseguì con le domande: - E’ stata un’idea tua, o del tuo fidanzato?

Kaoru si bloccò come disorientata. Non sapeva bene che cosa pronunciare.

- A dire il vero- cominciò, con uno sguardo che di stare fermo proprio non ne voleva sapere- l’idea sarebbe mia… Questa mattina volevo proprio parlargliene, ma era già uscito di casa. – ammise. Si sentiva un po’ in ansia per ciò, tuttavia di colpo si riprese, e le tornò il buonumore- Ad ogni modo, sono certa che non troverà nulla da ridire!  

 

 

 

 

 

                                                                                 ***

 

 

 

 

 

- Ma perché no?! – sbuffò arrabbiata la giovane artista, andando avanti e indietro per tutto il salottino. Sembrava fuori controllo.

 

Dalla parte opposta, intento a ripulire la lama della spada con un panno imbevuto da un particolare tipo di liquido verdognolo, Kouga le diede una risposta sbrigativa ma concisa: - Ti ho già detto che non puoi venire con me.

 

Kaoru sbatté per rabbia un piede in terra, poi sollevò con la stessa foga gli occhi in aria. Aveva un viso veramente imbronciato.

Lo investì ancora con un’occhiata, ma stavolta era furibonda anziché normale. - Devi solo fare una consegna, giusto? – premise, alludendo, per consegna, a quel fiaschetto di saké rosso che avrebbe dovuto donare al misterioso, quanto ormai pensionato, Cavaliere del Kantai. – Io non ci noto nulla di così pericoloso in tutto questo…! E se non ci sono pericoli, non vedo perché…

 

- Potrebbero sopraggiungere in seguito. – replicò celere il signorino, ma... Non era questo il vero motivo del perché egli voleva che Kaoru restasse a casa. Portarla con sé, avrebbe significato farle correre un rischio soltanto: Quello di scoprire la verità. 

La stessa che Kouga stava cercando in tutti i modi di mantenerle nascosta. Se Kaoru fosse venuta a sapere del Garo malvagio, quello che aveva ucciso senza pietà Shigeru, il padre di Souka, e creato ovunque scompiglio, in questo modo si sarebbe preoccupata parecchio. E lui questo non lo voleva.

 

- Sei il solito diffidente! – gli accusò di essere la moretta, e senza perdersi d’animo, infastidita soprattutto dall’atteggiamento pieno di indifferenza dell’altro, collerica lo raggiunse – E smetti per almeno un secondo di lucidare la tua spada con questo miscuglio! – agguantò con due mani la scodella ricolma di quello strano liquido verdognolo, l’odore riprovevole le invase le narici – Ma che roba è?! – esclamò, contraendo la faccia in una smorfia disgustata. Poi si tappò il naso.

 

Kouga rispose con semplicità, come se pur lui, maneggiare quella roba fosse la cosa più naturale di questo mondo.

- Succhi gastrici appartenuti ad una bestia demoniaca. – Ovvero, ciò che un tempo galleggiava nello stomaco e nell’intestino di un Orrore.

 

Kaoru appoggiò seduta stante la ciotola sul tavolo, e fece un passo indietro. Si portò subito una mano sopra la bocca.

- Che… che schifo! – gemette, e fu colta da un conato tremendo di vomito. Seduto davanti al tavolo, lui si lasciò sfuggire appena un sorriso. – Perché fai una cosa così… riprovevole? – cercò di chiedergli, tenendosi ancora la mano davanti alla bocca.

 

- E’ consentito lucidare l’Animetallo solo con questo tipo di composto.

 

La ragazza lo fissava strofinare la lama, ed aveva un’aria a dir poco sconvolta. Quella poltiglia era densa come la bava e verde come un rospo. – Non vorrei essere nei tuoi panni… - fece, ciò nonostante, passata la nausea iniziale, tornò alla carica: - E comunque,  per la questione di prima, ti prometto che non mi caccerò in nessun pasticcio! – giurò solennemente, cercando di essere credibile.

 

Kouga la coprì in fretta con uno sguardo accidioso.

- Già. – disse, ostentando un tono di puro scetticismo.

 

L’altra reagì con indignazione – Sei… sei- pronunciò soltanto. La rabbia le aveva annebbiato il cervello. Di sicuro, se non fosse arrivato Gonza, Kaoru avrebbe finito la frase avvalendosi di vocaboli come “insopportabile”, “odioso”, “antipatico”, e così via. La giovane intravide nel buon Kurahashi un barlume di speranza. – Gonza! – “La prego! Glielo dica anche lei, lo convinca! Metta una buona parola!” sembrò significare quella cadenza di voce.

 

Il caro e vecchio maggiordomo emise un timido sorriso. Infondo, era stato lui a raccontarle del Kantai e a farle venire la voglia di visitarlo.

- Ascoltatemi, signorino… - cominciò, con voce malferma – respirare un po’ l’aria di quella terra, a Kaoru farà senza dubbio bene! Inoltre, sarebbe una buona occasione per presentarla ai vostri nuovi amici.

 

Kouga sospirò… con arrendevolezza. E quel gesto fece presagire già la risposta.

- Partiamo tra mezz’ora esatta.

 

La mora si girò con un balzo, e parve sgranargli gli occhi addosso – Hai detto… partiamo? – ridisse, quasi intontita. Poi si lasciò cogliere dall’entusiasmo. – Vado subito a prepararmi! – Nel passare di fianco a Gonza si lasciò sfuggire un occhiolino, mentre l’uomo reclinando lo sguardo sorrise timidamente al gesto.

Poco dopo sentì il suo nome fuoriuscire dalle labbra di Kouga.

 

- Gonza- premise, dopo che ebbe finito di lucidare la spada, alzandosi in piedi – Li hai avvertiti del mio arrivo?

 

Il maggiordomo assentì. – Certamente, signorino. Ho telefonato ieri sera, parlando di persona con la Sacerdotessa Garai. Mi ha pregato di riferirvi che vi aspetta con impazienza.

 

- Bene. – si compiacque, e successivamente ordinò al maggiordomo di preparargli il necessario.

 

 

 

 

 

                                                                                 ***

 

 

 

 

 

- Mi raccomando, signorina Kaoru, divertitevi! – le augurò, mentre si accingeva a salutare i due ragazzi in procinto di partire.

 

- Al mio ritorno le prometto che le racconterò ogni cosa! – gli garantì la moretta, mentre Kouga, com’era solito fare, si trovava già sul sentiero.

 

- Sbrigati, se non vuoi rimanere qui. – le disse con fare precipitoso e certamente poco gentile. Quest’ultima sembrò ringhiargli con la sola forza del pensiero un “antipatico!”, tanto apparve stizzita l’espressione della sua faccia.

 

 

 

Intrapresero così il cammino che li avrebbe condotti alla leggendaria dimora dei Cavalieri Mistici della Notte Bianca: il Kantai.

 

 

 

Dopo circa venti minuti, tra un passo e l’altro Kouga fece ricadere il suo sguardo sulla capiente sacca marrone dell’artista. Praticamente, trasbordava di roba.

- Che cosa c’è lì dentro? – le domandò, reso curioso dalle dimensioni gonfie ed esagerate della borsa.

 

- Pennelli, matite, colori e poi…- si soffermò brevemente come per pensare- Un’infinità di fogli da disegno!

 

Sembrava strano, ma Kouga si sentì per un attimo sollevato. Una volta arrivati nel Kantai, Kaoru si sarebbe messa a dipingere lasciando lui completamente libero di agire e portare a termine il suo compito, senza che la ragazza venisse a scoprire qualcosa.

Quindi, anziché commentare con una delle sue solite risposte acide, non disse assolutamente nulla.

 

Kaoru si mise ad osservare il cielo. Erano da poco le 11 di mattina, ma non faceva particolarmente caldo in quella giornata.

 

- Quanto ci vorrà per arrivare nel Kantai? – chiese, e lo guardò.

 

A dare risposta fu Zarba: - Solitamente ci vuole una settimana.

 

La frase del Madougu la portò a fermarsi di botto sul ciglio della strada.

- Cosa?! – strepitò, con la bocca spalancata. Per un attimo pensò che avrebbe fatto meglio a restare lì, anziché affrontare una dura settimana di peregrinazione.

 

- Se utilizziamo il Sentiero del Makai, all’incirca impiegheremo un’ora. – dichiarò Kouga, accodandosi alle parole dell’anello.

 

- E noi – prepose la giovane, sfoggiando una vocina timorosa ma pieno di speranza- prenderemo quel sentiero, giusto? – Pregò intensamente che il ragazzo le rispondesse con un sì, ma lui la trattenne, di proposito, sulle spine. – Ci devo ancora pensare. – In realtà, Kouga sapeva che si sarebbe servito di quel sentiero fin dal primo momento.

 

Kaoru cominciò ad agitarsi. – Ti prego- pigolò in un primo momento, con un filo di voce. Sembrava che lo stesse supplicando. – Una settimana di cammino è tanta!

 

- Hai insistito tu affinché ti portassi con me, ricordi?

 

- Non puoi tirarti indietro, se ci tieni così tanto. Pur di ritrarre dei paesaggi come quelli, un vero artista non lo farebbe mai! – Con le sue affermazioni, Zarba non faceva altro che reggere il gioco al suo proprietario.

 

- Sì, ma… - pronunciò lei, e non seppe dire altro. Kaoru ormai sembrava essersi rassegnata all’idea di dover affrontare un tragitto estenuante e prolungato come quello. Si limitò a piegare gli angoli della bocca verso il basso con delle movenze così afflitte ma allo stesso tempo buffe, che Kouga non poté impedirsi di abbozzare un sorriso. La mora sentì quel flebile suono che aveva tutta l’impressione di assomigliare ad una mezza, o quantomeno ad un accenno di risata, e si rese così conto del bluff. Diventò quasi rossa dalla vergogna e, in seguito, dalla rabbia. - Siete insopportabili! – sbuffò, e con le braccia conserte proseguì imperturbabile il cammino. Era certa che non avrebbe detto neppure una parola durante tutto il viaggio, eppure fu costretta a rivedere la sua decisione non appena Kouga fermò i propri passi ai piedi di un muro. – Che c’è? – gli chiese, come a voler capire se fosse successo qualcosa in quel preciso istante.

 

- Entreremo da qui.

 

- Entrare?! – ripeté la ragazza, poi squadrò meglio il muro di mattoni color biscotto. – Vuoi dire che qui c’è l’entrata per quel sentiero? – assottigliò la vista e contrasse le sopracciglia nella speranza di capirci qualcosa, ma fallì miseramente. All’apparenza, per lei quello era solamente un normale muro. Non c’erano porte né pomelli, per di più. Ma allora, come avrebbero fatto ad entrare?

La risposta arrivò subito: Kouga protese il braccio sinistro in avanti, e Zarba, usando il suo potere mistico, aprì nella parete un portale.

Le pupille di Kaoru si sgranarono dallo stupore. D’innanzi a lei era comparsa una sorta di rettangolo simile ad un enorme portone, che emanava una luce di un bluastro sfumato ma intriso di bagliori.  

- Accidenti! – commentò estasiata, con lo sfavillio di quelle luci che presero a ballarle negli occhi. E mentre lo faceva, Kouga le afferro un braccio a passo spedito, ed entrambi varcarono la soglia del portale che si richiuse subito alle loro spalle.

 

Un po’ stordita per via del repentino cambiamento di luci, Kaoru si guardò intorno con fare circoscritto, e per la verità, vide ben poco. Difatti, il Sentiero del Makai assomigliava ad un lungo e non eccessivamente largo corridoio. Ma la cosa che lo rendeva terrificante per davvero, erano quelle centinai e centinaia di fiaccole che, poste ad entrambi i lati del cunicolo, gli davano luce. Tuttavia, nonostante il fuoco ballerino di quelle torce, l’ambiente non pareva affatto rassicurante.

Nel pensare a ciò, Kaoru non si era ancora resa conto che Kouga aveva preso il largo da lei, imboccando così il percorso. 

- Aspettami! – urlò, ed in un baleno corse subito da lui e gli si avvinghiò al braccio. – E’ davvero spettrale… – disse in seguito, stringendosi sempre più a quell’arto.

 

- Eppure – premise Kouga- questo è il posto più sicuro del Makai.

 

- Davvero? – replicò con stupore l’altra, facendo assumere alle sopracciglia la forma di un ponte arcuato. Poi sollevò il mento e si imbatté in qualcosa che, nel soprabito di Kouga, le era sembrata sempre un po’ strana. – E’ da molto che volevo chiedertelo… Che cosa rappresentano i ninnoli appesi a questo cerchio?

 

La domanda inizialmente lo sorprese. Tuttavia rispose.

- E’ un portafortuna.

 

- Non l’avrei mai pensato!

 

- Noi Cavalieri Mistici li consideriamo come una sorta di protezione che riduce le avversità durante le battaglie.

 

- Anche se si tratta solo di una leggenda. – puntualizzò Zarba, con un certo scetticismo. – Però sono in molti a crederci, Kouga compreso.

 

Kaoru si fece pensierosa.

- Perché dovrebbero portare fortuna? Hanno un potere particolare? 

 

Kouga scosse il capo. – No, però in ogni amuleto viene inserito un frammento composto da un particolare tipo di Animetallo molto antico, che non si produce più da oltre un secolo. Inoltre, tutti i Cavalieri sono tenuti a prepararsi da soli il proprio portafortuna, e questo ne aumenta il potere.

 

- Rei, ad esempio, ne ha uno fatto di stoffa e Animetallo, applicato sulla parte posteriore del cappotto. Mentre Tsubasa, il Cavaliere della Notte Bianca che avrai modo di conoscere tra poco, ne ha uno sottoforma di pendente dorato che porta all’orecchio sinistro. – raccontò il Madougu, con molta accuratezza. Kaoru rimase affascinata da quelle descrizioni, poi dopo un po’ fu Kouga a farle una domanda improvvisa: - Come mai lo volevi sapere?

 

L’artista ci rifletté su, in seguito liberamente ammise: - Fin dalla prima volta che ti ho visto, mi sono sempre chiesta che cosa se ne facesse di un oggetto del genere, un ragazzo taciturno come te. Voglio dire, mi sembrava una cosa fuori luogo, non adatta.

 

- Trovi che questo portafortuna non mi si addica? – le domandò lo spadaccino, pensando che fosse quella la causa. Ma dovette ricredersi.

 

- Al contrario! – Kaoru fece di “no” col capo – Penso che ti renda una persona più espansiva! – disse con enfasi, e facendogli un sorriso gli appoggiò leggermente la testa accanto alla spalla.

 

Il cuore di Kouga prese ad aumentare un tantino le pulsazioni. Zarba, come c’era da aspettarselo, lo registrò subito.

- Qui qualcuno si sta emozionando…! – disse schernendolo, ma con affetto.

 

- Siamo arrivati. – dichiarò il Cavaliere, appena in tempo. Un altro po’ e le guance del suo viso si sarebbero inzuppate di rosso.

C’era una scalinata che andava verso l’alto, proprio davanti ai due. La salirono, e poco sopra le loro teste, con la mano sinistra di Kouga ben piazzata in avanti, Zarba fece comparire l’ennesimo portale.

Lo varcarono, e in un men che non si dica, si ritrovarono sotto il cielo limpido del Kantai.

 

 

 

Presa dall’entusiasmo, Kaoru aveva iniziato a guardarsi attorno, e senza che se ne rendesse conto, la dura roccia sotto i suoi piedi aveva lasciato il posto al soffice terreno. Una luce le brillò negli occhi, ma solamente per poco.

- E questa… sarebbe la splendida terra del Kantai? – disse di primo acchito, colta da un guizzo di delusione. – Di terra, ce né anche troppa… Io vedo solo alberi, cespugli e… cespugli! – Possibile che Gonza le avesse raccontato una bugia? – E il villaggio, le case… dove sono?

 

- Questo è un continente selvaggio. Che cosa ti aspettavi di trovare, signorina? – le rispose Zarba, in quello che parve un tono severo.

 

- Ci troviamo nel bel mezzo di un sentiero circondato dalle foreste. Non appena scenderemo più a valle, vedrai che non ti sembrerà così male. – cercò di rassicurarla il figlio di Taiga. Poi mosse i suoi primi passi, dopo un lungo periodo di assenza, tra i sentieri di quella terra.

Nell’istante in cui Kaoru, ancora titubante, era impegnata a guardarsi intorno, Zarba in quel preciso attimo ebbe solo il tempo di aprire le zanne ed esclamare: - Un Orrore!

Troppo tardi: la perfida creatura sbucò dal terreno, sotto un manto di foglie secche cadute al suolo che poi schizzò con rapidità verso l’alto.

Kouga si girò di scatto in direzione di Kaoru, ma l’orrenda creatura, ricoperta da una folta pelliccia bianco accesso e gli occhi rossi, le era ormai d’innanzi. Con lo sguardo impietrito, l’artista cercò istintivamente di indietreggiare, ma una delle ben nove code di quell’essere, le si abbatté contro.

Anziché colpirla, s’infranse su quella che, all’apparenza, aveva le sembianze di un lungo bastone dal manico bianco.

 

- Allontanati! – gli ordinò colui che teneva stretta tra le mani quell’arma. La giovane lo squadrò velocemente con un’occhiata. Portava lo stesso orecchino dorato descrittole da Zarba. Poi, annuendo scappò via, trovando riparo dietro il tronco di un albero.

Tsubasa Yamagatana era lì, e per di più, giunto appena in tempo. Il duello tra la perfida creatura, che aveva le sembianze di una volpe mostruosa, e il Cavaliere della Notte Bianca, ebbe subito inizio. Tsubasa recise una delle code di quel mostro, ma quell’atto gli costò caro. L’enorme demone gli si avventò contro, come un grosso felino inferocito sguainò gli artigli e spalancò le fauci in direzione del suo volto. Tsubasa usò la propria lancia per contrastare l’essere, che all’apparenza sembrava avere la meglio.

Kouga, nel frattempo, sapeva bene che non avrebbe dovuto interferire. Quel territorio non era sotto la sua giurisdizione. Tuttavia, si trovò quasi costretto a sguainare la spada nel momento in cui una delle code di quel mostro non gli si abbatté contro. La tranciò appena in tempo.

 

- L’accoglienza lascia un po’ a desiderare. – enfatizzò Zarba, ma il suo proprietario non rispose, e si lanciò all’attacco. Colpì la grossa volpe in un fianco, dando così modo a Tsubasa di liberarsi. Quest’ultimo raggiunse il collega, e i due si ritrovarono schiena contro schiena. Fu solo allora che poté esclamargli: - Bentornato nel Kantai, Saejima Kouga.

Un mezzo sorriso fu la replica di Kouga, e la battaglia riprese.

L’Orrore si stava preparando a dilaniare i due umani con i suoi artigli.

Kouga e Tsubasa si portarono le armi sopra la testa, e prima che la creatura trovasse il tempo di saltargli addosso, furono ricoperti dalle armature leggendarie. Apparvero così Garo e Dan, il Cavaliere della Notte Bianco. Quando l’Orrore gli fu praticamente addosso, loro lo trafissero mortalmente con la forza unisona di due attacchi.

Guaì come un cucciolo di volpe appena nato, e si accasciò al suolo. Gli occhi si abbassarono, e quando furono del tutto chiusi, di quella bestia non rimase più nulla.

Svanita la minaccia, poco dopo svanirono in un lampo anche le corazze che rivestivano i corpi dei due Cavalieri.

Kouga rinfoderò di corsa la spada, e si precipitò in direzione di Kaoru uscita finalmente dal nascondiglio.       

- Stai bene?

 

- E’ tutto apposto! – lo rassicurò l’artista, gettandosi lo spiacevole accaduto alle spalle.

 

Da lontano Tsubasa li squadrò con molta attenzione. Gli servì veramente poco a capire che quella era la ragazza di cui una volta gli aveva parlato Jabi.

Il Cavaliere Mistico del Kantai si apprestò a scortare i due presso il villaggio, lungo un sentiero che si differenziava da quello erboso in quanto lastricato di pallida terra.

- Ti ringrazio! – si sentì dire il giovane Yamagatana, all’improvviso. Si voltò compiendo appena mezzo giro, verso Kaoru che spalancò ancora la bocca – Il mio nome è

 

- So chi sei. – la anticipò il giovane, battendola sul tempo. – Nel Kantai sei nota come colei che è riuscita a sopravvivere ai cento giorni.

 

Kaoru abbassò leggermente gli occhi, forse perché in imbarazzo. E non aggiunse altro.

Durante il tragitto rimase a camminare alle spalle dei due per tutto il tempo. Aveva notato che Tsubasa, oltre al modo di fare distaccato, silenzioso e formale, che per certi versi ricordava quello di Kouga, era parecchio più basso di lui. Ad occhio e croce, doveva sfiorare a stento il metro e settanta. Malgrado tutto, malgrado la statura, che nelle caratteristiche morfologiche di un uomo avrebbe dovuto perlomeno raggiungere il metro e ottanta, Tsubasa possedeva i lineamenti di un volto gentile e fanciullesco. E quel soprabito colorato di bianco, rosso e nero, ben allacciato in petto, con le estremità inferiori tutte plissettate, portato con compostezza, faceva riflettere su almeno una delle cose dette da Gonza: I Cavalieri Mistici del Kantai erano veramente i più eleganti.   

 

Dopo circa dieci minuti di cammino, finalmente giunsero al villaggio.

Lo spettacolo che si parò davanti al volto di Kaoru, fu una sorpresa anche per lei.

Esattamente come asserito dal maggiordomo, sembrava di essere ritornati indietro nel tempo.

Le abitazioni erano fatte tutte di legno e calcestruzzo. I tetti erano ricoperti da una miriade di tegole color biscotto, ed avevano una forma classica, che a tratti poteva ricordare quella di una pagoda. Ogni abitazione all’esterno aveva con sé dei fasci di legna, usati certamente per alimentare il camino e cuocere i cibi, dato che nel villaggio mancava totalmente la corrente. Inoltre, c’erano brocche, vasi e secchi pieni d’acqua, che servivano a scopi come preparare il pranzo, lavare oggetti e biancheria, e per la pulizia generale del corpo. Eh sì, a Kaoru le sembrò veramente di essere tornata indietro nel tempo.

Varcata la soglia del villaggio, in lontananza i tre videro un gruppetto di persone venirgli incontro.

Si trattava della Sacerdotessa Garai, scortata dalle sue due ancelle guerriere, ed una bambina, Rin Yamagata, la sorella minore di Tsubasa.

 

- Vi stavamo aspettando! – pronunciò con tono cordiale la vecchia sacerdotessa, accogliendoli con un bel sorriso. Le ancelle alle sue spalle fecero un inchino in segno di saluto.

 

- La ringrazio per l’ospitalità. – disse Kouga, ostentando cortesia nei riguardi di quell’anziana donna. Dalla schiena di quest’ultima, la piccola Rin fece capitombolare con timore la testa, ma quando vide Kouga beccarla in flagrante, ritornò subito a nascondersi.

 

- Ma come, Rin… Adesso fai la timida e ti nascondi? Fino a poco fa non vedevi l’ora che il giovane Kouga arrivasse! – dichiarò Garai, e dalle sue spalle si udì una vocina.

 

- E se non ha voglia di rivedermi? – pronunciò tremolante la giovane. Aveva un po’ le labbra imbronciate, e manteneva il capo chino in direzione del terreno.

 

- E perché mai non dovrei? – si sentì presto rispondere.

 

- Per esempio, perché non ci vediamo da un po’, e… - fece per continuare, ma quando sollevò la testa, e si ritrovò di fronte il viso di Kouga, l’aspirante sacerdotessa sgranò gli occhi e scoppiando a piangere si lanciò tra le sue braccia.

 

- Temeva che tu ti fossi dimenticato di lei. – gli confidò Garai, e lui sorrise.

 

- Hai sorriso?!esclamò in un lampo la ragazzina- Kouga ha sorriso! – ripeté, con la bocca tirata all’insù e gli occhi stretti tra due fessure, al colmo della felicità. 

 

- Sei sempre il benvenuto, giovane Kouga! – dichiarò successivamente l’anziana sacerdotessa, poi i suoi occhi si spostarono verso la sagoma di Kaoru. La squadrò con un attento gesto degli occhi, ma non riuscì a capire chi fosse in realtà quella giovane donna. Perlomeno, non voleva commettere gaffe dicendo una cosa per un’altra – E questa graziosa fanciulla che hai portato con te…?

 

L’artista fece subito le dovute presentazioni. – Mi chiamo Kaoru Mitsuki! Molto piacere! – disse spontanea, e con la schiena accennò un inchino.

 

Nel sentire quel nome, Rin ad un tratto parve illuminarsi: - E’ la fidanzata di Kouga! – disse a voce alta, anche troppo per i gusti del fratello.

 

Tsubasa la rimproverò seduta stante: - Rin! Chi ti ha detto queste cose?

 

Risuonò nell’aria un’altra voce. – Sono stata io! E’ me che devi rimproverare.

Il gruppetto si voltò con sorpresa verso la coraggiosa Sacerdotessa del Makai.

 

- Jabi! – esclamò con sorpresa Kouga. Era felice di rivederla.

 

La donna sorrise. - So che al vostro arrivo siete stati attaccati da un Orrore… E’ di buon auspicio, non trovi? – sembrò scherzare. Successivamente i suoi occhi dalla forma affusolata ricaddero prevedibilmente su Kaoru. La investì con un’occhiata ben distinta – A quanto vedo, sembra che il sangue di quella bestia, dopo la purificazione non ti ha lasciato nessuna cicatrice. – commentò, con parole non proprio cordiali.

 

La pittrice non seppe cosa dire.

 

- E’ il suo modo per dirti che ti trova in forma! – le spiegò all’istante Rin, ma Jabi non parve gradire.   

 

- Bene! – esclamò la vecchia sacerdotessa del Kantai- Che ne dite di andare? Immagino che sarete stanchi dopo il viaggio. Una bella tazza di te è quello che ci vuole per rimettervi a nuovo! – successivamente si rivolse a Kaoru – Ti piace il te, Kaoru? – quest’ultima annuì cordialmente. Quell’anziana signora doveva essere veramente gentile, pensò, e sorrise.

 

Mentre si dirigevano in direzione dell’antica dimora che apparteneva da generazioni alla famiglia della somma Garai, la gente del luogo al passaggio di Kaoru si comportava in modo strano. Tutti la fissavano con aria esterrefatta, quasi incantata.

- E’ lei! – bisbigliò una donna all’orecchio dell’altra che le risiedeva affianco, e subito dopo fu un passaparola generale. L’artista provò un po’ di disagio nel sentirsi osservare con maniere a dir poco perforanti. Le sembrò di essere la vera attrazione di tutto il villaggio. E, in un certo senso, lo era!

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

La domestica che si occupava di tenere in ordine e di preparare da mangiare nell’abitazione dell’anziana sacerdotessa, aveva appoggiato proprio sopra il ripiano di una tavola di legno con i sostegni molto bassi che lo sollevavano dal suolo circa mezzo metro, un vassoio intagliato nella paglia con tazze e teiera. Dal beccuccio di quest’ultimo oggetto usciva del vapore che emanava un ottimo profumo, delicato ma forte allo stesso tempo.

Garai raccolse quel bricco per il tè, ed infine cominciò a versarlo nelle coppette delle tazze.

- Questo è il tè che produciamo nel Kantai. – affermò, porgendo la prima tazza verso Kaoru. – Scommetto che non lo hai mai assaggiato! – le disse, e la mora annuì. Guardò subito che aveva un colore ambrato, diverso dall’infuso che le preparava Gonza quasi tutti i pomeriggi. Accostò le labbra al bicchiere, e ne mandò giù un sorso. Il sapore ricordava vagamente quello del tè verde, solo con l’aggiunta di miele e, forse anche foglie di menta.

 

- E’ davvero buonissimo! – esclamò trovandolo di suo gusto. Ed in effetti, non aveva mai assaggiato nulla che avesse un sapore così particolare.     

 

L’anziana sorrise, in seguito si rivolse alla sorellina di Tsubasa, che le sedeva a fianco.

- Ne vuoi una tazza anche tu, Rin? – L’aspirante sacerdotessa annuì senza esitare. Praticamente ne andava matta!

La saggia donna dedicò poi la sua attenzione a colui che portava un cappotto bianco: - Dimmi, giovane Kouga… Cos’è che ti ha spinto a venire qui? – Garai sapeva benissimo che non si trattava né di un semplice viaggio come tanti, né di una normale visita di cortesia. Per costringere Kouga a venire nel Kantai, doveva essere successo qualcosa di veramente grave.

 

Il giovane fissò brevemente la tazza di tè che aveva tra le mani, poi la riappoggiò sull’asse del tavolo. – Sono qui perché ho bisogno di incontrare Yamashita Ryoma. Mi hanno detto che vive in questo villaggio.

 

Sia Tsubasa, la sacerdotessa Garai, Jabi e perfino la giovane Rin, provarono sbigottimento nell’udire quel nome.  

L’unica a parlare, tra i quattro, fu l’anziana. Osservò il sole che splendeva cocente dalla finestra: - Di sicuro adesso è troppo tardi per parlargli. – affermò, ma non parve alludere all’ora. Anche se, di primo acchito quell’intonazione fece sembrare esattamente il contrario. – Ti converrà farlo domani mattina, ancor meglio verso l’alba. – gli consigliò la saggia donna, e solo dopo prese a bersi la sua tazza di tè, ancora fumante.

Quella frase, quel comportamento pressoché attonito, fece diventare Kouga alquanto pensieroso. Tuttavia, per non essere scortese, preferì tacere. Garai posò la tazza vuota sul vassoio, e dietro di lei le ancelle l’aiutarono a rimettersi in piedi. – Allora è deciso: Per questa notte sarete nostri ospiti! – affermò. – Andrò subito a dare disposizioni.

 

In tutta sincerità, Kouga avrebbe sperato di tornare a casa verso sera, e magari risolvere la faccenda nell’arco di una giornata soltanto, perciò l’idea di restare lì, sia per Kaoru che quasi non riusciva a credere di dover trascorrere più tempo racchiusa in un luogo magico ed antico come quello, fu per entrambi una novità.

- Se non è per voi motivo di disturbo… - disse, e la replica arrivò con sveltezza da parte Rin.

 

- Così potrò conoscere meglio Kaoru! – per via dell’enfasi la voce le era uscita di colpo. La giovane Yamagatana non vedere l’ora di conoscerla meglio, per l’appunto.

 

Poi Kouga guardò dritto negli occhi il fratello. Senza inutili pretese, Tsubasa comprese al volo il significato di quello sguardo: il figlio di Taiga gli doveva parlare… ma da solo.

Si alzarono dallo sgabellino di legname che li aveva sorretti durante la pausa del tè.

Kaoru capì che i due Cavalieri si sarebbero presto allontanati, ma com’era consono che fosse, lei non sarebbe potuta andare con loro. – Andate via? – chiese, anche se sapeva già la risposta.

 

- Rin- disse Kouga, flettendo la schiena verso il basso, in modo da raggiungere il viso della ragazzina. Lanciò uno sguardo eloquente verso Kaoru, poi rivolto alla piccola sacerdotessa le disse – Te l’ha affido.

Dal lato opposto non ci fu nessuna esitazione: La sorella minore di Tsubasa assentì energicamente con un colpetto della testa. Ne fu a dir poco entusiasta, di quella “missione”.

I ragazzi ossequiarono la somma Garai porgendole un doveroso inchino, e poi si rimisero in strada.

Il Cavaliere del Kantai lo condusse in un luogo isolato, che si trovava esattamente poco sopra il villaggio. Quel posto Kouga lo conosceva benissimo. Lo aveva vegliato la sera prima della cerimonia per la soppressione dei demoni, conosciuta da tutti con il nome di “Notte Bianca”, per proteggere la “Freccia di Fosforo” col quale i Cavalieri del Kantai avrebbero infranto la barriera nel cielo, per impedire alla stirpe di Legules di venire al mondo.

Si avvicinarono davanti all’entrata di quell’antico tempio, fermandosi ai piedi delle scale.

Prima che uno dei due aprisse la bocca per primo, trascorse un minuto esatto. A quel punto, fu Tsubasa a farsi avanti: - Sei hai convinto il Guardiano che gestisce il tuo settore e coordina le tue azioni, a farti venire qui, forse la faccenda è davvero grave. – Lo investì con un’occhiata incerta. Tsubasa aveva il dono di percepire negli umani i loro pensieri. In qualche modo era riuscito anche stavolta a cogliere nel segno.

Kouga fece correre i suoi occhi lungo tutta la gradinata di legno che portava all’entrata sbarrata del tempio. Gli raccontò dall’inizio le sue vicissitudini, parlò per primo dell’Ottava Stella del Makai, in seguito gli disse delle Chimere Mistiche, e solo alla fine, quando arrivò il momento adatto, gli parlò di Garo. L’altro.

 

Tsubasa emise un sospiro. Poi sembrò annuire. – Sì, le voci che parlano di quel Cavaliere d’Oro, sono giunte anche qui. – ammise, e questa confessione portò la fronte di Kouga a riempirsi di grinze. – Circa una settimana fa, - premise il giovane Yamagatana, ritornando con la mente a quel giorno – i miei discepoli, Hyuga e Akatsuki, mi dissero di aver soccorso quasi ai confini delle terre del Kantai, un’ancora inesperto Cavaliere d’Argento. Quest’ultimo, dopo essersi ripreso, raccontò che nel bel mezzo di una caccia, un Cavaliere d’Oro lo aveva assalito brutalmente, per impedirgli di catturare un Orrore. Riuscì a sopravvivere nascondendosi nella foresta che fece perdere le sue tracce. Inoltre, - proseguì, accingendosi ad illustrare un altro avvenimento – Ho saputo che un Cavaliere di Bronzo è morto.

 

La risposta di Kouga fu immediata

- Già. – e con lo sguardo sembrò ritornare alla sera in cui Souka gli diede la triste notizia. – Si trattava del marito di mia zia. - Tsubasa gli rivolse un’occhiata, poi Kouga riprese – Devo parlare con quell’uomo… Yamashita. Lui può darmi le risposte che cerco.

 

- Stai facendo del tutto per mettere fine a questa faccenda, non è così? Te lo leggo nei pensieri… Sei molto preoccupato, soprattutto per quella ragazza. – Per l’ennesima volta, Tsubasa aveva colto nel segno.

Poi, a quella chiacchierata si unì un’altra voce: - Il moccioso che un tempo giocava a Barchess con me, ancora una volta non le ha detto nulla, dico bene? – i due si voltarono in direzione di Jabi. Il silenzio di Kouga servì a darle quella risposta. – Non vuoi proprio imparare… eppure, non ti biasimo. Per proteggere coloro che amiamo, spesso siamo costretti a fare delle scelte che talvolta ci costringono a commettere cose che non rispecchiano la nostra vera natura. Ma la forza per fare tutto ciò ci viene data dall’amore che proviamo verso quella persona che aspiriamo a proteggere. Ci basta solo questo, anche se alla fine, questo nostro desiderio non ci consente di capire che stiamo sbagliando.

 

 

 

 

 

                                                                                ***

 

 

 

 

 

- Così, Tsubasa è tuo fratello, giusto? – domandò Kaoru a Rin, mentre passeggiavano entrambe per il villaggio con lo scopo di far conoscere all’artista le meraviglie del Kantai. Era stata Rin, di fatti, a proporlo. Annuì, poi precisò subito – E’ il fratello più coraggioso del mondo!

 

- Sicuro! – esclamò con certezza la mora – L’ho visto combattere, è parecchio bravo! Inoltre, vi assomigliate moltissimo. Scommetto che ve lo dice spesso anche vostra madre!

 

Rin abbassò un pochino il mento. Kaoru la vide assumere un’aria nostalgica, attaccata ai ricordi.

- Nostra mamma non c’è più- rivelò, e lo sguardo dell’artista divenne triste. – Però hai ragione, lei ci diceva sempre la stessa cosa!  

 

- Anche mia madre è morta quand’ero molto piccola. – le confidò Kaoru, e stavolta furono gli occhi di Rin a diventare tristi- Alcuni anni dopo, in seguito ad un incidente ho perso anche mio padre.

 

- Proprio come Kouga! – esclamò seduta stante la sorellina di Tsubasa, con lo sguardo sgranato.

 

Kaoru la fissò, in seguito rise con dolcezza.

- Eh già! Una bella coincidenza, vero?

 

Senza remore Rin scosse il capo.

- Niente affatto! – le replicò – Tutto ciò significa che siete fatti l’uno per l’altra! E’ il destino che vi ha fatti incontrare!   

 

- Beh…- pronunciò appena l’artista, e di preciso non sapeva bene cosa dire, così arrossì. Poi si rese conto che per l’ennesima volta, la gente di quel villaggio che vestiva in modo strano aveva ripreso a fissarla con la stessa intensità e contemplazione di quando era giunta lì. – Tu mi sai dire perché tutti mi guardano come se fossi una qualche divinità discesa appena dal cielo?

 

- E’ semplice… Qui la gente conosce la tua storia. Sanno che sei stata contaminata dal sangue di quell’Orrore, ma che sei sopravvissuta. Ed è la prima volta che succede una cosa del genere!

 

Kaoru si stupì:

- Veramente?

 

- Sicuro! Devi sapere che quando un Cavaliere Mistico si imbatte in una persona contaminata dal sangue degli Orrori, il regolamento parla chiaro: È tenuto a brandire la propria arma e a toglierle all'istante la vita. Non può esitare neppure per un secondo! – Quando Rin ebbe finito di parlare, la figlia di Yuuji Mitsuki ne restò ancora più stupita.

 

- Kouga non me ne ha mai parlato. – affermò, volendosi riferire al fatto che egli non le avesse mai detto di aver violato una parte del regolamento per salvarle la vita.

 

- Kouga è come mio fratello. Sono taciturni, e non parlano molto volentieri. A volte la bocca non la aprono nemmeno per sbadigliare! – fece la ragazzina del Kantai, in quella che sembrava una bella lamentela- Però, ho imparato una cosa… - Rin si trattenne, prese un po’ di fiato, e con un forte scintillio negli occhi scuri e vivaci, esclamò con tenerezza ed allegria – Loro parlano con il cuore!

 

Quanta verità c’era in quella frase! Ne era satura fino al colmo.

Sebbene il figlio di Taiga sembrasse il tipo più asociale della terra, con il tempo, imparando a conoscerlo meglio, ma soprattutto a leggergli negli occhi, si poteva capire che aveva un’indole buona e gentile, che metteva a tacere le apparenze.

 

La giovane Rin rivolse un’occhiata al sole che oramai si stava delicatamente tingendo di un colore rosso tramonto particolarmente acceso. Arricciò la fronte con aria pensierosa, dopodichè disse con enfasi: - E’ l’ora bagno!

 

 

 

 

 

                                                                                   ***

 

 

 

 

 

Il cielo notturno del Kantai aveva quella nota di colore in più che lo rendeva diverso da tutti gli altri. Il blu, che tendeva quasi a scivolare nel nero, era assai più intenso, tanto da donargli una profondità maggiore che, esprimeva al meglio l’idea di uno spazio immensamente sconfinato.  

Inoltre, a rendere ancor di più la magia di quel posto, la notte del Kantai era una notte perennemente stellata, con una miriade di puntini luminosi disseminati come diamanti su di un panno di velluto blu. Per certi versi, con una punta di immaginazione, la volta assomigliava ad un’enorme tela, dipinta con i tratti decisi di un pennello intriso dal giallo per le stelle, dal blu per il cielo, e dal bianco per infondere luce ai corpi celesti.   

Veniva quasi la voglia di protendere una mano in direzione del cielo, per lasciarsi avvolgere dalle sue profondità e venirne catturati. Fu proprio quello che pensò anche Kaoru, mentre contemplava in silenzio il magnifico spettacolo. Successivamente, riprese a sfogliare le pagine di un vecchio album fotografico che apparteneva alla famiglia di Rin.

Infatti, dopo che l’artista ebbe finito di fare un bagno, e subito dopo ancora la cena, lei e la sorellina di Tsubasa si erano sedute davanti all’abitazione di quest’ultima, per commentare delle vecchie foto che ritraevano la famiglia Yamagatana.   

- Qui avevo soltanto pochi mesi! – esclamò Rin, poi puntò l’indice sulla donna che la teneva tra le braccia – Questa era mia madre!

Kaoru la guardò con ammirazione. Aveva dei capelli lunghi e scuri, proprio come i suoi due figli, e la pelle del viso bianchissima.  – Era davvero molto bella! – affermò, senza riuscire a trattenersi. Vedendo una così splendida figura, non ci sarebbe riuscito chiunque.

 

- E guarda questa! – con entusiasmo Rin puntò un altro ritratto. Si trattava di un bambino dalla zazzera spennacchiata ed il visetto paffuto. Aveva all’incirca un anno, al massimo uno e mezzo, e l’aria tremendamente imbronciata. – E’ Tsubasa!

 

Kaoru non fu capace di non ridere. – E’ veramente… buffo! – ammise dopo un po’, ed entrambe scoppiarono a sogghignare.    

 

- E’ quella che preferisco di più! Anche se mio fratello non è d’accordo… - si lamentò la ragazzina, e in quello stesso istante, l’ombra di Tsubasa ricoprì le pagine di quell’album. Le due si voltarono di scatto, colte alla sprovvista, e Kaoru oltre a lui e a Jabi, avvistò la sagoma di qualcuno che non vedeva ormai da più di mezza giornata.

 

- Kouga! – esclamò Rin, alzandosi con uno scatto dalla sedia – Ho portato Kaoru a fare il giro di tutto il villaggio! Le ho fatto vedere ogni cosa! Il forno dove produciamo il pane, la bottega dove fanno i vasi di terracotta, il campo dove coltiviamo le erbe da mettere nel tè

 

- E c’è anche un laboratorio dove dipingono le giare! – seguitò l’artista, con l’aria più che eccitata, magica. Il barlume di un’emozione le aveva acceso gli occhi.     

 

Lo sguardo del Cavaliere dell’Est si caricò di una tenera dolcezza. Parve quasi sorridere, e quel gesto in qualche modo sembrò dire “Bene, sono molto contento”.  

Vedere Kaoru che si divertiva, lo faceva sentire soddisfatto. Sapere che la sua bella era felice, equivaleva a trasmettergli la sua stessa felicità. Pensò per un attimo che averla portata con sé, nel Kantai, tutto sommato non si era rivelato un gesto così incosciente o azzardato.   

 

Poi Rin gli tirò con un colpetto la manica del soprabito, e lo indusse a chinare schiena, capo e occhi sulla foto del fratello.

 

- Oserei dire… spiritoso! – osò, per l’appunto, dire Zarba, mentre tutti, eccetto il povero Tsubasa, si lasciarono scappare un sorriso beffardo.

 

Il Cavaliere del Kantai aggrottò le sopracciglia trasmettendo a tutti la propria irritazione.

- Non avrei mai dovuto darti quel vecchio album. – asserì tassativamente, senza che imbarazzo ed irritazione accennassero a scemare. In quell’attimo, la sua faccia aveva assunto l’espressione pressoché identica a quella del ritratto. Lo notarono tutti, anello chiacchierone compreso, ma Zarba stavolta preferì non infierire. Al contrario, Rin disse una cosa veramente, veramente imbarazzante, ma… stavolta non di certo per il fratello! – Chissà se il figlio di Kouga e Kaoru assomiglierà a mio fratello!

 

Il signorino e l’artista provarono per un secondo soltanto a guardarsi negli occhi, poco prima di comprendere a fondo il significo di quelle parole e rendersi conto di essere loro due, adesso, al centro dell’attenzione. Furono letteralmente travolti da una vampata cocente di imbarazzo. Divennero tesi come una statua e tremanti come foglie.

Stavolta fu Tsubasa ad ostentare un sorrisino sarcastico in pieno viso. In un certo senso, stava soltanto restituendo il favore a quel collega che fino a pochi istanti prima, aveva osato prendersi gioco di lui.

– Senz’altro, avrà lo stesso caratteraccio del padre. – sentenziò, per poi sfidarlo con un’occhiata trionfale. – Comunque, spero che sia un ottimo Cavaliere.

 

- Ma se invece sarà una femmina?

 

- Crescerà con la stessa cocciutaggine della madre. – commentò Zarba, rispondendo in questo modo al quesito di Rin. La così definita “madre”, ferì l’anello con un’occhiata grigia. “Non sono di certo una persona cocciuta!”, avrebbe tanto voluto dirgli… Tuttavia, si rese conto che la vergogna non riusciva a farle formulare bene quella frase.

 

Jabi guardò Kaoru dritta in viso.

- Diventerà una pittrice!

 

- O una Sacerdotessa del Makai! – continuò Rin, ipotizzando ancora, fino allo sfinimento.

 

- Il primogenito di un Cavaliere Mistico non può essere una femmina. – sentenziò seduta stante Tsubasa, sempre attaccato alle tradizioni.

Jabi lo corresse con scioltezza: - E perché mai? Il regolamento di certo non lo bandisce.

 

- Ma la tradizione sì! – replicò il giovane Yamagatana, quasi con ostinazione. - Ogni donna nella propria Casata ha sempre partorito un figlio maschio. Non può e non deve essere il contrario.

 

L’argomento sembrava essere decollato con una certa facilità.

 

Jabi si strinse nelle spalle come a dire “Per me sono semplicemente stupidaggini!”. Ma a parole, non gli disse esattamente così…

– Lo sai che sei un gran maschilista, vero? – fece, con quel suo modo di fare indisponente e schietto. Dal tono si capiva che la donna non gli stava chiedendo un’opinione, ma voleva bensì imporgli la sua. Tsubasa la investì di colpo con un’occhiata bieca.

Il diverbio tra la Sacerdotessa ed il Cavaliere sembrava essersi acceso come il fuoco di un falò scoppiante. 

Ancora una volta, l’intervento della giovane Rin fu decisivo. Diciamo che servì a mitigare il confronto.

- Perché invece non facciamo scegliere a loro? – propose, poi fissò quei “loro”, ovvero Kaoru e Kouga. – Prenderete un maschio, oppure una femmina? – formulò quella domanda con la trasparenza che soltanto una ragazzina di appena 11 anni poteva permettersi di avere. Inoltre, pareva non conoscere affatto come stavano in realtà le cose, tant’è che Jabi le dovette precisare una cosa: - Vedi, Rin… In questi casi, non siamo noi che scegliamo, bensì è la natura che lo fa per noi.

 

La ragazzina strinse le palpebre con un’aria perplessa. – Ma allora perché spesso le persone lo domando alle donne incinte?

 

- Beh, diciamo che in quell’occasione si chiede unicamente un parere, ma di sicuro non è una ferma decisione.

 

Rin restò un pochino delusa da quella “sconcertante” verità. Per tanto tempo aveva creduto che il sesso dei bambini si potesse scegliere, per cui le parole di Jabi all’inizio non le avevano fatto immensamente piacere.

- Se le cose stanno così- premise, mettendo da parte i malumori- allora voi cosa vorreste avere? – si voltò e guardò con curiosità i due diretti interessati.            

Ancora una volta loro non seppero trovare la lucidità necessaria per controbattere. Quella era la prima volta in cui affrontavo un simile argomento, e non fu assolutamente semplice mantenere una certa indifferenza. Furono all'incirca costretti a scambiarsi un’occhiata. Poi le labbra di Kaoru si mossero con difficoltà, aveva lo sguardo completamente instabile. – Ecco…- premise, e pensò poi di poter aggiungere “Noi non lo sappiamo”, ma si trattenne la frase nella gola, dato che quella a non saperlo, era lei, e siccome l’argomento non era stato mai preso in analisi, Kaoru non poteva di certo conoscere anche il parere di Kouga!

Si zittì, e naturalmente il signorino non aprì bocca. Dopotutto, nemmeno lui poteva conoscere le preferenze di Kaoru!

A quel punto intervenne Tsubasa, che fino ad allora era rimasto in disparte: - Basta così, Rin. – le disse, con un tono a sufficienza severo. Sua sorella reclinò la testa, ed azzittì. – Vi mostro l’alloggio dove dormirete stanotte. – Tsubasa invitò i due ospiti a seguirlo. Il gruppetto, varcata la soglia dell’antica dimora degli Yamagatana, giunse ai piedi di una porta situata in fondo al corridoio. Rin fece scorrere il fusuma, una delle tante porte di carta scorrevole presenti in tutte le abitazioni del paese, e la spalancò.

Fu pressoché inutile descrivere l’effetto che la vista di un futon a due piazze, letto giapponese per eccellenza, ebbe sui giovani.

 

- Rin! – la riprese bruscamente Tsubasa- Non ti avevo detto di fargli preparare una camera singola?

 

- Ma io…- fece per spiegare la ragazzina, con un’aria tutta mortificata. Qualcuno la trattenne.

 

- Sono stata io a prendere questa decisione. – sentenziò liberamente Jabi. – E comunque, lascia perdere, Rin. Tuo fratello è un uomo molto antiquato. –commentò con noncuranza.

 

- Si tratta di rispetto, Jabi! – esclamò indignato il Cavaliere del Kantai. La Sacerdotessa si lasciò scorrere via le parole del giovane, successivamente prese a fissare la coppia.

 

- Per voi va bene, no? – proseguì, come se si fosse trattato da considerarsi assolutamente normale, che i due condividessero insieme lo stesso letto. “Dopotutto, siete una coppia”, parve comunicare con lo sguardo. Tuttavia, la reazione esagitata dei sottoscritti, che sembravano assomigliare più a due pesci fuor d’acqua che a semplici umani, la portò a comprendere la vera realtà dei fatti. Fece un sorrisino che in verità servì ad esternare anche senza l’uso dei vocaboli, un’espressione incline ad un “particolare” tipo di insinuazione. Se decise di trattenersi, fu solo a causa della presenza di Rin.

- Ho capito… - asserì solamente, poi cercò con gli occhi Kaoru – Posso sempre offrirti la mia camera e prendere il tuo posto, se proprio l’idea di restare qui non ti piace. – Naturalmente, Jabi in quel momento aveva solo voglia di scherzare! Poteva, un tipetto come lei, lasciarsi sfuggire una tale opportunità?

Kaoru cercò per un attimo lo sguardo di Kouga. Voleva appoggio, approvazione, le sarebbe bastato anche un cenno del capo, eppure il tacito giovane lasciò che fosse lei stessa a decidere.

Trovatasi alle strette, presa dall’istinto o semplicemente dalla fretta di dare una risposta, con i battiti del cuore completamente impazziti, assentì di colpo: - No, va bene! 

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

Perché? Perché aveva acconsentito di rimanere lì, e prendere una decisione che adesso, a mente fredda le sembrò la più sconsiderata che nella sua vita avesse mai preso?

Una risposta Kaoru non seppe darsela. Eppure, adesso era lì, a condividere un futon, che per giunta non si poteva neppure dividere poiché unico.

Non riusciva proprio a darsi pace e, soprattutto, non riusciva a prendere sonno.

Si era rigirata sul lato destro, diametralmente opposto a quello di Kouga, proprio per non trovarsi d’innanzi a lui, o per meglio dire, d’innanzi alla sua schiena. Aveva messo una mano sotto al cuscino, e l’altra sopra. Trattandosi della sinistra, Kaoru non faceva altro che fissare l’anello regalatole da Kouga, con uno sguardo che per qualche secondo le divenne trasognante. Riuscì finalmente a distoglierlo dall’anulare della mano, poi per indurre il sonno cercò di chiudere gli occhi, ma servì a ben poco: li riaprì dopo una manciata di miseri secondi. Era l’agitazione a non farla dormire. E per dormire, occorreva essere rilassati. Lei purtroppo non lo era per niente.

Per Kaoru, ma anche per Kouga, ufficialmente quella era la prima notte che trascorrevano nella stessa stanza, ma prima di tutto, nello stesso letto.

L’agitazione, il nervosismo, la tensione… Si trattava di emozioni assolutamente normali, che chiunque fosse stato al posto della ragazza, senza dubbio avrebbe provato di persona sulla propria pelle.

Tuttavia, Kaoru non ammise a stessa di essere spaventata, bensì si riteneva colpevole per ciò che aveva fatto. Ma c’era un’altra cosa che forse l’aveva turbata, o perfino resa ancora più nervosa…

Da quando i due ragazzi si erano accomodati su quel materassino imbottito e meravigliosamente soffice, riverso a terra, Kouga non le aveva rivolto neppure una parola.

Bastava che le dicesse perlomeno “buona notte”, tutto qui. In effetti, era stato alquanto scortese.

Forse perché aveva troppo sonno per aprire bocca? Oppure perché, contrariamente a ciò che avrebbe pensato chiunque nel riscontrare in lui un atteggiamento freddo e distaccato, l’imbarazzo in realtà lo aveva portato ad azzittire?

Inoltre, chissà se in quel momento era riuscito a prendere sonno, e quindi ad addormentarsi anche lui…

Per scoprirlo, Kaoru tentò di girarsi almeno un pochino dall’altro lato, ma la paura di essere scoperta la fece bloccare. Ad ogni modo, dato che si stavano dando ambedue le spalle, non avrebbe visto granché.

Sommesse così un sospiro profondo, si portò con la pancia rivolta verso l’alto ed affondò con rabbia la testa nel cuscino. Quel gesto le fece servire a puntare dritta lo sguardo al soffitto e… ad inorridire.

 

- AAAH!!! – emise, urlando all’improvviso. Kouga si girò di scatto, messo in agitazione da quel grido fulmineo, poi vide l’indice della mano destra di Kaoru puntare eretto al soffitto. Lo seguì e… sospirò.

 

- E’ soltanto una lucertola. – le disse, e sbuffò ancora.

 

- Ma è proprio qui sopra! Potrebbe… cadermi addosso! – suppose alla svelta, e nel pensare a quella scena un brivido gelato la attraversò tutta.    

 

- E’ probabile- fece lui, in un primo momento. Per la verità, l’intenzione era solo quella di prendersi un pochino gioco di lei. Ciò che aggiunse dopo, non la fece tranquillizzare per niente – Credo che stia per cadere. – Il signorino non ebbe nemmeno finito di riprendere fiato che vide la ragazza oltrepassare come un lampo l’altra metà del letto. L’istinto di Kouga fu quello di allargare le braccia, e lei gli finì dritta addosso.

 

- E’… caduta? – pigolò la giovane, balbettante, mentre si teneva stretta a lui per la paura.

 

Kouga sospirò ancora, con più slancio.

- Guarda che stavo solamente scherzando. – fu costretto a dire, sfoggiando tuttavia una tranquillità incredibile. Kaoru come previsto aggrottò la fronte e lo investì con un’occhiata torva.

 

- Mi hai fatto prendere un colpo! Sul serio!

 

- Sei tu che sei troppo credulona.

 

- Che cosa?! Non è vero!

 

- Lo sei da quando ti conosco, ragazzina. – sottolineò acido, ma infondo voleva solo prendersi un po’ gioco di lei.

 

- Non chiamarmi “ragazzina”!

 

- Ehi, voi due… Potreste abbassare un po’ il tono della voce e farla finita una volta per tutte? Qui c’è un povero Madougu che vorrebbe riposare. – proferì inaspettatamente la voce di Zarba, che di preciso era stato rinchiuso nella sua teca fatta di legno, ma ahimè, non insonorizzata. L’anello si era stufato di sentirli bisticciare.  

 

Kaoru sospirò stizzita, poi abbassò il timbro della voce – Perfino quella lucertola è più gentile di te nel non cadermi addosso!

 

Kouga non commentò su quello che sembrava essere un giudizio del tutto insindacabile, ma sentì l’obbligo di precisare una cosa: - Non può permettersi di cadere perché deve raggiungere la sua compagna. – gli fece presto notare. Con lo sguardo, lei si mise a setacciare l’intero soffitto, finché nella penombra non intravide un altro animaletto fermo dalla parte opposta. Era leggermente più piccolo, quindi doveva trattarsi, come fatto capire anche dallo stesso Kouga, di un’esemplare femmina. Fu in quell’attimo, che la ragazza si rese conto che neppure il figlio di Taiga, pochi minuti fa stava dormendo. Altrimenti, come avrebbe potuto individuare quel minuscolissimo animaletto, per di più nascosto nell’ombra ed attaccato al soffitto, tanto alla svelta? Kouga aveva trascorso tutto il tempo ad osservarlo, ed ecco perché era riuscito a ricollegare le due cose in un lampo.

Con tutto ciò, l’artista si sentì l’obbligo di ribadire: - Ho urlato troppo, prima, vero? Devo averti senz’altro svegliato.

 

- Comunque- premise il giovane, senza commentare la questione dovuta allo strillo improvviso -Non stavo dormendo.

 

Kaoru in quel modo era riuscita finalmente ad ottenere la sua meritata risposta, e quindi a sapere la verità. Si finse però sorpresa, affinché non se ne facesse troppo accorgere – Davvero? Neanche io.

 

- Il letto è forse scomodo? – le chiese, preoccupandosi di sapere se lei lo ritenesse in quel modo.

 

- No, anzi! – scosse il capo, ma non seppe cos’altro aggiungere a quelle parole. Aveva davvero un’aria strana. Si mordicchiò il labbro inferiore, combattuta nel dire o non dire la verità, e quel groviglio di lettere le restò a lungo nella gola. Ciò nondimeno, lei sentiva quasi l’obbligo di comunicargli i suoi pensieri. Esitò, tergiversò, e alla fine giunse al dunque: - E’ che mi sembra tutto così strano… riguardo al fatto che siamo qui… Forse avrei dovuto chiedere anche il tuo parere.

 

- Non ti avrei risposto comunque.

 

Allibita, la ragazza fece una smorfia: - Aspetta, mi stai forse dicendo che volevi lasciare a me la decisione? E’ per questo che non hai detto niente?

 

- Non volevo costringerti a prendere una decisione forzata. Tutto qui.

 

- Tutto qui? – il viso di Kaoru si contrasse ancora- Io pensavo che non te ne importasse molto… - poi ad un tratto lo stupore mutò in perplessità- Ma se io avessi accettato la proposta di Jabi? Tu…- “Tu avresti davvero accettato di dormire con lei?”, avrebbe voluto dire, ma si trattenne.

 

Ancora una volta Kaoru aveva creduto alle parole della Sacerdotessa, dimostrando così di essere seriamente una credulona, ed ancora una volta Kouga si trovò ad emettere un sospiro. In aggiunta a quel suono sommesso, seguitò un accenno pronunciato di riso. Alla giovane pittrice quel gesto non passò inosservato, per cui arrivò ad afferrarne il significato con una certa facilità, e perché no,  anche una buona dose di sdegno.

Increspò la fronte incorniciata dai capelli, e schiuse la bocca dichiarando apertamente: - Non è giusto! 

 

- Sei proprio una… - Molto probabilmente, Kouga avrebbe concluso quella frase con il termine “credulona”, ma a causa di un impedimento improvviso, non riuscì a finire: Kaoru aveva afferrato di corsa il proprio cuscino e glielo aveva lanciato giusto in faccia.

 

- Antipatico! – gli rimbeccò, con un modo di fare esagitato e la voce sporca di rabbia, irritata.

 

- Ma che ti è preso?! – sbottò il giovane Saejima, scostandosi dalla faccia il guanciale.

 

Kaoru lo punse all’istante lanciandogli una frecciatina congeniale: 

- Dimenticavo che tu sei un asociale, e che molto probabilmente il termine “lotta con in cuscini” non ti dice nulla… - poi aggiunse sicura- I tipi come te farebbero meglio a restarsene da soli!

 

- Guarda che sei stata tu ad invadere la metà del mio letto. – pronunciò secco il ragazzo, e fu soltanto in quell’istante, che la figlia del pittore Mitsuki apprese di non trovarsi al proprio posto.    

 

- Accidenti! – riuscì soltanto a pronunciare di colpo, ma quando fece per balzare indietro, nell’appoggiare con troppa forza la mano destra a terra, sentì una fitta improvvisa che le provocò un intenso dolore. Macchinalmente, con un rapido scatto gemette mettendosi a sedere in mezzo al letto.

Si agguantò subito il polso. Kouga la seguì quasi a ruota.

 

- Che cos’hai?! – chiese con fare allarmato.

 

- Il polso… Credo di averlo poggiato a terra troppo velocemente... – disse con voce dolorante, continuando a reggersi l’arto. Con una mano lui l’afferrò garbatamente, poi diede un’occhiata.

Si trattava del polso che Kaoru, armeggiando con quella vecchia spada, si era ferito alcuni giorni fa. Fortunatamente del lungo taglio restava un solo segno appena visibile, quindi lui appurò che la ferita non si era aperta nuovamente.

 

- Non è ancora guarito del tutto. – disse lo spadaccino – Quindi cerca di non sforzarlo.

 

La ragazza assentì. – Ho preso troppa umidità quella sera… Forse è per questo che accuso ancora un po’ di fastidio. – affermò, e quella frase fece ritornare magicamente entrambi ad un evento preciso: L’attimo in cui Kouga le aveva sfiorato le labbra con un bacio da levare il respiro.

 

Ricordavano perfettamente tutto. L‘acqua che incorniciava i loro visi, che impregnava i loro capelli e perfino gli abiti. La pioggia che aveva lavato via le lacrime della dolce moretta, e che continuava a scendere sulla pelle di entrambi perfino quando avvenne l’inatteso contatto.

Kaoru ricordava tuttora l’acqua dei capelli bagnati di Kouga che finì col trasferirsi anche su di lei, mentre Kouga, invece, di quanto fosse liscia la pelle di quel viso aggraziato e bianco, solcato da goccioline che lo inumidivano tutto.

Quando entrambi ebbero finito di rivivere quell’attimo dalla melodia inconfondibile, si accorsero anche di trovarsi l’uno di fronte all’altra.

Si rivolsero lo sguardo, ma prima ancora si cercarono con gli occhi, poi nessuno dei due inseguì il desiderio di pronunciare qualcosa. Ambedue non sapevano bene che cosa dire, comportarsi, ma specialmente fare. E molto probabilmente, qualsiasi cosa avessero detto, forse le parole non sarebbero state in grado di rendere il massimo dei loro sentimenti. Solo ascoltare in silenzio il folle battito di due cuori, sarebbe riuscito a descrivere ciò, unicamente con semplicità.    

 

Kouga le teneva ancora il polso con la mano, e fu così distratto da non accorgersi di averla avvicinata ulteriormente a sé. E per giunta Kaoru non aveva opposto taluna resistenza. Sembrava che anche lei non si fosse accorta di nulla, tant’era impegnata a farsi incatenare da quello sguardo che racchiudeva una profondità sconfinata, una profondità che avrebbe fatto perdere la via di casa a chiunque.

In un secondo momento, i loro volti presero a fronteggiarsi in quella che da lì a poco si sarebbe trasformata in una congiunzione di labbra. Ma non appena la bocca di Kaoru fu sufficientemente vicina alla sua, quasi da sentirne il respiro, Kouga le lasciò di colpo il polso, ed ella smise di avanzare.

Il figlio del valoroso Taiga si rese per la prima volta conto delle proprie azioni, e l’animo gli fece finire ogni suo movimento in catene.

Si trovò ad affrontare a viso aperto una situazione molto complessa, ma era meglio non cedere a possibili quanto per lui inammissibili impulsi.

In realtà sapeva già cosa fare.

- E’ tardi – disse, afferrando il guanciale che la ragazza gli aveva tirato in faccia attimi prima, e riconsegnandolo a lei- Dovremmo cercare di dormire. – finì la frase nell’istante in cui Kaoru, presa dall’imbarazzo, gli annuì soltanto. Collocò il cuscino a terra, cambiò di posto, e si distese lungo il futon a pancia insù. Fu in quel momento, che nell’osservare il soffitto, si rese conto di una cosa: l’animaletto verde smeraldo non era più lì.“Ha raggiunto la sua innamorata” disse tra sé e sé, affascinata da ciò che ai suoi occhi pareva sembrare una romantica favola… del mondo animale!

Poi lo sguardo le ricadde sul dorso di quel ragazzo che le stava di fianco. Sperò nel miracolo, ovvero aspettò fiduciosamente che lui le rivolgesse una parola. Una soltanto. Forse chissà, in quel modo sarebbe riuscita a prendere sonno. Ma quando Kaoru, ormai perse le speranze si apprestò a rigirarsi dall’altro lato, ciò che stava aspettando arrivò:

- Buonanotte.

Solo una parola. Una soltanto.

La dolce artista sorrise, nonostante lui non la potesse vedere, e come per magia, chiudendo gli occhi, finalmente si addormentò. Con il cuore colmo di gioia.

 

 

 

 

 

A volte è più semplice fuggire dalle proprie emozioni, anziché affrontarle di petto e trovare il coraggio di guardare dentro noi stessi. Pur di fare la cosa giusta, le congeliamo per paura di ferire qualcuno o per paura di ferirci. Pur di non sentirci tristi, ci costringiamo a non amare completamente una persona. Ma tutto ciò, serve solo a farci capire quanto quella persona sia importante per noi.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

                                                      

                                                          

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Eccoci arrivati al decimo episodio! Stavolta sono di poche parole perché vado di corsa… Quindi, passiamo subito alle risposte! ^__^

 

 

 

Per seasons_girl: Love is in the air… na na na love is in the air *botan-tan canta* ^__^ Non potevi scegliere canzone più azzeccata! La cosina che riguarda ciò che ha attirato Kouga quando stava bloccato nel traffico insieme a Gonza, come già detto nella mail, la scoprirai nell’episodio 12, quindi pazienta ancora un pochino, anche se mi rendo conto che non è facile…! Io in primis sono una curiosona nata…! Che bello, dai, tu ed Elentari dai KAT-TUN!! ^o^ E’ troppo divertente ‘sta cosa!!!  

 

Per _Elentari_: Eeh… fa piangere anche a me il chap 9… E sì, lo so che mi adori! Ma io adoro te per le cose belle che mi scrivi. Ci adoriamo entrambe!  Grazie per gli auguriiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!! <3

 

Per stelly89_s: Ch bello! Un’altra persona che ama la pioggia come me! Condivido tutto ciò che hai detto, e quando fuori diluvia io faccio festa! Pensa che mia nonna odia i temporali… gira per casa con le candele accese pronunciando strane formule per farli passare… Io invece farei la danza della pioggia a vita! Quando piove mi sento particolarmente ispirata… Soprattutto quando scrivo…! E grazie mille per gli auguri!! ^__^

 

 

 

Un bacio a tutti voi!

Botan

 

 

 

 ANTICIPAZIONI:

Risposte, rivelazioni ed avvenimenti a sorpresa… Tutto ciò attenderà Kouga che dovrà tenere testa a Chimere Mistiche e misteriose presenze nell’arco della stessa giornata, ma per fortuna non sarà da solo.  

Prossimo episodio: #11 Fedeltà.

                                                         

 

 

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Capitolo 12
*** #11 Fedeltà ***


Nell’accogliente camera messa a disposizione dei due ospiti, dalla famiglia Yamagatana, un raggio di sole ricadde sul materassino imbottito appoggiato al suolo, mentre Kaoru, investita in viso da quel fascio, non poté fare a meno di riaprire le palpebre

                                        Fedeltà

                                           #11

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Nell’accogliente camera messa a disposizione dei due ospiti, dalla famiglia Yamagatana, un raggio di sole ricadde sul materassino imbottito poggiato al suolo mentre Kaoru, investita in viso dal fascio, non poté fare a meno di riaprire le palpebre. Si portò istintivamente una mano davanti agli occhi, per ripararsi dalla luce che gli dava un po’ fastidio. Ancora assonnata, prese a sbadigliare, in seguito si mise a sedere spingendo il busto in avanti, e si grattò la nuca.

Fece un altro sbadiglio, coprendolo stavolta con il dorso della mano, e lo sguardo le scivolò sul lato accanto a lei, quello in cui avrebbe dovuto esserci Kouga.

Il posto era vuoto.

Doveva essersi alzato da molto tempo prima di lei, con una tale silenziosità da non farle sentire neppure il minimo rumore.

Si mise in piedi, portando le braccia sopra la testa per stiracchiarsi, dopodichè raggiunse la finestra e guardò fuori.

Lo sguardo le si illuminò all’istante.

Gettò una rapida occhiata alla sacca marrone, che conteneva i suoi strumenti più preziosi, e sorrise, pronta ad iniziare quella giornata nel migliore dei modi: – Oggi pittura! Mettiamoci subito all’opera!

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

- Deve essere quella laggiù. – enunciò Zarba, il millenario Madougu dalla loquace parlantina, riferendosi ad una piccola casupola, che di primo acchito somigliava di più ad una vera e propria baracca fatta di legname marcio e putrido – Sembra venire giù da un momento all’altro. – commentò l’anello, ma non aveva tutti i torti.

Lo spadaccino la raggiunse con sveltezza, dopodichè batté un colpetto sulla porta con la mano, e rimase ad aspettare che qualcuno venisse ad aprirlo.

 

- Chi è? – tuonò la voce di quel “qualcuno”. Sembrava per giunta essere piuttosto irritata.

 

- Mi chiamo Kouga Saejima, signore. – dichiarò il ragazzo, presentandosi come da prassi. E non appena il misterioso tizio sentì quel cognome, si decise ad aprire.

Spalancò l’anta, che emise un fastidioso gracidio a causa dei cardini completamente ricoperti di ruggine, e squadrò minuziosamente l’inatteso ospite. – Sei un parente di Taiga?

 

- A dire il vero, sono il figlio. – precisò, poi gli chiese: - Lei, conosceva mio padre?

 

- Di vista. Una volta abbiamo avuto modo di parlare. – disse sbrigativo lo strano tizio. Kouga lo guardò con attenzione e curiosità. Aveva i capelli brizzolati, raccolti in un codino, e l’aspetto trasandato. Sul viso c’era un accenno di barba dovuto al fatto che non si rasasse probabilmente da diversi giorni, o comunque non tutte le mattine, e l’abbigliamento non era di certo da meno! Si vedeva chiaramente che aveva indosso degli abiti molto consunti, anch’essi cambiati di rado. – Che cosa vuoi? – disse lì per lì Ryoma Yamashita, il vecchio Cavaliere. Ma a dirla tutta, era soltanto l’aspetto trasandato a farlo sembrare molto più anziano di quanto in realtà non lo fosse.

 

Kouga non esitò un solo attimo: - Vorrei che lei rispondesse ad una mia domanda.

 

- Ma io no.sentenziò secco l’uomo, facendogli capire che non era né interessato a sapere, né tantomeno a rispondere a quella domanda. – Non ho tempo da perdere con i ragazzini. Vattene via! – replicò infine, ma quando si mobilitò per sbattergli la porta in faccia, Kouga trattenne l’anta con una mano.

 

- Ho portato un compenso per voi. – gli disse, facendogli vedere l’incarto che conteneva il fiaschetto. – Si tratta di saké rosso.

 

L’uomo storse il naso: – Non mi interessa. – fece con noncuranza.

 

- Proviene dalle terre del Sud.

Come per incanto, le parole di Kouga funsero in qualche modo da “parola magica”. Il vecchio Yamashita fissò per primo il volto del ragazzo, e poi la bottiglia incartata. – In questo caso… cambia tutto. – pronunciò, facendolo accomodare nella sua umile dimora. 

Di umile, questa dimora aveva praticamente tutto. A partire dal pavimento. Le assi di legno scricchiolavano ad ogni passo, a momenti parevano fracassarsi sotto i piedi. Kouga se ne accorse subito, e cercò di moderare l’andatura per non finire con una gamba nel terreno sottostante. Inoltre, la pulizia di quel luogo lasciava parecchio a desiderare: la cucina era invasa da tegami e scodelle sporche, accatastate l’una sull’altra da chissà quanti giorni, mentre la polvere ricopriva ogni angolo della casa. Giunti in cucina, il vecchio si sedette a tavola, facendo cenno al ragazzo di accomodarsi sulla sedia davanti a lui.

Zarba tossicchiò di proposito. Voleva avvertire il suo proprietario che quella sedia non aveva un gran bell’aspetto. Pareva crollare giù da un attimo all’altro, perché invasa da una miriade di buchi provocati dalle tarme. Kouga afferrò al volo, tuttavia per non essere scortese fu quasi costretto a sedersi. Le gambe della sedia, nonostante lo stato malandato, ressero al peso.

Poi, ancora Zarba si guardò attorno, e nel vedere almeno una dozzina di bottiglie vuote di liquore, sparse per metà a terra e per metà sul ripiano insudiciato della tavola, comprese tutto.

- Adesso capisco perché Jin non ti ha voluto parlare di lui… - confabulò, mentre Kouga trasse un profondo sospiro. Gli si poteva leggere negli occhi un velo di marcato sconforto. Si convinse per un attimo di aver fatto l’ennesimo buco nell’acqua: come avrebbe potuto, un uomo alcolizzato, risolvere una fetta dei suoi problemi?

Yamashita scartocciò l’involucro che attorniava il fiaschetto di saké, e lo gettò con noncuranza a terra. Poi agguantò un bicchiere dal vetro ormai appannato, proprio di fronte a lui, e lo riempì. Il liquido rosso sangue si versò in quella conca, e restò lì dentro solo per pochi secondi: L’uomo si scolò il bicchiere in un lampo.

Sulla faccia di Kouga apparve un’espressione di assoluto disgusto. Il ragazzo detestava profondamente quella roba. Gli dava fastidio il fatto che assomigliasse al sangue. E a lui, anche se cercava spudoratamente di nasconderlo, gli faceva ribrezzo.   

 

- Era da tempo che non assaggiavo un liquore così buono. – dichiarò, sfoderando un senso di soddisfazione unico. Aveva gli occhi che a momenti parevano brillare dall’emozione. Successivamente, agguantò per la seconda volta bottiglia e bicchiere, e se ne mandò giù un altro.

 

- Ehi, Kouga… - intervenne Zarba – Se continua così, sarà talmente sbronzo che non si ricorderà neppure di averti fatto entrare in casa sua. – ribadì, ed aveva ragione. Inoltre, le parole utilizzate dalla somma Garai, finalmente per entrambi ebbero un senso. Se aveva consigliato Kouga di fargli visita durante le prime luci dell’alba, una ragione c’era. Verso quell’ora non l’avrebbe trovato sbronzo, per cui parlargli non sarebbe stata un’impresa impossibile.

 

Lo spadaccino sospirò ancora e decise di arrivare al dunque: - Io le ho portato il saké. Adesso tocca a lei restare ai patti.

 

Ryoma appoggiò il bicchiere di vetro, vuoto, sulla tavola, e poi i gomiti. – Cosa vuoi sapere, ragazzino?

 

Si lascio scorrere via il termine “ragazzino”, adoperato per la seconda volta dall’uomo, e finalmente poté parlare: - Mi serve il nome di quel Prete del Makai che sancì il Mistico Patto, durante la Notte della Supplica di venti anni fa.

 

Il trasandato Yamashita intrecciò le dita delle mani sulla tavola. Sembrava che in qualche modo, quella domanda gli avesse fatto dimenticare anche per un secondo la sua innata passione per l’alcol.

- Perché sei venuto fin qui per chiederlo a me? Tuo padre non ha saputo risponderti?

 

Kouga si adombrò appena. Chinò leggermente lo sguardo sulla tavola. – Lui è stato ucciso quando avevo sette anni.

 

L’alcolista restò sconcertato da quella rivelazione. – Da tempo, ormai, ho tagliato completamente i ponti con il mondo esterno. – gli confidò, e non appena Kouga riprese a guardarlo, lui gli pose un quesito: - E’ stato Barago, dico bene? – aveva pronunciato quella domanda come se in realtà la risposta già la sapesse. Il giovane ne restò sorpreso. Poi Yamashita iniziò a raccontargli un aneddoto legato al proprio passato - Ero appena tornato da una caccia, quell’Orrore mi aveva sfiancato… - precisò, accennando un malinconico sorriso- Vidi la porta della mia casa spalancata, e così mi accinsi ad entrare. Trovai mia moglie e mio figlio riversi a terra, in una pozza di sangue che oramai aveva infangato ogni cosa. Mi ci volle una settimana per toglierlo. Ma l’odore restò per più di un mese. – Quella rivelazione così improvvisa scosse fortemente l’animo di Kouga. Stava quasi per dire qualcosa, quando l’uomo lo interruppe: - Mi dissero che era stato Barago, lo videro uscire dalla mia abitazione, ma nessuno fece niente per soccorrere la mia famiglia. Le persone ebbero troppa paura, e così li lasciarono morire. – guardò il ragazzo che gli stava di fronte, e l’espressione del volto gli divenne quasi dolce – A quest’ora, mio figlio avrebbe dovuto avere qualche anno in più di te. – commentò, e il cuore di Kouga per la tristezza parve fermarsi. In ultimo, il malandato uomo diede la risposta che il figlio di Taiga stava attendendo con trepidazione di ricevere: – Shiro Yomoda. Si chiamava così quel Prete. 

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

Seduta su di un enorme blocco di roccia, con l’album da disegno appoggiato sulle ginocchia e la matita stretta in una mano, Kaoru stava ritraendo quel meraviglioso spettacolo che le sorgeva d’innanzi agli occhi.

Di preciso, aveva raggiunto un luogo situato al di fuori del villaggio, collocato appena più giù, che godeva di una vista superlativa.

Nel vederlo, l’ispirazione le era arrivata in un batter di ciglia. La giornata era perfetta: c’era il sole, ma non faceva troppo caldo, ed inoltre l’erba che ricopriva i sentieri aveva assunto un colorito verdeggiante assai luminoso. Veniva davvero voglia di imprimerla su carta.

Completamente assorbita dal disegno, Kaoru non si accorse che qualcuno la stava di nascosto osservando. Si trattava di Rin, la sorella minore di Tsubasa, che nel vedere il paesaggio ritratto sul foglio, non riuscì a tenere la bocca chiusa: - E’ bellissimo! – esclamò di colpo, e la pittrice istantaneamente si voltò.

 

- Rin! – disse, colta alla sprovvista – Cosa fai qui?         

 

Fu un’altra voce a rispondere per lei. – Ci teneva a vederti dipingere.

Kaoru si voltò un altro pochino, ed intravide la figura longilinea di Jabi, proprio di fianco alla ragazzina.

 

- Non sapevo che foste entrambe qui… – ammise timidamente, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

 

- Si vede che la pittura è davvero la tua più grande passione. – commentò la Sacerdotessa Jabi, regalando a quella frase una punta di sottile ironia.

 

- Quando disegno, tutto ciò che mi sta intorno sembra scomparire… Ci siamo solo io ed i miei strumenti! – asserì in tono convinto, poi vide la giovane Rin fissare con estrema curiosità il suo lavoro. Le ci volle veramente poco per capire e leggere nei suoi pensieri. – Vuoi provare anche tu? – le propose, porgendole dapprima una matita, e subito dopo un foglio pulito.

 

Rin si fece titubante. – Posso davvero? – chiese per sicurezza, con lo sguardo che le aveva preso a vibrare dalla gioia. Kaoru approvò con un cenno del capo, e nel sorriderle la fece accomodare di fianco a sé.

Poi spiegò a Rin come fare.

- Guarda… la matita devi tenerla in questo modo, così la puoi muovere con più scioltezza, e sarai in grado di tracciare linee più naturali e fluide.     

 

La ragazzina storse le labbra. Sembrava un po’ confusa, ma soprattutto scoraggiata.

- Ma come faccio a guardare il paesaggio e contemporaneamente a disegnare?

 

L’artista scosse il capo con dolcezza.

- Non le devi fare insieme. E’ semplice… Osservi il paesaggio davanti a te, e fai ricadere lo sguardo sul foglio. Vedrai che le tue mani si muoveranno da sole, per ricreare ciò che i tuoi occhi hanno visto ed immagazzinato nella mente.

 

- Ma se non mi ricordo? – si preoccupò Rin, dato che tutto ciò le sembrava un’impresa impossibile da attuare. 

Ma la risposta di Kaoru servì a mitigarle ogni dubbio:

- Sarà il tuo cuore a ricordare per te!

 

Con un forte entusiasmo, la ragazzina annuì e si mise all’opera.

Nel frattempo, la figlia di Yuuji Mitsuki si alzò dal proprio posto per raggiungere Jabi ferma pochi metri più dietro.

Era giunto il momento di parlarle.

Dapprima non seppe bene come iniziare il discorso. Esitò più di una volta, ma poi sembrò trovare il modo più adatto per impostarlo, e tutto ciò da una semplice parola: - Grazie! – disse ostentandole un gran bel sorriso, e Jabi ne restò sorpresa.

 

Aggrottò la fronte con fare confuso, e la investì con uno sguardo. - Per cosa?

 

Scostandosi un ciuffo di capelli dalla guancia, l’artista prese ad osservarsi la punta delle scarpe bianche che portava ai piedi. Si sentiva leggermente a disagio. 

- Kouga mi ha detto che ha chiesto il tuo aiuto per purificarmi.

 

La replica dell’altra donna giunse con rapidità e certezza: - Non potevo abbandonare un vecchio amico. – disse, facendole capire che l’aveva fatto per aiutare il ragazzo, di certo non lei. Kaoru restò interdetta. Non sapeva come comportarsi, ma all’improvviso le uscirono spontanee delle parole: - Non ti sono molto simpatica, vero? – l’intonazione sapeva di angoscia e sconforto, e la replica dell’altra, dura ma sincera allo stesso tempo, servì successivamente a farla riflettere:

 

- Ti sei appropriata dell’unica cosa che faceva parte dei ricordi della mia infanzia. - Jabi aveva pronunciato quelle parole con uno sguardo carico di disprezzo. Ma ci fu un’altra cosa, che le si caricò di così tanta rabbia: Il cuore.

La Sacerdotessa non lo aveva ancora dimenticato.

Jabi non aveva ancora lasciato andare via il ricordo di Kouga. Lei gli voleva davvero bene. E vederlo, adesso, in compagnia di un’altra donna, le lacerava di continuo il petto. Ma nonostante tutto, lei era una persona estremamente intelligente, per cui dopo tale affermazione, seppe trovare le parole più adatte per sostenere Kaoru. - E’ te lui che vuole. Per cui, infondigli quella felicità che io non potrò mai dargli. – disse, ed un sorriso malinconico brillò nei suoi occhi.

A Kaoru le si strinse il cuore. Tuttavia, con una dolcezza infinita, sorridendo le annuì.

Jabi se ne andò, come una perfetta Sacerdotessa dal contorno solitario, e l’artista ritornò da Rin.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Stava riscendendo a valle, l’erede di Taiga Saejima.

Camminava, ma aveva la testa rivolta altrove. Nella sua mente non sembrava esserci che un nome. Uno soltanto: Shiro Yomoda. 

Chi era, in realtà, costui? Un Prete del Makai che aveva osato sancire il Mistico Patto, sì, ma forse non era tutto. Kouga in un certo senso sentiva dentro di sé che c’era dell’altro. Però, il ragazzo, quel nome, non lo aveva mai sentito. E non gli suggeriva nulla.

- Che strano… - pronunciò ad un tratto Zarba, mentre qualcosa parve stuzzicargli l’udito.

 

- Che cosa c’è? – domandò alla svelta il Cavaliere Mistico, sollevando la mano sinistra sotto al mento.

 

L’anello chiuse gli occhi per qualche secondo, successivamente gli fece una confessione: - Non vorrei sbagliare, ma mi è parso di avvertire una presenza simile, se non la stessa, a quella che ti bruciò il diario tra le mani in quella vecchia fabbrica. – profetizzò, e lo sguardo di Kouga si fece immediatamente serio.    

 

 

 

 

 

                                                                          ***

 

 

 

 

 

- Bravissima! – esclamò Kaoru, non appena vide il paesaggio disegnato da Rin, con il foglio tra le mani. – Alla fine ci sei riuscita! Non è stato poi così difficile, vero?

 

L’aspirante Sacerdotessa scosse il capo. – Mi sono divertita un sacco! Disegnare, è un po’ come fare magie. Noi Sacerdotesse, quando c’è di mezzo un incantesimo, dobbiamo pregare con tutte le nostre forze e trasferire ciò che abbiamo nel cuore all’interno di quella preghiera, affinché prenda vita e si trasformi in magia! – le spiegò in breve la ragazzina. Poi, all’improvviso, il sorriso che Rin aveva sul volto appassì inspiegabilmente. Sembrò che in quell’attimo avesse ricordato qualcosa – Kaoru- premise, con aria mortificata – Quando arrivai per la prima volta a casa di Kouga, per sbaglio la mia magia colpì uno dei tuoi quadri. Ricordo che lui si arrabbiò moltissimo con me. Mi tenne il broncio per un po’, ma io non volevo rovinarlo! – si affannò a spiegarle, con energia. Era davvero molto dispiaciuta. Inoltre, pensò che anche Kaoru l’avrebbe sgridata, e che magari anch’ella le avrebbe tenuto il broncio. Fu costretta a ricredersi non appena la pittrice scosse il capo.

 

- Non fa nulla! Quando tornai a casa, Gonza mi spiegò che cosa era successo, e così lo sistemai in un attimo!             

 

Sulla faccia di Rin riapparve con entusiasmo un sorriso. – Meno male! Temevo di aver combinato un danno irreparabile… Non riesco ancora a gestire come vorrei i miei poteri. – le confidò, rattristandosi un pochino.

 

- Vedrai che tra non molto diventerai brava come Jabi! – la rassicurò con una certezza tale da convincere perfino la stessa Rin.

Ma nel medesimo istante, successe una cosa che strappò via i loro sorrisi e le fece zittire. Dalle profondità del sottosuolo, venne alla luce un Orrore.

Fu tutto troppo improvviso ed inaspettato: si avvicinò alle due, spalancò le fauci e ruggì.

Con un coraggio fuori dal comune, la giovane Yamagatana impugnò alla svelta il proprio pennello mistico, e lo puntò dritto verso la belva. Il cuore le batteva a mille, ma nonostante tutto doveva farsi coraggio, perché Kaoru aveva bisogno di lei.

 

- Rin! No! – esclamò impaurita la mora, cercando di trattenerla.

 

La sorella di Tsubasa le replicò con caparbietà: - Ho promesso a Kouga che mi sarei occupata di te! Non posso tirarmi indietro! – poi sfidò l’Orrore con uno sguardo carico di ostinazione. Quando la bestia allargò pericolosamente le fauci, dando così l’impressione di essere sul punto di balzarle indosso, Kaoru afferrò la mano della ragazzina e poi cominciò a correre.

 

 

 

In quello stesso attimo, sul dito medio della mano sinistra di Kouga, la voce di Zarba risuonò altisonante: - Avverto la presenza di una Chimera Mistica! – disse con fare allarmato, senza il benché minimo preavviso.

 

Kouga aggrottò la fronte e fulminò l’anello con una rapida occhiata: - Dove?!

 

La risposta che gli servì la sua guida, suonò apocalittica: - Sta inseguendo Kaoru!

 

E così, senza pensarci su neppure due volte, il Cavaliere Mistico dell’Est si lanciò in una corsa forsennata.

 

 

 

La diabolica creatura aveva spinto le due ragazze al centro di un sentiero situato in mezzo alla radura. Kaoru si guardò con rapidità intorno, dopodichè cercò di condurre sia lei che Rin in direzione di una foresta, ma la sorellina di Tsubasa impuntò di colpo i piedi a terra e la trattenne.

 

- Quella è la foresta di Naraku! Se ci finiamo dentro, non riusciremo più ad uscire! – le esclamò con agitazione. Ambedue si voltarono verso la bestia. I denti in bella mostra, e gli artigli sguainati, le costrinsero ad arretrare di qualche passo.

Man mano che si avvicinava, loro erano obbligate ad indietreggiare. Ancora un po’, e in quella foresta ci sarebbero finite per davvero.

Si udì ad un tratto un rumore di rapidi passi. A quel suono, ne seguì un altro, e poi un altro ancora.

Quando sia Kaoru che Rin si trovarono ad un soffio di distanza dalla linea di demarcazione che separava ambedue i boschi, si sentirono letteralmente prendere di peso e portare via.

Jabi si occupò di afferrare Rin al volo, mentre Kaoru fu trascinata al sicuro da Kouga, giusto un secondo prima che appoggiasse il piede nelle terre di Naraku.

Colui che fece svanire quella perfida creatura, fu Tsubasa. La trafisse in petto con la punta affilata della lancia, ed il pericoloso essere scomparve.

 

Rin sgranò gli occhi nel vedere tutto ciò. Perché il fratello, per eliminare quell’Orrore, non aveva indossato l’armatura?

 

- E’ la prima volta che nel Kantai compare una Chimera Mistica. – appuntò Goruba, il vecchio Madougu di Tsubasa, attaccato al suo polso.

 

La ragazzina si chinò verso il bracciale, poi prese a guardare il fratello. – Non era un Orrore?! – fece, in preda allo sgomento.

 

- No. – sentenziò lui. Poi si sentì l’obbligo di chiederle: - Stai bene?

 

La giovane annuì, ma subito scoppiò in lacrime. – Io… non me ne sono accorta! – balbettò, in preda al pianto, poi singhiozzante si girò verso Kouga – Dovevo proteggere Kaoru, ma non ci sono riuscita! – gemette ancora, con gli occhi sempre più ricolmi di lacrime.

 

- Rin- il Cavaliere dell’Est si chinò verso di lei e le mise entrambe le mani sulle spalle- Ciò che conta è che stiate bene. – e nel dire ciò, rivolse l’attenzione verso Kaoru. Per fortuna che non era successo nulla di grave, pensò sollevato.

 

 

 

 

 

                                                                        ***

 

 

 

 

 

L’anziana Garai trasse uno dei sospiri più profondi che ebbe mai fatto in tutta la sua vita.

Scosse il capo immensamente convinta di una cosa, e quel gesto sembrò parlare al posto suo.

- No – disse dapprima – nel Kantai non si è mai verificato un simile evento.

 

Al tavolino della sua abitazione, vi erano Tsubasa, la Sacerdotessa Jabi e Kouga. Più le due ancelle guerriere che si occupavano di proteggere l’anziana donna.

 

- Ho paura che quel Cavaliere d’Oro, sia giunto anche qui. – profetizzò il giovane Yamagatana, con un manto di tremore nello sguardo.

 

Garai lo tranquillizzò subito.

- No, non ancora. Penso piuttosto che qualcuno abbia saputo dell’arrivo del giovane Kouga, e perciò si sia dato da fare. – Poi l’attenzione ricadde sul Cavaliere dell’Est- Hai detto che queste Chimere ti hanno attaccato già diverse volte, giusto?

Lui assentì.

Jabi si fece avanti.

- Lei pensa che si tratti dell’incantesimo del Laccio d’Asceta?

 

- Se quella Chimera avesse attaccato direttamente il giovane Kouga, allora non avrei avuto esitazioni a dire che lo era. Ma dato che quel tipo di incantesimo agisce solo verso colui a cui è stato lanciato, e visto che ha attaccato Kaoru, credo che la Chimera Mistica sia stata evocata appositamente da un Prete, in quelle vicinanze.

 

- Ma Rin ne avrebbe percepito la presenza all’istante. Ne sono sicura!

 

- Allora non me lo so spiegare.

 

Lo scambio di battute tra la Sacerdotessa Garai e Jabi, sembrò non portare a nessuna soluzione.

 

- Ritornando a noi, giovane Kouga- prepose la vecchia signora, scrutandolo in viso- Il nome di quel Prete Mistico, Shiro Yomoda, dico bene? Ho controllato nei registri in cui conserviamo i nominativi di tutti coloro che hanno conseguito la qualifica di sacerdoti, ma non c’è nessuno che si chiami così.

 

La terra del Kantai era famosa soprattutto perché ritenuta, a detta di tutti, il luogo in cui si formavano i Preti del Makai più famosi. Ogni aspirante sacerdote avrebbe dovuto recarsi lì per apprendere le arti magiche.

Era dunque una tappa obbligatoria, e nessuno poteva permettersi di scegliere meta diversa da quella.

 

Tsubasa guardò Kouga con un guizzo di perplessità: - Sei sicuro che il vecchio Ryoma non fosse già ubriaco?

 

- Sicurissimo, diffidente di un ragazzino. – rispose una voce. Ma non quella di Kouga. I commensali si ritrovarono faccia a faccia con Ryoma Yamashita in persona. Garai inarcò perfino le sopracciglia, dato lo stupore.

Ryoma al villaggio non ci scendeva mai, salvo per fare scorte di cibo, e soprattutto di liquore.

 

- A cosa dobbiamo questa tua visita inaspettata? – gli chiese l’anziana signora, ma l’ex Cavaliere sembrò più attratto da un fiaschetto di liquore poggiato sul tavolo, che dalle parole della donna.

 

- Sono stata io a dirgli di venire. – rispose un’altra voce, questa volta dal tono femminile.

 

- Un altro Madougu… - commentò Zarba, notando la “collega” allacciata al polso del tizio.

 

- Perché servi ancora quest’uomo? – la interpellò Goruba, con l’aria di chi una simile scelta non l’avrebbe mai potuta concepire.

Infatti, tutte le Guida Mistiche, quando il proprio Cavaliere decide di ritirarsi e va in pensione, ottengono finalmente la possibilità di tornare ad essere libere.

 

- Alfa è stata l’unica a non avermi abbandonato. Neppure quando il contratto fu sciolto, e le venne data la possibilità di andarsene. – rispose Yamashita, rivolgendo con affetto uno sguardo al gioiello. Dopo la morte dei suoi cari, l’uomo decise di rinunciare definitivamente ad essere un Cavaliere del Makai, ed appose così le armi al chiodo molto tempo prima del previsto, diventando il più giovane tra tutti i Cavalieri ad andare in pensione. Era chiaro, ormai, che Alfa in un certo senso doveva essere tutta la sua famiglia. Inoltre, quel Madougu aveva dimostrato di possedere una qualità quasi unica al mondo: La fedeltà. – E’ stata lei a dirmi di avere percepito la presenza di una Chimera Mistica. Tuttavia…- precisò il tizio, infilandosi una mano nella tasca di un vecchio e ormai logoro soprabito – non sono qui per parlare di questo. – allungò qualcosa verso Kouga. – Ritengo giusto che questa la prenda tu. Fu scattata parecchi anni fa, durante una cerimonia di investitura tra giovani aspiranti che a quell’epoca rincorrevano il sogno di diventare Cavalieri.

 

Lo spadaccino dell’Est si trovò tra le mani una vecchia fotografia, dal colorito lievemente ingiallito e con due angoli rovinati da pieghe. Riconobbe a prima vista la sagoma del padre, in mezzo ai volti di tante altre persone, e in quel momento il suo sguardo si ingentilì.

Intravide inoltre il trasandato Yamashita, che però a quei tempi non lo era affatto. Anzi, su quella foto sembrava addirittura un tipo sobrio, impeccabile da capo a piedi, che non avrebbe mai rinunciato a lasciare la propria abitazione senza prima essersi lucidato le scarpe.

Quando ad un uomo gli venivano tolti tutti i suoi affetti più cari, egli perdeva anche la voglia di vivere.

 

 

 

 

 

                                                                        ***

 

 

 

 

 

In piedi in mezzo alla camera da letto, Kaoru stava rimettendo un po’ d’ordine nel borsone marrone, in procinto di partire.

Si voltò nell’udire un rumore di passi, e vide Rin ferma sulla soglia della porta.

- Andate già via, vero? – chiese, nonostante sapesse di già il responso. Abbassò gli occhi con fare mogio, ma li rialzò non appena la ragazza le mise qualcosa sotto il naso.

 

- Sono per te! – esclamò, porgendole con benevolenza un album nuova da disegno, più una scatola di matite colorate.

 

La sorellina di Tsubasa accettò di buon grado il dono, e lo strinse a sé con una tenerezza incredibile.

- Ti prometto che mi eserciterò molto! – disse, dopodichè finì di aiutare Kaoru nel riporre gli strumenti nella borsa, e l’accompagnò fuori.

 

 

 

Pronti a partire, Kouga fece un diligente inchino alla somma Garai, per ringraziarla di tutto.

Poi si rivolse a Jabi, ma questa lo trattenne: - Niente inchini, per me. – anticipò, prendendolo naturalmente in giro. – Piuttosto… fatti vedere un po’ più spesso. – usò una voce che pareva sapere di rimprovero. Il ragazzo sorrise soltanto, successivamente passò lo sguardo in direzione di Tsubasa.

I due non si dissero granché. Solo un “ci vediamo” approssimativo, ma nulla più.

Arrivato il turno di Rin, quest’ultima trattenne con uno sforzo inimmaginabile le lacrime.

- Non vi dimenticherete di me, vero? – pigolò, con una voce che tradiva tutto il suo dispiacere.

 

- Nessuno lo farà. – le assicurò Kouga, mentre Kaoru gli annuiva.

 

- Allora mi fate una promessa? – disse ad un tratto la giovane Yamagatana. Sia Kouga che Kaoru annuirono tranquillamente, ma quando Rin disse loro di cosa si trattava, non lo furono più: - Dovete promettermi che la prossima volta che ci vediamo mi dite se volete un maschio o una femmina!

 

- Maschio…

 

- o femmina? – dissero rispettivamente Kouga e Kaoru, lì per lì senza capire.

 

- Parlo del bambino che avrete in futuro, di vostro figlio! – e quando finalmente Rin ebbe spiegato, tra i due scese il gelo. Si scambiarono un’occhiata veloce, ma non dissero nulla. Kouga ebbe una strana sensazione. Si sentì le guance farsi calde, ma cercò come al solito di mostrarsi calmo e indifferente. Praticamente non riusciva a fare altro. Mantenere quel comportamento per lui era come circondarsi da una sorta di muro invalicabile che lo teneva lontano dalle situazioni ingombranti.

Fu solo Kaoru quella ad annuire per entrambi. Ovviamente con il solito imbarazzo di sempre!

 

 

 

 

 

                                                                             ***

 

 

 

 

 

Kouga e Kaoru camminavano con passi moderati, diretti a fare ritorno verso casa.

Non si erano scambiati neppure una parola, durante il tragitto. Il ragazzo era troppo occupato a ripensare agli avvenimenti capitatigli poc’anzi, che non aveva per niente voglia di aprire la bocca.

Da parte sua, Kaoru la voglia di farlo l’aveva.

Lo guardò di sottecchi, silenziosamente. Avrebbe desiderato chiedergli se c’era qualcosa che lo preoccupasse, oppure che non andasse per il verso giusto. In verità, non aveva ancora compreso la realtà dei fatti, nonostante avesse subito l’attacco di quella Chimera Mistica, anche perché lo stesso Kouga alla domanda di che cosa fossero quelle creature simili agli Orrori, le aveva risposto con il termine “altri Orrori”, senza scendere nei particolari.

Ma quello, fu solo uno dei tanti motivi che la portarono a non fare domande.

Kaoru in realtà temeva in cuor suo di scoprire che Kouga le stesse nascondendo veramente qualcosa. Anche se lei, più di una volta, si era sempre detta di continuare ad avere fiducia in quel Cavaliere.

 

Tra un passo e l’altro, nel bel mezzo del sentiero, Zarba ruppe con la propria voce il silenzio:

- Spero proprio che d’ora in poi, una volta arrivati a casa, non vi verrà l’idea di dormire insieme! Altrimenti dirò a Gonza di trovarmi un'altra sistemazione. – appuntò con certezza, dato che mai e poi mai avrebbe accettato di trascorrere un’altra notte in compagnia dei due umani, come quella trascorsa nel Kantai. Notte bianca, per l’appunto!

 

- Non succederà. – replicò il giovane, e successivamente Kaoru divenne dubbiosa.

 

- Sono così scocciante?

 

- Rumorosa. – precisò lo spadaccino, mentre l’artista storse un pochino le labbra, dando l’impressione di non aver compreso per bene il significato di quell’espressione.

 

Aggrottò inoltre le sopracciglia, e non poté impedirsi di chiedergli: - Che cosa vuoi dire con ciò?

 

La risposta di Kouga la fece sbiancare.

- Significa che la notte parli nel sonno.

 

- Cosa…?! – replicò di botto, dopodichè si coprì con entrambe le mani la bocca. Il baratro della vergogna si trovava ad un passo da lei, tant’è che a momenti sembrò finirci dentro. – Ne sei sicuro?! – gli domandò alla svelta, e sperò che egli stesse scherzando.

 

- Sicurissimo. – assentì solamente. Kaoru lo aveva tenuto sveglio per quasi tutta la notte, come poteva non esserlo?            

 

- E per punizione- antepose Zarba, con tutta l’ilarità possibile – faremo a meno del Sentiero del Makai!

 

- Ma perché?! – ancora una volta Kaoru sembrò sull’orlo dello sfinimento, ed ancora una volta la giovane donna dimostrò di essere la solita credulona. – Non puoi farmi questo, Kouga! Ti prego!

 

- Ci devo pensare. – rispose con semplicità il Cavaliere, ma quando sia lui che Zarba si lasciarono scappare un minuscolissimo sorriso, che in questo modo li tradì, Kaoru si sentì di nuovo presa in giro dai due.

E con il visino arruffato e l’aria profondamente indignata, ai due gridò rabbiosamente:

- Antipatici!

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

                                                      

                                                          

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Eccoci qua con un nuovo e spero interessante episodio!

Prima di passare alle risposte, volevo dire una cosa… Più che altro ho bisogno di un vostro consiglio o parere perché non so proprio come fare…

Avrete notato che sto aggiornando spesso, ultimamente… Prima pubblicavo un capitolo ogni 2 mesi se non di più, mentre adesso le cose sono cambiate.

In effetti c’è un motivo: In autunno arriverà il Red Requiem, il nuovo film di Garo, ed io ho un brutto presentimento… Temo che il finale del film sia come quello di questa fanfiction. E’ un’ipotesi irreale, lo so, perché nel Red Requiem ahimé manca Kaoru e gran parte dei personaggi principali della serie, però a me Amemiya non me la conta giusta. Ho paura che ci faccia la “sorpresa” proprio all’ultimo minuto, e che in qualche modo cambi le carte in tavole. Lo so, anche questa è un’altra ipotesi irreale, ma io continuo la notte ad avere incubi. Sogno che il film rispecchi la mia GSS, e questo mi preoccupa. Non vorrei che qualcuno mi accusasse di plagio o cose simili. Ci resterei male in quanto il finale della mia GSS l’ho già stabilito da un pezzo (e che finale…!), quindi sono un tantino in ansia per questa cosa. Voi cosa mi consigliate di fare? Ovviamente non vi rivelerò mai e poi mai come finisce la fanfic, neppure sotto torchio! Però che soluzione potrei adottare per, diciamo, tutelarmi? Pur aggiornando una volta a settimana, non riuscirò mai a pubblicare l’ultimo capitolo prima dell’arrivo del film, e se decidessi per aggiornamenti molto più rapidi (due/tre giorni) la cosa non sarebbe fattibile perché così vi metterei solo fretta e addio suspense…!  

Confido in una vostra risposta perché non so che fare! TTvTT

 

 

 

 

Per _Elentari_: E io ogni volta che mi connetto vado a controllare se ci sono recensioni di una CERTA persona…! ^-^ dai dai, conserva un altro po’ di dolcezza per i capitoli futuri perché lì sono sicura che tua madre ti troverà glassata davanti al pc!!

 

Per seasons_girl: Ah, il Kouga in versione ironica! XD E’ forte, vero? Comunque la Garo Crazy Moment non centra (perché la Crazy è nata molti mesi dopo il chap numero 10). Mi ricordavo di una scena (ma in realtà ce ne sono davvero tante) in cui Kouga mostra la sua ironia. Quella dove fa bere –volontariamente- a Kaoru del liquore. Mi piace veramente troppo, ed ogni che la guardo sto al settimo cielo! Penso che lui abbia uno spiccato senso dell’umorismo, solo che tende a nasconderlo come si deve, probabilmente perché non lo accetta neppure lui stesso, o perché se ne vergogna… Però quando lo sfodera è insuperabile!

*noi siamo un trio allerta e pieni di brio* *canto*

Ok, allora dai KAT-TUN vengo anche io, dai! Organizziamo un bel pulmino tutto colorato e pieno di ceri votivi! Sarà un successo!!

Ah, per la volpe a nove code mi sono ispirata proprio alla leggenda originale perché la trovo davvero affascinate e soprattutto l’idea di un Orrore così penso si addica molto al Kantai perché entrambi antichi e in qualche modo eleganti. Non so perché, ma trovo che Dan sia il Cavaliere del Makai più elegante!  

 

Per stelly89_s: Concordo con te: GRANDE RIN!!! E’ un personaggio direi essenziale per creare “certe” situazioni…! E riguardo al figlio, i due ritorneranno sulla questione molto presto e in più occasioni…! Muhahahah!!! *risata diabolica*

Secondo me Kouga e Kaoru sono proprio adatti per questi siparietti!

 

 

 

Adesso scappo! Un bacio!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Un appartamento da visitare porterà Kouga, in compagnia di Kaoru, ad incontrarsi con Ikuo Shiota, e proprio quando la ragazza li lascerà soli per un attimo, accadrà qualcosa che susciterà nei confronti di Kouga una tremenda insicurezza. 

Prossimo episodio: #12 Gelosia.

                                                        

 

 

 

           

 

                                                         

                                                         

 

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Capitolo 13
*** #12 Gelosia ***


Rei salutò il collega dal soprabito bianco con uno scatto di mano, dopodichè lo stimolo di sbadigliare lo costrinse a farlo per davvero

                                        Gelosia

                                          #12

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

C’era una ragazza, in piedi, nascosta da un pilastro cementato con il fusto abbastanza largo. Era lì da chissà quanto tempo, ormai le gambe le facevano male ed avevano incominciato ad intorpidirsi. Ogni tanto sentiva il desiderio di sgranchirsele facendo quattro passi. Sembrava che stesse aspettando qualcuno, ma date le circostanze, in realtà sembrò che quel qualcuno, lei, lo stesse spiando.

Assottigliò le palpebre e si sporse ancora un po’, per vedere meglio, ma ciò che le passò davanti agli occhi fu terribile.

Vide un ragazzo, forse aveva qualche anno in più di lei, cingere tra le braccia una scolaretta in divisa. In seguito la prese per mano ed ambedue si allontanarono da lì.

La rabbia in quell’istante le salì al volto, che le divenne livido dallo sdegno.

Era chiaro, ormai: quel ragazzo, il suo, la stava tradendo con una persona molto più giovane e carina di lei. E per una donna, non c’era affronto più terribile di quello.

Strinse la mano a pugno, e poi lo sbatté sul pilastro. Gemette appena, per via del colpo, ma la rabbia non sembrava essersi ridotta.

Al contrario, un vortice di amarezza, delusione, ma soprattutto gelosia, l’aveva avvolta nelle sue spire, tant’è che le sembrò per davvero che qualcosa la stesse circondando da capo a piedi.

Ma quella, non fu soltanto una semplice impressione…

 

 

 

 

 

                                                                                      ***

 

 

 

 

 

Rei salutò il collega dal soprabito bianco con uno scatto di mano, dopodichè lo stimolo di sbadigliare lo costrinse a farlo per davvero. Si mise per educazione una mano davanti alla bocca, in seguito si grattò la nuca con fare accidioso. – Scusa il ritardo, ma stanotte non ho chiuso occhio… - commentò svogliato, precisando poi – Nel territorio dell’Est c’è stato un gran bel movimento.- asserì, riferendosi per “movimento” ad uno sciame di Orrori. Poi si guardò rapidamente intorno, e mentre lo faceva, la curiosità lo spinse a chiedere: - Come mai hai scelto proprio questo posto per incontrarci?

Si trovavano nel mezzo di un viale circondato da vecchie abitazioni a dir poco fatiscenti. Alcune di esse erano addirittura abitate.

Lo spadaccino non rispose, come suo solito, e saltò subito al nocciolo della questione: - Hai scoperto qualcosa?

 

Rei emise un sospiro e scosse lentamente il capo. Con movenze scialbe si infilò entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni e prese a guardare gli alloggi di fronte a sé. - Niente. – esclamò dapprima, sfoggiando una timbrica che in quel momento parve rappresentare “l’assoluto per eccellenza”. – Il Cane da Guardia dell’Est non ha mai sentito parlare di lui, e neppure i miei colleghi. Sembra che questo “Shiro Yomoda” sia un fantasma… o quantomeno un perfetto sconosciuto.

 

- Lo immaginavo.- sentenziò con freddezza Kouga, cercando di mantenere un certo controllo. Tuttavia, una scintilla di delusione gli sporcò lo sguardo.

 

Il giovane Suzumura notò la reazione dell’altro, e quindi si lasciò scappare un commento. - E’ andata male anche a te, a quanto pare

 

- Il Cane da Guardia del Nord ci ha detto più o meno le stesse cose. – gli spiegò Zarba, che fu subito rincorso da un’espressione di Silva poco gradevole.

 

- Quel guardiano non sa mai nulla.

 

L’anello non gradì per niente, così si vendicò seduta stante del semi affronto. - In quanto a garbo e gentilezza, Alfa non ha rivali!

 

- Alfa? E chi sarebbe?! – replicò l’ex collana, con voce altera e malferma, probabilmente sporcata da un qualche strano sentimento. Sembrava essere gelosia, la sua.

 

Zarba sogghignò volutamente prima di darle una risposta. - Un’affascinate Madougu che ho conosciuto nel Kantai. Dovresti prendere esempio da lei… Ha davvero una gran bella foggia! – commentò il chiacchierone dalle zanne sporgenti, e sembrò farlo perfino con gusto. Il gesto fece infuriare Silva come non mai.

 

- Sei solo un gran cafone!    

 

- Probabile… - premise l’anello, stavolta reagendo con diplomazia al “complimento”, e poi dichiarò certo: - Ma tu resterai zitella a vita!

 

- Come osi, razza di buono a nulla senza capelli!

 

- Tsk! – sbottò, senza remore – Nessun Madougu ne ha. Siamo gioielli, lo hai forse dimenticato, zitella? – ed il termine in questione, lo sottolineò con perfidia. Stavolta il coltello dalla parte del manico ce l’aveva lui, e non poté fare a meno di sogghignare dalla contentezza.

 

- Rei! – Silva cercò un aiuto dal suo proprietario. Sperava che egli perlomeno prendesse le sue difese. – Dì qualcosa!

 

Scocciato, il Cavaliere d’Argento dell’Ovest si mise a sbuffare. – Tutte le volte che vi vedete è sempre la stessa storia! Fareste meglio a dichiarare il vostro amore alla svelta, perché mi sono stufato.

 

- Dichiarare…

 

- Il nostro amore?!

 

Tuonarono immediatamente le due Guide Mistiche, in preda ad uno stupore davvero singolare che li fece di colpo tacere. Sembravano aver perso entrambi la lingua.

 

- Ad ogni modo- proseguì Rei, liberatosi dei due “attaccabrighe innamorati”, come li aveva palesemente definiti poc’anzi – Continuerò a chiedere in giro… Tu nel frattempo cerca di non strafare, siamo intesi? – raccomandò all’amico, ma infondo sapeva benissimo che Kouga, quel consiglio, non lo avrebbe mai preso in considerazione. – Piuttosto, se ti svagassi un po’ di più… beh, ti farebbe bene. – finì fissandolo con uno sguardo allusivo.


- Svagarmi? – Kouga non aveva afferrato il senso di quel termine.


- Hai una ragazza, no?

- E con questo?

Suzumura scosse il capo. – Come pensavo… - mormorò tutto sconsolato, poi gli batté una pacca sulla spalla. - Sei proprio un ingenuo, amico mio! - Successivamente, nello spingere lo sguardo aldilà delle spalle del collega, intravide una sagoma assai familiare. Sorrise, quasi ad avere intuito chissà che, e infatti disse subito – Credo di aver capito perché siamo qui… - accennò a Kaoru, con un colpetto del capo – Avevi un appuntamento con lei, eh? – e si lasciò scappare un altro sorrisino, stavolta più sottile.      

Kouga si voltò, ma prima ancora di poterlo fare, Zarba aprì la bocca: - A quanto pare, non è da sola… - disse, ed aveva proprio ragione. Insieme alla ragazza c’era una persona che lo spadaccino dorato dell’Est conosceva benissimo: L’intraprendente Ikuo Shiota.

 

Rei fece una smorfia strana, che sembrava volesse dire “Accipicchia…! Questa faccenda la vedo brutta…”, ma si limitò soltanto ad una candida battuta: – Ha tutta l’aria di essere un appuntamento a tre.

Proprio come c’era da aspettarselo, Kouga lo travolse con un’occhiataccia tremenda.

 

Kaoru li vide entrambi, ed attraversò la strada in fretta per poterli raggiungere.

- Non sapevo che ci fossi anche tu, Rei! – disse, salutandolo allegramente.

 

- Sono solo di passaggio. E lui, non me lo presenti? – il giovane Cavaliere guardò Ikuo, gli sorrise cordialmente e quest’ultimo non fu da meno.

 

- Mi chiamo Ikuo Shiota! Molto piacere! – esclamò, facendo le dovute presentazioni.

 

- Frequentiamo insieme lo stesso corso di disegno!

 

- Quindi, condividete la stessa passione per la pittura… - constatò Suzumura, in modo malizioso. - Sei anche tu un grande artista?

 

- Beh- premise il ragazzo col codino sempre attaccato alla nuca, e lo fissò con imbarazzo- Non sono bravo quanto Kaoru, ma perlomeno ci provo! 

La moretta gli tirò una gomitata leggera.

 

- Non dire sciocchezze! Tu mi hai insegnato un sacco di trucchi… Quindi non sottovalutarti!

 

- Già, non sottovalutarlo. – gli bisbiglio il Cavaliere dell’Ovest a Kouga, facendo in modo che soltanto egli riuscisse a sentirlo. Il signorino lo guardò di sottecchi, ma non gli servì aggiungere altro.

 

- E tu, invece sei…?

 

- Chiamami pure Rei!

 

- E’ un amico di Kouga e… - Kaoru si trattenne, non sapendo trovare le parole adatte. Non poteva di certo dirgli che fosse un intrepido Cavaliere del Makai che dava la caccia agli Orrori! Sicuramente l’avrebbe presa per matta.

 

- Sono anche un suo collega di lavoro. – continuò lo stesso Rei, traendo l’amica dall’impaccio. – A proposito di lavoro… Mi sa che devo andare! Ho un datore molto esigente… E’ proprio un demone! – si prese la briga di scherzare, tanto l’umano non si sarebbe mai accorto che in realtà l’espressione che aveva usato, era realmente vera. Prima di andarsene sbatté una pacca sulla spalla del collega. – Occhio, amico! – esclamò, e di primo acchito, soprattutto per Kaoru, quella dichiarazione non parve avere un senso preciso. Ma non per Kouga! Quest’ultimo comprese subito che fosse riferita al fatto di tenere d’occhio Ikuo, che di certo non era un brutto ragazzo, anzi!

 

 

 

- Perché c’è anche lui? – le domandò Kouga, dopo che ebbero varcato la soglia d’una di quelle vecchie palazzine decadenti, nell’anfratto delle scale.

 

Kaoru gli si accostò affinché Ikuo, pochi gradini più su, non la sentisse.

- L’appartamento che stiamo per visitare appartiene ad un suo vecchio parente che purtroppo, per via dell’età, non può muoversi… Quindi è stato lui ad accollarsi l’incarico di farcelo visitare. E’ davvero gentile da parte sua, non trovi? Kaoru sorrise nello stesso momento in cui finì la domanda.

 

- Già. – fece Kouga, di certo non mostrando lo stesso tipo di entusiasmo. Anzi…!

 

Varcarono la soglia del fatiscente locale, che di fatiscente aveva perfino i pomelli delle porte, e Kaoru si guardò subito intorno con impeto. Il locale sembrava piacergli parecchio.

Ma che cosa ci doveva fare, lei, con una casa cadente come quella?

- E’ perfetta per farci lo studio che ho sempre sognato!

 

Ecco, la figlia di Yuuji voleva tramutare l’alloggio decrepito in uno studio artistico nuovo di zecca, anche se ciò avrebbe significato tramutare una zucca in carrozza… Non un’impresa da poco, diciamo.

Si guardò ancora intorno, corse al centro della stanza, e la fantasia le partì improvvisamente come un razzo.

- Sarà un ambiente accogliente, ogni cosa al suo posto, in modo che, durante i periodi di confusione, non sparisca nulla, e avrà una bella carta da parati! – Poi guardò Kouga e Ikuo, e non poté fare a meno di chiedere loro un parere – Voi che dite?

 

- C’è poca luce.

 

- E’ abbastanza luminoso!

Commentarono, in ordine, Kouga e Ikuo, facendolo oltretutto in coro. Si lanciarono un’occhiata bieca.

Successivamente, la scene si ripeté ancora.

 

- E’ in un posto isolato.

 

- Due passi, e sei già in centro!

 

- Trovo che sia troppo malmesso.   

      

- Qualche mano di pittura lo rimetterà a nuovo!

 

Ancora una volta i due finirono col fissarsi con un’occhiata ancora più torva della precedente. Kaoru si accorse subito di quel palese disaccordo, e cercò di mitigare la questione.

- Scusatemi- pronunciò, per attirare la loro attenzione, ma non riuscì a dire altro. I due si voltarono verso lei con uno scatto collerico. Sorrise nervosamente, poi l’attenzione le finì sulla stanza di fianco, così si spostò per poterla visitare.

 

Quando i ragazzi restarono soli, quello a parlare per primo fu Kouga. E non lo fece con dolcezza, anzi.

- A che gioco stai giocando? – Nella voce c’era un forte carico di astio.  

 

- Gioco? – ripeté Ikuo, facendo finta di non capire. Poteva sembrare anche un bravo attore, ma di certo non per Kouga. Quest’ultimo, infatti, lo investì con un’altra delle sue occhiate. Tuttavia, il giovane Shiota mantenne un certo fair play, e subito dopo volle precisare una cosa: - Ti assicuro che io e Kaoru siamo solo buoni amici. – lo affermò con una certa sicurezza. Chiunque avrebbe creduto che fosse una persona leale, corretta, ma… alla fine, quella sua espressione da bravo ragazzo scomparve non appena aggiunse- Almeno per adesso!

Il signorino Saejima in quel momento avrebbe tanto desiderato afferrargli il bavero della maglia e poi chissà… tuttavia l’ingresso di Kaoru lo trattenne seduta stante dall’avanzare verso il rivale.

 

- La stanza che c’è affianco è magnifica! – esclamò guardando i due. Non si era accorta di niente, quindi riprese – Perché non venite a vederla?

 

Nello stesso attimo, si sentì qualcuno emettere un colpetto di tosse.

- Chi è stato? – replicò Ikuo, guardandosi intorno con fare confuso.

Kaoru lanciò un’occhiata a Kouga, e questi a sua volta chinò il capo in direzione di Zarba. L’anello, non potendo comunicare apertamente davanti a quell’estraneo, gli fece l’occhiolino. Probabilmente gli doveva dire qualcosa. Forse aveva captato, da qualche parte, la presenza di un Orrore? Ad ogni modo, di scostarsi da lì, lasciando la sua bella in compagnia di un rivale così pericoloso, Kouga non ci pensava proprio.

Date le circostanze, il Madougu fu costretto ad emettere un altro colpetto di tosse, stavolta più forte del primo.

- Ma si può sapere da dove viene questo rumore?! –si lamentò Ikuo, grattandosi la testa con fare esagitato, senza però venirne a capo.

 

L’artista prese in mano le redini della situazione. – Sarà stato un topo! Questa casa è così vecchia… d’altronde!

 

- Ma io ho sentito qualcuno che tossiva! E i topi non lo fanno… - commentò l’altro, piuttosto stranito.

 

- Ma no! A me è sembrato più uno squittio, vero Kouga?    

 

Il giovane le rivolse con accidia l’attenzione. – Devo andare. – disse soltanto, e così fu costretto, a malincuore, ad allontanarsi.

Giunto all’esterno, finalmente Zarba poté aprire la bocca: - Ho captato la presenza di un Orrore a non molti isolati da qui. – Nonostante la timbrica alticcia, l’umano sembrò non prestargli affatto attenzione. – Mi stai ascoltando, ragazzino?! – lo ammonì, e stavolta l’anello sembrava essersi veramente arrabbiato.   

 

- Non sono sordo! – replicò a tono l’altro, e dal canto suo, il Madougu si prese la briga di annotare con chiarezza: - Sordo no, ma geloso sì!

 

 

 

 

 

                                                                                      ***

 

 

 

 

 

Era tornata a casa da poco. Aveva come sempre salito le scale, raggiunto il piano sovrastante, e poi spalancato l’uscio della sua camera, ma qualcosa in quel frangente l’aveva sbalordita.

Notò quasi subito che, collocato sopra al letto, c’era una scatola di cartone rettangolare piuttosto grande e dalle fattezze raffinate. La ragazza si avvicinò e la prese tra le mani. Sembrava contenere qualcosa di molto leggero. Prima di aprirla, pensò bene di chiamare il maggiordomo, che non appena udì il tono della sua voce, la raggiunse in un batter d’occhio.

 

- Che cosa c’è, signorina? – le domandò con gentilezza e cortesia.

 

- Ho trovato questa sopra al mio letto… Ce l’ha messa lei? – l’artista gli mostrò l’oggetto in questione, e così Gonza scosse il capo con un sorriso.

 

- E’ stato il signorino, questa mattina, poco prima di andarsene. Si tratta di un regalo per voi!

 

- Eeh? – Kaoru sbigottì seduta stante, quasi non le parve vero ciò che aveva appena udito. - Un regalo… per me? – ripeté, sconcertata. Scosse il capo perplessa. Ma in realtà era più stranita che perplessa. - Ma… perché? Non è il mio compleanno… - biascicò, e a quel punto Gonza le spiegò tutto. 

 

- Vedete… quando ci siamo recati nella zona meridionale del paese, qualcosa in una vetrina ha attirato l’attenzione del signorino.

 

- E quel qualcosa, si trova qui dentro? – domandò Kaoru, continuando a  tenere la scatola tra le mani.

 

Il buon uomo annuì. - Ha pensato che si addicesse a voi. – le parole adoperate da Gonza suscitarono in lei una certa curiosità. 

 

- Lo devo aprire ora? – chiese dapprima, per avere appoggio.

 

Il maggiordomo fu esauriente e celere allo stesso tempo: - Fate pure!

Kaoru non se lo fece ripetere due volte.

Alzò il coperchio di quella scatola, e… una luce improvvisa le accese con fervore lo sguardo.

 

 

 

 

 

                                                                                   ***

 

 

 

 

 

La lama di Animetallo si infilò alla perfezione nell’interno della bocca del lupo di pietra, la statua che serviva a purificare il pregiato materiale in seguito allo scontro con gli Orrori.

Kouga la estrasse dopo una manciata di secondi per poi rinfoderarla. Fatto ciò, si preparò ad andare, ma la voce del Cane da Guardia del Nord lo frenò di colpo.

 

- Ci sono nuovi ordini. – disse soltanto, mentre teneva tra due dita un’altra Lettera di Missione.

 

- Ancora? – replicò il Cavaliere, contraendo il viso. Era stupito ma seccato da tutto ciò.

 

- Due Orrori nell’arco di appena mezza giornata, sono tanti! – commentò Zarba, ed aveva ragione.

 

Tuttavia, lo spadaccino fu costretto ad aprire quella missiva, facendola bruciale tra le verdi fiamme del Fuoco Guida. Successivamente, il messaggio si mostrò in aria, fluttuante.     

Kouga sollevò il mento, affinché lo potesse leggere, e quando ebbe finito, cercò di andar via, ma per l’ennesima volta il Guardiano del Nord lo trattenne.

- E’ successo ancora, Kouga.

 

Il giovane si voltò incuriosito.

- Cosa?

 

- La sera scorsa, qualcuno si è introdotto nel Makai.

 

A quel punto la replica di Kouga arrivò come un lampo: - Da quanto tempo va avanti questa storia?!

 

- Da un po’. – fece solamente la Sentinella vestita di bianco.

 

- E per quanto tempo ancora tutto ciò continuerà? Quanti Cavalieri dovranno ancora morire?!

 

- Se ti riferisci alla morte di quel Cavaliere di Bronzo, lo so bene che faceva parte della tua famiglia. Ma non puoi accusare noi dell’accaduto. Se non sbaglio, il permesso per andare nel Kantai ti è stato accordato. – confermò, ma era un po’ come se avesse voluto dirgli “Non ti sto mettendo i bastoni tra le ruote”.

Kouga tacque seduta stante. Certo, quella Sentinella gli aveva concesso di andare nel Kantai, però non era stata in grado di fornirgli nessuna informazione riguardo colui che vent’anni orsono scese a patti con Ahriman.

 

- Ultimamente gli Orrori si stanno dando alla pazza gioia… Inoltre, sono piuttosto potenti. Perfino io, talvolta, faccio fatica a percepirli.- annotò l’anello, lì per lì, poi si rivolse al sommo sacerdote – Lei sa dirmi perché? A volte ho come l’impressione…

 

- Che qualcuno vi stia scagliando addosso le creature più potenti? – continuò il Guardiano del Nord, rubandogli le parole dalla bocca.

 

- E’ così, non è vero? – s’intromise Kouga, ma quella, anziché sembrare una semplice domanda, voleva essere un’asserzione.

 

Zarba si lasciò sfuggire un commento.

- Anche tu l’hai capito, eh?

 

 

 

Già, sembrava proprio così.

Qualcuno prelevava direttamente dalle aride terre del Makai le creature più forti per poi mandarle sulla terra all’attacco.

Forse era la stessa persona che varcava di continuo il portale di quel mondo demoniaco?

 

 

 

Non appena rimise piede in casa, lo spadaccino dal cappotto bianco filò dritto nello studio della propria abitazione. Aveva una gran fretta di mettersi a cercare su uno di quei libri, l’Orrore a cui doveva dare la caccia.

Raccolse il tomo e si sedette alla scrivania, mentre Gonza gli si sistemò di fianco.

- Volete che vi porti un tè, signorino?

 

- No. Sono solo di passaggio. – gli rispose sbrigativo.

 

- Come volete. – il maggiordomo fece un inchino, ma nell’istante in cui si apprestò a lasciare quel piccolo studio, la voce di Kouga lo trattenne lì.

 

- Gonza… - premise – Hai mai sentito parlare di un certo “Shiro Yomoda”?

 

Il buon uomo rifletté giusto alcuni secondi, poi desolato scosse la testa. – No, signorino. Non ricordo nessuno che si chiami così. – Tuttavia, quel nome sembrò per un flebile momento, pizzicargli in tutti i sensi il naso. Se lo strofinò con l’indice della mano, dopodichè si congedò.

 

Nel frattempo, facendo ricadere lo sguardo sopra le pagine del vecchio libro, Kouga riprese a sfogliarlo, continuando la sua ricerca.  

    

 

 

Ripose il pesante tomo nello scaffale dietro di sé, una decina di muniti dopo, ed uscì dallo studio.

Finalmente l’aveva trovato. Con l’aiuto anche di Zarba, s’intende! Quella guida, in fatto di Orrori, era preparatissima.

Giunto al centro hall sentì la voce di Gonza chiamarlo.

Si girò verso di lui, e quest’ultimo lo raggiunse celermente.

- Aspettate ancora un attimo, signorino. – disse dapprima, e lui non riuscì a capire il perché di quella richiesta. Lo comprese solo quando l’uomo fece proseguire – La signorina Kaoru vuole che vediate una cosa.

 

- Kaoru?

 

- Sì, scenderà a momenti. Abbiate un po’ di pazienza.

 

Nonostante quell’assurda richiesta, il ragazzo acconsentì, rimanendo immobile nel bel mezzo dell’atrio per diversi minuti, finché si udì con chiarezza un rumore di passi scorrere la gradinata verso il basso. Doveva trattarsi certamente di Kaoru.  

- Era ora. – annotò seccato il Cavaliere Mistico. Ormai si era stufato di aspettare, tant’è che per un istante pensò bene di instradarsi, ma quando i suoi occhi ricaddero in direzione delle scale, a Kouga gli mancò di colpo il respiro.

La giovane si fermò tra un gradino e l’altro, dietro di lei la luce che filtrava dalla finestra con un grande vetro la investì con delicatezza, creando sull’abito che indossava un gioco fatto di luci ed ombre degno di lode.

Il corpetto del vestito, rosa chiaro così come tutto il resto, era in taglio leggermente svasato, le maniche di un tessuto trasparante le fasciavano con leggerezza la parte superiore delle braccia, la scollatura aveva un grazioso inserto in pizzo e un nastro in satin cucito sotto al seno. L’abito scendeva come gli ampi petali di una campanula, sfiorando il pavimento di legno arrivò a lambire il bordo dei gradini sovrastanti, scivolando sinuoso tra essi.

Perfino Gonza, nel guardarla, rimase incantato. Sembrava proprio che quella veste fosse stata cucita espressamente per lei.

Kouga aprì istintivamente la bocca. Era bella da togliere veramente il fiato! E questa fu la prima cosa che il taciturno ragazzo pensò, mentre anche il battito del suo cuore, proprio come il respiro, le braccia, le gambe, ogni sua parte, parve fermarsi. Tutto l’ambiente, in realtà, sembrò farlo.

 

- Come mi sta? – chiese lei ad un tratto, intrecciando le mani dietro la schiena, con fare un po’ timido.

Kouga sollevò il viso, la guardò dall’alto in basso, aprì ancora la bocca per parlare ma gli venne meno la voce. Avrebbe voluto restare lì probabilmente per tutta l’eternità, e se soltanto ne avesse avuto l’opportunità, avrebbe chiesto al tempo di fermarsi per davvero, perché lui non poteva smettere di fissarla.

Non voleva.

Se lui avesse potuto violare perfino la volontà di Dio, senza nessun dubbio, pur di restare lì, Kouga lo avrebbe fatto.

Ma da quel suo stato di torpore auto-indotto, qualcuno lo risvegliò presto.

- Però! – disse con enfasi il Madougu, impressionato da cotanta grazia. Adesso Zarba non la considerava più un piccolo pulcino spennacchiato. Poi, ad un tratto si lasciò scappare un’esclamazione che forse avrebbe fatto meglio a tenere per sé – Pensa se la vedesse Ikuo…! - L’espressione del suo proprietario divenne irrimediabilmente cupa.

 

- Devo andare. – reagì soltanto il Cavaliere. Kaoru fece per replicare, ma non ne ebbe il tempo. Kouga ormai le aveva già dato le spalle. Tutto ciò che riuscì a fare l’artista, fu aggrottare la fronte con aria pensierosa, e nel vederlo svanire dalla propria visuale, un pizzico di tristezza le carezzò il cuore.

Inevitabilmente.

 

 

 

 

 

                                                                                        ***

 

 

 

 

 

Giunto sul campo, il Cavaliere Mistico si guardò in giro con fare circoscritto, lo sguardo era più che attento, accuratamente vigile. Là dove c’era una caffetteria con dieci tavolinetti tondeggianti all’aperto, cominciò a squadrare i visi delle persone sedute, che chiacchieravano tra di loro sorseggiando tè e succhi di frutta d’ogni formato e colore. Alcuni bambini erano alle prese con enormi frappé che, per via della nuance scura, tendente al nocciola, dovevano avere il gusto della cioccolata.

Ad un tratto Zarba si apprestò a precisare: - Laggiù. – e puntò con gli occhietti in un posto preciso.

Nella mano destra, la Fiamma del Makai rinchiusa nell’accendino, era già pronta ad illuminare le pupille dell’individuo impossessato da un Orrore, ma… il coperchio del Madoubi non fu sollevato.

 

- Che peccato… Mi hai già trovata! – esclamò la voce di una donna, seduta di spalle, poco prima che Kouga le si parasse d’innanzi con lo scopo di illuminarle gli occhi attraverso il Fuoco Guida. Si trattava della stessa persona che aveva assistito al tradimento del suo ragazzo. La sconosciuta appoggiò le labbra allo stelo di una lunga e sottile cannuccia, finendo di bere quello che a prima vista sembrava succo d’arancia. Posò il bicchiere, vuoto, sul tavolino, e si alzò voltandosi verso il Cavaliere - Adesso possiamo andare! – propose, ed il flemmatico spadaccino sbigottì.

Di solito, quando gli Orrori si sentivano minacciati, fiutando la presenza dei Cavalieri Mistici, scappavano via per cercare di sfuggire ad una cattura che li portava a morte certa. – Faremmo meglio a raggiungere un luogo meno affollato di questo… Dubito che tu voglia eliminarmi in mezzo a tutta questa gente! – propose l’essere, e fu così.  

 

Il figlio di Taiga e la donna, si ritrovarono ben presto al centro di uno spiazzale recintato da una rete metallica.

Non passò neppure un secondo, e l’umana si ritrovò la punta della spada proprio sotto al mento.

- Vuoi già uccidermi? – disse, quasi in tono compassionevole, ma si capiva chiaramente che stesse recitando. Poi scoppiò a ridere – Uccidere una donna a sangue freddo, per te è una cosa così naturale?

 

- Taci! – fu la risposta immediata di Kouga. Impugnò saldamente il manico rosso della propria spada, e con una rapida occhiata la ferì.

 

- Quanta gentilezza! – lo schernì l’altra, sfoderando una sottile ed arguta perfidia. – La tua ragazza fa bene a preferire le attenzioni di un altro, alle tue. – Quella frase turbò espressamente Kouga. Sembrava aver toccato in lui un tasto dolente.

 

Il ragazzo la guardò con il doppio dell’odio, irradiava ostilità solo con gli occhi.

- Sciocchezze! – dichiarò, cercando di non pensarci. Dopotutto, gli Orrori ne dicevano veramente tante, di stupidaggini. Quella in particolare, non gli era piaciuta affatto.     

 

- Non mi credi? Perché allora non guardi con i tuoi occhi? – la donna puntò l’indice da una parte.

Aldilà del reticolato di ferro, Kouga intravide chiaramente due sagome, e… Di colpo quell’immagine lo fece annichilire.

Kaoru si trovava tra le braccia di Ikuo. Quest’ultimo la cingeva a sé con un trasporto estremo, pieno di sentimento.

 

- Non farti ingannare! E’ solo una stupida illusione! – lo avvertì Zarba, ma nonostante tutto, le parole dell’anello non servirono a scuoterlo per niente.

Si era come paralizzato. Benché egli sapesse che in realtà quella non era nient’altro che mera fantasia, non ce la fece proprio a reagire.

E le parole di quella donna, acuminate come dardi, servirono a peggiorare le cose.

- Che cosa provi, adesso, Cavaliere del Makai? Rabbia? Rancore? Gelosia…? Cosa senti nel tuo cuore? Ti senti perso, ti senti deluso, ti senti… sconfitto. – continuava a pronunciare quelle parole in maniera assillante, facendo assumere loro un peso inimmaginabile, mentre i sentimenti del ragazzo, a poco a poco, si riducevano in frantumi. – Gelosia, sconfitta, una fiducia tradita… Non c’è niente di peggiore che si possa provare. – nel dire ciò, quell’umana ormai posseduta da una bestia demoniaca chiamata “Megera”, fu toccata dal ricordo del proprio ragazzo in compagnia di quella giovane scolaretta. Il fondo dei suoi occhi si bagnò appena. Trattenne quelle lacrime, la rabbia che aveva in corpo le soppiantò, prosciugandole. – Gelosia… Lasciati consumare dalla gelosia, eroico Cavaliere!

 

- Chiudi quel becco, razza di bestia! – tuonò con agitazione la voce Zarba – Smettila di guardare quell’illusione, Kouga! Riprendi coscienza! – continuò a dirgli il Madougu, sperando di riuscire a svegliarlo da un incubo ad occhi aperti.

 

Nel frattempo, approfittando di ciò, la donna si era tramutata in una belva orripilante, simile ad un’arpia. Al posto dei capelli, una cascata di lunghi serpenti intrecciati le ricopriva il capo.

L’Orrore, a quel punto, era pronto a farlo a pezzi.

 

- Non ho altra scelta… Scusami, Kouga. – disse l’anello magico, poco prima di venire avvolto da un forte bagliore verde brillante, simile alla tinta del Fuoco Guida. Colpì il ragazzo con una scarica elettrica dall’elevata intensità.

Il giovane si accasciò al suolo con le ginocchia, strinse i denti dal dolore mentre avvertì ovunque un bruciore fortissimo. Scosse la testa come per scrollarsi di dosso la scarica che, nonostante si fosse ormai esaurita, continuava a pervaderlo tutto. Poi riprese fiato.

Con gli occhi chini al suolo, impugnò saldamente la sua arma e, con uno scattante slancio, si lanciò finalmente all’attacco.

 

- Era ora! – annotò Zarba, stufo di aspettare, nel momento in cui Kouga mutò nella Zanna Dorata dell’Est.

Il duello iniziò con una certa difficoltà da parte di Garo. Il lupo non riusciva a colpire Megera, e per diversi istanti i serpenti che le ricoprivano il capo, si erano avvinghiati alla spada impedendogli di usarla.

 

- Fa’ attenzione. Quest’essere si nutre dei sentimenti negativi altrui. - lo avvertì Zarba, con prontezza. Ciò avrebbe significato soltanto una cosa: Allontanare le emozioni, e combattere.

Strattonò con una forza inaudita le perfide bisce, che tranciate dalla lama, finirono inermi al suolo.

Megera gli ringhiò come una belva famelica, facendo il possibile per diventare una creatura ancor più terrificante. Gli sferrò un pugno, certa che sarebbe andato a segno, ma il Cavaliere d’Oro le afferrò l’avambraccio, prima ancora che potesse sfiorargli la faccia, e con l’altra mano le affondò la spada nel ventre, squarciandolo. 

 

- Misero Cavaliere! – sibilò il cadaverico Orrore, poco prima di spirare definitivamente.

 

L’armatura dorata si dissolse, Kouga si apprestò a rinfoderare la spada, ma in cuor suo, quel groppo che aveva gli si riflesse chiaramente negli occhi.

 

- Ho dovuto per forza lanciarti addosso quella scarica. – disse Zarba, quasi a volersi scusare.

 

- Hai fatto bene.

 

- Tra qualche minuto i suoi effetti negativi spariranno, e ti sentirai meglio.

 

- Lo so. – rispose soltanto, e poi s’impose il silenzio.

 

In realtà on riusciva a perdonarsi di essersi fatto abbindolare dalla visione fittizia generata da quell’Orrore, semplicemente perché Kouga gli aveva concesso la possibilità di guardare nella sua anima.

Megera aveva il potere di leggere gli animi altrui, a patto che questi fossero stati logorati dalla gelosia. Attraverso tale potere, la bestia riusciva a far riemergere quella parte logora, e a proiettarne all’esterno le immagini.

Se non fosse stato per il provvidenziale aiuto di Zarba, molto probabilmente per Kouga non ci sarebbe stato più nessun futuro.

E questa debolezza lo faceva sentire frustrato come non mai.   

Nonostante ciò, di mettere da parte Ikuo, lui non ne aveva la benché minima intenzione di farlo.

Quella, era una faccenda che non sarebbe mai riuscita a piegargli la volontà.

 

 

 

 

 

                                                                                        ***

 

 

 

 

 

Tornando a casa, Gonza gli andò incontro per salutarlo con un inchino, successivamente vide la porta che dava l’accesso al giardino, situata proprio sotto l’androne delle scale, spalancata. Doveva essere all’incirca mezzanotte, e a quell’ora il maggiordomo era solito chiuderla a chiave, dato che nessuno sarebbe mai uscito lì a quell’ora.

Notando ciò, Gonza si fece subito avanti. - La signorina vi ha aspettato in giardino fino a poco fa, ma poi si è addormentata. Vuole che provveda a svegliarla?

 

Kouga scosse il capo. – Puoi andare, Gonza. Ci penso io. – dichiarò, e successivamente raggiunse l’esterno.

Scese i gradini di pietra, e quando la suola delle sue scarpe entrò in contatto con l’erba, stesa sulla seduta di una panca rivestita di vimini, vide Kaoru dormirci sopra, beatamente.

Aveva indosso ancora l’abito che gli aveva regalato, e gli orli, per via della lunghezza, ricadevano a terra, posandosi con vaporosità sul manto erboso di quel prato.

Rimase ad osservarla in silenzio, con il cuore rapito da un’immagine che a priori avrebbe suscitato forti emozioni a chiunque. Poi le si avvicinò, senza fare rumore, le mise un braccio intorno al collo e l’altro poco sotto le ginocchia. La prese con sé, nella più premurosa delle maniere, e in quel modo poté finalmente guardarla meglio in viso. Aveva la bocca semi socchiusa, le palpebre ben distese ed il respiro calmo, profondo.

Un fremito gli fece vibrare il cuore.

Non avrebbe mai permesso a nessuno di portarsela via, anche se il suo orgoglio, i suoi modi di fare troppo freddi e distaccati, spesso su di lui prendevano il sopravvento, facendo credere il contrario.

Kaoru era ciò che gli scaldava il cuore, era una ragazza che lo faceva sentire pienamente in vita, e lui, anche se con un modo tutto suo, non poteva che esserle grato. La strinse di più a sé, spinto da un forte desiderio. Voleva solamente sentirla più vicino, soltanto questo.

S’incamminò con un’andatura calma, per rientrare nella hall, poi salì i gradini delle scale, uno ad uno, con elegante lentezza, finché di loro non restò più traccia.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

                                                            

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Partiamo subito subito con questo: http://3.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/S-RdEqiWvnI/AAAAAAAAAIA/QHMTZzedf7w/s1600/Botan+77-2.bmp

Si tratta dell’abito che ha regalato Kouga a Kaoru! Ho fatto una faticaccia a disegnare lo sfondo perché non riuscivo a trovare dei fotogrammi che mi mostrassero bene le scale e quella parte del palazzo…

Io già mi immagino la scena: Kaoru che scende e Kouga che ci rimane di sasso! Una parte così potevano anche metterla nella serie… Vabbè, a parte questo, qui c’è un altro disegno legato all’ultimo pezzo di questo episodio:  http://2.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/S-RgloZN86I/AAAAAAAAAJQ/V8R6dNL97zg/s1600/Botan+64-2.BMP

L’abito è leggermente diverso perché il ritratto è nato prima del capitolo, comunque la versione corretta sta nel primo link.

Poi… visto che ci sono vi do anche altri due link:  http://3.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/TCeegK3JOMI/AAAAAAAAAZY/7Z_c9VRgETM/s1600/DSC03812.JPG

http://3.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/TCeerUBsEoI/AAAAAAAAAZg/MsLVDK1gqzI/s1600/DSC03813.JPG

Si tratta delle foto che ho inserito all’interno del mio blog, che riguardano il Red Requiem.

Da un po’ di tempo a questa parte sto comprando svariate riviste giapponesi che parlano di Garo in generale e di Konitan-tan.

I due tizi che vedete nell’articolo sono i cattivi! Poi nella prima foto trovate Kouga e Rekka (l’altra new entry del film). Dico solo che l’ambientazione che li circonda a me piace un casino! Staremo a vedere poi che succederà!

Ritornando alla GSS, vi preannuncio che nel prossimo episodio (uno dei miei preferiti) ne vedrete delle belle! :D

Per adesso ho accantonato momentaneamente la fiction per questioni legate al lavoro. Faccio plush da mattina a sera, e quando smetto sono così stanca che non riesco a concentrarmi come vorrei. C’è una cosa positiva in mezzo a tutto questo caos… Mi stanno venendo un sacco di idee! Saltano da tutte le parti come le cavallette, e l’altra notte ho perfino sognato un ipotetico episodio da inserire in questa storia…!

Per ora le annoto solamente, però spero di potermi mettere all’opera molto presto. Mi sa che questa è una storia che sai quando comincia ma non quando finisce…

Never ending story… na na na na na na na…! *e Botan canta!*

Supportatemi o se vogliamo sopportatemi fino alla fine di questa grande avventura!     

 

 

 

 

 

Per _Elentari_: Grazie mille per i consigli! Sai che quella cosa della posta non la sapevo? Cioè, che vai là e ti fai mettere il timbro al documento… In effetti la mia paura è più un accuso di plagio da parte dei lettori… Per ora non mi è mai successo, però penso che sia veramente brutto esseri accusati di un crimine non commesso, soprattutto quando si agisce in buona fede. Tornando al discorso della glassa… Ti potresti aprire perfino una pasticceria con tutta quella che ti cadrà addosso!

 

Per seasons_girl: Concordo pienamente con te sulla questione che riguarda la fedeltà, e infatti l’episodio numero 11 l’ho chiamato proprio così perché ci tenevo a sottolineare quel piccolo pezzo. Riguardo al fatto che Kaoru parla nel sonno… mah, non so se Kouga le rivelerà mai ciò che ha detto! Magari in un futuro, chissà! Guarda Irene, non dire che Amemiya dovrebbe prendermi a lavorare perché altrimenti scoppio a piangere! Il sol pensiero mi fa letteralmente venire la pelle d’oca…! Sarebbe un vero e proprio sogno, credimi… TTvTT aaah… *sospiro sconsolata* 

 

Per lady koga: Ciao e BENVENUTISSIMA! ^___^ Per me è un onore fare la conoscenza di persone nuove che seguono la mia storia con un affetto a dir poco indescrivibile! Perciò sono io che ringrazio te centomila volte del commento! Sì, sono ligure, nata a Savona per la precisione, però ho vissuto lì solo per pochi mesi, e si può dire praticamente che non conosco affatto la mia città natale… é_è Comunque se vuoi contattarmi mandami un messaggio privato così ti scrivo l’indirizzo di msn! Mi fa molto piacere dialogare con persone che hanno le mie stesse passioni e che in qualche modo la pensano come me! E grazie per i complimenti… sei stata gentilissima!  

 

Per Takuto90: Un’altra fan di Rei! ^__^ Innanzitutto ciao e BENVENUTA anche a te!! E poi… non sai che piacere sentire quando una persona mi dice che la GSS gli risolleva il morale… per me significa tanto perché ciò vuol dire che Garo è ancora vivo nel cuore di tutti nonostante sia stato bistrattato da centinaia di persone qui in Italia… *mettiamoci una pietra sopra, va…!* Ad ogni modo grazie di cuore, perché tu insieme a tutti gli altri sostenitori riuscite a fare la differenza ! ^__^

 

Per stelly89_s: Guarda, la partenza così prematura è dovuta al fatto che le cose da scrivere sono tante e quindi anche i capitoli saranno parecchi… è dispiaciuto anche a me rispedirli a casa così presto, comunque a me il Kantai piace ed ispira parecchio, e anche Rin come personaggio in determinate scene può fare la differenza, quindi di sicuro cercherò di trovare un altro angolino per lei!

Riguardo al Red Requiem… all’inizio tutti i siti parlavano di un prequel perché nessuno sapeva né trama né personaggi ufficiali… poi però ho letto sul sito ufficiale che la storia si ambienta dopo lo special della Notte Bianca, e lì ti giuro che ci sono rimasta malissimo. :( Però io fino all’ultimo continuo sempre a sperare… quindi incrocio le dita e aspetto il miracolo!!

 

 

 

Un salutone affettuossissimo a tutti! Vi lascio con le solite anticipazioni! ^__-

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Una richiesta particolare porterà Kaoru ad intraprendere un acceso dibattito con Kouga.

Tra rompicapi intricati e battibecchi animati, la tensione correrà sul filo del rasoio durante una giornata assolutamente movimentata.

Prossimo episodio: #13 Tangram.    

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Capitolo 14
*** #13 Tangram ***


Un uomo con la barba e gli occhiali, il colorito della pelle abbastanza ambrato, scrutava con attenzione e meticolosità , una serie di fogli

                                      Tangram

                                          #13

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Un uomo con la barba e gli occhiali, il colorito della pelle abbastanza ambrato, stava scrutando con attenzione e meticolosità una serie di fogli ornati con affreschi dai tratti allegri e colori accesi e vivaci. Sembravano tavole destinate a diventare poi la favola di un libro per bambini.

Ed esattamente, era proprio a quello che servivano.

L’uomo, che in realtà era il datore di lavoro di Kaoru, posò quel blocco di carta sopra al ripiano della sua scrivania, e si levò gli occhialini dal naso.

- Il principe e la principessa della storia sono ben caratterizzati – premise all’autore di quei disegni che si trovava in piedi d’innanzi a lui, e che per pochi secondi si sentì sollevato – Ma  è il cavallo, che non mi piace. – asserì infine, smorzando tutto l’entusiasmo di quell’artefice, che in realtà era, per l’appunto, la talentuosa Kaoru Mitsuki. Quest’ultima abbassò un po’ il capo, quasi amareggiata dal verdetto poco piacevole, dopodichè il datore proseguì, spiegandole un concetto che per lui era più che fondamentale:

- Vedi… questo animale, anche se non sembra, ricopre un ruolo particolarmente importante. E’ lui che aiuta il principe a ritrovare la sua principessa, ed e lui che, durante il lungo viaggio, gli terrà compagnia, senza farlo sentire mai solo. Quindi, è necessario che abbia un’ottima caratterizzazione, al pari dei due protagonisti. Soprattutto nei movimenti. Hai capito?

 

Kaoru annuì, benché non avesse afferrato bene la parte legata ai “movimenti”.

- Lei cosa mi consiglia di fare?

 

- Cerca di correggere leggermente le sue forme, rendigli un’espressione più fiera e coraggiosa, e rivedi la sua andatura. Potrebbe esserti molto utile osservare da vicino un vero cavallo, ad esempio. Vedrai che così ti verrà tutto più facile!

 

 

 

- Facile… già, la fa facile, lui! - sbuffò la giovane artista, oramai rimessasi a camminare per la strada, diretta verso casa. Con la cartellina dei disegni ben puntata in petto, sbuffò ancora, fiaccamente – Dove lo trovo un cavallo vero, nel bel mezzo di una metropoli moderna? Ci vorrebbe una magia… - dichiarò, e nel farlo, ebbe una folgorazione istantanea.

 

 

 

 

 

                                                                                       ***

 

 

 

 

 

Passeggiando nervosamente, da un capo all’altro del soggiorno areato, per quindici minuti di fila, Kaoru non aveva fatto altro che parlare… da sola.

- Senti, Kouganon è che per caso mi lasceresti, se non ti chiedo troppo, vedere, sempre se sei d’accordo, Goten? – spiccicò, cercando di trovare le parole esatte che poi avrebbe dovuto rivolgere al ragazzo in persona. Scosse forte la testa – Non ci siamo… Così è troppo montata! – prese fiato, e con le mani giunte ci riprovò- Ti prego, Kouga! C’è di mezzo il mio futuro! – esclamò, con una scia di profonda disperazione nello sguardo. Scosse il capo per la ventesima volta, e si infilò le mani fra i capelli in preda alla disperazione – Ma no! Adesso è troppo pietosa! – Niente da fare: la frase giusta sembrava non venirle proprio. Fortuna che Gonza era andato a fare spese per riempire la dispensa della cucina, e Kouga si stava allenando chissà dove in giardino… In questo modo era libera di provare “la parte”, in assoluta autonomia.

Dopo un tergiversare durato diversi minuti, capì che era giunto il momento di agire. Attraversò la hall, con le gambe tese per via dell’agitazione, e raggiunse la porta che consentiva di arrivare sul retro della villa dove si trovava il giardino.

Stava per toccare la maniglia, quando ad un tratto l’anta si spalancò di colpo, rischiando di investirla. Kouga fermò appena in tempo il pericoloso battente, poco prima che riuscisse a sfiorarle la punta del naso.

Sospirando, il ragazzo lo richiuse.  – Sta più attenta. – sbottò, particolarmente inacidito. Kaoru lo notò subito, e pensò che di sicuro lui, con un umore pessimo come quello, non avrebbe mai acconsentito ad una simile richiesta. A dire il vero, era da qualche giorno che il giovane sembrava un tantino stranetto.

 

- Mi dispiace tanto! – disse mortificata, per tacere di colpo.

La bocca tuttavia le rimase socchiusa.

 

- Che c’è? – le chiese il signorino, in quello che a Kaoru parve un tono piuttosto intollerante. 

 

- Io vorrei che tu… - premise l’artista, e la voce le tremò un pochino. Poi riprese daccapo, stavolta formulando la domanda per intero,ma  tutta d’un fiato – Io vorrei che tu mi facessi vedere Goten! – esclamò finalmente. Sembrava essersi tolta dallo stomaco un peso enorme, e senza soprattutto badare alle conseguenze.

 

Kouga la squadrò con fare perplesso, successivamente immaginò il perché di una richiesta così assurda, e le diede una risposta tanto franca quanto immediata.

- Non se ne parla nemmeno. – Goten non era di certo un esemplare da poter usare come modello di qualche quadro!

 

- Ma è per il mio lavoro! Ho assoluto bisogno di studiarne i movimenti e di… - le parole furono coperte dalla voce del giovane, che replicò con una frase alquanto acidula.

 

- Fatti dare una mano da quel tuo amico.

 

Ikuo.

Kouga si stava riferendo proprio a lui.

La figlia di Yuuji lo intese al volo, e per istinto le venne da dire: - Adesso Ikuo che cosa centra?- e nel farlo, successivamente come d’incanto capì tutto. – Sei geloso di lui!

 

L’altro la investì di colpo con un’occhiata torva: - Niente affatto. – sentenziò bruscamente, ma ormai era tutto chiaro e limpido come un cielo d’estate: Kaoru aveva centrato esattamente il bersaglio. Ma lui non lo avrebbe mai ammesso, ovviamente.

 

La ragazza tornò subito alla carica. - Invece sì! E’ dal giorno in cui ci ha fatto vedere quella casa, che sei così strano. – puntualizzò, fissandolo incessantemente in faccia.

 

- E’ una tua impressione.

 

- No, invece! Te lo si legge in faccia! – s’impuntò tenacemente. Temendo che Kaoru glielo potesse leggere veramente, Kouga girò di scatto il viso, ma questo gesto non fece altro che confermare il tutto – Vedi? Ho ragione! Altrimenti non ti saresti voltato!

 

- Hai un’immaginazione troppo fervida.

 

- Allora spiegami perché sono due giorni che fai del tutto per evitarmi… Avanti! – L’artista si mise con le braccia conserte, decisa più che mai ad arrivare alla verità.

 

- Lasciami passare. Ho cose più importanti a cui pensare. – le ordinò, dato che gli stava bloccando in tutto e per tutto il passaggio. Infatti, la porta che consentiva di raggiungere la parte posteriore della villa, si trovava esattamente sotto l’incavo delle scale, a metà tra esse e una parete. Diciamo che c’era lo spazio sufficiente a far passare una sola persona per volta.

Kaoru allargò le braccia, di proposito, piazzandosi lì proprio per non farlo procedere oltre.

- No! – disse, concitata – Rispondi prima alla mia domanda. – fu questa la sua richiesta.

 

Kouga si mise a sbuffare.

- Sei seccante.

 

- E tu geloso!

 

- E anche ripetitiva. – proseguì.

 

- Infantile!

 

Proprio come due bambini che andavano ancora all’asilo, stavano litigando.

E Zarba non poté non metterci lo zampino.

- Comportatevi da persone civili, e fate la pace. – suggerì, tuttavia i due non sembrarono prenderlo minimamente in considerazione. E a dirla tutta, il Madougu si domandò se, arrabbiati com’erano, in effetti avessero sentito la sua voce.

 

- Non ti sei degnato neppure di farmi sapere come mi stava quell’abito… - annotò Kaoru, sull’orlo di una perfetta crisi di nervi, ma forse era molto meglio definirla una scenata tra innamorati bella e buona. – Se non ti interessava, allora perché me l’hai regalato? Oltretutto sarà costato una fortuna…

 

- Vuoi che me lo riprenda?

 

- Non ho detto questo! Sei veramente permaloso…!

 

- La colpa è tua che ti esprimi continuamente male.

 

- Sempre meglio che starsene zitti come fai tu!

 

- Fammi passare.

 

- No!

 

Stufato praticamente da tutto ciò, nel tentativo di passare, Kouga le afferrò il polso con una mano cercando di farle abbassare l’arto, ma lei anziché cedere, impuntando i piedi a terra tentò di farsi più pesante opponendo resistenza. Di cedere, Kaoru Mitsuki, non ne voleva proprio sapere! Più che altro era convinta che Kouga non dovesse avere sempre la meglio. Era come se a lui tutto fosse dovuto, e questo non le piaceva affatto. Sparire così, nel bel mezzo di una conversazione, senza portarla a termine, la faceva imbestialire.

Trovandosi praticamente costretto, il ragazzo le dovette afferrare anche l’altro polso e, con una mossa fulminea ed evasiva al punto giusto, attuò un ribaltamento generale della situazione. In breve, fu Kaoru a ritrovarsi braccata da lui, con schiena e polsi attaccati al muro.

Kouga la teneva con una certa insistenza, nonostante lei aveva cercato in tutti i modi di slegarsi dalla stretta. La rabbia, per non essere riuscita a liberarsi, le era salita in volto.

 

- Non vale! Tu sei molto più alto di me! – sbottò, aggrottando fronte e sopracciglia con fare funesto.

 

- Un Cavaliere Mistico deve pur sapersi muovere quando un Orrore gli sbarra la strada.

 

- Vuoi dire che io assomiglio ad una di quelle orripilante creature?

 

- No, ma sei seccante almeno quanto loro.

 

Kaoru arcuò le labbra con uno scatto di indignazione profonda, e per dispetto zittì.

Chinando il viso in avanti, verso di lei, Kouga si avvicinò per fronteggiarla. Tuttavia, la forma di quelle labbra così imbronciate, lo portò a guardarla meglio negli occhi.

Aveva davvero un’espressione buffa, che la faceva assomigliare a quella di una bambina capricciosa.   

Quanti ragazzi, al mondo, avrebbero desiderato lambire una bocca imbronciata uguale a quella?

Kaoru spostò d’istinto gli occhi, muovendoli di lato. Il suo cuore aveva d’improvviso cominciato a battere forte. Inoltre, quel calore che le era salito poc’anzi al viso, e che sapeva di rabbia, per magia si era tramutato in qualcosa di diverso, divenendo così semplicemente imbarazzo.

“Non guardarmi in quel modo!”, avrebbe tanto voluto dirgli, ma continuando a mantenere una forma arcuata della bocca, non lo fece. Era troppo accaldata anche solo per aprire le labbra. Oltretutto, avrebbe desiderato coprirsi il petto con entrambe le mani, per la paura che Kouga le avesse potuto sentire il battito del cuore, ma date le circostante, per lei non fu possibile. E nonostante avesse la schiena premuta contro la gelida parete, il calore in viso non le accennava a diminuire affatto. Forse fu una profonda irritazione, ma riuscì a trovare la forza necessaria per guardarlo in volto con un’occhiata quasi di sfida. 

In quello stesso istante, con un sacco di fagotti tra le mani, nel rincasare, Gonza si ritrovò a passare proprio di lì, davanti ai due, ma i pacchi non gli impedirono di avvistare la scenetta.

I ragazzi incrociarono il suo sguardo seduta stante, ed il maggiordomo ebbe quasi un sussulto.

- Vogliate scusarmi, non era mia intenzione interrompervi! – esclamò, convinto di aver provocato accidentalmente la rottura di un romantico attimo.

 

La risposta che ricevette, fu pressoché istantanea: - Non stavamo facendo un bel nulla! – replicarono i due, perfettamente in coro. Si guardarono l'un l'altro praticamente seccati. Kouga le allentò la presa ai polsi, e Kaoru ne approfittò per liberarsi con uno strattone imbestialito delle braccia.

- Con un tipo orgoglioso come lui, anche parlare diventa impossibile! – brontolò la ragazza, facendo il gesto di aggirarlo per andarsene via. Avrebbe potuto farlo agevolmente, lui non l’avrebbe di certo trattenuta, ma esitò, come se in realtà desiderasse essere fermata. Tutto ciò non avvenne, per cui con andatura sciolta tornò veloce in camera sua.

 

- L’hai fatta davvero arrabbiare! – commentò Zarba, e Kouga, nel rispondergli, alzò di proposito il tono della voce, affinché Kaoru stessa, tra uno scalino e l’altro lo potesse sentire. - E’ soltanto una ragazzina.

 

La risposta le arrivò alle orecchie con lindore. Così, sempre per dispetto, finì di salire quei gradini colpendoli rumorosamente con la suola delle scarpe. Per ultimo si udì una porta sbattere con estrema foga, segno di una rabbia davvero massima.

Il fragoroso rumore fece chiudere per riflesso le palpebre di Gonza, e nel farlo uno dei tanti fagotti che teneva tra le braccia gli cadde a terra.

 

- Ma chi si crede di essere?! – sbottò Kaoru, dopo essersi seduta di peso e con le braccia incrociate sul bordo del letto. – E’ odioso, prepotente e presuntuoso! Certe volte si meriterebbe una sonora lavata di capo! – continuò, e quella raffica di vocaboli non accennava a diminuire. – Ma come ho fatto ad innamorarmi di uno come lui?! E’ inaudito!- afferrò la sua matita e il blocco da disegno, e finì di sfogare la rabbia su quei fogli.

 

 

 

Al piano di sotto il maggiordomo andò di corsa in cucina per poggiare quello che lui chiamava “spesa settimanale” sul ripiano della tavola. Nel frattempo, Kouga aveva raggiunto il salottino per accomodarsi sulla seduta del divano che c’era nella stanza. Di solito sceglieva sempre quello, anziché una delle due poltroncine che c’erano ai lati.

Con la mano poggiata sul bracciolo, accavallò la gamba, dopodichè tutto tacque.

Pessimo segno. Non era per niente di buon umore, e questo Zarba lo aveva intuito subito.

Tossicchio per rompere il ghiaccio, dopodichè si trovò per forza costretto a fargli notare una cosa:

- La ragazza aveva ragione, Kouga.

 

- A cosa ti riferisci? – replicò scocciato ma irritato al tempo stesso l’umano. Non gli rivolse neppure l’attenzione.

 

Il Madougu emise un lungo sospiro. Zarba sapeva che ciò che stava per dire, non gli avrebbe fatto neppure un po’ di piacere. – Presenti i tipici postumi di una tremenda gelosia.

 

- Ho già detto che non è così! – tuonò improvvisamente lo spadaccino, ferendolo con una pessima occhiata.

 

- E non capisco perché voi umani vi ostiniate a non volerlo ammettere, anche quando tutte le prove sono contro di voi… Siete una razza che non capirò mai! – Zarba aveva continuato come nulla fosse, purtroppo ottenendo solo silenzi o guardate storte. – Dopotutto, è normale… - andò avanti in seguito- Non ti sei mai innamorato, non hai esperienze… Perciò per te ogni cosa che ti succede è nuova. – inoltre l’anello si fermò un attimino, e rise. Sembrava che stesse ricordando qualcosa di divertente- Anche i tuoi genitori, all’inizio non facevano altro che discutere. Per un bel po’ di tempo, i miei poveri timpani hanno patito veramente molto, ma la situazione è cambiata non appena Rin disse a Taiga di aspettare un bambino. Vedessi la faccia di tuo padre com’era intontita! Me lo ricordo bene ancora adesso. –  La guida rise ancora di gusto, e sebbene Kouga finse di non essere affatto interessato ai suoi racconti, tutto sommato restò in silenzio ad ascoltare, lasciandosi per un attimo cullare da quelle parole. Provò ad immaginare le scene poc’anzi illustrategli da Zarba, e ciò riuscì ad infondergli una calma interiore davvero surreale. Cercò anche di immaginarsi il volto attonito del padre, descrittogli dal gioiello, mentre proprio quest’ultimo prese fiato e proseguì – Se voi due seguirete le orme di Taiga e Rin, allora dovrò aspettare che la tua bella dia anche a te la lieta notizia, per godermi un po’ di pace. – Quest’ultima affermazione, in particolare, aveva causato in Kouga una strana reazione che nemmeno lui riuscì bene a comprendere. Il calore del corpo gli era improvvisamente salito al viso. Oltretutto, il pensiero volò istantaneamente a Kaoru. Chissà come si sarebbe comportato, se lei, un giorno come un altro, le avesse detto di portare in grembo un bambino. Suo figlio. Anzi, il loro.

La scena gli sfrecciò davanti agli occhi con una rapidità fulminea. E in una simile confusione emotiva, egli non giunse ad aprire più bocca, a sbatter ciglio. Dall’espressione si capiva che il ragazzo non stava tacendo per dispetto, bensì per imbarazzo.

L’arrivo di Gonza lo scosse da tutto ciò.

 

- E’ giunta questa per voi, signorino! – esclamò in preda all’agitazione. Tra le mani stringeva un vassoietto tondeggiante d’argento. Sul ripiano lucente come uno specchio c’era una Lettera di Missione.

Il Cavaliere Magico la prese, e si accorse subito del formato differente che aveva quella missiva. Anziché essere rettangolare, aveva una forma quadrata, e la busta era decisamente più grande del solito.

Kouga la squadrò con un’occhiata accidiosa: quella, era una Missiva Tangram.

Lui le odiava. Terribilmente.

Si diressero nello studio, per poterne riversare il contenuto sul ripiano della scrivania color testa di moro, utilizzando soltanto le dita. Niente Fuoco Guida.

Le Missive Tangram non contenevano caratteri fluttuanti in lingua Makai, ma, proprio come suggeriva il nome, nella busta una volta aperta c’era proprio un Tangram.

I tasselli caddero come un mucchietto di foglie, e a giudicare dalla quantità nonché complessità delle loro forme, quel maledetto rompicapo non doveva sembrare affatto semplice.

Ma perché ricevere una roba simile?

In breve, I Cani da Guardia ogni tanto mandavano Missive Tangram come delle normali “prove scolastiche”, che permettevano di verificare il livello e le capacità intuitive del Cavaliere Mistico a cui era stata recapitata. Una volta risolto l’enigma, allora egli avrebbe ottenuto le informazioni necessarie che gli avrebbero consentito di stanare l’Orrore. 

Kouga allargò i vari pezzi di un colore rosso accesso, proprio come il colore della busta, lungo il banco, e trasse un remissivo sospiro. Per lui, quella era la terza prova Tangram da quando era diventato un Cavaliere del Makai.

 

 

 

Kaoru si portò le mani nei capelli dopo aver strappato ed accartocciato per l’ennesima folta il foglio.

I pezzi di carta appallottolati sparsi dappertutto sul pavimento della camera, ormai non si contavano più.

- Se continua così, finirò per annegare nella carta! – sbottò, guardandosi intorno con aria collerica. Disegnare quel cavallo, non le riusciva proprio. Inoltre, avrebbe dovuto consegnare il lavoro finito entro il fine settimana. Tra due giorni esatti.

L’artista si sentiva ormai con l’acqua alla gola, e presto la rabbia si era trasformata in sconforto.

Per un attimo il pensiero di chiamare Ikuo le accarezzò la mente, ma dovette subito abbandonare l’idea, dato che non aveva il suo numero di cellulare.

Si portò le braccia al petto, le incrociò, poi chiuse gli occhi. Sperava di farsi venire un’idea, e… il lampo le arrivò per davvero.

Aprì la porta, corse giù per le scale, il tempo di guardarsi un attimino attorno, e poi via, sfrecciò in direzione dello studio. Con tutti quei libri, lì di sicuro ne avrebbe trovato uno con valanghe di foto sui cavalli, e magari, cercando in quelli dedicati al mondo demoniaco, forse si sarebbe imbattuta in qualche bella illustrazione di Goten. Certo, il suo datore le aveva suggerito di cercarne uno vero, di cavallo, ma purtroppo l’impresa, per lei, aveva un che di impossibile.

Varcò la soglia dell’ambiente, ed una volta dentro ebbe la brutta sorpresa.

Kouga sollevò di scatto gli occhi su di lei, sorpreso anche lui di vederla lì, impalata come una statua, e soprattutto con l’espressione crucciata.

 

- Se avessi saputo di trovarti qui, non sarei mai venuta! – sbottò seduta stante, ostentandogli un broncio veramente terribile. Si preparò a fare dietr-front, quando ad un tratto qualcosa sembrò attirare particolarmente la sua attenzione. Intravide sul tavolo i pezzi di quel Tangram, e le pupille le brillarono immediatamente.

Si avvicinò, vide i pezzi sparsi e la complessità del rompicapo, dopodichè non poté fare a meno di esclamare con entusiasmo: - E’… è incredibile! – balbettò perfino, tant’era l’emozione. Dopodichè lo squadrò meglio- Sembra piuttosto complicato… - annotò, carezzandosi il mento con una mano.

 

Il ragazzo le gettò un occhio, avvinto dalla confusione. – Te ne intendi?

 

La replica di Kaoru fu pressoché immediata: - Li adoro! – esclamò, intrecciandosi le mani in petto. – Da bambina ne facevo a bizzeffe insieme a mia madre. E’ stata lei a trasmettermi questa passione!

 

Gonza e Kouga, che nel cercare di ricongiungere perlomeno due frammenti, avevano impiegato una marea di tempo interminabile, si fissarono reciprocamente.

 

- Diglielo tu. – disse al maggiordomo il ragazzo, utilizzando un tono che in realtà non voleva essere una semplice richiesta, bensì un vero e tassativo ordine.

 

L’uomo si fece timorosamente avanti. – Signorina Kaoru… - iniziò, cercando di mantenere una certa cordialità. In questo modo la ragazza non avrebbe mai potuto rifiutare la richiesta – Sareste così gentile da voler dare una mano al signor Kouga? – Tuttavia, dopo quelle parole, le speranze di Gonza finirono in frantumi.

 

- Cosa?! – ribatté di corsa la giovane, e lo fece con un certo stupore- Dovrei aiutare un tipo asociale come lui?! – additò l’asociale in questione con l’indice, ma guardando dritto in faccia il maggiordomo- Perché?

 

- Ecco – si accinse subito a spiegarle la questione, mostrando sempre calma e rispetto – Quel Tangram in realtà è un esame che ogni anno i Cavalieri Mistici sono tenuti ad affrontare con lo scopo di dimostrare il loro grado di preparazione.

 

L’artista s’incrociò le braccia al petto. – Non se ne parla nemmeno! L’esame è suo… inoltre, sarebbe come passargli un compito in classe. Che se la sbrighi pure da solo, tanto ci è abituato! – sottolineò con una certa perfidia, ma quando fece per andarsene, le parole dello spadaccino la trattennero.

 

- Se non ne vengo a capo alla svelta, la vita di molte persone sarà in serio pericolo.

 

La frase la fece tremare lievemente. Si girò, osservandolo dritto negli occhi. Dopodichè guardò Gonza. – E’ vero? – chiese, per avere una maggiore conferma. Era certa che l’uomo non le avrebbe mai mentito. E fu così. Il maggiordomo le annuì, e lei chinò gli occhi. In quello stesso istante, però, le venne un’idea improvvisa.

Si rivolse a Kouga, con una sicurezza madornale.

- Vuoi che ti aiuti? Allora lasciami vedere Goten! Mi sembra uno scambio equo, no?

 

Equo sì, ma al ragazzo i compromessi non piacevano un granché.

E questi sospirò, come per dire “pazienza”. – Vorrà dire che chiederò aiuto a Souka.

In un istante, la moretta prese una sedia lì nei dintorni, e la piazzò affianco a lui. Nel poggiarla sul pavimento, la sbatté così forte che il povero maggiordomo strinse i denti e trasalì.

- Lo faccio solo per il bene dell’umanità! – chiarì, cercando di apparire convinta. Il Cavaliere del Makai sollevò soltanto mezzo sopracciglio in segno di dubbio, e non aggiunse altro.

Allargando per bene i pezzi sulla tavola, Kaoru procedette.

Riuscì a far combaciare i primi tre con estrema facilità, dimostrando così un’ottima padronanza del rompicapo. Poi ne afferrò un altro, lo rigirò diverse volte prima di capire a quale degli altri andasse collegato. Impiegò poco anche stavolta, così andò avanti spensieratamente, tant’è che sembrava provarci perfino gusto.

Kouga ogni tanto le lanciava un’occhiata con fare quasi scettico, ed arrivò perfino a chiedersi come facesse Kaoru a divertirsi con ciò che lui definiva una perfetta perdita di tempo.

- Come mai non sei riuscito a risolverlo? – domandò improvvisamente lei.

 

- Li detesto. – fu costretto ad ammettere quest’ultimo.

 

La mora lo guardò istintivamente. Poi scosse il capo.

- Un’altra cosa su cui non andiamo d’accordo. –appuntò, e riprese a comporre i tasselli. Ne restavano pochi, ormai. – In effetti, questo è piuttosto complicato. E’ la prima volta che ne faccio uno così. – Fece per prendere un'altra tessera, ma accidentalmente le cadde a terra. Continuando a restarsene seduta, si chinò per raccoglierla, e anche Kouga fece per istinto la medesima cosa. Le mani di entrambi sfiorarono il pezzo, finendo con il toccarsi a vicenda. In quello stesso istante si rivolsero per riflesso uno sguardo, ma nel farlo le loro labbra si sfiorarono accidentalmente. Gonza volse il capo dall’altra parte, per educazione, mentre Zarba si lasciò sfuggire un colpetto di tosse. Si separarono di scatto, forse perché interrotti dal rumore, e presero nuovamente a fissarsi. Un tremolio negli occhi, da parte di entrambi, li portò a sollevare la schiena per rimettersi dritti sulla sedia. Ambedue fecero in modo di non rivolgersi più l’attenzione mantenendo semplicemente la testa china sul tavolo. Anche se si vedeva chiaramente che tra i due regnava un’aria di totale imbarazzo.

Il tassello lo aveva recuperato Kouga, per cui quest’ultimo lo posizionò davanti alla ragazza, pur mantenendo il mento abbassato, ed in questo modo la giovane poté finire il quadrangolo. 

Con tutti i pezzi riuniti, il Tangram si librò in aria per sgretolarsi in un secondo momento, e mostrare il messaggio. Kouga lo lesse alla svelta, dopodichè Gonza corse subito a prendergli il soprabito. L’allontanamento del maggiordomo, tuttavia, ai due costò caro.

Si alzarono dalle proprie sedie, e per l’ennesima volta lo fecero all’unisono. Ambedue mossero le gambe, per effettuare uno spostamento, ed ambedue finirono con l’ostacolarsi la strada a vicenda.

Giunta al culmine della sopportazione, Kaoru scoppiò: - La finisci di precedermi?!

 

- Quella che mi anticipa sei tu. – replicò il ragazzo, ostentando una certa irascibilità nella voce.   

 

- Figuriamoci! L’ultima cosa che voglio, è incrociarmi con te!  

 

- Già, anch’io.

 

- Allora perché prima mi hai baciato?

 

- Io non ho fatto niente. Sei stata tu a venirmi addosso.

 

Kaoru corrucciò la fronte, completamente intontita da quella risposta.

- Ma sei impazzito?! Non ho fatto una cosa del genere!

 

- Mi sei venuta addosso. – ribatté Kouga, stavolta accigliandosi anche lui.

 

- Lo hai fatto tu! E anche di proposito! – sottolineò la giovane.

 

Avevano iniziato a litigare di nuovo. Il povero Zarba ormai non ne poteva più, tant’è che decise di commentare la faccenda con parole tutte sue: - Sbrigatevi a diventare genitori alla svelta, o altrimenti sarò costretto a cambiare mestiere. – L’anello si stava riferendo alla questione legata ai genitori di Kouga, ma di certo la figlia di Yuuji non poteva saperlo.

 

- Scordatelo! – gli tuonarono in coro, e successivamente, dalle loro bocche praticamente uscì di tutto e di più.

 

- Il pensiero che mio figlio diventi scontroso come te, mi terrorizza!

 

- Erediterà invece la tua stessa cocciutaggine.

 

- Perlomeno io non mi metto a polemizzare sopra ogni cosa… Dovrò dirgli che suo padre è un selvaggio! 

 

- Scoprirà che sua madre è una piccola ragazzina insolente. – proseguì con stizza Kouga, sottolineando il termine “ragazzina insolente” con un tono provocatorio.

 

Ambedue si lanciarono degli sguardi a dir poco spaventosi. Soprattutto Kaoru sembrava non avere digerito tali affermazioni.

L’intervento di Gonza, per fortuna, salvò Kouga dal ricevere uno schiaffo in pieno viso.

 

- Eccovi il soprabito, signorino! – esclamò, con fare tremolante, poi si accinse a farglielo calzare. Prima ancora però, il ragazzo si trattenne ancora un po’ ad osservare il pulcino che, adesso più che mai, era più arrabbiato che spennacchiato, senza che l’inimicizia nei riguardi di ambedue si abbassasse un pochino.

Se ne andò così via, ma prima ancora che riuscisse a girare l’angolo e ad immettersi nella hall, riuscì a sentire la voce di Kaoru. – Sei talmente orgoglioso che non mi hai neppure ringraziato! – urlò quest’ultima, ma lui non si fermò neppure, e proseguì dritto ed inamovibile per la sua strada.

Non c’è che dire, pensò il povero Gonza, proprio un litigio tra due perfetti innamorati!

Nulla di così semplice.

 

 

 

 

 

                                                                                       ***

 

 

 

 

 

Un uomo correva all’impazzata tra le vie desertiche della città, in preda al panico.

Sembrava che qualcuno lo stesse inseguendo, o per meglio dire, sembrava che qualcosa gli stesse dando la caccia.

- Aiuto! – gridò a squarciagola, negli occhi nient’altro che panico e terrore. Correva sempre più, a perdifiato, nonostante avesse esaurito anche l’ultima briciola di respiro. Sentiva le gambe stanche, deboli. Gli cedettero, e finì a terra, rovinosamente. Nel crollare andò a sbattere contro una pila di scatoloni vuoti e vecchi, abbandonati nei pressi di un cassonetto di immondizia. Volarono via come un mucchio di birilli.

Lo sconosciuto cercò di rimettersi in piedi, ma la paura gli portava le gambe a tremare, rendendole pericolosamente instabili. Non riusciva a controllare i movimenti del suo corpo, così nel rialzarsi ricadde una seconda volta.

Sentì qualcosa avvolgersi alla caviglia, e successivamente quel qualcosa finì col tirarlo di più verso il suolo. Urlò per la disperazione, quasi sul punto di mettersi a piangere, abbrancando le mani sull’asfalto affinché non venisse trascinato all’indietro.

L’impresa non fu per niente facile, e non appena si voltò, il cuore parve fermarsi di botto.

L’Orrore si stava preparando a divorarlo, facendo di lui la propria cena.

Si coprì il volto con le mani, non potendo fare altro, ma anche queste tremavano dal terrore.

Nello stesso istante, sentì la presa alla caviglia mollare. Quando abbassò le dita dalla faccia per guardare, vide l’arto reciso di quella orripilante bestia color petrolio inerte a terra, ed uno scintillio dorato d’innanzi a lui. Squadrò cominciando dal basso quella figura avvolta dalla luce ricoperta d'oro, che lo aveva riparato dai getti del sangue della bestia, e le sopracciglia si innalzarono come archi.

- Vattene via! – gli ordinò Garo, e il tizio, senza farselo ripetere neanche due volte, tirandosi su se la diede a gambe.

La bestia vide la propria preda sparire, e si arrabbiò come non mai.

Colpì con un’occhiata rabbiosa il Cavaliere d’Oro. – Lo hai fatto scappare! – disse ruggendogli contro, con la voce secca e rauca. – Quella preda era mia! – si lanciò all’attacco, ma il lupo dell’Est lo afferrò per la gola facendolo gemere.

 

- Sono affari che non mi riguardano! – tuonò adirato la Zanna Dorata. Più che irritabilità da Orrore, la sua sembrava un altro tipo di irritabilità…

Il Cavaliere del Makai lo colpì in faccia con un pugno, e la violenza del gesto fu così tale da ridurre a pezzi le uniche due zanne della creatura.

Quest’ultima si lagnò come un cucciolo, si portò d’istinto l’unico braccio che gli era rimasto alla bocca.

- Adesso non potrò più spolpare le mie vittime! – disse, quasi gemendo, ma con gli occhi rossi dalla rabbia.

 

- Sta’ zitto! – gli ordinò, colpendolo in bocca un’altra volta.

 

L’Orrore ne stava passando di tutti i colori, e Zarba sembrò quasi struggersi per lui.

- So che non dovrei dirlo, ma mi fai davvero pena… Sei sopraggiunto soltanto nel momento sbagliato. – commentò, e la belva si rivolse a lui quasi supplicandolo.

 

- Dì al tuo padrone di smetterla! Che mi uccida subito! – pregò addirittura che venisse fatto fuori all’istante. Non ne poteva più di tutte quelle percosse.

 

Zarba prese fiato, e concordò per la prima volta in vita sua con la bestia demoniaca.

- Kouga… non dovresti usare questo mostro come una valvola di sfogo per i tuoi problemi. - disse, ma non riuscì ad aggiungere altro. Il lupo dorato dell’Est lo fece ammutolire.

 

- Taci anche tu! – ordinò, tassativo, e centrò con un destro, per la terza volta di fila, la faccia ormai tumefatta dell’Orrore.

 

- Pietà! Pietà! – ripeté, e dal tono della voce straripò un fiume di pusillanime tremore.

Garo gli lasciò il collo, l’essere cadde a terra. Era distrutto. – Ma che ti ho fatto?! – gracchiò tremante come una foglia. 

 

- Di solito non è così furioso… - gli spiegò Zarba, poi proseguì utilizzando quasi un tono confidenziale, ma quelle parole gli costarono caro – Problemi con la sua dolce quanto a volte amara metà.

 

Il Cavaliere d’Oro lo azzannò con uno sguardo borioso, mentre, prima ancora che l’Orrore potesse commentare la faccenda, la Garoken lo trafisse esattamente in mezzo agli occhi, nonostante Garo, quella creatura, non la stesse minimamente guardando.

- Hai fatto centro. – si apprestò a comunicargli il Madougu, come a volergli fare un complimento, ma nel riacquistare l’aspetto di sempre, Kouga non ne fu particolarmente entusiasta.

 

- Che bisogna c’era di raccontargli quelle cose?!

 

- Tanto sarebbe morto… Non vedo dove sta il problema. – replicò la guida, piuttosto sicura di sé.

 

- Hai sempre avuto la lingua lunga. E’ questo il tuo peggior difetto.

 

- Mentre il tuo è… - Zarba iniziò quella frase, ma non la portò a termine. Stavolta di sua spontanea volontà. Se gli avesse detto “sei troppo orgoglioso” o, peggio ancora “ha ragione Kaoru quando dice che sei un selvaggio”, per lui sarebbe finita male. Molto male. Tuttavia, l’anello si sentì comunque l’obbligo di dire almeno una cosa – Datti una calmata, ragazzino!

 

Dopo quel consiglio, che in realtà sembrava essere quasi un ordine, senza neppure aggiungere una parola, il “ragazzino” si rimise in strada, facendo così ritorno a casa.

Gonza udì il portone sbattere e produrre un tonante tonfo, così uscì nella hall, per accogliere il suo signorino, ma quest’ultimo non si voltò neppure a guardarlo. Tutto ciò che fece, fu rivolgergli una domanda.

- Dov’è?

 

Gonza capì, e gli indicò la sala da pranzo. 

Kaoru, seduta sul divano in mezzo alle due poltrone, con il blocco di disegni appoggiato sulle ginocchia, e la matita nella mano, lo intravide a stento venirle incontro, e si sentì subito trascinare via.

- Ehi! – mugolò, con la matita in una mano, e il blocco nell’altra. Cercò anche di dimenarsi, ma non le servì a molto – Che maniere! Dove mi stai portando?! – Si vide condurre a suon di strattoni e spinte nel bel giardino della villa.

Kouga le lasciò il polso all’improvviso, dopodichè avanzò di qualche passo verso lo spiazzo erboso. Estrasse la spada dal fodero.

La pittrice si massaggiò il polso, ma non sembrò capirci granché.

- Che ci facciamo qui? – sbottò ancora, dopodichè fece un passo in avanti, ma il braccio di Kouga la intimò a non avanzare.

 

- Sta’ indietro. – le disse, come al solito usando un tono imperativo, quasi d’obbligo.

 

- Antipatico! – gli mormorò lei, ma quando il ragazzo, con la punta della spada, disegnò un ideogramma a mezz’aria proprio davanti a lui, fu investita in pieno da un bagliore folgorante che la costrinse perfino a ripararsi gli occhi con le mani.

Un nitrito dal suono imponente le fece abbassare di colpo le dita. Quello che le si riflesse nelle pupille, la lasciò semplicemente attonita: Kouga aveva invocato Goten.

Presa dall’entusiasmo, si affiancò al Cavaliere Mistico per osservare da vicino lo splendido destriero. Chiunque avrebbe desiderato toccare appena quella criniera rossa, luminosa e fluente, e carezzargli il capo. Ma Kaoru sapeva bene che, essendo la corazza di Goten fatta di Animetallo, non avrebbe mai dovuto sfiorarlo neppure con un dito, altrimenti la pelle le si sarebbe ustionata all’istante.

Kouga guardava il suo fedele compagno con un’aria addolcita, quieta. Nutriva verso di lui un profondo ed encomiabile rispetto.

La giovane non sapeva bene che cosa dire. Mai e poi mai si sarebbe aspettata una simile cosa, mai e poi mai si sarebbe aspettata che quel dispettoso ragazzino avesse esaudito il suo desiderio. Eppure, lei non stava sognando ad occhi aperti, Goten era davvero lì, davanti a lei, a brillare come una grossa stella caduta nel giardino.

Si mordicchiò il labbro, bastava un “grazie”, ma quando fece per aprire la bocca, lo spadaccino la anticipò con freddezza, e quella parola le rimase in gola. 

 

- Goten- proferì, rivolgendosi al destriero con assoluto rispetto – questa ragazzina vorrebbe ritrarti, sii paziente, ok?

Il tono adoperato da Kouga, alla talentuosa pittrice non piacque per niente.

- Guarda che nessuno ti ha obbligato a farlo! – ribatté seduta stante, sentendosi nuovamente presa in giro. – E non sono una ragazzina!

 

Affrettandosi a rinfoderare la spada con perfetta indifferenza, senza rivolgerle neppure l’attenzione, le rispose: - Sei la solita permalosa.

 

Kaoru sbatté un piede in terra, in preda alla collera.

- E tu sei il solito maleducato!

 

A quel punto, Zarba alzò gli occhi con un gesto assolutamente disperato: - Non ricominciate, vi prego!

 

Entrambi gli umani lo trapassarono con un’occhiata fulminea, e per finire in bellezza, gli gridarono in coro: - Fa’ silenzio!

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Ecco uno dei miei episodi preferiti! Dopo averlo letto, forse è inutile che io vi spieghi il perché ^__^

Lo trovo esilarante ma dolce al tempo stesso. La parte in cui Kouga se la prende con l’Orrore e lo tratta come un sacco di sabbia utile per fare a pugni, mi piace parecchio, e mi sono pure divertita tanto a scriverla.

Poi un’altra cosa è che io ADORO i tangram! Da qui il titolo e le missive…! ^^

Adesso che sono FINALMENTE in vacanza, potrò dedicarmi meglio alla GSS.

Lo sto già facendo! ^__-

 

 

 

 

 

Per Sho Ryu Ken: La casetta… Aah, quanto mi piacerebbe abitare in una casa così! Comunque no, non centra con quella della mail e a dire il vero è nata così per caso, mentre scrivevo, perché volevo sottolineare che l’appartamento era fatiscente in quanto vecchio, e mi piaceva l’idea del dibattito tra Kouga e Ikuo che “giocano” a fare i contrari! Però quasi quasi sulla casa infestata ci faccio un capitolo…! Mi hai dato un ideona…! ^__- Sei un geniooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!   

 

Per _Elentari_: Per il plagio mi sa che ho trovato una soluzione rapida e sbrigativa… Ma ci sto attualmente lavorando perché devo chiedere il permesso ad una persona che conosco, e se accetta allora è tutto risolto! Meno male…! Eh, è vero che scene romantiche dovevano essercene di più, in particolare un classico come la fatidica scena della scalinata non poteva mancare. Io pian pianino sto cercando di inserire il più possibile tutto ciò che mi sarebbe piaciuto vedere all’interno della serie, ma spesso ho paura di andare ooc. Spero che Amemiya mi perdoni…!

 

 

 

Ok, per ora è tutto! Ci risentiamo al prossimo capitolo!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Una bambina intrappolata in un incubo aspetterà di essere salvata, e per farlo bisognerà ricorrere ad un particolare tipo di procedura che si rivelerà essere molto rischiosa.

Riuscirà Kouga in soli 99.9 secondi a salvarle la vita e ad uscirne indenne?

E soprattutto, tra lui e Kaoru ci sarà una riappacificazione?  

Prossimo episodio: #14 Incubo

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** #14 Incubo ***


E’ passato all’incirca un anno dalla mia brutta disavventura

                                       Incubo

                                         #14

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

E’ passato all’incirca un anno dalla mia brutta disavventura. Ma ancora oggi, di notte ogni tanto ho degli incubi. Quando ciò accade, mi sveglio di soprassalto, la fronte è sudata, il respiro convulso, e dentro di me una sensazione d’angoscia mi pervade. Mi sembra sempre che una di quelle creature sia sotto il mio letto, o accanto alla finestra. Sebbene io abbia cercato di dimenticare, so che non è possibile cancellare per sempre la realtà.

Una volta aperte le porte di quel mondo, non si può più richiuderle.

 

 

 

 

 

Aveva un abito a quadretti, lungo fino alle ginocchia, che si annodava in vita tramite un nastro di cotone. Era di un giallo tenue, abbastanza delicato, così come il cerchietto che portava nei capelli lunghi e neri. Ai piedi era completamente scalza, non aveva né scarpe né calzini, ma nel luogo in cui si trovava non faceva freddo. Tra le mani una bambola di stoffa con i capelli arancioni ed il volto sorridente le teneva compagnia. Si guardò intorno, con fare spaesato, ma la luce in quel luogo era talmente fioca che non riuscì a vedere quasi nulla. Capiva solo che il pavimento doveva essere di pietra, così come le mura, perché la sua pelle ancora acerba e delicata ne poteva percepire il gelo. All’apparenza sembrava un grosso stanzone quadrato. Non c’erano né mobili, né ornamenti attaccati alle pareti, e neppure porte. Sì, era una stanza senza nessuna via d’uscita. C’era una finestra, una soltanto. Si avvicinò ad essa,  alzandosi in punta di piedi cercò di sbirciare all'esterno con fare curioso, fanciullesco. Ma ciò che si rifletté nei suoi occhi, quando fu sufficientemente vicina a quelle gelide lastre, portò le sue manine ad aprirsi di botto, e quella bambola di pezza le cadde a terra.

 

 

 

 

 

Giunto ai piedi di un ospedale, Kouga osservò dal basso verso l’alto la struttura. Aveva cinque piani, e non era stata costruita da poco. Lo sottolineavano i segni di un intonaco ormai spento e rovinato.

Entrò, salì le scale e diede inizio alla perlustrazione dei diversi ripiani.

Stava cercando qualcosa. Una bestia demoniaca, per la precisione.

Fu subito attratto da un reparto in particolare, perché consigliato da Zarba. L’andito era illuminato da fioche lampadine fissate alle pareti mediante appositi sostegni di metallo simili a vecchie lampade. La fiochezza di quelle luci era dovuta al fatto che fosse ormai notte inoltrata.

Entrò in una stanza, la porta era aperta, c’era un lettino soltanto. Una bambina teneva gli occhi chiusi, dormiva profondamente a pancia in su, con il capo adagiato sopra al cuscino. Aveva all’incirca sei anni, ed accanto a lei, messa sul panchetto di una sedia, si trovava una bambola di stoffa con i capelli arancioni.

All’apparenza tutto sembrava tranquillo. Fece per lasciare la camera ma una voce lo fermò di balzo.

- Aspetta – disse Zarba, per fare in modo che si fermasse- E’ qui. – fece, e Kouga si guardò rapidamente intorno. A parte quella bambina, la camera era vuota, spoglia. Un Orrore non sarebbe passato di certo inosservato, eppure, a detta dell’anello la creatura doveva trovarsi proprio lì.

Kouga guardò meglio, restava solo un posto in cui rivolgere lo sguardo. E quando lo fece, quando fissò la piccola paziente con aria quasi scettica, la voce di Zarba fugò ogni suo dubbio. – Hai capito proprio bene, Kouga… L’Orrore è in quella piccola umana.

Al ragazzo mancò il respiro per una manciata di secondi, una sensazione d’inquietudine lo colpì prepotentemente.  

Non aveva mai affrontato una simile situazione. Lui era un cacciatore di Orrori, per cui il suo compito era quello di eliminarli, ma in tutto l’arco della sua carriera, non aveva mai ucciso un bambino posseduto da uno di loro.

Provò dentro di sé una frustrazione lancinante, eppure lui doveva portare a termine quella missione. Era il regolamento. Non poteva fare altro, e per questo il cuore gli si strinse fortemente in petto.

Posò la mano, tremante, sull’ansa della spada, e si apprestò a tirarla fuori del fodero. Quel movimento fu interrotto ancora una volta dal Madougu: - Non si trova nel suo corpo- gli disse cogliendolo di sorpresa, cosicché il giovane Cavaliere arrestò la mano. – E’ nei suoi sogni.

 

- Nei suoi… sogni? – ripeté l’umano, era pressoché esterrefatto. E Zarba sapeva anche il perché.

 

- E’ vero- appuntò, come se si fosse ricordato di qualcosa- questo per te è il primo “Signore dell’Incubo”.

 

- Signore dell’Incubo? E’ un Orrore?

 

Zarba annuì. - Si manifesta solo nei sogni delle persone, inducendole al coma. Se controlli la cartella clinica di questa piccola umana, scoprirai che in realtà non sta semplicemente dormendo. – Il discorso della guida mistica gli fece afferrare la cartella appesa ai piedi del letto di quella piccola paziente. Effettivamente, la bambina era stata ricoverata due giorni fa, e non aveva più riaperto gli occhi.

 

Kouga provò l’impellente bisogno di fare una domanda soltanto:

- Si può ancora salvare?     

 

Zarba trattenne il fiato, lo rilasciò in seguito per parlare. – Certo, tuttavia il metodo è assai rischioso.

 

- Qual è? – gli chiese ugualmente, dimostrando in questo modo di voler andare fino in fondo.

 

- Si chiama “la procedura del Cavaliere Dormiente”. Consiste nel legare entrambe le estremità di una particolare corda dal colore rosso come il sangue, ai polsi sinistri della persona addormentata e del Cavaliere Mistico che andrà a salvarla, in questo modo egli verrà indotto al sonno. E’ pericolosa in quanto il Cavaliere si ritroverà intrappolato nello stesso incubo dell’umano dormiente, ed avrà soltanto 99.9 secondi a disposizione per sconfiggere la creatura, ma se in questo lasso di tempo egli non dovesse farcela, rimarrebbe intrappolato lì… per sempre. – Ciò che gli aveva rivelato Zarba, non era di certo una prospettiva allettante.

Tuttavia, se voleva salvare quella bambina, non poteva tirarsi indietro.

Nonostante l’anello glielo avesse sconsigliato, Kouga si ritrovò ben presto nel palazzo del Cane da Guardia del Nord. La corda per mettere in pratica la procedura, si trovava in quel luogo.

Il guardiano vestito di bianco fu d’accordo con Zarba, per cui non si dimostrò disposto a cedergli l’oggetto. Perlomeno, non al primo tentativo.

- Avresti dovuto eliminare quell’umana, anziché venire da me e farmi una richiesta così assurda. – gli disse con durezza, ma Kouga non si fece intimorire dal tono di quella voce.

 

- E’ solo una bambina! – replicò, con caparbietà. Era convinto che non sarebbe mai stato capace di ucciderla, soprattutto se c’era una remota possibilità di poterla salvare. – La prego, mi lasci provare. – disse infine, con un tono faticosamente implorante.

 

- Perché lo fai?

 

A quel punto il ragazzo lo guardò dritto negli occhi. Sapeva già cosa dire. E con fierezza lo disse. – Perché i Cavalieri Mistici salvano le persone. Non le lasciano morire.

 

 

 

 

   

                                                                                       ***       

 

 

 

 

 

Kaoru si era alzata da poco. Si guardò allo specchio, non aveva una bella cera.

Dopo essersi lavata e rivestita, scese di sotto, e il maggiordomo, ai piedi delle scale intento a lucidare il passamano di legno, la fermò prima ancora che potesse discendere nella hall.

- Buongiorno signorina Kaoru! – disse cordialmente. La ragazza si lasciò sfuggire uno sbadiglio, poi si grattò la testa con fare assonnato.

 

- Buongiorno anche a lei, Gonza. – replicò a stento, con le palpebre calanti e la voce ancora impastata dal sonno.

Non aveva trascorso una bella nottata, e a dire il vero, aveva riposato malissimo. Il gentile maggiordomo non fece domande a riguardo, tuttavia la trattenne per farle sapere una cosa: - C’è qualcuno che vi sta aspettando nel soggiorno.

 

L’espressione strutta sul viso dell’artista parve scemare. Fu rimpiazzata da un profondo stupore.

- Qualcuno… che aspetta me? – replicò, e a dire il vero sembrava essere sì intontita, ma non più dal sonno. Era la prima volta che riceveva una visita, lì in quella villa.

 

- Mi ha detto di essere un vostro amico, ma non gli ho chiesto il nome. – spiegò Gonza, e successivamente attraversando di corsa la hall lei si recò in soggiorno.

Varcata la soglia dell’enorme stanza, sul divano, esattamente seduto nel posto più amato da Kouga, intravide la sagoma dell’ospite inatteso. Quest’ultimo sollevò di scatto il capo, dopodichè si alzò e l’accolse con un benevolo sorriso.

 

- Ikuo?! – replicò Kaoru, fissandolo con enorme stupore. – Chi…

 

- … mi ha dato il tuo indirizzo? – concluse l’altro, pensando che l’amica volesse chiederle quello. Tirò dalla tasca dei jeans un affare bianco, piccolo ed ovale. – L’altro giorno, nella vecchia casa hai dimenticato il cellulare. Nella rubrica c’era il tuo domicilio, e così eccomi qua! – spiegò con enfasi, facendo ancora un sorriso.

 

Lei si sbatté una mano sulla fronte: - Ecco dov’era finito! Che sbadata…! – dichiarò infine, con una punta di imbarazzo nella voce. Poi si avvicinò all’amico – Grazie! – spiccicò, ricambiando il sorriso. Lo aveva cercato praticamente ovunque, ma senza risultati. Alla fine si era perfino rassegnata all’idea di doversene comprare uno nuovo, malgrado l’aggeggio bianco non fosse ancora da buttare.

 

- Gli artisti hanno sempre la testa tra le nuvole! – scherzò Ikuo, giusto per trarla dall’impaccio, poi la scrutò in viso con un’attenzione millimetrica – Sembri stanca… Non hai riposato stanotte?

 

Kaoru scosse il capo ed emise un sospiro profondo. – Ho dormito malissimo. – fece, ricordando la pessima nottata sull’orlo dello sfinimento. Poi chiarì in seguito – Un incubo.

 

- Di che genere?

 

- Spaventoso! – asserì all’istante, e nel richiamare alla mente quella fattispecie di sogno angoscioso, si sentì raggelare dalla testa ai piedi. – Ad ogni modo, preferisco non parlarne. – Come avrebbe potuto raccontare ad Ikuo di aver sognato un gigantesco Orrore dalla faccia aggrinzita e le zanne sporgenti che la voleva divorare? No, proprio non se la sentiva.  

Il giovane Shiota alzò le braccia come per dire “ok, come vuoi tu!”, successivamente le abbassò per prenderle la mano.

La guardò in viso, con un’espressione così gentile che avrebbe rasserenato chiunque e cancellato ogni sorta di incubo, e le mise il cellulare esattamente al centro del palmo. Si trattenne, ma di proposito, per guardarla ancora un pochino. Faceva fatica a staccarle gli occhi di dosso. Nonostante Kaoru avesse un aspetto non proprio riposato, per Ikuo quella giovane donna era sempre meravigliosa.

Da quegli occhi color nocciola scaturiva un calore rasserenante, cullante. I tratti del viso addolciti, delicati, sinuosi, sembravano confermare ogni cosa. Inoltre, Kaoru aveva dentro di sé una luce che avrebbe illuminato il cuore di qualsiasi uomo.

Sì, ne era consapevole Ikuo che sarebbe rimasto lì, immobile come una statua, a contemplarla per tutto il giorno.  Dovette smettere al più presto per un semplice motivo che oltretutto aveva anche un nome ed un cognome: Kouga Saejima.

Entrato all’improvviso nella stanza, subito l’attenzione gli ricadde addosso.

Fermo sulla soglia della porta, il Cavaliere osservava Ikuo con un’espressione che avrebbe fatto impallidire perfino il più intrepido dei ragazzi.

Kaoru voltò di scatto le spalle, e staccandosi involontariamente dall’amico cercò con gli occhi lo spadaccino.

Anche il signorino Saejima aveva un’aria stanca. Era come se fosse stato fuori tutta la notte, e non c’era realtà più vera di quella. Tuttavia, il ragazzo trattenne per poco l’attenzione su di lei. Tra i due c’era ancora la cosiddetta “aria di tempesta”. La stessa che li aveva fatti litigare come bambini, due sere prima.

Dal “giorno del tangram”, come lo aveva definito anche Zarba. Non avevano fatto altro che tenersi il muso, giravano per casa senza neppure rivolgersi parola, né tanto meno mezza occhiata. 

 

Ad ogni modo, il principale obbiettivo di Kouga era uno soltanto.

- Che ci fa lui qui? – Il quesito gli uscì con irruenza. Oltretutto, era arrabbiato. Eccome se lo era.

 

- Mi ha riportato il cellulare che avevo perso. – si affaccendò a spiegargli Kaoru, ma subito dopo la voglia di sapere l’avvinse – Sei stato fuori tutta la notte, non è così? – domandò all’istante, nonostante avesse capito già tutto. Più che una domanda, la sua era una ramanzina bella e buona.

 

Kouga aggirò completamente l’argomento, non la degnò neppure di un’occhiata. Per lui era come se Kaoru, lì, non ci fosse mai stata. Inoltre non smetteva di togliere lo sguardo da Ikuo, e quest’ultimo, con una certa sfrontatezza, si mise a fissarlo nel medesimo modo.

Se lì non ci fosse stata lei, forse tra i due non sarebbe finita a buon termine.

Ikuo raccolse la propria giacchetta dal divano e se la rimise indosso.

- Forse – premise, avviandosi all’uscita- è meglio che vada. – concluse. Sapeva di non essere benvoluto, e non aveva tutti i torti.

Quasi per dispetto Kouga si allontanò da lì senza aggiungere neppure una parola.

 

Kaoru rimase interdetta da ciò, non sapeva bene cosa dire al giovane Shiota, però sentiva l’obbligo perlomeno di scusarsi.

- Perdonalo- disse in tono mortificato, chinando un po’ il mento – ultimamente è intrattabile. – gli confidò, e poi, scortando l’amico verso l’uscita, concluse – Grazie ancora per il cellulare!

 

L’altro sorrise. – Figurati! – esclamò, come se il comportamento sgradevole di Kouga non lo avesse turbato per niente. O almeno, così sembrava.

Quando il giovane artista sparì, la ragazza fu presa completamente da un moto di stizza improvvisa. Percorse la hall muovendosi velocemente, il suono dei suoi passi echeggiava lungo tutto l’androne, infine raggiunse lo studio, e la sua voce fece tremare ogni cosa.

- Si può sapere che ti è preso?!

 

Gonza sussultò, contrariamente a quello che fece Kouga. Seduto alla scrivania, recitò la parte dell’indifferente, e questo a Kaoru non piacque proprio. Gli andò di fronte e si piazzò lì. In questo modo lui le avrebbe dovuto degnare per forza uno sguardo, ciò nonostante continuò a tenere gli occhi fissi sulle pagine di un libro. Kaoru sbatté entrambe le mani sul tavolo così forte da far vibrare quei fogli. A quel punto, per il figlio di Taiga fu pressoché impossibile evitare di fissarla.

 

- Sto lavorando. – dichiarò accidioso. Ma l’altra non volle sentire ragioni.

 

- Non me ne importa niente! – tuonò, e tremava quasi per la rabbia- Non sei stato affatto cortese nei riguardi di Ikuo!

 

- Io non ho fatto niente.

 

- Lo hai praticamente costretto ad andarsene! – era ormai sull’orlo dell’esasperazione, prese giusto un po’ di fiato e tornò alla carica – Dove sei stato stanotte? Perché non ti sei ritirato a casa? Avresti bisogno di riposare, anziché dare la caccia a quelle orrende creature…!

 

- Lo farò non appena avrò portato a termine il mio compito. Adesso non posso. – La risposta fu praticamente inamovibile. – Tu piuttosto… ti faccio notare che se non ti sbrighi, arriverai tardi al lavoro.

 

La pittrice gettò di scatto un occhio all’orologio.

- Ma è tardissimo! – disse in preda all’esasperazione. Poi, prima di filare via, non poté impedirsi di sputare fuori ancora un’ultima sentenza: - Faremo i conti quando torno. E vedi di farti trovare!

 

 

 

 

 

                                                                                          ***      

 

 

 

 

 

Gonza, dopo un rovistare incessante, finalmente aveva trovato il libro giusto. Quello in cui c’erano le parole da pronunciare durante il rituale del Cavaliere Dormiente. Il buon uomo, infatti, avrebbe dovuto recitare in lingua Makai a gran voce una frase che successivamente avrebbe indotto l’individuo a dormire.

Quando finalmente mostrò il libro a Kouga, questi commentò che finalmente il tempo di entrare in azione era giunto.

Così, dopo aver preso il necessario, si avviarono verso l’uscita della villa.

Il maggiordomo prese il cappello nei pressi dell’entrata, e se lo portò in testa. Ma quando Kouga fece per aprire il portone, a sorpresa si scontrò con Kaoru, di ritorno dal lavoro.

 

- Hey! – reagì prontamente la ragazza, trovandosi faccia a faccia con lui.

 

- Non ho tempo adesso per litigare. – La frase di Kouga fu detta seduta stante, con una certa fretta.

 

E la giovane Mitsuki, presa da uno scatto di rabbia, replicò con qualcosa che dopo le fece desiderare di non avere mai detto: - Tu non hai mai tempo per me! – quelle parole finirono dritte, come una freccia che centra in pieno un bersaglio apparentemente irraggiungibile, nel cuore del Cavaliere. Un gelo pesante discese tra i due. Perfino Gonza si sentì tremendamente a disagio.

Zarba avrebbe voluto esprimere come suo solito la propria opinione, ma pensò bene per una volta tanto di tacere.

Kaoru desiderò di rimangiarsi quella frase all’istante, ma ormai l’aveva detta. Successivamente vide Gonza incappottato e a quel punto si trovò quasi costretta a chiedere: - Dove state andando? 

 

Kouga ignorò la domanda, tuttavia fu il maggiordomo a darle una risposta, poco prima di mettersi in strada.

- Torneremo questa sera, signorina. – le fece sapere, ed infine, con fare frettoloso concluse – Ho già preparato il pranzo. E’ nel forno, dovrà solo riscaldarlo.

E mentre scendeva i gradini di pietra dell’abitazione, Kouga spudoratamente aggiunse: - Cerca di non dare fuoco alla casa.

 

Proprio come c’era da aspettarselo, lei si innervosì pericolosamente, ma non poté fare altro che lanciargli una linguaccia alle spalle. Dopotutto, lui non l’avrebbe mai vista.

 

 

 

 

 

                                                                                      *** 

 

 

 

 

 

Gonza si levò il soprabito e lo appoggiò su una sedia insieme al cappello. Accostandosi ai piedi del lettino, guardò Kouga in viso con uno sguardo inquieto, come a dirgli “possiamo cominciare, ma…”.  

 

- Signorino… - disse, con l’intonazione di chi avrebbe voluto portare una persona a riflettere.

 

- Non mi tirerò indietro.

 

Il maggiordomo calò lo sguardo, sospirò, poi sollevando la copertina del libro che stringeva tra le mani, cercò la pagina giusta. Dopo averla trovata, si tirò sul naso gli occhialini, pronto a dare inizio al rituale.

Kouga si era legato la corda rossa al polso sinistro, mentre l’altra estremità a quello della piccola addormentata. Poi, sedendosi accanto al letto, chiuse gli occhi in attesa che Gonza pronunciasse la tanto fatidica frase.

Quando l’uomo scandì la prima strofa, al ragazzo sembrò di trasformarsi in pietra. Sentì che il suono di quelle parole lo stava portando via, in un mondo fatto di sogni, ma a volte, in una società come quella in cui egli viveva, anche di incubi.

E quando finalmente il giovane Saejima poté riaprire gli occhi, scoprì in realtà di trovarsi proprio all’interno di uno sconvolgente incubo.   

Tutto attorno a lui era oscuro. Lo stanzone era spoglio, gelido, spettrale. Sulle pareti danzavano con fare alternante una miriade di ombre dai contorni mostruosi. E quell’unica finestra che c’era, affacciava nel vuoto più totale, lasciando intravedere uno scenario apocalittico di crudeltà e desolazione.

 

Il lupo dorato dell’Est, unica fonte di luce in mezzo a quella fitta oscurità, intravide rannicchiata in un angolino la povera bambina.

Fece per avvicinarsi, ma qualcosa appena sbucato dal suolo afferrò con dispetto la sua caviglia.

Garo si voltò, estrasse con rapidità la spada, e da quel preciso momento in poi, iniziò una battaglia che doveva terminare in 99.9 secondi.

Non un in più.

Altrimenti Kouga sarebbe rimasto intrappolato in quel lugubre posto. E per sempre.

 

La Zanna Dorata cercò di non sprecare il suo tempo, e si lanciò a capofitto nella battaglia.

 

- Vai di fretta, Cavaliere? – lo schernì l’essere, nero come l’inchiostro, ad accezione degli occhi interamente gialli. Non aveva una forma propria. Nel senso che, con molta probabilità egli ne poteva assumere qualunque, traendo spunto dai peggiori incubi della preda di turno.

E infatti, riuscendo a leggere nel cuore del suo avversario, con stupore la creatura assunse una forma in particolare: quella dello stesso Garo. Il Garo malvagio, però. 

 

Il Cavaliere Mistico ebbe un istante d’incertezza che gli costò caro. La creatura gli si scagliò addosso, gettandolo al suolo lo immobilizzò e lo trattenne lì.

- Io sono il signore dell’Incubo, e conosco tutte le tue paure più grandi. – gli sibilò all’orecchio. Rise con perfidia mentre sempre di più si accostava a quella maschera d’oro.

 

Garo lo respinse con la forza. Perlomeno, ci provò. L’essere aveva una consistenza piuttosto molle, per cui non riusciva, per quanto si sforzasse, ad avere su di lui un’ottima presa. Gli sembrava quasi di stringere tra le mani un mucchio di nebbia. – Sei solo un debole se ti servi delle paure altrui per poter vincere!  

 

La risposta del cosiddetto Orrore dell’Incubo giunse come un coltello dalla lama acuminata che centra il suo bersaglio e lo trapassa: - Dimmi, intrepido Cavaliere, a quanti piccoli esseri umani riuscirai a salvare la vita? Arriveranno dieci, centomila Orrori dopo di me che non ti daranno mai tregua. E cosa farai a quel punto? Non potrai proteggere per sempre coloro che ami, prima o poi dovrai fare delle scelte importanti, che cambieranno irrimediabilmente il corso della tua vita, e per te sarà quello il vero incubo! – Le parole dell’essere furono di un’efficacia devastante. Kouga si sentì inspiegabilmente nervoso. L’agitazione prese il sopravvento in lui tant’è che le dita sembrarono passare attraverso il corpo della bestia.

Più era agitato, più non riusciva a mantenere la concentrazione.   

Zarba oltretutto gli ricordò una cosa fondamentale: - Siamo agli sgoccioli, Kouga. Non ti rimane molto tempo.

 

Doveva darsi una mossa. E anche alla svelta.

 

In quello stesso attimo, nella stanza di quell’ospedale la bambola di pezza della bambina cadde a terra. Gonza la raccolse, la rimise seduta al suo posto, e poi guardò Kouga con profonda apprensione.

- Sbrigatevi, signorino. – disse con un filo di voce, mentre fissava sulle lancette dell’orologio lo scorrere incessante del tempo.   

 

In quell’incubo, con il fiato sul collo, a quel punto bastava fare una cosa soltanto: afferrare di pugno la spada, e porre fine al combattimento. Ma affinché la lama trafiggesse il nemico, occorreva riacquistare la concentrazione, altrimenti la Garoken gli sarebbe passata solo attraverso.

La Zanna d’Oro ripensò al volto assopito della bambina, e nello stesso attimo udì una voce in mezzo a quelle tenebre.

- Non ti arrendere! – sentì a chiare lettere. Girò il capo e vide la piccola umana in piedi in un angolo che lo incitava a reagire, a non arrendersi. Una luce chiamata “speranza” albeggiava nei suoi occhi. Guardandola, Garo fu sicuro di una cosa: non avrebbe mai permesso a quella luce di spegnersi per sempre.

A sorpresa, l’Orrore dell’Incubo avvertì una fitta allo stomaco. Fu nel chinare lo sguardo, che si rese conto di essere oramai finito. La Garoken lo aveva trafitto in pieno, infilzandolo come un grosso spiedino. L’essere riacquistò la sua forma indefinita, creata per lo più da ombre divergenti. Prima di sparire per sempre, ebbe la sfacciataggine di emettere una risata gracchiante.

E poi, il nulla.

 

 

 

 

 

                                                                                     ***

 

 

 

 

 

Kaoru passeggiava nervosamente nella hall della villa. Di tanto in tanto gettava la solita occhiata all’orologio che le stava sul polso, e poi sbuffava. Non vedeva proprio l’ora di fare quattro chiacchiere con “lui”. Detestava lasciare le cose in sospeso, e poi… sì, c’era anche dell’altro. Voleva in qualche modo scusarsi per via di quella frase detta involontariamente poco prima che Kouga partisse. Forse, vista la reazione di quest’ultimo, pensò che non era stata affatto cortese.   

In quello stesso istante il portone si aprì di botto. L’artista attirata dal rumore mosse il capo nella direzione giusta, presa dall’entusiasmo, ma quando vide rientrare solo Gonza, la scintilla nei suoi occhi si spense di colpo.

 

- Dov’è Kouga? – fu la prima cosa che chiese. 

 

Gonza si tolse paltò e cappello e li ripose con cura nel guardaroba: - Il signorino aveva bisogno di fare due passi.

 

Kaoru inarcò le sopracciglia. – Come mai?

 

- Quello di stasera non è stato un combattimento facile.

 

- Gli è forse accaduto qualcosa? – la figlia di Yuuji fu presa dall’agitazione.

 

- No signorina, state pure tranquilla! – la rassicurò Gonza, poi finalmente si decise a spiegare come stavano per davvero le cose – Intendevo dire a livello psicologico, non fisico. Sotto quel punto di vista lì, non è stato facile. – il buon uomo si ricordò improvvisamente di una cosa - Ah… prima che me ne dimentichi… Il signorino mi ha chiesto di riferirvi che fareste meglio a non aspettarlo alzato, dormire bene e a sufficienza la notte è una cosa fondamentale se si vuole iniziare bene la giornata.  

 

Kaoru fissò esterrefatta il maggiordomo Kurahashi, come in cerca di una conferma. – Lo ha detto davvero lui? – stentava veramente a crederci.

 

- Certamente! – Gonza sorrise bonariamente. – Anche se vi può sembrare una persona distaccata e poco incline al dialogo, in realtà lui tiene molto a voi. A dire il vero… beh, forse non dovrei neppure dirvelo perché so che non gli farà piacere, ma… - esitò un attimino, ma alla fine si convinse che forse rivelare certe cose avrebbe fatto solo bene – Spesso, quando rincasa la sera verso il tardi, mi chiede sempre di voi ancor prima di sfilarsi il soprabito. La mattina mi domanda se avete fatto colazione, e poi quando vado a fare spese, anche in quel caso il primo pensiero è rivolto a voi nel momento in cui mi dice “assicurati che non le manchi niente”.  – Gonza, mentre raccontava ciò, rammentava con piacere tutte le volte in cui Kouga gli ribadiva quelle cose. E anche Kaoru, senza neppure nasconderlo, nel sentire ciò si sentì estremamente felice.

Kouga si prendeva cura di lei anche quando non c’era. E poi capì che, infondo, anche se in maniera silenziosa, lui era presente più che mai nella sua vita.

 

 

 

- Tira un bel venticello stasera, non trovi?

 

- Già.

 

- Questo posto mi fa ricordare la battaglia con Dantalian e le prove che hai dovuto affrontare per recuperare l’anima di Kaoru. Fu uno sconto davvero peculiare.

 

Kouga se ne stava seduto su uno dei tanti gradini che formavano una lunga scalinata fatta di gelida pietra. Il luogo era lo stesso, come ricordato da Zarba, dove in passato la ragazza ricevette la propria anima in precedenza rubatale dall’Orrore illusionista, nonché perfetto imbroglione.  

- Comunque, ottimo combattimento. Hai affrontato il tuo primo Signore dell’Incubo in una maniera dignitosa.

 

- Dignitosa? Intendi dire che mi sono meritato la sufficienza?

 

- Beh, direi di sì. Tuo padre la prima volta fece anche di peggio. Sconfisse quella creatura solo 5 secondi prima che il tempo finisse. Con più esperienza la tecnica cresce, perciò si migliora. Dopotutto, tu sei ancora un ragazzino, hai ancora tanto da imparare!

 

Kouga gli lanciò un’occhiataccia.

- Non sono più un ragazzino. – disse seccato, con la fronte corrucciata quanto bastava a fargli capire che doveva tenere a freno la sua linguaccia e piantarla di trattarlo ancora come un moccioso.

 

- Beh – premise il Madougu, facendosi una sana risata - Per me lo sarai sempre!

 

- E tu per me sarai sempre il solito chiacchierone. – replicò a tono il ragazzo. Come a volersi prendere una rivincita. – Cerca di tacere, sono venuto qui per restare da solo. 

 

A quel punto l’anello trasse un profondo sospiro: - Temo che tra non molto non lo sarai più. – E subito dopo, quella previsione diventò magicamente realtà.

 

Si udirono un rumore di passi provenire dall’alto. Kouga si girò, e fu in quel preciso momento che si vide con calma avvicinare da una persona.

La squadrò con attenzione, ma ancora di più con meraviglia. Era stupito, sì, di vedere Kaoru proprio davanti a sé.

- Cosa ci fai qui? – fu la prima cosa che le chiese.

 

- Gonza mi ha detto che eri uscito a fare due passi, e siccome non mi andava di aspettarti a casa, ho preferito venire da te. Ho forse sbagliato? Se vuoi stare un po’ da solo, posso andarmene.

 

- No, va bene. – le rispose - Come sapevi che ero qui?

 

A quel punto la ragazza si sedette giusto qualche gradino sopra di lui, poi alzò le spalle con uno scattino, come a dire “non so”. – Ecco, mi ricordavo di questo posto, era da tanto che non passavo più di qui, così ho deciso di venirci stasera, probabilmente perché speravo di trovarti. Solo questo!

 

Il Cavaliere ritornò a fissare lo spazio dinnanzi a sé.

- Se sei venuta per proseguire quella lite, sappi che adesso non mi va.

 

Kaoru scosse il capo: - Niente litigi, tranquillo! So che hai avuto una serata non facile.

 

- Te lo ha detto Gonza?

 

- E chi sennò? – s’intromise subito Zarba, con una certezza più che assoluta.

 

- So che questa volta l’Orrore ha preso di mira una bambina. – commentò la mora, e al sol pensiero per un attimo rabbrividì.

 

- Già. Si era insidiato nei suoi sogni trasformandoli in incubi.

 

- Per fortuna che sei intervenuto subito. Adesso sta bene?

 

Kouga assentì, ma i lineamenti del suo volto parevano comunicare altro. Era spento, quasi malinconico.

- La sua vita ora non sarà più la stessa. – disse, ed il suo sguardo divenne chiaramente triste.

 

La figlia di Yuuji, ricordando il proprio passato volse verso il basso il capo. – Io la posso capire. – e infatti provò ad immedesimarsi in lei, ci riuscì alla perfezione proprio perché da bambina aveva provato sulla propria pelle la stessa sensazione. – La notte ti svegli di soprassalto perché hai fatto uno di quegli incubi, e quando rimani al buio, hai sicuramente più paura degli altri perché sai che cosa vive in quell’oscurità, e sai anche che non potrai prevedere quando e se deciderà di attaccarti. Tuttavia… - Kaoru sollevò lo sguardo, lassù, verso il cielo- fintanto che voi Cavalieri Mistici continuerete a svolgere il vostro lavoro, l’umanità avrà sempre una speranza, e in quel buio, accanto a noi, ci sarà sempre una luce a farci compagnia. – La ragazza guardò Kouga in viso, gli sorrise, ma lui, ancora turbato dalle parole dell’Orrore, non riuscì a fare altrettanto.

 

– Le bestie demoniache sono migliaia. Mentre noi Cavalieri siamo in minoranza.

 

- Non è la quantità che conta. E’ il modo con cui si affrontano determinate situazioni. Anche se l’anima di quella bambina è stata toccata dalle tenebre, tu alla fine sei riuscito a liberarla portando dentro di lei la luce. Le hai ridato la speranza, e tutte le volte che quegli incubi ritorneranno, si ricorderà di te, e come per magia la luce di quel ricordo illuminerà il suo cuore e li allontanerà. – disse, e poi si mise a pensare. - Prima di conoscerti, il buio mi faceva tanta paura. Vivevo con il ricordo di quelle creature che non lasciavano in pace i miei sogni, ma ora, a distanza di anni, restare senza luce non mi spaventa più, e sai perché? – Kaoru lo fissò intensamente in viso, il cuore le palpitava all’impazzata, ma infondo dentro di sé sapeva che doveva parlare, che doveva dirgli ciò che sentiva, e con spontaneità riuscì a confidargli ciò che teneva segretamente nel cuore – Perché sei tu la mia luce!    

Questa volta fu il cuore di Kouga a subire un’accelerata. Quella frase lo aveva fatto spudoratamente arrossire. Sentì le guance farsi calde come una pietra sotto il sole d’agosto, e con il timore che la ragazza potesse vederlo, reclinò la testa e le diede ancora le spalle.

Ma c’era dell’altro.

Kaoru aveva un modo di vedere le cose in maniera ottimista. E quando diceva qualcosa, dalle sue parole scaturiva un’energia speciale che poteva rincuorare l’animo di chiunque.

E fu pensando proprio alle parole della sua bella, che riuscì almeno un pochino a rassicurarsi.

 

In seguito l’artista sentì che forse era arrivato anche il momento di fare o, più precisamente, di dire un’altra cosa.

Aprì la bocca, si morse un pochino il labbro, e poi cominciò a spiaccicare qualcosa: - Io… riguardo a ciò che ti ho detto oggi… sì, quando stavi andando via… - non sapeva bene come articolare quel pensiero, o più semplicemente non sapeva come riprendere l’argomento, ci stava per riprovare quando avvenne qualcosa di inaspettato.

E stavolta a replicare, avendo intuito già il significato di quella frase, fu Kouga. – Hai ragione. – disse inaspettatamente, pur continuando a mantenere la solita posizione da seduto e a rivolgerle le spalle.

 

- Ho… ragione? – Kaoru si sentì disorientata.  

 

- Sono poco presente, e tu hai il diritto di farmelo notare. – Ecco, il figlio di Taiga finalmente lo aveva ammesso di sua spontanea volontà. Lo aveva dichiarato apertamente, con estrema chiarezza. Sì, Kouga sapeva di non essere assai presente nella vita di Kaoru, sapeva di avere sempre poco tempo per lei, e soprattutto sapeva che ciò avrebbe portato avvoltoi a farsi spudoratamente avanti. Come Ikuo, ad esempio. Ma purtroppo non poteva farci niente. E questo lo faceva stare terribilmente male.

Kaoru aveva toccato un tasto dolente destinato comunque a saltare fuori, prima o poi.

A quel punto, bisognava una volta per tutte rimettere ogni cosa al proprio posto. Bisognava fare ordine.

Bisognava accordare quel tasto e fare in modo che egli non fosse più dolente, ma che al contrario, risuonasse armoniosamente come gli altri.

 

- Ecco… - premise la ragazza. Era titubante, non sapeva se fargli capire o no ciò che in realtà le aveva raccontato Gonza. Ma ormai non poteva più tirarsi indietro. - So che anche quando noi non stiamo insieme, tu continui a prenderti cura di me. E questo fa sì che nella mia vita tu sia più di chiunque altro presente. E anche se il tuo lavoro ci tiene spesso lontani, ciò di cui ho bisogno è passare ogni tanto momenti come questo, per esempio. Se arriveranno una volta ogni tanto, beh, io li aspetterò con ansia, perché saranno sicuramente molto più belli di altri cento messi insieme, non trovi?

Kouga finalmente si girò, e fu in quel momento che il sorriso di Kaoru lo colpì come un fulmine che si staglia in pieno cielo.

Divenne ancora rosso. Non poteva fare altro, d’altronde.  

Qualche istante dopo la ragazza scese di un gradino e si sedette. – Visto che stasera sei in vena… - premise, con uno sguardo magistralmente furbetto - immagino che tu non avrai anche problemi ad ammettere che in realtà sei geloso, dico bene?

 

La risposta di Kouga arrivò tassativa: - Non lo sono affatto.

 

L’artista storse appena le labbra, senza però demordere tornò alla carica. Scese altri 2 gradini e si accomodò. – Dai, cosa ti costa ammetterlo? Inoltre è palese!

 

- A me invece non sembra.

 

- Allora perché sei sempre così ostile nei confronti di Ikuo? - Nell’udire quel nome, il ragazzo si sentì un tantino nervoso. Soprattutto perché era fuoriuscito dalla bocca di Kaoru. – Se penso a come lo hai trattato questa mattina…

 

Kouga la interruppe subito: - Si era seduto sulla mia poltrona.

 

- Sulla tua poltrona? – ripeté la giovane quasi subito. Sembrava incredula.

 

- Sulla sua poltrona! – ribadì Zarba, quasi a volerlo confermare di proposito. – E guai se qualcuno la tocca! – Già, perché il Madougu, quel signorino scontroso lo conosceva alla perfezione.

 

L’artista inarcò le sopracciglia, adesso incredula lo era per davvero. Si agitò tutt’ad un tratto, scese ancora altri gradini, ma stavolta per sedersi proprio di fianco a lui. 

-Tu… - premise, esasperata come non mai- vuoi forse farmi credere che sei geloso di quella poltrona ma non di me? – Una bizzarra situazione era quella. Almeno per lei. Oltretutto, chissà perché, ma per uno strano quanto improvviso scambio di ruoli, adesso era lei quella a provare gelosia. Aspettò, speranzosa, perché voleva a tutti i costi ricevere una risposta, e poco dopo un riscontro ci fu, ma da parte di Zarba.

 

- Kouga conosce quella poltrona da molto più tempo di te. Mi sembra logico che lui le sia legato di più. – Queste furono le parole dell’anello. Più che altro Zarba cercava di punzecchiare i due, come suo solito, per cui si prese anche la briga di aggiungere – E poi rispetto a te, è senza dubbio molto più silenziosa!

 

L’artista colpì l’anello con uno schiocco delle dita, poi puntò quello stesso dito proprio davanti al viso del ragazzo. – Tu… - spiccicò, con la voce piena di rabbia e l’indice tremolante. Non riuscì ad aggiungere altro, stava per tirargli uno schiaffo ma Kouga l’afferrò per il polso e la bloccò.

Si guardarono a vicenda, lo sguardo di Kaoru era veramente crucciato. - Vuoi davvero più bene a quella poltrona che a me? – domandò, con fioca voce, e quasi subito si rese conto di avere appena detto una grande sciocchezza. Tuttavia aveva sentito ugualmente il bisogno di esternare quelle parole, perché se non l’avesse fatto si sarebbe sentita male. Ebbe l’impressione di essere tornata bambina. Aveva perfino assunto un’espressione da bambina. Abbassò lo sguardo per la vergogna, i capelli ai lati del viso le finirono davanti.

Kouga notò quel suo fare fanciullesco, e dopo un breve istante di assoluto silenzio, con delicatezza le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Fu delicato, gentile e garbato al tempo stesso. La giovane donna provò una sensazione quasi di calore. Fu quel gesto fatto con assai premura, la vera risposta. Kaoru sollevò timidamente gli occhi. Ambedue rimasero a rivolgersi lo sguardo ma senza comunicare, e solo dopo averla guardata attentamente in viso, solo dopo averle sfiorato con il pollice della mano destra una parte della guancia, Kouga riuscì a parlare: - Ti vedo molto stanca. – constatò, e quella parola “stanca”, le fece calare un po’ le palpebre affaticate. Effettivamente, Kaoru stanca lo era per davvero.       

 

- Ultimamente dormo male la notte.

 

- Come mai? – le chiese il Cavaliere, mentre continuava a solcarle la guancia con il dito.

 

- Faccio sempre strani incubi. I soliti, per intenderci. In quel mondo parallelo, sembra tutto così reale… Per fortuna però che non appena riapro gli occhi scopro che non lo è.

 

- Gonza mi ha detto che la sera resti ad aspettarmi fino a tardi. Non dovresti farlo.

 

- A me fa piacere.

 

- Ma non voglio che tu lo faccia.

 

Kaoru lo guardò in viso, si accorse che aveva assunto un’espressione preoccupata.

- Ecco… non mi sembra corretto andare a dormine mentre tu sei ancora fuori casa. Mi piacerebbe qualche volta poterti augurare la buonanotte. – pigolò, con una dolcezza che parve non avere più fine.

 

- Sei fortunato, Kouga. Avrai un’ottima moglie in futuro! – disse Zarba, per fare un complimento. Ma l’elogio per la verità fece imbarazzare entrambi gli umani che finirono con l’arrossire.

 

- Comunque – premise la ragazza, aggirando l’imbarazzante questione con un sorriso forzato– cercherò di rispettare il coprifuoco d’ora in poi!

Kouga sembrò non crederle, ma sorrise a sua volta. E dopo ciò, con estrema dolcezza lei si lasciò cadere teneramente tra le sue braccia in cerca di un caldo giaciglio su cui poter finalmente chiudere gli occhi e riposare.

Senza incubi.

 

 

 

 

 

Forse non smetterò di avere incubi la notte, tuttavia l’importante è trovare dentro noi stessi una luce che ci guiderà attraverso le tenebre.

Potremmo impiegare del tempo per scovarla, e questo ci costringerà a resistere quando saremo in balia del buio.

Io ci ho messo un po’, ma adesso so che nessun incubo potrà farmi del male, perché la luce veglierà su di me e continuerà a regalarmi momenti felici.

E se una volta aperte le porte di quel mondo, non si può più richiuderle, allora io non cercherò neppure di farlo. Resterò lì a contemplarle, e questa volta, con accanto la mia luce.

 

 

 

                                                                  Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Le vacanze sono finite, e Botan riprende a lavorare e ad aggiornare!

Purtroppo vado di corsa, stasera sono abbastanza stanca, ho proprio bisogno di fare una bella dormita, possibilmente senza incubi… I_I

L’ora del Red Requiem si avvicina, e la Botan sta facendo del tutto per tenersi aggiornata con riviste e cose varie. Piange il mio portafogli ma poi quando vedo il sorriso di Konitan capisco che pur di continuare a vederlo sono disposta a fare plush da mattina a sera, perché l’energia la prendo direttamente da lui. Konitan Santo subito.

Tornando alla GSS, ho già stabilito quali saranno i prossimi capitoli e quindi il numero in totale. Sono ancora indecisa se scrivere o no un episodio, ci sto attualmente pensando ma alla fine so già che deciderò seguendo l’istinto!   

 

 

 

Per stelly89_s: Ti quoto! Tra Rin, Zarba e Rei scegliere non saprei! Sono delle colonne portanti perché ti offrono l’occasione su di un piatto… d’argento! 

 

Per Sho Ryu Ken: Neppure io sono capace di disegnare i cavalli. Sono molto complessi. Aah, quella famosa katana me la sogno pure la notte! Continua a darmi inconsapevolmente idee, ok? Io nel frattempo segno!  

 

Per _Elentari_: Non preoccuparti di nulla, recensisci quando puoi! Il detto “l’amore non è bello se non è litigarello” posso affermare che in tutto è per tutto è proprio vero!

 

 

 

Per ora è tutto!

Vi lascio con le anticipazioni!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Un viaggio nel passato farà rivivere sia a Kouga sia a Kaoru un avvenimento che segnò profondamente quest’ultima. Tra dubbi ed incertezze, la ragazza dovrà fare i conti anche con ciò che le riserverà un futuro molto probabilmente prossimo.

Prossimo episodio: #15 Passato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** #15 Passato ***


Gonza non riusciva proprio a dormire

                                        Passato

                                           #15

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Gonza non riusciva proprio a dormire.

Si girava e rigirava di continuo tra le lenzuola, nonostante avesse preso la solita tisana rilassante che beveva tutte le sere puntualmente prima di andare a letto.

Doveva esserci qualcosa che non gli faceva prendere sonno. Qualcosa che neppure una tisana possente come quella riusciva a farlo cadere tra le braccia di Morfeo.

Poi successe all’improvviso, e per lui fu come essere colpito in pieno da una saetta piovuta di colpo dal cielo. Si alzò con uno scatto mettendosi a sedere in mezzo al lettino. Aveva l’espressione sconvolta, come di chi senza preavviso si era ritrovato a ricordare qualcosa dimenticato da anni.

Si rimise in tutta fretta gli occhialini, dopodichè scese dal letto. Erano le due di notte passate, ma lui doveva ugualmente bussare alla porta del suo signorino. Questione di vita o di morte.

 

Kouga udì all’improvviso dei colpetti. Si svegliò di soprassalto con una certa agitazione, ma quando vide che Zarba stava tranquillamente riposando al chiuso nella sua teca, capì che nell’aria non c’era puzza di Orrori. Si alzò, diretto verso l’anta sbarrata, e l’aprì.

 

- Gonza…?! – disse, con una certa sorpresa, intravedendo la faccia dell’uomo agghindata di tutto punto dalla solita ed immancabile papalina che faceva pendant con il resto del pigiama.

 

- Signorino! Ho capito! – esclamò con fare eclatante. Pareva avere scoperto chissà quale tesoro. – Seguitemi! – aggiunse subito, mentre Kouga sembrava essere sempre più confuso da tutto ciò.

 

Si avviarono verso il fondo di quel piano rialzato dove solo molti metri più in là c’era uno stanzino. E quando lo raggiunsero entrambi, il fedele Kurahashi finalmente esclamò: - Ho capito chi è Shiro Yomoda!

Quella rivelazione così inaspettata portò Kouga a trattenere meccanicamente il fiato. Sgranò gli occhi, poi celere andò verso l’uomo che stava rovistando in una delle scatole del piccolo sgabuzzino.  

- Chi è?!riuscì solamente a dire, l’emozione non gli permise di fargli aggiungere dell’altro.

 

- Dovrebbe esserci qui una sua foto… - fece in un primo momento, poi si grattò la fronte come per farsi tornare la memoria – Spero solo di non averla buttata per sbaglio. – Continuò la ricerca senza sosta. Guardò prima in un posto, poi nei restanti, e ancora, frugò nelle pagine di alcuni libri accatastati in un angolo, pensando che la foto potesse essere finita lì tra quei fogli, messa proprio da lui mentre faceva pulizia, però all’apparenza non c’era nulla.

 

Ormai Kouga non poteva più aspettare: lui doveva sapere.

E subito.

- Gonza! – esclamò, per richiamare la sua attenzione. Il tono della voce pareva dire “avanti, dimmi chi è!”.

L’uomo si rialzò, posizionandosi bene gli occhialini sul naso finì di tenerlo sulle spine:

- Era un allievo di vostro padre.

 

Il ragazzo deglutì, mandando giù di colpo divenne pallido. - Voleva diventare anch’egli un Cavaliere Mistico?!

 

Vista l’espressione palesemente sconcertata, Gonza si apprestò a raccontargli ogni cosa, partendo dall’inizio.

- Ben 28 anni fa, Taiga scelse come discepolo e quindi suo futuro successore Barago, ma in realtà c’era un’altra persona che lo aveva pregato insistentemente di prenderlo con sé, sottoporlo all’allenamento e farlo diventare un Cavaliere del Makai. Dopo le pressanti richieste di quel giovane che all’epoca aveva solo quindici anni, egli rifiutò perché sosteneva che non avesse i requisiti necessari per portare sulle spalle un simile fardello. E quando vostro padre gli comunicò il suo verdetto, quel giovane sparì definitivamente dalla circolazione, senza lasciare più traccia.

 

Quando Gonza ebbe finito, calò improvvisamente il silenzio. Dopo quella sconcertante rivelazione, adesso il figlio di Taiga aveva le idee più chiare. Tutto sembrava combaciare alla perfezione.

Il Mistico Patto sancito da quel prete novizio ben venti anni orsono, faceva come non mai ritornare i conti. Finalmente le cose si cominciavano a vedere sotto una luce differente. Finalmente i tasselli di quel complesso rompicapo stavano tornando al proprio posto. Certo, era solo l’inizio, ma sicuramente meglio quello che il nulla assoluto.

EbbeneShiro Yomoda aveva quindi un movente per agire in quel modo: La vendetta.

Rinunciare al paradiso per avere semplicemente una rivalsa nei riguardi di colui che lo aveva rifiutato.

E per tutto questo tempo, Kouga ne era stato all’oscuro. Non sapeva che il padre avesse negato a quello sconosciuto di diventare suo discepolo, e pensò oltretutto che se il genitore anziché scegliere Barago avesse preso con sé l’altro, forse a quest’ora egli sarebbe stato ancora in vita. Per qualche secondo sentì una nota di malinconia prendere in lui il sopravvento. Si fece forza, come aveva sempre fatto, e riprese in mano l’argomento.

- Non si è davvero più visto?

 

Gonza a malincuore fu obbligato ad annuire. – Forse, dopo un simile rifiuto, per lui restare in questa città non aveva più senso. Ricordo, oltretutto, che teneva in particolar modo a diventare il successore di vostro padre. Era il suo più grande desiderio. Una volta mi confidò perfino che pur di calzare quell’armatura d’oro avrebbe affrontato a mani nude un intero esercito di Orrori. – sorrise nel ripensare a ciò, poi strinse gli occhi tra due fessure come per elaborare qualcosa - Oggi dovrebbe avere quarantatré anni. – disse, dopo aver fatto un rapido calcolo.

 

- Tu lo conoscevi bene?

 

- L’ho visto diverse volte. Veniva qui ogni giorno per incontrare Taiga, per supplicarlo. E puntualmente se ne andava, ma lo faceva con pazienza. Era un tipo che sapeva aspettare, calmo e tenacie al tempo stesso. Ma lo ricordo soprattutto perché mi faceva venire l’allergia. – confessò, abbozzando un sorriso. – Quando vostro padre lo portò a casa per la prima volta, mi attaccò il raffreddore. Successivamente, tutte le volte che veniva a fargli visita, la mia allergia ricompariva all’improvviso. Ricordo che passai una settimana veramente terribile! E credo che sia stato per questo motivo se ho avvertito un pizzicore al naso la prima volta in cui, la scorsa settimana, avete pronunciato il suo nome. Dopo tutti questi anni, devo ammettere che mi fa ancora un certo effetto.

 

Era sì un particolare strano, ma di sicuro per Kouga lo era ancora di più l’intera storia.

E poi, un quesito prese a rodergli dentro: Come avrebbe fatto a trovare quel misterioso uomo, dato che sembrava irraggiungibile?

Inoltre, era Shiro Yomoda a manipolare di persona sia Orrori sia Chimere?

Era Shiro Yomoda che durante quella sera lo aveva colpito con l’Ottava Stella del Makai?

Ma la cosa che aveva per Kouga più importanza, riguardava altro: sotto l’armatura del gemello malvagio di Garo, si celava in realtà Shiro Yomoda?

 

 

 

Chiusa nella sua stanza, con gli occhi aperti da circa cinque minuti forse per via del trambusto fatto da Gonza, Kaoru si grattò la testa, emise uno sbaglio e poi scese dal letto.

Sul pianerottolo udì distintamente delle voci. Guardandosi intorno, si avviò verso il fondo del piano sovrastante, girò l’angolo, nel buio più completo, e cominciò a seguire il suono di quel chiacchiericcio. E mentre lo faceva, si rese conto per la prima volta di non essersi mai spinta così oltre all’interno di quell’enorme caseggiato.

Si preparò a voltare l’angolo, ma quando lo fece urtò qualcosa. Un ammasso di ferro duro e spigoloso che la fece cascare in terra. Accusò il colpo emettendo un flebile gemito, e poi dopo essersi massaggiata il suo povero fondoschiena dolorante, per riflesso sollevò lo sguardo in alto, verso la cosa che aveva urtato. Un fascio di luce tenue emanata da un quarto di luna che brillava nel cielo illuminava i contorni di quell’oggetto in una maniera spettrale, e quando Kaoru lo vide, la sua reazione fu immediata: una smorfia attonita di spavento le comparve sul viso e nel medesimo attimo Kouga e Gonza udirono un grido di puro terrore.

Si precipitarono fuori, nel bel mezzo dell’andito oscuro, quando il ragazzo vide Kaoru riversa al suolo non ci pensò su neppure una volta a raggiungerla.

Si chinò di corsa verso di lei, posandole entrambe le mani sulle spalle cercò di attirare la sua attenzione chiamandola più volte per nome.

Ma fu solo quando Gonza si decise ad accendere le luci dell’andito, che la mora finalmente gli rivolse lo sguardo.

- KoKouga…? – balbettò, e tremava tutta.

 

- Cosa ti è successo? – le disse rapidamente, sembrava addirittura più scosso di lei.

 

- Ecco… - alzò la testa verso quella cosa che l’aveva fatta urlare in una maniera indecorosa, ed arrossì per la vergogna. – Era… solo un’armatura. – constatò, smettendo di trattenere il fiato. Fece un lungo sospiro e si sentì sollevata.

 

Il Cavaliere Mistico volse il capo all’indietro, verso l’oggetto in questione. Che cosa centrava adesso quella vecchia armatura? Sembrò d’acchito non comprendere il perché della frase, fino a che fu la ragazza stessa, ripresasi dallo spavento, a chiarire bene la faccenda: - Ci sono andata a sbattere, e quando l’ho vista al buio pensavo che fosse una di quelle orrende creature.

L’altro emise un profondo sospiro, poi il cuore nel suo petto riprese a battere normalmente.

- Ti sei fatta male? – chiese in seguito, per accertarsi che stesse bene.

 

Fece segno di no con la testa perché le parole sembravano essersi fermate in gola.

Poi sollevandosi da terra guardò prima Kouga e successivamente Gonza.

- Perché vi siete alzati a quest’ora?

 

- Perdonatemi, signorina! – il maggiordomo le si avvicinò con un’aria davvero mortificata – Forse ho fatto troppo rumore, prima. Ma essendomi ricordato di…

 

- Si è ricordato di non avere chiuso bene le finestre, e nel farlo ha svegliato anche me. – lo precedette Kouga, poi lanciò un’occhiata al fedele Kurahashi, per fargli cenno di tacere. Quest’ultimo assentì, fremendo leggermente.

 

- E’ vero! Sapete, deve essere l’età che avanza… Ormai non sono più giovane come un tempo. – ed una smorfia di rassegnazione gli comparve in viso. Poi con un inchino si congedò per tornare nel suo alloggio. Semplicemente non voleva commettere altri passi falsi.

 

Kaoru lo seguì con gli occhi, in seguito riprese di scatto a fissare il ragazzo. Era perplessa.

- Gonza mi è sembrato un po’ strano, non trovi anche tu?

 

Kouga si sentì anche se solo per un momento raggelare. Trovò alla svelta una risposta, per non appesantire ulteriormente la situazione.

- Ha esagerato con la tisana che beve ogni sera. – disse, poi si incamminò verso la propria camera.

 

- Può essere, ma… si è agitato da un momento all’altro quando tu lo hai interrotto. – annotò perplessa, mentre rifletteva sull’accaduto. Non si era neppure accorta di averlo seguito involontariamente. Continuò con le illazioni: - Oltretutto la sua risposta mi è parsa alquanto forzata. – si posò una mano sotto al mento, come per riflettere, e d’un tratto ebbe la folgorazione. Guardò Kouga dritto in faccia stringendo gli occhi tra le fessure delle palpebre: - Non è che mi state nascondendo qualcosa?

 

Un altro brivido colpì il Cavaliere. - Non ne vedo il motivo. – fece sbrigativo. L’altra prese fiato e aprì la bocca, riuscì a dire solamente un “ma” perché Kouga le fece notare una cosa: - Hai deciso forse di restare qui, stanotte? – Nell’udire quelle parole, Kaoru prese a guardarsi intorno, e finalmente appurò con stupore di trovarsi nella stanza da letto del giovane.

Le sue guance divennero di un rosso cocente, acuto. E anche dentro si sentì prendere immediatamente fuoco. Era così imbarazzata che a momenti le girava perfino la testa.

- Io… - biascicò, ma distolse il viso per non mostrare il proprio imbarazzo. Non sapeva come rispondere a quella domanda. Cioè, lei sapeva cosa dire, sapeva che doveva andarsene da lì, però non riusciva più a riprendere il controllo dei propri movimenti.

Ma Kouga… sì, nel dirle “ hai deciso di restare qui stanotte?” in realtà le aveva dato l’opportunità di scegliere, oppure voleva solamente, a modo suo, scherzare?

Il cuore prese a batterle con una certa foga nel petto, tant’è che ebbe l’impressione di avercelo in gola.

 

- Vi faccio notare che sto cercando di dormire. Se devi restare, decidilo alla svelta. – esclamò inaspettatamente una voce. Veniva da una teca di legno dalla forma rettangolare e ben sigillata, messa sul comò nei pressi del letto. In altre parole, l’umile dimora di Zarba.

 

Sentendo ciò, Kaoru riuscì a scuotersi, così tornando in sé alla svelta arrivò ad emettere una risposta definitiva: - Io vado! – disse con enfasi, frettolosamente, e in un men che non si dica, carica di vergogna, fuggì.

 

 

 

 

 

                                                                                             ***

 

 

 

 

 

- Ma no! Dici sul serio?

 

- Ma sì, ti dico che è vero!

 

- E lui che ha detto?

 

- Nulla, ma avrà sicuramente pensato che io volessi rimanere lì, ne sono sicura.

 

La rossina si scostò dalla fronte un ciuffo di capelli ramati. - Sarà stato entusiasmante!

 

- Entusiasmante? – Kaoru fece una smorfia di dissenso – Io direi imbarazzante! Che figura… - commentò, ripensando all’accaduto avvenuto la sera prima.

L’artista stava per l’appunto raccontando il fattaccio alla sua migliore amica. E quest’ultima, anziché darle un sostegno morale, sembrava addirittura farle una sorta di predicozzo.

 

- Mi fai rabbia, Kaoru! Al posto tuo io avrei approfittato di quella situazione senza lasciarmela per nulla al mondo scappare. – Asami sembrava veramente adirata con lei.

 

- Ma io non sono come te! – appuntò subito, stizzita. – E poi, dici così solo perché in quella ridicola situazione non c’eri tu. Voglio proprio vedere se avresti avuto il coraggio di farlo… – Kaoru si incrociò le braccia al petto, poi la guardò con aria imbronciata.

 

- Sei veramente strana… Da quanto tempo state insieme? Cinque, sei mesi? Vivete sotto lo stesso tetto, ma in camere separate. A te sembra normale una cosa del genere? No che non lo è! E non capisco il tuo lui che cosa stia aspettando… Non ci vuole molto a prenderti di peso e a farti restare là! 

 

- Tu la fai sempre facile…

 

- Perché lo è! - L’amica sventolò una mano come per dire che per lei quella era solo una baggianata. – Lui non fa il primo passo? Bene, fallo tu! Non ci vuole chissà quale coraggio a dire “amore, da stasera io resto qua!” – fece, recitando la parte di Kaoru a pennello. – E non venirmi a dire che a te l’idea di passare la notte insieme al tuo ragazzo non ti faccia piacere, eh! Perché con un tipo come lui, nemmeno se mi minacci ci credo! Oltretutto, una coppia normale non impiegherebbe tutto questo tempo per fare il grande passo. Insomma, avete pure la possibilità di condividere lo stesso tetto! Si tratta di dormire insieme, abbracciati teneramente l’uno all’altra, nulla di più semplice e logico!– Asami forse aveva alzato un pochino la voce. Anzi, la voce l’aveva alzata, ma non di certo un pochino! E trovandosi in un luogo pubblico, l’altra le coprì immediatamente la bocca con entrambe le mani.

 

- Abbassa la voce! Siamo in un negozio, te lo sei forse scordato?!

 

- Quanti tabù, Kaoru! – replicò la rossa, riuscendo a liberarsi la bocca. Si guardò rapidamente in giro – Questo posto è vuoto, se non te ne sei accorta. – le sottolineò. 

 

- Ma a me imbarazza comunque parlarne!

 

Asami si strinse nelle spalle e scosse la testa: - Sei proprio irrecuperabile. – commentò, mentre dava con interesse uno sguardo a dei vestiti che penzolavano dalle gruccette di un appendino.   

 

- Non sono sfacciata, tutto qui. Non è poi la fine del mondo, no? Prima o poi quel momento arriverà da solo, senza nessuna forzatura.

 

- Certo, ma se siamo fortunati, arriverà tra qualche decennio! – esasperata, si posò entrambe le mani sui fianchi - Secondo me dovresti essere più intraprendente.

 

La mora le rivolse con interesse l’attenzione: - E in che modo?   

 

La risposta le arrivò praticamente subito: - Con questo!

 

Si vide finire in faccia un vestito. Era di seta, rosso come una vampa di fuoco incandescente, molto corto e terribilmente scollato.

- E’… è… - non riuscì a trovare una definizione adatta per descrivere l’abito.

 

- E’ rosso? Vuoi dire questo? Se non ti piace il colore, c’è anche in blu, rosa, bianco… Forse lo preferisci di cotone? Magari lo vuoi a fantasia, anziché tinta unita… Oppure…

 

La giovane Mitsuki decise una volta per tutte di farla smetterla. Oramai non ne poteva proprio più di sentirle sparare parole a raffica.   

- Non lo voglio né di seta né di cotone, né a fantasia e né tinta unita! – tuonò, sbattendo un piede per terra in preda alla rabbia.

 

- E allora come lo vuoi?

 

- E’ questo il punto! Non lo voglio proprio!  Rimettilo subito a posto!

 

Asami storse le labbra. – Se si tratta dei soldi, posso anticiparteli io… poi me li ridai con calma.

 

- E non è neppure per i soldi! Io una cosa simile non la metterò mai! – Kaoru additò l’abito con l’indice, e lo fece con disprezzo, con orrore. Più che altro era la profonda scollatura a farle ribrezzo. Immaginò di presentarsi a Kouga con quel vestito indosso. E la scena non le piacque neppure un po’. Si sentì investire da una vampata di calore bollente. Scosse con veemenza la testa come per scrollarsi di dosso qualcosa. - Puoi scordartelo!

 

L’amica additò la parte incriminata: - E’ per via di questo scollo? Ma se non si vede nemmeno!

 

- Guardalo bene… Sembra non avere fine! Oltretutto mi sembra anche fin troppo trasparente. Mettilo via!

 

Guardandola con indifferenza, la Shinohara sollevò le spalle: - Pazienza – premise, forse nella speranza di farle cambiare idea all’ultimo minuto – secondo me presentandoti in camera sua con questo abito indosso, lo avresti steso.

 

- Tu sei matta! Completamente matta! – alzò gli occhi al cielo, in preda alla disperazione. Oltretutto l’argomento le aveva messo addosso un certo imbarazzo. Asami doveva essere proprio matta, pensò per l’ennesima volta.   

 

Uscirono dal negozio, entrambe con un muso lunghissimo.

Kaoru era arrabbiata con l’amica perché anziché esserle stata d’aiuto aveva solo gettato benzina sul fuoco. Asami, al contrario, lo era perché la mora non aveva voluto darle retta. Per lei era Kaoru la matta, e non viceversa!

 

Si tenettero il muso svariati minuti, finché non accadde un avvenimento improvviso che ribaltò le carte in tavola.

Ikuo, l’amico di Kaoru, trovandosi a passare da quelle parte s’imbatté casualmente nelle due.

 

- Hey, Kaoru! – esclamò, facendo una corsetta per avvicinarsi a lei.

 

La pittrice fu colta alla sprovvista. – Ikuo…?!

 

- Ci incontriamo sempre, eh?  

 

- Già, è vero! Cosa fai da queste parti?

 

- Nulla di particolare… Non mi andava di restare a casa, e così ho deciso di fare due passi. In questo modo mi torna l’ispirazione!

 

- Stai forse dipingendo un quadro?

 

- A dire il vero, non l’ho ancora iniziato… Mi manca per l’appunto l’ispirazione! – arrossì passandosi una mano dietro la nuca. – E tu? Cosa fai qui?

 

- Deve comperarsi un vestito per stendere il suo… - Asami avrebbe detto sicuramente la parola “ragazzo”, se soltanto Kaoru non le avesse pestato un piede di proposito.

 

- Bucato! Devo stendere il bucato! – intervenne la giovane Mistuki, mentre si udiva la rossina gemere in sottofondo per via dell’atroce dolore.

 

Ikuo non capì bene la faccenda. Corrucciò le sopracciglia, confuso: - Scusa, ma cosa centra il bucato con l’abito che devi acquistare?

La risposta che ricevette dalla compagna di corso, lo stordì ancor di più: - Non avendo abiti da stendere, prima ne compro uno e poi lo faccio! – Kaoru sorrise a trentadue denti, e l’altro anche, ma ovviamente non si lasciò convincere da quella spiegazione completamente assurda. Poi con lo sguardo osservò Asami. – E lei chi è?

 

- E’ una mia amica.

 

- Ora non più. – bofonchiò la rossina a voce bassa, facendo in modo che solo l’amica la sentisse. Quest’ultima le sferrò una gomitata in pieno stomaco.

 

- E’ una gran simpatica! – disse con enfasi, continuando a mantenere il solito sorriso tanto teso quanto nervoso. 

 

- Asami Shinohara. – si presentò, allungandogli educatamente una mano.

 

L’altro non fu da meno: - Ikuo Shiota, piacere di conoscerti!

Non appena le due mani si toccarono, la giovane fu colpita in pieno da una forte scossa. E mentre Ikuo le sorrideva con garbo e cordialità, quella smorfia la rincretinì a tal punto che le parve di udire le campane.

 

- Ehm… - lui, imbarazzato perché la donna non si decideva a voler mollare la presa, sorrise timidamente – La mano… - disse soltanto, e finalmente la Shinohara tornò con i piedi ben piantati in terra.

 

- Scusa, scusami tanto! – sorrise nervosamente, si mordicchiò il labbro inferiore, era agitata. Essendo la sua migliore amica, Kaoru capì al volo la situazione: La rossina si era appena innamorata dell’avvenente artista.

Beh, più che innamorata, diciamo semplicemente invaghita.

Così, per farle un piacere, decise di spararla grossa: - Asami – premise, rivolgendole l’attenzione – se non sbaglio tu stai cercando casa, non è così? – fece, inventandosi di sana pianta tutto quanto. L’amica la guardò con perplessità, credendo che si fosse per davvero ammattita, ma quando fece per replicare, l’altra proseguì immediatamente: - Ikuo ha una casa vuota che vorrebbe affittare. Perché non l’andate a vedere? – E dopo quella richiesta, la Shinohara capì ogni cosa.

 

- Ma davvero? – disse con enfasi, rivolta ad Ikuo – Che magnifica coincidenza! Mi piacerebbe moltissimo, ma forse hai già impegni per adesso, dico bene?

 

Cordialmente, il ragazzo fece segno di no con la testa. – Per me va benissimo! Possiamo andarci anche ora, se vuoi.

 

Come poteva, quella rossina scalmanata, farsi sfuggire un’occasione del genere?

Fece uno sfavillante sorriso, dopodichè aggiunse di colpo: - Andiamoci subito!

 

- Perfetto! – Ikuo guardò poi Kaoru – Ti unisci anche tu a noi?

 

- Oh, non posso! Devo tornare a casa… sai, il lavoro! – mentì, dato che l’idea era proprio quella di permettere ad Asami di restare sola con lui.

 

- Allora ci vediamo tra qualche giorno al corso. – esclamò l’amico, mentre si rimetteva in cammino.

La rossa lo seguì subito, ma prima ancora di farlo, voltandosi un attimino disse grazie all’amica usando solo le labbra ma non la voce.

Kaoru lesse il labiale, e con i pollici all’insù le augurò buona fortuna.

 

 

Quella sera non faceva particolarmente freddo.

Passeggiare era piacevole, anche farlo da soli non pesava affatto.

Tra un passo e l’altro il cellulare della ragazza iniziò a squillare.

Lo prese dalla tasca dei pantaloni, e poi rispose.

 

- Ho bisogno di vederti. – disse una voce dal capo opposto.

 

- Kouga…? Sei tu? – Kaoru fu colpa alla sprovvista.

 

- Ai giardinetti pubblici, tra dieci minuti. Pensi di farcela?

 

L’artista guardò l’orologio, poi annuì.

In effetti quella le era sembrata una richiesta strana.

Cosa mai avrebbe dovuto dirle, il signorino, di così importante da spingerlo perfino a farle una telefonata? 

 

 

 

 

 

                                                                                       ***

 

 

 

 

 

Erano scoccate le nove di sera.

Nel parco oramai non c’era più nessuno.

Kaoru ci aveva messo più del previsto ad arrivare, ed infatti notò che Kouga la stava già aspettando.

Lo raggiunse di corsa, ancora con il fiatone e si fermò d’innanzi a lui.

- Scusa il ritardo. – fece, respirando con affanno. Aveva corso a perdifiato pur di arrivare puntuale. La verità è che non vedeva l’ora di sapere cosa doveva chiederle. Dopo essersi ripresa, finalmente riuscì a parlare con un tono di voce stabile. Ma per la verità, lo fecero entrambi.

 

- Cosa volevi dirmi? – dissero in coro, per poi stupirsi quasi subito di averlo fatto insieme.

 

Kaoru aggrottò la fronte e scosse il capo: - Eri tu quello che doveva parlarmi, ricordi?

 

Kouga si trovò subito in disaccordo. – Niente affatto. Sei stata tu a farmi venire qua.

 

Lo sguardo dell’artista si sgranò di colpo. Non poté impedirsi di controbattere. – Io?! – Doveva esserci sicuramente un errore. Oppure, Kouga voleva farle semplicemente uno scherzo?

No, una cosa così sarebbe stata impensabile. – Se tu non mi hai chiamato, ed io non ho chiamato te, allora chi… - la voce improvvisa di Zarba le bloccò le parole in gola.

 

- Fate attenzione! E’ qui! – esclamò la guida, e con uno scatto lo spadaccino afferrò la ragazza per il polso e la spinse dietro di sé.

 

Kaoru ebbe il tempo di guardarsi nelle vicinanze. Scoprì che tutto intorno a loro stava assumendo una forma diversa. Fissò il pavimento, e vide che anche quest’ultimo era cambiato. Le pietre e quel poco di erbetta che prima stava sotto ai suoi piedi, non c’erano più. Al loro posto era comparso un pavimento liscio e freddo, uniforme e senza scalfitture.

Inoltre adesso si trovavano racchiusi tra quattro mura, e non più all’aperto. Si strinse al braccio del giovane, con tremore.

- Ma che sta succedendo?! – riuscì finalmente a dire.

 

Kouga si guardò attorno con aria circoscritta. Gettò uno sguardo all’anello, rapido ma essenziale.

- Cosa è successo, Zarba?

 

- Sicuramente è opera di un Orrore.

 

- Adesso dov’è?

 

- Non saprei dirtelo con precisione. Mi sembra lontano. Molto lontano. Ma non è qui. Non percepisco nessun pericolo, nelle vicinanze. Per il momento siete al sicuro. – Le parole dell’anello erano piuttosto rassicuranti. Tuttavia l’umano continuava a guardarsi intorno, con la mano pronta a sguainare la spada in caso di necessità e senza mai abbassare la guardia, ma… accadde una cosa.  

Improvvisamente Kaoru, staccandosi da lui, iniziò ad osservare meglio quel luogo.

Lo faceva con molta attenzione, con interesse. Scavò a lungo, nei meandri della propria memoria, perché lei in quel posto ci era già stata. E anche Kouga.

Poi i ricordi si riaccesero vividi più che mai, come una fiammella che prende di colpo potenza: - Questo posto è… - disse soltanto, perché qualcosa, giunta all’improvviso dal nulla, era comparsa davanti a loro.

Kouga si avvicinò alla giovane, con fare guardingo non smise di abbassare la guardia, ma poi anche in lui lo stupore prese il sopravvento nell’assistere a quella scena che scorreva come le immagini di un film davanti ai loro sguardi.

Fotogrammi tridimensionali si animavano, sembravano talmente veri che quasi diedero l’impressione di esserlo. Si muovevano come loro, parlavano come loro, si comportavano come loro, semplicemente perché si trattava di loro.

Era un momento riemerso dal passato, ma non uno qualunque: quello in cui Kaoru venne a sapere da Hal, l’Orrore con le sembianze di una sirena, che in realtà per Kouga era solamente una misera esca con soli cento giorni da vivere.

Parteciparono a quell’attimo stando ben attenti a non aprire bocca. Non potevano. Erano come paralizzati, confusi, persi.

Fu come rivivere per una seconda volta quegli istanti. E mentre le immagini scorrevano nitide, nel rivederle Kaoru si posò entrambe le mani sul petto. Sentì il suo cuore stringersi con una forza opprimente. Provò dolore, frustrazione, rabbia… Tutti sentimenti che, durante quella fatidica sera, aveva già provato sulla propria pelle.

E solo alla fine di quella presunta proiezione, dopo un attimo di pesante silenzio, trovò la forza necessaria per voltarsi verso il ragazzo.

Lo guardò dapprima, un velo di tristezza faceva brillare i suoi occhi. - Tu, non mi mentiresti una seconda volta, non è così?

 

Davanti a quel quesito, Kouga si sentì irrigidire.

Come poteva, lui, risponderle di no, dato che lo aveva fatto ancora e lo stava continuando a fare?

Non parlarle dei suo problemi, nasconderle una serie di eventi che per lungo tempo non lo avevano lasciato in pace… sì, quello era mentire, e di questo ne era consapevole. Sicuramente lo aveva fatto per il bene della giovane, ma si trattava pur sempre di menzogne. E ciò era evidente.

Quanto male provò dentro Kouga, neppure lui seppe comprenderlo. Un Cavaliere conteso tra la bugia e la verità, tra il desiderio di raccontarle ogni cosa per non farla soffrire in futuro, e quello di tacere per evitarle sofferenza nel presente.

Ma loro adesso si trovavano nel passato. E perfino lo stesso Kouga, una volta desiderò di poter tornare indietro per non nasconderle più la verità.

Ma ora? Cosa avrebbe scelto?

Quale strada avrebbe imboccato?

Da una parte la verità, e dall’altra la menzogna.

Era ad un bivio, adesso.

 

Dapprima abbassò il capo, poi lo sguardo. Non disse nulla, rimase muto, come sempre.

 

Kaoru schiuse le labbra, forse per pronunciare le prime sillabe del suo nome, ma per l’ennesima volta Zarba la interruppe.

- Sta arrivando! – esclamò a gran voce, avendo percepito chiaro e tondo la presenza del nemico.

Kouga estrasse la spada dal fodero, l’Orrore si materializzò alle sue spalle, ma lo spadaccino fece appena in tempo a voltarsi.

Si parò dal colpo portando la lama davanti al viso, e facendo forza sulle gambe ricacciò la creatura all’indietro.

- Allontanati da qui! – ordinò subito a Kaoru, e quest’ultima con il cuore che le batteva all’impazzata, cercò di indietreggiare fino all’angolo dello stanzone.

Da quel momento in poi, finalmente la battaglia poté iniziare.

 

Si muoveva con agilità, Cronox, l’Orrore che poteva spostarsi nel tempo a proprio piacimento.

Appariva e scompariva ad intermittenza da un capo all’altro della stanza. Per Kouga tenergli gli occhi puntati addosso non era affatto semplice.

Non sapeva prevedere in che punto si sarebbe fermato, ma faceva del suo meglio per tenerlo incollato ai proprio occhi. Attaccarlo, sarebbe stato un inutile dispendio di energie. Perciò aspettò con impazienza che la creatura smettesse di prenderlo in giro fino a quando Cronox ebbe pietà di lui e lo fece.

Certo, non con buone intenzioni! Poteva, d’altronde, una bestia demoniaca assetata di sangue avere compassione verso colui che gli stava dando la caccia?

Si fermò materializzandosi in un punto preciso. E quando Kouga giunse ad individuarlo, perse di colpo il respiro.

L’Orrore si era fermato d’innanzi al volto basito di Kaoru. L’artista deglutì, cercò di fare con cautela un passo indietro, ma le spalle urtarono una gelida parete che non le lasciava via di fuga.

Il Cavaliere del Makai corse subito verso di lei, ma con un movimento del braccio, Cronox gli scaraventò addosso una potente scarica di energia. Kouga finì dritto verso il muro, e da lì ruzzolò a terra. Emise un gemito di dolore che cercò a malapena di contenere in gola. Quel colpo lo aveva tramortito nel peggiore dei modi, tanto che al primo tentativo di rimettersi in piedi, finì nuovamente al suolo. 

- Perché stai tremando, ragazza? – le sibilò la bestia che, a guardarla bene, aveva quasi un aspetto umano, o forse un po’ meno mostruoso degli altri. – Io non voglio farti del male, sai? - Le dita lunghe ed ossute si accostarono alla guancia di Kaoru che paralizzata si strinse le mani al petto.

 

- Non toccarla! – urlò Kouga, esamine al suolo, mentre cercava per l’ennesima volta di rimettersi in piedi. Strinse i denti dal dolore, gli dolevano dorso e braccia, e in più si rese conto in quel momento di avere le gambe semiparalizzate.  

 

La creatura del Makai si fermò, ma riprese a parlare. – Io ho la capacità di viaggiare attraverso il tempo. Posso farti vedere che cosa accadrà nel tuo futuro e darti la possibilità di viaggiare a tuo piacimento attraverso lo spazio. Posso quietare ogni tuo dubbio, farti conoscere ogni cosa, se tu lo desideri.

 

- Ogni cosa? – ribadì la mora, e l’espressione del suo volto mutò improvvisamente. Sembrava essere quasi interessata alle parole di quel mostro orripilante.

 

- Tu non vuoi che accada ancora tutto questo, vero? – Cronox schioccò le dita, ed in un attimo riapparve per l’ennesima volta la scena vista poc’anzi dai due umani. L’artista si sentì confusa. Invasa da una girandola di sensazioni negative, le parole dell’Orrore non avevano fatto altro che crearle nuovi dubbi. Cronox lesse sopra a quel viso bianco una forte incertezza. Poi le allungò una mano, e con voce calma disse – Se vuoi sapere la verità, vieni con me! Afferra la mia mano, ed io fugherò ogni tuo dubbio.

Kaoru non sapeva cosa fare. Da un lato voleva sì conoscere la realtà dei fatti, e magari viaggiando nel tempo avrebbe potuto farlo di persona, ma… lei sapeva anche che non doveva per nessuna ragione al mondo fidarsi di un Orrore. Tuttavia, Cronox nel fissarla incessantemente negli occhi, sembrava quasi averla ipnotizzata. Le iridi bianche del mostro le avevano fatto perdere contatto con la realtà. Ma quando la ragazza si preparò ad abbassare la mano, la voce inaspettata di Kouga la ricondusse alla ragione.

 

- Non farlo, Kaoru! – gridò, e fu a quel punto che lei tirò a sé l’arto.

 

- Giovane umana, perchè? Preferisci vivere senza sapere la verità?

 

Kaoru guardò dritta negli occhi la bestia. - Preferisco vivere. E se accetto, tu non me lo lasceresti fare! - Lo fece con coraggio, audacia. Il suo era uno sguardo di sfida.

 

Cronox emise un profondo sospiro. Poi sotto sotto ostentò un sorriso.

- Beh, ad ogni modo non ti permetterò comunque di sfuggire alla morte! – le lanciò con ferocia un’occhiata. Ma quando fece per sollevare pericolosamente il braccio verso di lei, dalle tenebre una luce prese a brillare con fervore.

 

- Io non credo proprio! – esclamò a sorpresa la voce del lupo dorato dell’Est, Garo.

Afferrò per il collo Cronox, e lo tirò a sé. Diede a Kaoru il tempo di allontanarsi da lì, e compiere il suo dovere da Cavaliere del Makai.

La Garoken trapassò con sveltezza il nemico. Quest’ultimo si agitò scalpitando le gambe. Il Cavaliere d’Oro gli strinse ancor di più la mano attorno al collo, riuscendo in questo modo a soffocarlo. Cronox tentò il tutto per tutto: unì entrambe le mani attorno all’avambraccio del suo assalitore, ma l’animetallo dorato che rivestiva quell’armatura gliele ustionò.

Strepitò un’ultima volta, emettendo un agonizzante lamento, e quando alla fine cessò di vivere, anche il suo potere finì, riportando i due umani nel presente.

Una volta lasciato il mondo del passato, Kouga abbandonò anche la sua armatura. E in quel preciso istante, con le gambe che gli dolevano ancora, cadde a terra sfinito.

Kaoru gli si avvicinò subito e lo soccorse.

- Kouga! Kouga! – disse a più riprese, china su di lui. Lo rivide riaprire gli occhi e poi contrarre la fronte dal dolore.

 

- Sto bene. – rispose a malapena. Tentò di sollevarsi, ma un gemito tradì il suo malessere.

 

Vedendo la situazione, l’artista cercò di darsi subito da fare.

- Chiamo Gonza e gli dico di venirci a prendere! – afferrò di corsa il cellulare dalla tasca, ma la mano del giovane, posatasi sopra al braccio le impedì di farlo.

 

- Tra qualche minuto passerà tutto.

 

- Ma

 

Intervenne anche Zarba.

- Kouga ha ragione, Kaoru. Si tratta di un effetto temporaneo. Durerà al massimo un paio di minuti.  

 

La mora sospirò, così rimise in tasca il cellulare e rimase seduta accanto a lui.

- Ti sei ferito perché volevi proteggermi. – antepose, e lo sguardo le divenne di colpo triste. Stava per dire che la colpa di tutto ciò era sua, tuttavia riuscì a dire solo– E’…

 

- Non lo è. – la precedette il giovane, azzittendola seduta stante.

 

- Un Orrore capace di viaggiare attraverso il tempo… In tutta la mia carriera non ne no mai incontrati. – commentò il Madougu, che poco dopo si sentì sollevare verso l’alto.

 

- Come ha fatto a contattarci? – lo interrogò il suo proprietario, con un’aria perplessa in viso, almeno quanto quella di Kaoru.

E anche quest’ultima esternò la propria confusione: - Sapeva i numeri di telefono di entrambi, e poi ha perfino imitato le nostre voci.

 

- Vi ha costretti a venire qua con l’inganno.

 

La ragazza gettò un occhio all’anello, dopodichè assenti brevemente:

- Sì, ma… a dire il vero, sono rimasta un po’ perplessa dalla telefonata di Kouga. – mosse gli occhi verso il ragazzo in persona – Tu non mi chiami praticamente mai. – bofonchiò alterando la voce. Più che dichiarazione, la sua sembrava essere una critica.

 

- Se non ho nulla da dirti, non vedo perché dovrei farlo. – il signorino come al solito non aveva capito granché.

 

Kaoru sospirò sbuffando, poi scosse la testa come per ribadire “ma devo sempre dirti tutto io?”, e infine bofonchiò ancora: - Tra due persone che si vogliono bene, scambiarsi una telefonata anche solo per dire un semplice “ciao”, oppure un “cosa stai facendo? Dove sei adesso, mi manchi”, è più che normale!

 

Zarba non fu capace di trattenersi, così si lasciò sfuggire un borbottio simile ad una risata.

La moretta lo fulminò quasi subito con uno sguardo. – Che hai da ridere?! Non mi sembra di aver detto niente di ridicolo.

 

- Infatti non ridevo per te, ma per un attimo ho provato ad immaginare un “mi manchi” pronunciato da Kouga! Non lo fa quando state insieme, figuriamoci attaccato ad un telefono.

 

Eh sì, quell’anello chiacchierone non aveva torto, anzi! Pensò la giovane Mitsuki.

Da quando lei e Kouga si erano messi insieme, lui non aveva detto o fatto un qualche tipo di smielata romanticheria nei suoi confronti. Con le parole ci sapeva fare pochissimo, mentre con i fatti… beh, lì era ancora peggio. E pensò che addirittura la sua amica Asami potesse avere ragione a riguardo. Fortuna però che quella riflessione le passò subito.

Sentendosi preso di mira dai due, lo stesso Kouga avendo riacquistato il pieno uso delle gambe, si rimise finalmente in piedi.

- Vedo che i nostri discorsi ti hanno fatto bene! – scherzò il Madougu, ma ben presto, per la troppa loquacità ricevette la solita ammonizione.

 

- Faresti meglio a tacere se non vuoi che recida il contratto e ti rimpiazzi. – Kouga aveva usato un tono un pochino acidulo. Evidentemente doveva essere parecchio arrabbiato.

Zoppicava ancora, forse perché per porre fine alle battute si era rimesso in piedi prima del previsto, e Kaoru questo lo aveva capito subito.

Così, raggiungendolo gli prese il braccio e poi se lo passò attorno al collo, per aiutarlo a non zoppicare. 

 

Prima ancora che il ragazzo poté dire la sua, l’artista lo anticipò: - Non dire che riesci a camminare anche da solo, perché tanto non ti credo. – puntualizzò. E in questo modo, fu costretto a proseguire gran parte del tragitto appoggiato a lei.

 

 

 

Mentre camminavano al chiar di luna verso casa, la giovane improvvisamente cominciò a pensare a quanto successo durante la sera.

Avrebbe voluto riprendere la questione lasciata in sospeso mentre si trovavano bloccati nel passato, ma era confusa.

Lei aveva fatto una domanda in particolare a lui.

Ma lui non aveva fatto in tempo a risponderle.

Però, un quesito prese a gironzolarle nella mente. Se Zarba non lo avesse interrotto, a quel punto Kouga che cosa le avrebbe risposto?

Forse, era questo il punto: Lui non le avrebbe risposto.

 

Come quindi interpretare quel silenzio?

Ebbe paura.

Troppe cose non le quadravano, troppe stranezze giudicava veramente… strane. Ma forse, si trattava per l’appunto solo di stranezze, nulla più. Probabilmente era lei ad ingigantire quelle anomalie. Forse era la paura di provare ancora dolore che le faceva pensare e vedere cose che in realtà non esistevano.

Però quel silenzio, la non risposta…

Tutto ciò la faceva sentire confusa.

Anche durante quella notte, dopo la sconvolgente rivelazione di Hal, quando Kaoru gli aveva chiesto una conferma Kouga era rimasto in silenzio.    

Ebbene, tornando nel presente, ancora una volta quel ragazzo aveva deciso di nasconderle qualcosa?

Si sentì gelare al sol pensiero.

Gli rivolse di sottecchi uno sguardo, ed il cuore prese a batterle forte.

Dio, e quanto ne era innamorata!

E alla fine si convinse.

No, Kouga Saejima non le avrebbe mai più mentito.

No, lui non l’avrebbe fatto.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Approfitto della giornata di riposo per inserire il nuovo capitolo. Vorrei avere più tempo libero da poter dedicare alla GSS, ma purtroppo mi devo accontentare di questo poco che ho. Se dipendesse da me ci lavorerei da mattina a sera, meglio sera perché si crea un’atmosfera veramente magica che regala tranquillità ed ispirazione, ma per via del lavoro non sempre riesco a fare le ore piccole… Ad ogni modo, pur di portare avanti questa storia sono certa che mi getterei nel fuoco, perché grazie ad essa sto conoscendo persone VERAMENTE MERAVIGLIOSE che non avevo MAI incontrato prima. Mi riferisco a voi, tutti voi che seguite la fanfiction, vi emozionate, ridete e gioite, ma soprattutto l’amate come me, e amate Garo, continuate a farlo anche a distanza di anni, quando ormai molta gente che si riteneva fan alla fine lo ha dimenticato.

 

 

 

Per _Elentari_: Carissima Elentari, quando dici “periodo difficile” so esattamente cosa intendi. Ed è proprio per questo motivo che se vuoi, io ci sono. Per qualsiasi cosa, sappi che sono presente, perché non vorrei mai e poi mai che una persona come te debba attraversare momenti brutti. Se soltanto potessi, ti giuro che farei del tutto per cancellarli. E non devi ringraziarmi, anzi! Sono io che ti dico “grazie” perché mi fa piacere sapere che una persona come te segua con estremo affetto questa storia. Per me è un vero onore averti come lettrice! Un enorme bacione!

 

Per Sho Ryu Ken: Sapevo che avresti detto così riguardo la frase del chap 14!  E, proprio come Kaoru, sto cercando di fare lo stesso, ma come sai non è sempre così facile. Tuttavia quando è Garo ad illuminarci, tutto si semplifica!

 

Per DANYDHALIA: Ma che bellooooo!!! Un’altra fan di Garo!!! Sono felicissimaaaaaaaaa!!!!!!! ^____^

Per prima cosa ti dico soltanto che quando ho finito di leggere la tua recensione avevo le lacrime agli occhi, sul serio: Troppi complimenti non me li merito! E poi, non siete voi a dover ringraziare me, bensì devo farlo io, perché mi date la forza per andare avanti, mi spronate a metterci l’anima ed il cuore in questa storia, il merito è solo ed esclusivamente vostro! Se ci fosse veramente un modo per far leggere la storia ad Amemiya, cercherei di fare il possibile, e non ti nascondo che sarebbe per me un sogno che diventa realtà poter lavorare con lui…! Ad ogni modo, farò del mio meglio per portare a termine la GSS, contaci! E certo, mi andrebbe moltissimo fare quattro(ma anche di più) chiacchiere con te! Quando vuoi, sai dove trovarmi!

 

 

 

Ci risentiamo al prossimo aggiornamento!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Gonza starà via per un po’ lasciando le redini della casa in mano a Kaoru e a Kouga che in questo modo si ritroveranno da soli. Sarà una giornata movimentata, soprattutto quando spetterà a Kaoru prendersi cura di un Kouga improvvisamente ammalato.

Prossimo episodio: #16 Febbre

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

  

 

  

 

 

 

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Capitolo 17
*** #16 Febbre ***


Con gli occhi socchiusi, davanti alla specchiera del bagno, Kaoru si stava lavando i denti

                                        Febbre

                                          #16

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Con gli occhi socchiusi, davanti alla specchiera del bagno, la ragazza si stava lavando i denti.

Lo spazzolino andava su e giù, con movimenti lenti ma costanti, sembrava un’azione fatta quasi controvoglia, forse perché erano da poco le otto del mattino e aveva ancora sonno.

Aprì il rubinetto dell’acqua, ne versò un po’ nel bicchiere, ma nel momento in cui lo avvicinò alla sua bocca, le parve di udire qualcosa. Chiuse il rubinetto, lo scroscio dell’acqua cessò così da consentirle di sentire meglio.

Sentì il campanello di casa suonare. Non badò alla cosa, e riprese a spazzolarsi i denti. Dopotutto, ci sarebbe andato il maggiordomo ad aprire.

Tuttavia, successe ancora.

Non subito, diciamo. Dopo circa un minuto si sentì lo stesso suono.

Ma perché Gonza non va a controllare?” pensò Kaoru Mitsuki, e in quell’attimo, sgranando gli occhi davanti allo specchio, le tornò la memoria.

 

“Domani la figlia di mia sorella si sposa! E’ da molto che non vedo i miei familiari, e sono felice di poterli riabbracciare. Starò via un solo giorno, nel frattempo ho preparato delle razioni di cibo per la cena di stasera ed il pranzo di domani.

Aveva detto Kurahashi, caricando nel bagagliaio della macchina una valigia. Dopo aver salutato i due ragazzi, acceso il motore dell’auto e spinto l’acceleratore, era partito, diretto verso la propria terra natale.

 

Ecco, Gonza non aveva aperto perché semplicemente non c’era.

Così, uscendo di corsa dal bagno, si precipitò giù per le scale, mentre quel campanello continuava a suonare ininterrottamente, una, due, tre volte di fila.

Kaoru spalancò di getto l’uscio e successivamente anche le palpebre. Facendo ciò le labbra fecero la medesima cosa, e in questo modo lo spazzolino che stringeva ancora tra i denti cadde a terra.

 

- Era ora. – sbottò seccato il vero padrone di casa, mentre si accingeva ad entrare. Prima però le mise tra le braccia un sacchetto di carta con tanto di coccarda e bigliettino appuntato su di essa. – E’ per te. L’ho trovato sopra ai gradini qui fuori.

 

La ragazza restò stordita, e con la bocca ancora impastata di dentifricio gettò frettolosamente un occhio al cartoncino, tuttavia a scombussolarle la mattinata non era stato il pacchetto, bensì colui che glielo aveva consegnato, ovvero Kouga Saejima. Perplessa, cercò di articolare qualcosa – Ma, tu…? E che… ore sono? – disse biascicando come meglio poteva. Fece una smorfia disgustata perché la pasta del dentifricio sapeva di menta, e quel forte gusto le stava bruciando il palato. Guardò verso l’orologio attaccato alla parete della hall, e quando scorse l’ora, quando appurò che si trattava di mattina allora sbigottì. – Dimmi che non sei stato fuori tutta la notte e che in realtà sei uscito solo per comprare il giornale!

 

- Ok, non sono stato fuori tutta la notte. – rispose l’altro, ma per la verità sembrava averlo detto così, tanto per esaudire la sua richiesta. Dopotutto, poteva mai Kouga, uscire solo per comprarsi un giornale? Lui neppure perdeva tempo a leggerli!

 

Kaoru dapprima tirò un sospiro di sollievo, successivamente rendendosi conto della beffa si arrabbiò di brutto. - Non ci posso credere! Lo hai fatto sul serio? – aveva perso praticamente ogni contegno.

 

Intervenne Zarba, che chiarì un po’ meglio la situazione. – Quell’Orrore ci ha fatti davvero penare. – e dal timbro della sua voce fuoriuscì un fiume di puro sfinimento.

 

L’artista alzò gli occhi al cielo, scosse il capo, richiuse la porta, e non appena si voltò, vide che sul pavimento c’era dell’acqua. Aggrottò la fronte e con lo sguardo seguì la scia che la portò dritta al colpevole.

- Stai… gocciolando? - pronunciò disordinatamente, vedendo l’intero cappotto di pelle bianca rilasciare acqua da ogni parte. Ebbene, Kouga era completamente bagnato.

 

- La bestiola lo ha scaraventato in un lago. – dichiarò il Madougu, spiegando a modo suo il fattaccio.

 

Sempre più allibita lei sgranò gli occhi. – Che cosa?! – oramai la pazienza sembrava averla abbandonata. Era stato fuori tutta la notte, e questo comunque le aveva dato fastidio, ma vederlo rincasare per giunta anche bagnato, era veramente troppo. – Se non ti asciughi subito prenderai un malanno! Ma si può essere così sconsiderati? – Si avvicinò subito al ragazzo per togliergli immediatamente di dosso quel soprabito, ma egli preferì fare da solo.

In realtà, aveva un motivo in particolare.

 

- a prepararti o farai tardi al lavoro. – ecco, era questo il motivo, tuttavia… sembrava essercene anche un altro. Infatti, Kaoru notò che Kouga aveva fatto molta attenzione a non rivolgerle lo sguardo. Ovviamente, le parve un atteggiamento strano. Si spostò per cercare di guardarlo meglio in faccia, ma lui non le rese il compito facile. Tutte le volte che la giovane Mitsuki provava ad avvicinarsi, il signorino volgeva il capo altrove. Sì, ma perché faceva questo? Approfittò di una sua distrazione per prenderlo con le mani nel sacco e scoprire la verità.

Kouga aveva le guance abbastanza arrossate. Kaoru sbigottì ancora e lo guardò meglio: - Sembri accaldato… – constatò, e nel momento in cui tentò di mettergli una mano sopra la fronte, lui scostò il viso. A quel punto, date le circostanze, le parve tutto più chiaro. – Ma tu hai la febbre!?

 

- Niente affatto. – tuonò immediatamente, senza dare troppo peso alla cosa.

 

- Allora perché stai sulla difensiva?

 

-Non ho niente, è solo una delle tue solite impressioni. – detto questo, Kouga fece per aggirarla, ma avvertì un capogiro. Si sorresse vicino alla parete, per non cadere, e fu in quel preciso istante che l’artista gli posò una mano sulla fronte. A momenti sbiancò nel sentire quanto era calda.

- E’ bollente! – ribadì in preda al panico.

 

Spazientito, lo spadaccino le scostò la mano.

- Ti ho detto che sto bene. Pensa piuttosto a prepararti, o farai tardi al lavoro.

 

- Lavoro? Ma non ci penso nemmeno ad andarci! – scosse con decisione il capo. Era irremovibile. – Anzi, adesso chiamo e li avverto. – prese di corsa il cellulare, mentre il ragazzo la guardava di sottecchi con evidente disapprovazione.

 

- E’ inutile – gli disse Zarba – non le farai mai cambiare idea.  

L’umano sospirò, trovandosi d’accordo con le parole dell’anello, ed azzittì.

 

- Per prima cosa – fece la ragazza, dopo aver finito di parlare al telefono – ti devi asciugare. E anche alla svelta. – precisò, afferrandolo per il braccio e trascinandolo su per le scale. Riuscì a fargli salire mezzo gradino. – Avanti! – fece, esortandolo a seguirla. Cercò in tutti i modi di smuoverlo da lì, ma non ottenne ciò che sperava. – Devi toglierti questi vestiti bagnati di dosso, altrimenti rischierai di peggiorare soltanto la situazione!

 

- Fa’ come ti dice, Kouga. Ricorda che un Cavaliere Mistico non può permettersi il lusso di restare ammalato per giorni. – gli fece notare Zarba, da brava guida. Grazie al suo provvidenziale aiuto, finalmente l’umano si convinse a farsi assistere come si deve.

Non senza sbuffare, però!

 

 

 

 

 

Giunti al piano di sopra, entrarono in una camera. Era quella di Kouga.

La luce del mattino che filtrava dalle vetrate di una finestra, la rischiarava tutta, illuminandolo in ogni angolo. Fu in quel momento che Kaoru si rese conto per la prima volta di non averla mai vista così bene prima d’ora. Durante il suo arrivo nella villa, ci era entrata al massimo un paio di volte, e per di più sempre di corsa.

Fece una breve panoramica, dopodichè cercò di rendersi subito utile.

- Dove sono le asciugami?

 

- Dovrebbero essere in quel cassetto là in basso. – rispose il giovane, rivolgendo un occhio al posto in questione.

L’artista si fletté verso terra mettendosi a rovistare nel cassetto. Ma prima ancora di farlo, accantonò a terra il cartoccio misterioso che a quanto pare conteneva un regalo per lei. Tanto lo avrebbe spacchettato dopo.

Raccolse un telo bianco, ben stirato e piegato, dopodichè si rialzò per voltarsi, ma quando accadde quasi sobbalzò nel trovarsi d’innanzi alla schiena del ragazzo che adesso era scoperta.

Le risultarono subito evidenti quei tagli così profondi, quelle cicatrici ormai consolidate e i lividi ancora freschi che macchiavano la pelle. A Kaoru le si strinse il cuore.

Per un secondo trattene il respiro, dopodichè in silenzio gli si avvicinò, e con la punta delle dita provò a sfiorare con estrema delicatezza, quasi avesse paura di fargli male, una di quelle cicatrici. Al tatto era ruvida, sporgente, e pensò chissà quanto dolore aveva dovuto procurargli ancor prima di richiudersi.

Quel tocco senza preavviso lo fece sussultare. Si voltò verso la sua bella, la guardò in viso, e nel porgergli il telo Kaoru disse soltanto: - Quelle creature non ti rendono la vita facile. – Lo sguardo le divenne subito triste.

 

Kouga raccolse l’asciugamani, nel vederla amareggiata a modo suo cercò di rassicurarla.

- Ogni livido si schiarisce, ogni ferita prima o poi si rimargina. Io sono un Cavaliere del Makai. Proteggere le persone è un mio compito, e quando ciò accade, non c’è nessuna ferita che mi impedisca di svolgere il mio dovere.

 

Lei con benevolenza gli sorrise.

Kouga era fatto così. A lui serviva soltanto salvare gli esseri umani per essere soddisfatto.

 

Rimase lì ferma, all’apparenza senza un motivo ben preciso. Il figlio di Taiga la guardò con aria strana, ma senza aggiungere altro.

- Che c’è? Ho qualcosa sul viso? - chiese l’artista, dopo essersi accorta di ciò.

 

- Devo cambiarmi. – rispose Kouga, per farle capire che non poteva completamente svestirsi davanti a lei.

 

Al suono di quelle parole divenne rossa come non mai.

- Certo, capisco! – disse svelta, facendo ben attenzione a non farsi prendere dall’imbarazzo. Ma oramai quella vile sensazione le era già entrata dentro. – Vado subito via! – Di corsa si apprestò a lasciare la camera. Richiuse la porta alle spalle, dopodichè sollevò lo sguardo al cielo in preda alla vergogna.

Appurò inoltre di trovarsi ancora in pigiama.

Corse in un lampo a cambiarsi. Si vestì, si pettinò, e poi nel ricordarsi del pavimento bagnato, scese di sotto.

Non essendoci Gonza, spettava a lei sbrigare le faccende di casa.

Raccolse i capelli e li legò, poi si diresse nello sgabuzzino vicino alla porta che dava accesso al cortile, lo aprì, afferrò secchio e paletta e diede inizio all’operazione.

 

Passò più di una volta lo scopettone imbevuto di cera sul pavimento. Pulì per bene tutta la hall, ogni angolo, ogni centimetro. Nel farlo un pensiero volò a Gonza. Quel povero maggiordomo, come faceva da solo ad occuparsi di una casa così grande?

Mentre cercava di darsi una risposta, sentì dei passi provenire dall’alto.

Intravide Kouga scendere le scale, e non appena egli fu sufficientemente vicino a lei, sbigottì e restò ferma ad osservarlo. Il giovane anziché avere la solita divisa da Cavaliere, sopra ai pantaloni neri rivestiti di pelle indossava una camicia di cotone interamente bianca.

 

- Perché mi guardi in quel modo? – le chiese immediatamente.

 

Kaoru fece finta di non capire.

- In quale modo?

 

- Sembra che tu abbia visto un fantasma.

 

- Ma no! E’ solo una tua impressione… Niente di più! – Di certo Kaoru non se la sentiva di raccontargli il vero. Da parte sua, Kouga finse di stare al gioco, e non indagò oltre. Ma quando le passò d’innanzi, fu costretto a fermarsi di colpo. – Hey, tu! Dove stai andando?

 

- Vado ad allenarmi. – rispose con semplicità. Per lui dopotutto era una cosa normale.

Ma di sicuro non per Kaoru!

La mora lo tirò per il braccio. – Non se ne parla nemmeno! Hai la febbre, te lo sei forse dimenticato? Devi restare a letto.

 

- Scordatelo. Non lo farò mai. – la risposta del giovane Saejima sembrava non ammettere repliche, quando ad un tratto, a fargli da bravo padre fu ancora una volta Zarba.

 

- Devo forse ripetertelo? Per una volta in vita tua, non essere il solito testardo.

 

- Io non lo sono. – sbottò il signorino, gettandogli un’occhiata torva.

 

- Beh, a me sembra che tu ti stia comportando come un bambino. Anzi, rettifico. Perfino un bambino darebbe molto più ascolto di te alle parole di un anziano saggio.

 

- E saresti tu, l’anziano saggio? – quella di Kouga più che domanda voleva essere una provocazione.

L’anello ovviamente lo intuì, ma anziché prendersela, abbassando il tono della voce si vendicò sussurrandogli: - Ikuo certamente avrebbe dato ascolto alle parole di Kaoru.

L’anello si sentì trafiggere con la sola forza di uno sguardo. Kouga non aveva affatto gradito quella frase. E Zarba mirava in un certo senso a farlo riflettere.

Ebbene, magicamente ci riuscì.

Lo spadaccino fece mezzo giro e ritornò sui suoi passi.

Mentre salivano le scale, Kaoru incuriosita da quel repentino cambio di idea, fece al Madougu una domanda. – Mi dici cosa gli hai detto per convincerlo?

 

L’anello esalò un brioso sospiro. – Temo che se te lo dicessi, lui non sarebbe affatto contento. Dico bene, Kouga?

 

- Smettetela voi due! Mi state facendo venire il mal di testa.

 

- E’ colpa della febbre, se ti fa male la testa. – precisò la ragazza, e dopo aver raggiunto la camera del Cavaliere Mistico, praticamente lo costrinse a sedersi di peso sopra al letto. Poi si guardò attorno. Sembrava cercare qualcosa. – Avrai sicuramente un termometro, giusto?

 

- Solo Gonza sa dov’è.

 

Kaoru assunse un’espressione pensierosa. Bisognava pur sempre misurare la febbre a quel burbero ragazzino, no? Si posò una mano sul mento, e nel rovistare tra i meandri della propria memoria trovò la soluzione.

Piegandosi sulle ginocchia, avvicinò la propria fronte a quella di Kouga finché entrambe non entrarono in contatto.

- Me lo ha insegnato mia madre. – gli spiegò successivamente – Quando ero piccola lei premeva la sua fronte contro la mia per vedere quanto scottava. E la tua scotta un bel po’.

 

Kouga si sentì lievemente a disagio. Abbassò lo sguardo verso terra, e tutto il calore del corpo gli salì al viso, ma di certo non per via della febbre. Poi rialzò il capo senza riflettere, ed in quell’attimo si accorse di avere le labbra quasi accostate a quelle della ragazza. Forse nemmeno quest’ultima lo aveva notato, intenta com’era a “misurargli” la temperatura. Quando ebbe finito, e riprese finalmente coscienza, vide che il signorino la fissava in modo strano. Non fece neppure in tempo a chiedergli il perché, che finalmente capì in che imbarazzante situazione i due si trovavano.

Schiuse le labbra, voleva dire qualcosa, ma non le uscì nulla. Troppo il disagio, tant’è che le parve perfino di avere anch’ella la febbre.

- Hai finito? – pronunciò a quel punto il ragazzo, con le parole che gli uscirono proprio davanti alle sue labbra.

 

Frastornata com’era, non capì subito il senso della domanda.

- Finito… che cosa? – disse a stento, articolando ciò con un tono basso.

 

Quanto avrebbe voluto, Kouga, darle un bacio?

Non gli bastava fare granché, per riuscirci. Quella bocca era a portata di mano, un solo e semplice scatto in avanti sarebbe stato sufficiente. Nulla di più semplice.

Tuttavia, avendo timore di attaccarle l’influenza, si trattenne con la solita rigidità di sempre.

- Finirai anche tu con l’ammalarti, se mi stai così vicina.

 

Kaoru si fece ancora più rossa. – Hai ragione, scusami… – disse balbettando a fatica, e così si staccò da lui. Tossicchiò bruscamente, non sapendo come fare per allentare la tensione – E comunque, devi stare al riposo. La febbre mi è parsa abbastanza alta. – Cercò di farlo distendere, ma ci riuscì solo dopo svariati tentativi.

 

- Ci vorrebbe adesso la solita brodaglia che ti prepara Gonza quando stai male. – dichiarò d’un tratto Zarba.

 

- E cosa sarebbe?

 

Il Madougu spiegò brevemente a Kaoru la cosa.

- Si tratta di un brodo curativo preparato con un’antica ricetta del Makai, che si fa bere ai Cavalieri Mistici per fargli recuperare in fretta la salute. 

 

L’artista fu presa dallo sconforto. – Gonza non c’è, ed io non conosco la ricetta.

 

- Ma io sì! – esclamò con decisione l’anello. Poi si rivolse al suo proprietario – Se mi consegni a lei, potrei farle da… guida! – scherzò simpaticamente il Madougu, fino a che non si sentì sfilare dal dito.

Kaoru lo raccolse tra le mani, e da quel momento cominciò l’operazione.

 

 

 

 

 

Zarba se ne stava posato sul ripiano della cucina, accanto al lavello. Cercava di fare del suo meglio per guidare la ragazza, ma il compito non era dei più semplici.

Come al solito lei non sapeva da dove iniziare.

 

- Devi prendere un recipiente più grande, altrimenti il brodo strariperà come un fiume in piena. – le fece notare il Madougu.

 

- Questo va bene?

 

- Direi che può andare. Adesso aggiungi un po’ d’acqua. Ma no! E’ troppa! Togline almeno la metà. Poi ci vuole un pizzico di radice sulfurea. E’ quella nel barattolo con il coperchio rosso. Mentre in quello blu si trova il nettare di Gaia. Prendi anche quello, e… ah! Non scordarti del succo di Vidra. E’ importante! E poi ci vuole…

 

- Un attimo! – replicò Kaoru, che poverina, faceva una gran fatica a seguire gli ordini del gioiello magico. Aveva barattoli e boccette d’ogni tipo tra le mani. Si vedeva che faceva perfino fatica a tenerli.

 

- Fa attenzione! – le disse Zarba, perché temeva già il peggio, ed in effetti non ebbe tutti i torti.

 

Durante un solo secondo di distrazione, alla ragazza cadde uno di quei tanti barattoli dalle mani. Lo afferrò al volo, prima ancora che toccasse il pavimento.

- C’è mancato poco. – rispose a stento, tirando un sospiro di sollievo, mentre Zarba alzò gli occhi al soffitto come a dire “Dio mio ti ringrazio!”.

 

Li poggiò sul tavolo, dopodichè, dovendo iniziare ne prese uno a caso.

- Quella è la radice sulfurea. Va aggiunta alla fine. – la ammonì il Madougu.

 

- Allora quale ingrediente devo mettere per primo?

 

- Il nettare di Gaia. Due cucchiai basteranno.

 

Versò la giusta dose nella pentola, e sempre sotto consiglio di Zarba, si preparò a raccogliere il succo di Vidra.

Prese la boccetta, ma quando il tappo sfilò via, un odore nauseabondo le arrivò dritto sotto il naso.

- E’… è disgustoso! – si tappò la bocca per evitare di inalare quell’aroma aspro e pungente. E sempre con la mano davanti alla bocca aggiunse: - Quanto devo versarne?

 

- Quindici gocce andranno bene.

 

- Ma non saranno troppe? Mi chiedo come farà Kouga ad ingoiare questa roba.

 

- A quello ci penseremo dopo. Occupiamoci prima di portare a termine il lavoro, possibilmente senza… - Zarba aveva parlato troppo presto. Le parole gli furono interrotte dal frastuono di una bottiglia fatta cadere accidentalmente sul pavimento. Guardò i vetri sparsi ovunque, e finì la frase - …rompere niente, per l’appunto. – Gettò un’occhiataccia seccata alla giovane, e quest’ultima sorrise nervosamente. Ciò che fece l’anello, fu semplicemente emettere un sospiro. – Temo che sarà una lunga, lunghissima giornata!

 

 

 

 

 

                                                                                      ***

 

 

 

 

 

Finalmente ci era riuscita. Dopo un’oretta tra i fornelli, la famigerata brodaglia era pronta. Certo, la cucina assomigliava ad un campo di battaglia, ma questo oramai era pressoché scontato.

E lo fu anche la reazione di Kouga che, come già anticipato da Kaoru, quando si vide porgere sotto al mento una tazza ricolma di liquido verde e maleodorante, fu preso dalla nausea.

Allontanò la ciotola, rimettendola tra le mani della ragazza. -Scordatelo. – disse soltanto.

 

L’altra lo riprese seduta stante: - E’ per il tuo bene! E poi, sono sicura che non avrà un pessimo sapore.

 

- Allora mi spieghi come mai tieni una mano davanti alla bocca?

 

L’artista si rese conto, proprio come le aveva fatto appena notare Kouga, di avere le dita ben ancorate alle labbra. Ovviamente, per non sentire l’odore di quella roba.

 

- Quando la prepara Gonza non fai tutti questi capricci. – gli ricordò Zarba, posizionato sul dito medio della mano di Kaoru.

 

- Perché quella che prepara lui non puzza in questo modo.

 

L’artista guardò di sottecchi l’anello.

- Io te l’ho detto che quindici gocce di quel succo di Vidra mi sembravano troppe.

 

- Quindici?! – Kouga aggrottò le sopracciglia con fare a dir poco sconvolto. – Lo sai bene che ne occorrono al massimo cinque.

Il Madougu si lasciò sfuggire un sogghigno. – Suvvia, Kouga. In questo modo ti rimetterai più in fretta. In un paio d’ore tornerai come nuovo. Non è la fine del mondo! – e nel ricevere un’occhiata sprezzante da parte dell’umano, capì che in realtà per lui lo era.

 

- Ad ogni modo – s’immise Kaoru, senza perdersi d’animo. – devi prenderla. - afferrò il cucchiaio piazzandoglielo d’innanzi alla faccia – Forza, apri la bocca!

 

L’altro fece cenno di no con la testa. Inoltre, non gli piaceva affatto l’idea di essere imboccato.

– Non sono un bambino. – puntualizzò stizzito. Ma lo divenne ancor di più la ragazza.

 

Gli mise nuovamente la ciotola tra le mani. Ormai avevo smarrito la pazienza.

- E allora mangia da solo! Purchè tu lo faccia!

 

- Provala prima tu. – le rispose il signorino. E come previsto, la mora inorridì al sol pensiero. Osservando la brodaglia verdastra, calda e fumante, le tornò la nausea. Scosse con sicurezza il capo. Lei non avrebbe mandato giù neppure un goccio di quel brodo stomachevole.

Ma quando si apprestò a spalancare le labbra per comunicargli la questione, Kouga le infilò il cucchiaio dritto in bocca.

D’istinto si trovò costretta a mandare giù, ed il volto le divenne subito paonazzo.

Quella roba non si limitava solo a fare schifo, di più! Era assolutamente ed innegabilmente riprovevole! Sapeva di muffa per via delle radici sulfuree, di terra per colpa del nettare di Gaia, e di rospo per via del succo di Vidra che, per l’appunto, era una fattispecie di anfibio gigante del Makai.

Fu colta subito dal vomito, così portò entrambe le mani sopra alla bocca, e cercò di non risputare tutto all’esterno.

Impiegò un po’ per riprendersi. E quando finalmente ebbe la possibilità di parlare, per Kouga non ci fu scampo.

- Sei più riprovevole di questa brodaglia! – gli strillò, in preda ad una crisi di nervi. – Io ce l’ho messa tutta per prepararla, perché mi sta a cuore la tua salute, ma tu sei davvero un’insensibile! – disse tutto d’un fiato, e in qualche modo quelle parole lo colpirono.

Kaoru uscì di corsa da quella camera. Non ci sarebbe restata neppure un secondo di più.

Era arrabbiata, e faceva anche bene ad esserlo.

Nel corridoio si sentì una vocina emettere un colpetto di tosse.

Si trattava di Zarba, che nel frattempo le stava ancora attaccato al dito.

- Che sbadata! – pronunciò la mora, sbattendosi una mano sulla fronte – Ti riporto subito dal quel dispettoso.

 

L’anello la bloccò.

- Non ce né bisogno. Ogni tanto fa bene cambiare un po’ aria! Oltretutto, credo che adesso Kouga non sia dell’umore adatto per potermi sopportare. Sai, dopo la faccenda delle gocce…

 

- Per me hai fatto benissimo! Se la meritava una bella lezione. Forse la smetterà di fare il testone.

 

- Chi? Kouga? – Zarba scoppiò a ridere – Ragazza mia, lo conoscono da anni, e ti assicuro che non lo farà mai! Sono pronto a scommettere, se vuoi! E se perdo, inviterò Silva a cena. – ebbe l’ardire di pronunciare. E quelle parole, poco dopo, gli costarono care.  

 

 

 

Guardava con aria stupita la ciotola vuota, Kaoru. Sbirciò sotto al letto, credendo che Kouga ne avesse rovesciato lì il contenuto, ma non trovò nulla. Poi spostò lo sguardo in direzione di Zarba.

- Hai detto che lo avresti fatto, giusto?

 

Il Madougu tossicchiò a più riprese. Aveva perso la scommessa che tra l’altro era stato lui solo a lanciare, quindi si sentì doppiamente stupido. – Vedremo. – disse solo, e non aggiunse altro. Invitare a cena Silva? No, questo per lui andava contro ogni principio. Eppure per non rimetterci la faccia e tener fede all’impegno, lo avrebbe dovuto fare. Prima o poi, certamente! Ma forse più poi che prima.

 

Dunque, per la precisione Kaoru era tornata nella camera del ragazzo dopo circa un’oretta. Lo aveva fatto perché mossa dal rimorso di averlo lasciato solo e febbricitante nella stanza. Ma quando nel dischiudere appena l’anta, lo aveva intravisto dormire, si era decisa ad entrare trovando per l’appunto e con stupore la ciotola pulita. La raccolse, per portarla via, e in quel frangente si accorse di quel pacchetto trovato da Kouga davanti ai gradini della abitazione, che recava a chiare lettere il suo nome. Non aveva ancora avuto tempo e modo di aprirlo. A dire il vero se ne era assolutamente dimenticata.  

Lo prese tra le mani, e come prima cosa si affaccendò a leggere il biglietto che riportava a caratteri cubitali la seguente scritta: “Per Kaoru. Da parte della tua amica Asami

Nel vedere la firma della rossina, le affiorò un gran bel sorriso sulle labbra. Era molto curiosa di vedere il contenuto del sacchetto. E così, senza neppure pensarci su una sola volta, iniziò a spaccottarlo, ma… quando tirò fuori la sorpresa, per lei fu uno shock.

Sbiancò di colpo nel vedere quel famoso abito rosso rubino e dalla profonda scollatura trovarsi ora lì, tra le sue mani. Era meglio se fosse rimasto al negozio, pensò all’istante.

Lo rimise frettolosamente nel sacchetto, e per la vergogna gettò l’involucro sotto al letto.

Asami questa volta aveva superato ogni limite.

 

Scese giù di corsa nel salottino dove aveva lasciato il cellulare, e con rabbia compose il numero dell’amica.

 

- Qui Asami Shinohara, la dea dell’amore nonché crocerossina delle giovani coppie innamorate!  Chi parla? – enunciò con un timbro di voce festante. Era allegra, e anche molto. L’esatto contrario di Kaoru che, incollerita come non mai, se la mangiò di colpo: - Adesso ti metti pure a scherzare?!

 

- Ah, sei tu Kaoru!

 

- Ma ti sei forse ammattita?! Come hai potuto farmi una cosa simile?!

 

La Shinohara a momenti si sentì fracassare l’udito. - Beh, dovevo pur sdebitarmi in qualche modo, no?

 

- Con un regalo così costoso? Tu sei matta!

 

-Allora ammetti che alla fine ti piace, eh? – la rossa si lasciò sfuggire una risata maliziosa.

 

- Niente affatto! Lo dicevo per il prezzo…non posso accettarlo! Oltretutto, sai già che non lo metterò mai. E poi non mi sembra che tu abbia un debito con me.

 

- E invece sì, mia cara Kaoru. E’ merito tuo se l’altra sera sono uscita con Ikuo, ricordi?

 

- Lo avevo dimenticato, accidenti! – rispose, dimostrando così di avere come ogni bravo artista sempre la testa tra le nuvole. – Com’è andata?

 

- Oh, direi bene! – rispose sospirando, e sembrò che ci fosse anche dell’altro, e infatti alla fine disse – anche se per tutto il tempo non ha fatto altro che parlare di te.

 

- Ma che sciocchezze dici? Sarà stata la tua impressione. – Kaoru cercò di dissuaderla, anche se per la verità forse lo aveva capito anche lei che ad Ikuo stava più che simpatica.

 

- Sarà- premise Asami, e poi come una saetta riprese il discorso di prima. A suo parere, molto più interessante. – Te l’ho mandato oggi perché sapevo che il maggiordomo era fuori città. Me lo avevi accennato l’altra sera, ricordi?

 

La figlia di Yuuji non afferrò il significato di quelle parole. – E allora?

 

- Beh, essendo soli in una casa così grande, avrete la via libera.

 

Finalmente il concetto Kaoru lo aveva capito, ma non ne fu particolarmente entusiasta.

- Toglitelo dalla testa!

 

- Ma dai! Guarda che tutto può succedere quando si ha campo libero, tienilo bene a mente! Presentati davanti a lui con quell’abito, e cadrà letteralmente ai tuoi piedi!

 

- Non lo farò mai! Puoi anche metterti a piangere, se vuoi. Tanto è inutile. – Kaoru camminava nervosamente, andando avanti e indietro per tutto il soggiorno. Quell’andirivieni frenetico, aveva fatto venire al povero Zarba un tremendo mal di testa.

 

- Per favore, potresti fermarti un attimino? Mi sta venendo la nausea. – le disse cortesemente.

 

- C’è qualcuno lì con te? Ho sentito una strana voce… - replicò subito la Shinohara.

 

Kaoru fece cenno all’anello di tacere. – Forse ci sarà qualche interferenza…!

 

- Ad ogni modo, provatelo almeno! Solo per farmi contenta, dai! Magari vedendotelo addosso ti farà un altro effetto, chissà!

 

L’altra si fece pensierosa. – Non ti prometto niente. Magari più tardi se ho tempo… Ma la mia idea resta sempre la stessa.

 

Asami sospirò a bassa voce. Ok, come vuoi tu. – bofonchiò, poi prima di riattaccare le confidò una cosa – Domani rivedrò Ikuo! Gli ho chiesto con una scusa se potevo rivedere meglio l’appartamento. Prega per me, amica mia!

 

- Anche se non te lo meriti, credo che lo farò! – rispose l’artista, e stavolta fu lei a prenderla in giro. – Fammi sapere poi com’è andata, ok?

 

- Contaci! E… naturalmente fammelo sapere anche tu! Non vedo l’ora di conoscere tutti i dettagli! – Ovviamente Asami si stava riferendo alla questione legata all’abito e a tutto il resto. Kaoru lo intuì senza pretese, e facendosi prendere dalla rabbia, per dispetto le chiuse il telefono in faccia.

 

- Non conosce ostacoli! – esclamò, alzando disperata gli occhi al cielo. Ma la disperazione più grossa le venne quando si ricordò in che stato aveva lasciato poco prima la cucina.

Doveva assolutamente rimettere ogni cosa a suo posto. E pur di non subire l’ira di Kouga, lo fece all’istante.

 

Lavò ed asciugò i mestoli e le scodelle sporche. Pulì il ripiano dell’angolo cottura, spazzò il pavimento raccogliendo tutto ciò che le era caduto a terra durante la preparazione della brodaglia.

Rimise ogni cosa a suo posto. Dalla prima all’ultima.

E non appena ebbe finito, con la fronte sudaticcia, si posò una mano in cima alla testa, in segno di stanchezza.

Aveva la schiena a pezzi, le dolevano gambe e braccia, tant’è che riuscì a stento a raggiungere il salottino. Si lasciò cadere sopra al divano, e si distese per riprendere fiato ed energia.

 

- Hai lavorato sodo. – commentò Zarba.

 

La ragazza alzò la mano e guardò l’anello con uno sguardo accidioso. Non riusciva più a muovere un muscolo. – Sono distrutta. Ma non potevo lasciare la cucina in quello stato.

 

- Se soltanto io avessi avuto mani e piedi, ti avrei dato molto volentieri una mano. – fece il Madougu, e questa volta non sembrava scherzare.

 

- Tu non hai un corpo, Zarba?

 

- In effetti, prima di sottoscrivere il contratto con Taiga, ne avevo uno. – confessò, e la ragazza divenne subito curiosa.

 

- Dimmi com’eri, allora, dai! Sono curiosa di saperlo!

 

- Se ci tieni così tanto, allora te lo racconterò! – L’anello magico cominciò a parlarle di quando viveva nel Makai, libero e spensierato. A quell’epoca non aveva padroni, quindi poteva muoversi liberamente, come meglio voleva. Poi un giorno il sommo Amon tramite un incantesimo lo imprigionò in un anello per concedergli l’opportunità di diventare la guida di un Cavaliere Mistico. Certo, Zarba avrebbe potuto anche rifiutare, tuttavia essendo un tipo curiosa per natura, accettò volentieri la proposta. Oltretutto, in questo modo avrebbe trascorso una vita piena di avventure, che non lo avrebbero mai fatto annoiare. E lui, dopotutto, non desiderava altro.

L’anello continuò il racconto, ma ben presto si rese conto che Kaoru si era addormentata. Sospirò, poi sorrise, e rimase lì in silenzio a vegliare su di lei come un bravo guardiano.

 

 

 

 

 

                                                                                          ***

 

 

 

 

 

Oramai sveglio, aveva disceso le scale apposta per raggiungere l’ala del palazzo riservata ai Cavalieri Mistici. Adesso Kouga stava meglio. Decisamente. Dopo aver bevuto -controvoglia- quel riprovevole intruglio, sembrava essere tornato come nuovo.

Passò velocemente davanti all’entrata del salottino, e nel farlo intravide Kaoru dormire beatamente distesa sul divano.

Entrò, avvicinandosi con lentezza la raggiunse. Vide che la ragazza teneva in una mano ancora uno degli stracci che aveva adoperato per spolverare la cucina. Con estrema calma, cercando di fare il più piano possibile, tolse il panno e poi si sentì all’improvviso chiamare.

 

- Ehilà, Kouga! – esclamò Zarba, ovviamente a voce bassa. Il giovane per un secondo trasalì. – Noto con piacere che le quindici gocce del succo di Vidra ti hanno fatto bene!

 

- Già. – rispose lui solamente, per non dare soddisfazione all’anello. Poi si soffermò sul visino assopito della giovane Mitsuki. Rimase in silenzio ad osservarla con dolcezza, e probabilmente sarebbe rimasto a farlo per chissà quanto tempo, finché la voce del Madougu non attirò la sua attenzione.

 

- Ha lavorato veramente molto. Era stanchissima, finché alla fine dopo essersi seduta si è addormentata. – fece, epoi con gentilezza aggiunse - In futuro diventerà un’ottima moglie. Certo, di strada ne ha tanta da percorrere, però devi essere fiero di lei.

 

Sorrise piacevolmente, Kouga. – Lo sono già. – disse, e lo fece con una voce serena, tranquilla. Certo, se Kaoru lo avesse sentito con le proprie orecchie, di sicuro si sarebbe stupita. Però stava riposando beatamente, quindi non ci furono sorprese per lei.

Mentre continuava ad osservarla, il giovane Cavaliere dell’Est vide che aveva l’indice della mano sinistra fasciato da un cerotto.

Le prese delicatamente la punta di quelle dita, e Zarba gli spiegò l’accaduto.

 

- Si è ferita mentre raccoglieva da terra i vetri di una bottiglia rotta. Sai, era molto preoccupata per te.

 

Nel sapere ciò, Kouga fu pervaso da una benevola sensazione. A parte Gonza e, naturalmente i suoi genitori, nessun’altro gli aveva voluto così bene.

Le riappoggiò pian pianino le dita sul ventre, poi osservò l’anello di fidanzamento che le aveva regalato e lo lambì con l’indice. Kaoru non se lo toglieva mai, ormai era diventato una parte di lei. E mentre il ragazzo pensava a ciò, provò il bisogno di compiere un gesto inatteso: le diede con dolcezza una carezza sul capo.

Aveva lo sguardo perso sopra a quel viso. Sembrava contemplarla in assoluto silenzio, ma in realtà era il battito del suo cuore a parlare per lui.

 

- Stai cambiando, Kouga. – fece all’improvviso Zarba- Grazie a questo piccolo pulcino spennacchiato, hai smesso di essere burbero e scontroso con tutti, e ti stai sciogliendo.

 

- Tu invece resterai un chiacchierone a vita. – replicò l’altro, ma solo per gioco.

 

- Probabile… però io mi piaccio così, quindi la cosa non mi dispiace. Piuttosto… che ne diresti di riprendermi con te? Mi sto un tantino annoiando.

 

In effetti il Madougu se ne stava lì da un bel po’ di ore.

Kouga accontentò la sua richiesta, e facendo molta attenzione a non svegliare Kaoru, cercò di sfilarle l’anello dal dito. Ci riuscì, ma quando fece per rialzarsi, la ragazza riaprì gli occhi.

 

A dire il vero, non si rese subito conto di Kouga. Era ancora intontita dal sonno.

Soltanto dopo essersi stropicciata gli occhi per benino, si destò del tutto.

Fissò il Cavaliere del Makai, poi mettendosi a sedere contrasse le sopracciglia: - Ma tu… che ci fai qui?

 

- Ho visto che dormivi, per cui sono passato a controllare.

 

L’artista emise l’ennesimo sbaglio.

- Dovevo essere proprio stanca… Per quanto tempo ho dormito?   

 

- Circa tre ore. – confermò il Madougu.

 

- Eeh? Così tanto?

 

- Scommetto che se Kouga non ti avesse svegliato, forse avresti continuato a dormire come un ghiro.

 

Kaoru arrossì, poi istintivamente fissò il giovane Saejima dritto negli occhi. Qualcosa in effetti non le quadrava.

- Che ci fai in piedi? Non dovresti essere a letto?

 

- Sono guarito.

 

- Questo lo decido io. – appuntò l’altra, successivamente si alzò per toccargli la fronte con la mano, ma forse ancora intontita dal sonno, o forse perché lo aveva fatto troppo velocemente, barcollando si sentì precipitare all’indietro.

Kouga la mantenne in piedi avvolgendole un braccio attorno alla schiena.

 

- Se vuoi, puoi tornare a riposare. – disse, mentre i due si ritrovarono vicini.

 

Imbarazzata, gli rivolse l’attenzione. - Meglio di no.disse, poi ebbe modo di posargli una mano sulla fronte. – Hai ragione… non scotta più.

 

- Sono libero, quindi?

 

- Direi di sì, però forse sarebbe meglio che tu non… - riuscì a dire solo questo. Il ragazzo la lasciò di colpo per allontanarsi. – Dove stai andando?

 

- Ad allenarmi. – rispose soltanto.

 

- Di già?! Ma se sei appena guarito! – sbottò, ma oramai Kouga era sufficientemente lontano, quindi dubitò che avesse potuto sentirla.

 

 

Dopo essersi risvegliata del tutto, salì le scale per poi dirigersi nella camera del ragazzo.

Gli rifece il letto, proprio come le aveva insegnato a fare sua madre da bambina, e solo verso la fine, quando ogni lembo delle lenzuola si trovava perfettamente al suo posto, con la coda dell’occhio intravide un pezzo di quel sacchetto di carta che lei stessa aveva frettolosamente occultato, sbucare da lì sotto. Si chinò verso terra per tirarlo fuori ed estrasse il vestito.

Quel pezzo di seta rossa le finì così tra le mani.

Era leggero, e sotto la luce artificiale della camera, sembrava ancor più risplendere. Se lo rigirò tra le mani, lo guardò e riguardò più volte.

Asami le aveva perlomeno chiesto di provarlo. Solo questo. Dopotutto, che cosa mai sarebbe potuto accadere?

Si mordicchiò il labbro inferiore. Tesa, lo era. Si guardò furtivamente intorno. Kouga, indaffarato con i suoi soliti allenamenti, di certo non sarebbe salito per ora. E così, dopo un’incessante tergiversare, finalmente decise di compiere il grande passo.

Si levò le scarpe, dopodichè sfilò via maglietta e pantaloni, gettò i suoi soliti indumenti a terra. Li avrebbe raccolti dopo.

L’abito non aveva cerniere o chiusure di nessun tipo, per cui andava indossato così, come si calza di solito una semplice canotta. Infilò prima la testa, dopodichè fece passare una alla volta le braccia, e tirò giù la stoffa, fino alle ginocchia. Sistemò bene ancora qualche lembo, ed infine si guardò allo specchio.

Inutile, per lei, non farsi prendere dallo stupore immediato. Quella veste la faceva sembrare un’altra persona. Forse per via del colore, certamente importante, oppure per il modello stesso, e… per non parlare soprattutto delle caratteristiche. Ovviamente la prima cosa che fece nel guardare la sua immagine riflessa, fu puntare gli occhi sulla parte alta del vestito. Ovvero lo scollo. Beh, una volta indossato, non le sembrò poi così profondo. Certo, ad esserlo, lo era, però perlomeno riusciva a coprire le parti giuste, ecco. Tuttavia, per lei era veramente troppo. Diciamo solo che Kaoru non si sentiva ancora pronta per indossare qualcosa di simile.

Fece mezza torsione con il busto, affinché potesse guardarsi anche le spalle, e dopo di sicuro lo avrebbe sfilato via per tornare ad indossare i suoi soliti ma sempre amati e comodi abiti, però non ne ebbe il tempo.

L’anta della stanza si aprì di botto, lasciando lei e l’altro senza fiato.

Soprattutto l’altro.

Kaoru trasalì nel vederlo. Kouga non sarebbe dovuto tornare così presto, ecco perché si era concessa il lusso di provare il vestito nella sua camera.

Istintivamente, la prima cosa che fece fu coprirsi il petto con le mani nel vano tentativo di occultare lo scollo.

Per qualche momento non le riuscì di spiccicare parola, tale era lo sbalordimento.

- Ecco… - disse in preda al panico, non sapendo come iniziare, cosa dire o fare. Non riusciva neppure a guardarlo in faccia, tant’era la vergogna. – Questo, era nel pacchetto di stamattina… E’ un regalo di Asami. – miracolosamente riuscì a completare la frase, non senza avvertire tremori in tutto il corpo. E dopo aver pronunciato quelle parole, tutto il calore del suo corpo sembrò salirle al viso.

In quell’istante desiderò ardentemente di sprofondare.

 

Ancora davanti alla porta, Kouga era rimasto lì in assoluto silenzio, perché incapace anch’egli di parlare. Cosa mai avrebbe potuto dire, in quella circostanza? Nulla, perché semplicemente quella stessa circostanza lo aveva colto impreparato. Infondo, lui era salito un attimo in camera per prendere un telo pulito, non di certo per assistere a quanto il suo sguardo, ancora lievemente perso, gli stava mostrando.

Tutto ciò che fece, forse senza neppure volerlo, fu portare la gamba destra in avanti.

Il gesto portò Kaoru a divenire preda dell’agitazione. Sempre per paura che il giovane potesse accorgersi dello scollo, per mantenere le giuste distanze arretrò di un passo.

Dietro di lei, a terra si trovava la custodia elegante dell’abito. La investì col piede, e credendo di aver urtato chissà che cosa, finì col perdere l’equilibro.

Andandole subito incontro, il ragazzo l’afferrò affinché non scivolasse all’indietro, e… finì col venire trascinato anch’egli.

Cascarono, ma per fortuna non a terra. Il letto attutì la caduta, ammorbidendola.  

 

Ma la situazione che da li a breve si venne a creare, fu devastante. 

 

Kouga sollevò il viso portandolo esattamente poco più sopra quello di Kaoru.

- Tutto ok? – disse, e poco dopo non riuscì ad aggiungere altro.

In che pericolosa situazione si erano mai andati a cacciare?

La ragazza non aprì bocca. In quel momento non capì assolutamente niente. Oltretutto, una parte della scolatura durante lo scontro si era leggermente spostata. Certo, non in una maniera tale da lasciar intravedere chissà cosa, però restava comunque un particolare che di certo non sarebbe potuto passare inosservato.

Le sembrò di trasformarsi in una statua di pietra. Anzi, in quel momento avrebbe voluto esserlo per davvero. Ma che altro poteva fare, trovandosi in una simile circostanza?

Come piombo, calò irrimediabilmente il silenzio.

Si sarebbe potuto sentire volare una mosca, se ve ne fossero state.

Il fatto di trovarsi lì, tra le lenzuola bianche, stesi sul letto l’uno contro l’altra, non rendeva le cose facili. Al contrario, le faceva diventare estremamente complicate.

Per un qualche tipo di riflesso condizionato, Kaoru dischiuse le labbra. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma le parole non le uscirono. Era troppo confusa per pronunciare qualsiasi cosa. E poi si rese conto di un particolare che prima d’ora le era sfuggito. Teneva una mano accostata al torace di Kouga. E nel prenderne atto, inevitabilmente poté ascoltare attraverso essa l’irregolare battito del suo cuore. Doveva essere agitato, forse più di lei, e quel pensiero la fece diventare ancora più rossa.

Trovò la forza per riuscire a fissarlo dritto negli occhi, mentre quel silenzio si faceva sempre più pressante.

E adesso? Cosa sarebbe accaduto?

Mio Dio! Quei due erano sufficientemente grandi per sapersela sbrigare da soli. Avevano l’età giusta, e soprattutto si volevano bene per davvero.

In più, in casa non c’era nessuno. Esattamente come sostenuto da Asami.

Sì, erano soli. Completamente.

Inoltre perché mai continuavano ancora a dormire in camere separate?

Perché nessuno dei due trovava il coraggio per proporre all’altro di “traslocare” e condividere lo stesso letto?

Potevano farlo benissimo, avevano le cosiddette carte in regola.  

Però, si trattava pur sempre di Kouga e Kaoru.

Un ragazzo ed una ragazza molto diversi da tutti gli altri.

Inoltre, nessuno dei due prima d’ora aveva avuto l’ardire di sfiorare l’argomento.

Ciò nonostante, già…

Qualcosa avrebbe forse potuto scatenare in loro una scintilla immediata. E questo perchè entrambi si trovavano a stretto contatto l’uno contro l’altra.

Quale occasione migliore di quella?

Inoltre, a differenza di Kaoru, Kouga era un ragazzo. Solo uno sciocco non ne avrebbe approfittato.   

Ma Kouga, era pur sempre Kouga.

Ed anche se a lui sembrava tutto così nuovo, non si sarebbe mai azzardato ad alzare un dito verso di lei.

Era sì turbato, ma per via di quell’imbarazzante situazione. Inoltre aveva letto nello sguardo della sua ragazza una lieve traccia di paura. Evidentemente ella non si sentiva pronta a compiere un passo così grande. Ecco perché non aveva fatto altro che rimanere immobile, come un esserino spaurito ed indifeso.

C’era troppo disagio tra i due, troppe paure. Era un continuo crescendo di insicurezza, turbamento, imbarazzo per una situazione inimmaginabile. 

E poi…

Il rumore di un’auto giunse in loro aiuto.

Disturbati da ciò, a quel punto tutta la tensione scemò di colpo. Kouga si rimise in piedi e guardò fuori della finestra.

Gonza era ritornato dal suo viaggio.

Approfittando del momento, Kaoru si alzò mettendosi a sedere sopra al letto, e con una mano tappò lo scollo di quell’abito. Cercò inoltre di nascondere il proprio viso spostando lo sguardo di lato. Non se la sentiva proprio, dopo quanto successo, di guardare il ragazzo in faccia. E quando quest’ultimo si avviò verso l’uscita, un pensiero lo trattenne.

Si voltò appena in direzione di Kaoru, lì per lì sembrava essere confuso. Dischiuse le labbra come a voler dire qualcosa, ma si arrestò dal continuare.  

Lasciò la camera e sparì portando con sé anche ciò che avrebbe voluto dirle.

 

Con il cuore ancora pieno di confusione, nel vederlo andar via la figlia di Yuuji si raggomitolò sopra quel letto. Sembrava un piccolo gattino accucciato.

Strinse con una mano un lembo di quelle lenzuola bianche, e poi inspirò. Avevano l’odore di pulito, erano fresche e soprattutto accoglienti.

Kaoru si sentiva veramente al sicuro.

Ma se ne rese conto solo in quell’attimo.

Quando ormai era troppo tardi. 

 

Ebbene, se non fosse stato per quel suo carattere troppo rigido e riflessivo, se Kouga anziché ragionare con il cervello lo avesse fatto con il cuore, forse le cose sarebbero andate diversamente, e lui avrebbe trovato il modo per dirle che se voleva, allora poteva restare a dormire in quella camera.

E se soltanto lui lo avesse trovato, quel coraggio, solo a quel punto, Kaoru, gli avrebbe risposto di sì.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Ecco il capitolo da molti di voi tanto atteso che ci mostra un Kouga febbricitante ed una Kaoru indaffarata più che mai!

Se l’inizio può sembrare comico, la fine del capitolo lascia un po’ l’amaro in bocca. Mentre rileggevo le ultime righe, ho sentito quasi un vuoto dentro.

Kouga e Kaoru sono proprio diversi da tutti gli altri. Quasi intoccabili!

Ok, passiamo alle risposte!

 

 

 

Per Sho Ryu Ken: Eeh… anche io vorrei poter vedere le espressioni che faccio fare a Kouga…! Comunque lo sappiamo tutti, Zarba è un chiacchierone che ama stuzzicare il suo proprietario, e questo aspetto mi piace tantissimo…! Concordo con te, Asami è proprio come Rei. Il suo modo di essere, in certe situazioni, mi ritorna sempre utile. Secondo me, se messa in mezzo a Kouga e Kaoru, può scatenare il putiferio!   

Ricorda che non sono solo io a far risplendere la luce di Garobensì siete anche voi che con il vostro affetto incitate me a farla risplendere!

 

Per _Elentari_: Come dobbiamo fare con questo Kouga che non vuole proprio imparare? La risposta a ciò arriverà molto, molto presto! ^_^

 

Per DANYDHALIA: Il faccia a faccia penso sia inevitabile, vista la situazione, e infatti ci sarà, non nel prossimo capitolo, ma ci sarà! E’ vero, a volte le bugie si dicono anche a fin di bene, però ci sono persone che preferiscono non essere ingannate, soprattutto da coloro che amano e di cui si fidano ciecamente… ma non aggiungo altro perché altrimenti rischio di lasciarmi scappare qualche altro particolare interessante!   

 

Per stelly89_s: E qua ritorniamo sempre al solito detto che recita “l’amore non è bello se non è litigarello”! Secondo me è sacrosanto! Tranquilla, non preoccuparti di nulla, quando puoi leggere e commentare lo fai, altrimenti non fa nulla. La fanfic da qui non si muove, quindi goditela con calma! 

 

 

Bene, direi che per ora è tutto!

Se riesco, vorrei aggiornare prima dell’uscita del Red Requiem… Speriamo!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Il territorio del Nord si ritroverà misteriosamente invaso da un traffico di Orrori. Kaoru, grazie anche all’aiuto di Ikuo, scamperà ad un incombente pericolo, ma i problemi per lei non finiranno. Un avvenimento inaspettato metterà la ragazza a dura prova. Spetterà a Kouga, e al provvidenziale intervento di Rei, cercare una soluzione.

Prossimo episodio: #17 Possessione

 

 

 

 

 

 

 

 

                                  

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** #17 Possessione ***


In un hotel d lusso, al banco reception c’era un uomo che stava accogliendo dei nuovi clienti

                                 Possessione

                                       #17

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

In un hotel di lusso, al banco reception, un addetto si girò per prendere la chiave di una delle tante camere messe a disposizione dall’enorme struttura, ma nel voltarsi fu afferrato con slancio per il bavero della giacca da uno strano ragazzo. Aveva uno sguardo fermo ed impassibile, indossava un cappotto di pelle interamente bianco.

Non poteva che trattarsi di una sola persona: Kouga Saejima, giunto sul posto per fare il suo lavoro.

Senza perdere tempo, gli puntò in faccia il Madoubi, l’accendino magico capace di rivelare gli Orrori, ma quando scoprì che non era l’addetto alla reception colui a cui dare la caccia, lo lasciò bruscamente andare, ed il povero dipendente, scioccato da tutto ciò, cadde a terra in preda alla paura.

 

- Riesci a percepire qualcosa? – chiese il Cavaliere Mistico a Zarba, ma l’anello apparve da subito titubante.

 

- Ha un’energia molto debole, tuttavia sento che si trova in questa sala. 

 

C’erano persone praticamente ovunque. Un andirivieni continuo, frenetico, degno di un grande albergo.

Gente che arrivava portando con sé le proprie valige, e gente che invece si faceva aiutare dai facchini addetti a quel compito.

Fu nell’osservarli con maggiore attenzione, che Kouga capì. Fece appena in tempo a vedere di sfuggita uno di quegli addetti con la divisa rossa indosso infilarsi di soppiatto nell’ascensore, come per sfuggire appositamente a qualcosa o, per meglio dire, a qualcuno.

Ad un cacciatore, per esempio.

E proprio il cacciatore iniziò a correre, nella speranza di raggiungerlo, tuttavia le porte automatiche dell’ascensore si chiusero non appena lui giunse lì. A quel punto gli restava una sola cosa da fare, per poter raggiungere la bestia: usare le scale.

In aggiunta, Zarba gli fece notare che era diretto al settimo piano. Una bella scarpinata, quindi.

Non si perse d’animo, anzi, ed iniziò la rocambolesca scalata.

 

Salì di corsa, freneticamente, finché non giunse all’ultimo gradino. Quando intravide con la coda dell’occhio il nemico sfrecciare via dall’ascensore, lo inseguì, ma la belva con una mossa astuta prese in ostaggio un’anziana donna che trafficava soprappensiero nei paraggi.

- Non avvicinarti! – ringhiò la bestia al Cavaliere che, vista la situazione, fu costretto malgrado tutto ad obbedire. Kouga si mantenne sulla difensiva. Non poteva permettersi di rischiare. Oltretutto, sul pianerottolo c’erano anche altre persone. Una di loro, accortasi della situazione, si armò di coraggio e, arrivando alle spalle del facchino lo afferrò di soppiatto mettendogli due mani intorno al collo.

La donna poté in questo modo liberarsi, così approfittando della situazione si allontanò di corsa, mentre il suo aggressore, arrabbiato come non mai, con uno scatto furente si voltò verso il coraggioso umano e lo investì con un ruggito famelico. Dopo quel fragore terrificante, il facchino si trasformò nella bestia.

L’umano sbiancò di colpo nel vedere quell’ammasso di viscidume che sembrava essere uscito dal set cinematografico di un film. Spalancò le palpebre e per riflesso iniziò ad indietreggiare, ma il terrore gli aveva procurato la paralisi quasi completa degli arti inferiori. Sembrava ormai spacciato, ma fu a quel punto che intervenne Kouga: afferrò la bestia per la coda e la trattenne sul posto.

- Scappa! – ordinò quasi subito al tizio, e quest’ultimo facendosi ancora coraggio fuggì via in preda al panico. Anche le persone che si trovavano nei paraggi scapparono urlando.

 

Non c’era più nessuno lì. Il Cavaliere e la bestia erano soli.

Senza perdere alcun tempo, Kouga lo tramortì con il fuoco magico per immobilizzarlo. Sfruttò quell’occasione anche per trasformarsi in Garo e portare a termine il suo compito.

L’Orrore con le mani agli occhi gridò, poi come un animale impazzito si lanciò verso il suo cacciatore. Il lupo d’orato dell’Est lo respinse con la spada, e la bestia finì dritta nella cabina dell’ascensore.

Garo lo raggiunse lì dentro, le porte si chiusero alle sue spalle.

    

 

 

Giù nella hall dell’albergo era scoppiato il panico generale. La vecchina aggredita era sotto shock, e anche il tizio che aveva cercato di salvarla stava male.

All’improvviso le porte dell’ascensore si aprirono di colpo. Tutti i presenti si voltarono.

Kouga uscì. Era da solo. Rinfoderò la propria spada, e sotto l’attenzione allibita della gente, percorse la hall ed andò via.

Lo scontro si era concluso ancora una volta a suo favore.

Come sempre.

 

 

Tra un passo e l’altro, nel bel mezzo della strada, qualcosa solleticò il fine udito di Zarba.

- Kouga… - disse, e quando l’umano sollevo il braccio, continuò – C’è un altro Orrore nelle vicinanze.

 

- Ancora? - Sfinito dal combattimento avvenuto nell’hotel, il giovane umano sollevò con accidia lo sguardo verso il cielo. – E’ il terzo da questa mattina.

 

- Evidentemente si saranno messi d’accordo per darti fastidio. – scherzò l’anello, per sdrammatizzare la faccenda.

Nello stesso istante, l’infida creatura si parò d’innanzi a loro. Kouga sbuffò seccato, e per l’ennesima volta si preparò a sguainare la sua spada.

 

 

 

 

 

                                                                                 ***

 

 

 

 

 

Era pomeriggio inoltrato ed il sole ormai si stava preparando a lasciare spazio alla luna.

Kaoru si trovava nel corridoio situato fuori l’aula di disegno. Stava leggendo qualcosa sopra la bacheca attaccata al muro. I risultati di un compito che aveva svolto una settimana prima. Quello legato al concetto dell’eleganza, per essere più precisi.

Ad un tratto le si avvicinò Ikuo Shiota. Avendo partecipato anch’egli all’esame, era curioso di conoscerne l’esito, ma soprattutto di vedere anche quello dell’amica.

- Però! – esclamò entusiasta – Mi hai battuto di ben 5 punti! – disse rivolto alla mora. – La cugina del tuo ragazzo sembra avere avuto un certo effetto. 

 

Lei sorrise.

Grazie a Souka era arrivata terza in quella classifica.

Fu più che felice di vedere quel voto impresso lì, in mezzo a tanti altri.

Nel corridoio ormai non c’era più nessuno. Tutti erano andati via, e tra poco l’istituto avrebbe chiuso i battenti per riaprirli la mattina seguente, come ogni giorno.

Restarono solo Ikuo e Kaoru, che continuavano a commentare i risultati del compito con un certo interesse.

Ad un tratto le luci del posto andarono di colpo via. Tutto cadde preda del buio.

I due si guardarono intorno spaesati.

 

- Forse un cortocircuito. – ipotizzò il giovane Shiota, ma Kaoru, quando apprese con sorpresa la verità, sentì il dovere di correggerlo all’istante.

 

- Non direi proprio. – disse a stento e con un filo di voce, mentre guardava oltre le spalle del ragazzo. Aveva sul viso un’espressione a dir poco terrorizzata, gli occhi spalancati. Lui non capì il perché di tanto sgomento. Così si voltò, e anch’egli ci restò di sasso.

Davanti a lui c’era un Orrore.

Sì, proprio così. Una di quelle creature orripilanti che divoravano senza pietà le persone.

E Kaoru li conosceva benissimo. Sapeva inoltre quanto potessero essere infide e crudeli con le proprie prede.

Non perse tempo. – Corri – disse dapprima, sibilando la parola. Lui stordito non sentì, così l’altra iniziando ad indietreggiare con molta attenzione, di colpo urlò: - Corri!!!

 

A quel punto non ci fu altra scelta.

Se fossero rimasti lì, beh, di sicuro sarebbe andata a finire molto, molto male.

 

Scapparono con il cuore che batteva all’impazzata, fuori controllo. Raggiunsero in un baleno l’uscita sul retro, la più vicina a loro. Non appena Kaoru cercò di spalancare la porta, si accorse che era chiusa. Ikuo le fece cenno di spostarsi da lì, e dopo aver preso una breve rincorsa, buttò giù la porta a spallate. Ce ne vollero ben tre, prima di riuscire a scardinarla del tutto. Afferrò poi la ragazza per una mano, e si lanciarono all’esterno.

 

- Ma che diavolo è quella… cosa?! – trovò il tempo di dire, mentre continuavano a correre a più non posso.

 

Kaoru presa dalla confusione si lasciò scappare una frase: - Sembra che io sia il loro bersaglio preferito!

 

- Come hai detto?!Ikuo era frastornato, e faceva bene ad esserlo. Si sentiva braccato come una preda che fa del tutto per sfuggire al suo cacciatore. – Vuoi forse dirmi che conosci quei… cosi?  - Non sapeva proprio come chiamarli.

 

E Kaoru, trovandosi alle strette, fu costretta a dire qualcosa. – Diciamo che li conosce meglio Kouga.

 

- Ma dove lavora il tuo ragazzo?! In un circo di bestie rare?! – sbottò sconcertato il giovane Shiota. Tutto gli sembrò terribilmente strano. Sperò inoltre di trovarsi sul set cinematografico di un film. Ma purtroppo, quando si rese conto che quell’essere era più vero che mai, dovette in qualche modo farsene una ragione.

 

 

 

A non molti isolati da lì, Kouga stava preparandosi a rientrare. Era stanco, l’aria spossata, sfinito dalla mole di straordinari che non lo avevano lasciato in pace.

Adesso desiderava solo rincasare, farsi sfilare il soprabito da Gonza e sedersi sulla sua poltrona preferita, magari ad osservare di sottecchi la sua Kaoru che dipingeva l’ennesimo quadro.

Ad un certo punto dalla bocca di Zarba fuoriuscì un borbottio. Ne seguì un altro, poi un altro ancora. Il giovane gli gettò con accidia un occhio. Poi quel suono strano si trasformò in parola.  

- Ohi ohi, Kouga… - fece, e quel timbro non lasciava presagire nulla di buono.

 

- Che cosa c’è stavolta? – rispose l’umano, con estrema pazienza.

 

- Una Chimera Mistica.

 

- Dove?! – chiese subito con tono allarmato.

 

E alla risposta del Madougu, tutta la sua stanchezza si dissolse in un colpo: - Sta inseguendo Kaoru.

 

 

 

 

 

                                                                                 ***

 

 

 

 

 

Ikuo e Kaoru si trovarono con le spalle al muro, o meglio, ad una grata.

La loro intenzione era quella di fuggire sì all’aperto, ma l’uscita posteriore dell’istituito era tutta recintata. E nonostante Ikuo avesse cercato di buttare giù per l’ennesima volta a spallate la porta di quello steccato, essendo chiusa da un lucchetto massiccio con tanto di catene, alla fine dovette arrendersi.

La spalla gli doleva, tuttavia se non avesse trovato un’altra via d’uscita, non sarebbe stata solo quella a fargli vedere le stelle, bensì l’intero corpo, dilaniato dalle fauci di quel mostro.

L’essere ormai era a pochi metri da loro. Da un momento all’altro si sarebbe scagliato sui due, senza dargli via di scampo.

La ragazza tremava, iniziò a sudare, e più la bestia si avvicinava a loro, più sentiva il cuore aumentare il suo battito. Chiuse gli occhi per non guardare. Ikuo la strinse a sé nella vana speranza di proteggerla, ma in realtà entrambi sapevano che non c’era molto da fare. Potevano solo sperare in un miracolo improvviso. E per fortuna, quel miracolo avvenne.

Sul posto giunse di corsa l’erede di Taiga Saejima. Il tempo sembrò fermarsi. Lentamente la Chimera si voltò verso egli, lo guardò quasi con ironia, e sorridendo sparì.

Kaoru riaprì gli occhi, vide Kouga con la spada sguainata, era confusa, ma un senso di gioia la portò a rianimarsi. La prima cosa che fece, senza pensarci nemmeno due volte, fu staccarsi dall’amico che finora l’aveva protetta, e correre in direzione del suo Cavaliere.

Gli si gettò tra le braccia. Quasi non desiderava altro.

 

- E’ apparso all’improvviso, non sapevo cosa fare…!– balbettò mentre lo guardava negli occhi. Era spaventata, terrorizzata. Le tremavano ancora le mani, il corpo.

 

 

- Adesso è andato via. E non tornerà più. – disse Kouga, posandole affettuosamente una mano sul capo per cercare di calmarla.

 

A quel punto Ikuo non riuscì a trattenersi, e preso da uno scatto di ira improvvisa scoppiò – Mi spiegate che diavolo era quella cosa?!

 

Il Cavaliere Mistico lo guardò in faccia. – Nulla che ti possa riguardare. – replicò secco. Ma l’altro proprio non riuscì a tollerare una simile risposta.

 

- E invece mi riguarda!  Kaoru mi ha detto che riguardano anche te.

 

La figlia di Yuuji fece scendere lo sguardo verso il basso. In effetti si era lasciata sfuggire quel particolare durante la fuga, solo perché in preda all’agitazione. Ikuo riprese, perché non aveva di certo finito il discorso – Voleva… divorarci! C’è mancato veramente poco! E se fosse successo qualcosa a Kaoru? Se io non fossi stato insieme a lei…? Tu non puoi mettere a repentaglio la vita della tua ragazza in questo modo!    

 

Alterato da quella frase, Kouga si sentì il dovere di ribattere amaramente. – Non lo farei mai. – lo investì con un’occhiata torva. Kaoru li guardò entrambi con sgomento. – Chi parla senza conoscere i fatti, farebbe meglio a tacere.

 

L’altro ricambiò lo sguardo con un’occhiata altrettanto aspra, e si convinse sempre più di una cosa. – Tu non meriti di stare con una ragazza come lei.

 

Quella frase spinse Kouga a fare uno scatto in avanti, deciso più che mai a mettergli le mani addosso, tuttavia la ragazza lo trattenne per evitare che la situazione degenerasse ulteriormente.

Forse Ikuo non aspettava altro. Forse voleva proprio dargli una bella lezione.

I due si fissarono con un’ostilità reciproca, sotto i raggi di un tramonto che stava per scemare.

Ikuo scosse ancora il capo. Guardò Kaoru, e poi se ne andò via, tenendosi con una mano la spalla dolorante.

Quando furono da soli, la ragazza lasciò il braccio di Kouga e gli rivolse uno sguardo.  – Sai… l’ho capito. – disse ad un tratto, mentre lo spadaccino avvertì un lieve tremore. – La prima sera durante il trasloco, quella sul pontile che affacciava sul mare, poi nel Kantai, ed infine questa… Quelle creature non sono Orrori, vero?– Kaoru sembrava sì aver capito, ma fortuna per Kouga non tutto. – Sta succedendo qualcosa, è così? – chiese ancora, sempre con un tono di voce calmo, pacato. Si sforzava di esserlo.

L’unica cosa che il ragazzo riuscì a dire, distrutto da una faticosa giornata come quella, non servì a darle una risposta:

- Sono stanco. Torniamo a casa. - Si avviò per primo verso l‘uscita, mentre la pittrice lo osservava allontanarsi in silenzio. Sentì un velo di tristezza sfiorarle il cuore.

Avrebbe voluto che lui si fosse confidato, avrebbe voluto essergli d’aiuto in qualche modo. Però sapeva che per fargli dire una parola soltanto ci voleva tempo, e soprattutto pazienza.

Un’infinita pazienza.

 

 

 

 

 

                                                                                ***

 

 

 

 

 

Rei si trovava nel Palazzo del Cane da Guardia.

Il sommo sacerdote del Makai gli aveva appena chiesto di recarsi nel continente del Nord, dove lavorava uno dei suoi colleghi nonché detentore del titolo di Garo, Kouga.

Si erano manifestati troppi Orrori, perciò serviva una mano.

Salì in groppa alla moto parcheggiata lì fuori, dopodichè si infilò il casco e partì per la missione.

 

Nello stesso momento, Kaoru correva per raggiungere Asami che l’aveva in precedenza chiamata. La rossina sembrava doverle parlare con una certa urgenza.

Giunse d’innanzi all’amica con il fiatone, così si sedette sulla panchina del parco pubblico a riposare.

 

- Questa volta sei tu ad essere in ritardo e non io. – puntualizzò Asami, e l’altra malgrado tutto fu costretta a darle ragione.

 

- Oggi mi è successo di tutto. – replicò a stento, pensando all’intera giornata.

 

- Hai litigato ancora con il tuo bel cavaliere? – disse ad un tratto, e quell’affermazione portò Kaoru a sorridere di gusto. La Shinohara aveva usato proprio la parola giusta, pensò, senza in realtà sapere che Kouga lo fosse per davvero, un Cavaliere.

 

Sospirò alzando gli occhi in aria. – Non ho proprio litigato, però a volte è così difficile capirlo… Io cerco di fare del mio meglio per essergli d’aiuto, ma lui non me lo permette. – la pittrice confidò all’altra che da un po’ di tempo il ragazzo era strano. Più nervoso del solito.

 

E solo dopo, quando ebbe finito di parlare, Asami storse le labbra dicendo una cosa alquanto inaspettata. – Secondo me faresti meglio a non sprecare altro tempo con lui. Non se lo merita.

 

Guardandola dritta in faccia con fare allibito, Kaoru non poté fare a meno di chiederle: - Sei sicura di stare bene? Al telefono eri un tantino strana.

 

Sorrise educatamente.

- Benissimo, direi. Anzi, mai stata meglio! – le brillavano gli occhi, eppure all’artista quello continuò a parere un comportamento bizzarro. Asami non le avrebbe mai parlato in un simile modo.

La conosceva benissimo, era certa che non lo avrebbe fatto. Forse l’amica era solo stressata dal lavoro? Forse aveva litigato con la sua ennesima fiamma?

Mentre rifletteva su ciò, ad un tratto si sentì afferrare il polso sinistro. Aggrottò la fronte e spalancò gli occhi nel vedere un Asami intenzionata a sfilarle l’anello regalatole da Kouga. Oppose chiaramente resistenza, cercò in tutti i modi di evitare che l’amica riuscisse a levarglielo dal dito, e proprio in quell’attimo l’intervento inaspettato da parte di una persona portò entrambe a distrarsi.

Rei, che fino a quel momento era rimasto nascosto dietro una colonna, adesso si trovava davanti alle due.   

Prima ancora però di intervenire, il Cavaliere d’Argento dell’Ovest aveva chiesto a Silva di mettersi in contatto con Zarba, affinché potesse esporgli il problema.

Già, ma qual’era questo famigerato problema? E perché lui si trovava lì, quando in realtà doveva dare la caccia agli Orrori?

In realtà, lui il suo lavoro lo stava per l’appunto proprio facendo.

 

Asami lo vide e trasalì. Entrambi si scambiarono un’occhiata. Kaoru guardò attentamente la scena con fare perplesso. Era sempre più smarrita.

- Rei… - disse, guardando il giovane in questione. – Come mai qui?

 

- Sto lavorando! – rispose il moretto, e sorrise beatamente. Ma soprattutto sorrise in modo particolare alla giovane Shinohara. Le allungò una mano, per educazione – Molto piacere! Mi chiamo Rei! – esclamò, ma l’altra sembrava titubante. – Cos’è, ti faccio forse paura? – aggiunse, e anche se con tremore, la rossina fu costretta ad allungargli l’arto per non sembrare maleducata. Fu a quel punto che lui anziché scambiare una stretta di mano amichevole, la prese con forza e le puntò il Madoubi dritto in faccia. Le pupille di Asami illuminate dal fuoco guida azzurro si trasformarono, rivelando così che dentro di lei c’era qualcosa di pericolosamente oscuro.

A quel punto fu costretta a darsi una mossa: gettò via l’accendino dalle mani del giovane che distratto da quel gesto improvviso distolse lo sguardo ed abbassò la guardia.

L’errore gli costò caro.

Asami afferrò Kaoru trascinandola via, qualche metro più avanti. - Ma che sta succedendo?! – replicò la giovane Mitsuki in preda alla confusione e adesso anche al panico.

Era sempre più disorientata, sempre più confusa nel vedere la sua migliore amica comportarsi in un simile modo. Perché la teneva stretta come se fosse un ostaggio da utilizzare contro il più pericoloso dei nemici?

 

Rei capì che la situazione non era per nulla semplice. Se avesse deciso di intervenire, avrebbe rischiato di coinvolgere anche Kaoru, per cui sguainare le armi non gli sarebbe servito a niente. Almeno non in quel momento.

 

- Ti ho in pugno, Cavaliere! – sibilò la rossina, con una voce carica di rabbia. Strinse ancora di più il braccio della pittrice, tant’è che Kaoru provò subito un lancinante dolore.

 

- Asami…!? Che stai facendo?! – disse in preda all’esasperazione, mentre faceva del suo meglio per sfuggire a quella serrante morsa.

 

La replica di Rei arrivò senza preamboli inutili: - Non è più la tua amica! – disse apertamente, e dopo quelle parole, proprio come c’era da aspettarselo, Kaoru azzittì.

 

Si girò lentamente verso la Shinohara, vide che i suoi occhi non erano più gli stessi, e fu a quel punto che si rese conto della verità.

Rimase assolutamente immobile. Era terrorizzata non dal fatto di trovarsi in pericolo, bensì ciò che le faceva veramente timore era sapere che quell’amica, la sua migliore amica, di umano adesso aveva ben poco. Si sentì crollare il suolo sotto i piedi. Deglutì, un gelido brivido le attraversò la schiena, poi i pensieri la investirono con violenza.

Asami posseduta da un Orrore?

No. Non poteva crederci. Assolutamente. Non voleva crederci, si rifiutava. Eppure, più Kaoru guardava quella giovane donna ed i suoi occhi ormai privi di luce, più si sentiva sconvolta e confusa. Non c’era nessuna recita in atto, non era un semplice scherzo. Quella era la realtà.

 

Kouga arrivò sul posto all’improvviso.

Si vedeva chiaramente che aveva corso, e anche parecchio.

Con ancora il fiatone si guardò rapidamente intorno. Gli bastò semplicemente vedere la morsa serrata di quella donna che stringeva con pericolosa violenza Kaoru per cadere preda del panico. Mosso dall’istinto fece un passo avanti, ma Asami indietreggiò strattonando bruscamente il suo ostaggio.

Deglutì, poi guardò Rei, come a volere una conferma, e quest’ultimo annuì.

Kouga era spiazzato. Rivolse uno sguardo a Kaoru che lo fissava con aria sconvolta.

Che razza di situazione era mai quella?

Non poteva capitargli di peggio.

- Quanto è infame il destino. – disse Zarba, anch’egli turbato da tutto ciò. – Ma tu sei un Cavaliere Mistico, e devi fare il tuo dovere.

Kouga non rispose. Cosa avrebbe potuto dire?  

 

Successivamente Asami lo investì con un’occhiata sprezzante. – E’ arrivato anche il Cavaliere d’Oro! – sorrise con perfidia, e portò una mano sotto al mento di Kaoru. - Sei addolorato nel vedere che la vita di questa umana è nelle mie mani?

 

- Cosa vuoi in cambio? La libertà? – rispose con fermezza il giovane Saejima, credendo che la creatura volesse proprio quello.

 

- Al contrario… - rispose prontamente l’essere, e con la frase successiva stupì tutti i presenti: - Pur di vederti soffrire, sono disposta a sacrificare la mia stessa vita, e questa ragazza verrà con me!

 

Kouga ebbe un sussulto. Rei lo guardò all’istante, dovevano intervenire alla svelta, e infatti posarono le mani sulle anse delle spade, ma nello stesso attimo la voce dell’artista li trattenne bruscamente dall’intervenire.   

-Fermi! – urlò ad entrambi. Come poteva permettere a loro di fare del male ad Asami? Scosse fortemente il capo.

 

- Hai coraggio, giovane umana. – rispose la rossina. Ma ovviamente non era più lei a parlare. – Perché mi difendi?  

 

Kaoru ribatté seduta stante. – E’ l’affetto che ho nei confronti della mia migliore amica che mi spinge a farlo!

 

L’altra scoppiò a ridere. – Ma la tua amica non esiste più ormai. Devi rassegnarti.

 

- Io so che Asami c’è. La posso ancora sentire attraverso il calore della sua pelle, e non mi rassegnerò mai all’idea di doverla perdere.  

 

- Sei solo una sciocca sognatrice! Tutti gli esseri umani lo sono.

 

Kaoru chinò lo sguardo verso terra, la vista le si annebbiò e con i ricordi tornò indietro nel tempo. – Quand’ero piccola, all’asilo molti bambini mi prendevano continuamente in giro perché non avevo più i genitori. Tutti mi tenevano alla larga, nessuno voleva giocare con me e spesso venivo esclusa e lasciata in disparte. Un giorno uno di loro gettò in una pozzanghera il mio album pieno di disegni, io scoppiai a piangere mentre tutti gli altri ridevano, ma all’improvviso si avvicinò una bambina. Raccolse quel blocco e poi scaraventò il compagno nella stessa pozzanghera. Da quel giorno diventammo subito inseparabili e nessuno osò più trattarmi male. Quella bambina si chiamava Asami. E’ stata per tanto tempo la mia più cara amica, e continuerà ad esserlo perché io ho fiducia in lei e so che non riuscirebbe mai a farmi del male. – Kaoru la guardò con fermezza. Le brillavano gli occhi, ma dentro non aveva più paura. Continuava ad avere fiducia nell’amica, continuava a non perdere la speranza.

Quella convinzione così forte, riuscì in qualche modo a raggiungere il cuore della vera Asami Shinohara. Presa dalla confusione, disorientata da ciò, l’influsso malefico della creatura scemò per un attimo, facendo riemergere la parte buona dell’essere umano.

Asami riuscì a prendere il controllo di stessa, del proprio corpo. Lasciò andare l’amica, la guardò dritta in viso con aria sofferente, dolorante. – via… - disse a stento - Non voglio farti del male, Kaoru… – crollò con le ginocchia al suolo, tenendosi la testa tra le mani.

 

- Sta combattendo contro l’Orrore che è in lei. – spiegò Silva, mentre la giovane Mitsuki nel veder l’amica soffrire in quel modo, provò un forte senso di impotenza.  

Rei intervenne all’istante, con le spade sguainate fece indietreggiare Kaoru, ma questa gli afferrò un braccio.

 

- Ti prego…! – disse a stento, con la gola secca e le lacrime agli occhi.  

 

- E’ stata posseduta.

 

- E questo che significa?

 

- Non possiamo fare nulla… ormai. – rispose ancora una volta il Cavaliere dell’Ovest. E per lui quella risposta aveva un sapore triste ma amaro al tempo stesso.  

 

Kouga era rimasto in assoluto silenzio. Si avvicinò a lei, le posò una mano sulla spalla e la guardò in volto. Non sapeva cosa dirle perché ogni parola sarebbe stata inutile.

 

Che significa che non potete fare nulla? – disse Kaoru, ma stavolta il tono della sua voce era quasi flebile, spento. Guardò ancora l’amica con le ginocchia a terra e la testa tra le mani mentre tentava di opporsi all’essere che l’aveva catturata. Sentì gli occhi bruciarle, divenne calda per via della rabbia, dell’agitazione. Scosse il capo. Non voleva accettare quella realtà. – Ci deve pur essere un modo per salvarla!

 

Rei fu categorico a riguardo. – Il processo è irreversibile.

Quella risposta le spezzò ogni speranza. Guardò istantaneamente Kouga, come a cercare in lui una conferma. E quest’ultimo, con un’espressione sofferta, purtroppo fu obbligato ad annuire. Fare quel gesto gli costò veramente tanto.

 

- Bisogna eliminarla ora, finché è innocua. – propose alla svelta Silva.

 

La mora divenne subito irrequieta. – Eliminarla?! Voi… non potete! – disse, e a quel punto le lacrime presero a bagnarle copiosamente il viso.

Rei aveva già le spade sguainate. Guardò di sottecchi il collega. Vide che era combattuto. D’altronde, come poteva uccidere la migliore amica di Kaoru? Da ciò, il Cavaliere dell’Ovest capì che Kouga non avrebbe mai sfoderato la propria arma verso quell’essere umano.

Quindi decise di farlo lui stesso.

Ormai non c’era scelta. Si avvicinò ad Asami, ma Kaoru tentò di andargli incontro. Pur di fermarlo, era disposta a mettersi in mezzo. Kouga la trattenne.

- Lasciami andare! – strepitò piangendo – Lasciami andare da lei! – ripeté ancora, in preda alla disperazione. – Ti prego… - disse per un’ultima volta, e la tristezza, nel tono della sua voce, più che mai era tangibile.

Nel vederla così, a Kouga gli si strinse irrimediabilmente il cuore. Non potendo fare altro, a quel punto la strinse fortemente a sé.

Se soltanto lui avesse potuto fare propria almeno una piccola parte della sua sofferenza, senza esitare lo avrebbe fatto.

 

Perché Asami?

Perché proprio lei? Un tipo solare ed ottimista, a prova di Orrori.

No, non era giusto che quella ragazza dovesse morire così, in quel modo. Meritava di vivere più di chiunque altro.

Non poteva finire così. Doveva pur esserci un modo per salvarle la vita. E, nell’avere un attimo di esitazione, Rei capì che probabilmente non tutto era perduto.      

 

- Forse… - premise tentennante – si può fare ancora qualcosa.

 

Sia Kaoru sia Kouga lo guardarono con un’espressione a dir poco sconcertata.

Intervenne Silva, allarmata da quelle parole. Temeva già il peggio. – Non vorrai mica provare con la Croce Mistica, spero! – ovviamente anche il suono della sua voce era piuttosto inquieto.

 

Kaoru scosse il capo, senza capire. – Di cosa state parlando?

 

- E’ una sorta di esorcismo – le spiegò Zarba – si può praticare solo quando il soggetto in questione risulta essere ancora cosciente.

 

Rei continuò quel discorso. – La tua amica ha dimostrato di esserlo. Sta lottando con la bestia che dimora in lei, e ciò significa che può essere salvata.

 

Quella frase riaccese in Kaoru un barlume, anche se flebile, di speranza.

- E allora fallo! Che aspetti?!

 

- Non è così semplice. Se la procedura fallisce, quella ragazza morirà seduta stante.

 

- Ma se non fate nulla, lei morirà comunque! – L’artista aveva ragione. Guardò il Cavaliere dell’Ovest, e con quello sguardo così carico di speranza riuscì a colpire il suo cuore. Sospirò, Kouga aveva già capito, così prendendo Kaoru per mano la fece indietreggiare.

A quel punto Rei aveva preso la sua decisione.

E la procedura per la purificazione di Asami, poté cominciare.

 

Per prima cosa prese un talismano mistico dal taschino interno del soprabito nero, successivamente lo adagiò sul petto della giovane umana. Afferrando la propria arma, tracciò una croce in aria, esattamente sul corpo disteso di Asami. Quel simbolo si colorò di rosso, e prese a luccicare come un faro abbagliante in piena notte.

Silva era preoccupata. Sentì il bisogno di ricordargli una cosa legata alla procedura. - Se il talismano dovesse bruciare prima che l’Orrore venga espulso dal corpo, a quel punto dovrai ucciderla subito.

 

- Questo lo so bene. - assentì il ragazzo, sperando che ciò non accadesse.

 

- Sai anche che se non lo farai, l’Orrore si impossesserà di te?

 

A quella domanda Rei non rispose.

Sapeva già tutto, ma nonostante ciò doveva provarci ugualmente perché il compito di un Cavaliere Mistico era quello di salvare le persone anche a costo della propria vita.

 

Asami sentì un dolore lancinante al petto.  

La croce stava cercando di purificare la sua anima ed incenerire l’essere che si trovava nel suo corpo. Nel rituale della Croce Mistica, il talismano serviva a trattenere e a stordire la creatura.

Quello era di sicuro un meccanismo che doveva causare un gran dolore non solo alla creatura, ma anche all’umano che la stava ospitando. E infatti, la giovane Shinohara urlò disperata, arrivando perfino a piangere a causa di quel tremendo spasmo.

Nel vederla in quello stato, Kaoru si sentì male almeno quanto lei. Si strinse a Kouga più forte che poteva, e cercò di soffocare le grida disperate della sua migliore amica affondando il capo tra i drappeggi di pelle di quel soprabito bianco.

Lui non poté fare altro che attendere. Cercò di trasmetterle tutte il coraggio che poteva, abbracciandola con calore.

Sopra quel suo volto sempre imperturbabile adesso c’era solo un velo di tristezza. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di evitare a Kaoru una simile sofferenza.

Proprio in quell’attimo Rei si accorse che gli angoli del talismano stavano iniziando a bruciare.

Pregò affinché la carta magica restasse intatta, affinché quell’incendio di ridotte dimensioni non si espandesse fino a consumarla del tutto.

 

- Rei – disse alla svelta Silva – la carta si sta inesorabilmente consumando! – con quelle parole, gli fece capire che forse avrebbe fatto meglio a preparare le armi.

Lui sospirò soltanto, e posando una mano sull’ansa di uno dei due spadini, si apprestò a tirarlo fuori, ma… in quel preciso istante la luce della croce raggiunse la sua massima intensità, finché non si spense di colpo.

Si udì un boato, poi dal corpo di Asami fu espulsa una nube di polvere scura come il petrolio.

Kaoru assistette alla scena con aria incredula, smarrita. Guardò all’istante KougaCosa è successo?! – chiese in preda al panico, con il cuore che non le sembrava batterle più in petto, bensì in gola.

E quando vide il Cavaliere dell’Est sorridere, allora si rese finalmente conto che Asami, la sua migliore amica di sempre, era finalmente salva.

Sentì subito il desiderio di correre da lei. - Asami..?! Asami?! – pronunciò quel nome a più riprese, ma la giovane Shinohara non riaprì gli occhi.

 

- Credo che sia meglio portarla all’ospedale. – disse Rei.

 

E a quel punto si mobilitarono per darsi da fare, senza perdere altro tempo.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                            

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Finalmente riesco ad aggiornare…

Questo è il link dove potete vedere la fan art legata al capitolo: http://4.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/TR4G1JONSYI/AAAAAAAABSU/B56nWS6bl_Q/s1600/Botan+91.bmp

 

Oggi non mi divulgherò molto perché a causa di una brutta influenza non mi sento molto bene. *leggete tranquillamente “sfiga”* Non riconosco una A da una B e viceversa, o volendo restare in tema, mentre rileggevo questo capitolo avevo l’impressione che Kouga fosse diventato Rei e Rei Kouga, e che Zarba fosse un Santo…

Nonostante tutto, ci tenevo assolutamente a pubblicarlo oggi per chiudere l’anno in bellezza (per voi… Per me è di sicuro in bruttezza…), perciò, passate tutti un magico capodanno all’insegna di fuochi d’artificio e GARO!

 

Botan

 

 

 

Per DANYDHALIA: Hai ragione, Kaoru doveva curare Kouga per almeno una settimana! E chissà cosa avrebbe combinato, poverina… Però un Cavaliere Mistico non può permettersi una simile “vacanza”, e purtroppo ho dovuto accantonare l’idea per non andare troppo fuori serie. Essendo un tipo molto, ma molto curioso, dammi il tempo di organizzarmi, che una lettura alla tua storia sempre ci scappa!    

 

Per Sho Ryu Ken: Tu cominci a scrivere la tua recensione con un “Gonzaaaa! Dove seiii!” e io rispondo con un altrettanto “Gonzaaa! Dove seiii!” perché avrei proprio bisogno di lui e della sua famigerata brodaglia… Konitan mezzo svestito dici, eh? Vogliamo parlare di Mr. Trampolino? ^__^

In realtà, Zarba una specie di corpo ce l’ha… C’è una foto in uno dei visual book di Garo dove si vede in tutto il suo splendore! Un giorno preparo una scansione e te la faccio vedere! Parlando della vendetta… mah, diciamo tutte e due: l’anello ha agito sia per ripicca che per il bene del suo proprietario!

E beh, la scena della stanza da letto è stata veramente difficile. Non sai quante volte l’ho riletta, ricorretta e modificata perché temevo di finire fuori character e di guastare il tutto. E per quel che riguarda il “riprovarci” di cui tu mi parlavi, aspetta e vedrai! *si bea sogghignando*

Mi cucio la bocca!

 

Per _Elentari_: A quanto pare il mini racconto dedicato a Zarba è piaciuto proprio a tanti! Quell’anello ha il suo fascino, è proprio vero! 

 

To Mitra: Thanks a lot, Mitra! I was very happy to receive your comments! So many…! ^__^ Thanks again, you’re very kind!

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Un incontro voluto, cercato. Kouga finalmente otterrà ciò che più stava tentando di trovare: L’ubicazione esatta del misterioso Shiro Yomoda. Un confronto sarà inevitabile, ma una volta lì, non è detto che i suoi dubbi potrebbero trovare una lauta risposta.

Prossimo episodio: #18 Incontro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** #18 Incontro ***


Riaprì gli occhi dopo aver passato l’intera notte in ospedale, Kaoru

                                  Incontro

                                     #18

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Riaprì gli occhi dopo aver passato l’intera notte in ospedale.  

Era rimasta lì accanto all’amica, senza staccarsi da lei per un solo istante.

Secondo la diagnosi dei medici, nonostante il forte shock, il suo organismo non aveva subito gravi danni.

Asami sarebbe dovuta restare un paio di giorni sotto stretta osservazione medica, e soprattutto a riposo.

La figlia di Yuuji quando fu del tutto vigile si rese conto che la rossina la stava osservando. Molto probabilmente doveva essersi svegliata da tempo.

- Asami…!? – esclamò rianimandosi in un lampo, e si alzò subito dalla sedia dove si era appisolata durante la notte. – Come ti senti? Vuoi che chiami un medico? – fece a più riprese. L’agitazione le ballava negli occhi.

La sua migliore amica, in quanto tale, se ne accorse, ma nonostante il lieve stato di spossatezza sorrise. – Che c’è? – chiese a quel punto Kaoru, non si ricordava di aver detto o fatto qualcosa di strano.

 

- Niente. E’ solo che quando fai così, è impossibile non ridere! – la Shinohara la guardò ancora. Stavolta aveva assunto un’espressione quasi malinconica – Sei stata qua tutta la notte, vero?

 

- Non potevo lasciarti da sola. – asserì, ne era più che convinta. – Ho telefonato ai tuoi. Arriveranno a momenti.

 

Asami non poté fare altro che sospirare. Guardò ancora l’amica e stavolta le sorrise con dolcezza. – Grazie! – pronunciò, con un timbro pacato e dolce allo stesso tempo. Cercò di prenderle la mano, e malgrado le mancassero ancora le forze, lo fece con trasporto. Lo fece con quella stessa energia di chi, nel momento di maggiore bisogno trova qualcuno pronto a dargli un prezioso sostegno.

La sua era una gratitudine sincera.

Kaoru arrossì leggermente. Ma più di ogni altra cosa, sapere che poteva ancora parlare con la sua migliore amica la ripagava abbondantemente di tutte le difficoltà che aveva dovuto affrontare pur di salvarla.

Poi ad un tratto Asami, com’era consono che fosse, le fece una domanda in particolare: - Che cosa mi è successo?

 

La mora ebbe un sussulto. Non poteva raccontarle la verità. Avrebbe rischiato di spaventarla per davvero. – Sei svenuta mentre stavamo chiacchierando in quel parco, ricordi?

 

Scosse il capo, sconsolata. - A dire il vero, no... – dopodichè fu costretta ad ammettere – Forse sto lavorando troppo… però – fece una breve pausa. Sembrava che stesse ricordando qualcosa – ho come la sensazione di essere stata inseguita da un orrendo mostro.

 

Kaoru sussultò ancora una volta. Non sapeva cosa risponderle, perché in effetti l’amica aveva ragione. Quella non era una semplice sensazione, bensì la realtà.

Tergiversò biascicando inizialmente qualcosa, per fortuna a salvarla da quella tremenda circostanza fu l’arrivo improvviso della famiglia Shinohara.

Con educazione, l’artista si fece da parte. – Vi lascio da soli. Per qualsiasi cosa, sono qui fuori! – disse, e così uscì dalla camera.

 

 

 

 

  

                                                                             ***      

 

 

 

 

 

Nel palazzo del Cane da Guardia del Nord, d’innanzi alla sentinella vestita di bianco, c’era un Cavaliere Mistico.

Ma non uno dei tanti. Si trattava di Kouga in persona.

Guardava quell’anziano saggio con un’aria pericolosamente minacciosa. Ovviamente, non doveva essere di buon umore.

- Mi serve l’indirizzo di un certo Shiro Yomoda. – disse ad un tratto, con una maniera diretta, senza avere esitazioni o ripensamenti di qualsiasi genere.

 

- E chi sarebbe costui?

 

- La smetta di mentire! Sono stufo ormai. – replicò bruscamente. Aveva uno sguardo duro, ostinato. Fece una fatica incredibile a trattenere la rabbia che dimorava in lui dopo quanto accaduto la sera prima alla migliore amica di Kaoru. – Quanta altra gente dovrà soffrire? Quante altre persone moriranno inutilmente?

 

- E secondo te, questo Shiro Yomoda è la causa di tutto ciò? – gli domandò a quel punto il sacerdote, mantenendo nonostante tutto un tono pacato.

 

- Se non lo incontro di persona, non potrò mai saperlo.

 

Il guardiano emise un sospiro. – Dimmi, Kouga, se io ti dicessi dove si trova costui, tu andresti in quel posto solo con l’intento di parlare? – l’anziano temeva che il giovane una volta lì, non riuscendo a trattenere la rabbia avrebbe perso il controllo. Ma questo era contro il regolamento. Un Cavaliere Mistico non poteva fare del male ad un essere umano.

 

Kouga abbassò gli occhi. L’uomo aveva esattamente colpito nel segno. – Quindi, significa che lei non mi aiuterà, è così?

 

- Al contrario – premise la sentinella del Makai, prendendolo alla sprovvista – Ti dirò dove puoi trovarlo. Questa faccenda sta diventando ingestibile anche per noi. Ti concedo l’opportunità di indagare, ma ricorda che se violi il regolamento, la punizione per te sarà severa. – fece, mentre lo fissava con quei suoi occhi scuri ed inflessibili. - Vuoi dunque accettare questa missione?

 

Kouga ne fu praticamente certo: - Accetto!

 

 

 

 

  

                                                                             ***      

 

 

 

 

 

Con le spalle appoggiate alla parete bianca, Kaoru aspettava accanto alla camera di Asami.

Da lì poteva sentire il chiacchiericcio dei genitori dell’amica, e anche la voce di quest’ultima.

Gettò uno sguardo all’orologio, aveva saltato la colazione e a breve anche il pranzo pur di restare accanto all’amica.

Certo, lo stomaco le brontolava, ma nonostante tutto lei resisteva o cercava di farlo. Non se la sentiva di tornare a casa, farsi preparare qualcosa da Gonza e mangiare come nulla fosse mai accaduto.

Un rumore di passi attirò la sua attenzione. Nel sollevare il capo intravide un cappotto bianco svolazzante muoversi nel bel mezzo del corridoio. Lo riconobbe quasi all’istante.

Kouga la raggiunse, le si avvicinò, poi gettò uno sguardo verso la porta della camera dove si trovava Asami.

- Si è svegliata?

 

- Sì, adesso c’è la sua famiglia.

 

- Come sta?

 

- I medici hanno detto che il nostro intervento è stato provvidenziale. Ad ogni modo non ricorda nulla di ciò che le è successo.

 

- E’ un bene, no? – proruppe Zarba con la sua voce.   

 

Kaoru assentì. – Già, è un bene. In ogni caso, le ho raccontato che si era sentita semplicemente male, e che… - Kaoru stava per finire quella frase, ma d’istinto sentì la necessità di portarsi una mano sulla fronte. Inoltre avvertì le palpebre degli occhi farsi estremamente pesanti.

 

Che cosa c’è? – chiese Kouga notandola.

 

- E’ solo stanchezza. – rispose, e in quel momento, sentendosi la forza nelle gambe mancare di colpo, si accostò al torace del giovane per non cadere, ed afferrando un lembo del soprabito si tenne su.

  

- E’ molto debole. – disse il Madougu, costatando la salute della giovane mediante l’anello magico di fidanzamento che ella portava al dito.

 

- Da quant’è che non mangi? – le domandò il ragazzo, con un’intonazione di voce quasi apprensiva.

 

- Da ieri pomeriggio, ma non è nulla, davvero. – rispose a stento. Non voleva farlo preoccupare per ciò che lei reputava solo una sciocchezza. – Mi sento solo… - riuscì semplicemente a dire queste parole, dopodichè crollò a terra perdendo i sensi.

 

Kouga la sorresse al volo.  - Kaoru?! – esclamò colto dall’agitazione, e con dei dottori lì nei paraggi, non gli fu difficile chiedere aiuto.

 

 

 

La figlia del pittore Yuuji riaprì lentamente gli occhi. Se li sentiva tremendamente pesanti e stanchi.

Si trovava distesa su uno dei lettini posti nella camera dell’ospedale poco più distante da quella dove alloggiava Asami.

La prima cosa che vide davanti a sé, fu il volto annottato di Kouga.

- Cosa mi è successo? – pronunciò con un filo di voce, poi si toccò la fronte con la mano. Aveva un gran mal di testa.

 

- Hai avuto un calo pressione e sei svenuta. Sei stata tutta la notte accanto alla tua amica, adesso dovresti riposare. Chiamo Gonza e gli dico di venirti a prendere. – il ragazzo fece per alzarsi, ma Kaoru lo trattenne per un braccio.

 

- Vorrei restare ancora un po’. Almeno finché Asami non si sente meglio, ti prego. – Ad una richiesta simile, soprattutto se accompagnata da un’espressione del viso molto tenera, come si faceva a rifiutare?

 

Il signorino sospirò, e solo alla fine, con estrema fatica, acconsentì. – Dirò a Gonza di venirti a portare qui il pranzo.

Kaoru annuì, ed infine sorrise.

 

 

 

 

 

  

                                                                           ***      

 

 

 

 

 

Rei Suzumura stava aspettando qualcuno ai piedi di una lunga scalinata di pietra. Aveva le braccia incrociate e di tanto in tanto lanciava un occhio alla via, verso l’orizzonte. Nel farlo per l’ennesima volta, vide finalmente che quel qualcuno era giunto.

La reazione di Kouga, stupito di trovarlo lì, fu pressoché scontata: - Che ci fai anche tu qui?

 

Il collega più giovane fece spallucce. – Il Cane da Guardia dell’Est mi ha chiesto di farti da spalla.

 

- In pratica sei qui per tenere d’occhio Kouga ed evitare che infranga il regolamento. – asserì convinto di ciò l’anello guida, Zarba. Il Cavaliere d’Argento si lasciò sfuggire di proposito un sorriso. Kouga al contrario non sembrava pensare ad altro che a raggiungere l’abitazione del signor Yomoda. Salì i gradini, ed in un lampo si ritrovò davanti ad una delle porte che mai nella sua vita aveva desiderato aprire così tanto.

Rei gli fu accanto in un baleno. Gli posò una mano sulla spalla, come per rassicurarlo. – Cerca di mantenere la calma, siamo d’accordo?

 

La replica pressoché scontata dell’altro non lo stupì per niente. – Non faccio promesse. – dopodichè suonò il campanello.

Mentre aspettava, si accorse che i battiti del cuore stavano aumentando, l’ansia stava germogliando in lui come un’erbaccia difficile da espellere.

 

La porta si aprì, e i Cavalieri del Makai fecero per la prima volta la conoscenza di Shiro in persona. Per una qualche strana ragione, anche se Kouga non lo aveva mai visto prima d’ora, lo riconobbe senza esitare.

Si trattava di un uomo sulla quarantina d’anni, con l’aspetto pressoché normale, forse leggermente trasandato, con tanto di barbetta incolta sul viso. Non appena egli notò l’abbigliamento di quegli ospiti inattesi, capì che non erano delle semplici persone. Si rese conto di trovarsi faccia a faccia con addirittura due Cavalieri Mistici. Cercò di richiudere la porta per istinto, Kouga trattenne l’anta bruscamente e tentò di mantenere il timbro della voce stabile.

- E’ lei Shiro Yomoda? 

 

- Ho chiuso con i Cavalieri Mistici da anni. Andatevene via! – da quella risposta, i due dedussero che quello era un “sì”.

 

Kouga lo investì con un’occhiata bieca. – Ne è davvero sicuro? – parve quasi sfidarlo. Rei capì che la situazione stava prendendo una gran brutta piega, così prese la parola al volo.

 

- Vogliamo solo che lei risponda a delle domande. Tutto qui.

 

- Io non parlo con una razza meschina come la vostra! – Un’affermazione simile, di quella portata, avrebbe fatto perdere le staffe a chiunque. Oltretutto il giovane Saejima già le aveva perse di suo, per cui a quel punto non cercò neppure di contenere la propria rabbia: Lo afferrò per il bavero della camicia e lo strattonò all’indietro. – Se c’è una persona meschina tra di noi, quella sei tu! – gli disse urlando. Il giovane Suzumura intervenne cercando di trattenerlo come meglio poteva.

 

- Calmati Kouga! – riuscì a fargli mollare la presa, anche se con una fatica mostruosamente immensa. E capendo che la situazione gli sarebbe potuta sfuggire di mano, arrivò al dunque. – Vogliamo sapere cosa ne hai fatto della Stella del Makai, quella che hai creato durante la notte della supplica.

 

Shiro li guardò con aria sconcertata. Sgranò gli occhi. – Voi come fate a sapere di quella stella?!

 

Rei sospirò. Stava perdendo anche lui la pazienza. – Tu rispondi e basta.

 

- Andate via! – tuonò ancora. Proprio non ne voleva sapere di parlare con loro.

 

- Stanno accadendo cose strane ultimamente. Abbiamo bisogno che tu ci dia una risposta!

 

- Sono affari questi che non mi riguardano. Se siete davvero dei Cavalieri del Makai, sbrigatevela da soli e toglietevi di mezzo!

 

Kouga afferrò la spada per il fodero, strinse il manico con l’intento di sguainarla, ma ancora una volta Rei lo frenò.

- Sei forse diventato matto?! Altro che punizione! Così verrai cacciato dall’ordine dei Cavalieri!

 

Fu in quel preciso istante che, Shiro Yomoda, nel vedere il fodero della spada colorato di rosso, ebbe un sussulto.

- Tu… - premise, la voce tremolante, mentre guardava con incredulità Kouga – Chi ti ha dato quella spada?   

 

La replica del ragazzo per lui assunse un suono simile a quello di un tuono che squarcia il cielo. - L’ho ereditata da mio padre, Taiga Saejima!

 

La rabbia annebbiò Shiro che senza riflettere si lanciò verso lo spadaccino con l’intento di aggredirlo. Ovviamente Kouga si difese, e ciò li portò a tenersi testa pericolosamente. Rei tentò di dividerli, ma dapprima non fu facile. Si trovava in mezzo a due furie.

 

- Sei figlio di quel maledetto! – tuonò con rabbia Shiro, mentre lo strattonava per il bavero del cappotto.

 

Kouga si innervosì pericolosamente. Nessuno mai avrebbe dovuto usare parole così forti nei confronti di Taiga.

 

Inaspettatamente tra le due voci ne comparve una terza.

- Che sta succedendo, papà?! – si udì echeggiare, dopodichè alle spalle di Shiro arrivò qualcuno. Prendendolo per un braccio cercò di trascinarlo via, di farlo calmare. E quando Kouga vide finalmente il volto di quella misteriosa figura, diventò di colpo pallido.  

Sì, perché il figlio di Shiro altri non era che Ikuo.

I due coetanei si guardarono con reciproco stupore, entrambi sbigottiti nel trovarsi l’uno davanti all’altro.

 

- Tu?! – esclamarono a vicenda, sembrava quasi un coro.

 

Poi Ikuo si fece avanti per primo. – Che ci fai in casa mia? – Il tono della sua voce era particolarmente acido.

 

Rei capì che tra i due non c’era di certo un’ottima intesa. Così, intervenne. – Siamo venuti per chiedere una cosa a tuo padre. Non vogliamo creare problemi, perciò credo che sia meglio andarcene. – disse, e nel farlo guardò Kouga di sottecchi. Finì la frase quasi sussurandogli – Per oggi è meglio evitare altre azzuffate.

 

- Non me ne vado finché lui non avrà parlato! – sentenziò lo spadaccino. Nessuno mai lo avrebbe smosso da lì. Di questo ne era più che sicuro.

 

Lui e Shiro si fissarono negli occhi.

I Cavalieri Mistici erano una razza testarda. Questo l’uomo lo sapeva benissimo, avendo frequentato Taiga per un po’.

- Se io ti dicessi a cosa mi è servita quella stella del Makai, tu spariresti per sempre dalla mia vita?

 

- All’istante. – replicò Kouga, senza perdere altro tempo.

 

- Papà… Che cos’è questa storia? – si sentì l’obbligo di chiedere a quel punto Ikuo, dato che non ne aveva la più pallida idea.

 

L’uomo non prestò neppure attenzione alle parole del figlio. – Ho creato quell’arma perché volevo dare una lezione a Taiga, ma quando Ahriman in persona mi disse che ormai era già morto, la sotterrai in un terreno abbandonato.

 

- Bugiardo! – tuonò irrimediabilmente il Cavaliere dell’Est. Non credeva che avesse fatto una cosa simile, che avesse rinunciato ad avere un potere così influente.

 

- E allora perché non lo provi, ragazzino? – sottolineò, e il termine usato in questione lo fece infuriare.

 

- Andiamocene via! – disse Rei, afferrandolo per un braccio. Il collega si liberò dalla presa e lo investì con uno sguardo truce.

 

- Non sto rischiando di essere bandito dall’ordine dei Cavalieri Mistici per nulla! Voglio sapere la verità!

 

- Andiamo via! – ripeté per l’ennesima volta l’amico, e stavolta alzò il tono della voce. Possibile che Kouga fosse così dannatamente ostinato? Ormai Suzumura non ne poteva più di stargli dietro. Sembrava perfino essere diventato lui quello serio e tutto d’un pezzo, mentre Kouga si era trasformato nel bambino della situazione.

 

- Se non ve ne andate chiamo la polizia. – ribadì ad un tratto Ikuo, e non stava di certo scherzando!

 

- Ci manca solo questa e stiamo apposto. – sbottò il Cavaliere dell’Ovest, alzando gli occhi al cielo con una mano tra i capelli.

Kouga fu costretto a malincuore a cedere. Si girò in direzione dell’uscita, ma nell’istante in cui lo fece, accadde un avvenimento inaspettato.

 

- Kouga!

 

- Rei!

Dissero in coro Zarba e Silva. E poi ancora all’unisono sputarono fuori la sentenza: - C’è un Orrore!

 

I due si scambiarono un’occhiata, successivamente corsero fuori nel piazzale. Li seguì anche Shiro, in compagnia del figlio, sempre più confuso da quanto stava succedendo.

L’Orrore in realtà non era uno, bensì tre.

- Maledetti! Li avete portati fin qui! – sbottò Yomoda severamente.

 

Rei lo corresse. – Non era di certo nostra intenzione.

 

Le belve li attaccarono quasi subito, senza dare loro l’aggio di pensare. I guerrieri del Makai sfoderarono le armi per difendersi, mentre Shiro agguantò un lungo bastone di ferro lì vicino, e lo usò per respingere uno di quegli esseri.

- Allontanati, Ikuo! – ordinò al figlio, che lì impalato non sapeva cosa dire o fare. – Muoviti!

 

Ikuo corse via a più non posso, mentre i tre si apprestavano a duellare.

 

- Dovresti scappare anche tu. Ci pensiamo noi a loro. – propose Rei nei confronti dell’uomo.

Tuttavia egli non era d’accordo.

 

- Ho passato cinque lunghi anni ad allenarmi per diventare un Cavaliere Mistico, mi ricordo ancora come si combatte. - Shiro aveva di sicuro un carattere forte e molto orgoglioso.

 

Mentre lottavano, lui e Kouga si ritrovarono esattamente fianco a fianco. E lo stesso Yomoda, nel vederlo duellare in quel modo, fu costretto ad ammettere una cosa. – Taiga ti ha addestrato bene.

 

Kouga non ribatté, e proseguì la sua battaglia.

La lotta non durò molto. In tre fecero prima del previsto, ed una volta sconfitti i nemici, riuscirono a riprendere il controllo della situazione.

 

Si fermarono giusto per riprendere fiato, perché subito dopo arrivò un altro avvenimento sconvolgente.

In lontananza, eretto sulla cima di un palazzo, il luccichio improvviso di qualcosa attrasse la loro attenzione.

Quando misero a fuoco la vista, lo sgomento si impossessò dei due Cavalieri.

Ma fu Kouga, quello a provarne di più nel momento in cui vide che quello era Garo.

La mistica figura se ne stava ferma, immobile, rivestita da quella corazza d’oro che si rifletteva nella notte, li scrutava.

Kouga cercò di muoversi, voleva corrergli incontro, ma era troppo lontano per raggiungerlo. E così, il lupo dorato tanto simile all’originale, se ne andò via, sparendo nelle tenebre di quella sera.

 

- Non dirmi che è stato lui a mandarci addosso quegli Orrori!? – esclamò Rei, piuttosto sbalordito.

 

- A quanto sembra… - commentò Silva.

 

Kouga guardò dritto in faccia Shiro. Era evidente, adesso, che non era lui a vestire i panni dell’altro Garo.

E nel constatarlo, provò solo una forte amarezza.

 

- E’ a causa di quel Cavaliere d’Oro, che sei venuto a cercarmi? – pronunciò l’uomo, che forse aveva capito gran parte della questione. Nel guardarlo dritto negli occhi, si rese conto di quanto fossero spenti, di quanta delusione ci fosse dentro quel ragazzo che aveva quasi l’età di suo figlio. La differenza stava solo nel fatto che Ikuo era un giovane come tutti gli altri,  non aveva di certo simili problemi. Oltretutto, suo figlio aveva ancora un padre, mentre Kouga non poteva contare sull’aiuto di nessuno. – Ti consiglio di cercare altrove, perché io ho chiuso con le arti magiche dal giorno in cui ho rinunciato al paradiso per avere vendetta. - Con quelle parole, fu come se Shiro avesse voluto dargli un consiglio, mettendo per un attimo da parte i dissapori, e rientrando nel ruolo di un padre che voleva dare una mano al proprio figlio.

 

Sopraggiunse anche Ikuo, che senza pensarci neppure una volta gli corse incontro.

- Papà, stai bene? – chiese preoccupato – Non sei ferito, vero?

 

- Avrò anche qualche capello bianco, ma non sono di certo un vecchio. – rispose l’uomo, successivamente guardò sia Rei che Kouga – Spero che adesso ci lascerete in pace. 

 

Il Cavaliere dell’Est non disse neppure una parola. Gli lanciò un’occhiata breve, e poi, silenziosamente andò via.

 

Rei lo raggiunse di corsa, gli si affiancò.

Per strada i due non dissero nulla. Non aprirono neppure per mezza volta le loro labbra.

E anche se Rei avrebbe voluto dire qualcosa, sapeva che Kouga, ferito più che mai nell’animo, non gli avrebbe risposto.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Eccomi qua! ^__^

Siccome vado di fretta, non vaneggerò molto, state tranquilli! ^^;  

Perciò, passiamo subito alle risposte:

 

 

 

Per stelly89_s: E’ verissimo! La parte in cui Kouga sale le scale se interpretata in chiave ironica è veramente buffa! ^__^ Ma un Cavaliere del Makai è costretto a fare questo ed altro per il bene degli esseri umani. Anche farsi 7 piani a piedi!  

 

Per DANYDHALIA: Purtroppo Kouga non impara mai la lezione, finché non succede qualcosa di veramente grave, ma lui è fatto così, è testardo ed orgoglioso. Avrai modo di scoprire tutto nel prossimo episodio.

Devi sapere che all’inizio optai per la morte di Asami, tuttavia l’idea di farla sparire mi piaceva poco. Facevo fatica a scrivere quel pezzo forse perché la Shinohara mi sta molto simpatica, è un tipo dal carattere allegro, solare, non poteva fare quella fine. Così, mi venne in mente la trovata della Croce Mistica e decisi di cambiare. Menomale! Ikuo in questo capitolo è sempre confuso (poverino!), prima Kaoru con gli orrori, e poi ora anche suo padre! In realtà i capitoli che stai leggendo adesso, li ho scritti circa 7/8 mesi fa, quindi sono vecchi. Preferisco avvantaggiarmi con le fanfic, così non mi sento troppo oppressa e lavoro meglio! Appena posso vado a leggere la tua storia! ^__^

 

Per Sho Ryu Ken:  Ahah! XD Guarda che se la prossima volta recensisci in ritardo, ti faccio fare anche a te i 7 piani di scale a piedi! XD Scherzi a parte, Eh già, quando Kouga ed Ikuo si arrabbiano sono formidabili! Ti assicuro che mi diverto un casino a fare scene così. La prossima volta ci metto pure un’Impala nella fic! Magari guidata da Gonza!! Sì, Rei è servito proprio a quello, e a dirla tutta, anche senza di lui Kouga non avrebbe mai fatto del male ad Asami. E’ la migliore amica di Kaoru, quindi una cosa simile è impensabile, e non ha tutti i torti. Al posto suo avrei fatto lo stesso.

Acc! Ho visto solo ora l’errore perché me lo hai detto tu, ma quando la stavo correggendo deve essermi sfuggito. E’ la prova tangibile che quel benedetto giorno stavo proprio male!   

 

 

 

Per adesso è tutto. Il prossimo capitolo arriverà molto presto, per i più sensibili consiglio di preparare i fazzoletti perché potrebbero servire…!

Alla prossima!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Kouga è di cattivo umore. Kaoru accetterà l’invito di Ikuo credendo di fare la cosa giusta, e lì sul quel pontile sospeso tra cielo e terra il destino cambierà il corso degli eventi portando alla luce quesiti irrisolti. 

Prossimo episodio: #19 Menzogna  

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

    

 

 

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Capitolo 20
*** #19 Menzogna ***


Kaoru aveva visto Gonza rientrare in casa, dopo essere stato fuori in giardino, con un’espressione sul viso a dir poco terrorizzata

                                   Menzogna

                                        #19

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Kaoru aveva visto Gonza rientrare in casa, dopo essere stato fuori in giardino, con un’espressione sul viso a dir poco terrorizzata. Si era chiesta il perché di così tanto sgomento, e per curiosità decise di uscire anch’ella per verificare di persona.

All’apparenza sembrava tutto normale. C’era come al solito Kouga che stava facendo i suoi allentamenti mattutini con la consueta scrupolosità di sempre. Gli si avvicinò, convinta di non fare nulla di male. – Sai per caso cosa è successo a Gonza? Sembrava avere appena visto un mostro. – disse, ma non appena il giovane le diede “gentilmente” una risposta, allora capì tutto.

 

- Vattene via!

 

Ecco, Gonza aveva incontrato “quel” mostro. Adesso tutto filava per il verso giusto e senza sbavature.

Kouga era nervoso dalla sera precedente. L’artista infatti ricordava che dopo essere tornata a casa dall’ospedale, lui non le aveva rivolto parola. Per giunta era perfino andato a letto presto. Davvero preoccupante per uno che passava le notti fuori casa a caccia di belve feroci.

A quel punto cosa poteva fare?

Se avesse provato a chiedergli “c’è qualcosa che non va?”, lui al massimo le avrebbe chiesto di fare silenzio ed andar via. Per l’ennesima volta.

Così, senza dire nulla, ciò che fece Kaoru fu proprio andarsene. Attraversò il lungo corridoio in silenzio. Era mogia, e si capiva solo guardandola dritta in viso. E la causa di ciò era ovviamente da attribuire al comportamento freddo ed irrequieto del suo Kouga.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere. A Kaoru piacevano molto i suoi sorrisi. Forse perché lui rideva di rado, perciò erano più speciali.

Nel corridoio si imbatté nell’antica armatura che tempo addietro l’aveva fatta cadere. Si fermò proprio là davanti, e reclinò il capo verso destra. – Tu che dici? Sarà nervoso per via del lavoro? – disse, non sapendo con chi parlare.

Asami era tornata a casa quella stessa mattina, perciò non poteva certamente stressarla raccontandole i suoi problemi. Poi ad un tratto le squillò il cellulare.

Rispose, e dall’altro capo una voce squillante enunciò: - Sono io, Ikuo!

 

- Ah, ciao! – disse dapprima sorridendo, poi chiese - Hai bisogno di qualcosa?

 

- Vieni subito davanti all’istituto di pittura. C’è una cosa che devi assolutamente vedere!

 

 

Era alquanto incuriosita dalla richiesta dell’altro. Arrivò sul posto in un baleno. Quando vide l’amico si fermò lì davanti, con il fiatone. Cercò di riprendere fiato, e le ci volle un po’.

 

- Ma quanto hai corso? – fece il giovane Shiota, nel vederla tutta scombussolata.

 

Rispose a stento, tra un respiro e l’altro. – Tanto! – e poi tentò di aggiungere - Al telefono sembravi agitato, ho pensato che fosse successo qualcosa, che il palazzo fosse stato raso al suolo, o peggio, che...

 

Ikuo scoppiò improvvisamente a ridere. Ancora una volta Kaoru aveva frainteso tutto, con la stessa ingenuità di sempre.

- Beh, se sono qui davanti a te, significa che sono ancora vivo, no?

 

L’altra arrossì imbarazzata nel rendersi conto che aveva equivocato proprio tutto. – Ma allora cos’è che volevi farmi vedere?  

 

L’amico sorrise bonariamente. – Questo. – disse semplicemente, e quando si spostò da una parte di quella parete che lui teneva nascosta con le spalle, emerse qualcosa di straordinariamente strabiliante.

 

La bella Mitsuki sgranò gli occhi in preda allo stupore non appena intravide un manifesto che sponsorizzava alcune delle sue favole create per lo studio dove lavorava.

- Ma come… - tentò di articolare, tuttavia la sorpresa improvvisa non le fece uscire granché dalle labbra.

 

- Come ci è finito qui? – continuò Ikuo, pensando che l’amica volesse dire proprio quello. Si strinse nelle spalle – Mah, diciamo che un giovane artista mezzo matto ne ha parlato con il direttore di questo istituto, ed ha così ottenuto un lasciapassare per appendere qui il manifesto.

 

La figlia di Yuuji scosse il capo, ancora stordita da ciò. – Aspetta… mi stai forse dicendo che sei stato tu? – Infatti anche se ingenua, aveva capito che l’artista mezzo matto in realtà era proprio Ikuo.

 

E quest’ultimo oramai scoperto, fu costretto a dire ogni cosa.

- In un posto simile, dove entrano centinaia di persone appassionate d’arte e soprattutto molto facoltose, ho pensato che magari qualcuno di loro sarebbe stato interessato a finanziare uno studio tutto tuo, dove puoi creare storie liberamente e senza vincoli. Se ben ricordo, era questo il tuo sogno, giusto?

 

Dopo quelle parole, Kaoru non seppe cosa dire. Era in tremenda difficoltà, ma felice allo stesso tempo. Reclinò un pochino il capo per reprimere l’imbarazzo, e poi timidamente aggiunse – Hai avuto un pensiero molto carino.

 

- Te lo meriti, tutto qui. – Ikuo sorrise, guardò successivamente l’orologio, e nel farlo si fece venire un’idea. – Senti, che ne diresti se pranzassimo insieme? C’è una piccola locanda qui dietro, dove vado spesso. Fanno dei dolci buonissimi, e la cucina è molto tradizionale.

 

- Veramente… - premise la ragazza, non sapendo cosa risponde perché presa alla sprovvista. La richiesta l’aveva spiazzata. Però all'improvviso nel ricordarsi del comportamento che aveva avuto Kouga solo poche ore fa, pensò che forse avrebbe fatto meglio a non rientrare a casa per evitare di causargli altri fastidi. Forse il signorino aveva solo bisogno di stare un po’ per i fatti suoi, in totale tranquillità, pensò in quel momento.

Sorrise ad Ikuo, e prese il cellulare tra le mani.

 

 

 

 

  

                                                                             ***      

 

 

 

 

 

Kouga era appena rientrato in casa dopo una mattinata passata ad allenarsi all’aperto. Più che allenamento, quello gli era servito a scaricare la rabbia accumulata durante la sera prima.

Gonza, nei paraggi, esitò un momento prima di richiamare la sua attenzione.

- Signorino- antepose, tremolante.

 

E la replica del ragazzo fu, proprio come se lo immaginava il maggiordomo, abbastanza acida. – Cosa c’è?

 

Il buon uomo deglutì a fatica. – Ha telefonato la signorina Kaoru - fece apposta una pausa per racimolare un pizzico di coraggio. Era cosciente del fatto che al ragazzo ciò che stava per dire non gli avrebbe fatto piacere. Smise di tremolare con la voce, e si lanciò – Mi ha chiesto di riferirvi che pranzerà fuori con quel suo amico… Come si chiamava…? Non ricordo più il nome…

 

Kouga si girò di scatto verso di lui. Lo investì con un’occhiata torva. – Ikuo?!

 

- Esatto! – esclamò il maggiordomo, ma nel vedere l’espressione del signorino diventare di colpo arcigna, finì di esultare.

Lo spadaccino andò a prendersi il soprabito, mentre Gonza lo guardava impietrito con una certa incertezza.

- Ma signorino…! Dove state andando? Il pranzo è quasi pronto, e… - non gli fu concesso aggiungere altro. La replica del giovane coprì bruscamente il suono di una voce mite come la sua.

 

- Non ho più fame.

 

Gonza lo vide andare via, ma rimase in assoluto silenzio, dandogli così la libertà di uscire. E quando il rumore del portone della villa riecheggiò nell’atrio facendo tremare anche i quadri appesi alle pareti, anche il buon maggiordomo sussultò.

 

 

 

Per strada il figlio di Taiga camminava con un’andatura sostenuta, pressante. Aveva l’espressione del volto accigliata ed aspra, il respiro teso e il cuore in tumulto.

 

- Dimmi dov’è?! – chiese, rivolgendosi al proprio Madougu malamente.

Zarba infatti mediante l’anello che il ragazzo aveva regalato a Kaoru, poteva rivelare la sua posizione.

Tuttavia sospirò, mostrando pazienza. – Finiresti con il violare la sua privacy se te lo dicessi. Se non sbaglio l‘anello doveva servire a proteggerla in caso di pericoli. Ma non mi sembra che ce ne siano con lei adesso.

 

Tra i due ci fu un botta e risposta altalenante.

 

- Non dovrebbe stare con quel ragazzo.

 

- Perché è il figlio di Shiro? Sei ancora convinto che centri qualcosa con tutta questa faccenda?

 

- Non voglio correre rischi.

 

- Secondo me tu non vuoi correre il rischio che quel giovane te la porti via.

 

- Dimmi dov’è! – tuonò Kouga per l’ennesima volta, e stavolta non avrebbe accettato un “no”come risposta.

 

Zarba sbottò qualcosa anche se a voce bassa. Non poté far altro che obbedire a quell’assurda richiesta.

Gli esseri umani erano proprio una razza ostinata e complessa da capire, pensò indignato l’anello.

 

 

 

 

  

                                                                             ***      

 

 

 

 

 

Kaoru ed Ikuo erano appena usciti dalla vecchia locanda dove avevano pranzato.

Per la strada a quell’ora non c’era nessuno. La giovane artista si guardò un po’ in giro, si stiracchiò. Era sazia e si sentiva parecchio piena. – Ci vorrebbe adesso una lunga passeggiata per smaltire il pranzo. Ed Ikuo quella richiesta la prese alla lettera. Afferrò di corsa la sua mano. Kaoru in quel momento si sentì tirare letteralmente via da lì. - Hey, ma..!? Che succede adesso…?

 

- Succede che adesso ti porto in un posto speciale!

 

- E ci andiamo correndo?

 

- Così smaltiamo il pranzo, no? – Il giovane Shiota sorrise allegramente, e Kaoru non ribatté. Dopotutto era stata lei ad esprimere il desiderio di fare due passi per alleggerirsi lo stomaco.

 

 

Dall’altra parte della città, qualcuno notò una certa anomalia.

- Ohi ohi, Kouga… - disse ad un tratto Zarba – Non la sento più.

 

Il ragazzo lo investì con un’occhiata inquieta. – Che vuoi dire che non la senti più? Le è forse accaduto qualcosa?

 

- No, però faccio fatica ad individuarla. Credo che ci sia qualcosa che interferisca, e a dire il vero… - Zarba smise ad un tratto di parlare. – Un Orrore! – Kouga ebbe un sussulto. L‘anello poi si espresse meglio – C’è un Orrore in questa zona!

 

Il figlio di Taiga si preparò a sguainare la spada, ma prima ancora guardò il cielo. La sera stava calando, e non aveva tempo da perdere appresso a quella bestia. Lui doveva raggiungere la sua Kaoru.

Maledizione, pensò con rabbia, non ci voleva proprio un contrattempo simile in un momento simile.

Che tremenda ironia!

 

 

Nel frattempo Ikuo e la ragazza si erano finalmente fermati. Kaoru si piegò sulle ginocchia, aveva il fiato corto, e faticava perfino a parlare normalmente. – Non ho mai corso così tanto in vita mia!

 

- Almeno adesso non ti sentirai più piena!

 

- Però in questo modo mi verrà un’altra volta fame. – appuntò, facendo una smorfia buffa con il viso. Ikuo scoppiò subito a ridere. Era inutile: Kaoru lo faceva sorridere, Kaoru lo faceva sentire in pace con il resto del mondo, Kaoru lo rendeva semplicemente ed unicamente un ragazzo felice.

Perché mai il destino non li aveva fatti incontrare prima?

Per l’esattezza, prima che Kouga la portasse via. Prima che quell’immeritevole persona scontrosa e burbera le rapisse il cuore.

No, lui non meritava di essere amato da una donna come quella. E fu a quel punto che, guardandola negli occhi, smise di ridere e le si avvicinò.

- Che c’è? – chiese perplessa la pittrice – Ho forse qualcosa sul viso?

 

Ikuo scosse la testa. – No, il tuo viso è perfetto così. –sorrise, ma stavolta con molta più dolcezza, e gentilmente le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Kaoru provò subito un forte imbarazzo. Si trattava di una frase dotata di un velo zuccherino, che neppure quel testone di Kouga, forse, sarebbe stato in grado di pronunciare.

Sentì il calore del corpo fermarsi sulle guance che, naturalmente, si tinsero di un rosso fuoco intenso.

Distolse lo sguardo, e per distogliere anche l’imbarazzo guardò altrove.

Fu in quel preciso istante che si rese conto di trovarsi su un ponte altissimo che collegava un capo della città all’altro. Da lassù c’era una vista mozzafiato. Inoltre, quando scendeva la sera, e si accendevano le mille luci di una città in continua evoluzione, l’atmosfera che regnava su quel pontile di pietra non poteva essere paragonata a quella di nessun’altro posto, perché era semplicemente unica e… magica.

 

- E’ magnifico – disse, mentre fissava il panorama con occhi estasiati. Tuttavia si vedeva lontano un miglio, anche dal tono della voce, che per lei quella era una situazione abbastanza ingombrante. – C’è una vista spettacolare da quassù.

 

Ikuo nell’osservarla in silenzio aveva capito che un forte senso di disagio le impediva di essere se stessa. Ciò nonostante, sentiva che non poteva più tacere e reprimere ciò che provava, ciò che aveva provato fin dal primo momento, quando si erano visti in quell’aula di disegno durante la fine della lezione.

- Kaoru – articolò, la voce gli tremava un pochino, tuttavia lui doveva dirglielo. Assolutamente. – Io… - si fermò, la osservò in volto, e poi ancora una volta ripetè quell’ ”io” ma ci aggiunse dell’altro. – Io credo di essermi innamorato di te.

Ecco, lo aveva finalmente detto, così, d’un botto, senza rimpianti, ripensamenti o timori.

E quella frase, com’era logico che fosse, scatenò nei riguardi della bella Mitsuki una serie di profonde reazioni.

Lei infondo col passare del tempo lo aveva intuito. Però, nel trovarsi faccia a faccia con una persona che le aveva appena confessato di amarla, era diverso. Non riuscì né a fare finta di non aver capito e né tanto meno ad ignorare quelle parole. Sorrise nervosa, era tesa e si vedeva. Abbassò leggermente il mento, e riuscì a pronunciare appena il nome dell’amico, perché prendendola alla sprovvista, quest’ultimo le posò le mani sulle spalle, e spinto dal paesaggio avveniristico o dalla magia di tutte quelle luci colorate che danzavano nelle vie di città laggiù, con l’intento di baciarla accostò il viso al suo, ma quando ormai mancava veramente poco per toccare quelle labbra, Kaoru antepose una mano tra le due bocche, e così tutto venne giù come un castello di carte con le fondamenta instabili.

- Anche io ti voglio bene – disse dapprima, e successivamente aggiunse – ma non è lo stesso tipo di affetto che tu provi per me. – Con una risposta simile Ikuo sentì inevitabilmente il proprio cuore dividersi a metà.

Si fece forza e sorrise, ma quel gesto aveva un gusto disperatamente amaro.

 

- Già – fece, e poi con la rassegnazione nello sguardo assentì – dovevo immaginarmelo, infondo lo ami così tanto. – quelle parole si riferivano a Kouga.

Kaoru non poteva e non voleva amare altri ragazzi all’infuori di lui. E questo Ikuo fu costretto ad accettarlo, a farsene una ragione anche se controvoglia.

Lei amava Kouga. Nonostante avesse un carattere intrattabile, nonostante fosse un tipo scontroso, selvaggio, asociale… Lui era l’uomo di cui si era innamorata, aldilà di tutto. Ed avrebbe continuato a farlo in eterno, finché la morte, proprio come recitava il sacerdote durante il rito nuziale, non li avrebbe separati per poi, un giorno, ricongiungerli ancora, di nuovo, in un universo parallelo. E lì, avrebbero continuato a vivere insieme per il resto dell’eternità.

 

A quel punto la ragazza emise un sorriso. Guardò Ikuo, non poteva fare altro per lui, e quel senso di tristezza, di impossibilità nell’aiutare una persona che adesso stava soffrendo, anche se esternamente non lo manifestava, le fece stringere il cuore.

Nello stesso medesimo attimo, su quello stesso ponte sospeso tra cielo e terra, inaspettatamente giunse lui: Kouga Saejima.

Era nettamente in ritardo, e per ciò era anche di pessimo umore. L’Orrore non gli aveva concesso sconti sulla durata della battaglia combattuta poc’anzi.

L’attenzione di Kaoru si spostò. Le si dipinse sul viso un’espressione mista, allarmata e sorpresa nello stesso tempo. Che ci faceva il signorino lì?

Svelta, si allontanò da Ikuo per andargli incontro. Nell’avvicinarsi Kouga la afferrò di corsa per un braccio.  Fu brusco.

- Stai bene? – le chiese, ma la voce non pareva avere un tono molto gentile. 

 

- Certo che sto bene. Perché me lo chiedi? – Lei non riusciva a comprendere il motivo di tale apprensione da parte sua, e si sentì un pochino irritata.

 

- Te lo dico io perché – premise ad un tratto il giovane Shiota, intromettendosi tra i due di proposito. E per questo, Kouga lo fissò con disprezzo. Ma nonostante ciò, Ikuo avrebbe parlato ugualmente. – Il tuo ragazzo crede che mio padre sia un assassino, quindi presumo che non gli faccia piacere che tu frequenti un tipo come me che fa parte di una famiglia poco raccomandabile.

 

Spiattellata la faccenda, Kaoru guardò Kouga dritto negli occhi. Non era più tanto allarmata, bensì stranita. – Cos’è questa storia?

 

- Non ti riguarda. – sentenziò bruscamente, ma quando fece per trascinarla via da lì, lei si impuntò con i piedi sul selciato e non mosse un solo passo.

 

- Non mi muovo da qui finché non mi dirai che cosa sta succedendo! – lo disse con risolutezza, mentre lo guardava decisa. Era pronta se necessario anche ad andare contro lo stesso volere del giovane.

 

Ikuo si mise le mani in tasca con scioltezza. – Te l’ho già detto una volta che se continuerai ad ostentare un atteggiamento così ostile, la perderai. E sappi che io non aspetto altro! – Quella, fu la goccia che fece traboccare l’acqua fuori da un vaso che ormai ne era già da tempo pieno. E per via di quella frase, accadde l’irreparabile.

Il figlio di Taiga scattò in direzione di Ikuo, quest’ultimo si sentì afferrare per il bavero della maglietta con estrema violenza. Fu spintonato con altrettanta foga, ma anche se sbalordito da quella reazione improvvisa, di certo non rimase lì impalato a farsi riempire di botte come un inerme sacco di farina.

Gli “rispose” dandogli una spinta in petto con ambedue le mani. Il gesto fece arretrate Kouga di due passi.

Chiaramente quello fu un atto provocatorio, che poi spinge l’altro inevitabilmente a reagire. Ma l’amico di Kaoru non la finì lì. – Si può sapere che diavolo di problemi hai con me?! Ti dà fastidio che qualcuno possa fare il filo ad una ragazza che tu non meriti? 

 

Il Cavaliere del Makai non cercò neppure di ribattere, e lo colpì al viso con un pugno. Kaoru in quel momento si portò ambedue le mani davanti alla bocca. Dall’altra parte, l’istinto fece portare anche ad Ikuo una mano sopra la bocca. Ma quello non fu un gesto dettato dallo stupore.

Sopra il viso gli comparve una smorfia di dolore che però cercò quasi all’istante di trasformare in un riso beffardo. Sputò a terra una piccola quantità di sangue dalla bocca, e senza tanti complimenti si lanciò su di lui.

 

Cominciò così una lotta che per certi versi assomigliava a quella tra due coetanei nonché immaturi che misuravano la propria forza per amore di una ragazza.

In pratica si stavano picchiando perché innamorati della stessa persona.

Da una parte c’era Kouga che aveva subito troppi affronti verbali da parte di quello Shiota insopportabile, mentre dall’altra c’era Ikuo che, beh, non poteva sopportare il fatto che quell’asociale dal cappotto bianco trattasse una persona come Kaoru in un modo tanto scortese.

Anche se ovviamente quella era solo una sua impressione.

E Kaoru, invece? Quale fu la sua reazione?

Nel vederli litigare in quel modo, fu colta dall’agitazione. Di sicuro se uno dei due non fosse cascato esamine a terra per primo, l’altro non si sarebbe fermato.

Tuttavia, se c’era qualcuno che poteva farli smettere, quella era solo lei.

Scosse il capo con decisione, e si lanciò per fermare la zuffa. Proprio in quel momento Kouga stava per colpire al volto Ikuo, ma fu trattenuto in tempo dalla ragazza, che lo afferrò per il braccio stringendolo forte a sé.

 

- Basta, smettetela! – aveva le lacrime agli occhi, era sconvolta. Il signorino con una punta d’affanno nel respiro la scrutò, e tentando di darsi una calmata abbassò il braccio. Ma non subito.  

 

Ikuo si rimise presto in piedi, si strusciò la guancia con la mano per pulirsi un lato della bocca sporco di sangue, dopodichè senza aggiungere neppure una sola parola andò via. Prima di farlo, però, investì Kouga con un’occhiata carica di sdegno. E l’altro, ovviamente, non fu da meno.

Lo videro allontanarsi zoppicando. Ne aveva prese parecchio, ma anche il figlio di Taiga da quella disputa infantile non ne era uscito indenne.

Kaoru si accorse che aveva un taglietto sul labbro inferiore. Prese un fazzolettino dalla tasca dei pantaloni e lo usò per tamponare la ferita. Quando il pezzo di stoffa lambì la bocca, lui si lasciò scappare una smorfia di dolore e contrasse la fronte. La giovane Mitsuki cercò di pulire con delicatezza il sangue, picchiettando semplicemente la punta del fazzoletto lungo il taglio.

Vide inoltre che sulla guancia di Kouga era comparso un livido violaceo. Lo sfiorò appena con la punta di due dita. Era caldo e senz’altro doveva causargli parecchio fastidio. – Ti fa molto male? – chiese con apprensione.

 

- Un po’.

 

E dopo quella risposta, alla giovane venne quasi spontaneo chiedere dapprima: - Perché? – e successivamente, sentendosi lacerare dentro, fu costretta a continuare – Perché vi siete picchiati? Perché non vuoi che io stia con lui? Sappi che per me Ikuo è, e resterà solo un amico. Non è lui il ragazzo che ho scelto di amare. – lo guardò intensamente negli occhi. Quelle parole fecero iniziare a battere forte il cuore di Kouga.

Ma lui, sì, non poteva raccontarle la verità. Anche a costo di vivere nella menzogna, per non farla soffrire doveva tacere.

Tuttavia, ci fu qualcosa che cambiò inesorabilmente il corso degli eventi.

E così, la verità emerse all’improvviso con la stessa forza di un terremoto devastante che non risparmia nessuno, e soppresse ogni bugia. Perché la verità, era giunta dalle tenebre di quella sera, proprio davanti a loro.

 

Il Garo che aveva finora creato tanto scompiglio, adesso si trovava lì.

Kouga nel vederlo provò un tuffo al cuore. Kaoru al contrario fu pervasa da una folata gelida di confusione, tant’è che rimase interdetta a fissarlo.

 

- Si mette male. – appuntò Zarba, e le sue parole mai come in quella volta, furono di una veridicità impressionante.

 

Kouga prese Kaoru e la spinse dietro di sé.

Lei sussultò, poi fu costretta a chiedergli: - Cosa sta succedendo? – Ma la domanda venne assolutamente ignorata. Non si scoraggiò, e proseguì ancora, perché lei doveva capire ciò che stava avvenendo. Non ce la faceva più a non sapere. – Perché è identico a Garo? – La risposta a quel quesito la ottenne da quel Garo stesso, che per la prima volta in assoluto fece udire il suono della sua voce.

 

- Perché io sono Garo.

 

- Sciocchezze! – tuonò seduta stante l’altro Cavaliere del Makai. Lo tramortì con un’occhiata bieca. – Tu sei solo un’impostore! Non sei degno di indossare quell’armatura! – Kouga aveva atteso quel momento da un sacco di tempo. Troppo, per lui. E finalmente era giunto. In un certo senso era come se si fosse liberato di un peso. Dirgli che non era degno di ricoprire un ruolo di quella portata, fu per lui una liberazione.

 

- Perché pensi che io non lo sia? Mi reputi un debole, un vigliacco che gioca a nascondersi? – l’essere ricoperto d’oro lo fissò in faccia. – Ora sono qui, e ti sto dando la possibilità di vedere con i tuoi stessi occhi che non sono nulla di tutto ciò. – Sfoderò all’improvviso la spada, e la puntò dritta davanti al giovane. – Coraggio novellino, vediamo chi tra noi è quello vero!

 

L’espressione lo fece infuriare, Kouga non se lo lasciò ripetere una seconda volta. Era troppo arrabbiato per farsi sfuggire un’opportunità simile. Finalmente aveva l’occasione di eliminare una volta per tutte la sorgente dei suoi problemi.

 

- Stai indietro e non avvicinarti per nessuna ragione. – ordinò a Kaoru, mentre portandosi la spada sopra la testa, si trasformò nell’unico e solo lupo dorato dell’Est.

 

La giovane Mitsuki, sempre più confusa, si trovò così d’innanzi a due figure praticamente identiche. Si tenne a distanza come le aveva chiesto Kouga, tuttavia continuava a non avere ben chiara tutta quella situazione. Cento perché affollavano la sua mente, erano troppi, non riusciva a tenerli a bada, a contenerli, ma non poteva fare altro che assistere all’imminente battaglia.

 

E così, il tanto atteso confronto era giunto.

Fu il vero Garo a fare la prima mossa, e con tutta l’indignazione che aveva in corpo, scagliò la spada contro l’avversario che la respinse prontamente, dimostrando di essere alquanto preparato.

Si muovevano entrambi con velocità, scaltrezza, oltretutto erano in perfetta sincronia: quando l’uno attaccava, l’altro era pronto a parare. E Kouga dovette ammettere a se stesso, che quella copia era notevolmente abile.

Si fronteggiarono con le spade, le lame presero ad incrociarsi, a fare scintille. Si guardarono dritto negli occhi.

 

- Non riuscirai a sbarazzarti di me! Prenderò il tuo posto e a quel punto tu finirai nel dimenticatoio, e questo mondo, tutti i Cavalieri del Makai, cadranno al mio servizio perché sono io l’unica Zanna Dorata dell’Est!

 

- Non permetterò mai che tu faccia ancora del male! – Il lupo originale aveva appena emesso la sua sentenza. Lo respinse con quanta più rabbia avesse in corpo, e nel farlo pensò a Shigeru, il padre di Souka, ucciso proprio da quella figura che adesso stava duellando con lui. L’odio ed il rammarico gli annebbiò il cervello, fece per gettarsi su di lui, ma Zarba intervenne e lo bloccò. – Esci dall’armatura! Il tempo sta per scadere! – e dopo queste parole, fu a quel punto che il figlio di Taiga si rese conto di un particolare assai importante: quel gemello indegno di ricoprire tale ruolo, nonostante avesse indossato l’armatura molto prima di lui, ancora non si era deciso ad abbandonarla. – Kouga, avanti! – lo esortò ancora il Madougu, e l’umano non ebbe scelta: abbandonò la corazza d’oro, e a quel punto si trovò sguarnito.

 

Il falso scoppiò improvvisamente a ridere. – A quanto pare, non siamo poi così uguali. Tu hai dei limiti di tempo, ma io no! – una rivelazione del genere, tuonò amara come una condanna per Kouga.

Senza l’armatura, non avrebbe mai potuto minimamente pensare di attaccare il nemico. Il rischio di venire a contatto con l’animetallo che rivestiva la corazza, era troppo elevato. Non ebbe né il tempo né il modo di pensare ad altro. Il lupo d’oro si fece subito sotto, e lo colpì con la spada.

Kouga fece appena in tempo ad evitare che la lama lo tramortisse, ma nel pararsi dall’attacco, cadde a terra e perse la propria arma dalle mani. Non riuscì a rialzarsi: il nemico gli aveva puntato l’estremità della spada proprio davanti alla gola, impedendogli così di fare qualsiasi movimento.

 

- Non lasciare che ti tocchi! – gli ricordò con prudenza il Madougu.

 

- Lo so! – Kouga ne era ben consapevole. Se quella lama avesse sfiorato anche solo per un momento un lembo della sua pelle, egli avrebbe preso fuoco all’istante, perché nessun umano, compresi i Cavalieri Mistici, poteva sperare di venire a contatto con una lega magica di quella portata ed uscirne indenni.

Garo lo squadrò quasi con compassione. Gli sembrava un povero cucciolo smarrito.

- Non sono io quello che non è degno di indossare quest’armatura. – dichiarò altezzoso, con una voce imponente e fiera di sé – In questo mondo non possono esistere due entità simili. E tra di noi, colui che dovrà andarsene, sei tu! – caricò il braccio, e con violenza lo spinse in avanti. Per Kouga non sembrava esserci più scampo, ma accadde qualcosa di inaspettato. Vide di corsa la sagoma di Kaoru pararsi davanti a lui e con le braccia spalancate urlare al nemico: - Non farlo!

 

La Zanna Dorata arrestò di colpo il braccio. Fortuna volle che la punta della spada si fermò appena in tempo. Egli lesse negli occhi di quella giovane un coraggio ed una forza interiore dall’energia sconfinata.

Ciò lo fece riflettere. – Hai messo a repentaglio la tua vita per proteggere una persona che non merita il perdono di nessuno. Perché lo fai?

 

Kaoru deglutì, e con fermezza rispose: - Questa non è una persona qualunque. Tempo fa, ha fatto di tutto per salvare la mia vita.

 

- Quindi, stai ripagando un vecchio debito?

 

Scosse il capo. – Sto solo proteggendo colui che amo. – La risposta fece sussultare Kouga. Ci fu un attimo di silenzio, che poi fu spezzato ancora dalle parole della ragazza. – Cosa vuoi da noi? Chi sei?

 

Il gemello malvagio fu colto dallo stupore. – Questo ragazzo non ti ha mai parlato di me? – intuì la risposta di Kaoru semplicemente vedendola assumere un’espressione smarrita. Sorrise divertito. – A quanto pare, la persona che ami sembra tenerti all’oscuro di tutto. Ma forse, credo che sia meglio lasciare a lui la parola. – rinfoderò la spada, e sotto lo sguardo atterrito dei giovani, saltando sul parapetto del ponte, si lanciò nel vuoto per scomparire come un lampo dorato nella notte.

Kaoru si voltò lentamente verso Kouga. Le gambe le tremavano.

Alzandosi da terra, lui raccolse la propria spada e la rimise nel fodero. Poi arrivò la tanto attesa domanda.

 

- Che cos’è questa storia? – pronunciò a stento la giovane Mitsuki. Aveva la gola asciutta e, paradosso, le mani sudate.

Ma quando non si vide arrivare nessuna risposta, quando sentì l’indignazione esploderle dentro, capì di non poter sopportare neanche un istante di più quella situazione. – Adesso basta! Non ne posso più dei tuoi continui silenzi! – urlò, dando così libero sfogo a tutta la sua rabbia. – Perché non me ne hai parlato? Perché mi tieni sempre all’oscuro di tutto?!

 

- Perché queste sono cose che non ti dovrebbero riguardare. – Kouga aveva pronunciato quelle parole con una freddezza unica. Probabilmente perché quella situazione lo aveva in qualche modo preso alla sprovvista.

Però, successe un qualcosa che lo spiazzò ancor di più. La reazione che quelle parole ebbero su Kaoru fu istintiva ed immediata, e Kouga si vide arrivare uno schiaffo in pieno viso. 

Rimase un secondo senza fiato, il gesto gli arrecò stupore. Lei non gli aveva mai tirato uno schiaffo prima d’ora.

Faceva sì male, ma la sofferenza fisica non si poteva certo paragonare a quella interiore.

 

- Come puoi pensare di escludermi dalla tua vita? – Nello sguardo della giovane c’era una luce carica di sdegno. Poi quello stesso sguardo divenne improvvisamente triste.

 

- Kouga non voleva farti preoccupare. Dopotutto quello che sta succedendo… - si lasciò sfuggire Zarba. E poco dopo provò il forte desiderio di non averlo mai detto.

 

Osservò perplessa il Madougu. – Tu lo sai, non è vero? Dimmelo, allora! Dimmi cosa succede! – era come se lo stesse pregando.

 

Zarba sospirò pazientemente. Secondo lui non era giusto nasconderle la verità. Non ora, quando ormai le carte di quella partita erano state scoperte. – Credo che tu abbia il diritto di sapere, e a questo punto mi sembra inutile continuare a mentire. – l’anello non aspettò l’approvazione del suo proprietario. Gli sembrava una cosa insensata, oramai. – Quel Cavaliere simile a Garo, sta creando problemi ovunque. Ha ucciso il padre di Souka, un Cavaliere di Bronzo, e ne ha attaccati molti altri. Inoltre sembra avercela in modo assai particolare con Kouga. A dirla tutta, pare che tutti gli Orrori sembrino avercela con lui, e per una qualche strana ragione, creature chiamate “Chimere Mistiche” non fanno altro che perseguitare sia lui che te. Ciò che è successo alla tua amica, l’altra sera, crediamo che sia collegato a tutta questa faccenda. - Quando Zarba ebbe finito di parlare, con un’espressione smarrita Kaoru guardò Kouga.

 

Non voleva credere che lui lo avesse fatto per davvero, un’altra volta.

Non poteva credere che le avesse ancora mentito.

E poi improvvisamente ogni cosa le quadrò. Ogni istante passato a sfuggire a quegli esseri chiamati chimere, ogni momento passato ad interpretare i continui sbalzi d’umore del ragazzo, quella tristezza che spesso gli appariva negli occhi all’improvviso… Comprese ogni singola cosa. Ma ciò non la fece stare meglio. Al contrario.

- Perché? – disse, mentre avvertì calore agli occhi. – Perché mi hai detto solo bugie? - A quella domanda, Kouga non seppe dare una risposta. Lei lo fissò imperterrita. Faceva fatica a trattenersi. – Asami ha rischiato la vita per questo, lo capisci?! Se tu me ne avessi parlato, io… - “io avrei cercato di stare più attenta” avrebbe voluto dire, ma ormai nel suo cuore c’era così tanta sofferenza che le parole adesso non avrebbero più avuto la stessa importanza.

Ormai nulla di ciò che avrebbe voluto dirgli aveva più un senso. Ora a darle il tormento era un unico pensiero. Uno soltanto: Kouga le aveva mentito.

Questo era ciò che la faceva stare male, che le provocava una sofferenza intensa e silenziosa. E il suo cuore, ormai, di quella sofferenza ne era pregno. – Dimmi perché?!urlò all’improvviso, e nel farlo lo colpì al petto con uno schiaffo. Incassò il colpo, quel tacito ragazzo, e continuò a restare fermo ed immobile. Davanti a quelle domande, era come se lui non sapesse cosa rispondere semplicemente perché sapeva di avere sbagliato.

Ma non era questo che lo paralizzava di più.

Ancora.

Lui aveva sbagliato, sì, ma ancora. Per l’ennesima volta le aveva mentito. Forse non avrebbe dovuto. No. E fu in quell’istante che se ne rese conto. Ma ormai, per rimediare era già tardi.

Kaoru lo guardò un’altra volta. Le lacrime adesso le bagnavano il viso con violenza, tanto da sembrare inarrestabili. Deglutì e tremante si posò una mano in petto. – Io mi fidavo di te. – disse, e quando sentì avvolgersi da un gelido mantello, quando lo sdegno le ricoprì per intero il cuore, gridò con tutta se stessa: - Sei un bugiardo!

 

Quella parola, “bugiardo”, risuonò nell’aria e fece eco a lungo.

Kouga ne fu tramortito. Rimase per un secondo senza fiato, rimase inerme, mentre dentro di se un dolore straziante gli squarciò il petto. Era una sensazione insopportabile, opprimente.

Non seppe fare altro che guardarla, ancora in silenzio, colpevole quasi di ciò che aveva fatto.

Lei scosse il capo e fece un passo indietro. Sembrava voler scappare via da un momento all’altro, ma esitò, come se in realtà desiderasse essere fermata. Tuttavia dal lato opposto non ci fu nessuna reazione.

Distrutta dal dolore, delusa dall’uomo che credeva di amare, corse via a più non posso. Lontano da lì, lontano da quella persona che le aveva soppresso ogni speranza, lontano da colui che aveva rovinato ogni suo sogno.

E mentre correva le lacrime si confondevano nell’aria, e trasportate dal vento volarono via portando con sé nient’altro che dolore.

 

Immobile, Kouga la guardò andare via ma restò impalato e non sbatté ciglio.

Tutto ciò perché era arrabbiato con se stesso, era amareggiato perché il suo modo di fare lo aveva inesorabilmente condotto a commettere uno sbaglio.

L’ennesimo.

Adesso sì, che si sentiva veramente un bugiardo.

Desiderò ardentemente di poter tornare indietro per non ripetere lo stesso errore.

E lo desiderò davvero, come un bambino che crede nelle fiabe e spera un giorno di incontrare il genio della lampada.

Ma, come la vita ci insegna, ci si può pentire tante volte senza però avere la capacità di poter cambiare il proprio passato.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                            

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Chiedo umilmente scusa per il ritardo, purtroppo il lavoro mi tiene molto occupata in questo periodo, e questo capitolo qui in particolare richiedeva una buona attenzione. L’ho infatti corretto più volte, ci tenevo a non rovinarlo e soprattutto a non storpiare i personaggi.

C’è poco da dire, tutte le volte che lo leggo mi assale una punta di tristezza, e in effetti non è che sia poi così raggiante.

I fazzoletti che vi avevo consigliato la volta scorsa vi sono serviti? ^__^

Io ho asciugato le lacrime sulla manica della maglia!

Ma bando alle ciance, passiamo alle risposte!

 

 

 

Per DANYDHALIA: Hai proprio ragione: come vedi Kouga ha imparato ma non nel migliore dei modi. Della serie “sbagliando si impara”, solo che lui l’ha fatto per una seconda volta… Però è Kouga, quindi dovrebbe essere normale! Capita anche a me di allontanarmi dalle cose che amo per paura di sciuparle. L’esempio che hai fatto tu mi colpisce molto perché mi ci rivedo. Ho una bambola a cui tengo in modo particolare, è rimasta con me sulla scrivania per troppo tempo finché un giorno, vedendola lì e un po’ impolverata ho deciso di riporla in una vetrina. Certo, ora è più pulita ed in ordine, però in un certo senso mi manca, e guardandola ho ome l’impressione che io manchi a lei. Magari un giorno quando ne sentirò il bisogno la riporterò qui sulla scrivania, chissà!  

 

Per Sho Ryu Ken: Davvero la parentela che lega Ikuo e Shiro ti ha sorpreso?? Beh, effettivamente è un colpo di scena, ma non sarà mica l’unico! Già, perché quanto prima vedrai Dean Winchester alle prese con un Orrore!!! E al posto di Sam nell’impala ci sarà Kouga!! Ovviamente scherzo, altrimenti sai che risate? Io già immagino la scena!

 

 

 

Per ora è tutto. Vi lascio alle anticipazioni, e buona lettura!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Dopo l’allontanamento di Kaoru, Kouga farà del tutto per trovarla, ma dovrà prima cercare di fare chiarezza con se stesso per riuscire a riconquistare la fiducia della ragazza.

Prossimo episodio: #20 Verità

 

 

  

 

 

 

 

   

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

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Capitolo 21
*** #20 Verità ***


Verità

                                           Verità

                                             #20

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.

 

 

 

 

 

Era agitato.

Irrequieto.

Era in attesa di risposte che doveva assolutamente avere.

Non poteva più aspettare, non poteva perdere altro tempo. Le lancette di quell’orologio si erano spinte già oltre. Troppo, per uno come lui.

Per uno come Kouga.

Già, proprio Kouga Saejima. Sentiva ormai di non farcela più ad attendere. Anzi, di non essere più disposto a farlo. 

Finché, finalmente, le sue preghiere furono esaudite.

Gonza uscì da una delle camere poste al piano terra della villa e gli si avvicinò con passo svelto.

In mezzo alla hall vide Kouga in assoluta trepidazione, tant’è che il cuore chiuso in petto parve al ragazzo schizzare fuori da un momento all’altro. Aspettava di ricevere una risposta positiva, non desiderava altro, e così fu.

- L’ho trovata! – esclamò il buon uomo, con fare eclatante – E’ da vostra cugina, da Souka! – finalmente grazie a quella rivelazione smise di trattenere il fiato e si sentì per la prima volta, dopo quella sera, tranquillo.

E la sera, la famosa sera, era proprio quella in cui Kaoru gli aveva dato del bugiardo per poi correre via, chissà dove, lontano.

Lui e Gonza avevano passato la notte intera svegli, ad aspettare che tornasse, ma quel campanello da nessuno fu sfiorato.

Così, il maggiordomo durante le prime luci dell’alba aveva iniziato un lungo giro di telefonate, rivolte per lo più alle poche persone che conosceva Kaoru, finché, quando ormai ogni speranza sembrava persa, ecco che nel chiamare presso l’altra famiglia Saejima, dove risiedeva Souka, accadde il tanto sperato miracolo.

Adesso c’era solo una cosa da fare: andare lì, e riportare la ragazza a casa.

Anche se, quasi certamente, non sarebbe stata un’impresa così facile.

 

 

 

 

  

                                                                                        ***      

 

 

 

 

 

Kaoru si era da poco svegliata. Aprì gli occhi, e con fare assonnato iniziò a stropicciarli.

Quello che era successo nella serata, le parve di averlo solo sognato. Ma quando nel guardarsi intorno si rese conto di non essere nella sua camera, capì che un incubo, quello, non lo era stato.

Si alzò e scese dal letto. Il sole splendeva già alto nel cielo riscaldando così una mattina gelida di primo inverno.

Doveva lavarsi e pettinarsi, darsi una sistemata, ma non aveva con sé nessun cambio, nessun abito pulito.

Dopotutto, era giunta a casa di Souka nel bel mezzo della sera, senza passare a prendere almeno una piccola parte dei suoi oggetti personali.

Girandosi in direzione della finestra, vide una sedia sopra la quale vi era appoggiato con cura un abito bianco e rosa con inserti in pizzo. Senza dubbio doveva appartenere a Souka, e senza dubbio ancora forse era stata lei stessa a metterlo lì per lei, affinché lo indossasse.

Lo raccolse, lo sfiorò con le dita, al tatto quella stoffa leggiadra emanava una sensazione di fresco, di molto raffinato ma semplice allo stesso tempo. Doveva costare un bel , constatò guardandolo ancora, e andò a prepararsi.

Kaoru aveva già fatto la conoscenza dei due maggiordomi che si prendevano cura della stupenda villa dove abitava Souka.

Si trattava di un posto immerso nel verde, ma a differenza del palazzo di Kouga, nel giardino attorno alla dimora c’era un enorme lago.

Inoltre il sentiero che portava fino ad esso era fatto di pietra. Tanti sassi dalla forma quadrata formavano una sorta di lungo serpente che si estendeva sul selciato.

Alberi di acero rosso contribuivano a dare un fascino misterioso ad un luogo che sembrava essere uscito da un maestoso dipinto.

Quando venne fuori della camera, uno dei maggiordomi lì presenti la salutò con un inchino, successivamente la condusse da Souka. Quest’ultima si stava allenando in giardino, ma al posto della spada reggeva tra le dita una serie di pugnali.

Lo scopo dell’allenamento consisteva nel centrare sottili strisce di carta rossa legate ai tronchi di alberi posti in lontananza. Sembrava una cosa impossibile, dato che quei nastri avevano un diametro a dir poco ridicolo.

La giovane si apprestò a scagliare l’ultimo pugnale in direzione di un albero assai distante da lei. Prese bene la mira, ed essendo dotata di un’abilità estremamente alta, riuscì nell’impresa. La striscia fu recisa dalla lama del coltello e cadde a terra, accompagnata da uno spiffero di vento. In quello stesso istante si udì un battito, uno schiocco di mani. Souka si voltò e vide una Kaoru estasiata che la guardava sorridendo.

- Sei bravissima! – le disse, complimentandosi per la perfetta esibizione.

 

- E’ solo questione di allenamento. – La dama con l’eleganza della seta finì l’allenamento e la raggiunse. – Sei pronta per fare un giro della casa? Oppure preferisci restare in giardino?

 

Kaoru non aveva avuto il tempo durante la sera di vedere la villa. Per cui non ebbe nessun dubbio su cosa rispondere: - Scelgo la prima!

 

Souka le fece visitare ogni angolo di quel sontuoso palazzo. C’erano all’incirca una cinquantina di stanze, di cui molte inutilizzate. Si vedeva insomma che quella era la dimora di un Cavaliere facoltoso.

- Mio nonno fu il primo a fondare la casata dei Cavalieri di Bronzo. Quando morì passò tutto nelle mani di mio padre, e adesso, in quanto unica erede, sono io ad occuparmene.

 

Dopo quella breve rivelazione, la pittrice reclinò un po’ la testa con fare abbattuto. – Ho saputo che è scomparso da poco. – disse, e lo sguardo le divenne subito triste. – So cosa si prova ad avere delle responsabilità quando non ti senti ancora pronta.

 

- Già – antepose Souka, sembrando avere ricordato appena qualcosa – tu hai perso entrambi i genitori quand’eri piccola.

 

- Come fai a saperlo? – Kaoru non ricordava di averglielo mai detto.

 

- Anche se può sembrarti impossibile, è stato Kouga a dirmelo.

Nell’udire il suono di quelle lettere che messe insieme formavano un nome ben preciso, l’artista provò un’intensa sensazione di occlusione al cuore. Si sentì bruciare dentro, e fu colta da un moto di sudore alle mani improvviso.

Souka intuì il suo malessere semplicemente scrutandola in volto.

La giovane Mitsuki le aveva raccontato tutto ciò che era successo la sera stessa in cui aveva bussato alla sua porta.

Souka sospirò. – Gli uomini sbagliano di continuo, ma quando credono di avere imparato dai loro stessi errori, sbagliano ancora. - Nulla di più vero, pensò per un istante Kaoru, e lo sguardo le divenne ancora triste.

 

- Lui… non doveva mentirmi. Non un’altra volta.

 

- Lo avrà fatto senza dubbio credendo di fare la cosa giusta per te.

 

- Ma io mi fidavo di… - “Kouga”, avrebbe voluto dire, tuttavia non riuscì neppure a pronunciare l'inizio di quel nome che ora la faceva sentire a disagio, la spiazzava. Abbassò lo sguardo amaramente. Soffriva, e tanto. Durante la notte non aveva chiuso occhio, un rigirarsi di continuo non solo con il corpo ma anche e soprattutto con la mente. Il cuscino aveva accolto così tante lacrime che neppure la luce di un sole cocente sarebbe riuscita ad asciugare. 

Senza contare le lenzuola torte più e più volte dalla forza delle sue mani che non sapevano contro chi accanirsi, contro chi lottare.

A quel punto Souka le pose un quesito che la portò a meditare seriamente sull’accaduto.

- Se tu adesso potessi scegliere, vorresti trovarti qui oppure nella casa in cui sei stata fino a ieri? – La domanda in realtà aveva un significato nascosto.

Se interpretata nella maniera giusta, il quesito diventava simile a questo: “Adesso, dopo quanto successo, tu provi ancora il desiderio di stare con lui? Senti, nonostante sia trascorso un solo giorno, la sua mancanza?”

 

Il palazzo di Souka era a dir poco spettacolare. Chiunque avrebbe desiderato restare lì a lungo, per godere delle meraviglie del luogo, eppure… Kaoru lì si sentiva persa. Dentro di lei si era aperta una voragine molto profonda che le dava la sensazione del vuoto. Era come se le mancasse una parte della propria anima, o un frammento di stessa.

Nonostante i maggiordomi di quella dimora fossero persone estremamente garbate, l’affabilità e la gentilezza di Gonza non avevano eguali.

E nonostante la dimora fosse accogliente e calda, continuava stranamente a sentire freddo.

E, non certo per ultimo, nonostante Souka fosse lì accanto a lei, si sentiva instabile, insicura, persa.

Sì, a Kaoru mancava veramente qualcosa.

Qualcuno. 

A Kaoru mancava Kouga.

Buffo pensarlo, dopo neppure un giorno di lontananza. Però era così.

E si chiese oltretutto se in futuro lei lo avrebbe più rivisto. Se loro due avrebbero continuato a litigare, come facevano spesso, se avrebbero passeggiato ancora insieme, se si sarebbero tenuti ancora la mano in quelle rare volte che succedeva qualcosa di speciale.

Non vedendosi dare una risposta, Souka interpretò quel silenzio nel migliore dei modi possibili, tant’è che parve averla letta dritta nel cuore.

Stavolta disse qualcosa, ma nulla a che fare con la dolente questione – Vieni, ti faccio conoscere mia madre.

 

 

Sanae Saejima.

La sorella minore di Taiga, nonché zia di Kouga.

Souka aveva ereditato il cognome della madre perché il regolamento della casata dei Cavalieri di Bronzo lo imponeva alle future nasciture.

Chissà che aspetto avrebbe avuto la donna.

Kaoru provò a chiederselo, cercò di darle una forma, se la immaginò non tanto anziana, colta e raffinata, con indosso un elegante kimono di quelli rigorosamente tradizionali.

E invece, non appena entrarono nella stanza, seduta dietro una scrivania e con la penna tra le dita, rimase sorpresa di scoprire l’esatto contrario.

Aveva i capelli corti, un viso spigliato e a prima vista sincero, indossava abiti normalissimi: una semplice camicia blu come il mare, ed un paio di pantaloni bianchi.

La ragazza d’istinto fletté la schiena in avanti, come per farle un mezzo inchino, ma la donna la fermò.

- Ma no, cara! Non serve tutta questa riverenza. – disse con semplicità, e sorrise garbatamente. – Stai pure ben ritta sulla schiena, e lascia che ti osservi bene in viso. – la guardò senza essere troppo invadente, poi sorrise ancora – L’abito di mia figlia ti sta molto bene. Viceversa, a lei non ha mai donato.

 

- Mamma! – sbottò Souka seduta stante, piuttosto stizzita da quell’affermazione.

 

- Lo sai che io dico sempre la verità. – poi guardò ancora Kaoru – Dunque, come ti chiami giovane ragazza?

 

- Kaoru, Mitsuki Kaoru!

 

Sanae sorrise. – Allora sappi che qui sei la benvenuta, Kaoru!

La giovane Mitsuki rimase sorpresa da tanta gentilezza. Mai e poi mai si sarebbe aspettata di trovarsi davanti ad una persona così aperta e socievole. Al massimo lei se l’immaginava tacita e riservata come la figlia.

Ma ovviamente si era sbagliata. E anche di molto!

 

 

Dopo il pranzo, Souka si ritirò nello studio insieme a due Cavalieri di Bronzo giunti lì in quell’istante, per discutere con loro su diverse questioni legate alla casata.

Adesso era lei, e non Shigeru, ad avere tra le mani le redini dell’intera stirpe.

Sanae aveva chiesto due tazze di tè: una per lei e l’altra per Kaoru che le faceva compagnia nel salottino della villa. Quando il maggiordomo posò il vassoio sul tavolinetto, ella gli fece cenno di andarsene, così prese la tazza di persona e la porse con gentilezza all’ospite che ringraziò subito.

 

- Mia figlia mi ha detto che sei una pittrice.

 

- Sì, o perlomeno ci provo!

 

Sanae sorrise con benevolenza a quella risposta. – Oltre ad essere carina ed educata, sei anche modesta. Quel testone di mio nipote è stato proprio fortunato ad averti incontrata. – Quando Sanae disse ciò, vide il viso dell’ospite divenire pallido. La figlia le aveva spiegato ciò che era successo, quindi quel pallore non la stupì molto. – Ascolta, Kaoru – anticipò, per far sì che ella prestasse ascolto alle sue parole – Non vedo mio nipote dal giorno in cui Taiga fu sepolto. Tuttavia, ricordo che anche a quei tempi aveva un carattere molto chiuso ed introverso, talvolta perfino incomprensibile, ma solo per coloro che lo conoscevano relativamente poco. Credo che tu, con il tempo lo abbia imparato, e penso anche che, ancor prima di rendertene conto, tu ti sia innamorata di lui per quello che è, con i suoi difetti, con un caratteraccio che farebbe tremare chiunque. Non ti chiedo di biasimarlo, non puoi, ed è giusto che lui rifletta su ciò che fa, però, almeno prova anche tu a riflettere sulle mie parole, vedrai che la risposta a ciò che cerchi di comprendere, quando dal tuo cuore si allontaneranno le nubi, arriverà all’improvviso, e tutto ti sembrerà più semplice. – Con quel lungo discorso, Sanae aveva centrato esattamente il problema. Kaoru si chiedeva se sarebbe riuscita a perdonare anche stavolta quel cocciuto ragazzo. Ma la risposta, per quanto ella si sforzasse di trovarla, proprio non ne voleva sapere di venire alla luce.

Forse, proprio come aveva detto Sanae, per giungere alla verità doveva allontanare quelle nubi dal proprio cuore, così tutto sarebbe stato più facile.

Forse.

 

 

 

 

  

                                                                                   ***      

 

 

 

 

 

Mentre sorseggiavano il tè, dalla finestra della stanza si udì il rombo di un’auto che sembrava essere appena giunta davanti allo spiazzale della casa.

Sanae si alzò, convinta che fossero i soliti scocciatori che puntualmente venivano ogni giorno a stipulare accordi con sua figlia. Si accostò al davanzale, e quando riconobbe senza esitazione la sagoma di Gonza al volante di quell’auto, ebbe un sussulto.

- Kaoru – disse in un primo momento, girandosi verso di lei senza farle capire nulla. – Potresti farmi un piacere?

 

- Ma certo, dica pure!

 

- L’altro giorno, mentre passeggiavo lungo la sponda del laghetto, ho perso uno dei miei orecchini preferiti. Penso che sia caduto in acqua, sfortunatamente non sono riuscita a vederlo. Tu hai senza dubbio una vista migliore della mia, perciò mi chiedevo se saresti così gentile da controllare? Te ne sarei estremamente grata!

 

L’artista annuì senza alcun dubbio: - Conti pure su di me! Anzi, adesso esco e ci vado subito! – fece per alzarsi e varcare la soglia della porta, ma Sanae quando la vide dirigersi verso il portone principale del palazzo, al volo la fermò.

 

- Non da quella parte, Kaoru. Usa l’uscita sul retro, arriverai prima. – le indicò una porta secondaria, così senza pensarci e facendo dietro-front, la ragazza la raggiunse ed uscì.

 

Se Sanae aveva architettato tutto ciò, c’era un perché. E, naturalmente, quel perché aveva un nome: si chiamava Kouga.

Il campanello produsse un suono, uno dei maggiordomi aprì l’uscio di quell’imponente portone e dopo anni d’assenza il figlio di Taiga rimise piede in quella che un tempo era anche la dimora del padre.

Al suo fianco c’era Gonza, che lo aveva accompagnato fin lì con l’auto di famiglia.

La zia ed il nipote si guardarono dritto negli occhi. Non si vedevano da anni, e lei in particolare nel vedere quanto fosse cresciuto, nel constatare quanto egli nello sguardo assomigliasse al fratello scomparso, provò un forte senso di nostalgia.

Ciò nonostante, si rivolse per prima al maggiordomo. Quasi di proposito. – Gonza, da quanto tempo! Ti trovo ringiovanito.

 

Il buon Kurahashi fece un doveroso inchino con il capo. – Felice di rivederla, signora Sanae! Noto con piacere che anche lei si mantiene in forma!

 

La donna sorrise educatamente, al contrario, quando la sua attenzione si spostò su Kouga, l’espressione del viso mutò improvvisamente. – Tu invece, sei cresciuto parecchio. Non ti avevo neppure riconosciuto. – La frase aveva un doppio significato. Mirava a sottolineare quel lungo lasso di tempo che li aveva inspiegabilmente tenuti distanti. Il ragazzo afferrò le parole sibilline che la frase nascondeva, ma ovviamente preferì non commentare.

Lui era venuto lì solo per un motivo: riportare Kaoru a casa.

Non poteva mettersi a discutere di cose che oramai appartenevano al passato.

 

- Sono qui per…

 

- Lo so già. – anticipò la donna, azzittendolo. Poi si incrociò le braccia al petto. – Ti dirò dov’è solo se accetterai la mia proposta.

 

Kouga emise un sospiro sommesso. Conosceva bene la zia, e sapeva anche quanto ella potesse essere ostinata e tenace in determinate situazioni. – Quale sarebbe?

 

- Nulla di così complicato. Ma forse per te lo è… Voglio parlarti.

 

- Tutto qui?

 

- Sì, tutto qui. – Sanae aveva fatto in modo che lui e Kaoru non si incontrassero perché voleva chiacchierare con il nipote affinché egli, una volta ripresosi la ragazza, non commettesse altri sbagli.

 

Kouga si sfilò il cappotto, Gonza lo raccolse subito tra le mani. – Sbrighiamoci. – disse, e in quel modo le fece capire di aver accettato la proposta.

 

Si diressero proprio nel salottino dove poco prima Sanae e Kaoru stavano prendendo il tè.

Quando il ragazzo si fu seduto, la donna rimase a lungo in silenzio, rapita dai ricordi. Lo guardava, ma stavolta lo faceva con tenerezza, affetto.

- Somigli moltissimo a tua madre. – disse in un primo momento, rivedendo in lui i dolci lineamenti del viso di Rin. Stesso colore dei capelli, stesso taglio degli occhi, stesse labbra della madre. – Anche se a tratti ho come l’impressione di rivedere Taiga.

 

- Zia – la interruppe Kouga – cosa volevi dirmi? – Proprio non ce la faceva ad aspettare.

 

- Kaoru mi sembra una gran brava ragazza.

 

- E lo è.

 

- Lo è? – ripeté la donna, lanciandogli un’occhiata come a volere sottolineare quelle parole. – A lei lo hai mai detto? - Ovviamente, la risposta a quella domanda era un “no”, ma Kouga si zittì. Quella non risposta valeva per Sanae come una conferma.  La donna con lui non usò né toni gentili né comprensione o pazienza, ma solo fermezza. – Se le vuoi veramente bene, allora cambia.

 

- Cambiare? – il figlio di Taiga si sentì preda della confusione. Doveva cambiare, ma… Cosa voleva dire con ciò? Cambiare perché? In che modo? Così all’improvviso, poi, gli sembrava una cosa totalmente assurda.

 

- Sì, cambiare. - ripetè la zia, poi proseguì - Cambia il tuo comportamento, cambia atteggiamento, cambia almeno una parte di quel carattere arido che ti ritrovi. Non ti sto chiedendo di diventare un’altra persona, ma di sforzarti affinché tu capisca di più quelli che ti stanno intorno.

 

A dire il vero Kouga non fu particolarmente ricettivo. Sembrò assumere una smorfia sempre più incerta, a tratti pareva spazientito, tant’è che neppure rispose o si prese la briga di farlo.

Fece per alzarsi, ma un’esclamazione brusca della zia lo bloccò di colpo.

 

- Kouga! – tuonò, affinchè il giovane cambiasse atteggiamento. Quel suono fu udito perfino da Gonza, seduto in cucina nella stanza affianco.

 

Stavolta il Cavaliere del Makai fu obbligato a darle una risposta. – Tu mi conosci, sai come sono fatto. – disse, tanto per portare a termine il discorso, ma finì ancora una volta per provocare le ire della zia.

 

La donna alzò gli occhi al soffitto in preda alla collera. Dio e quanto era testardo e cocciuto suo nipote! Esattamente come il padre. Lo fissò con chiarezza, quel viso ora incuteva un certo timore: - Non cambiare per gli altri, ma fallo per Kaoru! - "Per Kaoru", era questa la chiave di tutto l'intero discorso. Quella frase lo investì in pieno, in un modo così diretto che inevitabilmente lo portò a riflettere.

Fu costretto a ripensare alla sera prima, quando non era stato capace di dirle la verità, di spiegarle tutto con gentilezza, e non com’era solito fare, ovvero aggrottando la fronte e sbottando. Forse, se lui le avesse spiegato la faccenda senza lasciare l’arduo compito a Zarba, Kaoru non sarebbe mai corsa via.

E nel pensare a ciò, finalmente comprese l’enorme sbaglio. 

Non solo Kaoru era delusa perché lui le aveva mentito ancora, ma era amareggiata dal fatto che, nonostante tutto quello che era successo, aveva continuato a mantenere un comportamento freddo ed inflessibile.

Kouga si sentì per la prima volta in vita sua un perfetto immaturo, un ragazzino stupido, un… piccolo idiota innamorato, come lo chiamava simpaticamente Jabi. E pensò che l’amica avesse ragione, anche se lui si sentiva un idiota innamorato che però non sapeva amare.

 

La zia lo osservò attentamente in viso, si accorse che finalmente quel nipote così ostinato aveva compreso ed accettato lo sbaglio. Adesso però lei doveva concludere così come aveva iniziato quel discorso. Stavolta lo fece ostentando un tono più dolce. – Quella ragazza ti ama veramente. Lo si capisce quando qualcuno pronuncia il tuo nome. I suoi occhi iniziano a brillare, si rianima, spesso arrossisce, e con quella luce che le irradia il viso sembra contagiare anche colui che la osserva. E’ davvero…

 

- Bella. – concluse Kouga, e nel ricordare il volto di Kaoru, sulle labbra gli affiorò un sorriso.

 

- Tu invece sei impacciato come Taiga. – Sanae richiamò alla mente un avvenimento passato appartenuto al fratello. – Quando conobbe Rin, ricordo che il giorno del loro primo appuntamento venne da me per chiedere un consiglio. Non sapeva cosa avrebbe dovuto indossare durante quell’occasione. All’epoca era soltanto un ragazzo, proprio come te, e passammo un’ora a scegliere gli abiti giusti. Alla fine ricordo che poco prima che se ne andasse, lo costrinsi a mettere del profumo. Esagerò così tanto che quell’odore avrebbe stordito chiunque, credimi! Eppure a tua madre piacque moltissimo. – Sanae sorrise dolcemente nel pensare a quell’evento. Il nipote, al contrario, restò meravigliato da ciò. Provò ad immaginare Taiga durante quel giorno, e il buffo pensiero di vedere il padre agitato ed agghindato per l’occasione lo divertì parecchio.

Ad un tratto la porta del salottino si spalancò di botto.

 

- Se mamma ha aiutato tuo padre, io adesso aiuterò te. – era stata Souka a parlare. Stringeva qualcosa tra le mani. Degli indumenti che successivamente lanciò addosso al cugino. - Sono gli stessi che indossò tuo padre quel giorno. – disse la ragazza. E la madre aggiunse poco dopo: - Li ho conservati con molta cura, ed ho fatto bene, dato che adesso serviranno a te.

 

- Devo… indossarli? – chiese a quel punto Kouga, non sapendo come comportarsi.

 

La pronta risposta di Souka non gli lasciò la possibilità di fare una scelta. – E devi farlo anche di corsa. Detesto le persone lente.

 

E così, dopo quell’affermazione che suonò quasi come un ordine perentorio, ironia della sorte Kouga si trovò a calzare abiti che un tempo erano appartenuti al padre: una camicia bianca con un pantalone dello stesso colore. Nulla di più semplice, ma era questo il bello. Adesso poteva dire di essere un ragazzo normale, come tutti gli altri. Ora non era il solito cacciatore di Orrori, il cavaliere rigido ed inflessibile di sempre. Sembrava in un certo senso più... dolce.

 

Le due donne lo stavano aspettando fuori della camera, mentre Gonza, prima di farlo uscire gli sistemò per bene il colletto della camicia, e dopo un’occhiata generale finalmente diede l’ok. Nella hall l’entusiasmo apparve per magia sul viso di Sanae.

Le sembrò per un solo momento di rivedere l’amato fratello. Avvertì un po’ di calore agli occhi, ma cercò di essere forte, e si trattenne dal versare anche solo una lacrima.

Souka, al contrario, storse il naso. C’era qualcosa che non andava. E dopo averlo squadrato attentamente, con una meticolosità innata, intravide la nota stonata. Si avvicinò al cugino e gli slacciò i primi 3 bottoni della camicia.

- Avevo scordato che tu sei sempre così formale. - appuntò, compiaciuta nel vedere il bel risultato. E in effetti, non aveva tutti i torti!

 

- E’ in giardino, nei pressi del laghetto. - disse ad un tratto la zia. Non aveva più nessun motivo di trattenerlo ancora lì.

Ormai era pronto per rimettere a posto le cose. Sanae ne era più che convinta.

Prima che il ragazzo potesse correre via come un lampo, la donna gli posò due dita sul collo.

Si levò in aria un odore intenso ma gradevole. E Kouga capì che quello era lo stesso profumo che anni addietro lei aveva fatto indossare al padre.

La guardò semplicemente con gratitudine, ma com’era consono che fosse, le parole non gli uscirono.

- Adesso ! – disse imperterrita, e stavolta sentì gli occhi inumidirsi. Si girò per nasconderli, mentre il nipote senza pensarci neanche un istante corse finalmente via.

Per rimettere ogni cosa al suo posto.

 

 

 

 

    

                                                                                   ***      

 

 

 

 

 

Per l’esattezza, Kaoru si trovava sul bordo del lago, con i piedi nell’acqua e le ginocchia curve verso il basso per cercare un orecchino che in realtà Sanae non aveva mai perso. Ma la ragazza questo non lo poteva sapere di certo!

Era così impegnata a guardare verso terra e a tenersi su i lembi dell’abito affinché non si bagnassero, che non si accorse di non essere sola. Qualcuno era sopraggiunto silenziosamente alle sue spalle.

Si sentì ad un tratto posare due mani sugli occhi.

 

- Chi è?! – replicò, colta alla sprovvista. Poi si toccò il viso.

Quelle, non erano certamente le mani di Souka, né tantomeno quelle di Sanae. Inoltre era convinta di avere già sfiorato una simile pelle. Il calore che emanava era molto familiare.

Quando ebbe la possibilità di voltarsi, quando riaprì le palpebre, di colpo il cuore sussultò in petto e prese a battere con più forza. Chissà perché, ma le sembrò che quel battito avesse superato perfino la velocità del suono.

- Tu… - disse solo. Non riuscì ad aggiungere nient’altro. Confusione e sorpresa le impedirono di parlare.

Kouga era proprio lì davanti. Non stava sognando, eppure tutto ciò non poteva avere un senso, o forse no?

Il tempo di riprendersi e notò che aveva abiti diversi dai soliti. Nessun soprabito bianco, o completo nero di pelle. Il batticuore aumentò nel constatare quanto vestito così, fosse davvero diverso. Irradiava una luce particolare, fresca. 

Sembrava adesso un ragazzo normale, semplice.

Tuttavia, smise subito di fissarlo. Abbassò il mento, facendosi cogliere da un moto di rabbia improvvisa. – Se sei venuto per riportarmi a casa, sappi che io…

 

- Non sono qui per quello. – le anticipò.

 

- E allora perché sei qui?

 

- Per chiederti scusa.

“Scusa”? Lui, aveva detto veramente quella parola?

No, Kaoru non riusciva a credere a ciò che le sue orecchie avevano appena udito.

No, Kouga Saejima, tipo flemmatico e freddo, distaccato ed introverso, nonché fortemente orgoglioso, non avrebbe mai potuto pronunciare una simile parola.

Scosse il capo, confusa. – Tu… hai detto…

 

- Scusa. Ti sto chiedendo scusa. – Nel dirlo ancora, il ragazzo provò un forte senso di vergogna. Ad ogni modo, se lui le voleva veramente bene, allora doveva cercare di mettere da parte il disagio, e trovare la forza necessaria per andare avanti.

 

La pittrice lo fissò amaramente. Non si lasciò abbindolare da quanto appena detto. – Tu pensi che con una parola, le cose si rimettano a posto?

 

- No, ma sono qui per parlare. – nel dirlo Kouga si guardò attorno. – Saresti disposta a farlo in un luogo più asciutto? – proferì, quasi scherzando sulla cosa. In effetti, intraprendere una conversazione importante con le gambe immerse nell’acqua, non era per niente comodo.

 

Non avendo altra scelta, Kaoru fu costretta ad acconsentire.

Dopotutto, desiderava almeno quanto lui chiarire in modo definitivo quell’assurda faccenda.

Non aspettava altro.

 

Si fermarono al di sotto di un grosso arco fatto di mattoni, molto profondo, che conduceva al territorio limitrofo.

Sotto quella tettoia di pietra, la giovane Mitsuki, incrociando le braccia al petto, fu la prima ad aprire il discorso.

- Allora, sentiamo… cos’hai da dire? – il suono della voce era teso, tuttavia si sforzò di non apparire anch’ella così nei movimenti del corpo.

Più facile a dirsi che a farsi, dato che aveva iniziato a torcersi con le dita il labbro inferiore.

 

- Ho sbagliato a non dirti subito la verità.

 

- E’ la seconda volta che sbagli.

 

- Non volevo farti preoccupare.

 

- E tu pensi che io non mi debba preoccupare per te? Pensi che a me ciò che fai o ti tormenta non mi debba interessare? Cosa credevi, di potermi mentire senza che io me ne accorgessi? Senza che io notassi il tuo strano comportamento, i tuoi improvvisi cambi d’umore, o l’espressione del tuo viso sempre cupa? – Se fin ora i toni della conversazione si erano mantenuti pressoché stabili, adesso Kaoru aveva alzato un pochino la voce.

Era stufa di tenersi tutto dentro, era stanca di vivere una storia d’amore in quelle condizioni. Una volta per tutte, lo tramortì con uno sguardo, e poi esplose. – Se vuoi che io faccia parte della tua vita, non escludermi! Io voglio starti accanto quando sei felice, ma lo voglio ancor di più quando sei triste, voglio prendermi cura di te quando ti senti male, io voglio… - trattenne brevemente il fiato, e poi d’un tratto mandò fuori il resto dello sfogo – Io voglio stare con te, Kouga! Ma tu… - serrò di colpo le palpebre, scosse il capo, e ormai giunta allo stremo, non riuscendo più ad impedire alle lacrime di venire giù, le lasciò libere di fluire sopra al viso. – Io mi fidavo di te, eri il mio punto di riferimento, e credevo in te, ti volevo bene, te ne voglio ancora ora, e questo mi fa rabbia! – si coprì il volto tra le mani, adesso i singhiozzi si udivano di meno, ma le lacrime continuavano imperterrite a cadere giù come gocce di pioggia.

 

Tutto questo non lasciò Kouga impassibile. Incapace di mantenere ancora il silenzio, le afferrò le spalle con le mani affinché lei smettesse di agitarsi. Riuscì ad attirare la sua attenzione, in questo modo poté parlare liberamente. – Io… non posso cambiare il mio modo di essere, però… cercherò di diventare una persona migliore – le tolse le mani dal viso, con estrema tenerezza – tu però non piangere più. Quando lo fai sto male, perché significa che non sei felice, che c’è qualcosa che ti fa soffrire, ed inevitabilmente, insieme a te soffro anche io.

Kaoru fu preda della confusione. Scosse il capo, era agitata.

 

- Se io riuscissi ad odiarti o ad amarti un po’ meno, forse sarebbe tutto più facile. – disse, guardandolo negli occhi con dolore, rabbia, confusione. Poi afferrò le sue mani, e le volse verso il basso – Tu mi hai mentito, chi mi dice che non lo rifarai più?

 

- Non riesco a darti nessuna certezza, se lo facessi ti mentirei ancora, però… posso provarci. La parola di un Cavaliere Mistico vale molto.

 

- Ma per me non è sufficiente! – replicò la ragazza con affanno, scosse il capo – Io non voglio parole, promesse, voglio certezze! – sentì le lacrime ritornare, non riuscì ad aggiungere altro, così, presa forse dallo sconforto, si staccò da lui per andarsene via.

Kouga non commise un’altra volta lo stesso sbaglio. Fece appena in tempo ad afferrarle il polso della mano e a tirarla verso di sé. La guardò in faccia, a lungo. - Fidati, ti prego. - e dopo averle sfiorato la guancia con la mano, fu talmente improvviso che Kaoru non poté rispondere, perché un bacio sulle labbra le tolse la facoltà di parlare.

Un bacio può farti mancare letteralmente il fiato. Lei difatti ne restò senza.

Il potere di quel gesto spazzò via le nubi che avvolgevano il suo cuore, facendole capire la verità.

Inoltre, quel bacio era diverso da tutti gli altri.

In quel bacio c’era trasporto, e, per la prima volta, passione.

Come una girandola colorata mossa dal vento, si sentirono avvolgere nella più magica delle atmosfere. Quell'attimo era tutto per loro, e quando il ragazzo guardandola con estrema dolcezza le sorrise, Kaoru si sentì riempire di gioia. - Voglio potermi ricordare di questo tuo sorriso. Per sempre. - gli posò delicatamente una mano sulle labbra, non smetteva di fissarlo.

Kouga la strinse a sé con trasporto, e capì che non avrebbe mai voluto più perderla.

Senza di lei, la vita non aveva senso. Non valeva la pena di essere vissuta intensamente. Senza Kaoru si sentiva incompleto, preda del vuoto interiore. Si sentiva solo.

Le accostò il viso all’orecchio, e le parole gli uscirono spontanee. – Non farmi più preoccupare.

 

- Vedessi com’era agitato questa mattina! – commentò Zarba, e Kaoru si lasciò strappare un sorriso da quell’affermazione.

 

- Pensavi che non sarei più tornata?

 

Lui assentì, e nel farlo la giovane Mitsuki notò in quel gesto qualcosa di buffo che quasi lo fece assomigliare ad un bambino.

Gli scostò la lunga frangia dalla fronte con molta dolcezza. – Adesso sono qui, per cui vedi di non farmi scappare di nuovo! – disse scherzando, e lui finì con l’abbracciarla ancora.

Stavolta ne era certo: non l’avrebbe più lasciata andare via. 

Tra le sue braccia lei sentì improvvisamente un particolare tipo di profumo. Era intenso ma gradevole al tempo stesso. Alzandosi sulla punta dei piedi, gli avvicinò il volto al collo. – Ma… tu hai messo del profumo? – disse alquanto perplessa. Kouga non aveva mai fatto una cosa simile prima d’ora. 

 

Lui per vergogna reclinò un pochino il mento. – Ti da fastidio? – aveva paura che l’odore intenso tipico di una fragranza maschile, potesse in qualche modo disgustarla.

 

- Al contrario – premise subito, ed avvicinò ancora il naso in direzione del collo. Inspirò, voleva poter imprimere quella fragranza dritta nella mente. Così non l’avrebbe mai dimenticata. – Con questo vestito e con questo profumo mi sembri addirittura un’altra persona. Però, quando ti guardo negli occhi capisco in realtà che il ragazzo davanti a me non è uno sconosciuto, ma semplicemente sei tu. - gli adagiò una mano sul petto, con dolcezza lo guardava in viso - Ed è questo il Kouga che ho scelto di amare fin dal primo momento!

 

Quando quelle parole gli attraversarono il petto, il giovane figlio di Taiga Saejima non ebbe più nessuna esitazione. – Kaoru – disse, guardandola dritta negli occhi, e fu proprio a quel punto che, per la prima volta, accostandole il viso al suo disse una cosa che avrebbe dovuto già da tempo farle sapere, e che toccò profondamente come una saetta accecante che si staglia all’improvviso nel cielo l’animo della sua giovane amata.  

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Oggi è un giorno speciale per una persona altrettanto speciale, quindi va festeggiato in un modo speciale!

Ed è per questo motivo che dedico il capitolo numero 20 della Garo Second Season alla carissima Ire, aka Sho Ryu Ken che oggi compie gli anni!!! ^___^ BUON COMPLEANNO!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

Per DANYDHALIA: Grazie dei complimenti, sei veramente molto gentile! Lavorare alla GSS mi piace moltissimo, e se posso migliorarla in qualche modo spendo più che volentieri il mio tempo libero per fare qualcosa di decente e che soprattutto lasci qualcosa dentro a chi legge.  

 

Per Sho Ryu Ken: No, non sei ripetitiva, ma anzi! Continua pure così con le recensioni che ogni volta leggerle diventa una gioia! Semplice fatalità quella di Zarba che non percepisce Kaoru quando sta con Ikuo, ma più che altro dovuta al fatto che c'era un Orrore nelle vicinanze che "disturbava" il segnale. Adesso però voglio sapere il cambiamento non radicale che hai notato, sono troppo curiosa!

 

Per stelly89_s: Sì, il chap precedente ricordava molto l'episodio in cui Kaoru si fa togliere l'anello da Kouga e poi scappa via. E' una scena quasi impossibile da dimenticare! 

 

 

 

Parlando del prossimo capitolo... beh, leggete le anticipazioni e forse capirete qualcosa! 

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Una giornata tutta per loro, da trascorrere in assoluta tranquillità. Kouga e Kaoru avranno finalmente l'occasione di passare un po’ di tempo insieme, anche se l'inizio non sembrerà affatto dei migliori, complice l'atmosfera di un accogliente chalet immerso nel verde, davanti alle fiamme danzanti di un camino, quel giorno potrebbe trasformarsi in un momento indimenticabile.

Prossimo episodio: #21 Atmosfera

 

 

 

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Capitolo 22
*** #21 Atmosfera ***


- Ma sei proprio sicuro che puoi assentarti per tutto questo tempo

                                     Atmosfera

                                          #21

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

- Sei proprio sicuro che puoi assentarti per tutto questo tempo?

 

- E’ la terza volta che me lo domandi. Vuoi forse che cambi idea e torni indietro?

 

Kaoru scosse seduta stante il capo. Mai e poi mai avrebbe rinunciato a trascorrere mezza giornata in compagnia di Kouga.

Oltretutto, senza Orrori o seccature legate ad essi. Questo perché gli era stato concesso sotto esplicita richiesta un permesso speciale affinché avesse alcune ore di totale libertà. Dopotutto, se lo meritava. Dopo giorni interi di straordinari, passati a dare la caccia a bestie d’ogni tipo, colore e fauci, una sosta anche se minima non poteva mancare.

 

Di preciso si trovavano in un bosco. Attorno a loro decine di alberi si stagliavano nel cielo grazie a fronde folte e rigogliose.

Era una giornata nella norma. La temperatura nonostante l’inverno fosse alle porte manteneva un certo grado di calore, timido ma piacevole. L’ideale insomma per fare una graziosa passeggiata all’aperto.

 

- Ci vorrà ancora molto? – chiese Kaoru, tra un passo e l’altro, mentre cercava di mantenere la stessa andatura di Kouga. Camminavano da un’oretta, ed ogni tanto facevano una sosta giusto per permetterle di riposare.

 

- All’incirca mezz’ora. La prossima sosta la faremo dopo essere usciti dal bosco.  - le rispose, e così proseguirono.

 

Ma dov’è che stavano andando di preciso?

Kaoru aveva espresso più volte il desiderio di ritornare nel posto in cui Kouga era cresciuto. Le piaceva molto perché pieno di verde. L’orizzonte che si ampliava all’infinto, lo faceva assomigliare al paesaggio che lei aveva dipinto ancor prima di incontrarlo.

E pensare che tutto era cominciato proprio grazie a quel quadro…! Kouga lo teneva appeso sopra al camino come una reliquia preziosa, unica al mondo.

Quando finalmente uscirono dal bosco, Kaoru fu investita dalla luce di un sole raggiante. Si guardò intorno. Il viso si illuminò come la più scintillante delle stelle. Quel posto era un autentico spettacolo.

C’era una lunga distesa d’erba tinta di giallo e verde, piena di fiori, di colori.

Ne rimase folgorata. Non aveva mai visto nulla di così armonioso prima d’ora.

- E’… è… - disse balbettando. L’emozione le impediva perfino di parlare. Si girò di scatto verso Kouga – Ci fermiamo qui, vero? – Pareva averglielo chiesto come una bambina che si aspetta di essere accontentata dal padre.

Lui assentì, vide Kaoru correre in mezzo al prato e abbozzò un sorriso.

Circondata da tutti quei fiori colorati, inspirò profondamente. Avevano un odore delicatissimo, inebriante. Si chinò verso terra, e tra quelli che le stavano intorno ne raccolse uno. Le sembrava il più bello, ma in realtà lo erano tutti.

Si portò la corolla di quel fiore tinto di rosa sotto al naso. Emanava una fragranza timida, fresca ma deliziosa.

Kouga la guardava con una strana luce negli occhi. La verità è che lui era veramente contento di vederla sorridere in un modo così spensierato e nuovo. Dopo tutto quello che avevano passato soltanto due giorni prima, non gli sembrava vero che lei fosse ancora lì, bella come non lo era mai stata, con un sorriso abbagliante seppur tanto dolce.

Correndo Kaoru gli andò incontro, e quando fu sufficientemente vicina, lo prese per mano e lo portò in mezzo al campo. Lui si lasciò trasportare senza opporre resistenza, quasi volentieri.

 

- Chiudi gli occhi ed inspira profondamente. – disse, e Kouga eseguì alla lettera quella richiesta. – Dimmi, cosa senti?

 

- Il profumo dei fiori freschi.

 

- Non lo trovi rilassante?

 

Annuì. – E’ vero.

 

- Questi fiori hanno il potere di rasserenare chiunque. Sembrano magici.

 

- La natura a volte lo è. – le spiegò.

 

- Tutto ciò è semplicemente meraviglioso! A partire da questo posto. – Fece un lungo sorriso, e quando Kouga la vide socchiudere gli occhi intenta a respirare e a godersi l’aria di quel posto incantato, pensò che la vera meraviglia, aldilà dei fiori e della natura stessa, fosse soltanto lei.

 

- Grazie – disse ad un tratto Kaoru – Grazie per avermi portato qui! - lo fissò con il batticuore mentre lo guardava con quella tenerezza che la rendeva diversa da tutti gli altri, unica al mondo.

Rapito, Kouga aprì la bocca, come se volesse dirle qualcosa, ma poi tacque di colpo per un motivo preciso che aveva anche un nome: Orrori.

Non uno, non due, ma tanti. Emersero come erbaccia orripilante dal terreno, e fu subito panico.

Zarba prontamente li rassicurò: - Sono Chimere! – ammise, ma Kouga restò guardingo.

Possibile che un momento così romantico, puntualmente doveva essere interrotto, o meglio, sporcato in maniera così prepotente da quelle terribili creature?

A sorpresa, una di loro si gettò all’attacco. Svelto, Kouga sguainò la spada e spinse Kaoru dietro di sé.

Rispedì la Chimera all’indietro, e fu solo grazie a ciò, che si rese conto di quanto la bestia fosse forte. Molto più del solito.

- Zarba! – chiamò rapido il Madougu, come per avere una conferma. La ottenne.

 

- Sono diverse dalle altre Chimere Mistiche. Sono… - trattenne il fiato quando percepì con chiarezza il vero potere spirituale degli avversari. Rabbrividì – Sono perfino più potenti degli Orrori!

 

Scese d’improvviso il gelo, e per la prima volta Kouga impallidì.    

Maledizione. Non ci voleva proprio. Lui era da solo, mentre loro erano in sette. Come avrebbe fatto a tenergli testa? Oltretutto, doveva badare anche a Kaoru.

No, una cosa del genere non ci voleva proprio.

Mentre rifletteva, una delle bestie si avvicinò pericolosamente alle spalle della ragazza.

Il Cavaliere Mistico fece appena in tempo a girarsi e a farle da scudo per evitare che venisse aggredita.

L’essere si avventò su di lui azzannandogli l’avambraccio con ferocia. Kouga avvertì dapprima un intenso calore, e solo dopo una tremenda fitta lungo l’intero arto. Cadde con le ginocchia al suolo. Kaoru si gettò verso di lui per prestargli soccorso, mentre approfittando dell’attimo favorevole le Chimere li accerchiarono.

Adesso non avevano più nessuna via di scampo, e per di più lo spadaccino non era più in grado combattere. Provò a brandire l’arma, ma quest’ultima gli scivolò a terra. Il dolore era troppo intenso, e sentì in quello stesso istante le forze mancargli di colpo per un semplice motivo: Il morso di una Chimera Mistica corrispondeva a quello di un serpente velenoso.

 

- A questo punto suggerirei di scappare. – propose d’un tratto Zarba, ed usando i suoi poteri generò un’onda d’urto che stordì i nemici facendoli finire al suolo come un mucchio di birilli. – Coraggio, allontaniamoci alla svelta da qui. L’effetto del mio potere non durerà in eterno. – disse, e nel rialzarsi Kouga ebbe un cedimento. Kaoru lo sostenne subito, aiutandolo a stare in piedi. A malapena ci riuscì, e si avviarono a nascondersi nella boscaglia.

Con il ragazzo in quelle condizioni, di sicuro non sarebbero potuti andare lontano.

- Che cosa facciamo adesso?! – disse l’artista in preda al panico.

 

- Dobbiamo raggiungere la residenza invernale. Non è molto lontana da qui. – le spiegò il giovane, e nel farlo cercò a stento di trattenere il dolore. Respirava a fatica, adesso.

Kaoru ricordava bene quel posto. Ce la portò Gonza quando ormai i cento giorni messi a sua disposizione stavano per finire.

Cercò di sorreggerlo come meglio poteva e, un passo dopo l’altro, un po’ per volta, seppur con fatica alla fine giunsero a destinazione.

Entrarono alla svelta, e subito si ritrovarono in quella che era l’unica sala posta al pian terreno dello chalet.

Si trattava di un salone quadrato ed enorme, a prima vista molto accogliente. Infondo all’ambiente si trovava un camino, sulla destra c’erano le scale che portavano al piano sopraelevato, mentre di fianco ad esse una porta.

Kaoru condusse Kouga in direzione di un divano proprio lì nelle vicinanze, lo fece sedere con cura ma prima ancora gli diede una mano a sfilarsi il soprabito. Era lacero da un lato e sporco di sangue. Con una certa agitazione lo aiutò a togliere la parte superiore della divisa di pelle per dare uno sguardo alla ferita. E quando le spalle di Kouga furono completamente scoperte, per un attimo il respiro le si fermò in gola. 

Sgranò gli occhi, deglutì cercando di restare calma, ma più guardava il taglio coperto dal sangue che scorreva senza freno, più l’ansia accresceva. Ma la cosa più strana era il colore, non rosso, bensì aveva assunto un tono violaceo.  

- Non va per niente bene. – appuntò allarmato Zarba, e lei agitata come non mai trasalì.

 

 Cosa significa?!

 

- Il morso di una Chimera Mistica è altamente tossico. Se la saliva di quegli esseri entra in contatto con l’organismo di un umano, ben presto il suo intero sistema immunitario crollerà, e quando il sangue cambierà colore, a quel punto sarà necessario intervenire subito, altrimenti gli organi interni cesseranno di funzionare e il cuore si fermerà.

 

- Si fermerà?!Kaoru fu presa dal panico totale. Iniziò a tremare, si passò una mano tra i capelli – Quanto tempo ci resta?!

 

- Non molto, direi. Presumo che Kouga abbia già perso in parte l’uso della vista, non è così? – gli domandò Zarba, che aveva centrato come sempre il bersaglio.

Praticamente non ci vedeva quasi più, e quando Kaoru lo vide annuire, scattò in piedi: - Cosa possiamo fare?!

 

- Cerca il balsamo di Rivatra. – rispose a stento il giovane, e sentì il fiato mancargli di colpo. Ciò gli fece capire che a breve avrebbe perso anche la facoltà di respirare.

 

Kaoru si guardò intorno facendo una panoramica della stanza. – Dove devo guardare?

 

- Dovrebbe trovarsi in uno di quegli scaffali laggiù. – le indicò il Madougu, additando il posto con un’occhiata.

Kaoru cercò, rovistò come una furia tra i ripiani, ma c’erano così tante ampolle che non riusciva a distinguere le une dalle altre. – Accidenti! – imprecò, portandosi le mani nei capelli – Com’è fatta questa bottiglia?

 

Fu sempre l’anello a rispondere: - Rotonda, ed ha un colore blu intenso. – espose, mentre Kouga si sentiva sempre più debole. Ormai sapeva di non avere più la forza necessaria per cercare di stare sveglio. Stava per crollare, quando in estremis Kaoru trovò la boccetta. Prendendola al volo, corse verso di lui e lo aiutò a bere il contenuto. Con il Madoubi racchiuso nella mano tremante, egli riuscì a bruciare la ferita mediante la fiamma sacra del fuoco guida. La vampa verde acceso avvolse del tutto l’avambraccio che si rimarginò dal taglio. Adesso la pelle era intatta, il morso non si vedeva più, e non c’era neppure una cicatrice.

Fu così che Kouga si sentì di colpo restituire il respiro. La vista gli tornò ma solo per poco: stremato da quanto patito, si accosciò sul divano e svenne.

 

- Kouga?! – strepitò Kaoru in preda alla disperazione. Non sapeva cosa fare, cosa pensare.

 

Zarba la tranquillizzò: - Non preoccuparti, è solo svenuto.

 

L’umana cercò di mantenere la calma, respirò a fondo e decise subito cosa fare. – Chiamo Gonza e gli dico di venirci a prendere. – Quando fece per infilare una mano nella tasca del vestito, si rese conto che era vuota. A quel punto capì di aver smarrito il cellulare durante il trambusto avvenuto con le Chimere.

Poteva sempre tornare indietro a cercarlo. Certo, era rischioso, però se Kouga si fosse ancora sentito male? Isolati in un posto sperduto in mezzo alla foresta, chi mai li avrebbe soccorsi?

Quel brutto presagio le lambì la mente, ma Zarba,ancor prima che l’umana potesse muovere una gamba, avendo intuito le intenzioni la bloccò seduta stante: - Non pensarci nemmeno, signorina! E’ pericoloso, e inoltre se dovesse accaderti qualcosa, lui non me lo perdonerebbe mai.

 

- Ma Kouga potrebbe avere bisogno d’aiuto!

 

- Rilassati e non pensarci. Il balsamo di Rivatra è un prodotto magico dal potenziale altissimo. Quando il tuo Romeo riaprirà gli occhi, sarà in piena forma! – scherzò quel chiacchierone d’un anello, e lei stavolta fu costretta ad obbedirgli.

 

Prese la coperta che si trovava sulla spalliera di una poltrona lì accanto, e coprì con cura il ragazzo.

La temperatura si stava abbassando, ormai era quasi sera.

Lo guardò silenziosamente riposare, adesso sembrava sereno, quindi tutto ciò che doveva fare era solo mantenere anch’ella la stessa serenità.

Certo, la cosa non doveva essere affatto facile. Si sedette a terra, di fronte a lui. Adagiò il capo sul bordo del divano, e mentre lo fissava con profonda apprensione, abbassando gli occhi quasi fosse stremata dalla fatica, si addormentò.

 

 

 

 

  

                                                                                    ***      

 

 

 

 

 

Fuori era buio, il vento aveva cominciato a canticchiare la sua inconfondibile melodia fatta di soffi e fischi leggeri.

Le fronde degli alberi si muovevano nel cielo, e di tanto in tanto una foglia cadeva al suolo.

Le palpebre di Kaoru si aprirono lentamente dopo aver fatto una sana dormita. Quando le spalancò del tutto, vide che il divano era vuoto. Kouga non era più lì.

Si alzò di scatto e nel farlo la coperta che aveva sulle spalle cadde a terra. Era la stessa che aveva usato per coprire il ragazzo. Evidentemente doveva essere stato lui stesso, una volta sveglio, a poggiarla sulla sua schiena.

Lo cercò con lo sguardo, e quando lo vide entrare dalla porticina accanto alle scale fu colta dall’agitazione. - Kouga! – disse correndogli incontro – Come ti senti? Ti fa male qualcosa? Vuoi sederti? – era talmente scossa che non riusciva a smettere di parlare.

 

Il giovane con calma scosse il capo. – Ora sto bene.

 

- Te lo avevo detto io che il balsamo di Rivatra faceva miracoli. – commentò Zarba, e lei, come a voler sottolineare che il Madougu avesse ragione, timidamente sorrise.

 

- Volevo telefonare a Gonza, ma ho perso il cellulare… - spiegò poi.

 

Lui scosse il capo. - Non fa nulla. Adesso siamo al sicuro. Ho sigillato le entrate con dei talismani mistici, perciò non dovremmo avere problemi. Ce ne andremo domattina, con la luce del sole, ma per stanotte saremo costretti a restare qui.

 

Annuì irrequieta. – Per me va bene, ma sei sicuro di sentirti meglio?– chiese per l’ennesima volta, ma era troppo agitata per rendersene conto.

 

Kouga lo aveva capito, quindi non poté fare a meno di andarle vicino.

Le posò affettuosamente una mano sulla testa. – Va tutto bene, adesso è tutto apposto. – e non appena ebbe finito di parlare, lei gli si gettò tra le braccia.

 

- Non sapevo cosa fare, e tu stavi male, e poi c’era così poco tempo… Ho avuto tanta paura!– disse ormai tra i singhiozzi.

Quello fu un pianto liberatorio. Kouga non cercò di fermarla, al contrario, lasciò che si sfogasse. In questo modo poi si sarebbe sentita meglio. E infatti quando le lacrime cessarono di bagnarle le guance, in qualche modo avvertì un senso di leggerezza.

Tuttavia, assumendo un’espressione buffa, quasi mortificata disse: - Sono una gran piagnucolona, vero?

 

Nel vederla così, al ragazzo scappò un leggero sorriso. A volte sembrava proprio una bambina, pensò simpaticamente.

 

Zarba se ne uscì all’improvviso con una delle sue trovate geniali: - Perché non le insegni a giocare a Barchess? Da qualche parte dovrebbe esserci una scatola del gioco.

 

Il figlio di Taiga prese a fissarlo con fare perplesso. – Giocare a Barchess… senza potere spirituale? – in effetti ciò non poteva essere fattibile, perché Kaoru di certo non aveva doti mistiche.

 

- E’ un problema che si risolve facilmente. – anticipò l’anello, e successivamente spiegò la faccenda- Anziché affrontarvi con la forza della mente, per scoprire chi avrà la meglio basterà affidarsi al lancio di due comunissimi dadi. – La soluzione non era poi così malaccio, tuttavia facendo ciò si perdeva un po’ del fascino di cui il gioco era dotato.

 

- Cos’è il Barchess? – chiese Kaoru a quel punto. In passato ne aveva sentito parlare da Gonza, tuttavia ricordava molto poco a dir la verità.

 

- E’ una sorta di gioco simile agli scacchi. – le spiegò velocemente Kouga – Bisogna avere una strategia efficace per vincere, e inoltre un forte potere spirituale per respingere gli attacchi dell’avversario.

 

- Sembra interessante… - constatò – Beh, io adoro i giochi in scatola, e sono curiosa di vedere questo!

 

- “Questo”, come lo chiami tu, è molto più di un semplice gioco in scatola… - commentò Zarba, e poi ridacchiò con gusto nel pensare a quanto piacesse al maestro Amon.

 

- Allora proviamolo, forza! – esclamò con entusiasmo, perciò Kouga non ebbe scelta: nel vederla così elettrizzata, dovette per forza arrendersi e cedere a quella richiesta.

Prese la scatola quadrata del gioco dallo scaffale lì accanto, e la posizionò a terra, davanti al camino che aveva acceso poco prima che Kaoru si svegliasse.

 

- Va bene se giochiamo qui? – le domandò. All’artista quel posto sembrava più che perfetto.

Si sedettero sopra al grosso tappeto che ricopriva una buona parte del pavimento, e una volta sistemata la scacchiera a terra con tutti i relativi pezzi, cominciò la partita.

A dirla tutta, più che partita era una sorta di tutorial. Qualcosa di semplice, giusto per iniziare a spiegare i concetti fondamentali del Barchess, e soprattutto a passare un po’ il tempo.

 

- Posso scegliere io le pedine rosse? – domandò gentilmente la ragazza, non appena vide che le stava per prendere Kouga.

Quest’ultimo esitò inizialmente. Di solito le sceglieva sempre lui, tuttavia per accontentarla dovette fare un’eccezione. E poi, con un espressione così tenera, come avrebbe fatto a dirle di no?

Dopo averle posizionate nelle rispettive caselle, finalmente la lezione poté cominciare.

Durante la spiegazione, Kaoru aveva avuto spesso delle difficoltà. Il Barchess certamente era molto interessante, ma forse per lei un tantino complicato. Però doveva ammettere una cosa: con i dadi aveva una gran bella fortuna. Così tanta da farle vincere un considerevole numero di mani.

 

- Sono basito! Devo dire che la sorte ti sostiene, e anche parecchio… - esclamò Zarba. Subito giunse come una saetta la replica di Kouga.

 

- E’ la solita fortuna del principiante. – disse con una certa stizza. Solitamente quando da piccolo giocava con Jabi, per galanteria la lasciava vincere di proposito, ma adesso… beh, la questione era ben diversa! Di sicuro non stava facendo finta di perdere!

Kaoru lo guardò in faccia con una di quelle espressioni soddisfatte e compiaciute – Non dirmi che ti dà fastidio essere battuto da una principiante…!

L’altro abbassò meccanicamente il viso. – Niente affatto. E poi la partita non è ancora finita. – appuntò, e con una mossa degna di un abile stratega, praticamente le bloccò ogni pedina che c’era sulla scacchiera. Adesso non poteva muovere più nessun pezzo, perciò il tutto si concluse così, in un soffio.

- Non è giusto! – sbottò come una ragazzina, e si portò le braccia al petto. – Non mi avevi detto che quelle pedine si potevano muovere anche in diagonale…!

 

- E invece sì, ma tu evidentemente non hai prestato attenzione.

 

- Come si fa quando sei tu a spiegare le cose? Corri troppo, e non ti soffermi mai neppure se qualcuno te lo chiede. – Insomma, Kaoru si stava arrampicando sugli specchi, e tutto ciò perché non voleva ammettere di avere perso in una maniera così assurda.

 

- Pensa se avreste scommesso cosa sarebbe successo… – fece Zarba, ma l’artista non capì.

 

- Perché, cosa si scommette di solito?

 

- Anni.

 

- Anni?

 

- Anni di vita. – precisò Kouga, e subito lei si sentì gelare e divenne paonazza.

 

- Noi non avevamo scommesso, giusto? – balbettò, stringendosi una mano in petto.

 

- No – disse dapprima Kouga, mentre rimetteva i pezzi del gioco nella scatola – Però possiamo sempre fare un’altra partita e rimediare a questa mancanza.

 

La replica della giovane Mitsuki fu tanto rapida quanto esaustiva: - Declino l’offerta! – e scosse il capo con decisione.

Kouga ovviamente stava, a modo suo, solo scherzando, ma come al solito lei non lo aveva capito.

Poi si accorse che una delle pedine rosse era rotolata lontano dalle altre.

Si spostò per prenderla, lo fece anche Kouga e finirono inevitabilmente col toccarsi. Si lanciarono un’occhiata, fu Kaoru a ritirare per prima la mano. – Scusa. – biascicò spontaneamente, tanto per dire qualcosa.

E come piombo cadde il silenzio.

 

Nell’aria si respirava un forte odore di plausibile imbarazzo. Tutto ciò era comprensibile. Per la prima volta si trovavano completamenti soli. E adesso la situazione era ben diversa da quella notte passata nel Kantai… almeno lì, in quella casa enorme nelle altre camere c’era qualcuno.

Senza dare preavviso, un orologio molto antico dotato di meccanismo a cucù spezzò il silenzio con il suo suono inconfondibile. Kaoru trasalì all’istante come un gattino colto di sorpresa, e per una reazione spontanea si gettò addosso a Kouga. Colto anche lui alla sprovvista, ma non per il rumore, bensì per la reazione della ragazza, scivolò all’indietro e finì con la schiena al suolo. Gli uscì dalle labbra una sorta di suono simile ad un lamento. Kaoru lo fissò subito per sincerarsi che stesse bene. – Sei tutto intero?- chiese con un filino di voce. Di certo non era sua intenzione travolgerlo in quel modo.

Lui, ancora a terra sbuffò con accidia. – Stavo meglio prima. – si rimise a sedere e poi continuò - Sei sempre la solita selvaggia.

 

- Io… selvaggia? – si puntò un dito in faccia. Aveva assunto una di quelle espressioni allibite, sintomo che a breve sarebbe scoppiata. – Mi sono solo spaventata. Non pensavo che quello fosse un orologio a cucù. E poi chiunque al posto mio avrebbe fatto lo stesso. – Ne era più che certa, e con fare indispettito si incrociò le braccia al petto.

 

- Un orologio a cucù non ha mai fatto del male a nessuno.

 

- Ma questo lo so, è ovvio! Però mi ha colta alla sprovvista, non ero preparata.

 

- Io sì.

 

- Eeh?! – Kaoru lo guardò esterrefatta. – E perché non mi hai avvisato, allora? Ci tieni così tanto a vedermi sobbalzare dallo spavento?

 

- Penso che tu lo faccia ridere. – rispose apertamente Zarba, senza un minimo di incertezza.

 

L’artista alzò brevemente gli occhi al soffitto. – Questa poi…! Sei davvero un immaturo quando ti comporti così, lo sai? – lo guardò dritto negli occhi con un’aria quasi di sfida. Resistette solo per pochi secondi, perché poi scoppiò a ridere.

 

- Che c’è? – le domandò Kouga, chiedendosi del perché avesse iniziato a sogghignare in quel modo.

 

- Era da un po’ che non litigavamo così, come due perfetti bambini immaturi ed orgogliosi.

 

- Ed infatti lo siete entrambi. – commentò da bravo osservatore Zarba. Come sempre quando il Madougu apriva bocca, aveva sempre ragione. – Quando sono con voi più che una guida mi sento una balia.

 

Trascinato dalla risata di Kaoru e dalle parole di Zarba anche Kouga si lasciò strappare un sorriso.

Era da molto che non trascorrevano insieme un momento così sereno e senza pensieri.

Quel modo di scherzare gli era mancato, e anche parecchio. Il modo in cui Kaoru rideva, gli era mancato.

Adesso sì, che Kouga sarebbe stato capace di affrontare anche cento copie di Meshia in persona, perché finalmente aveva ritrovato la sua luce. Gli bastava solo lei per andare avanti, e nulla più. Niente artifizi, beni, oggetti preziosi. Quella ragazza per lui era tutto.

 

Gettò un occhio al quadrante del cucù che segnava la mezzanotte.

- Si è fatto tardi – disse – Puoi andare a dormire di sopra, io mi sistemerò sul divano.

 

Titubante, Kaoru scosse il capo. – Non ti lascio da solo. – Dopo quanto successo, in cuor suo la paura di perderlo per davvero si era oramai impadronita di lei.

 

- Guarda che so cavarmela da solo.

 

- Ma a me non va di rischiare un’altra volta. E se ti succede qualcosa? Se ti attacca una di quelle orribili creature mentre sono di sopra? Come farò a sentirti?

 

- Chi vuoi che mi attacchi? L’orologio a cucù, forse? – replicò ironicamente il giovane, e all’improvviso Kaoru si batté una mano sulla fronte.

 

- Ma certo! Un Orrore potrebbe impossessarsi dell’orologio, proprio come successe quella volta a me, con… Come si chiamava…?

 

- Morax.

 

- Esatto!

 

- Piantala. – sbottò a quel punto lui, senza inutili convenevoli – Non succederà nulla di tutto ciò.

 

- Ma io non voglio restare con il dubbio. E se ti lascio da solo, non mi farai chiudere occhio per tutta la notte, è sicuro! – appuntò con una certa cocciutaggine. Quando fece per lanciargli un’occhiata, anziché continuare lo squadrò con attenzione. Indossava abiti troppo leggeri. Al posto della giacca di pelle, ormai rovinata dal morso della Chimera, portava una canotta.

Si alzò di scatto, Kouga la seguì con gli occhi e successivamente si vide posare sulle spalle una coperta.

- Meglio se ti copri, così non prenderai freddo. – disse, mentre amorevolmente gli sistemava i lembi del panno.    

 

- Non ho freddo, e poi in ogni caso c’è il camino a riscaldare l’ambiente. Te lo ripeto- disse pazientemente il giovane – adesso sto bene, per cui smettila di preoccuparti.

 

- Meglio andare sul sicuro, no? – replicò giustamente Kaoru, e per gioco gli coprì la testa con un pezzo della coperta. Nel vederlo conciato così le scappò una risata – Adesso sei tu quello buffo! – Lo guardava divertita, peccato però che Kouga, al contrario, non lo era affatto. Si calò il panno dal capo, ma quando lei cercò ancora di rimetterlo dove stava, il Cavaliere dell’Est le afferrò una mano e la bloccò. La guardava con un’aria a dir poco stizzita. – Ok, non lo faccio più, promesso! – giurò, ma con quel faccino furbetto che aveva, di sicuro non l’avrebbe data a bere proprio a nessuno. Per di più aveva giurato in modo strano, con un sorriso sulle labbra ed un’aria sbarazzina. Era come se si sentisse più libera, serena. Non sembrava provare timore, ma al contrario, lei aveva totalmente fiducia nell’uomo che le stava di fronte.

Kouga non l’aveva mai vista così. Ne fu inspiegabilmente rapito, poi folgorato ed infine inspiegabilmente attratto.

Dio e quanto era bella la sua Kaoru quella sera!

Lo scintillio delle fiamme del camino che le danzavano negli occhi e sulle guance, le donava un’aria più speciale.

Kouga le teneva ancora la mano, nonostante ella avesse mollato il lembo della coperta e smesso così di divertirsi. Si accorse poi che se prima lui la stava stringendo con una presa forte e tenace, adesso lo faceva con molta più dolcezza, quasi a volerla tenere dolcemente tra le sue dita. Notò inoltre che era gelida, perciò ad avere freddo doveva essere proprio Kaoru. E così, compiendo un’azione del tutto inaspettata, la tirò verso di sé e la avvolse nella stessa coperta che a sua volta stava circondando lui.

- Sei gelata. – disse.

Ancora stordita dal gesto dapprima non rispose. Tra quelle braccia, condividendo lo stesso drappo, si riscaldò subito.

 

- Adesso va già meglio. – rispose solo dopo un po’, e socchiudendo le palpebre si accoccolò tra quelle braccia. – Sai – premise, senza scostare il capo – l’altro giorno, a casa di Souka, quando mi hai detto per la prima volta che…- si trattenne, arrossì, era in imbarazzo, e pensando che Kouga avesse intuito il resto della frase non la finì, ma aggiunse – Mi hai stupito molto.

 

- Stai forse cercando di farmelo ripetere?

 

- Ripetere cosa?

 

- Che… - Kouga a momenti ci cascava, fortuna che capì subito l’innocente giochetto architettato dalla sua bella, e si fermò. Le lanciò un’occhiata decisa, e lei sbuffando fu costretta a confessare.   

 

- Ok, volevo cercare di fartelo ripetere. – ammise ormai scoperta, come un ladro colto in flagrante nel bel mezzo del misfatto. Poi schiuse timorosamente le labbra – Ma volevo anche dirti che per me è lo stesso, anche io ti voglio bene, cioè no! Non questo, ma che ti… - biascicò qualcosa e si trattenne senza finire la frase. L’imbarazzo non la fece andare oltre, per di più era diventata tutta rossa in viso, abbassò lo sguardo per vergogna, ma non servì a molto.

Kouga quella frase l’aveva già capita. Ma non la obbligò a portarla a termine. Sapeva che lei non ne avrebbe mai avuto il coraggio perché troppo impacciata. Le posò una mano sotto il mento, e Kaoru fu costretta a guardarlo per forza.

Era quasi convinta che le volesse dire qualcosa, ma stranamente non la punzecchiò. 

Rimase solo a guardarla. Tutto qui. E lo faceva con interesse, perché le fiamme del camino continuavano a danzarle negli occhi, e a lui quel movimento piaceva. Il bagliore del fuoco si rifletteva su quella pelle diafana, delicata, e forse rapito da tutto quello splendore, lentamente iniziò ad accostare il viso al suo, i respiri si congiunsero, si unirono, finché non fu così vicino da poterle finalmente sfiorare le labbra con un bacio.

Kaoru sentì il cuore scoppiargli in petto ed il calore del corpo salirle al viso, e poi… Fu tutto come un venticello che prima soffia piano e d’un tratto diventa sempre più forte e si trasforma in tempesta.

Quel bacio acquistò una libertà tutta sua, in esso c’era più slancio, più sentimento. Ed entrambi si lasciarono travolgere da esso.

Rapiti l’uno dall’altra, attratti come non lo erano mai stati prima d’ora, con la complicità di un’atmosfera suggestiva, successe l’impensabile: Kaoru si lasciò scivolare all’indietro sospinta da Kouga, che non si era neppure accorto di quanta pressione con quel bacio stesse esercitando su di lei. Quando la schiena della ragazza toccò con dolcezza il tappeto, il fuoco del camino scoppiettò, e quel rumore lo costrinse bruscamente a rendersi conto di ciò che stava succedendo.

Sollevò il capo poco sopra quello della giovane e la fissò con estrema incertezza. Voleva dire certamente qualcosa, ma in un primo momento rapito dalla confusione tacque. Soltanto dopo, quando si rese conto di aver lasciato andare le redini del proprio cuore per un attimo, e di aver quindi ceduto al suo istinto, confuso mormorò appena: - Cosa sto facendo…?

 

Già, che cosa stava facendo Kouga? Cosa gli era preso così all’improvviso? Si sentì stranito dal proprio comportamento. Cercò di riagguantare le briglie delle proprie emozioni, di riprendere il controllo di se stesso, ma non fu semplice.

Sembravano abitare lui e Kaoru in un mondo a parte, isolati dalla realtà, in un tempo che pareva appartenere solo a loro. E mentre la guardava in viso, capì che non poteva fare a meno di lei. Non riusciva. E si sentì in trappola. Eppure, lui sapeva che in certe situazioni doveva ad ogni costo mantenere il controllo.

A dire il vero, non l’aveva mai perso prima d’ora. Non gli era successo né durante la notte passata nel Kantai, né durante quel famoso giorno, in cui cadendo sopra al letto si erano ritrovati l’uno vicino all’altra.   

Kouga per certi versi poteva sembrava un bambino: non aveva mai avuto una persona a cui volere bene, spesso non sapeva come comportarsi in certe circostanze, e a volte la sua ingenuità non teneva eguali. Prima di incontrare Kaoru non aveva mai detto “ti amo” a nessuno.

E adesso ad un tratto l’uomo che era in lui sembrava avere preso il sopravvento.

Ma perché non riusciva più a controllarsi? Cos’è che gli aveva fatto abbassare la guardia fino a quel punto? Forse, dipendeva dal comportamento meno restio di Kaoru? Oppure adesso anch’egli si sentiva più libero?

Magari tutto ciò dipendeva da entrambe le cose.

Restò a fissarla senza sapere cosa fare, senza sapere se era il caso di fermarsi oppure…

L’unica cosa che gli uscì da quella bocca, molto probabilmente determinò il resto degli eventi. – Hai paura? – le chiese con una premura a dir poco inconsueta. Dimostrò in quel modo di tenere realmente alla sua amata. E lei lo capì.

Adesso sapeva cosa fare, adesso sapeva quali parole usare per dargli quella risposta.

E non aveva più timore di commettere uno sbaglio, perché comprese che era giunto il momento. Lo guardò facendogli un sorriso che racchiudeva in sé mille emozioni. E poi, con una luce bianca che le danzava negli occhi, alla fine disse – Quando sto con te, non ho mai paura.

 

 

 

Fu grazie a quella risposta che tutto ebbe inizio.

 

 

       

Gli attimi successivi narrarono di una luce, quella di un camino acceso, che con garbo si rifletteva sulla pelle di un dorso scoperto.

La mano di Kouga, con il braccio disteso sul tappeto, si stringeva a quella di Kaoru.

Poco alla volta il fuoco del camino si spense. Restò un bagliore soltanto: quello della luna che infranse il vetro della finestra e li avvolse regalando a quell’atmosfera qualcosa di prezioso. Qualcosa di magico.

E mentre le dita di quelle mani si intrecciavano sempre di più l’una all’altra, l’amore, quello vero, spiegò le sue ali dando così libero sfogo alle emozioni.

   

E grazie a quel bacio inizialmente dato a fior di labbra, ogni ostacolo fu oltrepassato, ogni barriera fu valicata e ogni tabù sciolto.

Adesso c’erano solo due cuori che battevano in una sincronia perfetta, armoniosa.

Due persone che all’unisono respiravano e che, all’unisono, meravigliosamente si amavano.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Ebbene sì, ecco il famoso capitolo, quello che molto probabilmente, anzi, sostituite il termine “molto probabilmente” con “senza ombra di dubbio” la maggior parte di voi stava aspettando.

Non commento per evitare di rovinare quel po’ di magica atmosfera che la fine di questo capitolo ha lasciato nelle vostre camere e, si spera, nei vostri cuori. Dico solo che ci ho lavorato a lungo, ho cambiato poche righe dal progetto iniziale scritto forse più di un anno fa, e più leggevo più mi veniva quasi da chiedere “Ma un episodio del genere nella serie di Garo può essere fattibile?”. La risposta è: forse sì, forse no. Questo è proprio un grande dilemma!

 

 

 

Per _Elentari_: Ma che bello rivederti!!! Mi hai fatto preoccupare, sai? Sei una delle prime che legge e commenta le mie storie, perciò non vedere più le tue recensioni mi ha messo in ansia. Per fortuna che tutto è apposto e che sei tornata!

 

Per DANYDHALIA: Non preoccuparti del ritardo, come vedi anche io ultimamente non sono molto puntuale con i capitoli… Noto con piacere che la signora Sanae è piaciuta a molti! E’ una persona alla mano, e come dici tu, una così serviva proprio alla storia!

 

Per Iloveworld: Ma no, non sei affatto impacciata, anzi! E quella a doversi scusare sono io… il messaggio che mi hai mandato è arrivato, l’ho anche letto solo che a causa degli impegni lavorativi non mi è stato possibile rispondere, anche se avrei voluto farlo quasi subito, perché da come scrivi si capisce che sei una persona gentile. E poi abbiamo gli stessi gusti, ad entrambe piace Garo, e questo basta e avanza, no? Continua a seguirmi se ti va, e fammi sapere cosa ne pensi di questo e degli altri capitoli!    

 

Per Sho Ryu Ken: Il segnale non è né digitale né analogico, E’ “orrologico”! Il profumo è proprio lo stesso! Ma è rimasto intatto. Ma che profumo hai annusato? No, perché io ho regalato a mia madre una boccetta del profumo “Venezia” (non so se lo conosci), è fuori produzione da una decina d’anni o forse anche più, però quella che ho preso io non odorava di vecchio, la fragranza è rimasta intatta.

Eh, sì! Quando vuole, Zarba sa tacere!

 

Per MiKiUs SaN: Ciao e benvenuta! I tuoi complimenti mi fanno arrossire, lo ammetto, e sapere che segui la mia storia e che ti entusiasma così tanto mi fa molto piacere! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che continuerai a seguirmi!

 

 

 

Bene, per ora è tutto!

Vi saluto affettuosamente e ringrazio come sempre le persone che seguono con affetto e tanta passione la mia storia!

Alla prossima!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Confusione, paure forse infondate e il timore che tutto non sia più come prima. A causa delle parole di Rei, Kaoru dovrà fare i conti con presunte inquietudini, cadendo preda di una forte incertezza che trascinerà anche Kouga in un profondo e totale equivoco.  

Prossimo episodio: #22 Incertezza

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** #22 Incertezza ***


Un delicato raggio di sole attraversò i vetri di una finestra e s’infranse sulla superficie di un tappeto, rischiarandolo con una luce bianca e calda

                                     Incertezza

                                         #22

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Un delicato raggio di sole attraversò i vetri della finestra e s’infranse sulla superficie di un tappeto, rischiarandolo con una luce bianca e calda. In quello stesso istante, illuminata da essa, Kaoru riaprì pian pianino gli occhi.

La prima cosa che vide, quando essi furono del tutto spalancati, fu il viso di una persona che la stava silenziosamente osservando.

Divenne rossa all’istante nel vedere Kouga, lì proprio accanto a lei, che la fissava con un piccolo sorriso disteso sulle labbra.

Si coprì meccanicamente il viso con un lembo della coperta, mentre soffocata quasi da essa la sua voce parve uscire fuori quasi come un flebile lamento. – Non guardarmi, ti prego. – biascicò tremante, nel pieno di un fiorente imbarazzo.

 

Kouga strinse gli occhi, segno che non aveva capito, e curioso le chiese – Perché?

 

- Mi vergogno. – pigolò, ma lui afferrando con tre dita un lembo del panno che ella si teneva davanti al viso, lo tirò giù di colpo. Presa alla sprovvista Kaoru divenne ancor più rossa. – Sei cattivo quando fai così! – sbottò stizzita, pur continuando ad avere un atteggiamento evasivo, tremante. Il ragazzo si lasciò scappare di proposito un sorriso che però la giovane Mitsuki interpretò in maniera errata. – Ti diverte pensare che io sia la solita ragazzina, è così? – lo fissò con un’aria imperturbabile ma buffa al tempo stesso.

 

Kouga scosse il capo. – Rido per via della tua faccia.

 

- Cos’ha la mia faccia che non va?

 

- E’ dello stesso colore di questo tappeto.

 

Kaoru gettò furtivamente un occhio a terra, proprio sull’oggetto incriminato. Aggrottò le sopracciglia e scosse appena la testa. – Porpora…? Ho il viso così rosso? – si appoggiò subito le mani sopra le guance. Erano così calde che forse, anche faticando ad ammetterlo, lui doveva avere proprio ragione. – Si vede tanto che sono imbarazzata? – disse abbattuta, perché la risposta non poteva che essere un semplice “sì”, tuttavia Kouga non si limitò solo ad annuire.

 

- Si vede anche che sei la solita ragazzina noiosa. – rincarò.

 

Kaoru divenne rancida in un colpo.

- Noiosa? Io? Come sarebbe…?! – lo fulminò con ferocia servendosi di una sola occhiata. Sembrava addirittura essersi gettata l’imbarazzo alle spalle. – Sei un gran maleducato! In un momento simile, in cui una ragazza sogna di svegliarsi e di ricevere attenzioni da colui che ama, tu ti comporti da perfetto cafone e rovini tutto.

 

Kouga sorrise ancora, ma stavolta sembrava ostentare un atteggiamento piuttosto compiaciuto.

La moretta azzittì per meditare su quel comportamento a prima vista strano, e alla fine, infatti, come un fulmine si rese conto che quello era solo un mero imbroglio. – Aspetta un attimo… - antepose dapprima, e scosse la testa – Lo hai fatto apposta per farmi reagire, non è così? – alzò gli occhi al cielo in preda ad una crisi di nervi – Possibile che tu ti diverta così tanto a vedermi in questo stato? Tra noi due sei tu il ragazzino! – puntualizzò.   

 

- Almeno ora non ti senti più a disagio, o sbaglio? – rispose l’altro, facendo intendere che la provocazione serviva proprio a quello. Lo scopo era di farle dimenticare l’imbarazzo nel più semplice dei modi, ovvero facendola arrabbiare.

 

Non sapendo cosa rispondere, Kaoru zittì di colpo. Calò lo sguardo come per cercare coraggio, poi decise che doveva per forza aprire bocca. – Ecco, io… - biascicò, senza sapere come proseguire un discorso già di per sé complicato da portare avanti con naturalezza. – Ecco – ripeté un’altra volta, mentre il ricordo della notte passata con Kouga le passò per un istante davanti agli occhi. Prima arrossì, poi reclinò ancora lo sguardo e il gesto le fece salire maggiormente tutto il calore del corpo al viso. Adesso era di nuovo in imbarazzo. – Ciò che voglio dire riguarda quello che… - tergiversò, e nel farlo convinta che le avrebbe fatto guadagnare tempo, iniziò a mordersi il labbro con fare nervoso. Poi all’improvviso se ne uscì con un’esclamazione, forse la prima che le era saltata in mente, e che avrebbe fatto meglio a tenersi dentro. – Che situazione…! Pensa se lo sapesse Asami… - alzò gli occhi al cielo, dapprima senza rendersi conto di nulla.

 

Kouga divenne confuso. – Cosa centra la tua amica?

 

Lei s’irrigidì. Lo fissò tremante, in qualche modo doveva trovare una risposta a quella domanda. D’istinto disse: - Niente! Dicevo così, per dire… - emise un sorrisetto tirato, nervoso, pensando di aver fatto un’altra delle sue solite figure, ma quando il giovane Saejima le scostò un ciuffo di capelli dagli occhi, un sussulto le fece vibrare intensamente il cuore. A quel punto capì che, anche se non sapeva bene come, doveva riprendere il discorso lasciato poc’anzi. Così lo cominciò nel migliore dei modi. – Ciò che ci è successo durante la notte… - intenzionata a proseguire si fermò ancora. Stavolta non per semplice imbarazzo, bensì era stato lo stesso Kouga a toglierle la parola con un quesito improvviso.

 

- Sei pentita? – chiese, e in quel momento i suoi occhi scuri e profondi presero a fissarla con il timore che ella potesse rispondere di sì.

 

La replica di Kaoru giunse subito: - No, anzi! – affermò, ma si accorse di averlo detto con troppa fretta, e pensò in questo modo di aver fatto la figura di colei che in realtà non aspettava altro che arrivasse quel momento. Ma non era per nulla così. Tentò di spiegarsi meglio, voleva che lui sapesse come stavano le cose, prese di petto la situazione e l’affrontò: - Per me è stata la prima volta. – Finalmente, era riuscita a dirglielo, e lo aveva fatto con semplicità e naturalezza, senza tralasciare quel pizzico di vergogna che in una situazione come quella non poteva certo mancare.

 

Kouga non era un tipo che amava molto il dialogo, né tanto meno gli piaceva utilizzare inutili giri di parole per comunicare una cosa. - Anche per me. – asserì solamente, e per Kaoru quella risposta ebbe un suono melodico, armonioso. Sorrise quasi sollevata, strisciando sulla superficie morbida del tappeto si avvicinò a lui e gli si accoccolò accanto, ostentando una tenerezza fuori del comune. Sembrava una piccola creatura indifesa bisognosa d’affetto ed attenzioni.

Quando le posò con dolcezza una mano sul capo, Kaoru si lasciò sfuggire qualche lacrima. – Mi avevi promesso che non avresti più pianto. – le ricordò il ragazzo, mentre con la stessa affettuosità continuava a carezzarle i capelli.

 

- Lo so, ma queste almeno sono lacrime di gioia. Adesso se vuoi puoi anche dire che sono una ragazzina noiosa, perché penso proprio di esserlo.

 

- Già – concordò dapprima l’altro, tuttavia precisò una cosa – però sei la mia ragazzina noiosa.

La “ragazzina” lo guardò con quei suoi occhi lucidi. Sorrise, raggiante come non lo era mai stata prima di quell’attimo, e lo abbracciò forte.

Sì, con Kouga lì accanto a lei, adesso era veramente la ragazzina noiosa più felice di tutto il mondo, di tutto l’universo, di tutto e di tutti. Gli si accoccolò come uno scricciolo sul petto, e restò in silenzio ad ascoltare il battito di quel cuore che per lei era così speciale.

Passandole una mano sulla schiena, Kouga sentì una pelle liscia come quella di un manto di seta, ma gelida.

- Hai freddo? – le domandò, e nello stesso istante prese un lembo del panno e le coprì il dorso. Gettò successivamente un’occhiata verso il quadrante del cucù appeso alla parete. – Dovremmo andare. – disse.

 

- Mi piacerebbe restare ancora un po’, ma se dobbiamo… - Kaoru si era già rassegnata all’idea, ma quasi subito il ragazzo riprendendosi la parola la stupì ancora.

 

- Infatti io ho detto “dovremmo”, a non “dobbiamo”. – precisò.

 

- Significa che restiamo ancora un po’? – reagì prontamente, sembrava una bambina, visto com’era felice. Si strinse ancor di più a lui, e per la tanta contentezza non riuscì a moderare la stretta.

 

- Vacci piano o mi ucciderai. – replicò a tono il signorino, ma infondo più che protesta il suo era solo un modo per scherzare. 

 

Quando lei pigolò dolcemente “scusa”, in quel momento si udì una terza voce.

 

- Qualcuno sarebbe così gentile da togliermi questa roba di dosso?

 

Sia Kouga che Kaoru istintivamente si misero a sedere nel bel mezzo del tappeto, e quando il ragazzo sollevò uno dei lembi del proprio soprabito gettato lì accanto, finalmente Zarba rivide la luce e si sentì rinascere.

- Adesso va molto meglio. Credevo che mi avreste lasciato lì sotto per sempre.

 

L’artista divenne paonazza nell’istante in cui un pensiero le sfiorò la mente.

- Tu… - iniziò, e prese perfino a balbettare. Le guance si tinsero di un rosa più acceso del solito, certamente sinonimo di imbarazzo. – Tu… stanotte…

 

- Stai tranquilla. – dichiarò seduta stante Zarba, avendo intuito quello che la ragazza gli voleva chiedere. – Sono un tipo che rispetta la privacy altrui. Mi sono disattivato nel momento opportuno, così non ho visto né sentito nulla. - le spiegò con accuratezza, e lei poté tirare un sospiro di sollievo. Ma al saccente Madougu c’era qualcosa che non andava giù. Rivolto al proprietario, esternò la faccenda come suo solito, senza tanti preamboli – La prossima volta che ti capiterà di fare un qualcosa di simile, ti chiedo di non lanciarmi bruscamente a terra. Anche se sono fatto di metallo, provo ugualmente dolore. – appuntò, e dal tono di voce si capiva che fosse piuttosto stizzito.

 

- Non ti ho gettato a terra. – precisò Kouga, perché non ricordava di averlo fatto. A dire il vero non si ricordava neppure il momento in cui se l’era sfilato dal dito.

Kaoru, al contrario, ebbe un flashback immediato. Rivide l’attimo in cui il povero Zarba fu scaraventato a casaccio verso l’alto. Si ricordò perfino che il Madougu, nel finire a terra, avesse emesso un profondo lamento.

- Veramente, temo che abbia ragione…

 

- Giustizia è fatta! – replicò soddisfatto l’anello, mentre il ragazzo ebbe un attimo di smarrimento. Poi, per rivalsa nei riguardi della sua guida mistica, convenne che forse una risposta a tono non avrebbe guastato.

 

- La prossima volta tu non ci sarai.

 

Il Madougu sorrise. Di gran lunga era molto meglio riposare nella sua teca di legno, comoda ed insonorizzata, che sul pavimento, sepolto vivo da un soprabito di pelle e stoffa.

Archiviato l’argomento che riguardava Zarba, Kouga si voltò verso Kaoru e notò per la prima volta che ella si teneva stretta in petto un’ampia parte della coperta.

 

- Se hai freddo… - antepose, pensando che la causa fosse quella, ma l’altra lo anticipò.

 – No, non è per quello…- abbassò gli occhi come se avvertisse un certo imbarazzo – è che mi vergogno.

 

- Per via di Zarba? – Kouga non aveva afferrato subito il concetto. Ma d'altronde lui era così. Ingenuo al punto giusto.

E infatti fu proprio quello che pensò lei. Quanto doveva essere ingenuo? Provò a chiederselo, tuttavia non riuscì a darsi una risposta.

 

- Si vergogna di farsi vedere da te. – gli spiegò brevemente l’anello, dimostrando in questo modo di conoscere gli umani molto più di quell’umano stesso. Forse perché aveva trascorso gran parte del suo tempo in mezzo a loro.

Tornando a Kouga, no, con tutta la spiegazione di Zarba lui proprio non riusciva a comprendere.

Cosa mai significava l’espressione “si vergogna di farsi vedere da te” se durante la notte sicuramente l’occasione di vederla senza vesti c’era stata? Dove stava il problema?

Provò a chiederselo ancora, ma il signorino Saejima non fu in grado di darsi una risposta.

Per via di ciò, fu la stessa Kaoru a precisare: - C’è troppa luce. – ed era sempre più avvinghiata alla coperta.

Fu solo a quel punto che Kouga si rese conto che non avrebbe mai capito a fondo una donna.

 

Attratto dalla situazione, Zarba pensò bene di movimentare l’attimo. – Non dovresti vergognarti, dopotutto non sei la sola che Kouga abbia visto senza vesti. Prima di te c’è stata Jabi.

 

Kaoru sentì all’improvviso la rabbia salirle al volto.  Jabi?! - Investì il ragazzo con un’occhiata torva, poi minacciosa si avvicinò a lui. – Tu, hai visto Jabi… - non riuscì a finire la frase. Era troppo sdegnata, anche solo mantenere la calma le riusciva a fatica.

 

- E’ successo durante lo scontro con l’albero che la teneva imprigionata. – le spiegò il Cavaliere, ma oramai la frittata era già fatta: Kaoru aveva messo il broncio. Quasi di proposito, il signorino le disse: - Ti da forse fastidio?

 

- Fastidio? A me…? E perché mai dovrebbe darmi fastidio?

 

- Bene – premise Kouga, come nulla fosse – presumo allora che non ti dia neppure fastidio sapere che lei è una vera donna.

 

No, questo a Kaoru aveva dato fastidio, e anche molto. Unito poi alla “rivelazione” di poc’anzi, che l’aveva colta alla sprovvista e irrimediabilmente fatta innervosire, perse il controllo e reagì con l’intento di colpirlo al petto con uno schiaffo. Nel farlo tuttavia tolse le mani dalla coperta che si teneva ancorata al busto e che in questo modo finì a terra.

Il silenzio cadde con un tonfo sordo ma spiazzante accompagnando la pelle del viso di Kaoru a diventare rossa quasi quanto quella del tappeto della stanza. Colta dall’agitazione, fece per portarsi le braccia in petto ma il giovane fu più veloce di lei e, afferrandola la tirò a sé.

- Così non rischi di essere vista da nessuno. – disse tenendola tra le braccia. Ella arrossì ancora, per quanto potesse sembrare impossibile perché lo era già tanto.

 

- In effetti, fa un po’ freddo. – biascicò, e forse aveva sì freddo, però lo aveva detto perché non sapeva quale altro argomento tirare in ballo. La sua voce era bassa, ma non perché aveva mal di gola, bensì quel tono effimero era dovuto alla situazione.

 

- Lo avevo notato.

 

- Tu invece sei caldo. – si strinse forte a lui e chiuse gli occhi- Vorrei che questo momento durasse all’infinito, ma…

 

- Ma…? – ripeté Kouga, affinché continuasse e finisse la frase.

 

- Ma sono convinta che ne arriveranno tanti altri, forse anche più belli. E questo pensiero mi rassicura perché so che li vivremo insieme, io e te. – lo guardò regalandogli un sorriso. Nei suoi occhi brillava un’energia fatta da una luce intensa, pura. Dopo quelle parole, Kouga non poté fare a meno che accostare la fronte alla sua. Parlare non era il suo forte, però quando voleva, con la sola forza di un semplice gesto lui riusciva a trasmetterle tutto ciò che il suo cuore, con la voce non era in grado di esternare.

 

- Non vorrete ricominciare, spero. – sbottò Zarba a quel punto, e sembrava essere piuttosto preoccupato. Proprio non ci teneva a finire per l’ennesima volta sepolto da un indumento ingombrante come il soprabito di Kouga. Tuttavia dovette arrendersi ed accettare il suo destino. Il signorino lo seppellì sotto un lembo di quell’affare di pelle bianca come il latte affinché chiudesse una volta per tutte le sue zanne. Durante ciò non aveva spostato neppure per un secondo lo sguardo da Kaoru. Provò ad accostare il viso al suo, l’altra copiò senza volerlo quella mossa, e nessuno dei due riuscì ad avvicinarsi.

Risero, ci riprovarono, ma non subito. Per meglio dire, Kouga ci riprovò e stavolta per avere la certezza di portare a compimento l’azione, le posò una mano sotto al mento e finalmente riuscì a sfiorarle le labbra.

La ragazza adagiò una mano verso terra ma nel toccare il tappeto con il palmo semi schiuso ebbe un sussultò.

 

- Che c’è? – replicò il ragazzo, mentre Kaoru fece scivolare lo sguardo verso il basso. Sollevò la mano poi sorpresa sgranò le palpebre.

 

- Ma… è una pedina del Barchess! – constatò con i suoi stessi occhi, lasciandosi scappare un sorriso.

E pensare che tutto era cominciato proprio grazie all’aiuto di quel gioco.

Prendendola tra le dita Kouga si apprestò a metterla via, ma la giovane Mitsuki si riprese il tassello. – Stavolta lascia tirare qualcosa anche a me! – fece, e fu così, che nel lanciarla via prese in pieno l’orologio a cucù che si staccò dal supporto appeso al muro e cadde a terra. Si coprì la bocca con una mano, in preda allo sgomento e fissò Kouga dritto in faccia. – E adesso? – disse mortificata.

 

- Gonza non sarà di sicuro contento, ma almeno non suonerà più. Mi dava sui nervi.

 

Kaoru scoppiò letteralmente a ridere. - Sei veramente… incredibile! – asserì convinta, senza smettere di sorridere, però in quello stesso attimo ci fu qualcosa che le strappò l’allegria dalle labbra.

Si udirono ben 3 colpi al portone principale.

Entrambi sobbalzarono, Kaoru istintivamente si accostò a Kouga. – Chi può essere? – biascicò in preda allo spavento – Una di quelle orribili creature…?!         

 

- Dubito che gli Orrori o le Chimere sappiamo bussare alla porta. Al contrario, loro la sfondano e basta. – dichiarò Zarba, giusto per tranquillizzarla.

 

- Tu percepisci qualcosa? – gli domandò a quel punto Kouga, mantenendo un certo controllo pur lo sguardo vigile e attento.

 

- Niente di strano. Avverto solo l’odore di un altro Madougu. – e non appena ebbe finito di pronunciare ciò, si sentì una voce strillare fuori casa.

 

- Kouga! Kaoru!

Qualcuno stava chiamando i loro nomi.

Si guardarono dritti in faccia. – Rei!? – esclamarono simultaneamente.  

 

- Lo avrà chiamato Gonza quando non vi ha visti rientrare. – commentò l’anello non appena il Cavaliere dell’Est se lo rimise al dito. – Fareste meglio a darvi una sistemata, se volete evitare brutte figure. – commentò giudiziosamente, spingendo i due umani dapprima a guardarsi indosso, poi intorno.

Nel farlo si resero conto che la stanza oltre a non essere perfettamente in ordine, segnalava in tutto e per tutto ciò che c’era stato tra i due durante la notte. Volendo poi parlare del loro caratteristico abbigliamento, se così si poteva chiamare, beh, non c’era molto da dire. Di certo non si potevano presentare davanti a Rei l’uno e l’altra avvolti da una coperta. Chissà poi cosa avrebbe pensato, o meglio ancora detto, l’arguto ragazzino che veniva dalle terre dell’Ovest.

 

- Ok, niente panico – premise d’un tratto la figlia di Yuuji, evitando di farsi prendere, come da lei detto, dal panico, per cercare una valida soluzione. – Tu ti rivesti ed apri la porta mentre io sgattaiolo di sopra, ovviamente raccogliendo prima i miei abiti. – Aveva organizzato tutto a puntino, ma nel guardarsi meglio intorno le mani le finirono tra i capelli.       

I suoi vestiti erano praticamente ovunque.

Kouga prese in mano le redini della situazione, e lanciando il proprio soprabito indosso a Kaoru affinché potesse nel frattempo coprirsi con quello, si apprestò a raccogliere da terra i suoi indumenti. La ragazza per pudore si voltò, concedendogli la possibilità di rivestirsi, mentre con affanno china a terra si riprendeva i propri abiti.

- Accidenti – sbottò agitata – dove sarà finita l’altra scarpa? – prese un lembo del tappeto e lo sollevò per dare una rapida sbirciata. Nel frattempo Kouga si diresse verso la porta, afferrò il pomello ed infine la spalancò.

 

Dal capo opposto Rei a momenti non finì per cascare con spavento a terra. Dopo aver passato dieci minuti là davanti, a quel punto era convinto che lì non ci fosse proprio nessuno.

- Ko-Kouga?! – biascicò stranito, però si riprese subito – E’ mezz’ora che ti chiamo! Si può sapere che diavolo stavi… - si bloccò senza finire la domanda, perché all’improvviso intravide alle spalle dell’amico una sagoma femminile coperta da un soprabito bianco sgattaiolare furtivamente su per le scale. Aggrottò la fronte – Era Kaoru quella? – disse, con un’espressione metà incredula e metà confusa, mentre indicava con l’indice della mano il punto in cui la ragazza era sparita.

Ovviamente Kouga non rispose, e grazie a ciò finì ugualmente per peggiorare la situazione. A Rei subito uno strano pensiero gli solleticò la mente. Lo squadrò dal basso verso l’alto, con estrema attenzione. Kouga si era rivestito frettolosamente tanto da dimenticarsi il colletto della divisa sbottonato. Inoltre aveva i capelli spettinati e un’aria stralunata albeggiava impressa sul suo viso a caratteri cubitali.

Eh sì, alla fine Rei, l’arguto ragazzino, aveva capito esattamente tutto.

Gli fece uno di quei sorrisi pieni, compiaciuti, dopodichè gli batté una pacca sulla spalla. – E bravo Kouga…! Chi l’avrebbe mai detto, eh? – enfatizzò ridacchiando – A quanto pare, Gonza si sbagliava, e anche di grosso! – ironizzò ancora, poi si fece per un secondo serio – Una telefonata però potevate anche farla.

 

- Niente affatto, nessuno si è sbagliato.

 

- Vuoi forse farmi credere che non siete venuti qui per stare un po’ da soli? Ma dai, non ci…

 

- Devi crederci. – sbottò a quel punto, seccato.

 

- Siamo stati attaccati da un branco piuttosto inferocito di Chimere Mistiche. – spiegò per bene Zarba.

 

- Che cosa?! – Rei impallidì. E a quel punto dopo averlo fatto accomodare in casa gli fu raccontata ogni cosa.

 

 

 

  

                                                                                    

                                                                                    ***      

 

 

 

 

 

- Sei stato fortunato, amico mio. Pensa se ti fossi trovato in un posto molto più isolato. Senza il tempestivo intervento del balsamo di Rivatra, dubito che ne saresti uscito indenne.

 

Kouga guardò Rei e trovandosi pienamente d’accorto con lui, annuì. – Già. E’ stata una fortuna.   

 

- Cosa pensi sia successo? E’ raro che le Chimere siano così forti, ed è ancora più improbabile il fatto che agiscano in gruppi numerosi. Di solito arrivano a materializzarsene un paio, non di più. Che io sappia, solo il maestro Amon era in grado di evocare più Chimere per volta.

 

Il Cavaliere dell’Est si mise pensieroso. Non sapeva che risposta dare a Rei. – Quando sarò a casa inizierò subito a fare delle ricerche. – dichiarò. Doveva assolutamente saperne di più.

 

- Gonza arriverà a momenti. – rispose il giovane Suzumura, e nel farlo si trovò a spostare lo sguardo verso il fondo della stanza. – Cosa è successo a quell’orologio? – chiese, nel vederlo riverso al suolo. Ancor prima che Kouga potesse rispondere con qualcosa di certamente vacuo, sopraggiunse Kaoru.

Adesso si era rivestita e sistemata i capelli, tuttavia come per Kouga, anche in lei c’era sempre qualcosa di diverso.   

Il giovane Suzumura la accolse con uno strano sorrisetto e dapprima non disse nulla.

 

- Rei, che sorpresa trovarti qui! – esclamò l’artista, fingendosi stupita.

 

- Hai detto proprio bene, sai? Perché la sorpresa l’avete fatta voi a me. – commentò con malizia. Ormai era tutto chiaro: aveva capito come stavano le cose, e difficilmente Kaoru sarebbe riuscita a fargli credere il contrario. Provò a lanciare uno sguardo in direzione di Kouga, lui ricambiò però ormai cos’altro potevano fare? Proprio un bel nulla. Ma Rei da bravo sfacciato decise che qualcosa doveva pur dirla. E lo fece all’istante. - Da adesso presumo che la vostra vita e le vostre abitudini cambieranno del tutto. Vi sentite già da ora diversi, dico bene? – fece, tuttavia non si accorse subito che con quelle parole aveva appena combinato un pasticcio. Un grosso pasticcio.     

La reazione di Kaoru fu alquanto inaspettata. Reclinò il mento come per pensare e divenne di colpo pallida.

 

- Cos’hai? – le domandò Kouga, avendo notato un pallore inspiegabile tingerle il viso.

 

- Nulla, è tutto ok. – rispose, tuttavia lo fece senza sollevare il capo e guardarlo negli occhi. Sia la risposta, sia lo strano comportamento non convinsero del tutto il ragazzo. E quando fece per avvicinarsi a lei, accadde un’altra cosa inaspettata: Kaoru indietreggiò per evitare che egli la sfiorasse.

Rei osservò attentamente la scena, ma tacque. Da bravo osservatore forse aveva intuito qualcosa. Colui a non aver capito, invece, era Kouga. Come mai all’improvviso Kaoru cercava di tenersi lontana da lui?

Eppure non aveva fatto o detto nulla di grave. Allora perché lei sembrava essersi distaccata? Era come se non lo volesse avere affianco. Era come se volesse prendere le distanze. Quel gesto forse dettato dall’istinto, lo ferì silenziosamente, e a quel punto non disse più una parola.

Ma cosa era successo a Kaoru?

In realtà la faccenda era piuttosto semplice: Le cose dette Rei le avevano fatto venire dei tremendi quanto devastanti timori. E se adesso tra lei e Kouga sarebbe veramente cambiato tutto? Temeva che non ci sarebbe stata più la stessa atmosfera, lo stesso rapporto di un tempo, temeva che lui non l’avrebbe trattata più come sempre, come faceva prima dell’arrivo di quella fatidica notte, e nel pensare a ciò si sentiva confusa, incerta, provava vergogna, scalpore e disagio al tempo stesso. E quando per un istante provò a rivolgere uno sguardo verso colui che l’aveva trasformata in una donna, e si accorse che egli la stava osservando, successe ancora: abbassò il mento e s’irrigidì. Proprio non ci riusciva, Kaoru Mitsuki, a guardarlo in faccia liberamente, come se mai nulla fosse accaduto. Mentre anche lo stesso Kouga Saejima, confuso da ciò, inevitabilmente fu obbligato a prendere le distanze.

 

L’auto di Gonza arrivò.

Adesso si ritornava finalmente a casa.

E chissà come sarebbe stato il rientro, visto l’inizio promettente.

 

 

 

Gonza Kurahashi era seduto come sempre al posto di guida con le mani ben piazzate sul volante. Affianco a lui c’era Kouga, mentre dietro, uno accanto all’altro sedevano Kaoru e Rei.

Si trovavano quasi in città, infatti da lontano spiccavano i primi edifici del posto.

Per tutto il tragitto nessuno aveva aperto bocca. Rei era stanco di mantenere un silenzio che secondo lui non aveva molto senso. E per interrompere quel vuoto assoluto usò l’argomento meno adatto.

- Allora ragazzi, raccontatemi un po’ cosa è successo, sono curiosa di sapere!

Kouga e Kaoru ebbero un improvviso sussulto. Avevano afferrato perfettamente il senso di quella domanda, tuttavia fecero finta di non capire.

 

- Te l’ho già detto, non ricordi? – sbottò il signorino, facendo la parte della persona scocciata.

 

- Ma io non mi sto riferendo alla questione legata alle Chimere… - alluse l’altro, mentre con quell’aria da furbetto sorrideva malizioso. Sospirò e disse l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto dire – Sto parlando della vostra prima volta, perché lo è stata per entrambi, ho indovinato?

 

L’auto frenò di botto nel bel mezzo della strada. Gonza aveva schiacciato senza motivo il pedale del freno.

Kaoru finì bruscamente in avanti, sbatté con la faccia sul sedile dove si trovava Kouga, mentre Rei picchiò la spalla sinistra sulla portiera della vettura.

- Perdonatemi! – esclamò mortificato il povero maggiordomo, cercando di riprendere il controllo della macchina ma soprattutto anche quello delle proprie azioni. L’inattesa rivelazione fatta da Rei lo aveva colto alla sprovvista. Non era turbato, bensì molto sorpreso.

Il veicolo riprese a muoversi tra le vie della città, e la prima cosa che fece Kaoru dopo essersi ripresa fu tirare a Rei una bella gomitata.

 

- Hey! – si lagnò quest’ultimo.

 

- Cerca di stare un po’ zitto! – gli bofonchiò stizzita.  

 

La Zanna d’Argento si sa, non aveva peli sulla lingua, per cui se lei non gli avesse tassativamente ordinato di tacere, avrebbe certamente continuato a parlare. Oltretutto era anche una questione di rispetto nei riguardi di Gonza.

Pochi metri più in la il giovane Suzumura chiese al maggiordomo di accostare la macchina. – Questa è la mia fermata. Ho diverse cose da sbrigare, per cui proseguirò a piedi. Un po’ d’aria fresca fa sempre bene. – asserì, e quando posò il primo piede sull’asfalto, guardando i due coetanei aggiunse – e farebbe bene anche a voi.

 

- Rei! – lo richiamò Silva, quando ormai erano già lontani. – Non sei stato affatto carino poco fa.

 

- Ma dai, hai visto anche tu quanto erano tesi, no? Dovrebbero sbloccarsi, e farebbero meglio a farlo alla svelta, prima che tra di loro si eriga un muro.

 

- Un muro? Che intendi dire con ciò?

 

- Che se Kaoru non riuscirà a guardare Kouga negli occhi come faceva prima, e se Kouga non comprenderà alla svelta ciò che le sta succedendo, passeranno entrambi ad ignorarsi, e allora sì, che tra i due cambierà sul serio ogni cosa. 

 

- Come può essere possibile questo? Io non capisco… non sono forse innamorati l’uno dell’altra?

 

Rei sollevò la mano col mezzoguanto in pelle ed accostò il viso a quello del Madougu. - Cara Silva, l’amore è la più micidiale delle armi!

 

 

 

 

  

                                                                                    ***      

 

 

 

 

 

Dopo averla parcheggiata come si deve sul ciglio della strada, Gonza era sceso dall’auto per recarsi a comprare alcune cose in un piccolo negozietto per la casa situato dall’altro lato della via.

 

I due ragazzi erano rimasti in macchina, preferendo così di aspettarlo lì.

E naturalmente lo facevano in assoluto silenzio.

L’uno seduto davanti, l’altra esattamente dietro.

Troppa quiete a Zarba non piaceva. Soprattutto perché, al contrario di Silva, forse lui qualcosa l’aveva intuita. Emise un lungo sospiro, poco dopo a quel suono fece pervenire una parola: - Interessante.

Kouga gli gettò un’occhiata.

 

- Cosa?

 

L’anello rise. – Voi due. Un’ora fa sembravate l’impersonificazione vivente e moderna di Romeo e Giulietta, e ora non vi rivolgete neppure lo sguardo. Posso sapere come mai?

 

KougaKaoru dissero una parola. Mai avrebbero cercato di farlo. Kaoru non sapeva come esternare ciò che aveva dentro, mentre Kouga non voleva infastidirla con una sua eventuale risposta. Non sapeva neppure se poteva ancora avvicinarsi a lei, dopo quella brutta reazione che aveva ricevuto.

Malgrado tutto, Zarba da quella faccenda cercò di trarre le sue personali conclusioni.

Per lui quei due erano semplicemente confusi. E tutto ciò era iniziato da quando Rei aveva messo piede in casa e aperto bocca.

Il Madougu era certo che doveva fare qualcosa. Si dovevano in qualche modo parlare, altrimenti avrebbero rischiato di allontanarsi per colpa di un momento che, davvero buffo a dirsi, li aveva uniti. E la trovata di Zarba fu tanto immediata quanto drastica: - Kouga! Un Orrore sta per attaccare Kaoru! – gridò allarmato, e fu così credibile da spingere il ragazzo a girarsi di scatto verso la giovane, e la giovane a lanciarsi con slancio verso il ragazzo.

Data la situazione, riuscirono a guardarsi dritto negli occhi, poi Kouga cercò di individuare l’Orrore con uno sguardo vigile ed attento, ma non ci riuscì semplicemente perché non c’era mai stato. Ferì l’anello con un’occhiata truce. – Se non la smetti di prenderti gioco di me, sarò costretto a trovare un rimpiazzo. – fu una replica molto severa, ma dettata più che altro dalla rabbia.

 

- Io ti sto solo aiutando, ragazzino! – replicò a tono il Madougu, e per dispetto azzittì.

Certo, lui non disse più nulla, ma per via del suo inganno, adesso i ragazzi, anche senza sapere come, si tenevano stretti l’uno all’altra.

Era una situazione che metteva a disagio entrambi, ma allora perché non si staccavano semplicemente ed ognuno tornava a posto suo?

Il problema è che nessuno dei due ci riusciva perché aspettava fosse l’altro a farlo per primo.

Forse per Kouga quello era il momento giusto per chiedere a Kaoru cosa le stava succedendo, e per Kaoru, invece, quello era il momento più adatto per rispondere a quella domanda, anche perché sembrava proprio desiderare di essere interpellata da lui.

Tuttavia, con il timore che potesse reagire in malo modo, il ragazzo la lasciò di colpo e tacque.

Quella reazione in realtà provocò in lei ancora più inquietudine, incertezza, e cominciò a pensare che forse Rei aveva ragione, e che tra di loro qualcosa era veramente cambiato. Ma in peggio.  

Mai nulla fu così sbagliato.

In pratica, avevano equivocato entrambi.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Aggiorno in ritardo e purtroppo non riesco a rispondere alle vostre graditissime recensioni per mancanza di tempo. A causa degli ordini che mi arrivano mi tocca lavorare anche la domenica… Ma prometto la prossima volta di aggiornare il prima possibile e di rispondere a tutti voi!

E mi raccomando… non trascurate la mia seconda serie di Garo anche se adesso in Giappone è arrivata quella vera!!

Abbraccio e saluto tutti affettuosamente! 

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Nel palazzo dei Cani da Guardia tutti i Cavalieri Mistici saranno chiamati a rapporto per discutere su questioni importanti. Anche Kouga riceverà il fatidico invito, e mentre cercherà di rimettere a posto le cose con Kaoru, grazie anche all’aiuto di Gonza che si rivelerà provvidenziale, l’ennesima rivelazione troverà la luce.

Prossimo episodio: #23 Adunanza

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

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Capitolo 24
*** #23 Adunanza ***


Alla fine erano giunti a casa

                                     Adunanza

                                         #23

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Alla fine erano giunti a casa.

A Kaoru quasi non sembrava vero. Aveva assolutamente bisogno di darsi una sistemata e soprattutto di farsi un bel bagno.

Gonza si levò il cappello e la giacca, dopodichè posò le buste della spesa a terra. Le avrebbe sistemate più tardi e con calma.

Il signorino gli consegnò il soprabito che per via del morso di quella Chimera andava necessariamente riparato. Si sfilò anche la parte superiore della divisa nera, anch’essa lacerata nello stesso punto, il maggiordomo ripose il tutto in un sacchetto di carta. – Li farò riparare oggi stesso. – affermò, poi si rivolse ad entrambi – Volete che vi prepari un bagno caldo?

 

- Non aspetto altro, Gonza! – esclamò entusiasta la giovane Mitsuki, mentre si avviavano tutti e tre su per le scale.

Quando furono in cima il buon Kurahashi si bloccò nel mezzo del corridoio. A guardarlo dava l’impressione di colui che si sentiva a disagio. Si voltò verso i due, ma prima di aprire bocca ci pensò su ben tre volte. Doveva decidere come formulare al meglio ciò che stava per dire, e forse trovare pure una punta di coraggio.

- Volete che vi prepari un unico bagno? – ecco, l’aveva detto, non senza incertezze, ma Kaoru lì per lì non avendo afferrato il senso della domanda, quasi automaticamente rispose: - Che vuol dire un unico bagno? – aggrottò la fronte e storse un po’ la bocca, e solo dopo averci riflettuto con attenzione riuscì a risolvere l’enigma. Il termine “unico bagno” equivaleva a “bagno unico per due”, oppure “due persone nello stesso bagno” o meglio ancora “bagno insieme”.

“Volete fare un bagno insieme?” era questo che si celava dietro la domanda fatta da Gonza, e Kaoru sfortunatamente avendolo capito fu presa da un moto di vergogna improvvisa. Si portò entrambe le mani sopra la bocca affinché colta dall’agitazione non potesse più aprirla per dire chissà quale altra sciocchezza.    

Neppure Kouga osò dire la sua, ma Zarba sì!

- Gonza, temo che i due non siano ancora pronti per quello. – appuntò, ed aveva ampiamente ragione.

Kaoru fece seduta stante un dietrofront fulmineo.

 

- Ma… signorina?! Dove state andando? – biascicò il povero maggiordomo.

 

- Non si preoccupi… Mi preparerò il bagno da sola! – rispose frettolosamente, e per simulare che fosse tutto ok, riuscì ad emettere un finto sorriso. Tuttavia quel disagio fastidioso regalò al gesto una rigidità palese, la presenza di Kouga non le giovava affatto. Doveva assolutamente allontanarsi da lui, e alla svelta.

Tornò come una saetta nella propria camera, richiuse la porta e con la schiena appoggiata all’anta si lasciò scivolare verso terra.

Scosse il capo, si gettò ambedue le mani nei capelli. Pareva una persona in preda alla disperazione, aveva bisogno di parlare con qualcuno.

Sentiva la necessità di raccontare ciò che le era capitato ed essere rassicurata. Una ragazza normale lo avrebbe fatto con la propria madre o con una persona a lei molto cara, ma Kaoru non aveva più nessuno, e questo pensiero non poteva che arrecarle disturbo.

Certo, poteva afferrare il telefono e chiamare Asami, la sua migliore amica, però dubito che dalla Shinohara avrebbe ottenuto l’attenzione sperata. Di sicuro l’amica si sarebbe messa ad esultare per ciò che aveva “coraggiosamente” fatto.

Ma allora come avrebbe annullato interamente le sue paure? A chi avrebbe mai chiesto se fra lei e Kouga sarebbe da ora in poi tutto cambiato?

A Kouga stesso?

Già, ma in che modo, se non riusciva neanche a restargli accanto?

 

 

 

 

  

                                                                                    ***      

 

 

 

 

 

- Zero! – esclamò Silva all’improvviso. La Zanna d’Argento dell’Ovest rinfoderò le armi dopo avere egregiamente eliminato un Orrore, e riacquistò le proprie sembianze. Il Madougu proseguì: - Guarda. – fece, indicando un punto preciso della strada.

 

Rei sbuffò con accidia. – A quanto pare, temo che stasera non potrò vedermi quel film che davano alla tv. – si avvicinò con aria palesemente scocciata verso una figura maschile vestita di nero. Aveva i capelli molto lunghi e la pelle del viso assai pallida, quasi cadaverica. Indosso sfoggiava una sorta di lunga tunica e teneva le mani fasciate da guanti rossi di velluto. Si trattava di un “messaggero del Makai”, ovvero una sorta di corriere inviato personalmente dai Cani da Guardia che aveva il compito di recapitare comunicati molto speciali.

- Suzumura Rei – scandì il pallido essere – Sono qui per…

 

- Lo so- replicò l’altro, grattandosi la nuca con un fare proprio svogliato – C’è una riunione in vista.

 

- Questo è il suo invito. Si ricordi di rispettare l’orario stabilito.

 

- So anche questo, tranquillo. – Rei afferrò la busta tra le mani, e il messaggero avendo compiuto il suo dovere sparì nel nulla. L’umano sbuffò ancora – Mai una volta che mandassero una graziosa fanciulla. Perché nel Makai il gentil sesso viene preso poco in considerazione?

 

- Non ci sono molte candidate, tutto qui. – rispose Silva – Ad ogni modo ti rincuorerà sapere che il Cane da Guardia del Sud è rappresentato da una figura femminile.

 

Il ragazzino sollevò la mano e guardò la guida. – Allora non vedo l’ora di vederla!

 

Silva sorrise con malizia. - Dubito che sia il tuo tipo.

 

- E da cosa lo deduci?

 

-Lo scoprirai stasera! - Il Madougu rise ancora e lo lasciò sulle spine.

 

 

 

 

  

                                                                                    ***      

 

 

 

 

 

Dopo aver fatto un bagno rilassante, Kaoru notò che si sentiva decisamente meglio. Si era rivestita, pettinata per bene i capelli e poi era uscita fuori, in corridoio. Tra le mani stringeva una cesta con gli abiti della sera prima, li stava portando nel bagno di servizio dove avrebbe potuto comodamente lavarli.

Voltò l’angolo incappando nella solita armatura medioevale esposta nell’andito, ma stavolta non fu il pregiato oggetto a farla sussultare.

Vedendo Kouga la cesta con gli abiti le cadde a terra e finì con rovesciare il tutto sul pavimento. Ambedue si chinarono per raccogliere il contenuto sparpagliato, e quando il ragazzo fece per consegnarle una maglietta, lei continuando a mantenere lo sguardo in terra a stento riuscì a rispondere “grazie”. Afferrò la cesta e si alzò frettolosamente. Sentiva ancora il bisogno di andarsene perché aveva paura di scoprire che lui era veramente cambiato. Le sarebbe bastato anche un gesto, un movimento del corpo o del viso di quel ragazzo a farla finire in un baratro chiamato “paura”.

Fece per aggirarlo e voltarsi, ma lui di sguincio le afferrò il polso. Sussultò e voltandosi stavolta non riuscì ad evitare quello sguardo perentorio che la fissava con chiarezza. E poi successe ancora: Spezzò la presa e tirò verso di sé la mano.

 

Il gesto violento fece comprendere a Kouga la vera gravità della faccenda. Capì inoltre che non poteva più starsene in silenzio.

- Cosa ti sta succedendo? – disse mentre la fissava con incertezza, ma Kaoru dopo un primo sussulto scosse subito il capo.

 

- Nulla! – Si vedeva chiaramente che non era una risposta dettata dal cuore.

 

L’altro sempre più inquieto le rispose con un tono sostenuto. - Allora perché stai cercando di evitarmi?

 

- No, non è così, ti sbagli. – ribatté con affanno, ma quelle parole non convinsero neppure lei.

Fu a quel punto che Kouga per dimostrare il contrario provò ad avvicinarsi nuovamente a Kaoru, e per l’ennesima volta la sua reazione fu la stessa: come un gattino impaurito si fece indietro, confermando così che ella aveva torto marcio.

Colpevole, non riuscì a dire nulla. Al contrario, lui zitto non rimase.

- Quando questa mattina ti ho chiesto se ti eri pentita, tu hai risposto di no. – disse dapprima – Però il tuo comportamento sembra quasi dichiarare il contrario. – Kaoru lo guardò seduta stante. Non voleva che lui credesse a queste cose, ma... poi arrivò un quesito improvviso. – La mia presenza ti da fastidio?

 

Lei prese fiato, come a voler dire qualcosa, però riuscì solo a scuotere il capo. In realtà avrebbe desiderato esporgli le proprie paure ed ottenere in cambio una parola confortante, ma… Se non fosse stato così? Se Kouga non avesse capito a fondo il problema?

Tacque per tenersi tutte le ansie e le paure dentro, per non aggravare una situazione già confusa e difficile da gestire.

Reclinò mortificata il capo, fino al momento in cui lo stesso Kouga, dopo un silenzio durato anche troppo, apertamente le disse: - E’ inutile che tenti di nascondermi i tuoi occhi. Mi accorgo quando c’è qualcosa che non va anche se non riesco a vederti in viso.

Se Gonza, arrivato lì in tutta fretta non li avesse involontariamente interrotti, forse Kaoru gli avrebbe raccontato tutto.

Ma ormai non c’era più nulla da fare: il maggiordomo aveva attirato la loro attenzione.

Tra le mani stringeva con vigore una lettera. Kouga riconobbe l’incartamento e poi guardò la ragazza: - Devo andare. – disse, ma era come se per ciò fosse mortificato.

La figlia di Yuuji scosse la testa: - Non fa nulla, lo capisco. – Aveva intuito che si trattava di una questione importante, e infatti lo era.

 

 

 

I quattro Cani da Guardia si erano riuniti nel palazzo del Nord, luogo che per via dell’imminente adunata era invaso da Cavalieri Magici di ciascun rango e casata giunti da ogni parte del territorio.

Rei Suzumura, arrivato in perfetto orario, intravide in mezzo alla folla Kouga, ed affrettando il passò cercò di raggiungerlo. Un gruppetto di Cavalieri, tre per l’esattezza, avevano circondato minacciosamente il suo amico, impedendogli di avvicinarlo.

 

- Tu sei colui che detiene il prestigioso titolo di Garo? – gli chiese uno del trio. Dai modi si capiva che il tipo non aveva la minima intenzione di adoperare toni gentili.

 

Kouga li squadrò uno per uno. Non sì sentì affatto intimorito, anzi. – Che cosa volete?

 

- Fartela pagare per tutte le cacce che ci hai rovinato.

 

- E dire a tutti che sei un traditore! – risposero due di loro, quasi scherzando, ma dal tono della voce si capiva benissimo che avevano intenzioni parecchio serie. Il terzo senza tanti preamboli lo afferrò per il bavero del cappotto. – Sei venuto qui per cercare guai, non è vero? Sappi allora che li hai appena trovati! – caricò il braccio destro, chiuse la mano a pugno ma l’intervento inaspettato di Jin, il Cavaliere d’Argento, lo bloccò con una facilità impressionante.

 

- Non siete stati avvertiti? – disse, facendo nel frattempo abbassare all’altro il braccio.

 

- Di che diavolo stai parlando?

 

- Il Garo che rovina le vostre cacce è una copia dell’originale che sta davanti a voi.

 

Il terzetto guardò Kouga dritto in faccia. Adesso sembravano più disorientati che inferociti.

- Nessuno ci ha detto nulla. – dichiarò apertamente uno di loro, facendosi così passare alla svelta la stizza. Poi guardò i suoi compagni che meccanicamente abbassarono il capo.

 

Rei si avvicinò proprio nel momento in cui i tre andarono via. Portandosi entrambe le mani sui fianchi trasse un sospiro: - Quelli erano nuovi. Altrimenti chi mai avrebbe osato aggredire un altro Cavaliere del Makai proprio all’interno del palazzo dei Cani da Guardia?

 

- Nuovi o no, è bene che il regolamento lo imparino alla svelta. – replicò severamente Jin, e nel sentirsi poco dopo osservato da Rei, sbottò subito: - Che hai da guardare?

 

- Fai anche tu parte delle Zanne d’Argento, ho indovinato?

 

- Avevi forse qualche dubbio?

 

Il giovane Suzumura fece cenno di no con la testa: - Per niente! Riconosco ad occhi chiusi quelli che hanno il mio stesso sangue.

 

- Io invece riconosco a prima vista le belle fanciulle! – esclamò apertamente un’altra voce. Era di Danda, il bracciale magico di Jin.

Silva si sentì chiaramente chiamata in causa. – Ti stai forse riferendo a me?

 

- Oltre ad essere un gran bel pezzo di Madougu e ad avere un colorito fresco e raffinato sei anche perspicace! Dimmi, come fai a mantenerti così lucida alla tua età?

 

- Prego..?! – ribatté lei, allibita.

 

- Avrai come minimo un centinaio di anni, no? – Danda non era stato molto educato.

 

Silva lo ammonì immediatamente. – Ma come ti permetti, cafone!

 

- Ho solo detto che sei un Madougu antico, perchè te la prendi così tanto?  

 

- A-antico?! – la guida mistica di Rei non riusciva più a parlare per via della rabbia. – E tu perché non dici niente?! – sbottò rivolgendosi a Zarba. Voleva che almeno dicesse qualcosa in suo favore. – Hai perso di colpo la tua linguaccia?!

 

L’anello si fece una sana risata. - Per una volta tanto è bello sapere che non sono io il cafone di turno.

Se soltanto Silva ne avesse avuto la possibilità, oh sì, in quel momento li avrebbe strozzati entrambi.

 

- Un attimo di attenzione – proclamò ad un tratto la voce del Cane da Guardia del Nord, padrone del palazzo. I Cavalieri Mistici gli rivolsero la dovuta attenzione e in sala scese il silenzio.

Al suo fianco apparvero rispettivamente il sommo guardiano dell’Est, ovvero colui che aveva sostituito Ker, Ber e Ros, il guardiano dell’Ovest ed infine l’unica presenza femminile del quartetto, la custode del Sud.

 

- Adesso capisco perché mi hai detto che non era il mio tipo. – bisbigliò Rei a Silva. Decisamente la guardiana era troppo vecchia per lui. Se fosse stata umana, le avrebbe riconosciuto all’incirca una settantina d’anni, anche se doveva ammettere che se li portava bene.

 

- Sono trascorsi tre anni dalla nostra ultima adunanza. – proferì il Cane del Nord – Sapete benissimo che quando ciò accade, qualcosa di molto importante ci spinge a riunirvi. Ebbene, molti di voi ne sono già a conoscenza, altri lo scopriranno ora. Sto parlando di quell’individuo che ha preso le sembianze di un Cavaliere del Makai che si trova adesso in mezzo a voi. – Quando il guardiano puntò Kouga con lo sguardo, tutti i presenti lo seguirono. In un batter d’occhio il figlio di Taiga si sentì pesantemente osservato.

 

- Da questa sera, se quella copia dovesse manifestarsi sul vostro cammino, ognuno di voi sarà obbligato a dargli la caccia. – illustrò il sacerdote dell’Ovest.

 

- Ma il regolamento non vieta forse di assalire altri Cavalieri? – domandò un ragazzo, forse un novizio.

 

- Quell’essere non è un vero Cavaliere Mistico. Quindi il regolamento non lo impone. – gli rispose il Cane dell’Est, per poi aggiungere – Voi avrete il compito di catturarlo.

 

- Ma che sia ben chiara una cosa: non lo dovrete eliminare. – finì l’Ovest, e proprio come c’era da aspettarselo, in sala scese di colpo lo sgomento.

 

- Che cosa?! – tuonò uno dei presenti, ma non fu l’unico.

 

Ne seguirono altri due.

- Cos’è, uno scherzo?

 

- Ci sta rovinando il lavoro, ha ucciso perfino un Cavaliere di Bronzo e non possiamo eliminarlo? Questo è ridicolo!

 

 - Perché? – chiese inaspettatamente Kouga. Più che agitato sembrava abbastanza calmo. L’intera sala prese a fissarlo tra un brusio e l’altro. Dopotutto era lui il diretto interessato, quello a trovarsi al centro dell’attenzione.

 

- Abbiamo una ragione per credere che sia un essere umano.

 

- Un…

 

- Umano?! – dissero Rei e Jin, in preda allo sgomento.

 

- Come può un semplice umano evocare un’armatura mistica di quel rango? – il giovane Suzumura si sentì assalire da forti dubbi.

 

- Lo sanno tutti che i Cavalieri d’Oro sono la stirpe più conosciuta ed importante tra le diverse casate. Non tutti i Cavalieri possono aspirare a quel titolo. – precisò Jin.

 

Il Cane da Guardia del Sud per la prima volta prese la parola. – Ci sono ancora molte cose che non sappiamo. Tuttavia, una delle regole principali del codice indica chiaramente che un Cavaliere del Makai può uccidere un essere umano solo se posseduto da un Orrore.

 

- E’ assurdo! Anche se si tratta di un normale essere umano, sta intralciando il nostro cammino e creando problemi ovunque. Ci ha messi perfino l’uno contro l’altro, ha ucciso e di sicuro lo farà ancora. Come si può perdonargli tutto ciò soltanto perché il regolamento lo impone? – Jin veramente non riusciva a comprendere quella situazione assurda. Scosse con forte disapprovazione il capo, si sentì avvampare dalla rabbia.

 

- Ricordo a tutti voi che siete Cavaliere del Makai, e di conseguenza agite secondo le regole che questo mondo vi impone. Le regole che adottate qui, su questo vostro pianeta, non hanno nulla a che vedere con quelle del Makai.

 

- Ci penseranno le leggi della vostra terra a fare giustizia. – dissero rispettivamente il Cane da Guardia del Sud e dell’Est.

 

- Ci state forse dicendo che non siamo tenuti a farlo noi? – sbottò ancora Jin.

 

- Eppure, una delle principali regole del codice dei Cavalieri Mistici dice che è nostro dovere proteggere gli esseri umani che però fanno parte di questo mondo e non hanno nulla a che vedere con il vostro. – disse Kouga, e le sue parole portarono a riflettere gran parte dei presenti.

Il Cane da Guardia del Nord, nonché suo responsabile lo guardò silenziosamente.

Infondo sapeva che il ragazzo aveva ragione, tuttavia doveva mantenere un certo ordine in quanto guardiano. Esattamente come i suoi colleghi.

La cosa più importante in un momento simile era evitare rivolte o portare scompiglio tra le diverse fazioni.

Per fare ciò, bisognava ricordare ai Cavalieri che per loro il regolamento era come una sorta di codice d’onore da rispettare ad ogni costo.

Non si poteva rischiare che si venissero a formare gruppi che volevano dare la caccia a quel Garo unicamente per eliminarlo mentre altri che pur di rispettare le regole imposte avrebbero fatto del tutto per impedirlo.

Una situazione del genere avrebbe generato solo caos.  

 

- Cosa succederà se uno di noi violerà il regolamento? – domandò a quel punto Rei, cercando di indovinare la risposta.

 

La replica del Cane da Guardia del Nord fu inequivocabile: - Sarà radiato per sempre dall’ordine dei Cavalieri Mistici.

 

Con una punizione così severa a nessuno sarebbe venuto mai in mente di violare le regole.

 

Quelle furono le ultime parole del sommo guardiano. La riunione era giunta al termine. T

utti i presenti abbandonarono il palazzo tra mormorii e malumori vai, Jin si allontanò con una certa fretta, ovviamente lui non aveva mai tempo da parte. E quando Kouga e Rei si avviarono verso l’uscita, il Cane da Guardia del Nord invitò il Cavaliere dell’Est a restare.

- Devo parlarti di una cosa. – disse, facendogli capire che doveva trattenersi lì più del dovuto. Rei batté una pacca sulla spalla dell’amico, e poi andò via.

Kouga lentamente si girò verso l’arcana figura.

Si guardarono in faccia, ormai non c’era più nessuno.

Quello, aveva l’aria di essere un colloquio a due.

 

 

 

 

  

                                                                                    ***      

 

 

 

 

 

Uscì dal bagno di servizio dopo aver lavato per bene i propri indumenti. Si sentiva un pochino stanca, camminando passò una mano sulla fronte e nell’andito vide Gonza chino ai piedi dell’antica armatura. Stava lucidando i gambali di quella corazza con un panno imbevuto da uno speciale detergente fatto apposta per ridare splendore ai metalli. 

La giovane passò proprio lì accanto, e avvicinandosi disse: - Non le fa male la schiena? Se vuole posso farlo io.

 

- Oh, no signorina, non si disturbi. Questo è un lavoro che richiede polso! – commentò il maggiordomo, mentre strofinava con energia il panno, ridando così al metallo una luce intensa e nuova.

Kaoru sorrise come per dire “va bene”, ma quando fece per andarsene si sentì trattenere dalla voce dell’uomo: - Signorina Kaoru – premise, cessando di lucidare – se c’è qualcosa che volete chiedermi, sappiate che io sarò ben lieto di ascoltarvi. - Ebbene sì, Gonza aveva intuito vagamente qualcosa, se non addirittura tutto. Sapendo inoltre che la giovane artista non aveva genitori o familiari con cui parlare, quello a prendere per un attimo le veci di un confidente caro non poteva che essere lui. 

 

La figlia di Yuuji lo guardò per un attimo soltanto, mordendosi il labbro fu così che finalmente prese la fatidica decisione.

 

Scesero entrambi nel salottino. Lì potevano parlare meglio, e non appena si furono accomodati sul divano Kaoru confidò a Gonza ogni suo dubbio, ogni sua paura. Disse che dopo quanto successo tra lei e Kouga aveva come il timore che qualcosa fosse cambiato. Si sentiva strana, ed era come se non riuscisse più a gestire come prima il rapporto che aveva con il ragazzo. Aveva paura che Kouga con lei non sarebbe stato più lo stesso. Questa faccenda la bloccava, non le permetteva più di essere spontanea.

- E se lui dovesse cambiare atteggiamento verso di me? Lo ha visto anche lei stamattina… era molto freddo. Più del solito. – disse amareggiata.

 

- Forse perché lo eravate voi, signorina.

 

- Io?

 

Gonza annuì con gentilezza. – Credo che il signorino avesse paura di arrecarvi fastidio. Avete detto o fatto qualcosa di strano prima di notare questo cambiamento?

 

Kaoru si mise pensierosa. - Veramente… sì. – ammise poi, e spiegò al maggiordomo la questione – Questa mattina ha cercato di avvicinarsi a me, ma io mi sono allontanata.

 

- Avevate paura che lui vi sfiorasse, è così? 

 

- Esatto. Ma ho reagito istintivamente, forse perché mi sentivo confusa.

 

- Vedete, è normale. Queste sono situazioni completamente nuove sia per voi che per il signorino Kouga. – cercò di spiegarle Gonza.

 

Kaoru storse le labbra. – Ma se la situazione non ritornerà più come prima? Io non voglio che questo accada e che Kouga pensi che io non voglia più averlo accanto. Tuttavia, allo stesso tempo ho paura che da adesso in poi non saremo più gli stessi. – reclinò il capo per nascondere un velo di malinconia che le aveva velato gli occhi. Fu a quel punto che Gonza le posò affettuosamente una mano sulla spalla.

 

- Se il vostro amore è sincero, nulla potrà mai cambiarlo. – disse con semplicità, ed il significato di quelle parole così cariche di speranza la colpì profondamente.

Forse quell’uomo aveva ragione. Forse non doveva farsi attanagliare dai dubbi, doveva dare fiducia a quel rapporto. Kaoru abbracciò Gonza così forte che a momenti non finì per travolgerlo. Per lei fu come abbracciare Yuuji, perché in un certo senso quel caro e vecchio maggiordomo le ricordava il padre che aveva ormai perduto.  

 

 

 

Il Cane da Guardia del Nord guardava Kouga accuratamente. Sembrava dovergli riferire una cosa importante. E quando aprì la bocca per parlare, il ragazzo capì che lo era.

 

- Io ho conosciuto tuo padre.

 

Come c’era da aspettarselo, il Cavaliere del Makai ebbe un sussulto. - Lei… - disse a malapena, lo stupore si era impadronito di lui.

 

- Ha lavorato per anni in questo settore, sotto la mia guida. Kouga – anticipò – Ho saputo che sei stato attaccato da un gruppo di Chimere Mistiche.

 

- Perché? – disse all’improvviso il giovane. Ma quell’espressione sembrava non seguire il filo del discorso legato alle Chimere.

 

- Perché…? – replicò il guardiano, senza capire.

 

- Perché me lo ha detto solo ora? Perché mi ha detto che conosceva mio padre soltanto adesso?

 

L’anziano emise un sospiro. Con lo sguardo sembrò ritornare indietro nel tempo di qualche decennio. – Un giorno Taiga mi sfidò a Barchess, facendomi promettere che se io avessi perso, e tu in futuro ti saresti ritrovato sotto la mia giurisdizione, avrei dovuto tenerti lontano da guai.

 

- E’ per questo che non voleva farmi indagare su quel Cavaliere d’Oro? Perché doveva rispettare quel patto?

 

- Al contrario… quella partita la vinsi io, ma dopo la morte di Taiga decisi ugualmente che quel suo desiderio andava rispettato.

 

- Ma se ha deciso di rispettarlo, allora perché non ha rispettato anche le mie scelte se sapeva che erano giuste?

 

- Giuste forse sì, ma azzardate. Se ti avessi concesso più libertà, non avrei più potuto mantenere fede a quella promessa.

 

- Ma io non mi sarei mai cacciato nei guai! – asserì all’istante Kouga, negli occhi gli brillava una luce intensa, carica di tenacia, ma ben presto l’intensità di quello sguardo fu smorzata.

 

- Per l’onore di tuo padre, sono sicuro che lo avresti fatto. – E dopo le parole del sacerdote dai capelli bianchi, colpito profondamente il figlio di Taiga abbassò gli occhi.

Si rese conto solo in quel momento che quell’uomo non aveva torto. 

Se quella figura all’apparenza così severa non gli avesse impedito di agire come aveva più e più volte richiesto, il suo essere impulso, il suo essere ostinato lo avrebbe condotto alla rovina.

Se non era neppure stato capace di lottare contro un mucchio di stolte Chimere, come avrebbe fatto a fronteggiare tutto il resto?

 

- Cosa dovrei fare adesso? – chiese, con un timbro flebile, demoralizzato da quei pensieri.

 

- Dimostra a tuo padre che si sbagliava – disse senza esitazione il guardiano – perché tu non ti cacceresti mai nei guai.

 

 

 

Rimuginava sulle parole dell’anziano custode del Nord e in quello stesso frangente si apprestava a fare ritorno verso casa. Spalancò l’uscio del portone, Gonza lo accolse come sempre, gli sfilò il cappotto e con cura andò a riporlo.

Erano scoccate da poco le dieci di sera, solitamente a quell’ora Kaoru si trovava nei paraggi, tant’è che quando sentiva il portone principale della villa chiudersi di botto in un certo modo, accorreva nell’atrio come una bimba in festa perché riusciva ormai a distinguere la maniera in cui Kouga lo accostava.  

Stavolta però lei non era venuta a dargli il bentornato.

E quella mancanza a Kouga pesò parecchio.

Si guardava attorno silenziosamente, senza dare troppo nell’occhio, ma Gonza non poté fare a meno di notare che sembrava essere alla ricerca tacita e discreta di qualcuno.

- E’ nella sua stanza. – disse ad un tratto il buon Kurahashi, cogliendolo di sorpresa.

 

- Non sta bene?

 

- In parte. – rispose l’uomo, rendendosi conto che anche per Kouga era giunto il fatidico momento. – Penso sia opportuno che adesso parli anche con voi, signorino. – disse, e proprio come aveva fatto con Kaoru, il maggiordomo iniziò il discorso.

Kouga per tutto il tempo rimase ad ascoltarlo. E lo faceva con interesse, non lo interruppe neanche quando si sentì posare da lui una mano sulla guancia. – Adesso siete diventato veramente un uomo, anche se il vostro cuore continua a mantenere la purezza di quello di un bambino. – Gonza lo guardò con amorevolezza. Per lui che mai aveva avuto figli, Kouga rappresentava un pezzo importante della sua vita. Si era preso cura di lui dopo la morte di Taiga, gli voleva un bene sconfinato e anche per lo stesso ragazzo era così. Quella persona gentile e servizievole era molto più che un semplice maggiordomo. Era come un padre putativo, una presenza fissa che mai gli avrebbe voltato le spalle.

Gonza lo guardò ancora, e fu certo di una cosa: sarebbe stato disposto anche a vendere la propria anima al diavolo pur di vederlo sorridere.

 

 

Se ne stava seduta sul letto con il capo spostato verso il basso, e si guardava le scarpe. 

In realtà non è che Kaoru le fissava, dato che aveva lo sguardo perso nel vuoto. Con i pensieri rivolti chissà dove, proprio non ne voleva sapere di ritornare sulla terra ferma. Pensava e ripensava alle parole di Gonza, e per come si era comportata nei riguardi di Kouga, adesso si sentiva una sciocca. Aveva interpretato male le parole di Rei, si era fatta prendere stupidamente dal panico ed aveva combinato un pasticcio.

Pensava e ripensava a quanto era stata sciocca, ingenua. Proprio una ragazzina noiosa, come l’avrebbe chiamata il suo Kouga.

Un suono improvviso la riportò di colpo a terra. C’era qualcuno che bussava alla sua porta. Senza staccare gli occhi da terra e con un timbro mogio rispose: - Avanti – e convinta che si trattasse di Gonza, neppure si voltò verso l’entrata. – Ha bisogno di qualcosa?

 

- Da quando mi dai del lei? – rispose ad un tratto una voce che non era certamente quella del maggiordomo.

 

Si voltò ma prima ancora trasalì. Con un nodo di agitazione in gola abbassò il viso: – Scusa, non ti ho sentito rincasare, altrimenti sarei scesa. 

 

- Lo so. – rispose Kouga, come a sottolineare il fatto che fosse a conoscenza dell’abitudine che aveva Kaoru. Si avvicinò al bordo del letto, poi chiese: - Posso? – e lo accennò con uno sguardo. Lei annuì, così si sedette lì accanto. Accidentalmente lo sguardo le ricadde sulla mano sinistra del giovane, nel notare l’assenza dell’anello chiese:

 

- Dov’è Zarba?

 

- Nella sua teca. – rispose, e per una qualche strana ragione l’artista si sentì stranamente a disagio. La risposta le provocò un flashback fulmineo: rivide una scena in particolare della mattinata, e poi ricordò per filo e per segno ciò che Kouga aveva detto a Zarba quando quest’ultimo gli aveva chiesto di non essere più lanciato a terra. Ebbene, se fosse successo ancora qualcosa tra lui e Kaoru, l’anello non sarebbe stato lì.

La giovane fu di una rapidità impressionante a collegare le due cose. Così, si alzò di scatto dal letto e raggiunse nervosamente la finestra.

 

- Cosa è successo? – le domandò il Cavaliere del Makai, fissandola in modo strano. Ma lei non seppe cosa dire.

Poteva inventare una scusa, o rispondere semplicemente con “nulla”, ma la verità era che ella provava il bisogno di esternare ciò che sentiva fluire dentro, perciò rimase sospesa, contesa tra il dire e non dire. Dal lato opposto, Kouga aveva capito che forse lei non sarebbe stata mai capace di rispondere, e per non metterle pressione anziché riformulare la domanda pronunciò quello per cui era giunto fin lì. – Ho parlato con Gonza, mi ha spiegato tutto.

 

Kaoru ebbe un altro sussulto e si girò improvvisamente. – Tutto? – biascicò agitata. Abbassò ancora lo sguardo poi nervosa prese a mordicchiarsi il labbro inferiore. Per “tutto” lui intendeva veramente tutto? Si sentì avvampare. Adesso era veramente in imbarazzo. – Ecco – disse inizialmente, giusto per iniziare un discorso. Sperava di riuscire a mettere una parola dietro l’altra, ma poi dopo quell’ “ecco” non le uscì nient’altro che un sospiro.

 

- Sei piuttosto disordinata. – fece all’improvviso Kouga, guardandosi intorno. Viste le circostanze, Kaoru storse il naso. Quell’affermazione le era parsa piuttosto inappropriata.

 

Rispose ma solo per dargli una giustificazione.

- Vado sempre di corsa, ma quando posso rimetto in ordine.

 

- Quando puoi?

 

- Sì, quando posso… perché?

 

- Se una ragazza non riesce neppure a tenere in ordine la propria camera, non diventerà mai una buona donna di casa né tanto meno una brava moglie.

 

- Prego?! – biascicò allibita, sembrava proprio non capire il perché di quell’affermazione.

 

- Ti sto solo facendo notare che sei disordinata.

 

- Beh – premise, e adesso più che allibita Kaoru era stizzita - Ci sono modi molto più gentili per fare simili annotazioni. – alzò lo sguardo al soffitto e scosse il capo – Non ho tutti i torti quando dico che sei un vero asociale. – sbottò, ostentando un tono seccato. Successivamente si accorse che Kouga la fissava in modo strano. – Cosa c’è adesso che non va? Le tende della stanza non ti piacciono? Il letto è troppo morbido? Oppure…

 

- Se riesci a reagire alle mie provocazioni come hai sempre fatto, non c’è nulla che non va. – e grazie al suono di quella risposta, Kaoru si rese conto che se Kouga era stato scortese con lei, lo aveva fatto per farle capire che le cose tra loro due non erano affatto cambiate.

Più imbarazzata che indispettita reclinò il mento. – Già – disse dapprima, e cominciò ad avvicinarsi a lui. Si sedette lì affianco, stavolta notò che non era più tesa. Il disagio pareva essersi dissolto. – Se riesco ancora a tenerti testa, significa che non è cambiato nulla. – si voltò verso Kouga e finalmente ci riuscì. Kaoru riuscì a guardarlo negli occhi come aveva sempre fatto – Siamo sempre gli stessi io e te. E continueremo ad esserlo, giusto?

 

Lui assentì, tuttavia c’era ancora una cosa che doveva appurare.  

- Se adesso provo a toccarti, non cercherai di scappare?

 

Kaoru sorrise seduta stante. – Mettimi alla prova, coraggio!

 

Il signorino provò ad accostarle una mano accanto alla guancia, ma ancora prima che egli potesse sfiorarla, la giovane Mitsuki si lanciò verso di lui e lo abbracciò. Quel gesto la fece rinascere. Anche Kouga provò una sensazione di quiete, si sentiva più calmo ma… stanco. Riuscì ad occultare uno sbadiglio, poi posò un’occhiata sull’orologio appeso al muro. Era esausto a causa della lunga giornata, ma non poteva andare a dormire. C’era ancora un’ultima questione che prima doveva sistemare.

- Allora, cosa vuoi fare? – disse all’improvviso. Kaoru prese per un istante a guardarlo. Aveva l’aria frastornata. Corrugò appena la fronte ma subito dopo sempre dallo stesso Kouga ottenne un chiarimento. – In origine questo letto era legato a quello che c’è in camera mia. – le rivelò, e a lei fu tutto veramente più chiaro: Kouga la stava invitando a “trasferirsi” nella sua stanza. O perlomeno le stava dando la possibilità di scegliere. Non voleva farsi vedere agitata, confusa, ma cominciò a sentire sempre più calore salirle verso il viso. Emise un sorrisetto, un pochino agitata lo era. Se Asami fosse stata lì, di sicuro le avrebbe urlato “accetta subito prima che cambi idea!”. Le parve perfino di sentire la sua voce, tant’era frastornata! Ormai aveva più senso dormire in camere separate? Non molto, pensò. Tuttavia doveva esserne sicura. Per lei era una cosa importante.         

Rivolse uno sguardo all’orologio.

- Mi sembra tardi per fare un trasloco.

 

- Non lo è.

 

- Tu però sei stanco.

 

- Non così tanto.

 

- Ma daremo di sicuro fastidio. 

 

- Non mi risulta che abbiamo dei vicini. – rispose a quel punto Kouga, dopotutto abitavano pur sempre in un luogo circondato dal verde e lontano da altre abitazioni. Iniziò a sentirsi veramente stanco o semplicemente spazientito dalle continue risposte tentennanti di Kaoru. Si alzò all’improvviso dal bordo del letto e con passo sostenuto raggiunse la porta.

 

Seguendolo con gli occhi lei non poté fare a meno di chiedergli: - Dove vai?

 

- Nella mia stanza.

 

- E… - Kaoru deglutì – del trasloco?

 

- Non mi sembra il caso di disturbare dei vicini immaginari.

 

- Dai, non scherzare!

 

- Ne riparleremo quando ti sentirai pronta. – disse, ed aprendo l’anta andò fuori.  

 

Adesso Kaoru doveva prendere una decisione. Una decisione importante che avrebbe cambiato per davvero la sua, anzi, la loro vita. Non rimuginò a lungo, ed anzi, in realtà sapeva già cosa fare.

Lasciò che fu il suo cuore a parlare per lei e così afferrando la spalliera del letto con entrambe le mani, affinché Kouga potesse udire il suono di quella risposta urlò: - Ma io sono già pronta!  

Lo spostamento rumoroso del letto che Kaoru si apprestava a portare di peso e con affanno fuori, fece tornare Kouga sui suoi passi.

 

- Ma che stai facendo? – disse nel vederla così presa e decisa.

 

- Penso che sia arrivato il momento di ricongiungerli questi letti, tu che dici? – replicò a stento, mentre tutta affaticata si asciugava il sudore dalla fronte con il dorso della mano – Se soltanto fosse un po’ più leggero… Spostare un elefante sarebbe meno faticoso.

 

Kouga sorrise, appoggiò anch’egli le mani sulla sponda in ferro battuto del letto e fu così che quel tanto voluto trasloco ebbe inizio.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Finalmente sono riuscita ad aggiornare senza farvi aspettare troppo tempo!

Se tutto va bene, da adesso in poi pubblicherò un capitolo ogni settimana perché vorrei riuscire a finire la fanfic prima che trasmettano l’ultima puntata della seconda serie di Garo (quella vera) prevista mi sembra per febbraio/marzo. Spero di farcela!

Intanto sto scrivendo gli ultimi capitoli di questa fanfic, e ho già le lacrime agli occhi, anche se… forse è un po’ troppo prematuro per parlarvene, ma da qualche mese sto “lavorando” ipoteticamente ad una possibile ma non certa Garo Third Season… Per ora ci sono solo delle idee, dei possibili e nuovi personaggi, i nemici ed una trama più o meno delineata, ma tutto è ancora in cantiere.

Prenderò una decisone non appena la Garo Second Season sarà terminata. Nel frattempo godiamoci questi nuovi capitoli!

 

 

 

Per MiKiUs SaN: Grazie infinite e continua a seguire che ne vedrai delle belle soprattutto nei capitoli successivi!

 

Per Iloveworld: Sì, c’è una serie nuova, se cerchi su internet troverai sicuramente tutte le informazioni che una fan di Garo si aspetterebbe di trovare. Provare per credere! Riguardo alla tua fanfic, a causa del lavoro durante il tempo libero riesco solo ad aggiornare il mio blog e questa fanfiction, ma quando arriveranno le vacanze natalizie mi dedicherò a tutto il resto. E non vedo l’ora!!

 

Per DANYDHALIA: Ti dirò, io la seconda serie di Garo ho deciso di non vederla. Primo perché vorrei aspettare l’uscita dei dvd, in modo da godermela seduta sul divano, con la giusta comodità e per darle soprattutto la giusta importanza, e secondo per evitare che in qualche modo possa influenzare la stesura di questa mia seconda serie. Ti ringrazio per la fiducia e per l’appoggio prezioso che mi dai, sapere che questa mia seconda serie piace ed è seguita come quella vera mi fa molto piacere! 

 

 

 

Per ora è tutto.

Mando un saluto affettuoso a tutto voi e alla prossima!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Gli Orrori hanno fattezze e poteri diversi. Alcuni di essi riuscirebbero perfino a far regredire un essere umano grazie a questa abilità speciale. Una creatura dotata di un simile potere riemergerà nel territorio posto sotto la giurisdizione di Kouga creando una situazione davvero difficile da gestire.     

Prossimo episodio: #24 Involuzione

 

 

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Capitolo 25
*** #24 Involuzione ***


Nel cielo lo squarcio di un tuono preannunciava l’arrivo di un temporale imminente

                                  Involuzione

                                       #24

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

- Vedessi come dorme, Asami! – esclamò con occhi trasognanti, mentre parlava al cellulare con l’amica. – Sembra proprio un bambino! E’così… dolce! – sospirò, e nel frattempo ripensava al modo di dormire che egli aveva. Tutta un’altra cosa rispetto a quando era sveglio… e petulante. 

 

Nel cielo lo squarcio di un tuono preannunciava l’arrivo di un temporale imminente.

Sollevò il capo e vide che le nuvole avevano assunto un colorito grigio ed arruffato.

Pensò che tirare fuori della borsa l’ombrello pieghevole sarebbe stato inutile, dato che Kaoru Mitsuki ormai si trovava a due passi da casa. Salutò l’amica e si staccò il cellulare dall’orecchio.

Ancor prima di raggiungere la scalinata, in lontananza intravide qualcuno seduto ai piedi di essa. Guardò meglio, e così si rese conto che quello era un bambino. Fece una breve corsetta e gli si avvicinò.

 

- Piccolino, ti sei forse perso? – chiese, chinandosi sulle ginocchia per fare in modo di portarsi davanti a lui. Era avvolto solo da un telo bianco e ai piedi non portava assolutamente nulla.  

 

- E’ da un’ora che aspetto. Sei la solita ritardataria. – rispose il piccolo, che a quanto pare non doveva avere un bel carattere.

Kaoru aggrottò la fronte, confusa non seppe subito cosa dire. Quel moccioso di sei anni al massimo, in qualche modo le aveva lanciato un’offesa, anche se per l’appunto si trattava pur sempre di un estraneo che lei non aveva mai visto prima d’ora.

– Ritardataria…? Ma io… - biascicò.

 

Il piccolo si alzò in piedi con una certa fretta. – Se fossi stato almeno un po’ più alto, non avrei avuto difficoltà ad inserire le chiavi nella serratura del portone. – appuntò, e quando l’espressione del viso gli si fece torva, fu a quel punto che Kaoru, squadrandolo bene in volto, venne colta da uno stupore improvviso.

 

- Kouga…?!

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

- E così, un Orrore che ha il potere di far regredire le cose, ti ha trasformato in un bambino, dico bene? – domandò la giovane Mitsuki, poco dopo che il “piccolo signorino” ebbe finito di raccontarle ogni cosa. Questi annuì, e continuava a tenere un broncio lungo un chilometro per via del minuscolo inconveniente che gli era capitato. – Come mai a Zarba non è successa la stessa cosa?

 

- Perché su di me la magia di quell’Orrore non ha effetto. – le spiegò il Madougu, che a dirla tutta sul dito medio della manina di Kouga non si trovava proprio a suo agio.

 

Kaoru si mise pensierosa, la situazione di sicuro era insolita, e così ridotto Kouga non avrebbe mai potuto combattere. Se non riusciva neppure a raggiungere la serratura del portone, come avrebbe fatto a brandire la sua spada?

- Adesso cosa facciamo?

 

- Per prima cosa devo trovare dei vestiti adatti alla mia taglia. – rispose.

 

- In effetti non puoi andare in giro così. – Kaoru rimuginò sul da farsi – Immagino che tu non abbia conservato gli abiti di quando eri bambino.

 

- Questo dovrebbe saperlo Gonza. – replicò il giovane Kouga, e proprio in quell’attimo l’uscio di casa si aprì ed il maggiordomo fece il suo ingresso. Lo raggiunsero, ma i sacchi della spesa che l’uomo teneva tra le braccia gli permisero di intravedere solo Kaoru.

 

- Oh, signorina, è già tornata a casa?

 

- Veramente, non sono l’unica… - rispose, e spostando lo sguardo di lato, verso il basso, portò il maggiordomo a togliersi i pacchi dal viso e a guardare.

 

- Si-signorino Kouga?!balbettò quando lo vide. A differenza di Kaoru, lo aveva riconosciuto all’istante. Si avvicinò svelto, gli prese il volto tra le mani e cominciò a scuoterlo con apprensione – Cosa vi è successo?!

 

Quel gesto come al solito a Kouga non piacque. Lo faceva sentire in tutto e per tutto un vero bambino. – Trovami dei vestiti. – disse solo, e se d’aspetto poteva sembrava un innocuo fanciullo, il carattere di sicuro era rimasto quello di sempre.

 

 

 

Quando Gonza gli consegnò degli abiti adatti a lui, si rivestì di corsa e poi scese nel salottino dove Kaoru lo stava aspettando per pranzare.

Si sedette a tavola, la prima cosa che notò fu che a malapena riusciva a sfiorare il pavimento con la punta delle scarpe.

Sbuffò, logicamente, ma lo fece in silenzio. Non voleva farsi vedere troppo seccato da quella faccenda.

 

- Ehm… vuoi che… - premise la ragazza, ma non sapeva se finire o no la frase. Poi finalmente proseguì – Vuoi che ti imbocchi?

 

Kouga rispose guardandola semplice in malo modo, così ella capì ed iniziò a mangiare.

 

- Ditemi, signorino – disse Gonza, che nel frattempo gli stava rovesciando dell’acqua nel bicchiere. – siete già stato dal Cane da Guardia per avvertirlo della questione? Nel vostro stato non potete di certo prestare servizio.

 

- Non ancora, ma di certo non ho intenzione di restare così per un altro giorno.

 

Kaoru scosse il capo. - Ma come farai a trovare quella creatura e a sconfiggerla? Non puoi affrontarla se sei così… piccolo.

 

- E’ vero, signorino! Lasciate almeno che qualcuno vi dia una mano… ad esempio quel giovane, Rei, sì, lui potrebbe…

 

- Non azzardatevi a farne parola con lui. – replicò all’istante il piccolo Saejima, e fissò in modo particolare Kaoru in quanto sapeva bene che ella avrebbe potuto, anche se a fin di bene, farlo.

 

- Ma… perché? – rispose arrabbiata – Se pensi che lui possa scoppiare a ridere, beh, è un rischio che dovrai correre se vuoi ritornare alla normalità.

 

- Risolverò la questione senza l’aiuto di nessuno. – Il piccolo era stato più che chiaro. Non voleva essere aiutato semplicemente perché reputava di poter fare tutto da solo. E siccome da bambino era sempre stato un gran testardo, mai nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

- Hey…! Non correre e aspettami!

 

- Sei lenta. Così mi farai perdere solo tempo.

 

- Guarda che lo dico per te, non guardi neppure la strada quando attraversi. E’ pericoloso!

 

- Sei stata tu a volermi accompagnare, anche se ti avevo chiesto espressamente di restare a casa.

 

- Ti ricordo che sei sotto la mia responsabilità. Un bambino della tua età non può andare in giro da solo.

 

Kouga si fermò di scatto e girandosi verso Kaoru la fulminò con un’occhiata bieca. La ragazza deglutì, ed intimorita da ciò per tutto il resto del tragitto non aggiunse nient’altro.

 

Arrivato ai piedi di una grossa parete, il ragazzino protese un braccio in avanti affinché Zarba potesse aprire un varco nel muro.

 

- Dove stiamo andando di preciso? – chiese a quel punto Kaoru, poi vide lo squarcio magico espandersi nel tramezzo.

 

- Andrò da solo, tu aspettami qui. – rispose poco prima di infilarsi nel varco e sparire.

Giunto al cospetto del Cane da Guardia del Nord, non fu obbligato a spiegare l’intera faccenda poiché l’anziano saggio non appena lo vide comprese tutto.

 

- Colui che ti ha ridotto così si chiama Alchemide. A causa del suo pericoloso potere, quaranta anni fa fu relegato nei confini più remoti del Makai da un Cavaliere Bianco.

 

- Come ha fatto ad evadere? – chiese l’umano, ma il saggio lo corresse senza incertezza.

 

- Non come, ma chi. – fece, e Kouga iniziò ad inquietarsi maggiormente. – Ad ogni modo, adesso devi pensare a rompere il sortilegio che ti è stato fatto. Da quanto tempo ti trovi in questo stato?

 

- Da circa 7 ore.

 

Il guardiano si fece di colpo pensieroso. – Sai a quale numero corrisponde il simbolo dell’infinito che molti Orrori considerano sacro?

 

- E’ il numero 8. – affermò il giovane Cavaliere, e in quel momento si chiese il perché di quella domanda che all’apparenza non sembrava legarsi al problema che doveva affrontare.

 

- Il simbolo dell’infinito vuol dire continuità, permanenza, qualcosa che non può essere spezzato. Molti Orrori basano i loro poteri su questa regola, perché sono convinti che qualcosa senza principio né fine porterà la loro specie, il loro influsso negativo ad un’esistenza inestinguibile.    

 

Zarba fece un profondo sospiro, dopodichè si rivolse al suo proprietario.

- Significa che ti resta solo un’ora di tempo per riacquistare le tue sembianze.

 

- Se dovessi non farcela in un’ora, cosa succederebbe? – chiese all’anziano saggio, preparandosi al peggio.

 

A quella domanda seguì presto una sentenza. – Passerai il resto dei tuoi giorni in questo stato.

 

Ovviamente la risposta non piacque minimamente a Kouga.

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

Mentre aspettava il ritorno del ragazzo, o per meglio dire del ragazzino, Kaoru se ne stava con le spalle appoggiate ad un gelido muro di pietra grigia. Di tanto in tanto lanciava un’occhiata al cielo, e subito dopo all’orologio che le stava sul polso. Era pomeriggio inoltrato, quasi sera a momenti.

Un giovinastro che passava di lì, nel vederla da sola pensò bene di avvicinarsi.

 

- Hai perso l’ultimo treno?

 

La figlia di Yuuji si voltò verso lo strano tizio, che a guardarlo bene non sembrava un tipo rassicurante. Indossava un paio di jeans strappati sul ginocchio e una t-shirt nera. Aveva scarpe bianche con i lacci slacciati, i capelli spettinati che in parte gli ricadevano sugli occhi e un enorme teschio con i denti affilati tatuato sull’avambraccio.

Kaoru rabbrividì per un secondo, poi cercò di mantenere una certa distanza stando ben attenta però a non mostrare il proprio turbamento. - Sto aspettando il mio ragazzo.

 

Il giovane scoppiò sfacciatamente a ridere. – Deve proprio essere uno stupido per lasciare un fiorellino come te in mezzo a questa stradina completamente isolata!

 

- Faresti meglio ad andartene. Se viene e ti trova qui, potrebbe arrabbiarsi, e siccome è il doppio di te non ti conviene. – replicò a tono, cercando di essere convincente. Certo, sapeva che Kouga avrebbe potuto metterlo in fuga anche solo con uno sguardo, ma non di certo trovandosi in quello stato di regressione forzata.         

Purtroppo il tremolio della sua voce la tradì spudoratamente.

 

- Ma davvero? E aspetti che io me la beva? – lo sconosciuto le si avvicinò pericolosamente, sbatté una mano sulla parete, proprio accanto al suo viso, quel gesto le fece serrare di colpo le palpebre. – Facciamo così – propose ad un tratto, avvicinando il volto d’innanzi al suo. – Se vieni con me, ti prometto che tra un paio di ore al massimo ti riporto a casa. Ci stai?

 

Kaoru scosse il capo perentoria, poi tentò di indietreggiare, ma venne subito afferrata per il braccio.

- Lasciami andare immediatamente o mi metto ad urlare! – protestò cercando di barcamenarsi come meglio poteva.

 

- Fallo pure, tanto è inutile. Questa strada è deserta! – replicò sarcasticamente lo sconosciuto, e purtroppo aveva ragione. La trascinò via dalla parete, mentre lei cercava di imputare i piedi sul selciato ogni volta veniva sradicata da lì con violenza. Da sola non avrebbe mai potuto farcela.

 

- Lasciala subito. – echeggiò ad un tratto una vocina.

 

Il giovinastro si girò, squadrò l’intruso e fece una grossa risata. – E tu chi diavolo saresti piccolo moccioso?

 

Kouga gli si avvicinò con aria minacciosa, Kaoru ebbe un sussulto, temeva per lui, per la sua incolumità, dopotutto era un bambino. Molto probabilmente non sarebbe stato neppure in grado di difendersi, eppure dovette ricredersi non appena lo vide piazzare un pugno ben assestato nel ventre del tizio. Così facendo, riuscì a liberarsi da quella forte stretta, e quando il suo assalitore cercò per l’ennesima volta di riprendersi il suo fiorellino, il piccoletto scontroso ed asociale lo atterrò con una ginocchiata sul capo.

- Dobbiamo sbrigarci. – disse svelto, poi afferrò la giovane Mitsuki per il polso e la portò con sé.

 

Ancora incredula per quanto accaduto, riuscì a malapena ad aggiungere: - Dove stiamo andando adesso?         

 

- Devo trovare l’Orrore che mi ha ridotto in questo stato.

 

E Zarba poi aggiunse: - Abbiamo meno di un’ora per farlo. E se Kouga dovesse fallire, resterà un bambino per sempre.

 

Kaoru si irrigidì, fu colta alla sprovvista da quella rivelazione. - Meno di un’ora? Ma come farai a… - non riuscì a completare la frase che il piccolo la anticipò.   

 

- Tu preoccupati di tornare a casa. Non posso portarti con me.

 

- Dovrei lasciarti da solo in una simile situazione? Non ci penso nemmeno!

 

- Faccio già fatica a badare a me stesso, non posso permettermi altre distrazioni.

 

- Distrazioni? – ripeté la ragazza, e si fermò di colpo. Sembrava esserle venuto chissà quale lampo di genio.

 

- Cosa c’è?

 

- Distrazioni! – esclamò ancora, poi guardò Zarba – da cosa è attratto questo Orrore? Voglio dire, so che ognuno di loro ha una predilezione particolare per qualcosa… Ma a lui cosa piace?

 

- Alchemide sceglie le sue vittime in base al colore della pelle. Più essa è chiara, più diventa per lui un succulento spuntino.   

 

La ragazza rimuginò a lungo, poi ecco, la soluzione. Si batté un pugno in mezzo al palmo. – Perfetto! Allora portami da questo Alchemide ed io farò da esca.

 

- E’ fuori discussione! – tuonò immediatamente Kouga. Ma Kaoru era preparata ad una risposta del genere.

 

- Allora resterai bambino a vita. O forse preferisci che chiami Rei? Non ti rimane ancora molto tempo.

 

- La tua bella ha ragione, Kouga. – convenne l’anello guida – Se riesci a trovare l’Orrore, sarà comunque difficile attuare il piano che abbiamo stabilito per catturarlo.

 

- Di quale piano state parlando? – si intromise incuriosita la pittrice.

 

- Kouga in questo stato è evidente che non può trasformarsi in Garo, perciò spetterà a me annientare la creatura. Il Cane da Guardia mi ha bagnato con una speciale acqua che sgorga nel Makai. E’ un effetto temporaneo e avrò a disposizione un solo tentativo per eliminare l’Orrore. Ma per farlo ho bisogno che qualcuno mi lanci nelle sue fauci, in modo da poterlo distruggere dall’interno.

 

- Perciò, dovrei lasciare che quella creatura si avvicini a me il più possibile, giusto?

 

- Proprio per questo motivo ti vieto di fare una cosa simile. – rispose ancora una volta il giovane Saejima, e in fin dei conti aveva ragione. Di certo non poteva permettere che Kaoru corresse un simile rischio. Fissò l’anello magico con ostinazione – Ci penserò io a lanciarti nella sua bocca.

 

Zarba lo guardò con una certa perplessità. Sapeva già cosa dire. - Alchemide non si avvicinerà mai a te. E’ troppo astuto.

 

- Oltretutto non sei neppure il suo piatto preferito. – scherzò Kaoru, ma a quella battuta rise solamente il simpatico Madougu parlante.

 

Il Cavaliere Mistico non era affatto d’accordo, tuttavia senza dargli neanche il tempo di reagire, si vide sfilare via l’anello dal dito. – Cosa stai facendo? – borbottò, tentando di riprendersi il suo Zarba, ma ahimé, la statura minuta non glielo permetteva.

 

- Guidami da questa creatura. – disse la pittrice all’anello, e questi annuì.

 

 

 

La traversata non fu facile. Per paura di arrivare in ritardo, furono costretti a correre, poi arrivati sul posto l’ennesimo ostacolo impedì loro di proseguire.

- E adesso cosa si fa? – disse Kaoru, mentre osservava un muro di cinta che gli tagliava il passaggio. – Potremmo provare a fare il giro, ma di questo passo non arriveremo mai in tempo.

 

- Manca poco ormai. – confermò Zarba – Il tempo a nostra disposizione sta quasi per scadere.

 

Kouga pensò per un attimo, squadrò il muro con interesse poi trovò una soluzione. Avvicinandosi ai piedi della parete, si mise in posizione raccolta, poggiò le mani e le ginocchia al suolo.

- Sali. – disse, rivolto a Kaoru. Quest’ultima storse il naso.

 

- Ma io ora sono più pesante di te, lo hai forse dimenticato? Rischierei di schiacciarti.

 

- Salì! – ordinò per l’ennesima volta il signorino, e non avrebbe accettato un “no” come risposta.

 

Anche se titubante, l’artista fece esattamente ciò che le era stato chiesto, e così riuscì a raggiungere la cima del muro.

- Tutto ok? – chiese successivamente, mettendosi a cavalcioni sul tramezzo.

 

- Allungami una mano e tirami su. – Certo, la schiena gli faceva tremendamente male, ma Kouga non lo avrebbe mai ammesso di sua spontanea volontà. E poi non c’era tempo da perdere.

 

La mora si sporse e gli allungò l’arto. Alzandosi sulla punta dei piedi, Kouga cercò di afferrare la mano, ma proprio non riusciva ad arrivarci. Arrivò a sfiorarle le dita, dopodichè nulla più.

 

- Odio doverlo ribadire, ma siamo agli sgoccioli. – confermò ancora una volta Zarba, poi emise un sospiro.

 

Kaoru fu obbligata a prendere una decisione drastica.

- Tu aspettami qui, andrò da sola.

 

– Non pensarci nemmeno! – tuonò perentorio Kouga, con sguardo ostinato.

 

- Ma non c’è più tempo! E poi c’è Zarba qui con me. Non mi succederà niente.

Il giovane non fece neppure in tempo a dire la sua. La vide saltare giù dal muretto e scomparire dalla sua visuale.

 

- Torna indietro! – urlò, ma ormai non poteva più fermarla, e preso da uno scatto di rabbia improvvisa colpì quella parete con un pugno.

 

- Adesso, non vorrei infilare il dito nella piaga, ma… quando tutta questa storia sarà finita, e Kouga tornerà alla normalità, dubito che con te sarà clemente… - ipotizzò l’anello guida, e Kaoru sapeva benissimo che le parole di Zarba si sarebbero presto tramutate in realtà.

 

- Pensiamo prima di tutto a farla finire questa storia. – rispose con sempre più decisione.

 

- Concordo con te, e ho una buona notizia… Alchemide è nelle vicinanze.

 

La ragazza si mise subito sulla difensiva. – Dove?! – disse in preda all’agitazione. Ora aveva paura, il cuore prese a batterle velocemente, iniziarono perfino a sudarle le mani. Inoltre l’ambiente attorno a lei non la rassicurava per niente. Uno spiazzale circondato da un muro, la luce di un sole che ormai non era più lì iniziò a mancarle, il nulla assoluto. Era sola. Completamente.

 

- Kaoru – disse ad un tratto Zarba, non potendo fare a meno di parlare – se l’Orrore ti vedrà tremare in questo modo, non uscirà mai allo scoperto. Ricorda che se vogliamo prenderlo, deve sembrare una cosa naturale.

 

Resasi conto di ciò, cercò di essere più disinvolta. – Hai ragione – fece, non poteva fallire, doveva aiutare Kouga a tutti i costi, e quel forte desiderio le permise di avanzare con coraggio.

Si udì un fruscio, poi dal nulla una belva simile a un drago si materializzò proprio davanti al volto della giovane che nonostante il tremore mantenne un autocontrollo fenomenale.

 

L’essere la scrutava con ammirazione, divorandola con gli occhi. Le sfiorò la guancia con le dita di una mano gelida. – Che pelle bianca, appetitosa… - disse con voce roca, affamata. Kaoru fece appello a tutto il suo coraggio, aspettava il segnale di Zarba. - Penso proprio che ti mangerò subito! – Alchemide spalancò le fauci con un ruggito famelico, e fu proprio in quell’istante che la voce dell’anello guida finalmente si levò in aria.

 

- Ora!

 

Non se lo fece ripetere due volte, scagliò il Madougu dritto nella bocca di quell’Orrore e pregò affinché tutto ritornasse alla normalità.

Dalla pelle di Alchemide fuoriuscì un fumo sibilante. Si stava sciogliendo come acido, ma nonostante tutto, la creatura iniziò a dimenarsi come un cavallo imbizzarrito, fuori controllo.

- Cosa mi hai fatto…?! – riuscì a borbottare – Cosa mi sta succedendo?! – Avvertiva sempre più caldo, si sentiva sempre più debole, dolorante.

Kaoru indietreggiò con tremore, il cuore in petto sembrava batterle in gola, finché una luce dalla purezza immensa non fuoriuscì dalle fauci dell’essere ripugnante e pose così fine alla sua esistenza.

 

Aspettò che il fumo evaporasse del tutto, poi corse nel punto in cui l’Orrore era stato sconfitto.

Vide Zarba riverso al suolo, lo raccolse tra le mani. – Zarba?! – esclamò allarmata.

 

Il Madougu tossicchiò appena. Era esausto, ma stava bene. – Quella bestia aveva proprio un alito pestilenziale. – fece, schifato da cotanto olezzo.

L’artista sorrise, subito dopo guardò il muro che la divideva da Kouga. Il pensiero di essere arrivata troppo tardi la fece rabbrividire.

Si precipitò di corsa all’esterno, nel punto in cui lo aveva lasciato, ma una volta raggiunto il posto, non trovò nessuno ad aspettarla.

Iniziò a guardarsi intorno con fare irrequieto. – Kouga?! – chiamò, a voce alta, nella speranza di udire qualcosa.

 

- Sono qui. – finalmente rispose. La voce proveniva da dietro un angolo. Fece per andargli incontro, ma l’anello guida la fermò.

 

- Fossi in te eviterei di andare. Se il tuo intervento ha avuto successo, dubito che abbia ancora indosso gli stessi abiti.

 

Kaoru arrossì leggermente, e cadde vittima dell’imbarazzo.

 

- Quando mi hai lasciato qui, ti sei portata la borsa con gli indumenti di ricambio. – le fece notare il ragazzo, fu allora che ella si accorse di avere con sé la sacca con il cambio d’abito di Kouga. Lanciò il borsone in avanti, oltre la parete che faceva ad angolo.    

     

Il Cavaliere del Makai la raccolse, si rivestì e mentre Kaoru teneva lo sguardo rivolto verso il basso dopo poco uscì allo scoperto.

Vide l’ombra del ragazzo avvicinarsi a lei, sollevò il capo e ritrovò con enorme piacere il Kouga di un tempo, così come lo aveva conosciuto il giorno della sua prima mostra, nella galleria di Port City.  

 

- E’ tornato tutto alla normalità, no? – fece Zarba piuttosto compiaciuto.

 

Kaoru gli sorrise con gentilezza. – Già. E’ andato tutto bene.

 

- Per fortuna. – puntualizzò Kouga, ostentando un tono della voce aspro e pungente.

 

– So che ho agito in maniera avventata, ma non avevo altra scelta, non c’era più tempo. – disse cercando di trovare una giustificazione.

 

- Ti avevo chiesto esplicitamente di tornare a casa, ma tu hai fatto di testa tua.

 

- Questo lo so bene, ma cerca di ragionare…

 

- Sei tu quella che non ragiona. – replicò severamente Kouga, tant’è che la ragazza serrò per un attimo le palpebre. – Hai rischiato grosso, spero che tu te ne renda conto.

 

- So anche questo, però io ero l’unica in grado di poterti aiutare. Tu al mio posto avresti fatto lo stesso. – lo guardò dritto negli occhi, Kouga distolse lo sguardo forse perché sapeva che in quelle parole c’era qualcosa di vero, tuttavia non poté ugualmente trattenersi.

 

- Promettimi che non lo rifarai più. Non devi mai avvicinarti ad un Orrore se non sei in grado di poterlo combattere.

 

Kaoru questo lo sapeva benissimo, annuì per fargli piacere, tuttavia sapeva anche che avrebbe fatto il possibile pur di aiutarlo, in qualsiasi situazione.

Sempre e comunque.

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

Erano le 2 di notte, ma la figlia del pittore Yuuji non voleva proprio saperne di dormire. Kouga aveva di nuovo quell’espressione stampata sul viso assopito. Un’espressione giudicata da lei stessa dolce e innocente. Non poteva proprio farne a meno di fissarlo silenziosamente mentre se ne stava rannicchiata lì accanto, a sole due dita di stanza da lui.

Abituata a vederlo sempre con quel viso così accigliato, inflessibile, se solamente ne avesse avuto l’opportunità, di sicuro avrebbe fermato lo scorrere del tempo.

Ma in effetti c’era un altro modo per imprimere un attimo così prezioso e farlo durare nel tempo. Certo, si trattava di un metodo forse un po’ fuori dal comune, vista l’ora, ma affatto impossibile.

Mentre rifletteva sulla fattibilità della cosa, di punto in bianco prese una decisione repentina. Sì, doveva fargli un ritratto. E subito.

Si alzò in punta di piedi dal letto, fece attenzione alle molle del materasso e a quel cigolio che avrebbe potuto svegliare il giovane, e come un gatto che in punta di piedi si rialza e si allontana, fuggì furtivamente verso il fondo della camera.

Il blocco da disegno era lì, poggiato sul ripiano del cassettone. Silenziosamente lo raccolse, prese matita e gomma e ritornò sui suoi passi.

La stanza era immersa nel buio, e non poteva accendere la luce. Kouga si sarebbe di colpo svegliato. Fortuna che il letto si trovava poco sotto il grande finestrone. Lei dormiva proprio nel lato accostato al muro, accanto alla finestra. La luce della luna si rifletteva sulle lenzuola bianche, si sedette con molta attenzione, aprì il blocco ed agguantò la matita. Aveva così tanta voglia di disegnare quel volto, che senza rendersene conto e con una leggerezza che mai aveva posseduto prima d’ora, la matita su quel foglio le parve di volare.

Di tanto in tanto gettava uno sguardo al ragazzo che dormiva profondamente, e poi ne riprendeva i lineamenti. Intorno a lei c’era un silenzio surreale, una calma che le permetteva di lavorare con estrema tranquillità. Proprio un ambiente ideale, pensò compiaciuta. E non aveva affatto sonno, anzi. Non vedeva l’ora di finire quel ritratto per poterlo portare sempre con sé.

Certo che Kouga, quando dormiva, assumeva un’espressione incredibilmente buffa!

Le piaceva la tenerezza di quel viso che non era costretto a mantenere di proposito un’espressione seria. Quando dormiva lui si lasciava completamente andare, e diventava un altro. Sembrava in tutto e per tutto un innocente bambino.

 

Finalmente lo aveva completato. Il ritratto era pronto, e Kaoru non riusciva a credere ai suoi occhi. Aveva fatto proprio un ottimo lavoro, e di questo ne fu sorpresa. Forse era stata l’atmosfera magica di quel momento a renderle le cose più semplici.

Kouga non si era smosso di un millimetro. Era rimasto così, con la linea delle sopracciglia ben distesa, la curva della bocca serena, i lineamenti del viso addolciti.

Mentre lo guardava si rese conto che al suo ritratto mancava ancora qualcosa. Solo un paio di ciuffi sparsi qua e la che ricadevano sulle palpebre. Allungò una mano nel punto in cui aveva appoggiato la matita, ma si accorse che non era più lì. Forse l’aveva per puro caso spinta sotto le lenzuola.

Iniziò a frugare facendo assai attenzione a non urtare Kouga accidentalmente. Il panico le venne però quando vide che la matita era scivolata proprio accanto al suo viso. Si avvicinò e tentò di prenderla molto lentamente, le dita le tremavano, ma proprio quando finalmente era riuscita ad afferrarla, Kouga riaprì di scatto gli occhi.

Intontito dal sonno, vide Kaoru che sorrideva in modo incomprensibile.

Gettò distrattamente uno sguardo alla sveglietta che teneva accanto al comodino, ma a dire il vero si vedeva chiaramente che al sorgere del sole mancava ancora molto tempo. 

- Cosa stai facendo? – chiese con la voce ancora impastata dal sonno.

 

Lei tentò di occultare il ritratto infilandolo semplicemente sotto al cuscino, ma Kouga aveva visto ugualmente l’inconsulto gesto. Tuttavia non fece domande. Forse era troppo stanco a causa della faticosa giornata che aveva trascorso e di tutto ciò che gli era accaduto. Sospirò, dopodichè riappoggiò la testa sul cuscino ma fece soltanto finta di essersi riaddormentato.

Kaoru ci cascò in pieno, riprese il blocco con sé, e fu solo a quel punto che lui, continuando a tenere gli occhi chiusi, disse: - Non restare alzata tutta la notte.

 

L’artista ebbe un sussulto, poi in seguito annuì. E quando alla fine lui cadde per davvero in un sonno profondo, l’espressione innocente ritornò su quel viso.

Kaoru lo guardò, sorrise con dolcezza e non poté fare a meno di pensare che quello che aveva accanto a sé fosse proprio un tenero angioletto. 

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

- Rei, hai saputo la novità?- disse Silva, attirando l’attenzione del suo giovane proprietario intento a leggere un libro.

 

Era notte inoltrata, spostò lo sguardo da quelle pagine per guardare il Madougu. – No, ma sono tutto orecchi.

 

- Oggi Kouga è stato trasformato in un bambino da un Orrore.

 

Quella scoperta inaspettata gli fece sgranare gli occhi. – Che cosa? – strepitò, quasi sul punto di cascare dal bordo del letto. 

 

- Comunque, la situazione si è risolta. Tutto è tornato alla normalità.

 

- Poteva almeno chiamarmi. – brontolò, facendo la parte del risentito.

 

- Forse avrà avuto vergogna. Sicuramente nel vederlo in quello stato tu gli avresti riso in faccia.

 

- Non lo avrei fatto, questo è certo.

 

- E invece sì, ti conosco troppo bene.

 

Rei tacque, cercò di non pensare ad un possibile Kouga ridotto in miniatura, ma nell’immaginarsi la scena fu travolto da un’incontenibile voglia di ridere. Cercò di resistere, solo per non dare a Silva la giusta soddisfazione, però fu per lui una partita persa. E quando spalancò la bocca ed iniziò a ridere fragorosamente, la sua cara e tanto preziosa guida, guardandolo con soddisfazione esclamò: -Visto? Te lo avevo detto!  

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Sono riuscita miracolosamente ad aggiornare rispettando la scadenza…! Avevo già corretto il capitolo la settimana scorsa quindi non ho avuto problemi, spero di riuscire a mantenere lo stesso ritmo anche con gli altri.

 

 

 

Per Iloveworld: Certo, si troveranno più che bene, già da questo capitolo si capisce qualcosina, e poi chi non vorrebbe dormire al fianco di un Kouga che quando riposa sembra un tenero bambino? ^_^  Ahahah che la Zanna d’Oro sia con te!! XD Mi ricorda Star Wars…! Bella questa!!!

 

Per DANYDHALIA: Ma certo, sarebbe grandioso poter commentare insieme la seconda serie di Garo!! Ti informo che l’uscita del primo dvd è prevista per il 02/02/2012 ovviamente in Giappone. Già non vedo l’ora… e a dirla tutta non mi sembra neppure vero. Riflettendoci su questo è proprio un sogno che si avvera!

 

 

 

Abbracci tutti per voi e a presto!!!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

La casa dei Miura, famiglia ricca e facoltosa cerca inservienti. Circolano però strane voci su quella villa enorme ma all’apparenza normale. Il maniero sembrerebbe essere infestato dai fantasmi, e per una serie di alquanto bizzarre circostanze spetterà a Kouga cercare di risolvere il mistero con l’intervento di Kaoru che cercherà a tutti i costi di dargli una mano pur andando contro il volere del ragazzo.

Prossimo episodio: #25 Fantasmi – parte 1

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Capitolo 26
*** #25 Fantasmi - parte 1 ***


- Hai l’aria stanca questa mattina

                              Fantasmi – parte 1 

                                          #25

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

- Hai l’aria stanca questa mattina. – gli fece notare Zarba, mentre lo osservava di sottecchi nel bel mezzo della via. – Non hai dormito bene? – chiese, ma la risposta non arrivò subito.

 

Con accidia Kouga provò quasi la necessità di emettere un lauto sbadiglio, tuttavia pur di mantenere il suo solito contegno si trattenne. 

- No. – rispose finalmente, e il timbro della voce non sapeva proprio di buono. Anch’esso tendeva verso il basso, a cadere sfinito da una stanchezza pesante e fastidiosa. Svegliarsi la mattina e sentirsi già fiacchi non era proprio il massimo.

 

- Eppure ieri non mi sembra che tu abbia fatto le ore piccole… - disse il Madougu con una certa perplessità – Adesso che mi ci fai pensare, è da quando Kaoru si è trasferita in camera tua che ti vedo sempre così assonnato. Non avrà ricominciato a parlare nel sonno, spero! – fece, ripensando a quella famosa notte passata nel Kantai insieme ai due umani. Il pulcino spennacchiato non gli aveva fatto chiudere occhio, constatò amaramente, rivolgendo un pensiero a quel ricordo.

 

Kouga sembrava avere annuito con fiacchezza alla domanda dell’anello, e sempre con più accidia aggiunse: - Oltre a parlare, non sta ferma un secondo.

 

Zarba scoppiò di proposito a ridere. – Questa è veramente bella! E non ti biasimo affatto. Non è facile dividere la metà di un letto con un terremoto vivente. Fortuna che io ho la mia teca di legno del tutto insonorizzata, in aggiunta non devo dividerla con nessuno. Scommetto che adesso vorresti fare a cambio, dico bene? – scherzò con lauta ironia, ma proprio come c’era da aspettarselo Kouga non rispose.

Anche perché in quell’attimo c’era ben altro a cui pensare. Doveva occuparsi del suo lavoro, come sempre. E da quella Lettera di Missione che gli era stata recapitata, non aveva ricavato granché.

 

- Cosa vuol dire “Vive accogliendo la vita dentro se”?

 

- Stai ancora pensando a quella frase? – gli rispose l’anello guida, a tratti un po’ scocciato – Anche se non ti farà molto piacere, per l’ennesima volta sarò costretto a ripeterti che accanirsi troppo su ciò che c’è scritto nelle Lettere di Missione a volte può condurre fuori strada.

 

- In ogni caso, si tratta di un messaggio dal significato inconsueto. Nessun Orrore può accogliere dentro se stesso una forma di vita.

 

- Ti riferisci al fatto che quelle creature sono capaci di seminare solo morte?

 

Kouga annuì. - E’ un paradosso.

 

Zarba si mise pensieroso. – Sì, concordo con te, ma quella frase chiunque potrebbe interpretarla in chissà quanti modi. Tuttavia, come ti ha appena spiegato il Cane da Guardia, dovresti iniziare le tue ricerche proprio partendo dal territorio che ti è stato menzionato.

 

- Tu percepisci qualcosa di anomalo?

 

- A dire il vero no. Però sappiamo che si trova da queste parti. Il quartiere non è molto grande, c’è poca gente. Non ti sarà difficile individuarlo.

 

Kouga si fece silenzioso, e mentre camminava con andatura lenta tra le varie stradine di quella zona presidiata per lo più da enormi case residenziali e splendide ville, cercava di fare del suo meglio per risolvere alla svelta quello strano caso.

Anche perché non vedeva l’ora di tornare a casa e recuperare finalmente il sonno perduto.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Kaoru fissava con lo sguardo perso nel vuoto il posto vacante d’innanzi a sé.

Era da un po’ che Ikuo non veniva più alle lezioni di disegno. Mancava ormai da diverse settimane, dal giorno in cui lì su quel ponte sospeso tra cielo e terra si era scontrato pesantemente con Kouga.

Forse gli era capitato qualcosa, o più semplicemente non gli andava di incontrare Kaoru per solo imbarazzo. Si era dichiarato a lei ricevendo un rifiuto, perciò era comprensibile.

Finita la lezione, raccolse le sue cose e uscì dall’aula. Mancava poco all’ora di pranzo, e Gonza le aveva promesso che le avrebbe cucinato una delle sue memorabili specialità quel giorno.

Raggiunse l’esterno, ma quando svoltò l’angolo andò a sbattere contro qualcuno.

I libri che aveva tra le mani le volarono a terra, si inginocchiò per prenderli e quando vide che la persona contro cui era andata a scontrarsi aveva un nome ed un cognome ben preciso, provò una forma di scossa.

 

- I-Ikuo…- biascicò, mentre il giovane con estrema gentilezza le finì di raccogliere il resto dei libri. – Grazie – rispose, ma vide subito che l’amico cercava di mantenersi sulla difensiva. Capì che doveva dirgli qualcosa, e dopo un primo tentennamento si fece avanti – E’ da un po’ che non vieni al corso. E’ forse successo qualcosa? – chiese con tono quasi timoroso, l’altro si limitò solo ad oscillare il capo, segno che no, non era successo niente, era tutto ok, nella norma. Lei sollevata tirò un sospiro - Menomale, sai, stavo iniziando a preoccuparmi.

 

- E invece non credo che dovresti farlo. Il tuo ragazzo potrebbe arrabbiarsi, e non ho nessuna intenzione di litigare ancora con lui. – replicò seduta stante, ma lo fece con estrema freddezza.

 

Ormai era più che evidente: Ikuo non era più lo stesso. Trattava Kaoru quasi come se fosse un’estranea, quasi non volesse più avere a che fare con lei.

 

Quella risposta la mise a disagio. Non sapeva se tirare in ballo quel tanto fatidico argomento, oppure tacere. Però in qualche modo doveva tentare perlomeno di aggiustare le cose, di rimettere ordine nell’intera faccenda.

Spostò leggermente gli occhi verso il basso, schiuse la bocca – Riguardo a quella sera… - premise con una cadenza incerta, ma non appena riprese fiato lui la bloccò con una risposta secca.

 

- Non mi interessa. Ormai è storia vecchia.

 

- Però non vorrei che per colpa di quanto successo ci andasse di mezzo la nostra amicizia.

 

- Ma tu non hai fatto nulla, non c’e l’ho con te. Sto solo dicendo che io e il tuo ragazzo vediamo le cose in maniera differente, e se lui mi reputa un tipo poco raccomandabile, forse dovresti seguire il suo consiglio e tenermi alla larga. – Ikuo si stava certamente riferendo al fatto che Kouga, dopo essersi introdotto con una certa irruenza in casa sua e scontrato con il padre, lo ritenesse un pericolo, un soggetto da evitare ad ogni costo.

 

Cosa poteva aggiungere Kaoru a quel punto? Ricordava perfettamente la faccenda, e sapeva oltretutto che Kouga non sarebbe stato molto propenso ad accettare il ritorno del giovane Shiota.

- Capisco. – disse soltanto, e mogia chinò il capo. Tuttavia di quella situazione non ne andava particolarmente fiera.

 

L’amico gettò uno sguardo all’orologio. Sembrava avere una certa fretta. – Adesso devo andare. Sto cercando un lavoro part-time, e non posso trattenermi oltre.

 

- Hai già controllato sulla bacheca degli annunci appesa qui fuori? – fece, indicando un grosso riquadro agganciato sul muro lì accanto. – Se non sbaglio cercano giovani camerieri disposti ad occuparsi di un’enorme villa.

 

- Vuoi scherzare?!replicò inorridito il ragazzo, ed un lungo brivido freddo gli solcò la schiena. – Lo sanno tutti che quella casa è infestata.

 

- Infestata? – Kaoru non aveva capito, così specificò – Da topi?

 

L’altro dopo un primo momento di indecisione, scosse con risolutezza il capo. – Fantasmi. E’ una casa infestata dai fantasmi!

 

Stavolta fu la giovane Mitsuki a rabbrividire. – Fantasmi?! Ma… - riuscì solo a dire, era troppo spaventata anche solo per infilare una parola dietro l’altra.

E pensare che spesso, quando non le andava di ritornare a casa mediante la stradina più lunga, quella che passava per il centro della città, decideva di percorrere il sentiero secondario, esattamente quello in cui si trovava il presunto maniero infestato.

Chissà quante volte, anche nelle ore più tarde e buie, l’aveva vista da lontano. E chissà quante altre volte ancora c’era persino passata spensieratamente accanto.

 

E mentre lei ripensava terrificata a tutto ciò, Ikuo andò via. A dire il vero le aveva anche detto “ciao”, ma presa dalla sua fervida immaginazione, Kaoru non l’aveva sentito.

Poi iniziò a pensare che se avrebbe voluto mangiare le prelibate pietanze cucinate da Gonza alla svelta, si sarebbe dovuta servire proprio di quella famosa stradina. Ma visto quanto appena scoperto, dubito che lo avrebbe fatto.

Pur di non incappare in un fantasma dispettoso, il suo gorgogliante stomaco poteva anche aspettare.

 

 

 

 

 

                                                                              ***

 

 

 

 

 

- Non può essere… - disse ad un tratto Zarba, poi sembrò sorridere – Questa è veramente bella!

 

Kouga lo guardò alla svelta con fare stranito. – Mi avevi detto che quell’Orrore si trovava qui. Ti sei confuso?

 

- Niente affatto. E’ proprio qui. – rispose con certezza il Madougu, ma Kouga continuava a non capire e a guardarsi attorno con aria spaesata. In quel posto non c’era nessuno, solo una casa enorme. A giudicare dalle dimensioni, i proprietari dovevano essere molto ricchi. Per certi versi poteva assomigliare anche alla residenza dei Saejima.

 

- Vuoi dire che si trova in questa casa?

 

L’anello parlante socchiuse gli occhi. – Non in questa casa, bensì la casa stessa.

 

Il ragazzo si sentì colto praticamente alla sprovvista. – La casa? – ripeté, quasi scettico – Spiegati meglio.

 

- L’Orrore si è impossessato di questa casa. Probabilmente il terreno sulla quale è stata costruita, doveva essere l’antica dimora di qualche vecchia entità demoniaca. Credo che nel momento in cui hanno iniziato ad edificare, l’essenza del mostro si sia unita alle fondamenta di questo maniero finché non è diventato un tutt’uno con l’intera struttura. – Quando Zarba ebbe finito, Kouga iniziò a collegare svariati fattori.

 

- “Vive accogliendo la vita dentro se”… - pensò a voce alta. Aveva scoperto il significato sibillino di quella frase che fin dall’inizio gli era parsa troppo inconsueta.

 

- Una casa come questa accoglierà un sacco di persone, quindi vite umane. – precisò Zarba.

 

- Questa villa avrà più di cinquant’anni. Perché l’Orrore ha aspettato tutto questo tempo per uscire allo scoperto?

 

Il Madougu non sapeva bene cosa rispondere, ma un dubbio lo spingeva a credere ad un’unica supposizione.- Potrebbe avere a che fare con te, scommetto che sarà stato risvegliato da quella stessa persona che non fa che crearti problemi. Tuttavia, il vero dilemma ora riguarda come stanare la creatura.

 

Il giovane Saejima si mise pensieroso. In effetti, mai prima d’ora si era ritrovato a dover combattere con un’enorme… casa.  

 

- Dovrò distruggerlo dall’interno?

 

L’anello annuì. – Ma prima ancora dovrai trovare il punto esatto in cui colpire. Ci saranno almeno una cinquantina di stanze presidiate da inservienti, custodi addetti alla sicurezza, senza contare gli inquilini che ci abitano. Eludere la servitù non sarà per niente facile, e non puoi nemmeno bussare alla loro porta e dire che l’intera casa va esorcizzata, o nel peggiore dei casi, rasa al suolo. – Le parole di Zarba non erano di certo confortanti.

 

- Così non mi aiuti per niente. – sbottò seccato il giovane Cavaliere.

 

Zarba fece metaforicamente spallucce. – Guarda che questa situazione è nuova anche per me. Ad ogni modo, se proprio vuoi un consiglio, faresti meglio a tornare a casa. Hai bisogno di dormire, non puoi pretendere di affrontare una simile situazione nello stato in cui ti trovi adesso.

 

Per una volta tanto, Kouga si trovò d’accordo con il proprio Madougu.

Oltretutto, da lì la casa di sicuro non si sarebbe spostata.

 

 

 

 

 

                                                                              ***

 

 

 

 

 

Gonza spalancò il portone del palazzo ed accolse Kaoru con un inchino cortese.

 

- Avete fatto tardi signorina? – le chiese, mentre lei appoggiava la sua saccoccia marrone sulla sedia.

 

- Per una serie di circostanze sono stata costretta a fare un giro più lungo. – rispose fiacca, e anche un pochino arrabbiata. Per colpa di quella storia legata alla casa infestata ci aveva messo più del solito a rientrare, e ora aveva terribilmente fame. Lo stomaco brontolava a gran voce, così forte che persino Gonza riuscì a udire il bizzarro suono.  

 

Sorrise bonariamente. - Il pranzo è pronto. Ho già preparato tutto ed apparecchiato.

 

- Finalmente si mangia! – esclamò Kaoru, dopodichè corse subito a lavarsi le mani prima di raggiungere la spaziosa sala da pranzo situata a pian terreno.

Entrò e si sedette al suo posto. Prima ancora di farlo iniziò a guardarsi intorno. Mancava qualcuno lì. – Kouga non è ancora rientrato? – domandò, nel momento in cui il buon maggiordomo le mise lo squisito pranzetto davanti a sé.

 

- A dire il vero, è rientrato un’ora prima di voi, ma non ha pranzato.

 

- Non ha pranzato? Si sente male per caso?

 

- Mi ha solo detto che aveva bisogno di riposare. Si è addormentato sulla poltroncina che c’è nello studio.

 

- Forse avrà avuto una giornata difficile. – ipotizzò la giovane artista. L’odore del buon piatto le attraversò le narici aprendole lo stomaco. Prese la forchetta e diede il primo assaggio. Una luce particolare attraversò con un guizzo lampante i suoi occhi. – E’ buonissimo! Lei è davvero un ottimo cuoco!

 

Il maggiordomo arrossì tutto fiero di sé. – Modestamente, cucinare mi riesce proprio bene.

 

- Allora dovrà passarmi la ricetta di questo piatto. Magari uno di questi giorni proverò a farlo anch’io! In Italia ho imparato talmente tante cose che mi piacerebbe metterle in pratica.

 

Gonza deglutì con un’espressione sul viso lievemente agitata. – Certo, senz’altro. – rispose, ma giusto per compiacerla. Quando Kaoru si metteva ai fornelli, nella più tragica delle ipotesi andava a fuoco l’intera cucina, e quando ciò non accadeva, colui che assaggiava un dei suoi “esperimenti” culinari, finiva dritto in ospedale.

 

 

 

Mandò giù l’ultimo sorso d’acqua e si tamponò la bocca con un lembo del tovagliolo.

- Adesso mi sento più felice! – dichiarò, dopo aver consumato il pasto. Si alzò dalla sedia stiracchiandosi le braccia, poi prese con sé due piatti sporchi. – La aiuto a sparecchiare! – disse rivolta al maggiordomo, ma questi con estrema gentilezza scosse il capo.

 

- Non si preoccupi signorina, questo è compito mio. Vada pure a riposare. Una ragazza come lei che studia e allo stesso tempo lavora, deve prendersi una pausa! – Gonza poggiò i piatti sul carrellino per il pranzo, poi tolse con cura la tovaglia e la ripiegò su sé stessa.

 

In quell’attimo Kaoru si ricordò di Kouga. Forse stava ancora dormendo nel suo studio, ma lei moriva dalla voglia di andare lì solo per vederlo.

- Pensa che Kouga stia dormendo ancora? – chiese, probabilmente era in cerca di qualcuno che la incoraggiasse ad andare.

 

Gonza capì con estrema facilità, e così rispose: - Perché non va a controllare? Anche se sta riposando, scommetto che al suo risveglio gli farà piacere trovarla lì.

 

Kaoru sorrise con vigore. – Ci vado subito allora!

 

Scappò, anche se in punta di piedi nello studio. Fece attenzione a non spalancare la porta con estrema violenza, e girò il pomello piano piano.

Kouga stava dormendo sulla sua poltrona, con il capo abbassato e le palpebre degli occhi ben serrate.

Si avvicinò a lui con fare silenzioso, alle sue spalle, poggiata sulla sedia c’era una coperta di calda lana. La raccolse, fuori faceva piuttosto freddo, e lo coprì con estrema cura.

 

- La coperta. – disse ad un tratto una voce. Kaoru sobbalzò, poi si rese conto che quella voce apparteneva a Zarba. – Saresti così gentile da togliermi questa coperta dalla faccia? – chiese educatamente, finché non rivide la luce.

 

- Scusami. – mormorò lei, non avendolo fatto di proposito, poi parlando a voce bassa aggiunse – Spero di non averti svegliato.  

 

- Non stavo riposando. A differenza di Kouga io la notte riposo serenamente.

 

- Cosa vuol dire “ a differenza di Kouga”? Non mi sembra che lui soffra di insonnia… - rispose perplessa l’umana.

 

- Diciamo che la sua è un tipo di insonnia particolare… Dovuta non a qualcosa, bensì  a qualcuno. – Le parole di Zarba avevano qualcosa di strano. Suonavano in un modo particolare, quasi ironico ma pungente al tempo stesso.

 

Kaoru si puntò subito un dito in faccia. – Io? – fece, l’espressione del suo viso mutò in un lampo. Adesso era allibita. – Ma io non…

 

- A detta di Kouga, non solo chiacchieri, ma ti agiti come una trottola fuori controllo. – le riferì il Madougu, e con estrema calma aggiunse – Ieri notte gli hai persino tirato un pugno nello stomaco.

 

Kaoru sgranò gli occhi colta da un stupore istantaneo. Divenne subito rossa in viso, poi iniziò ad agitarsi. – Ma è assurdo! – disse alzando inconsapevolmente la voce. Si portò entrambe le mani sulla bocca, ma ormai il danno era già fatto.

 

Ancora intontito, Kouga riaprì del tutto gli occhi. - Che cosa stai facendo qui?

 

- Gonza mi ha detto che ti sentivi stanco, e sono passata a controllare. – rispose in un primo momento, ma la voglia di continuare l’avvinse – E’ vero che ieri notte ti ho tirato un pugno? - Lui guardò immediatamente Zarba. Lo fulminò con un’occhiata. – E’ vero? – ripeté ancora, con un’aria inquieta. Doveva sapere, e quando egli annuì, provò una terribile vergogna.  Perché non me lo hai detto?

 

- Perché non sarebbe servito a nulla. Non lo fai di proposito, e quando dormi non puoi controllarti.

 

- Invece per colpa mia non riesci a riposare bene. – disse quasi arrabbiata – In questo modo ne risente anche il tuo lavoro.

La parola “lavoro” fece improvvisamente ricordare a Kouga che aveva un compito piuttosto complicato da portare a termine.

Si rimise in piedi, dopodichè raggiunse uno scaffale ricolmo di antichi manoscritti.

Tra i tanti ne prese uno. – E’ questo? – disse rivolto a Zarba, ma l’anello dissentì.

 

- E’ quello là in basso, con la copertina rossa.

 

L’umano si fletté per prendere l’appena indicato libro e cominciò a sfogliarlo.

 

Kaoru osservava con attenzione la scena, gli si avvicinò e provò a gettare anch’ella un’occhiata.

- Stai lavorando ad un nuovo caso?

 

A quella domanda rispose Zarba. – E anche piuttosto difficile.

 

- Qui dice che il suo nucleo dovrebbe trovarsi nel piano più vicino alle fondamenta, ma talvolta può stabilirsi in un luogo presidiato da sorgenti di calore, elettricità o zone umide. – disse Kouga, poi sospirò con accidia – In pratica potrebbe trovarsi ovunque.

 

Zarba si mise pensieroso. – E’ proprio un bel problema. Ti ci vorrà del tempo prima che tu riesca a stanarlo, a meno che tu non abbia una buona dose di fortuna.

 

Sempre più incuriosita da tutto ciò, Kaoru provò a chiedere: - Con che tipo di Orrore avete a che fare questa volta?

 

- Con una casa. – rispose il giovane.

 

- Con una casa? – ripeté confusa l’artista.

 

Il Madougu parlante si apprestò a spiegarle meglio la situazione. – Si tratta di una creatura che si è fusa con un’intera abitazione che per nostra sfortuna non è affatto disabitata. Il problema maggiore in questo caso riguarda le persone che abitano lì dentro. Tra servitù e padroni di casa, trovare il nucleo senza creare confusione non sarà per niente semplice. Inoltre, abbiamo scoperto che i proprietari dell’enorme tenuta, la famiglia Miura, sono una delle famiglie più restie e facoltose del quartiere.

 

- Miura? – ripeté Kaoru, pensando che si trattasse solo di un banale caso d’omonimia, ma per togliersi un peso, volle chiarire ogni suo dubbio con una domanda precisa – In che quartiere si trova questa casa?

 

- Non molto distante dall’edificio scolastico dove prendi lezioni di disegno.

 

Kaoru ebbe quasi un mancamento, il suo viso divenne paonazzo, tant’è che sia Kouga sia Zarba presero a fissarla con aria stordita.

- Qualcosa non va? – le chiese il ragazzo, e lei senza neppure pensarci due volte replicò secca:

 

- E’ la casa infestata!

 

Inizialmente lui non capì. Infestata da cosa? Così chiese: – Da topi?

 

- Da fantasmi!

 

Kouga e Zarba si guardarono reciprocamente in faccia. Kaoru non sembrava avere la febbre, tuttavia pensarono che stesse delirando.

- Non esistono i fantasmi. – rispose seccato il ragazzo, mentre ritornava sulle pagine di quel libro.

Ma lei era pienamente convinta del contrario.

 

- E invece sì! In quella casa ci sono.

 

- Di quale casa stai parlando?

 

- Quella dei Miura, ovvio.

 

- E tu come fai a saperlo?

 

- Fino a questa mattina neppure io lo sapevo, poi ho incontrato Ikuo che… - si trattenne le parole in gola seduta stante, ma ormai non c’era più nulla da fare, l’errore era stato commesso, e quel nome udito perfettamente da Kouga. La investì con un’occhiata gelida, Kaoru deglutì e tentò di giustificarsi raccontando la verità dei fatti – L’ho incontrato questa mattina, è da molto che non frequenta più le lezioni, così mi sono fermata a parlare con lui. – spiegò, ma per qualche strana ragione l’espressione accigliata di Kouga non accennava a diminuire. In quel preciso istante la figlia di Yuuji capì che doveva prendere in mano un argomento che di sicuro a lui non avrebbe fatto piacere ascoltare – So che quel ragazzo non ti piace, mi hai spiegato tutto, ma Ikuo non mi sembra una cattiva persona, e se devo essere sincera, la sera in cui vi siete scontrati, nessuno dei due aveva più colpe dell’altro. Avete esagerato entrambi, senza riflettere su ciò che stavate facendo.

 

- Non ho tempo per parlare di questo. – rispose bruscamente il ragazzo. Lei abbassò gli occhi con profondo dispiacere, sapeva che non avrebbe mai potuto fargli cambiare idea, doveva essere lui di sua spontanea volontà a farlo.

 

- Ad ogni modo – premise la mora, voltando pagina – se quello che dite è vero, i fantasmi non centrano nulla, giusto?

 

- E’ facile scambiare un fantasma con un Orrore, semplicemente perché gli esseri umani non sono a conoscenza di questi ultimi. – precisò Zarba, ed il suo ragionamento filava alla perfezione. – Il problema che ci affligge però resta sempre lo stesso.

 

- Entrare in quella casa. – ripeté quasi esausto Kouga. A furia di pensare ormai non sapeva più che fare. Restava solo un’unica soluzione: Irrompere nell’abitazione senza chiedere il permesso a nessuno, e distruggere la creatura. Insieme alla casa, ovvio.  

 

Ad un tratto Kaoru si mise pensierosa. – Servitù… - pensò a voce alta – Cercasi servitù… - ripeté ancora, poi all’improvviso si batté un pugno sul palmo della mano – Ma certo…! Ho trovato la soluzione! - Kouga le lanciò un’occhiata fiacca. - Sulla bacheca appesa davanti all’istituto scolastico, c’era un annuncio in cui la famiglia Miura cercava dipendenti disposti ad occuparsi della loro residenza.

 

Il signorino storse il naso. - E con ciò?

 

Incrociandosi con fierezza le braccia al petto la ragazza fece un enorme sorriso. – Hai qui davanti a te la futura cameriera di villa Miura!

 

A giudicare dal viso alquanto turbato del giovane signorino, la soluzione adottata dalla sua ragazza non gli andava particolarmente a genio.

- Non pensarci nemmeno. – Più che particolarmente, non gli andava affatto a genio.

 

- Ma ragiona…!

 

- Ah! – s’immise come al solito Zarba, non potendo fare a meno di tacere – L’ultima volta che hai pronunciato questa frase, un Orrore stava quasi per divorarti. – fece, riferito chiaramente agli avvenimenti di qualche sera addietro, quelli legati alla creatura che aveva fatto tornare Kouga bambino.

 

Il ragazzo le gettò un’occhiata tutt’altra che benevola. - Non mi avevi parlato di questo.

 

- Era solo un dettaglio.

 

- Un dettaglio piuttosto importante. – rettificò subito il Cavaliere del Makai, senza darle più nessuna via di fuga.

 

- Resta il fatto che a voi serve qualcuno in grado di introdursi in quella casa e che abbia libero accesso ad ogni stanza. E se mi faccio assumere da loro come cameriera, avrò campo libero. – il ragionamento di Kaoru non faceva una piega, anche Zarba sembrava in un certo senso concordare, ma quello con più dubbi restava Kouga.

 

- E cosa pensi di fare una volta che sarai entrata? – le chiese, pur continuando a non vedere di buon occhio l’intera situazione.

 

- Semplice, in quanto cameriera, nessuno sospetterà di me, e con la scusa di aggirarmi per le stanze del palazzo, mi metterò a cercare l’Orrore. Non ci vorrà molto, al massimo mezza giornata, e una volta trovato ti avviserò subito, così potrai eliminarlo. – Kaoru sorrise fiera di stessa e del piano che aveva ideato. Quello a non essere contento, senza ombra di dubbio, era Kouga.

 

Rimise il libro dove lo aveva raccolto, e con estrema calma rispose: - Non farai nulla di tutto ciò.

 

- Ma... perché?

 

- Primo- antepose – è troppo rischioso. E secondo – si avviò a concludere – hai promesso che non ti saresti più intromessa in questo tipo di faccende. – la guardò dritta negli occhi come a dire “te lo sei forse dimenticato?”.

 

Kaoru si ricordò della promessa fatta, e sentendosi a disagio volse altrove lo sguardo. La curva delle sue labbra si piegò verso il basso.

Il signorino lasciò lo studio poco dopo. Non c’era bisogno di aggiungere dell’altro. Per lui quello era un discorso già chiuso.

Non gli avrebbe mai permesso di andare. A meno che, con un abile stratagemma, lei non avesse fatto di testa sua, s’intende.

 

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                            

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Oggi pensavo di non riuscire ad aggiornare a causa del lavoro, ma invece ho finito prima, il capitolo era già bello e corretto, mi è bastato solo gettargli una rapida occhiata, l’ho riletto una sola volta e non più e più volte come faccio di solito, e poi via con la pubblicazione! 

 

 

 

Per DANYDHALIA: Non scusarti di nulla, e anzi, io lo dico sempre a tutti, recensite quando potete e soprattutto leggete quando volete, perché le storie si leggono meglio nei momenti di tranquillità assoluta o quando ne sentite la necessità! 

 

Per Iloveworld: Un sito? Mmh… a parte quello ufficiale che però è tutto in lingua giapponese, prova a cercare su googleGaro Makaisenki”, ovvero il titolo della seconda serie, sicuramente ti uscirà qualcosa. Se vuoi vedere gli episodi, invece, vai su youtube perché ci dovrebbero essere tutti quelli usciti finora!

 

 

 

Alla prossima! Baci!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Assunta come cameriera dalla famiglia Miura, Kaoru avrà libero accesso alle enormi stanze della misteriosa casa infestata. Cercherà in tutti i modi di portare a compimento il suo lavoro e nonostante i continui avvertimenti di Kouga, che cercherà in tutti i modi di riportarla indietro, la situazione le sfuggirà di mano.  

Prossimo episodio: #26 Fantasmi – parte 2

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Capitolo 27
*** #26 Fantasmi - parte 2 ***


Le lancette dell’antico orologio appeso nella sala da pranzo segnavano le 16 passate

                             Fantasmi – parte 2

                                         #26

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Le lancette dell’antico orologio appeso nella sala da pranzo segnavano le 16 passate. Gonza aveva appena finito di riordinare lo sgabuzzino che si trovava accanto all’ingresso principale, posò il secchio con l’acqua sporca a terra ed accostò lo scopettone alla parete.

Anche Kouga aveva finito di praticare i suoi soliti allenamenti giornalieri. Più che altro quelli di oggi gli erano serviti a schiarirsi un po’ le idee, affinché trovasse una soluzione legata al problema di quella casa posseduta da un Orrore.

Purtroppo non aveva ottenuto il risultato sperato, e per colpa di ciò anche il suo umore ne aveva risentito.

Entrò nella hall, subito dopo attirò l’attenzione del fedele Kurahashi: - Gonza – esclamò facendolo avvicinare.

 

- Dite pure signorino. – rispose gentilmente l’uomo.

 

- Sto per andare dal Cane da Guardia, assicurati durante la mia assenza che Kaoru non lasci la casa.

 

Gonza sussultò, e con fare inquieto rispose: - A dire il vero, la signorina Kaoru è uscita poco fa.

 

Kouga trattenne un moto di rabbia, ma cercò di mantenere la calma. – Non ti ha detto dove andava?

 

Il maggiordomo scosse il capo. – E’ corsa via all’improvviso, non ho fatto in tempo a chiederle dov’era diretta.

 

E pensando già al peggio, Zarba asserì con schiettezza: - Ohi ohi, Kouga… Sento odore di guai. – subito dopo aggiunse – A quanto pare, è stata più furba di noi.

Ed aveva proprio ragione!

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Si sistemò la cuffietta bianca sul capo, annodò con un bel fiocco il grembiulino in vita, e poi corse subito a fare il suo dovere. Quello per cui era stata assunta.

Tra una faccenda e l’altra, il cellulare che aveva lasciato nella tasca della propria divisa, iniziò a squillare.

Si assicurò prima che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi rispose.  

 

- Qui Kaoru, chi parla?

 

- Dove sei? – disse una voce irritata dal capo opposto.

 

La giovane sussultò. – Kouga… sei tu? – fece, e avendo sentito quel tono poco amichevole, deglutì – Mi trovo… mi trovo a casa di Asami. – rispose balbettando.

 

- Bugiarda. Gonza ha chiamato la tua amica dieci minuti fa.

 

- Infatti sono arrivata proprio adesso.

 

Per l’ennesima volta il giovane cercò di mantenere la calma. Ma fece una grande fatica. – Ti avevo detto di non farlo. Perché hai disobbedito?

 

Le mani di Kaoru iniziarono a sudare. Cercò di prendere tempo, di tergiversare, anche se non sarebbe servito a nulla. – Fare cosa? Di che stai parlando?

 

- Smettila di scherzare! – tuonò imperterrito, era fuori di sé. Il tono alterato della sua voce attirò l’attenzione di un anziano vecchietto, claudicante e forse mezzo sordo, che si trovava nei paraggi. Ma nonostante tutto lui proseguì con la sua ramanzina – Lo sai bene che tutto questo è pericoloso. C’è in gioco la tua vita, te ne rendi conto?

 

- Starò attenta, qui non corro nessun pericolo, sul serio.

 

- Esci immediatamente da lì. Sto per venirti a prendere.

 

- Non ci penso nemmeno. Ho già controllato diverse stanze, finirò al più presto, dammi solo un altro po’ di tempo.

 

Quella risposta gli fece perdere completamente il controllo. – Sei solo una stupida! – sbraitò, con i nervi a fior di pelle, ostentando un atteggiamento poco garbato.

 

Colta alla sprovvista, Kaoru si sentì avvampare. Presa da uno scatto incontrollabile di rabbia, poco prima di chiudergli il telefono in faccia urlò con tutto lo sdegno possibile – Questa stupida sta lavorando per te!

 

La comunicazione si interruppe bruscamente, Kouga affrettò il passo, sembrava emanare malevolenza dalle spalle tant’era adirato. Neppure Zarba ebbe il coraggio di aggiungere qualcosa.

 

Nell’enorme villa Miura, la più anziana delle cameriere chiese a Kaoru di spegnere il cellulare. Durante gli orari di lavoro, non era consentito nessun tipo di distrazione.

A guardarla bene dall’interno, quella residenza era davvero enorme. Sontuosi mobili arredavano con gusto le numerose camere, eleganti lampadari pendevano dal soffitto, e con i loro fronzoli di cristallo donavano ad ogni stanza una luce pura e trasparente.

La giovane artista con un canovaccio tra le mani sgattaiolò furtivamente nel lungo corridoio, eludendo così il resto della servitù. Doveva continuare la sua ricerca, e mancava poco ormai allo scadere delle sue ore di lavoro.

 

Attraversò l’andito ritrovandosi d’innanzi ad una porta enorme. Entrò silenziosamente, e fu subito attorniata da bellezze d’ogni tipo. Un grosso tappeto ricopriva il pavimento, quadri antichi e molto pregiati rivestivano le pareti. Un enorme vaso trasbordava di profumatissimi fiori, e poco distante intravide qualcuno che sedeva d’innanzi ad un caminetto acceso.

La figura si voltò di poco, la vide e sorrise amabilmente.

Si trattava di un’anziana signora che indossava un kimono di pregiatissima seta azzurra.

 

- Non volevo disturbare, sono nuova, e credo di aver confuso le stanze. – tentò di giustificarsi la giovane. 

 

La donna scosse il capo, mentre continuava serenamente a sorridere. – Questa casa è così grande, perdersi è normale. Anche io da bambina lo facevo spesso. Come ti chiami? – le chiese con garbo.

 

- Kaoru, signora. – rispose timidamente.

 

- Kaoru… che bel nome! – sorrise ancora, poi sfiorò con una mano uno dei tanti fiori che stavano in quel vaso.

 

- Adesso devo tornare al mio lavoro. – l’artista si avviò verso l’uscio della porta, ma prima di lasciare la camera udì distintamente dalla misteriosa donna queste parole:

 

- Presta attenzione al camino.

 

Lì per lì, quella frase le suonò strana. Avrebbe voluto chiedere maggiori spiegazioni, ma purtroppo non le restava molto tempo.

Si lasciò la stanza alle spalle, e proseguì la perlustrazione di villa Miura.

 

Certo che quell’anziana signora aveva proprio un sorriso gentile, solo a guardarla in viso si avvertiva un senso di squisita serenità, pensò mentre si avviava verso il basso, nel luogo più profondo del palazzo, quello dove si trovava l’enorme seminterrato.

Stando alle parole di una giovane inserviente, quel luogo tetro e umidiccio nascondeva oscure presenze. La notte si udivano strani rumori, cigolii fastidiosi ed un incedere di passi. Non c’erano topi lì sotto, non c’era nessuno, eppure si riusciva a percepire distintamente qualcosa o... qualcuno. Disse che molti anni fa, un antenato della famiglia Miura si tolse la vita proprio in quel luogo.

Subito dopo aver fatto tali affermazioni la più vecchia delle inservienti le aveva detto che non doveva spaventare la nuova arrivata con storielle di dubbia provenienza. In pratica, fandonie. 

Ma a chi doveva credere Kaoru? Un senso di tensione in lei divenne più che tangibile, e una volta arrivata d’innanzi a quella porta, non poté più tirarsi indietro.

Posò una mano sul pomello arrugginito, lentamente iniziò a girare finché il battente, sbloccandosi, si aprì.        

La cantina era sì enorme, ma anche molto buia. Per raggiungerla avrebbe dovuto percorrere una rampa di scale vecchie e cigolanti. Prima di farlo cercò invano l’interruttore della luce. Per fortuna che aveva portato con sé una piccola torcia tascabile.

La accese, ed iniziò la discesa.

L’odore di muffa e di umido le attraversò le narici. Era un luogo gelido, desolato, privo di vita.

Chissà perché, ma in quel preciso istante le ritornò in mente la faccenda legata ai fantasmi. Forse era dovuto al fatto che quel seminterrato faceva veramente paura.

Iniziò a sentire freddo, avvertì un tremolio lieve alle gambe, e quando giunse all’ultimo gradino, fece scorrere la torcia sulle pareti intorno a sé.

C’erano solo cose vecchie e tante cianfrusaglie. Restò un po’ delusa, a dire il vero. Si spettava di trovare qualcos’altro. Qualcosa di infido e pericoloso come un Orrore. Dopotutto, lei non aveva paura di trovarsi faccia a faccia con la creatura, perché a detta di Zarba doveva essere solo una sorta di nucleo informe ed innocuo, poi…

Uno scricchiolio improvviso la fece di colpo sobbalzare.

Si voltò molto lentamente con il cuore in gola e la fronte gelida, e se avesse visto per davvero un fantasma?

Il tetro pensiero le sfiorò la mente. Raccolse coraggio, e si girò di scatto puntando il fascio di luce della torcia davanti a sé.

 

- E’ solo un gatto. – appurò sollevata, tirando un sospiro di sollievo.

 

- Si chiama Ayu. – rispose una voce in cima alle scale.

 

Kaoru trasalì ancora portandosi una mano in petto. Intravide una sagoma minuta, forse una bambina, che indossava un grazioso abito blu e bianco.

Fece per risalire le scale, ma la piccola scappò via. Corse a nascondersi dietro il drappo di una lunga tenda che copriva uno dei tanti finestroni posti nell’andito.

L’artista le si avvicinò con molta calma, poi sorrise.

- Io mi chiamo Kaoru, e tu? – disse, per instaurare un dialogo.

 

- Atsuko - pigolò timidamente, e con il capo si decise a far capolino dalla tenda.   

 

- Piacere di conoscerti, Atsuko! – esclamò sorridendo. – Sei la figlia dei padroni di casa?

 

La piccola annuì, finché non si decise ad uscire del tutto dal suo nascondiglio. Ayu, il gattino, la raggiunse. Lo prese con sé e gli accostò la bocca all’orecchio. – Questa è Kaoru, Ayu. – disse, facendo le dovute presentazioni. Il gattino dal pelo corto a chiazze bianche e nere emise un miagolio mentre Kaoru gli carezzava con dolcezza il capo. Sgattaiolò a terra poco dopo, e scomparve.

 

- Cosa ci facevi da queste parti, Atsuko? – le chiese la ragazza.

 

La piccola chinò a terra lo sguardo. – Avevo paura di restare da sola in camera. 

 

- Paura? E perché?

 

- Lì ci sono sempre strani rumori.

 

Kaoru ricollegò all’istante le cose. Senza dubbio, quella doveva essere opera dell’Orrore. Si fletté sulle ginocchia per potersi avvicinare meglio al viso della bambina. – Questo accade solo in camera tua?

 

Atsuko scosse il capo. Le codine ai lati della sua testa tintinnarono come due campanelle. – In tutta la casa.

 

- Ascoltami Atsuko, hai mai notato qualcosa di strano prima d’ora, a parte i rumori? Qualcosa che si può vedere e non solo sentire, ad esempio.

 

La bimba si mise pensierosa, poi si ricordò di un avvenimento successo l’altro giorno. – Ho visto una lucina. – raccontò, ma non fece in tempo ad aggiungere dell’altro, perché dall’angolo dell’andito arrivò una ragazza vestita da cameriera.

 

- Kaoru, vai subito in giardino. C’è qualcuno cha ha chiesto di te.

 

- Di me? – replicò attonita la diretta interessata, poi raggiunse l’esterno. Anche Atsuko l’aveva seguita, ma era rimasta più indietro.

 

Si guardò intorno, ma non vide nessuno semplicemente perché la figura misteriosa che la stava aspettando si trovava dall’altra parte del cancello.

L’indignazione le salì alle stelle non appena se ne accorse. Si avvicinò in un lampo con fare battagliero. – Che ci fai qui?! - sbottò in preda alla rabbia.

 

Dal lato opposto della cancellata, Kouga cercò di mantenere il controllo. Se anche lui avesse perso la pazienza, sarebbe stata la fine. – Sono qui per riportarti a casa.

 

- E io ti ripeto che non voglio andarmene. – rispose impuntandosi.

 

- Esci immediatamente da questo posto.

 

- Perché non provi a trascinarmi con la forza? – gli ribatté l’artista con un tono impertinente, dopotutto, sapeva che la cancellata glielo avrebbe impedito.

 

Il signorino spostò lo sguardo altrove. – Non mi hanno fatto entrare.

 

- Logico… I Miura sono una famiglia riservata, non permettono a nessun estraneo di invadere il loro territorio. – gettò un occhio all’ora, le restava ormai poco tempo. – Forse sono riuscita a trovare l’Orrore, ma devo sbrigarmi.

 

- Niente affatto. Tu non ti muoverai da qui. – rispose il giovane, ma stavolta lo aveva fatto con un tono forte, quasi di comando.

Ovviamente a Kaoru non piacque. Si impuntò le mani sui fianchi, e con uno sguardo di sfida lo investì tenacemente. – Prova a fermarmi, allora! – si girò, ed andò via lasciandolo lì, dietro quelle fredde sbarre.

 

- Maledizione! – imprecò lui a voce alta. Non solo era arrabbiato, ma adesso doveva trovare anche un modo per recuperare Kaoru e poi annientare l’Orrore.  

 

- Non ti rimane che fidarti di lei, Kouga. – disse a quel punto Zarba, forse perché sapeva che Kaoru non avrebbe ceduto. Ma al giovane Cavaliere del Makai la scelta impostagli non piacque affatto.

 

 

 

L’artista raggiunse la piccola Atsuko, che nel frattempo si era seduta sui gradini esterni del palazzo.

- Atsuko – premise, avvicinandosi a lei – puoi portarmi nel posto in cui hai visto quella sfera luminosa? – ormai non restava più tempo. La piccola annuì, ma prima ancora di raggiungere il misterioso luogo, Kaoru si tolse l’ingombrante divisa da cameriera, che certamente non era molto indicata, ed indossò i suoi abiti.

 

Le due si fermarono davanti alla porta di una delle tante stanze situate a pian terreno.

- E’ qui? – domandò alla piccola, e quest’ultima annuì. Prima di girare il pomello, guardò Atsuko – Forse faresti meglio a tornare dai tuoi genitori. Potrebbe essere pericoloso.

 

- Non voglio tornare indietro da sola. Ho paura. – le pigolò, aggrappandosi ad un lembo della sua maglia.

 

- Però stammi vicina, intesi?

 

La bimba annuì, dopodichè entrarono.

A dire il vero si trattava di una camera che rispetto alle altre non era molto grande. Un tappeto rosso ricopriva il pavimento, un paio di quadri appesi alle pareti, due poltrone ed un camino spento. Aveva un aspetto assai semplice, privo di fronzoli.

La talentuosa pittrice si guardò attentamente intorno nella speranza di intravedere il nucleo dell’Orrore. Sembrava all’apparenza non esserci nulla, eppure era più che convinta che Atsuko le avesse detto la verità.

- Si vede solo quando c’è buio. – disse ad un tratto proprio la piccola.

 

Di corsa Kaoru andò a coprire i vetri di due finestre con le tende, e così la stanza si colorò di tinte cupe. Fu in quell’attimo che la tanto agognata scintilla saltò fuori. Era grande quanto una pallina da golf, e si trovava nell’incavo spento e freddo del camino.

- Atsuko- disse, senza staccare gli occhi di dosso alla sfera – corri verso il fondo della stanza, e non muoverti da lì. – La bambina ubbidì, e corse via.

 

A quel punto restava una sola cosa da fare: Kaoru afferrò il cellulare ed avvertì subito Kouga.

 

- L’ho trovato! – esclamò entusiasta – Si trova… - la comunicazione si interruppe di colpo.

 

Il ragazzo restò per un attimo interdetto, poi ebbe un brutto presentimento.

Doveva entrare in quella casa.

 

- Ma cosa gli prende? Un attimo fa c’era campo, e ora non più. – sbottò l’artista, dando dei colpetti con le dita al cellulare. – Proviamo ad aprire una finestra… - disse, e si avvicinò ad una di esse. Provò a spalancarla tirando più volte il battente, ma sembrava sigillata. Allora si avvicinò alla porta della stanza, di sicuro nel corridoio il telefono avrebbe ripreso a funzionare. Agguantò il pomello e spinse. O perlomeno, provò a farlo. La porta era chiusa. Proprio come le finestre. – Ma che scherzo è mai questo?! – esclamò in preda alla confusione, non fece neppure in tempo a voltarsi, che il camino come per magia si accese. Atsuko corse subito in direzione di Kaoru. La strinse forte, era spaventata.

Tutti gli altri camini della villa si scaldarono di colpo, lasciando di stucco i presenti. 

 

- Che cosa succede? – pigolò la piccola, stringendosi sempre di più a Kaoru.

 

- Non lo so, ma troveremo un modo per uscire di qui. – Iniziò a guardarsi intorno. Ogni possibile via di fuga sembrava essersi sbarrata di colpo. E poi, un altro pericolo iniziò ad incombere su di loro: il fuoco.

Fuoriuscì con veemenza dal camino, e raggiunse i pesanti tendaggi della camera. Le fiamme iniziarono a divampare, a bruciare lungo tutta la parete, finché non raggiunsero il tappeto. Lo stesso scenario si manifestò in tutte le altre stanze. I dipendenti in preda al panico urlarono, poi iniziarono a scappare da tutte le parti.

Kaoru prese una sedia e la lanciò contro una finestra, ma il vetro non si ruppe. Inoltre il fumo generato dalle fiamme iniziò a divorare l’aria.

La piccola Atsuko tossicchiò sentendosi invadere da quel vapore asfissiante. Kaoru si frugò nelle tasche dei pantaloni, prese un fazzoletto di stoffa ed ordinò alla bimba di tenerlo davanti alla bocca. L’avrebbe aiutata a filtrare il fumo.

- Ascoltami bene – premise, portandola vicino alla porta – sdraiati a terra, cerca di restare il più in basso possibile e non muoverti.

La bimba si accovacciò tenendo il viso il più vicino possibile al pavimento, dove l’aria non era del tutto malsana.

Nel frattempo riprovò più e più volte a rompere i vetri della finestra, ma quel fumo con il passare del tempo la stordiva sempre di più.

Iniziarono a bruciarle gli occhi, ma non poteva tenerli chiusi, doveva fare qualcosa. Purtroppo più passava il tempo e più la situazione cambiava.

In peggio.   

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

Nel bel mezzo della strada di quel quartiere semi deserto, Kouga continuava a sentirsi inquieto. Cos’era successo a Kaoru? Perché la linea era caduta all’improvviso?

Era sul punto di scavalcare la cancellata, quando ad un tratto, dal lato opposto della strada, i suoi occhi incrociarono quelli di una persona che mai avrebbe pensato di incontrare proprio in quell’attimo.

Ikuo Shiota lo fissò, Kouga fece altrettanto, ma solo per poco. Non poteva perdere altro tempo, doveva cercare Kaoru.

 

- C’è del fuoco. – disse ad un tratto Zarba. I due umani si voltarono in direzione della villa, e fu subito panico.

Dalle finestre fuoriuscivano nuvole copiose di fumo scuro, l’interno della casa si trovava completamente avvolto dalle fiamme.

- Kouga, Kaoru è in serio pericolo! – esclamò ad un tratto l’anello.

 

- Cosa?! – risposero in coro i due ragazzi. Poi si guardarono reciprocamente, e senza pensarci neppure una volta, scavalcarono la cancellata di ferro e corsero in direzione dell’enorme casa.

Il portone principale era bloccato, Kouga provò a spalancarlo con una spallata, ma da solo non ci sarebbe mai riuscito.

- Dobbiamo collaborare. – disse all’improvviso Ikuo – Proviamo a colpirlo insieme. – il giovane Shiota aveva ragione. L’altro annuì, dopodichè all’unisono lo colpirono. Si spalancò di colpo, la gente intrappolata iniziò a scappare fuori da ogni dove, urlava, era spaventata.

 

- Mia figlia Atsuko non è qui! – si disperò una donna, madre della piccola. Fece per tornare indietro, ma il marito la trattenne.

 

- Ci pensiamo noi. – la rassicurò Ikuo.

 

Neppure Kaoru era lì. Kouga provò a cercarla in mezzo a tutta quella folla, ma invano.

- Riesci a portarmi da lei, Zarba?

 

Il Madougu annuì, e lo guidò verso l’interno della casa.

 

- Come fai a sapere dove si trova? – chiese Ikuo gettando un’occhiata stranita a quell’anello.

 

- Sono in grado di percepire la sua aura.

 

- Si può sapere cosa diavolo sei?! – il giovane ormai non ci stava capendo più nulla.

 

Zarba rispose nel più semplice dei modi: - Un anello.

 

Shiota alzò gli occhi al cielo, e mentre correva non poteva fare a meno di notare che il fuoco aveva logorato ogni cosa.

- Tra poco crollerà il soffitto! – esclamò.

 

- Ci siamo, è qui! – Zarba aveva segnalato una camera.

La porta era chiusa, ma le fiamme non l’avevano ancora intaccata.

Kouga non ebbe nessuna esitazione, e colpendola con un calcio la spalancò di colpo.

Atsuko per fortuna stava bene, il fumo non l’aveva stordita, ma Kaoru si trovava esanime riversa al suolo.

Ikuo fece uscire di corsa la bambina dalla stanza, poi tornò dentro per sincerarsi delle condizioni di Kaoru.

Kouga cercava di farla rinvenire chiamandola più volte per nome, le sollevò il capo, la scosse con decisione, finché non la sentì tossicchiare.

Riaprì gli occhi lentamente, ma era troppo debole per rimettersi in piedi e scappare.

La raccolse di corsa tra le braccia, la sollevò, poi guardò in direzione di Ikuo.

- Portala fuori di qui. – disse, e quella richiesta a dire il vero lo spiazzò molto. Tuttavia la prese con sé sorreggendola tra le braccia, e senza fare domande la portò via da quel posto.

 

Il figlio di Taiga doveva portare a termine il suo compito. E prima che il soffitto gli crollasse addosso.

- Eccola lì, è nel camino in mezzo alle fiamme. – gli fece notare Zarba, riferito chiaramente alla sfera, in altre parole al nucleo centrale dell’Orrore.

Sguainò la spada, e in men che non si dica si trasformò in Garo.

L’armatura dorata lo avrebbe protetto dal fuoco, così avanzò verso il camino, proprio in direzione del nemico, e con un colpo preciso della Garoken tagliò il nucleo in due, mettendo così fine al potere dell’Orrore.

 

Nel frattempo all’esterno erano giunti i soccorsi.

Ormai l’incendio aveva distrutto gran parte della villa, ma le fiamme per fortuna erano state domate.

Atsuko corse a riabbracciare la sua mamma, mentre Kaoru, ripresasi quasi del tutto, iniziò a guardarsi intorno. Era stordita, ma cercava con insistenza una persona soltanto.

- Scommetto che sta bene. – disse Ikuo, avendo intuito che ella era molto preoccupata per Kouga. E infatti, lo videro sbucare da un ingresso secondario. Come sempre, aveva avuto la meglio.

- Io devo andare. – il ragazzo si apprestò a lasciare l’amica - Mi raccomando, cerca di riposare. Poi un giorno mi spiegherai cosa ci facevi in questa casa infestata! – scherzò infine, e in seguito si allontanò.

 

Kaoru lo guardò andar via, poi voltandosi vide Kouga. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma lui la precedette: - Andiamo via anche noi. – fece, e si rimise in strada.

Prima di seguirlo, tornò brevemente indietro. Mancava qualcuno lì.

Si avvicinò ai genitori di Atsuko, poi chiese loro: - Scusate, quell’anziana signora dov’è? Sta bene?

 

I due coniugi si guardarono reciprocamente, senza capire. – Di quale anziana signori parli? Nella nostra famiglia ci siamo solo io, mia moglie e mia figlia. – rispose il signor Miura.

 

- L’ho vista oggi, era seduta nel salone, indossava un kimono di seta azzurra e… - non fece in tempo a finire la frase. La mamma di Atsuko la frenò.

 

- E’ impossibile, cara. Ti sarai sicuramente confusa. La donna di cui parli è mia madre, ma è morta tanto tempo fa.

 

Kaoru sussultò leggermente. Poi all’improvviso le ritornò alla mente la frase che la donna le aveva detto poco prima di lasciare il salone. Ebbene, quell’anziana signora le aveva chiesto di fare attenzione al camino. Aveva in qualche modo voluto lanciarle un avvertimento.

Non disse nulla perché sapeva che sarebbe stato inutile. Non l’avrebbero mai creduta, e così, salutando la piccola Atsuko, raggiunse Kouga.

 

Per circa metà del tragitto non aprì bocca. Si sentiva tremendamente, terribilmente in colpa per tutto ciò che era successo, per tutto quello che aveva causato, per aver disobbedito alle sue regole. E ora ne stava pagando le conseguenze.

Tentò un primo approccio, e siccome camminava dietro di lui, affrettò il passo per poterlo affiancare.

Tuttavia, l’unica cosa che riuscì a dire fu un: - Mi dispiace.

 

Kouga si fermò di colpo. La stradina era deserta, dei lampioni la illuminavano con una luce bianca e accesa.

- Tutto qui? – disse, senza neppure girarsi verso di lei.

 

- Ho sbagliato, e avevi ragione tu. – confessò mortificata.

 

- Con il tuo comportamento non solo hai messo a repentaglio la tua vita, ma hai coinvolto anche quella di altre persone. – Kouga stava usando un tono che poteva sembrare a prima vista normale, ma Kaoru in realtà sapeva benissimo che non era così.

 

- Hai ragione. Sono stata veramente una stupida.

 

- Ti avevo chiesto di non intrometterti, ma tu non mi hai dato ascolto.

 

- E’ vero, ho sbagliato.

 

- Gli Orrori sono esseri che vanno gestiti da persone competenti, basta un minimo di distrazione o una leggerezza e la situazione può sfuggirti subito di mano. Ma tu questo lo sapevi già, te l’ho ripetuto tante volte.

 

Kaoru abbassò il capo. Si sentiva veramente a disagio. – Ti do il permesso di chiamarmi stupida, se vuoi. Perché lo sono davvero.

 

Kouga si girò appena verso di lei. Le sue parole, il tono di quella voce aveva una freddezza spaventosa. – Mi avevi promesso che non avresti più fatto una cosa del genere.

 

- Mi sono lasciata trasportare dalla voglia di aiutarti, ho agito senza pensare alle conseguenze, ma l’ho fatto in buona fede. – cercò di spiegare, ma non servì a nulla.

 

- Spero che tu rifletta seriamente su quanto accaduto, e sulla gravità della cosa.

 

- Lo sto già facendo, e ti prometto che…

 

- E’ inutile che prometti qualcosa se poi non sei in grado di mantenerla. – le rispose bruscamente, tagliandole così ogni possibile replica. Si avviò per la strada, lasciandosi Kaoru alle spalle.

Era davvero dispiaciuta. Quella frase le aveva gelato il cuore.

A questo punto non sapeva più se sarebbe riuscita a rimettere le cose apposto.

Ciò che aveva fatto era imperdonabile. E con molta probabilità, era convinta che Kouga non l’avrebbe più perdonata. 

 

 

 

Giunti a casa, Gonza li accolse come sempre, sfilò il soprabito del giovane e poi lo rimise nel guardaroba.

Kaoru continuava a tenere lo sguardo basso, era più muta del solito, ma il buon maggiordomo per educazione non fece domande.

- E’ pronta la cena. – disse rivolgendosi ad entrambi, ma fu solo Kouga a raggiungere la sala

 

- Non ho molta fame stasera. – dichiarò la ragazza - Vorrei fare un bagno.

 

- Certamente signorina, vado subito a prepararvi la vasca. – Gonza si avviò su per le scale, mentre Kaoru si trattenne ancora nella hall. Magari sperava che Kouga, mosso a compassione sarebbe tornato lì a prenderla, però tutto ciò non successe.

Salì la scalinata con la stessa espressione di quando era arrivata, raggiunse la toilette completamente assorta in mille pensieri, Gonza le porse delle asciugamani pulite, dopodichè andò via.

 

Non appena si immerse nella vasca, il caldo vapore dell’acqua sembrò restituirle parte dell’energia che aveva speso durante la faticosa giornata.

Quella sensazione di tepore era veramente confortante.

Si gettò con le mani una manciata d’acqua calda sul capo, i capelli si impregnarono divenendo pesanti, le scivolarono giù lungo il viso, e con le dita poi li ricacciò all’indietro.

Dopo aver raccolto nel palmo della mano un po’ di sapone, si ripulì la faccia che portava ancora qualche segno di fuliggine sulle guance. Quando la schiuma ricadde nell’acqua creando una miriade di bollicine, nel fissarle iniziò a pensare. Kaoru avrebbe tanto desiderato in quel preciso istante diventare leggera e trasparente come loro.

Non poteva perdonare stessa per ciò che aveva combinato, e più ripensava all’accaduto, più un forte senso di colpa la faceva stare male.

Se soltanto avesse dato ascolto a Kouga, forse tutto questo non sarebbe successo.

Iniziò a pensare che il ragazzo non volesse più vederla, e più passava il tempo, più ci rifletteva, quel pensiero diventava sempre più concreto. 

 

Si asciugò per bene i capelli con il getto caldo del phon, indossò un pigiama di colore rosa con un enorme orsacchiotto stampato sul davanti, ed uscì dal bagno.

A questo punto era indecisa su dove andare e cosa fare. Già, perché di sicuro Kouga non avrebbe più voluto dividere la metà del letto con una perfetta stupida.

Così, alla fine aveva preso la sua decisione. Tornò in camera, aprì la porta quasi certa di trovare il ragazzo, ed entrò.

La camera era ancora vuota. Kouga non era ancora arrivato. Tirò un sospiro di sollievo perché a dirla tutta non se la sentiva di incontrarlo, e poi si avvicinò al lato del letto.

Raccolse il suo cuscino, lo strinse a sé, e con l’aria abbattuta ritornò nel corridoio. 

Soprappensiero accostò l’anta e la richiuse, ma non appena girò il capo, il suo sguardo si incrociò con quello di Kouga, anch’egli diretto in camera.

Lei quasi sussultò, ma distolse subito l’attenzione per non mostrare il proprio imbarazzo.

Quando il giovane le passò di fianco, nel vederla camminare a rilento, con quel cuscino enorme che le copriva quasi mezzo viso e la testa abbassata, non poté fare a meno di domandarle: - Dove stai andando?

 

Kaoru sussultò per l’ennesima volta, iniziò a voltarsi timidamente verso di lui ma il coraggio di guardarlo negli occhi non lo trovò.

- Vado a dormire giù in salotto, sul divano.- rispose a testa bassa.

 

- Perché? 

 

- Non penso che tu voglia più dividere il letto con me.

 

- Ma la metà di quel letto appartiene a te. – le fece notare il ragazzo.

 

- Sì, ma si trova pur sempre in camera tua, e dopo quello che ho causato… - si fermò, rimase interdetta perché sapeva benissimo che continuare e finire la frase non sarebbe servito a nulla. Tanto ne era più che certa: con i guai che gli aveva procurato, adesso le spettava solamente un lungo e penoso esilio.

Il ragazzo non commentò, ma poco prima di entrare in camera disse: - Non mi risulta di averti messo in punizione.

 

Kaoru sollevò di scatto il capo, lo vide entrare e dopo qualche istante lo seguì.

- Significa che non sei arrabbiato con me?

 

- Al contrario. – rispose, poi si sfilò l’anello dal dito e lo ripose nella sua teca di legno. – Sono molto arrabbiato.

 

La giovane artista reclinò ancora lo sguardo. – Capisco. – mormorò con una voce mogia, demoralizzata. – Mi dispiace – ripeté, forse per la centesima volta, ma a lei non importava – Mi dispiace davvero tanto.

 

- Lo so.

 

- Sai anche che ho fatto una cosa imperdonabile? – chiese ancora, Kouga annuì. – E sai anche che sono una stupida, vero?

 

- So anche questo. – il signorino si voltò verso di lei, ma stavolta aveva un’espressione meno severa. Poi si avvicinò e le tese una mano. Kaoru sembrò non capire. - Il cuscino. – disse dapprima, indicando l’oggetto – Ti sei presa il mio cuscino.

 

Imbarazzata glielo restituì all’istante. – Non me ne ero accorta, scusami. – Fece per prendersi il suo, ma la replica di Kouga la trattenne.

 

- Per me potresti anche lasciarlo lì.

 

- Significa che posso restare?

 

- Ti ripeto ancora una volta che non mi sembra di averti messo in punizione.

 

- Però non abbiamo fatto pace.

 

- Ma di cosa parli? – Kouga iniziò a fissarla con aria stranita.

 

- Sì, quando due persone litigano e l’altra gli chiede scusa, poi fanno la pace… una cosa così, insomma.

 

- Per me è la stessa cosa.

 

- Ma non mi hai ancora detto “ok, pace fatta”.

 

- Ok.

 

- Ok cosa?

 

- Ok. – ripeté Kouga, e a quanto pare la questione stava iniziando a dargli un certo fastidio.

 

Kaoru abbassò il capo, prese a fissare il pavimento. – Sul serio – fece in un primo momento – mi dispiace tanto per quello che ho fatto. – le lacrime le bagnarono le guance, con il dorso della mano e le movenze quasi simili a quelle di una bambina si asciugò il viso. – Mi dispiace davvero tanto. – continuò a ripetere tra singhiozzi, ed era così realmente dispiaciuta che non riusciva a fermarsi.

 

Avvicinandosi a lei, Kouga le posò una mano sul capo.

– Lo so che ti dispiace, te lo si legge in faccia. L’importante è che tu abbia riconosciuto il tuo errore.

 

Finì di asciugarsi il viso impiastricciato dalle lacrime e con gli occhi ancora umidi lo guardò. – Ti prometto che non cercherò mai più di intromettermi nel tuo lavoro.

 

- Voglio sperarci. – sembrò quasi scherzare, poi un senso di stanchezza prese in lui il sopravvento. – Sei ancora intenzionata a dormire sul divano? – le chiese, giusto per avere una conferma.

 

- Se tu mi dai il permesso, allora resto qui.

 

Il giovane si avviò verso la metà del suo letto. – Se non mi tiri un altro pugno, allora puoi restare.

 

- Riguardo alla storia di quel pugno e al fatto che la notte parlo nel sonno – premise l’artista, poi iniziò a fissarlo in modo acuto – hai preferito non parlarmene perché temevi che io pur di non disturbarti avrei cambiato stanza? – A quella domanda lui non rispose, ma Kaoru guardandolo insistette – E’ così?

 

- Niente affatto.

 

- Forse… hai paura di dormire da solo? – insinuò, ma Kouga preferì non commentare. D'altronde, cosa mai avrebbe potuto dire? Che in realtà la presenza di Kaoru lo aiutava a riposare meglio? Che vederla dormire accanto a sé lo faceva sentire finalmente una persona completa? No, era per lui troppo imbarazzante affrontare determinati discorsi. Si infilò sotto le coperte, la ragazza lo raggiunse a ruota sedendosi dall’altro lato, e avvicinando la bocca al suo orecchio gli sussurrò – Magari hai paura dei fantasmi.

 

- Smettila. – ripose con accidia il giovane. Non gli andava proprio di continuare una discussione che per lui era solo ridicola. - I fantasmi non esistono.

 

- E invece ti sbagli. In questo momento potrebbero trovarsi anche qui. – asserì, ostentando una certa sicurezza. Era come se quell’argomento non le facesse minimamente paura. – Magari si trovano sotto al letto, oppure nell’armadio, chissà. O magari sono seduti a testa in giù sul soffitto. - Kouga decise che doveva farla smetterla. Simulò di alzarsi ed afferrare il cuscino, e Kaoru abboccò all’amo. - Che stai facendo?

 

- Vado a dormire sul divano. – fece per spostarsi, ma si sentì afferrare di peso ad un braccio. – Cosa c’è adesso?

 

- Prometto che starò zitta, ma non andare. – balbettò, e sembrava avere quasi paura. Che fine aveva fatto il suo coraggio?

 

- Hai paura dei fantasmi che ci sono qui? – disse lui, e con quella domanda aveva colto nel segno.

Ovviamente lei negò, poi un pensiero prese a gironzolarle in testa.

 

- In questa stanza non ci sono i fantasmi, vero? – voleva essere rassicurata, ma a dare il via a quel giochino un po’ infantile era stata lei.

 

- Chissà. – rispose vagamente il giovane, e si rimise a letto.

 

- Significa sì?

 

- Chissà. – ribadì ancora Kouga lasciandola sulle spine, e Kaoru si sentì vittima del suo stesso gioco.

 

Strisciò lentamente sotto le coperte, si portò il lenzuolo fin sotto il naso, ogni minimo rumore le sembrava un suono strano, un lamento che proveniva dritto dall’oltretomba. Pensando ai fantasmi seduti a testa ingiù sul soffitto, le parve quasi di vederli, ma era solo frutto della sua immagine, solo suggestione. Lentamente invase di soppiatto l’altra metà del letto, quella in cui si trovava Kouga, ma a lui non fece molto piacere ritrovarsela praticamente avvinghiata al braccio.

Però a dirla tutta era così stanco che di mettersi a discutere non ne aveva proprio voglia. Sospirò sommessamente, e con Kaoru proprio lì accanto, chiuse gli occhi e si addormentò.

O perlomeno, provò a farlo.

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                            

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Altro aggiornamento settimanale riuscito, ma vi annuncio già da ora che il prossimo capitolo potrebbe subire qualche ritardo. La causa è sempre legata al lavoro, manca poco ormai, e poi andrò in ferie, per questo sto cercando di portare a termine le commissioni entro la data prestabilita, ma per farlo dovrò accantonare la fanfic. Quando poi avrò finito riprenderò subito a correggere i capitoli già pronti e nel periodo delle vacanze natalizie a scrivere gli ultimi. Non vedo l’ora!

 

 

 

Per Iloveworld: Faccio del mio meglio per aggiornare ogni settimana perché ci tengo a terminare questa seconda serie prima dell’altra, ovvero quella vera. E se penso che prima aggiornavo anche dopo tre mesi mi viene da piangere…! Però sto recuperando!

 

Per DANYDHALIA: Sono come tuo fratello, allora!! E devi sapere che la sottoscritta è una grande appassionata di film horror di origine asiatica, perciò non poteva mancare un capitolo così nella storia. Anche se mi piacerebbe scriverne un altro (magari lo farò per la terza serie) con un’atmosfera incentrata più nel soprannaturale. Sarebbe fantastico! 

 

Per stelly89_s: Allora diciamo ad Amemiya che dopo la seconda faccia la terza, la decima, ventesima, trentesima serie che arriverà nell’anno 3000, ma noi ci saremo ugualmente!!!

 

 

 

Vi abbraccio forte forte e a presto!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Chi sono gli eroi? E soprattutto, al giorno d’oggi esistono ancora? Nacchan, un tenero cagnolino abbandonato sul ciglio di una strada, sarà raccolto da Kaoru e portato nella residenza Saejima.

Ma il cucciolo ha un proprietario, e mentre la ragazza cercherà di riportarlo a casa, si imbatterà in un Orrore che non ha completato la sua fase evolutiva per il bene di una persona amata.   

Prossimo episodio: #27 Eroi

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Capitolo 28
*** #27 Eroi ***


Eroi

                                       Eroi

                                        #27

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Afferrò l’ennesimo biscotto e in un lampo mandò giù sotto lo sguardo esterrefatto dell’amica.

A dire il vero era da un po’ che la stava fissando con un certo stupore.

- Quand’è stata l’ultima volta che hai mangiato? – domandò finalmente Asami a Kaoru, e quest’ultima come se nulla fosse, tra una mangiucchiata e l'altra rispose:

 

- Un’ora fa, credo. – poi guardò la rossina – Perché me lo chiedi? C’è forse qualcosa che non va?

 

- Questo veramente dovresti dirmelo tu.

 

- A me sembra tutto normale. – replicò semplicemente.

 

Asami inarcò le sopracciglia in segno di stupore. – Kaoru, ma stai forse scherzando?! Da quando sei arrivata a casa mia, ti sei mangiata una scatola intera di cioccolatini, bevuto tre bicchieri di latte e finito quasi questo pacco di biscotti alla vaniglia. Ti sembra forse normale?

 

L’artista si guardò intorno. Sul tavolinetto c’erano carte di cioccolatini ovunque. – Davvero ne ho mangiati così tanti? Non me ne sono neppure accorta.

 

- Ma io sì! – La Shinohara scosse il capo. Evidentemente doveva esserci qualcosa che non andava. Ci rimuginò su con le braccia conserte, finché non le arrivò il fatidico responso. Iniziò a squadrare l’amica da capo a piedi, strinse gli occhi tra due fessure, dopodichè cercando di non essere troppo indiscreta disse: - Non sarà che…- si fermò, non sapeva se finire la frase. Kaoru avrebbe potuto anche reagire male.

 

- Che? – ribadì la mora, con l’aria perplessa, mentre sgranocchiava l’ennesimo biscotto. Il profumo della vaniglia era così inteso da avvolgerla completamente. – Hanno davvero un buon sapore questi biscotti. Avevo proprio voglia di vaniglia! -sorrise ignara e felice, mentre la rossina scattò seduta stante in piedi.

 

- Voglia! Hai detto proprio la parola giusta!

 

- Beh, che c’è di strano? – continuava tutto sommato a non capire le frecciatine che Asami stava tentando in tutti i modi di lanciarle.

 

Stufa di ciò, la Shinohara si sedette, si incrociò le braccia al petto e guardandola dritta negli occhi dichiarò apertamente: - Kaoru, tu sei incinta!

 

A momenti quel pezzo di biscotto che teneva in bocca non finì per strozzarla. Tossicchiò energicamente, si colpì in petto con una mano, e poi bevve di colpo.

- Ma come ti salta in mente?! – Tentò di farsi aria con le mani, di restare calma.

 

- Ma ragiona… Hai sempre fame, in più ti vengo pure le voglie, mi sembra scontato.

 

- A me no! – Kaoru divenne subito furibonda nei riguardi dell’amica. – E’ solo un periodo, tutto qui. Oltretutto, tu mi conosci, e sai come la penso su determinate cose.

 

Asami si mise pensierosa, poi affranta sospirò: - Già, è vero. Tu sei la purezza fatta a persona, non faresti mai un figlio senza avere la fede al dito. – sospirò ancora, si sentiva a momenti dispiaciuta. – Un vero peccato… speravo proprio di diventare zia.

 

- Lo diventerai quando sarà il momento. – sbottò l’artista piuttosto irritata.

 

- Però cerca di non farmi diventare troppo vecchia. Voglio essere una zia giovane e bella! – Quella rossina era proprio un tipo stravagante. Tuttavia, nonostante le due avessero caratteri diametralmente opposti, si volevano un gran bene.

 

 

 

Per strada, nel ritornare a casa c’era qualcosa che Kaoru non riusciva a smettere di pensare.

Se veramente fosse stato il contrario, se ciò che sosteneva Asami fosse stato vero, Kouga come avrebbe reagito ad una simile notizia? Ne sarebbe stato entusiasta, oppure si sarebbe di colpo preoccupato?

Provò ad immaginarsi la scena, o un suo surrogato molto astratto, però la reazione del ragazzo era l’unica cosa che al momento le risultava più confusa.

Avrebbe sorriso? Avrebbe pianto? O nella più strampalata delle ipotesi sarebbe svenuto? Il pensiero di vederlo colare letteralmente a picco la fece sorridere di gusto.     

Eh già, doveva trattarsi di una scena veramente buffa!

 

Poco più in là, sul ciglio della strada, legato ad un palo c’era un piccolo cagnolino peloso, con le orecchie dritte ed il pelo color caramello. Aveva l’aria triste, il musino appoggiato sul selciato accanto ad un pallone rosso.

Kaoru lo intravide, poi iniziò a guardarsi intorno, ma la strada era deserta. Si avvicinò lentamente, senza spaventarlo, e poggiò le ginocchia al suolo.

 

- Chi ti ha lasciato qui, piccolino? – disse, nella vana speranza di intravedere il proprietario di quella tenera creatura. Il guinzaglio era ben legato al palo, sembrava quasi che qualcuno lo avesse lasciato lì di proposito, già, ma perché? Forse il suo padrone non poteva più tenerlo, un cane di quella portata, prevedeva un certo impegno. Sì, era solo un cucciolo, ma poi sarebbe cresciuto, e non solo anagraficamente.

Provò a guadagnarsi la sua fiducia porgendogli una mano sotto il muso. Voleva fargli capire che di lei non doveva avere paura, che si poteva fidare. La creaturina l’annusò, poi iniziò con tenerezza a leccarle le dita. Kaoru si sentì letteralmente sciogliere. Lo accarezzò con affetto, ma nel ripensare a colui o colei che lo aveva lasciato lì, tutto da solo e in una strada poco trafficata, provò un moto di rabbia. – Come si fa a lasciarti in un posto come questo? E’ una vergogna! – sbottò, poi vide che il cucciolo aveva un collare con tanto di medaglietta. La raccolse con le dita, inciso c’era scritto un nome. - Nacchan. – lesse a voce alta – Così, sei un maschietto, eh? – gli accarezzò il capo energicamente, poi vide che dalla parte opposta di quel ciondolo dorato c’era scritto dell’altro. Si trattava di un indirizzo, e quasi certamente il cagnolino prima di venire abbandonato doveva abitare lì. Gettò un occhio all’orologio da polso, poi storse il naso. – Adesso è tardi per riportarti a casa tua. – Ma Kaoru non poteva lasciarlo lì, al freddo e all’intemperie, a morire di fame. Non ci pensò troppo a lungo, prese con sé la palla rossa, e slegandolo da quel palo decise di portarlo con sé.

A Kouga di sicuro non avrebbe dato fastidio, oltretutto la permanenza in villa Saejima di Nacchan sarebbe durata al massimo un paio d’ore. Il tempo di pranzare, finire l’ultima pagina del suo ennesimo libro illustrato, e poi lo avrebbe riportato dal suo vero proprietario.

Infondo, era solo un tenero ed innocuo cucciolo.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Era salito per tre volte sul divano, aveva morso e cercato di tirare giù le tende che ricoprivano il finestrone, si era divertito a giocare con dei cuscini e a riversarne il contenuto lungo tutta la hall, aveva perfino tentato di fare la pipì sul tappeto che stava nello studio di Kouga. Gonza ormai non ce la faceva più a stargli dietro. E purtroppo Kaoru era troppo impegnata a finire l’ultima illustrazione di quel libro, per dare una mano al povero maggiordomo. Ma la cosa peggiore, era che Kouga, non essendo ancora rientrato, non sapeva assolutamente nulla del tenero ma fin troppo vivace Nacchan.

Gonza doveva ripulire ad ogni costo la hall prima dell’arrivo del signorino, altrimenti sia lui che Kaoru avrebbero passato un gran brutto quarto d’ora.

Il cagnolino correva senza freni per tutta la sala, ma più Gonza cercava di rimettere ordine, più lui credendo che l’umano volesse giocare, continuava a sporcare.

L’uomo era esausto, e quando il portone della villa si spalancò all’improvviso, capì che ormai non c’era più nulla da fare.

 

- Che cos’è tutta questa confusione? – chiese immediatamente Kouga, non potendo fare a meno di notare quel disordine.

 

Il buon Kurahashi tremolò, ma non ebbe il tempo di parlare, di spiegargli pacificamente la questione. Nacchan irruppe come una trottola impazzita nell’atrio, abbaiando allegramente, e nella foga urtò un enorme vaso pieno di fiori facendolo crollare al suolo.

Fu un disastro. L’ennesimo. L’acqua si riversò ovunque, i cocci ormai rotti si sparpagliarono sul pavimento, e a Kouga, proprio come c’era da aspettarselo, tutto ciò non piacque.

Chissà per quale oscura ragione, non aspettò neppure che il maggiordomo gli avesse raccontato tutto, lo fissò solamente, come a voler dire qualcosa. Il buon uomo capì al volo, e così rispose balbettando: - E’di sopra.

Si diresse subito nella camera in cui Kaoru teneva i suoi strumenti da disegno, e senza bussare la spalancò di colpo.

La ragazza ebbe un sussulto, si alzò in piedi, e stranita cercò di parlare, ma l’altro la precedette.

 

- Che ci fa quell’animale in casa? – dal tono della voce si capiva benissimo che non era affatto entusiasta.

 

C’era proprio aria di tempesta, pensò impaurita.

- L’ho trovato per strada, ma ha un padrone! – asserì subito, quasi a volerlo rassicurare.

 

- Riportalo immediatamente a casa. – sentenziò, facendole capire che non avrebbe accettato un “no” come risposta.

 

- Finisco di lavorare, e poi…

 

- Adesso. – pretese il signorino, sempre più irritato.  

 

- Ma ora non posso…! – tentò di giustificarsi con affanno- Se non finisco questo disegno entro stasera, il mio datore di lavoro si arrabbierà con me. Ho una scadenza da rispettare.

 

- Dovevi pensarci prima.

 

Kaoru ebbe un moto di stizza. - Ma perché ti comporti in questo modo? E’ soltanto un povero cucciolo che qualcuno ha deciso di abbandonare in una strada. Non ti dispiace neppure un po’?

 

- Mi avevi detto che aveva un proprietario. Se è stato abbandonato, presumo che non lo rivorrà più indietro. – le fece notare Kouga, e con una certa rigidezza.

 

Lei si impuntò le mani sui fianchi. – E se anche fosse? Qual è il problema? 

 

- Il problema è che qui non può stare.

 

Kaoru s’impuntò ancor di più.

- Perché?

 

- Sta distruggendo la casa.

 

- Pulirò io, se questo è quella che ti spaventa.

 

- Mi spaventa il fatto che quell’animale possa restare qui.

 

- E allora? Me ne occuperò io, non te ne accorgerai nemmeno! – non appena ebbe finito di pronunciare quelle parole, si udì un tremendo fragore. L’ennesimo vaso di porcellana rotto da Nacchan.

Kouga si girò verso Kaoru con un’aria praticamente arrabbiata. – Riportalo indietro. E subito!

 

Alla ragazza quel modo di fare così freddo non piacque neppure un po’. Finì per irritarsi ancora di più nei riguardi di quel giovane che a quanto pare non provava nessun tipo di compassione verso quella povera creatura.

Non riuscì a trattenersi, e così gli urlò in faccia –Sei solo uno stupido egoista! - prese fiato, ed aggiunse – Se sei ancora qui, devi ringraziare Gonza che si è preso cura di te quando sei rimasto orfano!

 

Kouga fu investito da quelle parole, non disse nulla, in qualche modo la frase lo aveva azzittito. La vide uscire dalla stanza, ma prima di raggiungere le scale, ella si voltò e aggiunse: - Altro che sorrisi o svenimenti! Sono sicura che tu resteresti impassibile, come sempre! – sbraitò, riferita alla questione legata ad una sua futura gravidanza, ma ovviamente lui non poteva saperne niente.

 

- Che stai dicendo?

 

- Che sarai un padre insensibile! – sbottò furibonda, dopodichè senza aggiungere altro si avviò verso il piano terra e cercò il cucciolo con lo sguardo. – Nacchan? – chiamò, e quasi subito lo sentì abbaiare. Il piccolo le corse incontro, ma poi ritornò nel salottino. – Dai Nacchan, dobbiamo andare! – disse, poi lo inseguì. Vide che con il musino faceva rotolare il pallone che Kaoru aveva trovato accanto a lui. Si fletté sulle ginocchia e raccolse la sfera tra le mani. – Non possiamo giocare ora. – fece, ma quel cucciolo la guardava con degli occhioni talmente dolci che un rifiuto sarebbe stato impensabile. – E va bene – assentì – ma te la lancio solo una volta, ok? – Nacchan abbaiò scodinzolando allegramente mentre la vedeva tirare in aria quel pallone rosso come il fuoco. La palla toccò terra, il cucciolo la inseguì ma subito dopo rimbalzò ancora, prima sul tavolinetto posto accanto alla vetrata di una finestra, e poi ahimé nella vetrata stessa. Il fragore del vetro rotto attirò subito l’attenzione del maggiordomo. Kaoru impallidì, afferrò Nacchan con entrambe le mani, e con la bestiola tra le braccia sgattaiolò via.

- Ci vediamo stasera, Gonza! – sorrise a denti stretti incrociandolo nella hall, poi corse subito verso il portone di casa. Era stata così rapida da non permettere al maggiordomo di rispondere al saluto.

E quando Gonza entrò nel salottino e vide il vetro della finestra ridotto in frantumi, sgranò gli occhi e in preda alla disperazione si lasciò cadere sul divano.

 

 

 

Dopo aver recuperato il cosiddetto “corpo del reato”, ovvero quella palla, si avviò giù in città con tanto di Nacchan al seguito. Doveva riportarlo dal suo proprietario che, sfortunatamente, abitava in un quartiere mai visitato prima d’ora.

Difatti nel trovarlo ebbe non poche difficoltà.

Le stradine erano deserte, chiedere informazioni non sarebbe stato possibile, e con tutti quei vicoli, quelle diramazioni che sfociavano in altri quartieri e stradine varie, si poteva facilmente perdere il senso dell’orientamento. La ragazza si fermò un attimo per guardarsi attorno. Una strada per lei assomigliava all’altra, e di questo passo avrebbe perso solo tempo.

Era ormai pomeriggio inoltrato, e sia lei sia Nacchan stavano iniziando ad avere fame. Si passò una mano tra i capelli guardandosi ancora intorno. Sbuffò, il cagnolino ormai si era completamente sdraiato a terra, con tutto quel tragitto doveva essere stanco.

Eppure Kaoru, durante il cammino non si era accorta di un particolare estremamente importante: qualcuno la stava pedinando.

Avvertì un fruscio dietro le sue spalle, la strada era completamente isolata, e quando si voltò, stentò a credere ai suoi occhi.

Un Orrore dalle fattezze molto più umane che mostruose si trovava d’innanzi a lei.

Paralizzata dallo spavento, non riuscì ad indietreggiare subito. Mosse il primo passo dopo aver ripreso il totale controllo del proprio corpo, ma la voce dell’essere la bloccò.

 

- Aspetta, non scappare! – le afferrò il polso e la trattenne lì, ma senza fare troppa pressione.

 

- C-cosa vuoi? – balbettò l'umana, il cuore le batteva all’impazzata, la paura unita allo sgomento le impediva di reagire. Tutto era successo in una maniera troppo veloce, imprevedibile.

 

- Devi aiutarmi!

 

Quelle parole risuonarono nell'aria come un grido di speranza. Kaoru si sentì sempre più confusa. Un Orrore le aveva appena chiesto aiuto, sembrava una cosa strana, assurda, dalla bocca di quelle infide creature non usciva mai nulla di buono, e lei questo lo sapeva. Si dimenò ancora, con più slancio – Lasciami andare!

 

- Devi aiutarmi! – ripeté ancora – Non ti farò del male, te lo prometto, ma fidati di me... sei la mia ultima speranza!

 

Kaoru ebbe un sussulto, in quella voce c'era qualcosa di strano, non era uguale a quella degli altri Orrori, sembrava più... più umana. Scosse il capo, non doveva farsi abbindolare, voleva andare via, si dimenò ma era impossibile sfuggire a quella presa.

- Nacchan! Almeno tu scappa via! – esclamò rivolta al piccolo cucciolo, ma lui continuava a fissare l’Orrore con un certo interesse.

 

- Ho legato io quel cane vicino al palo, e ho fatto in modo che tu lo trovassi perché ho bisogno del tuo aiuto. - disse all'improvviso l'essere. Ma come faceva a sapere del cane, del palo e di tutto il resto? Da quanto tempo la stava seguendo?

 

- Non ti credo! Tu sei un Orrore, e il tuo principale scopo è quello di divorare le persone.

 

- Ti sbagli invece! Io… - la tetra figura chinò il mento, lo sguardo gli divenne triste – io sono ancora un umano.

 

La figlia di Yuuji restò quasi sconcertata da quella dichiarazione. Scosse il capo, non poteva essere vero, doveva trattarsi di una trappola, di un inganno, e ne era più che convinta finché non accadde una cosa inaspettata. La stretta al polso allentò, la creatura la lasciò libera, poi flettendo le ginocchia verso terra e guardando Nacchan gli tese una mano. Il cucciolo senza pensarci su neppure un istante si avvicinò, annusò quella pallida mano e poi gioiosamente prese a scodinzolare. – Riconosci ancora il mio odore, vero Nacchan? – gli accarezzò affettuosamente il capo, sembrava sentirsi a suo agio, sembrava riconoscere in quella figura che un tempo era umana qualcuno a lui familiare.

Kaoru sapeva benissimo che l’istinto di un cane in qualsiasi circostanza non aveva mai fallito. Ma allora chi era quell’Orrore? E soprattutto, diceva il vero? E poi se avesse voluto davvero farle del male, non l’avrebbe mai lasciata libera di andare.

Pur mantenendo la difensiva, cercò di parlargli. – Tu… conosci questo cane?

 

- L’ho comprato io tre mesi fa per fare un regalo alla mia ragazza.

 

Kaoru si sentì confusa. – Non capisco… perché lo hai legato a quel palo? E io, che…

 

L’essere si alzò in piedi. – Ti spiegherò ogni cosa, ma prima togliamoci da qui. C’è troppa luce, e qualcuno potrebbe vedermi.

 

A dire il vero l’artista era titubante. Non sapeva se andare con lui oppure correre via. Però, visto il modo in cui Nacchan lo guardava, si convinse che l’Orrore non poteva averle mentito.

Quando entrambi raggiunsero un vicoletto al riparo da sguardi indiscreti, la creatura iniziò il suo racconto.

- Tre mesi fa portai la mia ragazza fuori a cena. Era il giorno del suo compleanno, e la sera prima di riaccompagnarla, feci in modo di farle trovare Nacchan davanti al portone di casa. Lei era raggiante, non l’avevo mai vista così entusiasta. Decidemmo insieme il nome, poi ci salutammo ed io andai via. Ero molto felice quel giorno. Volevo iniziare una nuova vita insieme a lei, non desideravo altro, ma poi... Non ricordo bene come e quando successe ma, qualcosa sbucò all’improvviso dal terreno, e mi afferrò per le gambe. Caddi a terra, cercai di urlare, ma la voce ad un tratto venne meno. Persi i sensi, e quando riaprii gli occhi ero confuso, dolorante, mi rialzai, ma qualcosa non andava. Ero stordito, eppure sentivo che in me c’era qualcosa di diverso. Mi resi conti che non ero più io quando la mia immagine si specchiò nella vetrina di un negozio, ma non volevo, non potevo credere che quella cosa ero io. Corsi a casa, cercai uno specchio, e fu solo a quel punto che dovetti arrendermi alla realtà. Questa pelle bianca, questi occhi rossi, e queste ali nere sulla schiena fanno di me un demone, un… Orrore, come mi hai chiamato tu. – Quando l’essere ebbe finito, Kaoru provò dentro di se un forte senso di tristezza. Non le era mai successo prima d’ora di incontrare un Orrore che di mostruoso possedeva solo l’aspetto.

 

- Gli Orrori sono creature che si cibano di noi umani – fece, poi cercò di aggiungere dell’altro, ma la bestia aveva già capito il senso di quella frase.

 

- La prima volta che cercai di attaccare un umano, qualcosa dentro di me mi disse che era sbagliato. Probabilmente il mio lato ancora buono. Così, da quel giorno iniziai a nutrirmi di carcasse o resti di animali morti.

 

- Ma… perché io? Come dovrei aiutarti?

 

- Ho fatto delle ricerche, so che hai un legame con colui che gli Orrori chiamano “Garo” il Cavaliere D’Oro, e in un certo senso tu sei più preparata a questo genere di cose. Se avessi tentato di avvicinarmi ad una qualsiasi persona, non mi avrebbe mai creduto e soprattutto capito fino in fondo.

 

La giovane Mitsuki annuì. – Co perfettamente quello che vuoi dire. – Finalmente anche lei come Nacchan si sentiva più a suo agio. Aveva capito che in quell’essere demoniaco si celava un cuore umano che riusciva a provare ancora amore verso gli altri. – Cosa vuoi che faccia esattamente?

 

- Da quella sera non ho rivisto più Mei, la mia ragazza. Non potevo presentarmi da lei in questo stato, si sarebbe spaventata. E per tutto questo tempo non ho fatto altro che spiarla di notte nascosto tra le fronde di un albero che si trova accanto alla finestra della sua camera. Ha sempre lo sguardo triste, e ora sorride raramente. Dovevamo sposarci il prossimo anno, ma il destino con noi è stato crudele. – Gli occhi rosso rubino dell’Orrore divennero tristi, assieme ai suoi anche quelli di Kaoru si velarono. E per un istante provò ad immedesimarsi in Mei, e allora capì che il dolore per la perdita improvvisa di qualcuno che ami non potrà mai trovare una sua fine. – Ho bisogno che tu le parli al posto mio, che le dica di non preoccuparsi perché sto bene, ma che non posso più tornare da lei, e che nonostante tutto, qualsiasi cosa accada io continuerò a vegliare su di lei, continuerò… ad amarla.

   

Kaoru non sembrava convinta da quel discorso, tuttavia annuì. – Lo farò, ma se io le parlassi di te, sono sicura che lei…

 

- No, non capirebbe. Una persona non potrebbe mai innamorarsi di un mostro come me.

 

- Ma il tuo corpo non ha subito una metamorfosi completa. Paragonato agli altri Orrori, tu sei finora quello che ha un aspetto più umano, più…

 

- Guardami bene! Ti sembro forse un umano? Io… non so più cosa sono. – si portò le mani nei capelli, avrebbe voluto piangere ma trattenne quelle lacrime. Poi qualcosa attirò la sua attenzione: un pericolo imminente nei paraggi. – Sta arrivando! – esclamò mettendosi in allerta. – Quel Cavaliere d’Oro sarà qui a momenti, devo andare.   

Anche Kaoru ebbe un sussulto. Sapeva benissimo che se Kouga l’avrebbe trovato lì, le cose si sarebbero messe male. Si trattava pur sempre di un Orrore, e lui aveva il compito di ucciderli.

Annuì perché sapeva che quella creatura non avrebbe fatto mai male a nessuno.

- A proposito – disse l’essere poco prima di spiccare il volo e sparire – Io mi chiamo Daigo.

 

Lo guardò scomparire, e anche se ancora confusa sapeva che doveva darsi da fare. Girò l’angolo, intravide Kouga che arrivava in lontananza. Kaoru non aveva nessuna intenzione di incontrarlo. Primo perché a causa di Nacchan c’era stato tra di loro quell’acceso diverbio, e secondo perché sempre a causa di Nacchan aveva procurato la rottura di quella finestra e poi era corsa via senza neppure dare giustificazioni. Nel ricordarsi di ciò, e nel vedere che la palla, il corpo del reato, si trovava proprio tra le sue mani, capì che doveva assolutamente occultarla. Si fece prendere dal panico, e in tutta fretta la nascose sotto il maglione bianco che indossava.

Ovviamente Kouga aveva già visto Kaoru, e proprio come c’era da aspettarselo la raggiunse di corsa.

 

- Che ci fai qui? – chiese, burbero come al solito. Poi gettò un occhio al cagnolino.

 

- Sto riportando Nacchan a casa come mi avevi ordinato. – sottolineò quella parola in modo particolare, perché voleva semplicemente fargli capire che aveva adottato con lei un attegiamento veramente scortese. 

 

Kouga cambiò subito discorso. Molto probabilmente aveva capito di essersi comportato male. – C’è un Orrore nelle vicinanze. Faresti meglio a tornare a casa.

 

Kaoru restò pressoché allibita. – Vuoi dire che tu… - biascicò, ma si trattenne in tempo. In realtà credeva che Kouga fosse arrivato lì semplicemente perchè Zarba gli aveva riferito che Daigo si trovava con lei. Stranamente all’anello quel particolare era sfuggito. Si sentì quasi più sollevata, anche perché in questo modo non sarebbe stata costretta a dare spiegazioni.  – Ad ogni modo, ormai sono qui, e se torno a casa dovrei portare anche Nacchan con me, ma presumo che tu non sia d’accordo.

 

- Non importa, va bene. – dichiarò sotto lo sguardo attonito della giovane.

 

- Oggi non eri così d’accordo, anzi. Ti sei pure arrabbiato. 

 

- Perché tu hai preso una decisione senza interpellarlo. – s’intromise Zarba, che durante il dialogo aveva prestato attenzione.

 

- Ma se tu non me ne hai dato neppure il tempo! Sei entrato in camera mia e ti sei messo subito ad urlare.

Kouga non ribatté, sapeva che il suo comportamento non era stato dei migliori, come sempre aveva reagito seguendo l’impulso, ma al posto suo, nel vedere cocci di vasi rotti a terra e disordine ovunque, chi non l’avrebbe fatto?

Ad ogni modo, l’attenzione gli ricadde su quel qualcosa che Kaoru teneva nascosto sotto la maglia.

 

- E’ con quella che hai rotto il vetro della finestra? – dichiarò senza preavviso, perché la cosa ormai era più che evidente.

Kaoru era stata scoperta, certo, infondo sperava che la palla sotto la maglia non si notasse molto, ma era praticamente impossibile non vederla. Si grattò la guancia come per tergiversare, ed iniziò ad esprimersi con una certa indecisione. – Veramente, è successo per uno sbaglio… - biascicò, ma non seppe dire altro, trovare una giustificazione adatta senza farlo ulteriormente arrabbiare non era per niente facile.

Una tenera vecchina dal viso gioioso passando di lì si fermò di fianco a Kouga. Affettuosamente gli batté una mano sul braccio, e poi con modi molto educati gli disse: - Mi raccomando giovanotto, in questo periodo cerchi di starle molto vicino e non la faccia stancare. Le donne incinte vanno trattate con premura e tanto amore! – dicendo ciò, sorrise bonariamente ad entrambi e poi si rimise in cammino. Era ovvio che la vecchina aveva frainteso tutto, scambiando quella palla che la ragazza teneva nascosta sotto la maglia per una pancia da perfetta donna incinta.

Zarba ridacchiò con gusto, mentre la giovane Mistuki si tolse immediatamente la palla da sotto il maglione. Nel farlo tenne gli occhi ben piantati in terra, era in evidente imbarazzo, così non aggiunse nulla. 

Nel silenzio generale Kouga disse senza preavviso: - Poco prima di andartene, oggi hai detto delle cose strane.    

Certamente si riferiva alle parole usate da lei durante il breve litigio avvenuto nella villa.

 

- A dire il vero, io volevo parlarti di una cosa… - rispose Kaoru, però era troppo imbarazzata per spiegargli la questione. Avrebbe fatto prima a formulare quella domanda in un sol colpo, senza magari pensarci troppo, però temeva la risposta di Kouga.

D'altronde, lui avrebbe anche potuto mostrare indifferenza, disinteresse. Poi capì che in qualche modo doveva continuare, fece per spalancare la bocca, ma la voce di Zarba la interruppe.

 

- Ho localizzato l’Orrore, Kouga!

 

Il ragazzo annuì seduta stante, poi si rivolse a Kaoru: – Me lo dirai più tardi.

A nulla servì la replica della giovane che gli diceva di fermarsi perché quell’Orrore non era cattivo come tutti gli altri. Ormai era già corso via.

Si mise subito in agitazione. Sentiva che doveva fare qualcosa, ma prima di tutto doveva riportare Nacchan da Mei.

Daigo le aveva indicato il luogo esatto in cui abitava. Forse, correndo veloce, sarebbe riuscita ad avere il tempo necessario per fare entrambe le cose: spiegare a Mei l’intera questione e fermare Kouga.

E forse proprio Mei stessa sarebbe riuscita a fermarlo.

Non c’era più tempo da perdere. Aveva deciso. Non poteva finire tutto così. In fin dei conti, anche se Daigo le avevo chiesto di non rivelare alla sua ragazza la verità, sapeva che nel suo inconscio desiderava rivede il suo sorriso ancora una volta. Forse in questo modo avrebbe trovato la forza per continuare a vivere pur sapendo ormai di non essere più umano. 

E poi Kaoru credeva fermamente nelle favole a lieto fine. Ne era più che convinta: anche con un aspetto diverso, se Mei ne era veramente innamorata, lo avrebbe accettato.

Ma per fare tutto ciò, doveva farli incontrare.

E così iniziò rapidamente a dirigersi verso l’abitazione della giovane donna.

 

Suonò il campanello prima una, poi due volte, finché non vide l’anta spalancarsi. Aveva ancora il fiatone, ma riuscì ugualmente a parlare.

- Tu sei Mei? – disse alla persona che le avevo aperto la porta. Doveva essere per forza lei. Daigo l’aveva descritta come un tipo dallo sguardo estremamente dolce e i lineamenti del volto gentili.    

 

La figura annuì, e nel vedere Nacchan rimase sconcertata. Si gettò subito a terra per poterlo abbracciare, mentre la tenera bestiola con modi allegri abbaiava festosamente alla sua ritrovata padrona. – Non ti ringrazierò mai abbastanza! – esclamò rivolta con eterna gratitudine a Kaoru. – E’ scomparso all’improvviso questa mattina, l’ho cercato ovunque, temevo che non l’avrei più rivisto. – i suoi occhi si velarono di lacrime, ma per come erano andate le cose, si sentiva felice.

 

- Ascolta Mei – disse improvvisamente Kaoru, guardandola in viso - non ci resta molto tempo, dobbiamo andare.

 

- Andare dove…? – si sentiva spaesata, non capiva. – Ma... tu chi sei?

 

- Io conosco Daigo, sono una sua amica.

 

- Daigo?! – Mei si portò le mani in petto, era sempre più confusa – E’ vivo? Sta bene? Dimmi dove si trova, ti prego!

 

- E’ vivo, però non è più quello che conoscevi un tempo. Il suo aspetto è cambiato, ora è complicato da spiegare, però ti vuole un gran bene, forse più di quanto tu immagini.

 

- Portami da lui, voglio vederlo! Non mi importa se non è più lo stesso, io continuerò ad amarlo, e voglio che lo sappia! – disse con agitazione, mentre un barlume di speranza le attraversò lo sguardo.

 

Kaoru annuì decisa, ormai non c’era più tempo da perdere.

Adesso non le bastava che trovarlo. Non le fu affatto difficile, anzi. Alzò gli occhi verso il cielo, e nonostante non ci fosse più il sole, riuscì ad intravedere una sagoma che scappava verso sud, come inseguita da qualcuno.

Il fuggitivo era senza dubbio Daigo, mentre il suo cacciatore non poteva che essere Kouga.

- Seguimi! – esclamò a Mei, e in un baleno iniziarono a correre.

 

- Si sta dirigendo verso il parco. – gli comunicò nel frattempo Zarba, e poco dopo aggiunse – Non capisco perché prima quando poteva colpirti non l’ha fatto.

A Kouga non gli importava granché. Lui doveva solo portare a termine quel lavoro.

Giunto nel parco vide la creatura dirigersi verso un parapetto che affacciava nel vuoto.

Cercò di scavalcarlo per potersi gettare di sotto e spiccare il volo, ma grazie all’aiuto del Madoubi, l’accendino magico, Kouga gli colpì l’ala destra con un fascio incandescente del fuoco guida. In questo modo non sarebbe stato più in grado di volare.

Era in trappola.

 

Si avvicinò con la spada dritta d’innanzi a sé, a breve si sarebbe trasformato in Garo, ma un rumore di passi improvviso lo fece distrarre. Si girò e nel vedere Kaoru in compagnia di un’altra ragazza ebbe un sussulto improvviso.

- Perché sei venuta qui?! – disse con un tono quasi furente.

 

- Lui è buono, non devi ucciderlo! – esclamò subito l’artista, nella speranza di fargli cambiare idea.

 

- Cos’è questa storia? - Kouga si sentì piuttosto stranito.

 

- So come la pensi, ma ti prego non fargli del male.

 

- Non posso, è un Orrore.

 

- No, invece! E’ molto più umano di quanto tu pensi. – Kaoru tentò in ogni modo di spiegargli la questione, ovviamente non fu affatto facile.

 

Mei, rimasta in disparte per tutto questo tempo, iniziò ad avvicinarsi lentamente a quella creatura. Nel suo sguardo c’era qualcosa di familiare, i lineamenti di quel viso bianco le ricordavano qualcuno. Infondo, Daigo aveva conservato gran parte del suo aspetto umano.

Mentre Kaoru cercava in tutti i modi di far ragionare Kouga, ad un tratto i due udirono distintamente la voce di Mei pronunciare un nome. Proprio quello di Daigo.

 

Si voltarono, il Cavaliere del Makai cercò subito di fermare quella sconosciuta, ma Kaoru lo bloccò a sua volta, e scuotendo il capo gli fece cenno di non andare.

 

L’Orrore abbassò gli occhi, si vergognava a farsi vedere in quello stato, non voleva mostrare alla sua Mei il mostro che era diventato.

- Non avvicinarti. – disse la creatura dagli occhi color rubino. – Per favore.

Si coprì il volto con le mani, ma subito dopo avvertì un dolce calore sfiorargli le dita. Quando le abbassò, vide Mei davanti a sé, ma non era spaventata, turbata, al contrario, sorrideva. – Non ti faccio paura? – gli chiese l’essere, ma lei scosse il capo e continuò a sorridere.

 

- Perché dovrei averne? Anche se il tuo aspetto è cambiato, qui dentro c’è ancora il mio Daigo. – gli posò una mano in petto, con gentilezza, il calore generato da quel palmo toccò profondamente il suo animo, e fu grazie a quel gesto che il mezzo demone si sentì finalmente sé stesso. Abbracciò la sua Mei, la strinse per sentire ancora una volta il buon profumo che indossava.

 

- Cosa facciamo, Kouga? – disse ad un certo punto Zarba, ed ammise in seguito – E’ un caso che non avevo mai affrontato prima d’ora, anche se ne ho sentito parlare. – L’anello si sentì sollevare verso l’alto per chiedere delucidazioni. – Quando un Orrore si impossessa di un umano, la trasformazione avviene in maniera immediata, tuttavia se l’umano sente di avere dei forti legami con questo mondo, può succedere che ci sia un arresto temporaneo o definitivo del processo evolutivo.  

 

- Significa che il processo di trasformazione potrebbe ricominciare anche a distanza di tempo?

Il Madougu gli annuì, Kouga si mise pensieroso.

Sapeva benissimo che quella non era una situazione uguale alle altre, tuttavia non poteva trasgredire il regolamento. Sollevò il braccio che stringeva la spada, ma Kaoru si aggrappò ad esso e scosse il capo.

- Non farlo, ti supplico. – aveva lo sguardo triste, non sapeva come fare a fargli cambiare idea, però lei doveva provarci. – Non ha mai fatto del male a nessuno, e sono sicura che non accadrà in nessun caso.

 

- Adesso capisco tutto – fece in un primo momento Zarba, e finalmente le cose iniziarono a quadrargli - Quando Kaoru si trovava con lui, io non ho percepito nessuna situazione di pericolo semplicemente perché non voleva farle del male.

 

- E’ buono, vedi? – disse Kaoru al ragazzo, però Kouga era estremamente combattuto. 

 

- Potrebbe completare la sua trasformazione e perdere il controllo. – anche questo era vero, e una volta diventato un Orrore a tutti gli effetti, non si sarebbe più accontentato di vecchie carcasse. Posò una mano sull’ansa della spada, ma prima ancora guardò l’artista dritto negli occhi. - Non posso rischiare. – Stava in qualche modo dicendole che Daigo andava eliminato.

 

- E se tu adoperassi la procedura che Rei ha usato per Asami?

 

- Non funzionerebbe su di lui. Anche se non del tutto, quel ragazzo ha già abbandonato la sua forma umana. – le spiegò l’anello parlante, e fu a quel punto che Kouga mosse il primo passo in avanti. Proprio quello che gli avrebbe permesso di raggiungere ed eliminare Daigo.

Mei capì immediatamente, e si parò d’innanzi al suo ragazzo.

 

- Per favore, lascialo andare. – disse con gli occhi pieni di lacrime. Ma Kouga purtroppo non poteva esaudire una richiesta come quella, anche se avrebbe voluto.

 

- Spostati, o potresti farti male. – replicò soltanto, tuttavia lei continuò a restare lì. Non poteva e non voleva lasciare Daigo al suo infame destino.

 

Il figlio di Taiga si avvicinò alla ragazza per indurla ad allontanarsi, ma il mezzo demone fu più rapido di lui, e con uno scatto la prese per una mano e la tirò dietro di sé.

Si sentì nell’aria un profumo quasi di sfida, assistendo alla scena Kaoru cercò di avanzare per ristabilire l’equilibrio, tuttavia Kouga con un cenno della mano la fece indietreggiare.

 

Daigo guardò il giovane Cavaliere dritto negli occhi. – Proteggo la mia ragazza così come tu stai proteggendo la tua.

I due si scambiarono l’ennesimo sguardo. Entrambi non avevano voglia di mettersi a combattere, soprattutto Daigo, con quelle parole gli aveva fatto semplicemente capire che non voleva in nessun modo fargli del male.

 

- Voi due vi assomigliate – disse in un primo momento Kaoru, e Kouga si voltò verso di lei, attirato da quella frase. – Il vostro aspetto esteriore non rispecchia ciò che avete dentro, e la gente in questo modo tende a farsi un’idea sbagliata di voi, ma conoscendovi a fondo si capisce che il vostro cuore è capace di amare molto più di chiunque altro. 

Daigo e Kouga ascoltarono con attenzione quelle parole, e quest’ultimo, avendone compreso il significato, abbassò di sua iniziativa la spada.

- Kouga… - intervenne Zarba – non mi sembra un’ottima idea.

 

- Non posso uccidere qualcuno che non ha mai fatto del male.

 

- Però potrei in futuro farlo, non è così? – chiese il mezzo demone a quel punto, pur sapendo il verdetto.

 

- E’ una probabilità, ma non posso saperlo con certezza.

 

- E se mi trasformassi per davvero, cosa succederebbe? Non potrei più controllare il mio corpo, le mie azioni, giusto?

 

Kouga annuì, Mei intervenne all’istante. – Ma non succederà! Tu non diventerai mai cattivo.

 

- Hai sentito anche tu, Mei… è una cosa che non possiamo prevedere. E se tutto ciò accadesse, molta gente potrebbe morire a causa mia. – Daigo reclinò il capo, aveva uno sguardo triste, si sentiva un pericolo non solo per l’umanità, ma soprattutto per la sua Mei. – Potrei fare del male anche a te.

 

La ragazza scosse il capo, non poteva accettare una simile cosa. – No, io ti conosco, ne sono sicura, tu non ci farai mai del male. – rispose, ma in quelle parole c’era qualcosa di strano.

 

Daigo la guardò negli occhi con aria confusa.

 

Mei si appoggiò con delicatezza una mano sulla pancia, poi sorrise dolcemente. – Aspetto un bambino.

Nella sua confusione emotiva, il mezzo demone non riuscì quasi a capire che cosa intendesse dire.

- Vuoi dire che io diventerò padre? – domandò con voce tremante. Mei annuì dolcemente, era stordito a causa della notizia così improvvisa, ma sentì il cuore esplodere dalla gioia. Perfino Kaoru si rallegrò della lieta notizia, e sorrise, ma… quell’attimo durò poco. Daigo si rese subito conto che non poteva sfuggire al suo destino. Soprattutto ora che Mei aspettava un bambino, si rese conto che non voleva assolutamente correre rischi. Le prese con gentilezza entrambe le mani. – Promettimi che quando sarà un po’ più grande gli parlerai di me. – disse, e le posò una mano sulla pancia.

 

La giovane non capì. – Perché mi chiedi questo? Sarai tu stesso a farlo.

 

- Non posso restare, Mei. Ora ho un motivo in più per accettare il mio destino. Io... devo andare.

 

- Andare… ma dove?

 

Daigo la guardò ancora, poi indietreggiando si avvicinò al parapetto.

Kouga aveva già capito quali fossero le sue vere intenzioni, ma prima ancora che potesse intervenire, il mezzo demone sorrise alla sua ragazza e sotto lo sguardo attonito dei presenti si lasciò cadere di sotto.

Il Cavaliere del Makai si precipitò in direzione della balaustra di ferro, Kaoru lo seguì subito, si affacciarono entrambi ma fu l’artista quella a distogliere per prima lo sguardo.

Daigo si trovava riverso al suolo in una pozza di sangue nero come la pece. Iniziò a trasformarsi in polvere bianca luccicante, diversa dalla solita sabbia scura che caratterizzava ogni Orrore.

 

- Daigo… - sussurrò con voce tremolante Mei. Si coprì il viso con le mani e pianse. Kaoru andò da lei, la strinse forte cercando in qualche modo di farle sentire il suo calore, il suo sostegno.

 

- Si è sacrificato per il bene delle persone che amava. – asserì Zarba, ma Kouga, ancora scosso per l’accaduto, preferì non commentare e si lasciò per un labile istante trasportare dai ricordi.

 

 

“Chi è un eroe, papà?

 

“Un eroe è colui che sacrifica la propria vita pur di salvare quella degli altri.”

 

“Ma non ha paura di morire?”

 

“Ognuno di noi ha paura della morte, ma nel momento in cui la vita ti pone davanti a delle scelte ogni timore svanisce. In un mondo in cui sempre più persone pensano ai propri interessi, la figura dell’eroe mantiene viva la speranza negli esseri umani.”

 

“Anche i Cavalieri Mistici sono degli eroi?”

 

“Certamente.”

 

“Allora da grande voglio diventare un Cavaliere Mistico proprio come te, papà!”

 

“Se questo è ciò che desideri veramente, allora ci riuscirai. E fino a quel giorno io veglierò su di te, Kouga.”       

 

  

Ripensando alle parole dell’amato padre scomparso proprio per salvare suo figlio, Kouga sentì quella vecchia ferita riaprirsi. 

Taiga aveva protetto la persona che più amava al mondo, scegliendo così di rinunciare alla propria vita, esattamente come Daigo.

Erano questi i veri eroi.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Dopo aver aiutato Gonza a sistemare tutto ciò che il piccolo Nacchan aveva messo in disordine, Kaoru andò a sedersi sul divano che c’era nel salottino.

Gonza finì di raccogliere le ultime cose, dopodichè prima di andar via disse: - Vi occorre qualcosa, signorina?

 

- Vada pure a riposarsi, io resterò qui per un po’.

 

- Come volete. – rispose il maggiordomo, e con un inchino si allontanò.

 

Quella era stata una giornata piuttosto faticosa sia per Kouga, che per Gonza, ma forse la ragazza ne aveva maggiormente avvertito il peso.

Prima l’arrivo di Nacchan, poi Daigo e Mei…

Si sentiva stanca, ma soprattutto non poteva fare a meno di pensare al sacrificio di Daigo, e allo sguardo triste di Mei. Quando l’avevano riaccompagnata a casa, nonostante ella si sentisse ancora confusa, sapeva che doveva andare avanti per il bene di ciò che le aveva lasciato il ragazzo, ovvero un figlio. Non poteva permettere allo sconforto di prendere il sopravvento, doveva semplicemente continuare la sua vita ed essere felice insieme al suo bambino.

Mentre rifletteva su tutto ciò, Kouga arrivò alle sue spalle.

 

- Dovresti andare a riposare. – le disse.

 

- Sono stanca, ma non ho molto sonno.

 

Si sedette affianco a lei. – Starà bene. – affermò ad un tratto, riferito ovviamente a Mei.

 

La figlia di Yuuji reclinò un pochino il capo, con un soffio di amarezza sul viso ripensò all’attimo in cui Mei disse a Daigo di aspettare un figlio. – Spero che vada tutto bene, e che siano ugualmente felici, anche se quel bambino crescerà senza aver mai conosciuto suo padre.

 

-Daigo veglierà su di lui, ne sono certo.

 

Pensando a quella frase Kaoru sorrise. - E' vero - disse dapprima, poi guardandolo con dolcezza ribadì - Proprio come fanno i nostri genitori.

Anche se Taiga, Rin, Yuuji e Karin con erano più con loro, i due ragazzi sapevano che da qualche parte chissà dove lo sguardo benevolo degli amati genitori non avrebbe mai smesso di svegliare su ciò che avevano di più caro al mondo.

  

– A proposito – disse ad un tratto il giovane, ricordatosi di una questione lasciata in sospeso – cosa volevi dirmi oggi?

 

- Oggi? – la giovane cercò di ricordare, e quando ciò avvenne fu presa per un attimo dal panico. – Certo, oggi…! – ripeté, facendo un sorriso forzato. Si grattò il capo con fare nervoso – Non so da dove iniziare… - farfugliò. – Non è una cosa semplice, e a dire il vero credevo che te ne fossi dimenticato.

 

- Avrei forse dovuto farlo?

 

- Beh, non so, dipende.

 

- Da cosa? Questo pomeriggio parlavi in modo strano.

 

- Per la precisione hai detto che Kouga sarebbe stato un padre insensibile. - appuntò Zarba, che ricordava alla perfezione tutto.

 

Kaoru spalancò con stupore gli occhi. – Davvero ho detto così? Forse devo aver pensato a voce troppo alta, e poi non so nemmeno come tu reagiresti.

 

- In merito a cosa?

 

Accidenti, pensò Kaoru, lo aveva fatto ancora. Aveva per l’ennesima volta pensato a voce alta.

- Dicevo così, per dire! – tentò di giustificarsi. Invano.

Kouga fece finta di nulla, non gli andava di indagare oltre, sapeva bene che quella ragazza non gli avrebbe mai detto la verità, e infondo a lui non importava nulla di una questione che nemmeno conosceva.

- Ti chiedo scusa. – disse però ad un tratto, prendendola alla sprovvista. – Oggi ho alzato troppo la voce con te.

 

Lei stranita inizialmente dal gesto inconsueto, dopo essersi ripresa scosse il capo. – Non fa nulla, anche io ho le mie colpe. Non pensavo che un cagnolino così piccolo potesse distruggere un’intera abitazione. Ad ogni modo, per il vetro di quella finestra non devi preoccuparti perché lo ripagherò io.

 

- Ho già detto a Gonza di occuparsene.

 

- Allora potrei contribuire alla spesa. Dovrò pur sdebitarmi in qualche modo.

 

- Hai rimesso in ordine le stanze. Direi che può bastare.

 

Kaoru si mise pensierosa, poi ebbe un’illuminazione istantanea: - Ci sono! Preparerò il pranzo per una settimana! – Sembrava più che entusiasta della cosa, peccato però che Kouga non era molto d’accordo. Dopotutto, i famosi manicaretti che preparava Kaoru non erano di certo apprezzati per il buon sapore, anzi.

 

- Non è necessario, davvero. – rispose Kouga senza farsi vedere troppo preoccupato.

 

Stranamente, lei non reagì in malo modo, anzi, sorrise e quasi subito colse Kouga alla sprovvista con qualcosa di spontaneo ma speciale. Qualcosa come un abbraccio improvviso.

 

- A cosa devo quasto abbraccio? – le domandò con gentilezza il Cavaliere del Makai.

 

- Io non riuscirei mai ad essere così forte, non come Mei. – gli confessò, e più andava avanti con le parole, più Kouga si sentiva stringere forte. – Non ci si può rassegnare alla perdita di qualcuno che ami veramente, e se ti dovesse succedere qualcosa, io… - si trattenne, sembrava molto agitata, turbata da un simile pensiero. – Lo so che non dovrei pensarci, ma con il lavoro che fai metti a repentaglio la tua vita ogni giorno per salvare quella degli altri, e la notte quando mi sveglio e non ti trovo accanto a me, prego aspettando il tuo ritorno, e anche se ti può sembrare una cosa sciocca, io non riesco ad immaginarmi un futuro dove tu non ci sei. – Adesso che Kaoru gli aveva detto quelle cose, ora che aveva espresso chiaramente i suoi sentimenti, i suoi timori, si aspettava certamente di ricevere da Kouga una risposta pressoché scontata. Di sicuro le avrebbe detto che non c’era motivo di preoccuparsi, che forse un tantino sciocca, in quei ragionamenti, lo era, eppure fu quasi presa alla sprovvista dalla reazione del giovane.

Sì, perché lui anziché contrattaccare con una frase sbrigativa, si lasciò scappare un sorriso.

Le appoggiò con gentilezza una mano sul capo, e poi con quella stessa serenità, garbatamente rispose: - Preoccupiamoci di vivere il presente, va bene?

 

Kaoru lo guardò dritto negli occhi, non aveva mai visto Kouga esibire un atteggiamento così calmo, e in un certo senso si sentì dapprima stranita, poi però si rese conto che quel ragazzo non smetteva mai di sorprenderla, e che di cambiamenti, da quando lo aveva conosciuto, ne aveva fatti tanti. Certo, aveva i suoi lati negativi, ma a lei dopotutto importava poco.

Gli bastava vivere con lui per essere felice. Poteva sembrare una cosa forse troppo banale, ma non poteva farci nulla. Adesso sapeva che per sentirsi vivi non c'era bisogno di chissà quali pretenziose cose. L'amore di una persona era tutto ciò di cui aveva bisogno.

Assorta in quei pensieri si sentì sollevare verso l’alto.

- Ma… che stai facendo? – disse confusa, ritrovandosi praticamente tra le sue braccia.

 

- Ti porto di sopra. Hai bisogno di dormire.

 

- Non posso restare ancora un po’?

 

- No.

 

- Ma almeno mettimi giù. Ci andrò da sola in camera.

 

- Non ci andrai.

 

Kaoru storse la bocca, un’aria rassegnata le apparì in viso. - Sono così prevedibile?

 

E mentre Kouga si dirigeva verso il lungo andito, quasi con un sorriso rispose: - Sì.

  

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

- Che notizie mi porti? Spero per te che siano buone.

 

La figura nella penombra si inchinò d’innanzi all’essere spaventoso che gli si ergeva d’innanzi. – Certamente, mio signore. Tutto procede secondo i piani.

 

- Bene. – l’essere lo squadrò compiaciuto. – Ripongo in te molte speranze. Abbiamo fatto un patto, ricordi? Tu hai ottenuto ciò che volevi, e adesso spetta a me reclamare la mia parte.

 

Annuì. – Non la deluderò. Anche se… - sembrava voler dire qualcosa, gli occhi ancora chini verso il suolo vacillarono.

 

- Parla, ti ascolto.

 

- Vorrei che risparmiaste la vita di una persona.   

 

- Una vita? – ripeté la figura mostruosa, stringendo i suoi occhi cupi e penetranti tra due fessure – Non era questo l’accordo.

 

- Me ne rendo conto, ma questa persona non centra nulla, perciò chiedo che venga risparmiata.

 

Si udì un profondo sospiro. – Lo farò – emise dapprima- a patto che tu porti a termine il compito il più in fretta possibile.

 

L’umano sollevò il capo per esternare tutta la sua riconoscenza. – La ringrazio sommo Ahriman. Tra non molto otterrà ciò che le spetta di diritto.

Compiaciuto, il potente mostro portatore di menzogna e vile falsità svanì nel nulla, e sotto le fronde di quell’albero, in quella campagna deserta e sconfinata l’umano alzandosi in piedi e fissando il cielo scuro come la pece sorrise silenziosamente e sibilò ancora: – Molto presto.  

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Dopo un breve periodo di pausa, ritorno con un altro capitolo che per la precisione sarà l'ultimo di quest'anno!

Ne approfitto anche per fare a tutti voi gli auguri, passate un buon Capodanno ed iniziate il nuovo anno nel migliore dei modi, mi raccomando!

 

 

Per Fiorella Runco: Cercherò di continuare così, ma tu non fare indigestione...!!!

 

Per _Elentari_: Mi riposerò, anzi, lo sto già facendo! Non vedevo l'ora di farlo... tra lavoro ed impegni vari è stata dura, ma ora vacanze! E' una bella parola, vero? Baci e recensisci quando puoi!

 

Per DANYDHALIA: Io adoro i fantasmi, quindi non potevo non inserire anche quelli veri! Grazie come sempre per le tue splendide recensioni, e a risentirci presto! Ah, ho letto i tuoi messaggi, appena finisco un progetto che ho iniziato durante le vacanze ti rispondo subito!

 

 

 

Ancora auguri ragazzi miei!

Un abbraccio a tutti!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

In un posto isolato, dopo un lungo periodo di attesa, Ahriman tornerà a far parlare di sè. Rei informerà Kouga dell'accaduto, ma prima ancora che i due possano fare qualcosa, quel quesito rimasto irrisolto e che legava indissolubilmente il Cavaliere d'Oro agli esseri chiamati "Chimere Mistiche" troverà finalmente una risposta.     

Prossimo episodio: #28 Sortilegio

 

 

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Capitolo 29
*** #28 Sortilegio ***


Girava tra gli scaffali di una grossa biblioteca alla ricerca di un libro interessante da poter leggere a casa

                                    Sortilegio

                                         #28

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Girava tra gli scaffali di una grossa biblioteca alla ricerca di un libro interessante da poter leggere a casa.

C’era l’imbarazzo della scelta, ogni volume riportava una storia diversa, ogni tomo si differenziava dall’altro non solo per forma o colore ma anche per tipologia. Era lì da più di mezz’ora, ma non sapeva proprio quale prendere e portare con sé. Si incamminò verso un’ala della biblioteca più interna, isolata, e una volta lì udì un flebile brusio.  

Si voltò di scatto, ma non vide nulla. C’era solo l’ennesimo scaffale colmo di libri, tuttavia uno in particolare attirò misteriosamente la sua attenzione. Il ragazzo lo raccolse con estrema curiosità, lo sguardo gli brillava, e quando vide la copertina, logora ma piena di mistero, pensò che non poteva più aspettare oltre. Doveva leggerlo subito. Lo aprì entusiasta, il tempo di gettare uno sguardo alle prime righe di quelle pagine ingiallite, e poi il buio.

Si udì un tonfo, il tomo cadde a terra. Del suo giovane lettore nessuna traccia. Divorato in un sol boccone dal libro stesso.

 

 

 

- In fondo a destra, ma non ne sarei così sicuro.

 

- Hai forse perso il senso dell’orientamento?

 

- No, ma questo posto mi confonde. Sembra un dedalo ammuffito, e c’è un silenzio che non mi tranquillizza affatto.

 

- Ci troviamo in una biblioteca. Qui è vietato alzare la voce.

 

- Allora ti toccherà uccidere l’Orrore silenziosamente, se non vuoi essere ripreso. – Zarba ridacchiò, poi ad un tratto si fece serio – E’ infondo a quella corsia. Ora lo sento.

 

Kouga, giunto lì per fare il suo dovere, si avviò verso la fine della grande sala. Più avanzava, più le luci in quel punto diventavano fioche.

 

Poco più in là, una ragazza vide un libro riverso a terra, per una qualche strana ragione si sentì subito attratta da esso. Le pareva che quel tomo sibilasse il suo nome. Flettendosi in avanti allungò una mano con l’intento di raccoglierlo, una voce la frenò poco prima che le sue dita riuscissero a sfiorarlo.

 

- Non toccarlo! – si avvertì distintamente – Allontanati da qui.

La giovane ebbe un sussulto, osservando intimorita il viso annottato di Kouga, senza farselo ripetere una seconda volta correndo andò via.

 

- Un libro… e per di più, in una biblioteca. Chissà quanti pasti avrà già consumato prima del nostro arrivo. – Zarba emise un malinconico sospiro, nel frattempo Kouga aveva già sguainato la spada, pronto a far cessare tutto quello scempio.

Il libro, o per meglio dire l’Orrore che dimorava in quelle pagine fiutò odore di pericolo. La copertina si sollevò di scatto, una nuvola di polvere si erse in aria e la bestia uscì allo scoperto. Nera come una notte senza luna cercò di prendere il volo con le sue minuscole ali, ma una spada lo tenne ancorato al suolo. Era la Garoken del Cavaliere d’Oro, che lo aveva bloccato a terra trapassandogli la lunga e viscida coda.

Quando Garo ritirò a sé l’arma, prese l’Orrore per il collo e strinse forte.

 

- Sei fuori forma. Decisamente. – appuntò il Madougu parlante, notando la debolezza del nemico – Dopotutto, per procurarti il cibo non devi far altro che aspettare.

 

Il mostro tentò a malapena di opporre resistenza. Era troppo debole, e tenere testa a Garo per lui non fu semplice. Sapeva che sarebbe morto, perciò smise di sprecare ulteriori energie, ed iniziò a sogghignare con sprezzante cattiveria. – Uccidimi pure, se questo può farti guadagnare il rispetto di tutti i tuoi simili. Ma sappi che tra non molto ti ritroverai anche tu dall’altra parte.

 

Garo strinse ancor di più la mano attorno a quel collo rugoso. – Cosa intendi dire?

 

- Lo capirai molto presto. Nel frattempo, per ingannare l’attesa perché non ti leggi un bel libro? – la bestia rise con fare gracchiante, poi tacque di colpo. La lama della spada gli aveva trafitto il petto, ponendo fine alla sua inutile esistenza.   

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

- Mi sembra chiaro, ormai – disse Zarba, mentre si avviavano verso l’esterno della biblioteca, Kouga gli lanciò giusto uno sguardo, e proseguì senza fermarsi – gli Orrori sanno qualcosa che a noi sfugge, e osano perfino farsi beffa di te.

 

 Pensieroso, il ragazzo gli diede una risposta sbrigativa forse perché sperava di allontanare i suoi dubbi. – Tu mi hai insegnato che non bisogna credere alle parole di quegli esseri, ricordi?

 

L’anello emise un mormorio. – Mmh… certo. Ma spesso potrebbero anche dire la verità. E se hanno a che fare con Ahriman, colui che induce gli uomini a vivere nella menzogna, capirlo diventa ancora più difficile.     

 

- Stando alle parole di quella bestia, non dovremo aspettare molto per saperlo. – concluse Kouga, uscendo finalmente all’aperto.

Un lieve venticello sollevò in aria un mucchietto di foglie sparse sul terreno. La brezza le fece svolazzare qua e la, poi adagio iniziarono a cadere nuovamente al suolo. Seduta su di una panchina, una figura vestita di nero attirò l’attenzione del giovane Cavaliere con una semplice frase. – Hai trovato qualche libro interessante? Scommetto che parlava di Orrori. – Rei Suzumura sapeva in realtà che l’amico non aveva letto nessun buon libro. Si alzò dalla panca, Kouga gli andò incontro, era sorpreso di vederlo. Quando i due furono sufficientemente vicini, il giovane che proveniva dalle terre dell’Ovest smise di sorridere e divenne di colpo serio. – Ci sono delle novità. – disse guardandolo negli occhi. Dall’espressione del viso Kouga intese che doveva trattarsi di qualcosa estremamente importante.

Un argomento che forse non poteva essere reso noto in una sede qualunque.

 

Nello studio della spaziosa residenza Saejima, Rei si accomodò sulla poltrona, prese una tazza di the offertagli gentilmente da Gonza e mando giù. Quando ebbe finito la riappoggiò sul tavolo massiccio della scrivania e rivolse lo sguardo in direzione di Kouga, seduto proprio d’innanzi a lui. – Ieri notte il Cane da Guardia del mio settore ha registrato una forte presenza mistica.

 

- Un Orrore? – chiese l’altro, ma Rei scosse il capo.

 

- Ahriman.

 

- Ahriman?! – Kouga sgranò gli occhi, allibito mandò giù e quasi subito riprese – Dove?

 

- In un campo non molto lontano dalla città. Sono già stato lì questa mattina, ma non ho trovato tracce. Sembra si sia trattato solo di un colloquio, presumibilmente a due, tra Ahriman e un altro individuo. Forse un umano.

 

- La stessa persona che ci sta rendendo il lavoro più snervante. – commentò l’anello, Zarba. Il proprietario di quest’ultimo si fece di colpo pensieroso. Le parole che gli aveva detto quell’Orrore nella biblioteca potevano in qualche strano modo avere a che fare con quest’ultima faccenda.

 

- Kouga – disse ad un tratto Rei, riuscendo ad attirare la sua attenzione – prima di pensare ad Ahriman, dovremmo occuparci della tua “maledizione”.

Il signorino di casa Saejima aveva afferrato il concetto. L’amico parlava delle Chimere, del fatto che ormai lo seguivano ovunque, e che, come già successo in passato avevano anche cercato di ucciderlo, e non con scarsi risultati. – Sono diventate più forti, non puoi più rischiare, devi fare qualcosa.

 

- La sacerdotessa Garai ti aveva parlato del “Laccio d’Asceta”, ricordi? – intervenne l’anello guida.

 

Assentì. – Ma solo in parte. – si alzò dalla sedia e cominciò a frugare tra i libri. Ne raccolse uno dallo scaffale, lo sfogliò fino a trovare ciò che stava cercando – E’ questo – pose il libro davanti a Rei.

 

- Il Laccio d’Asceta, conosciuto anche con il nome di Laccio della Chimera, è un potente incantesimo che si divide in due fasce: “lieve”, di leggera entità, “indissolubile”, di grave entità, spezzabile solo da colui che ha lanciato l’incantesimo o dalla morte di quest’ultimo. Può legare la vita di una persona ad esseri chiamati “Chimere”, creature incorporee che ingannano la propria vittima facendole vedere, a seconda dei casi, il lato oscuro delle sue paure più nascoste. Per creare tale incantesimo, vige in qualunque caso un’unica regola: possedere un oggetto della persona alla quale va fatto il sortilegio. – Rei smise di leggere, poi guardò Kouga di sottecchi – Hai perduto qualcosa di recente?

 

Prima di rispondere ci penso su, però sapeva bene di non aver smarrito nulla. Gli capitava raramente di farlo, perciò sentì quasi il dovere di scartare l’ipotesi dell’incantesimo, ma quando fece per aprire bocca, una terza voce dal timbro squillante prese parte al discorso. – Io ho smarrito la mia matita. Ma è successo diversi mesi fa. – si trattava di Kaoru, entrata nello studio di sorpresa. Trovandosi nei paraggi, senza volerlo aveva ascoltato la conversazione. – Di cosa state parlando? – domandò con spensieratezza, mai e poi mai si sarebbe aspettata da lì a poco di ricevere un terzo grado.

 

- Perché non me lo hai detto prima?! – disse con enfasi Kouga, sembrava perfino agitato, ma lei non riusciva a comprenderne il motivo.

 

- Ho perso solo una matita, non mi sembra una cosa molto importante.

 

Rei guardò il collega, poi di nuovo Kaoru. – Quella matita potrebbe essere la chiave di tutto.

 

Zarba iniziò lentamente a rimuginare. - La Chimera nel Kantai ha preso di mira proprio Kaoru, e quella volta nella scuola… sì, ha inseguito ancora lei.

 

- Hanno solo e sempre inseguito lei. – dichiarò in quel momento Kouga, e tutto nella sua mente si fece più chiaro. Solo una volta fu aggredito da una Chimera Mistica, in quell’autobus dirottato. Ma quell’unico episodio in realtà serviva a mandarlo fuori strada. Quegli esseri dopotutto potevano essere invocati anche da un Prete, ma il vero incantesimo non era stato fatto a lui, bensì…  

Alla fine l’arcano era stato svelato. Non c’era più nessun dubbio, doveva essere così.  

Guardò Kaoru, si rese conto del rischio che ella aveva corso, e che stava tuttora continuando a correre. Lei scosse il capo, era stordita da tutti quei ragionamenti. In fondo, aveva solo detto di aver perso una matita. Tutto qui. Non gli sembrava una cosa così grave, e invece…

- Continuo a non seguire i vostri discorsi… - fece in un primo momento, ma più guardava Kouga che la fissava con uno sguardo allarmato, più sentiva l’angoscia salire. – Cosa sta succedendo? – chiese a quel punto, ma guardò il giovane Cavaliere dell’Est in maniera più specifica. A quel punto sapeva che lui non le avrebbe mai potuto mentire, aveva giurato di non farlo più, e adesso gli spettava mantenere la parola data.

 

- Ti ricordi delle Chimere Mistiche? – le domandò, e lei chiaramente annuì. Come poteva non ricordarsene? Dopo tutto quello che le avevano fatto passare. Il ragazzo ebbe un istante di palese incertezza, questa volta non voleva raccontare bugie, era costretto a dirle, malgrado tutto, la verità. Non si tirò indietro, perciò nel più chiaro dei modi le spiegò cosa stava accadendo – Quegli esseri non inseguono me… Loro cercano te.

 

Kaoru impallidì da subito, divenne di colpo ancor più bianca di quella pelle che lo era già di suo. – Me? – biascicò appena, stordita da quella notizia inaspettata – Per quale motivo?

 

Fu Rei a darle una risposta. – Qualcuno ti ha fatto un incantesimo. E’ evidente che questa persona sapeva che avevi un legame con il Cavaliere d’Oro, perciò ha preferito giocare d’astuzia, in questo modo non solo ha messo a repentaglio la tua vita, ma anche quella di Kouga. Sapeva che lui avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvarti, e gli ha reso la vita un inferno.

 

Kaoru guardò Kouga con estrema sofferenza. – C’è qualcuno che ti odia così tanto? – scosse il capo, incredula.  

 

- Sembrerebbe di sì. – rispose l’altro. Ma quello per ora era il problema minore. Sì, perché adesso doveva ad ogni costo risolvere un’altra questione. – Dobbiamo spezzare il sortilegio. – fece, poi iniziò a pensare. C’era una sola persona capace di rompere quel tipo di incantesimo. Tuttavia…

 

- Il maestro Amon ci avrebbe aiutati. – disse Zarba.

 

- Peccato però che sia morto. – commentò Rei con una punta di rammarico nel tono della voce – Jabi è una sua degna erede, lei dovrebbe sapere come…

 

Kouga lo frenò. – E’ partita per risolvere delle questioni importanti, tornerà la settimana prossima.

 

- Possiamo aspettarla, no? – disse a quel punto Kaoru, ma Rei le lanciò uno sguardo interessato.

 

- Se preferisci restare una settimana chiusa in casa, allora direi che abbiamo fatto centro.

 

- Una settimana?! – una smorfia di mero stupore le si posò sul viso. No, era decisamente troppo! Come avrebbe fatto con il lavoro? E con i suoi studi?

 

Il sagace Suzumura fece spallucce. - Non pretenderai mica che noi ti lasciamo andare in giro con una maledizione che può mettere a repentaglio la tua vita?

 

Kaoru non ebbe neppure il tempo di rispondere. Kouga fu più rapido di lei, alzandosi dalla sedia fece capire a Gonza che aveva bisogno del soprabito. - La questione va risolta subito. Aspettare potrebbe essere troppo rischioso. – Sapeva già cosa fare, ci aveva riflettuto a lungo.

 

Rei però non aveva ancora ben chiara la situazione. – Se Amon è morto e Jabi è partita, allora da chi ti farai aiutare? – non c’era molta scelta, anzi, praticamente nessun altro all’infuori di quei due poteva fornirgli un valido aiuto. A meno che… - Aspetta un attimo… - si fermò a riflettere, una mano poggiata sotto al mento – Vuoi portare Kaoru da quel vecchio eremita… Denemon? – Kouga assentì mentre si infilava il bianco cappotto. Denemon dopotutto era il fratello del maestro Amon, perciò doveva sapere come risolvere il problema. Tuttavia, Il Cavaliere d’Argento scosse il capo – Vi accompagno.    

 

Girandosi per un istante verso Kaoru, Kouga le disse di andarsi subito a preparare. Sarebbero usciti a breve.

Non appena la giovane varcò la soglia d’ingresso dello studio, egli si girò verso l’amico. – Due Cavalieri Mistici attirerebbero troppa attenzione.

 

- Certo, ma lo sai anche tu che quel posto pullula di Orrori.         

 

- Non ci attaccheranno.

 

- Come fai ad esserne così sicuro? Sono bestie imprevedibili, dovresti saperlo meglio di me.

 

- Ma non sono lì per cacciare. tanto meno io caccerò loro.

 

Kouga poteva anche avere ragione, ma a Rei quell’idea non piaceva affatto.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

La giovane Mitsuki si guardava intorno mentre tra un passo e l’altro cercava di mantenere la stessa andatura di Kouga.

Si trovavano in mezzo ad una stradina di aperta montagna, il sentiero era tutto in discesa con sassi e ciuffi d’erbetta sparsi qua e la. Una brezza autunnale si alzò in volo, era gelida, lei rabbrividì cercando di scaldarsi le braccia con le mani.

 

- Hai freddo? – le chiese il ragazzo, voltandosi e rallentando il passo.

 

- Solo un po’, ma se sto in movimento mi passa. Manca ancora molto? – Si guardò intorno, vedeva solo alberi e quel lungo sentiero scosceso, difficile da percorrere e completamente isolato.

 

- Siamo quasi arrivati. – indicò un punto, laggiù verso la fine della strada. Kaoru provò a sporgersi per vedere meglio, si alzò in punta di piedi ma a causa della forte pendenza di quel terreno perse l’equilibrò a cadde in avanti.

Kouga la prese per un soffio, afferrandola per le spalle. Forse, stavano camminando da troppo tempo, iniziò quasi a pensare che avrebbe fatto meglio a non portarla fin lassù, però era inevitabile. – Se vuoi, possiamo fermarci per una sosta.

 

- Preferisco continuare, tanto manca poco. E poi più prima ci sbrighiamo, e più prima potremo tornare a casa. – sorrise con dolcezza, anche se si sentiva un po’ stanca sapeva che fermarsi a fare una pausa non sarebbe servito a molto.

 

Proseguirono lungo il sentiero, non ci misero molto ad arrivare. Quando furono lì, la strada si interruppe, e Kaoru rimase a bocca aperta nel vedere che non c’era nessun altro passaggio di roccia ad attenderli, bensì una lunga distesa d’acqua.

- Dobbiamo attraversare questo lago? – l’artista iniziò a chiedersi come avrebbero fatto ad arrivare dall’altra parte senza un mezzo di trasporto adeguato. – Non vedo imbarcazioni qui.

 

- Ne sta arrivando una. – Kouga le indicò una grossa zattera di legno che adagio galleggiava sulle acque. L’imbarcazione si accostò al bordo della sponda per accogliere i due nuovi passeggeri. Fu lui quello ad andare per primo. Successivamente protese una mano verso Kaoru e l’aiutò a salire. Il legno sotto i suoi piedi ondeggiò lievemente, e di nuovo la zattera ripartì.

I due non erano soli. C’erano altre persone a bordo. All’incirca una decina, uomini, giovani donne, anziani. Tutti sembravano squadrare Kaoru.

Nell’essere così pesantemente osservata, si sentì a disagio. perché quella gente la stava fissando? Non le sembrava di avere capelli fuori posto o abiti sporchi di terra. Eppure gli altri misteriosi passeggeri non le toglievano gli occhi di dosso. C’era qualcosa di strano in quegli sguardi, qualcosa di… avverso.

Rabbrividì.

 

- Stammi vicino, e non muoverti da qui per nessuna ragione. – le sussurrò Kouga, mentre osservava uno ad uno gli stranieri. – Queste persone non sono più umane, sono Orrori. - Kaoru rabbrividì ancor di più, vide inoltre che il ragazzo teneva per sicurezza la mano destra posata sull’ansa della spada. Percependo l’inquietudine della giovane, cercò di tranquillizzarla – Non ci attaccheranno. Non sono qui per combattere.

 

- Vanno da Denemon. Hanno bisogna dell’aiuto del vecchio perché sulle loro vite grava un pesante sortilegio.  – le spiegò Zarba.

 

- Non capisco… Un umano che aiuta gli Orrori?

 

- In cambio del favore il vecchio eremita li obbliga a ritornare per sempre nel Makai. E’ lui stesso a rispedirceli. Denemon toglie le maledizioni e i sortilegi che quegli esseri contraggono durante le battaglie con i Cavalieri del Makai. Purtroppo non tutti gli Orrori che riescono a sopravvivere si recano da lui. Piuttosto che essere confinati per sempre nel loro mondo, preferiscono lottare fino all’ultimo. – mentre Zarba parlava, un vecchietto malconcio si fece avanti.

– Signorina, sarebbe così gentile da dirmi l’ora? - Si rivolse a Kaoru con un tono gentile, tanto da farle dimenticare che sotto quell’aspetto mite e tranquillo si celava un’infida creatura.

 

Gettando uno sguardo all’orologio da polso, lei cordialmente rispose – Tra non molto saranno le cinque.

 

L’uomo scosse la testa. – Non sento bene, ho problemi di udito, potrebbe avvicinarsi a me? – tese l’orecchio, mentre la ragazza mosse un piede in avanti ma nello stesso momento Kouga stese un braccio e le impedì di procedere.  

 

Il vecchio gli lanciò un’occhiataccia, infine abbozzò un sorriso. – Oh, capisco… il giovane Cavaliere è diffidente. Ma noi non siamo qui per cacciare.

 

- Nemmeno io sono qui per fare il mio lavoro. - Kouga continuava a tenere la mano poggiata sull’ansa della spada, con l’altra invece spingeva Kaoru dietro di sé.

 

- Mi fa piacere, giovanotto. Così possiamo stabilire una tregua. Cosa ne pensa?

 

Un’altra voce coprì quella del vecchio. Stavolta però apparteneva ad un uomo. Alto, giovane e dallo sguardo irritato.

- Parla per te, vecchio! Io potrei ancora avere fame… - sibilò quelle parole con una punta di malizia, mentre osservava la ragazza con un certo interesse.

Kouga lo investì con uno sguardo torvo, tuttavia non aprì bocca.

Per tutta la durata del tragitto non fece altro che tenerlo strettamente d’occhio.

Quando la zattera si accostò alla sponda, le persone scesero una ad una ed iniziarono a risalire lungo un sentiero fatto di roccia e terra compatta. Il Cavaliere dell’Est e la ragazza furono gli ultimi a lasciare la zattera.

Kouga voleva assicurarsi di non essere seguito. Preferiva essere lui quello a tenere gli altri sotto il suo vigile occhio, e non il contrario.

Perché la prima regola era una soltanto: mai fidarsi di un Orrore.

 

- Dobbiamo andare fin lassù? – domandò Kaoru, rivolta con il naso verso l’alto. Era proprio una gran bella scarpinata!

Il ragazzo annuì, poi le spiegò in seguito che la casa di Denemon aveva due ingressi: uno dei due era riservato interamente ai Cavalieri Mistici. – Da quella parte si trova un altro sentiero. E’ meno accidentato, non ci metteremo molto.

Si incamminarono verso il sentiero indicato poc’anzi, ma un brusco rumore fece sussultare Kouga che si voltò di scatto, purtroppo non fu così veloce da evitare il peggio.

L’uomo che stava sulla zattera, colui che aveva dimostrato un certo interesse nei confronti di Kaoru, adesso la teneva stretta tra le braccia, come una preda preziosa che non poteva farsi assolutamente scappare.

 

Kouga stava per sguainare la spada, ma l’altro strinse una mano attorno al collo della giovane, minacciando di farle del male.

Fu costretto ad abbassare l’arma, con gli occhi non smetteva furiosamente di fissarlo. – Lasciala andare. Ormai sei spacciato. – gli ricordò. Dopotutto, se non lo avesse ucciso lui, lo avrebbe fatto il sortilegio a cui era stato esposto.

 

All’altro non sembrava importate tutto ciò. – Se torno nel Makai, in quel fetido mondo, avrò vita breve. E’ dura procurarsi il cibo quando le bocche da sfamare sono tante. – contemplò la sua giovane preda che tremava terrorizzata, con le dita le lambì una guancia. L’odore di quella pelle fresca gli fece venire ancor più fame – Concedimi un ultimo pasto, poi sarai libero di uccidermi. – Quella frase mandò Kouga in collera. Lanciò fulmineo un’occhiata a Zarba, e l’anello non perse altro tempo. Raccolse un filo di concentrazione e preparò il contrattacco. Grazie ai suoi poteri mistici, emise un sottile suono udibile solo dagli Orrori. Suono che li mandava in bestia.

 

- Fallo smettere! – sbottò l’uomo, infastidito da quel brusio che gli martellava la testa – Fallo smettere! – urlò ancor più forte, infine il bisogno di tapparsi le orecchie con le mani divenne sempre più impellente, perciò dovette cedere. Lasciò Kaoru seduta stante, e mentre ella scappava Kouga estrasse la spada.

Non gli servì neppure trasformarsi in Garo, perché il sortilegio che aveva colpito quell’Orrore non gli diede via di scampo, e lentamente lo trasformò in un mucchio di sabbia.     

 

Kouga si girò verso Kaoru, quest’ultima ancora prima che egli potesse aprire bocca cercò di rassicurarlo dicendogli che stava bene, eppure il ragazzo divenne titubante. - Non avrei mai dovuto portarti qui. – disse con un profondo senso di amarezza. Si era reso conto che Rei aveva ragione, e che avrebbe fatto meglio a rivolgersi a lui, anziché fare di testa tua.  

 

- Io non la penso così, sai? – fece ad un tratto la figlia di Yuuji – Viaggiare su quella zattera lungo le sponde del lago è stato entusiasmante. Infondo, mi sono divertita! – sorrise gentilmente sotto lo sguardo stupito del giovane, poi fissò la stradina che portava verso la dimora di Denemon. – Sarà meglio proseguire il tragitto, sei d’accordo?

 

- Tra qualche ora calerà il buio. – aggiunse Zarba – E viste le premesse, non vorrei trovarmi ancora qui quando non ci sarà più luce.

A nessuno avrebbe fatto piacere sostare in un posto del genere, isolato dal resto del mondo.

Si avviarono verso il sentiero tutto in salita. Il terriccio era abbastanza liscio, rendeva la scalata meno faticosa.

Dopo svariati minuti, arrivarono a destinazione.

La dimora di Denemon era una sorta di casupola fatta di pietra, porte e finestre erano in legno, e quando varcarono la soglia d’ingresso, quella riservata solo ai Cavalieri Mistici, Kaoru scoprì che anche il pavimento lo era.

 

Aspettarono l’arrivo del vecchio eremita in una sala non molto grande. C’erano delle panche, un grosso baule impolverato e alcune candele messe li affianco.

La ragazza vide Kouga sedersi su una di quelle panche. Capì che forse l’attesa doveva essere lunga, perciò fece altrettanto.

- Verrà non appena sarà riuscito a rispedire quelle creature nel loro mondo. – le spiegò, e tra una parola e l’altra da una finestra lasciata aperta qualcosa di bianco e piccolo atterrò con un balzo nella stanza.

L’animaletto, che aveva una coda folta e lunga, si avvicinò ai due con fare curioso. Poi si sedette ed iniziò a fissarli. – Ma è una volpe! – esclamò Kaoru, restandone meravigliata. Una volpe dal pelo interamente bianco. Incuriosita si alzò dalla panca per andarle incontro, si avvicinò lentamente per paura di spaventarla, la volpina drizzò le orecchie, e solo dopo averla squadrata a lungo con un balzo le si gettò tra le braccia. – Quanto entusiasmo! – esclamò Kaoru, carezzandole con affetto il capo. – Sai che sei proprio carina? – si girò verso Kouga – Non sembra anche a te? – chiese sorridendo.

Annuì, ma subito dopo si accorse che la punta della coda folta e soffice dell’animale stava lentamente tingendosi di viola. Ebbe uno strano presentimento, tuttavia non disse nulla. Neppure Kaoru l’avevo notato.

La porta accanto alle panche cigolò, un vecchio dalla lunga barba e l’aria spossata fece il suo ingresso. Si trattava di Denemon, l’eremita.

- Scusate il ritardo, c’erano un paio di creature che anche dopo aver accettato le mie condizioni non volevano lasciare questo mondo. – Si voltò verso Kaoru, sorrise con benevolenza – Vedo che hai già fatto la conoscenza di Lili… a quanto pare ti trova simpatica!

Lei arrossì in presenza dell’anziano, stando a ciò che le aveva spiegato Kouga, quello era il fratello del ben più noto maestro Amon. Lili, la piccola volpe saltò sulle spalle del padrone. Socchiuse gli occhi mentre le dava una grattatina affettuosa sotto al mento.

- Maestro Denemon – antepose Kouga, il vecchio annuì, sapeva già tutto.

 

- Gonza mi ha spiegato qualcosa per telefono, poi è caduta la linea. In questo luogo non funziona mai niente. – scosse il capo quasi infastidito, infine fissò il ragazzo – Prima di procedere, però, devo parlarti. – spostò la sua attenzione verso Kaoru. In quel modo fece capire che aveva bisogno di iniziare un colloquio privato con il giovane.

 

- Tutto okfece dapprima la ragazza – vi aspetto qui! – si accomodò di nuovo sulla panca, Kouga seguì il vecchio nella stanza affianco, la porta si chiuse alle loro spalle.         

 

- Non posso fare nulla. – dichiarò senza tanti preamboli il vecchio. Preso alla sprovvista Kouga non comprese il significato di quella frase. Denemon si lisciò la lunga barba – Non posso fare nulla per quella ragazza. – precisò stavolta.

 

- Come fa a dirlo se non l’ha neppure visitata?

 

- Lili è una volpe magica. E in grado di classificare le energie spirituali di qualsiasi individuo, e lo fa attraverso la punta della sua coda. Di norma lo spirito di ognuno di noi ha lo stesso colore del cielo, ma la coda di Lili è diventata viola non appena si è avvicinata a lei, e ciò significa che un potente incantesimo è entrato a contatto con quella ragazza.

 

- Si tratta del Laccio d’Asceta, in grado di evocare le Chimere Mistiche. – gli spiegò il ragazzo, ma l’anziano saggio sapeva già tutto.

 

- Conosco quel sortilegio, so quanto possa essere fastidioso.

 

- Allora faccia qualcosa per eliminarlo del tutto, per…

 

- E’ questo il problema, Kouga. – lo interruppe Denemon, questa volta chiamandolo per nome, e non semplicemente “ragazzino”, come faceva di solito. – L’incantesimo che ha colpito quella giovane donna non è un Laccio della Chimera qualunque, bensì è dieci volte più potente, ed io non posso fare nulla per spezzarlo. Soltanto colui che l’ha creato o la morte di quest’ultimo, può togliere il vincolo che la lega a quegli esseri.

A Kouga quella sentenza suonò come una condanna. Scosse il capo, un altro modo doveva pur esserci, un altro soltanto… Denemon gli posò una mano sulla spalla, ed anch’egli scosse la testa. Non esistevano altre soluzioni.

A quel punto bisognava trovare la sorgente di tutti i mali, ma non era per niente semplice. Come avrebbe fatto il Cavaliere dell’Est a rintracciare il misterioso individuo che si divertiva a giocare con la vita degli altri?

- Solo un Prete del Makai è in grado di lanciare simili incantesimi, o qualcuno che con gli anni è riuscito ad imparare tali magie, tuttavia… - l’anziano si trattenne, sapeva bene cosa dire perché l’argomento lo riguardava in un modo particolarmente strano – Esistono tanti incantesimi, tutti diversi tra loro, ma in questo percepisco l’aura maligna di un essere mostruoso che tu ormai dovresti avere imparato a conoscere… Sto parlando di colui che vive nella menzogna, Ahriman.

Ancora lui. Ancora quel mostro portatore di discordie, falsità, distruzione.

 

- Non capisco… questo significa che lui è l’artefice del maleficio? – Kouga sperò vivamente di essersi sbagliato, si sentì più sollevato solo quando ricevette una conferma.

 

- Non lui, ma qualcuno che lavora per lui. Presumo che Ahriman abbia aiutato il suo complice incrementandogli il proprio potere mistico. Un Sacerdote qualsiasi non riuscirebbe mai a creare una simile magia, ed io so con precisione che Ahriman ha una certa affinità con gli incantesimi correlati alle Chimere. – Il sorriso di Denemon fece intuire a Kouga che l’anziano nascondeva un oscuro segreto. Fin dal principio aveva dimostrato un certo interesse nei riguardi di Ahriman, sembrava quasi… conoscerlo. – Ormai è inutile tacere, preferisco che tu sappia la verità, dopotutto se non te la dicessi rischierei di assomigliare a quello spirito malvagio. – sotto l’occhio sempre più vigile di Kouga, il saggio si avvicinò ad un tavolo. C’era un cassetto con la serratura bloccata. La chiave si trovava appesa al collo del vecchio. Se la sfilò, la introdusse nella fessura, girò ed il cassetto si aprì.

Estrasse un foglio arrotolato, a prima vista sembrava una pergamena, la srotolò senza neppure osservarla, il contenuto ormai lo conosceva a memoria: - Questo che vedi è il contratto che mi lega indissolubilmente ad Ahriman. – quando porse il pezzo di carta a Kouga, questi sgranò lo sguardo e divenne subito rigido.

 

- Lei… - disse solo, non riusciva a finire il quesito.

A Denemon il seguito della frase non serviva, lui aveva già intuito cosa volesse chiedergli il giovane.

 

- Oltre trent’anni fa ho sancito un Patto Mistico con Ahriman, rinunciando per sempre al paradiso. – ammise, ma dallo sguardo non era spaventato, sconvolto, preoccupato. – Quando morirò, la mia anima apparterrà a lui, ma tutto sommato non ho rimpianti, non potevo negare a mio fratello l’accesso al paradiso.    

 

- Il maestro Amon?!Kouga deglutì – Lui aveva stretto un patto con Ahriman?

 

- A mio fratello serviva il potere dell’Ottava Stella del Makai, a quell’epoca c’era in corso un furente scontro tra Orrori e Cavalieri. Fu costretto a forgiarne una, nonostante io glielo avessi sconsigliato, ma per quel testardo il lavoro veniva prima d’ogni cosa. Quando Ahriman gli consegnò la pergamena, fui io a firmare al suo posto. A quei tempi ero giovane, incosciente, ma gli volevo un gran bene, ricordo che si adirò, passò mesi ad ignorarmi, a non rivolgermi la parola. Non dovevo interferire, non dovevo alterare il fato, quel destino spettava a lui, ma io restavo pur sempre suo fratello. – osservò Kouga con una certa attenzione – So che tu puoi capirmi, ragazzino. – disse, ma stavolta il termine non gli diede fastidio. Kouga pensava a quella storia, sì, lui poteva capire le ragioni che avevano spinto Denemon a compiere un simile gesto.

Taiga lo aveva fatto per il figlio, sacrificando la propria vita pur di proteggerlo, e Kouga stesso avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere la sua Kaoru.

Ma ora come avrebbe potuto aiutarla? Come avrebbe fatto a sciogliere l’incantesimo?

Pensava e ripensava, passo dopo passo, il sole stava calando, il colore del cielo diveniva sempre più intenso, virava verso il blu profondo.

La brezza soffiava leggera, le fronde degli alberi sospinte dal vento ondeggiavano, le foglie volteggiavano nell’aria, e nell’erba del prato si udivano i grilli cantare.

Kaoru camminava al fianco di Kouga. Da subito aveva notato che era più silenzioso del solito. Precisamente, da quando avevano lasciato la dimora di Denemon per ritornare a casa.

Si decise a spezzare quel silenzio. – Non mi hai ancora detto come mai quell’anziano non ha voluto spezzare l’incantesimo.

Lui non rispose. Eppure in un modo o nell’altro avrebbe dovuto farlo. Non poteva raccontarle una bugia. Non doveva più mentirle. Tuttavia non riusciva a trovare le parole adatte per dirle la verità.

- Più che non vuole, direi che non può. – fece Zarba, sollevandolo così dal gravoso compito e spingendolo a parlare.

 

- Denemon non può toglierti quel sortilegio. – si fermò in mezzo alla stradina senza voltarsi verso Kaoru. Non riusciva a guardarla in viso, non poteva.

 

- Non… può? – biasciò la giovane, portandosi d’innanzi a lui. Fu costretto in questo modo ad osservarla. Vide che aveva il volto pallido, gli occhi privi di luce, spenti.

 

- Solo colui che ha fatto l’incantesimo è in grado di toglierlo.

 

- Allora… ti ho fatto fare tutta questa strada per niente. – disse presa dallo sconforto, poi aggiunse – ti chiedo scusa.

 

Kouga scosse il capo. - Niente affatto, sono io quello che deve scusarsi. Hai corso inutilmente dei pericoli, ed ora… - non riuscì a finire, chinò il mento, nello sguardo gli si leggeva un senso di pesante afflizione. Poi d’improvviso la guardò dritta negli occhi – Lo troverò – disse dapprima, e ripeté ancora, sempre con più convinzione – lo troverò, te lo prometto.

Kaoru sapeva che poteva fidarsi di lui, gli avrebbe affidato la vita, e con naturalezza perché non aveva nulla da temere quando Kouga stava al suo fianco.

Assentì regalandogli uno dei suoi luminosi sorrisi, successivamente alle loro spalle si udì una voce. Si voltarono, Rei gli stava andando incontro.

Quando si fermò, aveva il fiatone. – Ma quanto ci avete messo? – riuscì a stento a dire, con il dorso curvo e le mani poggiate sopra le ginocchia. – Stavo venendo a cercarvi.

 

- Ci sono stati dei… contrattempi. – specificò Kouga, e Rei avendo già capito si mise a sbottare.

 

- La prossima volta facciamo come dico io. Ad ogni modo, avete risolto il problema? – li fissò nella speranza di ricevere una bella notizia, sui volti di entrambi non apparvero sorrisi ma solo espressioni tristi.

Mentre rincasavano tutti e tre, raccontarono all’amico ogni cosa, ovviamente Rei non poté che storcere il naso e sbuffare. Tanta strada per nulla, pensò, e ora dovevano trovare una soluzione alternativa. La giovane artista non poteva andarsene in giro con una maledizione ancorata addosso, che le avrebbe senza ombra di dubbio fatto rischiare la vita.

Bisognava trovare un rimedio, o meglio ancora, colui che aveva lanciato l’incantesimo.

 

Varcato il portone della residenza dei Saejima, Gonza disse che nello studio c’era qualcuno che li stava aspettando.

Raggiunsero la stanza in questione, e Jin, Cavaliere d’Argento, si alzò dalla sedia. – Finalmente sei arrivato. Devo parlarti. – disse rivolgendosi a Kouga. Poi i suoi occhi si spostarono in direzione di Kaoru. Era ovvio che la sua presenza lì significava un intoppo.

 

- Beh – premise la ragazza, avviandosi fuori – vi lascio soli! Sono molto stanca, perciò credo che andrò a riposare. – dicendo ciò uscì dallo studio accostando la porta. Tuttavia si trattenne. Non le andava di origliare, sarebbe stato scorretto, tuttavia il comportamento di Jin gli era parso piuttosto strano. Il Cavaliere aveva l’aria di essere irrequieto, e poco dopo i suoi sospetti trovarono presto una degna conferma.

 

- Quella ragazza non può restare con te. – disse di primo acchito, fissando Kouga in modo autorevole – So che è stata colpita da un potente incantesimo. – al suono di quelle parole, il Cavaliere dell’Est lanciò un’occhiata a Rei, questi sollevò le mani, come a dire “non sono stato io a dirglielo”. Come c’era da aspettarselo, la notizia si era propagata piuttosto rapidamente.      

 

- Cosa pretendi che faccia? – Kouga non aveva usato un tono remissivo nei riguardi del collega.

 

Per Jin c’era solo un’unica sentenza: - Devi allontanarla da qui, se resterà con te attirerà sempre più Chimere e quindi… guai.  

 

- Non lo farò. – Non avrebbe mai allontanato Kaoru, era fuori discussione.

 

- Ma devi, se non vuoi rischiare ulteriormente la vita.

 

- Stai sprecando solamente tempo.

 

Jin iniziò ad alterarsi. Doveva fargli cambiare idea. Era un suo preciso dovere. – Non puoi pretendere di gestire una situazione del genere e nello stesso tempo svolgere il tuo lavoro. Le Chimere potrebbero attaccare in qualsiasi momento, perfino adesso, nella tua stessa abitazione. Oltretutto, non sono delle semplici apparizioni. Sono aggressive, feroci, attaccano in branco e potrebbero sopraffarti senza il minimo sforzo, in qualsiasi luogo, o peggio ancora durante il sonno. Le persone contaminate da un sortilegio che può arrecare danno agli altri vanno immediatamente esiliate, e mandate nelle terre del sud. E’ il regolamento. Lo hai forse dimenticato?

 

Non lo aveva affatto dimenticato, Kouga. Ma non riuscì più a trattenersi. – Al diavolo il regolamento! – tuonò all’improvviso, Rei trasalì, Jin si bloccò.

Ne aveva abbastanza. Era stanco di sentirselo dire in continuazione, era stanco di quel codice. Non avrebbe permesso mai e poi mai ad una sciocca legislazione di portasi via ciò che aveva di più caro al mondo.

 

-In quanto Cavaliere Mistico sei tenuto a rispettare il codice. – gli ricordò Jin, con una certa ostinazione.

 

- Ma sai che Kouga non lo farà. Perciò non ti resta che scegliere… sei con noi o contro di noi? – Rei si incrociò le braccia in petto, aspettava una risposta.

 

Attaccato alle sue leggi, Jin si sentì conteso tra il dovere e l’amicizia.

- Se anche tu avessi una persona da amare, forse riusciresti a comprendere meglio la situazione, piccolo Jin. – disse Danda, il suo bracciale magico. In quella frase c’era un fondo di verità. E forse il suo Madougu poteva avere ragione, pensò silenziosamente. - Avete il mio appoggio. – confermò – Però non dimenticare che il rischio che corri è alto.

 

Il rischio che correva, che stava correndo, era elevato. Poteva costargli la vita, come già successo in altre occasioni. Kaoru aveva ascoltato praticamente tutto. Ogni singola parola, ogni singolo respiro. E ora pensava, rifletteva.

Ma la decisione l’aveva già presa. Non poteva mettere a repentaglio la vita di Kouga, sapeva che lui avrebbe fatto di tutto pur di salvarla. Perciò le restava una scelta soltanto: andare via.

Proprio come aveva suggerito Jin, doveva allontanarsi da lì, scappare senza però farsi vedere dallo stesso ragazzo, perché di certo lui glielo avrebbe impedito.            

Andare via all’insaputa di tutti, anche di Gonza. Non doveva vederla. Si assicurò che il maggiordomo fosse impegnato con la cena, poi prese carta e penna e scrisse qualcosa. Lasciò il foglietto su un tavolino che c’era nei paraggi, e facendo in maniera silenziosa si avviò al portone di casa ed andò via.

 

Mentre camminava rifletteva su dove andare. Era ormai sera, faceva freddo e non poteva rivolgersi alla sua amica Asami. Se fosse andata a casa sua l’avrebbe di certo messa in pericolo con la faccenda delle Chimere.     

Non se la sentiva di andare nemmeno da Souka. Kouga l’avrebbe subito trovata.

Pensò a lungo, ma a dire il vero non c’erano molte soluzioni. Finché non ne trovò una.

 

 

 

Gonza entrò nello studio senza neppure bussare. Aveva l’espressione sconvolta. – La signorina Kaoru è scomparsa! – esclamò in preda al panico.

 

Kouga si alzò immediatamente. – Come scomparsa?!

 

- L’ho cercata ovunque, ma non riesco a trovarla!

 

- Sarà uscita un attimo. – disse Rei, poi vide il maggiordomo scuotere il capo.

 

- Mi avrebbe avvertito. La signorina lo fa sempre, non è da lei comportarsi così. – Gonza ormai la conosceva. La sua apprensione perciò non poteva essere infondata. Guardò istintivamente il signorino, e questi si avviò nella hall.

Era agitato, non sapeva cosa pensare, dove andare. Poi…

Il foglio di carta lasciato da Kaoru su quel tavolino attirò la sua attenzione. Lo raccolse tra due dita tremanti.   

Gli altri aspettavano impazienti un verdetto.

Quando ebbe finito di leggere si bloccò. – E’ andata via. Non vuole farmi correre dei rischi. – fece con un filo di voce.

 

- Andata via? Ma dove…? – chiese Rei allarmato.

 

- Non lo so. – rispose il ragazzo, ma non sprecò minuti preziosi. – Zarba, riesci a localizzarla?

 

Il Madougu in un primo momento tacque. Stava tentando di intercettare il segnale. – Che strano… - mugugnò all’improvviso – sembra trovarsi ancora qui.

 

Gli altri si misero subito in allerta, poi Rei vide che sul tavolino dove prima c’era il foglio si trovava qualcos’altro. Indicò l’oggetto, Kouga lo riconobbe all'istante.

- Adesso è tutto più chiaro – precisò Zarba, vedendo che il suo proprietario stringeva tra le mani l’anello che aveva regalato a Kaoru – L’ha tolto perché sapeva che in questo modo sarei riuscito a rintracciarla. 

 

Come avrebbero fatto a trovarla senza avere nessun appiglio sul quale potersi aggrappare?

Si guardarono in faccia.

Nessuno seppe dare una risposta.

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Rapido aggiornamento, quindi non riesco a scrivere molto. La prossima volta vi dirò di più!

Vi lascio alle anticipazioni!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

La fine dei giochi si rivelerà essere molto vicina, il confronto, inevitabile, tra Kouga e colui che ha stravolto la sua vita avrà inizio. I due Garo lotteranno ancora una volta, l’ultima, ma la battaglia più grande deve ancora venire.

Prossimo episodio: #29 Scambio

 

 

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Capitolo 30
*** #29 Scambio ***


Nonostante l’orario davvero insolito, si udì il campanello suonare

                                      Scambio

                                         #29

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Nonostante l’orario davvero insolito, si udì il suon di un campanello. A quell’ora non veniva mai nessuno a bussare alla loro porta.

- Stai aspettando qualcuno, papà? – chiese Ikuo, avviandosi verso l’ingresso.

L’uomo staccò gli occhi dal giornale, gettò uno sguardo all’orologio appeso al muro poi bofonchiò un “no”.

 

Quando il ragazzo spalancò il portone e vide Kaoru lì d’innanzi a lui, pallida in volto ed infreddolita, rimase a bocca aperta.

- Ti disturbo? – chiese timidamente e con voce stanca.

Lui la squadrò in viso, aveva gli occhi spenti, a tratti lucidi, ed era come se non sapesse dove andare, cosa fare. Si sentiva spaesata, persa. Capì che qualcosa non andava. – Entra – fece, aprendo l’uscio per intero.

Si avviarono passando per il salotto. Shiro le lanciò incuriosito un’occhiata, ma tacque come suo solito. Per educazione Kaoru fece un cenno di saluto, non aveva mai visto quell’uomo prima d’ora.

 

- Quello è mio padre. – le disse il ragazzo, mentre si avviavano verso la cucina.

 

- Non vorrei disturbare, mi rendo conto dell’ora, ma…

 

- Affatto, stai tranquilla. Piuttosto… - la fece accomodare, si sedettero entrambi al tavolo posto in cucina. L’ambiente anche se non molto spazioso era caldo ed accogliente. – Tutto bene? – fu la prima cosa che le chiese.

Cosa avrebbe potuto rispondere, in un momento simile, Kaoru? Si sforzò di emettere un sorriso. Troppo tirato, troppo imposto. – Direi proprio di no, vero? – il giovane fece un lungo sospiro, poi riprese – Hai litigato con il tuo ragazzo?

 

- Non proprio. E’ una situazione molto difficile da spiegare. – Abbassò il mento con un incedere stanco, per arrivare da Ikuo aveva corso. Ma non si sentiva fiacca solo per quello. Bensì era l’intera faccenda a crearle quell’opprimente senso di stanchezza, di vuoto. Vuoto che a quel punto le sembrò non avere più fine, proprio come i suoi problemi, anzi, i loro problemi. Quelli che adesso la tenevano lontana da Kouga. Un abbandono forzato che per ora non aveva una sua fine.        Ikuo brontolò qualcosa mentre scuoteva il capo. Era preoccupato, non riusciva proprio ad immaginarsi un volto così dolce non avere più nessuna luce, labbra delicate senza l’ombra di un sorriso. Alzandosi si avvicinò ai fornelli. – Ti preparo una tisana, così ti sentirai meglio. A proposito – disse nel frattempo, intento a far bollire l’acqua – chi ti ha dato il mio indirizzo?

 

- Prima di venire qua sono passata a scuola. Ho chiesto a loro di darmelo.

 

- Hai avuto difficoltà a trovare la mia casa?

 

- Non molte, però ho notato che sulla porta c’è scritto un altro cognome...

 

- E’ vero, che sciocco che sono! – si batté una mano sulla fronte, poi con estrema naturalezza disseShiro non è il mio vero padre.

 

– Davvero? Non me lo avevi mai detto.

 

Versò la tisana fumante in una tazza di porcellana bianca e la porse a Kaoru. – Forse perché sono il primo a non farci più caso. – accomodandosi di nuovo le raccontò tutta la storia – Non ho mai conosciuto mio padre, andò via poco prima che io nascessi. Quando avevo solo tre anni mia madre incontrò Shiro e si sposarono. Per lui ero come un figlio, mi ha cresciuto, amato, ed ha continuato a farlo anche quando la mamma pochi anni dopo si ammalò e morì. – un velo di malinconia coprì i suoi occhi. Eppure non aveva smesso di sorridere con dolcezza mentre ripercorreva il suo passato.   

 

Kaoru era la sola che poteva capirlo fino in fondo. Dopotutto, le similitudini tra lei ed Ikuo erano tante. Entrambi avevano perso i propri genitori, solo che lui non era rimasto del tutto solo. Shiro aveva continuato a fargli da padre, non lo aveva abbandonato o lasciato al suo triste destino.

Mandò giù il primo sorso di quella tisana profumata che sapeva di limone, in quell’attimo il padre del ragazzo si affacciò alla porta per comunicare al figlio che sarebbe uscito a fare due passi. – Vedi di non combinare disastri in mia assenza. – gli fece poco prima di andare.

 

Ikuo arrossì per la vergogna. – Non sono più un ragazzino, papà. – sbottò arrabbiato, cercando di mantenere un certo contegno. - Tu piuttosto sta attento alle macchine!

 

L’uomo bofonchiò qualcosa e prima di sbattere l’uscio di casa rispose a tono - Per me lo sarai sempre.  

 

Avendo assistito alla scenetta, sulle labbra di Kaoru si dipinse un sorriso. - Non starai mica ridendo di me, spero. – sbuffò Ikuo, rosso in viso e sempre più crucciato.

 

- No, ma vedervi così affiatati un po’ mi sorprende. Si capisce subito che vi volete un gran bene e che uno dei due non può fare a meno dell’altro. – sorrise ancora, poi i pensieri le ricaddero su quel rapporto così tanto simile che c’era tra lei e Kouga e lo sguardo le divenne nuovamente triste.  

 

- Non vuoi proprio dirmi quello che ti è successo? – chiese a quel punto l’amico. Voleva fare qualcosa per lei, voleva farle tornare il sorriso. – Ho capito che centra il tuo ragazzo, se così si può ancora chiamare… - quella frase nascondeva un doppio senso. Stava alludendo a qualcosa, e infine decise di dire finalmente la sua. – Se ti fa soffrire in questo modo, non merita il tuo amore. E’ solo un’egoista.

 

- Ti assicuro che non lo è, credimi.

 

- Ah no? – le rivolse uno sguardo bieco – Mette a repentaglio la tua vita coinvolgendoti in situazioni strane e pericolose, ti tratta come una persona che non è in grado di prendere le proprie decisioni, ti lascia da sola proprio quando tu hai più bisogno di lui e per occuparsi del suo bizzarro lavoro… Se non è un’egoista, dimmi allora cos’è.

 

Kaoru guardò nel fondo della tazza fino a specchiarsi nel liquido dorato della tisana. – E’ colui che amo. – replicò con voce soffusa, ma quella risposta fece irritare ancor più il ragazzo.

 

Con uno scatto si alzò dalla sedia - Ridicolo! – sembrava fuori di sé - Non puoi essere così cieca, non puoi essere così innamorata di lui, non puoi! Ascoltami – fece all’improvviso, posandole due mani sulle spalle. La fissava in modo strano, tant’è che lei per un istante si sentì a disagio. – perché non vieni via con me, perché non scappiamo via non appena questa faccenda sarà finalmente conclusa?

 

- Faccenda? – ripeté la giovane con aria frastornata – A cosa ti riferisci? – sperava di ottenere una spiegazione, il comportamento di Ikuo le era parso strano, tuttavia ciò che ricevette da lui fu solo un mezzo sorriso. Si accorse subito che in quella bocca arcuata c’era qualcosa di diverso, di ambiguo. Non sembrava più il ragazzo allegro e spensierato di sempre, e quella stretta sulle spalle anziché allentare dava l’impressione di farsi sempre più pressante. – Ikuo… così mi fai paura. – biascicò, mentre lo fissava con una certa inquietudine.

 

- Non voglio spaventarti, ma… - si trattenne, la stretta allentò, al contrario del sorriso che si fece sempre più marcato. Sembrava una smorfia di trionfo. - Tra non molto sarà tutto finito, te lo prometto, e tu verrai con me, scapperemo lontano da qui, inizieremo finalmente a vivere!

 

Kaoru fu colta dal panico. - Io… io non verrò da nessuna parte. – Si sentiva tesa, e quando tentò di rimettersi in piedi, ebbe un capogiro. Lungo tutto il corpo avvertì un senso di malessere, tremava, non riusciva più a muovere le gambe, sentiva le forze mancarle da un momento all’altro, poco dopo le si annebbiò la vista.

Guardò la tazza poggiata davanti a sé. Scosse a malapena il capo, e tentò di dire qualcosa. – Cosa hai messo nella tisana?

 

Il ragazzo sorrise ancora. - Dormirai per un po’, e al tuo risveglio sarà tutto finito. – Kaoru riuscì ad udire quelle parole, ma non poté più rispondere.

Poi tutto divenne buio. 

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Non si trovava da Asami. Rei era appena stato lì.

Non era nemmeno da Souka. Gonza aveva appena finito di telefonare.

Sembrava essere sparita.

Non sapevano più dove guardare, dove cercare, chi chiamare.

Kouga ormai stava iniziando a perdere il controllo. Prese il soprabito, se lo infilò, era pronto a partire ma Jin lo trattenne.

- Dove stai andando?

 

- Vado a cercarla. – rispose sbrigativo.

 

- Non sai nemmeno dove andare, rifletti.

 

- Jin ha ragione. – replicò Rei – In questo modo sprecheremo solo tempo. Potrebbe essere ovunque. Se vogliamo trovarla, sarà meglio dividerci le zone.

Kouga abbassò il capo, cercava di mantenere la calma, di essere lucido, ma l’idea di Kaoru in giro per la città e con un potente sortilegio indosso gli procurava solo una forte inquietudine.

Sapeva bene che il piano di Rei era il migliore, eppure quello stato di tensione emotiva gli impediva di riflettere.

Poi…

 

- Kouga!

 

- Rei!

 

- Jin!

Furono i tre Madougu a parlare. I Cavalieri Mistici sollevarono le mani, Zarba aprì per primo la bocca. – Avverto una forte energia mistica. Qualcuno ha appena eretto un cerchio magico.

 

- Si trova a non molti chilometri da qui, verso la parte orientale della città, in un luogo poco abitato circondato da un piccolo corso d’acqua. – precisò Silva.

 

- La parte orientale? – Rei si mise pensieroso, stava tentando di ricordare qualcosa. 

 

- Un luogo poco abitato… un corso d’acqua… - ripeté Kouga, era convinto di aver già visto quel posto, di esserci passato almeno una volta, finché non ebbe un flashback improvviso che gli fece ricordare tutto. Lui e l’amico si rivolsero uno sguardo.

 

- In quella zona abita quel tizio… Shiro!

 

- C’è dell’altro… - precisò Danda, il bracciale magico di Jin – avverto una flebile energia al centro del cerchio. E’ un flusso che ho già avuto modo di conoscere. – Danda non riusciva a ricordare, ma Zarba sì. E con la sua risposta capovolse le sorti della serata.

 

- Appartiene a Kaoru.

 

Svelto, Kouga lo sollevò d’innanzi al viso. – Ne sei sicuro? – chiese con il cuore in gola, l’anello annuì. E dopo ciò, nessuno fu più in grado di fermarlo.

Uscì alla svelta, correndo tra le vie semi illuminate, Rei e Jin lo accompagnarono.

Doveva arrivare in quel posto il prima possibile. Doveva salvare Kaoru. E mentre si muoveva velocemente non riusciva a pensare ad altro.

- La senti ancora? – domandò al Madougu, con la paura nel cuore.

 

Questi mugugnò un sì, poi aggiunse: - Non vogliono ucciderla, altrimenti lo avrebbero già fatto. Chiunque esso sia, sta cercando di attirare la tua attenzione servendosi di un’esca molto speciale.

 

- Se la sua energia vitale si abbassa o noti anche solo un minimo cambiamento, dimmelo. - Kouga era troppo agitato. Voleva raggiungerla a tutti i cosi, il più in fretta possibile, solo così si sarebbe calmato.

Gli bastava essere lì con lei per tenere a freno l’angoscia.

 

Mancavano una manciata di metri, solo pochi isolati. Passarono d’innanzi all’abitazione di Shiro, all’apparenza tutto sembrava normale, le luci della casa però erano spente.

Ironia della sorte Kouga lo vide di sfuggita dal capo opposto della strada.

Senza riflettere si avventò sull’uomo, afferrandolo per il bavero della giacca. – Che cosa le hai fatto?! – urlò, strattonandolo con brusca violenza. Rei e Jin sopraggiunsero alle sue spalle con il fiato ormai corto.

 

- Ma che diavolo stai facendo! – reagì l’uomo, cercando di scrollarselo di dosso – Lasciami subito!

 

- Dimmi dov’è! – Kouga sembrava fuori controllo.

 

- Dove hai portato Kaoru?! – intervenne Rei, con una mano già sull’elsa di uno dei due spadini.

 

Shiro guardò entrambi con un’aria stranita. Poi si ricordò della ragazza che aveva qualche ora prima bussato alla sua porta. - Se ti riferisci a quella giovane con la pelle bianca, in questo momento dovrebbe trovarsi con mio figlio. – gettò un occhio all’abitazione, vide che le luci erano spente, ma all'improvviso si sentì lasciare da Kouga. Il ragazzo era impallidito di colpo.

 

- E’ stato lui... – mormorò in un primo momento, con gli occhi sgranati, l’espressione allibita. Jin non afferrò al primo colpo, ma Rei che stava iniziando a capire, sì. E non riusciva a smettere di pensare a tutto ciò.

Si scambiarono uno sguardo d’intesa, e senza perdere altro tempo cominciarono subito a correre.

Shiro decise di seguirli. Aveva intuito che poteva esserci qualcosa di strano in quella faccenda. Qualcosa che riguardava anche suo figlio. E solo più tardi avrebbe scoperto la dura quanto triste verità.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Kaoru era riversa al suolo. Attorno a lei ed impresso sull’asfalto si trovava un cerchio. Le linee tracciate con una particolare miscela composta da polvere ricavata dai resti di un Orrore e sangue la circondava quasi come se fosse una prigione. Nel cerchio si leggevano chiaramente dei caratteri scritti in lingua Makai, forse una sorta di formula magica che serviva a qualcosa.

Arrivati sul posto, il Cavaliere dell’Est si gettò in direzione della giovane, tuttavia quando oramai stava per toccarla, non riuscì ad avvicinarsi e fu rispedito all’indietro. – E’ stata eretta una barriera magica. – gli confermò Zarba, e poco dopo si sentì un’altra voce.

 

- Pensavi che te l’avessi lasciata portare via così facilmente? – Ikuo era uscito allo scoperto, sotto lo sguardo allibito dei presenti. Kouga faceva fatica a trattenersi, la rabbia gli impediva di parlare. – E così, siamo giunti alla fine. A quanto pare ho vinto io, no? – proclamò con aria vittoriosa, senza staccargli gli occhi di dosso.  

 

- Lasciala andare! – tuonò il Cavaliere Mistico, cercando di mantenere il controllo. Sapeva che Ikuo avrebbe potuto vendicarsi facendo del male a Kaoru, perciò non valeva la pena rischiare.

 

- Dopo tutta la fatica che ho fatto, dovrei lasciarla andare? – scosse il capo in modo ironico – Ma non temere, quando avrò finito con te la porterò via da questo posto. – Quella frase aveva un suono pungente.

 

- Cosa hai intenzione di fare? Non riuscirai a tenerci testa, siamo Cavalieri Mistici, lo hai forse scordato? – intervenne Rei, lui e Jin aveva già sguainato le armi.

 

Ikuo ridacchiò divertito. – Beh – premise, estraendo qualcosa dalla tasca. Era una pietra dal colore verde brillante, molto simile agli occhi del Cavaliere Dorato. Ci soffiò sopra, e poco prima di abbassare le palpebre dichiarò con una sonora esclamazione – Anche io!

Una luce forte e sfavillante lo ricoprì del tutto, quando il bagliore svanì l’armatura dorata di quel Cavaliere così simile a Garo scintillò sotto il cielo, ma fu Kouga quello a provare maggiore sgomento.

 

- Tu…! – esclamò, sentendosi rapire da un’incontenibile rabbia. I dubbi che lo avevano tormentato per così tanto tempo adesso erano spariti. Ora ogni tassello di quel contorto mosaico finalmente aveva riacquistato una sua logica. Il quadro gli fu interamente completo quando con una facilità impressionante ricollocò ogni ambiguo istante nella sua giusta maniera. Quelle notti passate a riflettere adesso potevano avere un senso.

Da qui in poi non ci sarebbe stato nessuno scontro impari, finalmente si poteva giocare una partita a carte scoperte. Nessun trucco, nessun gioco illogico, nessun magico inganno.  

Solo la verità.

 

- Ti starai chiedendo come tutto ciò sia possibile… - la voce di Ikuo attraverso l’armatura era più imponente. – Ti ricordi di questa? – fece, e gli mostrò qualcosa di piccolo ed affilato. Kouga riconobbe senza esitazione l’Ottava Stella del Makai. – E’ stata proprio questa stella a ferirti alla mano, quella fatidica sera. Per evocare la tua stessa armatura mi serviva una goccia del tuo sangue, dopodichè, lo spirito malvagio, colui che tutti chiamano “il distruttore” ha fatto il resto.

 

- Allora sei tu che ti avvali dell’aiuto di Ahriman… - disse Rei, avendo risolto anch’egli l’arcano mistero che si celava dietro tutta quella faccenda.

 

Jin, il Cavaliere dell’Ovest scosse il capo. - Come hai fatto a forgiare la stella? Non sei un Monaco Mistico.

 

- L’ha trovata. Non è forse così? – esclamò ad un tratto una voce. Si trattava di Shiro, sopraggiunto in quel momento. Aveva assistito alla scena, ascoltato in silenzio le parole del figlio, ed ora non poteva più tacere. – Avevo sotterrato quell’arma in un terreno lontano, molti anni fa, come hai fatto a trovarla? Io… non me lo spiego.  

 

- Papà… - Ikuo fu colto alla sprovvista. L’arrivo inaspettato dell’uomo lo aveva spiazzato. Tuttavia sapeva già cosa rispondere. Ormai non aveva più nulla da perdere. – Ho trovato il tuo diario, quello che nascondevi in soffitta.

 

- Il mio diario – ripeté l’uomo – avrei dovuto sotterrare anche quello, bruciarlo… - il tono della voce gli si faceva sempre più basso, più spento - Dimmi solo perché… voglio solo sapere il motivo di questo tuo gesto. – Shiro non riusciva a darsi pace mentre osservava quell’armatura dorata che in realtà racchiudeva in sé suo figlio – Lo sai a cosa vai incontro, i rischi che corri? Il patto che hai stretto con Ahriman ti vieterà per sempre il paradiso. Ti rendi conto di quello che hai fatto, di ciò che hai risvegliato?

 

- L’ho fatto per te, papà! – rispose bruscamente Ikuo – Nelle pagine di quel diario c’era tanta rabbia, tanto odio verso colui che ti aveva impedito di realizzare i tuoi sogni. Volevo riscattarti, volevo che tu nel vedermi indossare questa armatura fossi stato fiero di me. Eliminando il vero Garo speravo di farti dimenticare il passato, volevo realizzare quello che è sempre stato il tuo più grande desiderio, e ora ci sono riuscito!

 

- In che modo? Mettendo a repentaglio la vita di questo ragazzo e quella delle persone che gli stanno accanto? – Shiro fissava il figlio con uno sguardo furente. – No, non è questo che ti ho insegnato. Non si realizzano i proprio sogni tarpando le ali agli altri! Dovresti vergognarti, dovresti… - l’uomo era distrutto, amareggiato, non riusciva più a parlare, c’era troppa rabbia in lui, e mentre scuoteva il capo iniziò a chiedersi in che cosa avesse sbagliato.

 

- Ma tu in quel diario meditavi vendetta! Tu… - non poté finire, il padre lo interruppe bruscamente.

 

- Ero giovane, deluso, mi sentivo perso, ma con il tempo ho capito che nel mio modo di pensare c’era qualcosa di sbagliato. – si posò una mano nei capelli con un gesto disperato – Ho sbagliato tutto… avrei dovuto accorgermene che in te c’era qualcosa di diverso. Quel patto ti ha cambiato, anche se facevi del tutto per tenermelo nascosto, ti vedevo spesso assente. Credevo che la mancanza di tua madre potesse farti soffrire, ma invece mi sbagliavo. Rimedia allo sbaglio che hai fatto, lascia andare quella ragazza ed esci da questa corazza che non ti appartiene! 

 

Le parole di Shiro risuonarono nell’aria quasi come una pesante condanna, ma furono del tutto inutili. Ikuo non voleva dargli ascolto. Era convinto che il padre con il tempo lo avrebbe accettato, che avrebbe compreso. E poi sapeva che aveva tutte le carte in regola per vincere in modo definitivo quella battaglia. Ne era consapevole, perciò non avrebbe mai ceduto, non prima di aver portato a termine il suo compito.

Sguainò la spada e con uno scatto la puntò d’innanzi a Kouga. Rei e Jin avanzarono in direzione dell’amico, ma il falso Garo richiamò con l’ausilio della magia un gruppo di Chimere Mistiche.

Gli esseri sbucarono dal terreno e seduta stante bloccarono i due Cavalieri con fare minaccioso. Per fronteggiarli furono costretti ad evocare le proprie armature, ma come volevasi dimostrare vista la forza i nemici non erano solo semplici illusioni.  

- Adesso tocca a te – ruggì il falso Garo investendo Kouga con uno sguardo torvo – evoca la tua inutile corazza e preparati a morire! – dicendo ciò mosse il braccio che impugnava la spada per scagliare il primo di una lunga serie di fendenti.

Kouga indietreggiò rapidamente, evitando il colpo, e quando fu abbastanza lontano evocò la sua armatura per trasformarsi in Garo. Quello vero.

Tra i due lo scontro fu serrante. Si muovevano con la medesima rapidità, la padronanza della spada era più che ottima, anche se le abilità di Ikuo erano dovute al fatto che l’armatura d’oro da lui indossata lo guidava nei movimenti e nelle azioni. Infondo, quella corazza era stata ricavata adoperando una goccia del sangue di Kouga.

Si aveva l’impressione che il vero Garo combattesse in realtà con il suo stesso riflesso.

Tuttavia…

Il tempo messo a disposizione era scaduto. Kouga dovette uscire dall’armatura per non incorrere a ben più noti e gravi pericoli.

Non avendo più una difesa, fu obbligato a mantenere una certa distanza.

- Il fatto che io non abbia nessun limite di tempo ti penalizza. – il finto Garo avanzò verso di lui, la spada tesa, pronta a colpire quel tanto odiato bersaglio – Prima di stringere il patto con Ahriman, ti ho spiato a lungo, ho seguito i tuoi movimenti, le tue azioni, ma anche quelle della ragazza che vedevo accanto a te. Mi sono iscritto a quel corso di disegno per poterla conoscere meglio, non è stato difficile diventare suo amico e sottrarle quella matita. Quando mi sono accorto che la sua amichetta chiacchierona provava un certo interesse verso di me, ho deciso di approfittarne. E’ stato divertente vederti tribolare mentre cercavi in tutti modi di evitare che Kaoru soffrisse. – lo fissò con aria beffarda, divertito da ciò, sorrideva sotto lo sguardo sempre più attonito di Kouga. - Inoltre, grazie a Kaoru ho imparato molte cose sul tuo conto, e più il tempo passava più mi accorgevo che tra me e lei non c’erano disuguaglianze, eravamo simili. Ciò che sto cercando di farti capire, è che quando tu non ci sarai più sarò io a prendermi cura di lei, perciò non temere per la sua sorte, ed accetta l’evidenza.

 

- Non farai nulla di tutto ciò! – ribadì con spregio Kouga, e prima ancora che Ikuo potesse vederlo, estrasse il Madoubi e lo investì con una fiammata di fuoco magico.

 

- Come pensavo… - mormorò Zarba quando vide che le ardenti fiamme provocavano ad Ikuo un senso di acuto dolore lungo tutto il corpo – Sarà pure un’armatura identica a quella del vero Garo, ma la lega che la compone non è la stessa. Il Fuoco Guida non è in grado di nuocere ai Cavalieri del Makai. – Il ragionamento di Zarba filava perfettamente, ad Ikuo però non fece molto piacere. Quelle parole lo avevano fatto sentire una stupida ed insignificante copia.

Facendo appello al suo potere richiamò una Chimera Mistica dal terreno. Kouga si sentì bloccare da quella creatura, ma opporre resistenza non gli servì a nulla. Ormai era spacciato. Il falso Garo caricò il braccio che impugnava la spada, la lama vibrò, gli altri due Cavalieri, Rei e Jin, stremati dal combattimento con le Chimere, non riuscirono a sollevarsi dal suolo.

 

Per Kouga la fine era sempre più vicina.

 

Ebbe la forza di guardare Kaoru, riversa al suolo, e provò rabbia. Non poteva concludersi tutto in quel modo, lui doveva fare qualcosa.

Un fascio oscuro investì il Garo fasullo che fu sbalzato via, lungo il terreno. Quell’intervento inatteso aveva salvato Kouga, ma quando il giovane si voltò per scorgere il suo misterioso salvatore divenne di colpo pallido.

Ahriman era lì. Il vero “distruttore”, lo spirito malvagio portatore di menzogna e falsità aveva usato i suoi poteri per impedire al suo stesso alleato di uccidere Kouga.

 

- Sommo Ahriman… Perché? - biascicò Ikuo, ricoperto dalla sua armatura che ora per via del colpo ricevuto aveva perso splendore. Cercò di rialzarsi ma ricadde.  

 

Lo spirito ricoperto dalla sua imponente corazza cremisi fece udire il tono altisonante della sua voce. – Tu volevi diventare un Cavaliere d’Oro ed io te l’ho concesso. Ma il nostro patto non comprendeva che la vita di quell’umano fosse spezzata.

 

- Ma voi…

 

- Taci! – gli ordinò la creatura, poi si rivolse a Kouga. Lo fissò a lungo con quegli occhi gialli e freddi, pareva avere un certo interesse per lui, se lo aveva salvato da morte certa c’era un motivo. Tuttavia non rivelò quali fossero le sue vere intenzioni. Indicò con un dito Kaoru, distesa in quel cerchio magico che fungeva da portale e che serviva proprio a condurre Ahriman nel mondo terreno. – Se tieni alla vita dell’umana che ora giace ai miei piedi, presentati da solo e senza le tue armi al Ponte del Giudizio. Io ti aspetterò là insieme a questa fanciulla. – proferì con quella sua voce imponente, cupa.

 

- Non erano questi i patti! – strepitò all’improvviso Ikuo – Mi avevi promesso che l’avresti risparmiata! 

 

Ahriman gli lanciò un’occhiata bieca. – Hai forse dimenticato che io sono il signore della menzogna?

 

La frase gli fece perdere il controllo. - Tu! – ringhiò alzandosi con veemenza dal suolo, la spada sguainata e l’espressione dura in volto. Non poteva permettere a quel mostro di portarsi via Kaoru.

Si lanciò verso di lui senza riflettere, era troppo accecato dalla rabbia. Di sicuro non avrebbe mai potuto tenergli testa. Neppure il più esperto Cavaliere Mistico sarebbe riuscito a duellare contro Ahriman in persona. La sua energia distruttiva poteva eliminare chiunque e in poco tempo. Perfino le armature dei Cavalieri non riuscivano a garantire una protezione efficace contro quelle scariche mortali. Ma Ikuo era solo un ragazzo, certi dettagli non poteva conoscerli. E quella sua disattenzione gli costò cara. Anche se in maniera indiretta.  

Shiro Yomoda, suo padre, adesso giaceva esamine al suolo. Per proteggere il figlio da un attacco mortale di Ahriman gli aveva fatto scudo col proprio corpo.

L’energia oscura lo aveva interamente paralizzato. Molto presto sarebbe arrivata al cuore, era questioni di attimi.

Ikuo si gettò verso il padre, voleva soccorrerlo, fare qualcosa, ma egli con quelle poche forze che aveva fece cenno di no. Ormai sapeva che non c’era più nulla da fare. Era prossimo alla morte.

 

- Papa…! – singhiozzò il ragazzo, uscendo dall’armatura. Si chinò sul viso del genitore. – Perché ti sei messo in mezzo?!

 

- Dovevo fare qualcosa per proteggerti… - rispose flebile l’uomo, il volto pallido del viso, gli occhi prossimi allo spegnimento – Anche se non sei un Cavaliere d’Oro ti voglio bene comunque, perché sei mio figlio. – sollevò una mano e gli toccò amorevolmente la guancia. Poi, chiudendo gli occhi sotto quel cielo scuro esalò il suo ultimo respiro.

Quella scena riportò Kouga al giorno in cui vide Taiga morire. Anche in quel caso l’uomo aveva preferito sacrificare la sua stessa vita per proteggere il suo amato bambino.

Per la prima volta provò pena nei riguardi di quel ragazzo sfrontato che era sempre stato il suo rivale.

 

Ikuo strinse le mani a pugno, con il volto rigato dalle lacrime si lanciò contro l’essere che gli aveva portato via il padre, ma ovviamente non poteva sperare di ottenere vendetta in quel modo, senza un’arma tra le mani, senza una protezione. La battaglia di un semplice umano contro uno spirito malvagio non ebbe neppure inizio, e quando il ragazzo avvertì l’energia distruttiva invadere il proprio corpo, comprese che aveva così posto la parola fine al proprio destino.

Si accasciò al suolo, non riusciva più a rialzarsi, eppure cercava di rimettersi in piedi, di sopraffare quel senso di malessere che percuoteva il suo corpo, il dolore stesso sopraffò lui e non fu più capace di muoversi.

L’imponente voce di Ahriman tuonò ancora una volta. – Ti aspetto al Ponte del Giudizio, umano. Non farmi attendere, altrimenti questa ragazza ne pagherà le conseguenze. – ribadì, e battendo in terra la lunga asta della lancia che stringeva in una mano, lui e Kaoru svanirono nel nulla.

Kouga corse verso il cerchio magico, ma oramai era troppo tardi. Ahriman l’aveva portata via.

Si portò una mano tra i capelli con un gesto disperato.

 

- Salvala – biasciò la voce tremolante di Ikuo. Kouga si voltò, poi lui e gli altri lo raggiunsero, ma sapevano bene che non poteva aiutarlo in nessun modo. Gli restavano ancora pochi attimi prima di raggiungere il mondo ultraterreno. Nessun paradiso lo attendeva dopo la morte. A Shiro era toccato lo stesso destino perché ambedue avevano sancito il Mistico Patto. Invano.

Ma chissà, forse i due si sarebbero incontrati.

Allungò una mano in direzione di Kouga, ciò che voleva era una stretta – Promettimi che lo farai – pronunciò con le ultime forze rimaste – Io… All’inizio volevo portarti via Kaoru solo per il gusto di vederti soffrire, ma come uno sciocco me ne sono innamorato. – riuscì a dire, e quando la mano del Cavaliere dal cappotto bianco strinse la sua, Ikuo chiuse gli occhi.

Per sempre.

 

Prima Shiro, e adesso anche lui… Ahriman aveva già causato la morte di due persone quella sera. E se Kouga non si fosse presentato al Ponte del Giudizio, la terza vittima di quel crudele spirito forse sarebbe stata Kaoru.

 

- Cosa facciamo adesso? – fece Rei, rinfoderando le armi.

 

- Ovviamente, quella di Ahriman non è altro che una trappola. – dichiarò Jin. Ma Kouga la sua decisione l’aveva già presa.

 

- Io vado. – fece in un primo momento, poi chiese a Zarba di prepararsi ad aprire un portale magico. Prossima destinazione: le terre del Makai.

Jin lo invitò a riflettere, Rei al contrario si offrì di accompagnarlo, anche se la creatura lo aveva invitato a raggiungere il Ponte del Giudizio da solo, e per di più senza armi al seguito. Consegnò la propria a spada al giovane Suzumura, poi il Madoubi, l’accendino magico.

 

- E’ una follia – constatò in un primo momento Rei – ciò nonostante, ti capisco. – Per la sua amata Shizuka avrebbe fatto la stessa cosa. Non aveva alcun dubbio.

 

Zarba riuscì a creare un passaggio. Adesso era giunto il momento di andare. – Stai attento e ricorda che Ahriman è un’abile imbroglione. Non fidarti mai di lui. – gli ricordò Rei, Jin al contrario fu di poche di parole. Quell’idea non gli piaceva affatto, però non avrebbe mai potuto impedirgli di andare. Si limitò ad augurargli buona fortuna, e non appena Kouga oltrepassò il passaggio magico e svanì anch’egli, i due si diedero subito da fare.

 

- Avverti i Cani da Guardia della cosa, io nel frattempo cercherò di chiamare i rinforzi. – si affrettò a dire Rei.

Jin assentì, poi ognuno prese strade diverse.

 

- Cosa pensi di fare, Rei? – gli chiese preoccupata Silva, e il ragazzo cercando di mantenere la calma ci rifletté su.

Sapeva già a chi rivolgersi: - Chiamerò dei vecchi amici. – e dicendo ciò sparì all’orizzonte.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Kouga, arrivato nel Makai si guardava intorno con aria circoscritta. In quel luogo era tenuto a mantenere gli occhi ben aperti.

Poi il ragazzo lo vide. D’innanzi a sé si ergeva maestoso l’antico Ponte del Giudizio. Alla fine di esso una figura statuaria di nome Ahriman attendeva il suo arrivo. Stesa ai suoi piedi c’era Kaoru.

Kouga iniziò a muoversi verso la struttura sospesa tra cielo e terra, la voce di Zarba però lo trattenne. – Sei davvero convinto di ciò che stai per fare? Ahriman vorrà certamente qualcosa in cambio. – constatò sapientemente.

 

- Non ho altra scelta. Devo rischiare.

 

- La tua risposta non mi sorprende. Voi umani sareste capaci di dare la propria vita pur di salvare quella della persona che amate. Ad ogni modo, stai ben attento alle promesse di quell’essere, mentire gli riesce bene. – L’anello diceva il vero, Kouga annuì consapevole di quello che stava per fare, perciò senza esitazioni si avviò verso il ponte.

Il pavimento di quella struttura eterea si illuminò non appena il giovane ne sfiorò la superficie bianca e liscia. Il bagliore poi andò via via scemando. Quando fu a metà strada, il Madougu gli ricordò che se avrebbe oltrepassato il punto di mezzo per raggiungere l’altra parte non sarebbe più potuto tornare indietro, perciò si trattenne.

 

Ahriman lo scrutava con un certo interesse, ma inizialmente tacque. A Kouga quel silenzio lo rese ancora più nervoso.

 

- Avanti, dimmi cosa vuoi. – fece per essere più sbrigativo, mentre fissava il mostro con aria inflessibile.

 

- Vorrei proporti uno scambio. Un solo e semplice scambio.

 

- Di che genere? Sii più chiaro. – lo esortò, ed arrivò subito al dunque – Cosa vuoi in cambio della ragazza? 

 

Ahriman sembrò sorridere poco prima di dare la sua risposta. – Te. – disse, mentre sul volto del Cavaliere si manifestò una smorfia di stupore. – Mi sembri sorpreso… Penso sia plausibile, dopotutto ti ho appena chiesto di scambiare la tua vita con quella di questa fanciulla. Non è forse uno scambio equo? Una vita in cambio di un’altra. Mi sembra onesto da parte mia.

 

- Dove vuoi arrivare con ciò? Cosa vuoi da me?– Kouga stava iniziando a perdere il controllo delle proprie azioni. Quella richiesta lo aveva in tutto e per tutto spiazzato.

 

- La risposta è tanto semplice quanto scontata – iniziò Ahriman – Sei stato l’unico Cavaliere del Makai che grazie alla sua forza è riuscito a ricacciare Meshia nelle sue terre. Io ho bisogno del tuo potere per sconfiggerla una volta per tutte ed impadronirmi di questo mondo.

 

Ascoltate le motivazioni, Zarba gli pose un quesito. – Non sei interessato al mondo degli umani? Perché…?

 

- Laggiù c’è già troppa menzogna. La falsità dilaga ovunque, nei cuori delle persone c’è odio, ferocia, cattiveria… Un mondo così non vale la pena di essere espugnato. Perlomeno, non ancora.

 

- Ti sbagli – intervenne Kouga, con voce ferma e decisa – seppur in minoranza, le persone con un animo onesto e leale esistono ancora. E fanno parte di quel mondo. – con gli occhi guardò Kaoru distesa sulla superficie bianca del ponte. Lei faceva parte di quell’universo, apparteneva alla schiera di persone che possedevano un cuore puro. Il suo posto non era lì, ai piedi di Ahriman. Lui doveva riportarla a casa, anche se facendo ciò sarebbe stato costretto ad accettare la proposta dell’essere – Tu sei lo spirito che governa gli influssi legati alla menzogna, come posso fidarmi di te?

    

Con un movimento della mano lunga ed ossuta, Ahriman scrisse a mezz’aria qualcosa. Si trattava di un contratto. – Leggi pure attentamente, non troverai nulla di sbagliato. Quando sarai pronto, per sigillare il nostro patto imprimi la tua mano sullo scritto e sarò obbligato a mantenere la parola data così come tu sarai costretto a venire via con me.

 

Kouga lesse attentamente quelle parole scritte in lingua Makai, quando ebbe finito capì che doveva fare una scelta.

Sollevò la mano destra senza incertezze, perché sapeva di non averne. Per Kaoru avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche la più estrema, folle, impensata. Perciò non aveva motivo di sentirsi angosciato.

Lo stava facendo per lei. Nient’altro. E questo pensiero gli bastava.

 

- Kougaintervenne il suo anello – pensaci bene. – lo esortò a riflettere, ma in cuor suo Zarba sapeva che cosa sarebbe successo da lì a poco. Non poteva di certo obbligarlo a non firmare, anche se avrebbe voluto.

 

Il ragazzo sollevò la mano dove risiedeva il Madougu. – Prenditi tu cura di lei – disse, con un accenno di sorriso guardò amorevolmente il proprio compagno, ma Zarba non disse nulla, non gli piacevano gli addii. Poi si vide sfilare dal dito e posare in terra. Ciò che riuscì ad intravedere da quella prospettiva, gli provocò un profondo senso di malinconia. Il suo proprietario aveva appena firmato la sua condanna a morte. Eppure a vederlo sembrava tranquillo.

Quando l’impronta della mano si fissò su quel nugolo di lettere fluttuanti, una luce investì sia lui che Kaoru.      

In pochi istanti la ragazza si ritrovò al posto di Kouga, e Kouga… riemerse dall’altra parte.

Non gli fu neppure concesso di sfiorarla con una mano. Dovette accontentarsi di rivolgerle uno sguardo perché una barriera di vetro gli impediva di andare da lei.

 

Kaoru poco per volta aprì gli occhi, si sentiva stordita, confusa. Quando mise a fuoco intorno a sé vide un territorio interamente spoglio, bianco.

Si alzò, con una mano poggiata sopra al capo, che cosa le era successo? Stava sognando?

Aveva ancora le gambe intorpidite, ma nel momento in cui intravide Kouga proprio di fronte a lei si rimise subito in piedi.

Corse in quella direzione, un sorriso le illuminò il volto, sorriso che poi appassì subito non appena andò a sbattere contro qualcosa.

Si trattava di una barriera simile ad una lastra di vetro. Quel muro a prima vista impercettibile divideva la metà buona del ponte da quella malvagia. E di conseguenza anche Kaoru da Kouga.

 

- Non capisco – fece in un primo momento. Scosse il capo ed iniziò a guardarsi intorno. Forse c’era un’altra strada per aggirare quell’ostacolo invisibile, o forse bisognava premere un interruttore od eseguire un comando speciale. Guardò Kouga nella speranza che egli potesse risolvere i suoi dubbi – Dove ci troviamo? E perché questa lastra ci divide? – aveva i tratti del viso molto scossi, era turbata, il cuore le batteva forte in petto. Deglutì aspettando una risposta, ma lui posando con delicatezza una mano sul muro di vetro le rivolse un sorriso. – Perché non dici niente? E’ forse successo qualcosa? Questo posto non mi piace… torniamocene a casa, ti prego.

Kouga reclinò il capo verso il basso, non riusciva a guardarla negli occhi e nello stesso tempo a dirle una verità che le avrebbe fatto molto male. – Non posso accontentarti questa volta. – le rispose, lo sguardo gli divenne immediatamente triste.

 

- Che cosa significa che non puoi? – Kaoru appoggiò una mano sulla lastra cristallina, nel punto in cui il ragazzo teneva la sua. Anche se non poté toccarla, riuscì a sentirne solo il calore che si diffondeva attraverso il vetro. Spostò lo sguardo oltre le sue spalle, vide Ahriman alla fine del ponte che aspettava qualcosa… o qualcuno. Intuì subito che la situazione non era delle migliori. – Che cosa sta succedendo? Ti prego, dimmelo. – Quegli occhi così inquieti, quell’espressione tesa, ansiosa… Doveva darle una risposta. Kouga doveva trovare il coraggio necessario per dirle la verità.

 

 – Non posso venire con te. – disse guardandola negli occhi, ma gli costò tanto farlo.

 

- Non puoi venire ora, vuoi dire questo? Ma poi lo farai, vero? – Kaoru si fece sempre più inquieta, soprattutto quando si accorse che lui nonostante le ripetute domande continuava a non darle risposte chiare.

 

- Purtroppo no – proferì una vocina alle sue spalle. Si girò e vide poggiato in terra Zarba. Ma se lui era lì, come mai Kouga non lo portava più al dito? Quando l’anello si apprestò a concludere la frase il segreto fu presto svelato. – Per salvare la tua vita ha stretto un patto con Ahriman, e adesso sarà costretto a passare il resto dei suoi giorni rinchiuso in questo mondo.

Quella rivelazione inaspettata le suonò come una tremenda condanna. Ebbe un sussulto, avvertì chiaramente un tonfo al cuore, prima fissò l’anello con un’aria stranita, ma quando si rese conto che Zarba non stava affatto mentendo, subito guardò Kouga, il suo Kouga. Colui che non avrebbe più rivisto.

Gli occhi le vibrarono, un nodo in gola inizialmente le impedì di parlare. Ma lei doveva dire qualcosa.

- Che significa che resterai qui? Che cosa vuol dire che non potrai più tornare a casa? Non potrai più tornare… da me?       

 

Seppure con uno sforzo enorme, Kouga fu costretto ad annuire. – E’ così. – rispose solamente, non sapendo cosa altro dire, non sapendo quali parole aggiungere. E quando la vide di colpo scoppiare in lacrime si sentì una persona inutile.

Avrebbe voluto evitarle una simile sofferenza, avrebbe dovuto. 

Eppure… Dopo le tante giornate trascorse insieme, ora lì su quel ponte stavano per dirsi addio.

No, Kaoru non poteva accettarlo. Mossa dalla disperazione iniziò a picchiare contro quella maledetta lastra che la teneva lontana dall’unica persona che mai avrebbe voluto perdere. Più la prendeva a pugni, più le lacrime le scendevano giù dal viso, la sofferenza aumentava, la rabbia accresceva a dismisura. – Non puoi farlo, non puoi! – disse tra i singhiozzi – Non puoi lasciarmi sola. – Era disperata, la voce sporcata dalle lacrime, scuoteva il capo con lo sconforto negli occhi, con la paura di doverlo perdere da un momento all’altro. – Non puoi lasciarmi! – ripeté mentre lo fissava con maggiore inquietudine, con maggior… disprezzo. – Perché hai fatto una cosa simile?! Tu… non dovevi rinunciare alla tua vita! Sei uno stupido! Tu… non dovevi…

 

- Zarba si prenderà cura di te, e anche Gonza lo farà, ne sono certo. – le rispose Kouga, ma cosa poteva ormai dire o fare? Come doveva comportarsi adesso che quel patto l’avrebbe condotto via da lei? Non c’erano parole o gesti in grado di placare quel senso di vuoto indotto da una situazione oramai irreversibile. Come potevano d'altronde le premure di Zarba e quelle di Gonza sostituirlo? Il dolore lo stava opprimendo. – Dovrai andare avanti senza di me, continuare la tua vita e…

 

- Ma la mia vita sei tu. – rispose Kaoru. La malinconia di quello sguardo unita alla dolcezza che il suono della sua voce riuscì a diffondere raggiunse il cuore di Kouga aldilà della barriera. Premette la fronte contro quella gelida lastra, strinse forte gli occhi, avrebbe voluto stringerla almeno a sé, carezzarle il capo, sfiorarle la guancia con un bacio. Serrò in un pugno la mano che teneva premuta sulla lastra e poi sussurrò qualcosa. – Devo andare. – disse sforzandosi di non tremare con la voce.

Kaoru posò anch’ella la fronte sul gelido vetro. – Non farlo – singhiozzò, non voleva arrendersi a quel fato ingiusto. E poi improvvisamente decise di reagire – Non c’è un modo per spezzare il patto? – si girò per un attimo in direzione di Zarba. – Tu non puoi fare niente? – gli occhi le tremavano, il suono di quella voce pregna di false speranze tremolava, doveva avere fiducia, doveva continuare a sperare, ma… con un sospiro profondo l’anello le fece capire che non c’erano vie d’uscita. - Non può finire così… - disse con un filo di voce, rapita dalla disperazione si voltò ancora verso Kouga, voleva fare qualcosa per lui, ma egli scosse il capo quasi a voler dire “va tutto bene, tranquilla”.

Come poteva Kaoru restare tranquilla? Stava per perdere una parte di sé, la più importante. Lo stava per perdere.

Tutti i suoi timori avevano iniziato a prendere vita, a divenire una cruda quanto inverosimile realtà. Una vita senza Kouga non valeva la pena di essere vissuta. Era convinta che non sarebbe riuscita a sopportare il peso di quell’abbandono. Lo guardò dritto negli occhi. – Non puoi rinunciare alla tua vita solo per salvare la mia. – Al suono di quella frase egli sorrise gentilmente.

 

- Tu avresti fatto lo stesso. – e mentre continuava ad osservarla per la sua ultima volta, la mano si staccò da quella fredda lastra di vetro, iniziò ad indietreggiare sotto lo sguardo sempre più disperato di Kaoru che gridava il suo nome a voce alta, batteva con i pugni chiusi su quel muro invalicabile, piangeva.

Kouga si girò per non guardarla. Anche se quelle grida continuavano a risuonare nell’aria, sempre più forti, sempre più amare. Fu straziato da quel suono. Ma ormai non poteva fare più nulla. Era obbligato ad accettare il suo destino.

E per farlo, le doveva dire addio.

 

Quando raggiunse Ahriman preferì non voltarsi. Sarebbe servito solo a ritardare ulteriormente la sua partenza perché lui ne era certo: se le avesse rivolto lo sguardo non sarebbe più riuscito ad andar via.

Svanirono nel nulla una volta superato il varco opposto, sotto lo sguardo atterrito di Kaoru.

Scosse lentamente il capo, era confusa, incredula. Le sembrava di vivere un incubo, forse lo era per davvero. Sì, quello era solo un brutto sogno, e una volta sveglia sarebbe tutto passato.

Eppure sembrava così dannatamente reale…

Si lasciò scivolare in terra, lo sguardo perso, privo di luce. Il sorriso spento.

Aveva smesso di piangere ma solo perché di lacrime non ne aveva più. Un senso di desolazione albergava in lei.

E adesso cosa sarebbe successo? Come sarebbe cambiata la sua vita? Continuava a scuotere il capo, continuava a sperare in un miracolo improvviso. Da lì non si sarebbe più mossa. Kouga prima o poi sarebbe tornato indietro. Ed era pronta ad aspettarlo anche per tutta l’eternità, non le importava più di nulla, di nessuno.

Lei voleva solo riabbracciarlo.

 

- Kaorudisse ad un tratto Zarba, riuscendo ad attirare la sua attenzione – non possiamo restare qui. Dobbiamo andarcene subito.

 

- Lui tornerà, ne sono certa – rispose la ragazza – Non può lasciarmi. 

 

- Pensiamo prima ad allontanarci da qui, e poi ci occuperemo di Kouga. – le propose il Madougu, dando così una flebile speranza alla giovane umana – Avvicinati, presto. – disse, e lei camminando a carponi lo raggiunse. – Ci troviamo nel Makai – le spiegò successivamente – e questo che vedi è il Ponte del Giudizio, una delle strutture più antiche e magiche di questo mondo. Separa i confini della verità da quelli della menzogna, ovvero il bene dal male. Sul ponte la mia magia non funziona, quindi non posso aprire nessun varco per riportarti a casa.

 

- Allora spostiamoci da qui. – propose la giovane raccogliendolo tra le mani ed alzandosi in piedi. L’anello mugugnò qualcosa poco prima di farle notare laggiù, verso l’inizio del ponte un “piccolo” ma fastidioso particolare. Kaoru sollevò il capo d’innanzi a sé, dove Zarba le aveva detto di guardare poi sussultò. Un branco di Orrori bloccava l’accesso, erano affamati e piuttosto irrequieti. Solo a guardarli veniva la pelle d’oca.

Tuttavia la ragazza si accorse che c’era qualcosa di strano in quelle creature.

 

- Perché non ci attaccano? Preferiscono aspettare piuttosto che venire qua, sembrano avere paura di qualcosa…

 

- Il Ponte del Giudizio è un territorio neutro. A loro non è consentito l’accesso. Se tenterebbero di oltrepassare quel confine, la parte “buona” del ponte, quella in cui ci troviamo, li ridurrebbe in cenere. E’ per questo che ho bisogno del tuo aiuto. Ascoltami bene – premise il Madougu, successivamente le spiegò il piano.

Kaoru annuì, poi si diresse verso l’uscita, più avanzava e più quelle infide creature sentendo l’odore dell’umana diventavano irrequiete. Si fermò a pochi metri da loro. Il cuore le batteva forte, ma Zarba le aveva detto che almeno lì, su quel ponte restava al sicuro.

 

Il piano era semplice: la giovane avrebbe dovuto lanciare l’anello aldilà del ponte, nella zona in cui risiedevano gli Orrori. Una volta lì, Zarba sarebbe riuscito a riacquistare i suoi poteri, maKaoru iniziò a chiedersi una cosa.

 

- Come farai ad eliminare quei mostri? Sono tanti… - chiese preoccupata. Quell’anello non poteva avere dei poteri così grandi… o forse sì?

 

Zarba ridacchiò con gusto, poi la fece preparare al lancio. – Una volta ti ho raccontato che qui nel Makai il mio aspetto era ben diverso da quello che vedi ora.

 

- Significa che ti vedrò nella tua vera forma?

 

- Lo scoprirai tra poco, quando sarò dall’altra parte, cioè… ORA! – urlò, dandole così il via. Kaoru lo lanciò in aria, ben oltre il confine di terra che separava il ponte dal continente arido e secco del Makai.

Zarba volteggiò in aria, sopra le teste degli Orrori, poi una luce lo avvolse all’improvviso. Cadde a terra, si udì un tonfo pesante, un suono strano, poderoso, e quando il bagliore si fu dissolto, al posto del minuto Madougu apparve qualcosa di estremamente grande. Ora su quel suolo si ergeva una creatura imponente, alta più di tre metri, con braccia lunghe rivestite da una possente corazza, un corpo scheletrico e duro come l’acciaio, dietro il capo, l’unica parte che non aveva perso il suo solito aspetto, scendeva un pennacchio lungo e folto colorato di rosso. Tra le mani ossute ed artigliate stringeva con fierezza una falce lunga ma dall’aspetto minaccioso.

Con un colpo solo di quell’arma sottile ed affilata, Zarba ridusse il nemico in cenere.

Un Orrore scampato all’agguato tentò di attaccarsi alla sua gamba, ma l’essere ossuto rivestito da quella corazza d’argento lo afferrò con una sola mano, spalancò le fauci e con un ruggito infuocato lo carbonizzò in un sol colpo.

Kaoru aveva assistito alla scena con occhi spalancati. Era sbalordita da tutta quella potenza. Quando Zarba si voltò verso di lei, con un balzo la raggiunse senza però oltrepassare il ponte, altrimenti avrebbe perso i suoi poteri.

 

- In quella zona si può aprire un portale. – Zarba indicò con il dito lungo ed affilato un punto lontano. – Dobbiamo sbrigarci, non posso mantenere questa forma ancora per molto. Salta su, coraggio. – si abbassò leggermente per darle l’aggio di salirgli sulla spalla. Kaoru si sentì lievemente a disagio, poi però si rese conto che doveva affrettarsi.

Si sedette così sulla spalla massiccia dell’imponente creatura che iniziò subito la sua corsa.

Da lassù riusciva ad intravedere ogni cosa, il vento durante la traversata le passava tra i capelli. Tenendosi stretta a Zarba, le venne spontaneo fare una domanda. – Non ti ho mai visto assumere la tua vera forma prima d’ora… Come mai?

 

- Sulla vostra terra non mi è concesso riprendere il mio aspetto originario. Soltanto nel Makai posso richiamare il mio vecchio corpo, ma il procedimento richiede un elevato dispendio di energia. – le spiegò, e non appena furono vicini alla meta, Zarba, usando i suoi poteri riuscì ad aprire un varco. Dietro di lui, un branco affamato di Orrori gli fu subito alle calcagna. Si muovevano come cavallette, a gruppi numerosi, pronti a spolpare fino all’osso l’ambita preda. – Tieniti forte! – disse a Kaoru, accelerando il passo, e con quelle gambe lunghe ed agili riuscì a distaccarsi dagli inseguitori e a saltare letteralmente in quel portale magico.

 

L’atterraggio fu tanto brusco quanto caotico.

Zarba riacquistò la sua solita forma poco prima di cascare a terra, Kaoru lo seguì a ruota. Entrambi ruzzolarono in quella che, a prima vista poteva sembrare un’enorme sala. Ed infatti lo era.

Si trattava della hall di casa Saejima.

Quando la giovane finì al suolo, dopo un primo attimo di stordimento si vide arrivare incontro una figura piccola e minuta che l’aiutò a rimettersi in piedi. – Rin…? – biascicò, ancora frastornata. Ma non era da sola. Sopraggiunsero Rei che raccolse Zarba da terra, Gonza, Tsubasa e perfino Jabi. – Ma voi… - riuscì ad articolare solo poche parole, Jabi le spiegò brevemente tutto.

 

- Ci siamo subito precipitati qui non appena Rei ci ha spiegato cosa stava succedendo. 

 

- Non potevamo ignorare la questione. – disse Tsubasa, e successivamente la sorellina Rin aggiunse: - Tu e Kouga siete nostri amici. – poi la ragazzina si guardò intorno – Ma lui dov’è? – fece in un primo momento, anche Jabi e il fratello iniziarono a chiedersi che fine avesse fatto il Cavaliere dell’Est. Rei temeva già il peggio, e quando vide Kaoru scoppiare in lacrime, le sue più profonde paure presero vita.

Tra i singhiozzi la ragazza cercò di raccontare l’accaduto, Zarba l’aiutò a finire cercando di riportare tutto quello che era successo, quando disse che Kouga aveva firmato il contratto con Ahriman, i presenti azzittirono di colpo.

Nella sala la sofferenza era palpabile. 

Gonza fu costretto a sedersi su una sedia, Rin divenne pallida, Jabi si sentì salire la rabbia al volto. “Che stupido” sbottò tra sé, in preda alla disperazione.

 

- Dobbiamo riportarlo indietro. – disse ad un tratto Tsubasa. Rei lo fissò ed annuì senza incertezze.

 

Il cuore di Kaoru iniziò a battere forte. Era in preda all’agitazione. – Potete salvarlo? – biascicò tremante, aspettando quella risposta.

 

- E’ un suicidio – intervenne Jabi, certa della cosa. Aveva già intuito tutto, sapeva a cosa sarebbero andati incontro, tutti gli altri ne erano consapevoli, ma si trattava di Kouga. Colui che non aveva mai voltato le spalle a nessun amico.

E’ un suicidio – ripeté ancora, ma stavolta sorrise. - Però vale la pena rischiare.

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Eccoci giunti al capitolo che finalmente, dopo anni di attesa, svela il mistero! Mi sento in un certo senso più leggera… però mentre scrivevo la parte in cui Kouga è costretto a dire a Kaoru che non si rivedranno più ho sofferto anche io insieme a loro, mentre provavo ad immaginare la scena.

Qui trovate una mia fanart ispirata proprio a quel pezzo: http://4.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/S-RgjEBFAbI/AAAAAAAAAJI/NY_oldTArms/s1600/Botan+66.BMP

E adesso… è giunto il momento. Ebbene, proprio in questi giorni sto scrivendo l’ultimo capitolo della Garo Second Season. E’ dura per me, a livello psicologico è molto difficile, primo perché questa fanfic mi ha accompagnato per molto tempo tenendomi compagnia sia quando le cose non andavano bene sia, al contrario, quando mi sentivo particolarmente ispirata e avevo voglia di creare, inventare, darle la vita. Cosa che ho fatto, con tanto impegno e dedizione, anche quando ho iniziato a lavorare e non avevo molto tempo libero a disposizione non l’ho mollata semplicemente perché Garo non ha mai mollato me.

Detto questo, l’ultimo capitolo, il 31, chiuderà la storia.

La pubblicazione avverrà prima dell’ultima puntata della Garo Makaisenki, ovvero la seconda seria, prevista mi sembra per la metà di febbraio. Fino ad all’ora, questi ultimi capitoli vi terranno compagnia, spero, nel migliore dei modi!

 

 

 

Per DANYDHALIA: Cara D, come vedi grazie a questo capitolo il mistero è stato svelato! Ma i colpi di scena non sono ancora finiti…!

 

Per MissysP: Una nuova lettrice! Che bello!!! Grazie innanzitutto per la recensione e per aver letto la storia in così poco tempo! Significa che ti è piaciuta, e questo mi rende veramente felice! Tra non molto arriverà anche l’ultimo capitolo, ma se ti continua a seguire!

 

 

 

Alla prossima!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Un labirinto oscuro, pieno di insidie metterà a dura prova Kaoru, Rei, Tsubasa e Jabi che tenteranno di arrivare a destinazione lottando contro le proprie paure. Quando Kouga sarà ad un passo da loro, Kaoru dovrà prendere una decisione importante che, inevitabilmente, cambierà per l’ennesima volta il corso degli eventi.

Prossimo episodio: #30 Labirinto

 

       

 

 

 

 

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Capitolo 31
*** #30 Labirinto ***


- Ma spiegami perché

                                      Labirinto

                                         #30

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

- Ma spiegami perché?! – esclamò Rin fissando con una certa ostinazione suo fratello Tsubasa. – Perché non posso venire anche io?!

 

- Vedi Rin… - intervenne Jabi, certa che se avrebbe lasciato fare a Tsubasa di sicuro la situazione sarebbe sfociata in un litigio. – Il luogo in cui tra non molto dovremo andare, è diverso da tutti gli altri. Ricordi la foresta di Guren? I suoi tranelli, le sue insidie? E’ perfino più pericoloso di quella foresta stessa.

 

- Ma io potrei esservi di aiuto. Ho studiato molto, questo lo sai bene. Diglielo tu a mio fratello, digli che ora sono più brava, digli che sono pronta, Jabi!

 

La Sacerdotessa emise un sospiro, si girò verso Tsubasa ma questi con uno sguardo torvo le fece capire che la sua era una decisione irremovibile. – E’ per il tuo bene, Rin, cerca di capire. C’è in gioco la vita di Kouga, non possiamo rischiare, dovremo prestare la massima attenzione a quello che una volta entrati lì ci attenderà. E poi, se anche tu vieni con noi chi terrà aperto il portale? Il tuo compito è importante quanto il nostro. – le fece notare, mentre la piccola storcendo il muso e con un profondo sforzo fu costretta ad accettare le regole.

 

- Però… non ho mai praticato un simile incantesimo prima d’ora. – disse preoccupata, mentre osservava delle candele rigorosamente rosse disposte in terra l’una al fianco dell’altra fino a formare un cerchio.    

La sacerdotessa le appoggiò entrambe le mani sulle spalle, infine sorrise. –Io ho fiducia in te, so che ci riuscirai.

 

Quando Rei ebbe finito di accendere l’ultimo cero, Rin deglutì, e stringendo con decisione il suo pennello magico si mise in posizione.

Si trovavano tutti nel giardino della residenza Saejima. Le grosse candele disposte in terra illuminavano quella sera, mentre la luna tondeggiante si affacciava timidamente in cielo.

 

Jabi, Tsubasa e Rei si posizionarono nel bel mezzo del cerchio, Kaoru li seguì senza esitare ma con un braccio Rei la trattenne. – Non puoi venire – disse – è troppo rischioso.

 

- Anche Kouga ha deciso di correre dei rischi pur di salvarmi, e non me ne starò qui con le mani in mano ad aspettare il vostro ritorno. Farò quanto in mio potere pur di riportarlo indietro. – l’ostinazione regnava incontrastata in quello sguardo.

Rei esitò, poi si convinse che Kaoru non avrebbe mai ceduto, ed abbassando il braccio le consentì di venire.

Con le setole del pennello magico di fronte alle labbra, Rin pronunciò delle parole nell’antica lingua Makai, quando ebbe finito soffiò con tenacia, ed improvvisamente la fiamma ardente delle candele poste in terra da gialla divenne bianca e poi di colpo nera. Quel segno indicava la pericolosità del luogo in cui il quartetto si sarebbe recato.

Rin pronunciò ancora una frase, l’ultima, e disegnando a mezz’aria delle linee scintillanti con l’ausilio del suo pennello, aprì finalmente le porte a quel passaggio misterioso che inghiottì in un baleno i quattro ragazzi, facendoli svanire nel nulla.

- Buona fortuna – disse la ragazzina. Era turbata, pregò affinché tornassero alla svelta.

Il buon Gonza con fare benevolo le posò una mano sulla spalla e con un sorriso affettuoso cercò di farle coraggio senza però nascondere anch’egli il proprio turbamento.

 

 

 

Quel luogo non lasciava presagire nulla di buono. Fu la prima cosa che pensò Kaoru quando ancora stordita prese a guardarsi intorno.

- Dove siamo di preciso? – chiese, la mano posata sul cuore, lo sguardo atterrito.

Si trovavano nelle gole profonde del Makai, in un posto spettrale, un angolo che nessuno mai avrebbe osato visitare.

 

Rei andò dritto al sodo. – Nella tana del nemico.

 

- Non proprio – precisò Tsubasa, poi con un cenno del capo indicò un punto oltre le rocce – La dimora di Ahriman si trova aldilà di questo labirinto.

 

- Il labirinto oscuro. Lo chiamano così. – disse ad un tratto Jabi.

 

Tsubasa le gettò un’occhiata. - Lo conosci?  

 

- Se vuoi diventare un Prete del Makai devi imparare ogni cosa su questo mondo. Confesso che il luogo in questione non mi è mai andato a genio. Da bambina facevo disperare il maestro Amon perché ogni volta pur di evitare l’argomento preferivo scappare dalle sue lezioni. Lui mi ripeteva spesso che avere paura di questa zona equivale ad avere paura del proprio inconscio, perché è qui che la menzogna prende vita per insinuarsi nel cuore delle persone e di ogni essere vivente.   

 

- Quindi, è qui che nascono le fandonie… - scherzò Rei, giusto per sdrammatizzare la cosa. Infondo però percepiva anche lui una forte aura maligna, e ciò lo metteva a disagio.

Quello che aveva raccontato Jabi era vero, ogni essere umano nasconde qualcosa nel suo inconscio, ed ogni persona ne è a sua volta spaventata. In un luogo simile, capace di tirar fuori il peggio di ognuno, perdere lucidità sarebbe stato tutt’altro che difficile.

 

Tsubasa guardò gli altri con fare risoluto. Era giunto il momento di andare.

- L’inconscio di ognuno di noi è come questo labirinto. Ci si può perdere facilmente senza mai trovare il suo punto d’arrivo. – Il Cavaliere della Notte Bianca avanzò in direzione del dedalo spaventoso.

 

- Una volta dentro, non sappiamo quello che ci attenderà. Vi consiglio di mantenere la vostra mente sgombra da qualsiasi pensiero. Dovete concentrarvi solo sul punto di arrivo, sull’uscita. – affermò la Sacerdotessa. Rei emise un lungo sospiro, Silva mugugnò qualcosa, forse voleva dire al suo proprietario di fare estrema attenzione, ma almeno per questa volta tacque.

 

- Avanzeremo in gruppo, con un passo diretto. – fece Tsubasa.

 

Jabi rettificò all’istante.

- Meglio essere cauti. Non sappiamo se durante il tragitto incontreremo delle trappole. Si tratta pur sempre di un luogo che mira ad ingannare le sue prede.

 

- Troppa lentezza ci porterebbe a qualsiasi distrazione.

 

- Troppa rapidità nei movimenti ci porterebbe a perdere il senso dell’orientamento. Dobbiamo attraversare un labirinto, lo hai forse scordato?

 

- Dobbiamo restare concentrati, lo hai tu stessa ribadito, forse sei tu quella che ha scordato qualcosa.  – guardò Jabi con un’aria quasi di sfida, lei non apprezzò il gesto, e con braccia incrociate diede la sua secca risposta.

 

- Perlomeno, io ho dimostrato di conoscere questo posto, a differenza di qualcun altro. – disse, con una certa disinvoltura, mentre lo guardava in modo particolare.    

Tsubasa incassò il colpo senza aggiungere altro. Dovevano addentrarsi in quel labirinto, non c’era né il tempo e né la voglia per iniziare di sana pianta un litigio.  

 

- Possiamo dividerci. – propose a quel punto Kaoru.

 

Tsubasa le lanciò un’occhiata bieca. – Ho detto che avanzeremo in gruppo. Su di questo non sono disposto a scendere a compromessi.

 

Jabi sorrise compiaciuta, infine si fece avanti. – Avanzeremo in gruppo, ma lentamente. – Sembrava una perfetta via di mezzo. Tuttavia…

Tsubasa e Rei si avviarono verso l’entrata del dedalo oscuro, Kaoru li seguì ma Jabi ancor prima la trattenne per un istante. – Non sarà una semplice passeggiata. – le ricordò, guardandola negli occhi. Voleva farle capire che quel posto era realmente pericoloso. Perfino lei ne era intimorita. – Con questo non voglio dire che faresti meglio a tornare indietro, ma se ti dovesse succedere qualcosa, so che Kouga non ce lo perdonerà mai. Io cercherò di darti la mia protezione, ma sta ugualmente attenta a tutto ciò che ti circonderà.

 

Kaoru annuì, pur sapendo a cosa stava andando incontro. Eppure strano a dirsi non provava una forte inquietudine. Questo perché non aveva smesso per un solo istante di pensare a Kouga. Pregava affinché fosse ancora vivo, voleva rivedere ancora una volta il ragazzo che le aveva in più occasioni salvato la vita, e che, per dirla con un buffo gioco di parole, le aveva cambiato la vita.

 

- Non ti accadrà nulla, puoi stare tranquilla – emise Zarba, sistemato sul dito medio di Kaoru – Prima di andarsene, Kouga mi ha chiesto di prendermi cura di te. Se non dovessi tener fede alla parola data, non sarei più degno di essere la guida mistica di un Cavaliere d’Oro. – pur ironizzando sulla questione, l’anello era certo di quello che aveva appena detto. E aldilà di tutto, Zarba con il tempo aveva imparato a volere bene anche a quel pulcino spennacchiato, come si divertiva spesso a chiamarla, di nome Kaoru. Anche Kaoru teneva in modo particolare a lui. Sapeva che Kouga non lo considerava come un anello qualunque, quel Madougu era più di una semplice guida. Lo aveva aiutato a crescere, gli aveva dato ottimi consigli, anche quando tra lui e Kaoru scoppiavano come tempeste improvvise implacabili liti lo aveva indirizzato sulla retta via, e fatto capire cosa era giusto e cosa, invece, sbagliato.

Zarba faceva parte della famiglia, questo era certo.   

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

- Cosa ci fai qui? Non lo sai che le Spalle Mistiche nel Palazzo dei Cani da Guardia non possono entrare? – le disse Jin, il Cavaliere d’Argento, con modi tutt’altro che blandi.

Souka arricciò il naso facendo spallucce, poi arrivò dritta al nocciolo della questione.

 

- Ho saputo che il Cavaliere d’Oro è rinchiuso nelle terre del Makai governate dallo Spirito della Menzogna. Dovete intervenire! – sbraitò, rivolta alla sentinella dell’Est che le stava d’innanzi.

 

Questa, con modi assai calmi si apprestò a darle una risposta. – Ha fatto una scelta, firmando un contratto, noi non possiamo fare nulla.

Souka sbatté un piede in terra colta da un moto di rabbia. – Tutto ciò non ha senso! Non potete abbandonarlo al suo destino…!

 

- Noi guardiani siamo molto amareggiati per quanto accaduto, credimi. Abbiamo perso un valido Cavaliere Mistico, e non sarà facile continuare a svolgere il nostro operato senza il suo valido appoggio.

 

- E’ questo il punto! Trattate Kouga come se fosse un oggetto prezioso, ma nessuno di voi si rende conto che prima ancora di essere un Cavaliere lui è una persona! – Souka era fuori di sé, avanzò pericolosamente verso la sentinella, ma si sentì fermare da Jin, che la trattenne per il braccio.

 

- Andiamo fuori. – disse, esortandola ad uscire da lì.

 

Malgrado tutto fu costretta a seguirlo, e una volta in strada non si trattenne di certo. - Chi diavolo sei?! – sbottò, strattonandosi via da quella presa.

 

- Sono un amico di Kouga, e la questione ti assicuro che non mi è del tutto indifferente.

 

- Se veramente sei un suo amico, dovresti imporre il tuo volere anziché assecondare quelle stupide creature vestite di bianco.

 

- Il regolamento lo impone.

 

- Il regolamento… - Souka reclinò il capo, era come se stesse rivivendo qualcosa – Mio padre è morto pur di portare a termine il suo compito. E non permetterò che a Kouga tocchi la stessa sorte. – In realtà Souka aveva un piano ben preciso. Era stato Gonza a raccontarle ciò che era successo a suo cugino, inoltre il maggiordomo aveva aggiunto che degli amici del giovane si stavano recando nel Makai per riuscire a portarlo fuori da quel luogo desolato che lo teneva prigioniero. – Devo allontanare Ahriman da lì. – mormorò, Jin scosse il capo ma quando fece per chiederle cosa avesse intenzione di fare, Souka andò via di corsa. Non poteva perdere tempo.

 

- Ti toccherà andarle dietro, piccolo Jin. – gli consigliò a quel punto Danda, il bracciale magico. L’umano borbottò qualcosa, e poi fu costretto ad inseguirla.

 

 

 

- Conosco questa strada… - disse tra un passo e l’altro il Cavaliere d’Argento, che quindi aveva deciso di aggregarsi a lei – ma non mi hai ancora detto quali sono le tue reali intenzioni.

 

Souka sorrise, poi alzò il capo in direzione di una casupola non molto lontana. – Lo scoprirai a breve.

 

Jin fu del tutto scettico. – Quel vecchio eremita non ti aiuterà mai. – Forse aveva già intuito quali fossero le intenzioni della giovane.

 

- Lo farà. Mi deve un favore.
 Che tipo di debito poteva mai avere l’anziano Denemon nei riguardi di Souka?

Jin scosse ancora il capo quando ad un tratto sentì un urlo, subito dopo vide qualcuno uscire a gran velocità dalla dimora dell’anziano saggio.

- Torna indietro! – urlò Denemon, sulla soglia della porta. Quando intravide Souka e Jin lì nei paraggi chiese loro di intervenire. – Prendetelo! E’ un Orrore! – detto questo, i due iniziarono subito il rocambolesco inseguimento.

 

L’uomo, sentendosi braccato si gettò a capofitto nella boscaglia. Corse senza girarsi mai indietro, solo dopo un po’ decise di fermarsi.

Era riuscito a seminarli, adesso si sentiva più tranquillo, forse troppo, e quella mancanza di attenzione gli costò cara.

Souka gli piombò letteralmente addosso, lanciandosi dal ramo di un albero, in pochi attimi riuscì a bloccarlo aizzandogli contro la lama affilata della sua preziosa spada.

 

- Lasciami andare, ti prego! – lo supplicò l’uomo, era terrorizzato, non riusciva a smettere di tremare.

 

Souka fece spallucce. – Tanto morirai comunque. – rispose, perché sapeva bene che la maledizione a cui era stato esposto senza l’aiuto di Denemon lo avrebbe presto annientato.

Jin arrivò lì. Trasformatosi nel Cavaliere d’Argento intimò a Souka di farsi da parte e, dopo aver brandito la propria arma, compié il suo dovere.

Eliminato l’Orrore, adesso non bastava che ritornare indietro.

Tra un passo e l’altro Danda, il bracciale magico, fece a Souka uno dei suoi piccoli appunti. – Sei veramente veloce. Senza il tuo aiuto quella creatura ci sarebbe sfuggita. Qual è il nome del Cavaliere che stai assistendo? – chiese, l’altra reclinò il mento, e senza cercare di scomporsi provò a rispondere.

 

- Ero la Spalla Mistica di mio padre, ma ora che lui è morto, non assisto nessuno. – Sembrava aver detto ciò quasi con un fare indifferente, tuttavia dallo sguardo si poteva intuire che tanto dolore albergava ancora in lei.

 

Danda mugugnò qualcosa prima di parlare. – Quindi, sei senza lavoro… - disse, poi, come c’era da aspettarselo, attirò l’attenzione del suo giovane proprietario – Perché non l’assumi, piccolo Jin? Semplificherebbe il tuo lavoro, e inoltre, è anche carina! – Danda come al solito aveva parlato troppo. Il ragazzo lo coprì con una mano, non ebbe il tempo per far conoscere il suo parere, erano arrivati a destinazione e Denemon li stava aspettando.

 

- Tutto risolto. – gli fece sapere Souka, mentre si avvicinava ad esso. L’anziano tirò un sospiro di sollievo.

 

- Vengono da me per cercare aiuto, ma non vogliono ritornare nel loro mondo. – si lamentò il saggio, poi li fece accomodare. – Posso fare qualcosa per voi? – chiese.

Souka rispose a bruciapelo. – Richiama Ahriman in questo mondo e trattienilo qui il più possibile.

Denemon ebbe un sussulto, quella richiesta lo aveva spiazzato. Scosse il capo. – Non posso, ho giurato a me stesso che non lo avrei più chiamato.

 

- Kouga è in pericolo, tu sei l’unico che può aiutarmi!

 

- Quel ragazzino è in pericolo? – il saggio sembrava non saperne nulla, ma quando la ragazza finì di spiegargli l’accaduto restò per un attimo in silenzio. – Quindi – premise carezzandosi la barba – vuoi che io trattenga Ahriman affinché non ritorni nelle sue terre?

 

L’altra assentì. – In questo modo permetterai ad altri Cavalieri Mistici di introdursi in quel luogo senza attirare la sua attenzione.

 

- Certo, potrebbe funzionare, tuttavia… - Denemon non sembrava convinto da quella richiesta, non voleva avere nulla a che fare con lo Spirito Malvagio.

 

- Non può rifiutarsi, mi deve un favore, se lo ricorda?

 

Il saggio eremita si sentì quasi in trappola. Sorrise con benevolenza. – Certo, mi ricordo. – disse, mentre posò i suoi occhi in direzione di una sedia. – Tempo fa Lili si perse nel bosco, ma tu la trovasti salvandole la vita e riportandola a casa. – La volpe dal manto bianco riposava su quel morbido cuscino adagiato sulla sedia. – Tu sai che per richiamare Ahriman mi occorre l’Ottava Stella del Makai?

 

Souka assentì. – So che lei ha conservato quella che suo fratello forgiò anni fa, è per questo che sono venuta fin qui.

 

- C’è una cosa che però non sai… - premise l’anziano eremita, dirigendosi verso un lato della stanza. – Trattenere Ahriman in questo mondo richiede un elevato dispendio di energie. – Spostò un baule vecchio e impolverato, poi si fletté verso il suolo. Diede uno due, tre colpetti ad una mattonella ingrigita, che scricchiolò dapprima, poi con le dita infilate in una stretta fessura la fece salire fino a rimuoverla del tutto. Al di sotto c’era un piccolo foro, infilò ancora la mano ed estrasse qualcosa avvolta in un panno vecchio ed ammuffito. Tolta la copertura, l’Ottava Stella del Makai rivide finalmente la luce. – Si è conservata bene – disse, mentre la guardava per la prima volta dopo anni. – Tornando alla questione di prima – deglutì avvicinandosi ai due – oramai sono vecchio, non ho più tanta forza spirituale, e dubito fortemente di riuscire a…

 

- Prenda la mia! – esclamò Souka all’improvviso. Era decisa ad offrire al saggio la sua energia. Jin ne restò stupito da quella richiesta.

 

- Se mi dai la tua energia spirituale, perderai le forze per un po’.

 

- Dormirò al massimo un paio d’ore, tutto qui. – Souka era disposta a tutto pur di salvare Kouga, anche se faceva l’indifferente, e non dava troppo peso alla questione, si capiva che in realtà ci teneva molto.

 

- E va bene – disse alla fine Denemon, davanti a tutta quella tenacia non riuscì a fare diversamente. Si avvicinò alla ragazza, posandole una mano sulla fronte recitò a voce bassa una vecchia formula. Gli servì a convogliare l’energia della giovane nel palmo della sua mano. Una luce lo investì, e quando ebbe del tutto assorbito il flusso spirituale, come per magia quel bagliore tendente al bianco svanì e Souka cadde preda di un sonno profondo.

Jin la trattenne a sé senza farla cadere in terra, e mentre osservava Denemon iniziare il rituale, pregò affinché tutto andasse per il meglio. 

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Ormai camminavano da più di mezz’ora, cercando di mantenere la mente sgombera da ogni pensiero. Non avevano incontrato nessun ostacolo, forse perché stavano seguendo i consigli di Jabi, o semplicemente perché non era ancora arrivato il momento.

Visto dall’interno, il dedalo oscuro faceva venire la pelle d’oca. C’era poca luce, nell’aria svolazzava un odore fastidioso che sapeva di muffa ed erbacce appassite. I tramezzi interni che formavano il labirinto erano costituiti da fogliame che si alternava a terriccio fangoso e dura roccia.

Rei strusciò per sbaglio un braccio su di una parete fangosa, sporcandosi così la manica del soprabito.

- Che olezzo… - appuntò disgustato tappandosi il naso. Poi d’un tratto Tsubasa, colui che guidava la fila, si fermò di colpo.

 

- Che succede? – intervenne Jabi, spostando Rei che le si trovava davanti e andando di persona a controllare.

 

- Succede che qui non si passa. E’ un vicolo cieco. – Tsubasa la guardò in malo modo, stava iniziando a perdere la pazienza. – Dovevamo prendere l’altra strada, quella che svoltava a destra. – appuntò con tono seccato – Non avrei mai dovuto darti retta.

 

Jabi si innervosì subito. - Il mio pennello non sbaglia mai. Lo vedi anche tu che le setole sono rivolte verso questa direzione. – con un cenno del capo gli fece osservare l’oggetto in questione. Fluttuava poco sopra il palmo ben steso della sua mano.

 

Tsubasa fece spallucce, facendole capire che non gli importava molto. – Siamo qui da troppo tempo, dovevamo essere più rapidi. Per colpa tua adesso dovremo tornare indietro.

 

- Per colpa mia? – la Sacerdotessa alzò la voce, sentiva di perdere il controllo delle proprie azioni da un momento all’altro. – Sono stata io a guidarvi fin qui, e senza mai sbagliare o portarvi fuori strada.

L’altro protese un braccio verso il passaggio sbarrato che aveva d’innanzi. – E questo come lo spieghi?

 

Jabi scostò leggermente il capo rivolgendo il proprio sguardo altrove. Non sapeva cosa rispondere, oltretutto si sentiva particolarmente a disagio. – Non ti fidi della mia magia, è così?

 

- Non ho detto questo. Ti sto solo facendo notare che hai commesso un errore.

 

- Se ti fidassi per davvero, allora mi daresti ragione. Cosa che ti ostini a non voler fare.  

 

- Il fatto è che tu non vuoi mai ammettere di aver sbagliato.

 

- Io so riconoscere i miei sbagli! Ma ora che cosa dovrei dire? Che in realtà ho commesso un errore anche se non è vero? – Jabi si piazzò le mani sui fianchi. Solo a guardarla, con quelle linee del volto tutt’altro che piane, emanava malevolenza da ogni minima parte del corpo. – Dovrei mentire a me stessa solo per farti un piacere? – gli gettò un’occhiata torva, il tono che aveva usato nei confronti di Tsubasa lo fece di colpo irritare.

 

Rei intervenne per cercare di calmare gli animi. – Non mi sembra questo il momento! – sbottò, strattonando il ragazzo con un gesto brusco. Lanciò un’occhiataccia anche a Jabi, per farle capire che dovevano smetterla. Tsubasa ripreso il controllo delle proprie azioni abbassò il mento, l’espressione contratta che aveva in volto andò via via scemando. Rei mollò la stretta al suo braccio, anche Jabi sembrò essersi un attimino calmata. Perlomeno, aveva smesso di tenere dispoticamente le mani sui fianchi.

Quell’attimo di silenzio durò pochi istanti. Tsubasa sentì una voce nella sua testa. Qualcuno lo stava chiamando. Il tono era flebile, simile ad un lamento, ma dolce al tempo stesso. Sollevò di scatto il capo, in lontananza vide una sagoma vestita di bianco, i capelli mossi dal vento creavano un gioco fatto di linee sinuose e mirabili, a tratti ammalianti. Tsubasa fece un passo indietro e spalancò la bocca con aria allibita. – Mamma…! – esclamò, senza staccarle lo sguardo di dosso.

- Non guardarla, è solo un’illusione! – ribadì Jabi in tono deciso, esortandolo a distogliere la sua attenzione. – Il labirinto ti sta ingannando!

Lui sapeva che la ragazza aveva ragione, eppure nonostante i continui avvertimenti non riusciva a smettere di fissare quella donna. Era così tangibile da non sembrare una mera illusione. Il suono della voce materna che continuava con insistenza a pronunciare il suo nome, si faceva sempre più pressante, era sempre più coinvolgente, ammaliante. Si tappò le orecchie con le mani, ma quella voce non cessava. Arrivò perfino a credere che la figura fosse davvero sua madre. Poi ad un tratto la donna iniziò ad allontanarsi. L’abito bianco si muoveva trasportato da quell’andatura lenta, avvolta da un candore magico. Fu a quel punto che Tsubasa rompendo ogni schema iniziò a correre verso il fondo del dedalo, per inseguire colei che sembrava essere realmente la sua compianta madre.

Senza pensarci Rei scattò in direzione dell’amico, doveva bloccarlo, ma quando fu sufficientemente vicino a lui, alle spalle dei due si eresse un invalicabile muro che, ovviamente, impedì l’oro di tornare indietro.

Allarmata, Jabi corse in direzione della parete melmosa, urlò i nomi dei due ragazzi, e questi fortunatamente risposero.

 

Rei scosse il capo. – Era una trappola… volevano dividerci. – disse con sdegno.

 

Tsubasa, resosi conto del crudele inganno provò rabbia verso se stesso. - E ci sono riusciti. – ringhiò. Strinse forte le mani a pugno, serrò le palpebre. Come aveva potuto farsi ingannare? Proprio lui che in più eventi aveva sempre mantenuto un certo controllo.

 

- Dobbiamo trovare il modo di aggirare l’ostacolo. – Rei iniziò a guardarsi intorno, trovare il giusto imbocco sembrava impossibile. Colto da uno scatto collerico batté un pugno sulla parete che gli impediva di raggiungere le due ragazze. La mano restò intrappolata in quella fanghiglia appiccicosa che iniziò a risucchiare il suo braccio. Tsubasa lo afferrò, e con forza i due riuscirono a liberarlo. – Ma che diavolo è questa roba?! – disse schifato, mentre osservava un pezzo di melma gorgogliante caduta al suolo tornare nel muro.

 

- Le pareti del labirinto sono animate! – urlò Jabi dal lato opposto – Non toccate nulla, altrimenti potreste venirne inghiottiti.

Tenendosi a distanza di sicurezza, Rei alzò lo sguardo al cielo. “Grandioso” disse tra sé, poi le chiese come potevano trovare una via per raggiungerle, ma Jabi scuotendo il capo non seppe dare una risposta. Fu Kaoru quella a spezzare il silenzio. – Dobbiamo proseguire lo stesso, ci ritroveremo all’uscita. – disse, ma la sacerdotessa non sembrò voler appoggiare la sua scelta.

 

- I miei poteri non sono forti quanto quelli di un Cavaliere Mistico. Se dovessero attaccarci ora che siamo divisi, non credo che riuscirei a proteggerti. – chinò lo sguardo verso il suolo, una punta di amarezza le sporcò il viso, si sentiva impotente, poi d’un tratto udì una voce. Quella di Tsubasa.

 

- Sei stata addestrata dal maestro Amon, senza dubbio uno dei migliori, e da quando sono diventato un Cavaliere, non ho mai visto nessun altro Sacerdote del Makai duellare come te. – Quella rivelazione inaspettata colpì profondamente Jabi. - Ci rivediamo all’uscita. – aggiunse poi il giovane.

 

- Tenete gli occhi ben aperti. – si affrettò a dire Rei, poi ognuno dei due gruppi prese la sua strada.

 

Jabi imbracciò il suo pennello magico. Voleva interpellarlo ancora una volta per vedere se l’oggetto gli avrebbe segnalato un’altra direzione all’infuori di quella sbarrata. In fin dei conti, poteva anche avere commesso un errore.

Anche dopo il secondo consulto, la punta bianca e folta non smetteva di indicare il solito punto.      

Prese coraggio, ed iniziò ad avanzare verso il muro che bloccava il passaggio.

Kaoru si posò una mano in petto, segno di inquietudine, poi accadde qualcosa di inaspettato. Non appena le dita della mano di Jabi si accostarono alla parete rocciosa, questa si dissolse, rivelando il passaggio. – Un’altra illusione… - sibilò con sorpresa.

 

- Il labirinto ha fatto in modo di confondervi, perché in realtà mirava fin dall’inizio a sfaldare il gruppo. – dichiarò Zarba. Jabi sentì la rabbia salirle al viso. – A quanto pare, questo posto è più furbo di noi.

 

- Non ci coglierà più impreparati. Non questa volta. – affermò Kaoru, Jabi si trovò d'accordo con lei e, seguendo le indicazioni del pennello magico, subito iniziarono la loro traversata.

 

 

 

- Il labirinto ha ingannato Tsubasa servendosi del ricordo di sua madre… - fece Silva, attirando l’attenzione del suo proprietario.

 

- So dove vuoi arrivare - Rei aveva capito subito quale fosse il significato di quella frase – ma non permetterò più a nessuno di servirsi di Shizuka.

 

- Non è così facile ragazzino. – proferì Goruba, il bracciale magico di Tsubasa – se questo luogo è riuscito a manipolare perfino il mio proprietario, non mi sembra così saggio abbassare la guardia.

 

Rei tacque brevemente poi concordò con quel Madougu, e fu felice di averlo fatto perché subito dopo nell’aria si udì un pianto. Lo riconobbe senza esitazioni: il gemito apparteneva a Shizuka.

 

Ebbe un tuffo al cuore, ma non si fermò, anzi. Determinato più che mai a proseguire, nonostante il lamento di quel suono lontano, prese fiato e urlò a pieni polmoni: - Dovrai trovare un altro modo per imbrogliarmi, perché io so che lei è felice!

Il pianto cessò immediatamente. Tsubasa rimase fortemente colpito dalla forza d’animo di Rei. L’attimo di pace durò poco. La terra sotto i loro piedi iniziò a tremare, poi il pavimento si fece molle.

 

- Sabbie mobili…?! – replicò il Cavaliere dell’Ovest, sentendosi letteralmente risucchiare verso un fondo melmoso e senza fine.

 

- Non lasciatevi ingannare, è un’altra illusione! – disse con enfasi Goruba, ma i due umani non la pensavano allo stesso modo.

 

- Se questa è un’illusione, beh- premise Rei – è la più riuscita.          

Tsubasa cercò come meglio poteva di uscire da lì aiutandosi con la sua lancia, ma ben presto anch’essa venne lentamente assorbita dalla pozza. Tirò più volte, senza riuscire ad estrarla dal fango. Sembrava come se fosse stata conficcata in un blocco di cemento prossimo alla solidificazione.

 

- Non sento più le gambe…! – disse ad un tratto, mentre continuava a dimenarsi. Ormai la fanghiglia nera come la pece lo aveva raggiunto alla vita. La situazione per Rei si presentò ancora più drammatica, perché la melma gli era arrivata fino alle spalle. Teneva la mano sinistra sopra il capo, per evitare che Silva finisse sepolta, ma lui continuava a sprofondare, sempre di più, sempre più giù, e sempre più in fretta.   

 

- Così non va… dobbiamo trovare un modo per uscire. – biascicò il ragazzino che veniva dalle terre dell’Ovest. – Siamo ancora troppo giovani per morire, sei d’accordo? – si girò verso Tsubasa.

 

- Concordo. – gli rispose.

 

- Se vi agitate peggiorerete ulteriormente le cose!

 

- Dovete starci a sentire!

Dissero i due Madougu, riuscendo finalmente ad attirare la loro attenzione. – Il dedalo mira a farvi perdere il controllo, ma dovete convincervi che tutto ciò non è reale. – gli ricordò Silvia, per l’ennesima volta.

 

- Facile a dirsi – bofonchiò in un primo momento Rei – se immergessi anche te in questo intruglio stomachevole, sono certo che cambieresti subito idea. E’ così… reale.

 

- Ma non lo è! Dovete concentrarvi su questo, dovete rilassarvi, lasciatevi andare, smettete per un istante di muovervi. – ribadì Goruba, Rei lo fissò come a voler dire “ma sei matto?”, perché era convinto che se avessero smesso di lottare, la melma oscura li avrebbe sopraffatti ed inghiottiti in un sol colpo.

 

- Ha ragione – disse ad un tratto Tsubasa – ha ragione lui. Più ci muoviamo, e più ci sembra di finire verso il fondo. E’ l’agitazione che ci sta facendo cadere in questo tranello. – poi di colpo smise di muoversi e chiudendo gli occhi mandò fuori un profondo sospiro. Si stava pian pianino lasciando quasi cullare dal movimento oscillante della fanghiglia.

Forse era folle come piano, forse sarebbero morti, ma non avendo altra scelta, anche Rei si lasciò completamente andare. Abbassò le palpebre, rilassò i muscoli contratti delle gambe e delle braccia, poi sgombrata la mente da qualsiasi pensiero, sentì che i battiti del cuore riprendevano un ritmo naturale.

Non si erano neppure accorti che avevano smesso di sprofondare. Quando entrambi ebbero riagguantato le redini delle proprie emozioni e allontanato la paura dalle proprie menti, l’inganno svanì.

 

- E’ tutto finito. - dichiarò Goruba, loro aprirono gli occhi e constatarono che il bracciale aveva detto il vero.

 

- Dovevate darci ascolto prima – brontolò Silva – siete i soliti testardi.

 

Rei si piegò facendole un inchino galante. - Mia signora, potrà mai perdonarmi?

 

- Smettila o mi farai arrossire! – balbettò la guida, e mentre quei due parlottavano tra loro, Tsubasa rivolse uno sguardo al cielo e pregò affinché Jabi e Kaoru arrivassero a destinazione sane e salve.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Mancavano ancora pochi metri. Jabi se lo sentiva. Il pennello aveva iniziato ad oscillare leggermente, ciò voleva dire solo una cosa: l’uscita era vicina.

Durante il tragitto non avevano incontrato nessun ostacolo, nessun inganno. Il labirinto oscuro sembrava in un certo senso essersi dimenticato di loro. Già, sembrava.

 

- Jabipronunciò Kaoru, tra un passo e l’altro – sei ancora innamorata di Kouga? – Al suono di quelle parole la Sacerdotessa del Makai arrestò le sue gambe. Per una ragione a lei sconosciuta, il battito del suo cuore aveva iniziato ad accrescere. Forse la domanda era stata talmente improvvisa da farle perdere per un secondo il controllo.

Si voltò fugacemente in direzione della sua compagna di viaggio, poi riprese il tragitto. – Perché me lo chiedi?

 

L’artista si mordicchiò il labbro. Non sapeva se poteva rispondere liberamente oppure doveva tenersi tutto dentro. – Ecco… - balbettò, magari per prendere tempo. Poi convenne che doveva dirle la verità. – Kouga mi ha detto che da bambino si è preso una cotta per te.

 

- Davvero? – replicò la Sacerdotessa, dopo sorrise con gusto – Quando si è piccoli a volte succede.

 

- Io però credo che lui sia ancora innamorato di te.

Jabi si fermò ancora. Questa volta però non riuscì a voltarsi. Possibile che Kouga fosse innamorato di lei? Scuotendo il capo si convinse che non poteva essere vero. No, lui non l’aveva mai amata, Kouga l’aveva sempre considerata come una buona amica, la sorella che non aveva mai avuto. – Non hai risposto alla mia domanda. - Quando Jabi alzò gli occhi, vide Kaoru davanti a sé. Aspettava una risposta precisa. – Sei ancora innamorata di lui? – domandò ancora, con un ritmo incalzante, mentre la fissava dritta negli occhi.

Doveva fare i conti con la propria coscienza, con il proprio io interiore. Kaoru voleva una risposta, Jabi sapeva che non poteva mentirle, non era giusto. Tuttavia, cosa poteva mai dire, in quella circostanza? Che i suoi sentimenti, a distanza di anni, non erano cambiati? Che, nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscito a dimenticarlo? Il rancore nei riguardi di Kaoru con il tempo era sì svanito, ma l’amore che provava per quel ragazzino che un tempo giocava a Barchess con lei continuava a far parte della sua vita.

- Se vuoi una risposta, allora te la darò, ma… – alzò il capo con decisione, la guardò senza incertezze – Ma prima dimmi dove hai nascosto la vera Kaoru.

Jabi si era resa conto che quella d’innanzi a lei era solo un’illusione. La vera Kaoru non le avrebbe mai fatto una simile domanda, semplicemente perché sapeva già quale fosse la risposta.   

- Perché dici questo? Sono io quella vera, non mi riconosci?

 

- No, non ti riconosco proprio, e soprattutto non mi lascio ingannare così facilmente. Perciò, puoi anche smetterla di recitare.

 

- Se ne sei così convinta, perché sono ancora qui? Non dovrei forse sparire? – quella figura così simile a Kaoru riuscì a metterla in difficoltà. Jabi tacque, poi iniziò a riflettere. Cercò di ricordare ciò che il maestro Amon le aveva insegnato durante il suo apprendistato. Ripensò ad una lezione in particolare che l’aiutò a risolvere l’enigma.  

 

- Credo di aver capito… - disse in un primo momento, si guardò intorno. Poi ecco la risposta. – Sono vittima della mia stessa mente, mi trovo nel mio inconscio.

 

- E come pensi di uscirne? Sei davvero sicura di potercela fare?

 

Jabi scosse il capo. – Devo affrontare il mio inconscio, proprio come diceva il maestro Amon. Devo… - alla fine aveva intuito ciò che bisognava fare. - essere sincera con me stessa! – esclamò a voce alta, e proseguì proprio come una donna che si confida con una sua cara amica. – Sono molto legata a Kouga, da bambina lo consideravo come un fratello, ma crescendo i miei sentimenti sono mutati, mentre i suoi sono rimasti sempre gli stessi. Ho sofferto a lungo perché sapevo che non avrebbe mai ricambiato, poi il tempo ha lenito le mie ferite e anche se ho dovuto imparare ad accettare la realtà, non mi importa. Io sono così, ho provato a cambiarmi, ma ho fallito. Perciò abbraccio il mio destino e vado avanti. Dopotutto, è meglio amare qualcuno anziché provare rancore verso gli altri.- Aveva affrontato il suo io interiore senza scappare dalle proprie emozioni, senza nascondere i suoi sentimenti. La sincerità intrisa in quella confessione spontanea prevalse sul potere della menzogna che si annientò in un istante.

Jabi ritornò in sé, vide Kaoru con l’aria spaurita che la scuoteva, urlava il suo nome. Ripreso il controllo totale del proprio corpo, la tranquillizzò spiegandole l’accaduto.

Kaoru tirò un sospiro di sollievo, poi preoccupata per l’amica le chiese: - Cosa hai dovuto affrontare?

 

Anche Jabi emise un sospiro, ma stavolta sommesso. Rispose evasiva a quella domanda, senza scendere nei dettagli.

- Ricordi che ormai appartengono al passato. – disse solo.

 

Zarba si intromise con una comunicazione improvvisa. – A quanto pare siamo arrivati. – Attirate da quelle parole, le due ragazze si voltarono e videro che l’uscita si ergeva d’innanzi a loro. Senza incertezze corsero verso il fondo, per lasciarsi finalmente alle spalle quell’orribile dedalo.

Quando raggiunsero l’esterno trovarono Tsubasa e Rei ad aspettarle.

- Stavamo iniziando a preoccuparci! – esclamò il Cavaliere dell’Ovest, che quando le vide uscire si sentì più sollevato.

 

Tsubasa si avvicinò alle due. – State bene? – chiese, guardando in modo particolare Jabi. Dall’espressione del viso si capiva che era preoccupato.

Annuirono, e mentre la sacerdotessa iniziò a raccontargli che c’era stato un contrattempo, la voce di Kaoru risuonò improvvisamente nell’aria.

Aveva pronunciato un nome. Uno soltanto.

Kouga

I restanti tre si voltarono e seguendo il suo sguardo ebbero un sussulto. O per meglio dire, solo Jabi fu colta alla sprovvista, perchè Tsubasa e Rei, essendo arrivati prima delle ragazze, lo avevano già visto.

Rei trattenne Kaoru appena in tempo, per evitare che corresse da lui. – Cosa stiamo aspettando? Dobbiamo andare! – replicò la giovane, cercando di opporre resistenza.

 

Tsubasa fu inamovibile. – Ci troviamo nel territorio di Ahriman. Questo posto è sotto la sua legislazione, perciò prima di oltrepassare quella linea dobbiamo analizzare con cautela la zona. – indicò il punto in cui iniziava il territorio del mostro. Una landa desolata, spoglia, sotto un cielo nero senza stelle. Kouga si trovava all’interno di un cerchio magico, circondato da una barriera incandescente di energia distruttiva. Fasci di luce attorno ai suoi polsi come catene indissolubili lo sorreggevano impedendogli di muoversi. Il capo chino, gli occhi chiusi, all’apparenza sembrava aver perso i sensi.

 

- Quello laggiù potrebbe non essere Kouga. – si accodò Rei, ma c’era dell’altro. – Questo posto non vi sembra un po’ troppo silenzioso? – guardò Jabi e Kaoru.

 

- Dici che potrebbero averci teso un tranello? – disse la prima delle due. Infondo, il potere dello Spirito Malvagio, Ahriman, consisteva nel manipolare la gente facendole vedere solo ciò che voleva realmente vedere.

 

- Può essere, noi non lo escludiamo.

 

- Quella non è un’illusione - intervenne Kaoru, rimasta in disparte per tutto il tempo. Guardava dritto d’innanzi a sé. Nei suoi occhi si accese una luce, si posò le mani sul petto – Quello è davvero Kouga, lo sento. – E lo sentiva per davvero. Sì, lei ne era pienamente convinta, nessuno mai sarebbe riuscito ad ingannarla. Non sapeva neanche spiegarsi il perché, era una sensazione, un presentimento, oppure la forza della speranza, ma sapeva che la persona intrappolata nel cerchio non era un fantoccio.  

 

- Kaoru, saresti così gentile da sollevarmi verso l’alto? – Zarba aveva in mente qualcosa. La ragazza eseguì alla lettera, il Madougu azzittì per trovare la giusta concentrazione. Stava cercando di capire se l’energia vitale rilasciata da Kouga appartenesse davvero a lui. Anche se si trattò solo di un istante, agli altri parve durare un’eternità. L’anello mormorò qualcosa prima di annunciare il verdetto. – Kaoru ha ragione, quello laggiù è proprio Kouga.

Il gruppo si rianimò in un lampo.

Ora era arrivato il momento di intervenire. Oltretutto da Goruba giunse un’altra importante dichiarazione. – Ahriman sembra trovarsi in un altro settore.

 

Iniziò un dialogo tra Tsubasa, Rei e la Sacerdotessa Jabi.

 

- Forse starà organizzando il suo contrattacco nei confronti di Meshia.

 

- Non si aspettava il nostro arrivo, e così ha abbassato la guardia.

 

- Questo perché nessuno è mai riuscito a superare il labirinto oscuro. Tuttavia, le nostre sono solo delle supposizioni.

Si guardarono reciprocamente, imbracciando ognuno la propria arma. Anche Kaoru si sentiva pronta, il pensiero di poter riabbracciare Kouga le aveva trasmesso una forza d’animo inarrestabile.

In un battito d’ali si ritrovarono davanti alla linea che avrebbe permesso loro di entrare nelle terre di Ahriman e salvare il ragazzo.

Varcarono quel sottilissimo confine, un miasma li investì con brutale violenza. Si avvertiva un senso di desolazione ovunque, perfino la terra sotto ai loro piedi aveva perso la sua linfa vitale.

Con circospezione avanzorarono verso il centro di quel luogo maledetto, in direzione del cerchio magico che teneva Kouga prigioniero.

Non lo raggiunsero. Un rumore improvviso alle loro spalle li fece di colpo sussultare. Si voltarono appena in tempo per permettere a Tsubasa e Rei un rapido contrattacco.

- A quanto pare, Ahriman ha un cucciolo. – disse ironicamente Rei, poi si corresse – anzi, tre.

Una belva famelica dalla stazza imponente li aveva appena aggrediti.

L’essere, alto più di due metri aveva ben 3 teste. Menzogna, Inganno e Distruzione. Questi i loro nomi, stampati con un marchio sulle loro teste massicce e pelose. Le zanne lunge simili a quelle di un lupo mannaro, gli occhi piccoli e gialli, e le zampe dotate di affiliati artigli capaci di lacerare perfino il cemento, infondevano al mostro un aspetto più che spaventoso, raccapricciante.    

 

- Non poteva essere così sciocco da lasciare il suo territorio incustodito. Specialmente ora che si è impadronito di un tesoro così importante – Per “tesoro” Tsubasa si riferiva a Kouga.

Indietreggiarono lentamente, evitando movimenti bruschi. La belva non cessò per un istante di tenerli sotto mira. Sei occhi puntati addosso, tre fauci dotate di denti aguzzi pronti a dilaniare qualsiasi cosa, qualsiasi intruso.

 

- Ci considera come dei ladri. D'altronde, siamo entrati di nascosto nel territorio del suo padrone senza essere invitati.

 

- Rei – lo ammonì Silvia – fossi in te inizierei a darmi da fare. – L’umano le gettò con sveltezza un rapido sguardo, poi ritornò sul suo avversario. 

 

- Purtroppo c’è poco da fare. Siamo costretti ad affrontarlo.

 

- Raggiungete Kouga! – ordinò Tsubasa, senza voltarsi verso le due ragazze. – Noi penseremo a tenerlo occupato. – Fece roteare la lancia in aria, un fascio di luce lo investì trasformandolo in Dan, il lupo dalla bianca corazza ed il rosso mantello. Rei fece spallucce, come a voler dire “quand’è così, diamoci da fare”, ed avviò la sua trasformazione.

Zero e Dan sguainarono le armi, la belva gli artigli. Fu la prima ad attaccare. Balzò in aria per ripiombare al suolo con una potenza inaudita. La terra tremò sotto i piedi del gruppetto.

Jabi afferrò Kaoru per un braccio ed iniziò a correre. Menzogna, Inganno e Distruzione le videro scappare e furono colti da un impulso accecante. I Cavalieri Mistici gli impedirono di procedere parandosi davanti al suo cammino. Fu una pessima scelta. Il mostro perse il controllo come un enorme animale impazzito. Emise un latrato rabbioso, era totalmente infuriato.

Fu colto da un irrefrenabile impulso: eliminare gli intrusi.

Gli artigli si allungarono, crebbero a dismisura come arbusti. I due Cavalieri ebbero l’impressione che l’intero mostra si stesse evolvendo, peccato però, che quella non fu solo un’impressione.

La creatura subì una crescita istantanea, le spalle divennero più ampie, forti, i denti più lunghi. Adesso era perfino più spaventosa di prima.

 

- Credo che non sarà affatto facile tenerlo a bada. – appuntò Dan, preparato al peggio.

 

- Sono d’accordo con te, amico. – convenne Zero. E dicendo ciò, si prepararono a dover affrontare uno dei mostri più grossi che avessero mai visto prima d’ora.

Menzogna, Inganno e Distruzione ruggirono lanciandosi all’attacco. Con una zampa si avventarono verso Zero, che non fece in tempo a schivare il colpo e ne fu investito. Ruzzolò a terra, il dolore era così forte che gli sembrava di essere stato appena investito da un tir fuori controllo.

Dan aggredì il nemico conficcandogli la punta della sua lancia in una gamba. Servì a poco, la pelle della belva era troppo spessa, e di quel colpo avvertì solo una lieve puntura.

Zero, rialzatosi da terra, collegò le due spade che sorreggeva tra le mani, fino a trasformarle in un enorme boomerang.

Caricò il braccio, e con forza lo lanciò verso il bersaglio. Riuscì a colpire di striscio il testone di Distruzione che urlò in preda ad uno scatto di rabbia. Accecato da essa corse in direzione di Zero e stese un braccio per poterlo afferrare, ma il Cavaliere della Notte Bianca si parò davanti all’amico e venne acciuffato in pieno dalla creatura che lo strinse forte tra le sue mani possenti. Dan emise un urlò di dolore, quella forte presa gli aveva tolto il fiato.

Udendo quelle grida disperate Jabi si fermò all’istante. Vide che Tsubasa era in seria difficoltà, e nonostante Zero, la Zanna d’Argento dell’Ovest, cercava di far mollare la presa al mostro, questi non dava segni di resa. 

Sentì che doveva fare qualcosa. Impugnò il suo pennello magico, poi guardò Kaoru. – Devo aiutarlo – disse, facendole capire che doveva tornare indietro. Le posò una mano sulla spalla. – e libera Kouga! – dicendo ciò, Kaoru annuì, e mentre osservava la Sacerdotessa correre come il vento per salvare la vita di Tsubasa, anch’ella girandosi in direzione di Kouga si mise a correre.

Più forte che poteva.

 

 

Jabi adoperò il pennello per stordire la belva. La magia ebbe l’effetto sperato, Tsubasa, privo ormai dell’armatura, cadde a terra. Vide una sagoma che lo aiutò a rimettersi in piedi, quando mise bene a fuoco la vista e capì che quella figura apparteneva a Jabi bofonchiò come suo solito qualcosa. – Perché sei tornata? – disse, con la voce ancora spezzata. Sentì una fitta all’addome che gli tolse il respiro per qualche attimo.

 

- Dovevo farlo.

 

- Perché? – ripeté.

 

Jabi gli curò brevemente una ferita con l’ausilio del suo pennello, poi rispose – Sono una Sacerdotessa, ricordi? E se un amico è in difficoltà, non lo lascio nei guai.

 

Tsubasa abbozzò un sorriso. – Grazie. Sono in debito con te. – disse poi. Ma quell’istante durò poco. Menzogna, Inganno e Distruzione si ripresero rapidamente, e infuriate più di prima andarono all’attacco.

Ai tre umani non restava che combattere.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Era quasi arrivata, lo aveva raggiunto, ancora pochi metri e poi avrebbe potuto riabbracciarlo.

Corse a perdifiato, aveva il fiatone, non si reggeva più in piedi ma ugualmente decise che non poteva fermarsi, lei doveva proseguire e così fece fino a che…

 

- Kouga… - pigolò, con affanno, accostandosi alla barriera magica. Lui aveva ancora il capo tirato giù, gli occhi chiusi. Aveva perso conoscenza. Allungò un braccio verso la barriera di energia, Zarba intervenne subito.

 

- Non toccarla! – disse con enfasi, lei trasalì e si bloccò. – Questo cerchio è composto da un’energia distruttiva ricavata dal potere di Ahriman. Se entrasse in contatto con il tuo organismo, lo annienterebbe in un istante.

Il potere di Ahriman, lo spirito distruttore, era immenso e spaventoso.

L’umana guardò Kouga ridotto in quello stato a causa sua. Si sentì avvampare dalla rabbia, strinse le mani a pugno, forte, serrò le palpebre. – Mi dispiace – mormorò dapprima – Mi dispiace! – ripeté urlando. Cadde in terra una lacrima, poi un’altra e un’altra ancora.

Un flebile lamento destò la sua attenzione. Aprì gli occhi e sollevò il capo. Vide che Kouga si stava riprendendo.

- Kaoru… - biascicò, pensando che stesse sognando. – Tu… che…

 

- Sono qui per te, per salvarti! – rispose, gli occhi le brillavano. Era convinta che non avrebbe mai più sentito il suono di quella voce.

 

- No, tu devi… devi andare! – Kouga fu colto dall’agitazione. Lei non poteva restare lì, era troppo pericoloso. Vide Zarba spuntare sul dito di quella mano esile e bianca. – Portala via, ti prego! – gli chiese, più che un ordine sembrava una richiesta disperata. 

 

- Non ho rischiato l’osso del collo per nulla. – gli rispose l’anello - Ti rivogliano indietro.

Anche Kaoru annuì, poi rivolta al Madougu chiese: - Come lo tiriamo fuori di qui?

 

Zarba storse le fauci, metaforicamente scosse il testone e trasse un lungo sospiro. – Veramente – premise, la voce quasi scorata. Non le stava per consegnare buone notizie. – Solo Ahriman può annullare il potere di questa barriera. Tuttavia… - Zarba si bloccò, Kaoru lo spinse a proseguire, ma il Madougu non fu subito chiaro. – Ci sarebbe un altro modo. – le fece sapere – L’energia vitale di un essere umano, frapposta a questa barriera darebbe origine ad un’alterazione dei flussi negativi che manderebbe in arresto il sistema. In altre parole, basterebbe che tu inserissi una mano in questo muro per disattivare l’intero campo. – Certo, il modo elencato da Zarba poteva avere esito positivo, ma comportava dei rischi. Questo Kaoru lo aveva capito fin dall’inizio.

 

- Immagino che non ci sia altro modo, è così? – guardò Zarba, questi assentì, successivamente sollevo il braccio destro. – Dovrei introdurre la mia mano all’interno della barriera, giusto? – gli chiese, Kouga intervenne dicendole che non si sarebbe dovuta azzardare a fare una cosa simile, che era troppo pericoloso. Nonostante le continue esortazioni, la ragazza continuò, decisa a perseguire il suo scopo - Per quanto tempo?

 

- Finché il campo magico non sarà del tutto spento. Questione di secondi, ma ti esporrai in questo modo ad un alto livello di energia distruttiva. – le comunicò Zarba, doveva metterla al corrente dei rischi. – Come ti ho già spiegato, nessuno sopravvive a quell’enorme potere. Ikuo e suo padre sono già morti per questo.

 

Kaoru ebbe un sussulto. - M-morti?

 

- Già.

 

- Io… - la giovane abbassò il capo, si sentì una persona inutile. Forse, pensò, anche Kouga si era sentito così quando entrambi si trovavano sul Ponte del Giudizio.

Sembrava una storia senza fine, destinata a concludersi con un tragico epilogo.

Rei, Tsubasa e Jabi, che cercavano con tutte le loro forze di contrastare la belva addetta alla guardia di quel tesoro, prima o poi sarebbero morti, invano, e Kouga, una volta che Ahriman avrebbe raggiunto il suo scopo, insieme a loro.

Forse Zarba sarebbe riuscito a riportarla nel suo mondo, sì, forse si sarebbe salvata, ma a che scopo?

Poteva più proseguire, come se nulla fosse mai esistito, una vita normale?

Si sarebbe ancora innamorata di qualcuno, ora che aveva conosciuto il vero amore?

Si sarebbe spostata, avrebbe mai avuto dei figli, sarebbe stata felice?

Felice con chi? Con qualcuno che non poteva essere più Kouga.

Avrebbe dovuto affrontare una vita senza però essere viva. Ne valeva davvero la pena?  

 

No, non aveva senso continuare a pensare.

Doveva agire.

E lo fece.    

Sollevò la mano in direzione del campo d’energia, poi guardò Kouga e sorrise dolcemente. - Mi hai salvato così tante volte… adesso permettimi che sia io farlo. – Ormai era deciso: lei lo avrebbe liberato. Neppure le urla di Kouga che, con un gesto disperato, provando in tutti i modi a dimenarsi, gli diceva di non farlo, le fecero cambiare idea.  

Introdusse la mano all’interno del muro, quando le dita sfiorarono l’energia scoppiettante emise un urlo di dolore.

Faceva male, pensò, e più la spingeva verso l’interno, più il dolore alle falangi aumentava. Poi iniziò ad avvertire un formicolio anche al braccio. Poco a poco si sentì invadere dall’energia distruttiva che aveva raggiunto ogni singola parte del suo corpo.

Fu straziante sopportare tutto ciò, così come fu straziante per Kouga guardare la sua Kaoru senza poter intervenire.

Urlò, le disse di fermarsi, arrivò perfino a supplicarla, ma lei non si arrese.  

Sentiva di cedere da un momento all’altro, le tremavano le gambe, non riusciva più a sopportare quel dolore lancinante che la stava dilaniando dall’interno. Ma il cerchio non si era ancora bloccato. Doveva resistere ancora un po’, era questione di attimi.        

Sospinse ancora più in profondità la mano, il viso le si contrasse in una smorfia di dolore.  

Fece ancora un ultimo sforzo, uno soltanto.

Il campo di energia emise un sibilo, poi di colpo ci fu l’arrestò totale. Anche i fasci di luce che avvolgevano i polsi di Kouga si dissolsero. Il giovane fu così libero di potersi muoversi, e senza taluna esitazione si precipitò verso Kaoru.

Notò subito che aveva un volto estremamente pallido, tremava ma pur di non essergli d’intralcio cercò di farsi forza. – Sto bene – disse in un primo momento, poi con mano scossa gli riconsegnò Zarba. – Hanno bisogno di te. – proseguì, facendogli notare il resto del gruppetto che si batteva contro quel mostro. – Vai da loro, io ti aspetterò qui. – si sforzò di sorridere, voleva fargli capire che non doveva preoccuparsi per lei, ma che, al contrario, doveva correre dai suoi amici.

C’era bisogno di lui.

E così, seppur a malincuore, posò entrambe le mani sulle spalle di Kaoru e la guardò con profonda attenzione. – Tornerò subito, te lo prometto. – La giovane annuì, solo quando egli ebbe voltato le spalle per correre via, si posò una mano in petto.

Sentiva ormai di non farcela più.       

 

 

 

Quando Rei, Tsubasa e Jabi videro Kouga arrivare in loro aiuto, lo accolsero con un grido di gioia. Rei gli lanciò immediatamente la sua spada, l’aveva portata con sé per tutto quel tempo perché era certo che lo avrebbe rivisto.

- Benvenuto tra noi. – gli disse accogliendolo con un lauto sorriso.

 

Che ne diresti di darci una mano? – proseguì Jabi, come suo solito. In realtà era così felice che fece una fatica incredibile a trattenere le lacrime.

 

Lui li squadrò tutti e tre. Poi sfoderando la spada e puntandola verso l’alto dichiarò d’un fiato – Diamoci da fare.

Si trasformò in Garo, il Cavaliere d’Oro. Tsubasa e Rei lo seguirono subito dopo.

Jabi si tenne a lauta distanza, per supportarli con la sua magia.

- Propongo di trovare un punto debole – propose, per l’appunto, Zero – Dovrà pur averne uno, spero.

 

Dan si rivolse a Goruba, il proprio Madougu, per avere un sostegno. – Riesci ad individuarlo?

Goruba era il più anziano tra tutte e tre le guide. Analizzò con scrupolosità la belva, mentre i Cavalieri Mistici le tenevano testa, o cercavano di farlo. Dopo un primo attimo di pausa, finalmente capì quale fosse il suo punto debole.

 

- Dovete colpire alla testa, nel punto in cui si trova il loro marchio. – enunciò, e Dan comprese subito.

 

- Ogni creatura ha impresso il proprio nome sulla fronte. E’ da lì che deriva il suo potere!

 

- Non sarà facile riuscire a fare centro se il bersaglio continua a muoversi. – appuntò stizzito la Zanna d’Argento, ma Jabi lo rassicurò impugnando il suo pennello magico e dando vita ad un vero e proprio incantesimo.

 

- Ci penso io! – esclamò, recitando una strana formula. Disegnando delle linee a mezz’aria le scagliò in direzione del mostro che smise di muoversi. – Non durerà a lungo, perciò sbrigatevi! – disse loro.

 

Zero unì i due spadini fino a formare quel grosso boomerang, caricò il braccio che lo stava impugnando e prese la mira. – Io mi prendo Menzogna – disse ironico, come suo solito.

 

- Distruzione. – fece Dan, Cavaliere della Notte Bianca, e caricò anch’egli il braccio per poter scagliare la sua lancia il più lontano possibile.

 

- Ti dovrai accontentare di Inganno – intervenne Zarba – è quello che si trova al centro.

 

Al Cavaliere d’Oro non importava granché. L’importante per lui era abbattere quel mostro. E alla svelta.

Strinse forte l’elsa della Garoken, prese la mira e via. Avevano un solo colpo a disposizione. Non potevano sbagliare. Se avessero fallito, Jabi non sarebbe più riuscita a rifare lo stesso incantesimo perché era stremata.

L’Animetallo luccicò nell’aria, quelle armi sembravano frecce. E, proprio come frecce raggiunsero e colpirono il bersaglio.

Si udì un latrato spaventoso, poi una luce accecante fuoriuscì dai simboli che il mostro aveva sulle sue tre teste. Andò letteralmente a fuoco.

Non ebbe neppure il tempo di accasciarsi al suolo, svanì nel nulla trasformandosi in cenere.

 

- E’ finita. – esclamò esausto Tsubasa, uscito dall’armatura. Gli si avvicinò Jabi. Posandogli una mano sulla spalla sorrise.

Anche Rei e Kouga ripresero il loro aspetto. Erano riusciti a sconfiggere il cagnolino da guardia di Ahriman.

Sembrava un miracolo, tuttavia…

I festeggiamenti durarono poco.

Kouga si girò verso Kaoru, voleva esultare insieme a lei ma quando vide che la ragazza giaceva esamine al suolo quel sorriso si trasformò in una smorfia di terrore.

Urlò il suo nome, e si precipitò subito da lei. La raccolse tra le braccia. – KAORU! – gridò, mentre la scuoteva. Quel viso pallido, spento, che sembrava avere perso anche l’ultimo soffio vitale lo fece rabbrividire. – KAORU! – ripeté, ma lei non dava segni di vita.

Gli altri sopraggiunsero alle sue spalle.

Jabi si fletté per constatare di persona quali fossero le condizioni di salute della giovane. Grazie alle sue arti magiche capì che era ancora viva, ma la situazione essendo estremamente critica, la mise in allarme.

- Ha incamerato troppa energia distruttiva.

 

Kouga la guardò con fare disperato. – Puoi fare qualcosa?

 

Jabi fu franca fin dall’inizio. – Posso provarci, ma… - restò interdetta, non riusciva a continuare quella frase, non ne era in grado.

Lui aveva già capito tutto. Strinse forte quella mano che teneva poggiata sul selciato grigio e spento. Il terriccio in quel pugno chiuso finì per sbriciolarsi ulteriormente. Raccogliendo Kaoru tra le braccia si rimise in piedi.

Dovevano assolutamente rientrare. Chiese a Zarba di aprire un varco affinché potessero lasciare immediatamente quel luogo triste e spoglio, Tsubasa intervenne dicendo che sua sorella Rin aveva eretto un portale nel giardino della sua villa, e che sarebbero potuti uscire da lì. Ordinò a Goruba di sintonizzarsi con il varco creato dalla sorella. Ci riuscì, e concentrandosi poté adempiere a quell’ordine.

Un buco enorme si aprì d’innanzi a loro, lo varcarono senza perdere altri istanti preziosi.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Quando Souka riaprì gli occhi, vide che tutto intorno a lei lentamente si muoveva. Provò a guardare meglio, alla fine si rese conto che in realtà Jin la portava sulle spalle.

- Cosa stai facendo…? – mormorò, con la bocca ancora impastata dal sonno.

 

- Hai dormito per più di un’ora, e non eri certamente in grado di ritornare a casa da sola.

 

- Il rituale… - biascicò dapprima, poi di colpo ricordò tutto. – Cosa è successo?!

 

- Quell’eremita è riuscito a trattenere Ahriman per diverso tempo, non è stato facile ma è andato tutto bene. – gli spiegò brevemente, Souka non poté che tirare un sospiro.

 

- Adesso puoi mettermi giù. – sbottò subito, cercando di scendere. Fallì. 

 

- Sei ancora troppo debole. – rispose Jin, ed aggiunse anche – Non agitarti, altrimenti finiremo per cadere.

 

Lei reclinò il capo, poi a bruciapelo gli chiese: - Perché hai deciso di seguirmi? 

 

- Perché, infondo, volevo anche io aiutare un amico.

 

- E il regolamento?

 

Jin sembrò curvare le labbra in un sorriso. – Da tutta questa faccenda ho imparato che ogni tanto si può anche trasgredire.

 

- Piccolo Jin sta cambiando. – si intromise subito Danda. Proprio non riusciva a starsene zitto. – Per festeggiare l’evento potreste andare a cena fuori.

 

– Tu al contrario non cambierai mai. – ribadì il ragazzo. Souka sorrise, e poco dopo anch’egli. E scuotendo il capo con uno sguardo rivolto verso il cielo, proseguì il tragitto.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Quando Rin, l’aspirante Sacerdotessa del Makai, vide il gruppetto comparire magicamente davanti a sé, una luce sfavillante le accese lo sguardo. Luce che poi si spense in un soffio non appena scorse, sorretto da Kouga, il corpo all’apparenza esanime di Kaoru.      

Gonza il maggiordomo trasalì. – Signorina Kaoru!? – balbettò in preda al panico, senza fare domande. E quando vide quell’espressione cupa sul volto del signorino, ebbe un brutto presentimento.

Senza fiatare Kouga si avviò velocemente verso casa. Raggiunse il salottino della villa, quello a pian terreno, e flettendo il dorso verso il basso stese Kaoru sul divano. Jabi gli fu subito accanto. Nella mano destra aveva già impugnato il suo magico pennello. Vide che Kouga la fissava con sguardo disperato. Quegli occhi sembrano comunicare un solo pensiero: “salvala!”.   

Jabi lo sentì tremare. Non lo aveva mai visto prima d’ora così spaventato, così perso.

Su di lei gravava un pesante compito, una pesante responsabilità. Capì che non doveva fallire, non ora. Avrebbe usato tutto il suo potere pur di salvare Kaoru.

Impugnò saldamente il manico dello strumento magico e chiuse gli occhi. Per prima cosa doveva capire fino a che punto si era spinta l’energia distruttiva che dimorava nel corpo della giovane.

Fece scorrere il pennello dall’alto verso il basso, da destra verso sinistra, lungo l’esanime corporatura minuta. Quando le setole da bianche divennero nere, Jabi fermò il braccio nel punto appena mostrato e impallidì.

La potente energia di Ahriman aveva quasi raggiunto il cuore di Kaoru, ormai era questione di attimi.

Fu colta da un senso d’angoscia che le impedì brevemente di muoversi. Si sforzò di reagire, non poteva fermarsi.

Con ambedue le mani impugnò il pennello e ripeté a voce alta una frase. Sperava con quell’incantesimo, di riuscire a fermare l’energia malefica una volta per tutte, ma quando fece per avvicinare la punta del pennello verso il busto della ragazza, questi volò improvvisamente via, finendo dritto contro una parete. Rei fece appena in tempo a scansare Gonza da lì. Quell’affare sembrò un proiettile impazzito.

Jabi deglutì, con occhi sgranati si rese conto che doveva usare più potere, altrimenti l’energia distruttiva non le avrebbe mai permesso di essere scacciata.  

Con un cenno della mano richiamò a sé il pennello. Stavolta lo afferrò saldamente, tirò un profondo sospiro che gli permise di incanalare quanta più magia possibile. Con uno scatto lo accostò ancora al corpo di Kaoru, e poi spinse. Sentiva il potere demoniaco di Ahriman opporre resistenza con una notevole pressione, il forte contrasto generò una scintilla elettrica che, totalmente fuori controllo si avventò con violenza sulle mani della sacerdotessa.

Lasciò cadere involontariamente il pennello. Una smorfia di dolore le sporcò il viso. Tsubasa preoccupato la raggiunse. – Tutto ok?! - le chiese, guardandole le mani. Annuì, e quando si rese conto che aveva fallito, provò a guardare Kouga dritto negli occhi. Come avrebbe fatto a dirgli la verità? L’energia era troppo forte, troppo potente per lei e per qualunque altro. L’unico in grado di poterla espellere da quel corpo, era Ahriman.

 

- Io… - disse, con un groppo in gola. Scosse il capo, lo abbassò lentamente perché non riusciva a proseguire guardandolo negli occhi. – Non posso fare più nulla.

 

Kouga non capiva, o non voleva capire. – Che significa che non puoi fare più nulla? – ripeté, la voce gli tremava, non riusciva neppure a parlare, a muoversi liberamente. Questo Jabi lo aveva intuito senza neppure osservarlo. Lei non ne aveva bisogna.    

 

- L’energia distruttiva ha quasi raggiunto il suo cuore. E’… questione di attimi. – Alla fine glielo aveva detto. Questa volta però non riuscì ad ignorare il suo sguardo. Quando sollevò la testa e vide che quella pelle un tempo rosacea aveva di colpo perso ogni sua sfumatura, sentì una forte stretta al cuore.

Kouga smise di respirare, il volto pallido, l’espressione atterrita. Con la bocca socchiusa scuoteva il capo, sembrava incredulo, non riusciva a crederci, si rifiutava di farlo. – Morirà? – chiese all’improvviso. Jabi non trovò la forza necessaria per aprire bocca, rispose con un cenno del capo e nella sala scese il gelo.

Si udì un pianto. Era la piccola Rin, che con quegli occhioni lucidi guardava Kaoru e nello stesso tempo tremava.

Tsubasa si avvicinò a lei, con un abbraccio cercò di confortarla, di farle sentire calore. Ne aveva bisogno.

Il buon maggiordomo, Gonza, aveva assistito alla scena senza dire nulla. Si tenne il suo dolore dentro, soffrì in silenzio e mentre guardava la sua signorina riversa sul divano, un velo gli coprì gli occhi.

Rei si era voltato in direzione della finestra, proprio per non guardare. Aveva già visto anni fa la sua Shizuka cadere al suolo senza vita, e adesso non riusciva a trovare il coraggio di girarsi ed assistere impotente a ciò che sarebbe accaduto da un momento all’altro. Posò una mano sul muro lì accanto, la chiuse in un pugno serrato, sperava di reprimere tutta la rabbia, ma fallì miseramente.

Jabi si sollevò da terra, ormai sapeva che a Kaoru non restava molto tempo. Con il cuore in gola si diresse verso Tsubasa e Rin, per lasciare Kouga da solo con lei.

Nel salottino una tragica atmosfera regnava incontrastata, un gelo penetrante attanagliava i presenti. Nessuno disse una sola parola. Nessuno fiatò, solo Rin singhiozzava tenendosi stretta a suo fratello.

Kouga si piegò verso il basso, in direzione di Kaoru. Posò le ginocchia al suolo e le scostò una ciocca di capelli dal viso. Vide che il colorito di quella bocca che a lui piaceva sfiorare di tanto in tanto con le dita si era tinta di un pallido viola.

Non seppe nemmeno lui attribuire un nome a quel senso di vuoto che lo aveva di colpo attanagliato.

E così, per la prima volta in vita sua si lasciò andare.  

Nessuno dei presenti lo aveva mai visto piangere. Neanche Gonza. Kouga aveva versato le sue ultime lacrime il giorno in cui Taiga morì. Il maggiordomo lo ricordava bene. Forse era convinto che non avrebbe più pianto in vita sua, eppure quando vide quel viso bagnato dovette ricredersi.

Pianse con così tanto dolore che perfino Tsubasa si commosse. Pianse con così tanto trasporto che riuscì a toccare il cuore di tutti. Madougu compresi.

Poi udì un flebile lamento. Subito dopo una mano gli sfiorò il viso. – Perché piangi? – disse questa voce, era flebile ma nello stesso tempo distinguibile da qualsiasi altra. Kouga sollevò di scatto il capo, con occhi tremanti guardò Kaoru. Era ancora viva, ma sapeva che le restava ancora poco tempo a disposizione. Gli asciugò la guancia bagnata con una carezza, faceva fatica a tenere il braccio sollevato, ma resistette perché gli piaceva il calore che emanava quel volto.

– Sai – biascicò- avevi ragione. - disse, con una voce sempre più debole. – Quando… mi dicevi che non dovevo più frequentare Ikuo… io… avrei dovuto darti ascolto, io...

Kouga scosse il capo, le sfiorò la mano con la punta delle dita. – Non parlare, ti prego. Ti prometto che troverò un modo per…- Si sentì posare una mano sulla bocca. Il gesto non gli permise di finire la frase.

 

- Quando mi sono resa conto che ero l’unica in grado di poterti salvare sapevo a che cosa stavo andando incontro. E’ stata una mia scelta, e se potessi tornare indietro, nonostante tutto lo rifarei. 

 

Kouga fu subito preda di un terribile senso di colpa. – Io… – biascicò, scuotendo il capo – non so cosa fare! – Era disperato, si gettò le mani nei capelli, e provò tanta rabbia verso se stesso.  

 

- Non piangere, e portami sempre con te, anche quando non ci sarò più. – gli rispose con dolcezza la sua Kaoru. Sorrise ancora una volta, l’ultima. Un rigolo di sangue le colò da un lato della bocca. Quella flebile scintilla che dimorava nei suoi occhi stava per spegnersi. – Tu… sei stato l’unico che ha creduto in me. - disse, sentì il respiro venirgli meno, le palpebre farsi pesanti – Grazie di cuore, Kouga.

 

Vide la mano di Kaoru scivolare dal suo viso con un movimento esanime, inanimato. Vide quei suoi occhi oramai chiusi, sentì quella pelle gelida farsi ancora più bianca, cerea. 

Provò a chiamarla, prima piano, poi sempre più forte. Gridò il suo nome una due, tre volte. Cercò di scuoterla, di rianimarla, di farle riaprire gli occhi. La strinse con trasporto, l’abbracciò per trasmetterle tutto il calore che aveva in corpo.    

 

Poco dopo si udì un urlo. Uno soltanto.

E poi, nient’altro che silenzio.

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                            

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Questo è il penultimo capitolo della fanfic, il 31 come già scritto la volta scorsa, sarà l’ultimo.

Capitolo molto sofferto, io stessa mentre lo rileggevo non facevo che pensare a Kouga e alla sua dolce Kaoru. Erano anni che volevo scriverlo, non ho cambiato una sola virgola dal primissimo abbozzo che avevo preparato tempo fa, anzi, secoli fa! Mi sembrava perfetto così, e forse una scena del genere in una serie di Garo ci potrebbe anche stare!

 

 

 

Per MissysP: Confermo: il principe azzurro non esiste, e se c’è si chiama Kouga! A parte gli scherzi, credo che un ragazzo con maniere garbate, e soprattutto una persona vera, forse esista, ma in questo campo serve avere un buon fattore c…! La seconda serie la puoi guardare su you tube oppure cerca su google, dovrebbero esserci gli episodi da scaricare. Si chiama “Garo Makaisenki”. Io per scelta ho deciso di non guardarla perché ci tenevo prima a finire questa mia seconda serie senza essere influenzata da nulla, e poi perché trattandosi di una cosa importante, preferisco guardarla sulla tv di casa per darle l’attenzione che merita, perciò ho ordinato i blu-ray, disponibili per ora solo in Giappone.

 

Per DANYDHALIA: L’ultimo capitolo è il 31, ovvero il prossimo, e poi tutti a piangere coi fazzoletti, sottoscritta compresa…!

 

 

 

Che altro dire… Ci risentiamo per l’ultimo capitolo!

Botan   

 

 

         

ANTICIPAZIONI:

L’ultima battaglia, quella che vedrà il Sacro Spirito, forza creativa, opposto allo Spirito Malvagio, forza distruttiva, determinerà la fine di un’acceso conflitto tra bene e male e darà vita ad un nuovo inizio.

Kouga, supportato dalle persone che ama, si preparerà a dover affrontare lo scontro finale.  

Prossimo episodio: #31 Solo tu puoi sentirmi

  

 

         

                                                                                                                                                                          

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Capitolo 32
*** #31 Solo tu puoi sentirmi ***


La guardava con gli occhi puntati verso il basso, lo sguardo perso nel vuoto, velato

                                 Solo tu puoi sentirmi
                                              #31

                                         

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

La guardava con gli occhi di chi, sopraffatto dal dolore, non riusciva ad accettare quella realtà. Lo sguardo perso nel vuoto, velato, non poteva darsi pace, non riusciva a credere che lei non fosse più in questo mondo. Gli sembrava di impazzire, di perdere il controllo di qualsiasi azione, non fu neppure in grado di parlare, aveva urlato troppo quel nome, e per troppe volte. Era rimasto senza fiato, ma non gli era servito a nulla, era sconvolto, frustrato.

Lui non l’aveva protetta, non ci era riuscito, e ora si sentiva una persona inutile, un fallito.

Come aveva potuto, pensò distrutto dal dolore, lasciarla andar via? Avrebbe dovuto lottare contro quel fato, avrebbe dovuto trattenerla in questo mondo ad ogni costo, con ogni mezzo.

Eppure aveva perso quella battaglia. Forse una delle più importanti della sua vita.

Sapeva già che il dolore per quella perdita così improvvisa lo avrebbe annientato, ma nonostante tutto, nonostante quei mille pensieri, quelle mille sensazioni, non poteva darsi pace.  

Avrebbe voluto violare perfino la volontà di Dio pur di riaverla indietro, eppure sapeva che non era possibile, ma lui non riusciva a smettere di pensare, di sperare.

La vita gli aveva tolto tutto.

Prima Rin, sua madre.

Poi Taiga, suo padre.

E adesso lei, l’unica donna che dopo la scomparsa dei suoi genitori gli aveva insegnato ad amare.

Era certo che non sarebbe più riuscito ad andare avanti ora che quella ragazza dal sorriso abbagliante non c’era più.

 

Senza Kaoru non ce l’avrebbe fatta.

 

- Kouga – disse una voce, spezzando in un sol colpo il silenzio. Apparteneva a Zarba. – Kaoru… - premise, pronunciando distintamente quel nome - lei è ancora viva! – esclamò, sotto l’attenzione e lo stupore dei presenti. Kouga guardò subito l’anello con occhi tutt’altro che spenti, ma forse preso alla sprovvista da quella rivelazione inaspettata e pervaso dall’agitazione non riuscì ad aggiungere nulla. – Anche se flebile, sento ancora la sua energia. – specificò in seguito il magico anello.

 

Jabi si avvicinò di corsa alla ragazza, per constatare di persona. Quando ebbe appurato la verità, guardando Kouga con una luce raggiante negli occhi annuì subito.

 

Sì, lei era ancora viva!

 

- Ha scelto di aspettarti, sta lottando contro l’energia distruttiva che dilaga nel suo corpo. – dichiarò a quel punto la Sacerdotessa del Makai.

Non c’era tempo da perdere: bisognava agire subito.

Il tempo di guardare Kaoru, poi Kouga ebbe uno scatto improvviso. Adesso sapeva cosa fare!

Si avvicinò a Rei, con uno sguardo sbrigativo gli chiese: - Dov’è l’Ottava Stella del Makai?

Senza aggiungere altro, l’amico aveva già capito quali fossero le sue reali intenzioni. Si infilò una mano nella tasca interna del soprabito, poco prima di consegnarli l’oggetto ebbe un attimo di esitazione. – E’ davvero questo ciò che vuoi?

 

Abbassando il capo, il figlio di Taiga gli rispose senza nessun’incertezza. - Non voglio perderla. – Era questo ciò che Kouga voleva per davvero. E nient’altro.

Lui rivoleva la sua Kaoru.

 

Rei sorrise, la frase lo aveva profondamente colpito. Forse perché sapeva che in fin dei conti pur di riportare indietro Shizuka sarebbe stato disposto a commettere qualsiasi pazzia. Almeno Kaoru doveva vivere, pensò, ricordando ancora una volta il sorriso dell’amata sorella. Senza avere più esitazioni, gli consegnò il prezioso oggetto.

Alla svelta, Kouga si diresse verso il centro della sala. Il resto del gruppo, avendo intuito ciò che a breve sarebbe successo, lo guardava con profonda apprensione.   

 

- Ahriman ti costringerà senz’altro a ritornare con lui. – intervenne Tsubasa, certo della cosa, ma lui anziché rispondere, proseguì dritto per la sua strada.

Solo Ahriman poteva espellere l’energia distruttiva dal corpo di Kaoru. Non c’era nessun altro, nessun’altra soluzione, e non poteva di certo sperare in un fortuito miracolo.

Certo che avrebbe accettato qualsiasi condizione impostagli dall’essere demoniaco, iniziò alla svelta il rituale magico.

Si accorciò la manica destra del soprabito, stese bene il braccio e con una delle punte di quella stella si procurò un taglio sulla pelle.

Rin fu colta dallo spavento, Jabi cercò di tranquillizzarla, ma la verità era che nemmeno lei riusciva a smettere di tremare.

Per chiamare Ahriman mancava ancora un passaggio, l’ultimo: Doveva recitare a voce alta ciò che si trovava impresso sulla stella.

Si trattava di una frase scritta con caratteri appartenuti ad una vecchia lingua che secoli fa spadroneggiava nelle terre del Makai.

Si schiarì la voce, respirò a fondo, e con l’oggetto d’innanzi a sé lesse a gran voce: - Vidia Zema Moficia Dei Jitana Rah – scandì quella frase in maniera impeccabile, il cuore gli batteva forte in petto, ma nonostante tutto si sentiva pronto a ricevere il mostro senza indugi, paure. Guardò Kaoru, poi comprese che era lei a dargli quella forza.

Si udì un boato nella sala, seguito da un raggio di luce. Il fascio si diffuse ampiamente ma con una grazia fuori del comune.

La luce era calda, benevola, non sembrava appartenere allo Spirito Malvagio, definito da tutti un portatore di immani catastrofi.

Quando il bagliore andò via via scemando, sia Kouga che tutti gli altri intravidero una figura possente dall’aspetto austero che tuttavia dava l’impressione di dissociarsi in qualche modo da Ahriman, grazie all’aura che spandeva nella sala.

Poteva mai, Ahriman il distruttore, infondere un senso di pace?

Quando Kouga si fu del tutto calmato, osservando l’essere dinnanzi a sé, poté rendersi conto di un particolare che prima d’ora gli era sfuggito.

Il colore dell’armatura che rivestiva interamente il corpo dello Spirito Malvagio tendeva al cremisi, una tinta nettamente forte, di predominanza assoluta, che non aveva nulla a che vedere con quella tenue e dalle sfumature cerulee di questo nuovo e misterioso essere.

 

- Tu non sei Ahriman! – dichiarò a quel punto il giovane Cavaliere, cogliendo tutti alla sprovvista. Rei sguainò preventivamente le armi, Silva gli intimò seduta stante di riporle.
I Madougu conoscevano quella creatura imponente.

 

- Lui è Spenta Mainyu, il “Sacro Spirito”, gemello di Angra Mainyu, lo “Spirito Malvagio”, ovvero Ahriman. – proferì Zarba, che in più occasioni aveva dato prova di conoscere l’argomento.

 

- Angra Mainyu, in quanto alleato della Menzogna rappresenta il male, a differenza di Spenta Mainyu, alleato della Verità, che ha scelto di schierarsi dalla parte del bene, dando così vita al conflitto cosmico tra Verità e Menzogna. – continuò Goruba, approfondendo l’argomento.

 

Kouga scosse il capo, era confuso. – Non capisco… sono certo di non aver commesso errori, quella frase… - L’imponente voce del Sacro Spirito sovrastò le sue parole permettendo così di essere ascoltata per la prima volta. – Non è stato un tuo errore – proferì, la cadenza altisonante riecheggiò nella stanza fino ad oltrepassare le pareti. Era un suono di dominanza assoluta. - Le sacre scritture incise sull’Ottava Stella del Makai permettono a colui che detiene l’oggetto di richiamare in questo mondo il mio gemello. Tuttavia, se chi formula quelle parole è mosso da uno spirito nobile che nemmeno il male è in grado di corrompere, la Menzogna, sopraffatta dalla potenza di quello stesso individuo, lascia spazio alla Verità. – Spenta Mainyu puntò un dito lungo ed ossuto in direzione di Kaoru. Kouga ebbe un sussulto, poi lo seguì attentamente. – Quella giovane fanciulla ha sacrificato sé stessa per salvare la vita di colui che ama. – spostò lo sguardo fermo e penetrante verso Kouga, additò anch’egli. – Tu ti sei offerto allo Spirito Malvagio per liberare colei che ami e che ora giace esanime d’innanzi a te. Entrambi avete scelto di scarificare le proprie vite in nome di un sentimento chiamato “amore”. Kouga Saejimatuonò all’improvviso, senza staccargli lo sguardo di dosso - la mia venuta su questa terra non è dettata semplicemente dal caso. Io salverò questa fanciulla estirpando l’energia distruttiva dal suo corpo, ma ti chiederò qualcosa in cambio. Sei disposto ad accettare? - Kouga non sembrava intimorito da quella richiesta improvvisa. Proprio come aveva fatto con Ahriman, lui non si sarebbe tirato indietro. Annuì con decisione, e fu solo a quel punto che la creatura rivestita da una corazza cerulea gli rivelò le sue condizioni: - Dovrai aiutarmi a fermare Angra Mainyu. 

La richiesta così singolare lo spiazzò. Nessuno mai, prima d’ora, era riuscito a battersi contro Ahriman, colui che aveva di sua spontanea scelta deciso di allearsi con il male.

 

- Io… - biascicò il giovane Cavaliere, pensando che non ce l’avrebbe mai fatta – non ho tutto questo potere.

 

Spenta Mainyu si avvicinò a Kaoru, il suono di quei passi prodotto dall’armatura possente vibrò nell’aria. – Al momento opportuno lo troverai. – rispose soltanto, regalando a quella frase un alone di mistero. – In un mondo in cui la maggior parte degli esseri viventi ha scelto di schierarsi dalla parte del male, Angra Mainyu è diventato perfino più potente di me, ma finché ci sarà anche una sola persona disposta a credere nella Verità, io continuerò a combattere. Se non sbaglio, questo è anche il credo di voi Cavalieri Mistici. – fece una pausa, socchiuse gli occhi fissandolo. – Sappi che sei libero di scegliere, non mi servirò di questa ragazza per obbligarti ad accettare. Qualunque sia il tuo responso, la salverò ugualmente. – sollevò il braccio in direzione di Kaoru, chiuse gli occhi e prima ancora che potesse aspirare l’energia distruttiva Kouga prese una decisione.      

 

- In quanto Cavaliere Mistico, è mio dovere andare fino infondo a questa storia, perciò accetto. – affermò, certo che avrebbe portato a termine quel compito. Lui era Garo, il Cavaliere d’Oro, e aveva una missione da compiere: proteggere gli esseri umani da ogni pericolo.

Spenta Mainyu sembrò sorridere, poi facendo appello a tutto il suo potere assorbì l’energia distruttiva dal corpo della giovane convogliandola nella propria mano. I flussi negativi evaporarono purificati dalla forza benevola emanata dal Sacro Spirito, e il cambiamento fu immediato.

Il cuore di Kaoru, che prima batteva con un incedere debole, riprese il suo ritmo naturale. Il colore di quella pelle così pallida iniziò a ravvivarsi, le labbra persero quel tono violaceo e ritornarono le stesse di un tempo, proprio quelle che Kouga ricordava.

 

– Riprenderà conoscenza tra non molto. – gli rivelò lo spirito della Verità, e lentamente iniziò a scomparire. – Porta il mio gemello alla controparte terrena del Ponte del Giudizio. – disse poco prima di svanire del tutto in una luce abbagliante. I presenti si coprirono gli occhi con il dorso delle mani per non venirne accecati. L’energia rilasciata da Spenta Mainyu aveva una purezza senza uguali. Era unica nel suo genere, in quanto rappresentava l’energia creativa, il bene assoluto, opposta a quella distruttiva, ovvero il male.

Quando tutto ritornò pian pianino alla normalità, una volta abbassato la mano dal viso, Kouga si rese conto che Kaoru stava riaprendo gli occhi.

Fu colto dall’agitazione, avvicinandosi a lei si fletté verso il basso, pensò che il cuore gli sarebbe schizzato via dal petto da un momento all’altro, ma nell’attimo in cui la vide riprendersi da quel torpore destinato a portarsela via, fu come ritrovarsi per la prima volta fuori da un incubo e quando ella guardandolo con estrema dolcezza sorrise, non fu più in grado di trattenersi, e preso da una forte emozione si gettò verso di lei per cingerla tra le sue braccia.

 

Non riuscì a dire nulla, era troppo rapito da quell’attimo, da quella situazione, voleva solo stringerla a sé, poterle sfiorare i capelli, il colorito pulsante e non più cereo di quel viso radioso, e quelle labbra…

- Mi dispiace – fuoriuscì proprio da quella bocca – ti avevo promesso che non mi sarei più cacciata nei guai, ma per l’ennesima volta non ho dato ascolto alle tue parole.

 

- Non farlo più – rispose Kouga, a stento tratteneva il pianto – ti prego, non farmi più preoccupare. – biascicò con voce tremante, senza vergognarsi di quella fragilità emotiva che era riemersa all’improvviso, senza curarsi di quel limpido velo che gli offuscava la vista, di quella voce sporcata da un pianto sommesso ma ugualmente tangibile. – Senza di te non riesco ad andare avanti. – disse con quanto più trasporto avesse dentro, con tutto l’amore che nutriva per lei, e mentre la stringeva sempre di più a sé, Kaoru sentì qualcosa di bagnato caderle sul dorso della mano. Lo guardò, vide che aveva il volto rigato dalle lacrime di quel pianto che non era riuscito ad arginare. Con garbo gli lambì una guancia, l’unica cosa che fece fu prendergli la mano e sorridere, come aveva sempre fatto, per scaldare il suo cuore ed asciugare le lacrime.

Solo lei poteva compiere un simile miracolo, e anche stavolta ci era riuscita, mano nella mano, mentre lo guardava con occhi grandi ed immensamente dolci.

 

Quando la giovane si rimise finalmente in piedi fu subito accolta dal resto gruppo. Gonza per l’emozione si era tolto gli occhiali e di tanto in tanto si tamponava gli occhi con un fazzolettino color porpora, Rei la guardava soddisfatto senza smettere di sorridere, anche Tsubasa, ragazzo rigido e tutto d’un pezzo si era lasciato andare. Jabi le posò una mano sulla spalla e Rin corse da lei per abbracciarla forte. La piccola del gruppo piangeva a dirotto, nello stesso istante però si sentì sollevata ora che tutto era ritornato alla normalità.

Tuttavia…

Il felice attimo ebbe vita breve.

Un boato attirò l’attenzione dei presenti che colti alla sprovvista sussultarono. Il pavimento sotto ai loro piedi vibrò pericolosamente, sembrava un terremoto, poi un bagliore accecante li colse ulteriormente di sorpresa.

Corsero in giardino, la luce proveniva da lì, un miasma li investì brutalmente.

In quel cerchio magico, proprio nel bel mezzo di quelle candele rosse predisposte a terra, apparve affiorando dal sottosuolo una sagoma spettrale.

Ci fu un disappunto assoluto quando capirono che si trattava addirittura di Ahriman, lo Spirito Malvagio.

 

- Tu…?! – tuonò Kouga in preda allo stupore, mentre appoggiando una mano sull’elsa della spada sospinse Kaoru dietro di sé.

 

- Si è servito del portale magico creato da Rin per arrivare qui. – gli disse Zarba, poi si udì la voce furente di Rei.

 

- Che cosa vuoi ancora?!

 

Ahriman sapeva bene che quel maledetto cerchio gli impediva di muoversi, se fosse stato il contrario senza ombra di dubbio li avrebbe sterminati tutti, tranne uno. Puntò il dito ossuto verso Kouga, lo investì con uno sguardo minaccioso. – Se non fosse stato per quello stupido eremita e per quei due ragazzini presuntuosi tu non saresti mai riuscito a scappare!

 

- Eremita…? – biascicò il figlio di Taiga, senza comprendere. Gonza ebbe un sussulto, si era appena ricordato di una cosa.

 

- Vostra cugina Souka e quel Cavaliere… Jin! Sì, loro hanno chiesto a Denemon di fare qualcosa…! – intervenne prontamente, riferendo al signorino l’accaduto.

Finalmente fu tutto più chiaro a Tsubasa e gli altri. Ahriman, quando Kouga fu tratto in salvo, non si trovava nel suo regno perché qualcosa lo aveva trattenuto al di fuori contro la sua volontà.

 

- Tu sei mio, mi appartieni, rispetta i patti e torna subito da me! – tuonò ancora il potente Spirito, che non avrebbe mai rinunciato al suo prezioso tesoro, ma l’umano fu altrettanto ostinato.

 

- Non torno sui miei passi. – rispose, era perfino pronto a battersi con lui in quello stesso istante, se necessario.

 

- Hai firmato un contratto, non puoi rifiutarti, devi adempiere al tuo dovere! – ringhiò l’essere, poi facendo appello alla sua potente magia, dopo aver tracciato con le lunghe dita artigliate dei simboli a mezz’aria, iniziò a recitare una strana formula. La nenia durò pochi attimi, quando scese il silenzio sotto lo stupore generale di tutti, Kouga vide la sua abitazione svanire nel nulla.

Si guardò intorno con fare frenetico, ma tutto quello che aveva costruito suo padre ormai non c’era più. Scosse il capo, non riusciva a darsi una risposa, tutto ciò non aveva un senso, era impossibile. Guardò Ahriman dritto negli occhi, senza farsi intimorire da esso. – Che cosa hai fatto?! – urlò, pretendendo una risposta.

 

Un ghigno affiorò sul volto dello Spirito Malvagio. – Mediante le mie arti magiche ora un potente sortilegio grava su di te e su ciò che hai di più caro al mondo. Se non rispetterai i patti, le persone che ti stanno accanto inizieranno poco per volta a scomparire. Ti consiglio di ritornare sui tuoi passi, se non vuoi restare solo. – sorrise ancora con perfidia, poi svanì nel nulla lasciandolo senza parole.

 

- Che significa tutto ciò? – chiese Rin al fratello, spaventata da quello che sarebbe potuto accadere, ma Tsubasa non se la sentì di rispondere.

 

- Dobbiamo trovare un modo per spezzare il sortilegio. – intervenne Rei, non c’era un solo istante da perdere, ma Silva, la sua compagna frenò tutto il suo entusiasmo.

 

- Solo Ahriman può neutralizzare la propria magia, ricordi?

 

- Ma allora… cosa possiamo fare? – il giovane Suzumura cadde preda del panico.

Più il tempo passava, e più c’era il rischio che qualcuno di loro iniziasse a scomparire.

 

- Devo affrontarlo. – disse ad un tratto Kouga. Si sentì posare lo sguardo degli altri su di sé. – Devo affrontare Ahriman.

 

- Ma… non puoi! – urlò all’improvviso Kaoru, andandogli d’innanzi.

Kouga si flette di poco per poterla guardare meglio negli occhi, le posò ambedue le mani sulle spalle. – Questa volta non mi accadrà nulla, te lo prometto. – le assicurò, poi si rivolse a Zarba – Dove si trova la controparte terrena del Ponte del Giudizio?

Il Madougu ci pensò su, e dopo un istante giunse il verdetto: - Nel posto in cui tu ed Ikuo vi affrontaste per la prima volta.

Kouga annuì, si ricordava di quel luogo, un ponte sospeso tra cielo e terra, in effetti poteva ricordare vagamente il vero Ponte del Giudizio che si ergeva nel Makai. – Devo andare – disse guardando prima Kaoru, poi i suoi amici.

Tsubasa, Rei e Jabi fecero un passo avanti.

- Noi veniamo con te. – disse quest’ultima, anche Kaoru e Rin raggiunsero gli altri tre, facendogli capire che nessuno lo avrebbe lasciato solo.

Gonza fece per accodarsi al gruppo, non avrebbe mai e poi mai abbandonato il suo signorino, ma qualcosa andò storto. Iniziò a sparire, prima lentamente poi sempre di più.

- Gonza…! – urlò Kouga, colto alla sprovvista sgranò gli occhi, ma non fece in tempo a raggiungerlo. Il maggiordomo si dissolse nell’aria e di lui non rimase più nessuna traccia. – Gonza… - biascicò ancora, ma questa volta lo disse con un tono flebile, amareggiato. Strinse le mani a pugno, socchiuse forte gli occhi, e infine motivato più che mai si decise a portare a termine quel maledetto incarico.

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

Il tragitto per arrivare al ponte non era poi molto, però da subito si erano accorti che qualcuno li aveva seguiti.

Quando Tsubasa finalmente si voltò, capì che non erano soli. Con la lancia sguainata partì all’attacco verso un gruppo di Orrori. Trasformatosi in Dan, iniziò il duello. Kouga voleva intervenire, ma Rei posando una mano sul suo braccio,  sguainò con l’altra una delle sue spade. - Conserva le forze per dopo. – gli disse, poco prima di lanciarsi all’attacco. 

Trasformatosi in Zero, la Zanna d’Argento, il combattimento durò poco, in due non ci misero molto ad eliminare quel fastidioso gruppetto di mostri.

 

- Li avrà mandati Ahriman? – disse Tsubasa, sospettoso.

 

- Non credo – rispose subito Jabi - lo Spirito Malvagio non sa che Kouga ha incontrato il suo gemello.

 

- Gli Orrori sanno ciò che Kouga sta per fare. Ogni creatura del Makai che vive qui sulla terra ha percepito l’aura benevola di Spenta Mainyu. – spiegò Zarba, poi ammise franco – Ormai è questione di attimi. Tra non molto ne arriveranno altri.

 

- Dovete sbrigarvi – convenne Silva, gli umani annuirono all’unisono.

 

Fecero per rimettersi in cammino, ma un urlo inaspettato da parte di Rin li fece girare.

Tsubasa stava iniziando a scomparire.

- Non andartene! – strepitò abbracciando il suo amato fratello – Non mi lasciare!

 

Il giovane Yamagatana le posò affettuosamente una mano sul capo. – Anni fa ho promesso a nostra madre che non mi sarei mai allontanato da te. Vedrai che tornerò. – le disse con un sorriso, e prima di sparire del tutto rivolse il suo ultimo sguardo in direzione di Jabi. Quest’ultima si sentiva tremendamente agitata, anche se non aveva detto nulla, Tsubasa aveva in qualche modo capito quale fosse in verità il suo reale stato d’animo.

Nessuno riuscì a dire nulla, non se la sentirono. E così tutto tacque.

 

Adesso erano rimasti in cinque.

Si guardarono in faccia pensando a chi sarebbe toccato, e dopo pochi isolati arrivò il responso.

 

- A quanto pare, sono arrivato al capolinea. – esclamò ad un tratto Rei Suzumura, arrivando perfino a sdrammatizzare sull’accaduto. Rise, infilandosi le mani in tasca guardò Kouga. – Vedi di riportarmi indietro e anche di non farti ammazzare!

 

- Finalmente avrò un attimo di pace. – enfatizzò Zarba, chiaramente si stava riferendo a Silva.

 

- Sei il solito cafone! – reagì quest’ultima, una manciata di secondi prima di sparire, ma l’anello ebbe comunque il tempo di emettere  ancora una replica. 

 

- Quando torni sarò lieto di invitarti a cena. – fece, e parve addirittura sorridere, ma in realtà anche Zarba era molto preoccupato.

 

- Spariremo tutti… - balbettò la piccola Rin, aveva paura soprattutto perché non sapeva ancora quando sarebbe toccato a lei. Si sentì posare una mano sulla spalla. Era Kaoru.

 

- Kouga ci riporterà indietro. – le disse, poi fissò il ragazzo e sorrise – Siamo in buone mani!

 

Kaoru aveva fiducia in lui, ciononostante Kouga iniziò a dubitare della sua forza, delle sue capacità. Si vergognava ad ammetterlo, eppure aveva anche lui paura di fallire quel compito che sembrava essere così importante, troppo. Non sapeva se sarebbe riuscito a riportare indietro le persone che amava, e ciò gli dava quasi il tormento.

Jabi lo destò da quei pensieri. Aveva appena avvistato due Orrori.

 

- Abbiamo visite. – disse, preparandosi a sguainare le sue rosse bandiere. Si voltò appena verso gli altri. – Voi andate, ci penso io a loro.

Kouga sarebbe voluto restare, ma sapeva che ormai mancava poco tempo, e seppur a malincuore fu costretto a darle retta.

Si allontanarono lasciandola lì. Rin urlò qualcosa, forse voleva restare con lei, ma ormai la donna era già corsa via, in direzione del nemico.

 

Grazie alle sue arti magiche riuscì a tenere dignitosamente testa a quelle infide creature, volteggiò in aria, sopra le loro teste, i drappi delle bandiere vibrarono mossi dal vento, come in una sorta di danza, e la magia fece il resto.

Gli Orrori cercarono di reagire agli incantesimi, tuttavia la loro inferiorità gli costò cara, e furono sconfitti. La Sacerdotessa del Makai aveva portato a termine il suo compito. Riprese fiato, adesso non le restava che raggiungere gli altri ma il sortilegio si abbatté su di lei, senza darle la possibilità di reagire.

Girandosi, augurò buona fortuna al ragazzo che un tempo giocava a Barchess con lei, e con le rosse bandiere agitate dal vento, svanì anch’ella nel nulla.    

 

 

 

Correvano su per quella stradina che li avrebbe portati alla meta. Ormai mancava poco. Solo alcuni isolati, il ponte si scorgeva in lontananza, solo pochi metri e poi... Poi Kouga si sarebbe trovato faccia a faccia con Ahriman in persona.

Non sapeva se sentirsi a disagio e prepararsi al peggio, oppure fidarsi di Spenta Mainyu, e credere nelle proprie capacità.

Quando arrivarono ai piedi del ponte si fermarono per riprendere fiato. Erano esausti, Kouga si guardò intorno, non c’era nessuno nei paraggi.

Ripresosi interpellò l’anello. – Come faccio ad attirare Ahriman in questo posto? – Zarba mugugnò qualcosa, prima di rispondere.

 

- Dovrai usare l’Ottava Stella del Makai, tuttavia… - si trattenne, sapeva che a Kouga non avrebbe fatto piacere ascoltare il resto della frase – la sua magia non ha più effetto. – Zarba aveva visto giusto. Al ragazzo quelle parole non piacquero.         

 

- Cosa intendi dire?

 

- E’ stata usata troppe volte. In passato da Shiro, poi successivamente da quel ragazzo, Ikuo, infine da te.

 

- Mi stai dicendo che ha perso il suo potere? – chiese, l’anello non poté che annuire. – Che alternativa mi proponi?

 

- Le alternative sono due – rettificò Zarba – Recuperare una seconda Stella, oppure…

 

Rin non lo lasciò finire. – Distruggere questa e liberare tutto il suo potere!

 

- La ragazzina ci sa fare…! – scherzò prontamente il Madougu, poi con un sospiro tornò serio. – La Stella è composta da un Animetallo purissimo, difficile da rompere.  

 

- E’ vero, però esiste lo scioglimento degli elementi!     

 

- Conosci quella tecnica? – domandò con meraviglia l’anello. Rin annuì soddisfatta.

 

- Me l’ha insegnata Jabi la settimana scorsa.

 

- Presumo che tu non abbia ancora avuto modo di provarla…

 

L’aspirante Sacerdotessa reclinò il capo con fare mogio. – Non ne ho avuto il tempo… però sono certa di poterci riuscire! – si voltò in direzione di Kouga. – Lasciami provare, ti prego! – In quegli occhi c’era così tanta determinazione che il giovane Cavaliere del Makai non se la sentì di respingere quella richiesta. Oltretutto Kouga riponeva grande fiducia nella piccola Rin.

Annuì, e consegnandole tra le mani l’antica stella le lasciò il campo libero.

 

La sorella di Tsubasa questa volta doveva concentrarsi. Più del dovuto. Sapeva bene che ora tutto dipendeva da lei. Forse si sentiva agitata per questo, ma una brava Sacerdotessa del Makai doveva dimostrare in qualsiasi circostanza di avere un autocontrollo senza pari.

Rin si posizionò al centro esatto del ponte, abbassò le palpebre e cercò la giusta concentrazione. Tra le mani stringeva l’Ottava Stella del Makai, schiuse le dita, la lasciò stesa su entrambi i palmi per qualche secondo finché non iniziò a fluttuare a mezz’aria.

La formula da recitare era semplice, tuttavia richiedeva una padronanza lodevole del proprio potere, gli errori non erano ammessi in quella circostanza. Scandì le parole a voce alta, poi con l’aiuto del pennello magico tracciò dei segni scintillanti d’innanzi a sé, e l’oggetto fu completamente avvolto da una sfera luminosa che lo racchiuse al suo interno, fino ad inglobarlo del tutto. Poco prima che Rin aprisse gli occhi, Zarba emise una sottile risata, segno che la procedura era andata completamente in porto. Fiera per ciò che aveva fatto guardò Kouga, questi l’accolse con un sorriso benevolo, che successivamente si trasformò in una smorfia di terrore.

La ragazzina stava iniziando a scomparire.

 

-Rin…!? – biascicò subito, voleva fare qualcosa per lei, ma sapeva fin dall’inizio che non avrebbe potuto aiutarla.

 

La sorellina di Tsubasa scosse il capo quasi a volergli dire “non fa niente, è tutto ok”. – Sono riuscita a portare a termine il rituale. Questo è ciò che conta. – rispose con un bel sorriso. E con lo stesso entusiasmo corse verso i due, per poterli abbracciare ancora una volta. E mentre si stringeva a loro, continuando a sorridere svanì del tutto.

Kaoru reclinò il capo, si sentiva tremendamente amareggiata per quanto accaduto, il sortilegio le aveva concesso il lusso, se così si poteva chiamare, di scomparire per ultima. Non le restava che attendere il suo turno, ora.

Kouga sapeva che presto o tardi sarebbe dovuta sparire anche lei, tuttavia cercava di non pensarci.

 

- Cosa facciamo adesso? – si sentì presto chiedere dalla ragazza.

 

Guardò l’oggetto prezioso consumarsi, proprio come una candela, all’interno del nucleo cristallino creato da Rin.

Quando si sarà del tutto sciolta, il suo potere attirerà Ahriman in questo mondo. – Dal tono della voce Kaoru capì che doveva essere molto agitato.

 

- Hai paura? – gli chiese a quel punto, ma lui non rispose anche se in realtà avrebbe voluto farlo, perché Kouga aveva paura, ma non di Ahriman. Ciò che più lo spaventava era il timore di non riuscire a riportare indietro i suoi cari, di non riuscire a vincere quell’ultima battaglia. Mentre pensava a quella tragica ipotesi, si sentì ad un tratto afferrare la mano. Girandosi vide che Kaoru lo guardava con un amabile sorriso. – Io credo in te, ci riuscirai! – disse. In un certo qual modo era riuscita a leggergli dentro, ad entrare nei suoi pensieri, nei suoi timori più profondi.

Kouga le posò una mano sulla guancia, Kaoru si lasciò quasi cullare da quel gesto, socchiuse le palpebre, si sentì sfiorare il mento con un gesto delicato che raggiunse le labbra dolcemente, e poi quel tocco sparì all’improvviso.

Quando riaprì gli occhi si rese conto che la mano di Kouga era passata attraverso il suo corpo, e che, alla fine, anche per lei era giunto il momento di andarsene.

- A quanto pare non potrò fare il tifo per te! – esclamò, quasi scherzando, mentre il ragazzo la fissava con aria atterrita.

 

- Non andartene…! – replicò, in preda al panico, all’agitazione. Voleva fare qualcosa, intervenire, però nello stesso tempo sapeva che non c’erano vie di fuga, Kaoru si sarebbe dissolta nel nulla esattamente come gli altri. Era difficile per lui da accettare, ma purtroppo non poteva farci nulla, non questa volta. L’unica cosa che poteva fare, era sconfiggere Ahriman.

Mentre la osservava farsi sempre più tersa, come un fine velo di stoffa, si vide posare una mano in petto.

 

- Anche se non sarò qui, sappi che continuerò ad incoraggiarti. Ascolta la mia voce attraverso il tuo cuore, e vedrai che andrà tutto bene, perché solo tu puoi sentirmi! – Kaoru svanì completamente dopo aver detto quelle parole. Parole che colpirono profondamente Kouga.  

Nel medesimo attimo, il destino volle che, ultimato il processo di scioglimento, l’Ottava Stella del Makai finisse per portare a termine il suo ultimo compito: richiamare Ahriman in questo mondo.

Kouga fu investito da una luce improvvisa, si udì un boato possente, poi una folata di vento sollevandosi nell’aria lo costrinse a pararsi il viso con un braccio.

La raffica si placò, la luce smise di brillare, e davanti allo sguardo sbalordito del giovane, lo Spirito Malvagio fece il suo ingresso.

- Come hai osato convocarmi in questo mondo?! – tuonò l’essere, lanciandogli uno sguardo torvo. – Ti avevo intimato di tornare da me, cosa stai aspettando?!

 

Kouga sapeva già cosa rispondere. – Ho preso la mia decisione – disse, senza mostrare su quel volto una sola linea di terrore, di angoscia. Era deciso ad andare fino in fondo. Ora più che mai non poteva tirarsi indietro, e lui non voleva farlo. – Verrò con te solo se accetterai le mie condizioni.

 

- Mi stai forse proponendo un patto? – ribatté la belva, sembrando interessata ma nello stesso tempo innervosita da quella richiesta. 

 

- Ti propongo un duello. Se vinco, tu libererai tutte le anime che hai raccolto nel corso degli anni, lasciandole libere di raggiungere il Paradiso, ma se perdo, allora rispetterò il tuo patto e verrò con te. – Kouga era stato chiaro, aveva illustrato le sue condizioni nel migliore dei modi, ma Ahriman non era particolarmente interessato a quella stupida richiesta.

 

- Hai firmato un contratto, tu mi appartieni comunque, perché mai dovrei accettare? – affermò, tuttavia quel profondo senso di sicurezza che Kouga aveva nei suoi occhi lo fece dubitare. Iniziò a guardarsi intorno, poi improvvisamente capì tutto. Ma non ne fu entusiasta. – La controparte terrena del Ponte del Giudizio… - constatò. – Questo posto mi impedisce di ritornare nel mio mondo, sono bloccato qui. – fissò lo sguardo sulla mano sinistra del ragazzo, in particolar modo l’attenzione gli ricadde su Zarba. – Solo quel Madougu è in grado di aprire un passaggio, e se io non accetto il tuo insignificante patto, tu non gli ordinerai mai di creare uno. – La spaventosa creatura si sentì quasi vittima dei suoi stessi tranelli. A questo punto doveva fare una scelta. – Ho intenzione di assorbire tutto il tuo potere per sconfiggere Meshia, la mia forza unita alla tua non avrà più eguali nel Makai, ma per fare ciò, tu mi servi vivo. Sii realista, piccolo umano, come farai a tenermi testa? Hai forse dimenticato chi sono io?

 

No, Kouga non lo aveva affatto dimenticato. Ahriman era il demone della menzogna, della distruzione, colui che aveva ucciso davanti ai suoi occhi Shiro ed Ikuo, e con una facilità impressionante. Sapeva bene che quello scontro che si preannunciava sempre più imminente sarebbe stato tutt’altro che facile, sapeva a cosa stava per andare incontro, con chi si sarebbe dovuto battere, o per meglio dire con cosa avrebbe dovuto lottare. La Distruzione in persone, una forza senza eguali, un’energia che non temeva il confronto con nessuno. 

Preferì non rispondere alla domanda nettamente provocatoria del demone, perciò, con sicurezza e prestanza impugnò saldamente l’elsa della spada e sfilandola dal fodero rosso gli fece capire che non aveva nessuna intenzione di tirarsi indietro.               

Ahriman sorrise. Tutto sommato quello stupido umano non poteva che essere un pazzo. – Se questo è ciò che vuoi, allora sarai accontentato. – tuonò, poco prima di impugnare la sua lancia.

 

Kouga fece roteare la punta della spada esattamente sopra la sua testa. Il fascio di luce lo investì ricoprendolo con quella corazza d’oro. Garo sfoderò finalmente i suoi artigli, e sopra quel ponte sospeso tra cielo e terra si diede il via ad un epico scontro.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Il primo a partire all’attacco fu il Cavaliere Dorato dell’Est.

Ahriman riuscì senza neanche spostarsi dal punto in cui si trovava a respingere sapientemente il colpo, ma Garo non si lasciò scoraggiare e ripartì subito.

Cercava in tutti i modi di trovare un punto debole, sperava che Ahriman abbassasse la guardia per poter mandare a segno almeno un colpo di spada. Si muoveva con maestria, era rapido, ma non troppo. Il nemico riusciva a precederlo durante gli spostamenti, e ad anticipare le sue mosse.

Ogni attacco gli fu parato, ogni fendete fu deviato dall’asta di quella lunga lancia, e tutto ciò ad un ritmo incalzante.

Il Cavaliere d’Oro sapeva che non poteva fermarmi a riprendere fiato, mirava a sfiancare il mostro, ma cosa assai più bizzarra è che quest’ultimo mirava a stancare lui.

Non si stava impegnando molto lo Spirito Malvagio. Zarba se ne era reso conto, così come aveva capito che, al contrario, Kouga stava dando fondo a tutte le sue energie senza ottenere nulla in cambio.

 

- Così non va – disse dapprima l’anello parlante, nel momento in cui l’umano riprendeva fiato – tra non molto resterai senza energie. – Zarba aveva ragione, pensò il giovane duellante. Doveva trovare un modo per distrarre Ahriman, per fargli abbassare la guardia. Ma doveva essere un qualcosa di estremamente valido, altrimenti il demone non si sarebbe mai lasciato trarre in inganno.

 

- Quando sarò abbastanza vicino a lui, apri un portale. – disse svelto.

 

- In questo modo darai ad Ahriman ciò che vuole, ovvero ritornare nel suo mondo. – gli ricordò il Madougu, ma di questo lui ne era consapevole.

 

- Non ho altra scelta – rispose, preparandosi ad un nuovo contrattacco- devo rischiare. – finì la frase nel momento in cui si lanciò verso il nemico, era ad un passo dalla creatura quando Zarba eseguì gli ordini e, proprio come sperato da Kouga, Ahriman si lasciò per qualche breve istante distrarre dalla luce di quel portale apparso d’innanzi a lui. La lama della Garoken si mosse con estrema sveltezza, e senza taluna difficoltà affondò nel costato del mostro. Lo Spirito Malvagio gemette, ma più che un urlo di dolore il suo sembrava un ruggito collerico.

Afferrò Garo per il collo, e con la sola forza di un braccio lo sollevò da terra.

Era fuori di sé.

Accecato dalla rabbia lo scaraventò nel portale magico eretto da Zarba, e subito dopo con un balzo lungo oltre dieci metri vi entrò anch’egli.

Garo cadde rovinosamente a terra, si fermò pochi metri più in la dopo una serie di ruzzoloni che lo costrinsero più e più volte a picchiare contro la dura superficie di quell’arido mondo.     

Riuscì ad alzarsi a malapena, sentiva dolore ovunque, e gli parve di fare una fatica impressionante a tenere ben alzata l’elsa della sua spada.

Kouga sapeva di non avere molto tempo a disposizione. Doveva concludere quella che gli sembrava una battaglia impossibile da affrontare e vincere senza il minimo sforzo.

Cercando di essere il più rapido possibile, decise di avvalersi dell’aiuto di un suo fidato destriero, Goten.

Lo splendido esemplare, ricoperto da una corazza d’oro dal bagliore sfavillante emise un nitrito ergendosi sulle due zampe posteriori.

Garo gli salì in groppa, la spada che teneva stretta in una mano si trasformò nell’enorme Garozanba, forma evoluta e indubbiamente più grossa della Garoken, e nel medesimo attimo Zarba attirò subito la sua attenzione con una frase inconsueta. – Sarà un duello a cavallo. – fece, e solamente quando alzò lo sguardo davanti a sé poté capire quale fosse il vero significato di quella strana esclamazione.

Anche Ahriman, proprio come il Cavaliere d’Oro, aveva richiamato a sé il suo imponente destriero.

La bestia in questione era molto più grande di Goten, ricoperta da una corazza cremisi, massiccia, a prima vista impenetrabile, e quando nitriva non c’era luogo in cui quel suono non potesse arrivare. Quando si alzò sulle zampe posteriore dando sfoggio di tutto il suo potere con una maestosa impennata, e sbatté gli zoccoli sul terreno bianco e spoglio, la terra tremò fortemente. Ahriman saltò in groppa al suo spaventoso destriero, strinse le redini e con la lancia sguainata partì all’attacco.

Garo ordinò a Goten di fare la medesima cosa, lo scontro tra i duellanti fu immediato.

Si battevano destreggiandosi abilmente in sella ai loro destrieri con sapiente maestria. Il bagliore prodotto dalle armi che vibravano nell’aria generava un susseguirsi di scintille, di lampi accecanti.

Dagli zoccoli del cavallo di Ahriman fuoriuscivano scariche di energia distruttiva, segno che quel combattimento doveva essere più che serrante. Lo Spirito Malvagio ordinò all’animale di colpire il suolo con i suoi pesanti zoccoli, la terra tremò ancora, tanto da far perdere a Goten l’equilibro. Nonostante l’improvvisa oscillazione riuscì a non crollare, ma quel breve attimo di smarrimento diede l’aggio ad Ahriman di sferrare un colpo in direzione del nemico. Colpo che raggiunse Garo duramente.

Kouga urlò dall’interno dell’armatura, l’energia distruttiva del mostro lo aveva investito in pieno, e anche se grazie alla corazza che indossava non c’era pericolo che il suo corpo ne venisse direttamente a contatto, si ritrovò ugualmente a subire un brutto contraccolpo. In quell’attimo capì quanto Kaoru avesse sofferto a causa di quella spaventosa energia, e quel pensiero gli diede la forza necessaria per reagire a quella ulteriore mossa.

Strinse con vigore l’elsa della Garozanba e partì senza pensarci in direzione di quel tanto odiato bersaglio. Ahriman non si aspettava una simile ripresa, era convinto di averlo stordito abbastanza. Dovette ricredersi e fare i conti con la lama dello spadone, solida ed incombente, che lo travolse in pieno, arrivando perfino a disarcionarlo. La lunga lancia che teneva in una mano gli volò via, poi egli finì in terra, con una caduta rovinosa. Il tonfo prodotto dall’armatura che lo rivestiva fu inevitabile e generò solo frastuono, la terra vibrò ma Garo resistette in sella a Goten, finalmente era riuscito nel suo intento. Era stanco, esausto, riprese fiato, e più guardava Ahriman riverso verso il suolo, più sentiva l’energia ritornargli in corpo.

Si sentì soddisfatto per quel risultato, ma la gioia durò poco. Finì nel momento in cui vide lo Spirito Malvagio sollevarsi da terra senza la minima difficoltà.

Servendosi del potere sconfinato che aveva in corpo, manovrò a distanza la sua lunga lancia, che in quel frangente era riversa al suolo a molti metri di distanza da quel campo di battaglia. L’oggetto lievitò a mezz’aria e come una freccia dalle dimensioni smisurate si preparò a centrare il suo bersaglio.                 

Garo non fu in grado di scorgere quell’imminente pericolo che stava per raggiungerlo proprio alle spalle, e ne fu irrimediabilmente trafitto. La lama affilata riuscì a penetrare nella corazza d’oro, trapassandola. Si udì un grido di lancinante dolore, cadde in terra ai piedi di Goten che nitrì con fare nervoso, la stilettata infertagli fu così forte da fargli abbandonare l’armatura contro ogni sua volontà. A causa di ciò, anche Goten sparì, lasciandolo inerme.

Kouga riverso al suolo gemeva, urlava. Vide espandersi sul terreno bianco una chiazza rossa che si andò via via ad ampliare intorno a lui. Stava perdendo molto sangue, senza un’adeguata protezione e ridotto in quello stato non sarebbe riuscito a scamparla.

Con un movimento rapido della mano Ahriman richiamò a sé la lunga lancia, che si staccò bruscamente dal dorso di Kouga inducendolo ad urlare per l’ennesima volta.

Il ragazzo non aveva nessuna via di scampo. Steso sul terreno, agonizzante, non fu in grado di rimettersi in piedi. Lo Spirito Malvagio procedette a passo svelto verso di lui, era fuori di sé. – Ti assorbirò ora! – tuonò, con uno sguardo minaccioso e la ferma intenzione di fare ciò che aveva appena detto. Kouga si ritrovò alla mercè dell’essere che tese una mano affinché potesse assimilare le ultime energie rimaste dell’umano, ma l’anello guida Zarba lo respinse colpendolo in viso con un raggio accecante.

 

- I mie occhi…! – strepitò il demone dalla corazza cremisi, con le mani ossute premute sulla faccia. – I miei occhi! – ripeté, dimenandosi.

Zarba era riuscito a guadagnare istanti preziosi. Li sfruttò per cercare di rianimare Kouga, ma questi sembrava aver perso completamente i sensi.

 

Quando riaprì gli occhi si trovava in un ambiente buio. Forse, pensò con angoscia, doveva essere morto. Sì, non c’era nessun’altra spiegazione.

Lui aveva fallito.

Provò dentro di sé tanta rabbia. Pensò improvvisamente alla sua Kaoru e a quella promessa che le aveva fatto. Avrebbe dovuto sconfiggere Ahriman e riportarla indietro, riportare indietro tutti coloro che avevano creduto in lui. Fu così tanta la disperazione che cadde vittima dello sconforto.

In quello stanzone buio, spoglio e gelido, riverso lì su quel suolo, Kouga desiderò ardentemente di riuscire a portare a termine il suo compito. Serrò la mano in un pugno, e con tutto il fiato che aveva in corpo lanciò un grido. 

Un flebile bagliore squarciò quel fitto buio, Kouga si sentì posare una mano in petto, provò a guardarsi intorno ma aveva la vista annebbiata. Credette di vedere una sagoma dai contorni familiari, lì china su di lui, poi udì distintamente il suono di due voci.

- La nostra energia ci viene dal cuore. – disse la prima, che aveva un dolce suono.

 

Proseguì l’altra, dal temperamento più forte ma nello stesso tempo affettuoso.

- Se vuoi vincere una battaglia non devi mai dubitare delle tue capacità, altrimenti ti sentirai sconfitto ancor prima di iniziare. 

 

Kouga le aveva riconosciute entrambe. Quelle voci appartenevano ai suoi genitori, Rin e Taiga.

Anche se non riuscì a vedere i loro volti, ebbe come l’impressione che i suoi cari da tempo ormai scomparsi gli stessero sorridendo.

Sentì l’energia accrescere in lui, e poi si ricordò delle parole che gli aveva detto Kaoru poco prima di svanire.

Chiuse gli occhi provando ad ascoltare il suo cuore, e fu solo allora che udì distintamente la voce della sua amata che gli ripeteva senza sosta di non mollare.

Kaoru aveva fiducia in lui, e continuava tuttora ad averne. Così come Rei, Tsubasa, Jabi e la piccola Rin, ed il suo fidato maggiordomo, Gonza. Kouga non poteva deluderli, non voleva farlo. Tutto ciò che più desiderava era poter riabbracciare i suoi cari.

Aprì gli occhi all’improvviso, sentendo distintamente la voce di Zarba che non aveva smesso di chiamarlo per un solo istante. Quando si fu del tutto ripreso, provò a rimettersi in piedi, nonostante la brutta ferita che continuava a sanguinare, ma fu tutto inutile.

- Non ci riesco – biascicò, con la voce tremante, pallido in viso per via del dolore. Tentò perlomeno di afferrare la sua spada, ma l’elsa gli scivolò via dalle dita.

Ahriman, che nel frattempo aveva riacquistato la vista, più furioso che mai avanzò in direzione dell’umano, pronto a riprendersi ciò che gli spettava di diritto.

Kouga era spacciato. In quelle condizioni non sarebbe stato in grado di difendersi, ne era più che consapevole eppure non riusciva a riprendersi, nonostante il desiderio di farcela fosse forte, intenso.

Proprio quando il demone che si trovava a soli pochi metri da lui aizzò il braccio in avanti con fare minaccioso, un bagliore apparso dal nulla si parò d’innanzi all’umano. Il lampo misterioso assunse una forma ben precisa, lasciando Ahriman senza parole.

Spenta Mainyu, il Sacro Spirito nonché suo gemello, era accorso in aiuto di Kouga.

 

- Tu…! – ringhiò il demone della menzogna, puntando l’enorme lancia verso quel tanto odiato antagonista. – Levati di mezzo!

Spenta Mainyu lo investì con un globo di luce purissima, talmente limpida da stordirlo.

Si voltò in direzione dell’umano riverso a terra, e facendo uso dei suoi poteri gli sanò la ferita.

Kouga avvertì un senso di benessere in tutto il corpo, il dolore alla spalla era cessato, adesso poteva rialzarsi ed impugnare la sua spada senza nessun impedimento.

Il Sacro Spirito lo guardò dritto negli occhi. – Ti darò il mio potere affinché tu riesca a sconfiggere il mio gemello. – proclamò, e Kouga si tenne pronto a riceverlo.

Spenta Mainyu divenne nuovamente luce, avvolse il Cavaliere Mistico in un turbinio di fasci luminosi.

Adesso Kouga era pronto a trasformarsi in Garo. Per l’ennesima volta. Ma era convinto che tutto si sarebbe svolto per il meglio, ora aveva fiducia nelle proprie capacità, e non avrebbe mollato.

L’armatura dorata lo rivestì interamente, era più brillante del solito, emanava una luce straordinaria, fuori dal comune. Anche la corazza aveva subito alcune modifiche, per certi aspetti le effigi impresse su di essa potevano assomigliare a quelle di Spenta Mainyu.

Ahriman fece un passo indietro, quella luce lo stava accecando, era troppo pura, incontaminata, non riusciva a sopportarla, lui la detestava così come detestava il suo gemello, padre della verità, della creazione. 

Fece ancora un altro passo indietro, e poi un altro, ma a nulla gli servì indietreggiare. Garo lo aveva raggiunto, ed Ahriman si sentì schiacciato da quella possente energia creativa.

Decise di dare fondo a tutte le sue forze, ed emise un latrato spaventoso. Richiamò tutto il potere distruttivo che aveva in corpo, ora più che mai ne aveva bisogno.

I due si fronteggiarono pericolosamente.

Da un lato l’energia creativa emanata dal Cavaliere Dorato dell’Est, dall’altro l’energia distruttiva emanata dallo Spirito Malvagio.  

La collisione tra i due elementi fu devastante.

Il conflitto generato dalle due forze opposte tra loro causò lo sgretolamento del territorio circostante. Una folata di vento prese a volteggiare nell’aria, la roccia si stacco dal suolo, i detriti volteggiarono verso l’alto, creando un turbine senza precedenti.

Garo fu investito dall’energia distruttiva, così come Ahriman che venne preso in pieno da quella creativa.

Nessuno dei due cadde, nessuno dei due cedette. Il Cavaliere d’Oro non poteva perdere quella battaglia. E mentre si batteva senza sosta, ripensava a tutti i bei momenti che aveva trascorso nella sua vita, in modo particolare a quelli vissuti con Kaoru. Di quella volta in cui le aveva dato un bacio sotto una pioggia incessante, di quella volta in cui la vide scendere dalle scale con indosso l’abito che le aveva regalato, e di quella sera in cui, lì davanti alle fiamme di un camino acceso, avevano consolidato il loro amore.

Immaginò dentro di sé il suo sorriso, quei suoi occhi grandi e luminosi, pieni di vita, e fu proprio quel pensiero a trasmettergli una forza d’animo senza eguali.       

Impugnò saldamente l’elsa della sua spada che in quel momento aveva iniziato a brillare con fervore, Ahriman si sentì sopraffare da quella luce che non temeva inganni, ma che al contrario poteva purificare qualsiasi male. Abbassò la guardia, si sentì bloccato, e pagò a caro prezzo quella sua avversione.
La lama lo trafisse in pieno, la luce generata da essa si diffuse rapidamente nel corpo dell’essere, che presto ne venne rivestito. Urlò in preda al dolore, urlò con le sue ultime forze rimaste, e a poco a poco l’energia distruttiva che aveva dentro fu del tutto annientata.

Ahriman cadde con le ginocchia in terra producendo un tonfo che fece vibrare il suolo. La corazza cremisi che lo rivestiva iniziò a spaccarsi come fragile cristallo, e quando anche l’ultimo pezzo fu completamente ridotto in frantumi, di quell’essere così tanto temuto rimase una sola fiammella, il suo spirito.

 

Kouga uscì dall’armatura.

Era esausto. E al tempo stesso incredulo.

Con lo sguardo smarrito si guardò intorno, vide una miriade di sfere luminose fluttuare nell’aria, libere ora più che mai come il vento.

Erano le anime che Ahriman aveva raccolto in tutti questi anni. Adesso quegli spiriti finalmente potevano raggiungere il tanto sognato Paradiso.   

Anche gli innumerevoli contratti che lo Spirito Malvagio aveva stipulato erano stati annullati.

Sembrava un sogno, eppure quella era la realtà.

Spenta Mainyu, la forza creativa, si materializzò ancora una volta, l’ultima, davanti a colui che aveva reso tutto ciò possibile.        

Gli rivolse uno sguardo. Sembrò in qualche modo sorridere. – Lo spirito di Ahriman continuerà a diffondere i suoi influssi negativi nel cuore delle persone, ma finché ci saranno esseri umani disposti a lottare contro una nobile causa, il mondo non avrà più nulla da temere. – proferì con un tono solenne. Si inchinò davanti a quel giovane per esternargli tutta la sua gratitudine, ed avvolto da una luce pura e splendente, si librò in alto nel cielo, scomparendo all’orizzonte.

 

- Hai fatto un buon lavoro, Kouga. – disse a quel punto Zarba, cogliendolo impreparato. Raramente l’anello si complimentava con lui, era più portato a fargli le sue solite ramanzine per qualcosa di sbagliato, e questo perché vederlo reagire alle provocazioni in parte lo divertiva parecchio, e poi perché, soprattutto, mirava a farlo diventare un eccellente Cavaliere Mistico, forse il migliore.

Kouga sollevò la mano, poi sorrise a quel Madougu a volte troppo chiacchierone, ma che, tutto sommato, restava il suo più fedele compagno.

Adesso per concludere al meglio quel momento, gli restava da fare una cosa soltanto.

Chiese a Zarba qualcosa, questi gli indicò un punto lì, proprio nel Makai. Kouga cominciò a correre più forte che poteva, su quel territorio bianco e sconfinato. Si fermò davanti ai piedi dell’imponente ed antico Ponte del Giudizio.

I suoi compagni di vita e di avventura si trovavano lì.

Rin quando lo vide fece un salto di gioia. Gonza aveva le lacrime agli occhi, per tutto il tempo non aveva fatto che pregare affinché il suo amato signorino ne uscisse indenne e vittorioso. Jabi e Tsubasa si guardarono in faccia con aria compiaciuta e sorrisero in coro.

 

- Mi sembri tutto intero. – disse una voce dal tono scherzoso, quella di Rei. Anch’egli proprio come tutti gli altri era felice di rivederlo.

Ma in quel gruppo mancava qualcuno. Mancava Kaoru.

Kouga iniziò a cercarla con lo sguardo, fu solo nel momento in cui Gonza, Rin e Tsubasa si spostarono che egli la vide.

E sorrise.

 

Rei diede una gomitata a Gonza per fargli capire che forse era meglio lasciarli soli. Successivamente chiese alla sua Silva di ricondurli a casa, nel loro mondo. Il Madougu aprì un portale, uno ad uno lo attraversarono tutti, tranne uno.

Kaoru rimase. Era lì, Kouga la osservava, poi lei sorrise, fu il sorriso più bello che egli avesse mai visto. Corse da lui, i capelli mossi dal vento, il volto raggiante e luminoso. Il ragazzo spalancò le braccia e lei si lasciò avvolgere da quella dolce stretta.     

 

- Sapevo che saresti tornato! – esclamò, abbracciando quel giovane con trasporto, con amore profondo.

 

Kouga le passò una mano sulla nuca, e premette forte quel capo sul suo petto. – Sono tornato per te, per mantenere la promessa che ti avevo fatto. – rispose guardandola intensamente negli occhi. Le prese il viso tra le mani, sorrise con estrema dolcezza e poi la stupì ancora.

Estrasse la spada dal fodero e tracciò con la punta di quella lama delle linee a mezz’aria. Il simbolo prese ad illuminarsi e come per magia davanti allo sguardo estasiato di Kaoru apparve Goten.

Lo scintillio di quella corazza dorata le danzava negli occhi. Quando vide che Kouga si avvicinò a quello splendido destriero per carezzargli affettuosamente il capo rimase allibita. Sapeva bene che nessuno al mondo poteva sperare di sfiorare anche solo con un dito l’animetallo senza uscirne illeso. – Come può essere? – chiese sbalordita.

 

- Qui nel Makai l’animetallo si raffredda perché questo è il suo ambiente naturale. – le spiegò, cogliendola alla sprovvista.

L’artista fece un passo in avanti, avvicinandosi al maestoso destriero. Allungò timidamente un braccio, ma prima ancora rivolse un’occhiata nei confronti di Kouga. – Posso? – chiese, questi annuì e Goten si lasciò carezzare dolcemente da lei.

 

- Gli piaci. – annotò il giovane, vedendo che il destriero si lasciava sfiorare ben volentieri da Kaoru.

Arrossì lievemente, sfiorando quella criniera rossa e tanto delicata fino a che Kouga non decise di salire in groppa a quel magico cavallo.

Quando si trovò in sella, porse una mano in direzione di Kaoru invitandola a salire. Non era mai stata su un cavallo prima d’ora, perciò dapprima si sentì impacciata, ma poi lasciandosi andare afferrò saldamente la mano di Kouga e montò su, sedendosi di sbieco davanti a lui.  

Goten si mosse con andatura lenta, e quel movimento improvviso la fece sussultare. Ebbe quasi paura di cadere e per riflesso si aggrappò al ragazzo.

- Non avere paura, ti tengo io. – la rassicurò quest’utimo, ed impugnando le redini con una mano, una volta preso il controllo dell’animale poterono partire.

 

Il vento soffiava leggermente lì in quel posto bianco, spoglio ed immenso. Le lunghe distese parevano non avere fine, e quel cielo sopra le loro teste era così terso, così infinito. Di solito nel Makai non regnava un’atmosfera simile. Oltretutto, per due esseri umani camminare in quel posto poteva avere i suoi rischi. Si trattava pur sempre di un mondo abitato da creature fameliche, pronte a divorare chiunque, pronte a cacciare qualsiasi ignara preda.

Stranamente, il territorio sembrava essere deserto. Ma dove erano finiti gli Orrori? Kaoru provò a chiederselo, tuttavia non trovando risposte rigirò quella domanda a Kouga.

 

- Non corriamo pericoli restando qui? – disse, aspettando con curiosità il responso.      

 

- Gli influssi benevoli rilasciati da Spenta Mainyu terranno gli Orrori lontani per un po’. – rispose, quindi non c’era motivo di preoccuparsi. Buffo a dirsi ma in quel momento nel Makai regnava la quiete assoluta.

Il paesaggio così terso era talmente piacevole che la giovane si lasciò completamente andare. Chiuse gli occhi, poi appoggiò il capo sul dorso di Kouga e si godé il resto della traversata. Si lasciò cullare dall’andatura quieta di Goten, dal rumore dei suoi zoccoli che si battevano sulla terra bianca e spoglia, e dal respiro del suo ragazzo.

Quando ad un tratto si rese conto che avevano smesso di muoversi, aprì gli occhi e restò senza fiato.

Una miriade di sfere luccicanti volteggiavano intorno a loro, dava l’impressione di trovarsi in un banco di lucciole.

 

Rimasero a lungo in silenzio, a contemplare quello spettacolo di rara bellezza, certi che avrebbero immortalato quell’attimo nei loro cuori, per sempre.

 

Kouga infilò una mano nella tasca interna del bianco soprabito ed estrasse qualcosa. – Credo che questo sia tuo. – fece, mostrandole l’anello che ella si era sfilata dal dito la sera in cui aveva deciso di fuggire via. Kaoru assentì con un sorriso, poi si vide prendere la mano e senza opporre taluna resistenza lo lasciò libero di infilarle quell’anello al dito, e lì, in sella al destriero dalla corazza dorata, mano nella mano restarono ad osservare l’orizzonte, attorniati da quelle splendide luci pregne di pace e tanto calore.

 

                                                                                                                                                             

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Varcarono il portale, per tutto il tempo non avevano smesso di tenersi per mano, e all’uscita furono accolti da sorrisi gioiosi e sguardi allegri.

Gonza, Rei, Tsubasa, Jabi, Rin e perfino Souka e Jin, erano tutti lì, ad attenderli.

La prima a corrergli incontro fu la piccola Rin che sorridendo come non mai abbracciò entrambi con una calorosa stretta.

Kouga sentiva il bisogno di ringraziare i presenti, senza il loro supporto non ce l’avrebbe fatta. Tuttavia quando cercò di farlo, si rese conto che non gli uscivano le parole di bocca, tant’era l’emozione, tant’era impacciato. Rei gli batté amichevolmente una pacca sulla spalla. – Non sforzarti, ti si legge in faccia che sei emozionato. – scherzò com’era suo solito fare.

 

- Sappi che noi non ti avremmo mai abbandonato. – esclamò Jabi, accogliendolo con uno splendido sorriso.

 

- Hai perfino trovato un nuovo amico. – ribadì Souka, sua cugina, indicando con un cenno degli occhi Jin, che stava proprio accanto a lei. Questi arrossì non sapendo cosa dire, e tacque. Al contrario del suo Madougu, Danda.

 

- Non mi hai ancora detto la tua età, Silva. – dichiarò, rivolto alla collana. E proprio come c’era da aspettarselo, lei non gradì affatto.

 

- Sei un rude, un cafone! – sbottò inacidita. Zarba rise di gusto.     

 

- Non te lo dirà mai – fece in un primo momento, ma stranamente non proseguì con una delle sue solite battute. – Non penso che sia così vecchia, è ancora nel fiore degli anni, dico bene madamigella?- La collana divenne subito rossa dall’imbarazzo e non fu nemmeno in grado di biasciare una degna risposta.

Tutti scoppiarono a ridere, dando a quell’atmosfera qualcosa di unico, di speciale.

Perfino Kouga sorrise. Ora si sentiva a casa, circondato da persone che avevano saputo conquistare il suo rispetto, la sua fiducia, attorniato da coloro che avevano creduto in lui, sempre e comunque. Forse in futuro ci sarebbero state nuove battaglie, ma quel giovane ed intrepido paladino che lottava con coraggio e profonda dedizione per difendere l’umanità era sempre più convinto di una cosa: Grazie all’amore dei suoi cari non avrebbe avuto più nulla da temere, perché ora più che mai sapeva che non sarebbe stato più da solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     

3 anni dopo

 

 

 

 

 

Camminava nervosamente giù nella hall di quella villa enorme ed immersa nel verde, ogni tanto gettava fugace uno sguardo all’orologio appeso alla parete, poi riprendeva quell’andirivieni frenetico che perlomeno riusciva a tenere a bada la sua del tutto plausibile agitazione.

Era così assorto in cento, mille pensieri che le gambe oramai si muovevano da sole, contro il suo volere.

Aveva anche provato a sedersi, ma dopo nemmeno un battito di ciglia si era rimesso nuovamente in piedi, pronto a consumare il pavimento sottostante.

Si era già sentito così, altre volte, ma ora aveva a che fare con un tipo alquanto differente di agitazione. Forse era per questo che non riusciva a darsi una calmata, un contegno. Proprio lui che aveva sempre avuto un atteggiamento altero nell’affrontare le cose, adesso non sapeva che fare, cosa pensare. Quell’andirivieni incessante era sinonimo anche di una forte apprensione, nonostante il maggiordomo gli avesse più volte riferito che stava andando tutto bene, che non doveva preoccuparsi. Sì, ma questo era successo molte ore fa, e da quell’ultima volta non aveva più ricevuto risposte, rassicurazioni.

Non gli restava che aspettare e sfogare tutta quell’ansia con un avanti e indietro propenso per lui, ma deleterio per qualcun’altro.  

 

- Potresti gentilmente smetterla di andare da un capo all’altro della sala? Mi sta vendendo un forte mal di testa. – intervenne Zarba, l’anello guida parlante che, poverino, con tutto quel movimento gli sembrava di trovarsi a bordo di una giostra. 

Kouga si fermò in mezzo all’atrio, ma di certo non lo fece per accontentare la richiesta del Madougu. Quel gesto gli servì più che altro a guardare, per la forse millesima volta l’orologio. – Sono più di due ore che stanno chiusi lì dentro. – scoppiò alla fine, sedendosi nuovamente su di una panca lì vicino.

 

- Presumo che per queste cose ci voglia tempo. Dovrai avere pazienza.

 

- Per quanto ancora? Sono stanco di aspettare, non ne posso più.

 

- Per tutto il tempo che sarà necessario. Anche un giorno intero. – replicò infastidito l’anello. Il ragazzo lo investì con un’occhiata strana. Era sconvolto ma confuso nello stesso tempo. Un giorno intero? No, niente affatto. Al massimo avrebbe aspettato per altri cinque minuti, di questo ne era più che certo. - E comunque, ti è stato detto che non puoi entrare, perciò non ti resta che attendere qui, magari stando seduto. – Zarba sperò quasi nel miracolo, non ne poteva più di vedere Kouga andare avanti e indietro senza sostanza, e di conseguenza, costringere l’anello che portava al dito a fare la medesima cosa.

Detto fatto, il ragazzo si alzò ancora, ma questa volta aveva intenzioni ben diverse.

 

- Io vado a controllare. – disse all’improvviso, con un tono concitato, certo che avrebbe salito le scale, percorso il breve andito ed entrato in quella stanza, ma… Una voce tuttavia anticipò le sue mosse. Si trattava di Gonza, il buon maggiordomo.

Eh sì, fu una sorpresa per quel ragazzino scontroso che spesso giocava a fare l’asociale vederlo arrivare a metà tra uno scalino e l’altro, con un’espressione quasi arruffata ma raggiante allo stesso tempo in viso, mentre gridava a più riprese e con voce squillante“ E’ nato! E’ nato!”.

Kouga si sentì mancare di colpo il suolo sotto ai piedi. Con gli occhi sgranati, le mani sudate e tremanti, tutto il calore del corpo gli salì al viso, sentì tutta quell’agitazione che aveva accumulato scemare all’improvviso per lasciare spazio a ben altre emozioni, e mentre il maggiordomo lo incitava a salire su per le scale, ebbe l’impressione di non riuscire più a muovere le gambe. Era paralizzato, l’emozione gli aveva giocato davvero un brutto scherzo.  

Si ritrovò chissà come a correre su per quei gradini, tremava e nello stesso tempo mentre seguiva Gonza non riusciva a smettere di pensare a ciò che da poco, in quella splendida villa, era avvenuto.

Fu veramente questioni di attimi, ma a Kouga quando la porta della sua camera da letto si aprì quel momento parve durare un’eternità.

Kaoru, coperta da una magnifica veste bianca, era distesa sul letto. L’espressione del viso assai stanca tuttavia non le aveva fatto perdere splendore, anzi. Aveva una luce negli occhi davvero intensa, notò subito Kouga, che si sentì accogliere da uno splendido sorriso. Tra le braccia stringeva dolcemente un piccolo fagottino avvolto da una coperta bianca e candida.

Ebbe un sussulto, l’ennesimo, e ancora per l’ennesima volta rimase a metà strada, con le labbra dischiuse non sapeva cosa dire, aveva paura di non trovare le parole adatte a quell’attimo, aveva paura di non riuscire a farle capire quello che il cuore gli sussurrava di urlare. Aveva paura che una semplice frase non sarebbe mai bastava a descrivere quell’enorme sentimento che ora sentiva accrescere come una folata di vento impetuoso dentro di sé.

Provò ad avvicinarsi, ebbe un labile attimo di esitazione, le gambe gli tremarono, ma più i suoi occhi si fermavano su ciò che Kaoru teneva tra le braccia, più la voglia di avanzare accresceva. Quel forte desiderio l’avvinse, e non appena si accostò al lato del letto finalmente poté vedere per la prima volta il viso di suo figlio.

Fu talmente tanta la gioia che non riuscì a trattenere le lacrime. Non aveva mai provato prima d’ora un’emozione così grande verso qualcosa di così piccolo ma unico nel suo genere. Verso qualcuno, verso colui che sarebbe diventato il suo erede. Il suo primogenito, o perché no, la sua primogenita.

 

- E’ un maschio o una femmina? – fu la prima cosa che riuscì a dire, mentre non smetteva di osservare il dolce visino di quella piccola meraviglia.

 

- E’ una bambina! – esclamò la sua Kaoru, illuminandolo con uno di quei sorrisi raggianti.

 

- Una bambina… - biascicò, l’emozione fu così tanta che fece fatica ad esprimersi liberamente. – Una bambina… - ripeté ancora, tanto era forte in lui la meraviglia, la contentezza. - Ha i tuoi stessi occhi. – disse, notando la palese somiglianza. Sorrise ancora, senza staccarle l’attenzione di dosso, non ci riusciva. Quella piccola creatura lo aveva rapito, incantato, lo aveva reso l’uomo più felice del mondo. La pelle delicata e liscia, le guanciotte rosa, gli occhi grandi, luminosi e vispi, e la boccuccia così graziosa, gaia. Ero uno spettacolo. Semplicemente uno spettacolo.  

 

- Congratulazioni – disse ad un tratto Zarba, sentendo il dovere di parlare – Sono diventato zio. – scherzò, per aggiungere in seguito - Mi auguro che la piccola non erediti il vostro carattere, altrimenti invecchierò prima del tempo.

 

Kouga e Kaoru risero con gusto, poi quest’ultima guardando il padre di sua figlia pensò bene di rivolgergli la fatidica domanda: - Vuoi tenerla?

La richiesta inaspettata lo fece sussultare. Non se la sentiva di prendere quel piccolo fagotto tra le braccia, era convinto di non essere pronto, di non esserne all’altezza. – Io… - balbettò, la voce tremante, un po’ roca. Si vide avvicinare la piccola, e preso alla sprovvista cercò di fare del suo meglio affinché potesse assumere la giusta posizione.

A sorpresa ci riuscì. Gli venne quasi naturale, forse il desiderio di tenerla tra le braccia per la prima volta aveva prevalso sopra ogni cosa, e messo a tacere il senso iniziale di quella che senza ombra di dubbio era solo una banale paura.

Notò subito che il fagottino era così leggero, così piccolo. La pelle di quelle manine che non smetteva di agitare era di una deliziosa morbidezza, così come i capelli che incorniciavano il dolce visino. Più la guardava e più non riusciva a smettere di sorridere, di farsi incantare da lei. Aveva iniziato a volerle bene dal primo momento in cui Kaoru gli aveva detto che aspettava un bambino. E ora, mentre la fissava non poteva credere ai suoi occhi.

 

- Diventerai un provetto papà. – dichiarò convinta Kaoru, guardandoli con aria spossata ma felice. Kouga si sentì tremendamente imbarazzato, in un primo momento non rispose, ma pensò che con il tempo lo sarebbe diventato e così sorrise.

 

- Sei stanca? – le chiese poi, non potendo fare a meno di notare quel viso pallido e svigorito.

Annuì, lasciando sprofondare il capo sul bianco cuscino.

Era stanca, Kaoru, ma felice.

Felice di quella famiglia, felice di quel miracolo che aveva portato in grembo per nove mesi, e felice di avergli regalato il dono più grande.

 

Si sentì sfiorare il capo, socchiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella dolce carezza, la mano di Kouga aveva un tocco così caldo, una movenza così delicata.

La premura di quel gesto la ripagò di tutta la fatica che aveva dovuto affrontare durante il suo primo parto.

Era piacevole, pensò, lasciandosi cullare dal suo sposo. Essere lì, circondata dall’affetto dei suoi cari, la faceva sentire come una persona che aveva finalmente trovato la sua felicità.

 

- Non vorrei proprio interrompere questo momento così idilliaco, ma… - disse inaspettatamente Zarba, poi dovette proseguire- a circa 2 chilometri da qui è comparso un Orrore. – dichiarò alla fine, e fu costretto a farlo dato che quello era uno dei suoi compiti primari.

 

Kouga guardò immediatamente Kaoru, e senza pensarci rispose: - Mi faccio sostituire. – Era intenzionato davvero a farlo, e questo perché desiderava restare al fianco della sua famiglia. Non se la sentiva di lasciarle proprio ora, in un momento simile. Voleva restare con loro.

 

La giovane donna che aveva dato alla luce sua figlia dissentì. – Tu sei un Cavaliere Mistico, il tuo compito è quello di salvare le persone che sono in difficoltà. E in questo momento c’è qualcuno là fuori che ha bisogna di te. – gli posò con estrema dolcezza una mano sul braccio e per dargli tutto il suo appoggio, proprio come aveva sempre fatto, guardandolo negli occhi con uno splendido sorriso annuì. – Aspetterò con trepidazione il tuo ritorno, ma questa volta non sarò più da sola. Nostra figlia mi terrà compagnia, e sono certa che ancora una volta andrà tutto bene, perché io, anzi, noi abbiamo fiducia in te! – Le parole di Kaoru toccarono in maniera significativa il cuore di Kouga. L’amore che provava verso di lei non si poteva misurare, era senza fine, era unico nel suo genere. Ogni attimo prezioso della sua esistenza cercava di viverlo appieno e questo perché al suo fianco c’era colei che giorno dopo giorno gli aveva fatto capire che l’amore, quello vero, poteva rivoluzionare ogni cosa, riempire ogni cuore, anche il più arido, e permettere a chi non aveva ali di spiccare magicamente il volo.

Guardò sua figlia con gli occhi di un padre che osserva il suo bene più prezioso. Era bella come sua madre, eppure tanto indifesa. Aveva bisogno di attenzioni, di amore, di essere protetta. Kouga si sarebbe gettato nel fuoco per lei, anzi, per loro.

Avvicinò la piccola al ventre della madre. Kaoru la raccolse tra le braccia, poco dopo si sentì posare un bacio sulla fronte.

Gonza sopraggiunse con il bianco soprabito tra le mani. Dopo averlo indossato, rivolgendo un doveroso inchino a quelle due giovani donne che con naturalezza gli avevano cambiato la vita, Kouga si lanciò a capofitto verso la sua prossima avventura.

Pronto ad iniziare una nuova battaglia.

Pronto a dare vita ad una nuova leggenda.

 

                                                                                                                  
                                                                                                                                         Fine

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Caro lettore, cara lettrice, anzi, cari amici… dopo oltre 3 anni siamo giunta alla fine. Lo dice la parola stessa, quella che potete intravedere verso l’alto, verso la fine, per l’appunto, di una fanfic che mi ha dato tanto. Non è stato facile per me scrivere quella magica parolina che inevitabilmente ti porta a versare qualche lacrima, per una come me che non si commuove facilmente, poi, è il colmo.

Sarò sincera con voi, così come lo sono sempre stata, perché la verità, ma anche la fiducia ed il rispetto, come ci ha insegnato la Garo Second Season, dovrebbero trovarsi alla base di ogni rapporto. Se da un lato sento già la forte mancanza di questa storia, da un altro per la prima volta in vita mia posso dire di sentirmi fiera di me. Non ho mai scritto così tanto e con così tanta dedizione prima d’ora, sapevo che la fanfic andava a tutti costi terminata prima della messa in onda dell’ultima puntata dell’originale seconda serie, e così ho lavorato senza sosta affinché tutto ciò fosse possibile.

Ci sono state sere in cui quando staccavo dal lavoro (quello vero!) non mi andava proprio di scrivere, poi però iniziavo a leggere le prime righe di quei capitoli ancora in costruzione e mi lasciavo cogliere dall’ispirazione e da quella magia che solo Garo riesce a trasmettermi.

Volevo dire tante di quelle cose ma stranamente ho scordato tutto… l’emozione mi sta giocando brutti scherzi…!

Di una cosa però non mi sono dimenticata, e cioè di voi. Sì, voi tutti, che mi avete sempre incoraggiato, che mi avete sostenuto attraverso recensioni e messaggi che mi facevano esultare ogni volta, che mi spingevano a fare del mio meglio. Ho cercato di trasmettere tutte le mie emozioni attraverso questa storia, volevo regalare a tutti quelli che la seguivano un sorriso, perché penso vivamente che non ci sia cosa più bella che regalare un sogno a qualcuno. Spero proprio di avervi fatto sognare. Voi ci siete riusciti attraverso l’affetto che mi avete dimostrato durante tutto questo tempo.

Non voglio che questo sia un addio… per carità! Io li odio…! Sappiate che continuerò a scrivere storie su Garo, e forse, in un futuro magari non troppo lontano, potreste ritrovarvi a leggere un seguito, o una terza serie, perché no…!

Nel frattempo, come ogni serie di Garo che si rispetti, non poteva mancare di certo un episodio gaiden! Nulla a che vedere con la trama principale, ovviamente, da leggere così, con naturalezza, proprio come quello della prima stagione, ve lo ricordate? Esilarante da un lato, ma che sapeva ugualmente incantare il pubblico, me compresa! Arriverà esattamente dopo quest’ultimo episodio, il tempo di ultimare alcune cose.

Da parte mia posso dire che in un certo senso questa fanfic ha portato fortuna alla vera serie di Garo. Ho iniziato a scriverla perché desideravo tanto vedere un seguito di quella meraviglia creata da Keita Amemiya, e alla fine così è stato!      

Concludo, e mi pesa proprio tanto farlo, sperando che ognuno di voi riesca a realizzare i suoi sogni, e che, come è giusto che sia, possa ricevere dalla vita una storia a lieto fine proprio come i nostri tanto amati Kouga e Kaoru!

 

A presto ragazzi miei! Mantenetevi allegri, sorridete e soprattutto tifate sempre Garo!!!

 

Con profonda stima e tanto affetto,

Botan

   

 

 

 

      

     

                    

      

  

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Capitolo 33
*** Garo Gaiden - Uguaglianza ***


Erano alle solite

                                Garo Gaiden-

                                Uguaglianza

 

 

 

 

 

Come sempre erano alle solite.

Lui le aveva detto di non fare di testa sua, e lei invece lo aveva fatto.

Lui le aveva detto di non andare, ma lei come nulla fosse si era allontanata.

E con le bandiere sguainate al vento, era partita all’attacco.

Ovviamente l’altro avrebbe potuto continuare a starsene ben nascosto, in attesa del momento giusto, ma se quello stesso momento era stato appena rovinato da una donna capricciosa ed impertinente, non c’era molto da fare.

Così, non avendo altra scelta, uscendo allo scoperto si era lanciato nella mischia.

 

Avevano combattuto fianco a fianco, senza nemmeno aprire bocca. E quando la creatura finalmente fu sconfitta, nulla più riuscì ad impedirgli di parlare.

 

- Perché fai sempre di testa tua?! Abbiamo rischiato grosso! – Il suo non era di certo un tono pacifico ed amichevole.

 

La donna che gli stava di fronte fece spallucce, quasi con noncuranza. Non le importavano granché di quei rimproveri che tra l’altro reputava completamente inutili. Ormai ci aveva fatto l’abitudine, a furia di abitare nello stesso villaggio e, cosa peggiore, sotto lo stesso tetto.

 

- Rilassati una volta ogni tanto.

 

- Rilassarmi?! Ma come puoi dire una cosa simile? Lo sai bene che…

 

- C’è in gioco la nostra vita?

 

- Sei già morta una volta, te lo ricordi?

 

- Una o due per me non fa nessuna differenza.

 

- Sei un’immatura! Maledico il giorno in cui la somma Sacerdotessa Garai ti ha concesso di farmi da assistente. – si incrociò le braccia al petto, e con aria torva guardò altrove.

 

- E’ stata lei ad affibbiarmi a te. Non l’ho certo preteso io, anzi! Se avessi avuto l’opportunità di scegliere, con quel carattere odioso che ti ritrovi non avrei mai accettato.

 

L’altro la ferì con un’occhiata bieca, poco prima di chiamare a rapporto i suoi due allievi, Akatsuki e Hyuga, e sparire nella boscaglia.

Lo guardò andar via. Pareva emanare malevolenza dalle spalle, ma tutto sommato ci era abituata, perciò come nulla fosse se ne ritornò al villaggio.

 

Una ragazzina, nel momento in cui la vide rientrare, le corse subito incontro. Aveva i capelli neri, di cui una ciocca legata a codino sul lato della testa. La giovane la scrutò bene in viso, poi magicamente capì tutto quello che c’era da comprendere. – Hai litigato ancora con mio fratello. – affermò, praticamente certa della cosa. Quando non si vide rispondere, capì che aveva indovinato. Per l’ennesima volta. – Lo sai com’è fatto, no? Dovresti cercare di non prendertela.

 

- Ma io non sono offesa, anzi. E comunque – si portò le mani sui fianchi- cosa ci fai qui, signorinella? A quest’ora non dovresti seguire la lezione della Sacerdotessa Garai? – disse, ma con tono affabile, più che una ramanzina sembrava un consiglio amichevole.

 

La più giovane abbassò leggermente lo sguardo ed annuì. – Vado subito! – esclamò correndo via. Rin aveva tanto da imparare se voleva diventare in futuro una brava Sacerdotessa, proprio come tutti gli altri che in passato l’avevano preceduta.

Dopotutto, il Kantai era famoso proprio per essere una terra ricca di abili Sacerdoti Mistici.  

E forse adesso, grazie ai continui battibecchi di un burbero Cavaliere del Makai e di una saccente Sacerdotessa, poteva aspirare a divenire celebre anche per quello.

 

Ovviamente, i due in questione non potevano che essere da una parte Tsubasa Yamagatana, e dall’altra Jabi.

 

Proprio non riuscivano ad andare d’accordo. Per quelle due figure diametralmente opposte era impossibile trovare anche solo un punto di incontro.

Tsubasa era un ragazzo rigido, severo e puntiglioso, mentre Jabi uno spirito semplicemente indomito, che per di più odiava i tipi maschilisti. E il giovane Yamagatana, visto come la trattava di continuo, senza ombra di dubbio doveva esserlo.

Ogni volta, puntualmente spuntava fuori qualche diverbio. Spesso le loro discussioni diventavano anche troppo accese, ma il bello era che non portavano a niente.

Sembravano litigare solo per il gusto di farlo. Ma dubito che per Tsubasa fosse così.

 

 

 

Nella selvaggia ed antica terra del Kantai sopraggiunse la sera. Il cielo di quella zona regalava agli abitanti del luogo uno spettacolo assolutamente unico. Aveva un colore blu intenso, così profondo da trasmettere una sensazione di quiete assoluta. Ciò che più riusciva ad incantare lo sguardo delle persone era un luccichio pallido ma copioso emanato dalla miriade di stelle che riempivano la volta.

La luna giocava a nascondino tra un vaporoso banco di nubi, Tsubasa mise piede in casa, e la sorella corse subito ad abbracciarlo, poi lo aiutò con piacere a levarsi il soprabito.

Jabi era lì, seduta sorseggiava una tazza di tè senza dire una parola. A dire il vero neppure l’altro aveva aperto bocca. Dopotutto, lui era convinto ancora di avere ragione.

Quando si tolse il soprabito, nel flettere il collo Jabi intravide di sfuggita qualcosa. Era un taglietto, molto probabilmente doveva esserselo procurato durante lo scontro con l’ennesimo Orrore.

 

- Cosa hai fatto al collo? – chiese, non per conoscere una risposta, ma giusto per dire come sempre la sua. In realtà voleva fargli sentire ulteriormente la sua presenza, tanto per fargli capire che non aveva né timore né disagio a stare lì. In pratica stava, anche se con diplomazia, sottolineando il fatto di non trovarsi in nessun modo dalla parte del torto.   

 

- Non sono affari tuoi. – rispose bruscamente l’altro, senza scomporsi.

 

- Sempre gentile, a quanto vedo. – ironizzò lei con sarcasmo.

 

Rin fissò prima l’una e poi l’altro. Non ne poteva davvero più di quella situazione.

- Insomma! – sbottò seduta stante, attirando l’attenzione dei due – Quand’è che la smetterete di fare i bambini?

 

- Io non lo sono di certo. – dichiarò Jabi, con sagace ironia. E Tsubasa abboccò all’amo.

 

- Vuoi forse insinuare che lo sono io?

 

- Oltre ad essere maschilista, sei pure permaloso. Temo che la tua lista di difetti non abbia fine.

 

- Dovresti portarmi maggiore rispetto! Ti ricordo che sono un Cavaliere Mistico.

 

- E con questo cosa vuoi dire? Che siete una razza superiore? – rispose la donna, poi si avvicinò lentamente al ragazzo con fare provocatorio. – Sentiamo, allora… Chi è che vi ripara gli oggetti magici? Chi è che vi permette di avere un Madougu? E chi, quando serve, vi dà una mano in battaglia? – Jabi lo stava fissando di proposito in viso. Alzò mezzo sopracciglio, come a dire “avanti, sentiamo un po’ che cosa mi rispondi adesso!”, dato che senza un Prete del Makai, ogni Cavaliere non poteva di certo avere vita lunga.

 

- Tu intralci il mio lavoro, e non mi aiuti per niente. – seppe dire solo.

 

- Sei tu, invece, che non mi rendi le cose facili. Durante la battaglia di oggi, se io non fossi intervenuta subito, l’Orrore sarebbe scappato.

 

- Niente affatto! – tuonò imperterrito Tsubasa, e la sfidò con uno sguardo – So bene cosa faccio, e nessuno ti dà il diritto di sconvolgere i miei piani come puntualmente accade!  

 

La Sacerdotessa non riuscì a controllarsi. Doveva reagire a quella odiosa illazione. E lo fece all’istante.

- Sei solo un ragazzino che gioca a fare l’uomo! – ribatté, in preda allo sdegno.

 

- Non chiamarmi ragazzino!

 

- Ok, come vuoi tu… moccioso! – sottolineò ancora, ma con estremo sarcasmo.

 

Rin a quel punto decise di intervenire nuovamente. Aprì la bocca, intenta a fare una sonora lavata di capo ad entrambi, ma fece solo in tempo a dire “Hey!” perché quasi subito ricevette un “ a dormire!” piuttosto concitato sia da Tsubasa che da Jabi. Questi due si guardarono l'un l'altro, con ancora più astio.

La sorellina del ragazzo serrò le labbra ed abbassò gli occhi. Senza aggiungere altro, fu costretta ad andare a letto.

Dopotutto, era abituata a ciò. Sapeva inoltre che in quella circostanza era molto meglio lasciare che si sfogassero da soli. E fu ciò che accadde poco dopo l’uscita di Rin.

 

- Vuoi che me ne vada e smetta di assisterti? – chiese a quel punto la Sacerdotessa, guardandolo con un coraggio senza pari.

 

Quella domanda spiazzò Tsubasa che ebbe un attimo di esitazione nel dare una risposta.

- Nessuno ti trattiene qui con la forza.

 

Jabi sbatté un piede in terra in preda alla rabbia. - Ti ho fatto una domanda precisa! Abbi almeno l’accortezza di rispondere chiaramente.

 

- L’ho già fatto.

 

- Sei stato evasivo, come sempre. Detesto chi non parla in modo chiaro.

 

- Tu detesti tutto. Ecco qual è tuo problema! – rispose acidamente Tsubasa. Jabi non mandò giù il colpo.

 

- Detesto i tipi come te.

 

- Detesti me in particolare, dillo chiaramente.

 

- E ti sei forse mai chiesto il perché?

 

- Presumo che sia legato al giorno del nostro incontro.

 

- Presumi bene. Non ho affatto dimenticato come mi hai trattata quella volta. Per te ero solo una figura destinata ad essere rispedita nell’aldilà, una presenza ingombrante che secondo la tua logica non poteva trovarsi ancora in questo mondo.

 

- Non ho mai detto questo. – si giustificò prontamente il Cavaliere, ma nella sua voce c’era un pizzico di tremore.

 

- Ah, no? Devo forse ricordarti come mi hai chiamato la prima volta che sei entrato come un pazzo nell’abitazione della Sacerdotessa Garai? – Jabi si portò entrambe le mani sui fianchi. – Che ci fa la morta qui? – fece, rammentandogli la famosa espressione.  Tsubasa spostò lo sguardo verso destra, e non ribatté. Sapeva chiaramente di avere torto. – Ad ogni modo, - continuò la ragazza- ciò che mi fa più rabbia, è sapere che da quel giorno non sei cambiato affatto.

 

Il giovane Yamagatana scattò all’istante perché non reputava veritiere quelle parole. – Questo non lo puoi dire! Tu hai salvato mia sorella, e te ne sono riconoscente.

 

- Questo è vero, ma il tuo atteggiamento nei miei confronti è rimasto immutato.

 

- Perché con il tuo comportamento non mi rendi le cose facili.

 

Jabi decise di arrivare una volta per tutte al punto di quella questione.

- Allora rispondi chiaramente, vuoi che me ne vada?    

 

Come c’era da aspettarselo, Tsubasa si bloccò ancora, ma Goruba, il suo Madougu, si immise alla svelta nel discorso.

- Mio signore! – eruppe, attirando subito l’attenzione – C’è un Orrore nel villaggio!

 

Il ragazzo sollevò di scatto il polso. Poi lui e Jabi videro un’ombra al di fuori della casa sfrecciare nella boscaglia. Si guardarono dritto negli occhi e corsero fuori.

- Dove si sta dirigendo, Goruba? – gli chiese rapidamente il Cavaliere del Kantai.

 

- Vicino alla sorgente termale.

 

- Vuole farsi un bagno a quest’ora? – scherzò la Sacerdotessa, ma solo per smorzare l’attimo.

 

Arrivarono con il fiato corto sul posto. Non si muoveva neppure una foglia. All’apparenza il luogo sembrava deserto.

Restarono vigili ma in silenzio a guardarsi intorno. Tsubasa era molto teso.

 

- Cerca di stare calmo, e non agitarti. – gli consigliò Jabi, vedendolo alquanto irrequieto.

Successivamente udì uno strano fruscio, lieve e quasi impercettibile, si avvicinò al bordo della vasca, convinta che l’Orrore fosse nascosto lì. Anziché aspettare un attacco imminente da parte della bestia, preferì andargli incontro.

Fece ancora un altro passo, gettò uno sguardo nella vasca, ma non vide nulla. La superficie dell’acqua era piatta, calma, là non c’era nessuno, tuttavia quando si apprestò a ritornare sui suoi passi, qualcosa le afferrò di getto la caviglia trascinandola di sotto.

 

- Jabi! – urlò Tsubasa, vedendola finire in quel baratro. Si scaraventò verso la conca, ma non riuscì a prenderle in tempo la mano, e così fu portata sott’acqua.

La vide dimenarsi sotto la superficie di quella fonte limpida e calda, ma la creatura era più forte di lei, perciò prese spudoratamente il sopravvento. Per salvarla restava una sola cosa da fare: Levandosi di corsa il soprabito, Tsubasa si gettò in acqua.

E fu lì, che lo scontro ebbe luogo.

Cogliendo la creatura alla sprovvista, si trasformò in Dan, il Cavaliere della Notte Bianca. Dall’acqua fuoriuscirono fasci d luce abbaglianti, che illuminarono il fondo di quella sorgente termale.

Approfittando della situazione, Jabi riuscì a divincolarsi dalla stretta. In questo modo Dan poté colpire ed eliminare con facilità l’orrenda creatura che prima di spirare emise un sibilo spaventoso e si trasformò in un nugolo di bolle che al contatto con l’aria divennero vapore.

 

Aiutò la Sacerdotessa a ritornare in superficie, la spinse verso il bordo della vasca, poi riemerse anch’egli.

Jabi teneva gli occhi chiusi. Notò subito che non respirava, il colorito della sua pelle era divenuto di colpo pallido.

Doveva fare qualcosa per scongiurare il peggio. Distese per bene la ragazza verso il suolo, e subito dopo le posò una mano sotto al mento.

Prese fiato, si avvicinò ancor di più al viso di Jabi e poi premette le labbra contro le sue per cercare di rianimarla.

 

Lei riaprì gli occhi solo dopo alcuni istanti. Tossicchiò per espellere dell’acqua che le era rimasta ancora in gola, e pian pianino riprese conoscenza.

- Come ti senti? – chiese subito Tsubasa, mentre ancora sconvolto le teneva una mano poggiata sulla spalla.   

 

- Adesso va meglio. – rispose a stento, con il colorito che le tornava sulle guance. Tossicchiò ancora, poi cercò di mettersi seduta. Si sentì aiutare dal giovane, e non appena ne ebbe il tempo, Jabi cercò di parlare. – Mi hai salvato la vita. – fu costretta a riconoscergli. Teneva gli occhi bassi, probabilmente perché si sentiva a disagio.

 

- Era mio dovere farlo.

 

- Già, è vero… tu sei un Cavaliere Mistico. E’ tuo dovere salvare le persone. – rispose, poi si passò una mano tra i capelli bagnati.

 

- Non è solo per questo – ribatté improvvisamente Tsubasa, attirando su di sé l’attenzione dell’altra. - Non potevo permettere che accadesse qualcosa ad un mio compagno di lavoro.

 

- Stai cercando di dire che vuoi farmi restare?

 

Tsubasa non l’aveva proprio espresso chiaramente, tuttavia il significato delle sue parole era più o meno lo stesso.

Jabi scoppiò all’improvviso a ridere.

- Cosa c’è? – sbottò perplesso il Cavaliere del Kantai.

 

- Se sono ancora viva, presumo che tu abbia dovuto rianimarmi.

 

- E con questo?

 

- Scommetto che non avevi mai baciato nessuna donna prima d’ora, dico bene? – lo guardò direttamente in faccia, e rise ancora di più nel vedere quanto quella di Tsubasa stesse diventando sempre più accesa.

 

Evidentemente imbarazzato, si alzò all’in piedi. – Non vedo questo cosa centri con tutto il resto.

 

Lei lo seguì a ruota.

- La mia era solo una semplice supposizione. Non volevo di certo turbarti!

 

- A te invece è già successo? - chiese improvvisamente, facendo molta attenzione a non rivolgerle lo sguardo.

 

La giovane Sacerdotessa iniziò ad osservare il cielo. – Sì, una volta. – rispose. Mentre lo contemplava il suo sguardo si faceva sempre più distante. – Avevo nove anni, e difficilmente dimenticherò quel giorno, ma soprattutto la persona a cui l’ho dato.

 

- Da come ne parli, sembra che per te sia molto importante. – disse Tsubasa, girandosi verso di lei.

 

Jabi annuì, ma stavolta lo fece con dolcezza. – Lo è ancora tutt’ora, e continuerà ad esserlo, anche se a volte temo che lui non lo saprà mai.

 

- Perché non provi a dirglielo?

 

- Perché ormai è troppo tardi. Lui ha trovato una persona a cui volere bene, e, anche se a malincuore, so che l’amerà fino alla fine dei suoi giorni.

 

Tsubasa guardò immediatamente Jabi. – Kouga…?! – esclamò in preda allo stupore. Lei annuì ancora, e continuando a sorridere abbassò il mento. Tentava in un certo senso di nascondere la propria tristezza dietro ad un sorriso.

 

- E’ veramente innamorato di Kaoru. Lo vedo da come la guarda tutte le volte che si trova affianco a lei, da come i suoi occhi si illuminano tutte le volte che quella ragazza sorride… - fece una pausa, sentì gli occhi bruciarle appena, ma riuscì ad ogni modo a trattenere quello che per lei era solo uno stupido pianto. – Se lui è felice, lo sono anche io.

 

- So cosa vuoi dire. – rispose ad un tratto Tsubasa – Farei qualunque cosa pur di vedere Rin sorridere.

 

Jabi tacque, rifletteva su qualcosa che forse prima d’ora gli era sfuggita. – Dopotutto – premise, quasi abbozzando un sorriso – io e te siamo simili. Entrambi crediamo fortemente nelle nostre idee, ci preoccupiamo per coloro che più ci stanno a cuore ma senza dare troppo nell’occhio, siamo testardi, orgogliosi, nessuno dei due è mai disposto a cedere per primo, ma quando si tratta di aiutare un amico che si trova in pericolo non ci tiriamo mai indietro.  

 

- Già. – assentì Tsubasa, senza aggiungere altro. Infondo sapeva che in quelle parole c’era qualcosa di vero. Lei aveva ragione a dire che erano simili, anche se poteva sembrare il contrario, Jabi si era resa conto che tra di loro non c’era poi un abisso così grande, anzi. Le similitudini, seppur nascoste, erano tante. Ad unirli c’era un profondo senso di uguaglianza.   

Uno spiffero di vento la fece rabbrividire. Era del tutto bagnata, la temperatura nel Kantai stava scendendo rapidamente quella sera.

Tsubasa raccolse da terra il suo soprabito, e all'improvviso lo posò sulle sue spalle. Quel gesto fu così spontaneo da impressionarla. - Sarà meglio andare. Inizia a fare freddo. – aggiunse il giovane dal burbero carattere, e si avviò verso casa.   

 

Quando raggiunsero l’accogliente dimora, la Sacerdotessa lo vide andare in direzione della piccola cucina. – Vatti ad asciugare, io nel frattempo ti preparo qualcosa di caldo da bere. – Si sentì dire.

Quasi stupida da quelle parole gli venne da chiedere: - Sai cucinare?

 

Tsubasa fu piuttosto sbrigativo a darle quella risposta. – Solo il tè.

Lei sorrise, poi andò a cambiarsi.

Ritornò dopo alcuni minuti. Si era asciugata i capelli, e ora le ricadevano sul viso incorniciandolo perfettamente.

Nel momento in cui Tsubasa la vide fu colto da un tremendo imbarazzo. Jabi indossava una sottoveste di seta nera, con due spacchi laterali ed una profonda scollatura. Cercò di indirizzare il suo sguardo altrove, ma quel movimento così impacciato finì per sottolineare ancor di più tutto il suo imbarazzo. Lei chiaramente se ne accorse, ma preferì abbozzare solo un sorriso e non aggiungere altro. Raccolse la tazza di quella tisana calda che stava sul tavolo e bevve.

- E’ buona. – fece. Il profumo intenso che si scioglieva nell’aria era piacevole. – Questa devo considerarla una tregua? – disse poi, riuscendo ad attirare finalmente l’attenzione del giovane Cavaliere.

 

- Tregua? – ripeté, non sapendo cosa intendesse dire l’altra.

 

- Prima mi salvi la vita, poi mi offri del delizioso tè. Penso che tu mi stia proponendo di firmare un ipotetico armistizio.

 

- Sto solo rendendomi utile.

 

- Però non abbiamo ancora litigato. Non trovi che sia strano?

 

- Non vedo perché dovremmo farlo se non c’è una ragione valida.        

 

- Possiamo sempre trovarla. – disse ad un tratto Jabi, ed appoggiò con fare provocatorio due dita sull’orlo di quella profonda scollatura. Sembrava farlo apposta, sembrava perfino divertirsi.

 

Tsubasa si sentì subito a disagio. Cercò di tenere lo sguardo altrove, ma lei non la smetteva di giocare con quello scollo estremamente pericoloso. – Smettila! – sbottò a quel punto, non potendone proprio fare a meno. Lei scoppiò a ridere sotto lo sguardo frastornato del giovane. – Che ti prende adesso?! – sbottò ancora, ma l’altra non ce la faceva proprio a contenersi.

 

- E’ che sei così… buffo! – riuscì finalmente a dire, tra una risata e l’altra. Poi lentamente ritornò seria. – Quando sei in imbarazzo, il tuo viso assume tutta un’altra luce. Sotto quell’aria da duro in realtà si nasconde un piccolo uomo che non ha ancora visto il mondo, e che conserva un animo puro come quello di un bambino. – Jabi si avvicinò a Tsubasa, questi ebbe un sussulto, poi quando la vide accovacciarsi in terra ed appoggiare il capo sopra le sue ginocchia non poté fare a meno di sussultare ancora. – Cosa… stai facendo…?! – balbettò, senza sapere se doveva rialzarsi di scatto oppure continuare a starsene fermo.

 

- Ho sonno. – replicò l’altra, esibendo una movenza simile a quella di una bambina.

 

Tsubasa sentì le guance del viso farsi sempre più calde, rosse. - Vattene a dormire. – biascicò. 

 

- Lo sto già facendo.

 

Com’era consono che fosse, lui ebbe da obiettare. Tuttavia non riuscì a dire nulla. Era più imbarazzato che furioso. Non capiva perché Jabi si stesse comportando in quel modo. Non aveva mai ostentato prima d’ora un atteggiamento così infantile.

 

- Sai – premise la ragazza – probabilmente io e te litigheremo ancora. – disse, prendendolo alla sprovvista.

 

- Non vorrai mica farlo proprio ora, spero…! – replicò a tono il giovane Cavaliere.

 

La bella Sacerdotessa chiuse gli occhi stremata da quella giornata, e poco prima di lasciarsi completamente andare, con un sorriso rispose: - Domani Tsubasa, domani.

 

                                                                                                                 
                                                                                                                                         Fine

 

                                                           

 

 

 

      

 

   

 

     

 

 

   

 

 

 

 

 

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