Gates of Eden

di Mirwen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I - Belial ***
Capitolo 3: *** II - Kate ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Gates of Eden

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Prologo

«È difficile spiegare chi sono se non conosci il resto…

Dovete capire che esiste un altro piano, un altro luogo, ai piedi dell’Eterno, del Creatore. Un luogo immobile, lo Yeztara, la Città d’Argento. Vi chiedere la Città di chi? Ma di tutte le creature angeliche. Ognuno di noi, ognuno di quelli che voi chiamate “Angeli” è stato creato per servire l’Eterno. Vi sono le schiere minori,  guerrieri e maghi, artigiani e filosofi. Vi sono gli Aasimar e i Kami, i più vicini agli uomini, più simili nell’aspetto, nei modi, intermediari fra cielo e terra. Vi erano i Dijin, i geni degli elementi, un tutt’uno con il creato, un tutt’uno con fuoco, terra, acqua e aria. Poi le Valkirye, protettrici delle giuste cause e delle batteglie, dalle ali dure come l’acciaio, guerriere con lancia e scudo. E ancora i Totemn, animali ed angeli, corpo umano e testa d’animale, saggi e potenti. E infine i Deva, i più vicini alla luce, signori dello spazio e del tempo.

Al di sopra di questi vi sono i Cherubini, i generali dell’esercito celeste, ed è ciò che io sono, un guerriero, un soldato, sono fatto per eseguire gli ordini dell’Eterno. Questi ordini mi sono trasmessi dai Serafini, essi non abbandonano mai il trono dell’Eterno, eseguono il Suo volere trasmesso loro dal Metatron, dalla Bocca di Dio. E infine al di sopra di tutti, forse perfino ignorati dai più vi erano i Troni, gli angeli che sorreggevano il trono di Dio.

Migliaia di anni fa ci fu una guerra. Un Serafino, una delle creature più alte nella sfera celeste, Samael, il Lucifer, il portatore di luce sfidò l’Eterno. Samael aspirava a ciò che gli era precluso, aspirava al libero arbitrio, quel dono che l’Eterno riservò ai suoi figli minori. Poiché le creature angeliche per contro avevano un ruolo predefinito nella sua opera. Samael lottò per il suo libero arbitrio irretendo non solo angeli minori ma anche altri. Helial, capo dell’Ordine dei Cherubini si votò alla sua causa, lo stesso fecero Borganel e Belial e perfino Lamastuael, un Serafino. Al loro seguito migliaia di Caduti.

Guidati da Samael i Caduti dettero la scalata al Primun Mobile, il trono dell’Eterno fino ad arrivare dinanzi al Metatron. Davanti a loro si schieravano gli ultimi Serafini rimasti in vita, solo sette su settantasette, Haziel, la nuova guida dei Cherubini e Abbadon, l’Angelo della Morte. Eppure lì l’equilibrio si ruppe, i Troni abbandonarono l’Eterno tentando di schiacciare Samael. Così il Creatore fu perso, sempre più distante, in altri piani dimensionali, così lontani che la Sua volontà ci è preclusa ormai.

Samael e i suoi fuggirono dalla Città d’Argento, seguiti da chi vi si opponeva. I Troni allora diedero il potere a quattro semplici angeli. Donarono loro un altro paio d’ali e la forza necessaria per sconfiggere Samael. Questi erano Michael, il guerriero; Rafael, il guaritore; Gabriel, il plasmatore e Uriel, l’occhio di Dio. Gli Arcangeli. Essi riuscirono a cacciare Samael e i Caduti su un altro piano e lì i Troni li rinchiusero, una prigione da cui Samael non poteva uscire, la Gehenna…

La battaglia però fu tremenda e a milioni furono le vittime di quel massacro, eppure sembra che le anime di quei miei fratelli non siano scomparse. Al di fuori dei piani dei Troni, forse unico segno oramai tangibile della volontà dell’Eterno, le loro anime trovarono posto in cuori umani, nei vostri cuori. Così nacquero i reincarnati.

All’inizio vennero da noi guardati con sospetto, ma quando la fine dell’umanità sembrava essere vicina, quando i Troni lanciarono il loro attacco sperando di compiacere l’Eterno, anticipando il Giudizio. Quel giorno, non molti anni fa, se non fosse stato per alcuni di loro, il vostro mondo e il nostro non esisterebbero più.

Con la morte dei Troni però la prigione di Samael si dissolse, di nuovo libero non aspettò molto. Ha il suo libero arbitrio e ciò lo spinge a volere. Desidera sempre più, desidera governare il mondo, governare gli uomini, perciò è arrivato qui, su questo piano dimensionale. Il suo arrivo fu un disastro, tentammo di combatterlo, molti morirono. La furia di Michael inseguì ogni caduto. I Principati, i centri di potere della Città d’Argento sulla Terra, vennero attaccati, alcuni distrutti. I Serafini allora, per evitare la catastrofe nascosero il genere umano a Samael. Lontano dai suoi scopi, al sicuro in una Terra illusoria. Qui rimasero solo i reincarnati a conoscenza di ciò che accadeva, e i caduti, nonché alcuni uomini. Uomini particolari che conoscono la nostra esistenza e la temono. Né cattivi né buoni, umani… umani che hanno tentato di bloccare l’avanzata delle creature angeliche cancellando i collegamenti fra le dimensioni…. Loro e il loro HAARP… mi hanno fatto restare qui a forza… mi hanno bloccato qui…

Ma non lascerò che sia tutto inutile… combatterò e proteggerò voi  e questo luogo…»

Emdael

Salve a tutti, questa storia è nata da una ambientazione creata da un gruppo di amici, se vi interessano altre dettagli su ciò che vi ho narrato in questa introduzione potete trovarli su questo sito.
La storia è composta da 20 brevi capitoli, ognuno narrato dal punto di vista di uno dei protagonisti di questa vicenda. Non mi resta che augurarvi buona lettura e sperare in qualche recensione.
Elisa

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Capitolo 2
*** I - Belial ***


GoE

Gates of Eden


«Vi hanno ingannato, vi hanno rubato la libertà… ma io, io posso concedervela…»

1 - Belial

Grattacieli di vetro ed acciaio, cemento ed insegne al neon, autostrade e giardini, stadi e scuole, tutto era vuoto. Desolazione, solo la desolazione si presentava ai suoi piedi. Una città spettrale, vuota e silenziosa, ecco come si presentava Tokyo un centinaio di metri sotto di lui.

Quella metropoli caotica appariva una città fantasma in quel patetico tentativo di sottrarre il genere umano a quella guerra che si stava già svolgendo, e un tentativo ancora più patetico di tenere i reincarnati lontani dai campi di battaglia, al sicuro nascosti nell’ignoranza di quel mondo fittizio che i Serafini avevano dato loro. Ma lui sapeva… era riuscito ad individuare quel piano dimensionale, riusciva perfino a percepire i pensieri di quei ragazzini inconsapevoli.

Era arrivato nel luogo che stava cercando, là dove lui avrebbe addestrato le sue pedine, una volta sbarazzatosi di quegli insetti fastidiosi, naturalmente.

Sorrise malevolo fissando le figure che gli stavano volando incontro… erano solamente in tre: tutto ciò che restava del principato di Tokyo, non ci sarebbe voluto molto a spazzarli via, a cancellarli dalla sua strada.

Il loro arrivo mosse l’aria immobile che aleggiava sopra la città. Facendo ondeggiare i lunghi capelli rossi della Virtù che li guardava con sufficienza.

«Belial! Tu…» iniziò uno di essi, interrompendosi davanti al suo sguardo di disprezzo e forse anche derisione.

«Non avete mai capito perché Lamashtuel fosse interessato a questo luogo, non è così?» la sua voce era tranquilla, quasi pacifica, parlava affabilmente come si parla ad un vecchio amico, eppure gli angeli davanti a lui rimanevano sulla difensiva. La magia di Belial era potente, lo sapevano, per quanto fosse solo la virtù era comunque uno dei quattro principi della Gehenna…

Le ali nere di Belial si mossero rapide, fendendo l’aria, mentre si lanciava in picchiata, atterrando poi su di una strada sopraelevata. Meno di tre mesi prima quella strada sarebbe stata ingombrata dal traffico della metropoli, ma quella era la Terra di prima… quella di adesso era semplicemente un campo di battaglia, un’immensa scacchiera su cui erano a pronti a sfidarsi gli angeli e i caduti. E quella Tokyo, Belial lo sapeva, racchiudeva molte aspettative per il suo Signore, lì c’era il Seed, lì sarebbe sorto il suo Sheol, il luogo in cui avrebbe addestrato tutti i reincarnati che sarebbe riuscito a trasportare su quel piano, a richiamare indietro: il suo piccolo esercito, le sue pedine.

I tre angeli atterrarono alle sue spalle, Belial sospirò scocciato: odiava le mosche.

«Non ho tempo da perdere con voi…» il tono della voce era cambiato, la sua voce era ostile, ma gli angeli non esitavano, infondo erano comunque in tre contro uno.

«Cosa ti porta a Tokyo?» chiese uno cercando di prendere tempo, sapeva che contro Belial era solo questione di tempo, la Virtù leggeva la paura nei loro cuori, poteva utilizzare un loro attimo di debolezza per attaccarli, le sue maglie potevano addirittura spedirli in qualche altro piano dimensionale.

«Nulla che ai Serafini debba importare…» non aveva voglia di perdere tempo con loro, indossò l’elmo che fino a quel momento aveva tenuto in mano, un piccolo omaggio al luogo in cui si trovava, l’armatura di un samurai era quella adatta da indossare in quei luoghi si era detto. Nera come le sue ali e rossa come il sangue dei campi di battaglia, degna di un principe delle tenebre.

Gli angeli si prepararono, erano delle Dominazioni, soldati delle schiere celesti. Stavano estraendo le loro armi angeliche quando delle ombre calarono su di loro. Due grossi lupi di cristalli neri si avventarono sugli angeli come belve fameliche. Il primo azzannò uno dei tre alla gola, mentre il secondo saltato sulla schiena della sua preda stava affondando le zanne nere nell’attaccatura delle ali. L’ultimo angelo, colto dalla sorpresa stava per darsi alla fuga, ma un uomo lo bloccò a terra. Aveva il volto bendato e le bende macchiate di sangue, ma nonostante ciò fu con forza sovraumana che trattenne l’angelo a terra, mentre con uno schiocco mostruoso le sue mani spezzarono il collo dell’angelo.

Belial si ritrovò a sorridere guardando le ali nere del reincarnato, l’uomo si alzò mentre i suoi lupi di cristallo sventravano gli altri due malcapitati, come mostri famelici nonostante fossero solamente dei costrutti.

«Sono al vostro servizio, Belial, signore degli inganni…»

«Chi ho l’onore d’incontrare?»

«Al principato mi chiamavano l’Orco…»

 

Belial sapeva che era vicino, quando aveva sondato il mondo onirico dei Serafini per rintracciare le “nuove leve” l’aveva trovato subito. E ciò che l’aveva colpito era stato il fatto che lui l’avesse visto.  Questo era accaduto qualche settimana prima, era stata la spinta che aveva fatto decidere a Belial di occuparsi di Tokyo personalmente, lasciando alle altre virtù cadute il compito di addestrare le reclute negli altri Shoel.

«Chi stiamo cercando?» la voce di Orco era aspra come il ringhio di una belva. Belial aveva avuto modo di conoscere il nuovo alleato, o meglio il nuovo sottoposto. Orco era un totemn e un plasmatore, il suo nome proveniva dai crimini che aveva compiuto prima ancora di sapere di essere un reincarnato. Come gli orchi delle favole aveva rapito molti bambini, di alcuni dei quali non ne era mai stata trovata traccia. Quando poi il genere umano era stato spostato da quel piano, Orco si era trovato tra i pochi caduti di Tokyo e non vi era voluto molto prima che i sopravvissuti del principato li trovassero. Orco era stato ridotto male e gli altri erano stati uccisi, di certo non era un reincarnato da sottovalutare, e Belial era ben lungi dal fidarsi di lui, ma finché Orco avrebbe eseguito gli ordini, un carnefice come lui era senz’altro un ottima arma.

«Un ragazzo… si chiama Hakui…» disse brevemente Belial, i tre angeli che Orco aveva ucciso erano gli ultimi sopravvissuti del principato, ma non dubitava che, quando i Serafini fossero venuti a conoscenza della loro sparizione, avrebbero mandato qualcuno a dare un’occhiata, doveva quindi trovare il ragazzo prima dell’arrivo di quel qualcuno.

«È uno di noi?» chiese ancora Orco

«Non ancora…» il ragazzo aveva capacità latenti strabilianti, era riuscito a scorgere Belial attraverso il mondo onirico e sotto il suo richiamo si era risvegliato da solo, Belial immaginava che utilizzandolo nel modo appropriato Hakui avrebbe potuto richiamare altri reincarnati più rapidamente di quanto avrebbe potuto fare da solo, inoltre così facendo avrebbe dovuto essere in grado di celare abbastanza a lungo la sua presenza a Tokyo ai Serafini. Più reincarnati avesse richiamato a se prima di qualche intervento esterno, più di loro non avrebbero avuto dubbi di sorta e quindi sarebbero state pedine perfette.

Nelle strade deserte il rumore dei passi di Orco risuonava pesante, ad un tratto Belial si fermò.

«È qui…» disse osservando il palazzo alla sua destra, al piano terra si apriva quella che una volta era stata una sala giochi.

«Vieni fuori Hakui…» chiamò Belial. Silenzio, nulla si mosse.

«Non c’è nessuno qui…» commentò Orco spazientito.

Belial sorrise, rimanendo in silenzio. I secondi sembravano ore intere, Orco si guardava attorno nervoso, un animale irrequieto.

«Sei tu che mi hai chiamato?» chiese infine una voce dalla sala giochi.

«Io sono Belial, Hakui… io ti ho guidato qui…»

Un ragazzo fece capolino dalla sala giochi deserta. Aveva i capelli lunghi, corvini, avrà avuto si e no diciotto, venti anni al massimo.

«Che luogo è questo?» chiese sospettoso il ragazzo.

«È uno di loro…» ringhiò Orco, notando le ali candide del ragazzo. Belial lo ignorò facendogli cenno di rimanere immobile

«Questa è Tokyo… la vera Tokyo…» rispose Belial. Il ragazzo lo guardò dubbioso, non capendo.

«E dove sarebbe la gente allora?»

«Nella falsa Tokyo, intrappolati nella Terra illusoria…» Hakui si avvicinò guardingo.

«Tu li senti, vero Hakui, nell’altra dimensione, così lontani, senti il smarrimento di quelli come te?» Hakui annuì.

«Cosa sono io?» il ragazzo aveva mille domande per la testa, era arrivato in quel luogo da un paio di giorni, si era trovato solo in mezzo al nulla, con un paio d’ali dietro la schiena. Era spaventato, ma non voleva ammetterlo e di certo non voleva rimanere solo e nel dubbio.

«Sei un reincarnato… un angelo perduto da centinaia di anni che in un corpo umano è tornato alla vita…»

«Perché qui ci siamo solo noi?» Belial percepiva la confusione di quel ragazzo e l’avrebbe usata, così come si forgia un’arma, lui avrebbe plasmato quel ragazzo, gli sorrise tristemente.

«Vi hanno ingannato, vi hanno rubato la libertà… ma io, io posso concedervela…»

Hakui lo guardò stranito, quelle parole non avevano alcun senso

«Chi ci ha ingannato? La libertà?»

«I Serafini hanno imprigionato il genere umano in un mondo illusorio… tu ne sei uscito perché sei in parte una creatura angelica… ce ne sono altri come te, altri che devono essere liberati dalla menzogna…»

«Altri?»

«A centinaia, molti ragazzi come te, anche solo bambini, magari anche li avrai visti passeggiare per queste stesse strade, quando ancora il mondo era reale…» Orco fissava Belial, le parole della Virtù erano suadenti, si disse che nessun reincarnato, che si fosse risvegliato da quel giorno in avanti, non avrebbe potuto non cedere a quella voce, a quei modi, a quella che suonava come una verità.

«Puoi liberarli?»

«Potrei… così non saresti solo…» Belial sorrise trionfante intercettando lo sguardo del ragazzo, la scintilla di speranza che si era accesa alla scoperta dell’esistenza di altri come lui era scomparsa «ma non posso farlo senza il tuo aiuto…»

«Il mio?» Hakui corrugò lo sopracciglia sorpreso

«Ti posso dare il potere di toccare le loro menti sull’altro piano, ti posso dare il potere di influenzarli di far loro capire che ciò che stanno vivendo non è reale, sono rendendosene conto potranno liberarsi…» Belial sondò il volto del ragazzo, miliardi di pensieri attraversavano la mente del giovane: la paura, la solitudine, la rabbia verso l’illusione e poi un briciolo di speranza.

«Potrò davvero liberarli?» chiese poi incerto. Belial annuì, il volto di Hakui si aprì in un sorriso.

«Mostrami come fare…» disse poi.

Belial sorrise, il primo tassello del mosaico era stato posto, la prima mossa della sua personale scacchiera, il primo passo per l’ascesa del suo maestro Lucifer.




Buonasera a tutti, spero che questo secondo capitolo sia di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate con qualche recensione, forza non siate timidi!
Elisa

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Capitolo 3
*** II - Kate ***


GoE

Gates of Eden


«Non siamo soli, ogni giorno Hakui ne libera altri, Mike… non può non essere giusto questo…»

2 - Kate

La notte era buia, tremendamente buia, la terrorizzava, l’atterriva, più di quanto avesse voluto ammettere. Si strinse di più accanto all’amica che dormiva affianco a lei. Si erano risvegliate assieme, pochi giorni dopo suo fratello ed altri ancora si stavano risvegliando. Ma loro erano le sole ragazze, per ora, aveva sottolineato Hakui, ce ne erano altre, ma per ora aveva risvegliato solo loro due, lei e Hagumi.

Hagumi era, per Kate era difficile trovare le parole per descriverla, l’ammirava troppo per essere obbiettiva, ma senza dubbio Hagumi era bellissima, sorrideva spesso nonostante gli allenamenti fossero terribili, nonostante Belial volessero che imparassero in fretta.

C’era qualcosa in lui che le faceva scorrere i brividi lungo la schiena, Mike diceva che era perché lui era una creatura eterna, qualcosa al di sopra di loro…

Belial e Hakui li avevano risvegliati dall’Inganno, così l’avevano chiamato, il mondo illusorio in cui l’umanità era prigioniera… non era passato molto tempo da quando si era risvegliata ed ancora adesso a volte era difficile accettarlo, sembrava di essere all’interno di un film di fantascienza, eppure era la realtà, o meglio era l’unica realtà che conoscevano.

C’erano tanti punti interrogativi in quel mondo, tante domande a cui Belial aveva risposto tranquillamente, ma solo dopo ci si rendeva conto che quella, al momento una risposta, lo era solo a metà… ad esempio, nessuno sapeva dire perché i Serafini avessero imprigionato l’umanità, eppure era certa che tutti loro l’avessero fatta quella domanda. Mike per primo, figurarsi se suo fratello non aveva chiesto una cosa simile appena arrivato?! Mike che metteva sempre tutto in discussione, Mike che le dava quella forza che a volte non aveva, che la spingeva ad aprirsi con le persone e non essere la solita, timida Kate.

Di giorno era facile, i ragazzi stavano tutti assieme, Mike la incoraggiava ed anche Hagumi; appena risvegliati Belial li aveva portati in ciò che restava della residenza imperiale, tutto era vivo lì, i giardini, i colori, a discapito del resto della città, grigia e morta che li circondava, eppure a volte Kate temeva che fosse anche quella un’illusione, e in quei momenti se guardava le ali nere di Belial ed Orco qualcosa la spaventava…

Ci aveva pensato parecchio, nessuno di loro aveva le ali di quel colore, neanche durante le trasmutazioni. Suo fratello ad esempio poteva farle ricoprire di fuoco, di elettricità o di ghiaccio; quelle di Hagumi potevano contenere un piccolo universo; mentre lei ancora non era riuscita a trasmutarle, ma per adesso le piacevano così com’erano: bianche.

Restò a fissare il soffitto per quelle che sembravano ore, non riusciva a riprendere sonno, era impossibile, non con quel buio e quel silenzio che aleggiava intorno a loro, per fortuna c’era Hagumi. Il respiro dell’amica riusciva a tranquillizzarla quel tanto che bastava per evitare di gridare terrorizzata.

E poi venne l’alba, dalla finestra Kate guardò il cielo diventare sempre più chiaro, finché sentì l’urgenza di alzarsi, di andare a vedere che fosse davvero giorno, che un’altra terrificante notte fosse passata.

Cercando di far piano per non svegliare Hagumi dal suo “sonno di bellezza”, come diceva lo chiamava l’amica per scherzo, si avvicinò alla finestra affacciandosi sui giardini, alcuni dei ragazzi erano già svegli. Sorrise, avvicinandosi ad Hagumi e scuotendola leggermente.

«Hagumi… Umi-chan, svegliati…» Hagumi per tutta risposta si portò una mano sul volto.

«Che ore sono?»

«Il sole è abbastanza alto e credo che alcuni degli altri siano già svegli…» Hagumi aprì le dita della mano, sbirciando Kate con un occhio.

«Come fai ad essere già in piedi tu?» Kate sorrise, a volte si stupiva di quanto fossero diverse. Erano il giorno e la notte: Hagumi dai capelli di tenebra, lei di sole; Hagumi che dormiva all’infinito, lei che si annoiava a letto; Hagumi che parlava con tutti, lei che aveva difficoltà a parlare con chiunque, eppure Kate sapeva che un’amica come Hagumi non l’avrebbe mai trovata da nessuna parte.

«Forza! Forza! Che poi dicono che facciamo sempre tardi!» disse Kate cominciando a spingerla giù dal letto.

«Mi alzo!!!!» gridò Hagumi alzando le mani in segno di resa.

 

I ragazzi si erano raccolti attorno a Nozomu quando Kate scese nei giardini. Raggiunse Mike, il fratello era più indietro rispetto gli ragazzi.

«Che succede?» gli chiese, Mike la guardò con un alzata di spalle.

«Nozomu si è svegliato con le ali nere stamattina…» Kate lo guardò sorpreso

«Perché?» Mike non rispose, Kate si sentiva confusa, credeva che il tipo di ali dipendesse dall’angelo che avevano dentro… o almeno così aveva detto Belial, perché allora le ali di Nozomu erano cambiate? E se un giorno fossero cambiate anche le sue?

«Ma ci deve essere un motivo, magari sta sviluppando qualche potere…» tentò Kate, Mike scosse la testa fissando Nozomu che tutto esaltato mostrava il nuovo paio d’ali ai compagni.

«Ieri sera abbiamo litigato…» disse leggermente, Kate lo fissò, suo fratello era strano, aveva le sopracciglia aggrottate, sembrava stesse pensando a qualcosa d’importante.

«Come mai?»

«Ho chiesto a tutti se sapessero perché questi fantomatici Serafini avessero “rapito” il genere umano…» Kate lo fissò sorpresa, erano gli stessi pensieri che aveva avuto lei quella notte «Nozumo ha detto che non gli importava, che lui se ne infischiava del perché, ma li avrebbe uccisi tutti quanti per Belial e per riportare indietro i suoi fratellini…» Kate immaginava cosa avesse risposto Mike ad una frase simile, Mike non voleva mai che qualcuno gli dicesse cosa fare, Mike era forte e determinato, tutto quello che a lei mancava.

«Gli ho chiesto se si sarebbe fatto uccidere se gliel’avesse chiesto Belial…» Kate scosse la testa, era logico che avessero finito per litigare, erano agli estremi.

«Non credo che Belial ci chiederebbe di morire, è gentile…» disse leggermente Kate, aveva tanti dubbi, ma per ora l’angelo dalle ali nere non aveva fatto nulla di male, almeno da quando lei era lì.

«Non mi fido delle persone gentili…» disse Mike serio «non si capisce mai se lo sono davvero o lo sono per un motivo… ed essere qui, da soli, con lui… beh non mi mette tutto questo entusiasmo…»

« Non siamo soli, ogni giorno Hakui ne libera altri, Mike… non può non essere giusto questo…» tentò Kate sorridendo appena.

«Non dico che non sia giusto ma non mi va che nessuno ci dica nulla… vorrei sapere cosa sta succedendo davvero… se siamo i soli superstiti, se nel resto del mondo ce ne sono altri…»

Kate rimase ancora un po’ affianco al fratello, finché Hagumi non li raggiunse poco prima che Belial facesse la sua comparsa nel giardino e poi cominciò.

 

Come ogni giorno, come ogni dannato giorno che passavano in quella Terra distrutta, Kate si ritrovò a dover spingersi al limite, finché non si sarebbe sentita esausta sia mentalmente che fisicamente.

Secondo Belial dovevano imparare in fretta a planare, e perché no, anche a volare. Per questo quel giorno Kate, Hagumi e pochi altri, sotto lo sguardo poco amichevole di Orco, erano stati trascinati in cima a quello che un tempo era stato il palazzo imperiale e poi si sarebbero dovuti lanciare. Era un salto di dodici metri, ma chi non superava quella prova non poteva passare alla successiva e di solito chi non superava la prova si trovava con almeno una gamba rotta… e anche chi la superava per la prima poteva avere il problema dell’atterraggio.

Era la prima volta che Kate doveva lanciarsi da un posto così in alto… quando guardò giù deglutì a stento, lanciarsi da tre metri era un conto, ma da qui… per un momento non invidiò suo fratello che quel giorno era andato a lanciarsi da un grattacielo assieme a quelli arrivati da più tempo.

Si guardò indietro, Orco li guardava seccato, come fossero una perdita di tempo.

«Vedrai che andrà bene…» le disse Hagumi intuendo forse il suo timore. Kate prese un respiro, indietreggiò appena e poi saltò aprendo le ali, in fondo cosa cambiava fra tre, dodici o cento metri? Il principio era lo stesso! Quando le ali fecero attrito con l’aria sentì tutto il suo corpo rallentare, le piegò appena cercando di non perdere il favore del vento e lentamente si lasciò planare a terra. Il “volo” fu più rapido di quello che pensava e quando le gambe urtarono terra, Kate sentì una fitta di dolore attraversarle tutto il corpo… atterraggio brusco… si disse piegandosi sulle ginocchia a controllare che fosse tutto a posto, poco dopo la raggiunse anche Hagumi.

«Atterraggio un po’ pesante? Sai che te lo faranno rifare per questo?» Kate guardò l’amica atterrare leggera come una piuma accanto a lei, provò una punta d’invidia, Hagumi sembrava nata con le ali… cioè tutti loro erano tecnicamente nati con le ali ma Hagumi lo era di più… non si stupiva se Hakui riusciva a trovare del tempo per passarlo con lei, insomma Hagumi era letteralmente perfetta.

«Dici sul serio?»

«Beh se non riesci ad atterrare dolcemente da qui, figuriamoci da lassù…» disse lei indicando il grattacielo da cui si stavano lanciando gli altri ragazzi…

Già, figuriamoci cosa mi succede se atterro male da quell’altezza… Kate sperò di non dover conoscere la risposta ma purtroppo la conobbe molto presto.

Al pomeriggio infatti si divisero in gruppi, qualcuno a combattere, qualcuno a plasmare, Kate e un paio di altri Aasimar si ritrovarono invece a fare i conti con chi aveva avuto un atterraggio un po’ troppo brusco.

«Curateli.» aveva detto loro Belial, senza aggiungere altro, senza nemmeno una spiegazione. Kate fissava il ragazzo davanti a lei: aveva tutte e due le gambe fratturate e lei onestamente non sapeva davvero cosa fare, o meglio sapeva cosa fare ma non sapeva come farlo, e poi i gemiti di dolore del ragazzo la stavano facendo andare in confusione.

Dopo ore di tentativi e l’aggiunta dei ragazzi che si erano fatti male nei combattimenti d’allenamento, Kate riuscì a trasmutare le ali. Una nebbia leggermente luminescente si formò al loro posto, si sfumava e ricostituiva la forma delle ali ad ogni istante, l’aveva già visto fare agli altri ma era la prima volta che ci riusciva. Si concentrò cercando di mantenere la trasmutazione, la nebbia era diversa dalla solita, era calda e asciutta e ogni volta che le sfiorava il viso le sembrava di riprendere le forze, ma non doveva usarla su di lei… c’erano gli altri da curare…

Quando finirono, Kate era stravolta, le sembrava di aver corso per giorni interi, tutti i muscoli erano indolenziti e perfino le ali, una volta che avevano ripreso la loro forma abituale, le sembravano indolenzite. Si rimise in piedi stancamente e solo in quel momento vide Belial, la stava fissando con un sorriso compiaciuto.

«Brava Kate» disse con voce suadente «un’ottima prima volta…» Kate arrossì, aveva visto spesso Belial elogiare alcuni di loro, di solito erano Hakui, Hagumi, qualche volta perfino Mike, spesso regalava anche alcuni cristalli ai più meritevoli, ma quella era la prima volta che si congratulava con lei.

 

Quando scese la notte Kate si ritrovò di nuovo a fissare il soffitto mentre, come al solito, Hagumi si addormentava non appena toccato il cuscino. Sospirò appena, chiedendosi per l’ennesima volta se il giorno successivo avessero scoperto qualcosa in più su chi erano, su cosa avrebbero fatto… su tutta la situazione. La solita inquietudine si stava impadronendo di lei e solo dopo un po’, cullata dal respiro di Hagumi, riuscì a prender sonno, ignara che il giorno dopo non sarebbe stato come tutti gli altri.

 




Buon giorno a tutti, scusate l'assenza ma la laurea mi ha spremuto un po' (tanto) di tempo XD
 Spero di ricevere qualche commento
Elisa

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