Alla ricerca del Supremo

di rardef
(/viewuser.php?uid=171821)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sogni inquietanti ***
Capitolo 3: *** Incontri ***
Capitolo 4: *** Ricerche ***
Capitolo 5: *** Cambiamenti ***
Capitolo 6: *** Vendetta ***
Capitolo 7: *** Iniziano le ricerche ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dende era inquieto, non riusciva a dormire quella notte. E se avesse attuato il suo piano? Che sarebbe successo? Avrebbero capito?

Piccolo era tornato al palazzo del supremo, da quando si era ricongiunto con Dio ci andava spesso. Atterrò nel cortile con il suo mantello bianco che volteggiava nella brezza mattutina e si sedette a gambe incrociate nel giardino a meditare. Immerso nei suoi pensieri, venne riportato alla realtà dal suono di passi frettolosi che si avvicinavano. Senza scomporsi minimamente attese che quei passi si spegnessero nella quiete del palazzo.
“Signor Piccolo, signor Piccolo” era la voce di Popo che lo chiamava, “Che diavolo vuole quel rompiscatole?” pensò. L’umano arrivava di corsa e la pancia grassa sobbalzava a destra e sinistra come se avesse una vita propria. Disgustato da quella vista, il namecciano si alzò e gli disse con un ringhio: “Cosa vuoi Popo? Spero che tu abbia un ottimo motivo per disturbare la mia meditazione!”
“Si tratta del Supremo, lo cerco da ore. E’ SPARITO!” sputò fuori quelle parole mentre era piegato sulle ginocchia per riprendere fiato.
“Non dire sciocchezze, hai visto nella Stanza dello Spirito e del tempo? Dende è sempre li”
“Si, ho cercato dappertutto.”
“Va bene, va bene ci penso io. Ora vai e lasciami da solo a riflettere”
Rincuorato dalle parole del guerriero, Popo se ne andò esaudendo il suo desiderio. "Dende sparito? Ma dove può essere andato?"

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sogni inquietanti ***


“Dove sono, dannazione?” pensò Piccolo guardandosi intorno.
Si trovava fuori da una piccola casa di campagna, circondata da una fitta vegetazione. Non ricordava quel luogo, ma di primo acchito gli sembrò che tutto fosse normale. A uno sguardo più attento però, notò che qualcosa non andava: lo steccato era spezzato in più punti e delle macchie di sangue si intravedeva su di essi.
“Sembra che ci sia stato uno scontro qui, sarà meglio che entri” pensò il namecciano.
Si avviò verso la porta dove la maniglia girò agevolmente nelle sue mani. Lo spettacolo che vide lo raggelò: c’era sangue ovunque. Sul soffitto ampi schizzi avevano composto arazzi macabri; sulle pareti erano appiccicati pezzi di cuoio capelluto e dei segni strascicati di mani ornavano i muri, ma era a terra lo spettacolo peggiore: c’erano pozze di sangue ovunque e intorno ad esse c’erano delle impronte.
Piccolo le guardò attentamente e vide che portavano nella stanza accanto. Voltando l’angolo vide un’enorme cucina, inondata dalla luce del sole, completamente pulita eccezion fatta per quelle macchie di sangue che brillavano come fuoco vivo nella luce mattutina. Le impronte lo portarono all’uscita posteriore della casa dove vide ammucchiati centinaia di cadaveri, la sorpresa fu terribile. Dopo lo spettacolo a cui aveva assistito non si era aspettato una situazione pacifica, ma quello era decisamente troppo.
Non sapendo di farlo, disse ad alta voce: “Ma chi può aver fatto una cosa del genere”
“Sono stato io Piccolo” disse una voce dietro ai cadaveri e uscendo dal mucchio aggiunse “Benvenuto a casa mia!”
La sorpresa lo assalì nel vedere chi aveva pronunciato quelle parole…
 
“DENDE NOOOOOOOOOO!” si svegliò di soprassalto dal suo giaciglio nel palazzo del Supremo, urlando quelle due parole. “Dannazione, ma che sogno assurdo è mai questo. Questa storia la devo risolvere il prima possibile, non è da me avere questi incubi” pensò Piccolo. Si alzò dal letto e dopo essersi vestito volò via alla ricerca di Dende.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Incontri ***


Dende si alzò dal letto tutto sudato, con la sensazione di essere osservato e infatti era così. Kira lo guardava con quei suoi occhi curiosi, non avevano mai avuto un ospite delle fattezze del namecciano e quella presenza lo incuriosiva. 
Dende ripensò a quello che era accaduto da quando aveva deciso di vivere per un po’ tra quelle persone che doveva proteggere. Aveva maturato quell’idea nella Stanza dello Spirito e del Tempo, del resto lui non sapeva niente di quel mondo. Appena sorto il sole si era diretto sulla strada che lo avrebbe portato, secondo le carte che aveva trovato, nella Città dell’Ovest. Trovare il sentiero non era stato difficile, era ancora ben segnato nonostante non ci passasse tanta gente da molto tempo ormai. 
All’imbrunire del primo giorno di cammino prese una capsula dall’astuccio che Bulma gli aveva regalato come benvenuto e fece apparire una casa. All’interno trovò tutte le comodità che poteva immaginare: un letto comodo, una tv a colori, una doccia calda e perfino gli armadi a muro pieni di provviste e vestiti! Pensò tra sé e sé che gli umani avevano proprio un ingegno fuori dal comune per arrivare a creare una casa che fosse contenuta in una capsula ed era curioso di vedere quali altre meraviglie erano in grado di costruire.
Il mattino dopo si rimise in cammino e fu sulla strada che trovò un uomo ferito gravemente e una ragazzina china su di lui a piangere. 
“Che cosa è successo?” disse il namecciano
“Dei banditi ci hanno aggredito e hanno ferito mio padre” rispose la ragazza. 
“Fammi vedere, forse lo posso aiutare” dicendo così Dende si avvicinò all’uomo a terra. Aveva uno squarcio alla testa dal quale continuava a uscire sangue. Senza pensarci due volte impose le sue mani e attingendo a fondo ai suoi poteri infuse nuova energia nel corpo davanti a lui. Gli occhi della ragazza si spalancarono per la sorpresa vedendo che la ferita del padre si stava rimarginando a vista d’occhio.
L’uomo spalancò gli occhi e vedendo il namecciano chino su di lui trasalì. Si alzò in piedi e abbracciò la figlia.
“Tu.. tu mi hai salvato la vita..” esclamò “grazie, non so come sdebitarmi.. mi chiamo Gordo e questa è mia figlia Kira”
“Non si deve sdebitare” disse Dende imbarazzato arrossendo, non era abituato infatti a essere ringraziato.
“Oh invece si che devo, dove sei diretto ragazzo?” disse Gordo
“Sto andando alla città dell’Ovest” rispose Dende
“Bhè la città è molto lontana da qui e non ci arriverai sicuramente oggi, vieni stasera sarai nostro ospite e dormirai a casa nostra” e senza dargli il tempo di replicare l’uomo si girò e iniziò a camminare. 
Ora che li guardava bene riuscì a vedere che i due si somigliavano tantissimo, entrambi erano bassi e tarchiati, stessi capelli neri e mani grandi. Quello che li distingueva erano gli abiti che indossavano: lui aveva un enorme cappello giallo, una giubba nera, una camicia a fiori blu e dei pantaloni arancioni. Sembrava che quella mattina avesse preso i primi abiti che aveva trovato e li avesse indossati. Altro particolare dell’uomo erano i baffi che erano giganteschi e si arricciavano all’insù. La figlia invece aveva un vestito a fiori azzurro, molto sobria e carina.
Arrivati a casa il vecchio si mise comodo su una sedia a dondolo e si accese una pipa. Era ora di cena e Dende spiegando imbarazzato il rapporto della sua razza con il cibo disse che sarebbe andato a letto a riposare.
“Ciao Kira” disse Dende alla ragazza che lo guardava dalla porta che, diventando tutta rossa, scappò via. Dopo essersi messo i vestiti da umano che aveva messo il giorno prima nella casa-capsula, uscì per riprendere il suo viaggio.
“Vai già via?” disse Gordo “Va bene, quando tornerai ti dovrai fermare di nuovo qui a raccontarmi come ti è sembrata la città ok? Ci sono due strade per andare alla città dell’Ovest, una lunga e una corta. Le riconoscerai quando vedrai il bivio. Mi raccomando non avere fretta di arrivare, ci sono voci terribili su chi si avventura per la strada più breve” e senza aspettare risposta l’uomo entrò in casa chiudendo la porta.
“Strani questi umani, chissà come saranno quelli di città” e detto questo si incamminò verso la strada che Gordo gli aveva indicato.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ricerche ***


Dopo l’incubo che aveva generato la sua mente, Piccolo era deciso più che mai a ritrovare il Supremo. Non riusciva a cancellare quelle immagini, se le ricordava nei minimi particolari e non voleva correre il rischio che quello fosse un presagio di qualcosa che stesse per accadere. Il problema era da dove far partire le ricerche, forse Gohan sapeva qualcosa visto che i due erano diventati molto amici si Namec. Concentrando la sua aura al massimo partì alla volta di casa Son.
Mentre era in volo, pensò a Goku. Erano passati tre anni dalla morte di Cell e l'amico non era voluto tornare in vita per allenarsi; era proprio da lui, sempre alla ricerca di qualcosa da imparare!
Atterrò davanti casa del sayain defunto proprio mentre Gohan stava uscendo di casa.
“Piccolo, che ci fai qui?”
“Sono venuto a chiederti se hai visto Dende”
“No, non lo vedo da quando abbiamo riportato in vita le vittime di Cell”
“Dannazione, speravo che potessi essermi d’aiuto”
“Ma cos’è successo? E’ sparito? Non è da lui fare una cosa del genere”
“Già… chissà dov'è… Adesso devo andare” il namecciano spiccò il volo senza lasciare il tempo al giovane di rispondergli.
Quella pista non lo aveva portato da nessuna parte e se Gohan non sapeva niente, neanche Crillin avrebbe avuto notizie, preso da sua moglie C18 incinta. Doveva ritornare al palazzo e organizzare le ricerche in modo più accurato, sarebbe andato da Karin. “Avrei dovuto andarci prima, che diavolo mi è preso? Sono stato troppo avventato” si disse il namecciano.
Arrivato da Karin, lo chiamò a gran voce.
“Piccolo, perché urli? Stavo riposando”
“Il supremo, lo hai visto? È sparito e nessuno sa dov’è andato”
“E’ sceso dal palazzo quasi due giorni fa”
“DUE GIORNI! E Popo se n’è accorto solo ora????”
“Calmati Piccolo, non capisco tutta questa apprensione. E’ pur sempre il Supremo e il palazzo non è una prigione, vedrai che tornerà”
Non rispose nulla a quell’obiezione, si era perso nei suoi pensieri.. “Che quel sogno mi abbia offuscato la mente? Karin ha ragione, il Supremo è libero di girare per il pianeta se lo desidera; io stesso quando mi sono riunito con Dio ho combattuto con i cyborg e Cell ed ero il Supremo allora.”
“Piccolo, capisco che Dende è l’unico esponente della tua razza qui sulla Terra, ma non devi essere così protettivo con lui. Non imparerà niente in questo modo” aggiunse Karin risvegliandolo dal torpore.
“IO PREOCCUPARMI?? NON DIRE IDIOZIE!!” sbottò Piccolo volando via verso il Palazzo non appena ebbe concluso.
“Chissà quando capirà che non è così insensibile come vuole fare credere” borbottò con un mezzo sorriso Karin mentre tornava nella sua stanza.
Appena mise piede al Palazzo, il namecciano se ne andò direttamente nel giardino. “Ma che diavolo dice quel gatto, io sono preoccupato perché quel moccioso è il Supremo e se succede qualcosa a lui succede qualcosa alle sfere del drago. Però Karin ha ragione, questa faccenda l’ho affrontata in modo sbagliato fin dall’inizio. Attenderò il ritorno di Dende qui al palazzo, ritornerà da solo, io non sono la balia di nessuno.” Pensò sedendosi a gambe incrociate sul pavimento e iniziando a meditare.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cambiamenti ***


L’aria della mattina era fresca e Dende era contento di camminare tra quegli arbusti. La foresta intorno a lui profumava di mille odori, con i suoi sensi acuti riusciva a sentire i movimenti degli animali che vivevano la loro vita ignari di quello che capitava loro intorno. Camminava già da qualche ora quando arrivò al bivio che Gordo gli aveva indicato. Guardò le due strade per decidere quale fosse quella più lunga, aveva intenzione di seguire le indicazioni dell’uomo infatti,  ma gli sembravano completamente identiche. 
“E ora come faccio, mi aveva detto che le avrei riconosciute facilmente” pensò Dende un po’ in ansia. “Destra o sinistra?” il namecciano guardava le due strade in cerca di un particolare che le distinguesse, ma erano entrambe identiche. 
“Ragazzo ti sei perso? Lo sai che i bambini non dovrebbero girare da soli per la foresta?”  un uomo grande e grosso apparve dietro Dende, facendolo trasalire.  Era in compagnia di altri due brutti ceffi; i tre indossavano una giubba blu sopra a dei pantaloni color cachi con in testa un cappello dello stesso colore. 
“Prendiamolo ragazzi, vediamo che ha addosso!” disse il più basso. Gli altri si avventarono contro il namecciano che, non essendo mai stato un combattente venne atterrato facilmente. Iniziarono a frugargli addosso alla ricerca di qualcosa di valore che ovviamente non trovarono.
“Questo muso verde è povero in canna, ehi amico ti daremo una bella lezione per  il tempo che ci hai fatto perdere” e così dicendo i tre iniziarono a infierire sul povero namecciano, che non poteva fare altro che subire. Quando i tre finirono con lui, se qualcuno dei suoi amici lo avesse visto non lo avrebbe riconosciuto: la faccia era gonfia e in più punti violacea, una delle sue antenne era inerte sul viso, gli occhi non si vedevano più completamente tumefatti, le ossa della mano destra erano completamente frantumate e il braccio sinistro era piegato in una posizione innaturale. 
Racchiuso in posizione fetale percepì che i suoi aggressori si erano dileguati. “Perché si sono comportati così? Che gli ho fatto? Possibile che io, con la mia esistenza debba proteggere e vegliare su di loro?” questo pensava Dende mentre cercava di raccogliere le forze. 
Qualcosa dentro di lui si ruppe,  non voleva più essere il Supremo, non voleva stare su quel pianeta dove la gente era così cattiva, dove chiunque era libero di fare del male ai più deboli. Li avrebbe puniti, li avrebbe uccisi tutti. Una malvagità inaudita si impossessò del suo cuore, un desiderio di vendetta che gli faceva bollire il sangue nella vene. 
Aveva raccolto le forze in modo sufficiente per curarsi e lo fece; una luce dorata lo avvolse, le tumefazioni si riassorbirono, le ossa si riassestarono e il braccio tornò nel suo alloggiamento naturale. Ora che era in forze si girò guardando il bivio e vide le impronte dei tre che lo avevano brutalmente picchiato e le seguì.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Vendetta ***


Continuando a seguire le impronte, Dende si ritrovò davanti a una radura e decise di fermarsi per riposare. Nella mente gli brillava una sola idea: VENDETTA. “Ma come posso vendicarmi? Loro sono di più e in uno scontro fisico avrei la peggio sicuramente” pensava il namecciano. “Ma certo le arti proibite.. mi aiuteranno nel mio scopo.. Anche se l’Anziano saggio mi ha sempre sconsigliato di usarle.. Ma questa gente la deve pagare, non posso tollerare che persone del genere continuino a stare su questo pianeta.. su Namec questa avversione per le arti oscure a che ci ha portato? Alla distruzione del pianeta, ecco cosa! Devo agire.” pensò rimettendosi in marcia. 
La strada sterrata continuava priva di ostacoli e con le orme bene in vista. Non c’era altro se non le impronte dei suoi tre carnefici. Filari di alberi sempreverdi e una fitta boscaglia era tutta intorno alla via che Dende stava percorrendo.  “Ma quanto possono essere andati avanti quei tre? E soprattutto dove sono diretti?” pensò. 
Ad un tratto un chiacchiericcio lo riscosse dai suoi pensieri e lo costrinse a nascondersi in un cespuglio. Avanzò piano piano nella boscaglia stando attento a non far rumore. La strada portava ad un’altra radura, molto più grande della precedente. Una grande magione si ergeva lì, vicino al laghetto che ornava lo spiazzo erboso.  Dende notò molti uomini intenti a pulire armi, a dividersi bottini, a violentare donne. “Ma che razza è questa? Come fanno a farsi del male a vicenda?” Una rabbia accecante ribolliva dentro di lui, un sentimento di odio così profondo e terribile da non poterlo controllare. Cercò i tre che lo avevano attaccato e li trovò intenti a divertirsi con una donna che piangeva disperatamente. “Adesso basta” pensò uscendo allo scoperto.
“Ehi voi! Lasciate stare quella donna, siete dei mostri. Non meritate di vivere, non meritate di essere protetti.. voi dovete.. morire..”
“Ehi Ghor – disse l’omone a quello più basso – guarda chi è tornato per una ripassata!”
“Il muso verde ha coraggio da vendere eh? Mi piaci nanerottolo! Perché non ti unisci alle danze, questa donna è proprio uno spasso! Potresti divertirti, magari è la tua prima volta eh ragazzino? Vieni qui, vedrai che bello” esclamò il piccoletto.
“Voi.. voi non potete..” L’aria intorno a Dende iniziò a vorticare, i suoi occhi divennero bianchi. Le fronde degli alberi intorno a lui iniziarono ad agitarsi. Un’aura nera iniziò ad avvolgerlo e scariche elettriche vermiglie l’attraversavano da parte a parte. Dalla massa nera iniziarono ad allungarsi dei tentacoli che andarono a ghermire a uno a uno gli uomini. Urla di terrore prima e dolore poi si disperdevano nell’aria. I tentacoli iniziarono a stritolare tutti coloro che erano stati avvolti sbattendoli contro la casa, contro gli alberi, contro il terreno e alcuni anche dentro il lago. L’aria era pervasa dall’odore del sangue, le urla ormai erano limitate a pochi uomini ormai. I tentacoli iniziarono a ingrossarsi, sembrava che stessero assorbendo qualcosa. A Dende, immerso in quella preghiera di morte tornarono in mente le parole dell’Antico saggio :
“Le arti proibite sono pura malvagità, assorbono l’essenza delle persone a cui hanno tolto la vita, la malvagità presente in quelle anime viene riversata in quella dell’utilizzatore delle arti stesse. Chi le usa è perduto Dende, ricordalo.”
I tentacoli, che ormai sembravano dei grassi vermi neri,  si ritrassero di colpo abbandonando i cadaveri che avevano brutalmente assassinato, il sangue era ovunque. 
“Che cosa ho fatto” ebbe il tempo di pensare il namecciano un attimo prima che i filamenti oscuri tornassero a far parte di lui. 
Poi tutto cambiò.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Iniziano le ricerche ***


La pelle di Dende era diventata marrone come le foglie secche in autunno, gli occhi come due braci incandescenti, i denti erano diventati come quelli dei predatori selvaggi delle foreste e gocciolavano sangue sul terreno. Il supremo era chino su un cadavere e ne aveva già divorato una gran parte. I muscoli del corpo erano molto sviluppati adesso, ogni suo passo lasciava profondi solchi nel terreno e l’erba stessa moriva al solo tocco dei suoi piedi. 
Piccolo aprì gli occhi, il suo sguardo era accigliato. Una strana sensazione si era impadronita del suo animo, l’aria stessa vibrava di negatività e malvagità. Un altro giorno era passato senza che Dende facesse ritorno. “Che sia un altro stupido sogno? O questa volta ho visto il vero?” si chiese. Si alzò e andò a cercare Popo, ma davanti a lui atterrò Gohan che sembrava palesemente agitato.
“Ragazzo che succede? Hai un’aria strana”
“Piccolo, sono corso qui a cercarti. Credo che sia successo qualcosa a Dende. Ti ricordi che per prevenire l’uso delle sfere una di queste era stata affidata a me? Guardala!” 
Mentre il giovane tirava fuori la sfera il namecciano ricordò quel giorno in cui decisero di non utilizzare per un pò le sfere ma di conservarne il potere per qualsiasi grave necessità. Passato un anno dai desideri espressi, infatti, le riunirono nuovamente e 6 rimasero al palazzo e una venne affidata a Gohan affinchè la custodisse. 
Il giovane saiyan diede la sfera a Piccolo che la guardò esterrefatto. Il colore era passato dal brillante arancione a quel marrone del colore della pelle di Dende nel suo sogno e le quattro stelle della sfera pulsavano debolmente di una sinistra luce rossa. 
“Questo non è possibile, allora non era un sogno” pensò il namecciano a voce alta
“Piccolo, che sta succedendo?”
“Ho fatto dei sogni terribili sul supremo in questi ultimi giorni, ma pensavo che fossero solo per la preoccupazione della sua scomparsa.. evidentemente mi sono sbagliato.. DANNAZIONE!” l’ira di Piccolo era tangibile, si sentiva uno stupido ad aver tralasciato quelle sensazioni e quelle visioni. 
“C’è ancora una cosa che devo dirti, quando sono partito per venire qui le stelle non brillavano. Penso che sentano la presenza di Dende e brillino quanto più si avvicinano a lui. Quindi escludendo la direzione da cui sono venuto ce ne rimangono tre da controllare. Se prendiamo un’altra sfera possiamo esplorarne due contemporaneamente che ne pensi?”
“Penso che tu abbia ragione. Aspettami torno subito.” Piccolo si incamminò e fu di ritorno pochi minuti dopo con in mano la sfera a cinque stelle “Bene cominciamo allora, tu dirigiti verso Ovest mentre io andrò a Nord. Il primo di noi che trova Dende aumenterà la sua aura per farsi individuare dall’altro. Gohan il supremo è cambiato in qualcosa, non affrontarlo da solo. Potrebbe essere diventato pericoloso. Andiamo!” I due con un balzo furono già in cielo e partirono ognuno per la sua destinazione.
“Dende, ma che diavolo ti è successo?” si disse Piccolo mentre volava alla massima velocità guardando la sfera pulsare.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=966367