Can I be your prince?

di Akari_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una svolta inaspettata. ***
Capitolo 2: *** Pensieri fastidiosi. ***
Capitolo 3: *** Imprevisti. ***
Capitolo 4: *** Nervousness. ***
Capitolo 5: *** Revelations. ***



Capitolo 1
*** Una svolta inaspettata. ***


Una svolta inaspettata.

Come ogni lezione Lui, il mio Lui, era li. Il sudore che gli colava sulle tempie, la maglietta fradicia dopo tutto quel tempo passato a provare e riprovare i passi della coreografia.
Il suo corpo che si fondeva con la melodia che s'irradiava nella stanza; i capelli corti e rossi che ondeggiavano a tempo di musica.
Come poteva il mio sguardo non incollarsi a quella figura che mi affascinava a tal punto?
Semplicemente mi era impossibile non soffermarmi ad ammirare ogni dettaglio di quel ragazzino.
Nonostante la stanza fosse affollata da molte ragazze e qualche ragazzo i miei occhi erano catturati da quella figura alta ed esile che sembrava non avere peso mentre la musica se ne impossessava.
Cosa ci faceva un ragazzo a spiare un altro ragazzo?
Ne il cervello, ne tantomeno il mio cuore sapevano dare una risposta a questa domanda che ogni volta che mi si riproponeva nella mente veniva nuovamente accantonata.
Sapevo solo che stavo spudoratamente sfruttando il mio migliore amico Kim Kibum che da circa un anno a questa parte si faceva accompagnare alla scuola di danza da me quasi ogni giorno senza fare storie e per questo mi sentivo davvero in colpa anche perché non avevo mai detto neanche a lui il motivo di quel comportamento.
Ogni tanto Kibum provava a chiedermi delle spiegazioni ma io cambiavo discorso con una velocità inaudita lasciando nello sguardo del mio amico un misto di preoccupazione e smarrimento.

Ad ogni lezione mi rifugiavo nel corridoio ed, attraverso la porta socchiusa, spiavo colui che suscitava in me un interesse smisurato.
Come potevo chiamare quella cosa che provavo quando dall’interno della stanza sentivo la sua limpida risata, quando ogni volta che lo vedevo il mio cuore perdeva un battito come fosse stata la prima? Cos’era ciò che mi spingeva a raggirare persino il mio migliore amico?

Cinque lettere saettarono tra i miei pensieri: A M O R E (?)

Scossi la testa e tornai al presente.
I miei occhi scuri tornarono a posarsi sul ragazzino. Dopo del tempo indefinito, che mi sembrò troppo poco per godersi la visione di quei capelli rossi , tutti gli alunni uscirono dall’aula.
Tutti tranne due: Kibum e il ragazzino.
Entrambi stavano chiacchierando come due buoni amici. Iniziò a battermi forte il cuore come se volesse fracassarmi la gabbia toracica e quest’ultimo mi si strinse in una morsa, il respiro si fece leggermente affannoso. Che ci facevano quei due ancora nell’aula, a chiacchierare, come se si conoscessero da sempre oltretutto!?
Pochi istanti dopo mi ricordai che per circa due settimane non avevo potuto ne vedere, ne accompagnare Kibum alle lezioni a causa dei severissimi professori dell’università che mi stavano sommergendo di impegni. Me ne pentii amaramente.
Finalmente anche i due ragazzi uscirono dalla stanza; Kibum mi saltò al collo gridando un
“Honey!”
Risi divertito cercando di sembrare naturale nonostante l’agitazione,
“Dai Key sono solo due settimane che non ci vediamo”
Il ragazzo dai capelli biondi, ovviamente tinti, mi guardò con disappunto alzando un sopracciglio,
“Solo due settimane?! Honey mi sei mancato troppo!”
E il biondo m’abbracciò di nuovo. Intanto il ragazzino, il mio ragazzino, coi capelli a fungo assisteva alla scenetta con lo sguardo basso e le guance lievemente arrossate.
Me ne accorsi e nonostante volessi un bene dell’anima a Key in quel momento avrei voluto tappargli la bocca. Finita la commedia Kibum si girò verso il ragazzino e fece le presentazioni:
“Honey lui è Lee Taemin”
Ebbi un tuffo al cuore. Lee Taemin. Lee Taemin. Lee Taemin. Lo avrei ripetuto all’infinito.
“Taemin lui è Hone…volevo dire Choi Minho”
continuò Kibum. Entrambi facemmo un lieve inchino dopodiché il biondo iniziò a raccontare come si fossero conosciuti lui e Taemin, per la mia gioia, visto che non avrei mai avuto il coraggio di chiederglielo.
“Sai l’altra sera il maestro ha deciso di organizzare una cenetta con i suoi alunni, come potevo rifiutare? Così, mentre ci stavamo preparando per tornare ognuno a casa propria per poi darci appuntamento direttamente al ristorante il maestro chiese chi sarebbe venuto e sentii Tae rispondere che quella sera aveva un altro impegno. La faccenda mi puzzava così mi avvicinai e gli chiesi cosa aveva di meglio da fare per quella serata… e ovviamente non aveva da fare nulla! Il problema era che non sapeva arrivare al ristorante a piedi così mi sono offerto di accompagnarlo e di riportarlo a casa io stesso da brava Umma!”
Terminò Kibum con un alone di fierezza che lo avvolgeva. Taemin era diventato rosso per la vergogna ma un sorriso dolce gli attraversava il volto, io, intanto, stavo terribilmente invidiando il mio amico.
Un imbarazzante silenzio si era creato tra di noi.
Spezzai il silenzio.
“Key, io ti aspetto in macchina, arrivederci Taemin-ah”
E con il cuore in gola mi incamminai silenziosamente verso l’uscita di quella scuola di ballo.

Note dell'autrice: Saalve! Vi prego di essere clementi, questo è il mio primo capitolo della mia prima fanfiction!
Spero vi piaccia ^-^
Akari_

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Capitolo 2
*** Pensieri fastidiosi. ***


Pensieri fastidiosi.

Sbattei forte la portiera dell’auto per la frustrazione. Stavo maledicendo me stesso e la mia fottuta timidezza. Mentre desideravo con tutto il cuore di tornare indietro nel tempo, come se fosse davvero possibile, vidi una testa roscia uscire dalla porta della scuola.
Taemin! Panico.
Fortunatamente era sera quindi con cautela mi abbassai sotto al volante stando attento a non farmi vedere.
Lo osservavo da quella posizione scomodissima, vedevo il suo morbido profilo da bambino, flebilmente illuminato da un lampione poco lontano da lui,
aveva l’aria pensierosa ma agitata, non capii cosa stesse cercando a causa del buio circostante ma vedevo perfettamente la sua testa che si muoveva a scatti, prima verso destra, poi verso sinistra, poi un veloce sguardo di fronte a sé e poi ripeteva l’operazione muovendo qualche passo avanti.
Alla fine di questa ‘ricerca’ sembrava piuttosto giù di morale e a testa bassa se ne andò.
Fino a quando non sparì dalla mia visuale non mi tirai su. Quando, finalmente o purtroppo, la sua figura venne assorbita dalla sera mi rimisi a sedere normalmente proprio qualche secondo prima che Kibum schizzasse fuori dalla scuola di danza e raggiungesse a passo svelto l’auto.

Impossibile! Key-ah che impiega così poco per prepararsi. E’ successo qualcosa?!

Aprì la portiera dalla parte del passeggero.
“Minho, hai visto Tae che usciva?”
chiese speranzoso con lo sguardo preoccupato.
“S-si…è…andato da quella parte”
dissi mentre indicavo il punto dove era sparito il ragazzino.
Guardò per un secondo la direzione che gli avevo indicato, poi mi fece un’altra domanda:
“Ha fatto qualcosa di strano quando è uscito?”
“Ha fatto qualcosa… non molto però, si è semplicemente guardato intorno, sembrava che stesse cercando qualcuno”
Risposi mentre nella mia testa iniziava a formarsi qualche domanda.
“E ha trovato chi cercava?”
“No, non credo, è andato via da solo epoi sembrava giù di morale..”
Kibum era pensieroso, aveva una strana luce negli occhi, io ero nel suo stesso stato.
Cercai di sorvolare sulla questione di Taemin, anche se mi risultò difficile non pensarci, e mi concentrai sul fatto che Key, l’Almighty Diva Key, avesse impiegato meno di mezz’ora per prepararsi e per dirla tutta non era neanche tirato a lucido come al solito. Senza troppi giri di parole glielo chiesi,
“Kibum, come mai oggi ci hai messo così poco? E’ successo qualcosa?! Cioè, di solito come minimo impieghi trenta minuti per prepararti”
Il mio amico alzò lo sguardo con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Oh, ecco mi stavo preparando tranquillamente mentre Tae esce praticamente correndo dallo spogliatoio urlandomi un misero «Alla prossima Key hyung» così il mio istinto infallibile da Umma mi ha suggerito che c’era qualcosa di strano. Questo è anche il motivo delle domande di prima. Anche se non saprei dire cos’è successo, sinceramente la faccenda mi preoccupa un po’ ma a quanto vedo sono arrivato troppo tardi”
Finì di parlare e abbassò lo sguardo.

Era strano per uno come Key essere così poco … vitale … c’èra qualcosa che lo preoccupava.

E di conseguenza la sua preoccupazione si trasferì anche addosso a me.
Dopo qualche secondo di pensieroso silenzio ci guardammo e come se non fosse successo nulla mi fece un mezzo sorriso dicendomi
“Dai Honey, accompagnami a casa, non vorrai mica passare la nottata qui davanti!?”
Gli sorrisi di rimando, misi in moto la mia Audi A6 nera e lo riaccompagnai a casa come da routine.
Ci salutammo e fu tempo anche per me di tornarmene nel mio disordinato appartamento.

Ero sfinito, non tanto fisicamente quanto mentalmente. Era possibile che un contatto così minimo con Taemin m’avesse portato via tutte quelle energie?
Buttai il mio giacchetto sulla poltrona, come se in giro non ci fosse già abbastanza disordine, e mi accasciai sul divano a pancia in sue mettendo le mani sotto la testa. E lì, in quel momento l’interruttore del mio cervello si accese.
Tante, troppe domande iniziarono a fare la fila in cerca di una risposta ma io quelle risposte non le avevo!
Non ce la potevo fare.
Accesi la tv e cercai di farmi assorbire completamente da un insulso programma di cucina.
Dopo circa due ore, passate a cambiare canale in cerca di qualcosa di decente da ‘vedere’, finalmente Morfeo mi accolse nel suo mondo.



Intanto, in un grande e ben arredato appartamento c’èra Kibum che si stava preparando per passare la serata con il suo ragazzo, si ragazzo, Kim Jonghyun, uno che a farci a botte perderesti a tavolino, uno arrogante, competitivo e spavaldo, uno che una volta che lo conosci bene cambi totalmente opinione su di lui.
Quello che avrebbero fatto tutta la sera era abbastanza ovvio. Anche se, se fosse stato per Key, avrebbe preferito passare la serata davanti alla tv guardando un film romantico e ingozzandosi di pop-corn.
Ma non avrebbe mai rifiutato una serata col suo amore che gli faceva sempre tornare il sorriso.
Ma nonostante Jong alleviasse tutte le preoccupazioni di Key quelle sarebbero tornate inesorabilmente a punzecchiarlo. Quella notte, mentre quei due facevano l’amore, Kibum rivolgeva una piccola parte del suo cervello a pensare agli avvenimenti di qualche ora prima.

Lui sapeva qualcosa, lui aveva capito chi stava cercando Taemin, lo aveva capito già da qualche giorno ma quella sera ne aveva avuto la conferma.
Key sapeva ma non mi avrebbe mai detto nulla.



Note dell'autrice: Salve, ecco il secondo capitolo :3
Spero che vi piaccia e cercherò di aggiornare il più presto possibile!
Grazie a tutti coloro che leggeranno questa ff!
Akari_

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Capitolo 3
*** Imprevisti. ***


Imprevisti.

La mattina seguente la sveglia impostata sul cellulare mi annunciò l’inizio dei corsi all’università.
Coi muscoli doloranti e indolenziti mi lavai e mi vestii lentamente, quella mattina me la sarei presa comoda, il mio cervello era decisamente in sovraccarico. Gli avvenimenti della giornata precedente mi riempivano il cervello non permettendomi di pensare ad altro, anche se in ogni caso la mia mente sarebbe sempre e comunque arrivata a sbattermi in faccia l’immagine del ragazzino fuori da quella scuola di ballo che si affannava per cercare non-so-cosa.
Come vorrei sapere quello che gli passa per la testa!
Uscii di casa coi neuroni in subbuglio, il vento fresco di quella mattina d’aprile mi colpì il viso scompigliandomi i capelli già in disordine e svegliandomi quasi del tutto; erano già le otto meno venti e per arrivare coi miei soliti cinque minuti d’anticipo fui costretto a prendere la macchina. Arrivato nel cortile, come ogni mattina mi misi seduto sulla panchina a sfogliare gli ultimi argomenti di diritto e rilessi le cose che mi sfuggivano di mente.
Almeno ho i pensieri occupati dalla scuola per un po’.
Il primo corso stava per iniziare e mi diressi verso l’entrata consapevole che neanche i severissimi professori avrebbero potuto farmi tornare alla realtà.

Il tempo passò abbastanza velocemente e senza che me ne accorgessi era già suonata l’ultima campanella e come avevo previsto il mio chiodo fisso altresì noto come Lee Taemin aveva occupato i miei pensieri durante tutte le ore di lezione.
Andai in macchina e mi diressi direttamente al bar del mio amico Lee Jinki che mi aveva offerto quel lavoro tempo prima. Mi aveva detto che potevo andarci quando volevo per dargli una mano o anche per guadagnarmi qualche soldo se fosse stato necessario; quel giorno avevo seriamente bisogno di distrarmi così andai a ‘lavorare’ se si può dire in questo modo. Più che altro era un modo per provare a scordarmi per un po’ i movimenti sinuosi del corpo di Tae durante le lezioni di ballo, cosa che ultimamente mi era difficile, troppo difficile.
Entrai nel piccolo ed accogliente locale che aveva ospitato me e Kibum innumerevoli volte: durante gli acquazzoni, dopo le partite a calcio o anche semplicemente quando volevamo rintanarci da qualche parte e scherzare senza dover pensare a tutto ciò che accade nel resto del mondo; in quei momenti esistevamo solo io, Kibum, Jinki, il locale e le nostre calde risate che si diffondevano nella stanza con quelle rilassanti pareti color crema, i divanetti rossi che creavano un contrasto piacevole ed i tavolini rotondi ai quali una volta che ti ci sedevi diventavano il tuo angolino di mondo dove niente e nessuno poteva raggiungerti.
Una volta tornato alla realtà notai Jinki che mi guardava con aria interrogativa
“Allora?!” mi fece quasi con disappunto inclinando la testa su un lato.
“Eh? Cosa?” replicai disorientato guardandomi intorno.
“Non stavi ascoltando vero?! In poche parole: Come va? Visto che è un’era che non ci sentiamo!” concluse incrociando le braccia al petto e mettendo un fintissimo broncio.
“Oh, ehm, scusami hyung, ultimamente quei dannati professori all’università mi stanno riempiendo di tesi” ero seriamente dispiaciuto per non aver potuto farmi quattro chiacchiere con lui, insomma era uno dei pochi che mi capivano insieme a Jong e Kibum; continuai
“Comunque è tutto occhei, grazie, a te invece come va hyung?” gli feci cercando di convincermi che quelle parole fossero vere, tentativo pressoché inutile.
“Oh tutto bene grazie! Sai ho trovato una ragazza, te la presenterò, preparati, ma attento a non innamorarti di lei!” sentenziò sorridendo a trentadue denti.
“Tu invece Flaming Charisma Minho? Hai trovato qualcuna che ti piace tra le tue fila di spasimanti?” Chiese mentre mi dava allegramente di gomito.
E ora cosa gli rispondo? Andai nel panico; non avevo idea se mi piacesse qualcuna o meno. Ci pensai un po’ su e facendo mente locale non avevo messo gli occhi su nessuna ragazza in particolare …
Senza preavviso il mio cervello formulò la domanda: E se ti piacesse un ragazzo?
Probabilmente smisi di respirare. Non avevo idea di come rispondere.
Un ragazzo? Un uomo come … me?
Mi balenò nella testa l’immagine di una chioma rosso ciliegia fluttuante, la chioma che era la causa per cui mi trovavo in quel locale, la chioma che metteva in subbuglio la mia mente, la chioma nella quale da un anno a questa parte avrei voluto affondare il viso.
Taemin. Mi piaceva? In quel senso? Nessuna risposta da parte dei miei neuroni, o molto più probabilmente avevo paura di dirmi la verità. Si, era decisamente così.
Dopo esser diventato di un colorito violaceo ripresi a respirare, cercando di nascondere il nervosismo risposi esitante a Jinki
“Ehm, si, diciamo che c’è una persona che mi interessa …”
“Ho hoo~, e chi è la fortunata?” sfoderò uno dei suoi sorrisi a quali non sapevo dire di no ed intanto la preoccupazione cresceva dentro di me.
E adesso? Cercai di formulare una buona scusa, o almeno qualcosa di credibile che non fosse la verità, che poi neanche io sapevo ancora qual’era la verità. L’unica cosa che mi venne in mente da dirgli fu
“Bhe..c’è una persona allo stesso corso di danza di Kibum…” cosa che non era del tutto falsa. Neanche il tempo di finire la frase che già aveva sentenziato
“Bene, me la farai vedere al più presto!” strizzandomi l’occhio. Annuii senza avere il coraggio di dire altro; con il pensiero volto a trovare una qualsiasi via d’uscita a questo vicolo cieco in cui mi ero spinto con le mie stesse mani infilai la divisa da barista ed iniziai a servire ai tavoli. Mentre una soluzione stentava ad arrivare la campanella attaccata alla porta trillò per l’ennesima volta interrompendo i miei contorti pensieri.
Oh, ecco dei clienti, era ora!
Finii di passare la pezza sul tavolino che avevo di fronte per poi alzare lo sguardo verso l’entrata del locale per accoglierli con uno dei miei soliti sorrisi finti.
Ma quando i miei occhi caddero sulle due figure appena entrare rischiai di prendermi un infarto. Non tanto per Kibum, anche se non mi aspettavo che oggi passasse al locale, chi mi sconvolse fu … Taemin! Il mio Taemin! Quello che non riuscivo a togliermi dalla mente, ora era di nuovo di fronte a me. Il mio cuore perse un battito e un nodo mi bloccò la gola ma nonostante ciò sentii un sorriso automatico aprirsi sul viso.
“Honey! Sapevo di trovarti qui! Guarda chi ti ho portato!” disse gongolante quell’idiota del mio amico indicando con il pollice il più piccolo che si era rintanato dietro la sua spalla e che mi guardava con una strana espressione negli occhi.
“C-ciao, hyung” sussurrò il ragazzino arrossendo un po’.
“Oh, ciao Taemin…” risposi sentendo un calore da poco familiare salirmi alle guance mentre abbassavo lo sguardo sui miei piedi.
“Ciao Jinkiiii!” urla Key senza curarsi dei clienti nel locale, seppur pochi, mentre agitava il braccio per salutarlo sebbene i due si trovassero a qualche metro di distanza.
“Ciao Kibum! Ciao anche a te-“
“Taemin” terminò la frase la Diva mettendosi in mezzo ed iniziando a fare le presentazioni mentre il più grande era ancora dietro il bancone a fare non so cosa.
“Allora Tae, lui è Lee Jinki, il mio migliore amico insieme a quello spilungone lì che già conosci, ed è il proprietario di questo locale” finì il mio migliore amico soddisfatto mentre il rosso sghignazzava divertito prima di dire
“Piacere hyung, io sono Lee Taemin, frequento lo stesso corso di ballo con la Umm-cioè, con Kibum. Questo locale mi piace molto, è così … accogliente!” terminò con un sorriso guardandosi intorno con un luccichio negli occhi.
“Piacere mio Taemin, mi fa piacere che il bar ti piaccia” concluse Jinki sfoderando uno di quei suoi sorrisi che gli riducevano gli occhi in due fessure, era davvero buffo!
Subito dopo venne verso di noi con un vassoio con quattro tazze tra le mani e ci invitò a sederci ad un tavolino tutti insieme per chiacchierare un po’ e conoscerci meglio.
Ero terribilmente in ansia ma tutto quello che stava accadendo lo avevo vissuto solo nei miei sogni che ritenevo irrealizzabili. Di li a poco mi sarei seduto allo stesso tavolo con Taemin ed avremmo iniziato a parlare del più e del meno; mentre la mia mente ancora non si rendeva conto che non stavo sognando il ragazzino guardò il proprietario e preoccupato gli chiese gentilmente
“Ma hyung, e il lavoro?” il più grande lo guardo sorridendo gentilmente rispondendogli
“Tranquillo, non c’è poi chissà quanta clientela, una piccola pausa posso prendermela visto che sono qui da questa mattina ed in ogni caso c’è il nostro caro amico Choi che può tranquillamente abbandonare il tavolo per qualche minuto per servire i clienti!” concluse poggiandomi il gomito sulla spalla alzandosi sulla punta dei piedi vista la notevole differenza di altezza.
Sbuffai un sorriso poco prima di prendere posto al tavolino; mi sedetti su una delle sedie con l’imbottitura rossa, Jinki posò il vassoio e si mise di fianco a me mentre gli altri due si posizionarono sul divanetto di fronte a noi. Taemin era leggermente accigliato, chissà perché …
Mentre avevamo appena iniziato a parlare dl più e del meno il silenzioso ragazzino chiese nuovamente se per il proprietario non fosse un problema stare a chiacchierare con loro, quest’ultimo gli sorrise dolcemente dicendogli
“Tranquillo Taemin, non c’è alcun problema!” il più piccolo rispose con un timido
“Ehm…occhei” e sfoderò quel suo sorriso diabetico che m’avrebbe fatto cedere le gambe se solo fossi stato in piedi, quel sorriso che avevo iniziato ad ama-
Fermai i miei pensieri prima che potessero arrivare a delle strane conclusioni e mi inserii nella conversazione.
Andò tutto alla perfezione, o quasi. Le cose iniziarono a complicarsi quando Jinki esordì con un
“ Hei Kibum, ma lo sai che al qui presente Choi Minho piace una de tuo corso di ballo?!”
Oh, dannazione! Questa è la fine, me lo sento! E in più qui c’è anche Tae!
Il mio ragazzino diventò tutto rosso, quasi come i suoi capelli ed abbassò lo sguardo torvo.
“OH MY GAWD!” urlò teatralmente Kibum sbattendo le mani sul tavolino mentre si alzava e mi guardava con gli occhi sgranati
“E’ davvero così Honey?” mi domandò il mio migliore amico con un tono tra lo sconvolto e l’offeso.
Oh diamine, se l’è presa, se l’è presa da morire, per quanto non mi parlerà? Una settimana? Un mese? Ma non posso confessargli che io … amo … Taem … in.
Ecco, l’ho detto, cioè, l’ho pensato.
Non sapevo cosa fare, come uscire da quella situazione alquanto imbarazzante. L’unica cosa ‘sensata’ che mi venne da fare fu alzarmi di scatto farfugliando un confuso
“Non sono cose che vi riguardano” in preda al panico; lanciai un ultimo sguardo al ragzzino che aveva assistito a tutta la scena in completo silenzio con lo sguardo fisso sulle sue mani strette a pugno poggiate sulle sue cosce, aveva le nocche bianche e le corte unghie conficcate nei palmi. Sussurrai uno sbiascicato e quasi incomprensibile
“Scusami Tae” subito prima di farmi investire dall’aria fresca del tardo pomeriggio.
Sfilai via sotto lo sguardo allibito dei miei due migliori amici.
Che casino, che immenso casino!; continuavo a ripetermi dopo essermi ripreso.
In pochi secondi fui subito in macchina; misi in moto, dallo specchietto potevo vedere Kibum che dava in escandescenza gesticolando sulla soglia del locale. Avrei subito una seria, serissima ramanzina una volta che tutto questo sarebbe finito.
Scusami tanto Umma,
pensai mentre sfrecciavo verso il mio appartamento e vidi scomparire la sua figura nel buio di quel pomeriggio inoltrato.
Solcai le strade le buie strade dei quartieri di Seul a tutta velocità con l’unica consolazione che una volta arrivato a destinazione ci sarebbe stato il mio letto ad accogliermi.
Ne ero convinto, il giorno dopo, se non la sera stessa, il mio amico mi avrebbe buttato giù la porta di casa chiedendo spiegazioni, e in tal non ci sarebbe stata via d’uscita. Arrivai sul pianerottolo, infilai la chiave nella toppa a fatica, entrai e mi richiusi il portone alle spalle ritrovandomi finalmente dentro quelle quattro mura che mi facevano sentire al sicuro. Mi accasciai scivolando contro quest’ultima finendo per terra con le mani affondate nei capelli castani, gli occhi sgranati, increduli puntati contro il pavimento in legno scuro. Come ogni volta che perdevo la pazienza sbattei il pugno a terra sentendo il tonfo secco della botta; mi faceva male la mano ma me ne fregai, mi morsi la guancia per distrarmi dal dolore e per non far sgorgare le inutili lacrime che mi stavano offuscando la vista già abbastanza ridotta a causa del buio. Mi ripresi leggermente e lentamente mi alzai; vagai alla cieca verso il mio letto che non toccavo da più di un giorno. Mi ci tuffai sopra affondando il viso nei cuscini morbidi e profumati. Piansi qualche lacrima di rancore, cosa decisamente non da me.
Chi avrebbe mai detto che l’arrogante e competitivo Choi Minho potesse piangere? Per ragioni così futili poi?
Il problema è che per me era importante, Tae era importante per me, e anche se non volevo ammetterlo io, io l’amavo.
Con quei pensieri che mi frullavano nella testa mi lasciai cullare dai rumori della città mentre continuavo a rimproverare me stesso senza una ragione apparente.
Finalmente Morfeo mi accolse nel suo mondo dove potei dimenticarmi di tutto per qualche ora.

Note dell'autrice:
Chiedo venia per l'infinito ritardo!
Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo :3
Akari_

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Capitolo 4
*** Nervousness. ***


Nervousness.

Le immagini dei corridoi scorrevano veloci sotto i miei occhi. Camminavo a passo svelto girando la testa in una frazione di secondo, prima a sinistra, poi a destra, poi ancora volgevo lo sguardo dietro di me, osservavo tutto quello che avevo intorno per captare ogni minimo segno della sua presenza.
Nulla.
Il corridoio era illuminato dalla calda luce del sole che però in quel momento mi sembrava così fredda e tetra senza il suo sorriso ad accompagnarla. Quest’ultima entrava placidamente dalle non troppo ampie finestre, le quali davano sugli ormai deserti e malandati campi da tennis. Le mura intorno a me stavano diventando opprimenti; mi mancava l’aria.
Dov’è? Dove diavolo è?!
Continuavo a ripetermi queste domande senza che però arrivasse la risposta. Il respiro mi si stava facendo affannoso ed iniziavo a sentire il battito del cuore che accelerava iniziando a martellarmi nel petto a più non posso. Mossi qualche passo in avanti dove due corridoi si incrociavano, di fronte non c’era nessuno, sperai con tutto me stesso di trovarlo dietro l’angolo. Ancora un passo prima di svoltare e…nulla.
Ancora un vuoto, straziante e disarmante nulla.
Feci qualche altro metro immerso nello sconforto fino a quando le mie orecchie non captarono delle voci lontane ed indistinte.
“Taemin?!” la voce uscì automaticamente senza che avessi dato alcun comando alle mie corde vocali visto che in quel momento il mio cervello era completamente fuori uso. Le voci non cessarono ma non ebbi risposta; iniziai a camminare a passo svelto verso di esse. Piano piano riuscii a capire che le voci che sentivo erano di alcuni ragazzi che stavano urlando. Chissà per quale motivo poi. Qualcosa scattò nella mia testa. Taemin è in pericolo.
Iniziai a correre senza preavviso, ormai avevo affidato tutto me stesso all’istinto; sentivo sempre più chiaramente le grida incazzate di quegli studenti.
Avevo paura, paura che di fronte ai miei occhi si sarebbe potuta presentare quella scena. Correvo ma tutto quello che sentivo invece d’avvicinarsi s’allontanava, sempre di più, come un traguardo che non sarei mai riuscito a tagliare. Poi d’un tratto un rumore metallico colpì i miei timpani come un pugno in pieno stomaco. Mi bloccai di colpo, per una frazione di secondo.
Banchi e sedie che vengono spostati bruscamente?... Oh cazzo!
Ricominciai a correre se possibile ancora più forte. Correvo e non pensavo a nulla, nulla tranne alla paura che si faceva strada nel mio stomaco e lo arpionava, come un’aquila che stringe gli artigli sulla sua preda. Svoltai per l’ennesima volta e vidi una porta semiaperta; era da lì che veniva tutto quel casino. Iniziai a sudare freddo, tremavo.
Io, il Flaming Charisma che trema come una foglia?! Ma che cazz…
Accantonai il tremore con non poca fatica e spinsi forte la porta; era bloccata, probabilmente da un’infinità di banchi e sedie. Una spallata. Ancora non riuscivo a passare in quell’angusto spazio che si era aperto. Qualcuno dall’interno dell’aula esordì con un
“Che cazzo vuoi? Hai voglia di essere pestato anche tu? Entra se hai il coraggio stronzo!”
Probabilmente a parlare fu il capo di quel gruppo, si un gruppo di bulletti che non avendo nulla da fare si erano trovati qualcuno da importunare. Non sopportavo queste cose, mi facevano salire una rabbia incontrollabile. Ero pronto a spaccare la faccia a tutti quelli che avrei trovato aldilà di quella porta. Ormai la paura stava scemando quasi del tutto, l’incazzatura si fece strada dentro di me. Mi promisi di sbrigarmi con quegli idioti per poi tornare alla ricerca di Tae, il vero motivo per cui ero li.
Poi, quell’immagine terrificante mi si presentò d’innanzi gli occhi della mente.
No! Mi rifiuto di pensare che dall’altra parte possa esserci quella scena.
Cercai di convincermi che dietro quel pannello non avrei trovato ciò che più temevo.
Diedi un’altra forte spallata, la porta si aprì ancora un po’, abbastanza da permettermi di intrufolarmi all’interno. Cercai di far passare il mio corpo in quello spazio mentre sentivo dei passi venire verso di me e nuove imprecazioni si levarono dalle bocche di quei ragazzi. Provai ad aprire ancora un po’ spingendo via la montagna di ferraglia che bloccava l’entrata e finalmente riuscii a vedere cosa stava accadendo.
Per prima cosa i miei occhi caddero sul caos indescrivibile che riempiva l’ambiente. C’erano banchi e sedie ammassati e ribaltati, in un angolo e di fronte alla porta per bloccarla, le finestre erano tutte categoricamente chiuse e con le tendine tirate, l’unica fonte di luce erano le lampade al neon che pendevano dal soffitto e creavano una strana atmosfera.
Infine il mio sguardo si fossilizzò per un attimo su quella scena.
Dannazione! Tutto ma non quello!

Mi svegliai di soprassalto scattando seduto sul letto; la fronte imperlata da delle fredde e fastidiose goccioline di sudore. Mi guardai intorno senza una ragione apparente, forse volevo sincerarmi d’esser solo. Ed ovviamente era così. Chi, cosa, avrebbe dovuto esserci?
Sentivo come se mancasse qualcosa, come se mi fossi scordato qualcosa di importante, come se dovessi sapere qualcosa che mi sfugge di mente, una sensazione frustante, un brutto presentimento. Mi sentivo strano ed avevo lo stomaco in subbuglio, sintomo che c’era qualcosa che mi preoccupava.
Mi alzai e mi vestii macchinalmente tenendo la mia attenzione fissa verso ciò che provavo in quel momento. Quel giorno avrei saltato i corsi all’università; non avevo una ragione ben precisa ma c’erano troppe cose fuori posto nella mia mente, se le avessi accumulate alle tesi non avrei retto. Avevo bisogno assolutamente di distrarmi, camminare sotto il cielo limpido e lasciarmi scompigliare i capelli dal vento fresco sperando che quest’ultimo riuscisse a far volare via anche tutte le mie preoccupazioni e i pensieri superflui.
Quel giorno però il velo del cielo era strano, era si d’un celeste da togliere il fiato ma sembrava in procinto d’annuvolarsi per mettersi a piovere da un momento all’altro; ciò mi mise addosso una strana e leggera inquietudine, come quando i sottili ed invisibili fili di una ragnatela ti si avvolgono appiccicosi attorno alla mano che, ad un primo sguardo sembra non aver nulla di strano. Poi, appena cerchi di muoverla li senti tutti, uno ad uno, finissimi ed elastici rallentano i tuoi movimenti.
Una sorta di inquietudine che c’è ma non si sente.
Camminavo lentamente per le strade del mio quartiere semi-periferico che ormai conoscevo a memoria, come le mie tasche. Non avevo una meta, avrei camminato fino a quando il brutto presentimento non fosse scemato del tutto , cosa che speravo accadesse al più presto.
Passai davanti al parco, quella che aveva nascosto così tante volte me e Kibum quando eravamo piccoli che avevamo perso il conto. Quello che era diventato la nostra dimora, dove ci sentivamo molto più al sicuro rispetto alle nostre vere case. Andavamo li quando i miei iniziavano a litigare ed i suoi uscivano ad ubriacarsi lasciandolo solo durante la notte; quando eravamo li andavamo ai piedi del grande albero, dietro al nostro cespuglio che ci isolava dagli altri e ci stringevamo forte, fortissimo, piangendo per poi cercare di ritirarci su il morale facendoci il solletico o dando la caccia alle formiche che si nascondevano nella corteccia. Ci divertivamo un mondo ma com’era ovvio che fosse arrivava il momento di dividerci ed ogni volta venivamo strappati l’uno dalle braccia dell’altro senza alcun pudore mentre entrambi piangevamo, ancora, e scalpitavamo contrariati. Andava sempre a finire a quel modo, prima per mano della polizia, poi per dei passanti poi ancora per mano dei nostri genitori che alla fine avevano capito dove ci cacciavamo ogni volta e sistematicamente ci riportavano in quelle case degli orrori che detestavamo con tutti noi stessi.
Rompevano i nostri abbracci lasciandoci spaesati e trascinandoci sempre più lontani l’uno dall’altro, separavano due gemelli siamesi che fino ad allora avevano sempre l’altro accanto e che all’improvviso si trovavano a camminare da soli ognuno per la propria strada, mandavano in mille pezzi la tanto agognata pace che a stento riuscivamo a raggiungere. Ma ciò non ci ha mai scoraggiato, siamo sempre tornati lì, al solito posto più stanchi e più bisognosi d’affetto di prima fregandocene di quello che i nostri genitori avrebbero pensato, anche la gente ci guardava male pensando chissà cosa ma a noi non importava, ci bastava, ed ancora oggi ci basta, stare insieme per farci tornare il sorriso che a quel tempo si vedeva troppo poco sui nostri volti. C’erano giorni in cui aspettavo ore ed ore ma lui non si faceva vivo, attendevo fino a sera senza perdere mai la speranza desiderando di poter tirare nuovamente i capelli a quel fratello acquisito che volevo così tanto proteggere. Si, già da ragazzino mi ero ripromesso che avrei fatto di tutto per non farlo soffrire, avrei difeso quell’unica persona che riusciva a comprendere quello che stavo passando perché in fin dei conti anche lui era nella mia stessa condizione. Avrei protetto colui che odiava vedermi col broncio e che per tirarmi su il morale faceva delle facce buffissime con quelle sue labbra perfettamente a cuore e gli occhietti piccoli ma che promettevano avere uno stupendo taglio felino.
Mi ero promesso di proteggere quel ragazzino che dentro di sé era più grande di chiunque altro; quel ragazzino più grande anche di me ma che io vedevo così indifeso con quel suo buffo e gracile corpo non abbastanza robusto per dei bambini di nove anni, i capelli li aveva scuri, scurissimi quanto gli occhi dalle già lunghe ciglia. L’unica cosa che era cambiata da allora erano i suoi capelli, che aveva tinto di un biondo chiarissimo che però rasentava il giallo limone.
Sorrisi lievemente pensando a tutto il tempo passato insieme a Kibum ma il mio viso si spense subito pensando alla discussione di pochi giorni prima.
Key ancora non mi parlava ed io ci stavo male, malissimo. Avevo provato a chiamarlo per chiedergli scusa più e più volte ma lui mi aveva sempre riattaccato il telefono senza lasciarmi dire una parola. Sperai almeno di riuscire a parlargli quando quel giorno sarei passato a prenderlo per portarlo alla lezione.
Tornai alla realtà guardando l’orologio e mi accorsi che effettivamente era ora di tornare a casa visto che avevo camminato per circa due ore senza che me ne accorgessi ritrovandomi non so come non troppo lontano dal mio appartamento. A piedi ci avrei messo una trentina di minuti nei quali non smisi di tormentarmi pensando al brutto presentimento che continuava a farsi strada nelle mie viscere. Distesi la mano dei miei pensieri, la sentii … la ragnatela fatta di finissimi fili d’inquietudine era ancora lì come c’era da aspettarsi. Nessuno sa quanto avrei voluto trovare all’istante il fulcro di quelle ansie così da poterle debellare ma la verità è che qualcuno lassù voleva che gli eventi seguissero solo e unicamente quel corso.

Dopo qualche ora parcheggiai la mia auto non troppo lontano da un abbastanza ampio cancello verde scuro che si apriva su un piccolo spiazzale all’interno del quale spuntava qualche aiuola solitaria e con l’erba mezza calpestata e secca. L’edificio, se così si poteva chiamare, che mi ritrovai di fronte assomigliava in una maniera paurosa ad una fabbrica; le pareti esterne erano di un noiosissimo grigio topo che sminuiva infinitamente tutto ciò che gli era attorno e conferiva un’aria quasi spettrale all’insieme. Ricontrollai mentalmente l’indirizzo che mi ricordavo dalla conversazione di qualche giorno prima avuta al locale di Jinki cercando di trovare anche un modo per piombare di fronte a Taemin senza sembrare un idiota totale, ma soprattutto cosa gli avrei detto dopo la scenata che era stato costretto a vedere?
Mentre continuavo a scervellarmi la campanella dell’istituto suonò annunciando la fine delle lezioni ed i miei occhi scattarono verso la grande porta a vetri dalla quale iniziarono ad uscire flotte di giovani liceali urlanti di gioia per la riconquistata libertà. Il mio sguardo esaminava ogni volto cercando quello del mio ragazzino o più semplicemente cercavo una testolina fluttuante color ciliegia che però stentava ad entrare nel mio campo visivo. Il brutto presentimento, che da quella mattina mi tormentava, era tornato a farsi sentire, più forte di prima. Ormai il piccolo spiazzale era quasi deserto salvo qualche gruppetto di ragazze che si stavano mettendo d’accordo su cosa fare nel pomeriggio; avanzai verso l’entrata della scuola a passo svelto, mentre il mio stomaco si contorceva nel mio addome. Incrociai una ragazza bassa e carina che stava uscendo in quel momento e cercando di non farle notare l’agitazione le chiesi gentilmente “Scusami, hai per caso visto un ragazzo coi capelli rosso ciliegia a caschetto alto più o meno così?” terminai la frase portando mi la mano all’altezza degli occhi. Lei scosse la testa in segno di diniego e si allontanò silenziosamente con un espressione interrogativa sul volto dai lineamenti dolci.
Che figuraccia!
Chiusi gli occhi e scossi la testa cercando di liberarmi dei pensieri superflui e continuai con la mia ricerca.
Sentivo l’agitazione scuotere il mio corpo mentre vagando nel cortile aggirai l’edificio e cercavo una possibile uscita secondaria che poteva avermi fatto perdere le tracce di Tae. Nulla. Di uscita c’è n’era una sola e da quest’ultima ero sicuro che lui non ne fosse uscito. Mi catapultai all’interno della scuola.
Le immagini dei corridoi scorrevano veloci sotto i miei occhi. Camminavo a passo svelto girando la testa in una frazione di secondo, prima a sinistra, poi a destra, poi ancora volgevo lo sguardo dietro di me, osservavo tutto quello che avevo intorno per captare ogni minimo segno della sua presenza.
Nulla.
Il corridoio era illuminato dalla calda luce del sole che però in quel momento mi sembrava così fredda e tetra senza il suo sorriso ad accompagnarla. Quest’ultima entrava placidamente dalle non troppo ampie finestre, le quali davano sugli ormai deserti e malandati campi da tennis. Le mura intorno a me stavano diventando opprimenti; mi mancava l’aria.
Dov’è? Dove diavolo è?!
Continuavo a ripetermi queste domande senza che però arrivasse la risposta. Il respiro mi si stava facendo affannoso ed iniziavo a sentire il battito del cuore che accelerava iniziando a martellarmi nel petto a più non posso. Mossi qualche passo in avanti dove due corridoi si incrociavano, di fronte non c’era nessuno, sperai con tutto me stesso di trovarlo dietro l’angolo.
Ancora un passo prima di svoltare e…nulla.
Ancora un vuoto, straziante e disarmante nulla.
Feci qualche altro metro immerso nello sconforto fino a quando le mie orecchie non captarono delle voci lontane ed indistinte.V “Taemin?!” la voce uscì automaticamente senza che avessi dato alcun comando alle mie corde vocali visto che in quel momento il mio cervello era completamente fuori uso. Le voci non cessarono ma non ebbi risposta; iniziai a camminare a passo svelto verso di esse. Piano piano riuscii a capire che le voci che sentivo erano di alcuni ragazzi che stavano urlando. Chissà per quale motivo poi. Qualcosa scattò nella mia testa. Taemin è in pericolo.
Iniziai a correre senza preavviso, ormai avevo affidato tutto me stesso all’istinto; sentivo sempre più chiaramente le grida incazzate di quegli studenti.
Avevo paura, paura che di fronte ai miei occhi si sarebbe potuta presentare quella scena. Correvo ma tutto quello che sentivo invece d’avvicinarsi s’allontanava, sempre di più, come un traguardo che non sarei mai riuscito a tagliare. Poi d’un tratto un rumore metallico colpì i miei timpani come un pugno in pieno stomaco. Mi bloccai di colpo, per una frazione di secondo.
Banchi e sedie che vengono spostati bruscamente?... Oh cazzo!
Ricominciai a correre se possibile ancora più forte. Correvo e non pensavo a nulla, nulla tranne alla paura che si faceva strada nel mio stomaco e lo arpionava, come un’aquila che stringe gli artigli sulla sua preda. Svoltai per l’ennesima volta e vidi una porta semiaperta; era da lì che veniva tutto quel casino. Iniziai a sudare freddo, tremavo.
Io, il Flaming Charisma che trema come una foglia?! Ma che cazz…
Accantonai il tremore con non poca fatica e spinsi forte la porta; era bloccata, probabilmente da un’infinità di banchi e sedie. Una spallata. Ancora non riuscivo a passare in quell’angusto spazio che si era aperto. Qualcuno dall’interno dell’aula esordì con un
“Che cazzo vuoi? Hai voglia di essere pestato anche tu? Entra se hai il coraggio stronzo!”
Probabilmente a parlare fu il capo di quel gruppo, si un gruppo di bulletti che non avendo nulla da fare si erano trovati qualcuno da importunare. Non sopportavo queste cose, mi facevano salire una rabbia incontrollabile. Ero pronto a spaccare la faccia a tutti quelli che avrei trovato aldilà di quella porta. Ormai la paura stava scemando quasi del tutto, l’incazzatura si fece strada dentro di me. Mi promisi di sbrigarmi con quegli idioti per poi tornare alla ricerca di Tae, il vero motivo per cui ero li.
Poi, quell’immagine terrificante mi si presentò d’innanzi gli occhi della mente.
No! Mi rifiuto di pensare che dall’altra parte possa esserci quella scena.
Cercai di convincermi che dietro quel pannello non avrei trovato ciò che più temevo.
Diedi un’altra forte spallata, la porta si aprì ancora un po’, abbastanza da permettermi di intrufolarmi all’interno. Cercai di far passare il mio corpo in quello spazio mentre sentivo dei passi venire verso di me e nuove imprecazioni si levarono dalle bocche di quei ragazzi. Provai ad aprire ancora un po’ spingendo via la montagna di ferraglia che bloccava l’entrata e finalmente riuscii a vedere cosa stava accadendo.
Per prima cosa i miei occhi caddero sul caos indescrivibile che riempiva l’ambiente. C’erano banchi e sedie ammassati e ribaltati, in un angolo e di fronte alla porta per bloccarla, le finestre erano tutte categoricamente chiuse e con le tendine tirate, l’unica fonte di luce erano le lampade al neon che pendevano dal soffitto e creavano una strana atmosfera.
Infine il mio sguardo si fossilizzò per un attimo su quella scena.
Dannazione! Tutto ma non quello!

Note dell'autrice: Scusatescusatescusate! *profondo inchino*
Sono una dannatissima ritardataria, spero che continuerete a seguirmi comunque ç_ç
Grazie a tutti coloro che leggeranno questo capitolo e quelli successivi *w*
Khansa hanmidaa~ <3
Akari_

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Capitolo 5
*** Revelations. ***


Revelations.

Pesanti colpi alla porta. Urla incazzate e calci che non accennavano a smettere mi circondavano colpendomi anima e corpo. Le voci riecheggiavano intorno a me senza che però riuscissi a comprendere il loro significato. Qualcuno stava provando ad entrare, qualcuno stava venendo a salvarmi?
Almeno credevo fosse così, in quel momento ero concentrato nell’isolare la mia anima in una stanza insonorizzata in attesa della fine di tutto, come accadeva quasi ogni giorno. Non potevo farci nulla, non potevo ribellarmi o quelli li avrebbero picchiato ancora più forte. Non mi rimaneva che creare una barriera per proteggere i stralci della mia anima, volevo custodire almeno i pochi brandelli che ne erano rimasti. Che rovinassero pure il mio corpo, le ferite fisiche, quelle si rimarginano, anche se rimangono le cicatrici. Il vero problema erano le ferite del cuore e dell’anima, quelle sono quasi impossibili da far guarire, ed in questo campo io avevo molta esperienza, forse troppa. Sta di fatto che i squarci che avevo nel cuore sanguinavano ancora abbondantemente lasciandomi vuoto, sfinendomi e rendendo Lee Taemin non più una persona ma un corpo, un agglomerato d’apparati senza sentimenti, senz’anima, un involucro che ormai non aveva più nulla dentro di se. Innalzai il mio scudo e rimasi fermo, immobile, come da routine: loro picchiavano, io soffrivo, se ne andavano, nessuno aveva visto o sentito nulla e il giorno dopo sarebbe accaduta la stessa identica cosa.  
Mai mi sarei aspettato che quel giorno qualcuno stravolgesse questo ciclo.
Le spallate contro la porta cessarono e dedussi che qualcuno era riuscito ad entrare, i bulli che mi stavano pestando si arrestarono visto che non sentivo più i calci arrivare. Trovai un po’ di coraggio ed aprii gli occhi, la stanza era completamente a soqquadro come la ricordavo quando mi ci avevano spinto dentro. L’unica novità era l’ammasso di ferraglia davanti alla porta messa lì ovviamente per non far entrare nessuno, o almeno era questo ciò che riuscivo a vedere mentre ero ancora accasciato sul pavimento con i corpi dei bulli a coprirmi la visuale. Poi uno di loro si fece avanti, sbraitando cose che non volevo sentire, e riuscii a scorgere il nuovo arrivato pregando che, chiunque fosse stato, sarebbe riuscito a tirarmi fuori da quella situazione rimanendone illeso. La prima cosa che riuscii a vedere del tizio appena entrato erano le converse nere e i jeans scuri e stretti che gli fasciavano perfettamente le gambe, gambe che conoscevo troppo, troppo bene. Sgranai gli occhi appena i miei neuroni si rimisero in funzione e sentenziarono ciò che temevo e che al contempo speravo con tutto il cuore.
Era Minho. Non avevo dubbi.
Ebbi un tuffo al cuore.
Cosa ci faceva lui qui? Nella mia scuola!
La sua facoltà era abbastanza lontana da li, dubitavo che fosse finito per caso in un liceo statale malmesso, magari era tutto calcolato, magari sapeva che quello era il
MIO Liceo Statale malmesso, magari

Bloccai i miei pensieri contorti prima di arrivare ad una conclusione alquanto improbabile, e che mi avrebbe lasciato con l’amaro in bocca. Ricollegai il cervello al mondo esterno prendendo atto di ciò che mi accadeva intorno anche se avrei preferito di gran lunga tornare a fantasticare lasciando che le cose si risolvessero da sole come accadeva ogni dannato giorno ma in questo caso non potevo fare come al solito, no perché di fronte a quei bulli di merda c’era Lui.
Non sapevo se essere felice oppure in ansia; non volevo che quegli stronzi facessero male a Minho, il mio Minho, avrei ucciso, non so come o con quali forze, chiunque avesse osato fargli del male, lo amavo troppo per permettere che ferissero anche lui, una delle poche persone a cui tenevo davvero, l’unica persona che avrei mai amato.
Si, ero da poco arrivato alla conclusione d’amarlo, o più precisamente mi ero appena arreso all’idea di essermene innamorato visto che in realtà provavo questi sentimenti da molto, molto tempo, diciamo, dalla prima volta che il mio sguardo l’aveva incontrato. Non appena i miei occhietti curiosi si erano posati sulla sua figura avevo imboccato il sentiero che mi avrebbe inevitabilmente portato ad amarlo, esattamente dove mi trovavo in quel momento. L’avevo subito inquadrato, Choi Minho, alto e col fisico di un atleta, le gambe snelle e le braccia muscolose ma non troppo, era a dir poco perfetto. Poi, quei suoi capelli scuri che incorniciavano il volto perennemente serio che si ammorbidiva leggermente solo quando era con Kibum, lo vedevo che se ne stava sempre nel corridoio, appena fuori la porta ed aspettava che l’amico finisse la lezione per poi riportarlo a casa, tutte le volte, vedevo come ogni tanto sbirciava dentro l’aula e speravo che lui non vedesse quando puntualmente  lo cercavo con lo sguardo, ma tanto probabilmente non sapeva neanche della mia esistenza, di cosa avrei dovuto preoccuparmi?
I primi tempi, nello sconforto più totale avevo creduto che quei due stessero insieme visto tutto quello che Minho faceva per l’altro. La prima volta che pensai una cosa del genere il mio cuore si incrinò pericolosamente; non sapevo come, quando o perché il mio cervello fosse giunto ad una tale conclusione così –fortunatamente– insensata. Si, perché dopo pochi giorni, grazie al cielo, ed alle voci che si diffondevano a macchia d’olio all’interno del nostro gruppo, riuscii a scoprire che quei due non stavano affatto insieme e che erano semplicemente migliori amici, fatto sta che finche non mi arrivò quella notizia avevo temuto d’averlo perso nonostante non fosse mai stato mio; mi ero trasformato in una sottospecie di fantasma, senza emozioni, senza forze, ero vuoto, ero diventato un vegetale che si trascinava impassibile, con occhi spenti senza un briciolo di luce, di vita, per le strade di Seul seguendo macchinalmente la routine di tutti i giorni, persino farmi picchiare si era rivelato meno fastidioso del solito in quel periodo.  Persino mangiare si era rivelato un bisogno superfluo di cui riuscivo a fare a meno, chi ne aveva bisogno? Io no di certo, non mi serviva mangiare o tantomeno dormire, ma forse abbandonarmi tra le braccia di Morfeo era l’unico modo di scampare al dolore per una misera manciata di ore. Di riempire il mio stomaco però non se ne parlava, come ho detto prima non trovavo una ragione per la quale dovessi mangiare, vivere, respirare, ormai ero convinto che Minho non fosse alla mia portata, più di quanto non lo fosse in precedenza, che avrei dovuto fare? La miglior aspettativa che mi ero fatto era quella di marcire, dentro e fuori e diciamo che avevo imboccato la giusta strada. Magari qualcuno avrebbe trovato stupida la mia reazione a quella falsa notizia chiedendomi “Come puoi ridurti così per una persona con cui non hai neanche mai parlato?!”
Ho potuto, non so come, ma appena quell’idea si è fatta strada nella mia ragione ho sentito rompersi qualcosa, il pavimento sottilissimo, che mi divideva ancora per miracolo da quell’abisso nero e denso senza via d’uscita, è scoppiato in mille pezzi facendo iniziare senza preavviso la mia caduta libera verso di esso e più cadevo più la bellissima luce nella quale ero vissuto fino a quel momento si allontanava dai miei occhi e dalla mia anima, quella luce composta da Lui, Minho, dai suoi occhi sempre attenti ma schivi, quegli occhi grandi e timidi di un caldo color castagna che ogni tanto vedevo puntati verso di me, o molto più probabilmente verso qualcuno o qualcosa sulla stessa linea del suo sguardo. Si, perché non avrebbe mai potuto guardarmi, il bellissimo e strapopolare, da ciò che avevo sentito, Choi Minho che guardava l’insignificante e sfigato Lee Taemin, impossibile no?!
Poi però, Lui non accompagnò più Kibum hyung per un paio di settimane e durante la sua assenza, la sera della cena coi nostri compagni, Key, soprannome davvero adatto per lui visto il suo talento naturale nel risolvere ogni problema, era stato l’unico a preoccuparsi per me, l’unico che si era gentilmente offerto di accompagnarmi al ristorante per poi riportarmi a casa nonostante avesse dovuto allungare il tragitto per tornarsene a casa. Le mie esili spalle si curvarono visibilmente verso il basso quando il mio hyung si propose  di scortarmi realizzando solo qualche momento dopo che Minho non c’era.

Lo rividi qualche giorno dopo, strafelice che fosse tornato, impaziente di poter tornare a lanciargli quelle silenziose e segrete occhiate di cui non si sarebbe mai accorto. Senza preavviso, quello stesso giorno appena finita la lezione iniziai a chiacchierare con Kibum che lentamente durante la nostra conversazione si avvicinava all’uscita dell’aula oltre la quale mi sarei trovato di fronte Lui, questa consapevolezza mi mise addosso un’agitazione terribile  che cercai di dissimulare continuando a chiacchierare, forse anche troppo energicamente. Senza alcuna via di fuga me lo ritrovai di fronte accorgendomi solo in quel momento quanto fosse alto; dopo che Key gli saltò letteralmente addosso, facendomi sentire una specie di terzo in comodo, senza preavviso quest’ultimo iniziò a fare le presentazioni  e per la prima volta sentii la sua voce, così calda e profonda. Immaginai che effetto facesse il mio nome pronunciato da lui ma subito mi rimproverai mentalmente cercando di smetterla di pensare come una ragazzina di 13 anni e cercando di riacquistare la sanità mentale che in pochi attimi per colpa di quel fusto era andata a farsi benedire. Mentre Kibum pronunciò il suo nome mi venne quasi da ridere, avrei voluto rispondergli “Si, lo so come si chiama!” ma mi trattenni dal farlo per evitare una orribile figuraccia.
Era così bello stargli vicino e avrei voluto che quei minuti non passassero mai ma improvvisamente Minho si dileguò con un misero
“Key, io ti aspetto in macchina, arrivederci Taemin-ah”. Inutile dire che il minuscolo barlume di felicità che mi aveva attraversato si spense in un battito di ciglia; me ne rimasi immobile a sbattere le palpebre sperando che tornasse indietro con un sorriso stampato sulle labbra dicendoci che era tutto uno scherzo per poi iniziare a chiacchierare del più e del meno tra di noi. Ma quelle erano solo stupide fantasie che sarebbero rimaste tali, infatti lo guardai sparire nel labirinto dei corridoi della scuola senza poter far nulla.
Anche il mio hyung rimase stizzito di fronte a quel comportamento ma non feci domande, d’altronde non erano affari miei, no?! Anche se… avrei voluto davvero sapere cosa passava per la testa a quello spilungone.
Così, senza preavviso mi balenò nella mente di dovermi sbrigare per raggiungere Minho sotto l’accademia dove stava aspettando Kibum; ma a quale scopo? Solo per vederlo qualche secondo in più? Per parlargli? Di cosa poi? A malapena ci eravamo presentati e già pretendevo di avere una conversazione –su non so cosa – con lui? Stavo perdendo la ragione, oh si, ma c’era da dire che la maggior parte della colpa andava addossata a Key-hyung che, con estrema nonchalance, mi aveva trascinato inevitabilmente davanti a lui non immaginandosi minimamente quale immenso e confuso e assurdo turbinio d’emozioni mi avesse provocato quel gesto ovviamente non premeditato.  Spero non l’avesse fatto a posta, era impossibile che avesse capito che mi piacesse da morire il suo amico, no?! Come mi ero detto di fare mi lavai come un fulmine, mi infilai addosso i vestiti in un batter d’occhio congedandomi dal mio amico con un veloce segno della mano contando sul fatto che, come al solito, ci avrebbe messo secoli e secoli prima d’esser pronto così da poter risparmiarmi una sua prevedibile sfuriata annessa a domandine alquanto imbarazzanti del tipo: ”Come mai ci hai messo così poco a prepararti Taeminnie?!” –soprannome affibbiatomi da lui in persona non so per quale diamine di motivo– . Avrei decisamente preferito evitare tutto ciò. Mi precipitai giù per le rampe di scale che mi dividevano dalla fredda serata primaverile ma soprattutto che mi dividevano da un bellissimo Minho sicuramente seduto tutto tranquillo nella sua macchina che di li a poco si sarebbe visto piombare davanti al finestrino un adolescente a lui quasi sconosciuto che avrebbe voluto intrattenere una breve chiacchierata con lui senza un motivo apparente. Alquanto sarcastica la faccenda. Quella sera i gradini sembravano non finire mai cosa che non mi dispiaceva troppo visto che avrei dovuto pensare a qualcosa di vagamente sensato da farmi uscire dalle labbra una volta trovatomi di fronte a Lui. Vedevo chiaramente l’uscita della scuola che affacciava sulla tranquilla e tiepida serata durante la quale avrei avuto la più unica che rara occasione di conoscere meglio colui che occupava quasi costantemente la mia mente da circa un anno e mezzo. Il problema però era quello di riuscire a trovare quattro parole sensate da dirgli per riuscire ad attaccare col discorso ma, fatalità, quella sera ero dannatamente a corto di idee.  Una volta fuori dall’edificio l’aria mi colpì il volto ma senza darmi fastidio, sbattei un paio di volte le palpebre per abituarmi all’oscurità rischiarata solamente da qualche raro e debole lampione che emettendo una luce fioca conferivano tutto intorno a me un’aria quasi spettrale, e non è che io fossi proprio un amante dell’horror o cose di questo genere.
La mia mente era ancora vuota, priva di idee ma non me ne curai più di tanto visto che ormai era fatta, mi sarebbe bastato individuarlo e dirigermi senza esitazione verso di lui; poi avrei pensato al resto. I miei pensieri si rivolsero nuovamente all’ambiente che mi circondava dove di Minho non c’era traccia, ne a destra, ne a sinistra, ne dietro, ne di fronte a me. Mossi qualche passo sperando di trovarlo ma l’unica cosa che vidi era una coppietta della quale non mi curai troppo; scrutai con attenzione ogni automobile trovandola però tristemente vuota e priva di Minho, o di qualsiasi cosa che avrebbe potuto portarmi da lui. Nonostante i miei sforzi su quella buia via c’eravamo solo io e qui due innamorati che si scambiavano sguardi pieni d’amore e sorrisi imbarazzati mentre passeggiavano tranquillamente mano nella mano, ignari del dolore che stessero provocando al cuore di un diciottenne innamorato di un ragazzo di due anni più grande di lui che a malapena conosceva il suo nome. Quei due non sapevano quanto anche io avrei voluto passare così le mie serate con Lui, magari per loro era stato anche facile, avevano avuto sicuramente la strada spianata e nessuno li avrebbe mai giudicati per l’amore che provavano l’uno verso l’altra. Loro si che potevano permettersi di sorridere, mentre a me, a me non rimaneva che aspettare, sperare ed ancora sperare in qualcosa che molto probabilmente non si sarebbe mai avverato.
Sentii gli angoli degli occhi inumidirsi ed abbassai immediatamente il capo nel tentativo di celare ad occhi inesistenti tutto lo sconforto che in un attimo si era posato con un tonfo sordo sul mio cuore; addentai il labbro inferiore nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime, me ne concessi una sola, l’unica da quando, un anno prima, qualcuno di molto importante per me, se n’era andato.
Minho non c’era e mi costrinsi a farmene una ragione girando i tacchi e dirigendomi decisamente controvoglia verso casa, se così potevo chiamare il luogo dove non avrei voluto mai più mettere piede ma l’unico posto dove potevo dormire avendo un tetto sulla testa.

Sentii qualcuno scuotere leggermente la mia spalla, come a volermi svegliare ma allo stesso tempo facendo attenzione a non farlo.
Ma che cazz…? Ero svenuto?
Il pavimento freddo ed impolverato riconfermò la mia ipotesi.
La mia mente si ricollegò immediatamente alla realtà ricordandomi la situazione in cui ero finito, non che ci fosse stato nulla di nuovo nel venir pestato dopo la scuola, il problema era che Minho era faccia a faccia con quei bulli e io di sicuro non potevo essergli d’aiuto neanche volendo.
Riaprii gli occhi e li sbattei un paio di volte, in lontananza la corsa e le imprecazioni contrariate dei miei assalitori si facevano sempre più lontane; poi il Suo volto entrò nel mio campo visivo mandandomi maggiormente in confusione più di quanto non lo fossi già. I suoi grandi e dolci occhi pieni di preoccupazione mi fissavano per pochi secondi per poi rivolgersi verso la porta con ancora banchi e sedie addossati nel tentativo di bloccarla. La sua voce mi arrivò alle orecchie piena di apprensione
“Taemin? Come stai? Riesci ad alzarti?”
Questa volta il suo sguardo si soffermò su di me più del solito, intenso, in attesa di una mia risposta che stentava ad arrivare a causa della confusione più totale che in quel momento albergava nella mia testolina roscia.
“Oh, ehm, s-si!” balbettai mettendomi di scatto seduto. Mossa sbagliata. Un tremendo giramento di testa mi costrinse a prendermi il capo tra le mani, chiudere gli occhi e respirare lentamente.
Inspira, espira. Inspira, espira.
Calmati Taemin, calmati e pensa a qualcosa di rilassante, pensa ai leggeri e candidi fiocchi di neve che leggiadramente volteggiano fino a scontrarsi inevitabilmente al suolo creando quel soffice manto bianco, così puro e perfetto; pensa al bankai giapponese, con tutti quei meravigliosi petali di ogni sfumatura del rosa che quasi letteralmente piovono dagli alberi di ciliegio che ti avvolgono e di donano una pace quasi irreale; pensa a-
Sobbalzai. La sua mano grande e calda si era delicatamente posata sulla mia spalla, stringendomela un poco, per richiamare la mia attenzione. Con tutto il coraggio che mi era rimasto in corpo mi volsi verso di lui, verso il suo volto così perfettamente simmetrico e bellissimo che aveva la capacità di farmi mancare l’aria.
Mi persi, di nuovo, nei suoi occhi profondi come l’oceano ma questa volta cercai di darmi un contegno.
“Tutto ok?” domandò continuando a stringermi leggermente la spalla, che, sotto il suo tocco aveva iniziato a bruciare. Avvampai ed in un fluido ma lento movimento mi alzai ed indietreggiai un po’ rimanendo sempre con il capo abbassato nel vano tentativo di nascondere l’imbarazzo. Annuii un paio di volte per poi sussurrare un “grazie” appena udibile. Anche lui rivolse il suo sguardo al pavimento e tra noi calò un imbarazzante silenzio, non che prima ci fosse stata chissà quale conversazione. Passarono dei secondi interminabili che parvero  minuti, nessuno si mosse o parlò, non ebbi il coraggio di dire nient’altro, forse per l’agitazione nel fatto d’averlo a neanche un metro da me, o forse per paura di dire qualcosa di sbagliato. C’erano mille forse che impedivano alle mie corde vocali di emettere suoni e ad ogni secondo che passava una nuova preoccupazione andava ad aggiungersi bloccandomi sempre di più le parole in gola.
Come se non ci fosse momento migliore per una cosa del genere i colpi dei bulli iniziarono a farsi sentire, in modo particolare uno di loro mi aveva sferrato un potente calcio sull’anca che ora ne stava largamente risentendo, mi portai la mano sul punto dolorante e soffocai un gemito di dolore involontariamente. I suoi occhi si puntarono immediatamente su di me e si fece più vicino cercando di immettere il suo volto nel mio campo visivo visto che non avevo ancora avuto il coraggio di guardarlo in faccia.
“Taemin-ah, sei sicuro di star bene?”
Perché continuava ad insistere, gli avevo detto che stavo bene! Che motivo c’era di preoccuparsi a questo modo? E poi cosa diavolo era quello sguardo così profondo ed apprensivo? Quanto avrei voluto dirgli tutto quello che mi frullava in testa, quanto avrei voluto urlargli in faccia che lo amavo, lo amavo anche se non lo conoscevo per niente, avrei voluto chiedergli che ci faceva nella mia scuola a perché diavolo si stava preoccupando così tanto per un ragazzino semi-sconosciuto di cui a malapena sapeva il nome. Perché?
“Si è tutto a posto, grazie ancora…”
Mi diressi verso la porta a passi incerti, non lo guardai neanche per un secondo per paura che la debolezza prendesse il sopravvento, si, perché io non ero forte, non ero uno a cui non fregava un cazzo di nulla, non so se purtroppo o per fortuna, io ero uno di quelli sensibili, che vengono feriti troppo facilmente, che venivano presi di mira dai bulli. Ero uno di quelli che era costretto ad indossare una maschera da duro con gli altri, ma tanto, alla fine, venivo sottomesso in ogni caso. Nonostante provassi a nascondermi, coloro che volevano farmi del male riuscivano comunque a trovare e colpire senza pietà le mie debolezze, non importava quanto mi nascondevo, non potevo difendermi. Ero debole.
Ero arrivato alla porta dopo pochi passi ma improvvisamente le mie gambe non furono più in grado di reggere il mio poco peso e fui costretto ad aggrapparmi allo stipite che venne presto sostituito dalla spalla di Minho che ben presto mi fece mancare la terra sotto i piedi e mi si caricò sulla schiena.
“E tu eri quello che stava bene?!” soffiò tra lo scocciato ed il sarcastico. Non potei fare a meno di arrossire all’istante sentendo il cuore martellarmi nella gabbia toracica.
“Guarda che sono capace a camminare…” sbuffai con la voce meno stridula ed agitata che riuscii a fare.
“Ne sei sicuro? Prima non sembrava affatto!” sogghignò quasi compiaciuto della mia ‘invalidità’ mentre si incamminava verso l’uscita della scuola dove ormai non c’era più anima viva.
“Vuoi scommettere!?” quelle due parole uscirono automaticamente dalla mia bocca prive di alcuna malizia o competitività ma non sapevo perché le avevo dette. Lo sentii abbassarsi e i miei piedi tornarono a toccare terra, eravamo ancora nei lunghi ed intricati corridoi della scuola e le nostre voci riecheggiavano tutto intorno a noi.
“Su, forza, vediamo!”
Perché all’improvviso era diventato così acido? Aveva per caso disturbi della personalità? Quel ragazzo mi stava davvero facendo impazzire, in tutti i sensi. E così sia! Iniziai a camminare a testa alta senza degnarlo di uno sguardo visto che mi aveva altamente fatto rodere il culo con quel suo comportamento altezzoso, ma dopo neanche mezzo passo una fitta di dolore all’anca mi fece finire inginocchiato per terra. Ma stranamente non mi feci male nel cadere, anzi non ero neanche sicuro di averlo toccato il pavimento visto che senza neanche accorgermene la schiena di Minho si era frapposta tra me ed il suolo facendomi tornare in braccio a lui. Lo aveva fatto a posta quel dannato. Stavo iniziando ad odiarlo, se per odiarlo si può intendere anche ‘amarlo ancora di più’.
“Dicevi?” mi fece con un mezzo sorriso soddisfatto sulle labbra.
Mi rifiutai di rispondergli e mi voltai dall’altra parte, arrossendo, di nuovo.

“Ohw, si, gira qui, siamo arrivati…”
Ci eravamo appena fermati sotto ‘casa’ mia, mi aveva accompagnato con la sua auto, non aveva voluto sentire ragioni e mi aveva praticamente lanciato nell’abitacolo senza neanche farmi ribattere, non che ne avessi avuto intenzione, anzi, dentro di me stavo facendo i salti di gioia. Ma non appena riconobbi la strada, le case e l’ingresso della palazzina grigia e squallida nella quale vivevo ogni briciolo di allegria scomparve dai miei occhi e credo che Lui se ne accorse.
“Abiti qui Taemin-ah?” mi chiese con quella sua voce profonda in cui riuscii a scorgere un minimo di apprensione.
Apprensione? Ma cosa gliene può importare se vivo qui o no? Perché me lo sta chiedendo? E’ impossibile che gli importi di me in qualsiasi modo. Impossibile.
O almeno questo era quello che mi diceva il mio cervello bacato.
“S-si, vivo qui…perché?” domandai in un sussurro preparandomi a ricevere una risposta, una risposta che non so per quale strano motivo avevo paura di ricevere.
E se fosse stata deludente? E se avesse iniziato a fare altre domande a cui avrei preferito di gran lunga non rispondere? E se si fosse pentito di avermi aiutato? E se fosse rimasto deluso, ma poi, deluso di cosa? Dal posto in cui vivevo? Di non-so-cosa?
Troppi ‘se’ e troppe domande si stavano accavallando nel flusso dei miei pensieri. Troppa confusione rischiava di farmi esplodere il cervello mentre cercavo di apparire tranquillo, rilassato, ai suoi occhi, perché non avrei mai voluto sfigurare, anche se, dopo l’episodio di quel pomeriggio la mia ‘reputazione’ era già andata a farsi fott…friggere. Quel silenzio prolungato mi stava mandando al manicomio, mentre lui, era così sereno e guardava fuori dall’auto ferma, fissava la mia palazzina quasi con ammirazione con la mano sotto il mento, come se stesse pensando intensamente a qualcosa. Inutile dire che di lì a poco sarebbero iniziati a venirmi dei tic nervosi all’occhi quando finalmente, si mosse. Si sistemò sul sedile e si voltò verso di me.
Sorrise.

“Ti va di fare un giro?”






Note dell'autrice:
*alza le mani* VI PREGO NON SPARATE! 
Siete autorizzate ad insultarmi >___< 
Non immaginate quanto mi dispiaccia non aver aggiornato per tutto questo tempo!
CHIEDO UMILMENTE PERDONO! 
Mianhaeyo! Gomen nasai! Sorry! (sorry sorry sorry, nega nega nega monj...ops...)
Scusate ancora e spero di soddisfarvi un minimo con questo nuovo capitolo :'3
Alla prossima~ <3 

Akari_ 

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