Sospeso tra Cielo e Terra

di _Arya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Sapore di un nuovo Bacio ***
Capitolo 2: *** Logica Immortale ***
Capitolo 3: *** Lasciami sfogare ***
Capitolo 4: *** Svolta ***
Capitolo 5: *** Legami gravitazionali ***
Capitolo 6: *** Sognami, credimi, vivimi ***



Capitolo 1
*** Il Sapore di un nuovo Bacio ***


Il Sapore di un nuovo Bacio

 
 



“Proprio quando ci sentiamo più poveri la vita,
come una madre,
sta cucendo per noi il vestito più bello.”

Bianca come il latte, Rossa come il sangue
di Alessandro d’Avenia

 







Ho sempre pensato che alla notte appartenessero diverse essenze, l’una diversa dall’altra ma al col tempo uguali.
Il mutare dei profumi pungenti in inverno. L’odore dolce dei primi fiori di primavera. Quello fresco dopo una giornata torrida di fine agosto per poi infine giungere a quel sapore di foglie secche, che svariano dal rosso più intenso al giallo dell’autunno.
Stavo sorvolando la città di Fell’s Church.
Sentivo come le correnti di aria calda lambivano e accarezzavano le mie ali dal piumaggio nero, come le tenebre in realtà una creatura come me appartiene.
Volare, mi aiutava ad allontanare quei pensieri scomodi e quel mondo sottostante, a volte troppo pesanti e caotici da riuscire a sopportare.
Se per un bambino la sua casa sull’albero rappresentava il suo rifugio segreto, per me il cielo infinito, con ogni sua più incantevole sfumatura, era quel luogo sacro, unico Signore dalla consistenza del silenzio e della tranquillità.
Quando mi libravo in esso, sentivo l’essenza della libertà e dell’infinito, pervadermi e scorrermi nelle vene. Pura adrenalina bruciante dall’ardente emozione di andare sempre più su, fino a ridurre ogni cosa ad un misero e insignificante puntino. In quei momenti mi sentivo padrone perfino del cielo e quella stessa adrenalina, alla quale non riuscivo a sottrarmi, ogni volta prendeva un valore diverso.
Libero e padrone di un mare azzurro infinito, dove il sole riscaldava le mie ali e il vento le accarezzava delicatamente, come ad inscenare un qualche gesto affettuoso.
Il calare della notte mi offriva l’ombra oscura e la luce argentea della notte si rifletteva nel piumaggio nero del mio corpo animale.
Ogni qualvolta io mi trovavo la su, tutto si annullava e perdeva senso, se mai qualcosa in questo pazzo mondo né avesse.
Se non volevo nessuno tra i piedi bastava che mi trasformassi e subito trovavo riparo in quegli ettari di cielo azzurro di giorno e nero di notte.
Il cielo era come un rifugio e come sempre, anche quella sera, mi aveva accolto sostenendomi e confortandomi con carezze di aria fredda che riuscivano in qualche modo a schiarirmi le idee.
La rabbia che poco prima stava ribollendo nelle mie vene stava via via svanendo. Il vento era come quella mano che ti trattiene quando stai per fare qualcosa di stupido, qualcosa di cui poi finiresti per pentirtene.
C’era una ragione del perché stavo sfrecciando in volo nell’oscurità della notte. 
Poco prima avevo assistito all’ennesima scena sdolcinata tra il mio Angelo e il mio dannato fratellino.
Perché? Perché si divertiva a tormentarmi in quel modo, ingannandomi e giocando con i miei, i nostri, sentimenti? Perché aveva detto a Stefan di amare solo lui dopo il pomeriggio passato insieme a me, soli? Quale autorità l’aveva investita del lusso di trasformarci in due sue pedine?
Per la prima volta da quando la incontrai, provai odio per Elena, la mia Principessa delle Tenebre.
Evitavo che la mia mente in qualche modo rievocasse quella scena che mi aveva portato ad allontanarmi dal Pensionato e mi appollaia su un ramo di un grande albero.
All’altezza di questo e di fronte ad esso vi era una camera illuminata solo dalla debole luce di una lampada posata su una scrivania. I miei sensi di vampiro mi suggerirono che all’interno dell’abitazione c’erano due esseri umani.
Sapevo fin troppo bene chi era la prima. Era la padrona di quel mondo che io osservavo da fuori la sua finestra al quale avevo accesso solo per metà. Era la mia streghetta.
Ciò che però mi fece tremare le ali, era la seconda presenza. Avvertivo un’aurea calda, confortevole….maschile.
Sentì la risata squillante e dolce dell’uccellino salire le scale, seguita dal candidato numero uno ad avere una nuova e bellissima lapide con scritto R.I.P. nel cimitero della città.
Restai a fissare per un minuto buono l’aspetto di un ragazzo sui diciotto anni, alto, muscoloso, biondo e con gli occhi di un azzurro limpido che gli illuminavano lo sguardo.
“Mutt.”
La risata da bambina del mio uccellino mi distolse dai cento e più modi per far finire all’altro mondo quel misero uomo.
“Che cosa ci fa lui qui?”
Osservai curioso la streghetta sedersi sul letto e guardare a sua volta Mutt avvicinarsi alla libreria. Fece scivolare le sue mani sulle miriadi di copertine di libri rilegati e fermandosi su uno in particolare, percepì in lui un misto tra tristezza e gioia.
“Quel Mutt è davvero un tipo strano.”
Prese il libro su cui si era soffermato e lo aprì: << Tu, Meredith ed Elena al ballo di fine anno. L’ultimo, prima che nelle vostre vite piombassero vampiri e demoni. >>
“E con ciò cosa vorresti dire? ”
La streghetta si alzò di scatto e afferrò il libro per poi riporlo al suo posto.
Anche lei, come Mutt, indugiò con la sue dita affusolate sulla copertina del libro.
<< Ne abbiamo passate tante è vero e sicuramente questa non è la vita che nessuna di noi avrebbe immaginato o voluto, ma a me va bene così Matt. Io sono felice. >>
<< Come puoi dire una cosa del genere, Bonnie! Tutte le ragazze sognano una vita perfetta con un ragazzo ai loro occhi perfetto. Tu non hai niente di tutto questo. Non puoi essere felice. >>
Sentì un’ondata di rabbia ribollire dentro di me.
“Come osa dire certe cose al mio uccellino?”
Lo avrei ucciso e sulla sua tomba non ci sarebbe stata una lapide con scritto R.I.P., perché lo avrei tormentato anche nella morte. In qualche modo avrei fatto, ci sarei riuscito.
Nel mio uccellino avvertì qualcosa incupirsi e un velo di tristezza posarsi sul suo volto.
<< Bonnie, io non volevo… >>
<< Non fa niente. >>
Sotto i miei occhi, attenti a percepire ogni mossa e a captare ogni suono, vidi Matt farsi vicino alla piccola strega e alzarle il mento con le sue dita.
<< Mi dispiace, Bonnie. Tu non ti meriti questo e se ho detto quelle cose è perché io voglio che tu sia veramente felice. >>
<< Matt..>>
Successe all’improvviso e per la prima volta dopo decenni, spalancai gli occhi colto dalla sorpresa.
Matt si chinò su Bonnie, la mia Bonnie, e la baciò.
Vidi quegli occhioni marroni, che ogniqualvolta si posavano su di me in qualche modo riuscivano a farmi percepire calore, sbarrati, intenti a capire cosa fosse successo, per poi richiudersi lentamente restituendo quel suo bacio.
Ricordo come quella scena ebbe l’effetto di svuotare completamente la mia testa. Ricordo come i miei occhi, testimoni scomodi di ciò che stava accadendo, avrebbero voluto chiudersi e riaprirsi subito dopo solo per accertarsi che ciò che avevano colto poco prima non fosse vero.
In quelle quattro mura, che prendevano sempre più la forma di una stanza delle torture, si concentrò improvvisamente tutto il mondo. Alla luce di quel debole barlume regalato dalla lampada, che accentuava solo l’atmosfera e l’intimità, vidi la mia piccola streghetta circondare il suo collo, il collo di Mutt, con le sue mani e rispondere a quel bacio con maggior sicurezza.
Una sicurezza che non era da lei. In quel momento non riconobbi la ragazza timida e fragile, che ad ogni pericolo invocava il mio nome e il mio aiuto.
Possibile che il mondo intorno a me improvvisamente sembrò incominciare a girare?
Non riuscivo a distogliere lo sguardo. Non riuscivo a vedere o a pensare altro che ai due ragazzi dentro a quella stanza.
La mia mente non riusciva a concepire una tale immagine.
Era totalmente e unicamente impossibile.
In quegli attimi a me così infiniti, una parte remota di me scalpitava e urlava di irrompere in quella stanza e di uccidere l’autore di quella scena squarciandoli la gola, ma dall’altra era come se fossi vittima di uno stupido scherzo o di un’allucinazione.
Dentro di me infuriava una tempesta carica come non mai di nuvole color grigio-piombo sospese in un cielo nero, che faceva da sfondo a quelle mie emozioni in me così rumorose e assordanti.
Che sia stato lo squarcio di un tuono o di un lampo, anche in questa occasione mi parve di sentire un suono riecheggiare nella parte più profonda e più nascosta di me.
Ero spiazzato non solo perché quella scena non mi ero del tutta nuova, ma in quei minuti mi ritrovai a fare i conti con le stesse emozioni che provavo quando vedevo Stefan insieme ad Elena o quando, per la prima volta, vidi il mio fratellino passeggiare nei giardini della mia famiglia con Katherine a braccetto come una coppia di novelli sposini, felici e innamorati.
Bonnie non era Elena o Katherine, ne ero più che consapevole.
Eppure, eppure erano le stesse sensazioni che provavo e avevo provato quella stessa sera per l’ennesima volta, quando sentivo il mio angelo biondo ripetere che il suo cuore apparteneva a Stefan.
Perché mi sentivo come se davanti a me, in quella stessa stanza, ci fossero Elena e Stefan?
Tutte quelle emozioni di risentimento, odio, disprezzo, invidia, che provavo nei confronti del mio fratellino quando lo vedevo con il mio Angelo, mi investirono come una piena nel vedere Mutt che baciava il mio uccellino.
Già…il mio uccellino…
Per quanto provassi a sforzarmi nel rievocare nella mia mente il momento esatto in cui avevo deciso che l’uccellino rosso fosse mio e mio solo, non ci riuscì.
Fino a quella sera ero convinto che il mio tenero uccellino appartenesse solo a me. Credevo fosse una proprietà esclusiva di Damon Salvatore. Fino a quel momento non avevo mai pensato alla possibilità di dividere il mio uccellino con qualcuno. Fino a quel momento…
Non c’era niente a trattenermi adesso.
Non c’era quella mano che mi impediva di fare qualcosa di stupido.
Ero libero di sfogare la rabbia accumulata quella sera, solo spegnendo definitivamente quella vita e placando così quel mostro che dentro di me incominciava a scalpitare al solo immaginare il sapore del sangue scorrere l’ungo la mia gola.
Le correnti di aria fredda e calde che trovavo la su, adesso non avevano alcun potere sulla mia mente. Non potevano schiarirmi le idee e farmi ritrovare il giusto equilibrio.
Non c’era niente a trattenermi adesso.
Seguendo la mia volontà e l’istinto di cacciatore cercai di attaccare, ma qualcosa dentro di me si era rotto e mi aveva pietrificato, lasciandomi lì, inerme su quel ramo dove si affacciava il mio nuovo dolore.
Annientato da quelle emozioni e incapace di agire e fare qualcosa, qualsiasi cosa, volai via in quel cielo stellato pronto, come sempre, a prendersi nuovamente cura di questa ferita fresca che aveva iniziato a bruciare infondo al mio cuore fermo e di ghiaccio.



 
 
 
 
 
 
L’angolo di Lilydh


Udite, udite Lilydh è tornata e non a mani vuote! ( Eh che gran gioia direte voi.  -.-‘  Si salvi chi può!!! )
Ora, a quei pochi lettori che sono arrivati a leggere il mio commento, oltre ad un applauso fragoroso, dirò due cosine su “Sospeso tra cielo e terra.”
Ok, credo che a questo punto mi odierete.
Nella mia prima FanFiction Damon ha cancellato i ricordi di Bonnie ed è volato via, in questa è Bonnie, se pur inconsapevolmente, fa del male a Damy.
Occhio per occhio…
Cooomunque bando alle ciance e incominciamo a dire due cosette su questo primo capitolo, “Il Sapore di un nuovo Bacio”.
Non so cosa ne pensiate voi, ma sicuramente questo nuovo bacio a Damon è sembrato più che amaro. E secondo voi riuscirà ad ingoiarlo?
Conoscendolo…
Tra le diverse righe del capitolo, vorrei soffermarmi sulla reazione di Damon alla vista di Matt che bacia Bonnie. Scena cardine di questo primo capitolo.
Sarebbe stato troppo scontato far intervenire Damon e iniziare quella che sarebbe stata una bella scazzottata tra lui e il povero Matt (a quel punto non vorrei essere nei suoi panni ) , quindi ecco una cosa che il nostro vampiro non si aspettava ( oltre al bacio ): a quella scena prova le stesse emozioni di quando vede Elena e Stefan insieme.

Adesso sarà divertente (anche se Damy non la pensa così ) vedere come si evolveranno le cose.
Che serata per il nostro vampiro, prima Miss Elena Gilbert e adesso ci si mette anche Matt…
E’ interessante vedere anche la battaglia interiore di Damon. “Intervengo o no?”
Tuttavia qualcosa li impedisce di far fuori Matt.
Chissà cosa….mmmm…..
 

 
Questa mia nuova storia l’ho scritta e l’ho dedicata, per non dire promessa, ad una persona che mi ha sostenuto e che continua senza sosta farlo tutt’ora.
Alla fine ce l’ho fatta, Cla. ( Mi devi proprio spiegare cosa trovi di così tanto bello nel modo in cui scrivo… )
Questa è la storia che da tempo aspettavi, spero di non deluderti.

L’avrei postata prima, ma tra computer che fa i capricci e Damon che mi ha fatto sclerare, lo faccio solo ora. ( Io credo che si siano messi d’accordo… )
Certo che se non diventi Donnie con questa FanFiction, dovrò impegnarmi di più nelle prossime. XD

 

Chi vuole farmi sapere cosa ne pensa non deve far altro che recensire e io non vedo l’ora di avere qualche opinione su questo primo capitolo totalmente inedito di questa mia nuova FanFiction,

Lilydh

 
P.S.  La trama che ho usato per questa mia FanFiction è di mia invenzione e anche questa, come Ricordi di Sangue, avrà pochi capitoli.
 

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Capitolo 2
*** Logica Immortale ***



Logica Immortale





 

 
Fuori di me avvertivo il gelo circondarmi. Dentro di me infuriava l’Inferno.  
Alle correnti d’aria, che nella libertà del cielo sconfinato cambiavano ogni volta che volessero la loro direzione, permisi di guidarmi affidandomi a loro, completamente.
Quella notte, qualcosa era cambiato.
Lo avvertivo.
Ne ero consapevole.
Lo rifiutavo.
Poter volare per me aveva da sempre significato tornare a respirare, ad assaporare l’aria dopo minuti di apnea.
Ricominciare a volare in quel cielo nero, punteggiato solo da quelle stelle solitarie che si affacciavano a quel mondo curiose di osservare e scoprire gli errori e le passioni dei mortali, significava riuscire a percepire quelle brezze fredde e calde, ma sempre leggere, sfiorarti la pelle.
Ricominciare a volare significava strappare le radici che mi congiungevano a quel mondo, significava liberarmi di ogni più piccolo riflesso di ogni mio pensiero.
Quella notte, qualcosa era cambiato.
Ovunque quei delicati sospiri di aria mi conducessero, mi sentivo in catene, come se un sottile legame mi vincolasse alla terra sottostante.
Qualcosa mi impediva di avvertire quei dolci sussurri del vento che da sempre placavano ogni mio pensiero, svuotando la mia mente.
Desideravo che tutti quei pensieri, rivelatori di scomode realtà, che urlavano e gridavano nella mia testa, si soffocassero lasciando spazio solo al silenzio. Desideravo che tacessero, perché quel mio nuovo dolore bruciava. Bruciava e ardeva di un fuoco dove la natura di quelle stesse fiamme sembrava fossero l’essenza di quelle degli inferi.
Quella notte, qualcosa era cambiato.
Tutto appariva velato da un debole annuncio di pioggia.
L’aria, quella notte, portava il suo odore.
In me la speranza che un temporale potesse spegnere quelle stesse lingue di fuoco che bruciavano dentro accentuando solo il dolore, nacque con quella stessa intensità con cui agognavo e pretendevo silenzio.
Il mostro dentro di me si agitò nuovamente, pretendendo di avere la meglio sui miei istinti e spingendomi a commettere quell’unico peccato di gola per il quale un vampiro si possa condannare: impossessarsi di una vita umana e privarla dell’esistenza, della gioia di vivere.
La voglia di appagare quel senso di doloro con il sangue gettò un’ombra nera sul mondo che mi circondava.
Lo squarcio che si era aperto dentro di me, aveva riaperto un varco alle tenebre, all’oscurità alla quale da secoli appartenevo e che avevo stupidamente rinnegato.
Come avevo potuto far accadere questo?
Prima di quella notte non mi ero mai veramente concesso il lusso che fossero le emozioni dettate dai così detti sentimenti a condizionare la mia vita e le mie azioni. Mi ritrovavo a salvare e a difendere vite umane, a provare dispiacere se una di loro moriva, rischiavo la mia vita per assicurare la loro e quella degli abitanti della loro città. Mi ritrovavo a fare cose che, se me le avessero raccontate solo qualche decennio prima, avrei ucciso chiunque avessi di fronte, convinto che questo si stesse beffando di me o cercando la morte. Mi ero ripromesso e ripetuto più volte che, se solo per un secondo mi avesse sfiorato l’idea di avvicinarmi ad essere quello che le scelte di Stefan lo avevano portato ad essere, mi sarei impalato io stesso.
Il lieve passaggio d’aria fredda che lambiva il mio corpo, risvegliò istinti e ricordi lontani, testimoni del Potere e della morte che avevo provato e imposto.
Avevo giurato a me stesso che non avrei permesso a nessuno di scalfire quei centimetri di puro ghiaccio che intrappolava gelosamente il mio cuore. Invece adesso, adesso, in quei pochissimi anni passati a Fell’s Church, avevo lasciato non una, ma ben due ragazze entrare nel mio cuore.
Come avevo potuto far accadere tutto questo?
La confusione che dimorava in me, mi fece solo desiderare di ritornare quel vampiro potente e sanguinario di una volta, ora sopito dentro di me. Quel vampiro che non si interessava di niente e di nessuno. Quel vampiro che al solo pronunciare il suo nome gli altri tremavano e imploravano di graziarli.
Quel vampiro ero io. Fui io.
Gola, lussuria, passione, Potere. Ogni cosa mi apparteneva ed era riuscita a plasmare quel principe delle tenebre che gli altri avevano imparato a temere e a rispettare, come re, come Dio.
Ad una sola cosa ero debole: il sangue.
Mortali, contenitori di quel nettare che mi regalava il Potere.
Deboli, stupidi, traditori, piccoli esseri insignificanti, ma al col tempo preziosi.
In ognuno di loro scorreva la sostanza del Potere e del piacere di cui si nutriva la Gola.
Da loro volevo e pretendevo solo il loro sangue, niente di più.
Erano solo piccole creature da usare al momento e gettare via.
Ma qualcosa decise di ritorcersi contro di me. Sulla mia strada mi imbattei in lei, Elena. Così simile a Katherine nell’aspetto, tanto diversa da riuscirmi a coinvolgere al punto da dipendere da lei.
Ma lei, il mio Angelo, era un caso a parte. Lei era tutto, ma allo stesso tempo niente. Umana, vampira, angelo. Viziata, determinata, bellissima.
Tutte quelle convinzioni che mi aveva accompagnato nei secoli vacillarono davvero per la prima volta, quando incontrai quel folletto dai capelli rossi e dalla voce di un tenero uccellino.
In cinquecento anni non mi ero mai dato pena nel riflettere se quello che facevo fosse giusto o sbagliato. Non mi ero mai preoccupato se essere un predatore della notte e interpretare a pieno quel ruolo che la mia natura mi imponeva di recitare, fosse giusto o se esistessero altre alternative. Trovavo inebriante la sensazione del Potere che potevo provare solo sacrificando qualche fragile vita umana. Nel corso dei secoli non ero mai stato attratto dalla luce. In essa non ci vedevo niente che l’oscurità mi stava già offrendo. Compiacere solo me stesso, era il mio solo interesse. Sacrificarsi per gli altri o tenere a qualcuno che andava oltre se stessi, erano cose che non mi interessavano. Questo, fino a quando non incontrai per la prima volta Bonnie. Come un eroe buono è affascinato ed è attratto dal male, io in quella piccola ragazza vidi per la prima volta in mezzo millenni la bellezza che la luce poteva avere. Mi meravigliò che una creatura così pura e ingenua potesse riuscire a sopravvivere in questo mondo. Forse è per via di questo che ogni volta che penso a Bonnie aggiungo quel piccolo aggettivo possessivo e mi costringe, ogni qual volta che il mio piccolo uccellino rosso dimentichi di saper volare o come questo si fa, perché troppo spaventata da qualcosa che la minaccia, a ricordarle che arriverà sempre qualcuno a salvarla e che, anche se all’impatto con il suolo mancassero solo pochissimi millimetri, questo qualcuno la salverebbe lo stesso, sempre. E quel qualcuno ero io. Ero io nel passato e con ogni probabilità lo sarei stato anche nel futuro.
Tra le tante cose a me inspiegabili, una delle principali era proprio questa. Ogni volta che l’uccellino si trovava in pericolo o che qualcuno di ben più potente di lei la minacciava, sentivo l’esigenza da me ignorabile di salvarla e saperla al sicuro. Ogni volta che rischiava di morire, non importava con chi fossi o cosa stessi facendo, dovevo strapparla alla morte.
Salvare Bonnie da vampiri e altre creature della notte era un dovere al quale non potevo e non desideravo sottrarmi.
E quella sera come mi aveva ringraziato per tutto quello che facevo per lei?  
Tradendomi. Ecco come in verità mi sentivo. Tradito e messo da parte. Un’altra volta.
Il rompo di un motore sedò momentaneamente la rabbia che mi stava investendo e che stava riducendo in cenere ogni parte morale di me.
Udì un altro rombo alle mie spalle e il ruggito di quel mostro che esultava impaziente. Sapeva che quella sera avrei ucciso e anche io.
Non mi importava chi, non importava se avrei strappato la vita una donna o una ragazza o se mi sarei limitato ad una sola persona. La parte oscura che dimorava dentro di me e che faceva parte del mio essere stava incominciando a venir fuori, trepidante dall’impaziente attesa di assaggiare quel dolce nettare rosso che portava il nome di sangue. Non avevo alcun motivo di trattenerla. Non l’avrei ostacolata o fermata, perché in realtà era quello che desideravo. Niente mi avrebbe trattenuto dall’uccidere.
Alzai gli occhi al cielo.
Era così maledettamente immenso, dove per rischiare di perdersi bastava solo che ti distraessi un secondo.
Quella notte, qualcosa era cambiato.
In quella notte lo specchio nero, punteggiato di piccole luci, non mi aveva accolto tra leu braccia, tranquillizzando quei respiri affannosi di rabbia e placando ogni dolore. In quella notte perfino il cielo mi aveva messo da parte, lasciando che i pensieri e quel nuovo tradimento mi spingessero ad imboccare quella strada per la via della perdizione.
Osservando la luna, alta in quel cielo, nascondersi dietro quelle nuvole grigie, provai improvvisamente odio anche per il lui, mentre su di esso si annunciava l’infuriare di una tempesta.
 





 
 
 
L’angolo di Lilydh

 
Buon sera fanciulle!
Eccomi qui ad aggiornare con il secondo capitolo di “Sospeso tra cielo e terra”.
Capitolo che per scriverlo e concluderlo è stato davvero molto difficile.
Infatti, proprio per questo motivo, ho deciso di dividerlo in due.
Questa prima parte, praticamente, è una full-immersion nella testolina di Damon. E’ importante capire, provare a capire, cosa prova Damy soprattutto dopo ciò che ha visto.
Forse è per questo che mi è risultato difficile scriverlo, poi ormai si sa…quando si tratta di scrivere sui sentimenti che prova Damon e provarli ad analizzare, per me non è mai semplice.
Damon sa che qualcosa è cambiato, ci sono molti elementi che li suggeriscono ciò e tutti vengono dal quel cielo che li regala la vera libertà.
Tra tutti i diversi suggerimenti che vengono da questo, c’è quello più importante: è arrivato il momento di affrontare i tuoi veri sentimenti, le tue vere emozioni.
Cosa che Damon fa in parte, ma che lo porta solo a desiderare di ritornare quel vampiro potente di un tempo, dove niente e nessuno era in grado di ferirlo.
I suoi ragionamenti lo portano a definire ciò che ha visto nella camera di Bonnie un tradimento. E’ così che Damon si sente. Tradito.
Ma perché?
Anche se cercherà di sviare questa domanda, di non cercare una risposta, quel suggerimento silenzioso di affrontare una volta per tutte se stesso, avrà anche un altro alleato.
Damon sarà costretto a guardare in faccia alla realtà, ma soprattutto dentro se stesso.
Soffermandomi solo sul vero e proprio casino che ha in questo momento Damon in testa, mi ha aiutato a concentrarmi di più su quello che prova.
E quello che prova non porterà nulla di buono.

C’è aria di tempesta!
 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, a me non convince, ma aspetto sempre e comunque le vostre recensioni.
Un grazie infinito ha chi ha letto il primo e anche questo capitolo, a chi ha recensito il precedente e farà lo stesso con questo.
Grazie a quelle ragazze che nelle loro recensioni mi spingono a continuare a scrivere, recensioni alle quali rispondo sempre.

 
Un saluto e al prossimo capitolo,
Lilydh
 

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Capitolo 3
*** Lasciami sfogare ***



Lasciami sfogare

 





Continuare a fissare quel liquido color marroncino chiaro all’interno di un anonimo bicchiere di vetro, mi aveva fatto perdere la cognizione del tempo.
Più lasciavo trascorrere le ore senza mettere alcun oggetto veramente a fuoco, più consentivo al ghiaccio di diffondere nel calore dell’alcool del bourbon un’impronta marcata dal freddo. Il gelo che il vetro mi trasmetteva alle dita dall’interno del bicchiere, era un chiaro segno che il ghiaccio stava conquistando, calpestando e annientando quel calore che avrebbe regalato l’alcool a chi lo avrebbe ingerito.
Freddo e immobile, incapace di evitare in qualche modo ciò che stava avvenendo e di combatterlo, sconfitto ancora prima di essere davvero e del tutto sopraffatto. Esattamente come lo ero io in quel momento.
Ciò che quella sera aveva portato con sé, era riuscito a cancellare quello che i miei demoni privati avevano tentato di estrapolare inutilmente da questa carne. Quella parte che adesso avevo rinnegato così agevolmente l’avevo accantonata altrettanto facilmente in una parte profonda di me. Quella stessa parte che in quel bicchiere a pochi centimetri da me si stava estinguendo per via dell’effetto che il ghiaccio esercitava su di essa.
Mancava non più di qualche piccolo istante e anche il liquido di bourbon sarebbe diventato gelato, mentre dentro di me avevo già ceduto alle tenebre e al freddo, di nuovo.
Se dentro di me vi era quella bufera mischiata all’oscurità, intorno a me avvertivo l’aria calda dove in essa persisteva quell’odore di alcolici mischiato ad altri.
Sentivo parole sussurrate e non dette.
Avvertivo cuori battere freneticamente al solo sfiorare il corpo che lo custodiva.
Stupidamente e inconsapevolmente, avevo quasi dimenticato il riuscire quasi a scorgere il flusso del sangue caldo sotto la pelle diafana degli umani contemporaneamente al richiamo della notte selvaggia, dove andare oltre il lecito era qualcosa di naturale. Un’armonia unica e pericolosa.
Il desiderio di andare oltre il concesso, di superare quel limite solo per dimenticare tutto il resto, era quasi una realtà che, se solo lo avessi voluto, sarei riuscito a sfiorarla.
Mandai al diavolo tutti quei giri di pensieri e quelle riflessioni.
La voglia di cessare questa bufera incontrollabile mi spinse a desiderare di gettare un sospiro sulla fiammella della vita, spegnere ogni desiderio, prendere a sassate ogni sogno ancora in attesa di diventare realtà. Distruggere ogni speranza mortale solo per renderla vana.
Volevo ardentemente piegare le ali del destino, gridandoli e addossandoli tutta la colpa per ciò che in quei momenti ero costretto a provare e a sentire.
Assurdi pensieri, rischiare di impazzire, ripetermi che niente di ciò che era successo fosse vero, sperare che domani tutto sarebbe tornato come prima. Ogni singola cosa di queste rischiava davvero di condurmi alla pazzia.
<< Sei birre per il tavolo da bigliardo, baby. >>
Improvvisamente quella voce si fece strada tra la nebbia grigia che persisteva nella mia mente.
Quando mi voltai, vidi un ragazzino, non più grande di sedici anni, con entrambi i gomiti appoggiati al bancone del bar e le braccia conserte.
Portava un paio di jeans, dove ci sarebbe entrato benissimo due volte e una camicia chiara con sotto una maglietta con uno strano simbolo  scuro disegnato sopra. Notai che la stessa immagine era raffigurata anche sul suo cappellino.
Per avere un’età compresa tra i quindici e i sedici anni, era abbastanza alto e muscoloso, ma snello.
<< Ne berresti anche tu? >>, ribatté la barista sorridente, mentre deponeva dei bicchieri al loro posto.
<< Naturalmente, baby. >>
<< Non sei un po’ troppo piccolo per bere birra e per stare con la banda di Raul, Julian? >>, domandò gettando di sfuggita un’occhiata al tavolo da bigliardo.
<< E magari adesso aggiungerai che uno come me dovrebbe essere a letto già da un pezzo >>, disse il ragazzino alzando gli occhi al cielo. << Questa ramanzina è vecchia, baby. Io sono un uomo ormai, uno tosto. Proprio come lo è Raul. >>
Per avere un’età compresa tra i quindici e i sedici anni, mi stava incominciando a dare sui nervi.
<< Va bene Raul Junior, se lo dici tu >>, disse la barista voltandosi e scuotendo la testa.
<< Le birre fredde, baby >>, aggiunse un secondo dopo Julian. << Raul le detesta calde. >>
<< Non urtare i desideri e non deludere le aspettative di Raul è diventato improvvisamente il primo comandamento della vostra stupida gang? >>, chiese la barista ironica, aprendo le bottiglie di birra.
<< Non è il primo comandamento, baby. >>
Quella voce stridula, sicura e arrogante era come una mosca che ronza beatamente intorno al tuo orecchio, se non fosse volata via entro un secondo l’avrei schiacciata.
<< E qual è? >>
<< Solo i membri possono saperlo, baby >>, rispose secco il ragazzino. << Tu non ne fai parte, mi dispiace. >>
La barista si portò una mano al cuore e piegò in giù il labbro inferiore, come a dire che si era offesa per quella verità. Prima che il ragazzino dal simbolo strano aprì nuovamente bocca, la barista li sorrise e andò a prendere un ordine ad un tavolo.
<< Queste le devo portare io suppongo >>, disse il ragazzo con sguardo scocciato.
<< Ti aiuto io, Julian. >>
Un’altra barista si precipitò ad aiutare il ragazzino. Questa aveva una treccia biondo cenere e un paio di occhiali. Sembrava una di quelle ragazze che lavora solo per riuscire a pagare la retta universitaria e ciò che fa durante il proprio turno di lavoro non le sembra mai abbastanza per quello che riscuote ad ogni fine del mese. Una di quelle ragazze solo studio, studio e lavoro.
<< Grazie, baby >>, disse il ragazzo facendo tornare un sorriso sul quel volto pallido.
<< Di nulla >>, rispose la giovane barista portando con se il vassoio con le birre.
Quella mosca dalla voce stridula incominciò a muore i suoi passi altrove, quando si fermò di colpo e tirandomi una gomitata amichevole mi disse: << Sembri a terra, amico. Problemi? >>
Improvvisamente i miei muscoli delle braccia si coalizzarono con quelle delle gambe. Mi ritrovai in piedi e senza un mio esplicito ordine e prima che i movimenti passassero prima in rassegna al cervello, mi ritrovai ad afferrare il ragazzo per la maglietta e piegarli di forza la schiena fino a che la faccia non diventò un tutt’uno con la superficie del bancone.
<< Primo: non sono tuo amico. Se le persone della tua banda bassotti sono tutte come te, sareste morti ancora prima di aprire bocca per dire la parola “baby”. Secondo: prova ancora solo una volta a pronunciare quella parola in mia presenza e giuro che ti darò così tanti motivi per costringerti a cambiare sponda e pregare che nelle prossime vite nasci femmina. Terzo: quella gomitata è stata la prima e l’ultima che mi hai dato nella tua fottutissima, perché se ci riprovassi, te la spezzo. Quarto: sparisci. >>
Il ragazzo, all’udire il mio tono tagliente e la mia presa irremovibile, non proferì parola e incominciò a tremare.
Tutta quella spavalderia e superiorità in un istante li vennero meno.
<< Quinto: se non lasci mio cugino, giuro che te la vedrai con me. >>
Mi voltai.
I miei occhi incenerirono un uomo con giacca e cravatta, capelli tirati all’indietro e un sigaro in bocca. Ai suoi lati due donne.
Contraccambiando il mio sguardo, freddo e impassibile, e squadrandomi, vidi qualcosa brillarli negli occhi. All'istante il suo volto si addolcì e i muscoli della mascella ammorbidì.
<< Sembri un tipo da non importunare, amico >>, continuò l’uomo. << Sono sicuro che se hai avuto questa reazione nei confronti del piccolo Julian è perché ti ha importunato. >>
Lasciai il ragazzo che andò subito a nascondersi dietro quell’uomo.
Scrutai quei due occhi scuri. I miei sensi di vampiro mi stavano suggerendo qualcosa che non riuscì cogliere in quel momento e che per questo, successivamente, mi diedi del completo idiota.
<< Julian non ti darà più fastidio, vero? >>, disse rivolgendosi al ragazzo.
Questo annui.
<< Sarà meglio. >>
Appena i due si allontanarono con al seguito le due donne, udì un “Mi dispiace, Raul.”
Più fissavo di spalle quell’uomo avviarsi da un gruppo di uomini possenti e dall’aria minacciosa, più qualcosa mi diceva che desideravo attaccare briga con qualcuno.
Avevo bisogno di qualche motivo, anche stupido, che mi trattenesse dal tornare in città e dar sfogo là alla mia rabbia.
Una vaga idea di come si sarebbero svolti i fatti, mi sfiorò la mante e per quanto il mostro che viveva dentro di me mi sussurrava all’orecchio di cedere a quella tremenda tentazione di vederlo agonizzare a terra, mi trattenei dal precipitarmi fuori e volare a casa di Mutt.
Il pensiero degli occhi inondati di lacrime della mia streghetta alla vista di quel ragazzino morto, dove il suo corpo giaceva in una pozza di sangue, mi faceva male. Aveva restituito il suo bacio, se lo avessi ucciso, mi avrebbe solo odiato. Anche lei.
Questo pensiero scatenò una rabbia interiore che mi avrebbe portato ad afferrare il primo umano, uomo o donna, che mi passava vicino e affondare i miei denti affilati nel suo collo davanti a tutti. Chiusi gli occhi e ingerì il liquido freddo in un colpo, imponendomi di calmarmi e di frenare i miei impulsi omicidi. Se avessi continuato così, avrei fatto una strage. Mi parve quasi di udire la voce del mio fratellino e la ramanzina che avrei dovuto sorbirmi da questo, con la sola conseguenza che all’omicidio di qualche stupido umano si sarebbe aggiunto uno stupido vampiro vegetariano dalle strane convinzioni sulla tutela e conservazione degli istinti e delle emozioni umane.
Sentì scendere il liquore dentro di me e lasciare una scia non infuocata, ma ghiacciata.
Quella scia infuocata, che mi diede i brividi, la percepì solleticare le mie spalle.
Ancor prima che la figura femminile, che avvertivo a pochi centimetri da me, si presentasse, fui colpito dal suo profumo. Era forte e dolce. Era un profumo che una volta odorato difficilmente puoi scordarlo. Riuscirebbe ad annebbiare la mente di chiunque e di inibire ogni pensiero.
L’effetto che quell’essenza ebbe su di me, fu di accendere il desiderio, di quietare la seta e la rabbia.
Quando due dita affusolate e laccate di rosso mi alzarono il mento e mi costrinsero a voltare la testa, i miei occhi si persero in due prati verdi e sconfinati. Il piccolo viso della ragazza era circondato da lunghi capelli neri dove le luci del locale in cui ci trovavamo, riflettevano alcuni riflessi blu sparsi qua e la. A ricadergli sulla fronte, una frangetta che metteva solo in evidenza gli occhi da gatta aventi striature grigie. Questi erano così magnetici da riuscire a catturare sguardi e tenerli saldamente inchiodati e legati a quello sguardo. Quei due occhi riuscivano a far trapelare la sicurezza e la determinazione che possedeva quella ragazza.
<< Le mie amiche sostengono che qualche ragazza ti ha già tutto per se. >>
La prima cosa che attirò davvero la mia attenzione in lei, fu la sua gola scoperta emanare quel suo forte e dolce profumo, intaccato da quella sfumatura che solo io in quel posto ero in grado di cogliere.
A circondare quel collo lungo c’era una collana d’argento con inciso in corsivo un nome, Maya.
Scrutandola, osservai compiaciuto come si sentisse a proprio agio e come la sua figura fosse davvero molto provocante perfino per un vampiro.
Portava un semplice vestito bianco al di sopra del ginocchio che le lasciava le spalle nivee scoperte.
Ero ben consapevole del fatto che lei sapesse che la stavo osservando e che credesse di aver attirato la mia attenzione.
Il mio indugiare sulla sua figura seducente, la spinse a cedere a quell’incoraggiamento silenzioso di accomodarsi al bancone del bar.
Le sue gambe nude istaurarono il primo contatto fisico tra me e lei. Al loro sfiorarmi e accavallarsi in modo da provocarmi, mi lanciò un occhiata maliziosa.
Percepivo gli occhi di quel Raul e di tutta la sua Banda Bassotti addosso. Questo non faceva che aumentare la mia voglia di giocare con quella ragazzina, mentre per la prima volta in quella dannata sera, fui ascoltato.
Quella fanciulla dagli occhi verdi e sconfinati, rappresentava quella sola occasione di annullare finalmente il mio mondo privato e mandarlo al diavolo con chi in quel momento lo abitava.
Sorrisi alla dolce brezza del suo sapore vitale che mi colpì in pieno, quando si sistemò una ciocca di capelli dietro un orecchio.
Quella situazione mi riportò alla mente tutte quelle ore oscure e calde, colmate e passate in compagnia della passione e dal desiderio che una ragazza mi donava volutamente. Ogni volta diversa dalla precedente, dove le parole non esistevano, dove il risvegliarmi accanto ad un corpo fragile si confrontava con ciò che desideravo davvero, dove ferite, rimpianti e inutili dolori non esistevano. Solo appagare la sete e il desiderio aveva senso. Vivevo per quello.
Quei ricordi svegliarono parti di me che poco prima erano sopite.
Ogni ragazza che si era ritrovata sul mio stesso cammino, che aveva attirato la mia attenzione, in qualche modo era sicura che il gioco lo avrebbe condotto lei. Ognuna di loro si accorse che si era sbagliata, ma quando questo avveniva il gioco si era concluso e per l’ennesima volta avevo mangiato la regina proclamando scacco matto.
Maya mi fissava incuriosita giocando con quella stessa ciocca rigirandola tra le lunghe dita sottili, in attesa di una mia replica.
Stava giocando con il fuoco e la sola che si sarebbe scottata, soprattutto quella sera, sarebbe stata lei.
Avevo trovato quella scappatoia che mi avrebbe condotto fuori da quel mio Inferno. Quella scappatoia così provocante e disponibile, che decisi di assecondare e stare al suo stesso gioco.
<< Anche tu sei della loro stessa opinione? Credi che sia legato ad una qualche ragazza, Maya? >>
Sorrise, sfiorando di sfuggita la collana.
<< Anche se lo fossi, non mi importa >>, disse avvicinandosi a me di soli pochi millimetri. << Ho messo gli occhi su di te da quando sei entrato qui dentro e credimi, difficilmente manco un obbiettivo quando me lo impongo. >>
<< Oh, non mi è per nulla difficile crederti >>, le dissi ancora più sicuro del fatto che illudere e giocare con quella ragazza, sarebbe stato molto divertente. << E, dimmi, quale sarebbe il tuo obbiettivo? >>
<< Vuoi davvero saperlo? >>, mi domandò, mentre i suoi occhi tradirono un velo di desiderio.
Sorrisi e ad esso, Maya percorse con le sue dita affusolate il mio braccio fino a raggiungere il lembo del colletto della mia camicia nera. Stringendolo nella sua mano, si avvicinò verso di me posando un bacio sul mio collo.
<< Hai recepito il messaggio o devo essere più esplicita? >>, chiese accarezzandomi con la punta del naso la pelle del collo.
Come risposta le scostai i lunghi capelli neri dalla spalla e l’assaporai con un piccolo bacio.
Sentì come il suo cuore e la sua mente, furono eccitati da quel gesto e da quel consenso.
In quella intimità appena conquistata, una mano portò la ragazza lontano da me, afferrandola per i capelli e tirandola all’indietro.
<< Che diavolo stai facendo? >>
A quella domanda urlata e al grido di Maya, spalancai gli occhi. Di fronte a me si ergeva un uomo con un marcato accento dell’est Europa.
<< Lasciami, mi fai male >>, urlò la ragazza che prese a menare unghiate. << Io faccio quello che voglio, con chi voglio. >>
<< Tu non fai un cazzo di niente senza il mio permesso, stupida ragazzina. >>
L’uomo immobilizzò Maya e dopo averla scossa la buttò a terra.
Intorno a quell’angolo di mondo scese il silenzio più assoluto, laddove anche il più piccolo insetto avrebbe fatto rumore nel muovere freneticamente le sue ali per cercare di uscire da quel posto.
Senza pensarci, mi piegai verso Maya e l’aiutai ad alzarsi frastornata. Mi accorsi solo in quel momento che sulle sue braccia l’uomo era riuscito a lasciare le impronte della sue mani. La cosa non mi piacque e i miei sensi di vampiro colsero qualcosa che prima mi era sfuggito.
<< Allontanati da lei ragazzo e sparisci, altrimenti… >>
<< Altrimenti, cosa? >>
Fulminai quell’uomo con uno sguardo gelido che non lo scalfi di un centimetro.
<< Non sai contro chi ti stai mettendo, ragazzo >>, disse l’uomo con occhi iniettati di veleno, quando fece qualcosa che mi colse di sorpresa. Con prepotenza spinse la ragazza dietro di se e con determinazione cercò di afferrarmi per il collo, ma i miei riflessi di vampiro mi guidarono a stringerli il polso e a piegarli il braccio in modo da portarlo dietro la sua schiena e avere la sua figura di spalle.
Afferrai il suo collo in una presa stretta e con voce gelida e distaccata li sussurrai ad un orecchio: << Credimi, sei tu che non hai la benché minima idea contro chi ti stai mettendo. >>
Strinsi più vigorosamente la stretta al suo collo e spintonandolo lo lasciai andare. Incespicando e soffocando qualche attacco di tosse, l’uomo, con una mano alla gola, mi guardò sconcertato  e rosso in volto. Lanciando un’ultima occhiata prima a me ed infine alla ragazza, si allontanò velocemente da noi. Seguendolo con lo sguardo lo vidi lasciare il locale e precipitarsi in strada. Subito dopo vidi uscire anche gli uomini di Raul.
Distolsi la mia attenzione, quando una mano si avvicinò alla mia e me la strinse.
<< Grazie. >>
La voce di Maya arrivò chiara nella mia mente, distogliendo per un secondo il pensiero che quell’uomo era qualcosa di più di un semplice essere umano.
<< Chi era quel tizio? >>, domandai rivolgendo uno sguardo glaciale alla ragazza, che abbassò gli occhi.
<< Nessuno, solo un amico di famiglia >>, rispose veloce. << Ti prego, andiamo da qualche altra parte. >>
Accennai una vaga risposta annuendo con la testa e Maya mi condusse fuori, all’area aperta.
 






 
 
L’angolo di Lilydh
 
Buonasera ragazze!
Per prima cosa mi devo scusare perché, né sabato né domenica sera, sono riuscita ad aggiornare la FanFiction.
Sorry, sorry, sorry.
E’ un miracolo che sia riuscita a postare questo terzo capitolo proprio oggi, altrimenti se ne parlava fra minimo sei giorni. Le ultime giornate che mi attendono di questa settimana sono di fuoco. Basta citare il mio recupero di matematica. Riuscite ad immaginarvi il resto?
Cooomunque parlando del capitolo…lo so, non è molto e non è il massimo, ma è qualcosa. Un assaggio di cosa ci aspetta nei capitoli successivi.
Dopo aver letto di un Damon praticamente con il morale sottoterra, adesso ci attende quel Dam pazzo e irresistibile che riesce a fare stragi di cuori. Una già l’ha fatta: Maya.
Questa ragazza dagli occhi verdi e provocante che conquista l’attenzione del nostro vampiro e rappresenta per questo quell’occasione tanto attesa.
Proprio sul più bello fa capolino un terzo personaggio che rovina l’atmosfera creatasi e lascia Damon con qualche dubbio.
Nel prossimo capitolo vedremo, naturalmente, ancora Maya e probabilmente conosceremo qualche suo amichetto.
Non dico più niente. ^^
 
Spero che con queste piccolissime anticipazioni e certezze, mi abbiate perdonato o quasi.
Grazie a tutte le ragazze che leggono ciò che scrivo, brutto o bello che sia.
Grazie a tutte quelle ragazze che continuano a recensire e a darmi sostegno. Siete fantastiche!
Spero, sempre, di non deludere nessuna di voi (se non l’ho già fatto con questa specie di capitolo),
 
Lilydh

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Capitolo 4
*** Svolta ***



Svolta

 


 

 
Intorno a me ogni cosa rifletteva le ore più scure della notte. In contrasto con il mio umore nero, l’aria era calda e in essa persisteva il sapore delle notti più calde d’estate.
Mi sembrava fossero passati giorni da quando avevo lasciato la casa di Bonnie, dove per qualche minuto tutto l’universo si era raccolto esponendomi alle sue intemperie. Esitavo pensare o solo minimamente immaginare cosa potesse essere accaduto una volta lasciata la mia streghetta in compagnia di Mutt. Non osavo.
L’avrei ancora potuta chiamare “la mia streghetta” dopo quella sera?
Scossi la testa e mi avviai, immerso in quei miei strani pensieri, lungo il vicolo illuminato solo dalla luce di alcuni lampioni.
<< Dove stai andando? >>
La voce di Maya mi giunse come una calda brezza estiva.
Maya, quella ragazza dagli occhi incredibilmente verdi e sensuali che per un attimo mi era sembrata una possibile e ottima distrazione, aveva solo peggiorato la situazione.
Tenendo il mio passo, mi raggiunse e mi prese per un braccio costringendomi a girare.
Nel momento in cui posai i miei occhi infuocati su di lei, vidi sbriciolarsi quel finto sguardo di sicurezza e determinazione che poco prima mi aveva trasmesso. Quei due occhi puntati a terra e i capelli color dell’onice che le nascondevano parte del volto, eclissarono ogni sua azione, facendo morire qualunque domanda o richiesta imminente che avrebbe avanzato.

Non ero intenzionato ad assecondarla, ad ascoltarla o anche solo a preoccuparmi per lei. Non mi interessava cosa le sarebbe successo.
Qualcosa si era spezzato quella sera, cadendo e rompendosi.
Poco prima qualcuno aveva calpestato quei cocci andati in mille pezzi e anche quella voglia di ricercare una qualche via di fuga dal presente, si assopì in me.
Mi ero arreso.
Se avessi guardato dentro di me anche solo un secondo, vi avrei scorto un infinito deserto, arido e desolato.
Senza proferire alcuna parola, lanciai un’ultima occhiata a quella ragazza e dandole le spalle, continuai a percorrere quella via buia e isolata.
Mi sentì afferrare nuovamente la camicia e lei, Maya, mi girò con decisione. Prima di poterle urlare addosso di sparire, due labbra morbide e delicate si posarono sulle mie. Immediatamente la mia bocca rispose a quell’input improvviso, assaporandole e assaggiandole.
Strinsi quel corpo al mio e accarezzai la sua pelle soffice e morbida al tatto. Un flash improvviso e un desiderio incontrollabile di stringere una sola persona tra le mie braccia, mi fece allontanare bruscamente.
<< Scusa, non volevo >>, disse May.
Scossi la testa disorientato.
Non era lei che volevo in quel momento, né il suo sangue.
Questa consapevolezza arrivò chiara e forte nella mia testa, annullando quella tregua dal mio mondo. Niente mi avrebbe regalato o concesso un po’ di quella pace che desideravo. Niente avrebbe fatto cessare quest’assurda agonia. Né Maya né nessun’altra ragazza, eccetto una.
Lei…lei non era mia. Non lo era mia stata.
Lei…ma quale delle due?
Un volto dagli occhi azzurri si confondeva paurosamente ad uno a forma di cuore circondato da perfetti boccoli rossi.
In quel momento mi sentì come se fossi sballottolato da una parte all’altra, come se ciascuna di quelle due fazioni stesse lottando contro l’altra per, alla fine, riuscire a farmi suo.
Sentivo il richiamo della notte e del sangue umano, quel desiderio di assaggiare e approfittarmi di quella ragazza per sentirmi e provare a me stesso che ancora potevo essere quel vampiro sanguinario che generazioni addietro avevano conosciuto. Sentivo come quell’eccitante mistero che rappresentava Elena, premeva dentro di me, evocando antiche sensazioni e baci ardenti di passione e desiderio, dove ognuno di essi agli occhi di estranei era qualcosa di proibito. In fondo al mio cuore immobile e fermo, avvertivo il dolce calore di un profondo legame che, se lo avessi seguito, mi avrebbe portato da Bonnie, l’unica ragazza che mi aveva cambiato davvero e radicalmente, benché non lo volesse e non ne fosse consapevole.
Nella confusione dei miei pensieri, sfiorai il collo di Maya e le scostai i capelli portandoli dietro le spalle. Mi chinai verso di lei, regalandoli una carezza, un bacio a fior di labbra. Percorsi con esse la strada che portarono la mia bocca alla sua gola. Le dischiusi, mentre sentivo i battiti del suo cuore accelerare e aumentare così il circolo del sangue nelle vene.
Un brivido la colse.
Sapevo quale sarebbe stata la scena successiva di questo orrendo copione. Avrei interpretato quella parte che mi fu assegnata, ancora.
Sentivo la fame bruciarmi dentro. Il mostro spingermi nell’affondare i canini nella giugulare di quella ragazza. Osservando quello strato sottilissimo di pelle, mi sembrava quasi di vedere lo scorrere del sangue, della vita sotto di essa.
Posai le mie labbra sul collo e avvertì il suo calore.
Sentì come quella ragazza si lasciò andare, inclinando prima il collo e poi afferrandomi i capelli, richiudere le sue dita e stringerli in una morsa.
Non ci sarebbe stata anima o vita che sarebbe riuscita a placare rabbia o desideri.
Il suo profumo invitante mi inebriava i sensi e, se mi fossi anche solo accontentato, mi poteva anche bastare, eppure quell’aroma era un imperterrito provocatore del predatore che era in me.
Il richiamo del sangue, andava oltre il mio autocontrollo quella sera.
Lui da una parte, il pensiero di Elena e di Bonnie dall’altra.
Sentì i canini allungarsi e senza che me ne rendessi conto, quelle due punte affilate tra non molto avrebbero lasciato due piccoli forellini da dove sarebbe uscito quel sangue bramato da tempo.
Mentre quel solito rito si avviava alla conclusone, sentì uno schiocco e successivamente un ronzio pervadere l’aria.
All'istante una spaccatura, dalla quale si dilaniò un dolore scandito da piccole scosse derivanti dalla spalla sinistra, mi pervase il corpo. Odorai il profumo del sangue e ad esso reagì guardando il collo di Maya alla ricerca di due forellini perfetti. Con mia sorpresa, questo era liscio, roseo, senza alcuna ferita dalla quale fuoriusciva del sangue.
Una vertigine improvvisa mi colse, annebbiandomi la vista. Le gambe mi cedettero per un secondo e mi accasciai  sulla ragazza.
Il mondo incominciò a muoversi e a capovolgersi, per poi ritornare nell’esatta posizione e un secondo dopo cambiarla di nuovo.
<< C-cosa…? >>
Sentì la voce di Maya tremare e lontana.
<< Prova anche solo a sfiorarla e la prossima volta punterò al cuore, sporca sanguisuga >>, disse una voce, la stessa dell’uomo con l’accendo dell’est Europa.
Avvertì due braccia circondarmi per sorreggermi e sostenermi.
<< Cosa vuoi Tj? Perché lo hai colpito? >>
<< Allontanati Maya, lui non è quello che sembra. >>
<< Non mi interessa cosa sia, voglio solo che ci lasci in pace >>, rispose Maya con tono minaccioso.
Dei passi pesanti si mossero verso di noi e una forte pressione all’addome mi conficcò quello che avevo capito essere un paletto di legno. La stessa forza fece pressione su di esso, lasciando che la punta del paletto scavasse nella mia carne.
Non so se urlai.
Mi sentivo disorientato, come mai prima di allora.
Era come se mio corpo fosse entrato in circolo un qualche veleno che mi rendeva incapace di reagire.
Qualcosa mi impediva di ribellarmi a quello stupido ragazzo che mi aveva distratto per la seconda volta in una sera dai miei affari.
Qualcosa che avvertivo provenire da dento. Qualcosa di ben più potente di me e questo, questo mi faceva paura.
Parole al vento, strattoni e un nuovo dolore proveniente dal petto.
I miei sensi si azzerarono di colpo.
Per la prima volta in cinquecento anni, sentì la necessita di abbandonarmi al nulla ed infine, come una morte preannunciata da tempo, vi caddi dentro.
Il mondo, quella notte, improvvisamente aveva preso a tremare. Sotto quelle scosse di terrore, cercavo disperatamente un riparo, un qualche rifugio da quella paura. Quel terreno, così arido e spoglio sotto i miei piedi, aveva iniziato a dare segni di cedimento, minacciando di far sprofondare il mio mondo delle viscere della terra. Ero pietrificato dalla paura, dalla consapevolezza che fosse tutto reale e che niente mi avrebbe salvato, neanche il cielo blu della notte con ogni sua più piccola stella a punteggiarlo di luce iridescente.
Anche loro ad un tratto sembrava si fossero alleati con quell’estranea entità terrena.
Alla fine quei lampi, quei tuoni, quelle nuvole grigie di tempesta sospese nel cielo, erano riuscite a scaraventarmi su quel suolo privo di vita.
Alla fine mi ero arreso anche a loro ed ero caduto, crollato, schiacciato, soffocato dal mio mondo.
Ed infine ero sprofondato in una di quelle crepe che spaccavano la terra in piccole isole aride e adesso mi ritrovavo ad affrontare me stesso.
In quello strano stato di incoscienza, ormai non sentivo più quei pensieri così rumorosi, così numerosi, scorrermi in testa mischiarsi pericolosamente alla realtà.
Sapevo che in quella sera c’era qualcosa di strano.
Da quando avevo lasciato la casa di Bonnie, avvertivo una strana entità attrarmi verso di se. Tra tutti quei pensieri e novità inaspettate, nella mia testa c’era un dannatissima vocina che da secoli tenevo lontana.
Era questa che cercava di attirarmi.
Quella sera era riuscita ad avere la meglio su di me e a catapultarmi dentro di me, dove non c’erano vie di fuga, né scappatoie.
<< E’ strano come le nostre azioni possano mettere in moto il corso delle cose, Damon. >>
Una voce, una voce che mi suonava tremendamente familiare, arrivò alle mie spalle. Temevo di scoprire chi fosse. Temevo che ogni mia più grande paura fosse lì, a pochi passi da me. Temevo che il tempo per nascondermi da me stesso, fosse finito.
<< Non siamo mai stati bravi a ragionare sulle conseguenze delle nostre decisioni. >>
Come un bagliore di luce accecante può inondare due occhi accecandoli, uno squarcio di luminosità invase la mia mente e scorsi un bambino dagli occhi neri e capelli corvini rincorrere un bambino dai capelli più chiari e dagli occhi straordinariamente verdi in un giardino infinito.
Quel giardino era il mio mondo e quello di mio fratello, quando eravamo solo dei bambini, quando ancora non immaginavamo a che futuro stessimo andando incontro.
Impietrito, mi voltai e spalancai gli occhi.
Di fronte a me c’era un bambino che nei lineamenti, in quegli occhi neri, mi ricordava me da piccolo.
<< Sono io, infatti >>, disse. << Sono te. >>
La prima cosa che pensai fu: “O sono uscito fuori di testa o ci sto per uscire.”
Quel bambino che affermava di essere me, sorrise.
Il mio stesso sorriso.
Un sorriso e una verità che mi disarmò, mandando in frantumi le mie barriere. Se avessi avuto un cuore che pompava sangue nelle vene, sicuramente in quel preciso istante sarebbe esploso per i troppi battiti.
Intorno a noi ogni cosa era ferma e immersa nel più totale silenzio.
Continuavo a fissare quei due occhi così profondi, che dentro essi nascondevano il mondo, il mio mondo. Loro mi osservavano di rimando, curiosi di catturare ogni mia mossa.
La consapevolezza che difronte a quel ragazzino non potevo indossare una maschera di finta indifferenza, che in qualche modo mi potesse realmente vedere dentro, che conoscesse ogni mio più antico segreto e pensiero nascosto, mi mise a disagio.
Di fronte a me non avevo Stefan che, anche se mi conosceva da sempre, in qualche modo riuscivo ad evitare o a confonderli le idee.
Di fronte a me c’era me stesso.
Questo oltre ad apparirmi strano, mi faceva paura.
Questo voleva dire che sapeva del mio reale affetto per Stefan che nonostante i diverbi passati, rimaneva pur sempre mio fratello. Sapeva di Elena e di quell’amore che aveva in sé qualcosa di sbagliato e ciò lo rendeva solo più eccitante. Sapeva di Bonnie e di quel profondo e inspiegabile legame mi collegava a lei insieme a quella nuova confusione di cui ero diventato vittima.
E io, io non potevo far altro che negare l’evidenza di ogni cosa mi avrebbe detto.
Ma cosa sarebbe servito negare, quando tutte quelle verità sono dette dal tuo stesso riflesso? Un riflesso che sapeva accettare l’evidenza?
Avevo un vago sospetto che Elena in passato fosse riuscita ad arrivare a lui, a parlarci e a conoscerlo, nonostante lo nascondevo a tutti, perché lui era quel mio unico tallone d’Achille che volendo, mi avrebbe potuto annientare.
<< Non è mia intenzione annientarti, ma aiutarti >>, disse e a quelle parole mi sembrò che qualcosa brillasse in quei due occhi. << E’ giunto il momento di lasciarmi andare, Damon e per permettermi questo devi accettare alcune cose. >>
La voce seria di quel bambino, mi fece intendere che non scherzava e che avrebbe fatto di tutto per ottenere, per la prima volta, quel qualcosa.
Non sarei riuscito a fermarlo.
<< Ciò che è accaduto stasera, significa che sei pronto. >>
<< Pronto per cosa? >>, chiesi ancora prima che la domanda si formulasse nella mia mente.
<< Elena non è l’unica che deve fare una scelta, Damon. >>
Quello che sarebbe venuto al seguito di quella frase, non mi piaceva e adesso sentivo quell’ennesimo bisogno di fuggire.
<< E’ inutile, fuggire non ti servirà a niente >>, disse. << Non puoi, non più. >>
<< E questo chi lo dice? >>
<< Io. >>
La determinazione, gli occhi che lanciavano fiamme e la sicurezza che avvertivo, mi fecero allontanare quella maschera di finta arroganza che ero pronto ad indossare.
Il bambino si avvicinò a me.
<< Quello che è successo stasera ti ha scosso parecchio, lo so, lo sento >>, disse. << Ti sei chiesto perché? >>
Non volevo proseguire questo discorso. Non volevo parlare di quello che avevo visto, né di Elena né di Bonnie. Ero in grado di gestire quello che provavo per ciascuna di loro, ero in grado di accettarlo e di andare avanti. Non avevo bisogno di uno strizzacervelli che aveva bruciato tutte le tappe e si era laureato in psicologia in un tempo record.
<< Tutto quello che hai provato questa sera, rabbia, confusione, dolore, tradimento, tutte queste emozioni a noi non nuove, dimostrano che non sei in grado di gestire o accettare tutto questo >>, disse il bambino. << A volte Damon, basta guardarsi dentro, anche solo per un secondo, anche se questo può far paura, per trovare la risposta che tanto cerchi e ti aspetti di trovare chissà dove o che siano gli altri a dartela >>, continuò. << Questi non possono dirti cosa provare. Loro non sanno cosa provi. >>
<< Ah perché tu, invece, lo sai >>, sbottai.
<< Io si >>, replicò all’istante. << Io sono te, ti conosco. >>
Questo era troppo. A mano mano che la paternale del ragazzino continuava, sentivo la rabbia montarmi dentro. Fu un gesto immediato, quanto vano. Mi gettai contro me stesso e cercai di afferrarli il collo, ma nell’istante in cui lo feci, il bambino sparì.
<< A volte Damon, anche i più grandi eroi hanno bisogno di un piccolo aiuto. A volte senza di esso finirebbero per morire o perdere la retta via, senza arrivare al loro obbiettivo >>, disse comparendomi alle spalle. <<  Lascia che ti aiuti. >>
<< Io non ho bisogno del tuo aiuto >>, dissi voltandomi e cercandolo con lo sguardo. << Né ora, né mai. >>
<< Sai per fino tu che non è vero >>, disse scoccandomi un’occhiata che non preannunciava nulla di buono. << Ti sei interessato ad Elena, non solo per danneggiare nostro fratello, ma anche perché in lei rivedevi Katherine. >>
Fu come una secchiata d’acqua gelida buttata in faccia.
Ogni mio tentativo di negare o evitare il discorso, era inutile.
Non potevo fuggire, tantomeno nascondermi.
Lui mi conosceva.
<< Poi, però, quel tuo assurdo piano di sedurla solo per ottenere un nuovo trofeo da mostrare a tuo fratello solo per deriderlo, ti si è ritorto contro >>, disse imperterrito, guardandomi severamente. << Te ne sei innamorato. >>
<< Sta zitto >>, sibilai.
<< Quello che non ti aspettavi, era la piccola Bonnie. >>
<< Io ti uccido. >>
Sentire quelle parole, quelle uniche verità che affollavano la mia mente, dette da me solo più piccolo e a voce alta, mi mandarono in bestia.
Ogni sua singola parola era la verità che nascondevo a me stesso, ma che non potevo negare. In quel luogo a me sconosciuto, era lui che comandava, che riusciva e sapeva come piegarmi al suo volere e rendermi vulnerabile. Mi ritrovai impietrito, ogni mio movimento era sedato dal Potere che possedeva quel bambino.
Dovevo solo ascoltarlo, non mi era permesso altro.
<< E’ lei che ti ha cambiato e benché sia così piccola e fragile, la temi >>, disse e la mia voglia di tapparmi le orecchie e non sentire ciò che stava per dire, straripò. << Lei è riuscita a tirare fuori il vero Damon con una tale facilità che ti fa tutt’ora paura. La temi perché è riuscita a cambiarti e a far riemergere il lato umano che in te è sopravvissuto alla trasformazione in vampiro senza usare minacce, sotterfugi o la forza. Ha semplicemente utilizzato l’arma più micidiale di tutte. Ci è riuscita usando l’amore che prova e sente per te >>, disse il bambino e ogni sua singola parola per me era come un colpo che mi  schiacciava a terra. << La temi perché adesso ti senti tradito e abbandonato dall’unica persona che ha dimostrato di tenere a te, senza metterti in competizione con altri per il primo posto all’interno del suo cuore >>, finì il bambino. << Dici di aver provato l’amore, di provarlo per Elena, allora perché ti nascondi e cerchi di allontanare quei pensieri che parlano dell’unica persona che te lo ha dimostrato realmente, che lo ha dimostrato solo a te e a nessun altro? >>
Mi ritrovai a fissare per terra, annientato da quelle stesse parole che giungevano a me piene di verità e certezza. Quelle parole che cercavo di non formulare nella mia mente.
<< Forse perché hai paura di provare veramente cosa vuol dire essere amati e amare? >>
Il volto di Bonnie, quei momenti che parlavano esclusivamente di noi, mi passarono davanti agli occhi. Le sensazione che provavo quando ce l’avevo vicina mi invasero. Il senso di protezione che avevo nei suoi confronti aumentò.
Elena, così simile a Katherine, ma allo stesso tempo diverse.
Elena per me rappresentava la passione, un desiderio infinito.
Elena per me rappresentava quel dolore che persisteva dentro di me, quando mi metteva da parte solo per Stefan e dopo mi riprendeva quando lui non c’era.
Quello che provavo per Elena era diverso da ciò che provavo per Bonnie, adesso lo sapevo.
Quello che mi legava a ciascuna di loro, era diverso nell’essenza.
Quale delle due amavo realmente?
<< Io la conosco la risposta, Damon >>, disse il bambino, guardandomi.
In quel momento mi sembrò che mi stesse leggendo ancora più in profondità, non nella mia mente, mi sembrò che stesse leggendo all’interno del mio cuore.
<< Sono sicuro che non appena attingerai la forza in quella risposta, capirai cosa vuoi realmente e la otterrai >>, disse sorridendomi. << E’ giunto il momento di dirci addio. >>
Assottigliai gli occhi e prima di parlare, il bambino disse: << Il mio compito qui è finito, sono libero di andare perché tu non hai più bisogno di me. Infondo al tuo cuore c’è la risposta che cerchi, Damon. Adesso tocca a te afferrarla e portarla in superficie per assaporare la vera felicità >>, affermò. << Addio Damon. >>
Inizialmente credevo fossero gli occhi ad essere appannati, ma poi capì che quel bambino, quella parte di me, stava svanendo.
Un’energia disumana mi riportò alla realtà, in quel vicolo isolato e buio.
Grida e urli, parole e minacce, furono le prime cose che avvertì prima di riapre gli occhi. L’asfalto freddo sotto di me, fu la seconda.
<< E’ vivo >>, qualcuno urlò.
<< Questa proprio mi mancava >>, dissi all’improvviso, rialzandomi e  osservando ciascuno dei cinque ragazzi. << Giovani licantropi alle prime armi che si fingono cacciatori di vampiri. >>
I ragazzi si scambiarono un’occhiata e con un cenno d’intesa uno di loro  mi si avventò contro.
Stranamente mi sentivo più leggero, come se qualcosa si fosse sciolto diminuendo il peso di quel macigno ancorato nel mio cuore.
Qualcosa si riaccese dentro me e le parole di quel bambino risuonarono come una mantra nella mia testa. Parole che riaccesero l’istinto della caccia. Prima di incominciare l’ultima lotta con me stesso, dovevo liberarmi di questi pidocchiosi marmocchi.
Misi da parte per un attimo ciò che mi era successo e mi concentrai sui miei avversari.
Un secondo prima che il ragazzo si imbattesse in me, mi scostai di lato dandoli una gomitata alla base del collo. Sentì il suo corpo cadere sulle ginocchia.
<< Oh andiamo, fate sul serio? >>, chiesi agli altri quattro.
Il ragazzo si rialzò e con il paletto che aveva in mano cerò di colpirmi inutilmente.
<< Fate sul serio. >>
Due di loro mi giunsero alle spalle, bloccandomi le braccia e impedendomi di reagire.
<< Non si può dire che voi cinque siate la reincarnazione della correttezza >>, dissi mentre uno di loro mi si avvicinò. << Cinque contro uno non vi sembra un po’ scorretto? >>
<< Chiudi il becco >>, disse una voce che identificai con quella dell’uomo dell’est Europa.
Lo vidi sbucare dall’ombra con a seguito Maya.
Dalla sua giacca nera estrasse una pistola e me la puntò contro.
<< Tj, non farlo >>, disse Maya al limite delle lacrime.
<< Con te faccio i conti dopo >>, disse l’uomo dell’est Europa, lanciando un’occhiataccia alla ragazza.
<< Chissà perché qualcosa mi dice che quella pistola non spara normali proiettili >>, dissi.
<< Voi vampiri avete sempre uno strano senso dell’umorismo. >>
<< Almeno noi ne abbiamo >>, replicai. << Voi licantropi siete sempre musoni. >>
L’umo sorrise.
<< Rimediamo subito allora. >>
Improvvisamente Tj sparò alcuni colpi che finirono incastrati nel mio petto. I proiettili di legno bruciavano come i raggi del sole puntati sulla mia pelle.
Maya urlò. Gli uomini risero.
<< Adesso chi è che è musone? >>, disse uno di loro.
<< Tu sarai il primo a morire. >>
Così dicendo mi ribellai alle catene formate dalle loro braccia e afferrai per il collo uno di loro.
<< Lascialo >>, disse Tj.
Senza ascoltare ciò che mi chiese, affondai i miei denti nel collo del ragazzo, squarciandoli la gola e buttandolo a terra.
Maya urlò, mentre un  ragazzo dell’ormai quartetto si avviò verso il suo amico, chinandosi verso di lui.
<< E’….morto >>, disse lasciandoli il polso.
<< Di solito capita questo dopo che qualcuno provoca un vampiro >>, dissi semplicemente, pulendomi la bocca dal sangue. << E poi sarebbe sicuramente morto di cancro ai polmoni, visto che il sangue sapeva quasi di fumo. Gli ho solo risparmiato inutili sofferenze. >>
<< Ora ti faccio vedere io >>, disse il ragazzo tremando dalla rabbia.
Si alzò di scatto e mi afferrò per la camicia. Senza alcun problema mi liberai della sua stretta e facendolo ritrovare con le spalle al muro, lo fissai negli occhi: << Ti regalerò una morte veloce solo perché ho fretta. >>
Sentì l’osso del collo rompersi e l’uomo esalare il suo ultimo respiro.
Un proiettile di legno mi colpì il braccio.
<< Non ti conviene farmi arrabbiare, ragazzo. >>
A quelle parole risi: << Ci siamo già passati, se non mi sbaglio. >>
Nel momento posai il mio sguardo sul ragazzo che stava al fianco di Tj, lo vidi sbiancare e correre via.
<< Il vostro codice prevede qualcosa per il tradimento? >>, domandai indicando il ragazzo con lo sguardo.
<< Io se fossi in te mi preoccuperei di qualcos’altro >>, disse Tj indicando alle mie spalle.
<< Non ho voglia di giocare con voi >>, dissi riferendomi alle tre presenze che avvertivo alle mie spalle.
<< Ti avevo detto di lasciare stare i miei ragazzi. >>
La voce furibonda di Raul, si avvicinò a me.
<< Dovresti ammaestrare meglio i tuoi cucciolotti, sai? >>, feci notare. << E poi hanno incominciato loro. >>
<< Prendetelo >>, urlò Raul.
Prima che i suoi facessero un primo passo, mi fiondai su Tj.
<< Posso? >>, domandai e senza aspettare una sua risposta, li afferrai la mano con impugno la pistola e sparai ai suoi compagni, che caddero a terra come investiti da un uragano.  
<< Maledetto. >>
Prima che Tj riuscisse a liberarsi della mia stretta, lo portai di fronte a me e sorridendoli, li strappai il cuore.
Crollando di lato, vidi Raul con gli occhi spalancati.
<< Credo che il prossimo sia proprio tu >>, dissi guardandolo negli occhi.
Prima di riuscire ad avvicinarmi a lui, una figura si lanciò contro di me.
<< No! >>
Raul urlò e i pugni di una ragazzina presero a menare colpi sul mio petto.
<< Non osare neanche toccarlo >>, disse.
Le mie azioni furono guidati dal mostro che in quei momenti mi stava dominando. Cercai di fermare quella piccola furia e appena ci riuscì l’afferrai per il collo e la sollevai per guardarla in volto.
Un viso grazioso, dagli occhi marroni e i capelli rossi. Questi non erano ricci, ma lisci.
Fu l’attimo di un istante e la sensazione di stringere in quella morsa il collo di Bonnie, si proiettò di fronte a me.
Scioccato da quell’orrenda sensazione che quel volto di quella ragazza scatenò in me, la lasciai.
Vidi Raul correrle incontro e proteggerla, minacciandomi di morte con ogni mezzo a sua disposizione.
Minacce che non mi arrivarono, perché continuavo ad osservare quella ragazza ansimante cercare protezione e riparo da me. Osservai come afferrò e strinse la mano di Raul appena questo li fu vicino, esattamente come Bonnie faceva con me quando la salvavo da chi la intimidiva.
Appena le ero vicino, sentivo come la sua aurea si sentisse al sicuro, come quando la stringevo si sentiva protetta e si abbandonava affidandosi completamente a me. In quei momenti, mentre percepivo queste ondate di calore dal mio uccellino, sentivo come in me l’orgoglio e la gioia galoppavano felice e libere. Sentivo come provare l’essere importante per qualcuno mi rendesse felice. Quella necessità che lei aveva di me, mi colse in pieno, ricordandomi che il primo nome che invocava quando era in pericolo era il mio.
Chiamandomi ogniqualvolta che ne avesse bisogno, significava forse che credeva in me, che aveva fiducia in me?
“A volte anche i più grandi eroi hanno bisogno di un piccolo aiuto.”
Le parole di quel bambino che aveva vissuto nella mia ombra per secoli mi tornarono alla mente e finalmente capì.
Non so se per Bonnie, io fossi il suo eroe, ma senza ombra di dubbio la mia gattina era quell’aiutante che mi offriva e regalava il suo aiuto senza chiedere nulla in cambio, senza aspettarsi un grazie.
Le era mia e di nessun altro.
L’avrei messo in chiaro.
Senza indugiare oltre, mi trasformai tuffandomi nell’oceano blu identificato con il nome di cielo, diretto dal mio uccellino, la mia gattina, la mia streghetta.
Le era ancora mia, lo sapevo.
 






 
 
L’angolo di Lilydh

 
Ehm no, non mi hanno rapita gli alieni e non sono sparita. ^^
Tra scuola e continue modifiche al capitolo, aggiorno solo ora.
Credo di aver premuto più il tasto “Canc” sulla tastiera in questo periodo, che nel complesso di tempo di quando il mio computer è entrato in mio possesso.
Non riuscivo a trovare quel tassello che permettesse a Damon di guardare in faccia alla realtà e di affrontarla. Poi ho capito che, quando noi siamo alla ricerca di una risposta, perdiamo tempo a cercarla altrove, invece spesso è lì, dentro di noi. Può essere sotto forma di un ricordo, di un immagine o di una frase, qualcosa che ti ha colpito o che non dimentichi facilmente.
Stessa cosa per i problemi.
Forse possiamo evitarli o depistarli, ma la vita si sa, è una tremenda giocatrice.
L’ostacolo che ti ritrovi davanti, quello che non riesci a superare, forse riesci ad evitarlo solo momentaneamente, ma prima o poi la vita ti costringe ad affrontarlo facendotelo ritrovare davanti, magari sotto un'altra forma ma la sostanza rimane quella.
Qui ho capito che per far capire a Damon, ficcarli bene in testa che è inutile scappare da questi ostacoli che la vita ci riserva, bisogna guardarsi dentro e capire prima di tutto cosa si prova, che emozioni sentiamo pensando a quell’ostacolo. Analizzarlo insomma.
Una sorta di “studia il tuo nemico, ogni sua mossa, prima di affrontarlo.”
Ed ecco che nella mia mente fa capolino quel bambino che Damon nasconde, la sua parte buona, quella che la Smith ci ha fatto conoscere per mano di Elena. Quella parte di Damon che non ha paura di dire “ti voglio bene.”
Il piccolo Damon apre gli occhi al nostro vampiro e lo fa arrivare dove lui, da bravo testardo, rifiuta di arrivare.
Costringendo Damon ad affrontare se stesso, nel vero senso della parola e dandoli una piccola prova di quel legame che sente verso una persona, apre gli occhi, finalmente.
Adesso toccherà solo a lui fare quell’ultimo passo verso la felicità.

 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto,

Lilydh



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Capitolo 5
*** Legami gravitazionali ***




Legami gravitazionali



 

 
La luce che entrava dalla finestra e che si rifletteva di rimando sul soffitto bianco e freddo, disegnava ogni singolo secondo scandito dal tempo, figure diverse così da alternare e inscenare effetti differenti.
Quelle strane ombre mi tenevano compagnia da quando quella luce sul mio comodino si era spenta. Ricordavo con ironia quando da piccola, una volta spenta ogni fonte che potesse scacciare il buio, mi nascondevo sotto le coperte per paura di incrociare gli occhi di qualche mostro nascosto dalle ombre. Fin da piccolina il calar della notte buttava sul mio animo allegro e spensierato di bambina, timore e paura. Ogniqualvolta che mi sentivo anche un po’ sola, stringevo il mio orsacchiotto di peluche o mi assicuravo che Yangtze fosse accucciato ai piedi del mio letto, sentendomi subito meglio.
Quella notte, gli unici mostri che mi terrorizzavano erano quei pensieri che non avevano smesso un secondo di urlare nella mia testa.
Fino a quel momento non avrei mai creduto di dover affrontare una situazione come quella, nonostante mi fossi sempre chiesta cosa potesse significare essere divisa tra due ragazzi.
Vedevo Elena, la mia migliora amica, divisa e contesa da anni tra i due fratelli Salvatore, Stefan e Damon. Vedevo come, senza esclusioni di colpi, i due si facevano del male a vicenda. Vedevo come Elena li manipolasse e compiacesse entrambi, senza badare alle conseguenze delle sue azioni perché troppo occupata a seguire quello che in quel momento voleva e desiderava.
Tra tutte quelle incertezze e le insicurezze che erano nate in me, di una cosa ero sicura: non volevo che qualcuno soffrisse per causa mia.
Eppure anche se questa certezza dominava su ogni altro pensiero, poche ore prima avevo ferito una persona per me importante e benché cercasse di nascondere il dolore, lo conoscevo. Lo avevo ferito. Mi ero comportata come Elena, illudendolo e manipolandolo anche solo per qualche minuto.
Ciò che era successo, mi aveva colta totalmente e unicamente di sorpresa, lasciandomi solo con una grande confusione in testa. Quella stessa confusione che i quei momenti mi chiedeva ripetutamente cosa in realtà provassi per Matt, cosa lui fosse in realtà per me malgrado quelle parole dette.
Rievocando per l’ennesima volta ciò che era successo quella sera, scostai di scatto le coperte e mi alzai a sedere.
Sentivo le mani sudate e le guance, come il resto del corpo, accaldate. Quella sensazione di calore era nata dal momento che la mia mente realizzò cosa stesse realmente succedendo. Mi ritrovai ad accarezzarmi il labbro inferiore, persa in quegli attimi di follia.



 
Inaspettatamente la Terra aveva invertito  il suo moto provocando intorno al mio di mondo eventi dettati, forse, da quell’improvviso cambiamento.
Quell’alterazione innaturale mi aveva portata ad analizzare cosa stesse succedendo in modo razionale, senza lasciare che la mia mente seguisse in qualche modo il corso naturale degli eventi.
Dopo quegli attimi di smarrimento, il mio primo pensiero fu che tutto ciò era sbagliato. Quello che stava avvenendo non era giusto. Non importava sperimentare altre sensazioni, cercare di mettere in discussione sentimenti ed emozioni, era sbagliato.
Eppure, per qualche assurdo motivo, non riuscivo a staccarmi, ad allontanarmi da quella fonte che mi aveva resa complice di una pazzia.
Avvertivo come le labbra morbide e gentili di Matt cercassero le mie, quasi troppo ansiose di ricevere una vera risposta da parte mia. Era come se sussurrassero, mediante taciti inviti, di abbandonare ogni pensiero morale, di mandare al diavolo cosa ci fosse di giusto o di sbagliato in tutto quello e di aggregarmi alla loro follia.
Con mia somma sorpresa, seguì quel suggerimento insensato e mi abbandonai, lasciando che fossero loro a guidarmi fino alla fine in quella pazza impresa.
Furono in quei pochi secondi successivi che la mia mente si svuotò.
Silenzio.
Ogni pensiero era ridotto a niente.
Quella quiete mi ricordava la calma che subentra dopo un tremendo impatto con qualcosa di altrettanto potente. L’assenza improvvisa di rumori, mi portò quasi a pensare che la Terra si fosse accorta di aver alterato il ciclo naturale delle sue cose e che adesso dovesse rientrare in quei binari obbligatori che le erano stati assegnati millenni addietro e ai quali non poteva né sottrarsi né ribellarsi.
Quello stesso silenzio di paura e angoscia, mi invase e in esso un nome risuonò chiaro e forte: Damon.
Spalancando gli occhi e sentendo il senso di colpa farsi avanti, allontanai di forza Matt.
Tutt’ora non so cosa mi spinse a farlo, ma diressi il mio sguardo verso la finestra e quello che vidi, minacciò ai miei occhi di far comparire piccole perle salate.
Fuori, un corvo dal piumaggio nero lucente, si era innalzato in quella notte nera e piena di sorprese.
<< E’ lui, vero? >>, La voce di Matt mi costrinse ad allontanare la mia attenzione da alcuni pensieri che incominciavano a formarsi dentro di me.
Sapevo la risposta a quella domanda, risposta che tuttavia non arrivò.
Con gli occhi fissi a terra, sentendomi colpevole nei confronti di entrambi, non osai alzarli nell’istante che udì dei passi lenti uscire fuori dalla mia stanza.
<< Mi dispiace, Matt. >>
Anche se era solo un sussurro, speravo che lo avesse sentito.
<< E’ chiaro che provi qualcosa per lui, Bonnie >>, disse Matt dandomi le spalle. << E ciò che provi non è poco, ma spero tu sia consapevole che ti farà solo soffrire e lui di certo non merita il tuo amore. >>
In quelle ultime parole, avvertì una rabbia ceca all’istante sedata.
<< Io, io non so cosa… >>
<< Cosa realmente provi per Damon? >>, mi interruppe Matt. << In qualche modo hai avvertito la sua presenza e mi hai allontanato. Questo spiega molte cose. >>
Seguirono momenti di tremendo silenzio, dove entrambi restammo immersi nei nostri pensieri.
Sapevo cosa provavo per Damon e cercavo in tutti i modi di annientarlo, di essere in qualche modo più forte di lui. In questo, però, come in altre cose, non ero affatto brava.
Anche se avevo una vaga idea di che cosa lui provasse per la mia migliore amica, sentivo che dovevo parlare con Damon. Sentivo di dovermi scusare e questa aria colpevole che mi invase, non fece altro che infondere verità nelle parole di Matt. Sottolineare maggiormente ciò che già sapevo.
Se alla Terra non era permesso liberarsi di quel suo moto eterno intorno al Sole incandescente, io non potevo oppormi alla gravità che l’unica e sola Stella rovente del mio universo privato esercitava su di me.
Come la Terra era legata al Sole da un patto divino o scientifico, io ero legata a Damon da quell’unico trattato inscindibile che andava oltre qualsiasi forza superiore o umana.
Ciò che mi univa a Damon era l’amore.
Ne ero innamorata e niente sarebbe cambiato.
Le mie gambe, spinte da questo sentimento devastante, si mossero da sole, spinte dal desiderio di correre dietro a quel maledetto vampiro oscuro che tanto adoravo.
Una forza, la forza ferrea di Matt, mi bloccò sulla porta.
<< Lui ama Elena, Bonnie >>, mi urlò, quasi a volermi risvegliare da un profondo coma. << Perché costringi te stessa a farti del male? Questa sera, con quel bacio, volevo dirti che io rappresento l’alternativa. Lascia che provi cancellare Damon dalla tua mente. >>
Vedevo come gli occhi azzurri di Matt, trasudavano speranza.
Non potevo illuderlo, non potevo farli altro male. Lui non se lo meritava e se Damon non mi voleva, avrei sofferto da sola con l’unica consolazione di averci provato e di non vivere nel rimpianto.
<< Anche se riuscissi a cancellarlo dalla mia mente, Matt, non risolveresti niente >>, dissi guardandolo negli occhi. << Anche se ci riuscissi, Damon è una parte del mio cuore, lui è nel mio cuore e dovresti strapparmelo per potermi liberare di lui.  >>
Vidi come gli occhi di Matt si spalancarono per quelle parole e come la sua stretta sulle mie braccia si allentò.



Le uniche due cose che ricordai dopo quelle mie parole, furono una porta che si chiuse violentemente e io che mi accasciai per terra con il volto irrigato di lacrime.
Fissavo con lo sguardo fuori dalla finestra, persa tra i miei pensieri e l’unica cosa che avevo in mente era Damon.
Era giunto il momento di affrontare la realtà, di affrontare Damon e quello che provavo per lui.
Lo avrei affrontato e anche se questo mi faceva paura, sapevo che dovevo farlo. Solo così sarei riuscita ad andare avanti, con o senza di lui.
Nonostante quelle miriadi di paure e dubbi che mi assalirono non appena nella mia mente si formulò la scena del trovarmelo davanti, avevo preso una decisione e l’avrei portata a termine.
Mi diressi verso il letto, stanca di tutto quel pensare, stanca di quella tristezza e turbamento in vista dell’indomani.
Il pensiero che se Meredith mi avesse vista in quel preciso momento, mi avrebbe estorto il motivo di quella tristezza, mi fece sorridere.
Quel mio sorriso si tramutò in una paura improvvisa, quando una forza sovrumana mi costrinse con le spalle al muro.
Quello che vidi a primo impatto furono due occhi iniettati di sangue.
Il pensiero che sarei morta mi avvolse.
 





 
 
L’angolo di Lilydh


 
Buon pomeriggio mie care fanciulle!
Ecco un altro capitolo tutto da leggere di questa mia seconda FanFiction.
Lo so, si è fatto attendere e so che vi aspettavate la resa dei conti tra Damon e Bonnie, ma mi è sembrato giusto affrontare anche cosa provasse la piccola streghetta, oltre che mettere in chiaro cosa fosse accaduto dopo che il nostro vampiro è volato via.
Credo che la parte principale di questo nuovo capitolo, sia quando Bonnie si spiega cosa la leghi a Damon.
Non so da dove mi sia uscito il legame che la Terra ha con il Sole, ma penso che sia un ottimo esempio per dare un’idea di cosa provi Bonnie nei confronti di Dam in questo contesto.
Giusto per essere chiara, non c’è alcun dubbio che la figura comparsa alla fine sia qualcuno di nostra conoscenza. ^^
 
Vorrei dedicare questo mio capitolo a Giulia, Pallina e Claudia che da qualche giorno sopportano le mie lagne e dubbi.
Grazie ragazze, senza di voi sicuramente lascerei perdere tutto, ma come disse Jim Morrison: “ Non c’è peggior nostalgia che rimpiangere quello che non è mai successo. ”
A quanto pare Damon e Bonnie non sono gli unici a dover affrontare qualcuno insieme ai loro sentimenti….. -.-‘
Grazie anche a tutte le ragazze che continuano a leggere la mia storia e che recensiscono.
 

Al prossimo capitolo e Buona Pasqua a tutte,
Lilydh

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Capitolo 6
*** Sognami, credimi, vivimi ***



Sognami, credimi, vivimi

 

 
 
 
 
Prima di ucciderti, sposa
ti ho baciata.
Ora non c'è altro modo che questo:
di ucciderti e morire in un tuo bacio.
William Shakespeare, Otello

 
 


 

 
Percepivo la paura improvvisa mischiata al veloce battito del suo cuore, avanzare sempre più rapidamente dentro di lei e conquistare e imprigionare la sua mente, gettandola in un oblio senza fine, dove il panico regnava incontrastato.
Sentivo come le sue braccia nivee alla vista, nude e calde al tatto, stessero mutando in brividi freddi.
Quell’aurea argentea distinta tra le altre sopite, dove la luce irradiata dal Sole avrebbe dato un tocco ancora più magico a quella soave creatura dai riccioli rossi, avesse sfumature fredde che non le appartenevano e che rispecchiavano sulla mia tensione e ansia.
Quando i miei occhi incontrarono i suoi, così spalancati e impauriti, quasi freddi e distanti, mi sembrò quasi che il mio cuore tornasse a battere solo per fermarsi e privarmi dell’ossigeno un secondo dopo, iniettando dolore immediato nei miei polmoni. Qualcosa in me urlò, pregò, sancì che lei, proprio lei, non doveva temere niente di me: la devozione con cui adoravo il suo cuore, la sua voce, la sua presenza era totalmente innocente.
Quello che avevo sospettato prima, in quel tempo infinito dove chiedermi cosa fosse realmente per me l’uccellino era diventato un tremendo tormento, adesso mi era chiaro: avevo bisogno del suo amore e speravo che piegandomi sotto il suo nome, quella stessa dolce creature donasse ad un demone come me quell’attenzione che tanto bramavo.
In quei due occhi vi scorsi una tacita richiesta d’aiuto e ogni cosa in lei e di lei parlava, pronunciava, urlava il mio nome.
Vidi in quei due profondi occhi nocciola, la paura trasformarsi in incredulità. Collegando i lineamenti del mio volto al mio nome, quel nome che in se aveva l’oscurità nera che in quegli attimi tremava alla presenza della luce bianca, ogni sua silenziosa parola non pronunciata era scritta su quel volto a forma di cuore.
Aprendo la mia mente alla sua, in essa vi scorsi terrore e panico.
Aveva paura. Paura di me. Il mio uccellino, la mia dolce e innocua streghetta, mi temeva.
Quella nuova scoperta frantumò definitivamente le mie barriere, le mie consapevolezze e inducendo l’angoscia, la tristezza a prendere consistenza dentro di me.
In quel momento al limite tra realtà e fantasia, mi sembrò quasi che una voce segreta nella mia testa avesse appena sussurrato “scacco matto.”
Seguendo la scia dei miei pensieri, sconfitto e annientato, persi il potere sulle mie braccia e queste caddero lungo i miei fianchi.
Nel silenzio di quella stanza improvvisamente fredda, quasi ostile, indietreggiai.
Il vuoto che si era venuto a creare tra me e il mio uccellino, stranamente faceva male. Era come se una peso, simile all’inquietudine, si fosse posizionata alla bocca dello stomaco.
Questa sensazione tipicamente umana, mi fece capire che lei, che aveva riattivato i miei sentimenti ed era riuscita a portare alla luce il vero Damon, quella sera, come quella stessa partita appena finita, aveva concluso la sua missione riportando definitivamente allo scoperto tutta la mia umanità.
Ma se adesso che il vero Damon, quello umano che si preoccupava per gli altri e permetteva a pensieri razionali, ai dubbi e all’amore, di pervaderlo adesso era tornato, a chi lo avrei dimostrato?
L’unica persona che desideravo scoprisse quella nuova parte di me, era con le spalle saldamente attaccate alla parete bianca della sua stanza, tremante.
Cosa si doveva fare in quei casi, quando la parte più fragile di te è esposta, pronta ad essere colpita da una frase, da un pensiero, da un’azione? Cosa dovevo fare?
Fin quando i dubbi della natura di un sentimento è dentro i limiti di te, è facile negare e trasformare le emozione. E’ semplice negare a te stesso la verità evidente. Quando invece quegli stessi dubbi sono venuti allo scoperto, non ti è più permesso giostrare la realtà.
Se mi conoscevo bene, tra non molto sarei scomparso da quella stanza senza farvi più ritorno, ma quella sera sembrava che neanche io comprendevo a fondo me stesso. Quella sera era come se la Terra avesse incominciato a dare piccoli segnali di instabilità per poi successivamente iniziare a tremare sempre più violentemente sotto i miei piedi. Più cercavo una qualche via di fuga per scappare all’imminente catastrofe, più la Terra sembrava arrabbiarsi e attaccarmi. Alla fine questa, sotto violente scosse, si era aperta esponendomi al vuoto buio e freddo del suo interno. Nonostante avessi cercato un appoggio che mi potesse salvare, vi caddi dentro con ogni mia certezza e sicurezza fatta mia fino a quel momento. Con rammarico mi accorsi che ancora adesso non riuscivo a trovare qualcosa per fermare quell’inesorabile discesa dentro le viscere della Terra. Mi era quasi impossibile fermare quella brusca caduta dentro di me, perché in qualche modo sentivo che non avevo il controllo o il potere di ciò che provavo e sentivo. Mi era permesso di avere una sola consapevolezza su tutto: ogni avvenimento di quella sera, mi aveva portato là, dal mio uccellino, nel suo mondo e di quel mondo io desideravo farne parte.
Sconfortato, alzai lo sguardo dirigendolo fuori dalla finestra aperta e mi ritrovai a fissare il cielo nero.
Il mio mondo. Quello che c’era aldilà di quella lastra di vetro, così sottile e trasparente, era il mio mondo.
In quel momento un nuovo desiderio, totalmente nuovo e sconcertante, si fece largo in me, lasciandomi ancora più inerme sul posto.
Desideravo, volevo che lei, la mia gattina, che Bonnie, ne facesse parte.
Senza alcun dubbio sarebbe stata un’incantevole Immortale, ma tutte le sue paure, le sue fragilità, sapevo, non l’avrebbero aiutata.
Lei non era tagliata ad affrontare il mondo delle tenebre da sola.
Da sola forse no, ma con me…
Stringendo entrambi i pugni e conficcando le unghie nella mia carne gelida, impedì a me stesso di continuare quel pensiero. Era meglio se sparivo dalla sua vita. Forse avrebbe sofferto, il tempo l’avrebbe aiutata a dimenticarmi, avrebbe incontrato una persona capace di renderla davvero felice, lei se ne sarebbe innamorata e avrebbero avuto una famiglia.
Non osavo dar voce alla gelosia del pensiero di vedere un altro uomo al suo fianco.
Prima che  fosse troppo tardi, con voce fredda e lontana dissi: << Addio uccellino. >>
Queste parole appena pronunciate, sorpresero perfino me.
Arrivato fino a quel punto, sarei davvero riuscito ad abbandonare la streghetta e lasciare Fell’s Church per sempre? Perché stavo rinunciando a quella che poteva essere la mia unica e vera occasione di amare e sentirmi amato?
Nonostante pretendevo Elena tutta per me, non mi ero mai soffermato sul pensiero di che cosa significasse in realtà il mio mondo o come lei lo  avrebbe affrontato. Elena e Bonnie erano due ragazze totalmente diverse ed ognuna avrebbe affrontato in modo differente ciò che significa avere l’eternità davanti a sé.
Ancora una volta mi ritrovai a pensare a quello che provavo per Elena e paragonarlo con ciò che sentivo per la piccola Bonnie.
Altre domande senza risposta si affollarono nella mia mente, ma nascosta dietro ciascuna di essa, c’era la convinzione che non avrei permesso a nessuno, neanche a me, di far del male alla streghetta.
Quelle mie parole ebbero l’effetto di una qualche insolita formula magica, perché ogni cosa aldilà della finestra taceva. Da quelle quattro mura, sole testimone di quell’incontro, avvertì emanare un’ondata gelida, come se anche loro volessero dare un loro pesante giudizio in quella assurda, quanto vitale faccenda.
Improvvisamente mi chiesi se Inferno e Paradiso potessero avere lo stesso significato.


 
 
  
Pietrificata.
Ogni parte di me era congelata, incapace di reagire o fare qualsiasi cosa possibile al corpo o alla mente umana.
Il suo agguato improvviso mi aveva tolto ogni più piccola autorità legittima che mi spettava sui muscoli del mio corpo. Quel suo tocco gelido aveva scatenato prima la paura improvvisa della morte e, solo quando lo riconobbi e collegai quei due occhi oscuri al suo nome, quella stessa paura si tramutò in brividi di desideri segreti.
Immobile, con le spalle che facevano quasi un tutt’uno con la parete della mia stanza, osservai quel vampiro che tanto desideravo e amavo, ma che non poteva essere mio.
Il flash improvviso di Matt e di quel suo bacio, portò dentro di me la convinzione che lui sapeva.
Le mie mille e più domande, le mie paure e le mie scuse più assurde che in quell’arco di tempo si formularono in me, furono spazzate via da poche parole.
Quella sua unica frase lasciata sospesa adesso aveva preso improvvisamente un senso.
Una semplice frase detta con una tale semplicità che aggiungeva altro dolore al suo pesante significato. Una semplice frase che aveva avuto il potere di gettare sulla mia mente e sul mio cuore dolore e tristezza, imprigionandoli entrambi in una morsa mortale.
Quando i miei occhi misero a fuoco la sua figura nera dirigersi verso la finestra dalla quale era comparso, un senso di perdita si introdusse tra le mie paure.
Quella frase aveva avuto il potere di congelare ogni cosa in me. Esattamente come una statua di marmo, ero immobile. Impietrita.
L’unico e primo desiderio che mi venne in mente era quello di voler sparire, di non essere costretta a dover affrontare il presente e il suo imminente futuro con le conseguenze di quella sua azione.
Malgrado quel mio inconcepibile desiderio, rimasi immobile, lì, in mezzo alla mia stanza che stentavo quasi riconoscere.
Improvvisamente il mio respiro venne meno nel vedere la sua figura perfetta prepararsi a dileguarsi e ritornare nelle tenebre, sparendo così dalla mia vita. Al pensiero di perderlo, sentì gli occhi pizzicarmi.
Dentro di me, seguito da echi infiniti, una sola voce acquietava il frastuono delle mie paure, urlando il suo nome. La necessita che io avevo di lui era quel bisogno naturale dell’ossigeno per un essere umano.
Era vitale.
<< No! >>
Improvvisamente sentì quella mia autorità legittima sui muscoli del mio corpo tornare con forte intensità, quasi come fosse una scarica elettrica, e fu allora che le mie gambe, spinte da un’urgenza irrefrenabile, si mossero da sole. Quasi ne andasse della mia sopravvivenza, il poco spazio che mi divideva da lui lo colmai con pochi passi.
Non mi importava cosa lui provasse per me, cosa io significassi per lui: io avevo bisogno della sua presenza. Lo desideravo con me.
Accompagnata da questo pensiero, l’impatto con il corpo di Damon fu come riunire due metà di un solo e unico oggetto, come aggiungere ad un puzzle il suo ultimo tassello per creare una meravigliosa scena tra due amanti. Fu come ritrovare l’anima gemella che da secoli, rincarnazione dopo rincarnazione, rincorri per tutto il globo.
Questa sensazione di completezza che mi investì, come qualcosa di unico, paragonabile, forse, solo alla forza di uno tsunami in piena tempesta, mi fece capire che appartenevo a Damon e a nessun’altro.
Per chissà quale concetto o legge universale, sentivo di far parte di lui. Forse lo avevo da sempre sospettato, ma mai accettato davvero dentro di me. Qualcosa mi suggerì che centrassero i suoi sentimenti per Elena e lei stessa. Leggi universali o paure di avere rivelazioni dolorose, in quel momento non mi importava. Il mondo aveva concesso a me e a Damon un luogo dove fossimo solo noi due, annullando tutto il resto.
Per la prima volta nella mia vita, volevo lottare per ciò che amavo e volevo con determinazione e convinzione.
Spinta da quel bisogno, strinsi ancor di più Damon a me, la mia guancia appoggiata delicatamente alla sua schiena, divisa da questa solo dalla sottile stoffa della camicia nera, chiusi gli occhi e inspirai il suo dolce profumo.
<< Non lasciarmi. >>
 




In una frazione di secondo l’Inferno si mescolò pericolosamente al Paradiso e ogni mia ultima e fragilissima barriera, ogni mia più piccola difesa si frantumò in tanti piccoli pezzi.
Bastarono solo quelle due brevi parole sussurrate con voce tremante per riuscire ad abbattere quelle mura pronte ad essere nuovamente innalzate  ancora più forti di prima, e far cadere quelle consapevolezze e nuove scoperte nel vuoto, di nuovo.
Il calore rovente delle piccole mani di Bonnie, sciolse il freddo del mio corpo, esattamente come il potere di sciogliere la neve bianca e soffice è concesso ai raggi del Sole in una giornata di Marzo.
Sentivo il suo cuore battere così forte al contatto con la mia schiena, che sembrò quasi voler sollecitare il mio di tornare alla vita. Ogni suo battito era una silenziosa pretesa di attenzione nella speranza di ricevere anche un solo piccolo sussulto insegno di risposta.
Sapevo che mi bastava un minimo movimento per sottrarmi a quella stretta mortale, così fragile e debole, ma allo stesso tempo capace di toglierti ogni forza. La sola e unica verità era che non volevo sottrarmi al suo tocco, alla sua voce, al rumore prodotto da un cuore umano che batte per amore. Non volevo sottrarmi a lei, non più. Non volevo fingere che non me ne importasse niente. Sapevo che non era così.
Perso nei miei pensieri, mi ritrovai ad accarezzare il braccio dell’uccellino.
La sentì deglutire e sospirare: << Sai tutto, vero? >>
Tra le certezze che, come non mai quella sera si tramutavano in incertezze ad una velocità e con una semplicità impressionante, di una cosa ero del tutto sicuro: avremmo affrontato l’argomento “Mutt e il suo bacio.”
Al ricordo mi salì una rabbia irrefrenabile.
<< Ti riferisci al fatto che Mutt ti ha baciato e che entro le 24 ore avremo un funerale al quale partecipare o che tu hai ricambiato quello che si avvicina ad essere un vero bacio? >>
 
 



Il mio cuore perse un battito. Non ero pronta ad affrontare questo argomento, non con lui.
La presa di coscienza che era arrivato il momento di fare davvero i conti con cosa davvero provassi per Damon, arrivò con il vero motivo di quella mia reazione: avevo paura.
Anche se mentivo a me stessa quando mi ripetevo che non mi interessava cosa lui provasse per me a patto che rimanesse nella mia vita, qualcosa, forse il bisogno di farli sapere cosa provassi, mi spingeva ad essere sincera con lui.
Pregando che la voce non uscisse tramante e apparisse insicura, feci un altro piccolo passo verso quello che sembra essere la resa dei conti tra me e il maggiore dei Salvatore.
<< E’ per questo che sei così arrabbiato? >> 
<< Sicuramente i completi neri per l’occasione non mi mancano >>, proseguì lui, giocando con il ciondolo del bracciale legato al mio polso.
Di certo così non mi aiutava, ricordando a me stessa che adoravo anche questa parte di lui. Cercare di evitare argomenti a lui scomodi, era una delle sue innumerevoli specialità.
<< Riesci a fare la persona seria per almeno cinque minuti? >>, domandai allentando la stretta intorno alla sua vita.
La mia determinazione fino ad allora così vicina alla stabilità, perse il suo equilibrio nell’attimo in cui dimenticai per un secondo con chi avevo a che fare.
Se avessi avuto la vaga speranza che mi lasciasse per una volta la conduzione del gioco, mi sbagliavo. Le regole le dettava lui. Capì questo mentre mi ritrovai a perdermi in quelle lande oscure e selvagge che erano i suoi occhi.
Con un movimento impercettibile agli esseri umani e fulmineo perfino per un vampiro, Damon mi mise seduta sul piano della scrivania.
Lui davanti a me a bloccarmi ogni ipotetica via di fuga, illuminato solo dalla bagliore fioco di una lampada in un angolo. Quella luce li dava un’aria così intensa e affascinante che mi dovetti trattenere nel far combaciare le nostre due bocche in un bacio.
<< Non mi interessa quale sia stato il motivo che lo ha spinto a baciarti. Non mi interessa se per qualche secondo ha creduto alla possibilità di un futuro al tuo fianco. Non mi interessa ciò che lui prova o se soffrisse. Forse non mi interessa neanche conoscere il motivo del perché hai ricambiato >>, disse scandendo ogni singola parola, senza staccare i suoi occhi dai miei o anche solo muoverli impercettibilmente. << Vorrei solo conoscere cosa si cela qua dentro. >>
Sentì le sue dita fredde lasciare una piccola scia fredda dove vi è il cuore, dove vi sono tenuti prigionieri i sentimenti e le emozioni più nascoste e segrete.
In quella scia di brividi chiusi gli occhi, pregando che se si trattasse di un sogno, di svegliarmi. Allora il ritorno alla realtà non sarebbe più coinciso con i miei sogni e avrei solo dovuto scacciare quella solita tristezza che accompagnavano le mie giornate ogniqualvolta che nei miei sogni entrasse lui e li popolasse da egoista qual era.
<< Avrei potuto benissimo entrare nella tua mente e leggere la risposta direttamente senza che tu sapessi nulla, ma voglio sentirmelo dire da te. Voglio che sia tu a dirmi ciò che senti per Matt…ciò che provi per me. >>
Quando riaprì gli occhi e li legai ai suoi, ciò che vidi mi sorprese.
Non avevo mai visto un Damon che cercava conferme in altre persone, un Damon che necessitava che qualcun altro li fornisse risposte alle sue domande, ai suoi tormenti interiori. Mi sorprese che Damon avesse preferito chiedere la risposta direttamente a me, senza che se la prendesse illegittimamente con il Potere.
Non volevo dar voce alla speranza che forse avesse abbandonato quel suo obiettivo di avere Elena tutta per sé. Non volevo, non dovevo illudermi.
Chinando la testa e fissandomi le mani, diedi voce ai miei pensieri: << Perché ci tieni tanto a saperlo? >>
 



 
Se il suo cuore fosse in preda alla follia più assoluta, il mio respiro era completamente assente.
Se fossi stato un essere umano, avrei reagito così.
Una sola domanda aveva avuto il potere di mettermi con le spalle al muro. In quella pazza notte, avevo immaginato centinaia di modi per esprimere il mio tumulto interiore: urlando, arrabbiandomi, esponendo la parte peggiore di me tramutandomi nell’assassino a sangue freddo che ero in realtà, uccidendo qualcuno, scappando da codardo, ignorando ciò che avevo scoperto e continuare come avevo sempre fatto fino a quel momento, trasmettendo ciò che pensavo direttamente nella sua mente, ma adesso, adesso nella mia di mente vi era la nebbia più fitta.
Sembravo quasi ritornato un ragazzino alla presa con la prima infatuazione, ma qualcosa in me chiarì che la streghetta non era una semplice cotta di passaggio.
Davanti a me c’era l’unica e sola ragazza che in cinquecento anni era riuscita in una vera impresa, riportando a galla il vero Damon e facendolo riavvicinare alla parte umana.
Con la sua sola presenza riusciva a scacciare quei fantasmi oscuri protagonisti del mio passato e quelli che si riflettevano nel presente.
Nel mio mondo di tenebra si era affacciato un bagliore di luce fino a che questo non si trasformò in un raggio caldo e luminoso, concesso solo a me.
Più di una volta si era ritrovata sull’orlo della morte e non avevo mai permesso che questa me la portasse via.
Senza quel fascio di luce, che sembrava brillare solo per me, quel mio mondo sarebbe ripiombato nell’oscurità e nel freddo di un tempo, dove il sangue, il Potere, la lussuria e il compiacimento di me stesso facevano da sovrani.
Era riuscita in punta di piedi ad entrare nel mio cuore e quasi sicuramente neanche lei né era pienamente consapevole.
Si, osservando quella giovane ragazzina dai lunghi boccoli rossi e dagli occhi da cerbiatta, così timida e dolce che non aveva il coraggio di alzare il suo sguardo e affrontarmi direttamente, sarei morto.
Con le dita sfiorai una delle sue gambe nude, risalendo lungo la coscia fino a frenare il tormento di una piccola pellicina di un dito della sua mano e percorsi il braccio, fino a giungere alla sua spalla per poi arrivare al suo mento.
Lo alzai delicatamente e con una nuova luce negli occhi e con un accenno di sorriso, feci per la prima volta quello che mi chiedeva, senza svincolare il discorso: << Non so chi mi sia messo contro, ma questa sera ho realmente capito qual è il vero e solo significato che si cela dietro “ la mia streghetta, il mio uccellino, la mia gattina”. >>
Vidi come la sua espressione mutò sotto il flusso delle mie parole e per essere sicuro che avesse davvero capito, mi avvicinai a lei e incominciai a sfiorare il collo con la punta del naso.
Il suo sussultò mi fece gioire dentro.
Anche se quella sera avevo scoperto cosa significasse realmente per me Bonnie, ero pur sempre Damon Salvatore e non contento della reazione scattata nella mia streghetta, incominciati a baciarle il collo dolcemente.
La sua pelle era così morbida, calda…un calore che sentivo essere mio.
La sentì aggrapparsi alla mia camicia, come se da un momento all’altro sarebbe potuta cadere. Io non l’avrei mai lasciata cadere.
Perso in quel primo nostro attimo, mi sorpresi quando improvvisamente mi allontanò.
Sconcertato , la guardai interrogativa.
 



 
Dovevo riprendere il controllo di me e riprendere in mano la situazione, era fondamentale che lo facessi. Dovevo sapere.
Senza attendere oltre ed evitando di pensare allo sguardo perso di Damon, domandai tutto ad un fiato: << Come posso essere sicura di quello che stai dicendo e che non lo fai solo per il gesto di Matt di questa sera? >>
La nuova luce che scorsi prima nei suoi occhi, sparì.
<< Immagino che vorrai chiedermi anche: “Ed Elena?” >>
A quel nome abbassai lo sguardo mortificata. Conoscevo cosa Damon provasse per la mia amica. Sapevo quanto tenesse a lei e la desiderasse. Conoscevo Elena e sapevo cosa lei sentisse nei confronti del vampiro e, forse, più di ogni altra cosa, mi spaventava la sua reazione non appena avrebbe appreso cosa stesse succedendo.
Non sarei stata in grado di mettermi contro di lei e al suo confronto.   
Se avesse scelto Damon nonostante sapesse cosa io provassi, cosa sarebbe successo?
Elena otteneva sempre ciò che voleva, questo era un dato di fatto.
I miei occhi promettevano di far comparire le lacrime.
<< Lei è bellissima, su questo non ci sono dubbi. Occhi azzurri con quelle striature che si perdono in decine di colori e dai capelli lisci e color del grano. Una creatura dall’aspetto unico, dal carattere forte e determinato, viziata ed egoista. La sua aurea è allettante non solo per me, ma per chiunque sia abbastanza forte da percepirla anche solo aggirandosi nelle vicinanze della città. Sotto molti aspetti io ed Elena siamo simili >>, mi sussurrò Damon ad un orecchio, scostandomi leggermente i capelli dal volto. Ad ogni sua parola aggiunta alla precedente, sentì sempre più sprofondarmi dento. << Ma la verità è che tu, mia piccola streghetta, ti sottovaluti. >>
A quell’ultima frase, spalancai gli occhi.
L’idea che proprio lui mi mettesse a confronto con la sua Elena e che mi avesse appena detto ciò che potevo solamente sognare, indusse al mio cuore innamorato di sperare.
<< Inizialmente in lei rivedevo i lineamenti di Katherine, in lei vedevo un nuovo modo per divertimi alle spese di mio fratello, ma alla fine l’unica che in questo gioco si è divertita è lei, Elena >>, disse avvicinandosi ancora di più a me da riuscire a sentire il suo respiro caldo sulla mia pelle. << In Elena rivedo alcuni miei comportamenti, desideri, pensieri,  anche se con sottili differenze. A volte agisce nello stesso modo di come farei io. Infondo siamo come due cariche dello stesso segno e sai questo cosa significa? >>, disse Damon osservandomi serio, senza un minimo accenno di ripensamento o vergogna. << A me non interessa se qualcuno soffre, non mi interessa chi devo calpestare per ottenere quello che voglio o chi va di mezzo per raggiungere un obiettivo che mi sono prefissato. Compiacere e agire nel mio solo interesse sono le mie sole priorità. Sono egoista perché alla fine penso al mio tornaconto personale e faccio solo ciò che mi sta bene, non pensando alle persone che mi stanno accanto >>, continuò sotto il mio sguardo meravigliato. << In passato ho commesso errori e preso direzioni che mi hanno portato ad essere ciò che sono e se in Elena rivedo alcuni dei miei atteggiamenti più tipici, significa  infondo non è quell’Angelo che sembra essere. >>
Domandarmi se stessi sognando era normale, perché quello che si spacciava con per presente, non poteva coincidere con la realtà.
<< E poi arrivi tu >>, disse Damon sfiorandomi il naso con un dito e sorridendomi. 
Se mi fossi ritrovata in piedi, le gambe mi sarebbero cedute, sicuramente sarei svenuta e avrei perso conoscenza. Quel suo sorriso sembra essere quello di un angelo che per la prima volta aveva provato il brivido di spiegare le sue ali e si fosse appena librando tra le nuvole. Quel suo gesto, così naturale da fermare il normale battito del cuore. I suoi occhi, prima lontani e freddi, quasi stessero cercando di focalizzare un’altra scena, adesso si erano riaccesi di quella luce incandescente alla metà strada tra il rosso vivo e il bianco puro e incontaminato.
Tutto di lui sembrava di colpo essersi riscaldato e con lui anche io.
 
 
 


Nel tempo di quel minuto, persi completamente il senso dello spazio e del tempo. Le parole avevano dato voce ai miei pensieri e adesso che erano venuti a galla, sentivo che dentro di me qualcosa si era svuotato lasciando solo un piccolo vuoto che andava riempiendosi di un altro sentimento.
Per la prima volta dopo secoli, avevo aperto una porta che si affacciasse dentro di me ad una persona, dandole l’opportunità di capirmi, di comprendermi e accettarmi.
Arrivati a quel punto non mi sorprese che lo permisi proprio a Bonnie.
<< Non credevo che una creatura così fragile e piccola, così tenera e fragile potesse cambiarmi, perché è questo che hai fatto, Bonnie. >>
Al pronunciare del suo nome, vidi i suoi occhi tremare e sgranarsi ancor di più di quelli che già fossero. Spinto da quel silenzioso incoraggiamento, sentì che ogni mio sentimento tenuto segregato dentro di me fino a quel momento, sarebbe esploso e io non sarei riuscito a fermarlo.
<< Fuggire non servirà a nulla, non più almeno >>, dissi, stavolta più a me stesso che a lei. << Molte volte questa sera ho rischiato di uscire fuori di testa solo per capire il perché avessi reagito fuggendo alla vista di quella scena e poi ho capito >>, continuai deciso, riferendomi al bacio di Mutt. << In ogni momento che passavo solo con te, riuscivi a spazzare via tutti quei demoni interiori che portavo dentro. Riuscivi a farmi dimenticare tutto il resto e a farmi concentrare unicamente su di te. Per la prima volta sei riuscita a rendermi instabile davanti a sentimenti umani che non provavo più da tempo e che, forse, non avevo mai provato veramente >>, dissi a bassa voce, ripensando ad ogni momento che lei stringeva la manica della mia camicia impaurita o che si aggrappava al mio giubbotto per non cadere, ogni volta che mi sorrideva per qualche battuta o che incrociava i miei occhi nel momento in cui arrivavo per salvarla, spinse la mia mano ad accarezzarla e non slegare quel minimo contatto fisico.  <<  Riuscivi a fare tutto questo solo con la tua vicinanza e sono sicuro, senza accorgertene. Ma come potevi esserne consapevole, se neanche io sapevo quale magia la mia piccola streghetta stava commettendo? >>
Sorrisi, felice come non mai.
Adesso che ero lì, che ero riuscito ad accettare e a confessare i miei sentimenti, mi sentivo oscillare dove tutto sembrava niente, come se stessi fluttuando fuori dal mio corpo
<< Bonnie, tu sei tutto ciò di cui io ho bisogno. >>
 
 



Quante volte Bonnie, avevi maledetto quel demone e te stessa per lasciare che invadesse i tuoi sogni e desse vita ai tuoi desideri eclissati nel tuo cuore? Quante volte avevi sognato quell’attimo? Quante volte avevi permesso alla paura di impossessarsi di te e vivere al tuo posto?
In quell’istante l’unico pensiero che avesse senso, era che non ci credevo.
Quella non poteva essere la realtà. Lui non poteva essere davvero reale.
I miei occhi erano attratti dall’aspetto di Damon, dai suoi lineamenti dai suoi occhi, dalle sue mani, come una calamita da un corpo magnetico. Si rifiutavano di cercare di staccarsi. 
Eppure…sentivo il suo profumo, il suo respiro, la sua stretta. Era come se il sogno avesse preso davvero consistenza per trasformarsi in realtà.
La semplice parola incredulità non può spiegare cosa in quegli attimi dentro di me si agitasse.
Questa volta non sarei svenuta, non avrei dimenticato o lasciato in sospeso. Questa volta volevo che Damon sapesse che lo avevo sempre amato. Non mi importava cosa fosse o cosa in passato avesse fatto. Era riuscito a farmi innamorare di lui senza volerlo o cercarlo, mi aveva salvata e protetta. Questo mi bastava per farlo apparire ai miei occhi come un’anima buona capace di amare. Quella stessa anima che necessitava di scoprire cosa davvero significasse la parola “amore”.
<< Io ho finalmente capito cosa voglio, vorrei sapere cosa provi tu. >>
A quella sua richiesta, sentì subito le guance in fiamme.
Lui era riuscito ad esprimere quello che provava, senza perdersi e senza distaccare il suo sguardo da me. Non aveva avuto ripensamenti e i suoi occhi neri, come la notte, navigavano in un oceano dalle acque calme e sincere.
Mi stava chiedendo  cosa io sentissi per lui e in quel momento desiderai che mi leggesse nella mente, trovando la risposta che cercava a pochi centimetri da lui. Volevo che scegliesse la via più facile per me, ma alcol tempo desideravo finalmente dire tutto ciò che avevo tenuto segreto al mondo.
Damon fece qualcosa che mi sorprese e che mi mise in imbarazzo ancora di più: prese una mia mano e la intreccio alla sua, stringendola.
Guardando quell’ingarbuglio di dita, mi chiesi se dovessi cedere al pensiero che gesti e accorgimenti simili sarebbero stati all’ordine del giorno.
Trovando il coraggio e guardandolo negli occhi, vi scorsi il bisogno, non solo di scoprire cosa significasse davvero la parola “amore”, ma anche e soprattutto cosa voleva dire “sentirsi amato”.
In qualche modo io rappresentavo quella possibilità di farli provare quella scombussolante sensazione, senza che lottasse per conquistare l’amore come aveva sempre fatto. Senza che dovesse dividere la persona delle sue attenzione con qualcun altro.
<< Ci sarebbe solo un modo per farti capire cosa hai fatto di me: quello di cercare e leggere ciò che provochi in me nella mia mente >>, dissi tenendo gli occhi bassi. Sentivo il cuore battere talmente veloce da poterlo quasi scambiare per un suono in sottofondo. Sentivo come il mio corpo fosse pervaso da brividi e come fosse in fiamme. Tutte queste sensazioni concentrate in un unico fuoco bruciava ancora di più sapendo che Damon era lì, a pochissimi centimetri da me. << Oppure… >>, inspirai profondamente, decisa come non mai ad esprimere ciò che sentivo nel cuore, nella mente, infondo all’anima. << Oppure, ci sono tre parole per farti capire ciò che ho sempre provato per te e che ormai credo non possa più cambiare. >>
Mi sentivo come un’attrice nella scena finale di qualche importante adattamento teatrale di autore di un qualche importante romanzo classico. Era come se fossi su un palcoscenico e tutte le luci fossero puntate su di me. In sala, tra il pubblico, il silenzio più assoluto.
Scossa da questa sensazione e da ciò che provavo, alzai la testa di scatto e quando rincontrai gli occhi del mio vampiro, ebbi l’ennesima conferma.
<< Io ti amo, Damon. >>
Il sorriso che vidi dipingersi sul suo volto era come il sole albeggiare e illuminare ogni cosa con i suoi raggi, scacciando le tenebre da ogni più piccolo angolo di Terra.
<< Era quello che speravo di sentirti dire. >>
Fu l’istante di un attimo e mi ritrovai sdraiata sul letto con Damon sopra.
 
 
 
 

Come una reazione a catena o innescata da un elemento con un altro, a quella confessione che non necessitava di altre parole, mi lasciai andare completamente e successe l’inaspettato.
Con una velocità concessa solo ai vampiri abbracciai la mia streghetta e la sdraia sul suo letto.
Osservai incantato come i boccoli perfetti incorniciassero il volto a forma di cuore dell’uccellino, come la luce proveniente della piccola lampada e dal mondo al di fuori della finestra, le desse un aria quasi ultraterrena.
Le mie dita scivolavano sulla sua pelle diafana, assetate di quel calore come se fossero anime erranti in un deserto cocente, mentre il suo respiro ad ogni secondo diventava sempre più veloce.
Sorrisi al suo sguardo stupito e perso nel mio, nel tentativo di capire le mie intenzioni e  nello sforzo di non cedere ad un delirio proprio in quel momento.
In quegli attimi di prima follia, mi accorsi di quanta bellezza ci fosse in quella piccola creatura  che avevo tra le mani e di cui mi sentivo responsabile.
Quando mi chinai per lasciarle un bacio che sapevo scottarle sulla spalla, fui colpito dal suo dolce profumo che iniziava a mescolarsi con il mio. Sentivo il desiderio crescere e quello che più mi sorprese un grande senso di tenerezza e…amore.
<< Ripetilo. >>
Spinto da un’insaziabile voglia di udire quella voce di usignolo, la stuzzicai ancora e ancora, riempiendola di baci ovunque.
<< Ti amo, Damon. >>
Sorrisi.
Ogni parte di me si beò di quella dolce magia, così estranea e nuova per me, unica nel suo genere. La speranza che non finisse mai si intrufolò dispettosa dentro di me, intanto che le sue mani morbide e inesperte si stringevano intorno al mio corpo.
Giocai con i suoi capelli, ascoltai il battito del suo cuore, quasi più veloce del suo respiro. Il suo profumo aveva invaso la mia mente lasciandomi preda, non più cacciatore di colei che ad ogni mio tocco, ad ogni mia carezza o piccolo bacio, rabbrividiva.
Non l’avrei lasciata andare, non più.
Adesso che quel sentimento era stato svelato, sentivo come il crescente desiderio che avevo di lei stesse aumentando d’intensità.
Spinto da quello strano sortilegio venutosi a creare mi persi in quei sue occhioni di bambina. Erano così profondi, dove la bontà che vi regnava era sconfinata, quasi si volessero contrapporre ai miei.
Ed è lì, in quel preciso momento, che l’ultima consapevolezza nacque chiara in me. Come per molte cose, Bonnie era il contrario di me. Era l’opposto.
Lei così buona, io cattivo.
Lei luce, io tenebra.
Lei amore, io…io per tanti anni, per tanti secoli sono stato la personificazione dell’odio e dell’invidia.
Quella fanciulla dai tratti così delicati, era riuscita a cambiare tutto ciò, rendendomi instabile e facendomi scoprire cosa fosse l’amore.
Bonnie mi guardava.
Nel suo sguardo vi lessi una tenerezza, una venerazione che mi sorprese per l’ennesima volta e pormi la domanda perché si fosse innamorata di me, era scontata.
Accarezzai la sua guancia rosea e guardandola negli occhi, ormai perso di lei, dissi qualcosa che non avrei mai detto a nessuno.
<< Credimi, uccellino. Tutto ciò che ti ho detto, sembra incredibile, ma è la verità. Non dubitare di quello che provo, anche se il mio cuore non batte. Puoi affidarti a me. Alla fine senza di te non sarei nulla. Non permetterò a nessuno di portarti via da me adesso che ti ho trovata. Sei mia. >>,  dissi avvicinandomi. << Morirei per te, adesso lo so. Tienilo a mente. >>
Fino a poco tempo fa, non avrei mai messo nessuno davanti a me e ai miei interessi. Adesso le cose era totalmente diverse. Sembrava quasi che l’amore appena scoperto, avesse cambiato le regole e dettato nuove leggi.
<< E’ quello che hai sempre fatto. >>
La sua voce, quella sua dolce carezza così simile al raggio del sole sulla pelle di un vampiro, il suo sorriso, i suoi occhi innamorati, mi resero instabili. Sentivo le sue labbra chiamarmi, desiderami e io volevo solo accontentare ogni più piccolo desiderio della loro proprietaria.
Come quello stesso sortilegio, anche loro sembravano cercare di rendermi una loro vittima. Le sfiorai con un dito e sentì il loro calore, la loro morbidezza. Mi chiesi che sapore avessero, benché le avessi assaggiate altre volte. Sapevo che questa volta sarebbe stato diverso.
In quella sera più volte mi ero ricreduto e adesso che avevo davvero permesso alle emozioni umane di entrare nella mia vita, mi domandai che gusto avesse un bacio dettato dall’amore. Quello consapevole, quello travolgente, quello a cui non importa cercare risposte alle domande o ai dubbi, quello che ti fa fare e dire cose che non avresti mai fatto.
Quell’amore così bastardo di farti capitare davanti ad una finestra di una piccola streghetta nel momento sbagliato. Quell’amore che rischia di mandarti fuori di testa.
Senza permettere alle nostre mani di prendere altra confidenza con l’altro, mi chinai e pervaso da qualcosa di inspiegabile e mai provato prima di allora, la baciai.
Anche in quel momento sembrò che il mondo si fosse fermato.
Sembrò quasi che qualcosa di smarrito tornasse al suo posto o al suo proprietario.
Le sue labbra morbide, che ti invitavano a morderle senza permetterti di saziarti, restituirono il mio bacio.
Fu diverso.
In quel bacio c’era la consapevolezza dell’amore che l’uno provava per l’altro ed ogni secondo che si aggiungeva all’altro, rischiavo di diventare dipendente come se fosse il sangue che un tempo tanto desideravo.
In quel momento perfino quello mi sembrava essere passato in secondo piano, perché la mia gattina riusciva a far apparire inutile anche questo.
Inaspettatamente mi sentivo come se mi trovassi sospeso tra cielo e terra e in quel piccolo spazio che li divideva ci fosse lei, la mia piccola e dolce Bonnie.
 
 




 
 
 
L’angolo di Lilydh
 

Don’t worry girls!
Non è un miraggio….ho aggiornato davvero!!!!
Detto questo potete anche disdire la visita oculistica e ritornare con i piedi per terra. 
Ma è anche vero che prima di tornare ancorate a terra, vi dovrei aver fatto spiccare verso un volo di fantasia dove i protagonisti della scena conclusiva di questa mia seconda FanFiction sono Damon e Bonnie.
Poi spero mi direte se sono riuscita nell’intento, ma prima…

SCUSATEMI, SCUSATEMI, SCUSATEMI se aggiorno solo adesso.
Tra compiti, scuola e cose varie, riesco solo adesso.
Spero che almeno l’attesa ne sia valsa la pena.

Ora.. eh si! Questo è il capitolo conclusivo di “Sospeso tra Cielo e Terra.”
Storia di sei capitoli che vedono il nostro vampiro ritrovare la ragione e superare la fase “Sono pazzo di Elena Gilbert e devo assolutamente fregarla a Santo Stefano”, per analizzare, capire, accettare ed infine confessare cosa prova per la nostra streghetta. 
In questo capitolo mi vorrei giusto soffermare su una cosa e cioè della difficoltà che ha Bonnie nell’ammettere ad alta voce i suoi sentimenti.
Per Bonnie l’idea che Damon confessi quelle cose, è completamente assurda che rifiuta l’evidenza.
Dopo aver sognato e fantasticato sul Mr Salvatore e conoscendolo, non c’è da biasimarla.
Damon a differenza, anche se tra mille pensieri e tante domande, lo ammette con non troppi giri di parole. Bè dopo tutto quello che ha passato, ci credo…
Ho deciso di usare la voce narrante sia di Damon che di Bonnie perché credo sia interessante sapere l’opinione, oltre che i pensieri e le emozioni, di entrambi.
E’ stato divertente, ma anche abbastanza difficile, portare alla conclusione questa FanFiction. Non avevo mai scritto di Damon. Lo trovavo un personaggio troppo complicato ed enigmatico da scriverci una storia dal suo punto di vista o che lo riguardasse così profondamente e in prima persona.
Lo è tuttora!
 
Credo sia proprio arrivato il momento dei ringraziamenti e spero di non dimenticare proprio nessuno.
Oggi vorrei incominciare a ringraziare proprio quelle persone che hanno letto silenziosamente ogni capitolo. Che non hanno lasciano l’orma del loro passaggio, ma che semplicemente hanno aperto le loro pagine e si sogno immersi nella lettura.
GRAZIE!
GRAZIE a tutte quelle ragazze che fin dall’inizio del primo capitolo hanno dimostrato di apprezzare la storia e di come scrivo. Per avermi incoraggiato e spronato a continuare.
GRAZIE a tutte le ragazze che hanno recensito e messo tra le seguite e le preferite “Sospeso tra Cielo e Terra.”
GRAZIE  a chiunque continui a seguirmi!!!!
Un GRAZIE infinito a Cla!
Visto sono riuscita a finire la FanFiction che ti avevo promesso. Spero di non averti delusa!!!
Infine un GRAZIE va anche a Damon che è stato paziente e ha sopportato fino all’ultimo capitolo il suo stato di confusione.
Quasi mi dispiace che sia finita e non poter più litigare nel cercare di immaginare cosa potrebbe provare e maledirlo. ^^
Ma comunque… per una FanFinction conclusa, se ne apre una nuova!
 

 
Adesso vi lascio davvero.
Spero di leggere i vostri commenti finali,

Lilydh

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