Monster Commando

di J85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ora del terrore ***
Capitolo 2: *** Strani eventi ***
Capitolo 3: *** Il progetto dei ragazzi ***
Capitolo 4: *** Mostri ***
Capitolo 5: *** La storia prosegue ***
Capitolo 6: *** Allenamento ***
Capitolo 7: *** Alla conquista del Voltar ***
Capitolo 8: *** Scontro finale ***
Capitolo 9: *** La cerimonia ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'ora del terrore ***


MONSTER COMMANDO

 

 

 

                                                      CAPITOLO 1

“L’ora del terrore”

 

 

 

Dong…dong…dong…preparatevi ragazzi…o scappate urlando…sta arrivando…”L’ORA DEL TERRORE”!

“Oh…finalmente ci siamo!” fu l’esclamazione di Benjamin Luhan a quel singolare annuncio.

Era mezzanotte e lui ed i suoi amici avevano resistito all’invisibile forza del sonno per quell’appuntamento che, ormai da un paio d’anni, li riguardava tutti ogni giovedì notte.

Il luogo di ritrovo era la camera da letto dello stesso Benjamin, un ragazzo abbastanza robusto, con i capelli neri e corti e gli occhi altrettanto scuri. Sdraiato nel letto accanto a lui vi era il suo amico d’infanzia Louis Chambers, con quasi gli stessi tratti somatici del viso, forse con i capelli leggermente più lunghi ma comunque neri. Seduto all’orlo del letto, con in mano il suo immancabile, nell’ambito di quell’evento, sacco di patatine, si trovava Bob Kaufman, il classico ragazzo cicciotello che a scuola era quotidianamente preso di mira dai classici bulletti, con i suoi cappelli castani chiari attaccati alla testa e gli occhi ugualmente castani sbarrati nell’attesa dell’episodio di quella notte.

La stanza non era grandissima ma riusciva comunque ad ospitare altri due soggetti: Una di queste era Bob Kramer, ragazzo che aveva la stessa età dei precedenti tre, con gli occhi scuri e i capelli castani con una estrema forma riccioluta, che in quel momento sedeva, chi sa quanto comodamente, per terra. L’altra persona era quella circondata da un maggiore alone di mistero dei primi, gli altri sapevano solo che si chiamava Bill, che era di un anno più grande di loro e che aveva lasciato la scuola. A quell’età, si sa, bastano quelle poche informazioni per averlo come amico. Al momento dell’annuncio era seduto sulla scrivania davanti alla finestra e guardava l’ingresso della casa illuminato dai lampioni al di fuori di essa.

Purtroppo il film che davano quella notte tradì le attese dei ragazzi. Si trattava infatti di una stupida pellicola intitolata “L’Uomo Lupo sfida Frankenstein” o qualcosa del genere, allora i ragazzi decisero di attuare il loro personalissimo piano B, già collaudato altre volte, e cominciarono a vagare con la fantasia.

“Certo sarebbe fichissimo poter diventare un mostro!” esclamò Benjamin, detto Benji, prendendo leggermente alla sprovvista i suoi compagni.

“Sì certo come no…” aggiunse piuttosto seccato Bill, tornato a guardare fuori dal vetro piuttosto che assistere a quel, e qui ci vuole tanto coraggio per definirlo così, film cult.

“Ma che cosa stai dicendo Benji?” chiese Kaufman prendendo momentaneamente fiato per poi tornare ad ingozzarsi di patatine.

“Il sonno comincia a dargli alla testa” concluse rassegnato l’altro Bob, mentre si rialzava per dare un po’ di pace al suo fondoschiena.

L’unico che sembrava concordare con l’idea di Luhan era Louis, il quale non disse nulla ma si girò verso il compagno che gli stava sdraiato accanto e con il quale scambiò uno sguardo di reciproco consenso.

Ma Benji non mollò e cercò in tutte le maniere di difendere la sua tesi “Ma sì dai, non mi dite che voi non ci avete mai pensato? Avremmo tutti una forza sovrumana, saremmo immortali, nessuno ci romperebbe…chi starebbe meglio di noi!?”.

A quest’ultima affermazione si levarono nella stanza delle urla, seppur misurate visto l’ora, di completa disapprovazione nei confronti del ragazzo padrone di casa.

“E dai ragazzi…per esempio, te Bob che mostro vorresti essere?”.

Il Bob in questione, Kaufman, smise di nuovo la sua attività di mangia-patatine e, dopo un attimo d’imbarazzo visto che quell’argomento, che inizialmente sembrava non interessare nessuno, aveva invece preso la piega di un vero è proprio scambio di opinioni, rispose “Beh…dunque…come tutti mi piacerebbe essere un vampiro, ma anche il mostro di Frankenstein non sarebbe male…” e nello stesso momento in cui affermava questo, indicò con un cenno della testa il suddetto mostro che faceva la sua terrificante comparsa nel lungometraggio che ormai aveva perso, semmai ne avesse avuta, l’attenzione di tutti i membri di quello strambo club.

Infatti, come penso abbiate ormai capito, la qualità che legava quei ragazzi dalla fisionomia e dal modo di pensare totalmente differenti era la passione sfrenata per i film dell’horror di tutte le salse possibili.

“Okay la Creatura di Frankenstein…e te Bill?” felice dell’esauriente risposta di Bob, Benji, girò la domanda al ragazzo che era ancora appollaiato sulla finestra di camera.

“Ah…passo!” fu la secca risposta di quest’ultimo.

“Come passi?! No dai non puoi fare così! Potrebbe essere un sondaggio interessante…” insistette l’altro.

“È inutile continuare a credere nei sogni! Questa cosa sai benissimo Benji che non accadrà mai e quindi perché perdere tempo nel fare questi giochi per bambini piccoli e scemi!”.

“Beh, era per movimentare la serata, visto la scelta dei programmatori di questo show…” spiegò il ragazzo additando anche lo schermo televisivo.

“Okay…il Mostro della Laguna Nera!”.

“Il Mostro della Laguna Nera?” urlarono stupefatti tutti i presenti per la scelta alquanto discutibile della persona più anziana nella stanza.

“Certo! Sta per i fatti suoi e non rompe le scatole a nessuno, a differenza degli altri mostri…”.

Dopo qualche secondo di silenzio, fu sempre Benjamin a riappropriarsi della parola “Ok si può accettare!”.

“Io mi prendo l’Uomo Lupo, perché adoro i cani e il solo pensiero di poter comunicare con loro mi sembra una gran figata!” rubò la parola Louis che aveva atteso quell’attimo per poter dire la sua.

“Bene e già tre sono stati scelti…Bob tocca a te!” era sempre Benji a condurre le fila di quello strambo discorso ed ora passava la parola a Kramer.

Il più timido del gruppo, dopo un attimo di titubanza, rispose “Visto che mi piace la storia egizia, non mi dispiacerebbe essere una mummia; ma non una mummia qualsiasi piuttosto una che, appena risvegliata, abbia dei poteri magici, poteri che risalgano direttamente dall’antico Egitto, cioè l’epoca da cui provengo”.

“La mummia? Fantastico! Una bella scelta!” disse Benji scuotendo in su ed in giù la testa, in uno dei più classici gesti di consenso conosciuti.

Dopo un po’ di tempo, in cui il silenzio era stato parzialmente coperto dai non certo brillanti dialoghi di quello pseudo-film, uno dei cinque si accorse che non tornavano i conti…

“Ehi!”

ad emettere quella esclamazione incompleta era stato Bill, in direzione proprio del padrone di casa.

Quando quest’ultimo si accorse di essere lui il destinatario della provocazione chiese “Che c’è?”.

“È il tuo turno bello…”.

“Già!” disse Kaufman

“Non ci hai ancora detto la tua opinione…” continuò Louis.

“In fondo l’abbiamo fatto tutti…” concluse Kramer.

“Manchi solo tu all’appello” soggiunse Bill.

“Ah…giusto! Beh…io ho sempre sognato di poter essere un vampiro!” rispose in maniera eccitata Benji.

“Risposta prevedibile!” protestò Bill.

“Già! Non ne avevi di più originali?” si appoggiò alla protesta il mangiatore Bob.

“Ma perché? A me piacerebbe davvero poter diventare come il conte Dracula! Perché dovrei dire una risposta che non è la mia?” ribadì in modo infuriato Luhan.

“A questo turno ha ragione Benji ragazzi…”l’unico che si era messo in sua difesa era stato Louis Chambers.

“Però pensandoci faremo un bel gruppo!” ha parlare fu l’unico presente in quella stanza che non aveva preso posizione nella sfida verbale che si stava effettuando.

“In che senso?” domandò Benjamin che vedeva in quest’ultima frase uno spiraglio per poter cominciare una nuova discussione, dove l’unica regola era poter volare con la fantasia senza alcun limite esistente.

“Cioè non volendo abbiamo riunito cinque mostri sacri della storia del cinema horror” aggiunse alla sua precedente affermazione Bob Kramer.

“Giusto! Saremo i padroni del mondo, potremo sfidare chiunque, anche i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse…” fantasticava Benji.

“I quattro cavalieri dell’apocalisse?” chiese interdetto il ragazzo con l’età più avanzata.

“Sì Bill, non ti ricordi? Ne abbiamo parlato alla precedente riunione: con il termine “i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse” noi identifichiamo Facciadicuoio di “Non aprite quella porta”, Michael Myers di “Halloween”, Jason Vorhees di “Venerdì 13” e Freddy Krueger di “Nightmare”!” concluse come se fosse un enciclopedia vivente.

“Ah sì, giusto…” finse un lapsus l’altro.

Ancora un altro intervallo di silenzio dove l’unica cosa che si udiva era lo sgranocchiare di patatine di Kaufman.

Dopo essersi girato verso quest’ultimo e aver detto “Ma che te le vuoi finire tutte? Dalle un po’ anche agli altri!” Bill si alzo finalmente dalla sua postazione e fregò con rapidità il sacchetto a Bob che protestò rumorosamente “No lasciale sono mie!”.

“Fate più piano ragazzi!” li ammonì Louis.

“E come ci potremmo chiamare?”

nonostante la baraonda che si era creata, una domanda dal fascino coinvolgente era stata percepita da tutti e quattro i ragazzi; a farle era stata, tanto per cambiare, Benjamin Luhan.

“I Mostri”

“Le Creature”

“Monsters e co.”

“La Squadra dei Mostri”
“Dai ragazzi, sono uno peggio dell’altro!” protestò spazientito il capo del gruppo.

Dopo una breve pausa di riflessione arrivò la proposta di Louis “che ne dite di Monster Commando?”.

Il primo a rispondere fu Bill “Monster Commando? Ma che siamo un esercito?”.

“Però potrebbe funzionare…” aggiunse Bob Kramer.

“Sì…per me…va bene…” disse tra un scrocchiare ed un altro Bob Kaufman che nel frattempo si aveva ripreso ad ingurgitare patatine.

Ora tutti aspettavano il benestare di Benji…

“…Ok, è allo stesso tempo aggressivo e brillante, mi sta bene!”.

“Sì!!!!!!” tutti tranne Bill e Luhan emisero un urlo di approvazione per la scelta fatta, salvo poi essere richiamati per l’ennesima volta da quest’ultimo “fate piano o rischiate di fare svegliare i miei!”

“Scusa Benji…”

“Scusa ancora…”

furono le scuse dei ragazzi.

Oramai il film era arrivato ai titoli di coda nel disinteresse più totale dei presenti, quando i giovani decisero che per quella sera avevano vagato abbastanza con la fantasia.

“Ragazzi è ora di chiudere il club, non dimenticate che domani dobbiamo essere abbastanza svegli per tornare a scuola…” disse il capo del gruppo alzandosi dal suo letto.

“Ehi!” fu la protesta del ragazzo alla finestra.

“A parte te Bill…” si corresse seccato Benji.

L’altro scosse la testa in segno di approvazione per la correzione dell’amico e concluse “Ma si tanto è inutile cercare altri film della mezzanotte”.

Così, a mano a mano che uscivano dalla camera, i ragazzi salutarono il loro paziente ospitante e, una volta usciti dal portone di casa Luhan, si avviarono ognuno per casa propria, approfittandone per salutarsi anche tra loro.

Kaufman, appena rientrato, decise che era il momento giusto per fare un piccolo spuntino prima di coricarsi nel letto per il suo meritato riposo; così si avviò verso il frigo di cucina e cominciò ad estrarci tutti i viveri che gli capitavano sotto mano.

Louis, appena rientrato, dette una carezza al cucciolo di cane lupo di proprietà della sua famiglia, il cui nome era Wolf, che gli si era avvicinato minacciosamente, sospettando forse che a rientrare a quella tarda ora non fosse il suo adorato padroncino ma qualche malintenzionato.

Kramer, appena rientrato, si diresse immediatamente verso la sua camera da letto dove, una volta entrato mentre si stava preparando per entrare nel caldo letto, si attardò nell’ammirare gli antichi artifizi egizi che suo padre archeologo gli portava quando rientrava.

Bill, appena rientrato nella stazione della metropolitana, si accasciò al suolo, tirando a se il cartone sfondato che usava come coperta e, pochi prima di addormentarsi, pensò al piacere che provava vedendo l’energia che quei ragazzi sprigionavano da tutto il corpo.

Benjamin, infine, era già sotto le coperte quando decise di fare l’ultimo viaggio di fantasia per quella notte e pensava: “E se fosse possibile tutto ciò? Se cioè io ed i ragazzi potessimo trasformarci nelle controparti che abbiamo scelto stanotte? Sarebbe straordinario ma ci vorrebbe un incantesimo potentissimo per fare avverare ciò, o magari un amuleto…”.

Fatto quest’ultimo pensiero si lasciò scivolare tra le braccia di Morfeo e, nei suoi sogni, immaginò le loro avventure come il supergruppo “Monster Commando”, con il loro quartier generale, la stampa che li intervistava chiedendogli chi sono e le loro origini, i potenti nemici da affrontare e sconfiggere, l’impossibilità per quelli come loro di avere un’identità segreta che li tuteli quando sono a riposo ed altre fantasticherie simili.

Un vampiro classico, una creatura composta da pezzi di molti cadaveri, una mummia proveniente dall’antico Egitto, un essere mezzo uomo e mezzo pesce ed un uomo lupo o licantropo o lupo mannaro, come preferite, non sono certo i tipi di eroi ad i quali le persone affiderebbero le loro vite senza battere ciglio, ma solo guardando dentro i loro animi scoprirebbero che sono molto meno mostri di quello che il loro aspetto esteriore manifesta.

Tutti e cinque i ragazzi provenienti da situazioni familiari differenti, con i loro pregi e difetti, come tutti insomma, a cui la vita potrebbe dare quell’occasione speciale che se capita, e non è affatto facile, deve essere sfruttata immediatamente perché, sicuramente, non ricapiterà mai più nella loro esistenza.

La notte era definitivamente scesa a Faring Town, la ridente cittadina dove abitano i nostri protagonisti, e le stelle costellavano l’intera volta scura del cielo senza la minima presenza di una nube.

Le strade erano deserte ed illuminate da ambo i lati dai lampioni che le costeggiavano ad una distanza perfettamente uguale l’uno dall’altro. Si vedeva che era domenica notte e la gente recuperava ore di sonno per il lavoro che, nel migliore dei casi, li avrebbe attesi il giorno seguente. L’inizio di un’altra noiosa e monotona settimana.

Fuori dalla città, nella campagna di Faring Town, si notava subito la netta minoranza di civiltà rispetto al centro urbano, con qualche villettina che spuntavano in maniera del tutto casuale tra le collinette verdi.

In una di queste, abbandonata praticamente da sempre, si era però verificato un evento strano.

Nella cantina che ne occupava il sottosuolo, infatti, si era risvegliata una luce forte che non si riaccendeva da ormai cento anni.

La fonte di tale luminosità era relativamente minuscola, rispetto all’enorme luce che provocò e che inondò tutta la stanza: si trattava infatti di un semplice talismano, o meglio di un medaglione che, grazie a quel fantastico evento, era riuscito a liberarsi delle numerose ragnatele che lo coprivano con le loro artistiche trame.

Dopo poco però il talismano smise di dare segni di attività e fece ripiombare la puzzolente cantina nello stato di totale oscurità in cui aveva passato gli ultimi cinquanta anni, se non di più.

Tale evento, capirete anche voi, non può che essere messaggero di sconvolgenti novità per la tranquilla Faring Town, novità che forse interesseranno i nostri amici Benjamin, Kaufman, Louis, Kramer e Bill, oppure qualcun altro…

 

 

 

N.D.A.:

Ciao a tutti!

Innanzitutto spero che questa storia, che è composta da 10 capitoli, possa essere seguita da più utenti possibili.

Inoltre ho tre aneddoti da elencarvi:

1) Questo racconto è lievemente ispirato ad un film americano del 1987 intitolato “Scuola di mostri”, titolo originale “The Monster Squad” (che tra l’altro è uno dei possibili nomi che vengono in mente ai ragazzi per il gruppo), un film che da moltissimi anni non compare più nei nostri teleschermi, ma che io ho ancora registrato in videocassetta. In questa pellicola un gruppo di ragazzini se la deve vedere proprio con i cinque mostri scelti dai nostri protagonisti come loro controparte mostruosa.

2) il nome che alla fine viene scelto per il gruppo è un rimando, invece, ad un fumetto americano della DC Comics creato negli anni 80 ma ambientato durante la seconda guerra mondiale. In pratica parla di un gruppo di tre uomini ed una donna che vengono trasformati, dopo una serie di esperimenti biotecnologici e negromantici, rispettivamente in un vampiro, un licantropo, uno creatura simile a quella di Frankenstein ed in una Gorgone. Insieme si faranno chiamare il “Creature Commandos”.

3) Infine il termine "Quattro Cavalieri dell'Apocalisse", rivolto rispettivamente a Facciadicuoio di “Non aprite quella porta”, Michael Myers di “Halloween”, Jason Vorhees di “Venerdì 13” e Freddy Krueger di “Nightmare”, non è di mia invenzione ma l'ho ripreso dall'Almanacco della paura di Dylan Dog 2001.

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Capitolo 2
*** Strani eventi ***


                                                       CAPITOLO 2

“Strani eventi”

 

 

 

Il sole mattutino era apparso definitivamente sul cielo azzurro di Faring Town.

Purtroppo quella splendida mattinata non poteva essere sfruttata a pieno dai ragazzi, visto il gravoso impegno scolastico che i giovani dovevano, non certo per loro scelta, rispettare.

Per fortuna, come accade in tutte le scuole del mondo, anche Benjamin e Kaufman avevano trovato i loro passatempi, per far trascorrere quelle interminabili ore di lezione nel modo più indolore possibile.

In particolare, in quella mattina, si dilettavano nel disegnare ciò che la loro fervida mente creava stando attenti, nello stesso tempo, a non farsi scoprire dalla professoressa di matematica, una signora sui trent’anni che loro immaginavano essere una vampira, visto la quasi continua frequenza nel vestirsi con abiti scuri e il pesante trucco che si metteva in viso.

Inoltre, come a confermare la loro fantasiosa tesi, la sua bocca era ornata da canini piuttosto pronunciati, quella stessa bocca che si preparava a richiamare all’attenzione due studenti della classe: “Signor Luhan! Signor Kaufman! cosa state facendo?!”

“Oh…niente signora Harker!” rispose impulsivo Bob.

“Stavamo seguendo la sua lezione, come sempre!” tentò la via dell’apprezzamento indiscriminato Benji.

La professoressa, ascoltate le risposte, li squadrò entrambi con uno sguardo furbo e perfido allo stesso tempo. Dopodiché afferrò in maniera rapidissima dei fogli, che il più corpulento dei due tentava disperatamente di nascondere sotto il proprio quaderno, sollevandoli in aria per mostrarli al resto degli studenti.

“E questi cosa sono? I vostri particolari appunti?” affermò in maniera ironica verso i due, facendo fuoriuscire dalle bocche degli altri grasse risate.

In effetti i segni trascritti sopra quei fogli potevano sembrare tutto tranne che appunti di matematica: La maggior parte erano mostri formati in maniera quasi equa da parti umane e da parti animali, poi vi era qualche vampiro, dei titoli di film, sempre appartenenti al genere horror, ancora da visionare ed anche un disegno che ritraeva l’intero Monster Commando al completo.

I due ragazzi abbassarono, quasi contemporaneamente, la testa per avere lo sguardo fisso solamente sul bianco delle superfici dei propri banchi scolastici.

“Sapete cosa vi aspetta ora?” domandò loro l’insegnante, sapendo benissimo che i due si sarebbero recati immediatamente dal preside dell’istituto per ascoltare la sentenza della propria punizione da chi di dovere.

I due alzarono nuovamente il capo per osservare la donna, sperando in cuor loro in un insperato ripensamento da parte sua. Ciò non avvenne e i due, alzatisi dai propri posti, si avviarono verso la porta della classe, circondati ancora dalle risa e dai commenti negativi da parte dei compagni, la oltrepassarono e richiusero gentilmente.

Dopo che la sua bocca si era piegata in un perfido ghigno di soddisfazione, la professoressa richiamò all’ordine il resto della classe, che proseguiva a commentare il fatto appena accaduto a bassa voce. “Silenzio ora! Oppure volete andare a fare compagnia ai vostri due sfortunati colleghi?”.

Altra domanda in cui la risposta era superflua e sottintesa, ma che riuscì in un attimo a zittire tutti quei ragazzi che, in vari livelli di responsabilità, avevano contribuito alla confusione che aveva inondato tutta l’aula.

Solo una ragazza non aveva preso assolutamente parte a quella caotica iniziativa.

Nella stessa scuola, in un’altra classe però, un altro dei ragazzi che abbiamo conosciuto nel capitolo precedente si divertiva nel disegnare mostri.

Si trattava di Louis Chambers ed il soggetto del suo lavoro artistico era se stesso in versione licantropo, come aveva scelto la notte prima con gli altri suoi compagni.

Purtroppo per gli studenti di questo istituto i professori che v’insegnano hanno mille occhi e anche il nostro amico finì nella stessa trappola di Benji e Bob: “Louis cosa stai facendo? Mi spieghi come fai a seguire la mia lezione se continui a scarabocchiare su quel foglio?”.

“Oh professore ma io la sto seguendo attentamente…” disse il ragazzo finendo di lavorare sull’ultimo dettaglio e, successivamente, guardando negli occhi l’insegnante.

“Bene” disse l’altro “allora, visto che hai seguito tutto così attentamente, perché non riepiloghi velocemente alla classe l’argomento che stiamo trattando…” uno dei metodi più odiosi che gli insegnanti usano per umiliare lo studente stava per avere luogo.

“Come vuole lei professore…” disse tranquillo, ma forse bluffando, il giovane, mentre si alzava in piedi.

Il viso del professore, piegato in un malefico mezzo sorriso, cominciò pian piano a rilassarsi ed a dare forma ad un aria totalmente allibita quando, con enorme sorpresa anche da parte di tutti i presenti, Louis diede spettacolo riepilogando in maniera rapida ma precisa, non tralasciando neanche una virgola, tutti gli argomenti tematiche toccate in quei tre quarti d’ora di lezione aggiungendovi, inoltre, dei richiami a lezioni precedenti ad essa.

Concluse tutto ciò con la frase “e penso sia tutto!”; seguito da una quasi standing ovation da parte di tutto il gruppo studentesco.

Non pensiate comunque che tutti e cinque i nostri eroi siano i primi della lista nera dei professori riguardante gli studenti da tenere particolarmente sott’occhio.

Infatti, in una terza classe dell’istituto, Bob Kramer assisteva in religioso silenzio allo svolgersi della lezione odierna di storia.

Per lui si trattavano di ore che non doveva assolutamente perdere durante la settimana, visto il suo accesso interesse verso le epoche antiche e tutti gli avvenimenti e gli eventi che vi ebbero luogo, anche se, bisogna dirlo, dava il massimo della sua attenzione quando veniva esaminato il periodo egizio, come già vi è stato anticipato.

Invece, per quanto riguardava il programma scolastico, i tempi egizi erano terminati già da più di due mesi ed al nostro non rimaneva che assistere, senza alcun tipo di enfasi, al cammino verso l’era moderna.

Quasi a ridestarlo da un gradito sogno mattutino, la campanella che annunciava la fine quotidiana delle lezioni cominciò a strillare e, in appena un minuto, l’aula si era totalmente sgombrata dei suoi giovani ospiti, pronta a ritrovarli l’indomani mattina

Il giovane Bob era appena uscito dalla porta della sua classe, una volta ricomposta la cartella, che fu subito chiamato da una voce amica “Ehi Bob! Com’è andata stamani?”.

Una volta identificata la persona, Benjamin in compagnia di Louis, con la sua solita timidezza, l’interessato si apprestò a rispondere “Molto bene e a te Benji?”.

“Non c’è male, io e Kaufman siamo finiti nuovamente dal preside…” rispose in maniera sbrigativa e non curante Luhan.

“Di nuovo!” fu l’esclamazione mista a sconforto di Chambers.

Intanto i tre avevano appena varcato l’uscita principale dell’istituto quando a loro si unì un quarto interlocutore: “Dai ragazzi che senno perdiamo il bus!”.

A preoccuparsi notevolmente di tale inconvenienza era stato ovviamente l’altro Bob, già in compagnia del suo inseparabile pacchetto di patatine, o almeno di uno dei tanti.

“Bene Benji…ora che siamo tutti e quattro riuniti di che cosa ci volevi parlare?” chiese Louis.

“Ah già! Vi volevo solo ricordare del nostro progetto di domani sera…” spiegò il giovane.

“Sì ce lo ricordiamo sta tranquillo!” risposero quasi in coro gli altri tre.

Vi sarete sicuramente accorti che all’appello del gruppo manca una persona.

Dovete sapere infatti che Bill conduce una tipologia di vita totalmente differente da quelle dei quattro ragazzi a cui avete assistito prima.

Nonostante ciò anche per lui arriva un momento, nell’arco della mattinata, in cui bisogna rinunciare allo stato di riposo più totale ed attivarsi…

“Ma che ore sono?” si chiese tra uno sbadiglio e l’altro mentre allungava il suo corpo in tutta la sua più ampia elasticità e, una volta contemplato l’orologio attaccato al muro, si diede pure una risposta: “Le 10 e mezzo…vorrà dire che anticiperò l’inizio della mia giornata!”.

Detto questo si mise in posizione eretta, scostando ovviamente il cartone con cui si era riparato tutta la notte appena trascorsa dalla lieve brezza serale primaverile, e, stirando nuovamente il proprio corpo questa volta però piegando indietro la schiena, si fermò un attimo ad osservare la gente che, frenetica, frequentava la stazione della metropolitana di Faring Town in quelle ore mattutine.

Dopo una breve escursione nei locali sanitari, Bill doveva soddisfare un altro bisogno primario che ogni essere umano ha,  ed il ragazzo sapeva perfettamente qual’era il luogo più adatto su cui fare affidamento.

“Ciao Joe! Hai per caso uno dei tuoi fantastici tramezzini a portata di mano?” chiese il giovane sicuro della risposta affermativa che il proprietario del bar in cui era entrato gli avrebbe dato.

“Come va Bill? Certo che ce li ho! Ma te li hai i verdoni per pagare?”

“Fammi credito…”

“Farti credito? Dimmi un po’ Bill…ma lo sai a quanto ammonta attualmente il tuo credito nei miei confronti?”

“Qualche centesimo…” rispose divertito il ragazzo gustandosi già la risposta sarcastica che il buffo ometto, quasi sulla sessantina, gli stava per dare.

“Tre anni fa forse si poteva catalogare come “qualche centesimo”…”

dopo pochi attimi di silenzio Joe porse a Bill un piatto con sopra due  tramezzini senza neanche guardarlo in faccia, preso com’era dalle classiche attività di chi sta dietro un bancone da bar.

Il ragazzo, una volta afferrato il cibo, proclamò uscendo dal locale “appena posso ti pago tutto quanto!”.

Joe, dopo una lieve risatina, si voltò verso di lui e lo rassicurò “ tranquillo Bill, mi hai aiutato già molte volte…”.

Dopo questa breve esperienza, la giornata per Bill passava monotona come sempre: Consultando le offerte di lavoro riportate nei giornali trovati nei cestini dei rifiuti, senza mai trovare quella più adatta a lui, scambiando sguardi provocanti con le giovani ragazze che si trovavano a passare nel suo stesso marciapiede, e che molte volte rispondevano con molta complicità, fumando una sigaretta che qualche gentile passante gli aveva offerto, forse, più che per la fiducia che riponevano in lui, per il timore di essere aggrediti fisicamente da quel giovanotto bisognoso di nicotina.

Infine era giunto il momento di attuare un altro piano già ampiamente collaudato dallo stesso Bill in persona.

“Ok…dunque: alla Stoker ci sono già stato, alla Shelley c’ero ieri, alla Barker c’ero il giorno prima…o era la settimana scorsa, non ricordo…direi che oggi mi tocca questa!” concluse leggendo la scritta in rilievo sul muretto dell’enorme cancello a cui si era fermato davanti: KING UNIVERSITY.

Il piano era semplice: Rubando, o come diceva Bill “prendendo in prestito”, una casacca universitaria lasciata incustodita sugli spalti del campo da football, il ragazzo si fingeva un nuovo studente appena iscritto a quell’istituto e nuovo innesto nella rosa della squadra sportiva per potersi fare una doccia gratis ed in totale relax.

Anche questa volta andò tutto come previsto: qualche saluto ai suoi “nuovi compagni”, il sapone chiesto in prestito ad uno degli studenti già presenti sotto la doccia, accappatoio ed asciugamano fregati in precedenza è così era risolta anche la sua situazione igienica personale.

 

Proprio negli stessi attimi in cui Bill si passava le mani tra i capelli per risciacquare gli ultimi residui di shampoo, grazie anche al getto fitto della doccia, sempre a Faring Town, ma questa volta nei boschi presenti nel confine settentrionale della cittadina, una giovane coppia, Mark e Sally, ha appena terminato di dare un libero sfogo fisico al loro rapporto di amore reciproco.

Bisogna dire che Sally, una bella ragazza bionda dagli occhi azzurro mare ed un fisico che in molte sue coetanee le invidiano, era inizialmente titubante riguardo questa idea del rapporto sessuale in mezzo ai boschi di periferia che ovviamente, come molte altre foreste sparse in tutto il mondo, avevano fama di essere stregate dal male più profondo. Ed in effetti l’atmosfera che si presentò davanti ai due appena arrivati in quella zona non era certo delle più rassicurante e tanto meno più eccitanti, dato lo scopo che si erano prefissati di attuare.

Inoltre il clima non era dei migliori e si preannunciava tempesta nelle prossime ore.

Ma tutto fu presto dimenticato quando i due amanti si trovarono ad essere un'unica cosa tra loro. Era dall’età di tredici anni che i due si conoscevano e da poco meno che stavano insieme, frequentandosi assiduamente fregandosene, allo stesso tempo, delle invidie dei loro amici o della posizione contraria delle loro famiglie riguardo la loro unione: Loro si amavano lo stesso!

Ma dopo la conclusione di quell’atto di puro amore qualcosa mutò nella foresta. S’intuiva facilmente nell’aria che qualcosa era profondamente cambiato nell’atmosfera di quell’ambiente. Sembrava che le numerose dicerie riguardanti quell’oscura foresta d’un tratto fossero diventate reali.

Sally si sentiva osservata fin nel profondo della sua anima, nonostante fosse sola con il suo ragazzo. Anche gli animali che di norma popolano un bosco, e che, anche durante il rapporto, avevano fatto sobbalzare più volte la giovane donna con i loro versi striduli ma naturali, sembravano non essere mai esistiti, dato il silenzio che era calato come una cappa su di loro.

Chi invece sembrava non dare la minima importanza al radicale cambiamento delle cose era lo stesso Mark, che anzi sentiva avvicinarsi sempre più l’effettuazione di un suo bisogno fisiologico.

“Senti amore…”.

“Ah!” sobbalzando la ragazza emise addirittura un leggero urlo, intenta com’era a scrutare ogni ramo degli alberi che riusciva ad osservare stando sdraiata sul lenzuolo, che i due avevano steso per terra prima dell’atto sessuale.

“Che succede?” si preoccupò Mark.

“No niente…dimmi tesoro…” lo rassicurò lei cercando nel contempo di far rallentare il suo battito cardiaco.

“Io vado un attimo a pisciare, torno subito!” l’avvertì sbrigativo.

“Ok…”  disse per nulla tranquilla Sally al suo ragazzo.

Una volta che lui scostò la coperta e si alzò per andare a cercare il posto più adatto per il bisogno, lei, con sempre maggior rapidità, passava il suo sguardo da un ramo all’altro, notando che l’oscurità era radicalmente aumentata negli ultimi minuti lì attorno.

Si accorse appena di due piccoli bagliori nel buio, quando sentì una morsa al collo da cui non riusciva a liberarsi e che le procurava un dolore pungente. Capii solo nei suoi ultimi attimi di vita quello che le stava succedendo. Un enorme pipistrello nero si era attaccato al suo collo e ne succhiava avidamente il sangue, dando alla donna anche qualche brivido di eccitazione.

Mark aveva appena finito di urinare e, dopo una stirata generale del proprio corpo, stava facendo ritorno al suo improvvisato giaciglio d’amore.

“Rieccomi qua Sally, ti sono mancato?” poi, sentendo che la ragazza non rispondeva ai suoi discorsi “Sally? Oddio non mi dire che ti sei addormentata…”

Quest’ultima ipotesi gli fu totalmente rimossa dalla mente quando vide il corpo di lei esanime e quasi totalmente pallido al suolo e, davanti ad esso, un uomo, o almeno il contorno del corpo faceva pensare ad esso, che sembrava far parte dell’oscurità stessa e che, senza proferire parola, infilzò la propria mano destra, con tutte e cinque le dita tese, nel cuore del giovane. Tale arto terminava infine conficcato nella corteccia di un albero posizionato alle spalle di Mark.

 

“Benji! Vieni che è pronta cena!”

Quell’urlo proveniente dal piano inferiore riportò il giovane Luhan alla realtà. Il ragazzo guardò l’ora da una radiosveglia situata sopra il comodino accanto al proprio letto, richiuse il libro che stava leggendo fino a qualche istante prima, si sedette sul lato del letto, cercò di inserire più rapidamente possibile l’estremità dei suoi arti inferiori dentro le sue personali pantofole verde muschio, regalo di chissà quali parenti in chissà quale festività annuale, ed infine uscì dalla sua camera da letto per raggiungere il piano inferiore della sua abitazione.

La cena era già pronta alla consumazione nei piatti su di una tavola apparecchiata in modo semplice ma efficace e, sopra un mensola in legno discretamente lavorato, la televisione riproduceva le immagini della sigla iniziale del telegiornale locale delle 20:00.

“Com’è andata la giornata mamma?” chiese con il giusto interesse Benjamin. Ma venne subito zittito dalla madre “Fai silenzio un attimo Benji, che a Faring Town ci sono dei casini…”.

Il ragazzo assunse in volto un’aria incuriosita e sorpresa allo stesso tempo e subito voltò la testa verso lo schermo televisivo per saperne di più.

“Non sono state ancora rilasciate dichiarazioni ufficiali, da parte delle forze dell’ordine di Faring Town, riguardanti il ritrovamento del corpo senza vita del camionista Frank Johnston, orribilmente sfregiato lungo tutto l’addome da una serie di tagli del tutto simili a quelli procurati da una grosso fiera e con un braccio totalmente amputato dal corpo e tuttora disperso”.

“Ma davvero è successo qui a Faring Town?” chiese Benjamin alla madre con ancora lo sguardo rivolto alla tv.

“Aspetta non è finita qui…” gli rispose rapidamente lei indicandogli con il dito l’apparecchio televisivo.

“Sì Ben mi trovo davanti al Museo Storico di Faring Town dove, quasi sicuramente ieri notte, è avvenuto il furto di un antico reperto archeologico che era situato nell’area egizia della struttura. Si tratta infatti per la precisione di un’antica mummia risalente addirittura al 2.500 a.c.” annuncia la giovane e bella inviata.

Dopo qualche di secondi di silenzio Benjamin esclamò “Sarà mica stato Kramer?!”.

Questo ritorno di ironia avrebbe giovato al nostro Luhan più di quanto lui stesso credesse visto che, di lì a poco, le cose si sarebbero terribilmente complicate nella sua vita.

 

 

 

N.D.A.: Prima di passare a rispondere ai due utenti che, fino ad ora, hanno recensito il primo capitolo di questa mia storia, spero noterete in questo capitolo di passaggio la particolarità dei cognomi che ho usato in queste pagine.

Inoltre i nomi degli stessi ragazzi protagonisti sono in qualche modo dei lievi richiami ad attori classici del cinema horror.

 

X Leotie: Grazie per la recensione e, tranquilla, la storia proseguirà, dato che è ultimata, fino al suo decimo ed ultimo capitolo. Vedrò di postare un capitolo a settimana ogni lunedì. Infine ti invito a tornare a controllare il primo capitolo, dato che ho aggiunto un terzo aneddoto a fine pagina.

 

X camomilla17: Grazie anche a te per la recensione e per le tue correzioni che, fidati, mi fanno molto piacere, nonché comodo, visto che è la prova “tangibile” che hai letto il primo capitolo di questo racconto. Ovviamente ho apportato le giuste modifiche che mi avevi evidenziato.

Spero tu non rimanga delusa da questo secondo capitolo (anche se si tratta, come ho scritto prima, di un semplice capitolo transitorio) che ho opportunamente riletto, dato che si tratta di un lavoro che scrissi qualche anno fa, cercando di utilizzare il mio attuale stile di scrittura.

 

Infine vi ringrazio ancora per aver inserito la mia storia tra quelle che state seguendo attualmente, e vi aspetto il prossimo lunedì con il Capitolo 3.

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Capitolo 3
*** Il progetto dei ragazzi ***


                                                        CAPITOLO 3

“Il progetto dei ragazzi”

 

 

 

“Così va bene! Il look perfetto!”

il grande entusiasmo di Luhan era dato da chili e chili di gel nei capelli, classici denti finti da vampiro (fortemente consigliati per serate a tema horror o di Halloween), dei vestiti con colore predominante il nero, occhiaie nere sotto gli occhi e, tocco di classe finale, un rigagnolo di sangue disegnato che scende giù dal labbro inferiore fino al mento.

Il suono del clacson di una macchina riportò al duro mondo dei normali questo orrendo narciso.

“Sono gli altri!”.

Scese in un attimo le scale e, aperta velocemente la porta, Benjamin salutò “Io vado mamma!”.

“Aspetta un attimo Benji!” sembrava tutto troppo facile…

il ragazzo si bloccò di colpo e si girò verso sua madre.

“Oddio Benji, ma in che stato di sei ridotto?”fu il giudizio generale di lei verso il modo di presentarsi del giovane.

“Te l’ho già spiegato altre volte mamma, ora devo andare!” e detto questo sbatté violentemente la porta dietro di sé.

Appena uscito si trovò davanti una Ford, certo con qualche ammaccatura di troppo e non era certo un modello da seguire per quanto riguarda la pulizia, ma per dove dovevano andare quella sera andava più che bene. Al volante c’era ovviamente Bill.

Benji si sedette sul sedile anteriore del passeggero, proprio accanto a Bill, dietro di sé aveva Kaufman, Louis e Kramer, tutti presenti e pronti per l’avventura, senza dire una parola. Poi si voltò d’improvviso esclamando “Siete pronti per il terroreeeee!” digrignando bene la bocca per mostrare i canini finti e contraendo fortemente le dita come gli artigli di un avvoltoio.

“Io Benji spero tu stia scherzando…” tentò la via della ragione Louis.

“Ma no Benji! Cosa dirà la gente se mi vede in giro con te conciato in quella maniera…” disse fingendo disperazione Kaufman.

“Benji…sai che queste sono cose che fanno i bambini quando sono molto piccoli” provò a spiegare all’amico Kramer.

“Scusami, te che sei quello di tutti noi che ci abita più vicino, potevi andarci a piedi all’Orbit!” concluse Bill invitando in un certo senso il ragazzo ad uscire dalla macchina e lasciare la loro compagnia.

“Andiamo ragazzi è venerdì sera: la serata dell’Orbit!”

“Infatti! E gradirei non finire in prigione per “abbigliamento osceno in luogo pubblico”…” disse sarcastico il pilota della comitiva.

“A proposito…questa macchina?” chiese Benjamin indicando un po’ tutto l’abitacolo con un movimento circolare della mano con l’indice tirato in su.

Bill, dopo averlo squadrato con uno sguardo che chiedeva più rispetto della privacy, si concesse di rispondergli “L’ho avuta in prestito”.

“E tu ti preoccupi di finire dentro per il mio abbigliamento…”.

detto questo la macchina partì velocemente verso la propria meta, con il proprio abitacolo piovuto nel più totale silenzio, evitando di discutere nuovamente riguardo la provenienza del veicolo.

Il traffico era particolarmente pesante quella sera e ci volle non meno di mezz’ora per arrivare a destinazione. Destinazione che venne immediatamente identificata grazie al suo personale simbolo: Il Saturno dell’Orbit!

Si trattava in pratica di una riproduzione, ovviamente in scala alquanto ridotta, del sesto pianeta del sistema solare, che faceva da faro a tutte quelle anime perse che cercavano una serata speciale che solo i drive-in ti sanno donare. Anche gli stessi ragazzi rimasero rapiti dalla visione della sfera azzurra e dalla suo anello argenteo, che gli girava tutto attorno parallelamente al proprio equatore.

Quasi al termine della fila per l’ingresso si presentava, splendente, l’insegna luminosa con sopra indicato il programma della nottata che prevedeva: “Ho fatto a pezzi la mamma”, “La casa”, “La notte dei morti viventi”, “Utensili per l’omicidio” e “Non aprite quella porta”.

Dopo aver espletato i protocolli ufficiali per la visione legale di queste opera nella struttura, i nostri entrarono finalmente in questo mondo parallelo che era l’Orbit. Tutte le più rappresentative e strambe creature del folklore americano erano riunite dentro il drive-in. Furono avvistati dai cinque ragazzi dentro la macchina scassata: Punk, hippies (usciti direttamente da “Hair”), confraternite universitarie, cowboys e rispettive cowgirls, giovani coppie di amanti (alcuni nell’atto di scaricare le proprie pulsioni sessuali), esseri umani travestiti da vari personaggi horror (con Luhan che guardò con inspiegabile superiorità i suoi compagni), cani e gatti (o comunque figure che ricordavano animali quadrupedi) ma soprattutto ragazze in bikini!

“Hai visto culetto d’oro lì?” chiese Bill ad un non meglio precisato membro della comitiva, accompagnando il tutto con un movimento indicativo del capo.

“Quale????” chiesero quasi in coro gli altri mentre cercavano, prostrandosi più avanti possibile, d’identificare il soggetto della domanda di prima, che altro non era che una splendida ragazza con indosso un succinto bikini dorato (ecco perché culetto “d’oro”).

Ormai i posti migliori erano tutti presi ed i giovani si dovettero accontentare della parte centrale di una delle ultime file.

“Chi va a rimediare un po’ di cibarie?” domandò Louis appena la macchina terminò il suo spostamento ed al motore fu dato un po’ di riposo.

“Io!” si propose immediatamente Bob Kaufman alzando rapidamente la mano destra. Fiero come non mai di potersi occupare di questo gravoso compito.

“Vengo anch’io” aggiunse Benjamin.

“Oh no ti prego Benji…” si fece subito supplichevole Kaufman.

“Andiamo Bob! Hai visto che gente c’è a giro in questo posto! Chi vuoi che si accorga di me?” cercò Luhan di arginare le paure dell’amico riguardanti possibili discriminazioni per l’abito “a tema” che lui stesso indossava quella sera. Quindi, con Bob ancora mugolante di proteste, i due scesero dal veicolo diretti al chiosco dei viveri.

La scorta che i due ragazzi portarono con loro alla macchina era composta principalmente di coche e sanguecorn (popcorn con l’aggiunta di colorante rosso per cibi versato sopra) appena in tempo per l’inizio della prima pellicola: “Ho fatto a pezzi la mamma”.

Che dire…il classico B-movie che i ragazzi guardarono con il dovuto interesse, tra risate, esclamazioni di partecipazione nei classici “bus” (momenti da balzo garantito sulla poltrona) ed anche sbadigli.

Secondo film: “Utensili per l’omicidio”.

È da qui che le cose cambiarono per sempre.

Tutto ebbe inizio con l’attenzione di Kaufman che, tra una manciata di sanguecorn sgranocchiata e l’altra, venne rapita dal lucido riflesso che la luce emessa dallo schermo aveva sulla dentatura di Luhan. Grazie anche ad una scena particolarmente luminosa della pellicola in visione, Bob si accorse subito che il canino di Benjamin aveva una lunghezza inumana.

“Benji ma non mangeresti meglio se ti togliessi quegli stupidi denti finti da vampiro?” consigliò sarcastico il ragazzo soprappeso all’amico.

“Ma che diavolo dici Bob? Certo che me li sono tolti! Guarda sono lì sul cruscotto…” gli rispose seccato Benjamin, indicandogli con il dito la protesi dentaria di gomma e cercando di riprendere la concentrazione necessaria per il grande schermo. Ma prima lanciò un occhiataccia di sfida al compagno, occhiataccia che si trasformò subito in stupore.

“Ehi Bob, che cos’hai lì sul collo?” domandò molto sorpreso il ragazzo.

La strana vicenda tra Luhan e Kaufman non interessava minimamente gli altri 3 membri della compagnia, anzi ognuno aveva la sua personale vicenda da chiarire…

“Uff…ma in questa macchina non c’è l’aria condizionata? Sto morendo dal caldo!” chiese un estremamente sudato Louis.

“Ma con cosa mi sono pulito la bocca?” s’interrogava Kramer.

“State zitti! Va bene che in questo momento l’importante è guardare e non ascoltare, ma così mi fate perdere la concentrazione sulla trama del film…” con queste parole Bill commentò mentre una giovane signora, prossima vittima della pellicola, si stava facendo una doccia, ed intanto con la mano si apprestava a raccogliere una nuova manciata di sanguecorn.

“Oddio Bill la tua mano!” esclamò ancora più inorridito Benji.

E gli altri quattro puntarono il loro campo visivo sulla suddetta mano. La spiegazione scientifica dell’accaduto al momento latitava dalle menti dei giovani ma non vi erano dubbi: La mano di Bill era palmata! Gli archi di carne tra un dito e l’altro si erano talmente alzati che terminavano solamente alle rispettive falangette di entrambe l’estremità degli arti. E non solo, era cambiato anche il colore dell’arto: Da un classico rosa chiaro si era passati ad un tenue azzurro mare.

Ora era lampante l’unico piano da attuare: FUGA GENERALE!

Tutti e cinque i componenti della compagnia abbandonarono l’autovettura, nella speranza di mettere in pausa e ricaricare lo strano videogame che si era appena sostituito alla loro vita. Lo stesso Kaufman, che si trovava nei sedili posteriori tra Chambers e Kramer, nell’attuare la fuga attese, già urlante, l’apertura dello sportello laterale e l’uscita da parte del suo omonimo per poi dare il via ad una corsa sfrenata, che già dopo i primi tre metri gli aveva procurato un enorme fiatone.

 

Louis, nonostante fosse il meno emotivo della gang, non sapeva come spiegarsi l’accaduto. Tutti i suoi amici erano morfologicamente cambiati e lui stesso stava radicalmente cambiando. Il suo corpo si stava sempre più riempiendo di lunghi peli scuri, come in una pubertà a velocità estrema, ed inoltre sentiva svilupparsi nel suo corpo muscoli che non credeva nemmeno di avere.

Ormai nel pieno del panico, si avvicinò ad una Ford familiare che presentava al suo interno una delle famiglie più obese che si fossero mai viste sul pianeta terra. Il padre era obeso, con classica camiciola hawaiana di contorno, sua moglie era obesa e pure i due figli che stavano seduti dietro erano obesi. Louis si trovò a leccarsi le labbra al solo pensiero dell’enorme quantità di grasso che aveva davanti ai suoi occhi.

“Mi scusi signore ho bisogno di aiuto!” urlò appoggiandosi al vetro dello sportello del guidatore.

Il  capofamiglia sobbalzò, tanto era preso dalle vicende che si susseguivano sul grande schermo, per poi girò il suo flaccido triplo mento verso il ragazzo. I suoi occhi si spalancarono così tanto da raggiungere quasi la rotondità perfetta, mentre assisteva all’allungamento disumano del volto di Louis.

Con una velocità che difficilmente sarebbe stata riconducibile ad un essere umano della sua stazza, il tizio accese la macchina e sgommò via in preda al panico. Il fatto è che l’uscita dal drive-in si trovava esattamente dietro alla sua precedente posizione quindi, nell’effettuare la manovra d’inversione di marcia, sbatté e fece cedere un palo adibito al reggere un altoparlante della struttura. Ma ciò non lo demorse nel proseguire la sua ritirata strategica.

Ora si trovava con i fari ben accesi e puntati verso l’uscita ma, a separare i due c’era l’ormai inquietante presenza di Louis Chambers. L’autista fece rombare il motore un attimo per poi accelerare a manetta verso il giovane.

Per Louis potevano essere gli ultimi secondi di una vita fino ad allora ordinaria, se non che fosse tornata in lui la capacità di ragionare che lo contraddistingueva anche nelle situazioni emotivamente più complesse. In più sentiva i muscoli del suo corpo scoppiare sotto i suoi vestiti, e questo gli dava anche la sicurezza che poteva pienamente affidarsi a loro.

L’auto si trovava ormai a pochi centimetri dall’impatto quando il ragazzo s’inginocchio quasi per poi, rapidamente, spiccare un salto verso il cielo tempestato di stelle lucenti. La macchina, nonostante fosse un modello station wagon, non fu nemmeno sfiorata dalla suola delle scarpe del ragazzo. Louis era nel pieno della sua forma da licantropo.

 

Bob Kramer era di certo il più impressionabile del gruppo, e vedere il suo corpo completamente ricoperto di vecchie bende non lo poteva di certo far sentire tranquillo e rilassato. Nel verificare quanto in lui era cambiato, si era tolto tutto il vestiario che indossava quella notte, scivolando goffamente per terra nel togliersi prima le scarpe e poi i pantaloni. Forse solo le mutande gli erano rimasto, ovviamente coperte da almeno tre strati di bende ammuffite.

“Ehi amico c’è qualche problema?” qualcuno stava attirando la sua attenzione mentre riprendeva la posizione eretta.

Davanti a lui si parava un rettile simil-Godzilla, alto due metri e che teneva anch’esso una perfetta posizione su due zampe.

“Oh mio dio è successo anche a te allora!” constato sul limite delle lacrime il ragazzo bendato.

“Cosa? Ah scusami con questo catamarano addosso non riesco a sentire nulla!” disse la creatura mentre con la zampa si tastava con insistenza il suo possente collo.

Finché trovò quello che cercava. Con l’unghia nera di una delle sue dita arpionò una cerniera lampo che rapidamente, sotto la guida sempre del dinosauro, fece il giro del suddetto collo per poi, infine, far cadere di netto la testa del povero animale.

Lì per lì Bob rimase terribilmente scosso dall’accaduto finché non notò che, dalla metà del collo rimasta attaccata al corpo, spuntava una nuova testa, questa volta umana, di un ragazzo a prima vista poco più grande di lui, con la pelle del viso tutta rossa dal caldo che si era venuto a creare dentro quel costume e dagli occhiali appannati per lo stesso motivo.

“Cazzo amico bel costume! L’hai fatto te da solo? Queste bende sembrano davvero vecchie di migliaia d’anni! Ma sei un cosplayer anche te?” il nuovo arrivato colpì a raffica con le domande il nostro povero Bob.

“No ti prego stammi lontano! Non è come pensi te…” cercò di defilarsi Kramer.

Ma l’altro gli fu nuovamente addosso “Ma ti conosco? Chi sei…Frank? Oppure Robert? Non credo tu sia una ragazza perché non intravedo due belle tette sotto quelle bende…”.

“No, ti giuro, non sono chi tu dici e, anzi, ora come ora preferirei essere lasciato da solo, grazie” provò a liberarsi della strenua marcatura dell’altro.

“Eh dai amico dimmi come ti chiami? In fondo mi sono smascherato prima io ed ora tocca a te!” insisteva con ignoranza l’avversario.

“Mi chiamo Bob e non ho tempo da perdere con te!” sbottò finalmente Kramer.

“Dai fammi vedere la tua faccia!” ordinò con una punta acida nella voce l’altro che gli fu subito addosso con le mani nel suo viso.

“No fermo!” lo supplicò Bob, che in queste situazioni non sapeva mai come reagire e finiva col farsi malmenare da chi lo aggrediva. Sempre più timoroso di quello che lo sconosciuto poteva vedere sotto la sua bendatura.

Con le mani libere dai particolari guanti a forma di arti rettili, il ragazzo con gli occhiali riuscì ad infilare alcune dita tra più bende e, una volta infilateci entrambe le mani, tirò con una mano verso il basso e con l’altra verso l’alto. Parte del volto si era finalmente scoperto.

Il cambiamento dell’espressione facciale fu repentino: Dal ghigno perfido accompagnato da occhi semichiusi con medesimo valore negativo, si passò ad occhi e bocca spalancati nel pieno del terrore. Dopo ciò il ragazzo emise un acutissimo urlo in pieno falsetto, prima di crollare a terra svenuto dalla forte emozione.

Bob Kramer aveva infine realizzato un suo desiderio, ora anche lui faceva parte della storia antica egizia. Solo che si trattava della parte finale della storia riguardante i grandi faraoni egizi. Le sue erano le vesti di una sacra mummia.

 

“Merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…merda…” era questo, fedelmente trascritto parola per parola, il dialogo che, dopo la fuga dalla sua macchina, era fuoriuscito dalle fauci di Bill.

“Che cazzo mi sta succedendo?  Saranno stati quegli schifosi sanguecorn? E quel bastardo di Kaufman che ne ha presa una dozzina di pacchetti…o magari ho preso qualche fungo nell’ultimo college dove ho fatto la doccia…” pensava ad alta voce il più grande del gruppo, cercando di comprendere il motivo per cui il suo corpo si stava trasformando in qualcosa che di umano aveva ben poco.

Intanto continuava a guardarsi le mani, che ormai ricordavano molto più qualcosa di marino invece che qualcosa di umano. Inoltre il suo respiro era più affannoso, al ragazzo sembrava quasi di stare respirando dal collo. Mentre tutti i suoi abiti erano estremamente umidi, anzi addirittura bagnati fradici, e ciò, a quanto riusciva ad intuire, era dato proprio dallo stato attuale del suo corpo. Infine gli facevano un gran male i piedi, che sembravano sfondare le sue scarpe nere.

Nel continuo del suo vagare ai limiti del drive-in riconobbe immediatamente una figura che proprio quella notte aveva imparato a riconoscere all’istante. Si trattava di “Culetto d’Oro”.

Ma, dopo un breve piacere visivo, Bill si stupì di provare tale piacere, non tanto per il sensuale fisico della giovane donna, ma per ciò che ella teneva nella sua mano sinistra. Si trattava per la precisione di un bicchierone di carta coperto da un tappo in plastica e cannuccia di una non meglio precisata bibita, quasi sicuramente analcolica.

Quanto desiderava quel bicchiere. E non tanto per un bisogno naturale di sete ma piuttosto era la sua stessa pelle a richiederlo, visto il largo consumo di liquidi che aveva fatto traspirare negli ultimi minuti.

La questione ora era come fare per avere quel cimelio tanto ambito dal corpo di Bill…

Dopo qualche attimo di ragionamento, quest’ultimo optò per una richiesta diretta.

Si avvicinò furtivamente alla bionda e le mise le mani palmate sopra i suoi occhi leggermente truccati.

“Ciao tesoro, che stai bevendo di così gustoso?” gli sussurrò all’orecchio Bill.

Lei, lì per lì sorpresa da questo approccio, poco dopo gli rispose con un dolce sorriso. “È Oransoda amore, ne vuoi un po’?”.

“Volentieri angelo mio! Ti secca se ti prendo tutto il bicchiere?” si azzardò a chiederle lui.

“Beh a dir la verità un pochino sì amore. Sai stanotte ho un gran caldo e sono tutta sudata…” gli rispose la ragazza mettendo un po’ di malizia nell’ultima parte della risposta.

“A chi lo dici…” disse Bill con tutto un altro tipo di pensiero in testa.

“E va bene cucciolo tieni! Goditela tutta! Ma dopo me ne offri un’altra ok?” si arrese alla fine Culetto, porgendogli la bibita.

“Certo stella come vuoi!” rispose sbrigativo Bill che si aprì la parte superiore della camicia con una mano mentre con l’altra strizzò forte il bicchiere, per far partire il cappuccio come un proiettile e riversare lo schizzo di aranciata tutto sul suo petto.

Purtroppo, mentre Bill si godeva quest’attimo di felicità assoluta, la ragazza, sorpresa dal lieve scoppio che sentì provenire alle sue spalle, si girò di colpo.

Il corpo del ragazzo che si trovava dietro di lei, non solo era di un colore tra il verde e l’azzurro che le ricordava tanto i mari tipici delle regioni tropicali, ma era pure ricoperto di viscide squame. In più il suo stesso viso non aveva niente di umano, con dei buchi sul collo che ricordavano branchie. Infine le su scarpe erano quasi del tutto sfondate rilevando al loro interno delle pinne più corte però rispetto a quelle utilizzate dai palombari.

La giovane cacciò non solo un acuto urlo di routine, ma emise anche il suo personale liquido urinale che da sotto il perizoma dorato scese giù per le sue gambe snelle. Il fatto che fece più inorridire Bill fu che, per il suo corpo cambiato, anche quello poteva essere liquido utile per il suo benessere. Ma mentre pensava ciò la ragazza si voltò e scappò via con le sue chiappette sode che sobbalzavano ad ogni sua falcata.

 

Secondo voi dove un ragazzo come Bob Kaufman, notoriamente assiduo peccatore di gola ed estremamente sovrappeso, poteva trovare rifugio?

Era stato il rifugio provvisorio più lampante nella sua testa, una volto accortosi del terribile mutamento dei suoi amici, per concludere degnamente la sua fuga strategica: Il chiosco degli alimenti.

Vi era entrato passando dalla porta secondaria sul retro del negozio, quella di solito utilizzata solamente per lo scarico e carico merci, ed ora stava lentamente riprendendo fiato. Sentiva chiaramente che il suo ansimare per riprendersi dallo spavento e dalla fatica non corrispondeva, ricordava piuttosto quello di una persona anziana, con i polmoni che di aria ne avevano già inspirata ed espirata parecchia.

Un’altra cosa che lo sorprese molto fu la totale assenza di sudore sul suo corpo. Lui che invece, dato l’alta percentuale di grasso depositata su di esso, era solito produrne anche solo stando fermo d’estate. In lui, come nei suoi amici, c’era qualcosa che decisamente non andava. Quasi sicuramente sarebbe occorsa una cura e lui, per quanto riguarda i suoi confronti, l’aveva decisamente trovata.

Barrette di cioccolato, con dentro qualsiasi tipo di ripieno: Latte, nocciole, fondente, arancio, caffè ecc…; patatine, di qualsiasi forma: La più classica, allungate, a pallina, ondulate, triangolari ecc…; barrette di cioccolato e patatine insieme, con un accostamento dolce-salato che il buon Kaufman adorava, tutto accompagnato da bibite gassate alla cola, arancio o limone.

All’improvviso però dei rumori di passi che si avvicinavano via via ed una porta che si aprì.

“Ah Sonia prendi anche degli altri sanguecorn!”.

Bob si trovava esattamente nel magazzino del chiosco, dove sono riposte tutte le varie scorte di cibo pronte per essere portate in negozio e poi vendute, ed ora non era più da solo. Era infatti appena entrata la giovane ragazza che serviva ai clienti insieme all’uomo di mezza età che, molto probabilmente, doveva essere il proprietario.

Kaufman fece appena in tempo a nascondersi dietro a degli scatoloni che contenevano sacchetti di patatine, sperando di non essere scoperto. Purtroppo il ragazzo, nella fretta di nascondersi, non diede importanza alla tipologia di patatine a cui si era nascosto dietro: erano popcorn. E Sonia aveva appena finito di prendere con se delle confezione di salsa rossa da versare sopra di essi.

La ragazza si stava avvicinando alle scatole di popcorn per prenderne intanto 4-5 pacchetti, da utilizzare per creare i sanguecorn, quando si accorse subito della presenza dietro alle scatole. Oltre alla naturale ombra che questa presenza proiettava sul muro, spuntava nettamente dietro le scatole la cima di una testa, comunque umana, ma stranamente di netta configurazione rettangolare.

La ragazza lì per lì meditava l’urlo spaventato, ma poi preferì il dialogo “Avanti vieni fuori di lì!”.

“Cazzo!” imprecò a bassa voce Bob che attese un attimo, ma poi si decise a riprendere la posizione eretta, sperando di non finire nei casini. Una volta in piedi, il ragazzo era rimasto comunque di spalle a lei e quindi si girò completamente verso Sonia. Lo sguardo di lei, da prima severo e accusatore come solo le donne riescono a fare, si trasformò rapidamente in uno indeciso tra lo stupore e lo spavento.

Questo sorprese il giovane che le chiese “È tutto ok?”.

Lei continuava a rimanere senza parole, nonostante la sua bocca si fosse spalancata.

Bob Kaufman era ormai in preda all’imbarazzo, ma nonostante questo provò a giustificarsi “Ehm…senti…mi dispiace di averti spaventato, nascondendomi qui”.

La ragazza continuava a non proferire parola.

“Sia chiaro non sono venuto qui per rubarti le cibarie, nonostante sia entrato senza chiedere nessun permesso…” continuò Bob.

Stesso stato per quanto riguarda Sonia.

“È che i miei amici…cioè sta succedendo qualcosa di strano ai miei amici ed io, preso alla sprovvista, sono scappato per, magari, trovare aiuto…”

Sonia non ebbe neanche questa volta una reazione.

Kaufman che, sempre più nell’imbarazzo totale, non riusciva a fissarla in viso ma intervallava lei al pavimento e viceversa, si decise a chiederle “Ma stai bene?”.

E mentre lo diceva provò ad avvicinarsi alla ragazza, dimenticandosi delle scatole che si frapponevano tra loro, che urtò violentemente. Quelle più in cima alla colonna caddero rumorosamente a terra, mentre quelle più basse sbilanciarono il ragazzo che fini rovinosamente su di lei.

Una volta ripresosi dalla caduta si accorse appena della ragazza che, sotto di lui, stava per emanare un urlo, mentre in lontananza sentì “Ma che sta succedendo lì dietro?”.

Fu un attimo, il proprietario del chiosco aprì la porta, notò subito la scena e disse “Brutto porco che stai facendo su mia figlia?”.

Non attese nemmeno un improbabile risposto dall’interessato e prese, da dietro la porta, un fucile a doppia canna molto probabilmente carico e cominciò a prendere la mira su Kaufman.

Il ragazzo fece in un attimo a scaraventare via la ragazza e scappare via urlando dalla porta di servizio.

 

“E’ inutile negare la realtà, questi sono canini veri!”.

Questo pensava Benjamin che, dopo la fuga dalla macchina di Bill, aveva rallentato il passo e stava provando, con scarsi risultati, a togliersi quei nuovi canini che ormai difficilmente considerava artificiali. La sua attenzione dunque era tutta riversata verso la propria dentatura, e per questo non si accorse dell’uomo con la bibita in mano che gli stava passando accanto e che lui, conseguenza della scivolata che avevano avuto le sue dita su uno dei suoi suddetti canini, aveva violentemente colpito con una gomitata.

“Ehi!!!!!” richiamò l’attenzione l’uomo.

Il ragazzo si girò verso la persona e, ancora con le mani in bocca, si scusò “Mi scufi!”.

Ma questo all’altro non bastava.

“Troppo facile così giovanotto, guarda come mi hai ridotto la camicia!” indicandogli la macchia di cola che gli decorava la camicia di jeans chiara.

“Mi perdoni ancora ma ho dei problemi…” provò a spiegarsi Luhan.

“Non m’interressa nulla dei tuoi problemi ragazzo, come minimo potresti offrirmi un’altra cola, ti pare?” lo interruppe bruscamente l’uomo che portava in testa un tipico cappello marrone da cowboy.

“Certo, non ho alcun proble…” questa volta fu lui ad interrompersi dato che il suo portafoglio mancava dalla tasca dei suoi pantaloni, e purtroppo sapeva anche dove era rimasto…

“Beh vede, il fatto è che ho dimenticato il portafoglio in macchina da un mio amico e, al momento, non ho la minima intenzione di tornarci” provò a spiegarsi con un sorriso Benji.

“Eh no mister io rivoglio indietro la mia cola altrimenti…” e nel dirlo tirò fuori dal suo cinturone, che a quanto pare non aveva solo funzione decorativa, una pistola con la presa in avorio.

La pistola era perfettamente funzionante. L’uomo, nonostante il fare da sbruffone del vecchio west, aveva regolarmente il porto d’armi per tale arnese e dunque il suo stato psico-fisico era consono alla proprietà di quello strumento di morte.

 Purtroppo nella vita ci sono momenti che non calcoli, come ad esempio quando il tuo indice effettua troppa pressione sul grilletto di una pistola carica, ed inevitabilmente parte il colpo. Quella notte ai due soggetti successe esattamente così. Il colpo partì e prese Benjamin Luhan sul pettorale sinistro, per fortuna non in prossimità del cuore ma più verso l’attaccatura della spalla.

Il ragazzo si accasciò al suolo e la risata dell’uomo s’interrupe drasticamente. Però Benji si rialzò subito. Osservava la ferita procuratagli e si continuava a chiedere come mai non provava alcuna sensazione di dolore. Poi la pallottola, chiaramente un po’ accartocciata per il colpo, uscì dalla stessa ferita che si rimarginò velocemente. A quel punto Benjamin rivolse il suo sguardo, ed il suo odio, verso il cowboy. Mentre lo squadrava i suoi occhi s’illuminarono letteralmente di rosso ed i canini si fecero ben evidenti nella sua bocca.

L’uomo dal grilletto facile, in quel preciso momento, poteva considerarsi un morto che cammina. Poi però si udì una voce.

“Ci sono problemi Benji?”

Il ragazzo riconobbe subito tale voce, era quella di Bill. Allora si voltò subito verso la direzione da cui essa proveniva e, non solo riconobbe alla meglio il suo proprietario, ma vide accanto a lui altre tre persona che, bene o male, erano riconducibili ai suoi compagni Bob Kaufman, Louis Chambers e Bob Kramer.

“Oddio ragazzi ma che vi è successo?” chiese a loro mentre si avvicinava alla comitiva Luhan.

“Perché te invece in che stato pensi di essere?” gli rispose con una domanda sarcastica Kaufman, che aveva ancora i lati della bocca sporchi di cioccolato.

“I nostri corpi sono stati orribilmente mutati” gli fece notare Kramer.

“E, fidati, non si tratta di una candid  camera” aggiunse ironico Louis.

Nel frattempo il cowboy si era totalmente defilato.

“Ma si può sapere allora cosa sta succedendo?” chiese sconsolato agli altri quattro Benjamin.

“E noi come cazzo facciamo a saperlo?” gli ribatté a muso duro Bill.

“Io un idea forse ce l’ho…” si azzardò a bassa voce Kramer.

Tutti si voltarono verso di lui che abbassò immediatamente lo sguardo.

“Sarebbe?” lo invitò a spiegarsi meglio Kaufman.

Il ragazzo rialzò lo sguardo ed iniziò “Avete presente quando Benji, l’altra notte, ci chiese che mostri ci sarebbe piaciuto essere?”.

Gli altri annuirono insieme.

Continuò il ragazzo “Beh ora lo siamo diventati davvero!”.

Il gruppo rimase in silenzio per qualche minuto, nel quale tutti accolsero la versione dei fatti indicata da Bob Kramer.

“Quindi ora che si fa?” chiese con il suo muso allungato Chambers.

“Io consiglio di tornare alla macchina e poi subito dritti a casa!” disse frenetico Kaufman.

“Ma sei scemo? In queste condizioni qui chissà come reagirebbe la gente che incontriamo, mentre raggiungiamo la macchina…” bocciò l’idea di Bob, Bill.

“Bill ha ragione. Usciamo subito di qui, tanto l’uscita è qui vicino” decise, ancora visibilmente sconvolto Benjamin.

 

La luna era ben alta in cielo quando un gruppo di cinque ragazzi, che ormai di umano aveva ben poco, usciva dal drive-in verso un futuro ora più che mai ignoto. Il vampiro Benjamin, il licantropo Louis, la creatura di Frankenstein Kaufman, la mummia Kramer ed il mostro della laguna nera Bill.

“Certo ragazzi che è una figata!” esclamò improvvisamente Benjamin, ripensando alle loro attuali condizioni.

“Fanculo Benji!” gli rispose per tutti Bill.

 

 

 

N.D.A.: Come avete appena letto, ora la storia sta finalmente entrando nel vivo.

Per quanto riguarda questo capitolo l’idea dell’Orbit, compreso il programma dei film della serata, è ripreso dalla serie di tre libri, in particolare dal primo di essi, “La notte del drive-in” di Joe R. Landsale.

 

X camomilla17: Come avevi in un certo senso intuito dal precedente capitolo, i nostri protagonisti si sono mutati nei mostri da loro precedentemente scelti durante la notte de “L’ora del terrore” ma, fidati, loro cinque non sono per niente degli assassini…

 

Grazie ancora a tutti coloro che seguono questa storia, sperando che proseguano anche con il prossimo inquietante capitolo.

 

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Capitolo 4
*** Mostri ***


                                                        CAPITOLO 4

“Mostri”

 

 

 

La notte era la stessa in cui i nostri ragazzi hanno avuto la loro vita cambiata irrimediabilmente. Un uomo stava scalando un dirupo affacciato sull’ormai addormentata cittadina di Faring Town. Ma, a parte l’orario, c’è qualcos’altro di davvero curioso in questa impresa. Infatti la persona stava scalando la parete rocciosa senza l’ausilio di alcun equipaggiamento specifico per tali iniziative. Si arrampicava con estrema naturalezza su ogni parte del percorso, anche nelle zone in cui la parete non presentava appigli di nessun genere. Utilizzava una particolare tecnica che ricordava molto la scalata di un muro da parte di una lucertola. E, come una lucertola, quest’uomo era completamente nudo.

Una volta arrivato sulla cima, l’essere si girò per contemplare adeguatamente il panorama. Egli aveva il viso forte e aquilino, con un naso sottile e narici arcuate. I capelli diradavano sulle tempie e sull’alta fonte sporgente, ma crescevano folti sul capo. Le sopracciglia erano molto fitte. Sul viso presentava inoltre dei lunghi baffi bianchi. La bocca era immobile, dalla piega piuttosto crudele e denti eccezionalmente appuntiti che spuntavano dalle labbra, molto rosse e fresche per un uomo della sua età. Aveva orecchie pallide e appuntite, il mento largo e forte, le guance magre ma ferme. Il viso aveva un pallore straordinario. Le mani infine erano piuttosto rozze, larghe e tozze. Le unghie erano lunghe e molto appuntite.

“Ipotizzerei che questa non è affatto Londra” ruppe il silenzio della natura.

Ma un’altra presenza stava facendo lentamente la sua entrata in scena…

“Però è il 4 maggio. La data ideale per iniziare il tutto…” continuò nel suo monologo l’individuo.

Il nuovo venuto fece riconoscere la sua presenza emanando un feroce ruggito.

L’uomo si voltò, con flemmatica calma, e quasi sorrise alla belva, che si avvicinava sempre più alla sua preda umana. ”Un giovane Bersicker…” aggiunse e poi, d’improvviso, spalancò le braccia. Il lupo grigio, che digrignava ferocemente le bianche ed aguzzi zanne, abbassò subito le labbra superiori e quasi s’inchino alla persona che aveva di fronte. Poi, finita questa breve cerimonia, si girò e rientrò velocemente nella foresta vicina al dirupo.

La sinistra figura tornò a scrutare il paesaggio urbano che si trovava davanti. Tante luci che ricreavano quasi l’atmosfera diurna. Ciò infastidiva in maniera apparentemente lieve l’essere.

Egli tornò a parlare “Siamo ben lontani dall’oceano. Ciò non può che farmi piacere: Non avrò impedimenti nei miei poteri e, questa volta, non mi occorreranno più trasporti in nave di casse ed avere a che fare con l’ignobile gente di porto. No, questa volta sarà differente!”.

Dopo qualche attimo di silenzio l’individuo riprese a ricordare “Non mi accontenterò più di una semplice “bloofer lady”…come quella sognante camminatrice di Lucy. E neppure di quel povero pazzo zoofago di Renfield. Erano più degni di me quelle mosche e quei ragni che si dilettava ad attirare con lo zucchero per poi ingoiarli senza un minimo di ritegno!” un minimo scatto d’ira comparse in lui, per poi placarsi momentaneamente e ricordare altri eventi e personaggi spiacevoli “Questa volta non metterò in mezzo stupidi notai per l’acquisto di inutili immobili, come quel…quel…Jonathan Harker…” nel sillabare tale nome il suo labbro superiore vibrò mostrando pienamente gli aguzzi canini bianchi “E tutti quegli stolti dei suo compagni, con a capo quel vecchio professore olandese, che rinnegò i suoi stessi studi per poter avere la meglio su di me. Con le sue luride ostie consacrate…” e nel dire questo sputò nel terreno erboso. Poi il suo viso si rasserenò di colpo “Però c’era lei…Mina…” piegando indietro la testa con gli occhi socchiusi “sento ancora in me l’eccitazione nel sentire la sua tenera bocca sul mio petto ferito…” a questo punto sulla sua fronte si posò un insetto particolare, l’Acherontia Atropos della Sfinge, e la sua bocca si piegò in un satanico sorriso.

 

Luna piena.

Dietro il cespuglio di una particolate pianta, l’aconito, qualcosa stava vivendo. Ed era affamata. Non era solo una sua semplice esigenza, era un qualcosa che doveva fare.

Poi arrivò la preda. Un esemplare femminile di razza umana con capelli biondi, arricciolati per l’umidità presente nel posto, e una tipologia di abbigliamento che lasciava pochi dubbi sulla sua attuale professione: Stivali in cuoio con tacchi a spillo di almeno 15 centimetri, minigonna estremamente ristretta in jeans, maglietta bianca che dalle spalle terminava poco sotto i suoi rotondi seni, che anche grazie a questo risaltavano molto, e sopra di essa un giubbotto di pelle per dare un minimo di calore almeno al suo corpo.

Nonostante lo spettacolo di certo eccitante per qualsiasi esemplare maschile di razza umana, qualcos’altro attirò l’attenzione dell’essere. Infatti, sul palmo della mano di quella triste donna era ben visibile una stella a cinque punte. O meglio, era ben visibile da esso.

Quel pentacolo era il segnale che la caccia poteva cominciare.

La preda era intenta a fumarsi una sigaretta, forse stava cominciando a pensare che per quella notte ne aveva avuto veramente abbastanza, subito si girò di scatto verso il cespuglio. Uno scricchiolio come tanti lì per lì pensò. Poi osservò meglio e riconobbe distintamente, tra i vari rametti di aconito, due bagliori come occhi fiammeggiare nell’oscurità.

“Che sia un maniaco? Ma no figurati qui a Faring Town, tutt’al più sarà qualche guardone lussurioso…” pensò mentre continuava l’osservazione, poi si decise.

“Tesoro puoi vedere anche più di così…” accennando pure un sorriso alla fine di quel discreto invito, che difficilmente un umano avrebbe rifiutato, qualsiasi fosse il prezzo da pagare. Ma la cosa dietro il cespuglio non era umana. Si eresse in piedi.

La giovane donna strinse un po’ gli occhi per mettere bene a fuoco la figura che aveva davanti, dato che la luce del lampioni poco distante da lei non era di particolare aiuto. Era davvero enorme e decisamente molto pelosa: un licantropo.

Lei, appena compresa la reale situazione in cui si trovava, cominciò a trasfigurare il suo volto per emettere un grido di terrore, ma allo stesso tempo aveva già effettuato il primo passo laterale per tentare un improbabile fuga. Il mostro, con un semplice balzo, gli era già addosso. Il braccio sinistro della donna lasciò il suo corpo nettamente, mentre, con il suo arto superiore sinistro, il lupo mannaro ridusse a brandelli la candida maglietta mostrando i suddetti rotondi seni tutti dilaniati, capezzoli e areole scure compresi. Ora toccava alle fauci agire. Il collo della giovane fu in un attimo azzannato, mostrando una semplice catenina dorata, il cui crocifisso attaccato ad essa nulla poteva contro quella creatura. La  caccia si era conclusa.

Qualcosa nello sguardo dell’uomo lupo cambiò, lasciò la presa mandibolare da quel che rimaneva del collo di una donna e, ancora grondante sangue sul suo corpo muscoloso e peloso, cominciò la ricerca di qualcosa. La trovò. Si trattava apparentemente di un cespuglio simile al precedente, ma la cui pianta aveva un diverso fiore. mariphasa lupina lumina era il nome scientifico.

Il lupo si avvicinò ad essa e ne strappò via un rametto, lo osservò un attimo e, con la parte spezzata dal suo cespo originale, si punse la mano sinistra facendo fuoriuscire, questa volta, un po’ del suo sangue. Il suo fisico cominciò a mutare: I peli cominciarono a diradarsi, la sua massa muscolare si sgonfiava a poco a poco, il muso si appiattì e i denti tornarono più lineare, ma sempre sporchi di emoglobina altrui.

Ora era presente solo un giovane uomo nudo, con dentro di se tanta tristezza ed amarezza per ciò che era costretto a causa di qualcosa che non poteva considerarsi una semplice malattia genetica, ma una vera e propria maledizione.

“Oh signore perché deve essere così?” chiese alzando le braccia al cielo, nell’attesa di una risposta che non sarebbe di certo arrivata, per poi inginocchiarsi a terra quasi senza forze e sussurrare appena ad occhi chiusi “Almeno dammi un po’ di argento”. Mentre, attorno a lui, si radunarono le anime delle sue vittime, con un membro femminile in più.

 

Un classico cimitero di periferia. Con la presenza anche di lapidi la cui identità delle spoglie custodite non è dato sapere. Il luogo ideale dove poter far affrontare la prova di coraggio al membro più giovane di una compagnia di adolescenti. Ma quella notte non vi era nessuno tranne il silenzio in quelle lande.

Poi accadde un fenomeno davvero particolare in natura: Un fulmine a ciel sereno, anche se in questo caso il cielo era completamente scuro, data l’ora della notte. Un’immensa scarica si abbatté proprio sopra una delle suddette tombe anonime. La lapide si spezzò a metà e cadde sull’erba bagnata di rugiada. Poi il terreno cominciò a smuoversi fino a che non uscì fuori una mano, poi un braccio, una testa e, a poco a poco, un’intera figura umana.

L’aspetto della creatura era davvero inquietante: pelle sottile e giallastra, occhi di ghiaccio e inespressivi, il volto dai lineamenti forti era tuttavia ingentilito da lunghi capelli neri e denti bianchi perfetti. Infine le braccia e le gambe era sproporzionatamente lunghe, tanto che l’essere in altezza misurava all’incirca due metri e mezzo.

Poi, d’un tratto, il mostro cominciò a ricordare. Un bagliore e, dopo, di nuovo la vita. Quello strano dottore da cui era sfuggito, la gente che lo squadrava terrorizzata dal suo aspetto, la sua fuga nel bosco. A questo ricordo cominciò a guardarsi intorno. Cominciò a ricordarsi gli alberi, il vento, i versi dei molti animali che popolavano quell’ambiente ed i sassi. Ma, proprio osservando la ruvidità della superficie di uno di questi, ricordò anche le molte pietre che gli vennero scagliate contro dalla popolazione di quella piccola cittadina a cui lui chiedeva soltanto affetto. Inutilmente.

Attiguo al camposanto vi era un tranquillo laghetto. La creatura se ne accorse e lo raggiunse per poi specchiarsi sul suo specchio liquido. Non emise parole ma il suo sguardo comunicava l’infinita tristezza che aveva dentro di sé. S’inginocchiò per bere pochi sorsi di quella fresca acqua e, nel frattempo tornò a rimembrare che non tutti gli erano stati ostili. Vi era stata infatti quella piccola famiglia, formata da tre persone, il cui padre cieco lo aveva aiutato donandogli i pochi viveri che possedevano e che lui stesso aveva ripagato procurandogli scorte di cibo e legna da ardere. Purtroppo anche quei pochi giorni di serenità finirono, sempre per il solito motivo che non lo aveva fatto accettare al resto delle persone. Il suo viso. Il suo viso specchiato nell’acqua.

Inaspettatamente sentì le urla di aiuto di una ragazza che stava annegando. Per poi accorgersi che si trattava solo di un miraggio, portandosi inconsciamente la mano destra sul braccio sinistro e, nel fare ciò, fermarsi a contemplare le sue enormi e forti mani. Mani che avevano ucciso e rubato.

D’un tratto, una macchina sfrecciò velocemente nella strada vicino alla vecchia necropoli e, dal finestrino parzialmente aperto del veicolo, uscì l’allegra risata di una donna e ciò fece tornare in mente al mostro la speranza di un amore, che però lo stesso uomo di scienza che gli aveva dato vita aveva drasticamente tolto. Tornò ad osservare le sue mani e dei nomi si materializzarono nella sua mente.

“William…Henry…Elizabeth…” l’essere, per la prima volta, parlò.

Gli ultimi suoi ricordi erano accumunati dal colore bianco che lo circondava. Le vaste distese di ghiaccio presenti nei territori antartici, su cui aveva mosso gli ultimi passi della sua fuga dal mondo. Con l’aiuto solo di una slitta e di pochi cani coraggiosi. Successivamente ci fu l’arrivo della baleniera che, all’insaputa degli stessi marinai che ne formavano l’equipaggio, si sarebbe rivelata il capezzale del suo ideatore morente.

L’ultimo pensiero della creatura andò al capitano Walton. Quella persona che, rifiutandosi di accettare una promessa omicida da giurare al dottore, gli aveva permesso di vivere i suoi ultimi anni in solitudine. Nonostante la sua enorme forza il mostro era stato battuto dall’intolleranza umana. Dalle persone a cui lui chiedeva soltanto amore e a cui era in grado di donargliene altrettanto. Lo stesso uomo impietoso che gli aveva concesso la vita, si era poi rifiutato di concedergli almeno un altro essere in grado di donargli affetto.

Il mostro smise di ricordare e mosse i suoi pesanti passi nuovamente verso il cimitero. Incuriosito, si mise a leggere i nomi presenti nelle pietre tombali per poi fermarsi davanti ad uno in particolare: VICTOR.

 

La prova del coraggio, affrontando una valle di serpenti e scorpioni per poi giungere alla lama con cui tagliare infine il ricciolo dell’infanzia, davanti gli sguardi soddisfatti di mio padre e del mio tutore.

La fuga di nascosto dal Kap per visitare Menfi, con addosso una tunica di scarsa qualità, per giungere infine alla famosa casa della birra del quartiere della scuola di medicina. E l’indomani subire la prova della solitudine, proprio in piena stagione dell’inondazione, con gli altri compagni fuori a divertirsi.

Una splendida quindicenne, già donna, m’invito ad una festa a casa sua. Quella sera persi la verginità. Lo scontro con sei palafrenieri armati che, vigliacchi, se la prendevano contro un semplice apprendista. Mia madre che mi abbraccia, in maniera totalmente differente di come fa con i miei viziati fratelli, sotto i salici e i melograni presenti nel nostro giardino personale, mentre gli ittiti premevano a nord. Una battuta di caccia, insieme ad un vecchio soldato, con preda finale un agile stambecco del bezoar. La prima volta che uccisi un uomo: un ladro che trovò la morte trafitto dal corno di una statua taurina. La visita alle cave di gres per ammirare l’affascinante lavoro operato dai cavatori e tagliapietre reali. In molti speravano in un mio esilio. Utilizzando anche le più meschine frodi pur di raggiungere tale scopo. La visita al mio fidato scriba contuso, cadendo aveva battuto violentemente la testa contro un masso. Il dominio di Sekhmet, gli ultimi 5 giorni dell’anno quando il dio malefico ci scagliava contro le malattie. La festa della piena, quando la diga principale veniva aperta e la gente buttava nel Nilo delle statue di Hapy. Una noiosa gara di pesca alla lenza con un treppiede e una canna da pesca in legno di acacia. La visita all’harem reale di Merut, attorniato dalle movenze sinuose di tante giovani danzatrici profumate. Una nuova guerra con gli ittiti si faceva sempre più vicina, con la memoria rivolta agli achei e a Troia. Sicuro portainsegna del re, affrontai comunque la corsa delle mura con sacchi di pietra sulle spalle. A guerra conclusa, mi trovai a difendere proprio un vecchio ittita che stava subendo delle torture ingiuste. Grazie al severo addestramento militare ora maneggiavo perfettamente spade, lancie, scudo e arco.

La spedizione per poi giungere a Serabit el-Khadim, il dominio della dea Hator, sovrana delle turchesi. Una strenua lotta contro un beduino ladro di turchesi, che terminò la sua vita dopo un volo dal pendio. Dopo un’estenuante corsa, il dolce canto di una giovane donna dagli occhi verdazzurri, all’ombra di un salice. La morte di un parente a me caro a causa di un improvviso, quanto misterioso, infarto. Dopo una convocazione d’urgenza del consiglio allargato, durata più di 15 ore, fu dichiarata la guerra alla Nubia. La maestosità della nave a forma di mezzaluna. Le mura della fortezza di Muhen alte 11 metri e spesse 5. L’incontro con un enorme elefante che, una volta mostratogli le mani, mi permise di sedermi sulla sua testa. La guerra nella splendida e selvaggia regione della Nubia durò solo pochi minuti. Il ritorno a casa con in dono un cucciolo di leone e, in Egitto, un letto donatomi dalla mia amata in attesa di nozze. Il viaggio alla Valle dei Re, paralizzato dalla sua magnificenza e dalle dicerie sui geni armati di coltelli. Il duello con il dio Anubi avvenuto in sogno, al termine del quale la stessa divinità mi donò la sua forza. Sotto le stelle del cielo di Karnak, ebbe luogo la festa di Opet, con una solenne processione fino a Luxor. La visita ad Heliopolis, terzo luogo sacro d’Egitto insieme a Menfi e Tebi, dove effettuai il taglio della prima pietra per la costruzione di un futuro altare. Le noiose feste di compleanno di mia sorella. L’arrivo ad Assuan per controllare lo stato delle cave di granito utilizzato per gli obelischi. I polmoni che bruciavano durante una traversata del deserto con le scorte d’acqua terminate, mentre a corte tutti temevano che fossi rimasto vittima dei demoni del deserto divoratori di cercatori d’oro. La prima lite violenta tra me e la mia amata, che pretendeva per la mia persona ancora più potere. Un giorno come altri, una nave greca attraccò al porto di “Buon viaggio”, portando con se una lana dorata, sebbene sembrasse la loro una mentalità antiquata, si instaurarono per un breve periodo nelle nostre terre. Quando ripartirono donai a loro delle clessidre portatrici di buona sorte. Fui infine iniziato ai misteri di Osiride, e durante una di queste celebrazioni, mio padre fu ucciso. Nello sconforto, mi tornarono in mente le parole di Giasone e, dopo aver riaffrontato la prova del coraggio, tornai a casa e cominciai il mio nuovo cammino sposando la mia amata. Mio padre sarebbe di certo stato fiero di me. Dopo poco nacque mio figlio. Ero realmente diventato uomo. Passato qualche mese ebbi il dono anche di una figlia, ma gli dei decisero che per lei qualche mese di vita sarebbe bastato. La mia prima battaglia da faraone contro dei pirati che avevano occupato la zona costiera. Infine, in un periodo di secca del Nilo, anche la mia vita si seccò e lasciai il ruolo di faraone troppo prematuramente. Per poi ritrovarmi ora in un luogo e in un tempo che non mi appartengono.

 

La location era la più ideale per un film horror: Un antico cimitero indiano.

Accanto ad esso, rendendo l’ambiente ancora più lugubre, vi era una piccola laguna, la cui superficie liquida era più scura della notte stessa. Rifiuti facenti parte di discariche abusive ed anni di maltrattamento ambientale non avevano di certo reso più ospitale questo ambiente. Nel contempo non vi era la minima increspatura su di essa, finché qualcosa non comincio ad emergere. Il mutante ricordava nettamente nell’aspetto le nuove sembianze assunte da Bill. Il suo corpo era dunque formato da caratteristiche presenti negli animali marini: Dita palmate su tutti gli arti, meno che sul braccio sinistro dove compariva invece un violaceo tentacolo, una pinna più da delfino che da squalo che gli si ergeva sulla schiena e branchie poste subito sotto l’attaccatura del collo con il mento.

Una volta emerso completamente, proseguì la sua marcia sulla terraferma, lasciando dietro di sei una scia bagnata sulla poca erba secca presente nel terreno del cimitero. Poi si arrestò. Ruotando i suoi occhi umidi riconobbe in breve tempo le figure di fronte a lui: Una creatura della notte, un uomo dagli istinti bestiali, un faraone millenario ed un malinconico non-morto. I cinque mostri si osservavano attentamente a vicenda. Nessuno provava ad attaccare l’altro perché sapeva che non era questo il suo compito, erano stati richiamati lì per altri motivi da un potere sconosciuto ma che era ben presente nelle loro menti.

Dopo attimi di silenzio, quello che aveva maggiormente l’aspetto umano dei presenti scoppiò in lacrime “Di nuovo altre morti no…”.

“Morte” ripeté in maniera infantile la grigia creatura.

“Che Anubi mi abbia concesso una nuova opportunità?” si chiedeva mentalmente l’egiziano.

Il Conte tornò a piegare la sua bocca in un nuovo macabro sorriso e sentenziò “Che abbia inizio…”.

 

 

 

N.D.A.: Ed ecco che finalmente fanno la comparsa anche i veri antagonisti di questa storia.

Pensate che per scrivere questo singolo capitolo mi ci sono voluti dei mesi, per la maggior parte per leggermi le fonti dai cui ottenere le giuste informazioni, poiché volevo che questi stessi mostri fossero credibili, per quanto possibile ovviamente.

Dunque le principali fonti, da cui ho tratto tutte le informazioni presenti nei ricordi dei mostri, sono rispettivamente: Il libro “Dracula” di Bram Stoker (di cui potete ovviamente trovare qualche rimando anche nel film “Dracula di Bram Stoker” di Francis Ford Coppola), il film “L’uomo lupo” del 1941 (ed anche, seppur lievemente sul finale, un altro film “Un lupo mannaro americano a londra”), il libro “Frankenstein, o il moderno Prometeo” di Mary Shelley (Ovviamente il nome presente nella tomba, Victor, è un rimando al nome dello scienziato creatore della Creatura), ed infine la biografia del faraone Ramses, in cui ho scelto di utilizzare volontariamente (perdonatemi se non ve l’ho detto prima) una narrazione in prima persona, con i vari ricordi più importanti della sua vita che scorrevano veloci uno dopo l’altro.

Purtroppo non ho avuto particolare ispirazione per quanto riguarda il Mostro della Laguna Nera, anche se la sua breve parte mi è servita per riunire le 5 creature.

 

X camomilla17: Ora capisci finalmente chi sono i veri mostri della vicenda.

 

Infine ringrazio ancora chi sta seguendo la mia storia, anche senza lasciare un commento ma dandogli una veloce occhiata, e spero di ritrovarvi tutti per il prossimo lunedì con il quinto capitolo, giungendo così a metà del nostro percorso.

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Capitolo 5
*** La storia prosegue ***


                                                        CAPITOLO 5

“La storia prosegue”

 

 

 

Il meglio (o il peggio, a seconda dei punti di vista) di Faring Town era la sua noiosa e banale quotidianità. Era da poco passata mezzanotte e le strade di questa ridente cittadina erano completamente deserte. Con le sue villette, munite di giardini ben curati davanti e dietro, una identica all’altra. L’unica cosa che forse cambiava, di tanto in tanto, era il necessario per il barbecou. Ma le cose di certo sarebbero cambiate di lì a breve. Questa sensazione poteva essere chiaramente percepita guardando il curioso quintetto di giovani che camminava al centro delle grandi strade completamente deserte di quella notte.

“Insomma ragazzi proprio non capite la grande opportunità che c’è stata data?” continuò imperturbabile Benjamin.

“Fanculo Benji!” gli ripeté per l’ennesima volta Bill.

“Bill ha ragione Benji! Sei l’unico tra noi che trova questa cosa fantastica!” esclamò Kaufman, che tornava a sentire un lieve languorino allo stomaco.

“Ma dai gente, grazie a questi poteri abbiamo l’opportunità di cambiare le nostre vite!” non si arrendeva il più entusiasta del gruppo.

“Io ho paura che queste cose siano collegate agli eventi della notte scorsa purtroppo” espresse i suoi timori Kramer.

“In effetti anch’io Benji la penso come Bob” aggiunse Louis.

“Quindi secondo voi le morti della notte scorsa sarebbero colpa nostra?” chiese infine ai suoi compagni Luhan.

Nessuno rispose.

Dopo attimi di silenzio, in cui il gruppo si era fermato guardando ciascuno negli occhi dell’altro, Chambers ruppe la quiete “Piuttosto ora dove si va?”.

“E che ore sono?” incalzò subito Kramer.

“È mezzanotte passata” rispose alla seconda domanda Bill, guardando il suo orologio da polso ormai fradicio.

“A me è venuta anche fame…” sospirò Kaufman.

“Oddio un posto ci sarebbe dove poter trovare rifugio…” si rispose praticamente da sé Louis, guardando poi di sottecchi Benji, come poi fecero anche gli altri tre.

“Ma ancora? Ma perché bisogna riunirsi sempre a casa mia?” protestò il diretto interessato.

“Perché la tua è la casa più grande” gli rispose ironico ma non troppo Bill.

“Non è vero anche quella di Bob è molto grande!” continuò a protestare il ragazzo indicando Kaufman.

“Sì ma cosa potrei dire ai miei se vi faccio entrare in questo stato qui?” gli rispose per le rime quest’ultimo.

“È vero cazzo! Cosa gli dico se ci vedono conciati in queste maniera? Cazzo cazzo cazzo!” si mise le mani nei capelli Benji.

“Magari i tuoi sono già a letto e noi cercheremo di non farci sentire” provò a sdrammatizzare Chambers.

Detto questo il gruppo riprese la sua marcia verso casa Luhan.

 

Dopo una mezz’oretta i ragazzi erano finalmente giunti a destinazione.

“Eccoci a casa” ironizzò il più grande del gruppo.

“Ma le chiavi di casa ce le hai Benji?” chiese d’un tratto Louis.

“Certo che ce le ho! Se non altro vedo che la luce della camera dei miei è spenta…” si rassicurò un minimo il giovane mentre cercava le suddette chiavi.

“Io poi ho ancora fame…” ricordò al resto della ciurma Kaufman.

“E se passassimo dalla finestra?” suggerì improvvisamente il Bob taciturno.

Tutti lo squadrarono sorpresi ed al tempo stesso sconcertati dal fatto che quell’idea fosse venuta esclusivamente a lui.

Dopo qualche secondo di silenzio ed immobilità cominciò Louis “In effetti non è una brutta idea. Quando ero al drive-in, sono riuscito a saltare una macchina che stava per investirmi, facendo un salto di almeno 3 metri…” e detto questo si avviò sotto la finestra del suo amico che era lì con lui.

“No Louis fermo e se mi rompi la finestra?” cercò di bloccarlo il proprietario della camera da raggiungere.

“Eh dai Benji lascialo provare, piuttosto che salire le scale tutti insieme allegramente!” appoggiò l’idea di Louis, Bill.

“Fate piano gente o sveglieremo tutto il vicinato!” cercò di zittirli Kaufman.

Infine anche Benji si decise a lasciare provare il compare. Il ragazzo si fermò nelle vicinanze dell’abitazione, sotto la relativa finestra. Tornò ad inginocchiarsi come aveva fatto in precedenza. Infine fece scattare i muscoli poderosi delle gambe e staccò in volo. Superò di un po’ l’altezza del ripiano della finestra, tanto da poter atterrare tranquillamente su di esso, una volta iniziata la fase discendente della parabola di salto.

A terra, il resto della compagnia stava quasi per esultare ad alta voce per il successo dell’impresa da parte del compagno. Purtroppo sopraggiunse un altro problema “Merda ma è chiusa!”.

Il giovane licantropo a questo punto si girò verso gli altri e disse “Benji! La finestra è chiusa!”.

“Fanculo!” tirò giù di colpo le braccia Bill imprecando.

Benjamin rifletté un attimo. Poi tornò a guardare in su “Aspettami Louis che ora ti raggiungo…”.

Detto questo il ragazzo chiuse gli occhi.

“Benji…che intenzioni hai?” gli domandò preoccupato Kaufman.

“Sono un vampiro, no? Se mi concentro forse posso anche volare, no?” fu la risposta immediata.

Nessuno dei restanti osò più dire una parola mentre Luhan cominciò a sollevarsi da terra. Lo stesso ragazzo, una volta riaperti gli occhi, rimase stupito dell’impresa che stava effettuando. Poi tornò a rimirare la finestra di camera sua e riuscì anche ad accelerare il suo decollo. Arrivò preciso alla meta, sbattendo però la testa sul vetro.

“Tutto bene Benji? Ma come ci sei riuscito? È stato anche più fantastico del mio salto!” lo sorresse un attimo Louis.

“È stato più semplice di quando pensassi Louis! Praticamente pensavo solo di essere in grado di volare e…posso volare!” rispose entusiasta Benjamin.

“Bene, ma ora come si fa con la finestra?” tornò alla realtò Chambers.

“Ah già…tranquillo con tutte quelle botte che ha preso per colpa del vento forte, è molto meno resistente di quello che sembra…” e con una spallata, neanche delle più potenti, riuscì ad aprire i battenti ed entrare in camera sua.

L’altro tornò a voltarsi in basso verso il resto del gruppo “Ragazzi ce l’abbiamo fatta! La finestra si è aperta! Venite anche voi!” sempre cercando di mantenere un tono di voce dei più bassi.

I tre, dopo qualche secondo di euforia dovuto alla riuscita del loro piano, tornarono a guardarsi tra di loro.

“Beh io vado!” esclamò Bill mentre si dirigeva verso un albero i cui rami finivano vicini alla finestra della camera di Luhan, escamotage che aveva usato già altre volte per raggiungere la suddetta meta.

Si avvinghiò per bene al tronco per dare inizio alla sua scalata. Ma dopo poco scivolò subito verso terra. Si rese subito conto che il suo corpo bagnato non gli permetteva di certo un’ottima presa su quella superficie però, nonostante questo, riprovò altre volte.

Nel frattempo, Bob Kramer si voltò nuovamente verso la finestra ed alzò il braccio destro verso di essa.

“Che stai facendo Bob?” gli chiese il suo omonimo.

“Non so…qualcosa nella mia testa mi dice di fare così…” fu l’enigmatica risposta della giovane mummia.

“Perfetto! Di bene in meglio…” ironizzò rassegnato Kaufman.

Ma ecco che un capo, di una delle bende che copriva praticamente per intero il corpo del ragazzo, sfrecciò magicamente verso la finestra e si andò a legare al lampadario della stanza.

“Che forza!” esclamò sorpreso il ragazzo obeso.

Tale esclamazione richamo l’attenzione, oltre dei ragazzi affacciati alla finestra, che si erano repentinamente scansati per evitare l’arrivo della benda magica, anche di Bill, che aveva dovuto nuovamente rinunciare all’ennesimo tentativo di scalata. Il mostro marino ghignò beffardamente e andò rapidamente a raggiungere Kramer.

“Scusa ma ti strappo un passaggio, sperando che la tua sia carta assorbente!” si abbracciò a lui ed in un attimo spiccarono il volo verso la camera, rischiando di travolgere Benjamin e Louis.

L’atterragio fu più rudimentale e nettamente più rumoroso dei precedenti, ma nessuno sembrò destari nell’abitazione ed i quattro tornarono a farsi i complimenti tra di loro, mentre la benda tornò ancora più magicamente a riavvolgere il braccio di Bob.

Ad un tratto si sentì una voce provenire dall’esterno…

“Ragazzi! Io sono ancora qua giù! Nessuno può venirmi a dare una mano? Dai gente come faccio io a raggiungervi fin lassù?!”.

I quattro dentro la camera di Luhan ci rifletterono un po’, mentre dall’esterno continuavano a piovere le suppliche da parte di Kaufman.

“Va bene, ci vado io” decise infine il proprietario della stanza.

 

Una dimora isolata, tetra e fatiscente.

“Direi che è l’ideale per esseri come noi…non la pensi così anche tu, mio fedele compagno?”.

Due uomini rimanevano immobili davanti a questa buia abitazione. Uno vestito con un abito raffinato ed elegante che richiamava tempi ormai passati, con un soprabito utilizzato più come un mantello, adagiato sulle sue robuste spalle. Mentre l’altro aveva indosso abiti più comuni rispetto al precedente, ed era legato da una solida catena, tutta avvolta attorno al suo busto, comprimendogli ai fianchi le proprie braccia.

“Bastardo! Come hai potuto usarmi per questa faccenda? Io non voglio entrarci in questo tuo lurido progetto!” urlava l’altro, dimenandosi inutilmente per liberarsi dalla presa di ferro.

“Non è tra le tue personali possibilità la scelta del partecipare o meno a questa mia iniziativa…” gli rispose in modo cortese ma allo stesso tempo alquanto seccato “Mi chiedi poi come ho fatto a soggiogarti per farti avere le informazioni necessarie dell’esatta ubicazione di questo maniero? Diciamo che su alcune tipologie di animali ho un buon ascendente…compresi i lupi!”.

A queste ultime parole il prigioniero si scaraventò contro di esso il quale, con un solo colpo a mano aperta sul petto dell’avversario, lo fece scaraventare in aria a metri di distanza, tenendo comunque ben salda la presa sul capo della catena con cui lo teneva sotto controllo.

“Infine è in questo edificio che si trova l’amuleto…” soggiunse quasi sottovoce il conte.

L’uomo a terra si stava faticosamente rialzando quando ebbe un dubbio “Ehi aspetta…ma com’è possibile che tu sia vivo con il sole in cielo?”.

“Diciamo mio ingenuo ospite che in certi periodi godo di libertà di movimento anche a mezzogiorno”.

“Oh…fantastico!” esclamò il licantropo, che si era finalmente riportato in posizione eretta.

“Dunque non perdiamo tempo in ulteriori ed inutili preamboli, mio fedele uomo lupo, e prendiamo possesso della nostra nuova magione!” detto questo si avviarono entrambi, chi volente e chi meno, verso la porta d’ingresso dell’edificio.

 

“Coraggio Timmy, dì a papà quanto hai preso al compito di matematica stamani…” lo incoraggiò la madre.

Il piccolo Timmy, un vivace bambino di 8 anni, emise timidamente la vocale con un filo di voce “A”.

“Eh bravo il mio campione! Scommetto che sei stato il migliore della classe!” si congratulò il padre, un uomo sulla trentina appena rientrato dal lavoro in fabbrica.

“Bravo il mio ometto!” si congratulò a sua volta la moglie, una donna ancora molto piacente con i capelli biondi legati in una coda di cavallo alta, baciandolo rumorosamente sulla fronte.

Il ragazzino arrossì violentemente, poi la sua attenzione fu rapita da un rumore fastidioso proveniente da fuori “Mamma, che cos’ha Rudy da abbaiare tanto?”.

“Non ti preoccupare, di certo starà passando un gatto dall’altro lato della strada”.

Al di fuori di questo felice focolare domestico, dall’altro lato della strada, era presente non un semplice gatto, ma un uomo bendato dalla testa ai piedi, proveniente da luoghi e tempi lontani. Questo individuo cominciò ad avvicinarsi alla casa, fermandosi un attimo ad osservare il cane che gli abbaiava contro. Alzò il braccio verso l’animale e di colpo il quadrupede fu assalito da piccole ma letali formiche dalla testa rossa, che in pochi secondi fecero scomparire del tutto la povera bestia.

La famiglia, non sentendo più il proprio cane abbaiare, si allarmò. Il padre corse verso la finestra per accertarsi di quello che era successo, non credendo letteralmente ai suoi occhi, vedendo le sembianze del tizio che si stava avvicinando alla loro porta principale.

“Ma che ca…” non terminò la sua volgare esclamazione sentendo l’uscio sbattere violentemente.

A questo punto si precipitò verso il corridoio dell’ingresso, intimando l’intruso di lasciare immediatamente l’abitazione. Ma dopo poco la mamma ed il suo figlioletto videro rientrare l’uomo di casa terrorizzato dalla visione del loro sgradito ospite, che entrò poco dopo di lui nella cucina. Alzò nuovamente il braccio e pronuncio parole che non erano semplice egiziano moderno, ma vocaboli molto più antichi. Il corpo del babbo cominciò ad abbassarsi e la sua pelle a disgregarsi. Di lui non rimase che un mucchietto di sabbia.

“Scappiamo Timmy!” urlò la neo vedova, trascinando con se nella stanza attigua la sua prole. I due scapparono in direzione della porta secondaria che però si chiuse magicamente insieme a tutte le altre vie di fuga. E la mummia li raggiunse.

La madre si raggomitolò piangente in un angolo, tenendo stretto al suo seno il bambino. Di colpo però quest’ultimo si alzò, andando verso la creatura che gli porgeva una mano.

“Timmy cosa stai facendo? Torna qui piccolo!” ma a nulla valsero le urla disperate della donna.

Il bimbo si avvicino al non morto che, continuando ad osservarlo, mise le proprie mani sulle tempie del’infante. Dopo poco gli occhi di Timmy si rovesciarono e il corpo cadde a terra esanime.

“NNNNNNNNNNNNNNOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò disperata la mamma, che poi svenne dal troppo dolore.

Dopo un tempo indefinito la donna si ridestò. Gli ci volle un po’ per mettere a fuoco l’ambiente in cui si trovava. Poi riconobbe subito la stanza da letto sua e di suo marito. Pensando a quest’ultimo gli tornò in mente tutta la macabra verità. Improvvisamente si accorse di essere legata mani e piedi al letto con le sue lenzuola, facendole tenere una posizione ad X. In più scoprì di avere addosso solamente il suo paio di mutandine rosa, con il suo corpo ricoperto da strani simboli rossi. Infine, di fronte a lei, riconobbe subito il mostro che aveva ucciso tutta la sua famiglia in pochi minuti.

“Cosa vuoi farmi figlio di puttana? Uccidimi pure come hai fatto con la mia famiglia bastardo!” digrignava la sua bocca mentre continua ad infamare la mummia.

L’essere continuava a fissarla impassibile, poi sollevò il braccio nella cui mano teneva ben stretto un pugnale sacrificale. La donna non aveva più forze per urlare e si limitò a piangere nell’attesa del colpo fatale. Che arrivò.

“Se tutto ciò potrà farmi tornare alla mia grandezza, io lo eseguirò Anubi” fu l’unico pensiero dell’egiziano.

 

Lago Corman.

Il posto ideale per passare una bella giornata, con l’immancabile pic-nic, sulle sponde di questa tranquilla riserva d’acqua. Un altro divertente passatempo da poter effettuare è la guida della propria barchetta radiocomandata sulla superficie acquea. Lo stesso che stava facendo il piccolo Josh, un ragazzino di circa 10 anni con indosso una t-shirt e calzoncini corti. Sulla testa portava un capellino per evitare spiacevoli scottature, come gli raccomandava sempre la mamma, che purtroppo non era potuta venire con lui per impegni di lavoro. Ma questo a Josh non preoccupava, dato che così poteva giocare nella più assoluta libertà.

“Capitano stiamo attraversando l’oceano ad una velocità di 20 nodi, il tempo atmosferico è dei migliori ed il mare è piatto come una tavola da surf” diceva ad alta voce, imitando il tono della voce di un contatto radio tenendosi chiuso il naso.

Poi la piccola nave gialla cominciò improvvisamente a roteare su se stessa.

“Accidenti capitano siamo rimasti intrappolati in un vortice sottomarino! Cosa facciamo capitano? Ci aiuti lei!”.

“Calmati Jack! Proveremo con un’azione forzata ad andare contro le forze della natura! Dica agli uomini ti tenersi pronti perché si ballerà un po’!”.

Detto questo il bambino smise di roteare il piccolo timone che aveva montato sul radiocomando e l’imbarcazione tornò a procedere in linea retta.

“Congratulazioni capitano! Lei è davvero il migliore di tutta la marina!”.

“Grazie Jack, voi sta…” mentre Josh continuava la sua trama, qualcosa cominciò a non funzionare nel radiocomando. La barchetta infatti comincia ad andare a velocità sempre più elevata, cambiando ogni tanto direzione in maniera decisamente brusca. Tra lo sgomento del ragazzino a riva, la nave, d’un tratto, colò giù a picco. Il bimbo continuò a maneggiare con il comando, sperando di avere segni della sua imbarcazione. Di colpo si sentì afferrare alla caviglia destra. Guardò in basso e vide un viscido tentacolo avvinghiato attorno ad essa che lo tirò a se, facendolo irrimediabilmente cadere. Il bambino, una volta a terra, alzò lo sguardo e si trovò davanti una creatura a metà tra un pesce ed un umano. Inoltre, tra le fauci aveva ben stretta la sua adorata barchina. Con un deciso colpo di mascelle, il modellino si spezzò di netto in due parti, che ricaddero quasi silenziosamente al suolo.

Dopo questo trauma, il ragazzo notò che dal braccio dell’essere partiva lo stesso tentacolo che ora aveva allentato la presa su di lui, e per questo tentò la fuga.

La corsa era decisamente faticosa per il ragazzo che affannava vistosamente, più per la paura che lo attanagliava che per reale stanchezza fisica. Si voltò per osservare le mosse del mostro, che però era ancora immobile nell’osservarlo. Purtroppo fu proprio per questo attimo di disattenzione che il ragazzo non fece in tempo ad evitare la radice di un albero secolare proprio davanti a lui. Era di nuovo precipitato a terra. E questa volta avvertiva anche un gran dolore al piede urtato. Subito la sua attenzione passò al rumore di passi strusciati che proveniva da dietro. Si voltò di scatto e capì subito che la creatura l’aveva raggiunto. Ormai era sull’orlo della disperazione.

“MMMMMAAAAAMMMMMMMMMMMMMAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” emise come ultimo grido.

Il mostro della Laguna Nera l’osservò ancora un attimo, mentre il ragazzino ansimava di terrore. Poi spalancò occhi e bocca e si buttò su di lui.

Questi furono gli ultimi secondi di vita del piccolo Josh, di cui poi verrà ritrovato solamente il capellino che teneva in testa. Per evitare spiacevoli scottature.

 

Non molto lontano dal suddetto lago Corman, una bambina di almeno un paio di anni più piccola di Josh stava anche lei divertendosi all’aria aperta in maniera però totalmente differente. Ella infatti aveva organizzato un incontro con le sue migliori bambole per sorseggiare un po’ di delizioso the. Tutto chiaramente immaginario. Tranne ovviamente le sue bambole, gradite ospiti, il tavolino, le sedie ed il servizio, quest’ultimi tutti rigorosamente in tinta tra di loro in rosa shocking.

Nel mentre, una triste figura si stava avvicinando al lieto e fantasioso banchetto. Nei suo occhi però non c’era particolare crudeltà verso gli uomini ma solo infinita tristezza per essere stato strappato nuovamente all’immensa pace della morte. E proprio con questi tristi occhi si era messo a fissare la ragazzina.

“Gradisce un altro po’ di the signora Drew?”. Chiese con molta serietà la piccolina all’unica bambolotta mora della sua collezione.

“Gradi…sce…the…” ripeteva a bassa voce la creatura.

“Prendi anche un po’ dei miei biscottini Mary-Sue, sono appena sfornati!” proseguì la padrona di casa rivolgendosi ad una delle varie pupe bionde.

“bis…cot…tini…” ripeté in maniera stentata il mostro.

Dopo altri brevi e cortesi dialoghi tra la bambina ed i suoi balocchi, l’essere si decise ad avvicinarglisi. Lì per lì la piccola notò solamente i grandi piedi e le lunghe gambe che si avvicinavano a lei. Poi decise di alzare lo sguardo per controllare chi fosse, così vide davanti ai suoi occhi una faccia orribilmente sfigurata

La creatura l’afferrò immediatamente per la gola, evitando così che qualcuno presente in casa, nel cui giardino la bambina stava giocando, sentisse le sue urla, e la sollevò a più di due metri da terra, proprio di fronte al suo orrendo viso.

Dopo poco però allentò subito la presa, appoggiando la ragazzina in piedi per terra, per poi lasciarle completamente libero il collo. Continuò a fissarla ancora per qualche secondo, con la bambina che faceva altrettanto, il mostro cercò anche di fare un sorriso. Alla fine proseguì il suo girovagare lasciando la piccina ad osservarlo mentre si allontanava.

“Nancy! Vieni che è pronta la cena!” una voce femminile urlò da dentro l’abitazione.

La piccola Nancy per qualche attimo continuò a scrutare la creatura in lontananza, poi scattò velocemente verso la casa, lasciando tutti i suoi balocchi in giardino, sperando che sua madre credesse al racconto che le avrebbe raccontato di lì a breve.

L’esperimento del dottor Frankenstein, dopo qualche metro di passeggiata, decise di lasciare le, seppur deserte, strade di Faring Town per un più tranquillo boschetto, che portava poi ad una radura. Dopo qualche passo dinoccolato dentro la boscaglia, udì delle voci giovani provenire da lì vicino. Decise infine di seguirle.

 

 

 

N.D.A.: Ormai giunti a metà del racconto, anche gli altri mostri hanno cominciato a mietere le loro vittime.

Per quanto riguarda gli aneddoti posso rivelarvi che il nome del lago di Faring Town, Corman, deriva da Roger Corman, famoso regista americano di film horror a basso costo, tra l’altro premiato con l’Oscar alla carriera nel 2010.

 

Grazie come sempre a chi sta seguendo, anche senza commentare, questa storia. Un grazie particolare va a camomilla17 che giustamente, e come voglio che faccia fino al termina del racconto, mi fa notare gli errori presenti per ciascun capitolo pubblicato. Per quanto riguarda il precedente capitolo il fatto che era inizialmente scritto tutto unito, senza neanche uno spazio tra un cambio di scenario e l’altro, è dovuto soltanto ad una mia svista nel passaggio dal file word all’HTML. Invece, per quanto riguarda tutta la valanga d’informazioni che ti ho rovesciato addosso, il cambio dalla terza alla prima persona e gli altri eventuali dubbi che ti hanno assalito, spero di averti fornito una risposta nelle N.D.A. presenti proprio nel capitolo 4, che sono andato a modificare proprio ora mentre ho pubblicato anche questo quinto capitolo.

 

Infine vi aspetto tutti il prossimo lunedì per la pubblicazione del prossimo capitolo della storia.

 

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Capitolo 6
*** Allenamento ***


                                                        CAPITOLO 6

“Allenamento”

 

 

 

La serata in bianco, nel senso che alla fine non erano riusciti a visionare tutta la rassegna horror completa, aveva completamente stravolto la vita di 5 ragazzi di Faring Town. Dopo essere entrati nella camera di Benjamin Luhan, da considerarsi in pratica il loro vero e proprio quartier generale, utilizzando dei mezzi decisamente non convenzionali, il gruppo aveva provato a mettere un po’ di ordine nelle ultime ore della loro vita. La realizzazione del loro progetto di passare la notte al drive-in, progetto a cui stavano lavorando da mesi, non poteva essere assolutamente la causa scatenante di tutto il disastro.

“Forse nei sanguecorn c’era un ingrediente scaduto da mesi?”. Aveva proposto Kaufman, ma anche questa ipotesi fu subito scartata per evitare di cadere nel grottesco. Poi al padrone di casa tornò in mente il discorso fatto qualche sera prima, evitando di seguire il film “L’Uomo Lupo sfida Frankenstein”. In effetti gli accostamenti tra i giovani e i mostri classici corrispondeva a quelli proposti quella notte. A questo punto però bisognava capire chi poteva averli ascoltati per fare tutto ciò. Che fossero tutti e cinque vittime di un’assurda candid camera? Oppure la trasmissione “L’ora del terrore” aveva un qualcosa di magico in sé?

“Lo sapevo io che quella sera facevo meglio a scopare qualcuna…” aggiunse piuttosto rammaricato Bill.

Inoltre c’erano anche quegli strani avvenimenti accaduti negli ultimi tempi, che di certo avevano un qualche legame con ciò che era capitato a loro.

I giovani tentarono ancora per qualche ora di risolvere l’enigma, ma alla fine crollarono dal sonno.

La mattina seguente il sole era già alto sulla ridente cittadina americana quando il sonno di Benji fu interrotto da uno strano ticchettio. Alzando un po’ il capo, e provando anche ad aprire gli occhi, si accorse che esso proveniva dalla loro finestra d’ingresso. Affacciandosi con fatica notò subito sul giardino di casa sua Bill. A quella visione il suo cervello si attivò completamente e subito il ragazzo si voltò verso la sua stanza, controllando gli altri tre membri della banda ancora beatamente addormentati. Poi tornò a squadrare il più grande di loro.

“Bill! Cosa ci fai lì fuori?” gli chiese alquanto preoccupato.

“Ho trovato chi può darci una mano per il nostro…problema” gli rispose l’altro.

“Ma cosa st…” e qualcuno bussò improvvisamente alla porta.

“Benji, sono la mamma, sei sveglio?”.

“Se bussi così lo sono di sicuro!” pensò mentre cercava una soluzione a questo nuovo problema impellente. Poi gli tornò in mente che sua madre aveva visto solo lui vestito da vampiro, quindi poteva tranquillamente pensare che anche gli altri ragazzi si abbassassero al suo livello travestendosi loro stessi. Sì, poteva funzionare.

Velocemente cominciò a svegliare gli altri esponendogli il suo piano.

“Benji ci sei?” continuò da dietro la porta sua madre.

“Sì arrivo mamma! Ci sono anche gli altri qui con me!” gli rispose il figlio, e alla fine uscirono dalla stanza.

“Ma come siete conciati?” gli chiese la madre molto divertita.

“Sai com’è ieri sera eravamo all’Orbit…” spiegò sbrigativamente Luhan, mentre gli altri la salutavano.

“Però, avete proprio dei bei costumi!” si complimentò lei.

“Grazie…senti ora dobbiamo uscire che Bill ci aspetta fuori…andiamo a fare un giretto…” le spiegò cautamente la sua prole.

Il gruppo si mosse verso le scale quando “Ah ragazzi…” tutti tornarono a preoccuparsi “Fareste bene a chiamare le vostre famiglie per fargli sapere dove siete”. I tre interessati raccolsero il consiglio e, una volta messo in pratica, uscirono finalmente di casa.

 

Appena usciti, Bill li condusse ad una radura lì vicino presentandogli uno strano figuro. Il suo modo di vestirsi era di certo nello stile dei vagabondi. Di quelli che solo Bill poteva conoscere.

“Salve ragazzi il mio nome è Mortimer” si presentò lui, alzando lievemente con la mano il logoro capellino che aveva in testa. Il gruppo salutò il nuovo personaggio quasi sottovoce.

Dopo qualche secondo di silenzio parlò Benji “Quindi…Bill ti ha già parlato della nostra…situazione?”.

“Sì certo, anzi era bel po’ di tempo che aspettavo che ciò accadesse, non pensavo però che potesse accadere a dei ragazzi ed…in questo modo” gli rispose Mortimer squadrandoli bene uno ad uno.

“Allora tu sai cosa ci ha ridotto così?” chiese Louis.

“Sì certo, si tratta di un antico talismano, esso si attiva quando trova gente con tanta fantasia come molto probabilmente lo siete voi”.

“Tanta fantasia?” domandò perplesso Kaufman.

“Esatto, e quando essa è molto potente, il talismano può rendere reale tale fantasia”.

Ai giovani tornò nuovamente in mente la notte de “L’ora del terrore”.

“Mi scusi signore, visto che ha detto che è tanto tempo che aspetta, quanti anni ha?” questa era una curiosità che Kramer voleva assolutamente togliersi.

“ho più di 100 anni figliolo, ma sono ancora in forma!”

tutti rimasero sorpresi, anche lo stesso Bill che lo conosceva da più tempo degli altri.

“Ehi aspetti un attimo…lei sa anche dove si trova questo talismano o quello che è?” chiese Luhan.

“Il suo nome è Voltar e si certo che lo so, si trova nella cantina di una casa abbandonata alla periferia di Faring Town” rispose senza batter ciglio Mortimer.

“Perfetto allora andiamolo a prendere e vediamo di resettarlo” Propose subito Bill che si stava già incamminando verso una meta imprecisata.

“Sciocchi! Se non ci fossero stati problemi pensate che sarei venuto da voi a chiedere il vostro aiuto?” li richiamò in maniera risoluta il vagabondo.

“Quali problemi?” domandò alquanto preoccupato Bob Kaufman.

“Vedete, il Voltar risponde alle regole d’equilibrio tra ordine e caos, dunque oltre ad avervi donato dei poteri ha purtroppo richiamato in questa realtà gli esseri a cui vi siete ispirati…” tentò di spiegare la difficile situazione il vecchio.

“Quindi ci stai dicendo che oltre a noi ci sono in circolazione anche dei veri e propri mostri!?” concluse, rammaricato egli stesso, Chambers.

“Precisamente”.

“Questo spiega tutti quegli strani omicidi e il furto della mummia dal museo” ragionò ad alta voce Kramer.

“Già con tutti quei corpi squartati come da una grossa belva…” aggiunse il suo omonimo.

Il gruppo di ragazzi era ora immobile. Il loro intento era cercare assolutamente di non pensare che tutti quei morti erano a causa loro.

“Bene gente, vogliamo cominciare?” chiese infine l’anziano.

“Cominciare cosa?” domandò a sua volta Benji.

“Il vostro allenamento”.

“Allenamento?!” urlarono tutti insieme.

“Certo, l’unico soluzione che avete per affrontare quelle creature è cercare il prima possibile di avere la padronanza sui vostri nuovi poteri”.

 

“Chi vuole essere il primo?” iniziò Mortimer.

Dopo qualche secondo ci fu la risposta “Ok, è giusto che cominci io” da parte di Benjamin.

“Bene Benji, posso chiamarti Benji vero?” l’altro scosse la testa in maniera affermativa “Bene te in particolare, oltre al volo, che so hai già provato” a queste parole l’interessato mosse per un attimo il capo in direzione dell’amico Bill, che gli sorrise beffardamente “hai almeno altri otto poteri che io sappia”.

“Forte! Ok, proviamoli tutti!” rispose entusiasta il giovane.

“Certo, dunque come prima cosa dovresti essere forte come venti uomini” iniziò l’allenatore.

“Bene! E come lo proviamo?”.

“Beh potresti sollevare quell’albero lì” gli rispose il vecchio indicandogli una quercia lì vicino.

“Ok…” Luhan si avvicinò ad essa e l’abbraccio per quanto potesse. All’inizio gli risultava pesa come qualsiasi altro enorme vegetale poi, in un attimo, sembrava sempre più leggera, mentre la sollevava in aria, sradicandola da terra.

Gli altri quattro ragazzi rimasero sbalorditi da quel fenomeno. Lo stesso Benji cominciò a sentirsi euforico da questa sua impresa. Tanto che si voltò anche troppo rapidamente verso di loro, con ancora in braccio il fusto, facendo piegare i rami contro l’aria e provocando la caduta di alcune foglie sui suoi amici.

“E ora cosa faccio? Dove lo metto?” chiese preoccupato il giovane.

“Di certo non da questa parte Benji!”gli rispose seccato Kaufman mentre si riparava dalla caduta delle foglie, sperando che all’amico non sfuggisse la presa.

“Bene Benji! Prova a rimetterlo da dove l’hai preso…” gli suggerì Mortimer.

Il ragazzo eseguì e l’albero sembro reggersi su se stesso. Una volta effettuata l’azione, si voltò nuovamente verso i compagni e gli urlò entusiastico “Avete visto ragazzi! Non è fantastico!?”.

Non lasciando il tempo agli altri di rispondergli, Mortimer proseguì “Ottimo Benji! Dunque un’altra cosa che dovresti avere è l’astuzia sovraumana…”.

“No Mortimer, questa non fa proprio al caso di Benji…” rispose sbrigativamente Bill.

Tra le proteste di Luhan il vagabondo continuò “Dunque il terzo potere dovrebbe essere la necromanzia”.

“Che vuol dire necromanzia?” chiese Kaufman.

“Che può evocare gli spiriti” gli rispose Louis.

“Oddio questa non è che m’interessi granché…” disse piuttosto infastidito dall’idea Benjamin.

“Coraggio Benji fai solo una prova!” lo esortò il vecchio.

Il ragazzo chiuse per un attimo gli occhi, cercando di concentrarsi nel richiamare qualcuno, poi li riaprì e cominciò a guardarsi intorno. D’un tratto vide uno scheletro vicino a lui, più o meno della sua stessa altezza, che iniziò subito a comunicare con lui “Ciao Benji mi chiamo Jo…”.

Il giovane richiuse subito gli occhi e scosse il capo vigorosamente “Ok procediamo”, notando che quella curiosa creatura era sparita.

“Bene dunque…puoi comandare la tempesta, la nebbia ed il tuono”.

“Quindi in pratica basta che penso ad una tempesta e pioverà”.

“Penso di sì”.

“Sì però Benji fallo in maniera piuttosto spettacolare” suggerì Bob Kaufman.

“Cioè?”.

“Sì del tipo che punti un dito verso l’alto, fieramente”.

Luhan fece spallucce ed eseguì alla lettera il consiglio. Dopo poco il cielo si annuvolò di minacciose nubi nere. Un primo potente tuono si udì in tutta Faring Town.

“Ok può bastare Benji” lo fermò prima del disastro il suo allenatore.

Come si era oscurato, il cielo tornò rapidamente sereno.

“Bene il prossimo è che puoi comandare il topo, il gufo, il pipistrello, la volpe e il lupo”.

“Forte! Questi li voglio chiamare tutti e cinque!”.

“Semmai evita il lupo Benji…” suggerì timidamente Kramer.

“E perché?” gli chiese curiosamente Chambers.

Una volta che Benjamin si era concentrato, un piccolo topolino di campagna gli si arrampicò sulla gamba per poi fermarsi a guardarlo sopra il palmo della sua mano sinistra rivolta verso l’alto. Un gufo era sceso in picchiata da un ramo per posarglisi sulla spalla destra. Un pipistrello era atterrato quasi a peso morto sopra la sua testa. Una volpina si era avvicinata prima cautamente a lui, poi rapidamente gli si era avvinghiata alla gamba con la quale stava consumando un finto, da parte della gamba chiaramente, rapporto sessuale.

“Oh mio dio che schifo!” commentò Kaufman.

“Aspetta un attimo, ma se può comandare il lupo allora anche te Louis…” iniziò Bill.

“In effetti Benji cominciò a provare una certa attrazione per la tua gamba libera…” non sembrava che stesse scherzando Louis.

“Ok ora basta!” urlò Luhan ed in un attimo tutti e quattro gli animali richiamati si dileguarono nella radura.

“Bene il prossimo è che puoi crescere e rimpicciolire” proseguì Mortimer.

“Oh beh questo è semplice…” disse beffardo il vampiro che, nel giro di pochi minuti, passò dai 20 cm ai 220 cm di altezza.

“Spero che anche noi abbiamo dei poteri altrettanto fichi!” commentò nuovamente Kaufman.

“Perfetto! Il penultimo è che puoi trasformarti in lupo”.

“Cosa?” obbiettò Chambers.

“Oh sì anche questo lo voglio provare!” esclamò Luhan che, in un attimo, sentì le sue ossa mutare per poi ritrovarsi tramutato in un perfetto canide.

“Nulla di speciale…” lanciò una frecciatina il licantropo titolare del gruppo.

“Sì però lui riesce a trasformarsi in un vero lupo…” lo punzecchiò Bill.

“Sì però io ho ancora i pantaloni” fece notare a tutti Louis. Infatti lo stesso lupo-Benji si volto a notare le mutande e i calzoni che aveva perso nella metamorfosi.

Una volta rivestitosi, terminò con l’ultimo potere: “Puoi nasconderti nella nebbia che tu stesso crei”.

E così Luhan non se lo fece ripetere due volte e, alzando le braccia, fece apparire una fitta nebbia tutta attorno a loro.

“Capirai…anch’io sono bravo a nascondermi nella nebbia…” sbuffò il mostro della laguna nera.

“Bene Benji, continua ad esercitarti su questi” concluse Mortimer, con in una mano una torcia elettrica uscita da chissà dove “Ah e ricordati che non hai ombra e non ti rifletti nello specchio!”.

 

“Chi è il prossimo?” chiese il vecchio ai restanti quattro.

“Vado io, vi dimostrerò la vera forza di un lupo!” esclamò Chambers.

“Bene Louis, come di certo avrai già provato la tua forza sta nelle tue straordinarie doti atletiche…” comincia l’allenatore.

“Sì, ultimamente non me la cavo male con il salto in alto…” ci scherzò su Louis, ricordandosi la sua impresa all’Orbit.

“Ok Louis, dimostrami di cosa sei capace, salta magari su qualche ramo lassù” gli suggerì indicandogli le cime di qualche albero lì vicino.

Il lupo mannaro si avvicinò ad un fusto, alzò un attimo la testa per osservare l’altezza approssimativa del ramo prescelto, fletté i muscoli delle proprie gambe ritrovandosi quasi in ginocchio, e poi spiccò in volo. In un attimo fu sul ramo ma rischiò, con le sue enormi zampe, di scivolare su di esso, e quindi si aggrappò alla vecchia corteccia.

“Non male Louis, davvero non male…ora prova a saltare da un ramo all’altro…” continuò l’addestramento Mortimer.

“Ma che mi ha preso per una scimmia?” si domandò mentalmente il ragazzo lupo mentre eseguiva l’azione.

“Semmai evita la quercia di Benji…” suggerì scherzosamente il vecchio.

Dopo un po’ a Louis cominciò a piacere tutto quel movimento, si sentiva davvero in forma fisica perfetta. E completamente libero. Fu tanta la sua esaltazione che, una volta atterrato perfettamente sull’ennesimo ramo ululò forte tirando la testa indietro.

“Esagerato…” sospirò Kaufman, poi gli venne in mente un controsenso “Ehi Morty…” l’interessato lo guardò perplesso per quell’assurdo soprannome appena dichiarato “Ma come mai siamo in pieno giorno e Louis è ancora in forma licantropa?”.

“Beh diciamo che, data l’enorme fantasia che avete messo voi, il Voltar vi sta facendo un simpatico omaggio, dandovi i vostri poteri 24 ore su 24…in fondo era quello che avete desiderato o sbaglio?”.

Intanto Chambers continuava nel suo esercizio sempre più esaltato, di fatti al nuovo salto esagerò con la spinta e superò il ramo deciso. Per cercare di riprenderlo, ruotò il torso per provare ad afferrarlo con le mani, purtroppo non riuscì ad arrivarci con i polpastrelli ma solo con le sue lunghe unghie. La fronda fu tranciata di netto. Fortunatamente il giovane fu abile ad atterrare al suolo nel miglior modo possibile, aiutato ovviamente sempre dalla sua straordinaria agilità acquisita.

“Tutto bene Louis?” gli chiese Bill mentre con gli altri accorreva dall’amico.

“Non sono mai stato meglio!” gli rispose l’altro, con un ghigno delle sue fauci.

“Bene Louis, dato che sei di nuovo a terra approfittiamone per vedere il tuo scatto…” lo informò Mortimer che, subito dopo, si allontanò dal gruppo di un centinaio di metri, per poi tornare a fissarli da lontano “Al mio via parti ok?”.

“Ok Morty!” gli rispose ironico il licantropo.

“Che stronzo…” disse sussurrando il vagabondo per poi urlare “Via!”.

Il lupo mannaro scattò verso l’allenatore e, in un baleno, gli fu accanto.

“Come immaginavo…100 metri in 8 secondi netti…bene Louis te continua con gli allenamenti che noi proseguiamo…” si congedò l’anziano dandogli una pacca sulla spalla “Ah e ricordati di evitare l’argento!”.

 

“Chi è il terzo che ci vuole provare?” chiese Mortimer, che ormai ci stava provando gusto.

“Ok Morty, è il mio turno!” avanzò verso di lui Bill.

“Bene! Ma toglietevi dalla testa quello schifoso soprannome” poi il vagabondo stette un po’ pensieroso “Dunque per te ci vorrebbe di certo un po’ d’acqua…”.

I tre ragazzi rimasero in attesa.

“Bene, andiamo di qua” li invitò precedendoli “C’è un laghetto qua vicino che fa proprio al caso nostro”.

Dopo qualche minuto di marcia, si trovarono davanti una riserva d’acqua naturale, formatasi certamente di recente.

“Beh di certo non sarà il lago Corman, ma può comunque tornarci utile!” osservò il vecchio.

“Quindi ora cosa dovrei fare?” chiese Bill squadrando il suo allenatore con i suoi occhi da pesce.

“Semplice, ti ci devi buttare dentro”.

“Aspetta un attimo Morty…io non so nemmeno nuotare”.

“Meglio, così imparerai!”.

“Ma se non so nemmeno da dove cominciare…”.

“Avanti Bill ora sei mezzo pesce, basta che segui l’istinto!”.

In effetti il ragazzo, da quando avevano raggiunto quel piccolo specchio d’acqua, sentiva una grande pulsione verso quel liquido trasparente. Inoltre la sua pelle squamosa si stava pericolosamente disidratando.

I due Bob rimanevano silenziosi in attesa della decisione del loro compagno più grande.

Che alla fine si tuffò.

L’acqua lo risucchiò in sé in un attimo. I tre rimasti a terra erano soddisfatti della sua decisione. Poi passarono i minuti, e del mostro acquatico non pervenivamo più segni di alcun tipo.

“Ma è normale che stia sotto così tanto?” chiese infine, rompendo il silenzio assoluto che si era venuto a creare, Kaufman.

“Sì…almeno credo…” rispose Mortimer.

“Ma non è che ha sbattuto la testa sul fondale?” domandò Kramer.

“No…almeno non credo…” rispose nuovamente Mortimer.

“Quant’è che è sotto ora?” questionò il ragazzo obeso.

“Più di cinque minuti” fu la risposta vaga del vagabondo.

Passarono ancora qualche minuto. Poi cominciarono ad emergere in superficie alcune bollicine, ed infine spuntò fino alla vita il loro caro Bill che esclamò “Oh sì cazzo!”.

“Guardate è Bill! Sei grande Bill!” gridò Bob Kramer mentre anche gli altri applaudirono alla sua prestazione.

“Sapete gente…riesco a respirare anche sott’acqua, però ho preferito emergere dopo un po’ sennò vi preoccupavate per me…” strizzò l’occhiolino ai presenti l’acquatico.

“Bene Bill, procediamo allora con il tuo allenamento…” gli disse mentre si ravanava in tasca “Ecco, vai riprendili tutti!” gli ordinò mentre lanciava nel lago monete da quarti di dollaro.

“Ma che sei pazzo Mortimer! Buttare una fortuna così!” lo infamava la creatura che poi partì subito al recupero degli spiccioli.

Nel mentre il resto del gruppo proseguì, seguendo sempre il loro allenatore.

“Ma sei sicuro Morty che ti vada bene lasciargli quel denaro?” gli chiese preoccupato Kaufman.

“Tranquillo smilzo, sono canadesi…”.

 

Dopo qualche passo sulla riva del lago, Mortimer si girò verso gli ultimi due rimasti “Bene chi è il prossimo? Bob o…Bob?”.

Dopo qualche secondo di silenzio, dovuto anche alla non brillante battuta del vagabondo, si fece avanti il più timido dei due “È il mio turno!”.

“Oh bene! Il Bob più magro…” evidentemente al vecchio non era ancora andata giù che Kaufman si fosse inventato quell’odioso soprannome “Dunque te figliolo sei alquanto enigmatico…”.

L’altro lo guardò sorpreso.

“Sì perché, se prendevi spunto dalla classica mummia della Universal, non penso che tu abbia della particolari abilità da poter allenare” il giovane era sempre più pensieroso “Però, a quanto mi ha detto Bill per lo meno, riesci a fare delle cose davvero particolari, anzi oserei dire magiche…”.

Kramer ci pensò su ed in effetti il ragionamento di Mortimer tornava in pieno.

“Per esempio” continuò l’allenatore “Mi ha detto che riesci ad utilizzare le tue bende sudice a tuo piacimento…” gli disse Morty, stando con le braccia incrociate sul petto.

“Sì, è vero…però l’ho fatto solo una volta a casa di Benji…” iniziò il ragazzo.

“Che differenza vuoi che faccia dove ti trovi…” continuò Mortimer “Facciamo una prova, spara una delle tue bende su quel ramo lassù” concluse indicandogli un albero nelle vicinanze.

Bob osservò il suo obiettivo, prese un po’ di coraggio e puntò il suo braccio destro verso di esso. Non successe assolutamente niente.

Dopo qualche attimo d’imbarazzo, l’anziano tornò ad esprimersi “Beh ragazzo comprendo perfettamente che tu possa essere un po’ nervoso ultimamente, insomma dopo tutto quello che è successo a te e i tuoi compagni…”.

Dopo aver fatto una piccola camminata fino al bordo del lago, mentre gli altri due si osservavano a vicenda, tornò ad argomentare “Magari se ci giriamo da un’altra parte ti sentiresti meno sottopressione e ti riuscirebbe il trucco, che ne pensi?”.

Kramer ci riflesse un po’ e poi rispose “Ok, proviamo così”.

E così sia Mortimer che Kaufman diedero le spalle al giovane e lui, in effetti, cominciò a sentirsi più rilassato. Tornò a mirare il suo bersaglio e colpì. Questa volta il bendaggio andò pienamente a segno.

“Ehi gente guardate ce l’ho fatta!” urlò entusiasta agli altri due.

I due interpellati si voltarono e notarono subito la striscia di benda che, partendo dal braccio destro di Bob, arrivava fino al ramo prestabilito.

“Complimenti ragazzo ce l’hai fatta! Riesci anche a farla tornare indietro?” chiese il vecchio.

Kramer ci rifletté un po’ su “Sì…penso di sì…però…”.

Il vagabondo lì per lì non comprese poi, come fulminato, capì “Oh giusto! Girati anche tu trippone!” invitò a fare il suo medesimo gesto il suo vicino, afferrandolo per il braccio.

Grazie al solito espediente, la magia riuscì anche questa volta.

“Bene Bob, è già un passo avanti, di certo saprai fare anche altre magie, però io stesso non saprei quali, magari le scoprirai da te d’ora in poi”.

Poi l’allenatore riprese a ravanarsi nelle tasche del logoro spolverino che aveva addosso “Aspetta un po’…” e con un viso soddisfatto tirò fuori un mucchietto di sabbia.

“Di certo, dato che vieni dall’Egitto, potrai controllare la sabbia!”.

“Ma che diavolo ha in quelle tasche?” chiese stupefatto Kaufman.

“Zitto bombolo!” lo zittì il vagabondo.

La mummia vide il misero cumulo di sabbia che Mortimer aveva depositato per terra e rimase del tutto perplesso “Cosa dovrei farci esattamente?”.

“Oh beh…non saprei…scrivici il tuo nome sopra o magari…” e dicendo questo si avvicinò all’orecchio del giovane “quello della ragazza che ti piace…” facendolo di certo arrossire sotto le bende “oppure facci un castello di sabbia, insomma improvvisa!”.

Detto questo Mortimer si allontanò insieme a l’ultimo ragazzo rimasto per proseguire gli allenamenti.

 

“Bene cicciobello, l’ultimo sei te!” disse con un ghigno beffardo il vagabondo.

“Eh dai Morty, mica ce l’avrai con me per il tuo nomignolo…” cercò di scusarsi Bob.

“Intanto l’hai ridetto” gli fece notare l’altro.

“Insomma visto che ci aiuti vuol dire che ormai sei diventato uno dei nostri!”.

“Oh quale onore…”.

Terminata la loro passeggiata, si ritrovano nella radura dove si stavano allenando Benjamin e Louis.

“Cosa dovrei fare allora io?” domandò curioso Kaufman.

“Intanto prova a dimagrire…” gli propose ironico l’allenatore.

“Ancora insisti? Per un semplice soprannome…” sbuffò l’altro.

A quel punto, Mortimer si guardò un po’ attorno, poi si espresse “Perché intanto non provi a sollevare quegli enormi massi lì?” gli propose, indicandogli delle formazioni rocciose lì vicino.

“Cosa? Ma non saranno troppo pesanti?” obbiettò Bob.

“Ma se Benji ha sollevato un albero intero…” gli fece notare il vecchio.

“Ok, ma allora devo fare solo questo? Sollevare massi a caso?” continuò la protesta.

“Beh per ora fai questo! Poi mi verrà in mente qualcos’altro…” sentenziò Morty.

Tra le nuove proteste, questa volta però più sommesse e sotto voce, il ragazzo cominciò ad eseguire gli esercizi assegnatigli, mentre Mortimer continuava a passeggiare per vedere a che punto erano gli allenamenti degli altri ragazzi. Infatti, in quello stesso luogo, Luhan e Chambers si stavano sfidando a chi era più abile dei due. Guardandoli l’allenatore scosse la testa.

 

“Ma è possibile…gli altri hanno tutti quei poteri ed io invece sono solo un po’ più forte del normale…Benji è un vampiro…Louis ha un’agilità straordinaria…Bill riesce ad andare sott’acqua…Bob ha tutte quelle sue magie…ed io invece devo stare qui a sollevare questi cazzo di massi!”.

Nel frattempo però qualcosa si stava avvicinando al corpulento ragazzo.

“Porca puttana! Ma poi gli altri mi sembrano tutti così fighi…io invece guarda che testone che mi ritrovo!” polemizzò ancora indicando la sua ombra riflessa nel suolo, poi si fermò improvvisamente, qualcosa non tornava “Aspetta un attimo…ma non è anche troppo grossa? Ma quante teste ho?” si chiedeva mentre continuava ad osservare la sua ombra, poi un brivido gli percorse la schiena e lentamente si voltò.

Il primo mostro aveva fatto la sua comparsa: La Creatura di Frankenstein.

“MMMMMMMMMEEEEEEEEEEEERRRRRRRRRRRRRDDDDDDDDDDDDDAAAAAAAAA” fu l’urlo di Kaufman che scappò di volata verso Benji e Louis, che subito notarono la situazione. Attirati dall’urlo disumano di Bob, tornarono nella radura anche Mortimer, Kramer e Bill. Tutti e sei gli umani serrarono i ranghi tra di loro.

“Cazzo! Che si fa Morty?” chiese Luhan, anche lui alquanto spaventato.

“Beh ragazzi, anche se non avete molte ore di allenamento alle spalle, mi sa che è già arrivato il momento del vostro debutto…e poi perché siete così spaventati? Con tutti i film di horror che avrete di certo visto…” rispose l’allenatore.

“Ma quelli erano solo film, solo film!” sbottò Chambers.

“Allora che si fa?” domandò preoccupato la creatura acquatica.

“Uccidilo Benji! Ammazzalo!” spronò il compagno Bob Kaufman.

“Ma se ancora non ha fatto niente!” fece notare il vampiro, liberando il suo braccio dalla presa del compagno grassottello che lo stava strattonando.

“V-voi…amici?”.

“Cos’ha detto?” chiese Kramer, rintanato dietro tutti.

“Ma allora…non vuole combattere?” rimase alquanto perplesso Kaufman, come tutto il resto del gruppo.

La creatura continuava ad osservarli non mostrando alcun tipo di ostilità, nemmeno furia assassina nei suoi occhi spenti.

“Secondo me è sincero…” azzardò il licantropo.

“Bene, allora vacci a fare amicizia!” esclamò Bill.

Benjamin, come accettato l’assurdo suggerimento dell’amico più grande, cominciò ad avvicinarsi ad esso.

“Aspetta Benji, non è sicuro…” provò a fermarlo vocalmente Mortimer.

Il capo della banda, una volta che fu abbastanza vicino a Frankenstein, gli porse la mano. L’essere rimase per un po’ basito poi, a stento, sollevò a sua volta la sua enorme e fredda mano per toccare quella di Luhan.

“Potete venire anche voi ragazzi” li esortò il vampiro.

Lentamente, il resto del gruppo si avvicinò alla singolare coppia. Tutti iniziarono a toccare quell’assurdo scherzo di natura, che di rimando li squadrava dall’alto uno ad uno, cercando anche di eseguire uno sbilenco sorriso.

“Perfetto! E ora questo dove lo nascondiamo?” sollevò la gravosa questione Bill.

“Beh un posto ci sarebbe…” iniziò Louis.

Tutti allora, anche Mortimer, di riflesso, indirizzarono i propri sguardi verso Benji, che ancora stava osservando del tutto rapito la creatura. Poi si ridestò.

“Eh no gente! Tutto ma non questo!”.

 

 

 

N.D.A.: E finalmente ora sappiamo di chi erano le voci che, nel precedente capitolo, avevano attirato l’attenzione della Creatura.

In più ha fatto il suo ingresso anche Mortimer, personaggio piuttosto misterioso, oltre che singolare, come particolare allenatore del gruppo di ragazzi cambiati.

Infine un altro aneddoto: il nome della città dove si svolgono i fatti, Faring Town, deriva dal libro “Orrore a Faring Town” dello scrittore americano Robert E. Howard.

Come di consueto, vi aspetto il prossimo lunedì per la pubblicazione del settimo capitolo della storia.

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Capitolo 7
*** Alla conquista del Voltar ***


                                                        CAPITOLO 7

“Alla conquista del Voltar”

 

 

 

alla fine, com’era ovvio, tutti i ragazzi, questa volta insieme anche a Mortimer ed alla Creatura, fecero ritorno al loro quartier generale: La camera di Benji.

“Ora mi dite come diavolo faccio a spiegare tutto a mia madre?!” protestava ancora Luhan.

“Semplice, diremo che sono due nostri nuovi amici!” risolse la questione Bill.

“Non ci crederà mai!”.

“Beh cercheremo di essere convincenti!”.

Mentre questa diatriba proseguiva, il gruppo, formato attualmente da sette persone, raggiunse infine la propria meta.

 

Fu lo stesso Benjamin a suonare il campanello.

“Oh siete tornati finalmente! E…” la donna squadrò sorpresa la compagnia “Sbaglio o abbiamo dei nuovi ospiti?”.

“Sì beh…sono dei nostri amici…” Kaufman venne in soccorso del figlio della donna, che non aveva ancora formulato alcuna risposta al quesito postogli.

“Non potrebbe ospitare anche loro…ancora per un po’?” domandò speranzoso come tutti Louis.

“Certo tranquilli! Se siete amici di Benji per me non ci sono problemi! Accomodatevi pure!” e dicendo quest’ultima frase si fece da parte per permettere alla comitiva di entrare in casa.

Tutti salutarono e ringraziarono la signora mentre procedevano dentro la porta. Anche lo stesso Mortimer, che fu molto galante verso di lei, e pure la Creatura, in una maniera però più stentata.

“Immagino che vi siate conosciuti all’Orbit…” ipotizzò la donna.

“Ah…sì infatti…all’Orbit…” fu la risposta semplice del figlio “Beh noi allora mamma andiamo su in camera mia…”.

“Bene tesoro…ah Benji, se avete fame ditemelo che vi porto su qualcosa”.

“No tranquilla non occorre…andiamo su allora…” e detto questo, ripresero tutti la loro salita verso il piano superiore tramite le scale.

“Ah un ultima cosa!” la truppa si arrestò nuovamente “Scusate se ve lo dico ma…vi converrebbe fare anche una bella doccia…il bagno ve lo può indicare Benji”.

“Mamma!”.

“Oddio in effetti…la maggior parte di noi è carne morta, altri sono degli ibridi mezzi umani e mezzi animali, che non sono certo famigerati per il loro buon odore, ed infine Morty ha una concessione tutta sua dell’igiene personale…” ragionò successivamente tra sé Luhan.

 

“Bene ragazzi! Come prima cosa direi d’identificare la casa dove si nasconde il Voltar!” esordì Mortimer.

“Come mai tutta questa fretta?” chiese Chambers.

“Perché i mostri non ci metteranno molto ad attaccare l’intera città! Lo stesso Dracula si fa ogni minuto sempre più potente! E poi avrà pochi giorni di plenilunio per sfruttare il Lupo!”.

“Aspetta un attimo Morty…cos’hai detto? Dracula? Ma Dracula…Dracula? Cioè tu ci stai dicendo che dovremo affrontare, tra gli altri, il re di tutti i vampiri?” lo interruppe bruscamente il giovane vampiro.

“Esattamente”.

Dopo qualche attimo di sbigottimento Bill esclamò “Siamo nella merda!”.

“E poi come facciamo a trovare questa casa?” domandò in piena agitazione Kaufman.

“Potremo utilizzare il computer di Benji…” propose timidamente Kramer.

“Sì certo non ci sono problemi per quello, ma sappiamo almeno dove potrebbe trovarsi questa casa?” chiese Luhan.

“È una delle villetta alla periferia di Faring Town” spiegò Mortimer.

“Figurati, ce ne saranno un migliaio di villette nella periferia di questa città!” sbottò innervosito Bill.

“Tranquilli me la cavo davvero molto bene con questi aggeggi!” affermò il vagabondo mentre si avviava al pc, che il suo legittimo proprietario si era premunito di accendere.

Tutti erano alquanto perplessi su quest’ultima affermazione del più anziano di loro. Infatti dopo poco che stava operando con l’attrezzatura informatica…“E questo che cavolo è?” domandò preoccupato l’operatore.

Nessuno seppe alla fine come riuscì a farlo. Fatto sta che Mortimer riuscì a far infettare il computer da un virus che, una volta attivato, mostrava a schermo intero un classico filmato porno riguardante nel particolare un gang bang.

“Cosa cazzo hai fatto Morty!!!!!!!!!!!!” urlò disperato Benjamin.

Com’era facile immaginare, questo contrattempo fece perdere parecchio tempo prezioso al gruppo che però, soprattutto grazie alle buone, e questa volte vere, capacità informatiche di Bob Kramer, riuscirono a ristabilire il corretto uso del computer. Ed infine, dopo aver visitato una miriade di siti web, in particolare di agenzie immobiliari, riuscirono a trovare ciò che cercavano.

“Oddio in effetti è molto tetra…” osservò Kaufman.

“Sei sicuro Morty che sia questa?” chiese il licantropo.

“Casa” aprì per la prima volta bocca la Creatura di Frankenstein, che fino ad allora aveva osservato incuriosito l’intera camera da letto in cui si trovava.

Tutti si voltarono verso di esso.

“Ok è quella” concluse il ragionamento Bill. E tutti tornarono ad osservare lo schermo.

“Bene…dunque ora come ci muoviamo?” domandò Benji, guardando verso Mortimer.

“Semplice bisogna andare lì e prendere il Voltar!” spiegò semplicemente il vagabondo.

“Ma bisogna andarci tutti quanti?” questionò la mummia.

“In effetti conviene che qualcuno rimanga qui in città…” propose l’altro Bob.

“Aspettate un attimo…ora che mi ricordo io in questa casa se non sbaglio c’ho anche dormito qualche volta…” sbottò improvvisamente il mostro acquatico.

“Beh sì in effetti è da te dormire in certe abitazioni…” lanciò una frecciatina Chambers.

“Perfetto! Almeno saprete orientarvi un minimo una volta entrati dentro” concluse Morty.

“Cosa? Vuoi che io vada lì dentro?”.

“Certo! Inoltre sei anche l’unico con la patente e la macchina…”.

“Tranquillo Bill, verrò anch’io con te! Almeno se ci sarà anche Dracula combatteremo vampiro contro vampiro! E poi ci servirà anche il suo aiuto…” indicando la Creatura dietro di loro.

“Bene, penso che così possa bastare…” iniziò Mortimer, che però venne subito interrotto.

“Verrò anch’io con voi!” proruppe, in un imprevedibile gesto di coraggio, Bob Kaufman.

“Ok la squadra è decisa!” concluse Benjamin Luhan “Ci rivedremo qui da me dopo mangiato, almeno avremo modo di stare ancora per un po’ con le nostre famiglie, se non gli prende un colpo vedendovi, e Bill hai ancora la tua “macchina in prestito”?”.

“Certo Benji!”.

“Ok gente, a domani!”.

“Aspettate un attimo…” s’intromise Kramer “e Frankenstein con chi dorme stasera?”.

Benji cominciò a sudare freddo.

Bill se ne accorse e lo consolò “tranquillo Benji, lui verrà con noi” disse mettendo una mano sulla spalla di Mortimer.

“Ok, a domani!” salutò il suo gruppo il vampiro.

 

Come negli accordi presi la sera prima, la vecchia Ford scassata, macchina “presa in prestito” da Bill, lasciò casa Luhan poco dopo l’ora di pranzo, con Chambers, Kramer e Mortimer a terra che li salutarono dal lunotto posteriore.

“Ma almeno quest’auto ce l’ha la radio?” domandò Kaufman, che di certo non stava al massimo della comodità seduto nei sedili posteriori della vettura, con accanto l’ingombrante Creatura somigliante a lui.

Bastò una sola occhiata di sbieco nello specchietto da parte di Bill per dargli una risposta. La loro destinazione non era lontana ed i nostri la raggiunsero in poco meno di due ore. Anche perché erano riusciti a sbagliare strada ad un bivio.

Una volta scesi, subito si bloccarono temendo l’inquietante immagine che quella abitazione proiettava invisibilmente nei loro animi. Fu l’unico originale mostro dei quattro a proseguire la marcia e, dietro di esso, cominciarono a seguirlo i tre giovani. Intanto, all’oscuro dell’intera comitiva, all’interno della magione una bara di legno si stava iniziando ad aprire.

“Che facciamo? Bussiamo?” chiese Bob, una volta che furono davanti alla porta d’ingresso.

Un’altra occhiataccia, questa volta in simultanea di Benji e Bill, demoralizzò definitivamente il ragazzo sovrappeso, mentre Frankenstein decise per tutto il gruppo ed aprì la porta con nessuna fatica. L’ingresso dell’edificio era uno dei più classici di quella tipologia di casa. Nel corridoio che si trovavano davanti i nostri vi erano degli usci su ambo i lati e, proprio davanti a loro, delle scale che portavano al piano superiore. Ovviamente l’unica illuminazione presente era quella solare proveniente dall’esterno, ad “arredare” la stanza vi erano invece polvere, ragnatele ed odore di muffa. Non che nessuno dei presenti sperasse in meglio. Le assi del pavimento scricchiolavano sinistramente ad ogni pesante passo del non morto, alle cui spalle i ragazzi erano ben riparati e vigili su ogni punto della stanza.

Ad un tratto un rapido rumore di passi e, saltando con estrema facilità lo scorrimano del primo piano ed atterrando elegantemente sul piano inferiore, si presentò davanti ad essi una creatura che era facilmente etichettabile come licantropo.

“OH MERDAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò Kaufman già nel panico più totale.

“Sapevo che sarebbe dovuto venire Louis al posto mio!” Sbraitò Bill, anche lui estremamente terrorizzato.

Ancora una volta fu la Creatura a prendere l’iniziativa e, fortunatamente per i ragazzi, riuscì ad afferrare il lupo mannaro per il suo robusto e peloso collo.

A questo punto Bob Kaufman non resistette più e fece dietro fronte in direzione dell’uscita. La porta però si richiuse violentemente prima che lui riuscisse ad oltrepassarla. E non c’era nessuno ad averla richiusa in tale maniera.

 

Ma anche l’insospettabile Bill tentò la fuga disperata, preferendo però imbucare l’entrata che aveva alla sua destra. Il luogo in cui si trovava ora doveva essere la cucina. O almeno a questo era stata adibita molti anni prima di allora. Il mostro acquatico, ancora ansimante dal terrore, continuava a spostare il proprio sguardo da una parte all’altra di quella lurida stanza. Finché non individuò una figura umana di fronte a lui. Si trattava di una ragazza poco più grande di lui, forse, con un top ed una minigonna che coprivano il minimo indispensabile di un corpo davvero sensuale, caratterizzato da una pelle talmente bianca da sembrare porcellana.

“Ciao tesoro…”.

Ma Bill, ancora ansimante, non riuscì ad emettere alcun tipo di parola. Al ché la donna si fece avanti e raggiunse il giovane.

“Giornata difficile amore, ma stai tranquillo…” gli sussurrava all’orecchio lei, mentre gli passava le sue mani leggere su tutto il busto “Lakryma è qui per darti finalmente sollievo…” concluse prima di tirare indietro il labbro superiore della sua bocca rossa, mostrando un paio di aguzzi canini, simbolo evidente di vampirismo.

Ma il Mostro della Laguna si ridestò e, con un potente colpo di braccio, fece volare la vampira contro una stufa, o almeno questo sembrava, presente nella stanza.

“Fanculo! Anche le puttane come te sono pericolose in questa casa di merda!” imprecò Bill.

La ragazza, che nel mentre si stava rialzando, lo guardò con sguardo perfido e sensuale allo stesso tempo “Cos’è? Sei stato un mio cliente nella mia vita precedente?”.

A quelle parole il ragazzo ricordò qualcosa. Poi notò un piccolo tatuaggio a forma di goccia, colorato al suo interno di blu, che faceva capolino dai suoi capelli neri a caschetto. Grazie a questo particolare si formò un pensiero nella sua testa: La femmina aveva ragione!.

 

Intanto Kaufman, sempre più nel terrore più totale, si sentì afferrare la manica della camicia ed urlò anche meglio di qualsiasi “femminuccia” esistente.

“Cazzo Bob non urlare sono io!” lo zittì Benji, mettendogli anche una mano sulla bocca “Vieni forza dobbiamo proseguire e trovare il Voltar!” lo spronò infine, praticamente trascinandolo per la maglia.

Una volta superati la creatura di Frankenstein e l’uomo lupo che continuavano la loro personale lotta, con quest’ultimo che non si arrendeva alla ferma presa del mostro alleato dei ragazzi ma, anzi, cominciava a lacerare i vestiti dell’avversario, che già di per sé erano piuttosto logori, e la pelle morta del suo corpo, il povero Kaufman veniva portato avanti per inerzia.

Poi si rianimò “Benji ma dove stiamo andando?”.

“Sento il Voltar! So che è qui vicino!” rispose il suo amico, al massimo della sua concentrazione. “Eccolo è lì sotto!” concluse infine indicando con il dito della mano libera una scaletta che scendeva sul buio.

“Ma è la cantina?” ipotizzò Bob mentre la osservava ad una distanza di sicurezza.

“Penso di sì…” gli rispose perplesso Luhan, poi alzò il capo e s’irrigidì tutto.

Nella stanza di fronte a loro un essere oscuro li osservava in silenzio. Iniziò una lenta camminata verso i ragazzi, in modo che la poco luce proveniente dall’esterno delineasse un po’ meglio i suo lineamenti infernali. Non c’era bisogno di presentazioni. I due giovani sapevano perfettamente chi avevano davanti. Nessuno emetteva un sospiro. Bob Kaufman guardava l’intera scena con gli occhi sgranati al limite del possibile. Benjamin Luhan tentava di sfidare lo sguardo del Conte.

“Bob…vai a prendere il Voltar…”.

“Cosa? Perché io?”.

“Vai e basta!”.

“Ma chissà che altri mostri ci sono là sotto! E poi come faccio a sapere qual è il Voltar?”.

“Lo riconoscerai…”.

A quelle ultime parole del vampiro, il ragazzo sovrappeso tentò di avvicinarsi a piccoli passi alla scala ma, senza neanche rendersi conto di come fosse stato possibile, si trovò davanti nuovamente lo stesso Dracula. Ma è proprio la paura a rendere gli uomini coraggiosi. Kaufman, con una rapidità che non credeva nemmeno lui di avere, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un bulbo di aglio che spinse in faccia al Conte, rompendolo. Nel mentre, ancora più rapidamente, raggiunse le scale ma, forse dovuta alla troppa foga del momento, ed anche allo sbilanciamento dovuto all’eccessiva grandezza del suo nuovo testone, il nostro eroe rotolò giù per tutta la durata dei gradini.

 

Il principe delle tenebre era alquanto adirato dall’accaduto e, digrignando i denti, si apprestava a scendere quando fu bloccato dalle parole di Luhan.

“Fermo!”.

Dracula aveva un espressione in un certo senso sorpresa, dato che quell’ordine perentorio era stato, in primo luogo, dato a lui medesimo e, in secondo luogo, da un sedicenne.

“Tu osi?”.

“Io oso!”.

“Figliolo…non crederei veramente che anche se tu, e i tuoi compagni, avete ottenuto un barlume del nostro immenso potere, riusciate con esso a sconfiggerci?”.

“Certo stronzo! E preparati perché la vostra fine è vicina!”.

 

Per anni, Bob Kaufman non dimenticherà quello che vide in quello scantinato. Oscurità. Visioni. Terrore. Tristezza. Paura. Poi, ad illuminargli letteralmente la corretta via, intervenne lo stesso talismano. Il giovane lo afferrò rapidamente, poi notò una cosa, eseguì una determinata azione ed in un attimo fu fuori. Fuori da quella follia. Per tornare nella precedente.

 

“Ce l’hai fatta Bob?”.

L’interessato rispose al vampiro solo con un breve movimento della testa. Per poi trovarsene di fronte uno decisamente più pericoloso. Ma, prima che tutto venisse rovinato, toccava al giovane vampiro dimostrare le sue nuove capacità. Infatti, con una velocità sovrumana, riuscì a recuperare l’amico, anticipando le mosse del Conte e, in un attimo, stavano già volando attraverso il corridoio diretti verso la porta della casa.

“Via ragazzi via!” urlò Benjamin al resto del gruppo.

Bill, appena udito l’urlo, si voltò per un attimo verso l’uscita. Poi tornò a fissare un’ultima volta gli occhi di Lakryma. In un impeto improvviso, si avvicinò a lei e la bacio sulla sua rossa bocca, anche se tale azione non gli era facilitata dalle enorme labbra che aveva nella sua nuova forma ibrida. La giovane vampira era ancora sorpresa dell’accaduto quando lui la salutava “Ciao tesoro!”.

La creatura ed il licantropo, intanto, erano passati ad una lotta a terra, sempre più violenta. Il non morto, nell’attimo in cui i tre ragazzi si voltarono verso di lui, imboccando il portone, sollevò il suo enorme braccio verso di loro e, aprendo la sua grande e pallida mano, gli gridò “Via!”.

I tre, anche se a malincuore, obbedirono al suo comando e scapparono verso la Ford.

“Ma come? Lo volete davvero lasciare qui?” chiese Kaufman, poco prima di rotolare a terra, quando Luhan lasciò la presa su di lui mentre egli stesso era ancora in volo.

“Fanculo Bob! Piuttosto e Dracula?” lo zittì il più grande del trio.

“Tranquillo, come eravamo d’accordo, Bob gli ha messo la rosa sulla bara, non dovrebbe potersi muovere di lì!” evento di cui Benji era certo data l’immobilità del Conte ed il suo sguardo colmo d’ira nei loro confronti, mentre mettevano in atto la loro fuga.

Rapidamente l’auto fu messa in moto e sgommò via da quel posto maledetto.

 

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Capitolo 8
*** Scontro finale ***


                                                      CAPITOLO 8

“Scontro finale”

 

 

 

Faring Town.

Tre singolari figure si stagliavano sul marciapiede di fronte alla residenza dei Luhan. Intanto il sole terminava la sua calata in un tramonto di fuoco.

Louis Chambers era il più impaziente dei tre. Teneva spasmodicamente il cellulare in mano pronto ad effettuare una chiamata “Che faccio li chiamo? Io allora li chiamo!” continuava a ripetere da più di un’ora.

“Calmati Louis! Aspettiamo ancora un po’ e poi dovrebbero essere loro a doverci chiamare…” cercava di tranquillizzarlo inutilmente Mortimer.

Il più tranquillo dei tre sembrava senza dubbio Bob Kramer. Il quale pareva avere la propria attenzione completamente attirata da altre situazioni.

“Ok basta li chiamo!” si decise infine il licantropo, premendo in maniera decisa il pulsante di avvio chiamata del cellulare.

Mentre anche il vagabondo tendeva l’orecchio verso il piccolo apparecchio telefonico, la giovane mummia cominciò ad avviarsi in avanti, attraversando la strada che aveva di fronte.

“Dove cavolo vai Bob?” gli urlò dietro Louis, con ancora l’orecchio ben incollato al telefonino.

“Scusate ma…” rispondeva a stento l’interessato “Io devo andare…c’è qualcosa che mi sta chiamando”.

“Cosa? Ma che stai dice…pronto Benji sei tu? Dove siete ora?”.

Ma Kramer non si fermò nemmeno alla notizia che il vampiro aveva risposto alla telefonata e proseguì nella sua marcia.

 

Dopo aver percorso un po’ di metri, il ragazzo si ritrovò nell’ormai familiare boschetto che portava all’altrettanto famigerata radura, in cui lui e suoi amici avevano dato vita ad un particolare tipo di allenamento. Bob, uscito come da una specie di trance, non si capacitava del motivo per cui si ritrovava in quel preciso punto del pianeta Terra. Poi sentì una presenza alle sue spalle. Si voltò trovandosi davanti un uomo nelle sue stesse condizioni. Ma molto più potente di lui.

“Io…” tentò inutilmente di parlare il giovane, quasi del tutto pietrificato dallo sguardo che quella mummia millenaria gli puntava contro.

Poi quest’ultima si mosse, alzando improvvisamente il braccio sinistro, e Kramer si trovò sbalzato d’improvviso da una forza invisibile. Dopo qualche attimo in volo, il ragazzo si andò a schiantare di schiena contro uno dei numerosi alberi presenti in quella zona.

“Aaaaahhhhh…” il dolore era davvero terribile, anche se forse un po’ mitigato dall’aura magica che anche lui ora possedeva e che, a quanto sembrava, gli aveva fatto come da scudo nell’urto e nella caduta a terra successiva.

Bob Kramer riuscì a mettersi in ginocchio, notando subito che il suo avversario si stava avvicinando a lui, con lenti ma decisi passi. Con uno sforzo, riuscì a rimettersi in piedi ed iniziò a concentrarsi. Dal manto erboso del posto cominciò ad emergere della sabbia che, dopo aver roteato per un breve periodo intorno al giovane, si gettò improvvisamente verso l’altra mummia. Quest’ultimo non diede alcun segno di preoccupazione e, questa volta alzando il proprio braccio destro, mandò la sabbia sferratagli contro a roteare sopra la propria testa. Nel frattempo, altra sabbia stava magicamente spuntando dal suolo attorno ad esso e si andava ad unire a quest’ultima.

“Cazzo…” sospirò Bob, già immaginandosi la mossa successiva del rivale.

Ciò che temeva successe e la sabbia gli fu scagliata tutta contro, sotterrandolo in una improvvisata duna. L’avversario abbassò il braccio alzato in precedenza e si mise ad aspettare, tenendo gli occhi fissi verso il suo obiettivo. Per qualche minuto nulla si mosse. Poi, dal retro del cumulo, un po’ di rena cominciò ad essere smossa dal suo interno, fino a che un braccio spuntò da essa e, a poco a poco, tutto l’intero corpo del ragazzo mummificato. Riversando per terra tutta la sabbia accumulata sulle sue bende, Bob tornò in posizione eretta, sfidando lo sguardo del principe egizio. Poi smarrì quel poco di coraggio che aveva e, utilizzando la tecnica dell’allenamento di lanciare una fascia verso un ramo ad attorcigliarsi, tentò una disperata fuga. Dopo quattro o cinque lanci, atterrò nuovamente al suolo, constatando che il nemico sembrava non averlo seguito. Il ragazzo ne approfittò per riprendere un po’ di fiato e cercare di orientarsi, nella speranza di tornare il prima possibile nella posizione di Louis e Mortimer. A quel punto cominciò a percepire una strana sensazione. Qualcosa gli stava camminando sui piedi e sulle gambe. Guardò in basso e notò degli enormi scarabei neri intenti a trafficare sui suoi arti inferiori, mentre altri continuavano ad emergere dal sottosuolo.

“AAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” Il giovane tornò ad essere terrorizzato e ripartì con la sua fuga disperata tramite bende e rami. Ad un tratto uno dei suddetti rami si spezzò e lo sfortunato ragazzo rotolò a terra. Una volta capacitatosi di ciò che gli era successo, lui alzò il capo e squadrò per bene ciò che aveva davanti. Un’enorme sequoia, tipologia d’albero davvero strana per quelle parti, con il suo altrettanto enorme tronco aperto sul davanti. Ma la cosa che lo sorprese ancora di più fu ciò che quel fusto conteneva al suo interno. Sembrava in tutto e per tutto un’antica lancia da guerra di origine egizia. Kramer, totalmente rapito dalla sua lucentezza e bellezza, si avvicinò ad essa e, una volta afferratola, la estrasse da quel riparo naturale legnoso.

Purtroppo, data questa sua particolare distrazione, si accorse solo all’ultimo dell’avvento del mostro dietro di lui, e fece appena in tempo a voltarsi, mostrando l’artefatto appena ritrovato.

Alla sua vista, questa volta fu l’antica mummia a bloccarsi di colpo, anche lei totalmente rapita dall’arma.

“La Lancia di Anubi” sospirò ancora rapito.

Bob Kramer rimase inizialmente sorpreso dalle prime parole udite dal suo avversario, poi tornò ad osservare la lancia. In un attimo si decise, ne afferrò saldamente l’asta e la lanciò, a mo’ di giavellotto, verso il nemico che fu colpito in pieno stomaco.

Negli attimi immediatamente successivi all’evento, le due mummie cominciarono a rendersi conto della nuova situazione. Bob continuava a guardare il rivale che, per qualche secondo, tornò al suo aspetto originario di giovane e forte ragazzo proveniente dall’Egitto, giusto in tempo per rivolgere le sue ultime parole al suo uccisore. Ciò era traducibile con un semplice “Grazie”. Poi il principe divenne finalmente polvere.

 

“Cosa? Ma che stai dice…pronto Benji sei tu? Dove siete ora?”.

“Stiamo tornando Louis! Abbiamo con noi il Voltar, ma purtroppo abbiamo perso la Creatura…” informò l’amico lupo mannaro il ragazzo vampiro.

“Ok cosa facciamo ora allora?”.

“Voi aspettateci lì stiamo arrivando…” e la comunicazione s’interruppe, forse per il poco campo che aveva l’apparecchio telefonico di Luhan.

 

 

“Voi aspettateci lì stiamo arrivando…ci sei Louis? Pronto? Louis? Mi senti?”.

“Lascia stare Benji, può darsi che qui non ci sia campo” ipotizzò Bill alla guida della vettura.

“Fanculo!” imprecò l’altro, chiudendo il cellulare.

I ragazzi non erano molto lontani dal loro punto di ritrovo. Bastava solo che attraversassero il centro città e, dopo poco, sarebbero giunti a destinazione. Proprio mentre entravano, ampiamente sopra il limite di velocità, nel centro urbano, qualcuno si posizionò in mezzo alla strada di fronte al loro, attendendoli. Mentre i fari dell’auto, mano a mano che si avvicinavano ad esso, illuminavano sempre di più la sua silhouette, i tre riconobbero subito quella figura per quasi tutti loro nuova ma ormai conosciuta. Si trattava della prostituta vampira Lakryma.

“Non ti fermare Bill…” gli sussurrava Benji dal sedile passeggeri.

Il mostro acquatico alla guida sembrava non avere tentennamento alcuno, procedendo a tutta velocità contro la donna non morta. Poi bastò soltanto che lei passasse la sua lingua sulle sue labbra carnose e rosse, che Bill sterzò violentemente, in modo da non investirla, per andare a schiantarsi contro un albero lì vicino, sebbene l’urto fu leggermente mitigato dal tentativo di frenata avvenuto qualche metro prima dell’incidente.

Ovviamente quell’enorme frastuono, unito al grido disperato di terrore di Kaufman durante l’accaduto, richiamò un nugolo di curiosi sul luogo dell’avvenimento. Intanto i tre giovani cominciarono ad uscire dall’abitacolo, sebbene un po’ ammaccati ma mai quanto la macchina stessa.

“anf…anf…Oddio Bill…anf” esclamò ansimante, come se avesse percorso qualche metro di corsa, Bob.

Luhan, ancora un po’ frastornato, diede un attimo un’occhiata alle condizioni della vettura, e poi si apprestò a fare una chiamata con il cellulare.

“Pronto gente…abbiamo avuto un problema, o meglio un incidente…sì stiamo tutti bene ma bisogna che veniate voi qui da noi…siamo al centro di Faring…fate presto!”.

 

“Allora cos’hanno detto?” chiese preoccupato Mortimer, al termine della telefonata avuta da Chambers.

“Hanno avuto un incidente al centro di Faring Town e bisogna andare noi lì” poi il lupo mannaro fece una piccola pausa, puntando con lo sguardo verso la direzione da prendere “Beh non è tanto distante, con le mie nuove capacità ci arrivo in un attimo!”.

Nel mentre stava riattraversando la strada, per riunirsi a loro, anche Bob Kramer.

“Ci sono novità?” domandò immediatamente il ragazzo bendato dalla testa ai piedi.

“Preparati Bob, bisogna andare in centro!” gli rispose Louis.

 

“Tutto ok ragazzi?” chiese ai suoi compagni un traballante Bill, una volta riuscito ad uscire dall’abitacolo della vettura.

“Come ti può venire in mente anche solo di chiederlo!” gli urlò contro Kaufman, ancora rannicchiato a terra nel tentativo di riprendersi.

Ma l’attenzione del guidatore si era già spostata su un inconfondibile e allo stesso tempo sinistro ticchettio. Rumore di tacchi altri contro l’asfalto. Il ragazzo voltò la sua testa dalle sembianze ittiche sapendo già in anticipo con chi avrebbe avuto a che fare.

“Ciao amore, mi porti fuori a fare un giretto stasera?”.

“Certo tesoro, benvenuta in Pennsylvania!”.

Ma dopo aver effettuato anche un leggero ghigno con la sua bocca mutata, i lineamenti semi-umani del giovane si rilassarono. Aprendo sempre di più gli occhi sporgenti verso quella creatura femminile, la quale sapeva di certo ipnotizzare i maschi anche prima della sua oscura metamorfosi.

Intanto il capo di quell’improvvisato gruppo si era allontanato dall’automobile, non accorgendosi dell’attuale situazione dei suoi compagni,  spostandosi invece verso la direzione da cui, almeno così lui sperava, sarebbero giunti in loro soccorso il resto della squadra. La fortuna girò dalla loro e qualcuno sembrò accorrere per poi bloccarsi improvvisamente.

 

Se si era una persona particolarmente allenata, la distanza tra la residenza della famiglia Luhan e il centro della cittadina di Faring Town, la si poteva percorrere in circa un’ora. Per loro già impiegarci dieci minuti poteva essere troppo tardi. Ma dalla loro avevano la potenza muscolare di un lupo mannaro. Con Mortimer tenuto stretto con un braccio e Kramer legato ben stretto con le sue bende magiche all’altro, Louis partì subito con la sua falcata, sentendo dentro di sé una massa tonica ed esplosiva. Dopo poco più di una ventina di minuti erano vicino al loro traguardo. Improvvisamente il licantropo fu costretto a frenare, puntando vigorosamente a terra le sue zampe canine, dato che qualcosa gli si era parata d’un tratto davanti. Il muso era diverso dal suo, nettamente più corto e, al contempo, più “umano” del suo attuale, se non che non fosse pieno di peluria proprio come il suo. Ma nonostante questo sapeva benissimo di trovarsi di fronte un altro esponente della sua razza.

“Oh cazzo!” esclamò il vagabondo ancora stretto saldamente a Chambers.

“Cosa si fa adesso?” chiese preoccupata la mummia all’altro fianco.

“voi andate, è una cosa tra me e lui” sentenziò il ragazzo lupo.

“Cosa? Ma che stai dicendo Louis? Come facciamo a lasciarti qui da solo contro quell’essere? E poi chi ti dice che ci lascerà passare noi due?” polemizzò Mortimer.

“ANDATE!” gli urlò contro ringhiando il giovane.

Quello che era stato il loro particolare allenatore non emise più parola e, seguito timidamente da Bob, proseguì il cammino al lato della strada alberata in cui si trovavano. Rallentò soltanto quando si trovò nelle vicinanze del loro nuovo avversario. Una volta accortosi che non erano loro due le sue prede primarie, il duo proseguì rapidamente verso Benjamin.

 

“BENJIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!”.

Mentre stava ancora osservando quell’assurdo siparietto, Luhan fu richiamato a gran voce da Kaufman che, di nuovo senza fiato per via di quell’urlo, gli indicò la schiena di Bill che si stava avvicinando pericolosamente verso Lakryma.

“BIIIIIIIIIILLLLLLLLLLLL!!!!!!!!!!!!!!” tentò di richiamare la sua attenzione il ragazzo, mentre al suo fianco qualcuno stava sopraggiungendo.

“Benji ce l’abbiamo fatto ma Louis…” ma la figura completamente bendata non riuscì a concludere il suo resoconto dato che il vampiro, una volta voltatosi verso di lui e Morty, e notata la lancia di Anubi gliel’afferrò rapidamente e, in un attimo, volò dall’altra parte della strada. Ancora in volo, scagliò l’artefatto verso la coppia che si trovava in mezzo alla via. La prostituta fu raggiunta in pieno stomaco dalla punta di essa. Dopo un urlo quasi muto, dalla bocca di lei cominciarono a fuoriuscire rivoli di sangue rosso scuro. Il mostro acquatico, tornato immediatamente in sé, ebbe quasi il riflesso di afferrare al volo la donna mentre si accasciava al suolo.

Benji si girò verso Bob “Ma era di frassino?”.

“Non so…non penso…” provò a dare una risposta Kramer.

Il senza tetto, dopo averci riflettuto, ipotizzò “Forse il suo processo di vampirizzazione non era ancora completo”.

Bill si era voltato verso gli altri tre quando sentì “Amore…” e tornò di scatto a guardare verso il basso.

“Anche se la mia fine è assurda non lo sono le mie ultime parole…ti amo” e spirò.

 

Intanto, soprattutto dopo quella morte incomprensibile, tra la gente che si era riunita lì attorno cominciò a farsi strada il panico e la paura. Con il panico arrivarono le chiamate alle forze dell’ordine e con la paura arrivò il Conte.

Benjamin Luhan riconobbe subito la sua presenza e, ruotando il busto, sollevò il capo verso l’alto. Quando lo vide scendere in picchiata verso la folla, decollò per intercettarlo in volo e i due, avvinghiati l’uno all’altro, precipitarono a metri di distanza.

 

I due lupi si squadravano a vicenda in attesa della prima mossa. Fu il più giovane, ed anche più inesperto, Louis Chambers ad attaccare con un attacco frontale a fauci aperte. Il suo avversario però riuscì facilmente ad evitarlo e ad infliggergli un’unghiata sul fianco, che cominciò a sanguinare. Il ragazzo si portò immediatamente le mani sulla zona ferita, mentre si voltava verso l’altro licantropo.

“Primo sangue per te collega” gli disse con un ghigno malefico sul muso.

Poi le due creature tornarono a fronteggiarsi dipingendo, con il loro movimento di attesa per l’attacco, una specie di cerchio sul suolo. Per un attimo lo sguardo del giovane fu rapito da qualcosa. Poi tornò verso l’altro lupo mannaro. Solo per pochi secondi però perché, all’improvviso, il ragazzo lupo scattò nella direzione da cui era stato distratto per un attimo. Louis raggiunse un albero che utilizzò come rampa per saltare in aria ed attaccare il nemico dall’alto. Il rivale rimase inizialmente sorpreso da questa manovra, per questo riuscì appena ad evitare l’offensiva. A questo punto, come preso da un’ispirazione, fu lo stesso licantropo malvagio ad imitare la mossa appena eseguita da Chambers. Quest’ultimo però rapidamente lo evitò, rotolando lateralmente, e gli fu subito addosso azzannandogli il braccio sinistro. L’avversario urlò dal dolore, mentre l’altro non lasciava la presa. Nel tentativo di liberarsi, cominciò a colpire le spalle del ragazzo.

Louis, accecato dalla furia, afferrò il braccio che stava mordendo con entrambe le braccia e,con un colpo netto, lo staccò dal corpo del suo antagonista. Questa volta l’urlo del dolore fu mille volte più intenso del precedente.

“Mettete le mani alto!”.

Il giovane lupo mannaro mollò la presa delle sue fauci, lasciando cadere a terra il suo inquietante bottino, e si voltò verso i due poliziotti che li tenevano entrambi sottotiro. Si alzò ed obbedì ai due agenti. Al che la sua attenzione fu attirata da un sinistro rumore, si voltò nella direzione in cui proveniva e vide l’altro uomo lupo tutto tremante. Improvvisamente, da quel poco che rimaneva della sua spalla sinistra fuoriuscì un nuovo braccio, identico all’originale. Louis Chambers rimase del tutto allibito quando udì l’inconfondibile boato di uno sparo. Uno dei due sbirri aveva fatto fuoco sul mostro. Purtroppo non si trattava di una pallottola d’argento, e il bussolotto fu sputato via dal buco che esso aveva procurato nel corpo peloso della creatura.

Quest’ultima, in piena collera, si avventò su di loro, cominciando a squartare il corpo dell’agente che aveva premuto il grilletto contro di lui.

Louis, approfittando che il suo avversario era impegnato nella sua personale carneficina, si avvicinò all’arma sfuggita al poliziotto, la quale era letteralmente volata via quando il lupo mannaro era saltato sul suo petto.

“Fermo! Fermo! Figlio di puttana!” imprecava l’altro sbirro, riversando tutto il tamburo del suo ferro contro l’uomo lupo, mentre osservava impotente gli ultimi attimi di vita del suo collega.

Quando il cane dell’arma da fuoco suonava a vuoto già da un po’, la bestia si rialzò. Il giovane agente era in lacrime, con anche altri liquidi corporei che fuoriuscivano dal suo organismo. Di fronte a lui, vi era il mostro che lo sovrastava con la sua intera figura. Con una semplice manata la sua testa schizzò via. Atterrò vicino al ragazzo, che intanto aveva raccolto la pistola dal suolo e, al suo interno, aveva inserito un piccolo oggetto che aveva in una tasca dei suoi pantaloni.

“Per fortuna che non mi si sono strappati durante la trasformazione!” pensava il giovane mentre a sua volta gli tornavano in mente le parole di Mortimer, mentre gli consegnava quel medesimo oggetto.

“Per ogni evenienza…”.

Poi tornò con i piedi per terra notando subito il suo nemico che tornava a farsi sotto. Intanto, dal collo mozzato dell’ultima vittima continuava a fuoriuscire un’enorme quantità di sangue. Il mostro stava per apprestarsi ad un nuovo attacco quando Louis non ci pensò su due volte e sparò. Il colpo penetrò in pieno petto l’avversario che si accasciò al suolo. Immediatamente notò che i tanti peli che aveva sul corpo stavano scomparendo. L’umano che ora aveva davanti lo guardò per un ultima volta riconoscente.

“Sì esatto, era un proiettile d’argento!” gli disse tristemente Louis Chambers.

 

Il sangue cominciava a fluire fuori dal corpo della sfortunata donna sempre più lentamente, confluendo nella crescente pozza scarlatta sull’asfalto cupo della strada. Lo stesso Bill era inginocchiato su di esso, mentre continuava ad osservare quell’essere femminile così letale, ed allo stesso tempo così fragile. La pelle liscia era ormai totalmente sbiancata come latte. I suoi tondi ed inespressivi occhi da pesce sembravano essere più umidi del solito. Inaspettatamente fu colpito da un’inquietante sensazione. Mentre il resto del suo gruppo si affrettava a raggiungere Benjamin Luhan, o se non altro il punto dove ipotizzavano fosse atterrato durante la sua lotta aerea, la creatura acquatica tornò in posizione eretta, per poi voltarsi ed incamminarsi alla sua sinistra.

Le famiglie più facoltose di Faring Town si potevano, di certo, permettere una di quelle classiche villette con piscina che adornavano il centro di questa cittadina americana. L’acqua di una di queste suddette piscine, però, presentava una colorazione decisamente oscura. Il ragazzo più grande della compagnia aveva già capito con chi avrebbe avuto a che fare.

Infatti, da sotto la superficie idrica, emerse la sua controparte malvagia, decisa più che mai ad affrontare questa sfida.

“Mi dispiace pesciolino ma hai scelto il momento sbagliato per rompermi le palle!” esclamò il semi-umano mentre fronteggiava il rivale.

Quest’ultimo gli rispose emettendo un urlo difficilmente riscontrabile in natura.

Bill allora ruppe l’attesa e si avventò a testa bassa verso il mostro. Ma la Creatura della Laguna Nera evitò facilmente l’avversario e gli fu subito dietro le spalle.

Il giovane tentò subito di liberarsi dalla stretta del braccio viscido su di lui, quando sentì un qualcosa di altrettanto viscido avvinghiarglisi attorno al collo branchiato. Era ciò che li differenziava nei loro corpi ibridi, il tentacolo violaceo attaccato all’arto superiore sinistro.

“Figlio…di…puttana…” imprecava il vagabondo, con la poca aria che gli era rimasta in corpo. Prima di perdere i sensi si ricordò dove si trovava e, con le residue forze che gli erano rimaste, spinse all’indietro il mutante che di conseguenza indietreggiò, fino ad inciampare sul bordo della piscina, finendoci nuovamente dentro assieme al suo nemico.

Il nuovo vigore ricevuto dal contatto con questo fluido per lui vitale, oltre ad una scivolosità ritrovata sul suo corpo, permise al ragazzo di liberarsi dalla presa in cui era imprigionato. Dopo un tentato duello subacqueo, dove la creatura rivale aveva comunque un maggior grado di esperienza, Bill si rifugiò nuovamente sul prato che circondava quel rettangolo acquatico. Purtroppo furono solo pochi i secondi che la bestia ci mise a raggiungerlo.

“Fermi dove siete brutti bastardi!”.

Un signore sulla quarantina, in camiciola e boxer, stava minacciando le due creatura armato di una vecchia mazza da baseball, che teneva stretta tra le sue mani tremanti.

Questa triste e ridicola figura attrasse particolarmente l’attenzione del mostro originale, soprattutto il modo in cui tentava di indurli alla fuga con la sua arma decisamente rudimentale.

Quando girò la sua testa ittica nuovamente verso il suo avversario, se lo trovò improvvisamente di fronte. Non ebbe alcun tempo di reagire. Bill, con un colpo deciso e devastante, come mai gli era capitato di usare nella sua vita avventurosa, gli trapassò il busto dal petto alla schiena. La mandibola del mostro cominciò a traballare vistosamente, mentre dalla sua enorme ferita sgorgava un liquido azzurrognolo. A mano a mano che sentiva la creatura afflosciarsi al suolo, il ragazzo ritirò indietro il braccio dal buco che lui stesso aveva creato. A breve il mostro morì.

Una volta constatato ciò, Bill tornò a squadrare il padrone di casa “Grazie dell’aiuto vecchio…” e mentre quest’ultimo, sempre in posizione di battuta, l’osservava ad occhi spalancati, lui buttò un occhio poco più in là “Ah ti conviene chiamare qualcuno per ripulire la piscina!”.

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Capitolo 9
*** La cerimonia ***


                                                        CAPITOLO 9

“La cerimonia”

 

 

 

Il primo ad accorrere nella scena del rovinoso atterraggio fu il più rapido Louis. Una volta giunto notò subito l’amico Benjamin apparentemente esanime al suolo ma, allo stesso tempo, nessuna traccia del suo avversario. Dunque gli si avvicinò rapidamente.

“Benji come stai? Ci sei Benji? Benji!” cercò di farlo riprendere il licantropo.

“Oh merda…” sospirò il vampiro, mentre riprendeva conoscenza.

“Fanculo io mi preoccupo per te ed invece tu stai meglio di prima!”

“Sì certo…”

“Benji, dov’è il Conte?”.

Mentre i due iniziarono a squadrare guardinghi tutta la zona intorno a loro, il resto del gruppo li raggiunse.

“Come stai…anf…Benji?” domandò Kaufman, con il suo immancabile fiatone.

“Tutto bene gente ma conviene che state in guardia…non siamo soli…”.

Tutti allora seguirono il consiglio disponendosi a cerchio, dando le proprie spalle a quelle dei loro compagni.

“Ehi Morty?”.

“Sì Benji”.

“Ora che abbiamo il talismano cosa possiamo fare?”.

“Bisogna dare luogo ad una cerimonia”.

“Cerimonia tipo matrimonio?” chiese allarmato Kramer.

“No, non proprio” rispose il vagabondo.

“Ce l’hai ancora tu il medaglione, vero Bob?” attese la conferma Bill.

“Sì certo! Ce l’ho qui in tasca il Wolfgang!”.

“Voltar!” lo corresse il clochard.

“Sì quello!” gli fece eco stufato il ragazzo obeso.

“Bene, e cosa bisogna fare per dare inizio a questa cerimonia Morty?”.

“Bisogna trovare una vergine…”.

“Perfetto prepariamoci a vivere per millenni nell’orrore!” esclamò rassegnato la creatura acquatica.

“Non essere così pessimista Bill! Magari tra le bimbe dell’asilo qualcuna ne troviamo…” disse sarcastico Chambers.

“Ok ragazzi io provo a chiedere nella folla, voi però state pronti ad affrontare Dracula” sentenziò il senzatetto, prima di avviarsi verso il sempre maggiore nugolo di gente, tornata a farsi presente dato l’apparente nuovo stato di calma.

“Era questo che avevi in mente Benji quella sera?” ruppe il silenzio Bill.

“Sì, più o meno”.

“Forse era meglio se ci guardavamo “L’Uomo Lupo sfida Frankenstein” e basta!” polemizzò il lupo mannaro.

 

Intanto un sonoro ceffone andava a segno sul viso dell’anziano allenatore del Monster Commando.

“Non si avvicini più a me altrimenti la faccio arrestare!” minacciò goffamente una donna piuttosto abbondante sulla quarantina.

A quanto sembrava, per il povero Mortimer le cose andavano anche peggio che per i suoi ragazzi.

 

Nel mentre, i cinque giovani cominciarono a sentire nell’aria l’avvicinarsi della più letale delle minacce.

“Eccolo!” urlò Luhan indicando l’oscura figura a pochi metri di fronte a lui.

Il ragazzo gli si lanciò immediatamente contro.

Il Conte non si scompose minimamente e lo afferrò al volo per il collo. Mentre Benji cercava disperatamente di respirare, il mostro gli andò vicino con il volto per sussurrargli “Non sei degno”. In un attimo fu scaraventato verso un albero. Un ramo di esso lo trafisse in pieno petto.

“BENJI!” Louis fu il primo a reagire urlando e balzando con intenti omicidi verso il vampiro. Anche in questo caso, l’essere malvagio fissò per un attimo il suo avversario con estrema tranquillità. Poi, mentre il licantropo era ancora in volo, un enorme lupo lo intercettò in aria, con entrambi che atterrarono a metri di distanza dal suo padrone.

I tre rimasti sembravano più titubanti all’assalto. Ma Bill sapeva che ora era il suo turno. Era il più grande e, volendo, il più coraggioso degli altri superstiti. Facendosi coraggio stringendo il più possibile i suoi pugni palmati, si presentò davanti alla creatura della notte. Quest’ultima alzò per un attimo una mano verso il cielo, ed un fulmine improvvisamente colpì in pieno il mutante, che per sua natura aveva la pelle bagnata. Bill cadde esanime a terra.

“No Bill!” gridò Kaufman con le lacrime agli occhi. Poi notò una misteriosa aura luminosa tutt’attorno al suo amico. Il suo omonimo era riuscito, appena in tempo, ad evitare al suo compagno danni ben peggiori. Tutto grazie al suo artefatto magico, la Lancia di Anubi, che egli stesso aveva avuto il coraggio di sfilare dal corpo ormai privo di vita della povera Lakryma.

Il Conte sembrò alquanto contrariato dall’accaduto. Rimase a fissare un sempre più tremante Kramer, mentre la sua figura iniziò a sovrastarlo. Quando ormai lo superava in altezza di almeno un paio di metri, gli sottrasse facilmente il possesso della lancia e, con una sola mano, ne spezzò il manico in due parti, per poi gettarla via come un semplice rifiuto. Bob Kramer era nel più totale terrore. Ma il mostro trasferì la sua attenzione all’ultimo componente rimasto. Il giovane tentò una fuga disperata ma si accorse subito di trovarsi avvolto da un fittissima nebbia.

“Dove è il Voltar?”.

Kaufman fu spiazzato da questa voce giunta da chissà dove.

“Dove è il Voltar?”.

“N-no…non ce l’ho io!” balbettò una risposta disperata.

“Cosa?”.

Il vampiro comparve d’improvviso da quella stessa nebbia che aveva egli stesso richiamato, deciso più che mai ad ottenere questa fondamentale informazione, per poi bloccarsi di colpo. Qualcos’altro aveva catturato la sua preoccupazione.

 

La particolare ricerca di Mortimer stava risultando totalmente infruttuosa. Ormai la gente lo evitava in maniera ancora più palese di quanto non facesse normalmente.

“Ma si può sapere a cosa ti serve una vergine?” domandò una ragazza della folla.

Lui voltò il suo capo verso di lei e le rispose “Mi deve aiutare a sconfiggere il male…e a salvare quei ragazzi!”.

La giovane guardò per un attimo i cinque pronti alla battaglia, nascondendo il fatto che alcuni di essi erano già di sua conoscenza.

“Va bene vecchio, dimmi cosa devo fare!” si convinse infine a dare una mano.

“Ma…tu sei…” tentò di dare inizio ad una domanda piuttosto intima il vagabondo.

“Mi chiamo Laura MacBean e sì, sono di gusti difficili, esatto!” concluse sbrigativamente Laura, coetanea di maggior parte degli allievi dell’anziano.

“Bene Laura allora te devi tenere questo medaglione in mano…” e dicendo ciò gli porse il Voltar, datogli quasi di nascosto da Kaufman prima che si separassero “E dovrai anche dire dieci parole che io ti suggerirò. Tutto chiaro?”.

“Sì, mi sembra tutto piuttosto semplice”.

“Speriamo che lo sia!”.

Detto questo i due diedero inizio alla cerimonia. Con la gente attorno a loro che gli aveva lasciato un ampio spazio di manovra.

“Ok pronta?” chiese Mortimer tenendogli una mano sulla spalla e facendo in modo che afferrasse stretto con ambo le mani l’amuleto.

“Sì”.

“Monstri”.

“Monstri”.

“Vampir”.

“Vampir”.

“Lup”.

“Lup”.

“Mutandis”.

“Mutandis”.

“Crestere”.

“Crestere”.

“Mumie”.

“Mumie”.

“Interdictie”.

“Interdictie”.

 “Lu…me”.

“Lu…me”.

Quest’ultima parola fu detta dal clochard, ed in seguito anche dalla giovane donna, in maniera molto rallentata, dato che la sua attenzione si era rivolta ad altro.

Alle spalle della MacBean infatti era apparsa un’oscura figura. La ragazza, appena voltatasi, emise un potente urlo, cercando di allontanarsi il più possibile da quella minaccia. Ora Dracula era finalmente giunto davanti al suo obbiettivo.

“Non trionferai” sentenziò davanti a lui Mortimer. Quest’ultimo poi ebbe un sussulto. Abbassando lo sguardo, notò immediatamente la mano del Conte infilata nel suo addome.

“Ora è tempo per lei di lasciarci” invitò il vampiro, con un ghigno malefico dipinto sul volto.

Una volta estratte le dita mortali dal suo corpo, il vagabondo crollò a terra. Da prima in ginocchio ed infine esanime al suolo.

“NNNNNNNNNNNNNNNNNOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” fu il grido di dolore fuoriuscito dalle bocche dei cinque ragazzi tramutati, appena ripresisi per tornare a duellare.

A questo punto, la creatura della notte spostò la sua attenzione su Laura, e sul talismano che teneva stretto al seno.

“Signorina, mi può fare la cortesia di donarmi quel medaglione?” richiese gentilmente il mostro.

“Io…” sibilò soltanto la giovane, che ormai stava iniziando a subire il diabolico fascino del suo avversario.

I due erano sempre più vicini tra loro.

“Fermo!” lo intimò in maniera decisa Benji, mentre si lanciava all’attacco insieme ai quattro suoi amici.

Al vampiro bastò alzare distrattamente un braccio, ed una violentissima folata di vento scaraventò via i nostri cinque eroi.

Le labbra del Conte erano ormai pericolosamente vicine al collo della giovane donna. Poi si bloccò di colpo. La sua astuzia sovraumana era stata nuovamente superata. Questa volta però da colui che riteneva un suo alleato.

“Tu cattivo!” disse la creatura mentre sollevava in aria il principe delle tenebre.

“Come hai fatto a liberarti traditore?” domandò ancora sorpreso, colui che una volta era noto come Vlad, ripensando anche alle pesanti catene con cui lo aveva imprigionato dentro la loro tetra magione.

L’energumeno non lo degnò di una risposta ma preferì scaraventarlo a metri di distanza con un lancio. Poi si mise a fissare Laura.

“Quindi…te sei uno dei buoni?” gli chiese la ragazza speranzosa.

“Sì io buono” le rispose il cadavere riportato in vita.

“Laura…”.

Lì per lì alla ragazza sembrò di aver soltanto immaginato che qualcuno la stesse chiamando, tanto era debole la voce.

“Ehi verginella…”.

Dopo questo lei abbassò lo sguardo e vide un Mortimer che si era trascinato dolorosamente verso di lei.

“Oddio sei ancora vivo?”.

“Giusto il minimo sindacale”.

La MacBean rimase un attimo spiazzata.

“Devi concludere…la cerimonia…”.

“Certo, dimmi cosa devo fare”.

“Ultime…due…parole…”.

“Ok”.

“Pax”.

“Pax”.

“Dragoste”.

“Dragoste”.

Non accadde nulla.

“Ehm scusami, ma cosa dovrebbe succedere ora?”.

Il suo interlocutore era ora immobile e con gli occhi chiusi.

La giovane tentò di scuoterlo vigorosamente “Ehi, ti prego, rispondimi!”.

Mortimer tornò ad aprire le palpebre, sussurrando appena “Ora bacia il talismano…e lancialo in aria”.

Detto questo il clochard tornò allo stato esanime.

Laura fece come gli era stato detto. Si alzò in piedi. Baciò il Voltar. Ed infine lo gettò più in alto che poté.

“Ferma!” le urlò il non morto vestito in maniera elegante, mentre si avvicinava a tutto velocità a lei. Ad intercettarlo appena in tempo ci pensò il giovane vampiro del gruppo.

Il medaglione, una volta in volo, iniziò a brillare di luce intensa. La cerimonia aveva funzionato. Bloccatosi magicamente in aria, dal Voltar d’improvviso partirono tre raggi altrettanto luminosi che raggiunsero mete ben predefinite.

Nel bosco ai confini di Faring Town, per raccogliere le ceneri di un principe egizio. Nell’asfalto lì vicino, per raccogliere il corpo tornato umano di un licantropo. Vicino ad una piscina di una villetta, per raccogliere un orrido ibrido ittico-umano.

Ma non era ancora finita. Due vampiri stavano ancora lottando fra loro.

“Misero ragazzino, puoi anche aver vinto questo scontro ma io ti condannerò per l’eternità” minacciò il Conte mentre tentava di azzannare il collo del giovane che, nonostante il suo attuale stato non umano, non presentava alcun doppio foro.

“Provaci se ci riesci bastardo!” ribatté Benjamin, facendo riportare entrambi in posizione eretta.

“Figliolo…”.

D’istinto Luhan voltò per un attimo il suo sguardo verso quella nuova voce.

Una persona anziana, con vestiti altrettanto antiquati, lo stava fissando con in mano un arma piuttosto rudimentale. Sembrava a tutti gli effetti un paletto appuntito di legno.

Anche Dracula girò il suo capo verso il nuovo arrivato.

“Abraham…” sibilò sorpreso.

A quell’affermazione il ragazzo si stupì nel ricollegare il tutto.

Il vecchio, senza proferire altra parola, lanciò il paletto verso Benji. Quest’ultimo, con i suoi nuovi tempi di reazione ultraumani, lo afferrò al volo e lo conficcò profondamente nel corpo del principe della notte, all’altezza del cuore.

Era fatta.

La presa del Conte sul giubbotto di Benjamin si fece via via sempre più debole. Dalla sua bocca cominciarono a fuoriuscire due rivoli di sangue. Difficilmente suo. Infine il suo corpo cadde esanime sulla strada.

Mentre l’auto proclamatosi Vampire Boy continuava a fissare il cadavere, questa volta in tutti i sensi, al suolo, una mano gli si posò sulla spalla sinistra. Era proprio lui: Abraham Van Helsing.

 Il ragazzo lo fissò stupito per qualche minuto, dove riuscì infine a trovare il coraggio per parlare “Professore…com’è possibile che siamo riusciti davvero a sconfiggerlo?”.

“Vedi giovane coraggioso” rispose l’uomo “il conte si trovava, e mi addolora ammetterlo, nella mia medesima situazione: In un luogo che non è il suo, in un tempo che non è il suo e, soprattutto, con anni ed anni di inattività e di un riposo che doveva rimanere eterno. Riconosco che ti è difficile comprenderlo ma il cervello dello stesso conte presenta delle caratteristiche di ragionamento molto infantili e, una volta che i suoi piani sono stati resi vani da te e i tuoi colleghi, quel mostro si è trovato completamente impotente nei vostri confronti”.

“Ma lei…da dov’è sbucato?”.

“Beh, mio giovane collega, ero prigioniero del Voltar. Come tutte le orrende creature che avete affrontato”.

“BBBBBBBBBBBEEEEEEEEEEEEEEEEENNNNNNNNNNNNNNJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!” ad urlare in questa maniera non poteva essere che Kaufman che, nonostante la sua corpulenta silhouette, fu il primo a raggiungere l’amico per abbracciarlo forte.

“Ah! Fai pianto Bob!” lo rimproverò l’interessato.

“Come stai Benji?” gli chiese Louis, appena sopraggiunto.

“Tutto bene?” proseguì Kramer.

“Sì tranquilli, tutto bene” li tranquillizzò Luhan.

“E questo vecchio chi sarebbe?” domandò un insospettito Bill.

“Una persona che conosce le buone maniere, a differenza sua giovanotto!” ribatté l’anziano.

“Lui, ragazzi, è il professor Abraham Van Helsing!” fece le presentazioni un eccitato Benjamin.

Quasi tutti rimasero a bocca aperta. L’unico a non sembrare sorpreso, ma che anzi si staccò immediatamente dal gruppo per raggiungere un altro obbiettivo, fu il più grande degli altri.

 

“Io…credo che sia…” ma la ragazza che trovò lì vicino non riuscì a concludere il discorso.

“Riposa in pace, caro Mortimer” furono le sole parole di Bill.

“Mi dispiace Bill” disse Chambers, che lo aveva raggiunto assieme agli altri.

I due Bob stavano per scoppiare in lacrime.

Anche lo stesso Benji aveva gli occhi lucidi, con i quali si accorse di un volto conosciuto “Ma tu sei…Laura?”.

“Sì, ciao Benjamin!” salutò con un lieve gesto della mano la giovane donna.

“Ragazzi…”.

Quella voce stentata era ormai familiare alla comitiva.

“Franky!” lo salutò affettuosamente Kaufman.

“Lui è dalla nostra Professore!” avvertì immediatamente Luhan.

“Lo avevo intuito, figliolo” assicurò l’anziano.

“Io…ora…andare” proseguì la Creatura.

“Ci mancherai Franky!” il primo a salutarlo con un forte abbraccio fu ovviamente la sua versione giovane.

“Grazie di tutto” fu il saluto di Louis.

“In gamba amico!” esclamò Bill mentre gli dava una pacca sulla spalla.

“Ciao Franky” disse timidamente l’altro Bob.

“È stato un onore combattere al tuo fianco” proclamò stringendogli l’enorme mano.

“Mi mancherete” furono le ultime parole del mostro, prima di essere investito egli stesso da un raggio luminoso proveniente dal Voltar.

I ragazzi erano immobili, avvolti dalla più totale tristezza.

“Penso sia giunto anche per me il tempo di lasciarvi” ruppe il silenzio Van Helsing che poi, guardando verso il giovane vampiro dei cinque, aggiunse “Tranquillo figliolo. Del taglio della testa e del resto me ne occuperò io” riferendosi chiaramente all’ultimo essere malvagio sconfitto.

“Sono fiero di averla conosciuta Professore” esclamò un commosso Benji.

“No figliolo, sono io fiero di aver conosciuto dei giovani come voi” ribatté l’altro.

Detto questo, alzò il suo sguardo in direzione dell’amuleto, ancora luminoso e sospeso a mezz’aria. Come fosse una specie di segnale, dal medaglione scaturirono due raggi che andarono ad intercettare sia il Professore che il Conte. Poi, all’improvviso, il Voltar si spense e cadde rumorosamente sull’asfalto.

Ma le sorprese non erano ancora finite.

Kaufman, ripiombato nel più profondo sconforto, si girò per un attimo a guardare Chambers. Per poi rieseguire la stessa azione con gli occhi spalancati al massimo “Louis sei tornato normale!”.

L’interessato, constatando la stessa cosa sulla persona dell’amico, replicò “Se è per questo anche tu Bob”.

“Siamo di nuovo tutti umani!” proclamò felice Kramer.

“Oh bene era l’ora!” sospirò esausto Bill.

“Addio Monster Commando…” sussurrò quasi Luhan.

“Per quanto riguarda Mortimer cosa facciamo?” chiese l’ex-licantropo, tornato ad osservare il cadavere del loro particolare allenatore.

“A lui ci penso io, tranquilli” assicurò il gruppo l’ex-mutante acquatico.

“Dobbiamo a lui questa vittoria” esclamò l’ex-vampiro.

“Ci mancherai Morty” ripeté l’ex-creatura, con le lacrime pronte a cadere dagli occhi.

L’ex-mummia non resistette più e diede sfogo ad un pianto a dirotto.

“Scusate ragazzi…”.

Tutti e cinque i giovani si voltarono verso colei che aveva appena parlato.

“Ma potete spiegarmi tutta la faccenda?” domandò Laura MacBean.

 

 

 

N.D.A.: Ed eccoci infine giunti al termine della lotta fra bene e il male. Il Monster Commando alla fine è riuscito a trionfare, subendo purtroppo la perdita di Mortimer ma, allo stesso tempo, trovando come loro alleato niente meno che il professor Abraham Van Helsing.

Unico aneddoto che mi viene in mente rileggendo questo capitolo è che, le parole magiche in cui consiste la cerimonia di attivazione del Voltar, non sono altro che parole in lingua rumena, anche se di alcune è facilmente intuibile il significato.

Infine non mi resta che darvi l’appuntamento al prossimo lunedì con la conclusione definitiva della storia.

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


                                                       CAPITOLO 10

“Epilogo”

 

 

 

“…Cenere alla cenere, polvere alla polvere…”

Le solite parole di tutti i funerali. La cosa insolita è che in questo caso non pioveva ma, anzi, non c’era traccia nemmeno di una minima nuvola.

Ancora Benji si domandava come avesse fatto Bill a trovare un prete per questa cerimonia funebre, mentre controllava di sott’occhio i cinque ragazzi che erano con lui. Quattro, finalmente tornati ai loro naturali aspetti, più Laura, che ormai era da considerarsi parte integrante del gruppo.

“Bill senti…” sussurrava appena Kaufman “Ma sei sicuro che a Morty sarebbe andata bene così?”.

“Non rompere Bob!” fu la risposta definitiva, sempre sussurrata, dell’interrogato.

 

“Oddio ragazzi certo che se lo raccontiamo a qualcuno chi ci crede?” cercò di risollevare gli animi l’unica donna della comitiva.

“A proposito” s’intromise Louis “Ma di questo poi che ne facciamo?” mostrando il medaglione ben afferrato dalla sua mano.

“Mortimer non ci ha detto nulla a riguardo” aggiunse Kramer.

“Non vorrete mica buttarlo via?” domandò preoccupata MacBean.

“Giusto! Che si fa con il Voltar, Benji?” chiese a sua volta il più grande dei sei.

“Io penso…” ma Luhan non riuscì a concludere la sua frase perché, di colpo, il talismano riprese ad illuminarsi come la sera precedente.

“Oh cazzo!” si sentì esclamare dal più corpulento della squadra.

Come in una sorta di assurdo déjà vu, i cinque ragazzi erano tornati alle loro sembianze di qualche ora prima.

“Non è possibile!” esclamò il lupo mannaro.

“Ma come? Di nuovo?” sembrò praticamente rassegnata la mummia.

“In effetti cominciava a mancarmi questa situazione…” ironizzò la creatura.

“Bah! Andate tutti a fanculo!” imprecò il mutante, allontanandosi dagli altri.

“Ehi aspettate…” tutti si voltarono verso la ragazza che aveva pronunciato quelle parole “Come mai io sono vestita da strega?”.

Come facente parte di un copione prestabilito, tutti si voltarono verso il vampiro.

“Beh, a quanto pare, la missione del Monster Commando non è ancora terminata!”.

 

 

 

FINE?

 

 

 

N.D.A.: E così si conclude (oppure no?) questa storia in cui ho creduto davvero molto.

Iniziata come omaggio al cinema horror, con citazioni di vario genere, è diventato poi quasi un racconto di formazione per i cinque protagonisti della storia.

Ne approfitto per ringraziare ancora una volta tutti gli utenti che hanno letto, ancora di più quello che hanno lasciato un commento, e che hanno inserito “Monster Commando” tra le loro storie seguite.

Infine posso annunciarvi che sì, ho in mente di scriverne un seguito, ma per ora non voglio anticiparvi nulla.

Quindi grazie ancora a tutti e alla prossima!

 

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