La figlia della Morte

di Cheshire_Blue_Cat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hate ***
Capitolo 2: *** Vision ***
Capitolo 3: *** What??? ***
Capitolo 4: *** "There is no honor in losing to a kid..." ***
Capitolo 5: *** Flames of hell ***
Capitolo 6: *** Are you alone? ... I also... ***
Capitolo 7: *** Personaggi ***
Capitolo 8: *** Only a goodbye... ***
Capitolo 9: *** The Extra Seven ***
Capitolo 10: *** Falsity ***
Capitolo 11: *** Chase without knowing... ***
Capitolo 12: *** The rest of the warrior ***
Capitolo 13: *** Blood Demon ***
Capitolo 14: *** Gemini ***
Capitolo 15: *** I will always return ***
Capitolo 16: *** Insanity Death ***
Capitolo 17: *** Lirin ***
Capitolo 18: *** No Happy Ending for Me ***



Capitolo 1
*** Hate ***


 
Hate
 
Loghi si inginocchiò dinanzi al trono del sovrano del Gran Reame: - In cosa posso servirla Lord Nene? - chiese in modo reverenziale.
La ragazza rimase immobile al suo fianco, paralizzata dallo sguardo del tiranno puntato su di lei. Tremava, non riuscendo nemmeno a muovere un muscolo. Rimaneva rigidamente in piedi con lo sguardo strabuzzato verso Nene incapacitata a muoversi, anche se il Generale, prima di entrare in quella stanza, le aveva raccomandato di mostrare il massimo rispetto verso quella persona e di inchinarsi, in quel momento non ci riusciva. Un misto di terrore, smarrimento, disgusto e orgoglio le si rimescolava nello stomaco minacciando di farla star male.
- È passato tanto tempo Loghi dal nostro ultimo incontro, spero che la mia improvvisa convocazione non ti abbia dato problemi, ma c’è un nuovo progetto che richiede la tua supervisione. - parlò Nene, Destroy, da sopra la sua spalla sinistra gli fece l’eco delle ultime parole.
La ragazza tremò ancora e ancora rimase in piedi.
Dalla porta alle loro spalle entrò un robot dalla carrozzeria vagamente tondeggiante e una pistola fissata alla cintola, aggiornò il Generale delle recenti manovre e conquiste dell’esercito del Gran Reame.
- Ci sono delle truppe inutilizzate che decido di affidarti Loghi, lo Squadrone vanta di molti Manipolatori di Ombre. -
Loghi chinò ancora il capo, onorato da tanta fiducia poi Nene discese finalmente dal suo trono e, andandogli davanti, lo invitò ad alzarsi, intanto guardava la ragazza.
- Bene Loghi… mi avevi promesso un fiore raro da aggiungere al mio comando… è lei? - chiese con una vaga nota di sarcasmo nella voce.
La ragazza non osava alzare lo sguardo adesso, aveva sbagliato a presentarsi lì, era ancora troppo debole e giovane per entrare a far parte dell’esercito. Poteva essere forte quanto voleva, ma niente poteva compensare la mancanza di esperienza… questi pensieri annebbiavano la mente confusa di lei.
- Si, è lei. - confermò Loghi: - Si chiama Lirin. -
Un altro sussulto la scosse, Lord Nene aveva preso ad osservarla con attenzione, come avrebbe fatto con un pezzo d’oro di cui avrebbe dovuto valutare il valore.
Si costrinse a tenere il mento alto e lo sguardo fiero, per ispirare più sicurezza. Quella che ora le mancava.
Il sovrano la guardò compiaciuto, stupito da una persona tanto singolare: i capelli neri e lunghi erano legati in una coda alla quale però sfuggiva il ciuffo davanti che le ricadeva sulla parte destra del viso, gli occhi erano viola, le guance pallide lievemente punteggiate di efelidi, il fisico era asciutto e snello come si addiceva a qualunque combattente veloce e audace.
- Mmm… - fece Nene pensoso guardandola: - Io non vedo niente di particolare in questa giovane. - affermò.
- Non è umana… ed ha un’Ombra potente. - si affrettò ad aggiungere il Generale.
Nene annuì poco convinto: - Mostrami la tua creatura. - le ordinò.
Il Generale le lanciò un breve sguardo preoccupato, ma Lirin non vi badò, divaricò le gambe e con calma glaciale allentò lentamente le catene che tenevano dormiente la sua Ombra tentando di farla apparire con quanto meno caos possibile, perché, cosa poteva descrivere appieno la sua Ombra se non il caos? Era la distruzione incarnata, quella che si narrava e si temeva fin dagli albori dell’umanità.
Lasciò divampare liberamente solo la sua aura azzurra, che prese a scompigliarle i capelli corvini non appena comparve. Una lingua di oscurità si allungò alle sue spalle, a qualche metro di distanza si bloccò e prese ad agitarsi vivacemente per poi brillare di luce cerulea. Con lentezza quasi snervante il corpo squamoso di una dragonessa blu emerse dalle tenebre, il corpo del rettile era di gran lunga più sottile della norma.
Aveva tre anelli d’oro sul corpo: uno al collo e gli altri due uno su ogni corno. Segno che l’Ombra non era artificiale.
Piano aprì le palpebra scoprendo gli occhi, il rosso e il viola si mescolavano lampanti in quelle iridi grandi quanto un pugno emanando bagliori sinistri quanto arcani.
Lirin dovette fare un enorme sforzo per tenere calma la sua dragonessa, ma rimase comunque compiaciuta dall’espressione sbigottita del re che durò solo un attimo prima di riprendere la solita compostezza.
- È da tempi remoti che non si parlava più di questa Ombra, se ne trovano riferimenti solo alle prime pagine del più antico libro terrestre… - parlò ammirato: - Credevo che i Demoni fossero estinti… - ancora silenzio nella grande sala: - Questa bestia  può sperare di essere controllata solo da uno di loro… dimmi… da dove vieni bambina? -
Lirin si morse un labbro ostinandosi a non parlare e ritirò l’Ombra: - Non può ricordarselo… l’ho trovata che era a malapena cosciente di se… - la difese Loghi.
Nene assentì ancora: - Per ora ho solo le tue parole e la mia teoria a dire che questa ragazza appartenga ad un’altra specie… -
- Scusi il mio intervento Lord Nene… - mormorò Lirin con la voce a sbalzi: - … ma credo di poter colmare i suoi dubbi se me lo concede. - abbassò immediatamente la testa dopo aver parlato, si faceva schifo da sola. Nessuno fino a quel momento si era dimostrato forte abbastanza per avere le sue reverenze, se voleva avrebbe potuto spazzare via quella fortezza con la stessa facilità di un lupo che azzanna un agnello, ma avrebbe perso sicuramente il controllo ed era l’ultima cosa che voleva. Strinse i denti.
- Avanti. - la incoraggiò Nene tenendosi però sempre a debita distanza, aveva notato che da quando aveva evocato la sua bestia quei tre passi di distacco che teneva da loro erano più o meno triplicati.
Non fu necessaria troppa concentrazione per quello.
Dopo qualche secondo al posto del suo corpo umano c’era quello possente di un felino maculato, un giaguaro con gli occhi viola, molto più grande di qualsiasi altro.
Poi cambiò di nuovo sembianze, ma stavolta non erano né quelle umane né quelle animali, sembrava una via di mezzo: il corpo e il viso erano quelli di una ragazza, però sopravvivevano in lei alcuni tratti animali quali le orecchie, la coda, i canini e le unghie leggermente più lunghi del normale. Restò con quella forma e attese paziente con le braccia conserte anche se la coda, mossa nervosamente a destra e a sinistra, tradiva la sua agitazione.
Anche Loghi pareva nervoso dopo che fu calato quel pesante silenzio: - Non toglierò la ragazza dalla tua custodia, sono sicuro che ne farai un’ottima combattente per contrastare Zola e gli evocatori di Ombre. Affido a te la decisione di farla unire allo Squadrone o meno, quando sarà pronta s’intende. - solo dopo quelle fatidiche parole Lirin e il Generale tornarono finalmente a respirare, Lord Nene li congedò, ma anche dopo che uscirono da quella stanza e le pesanti ante della porta si richiusero si poté udire l’inquietante risata alle loro spalle.
Loghi appiattì le orecchie feline della ragazza tra i capelli corvini, almeno per attutire il suono di quella malvagità: - Torniamo a casa. - le disse subito dopo.
Salirono sulla stessa corazzata che li aveva portati fin là e che ben presto si alzò in cielo.
Lirin stava nella cabina di comando con Loghi, acciambellata in forma giaguaro in un angolino vicino alla porta. L’incontro con Nene l’aveva sconvolta, quell’uomo trasudava odio e crudeltà, non che non fosse abituata a percepire quel genere di emozioni, ma quelle erano troppo forti, alimentata de una furia cieca e una brama di potere che a pensarci le dava alla testa.
Era solo contenta di essersi allontanata da quella città-fortezza, per un attimo doveva ammettere di essersi quasi lasciata trasportare dall’aura malvagia che impregnava quel luogo, ma per sua fortuna aveva mantenuto saldo il controllo.
Udiva indistintamente ciò di cui stava parlando il Generale con un soldato semplice, qualcosa riguardo al Tenente Dragnov e lo Squadrone di cui aveva accennato Nene.
Lirin… ti vedo preoccupata…la sua Ombra s’immischiò tra i suoi pensieri tormentati con tale violenza che sussultò.
Non è niente Kirillion…chiamava così la sua Ombra, da quel che ricordava della lingua antica appartenente al suo popolo significava vento dell’est, da est sorgeva il sole, così come sorgeva la dragonessa dalle Tenebre. Non le erano mai piaciuti i nomi generici che la maggior parte dei manipolatori davano alle proprie Ombre, aveva un qualcosa che la ripugnava perché voleva dire che non consideravano le creature altro che armi. Kirillion non era un arma, era l’unica con cui poteva condividere apertamente i suoi stati d’animo.
Sentì il rettile accucciarsi affianco a lei nella sua mente: Non avresti mai perso il controllo, non te l’avrei permesso… la rassicurò captando le sue ansie: E nemmeno tuo padre…
Papà non avrebbe potuto fare niente…era da quando aveva cominciato a prendersi cura di lei, e di conseguenza anche di Kirillion, che definiva il Generale come suo padre e la fortezza sul lago casa sua. Anche perché non aveva nessun altro posto dove andare.  
Kirillion sbuffò irritata: Lirin ti prego smetti di fingere che non te ne importi niente di nessuno e basta con il malumore, non lo sopporto!
Lasciami in pace, sono stanca… interruppe così quella conversazione, si sdraiò più comodamente contro il muro e chiuse gli occhi. Nonostante il fragore che producevano i motori della corazzata Lirin riuscì a prendere sonno, anche se non profondamente, il suo solito dormiveglia.
Quando si svegliò era nel suo letto, nella sua stanza al secondo piano della fortezza sul lago, oltre le tendine sottili della finestra si scorgevano i raggi ambrati del sole morente e dai piani inferiori provenivano i rumori delle persone ancora sveglie.
Eppure decise che avrebbe aspettato ancora un po’ prima di scendere giù per la cena, non era ancora psicologicamente pronta a parlare con suo padre, rimase accoccolata tra le sue lenzuola azzurre a guardare il cielo che scuriva oltre i vetri.
Credi che mi permetterà mai di entrare a far parte di quello Squadrone? chiese riferendosi a Loghi.
La dragonessa emerse lentamente dal terreno e si acciambellò affianco al suo letto come avrebbe fatto un gatto: Sai che ti considera la miglior arma del Gran reame quanto il suo bene più prezioso…
Lirin sbuffò stringendo di più le coperte: Lo so che è iperprotettivo nei miei confronti…
È pur sempre tuo padre, fa quello che è meglio per te…
Già… devo capire anch’io quanto desidero far parte dello Squadrone, fin’ora ne ho sentito solo parlare, bisogna vedere cosa ne penserò quando conoscerò i Manipolatori…
Kirillion sbadigliò: Hai ragione… ti dispiace se rimango qui? chiese sistemando meglio le zampe sotto il corpo e sbuffando una nuvoletta di fumo.
La ragazza annuì e, alzatasi dal letto, scese le scale.
Com’era prevedibile il Generale era seduto in sala da pranzo che l’aspettava: - Scusa se ho tardato. - mormorò Lirin prendendo posto alla destra del padre.
- Non serve che ti scusi, avevi bisogno di riposare. - le rispose in modo piatto.
- Nene è più terribile di quanto mi avessi descritto… -
Loghi riappoggiò la forchetta sul piatto: - Dimentica quell’odio prima che avveleni il tuo controllo. - la ammonì.
Lirin annuì assente e preferì cambiare argomento: - Quando conoscerò lo Squadrone di cui hai parlato con Lord Nene? -
- Massimo una settimana. Dovranno rimanere qua per un po’. -
Lei sorrise non sapendo dirne il perché: - Quanti sono? - chiese curiosa.
- Sono in cinque e se non ricordo male uno dovrebbe avere più o meno la tua età. - Loghi ricambiò il sorriso lieto di allontanare le sue domanda da Nene.
Guardò in alto pensierosa: - Mmm… Sedici anni… - disse pensando a quello che aveva accennato Loghi. Lei ne aveva quindici.
La cena assunse una nota più allegra, Loghi le descrisse i cinque soldati e le loro Ombre quasi nei particolari perché anche lui non gli aveva mai visti.
Quando risalì in camera trovò la sua Ombra placidamente addormentata sul tappeto persiano, per non rischiare di svegliarla dovette far i salti mortali. Quando riuscì a raggiungere il letto e ad infilarsi sotto le coperte era più che sfinita.
Buonanotte… mormorò col pensiero, la dragonessa si agitò lievemente nel sonno poi tacque.
Lirin sorrise e si girò da un lato abbracciando il secondo cuscino che aveva sempre nel letto.

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Capitolo 2
*** Vision ***


Salve a tutti *un cespuglio rotola via e si sentono i versi degli avvoltoi* ^.^’
Con molta probabilità scrivere(e continuare) questa storia è una perdita di tempo… ma lo faccio lo stesso dato che l’idea mi tormenta da parecchio.
Buona tortur… ehm… lettura
P.S. se qualcuno ha letto il primo cappy *altro cespuglio che rotola via -.-“* deve sapere che è passato più o meno una settimana da quando Lirin è andata da Nene.

 
Vision…
 
… one week later…
Il suono della sveglia la scaraventò giù dal letto: - Sono sveglia! Sono sveglia! - urlò con già i nervi a fior di pelle, anche Kirillion fece un salto mettendo sottosopra l’enorme tappeto dove era solita assopirsi.
Lirin fece un lungo sospiro e lanciò un’occhiata assassina verso la sveglia che squillava ancora e con più insistenza.
Un minuto dopo dalla finestra si vide volare la povera sveglia che si frantumò in mille pezzi cadendo dal secondo piano e, come se non bastasse, Kirillion si accovacciò, impacciata dalle dimensioni, sul davanzale e sputò una vampa di fiamme. Della sveglia non rimase che un mucchietto di cenere a far compagnia a tutti gli altri sparsi lì sotto.
Una settimana che era passata con lentezza snervante dato che non aspettava altro che l’arrivo dei manipolatori, fremeva dalla voglia di vedere com’erano.
Sapeva che il Generale non c’era, l’aveva sentito uscire alle prime luci dell’alba dato che lo sferragliare dei motori di una corazzata aveva turbato il suo sonno. La sera prima le aveva detto che doveva subito recarsi nelle vicinanza di Grashid (non ho la più pallida idea di come si scriva il come della capitale del Gran Reame… pardon…), al confine, dove si trovava lo Squadrone Volante Indipendente e dove supponeva stessero per andare Zola e i suoi.
Le aveva espressamente detto di non seguirlo e lei a malavoglia gli aveva obbedito,   avrebbe passato la mattinata nel solito modo: si sarebbe allenata a combattere con l’Ombra e con i suoi poteri.
Si vestì e si lavò a velocità fulmine e, ritirando l’Ombra, uscì con un salto dalla finestra come al solito senza farsi un graffio.
Si diresse a passi lenti verso l’arena dove si allenava con i mecha-robo, si annoiava parecchio a disintegrare quelle ferraglie, era a suo parere troppo facile, ma resistette all’impulso di montare in groppa a Kirillion e volare a rotta di collo per raggiungere suo padre pensando a come si sarebbe divertita a combattere contro i manipolatori.
12.00
Era fradicia di sudore senza contare che il sole a picco non aiutava per niente: - Ho bisogno di una doccia fredda. - ansimò asciugandosi il sudore dalla fronte.
- Bhe, di che ti lamenti? Io qui mi trovo benissimo. - la stuzzicò l’Ombra che intanto se ne stava sdraiata comodamente sulla terra arsa crogiolandosi al sole.
- Ahahah -.-“ - rise la ragazza sarcastica arrampicandosi sul suo dorso, dove aveva montato una sella per stare più comoda, senza fare troppi complimenti e spronandola verso il cielo.
Il rettile sbuffò e spalancò le ali librandosi elegantemente in cielo. La sensazione di freddo fu immediata, si alzò in piedi sul dorso del drago rimanendo in equilibrio: Sono diventata più brava dall’ultima volta… constatò facendo qualche passo.
Kirillion voltò la testa e sorrise furba scartando di lato facendo inevitabilmente perdere la stabilità alla sua evocatrice: Devi rimanere in piedi anche nei tragitti accidentati… le ricordò ridacchiando.
Lirin si alzò di nuovo aggrappandosi ad una delle creste dorsali: Umpf… sbruffona… commentò riferendosi al continuo pavoneggiarsi della dragonessa quando volavano però tante volte si era ripetuta che era normale dato che persino i draghi-ombra erano molto vanitosi.
Passò tutto il resto della giornata a provare evoluzioni impossibili in groppa a Kirillion di cui solo due le riuscirono bene: il giro della morte e l’avvitamento.
Si stava ancora riprendendo dall’ennesima giravolta che la ricetrasmittente che le aveva da poco regalato suo padre cominciò a lampeggiare facendo un suono frammentato. Schiacciò il pulsante e un vetrino viola le offuscò lievemente l’occhio destro: - Si? - rispose sapendo che dall’altra parte della cornetta c’era suo padre.
- Sto tornando… Ma cos’è questo rumore? - chiese riferendosi allo sferzare del vento che probabilmente gli arrivava come un suono distorto.
- Kirillion sta provando un’altra giravolta, ti devo lasciare! - l’ultima frase la urlò per sovrastare il vento e udì quasi indistintamente la raccomandazione di Loghi di non cadere.
Si appiatti contro la sella e guardò il cielo e la terra che si confondevano vorticosamente: - Che dici? Li raggiungiamo? - chiese Kirillion con la voce carica dell’ebbrezza del volo.
Lirin si mise una mano sulla bocca per trattenere un conato e annuì con un verso: - Dovrebbero arrivare da est rispetto alla fortezza… - biascicò con il sapore di bile in bocca: - Ma niente giravolte. -
In compenso Kirillion volò al massimo della velocità facendo numerosi saliscendi e dopo appena dieci minuti videro la sagoma nera e inconfondibile della corazzata di Loghi all’orizzonte.
Lirin lesse a voce alta il numero sulla fiancata: - 0-0-5-F-0… si, è la sua. Mantieni la rotta. -
- Certo capitano. - la prese in giro l’Ombra.
Lirin decise di non darle peso, era troppo concentrata sull’astronave mimetica che si stava avvicinando sempre più ed era sicura che anche da quella distanza i passeggeri avessero già avvistato la mole della dragonessa.
Raggiunsero il velivolo e ci volarono affianco, Lirin si mise al contrario sulla sella per tentare di vedere chi c’era nella cabina dato che anche a velocità ridotta Kirillion sfalzava di venti metri buoni l’astronave.
Vide Loghi con altre cinque persone, il suo cuore fece una capriola e il suo ricetrasmittente suonò di nuovo: - Hai intenzione di rimanere lì fuori? - le chiese Loghi con ironismo sapendo quanto lei amasse il cielo.
- Se mi apri la botola sul tetto sarei felice di posare i piedi su qualcosa che non sia il dorso di un drago. - mormorò ancora con lo stomaco in subbuglio.
Loghi rise: - Wow Kirillion, l’hai strapazzata per bene. - disse all’Ombra.
- Ah, figurati. - rispose orgogliosa quella sbuffando dalle narici.
Si udì il suono metallico del tetto dell’astronave che si apriva leggermente: - Fai da sola? - chiese Kirillion.
Lirin annuì: - Tieni rigida la coda. - detto quello scavalcò la sella e camminò come un funambolo lungo la coda del drago che finiva a pochi centimetri dalla nave, saltò e si arrampicò velocemente sul tetto.
Quando saltò dentro la cabina provò un immenso senso di sollievo e fu sicura di avere un colorito verdognolo: - La prossima volta vengo con un mecha… - imprecò appoggiandosi alla parete.
- Non è stato poi così terribile. - si giustificò la dragonessa parlando oltre i vetri così che tutti la sentissero.
- Parla per te. - Lirin fece un chiaro segno di stizza: - Inutile rettile. -
Kirillion fece sbandare con l’ala la navicella facendo cadere per terra tutti quelli in piedi, appena si fu ripresa Lirin per poco non uscì a strappargliela quell’ala: - Ringrazia che non ho voglia di spargere sangue di drago! E tanto meno di Ombra! - le urlò, Kirillion si allontanò ridendosela sotto i baffi.
- Troppe giravolte? - chiese Loghi.
- Troppe giravolte… - confermò Lirin appoggiandosi al muro: - Non parlarmi di cena stasera… - disse ironica e solo allora si voltò verso le cinque persone che non avevano ancora parlato. Fin dall’inizio non avrebbe mai saputo dire quale sarebbe stata la sua reazione, ora lo sapeva: rimase imbambolata a guardarli e nel frattempo si chiedeva se fossero davvero quelli i cinque manipolatori di Ombre di cui suo padre le aveva tanto parlato.
Lasciò il suo stupore da parte e assunse un’espressione scettica: Volete dirmi che QUELLI… sono lo Squadrone Volante Indipendente?! Cooosa???
Da fuori la navicella Kirillion sbandò all’inverosimile tanto che non poteva averlo fatto apposta, condividendo lo stupore della ragazza.
Recuperò la sua espressione altera dopo poco e uscì direttamente da uno dalla porta di sicurezza, sulla destra rispetto al posto del comandante. Così, come se non avesse mai aspettato con ansia quel giorno…
Saltò in groppa alla propria Ombra e precedette di parecchie centinaia di metri l’astronave, poco dopo squillò la ricetrasmittente: - Cosa c’è che non va? - la voce di suo padre.
Lei era troppo persa nei suoi pensieri per articolare una risposta con più di una parola: - Niente. - e riattaccò.
Non sono come te li era aspettati… immaginò la dragonessa stroncando quel silenzio che si era creato.
È che… me li aspettavo…
Diversi? completò l’Ombra: Magari più grandi…
No, è che… mi sento strana ora che li ho visti… mugugnò la ragazza rannicchiandosi tra le ali della dragonessa.
Lirin?la chiamò sentendola assente, ma non ottenne risposta. Scandagliò la mente dell’evocatrice con un’ansia sempre crescente, ruggì di dolore.
… Esplosione, fumo e troppo rumore, poi le mura di una città che cominciavano a franare…
Lirin sbatté le palpebre spaventata e facendo recuperare così all’iride il suo naturale colore violaceo, ebbe un improvviso conato di vomito.
Kirillion ruggì ancora, senza preavviso.
…un drago azzurro di dimensioni immani si fece largo nella cortina di fumo, era un’Ombra e a controllarla c’era poco più di un ragazzo. Lo sferragliare delle macchine da guerra riempì l’aria e una lunga fiammata imporporò il cielo mentre le navi del Gran Reame si avvicinavano sempre più alla costa.
Altre tre Ombre accompagnavano il drago quando attaccava: un minotauro, una tigre e un pipistrello.
Poi la flotta si ritirò e il drago ruggì al cielo, un suono devastante e terribile.
Così come quelli di Lirin, gli occhi di Kirillion erano diventati lattei e non trasmettevano alcuna espressione oltre ad un dolore sovrumano.
Lirin si premette le mani sullo stomaco iniziando a sputare sangue, gli occhi di evocatrice ed Ombra cominciarono a riprendere i rispettivi colori, ma la ragazza perse l’appiglio alla cresta dorsale di Kirillion e iniziò a scivolare verso il basso priva di forze.
L’Ombra chiamò il nome della ragazza talmente forte da far tremare il cielo gonfiandolo della sua paura e si buttò in picchiata, la riafferrò con gli artigli e d’improvviso le sue membra si fiaccarono e le ali divennero due pezzi di piombo.
Erano quasi alla fortezza, ma non sarebbe mai stata in grado di atterrare davanti al portone senza fare del male a lei e a Lirin.
Virò verso a radura e, lasciandosi cadere a peso morto, scivolò in basso rivolgendo la schiena contro la terra e le zampe con cui teneva stretta Lirin verso il cielo. Strisciò la schiena sulla terra spezzandosi due creste dorsali e nella caduta la testa le si storse. Durante l’impatto avvolse le ali intorno al corpo della ragazza, per proteggerla poi rimase immobile, il corpo abbandonato in una posizione innaturale e una lunga ferita sulla spalla da cui cominciava a serpeggiare il sangue-Ombra, un liquido verdognolo e dall’odore pungente che avvelenò tutti i fili d’erba verde con cui veniva a contatto.
Non poteva scomparire dentro il corpo della sua evocatrice, non ora, altrimenti lei sarebbe morta.

 

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Capitolo 3
*** What??? ***


What???

 
Riemerse dal buio dopo quelle che parvero delle ore, mosse le mani e con grande sorpresa strinse tra le dita la stoffa morbida delle sue coperte. Era in camera sua.
Si alzò di scatto, ma un improvviso giramento di testa la costrinse a rimettersi giù, aveva una pezza bagnata sulla fronte e sudava freddo.
Ci mise qualche secondo a ricordare cosa fosse successo prima: era caduta dalla groppa di Kirillion, l’aveva vista precipitarsi da lei per afferrarla ed erano precipitate nella radura, dopo di che non ricordava altro che un lancinante dolore alla spalla. Se la sfiorò e trovò delle bende.
Quella visione che aveva avuto poco prima di svenire tornò a farle visita,insieme a quel drago dagli occhi rossi. Il respiro accelerò: Kirillion… chiamò debolmente dopo aver visto il tappeto di fianco al letto vuoto e non averla percepita dentro di se.
Si chiese con disperazione se un’Ombra potesse sopravvivere ad una caduta di quel genere precipitando a peso morto, l’unica risposta che trovò la esasperò ancora di più: non poteva.
Si alzò dal letto ignorando le fitte al costato e i capogiri, scese le scale precipitandosi nel salone dove sentiva già dall’andito delle voci tra cui quella di suo padre: - Dov’è Kirillion?! - urlò spalancando la porta. Dentro la stanza c’erano anche i Manipolatori di Ombre, che si girarono tutti a guardarla, ma non le importava più di tanto, ora voleva solo sapere dov’era la sua Ombra.
- Lirin, hai la febbre e non ti fa bene stare alzata. - le disse Loghi mascherando la preoccupazione.
Lirin non però non si mosse in attesa di spiegazioni. Il Generale sospirò: - È ancora nella radura… - mormorò.
Lirin tremò e risalì in camera, poco dopo ritornò con gli stivali di pelle ai piedi e una giacca.
Loghi non cercò neanche di bloccarla, la lasciò andare dove voleva andare.
- Perché non l’ha fermata? - azzardò a chiedere uno dei Manipolatori, quello in apparenza più avanti con gli anni, con i capelli rosso carminio e un paio di occhiali con le lenti verdi che impedivano di stabilire il colore degli occhi.
- Perché non mi avrebbe ascoltato in ogni caso Ghilliam. -
La risposta secca e inespressiva di Loghi lasciò alcuni attimi di silenzio che poi furono colmati da lui stesso: - Andropov. - un ragazzo con i capelli turchesi e gli occhi azzurri si fece avanti, Loghi gli indicò la porta dalla quale Lirin era appena uscita: - Seguila e fai in modo che non si faccia male. -
Il ragazzo annuì e imboccò la porta.
C’erano una cinquantina di metri buoni tra il castello sul lago e la radura, un vento incredibilmente gelido le sferzava il viso come per sottolineare ancora di più la desolazione che sentiva sull’anima rimasta vuota per metà.
Camminò per non seppe quanto e quando arrivò alla radura, seppur stanca e debole, corse incontro all’enorme massa nera che vi troneggiava in mezzo.
Ci si buttò contro schiacciando il viso tra le squame ruvide e opache, prese a singhiozzare e il corpo sotto di lei sussultò.
- K… Kirillion… - mormorò sentendola respirare debolmente.
L’Ombra spostò appena la testa e dischiuse le fauci liberando una nuvoletta di fuligine, quando socchiuse appena le palpebre gli occhi erano due specchi bianchi e torbidi che andarono ad incontrare quelli viola della ragazza che inevitabilmente divennero vacui anch’essi.
Vedeva Tenebre, solo Tenebre, che si agitavano nel buio emanando lampi di odio, le fiamme di un rogo che consumavano un corpo per poi ridurlo in un frammento di Tenebre…
Qualcuno le scosse violentemente le spalle e tornò padrona del suo corpo con un lungo respiro quasi fosse rimasta in apnea per tutto quel tempo.
Si voltò e i suoi occhi incontrarono l’azzurro più puro del cielo, un brivido di freddo le corse lungo la schiena mentre quello sguardo di ghiaccio le si posava sul volto. Per un attimo fu sicura di aver sentito sulla pelle la fredda bora che soffiava nei paesi del nord.
Spostò lo sguardo di nuovo verso Kirillion e il freddo si placò, come se niente fosse si accovacciò sotto l’ala del rettile, la ferita sulla spalla non perdeva più sangue verde, ma era tumefatta come credeva fosse anche quella sulla sua pelle.
L’occhio del drago era tornato della sua solita, singolare tonalità rosso-viola.
- Perché sei qui? - biascicò l’Ombra.
- Avevo paura che te ne fossi andata… - tenne a freno un singhiozzo che le premeva sulla bocca: - Non sentivo la tua presenza… e allora, ho avuto paura -
Kirillion non rispose, guardò con circospezione il ragazzo in piedi affianco a loro: - Chi sei? - ringhiò anche se quel sibilo le costò un fragoroso colpo di tosse.
Il ragazzo sussultò: - Mi chiamo Andropov… -
Kirillion annuì e, senza aggiungere altro, allungò l’ala per coprire Lirin dal freddo della notte. Andropov rimase ostinatamente fuori da quella coperta, al freddo e sotto una volta stellata.
Lirin si addormentò, la sentiva respirare calma oltre la membrana dell’ala che le faceva da coperta.
- Puoi anche andartene… - gli sussurrò Kirillion, ma lui scosse la testa: - Non sto male qua fuori. - come a smentirlo venne attraversato da un brivido.
La dragonessa sbuffò e allungò l’ala anche sopra di lui e riappoggiò la testa sulle zampe grugnendo quando una fitta le raggiunse una spalla. Lirin nel sonno sussultò.
Dopo pochi minuti anche il respiro dell’Ombra si fece pesante, solo allora il ragazzo si alzò e andò ad esaminare la ferita sulla spalla del drago. Non era particolarmente profonda e avrebbe potuto guarirla senza troppe difficoltà.
La sua Ombra era formata per intero da cristalli il cui pieno scopo ancora gli sfuggiva, sapeva solo che erano ottimi per spiare le persone senza essere visti e per risanare le ferite, ne evocò solo uno e lo appoggiò sulla spalla di Lirin in corrispondenza delle bende ora leggermente bagnate.
Guardò meglio, le bende erano bagnate di nero… cercò di scacciare l’immotivata inquietudine che quella vista gli trasmetteva e proseguì.
Lentamente il cristallo che aveva in mano cominciò a diventare sempre più scuro, quando smise di cambiare colore lo lasciò cadere a terra, quello si distrusse in minuscole schegge con un dolce tintinnio.
La spalla dell’Ombra era di nuovo azzurra e squamosa senza tracce di imperfezioni.
Guardò Lirin, era tesa e si poteva vedere che non dormiva profondamente, poi scostò l’ala di Kirillion ed uscì incamminandosi nel bel mezzo della notte verso il forte dalla quale si scorgevano le uniche luci del paesaggio.
 
Aprì un occhio poi l’altro, la vista non era più annebbiata come quando aveva la febbre, si tastò la fronte e si stupì nel sentirla fresca.
Le ci volle qualche secondo per collegare il cervello ancora intorpidito dal sonno, si guardò e sbuffò:Non è possibile… si disse esasperata rimirandosi il corpo felino e dalla pelliccia maculata.
Ogni volta che era sconvolta le succedeva spesso di trasformarsi in un animale senza neanche rendersene conto, il che era piuttosto scomodo dato che doveva tenere celata la sua natura il più possibile.
Era ancora sotto l’ala di Kirillion, che dormiva alla grossa. Si alzò e fece per uscire da sotto la sua coperta azzurra, ma si bloccò. Mosse incerta la spalla sinistra, niente fitte e niente dolore, si voltò a guardare la spalla dell’Ombra su cui però non c’era alcuna traccia dello squarcio visto la sera prima. Le ferite erano completamente rimarginate.
Uscì nella radura e scosse via dalla pelliccia l’umidità accumulata durante la notte, si guardò intorno eppure non vide nessuno.
Cosa cerchi? chiese Kirillion alzandosi dal tappeto d’erba con una facilità estrema per una che era caduta da almeno duecento metri di quota.
Niente… Piuttosto, sei stata tu a guarire le ferite?
L’Ombra scosse la testa, ma fece vedere alla ragazza una scena della sera prima attraverso i suoi occhi: c’era il ragazzo con gli occhi blu chino sulla sua spalla ferita con una specie di vetrino in mano.
Lirin rimase impassibile facendo come se non avesse visto niente: Torno da papà, sarà preoccupato…ritirò l’Ombra e trotterellò fino alle sponde del lago, dove poco distante sorgeva il forte, da lì si permise un’andatura più lenta mentre costeggiava la riva ciottolosa.
Pfff… ma chi si crede di essere quello? Me la sarei potuta cavare benissimo da sola… pensò tenendo accuratamente fuori dai suoi pensieri Kirillion.
Colpì con la zampa un sasso che finì in acqua: Non vedo l’ora di fargli vedere dove gliela ficco la sua compassione… detestava le persone che provavano pietà, era una delle forme di debolezza peggiori a parere suo. Non aveva bisogno della compassione di nessuno, sapeva badare a se stessa. Infondo, l’aveva fatto per due anni e passa, prima che Loghi la trovasse tra le macerie di un villaggio appena distrutto.
Senza accorgersene andò a sbattere la testa sulla porta d’entrata del castello mentre pensava, fece un chiaro segno di stizza e, senza troppi complimenti saltò dentro da una finestra.
Non credi di essere un po’ troppo arrogante? In fondo il ragazzo c’è stato utile…
Me la sarei cavata lo stesso Kirillion, come sempre.
Credo che a questo punto dovresti spiegare a tuo padre il motivo di quella caduta…
Lirin si rabbuiò tutta d’un colpo e si fermò nel bel mezzo del corridoio che portava alla sala da pranzo: Sai bene quanto me che non ne ho idea… respinse quasi violentemente la partecipazione della sua Ombra ai suoi pensieri e varcò la porta trasformandosi in un’umana.
- Papà. - chiamò appoggiandosi allo stipite e guardando la sala con noncuranza.
Come previsto il Generale era seduto a tavola con quegli altri cinque a fare colazione, Lirin fece una smorfia vedendo anche… com’è che aveva detto di chiamarsi? Kirillion doveva avermelo detto, ma ora mi sfugge… ah, si! Andropov…
Loghi si voltò e sul volto gli si dipinse un’espressione di ben mascherato sollievo nel vederla viva e vegeta: - Stai bene? -
- Si, la febbre è passata. Ora vado in camera. - disse sperando che la conversazione finisse lì, ma forse così era troppo facile.
- Prima devi sapere una cosa. - la bloccò il padre.
Lirin cercò di sforzare un sorriso: - Si? -
- Volevo solo dirti che dovrai dividere la tua stanza con uno di loro. -
Spietata: un aggettivo sotto la quale catalogò quella breve discussione.
Per poco il mento non le si staccò dal resto della faccia: - Come scusa? - arrossì di botto: come poteva farle questo? A parte che i Manipolatori erano tutti più grandi di lei e no, non voleva dividere le sua stanza con l’unica ragazza che faceva parte del gruppo.
- Hai capito benissimo. - le disse in tutta risposta Loghi.
Lei aveva la tipica faccia del seitotalmentefuoriditesta???!!!: - Si, ma perché? Fai dividere la stanza a due di loro! - sbraitò indicando con un gesto lo Squadrone.
- La tua è la stanza più grande. - era più che un valido motivo e per la prima volta Lirin desiderò che la sua camera fosse grande quanto uno sgabuzzino. Nessuno aveva il permesso di entrare in camera sua, neanche suo padre e il fatto che ora avrebbe dovuto dividere la sua preziosa stanza con qualcuno che non conosceva non fece altro che innervosirla: - Che???!!! –
 
 
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Ok, sono fuori come un terrazzo!!! LOL
Passo dal drammatico al comico con uno schiocco di dita il che non è per niente normale!!!
Povera Lirin… *sospira* ti capisco, anch’io ho fatto le grandi battaglie per avere la stanza da sola(senza mia sorella che rompa le scatole)…
 
Ringrazio Julia98 per quelle splendide recensioni che mi hanno motivata
 
Al prossimo cappy, (se avrò la forza) XD
 
Ciaociao *evapora*

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Capitolo 4
*** "There is no honor in losing to a kid..." ***


“There is no honor in losing to a kid…”
 
- Che??? - urlò Lirin sbigottita: - La MIA stanza è MIA! Cos’è che non si capisce di questo concetto? –
Loghi, dal canto suo, rimase tranquillamente seduto sulla sua sedia a finire la colazione incurante del volume di voce usato dalla figlia: - Sarò gentile con te… -
- Quindi la stanza rimarrà tutta per me? - chiese speranzosa sfoderando uno dei suoi più dolci sorrisi.
- No - Lirin cascò per terra il che parve divertire lievemente il Generale: - Ti lascerò scegliere con chi dividere la camera. -
Lei si rialzò e si finse interessata ad osservare i presenti: - Posso dividere la stanza con quel bicchiere? - chiese ironica indicando un bicchiere di cristallo posto su un tavolino in fondo alla sala.
Due dei Manipolatori soffocarono una risata, a quel che le pareva erano i due più giovani, uno era biondo mentre l’altro era… Idiota… pensò subito appena lo vide, per un attimo incontrò i suoi occhi color del cielo e dovette affrettarsi a distogliere lo sguardo prima di arrossire, cosa che la scocciò parecchio… perché mai si sentiva avvampare il viso ogni volta che si guardavano? La cosa più assurda è che tutto quello era iniziato più o meno dal giorno prima…
Loghi fece un segno di impazienza: - Andiamo Lirin, non penarti tanto. Stavolta non hai via di scampo. -
Ma non mi dire!pensò rassegnata facendo uno sforzo sovrumano per non dar voce ai suoi pensieri.
- Perché non dividi la stanza con Cynthia? - le propose il padre.
Lirin fece una smorfia e guardò la ragazza con i capelli fucsia, che solo sentendosi nominare aveva distolto l’attenzione dallo specchietto nella quale si stava rimirando ricambiando lo sguardo di Lirin con occhi rosei. Per qualche secondo le due si fissarono in cagnesco per poi voltarsi ognuna dalla parte opposta indispettite.
- No, non credo proprio. - disse la ragazza dagli occhi viola in modo deciso, scandendo bene le parole.
Loghi cercò di obbiettare che lei lo bloccò: - Papà, tu non sai cosa potrebbe succedere se due ragazze dividessero una camera… - la buttò lì sul drammatico giusto per non dover fornire informazioni: In realtà voglio soltanto che nessuno metta becco nel mio armadio e tra le mie cose… era a suo parere una giustificazione più che valida.
Con suo gran sollievo vennero esclusi dalla scelta Lameire e Ghilliam, rimanevano Andropov e il biondino, lui lo scrutò per qualche secondo come per prendere in considerazione l’idea. Lui le fece un occhiolino appena accennato e quello bastò per farla avvampare e farle venire una voglia matta di menarlo talmente forte da impedirgli di muovere persino la palpebra.
- Con Schneider? - azzardò a chiedere Loghi indicando il biondo, ma Lirin scosse ancora la testa fulminando il ragazzo con un’occhiata.
- Bhe, direi che è rimasto solo lui.- irruppe Kirillion saltando fuori all’improvviso e senza neanche essere stata invitata.
- Nessuno ti ha chiamata in causa Ombra dei miei stivali e non alcuna intenzione di dividere la mia camera con lui. - disse a denti stretti e invitandola con un gesto eloquente della mano a tornare dal luogo in cui era venuta: le Tenebre del suo cuore.
La dragonessa indicò Andropov senza ascoltare minimamente la sua evocatrice: - Sceglie lui. -
- Kirillion! - urlò Lirin voltandosi verso la dragonessa che la guardò innocente: - Puoi sempre costruirti la grande muraglia in camera e sfondare un muro per fare un’altra porta così le camere diventano due e non ti accorgerai della sua presenza. -
Lirin, guardò di sottecchi il ragazzo ch’era arrossito pure lui e se possibile divenne ancora più rossa: - La mia camera non si tocca! -
Kirillion le ringhiò in faccia: - Tu dormi da una parte, lui dall’altra e io mi sistemo in mezzo così non vi vedete. -
Lirin non rispose.
Loghi si mise stancamente una mano sulla fronte e fece gli occhi al cielo: - Grazie Kirillion. -
L’Ombra gonfiò il petto pavoneggiandosi: - Ah, figuratevi Generale. -
L’evocatrice la guardò irritata: - Ma tu da quale parte stai? - non le rispose, ma arricciò le labbra in quello che doveva somigliare ad un sorriso e scomparve in un lampo di luce soffusa.
Di male in peggio… pensò per poi squadrare da capo a piedi quello con cui le era toccato dividere la sua bella cameretta.
- Direi che così può andare. - fu il commento del Generale, la ragazza sbuffò e uscì dalla stanza. Si fermò sulla porta e, voltata la testa, rivolse uno sguardo provocatorio verso il padre: - Voglio vedere quanto riesce a resistere. - ghignò indicando Andropov, poi salì le scale per andare a godersi un’ultima volta la quiete della sua stanza in solitario.
Si buttò sul letto a peso morto e Kirillion, come al solito si evocò da sola e si accucciò sul tappeto: Niente allenamento oggi?
Lirin sbuffò e si tirò le ginocchia al petto: Tra un po’ vado… almeno riuscirò a schiarirmi un pochino le idee…
Non hai detto a tuo padre della visione… le ricordò l’Ombra: Tu cosa ne pensi?
Lirin non rispose, inviò mentalmente i ricordi della visione che le erano rimasti più impressi alla dragonessa, soprattutto quelli riguardo a quella bestia azzurra che tanto somigliava a Kirillion.
Conosci quell’Ombra?
Kirillion scosse il muso e un fremito la attraverso dalla punta del naso fino a quella della coda.
Cos’era quello? chiese l’evocatrice saltando giù dal letto anche lei percorsa da un tremito involontario. Pensò di stare per avere un’altra di quelle strane visioni, ricordava una sensazione così tutte le volte.
Iniziò ad ansimare, aveva sete, tanta sete, troppa. La gola era improvvisamente arsa come se camminasse nel deserto da giorni poi svenne e l’Ombra scomparve.
La voce di Loghi la costrinse a riaprire gli occhi oltre ad un violento scossone, aveva appena messo a fuoco la sua stanza e il viso di suo padre che probabilmente le stava chiedendo come si sentiva, che tutto si appannò di nuovo e gli occhi le furono di nuovo bianchi.
 
… Un canyon… ci correva in mezzo eppure non sentiva le sue gambe muoversi, oh no, non stava correndo. Stava sospesa a qualche spanna da terra, davanti a lei correva un ragazzo dalla capigliatura nera e disordinata.
Stava correndo fuori dal canyon andando incontro a cinque persone ferme davanti ad un intero schieramento di Ombre Nere, conosceva quei robot, erano quelli che usava per allenarsi. C’era anche un carro armato dietro quell’ammasso di ferraglie, riconobbe il simbolo del Gran Reame.
Poteva scorgere due persone in piedi su di esso: una che riconobbe come il tenente Dragnov e l’altro come il ragazzo biondo visto quella mattina, Schneider…
Il ragazzo uscì dal dedalo roccioso con un salto urlando un nome: - Blue Dragon! - un drago enorme, possente e azzurro emerse dal terreno, i suoi occhi emanavano bagliori rossastri. Scagliò un solo e semplice pugno contro una delle Ombre controllate dai robot e questo basto a disintegrarla.
Altre tre Ombre torreggiavano sul campo di battaglia, già viste.
Il drago scalpitava nervosamente in attesa di attaccare: - Avanti Shu, non distrarti! - ringhiò al suo evocatore quando ebbe notato uno sguardo di troppo verso il tenente Dragnov, il ragazzo attaccò e con lui anche le altre tre creature a partire dal pipistrello.
… avrebbe voluto urlare, ma non ci riusciva, doveva rimanere lì a guardare il consumarsi della scena. La paura arrivò quando identificò come evocatore del pipistrello Zola! Suo padre le aveva detto molte volte di lei, era abile e pericolosa. Aprì la bocca in un muto grido di rabbia e frustrazione…
Pian piano le Ombre stavano decimando i robot, uno dopo l’altro. Dragnov scese dal carro armato e camminò tranquillamente attraverso il campo di battaglia incurante dei numerosi raggi eterei, fiammate e onde d’urto gli cadevano a pochi centimetri dal corpo. Ordinò alle Ombre Nere di interrompere gli attacchi su Blue Dragon e, una volta d’innanzi a Shu, evocò un’Ombra. Era artificiale a giudicare dall’aura malata che emanava, era rossa, con i muscoli guizzanti, due lunghe zanne che sporgevano dal labbro inferiore, gli occhi rossi, una folta chioma gialla  e due asce che teneva saldamente una in ogni pugno.
Shu indietreggiò: - La prego non lo faccia, non voglio battermi contro di lei! -
Dragnov non vi badò e sferrò il primo colpo: - Questa è una guerra, non abbiamo alternative! - fu la sua risposta.
Una fiammata proruppe dalle fauci di Blue Dragon, Shu indietreggiò ancora.
Affondo. Parata. Colpo. Altra fiammata. E poi di nuovo, da capo. In una sequenza continua a cui nessuno dei due sfidanti riusciva a sottrarsi.
- Interessante… - abbassò lo sguardo, dove stava Schneider a braccia conserte. Evocò la sua Ombra: un arciere interamente placcato di viola con un paio di piccole ali sulla schiena e gli occhi verdi.
L’Ombra di Dragnov attaccò menando due fendenti con le due asce, Blue Dragon lo afferrò per i polsi e rimasero in stallo senza che nessuno dei due avesse la forza per sovrastare l’altro.
Dragnov stava per cedere, ma riuscì comunque a scaraventare il dragone contro una parete rocciosa.
Uno dei compagni di Shu attaccò Dragnov, quello che aveva come Ombra una tigre.
… aveva già visto uno di quegli esseri, doveva far parte della tribù dei Devee. Il cuore cominciò ad accelerarle all’impazzata, a momenti poteva anche esploderle…
- Marumaro stanne fuori! Questa è la nostra battaglia! - urlò Shu all’amico, Blue Dragon annuì e ricominciò la sequenza di colpi e parate che li aveva intrappolati prima, ma stavolta più veloce.
Dragnov lanciò un fugace sguardo verso le spalle di Shu, verso la parete rocciosa dietro la quale era appostato Schneider con una freccia incoccata nell’arco la cui punta biforcuta mirava dritta al fianco di Shu.
Il tenente fece una smorfia e, seppur con immensa fatica, chiuse un polso di Blue Dragon tra l’avambraccio e il petto della propria Ombra ribaltando le posizioni. Ora si trovava lui al posto di Shu.
- Stanne fuori Schneider, hai idea di cosa significa battersi con onore? - disse con voce ferma, senza guardarlo nemmeno.
I due si prepararono al colpo e le aure divamparono.
- Crisi Infuocata! -
…udì indistintamente il modo in cui Dragnov evocava il suo colpo migliore perché il ruggito del drago seguito dal crepitare delle fiamme le riempì le orecchie assordandola, si creò un’altra situazione di stallo in cui i pugni delle due Ombre si congiungevano.
Era dietro di Schneider, non sapeva come aveva fatto a ritrovarsi lì.
Vide il biondo cambiare lentamente bersaglio facendo scivolare la freccia sulla destra fino a tenere sottotiro Dragnov.
- Non c’è onore nel perdere contro un ragazzino… - lo sentì sussurrare e scagliò la freccia.
Ringhiava, si dimenava, avrebbe dovuto fermarlo e invece non poteva.
Rimase immobile a guardare con orrore il dardo che si conficcava con lentezza struggente nel fianco sinistra di Dragnov e poi il tenente che cadeva a terra esanime…
 
Urlò e nelle orecchie rimbombò un disperato ruggito.
Ricordava suo padre prima di perdere i sensi, ma ora non c’era nessuno, solo delle voci provenienti dal piano inferiore.
Gli occhi le si gonfiarono di lacrime, ma le ricacciò indietro. Il suo cuore in tumulto le diede la spinta per alzarsi e precipitarsi giù dalle scale. Spalancando la porta di camera sua per poco non la sbatté in faccia ad Andropov (o.o).
Rallentò quando fu davanti all’ingresso dove stava Loghi e, poco fuori dalla porta, Schneider.
Sentì ribollire il sangue nelle vene, un’ondata d’odio che non riuscì a reprimere eppure gli si avvicinò lenta non badando alla domanda distaccata di suo padre: - È tutto apposto? -
Incrociò l’unico occhio visibile di Schneider e per interminabili secondi lo fissò così come fece lui con lei. Lui con insolenza, lei con odio.
Poi scorse in quegli occhi l’ombra di ciò che aveva appena fatto, quella freccia che aveva colpito Dragnov tagliandogli il respiro e allora la rabbia esplose.
Gli tirò un pugno dritto in faccia, sulla guancia sinistra scaraventandolo a terra: - Con che coraggio ora ritorni qui lurido bastardo! - gli urlò, e una lacrima cominciò a scenderle solitaria lungo la gota lentigginosa.
Schneider la guardò con stupore tenendosi una guancia.Lirin singhiozzò: - Sarai anche un dei migliori Manipolatori del Gran Reame, ma non vali neanche un briciolo di Dragnov! -
Loghi era talmente sconcertato da quella reazione che non ebbe il tempo di bloccare Lirin che assestò un violento calcio allo stinco a Schneider ancora riverso a terra.
La ragazza risalì di corsa in camera asciugandosi quell’unica lacrima che aveva versato non badando ad Andropov, appoggiato nella parete di fronte sulla quale era appoggiato un altro letto.
 
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Eccomi , XD con un’altra schifezza di cappy!!! TROLOLOLOLOL
Ahiahi… questa parte, anche nel cartone, mi ha fatto nascere un odio profondo verso Schneider… se fosse stato per me il calcio glielo avrei dato da qualche altra parte -.-“
Non ho ancora spiegato il perché delle visioni di Lirin, credo(spero) di riuscire a farlo entro i prossimi due capitoli… ma anche no  *3*
*evapora* XD

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Capitolo 5
*** Flames of hell ***


 
Wah!!! Sono terribilmente in ritardo con gli aggiornamenti >.< mi dispiace tanto tanto tanto, ma non aveva uno straccio di idea…
Questo (ammettiamolo) disastro mi è venuto in mente grazie(????) alle troppe ore passate sul libro di storia >.<
Buona tortura!!! XDXDXDXD

 
 
 
Flames of hell
 
Cinque giorni segregata in casa era un supplizio senza contare poi la sua natura metà animale che le imponeva gli spazi aperti.
Noia, noia, noia… pensò stufata sbirciando Andropov che leggeva un libro dall’altra parte della stanza. Era da poco che aveva accettato di convivere abbastanza “pacificamente” con lui, si era detta che altrimenti sarebbe stato un litigio continuo e la sua stanza si sarebbe trasformata in una trincea, prospettiva poco allettante. In ogni caso non lo definiva ancora come un amico.
Un momento, aveva pensato amico? Scosse il capo, il significato di quella parola lo conosceva solo perché lo aveva letto sul dizionario. Da che aveva memoria non ricordava di aver avuto qualcuno di simile ad un amico all’infuori di Kirillion.
Si alzò dal letto a si accucciò di fianco a lui che, concentrato com’era non la notò neanche: - Ehi An? Che fai? -
Lui non si voltò tenendo lo sguardo fisso sulle pagine: - Leggo. -
Lirin sbuffò: - Che pizza… ascolta An, io vado da papà ok? -
Lui assentì e ritornò al suo libro: - Potresti smetterla di chiamarmi An? - chiese leggermente scocciato.
Lirin ridacchiò, aveva preso l’abitudine a chiamarlo così da quando gli aveva detto che il suo nome era decisamente troppo lungo. Insomma, dire An invece che Andropov era molto più facile.
- Ma certo An. - gli rispose calcando appositamente sull’ultima parola per farlo innervosire. Lui fece una smorfia strana, ma non disse niente.
La ragazza si avvicinò allora alla porta, uscì in corridoio e scese le scale.
Aveva voglia di un po’ d’azione dato che se ne stava rintanata in casa su ordine di suo padre. Causa: quelle dannate visioni di non specificata natura che l’avevano fatta stare male tre volte nel giro di due giorni.
Perché non vai a chiedere a Loghi se si allena con te? Non dovrebbe essere impegnato, Lord Nene non gli ha ancora detto di fare niente… propose Kirillion Mmm… di certo sarà più interessante che combattere contro quell’ammasso di robot arrugginiti… acconsentì lei.
Strano, ma vero la sua proposta fu accettata di buon grado da Loghi e dopo appena cinque minuti erano padre davanti a figlia poco distanti dall’arena dove lei solitamente si allenava con i robot Ombre  Nere.
L’unica pecca era che alla sfida assistevano i Manipolatori, era una sorta di condizione da parte di Loghi che la scocciava non poco, odiava che la fissassero. Anche se non vedeva l’ora di lasciarli a bocca aperta davanti a quello che sapeva fare.
Rigirò la spada tra le mani: È così che si fa! esultò Kirillion percependo i pensieri poco modesti dell’evocatrice che aveva una mezza intenzione di pavoneggiarsi davanti a tutti usando i suoi poteri.
- Pronta? - chiese Loghi sfoderando l’enorme spada a doppia presa, Lirin assentì con un sorriso, sentiva già l’adrenalina della lotta ribollirle nelle vene.
Attaccò per prima mirando alla gamba, ma la sua spada cozzò con l’altra e allora dovette indietreggiare per non perdere l’equilibrio.
Si avvicinarono si nuovo. Parata. Affondo. Fendente. Di nuovo parata.
Colpì più volte le braccia del Generale e riuscì, i colpi che andarono a vuoto gli stracciarono appena il mantello. Loghi invece non riuscì nemmeno a sfiorarla, non che non stesse combattendo sul serio, ma lei era sempre troppo rapida.
Aveva un modo di usare la spada unico nel suo genere, per lei era quasi un gioco, stuzzicava la lama avversaria con lievi stoccate deviando sempre la mira di Loghi. Alternava fendenti larghi a piccole torsioni del polso, questi cambi, continui ma repentini, disorientavano parecchio senza contare la velocità con cui lei riusciva a sottrarsi ai vari affondi.
Andò avanti così per un po’ fino a quando Lirin, stanca del monotono scambio di colpi, roteò la lama aprendo un largo buco nella casacca del Generale disegnando una sottile riga rossa.
Lirin continuò ad avanzare costringendo Loghi a ricorrere alla propria Ombra: Valchiria.
Quando apparve l’Ombra però fu lei che dovette indietreggiare, ma non più del dovuto.
Kirillion dentro di lei scalpitava ansiosa di combattere: Posso uscire adesso?
Non ancora, aspetta… la dragonessa espresse il suo dissenso, ma obbedì.
Lirin guardava compiaciuta le espressioni stupite dei Manipolatori a bordo campo e ne dedusse che probabilmente nessuno di loro era mai riuscito a mettere Loghi così alle strette.
Ghignò e si decise a farlo, ormai era inutile continuare a nascondersi. Lanciò via la spada e sfrecciò in avanti snudando zanne e artigli. Da tanto voleva prendersi la libertà di trasformarsi davanti ad An e gli altri.
Un improvviso fendente di Valchiria la costrinse a scartare a destra, ringhiò e con scioltezza passò le difese di Loghi buttandolo a terra con una zampata. La bloccava con il piatto della spada per impedirle di mordere.
All’improvviso un colpo di potenza inaudita riuscì a scaraventarla a qualche metro di distanza senza però riuscire a ferirla. Ringhiò verso Valchiria che teneva ancora lo scudo di taglio per respingerla ancora se si fosse riavvicinata.
Trasformò di nuovo il suo corpo rendendolo quello di un demone e ricominciò ad attaccare usando gli artigli, vene respinta di nuovo dopo che una sua serie di graffi fu andata a segno.
L’aura di Loghi brillò.
Tieniti pronta Kirillion! urlò all’Ombra avvertendo l’imminente potere che si sarebbe scatenato, ghignò, Loghi non aveva mai usato attacchi particolarmente potenti con lei fino a quel momento e questo voleva dire che ora lei era forte abbastanza per resistergli.
Si portò abbastanza vicina ai Manipolatori per sentire i loro commenti, anche se furono pochi dato che erano più occupati a guardarla con occhi sgranati, specialmente Andropov.
Lo sguardo che le stava tenendo fisso addosso il ragazzo, non seppe perché, ma le smosse un moto di soddisfazione in fondo all’animo.
Aspetto che Loghi attaccasse ad occhi chiusi: - Rosa di Maggio! – eccolo, spalancò gli occhi, le pupille le fiammeggiavano.
Nel contempo che alzò la testa le si riversò addosso quel fiume di lame di luce viola e affilatissime.
Né un urlo né un lamento, solo una cortina di fumo che la nascose del tutto. Loghi rimase rigido in posizione di attacco mentre le ceneri si diradavano.
Lo Squadrone al completo non osava fiatare, An si era persino tappato gli occhi(Nota me: Awwww… ke kawai… :3)
Il fumo non fece in tempo a diradarsi che un ala azzurra e membranosa lo spazzò via con violenza, l’altra ala fece altrettanto.
Una fiamma cerulea iniziò a brillare fulgida tra i residui di polvere alimentata da un crescente boato.
Gli occhi rossi dell’Ombra fecero capolino sopra la luce dell’aura sempre più grande, Kirillion sporse il muso in avanti e spalancò le fauci ribollenti: - Fiamme d’Inferno! - il colpo di Lirin sembrò smuovere i più profondi meandri della terra.
La fiammata che avvolse Loghi e la sua Ombra era rosso sangue e, nel brave percorso che fece per attraversare il campo di battaglia, aprì una voragine nel terreno smuovendo la superficie come un terremoto. Eppure la trattenne.
Lirin interruppe il flusso d’energia che alimentava la vampata e attese che i bagliori sulfurei lasciati da essa si dissolvessero. Non l’aveva ucciso, al massimo un po’ bruciacchiato. Se avesse voluto, con quel colpo sarebbe riuscita a spazzare via l’intera capitale del Gran Reame e dintorni mantenendo l’autocontrollo.
Corse verso il corpo riverso a terra di suo padre e lo aiutò ad alzarsi: - Forse ho un po’ esagerato… - mormorò mortificata quando vide in che condizioni era: le punte dei capelli erano bruciacchiate, il volto annerito, i vestiti logori oltre che fumanti e il mantello bruciava ancora.
Loghi le fece segno di non preoccuparsi e con un gesto slacciò il mantello: - Complimenti. - disse solo rivolgendo poi un segno di assenso a Kirillion che ricambiò con la medesima compostezza.
 
Ascoltava la brezza leggera che le solleticava il muso che teneva ostinatamente fuori dalla finestra spalancata. Forse sarebbe già dovuta essere a letto, ma non poteva certo lasciare An senza una minima spiegazione, agli altri ci aveva già pensato suo padre.
- Quindi non sei umana, ma vieni dalla specie dei demoni a lungo dimenticata e questo significa che puoi trasformarti a tuo piacimento in una belva? - chiese Andropov facendo ordine in tutto quello che lei gli aveva appena spiegato.
Lirin annuì assente sedendosi sul cornicione e bilanciandosi con la coda.
- È figo… -
Lirin si girò a guardarlo improvvisamente inviperita, scese dalla finestra e gli si avvicinò sibilando con fare minaccioso: - No, non è figo per niente. Tu non hai idea di cosa vuol dire. -  ringhiò e sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Quella semplice affermazione le face salire un moto di rabbia incontrollabile: lui non sapeva niente, non aveva idea da che posto infame provenisse, non sapeva il sangue che aveva visto e versato negli ultimi sei anni. Lei vedeva ancora una bambina spaventata e sola in mezzo ad una distesa di macerie, sarebbe stata un’immagine indelebile nella sua mente. Quella del giorno in cui l’avevano abbandonata a se stessa. Represse un singhiozzo.
Troppo sangue. Troppo sola. Troppo buio.
Rabbrividì, An cercò di sfiorarle la testa seppur spaventato da quello sfogo così rabbioso: - Lirin? - sussurrò dolcemente, ma lei, con un gesto fulmineo e involontario, gli azzannò la mano sfilandogli con un colpo secco il guanto viola.
Quando si ritrasse rimase sbigottita da quello scatto improvviso, assaporò con orrore il sangue che le imbrattava la lingua. Guardò il ragazzo con occhi lucidi, lui si teneva convulsamente la mano ferita al petto macchiandosi la maglia di sangue. Anche il guanto, che ora giaceva a terra, era macchiato e gli si stava allargando attorno una larga chiazza scura.
Lirin indietreggiò spaventata schiacciando le orecchie ai lati della testa spaventata e guardandolo con occhi sgranati mentre lui continuava a ripeterle che andava tutto bene, ma lei neppure lo ascoltava.
La sua testa era troppo in subbuglio: No, non  va tutto bene. IO ti ho appena ferito senza un motivo!!! continuava a ripetersi: Sangue… spirò in un ansimo guardando il SUO sangue che le serpeggiava verso la zampa.
Paura, quello che fece poi era solo dettato dalla paura.
Con un balzo uscì dalla finestra, ignorando la zampa di dietro che si era slogata nella fretta dell’atterraggio e corse verso la foresta con i suoi fantasmi che la inseguivano. Sentì indistintamente An che la chiamava, ma non si fermò.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Ok, lo ammetto, sono io la responsabile di questo scempio che avete appena letto >:D
So che non è un granchè, ma da qui sono pronta a svelare i vari misteri che avvolgono il passato di Lirin.
 
Alla prossima!!! *coro di grilli* -.-“
 
Ciaociao da Lirin97
 
P.s. grazie Julia98 per le recensioni!!! Sono felice di ricevere almeno le tue!!!

 

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Capitolo 6
*** Are you alone? ... I also... ***



Anticipo l’angolino…
ANGOLINO VANEGGIO XD
Sono(di nuovo -.-) in ritardo con gli aggiornamenti(di nuovo -.-) per mancanza di ispirazione ritrovata giusto stasera…
Chiedo perdono *la “folla” inferocita abbassa di poco forconi e torce*
Ecco a voi la schifezza!!! Buona tortura ^.^

 

Are you alone? ... I also...

An la vide correre via e, non seppe perché, ma sentì come una morsa al petto altre a quella che pochi attimi prima gli arpionava la mano.
Solo quella volta si permise pochissimi secondi di indecisione prima di evocare un solo cristallo della sua Ombra, saltarci sopra e seguire Lirin di corsa.
 
Non era mai scappata di fronte a nessuno eppure ora correva. Non per seminare un inseguitore materiale, ma bensì i suoi pensieri.
Con un unico slancio fu accolta dalle ombre soffuse che oscuravano la foresta.
Si chiedeva il perché di troppe cose: il perché di quelle visioni, del suo passato che a lungo aveva cercato di soffocare o almeno di dimenticare, perché lei, perché lei, l’anima fredda e solitaria, pensava di starsi affezionando a qualcuno che non fosse la sua Ombra…
Quello che nutriva per Loghi era solo una grande ammirazione se non un pizzico di rispetto e ben mascherata gratitudine, per An invece… si chiedeva tutt’ora cos’è che era successo in meno di una misera settimana. Si era ripetuta tante volte che sei giorni scarsi non erano abbastanza per arrivare ad una conclusione eppure quell’enorme senso di colpa provato quando l’aveva ferito la logorava.
Senza che se ne accorgesse aveva iniziato a diluviare, impegnata com’era a tenere il muso in su per scorgere i piccoli sprazzi di cielo scuro che si intravedevano tra le fronde, scivolò su un sasso bagnato ferendosi la spalla che neanche una settimana prima si era incrinata con quella caduta.
La ferita appena aperta le bruciava terribilmente e vi usciva fuori il liquido nero che le riempiva le vene. L’ultima domanda: perché il suo sangue era nero?
Non poté ragionarci oltre che sentì un fruscio alle spalle e i passi lenti di un animale, probabilmente un orso a giudicare da come i passi erano distanziati, ce sicuramente aveva fiutato il suo sangue.
Tremò senza osare fiatare voltandosi lentamente, avrebbe potuto benissimo sbagliarsi, ma in ogni caso nelle condizioni in cui era non avrebbe mai potuto difendersi. Oltre che ferita era sconvolta e ciò le impediva di ragionare lucidamente oltre che controllare appieno i poteri dell’Ombra.
Un basso grugnito confermò che la macchia scura che stava uscendo dal cespuglio davanti a lei era un orso dalla pelliccia nericcia e gli occhi scuri, da bestia selvatica, non come i suoi dall’iride chiara.
Rimase immobile, ma le sue orecchie si spostarono da sole all’indietro e il respiro accelerò senza controllo.
Meglio così… pensò per convincersi: Non avrei mai avuto il coraggio di affrontare ciò che è stato…
Kirillion non ribadì, sembrava quasi inesistente coperta dalla paura dell’evocatrice.
Quindi è questo… pensò Lirin guardando dritto negli occhi la bestia selvatica assaporando ogni istante della sua vita che le scorreva inesorabile davanti agli occhi sgranati insieme ad un ricordo di qualcosa che non aveva mai visto, ma che l’aveva già tormentata nelle visioni: un rogo che divorava il corpo di una persona.
L’orso si alzò sulle zampe di dietro così da diventare ancora più imponente e mostrò la chiostra di denti in un verso gutturale. Se prima non poteva muoversi, adesso era come congelata.
Teneva lo sguardo fisso verso la zampa destra dell’orso che le si stava per abbattere sulla testa, un colpo del genere le avrebbe sicuramente spezzato l’osso del collo.
Non chiuse gli occhi così che si vide davanti al muso i cinque artigli dell’animale selvatico e un lampo di luce accecante poi la zampa dell’orso scivolare verso il basso mancandola di un soffio.
L’orso si voltò inferocito ringhiando contro chi gli aveva aperto un taglio sul collo e riservando a lui la prossima zampata.
Lirin riprese a respirare e, non poteva crederci, ma a fronteggiare l’animale c’era Andropov con una bestia fatta interamente di cristalli, con un unico occhio rosso e quattro braccia cristalline alle spalle.
I capelli turchesi erano fradici e gli si appiccicavano sulla fronte, sull’occhio sinistro aveva un vetrino celeste mezzo appannato dalla pioggia e una fasciatura leggermente macchiata di rosso sulla mano.
An rimase immobile, fu allora che Lirin riprese all’improvviso controllo della voce: - Cosa stai aspettando? Scappa! - gli urlò balzando in piedi provocandosi una scossa di dolore dalla spalla fino alla zampa slogata.
Il ragazzo si abbassò per schivare una zampata e le corse in contro prendendola in braccio dato che non riusciva a muovere un passo.
- Che ci fai qui? - chiese lei con le pupille grandi per la paura.
Lui si sforzò di sorridere: - Non mi sembra il momento adatto per parlarne. - le rispose alludendo all’orso che li inseguiva di gran carriera, li aveva quasi raggiunto.
Lirin poteva benissimo vederlo a poche spanne da loro: - Attento! - An scivolò schivando per un soffio un morso, si voltò puntando la mano verso la bestia. Il palmo brillò di luce cerulea e tra loro e l’inseguitore si creò una sottile barriera di cristalli.
Senza perdere tempo Andropov si guardò velocemente intorno individuando poi un albero abbastanza alto e robusto dove sarebbero stati al sicuro, evocò l’Ombra e vi caricò sopra Lirin poi ci saltò sopra lui. Quando l’Ombra si sollevò da terra annullò la barriera.
Fortunatamente tra le fronde dell’albero c’era uno spazio abbastanza ampio per permettere di stare comodi e le fronde non facevano filtrare la pioggia.
Si sporse altre un ramo per guardare giù, non vide l’orso, ma bastò sentire i suoi grugniti delusi e rabbiosi per capire che non li avrebbe raggiunti. Solo allora si concesse un sospiro di sollievo anche se, a giudicare dal tempo e dalle condizioni di Lirin, avrebbero passato la notte lì.
Lei l’aveva adagiata ad un ramo particolarmente largo appena aveva messo piede a terre, ora si dimenava  nel tentativo di mettersi in piedi sorreggendosi sulle zampe doloranti senza troppi risultati a parte quello di spargere una larga macchia di sangue ai suoi piedi.
- Così peggiori solo le cose. - disse ottenendo però il risultato opposto di farla muovere ancora di più. Si trasformò in umana e iniziò a singhiozzare.
- Ehi, va tutto bene. - cercò di consolarla stringendola a se.
- Ti farò una gran pena adesso. Non voglio che ti preoccupi così tanto per me! – riuscì ad articolare con il pianto che le mozzava il respiro.
- Qual è il problema?! -
Lirin gli sbatté forte i pugni sul petto: - Il problema è che mi sto affezionando a te e non voglio! -
A quelle parole la abbracciò ancora più forte permettendole di sfogarsi, quindi era quello il problema. Gli si strinse un nodo in gola quando ebbe compreso appieno il significato di quelle parole, ossia quando fu sicuro che lei gli avesse quasi incrinato una costola o due a forza di prenderlo a pugni.
- Credo di capire… - mormorò senza alcun tono nella voce.
Lirin, da dolore cambiò a rabbia: - No che non puoi capire. Ho passato una vita a sentirmi dire che mi capivano come invece nessuno faceva. Amare fa male perché tutte le persone a cui vuoi bene ti vengono sempre portate via che tu te lo meriti o meno! - dopo quello sfogò la sua espressione divenne vuota, si guardarono entrambi con gli occhi lucidi: - E tu rimani li… a chiederti che cosa hai fatto di sbagliato… - mormorò lei.
Era strano vederla in quello stato, di solito non mostrava così apertamente i suoi stati d’animo, adesso sembrava soltanto una bambina sperduta tanto che le fece tenerezza perché capì che infondo le preoccupazioni che l’affliggevano erano anche le sue: - Invece capisco più di quanto pensi. - le disse con dolcezza asciugandole le lacrime superstiti sul viso: - Io non ti lascio sola… -
I singhiozzi di lei allora parvero calmarsi di poco e si asciugò il viso sulla sciarpa di An.
- Dove sono i tuoi genitori? - le chiese con voce triste, infondo l’aveva capito che Loghi non poteva essere suo padre, essendo un attento osservatore aveva notato che loro due si trattavano con eccessivo distacco per essere padre e figlia.
- Non qui. - rispose piatta.
- Sono morti? -
Scosse la testa: - Non ho mai conosciuto il mio vero padre… - An rimase in silenzio in attesa che continuasse: - … Ormai non ha più senso fingere che questa sia la mia terra… - la sentì mormorare a voce bassissima poi lo guardò: - Vengo da un’isola chiamata l’Isola Errante, è l’unico posto a questo mondo dove vivono ancora i Demoni, si chiama così perché viaggia di continuo in mezzo agli Oceani senza mai toccare terra così da non essere localizzata. - detto quello abbassò immediatamente lo sguardo.
- Quindi tu vieni da lì? -
Lirin annuì impercettibilmente: - Mia madre fa parte di una delle più antiche tribù dell’isola: quella dei canidi. Ci sono quindi lupi, volpi, cani, sciacalli, … -
An parve un po’ confuso: - Ma tu sei… -
- Un giaguaro. - completò lei amaramente.
- Per questo sei qui? Perché eri diversa? -
Fece ancora segno di no: - Sono qui perché ho fatto una cosa orribile… - prese un lungo sospiro che venne smorzato da un singhiozzo: - Sono un’esiliata… - mormorò: - Un mezzodemone: mia madre erra un demone-lupo, mio padre era un demone-giaguaro… -
 
- Avanti Lirin esci fuori. - disse gentilmente una bambina di poco più 10  anni alla sorella più piccola nascosta dietro ad un cespuglio con le ginocchia tirate al petto.
- No, non voglio Yaone! Altrimenti mi prenderanno in giro… - si lamentò la piccola.
La grande sbatté un piede per terra spazientita e mosse le orecchie grigie da lupo in avanti: - Perché dovrebbero prenderti in giro? – le chiese andandole davanti a guardarla con occhi verdi come smeraldo.
Lirin vacillò: - Dicono che sono una mezzosangue… e che non ho un’Ombra… che mio papà era un codardo… - spiegò singhiozzando. Tutti i demoni avevano un’Ombra, chi più chi meno potente, ma lei non l’aveva. Persino Yaone aveva un giovane lupo-Ombra a tenerle compagnia, lei lo chiamava Wolf.
Ala fine la sorella riuscì a convincere Lirin ad uscire dal nascondiglio prendendola per mano e conducendola verso casa tra le vie del villaggio. Lirin teneva la testa bassa per la vergogna degli sguardi che si sentiva addosso.
Mollò la mano della sorella e la guardò: lei era bella, con i capelli castani che fluivano al vento e gli occhi verdi, era una lupa, tutto nella norma. Invece lei aveva i capelli che parevano una cascata d’inchiostro e gli occhi viola oltre ad avere le foggia anomale di un felino. L’unica cosa che condividevano erano le lentiggini, ma era troppo poco per considerarsi anche lontanamente paragonabile a lei.
Ogni volta che qualcuno la guardava lo faceva con astio e ribrezzo.
Seguì incerta Yaone fino alla loro casa, le accolse la madre che salutò la lupetta con un bacio sulla fronte mentre lei non a malapena la salutò con la mano.
 
- Cosa c’è di peggio che essere ignorati dalla propria madre che, per quanti sforzi facessi, non mi considerava altro che una semplice presenza? - chiese dopo avergli raccontato quel breve episodio di vita che si ripeteva ogni giorno.
- Non ci sarebbe gusto se fossimo tutti uguali… Se sei diverso avvolte sei anche migliore degli altri… - dopo quelle parole sopraggiunse un pesante silenzio rotto soltanto dallo scrosciare insistente della pioggia e da qualche tuono lontano.
Lirin non ne sembrava molto convinta e sprofondò la testa tra le ginocchia piegate: - Ma nel mio caso era solo un impiccio. -
I due si guardarono arrossendo improvvisamente, rendendosi conto che avevano parlato nello stesso istante. La ragazza si andò a rifugiare nuovamente nella sua malinconia in attesa che lui parlasse.
- Io vengo dal Nord… è un luogo freddo e cupo, ci ho passato i miei primi nove anni di vita fino a che… - sospirò come per liberarsi da un peso: - … fino a che dei mercenari non distrussero il mio villaggio e uccisero la mia famiglia… -
- Quindi sei solo. - mormorò Lirin.
Lui annuì: - Perché sei qui? Non mi hai ancora risposto. -
-Potrei farti la stessa domanda… -
An sbuffò: - Credo sia stata tutta fortuna, passava di lì una pattuglia del Gran Reame. - fece spallucce come a voler dire che ormai quelle esperienze non gli facevano più né caldo né freddo invitandola con lo sguardo a parlare lei.
Si schiarì la voce, ma un tuono ritardò di poco le sue parole: - Non sono riuscita a controllare i miei istinti… -
 
Piangeva. Lacrime amare le inumidivano la pelliccia ai lati degli occhi.
Bastarda…era così che l’avevano chiamata quella volta, senza alcun riguardo e senza alcuna sottigliezza. Voleva dire senza padre.
Sapeva che il padre di Yaone non era il suo, dov’era suo padre? Nessuno aveva saputo risponderle.
Si accucciò sotto una roccia continuando a perdersi nei suoi dubbi, teneva la testa bassa, tra le zampe, cercando di nascondersi.
Fino a che non sentì una presenza insieme a lei: - Lasciami sola! - gridò pensando si trattasse della sorella, ma non era lei bensì un animale, un giaguaro come lei. Come era arrivato fin lì? Quello era territorio dei canidi.
Cambiò forma in un demone e si asciugò le lacrime allungando una carezza sulla testa dell’animale: - Che ci fai tu qui? - chiese con voce roca.
In tutta risposta il giaguaro le si strusciò contro le gambe producendo dalla gola un suono molto simile alle fusa dei gatti.
Giocherellarono per un po’, poi si udirono delle voci poco distanti che sembravano appartenere a due bambini di sua conoscenza: quelli del gruppetto che la prendeva sempre in giro.
Per qualche motivo non provò l’urgenza di andarsene e rimase con il suo nuovo amico che però, quando i due bambini le furono abbastanza vicini da vederlo, prese a ringhiare in modo minaccioso.
- Oh guarda Ray! - strillò il bimbo con i capelli scuri e gli occhi rossicci dando una piccola gomitata all’altro che si girò per ridacchiare: - La mezzosangue si è trovata un amico. - si avvicinarono pericolosamente al giaguaro che smise di soffiare e prese ad uggiolare impaurito.
Lirin gli si piazzò davanti: - Lasciatelo in pace. - ordinò ai due guardando in particolare quello scuro: - Dico sul serio Riaky. -
Lui la spinse a terra: - Che paura che mi fai. - disse sarcastico.
Lirin odiava quel bambino, era eccessivamente crudele e se la prendeva sempre con i più piccoli. Di rimando gli diede un calcio sul ginocchio facendolo cadere.
Si alzò spolverandosi i pantaloncini: - Ben ti sta. - disse facendo per andarsene che lui la fece ruzzolare a terra di nuovo. Quella volta però non si rialzò.
- Avanti attacca, non avrai mica paura? - la provocò l’amichetto di Riaky.
Lirin scattò in avanti buttando a terra Ray e sbattendogli la testa a terra, lui non reagì quindi si alzò e si incamminò verso casa.
Un lamento soffocato la fece voltare, Riakì era in ginocchio di fianco a Ray e gli scuoteva le spalle con le lacrime agli occhi chiamandolo per nome.

Lirin vide del sangue sul collo di Ray, ma non aveva usato gli artigli per stringergli il collo eppure non ci fece caso e cominciò a piangere.
***
- Esilio. – quella parola ebbe da sola l’effetto di farle crollare il mondo sotto i piedi: - Vai via di qui, se tornerai non avrò scrupoli a farti uccidere. -
I suoni della piazza dove il capo-villaggio aveva pronunciato la sua sentenza le arrivavano attutiti, ma sentì chiaramente il pianto disperato di sua sorella. Si stavano tutti allontanando.
Si voltò lenta verso sua madre, neanche una lieve nota di dolore nel suo sguardo, c’era quasi sollievo mentre trascinava via Yaone che si dimenava e piangeva.
Rimase da sola. La mattina dopo non c’era già più.
 
- Io sono ancora sicura di non averlo mai ferito. - singhiozzò Lirin.
An rimase spiazzato, non si sarebbe mai aspettato una storia del genere e non osò fare altre domande mentre lei finalmente non tratteneva più un pianto disperato.
- Non sei sola… - riuscì a dirle mentre la tirava di nuovo verso di se per farla appoggiare sulla sua sciarpa candida.
Quella notte non riuscì a dormire granché, neanche quando Lirin ebbe esaurito tutte le sue lacrime e si fu addormentata, ciò che gli aveva detto non lo abbandonò.
Perché lei? si ritrovò a chiedersi mentre osservava il suo sonno agitato e le carezzava quasi impercettibilmente la chioma corvina. Era solo una bambina, cresciuta troppo in fretta forzata dagli avvenimenti che si ostinava a costruirsi quella maschera di ghiaccio di giorno e a disfarla di notte quando dormiva.
 
- Complimenti, davvero una prestazione notevole. -
- Notevole, notevole! -
… Riconobbe la voce di Lord Nene accompagnata dall’immancabile eco dell’esserino che gli campeggiava sulla spalla, tremò in preda alla paura.
Poi fu solo battaglia, sangue, distruzione, urla di dolore e poi… il piacevole calore della Fenice. Davanti ai suoi occhi però parve tutto maledettamente insignificante, si arrabbiò per questo eppure non poteva non guardare le Ombre e gli evocatori che soccombevano in un lago di sangue con un lieve moto di superbia… lei aveva toccato l’abisso, loro ci dovevano ancora arrivare e probabilmente dopo avrebbero avuto voglia di visitare l’Inferno…
 
… Lo ammetto, è una madornale cazzata :D
Una cazzata maledettamente lunga che però mi sono rifiutata di far finire al punto dove Andropov e Lirin stavano sull’albero.
Spero che almeno qualcuno sia arrivato a leggere fin qui ^.^
 
Lirin97

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Capitolo 7
*** Personaggi ***


Personaggi
 
*An le butta addosso un enorme secchiata di coriandoli* - Auguriiii!!!! -
*me si spolvera i coriandoli dalla testa con un sorriso a metà tra l’arrabbiato e il felice* - Il mio compleanno era due giorni fa zoticone!!! ;P -
- Sono sempre in ritardo… T.T -
*me afferra An e gli spettina i capelli già abbastanza spettinati o.o*
*entra Schneider con un livido sulla guancia* - Buon compleanno!!! Si sta avvicinando la data in cui morirai XD - *si strofina la guancia pesta e mugugna qualcosa tipo: questa me la pagherai cara…* - Scusa Schneider, ma il pugno ci stava… XD -
*Irrompono nella stanza anche Loghi e tutto il resto dello Squadrone* -Tanti auguri!!! -
^.^” altri ritardatari…
 
… Dopo questo breve sclero *si sente il suono di una trombetta -.-“* posso dire che il disegno qui sotto è il meglio riuscito di Lirin, godetevelo(anche se non si vedrà un granché dato che non l’ho trasferito nel pc dallo scanner…)
Ora vado a buttare fuori di casa mia quella banda di  scalmanati a colpi di mazza da baseball, prego solo che non reagiscano evocando le Ombre ^.^”
 
Fottuta telecamera bacata del cell che mi ha distorto la foto T.T … Non c’è che dire, fa schifo ;D
Salutoni da Lirin97 XDXDXDXD
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Capitolo 8
*** Only a goodbye... ***


Only a goodbye…

 
… Era diverso da tutte le altre volte, non vedeva con i suoi occhi, ne si muoveva con il suo corpo evanescente.
Il fisico era scattante anche se non ai livelli del suo corpo da Demone, poteva sentire la mano fare presa sull’elsa di una sciabola, aveva lo sguardo appannato e una rabbia cieca la dominava senza un preciso motivo.
C’era Lord Nene davanti ai suoi occhi, lo sguardo però le scivolò lungo la mano, non era la sua. Aveva i guanti però poteva riuscire vagamente a distinguere la carnagione ambrata della pelle: Non sono io… realizzò.
Era come se in un corpo convivessero due anime, riusciva a percepire l’altra affianco a se, era nera e covava una rabbia e un dolore incredibili. Se ne mantenne a debita distanza e rimase ad osservare…
C’erano gli evocatori che combattevano contro Nene, ma nessuno di loro era abbastanza forte da riuscire anche solo a colpirlo, non aveva neanche sfoderato l’Ombra e se ne stava comodamente seduto sul suo trono fluttuante.
Quando si fu stufato di lasciare piazza libera ai mocciosi si alzò, aveva due strani marchingegni attaccati alle braccia con cui afferrò due dei ragazzi facendoli svenire con delle potenti scariche elettriche: il drago e il minotauro scomparvero.
- Non vi è servito a niente distruggere il mio generatore di Ombre, dimmi… non trovi interessante che io riesca a manipolarle comunque? - chiese Nene.
… L’anima nera stava per saltargli addosso, ma Lirin la trattenne chissà per quale motivo…
Nene guardò entrambi i ragazzi e li lanciò con noncuranza da una parte: - Davvero credevi che la leggenda delle Ombre risiedesse in questi gracili corpi? -
… Una scossa la percorse da capo a piedi e udì un pensiero che non era il suo, molto probabilmente quello dell’anima nera, ma faticò a riconoscerne la voce perché distorta: È molto potente… è successo quello che temevo, non siamo ancora abbastanza forti…
Si trovava ora di fronte a Nene, i suoi compagni erano a terra eppure non riuscì a non guardarlo con disprezzo e gli sputò in faccia tutto il suo odio.
Nene rise: - Hai sviluppato una linguaccia davvero tagliente dall’ultima volta che ci siamo visti. Non è vero Zola? -
… Sussultò, quella che aveva affianco era l’anima di Zola. Quella consapevolezza gliela fece osservare con molta più attenzione…
- Mi chiedo cosa direbbe tuo padre se ti sentisse parlare in questo modo… - la provocò il tiranno.
Zola indietreggiò, completamente succube delle parole di Nene e di una furia sempre crescente da quando cercò di colpirlo con la sciabola, ma lo mancava sempre.
- Io e tuo padre eravamo lavoravamo nella squadra che si occupava degli scavi. Ricordi ancora il giorno dell’incidente. -  non era una domanda quella, solo un invito a lasciarsi sopraffare. E così fu.
… Lirin fu travolta da un fiume di ricordi, il dolore che la stava avvolgendo la soprafava eppure non riuscì a distogliere lo sguardo annebbiato da un improvviso pianto. Anche l’altra anima piangeva silenziosamente, senza far trapelare il dolore al di fuori della mente: il soffitto franava quando suo padre andò da lei per proteggerla e un masso lo colpì sulla nuca, uccidendolo. Era solo una bambina, che gridava al padre di non lasciarla sola…
Zola rimase immobile, solo per dare il tempo alla furia di sostituire la sofferenza poi evocò l’Ombra e attaccò con tutta la forza che aveva costringendo anche Nene a far ricorso alla sua creatura.
… la corrente d’odio che fluiva tra i due era troppo forte, tanto che fu costretta ad uscire da quel corpo per non essere sopraffatta. Si guardò intorno, era tutto improvvisamente luminoso.
Le sue gambe intangibili la guidarono da sole, corse verso gli evocatori riversi a terra. La ragazza con i capelli rossi era l’unica a non essere ferita, Zola l’aveva chiamata… Kluke, ma piangeva scuotendo il corpo di un compagno: - Svegliati! Se non lo fai Zola è spacciata… siamo tutti spacciati…-  ma parlava al vuoto: - Vorrei poter fare qualcosa oltre a stare a guardare…-
Lirin le appoggiò una mano sulla spalla, la ragazza sembrò riscuotersi in preda ai propri pensieri…
Zola venne sbalzata a terra: - Addio Zola. - Nene le puntò i palmi addosso e la sua Ombra caricò un’enorme sfera di energia, ma Kluke si mise in mezzo: - Non glielo permetterò! - gridò ignorando l’ordine di Zola di scappare via.
Nene la ignorò e scagliò la sfera, però all’ultimo momento apparve un’altra Ombra, l’attaccò di Nene andò ad  infrangersi sulle ali piumate di quest’ultima tenute piegate a proteggere Kluke.
… Stava per succedere qualcosa, lo sentiva, per questo tenne saldamente una mano sulla spalla della nuova evocatrice. Percepì uno strano calore invaderle il palmo, ma non proveniva dalla Fenice appena evocata, era suo. Non fece in tempo a capirci di più che il tutto fu avvolto da una luce bianca ed accecante…
E finì lì. Si ritrovarono da tutta altra parte.
 
L’ennesima visione si era conclusa con altri dubbi e altre domande, ma ora sapeva dove si trovavano gli evocatori.
Un’idea quasi folle le balenò nella mente, si, talmente folle che forse sarebbe arrivata da qualche parte.
Tentò di alzarsi, ma qualcosa le appesantiva i movimenti. Si guardò il fianco, dove ancora stava appoggiata la mano di An a tenerla stretta. La scostò dolcemente e, una volta in piedi, osservò il ragazzo addormentato. Lo stesso con cui si era sfogata la notte prima dicendogli ciò che aveva sempre nascosto persino a se stessa.
Cos’hai intenzione di fare Lirin?
Non lo so Kirillion, so solo che devo capire il perché di tutta questa guerra e soprattutto voglio sapere qualcosa in più riguardo la leggenda delle Ombre a cui ha fatto cenno Nene…
La dragonessa espresse chiaramente il suo dissenso agitandosi nervosamente nel su cuore: Sai cosa significa quello che vuoi fare?
Lirin annuì: Lo so e non ho paura, non sarebbe la prima volta che me ne vado…
Ma…
Non voglio dirlo né a Loghi né a nessun’altro… la interruppe lei trasformandosi in un giaguaro e cominciando a graffiare con le unghie il ramo subito di fronte ad Andropov.
Scrisse un breve messaggio:
 
La discussione di ieri mi ha fatto riflettere molto, facendomi capire che probabilmente non troverò mai me stessa restando qui.
Dì a Loghi che gli sono molto grata per questi anni e che probabilmente non starò via molto se riuscirò a trovare ciò che cerco.
Devo capire il perché di quelle visioni…
Per favore non cercatemi o lo interpreterò come una mancanza di fiducia nei miei confronti, ti prego di fidarti Generale.
 
Firmò il tutto con una L controllando accuratamente di non essersi riferita a Loghi come padre, era sicura che lui avrebbe notato quel piccolo particolare.
Guardò An che ancora dormiva e gli si sedette affianco ad osservarlo per alcuni minuti.
Non puoi nascondere che il ragazzo ti piaccia… la canzonò Kirillion, Lirin non badò alla provocazione rimanendo stranamente calma e mantenendo nello sguardo talmente tanti sottintesi che la sua Ombra si addolcì.
Ieri sera non riusciva a prendere sonno, parlava sottovoce con la sua Ombra… le rivelò.
Non credo che mi possa interessare quello che dice alla sua Ombra, brutta rettile pettegola…
Kirillion ridacchiò: Se ti dicessi che parlava di te?
Lirin si voltò confusa: C-che ha d-dett-o?
Di questo è meglio che ne parliate di persona, ma vuoi svegliarlo? si scusò l’Ombra eludendo d’improvviso l’argomento.
Lirin riprese le sembianze di un demone e scosse la testa: Ti prego, vai alle radici dell’albero e aspettami.
Puoi anche scendere con un salto e io ti prendo al volo…
La ragazza fece ancora di no: Fa come ho detto…
Subito dopo si udì un lieve tonfo ai piedi dell’albero, Lirin sospirò e tagliò ogni legame con la mente dell’Ombra, almeno per quel momento.
Si avvicinò nuovamente ad An, voleva svegliarlo, ma non voleva. Era una di quelle scomode situazioni in cui voleva fare entrambe le cose.
Sospirò e decise di non svegliarlo, ma rimase lì immobile senza sapere bene cosa fare, era nervosa per il fatto di non avere abbastanza tempo.
Lentamente gli si avvicinò posandogli un bacio sulle labbra, lieve come il battito d’ali di una farfalla, e saltò giù dall’albero atterrando sulla morbida membrana dell’ala destra di Kirilion. Un attimo dopo aveva spiccato il volo nel più completo silenzio mattutino. Non voltandosi prima di saltare non poté notare che An aveva socchiuso un occhio.
Non si era neanche accorta di aver fatto cenno alle sue visioni in quel messaggio, non aveva mai detto a nessuno di averle avute  e che erano la causa delle sue continue perdite di conoscenza, tanta era la fretta di andare via. Ma era sicura che se avesse tentennato ancora un solo secondo non avrebbe mai avuto il coraggio di muovere un passo.
 
- C’era scritto proprio questo? - chiese Loghi mettendosi una mano sulla fronte senza forze.
An era nervoso e stentava a nasconderlo, annuì rigido: - Si Generale, sono le parole testuali. - abbassò lo sguardo: - Quando mi sono svegliato se ne stava andando, non avrei potuto fermarla. Le chiedo scusa. -
- No, hai fatto bene a non fermarla. - gli fece segno verso la porta: - Puoi andare. -
Il ragazzo si portò militarmente la mano sulla fronte ed uscì chiudendosi la porta alle spalle, appena varcata la soglia quasi ci si accasciò sopra tirando un enorme sospiro di sollievo. Avrebbe giurato che il Generale se la sarebbe presa con lui per non aver fermato Lirin, ma forse era troppo presto per considerarsi salvo, in corridoio infatti lo aspettava Schneider.
- Che cazzo vuoi? - gli chiese rude, proprio in quel momento non aveva voglia di parlare.
Schneider si grattò il mento, sulla guancia aveva ancora il livido che gli aveva fatto Lirin: - Solo sapere che fine ha fatto la ragazza. -
An lo guardò sarcastico: - Come se lo sapessi. - lo sorpassò dirigendosi in camera.
- Vuoi compagnia? Voglio dire, ora che non c’è Lirin…- gli propose il biondo.
An strinse i denti: - Valuterò… - salì le scale senza voltarsi.
Entrato in stanza sbattendo la porta e si lanciò sul letto mettendosi il cuscino sopra la faccia.
Lirin se n’era andata, e lui non aveva avuto il coraggio di fermarla. Non aveva fatto niente, eppure prima di addormentarsi l’aveva ammesso a se stesso e l’aveva detto anche alla sua Ombra, con Lirin stava bene, con lei poteva essere se stesso e la sensazione di benessere che provava quando era con lei era una sorta di droga, più le stava vicino, più ne aveva bisogno.
Era incredibile quante cose fossero cambiate in sei giorni e poco più, forse troppe.
Aveva in quel tempo osservato come Lirin interagiva con la sua Ombra, la considerava quasi un’amica, non tanto un’arma da sfoderare al momento opportuno. Forse poteva provarci anche lui per ingannare un po’ gli avvenimenti di quella giornata.
Evocò l’Ombra, Alfain parve un po’ spaesato dato che non si trovava in un campo di battaglia e non c’era nessun nemico da combattere, guardò l’evocatore con confusione scrutandolo con l’unico grande occhio rosso.
- Volevo solo un po’ di compagnia… - si giustificò senza aspettarsi una risposta di particolare conforto, la sua Ombra non sapeva parlare, al massimo emetteva dei tintinnii alternati a deboli fischi che ogni volta che si annoiava si divertiva ad interpretare. Ora però gli serviva davvero sapere cosa avrebbe detto, non sapeva neanche se lo capisse quando parlava, era un’Ombra artificiale e il suo scopo principale era quello di essere un’arma più affiata delle altre.
Non gli importava: - Non so che fare… - mormorò sedendosi a gambe incrociate con il cuscino in grembo.
Alfain si avvicinò emettendo un lieve tintinnio, a quel suono An sorrise: - Non ti capisco… - gli disse dolcemente allungando una mano verso uno dei cristalli che componevano l’Ombra che tintinnò ancora.
- Vorrei che tu parlassi… -
L’occhio rosso della creatura lo guardò, in modo diverso da tutte le altre volte, gli guardava dentro, nel profondo.
An non riusciva a muoversi, sussultò sentendo la mente vuota. Subito dopo il vuoto fu sostituito da un’immagine di un foglio ingiallito con una scritta: Invece io vorrei che tu mi sentissi… era come un ricordo, ma non aveva mai visto niente del genere.
Alzò lo sguardo verso l’Ombra, esterrefatto:  - Alfain! Tu hai parlato!-
Lo raggiunse l’immagine di un altro foglio: Finalmente ti sei degnato di ascoltarmi…
- Io… Mi dispiace, è che non avrei mai pensato di poter… - balbettò An su di giri guardando la bestia-cristallo come se fosse la prima volta che la vedesse.
Pensavo che non ti interessasse parlare con un’Ombra… nella voce dell’Ombra scorse una nota di timidezza e rassegnazione. Era una voce strana, melodiosa e profonda allo stesso tempo. Fino a quel momento non avrebbe mai saputo stabilire il sesso della sua Ombra, ma dalla voce sembrava un maschio, poco aveva per dimostrarlo.
- Ho aspettato tanto mi parlassi. - disse quasi in un sussurro.
E io ho aspettato che tu parlassi a me…
An si portò una mano sulla fronte: - Scusa… Sono un idiota. Sono successe troppe cose da quando Nene mi ha messo nel… - un nodo gli chiuse la gola impedendogli di continuare. Ci pensò Alfain al posto suo: … generatore di Ombre artificiali, ricordo cosa hai provato…
- Per questo non ti sei mai fatto vivo? Perché ti sentivi in colpa? -
Nessuna risposta: - Non sono arrabbiato con te, il dolore di quelle scosse che ti hanno generato è stato una mia scelta… -
Ancora l’Ombra setacciò i suoi pensieri in silenzio: Niente a che vedere con quello di adesso… Ieri sera ti ho sentito mentre mi parlavi di lei, ma non ho potuto dirti il mio parere…
An si sdraiò sprofondando di nuovo la faccia nel cuscino così che le parole furono attutite: - Lo so già di essere un idiota, non mi serva una conferma. -
Alfain lo ignorò: Non credevo che ti piacesse fino a quel punto. Da questo punto vi somigliate molto, non riuscire ad affrontare il passato non è una debolezza…
Quella frase l’aveva già sentita: - …Solo voglia di andare avanti. - completò seppur con poca convinzione.
Subito dopo fu silenzio, nessuno dei due aveva altro da aggiungere quindi l’Ombra scomparve.
 
Dove hai intenzione di andare?
Lirin non rispose, osservando assorta l’orizzonte che si tingeva di rosso. Avevano volato per tutta la mattina e per tutto il pomeriggio senza mai fermarsi. Se si fosse fermata sarebbe tornata indietro.
La ragazza si limitò a guidare il drago verso la capitale del Gran Reame, quando vi arrivò però l’attese una brutta sorpresa: il palazzo di Nene era scomparso.
Ritirò l’Ombra ed esplorò la zona finché non arrivò ad una piccola sporgenza da dove si poteva ammirare tutta la Capitale, era il luogo della sua visione, quello in cui si era ritrovata dopo l’apparizione della Fenice. Gli evocatori erano feriti, non sarebbero andati lontano.
Camminò ancora, c’erano le rovine di un villaggio a qualche miglio di distanza, se fosse stata in loro si sarebbe sicuramente fermata lì. Preferì aggirarsi tra i ruderi in forma giaguaro, per camuffarsi meglio tra le ombre.
Era troppo distratta, fece molto più rumore di quanto ne avrebbe fatto di solito e questo la costrinse a fermarsi un attimo per riprendere fiato:Che mi succede?
Escluse immediatamente le visioni dato che ancora non aveva avuto dei giramenti di testa, Kirillion non rispondeva. In altre occasioni l’avrebbe lasciata al suo silenzio, ma adesso doveva sapere se lei era in grado di risponderle.
Dovresti guardare nei tuoi pensieri, non nei miei… le disse scocciata l’Ombra.
Lirin obbedì, ma non c’era nessun pensiero che poteva catalizzare così la sua attenzione poi però sentì una stretta al cuore e non vide niente oltre al bianco.
 
…C’era An nella sua stanza, appoggiato al davanzale della finestra e con uno sguardo cupo che non gli aveva mai visto, perso nel vuoto, ma rivolto verso il cielo. Lo stesso cielo dove lei era scomparsa. Lo chiamò a bassa voce, che stupida che era, non avrebbe potuto sentirla.
Ritrasse la mano che aveva teso verso di lui e pregò, pregò che la visione finisse perché la stava uccidendo…
 
Quando si svegliò dal suo stato di trance si alzò e riprese a camminare senza meta, intanto si dava della stupida: mai nessuna persona si era mai meritata le sue attenzioni. Ma An era diverso da tutti gli altri, lui la capiva.
Dette un’energica scrollata al pelo, era come se due parti del suo essere fossero in conflitto, le due vocine che aveva d tempo soprannominato orgoglio e verità o, molto più semplicemente, cervello e cuore. Aveva sempre dato ascolto alla prima dato che aveva il potere di non farla star male.
Adesso non sapeva a quale dare ascolto.
Il suo conflitto interiore fu interrotto da delle voci in lontananza, c’era una casa ancora integra da dove proveniva una debole luce.
Si avvicinò circospetta sbirciando all’interno da un buco del muro. Quasi le mancò il respiro quando vide all’interno Zola e gli altri ragazzi, Kluke era riversa a terra con una pezza sulla fronte. C’era anche un uomo con una vaporosa capigliatura color platino che non aveva mai visto, parlava con Zola.
In ogni caso avevano tutti un’espressione stanca e affranta sul volto, ognuno di loro portava almeno due fasciature e qualche decina di grossi lividi.
Aspettò che tutti uscissero poi si infilò in un buco abbastanza ampio nel muro ed entrò. Guardò la ragazza priva di sensi, aveva un animo buono, non si sarebbe dovuta meritare un dolore simile. Si avvicinò annusandole il viso pallido e le si accucciò sopra la spalla.
Nuovamente sentì quel calore arderle  infondo al cuore, non aveva paura e lo lasciò fluire fino alla punta del muso. Posò il naso umido sulla fronte della ragazza e chiuse gli occhi.
Ebbe un improvviso calo di forze e si staccò, la ragazza respirava, socchiuse le palpebre e per un attimo incontrò gli occhi viola di Lirin.
Il giaguaro si voltò sentendo una voce molto vicina: - Ho visto una luce brillare qui dentro! - apparteneva al ragazzo con l’Ombra-drago.
Lirin guardò ancora Kluke semicosciente, chinò la testa ed uscì con un balzo dallo stesso buco da cui era entrata, stavolta da umana.
Un secondo dopo si erano fiondati nella stanza gli evocatori e quello con i capelli neri si era letteralmente lanciato in ginocchio affianco a Kluke vedendola con gli occhi aperti.
- Kluke!!! Ti sei svegliata! - urlò quasi con le lacrime agli occhi.
Tirarono tutti un sospiro di sollievo, Kluke però non sembrava condividere appieno quel sollievo, si guardò spaesata intorno: - Dov’è quella ragazza con gli occhi viola? - biascicò.
Subito Bouquet saltò dentro al suo campo visivo: - Eccomi Kluke, sono qui. - le disse dolcemente prendendole le mani. La rossa sorrise, ma scosse la testa: - Non potevi essere tu… - disse sicura, anche se la capacità di trasformarsi di Bouquet poteva metterle qualche dubbio.
Lirin, di nuovo un animale, si appollaiò sul tetto disseminato di buchi di quel rudere per osservare la scena compiaciuta.
Ad un certo punto Kluke la indicò: - Eccola, è lei! - ma, il tempo degli altri per voltarsi che era già scomparsa nel buio della notte. I suoi occhi viola brillarono solo una volta, un luccichio che tutti interpretarono come due stelle cadenti.
Tutti tranne Kluke che, quando tutti furono di nuovo usciti per lasciarla riposare, si tirò su a sedere per guardare meglio il cielo che si scorgeva da quello squarcio nel soffitto: - Grazie… - mormorò.
Lirin si fermò in mezzo al labirinto di rovine senza però spostare lo sguardo dal terreno: Non c’è di che… e riprese a camminare fermandosi poco distante dalla casa dove erano accampati gli evocatori appisolandosi sotto un cumulo di macerie.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Yheeeeeeee!!! Allegria!!! :D
Lo so, è deprimente, e anche un tantino(???) lungo… ma non riuscivo a trovare un degno seguito, questa improvvisa separazione mi ispirava molto…
- Sei senza cuore!!! - piagnucola An affianco alla mia scrivania.
*Me gli porge un fazzoletto sospirando rassegnata* XD
 
Alla prossima!!! *e ritornò la folla inferocita… -.-“*
 
P.s. Ho scritto sotto le note di “Keep holding on” di Avril Lavigne, penso che per questo capitolo calzi a pennello… Chi vuole si ascolti la canzone mentre legge… *cespuglio che rotola*
- Ehi!!! Dov’è finita la folla inferocita???!!! - *me disperata in mezzo al deserto…* ^.^ 

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Capitolo 9
*** The Extra Seven ***


The Extra Seven

 
Gli evocatori si rimisero in viaggio di buon mattino, Lirin li seguì cercando di mantenere una breve distanza da loro senza essere vista. Non fu facile dato che viaggiavano in un desolato deserto di rocce.
Ormai saltando di roccia in roccia aveva imparato i nomi di tutti i componenti del gruppo e dell’uomo con i capelli biondi visto la sera prima che aveva scoperto chiamarsi Legalas.
Li osservava, sorridevano e guardavano la ragazza rossa. Kluke però sembrava vagamente con la testa per aria e cercava qualcosa nel paesaggio deserto.
Io credo che cerchi te. E vorrei anche sapere perché stiamo seguendo i peggiori nemici del Gran Reame…
Ssssh! Indebolisci l’aura prima che le Ombre di quei marmocchi la percepiscano! la sgridò Lirin, trasformata in un giaguaro, acquattandosi dietro una roccia per sfuggire all’ennesima occhiata di Kluke nella sua direzione.
Non capisco da quale parte stai… ci sono due scelte: una giusta e una sbagliata, Gran Reame o evocatori. Quale delle due adesso reputi giusta?
Balzò ancora e ancora si nascose: La mia visone del mondo non è cambiata, ma credo di essere la via di mezzo tra le due…
- Di preciso dove stiamo andando? - chiese Shu.
- Guarda tu stesso, siamo arrivati. - rispose Zola indicando la città che si stendeva proprio sotto la rupe dove ora stavano loro: - Questa è la Repubblica di Mithia, un importante centro culturale. Viene anche soprannominata la città della logica. -
- E noi cosa ci andiamo a fare? - domandò Marumaro sporgendosi dalla rupe per guardare in basso.
Lirin tese le orecchie anche lei in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare da Zola: - Siamo qui per cercare una copia del Libro del Principio, ovviamente che contenga anche le Extra Sette. -
Conosceva il testo nominato da Zola, le Extra Sette però non le dicevano niente anche se il solo nominarle le provocava un lungo brivido giù per la schiena.
Quando entrarono in città Lirin riprese le sembianze umane  nascondendo il viso sotto il cappuccio della sua maglia, li seguì fino alla biblioteca.
Per poco riuscì ad infilarsi nella stanza dove si sedettero tutti ad un tavolo a leggere quella che doveva essere una copia del libro antico, si nascose dietro un mobile pregando che nessuno si accorgesse di lei. Si accorse poco dopo che Legalas era rimasto fuori.
Kluke lesse il primo paragrafo che spiegava la creazione di Luce e Tenebre, saltarono poi direttamente alla guerra che scoppiò tra le due entità e finì con l’avvenuta dei Sette Soldati della Luce.
Zola sosteneva che quei sette fossero evocatori di Ombre paragonando quei poteri ai loro.
Bouquet alzò timidamente una mano, come si farebbe a scuola per chiedere parola: - Cosa ti fa pensare che proprio noi siamo i diretti discendenti di quei sette soldati? - molti presenti condividevano il dubbio.
- Lecita domanda. - Zola alzò lo sguardo pensierosa: - Come saprete io e Jiro abbiamo cercato la risposa per molto, molto tempo cercando ovunque le antiche rovine collegate ai Sette. -
- Anche a casa mia? - chiese Shu ricordandosi immediatamente il giorno.
Zola annuì: - Cercavamo nelle caverne, per questo eravamo nel tuo villaggio. Secondo la leggenda ci sarebbe una dimora in rovina per ogni soldato e in quella che abbiamo perlustrato abbiamo trovato la risposta a ciò che stavamo cercando. Nella caverna c’era un antro con antichi affreschi che ritraevano la tua Ombra Shu.
Lirin sussultò contro il mobile sperando che nessuno avesse sentito il lieve scricchiolio emesso dal legno, ingoiò un groppo in gola creatosi per una lunga apnea: Quindi sono loro la leggenda alla quale ha fatto cenno Nene!
Stavolta fu Kirillion a zittirla perché Zola stava riprendendo a parlare. A quanto pare anche la dragonessa era interessata alla storia.
- Non dovremmo cercare il settimo? - chiese Kluke.
Lirin li contò: giusto, erano solo in sei.
Zola preferì di no dato che non sapevano nemmeno se esisteva: - Capite adesso perché dobbiamo prendere parte a questa guerra? -
Annuirono insieme, con convinzione.
Lirin prese un lungo sospiro e tremò: Proprio ora no! si lamentò cercando di ricacciare l’imminente visione da dove era venuta, ma era evidente che fosse tutto inutile.
L’unica cosa che poteva fare era trattenere il respiro per non ansimare quando gli occhi divennero lattei: Un enorme ombra stava oscurando l’intera città, vedeva gli abitanti fermarsi e il vento soffiare. Quella città era Jibral, gli stendardi blu non tradivano.
 Riconosceva il velivolo enorme che solcava quasi pigramente il cielo, era il galeone da guerra di Nene. Ecco perché quando era stata nella Capitale non aveva visto l’immenso palazzo, per il semplice fatto che ora volteggiava sopra le loro teste ed era sicura che Nene fosse lì a godersi la scena.
Lo spuntone che stava nella parte inferiore del galeone brillò e un attimo dopo un raggio etereo si abbatté sulla città, quando la luce scemò c’era semplicemente il nulla, era come se Jibral non fosse mai esistita. Scomparsa nel nulla insieme a tutti i suoi abitanti…
Durò a malapena qualche secondo, ma quelle poche immagini la sconvolsero: voleva dire che in quel preciso istante Jibral era scomparsa nel nulla. Si tappò la bocca per non urlare di frustrazione.
La voce di Zola la riportò con i piedi per terra: - Da qui non possiamo fare altro che supposizioni dato che ci manca la parte fondamentale del libro: le Extra Sette che sono state rubate. E non si conosce il contenuto di quelle pagine. -
Rubate? si chiese confusa. Loghi le avrebbe detto se qualcosa di così apparentemente importante fosse stato rubato. Aveva vissuto in una sfera di vetro fino ad allora, lei non ne sapeva niente.
- Vorrei tanto sapere chi è stato a faro occultare le Extra Sette… - fece Kluke.
Seguì una spiegazione, su un re di 700 anni prima, brillante studioso, che, avendo letto quelle pagine, emanò una legge che ne vietasse la lettura.
- Ma perché? - chiese Jiro.
- Credo che avesse paura. - fu la risposta secca di Zola: - Là dentro ci dev’essere qualcosa in merito alle Ombre che nel resto del libro non viene nemmeno citato. Il settimo capitolo è tagliato e subito dopo non ci sono più riferimenti alle Ombre, nemmeno uno. La mia ipotesi è che in quelle pagine ci sia scritto come sigillare le Ombre… E i Sette soldati scomparvero o le loro Ombre vennero sigillate, io preferisco la seconda. -
- Perché qualcuno dovrebbe aver voluto sigillare le Ombre? - intervenne immediatamente Kluke.
Zola rimase in silenzio così a lungo che parve non avrebbe risposto: - Pensateci bene: le istruzioni per sigillare un’Ombra non potrebbero essere usate anche per evocarla? - era una domanda difficile che lasciò molti forse: - Quindi ognuno di voi probabilmente non sfrutta appieno i poteri delle Ombre. Per risolvere questo problema dobbiamo quindi trovare le Extra Sette. -
Sarebbero ripartiti la mattina seguente in cerca di chi aveva preso le pagine mancanti, fu un sollievo per la povera Lirin quando poté finalmente saltare fuori da una finestra e respirare aria che non fosse quella stagnante di una stanza.
Salì direttamente sul tetto della biblioteca, trasformata in giaguaro e vista preferibilemente da lontano sarebbe potuta passare per un grosso gatto che vagava sui tetti.
Gli evocatori si divisero e lei si sedette su di una casa per scegliere chi seguire: Vuoi sorprenderli alle spalle? chiese Kirillion già assaporando la battaglia, ma per sua sfortuna Lirin rispose negativamente: No, solo sapere quali oscure energie operano in questo mondo…
L’hai sentita anche tu vero? L’aura del ragazzo…
Vuoi dire Shu? Non lo so, ho avuto un’altra visione…
Kirillion non si dilungò oltre e la spinse a seguire proprio il ragazzo con i capelli neri che si stava dirigendo fuori dalle mura della città.
Appena fuori evocò la propria Ombra, Lirin da dietro uno degli ennesimi nascondigli sobbalzò: quel drago… così simile a Kirillion…
Dentro di lei l’Ombra tremava, non per paura, ma per timore di poter perdere anche un solo filo di controllo e saltare fuori facendo saltare la copertura. Vicino all’altro drago era più difficile di quanto pensasse mantenere i nervi saldi, più di quanto fosse stato mantenerli in una delle visioni dove appunto quell’Ombra era presente.
Evocatore e Ombra sembrava stessero parlando e la discussione sembrava anche piuttosto animata.
Il ragazzo chiamava la creatura Blue Dragon. Lirin si contorse con un breve uggiolio di dolore dato che al solo pensare quel nome le si contorceva lo stomaco e Kirillion sembrava graffiarle sotto lo sterno.
- Credo che abbiamo visite. - sentì dire al drago, per un attimo temette di dover dire addio al suo occultamento, ma poco dopo si accorse degli schiocchi metallici che avevano riempito l’aria. C’era una navicella del Gran reame in cielo.
Lirin si dileguò in fretta in vista dello scontro dato che anche gli altri evocatori erano sopraggiunti, si sedette sulla rupe da dove erano arrivati ad ammirare lo scontro.
Era evidente che le macchine da guerra del Gran Reame non erano sufficienti a tener testa a quattro Ombre. Per qualche motivo se ne compiaceva e, quando vide la navicella più grande puntare i fucili contro Blue Dragon non seppe proprio resistere: riprese le sembianze da demone ed evocò l’Ombra puntando il palmo verso la corazzata: - Fiamme d’Inferno. - disse con foce gioviale, quasi stesse giocando, e Kirillion sputò una lingua di fiamme che trapassò da parte a parte il velivolo. Subito dopo il cielo si colorò dell’esplosione.
Forse la videro, ma non le importava e se ne andò tranquillamente senza nemmeno ritirare l’Ombra.
 
Il messaggio dell’annientamento di quell’unità non fece tardi ad arrivare a Loghi che intanto solcava i cieli nella sua corazzata. Al suo fianco stava Schneider.
Il robot semidistrutto che aveva inviato il rapporto aveva confermato la presenza di cinque evocatori di Ombre.
Loghi sorrise compiaciuto, ora sapeva dove si rintanava Zola e soprattutto che Lirin la stava seguendo. Non poteva che essere sua la quinta Ombra identificata.
Bene, avrebbe preso due piccioni con una fava, ma decise di non dire niente a Nene.
- Ora che sappiamo dove sono concentrate le forze su di loro e annientateli. - ordinò.
 
A quanto pare gli evocatori erano alla ricerca di un noto informatore di nome Omeron. Al villaggio dove viveva e lavorava però dissero loro che era morto.
Strano… pensò Lirin infilando il muso nella tenda dell’informatore, aleggiava uno strano odore in quello spazio, lo stesso che aveva sentito sui campi di battaglia: polvere da sparo mista a sangue, ma sembrava come camuffato.
L’odore era più forte addosso alla ragazza che tuttora stava parlando con Zola spiegandole le cause del decesso.
La osservò fino a che non scorse nell’attaccatura dei capelli della ragazza un ciuffo rossiccio, non poteva essere suo dato che aveva i capelli neri.
Quella ragazza promise le informazioni che gli evocatori cercavano per duemila monete. Zola accettò.
Per avere quelle informazioni erano costretti a racimolare quei soldi tutti in un giorno,  Lirin per una volta se ne andò per i fatti suoi dato che sarebbe stato piuttosto noioso.
Si sedette sulle sponde di un lago a guardare l’acqua che si muoveva pigra: Perché hai distrutto quella nave? la riscosse subito Kirillion, dalla sua voce ansiosa si poteva capire che non vedeva l’ora di chiederglielo.
Ci dev’essere un motivo?rispose acida la ragazza. Purtroppo per lei andarono avanti con quella discussione fino al tramonto, quando lei ebbe la scusa per raggiungere gli evocatori che erano sicuramente tornato dalla ragazza che aveva detto loro di Omeron.
Li trovò inaspettatamente al limite della foresta, di fronte ad una lapide bianca con scritto il nome di Omeron, c’era inciso anche qualcos’altro che però non riuscì a leggere. Eppure anche quella lastra di marmo la convinceva, continuava a sentire quell’odore strano.
Si nascose schiena contro un albero per ascoltare, sentì il tintinnio del sacchetto di monete che veniva consegnato alla ragazza.
- Il nostro obbiettivo è localizzare le Extra Sette e poi distruggere Nene. - svelò Shu senza alcuna prudenza.
- Mi dispiace,, ma non ci sono più. Sono state distrutte insieme a Jibral. - calmate le esclamazioni di sorpresa per la scomparsa di Jibral intervenne Zola: - Io non credo, dato che sono state rubate prima. La donna che cerchiamo è coinvolta nel furto. Ci aiuterete a trovarla? -
Non conosco nessuna donna incaricata a questo genere di missioni… pensò rapida Lirin passando in rassegna tutti i volti visti quando stava con Loghi.
La ragazza chiuse gli occhi: - Voi siete i leggendari evocatori di Ombre, farò tutto ciò che mi chiederete. -
- Non capisco Zola, perché lo hai chiesto a lei? - domandò confusa Bouquet.
-La tomba di Omeron non mi aveva convinta. - disse Zola: - In effetti, sulla tomba c’era scritto che non voleva andarsene, gli informatori giocano spesso con le parole. - sorrise.
- Quindi Omeron è ancora vivo! - capì subito Kluke.
- E si trova proprio davanti a noi. -
A quel punto Lirin mandò al diavolo la prudenza e sporse il viso quel tanto che bastava per vedere i presenti.
- Complimenti, bell’intuizione. - parlò la ragazza, ma non aveva più la solita voce bensì quella di un uomo. Subito dopo si afferrò un lembo di quello che doveva essere un travestimento e al posto della ragazza apparve un giovane con i capelli rossi e gli occhi color acquamarina, era vestito come solitamente veste una spia.
Lirin rimase a bocca aperta, ecco spiegati i dubbi. Erroneamente rimase con il voltò mezzo coperto dal tronco dell’albero.
- La verità è sempre sotto gli occhi di chi guarda. - disse saggiamente Omeron: - Farete buon uso delle informazioni che vi ho dato? - chiese guardando la bella Zola che  intanto aveva afferrato l’elsa della spada: - Sono pronta a giurarlo sulla mia spada. -
Omeron annuì: - Non vi preoccupate, mi occuperò io della donna. E ho ancora un’informazione da darvi… -
Lirin continuò ad ascoltare però un’improvvisa folata di vento le portò alle narici estremamente sensibili un odore nuovo, di fiori. Si voltò e vide un ombra correre via tra gli alberi.
Riprese ad ascoltare: - Siete stati seguiti fin qui. - affermò Omeron, Lirin sbiancò tutta d’un colpo e senti le ginocchia farsi deboli, ma pregò che si riferisse a quella presenza appena vista: - E chiunque sia è ancora qui. - continuò l’informatore.
La mezzodemone ancora non si mosse, sudava freddo mentre il suono distinto di quattro Ombre che venivano evocate le trapanava le orecchie.
Attacca, se lo fai prima tu hai qualche possibilità! le urlò Kirillion un secondo prima che i piedi le scattassero da soli fuori dal nascondiglio e che un’aura azzurra avvolse il suo corpo.
Kirillion ruggì e si abbatte contro Blue Dragon spingendolo a terra soffocandolo con una fiammata.
Bene, era fatta, davanti a se aveva via libera e soltanto due passi a separarla dal vuoto. Scattò verso la sua via di fuga che qualcuno le afferrò un piede facendola inciampare e sbattere il mento per terra.
Sputò un grumo di sangue e diede un calcio in faccia a chiunque la stesse bloccando, ma quel qualcuno resisteva e quei pochi secondi bastarono a Blue Dragon per inchiodare Kirillion al suolo, la dragonessa si dibatteva, ma presto arrivarono anche le altre Ombre a bloccarla e Lirin dovette arrendersi.
Saltò in piedi mentre Kirillion era ancora fermata a terra, quasi ad istinto sfoderò la spada anche se non c’era più nulla da fare, ma se avevano intenzione di catturarla avrebbe dato loro filo da torcere.
- Chi sei? - chiese Zola avvicinandosi circospetta.
- Mi chiamo Lirin. -
- Perché ci seguivi? - un altro passo verso di lei con la sciabola sguainata.
Lirin sfoggiò una delle sue migliori espressioni strafottenti: - Curiosità. - rispose e, con un improvviso scattò fece liberare la sua Ombra e si avventò contro Zola.
 
Fu come un tuono, si alzò di scatto dal letto e, come tutte le volte si voltò verso il letto affianco trovandolo come tutte le volte vuoto.
Dove sei Lirin? Perché te ne sei andata? si chiese passandosi una mano sul viso sudato.
Evocò un cristallo e lo mandò a vedere dove fosse la ragazza, se almeno stesse bene. Non ce la faceva più a svegliarsi nel cuore della notte e trovare la stanza vuota, cercando di riaddormentarsi si disse che l’indomani avrebbe detto a Schneider che accettava la proposta di farlo stare in stanza con lui.
Scusami Lirin, so cosa c’è scritto sul tuo messaggio… ma ho bisogno di sapere dove sei…ad occhi chiusi si concesse un lieve sorriso. Era ormai impossibile negare che stava diventando un ossessione.
 
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Salve a tutti! *fa un colpetto di tosse per coprire il silenzio*
Sono in vena di capitoli spropositatamente lunghi…
Bene, Lirin fa la sua prima mossa e Zola… povera Zola, non sa cosa l’aspetta!
Volete sapere come si lascia la gente sulle spine? ;)
… Bhe… penso che ve lo dirò più tardi… *me sadica*
 
Alla prossima!Ah guarda, è tornato il mio amico cespuglio! ^.^ *sorrisetto*
Il cespuglio rotola via… *tristezza* se n’è andato anche lui! D:
Oggi non c’è neanche An a dirmi che sono senza cuore! D: Uff… credo si sia addormentato sul divano… vado a svegliarlo sbatacchiando le pentole!
*me lunatica si dilegua*

 
 

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Capitolo 10
*** Falsity ***


 

Falsity

 
Con quell’unico balzo vide scorrere tutto più lentamente, ancora qualche interminabile secondo e le era addosso, ma si accorse solo all’ultimo momento che l’unica a non essere rallentata era proprio Zola.
Con la spada fendette il vuoto e il terreno tremò quando Kirillion si alzò sulle zampe di dietro per rialzarsi, ruggì e ringhiò cercando di tenere il più lontano possibile le altre Ombre con brevi fiammate intermittenti.
Zola era nuovamente a pochi metri da lei, con la sciabola sguainata e lo sguardo glaciale che la scrutava da cima a fondo.
Balliamo… ghignò Lirin facendo roteare la spada nella mano, la sua Ombra assentì con uno sbuffo di fumo dalle narici e, con un’unica sferzata d’ali si liberò di Minotauro e Blue Dragon e si lanciò addosso all’Ombra di Zola.
La donna non sembrò minimamente scomporsi quando il suo pipistrello venne sbattuto a terra con violenza, ignorò i suoi muti ringhi menando un primo velocissimo fendente contro la ragazza.
Lo parò facilmente, scostò la lama della sciabola e colpì Zola sul naso con un pugno. L’avversaria indietreggiò tenendosi una mano sul viso sanguinante, l’espressione contratta non faceva presagire niente di buono infatti ricominciò ad attaccare, con più foga di prima.
Lirin nel frattempo cercava di avvicinarsi sempre di più al bordo della rupe anche se quella lotta stava seriamente destando la sua curiosità su quanto forte potesse essere Zola, tutto in lei le diceva che si stesse trattenendo; da come facilmente riusciva a ferirla, seppur superficialmente e da quanto fosse facile per Kirillion prendere di peso il pipistrello e sbatacchiarlo da una parte all’altra come un pupazzo.
Si distrò e una stilettata di dolore le percorse la faccia, saltò indietro per riguadagnare la distanza sfiorandosi la guancia coperta di sangue, ritrovò l’urgenza di scappare via.
Con gran orrore però si accorse che gli evocatori le tagliavano la strada per il limite della rupe e Zola quella per la foresta.
- Che brava, sei caduta dritta in trappola. - la derise Zola in tono falsamente gentile: - Ora dicci chi sei, da dove vieni e soprattutto da quale parte stai. - aggiunse con più freddezza.
Lirin rinfoderò la spada: - Io non sto dalla parte di nessuno. - sibilò. Quella era più o meno la verità, ma nessuno aveva mai osato ferirla, le dava troppo fastidio che fosse arrivata con la spada dove neanche Loghi era riuscito.
Con un ringhio mutò in giaguaro e con soli tre balzi raggiunse Zola e la buttò a terra, sollevò le zampe davanti per colpirla, ma schivò i suoi colpi per un pelo.
Si guardarono, Zola aveva gli occhi strabuzzati per lo stupore. Lirin le si riavvicinò nuovamente, con lo schianto di poco prima aveva scavato con le zampe una piccola infossatura sul terreno. Le aveva fatto cadere di mano la sciabola con quel colpo: - Che dispiacere, mi aspettavo di più. - soffiò tra i denti snudati. Saltò.
Non fece in tempo ad azzannarla che una scarica elettrica che partiva da in mezzo alla schiena fece scomparire la sua Ombra e le fece perdere i sensi. Ora la grande bestia giaceva a terra come addormentata con ancora una smorfia minacciosa sul muso.
Zola si rialzò e recuperò la sua arma: Non può essere… pensò osservando il giaguaro.
I ragazzi avevano ancora le Ombre evocate e si avvicinarono circospetti: - Cosa era? - chiese Shu affiancando Zola.
La donna non rispose, si limitò a rivolgere uno sguardo grato a Omeron che intanto rimetteva alla cintura una sorta di arma metallica con la punta che somigliava alla coda di uno scorpione dove scorreva elettricità ad alta tensione.
- Omeron, possiedi delle informazioni riguardo? - domandò tesa.
- Avete di che pagare? - chiese subito, Zola scosse la testa quindi il rosso fece dietrofront e fece per tornare al villaggio. Si bloccò solo un istante: - L’unica cosa che posso dirvi è che non è umana. - detto quello se ne andò.
 
No aspetta… cos’era successo? Quel dolore lancinante alla schiena e poi buio… nel suo inconscio sbuffò: Quei bastardi devono avermi stordito, accidenti! Ma come ho fatto a farmi battere da Zola? Certo, loro erano in cinque… nell’incoscienza aveva cambiato forma, come al solito.
Qualcosa di ghiacciato le inondò il viso e fu costretta ad aprire gli occhi e scrollarsi per non rischiare di ghiacciare. La vista era ancora appannata, ma poteva distinguere il viso dalla carnagione ambrata di Zola davanti al proprio.
Non le diedero neanche il tempo di rinsavire dal torpore dello svenimento, i due ragazzi la presero di peso per le braccia costringendola a stare in piedi. Quando mise a fuoco la scena vide che i due ragazzi, Shu e Jiro, avevano evocato le Ombre che ora la fissavano con attenzione senza lasciarsi sfuggire neanche un suo respiro.
Zola le rovesciò sugli occhi un altro spruzzo di acqua: - Ma la vuoi smettere?! – si infuriò Lirin strattonando la presa che le bloccava le braccia.
Zola rimase altera e ripose la borraccia: - In questo momento non sei in condizioni di dare ordini. -
Diede un altro strattone però fu subito riportata indietro appena fece un passo, lanciò un’occhiata assassina a ognuno dei due evocatori snudando quel poco che le rimaneva dei canini appuntiti.
- Vedi di fare la brava. - la ammonì Zola portando la mano all’elsa, Lirin smise di divincolarsi. La donna annuì: - Bene, vorrei sapere alcune cose su di te. - prese a girarle in torno per osservarla: - Per esempio: che cosa sei? -
Lirin serrò la bocca pronta a restare in silenzio qualunque cosa le avrebbero fatto: Lirin! Avanti parla! Questa è la nostra occasione! le urlò Kirillion con fare concitato.
Spiegati meglio…le rispose la ragazza impegnata a sostenere lo sguardo gelido di Zola.
Avanti, è semplice. Fai finta di fidarti di loro, li aiuti, ti fai portare alle rovine delle Ombre e puff! È fatta!
Non era male come idea, era fattibile e non le dispiaceva fare il cattivo gioco, in fondo era un’ottima bugiarda quando voleva.
A quel pensiero sorrise appena: - Sono Lirin e come avrete capito non sono di qua e non sono nemmeno umana. - Zola assentì sempre attenta: - Per ora posso dire solo che sono un Demone. -
- Ah, e perché ci stavi seguendo? - Shu le fece pressione sulla spalla, Lirin fece una smorfia dato che la scossa che l’aveva fatta svenire si sentiva ancora e fu tentata di girarsi e dargli una testata.
- Aspetta, lasciala un attimo! -
Lirin alzò lo sguardo, davanti a se trovò il rosa familiare di un vestito: Kluke? si chiese.
Dopo una breve discussione che non ascoltò fu lasciata libera di drizzare la schiena: - Ahi… - gemette roteando la spalla intorpidita poi guardò la ragazza che le stava davanti.
Fissò lo sguardo nei suoi occhi verdi così come lei fece con i suoi: - Ti ringrazio… - mormorò alla fine Kluke con la voce roca.
Lirin non si mosse, assentì con un solo battito di palpebre. Le espressioni esterrefatte degli altri fecero gioire qualcosa dentro di lei: Te l’avevo detto che la ragazza mi sarebbe tornata utile… rinfacciò a Kirillion.
- Trasformati per favore. - le ordinò gentilmente Kluke, Lirin obbedì docile e la fissò con le pupille feline strette.
La rossa sussultò e gli occhi le si velarono, ma sorrise: - Ti devo la vita. - disse ancora. Shu la scosse per una spalla: - Kluke, ma che stai dicendo? - le chiese con lo sguardo che diceva tuseicompletamentefuoriditesta.
- È lei che mi ha fatto svegliare dopo lo scontro con Nene. - spiegò la ragazza.
- È la verità? - si avvicinò Zola minacciando ancora il giaguaro con la spada, l’animale assentì: - Sei libera di non crederci. - la sfidò sostenendo i suoi occhi.
Quella volta però Zola cedette ed abbassò di poco lo sguardo: - Se sei stata tu ti dico grazie, ma non possiamo ancora fidarci di te… -
- Comprensibile. - confermò, Zola la gelò con l’azzurro dei suoi occhi per averla interrotta, Lirin sghignazzò: la grande Zola aveva paura di lei.
- Ma la tua Ombra mi ha suscitato una grande curiosità quindi credo che verrai con noi affinché ne possa capire di più. -
Un altro segno di assenso compiaciuto che a quanto pare fece saltare i nervi della donna che le puntò velocemente la sciabola al collo: - Se proverai a scappare non mi farò scrupoli ad uccidere te e la tua Ombre. - la minacciò poi la indicò ai ragazzi sempre con la spada: - Legatela. -
Quello era assolutamente il peggior fuori programma che poteva immaginarsi. No, legata no, avere preclusioni nei movimenti era una cosa che le faceva salire il nervoso, ma dovette controllare gli scatti involontari delle braccia e delle gambe per farsi legare.
Quei due ragazzi la marcavano ancora stretto il che, a pensarci bene non le dispiaceva affatto, sapere che incuteva timore persino all’acerrima nemica di Loghi era n punto in più per lei.
Diede una scrollata di spalle per togliersi i ciuffi corvini dalla fronte: - Ehi Kluke! Quand’è che arriviamo? - domandò guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Shu che strinse di poco la presa sulla corde che le teneva legati i polsi. Poteva vedere le sue nocche sbiancare: Vedi niente? chiese a Kirillion mentre aspettava risposta, la dragonessa si riscosse dal suo sereno sonnecchiare e scrutò tra le Tenebre del moro: Gli viene difficile mantenere i nervi saldi, la sua Ombra è dormiente, ma agitata…
Annuì e si accorse finalmente che ora affianco aveva anche la ragazza dai capelli rossi, le sorrise: - Zola dice che manca poco. -
Mugugnò poco convinta fissando l’orizzonte limpido: - Va bene. Come ti senti? - le chiese sincera.
- Bene e tutto grazie a te. - ci fu una breve pausa: - Posso chiederti perché mi hai svegliato? Voglio dire… perché salvarmi? -
Lirin per poco non inciampò: - Bhe ecco… - a dire il vero nemmeno lei lo sapeva: - … penso di aver visto qualcosa di puro nel tuo cuore, qualcosa che mi sentivo in dovere di salvare… -
Fu sicura che Kluke stesse per dirle qualcosa, ma l’esclamazione di Zola la distrò: - Siamo arrivati. - affermò indicando un ammasso di rovine crepate e coperte di fili d’erba avvizziti.
Lirin distolse lo sguardo dal cielo e tremò, subito gli occhi divennero lattei e all’immagine della rovina si sovrappose quella di una fiorente città brulicante di vita, il tutto era avvolto da una luce rosata e incantevole. Al centro della città campeggiava un tempio imponente fatto di mattoni dai colori sgargianti che colorano il tramonto e un rilievo sulla facciata.
Sbatté le palpebre un paio di volte per riprendere visione della realtà, la visione era durata soltanto qualche secondo ed era sicura che nessuno l’avesse notato.
Osservò ancora le pietre crepate e rovinate, l’unica costruzione rimasta in piedi era un gigantesco tempio con una decorazione sbiadita sul davanti. Non faticò a collegarlo con l’immagine lucente della sua visione.
Osservò meglio il fregio, era sottile e con due ali piumate. Ora che ci pensava poteva somigliare… Ad una fenice… avrebbe dovuto immaginarlo, quelle erano le rovine delle Ombre.
- Le rovine della Fenice… qui troveremo delle risposte, almeno spero… - commentò Zola fermandosi davanti alla facciata: - Anticamente qui sorgeva l’antica città di Luminas, se non sbaglio i tuoi avi venivano da qui Kluke. -
La ragazzo sobbalzò: - E tu come fai a saperlo?! -
La donna non si scompose di fronte a tanto stupore: - So anche che sei nata lo stesso giorno di Shu. -
Il ragazzo ne sembrò altrettanto sorpreso: - Noi non te l’abbiamo detto. Ma perché siamo qui? -
- Posso solo dirvi che è per l’eclissi. -
Kluke rimase a bocca aperta mentre gli altri procedevano trascinandosi dietro Lirin, la Demone era irrequieta. Aveva ascoltato la conversazione e tanto le era bastato per capire che Zola non aveva scoperto tutte le sue carte. L’eclissi… ripeté per memorizzare quella parola, sembrava importante.
Entrarono nelle rovine, ma si trovavano di fronte ad una parete con l’immagine di un uccello enorme e rosato. Dopo un’infinità di scalinate ripide e corridoi chilometrici.
Punto morto… pensò Lirin, ma dovette ricredersi quando Zola posò il palmo sulla parete e questa si aprì ubbidiente sotto il suo tocco.
- Questo passaggio è apribile solo grazie al potere delle Ombre, solo gli evocatori possono vedere cosa c’è oltre. - spiegò Zola inoltrandosi nella caverna.
Lirin rimase ferma a rimirare la parete che scompariva prima di ricevere un altro strattone, ringhiò verso Jiro: - La vuoi piantare? So camminare da sola! - sibilò arrabbiata.
Sembra che Zola stia facendo delle specie di ripetizioni apposta per me… disse quasi scherzando a Kirillion: Dalle facce sembra che gli altri già lo sapessero…
Può darsi, ma perché dovrebbe metterci al corrente?
Forse perché potremmo esserle utili…
Alla fine della grotta c’era un’altra parete, con un altro affresco, stavolta più dettagliato, di Fenice.
- Kluke prova ad evocare la tua Ombra. - disse Zola.
La ragazza provò, ma non un lembo di oscurità di mosse ai suoi piedi ed era per lei frustrante.
- Tranquilla, anche se non riesci ad evocare la tua Ombra forse riuscirai a trovare qualcosa in queste rovine. - la confortò Zola dopo aver visto i pessimi risultati.
Kluke sorrise appena e cominciò ad esplorare la camera. Trovò una sorta di sarcofago in un angolo, c’era scolpita fenice sopra e vi posò sopra la mano.
Lirin sentì i tremiti pre-visione tornare a farle visita, puntò gli occhi senza pupilla sull’affresco dell’Ombra, in silenzio. Qualcuno da affianco a lei urlò per lo spavento e nello stesso istante Kluke scomparve in un nugolo di luce violetta.
 
- Riesco quasi a vederla: una giovane donna con gli occhi azzurri e i capelli lunghi è arrivata a Jibral poco dopo l’arrivo di Shu e gli altri forse per seguirli… - mormorò Omeron leggendo da un rotolo di pergamena.
- Ti possono essere utili? – gli chiese il vecchio informatore dall’altra parte del velo.
- Moltissimo, grazie tante. E secondo questi documenti dovrebbe ancora trovarsi in questa città. -
- Quindi ora ti darai da fare per cercarla, se vuoi posso darti una mano. -
Omeron  scosse la testa: - So che è meglio non azzardare ipotesi, ma una persona sola non può aver fatto tutto il lavoro e per questo credo sia troppo pericoloso. Inoltre ho accettato io il caso e voglio occuparmene personalmente. - fece un breve inchino e fece per andarsene che il vecchio lo trattenne, chiamò un suo servo che porse a Omeron uno scrigno: - Prendilo, dopotutto ti appartiene. -
Il rosso aprì il coperchio e prese l’arma ad energia elettrica che si trovava all’interno.
 
Zola le diede un leggero buffetto sulla guancia lentigginosa, ma non si mosse. Era come caduta in trans.
- Shu adesso basta. - ordinò Zola al ragazzo che intanto chiamava a gran voce l’amica.
Quando si avvicinò aveva il fiatone: - Dov’è finita Kluke? -
- Credo sia entrata nelle rovine… ma adesso mi interessa lei. - indicò Lirin in piena veggenza, tremante e pallida.
- Ho fatto male ad indebolirla. - mormorò a voce bassa bagnandosi le dita con la borraccia e passandogliele sulle labbra aride.
- È troppo debole. - constatò.
Shu, Jiro, Marumaro e Bouquet la osservarono: - Si, ma che cos’ha? - chiesero quasi in coro.
Zola non rispose.
 
Entrò nel locale al limite della città, ordinò il solito appoggiandosi al bancone.
- Che c’è? Mi sembri un po’ pallido. - disse al cameriere, aveva notato la presenza che stava appoggiata, esattamente come lui, all’altro capo del bancone.
Fece per portarsi il bicchiere alle labbra, ma lo allontanò subito dopo averlo annusato: era avvelenato, poteva sentirne l’odore acre e pungente.
Con qualche parola riuscì a far andare via il cameriere che schizzò letteralmente fuori dalla porta, a quel punto si voltò verso la figura incappucciata che gli stava a pochi metri.
Stavano faccia a faccia e un’aura violacea e macchiata di nero avvolgeva la donna che gli stava di fronte, Omeron non ne sembrò per niente intimorito: - Per oggi direi di finirla qui. - le disse calmo: - Per oggi è meglio che ci salutiamo qui. -
- Salutarci? - fece lei con voce dolce.
- So che preferiresti farmi fuori, ma se affretti troppo le cose credo che anche tu potresti aere dei problemi a lasciare la città. - la provocò, un uncino della sua Ombra artificiale gli accarezzava impercettibilmente i capelli: - Sai, questa città è più sorvegliata di quanto pensi. - continuò e lei ritirò quella lama da dietro il suo collo.
- Un uomo che si limita solo alle parole non è un vero uomo… - commentò lei.
Omeron sorrise: - Un uomo che non pensa alle parole prima di passare ai fatti non è un bravo informatore. Tu non credi? - le fece di rimando.
Lei annuì: - Dicono che tu sia il migliore. Che cosa sai di preciso? -
- Questo buon profumo… è un fiore, non è vero? - chiese ad occhi chiusi, quasi non si trovasse di fronte ad un nemico mortale: - Ci vediamo. - e uscì.
 
Poco dopo Kluke riemerse da un cunicolo buio, Lirin sbatté le palpebre riprendendo coscienza di se. La prima cosa che fece fu guardare Kluke e annuire, perché lei sapeva cosa era successo dentro le rovine, della statua della Fenice e dell’apparizione dell’Ombra, i loro sguardi si incrociarono poco prima che tutti gli altri le si affondarono addosso gridando il suo nome chiedendole se stava bene.
- S, tutto apposto, ma ora ho questa qua. - disse mostrando il cristallo a forma di piuma che portava al collo.
- Credo che ti aiuterà con i tuoi poteri. - constatò Zola: - Tu dici? – chiese Kluke contenta rigirandosela tra le mani.
Lirin rimase in disparte, senza dar alcun cenno di scappare anche se i ragazzi avevano mollato le funi. Da lontano le mostrò il ciondolo, felice. La Demone sorrise di rimando, ma non poté evitare di sentire una morsa al petto. Perché poi?
Ma durò poco, un rumore abbastanza vicino le fece drizzare le orecchie: - Silenzio per favore. - stranamente tutti le obbedirono, ma Jiro e Shu tornarono a stringerla.
Si concentrò, erano rumori di battaglia quelli: - C’è un esercito poco distante da qui, combatte contro le Ombre Nere del Gran Reame e stanno perdendo. - mormorò.
Zola sussultò: - Dev’essere l’esercito di Jibral. -
Un attimo dopo si erano tutti fiondati fuori dalle rovine e stavano seguendo i rumori dello scontro che si facevano man mano più vicini. Arrivarono che mezzo esercito era stato decimato.
- Dobbiamo aiutarli! - gridò Marumaro.
- Possiamo? - chiese Shu.
Zola gli sorrise: - Anche se ti dicessi di no, tu andresti lo stesso. Quindi andiamo. – sfoderò la sciabola e dopo aver lanciato un’occhiata prima a  Bouquet poi a Lirin rivolse la sua attenzione su Kluke: - Tu te la senti di venire? - lei annuì stringendo il medaglione.
Pertirono tutti all’attacco, anche Bouquet evocò l’Ombra, ma per tenere a bada Lirin e rimase in disparte.
Per gli evocatori non fu difficile eliminare le Ombre Nere, pensavano di aver vinto prima di avvistare un gigantesco robot che macinava metro dopo metro verso di loro con le braccia metalliche puntate verso di loro e luminescenti che caricavano il colpo. Dritto verso di loro e i soldati feriti.
Lirin cercò disperatamente di allargare le funi dato che Bouquet si era distratta.
Kluke si mise nella traiettorie del tiro a braccia aperte, evocò l’Ombra: - Proteggeremo tutti, ne abbiamo il potere. - quando il laser si infranse sulla barriera creata da Fenice Lirin riuscì a strappare le corde che la tenevano.
Kluke reggeva la barriera ad occhi chiusi per lo sforzo: - Avanti Shu attacca! - urlò, ma non ne ebbe il tempo perché Kirillion volò più veloce, le fauci che ribollivano e fumavano, lanciò una sfera di fuoco contro il robot dopo l’urlo della sua evocatrice: - Fiamme d’Inferno! -
Il robot esplose come i fuochi d’artificio e Kluke cadde in ginocchio ansimante mentre la ragazza-giaguaro si godeva l’ondata calda sprigionata da quell’esplosione a viso aperto, fieramente. Con quella luce la sua Ombra sembrava ancora più possente, quasi quanto Blue Dragon che intanto era rimasto a guardare inebetito la scena.
I soldati furono loro molto grati per essere intervenuti e li salutarono con il sorriso in volto nonostante le ferite riportate.
- Bouquet, mi sembrava che Zola ti avesse detto di controllare la prigioniera. - la sgridò Jiro, Zola però gli posò una mano sulla spalla e guardò Lirin, con ancora lo sguardo perso nell’orizzonte.
- Cosa cerchi? - le chiese alle spalle, lei non si voltò: - Cerco la verità. La Leggenda delle Ombre. - disse solo.
- Anche io. La tua Ombra è potente, ne potremo avere bisogno. - la invitò.
Lirin si voltò solo a quel punto, circospetta: - Dipende da te, ti fidi? - Zola non rispose, ma mentre si voltava verso i ragazzi poté scorgere un’ombra di un sorriso.
Con qualche passo la raggiunse: Si fida… le disse Kirillion quasi sottovoce, ma fu solo un brusio a cui prestò poca attenzione.
 
- Lo sai che stanotte ho dormito su un mobile? -
An sbuffò sprofondando nel suo letto e si preparò alla cazzata delle… diede un’occhiata all’orologio… 22.47.
- Era comodino. - continuò Schneider con noncuranza, l’altro lo guardò assassino: - Schneider ti prego, questa te la potevi risparmiare! - si strinse nelle spalle: - Brrr… -
- Eddai! È da un po’ che ti vedo un po’ giù di morale. - lo rimbeccò il biondo sdraiato sul letto che fino a pochi giorni prima era occupato da Lirin.
Non è stato una brillante idea… pensò affranto riferendosi alle battute dell’amico che a momenti facevano piangere.
Non volevi qualcuno con cui parlare? chiese Alfain, innocente come al solito.
Anche quello era vero, si sentiva terribilmente solo, Lirin mancava da qualche giorno e già il tarlo della solitudine lo rodeva.
- Cos’è quella faccia da pesce lesso? - gli chiese sospettoso il biondo.
- Quale faccia? - An si ricompose subito mettendosi la sua migliore maschera sarcastica.
Schneider sorrise sghembo: - Sei un pessimo bugiardo; si vede lontano un miglio a cosa stai pensando. - lo provocò, An arrossì di botto e l’altro non tardò a notarlo: - Stai pensando ad una ragazza con dei lunghi capelli neri, gli occhi viola, le forme piene e le orecchie da gatto. -
- Giaguaro… - precisò An.
- Beccato, avevo ragione! - Schneider lo guardò come chi la sa lunga: - Ti piace Lirin. -
Andropov gli voltò istantaneamente le spalle: - Ma che dici, è solo mia amica. -
- Bugiardo. - disse sicuro Schneider: - E come mai ogni volta che si fa solo accenno a lei arrossisci? –
- Bhe ecco… - balbettò An. Provò a voltarsi che ritrovò l’unico occhio visibile di Schneider a pochi centimetri dal viso che lo scrutava con attenzione.
Abbassò subito lo sguardo.
- Sei proprio cotto. - fu il commento del biondo che tornò a sedersi sul “suo” letto a gambe incrociate.
- Sai, ti capisco. - continuò dopo poco.
An lo guardò sospettoso aspettandosi l’ennesima cavolata che non tardò ad arrivare: - Voglio dire, Lirin è sexy da star male. L’hai visto anche tu quanto… - e fece un ampio gesto con le mani all’altezza del petto.
Gli arrivò un cuscino dritto in faccia: - Cretino. - sentì dire ad An, ridacchiò e poi calò il silenzio e capì che probabilmente il suo compagno di stanza voleva dormire.
- Spupazzatela per bene in sogno. - gli disse prima di girarsi dalla parte del muro, in risposta ricevette una catena di insulti che la mattina dopo avrebbe dovuto cercarli sul dizionario.
Gli bastò aspettare poco perché Schneider cominciasse a dormire profondamente, a quel punto si alzò e andò alla finestra. Fuori volteggiava il cristallo che aveva mandato alla ricerca di Lirin. Aprì le ante il tanto necessario per farlo infilare dentro e vi guardò dentro: lei ora era con gli evocatori, stava bene e non era ferita.
Tirò un sospiro di sollievo e per quella notte avrebbe potuto dormire in pace.
Prima di addormentarsi si sfiorò le labbra, era un gesto quasi automatico quando la pensava. Schneider aveva proprio ragione, era cotto.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Ehilà!!! Salve gente!!! *colpetto di tosse*
Aehm… non ho niente da dire oltre che ci ho messo troppo a scrivere questo capitolo.
Bene, ringrazio ancora Julia per le recensioni e alla prossima!!! :D
*me si voltà verso la porta con sguardo omicida*
An, rimetti apposto quel barattolo di nutella(???)
An: :3
Eheheheh, il piccolo e innocente An non me la conta giusta…
An: ???
Dopotutto gli opposti si attraggono.

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Capitolo 11
*** Chase without knowing... ***


Chase without knowing

 
Erano arrivati alla prossima città.
Wow, hai fatto grandi progressi! Pensavo saresti rimasta a bocca chiusa per tutta la durata del viaggio… la prese in giro Kirillion, Lirin non le rispose tanto era impegnata a chiacchierare con i ragazzi.
Stavano giusto per decidere che era meglio fermarsi a mangiare qualcosa che una persona passo loro affianco: - Finalmente ci rincontriamo. -
- E tu chi saresti? - chiese Zola alla ragazza sconosciuta che era loro comparsa davanti, Lirin si irrigidì. Sapeva chi era.
Quella sorrise e si tolse il travestimento: - Omeron! - gridò subito Shu.
 
- Questo è il Castello della Testa, dentro vi è una banca dati con un ingente numero d’informazioni quindi è più sorvegliato di quanto ci si possa immaginare. Per ora so soltanto che la donna che cercate lavora per un gruppo che dispone di moltissimi soldati e di una notevole potenza. - spiegò loro Omeron indicando da sopra lo strapiombo poco fuori la città dove hai piedi sorgeva il Castello della Testa.
- Come il Gran Reame? - chiese Jiro.
- Le probabilità sono alte, ma non abbiamo certezze e l’unica possibilità è accedere al computer centrale prima che si accorgano della nostra presenza. -
- Fammi capire… - fece Zola osservando la fortezza: - Non sai niente e la fortezza è la tua ultima spiaggia. -
- Senza giri di parole. - rise Omeron facendole l’occhiolino.
Decisero che per parlare si sarebbero rifugiati in una locanda in città.
- Hanno catturato Conrad?! -
Omeron annuì assente: - Me l’ha detto un mio informatore poco prima che lasciassi la città per venire qui. Adesso si trova nel centro detentivo di Arcad. -
- E che luogo sarebbe questo Arcad? - chiese Jiro.
L’informatore lanciò un’occhiata schiva verso la nuova arrivata che stava anche lei ascoltando: - Sta con noi. - lo tranquillizzò Zola.
Omeron si rilassò appena continuando però a guardarla di tanto in tanto: - Arcad è una prigione di sicurezza, si trova sulla collina che sovrasta la fortezza che vi ho mostrato prima. -
- Bene ragazzi, non ci resta che raggiungere quel posto. -
- E salvare Conrad. - aggiunse subito Shu, Zola annuì: - Ma non solo questo. -
Quella situazione andava scaldandosi, Lirin si fece improvvisamente attenta.
- Se noi attacchiamo la prigione le unità circostanti saranno costrette a mandare rinforzi… -
- Quindi il Castello della Testa rimarrà senza guardie a sufficienza e ciò permetterà ad Omeron di entrare indisturbato. - completò la Demone.
- Sei sicura che la ragazza non faccia il doppio gioco? - chiese ancora Omeron soppesando però con curiosità il ragionamento di Lirin.
Zola la fissò: - Credo che Omeron debba sapere qualcosa su di te. - Lirin annuì piano: - Forse si fiderebbe di più. -
Ogni parola di Lirin fu pronunciata con lentezza e precisione quasi stesse disinnescando una bomba.
- Ho già sentito parlare dei Demoni… Se sei sincera ci sarai di grande aiuto. - fu il commento finale di Omeron.
- Ci darai una mano? - gli chiese Zola vedendo la sua espressione incerta riguardo a Lirin.
Lui sorrise e alzò le braccia in segno di resa: - Ho forse altra scelta per caso? -
 
Non ricordava l’ultima volta che si era divertita così tanto a disintegrare quelle ferraglie che Nene aveva pensato bene di chiamare Ombre Nere, e pensare che quelle erano un modello nuovo!
A momenti neanche aveva bisogno Kirillion per falciarle, ma doveva far sfogare tutta quell’energia accumulata dall’Ombra durante quei giorni di spionaggio. Poteva capirlo dal modo quasi perverso con cui la dragonessa frantumava quei robot stringendoli tra gli artigli, dai repentini bagliori rossi che di tanto in tanto le illuminavano gli occhi, che era mancato un soffio prima che l’Ombra potesse scatenarsi distruggendo tutto ciò che le capitava a tiro.
In più la presenza di altre Ombre, soprattutto Blue Dragon, la rendeva più irrequieta.
- Non risparmiate le forze! Dobbiamo fare in modo che mandino i rinforzi al più presto! - urlò Zola riportandola finalmente con i piedi per terra.
Kirillion e Blue Dragon si guardarono e, come da una tacita intesa, sputarono entrambi una fiammata vermiglia che decimò le restanti macchine.
Kluke e Bouquet erano con Omeron al Castello della Testa, Lirin avrebbe voluto accompagnarli, ma Zola l’aveva voluta sul campo.
Proprio in quel momento la donna le si avvicinò: - Allora, dove sono? - non le sfuggiva niente, sapeva che la ragazza poteva percepire l’aura delle altre Ombre grazie ad una particolare sensibilità, altra dote demoniaca.
Lirin prese per un attimo le sembianza da Demone e tese le orecchie verso il luogo dove in teoria dovevano trovarsi le ragazze e l’informatore. Solitamente, quando cercava un’Ombra o una presenza vedeva tutto nero, i contorni delle cose erano sfocati e c’era luce solo dove vi erano delle Ombre.
Kirillion e aveva spiegato molte volte che il modo in cui vedeva in quei momenti era lo stesso con cui lei guardava quando non era evocata, ma avrebbe dovuto indagare oltre per capirne di più e non ne aveva il tempo. Aveva deciso di dirlo a Zola solo all’ultimo, per farle capire che si fidava.
- Sono di fronte all’entrata. - disse ancora con la vista alterata vedendo due luci, una viola e l’altra rosa. Bouquet e Kluke.
Si voltò e qualcosa la colpì dritta in testa, non fisicamente. Era una luce strana, era un’Ombra di imprecisata natura e quella volta non era la furia di Blue Dragon.
Premette le dita sulle tempie e, appena la vista tornò normale, il dolore cessò e poté guardare senza essere accecata da dove veniva: dalla torre più alta di Arcad.
Gli altri intanto continuavano a combattere le Ombre Nere restanti.
- Dove hai intenzione di andare?! - gridò Jiro vedendo Shu che correva verso la porta spalancata della prigione.
- A liberare Conrad! Avanti, ormai ci siamo! - gli urlò di rimando il moro.
Jiro digrignò i denti: - No, noi dobbiamo tenere impegnato il nemico. Zola, digli che ho ragione! -
- Fa come vuoi. - disse a Shu: - Ma Jiro dovrà venire con te. -
Entrambi entrarono nella fortezza tra i mille improperi di Jiro dato che l’altro non gli dava mai retta.
Lirin, Marumaro e Zola rimasero a combattere e presto arrivarono i rinforzi, ma non venivano dal Castello della Testa.
Lirin alterò nuovamente la vista per stabilire quanti robot contenesse la corazzata in arrivo, qualche secondo che un’altra di quelle strane luci la costrinse a piegarsi in due dal dolore.
Ripresasi dall’abbaglio arrivò il terrore: - Zola! Ci sono due Manipolatori di Ombre! - urlò spaventata.
Zola sobbalzò: - Dove? -
Lirin indicò prima la fortezza e poi la corazzata: - Jiro! Shu! -
Le bastò quel pensiero per farle scattare i piedi verso la porta dove erano scomparsi i due ragazzi, mutò in giaguaro per correre più veloce seguendo la prima aura anormale che aveva visto. Il cuore le batteva a mille e fino all’ultimo non finì di pregare che una di quelle due presenze fosse Andropov.
 Si arrampicò sui bastioni e trovò i due evocatori in uno spiazzo interno, con loro c’era Conrad e due figure molto familiari. Scosse la testa: No!
La battaglia era incerta, prima sembravano vincere i due Manipolatori, poi Shu e Jiro. Ma non le ci voleva molto a capire che se avessero continuato così i primi a cedere sarebbero stati gli evocatori. Doveva pensare in fretta.
Avanti, sono soltanto due dei leccapiedi di Loghi. Non potrebbero mai essere alla mia altezza e poi… io il Generale l’ho battuto senza neanche mostrare tutte le mie carte… si disse per farsi coraggio.
Girò attorno al campo di battaglia per stare esattamente alle spalle dei due Manipolatori.
- Ti batti come una femmina! - fece il primo.
L’altra si spolverò la gonna: - Forse perché sono una femmina, tu che scusa hai? -
- Ci stiamo comportando come quei due mocciosi, facciamola finita! - entrambi si prepararono ad attaccare di nuovo.
In quel momento Lirin saltò atterrando alle loro spalle, con un gesto fluido sguainò la spada e Kirillion ringhiò minacciosa: - Hai ragione, finiamola qui. - disse calma senza riuscire a nascondere una nota di divertimento. Con la punto della spada sfiorava il collo del Manipolatore.
I due si voltarono e rimasero di sasso nel vederla: - Cynthia. Lameire. - abbassò lievemente il capo per ognuno ostentando falsa cortesia e intanto ghignava perché sapeva che al solo vederla a quei due tremavano le ginocchia per la paura.
- Complimenti, ci hai colto in un momento di debolezza. Abbiamo creduto troppo in noi stessi e ora sei tu a soggiogarci. - parlò lento Lameire: - Si, ma se fossi in voi taglierei la corda prima che arrivino i rinforzi dal Castello della Testa. - continuò Cynthia.
Lirin strinse la spada e i scostò un ciuffo dal viso, nel gesto vide Zola in piedi sui bastioni che le faceva segno di andare via, lei e Marumaro dovevano aver già distrutto tutto il resto di robot.
- Cosa pensi di fare adesso Lirin? - chiese subdolo Lameire chiamandola accuratamente per nome. Shu e Jiro la guardarono interrogativi, ma lei non vi badò: - Rimandare tutto a un’altra volta. - rispose sorridendo, fece un segno veloce ai due ragazzi per dire loro di allontanarsi: - Fiamme d’Inferno! - urlò un secondo dopo investendo Cynthia e Lameire con una fiammata cremisi.
Quando il fuoco si diradò lei era scomparsa insieme a Zola e tutti gli altri: - Bastarda… Sei una sporca vigliacca! - ringhiò Lameire al vuoto che ora aleggiava sulla fortezza.
Se gli fossi stata davanti forse non avrebbe osato… ridacchiò Kirillion sentendo l’insulto anche da lontano. Lirin sorrise anche se poco convinta, sentirsi di nuovo chiamare bastarda era una pugnalata al cuore.
Su una collina poco distante si erano rifugiati Conrad con alcuni soldati che Shu e Jiro avevano liberato ad Arcad.
- Conrad! Ce l’avete fatta! - gridò Shu al settimo cielo andandogli incontro, il maestro cavaliere gli sorrise: - Ed è tutto merito tuo. -
- Ah, era una cosa da nulla… - balbettò Shu modesto poi guardò Jiro e Lirin: - E poi non avrei potuto fare niente da solo. -
Poco dopo tornarono Kluke e Bouquet: - Ehilààà! Possiamo darvi buone notizie anche noi! Omeron ce l’ha fatta! - gridò Kluke da lontano.
- Ciao ragazze. - le salutò Shu quando si furono avvicinate.
- Shu, io… - cominciò a dire Kluke, ma non finì la frase che Bouquet si buttò letteralmente addosso a Shu.
Lirin sorrise alla vista di quella scena e soprattutto alla faccia atterrita di Kluke, anche gli altri sembravano divertirsi.
Neanche due ore dopo erano nella foresta insieme a tutti i soldati feriti che erano riusciti a soccorrere e il Maestro Cavaliere.
Zola decise che finché anche Conrad non fosse partito loro non si sarebbero messi in viaggio per le prossime rovine. Per Omeron si poteva solo sperare che le sue doti e la sua esperienza lo facessero uscire vivo e vegeto da quell’infiltrazione.
 
- Ehi Capitano Gilliam! Ci sta facendo schiattare dal caldo! -
- Concordo, il pattugliamento in un giorno così rovente è pura follia. - si lamentarono i due a cui, neanche il vento prodotto dal volo delle loro Ombre, riusciva a dare un po’ di sollievo.
- Certo che potevano affidare questa missione alle Ombre Nere! - sbraitò ancora uno dei due.
L’uomo dalla capigliatura cremisi la cui Ombra volava in testa li fulminò con un’occhiata: - Non si può dipendere dalle macchine e poi siamo alla ricerca degli evocatori di Ombre. È ora di dare una bella lezione a quei mocciosi. -
- E come fa a sapere che sono proprio qui? -
- Hanno attaccato la prigione di Arcad poche ore fa e si portano dietro un plotone di soldati feriti, non possono essere andati lontano. - sorrise: E poi… c’è una persona che ha destato un particolare interesse del Generale… Zola o… la ragazza…
- E c’è solo un posto in cui si potrebbero essere andati a nascondersi. - continuò.
- La foresta. - disse subito quello con i capelli lunghi di un biondo paglierino che volava alla destra  del Capitano.
- Ho ordinato ad Andropov di attaccare nella direzione opposta così cadranno dritti in trappola e non potranno fuggire. -
 
Suono di ali che sbattevano calme l’aria, le bastò un secondo per capire: - Abbiamo visite! Arrivano da Ovest. - urlò Lirin. Jiro la fissò attentamente lei e Zola cercando si capire cosa decidesse di fare la donna e fino a che punto si fidasse della ragazza.
L’espressione di Zola s’indurì: - Shu, Marumaro e Kluke voi andrete loro incontro, io, Lirin e Jiro nasconderemo i prigionieri. - si rivolse a Lirin: - Sei sicura? -
Prima di annuire scrutò l’orizzonte con la vista alterata e, anche se erano distanti almeno qualche chilometro riusciva a vedere il bagliore accecante delle Ombre artificiali. Erano in tre e si avvicinavano velocemente.
- Sicurissima, tre Manipolatori di Ombre e sono velocissimi. -
- Bene, allora muoviamoci. -
La Demoneseguì Zola, ma all’ultimo dall’altra parte della foresta scorse un altro brillio il che la lasciò parecchio pensierosa.
Il ruggito di Blue Dragon che combatteva la riscosse e pensò rapidamente ad una scusa per potersi allontanare: - Zola, io non posso restare qui! - gridò per sovrastare il fragore: - Il drago… mi fa perdere il controllo! - aggiunse per rendere più credibile quella sorta di scusa. La donna non fece domande e la lasciò correre verso la foresta da sola.
Lirin, ma che hai? la aggredì Kirillion che evidentemente sperava nello scontro: Avrei potuto benissimo combattere!
Non ora Kirillion… la bloccò l’evocatrice seguendo apparentemente una pista nella foresta. Si poteva capire da come muoveva nervosamente la coda e le orecchie e annusava freneticamente l’aria.
Continuando a correre superò la foresta, al limite c’era un carro armato del Gran Reame. Si bloccò lì, confusa: non c’era anima viva e di certo una macchina come quella non poteva arrivare là da sola.
Alterò la vista per capire meglio, la luce la fece quasi cadere all’indietro. D’istinto snudò le zanne e abbassò la testa per acquattarsi tra le ombre degli alberi che serpeggiavano nel sottobosco.
Un altro Manipolatore ed era solo.
Volevi combattere? Eccoti servita… sibilò alla dragonessa mentre si avvicinava a chi aveva avuto tanto sfortuna da trovarsi da solo con lei e un’Ombra assetata di battaglia.
Con uno scatto uscì allo scoperto e con due lunghi balzi raggiunse il Manipolatore, il tutto senza mai guardare veramente chi avesse davanti. Attaccò con una zampata che fu facilmente schivata, permise che quello sbaglio alimentasse la sua furia e, in forma di Demone, provò di nuovo, ma con la spada. Quella stridette contro un cristallo azzurro e, senza che se ne accorgesse Kirillion era già uscita ringhiando e vomitando fiamme contro un’altra Ombra.
Non seppe come il suo avversario la afferrò per le spalle e la inchiodò ad un albero e con lei la sua Ombra. Lirin si dibatté come una furia, ma la stretta che la teneva era ferrea e non aveva intenzione di lasciarla andare. Quasi subito iniziò ad ansimare per la fatica vana di liberarsi. Se lo aspettava molto più debole: Accidenti… imprecò tra i denti e stanca, decise finalmente di guardare il volto che stava si e no a due centimetri dal suo. Smise di respirare e anche lui lo fece.
- L-Lirin? - mormorò sorpreso mentre lei era talmente soprafatta da non riuscire a spiccicare parola.
Eppure rimasero in quella posizione per altri incalcolabili secondi senza sapere bene cosa fare, la presa si era allentata e ora si poteva dire che lui era semplicemente appoggiato e Lirin non accennò a volerlo spostare di lì finché la situazione non si fece imbarazzante e il ragazzo, arrossendo, si allontanò.
Lei restò appoggiata all’albero, dalla bocca aperta rantolò un sospiro: - Andropov… -
Da qualche giorno aveva cominciato a meditare su cosa avrebbe potuto dirgli se si fossero incontrati, ma lì per lì nessuno dei due disse niente e nulla trapelò dalle loro bocche se non il respiro.
- Cosa ci fai qui? Mi sembrava di aver detto di non voler essere seguita. - era qualcosa di banale, ma non riusciva a trovare niente di meglio.
- Sono qui per una missione, non potevo disubbidire agli ordini del Generale. - le rispose quasi con cautela, avesse paura di vederla andare via da un momento all’altro.
Lirin tentò di arrabbiarsi: - Bhe, allora io… - ma alla vista dell’espressione quasi affranta di Andropov il suo tentativo andò miseramente a vuoto, perse le parole.
Sorrise sentendosi pizzicare gli occhi: - Mi dispiace… - mormorò per poi buttargli le braccia al collo. Dopo un attimo di esitazione anche lui la strinse a se: - Tornerai? - le chiese titubante.
Lei si staccò appena: - Sono ad un passo da ciò che cerco. Dammi ancora un po’ di tempo poi tornerò. Promesso. - supplicò.
Andropov la costrinse di nuovo ad appoggiare la testa sulla sua sciarpa: - Capisco… ma allora vorrei sapere una cosa da te… -
- Cosa? -
- Cosa sono le “visioni”? -
Lirin ammutolì e si rese conto solo dopo molto di averci fatto cenno in quel messaggio inciso sull’albero che sembrava essere lontano secoli, ma infondo l’aveva scritto quasi inconsciamente perché sapeva che prima o poi avrebbe avuto il bisogno si togliersi quel peso.
Non ce la faceva più: - Hai presente che in quella settimana che stavo al forte e c’eri anche tu svenivo spesso? - lui assentì: - Ecco io… quando svenivo… avevo delle visioni del futuro o di fatti che si svolgevano in tempo presente, ma da tutta altra parte. Per esempio ho assistito alla battaglia di Nene contro gli evocatori… -
- Per questo te ne sei andata? - a quel punto le alzò il viso prendendole il mento tra due dita. Lei glielo permise: - Credo avesse a che fare con le Ombre e c’era qualcosa che mi spingeva ad andare dagli evocatori… -
- Sembra essere qualcosa di davvero importante per te… - Andropov le sorrise in un modo che avrebbe potuto scioglierla se non l’avesse tenuta in piedi, non attese risposta: - Aspetterò… - la spinse di nuovo verso un albero, stavolta più dolcemente: - Ma non posso lasciarti così… - sorrise appena.
Lirin si stava intanto chiedendo cosa avesse intenzione di fare finché non se lo ritrovò a pochi centimetri dal viso, come prima, e qualcosa le disse di chiudere gli occhi.
Furono istanti interminabili che però furono interrotti dal suono insistente della ricetrasmittente che Andropov portava sull’orecchio. Lirin lo sentì imprecare sottovoce e riaprì gli occhi. Lui premette a malavoglia il pulsante sul davanti del ricevitore e un vetrino azzurro comparve davanti al suo occhio sinistro.
- Andropov, la situazione richiede il tuo intervento. - sentì trapelare dall’altra parte del ricevitore. La voce le ricordava Gilliam.
Sbuffò: - Il danno è sul giallo. Vi consiglio di ritirarvi per riorganizzare un nuovo attacco. Se continuate siete destinati a perdere. Questo l’hai capito vero? - rispose basito. Gilliam non rispose.
- La decisione è tua: se hai intenzione di finire male allora resta. - lo provocò. Dopo un po’ di attesa il Capitano disse che si ritiravano.
Lirin rimase lì senza capire: - Se fossi andato avreste avuto almeno la possibilità di ferirli in modo grave… -
Non rispose e le si riavvicinò, a quella vicinanza le palpebre di Lirin calarono di nuovo: - Cosa ti fa pensare che mi sarei spostato di qua? - le sue parole le solleticarono l’orecchio e sorrise.
Un secondo dopo avvertì qualcosa di morbido premerle sulle labbra e socchiuse gli occhi.
Mi stà… baciando… realizzò dopo un po’ che le loro bocche si muovevano l’una sull’altra quasi da sole e le mani di Andropov le erano scese a stringerla sui fianchi. Si ritrovò a considerare senza motivo l’idea di rimanere lì ferma, di ordinare al tempo di fermarsi e al sole di non muoversi dal centro del cielo, ma naturalmente non si può impedire al tempo di scorrere.
Quando si staccarono sentì le guance avvampare: - Per favore An, resta… - lo supplicò tirandolo per una manica.
Le sorrise: - E io ti supplico di trovare in fretta quello che cerchi, non riuscirò ad aspettare a lungo… - le disse posandole la fronte sulla sua: - Credo tu debba tornare da Zola. -
D’un tratto fu presa dal panico, non voleva tornare là, perché doveva? Così stava benissimo.
Solo un altro breve bacio sulle labbra e dovette voltarsi mentre lui se ne andava o non avrebbe saputo resistere alla tentazione di seguirlo.
Nella corsa che la riportò fino a Zola le sembrò quasi di volare tanto sentiva leggere le zampe staccarsi aritmicamente dal terreno, per una volta la sua testa era vuota, senza alcun pensiero. Solo la pace. Che fosse tutto merito, o colpa… di An non avrebbe saputo dirlo.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Finalmente ho ritrovato l’ispirazione… si era nascosta sotto il divano… -.-“ anche se il finale non mi è uscito un granché, mi sa di frettoloso… ma An adesso non ha più nessuna scusa  per rompermi le scatole perché ogni volta che scrivevo qualche riga su di lui c’era bisogno di prendere un bel antidepressivo… D:
*la porta si spalanca sbattendo e me cade dalla sedia*
- Si può sapere perché non hai fatto cenno neanche una volta a me??? -
^_^”
Caro Scheider, avrai il tuo momento di gloria più tardi… nel frattempo cerca di toglierti dalla testa le tue manie di protagonismo…
*sguardo omicida da parte di Schneider*
Ok, credo di dover cominciare a correre… se non mi faccio viva entro una settimana sapete chi è stato… ciaociao *l’autrice fugge rincorsa da Schneider incavolato nero*

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Capitolo 12
*** The rest of the warrior ***


The rest of the warrior

 
Omeron li aveva contattati per dire loro di raggiungerlo nel Regno di Sabaru, aveva delle informazioni riguardo la donna misteriosa.
Inutile dire che Zola non aveva neanche dato il tempo ai ragazzi di riprendersi dallo scontro con Gilliam, si erano immediatamente messi in marcia.
Sapeva che Sabaru era un’insieme di edifici costruiti su pinnacoli rocciosi a nord da dove si trovavano loro. Distava più o meno un giorno di pesante cammino.
Preferì viaggiare non in contatto col resto del gruppo, doveva schiarirsi le idee. Mentre gli evocatori e Zola procedevano a piedi inoltrandosi nella foresta Lirin correva sugli alberi, il fruscio delle fronde dopo i suoi balzi era l’unico suono che riempiva l’aria.
Cosa pensi?chiese Kirillion.
Lirin sembrava turbata, in preda ad un conflitto interiore di grande portata. Accelerò il passo superando gli evocatori per potersi riposare su un ramo mentre li aspettava: Sto pensando a cosa sarebbe successo se non mi fossi allontanata da Loghi…
Le visioni ti avrebbero ucciso…
Può darsi… mormorò ad occhi chiusi, le palpebre strizzate nel tentativo di escludere altri pensieri: Ma mi mancano gli allenamenti con la spada, svegliarmi e spaccare la sveglia… sorrise:… An… Persino Schneider…
L’incontro di poco fa ti ha sconvolta, non dovresti pensarci… le disse premurosa.
Non credo sia stato un male, infondo… se non fosse venuto lui credo che sarei andata io… saltò giù dall’albero atterrando affianco a Kluke.
- Non hai voluto combattere. - affermò la rossa rompendo il silenzio. Lirin mantenne uno sguardo torvo e guardò Shu di sottecchi: - La presenza dell’altro drago mi rendeva instabile. - Kluke la guardò curiosa, i suoi occhi verdi chiedevano da soli perché: - È meglio non saperlo e soprattutto, è meglio non vederlo. - quella frase suonava molto lugubre, tanto che il silenzio regnò fino a che non arrivarono a Sabaru e si rinchiusero in una stanza di un ostello insieme a Omeron.
- La donna si chiama Delphinium ed è un’agente segreto del Gran Reame, si è infiltrata nei loro territori per raccogliere informazioni, ma non è sicuro che lavori direttamente per Nene. Subito dopo aver preso le Extra Sette al castello è salita su una corazzata il cui nome è Norga, ma non si sa dove fosse diretta. -
- È impossibile. Sul database ci dev’essere traccia degli spostamenti. - disse Jiro.
- I dati sono stati cancellati. - immaginò Zola, la sua ipotesi fu subito confermata da Omeron: tutte le coordinate dei voli successive all’imbarco di Delphinium erano scomparse. Ma non era tutto: - La Norga sta per essere dimessa, è una vecchia astronave e ormai ha fatto il suo tempo. Ho paura che non sapremo mai la verità. -
- Perché non facciamo un giro a bordo della Norga? - propose Shu alzandosi dalla sedia entusiasta.
Lirin sospirò, non riusciva a seguire e sapeva già che quella sarebbe stata una discussione lunga, ma appena abbassò le palpebre delle immagini sconnesse e vorticose le trapanarono la testa. Sgranò gli occhi sobbalzando.
Che strano… pensò: È da un po’ che non ho delle visioni, pensavo che stare con gli evocatori me le facesse passare…
Per una volta accolse la visione a braccia aperte guardando anche il più insignificante particolare di quelle immagini che le scorrevano rapide davanti agli occhi: una corazzata che precipitava nella foresta, cinque dispersi, un’Ombra e una persona riversa a terra in un lago di sangue.
Molto insolito, le restava da stabilire se era una visione riguardante il futuro o il presente. Non ebbe il tempo, si risvegliò quando finalmente Zola aveva preso una decisione ossia trovare la Norga dato che sarebbe arrivata a breve una flotta del Gran reame fin lì. Avrebbero chiesto alla flotta di Sabaru di partecipare agli scontri.
Zola cercò di convincere il Comandane a capo della flotta, un uomo avanti con gli anni, ma ancora col fisico da guerriero, con i capelli bianchi e brizzolati, a farli partecipare alla battaglia. Per qualche motivo rifiutò l’aiuto dei sette evocatori di Ombre.
Mentre guardavano le corazzate di Sabaru decollare lasciandoli a terra alle loro spalle comparve un altro uomo identico in tutto e per tutto al Comandante della flotta: - Bene. Direi che è ora di passare al piano di riserva. -
Niente da dire, Omeron era il miglior trasformista che avesse mai visto. Lirin capì le sue intenzioni quando si avvicinò ad un mecha e ordinò ai due piloti che lo stavano per far partire di scendere e lasciarlo a lui.
Nel frattempo che discuteva con i piloti lei, Shu, Jiro, Marumaro, Kluke e Bouquet ebbero il tempo di sgattaiolare dentro il velivolo. Kluke si sedette al posto di comando pronta ad accendere i motori.
- Ehi ragazzini, scendete subito di lì! - urlò uno dei piloti quando li ebbe notati, Omeron a quel punto si levò il travestimento e al suo fianco comparve Zola come un fantasma, la sola vista di Pipistrello Assassino bastò ai due piloti come buona motivazione per lasciarli fare e darsela a gambe.
- Avanti ragazzi, muovetevi! - urlò Zola arrampicandosi sulla scala esterna del mecha insieme ad Omeron. Kluke finalmente accese i motori e l’aeromobile si alzò di qualche spanna da terra.
- Sai come si pilota questo affare, vero Kluke? - chiese l’informatore una volta salito, la ragazza in tutta risposta si strinse nelle spalle: - Lo scoprirò, infondo dovresti saperlo che sono brava in questo genere di cose. - spinse la leva per togliere i freni e partirono.
La velocità era vertiginosa, si dovettero tenere tutti al bordo per non cadere a terra o per non finire sopra la mitragliatrice che stava proprio dietro il posto di guida.
In pochi minuti raggiunsero la flotta di Sabaru, Kluke aumentò la velocità e intanto Marumaro continuava a giocherellare con il fucile: - Quando potrò usare questo coso? -
- Quando arriveremo sul fronte nemico. - rispose fredda Lirin non sopportando più quella domanda.
- Forse se accettassi un appuntamento con me potrei smetterla. - le sorrise furbo passandole rapidamente alle spalle.
Lirin ringhiò quasi involontariamente e voltandosi di scatto lo atterrò con un pugno: - Seriamente, come fate a sopportarlo? - sbraitò nervosa, Kluke distolse un attimo l’attenzione dal cielo: - Credo che ci farai l’abitudine. - sorrise vedendo l’espressione truce con cui la Demone guardava il povero devee che le si allontanava quasi strisciando. Sbuffò stizzita controllandosi all’inverosimile per non tirargli anche un calcio: Chissà cosa si staranno dicendo Zola e Omeron… si chiese all’improvviso dato che i due erano seduti sottocoperta (se così si può dire  ^.^”) da un po’.
- Non ti sembra strano che un’astronave vecchia e cadente come la Norga sia stata destinata al fronte? - chiese Omeron a Zola, sedutagli affianco: - Contando che il Gran Reame ne possiede di più moderne. - aggiunse.
- Secondo te è stato dato quest’ordine pur sapendo che per la Norga sarà impossibile vincere? Se così fosse, la fanno solo giocare… - ragionò la donna.
Omeron annuì: - Solo perché sia distrutta in battaglia. -
- Dietro tutto questo ci dovrebbe essere la persona per cui lavora Delphinium… e che possiede anche le Extra Sette… -
Omeron la bloccò con una mano: - Non traiamo conclusioni affrettate, servono delle prove. -
Da sopra Kluke li informò che erano praticamente sul pezzo di cielo che separava il Gran Reame dalle navicelle di Sabaru.
Ben presto infatti si ritrovarono nel bel mezzo del fuoco, Kluke si fece in quattro per non farsi colpire e non si riusciva a vedere uno sprazzo di cielo che non fosse coperto da navicelle o mecha nemici e da proiettili.
Una pallottola fischiò sopra la testa di Lirin, si voltò e vide ben tre mecha che stavano loro alle calcagna: - Kluke abbassati! - gridò un secondo prima che aprissero il fuoco.
L’improvviso abbassamento di quota le fece perdere l’appoggio sotto i piedi e la presa al bordo della navicella. Un attimo prima che volasse fuoribordo però Jiro la agguantò per un polso riportandola con i piedi per terra: - Tutta intera? - le chiese, Lirin annuì seppur con lo stomaco sotto sopra per quei repentini cambi di gravità.
- Bene, ora non ci resta che trovare la Norga. - urlò Omeron per sovrastare i rombi della battaglia: - Dovrebbe essere piccola e con un numero identificativo sulla fiancata. -
Shu si sporse dal bordo e indicò un’astronave che stava più indietro delle altre: - Non potrebbe essere quella? La Norga è malmessa e quella è più lenta delle altre. -
- Sono d’accordo, andiamo da quella. - confermò Zola.
A portare Omeron sopra la nave fu Blue Dragon, tutti attesero con ansia che atterrasse sulla corazzata in quegli interminabili secondi che impiegò per percorrere in caduta libera lo spazio tra il punto in cui l’Ombra l’aveva sganciato e il tetto dell’astronave.
A quel punto tirarono tutti un unico sospiro di sollievo.
- Ora che facciamo Zola? - domandò Bouquet staccandosi dal bordo del loro mecha. La donna rimase impassibile e incrociò le braccia indirizzando uno sguardo veloce verso la Norga: - Aspettiamo e appena Omeron ci farà un segnale lo riporteremo a bordo. -
Kluke nell’esatto momento lanciò un urlo, tutti si voltarono trovandosi la vista poco rassicurante della prua della corazzata più grande. Inevitabilmente ci finirono contro atterrando affianco ad uno dei motori laterali e quasi scoperchiando l’intera parte inferiore del mecha.
Dalla nave iniziarono a uscire delle Ombre Nere, mentre loro le respingevano Kluke e Bouquet tentavano di riparare il loro velivolo.
Sei distratta… le fece notare Kirillion nel privato dei loro pensieri quando la Demone mancò dieci colpi su dieci. Lirin digrignò i denti sapendo che aveva ragione, un lieve pizzicorio le stava facendo venir meno la concentrazione e in qualche modo mettendo fretta. Era un rumorino insistente di cui si accorgeva solo dopo aver realizzato che qualcosa la stava in effetti infastidendo, come un rubinetto che perde.
Plic. Plic. Plic.
In fretta. In fretta. In fretta.
Si stava facendo prendere da quella fretta e sbagliava quasi tutti i fendenti mandandoli a vuoto.
- Adesso basta! - sibilò per convincersi. Alimentò l’aura e Kirillion scagliò una fiammata, ma andò ad infrangersi subito dopo dietro due robot. Su uno dei motori principali della nave che cominciò a piegarsi pericolosamente da una parte.
Da allora tutto le giunse come attutito.
Zola che urlava che dovevano andarsene, lo scoppiettare del motore del mecha, l’esplosione che ridusse l’astronave che aveva fatto loro da appoggio in una pioggia di detriti incandescente.
Kirillion la tirò via un secondo prima lanciandosi in picchiata nel cielo, in quel momento l’evocatrice si riscosse guardandosi intorno: - Dov’è la Norga? - chiese.
I ragazzi, da sopra il mecha, si guardarono intorno poi però fecero di no con la testa.
Lirin provò a guardare, spostò lo sguardo in basso e scorse un pennacchio di fumo che si sollevava dalla foresta. La nave che precipita… la visione tornò.
Indicò a Zola il fumo e lei fece segno di scendere.
Il mecha era danneggiato quindi Lirin preferì procedere con Kirillion e ordinò all’Ombra di volare sotto la navicella per tenerla in quota. Mentre scendevano si voltò indietro: Che cosa?! sgranò gli occhi: il Gran reame si stava ritirando.
Non si diede pena di salire a bordo per riferirlo a Zola, lei doveva già averlo notato.
Fu un atterraggio di fortuna e il mecha finì impiantato tra due alberi, impossibile da spostare se non con i motori. Kluke si mise immediatamente all’opera per ripararlo come si deve.
- Non ho più intenzione di aspettare, vado a cercare Omeron. - decise Shu dopo l’ennesimo avanti-indietro che faceva dietro Kluke per calmare i nervi.
- Marumaro e Lirin verranno con te. - aggiunse Zola.
Il devee evocò Tigre e vi salì sopra insieme a Shu: - Avrei preferito qualcosa di più divertente… - fu il commento secco dell’Ombra dopo aver annusato l’aria poi s’immerse tra il groviglio d’alberi seguito a ruota da Lirin in forma giaguaro.
- Aspettatemi, vengo anch’io! - urlò Jiro da dietro che correndo riuscì a raggiungere a malapena Lirin.
La Demonerallentò appena per affiancarlo: - Avanti, salta su. Quei due ormai non li prendi. -
Jiro annuì poco convinto e con un balzò le montò in groppa, Lirin incespicò per due passi per il peso, ma poi riprese a correre più veloce di prima: - Sicura di reggere? - le chiese Jiro chinandosi verso il suo orecchio.
- Certo. Non sei molto pesante. - rispose lei allungando ancora il passo, il ragazzo annuì e calarono alcuni attimi di silenzio scanditi dalla corsa ritmica del giaguaro e di Tigre.
- A proposito… grazie per avermi preso prima che cadessi fuoribordo… - mormorò poi lei.
Jiro ci mise qualche secondo per capire a cosa si riferisse: - Figurati, non c’è di che. - l’ultima sillaba la perse. Drizzò le orecchie e si fermò. Troppe presenze.
Senza che loro se ne accorgessero era calata la notte e la foresta era ancora più cupa.
Migliaia di occhi rossi si erano affacciati tra le fronde e un secondo dopo erano tutti e quattro con le Ombre evocate circondati da dei colossali orsi con un occhio solo.
- Cosa sono? - chiese sottovoce Marumaro.
- Bestie affamate… non vogliono combattere, vogliono mangiarci… - rispose Tigre con lo stesso tono di voce. Quello bastò a far reagire Lirin, oltre a quella sensazione di dover fare in fretta.
Tornò nelle sembianze ibride e cominciò a sbaragliare quante più bestie possibile, stavolta fu precisa e tutte le fiammate andarono a segno. Gli altri la imitarono.
Veloce. Veloce. Veloce.
Qualche minuto e furono liberi di proseguire: Ci abbiamo messo troppo… pensò irritata: Per favore. Ancora qualche minuto… pregò superando Tigre nella corsa.
Sbucarono in una radura con in mezzo un albero con del bozzoli attaccati sul tronco. Un gruppo di quegli orsi stava appunto trascinando Omeron verso l’albero.
Il cuore le batteva all’impazzata, ma gioì: C’è ancora tempo… raggiunse Omeron e lo liberò dagli orsi insieme a Jiro.
Pochi istanti e furono di nuovo tutti circondati da quelle bestiacce.
Avanti, ce l’hai fatta… Le visioni non sempre sono esatte… si ripeteva abbattendo un animale dopo l’altro. Era affaticata, ansimava per la corsa, ma la certezza di avercela fatta le offriva una nuova forza per fare ancora quell’ultimo sforzo. Poi avrebbero riposato.
Saltò al collo di un orso facendolo crollare al suolo, dal rumore che seguì immaginò di avergli rotto le ossa.
- Non mi aspettavo di trovarti qui Omeron, ma tu sei un tipo pieno di sorprese. - quella voce non era nella sua testa. Drizzò le orecchie, bloccandosi di colpo.
- Il Capitano della Norga ti ha raccontato tutto, peccato che queste informazioni moriranno con te. - si voltò verso Omeron, era fermo immobile alle loro spalle. No, era ancora presto: - Corri! - gli urlò.
L’informatore si riscosse e andò verso Shu chiamandolo a gran voce: - Ascoltami! - gli urlò, ma poco prima di raggiungerlo una donna si frappose tra di loro. I capelli chiari e mossi profumavano di fiori e gli occhi erano blu oltremare, freddi e spietati.
Avanti, la devi uccidere… un pensiero urlato per cercare di muovere almeno un passo e sciogliere il gelo che l’aveva appena avvolta.
È tardi… ormai… riuscì a muovere appena una zampa in avanti, con disperazione, sapendo che non avrebbe mai fatto in tempo.
Lei era troppo lenta, Delphinium troppo veloce.
La donna evocò un Ombra artificiale i cui numerosi uncini si protesero verso Omeron ancora incapace di muoversi e gli trapassarono la spalla sinistra.
Lirin si era fermata esattamente ad un soffio da quelle armi acuminate poco prima che le tagliassero la strada. Tutto pareva lento all’inverosimile. Voltò la testa verso
Omeron che si teneva la spalla ferita e poi scivolava verso il basso in una larga pozza di sangue poi guardò Delphinium e gelò di nuovo.
Non aveva il coraggio di reagire, tremava e le orecchie erano tanto appiattite sulla testa da renderla sorda. Esistevano solo loro due in quel momento.
La donna la guardò sprezzante poi l’ombra di un riso divertito affiorò sulle sue labbra: - Loghi sarà molto fiero di te, gli farò presente che mi hai aiutato. -
Lirin scosse la testa: - I-io non ho fatto niente. - balbettò trovando finalmente la forza di indietreggiare.
- Tu li hai portati fin qui sapendo cosa sarebbe successo. - la provocò sibillina.
- Che ne sai?! - gridò cercando di scacciare via la verità che le si stava presentando davanti.
- Loghi sa molto su di te e mi ha raccontato tutto. - le indicò con un ampio gesto Shu, Jiro e Marumaro che respingevano gli ultimi orsi, erano feriti anche loro poi Omeron riverso sulla terra rossa, esanime, il colorito terreo e con l’osso della spalla che si intravedeva tra i fiotti di sangue: - Vedi? Questo non sarebbe successo se tu avessi detto loro la verità. -
- Non è vero… - si ripeteva sottovoce la Demone, a malapena sapeva lei qual’era la verità, perché avrebbe dovuto spiegare ad altri qualcosa che non aveva capito?
Guardò Omeron: Questo non sarebbe successo… quelle parole le rimbombarono nella testa provocandole un dolore lancinante.
Delphinium evidentemente fu soddisfatta dello stato in cui era riuscita a ridurla con qualche parola perché sorrise: - Non potevo aspettarmi altro da un Mezzodemone… - mormorò in modo tale che solo lei potesse sentirla e se ne andò sparendo così com’era apparsa.
Lirin rimase immobile, con gli occhi strabuzzati da cui cominciarono a sgorgare senza ritegno gocce salate e bollenti. Riprese a sentire ciò che la circondava, ma distrattamente: la disperazione di Shu per la morte di Omeron, altre quattro voci di cui una si identificò come il Capitano della Norga, disse lui a Shu le informazioni che aveva dato ad Omeron.
Delphinium lavorava per Loghi, l’unica cosa che riuscì a farle sbattere appena le palpebre, e il Generale stava decifrando le Extra Sette, ma soprattutto lui sapeva. Non le restava che immaginare quanto. Non voleva che quel mondo si trasformasse nell’ennesimo inferno.
***
- Ora sappiamo che ad avere le Extra Sette è Loghi, gli informatori di Omeron ci hanno fornito le coordinate della sua corazzata. La nostra missione consiste nel riuscire a riprenderci le pagine senza essere visti quindi dovremmo fare in fretta. - spiegò velocemente Zola mentre correvano a rotta di collo per raggiungere il luogo dove si trovava la nave di Loghi: - Loghi schiererà tutti i suoi Manipolatori per respingerci quindi occhi aperti. - aggiunse.
Avevano abbandonato la foresta da poco e procedevano seguendo le indicazioni di un trasmettitore che Omeron aveva alla cintura, dove erano segnate le coordinate dell’astronave.
Regnava il silenzio più totale oltre i loro passi.
Lirin correva affianco a Jiro studiandone l’espressione, era evidente che nessuno a parte lei aveva udito le parole di Delphinium quindi era ancora in tempo scoprire quanto sapesse Loghi sul suo conto. Sentiva ancora i sensi di colpa piantati da Delphinium logorarla dall’interno. Era ovvio che avrebbe dovuto rivalutare a breve cosa fosse verità e cosa non lo fosse dato che dopo quella notte non ne era più tanto certa.
Le arrivò in faccia una frustata di vento troppo violenta per essere normale, sfocò lo sguardo: una, due, tre, quattro, cinque, sei… impallidì… sette bagliori appartenenti a Ombre artificiali. Quasi inciampò, troppa potenza innaturale racchiusa in quelle Ombre.
Anche Zola l’aveva notato e disse loro di proseguire mentre lei e Marumaro rimanevano a fronteggiare i tre che si erano fatti avanti.
Uno dei tre Manipolatori li stava seguendo mentre si allontanavano da Zola, ma riuscirono a seminarlo grazie a una delle trasformazioni di Bouquet.
La Demonesi prefissò di arrivare alla corazzata e affrontare Loghi prima della sera seguente.
In quel momento si alzò una cortina di fumo sulla foresta: - Ma lì ci sono Zola e Marumaro! - si disperò Kluke guardando il cielo grigio.
Presenza.
- Non so voi, ma io comincerei a preoccuparmi. - quella voce femminile e altezzosa l’aveva già sentita.
Si voltarono tutti e cinque nello stesso istante verso la ragazza con i capelli fucsia che stava loro alle spalle con le braccia incrociate. Si irrigidirono alla sua vista.
- Avanti, siamo cinque contro una. Non può farcela. - sussurrò Kluke per incoraggiare i compagni.
- Ne siete convinti? - chiese Cynthia avendola sentita.
- Come pensi di fare a batterci tutti e cinque da sola? - la rimbeccò Bouquet spalleggiando Kluke. Lirin era ancora tesa: Non mi piace… pensò cercando di interpretare il curioso medaglione che Cynthia teneva sulla maglia viola, a un certo punto se lo sfiorò con le dita e Lirin sussultò: - Non ho alcun dubbio. - sibilò la ragazza e un’aura rosso sangue la avvolse per poi stingere fino ad un color oltremare.
- Cos’è? - chiese Shu sottovoce.
- Problemi… -
- Oh questo? - chiese Cynthia ostentando noncuranza indicandosi il petto: - È solo un giocattolo, un giocattolo che mi renderà ancora più potente. -
- Più potente? Ma è ridicolo. - si fece avanti Kluke, ma Lirin la tirò indietro per una spalla: - È vero. State attenti. - mormorò.
- Ridicolo? Fra poco vi userò come stracci per pavimenti e senza sprecare neanche una goccia di sudore. - continuò a vantarsi la ragazza.
Shu non ci vide più dalla furia e le si gettò addosso attaccando con quanta più forza era capace Blue Dragon imitato a ruota dagli altri. L’unica a non attaccare fu Lirin e infatti fu l’unica a rimanere in piedi. Aiutò i compagni a rialzarsi e percepì altre due Ombre artificiali là vicino.
- Non preoccuparti Cynthia, ti copro io. - urlò un ragazzo biondo da una piccola rupe che dava direttamente sul campo di battaglia.
- Non ne ho bisogno. - lo liquidò immediatamente la ragazza. Schneider ne rimase un po’ sorpreso, ma rimase al suo posto.
Dopo qualche minuto però Cynthia lo richiamò con la ricetrasmittente: - Se vuoi renderti utile ti va di bloccare la via di fuga a quei mocciosi? -
Il biondo non se lo fece ripetere due volte, la sua Ombra incoccò una freccia e la scagliò sopra le teste degli evocatori. Da quella si dipartirono delle spire ghiacciate che avvolsero tutto il terreno intorno agli evocatori e a Cynthia rinchiudendoli in un colosseo di ghiaccio da cui non si poteva ne entrare ne uscire.
Lirin ringhiò e corse verso una delle pareti fredde: - Cercate di resistere, io cerco di bloccare gli altri due Manipolatori! - urlò agli altri poco prima di saltare mutando forma e cominciare ad arrampicarsi.
Le unghie stridevano contro il ghiaccio, ma riuscì a reggere fino in cima dove si trovò faccia a faccia con Schneider e Andropov.
- Chi non muore si rivede. -
Si voltò verso Schneider emettendo un basso ringhio e cambiò nuovamente sembianze, il ragazzo però non sembrava avere paura di lei anzi, se ne stava impettito a braccia conserte e un ghigno stampato in volto. Anche lui aveva uno di quegli strani medaglioni sul petto.
Lo sguardo le scivolò poi verso sinistra e le mancò il fiato: Che devo fare? si chiese all’improvviso fissando Andropov negli occhi.
Un attimo prima era lì in piedi, un attimo dopo era distesa a terra con Schneider che la sovrastava avvolto in un’aura violacea: - Troppo lenta. - commentò.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Wow, che dire… chi l’avrebbe mai detto che persino qui c’è connessione?! *scrive dall’oltretomba*
Spero vivamente che qualcuno abbia la forza di arrivare a leggere fin qui anche perché mi rendo conto di aver scritto questo capitolo malissimo e poi mi sa troppo di frettoloso… anche se… se mi fossi dilungata avrei scritto probabilmente finché non avessi compiuto 20 anni -.-“
Non aggiungo altro... cercherò di risalire nel mondo terreno il più presto possibile ^.^ (anche se qui ci si diverte da matti!)
P.S. vado a giocare a poker con Omeron, Dragnov e compagnia bella ;) *sparisce dietro una parete di fiamme*

Ho aggiunto un disegno fatto giusto dopo aver scritto dato che mi annoiavo... ^.^ spero gradiate.
P.p.s. se vi state chiedendo cos'è quello scarabocchio al lato del foglio, sarebbe la mia iniziale... e per l'occhio del drago ho dovuto improvvisare dato che ho sbavato l'inchiostro...

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L'unico problema è che mi è uscita ribaltata da un lato... e non avevo voglia di rimetterla dritta... ^.^

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Capitolo 13
*** Blood Demon ***


Blood Demon

 
- Avanti micetta, che ti succede? Non tiri più fuori le unghie come facevi prima? - la prese in giro Schneider prendendola per il collo della maglietta con una facilità sorprendente e sollevandola da terra.
Lirin cercava di tenergli i polsi per impedire che stringesse di più la presa, non se lo ricordava così forte e poi con quegli anelli che portava ai pollici faceva ancora più male quando stringeva. Era tutta colpa di quel medaglione.
Non aveva in mente esattamente quello quando aveva pensato di tenerli impegnati finché Shu e gli altri non fossero riusciti a raggiungerla.
Fu scaraventata a terra per l’ennesima volta e l’impatto col terreno le mozzò il respiro in gola e tossì parecchie volte prima di riuscire a mettersi almeno in ginocchio. Ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo che Schneider le afferrò il viso bloccandole qualunque movimento, la presa era di ferro e faceva male, tanto da farle uscire un paio di lacrime involontarie.
- Ti sto facendo male? - le chiese il ragazzo con cattiveria. Da umana divenne un Demone e ringhiò senza ottenere però grandi risultati. Provò a dibattersi, ma Schneider non si muoveva e continuava a stringerla così che provò a mordergli il polso con i canini a punta, ma per quanto tirasse e strappasse rimase lì fermo come una statua anche quando il polso cominciò a grondare sangue.
- Lasciami… - piagnucolò Lirin sentendosi mancare l’aria. Strano, ma la sua supplica fu ascoltata e finalmente fu libera di respirare la sua aria che subito le fu tolta con un calcio nello stomaco.
Si piegò in due e guardò il Manipolatore con odio, lui intanto se la rideva: - Direi che ora siamo pari. - ridacchiò sfiorandosi la guancia in quello che doveva essere un gesto involontario.
Lanciò uno sguardo fugace ad Andropov chiedendo aiuto, ma lui rimase immobile a guardarla. Freddo e rigido come un pezzo di ghiaccio e quello stramaledetto medaglione arpionato sulla maglia in corrispondenza del cuore.
Quindi è così che Loghi ha deciso di reagire, barattando l’anima dei suoi soldati con la potenza… pensò triste, la cosa peggiore che poteva aspettarsi da An era che lui la guardasse in quelle condizioni senza fare una piega: Deve essere davvero terrorizzato se è arrivato fino a questo punto…
Riusciva a sentire i ruggiti di dolore delle Ombre e gli evocatori provenienti dal colosseo di ghiaccio e quello non faceva che riempirla di angoscia ancora di più, poteva solo immaginare come se la stessero passando Zola e Marumaro in uno scontro tre contro due con avversari di quella portata.
- Credo ti faccia piacere sapere che Loghi ha scoperto cosa sei veramente. - parlò ancora Schneider sibillino avvicinandosi: - Sei bastarda, e non sei un Demone come dicevi di essere. - un sorriso di scherno gli incurvò la bocca in una smorfia.
Si sentì legata, con le spalle al muro e avrebbe preferito la morte piuttosto delle catene. Aveva già sentito la terra crollarle sotto i piedi parecchie volte, quella volta però si sarebbe spostata e avrebbe lasciato che la rabbia finalmente la controllasse.
Sbatté un pugno per terra ferendosi le nocche: No, non finirà così. Prima devo sapere la verità, su tutto, e strappare ad An quell’affare dal petto… si rialzò con estrema scioltezza per una che era stata buttata a terra una decina di volte e la sua aura azzurra divampò come un inferno attorno a lei. Un inferno azzurro e terribilmente feroce.
Fremette, di una furia cieca.
Da lì tutto quello al d fuori di lei e i due Manipolatori che si trovava davanti non aveva importanza.
- Nessuno e dico NESSUNO può sperare di chiamarmi bastarda e rimanere vivo! - urlò furente mentre Kirillion spuntava dalle Tenebre, molto più possente e enorme di quanto fosse di solito. Gli occhi rossi erano senza pupilla e brillavano di una voglia malsana e violenta.
Forse da lì il tempo rallentò o divenne più veloce, non sapeva dirlo con certezza, ma all’infuori di loro vorticava tutto come se fossero nell’occhio di un ciclone.
La dragonessa ruggì e si lanciò addosso all’Ombra di Schneider con tale violenza da scaraventare tutti e tre lontano una ventina di metri dal colosseo di ghiaccio.
Anche gli occhi di Lirin erano diventati vuoti, ma erano totalmente viola, i canini erano più lunghi e sporgevano dal labbro inferiore insieme ad una goccia di sangue. I muscoli erano tesi, le orecchie feline spostate all’indietro e la coda frustava nervosamente l’aria.
Erano due contro una, non avrebbero dovuto temere per la loro sorte, ma la furia che aveva cominciato a consumare Lirin li aveva fatti indietreggiare e un violento tremore li aveva scossi dalla testa ai piedi. Però non si tirarono indietro e provarono ad attaccarla.
Nessuno dei cristalli di Andropov o delle frecce di Schneider riuscì a scalfire le squame dell’Ombra, ma solo quel tentativo fece inferocire Kirillion come un toro alla vista di un mantello rosso.
- Troppo lento. - sghignazzò Lirin con voce ruvida, sembrava che ogni sillaba le graffiasse la gola da come parlava e si avvicinò, quasi non fu possibile vederla mentre copriva i cinque metri che la separavano dagli avversari.
Sguainò la spada in un sinistro stridore e caricò il fendente con forza sovrumana, Schneider incespicò cercando di schivare, ma fu colpito lo stesso, sulla coscia, così che crollò a terra subito tenendosi la gamba con una smorfia e cercando di ignorare i pantaloni che si macchiavano e il sangue che gli serpeggiava giù dallo stivale.
Senza alzarsi tentò di far ricorso a tutte le energie residue più quelle del medaglione per scagliare un nugolo di frecce addosso a Kirillion, l’Ombra fu presa alla sprovvista e un dardo biforcuto le si impiantò sul muso.
Il drago ruggì rabbioso spalancando le fauci e vomitando un torrente di fiamme verso l’Ombra-arciere e le si scagliò addosso intrappolandola tra la sua mole e il terreno.
Schneider boccheggiò sentendosi sull’Ombra quel peso immane e fissò spaventato Lirin che gli si avvicinava calma, composta, ma terribile. La serenità che ostentava l’evocatrice si scontrava con la pazzia violenta con cui la sua Ombra soffocava di pugni la creatura avversaria, fino a costringerla a rientrare nell’manipolatore per non farsi ammazzare.
Mai avrebbe creduto che quella ragazza potesse essere tanto potente, ma lei era lì, bella e inesorabile, la sua Morte fatta persona. Lo pensò davvero, lei era la Morte e nessun dispositivo avrebbe mai potuto fermare la sua falce, la guardò stralunato mentre cercava ancora di indietreggiare.
Per un attimo gli sembrò persino che lei lo guardasse con tenerezza, ma fu solo un attimo, poi tornò alla sua maschera di crudeltà: - Mi aspettavo di più. - ringhiò a denti stretti avvicinando il volto al suo puntandogli addosso quelle due pozze di veleno che ora aveva al posto degli occhi.
Levò la spada e, ad occhi chiusi, gli mozzò di netto la testa.
Quando riaprì le palpebre, assaporando già l’odore metallico del sangue, vide solo Schneider guardarla con occhi vacui, terrorizzati e portarsi piano la mano al collo candido.
Lirin rimase un attimo sospesa, a bocca aperta, e spostò gli occhi su ciò che aveva incontrato la sua spada e si era miseramente diviso in due. Il cristallo ceruleo scurì e poi divenne polvere.
Quando cessò il tintinnio udì un respiro affannato, si voltò e poco distante da loro c’era Andropov, con il palmo illuminato proteso in avanti, l’Ombra che si agitava minacciosa e uno sguardo truce sul viso.
La Demoneaprì la bocca come a dire qualcosa, ma poi la richiuse subito e strinse l’elsa fino a farsi sbiancare le nocche, anche il ragazzo non parlò.
Rimasero a fissarsi per lunghi secondi prima che una scarica di cristalli taglienti come lame investì in pieno Lirin che incrociò i polsi sul viso per coprirsi. Il bagliore sprigionato fece tornare i suoi occhi alla normalità e, dopo aver ruggito un’ultima volta il suo grande furore al cielo, anche Kirillion si placò di poco.
Quando la luce scemò si ritrovò coperta di graffi e con i vestiti strappati in più punti. Sulle ginocchia, nelle cosce, nelle braccia e sul corpetto.
Tagli neri da cui scivolavano giù gocce di sangue demoniaco.
Non se ne curò: - An? - sussurrò muovendo un passo, ma lui non batté nemmeno le palpebre: - Mi hai mentito. - si limitò a dire.
E il terreno sotto i suoi piedi cominciò a creparsi: - Non è vero. - bisbigliò. Un altro cristallo le andò incontro aprendole un altro squarcio di buio. Sussultò e le ginocchia le cedettero appena prima che riuscisse a rimettersi in piedi.
Non ci fu momento che ricordasse più atroce di quello, quando vide Shu, Jiro, Kluke, Bouquet, Zola e Marumaro arrivarle dalle spalle facendole capire che almeno due dei Manipolatori erano morti. Il terreno sotto i suoi piedi s’incrinò ancora, sorreggendola a malapena.
- Come ci si sente ad essere dei bugiardi? - le chiese sarcastico non badando al pubblico, Lirin non rispose: - Avanti rispondi. - la incalzò.
Lirin fu scossa per una spalla da una presa familiare: - Lirin, ma che succede? - le chiese Jiro.
Lei scosse la testa con espressione angosciata.
- Mi ero fidato di te, ma ora capisco che non ti importa niente di nessuno. Hai mentito, a me e a loro, a tutti noi. Dove pensavi di arrivare? - ogni sua parola era una scheggia di ghiaccio che la trafiggeva. Quel discorso aveva lasciato parecchio stupiti Zola e gli evocatori che, a quel punto, non osavano più intromettersi.
- Sto cominciando a chiedermi da quale parte stai e se anche… questo… - si indicò: - … fosse tutta una finta… -
Lirin tremò: - No, non era una finta. - disse quasi sottovoce e si guardò indietro di sottecchi. Ora c’erano solo Marumaro e Jiro.
Fu quasi un sollievo e dalle parole decise di passare ai fatti.
Evocò una fiammata e da lì iniziò un combattimento che pareva all’ultimo sangue, a cui presero parte anche i due evocatori rimasti e nuovamente anche Schneider, ripresosi dalla ferita.
Combatteva, combatteva e basta, contro quel ragazzo con cui si era sfogata quella notte, che le aveva curato le ferite quando era caduta e che aveva baciato nella foresta.
E quel giorno scoprì anche che i cristalli di An potevano cambiare forma ad un suo comando e che combatteva impugnando un’alabarda cristallina, fu sicura di non aver mai provato dolore più atroce e gelido di quando riuscì a ferirla.
Non si parlavano, era una sorta di scambio di sguardi, colpi e sangue. Non si curavano minimamente degli altri tre, che sembravano impegnatissimi in uno scontro del tutto diverso.
Dopo poco però erano entrambi esausti, ma nonostante quello Andropov seppe approfittarne e, colto un attimo di debolezza dell’avversaria, la afferrò per le spalle e la inchiodò ad uno dei tanti massi che coronavano il loro campo di battaglia.
- Non mi hai mentito, dimmelo per favore. - ansimò stremato e ferito gettando via l’alabarda per tenerla ferma con entrambe le mani.
Lirin sgranò gli occhi per la sorpresa, ma si ricompose subito: - Non ti ho mentito. -
- E allora dimmi… - strinse di più la presa, finché non la vide sofferente: - … cosa sei. -
Silenzio e la voragine riprese ad aprirsi con inesorabile lentezza, pietra dopo pietra.
- Non lo so… - sussurrò con un groppo in gola, e si sentì solo la sua voce nel più completo vuoto. Le due Ombre svanirono.
- Bugiarda. Non mi sarei dovuto fidare. -
Talmente sembrava un’accusa che a Lirin tremolò il labbro: - Sono una bastarda e mia madre è una puttana! - gridò finalmente con le lacrime agli occhi e il nodo che aveva in gola si sciolse facendola parlare senza freno: - Quella sera, quando pioveva, non ti ho raccontato tutto. Non sono un Demone. Mia madre è una lupa, mio padre era una giaguaro, Mezzodemone per di più. - singhiozzò per prendere una attimo di fiato: - Sono un Mezzodemone, come papà… per questo posso diventare anche umana. -
- E allora? - le chiese An sempre con un volume di voce altissimo.
- I Demoni odiano gli umani! Io non potevo stare lì, quando ho ucciso quel bambino è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. -
A quel punto il suo appiglio franò, ma con gran sorpresa non cadde, rimase sospesa.
La voce di lui si addolcì appena: - Te lo richiedo. E allora? - Lirin smise appena di piangere e An continuò: - Hai solo paura che succeda di nuovo vero? -
Dopo quelle parole Lirin rimase letteralmente svuotata e ogni forza l’abbandonò, Andropov dovette sorreggerla per non farla cadere: - Ti prego, fidati. - lo supplicò con la voce rotta dai singhiozzi.
Lui però abbassò lo sguardo e scosse piano la testa. Il cuore di Lirin perse un battito e si squarciò con un sonoro “crack”.
An le tolse le mani dalle spalle, girò i tacchi e si stava allontanando. La ragazza, perso il suo sostegno che la reggeva in piedi, scivolò in ginocchio, si stava spegnando.
Però non l’avvolse il vuoto, qualcosa sotto lo sterno cominciò a graffiarla con insistenza facendole piagare in due con le lacrime agli occhi, la bocca spalancata in un muto grido e da cui fuoriusciva pigramente una goccia di sangue nero, come le Tenebre. Scivolò sul mento e nell’ansa della gola finché non si fermò e cadde sul terreno.
Seppur piccola, il suono del sangue che s’infrangeva sulla terra fu assordante e Schneider, Jiro e Marumaro si fermarono a guardarla, An si voltò, gli ultimi a cessare furono gli echi di due battaglie poco più in là, sicuramente dove c’erano Shu, Zola, Kluke e Bouquet e finalmente fu silenzio, spezzato solo dall’ansimare di Lirin, che cercava invano dell’aria. Qualcosa si era rotto dentro di lei e non solo a causa delle parole di Andropov, era un potere molto più potente e molto più distruttivo.
Poi la terra fu scossa dalle fondamenta e sembrò spezzarsi in due con un rombo assordante.
Lirin era immersa in un fuoco nero, ad occhi chiusi e con le mani sulle spalle. Il suo profilo divenne pressoché indefinito, assorbito dalle Tenebre e sostituito con il corpo immenso e serpiforme di un drago azzurro con un anello al collo. Non aveva sguardo, ma osservava un punto indefinito nel cielo.
Un attimo dopo, esattamente in quel punto, sorse la figura gigantesca di un altro drago, molto più grande dell’altro con un anello su ogni corno.
Un esplosione di luce inondò tutto il territorio accecando chiunque osasse guardare verso le due bestie.
An fu scaraventato per terra dall’onda d’urto e appena si fu ripreso chiamò subito Schneider con la ricetrasmittente: - Uno dei due draghi è proprio dove si trova il Generale! - gli urlò per sovrastare il boato creato dall’esplosione di luce. I due si ritirarono per correre dal loro comandante lasciando Jiro, Marumaro e Zola, sopraggiunta dopo aver sconfitto Lameire.
Il drago più grosso guardava in basso, ruggiva e strepitava spalancando le ali con sinistri rumori di strappo.
- Hanno perso il controllo. - immaginò subito Jiro, sperando di trovare una conferma in Zola, non sapendo cosa potesse esserci di peggio.
La donna però guardava le due colossali Ombre preoccupata, se non angosciata: - No, si sono fusi, Le due Ombre hanno inghiottito gli evocatori. -
- Quindi ora esistono solo i due draghi… - disse nervoso: - O solo Lirin e Shu? -
Zola non rispose.
Intanto le due Ombre si erano avvicinate pericolosamente e diventavano sempre più irrequiete man mano che la distanza diminuiva
***
Avanti! Fammi avvicinare ancora a Blue Dragon, così che il Drago possa finalmente risorgere!
Non capiva granché, ma riconobbe subito quella voce anche se più cavernosa e gutturale del solito: Kirillion… cosa stà succedendo? chiese con la voce (in quel caso era un pensiero…) impastata. Teneva gli occhi semichiusi anche se navigava in mezzo alle Tenebre, non sapeva qual’era il basso e qual’era l’alto, per questo ci mise un po’ a realizzare che il suo corpo fosse in posizione supina.
Da quella coltre di buio sentiva trapelare solo una grande rabbia, una rabbia bruciante, che la spaventò e riuscì a farle recuperare un poco di lucidità. Si mise a sedere, o almeno così le sembrò di fare, e si guardò intorno.
Lascia che le Tenebre ti mostrino la strada… continuò la voce: Non avere paura e dammi il tuo sangue… due occhi rossi e delle fauci nere irte di zanne emersero dal nero pastoso che la ospitava: Dammi il tuo sangue figlia della Morte! quella voce graffiante le ferì le orecchie e fu costretta a tapparsele. Urlò strizzando gli occhi fino a farsi male.
Non capiva, non aveva alcun senso chiamarla in quel modo, perché poi…
Si spiaccicò le orecchie feline sulla testa fin quasi a strapparsele pur di non sentire altro.
***
Kirillion sollevò una zampa e menò un’artigliata verso la corazzata di Loghi, appena decollata, mancandola però di un soffio. Ruggì di frustrazione e cercò gli occhi di Blue Dragon come conforto.
L’altro drago incrociò il suo sguardo, ruggì e con le fauci aperte caricò una fiammata azzurra verso la navicella.
Una luce rosata brillò flebile ai piedi dei due colossi e Kluke riprese i sensi. Guardò spaventata Blue Dragon che la sovrastava: Dov’è Shu? si chiese disperata e vide la sfera azzurra che vorticava tra le fauci del drago pronta ad essere scagliata.
Si rialzò in piedi: - Shu non farlo! -
Nell’esatto momento le fiamme guizzarono voraci verso la navicella in volo mancandola però di un soffio, ma facendola sbalzare di una ventina di metri buoni.
- Shu ti devi fermare! - urlò ancora Kluke.
***
Lirin ebbe il coraggio di riaprire gli occhi appena udì di sfuggita la voce di Kluke: Fermati Kirillion… ordinò all’Ombra con la voce più ferma che le riuscisse.
Tu allora mi darai il tuo sangue? chiese allora quel mostro vomitato dal buio, con voce persuasiva.
Lirin scosse la testa con energia: No, fermati e te ne darò una goccia…
L’essere mugugnò e poi scomparve, pian piano la luce cominciò a filtrare oltre la coltre di buio finché Lirin non svenne.
***
Riaprì gli occhi su un panorama desolato e udì le voci di Zola e gli altri, questo la tranquillizzò e, essendo esausta, si addormentò.
Shu al contrario si riprese immediatamente e la prima cosa che fece  fu correre affianco alla Demone riversa a terra. La fissò, con uno sguardo diverso, con più rispetto e timore. Zola gli si avvicinò lenta: - Credo che a questo punto la ragazza ci debba delle spiegazioni. - disse mesta.
Il ragazzo però era così assorto a guardare il corpo addormentato e ferito di Lirin da ascoltarla solo distrattamente. Stava riflettendo.
Ad interrompere il sottile filo dei suoi pensieri fu Bouquet che si precipitò giù dal cielo insieme ad Ippo trasformata in un airone dalle piume rosate.
Appena sbatté per terra dopo un volo a quanto pare vertiginoso riprese le sue sembianze normali e affianco a lei apparve la sagoma paffuta e violacea della sua Ombra, che aveva un’aria a dir poco affranta. Bouquet invece scoppiò in lacrime.
- Avevamo preso le Extra Sette… - piagnucolò cercando disperatamente di coprirsi gli occhi con le mani.
- Siamo tornati al punto di partenza… - fu il secco commento di Jiro, Ippo però si affrettò a peggiorare la situazione: - No, siamo messi peggio di prima. Per poco non ci catturavano e adesso l’astronave se n’è andata. Temo che non si presenterà più un’occasione come questa… - mugugnò afflitto.
Marumaro guardò pensoso Bouquet che piangeva: - Voi che le avete viste, potete dirci com’erano? - azzardò a chiedere.
La ragazza smise di piangere e sollevò appena gli occhi ancora umidi sui compagni.
- Dai, avanti! Dicci com’erano. - la incoraggiò Shu.
- Ok… va bene… - sospirò la ragazza pronunciando con voce smorta la formula che le permetteva di trasformarsi.
Subito al suo posto apparvero le sette pagine mancanti.
Shu sgranò gli occhi: - Siete sicuri che fossero proprio così? -
Ippo assentì: - Noi possiamo trasformarci in qualunque cosa vediamo con grande precisione, anche se per pochi minuti. - spiegò.
Bouquet riprese le sue abituali forme e continuò a guardare in basso: - Purtroppo non avremo mai le pagine originali… -
- Ce l’hai fatta Bouquet! - le dissero quasi simultaneamente.
 
- Come si sente Generale? -
- L’amplificatore di potenza è stato un disastro… -  disse Loghi a denti stretti,  ignorando la domanda e il dolore al braccio rotto che cercò di nascondere il più possibile contro lo schienale della sedia.
- Ma… - provò a dire Andropov, Loghi lo interruppe con un gesto di stizza: - Oggi ho perso quattro dei miei più validi Manipolatori, quasi ci rimettevate la vita tutti quanti me compreso. - rivolse un occhiata torva a Gilliam, seduto in un angolo della stanza con lo sguardo basso e tormentato a fasciarsi un polso.
- Eravate due contro una, lei era debole! E guardate come vi ha conciati! - sbraitò contro Schneider e Andropov osservando le loro numerose ferite per poi rivolgersi solo al più piccolo: - Avevi l’ordine di ucciderla. - gli ricordò.
Il ragazzo non obbiettò, si limitò ad abbassare il capo e, come gli altri, si congedò lasciando soli nella stanza Loghi e Delphinium.
- Posso sapere cosa la preoccupa tanto? Infondo, è solo una bambina. - chiese subito la donna.
Il Generale si alzò senza rispondere e si diresse verso una libreria sulla parete, dov’erano ammassati parecchi volumi antichi. Ne pescò uno con la rilegatura ramata e lo appoggiò di malagrazia sul tavolo sollevando un nugolo di polvere.
- Che stà facendo? - chiese Delphinium
Sempre senza parlare Loghi sollevò la copertina, vi erano dei fogli ingialliti e fittamente scritti con eleganti rune, il primo aveva un’immagine nel mezzo.
- Nella grande guerra tra Luce e Tenebre in molti presero parte al buio perché in esso risiedeva anche la Morte che, a chiunque si alleasse contro la Luce, aveva promesso vita eterna. Per questo, anche con l’arrivo dei Sette Soldati, la Luce stentò a rimanere in piedi di fronte all’esercito nemico. - Loghi lesse le prime righe poi guardò Delphinium, lei non disse niente quindi continuò.
- Uno dei Soldati non riusciva a controllare la propria Ombra, perché troppo potente e perché essa era attratta dalle Tenebre. Non riusciva a combattere senza ferire almeno uno dei suoi compagni.
La Morte, consapevole della debolezza dell’evocatore, lo attaccò quando era solo e riuscì a scindere il potere dell’Ombra in due entità. -
- Quindi gli evocatori erano otto. - lo interruppe Delphinium.
Loghi annuì e indicò l’immagine sul foglio: - Questo disegno rappresenta la Morte che combatte contro l’evocatore. -
- Non capisco cosa centri… - si arrese la donna fissando il disegno.
- Osserva bene il viso della Morte, i suoi occhi. - la incitò picchiettando sul foglio.
Delphinium si avvicinò per sorgere i particolari: - Viola? - chiese alla fine titubante.
- Questo disegno quindici anni fa era diverso. C’era un altro volto. - disse ancora Loghi osservando l’espressione stranita della donna.
- Vuoi che uccida io la ragazza? - chiese all’improvviso.
Loghi annuì.

ANGOLINO VANEGGIO XD
Buonsalve a tutti! :D *il caro, vecchio cespuglio che rotola*
Ero parecchio indecisa se questo capitolo dovesse andare così, ma alla fine l'ho pubblicato (povera me T.T) 
Spero piaccia anche se parecchio macabro O.O

Che devo dire... in questo periodo ho la divina illuminazione quindi metto a fine storia un altro disegno :D
... quello scarabocchio dovrebbe essere Andropov, con dietro l'immancabile Ombra, com'era ridotto quando combatteva con Lirin...
Spero piaccia ^.^ ciaociao
P.S. ringrazio ancora Julia per le splendide recensioni Image and video hosting by TinyPic

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Capitolo 14
*** Gemini ***


Salve gente! Sono tornata! In ritardassimo ovviamente… T.T
Anticipo che questo capitolo sarà chilometrico anche perché non riuscivo mai ad esserne sicura quindi aggiungevo sempre qualcosa e alla fine è diventato questo obbrobrio…

 
 

Gemini

 
Zola batté un palmo sul tavolo, il che la fece sussultare, ma non riuscì a farle alzare lo sguardo: - Avanti Lirin, se vuoi restare devi dirci tutto. - era più o meno la decima volta che formulava una frase del genere, Zola sapeva essere molto paziente ed era decisamente troppo ostinata per dissuaderla con del semplice mutismo.
Erano di nuovo nella città della logica, ricordava quando ci era andata pedinando quelli che adesso dovevano apparentemente essere i suoi compagni di viaggio.
Spostò la testa da un lato tenendola sempre appoggiata sulle braccia conserte. Kluke e Jiro ricopiavano le Extra Sette in cui Bouquet si trasformava, desiderava con tutta se stessa che anche Zola girasse i tacchi e andasse a sedersi al tavolo. Le bastavano già gli sguardi indagatori di Marumaro e Shu.
- Se non parli non possiamo aiutarti. - disse ancora la donna.
Non ho mai chiesto aiuto… pensò con stizza pregando che Zola in qualche modo intuisse, voleva disperatamente che capisse senza che dovesse parlare. Anche perché non riusciva, si sentiva la lingua pesante e la bocca sembrava cucita.
Zola sospirò e finalmente ritornò alla sua sedia per aiutare Kluke e Jiro.
Lirin rimase al suo posto, immobile, a fissare la stanza di biblioteca in cui erano andati a rinchiudersi e gli evocatori che ci trafficavano dentro quasi senza vederli. Gli occhi le si erano spenti, due fiammelle di candela che soffocano nella cera, e non parlava da quasi due giorni, da quando Lameire e Cynthia erano morti, da quando aveva combattuto contro Andropov e da quando la sua Ombra per poco non la inghiottiva.
Avevano impiegato due giorni per tornare a Mithia e da lì regnava il silenzio salvo le considerazioni di Zola sulle Extra Sette e qualche sporadica domanda di Kluke.
Per fortuna Lirin poté rimanere tranquilla dopo quelle assillanti domande dato che, dopo aver finito di copiare le pagine, Zola si era messa a decifrare la prima, apparentemente la più difficile.
Dagli sprazzi di conversazione che riusciva a cogliere capì che le pagine erano scritte in lingua antica ed erano in codice.
Dopo appena due ore e il crepuscolo che calava riuscirono a decifrare solo il prologo, a parer suo un insieme di frasi sconnesse che accennavano alla scomparsa delle Ombre dopo la grande guerra perché custodi di troppo potere.
Non badò neanche a quello, la sua mente vagò da sola e andò a posarsi sull’argomento Lingua Antica. Le ricordava inspiegabilmente qualcosa e, senza accorgersene, ogni volta che Zola leggeva una frase per confrontarsi con gli altri riusciva a tradurla.
Purtroppo ogni pagina e sezione aveva un suo codice di decifrazione e rimasero fino a notte fonda senza aver trovato nulla.
Lirin li osservava, ad occhi semichiusi, finché non sorse la luna e qualcosa la spinse ad alzarsi. Nessuno la notò mentre scrutava le rune delle pagine da sopra la spalla di Zola.
Indicò con noncuranza un gruppo di parole sul foglio: -I tha hou o silenc shine a ligh crimso - lesse con voce assonnata.
La donna si voltò di scatto e la guardo, stupita.
Lirin fece spallucce e tradusse: - Nell’ora del silenzio brilla una luce color cremisi. È facile. -
- Come hai fatto? - chiese a bocca aperta.
- Non lo so… - si sentiva un po’ a disagio ora che la guardavano con tanta insistenza, lei aveva solo ricordato, tutto qui.
Dato che non aggiunse altro fu Zola a spingerla a continuare: - Mi dispiace di averti forzato prima, ora vuoi parlare? -
Lirin spostò indecisa il peso da un piede all’altro, ma poi annuì seppur poco convinta e si sedette accavallando le gambe sulla prima sedia libera che trovò: - Avanti, fai tu le domande. -
Zola assentì: - Perché sei qui? - fu la sua prima domanda.
La ragazza deglutì incerta e, preso coraggio cominciò a parlare: - Sono stata esiliata dalla mia terra, l’Isola Errante. È lì che sopravvivono gli ultimi Demoni. Io sono un Mezzodemone, quindi più umana che Demone e dalle mie parti non è una cosa buona anche se posso assumere una forma in più. - disse tutto d’un colpo.
- Puoi diventare anche umana. - completò la donna ascoltandola con attenzione.
- Cosa puoi dirci del tuo popolo? - seconda domanda.
Sospirò: - I Demoni sono esseri nel cui sangue scorre anche uno Spirito animale, e da quello che dipendono le sembianze che si possono assumere. Io per esempio posseggo lo Spirito di un giaguaro. - sorrise appena, quelli erano argomenti basilari. Non era mai andata a scuola, al contrario di Yaone, quindi sua sorella fu ben lieta, a suo tempo, di spiegarle tutto ciò che imparava: - C’è una minima quantità di genoma umano nei Demoni e gli Spiriti sono tutti di animali simili all’uomo. - le ritornò in mente un Demone-serpente visto una volta e si affrettò a correggersi: - Più o meno… diciamo quelli con una spina dorsale… - aggiunse.
Poi rimase in silenzio non sapendo cos’altro dire, la gola cominciava a chiudersi e il pensiero di An cominciava a farsi sempre più frequente. Non sarebbe riuscita a mentire ancora.
Zola però non fece altre domande, si alzò e iniziò a scorrere i titoli dei vari libri nella libreria alle sue spalle. Ne prese uno e lo aprì sul tavolo, niente a che vedere con le Ombre, con le Extra Sette o sui miti riguardanti la creazione. Il titolo recitava più o meno così: T’Anìen Ràc.
L’Antica Razza… tradusse immediatamente la ragazza, sentendosi scendere un brivido lungo la schiena.
Zola sembrava assorta a leggere il primo paragrafo che le sembrava una sorta di introduzione, dopo poco alzò gli occhi: - Qui dice anche che ogni Demone dispone di un Ombra riflettente il proprio Spirito e che la Lingua Antica può essere usata per manipolare la realtà… - disse perplessa.
Lirin annuì appena: - Io non ho mai imparato come si fa… - si giustificò: - E fino a qualche anno fa non sapevo di avere un’Ombra… - si affrettò ad aggiungere.
Zola lasciò aperto il libro e le porse la mano: - Io mi fido di te, è solo che di un potere come il tuo avevo sentito parlare in una vecchia leggenda. -
La Demonesi fece attenta: - Davvero? -
- Si, descritto come l’incarnazione del Caos, impossibile da controllare se non da una creatura dal cuore infetto che potesse con esso nutrirlo. - si bloccò un attimo e contemplò brevemente il paesaggio fuori dalla finestra: - Quando la tua Ombra e Blue Dragon stavano per assorbire te e Shu ho avuto paura. -
Lirin non osò chiederne il perché come nessuno degli evocatori, rimasti ad ascoltare in silenzio.
Si sentì in dovere di aiutare Zola dopo che le ebbe detto che capiva la scrittura arcana, la aiutò a decifrare le pagine, conosceva la maggior parte delle parole di quella lingua, ma fu lo stesso un lavoro lungo che si prolungò fino alla mattina seguente contando che lei e Zola non avevano dormito per terminare.
Ad ognuno di loro Zola consegnò un foglio, a tutti fuorché a Lirin.
A Jiro fu consegnato il primo foglio: - Cosa sono? Copie delle Extra Sette? - chiese osservando le righe nere che occupavano la pagina.
- A quanto pare… - concordò Shu lasciando che Lirin sbirciasse da sopra una sua spalla: - E sembrano già tradotte. -
- Capitolo primo: il guerriero che difende l’ovest emerge dalla foresta, si volge con occhio sereno e infine esce allo scoperto… - cominciò a leggere Kluke, tutti si fecero attenti e dal foglio di Shu Lirin passò a quello della rossa.
- … nell’ora del silenzio brilla una luce color cremisi e dal guardiano del cielo nasce una nuova Ombra che illumina la strada mentre il soldato smarrito nelle Tenebre trova la risposta nello spazio che si trova tra menzogna e verità… ma che significa? - chiese appena finito con uno sguardo un po’ confuso.
- È strano, la mia sembra una poesia. - aggiunse Bouquet.
- Io ho solo una lunga lista di numeri… -
- E io dei disegni… -
Si lamentarono Shu e Marumaro.
- Ho fatto del mio meglio per tradurre le pagine nella nostra lingua. L’aiuto di Lirin mi è stato molto utile. - mentre parlava Zola fece un cenno verso la ragazza: - Tuttavia non sono riuscita a capire i vari significati nascosti tra le righe quindi sforzatevi di capire voi e se scoprite qualcosa avvisatemi. Ricordate che quelle pagine riguardano la vostra Ombra, che voi conoscete meglio di me. -
 
Lirin non aveva ricevuto una delle pagine quindi intuì che Zola da quel punto in poi non la reputò più di aiuto, si limitò a sedersi e poggiare la testa sulle braccia conserte nel tavolo. Restò ad occhi semichiusi, voleva pensare.
I ragazzi leggevano e rileggevano i propri fogli, un lavoro molto noioso. Cercava in ogni modo di trovare una giustificazione al fatto che non le dispiacesse essere messa da parte.
L’unica cosa che spezzò la monotonia fu quando Shu e Kluke uscirono per andare a prendere qualcosa da mangiare.
Ma chi voglio prendere in giro… si rammaricò pensando a quanto le desse fastidio che Zola l’avesse mollata così, dopo che era rimasta sveglia con lei per tradurre quelle pagine. Cambiò posizione sulla sedia.
Non riusciva neanche più a trovare conforto nel chiacchierare con Kirillion, era come morta da quando aveva perso il controlla trasformandosi in quella bestia assetata di sangue.
Così, per ingannare il tempo, iniziò a contare i libri presenti sugli scaffali. Inutile dire che dopo i primi venti iniziò a sbadigliare e le si chiusero gli occhi, anche perché era da quasi due giorni che non dormiva.
 
I sogni l’avevano abbandonata da un po’, sostituiti dalle visioni, ma quello sembrava proprio un sogno. Di quelli scomposti e apparentemente senza senso che ti ricordi solo per qualche secondo dopo essere sveglio.
Azzurro e viola… un senso di abbandono totale e frustrazione…
Erano solo vaghe sensazioni e colori che si mescolavano, che tuttavia non poteva fare a meno di pensare che fossero associati a qualcosa.
- Ehi Lirin, svegliati! - una voce.
Aprì piano le palpebre e si ritrovò Jiro a pochi centimetri dal viso che le dava dei lievi buffetti su una guancia per farla svegliare.
Sobbalzò e scosse la testa: - Si… sono sveglia… - rantolò a palpebre chiuse rizzando la schiena. Nel contempo sentì Kluke parlare concitata riguardo la sua pagina.
- Ne sei sicura? - chiese Zola.
- Sicurissima, al villaggio c’è tutto. Si, insomma… le rovine, la foresta, l’ovest… - rispose agitata Kluke.
- Va bene, mi hai convinto. Dobbiamo andare. -
Lirin, da appena sveglia e intontita dopo tutti qui colori in movimento riuscì a capire solo che avevano rubato un mecha da un accampamento del Gran Reame a pochi chilometri da lì e stavano andando a fare visita al villaggio dove abitavano Shu e Kluke. Per il resto si limitò a seguire Jiro.
A svegliarla per bene ci pensò il vento, appena decollarono la brezza iniziò a frustarle il viso e scompigliarle i capelli, era una sensazione piacevole.
Il viaggio era lungo e, non godendo della compagnia di Kirillion tentò di evocare una delle sue visioni, non ci aveva mai provato e voleva sapere com’è che funzionavano.
Chiuse gli occhi e aspettò, come faceva quando evocava l’Ombra. Quando risollevò gli occhi quelli erano lattei e, dato che era rivolta verso il paesaggio che scorreva sotto di loro, nessuno ci fece caso.
 
A Logi era stato tolto il comando dello Squadrone Volante Indipendente…
 
Riaperti gli occhi capì di aver afferrato solo quello da quelle immagini in rapida successione, erano diventate sempre più veloci tanto da abbagliarla man mano che si avvicinava… si voltò spalancando la bocca: Le rovine delle Ombre!
Erano atterrati proprio sullo spiazzo di fronte all’entrata della caverna, appena scesero Shu e Kluke scomparvero nella foresta urlando a Zola che andavano solo a dare una breve occhiata al villaggio.
Lirin invece, rimasta con Zola, Jiro, Bouquet e Marumaro, entrò nelle rovine e da lì una strana euforia non riuscì ad abbandonarla.
Arrivarono davanti ad una grande porta di pietra con degli affreschi stilizzati in tinte blu, al centro c’era raffigurato un uomo con un solo occhio al centro della testa costituito da una pietra blu. Shu e Kluke tornarono proprio in quel momento: - Zola, questo è un vicolo cieco. - disse piano Shu ritrovandosi davanti l’enorme muro.
Zola non vi badò e posò un palmo sulla pietra e, Lirin non poté crederci, la parete si spalancò docile e un po’ cigolante al tocco della donna.
Dall’altra parte si poteva scorgere solo una stanza quadrata e quasi del tutto oscurata tranne per un solitario fascio di luce. Il muro era colorato di blu per tutta la sua lunghezza e nella parete di fronte a loro si stagliava un immenso dipinto, non si riusciva a guardarlo tutto stando fermi, si doveva per forza spostare la testa.
Sulla destra, la parte meno illuminata, un drago azzurro accovacciato spalancava le fauci in un muto ruggito e le ali erano ripiegate sulla schiena, al collo e su ogni corno portava un anello d’oro, gli occhi erano privi di pupilla e non erano di un colore apparentemente distinguibile.
Sulla sinistra vi era un altro drago in apparenza più grosso con solo gli anelli sui corni, sembrava ringhiare e la coda con sette spuntoni, a differenza dell’altra creatura, era visibile e frustava l’aria con violenza.
Ad occupare tutta la parte centrale, le zampe anteriori ognuna protesa verso uno dei draghi laterali con gli artigli snudati, le ali uncinate immense e la bocca stirata in un sinistro ghigno a mettere in mostra i denti una creatura con le squame scure e gli occhi vuoti. A prima vista sarebbe potuto sembrare un drago come gli altri due, ma aveva un che di innaturalmente inquietante dato che, a guardarlo bene, le ali sulla schiena erano quattro, il muso era irto di corni e spuntoni e gli occhi senza sguardo eccessivamente crudeli.
- Cos’è? - la voce di Lirin tremava, aveva osservato il disegno in tutta la sua lunghezza e non riusciva a capire.
Shu le si avvicinò e indicò la figura sulla sinistra: - Quello sembrerebbe Blue Dragon… - gli si incrinò la voce e gli tremolava la mano.
Lirin notò che sbirciava di continuo la bestia al centro. Entrambi cercarono d’istinto conforto in Zola. Lei però era assorta ad osservare ancora la parete: - Shu, prova ad evocare la tua Ombra. - ordinò all’improvviso.
Il ragazzo obbedì, ma no successe niente. C’era sempre silenzio.
- Che cosa è? - ripeté allora la Demone scandendo bene le parole.
- Io credo… - Zola sembrava indecisa, spostava nervosa lo sguardo da Lirin alla figura infondo alla sala: - … sia la tua Ombra. -
Il cuore della ragazza saltò un battito e, quasi con rabbia, andò a ripescare Kirillion nelle proprie Tenebre. Si ritrovò di fronte all’Ombra che la guardava assente nel suo buio: - Tu lo sapevi! Perché non me l’hai detto? - la accusò.
Le rispose un’ occhiata fredda: - Non me l’hai chiesto. - la sfidò la dragonessa sbuffando dalle narici aria calda e investendola in pieno.
Da lì perse la sua breve discussione perché Zola la scosse per una spalla per tirarla fuori da quello stato di shock. Lirin scosse la testa: - Come può essere? -
- Lo immaginavo… - fu la sola frase che uscì dalla bocca di Zola, guardò la ragazza e Shu: - Usciamo da qui, non è successo niente. Ritorneremo per sera. -
Kluke confermò: - Il testo diceva “nell’ora del silenzio brilla una luce color cremisi.” È probabile si riferisca al tramonto. -
Zola annuì e uscirono.
Lirin rimase ancora più scossa dopo il racconto di Zola, aveva parlato loro di un’Ombra eccessivamente potente, ritratta probabilmente in quel dipinto come la bestia al centro, e di una guerra ancestrale che l’aveva letteralmente divisa in due.
Né Shu né Lirin fecero domande, rimasero in silenzio tutto il pomeriggio e gli altri non avrebbero mai avuto il coraggio di smuoverli, poi arrivò il momento di rientrare nella caverna.
La luce calda del tramonto si riversava fino alla sala affrescata, ma se possibile l’atmosfera pareva ancora più inquietante. Lirin e Shu non smettevano di guardarsi intorno nervosi, camminavano affiancati e più lentamente degli altri.
Quando entrarono di nuovo nella stanza la ragazza a momenti non si reggeva più sulle gambe, Zola ordinò di nuovo di evocare l’Ombra. Stavolta lo disse anche a Lirin.
Quasi non ce ne fu bisogno, appena i due si posizionarono davanti all’affresco l’ombra ai loro piedi iniziò ad allungarsi e stirarsi fino a raggiungere la parete di fronte e a quel punto prendere i contorni definiti dei due draghi.
Poi la parete brillò e nessuno osò respirare, Zola provò ad avvicinarsi ai ragazzi, ma un attimo prima il brillio avvolse i sue corpi e un attimo dopo, scemata la luce, Lirin e Shu erano scomparsi.
 
Lirin si sentì sbalzare in avanti, chiuse gli occhi e fu sicura di aver preso la mano a Shu.
Anche con le palpebre serrate la luce le bruciava gli occhi che non provò ad aprire nemmeno quando sentì un appoggio stabile sotto le ginocchia piegate.
Strinse la mano, ma c’era solo aria. Si concesse di guardare però vedendo solo le pareti bluastre di una caverna sotterranea dove numerose stalattiti pendevano dal soffitto.
- Shu! - chiamò spaventata alzandosi di scatto in piedi, ma la voce le uscì dalla gola come un verso strozzato che rimbombò sulla roccia.
Indietreggiò sbattendo la schiena contro la roccia, si teneva la gola respirando con affanno. Non le piacevano i luoghi stretti, l’aria era troppo pesante e si sentiva perennemente in trappola.
Richiuse gli occhi tentando di concentrarsi sul ricordo sconfinato dell’orizzonte: Va tutto bene, non succederà niente… Ora devo cercare Shu, abbiamo solo oltrepassato la parete… socchiuse le palpebre a quel piccolo pensiero: … com’era successo a Kluke nelle sue rovine, lei n’è uscita sana e salva… continuò per tranquillizzarsi.
Osservò il luogo in cui si trovava. Era una caverna e sboccava in un corridoio buio e freddo, proprio davanti a lei.
Le si strinse di nuovo la gola: Kirillion?
Stai calma bambina, non ti succederà niente…
Si scostò d’improvviso dal muro drizzando le orecchie. Non la sentiva da un po’, ma quella non era la voce della sua Ombra e veniva da infondo a quel corridoio.
Avanti…continuò la voce. Doveva seguirla.
Lirin si avvicinò, prese fiato, come se dovesse immergersi, e si buttò di corsa nel corridoio.
 
- Blue Dragon? - fu la prima cosa che riuscì a dire dopo che ebbe battuto forte la testa. Il drago apparse, molto più allarmato di quanto non lo avesse mai visto, si guardava intorno con sospetto e attenzione: - Dove siamo? - chiese ringhiando verso un’ombra che si rivelò poco dopo essere quella di una stalattite.
Shu si alzò a fatica e guardandosi alle spalle notò l’immagine ondeggiante di Zola e gli altri oltre il muro di pietra: - Credo che abbiamo attraversato la parete e ora siamo dentro le rovine. -
L’Ombra grugnì contrariata.
- Intendo dire “dentro le rovine” nel vero senso della parola. - aggiunse. Blue Dragon lo fulminò con un’occhiataccia poi riprese a guardarsi intorno: - L’avevo capito. Non mi piace questo posto. -
Shu iniziò a pensare ad un modo per uscire da lì, ovviamente dopo aver recuperato Lirin che chissà dov’era andata a finire. Strinse la mano destra, la Demone, tenendogli la mano gliel’aveva quasi scorticata quando era stata trascinata inspiegabilmente via.
- Lirin riesce a localizzare le aure delle Ombre, puoi trovare quella di Kirillion? – chiese all’Ombra dopo non poche difficoltà per pronunciare il nome della dragonessa di Lirin dato che non l’aveva mai fatto.
Blue Dragon sbuffò, ma chiuse comunque gli occhi per un po’, quando li riaprì scosse la testa: - Non la sento, ma credo che dovremo cominciare con l’andare in quel corridoio dato che è l’unico. - l’indicò con l’artiglio ricurvo e ci si immerse insieme all’evocatore.
 
Il buio le prendeva alla gola mentre correva, era alla ricerca di una luce, una qualunque luce che significasse che c’era il solo sopra la sua testa.
Quella che c’era in fondo al cunicolo le sembrava sempre troppo lontana e quella strada non sembrava avere altri sbocchi.
La voce continuava a chiamarla seppur flebilmente.
Ad un certo punto chiuse gli occhi, non sopportando più quella coperta di oscurità, attraverso le palpebre avvertì il cambiamento di luce e li sgranò in una caverna in tutto e per tutto identica alla prima, illuminata da una fioca luce azzurra. Una statua che era il triplo di lei troneggiava in mezzo alla stanza.
Kirillion comparve alle sue spalle senza preavviso e solo allora riuscì a notare la paurosa somiglianza tra la propria Ombra e la statua.
Senza parole si voltò verso la dragonessa. Quella, non degnandola di uno sguardo, si portò una zampa al petto e chinò il capo.
Inizialmente non capì, ma quando rivolse di nuovo l’attenzione sulla statua notò qualcuno appoggiato ad essa, portava un mantello nero lungo fino ai piedi e con il cappuccio quindi non riuscì a vederlo anche se ne fu spaventata.
Sguainò la spada e si mise tremante in posizione d’attacco. La sagoma si avvicinò quasi fluttuasse: - Come ti chiami? - avrebbe dovuto attaccare, ma la voce dolce e rassicurante con cui parlava la costrinse a mollare l’elsa.
- L-Lirin… - balbettò a bassa voce.
Da sotto il cappuccio le parve di vederlo sorridere, allungò una mano a sfiorarle i capelli con estrema delicatezza: - Una figlia degli Inferi… - mormorò piano osservandole troppo attentamente una ciocca di capelli neri. Lirin era di ghiaccio sotto il suo tocco, non tremava neppure.
- Cos’è quella statua? - ebbe il coraggio di chiedere Lirin dopo che si fu allontanato.
Sorrise e i denti sembrarono risplendere: - L’Ottava Ombra, Blue Dragoness. - fece una breve pausa durante la quale Lirin sentiva alterarsi nel suo corpo caldo e freddo a velocità vertiginose: - Quella che tu chiami Kirillion… - aggiunse senza degnarsi di non rivolgerle più le spalle ammantate.
Lirin tremò ancora: - Chi sei tu? - chiese quasi ringhiando in un atteggiamento che non aveva più niente di timoroso verso quella figura.
L’altro non ne fu per niente sorpreso e continuò a tenerle incurante le spalle, si avvicinò alla statua  facendo scorrere le dita pallide sul profilo di un’ala. Kirillion fremette e le tremò l’ala destra.
- Sono Almalas. - si presentò quasi sottovoce, Lirin però lo udì come se fosse il boato di una tormenta, le parve quasi di non avere più aria che arrivasse ai polmoni.
- Sei una specie di guardiano? - domandò senz’aria con un nodo alla gola.
Almalas ammiccò: - Una specie… - prese a girarle intorno, studiandola e da sotto la stoffa sembrava esserci un sorriso. Un sorriso felice.
Si schiarì la voce riprendendo il tono atono usato fino a quel momento: - Questa statua simboleggia il potere della tua Ombra, distruggila e ne otterrai dell’altro. -
Facile… pensò la ragazza e la sua Ombra scagliò una violenta fiammata verso la roccia inglobando del tutto la statua.
Rimase sinceramente stupita quando vide oltre le fiamme l’Ombra di pietra senza nemmeno una fenditura.
La figura soffocò quasi una risata: - Fàind you twin. -
Lirin rimase a bocca aperta, quelle parole le rimbombarono nella testa come un coro di campane: Trova il tuo gemello… si ripeteva cercando il significato di quelle parole pronunciate nella Lingua Antica.
- Esso riempirà con il sangue il tuo patto. - aggiunse Almalas per poi scomparire in una folata di un vento invisibile come un fantasma prima che lei potesse fermarlo e chiedere chi dovesse cercare.
Nello svolazzo che portò via l’uomo fu sicura di avergli scorto il viso: le labbra sottili piegate in un mesto sorriso, gli occhi rassegnati ma con un debole bagliore e un ciuffo di capelli biondo che gli ricadeva leggero sulla fronte. Si era scostato da un lato anche un lembo del manto, di proposito credette, perché sugli avambracci e ai polsi portava delle catene.
Anche dopo che fu scomparso cercò in ogni modo di scolpirsi nella mente ogni dettaglio ci quel viso e quegli occhi così tremendamente tristi ed sfuggenti: Sono… Viola… fu l’unica cosa che riuscì a pensare nel più assoluto silenzio.
- Sento Blue dragon, è in fondo al tunnel. - ringhiò l’Ombra cercando di farla smuovere.
- Mi ha parlato nella Lingua Antica come se sapesse che l’avrei capito… - fu la considerazione atona di lei: - Mi ha chiamata Figlia degli Inferi, che vuol dire? -
- Ci sarà tempo per quello, ora corri! - forse non furono le parole spaventate dell’Ombra a farla partire di corsa verso il buio, ma il boato secco che ne seguì subito dopo e non era la roccia che franava da qualche parte in quella specie di labirinto.
Era il ruggito di una bestia.
 
Forse quando riattraversò il corridoio al doppio della velocità e arrivò alla fine, aspettandosi di essere nell’anfratto di prima, avrebbe voluto correre più lentamente. Quello sguardo la dilaniava.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Dopo un secolo che non sono riuscita a scrivere una cicca eccomi tornata :D! *si sente il verso di un’aquila*
Mi rendo conto che questa fic sta diventando un minestrone, ma chi se ne frega. Tra i miei personaggi folli, una lingua antica, un’Ombra ancora non meglio identificata, ecc… ecc… chi ci capisce qualcosa è bravo!
Spero che qualcuno sia arrivato alla fine di questo capitolo, che a momenti per lunghezza batte l’Iliade, rimanendo sano di mente… ^^

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Capitolo 15
*** I will always return ***


I will always return

 
Come sperava, dopo quella lunga corsa, trovò Shu, ma assieme a lui c’era anche un’altra persona. Portava una lunga cappa nera, ma non era lo stesso che aveva incontrato davanti alla statua di Kirillion, quello era più… non sapeva come definirlo.
Emanava un terribile puzzo di morte e il ciuffo di capelli che si intravedeva dal cappuccio non era biondo come quello di Almalas, ma grigio e sembrava fatto di polvere.
Della bestia che poco prima aveva apparentemente ruggito nessuna traccia, solo un corridoio brullo uguale a tutti gli altri, Shu e quel fantasma. Non le veniva altra parola per descriverlo mentre si acquattava dietro una curva del corridoio.
- Le Tenebre non producono ne luce ne ombra. L’ombra produce luce e la luce produce altra ombra. -
Solo dopo che il fantasma parlò Shu sembrò notarne la presenza, si voltò e Lirin si schiacciò di più contro la parete e nessuno dei due parve ancora vederla: Kirillion? Chi è questo qua?
Nessuna riposta, piuttosto il deserto che l’aveva avvolta appena arrivata lì ricominciò ad espandersi. Sfocò lo sguardo, non riuscendo a vedere Blue Dragon quindi anche Shu doveva aver perso momentaneamente i contatti con l’Ombra.
- Chi sei? - chiese con tono aggressivo alla vista dell’uomo ammantato di grigio.
- Un evocatore di Ombre. - rispose atono l’altro. Gli si muoveva solo la bocca, neanche un fruscio dal lungo mantello e sembrava che neanche respirasse.
- Che vuoi? - chiese ancora Shu tremando leggermente, forse capendo che chi aveva davanti non poteva essere umano.
- Un eccesso di potere produce Tenebre. -
- E allora? - quella discussioni gli pareva senza senso, ma qualcosa gli impediva di voltarsi e correre, come se avesse i piedi di piombo.
- Le Tenebre ingoiano la luce e l’Ombra. Ricorda che se sceglierai il sentiero sbagliato perderai la tua Ombra. - gli spiegò.
- Questo non ti riguarda. Io devo diventare più forte ed è una missione in cui non posso fallire. -
Il fantasma non rispose, ma gli indicò la fine del corridoio. Shu si girò vedendo una fulgida luce azzurra che fino a prima non c’era. Quando però rivolse di nuovo lo sguardo verso la figura grigia quella era scomparsa.
Stava per avviarsi che alle spalle sentì un lieve scalpiccio sulla roccia umida: - Chi è là? - chiese spaventato voltandosi di scatto.
- Shu, sono io. Datti una calmata! - lo sgridò trotterellando verso di lui in forma animale. Shu sospirò di sollievo: - Mi sembra di aver capito che mi stavi spiando da un po’. -
Lirin annuì assente: - Da quando hai parlato con quella strana persona, ho sentito ciò che ti ha detto. - rabbrividì: - Inquietante… -
Shu annuì: - Tu piuttosto, dov’eri finita? -
Sinceramente non avrebbe saputo stabilirlo neanche lei e decise che era meglio non accennare all’incontro con Almalas dato che si sarebbero dilungati troppo: - In fondo a questo corridoio c’è una caverna, mi sono ritrovata lì da sola e non sentivo più Kirillion. -
- Blue Dragon invece è scomparso quando ho imboccato questa strada. -
- Allora credo che la risposta a tutto sia in quella strana luce. - concluse la Demone indicandola col muso.
Entrarono dentro il fascio di luce, erano appena passati sotto un arco di pietra la cui sommità era ornata con un gioiello azzurro e che sbucava n un’altra caverna, molto più grande delle precedenti in cui si erano imbattuti.
Lirin riprese le sue solite sembianze: - Guarda! - per poco non le scappò un gridolino di sorpresa. Una statua campeggiava al centro dello spiazzo e stavolta non era Kirillion.
- Sarei io? - domandò Blue Dragon saltando fuori dal nulla.
- Eccoti finalmente. - fu il secco commento di Shu, troppo impegnato ad osservare la scultura.
Lirin si era irrigidita di colpo e fissava con gli occhi sgranati il drago colossale rappresentato in pietra: No, non è Blue Dragon… di quello ne era certa, somigliava più alla bestia dipinta nel mezzo dell’affresco sulla parete delle rovine.
Shu ci girò attorno osservando assorto la base e le rocce affilate che contornavano la scultura finché non ne trovò una con un’incavatura su un lato. Poteva benissimo entrarci quel cristallo che avevano visto sopra l’arco d’ingresso.
La ragazza era così impegnata a trovare un qualunque particolare che le confermasse che quello non poteva essere il drago visto nel dipinto, da non notare che Shu aveva tolto la pietra azzurra dall’arco e la stava incastrando nella cavità.
Quando girò attorno alla statua notando un altro paio d’ali tenute ripiegate sulla schiena spinata Shu aveva già incastrato la pietra e quella aveva cominciato a brillare: - Shu aspetta, non sappiamo cos… - non finì la frase che, come un velo, uno strato della statua scivolò via e riemerse dal terreno davanti a loro con le sembianze di un’Ombra grande due volte Blue Dragon, con le squame nere, gli occhi rossi e due paia d’ali.
Lirin evocò Kirillion mentre Shu si avvicinava alla bestia di un passo: - E tu chi saresti? -
L’Ombra nera si rizzò sulle zampe posteriori scrutandoli dall’alto, gli occhi smisero di brillare diventando di uno strano colore tendente al sangue e il drago rise stirando la bocca in un ghigno malefico che difficilmente avrebbero dimenticato: - È molto semplice, io sono voi. -
Blue Dragon fu il primo a riprendersi dopo quelle poche parole che sembravano campate per aria: - Come sarebbe a dire? - sbraitò sporgendosi pericolosamente in avanti.
Con un ringhio l’altro drago lo costrinse a riprendere le posizioni, rise ancora: - Io sono la vostra vera forma. Blue Dragon e Blue Dragoness non esistono, ci sono solo io. Voi siete solo delle mie pallide Ombre. -
Stavolta fu Kirillion a scattare: - Vedo però che anche tu sei un’Ombra. -sibilò indicandogli la coda che ancora era arpionata al terreno e lì si perdeva.
- Certo, ma c’è qualcosa che io ho e voi no. -
- E cosa sarebbe? - fece Kirillion ostentando un po’ più di calma del compagno che si agitava sibilando come un serpente arrabbiato.
- Questa domanda dimostra che non hai capito. -
Shu fermò con un gesto la propria Ombra che stava per scattare in avanti e attaccare, fissò il drago negli occhi: - Sono arrivato fin qui dopo aver letto le Extra Sette ed è qui che si nasconde il potere che mi manca. -
La bestia assentì: - Bravo, le pagine dicono la verità. Ho io il potere che cerchi, ma non sono disposto a cedervelo perché quello che chiedi porterà alle Tenebre. - ringhiò.
Lirin aveva tenuto la testa bassa per tutta la discussione, continuavano a rincorrersi nella sua testa solo poche parole: Trova il tuo gemello, sancirà il tuo patto con il sangue… e di fronte a quell’Ombra non aveva il coraggio di alzare la testa perché avrebbe trovato in quegli occhi lo stesso abisso di quando Kirillion l’aveva inghiottita.
Come a captare le sue paure il drago si chinò spostando l’imponente testa da un lato per riuscire a guardarla e le avvicinò la zampa: - Avanti, dammi ciò che hai promesso. -
Lirin indietreggiò e, proprio mentre il drago le si avvicinava con le fauci spalancate Kirillion e Blue Dragon lo afferrarono ognuno per un polso e furono tutti e tre trascinati in alto verso il soffitto nero che li inghiottì.
La ragazza rimase immobile e ansimante tenendosi un polso, dalla punta dell’indice usciva una sottile goccia di sangue nero. Shu invece sentì la voce di Blue Dragon che gli urlava di togliere quella pietra azzurra.
Lirin gli avrebbe voluto dire di non farlo, ma era muta e come congelata. Il bagliore cessò e la demone cadde a terra mentre Blue Dragon riapparve alle spalle di Shu a braccia conserte facendogli intendere che aveva vinto e che adesso il potere era suo.
- Ora non ci resta che andare. - gli indicò un muro, che si era improvvisamente aperto e da lì si intravedevano i suoi compagni come se guardasse attraverso un vetro.
- E Lirin? - chiese guardandola a terra priva di sensi.
- Non te ne preoccupare, dato che ora ho avuto il potere la sua Ombra si è riversata in me. Ora Blue Dragoness non esiste più, c’è solo Blue Dragon. -
- Si, ma non posso lasciarla qui. - la sollevò e la scosse per farla riprendere. Lirin aprì piano le palpebre, sembrava confusa e spaventata, poi vide l’Ombra di Shu: - Dov’è Kirillion? - chiese con la voce impastata.
- Quando Blue Dragon si è preso il potere si è fusa con lui. - le spiegò dolcemente.
Lirin non ne sembrò per niente sorpresa, si limitò ad annuire e ad alzarsi. Mosse un passo verso il muro trasparente, ma una voce le impose di fermarsi: Fermati! Sta mentendo, non potete uscire!
Scacciò via quella voce come un moscerino fastidioso: È vero, prima devo pagare il mio tributo…
- Questo muro funziona come una porta e per aprirla dovete avere la chiave giusta. - continuò Blue Dragon e indicò loro una cavità nel muro che aveva forma di una test di un mostro con le fauci spalancate. Si rivolse in particolare alla ragazza: - Devi infilare la mano lì, la porta si aprirà e tu sarai assolta dal tuo patto. - glielo disse quasi in un sussurro, come se Shu non avesse una linea diretta con i suoi pensieri.
Lirin allungò una mano, i suoi occhi erano vuoti, c’era quasi ma Shu l’afferrò per un polso tirandola via.
- E adesso cosa c’è? - sbraitò l’Ombra mascherando quel lampo di impazienza che gli fece arricciare il labbro in un ringhio impercettibile.
- Sei un po’ troppo calmo. Di solito sei scontroso quando ti rivolgi a qualcuno. - ammise Shu a voce bassa.
- Perché dovrei esserlo? - chiese l’Ombra inclinando leggermente la testa di lato.
- Non lo so, ma mi dai sempre questa sensazione e ho sempre pensato che il tuo potere provenisse dalla collera, ma adesso non la percepisco. Chi sei? -
Gli occhi del drago brillarono, le squame stinsero fino a diventare nere e sulla schiena apparvero un altro paio di ali con quello che sembrava un brontolio di stizza che veniva dalla gola.
Comparve davanti a loro anche il fantasma grigio: - Dalla collera scaturiscono le Tenebre. E le Tenebre ingoiano le Ombre. - disse e allungò la mano verso Lirin. A quel gesto il drago le si avvicinò minaccioso: - E la ragazza deve pagare il suo tributo di sangue. -
Lei non si muoveva, era troppo spaventata, si tirò indietro d’istinto solo quando il drago cominciò ad inciderle il braccio tracciando una scia di inchiostro gocciolante. Prima che potesse ferirla troppo affondo Blue Dragon gli si lanciò di nuovo contro, bloccandogli le mani tra le proprie. Shu era riuscito ad evocarlo, ma si vedeva che gli era difficile contrastare un’Ombra così potente.
Gli occhi di Lirin, fissi sulla scena, divennero completamente viola e un’aura azzurra l’avvolse. Proprio come quella volta, e credette di star perdendo il controllo di nuovo. Ricomparve Kirillion, ma era calma e invece di attaccare, si slanciò contro Blue Dragon e ne fu completamente assorbita.
Gli occhi dell’Ombra di Shu lampeggiarono, divenne enorme e gli si aprì totalmente la schiena spinata per far spazio ad altre due ali membranose. Ruggì e per il soffitto non crollò loro addosso.
Shu si voltò, al suo fianco c’era Lirin, ferita, ma alimentava un lembo di quella bestia colossale e nei suoi occhi vuoti sembrò scorgere un breve lampo di assenso. Poteva sentire il suo cuore battere, il suo respiro affannato e il bruciare della ferita sul suo braccio.
La loro aura ormai unita brillò più intensa, la loro Ombra spalancò le immense ali occupando tutta la lunghezza della caverna e scagliò una fiammata cerulea che inghiottì il drago nero e il suo evocatore. Come polvere portata via dal vento le Tenebre scomparvero.
La luce scemò e i due si ritrovarono da soli nella caverna, ognuno con la propria Ombra e senza un graffio, quasi si fossero risvegliati da un’illusione, non c’era ne fumo né fiamme e l’unico segno del passaggio del drago nero era una sottile linea translucida sul braccio della ragazza.
- Stai bene? - chiese Shu.
Lei annuì e riportò il braccio lungo il fianco scrollandolo come a togliersi di dosso qualcosa di fastidioso. Fissò la statua ancora lì davanti e si avvicinò per spolverare la base con una mano scoprendo un’incisione nella Lingua Antica, alzò lo sguardo verso il muso di granito del drago: - Gemini… - mormorò.
La statua si crepò e crollò in mille pezzi lasciando vedere cosa si celasse al suo interno: lo scheletro ancora ammantato di un uomo.
Shu fece un salto indietro e Lirin sussultò: Almalas? ma colse la risposta negativa da parte di Kirillion.
- Chissà chi era… - mormorò la Demone sfiorandogli una falange impolverata, le ossa scricchiolarono e corpo e mantello divennero una manciata di polvere.
Si sentì un altro rumore di roccia che franava da qualche altra parte in quel labirinto.
Lirin guardò brevemente Kirillion: La tua statua…
In mille pazzi… confermò l’Ombra.
 
Le pareti cominciarono a tremare così come il pavimento: - Tutti fuori! - urlò Zola.
Appena in tempo poi le intere rovine crollarono, stavano già pensando che Shu e Lirin fossero rimasti intrappolati lì sotto che due lampi blu sfrecciarono verso il cielo e apparvero le due Ombre con in groppa il proprio evocatori.
- Allora, com’è andata? - chiese Zola quando i due ragazzi rimisero piede per terra.
Lirin guardò Shu, lui tentennò un attimo: - Alla grande. - disse poi con un sorriso dando una lieve gomitata alla ragazza che annuì convinta.
Decisero di accamparsi poco distanti dal villaggio per la notte, Shu e gli altri crollarono addormentati dopo pochi minuti dato che erano rimasti alle rovine fino a notte fonda.
Lirin invece continuava a rigirarsi senza riuscire a prendere sonno, continuava a pensare ad Almalas e al drago nero.
- Shu. - mormorò scuotendogli leggermente un braccio. Il ragazzo aprì un occhio assonnato: - Che c’è? - chiese con voce impastata.
- Io… vorrei… che tu mi dicessi cosa è successo nella caverna dopo che è scomparsa Kirillion, non ricordo niente. -
Shu sembrò svegliarsi di colpo e le fece segno di allontanarsi da lì per non svegliare nessuno, camminarono in silenzio fino a quel che rimaneva di ciò che fino a quel pomeriggio era la caverna del Drago e si sedettero sulle macerie.
- Però mi devi promettere che se io ti faccio una domanda mi risponderai. -
- Va bene. - accettò Lirin cedendo a quel piccolo ricatto.
- Ho viso il drago nero che ti si avvicinava… cioè, si avvicinava al tuo braccio ferito, Blue Dragon l’ha fermato prima che potesse ferirti ancora. Però parlava di un patto di sangue… - Lirin abbassò lo sguardo arrossendo: - E tu ne sai qualcosa, vero? . la incalzò.
Lirin sospirò arresa: - Bhe, si. Quando siamo stati inghiottiti dalle Ombre nella battaglia contro i Manipolatori di Loghi in quel buio una voce ha chiesto il mio sangue per farmi indicare la strada dalle Tenebre. -
- E tu che hai detto? - domandò Shu nervoso.
- Che gliene avrei ceduto una goccia soltanto se ci avesse restituito il controllo delle nostre Ombre. - rispose lei.
Il ragazzo sopirò di sollievo: - E io che temevo il peggio, grazie. - d’un tratto s’illuminò: - Però noi adesso possiamo creare quell’Ombra! .
- Eh? - fece Lirin confusa.
Shu si alzò in piedi: - Voglio dire che Blue Dragon e Kirillion possono formare quell’Ombra… - si portò una mano alla testa come per ricordarsi qualcosa di difficile: - Gemini… - mormorò: - Possiamo evocare Gemini! - urlò con enfasi.
- Shu. - lo chiamò gentilmente lei, ma lui continuava a sognare ad occhi aperti: - E pensa come sarà quando anche gli altri potenzieranno le loro Ombre, sconfiggeremo Nene! -
Dovette tappargli la bocca per evitare che svegliasse qualcuno, quando smise di agitarsi mollò la presa e si fece ricadere seduta: - Devo andare. - disse solo.
- Deve? - chiese stranito. Non se l’aspettava.
- Ho promesso che sarei tornata quando avessi trovato ciò che cercavo. - sorrise triste: - Dirai a Zola che sono andata a riflettere sul mio nuovo potere. -
- Non puoi andartene ora! - sbraitò cercando di convincerla.
- Devo, ho promesso. -
- E la battaglia contro Nene? - Shu tentò un’ultima volta, ma non ottenne che la stessa risposta e, arreso, si rimise seduto.
Un lieve sorriso affiorò sulle labbra di lei: - Ora ho un collegamento diretto con Blue Dragon, sarà facile capire dove siete. Se avrete bisognoso verrò ad aiutarvi. -
- Tornerai? -
Lirin fu sicura di sentire qualcosa stringerle il cuore, non sapeva di nuovo cosa dire, ingoiò un groppo in gola: - Se hai bisogno chiamami. -
- Ma… - cercò di dirle, ma fu interrotto.
- Ciao Shu. - sussurrò appena la ragazza trasformandosi in un giaguaro e allontanandosi, anche Shu riprese i propri passi dopo averla osservata un po’ mentre se ne andava, ma non riuscì a riaddormentarsi.
 
Un solo respiro nella notte, che sapeva di addii mal celati: Kirillion ti prego, non cercare di fermarmi…
Non ti fermerò, ma non posso fare a meno di sentirmi responsabile del tuo dolore… l’Ombra emerse dalle Tenebre fino alla coda e procedette sulle quattro zampe.
Continuarono però a parlare mentalmente.
Le scelte sono mie e il dolore anche, tu non c’entri… disse piatta l’evocatrice: Anche se non posso fare a meno di credere che alle rovine tu sapessi esattamente cosa fare e dove andare…
Kirillion abbassò il muso: Ammetto di essere andata alla cieca… mentì: E tu ti sei fidata di me…
Io mi fido di te… disse la Demone impegnata anche lei a guardarsi il terreno su cui metteva le zampe.
L’Ombra sembrò sospirare: Appunto per questo mi sento in colpa… Tu non sai molte cose… le sue parole furono coperte da un soffio di vento poi la dragonessa scomparve senza curarsi che Lirin l’avesse sentita o meno, lasciandola di nuovo sola a camminare nella notte.
Il castello di Loghi distava qualche chilometro, niente che non potesse percorrere di corsa.
 
Forse si aspettava di non riuscire nemmeno ad avvicinarsi al forte sul lago che si sarebbe ritrovata carbonizzata da qualche freccia di Schneider o peggio, ma quello era decisamente troppo e sfidava ogni legge logica.
Appena aveva bussato le aveva aperto Loghi, forse era stupito di vederla lì, ma non glielo diede a vedere, rimase a guardarla con quel solito sguardo freddo e rigido dall’alto in basso .
- Sono andata alle rovine delle Ombre con Zola e ho ottenuto più potere. - disse Lirin a testa bassa.
Loghi le fece segno di entrare: - Dobbiamo parlare. - disse incamminandosi verso il salone: -Perché non me l’hai detto? - lo interruppe subito lei.
Loghi sospiro, irritato per l’interruzione, ma lasciò correre: - Credo di aver sempre saputo che la tua Ombra non fosse come le altre e immagino di non avertelo detto per paura della tua reazione. - ammise.
Lirin annuì: - Capisco, cos’altro sai… - deglutì: - Di me? -
Dopo aver ascoltato dedusse che sapesse all’incirca quanto ne sapeva lei, il silenzio che sopragiunse le sembrò durare secoli.
Tirò un sospiro di sollievo quando poté alzarsi e andarsene.
Loghi sembrava anche sapere che non se ne sarebbe andata perché non aggiunse altro, era come se niente fosse mai successo, ed era strano.
Appena aprì la porta per uscire incontrò una sorta di resistenza, non vi badò e sgusciò fuori ritrovandosi davanti Andropov con il segno della maniglia sul naso.
- Stavi origliando? - gli chiese piatta incrociando le braccia sotto il seno.
Lui non rispose e il viso gli divenne prima paonazzo poi cadaverico tanto che temette stesse per svenire.
- Si, stava origliando. - confermò Schneider facendo capolino da dietro.
Lirin a quel punto non sapeva se arrabbiarsi o scoppiare a ridere, optò per la seconda opzione e si buttò addosso ad An stritolandolo in un abbraccio ridendo e piangendo allo stesso tempo.
- Lirin, non respiro! - farfugliò il ragazzo dopo qualche secondo, Schneider dal canto suo scoppiò a ridere.
La ragazzo lo guardò malissimo sottintendendo una sola domanda nello sguardo: Chi sei tu?
Non avevano tutti e due usato quel medaglione per potenziare le Ombre? Ora che guardava bene non c’era più nessuna traccia di quel congegno.
An tirò un grosso respiro: - Aria… -
Il biondo intanto si era ripreso dalle risate e la guardò: - Bhe? Perché quella faccia? - chiese.
Lirin era alquanto confusa, non se lo sarebbe immaginato mai un ritorno così: - P-pensavo mi avreste fatta a fette… - balbettò la Demone abbassando le orecchie.
Andropov la guardò storto: - Lui ci stava pensando fino a stamattina. - indicò Schneider.
Lirin alzò un sopracciglio.
- Fino a che non ho realizzato che mi avresti tolto questo rompipalle dai piedi. - completò il biondo indicando il compagno.
Ok, ora non ci capisco ufficialmente più niente… si disse la ragazza più che confusa, possibile che persino Schneider era contento di vederla?
- Dovevi sentirlo. - continuò il biondo: - Vorrei che Lirin tornasse. Potrei mandare un cristallo a vedere dov’è. Quand’è che torna Lirin? - disse ad An facendogli il verso.
- Adesso basta. - lo bloccò Andropov prima che dicesse qualcosa di compromettente.
Lirin intanto era arrossita fino alla punta delle orecchie rigirandosi nervosamente una ciocca corvina tra le dita. Non ci aveva ancora capito granché: - Ehm… -
- È il caso che le dica che gli effetti del medaglione non sono permanenti? - chiese ad Andropov indicando la ragazza.
Lei li guardò stralunata e sospirò di sollievo: - Meno male. - biascicò, guardò Schneider: - È da un po’ che ti volevo chiedere scusa. -
- Uh? E per cosa? -
Lirin fece spallucce con finta noncuranza guardandolo di sottecchi: - Per averti quasi ucciso e per lo schiaffo. -
Il biondo ammiccò: - La stanza è come l’avevi lasciata, io penso che tornerò alla mia. - detto quello andò verso le scale lasciandoli soli.
- Pensavo non saresti tornata… - mormorò An dopo qualche attimo di silenzio.
Lirin si avvicinò di nuovo appoggiando la testa sulla sua sciarpa: - Io ritorno… sempre… -

ANGOLINO VANEGGIO XD
Ehilà! Sono ovviamente in ritardissimo, ma ultimamente sto pochissimo tempo a casa :) 
Spero che il capitolo sia piaciuto e vorrei ringraziare quelle 32\34 persone che seguono la storia, grazie tante. La cosa mi fa molto felice :D Bye bye
P.S. se ci sono errori di battitura fatemi sapere, ormai la tastiera del mio vecchio macinino sta andando a quel paese...

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Capitolo 16
*** Insanity Death ***


Bene bene bene… dopo un luuuungo periodo di assenza ecco che pubblico questo capitolo che non ne voleva proprio sapere di essere scritto(l’avrò fatto e rifatto almeno quattro volte e alla fine ne è uscito questo!)
Credo che prima di settembre non riuscirò a scrivere altro, anzi, diciamo che mi prendo una “piccola” pausa dato che partirò alla volta di “terre inesplorate”(Parto a Creta a fare… la cretina! XD) Credo che le mie vere vacanze inizino ora.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti quei cari lettori che seguono questa storia e buone vacanze a tutti!!!                                                   By Lirin97

 
Insanity Death

 
Offuscato era l’unico aggettivo che le veniva in mente per tutta quella situazione, sembrava appunto che tutto e tutti fossero avvolti da un sottile strato di nebbia.
Come se niente fosse mai successo, come se non se ne fosse mai andata. Niente visioni, niente Zola e niente Extra Sette.
Era strano come Logi non le avesse prestato più di tanta attenzione, non che le dispiacesse, odiava le discussioni lunghe, ma la bruciava terribilmente il dubbio che il Generale sapesse qualcosa riguardo lei e non volesse dirglielo. Le aveva dato quest’impressione quando avevano parlato.
Si rigirò nel letto, era contenta di essere di nuovo in un ambiente così familiare, ma non sopportava che le si tenessero all’oscuro le questioni importanti.
Kirillion dormiva placidamente in mezzo alla stanza sbuffando di tanto in tanto una nuvoletta di fumo mentre An se ne stava sul suo letto dall’altra parte della camera.
Lirin sospirò mettendosi a sedere. L’indomani mattina Kirillion l’avrebbe buttata giù dal letto con la sua leggendaria delicatezza, sarebbe andata all’arena ad allenarsi e avrebbe passato il resto della giornata con Andropov e Schneider.
Da quanto tempo andava avanti così? Forse qualche giorno, aveva perso la cognizione del tempo e i giorni passati con gli evocatori le sembravano sempre più lontani e indistinti. Li stava lentamente confinando in un angolo della propria memoria cercando di vivere il più possibile nel presente ignorando il fatto che sarebbe dovuta tornare per quella promessa fatta a Shu o per dirgli che non gliene importava niente delle loro battaglie perché aveva sempre lavorato per Logi.
Se Logi sapeva qualcosa lei l’avrebbe scoperto, doveva solo aspettare che lui se ne andasse dal forte per qualche giorno, anche uno soltanto, poi sarebbe stata libera di rovistare tra le sue scartoffie.
Per adesso si limitava a vivere lasciando tutte le battaglie ad altri, Andropov e Schneider avevano adottato la sua stessa filosofia dato che lo Squadrone si era praticamente sciolto e Logi era stato dimesso dal suo incarico di comandarlo; e quasi ogni notte lei si perdeva in ragionamenti impossibili e assolutamente incoerenti, stranamente solo quando cercava di addormentarsi venivano fuori tutti i pensieri che le affollavano la testa e riusciva a stabilire che giorno fosse.
Per esempio ora era sicurissima che fossero passati solo tre giorni e non qualche secolo come le sembrava durante la giornata.
Lirin, quand’è che ti decidi a dormire?! Quel marasma di pensieri che ti si agita in testa non mi fa chiudere occhio! si lamentò quella voce strascicata.
La ragazza sobbalzò e alzò lo sguardo accorgendosi che Kirillion la stava fissando con stanca disapprovazione e un cipiglio scocciato che le aveva fatto arricciare il labbro solo da un lato a mostrare due denti.
Scusa, non riuscivo a dormire… si giustificò.
So cosa ti turba… assentì l’Ombra: Ma avvolte più che pensarci devi lasciare che le cose si mettano apposto da sole, dovresti parlarne anche  con Andropov…
In un primo momento le venne da ridere, una frase del genere voleva dire solo che era veramente stanca e soprattutto che avrebbe dovuto ascoltarla. Annuì e si rifugiò sotto le coperte serrando gli occhi alla caccia del sonno tanto agognato.
L’ultima cosa che udì fu Kirillion che riappoggiava rumorosamente la testa sul pavimento con un forte sbuffo.
 
Stranamente quella mattina fu la prima a svegliarsi, di solito erano Kirillion e An a buttarla giù dal letto e il ragazzo scendeva puntualmente al piano di sotto con una nuova sfilza di lividi.
Finalmente ora avrebbe potuto restituirgli il favore, tese l’orecchio non ascoltando altro che silenzio e strisciò fuori dal letto.
Mutò in un giaguaro e aggirò Kirillion senza svegliarla, doveva mordersi la lingua per non ridacchiare.
Andropov era placidamente addormentato a pancia in giù e la faccia mezzo sprofondata nel cuscino, aveva un’aria quasi infantile mentre dormiva.
Peccato… pensò Lirin posizionandosi a quasi un metro dal letto acquattandosi: Dormiva così bene…si disse con un divertito rammarico, le zampe anteriori si tesero e spiccò un balzo.
Atterrò esattamente sopra la schiena del povero malcapitato il più pesantemente che poté saltellandogli sopra ad artigli scoperti.
An si svegliò di soprassalto tirandosi subito a sedere: - Ma chi cazz… - cominciò ad urlare poco prima di rendersi conto che davanti a lui c’era un giaguaro con gli occhi viola che si stava spanciando dalle risate.
Riuscì a mettere a fuoco la scena solo per pochi istanti prima che le palpebre cominciassero a pesargli prepotentemente sugli occhi, si sforzò di rimanere sveglio: - Si può sapere cosa cavolo ti è venuto in mente?! - chiese stropicciandosi gli occhi per poi ricadere pesantemente tra le lenzuola.
- Tu lo fai con me tutte le mattine. - gli ricordò lei camminandogli sulla pancia fino ad arrivare all’altezza del viso.
- Si, ma io non ti salto addosso mentre stai dormendo. - mugugnò tirandosi la coperta fin sopra la testa.
Lirin lo guardò indispettita puntando di più le zampe: - Avanti alzati! - strepitò facendo un altro salto. Era più che decisa a parlare con lui come le aveva suggerito l’Ombra e di certo non voleva farlo più dolcemente.
Non sapeva come facesse ancora Kirillion a dormire così serenamente sul tappeto, per adesso però le interessava più un metodo efficace per farsi prestare attenzione.
Forse con meno delicatezza… Gli tirò via la coperta e si sedette affianco al letto: - Avanti alzati e ringrazia che non ti abbia buttato una secchiata d’acqua addosso. - gli ordinò. L’ultima parola quasi le si fermò in gola notando solo in quel momento che An aveva addosso solo i pantaloni.
Doveva dire che An era parecchio cambiato da quando era arrivato lì; era più alto, aveva le spalle più larghe e un reticolo di cicatrici su gran parte della schiena e sui fianchi.
- Cosa c’è di così importante che richieda lo sforzo immane di alzarmi? - si lamentò lui.
- Ehm… - tentennò lei ringraziando mentalmente le divinità o chi per loro che le resero impossibile arrossire anche quando era un animale mentre cercava di accampare una delle sue più convincenti scuse in qualche secondo: - Dobbiamo parlare. - spirò infine.
- Perché la cosa mi sa tanto di minaccia di morte? - chiese lui con un tono di voce un po’ più sveglio.
Lirin non rispose quindi sopirò e fu costretto ad alzarsi.
 
- Cosa ti fa pensare che io sappia qualcosa? - chiese Andropov, era da più di dieci minuti che girellavano nella foresta e Lirin non aveva ancora aperto bocca per quanto la incalzasse.
- Non ho mai detto questo. - mugugnò la ragazza. Avrebbe dovuto parlare come un fiume in piena, ma sul momento non sapeva che dire, tutte quelle domande che la tenevano sveglia la notte parevano scomparse.
Non riusciva neanche ad articolare bene le frasi: - Logi mi ha detto di sapere da dove venisse davvero Kirillion. - riuscì a dire dopo aver indugiato abbastanza su ogni parola.
An diede distrattamente un calcio ad un sassolino continuando a camminare, poi si fermò di botto avendo una sorta di illuminazione: - Il Generale ha un libro dove potrebbe esserci una risposta. -
Anche Lirin si era fermata: - Perfetto, e io come riesco a darci un’occhiata? - chiese con una punta di sarcasmo.
- Non ne ho idea, ma Logi non c’è tutta la giornata. -
Lirin stava giusto per voltarsi e scattare a correre che si sentì fermare per un polso, non seppe perché, ma lo sguardo di ammonimento che le rivolse An la fece rabbrividire.
- Non entrerai in quella stanza che da morta, Logi ha ordinato a Delphinium di ucciderti. -
Di nuovo lei… strinse i denti: - Che ne sai? - ringhiò per mascherare un tremito involontario dovuto ad un ricordo.
An arrossì di botto: - Sbirciavo dalla serratura e ho sentito Logi ordinarle di ucciderti se ti avesse vista. -
La Demonesgranò gli occhi: Ecco perché Logi si è comportato in quel modo… capì mentre una sottile paura l’attanagliava, deglutì: - E adesso Delphinium dov’è? - aveva paura di sapere la risposta.
- Dovrebbe essere qui al forte, ma ora non so. Non lo sapevi? - disse lui guardandola un po’ storto.
- Perché non ho sentito la sua presenza? - cominciò a chiedersi la ragazza mentre il fiato le si faceva corto. Se Delphinium era davvero lì come aveva fatto a nascondersi così bene da lei? Quella donna era terribile, era troppo rapida persino per lei.
Se non si fosse mossa con cautela avrebbe rischiato, l’aveva vista uccidere Omeron e…
Calmati Lirin! ruggì Kirillion. La ragazza ansimò forte: - Devo andare in quella stanza, subito. - si disse.
L’Ombra della ragazza saltò fuori guardandola quasi furente: - NO. -
Lirin ringhiò.
- La tua Ombra ha ragione, è pericoloso. - la ammonì An, ma lei non voleva sentire ragioni. Percepiva che stava per capitare qualcosa di grosso e aveva poco tempo.
Scosse la testa e, trasformatasi in giaguaro, fece marcia indietro correndo verso il forte.
- Lirin è meglio che tu non ci vada! - Kirillion non si era ancora fatta da parte e volava rasoterra seguendola nella sua corsa.
- Perché?! Da come parli sembra che tu sappia già cosa troverò! - ansimò la ragazza.
L’Ombra ebbe un sussulto: - Fidati, non andare! -
- Mi dispiace, ma non mi fido. - ammise lei guardandola con un’espressione rude.
La dragonessa si fermò di botto e la stette a guardare con la bocca semiaperta e le zampe molli: - Lirin… tu non sai cosa ti aspetta… - mormorò tra se.
Abbassò i muso verso quella lingua di oscurità che la collegava ancora all’evocatrice e si stava stirando sempre di più. Lirin non avrebbe potuto allontanarsi più di tanto.
- Sai davvero cosa troverà? -
Si voltò, Andropov era seduto su di un cristallo ceruleo che levitava a mezz’aria e alle sue spalle l’Ombra artificiale.
Sospirò facendo uscire dalle fauci anche una sottile fiammella: - Devi tenerla il più possibile lontano dal buio e soprattutto dal sangue. - lo ammonì stancamente il drago prima di recidere il sempre più sottile legame che la legava alla Demone. Dispiegò le ali e volò via.
 
Inciampò, le sembrò di soffocare. Un’improvvisa voragine le si era aperta nel petto, boccheggiò in cerca d’aria, la sensazione ci mise qualche minuto ad evaporare e man mano che continuava a muovere un passo dopo l’altro il vuoto fu sostituito da un’inspiegabile leggerezza. Arrivò al castello in un baleno e corse su per le scale alla ricerca della famigerata stanza non senza aver prima aver controllato la presenza di atre Ombre. Percepiva solo quella di Schneider.
Non si preoccupò neanche di cercare una chiave, incassò la spada nella serratura e forzò la porta.
Il respiro cominciò ad accelerare. Guardandosi intorno notò parecchi scaffali stracolmi di libri, a lei ne serviva solo uno e ad essere sinceri non sapeva dove cercare.
Sentì la porta sbattere, il sangue le si gelò e non ebbe il coraggio di voltarsi finché non sentì su una spalla la presa familiare di An: - Cercavi questo? - chiese porgendole un grosso tomo con la rilegatura in cuoio.
Lirin sospirò di sollievo e posò il libro sul tavolo iniziando a sfogliarlo velocemente.
La porta si riaprì e si richiuse un’altra volta, ma non se ne curò.
- Si può sapere che ci fate voi due qui? -
Andropov gli intimò di fare silenzio: - Zitto Schneider, volevamo solo vedere una cosa. - disse sottovoce.
Il biondo si avvicinò sbirciando sopra la spalla di Lirin: - Questo libro lo aveva il Generale quando siamo tornati dall’ultima missione. - affermò puntando il dito su una pagina.
Lirin mugugnò qualcosa e continuò a sfogliare, si bloccò: - Kirillion… - chiamò con un filo di voce arrivata ad un determinato paragrafo. Nessuna risposta.
Lesse quelle poche righe sulla destra delle pagine interamente disegnate.
Morte. Tenebre. Gemini. Ottava Ombra.
Poche parole che le fecero scendere ognuna dei brividi giù per la schiena.
Guardò finalmente il disegno, c’era qualcosa di familiare in quelle due figure che combattevano. Ne sfiorò una: aveva i capelli biondi e aveva le braccia avvolte in pesanti catene. Le mancò il fiato.
- Ha gli occhi viola… - osservò An indicando quei due cristalli che sembravano luccicare anche sul foglio.
- Almalas… - mormorò prima che l’assalisse il buio dell’incoscienza.
 
… Delle urla… Per favore fatele smettere! Non le sopporto.
Quel fuoco brucia, tanto rosso da ferire gli occhi.
- Lirin ferma! - una mano che la bloccava.
Guardava prima il fuoco e poi Yaone. Strattonò il braccio senza riuscire a liberarsi: - Papa! - urlò con e lacrime agli occhi: - Papà, ti prego! Non morire! - gridò tendendo una mano verso il fuoco.
Tra le fiamme si agitava convulsa una macchia nera, un corpo che pian piano si scarnificava lasciando posto al bianco delle ossa mentre una  macchia di sangue nero si allargava attorno al fuoco per poi evaporare.
Si vide rivolgere un sorriso dal teschio ormai senza neanche un brandello di carne poi più niente.
Un alito di vento e il rosso si spense senza lasciare traccia né un granello di polvere.
Yaone le nascose il viso contro la propria maglia carezzandole la testa, ma non riusciva a calmarla e più Lirin piangeva più sentiva la disperazione montare tanto che lacrime silenziose cominciarono a solcare anche il viso della sorella maggiore: - Non è niente… - balbettò con la voce rotta: - Era solo un brutto sogno… -
E lei ci credette…
 
Visione. La prima cosa che pensò, ma quella non era una visione… Ne era rimasta così sconvolta da non riuscire a versare neanche una lacrima anche se gli occhi le bruciavano terribilmente.
Un ricordo, così lontano da sembrare un incubo.
Nella sua testa si rincorrevano diversi incomprensibili pensieri che si univano a formare la risposta tanto agognata.
Si lasciò cadere in ginocchio, non sentiva niente, non vedeva niente, nemmeno An che la strattonava per farla tornare in se.
Nella sua testa rimbombava solo il suono percussivo di un tuono che cadeva.
- Figlia… -
Tuono.
- Della… -
Tuono.
Le sue labbra si mossero piano, timorose: - Morte… -
Quello non era più un tuono, era un ruggito, il verso stridulo di una bestia.
Sobbalzò sentendosi portare alle orecchie gli echi di una furiosa battaglia mentre pian piano i pensieri le scivolarono addosso lasciando solo una gran rabbia, ma prima che potesse alzarsi per correre via come faceva di solito An la prese per i fianchi tenendola ferma: - Non devi. -
- Perché? - chiese calma lei senza neanche cercare di liberarsi.
- Prima devi calmarti, Kirillion ha detto di non avvicinarti al sangue. -
Lirin s’irrigidì: - Perché? - chiese ancora soffiando tra i denti.
Non ottenne risposta.
Le bastò scattare in avanti per liberarsi, ma si ritrovò Schneider davanti che le bloccava l’uscita dall’unica finestra: - Dammi un motivo per cui ti deva lasciar passare. - le ordinò.
Lirin abbassò il capo, soffocò una debole risata: - Devo stare lontana dal sangue. - ringhiò e, prima che il ragazzo potesse capire cosa stesse succedendo, Lirin gli aveva conficcato le unghie nella guancia aprendo tre profondi tagli.
Si guardarono, Schneider poteva benissimo vedersi riflesso in quegli occhi completamente viola, rabbrividì spostandosi lentamente di lato.
Il tempo di voltarsi e Lirin non c’era più.
- Dove sta andando? - chiese i biondo dopo un po’, si teneva una mano premuta sul viso anche se il sangue continuava a colare.
- Gilliam sta combattendo con gli evocatori. - disse solo per poi avvicinarsi alla finestra ed evocare l’Ombra.
- Che fai? -
- Che domande, la seguo. -
 
Era incredibile come la sua vita si riducesse sempre ad una corsa a perdifiato contro qualcosa di invisibile, la rabbia era sempre una muta spettatrice di quelle scene e Kirillion puntualmente non c’era mai quando aveva bisogno.
Stava cominciando a pensare che avesse paura di lei: Assurdo… si disse e, quasi automaticamente, digrignò i denti correndo per qualche metro ad occhi chiusi.
Chissà poi da dove era uscito l’impulso di andare da Gilliam: Perché c’è Zola… non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che quella donna avesse tanto potere su di lei, se ne sentiva attratta così come respinta.
Inciampò tornando a sentire un pesante macigno sul petto e si fermò come se qualcuno la stesse tenendo per le spalle. Non poteva essere An, lui non era così veloce, cioè, sapeva che l’avrebbe seguita, ma non poteva essere.
- Che cosa sei? - si voltò, alle sue spalle c’era infatti Kirillion, si reggeva sulle zampe posteriori e tra loro due non c’era la solita striscia nera ad unirle. La coda della dragonessa era adagiata morbidamente a terra per bilanciarne il peso.
- Non sei un’Ombra… - continuò la Demone.
Kirillion spalancò gli occhi sorpresa: Sono la TUA Ombra…
- E allora dov’eri quando avevo bisogno di te? - la aggredì la ragazza dimentica del fatto che in teoria Kirillion doveva essere una semplice arma.
Io… avevo promesso di proteggerti…
Lirin pestò il piede a terra: - Nascondermi la realtà non servirà a niente! -
Avevo promesso a tuo padre di proteggerti…
La rabbia evaporò per lasciar spazio ad un inquietudine: - Che ne sai di mio padre? - chiese in un soffio.
Si sentì puntare addosso quegli occhi dal colore mutevole: Ero la sua Ombra…
Cosa? fu sorda per più di un minuto, a guardare il drago che aspettava paziente una sua reazione.
Una fitta lancinante le raggiunse la testa, con tutte le sue forze tento di ricacciare indietro la visione.
Non combattere, lascia che fluisca…
Conosceva quella voce.
Almalas? chiamò mentre i ricordi andavano a sovrapporsi.
Prima che appiccassero le fiamme su quel rogo c’era un uomo con i capelli biondi e gli occhi viola, la pelle pallida e ruvida per le numerose cicatrici. Sul viso aveva un taglio e da lì colava del sangue nero come pece.
Le fiamme lo bruciarono senza lasciare niente.
Almalas rinunciò al mio potere per poterlo cedere a te prima che morisse… Lirin non disse niente, aveva il fiatone e non le fu necessario formulare la domanda per avere una risposta.
Il sangue nero vuol dire Tenebre, tuo padre è la Morte, ma era uno spirito puro, per questo Morte e Tenebre sono due entità separate… Tu sei sua figlia… detto questo scomparve andando di nuovo a congiungersi con l’anima della ragazza, ebbe solo il tempo di avvolgere le spire su di lei che perse coscienza.
Riprese a correre, gli occhi illuminati da un unico bagliore.
Ora capiva tutto e più correva più il sangue le rimbombava nelle orecchie facendole vedere a tratti.
La sua lucidità stava scivolando via lasciandole solo una collera selvaggia, aveva paura, paura da non reggere e conosceva un solo modo per soffocare quella paura.
Se prima non aveva idea di dove stava andando adesso seguiva una precisa scia che la portava inevitabilmente a ricordare Zola.
Evocò Kirillion, dalla sua groppa prese ad osservare il cielo quasi con ossessione finché non scorse un groviglio di sagome scure che danzavano in cielo. Tra i veli di fumo creati dal combattimento riuscì a scorgere Zola, per un breve istante i loro occhi si incontrarono e Lirin perse tutta la sua sicurezza.
Cominciava a chiedersi chi dei due dovesse attaccare: Zola o Gilliam?
Si avvicinò ancora, quel tanto che bastava per vedere chiaramente senza essere coinvolta nello scontro, guardava prima uno poi l’altra, indecisa.
- Lirin! -
Guardò in basso, prese a tremare, con tutte le sue forze voleva urlargli di andare via: Shu, non so cosa fare!
Nell’esatto momento le arrivò addosso uno schizzo di sangue che per poco non la fece cadere.
Chiuse gli occhi: - Basta, smettetela. - mormorò, ma la lotta proseguì.
- Ho detto basta! - urlò e Kirillion si avventò contro il pipistrello di Zola buttandolo fuori dal campo di battaglia così che si ritrovò lei a fronteggiare Gilliam.
Rimasero a studiarsi qualche minuto prima che Lirin fosse invertita da una raffica di piume affilate come rasoi forse lanciata per sbaglio: - Lirin, che fai qui? - chiese Gilliam che, nonostante il forte vento, riusciva a stare in piedi sulla groppa corazzata di Euphir.
Kirillion ruggì di rimando e Lirin si inerpicò sul collo dell’Ombra per poter vedere in faccia Gilliam, ansimava e ancora non era convinta di ciò che stesse facendo.
Aveva tanta rabbia in corpo e, se la Morte doveva essere: - Allora che Morte sia… - decretò.
Avrebbe avuto rimpianti, ma il sangue che le scivolava addosso era come una droga: più ne vedeva e più ne voleva vedere.
Il Manipolatore evidentemente capì che lei fosse quasi al collasso e che presto avrebbe ceduto, chinò il capo di buon grado, la ragazza sicuramente sarebbe riuscita ad uccidere Zola e vendicare i suoi due compagni, lui non era ancora abbastanza forte.
Adesso sarebbe stato l’unico a poter dare sfogo alla rabbia della Demone impedendole di distruggere altro: - Fatti avanti demonio! - la invitò.
Lirin digrignò i denti sentendosi appellare così e Kirillion si lanciò verso Euphir stringendole in un sol colpo le ali tra gli artigli e la testa da rapace tra i denti.
Il volatile prese a dibattersi disperatamente strillando e strepitando, rischiando di buttare giù lo stesso Gilliam.
Kirillion prese a sbattere le proprie ali e salì in alto dove l’aria a malapena era respirabile e da lì si lasciò cadere a peso morto tenendo rivolta verso il terreno la propria preda.
Lirin non sembrò minimamente toccata dai cambi di pressione dovuti alla discesa mentre Gilliam ne era letteralmente schiacciato, balzò verso di lui mutando in giaguaro a mezz’aria.
Gli occhi della bestia erano completamene viola, traboccavano di furia e li teneva fissi sulle lenti verdi del soldato.
Lui non emise neanche un sussurro seppur sentisse gli artigli conficcarsi nel torace sempre più a fondo e la guardò cercando di scorgere l’ultimo barlume di coscienza che l’era rimasto.
Con uno scossone del capo riuscì a liberarsi degli occhiali che gli coprivano perennemente gli occhi, Lirin fissò stranita quelle iridi color tempesta poi ringhiò e si decise a chiudere le fauci sul collo scoperto davanti a sé: - Addio Capitano Gilliam. -
- Uccidi Zola prima che sia tardi… - riuscì a dire nell’ultimo sospiro.
Lirin mollò la presa, pochi secondi e sentì il vuoto sotto i piedi.
 
L’esplosione che si diradò in cielo fu visibile persino da lì, sospirò falsamente amareggiata: - Sapevo saresti morto. - mormorò tra se riferendosi a Gilliam: - Logi aveva ragione, quella ragazza è troppo pericolosa per vivere un momento di più. - senza pensarci Delphinium fece dietrofront e tornò sui propri passi.

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Capitolo 17
*** Lirin ***


Lirin

 
Voglio morire… la prima cosa che pensò quando le mancò l’appiglio sotto i piedi.
L’aveva ucciso, aveva ucciso Gilliam… ma che le era preso tutto ad un tratto? Tutto quel sangue: NO! non ci doveva pensare o sarebbe impazzita.
Teneva gli occhi chiusi precipitando, gli aprì solo a pochi metri da terra trasformandosi in un giaguaro e cadendo in piedi tremante: Zola… le pupille le si strinsero: - Devi uccidere Zola. - le ultime parole di Gilliam.
Perché?
Rabbrividì, sentiva ancora il vuoto sotto di se accompagnato da un senso di smarrimento.
Mosse un passo, ma ricadde sulla pancia con un uggiolio appena toccò terra con la zampa: Dannazione… strinse i denti e si rialzò.
Che doveva fare?
Tornare indietro o seguire ancora Zola e gli altri?
Non ce la faceva più a fare avanti e indietro senza prendere le parti di nessuno, ora non poteva prendere nessuna delle due strade; se fosse tornata da Logi dopo aver ucciso Gilliam, Delphinium l’avrebbe uccisa e se fosse andata con Zola doveva essere pronta ad uccidere Nene, non che le stesse particolarmente simpatico, ma su quella strada avrebbe di sicuro incontrato Andropov e Schneider.
Figlia della Morte… rabbrividì al solo pensarlo. Era sempre stata diversa da chiunque altro e l’aveva capito solo adesso cosa realmente fosse.
Non a caso si ritrovava sempre a camminare da sola, ogni dannata volta. Nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di seguirla, ripensandoci con la mente lucida le venne da piangere.
Da Demone si tirò le ginocchia al petto e affondò il viso sul braccio ferito da cui piano cominciarono a scendere gocce di sangue misto a lacrime.
Non sollevò la testa neanche sentendo un fruscio alle spalle.
- Oh, la piccola Mezzodemone. - la salutò una voce con falsa gentilezza: - Tutta sola in mezzo alla foresta… -
Lo stridere di una lama che veniva sguainata: - Anche Andropov ha capito che è meglio starti lontano? - si avvicinava.
Lei si strinse le gambe fino a graffiarsele: - Stai zitta. - sibilò.
Delphinium rise: - Cosa c’è? La verità fa male? - chiese beffarda: - Non sei umana, non sei Demone. Esiste un posto per quelli come te? -
Lirin sgranò gli occhi fissando il vuoto: Ha ragione… non ho un luogo a cui tornare… ormai non vedeva più, il velo che aveva sugli occhi glielo impediva: - Uccidimi. - mormorò pianissimo.
Evidentemente Delphinium non la sentì: - Sei sola… - affermò.
- Uccidimi. - sussurrò un po’ più forte.
- Non hai un posto a cui far ritorno… - continuò.
Lirin strinse i denti: - Uccidimi. - disse, stavolta parlando con un tono di voce normale.
- Dove potresti stare se non all’inferno? -
- Uccidimi! - urlò alla fine voltandosi finalmente a guardarla per ritrovarsi poi l’Ombra artificiale di Delphinium con gli aculei protesi verso il petto.
Non si mosse, voleva urlarle di fare più in fretta, era tutto così lento e struggente, non capiva più cosa stesse accadendo.
- LIRIN! -
Avanti Delphinium, muoviti a farmi fuori! pensò serrando le palpebre, appena chiuse gli occhi però si sentì svenire.
Sono morta…
 
Fu presa alla sprovvista, quelle lame cerulee che le vennero scagliate contro lacerarono la maggior parte delle zampe uncinate della sua Ombra, indietreggiò di poco.
Sorrise sarcastica: - Andropov… ti diverti a fare l’eroe? - domandò melliflua rigirandosi il pugnale tra le mani.
Lui non rispose riservandole uno sguardo truce e prese in braccio Lirin.
Delphinium rise: - Oh… è per la ragazza che ti dai tanta pena… - disse fingendo di averlo capito solo ora.
In tutta risposta un cristallo le arrivò a pochi centimetri dal collo: - Non essere ipocrita, ci tieni troppo ad uccidere Lirin, non può essere un ordine di Logi. -
La donna sorrise in modo alquanto sinistro: - Povero ingenuo, non hai ancora capito quanto quella ragazza possa essere pericolosa, se lo volesse potrebbe spazzare via un’intera città in un unico gesto e uccidere te. -
- Se volesse… - ripeté An.
- Non ha controllo e per quanto cerchi di evitarlo il suo sangue attira le Tenebre come il miele con le api. -
Non lo diede a vedere, ma An rimase molto turbato da quella frase. Scosse impercettibilmente la testa e fece per andarsene.
- Fossi in te starei attento. - lo ammonì l’assassina prima di voltarsi a sua volta e incamminarsi nella direzione opposta.
Non badò a quelle parole continuando a camminare, si fermò un momento solo quando non sentì più i passi di Delphinium alle spalle.
Devo portarla da Logi… si disse guardandole il taglio sul braccio e un altro paio sulla guancia.
Evocò Alfain e fece per caricarci sopra il corpo inerte della ragazza che l’Ombra si scansò tintinnando contrariata.
Che c’è? chiese lui alzando un sopracciglio.
Ti ricordo che ha ucciso Gilliam, non so così farà Logi a questo punto…
Già, se n’era dimenticato, rimase soprappensiero per un bel po’ poi titubante attivò la ricetrasmittente; anche se lo Squadrone si era praticamente sciolto lui e Schneider la tenevano ancora.
- Schneider? -
- Andropov! Dove sei? - gli urlò il biondo dall’altro capo.
- Sono con Lirin, è svenuta. -
- Gilliam? -
An rimase a lungo in silenzio.
- Capisco… - lo anticipò Schneider intuendo la risposta: - Che intenzioni hai? Se la porti qui Logi la squoia viva ammesso che Delphinium non la uccida prima. - continuò.
- L’ho incontrata adesso, c’era quasi riuscita… - silenzio: - Ha detto che il sangue di Lirin attira le Tenebre, ne sai qualcosa? -
- Vedo che posso fare… Immagino che sarai qui entro i prossimi cinque minuti quindi ti consiglio di entrare dalla finestra. -
- Logi? -
- Appunto, è qui. -
Chiusero lì la conversazione e An congedò la propria Ombra con un “Me la faccio a piedi.”
Teneva lo sguardo fisso sul volto pallido della ragazza.
- Andropov… ti diverti a fare l’eroe? -
Scosse la testa, che ne poteva sapere Delphinium di rimpianti? Se adesso non avesse salvato Lirin ne avrebbe avuto parecchi altri da aggiungere alla sua personale collezione.
No, era decisamente sbagliato definirlo l’eroe della situazione… … …
Cos’era quello???!!! quel rumore insistente non prometteva niente di buono, si voltò lentamente e il rumore si ripeté, solo che non era un rumore, somigliava al grugnito degli orsi, ne ebbe la conferma quando ne scorse parecchi tra la macchia.
Prese fiato come se dovesse immergersi e continuò a camminare sperando che no lo notassero: Avranno sentito l’odore del sangue di Lirin… immaginò.
Inavvertitamente diede un calcio ad un sassolino, gli venne la pelle d’oca sentendo i versi gutturali degli orsi cessare: Cazzo… cazzo… cazzo… imprecò.
Bene, credo di dover correre… per fortuna gli bastò fare qualche metro per trovare un’insenatura nella roccia in cui infilarsi insieme a Lirin.
Fece appena in tempo ad appoggiare la schiena sul muro e ad evocare una barriera di cristalli per chiudere l’entrata che altre il loro nascondiglio si cominciarono a vedere gli orsi annusare l’aria confusi alla loro ricerca.
Quella sottile barriera schermava abbastanza il sangue di Lirin da confonderli e non era poi tanto visibile dall’esterno quindi ora non gli rimaneva che cercare di svegliare la ragazza.
Le diede due colpetti sulla guancia e subito lei spalancò le palpebre andando a sbattere la schiena contro la roccia per lo spavento. Stava per urlare che An le tappò la bocca portandosi l’indice alle labbra.
Lei aveva gli occhi arrossati e lucidi: - Che ci fai qui? -
An scosse la testa sorpreso dalla domanda: - La domanda giusta è cosa ci fai TU qui. Perché… - ingoiò un groppo: - … stavi piangendo? -
- Dovevi lasciare che Delphinium mi uccidesse. -
- Per quale assurdo motivo? -
Due copiose lacrime le rotolarono sulle guance: - Perché glielo avevo chiesto io. -
Andropov ammutolì e per quanto si sforzasse non riusciva a guardarla negli occhi, che lei ostinatamente teneva aperti fissi su di lui.
- Faresti meglio ad allontanarti da me finché sei in tempo. - gli consigliò la Demone.
Il ragazzo deglutì a vuoto e l’abbracciò di slancio: - Ti prego non guardarmi a quel modo… - supplicò.
Lirin singhiozzò stringendosi talmente tanto a lui da conficcargli le unghie nella pelle aspettando di sentire il resto della frase.
- Il tuo è lo sguardo di chi odia. -
- E io non ti odio. - gemette Lirin, con una tristezza tale da far piangere anche il cielo; qualche gocciolina cominciò a cadere dal cielo ingrigito.
- An… perché continui a metterti in mezzo quando sono ad un passo dalla morte? - chiese appena si fu calmata.
- Perché mi trascino dietro troppi rimpianti, quello di lasciarti morire sarebbe il peggiore… -
- Rimpianti per un anima dannata? -
Lui sciolse l’abbraccio facendola riappoggiare al muro di fronte, non che lo spazio permettesse di muoversi e comunque dovevano stare praticamente appiccicati per riuscire a stare uno davanti all’altra.
Scese un denso silenzio, An sospirò: - Vorrei sapere cosa pensi. -
Lirin si asciugò le lacrime: - Penso… che dovrei andarmene via da qui. - disse quasi a se stessa.
- Ti ucciderebbero. - le ricordò riferendosi ai Demoni, perché era lì che lei aveva intenzione di nascondersi.
- Non ho detto che voglio restare in vita. - puntualizzò Lirin.
An stava per risponderle che si immobilizzò di colpo rabbrividendo.
- Che c’è? - chiese Lirin.
- Sento come uno stimolo. -
- Ehi! Non dirlo mentre sei appiccicato a me! - sbraitò la Demone e fu tentata di tirargli un calcio, ma si bloccò come ad ascoltare qualcosa di flebile.
- Non stimolo in quel senso! - si corresse An.
- Sai… ho freddo anch’io… - balbettò Lirin colta da un brivido prima di alzare lo sguardo e vedere che proprio sopra di loro c’era il muso ringhiante di un orso che incurante sbavava loro addosso.
- Bleah… - commentò la Demone prima che Andropov attirasse la sua attenzione.
- Allora, evochiamo l’Ombra e ce la filiamo, ok? - le spiegò sottovoce.
Lirin scosse la testa, dopo quella caduta libera non avrebbe più avuto il coraggio di volare, la sensazione di vuoto e vertigine permaneva.
An evidentemente non voleva sentire ragioni perché l’afferrò per la vita e, frantumata la barriera con un colpo secco, si fiondò fuori; con un solo balzò riuscì ad arrivare sulla testa della propria Ombra appena evocata volando rasoterra verso il forte di Logi.
Lirin teneva la faccia contro di An ostinandosi a non sentire l’aria che le sferzava i capelli perché, più ci pensava più quel vento diventava violento e si macchiava di sangue.
Strinse gli occhi con più forza: - Ti prego, parlami. -
- Stai davvero così male? - chiese il ragazzo che sempre la teneva stretta.
Lirin deglutì: - Mi sembra di poter impazzire da un momento all’altro… -
- Sta tranquilla, siamo arrivati. - la rassicurò e il vento smise di soffiare.
La Demone riuscì solo allora ad alzare la testa ritrovando la vista familiare di quella finestra da qui era saltata giù un sacco di volte, ci si aggrappò quasi fosse la sua ancora di salvezza catapultandosi nella stanza e non osando alzarsi dal pavimento.
Qualche secondo e fu dentro anche Andropov, la aiutò ad alzarsi e, con la massima cautela, andarono a bussare alla camera Schneider.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Ehilà! Mi sembra una vita che non aggiorno, chiedo umilmente perdono per averci messo così tanto tempo per scrivere così poco(per i miei standard da 9 pag O.O) ma ho avuto la “splendida idea” di iniziare un’altra fic senza prima aver finito questa… in più è ricominciata la scuola e sono a terra…
Vorrei precisare che questo cap è la metà di quello che avevo intenzione di scrivere, spero di riuscire a completare la seconda parte a breve ^.^
Bye bye e che nessuno mi linci per il mio ritardo D:
 

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Capitolo 18
*** No Happy Ending for Me ***


 

No Happy Ending for Me

 

Passai la notte sveglia, rabbrividivo per ogni spiffero che passava attraverso le ante appena accostate della finestra, An dormiva e non si sentiva volare una mosca nell'intero edificio.

Kirillion era silenziosa, del tutto estranea alle mie paure come non lo era mai stata. Non so cosa le potesse passare per la testa dopo che avevamo ucciso Gilliam... mi devo correggere... IO l'avevo ucciso.

E Delphinium era sulle mie tracce.

Come volevasi dimostrare né An né Schneider sapevano cosa intendesse la donna con il suo ultimo avvertimento.

Ma se è vero come è vero che il buio attira il buio si riferiva al mio sangue e non potevo darle torto. Era tutto ciò che sapevo sul sangue nero dopotutto.

Mi alzai in punta di piedi e feci qualche passo verso il letto di An, gli smossi un braccio e mugugnò qualcosa prima di socchiudere un occhio: - Lirin? Perché ancora sveglia? Non riesci a dormire? -

Annuii abbassando il viso e arrossendo: - Posso dormire con te? -

An si tirò immediatamente a sedere e quando la coperta gli scivolò addosso potei notare che dormiva senza maglietta.

Evitai il suo sguardo arrossendo ancora e facendo già per tornare dalla mia parte di stanza che mi afferrò per un polso: - Se vuoi resta. - balbettò imbarazzato.

Annuii ancora, come fossi totalmente assente e non mi preoccupai nemmeno di cambiare forma prima di infilarmi sotto il lenzuolo di fianco a lui.

Sarebbe stato forse meno imbarazzante per entrambi se mi fossi acciambellata ai piedi del letto sotto forma di giaguaro, ma avevo bisogno di quel contatto, del suo calore tanto del suo fiato sul collo.

- Hai paura? -

Rabbrividì abbracciandolo per i fianchi e chiudendo gli occhi.

Avevo sempre saputo cosa fare della mia vita, come comportarmi e quale strada scegliere ad un bivio.

Mi avevano messo all'angolo come mai nessuno era riuscito a fare.

Ero spaventata perché non sapevo più da che parte girarmi.

- No. - mentii.

Le sue mani mi serrarono i fianchi e un bacio leggero mi scivolò sul collo scorrendo rapido lo scollo del pigiama.

- Che stai facendo? - chiesi stranita.

An evitò accuratamente i miei occhi, abbassando lo sguardo: - Niente... -

Mentiva, esattamente come avevo fatto io. Avevo capito perfettamente dove stava andando a parare e i brividi non ne volevano sapere di cessare.

Fui assalita dalla fretta.

Forse avevo solo bisogno di qualcuno che mi facesse le coccole, che mi dicesse “Ssh, va tutto bene, ci sono qua io.”.

Mi diedi dell'egoista.

Concessi il mio corpo ad un umano quella notte, solo perché avevo paura. Non era né amore né sesso.

Ricordo che piangevo, aggrappandomi a lui come fosse la mia unica ancora di salvezza, ma non faceva male, sebbene fosse la prima volta.

Le sue carezze erano gentili, la sua bocca cercava la mia e io non facevo altro che sospirare o gemere.

Ero come ubriaca dalla voglia e da quella sensazione palpitate che mi stava crescendo dentro. Cercavo di non amare quelle sensazioni... che idiota...

Rimanemmo così per un tempo che parve interminabile, con i corpi incastrati che si muovevano l'uno sull'altro come se non fossero stati fatti altro che per questo.

La notte assunse tutt'altro significato per me, credo anche per lui.

La vera sfida però fu uscire dall'illusione: la mia non è una storia con un lieto fine, come una di quelle sciocche favole che, dopo il “The End” ti strappano il sorriso.

La principessa sposò il principe e vissero per sempre felici e contenti. No, non è così che è andata.

Capì subito dopo il perché di quella fretta che mi aveva assalito in quel momento, in fondo sapevo che non ci sarebbe più stato tempo.

E la guerra non terminò con la morte di Nene. Perché io l'ho visto, è morto quella notte. L'evocatore di Blue Dragon l'ha ucciso.

Dopo di che il Generale Logi ha afferrato la successione del Gran Reame ormai distrutto; ora è lui a capo del paese e si sentiva già puzza di sangue.

Non era cambiato niente.

An e Schneider erano stati richiamati ai fronti non'appena il Galeone di Nene aveva iniziato a precipitare per prendere il comando degli eserciti per conto del Generale.

Non avevo mai visto An distruggere qualcosa come una corazzata con tanta leggerezza, le faceva saltare in aria come giocattoli, e Schneider non era da meno. Poteva essere solo una mia sensazione, ma faceva venire i brividi.

Zola e gli altri?

Nessuno sapeva dove fossero andati dopo l'impresa e la festa in loro onore.

Il primo obbiettivo di Logi era trovarli e farli fuori.

Non ci volle molto prima che li trovassero, riuscì ad origliare una conversazione e seppi che si dirigevano verso le Terre Sigillate.

Ma come trovarono loro, alla fine trovarono anche a me.

Io non me n'ero neanche accorta, Delphinium sapeva della mia posizione già dal principio. Mi tese un agguato nella mia stessa stanza, quando ero da sola, e subito dopo fuggì lasciandomi alla mercé di Logi.

Di lei non si seppe più niente.

Logi invece sfondò la porta della stanza insieme a una dozzina di soldati, c'erano anche Andropov e Schneider.

Non riuscì ad alzarmi da terra, men che meno a fuggire. Delphinium aveva giocato sporco e mi aveva conficcato il pugnale nel fianco fino all'elsa avvicinandomi di spalle.

Guardai Logi per un breve istante: quello non era più l'uomo che mi aveva raccolta dalla strada e mi aveva cresciuta come un padre.

Cercai la salvezza negli occhi di An, ma vidi solo l'impotenza. Cercai si sollevarmi, ma ad un gesto di Logi lui scattò in avanti.

Ebbi appena il tempo di prendere un respiro che mi inchiodò al muro tenendomi per il collo, nei suoi occhi leggevo il perdono che non avrebbe mai ricevuto.

Mi spinse ancora contro il muro tenendomi una mano sopra lo sterno, sentii un gelo glaciale divampare da lì. Mi accorsi tardi che teneva un cristallo in quella mano e che me lo stava spingendo dentro al petto.

Boccheggiai e mi risalì un grumo di sangue dalla bocca, il cuore mi venne stretto in una morsa mentre qualcosa di insopportabilmente stretto mi veniva messo al polso destro.

Quando An mi mollò ero sul punto svenire e caddi in avanti tenendomi a stendo sulle mani. Mi colava sangue dalla bocca.

Nella disperazione provai a trasformarmi o ad evocare l'Ombra, non riuscì a fare nessuna delle due e crollai sui gomiti sfiorando il pavimento con la fronte.

Il respiro era martellante mentre il cuore silenzioso...

 

Si posò una mano sul cuore, a momenti non batteva, doveva stare molto attenta e trattenere il respiro per sentire qualche debole pulsazione.

Due giorni.

Era diventata di un pallore quasi spettrale, non aveva mangiato un solo boccone né aveva aperto bocca per parlare.

L'avevano rinchiusa in quella stanza, senza nemmeno legarla e dalla porta non era ancora entrato nessuno.

Per l'ansia non aveva neanche dormito così che, dopo due notti insonni, gli occhi erano circondati da un alone violaceo molto pronunciato e l'iride viola si era lentamente spenta assumendo una tonalità opaca e malata.

Si sentiva un animale in trappola. Non si interrogava nemmeno su cosa le avrebbero fatto ora, lo sapeva già o per lo meno lo immaginava.

L'avrebbero trasformata in una cavia da laboratorio.

Si strinse le ginocchia al petto rabbrividendo dal terrore: Bugiardo... strinse i denti. Era tutta colpa sua per quel che le riguardava.

Alla fine An non era tanto diverso da tutti gli altri, anche lui era capace di tradire.

Era almeno la decima volta che ripercorreva i fatti accaduti e non trovava altro modo per tenere la sua mente attaccata alla realtà.

Le bastava girarsi di lato per vedere l'altro letto addossato al muro e già le pizzicavano gli occhi, però non riusciva a piangere.

Riavvolse il nastro e stava già per caderci di nuovo, in caduta libera in quella che non era stata altro che un'illusione. Li sentiva ancora i sospiri, le carezze, le parole sussurrate all'orecchio quasi con la paura che qualcuno potesse sentire e lì voleva morire. Cercò di cacciarla via, non voleva vedere.

Scosse la testa dando un'occhiata distratta alla finestra serrata e al di fuori vide volteggiare uno di quei dannati cristalli: Che vuoi? pensò con un verso di stizza sottintendendo la domanda in un'espressione truce.

Il cristallo volò fuori dalla sua vista e subito dopo udì bussare alla porta, saltò sul posto andando a rannicchiarsi sul letto il più lontano possibile dall'entrata. Rimase in silenzio con il cuore che tentava disperatamente di accelerare i battiti per la paura e che, soffocati, le procuravano un dolore lancinante al costato.

L'uscio si socchiuse appena e An scivolò dentro tenendo in mano un bicchiere di latte, Lirin gli tenne lo sguardo puntato addosso studiandolo diffidente.

Il ragazzo non osò avvicinarsi oltre i piedi del letto e, senza dire una parola, le porse il bicchiere voltando la testa dall'altra parte.

La ragazza afferrò ciò che le veniva offerto e fissò il liquido bianco sempre scettica, guardando talvolta An, che non se n'era ancora andato.

Avvicinò il naso al latte e lo annusò per poi allontanarlo per abbandonarlo sul comodino: - …i ...red...te ...avv...ro co... ì st...ida* - biascicò con la gola secca. Non aver detto una parola per due giorni le aveva impastato la lingua e inaridito la bocca così che, anche se muoveva le labbra, solo la metà delle sillabe erano comprensibili.

An si sedette ai piedi del letto senza preavviso, sembrava agitato e non riusciva a guardarla in faccia: - Non c'è niente lì dentro... - balbettò indicando il bicchiere.

Era vero. Quel bicchiere l'aveva preso dalla cucina di nascosto e non c'era dentro nessun tipo di veleno, sonnifero o allucinogeno, ma lei non gli credette comunque.

- Tsk... - gli voltò le spalle, si schiarì la voce: - Non ho motivo di crederti... - riuscì a sussurrare con molta fatica con voce sempre più bassa.

- Erano ordini. - si giustificò lui.

Lei lo guardò truce e solo per il fatto che le costasse troppa fatica rispondere restò zitta.

- Non ti avrei mai fatto quello se non fosse stato un ordine del Generale. - tentò di scusarsi sapendo lui stesso quanto fosse inutile.

Lei si rigirava la saliva in bocca nel frattempo, nel tentativo di bagnarsi la lingua per riuscire a ribattere.

Inghiottì: - Bravo cagnolino. Ti riferisci alla mia cattura o a qualche sera prima? - lo provocò con cattiveria.

An serrò la mascella e senza dire altro uscì dalla stanza, solo allora Lirin poté lasciarsi cadere sul letto.

Erano due frasi messe in croce, ma si sentiva stanca come non mai. Si voltò verso il comodino e il suo stomaco brontolò rumorosamente rimestando succhi gastrici.

Non ce la faceva più a digiunare, magari se fosse stata un'animale avrebbe retto un po' di più, ma da umana era dannatamente fragile.

Era una fottuta debole, non poteva fare a meno di appoggiarsi al suo sangue demoniaco per restare in piedi.

Quella sensazione alla bocca dello stomaco l'aveva provata talmente tante volte da essersela quasi dimenticata, quel ribrezzo per se stessa che da bambina l'aveva quasi spinta ad uccidersi.

E pensava. Forse se fosse stata un Demone e basta invece di uno schifoso ibrido avrebbe avuto la forza per reagire a quello, a tutto e a tutti.

Ma era vero anche che, se fosse stata come tutti gli altri, non sarebbe mai uscita dall'Isola Errante.

Che avrebbe fatto ora?

Si schermò gli occhi con il braccio. Fra tutto detestava dover aspettare; che fossero scuse, un momento, una persona o una battaglia.

Il punto è che aspettare era quel che le riusciva meglio, la pazienza era una delle virtù dei predatori, ma se quel che aspettava non sarebbe mai arrivato... questo la spaventava.

In ogni caso non aveva alcun posto dove andare: a casa non poteva tornare, da lì doveva fuggire e possibilmente non tornare mai più.

Non aveva altra scelta se non andare da Zola a farsi uccidere se necessario, avrebbe sputato fuori tutto, a partire dal fatto che era una pessima doppiogiochista. Si coinvolgeva troppo qualunque cosa facesse così ché ora non avrebbe avuto il coraggio di uccidere nessuno in entrambe le fazioni.

Non era né alleata né nemica, stava nel mezzo sulla linea del fuoco.

Deglutì un paio di volte e afferrò il bicchiere gettandosi il contenuto in bocca tutto in una volta. Le andò anche di traverso.

Le venne naturale trattenere il respiro e rimanere immobile, ad ascoltare i battiti così lievi da sembrare morenti del proprio cuore.

Sussultò forte e il bicchiere le sfuggì di mano infrangendosi sul pavimento. La testa le vorticò pesantemente facendole risalire un conato di vomito che però le rimase incastrato in gola.

Quello che l'assalì era autentico terrore: Veleno... realizzò: C'era veleno!

Cadde dal letto tentando invano di rimettersi in piedi mentre il soffitto e le pareti danzavano ad un ritmo sfrenato.

Perse la presa e rovinò sul pavimento, con il letto che le pareva distante chilometri dalla sua mano tesa.

Stava sfiorando la semicoscienza e le palpebre le pesavano, rimase a reggersi sui palmi guardandosi intorno nella più completa confusione finché non ebbe l'impulso di girarsi di lato e rigettare un grumo indistinto di sangue e latte.

Se possibile, dopo stava ancora peggio.

Bastardo... ringhiò aggrappandosi al tappeto con le unghie accartocciandosi a terra come una pagina bruciata e perse coscienza.

Navigò nel buio così a lungo che pensò seriamente che ci avrebbe vissuto per il resto della sua esistenza e ci stava già facendo l'abitudine; ma un fastidioso pulsare sempre di maggiore intensità accendeva una luce bianca di fronte a lei.

Chiuse gli occhi infastidita e sentendo di nuovo i giramenti di testa cercando in tutti i modi di evitarla; senza successo.

Lirin... bambina?

Si fece immediatamente attenta: solo Kirillion continuava a chiamarla con quel tenero nomignolo.

La cercò speranzosa: Kirillion? chiamò, ma chi le apparve davanti non era la dragonessa bensì il volto di un uomo che le sorrideva amorevolmente. La pelle seccata dal sole si increspava agli angoli degli occhi e della bocca; non lo ricordava così bello Almalas. Diciamo pure che non ricordava affatto. Solo che era tornato da sua madre per morire.

- Padre... - biascicò riconoscendolo e lui sorrise.

I suoi occhi viola brillarono impercettibilmente di quella che poteva sembrare felicità. Cercò di afferrarlo, ma le sfuggì; invece fu lui a prenderle il viso tra le mani e guardandola seria: Ascoltami bene Lirin...

Lei dovette concentrarsi solo su di lui perché tutto intorno vorticava e le si stava per ribaltare lo stomaco.

Hai fatto tanta strada, ma non è ancora finita. Dovrai capire quel che è realmente importante per andare avanti e solo dopo la guerra sarà finita perché non è nelle competenze umane fare quel che ti sto chiedendo...

Non capiva, ma non aveva voce per chiedere spiegazioni ne il tempo perché Almalas si stava già dissolvendo lasciandole in mano solo quel caldo sorriso.

Le toccò il centro del petto con un dito poi tutto scomparve risucchiato da una luce abbagliante, spalancò gli occhi: - Padre! - urlò.

Si guardò intorno stranita, quella non era la sua stanza e, provando a muoversi, capì di essere legata a qualcosa. Una sedia molto probabilmente.

Si sforzò di aprire gli occhi dato che la troppa luce l'aveva costretta a richiuderli e, poco prima che ci riuscisse, le arrivò sul viso una secchiata d'acqua gelida.

- Come al solito Delphinium ha esagerato, quell'allucinogeno era troppo forte. - borbottò una voce abbastanza contrariata.

- Generale, è sicuro che non stia morendo? - domandò un altro.

Altra secchiata gelida e stavolta spalancò gli occhi risvegliandosi da quel torpore mortale.

Tossicchiò cercando di bloccarsi per riuscire ad inghiottire almeno un po' d'acqua, ma le uscì tutta di bocca lasciandola a lingua asciutta. Rantolò sofferente sentendo il sapore amaro della bile e un conato premere prepotentemente sulla bocca dello stomaco, ma qualcuno le tenne la fronte facendoglielo ricacciare giù e facendole cozzare la nuca contro qualcosa di duro.

Tante piccole luci rosse le danzarono davanti agli occhi, rendendola ceca per qualche minuto nella quale senti delle persone parlare, ma non capì una sola parola.

Chiuse gli occhi un paio di volte abituandosi pian piano alla luce, vide che davanti a lei c'erano tre persone e una di loro era comodamente seduta su un divano: - Ben svegliata. - ostentò con falsa cortesia, o almeno, questo è ciò che percepì lei.

Rimase in silenzio.

- Sai Lirin, ho scoperto alcune interessanti informazioni su di te. - continuò e, a causa del malessere, le voci le arrivavano come distorte. Non capiva chi fossero e i suoi occhi erano ancora troppo opachi per vedere nitidamente.

Era come se le sue orecchie si rifiutassero di associare un tono alla voce rendendole tutte uguali e indistinguibili.

- Mi dispiace essere stato così spartano con la “mia bambina”. - rise.

Contorse le labbra in una smorfia stizzita, capendo che la stava prendendo in giro e purtroppo per lei riuscì a riconoscerlo: - Logi! - ringhiò sollevando il viso con quanta più forza aveva in corpo. Quindi a rigor della sua logica sbronza dal narcotico le altre due figure che riusciva a malapena ad intravedere dovevano essere Schneider e

Andropov.

- Cosa vuoi? - disse con la voce impastata.

Logi accavallò le gambe con nonchalance, cosa che irritò ancora di più la prigioniera: - Parlare. -

Non ci avrebbe creduto neanche tra un milione di anni. Cominciava a pensare che tutta quella guerra fosse cominciata per colpa sua e non si riferiva solo a quella che si stava combattendo dentro il suo animo.

Finalmente riuscì a vedere i due ragazzi, dopo aver sbattuto un'altra decina di volte le palpebre: Andropov strava in piedi al fianco destro di Logi mentre chi le teneva ancora la fronte era Schneider.

Non poté fare a meno di restarne un po' delusa, sperava fosse stato An a sorreggerla; scosse la testa per liberarsi della mano del biondo, combatté un altro capogiro e rimase dritta da sola.

Logi guardò compiaciuto il suo animo indocile ergersi in tutto il suo splendore e appoggiò il capo sulle mani congiunte coi gomiti posati sulle gambe: - Verrò subito al punto... - la indicò con la mano guantata e lei rabbrividì.

Potrebbe sembrare un controsenso, ma quello era un brivido d'adrenalina.

- Mi serve il tuo sangue. -

Lirin assottigliò le pupille: - Perché mai... -

- Iniettato in un corpo umano potrebbe avere effetti molto promettenti. - disse vago: - Gli ibridi che ne verrebbero fuori saranno la mia arma contro Zola e la devo raggiungere prima di stasera. Non conosco i suoi scopi, ma alla fine di questo giorno riporterò indietro la sua bandana macchiata di sangue. - disse sicuro sfiorandosi di riflesso la cicatrice sull'occhio.

Lirin non rispose, anche se sapeva benissimo che quella fosse una follia, non poteva opporsi. In ogni caso non gli avrebbe ceduto il suo sangue.

Ad alzarsi la spinse la rabbia. Evidentemente non l'avevano legata stretta confidando nel fatto che fosse molto debole. Si resse in piedi ancora traballante: - Mai. - gli sputò in faccia.

Logi scattò afferrandola per il collo: - Piccola bastarda, bel ringraziamento dopo che ti ho allevato per ben 7 anni. -

Lirin boccheggiò assumendo un colorito ancora più cadaverico: - Visto che succede? Quel che otterrai sarà il buio perché ciò che porta questo sangue è solo odio e rabbia. Un umano non potrebbe mai reggere. Quindi presumo che tu abbia già provato ad iniettartelo, forse prendendolo dalla tua stessa spada quando combattevi contro di me. - disse velenosa: - E poi non sono l'animaletto di nessuno, tanto meno il suo Generale. -

Sentì la presa sul collo stringersi e i piedi staccarsi da terra lentamente: - Così la uccide. - sentì dire da Schneider come quello che sembrava un semplice e cordiale avvertimento mentre An restava rigido al proprio posto anche se i pugni chiusi gli tremavano.

Ringhiò stringendo i polsi del Generale e, non avrebbe dovuto farlo e non sarebbe mai dovuta riuscirci, si trasformò in giaguaro sfuggendo alla sua presa.

Forzò il sigillo facendolo esplodere dentro di se e i frammenti le si conficcarono nella carne; e la sua parte animale riemerse. Alcune parti del corpo erano tumefatte , aperte direttamente dall'interno e la pelle lacerata lasciava intravedere lastre di cristallo che crescevano direttamente dalla carne e la infettavano come parassiti. Mezzo muso, la parte sinistra del costato e la zampa posteriore destra erano ridotti in quello stato.

Ignorò i frammenti del cristallo infranto che la stavano ancora pungolando da dentro affondando sempre di più e si resse in piedi pronta ad uccidere se necessario.

Logi rimase bloccato dallo stupore, pochi secondi che sembrarono infiniti.

Lirin mostrò i denti e fece leva sulle zampe posteriori per balzargli addosso, in quel lasso di tempo talmente lento e altrettanto veloce da sembrare intrappolato dentro al catrame Logi sguainò la spada e menò un fendente orizzontale smorzando il salto della belva ad un soffio da se.

Tutto fu fermo per qualche minuto.

Lirin ansava riversa a terra con uno squarcio che si estendeva da un lato all'altro del ventre.

Logi si asciugò il sudore freddo dalla fronte e ripose la spada con la massima calma andandosene a passi lenti: - Portatela via. - ordinò.

I due ragazzi non si erano mossi di mezzo millimetro, anche se, allo stridio della spada sul fodero An aveva sussultato più forte del solito e solo quando Logi si richiuse la porta alle spalle si buttò in ginocchio di fianco a Lirin strattonandola per una spalla e chiamandola con voce strozzata.

Lei teneva gli occhi socchiusi, il muso contratto in una smorfia e i denti stretti; cercò di spingerlo via, ma ricadde sulle sue ginocchia.

An rimase immobile tormentandosi le mani non sapendo cosa fare.

Schneider si chinò puntellandosi sui talloni: - Che stai aspettando? Che ci lasci le penne? - disse con tono di rimprovero guardando Lirin che agonizzava.

Esitò un momento di troppo.

- Avanti, levale quel fottuto cristallo! Così la uccidi. -

- Dovrei infilare le mani nelle ferite... -

Schneider roteò gli occhi esasperato: - Non è il momento di fare lo schizzinoso, se non sbaglio le mani gliele hai infilate anche altrove. Fallo e basta! -

Non aveva nessuna intenzione di fare ironia, era solo per rendere l'idea e per sua fortuna ci riuscì: - I frammenti devono essere quattro. Devi aprire un taglio e levarglieli. - spiegò svelto chiamando in aiuto la propria Ombra.

Afferrò uno dei cristalli e lo trasformò in un coltello, si mise ad incidere la pelle dell'animale con precisione quasi chirurgica, cercando di non far tremare la mano, lì dove il cristallo arpionava la pelle. Schneider cercò di aiutarlo per quanto riuscisse e alla fine i cristalli insanguinati tintinnarono per terra, Lirin era ridotta in stato pietoso.

Se possibile Andropov era persino più pallido di lei, gli tremavano le braccia coperte di sangue nero fin sopra il gomito.

Sarà per il fatto che fosse sfinito, che si sentisse tremendamente in colpa, il disperato bisogno di scusarsi con il mondo intero, … scoppiò a piangere a dirotto, stringendo i denti per non singhiozzare troppo forte.

A quel punto Schneider si alzò senza dire una parola, infilò le mani in tasca e s'incamminò verso la porta. Lo lasciò da solo a sfogare le sue pene, a dire il vero non sapeva neanche come comportarsi: non aveva mai visto Andropov piangere.

Chissà se aveva pianto quando aveva perso la sua famiglia...

Lui no, non l'aveva fatto. Il luogo dove viveva era andato distrutto ed erano tutti morti tranne lui, aveva vagato per ore in cerca di qualcuno ed era calmo, quasi freddo, guardava il tutto quasi con disinteresse e aveva solo sette anni.

Poi aveva incontrato Logi, l'aveva addestrato all'uso delle armi e militava alla sue dirette dipendenze.

Era tutto più semplice così, premevi il grilletto e sparavi una pallottola in testa al primo che ti capitava, ma poi erano arrivate le Ombre, lo Squadrone e tutta quella roba là e la guerra era diventata tutt'altra cosa.

 

Non ricordava di aver perso coscienza.

Ora si trovava stesa su delle lenzuola, con il corpo e la testa terribilmente appesantiti e faceva una fatica immane ad inspirare.

Provò ad alzarsi, ma si bloccò subito dato che non era sola: An era seduto ai piedi del letto che si premeva una mano sugli occhi e si premeva sulle tempie con due dita.

Lirin rimase immobile, a guardare ad occhi socchiusi e fingendosi addormentata.

Fu sicura che disse qualcosa, ma non riuscì ad afferrarne il senso; Le posò un delicato bacio sulla fronte e dovette tenersi a freno dal rabbrividire, se possibile voleva tenerlo lontano; subito dopo per sua fortuna si alzò e fece per uscire.

Lirin contò i secondi più lunghi di tutta la sua vita mentre indugiava sulla porta poi lo vide tirar fuori qualcosa di metallico dalla tasca e appoggiarlo sul mobile lì affianco con la massima discrezione, come se intuisse di essere osservato.

Quando uscì Lirin tremò forte sciogliendo un lungo respiro rimasto in gola. Si tirò a sedere con fatica e iniziò a ricordare: il veleno, la febbre e la ferita.

Si guardò lo stomaco e trovò delle bende zuppe e il materasso sotto macchiato. Aveva ancora la nausea quindi doveva ancora avere veleno in circolo.

Voltò la testa cercando di vomitare, ma non riusciva.

Si alzò in piedi ignorando il dolore al ventre intenzionata a provocarsi il capogiro, come previsto la stanza iniziò a vorticare. Cadde in ginocchio e scorse una sagoma da sotto il letto vagamente riconducibile ad un secchio.

Qualunque cosa fosse l'afferrò, si infilò due dita in gola e vomitò l'anima. Ancora tossicchiando si aggrappò poi al letto e ci si rigettò sopra.

Lasciò calmare le vertigini poi si costrinse nuovamente ad alzarsi, barcollò sentendo il boato poco distante di dei motori in accensione, ma arrivò ad appoggiarsi al muro vicino alla porta.

Andropov aveva poggiato qualcosa lì, cercò a tentoni sul mobile finché le sue dita non incontrarono qualcosa di piccolo e freddo.

Scivolò a terra tenendolo in mano, era una chiave, ma non della stanza: era troppo piccola.

Si era sdraiata letteralmente sul pavimento, sollevò la chiave con la destra davanti a se e solo allora notò che emanava lo stesso luccichio del bracciale che le serrava il polso.

Per poco non le andò di traverso la saliva. In tutta fratta tentò di infilare la chiave, non riuscendo a trovare la serratura per quanto provasse.

Fu sicura che quello era il suono più bello che avesse mai sentito quando il bracciale produsse un secco “CLACK” e si allentò.

Lo sfilò fiacca girandosi su un fianco, esausta.

Lirin!

Ansò sorridendo, poteva di nuovo sentirla: Kirillion...

L'Ombra comparì al suo fianco, sembrava sofferente tanto quanto lo era lei, la raccolse dal pavimento stringendola tra le zampe come si farebbe con un cucciolo indifeso.

- Kirillion... - balbettò lei aggrappandosi alle squame lisce: - Devo andare là... -

Il drago non chiese niente, non si mosse nemmeno.

- Devo andare alle Terre Sigillate, faranno un massacro... - disse ancora.

Scivolò via dall'abbraccio reggendosi precariamente sulle gambe, per far vedere che ancora ce la faceva: - Accendi l'Inferno per me. - la pregò sollevandosi la maglia lacera e scostando le bende.

Kirillion scosse il muso: - Non potrei mai... -

- Se non lo fai morirò. Avanti. - la incalzò stringendo con più fermezza le bende: - Ti prego. - la presenza della sua Ombra le aveva ridato fermezza, era ad un passo dalla salvezza, non avrebbe sopportato che per colpa del suo stupido corpo non ce la faceva.

Kirillion chiuse gli occhi tirando fuori una lingua di fuoco dalla bocca socchiusa per far intendere che era pronta.

Lirin si stese e strinse i denti poi un fiume di fiamme le si riversò sull'addome. Si contorse, ma non urlò.

Poteva sentire la carne sfrigolare e ogni singola goccia di sangue scivolare lungo i fianchi.

Bastardi, ci vuole ben altro per uccidermi... pensò con rabbia.

Il fuoco arse tutto, compresa la stanza e il veleno che la infettava.

Si rialzò, per l'ennesima volta, con una cicatrice che andava da un fianco all'altro e il ventre ustionato fin sotto la pelle.

Strinse i pugni: - Portami da loro. - ordinò all'Ombra.

Appena salì sulle spalle di Kirillion e fu in cielo si guardò indietro e sollevò un pugno: - PADRE! RIESCI A SENTIRMI?! HAI LA MIA PAROLA, NON MORIRO'! - lo giurò al cielo.

Almalas le aveva detto che avrebbe deciso le sorti di una guerra.

Su quello stesso sangue che lui le aveva dato lo giurava, poteva marcire all'inferno se non manteneva la parola.

 

*= … - Mi credete davvero così stupida? - …

 

 

ANGOLINO VANEGGIO

Cavolo, è passato quasi un anno dall'ultima volta che ho aggiornato!

Scusate... ma è successa parecchio “roba”, non riuscivo più a scrivere niente di questa storia... sarà il fatto che sono cambiata, è cambiato il mio modo di scrivere(si nota molto???) e tante altre cose...

Ma sono felice di essere tornata :)

Spero qualcuno recensisca.

Dopo averlo riletto, questo capitolo non ha neanche un grammo di ironia, non posso far altro che definirlo crudo e truce. :|

Vabbuono... speriamo di non finire alle calende greche anche per il prossimo capitolo, ma ora che è settembre mi sto già deprimendo per l'inizio della scuola DDDDD:

Merda, estate vai troppo veloce!

 

Bye Bye

-Lirin_

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