Come le ali di una fata

di lilla thea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 2 - Cioccolata ***
Capitolo 3: *** 3 - Trilly ***
Capitolo 4: *** 4 - Vuoi che ti porti via? ***
Capitolo 5: *** 5 - Gus ***
Capitolo 6: *** 6 - Ricordi . . . ***
Capitolo 7: *** 7 - Eddy ***
Capitolo 8: *** 8 - Cioccolata ***
Capitolo 9: *** 9 - Senso di colpa ***
Capitolo 10: *** 10 - Caldo ***
Capitolo 11: *** 11 - Ca**o! ***
Capitolo 12: *** 12 - Sorprese ***
Capitolo 13: *** 13 - Verità ***
Capitolo 14: *** 14 - Febbre. ***
Capitolo 15: *** 15 - Dubbi, paure e incertezze! ***
Capitolo 16: *** 16 - Inatteso ***
Capitolo 17: *** 17 - Padre e figlia? ***
Capitolo 18: *** 18 - RITORNO A CASA ***
Capitolo 19: *** 19 - James ***
Capitolo 20: *** 20 - MARIA ***
Capitolo 21: *** 21 - CASA ***
Capitolo 22: *** 22 - PRIMA VOLTA ***
Capitolo 23: *** 23 - PERFETTO ***
Capitolo 24: *** 24 - INATTESO ***
Capitolo 25: *** 25 - FIDUCIA ***
Capitolo 26: *** 26 - PAURA SENZA FINE ***
Capitolo 27: *** 27 - FAMIGLIA ***
Capitolo 28: *** 28 - EPILOGO. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


ciao, questa è la mia seconda storia su EFP.
la storia non ha molto in comune con la trama del libro, ma i personaggi sono gli stessi creati da Stephanie Meyer e i loro legami... chissà!
non mi dilungo molto sulla storia. questo e solo il prologo e so che non fa praticamente capire nulla della trama, ma volevo dosare piano tutto. dai prossimi capitoli però sarà spiegato qualcosa in più.
mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. lasciate una recensione positiva o negativa (voglio assoluta sincerità) se vi va, mi fareste solo felice.
grazie, Lilla thea.





Ci si può sentire vuoti e soli anche in mezzo a centinaia di persone?
Ci si può sentire spenti quando la tua età dovrebbe darti tanta di quella carica da affrontare la vita saltellando come un grillo?
Ci si può sentire inadatti, come se mancasse un pezzo fondamentale nella tua vita?
La mia risposta è uguale per ogni domanda: sì!
 
Guardai il cielo scuro che minacciava pioggia e sospirai.
Sarei rimasta volentieri a casa, ma se volevo evitare di morire di fame mi sarei dovuta sbrigare. Ormai rimandavo da tre giorni la tanto odiata spesa.
 
Da quando ero rimasta sola in quella casa così grande e vuota odiavo fare qualunque cosa. Ero diventata apatica ed evitavo volentieri le persone.
Solo la mia amica Rose riusciva a farmi sorridere, ogni tanto.
 
Appena entrai nel piccolo supermercato vidi gli occhi di tutti posarsi su di me. Era una gara tra sguardi compassionevoli e occhiate curiose.
Da quando mio padre era morto, due mesi prima, ogni singolo abitante di Forks si era sentito in dovere di farmi le condoglianze. Ma dietro la facciata di perbenismo c’era solo un’insana voglia di spettegolare.
Ovviamente la mancata presenza di mia madre era un argomento di grande interesse nel mio salotto il giorno del funerale.
L’altro argomento a tenere banco era stato la mia mancanza di lacrime. Non avevo pianto una sola lacrima davanti agli altri.
Mi ero disperata e avevo urlato nel silenzio della mia camera, stretta alla camicia da sceriffo di mio padre. Ma non avrei mai svenduto la mia anima in pubblico.
Quanto avrei voluto urlare e cacciare fuori tutti a pedate.
Erano veramente poche le persone a cui importasse veramente di me e del mio stato d’animo.
Io e mio padre eravamo stati lontani per molto tempo dopo il divorzio da mia madre. Io mi ero trasferita a Phoenix mentre lui era rimasto in quel piccolo paese piovoso sperduto tra le montagne.
Ero tornata a vivere con lui solo qualche anno prima, dopo l’ennesima discussione con mia madre.
Non eravamo mai andate troppo d’accordo e il mio carattere schivo di certo non aiutava. Ero molto simile a mio padre in questo.
Non c’erano mai state molte parole tra di noi ma ogni sorriso valeva mille discorsi. E adesso mi mancava terribilmente.
Avevo scritto una mail a mia madre per informarla dell’incidente di mio padre dato che non rispondeva mai al telefono. Ma non si era presentata, aveva liquidato la faccenda con un misero sms. “Mi dispiace, ti sono vicina. Se ti serve qualcosa chiama.” Conciso, spietato e chiaro.
Non le era mai importato di lui, ne di me di conseguenza.
In fondo non avevo mai avuto una madre, avrei potuto continuare a vivere benissimo senza.


alla prossima!

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Capitolo 2
*** 2 - Cioccolata ***


ciao a tutti. intanto grazie a  Alice_Nekkina_Pattinson giova71 e  mery_11 per aver recensito il primo capitolo. Grazie mille, è davvero bello sapere che a qualcuno piace ciò che scrivi o che comunque ne è incuriosito. Spero che continuerete a farmi sapere cosa ne pensate!
in questo capitolo conoscerete un altro dei protagonisti della storia, forse la più importante in fondo. 
vorrei chiarire un punto, ma lo farò alla fine del capitolo, capirete perchè. baci!




2 – Cioccolata.

 
Ero avvolta nei miei pensieri quando qualcosa urtò la mia gamba. Con l’urto feci cadere la bottiglia di latte rovesciandomela addosso e stavo per sbraitare quando mi accorsi di due occhioni verdi che mi fissavano spaventati.
Dietro le mie gambe si nascondeva una bambina bellissima, dai capelli biondissimi e due occhi verdi come smeraldi. Ma il suo sguardo era spaventato, si guardava attorno spaesata e tremava.

  • piccola stai bene? Ti sei fatta male? – mi avvicinai a lei porgendole la mano ma la piccola scappò veloce lasciandomi con il braccio sospeso.
Mi guardai attorno per vedere con chi potesse essere ma non trovai nessuno. Possibile che avessero lasciato una bambina così piccola da sola in un supermercato?
La cercai tra gli scaffali ma non riuscii più a vederla. Pensai che i genitori l’avessero trovata e andai a pagare la mia spesa. Avevo fatto scorte per un bel po’, volevo evitare di dover tornare tanto presto.
 
Scaricai tutta la spesa dentro al mio pick up, che avevo dimenticato aperto come al solito, e quando entrai anch’io nell’abitacolo ero bagnata dalla testa ai piedi. Imprecai in ogni lingua conosciuta contro la pioggia finché un rumore mi distrasse.
Adesso impazzivo pure. Che bella notizia! Mi mancava solo di immaginare le voci ed ero davvero ok. La figlia stramba dello sceriffo avrebbe vinto il premio nobel per le stranezze.

La strada fino a casa mia non era molta ma vista la pioggia guidai con più attenzione del solito. Quando parcheggiai tirai fuori le buste. Erano molto pesanti ma cercai di sbrigarmi per non rovinare tutta la spesa. Ovviamente gocciolai tutto il pavimento. Avrei pulito dopo. Avevo solo voglia di mettermi qualcosa di asciutto e gustarmi la mia buonissima cioccolata calda. Tirai fuori il latte e cercai la confezione di cioccolata che avevo comprato. Rovesciai tutta la spesa sul tavolo ma della cioccolata non c’era traccia.

  • no no no! Non mi abbandonare anche tu. Ho bisogno della mia dose di cioccolata, ti prego!
Ma per quanto pregassi la cioccolata non uscì fuori. Quando mi ritrovai lo scontrino tra le mani controllai e in effetti la cioccolata c’era. Guardai con odio dalla finestra il mio pick up. Doveva essermi caduta per forza dentro l’auto. Ero ancora bagnata per fortuna così afferrai le chiavi e uscii.

Cercai tra i sedili ma non trovai la barretta. Tra i sedili però notai la carta della cioccolata. Sembrava fosse stata scartata. Era impossibile. Io non mangiavo mai in macchina e quella era proprio la barretta che avevo comprato quella sera. Avvertii un rumore sul retro del pick up e mi gelai per un attimo. Ero indecisa se scappare in casa e chiamare la polizia, conscia che appena i colleghi avessero visto il mio numero si sarebbero precipitati con un dispiegamento pari ad una task force governativa, oppure affrontare il mio nemico, chiunque esso sia. Stavo per optare per la prima ipotesi quando un leggero starnuto mi bloccò. Era delicato e soffocato, come se chi l’avesse fatto volesse nascondersi. Afferrai il lembo del telo che copriva il cassone del pick up e lo sollevai di colpo.
Restai a bocca aperta appena trovai la stessa bambina del supermercato che tremava, completamente bagnata sul retro del mio pick up.
Quando mi avvicinai la bimba con un salto cercò di scappare via ma era tutto bagnato e scivolò sul vialetto di ghiaia.
Sentii un leggero lamento, sicuramente si era fatta male. Così mi avvicinai a lei ma la bambina si rannicchiò su se stessa cercando di trattenere le lacrime. Mi guardava con gli occhi terrorizzati e mi avvicinai. Strizzò gli occhi quando posai una mano sul suo visetto quasi temesse che potessi picchiarla. Quando però capì che non le avrei fatto del male si rilassò.
La presi tra le braccia, era così magra da pesare davvero poco.

  • va tutto bene, ok. Adesso ci asciughiamo e poi cerchiamo la tua mamma.
Appena pronunciai la parola mamma si strinse a me e prese a tremare di nuovo scuotendo con forza la testa. Si aggrappò al mio maglione pregandomi con lo sguardo di non farlo.
  • Ok, ok. Va bene. Adesso ci penso io a te. Ok? Ti va un bicchiere di latte caldo? – annuì mentre un altro brivido la scuoteva. Rientrammo in casa e la portai dritta nel bagno.
  • Mi vuoi dire come ti chiami? – lei stava in silenzio, forse non sapeva parlare, pensai. O forse era stata così terrorizzata da qualcuno da non volerlo fare. La seconda ipotesi mi sembrava la più probabile visto il suo sguardo.
  • Io mi chiamo Bella. Sono lieta di fare la tua conoscenza. – le dissi porgendole la mano e feci un mezzo inchino. Lei mi guardò confusa poi le scappò una leggera risata. Sghignazzò silenziosamente portandosi le manine alla bocca e notai che erano tutte graffiate.
  • Allora adesso facciamo un bel bagno caldo e ti presto uno dei miei vestiti così ci asciughiamo, ok? – la piccola annuì e mi sporsi dietro di lei per aprire l’acqua calda. Guardò il vapore che si diffondeva nel bagno e cercò di catturare la nebbiolina. Quando cercai di sollevarle la maglia si irrigidì.
  • Devo toglierti i vestiti per fare un bagno caldo, così rischi di prenderti un raffreddore.
Abbassò lo sguardo e sollevò le braccia per farsi spogliare.
Mi mancò per un attimo il respiro quando vidi il suo pancino pieno di lividi e una piccola cicatrice appena sopra l’ombelico. Chi aveva potuto fare questo ad una bambina? Cercai di sorriderle quando vidi che mi fissava preoccupata. Le sfilai il pantalone e le sfuggì un gemito.

  • ahia.
  • Scusami, ti fo fatto male?
Guardai il suo ginocchio e mi accorsi che era sbucciato. Sicuramente nella caduta dal pick up si era fatta male.
Il mio cervello mi urlava di chiamare la polizia, di far intervenire un assistente sociale che potesse occuparsi di lei e magari mandare in galera i bastardi che le avevano fatto del male. Non ero di certo un medico ma sapevo che quei lividi non se li era certo potuta procurare da sola. Dovevo chiamare, era mio dovere da brava cittadina e persona coscienziosa, ma il mio cuore mi urlava di non farlo. E per una volta nella vita gli diedi ascolto.

Le disinfettai il ginocchio sbucciato stupita che non si lamentasse per il bruciore del
disinfettante. Sapevo che i bambini di solito si lamentavano appena pronunciavi la parola cerotto. Ne avevo visti alcuni al parco piangere ancor prima che gli si avvicinasse con il cotone, figuriamoci appena sentivano odore di disinfettante. Non si scompose neppure per un attimo. Restò immobile a fissarmi.

  • bene, fatto. Adesso facciamo un bel bagno e poi mettiamo un cerotto colorato. Va bene?
La piccola annuì ma quando cercai di farla entrare nella vasca piena d’acqua si aggrappò al mio braccio.
  • Che succede? – le chiesi. Lei cercò di tirarmi nella vasca.
  • Vuoi che facciamo il bagno insieme? – chiesi sorpresa. Prese un lembo della mia maglietta e lo strizzò facendomi notare che ancora ero zuppa.
  • Lo farò dopo, prima pensiamo a te. – ma lei scosse la testa con forza restando attaccata a me.
  • Ok. – non sapevo come comportarmi.
Mi piacevano i bambini ma non avevo mai avuto molto a che fare con loro. Non sapevo neppure se era il caso di spogliarmi completamente o no. Era una bambina che neppure conoscevo, cosa avrebbero pensato i genitori sapendo che avevo fatto il bagno nuda con la figlia? Tolsi solo i jeans e le calze ed entrai con la maglietta nella vasca con la bambina.

Lei si sedette vicina a me e per la prima volta la vidi sorridere davvero. Quando sorrideva i suoi occhi brillavano e anche le mie labbra si mossero in un sorriso, un vero sorriso. Sorriso che morì quando la bambina mi diede le spalle e guardai la sua schiena.
Se la sua pancia mi aveva sconvolta la sua schiena mi aveva traumatizzata. Era piena di lividi, alcuni più recenti altri vecchi di qualche giorno e aveva qualche cicatrice circolare, mi ricordarono delle bruciature di sigaretta.
Senza che potessi controllarlo mi ritrovai a piangere silenziosamente.

Quando sollevai lo sguardo la bambina mi fissava curiosa, poi raccolse una mia lacrima e la fissò. Quando singhiozzai pensando a quello che poteva aver passato quel piccolo angelo, lei si avvicinò e mi prese il viso tra le mani posando un bacio sulla mia guancia. Lei consolava me. Quella bambina aveva passato le pene dell’inferno e consolava me. Mi riscossi e le diedi un bacio anch’io sorridendole. Lei si toccò la guancia stupita e si mise a ridere. Aveva una risata cristallina e dolce.
Presi il mio shampoo alle fragole e le insaponai i capelli, erano pieni di nodi ma appena li pettinai e asciugai le caddero morbidi sulle spalle formando dei piccoli ricci sulle punte. Le diedi una mia vecchia felpa del college, che ovviamente le stava enorme, ma le arrivava alle ginocchia ed era molto calda. Le misi le mie calze di lana con gli orsetti e, dopo essermi vestita, scesi con lei in cucina.

Divorò la tazza di latte caldo con il miele che le avevo dato e mangiò mezza scatola di biscotti. Sembrava affamata. Forse avrei dovuta fermarla dal mangiare tutti quei biscotti al cioccolato ma non me la sentii anche perché ogni volta che mi guardava sorrideva e sembrava serena. Non ebbi neppure il tempo di sistemare la spesa che la trovai addormentata sul tavolo con la bocca ancora sporca di cioccolata.
 
La presi tra le braccia e lei aprì appena gli occhi. Mi sorrise stringendomi la maglietta e si riaddormentò.
Quando la misi nel mio letto e la coprii mi sedetti accanto a lei. Chissà cosa aveva passato quel piccolo angelo. Non erano solo io suoi lividi a preoccuparmi, ma pensavo a come potesse stare psicologicamente. Era chiaro che aveva subito delle violenze fisiche, non so fino a che punto si fossero spinti con lei, ma mi decisi a scacciare quel pensiero immediatamente, non volevo nemmeno immaginare altro.

Restai tutta la notte a guardarla dormire apparentemente serena. Ero combattuta tra fare la cosa giusta e seguire il mio istinto. Sapevo che aveva bisogno di aiuto ed io non ero in grado di fornirglielo. Quando presi il telefono composi il numero di Matt, il nuovo sceriffo di Forks, nonché migliore amico di mio padre.

  • pronto?
  • Matty?
  • Bella? Stai bene tesoro?
  • Si Matty, grazie. Volevo solo chiederti un consiglio.
  • Dimmi tutto piccola.
  • Io… ho… parlato con una mia amica, si una cara amica che vive in un paesino non lontano. Ecco…lei ha incontrato una bambina.
  • Si?
  • La bambina…era spaventata e si è accorta che non c’era nessuno ad occuparsi di lei.
  • Ha sporto denuncia immagino?
  • Si… cioè no. Non sa come comportarsi.
  • Bella la tua “amica” deve andare subito alla polizia e affidare la bambina ai servizi sociali. Rischia grosso. Potrebbe essere accusata di sequestro di minore.
  • Ma la bambina è terrorizzata. La mia amica ha paura che possano farle del male.
  • Bella la tua “amica” non può gestire la situazione da sola. Dille che deve immediatamente chiamare la polizia.
  • Ok, lo farò.
  • La chiamerai?
  • Glielo dirò.
  • Bella, non fare sciocchezze. Ti prego.
  • Dirò alla mia amica quello che mi hai consigliato. Promesso.
  • Sei una brava persona Bella, sono certo che tu, e la tua “amica”, farete la cosa giusta.
  • Grazie Matty.
Ovviamente mi conosceva troppo bene per bersi la storiella dell’amica. Sapevo che aveva ragione. Appena la bambina si fosse svegliata l’avrei portata da lui per cercare di aiutarla.




eccomi qua!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto...
Voglio chiarire che non desidero entrare nel merito dell'argomento trattato, non voglio fare la moralista o quant'altro, ma non sopporto la violenza, soprattutto sui bambini. Spero di essere capace di trattare un argomento così delicato e che mi sta così a cuore per cui vi chiedo un favore: ditemi se pensate che io stia sbagliando qualcosa, se pensate che stia scrivendo solo fesserie o se invece sto facendo un dicreto lavoro. ci tengo davvero alle vostre opinioni. 
grazie e al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** 3 - Trilly ***


Buongiorno a tutte,
ecco un nuovo capitolo. So che la storia è abbastanza ingarbugliata per adesso, e forse (?!) lo sarà anche dopo, ma spero di non annoiarvi.
se vi va recensite, mi fa davvero piacere.
grazie mille!






3 – Trilly

 
Quando tornai in camera la bambina era ancora addormentata ma si lamentava nel sonno. Le tastai la fronte e mi accorsi che era un po’ calda, era il minimo dopo la pioggia di ieri. Stavo per alzarmi quando mi prese la mano.

  • Trilly.
Fu solo un sussurro ma io lo sentii bene. Allora parlava. Tirai un sospiro di sollievo. Le piacevano i film della Disney? Trilly era uno dei miei personaggi preferiti in effetti.
  • mamma batta! – disse sorridendo come se qualcuno le stesse facendo il solletico.
  • Tio ,tio! Trilly vola! – la guardai sorridendo, chissà cosa stava sognando, sembrava serena. All’improvviso strinse forte la mia mano e il suo viso s’incupì.
  • Mamma? Papà? Papà? Dove tei? Ho paura. No sola.
Mi si strinse il cuore a vederla così spaventata. Mi avvicinai a lei e le sfiorai una guancia.
  • piccola sono qui, ci sono io. Sono Bella. – al suono della mia voce scattò in piedi e si allontanò da me spaventata. Tremava di paura. Mi avvicinai dandole la mano.
  • - sono io piccola. Ti ricordi di me?
Piano piano sembrò rilassarsi e si aprì in un timido sorriso.
  • buongiorno. Ti va di fare colazione? Io sto morendo di fame e ho trovato una barretta di cioccolata nascosta in cucina. Ti va una bella cioccolata calda?
I suoi occhi si sgranarono e annuì con forza. La presi per mano e scendemmo in cucina. Mentre preparavo la cioccolata la vedevo saltellare sulla sedia impaziente. Mi ricordava me quando mi trovavo davanti ad una barretta. Si, sono tremendamente golosa.
Litigammo per avere la tazza più piena e, ovviamente, vinse lei. Misi su un finto broncio facendola ridere. Quanto era dolce quella risata. Era tutta sporca di cioccolata e quando glielo dissi lei si mise a ridere indicando la mia faccia probabilmente stavo messa peggio di lei. rideva ancora quando con il braccino fece rovesciare la tazza e la cioccolata cadde sul tavolo sporcando la tovaglietta. Lei sgranò gli occhi e iniziò a tremare.

  • piccola che c’è? Che succede? – cercai di parlarle ma lei si strinse nelle spalle e guardò con orrore la macchia.
  • è per questo? Tesoro non è successo niente. Sapessi quante volte sporco io! È solo un caso che tu mi abbia battuta oggi! Passa mezza giornata con me e vedrai quanti disastri combino.
Lei sembrò rilassarsi e le passai la mia tazza di cioccolata. Mi si era chiuso lo stomaco alla vista di quel faccino spaventato. Ebbi appena il tempo di alzarmi che una voce urlante irruppe nella mia cucina.
  • se credi che facendo così vivrai più serena ti sbagli Isabella Swan! Ti uccido io con le mie mani se non ti decidi a rispondere a quel cavolo di telefono. Sono venti ore che ti cerco e tu dove diavolo sei? Spero che tu abbia un valido motivo e che questo sia un uomo e che la scusa sia finalmente una notte di sesso sfrenato! Ma tu che fai? Sei seduta in cucina a mangiare cioccolata! Si sente l’odore dalla strada brutta amica ingrata, non mi hai nemmeno chiamata! Ti sembra giusto mangiarla da sola mentre…
Si interruppe dopo un tempo interminabile mentre io mi abbassavo per tranquillizzare la bambina che si era nascosta spaventata dietro di me.
  • Bella… ma chi?
  • Buongiorno anche a te Rose!
  • Chi è questa bambina?
  • Una mia amica. Ci siamo incontrate ieri.
Sfregai le braccia su quelle piccole e fragili della bambina che parve tranquillizzarsi.
  • piccola questa pazza scatenata è la mia migliore amica. Lei è Rosalie, non è cattiva ma ogni tanto dovrebbe contare fino a dieci prima di parlare e soprattutto dovrebbe bussare prima di piombare a casa degli altri in questo modo, anche se ha le chiavi che la proprietaria le ha dato in caso di emergenza! Io parlo un attimo con Rose. Ti va di guardare un po’ di tv in salotto? – la accompagnai sul divano coprendola con una coperta e le accesi la tv. Trovai subito un cartone che parve interessarla.
  • torno subito. Dico una cosa alla mia amica e sono da te. – la bambina annuì e prese a guardare la tv.
  • Mi dici che succede? – mi chiese Rose appena entrai in cucina. – chi è quella bambina?
  • Parla piano Rose. L’hai già spaventata a morte.
La trascinai lontana dalla porta in modo che la bambina non potesse sentirci. Le raccontai cos’era successo, dei lividi che le avevo visto, di come si era spaventata quando aveva rovesciato la tazza della cioccolata e di ciò che mi aveva consigliato Matt. Rose era un avvocato. Certo era appena laureata ma qualcosa ne doveva sapere. Quando iniziò a parlare in termini tecnici mi persi capii solo sequestro di minore, le stesse parole che aveva usato Matt.
  • devi andare alla polizia Bella. Non capisco perché tu non l’abbia fatto subito. Stai giocando col fuoco. Se la bambina ha davvero tutti questi problemi poi è ancora peggio. Ha bisogno di assistenza e non puoi tenerla con te un minuto di più.
  • Lo so Rose, ma hai visto come è spaventata. Se dovessero ritrovarla quelli da cui è scappata cosa le farebbero? Ho paura per lei.
  • Lo so Bella, ma tu non puoi aiutarla tenendola a casa tua. Cerca di ragionare.
Aveva ragione, aveva maledettamente ragione. Ma non me la sentivo di chiamare la polizia. Non so perché ma sentivo che sarebbe stata in pericolo.
Mentre parlavamo il campanello di casa mia suonò. Guardai Rose chiedendomi chi potesse essere e quando vidi la figura di Matt in divisa davanti alla mia porta sbiancai. Non per me. Ma per la bambina. Capii subito che era venuto per lei. Rose aprì la porta.

  • Matt?
  • Buongiorno signorina Hale. Bella. Posso entrare?
  • Che succede Matt?
  • Dobbiamo parlare di quel discorso. – mi disse indicando con la testa dietro di se. Una donna vestita elegantemente si avvicinava a passo veloce verso la porta di casa mia.
  • Chi è Matt? – sussurrai intuendo già la risposta.
  • La madre della bambina. Poi ti spiego, ho dovuto portarla qui, sei già nei casini Bella, mi raccomando. Ho dovuto mentire per non comprometterti. – mi sussurrò piano.
Era una donna molto bella. Con i capelli scuri e gli occhi neri. Aveva dei tratti ispanici e un portamento austero. Si muoveva sinuosa e sicura sui ciottoli del vialetto
di casa mia. 
Quando i suoi occhi si posarono su di me ebbi una strana sensazione. Non ero mai stata molto brava a capire le persone solo da uno sguardo ma quella donna non mi piacque. Feci entrare Matt andando a sedermi accanto alla bambina. Lei mi guardò confusa. Poi s’irrigidì appena sentì la voce della donna che ringraziava lo sceriffo per averla fatta entrare. Si strinse al mio fianco cercando di nascondersi dietro di me. Rose mi guardò confusa e preoccupata.

  • piccola va tutto bene. C’è la tua mamma.
Lei scosse la testa energicamente guardandomi con occhi imploranti.
  • Claudia. Tesoro sono qui.
La donna si fiondò accanto a lei che però si ritrasse spaventata.
  • piccola ti sei spaventata vero? Ma perché ti sei allontanata da noi ieri? Eravamo così in pena.
Non credei per un attimo a quelle parole. La sua voce era così costruita e il suo tono preoccupato troppo finto. D’istinto strinsi la bambina e la donna mi fissò per un attimo duramente.
  • signorina lo sceriffo mi ha detto che lei ha trovato mia figlia e si è occupata di lei. Non so come posso ringraziarla. Se le serve qualcosa chieda pure, non so come sdebitarmi.
  • Io…
  • Vorrei darle una ricompensa un pegno della mia gratitudine.
  • Non è necessario, davvero.
  • Lei è stata fantastica, davvero. chissà che fine avrebbe fatto la mia bambina a quest’ora. Non voglio neppure pensarci. – fece finta di rabbrividire. Tese una mano a Claudia e lei dopo aver sospirato si allontanò da me con gli occhi bassi e la prese. Non mi guardò più, forse si sentiva tradita da me. Sentii una fitta al cuore che mi fece male.Matt e il suo vice guardavano la scena quasi commossi, Rose era perplessa, ma io ero assolutamente certa che quella donna stesse fingendo. Non so se era veramente la madre della bambina, non si somigliavano assolutamente, ma ogni parola mi sembrava costruita ad arte.
  • Matt posso parlarti un attimo? – gli chiesi. Ma la donna intervenne subito.
  • Oh sceriffo. La prego, potreste rimandare a dopo? Sono così stanca. La preoccupazione e lo spavento di queste ore mi hanno davvero stremata. Potrebbe riaccompagnarmi a casa?
Usò un tono così melenso da far vomitare. Ma Matt, l’uomo Matt, non capì assolutamente niente e da bravo e stupido uomo qual era, si fece abbindolare.
  • ma certo signora. Prendiamo la bambina e andiamo subito.
  • Matt solo un minuto, ti prego.
  • Bella ne parliamo dopo.
  • È importante.
  • Lo immagino ma ne parliamo dopo. Scorto la signora e la bambina in centrale per le formalità e poi parliamo.
  • Ma io…
  • Sceriffo, la prego…- gli chiese supplicante la donna.
  • Certo signora. Arrivo subito.
  • Bella ne parliamo dopo. Prego signora, andiamo.
  • Aspetti un attimo, la prego. – chiesi alla donna. Lei mi guardò con un’espressione ostile ma si dipinse un sorriso sulle labbra.
  • Mi dica.
  • Posso solo salutare la bambina?
  • Certamente. – la portò vicina a me ma non si allontanò da lei.
  • Piccola va tutto bene. Io vengo subito a trovarti, ok. Adesso il mio amico ti aiuterà. Andrà tutto bene ok? – io la guardavo speranzosa ma lei non sollevò mai lo sguardo su di me. Si girò e s’incamminò verso la porta. Avrei voluto portarla lontana da quella donna ma non potevo fare nulla. Lo sguardo ammonitore di Matt mi fece capire che ero abbastanza nei guai e la lasciai andare dandole una carezza sulla guancia.
  • Grazie ancora signorina.
Si chiuse la porta alle spalle e portò via con se la piccola.
  • Quella donna mette i brividi. – esclamò Rose ma io non l’ascoltavo. Ero corsa ad infilare le scarpe e preso le chiavi del mio pick up.
  • Dove vai Bella?
  • In centrale.
  • A fare cosa?
  • Devo parlare con Matt prima che faccia andare via la bambina con quella donna.
  • Bella è sua madre, puoi sporgere denuncia ma devi calmarti.
  • Non posso calmarmi Rose! Tu non l’hai vista, non sai.
  • Bella sei troppo sconvolta. Anch’io voglio aiutare quella bambina e lo faremo, ma devi aspettare che …
  • COSA? Che magari la picchi di nuovo? Io non sono adatta a prendermi cura di lei ma devo aiutarla in qualche modo. Non la posso abbandonare.
  • Ok, va bene. Ma andiamo insieme. Guido io.


ok, non mi lanciate ancora i coltelli! Abbiate fiducia in me, anzi in Bella. Ma chi sarà la strana mamma della bimba? sono aperte le scommesse!
Al prossimo capitolo! baci

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Capitolo 4
*** 4 - Vuoi che ti porti via? ***


buongiorno a tutte, vi siete chieste se Bella avrebbe fatto qualcosa per aiutare la bambina. beh, eccola in azione.
so che può risultare poco credibile tutta la dinamica del capitolo, ma passatemi la possibilità di inventare, è pur sempre una storia no?
volevo ringraziare in particolare le mie tre commentatrici, ragazze adoro le vostre recensioni! grazie mille....
ok, vi lascio al capitolo, ci leggiamo giù! baci




4 – Vuoi che ti porti via?

 
Il tragitto mi sembrò interminabile. Quando arrivammo in centrale  feci fermare Rose in un posto in cui l’auto non potesse essere notata facilmente, vidi la donna stringere la mano a Matt ed entrare nella sua auto. Vidi Claudia già seduta dietro. Per un attimo i suoi occhi incontrarono i miei e vi lessi rassegnazione e delusione. in quel momento decisi. Non scesi dalla macchina di Rose, anzi le ordinai di seguire quella macchina.

  • cosa? Bella ma…
  • segui l’auto Rose!
  • Devi sporgere denuncia.
  • Dopo. Prima recupero la bambina.
  • Ma che diavolo dici?
  • O mi aiuti Rose o te ne vai. Decidi in fretta.
  • Questa ti costerà cara, tesoro! Sto rischiando un sacco!
  • Lo so, mi spiace ma non posso lasciarla andare così.
  • Non ti capisco e non ti riconosco più. – mi disse la mia amica scuotendo la testa.
Aveva ragione, neppure io mi riconoscevo più.
Non so cosa fosse ma sentivo di dover seguire quella donna. Era come se una forza mi spingesse verso quella bambina.
Vedevo la donna gesticolare nervosamente all’interno dell’auto, forse parlava al cellulare. Deviò all’ultimo minuto ricevendo un colpo di clacson dall’auto dietro di lei. Frenò bruscamente e dopo essersi girata a dire qualcosa alla bambina scese dall’auto sbattendo la portiera. Aveva il cellulare all’orecchio e urlava contro qualcuno.
Non sapevo quanto tempo avrei avuto, ma capii di dover agire subito.
Scesi dalla macchina di Rose e corsi verso Claudia. Pregai con tutte le mie forze che non avesse chiuso l’auto. Per una volta, una sola volta, pregai Dio che mi aiutasse.
Forse la fortuna girava dalla mia parte, o forse c’era davvero un Dio che mi aveva ascoltata, appena tirai la maniglia la porta si aprì. Claudia mi guardò stupita e notai un segno rosso sul suo viso. Uno schiaffo. Armeggiai con la chiusura del sediolino.

  • dimmi solo una cosa. Vuoi che ti porti via?
La bambina annuì con forza.
  • ti ha fatto lei questo, vero? – le chiesi indicando la sua guancia arrossata. Non mi rispose ma abbassò lo sguardo.
  • Andiamo, ti porto al sicuro.
La presi tra le braccia e lei si attaccò a me. Mi strinse forte e per un attimo pensai di aver solo sognato quella vocina che mi ringraziava. Aveva detto le sue prima parole spontaneamente. Il suo grattie fu la conferma che stessi facendo la cosa giusta.
Ordinai a Rose di partire e lei ancora sconvolta per il mio comportamento partì.

  • Bella che diavolo ti è saltato in mente? Questo è rapimento! Sei impazzita.
  • Vai Rose!
  • Bella che diavolo credi di fare? Così non aiuterai la bambina. – mi continuava ad urlare e sapevo che aveva ragione. – andiamo subito da Matt.
  • NO!
  • Bella se vuoi aiutarla devi denunciare, non puoi rapirla da sua madre!
  • Hai visto la sua macchina Rosalie?
  • La sua macchina? Che diavolo…
  • Corpo diplomatico. È l’auto di qualche ambasciatore o che so io. E sai che significa?
  • Significa che sei ancora più nei casini di ciò che temevo.
  • No Rose. Significa che non servirà a nulla denunciarla, se in qualche modo è legata ad un diplomatico avrà una qualche immunità e le mie denunce non saranno nemmeno trascritte!
  • Ma Matt è un brav’uomo, lui…
  • Lui è il poliziotto di un paesino sperduto tra le montagne, ammesso che decida di aiutarmi non gli faranno muovere un dito e probabilmente rovineranno anche la sua carriera!
  • E tu cosa vorresti fare Bella?
  • Non lo so Rose, non lo so. – guardai per un attimo il visetto della bambina che mi fissava con gli occhioni verdi sgranati. – so solo che devo aiutarla, devo fare qualunque cosa per aiutarla. Non so perché, non lo so ma sento di doverla aiutare. Ti prego Rose, non abbandonarmi anche tu.
 
La piccola si strinse a me e Rose ci guardò poi scosse la testa.
 

  • andiamo da mia nonna. Ti lascio lì e cerco di sistemare le cose qui.
  • No. Non voglio che tu ti esponga.
  • E cosa dovrei fare? Abbandonare la mia amica criminale con una bambina piccola. Quella donna avrà capito che sei stata tu a prenderla, ho visto come ti ha guardata a casa tua. Se era lei a picchiarla, o se comunque sapeva, aveva capito che anche tu ne eri a conoscenza e non ti mollerà così facilmente. Che razza di idiota, poi! Per tua fortuna lo sportello era aperto, altrimenti che avresti fatto? Lo avresti ridotto in pezzi?
  • Credo di si. – Rose mi fissò a bocca aperta.
  • Ora mi fai paura Swan!
 
Appena entrammo nella villa immensa della nonna della mia amica, la signora Rosalie ci venne incontro. Inarcò il sopracciglio appena vide la bambina tra le mie braccia. Non si era staccata un attimo dal mio petto.
Ci fece accomodare in salotto e portò del the. Adoravo la vecchia signora Hale, era una vecchietta molto gentile e soprattutto buona. Aveva un cuore davvero grande e per me era stata come una vera nonna. Era molto amica della mia ed io e Rose eravamo praticamente cresciute insieme.
Le nostre nonne si differenziavano per un piccolo dettaglio. La signora Hale era un vulcano in perenne attività. Non riusciva a stare un attimo ferma e ne inventava una al minuto. Mia nonna le rimproverava spesso i suoi modi di fare, ma in fondo l’adorava. La mia invece era molto riflessiva e ligia alle regole e al dovere, era sempre la madre dello sceriffo; Rosalie somigliava molto a lei mentre io ero una via di mezzo tra le due nonne. Non ero certo come la nonna di Rose, anzi ero piuttosto riflessiva, ma ero più semplice e meno altezzosa a volte di mia nonna e della mia migliore amica. Volevo un mondo di bene a Rose ma aveva un carattere un po’ particolare, la odiai fino ai dodici anni, e odiavo mia nonna che mi costringeva a giocare con quella ragazzina viziata più grande di me. Con il tempo la nostra amicizia era nata in modo naturale, nonostante io fossi una bambina mentre lei una giovane donna, ed eravamo diventate inseparabili. L’imbranata, che ero io, e miss ghiacciolo, che era la mia bellissima ma glaciale amica.  Le raccontai subito di Claudia e approfittando del fatto che si fosse addormentata, forse stremata dagli eventi, le sollevai la maglia sulla schiena. Vidi Rose portarsi una mano alla bocca e la nonna sgranare gli occhi alla vista del suo corpicino tumefatto. Si alzò di scatto dal divano e prese la sua rubrica telefonica.

  • nonna che fai? – le chiese Rose ma lei non l’ascoltò. Cercò un numero nella sua agenda e afferrò il telefono. Provammo a chiedere chi stesse chiamando ma non ci degnò di una risposta.
  • Buongiorno, desidero parlare con il signor Gustave. Pronto Gus? Non ero certa fossi tornato a San Francisco, è una fortuna che tu sia lì. Sono Rosalie Hale. La tua vecchia battona. – Rosalie la fissò a bocca aperta inclinando la testa di lato. Non si sarebbe mai abituata a tutte le sorprese di sua nonna.
  • Mi serve un favore vecchio dongiovanni. Devi aiutare una persona a me molto cara. No, non puoi scopartela Gus, anche perché è più giovane di tua figlia, quindi tieni il viagra nel cassetto e apri le orecchie.
Se la situazione in cui mi trovavo non fosse stata tragica mi sarei messa a ridere, soprattutto guardando la faccia della mia amica che rischiava una paresi.
La nonna di Rose parlò ancora qualche minuto con Gustave dandogli ordini ed indicazioni precise. Quando chiuse la chiamata aprì uno dei suoi cassetti e mi porse una busta pesante su cui aveva scritto qualcosa.

  • vai a quest’indirizzo, è un mio caro amico che vi può garantire tutta la sicurezza possibile. Ho piena fiducia in lui e lui ha delle conoscenze molto in alto. Se quella donna è davvero un diplomatico, o che altra diavoleria, qui sei fottuta mia cara.
  • Nonna!
  • Oh Rose, ti adoro piccola mia ma a volte sei troppo esagerata. Tutta tuo padre! Non si scandalizza nessuno per una parolaccia, se sapessi quello che ho fatto con Gustave…
  • No grazie! Passo nonna, mi hai già traumatizzata abbastanza in questi venticinque anni.
  • Bella vai adesso. Prendi la mia auto e parti subito, prima che si mettano sulle tue tracce.
  • Io devo passare da casa, non ho nulla dietro.
  • Hai i documenti?
  • Si li ho in borsa ma…
  • Non ti serve altro. Qui ci sono diecimila dollari, non ti serve altro. Non usare carte di credito perché sono rintracciabili e non fermarti se non è necessario.
  • Signora Hale cosa dovrei farci con tutti quei soldi? Non posso accettare, è troppo.
  • Smettila di fare la stupida. Vuoi aiutare quella bambina? Vai allora. Adesso.
  • Nonna come fai a sapere delle carte di credito e… no, non dirmelo. Preferisco non sapere. Andiamo Bella ti accompagno da Gustave.
  • Non puoi. – le disse la nonna.
  • Cosa? Perché?
  • Eri a casa con lei quando hanno preso la bambina, sarai la prima a cui chiederanno.
  • Ma io…
  • Ha ragione tua nonna Rose. Ho tutto quello che mi serve. Ti chiamerò appena arrivo.
  • Da una cabina telefonica e non dovrete mai dire dove vi trovate. – ci ricordò la nonna di Rose.
  • A me sembra un po’ esagerato. Andiamo, sono un avvocato posso aiutarti.
  • Non sei ancora un avvocato Rosie. Sei appena laureata, non puoi nemmeno esercitare e non sapresti muoverti in mezzo a questi squali.
  • Grazie per la stima nonna!
  • Non fare la bambina Rosie. Sai cosa voglio dire.
  • Lo so nonna, è solo che non capisco perché non si possano seguire le procedure nomali, fidarsi della giustizia.
  • Hai mai sentito parlare di giustizia in casi in cui siano coinvolti dei pezzi grossi? Proprio tu dovresti capire Rosie. Gustave sa cosa abbiamo già passato, non avrà problemi ad aiutare Bella. – le disse la nonna con la voce più dolce.
Rose abbassò lo sguardo e sospirò.
 
Il padre di Rose aveva lavorato per venti anni in una grossa banca, era un uomo molto gentile e simpatico da ciò che mi raccontava la nonna. Io l’avevo visto pochissime volte e lo ricordo a mala pena, ma ho il ricordo di un viso gentile.
Il figlio del suo capo era un uomo molto ricco e potente e decise di mettere gli occhi su Rose. Le cominciò a fare una corte serrata nonostante fosse solo una ragazzina appena maggiorenne mentre lui fosse dieci anni più grande. Rose ne fu lusingata all’inizio, Royce King era un uomo molto affascinante, ma pian piano i suoi gesti la intimorirono e cominciarono a darle fastidio. Lui diventava sempre più insistente e molesto. Ricordo che mi raccontava spaventata e preoccupata di come lui cercasse sempre di toccarla. Cercò di parlarne a suo padre ma lui minimizzò la cosa, forse pensando che sua figlia stesse esagerando. Quando però vide che il suo capo cercava di costringere la figlia con la forza ad un contatto più intimo lo allontanò. Lui cercò di denunciare il comportamento dell’uomo ma il risultato fu che venne licenziato e accusato di rubare all’interno della banca. Due mesi dopo Rose trovò suo padre impiccato ad una trave del soffitto. Ricordo ancora il giorno del funerale. Lei e la nonna erano sedute fiere su due sedie accanto alla lapide del figlio e padre. Non versarono una lacrima guardando negli occhi ogni persona che si avvicinava, non temendo mai un’accusa, certe dell’innocenza di Jonathan Hale. Lo accusavano di essere stato fragile ed egoista nel compiere un atto tanto sconsiderato ma non cedettero per un solo momento.
Sei mesi dopo Royce King fu accusato di violenza sessuale su minore e frode; fu condannato a venti anni di carcere ma ne scontò solo uno, poi scomparve nel nulla. Fu in quel momento che Rose decise di diventare avvocato.
Alla fine la giustizia aveva trionfato, come piaceva dire a lei, ma solo per un momento. Si chiese spesso se avrebbe potuto evitare a qualche ragazza di finire sotto le sue mani, se avesse sporto denuncia prima, ma ero certa non sarebbe servito a niente.
Quando la salutai avevamo le lacrime agli occhi.

  • non so perché stia succedendo tutto questo Rose, ma sento che devo farlo. Ti prego cerca di capire.
  • Non lo capisco ma mi fido di te Bella. So che se lo stai facendo c’è un motivo e qualunque esso sia, mi fido di te.
Abbracciai anche la nonna di Rose ringraziandola e partii. 

Claudia era ancora addormentata sul sedile posteriore e sembrava serena. Non so perché era successo tutto questo. Ma lo vidi come un segno del destino. Se fossi andata a fare la spesa nei giorni precedenti come avrei dovuto non avrei mai incontrato Claudia, se quella donna (perché ero certa non fosse sua madre) non avesse lasciato lo sportello aperto non sarei riuscita a portarla via, se Gustave non fosse tornato a San Francisco non avrei avuto nessun tipo di aiuto.


allora? credete sia stato troppo semplice per Bella prendere la bambina? forse si, ma ricordate che la donna era agitata e stava litigando al telefono, in più era certa che non ci fossero più problemi o minacce. Bella non si era presentata in centrale e non aveva motivo di pensare che avrebbe agito.
che ne pensate della nonna di Rosalie? io l'adoro! certo detto da me che l'ho creata non conta molto, però mi piaceva un personaggio nuovo e diverso. il prossimo capitolo conoscerete Gus, credo vi piacerà!
buona giornata!

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Capitolo 5
*** 5 - Gus ***


buonasera a tutte! ringrzio come al solito le mie adorate irriducibili!
vi presento Gus, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
vi lascio al capitolo, ci leggiamo giù!
baci




5 – Gus

 
Le quindici ore che mi separavano dalla meta furono pesanti.
Claudia si svegliò e sentii subito il suo stomaco brontolare. Ci fermammo a comprare due panini in un fast food e continuai a guidare. Accesi la radio per far pesare meno il silenzio nell’abitacolo.
Inaspettatamente fu lei a spezzarlo con la sua dolcissima voce.

  • tei abbiata?
  • Come? – chiesi stupita di sentirla parlare.
  • Io… cuta no volevo fatti abbiare.
  • Non sono arrabbiata piccola, assolutamente no.
  • Pecchè tei triste allora?
  • Non sono triste, sto guidando e sono attenta alla strada. Tu stai bene Claudia?
  • No mi chiamo cotì! – sbottò arrabbiata facendomi sorridere.
  • Non è il tuo nome Claudia? – scosse la testa con forza.
  • Come ti chiami allora? – ci pensò un momento, poi abbassò la testa triste.
  • No ricoddo. Ma ricoddo Trilly.
  • Ti piaceva Trilly? Il cartone o la fiaba?
  • Tio chiamava Trilly.
  • Tuo zio? Avevi uno zio che ti chiamava Trilly? Vuoi che ti chiami anch’io così? – lei annuì sorridendo. - E ricordi come si chiama il tuo zio? – stavolta scosse la testa ritornando triste.
  • Non fa niente, aggiusteremo tutto. Devo chiederti una cosa, devi dirmi tutta la verità però, ok? – lei si fece subito seria e annuì.
  • La donna che ti ha presa stamattina è la tua mamma? - lei scosse la testa.
  • Ricordi come si chiama la tua mamma? – negò di nuovo.
  • Sai quanti anni hai? – giocò con le piccole dita cercando di formare un quattro.
  • Hai quattro anni?
  • Lei diceva cotì agli attri. – e scrollò le spalle.
  • Ok. Adesso devo sapere una cosa. Non vorrei chiedertelo ma devo sapere piccola. È stata lei a farti male? È stata lei a farti la bua? – i suoi occhi s’incupirono e si allontanò da me avvicinandosi allo sportello. Accostai e le presi una manina tra le mie.
  • Non voglio spaventarti, ma ho bisogno di saperlo per aiutarti Trilly. Non accadrà nulla, promesso. – lei sospirò e rilassò le piccole spalle.
  • Lei no vuole che dico.
  • Lei non c’è adesso ed io so mantenere un segreto. Ti fidi di me?
  • Ti.
  • È stata lei?
  • Ti, lei. – annuii e le accarezzai il visetto – e pure Viccoria e Jems. – aggiunse.
  • Victoria e James? Chi sono?
  • no so. Lei è tempre abbiata e lui è cattivo. Tuma tanto e puzza tempre! – mi disse disgustata. Un brivido mi percosse la schiena, ecco spiegate le cicatrici che mi ricordavano i mozziconi di sigaretta spenti.
  • Adesso non fumerà nessuno. Ci sono io ok? E stiamo andando da un signore che ci aiuterà.
  • È bravo come te?
  • Credo di si. È l’amico di una signora molto gentile e ci aspetta. – annuì pensierosa.
  • Bella?
  • Si? – sorrisi sentendo che mi chiamava con il mio nome.
  • Tai attenta. No voio lei fa la bua pure a te.
Ripartii verso San Francisco con il cuore più sereno ma con un’angoscia sempre crescente. Se la signora Hale aveva ragione, mi ero ficcata in un bel casino.
Praticamente ero fottuta!
 
Ci fermammo per la notte in un motel. Avevo bisogno di dormire un paio d’ore se non volevo che finissimo sfracellate contro un albero. Chiusi a chiave ogni accesso possibile.
Ovviamente non dormii bene, svegliandomi al minimo rumore ma riuscii ad accumulare un paio d’ore di sonno necessarie a ripartire. Partimmo all’alba e mi trascinai la bambina praticamente ancora addormentata. Ero preoccupata che la febbre potesse risalire ma non sembrava calda.
Erano le sette del mattino quando arrivammo a San Francisco. Controllai più di una volta l’indirizzo quando mi ritrovai davanti ad una villa enorme. Trilly si era riaddormentata così la presi tra le braccia coprendola con la coperta che avevo rubato al motel. Si, ero diventata una criminale incallita ormai ma non potevo fermarmi per strada.
Mi aprì la porta un uomo in divisa che immaginai essere un maggiordomo. Mi invitò ad entrare, probabilmente era stato avvisato del mio arrivo e mi scortò in un grande salone. Mi fece accomodare informandomi che Monsieur Gustave sarebbe arrivato subito.

La stanza era molto elegante, ricca di quadri e mobili antichi. C’era un po’ troppo sfarzo ed era molto classica per i miei gusti ma nell’insieme era armoniosa. Una voce gentile mi riscosse dai miei pensieri.

  • signorina, lei deve essere Isabella. Incantato. – gli porsi la mano per stringerla, districandola da sotto la coperta che copriva la bambina che si era aggrappata al mio collo come un koala. Gustave prese delicatamente la mia mano e la baciò. Ora capivo perché la nonna di Rosalie lo aveva definito bizzarro.
  • Il piacere è mio signor…
  • No mia cara. Nessun signor. Io sono Gustave, Gus per gli amici. E per le belle donne. – mi disse ammiccando ed io non potei fare a meno di arrossire e sorridere.
Mi disse che la nonna di Rose gli aveva raccontato ogni cosa, chiamandolo da una cabina telefonica di Port Angeles. Mi promise che mi avrebbe aiutata, non voleva che Rose dovesse sopportare lo stesso dolore che aveva sopportato con la morte del figlio e avrebbe fatto di tutto per renderla felice.
Ero certa che quell’uomo fosse innamorato della nonna della mia amica, gli brillavano gli occhi quando ne parlava.
Mi accompagnò in quella che sarebbe diventata la camera mia e della bambina, almeno finchè non avesse parlato con dei suoi amici.

  • Io ti ammiro molto Isabella. Ci vuole coraggio a fare ciò che tu hai fatto. Ti prometto che farò di tutto per te e questa bambina. Non fallirò questa volta.
Credei alle sue parole e di slancio lo abbracciai.
  • Calma signorina, sono sempre un uomo, e se una donna bellissima mi si butta tra le braccia potrei non rispondere più di me.
Mi staccai in imbarazzo ma appena mi fece l’occhiolino scoppiai a ridere più serena.
  • Grazie Gus. Davvero. Non so cosa avrei fatto senza te e Rose.
  • Non pensarci. Mi ringrazierai appena tutta questa schifosa faccenda sarà conclusa. E pretendo una cena! – aggiunse.
Ci accordammo di dire alla figlia che ero la nipote di una sua amica in difficoltà con l’ex marito per l’affidamento della bambina.
Si fidava della figlia ma non voleva coinvolgere altre persone prima di sapere contro chi combattevamo. Grazie a degli amici scoprì che non era stata sporta nessuna denuncia di scomparsa di una bambina nelle ultime ventiquattro ore e questo lo insospettì; appena gli raccontai che la piccola mi aveva detto che non era sua madre la donna che si era presentata alla polizia, il suo cervello iniziò ad elaborare tesi e complotti.

Parlai con la bambina e le dissi che avremmo dovuto trovare un nome per lei e fingere che io fossi la sua mamma nonostante dimostravo ancora meno dei miei ventuno anni. Fu felice di scegliersi un nome e dopo centinaia di tentativi, che passavano da Ariel a Biancaneve, optò per un semplice Amy chiedendomi però di chiamarla Trilly quando fossimo state sole. Quanto al fatto di dire a tutti che ero la sua mamma non ebbe problemi, felice mi disse di averne una anche lei.

I primi quattro giorni trascorsero sereni anche se Gus non era ancora riuscito a trovare risposte alle sue domande. Non uscivamo mai di casa ma non ci mancava nulla.
Facevamo lunghe passeggiate nell’immenso giardino della villa e chiacchieravamo di ogni cosa. Amy era molto curiosa e mi riempiva di domande. Aveva conquistato subito Gustave nonostante il timore iniziale.
Avevo avuto paura quando avevo incontrato Carmen, la figlia di Gustave, ma ogni timore era svanito appena aveva incrociato lo sguardo di Amy. Ne era rimasta estasiata e ad Amy sembrava piacere lei, anche se non voleva mai che la lasciassi da sola. Mi aveva confidato che le piaceva Carmen ma che i suoi occhi erano uguali a quelli della signora cattiva e che non voleva stare lontana da me.
Non avevo più sentito Rose ma le avevo scritto alcune mail anonime con poche parole. Solo due per l’esattezza: “sempre simpatica!”. Era il mio modo di risponderle che andava tutto bene quando mia madre decideva di venirmi a trovare a Forks. Era sempre un piacere avere a che fare con lei!

Amy stava meglio, i lividi erano meno visibili, anche se ancora presenti, e parlava in continuazione con me. Sarei rimasta ad ascoltarla per ore, senza mai stancarmi, solo con gli altri era più taciturna e scambiava poche parole con loro.

Il sesto giorno che eravamo a San Francisco accadde qualcosa che cambiò per sempre le nostre vite.
 
 
Stavo correndo in giardino con Amy quando sentii delle voci avvicinarsi. Carmen era arrivata da pochi minuti insieme al marito Eleazar ma non era venuta a salutarci subito come al solito.

  • dai venite in giardino, almeno prendiamo un po’ d’aria. Tanya conosci la strada. Tu Edward? Vuoi qualcosa da bere?
  • No grazie, sto bene così.
Io ed Amy sollevammo la testa contemporaneamente. Quella voce era così calda e profonda. Fui curiosa di scoprire a chi appartenesse e cercai di sbirciare. Amy sembrava calamitata da quella voce. La vedevo guardare in direzione della porta.
  • come va il lavoro Edward? Tanya mi ha detto che ti hanno chiesto di tenere una lezione qui all’università, dev’essere molto gratificante. – chiese Carmen.
  • Abbastanza. Ma preferisco il lavoro sul campo, quello è davvero gratificante.
Amy strizzava gli occhietti come se stesse cercando qualcosa ed io distolsi l’attenzione dall’ospite per puntarla su di lei.
Era così concentrata che sobbalzò appena Carmen ci chiamò. Corse tra le mie braccia nella sua solita presa da koala e nascose il visino nel mio collo.

  • Trilly va tutto bene. È solo Carmen. – le sussurrai. Ma lei si strinse a me ancora più forte.
Mi avvicinai a loro tenendo Amy con un braccio e allungai la mano per presentarmi.
  • piacere sono Isabella. - Dissi stringendo la mano di una donna molto bella.
Aveva dei ricci biondo, rossicci e un fisico da modella. Mi ricordò per un attimo Rose.
  • Piacere mio. Io sono Tanya, lui è Edward.
Tesi la mano verso l’uomo ma notai che stava fissando le spalle di Amy ancora aggrappata a me.
  • Edward… - lo rimproverò Tanya.
  • Si scusami. Non volevo essere maleducato. Sono Edward, piacere…
  • Isabella. Sono Isabella. – odiavo presentarmi con il mio nome per intero ma preferivo mantenere le distanze con tutti finchè non avessi risolto la faccenda.
  • E questa bambina? – chiese Tanya. Finora eravamo sempre state presentate, non avevo mai detto a niente a nessuno, ma Carmen non parlava presa da un sms.
  • Lei è… è mia figlia. Amy.
  • Cos’ha? È timida? Perché non si gira? – mi chiese Tanya con il disappunto dipinto in viso. Non è timida, è spaventata ma non era il caso di dirlo a nessuno, specialmente a lei. Non la conoscevo ma non mi piacque quella donna.
  • Si, un po’.        
Edward si abbassò per raccogliere un fiore rosa e si mise alle mie spalle.
  • posso regalarle un fiore signorina? – le chiese con una voce molto dolce. Amy si rilassò appena ma non sollevò il viso dall’incavo del mio collo.
  • Fa bene a non dare confidenza agli sconosciuti signorina. Darò il fiore alla sua mamma così lo potrà mettere in un vaso, va bene? – Amy annuì senza sollevare mai la testa.
  • Mi spiace, di solito non è così timida. – cercai di giustificarmi. Non capivo il comportamento di Amy, non si era mai fatta problemi a mostrarsi agli altri, non capivo perché si fosse così chiusa con Edward.
Per la prima volta sollevai lo sguardo sul suo viso e notai che era di una bellezza disarmante.
Pensai fosse un attore o un modello. Avevo il viso squadrato ma i lineamenti dolci, le labbra piene e la pelle chiara. Appena arrivai ai suoi occhi lo fissai per un attimo più del dovuto. Aveva gli occhi dello strano colore di Amy. Inarcò un sopracciglio forse chiedendosi perché c’era una pazza che lo fissava.

  • Scusate, io devo andare. È stato un piacere conoscervi. – presi il fiore che ancora mi porgeva e mi congedai velocemente.



ok, lo so che mi state odiando! non voglio essere sadica, so che ci ha messo un bel po ad arrivare Edward ma non se ne andrà via tanto facilmente, anzi!
spero di non avervi confuse con tutti questi nomi, ma era necessario per la storia.
che ne pensate di Gus? lo immaginavate così? io adoro i due arzilli vecchietti!
beh Tanya.... non ho molto da dire su di lei ma mi serve, diciamo che è un male necessario. 

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Capitolo 6
*** 6 - Ricordi . . . ***


Buonasera a tutte voi.
Volevo innanzitutto scusarmi per non aver postato prima, mi ero ripromessa di farlo ma non ho avuto un minuto. Sorry!

Mi sa che vi ho riempito la testa di domande con lo scorso capitolo, non so se questo risponderà a tutte, ma magari ne chiarirà alcune.
Volevo premettere che di norma non amo molto le storie viste da diversi punti di vista, però più scrivevo questo capitolo visto da Bella più non lo sentivo adatto. Quando ho provato a scrivere dal pov Edward invece, tutto mi è venuto scorrevole e semplice. Vi dico con certezza però che non ci saranno pov di altri personaggi oltre a loro.
Fatemi sapere se questo stile non vi piace, ci tengo, cercherò di migliorare!
Grazie sempre per le fantastiche recensioni e per l'affetto che mi dimostrate! Vi abbraccio!




6 – Ricordi

 

POV EDWARD
 
Eravamo arrivati a San Francisco da tre mesi e già odiavo quella città.
Mi mancava casa mia, mi mancava la mia famiglia e soprattutto mi mancava il mio pianoforte. Nell’attico iper moderno di Tanya avrebbe stonato e quindi non era stato possibile metterne uno. Mi mancava la mia musica, potermi rilassare e vivere nel mio mondo.
In realtà non mi sentivo più nel mio mondo da tanto tempo ormai.
Quella mattina avevo dovuto seguire la mia ragazza in giro per mezza città. Erano solo le dieci ed ero già stufo.
Quando mi propose di andare a trovare una coppia di suoi amici accettai. Carmen ed Eleazar erano gli unici a starmi davvero simpatici, erano brave persone, semplici senza troppi grilli per la testa. L’esatto contrario della mia ragazza. La mia famiglia non era felice che io stessi con lei, dicevano che non era adatta a me e sapevo che avevano ragione ma egoisticamente me la facevo andare bene. Sapevo di sbagliare nei suoi confronti, forse la stavo solo usando e illudendo ma avevo bisogno di non pensare e lei mi aiutava. Mi riempiva la testa di cose inutili e discorsi stupidi che nemmeno ricordavo ma la riempiva. Faceva in modo che gli altri pensieri, quelli dolorosi venissero sopraffatti dalla sua voce. E per ora andava bene.
Qualunque cosa era meglio del silenzio, di quel silenzio che urlava ricordi e dolore.

Faceva caldo quella mattina quando arrivammo da Carmen. Suo padre non era in casa ed era un peccato perché quell’uomo era un vero spasso, completamente folle, ma simpatico.
Ci fecero accomodare offrendoci da bere e quando arrivammo in giardino vidi una ragazza bruna e un bambina, Carmen sussurrò a Tanya che era la nipote di un’amica di suo padre in difficoltà con l’ex marito per la bambina, e suo padre si era offerto di ospitarla.

La bambina era piccola e minuta ed era aggrappata alla madre come una piccola scimmietta. Mi fece sorridere, anche lei lo faceva.
Cercai di scacciare il ricordo ma non funzionò molto. Era inutile, ogni volta che vedevo una bambina i miei pensieri scattavano a lei; non importava che fossero bionde o more, che avessero gli occhi scuri o azzurri, in loro vedevo lei e il mio cuore perdeva sempre un pezzetto. Quella bambina poi aveva anche lo stesso colore di capelli e forse quasi la stessa età, per cui il pezzetto che se ne andò fu ancora più grosso.

Quando la ragazza parlò la sua voce mi ricordò quella di un angelo. Non che ne avessi mai visto uno ma se li immaginavo pensavo avessero quella voce.
La bambina non si staccò un attimo da sua madre, nascondeva il viso nell’incavo del suo collo e la stringeva forte, Tanya con la sua solita delicatezza chiese se fosse timida. Che genio! Stava attraversando un momento difficile già così piccola. Non era facile affrontare la separazione dei genitori, soprattutto se c’erano problemi come avevo capito, che importanza aveva che fosse timida o semplicemente spaventata?
Non so perché lo feci ma raccolsi un piccolo fiore rosa e glielo offrii. Sperai di poter vedere il suo viso ma non sollevò la testa.

  • Fa bene a non dare confidenza agli sconosciuti signorina. Darò il fiore alla sua mamma così lo potrà mettere in un vaso, va bene?
Sorrisi appena annuì, mi stava ascoltando allora. Faceva solo finta di non volere contatti con noi. Che cosa importava poi?
La madre mi osservò attentamente e quasi mi imbarazzai quando mi fissò negli occhi.
Era molto giovane e bella, doveva aver avuto la bambina a neanche diciotto anni.
Mi persi per un attimo nei suoi occhi color cioccolato e sulle labbra rosse. Aveva il labbro inferiore leggermente più sporgente rispetto a quello superiore e la carnagione molto chiara, quasi lattea. Non so perché la mia mente registrò tutti questi dettagli in tre secondi, non mi era mai successo.
Se cercavo di pensare agli occhi di Tanya, della mia ragazza, mi veniva in mente solo che forse erano chiari, non ricordavo nemmeno il colore. Mi era successo solo un’altra volta di registrare tanti particolari in così poco tempo ed era stato amore a prima vista. Era stato, già.

Dopo avermi fissato qualche secondo prese il fiore dalla mia mano e si allontanò in fretta.
Restai a fissarla mentre si allontanava velocemente. Non ne capii il motivo, sapevo solo che avrei voluto rincorrerla e chiederla cosa fosse successo, chiederle se anche lei aveva sentito lo stesso brivido che avevo sentito io quando le nostre mani si erano sfiorate.
La voce stridula di Tanya mi riportò alla realtà.

  • allora ci stai?
  • Come? Cosa?
  • Edward ma dov’eri finito? Ti stavo proponendo una cenetta romantica in quel ristorante francese che adoriamo.
Veramente era solo lei ad amarlo. Odiavo la cucina francese, tutta scena e niente di concreto in fondo. Ma ovviamente accettai come al solito.
Salutammo Carmen ed Eleazar che ci invitarono a cena il giorno seguente, accettai subito senza ascoltare Tanya che diceva di dover controllare la sua agenda.
Prima di uscire alzai gli occhi verso la facciata della villa e la vidi dietro una tenda che guardava verso di noi. Le sorrisi appena i nostri occhi si incrociarono ma lei chiuse la tenda con un gesto secco e sparì.

Quella sera cenammo al suo ristorante preferito, scegliendo i suoi piatti preferiti, in auto ascoltammo il suo cd preferito e ascoltai tutte le sue chiacchiere infinite e senza senso. Ma qualunque cosa Tanya facesse la mia mente era altrove, concentrata su due occhi color cioccolato e su due labbra rosse che immaginavo morbide e delicate.
Mi accorsi con disgusto che erano le labbra di Tanya che mi stavano baciando e non quelle di Isabella.
L’avevo vista per cinque minuti, come diavolo era possibile che non riuscissi a smettere di pensare a lei e alla sua bambina. Una bambina con i capelli dello stesso colore di…
Allontanai il viso da quello di Tanya e fermai le sue mani che cercavano di sfilarmi i pantaloni.

  • è tardi Tanya. Domani ho molto lavoro da fare all’università.
  • Oh andiamo, non ci vorrà molto, trovo io il modo di farti rilassare. – rilassare?
Ci si poteva rilassare con una che urlava mentre cercava di farti venire pensando che avrebbe reso tutto più eccitante? Non che mi facesse schifo andare a letto con lei. Era brava, in certe cose, ma non era come immaginavo io fosse fare l’amore.
In realtà non avevo mai fatto l’amore in vita mia. Sesso si. Anche del buon e appagante sesso, ma mai avevo avuto qualcosa di intimo in un rapporto. Neppure con la mia ragazza con cui convivevo da tre mesi. Patetico? Certo. Vuoto? Pure. E ovviamente anche squallido. Ma non era l’amore che cercavo, non ne ero degno. Non potevo dare amore e soprattutto riceverlo, ne ricevere fiducia. Non me lo meritavo.

  • dai tesoro, lasciati andare… ho voglia di te. – mi disse strofinando la sua mano sui miei boxer.
  • Tanya basta!
  • Ma che diavolo hai oggi si può sapere? È tutto il pomeriggio che sei strano.
  • Sono solo stanco, ok? Domani sarà una giornata pesante e voglio dormire. È così difficile da capire?
  • Vaffanculo Edward! Buonanotte!
Non le risposi nemmeno. Che si incazzasse pure. Non avevo voglia di stare dietro alle sue crisi isteriche.
Dormii poco e male quella notte. Rivedevo quella scena, quel maledetto giorno si ripeteva all’infinito nella mia testa e non riuscivo a farlo scomparire.
 
Tanya dormiva ancora quando uscii e ringraziai il cielo di quel dono inaspettato.
La giornata fu frenetica.
Il corso che mi avevano chiesto di tenere all’università fu molto affollato. C’erano molti studenti che mi riempirono di domande. Per fortuna c’era anche qualcuno che non mi chiedeva il numero di telefono o se fossi single.
Sapevo di essere un bell’uomo, non tanto perché lo credevo ma perché lo vedevo negli occhi delle donne che mi guardavano. Non dico che non mi facesse piacere ma era fastidioso a volte.
Soprattutto se volevi toglierti dai piedi la professoressa in minigonna e tacchi a spillo che cercava in ogni modo di avere un contatto con te. Di solito mi aiutava mia sorella in quei casi. Mi aspettava fuori dall’aula fingendosi la mia innamoratissima ragazza ma questo non succedeva più da… da quel maledetto giorno.
Arrivai trafelato a casa consapevole di essere in ritardo per la cena da Carmen.

  • ce l’hai fatta finalmente! – mi salutò Tanya.
  • Scusami ma è stato un casino. Mi faccio una doccia e andiamo.
  • Se vuoi rimandiamo. Carmen capirà…
  • No. Cinque minuti e sono pronto. – la interruppi.
 
Lei mi fissò per un attimo sospettosa.
Non ero mai stato entusiasta di andare a cena fuori e non capiva tutta questa mia improvvisa voglia di socializzare. Non la capivo nemmeno io a dire il vero, l’unica cosa a cui pensavo in quel momento erano quegli occhi color cioccolato e i boccoli biondi della piccola Amy.
Arrivammo a casa di Carmen con quindici minuti di ritardo e cercai di scusarmi in tutti i modi.

  • tranquilli, siete in perfetto orario. Mio padre è appena rientrato e la cena non è ancora pronta. Abbiamo ancora tempo per bere un drink e rilassarci prima di cena. – mi disse Carmen.
Lei e Tanya cominciarono a spettegolare su un’amica piuttosto che un’altra raccontandosi le ultime novità mentre io continuavo a guardarmi attorno.
  • cosa cerchi? – mi chiese Eleazar. Già, cosa cercavo?
  • Niente di particolare. mi guardavo attorno. Non avevo mai notato tutti questi libri. Alcuni sono molto antichi. – osservai.
  • Ti piace leggere?
  • Moltissimo. Mi manca il tempo ma appena posso un buon libro è la compagnia migliore.
  • Oh allora andresti molto d’accordo con Isabella. – sussultai appena pronunciò il suo nome. Con la coda dell’occhio vidi che anche Tanya aveva sollevato lo sguardo su di me.
  • Isabella? Perché? – chiesi facendo finta di niente e sperando che il battito del mio cuore non fosse udibile da altri esseri umani. Che diavolo mi prendeva? Cos’era quest’ansia, questa voglia di rivederla?
  • Oh lei ama molto leggere. Pensa che in una settimana ha fatto fuori almeno quattro libri. E non parlo di libriccini striminziti ma vere e proprie enciclopedie. – Isabella amava leggere. Come me. Basta Edward!
  • E anche la piccola Amy non scherza!
  • Sa leggere anche la bambina? - chiesi sorpreso.
  • Non proprio. Isabella le sta insegnando ma per ora preferisce farsi raccontare le fiabe dalla madre. È una bambina molto intelligente. Peccato per quello che stia succedendo, povera piccola.
  • Cosa c’è che non va? Ho capito che Isabella ha problemi con l’ex marito.
  • Si. Pare che lui voglia portarle via la piccola. Gustave dice che è un uomo molto potente e che non deve sapere dove si trovano, altrimenti sarebbero in pericolo.
 
Tremai a quelle parole. Ma che razza di uomo poteva comportarsi a quel modo. Un padre poi! Si sarebbe solo dovuto preoccupare di tenere sua figlia al sicuro invece di farle passare l’inferno. Avrebbe dovuto curarsi di lei e della madre, non farle avvicinare da sconosciuti, non perderle mai di vista, non vederle gettare in un fiume gelido sotto i suoi occhi…

  • Edward tutto bene? – la voce di Eleazar mi riportò alla realtà. – stai bene? Stavi tremando.
  • Si, tutto bene. Scusami. Devo solo… posso usare un attimo il bagno?
  • Certo, è la seconda porta a sinistra.
Uscii dalla biblioteca rassicurando Tanya che andava tutto bene. Stavo per aprire la porta del bagno quando sentii una voce dalla stanza accanto. Avrei riconosciuto quella voce tra mille. L’avevo sentita mille volte in tv, era il suo cartone preferito. Trilly. 
Quando aprii la porta non c’era nessuno. Mi accorsi solo dopo che Amy era rannicchiata sul divano che dormiva. Mi avvicinai istintivamente a lei e la coprii con la copertina che era caduta a terra.

  • tutto bene? – mi chiese la voce più melodiosa del mondo. Isabella era davanti alla porta e mi fissava.
  • Si. Ho sentito le voci del cartone e sono entrato. Poi ho visto la bambina dormire e l’ho coperta. Non volevo essere invadente, scusami. – la sentii rilassarsi e si sedette accanto alla figlia.
  • Non preoccuparti. Non lo sei stato. Grazie per averla coperta. Scalcia come una matta quando dorme. Non riesce a stare coperta per più di cinque minuti. – guardò la bambina con profondo amore e le accarezzò la testolina. Dormiva a pancia in giù con il visino nascosto nel gomito.
  • Capita a molti bambini. Con l’età migliorano, di solito.
  • Hai figli? – mi chiese ma io mi irrigidii subito. Non ne avevo e non ne avrei mai voluti. Non sarei mai stato un buon padre.
  • No. – risposi forse troppo duramente. Lei arrossì e si scusò.
  • Scusami tu se sono stato brusco, non volevo. – mi scusai io a mia volta. Idiota!
  • Sono stata invadente è colpa mia davvero. - continuò. 
  • No sono io che… - la fissai e scoppiammo a ridere contemporaneamente.
Isabella accarezzò la testa della figlia ed io restai incantato a guardarle. Lei muoveva delicatamente le dita affusolate tra i boccoli biondi della figlia, il suo sorriso però si spense e sospirò.
  • va tutto bene? – le chiesi preoccupato.
  • Si, si. Tutto bene. – cercò di sorridere ma il suo sorriso non raggiunse mai gli occhi.
  • Senti Isabella, lo so che non sono affari miei, ma ho saputo che hai problemi con il tuo ex marito. Non voglio farmi gli affari tuoi ma il mio migliore amico è un avvocato molto bravo e magari potrebbe…
  • Non preoccuparti Edward. Risolverò tutto. Grazie comunque. – si affrettò a rispondere. Troppo in fretta.
Ignorai il mio cuore che aveva raddoppiato i battiti al sentirle pronunciare il mio nome e tentai di aprire la bocca.
I miei occhi si posarono sulla bambina e spalancai la bocca. Sul collo aveva una piccola voglia. Un piccolo triangolino rosso che ricordava un cono alla fragola.
 
Anche Alice ce l’aveva e anche lei.
 
Istintivamente avvicinai la mano ai suoi capelli e le scoprii il collo.

  • che stai facendo? – mi chiese duramente Isabella.
  • Quella voglia… io…
  • Lasciala. – mi intimò subito Isabella. Prese tra le braccia la bambina che si svegliò.
Quando sollevò il visino verso di me e aprì gli occhi restai basito.
Non era possibile. Non poteva essere. Lei, non poteva essere lei. La bambina sbattè le palpebre un paio di volte e si strofinò gli occhietti.

  • Alice… - sussurrai piano.
La bambina aprì gli occhi e mi fissò.
  • Ali? – chiese.
Alle orecchie di qualcun altro poteva sembrare un suono qualunque ma non alle mie. Solo io e Jasper chiamavamo Alice in quel modo e la prendevamo in giro perché non le piaceva.
Non poteva essere un caso e poi i suoi occhi e il suo viso.
Era uguale ad Alice. Aveva il suo stesso nasino all’insù e la forma degli occhi. Aveva gli occhi verdi, come lei, come me. Mi presi la testa tra le mani. Non era possibile. Io l’avevo vista cadere. Lei era finita in acqua. Lei era… non poteva essere lei.

  • Edward stai bene? – mi chiese spaventata Isabella. Sua madre. La madre della bambina che continuavo a fissare come se avessi visto un fantasma.
Sussultai quando poggiò una mano sulla mia ancora ferma a mezz’aria e vidi che mi guardava preoccupata. Fu la voce di Tanya che interruppe quel contatto.
  • Edward? Che succede? – chiese stizzita. Isabella ritirò subito la mano e si allontanò.
  • Edward vuoi rispondere? Che… - si bloccò guardandomi. Si, dovevo sembrare davvero pazzo.
  • Oh mio Dio! Che gli hai fatto? – chiese urlando a Isabella. Subito la bambina si nascose tra le braccia di sua madre, forse fu quel gesto a farmi riprendere.
  • - sto… sto bene Tanya. Va tutto bene. – cercai di dirle.
Lei si inginocchiò accanto a me e prese la mia mano tra le sue. Non sentivo ciò che diceva ma la rassicurai dicendole che era stato solo un capogiro. Non parve convinta, anzi guardò ancora in direzione di Isabella che coccolava Amy che tremava. Scostai Tanya e mi avvicinai a loro.
  • scusate se vi ho spaventate, non volevo. Mi è solo… mi è venuta in mente una persona che non… non vedo da tanto tempo. Scusatemi. – Isabella annuì, mentre la bambina restava rigida tra le braccia della madre.
  • Hei, piccolina. Mi scusi pure tu se ti ho spaventata? Non volevo. Mi perdoni? – le chiesi.
Lei sollevò la testolina e annuì restando comunque aggrappata alla camicia della madre.
Mi sentii un pervertito quando i miei occhi si posarono sulla scollatura della camicia che Amy aveva aperto aggrappandosi ai bottoni. Probabilmente ne aveva fatto saltare uno regalandomi quello spettacolo inatteso. Distolsi subito lo sguardo imbarazzato e mi alzai per andare a tavola.
Sulla porta Gus mi osservava attentamente con quel suo particolare sguardo che sembrava volesse leggerti dentro.
Mi offrii di aiutare Isabella ad alzarsi dal divano visto che aveva ancora la bambina in braccio ma lei rifiutò e si alzò da sola.
Tanya mi afferrò per mano e mi portò in sala chiedendomi ancora una volta se tutto andasse bene.

Per tutta la cena non riuscii a staccare gli occhi dalla bambina.
Non riuscivo a chiamarla con il suo nome, mi sembrava così sbagliato, l’unico nome che mi veniva in mente era… dovevo smetterla se non volevo sembrare pazzo.
Tanya non faceva che attaccarsi a me come una cozza baciandomi ed accarezzandomi ogni minuto come a voler marcare il territorio mentre Isabella non mi guardò per tutta la cena.
La bambina invece... Amy. Si chiama Amy, Edward. Me lo dovevo ficcare in testa, che mi piacesse o meno.

Amy mi fissava in continuazione con quei suoi occhioni verdi così simili ai miei. Ogni tanto le vedevo corrugare la fronte come se si sforzasse di fare qualcosa.
Dopo cena Isabella si congedò da noi adducendo come scusa un forte mal di testa. Non avrei mai voluto lasciarla andare ma non potevo fare nulla.
Restai a fissarle mentre salivano le scale finchè Amy si fermò, si girò e mi sorrise. Mi salutò agitando la manina e io feci altrettanto. Spostai lo sguardo su Isabella che mi guardava e decisi che l’avrei aiutata in qualunque modo.

Non avevo potuto salvare lei, ma avrei salvato quella bambina e sua madre.

A qualunque costo.





Ciaooooooo.... sono preoccupata delle lance che potreste lanciarmi! spero non avervi fatto uscire di testa! so che non ho chiarito molto ma, se leggete tra le righe, ho detto più del dovuto!
Basta, non dico più nulla! muta come un pesce °o°

Spero di leggervi presto, buon fine settimana!

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Capitolo 7
*** 7 - Eddy ***


Buonasera a tutte!
Rieccomi qui.
Volevo innanzitutto approfittarne per farvi gli auguri di Buona Pasqua. Non ingozzatevi di cioccolata come probabilmente farò io! mi ripeto ogni anno di non farlo ma non serve!
Riguardo al capitolo troverete un piccolo POV Bella ma il resto del capitolo è interamente visto da Edward.
Non so se vi ho trasmesso bene ciò che prova o come si sente, ma spero di esserci riuscita in qualche modo.
Si scoprirà qualcosa in più sul passato di Ed e sulle sue reazioni. spero davvero di leggervi.
Un grande abbraccio. 

 

7 – Eddy
 
POV BELLA
 
Salii le scale con il cuore che martellava nel petto. Avrei tanto voluto che quello che la mia mente aveva partorito corrispondesse alla verità ma non potevo esserne sicura. Mi sembrava fin troppo scontato eppure…

  • Bella che hai? – mi chiese Amy.
  • Niente Trilly, ero solo pensierosa.
  • È timpatico.
  • Chi?
  • Edva, Edard, Ed… oh uffi! Ha un nome diffitile! Lo chiamo Eddy, come il mio tio.
  • Come?
  • Eddy.
  • No, come chi hai detto? Come lo zio? – chiesi perplessa. Lei scosse la testa per un momento come se volesse cacciare qualcosa dalla mente poi scrollò le piccole spalle.
  • Trilly devo sapere una cosa molto importante. – le dissi seria.- tu conosci Edward? – lei scosse il capo.
  • Ma ti ricorda qualcuno, pensi di averlo visto da qualche parte? – lei mi guardò come a volermi dire che non lo sapeva.
Aveva quattro anni in fondo, non potevo pretendere che ricordasse. Ma il loro atteggiamento e tutti i piccoli particolari mi portavano in un’unica direzione.
Se fosse stato davvero così sarei stata la persona più felice del mondo.
Se davvero Edward in qualche modo aveva un legame con la bambina avrei avuto il cuore più leggero. Mi sembrava una brava persona ma come facevo a sapere che sarebbe stata al sicuro?
In fondo non l’avevano cercata e se davvero l’aveva riconosciuta perché non aveva detto nulla? E chi era Alice? Perché la bambina aveva ripetuto Ali appena aveva sentito Edward chiamarla?
Sentivo la testa che scoppiava con tutte quelle domande e la cosa più frustrante era che non avevo risposte. Non sapevo se potevo parlarne con Gustave, in quel momento avrei solo voluto parlare con Rose e chiedere consiglio a lei. Sentii la bambina sbadigliare e mi sdraiai accanto a lei cercando inutilmente di prendere sonno.
 
 
POV EDWARD
 
Non riuscivo a prendere sonno.
Mi rigiravo nel letto da due ore ormai.
Non riuscivo a togliermi quel viso dagli occhi.
Le somigliava così tanto, sembrava davvero che fosse lei ma era impossibile. Io l’avevo vista cadere giù, avevo visto quel maledetto bastardo buttarla giù.
Non era servito a niente tuffarmi nell’acqua gelida, non ero riuscito a riprenderla. Mi ero girato solo per un momento, un solo dannatissimo istante e tutto era cambiato. Il suo cappottino rosso e il suo coniglietto di peluche erano volati giù con lei, gettati via da un mostro senz’anima. Senza che potessi solo capire cosa accadeva o che avessi anche solo il tempo di fermarlo.
Ci avevo provato a nuotare per cercarla.
Avevo cercato invano di resistere al freddo, avevo cercato di liberarmi dalla stretta dei poliziotti che mi riportavano a riva ma non era servito a nulla.
Io non servivo a nulla. Piansi di nuovo dopo tanto tempo. Faceva sempre più male. Chi diceva che il tempo curava le ferite sparava solo una cazzata!
Io stavo sempre peggio, la mia famiglia era a pezzi e avevo distrutto la vita e il matrimonio di mia sorella e Jasper.
Lei era con me, con il suo adorato zio.
Lei mi amava tanto ed io non sono riuscito a salvarla.
Sono un essere inutile.
Dormii pochissimo e mi svegliai all’alba. Indossai la mia tuta ed uscii a fare una corsa, era tanto tempo che non lo facevo più.
Non so come ma mi ritrovai sotto casa di Gustave a fissare la porta. Cercavo di immaginare cosa potessero fare Isabella e sua figlia in quel momento, sicuramente dormivano ancora visto che erano passate da poco le sette o magari si erano appena svegliate. Sorrisi pensando a come dovevano sembrare appena sveglie, ero certo sarebbero state incantevoli entrambe.
Immaginai gli occhi profondi di Isabella e i capelli scuri sparsi sul cuscino, la immaginavo stiracchiarsi sinuosa sotto le coperte con le labbra morbide dischiuse e… e dovevo smetterla.
Pensai con rabbia all’idiota che aveva avuto la possibilità di averla e si era lasciato scappare una persona tanto speciale.
La bambina non somigliava alla madre, quindi immaginai avesse preso dal padre, doppiamente idiota. Le aveva lasciate entrambe da sole, spaventate proprio da lui che avrebbe dovuto invece proteggerle.
Ero immerso nei miei pensieri e sobbalzai quando una mano si poggiò sulla mia spalla.

  • signor Cullen? – era il maggiordomo di Gustave.
  • Si, mi dica. – chiesi sorpreso.
  • Monsieur Gustave desidera parlarle.
  • Ma come sapeva che io ero qui?
  • È fuori dalla nostra porta da mezz’ora signore, i suoi ringhi si sentono fino al salone. – mi disse a metà tra l’ovvio e l’infastidito. Arrossii.
  • Grazie ma non sono presentabile. Dica a Monsieur Gustave che tornerò quando sarò presentabile e…
  • Monsieur Gustave mi ha pregato di insistere. – mi disse ma non era d’accordo con il suo capo visto lo sguardo carico di disappunto che mi rivolse.
  • Accetto allora.
Quando entrai fui accompagnato in sala. Gustave era seduto intento a bere un caffè e leggere il giornale. Sollevò lo sguardo appena entrai e mi pregò di accomodarmi.
  • Posso offrirti qualcosa Edward?
  • No sto bene così, grazie. Mi dispiace presentarmi in queste condizioni ma…
  • Sciocchezze. I miei ospiti mi hanno trovato in condizioni peggiori delle tue e mi sono presentato a casa di altri in modi molti più che imbarazzanti. - Sorrisi mio malgrado.
  • Posso sapere perché mi avete fatto chiamare?
  • Posso chiederti perché stavi fuori dalla mia porta alle sette del mattino? – non le mandava a dire di certo. Cercai una risposta esauriente alla sua domanda ma non la trovai.
  • Non lo so. – sospirai. Lo vidi sorridere.
  • Sai Edward, ho sempre avuto una buona impressione di te. Nonostante la tua compagna. – sorrisi anch’io. Avrei dovuto difenderla forse, in fondo era la mia compagna, ma non ne sentii la necessità anzi, mi trovai d’accordo con lui.
  • Non avete risposto alla mia domanda Gustave. – gli feci notare.
  • Credo che tu sappia la risposta. – lo guardai serio adesso. - Io non mi impiccio mai degli affari degli altri finchè non oltrepassano il limite. Non ho mai chiesto a mia figlia cosa ti fosse accaduto per spegnere i tuoi occhi, e lei non me l’ha mai detto, ma so che ti è successo qualcosa di brutto.
Non mi interessa sapere, non ho mai avuto interesse a sbirciare nella vita altrui ma ti consiglio di indirizzare bene le tue attenzioni. Non voglio che vengano scatenate guerre in casa mia che non si è certi di poter vincere. Non voglio vittime innocenti tra i caduti e non voglio dover raccogliere i pezzi di chi si sgretola sotto un peso più grande di lui. – mi disse serio. Cercai di capire dove volesse andare a parare ma non riuscivo a capire il senso del suo discorso.
  • Gustave io…
  • Si è sempre gli ultimi a capire l’ovvio quando c’è in ballo qualcosa che ci riguarda. L’importante è capire e saper agire con coraggio. Tu sei coraggioso Edward?
  • io…
  • Ti serve coraggio per affrontare la vita e se non puoi affrontare la tua non puoi aiutare gli altri. Sei un bravo medico, una brava persona, ma sei anche un bravo uomo Edward? – tacqui fissandolo. Perché mi faceva quel discorso? – io ho bisogno di un alleato per aiutarle ma non so se tu ne saresti capace.
Capii subito a chi si riferiva.
  • Perché me lo chiedi?
  • Perché rispondi ad una domanda con un’altra? Ho visto i tuoi occhi ieri. Ho visto che vorresti aiutarle, ma saresti davvero disposto a farlo?
  • Si.
  • A qualunque costo?
  • Si.
  • Anche a rischio di perdere tutto?
  • Si. –
  • Perché? - non esitai un attimo a rispondere alle altre domande, ma quella semplice parola mi spiazzò. Perché? Non lo sapevo perché, sentivo solo che era così. Mentre cercavo le parole adatte Gustave si alzò dalla sedia.
  • Isabella buongiorno. Buongiorno anche a lei signorina Amy, pronta per una buona colazione? – la bambina annuì con decisione mentre la madre sorrideva. Non mi avevano ancora visto e Isabella si bloccò appena incrociò i miei occhi. Era ancora più bella di come ricordassi. Senza un filo di trucco, i capelli arruffati e le labbra rosse, era ancora meglio di come avessi immaginato. Indossava i pantaloni di una tuta molto larga e una vecchia maglietta di cotone da cui riuscivo a vedere il profilo dei capezzoli turgidi, niente a che vedere con i pigiami di pizzo e seta di Tanya, ma non avrei potuto trovarla più sensuale. Cercai di scacciare i pensieri dalla mia testa mentre sentivo Amy ridacchiare.
  • - ti tei boccata! – disse ridendo a sua madre. Lei arrossì e si schiarì la voce.
  • Buongiorno - mi salutò seguendo Amy che era salita su una sedia.
  • Buongiorno. – risposi cercando di ritrovare la voce.
Amy non aveva smesso un attimo di ridacchiare ed ora guardava me con un’espressione divertita.
In effetti la mia tuta era sudata e sporca di terra, non era stata una grande idea sdraiarmi sfinito in un’aiuola. Anche Isabella guardò la mia tuta e sorrise prima di girarsi di scatto dall’altra parte rossa come un peperone. Ma che cosa… oh cazzo!
Non mi ero nemmeno accorto di essermi eccitato guardandola. Che figura di merda.
La tuta di certo non aiutava, ma lei poteva indossare almeno il reggiseno, poteva essere meno bella o meno… Edward stai farneticando!
Mi sedetti di scatto mentre Gustave ci informava che la colazione sarebbe arrivata subito. Io e Isabella annuimmo mentre Amy lanciava un urletto entusiasta.-

  • Ti! Ho fame! Bel… mamma voio cioccolata. – disse a sua madre.
  • Tesoro non lo so se Marta l’ha preparata oggi.
  • Ma io voio. – disse facendo tremare il labbro inferiore. Lo faceva anche lei, no Edward lo fanno quasi tutti i bambini, mi corressi.
  • Se vuoi posso andare io a chiedere alla cuoca. – mi offrii. Avevo bisogno di un attimo per rilassarmi.
  • Tu?
  • Si, se lo vuoi. Posso chiederle una fetta di torta al cioccolato o dei biscotti o…
  • Totta!
  • Ok, torta. Glielo vado a chiedere. - Mi alzai sperando che il mio amico nei pantaloni non facesse altri scherzi, ma Isabella non sollevò mai lo sguardo dal tavolo.
  • Grattie Eddy. – mi bloccai un attimo. Lei mi aveva chiamato Eddy. Basta dovevo smetterla. Era solo la mia mente che mi faceva quegli scherzi. La guardai un attimo e lei sorrise timida. Le sorrisi anch’io e uscii. Incrociai Gustave che saliva al piano di sopra.
  • Gustave. – lo chiamai - A qualunque costo.
Lui annuì sorridendo e riprese a salire le scale.
 
Tornai dopo cinque minuti con un vassoio pieno di biscotti al cioccolato ma senza torta. Amy mi guardò imbronciata mentre Isabella scosse la testa come a dire “adesso chi la sente”.

  • io volevo totta! – mi disse con il broncio.
  • Lo so, ma Marta non l’aveva preparata oggi. Ha detto che la prepara domani.
  • Io voio totta! – Isabella la rimproverò e i suoi occhietti si incupirono.
  • Piccola oggi non c’è. Domani ha promesso che ne farà una enorme e se non la fa te la porto io. – se non avesse sorriso sarei uscito subito a comprarne una gigante.
  • Pometti?
  • Prometto.
  • Ma i biccotti ora li mangi con me? – mi chiese piano, quasi temesse un rifiuto.
  • Veramente pensavo fossero solo miei. Tu volevi la torta e io ho pensato che i biscotti non ti piacessero. – le dissi scherzando.
  • Oh. Va bene.- mi disse abbassando il visino sulla tazza di latte. Guardai sua madre imbarazzato cercando di farle capire che scherzavo ma lei guardava seria la bambina. Mi odiai a morte per aver rovinato l’atmosfera e cercai di rimediare.
  • Però sono sicuro che se li mangio tutti mi verrà un terribile mal di pancia, perciò se voi signorine voleste aiutarmi mi eviterei una bua davvero grande. – i suoi occhi verdi si accesero e il suo sorriso le illuminò il viso. Isabella sorrise e mimò un grazie con le labbra. Io sorrisi di conseguenza. Appena Amy mi tirò la manica la guardai.
  • Li mangio tolo pecché poi hai mal di pancia però. È chiaro? – mi chiese. Io la guardai a bocca aperta mentre Isabella rideva senza fermarsi.
Io ed Amy ci guardammo negli occhi, poi senza bisogno di parole afferrammo entrambi un biscotto e lo infilammo in bocca alla sua mamma che sorpresa saltò sulla sedia. Tossì un attimo poi ci guardò a bocca aperta, osservò la sua maglia bianca sporca di cioccolato e si finse arrabbiata.
  • questa me la pagate! – esclamò correndoci incontro.
Senza neppure pensarci presi Amy tra le braccia e girai intorno al tavolo mentre lei non smetteva di ridere sulla mia spalla. Quando Isabella si avvicinava lanciava degli urletti dicendomi che era vicina ed io acceleravo il passo. Non mi sentivo così bene da non ricordo più quanto tempo.
Ma come tutte le cose belle finiscono troppo in fretta.

  • Che diavolo succede qui? – la voce di Tanya interruppe il nostro gioco e Amy scese subito dalle mie braccia per rifugiarsi da sua madre.
  • Tanya.
  • Edward puoi spiegarmi? – già, potevo spiegarle? Potevo spiegarlo anche a me per favore?
  • Io sono passato a salutare Gustave e…
  • Con la tuta? E sporco di terra? – osservò schifata.
  • Ero uscito a fare una corsa e mi sono ritrovato qui vicino e…
  • Ti sei ritrovato qui? Edward casa mia dista otto chilometri da qui. Mi spieghi come hai fatto a “ritrovarti” qui? – fui salvato da Gustave che scendeva le scale, pronto per uscire.
  • Signorina Tanya, che gradita sorpresa.
  • Gustave. – le rispose lei fredda. Era arrabbiata con me.
  • Edward è stato gentile a passare da me stamane. So di averlo chiamato presto ma è stato davvero d’aiuto.
  • Perché l’hai chiamato papà? – chiese apprensiva Carmen.
  • La mia gamba al solito. La mattina non ne vuol sentire di collaborare.
  • Edward non è un ortopedico. – obiettò tagliente Tanya.
  • Oh lo so, è un fantastico chirurgo, ma ha molte conoscenze in ospedale e volevo sentire un parere diverso da quello del mio vecchio macellaio.
Carmen si rilassò mentre Tanya sembrò non credere ad una sola parola.
Alternava sguardi furiosi tra me e Isabella ed Amy. Mi sentii in dovere di proteggerle.

  • Tanya qual è il problema? – chiesi più acido del dovuto.
  • Qual è il problema? Mi stavo iniziando preoccupare. Mi sveglio e non ti trovo, non hai lasciato un messaggio o un appunto. Ho pensato fossi in ospedale ma non ti ho trovato lì, il tuo cellulare è spento. A proposito perché è spento?
  • Si è scaricata la batteria.
  • Ma se lo carichi ogni giorno in caso l’ospedale abbia bisogno di te.
  • L’ho dimenticato Tanya. Possiamo smettere di fare una tragedia? – mi stavo iniziando ad innervosire.
  • Non sono io che faccio tragedie. La stai facendo tu con quella bambina. – indicò Amy con il dito – quella bambina non è lei. Lei è morta, l’hai persa e non tornerà più, mettitelo in testa.
Se non fosse stata una donna, se non ci fossero state altre persone a guardarmi, se non avessi avvertito lo sguardo di Isabella o lo spavento di Amy, probabilmente l’avrei presa a pugni. 






un Abbraccio!

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Capitolo 8
*** 8 - Cioccolata ***


Buonasera a tutte voi.
COMUNICAZIONE DI SERVIZIO:
 ho appena finito di scrivere l'epilogo di questa storia (della serie ma chissenefrega!). volevo dirvelo, non so perchè... boh!
Comunque, spero che il capitolo vi piaccia e grazie sempre per le vostre fantastiche recensioni. Ci sono tre lettrici in particolare che recensiscono dal primo capitolo e che adoro(voi sapete che parlo di voi), spero non mi abbandoniate, mi manchereste tanto!
Un grande abbraccio. 





8 – Cioccolato.
 
POV BELLA
 
Gli vidi stringere forte i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Per un attimo pensai volesse picchiarla. Io avrei voluto farlo.
Lentamente si girò verso di me.
Il suo sguardo era spento e sembrava invecchiato nel giro di due minuti. Mi si strinse il cuore a vedere quell’espressione sul suo viso. Lui mi fissò per un attimo triste.

  • Mi dispiace. Devo andare adesso. – disse con voce atona. Io riuscii solo ad annuire.
  • Ciao piccola. Ci vediamo presto. – disse ad Amy. Avvicinò una mano per accarezzarla ma la ritrasse subito. Appena si girò Amy scivolò dalle mie braccia e lo chiamò.
  • Eddy! – lui si fermò irrigidendo le spalle e si girò verso di lei, Amy gli tirò la maglietta facendolo abbassare alla sua altezza e lo abbracciò. Io li guardai scioccata, non lo aveva mai fatto con nessuno.
  • Hai prometto che mi pottavi la totta se domani non c’è. Vieni vero? Non ti scoddi di me? – gli sussurrò all’orecchio con il labbro tremante.
  • No che non mi scordo di te, come potrei dimenticarmi della bimba più bella del mondo? Se domani Marta non prepara la torta al cioccolato te la porto io, oppure andiamo a mangiarla insieme. Ti va? – le sussurrò.
Amy si strinse a lui e saltellò felice.
Era la prima volta che la vedevo così serena e mi ritrovai a piangere senza potermi fermare.
Asciugai velocemente la lacrima ma lui se ne accorse. Voltai la testa dall’altra parte cercando di nascondermi ma sentivo il suo sguardo su di me.
Amy si sporse per essere presa in braccio e quando la sollevai si avvicinò al mio orecchio.

  • devo dire a Matta che non fa la totta domani cotì viene Eddy. – disse pensando che nessuno la potesse sentire.
Guardai Edward che si grattava la testa imbarazzato, ovviamente l’aveva sentita.
Mi sorrise e si avviò alla porta. Quando passò accanto alla sua ragazza si spostò senza farsi toccare dalla mano che lei aveva allungato verso di lui come se potesse scottarsi.

  • Edward… - chiamò supplichevole. Lui uscì salutando Carmen e Gustave e lasciò Tanya davanti alla porta.
  • Tanya come ti è venuto in mente di dirgli quelle cose? – la rimproverò Carmen. Lei non la ascoltò e si rivolse a me avvicinandosi. Amy si strinse a me spaventata.
  • Lui è mio. Non m’incanti con la tua aria da santarellina, capito? Non me lo porterai via. – mi disse piano, talmente piano che gli altri non la sentirono. Amy la sentì invece e borbottò qualcosa che somigliava ad un “brutta tronta”.
 
Salutò Gustave e uscì prendendo sottobraccio Carmen con aria affranta.
Gustave mi chiese se stessi bene ed io annuii fingendomi tranquilla.
In realtà sentivo il cuore che batteva forte ma non per lo spavento.
Ero preoccupata per Edward, avrei voluto abbracciarlo quando gli avevo visto quella tristezza infinita negli occhi.
Non sapevo a chi si riferisse Tanya, chi era morta? Mi aveva detto di non avere figli, ma forse Tanya parlava di quella Alice che lui aveva nominato la sera prima. Amy scomparve in cucina, ero certa stesse supplicando la cuoca di non preparare la torta al cioccolato l’indomani. Mi contorcevo le dita non sapendo cosa fare. Avevo dimenticato la presenza di Gus davanti alla porta.

  • Pensierosa, mia dolce Isabella?. – mi disse. Io sorrisi amaramente.
  • Ho paura Gus.
  • Di chi? Di Tanya?
  • Di Edward. – ammisi.
  • Non credo farebbe del male ad una mosca. Se non ha picchiato quell’oca che si ritrova a fianco, credo non sarebbe capace di fare del male a nessuno. – sorrisi alla sua battuta, era molto bravo sdrammatizzare. – ma se preferisci gli vieto di entrare ancora in questa casa.
  • No! – esclamai troppo in fretta arrossendo. Gus mi guardò con il suo solito sguardo leggi-anime.
  • Isabella non sempre ciò che ci spaventa ci fa del male. A volte la paura può trasformarsi in forza, sta solo a te decidere che importanza darle.
Mi lasciò lì, con mille domande in testa e neppure una certezza.

La giornata mi sembrò interminabile e la notte ancora più lunga.
Mi addormentai molto tardi e la mattina Amy mi svegliò prestissimo tutta agitata perché voleva essere vestita come una principessa. Sorrisi della sua spontaneità, a volte sembrava che la bambina tremante che avevo trovato nel mio pick up, la bambina piena di lividi, non fosse mai esistita.
La aiutai a scegliere il vestito che le piaceva di più, poi volle anche fatta una treccia, lei che odiava quando le legavo i capelli. Mi piaceva intrecciarli, lo avevo fatto solo con le bambole, ma una bimba vera che si guardava allo specchio almeno sei volte prima di dichiararsi soddisfatta era tutta un’altra cosa.
Aprii l’armadio e ne tirai fuori un paio di jeans e una maglietta. Stavo per indossarla quando avvertii lo sguardo di Amy su di me.

  • che c’è?
  • Che tai facendo?
  • Mi vesto?
  • Con quetta? – mi chiese indicando quasi schifata la mia maglietta.
  • Si perché? – alzò gli occhi al cielo e mi tolse la maglietta dalle mani.
  • Che fai?
  • È brutta!
  • Beh, non devo sembrare una principessa, io.
  • Pecchè? – già, perché?
  • Io… non serve, ok?
  • Non mi pase quetta.
  • Non ho molti vestiti Trilly, è tardi, dai fammi mettere quella maglietta, per favore.
  • No!
  • Trilly.
  • Appetta! – entrò nel mio armadio vuoto e ne tirò fuori una camicia blu. Doveva essere di Rose, non avevo avuto il tempo di portare niente di mio e i pochi vestiti che avevo me li aveva dati Rose.
  • Non mi sembra il caso di…
  • Bella è taddi. Metti quetta camita, pe favore. – mi disse insofferente. Quella bambina mi terrorizzava a volte. Ma quanti anni aveva? Quattro o quaranta?
Indossai la camicia borbottando tra me. La piccola peste mi costrinse anche a legare i capelli in una coda e mi fece mettere un velo di nero per gli occhi, come lo chiamava lei, per i comuni mortali del semplice mascara.
Cominciò a saltellare impaziente quando sentì suonare alla porta. Mi afferrò la mano e mi trascinò al piano di sotto.
Edward era davanti a noi nella sua immensa bellezza e indossava un paio di jeans e una camicia blu. Stessa tenuta. Sorridemmo entrambi, chissà se per lo stesso motivo.

  • Matta non ha trovato la cioccolata. – disse con finto rammarico Amy. Era un’attrice nata.
  • Davvero? ma aveva promesso. – le ricordò Edward.
  • O to, ma era tinita! Peccato, io volevo… - si finse dispiaciuta e fece il labbruccio. Era davvero terribile.
  • Oh, ma la compriamo noi. Cerchiamo qualcuno che ne ha e ne prendiamo una enorme. Avevo promesso ed io mantengo sempre le promesse.
Amy si aprì in un sorriso e mi prese per mano.
  • Andiamo a comprare totta!
  • Amy non credo sia il caso di uscire.
  • Vai pure Isabella. Mi fido di Edward. – ci interruppe Gus.
Avevo chiesto consiglio a lui la sera prima e mi aveva detto di seguire il mio istinto. Mi aveva detto di non avergli raccontato nulla ma che si fidava di lui. La domanda era se io mi fidavo di qualcun altro.
Guardai il visetto implorante di Amy e il sorriso rassicurante di Edward e mi lasciai convincere.
 
Uscimmo di casa con Amy in mezzo a noi che ci teneva per mano. Era stata felice e serena finchè eravamo a casa, poi si era rabbuiata e mi aveva stretto forte la mano. Edward mi guardò, forse aveva stretto anche la sua e si fermò a guardarla.

  • Che succede piccola? – le chiese, Amy scosse la testa e si strinse al mio fianco senza però lasciare la sua mano.
A volte poteva sembrare una bambina spensierata, ma bastava davvero poco per ricordarmi i suoi lividi, le sue cicatrici e chissà quali altre ferite nell’anima. Mi abbassai e le presi il viso tra le mani.
  • È tutto ok Amy. Non preoccuparti, sei insieme a noi. – ma lei continuava a guardarsi attorno preoccupata.
Edward si abbassò accanto a me e le accarezzò una guancia. Ogni volta che la guardava deglutiva, chissà se gli ricordava quella bambina che Tanya aveva nominato.
  • Hey principessa. Ci sono io con voi. Non permetterò a nessuno di farti del male. Sono grande e grosso e…
  • Jems è più grotto.
  • Chi è Jems? – mi chiese, ma io scossi la testa, non sapevo cosa dirgli.
  • Ascolta, io sono un dottore e anche se Jems è più grosso io so come fermarlo. Non permetterò a nessuno di farti del male, ok? – lei parve rilassarsi e accennò un sorriso. – nessuno ti farà più del male. E neanche alla tua mamma. Ci penserò io a voi.
Lo guardai negli occhi per un tempo che mi parve infinito, finchè Amy parlò di nuovo chiamandoci entrambi. Lui strinse gli occhi come ogni volta che lei lo chiamava Eddy e si girò verso di lei.
  • dimmi piccola.
  • Non mi potteranno pù via, vero? – stavo per aprire la bocca ma lui mi precedette.
  • No piccola. Nessuno ti porterà via. Non succederà ancora, te lo prometto. Ve lo prometto. – lo disse in modo così serio e solenne che non potei non credergli.
Amy tornò la bambina sorridente di quella mattina mentre la mia testa viaggiava per i fatti suoi.
Ero così tentata di raccontargli la verità ma non sapevo come comportarmi.
Tutti quei piccoli indizi che mi portavano a credere che ci fosse qualche legame tra loro, per assurdo che potesse sembrare, sembravano sempre più delle prove schiaccianti.
A parte gli occhi, di quel colore così simile, era l’atteggiamento di Amy a spiazzarmi. Si era fidata ciecamente di lui, come se fosse una cosa naturale, mentre anche con me ci aveva messo più tempo. Avrei anche voluto chiedergli delle sue cicatrici, in fondo era un medico, ma quali conclusioni avrebbe tratto. Avrebbe capito le mie intenzioni oppure avrebbe tratto delle conclusioni sbagliate? E se poi non ci fosse stato alcun legame tra loro? Lui aveva perso una bambina, in qualche modo, e ne era ancora devastato. Se tutto si fosse rivelato un altro film partorito dalla mia testa come avrebbe fatto a riprendersi? Sospirai pesantemente finchè un risolino soffocato mi riscosse dal mio farneticare.
Edward ed Amy si guardavano attorno indifferenti, come due bambini che avevano appena combinato qualche guaio e facevano finta di niente.

  • Che avete voi due? – scrollarono entrambi le spalle ma notai subito che avevano la bocca piena mentre io non avevo ancora assaggiato la mia fetta di…
  • hey! Dov’è la mia torta?
  • È tato Eddy! – disse subito Amy con la faccia impiastricciata di cioccolata.
Lui mi guardò fingendosi scandalizzato mettendo su un’aria da innocente che avrebbe convinto chiunque. Se non fosse stato per la bocca ancora piena e sporca di cioccolata.
  • giuro che questa ve la faccio pagare! Ieri i biscotti, oggi la torta. Almeno non mi avete ancora sporcata! – ovviamente parlai troppo presto perché gli occhi di Amy si posarono sulla mia camicia.
  • No!
  • Cuta! – mi disse la piccola peste.
  • E tu non dici niente? – chiesi ad Edward. Lui guardò dietro di se come a dire stai parlando con lui?
  • Non fare finta di niente. Dovresti essere tu l’adulto. – mi guardò dispiaciuto mettendo su un piccolo broncio e non riuscii più a trattenere le risate.
Amy saltellò sulla sedia ridendo e noi la seguimmo. Edward era ancora sporco di cioccolata e non so perché avvicinai la mano per pulirlo.
  • Sei sporco di cioccolata. – gli dissi.
  • Oh, dove?
  • Qui… - sussurrai allungando una mano vicino al suo viso.
Quando sfiorai l’angolo delle sue labbra con un dito sentii il suo respiro fresco sulla pelle e un brivido corse lungo la schiena. Lui posò la mano sulla mia e mi sorrise. Maledizione non poteva usare quel sorriso su di me, mi mandava in tilt il cervello! Ritirai la mano imbarazzata e cercai di calmare i battiti furiosi del mio cuore. Non mi era mai successa una cosa del genere, non sapevo come comportarmi. O meglio lo sapevo. Lui era fidanzato, con una persona odiosa e probabilmente senza cervello, ma era impegnato. Avevo già vissuto con i miei cosa significasse vivere una storia a tre, non avrei mai fatto lo stesso.
  • mmh, che ne dite di fare una passeggiata? – ci chiese per spezzare il silenzio.
  • Ti ti ti!!! – urlò Amy felice.
La signora del tavolo accanto al nostro ci guardò malissimo, come se l’urletto, ok l’urlo disumano, di Amy fosse qualcosa di riprovevole. Lo notò anche Edward che da bravo bambino urlò ancora più forte di lei. I miei bambini. Stop Bella! Tuoi? Nessuno di loro lo è. Non lo è Amy, ne tantomeno Edward. Un lampo di tristezza mi pervase, fu Amy a spezzarlo.
  • Tutto bene Bel…Mamma? – non riusciva proprio a ricordarselo.
  • Si amore, tutto bene. Andiamo a fare questa passeggiata e poi a casa, ok? – lei annuì, mise per un attimo il broncio, ma poi riprese a sorridere. Era una bambina molto intelligente e capì subito a cosa mi riferissi.
Si mise di nuovo tra me ed Edward e ci prese per mano. Ogni tanto si faceva sollevare e si dondolava con le nostre mani. Mi stupivo di come mi riuscisse facile fare la mamma. Non avevo mai avuto contatti con i bambini ma con lei era tutto così semplice.
  • Ma che bella bambina. – ci disse una vecchietta. Ci irrigidimmo tutti e tre, soprattutto Edward. – somigli così tanto al tuo papà piccolina, come ti chiami?
Lei aprì la bocca per un attimo e poi la richiuse pensierosa.
  • Grazie signora. Ci scusi ma siamo di fretta. – si scusò Edward. Prese a camminare più velocemente scuro in viso e perso in chissà quali pensieri.
  • Edward. – lo chiamai, ma non mi sentì.
  • Edward rallenta, per favore, non riusciamo a correrti dietro.
Lui si fermò e ci guardò.
  • oh, scusate, io…mi ero distratto, scusatemi.
  • Tono tata io. – ci disse Amy.
  • A fare cosa amore?
  • No dovevo dire. – disse farfugliando le parole.
  • Cosa non dovevi dire Amy? – lei scosse la testa e ci guardò, poi prese a camminare tirandoci.
La sua testolina era in pieno fermento, si guardava attorno finchè fissò uno scivolo e ci chiese implorante di poter giocare. Non so come ma riuscì a farci prendere per mano e corse dagli altri bambini che si trovavano lì.
So che avrei dovuto interrompere quel contatto, ma mi ero sentita così bene quando avevo sentito il calore della sua pelle sulla mia. Cercai di farla scivolare via ma Edward rafforzò la presa come se nemmeno lui volesse interrompere quel contatto.
Ci avvicinammo a lei per non perderla di vista, se possibile lui sembrava più attento di me, e non staccammo mai le nostre mani, nemmeno mi ricordavo più di tenerle unite alle sua, mi sembrava così naturale. Almeno finchè Amy ci venne incontro con un sorrisetto furbo fissandole attentamente. Lo ripeto quella bambina mi terrorizzava a volte. Staccammo entrambi la mano e arrossimmo come colti con le mani nella marmellata. Si poteva essere messi in soggezione da una alta un metro? Si. Se il soggetto in questione aveva quegli occhietti furbi e un sorrisetto impertinente.
Restammo a passeggiare nel parco per molto tempo, mi accorsi solo quando stavamo tornando a casa che era ora di pranzo.
Amy si era addormentata in braccio ad Edward e lui la teneva stretta a se come se avesse tra le braccia il tesoro più prezioso.



eccomi qui... spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto.  harley1958 ha scritto un bel commento definendo la storia "dolcissima,ti porta in un mondo fatto di caramelle,di latte e miele,di panna montata." Mancava la cioccolata, l'ho messa io! 
Buonanotte a tutti, e sogni d'oro...

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Capitolo 9
*** 9 - Senso di colpa ***


Buona sera a tutte voi, volevo postare ieri ma una miriade di sorprese mi ha preso ogni minuto libero.
Ieri il mio fantastico fidanzato ha deciso di farmi emozionare e mi ha organizzato il più bel compleanno della mia vita! Mazzo di orchidee, regalo che desideravo da un pò, festa a sorpresa con i nostri amici più cari, baci e coccole a non finire... Sono ancora nella fase occhi a cuoricino!
Sono così.... ok, scusate sto divagando, non ve ne frega (giustamente) niente!
riguardo al capitolo, sono certa vi piacerà. Stavolta non ho dubbi, capirete perchè....
Ci si legge giù. buona lettura!






9 – Senso di colpa

 
POV EDWARD
 
Mi sentivo bene, mi sentivo felice come non succedeva da troppo tempo. Quella bambina era una forza della natura.
Ogni volta che la guardavo il mio cuore perdeva un battito però. Non riuscivo a non pensare a lei, non riuscivo a togliermi dalla testa quell’assurdo pensiero.
Quel maledetto giorno io avevo insistito per fare una passeggiata con mia nipote e lei era stata così felice di stare con il suo zio Eddy.
Io avevo acconsentito a prendere un gelato vicino al fiume, io avevo cercato di evitare la moto che puntava verso di me senza riuscirci, io ero stato allontanato da mia nipote, io l’avevo vista scomparire sotto i miei occhi.
Io avevo visto morire mia nipote.
Avevo ritrovato il suo coniglietto di peluche nell’acqua, ma non avevo trovato lei.
Il suo cappottino rosso era affiorato tre giorni dopo la fine delle ricerche. Il suo corpicino non era stato trovato ma avevano escluso quella possibilità da subito. C’era troppo freddo e il fiume era troppo grande e con la diga a pochi metri era impensabile ritrovarla.
Avevo vissuto per due mesi in trance.
Non uscivo più di casa, non riuscivo a mangiare o fare qualunque altra cosa.
I miei genitori era disperati. Avevano perso la nipotina, la figlia era sull’orlo della pazzia e rischiavano i perdere anche il figlio. Non che l’ultima mi sembrasse una grande perdita, ero io la causa di tutto quel dolore, era solo colpa mia se tutti soffrivano in quel modo, solo colpa mia se Lily non c’era più.
Il profumo di Amy mi riportò alla realtà e seppi che avrei fatto di tutto per quella bambina e per Isabella.
Isabella…
Quella donna provocava delle emozioni che avevo dimenticato potessero esistere. Era così bella, così semplice e genuina. Quando le nostre mani si erano incrociate il mio cuore aveva iniziato a galoppare, non avrei mai voluto interrompere quel contatto meraviglioso.
Isabella portava un fardello molto pesante per essere così giovane.
Non so che problemi avesse con l’ex marito, lei non ne aveva parlato e nemmeno Gus, ma sarei arrivato in fondo alla questione. Sapevo che era un uomo potente, sarebbe stato più facile trovarlo, e anch’io godevo di un’ottima posizione sociale ed economica. Forse per una volta nella vita i soldi mi sarebbero serviti a qualcosa.
Isabella aprì la porta di casa di Gus con un sorriso facendomi entrare, continuava a chiedermi se avessi bisogno di aiuto. Come se Amy pesasse davvero. Era così piccola che sarebbe potuta volare via.
Quando varcammo la soglia Tanya si piazzò davanti a noi guardandomi furiosa.

  • hai dimenticato…- iniziò petulante.
  • Non adesso. Metto a letto la bambina e poi ne parliamo. Da soli. – sottolineai duramente.
  • Noi ne parliamo adesso!
  • Non alzare la voce! Ho detto dopo. Torno tra cinque minuti.
  • Edward tranquillo. Dalla a me, la porto io a letto. – mi disse Isabella.
  • No, non preoccuparti. Fammi strada, lei aspetterà. – dissi addolcendo la voce.
  • Lei? – chiese stizzita Tanya.
  • Se ti va bene aspettami, se no ci vediamo dopo a casa. – le dissi e mi incamminai per le scale sotto il suo sguardo allibito e quello imbarazzato di Isabella.
Mi fece strada fino ad una camera con un letto matrimoniale. Doveva essere la camera degli ospiti.
C’era solo un piccolo trolley nella stanza e nessun oggetto che potesse essere considerato personale. Non c’erano giochi o molti vestitini da bambina.
La stanza di Lily ne era piena invece, beh la colpa era di quella maniaca di mia sorella che comprava qualunque cosa avesse una leggera sfumatura di rosa. Sorrisi al ricordo e per la prima volta non mi sentii trafiggere il cuore.
Isabella spostò le coperte e tolse le scarpine ad Amy. La poggiai sul letto ma lei si aggrappò al mio collo come se non volesse lasciarmi andare. Sorrisi al suo gesto e lei aprì gli occhietti assonnati per un attimo. Strinse le manine sul mio collo e mi guardò.

  • torno presto piccola, promesso. – lei si rilassò e disse quelle cinque paroline che mi ghiacciarono.
  • Ti voio bene Tio Eddy. – disse sorridendo e si riaddormentò. Io restai immobile finchè la voce di Gus chiamò Isabella. Lei si girò a guardarmi prima di uscire e lasciarmi solo con Amy.
Impiegai un secondo a decidere, forse me ne sarei pentito amaramente ma dovevo farlo.
  • scusami piccola. – le sussurrai. Lei fece una piccola smorfia ma non si svegliò. Isabella rientrò dopo pochi minuti e mi trovò nella stessa posizione di prima. Sembrava preoccupata e stanca ma non ebbi la forza di chiedere. Dovevo prima fare un’altra cosa.
Scesi le scale seguito da lei. Mi ritrovai Tanya furiosa sulle scale. Stava sicuramente salendo a chiamarmi.
Inutili furono le raccomandazioni di Carmen di calmarsi. Lei mi superò e si piazzò davanti ad Isabella puntandole il dito contro.

  • Ti avevo avvertita piccola puttanella. Stai lontana da lui! – le urlò. Isabella indietreggiò spaventata scivolando sul gradino e trattenne una smorfia di dolore. Aveva messo il piede male e sicuramente la caviglia le si era slogata. Afferrai per un braccio Tanya spostandola e mi portai accanto a Isabella.
  • Stai bene? – le chiesi preoccupato. Lei annuì ma appena cercò di alzarsi le sfuggì un gemito. Le sollevai l’orlo dei jeans e vidi la caviglia già gonfia.
  • Hai preso una storta. Vieni. – la presi in braccio tra le sue proteste e le urla di Tanya.
  • Ti prego mettimi giù. Non voglio essere la causa di un vostro litigio. – mi supplicò.
Era la causa di ben altro. Come il batticuore che avevo da quando l’avevo presa tra le braccia, come le mani che mi tremavano o il respiro accelerato. E forse si, sarebbe stata anche la causa del litigio tra me e Tanya, ma non importava.
  • Edward Cullen, hai trenta secondi per uscire da questa casa con me. Farò finta che non sia accaduto nulla se ce ne andiamo ora. – mi minacciò Tanya. Non la ascoltai e mi diressi in cucina per prendere del ghiaccio.
  • Edward vai, ti prego. – mi supplicò Isabella.
  • Dopo. Prima devo pensare a te.
  • Perché? – mi sussurrò piano guardandomi con quei suoi profondi occhi color cioccolato.
  • Perché io… io…
  • EDWARD! – sbottò Tanya.
  • BASTA TANYA! Non mi muovo di qui. Sei tu a dovertene andare. Ti stai rendendo ridicola.
  • Io? Io mi starei rendendo ridicola? E tu che sembri un quindicenne arrapato alla prima cotta? Per chi poi? Per quella? – sputò come se fosse un insulto. Isabella si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo. Quella fu la goccia.
  • Non osare parlarle così.
  • Altrimenti che fai? Mi butti giù da un ponte? Stavolta riuscirai almeno a riportare a riva il mio cadavere? – capì subito la gravità di ciò che aveva detto e sgranò gli occhi. – Scusa io non volevo dire… mi è scappato Ed, non intendevo dire quello che…
  • È finita. – dissi piano.
  • Come?
  • Hai capito benissimo. – poggiai il ghiaccio sulla caviglia di Isabella che sussultò. Mi scusai mentre Tanya balbettava ancora.
  • Tienila così per un po’ e solleva la gamba. Non è niente di grave, è solo un po’ gonfia, dovrebbe passare nel giro di qualche ora. Tu non forzarla. – Isabella annuì mentre la voce di Tanya sull’orlo di una crisi isterica si faceva sempre più vicina. Mi allontanai come scottato quando poggiò una mano sul mio braccio.
  • Amore ti prego, possiamo parlarne con calma? – mi chiese.
  • Non c’è niente di cui parlare. Mi scuso con voi per la terribile sceneggiata a cui avete dovuto assistere. Ne sono rammaricato. – aggiunsi guardando Carmen e Gustave. Il suo sguardo era duro, ma non sembrava avercela con me.
  • Amore per favore…
  • Tanya basta, smettila. – si aggrappò alla mia giacca con fare teatrale. Non riuscivo a guardare in viso Isabella, mi vergognavo troppo e stavo per perdere la pazienza con Tanya quando Gus intervenne.
  • Signorina non mi sembra un comportamento consono il suo. È sempre stata ben accolta in questa casa ma se non cambia atteggiamento mi vedrò costretto a rivedere i miei modi di fare. È stata offensiva nei nostri confronti e soprattutto verso la mia ospite.
  • Gus ti prego. – lo interruppe Isabella.
  • No Isabella. A casa mia certi drammi non sono ammessi. Se la signorina ha il buonsenso di chiedere scusa farò finta che questo spiacevole incidente non sia mai accaduto. Altrimenti mi vedo costretto a chiederle di lasciare questa casa.
  • Papà! – esclamò Carmen. Era dispiaciuta per come era andata ma Tanya era comunque una delle sue più care amiche.
  • E per cosa dovrei scusarmi? – chiese Tanya. Non aveva un minimo di ritegno, come diavolo avevo fatto a starci per quasi otto mesi? – lei ha cercato di portarmelo via dal primo momento. Con il suo faccino innocente e la sua finta timidezza. È lei che dovrebbe scusarsi per essersi comportata in modo disdicevole. Edward è un uomo impegnato e lei non ha esitato a mettersi in mezzo. Cos’è vuoi un nuovo papà per la tua piccola bastarda? Il tuo ex marito non le basta? Ecco perché l’hai lasciato! O ti serve qualcuno che ti scaldi il letto mentre aspetti che qualcuno ti risolva i problemi?
Il rumore di uno schiaffo fece sobbalzare tutti i presenti. Isabella era in piedi davanti a Tanya mentre lei si teneva una mano sulla guancia esterrefatta.
  • Tu non sai niente di me, della bambina o delle nostre vite. Non ti permettere mai più di parlarmi così. Non ti permettere mai più di rivolgermi la parola o di avvicinarti a noi. – disse decisa.
Avanzò zoppicando verso le scale, mi mossi per aiutarla ma mi fulminò con lo sguardo bloccandomi. Si scusò mortificata con Gus e salì in camera sua. Sentii una rabbia cieca montarmi dentro. Trascinai fuori Tanya e guidai a velocità folle verso casa sua. Non mi rivolse la parola per tutto il viaggio rannicchiata sul sedile. Quando arrivammo all’appartamento salii senza aspettare l’ascensore e senza aspettare lei. Mi diressi dritto in camera e presi un borsone.
  • che stai facendo? – mi chiese entrando. Direi che era fin troppo ovvio.
  • È per lei? – stupida fino alla fine.
  • Edward parlo con te! –
  • Che diavolo vuoi ancora? – le urlai.
  • Che stai facendo? – balbettò.
  • Me ne vado?
  • Perché?
  • Perché Tanya? Mi chiedi Perchè? Prova a capirlo da sola, se ci riesci!
  • Andava tutto bene finchè quella…
  • Occhio a ciò che dici Tanya. – la minacciai.
  • Perché la difendi così? È per la bambina vero? Non puoi fare così ogni volta. È stata una tragedia quella, non puoi occuparti di tutti i bambini del mondo.
  • Non posso, lo so.
  • E allora dimentichiamo tutto. Dimenticati di quella bambina. So di averti detto di non volere figli e pensavo che non ne volessi neanche tu, mi hai sempre detto che non ne avresti mai voluti, ma se hai cambiato idea possiamo trovare una soluzione. Possiamo fare un bambino così puoi…
  • Cosa Tanya? Posso cosa? Sostituirlo a mia nipote?
  • Non lo so, magari dimenticheresti che lei…
  • Dimenticare Tanya? DIMENTICARE? Ma ti senti quando parli? Come credi che potrò mai dimenticarla?
  • Con un figlio nostro magari…
  • Un figlio? Nostro? Tanya sei davvero fuori di testa? Non voglio figli, non avrò mai un figlio. Tantomeno con te! Abbiamo chiuso.
  • Se non è per la bambina è per lei. Cos’ha di così speciale occhioni da cerbiatta? Cos’ha lei più di me?
  • Dovresti chiederti cosa non hai tu…
  • Fino a qualche giorno fa non mi sembrava ti facessi così schifo mentre ti svuotavi le palle!
  • Ma che raffinatezza. Non mi ero mai accorto della tua nobile discendenza di camionista.
  • Cos’è questo? Sarcasmo?
  • Chiamalo come vuoi. – finii di mettere i miei pochi indumenti nel borsone e lo chiusi prendendo i documenti. Non volevo più mettere piede in quella casa.
  • Edward aspetta.
  • Non rendere tutto più complicato Tanya.
  • Se esci da quella porta non potrai più rientrare.
  • Non ne ho la minima intenzione.
  • Vai da lei?
  • Vado in un albergo, Tanya.
  • Non potrai mai essere felice con lei! – urlò.
  • Non potrò mai essere felice comunque.
  • Oh smettila Edward, odio quando sei melodrammatico! È morta, non c’è più. Mangiata dai pesci o tritata dalle pale della diga ma non c’è più fattene una ragione e smettila di fare la vittima.
La afferrai per il braccio e la addossai al muro. Lei mi fissò spaventata.
  • Non azzardarti a parlare così di lei. NON TI PERMETTERE NEPPURE DI PENSARLA! Non ne hai il diritto!
La lasciai afferrando la borsa e sbattei la porta di casa sua facendola tremare.
Mi sentii libero finalmente. Accesi una sigaretta e afferrai il cellulare.

  • Emmet ho bisogno di te. Devi venire a San Francisco. Subito.
Chiusi la telefonata e misi in moto. Sapevo dove dovevo andare.

Raggiunsi casa di Gustave poco dopo l’ora di cena, non fu sorpreso di trovarmi davanti alla porta, bagnato dalla testa ai piedi a causa del temporale.

  • Sapevo saresti venuto. – mi disse appena entrai.
  • Devo sapere.
  • Perché?
  • Voglio aiutarle, a qualunque costo.
  • Perché?
  • Io… è successa una cosa due anni fa e questo è il mio modo di riscattarmi ai miei stessi occhi, forse. O forse è solo che non riesco a sopportare di leggere la sofferenza negli occhi di Isabella o la paura in quelli di Amy.
  • Non tocca a me raccontarti.
  • Lei lo farà?
  • Dovresti chiederlo a lei. Ti fidi di lei?
  • Io?
  • Ti fideresti di lei al punto di raccontarle tutto di te? – esitai solo per un secondo.
  • Credo di si.
  • Va a farti una doccia e metti qualcosa di asciutto, poi ne parlerai con lei.
  • Se vado in albergo si farà troppo tardi, ed io sto impazzendo. Devo sapere.
  • Non ho mai parlato di alberghi. Sarai mio ospite stanotte, non potrei mai farti uscire con la bufera che imperversa fuori.
  • Non credo sia il caso. Carmen è molto amica di Tanya, mi sembrerebbe una mancanza di rispetto nei confronti di tua figlia.
  • Mia figlia è a casa sua, con suo marito, non credo passerà facilmente sul fatto che abbia buttato fuori di casa la sua amica, nonostante sapesse che avevo ragione. Le passerà comunque, la servitù invece è a casa propria. Non sembrerai inopportuno agli occhi di nessuno. Temo solo dovrai accontentarti della seconda camera degli ospiti.
  • Mi andrebbe bene anche il pavimento.
  • Bene. Fa come se fossi a casa tua.
  • Gustave?
  • Si? – deglutii prima di parlare.
  • Come… come sta Isabella?
  • Sei un medico. Controlla tu come sta. – mi disse con un sorrisetto.
  • Non intendevo fisicamente.
  • Non sta bene. – mi disse più duramente. – la tua fidanzata è stata inqualificabile.
  • Non è più la mia fidanzata, non lo è mai stata in fondo. Giuro che non permetterò possa accadere di nuovo.
  • Lo spero vivamente. Non sopporto certi atteggiamenti in casa mia.
  • Lo so. Mi spiace davvero. Io non so come abbia potuto…
  • Non mi interessano le scuse. Voi non conoscete Isabella. Non sapete cosa ha fatto quella ragazza per quella bambina. Non puoi nemmeno immaginare quanto abbia pianto. – abbassai lo sguardo sempre più furioso con Tanya. – e non solo a causa delle sue parole.
  • Io…
  • Non mi interessa quello che pensi Edward. Io mi sto fidando di te. Non deludere la mia fiducia, ma soprattutto non deludere lei, non lo merita.
  • Non lo farei mai. – promisi solenne.
  • Bene. È giunta l’ora di dormire per questo povero vecchio. In bagno troverai quello che ti serve. Fai una bella doccia calda e poi scendi in cucina. Chissà che tu non possa trovare qualcosa di…piacevole laggiù.
Lo guardai inarcando un sopracciglio. Come sapeva che sarei venuto qui e soprattutto cosa poteva esserci di “piacevole” in cucina? Scossi la testa decidendo di non chiedere, sarebbe stato inutile.
Scesi in cucina dopo quasi un’ora. La doccia calda mi aiutò a rilassarmi e mi sentii davvero meglio, ma più affamato. Non avevo toccato cibo per tutto il giorno e adesso il mio stomaco brontolava rumorosamente.
Quando mi avvicinai alla porta della cucina sentii dei rumori. La aprii piano e trovai Isabella seduta sul bancone a bere una tazza di qualcosa di caldo, the probabilmente. Canticchiava dolcemente sottovoce un motivetto che non riuscii a capire. Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse di me. Saltò giù dal bancone dimenticandosi della caviglia che ovviamente la fece gemere di dolore. Riuscii a reggerla prima che cadesse.

  • Scusami non volevo spaventarti. – lei scosse la testa.
  • Che ci fai qui? – mi chiese sorpresa.
  • Avevo fame e…
  • No, che ci fai in questa casa?
Fui deluso dal suo tono di voce, ma cosa dovevo aspettarmi dopo il modo in cui Tanya l’aveva trattata.
  • Isabella mi dispiace davvero io volevo…
  • Non sei tu a doverti dispiacere. – disse con un tono meno duro. – Edward voglio essere sincera, non voglio complicazioni. La mia vita è abbastanza incasinata così. Non posso permettermi di combattere con altri problemi, fidanzate gelose o…
  • Non è più la mia fidanzata.






oooooooooooooook! 
so che mi state odiando per aver finito così il capitolo ma.... dai ci stava! so di essere un pò in modalità "SADIC ON" al momento ma doveva finire così il capitolo..... Prometto di postare prima possibile. 
Non siete contente del dolce trattamento riservato all'oca? anche se somiglierà più ad un gatto in questa storia. Ha nove vite e le giocherà tutte, fidatevi di Edward però.
Gus è perspicace come sempre ed Amy...
avete scoperto quasi tutta la storia riguardante il passato di Edward, mancano davvero poche altre informazioni per avere il quadro completo, ma ormai avete capito cosa gli è successo.
Spero che vi sia piaciuto. Vi mando un grosso bacio e un mega abbraccio.
Marya 

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Capitolo 10
*** 10 - Caldo ***


Buonasera a tutte! So che non vi aspettavate di leggermi così presto, ma mi sentivo in vena e poi mi mancava leggere i vostri commenti! 
Vi anticipo che sarà un capitolo moooooooolto dolce anche se breve.
ho preso in prestito una frase o due dalla penna della Meyer, capirete leggendo.
Spero che vi piaccia e grazie sempre per le belle parole che avete per me.
Buona notte e sogni d'oro, o magari come quelli di Bella..........





10 - Caldo...
 
POV BELLA
 

  • Non è più la mia fidanzata.
Quella frase rimbombava nella mia testa.
Perché si erano lasciati? Per un attimo mi sentii felice di quella rivelazione ma scacciai subito quella sensazione. L’aveva lasciato lei nella sua immensa superbia e stupidità? Mi sembrava difficile visto il modo in cui mi aveva ricordato che era suo. Ma se l’aveva fatto lui, qual era il motivo?
Non farti film Bella, non illuderti di sapere o capire.
Non è il momento.

  • In fondo credo non lo sia mai stata. – continuò lui.
  • E allora perché stavi con lei? – chiesi pentendomi subito della mia curiosità. – scusami, non sono affari miei.
  • Mi prenderesti per pazzo se ti dicessi che non volevo più sentire le voci? – mi chiese.
  • Sinceramente? – lui sorrise della mia espressione. Usò quel sorriso sghembo che avevo capito capace di farmi partire il cuore a mille.
  • Lo so che sembra una cosa da psicopatici ma… avevo bisogno di staccare la mente da tutto quello che mi circondava.
  • Oh credo che a lei riuscisse fin troppo facile staccare la mente, se mai l’avesse collegata. – borbottai credendo non mi sentisse. Ma lui mi guardò e scoppiò a ridere mentre io diventavo rossa fino alla punta dei capelli.
  • Hai ragione. Non è mai stata una cima.
  • È così diversa da te. – gli dissi. Il suo sorriso scomparve lasciando posto all’amarezza.
  • Già. – si perse in chissà quali pensieri. Mi faceva male vederlo chiudere a quel modo a pensare a chissà quali tormenti la sua anima avesse attraversato. Decisi di spezzare il silenzio.
  • Sai Amy non ha fatto altro che parlare di te tutto il giorno. – sapevo che quell’argomento lo avrebbe distratto. Infatti.
  • Davvero? – chiese sorridendo di nuovo. Quel piccolo angelo aveva il dono di tirare fuori il meglio dalle persone e di rendere migliore la loro vita.
  • Oh si! Non ha fatto altro da quando si è svegliata. – gli offrii un the caldo e gli raccontai cosa aveva fatto durante la giornata, dei suoi disegni, della paura che ha dei temporali, di come voglia che le si legga una storia diversa ogni sera. E Edward rideva di gusto ad ogni mia frase, era bello vederlo sereno.
  • Dovevi vederla quando Gus le ha raccontato che mi avevi salvato la vita impedendomi di cadere dalle scale. Mi ha rimproverata di essere un’imbranata, ti rendi conto? Mi devo sentire dare dell’imbranata da una pulce! È frustrante. – sospirai teatralmente mentre lui rideva ancora più forte.
  • Ha detto che sei il suo eroe, che se cadrà vuole essere presa in braccio solo da te, piccola ingrata.
Il suo sguardo si rabbuiò di nuovo e tornò serio. Maledetta boccaccia! Cosa ti è successo Edward? Perché quando ti viene fatto un complimento diventi triste.
  • E se io non fossi l’eroe? – lo guardai scettica.
  • Saresti il cattivo? Non ti ci vedo proprio, mi spiace. – ammisi con sincerità.
  • Non puoi saperlo… - sospirò. A quel punto non potei fermarmi.
  • Edward ascolta, io non ti conosco e di solito non sono nemmeno brava a leggere le persone. Ma tu non potresti mai essere il cattivo. Ho visto come ci… come guardi Amy, le faresti scudo col tuo corpo in caso di pericolo e non esiteresti un attimo a beccarti una pallottola per lei.
  • Non solo per lei. – soffiò ad un millimetro dalle mie labbra.
Il mio cuore prese a correre velocemente, pensai potesse uscirmi dal petto.
Le sue labbra. Quante volte avevo sognato quelle labbra, quante volte avevo sognato di baciarle e adesso mi sembrava come un film. Quando vedi la scena al rallentatore e senti il cuore scoppiare nell’attesa.
Quando le sue labbra si posarono leggere sulle mie sentii una scarica attraversarmi il corpo.
Il suo fu un bacio dolce, delicato.
Non mi forzò finchè io non dischiusi le labbra permettendo alla sua lingua di accarezzare la mia.
Non avevo baciato molti ragazzi in vita mia, ma mai nessuno, dico nessuno, mi aveva fatto provare un millesimo di quello che sentivo in quel momento.
Allacciai le braccia al suo collo e gli accarezzai i capelli, erano ancora più morbidi di quanto immaginassi. Sentii un calore al basso ventre quando lui mi risollevò sul bancone e mi avvicinò ancora di più con una mano sulla mia nuca.
Perché avevo tutto quel caldo, perché sentivo tutto il mio corpo tremare se sentivo così caldo? Lo avvicinai di più a me e lui mi strinse i fianchi mentre mi faceva aderire al suo corpo. Sussultai quando avvertii la sua eccitazione tra le mie gambe ma non riuscii a staccarmi. Non mi era mai successo di provocare quella reazione in un uomo. Non sapevo nemmeno come gestirla, ma sentii la mia parte femminile esultare.
Mi sentivo donna, capace di procurare quelle sensazioni in un uomo. E che uomo!
Fu il suono del suo telefono ad interrompere il momento.
Ci staccammo ansimanti e decisamente a malincuore.
Fu lui il primo a parlare. La sua voce era roca e non mi era mai sembrata così sensuale.
Mi sentivo una pervertita.

  • io… devo… - annuii solamente.
  • Ri… rispondi. – dissi con voce tremante. Lui mi guardò con gli occhi ancora lucidi e le labbra arrossate dai nostri baci. Ero certa di non essere messa meglio di lui.
  • Pronto? Emmet, ciao. No, no… va tutto… tutto bene. – rispose guardandomi con un sorriso. Io abbassai lo sguardo e scesi con attenzione dal bancone. Non ero certa che le gambe mi avrebbero retta, così restai ancorata al legno.
  • Si ci sono, Emmet. Bene. A che ora arrivi? No, non sono da Tanya. Ci vediamo in ospedale. Poi ti spiego. Ok. A domani.
Ero già vicina alle scale quando avvertii la sua presenza dietro di me.
  • Isabella? Stai bene?
  • Bella.
  • Come?
  • Non mi è mai piaciuto molto Isabella. Le persone più care mi chiamano Bella.
  • E io sono una di quelle persone? – mi chiese con la voce tremante. Perché parlavo sempre senza contare fino a dieci.
  • Tu vorresti esserlo? – rispondere ad una domanda con un’altra non è il massimo, lo sapevo, ma non riuscivo a dirgli semplicemente “non c’è niente che vorrei di più.” Non era proprio il caso!
  • Non c’è niente che vorrei di più. – mi rispose candidamente. Bene. Ero ufficialmente andata! Restai a fissarlo come una stupida, non riuscivo a dire niente.
  • Io… dovrei…
  • Si, scusami. Amy.
  • Si, Amy. – come no, non avevo minimamente pensato alla bambina, che razza di egoista che ero!
Feci per salire le scale ma lui mi sollevò tra le braccia.
  • Edward non è necessario, davvero. – lo supplicai.
  • Invece si, non devi sforzare la caviglia.
  • Dai mettimi giù, e poi peso.
  • Pesi? Bella sei così magra che un alito di vento potrebbe trascinarti via! Dovresti mettere su un po’ di peso, invece. Sei fin troppo magra, e te lo dico da medico! – era normale che mi eccitasse sentirlo parlare così? Non credo.
 
Quando arrivammo davanti la mia porta si fermò ma non mi fece scendere.
Neppure io avevo voglia di scendere, non riuscivo a staccarmi dal suo corpo, da quel calore che mi faceva stare così bene. Inspirai il suo profumo, così dolce e al tempo stesso così virile e chiusi gli occhi. Quando li riaprii trovai due smeraldi che mi fissavano.
Quando dischiuse le labbra non riuscii a controllarmi e lo baciai con passione.
Sentivo le sue labbra che si muovevano con le mie in sincrono, come se non avessimo fatto altro per tutta la vita.
Passai le mie mani tra i suoi capelli, adoravo farlo mentre Edward stringeva il mio corpo al suo.
Sentivo i nostri cuori battere all’impazzata e un brivido mi percorse la schiena quando le sue dita sfiorarono la pelle dei miei fianchi sotto la stoffa leggera della maglietta. Improvvisamente fece caldo, molto caldo.
Le sue dita risalirono sui fianchi, sfiorarono il mio stomaco e accarezzarono il profilo di un mio seno. Ansimai quando sentii le sue dita sfiorare il capezzolo turgido e sentii un gemito uscire dalle sue labbra mentre il suo viso sembrava sotto sforzo.

  • Edward.- ansimai piano. Stavo andando a fuoco.
  • Bella, Dio… sto impazzendo… - mi strinse più forte e potei avvertire la sua erezione premere forte sulla mia pelle.
Sarebbe bastato davvero poco per cedere alla voglia ma non potevo permettermelo per un’infinità di motivi. I principali erano quattro.
Primo, non volevo andare a letto con un uomo che conoscevo appena, per quanto mi ispirasse fiducia e mi mandasse fuori di testa; secondo, volevo prima chiarire la situazione con lui e raccontargli tutta la verità; terzo, se i miei sospetti erano validi (e speravo con tutta me stessa che lo fossero) Amy veniva prima di tutto. Non sapevo come avrebbe reagito sapendo che quella bambina poteva essere legata a lui in qualche modo.
Ultimo punto, ma non trascurabile, quanto ci avrebbe impiegato a capire che ero ancora vergine e che, a parte strani miracoli, non potevo essere la madre di Amy? Meno di un secondo e non avrei saputo spiegargli nulla.
Fu a malincuore che mi staccai da lui. Respiravo ancora a fatica e lui non stava molto meglio.

  • Edward devo…
  • Si, devi…
  • Già… - mi mise giù a malincuore, lo percepivo dai suoi movimenti. Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi fece il suo sorriso assassino per i miei ormoni impazziti.
  • Buonanotte Edward. – lo salutai. Lui prese il mio viso bollente tra le mani e posò delicatamente le sue labbra sulle mie.
  • Notte Bella.
Mi chiusi la porta alle spalle e mi buttai sul letto ancora con gli occhi sbarrati.
Sentivo ancora la scia bollente lasciata dalle sue dita sul mio corpo e mi ritrovai a boccheggiare in cerca d’aria.
Non ero mai stata con un uomo, non che fossi così inesperta, anch’io avevo avuto dei ragazzi ma mi ero sempre lim
itata all’utilizzo delle mani e non mi era nemmeno piaciuto. Qualcuno aveva anche provato a darmi… soddisfazione, ma non avevo provato altro che fastidio e imbarazzo.
In quel momento avrei voluto solo risentire le sue mani sul mio corpo e dentro di me. Oddio, stavo delirando!
Presi sonno dopo molto tempo e i miei sogni non furono proprio casti.



beh, finalmente si sono baciati! che ne pensate? so che probabilmente pensate che Edward e Bella stiano correndo troppo ma non sanno come controllare i loro sentmenti,  è tutto nuovo per entrambi. 
Spero di non aver esagerato... a prestissimo! un abbraccio!

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Capitolo 11
*** 11 - Ca**o! ***


Buonasera a tutte voi!
eccomi qui a rompervi di nuovo le scatole.... Volevo chiedervi se preferite questi capitoli più corti o se preferite che magari posti dei capitoli più lunghi. Sono indecisa. da un lato mi sembra sempre di darvi troppo poco, dall'altro però non vorrei stancarvi troppo con capitoli lunghi.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, se vi va di dirmelo, ovviamente!
Buona lettura e un forte abbraccio!




11 – Ca**o!

 
POV EDWARD
 
Rientrai in camera ancora in trance. Il mio corpo era fuori controllo, soprattutto la parte sotto il mio ombelico.
Sfiorare il suo corpo, assaporare le sue labbra era… non esistevano parole!

Non avevo mai provato nulla di simile. Non avevo una vita sessuale da guinness dei primati, ma avevo avuto le mie esperienze, però baciare Bella, solo sentire le sue labbra sulle mie mi aveva mandato in paradiso.
Se lei non si fosse fermata non so se l’avrei fatto io. Non ne avrei avuto la forza.
Mi sentivo terribilmente in colpa però, non era assolutamente il momento giusto per pensare a certe cose.

Lei stava attraversando un momento terribile a causa di un uomo, mancavo solo io a distruggere ogni cosa. Però lei si era abbandonata ai miei baci, alle mie carezze, aveva ansimato quando le mie dita avevano sfiorato i suoi capezzoli duri. Dio il suo seno… ero impazzito al solo tocco e la mia erezione si era fatta davvero dolorosa. Ci sarebbe voluto un bagno in un mare gelato per calmarmi.
Provai a togliermi dalla testa il suo sguardo, a non pensare alle sue labbra gonfie dei miei baci o al suo corpo così recettivo tra le mie mani. Mi addormentai alle prime luci dell’alba stremato dai miei stessi pensieri.

Nonostante le due ore scarse di sonno alle sette e trenta ero in ospedale. Per fortuna mi toccavano scartoffie per quella settimana, non avrei ancora potuto operare finché il chirurgo che dovevo sostituire fosse rimasto in servizio per cui avevo ancora qualche giorno di relax.
Amavo il mio lavoro ma non potevo negare di non essere nelle condizioni di operare al momento.

In ospedale ci fu il solito via vai di colleghe o infermiere che cercavano una scusa qualunque per trovare un contatto con me. Tempo perso pensai con un sorriso.
Forse un tempo mi avrebbero lusingato certe attenzioni, era così che avevo conosciuto Tanya e potevano essere un piacevole diversivo, ma adesso, appena sentivo una presenza vicina a me pensavo a Bella e ogni altro contatto mi sembrava sbagliato. Mi sentivo ridicolo. In fondo non c'era niente tra noi, nessun vincolo o rapporto. Perchè allora mia sentivo così in colpa?

Alle nove e trenta bussarono alla porta e cinque secondi dopo mi ritrovavo stretto nella morsa stritolatrice del mio migliore amico.

Conoscevo Emmet da quando avevo otto anni ed era sempre stato come un fratello per me.
Avevamo condiviso tanto insieme e mi era stato davvero vicino durante il periodo più buio della mia vita. Era lui che mi aveva spronato a ricominciare a vivere. Ci aveva provato anche con Jasper, erano soci di uno degli studi legali più prestigiosi di Seattle, ma con lui non aveva ottenuto risultati. Non che con me gli fosse andata poi molto meglio, ma almeno avevo deciso di non lasciarmi morire.
Ovviamente non potevo paragonare il mio dolore a quello di mio cognato. Io non avevo perso una figlia per colpa di qualcuno che avrebbe dovuto vegliare su di lei, io non avevo perso mia moglie a causa del troppo dolore che non era riuscita a sopportare, io non vivevo in una casa dove ogni angolo era ricco di loro ricordi.
Io avrei continuato a vivere, lui forse non ci sarebbe mai riuscito.

  • come sta Jazz? – chiesi subito.
  • Al solito. Dovresti chiederlo a lui.
  • Non cominciare Em.
  • Non comincio, dico solo che sbagli ad ignorarlo.
  • Io non lo ignoro. Solo… non ci riesco, non posso imporgli la mia presenza, non sarebbe giusto.
  • Lui non ti odia, idiota.
  • Dovrebbe.
  • Forse si visto come ti stai lasciando morire, ma non lo fa!
  • Non sto morendo.
  • Il tuo cervello lo è. Lo usi solo per lavorare ma per il resto… cazzo Edward quant’è adesso? Sei mesi, un anno che ti fai friggere il cervello da quella? Belle gambe, tette niente male ma cazzo Ed, se ti scopassi una bambola gonfiabile avresti più stimoli!
  • Mi era mancata la tua solita gentilezza amico.
  • Tu, mi manchi amico. Che cazzo ci fai qua?
  • Riesci a formulare una frase per intero senza dire cazzo?
  • Non credo, non sviare la domanda.
  • Come diavolo fai in tribunale?
  • Ho i miei mezzi di persuasione. Non hai risposto.
  • Non ce la faccio a tornare a casa Em. È troppo doloroso. Non posso sopportare di vederli, di vedere lei, spenta. L’ho spenta io Em, ho ucciso mia sorella. Se le avessi sparato in testa avrei fatto meno danni.
  • Alice ti vuole bene.
  • Alice mi odia, e ha ragione.
  • Se vi parlaste per cinque minuti…
  • Basta Emmet. Ti prego. È inutile parlarne.
  • Come vuoi.
  • Allora, dov’è il cane da guardia? Com’è che ti fa parlare con me senza essere presente?
  • Credo potrai parlare senza più chiederle il permesso da ora in poi.
  • Cos’è gli sto improvvisamente simpatico?
  • Non dire idiozie, ti odierebbe a morte anche se salvassi il mondo da tutte le guerre in corso.
  • E allora?
  • L’ho lasciata. – per poco non vidi la sua mascella rotolare fino al primo piano dell’ospedale. Poi si mise in ginocchio e allargò le braccia al cielo.
  • Dio ti ringrazio! Hai convinto gli alieni a ridarmi il vecchio ed intelligente Edward. Tieniti quello che mi avevi lasciato perché l’avrei fatto presto fuori.
  • Simpatico. A volte mi chiedo perché sei il mio migliore amico.
  • Perché sono sexy? – chiese sollevando le sopracciglia.
  • Non credo sia per quello. – riuscii a sorridere. Solo poche persone c’erano riuscite, tre per l’esattezza: Emmet, Amy e Bella. Sospirai.
  • Mi vuoi dire perché avevi bisogno di me? Va tutto bene Ed? – mi chiese riprendendo la sua aria seria e professionale.
  • No, non va tutto bene. Ho bisogno del tuo aiuto per una persona.
  • Chi?
  • È una donna che…
  • È carina?
  • Emmet.
  • Che c’è?
  • L’aiuto più volentieri se è carina, magari ci guadagno anche qualche ricompensa!
  • Emmet, cazzo! Lei no! – Bella non si tocca.
  • Non ero io a dire sempre cazzo?
  • Si, eri tu. Ora lo dico io. Lei è…
  • È?
  • Io…
  • Oh cazzo! Tu? Tu sei… - balbettò con un sorriso idiota.
  • Io cosa?
  • Edward Cullen che parla così di una donna?
  • Non ho detto niente.
  • Appunto! Di solito avresti fatto una delle tue solite alzate di spalle e con noncuranza mi avresti rifilato una delle tue filosofiche idee sul fatto che le donne non sono oggetti e che l’aspetto esteriore non conta, anche se poi hai avuto solo gran fighe. Sarà il camice ad attirarle, lei che ne pensa del fascino della divisa? Magari potrei proporre una mise uguale per tutti gli avvocati…
  • Emmet ce la fai a stare serio per cinque minuti?
  • Non credo, ma ci proverò. Chi è lei?
  • Loro.
  • Una cosa a tre? Contami!
  • Isabella e la sua bambina. – il suo sguardo si fece serio. Sapeva che se c’erano bambini di mezzo diventavo molto serio e finì di fare battutine stupide.
  • Dimmi tutto.
Gli raccontai quel niente che in realtà sapevo, cercai di capire come poterle aiutare, ammesso che Bella avesse accettato il mio aiuto, ero uno sconosciuto in fondo che avrebbe voluto portarsela a letto nemmeno dodici ore dopo aver lasciato la sua fidanzata. Dovevo davvero averle dato una buona impressione.
  • Non mi bastano queste quattro parole, ho bisogno di parlare con lei per saperne di più. – mi disse. Me lo immaginavo, avrei anch’io voluto saperne di più.
Chiamai Gus per informarlo dell’arrivo di Emmet ma mi disse che si trovava fuori città, avrei dovuto parlare con Bella, sapere cosa ne pensava, ma prima capire quanto avevo compromesso il nostro rapporto. Emmet mi salutò dicendo che avrebbe fatto qualche ricerca.
Tornai a casa di Gus nel tardo pomeriggio, avevo avuto mille cose da fare al lavoro e non ero riuscito ad allontanarmi se non per pranzare.
Suonai per quasi un minuto mentre l’ansia s’impadroniva di me.
Stavo per buttare giù la porta quando Bella la aprì. Era molto pallida e sudata e nonostante avesse un maglione pesante si stringeva come se stesse congelando. Decisamente non stava bene.

  • Bella cos’hai?
  • Niente, sto bene. – mi disse scrollando le spalle.
  • Bella non prendermi in giro, sono un medico, ricordi?
  • Si ma tranquillo, è normale ok.
  • No che non lo è? Bella ti sei vista?
  • Si. – rispose acida.
  • Dimmi cosa ti senti. Penso io ad Amy, ti porto in ospedale se…
  • Ospedale? Dio Edward sto bene, ci sono abituata.
  • Ti capita spesso? – chiesi sempre più in ansia. E se fosse stata malata? Come avevo potuto non accorgermene?
  • Ogni mese.
  • Così spesso?
  • Credo che quasi tutte le donne abbiano questa frequenza. – disse ridendo imbarazzata. Idiota, sono un idiota.
  • Oh.
  • Già. – beh, adesso ero io imbarazzato. Io, il giovane medico prodigio, colui che veniva chiamato a tenere lezioni universitarie nonostante la laurea fosse fresca di stampa, io l’orgoglio di ogni professore... non avevo capito che Bella stava male per il ciclo. Ero proprio un genio.
  • Scusa, non volevo essere invadente, solo che ho visto che stavi così male e mi sono preoccupato.
  • Ti sei preoccupato per me? – mi chiese sorpresa.
  • Ti stupisci?
  • Non sono mai stati molti a preoccuparsi per me. – disse con un sospiro.
  • Hanno commesso un grave errore.
Le sfiorai la guancia con il dito e le sue guance si colorarono.
Fui distratto dal piccolo uragano che si lanciò addosso a me provocando un grande sorriso in Bella.
Amy si aggrappò al mio collo e chiusi gli occhi per un attimo. Anche mia nipote lo faceva sempre. M’imposi di illudermi per un attimo che fosse lei a stringermi e non un’altra bambina, per quanto fossi affezionato a lei. Ma il mio sogno durò una manciata di secondi, giusto il tempo di ricordarmi dell’angioletto che stringevo tra le braccia. Quando aprii gli occhi Bella mi guardava con quei suoi occhi penetranti e dolcissimi, ero certo aveva visto il mio velocissimo viaggio mentale nella terra dell’illusione ma non disse niente.
Amy ci trascinò in salotto a guardare con lei un cartone, anche se era un’impresa impossibile. Si muoveva da un punto all’altro del divano e parlava ininterrottamente raccontandomi cosa sarebbe accaduto nelle scene successive ma appena aprivo la bocca io mi zittiva con un: “titto Eddy! Non capicco!”
Donne! A qualunque età sono incomprensibili!

Mentre guardavamo il film avevo visto più volte Bella contorcersi sul divano, forse cercava una posizione comoda per non sentire fastidio. Ok, le donne erano incomprensibili, non ci avrei mai capito niente, ma era anche vero che erano così forti. Tutti i dolori a loro, mentre a noi uomini solo la noia della barba o l’imbarazzo di un’eccitazione evidente, e nell’ultimo caso non era proprio una sofferenza.
 Mi alzai e andai in cucina per prepararle qualcosa di caldo.
Tornai pochi minuti dopo con una tazza fumante tra le mani. Lei mi guardò interrogativa quando le porsi la tazza. Le sorrisi semplicemente, sembrava tranquilla, magari il mio comportamento della notte precedente non l’aveva turbata. Lo speravo davvero.
Mentre beveva il suo the ricordai una cosa che facevo sempre con Alice quando era indisposta. Non lo avevo mai fatto con nessuna donna oltre a mia sorella e sperai solo non fraintendesse il mio gesto.
Mi avvicinai a lei e accarezzai la sua schiena, scivolai sotto il bordo del maglione e poggiai una mano sulle sue reni. Alice diceva sempre che le mie mani calde le davano sollievo, sperai accadesse anche con lei.


Bene, eccomi. volevo postare sin da subito un capitolo più lungo ma volevo conoscere prima il vostro parere. Sapete quanto mi faccia piacere leggervi, per cui a voi la parola, o meglio la tastiera.
Vi abbraccio.

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Capitolo 12
*** 12 - Sorprese ***


Eccomi qui, buona sera a tutte voi!
so che non vi aspettavate questo aggiornamento, non abituatevi però! scherzo, mi fa piacere condividere la mia storia con voi che so l'apprezzate davvero. Non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza.
Comunque.... questo non è il capitolo che vi aspettate ma il prossimo sarà IL capitolo. per adesso doveva andare così. Spero vi piacerà comunque.
La maggior parte di voi mi ha chiesto dei capitoli più lunghi, cercherò di accontentarvi.
Buona lettura.




12 – Sorprese.

 
 
POV BELLA

 
Mi irrigidii appena sentii le sue mani scostare l’orlo del maglione. Avevo sognato tutta la notte le sue mani, anche mentre vomitavo a causa del mio odiato ciclo, ma adesso c’era Amy, che cosa pensava di fare?
Stavo per allontanarmi quando capii le sue intenzioni.
Mi stava massaggiando la schiena, all’altezza delle reni, dandomi un immediato sollievo. Le sue mani erano così calde che il dolore sembrava scomparso.

  • Grazie. - Sussurrai e lui sorrise.
Aprì le labbra in quel sorriso ammaliatore che mi lasciava sempre a bocca aperta.
Chi era quell’uomo? Come riusciva a farmi sentire così bene. Non sapevo nulla di lui eppure sentivo di potermi fidare. Gli avrei raccontato ogni cosa.
Un singhiozzo mi distrasse dai miei pensieri.
Non mi ero nemmeno accorta che Amy si era addormentata. Anche le carezze di Edward si bloccarono. Amy singhiozzava stringendo forte i suoi pugnetti. Erano alcune notti che faceva degli incubi e spesso l’avevo ritrovata a singhiozzare.

  • no, batta… voio mamma…
  • Amy…- stavo per svegliarla ma Edward mi fermò.
  • Non svegliarla, lasciala sfogare. Se l’incubo dovesse spaventarla troppo la svegliamo, ok? – disse tranquillo non sapendo cosa l’aspettava. Se era come le altre notti l’avrebbe svegliata lui per primo dopo tre secondi straziato dalle sue parole. Ma questo avrebbe significato rispondere a domande che non sapevo ancora come affrontare.
  • Edward, non mi va di…
  • Batta. Brucia!
  • Amy… - sussurrò preoccupato. Mi avvicinai per svegliarla ma lui mi precedette sollevandole appena la maglietta che si era alzata sulla schiena notando le cicatrici.
Si girò a guardarmi sconvolto. Nei suoi occhi lessi smarrimento, paura e soprattutto rabbia.
  • cosa le è successo? – sibilò rabbioso. Strinsi Amy a me abbassandole la maglia e lei si calmò smettendo lentamente di singhiozzare.
  • Edward…
  • Edward un corno! Cosa le hai fatto? – mi urlò fuori di se.
  • Come? – chiesi sconvolta.
  • Come si è procurata quelle bruciature? Chi è stato?
  • Non io! – risposi arrabbiata. Forse si accorse del tono che aveva usato e si scusò.
  • Perdonami io non volevo dire che…
  • Invece è proprio quello che volevi dire.
  • No! Non ho mai pensato che tu potessi fare del male a tua figlia, non volevo insinuare che sei stata tu, davvero.
  • Porto Amy a letto. – dissi gelida.
Come avrebbe reagito adesso se avesse saputo la verità.
Che cosa avrebbe pensato sapendo che avevo rapito una bambina?

  • Bella ti prego… - mi bloccò davanti la porta.
  • Fammi andare Edward.
  • Ti prego io, scusami davvero. Ti do una mano con lei, la porto sopra.
  • No. Faccio da sola.
Avevo bisogno di allontanarmi da lui. E di piangere.
Ero rimasta delusa dal suo insinuare che io avessi potuto fare del male a quella bambina, ma non potevo biasimarlo.
Io per prima avevo reagito male alla vista del suo piccolo corpo martoriato. E lui non aveva visto che una singola cicatrice. Come avrebbe reagito vedendola nuda?
Volevo piangere ma non l’avrei mai fatto davanti a lui.
Coprii Amy dopo averla messa a letto e piansi le mie lacrime.
Quanto avrei voluto avere il mio papà. Lui avrebbe saputo cosa fare e non avrebbe mai permesso che venisse fatto del male ad una bambina.
Mi mancava Rosie così decisi di inviarle un messaggio.
Quando eravamo più piccole avevamo trovato un sito internet in cui venivano pubblicate delle storie relative a libri o giochi o film. Ci divertivamo a leggerle, alcune erano davvero ben fatte. Avevamo anche pubblicato una storia una volta. Una breve poesia in cui in pratica descrivevamo il nostro principe azzurro. Mi ritrovai a pensare ad Edward.
Cercai il suo nickname e lo trovai ancora attivo, anzi aveva letto una storia di recente e aveva commentato il capitolo. Le scrissi un messaggio che ero certa avrebbe capito pur non nominando mai persone o luoghi specifici.
 
Quando mi avvicinai alla finestra vidi Edward in giardino seduto sotto la pioggia con il volto tra le mani. Aveva la mano fasciata e stringeva forte i pugni.
Non riuscii a resistere.
Amy era profondamente addormentata e sembrava serena così decisi di scendere.
 
Quando arrivai in giardino non mi curai della pioggia e mi avvicinai posando una mano sulla sua spalla. Lui sussultò e si girò. Aveva gli occhi arrossati, non capii se era a causa della pioggia o se aveva pianto. Mi sentii in colpa.
Edward mi guardò per un attimo, poi si inginocchiò e poggiò la testa sul mio ventre stringendo le sue braccia sui miei fianchi. Mi ritrovai ad accarezzare i suoi capelli bagnati, noncurante della pioggia che scendeva inesorabile su di noi.
Presi il suo viso tra le mani e lo sollevai fino ad incontrare i suoi occhi.

  • Cos’hai fatto alla mano? – lui scosse la testa e mi guardò affranto.
  • perdonami, io non volevo dire…
  • Ne parliamo dentro. Entriamo.
Afferrò la mano che gli tendevo e si alzò. Poggiò la fronte sulla mia e sospirò.
  • Perché mi fai quest’effetto Bella. Cosa sei tu? – chiese piano, forse parlava più con se stesso che con me, ma non potei impedire al mio cuore di fare le capriole.
  • Io… - cominciai cercando di parlare in modo coerente.
  • Non voglio sapere nulla se non sei ancora pronta a dirmelo, ma ti prego, sappi che io sono qui per te e per Amy. Voglio solo aiutarvi, davvero. – e nei suoi occhi trovai la sua anima e vi lessi sincerità.
  • Edward adesso ci facciamo una doccia calda e poi io… vorrei raccontarti una storia.
  • Solo se lo vuoi davvero. Aspetterò tutto il tempo che ti servirà.
  • Sono pronta. – anche se avesse pensato male di me ero certa che non avrebbe mai abbandonato Amy, lo leggevo nei suoi occhi, anzi forse l’avrebbe aiutata meglio di me.
Stavo per girarmi per entrare quando lui mi attirò a se e mi strinse forte tra le braccia. Inspirò il mio profumo e poggiò la mia testa sul suo petto.
Potevo sentire il suo cuore battere forte nonostante lo scrosciare incessante della pioggia. Mi chiesi se anche lui sentiva il mio cuore battere furioso nel petto.
Mi abbandonai al suo abbraccio finchè un brivido di freddo attraversò la mia schiena.

  • Scusami, stai congelando. – mi disse sfregando le mie braccia con forza.
  • Non fa niente, entriamo però.
  • Marta ci ucciderà! – esclamò fissando il parquet bagnato. Mi ritrovai a sorridere pensando alla faccia che avrebbe fatto Marta la cuoca/badante di Gus.
  • Si, direi che il suo urlo sfiorerà la barriera del suono. – ammisi. Edward rise di gusto ed io non potei che seguirlo.
  • SIGNORI! – ahia! Sobbalzammo entrambi e forse sbiancammo. Ecco arrivato l’urlo di Marta.
  • Bel… emh, mamma? Eddy? – chiese Amy guardandoci ancora assonnata sulle scale.
  • Ringraziate che c’è quell’angelo altrimenti mi avreste sentita.
  • Veramente l’abbiamo sentita lo stesso. – disse Edward beccandosi una gomitata da parte mia e un’occhiata truce da parte di Marta.
  • Non muovetevi di un centimetro! – ci intimò. Edward fece il saluto militare appena si girò mentre Amy ci osservava perplessa.
  • Pecchè tiete tutti bannati?
  • Abbiamo fatto una passeggiata sotto la pioggia. - Disse Edward. Sembrava tranquillo ma vedevo il suo sguardo vagare sulla figura di Amy in cerca di qualcosa, forse qualche altra cicatrice. Ne avrebbe avute fin troppe da vedere.
  • E pecchè?
  • Così, ci andava. – disse Edward con una scrollata di spalle. Amy ci guardò per un attimo prima di scuotere la testa e andarsene in salone. Noi ci guardammo e scoppiammo a ridere. Sembravamo noi i bambini.
  • C’è poco da ridere, voi! Non mi rifate uno scherzo simile altrimenti ripulite voi!- ci minacciò Marta passandoci due grandi asciugamani.
  • Ma pulisco comunque io bella signora. Non crederà mica che lasci questo disastro qui e faccia pulire lei? Io ho fatto il guaio ed io pulisco. – le sorrise con quel sorriso che avrebbe fatto convertire perfino un demonio.
Marta si ritrovò a balbettare di andarci ad asciugare mentre arrossiva. Mi disse che avrebbe pensato lei alla bambina così salimmo insieme.
Eravamo in silenzio e ci fermammo davanti alla porta della mia camera.

  • io…
  • si anch’io… - bene, facevamo progressi!
  • Edward
  • Bella – ci chiamammo contemporaneamente e sorridemmo.
  • Prima le donne. – mi concesse.
  • Voglio davvero raccontarti tutto. – gli dissi seria. – spero solo capirai.
  • Bella non voglio forzarti a fare nulla.
  • Lo so, ma ne ho bisogno anch’io. Davvero.
  • Prometto che non ti giudicherò.
  • Non fare promesse che non sei certo di poter mantenere. – lo ammonii.
  • Se è per prima, giuro che non volevo dire che fossi stata tu. Non l’ho mai pensato, te lo giuro, ero solo sotto shock.
  • Lo so, lo capisco. Non sono arrabbiata.
  • Davvero?
  • Davvero.
  • Ok, fila a fare la doccia. – posò un bacio sul mio naso e si allontanò lungo il corridoio. Restai a fissarlo e sgranai gli occhi appena si sfilò la maglia entrando nel bagno in fondo al corridoio. Fissai la sua schiena muscolosa ed ero certa di sembrare una pervertita.
Feci una veloce doccia calda anche se sarebbe stata più utile una gelata. Al piano inferiore trovai già Edward in tuta che giocava con Amy.
Li guardai sorridendo e mi avvicinai partecipando ai loro giochi.
Il nostro proposito di parlare però andò miseramente in fumo.
Gus arrivò arrabbiato a causa dell’ennesima discussione con Carmen che si fiondò a casa, con marito al seguito, pochi minuti dopo. Si bloccò appena vide noi tre seduti sul tappeto a giocare. Guardò Edward con aria di rimprovero e me con astio. Mi ero affezionata a lei e sapevo che anche lei si era legata a me ma capivo anche che Tanya era la sua migliore amica e che probabilmente stava soffrendo a causa della separazione da Edward.

  • Così sei qui. - disse. Era un’affermazione.
  • Così pare. È un problema? – le chiese Edward.
  • No. Vi raggiungo per cena. – rispose perentorio Gus. Baciò in fronte la piccola Amy e si diresse in biblioteca.
  • Hai idea di come stia Tanya?
  • No.
  • Sta uno schifo. Ti ha cercato ovunque.
  • Perché?
  • Come perché? Dio Edward. È la tua ragazza.
  • Era.
  • Andiamo capita di litigare e lei ha di certo esagerato, ma non puoi punirla così.
  • Carmen cosa ti ha raccontato di me? Sai cosa mi è successo?
  • Si. Mi ha detto qualcosa. – disse sottovoce.
  • Bene. Lei sa un decimo di ciò che mi è capitato, non può nemmeno immaginare come mi sia sentito ma sa quanto ancora io soffra, eppure non ha esitato un momento a sputare veleno.
  • Sa di aver sbagliato. Ti ha chiesto scusa.
  • Stavolta non basta.
  • Perché? – chiese posando gli occhi su di me.
Il suono del campanello interruppe ogni risposta ed Eleazar andò ad aprire. Edward si avvicinò all’ingresso al suono di una profonda voce maschile mentre Amy si accoccolava in braccio a me.
  • Buonasera. Scusate l’intrusione. – sgranai gli occhi quando vidi un armadio varcare la porta d’ingresso. Quanto era grosso quel ragazzo?
  • Emmet? Che ci fai qui?
  • Aspettavo la tua telefonata che non è mai arrivata amico, così ho pensato di venirti a cercare.
  • L’ho dimenticato Em, scusa.
  • Capisco, la tua compagnia era più piacevole. Tranquil… oh cazzo! – disse Emmet guardando Amy.
  • Emmet! La bambina. – lo rimproverò Edward. Emmet non riuscì a distogliere lo sguardo da Amy ed io guardai Edward confusa.
  • Lei…
  • Andiamo di la Em. – Edward lo spinse nella stanza accanto ed io restai sola con Carmen che continuava a fissarmi.
Non so cosa si dissero Edward e il suo amico ma lui era molto serio quando tornò.
Gus arrivò in quel momento invitando Emmet a restare per la cena. Si rivelò un ragazzo molto simpatico e divertente, si vedeva che teneva a Edward. Mi intimorivano solo le continue occhiate che lanciava ad Amy.
Stavamo aspettando il dolce quando suonarono alla porta. Ero pronta alla visita dell’oca bionda. Ma la bionda che mi si fiondò tra le braccia era assolutamente più gradita.

  • Rosie!
Abbracciai stretta la mia amica scoppiando in lacrime mentre lei mi seguiva a ruota.
  • oh Dio Bella, quanto mi sei mancata! – mi disse stringendomi di nuovo. La abbracciai finchè Amy non mi chiamò. Asciugai le nostre lacrime e mi diressi in sala.
Erano tutti in silenzio aspettando che io la presentassi. L’unico a parlare fu Emmet, o meglio ad imprecare.
  • cazzo! – esclamò. Rapido, conciso ed efficace. Si, era un ottimo avvocato.
  • Emmet! – lo rimproverammo insieme io ed Edward.
  • Oh, si. Scusa piccola. – disse ad Amy che ovviamente ne approfittò per fare la fatidica domanda.
  • Che tinnifica catto?
  • Niente. – risposi io.
  • E pecchè lo dite tempe lui?
  • Perché il mio amico Emmet ogni tanto non usa il cervello. – rispose Edward.
Emmet non aveva tolto gli occhi di dosso a Rosalie mentre lei era arrossita. Rosalie Hale che arrossiva? Questa la dovevo fotografare.
Gus invitò Rose a sedersi con noi, la nonna della mia amica lo aveva avvisato ma lui aveva voluto farmi una sorpresa.
Amy abbracciò timidamente Rose, si ricordava di lei ma non sapeva come comportarsi, in fondo l’aveva vista per poco tempo e lei cercava di convincermi ad andare dalla polizia. Non era il migliore degli inizi.
Rose invece guardava Amy con il sorriso sulle labbra, di certo aveva notato il cambiamento avvenuto in quella bambina, e non solo per la scomparsa della paura dai suoi occhi.

  • Bella, lei…
  • si, lo so. – le dissi accarezzando i capelli di Amy. Ricordai che lei non sapeva come si chiamasse così feci in modo di farglielo sapere.
  • Amy che ne dici di sederti in braccio a me mentre Rose mangia il dolce con noi?
  • No.
  • No? Perché cucciola?
  • Tu hai bua, vado da Eddy. – lasciò la mia mano e si fiondò sulle gambe di Edward che la sollevò sorpreso ma sorridente. Dovevo parlare con lui prima possibile, maledizione.
  • Eddy? – chiese la mia amica con un sorrisetto guardandomi.
  • Dopo! – le sussurrai all’orecchio.
  • Vuoi dire che hai tolto le ragnatele? – chiese senza farsi sentire.
  • No! – le risposi arrossendo. Lei rise e si sedette accanto a me.
 
Emmet si era alzato velocemente e le aveva spostato la sedia in modo galante. Poverino, non sapeva con chi aveva a che fare! Rosalie però arrossì di nuovo e abbassò il volto imbarazzata. Due volte? Rosalie era arrossita due volte in pochi minuti? C’era qualcosa che non andava, io stavo sognando o qualche strana entità si era impossessata della mia amica.
Mangiammo il dolce in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Emmet non aveva nemmeno toccato il dolce, preso a fissare la mia amica che invece si ostinava a non guardarlo.
Edward gli aveva anche mollato una gomitata ma lui non l’aveva nemmeno sentita. Dopo il terzo calcio ci aveva rinunciato. Amy invece non smetteva di saltellare sulle ginocchia di Edward mentre Carmen li guardava perplessa. Le avevo visto alternare momenti di fastidio, forse per rispetto della sua amica, a sguardi di tenerezza nei confronti di Edward ed Amy.
Avevo sorpreso Rose a fissarmi più di una volta, alternando il suo sguardo tra me e Edward con Amy. Era rimasta a fissarli più del dovuto con il volto corrucciato, forse pensava ciò che pensavo io.
Gus le chiese come stesse la nonna e Rosalie le raccontò dei soliti acciacchi e delle continue lamentele, nonostante sua nonna fosse più arzilla di noi due messe insieme. Emmet sospirò estasiato quando Rose parlò, senza curarsi di tutti noi che lo guardavamo divertiti. Edward scosse la testa più volte cercando di non scoppiargli a ridere in faccia mentre io ridevo sotto i baffi vedendo il viso di Rose diventare sempre più rosso.
Quando ormai la cena era finita Carmen e suo marito se ne andarono a casa, nonostante un’ala della villa fosse tutta loro.
Amy si era addormentata in braccio ad Edward con la testa ciondolante sul suo petto. Per un momento la invidiai. Avevo provato a convincere Edward a lasciarmi la piccola, ma lui la tenne stretta a se. Era come se non riuscisse a staccarsi da lei.
Mi chiese il permesso di metterla a letto e io annuii, vidi con la coda dell’occhio Rose e Gus fissarmi mentre salivo le scale con Edward e la bambina.
Fu molto dolce con lei, la coprì rimboccandole le coperte e le baciò la fronte mentre io li guardavo dalla porta.

  • scusami, non volevo essere invadente. – mi disse avvicinandosi a me.
  • Non lo sei stato.
  • Io…non riesco a stare… lontano da… voi. – mi disse imbarazzato.
  • Neanche lei.
  • Solo lei? – mi chiese quasi triste e speranzoso.
  • Non solo lei. –ammisi arrossendo. Edward prese il mio volto tra le mani
  • Quanto sei bella quando arrossisci.
Edward posò leggero le labbra sulle mie quando Gus si schiarì la voce dietro di noi. Ci allontanammo subito imbarazzati come due adolescenti sorpresi dai genitori a fare qualcosa di inappropriato.
  • Dottor Cullen il suo amico sta andando via. Se riesce a scollarlo dalla signorina Hale.  – ci disse serio. Gli aveva dato del lei e ad Edward non passò inosservato. Annuì e si diresse giù per le scale.
  • Se ha bisogno della mia camera per Rosalie, Gus, io vado via con Emmet. – gli disse Edward. Guardai Gus pregandolo con lo sguardo. Mi sentivo al sicuro con lui in casa e non volevo andasse via.
  • No, non ci sono problemi. La signorina Rosalie può dormire in camera di Carmen o…
  • No Gus, Rosalie dormirà con me.
  • Sei sicura Isabella? – non credo si riferisse solo a Rosalie.
  • Si, sicurissima.
  • Bene. Edward dopo aver salutato il tuo amico potresti raggiungermi in biblioteca, per favore? – gli disse serio, ma almeno aveva ripreso a dargli del tu.
  • Certo Gus. A dopo. Buonanotte Isabella. – mi disse Edward. Io gli feci un cenno e lui scese.
  • Gus io sono mortificata per…
  • Non devi giustificarti con me. Voglio solo che tu sia certa di ciò che fai. Ti fidi di lui?
  • Si - risposi senza esitare.
  • Lui sa?
  • Non ancora. Gli avevo promesso che gli avrei raccontato tutto stasera ma non è più stato possibile.
  • Cosa sai di lui?- perché mi faceva quella domanda?
  • Cosa dovrei sapere Gus?
  • Niente che non sia lui a raccontarti. Ma io lo farei prima possibile. Stai perdendo tempo prezioso. – tempo prezioso per cosa?
  • Cosa devi dirgli Gus?
  • Non gli racconterò di te e della bambina. Tocca a te farlo. Ma non far passare tanto tempo ancora.
  • Domani Gus. Lo farò domani.
  • Bene. – mi disse e si avvicinò alle scale. Si girò un attimo prima di scendere e mi guardò con un sorriso. – oh, Isabella. Ci sono tante camere in questa casa, evitate il mio corridoio per favore, il mio cuore potrebbe non reggere all’invidia. – aggiunse con un sorriso.
Avrei voluto sprofondare dalla vergogna. E il peggio doveva ancora arrivare! Il mio peggio aveva lunghi capelli biondi, fisico da modella e sguardo eccitato dalla curiosità. Ero spacciata!
  • Isabella Marie Swan, pretendo di sapere ogni cosa! Non dimenticare nemmeno un dettaglio.
  • Cosa vuoi sapere?
  • Primo sapere chi è quello strafigo dai capelli rossi che non ti ha mollata un attimo.
  • Non ha i capelli rossi, sono castano-ramati, simili al bronzo.
  • Castano-ramati simili al bronzo. Bene, è meglio di ciò che pensassi! Ti piace.
  • Rose che dici? – arrossii vistosamente.
  • Oh mio Dio! L’hai baciato! – ma come diavolo faceva? Mi leggeva il pensiero?
  • Rose, smettila.
  • La mia migliore amica ha baciato uno degli uomini più belli del mondo e pretende che io non chieda nulla? Devi raccontarmi ogni dettaglio.
  • È successo Rose, non c’è altro da dire.
  • Scherzi? Com’è? Dimmi come bacia?
  • Rose sono cose private.
  • Non esiste, tu ora mi racconti ogni cosa!
Era tempo perso ribattere con Rosalie. Le raccontai ogni cosa, di come ci eravamo conosciuti, del nostro bacio, di come mi sentivo quando ero vicina a lui e anche della
sua ragazza.

  • Ex. – mi corresse lei. – oh Bella, quell’uomo fantastico ha lasciato la sua ragazza per te, ti rendi conto?
  • No. Non l’ha lasciata per me, l’ha fatto per… altri motivi. E poi lei era stata pessima a dirgli quelle cose.
  • Davvero non sai cosa gli sia successo?
  • No. Ho capito che ha perso una bambina, credo sia morta, ma non so chi era.
  • Magari era sua figlia.
  • Mi ha detto di non avere figli.
  • Magari una nipote o la figlia di un amico.
  • Già è possibile.
  • Senti Bells… a proposito di… amici.
  • Si?
  • Bhe, ecco il suo amico… quello…
  • Quello grosso e muscoloso che non ti ha tolto gli occhi di dosso per tutta la sera?
  • Non è vero!
  • Oh si che è vero Rosie!
  • Non… non me ne sono accorta…
  • Oh ma certo!
  • Non cambiare argomento!  Stavamo parlando di bei capelli.
  • Intanto hai chiesto tu del suo amico. E non lo chiamare bei capelli!
  • Brutti non sono.
  • No, sono bellissimi e morbidi e… Rose! – che diavolo mi faceva dire?
  • Hai fatto tutto da sola. Però non sei per niente interessata. Per cui posso provarci io?
  • NO!
  • Ma se non sei interessata io…
  • Non ho mai detto di non essere interessata.
  • Cosa aspetti allora?
  • Ho paura. – le confidai accarezzando la testolina di Amy. – ho paura per lei. E per me. Io non ho mai provato niente di simile in vita mia e non so come comportarmi. Se lui non fosse interessato a me?
  • Se non ci provi non lo scoprirai mai.
  • È troppo complicato. Non posso rischiare.
  • Bella, lui è pazzo di te. Si vede da come ti guarda, da come ti sorride, come ti cerca.
  • E come fai a dirlo? L’hai visto per un paio d’ore, io stessa non lo conosco praticamente. Come faccio a sapere di potermi fidare di lui?
  • Non lo puoi sapere. Ma se non provi non lo saprai mai.
  • Non so cosa fare.
  • Inizia con il conoscerlo. Chiedigli di lui, cosa fa, quali sono i suoi interessi e nel frattempo cerchi di scoprire se può esserci qualche legame con la piccola.
  • Niente di più semplice! – ironizzai.
  • Devi smetterla di chiuderti Bella. Da quando Charlie non c’è più ti sei chiusa in te stessa e non ti fa bene. Anche a me manca tuo padre, ma non puoi smettere di vivere o uscire di casa. Beh, non che tu l’abbia mai fatto molto, però mettere il naso fuori non ti ucciderà di certo.
  • Hai ragione. – aveva ragione su ogni fronte. Ero giovane, non potevo precludermi di vivere solo perché mi sentivo inadeguata. Dovevo prendere esempio da Amy e dalla sua forza. Stavo per abbracciarla quando parlò di nuovo.
  • Se poi riuscissi a mettere anche la lingua in gola a bei capelli non sarebbe male!
  • ROSE! – le urlai. Amy si mosse nel sonno mentre io le lanciavo un cuscino e lei lo schivava ridendo come una matta.
Mi era davvero mancata la mia amica, mi sentivo più leggera con lei vicina.
Nonostante la sua vicinanza però non riuscii a dormire quella notte.
Cercando di non svegliare Amy e Rosalie scesi in cucina a prepararmi una camomilla e fui sorpresa di trovarvi Edward intento a guardare qualcosa che aveva tra le mani.
 

  • ciao. – lo salutai. Lui si girò e notai che aveva un’espressione triste in viso. Strinse il pugno nascondendomi alla vista quello che stava guardando.
Non parlammo molto quella sera di noi. Edward mi parlò di Emmet ed io gli raccontai di Rosalie. Ridemmo ripensando alla faccia di Emmet e all’imbarazzo della mia amica.
Ci salutammo quasi due ore dopo sentendo dei rumori provenire dal piano superiore.



ma porca miseria, mai un attimo di tranquillità! Adesso che Bella era decisa a raccontargli tutto la casa viene invasa dagli ospiti.... é arrivata anche Rose. ormai non manca più nessuno, o quasi....
so che mi state odiando ma ve l'ho detto, il prossimo sarà IL capitolo delle verità.
ci leggiamo prestissimo, un abbraccio.

 

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Capitolo 13
*** 13 - Verità ***


Buongiorno a tutte voi e buona domenica.
Spero stiate tutte bene.
ok, pochi giri di parole. ho un'ansia tremenda per questo capitolo, non so davvero cosa ne penserete.
si scoprirà quasi tutto e capirete qualcosina in più del carattere complesso dei nostri protagonisti.
ok, vi lascio prima leggere, ci leggiamo giù. un abbraccio!




13 – Verità.
 
La mattina successiva mi svegliai tardi e trovai già il letto vuoto.
Rosalie era davanti allo schermo del pc ad occuparsi di lavoro mentre Amy guardava i cartoni. Odiavo che stesse a lungo davanti alla tv ma con il cattivo tempo era impossibile star fuori e in casa non c’era molto da fare.

  • buongiorno. – salutai entrambe. Mi fecero un cenno troppo occupate per pensare a me.
  • Buongiorno Bella, dormito bene? – mi chiesi da sola. Scossi la testa e aprii il frigo per cercare qualcosa con cui far colazione.
  • Dove sei stata stanotte?- mi chiese Rosalie facendomi sobbalzare.
  • Rose ma sei impazzita? Vuoi farmi prendere un colpo?
  • Non hai risposto.
  • Sono scesa in cucina a prendere una camomilla.
  • Per due ore?
  • Ti ho mai detto che saresti perfetta come agente dell’FBI?
  • Bella.
  • Rosalie.
  • Eri con lui, vero?
  • Come? – chiesi arrossendo. Ovviamente il ghigno che si dipinse sul suo viso fu spropositato.
  • Lo sapevo! Che avete fatto? Cosa vi siete detti? Ti ha baciata? Ti sei…
  • Rose, frena! Abbiamo solo chiacchierato un po’. Niente di strano.
Mentre parlavo l’oggetto dei nostri discorsi, e non solo, si materializzò davanti ai nostri occhi in tutto il suo splendore.
  • Buongiorno signore. – ci salutò galante.
  • Buongiorno.
  • Buongiorno Edward. – lo salutai io. Lui mi fissò sorridendo finchè un colpo di tosse di Rosalie ci riportò alla realtà. Distogliemmo entrambi lo sguardo imbarazzati e ci preparammo la colazione.
 
Non fu semplice fare colazione con lui mentre Rose analizzava ogni nostro respiro. L’avrei strozzata! Per fortuna Amy entrò in cucina poco dopo reclamando l’attenzione di Edward che fu ben felice di scappare dallo sguardo indagatore della mia amica.

  • Che diavolo stai facendo Rose? – le chiesi ormai esasperata.
  • Io? Niente.
  • Non fare la santarellina con me. Cos’hai in mente?
  • Siete interessanti insieme.
  • Sembra tu stia parlando di due animali. – dissi sarcastica.
  • Beh visti gli sguardi infuocati che ti lancia non sono molto lontana dalla realtà.
  • Rose!
  • Che c’è? Sembra voglia mangiarti.
  • Non è vero. – sussurrai ormai rossa in viso.
  • Oh si che lo è mia cara. – non fu la voce di Rose a pronunciare quella frase ma quella di Gus e la mia faccia raggiunse tonalità che non credevo umanamente possibili. – quand’è che ve ne renderete entrambi conto?
  • Gus!
  • Oh Dio Bella! Rose, Gus, Gus, Rose, sei diventata ripetitiva!
  • Io non sono ripetitiva. Siete voi che vi impicciate di cose che non vi riguardano. – risposi stizzita. In fondo saranno pure affari miei, no? Ma davvero Edward mi guardava come dicevano loro?
  • Emh, Bella? – la voce di Edward interruppe la nostra discussione e sperai che non avesse sentito una sola parola di ciò che avevano detto.
  • Si?
  • Credo di aver combinato un guaio. – mi disse facendo uno sguardo da cucciolo ferito che mi fece sospirare e fece ridere Gus e Rose.
  • Che guaio? – chiesi riprendendomi.
  • Ecco io… avrei potuto dire qualcosa ad Amy…
  • Amy? – chiesi subito preoccupata.
  • Si, beh ecco….
  • Edward cos’è successo?
  • In televisione c’era un film Disney.
  • Si?
  • La sirenetta.
  • E?
  • E io potrei aver detto ad Amy che mi piacciono molto i pesci.
  • E?
  • E che qui c’è un grandissimo acquario con tanti delfini e tartarughe marine.
  • E? – avevo paura di aver capito.
  • E mi ha chiesto di portarcela.
  • E?
  • E io le ho detto di si. Sai che non riesco a dirle di no. – si scusò subito. Si grattò la testa imbarazzato.
  • Perché ho la sensazione che tu debba dirmi altro?
  • Beh, ecco… io potrei averle promesso che ci saremmo andati presto.
  • Esattamente quanto presto?
  • Esattamente adesso Amy è in camera vostra a scegliere cosa mettere.
  • Cosa? – Edward si strinse nelle spalle dondolando sui talloni.
  • Non le ho detto che ci saremmo andati adesso ma lei ha fatto tutto da sola e non sono riuscito a convincerla del contrario.
Mentre parlavamo Amy scese le scale già vestita di tutto punto. Pur essendo alta un metro aveva un gusto fantastico nell’abbinare i vestiti, sicuramente più di me, non che ci volesse poi molto.
  • tono pronta.
  • Amy veramente…
  • Tei cotì ancora? Bigati, è taddi!
  • No tesoro, noi non possiamo uscire.
  • Pecchè?
  • Piove, c’è brutto tempo.
  • Ma Eddy ha detto che l’accario è copetto. – lanciai un’occhiata a Edward che finse di guardare da un’altra parte.
  • Si ma per arrivare lì rischiamo di bagnarci e…
  • Pendiamo ombrello! – sempre la risposta pronta quella piccola peste.
  • Ma dai Bella, andate no? Sarà divertente. – le diede man forte la mia ormai ex migliore amica. Gus ovviamente contribuì.
  • Edward prendete la mia auto, così non rischiate di bagnarvi.
  • Io non so se… - cominciò Edward.
  • Ti pego Eddy. Daiiiiiiiiiii…. – lo supplicò Amy, lui mi guardò di nuovo come a scusarsi ma non sarebbe riuscito a dirle di no.
  • Ti prego Bella. – mi disse con la sua voce calda. Sospirai sconfitta.
  • Va bene.
  • Ahhhhhhh!!! Grattie grattie grattie! – Amy mi saltellò tra le braccia, dopo avermi perforato un timpano con un urlo disumano.
 
Salii in camera a cambiarmi ma non tenni conto della follia della mia amica che, aiutata dalla peste, si ostinò a darmi dei vestiti decenti, come disse lei.
Inutile dire che sentivo i jeans troppo attillati e la camicia troppo scollata, ma non riuscii ad averla vinta. Almeno la sciarpa mi fu concessa ma solo perché Rose sapeva che avrei sentito caldo e l’avrei tolta subito.
Quando scesi notai che Edward aveva la stessa mise: jeans attillati, per la sfortuna dei miei ormoni, camicia scura e giubbotto di pelle. Ci sorridemmo guardandoci ed Amy sghignazzò.
Quando arrivammo all’acquario Amy si mise tra noi tenendoci per mano entrambi. Aveva gli occhi sgranati e urlava ad ogni pesciolino. Per fortuna non c’erano molti visitatori con quel tempo altrimenti credo ci avrebbero buttati fuori.
Dovevo ammettere che avevano fatto bene a trascinarmi fuori, l’acquario era davvero molto bello ed Amy era molto serena. Guardava Edward con adorazione mentre lui le spiegava particolari che non conoscevo sui vari pesci. Era davvero molto dolce con lei ma ogni tanto la guardava e vedevo i suoi occhi diventare tristi. Dovevo parlare con lui, scoprire quale dolore gli attanagliava l’anima e soprattutto raccontargli della bambina.

  • Bella guadda! Bella! Nemo! – mi urlò prendendomi le mani. Edward era così preso da lei che non si accorse che mi aveva chiamata Bella e non mamma. Tanto per cambiare.
Un piccolo pesce pagliaccio nuotava nella sua vasca insieme a tantissimi pesci colorati e Amy li fissava entusiasta, si muoveva nella loro stessa direzione e tornava indietro.
Una signora la guardava sorridendo dietro di noi, io mi irrigidii e Edward afferrò la mia mano sorridendo.

  • complimenti, vostra figlia è davvero molto bella. – ci disse la signora, forse era una turista. Stavo per ribattere quando Edward mi precedette.
  • Grazie signora, è tutta sua madre. – le rispose guardandomi. Io distolsi lo sguardo imbarazzata.
  • Io… scusa. Non volevo metterti a disagio. – mi disse dispiaciuto.
  • Non lo hai fatto. È solo che…
  • Non dovevo intromettermi, scusa. – si allontanò ma non gli permisi di lasciare la mia mano.
  • Non è per quello. Io devo dirti tante cose Edward e spero con tutto il cuore che non mi giudicherai.
  • Perché dovrei giudicarti? – mi chiese aggrottando le sopraciglia. In tutto ciò non aveva mai staccato gli occhi da Amy e corse da lei quando vide che era scivolata.
  • Piccola, tutto bene? – le chiese apprensivo. Mi avvicinai anch’io ma Amy stava bene e sorrideva contenta. Stavo per abbassarmi quando una donna dai capelli rossi mi urtò.
  • Oh, mi scusi. – disse ancheggiando e scosse i ricci rossi come il fuoco.
  • Non fa niente. – la donna si allontanò in fretta ma appena mi girai vidi gli occhi di Amy lucidi e il labbro tremolante. Mi inginocchiai accanto a lei che si lanciò tra le mie braccia.
  • Che succede piccola?
  • Voio andare via. – mi disse piangendo.
  • Ma perché? Ti stavi divertendo così tanto.
  • Andiamo a cata! Ora. Peffavore. – mi urlò disperata.
Edward mi guardò confuso ma la mia faccia era perplessa quanto la sua.
  • Andiamo a casa piccolina. Ci andiamo subito, ok? – le disse Edward.
Amy annuì con forza ma non smise di piangere, sembrava la bambina spaventata che avevo incontrato al supermercato. Si strinse addosso a lui e si fece portare in macchina bagnando di lacrime la sua camicia mentre lui cercava di calmarla. Io le accarezzavo la schiena cercando di placare i suoi singhiozzi e cercando di non piangere a mia volta.
Quando arrivammo in macchina Amy mi volle a tutti costi dietro con se e si accoccolò in braccio a me stringendosi al mio petto. Ero preoccupata e non capivo cosa avesse potuto scatenare il suo pianto disperato.
Il traffico a quell’ora era davvero infernale ed Amy si addormentò stremata tra le mie braccia. Io ed Edward non avevamo parlato durante il tragitto troppo scossi per riuscire anche solo a pensare ma non avevamo smesso di guardarci un attimo.
Quando arrivammo in casa trovammo un biglietto di Gus e Rosalie che ci informavano di essersi recati ad una mostra.
Edward aveva preso Amy in braccio, che non aveva lasciato un attimo la mia mano, e l’aveva messa a letto accarezzandole il visino bagnato dalle lacrime. Io mi ero sdraiata accanto a lei e le accarezzavo i capelli. Non mi accorsi nemmeno di piangere finchè sentii la mano di Edward posarsi sulla mia guancia. Dovevo dirgli tutto, a costo di perdere la sua stima, e dovevo farlo per aiutare Amy. Lui era un medico, magari mi avrebbe denunciata, ma avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare la bambina, potevo leggerlo nei suoi occhi.

  • Hai tempo per sentire una storia? – gli chiesi con le lacrime agli occhi.
  • Non sei costretta se non te la senti. Non è il momento per le confessioni, sei troppo provata.
  • È il momento giusto invece, ho perso fin troppo tempo.
  • Bella non voglio che tu ti senta costretta.
  • Devo farlo per lei. – Edward annuì e poi sorrise amaramente.
  • Mi chiedo come si possa fare del male ad un esserino così. Sai Amy non ti somiglia molto, somiglia al padre, vero? – ecco, ci siamo. Tirai un profondo respiro e mi preparai a urla e accuse di ogni genere.
  • Non lo so.
  • Cosa?
  • A chi somiglia.
  • In che senso? – mi chiese sorpreso.
  • Non so chi sia suo padre. – mi bloccai guardando la sua espressione esterrefatta. Capivo che la mia frase poteva essere fraintesa così continuai. – non so nemmeno chi sia sua madre.
  • Bella che stai dicendo? Tu sei sua madre.
  • No. Non lo sono. Io… l’ho trovata. - Il suo sguardo era basito. Vidi passare mille emozioni nei suoi occhi prima di parlare e lo fece con una voce atona allontanando subito la sua mano dal mio viso.
  • Chi sei?
  • Mi chiamo Isabella Swan, ho venti anni e vengo da Forks…
Cominciai il mio racconto sperando che mi credesse e abbandonasse quello sguardo duro che mi aveva riservato. Quando gli raccontai del bagnetto in casa mia e delle cicatrici sollevò la felpa di Amy e guardò il suo pancino e la cicatrice. Io la voltai su un fianco e le scoprii interamente la schiena. Lo vidi stringere convulsamente i pugni.
  • I lividi ormai non ci sono più ma quando l’ho trovata… lei… lo so cosa stai pensando di me e non posso biasimarti, ma io dovevo fare qualcosa per aiutarla. So di aver scelto la strada sbagliata, ma credimi non sapevo cos’altro fare.
  • Vai avanti. – mi invitò ma la sua voce non era più dura come prima, anzi sembrava fosse sul punto di piangere.
  • L’indomani si è presentata una donna accompagnata dalla polizia spacciandosi per la madre.
  • Non lo era?
  • Non credo. La bambina si è subito spaventata e si è rintanata tra le mie braccia. Mi ha detto che quella non era la sua mamma solo quando eravamo in viaggio per venire qua, ma io sentivo già che non poteva essere lei.
  • Perché?
  • Innanzitutto perché non le somigliava assolutamente. Quella donna aveva dei tratti ispanici mentre lei…
  • Non somiglia neppure a te, eppure tutti lo abbiamo creduto. – mi fece notare.
  • Lo so, ma non era solo per quello. Era il loro modo di guardarsi. La bambina era terrorizzata, Edward.
  • Perché non l’hai denunciata?
  • Il paesino da cui vengo conta circa tremila persone e quella donna si è presentata con una grande ed elegante macchina con una targa del corpo diplomatico. Sai cosa significa?
  • Potere.
  • Già. Tanto potere, tanti soldi e nessuna garanzia che la bambina potesse essere messa al sicuro.
  • E con te era al sicuro?
  • Non lo so ma non potevo stare inerme. – mi arrabbiai e strinsi forte i pugni alzando la voce. - Tu non l’hai vista, ok? Tu non hai visto i suoi graffi, le sue ferite, tu non hai guardato i suoi lividi sperando scomparissero come per magia, tu non hai mai dovuto farle il bagnetto tentando di non notare le cicatrici, tu non… - il mio discorso fu interrotto dai miei singhiozzi e non riuscii più a frenare le lacrime che da troppo tempo premevano per uscire.
Mi alzai dal letto andando verso la finestra e gli diedi le spalle cercando di frenare il mio pianto. Non riuscivo a reggere il suo sguardo. Sussultai quando sentii la sua mano posarsi sul mio fianco. Mi porse un fazzoletto e mi strinse a se.
  • Non ti sto giudicando. Scusami se ti ho dato l’impressione sbagliata ma sono davvero sconvolto.
  • Io so di aver sbagliato, Dio se lo so! Ma non avevo nessuno e non sapevo cosa fare. Lei si era fidata ciecamente di me e non volevo deluderla, non volevo deludere neanche te ma…
  • Bella non mi hai deluso. Io sono davvero scioccato dalla tua storia ma non ho pensato male di te. Forse i primi cinque secondi, ma ti assicuro che il mio tono non è di una persona arrabbiata o delusa ma semplicemente senza parole. Non so se avrei avuto lo stesso coraggio che hai avuto tu, se sarei riuscito a portarla via rinunciando a tutto. Io ti ammiro Bella.
Lo fissai con gli occhi lucidi e sentii il mio cuore scoppiare quando avvicinò le sue labbra alle mie salate dalle lacrime. Mi prese il viso tra le sue mani grandi e baciò i miei occhi, le mie guance umide, sfiorò il mio naso con il suo e posò piano le sue labbra sulle mie approfondendo il bacio. Lo abbracciai e sentii il cuore battere all’impazzata quando le nostre lingue si sfiorarono. Il nostro bacio divenne profondo e ricco di passione, fu dura staccarci ma i nostri polmoni reclamavano ossigeno.
  • Sei una donna fantastica Isabella Swan.
Lo strinsi forte a me cercando di rallentare i battiti ma sentivo le sue braccia rigide. Cercai di sciogliermi dal suo abbraccio ma non me lo permise.
  • Ricordi la reazione che ho avuto la prima volta che ho visto Amy?
  • Non so quale sia il suo nome. Quella donna l’ha chiamata Claudia ma lei mi ha detto che non è il suo vero nome.
  • E qual è?
  • Non lo ricordava. Ha detto solo Trilly. Ricordava che un suo zio la chiamava Trilly. – Edward si allontanò di scatto come se si fosse ustionato.
  • Che succede Edward?
  • Non può essere. Non è lei.
  • Chi Edward? Lei chi?
  • Mia nipote, Lily. – si sedette sul bordo del letto e si prese la testa tra le mani. Mi sedetti accanto a lui e gli accarezzai i capelli. All’improvviso si strinse sul mio petto e sentii le lacrime rigargli il volto. Lo strinsi forte e lo sentii singhiozzare piano.
  • Lei era con me… dovevo stare attento io a lei… - continuava a ripeterlo mentre le sue lacrime bagnavano la mia camicia.
  • Va tutto bene Edward, va tutto bene.
  • No invece. Niente è più andato bene. Quando la moto mi è venuta addosso io l’ho persa. Me l’hanno strappata dalle braccia e non sono riuscito a fermarli, io… non sono riuscito a tirarla fuori dall’acqua, non le ho neppure potuto dare un corpicino su cui piangere. Io… non… io sono un essere inutile, Bella. NON MERITO NULLA IO! – Urlò disperato.
Gli presi il volto tra le mani come lui aveva fatto pochi minuti prima.
  • Tu sei una persona speciale Edward, non dimenticarlo mai. E sono certa che anche tua nipote o i tuoi fratelli la pensano come me.
  • Alice… non credo. Ho distrutto la vita di mia sorella, il suo matrimonio e la vita dei miei genitori. – disse in un soffio, ecco chi era la famosa Alice.
  • Sono certa che loro non t’incolpano di nulla.
  • Ma è colpa mia!
  • Hai detto che ti hanno investito…
  • Non importa, sarei dovuto stare più attento. Non avrei dovuto permetterle di lasciarmi la mano.
  • Edward te l’hanno strappata dalle braccia, non avresti potuto fare nulla.
  • Io… avrei dovuto immaginarlo, avrei dovuto pensare che… poteva essere pericoloso.
  • C’erano mai stati problemi prima?
  • No.
  • E allora come avresti potuto pensare che potesse accadere una cosa del genere?
  • Io… non lo so ma…
  • Non ci sono ma. Non avresti potuto fare altro. Sapete chi erano, perche l’hanno fatto?
  • No.
  • Li avete presi?
  • Non i mandanti. Hanno arrestato l’uomo che mi ha investito ma non sono riusciti a collegarlo con l’ucc… la scomparsa di Lily. – capivo la sua rabbia, ma questo avvalorava la mia tesi su un possibile legame tra Edward e la bambina.
  • Sai che mi è quasi venuto un colpo quando ho visto la bambina la prima volta?
  • Ricordo bene la tua faccia. Le somiglia? – azzardai.
  • Moltissimo. Ha lo stesso colore di capelli di Lily e poi i suoi occhi…
  • Sono del tuo stesso identico colore.
  • Già…
  • magari… - cominciai ma non ebbi il tempo di finire.
  • Per un attimo ho pensato che fosse lei, sai? Ho rivisto il viso di mia nipote e di mia sorella, si somigliano così tanto. Ma so che è impossibile. Io l’ho vista morire. Ho visto quel fottuto bastardo buttarla nel fiume gelato e, nonostante mi sia buttato subito, non sono riuscito a ritrovarla. Ho riportato a terra solo il suo peluche. Un pupazzo capisci? Un dannatissimo pezzo di stoffa si e mia nipote no. Mi spieghi come sia possibile?
Riuscii solo a scuotere la testa dispiaciuta davvero per la sorte che era toccata a quella povera bambina e a tutta la sua famiglia. Quella sera in cucina stringeva un peluche, doveva essere quello della nipotina.
Provavo davvero una sorta di disperazione nei confronti di Amy e Edward. Negli occhi dell’uomo che avevo di fronte potevo leggere un dolore che non si sarebbe mai sopito, ma che anzi lo avrebbe logorato se non fosse riuscito a superarlo.
Tutte le mie speranze invece di potere trovare in Edward la famiglia di Amy si erano infrante appena lui aveva detto che la sua nipotina era morta davanti ai suoi occhi. Mi sentivo una stronza a dire ad alta voce la domanda che mi ronzava in testa ma dovevo farlo.

  • Edward, tu… sei sicuro che lei…- non ce la posso fare, non posso fargli questa domanda.
  • Bella? Dimmi qualunque cosa, non preoccuparti.
  • Non è il momento giusto.
  • Non sarà mai il momento giusto quando l’argomento è Lily, fidati.
  • Non voglio che tu stia male.
  • Sai, può sembrarti strano, ma è la prima volta che ne parlo davvero con qualcuno e invece di stare peggio mi sento meglio. Non lo credevo possibile, ma ho capito che ormai questo è l’effetto Bella.
  • Effetto Bella? Devo prenderlo come un complimento?
  • Assolutamente si. Io credo… mi sento… bene quando sono con te. Mi sento sereno e non mi capitava da almeno due anni. Non lo so cosa mi hai fatto Bella, so solo che mi basta guardarti negli occhi per sentirmi meglio e pensare che forse, in questa merda di vita, mi merito qualcosa anch’io. Non credo riuscirò mai ad essere felice, te l’ho detto non lo merito…
  • Edward.
  • No, davvero. Va bene, è giusto così.
  • NO CHE NON LO E’! Maledizione Edward non puoi colpevolizzarti a vita per qualcosa che non avresti comunque potuto controllare. Hai diritto di vivere la tua vita, di costruirti il tuo futuro, una famiglia…
  • Famiglia? Per fare cosa? Per veder morire qualcun altro a causa mia? No grazie, passo.
  •  Ma che stai dicendo Edward?
  • Non sono nato per essere padre, non sarei un buon padre.
  • Saresti perfetto invece. Io vedo quanto sei dolce con Amy, e sono certa che anche Lily ti adorava.
  • E guarda questo dove l’ha portata.
  • Non farlo Edward. Non precluderti il futuro, ti prego.
  • Non ho futuro. Vivo il presente e questo mi basta.
  • Ma…
  • Bella non sono la persona adatta a crearsi un futuro. Ho il mio lavoro e mi basta. – mi mandava in bestia il suo tono, non ci vidi più.
  • Hai anche avuto una fidanzata. Con lei meritavi un futuro? Perché non torni da lei se pensavi di poter avere un futuro?
  • Con Tanya?
  • Non ho avuto il piacere di conoscerne altre. – risposi sarcastica. Se ripensavo a come lo aveva trattato, a cosa gli aveva detto sapendo quanto soffrisse.
  • Bella… Tanya non… con lei non ho mai pensato ad un futuro, sapevo sarebbe finita prima o poi.
  • E allora perché ci stavi insieme?
  • Vuoi davvero che risponda? – sesso. Ecco la risposta. Era pur sempre un uomo e una con le curve di Tanya poteva far sciogliere anche un iceberg. Ed io che mi ero illusa che potesse provare qualcosa per me, una stupida e scialba ragazzina di provincia.
  • Non è necessario. – risposi freddamente. Per fortuna Amy decise di svegliarsi proprio in quel momento. – adesso scusami ma devo pensare alla bambina.
  • Bella non hai capito io…
  • Ho capito fin troppo bene Edward. Scusa ma Amy ha la precedenza su qualunque altra cosa.
Edward annuì e si alzò dal letto silenziosamente. Si fermò sulla porta e mi parlò senza voltarsi.
  • Avrei voluto conoscerti quando ero ancora un uomo con un’anima, quando potevo ancora offrirti un futuro. Forse le cose sarebbero state diverse ma adesso… non posso condannare anche te. Qualunque cosa ti serva per Amy io ci sono. Non sei da sola, voglio aiutarti se me lo permetterai. Puoi?
  • Va bene.
Si chiuse piano la porta dietro di se ed io scoppiai a piangere cercando di non farmi notare da Amy che pareva essersi riaddormentata.




emh..... non odiatemi, please!
vi assicuro che si sistemerà tutto e Edward non voleva dire ciò che Bella ha capito nell'ultima frase.
So che era iniziata bene la giornata ma dovevano affrontare la convinzione di Edward di essere inutile prima o poi, no? meglio subito allora!
Ci leggiamo prestissimo ragazze. vi voglio bene!

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Capitolo 14
*** 14 - Febbre. ***


Buonasera a tutte voi e buon Primo maggio, anche se ormai è agli sgoccioli... Spero abbiate passato una bella giornata, io sono rimasta a casa a fare la crocerossina al mio amore che non stava bene. tutto passato per fortuna!
so che non vi aspettavate di trovarmi qui ma dato che, nonstante la voglia, non mi avete lanciato contro un branco di lupi affamati, vi regalo un nuovo capitolo!
Sono certa apprezzerete!
Un abbraccio.



14 – Febbre.

 
 
POV EDWARD
 
 
Mi chiusi la porta alle spalle e scivolai con la schiena sul legno duro fino a sedermi sul pavimento. Quanto avrei voluto piangere in quel momento.
Potevo sentire i singhiozzi di Bella attraverso la porta e mi odiai. Sapevo di essere la causa delle sue lacrime ma meglio qualche lacrima per ciò che non sarà mai che tante lacrime per ciò che hai perso.

Tanya. Come ha potuto solo pensare che io volessi costruire un rapporto con lei?
Se mai le cose fossero state diverse era con Bella che avrei voluto costruire un futuro e magari avere dei figli.
Contrariamente a quello che succede di solito, la mia parte razionale diceva che non potevo smettere di vivere, che dovevo costruire qualcosa anch’io; ma il mio cuore ormai morto mi chiedeva di non condannare nessun altro all’infelicità, meno che mai una donna speciale come Bella.

Dopo quello che mi aveva rivelato la mia ammirazione per lei aveva raggiunto un livello impensabile.
Aveva solo vent’anni eppure era così matura, così saggia. Chissà cosa ne sarebbe stato di quella bambina se non avesse incrociato Bella sul suo cammino. Come poteva un essere umano infierire con così tanta ferocia su una bambina indifesa? Corpo diplomatico. Gente ricca, potente. Gente convinta di avere il mondo ai propri piedi.

Emmet aveva scoperto che nessuno aveva sporto denuncia per la scomparsa di una bambina che avesse le stesse caratteristiche di Amy, o qualunque fosse il suo nome. Trilly. Aveva detto a Bella che suo zio la chiamava Trilly, come facevo io con la mia fatina. Scossi la testa, non potevo ancora pensare a quell’assurda ipotesi che mi frullava in testa. Io avevo visto Lily morire. Non c’era alcuna possibilità che quella bambina fosse lei. Eppure…

I risultati del test del Dna pesavano come quintali nella tasca della mia giacca ma non avevo il coraggio di fare il passo successivo.
Mi ero sentito una merda quando avevo strappato un capello alla bambina mentre dormiva. Il senso di colpa mi aveva logorato tutto il giorno nonostante sapessi che non le avevo fatto male, non si era nemmeno svegliata.
Ero corso in ospedale per fare le analisi da poter comparare con quelle di un familiare e avevo fatto pressioni per avere subito i risultati. Per farmene cosa? Gli unici che avrebbero potuto fornirmi delle risposte erano Alice e Jasper. Mai come in quel momento odiai il fatto che io ed Alice fossimo fratelli adottivi.

I miei genitori adottivi non erano riusciti ad avere figli e mi avevano adottato quando avevo sei anni, due anni dopo avevano portato a casa un folletto dagli occhi verdi e dai lineamenti così simili ai miei da sembrare davvero fratelli.
Le volevo bene come e più che a una sorella, non ci era mai importato che il nostro sangue fosse diverso, ma adesso… se avessi avuto il suo stesso sangue avrei fatto io quel dannato test per mettere a tacere la mia follia.
Non potevo però.
Avrei avuto bisogno di loro per il test ma al tempo stesso come potevo chiederglielo? Non avrei mai trovato una scusa plausibile. Non avrei mai potuto dirgli che mi serviva per verificare se una bambina poteva avere qualche legame con loro visto che era la fotocopia della figlia morta a causa mia.
Forse cercavo solo un modo per sentirmi meno in colpa e avevo riposto in quella bambina i miei propositi irrealizzabili.
Sentii Amy piangere e mi sarei fiondato in camera loro ma sentii Bella tranquillizzarla e riuscire a calmarla.
Sarebbe stata un’ottima madre un giorno, e l’uomo che l’avrebbe avuta accanto, la persona più fortunata della terra.
 
La giornata trascorse lentamente, mi ero chiuso in biblioteca a leggere, a studiare dei casi che mi avevano proposto, avrei fatto qualunque cosa pur di non pensare a loro. se solo ci fossi riuscito.
Neanche Bella stava bene. Non era scesa per tutto il pomeriggio e a cena non aveva praticamente mangiato. Neppure Amy aveva toccato cibo, nonostante i tentativi di Bella, provai a darle un cioccolatino ma lo rifiutò, ed era la prima volta che lo faceva.

Rosalie e Gus ci guardavano perplessi, non sapevo se Bella avesse raccontato qualcosa di me alla sua amica, ma se lo fece lei non disse nulla.

Quella notte non dormii e la mattina uscii molto presto per andare in ospedale. Parlai però a Gus dicendogli che Bella mi aveva raccontato ogni cosa e rassicurandolo sul fatto che avrei fatto di tutto per aiutarle. Lui annuì ma continuò a scrutarmi.

In ospedale fu una giornata infernale. Entrai in servizio a tutti gli effetti occupandomi di alcuni pazienti, fu una fortuna, almeno evitai di pensare troppo.
Emmet mi raggiunse a fine turno e mi riaccompagnò a casa di Gus. Chissà perché ma avevo l’impressione che non mi avesse accompagnato solo per farmi un piacere.
Quando Rosalie aprì la porta i miei dubbi si fecero certezze. Il mio amico era cotto. Un po’ ero dispiaciuto per lui, Rosalie sembrava una tipa tosta e i suoi trucchetti da latin lover non credo avrebbero funzionato con lei. Avevano anche discusso riguardo al loro lavoro e si erano beccati di continuo.

La cena trascorse come la sera precedente. Bella era sempre silenziosa e Amy taciturna ma almeno sembrava avere più appetito. Lei. Io e Bella assaggiammo a malapena un po’ di verdure. Ci parlammo a malapena, ed io ci stavo male cazzo! Sapevo che era solo colpa mia se il nostro rapporto si era raffreddato ma non potevo e non volevo far soffrire quella ragazza, non lo meritava. Almeno Emmet teneva allegria, era un comico nato il mio amico e vedevo spesso la bionda sorridere quando credeva di non essere vista.

Trascorsero quattro giorni in quel modo.
Vedevo Bella discutere con Rosalie e avevo capito di essere l’oggetto della discussione, ma Bella sembrava ferma nei suoi propositi, qualunque fossero.
Emmet non aveva scoperto nulla sulla bambina o sull’ipotetica donna che si era presentata a casa di Bella. In centrale, in quel paese sperduto nel nulla, i poliziotti non avevano preso informazioni sulla donna ne tantomeno il numero di targa della macchina. Lo sceriffo era stato eletto da poco, dopo la morte improvvisa del suo superiore, ed era talmente incasinato da non aver fatto caso a molte cose. Ovviamente una bella donna, vestita elegantemente, con quella macchina e di certo un fascio di banconote non indifferente, non aveva suscitato molte perplessità. In più forse il suo era un maldestro tentativo di proteggere Bella non mettendo agli atti l’accaduto.

Ero sempre più incazzato e nervoso e Tanya contribuiva alla mia perenne tensione. Si era presentata più di una volta in ospedale e solo sotto minaccia di chiamare la sicurezza si era allontanata. Per fortuna non si era presentata a casa di Gus o forse, Carmen l’aveva informata dell’improvvisa freddezza tra me e Bella e lei era tornata all’attacco convinta che mi fosse passata. Credeva male.

Ogni giorno stavo peggio soprattutto per Bella. Mi mancava. Mi mancava vederla sorridere, poterla anche solo sfiorare e paradossalmente mi mancavano le sue labbra morbide come se le avessi assaporate per anni invece che per pochi momenti.
Quella sera Gus ci informò di avere una serata di beneficienza e chiese a Rosalie e Bella di accompagnarle poiché aveva altri due inviti. Rose accettò entusiasta ma Bella rifiutò subito.

  • grazie Gus ma non mi va di uscire, e poi Amy ha un po’ di febbre e non voglio lasciarla da sola.
  • Oh dai Bella! Non esci mai da questa casa. – le disse Rose ma lei scrollò le spalle. Amy la guardava con gli occhietti lucidi, avevo già capito che aveva la febbre quando mi aveva abbracciato per salutarmi. Per fortuna il rapporto con lei non era cambiato.
  • Grazie Rose, davvero, ma non mi va di uscire.
  • Come vuoi, mia cara. Mi rimane un invito ma non so a chi darlo.
Avrei saputo io chi fare felice con quell’invito e scorsi un sorriso sulle labbra di Bella, chissà se pensava alla stessa persona a cui pensavo io? La persona in questione decise proprio in quel momento di suonare alla porta.
Emmet Mc Carthy si materializzò in tutta la sua prestanza fisica in un elegante completo blu che lasciò un attimo senza parole Rose, e non era una cosa facile. Tutti lo fissammo con un sorrisetto mentre lei arrossì e salì a vestirsi borbottando qualcosa.
Io e Bella sorridemmo e lei andò ad aiutare l’amica mentre io stavo con Amy. Non che il nostro rapporto fosse migliorato poi molto ma quella situazione aveva alleggerito l’atmosfera.

Quando Rosalie scese, in abito da sera, la mascella di Emmet rotolò fino alla fine della strada. Era davvero molto bella ma i miei occhi erano fissi sul sorriso di Bella. Quando incrociò il mio sguardo abbassò gli occhi ma non smise di sorridere.
Gus accompagnò Rosalie prendendola sottobraccio dopo che lei aveva detto a Bella qualcosa che l’aveva fatta arrossire.
Emmet mi afferrò un braccio e si avvicinò a me.

  • non so che cazzo hai in quella testa ma quella ragazza non ti merita. E non per le stronzate che pensi tu, di cui ti sei auto convinto, ma perché è troppo intelligente per stare con un coglione come te. Cosa aspetti di perderla, cazzo? Muovi le chiappe e rimetti in moto il cervello amico.
  • Mi mancava sentirti dire cazzo.
  • Sembra ti manchi anche altro, visto come la guardi.
Mi girai di scatto per fulminarlo con lo sguardo ma la scia della sua risata era uscita dalla porta insieme a lui.

In casa eravamo rimasti solo io e Bella con Amy. La febbre le era salita nelle ultime due ore e gli occhietti lucidi faticavano a restare aperti. Bella era preoccupata, non sapeva come affrontare il problema, non le era mai successo di doversi occupare di una bambina così piccola.
Diedi un antipiretico ad Amy e mi raccomandai di chiamarmi per qualunque cosa. Restai in camera mia a leggere un libro quando avvertii dei rumori in corridoio. Quando aprii la porta, solo socchiusa in realtà, Bella era poggiata al muro con gli occhi lucidi. Non resistetti.

  • Bella? Cosa c’è? Stai bene? – le chiesi preoccupato.
Lei non mi rispose, sollevò i suoi occhi color cioccolato nei miei e si gettò tra le mie braccia singhiozzando. Io la strinsi a me e la cullai per farla calmare. Amy stava bene, sentivo il suo leggero russare dalla porta e la vedevo dormire.
Quando sentii che si era calmata le sollevai il viso e la chiamai. Avevo bisogno di vedere i suoi occhi.

  • Bella guardami, ti prego. – lei sollevò i suoi occhi e li fissò nei miei. – che succede?
  • Io… sono solo una stupida. – rispose affranta.
  • Non sei stupida. Perché lo pensi?
  • Perché io… oh Edward.
  • Bella che c’è? Puoi dirmi tutto.
  • Io…
Sollevò di nuovo lo sguardo e mi fissò. Le accarezzai la guancia umida con la mano e lei si poggiò. Quando parlò il mio cuore fece le capriole.
  • Mi manchi.
Sapevo che stavo per mandare a puttane il mio famoso autocontrollo, i miei propositi con annessi e connessi, ma non riuscii a resistere oltre. Se le mancavo solo la metà di quanto lei mancava a me, capivo bene come poteva stare. Non ci pensai due volte e la baciai. Fu un bacio tenero, leggero, delicato, un bacio che sapeva di dolcezza e di mancanza. La strinsi forte a me mentre il mio cuore e la mia testa si prendevano a pugni. Dicevo una cosa e ne facevo un’altra, mi fissavo un limite e puntualmente lo infrangevo. Non riuscivo a capire. Mi staccai piano da lei.
  • Bella io…
  • Shhh… ti prego, non dire niente, non voglio sapere niente. Mi hai già detto come la pensi. Scusami, è stato solo un attimo di debolezza, non accadrà più.
Fece per allontanarsi ma io le afferrai la mano.
  • Io non so cosa fare Bella. Ho paura di farti del male, di rovinarti la vita e non voglio. Non posso farlo a te.
  • Non potresti mai farmi del male, sei il mio eroe. – mi ricordò.
  • Io non sono bravo in queste cose. Non so amare e tu meriti solo amore, un amore che io non so darti.
  • Provaci, tu provaci. Giuro che non ti chiederò nulla, non correrò, non mi farò strani pensieri ma tu provaci. Non mi è mai successo di sentirmi così e ho paura, non so cosa fare ma mi fido di te. Prova a fidarti di me, ti prego.
Non riuscivo a smettere di fissare i suoi occhi caldi e profondi, mi sarei perso in quel mare di cioccolata.

Quando le sue labbra si avvicinarono alle mie la strinsi più forte, la loro morbidezza mi stordiva e il suo calore riscaldava la mia anima.
Paradossalmente ero felice e allo stesso tempo mi sentivo in colpa perché lo ero; non riuscivo a farne a meno però.

Mi era chiaro che l’amavo.
Non avevo mai provato nulla di simile ma se non era quello l’amore cos’era? Non trovavo altre risposte.

Bella muoveva timidamente le sue labbra sulle mie e la sentii tremare quando la mia lingua sfiorò lentamente la sua trasformandosi in una danza sensuale.
Sentivo l’eccitazione crescere in me e fui certo l’avvertisse anche lei perché si strinse di più a me e approfondì il bacio. Mi ritrovai a gemere a quel contatto e ansimai pesantemente. Ci staccammo solo per prendere ossigeno, in quel momento odiai dover respirare perché non avrei mai voluto staccarmi da lei.
Le guance di Bella erano arrossate e il suo corpo sembrava voler prendere fuoco.
Capii subito che non era dovuto solo a me, Bella aveva la febbre e io non la stavo aiutando di certo.

  • Bella scotti. – le dissi ansimando.
  • Anche tu.
  • Non per lo stesso motivo. Hai la febbre, tu.
  • Non credo sia solo la febbre. – ammise arrossendo di più.
Io la baciai dolcemente, poi la presi tra le braccia e la portai in camera sua dove Amy dormiva; sembrava che la febbre le fosse scesa.
Bella non aveva la febbre molto alta, lo potevo sentire dal suo polso, ma era innegabile che non fosse in piena forma. Il senso di colpa mi avvolse di nuovo facendomi pensare di essermi approfittato del suo stato, ma io non sapevo che stava così male e comunque non aveva una febbre tale da giustificare un delirio, era pienamente se stessa pochi minuti prima.
La feci sdraiare sotto le coperte, accanto alla bimba, e mi girai per sedermi sulla poltrona accanto al letto. Le avrei vegliate da lì tutta la notte, ma Bella afferrò la mia mano trattenendomi.

  • Non andare via. – mi supplicò.
  • Non volevo farlo, avvicino la sedia e mi… - scosse la testa e mi attirò sul letto spostando le coperte.
  • Dormi con noi. – me lo chiese con i suoi occhioni lucidi e non seppi dirle di no, non volli dirle di no.
Spostammo un po’ Amy, che si era presa mezzo letto, e mi sdraiai di fianco a Bella. Rischiai l’infarto quando sentii la sua schiena poggiarsi sul mio petto; lei sentì qualcos’altro sulle natiche e si bloccò ma non si allontanò. Fui io a dover respirare per riprendermi fisicamente e psicologicamente.
Ero già su di giri per il bacio di prima e quando avevo sentito il suo corpo sfiorare innocentemente proprio quella parte di me non ero riuscito più a nasconderle la mia eccitazione. Bella però non disse nulla, afferrò la mia mano e se la portò sul ventre stringendosi tra le mie braccia. Io ricambiai l’abbraccio tenendola stretta a me inebriandomi del suo profumo.

  • Edward…
  • Mhm?
  • Io parlavo seriamente prima. – mi disse.
  • Lo so.
  • Ti chiedo solo di starmi vicino. Decidi tu come. Posso essere solo tua amica se è quello che vuoi ma non allontanarmi, per favore.- mi chiese con la voce rotta dalle lacrime che non riusciva a trattenere.
  • Non voglio. – la sentii irrigidirsi e per un attimo lasciò la mia mano ma io la ripresi subito. – non voglio che tu sia solo mia amica. Non posso far finta di non provare nulla perché non è così. Io… ho paura di ciò che provo, non lo so gestire. – ammisi.
  • Non farlo. Prediamo le cose come vengono.
  • Ho paura di farti soffrire ma non riesco a trovare la forza per stare lontano da te.
  • Non farlo.
  • Non potrei sopportare di vederti stare male a causa mia.
  • Non accadrà.
Dove sei stata finora Bella? Perché non sei entrata prima nella mia vita? Il suo ottimismo era contagioso, volli credere alle sue sensazioni, così mi addormentai stretto a lei.
Fuori imperversava la tempesta ma il mio cuore navigava in un calmo mare di pace.
Fu un urlo a spezzarla. Amy urlò forte nel sonno, forse in preda alla febbre che era risalita.

  • batta batta. Peffavore batta. Bucia, bucia.
  • Amy amore, sono io, sono Bella. Va tutto bene piccola, svegliati.
  • No bua, fa male. No faccio pù. Prometto Maria, io prometto. – Maria? Chi diavolo era Maria?
  • No… no… no. – singhiozzò stringendosi nelle braccine.
  • Amy svegliati per favore, ti prego piccola. – la implorò Bella singhiozzando. Era straziante vederle così disperate.
  • Voio mia mamma. Io voio mamma…
Bella cercava di scuoterla ma Amy non si svegliava. Mi stesi accanto a lei e cercai di calmarla accarezzandole i boccoli biondi.
  • piccola sono Edward. Svegliati principessa. – ma lei non aprì gli occhi.
  • Trilly? Sono io Edward. Mi senti Trilly? – per un attimo parve calmarsi ma fu troppo breve. Allora tentai ciò che mi avrebbe ucciso. Lo sapevo.
  • Lily non piangere, c’è lo zio con te, c’è zio Eddy.
La bambina aprì gli occhi e mi guardò come se mi riconoscesse davvero, poi mi gettò le braccia al collo e ricominciò a singhiozzare.
  • no andare tio Eddy, retta qua. – mi implorò con la vocina tremante.
  • Non me ne vado piccola, non vado da nessuna parte senza di voi.
Sottolineai il “voi” facendo comprendere a Bella che lei era inscindibile da noi.
Strinsi la bambina al petto e avvicinai Bella in modo che ci stringessimo tutti e tre in un abbraccio. Le asciugai le lacrime e le accarezzai il viso con la mano libera.

  • Non vado da nessuna parte senza di voi. – le promisi di nuovo. Non avevo altra scelta, loro erano la mia unica scelta, indipendentemente da legami di sangue, che nel mio caso erano comunque complicati.
Ci sdraiammo tenendo Amy, o Trilly, o magari Lily, in mezzo; stringemmo le mani e ci addormentammo guardandoci negli occhi fino a che le nostre palpebre si chiusero.


Alla fine si è risolto tutto, visto. dovete avere fiducia in me, anche se le cose sembrano complicate.....
Vi ringrazio come sempre per le recensioni che mi lasciate (e che adoro!) e per non avermi lanciato contro maledizioni o pomodori nel precedente capitolo!
un abbraccio, Marya!

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Capitolo 15
*** 15 - Dubbi, paure e incertezze! ***








Buonasera a tutte voi!
Eccomi con il nuovo capitolo.
La metto come premessa: non uccidetemi! fidatevi di me e ricordate che io sono per il lieto fine!!!!
Detto ciò (o meglio, dopo essermi parata il didietro!), vi lascio al capitolo!
un abbraccio!!!!!



 
15 – DUBBI, PAURE E CERTEZZE.
 
 
POV BELLA
 
Mi sentivo meglio appena mi svegliai, molto meglio. 
Le parole di Edward, il suo sguardo serio e la sua promessa mi avevano dato nuove speranze.
Credevo di stare ancora sognando appena aprii gli occhi, ma lo spettacolo che mi trovai di fronte era reale, meravigliosamente reale.
Il viso di Edward era a pochi centimetri dal mio mentre le sue braccia mi stringevano dolcemente anche nel sonno. Eravamo rannicchiati in un angolo del letto mentre la bambina ne occupava più della metà nella sua tipica posizione da buttafuori.
Edward dormiva tranquillo con le labbra socchiuse ed erano un richiamo irresistibile per me. Nonostante il bacio di ieri, però, avevo promesso di non correre e rispettare i suoi tempi, così resistetti alla voglia di baciarlo e mi limitai ad accarezzargli la guancia resa ispida dal sottile strato di barba che aveva.
Quando lo sfiorai le sue dita si strinsero sui miei fianchi e le sue labbra si sollevarono in uno splendido sorriso.
- Buongiorno. – biascicò ancora mezzo addormentato.
- Buongiorno anche a te. – lo salutai.
Guardò i nostri corpi stretti e sorrise, poi si guardò attorno.
- Dorme dietro di te, si è presa mezzo letto. Come al solito! – avevo capito che si era chiesto dove fosse finita la bambina visto che si era addormentata in mezzo a noi.
- Ha fatto bene.
- A far cosa?
- A prendersi tutto lo spazio.
- Perché?
- Perché così ho un’ottima scusa per stringerti.
- Non ti servono scuse per farlo. – gli dissi sorridendo.
- Non mi servono neppure per fare questo?
Avvicinò il suo viso al mio e sfiorò le mie labbra con le sue in un bacio dolce.
- Adesso è davvero un buon giorno. – mi disse. Ma non dovevamo fare con calma noi due? Al diavolo!
Mi strinsi appena a lui, non volevo metterlo in imbarazzo come la notte precedente, quando avevo avvertito la sua eccitazione.
Non mi ero avvicinata volontariamente a lui, anche se aver percepito l’effetto che gli facevo ed era stato gratificante per il mio ego. Ci girammo in contemporanea quando una risatina ci riportò alla realtà.
- Piccola peste, sei sveglia allora!
Edward la sollevò portandola in mezzo a noi mentre lei gridava divertita dal solletico. Sembrava non ricordare nulla della notte precedente ma noi ricordavamo tutto, e fin troppo bene.
Ci staccammo a malincuore quando il suo stomaco brontolò e ci vestimmo, ognuno in camera sua ovviamente.
Edward arrivò per primo e preparò la colazione. I domestici erano rimasti a casa perchè la cuoca stava male mentre Gus era appena uscito.
- Hai visto Rosalie? – chiesi pensando alla mia amica. Era strano che non ci avesse svegliati stanotte ma forse ci aveva visti ed era andata a dormire in un’altra stanza. Avrei dovuto sopportare il suo interrogatorio.
- No, ma non credo sia in casa.
- E dove sarebbe? È uscita con Gus?
- No. Gus mi ha detto che non ha dormito a casa stanotte.
- Cosa? – schizzai a prendere il telefono presa dal panico ma Edward mi fermò prima che chiamassi l’esercito o l’FBI.
- Bella calmati, sta bene, è con Emmet.
- Emmet?
- Si Emmet. Ricordi il mio amico? Quello grosso e apparentemente con poco cervello?
- Edward!
- Scherzo. Comunque è con lui, puoi stare tranquilla.
- Ma Rosalie…
- Cosa?
- È sola con lui?
- Credo di si? Perché? – stava iniziando a preoccuparsi anche lui. – Bella qual è il problema?
- Non posso dirtelo. È una cosa troppo personale, posso telefonarle? Devo sapere se sta bene.
- Bella, Emmet non le farebbe mai del male.
- Lo so certo che lo so… ma lei… ti prego puoi chiamar…
Stava per prendere il telefono, forse preoccupato dalle mie parole quando sentimmo suonare alla porta. Pochi istanti dopo la voce squillante di Rose mi raggiunse.
Non le diedi neanche il tempo di salutare che la trascinai in un angolo. Non sentii neppure Emmet che mi salutava o Edward che mi guardava perplesso.
- Rose stai bene? Sei impazzita per caso?
- Perché?
- Hai dormito fuori casa senza dirmi niente. Ero preoccupata, eri non so dove con un uomo.
- Era Emmet.
- Che io veda Emmet è un uomo.
- Oh si, te lo posso garantire!

Non volevo passare per quella bigotta o moralista perché non lo ero, ne avrei voluto farle quel discorso, ma dopo che quel verme schifoso di King le aveva messo le mani addosso, Rose non si era più fatta avvicinare da nessuno.
Aveva avuto solo due ragazzi, lei diceva a me di “godermi la vita” ma non è che lei lo facesse poi tanto. Entrava in crisi ogni volta che un uomo cercava un contatto più intimo con lei. Avevo provato a convincerla che non tutti gli uomini erano uguali ma non mi aveva mai dato retta. Il ragazzo con cui aveva perso la verginità a diciassette anni era un suo compagno di scuola che aveva lasciato dopo aver scoperto che aveva raccontato agli amici cosa avevano fatto, King era il bastardo che era e che per fortuna non era arrivato a farle tutto ciò che voleva, mentre con Alan era durata poco più di due anni ma alla fine Rose stessa aveva troncato la loro storia. 
Per tutti questi motivi ero preoccupata che si lanciasse con un uomo così come aveva fatto con Emmet, che mi stava davvero simpatico, ma non volevo poi dover raccogliere i cocci di una Rose distrutta.
- Bella, sto bene. Davvero.
- Rose io voglio solo il meglio per te.
- Lo so tesoro. E credimi, se tutte le notti fossero come questa…
- Rose! Voi?
- Beh, non guardarmi così. Sono maggiorenne e vaccinata e mi ci voleva una sana scopata.
- ROSE!
- Oh, scusa. Tu faresti solo l’amore. Andrebbe anche bene, se ci riuscissi prima dei novant’anni! – già, magari prima. Magari con Edward. Arrossii al pensiero.
- Bella perché sei arrossita? OH MIO DIO! Hai finalmente fatto sesso? – le tappai la bocca con la mano.
- Abbassa la voce! Sei impazzita?
- Bei capelli ce l’ha fatta? Allora? Dimmi com’è stato? Stai bene?
- Non siamo stati a letto insieme. Cioè si, abbiamo dormito insieme ma non abbiamo fatto l’amore, solo dormito.
- Che palle che siete!
- Ma…
- Ma?
- Abbiamo parlato, più o meno, e ci siamo baciati.
- Cioè fammi capire. Tu baci quel gran pezzo d’uomo, ci dormi nello stesso letto, e non gli salti addosso? Sicura di non essere lesbica?
- Rose c’era la bambina nel letto con noi.
- Potevate cambiare letto, o non usarlo proprio il letto.
- Rose. – era inutile parlare con lei. – Perché hai questa fretta che faccia l’amore con qualcuno? Sembri più impaziente di me.
- Perché lui è quello giusto. – lo era davvero? – e perché siete innamorati persi.
- Cosa?
Avrei voluto continuare il nostro discorso ma Emmet ci chiamò con il suo vocione.
- Comunque il discorso non è chiuso, signorina Hale. Deve raccontarmi ancora molte cose. – Rosalie rise e mi trascinò in cucina.

Non sapevo bene come fossero arrivati a quel punto, lei e l’orso; Alan l’aveva fatto penare per quasi diciotto mesi prima di concedersi e il poverino stava per scoppiare. Con Emmet invece non aveva avuto bisogno di tempo, magari lui era quello giusto, come aveva definito lei Edward. Mi ritrovai a guardarlo mentre rubava un pezzo di torta al cioccolato dal piatto di Amy. 
Amy. 
Ogni giorno quella bambina diventava un mistero.
Quando Edward l’aveva chiamata Lily per un attimo mi ero sentita morire. Quanto avrei voluto fosse lei ma Edward aveva sofferto nel pronunciare il suo nome, non volevo si illudesse. Volevo proporgli di fare un test del dna per averne la certezza, ma avrei distrutto ulteriormente la sua vita in caso di un esito negativo. Non sapevo come comportarmi, avevo paura di sbagliare ad ogni mossa.
- Un penny per i tuoi pensieri. – mi disse Edward cingendomi la vita.
- Sarebbe un penny sprecato, non pensavo a nulla di particolare. – mentii.
- Non è vero. Pensavi a qualcosa che ti preoccupa.  Ti mordi sempre il labbro inferiore quando sei agitata o pensierosa. – lo guardai stupita. Come aveva fatto ad accorgersene? – so che posso passare per un maniaco, ma io ti osservo sempre. Non mi limito a guardare di sfuggita quello che fai. Non ti conosco bene, è vero, ma so riconoscere certi gesti. Se non vuoi dirmelo va bene, ovviamente non sei tenuta a dirmi tutto.
- Non è quello, io vorrei dirti ciò che penso.
- Ma?
- Ma ho paura che i miei pensieri potrebbero farti stare male.
- Perché dovrebbero? – mi morsi il labbro. 
- Lily. – bastò una sola parola per farlo irrigidire.
- Che cosa centra lei?
- Stanotte hai chiamato la bambina Lily. Perché?
Dopo essersi staccato da me, Edward si passò una mano tra i capelli. Anch’io avevo osservato e sapevo che lo faceva quando era nervoso. Mi guardò per un attimo poi si girò verso la bambina e si avvicinò a lei.
- piccola posso chiederti un favore? – le chiese sorridendo. Nessuna donna avrebbe resistito a quello sguardo, nemmeno una di quattro anni.
- Cetto Eddy!
- Avrei bisogno di parlare con Bella per qualche minuto, puoi stare con Rose ed Emmet. 
- Poi tonnate, vero? – chiese seria.
- Te lo prometto piccola. Saremo in giardino, ti basta guardare dalla finestra per vederci. Non andiamo da nessuna parte.
- Prometto?
- Promesso.
- Ok. Emme tai l’orso?
- Certo principessa, tutto quello che vuoi!
Emmet se la caricò sulle spalle e cominciò a farla girare per la stanza sotto lo sguardo divertito di Rose. 
Edward prese la mia mano e mi portò sotto il gazebo facendomi sedere. Lui restò in piedi guardando un punto indefinito davanti a se. Aspettai che forse lui a parlare.
- Penseresti che io sia una pessima persona se desiderassi con tutto me stesso che quella bambina fosse qualcun altro? – capii cosa voleva dire e presi la sua mano.
- No.
- Mi sento una merda a pensarlo Bella ma… Dio c’è qualche bastardo che ha fatto del male a quella bambina lasciandola sola e spaventata. Ci pensi a cosa sarebbe potuto succederle se non l’avessi trovata tu ma qualche altro pazzo? O peggio se l’avessero ritrovata quelli che le hanno fatto del male?
- Si, ci ho pensato tanto, troppo.
- Io ho fatto una cosa Bella.
- Cosa?
- Quel pomeriggio, il giorno in cui siamo andati a mangiare la torta e poi al parco, le ho strappato un capello. Mi sono odiato per averlo fatto nonostante non si sia nemmeno svegliata. Ma dovevo.
- Perché?
- Lo so che è folle, che sono un essere spregevole ma Amy… lei le somiglia così tanto Bella e non solo fisicamente. Quando Alice mi disse di essere incinta ero felice, al settimo cielo. Io e mia sorella abbiamo sempre avuto un rapporto speciale, figurati che ha detto prima a me che a suo marito di aspettare un bambino. Ha pianto felice ed io con lei. La prima volta che ho preso mia nipote tra le braccia sono impazzito di gioia, quel piccolo frugoletto era la fotocopia di mia sorella, con qualche particolare di mio cognato. I capelli ad esempio erano biondi e mossi come quelli di Jasper e la sua espressione quand’era concentrata era uguale a quella di suo padre. Per il resto mia nipote era una piccola Alice in miniatura.
Quando ho visto Amy la prima volta ho subito pensato a lei, poi però mi sono detto che mia nipote era morta e che la loro era solo una forte somiglianza.
Amy però ha degli atteggiamenti, dei modi di fare e a volte dice delle cose che… ti giuro Bella sembra lei. – mi disse in un soffio. Anche lui aveva pensato ad una parentela tra loro.
- Hai fatto analizzare il capello? 
- Si. – immaginavo la risposta ma dovevo chiederglielo.
- E qual è il risultato?
- Non lo so.
- In che senso?
- Non ho nulla per confrontarlo.
- Non hai fatto il test anche tu?
- Non servirebbe.
- Non sei uno dei genitori ma sei comunque un parente stretto. Cioè non so come funzionano queste cose ma dovresti avere un minimo riscontro, no?
- Io ed Alice non siamo biologicamente fratelli, siamo stati entrambi adottati dai nostri genitori. Gli unici a cui potrei chiedere sono mia sorella e suo marito.
- Non puoi farlo Edward. – gli dissi comprendendo il suo dolore e la sua frustrazione.
- Lo so Bella, ma non posso vivere con questo dubbio che mi logora l’anima. So che è impossibile che lei sia Lily, ma tu l’hai vista Bella. Hai sentito ciò che dice o come si è calmata stanotte solo quando l’ho chiamata in quel modo. Non so cosa fare. Mi sento male al pensiero di proporre loro un test per cosa? Per farli soffrire in caso di esito negativo? Ma non posso ignorare ciò che sento. E se lei fosse davvero Lily? Se io avessi mia nipote davanti agli occhi e non facessi nulla per riportarla da loro? Mi sono ripetuto che non è possibile, io l’ho vista buttare in acqua, ero lì; ma la parte di me che ancora si illude si ripete che non hanno mai trovato il suo corpicino. Magari qualcuno l’ha trovata e si è occupato di lei.
Bella dimmi che non mi credi pazzo, ti prego.
- No Edward. Non lo sei. Ho pensato tanto la stessa cosa pure io. Ho visto come lei si comporta con te. È come se lei ti avesse riconosciuto ma non sapesse che rapporto c’era tra voi. Io non so cosa le hanno fatto Edward ma lei non stava affatto bene. Non voglio buttare sale sulla tua ferita, ma sembra che le abbiano fatto dimenticare tutto. In fondo Lily è scomparsa da due anni e Amy ne ha quattro, era troppo piccola per ricordare qualcosa ma ti ha riconosciuto. Ha avuto fiducia in te, più di quanta ne abbia riposta in me all’inizio. 
- Tu davvero credi che lei possa essere Lily?
- Non lo so, io non l’ho mai conosciuta.
- Ti sarebbe piaciuta.
- Non lo metto in dubbio. Ma se davanti a noi ci fosse davvero tua nipote? Edward devi fare in modo di fare il test.
- Come faccio senza far capire loro qualcosa? Non conosci Jasper, sembra un militare, riesce a capire se menti solo con uno sguardo, mentre Alice sa sempre in anticipo quello che voglio fare, mi conosce fin troppo bene per non intuire le mie intenzioni.
- Descritti così fanno paura! 
- Si, ma in realtà sono fantastici. Le persone migliori del mondo.
- Come te. – gli dissi.
- Non lo so se sono davvero così fantastico, ma mi basta che lo pensi tu. Lo pensi davvero?
- Credo di avertelo dimostrato. – gli ricordai.
- Già. Sono io che non ci credo.
- Sbagli. Ti sottovaluti troppo Edward.
- O sei tu che mi sopravvaluti.
- È probabile ma non ho intenzione di lasciar perdere ciò che sento e dovesti farlo anche tu, anche con tua sorella e tuo cognato.
Capivo perfettamente il suo punto di vista ma odiavo sentirlo sminuire se stesso, non ne aveva motivo. Rosalie ci chiamò in quel momento.
- Scusate, non vorrei disturbare ma dovreste venire di là.
Afferrai la sua mano e affrettammo il passo davanti all’espressione preoccupata di Rose. Quando entrammo in salotto la bambina si fiondò tra le mie braccia.
Sul divano era seduta Tanya insieme a Carmen e ad un’altra donna bionda. Mi irrigidii e mi fermai.
- Edward! – squittì lei correndole incontro. Provò a lanciarsi tra le sue braccia ma Edward la bloccò. Sentii Emmet sghignazzare.
- Tanya, che vuoi?
- Ciao Ed, io dovrei parlarti, è una cosa molto importante.
- Non abbiamo niente da dirci. – le rispose freddo.
- Non mi pare, mio caro. – disse la donna bionda.
- Irina. 
- Buongiorno Edward. – gli rispose freddamente.
- Edward possiamo parlare in privato? – gli chiese dolcemente Tanya, continuava però a guardarmi come se volesse in realtà che io sentissi.
- Non ho niente da dirti io, dimmi quello che devi e poi vattene.
- Oh, beh volevo farlo diversamente ma ho una notizia bellissima.
Si girò a guardarmi con un ghigno sul viso ed io tremai.
- Sono incinta!

Sarei voluta sprofondare in quel momento. Avrei voluto che una voragine si aprisse sotto i miei piedi e mi inghiottisse.
Non riuscivo a guardare Edward e stringevo Amy al petto come se fosse la mia ancora di salvezza.
- Auguri. – disse solamente Edward. Freddo, senza nessuna emozione.
- Ed… Edward… io – balbettò Tanya sorpresa quanto me.
- Mia sorella è incinta e tu le fai gli auguri? Dovresti farli anche a te visto che diventerai padre. – gli ricordò la bionda. Edward rise amaramente.
- Io? Non credo proprio? Non so di chi sia ma di certo non è mio.
Non mi piacque il tono che usò. Tanya non era tra le persone che preferivo ma era stato insieme a lei e doveva ammettere che era possibile che aspettasse un figlio suo. Mi mossi come un’automa ma Edward mi bloccò.
- Sono incinta di tuo figlio, che ti piaccia o no Edward.
- Non mi piace e so per certo che non lo sei, non di me almeno.
- Come puoi dirlo?
- Perché abbiamo sempre usato delle precauzioni e io sono sempre stato fin troppo attento. Lo sai bene.
- Ma possono sempre succedere degli inconvenienti e…
- Non con me.
- E perché? Cosa saresti tu per non essere travolto dalle possibilità? – gli chiese di nuovo la bionda, sembrava arrabbiata e in fondo aveva un po’ di ragione.
- Sono un medico Irina, non dimenticarlo. So come funziona e non sono stato così stupido. Controllavo che prendesse sempre la pillola e comunque usavo il preservativo. Non è mai successo nulla che potesse farmi pensare ad un problema e comunque non è che ci siano poi tutte queste possibilità viste le volte che abbiamo fatto sesso nell’ultimo mese e lei ha avuto il ciclo regolarmente. Quindi scusa se sono così cinico ma se è vero, è successo di recente e non sono io il padre.
- Invece si! – ribattè decisa Tanya. Edward prese le chiavi della sua auto e si avvicinò alla porta.
- Bene, andiamo in ospedale a fare delle analisi. – disse aprendo la porta.
- Ho già fatto le analisi.
- Non con me. Andiamo se sei così sicura. Di cosa ti preoccupi?  La incalzò lui.
- Io… niente, di niente. Abbiamo tempo per…
- Non ne abbiamo invece. Non sono stupido Tanya. Ti conosco, so cosa hai in mente. Non mi terrai legato a te con una tattica così subdola. Ti ho sempre detto che non voglio avere figli, non ho cambiato idea solo perché c’è una bambina in mezzo e non hai possibilità di tenermi legato a te.
So per certo che non puoi essere incinta di me, ma se vuoi certezze il reparto di genetica dell’ospedale sarà pronto ad accoglierci.
 
Vidi Tanya infuriarsi e lanciarsi contro Edward ma Amy si lanciò verso di lui nello stesso momento in cui lei colpiva e si mise tra loro urlando. Tanya non si accorse della bambina, o fece finta di non accorgersene, e fu solo grazie ad Emmet che la allontanò se Amy non fu colpita. 
 
Mi fiondai accanto a lei mentre Edward si inginocchiava e la abbracciava.
- no botte, batta botte. Fanno bua. – piagnucolava Amy.
- Sono qui piccola, siamo qui. Io e Bella siamo qua, nessuno farà la bua a nessuno, promesso.
- Amy, amore va tutto bene.
- Io ti distruggo Cullen, ti farò passare l’inferno. Me la pagherete voi due, capito tu, insulsa ragazzina. Non sei niente. Dopo che ti avrà sbattuta per bene ti butterà come un ferro vecchio. – mi urlò contro. Edward la guardò con odio mentre cercava di coprire le orecchie di Amy.
- Non ti dovresti agitare, fa male al bambino. – le disse.
- Non farà male a nessuno … - cominciò ma si fermò subito. Si era tradita da sola.
- Davvero credevi che mi fidassi di te così? Eri così certa che non ti avrei controllata? Non mi conosci proprio Tanya.
- Sei un maniaco del controllo ma prima o poi qualcosa ti sfuggirà e sarai rovinato.
- Non sono un maniaco del controllo, lo faccio solo con chi non mi ispira fiducia.
- Ti fidavi a scoparmi però.
- No. Infatti usavo il preservativo. – Emmet ormai rideva senza freni mentre Rose era concentrata a fare qualcosa con finta aria disinteressata. Stringeva con noncuranza il suo i-phone tra le mani. Stava registrando tutto secondo me.
- È tutta colpa tua. – mi disse puntandomi il dito. – da quando sei entrata nelle nostre vite hai rovinato tutto. Io te la farò pagare, ti giuro che la pagherai cara. Io…
- Tu cosa Tanya? – la fermò Edward mettendosi davanti a me. – Tanya non abusare della mia pazienza. Non ho mai mosso un dito ma se mi costringerai sai bene che posso davvero rovinarti e rendere la tua vita un inferno. Non provocarmi più del dovuto. Non posso impedirti di entrare in una casa in cui io non sono nessuno ma se ti avvicini ancora a Bella sarò costretto a prendere dei provvedimenti.
- E chi saresti tu per farlo? Siete già al punto in cui tu controlli la sua vita? Preparati a vivere l’inferno mia cara! – non sprecai neppure fiato a risponderle. Non ne valeva la pena. Fu Edward a risponderle.
- Cosa ti fa pensare che ne abbia bisogno? LEI è fin troppo brava e non ha bisogno di qualcuno che gestisca la sua vita. LEI non ha bisogno di qualcuno che cerchi di renderla sicura perché è consapevole delle sue capacità. LEI…
- Lei è così brava a letto da averti inebetito fino a questo punto?
- No. Lei è così intelligente da avermi dimostrato che genere di donna è. E ti assicuro che tu non vali neppure la metà.
Tanya aprì la bocca ma non proferì nemmeno una parola. Forse era rimasta a secco di veleno.
Dopo alcuni minuti di sguardi incrociati stile mezzogiorno di fuoco, Tanya girò sui tacchi e se ne andò seguita dalla sorella.
Carmen si sedette sul divano e si prese la testa tra le mani mortificata.
- Scusatemi. Io non credevo potesse arrivare a tanto. Io… pensavo fosse tutto vero. 
- Non preoccuparti Carmen. Mi spiace solo che tu sia finita in mezzo a questa discussione. Se però la mia presenza ti turba, in qualche modo, io vado via subito. – le disse Edward.
- No, non devi andartene. – mi fissò con un mezzo sorriso. – credo che si sentirebbe la tua mancanza in questa casa.
Amy si strinse ad Edward e gli gettò le braccia al collo mentre lui respirava il suo profumo di fragola.
Io non sapevo cosa dire. La sua reazione mi aveva spiazzata ma ancor più lo sguardo carico d’odio di quella donna mi rendeva inquieta. Avevo paura di ciò che poteva fare. Fu la mano di Edward sul mio viso ad interrompere il flusso dei miei pensieri. Mi accorsi che eravamo rimasti da soli e chiesi dove fossero finiti tutti.
- Carmen è andata in camera sua, mentre Rose ed Emmet hanno portato Amy nell’altra stanza per lasciarci un attimo da soli.
- Capisco.
- Mi dispiace. Ancora una volta mi sento una merda per quello che è successo con Tanya. Ma ti assicuro che non ci sarà una prossima volta. Sono stanco dei suoi comportamenti, non ho intenzione di tollerare oltre. Oggi ha poi raggiunto il limite.
- Eri così certo che non fosse incinta?
- No, ma ero certo che non lo fosse di me.
- Mhm.
- Bella che ti frulla in testa?
- Niente. Sono solo preoccupata. Credi che potrebbe mettere in atto le sue minacce?
- Non ti si avvicinerà più, io…
- Non ho paura per me ma per la bambina. Se lei dovesse scoprire qualcosa e portare via Amy io…
- Non accadrà. Ci siamo noi qui, ok? Nessuno le permetterà di avvicinarsi ad Amy. Te lo prometto.
Mi convinsi delle sue parole ma non riuscivo ad essere serena.




bene, sto per sprangare la porta di casa!
Lo so che vi aspettavate qualcosa di diverso, qualcuna di voi mi chiederà di nuovo: perchè cominci così bene e poi finisci di merda?
in effetti non lo so, mi viene così... e so che da lettrice mi odierei a morte! Vi ripeto però, fidatevi di me. anche perchè adesso arriva il bello.... é alto, biondo e tanto inca**ato!
Chi sarà?????
a prestissimo mie care, un abbraccio!

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Capitolo 16
*** 16 - Inatteso ***


Buongiorno a tutte voi.
Come promesso eccovi il capitolo che aspettavate con ansia.
Arriva il bello, biondo e inca**ato!
Ci leggiamo giù, voglio prima che leggiate. un bacio!






16 - INATTESO.

 
 


Passarono dieci giorni di calma.
Rose ed Emmet ormai tubavano come due piccioni, Amy era tranquilla e anche gli incubi erano più rari.

Io e Edward invece non avevamo fato nessun passo in avanti.
Era molto impegnato in ospedale e tornava tardissimo. Sapevo che non sapeva come uscire da quella situazione, combattuto tra la voglia di certezze e la paura di fare nuovamente del male alla sua famiglia.
A volte lo sorprendevo a fissarmi e sapevo che ogni tanto si sedeva accanto a me mentre dormivo e mi guardava o accarezzava. Ma niente si era evoluto nel nostro rapporto e sapevo che la colpa era mia.

  • Non ti sopporto più con quell’aria da martire! Dovete parlarvi, così vi state solo distruggendo, siete due idioti! – mi disse Rose una mattina. – prima correte come treni e poi restate bloccati nello stesso punto all’infinito.
  • Lo so Rose è solo che non so cosa fare.
  • Che diavolo di risposta è? Non puoi esserci rimasta male per come ha trattato quella specie di gallina spennacchiata! Edward la conosce e sa di cosa è capace. Emmet mi ha raccontato qualcosa e ti assicuro che io l’avrei presa a calci in culo! Quella sarebbe stata capace di farsi mettere incinta dal primo che incontrava e scaricare le responsabilità su Edward.
  • Lo so, lo so.
  • E allora?
  • Oh che ne so Rosie! Sto impazzendo!
  • No, stai mandando al manicomio quel poverino. Non aspetta altro che un cenno da parte tua.
  • Ho paura.
  • Bella nessuno le permetterà di avvicinarsi a te o alla bambina.
  • Ho paura di Edward. – ammisi.
  • Ma non farebbe male ad una mosca!
  • Potrebbe farne a me ma non in quel senso. Io credo di…
  • Di?
  • Ok, non fare la faccia da agente segreto, tanto lo hai capito. Mi sono innamorata di lui.
  • Questo lo abbiamo capito tutti, persino Amy.
  • Cosa?
  • Bella non fare la finta tonta. Quando siete nella stessa stanza si sente la vostra attrazione e quando vi guardate potreste davvero incendiare una foresta! Tesoro so che hai paura di ciò che provi, è tutto nuovo per te, ma prova a fidarti di lui. Sono certa che lui è quello giusto. Mi sono mai sbagliata?
Le parole di Rosalie mi confortarono e mi diedero la spinta giusta.
  • Ok, ci voglio provare.
  • Ben detto sorella! Adesso si passa alla fase due.
  • Ho paura a chiederti cos’è.
  • Semplice: facciamo impazzire ghiacciolo Cullen.
  • Rose senti…
  • NO! Te lo ripeto, mi sono mai sbagliata? No. Per cui fai come dico io. AMY VIENI AD AIUTARMI!
  • Ma che urli? Che c’entra Amy?
Non avrei dovuto chiedere. Vidi Amy entrare con in mano una spazzola e una maglia di Rose mezza trasparente.
  • NO! Io non faccio da cavia a voi due!
Sbuffarono contemporaneamente e mi torturarono per due ore.
Quando ebbero finito dovevo ammettere che il risultato non era male.
Quella sera Edward tornò prima dall’ospedale, ma ero certa che le due streghette lo sapessero. Quando arrivò si dileguarono tutti, compreso Gus, e siccome aveva dato la serata libera ai domestici, fui costretta ad aprire io.
Ero sporca di farina sul viso e il grembiule non era dei più sexy, ma quando mi vide Edward sgranò gli occhi restando a fissarmi.

  • Ci…ciao Edward. – balbettai.
  • B- Bella?
Mi spostai per farlo entrare ma lui si mosse solo quando mi schiarii la gola scuotendo la testa come a risvegliarsi.
  • tu che che fai sporca di farina?
  • Io… cucinavo. Stavo preparando la torta, si quella al cioccolato. So che piace ad Amy e… a…. te… così io…
  • Cioccolato. – ripetè fissando i suoi occhi nei miei.
A spezzare il momento di trance ci pensò Amy che si lanciò in braccio a lui scuotendo la testa. Rosalie mi trascinò per un braccio in cucina mentre sentivo Emmet e Gus ridacchiare.
  • Che palle che siete! Io, tu, tu, io. Nemmeno Emmet ripete le cose così tante volte quando sta per…
  • Non lo voglio sapere, grazie!
  • Edward tra dieci minuti si mangia, hai giusto il tempo di fare una doccia! – urlò Rose. – fredda magari, così calmi i bollori. –aggiunse fortunatamente a bassa voce.
  • ROSE!
  • Zitta e cucina. – mi ordinò ridendo.
Edward tornò dieci minuti dopo con indosso dei jeans e una maglia che gli fasciava perfettamente il torace tonico. I suoi capelli erano ancora bagnati e in quel momento avrei avuto bisogno io di una doccia gelata.
Rose prese dalle mie mani il piatto di lasagne che rischiavo di far cadere addosso a Gus.
La cena trascorse serena, io e Edward ci fissavamo spesso ma lo facevamo ridendo, non seri come al solito.
Amy era, come al solito, seduta tra noi e rideva felice quando lui le accarezzava i capelli. Avevo notato che aveva posato più volte il braccio sulla spalliera della sedia di Amy e, casualmente, aveva sfiorato il mio braccio.
L’unica nota stonata era Emmet. Si era alzato più volte per rispondere al cellulare ed ogni volta era tornato scuro in viso. Ci aveva detto che erano problemi di lavoro ma Edward non sembrava convinto.
Poco prima del dolce si alzò di nuovo imprecando e si chiuse in cucina. Poco dopo lo sentimmo urlare e ci preoccupammo.

  • Aspettami fuori. Esco io. – disse urlando. – non suonare, arrivo. Un minuto cazzo! Ti chiedo solo un minuto! Merda!
Lanciò il telefono a terra.
Rose si avvicinò a lui e gli chiese cosa avesse. Emmet guardò Edward e disse solo una frase.

  • Lui è qui fuori.
Edward s’irrigidì e strinse la mascella.
  • Si starà chiedendo perché non sei ancora tornato. – gli disse recuperando la calma. Di chi parlavano?
  • Non è qui per me. Vuole parlare con te. – rispose Emmet.
Contemporaneamente il campanello suonò. Gus sospirò, gli avevamo invaso la casa ormai.
  • Vado io Gus. – gli disse Edward. Era nervoso. – Bella voi restate qui, non passare per nessun motivo, ok?
Jasper. Doveva essere suo cognato, il padre di… oh, Dio. Annuii con forza e lui capì che avevo intuito chi era.

Uscì dalla stanza seguito da Emmet mentre Rose sbirciava incurante delle mie proteste. Tornò pochi minuti dopo con un’espressione sorpresa.

  • Bella lui è…
  • Ho capito chi è. È così simile a lei? – chiesi cercando di non far capire niente ad Amy che si guardava attorno spaesata.
  • Non fisicamente, a parte i capelli, ma le sue espressioni. Loro sono così…
  • DANNAZIONE EDWARD! CHE DIAVOLO TI DICE IL CERVELLO SONO TUTTI FUORI DI TESTA PER TE! - Amy si drizzò sulla sedia.
  • Sto bene Jazz, non dovete preoccuparvi.
  • Non dobbiamo preoccuparci? Sei sparito nel nulla! Tua madre sta impazzendo, tuo padre è disperato e… lei… lei crede di aver perso anche te. Non puoi farle questo!
  • Lei starà meglio se non mi vede. E tu…
  • IO COSA? COSA EDWARD? Che cazzo ti dice il cervello? Nessuno ti ha mai incolpato di quello che è successo, l’hai fatto solo tu. NON HAI UCCISO TU LILY, NON E' COLPA TUA!
Amy era stata ferma fino a quel momento ma quando sentì l’uomo dire Lily scese velocemente dalla sedia e si fiondò verso Edward. Riuscii a trattenerla per un pelo, tirandola via prima che riuscisse a farsi vedere.
  • Lattami! Lattami! – urlò.
  • Amy calmati. Va tutto bene.
  • NO! Lattami voio papà!
Restai impietrita davanti a quella frase urlata così forte. All’improvviso calò il silenzio in casa.
  • Edward… che? Chi è?
  • Jasper aspetta. Non entrare, devo parlarti di una cosa prima. Non…
Ma evidentemente Jasper non lo ascoltò perché sentii dei passi veloci avvicinarsi a noi. Edward lo bloccò prima che entrasse in salone. Io non sapevo che fare.
  • Jasper fermati! Emmet, bloccalo!
  • Quella voce… - sussurrò Jasper.
  • Lo so. Ma devi prima starmi a sentire.
  • Lei…
  • Non lo so. Non ho la certezza ma… devi prima calmarti. Devi promettermi che non reagirai in modo affrettato.
Amy si agitava tra le mie braccia mentre io ero impietrita. Fu Rose ad avvicinarsi a loro.
  • Em?
  • Rose, puoi dire a Bella di portare qui Amy? – le disse Edward. Io tremavo come una foglia. Era il momento della verità.
  • Forza Bella. – mi spronò Rose. Amy dopo lo slancio iniziale si era arrampicata sulla mia spalla e aveva affondato il suo viso nei miei capelli.
Quando arrivai all’ingresso Emmet teneva una mano sulla spalla di un uomo alto, con i capelli mossi e biondi come quelli di Amy. La sua espressione era uguale a quella di Amy quando era spaventata o preoccupata. Lo vidi tremare quando mi avvicinai e anche Amy tremò addosso a me. Incrociai gli occhi di Edward e percepii la sua ansia e il suo nervosismo. Istintivamente gli sorrisi cercando di tranquillizzarlo e parve funzionare perché ricambiò il mio sorriso.
  • Jazz, senti… io non ne ho la certezza ma quando l’ho vista io… non voglio illuderti però fratello. Sai che è praticamente impossibile che sia lei. Io… noi abbiamo cercato, lo sai, e ci hanno assicurato che lei era… anche l’uomo che l’ha buttata giù. Ricordi, l’hai interrogato anche tu. Però lei… - si avvicinò a noi e scostò una ciocca dal suo viso.
Amy teneva gli occhi strizzati e si strinse di più. Edward le carezzò una guancia e lo costrinse a guardarlo. Tremavo anch’io e mise una mano sul mio fianco per calmarmi. In quel momento pensava a me. Mi rilassai e lui capì che avevo compreso il suo gesto.
  • Piccola, vorrei presentarti una persona. La vuoi conoscere? – Amy scosse il capo. – è una persona molto cara, ci terrei tanto. – le fece il suo solito sorriso che funzionò come sempre.
Sentii la presa di Amy allentarsi e si sporse verso Edward che la strinse forte.
Lo vidi stringere la mascella e strinsi la sua mano, toccava a me infondergli fiducia. Lui rispose al mio tocco e si avvicinò posandomi un bacio sui capelli. Jasper alternava lo sguardo tra noi e Amy fissando la sua piccola schiena. Edward prese un profondo respiro e parlò.

  • Jazz? – si drizzarono sia lui che Amy. – lei è Isabella, - disse presentandomi – ha trovato questa bambina circa un mese fa.
  • Diciamo che è stata lei a trovare me. Si era nascosta nella mia auto. – avevo capito perché aveva chiarito quel dettaglio. Non voleva che suo cognato pensasse che potevo aver rapito la bambina.
  • Trilly? – la chiamò apposta in quel modo facendola voltare piano.
Quando gli occhi di suo cognato incrociarono il viso della bambina cadde a terra in ginocchio. Restò a fissarla finchè le lacrime non gli scesero sul viso. Amy lo fissava con gli occhioni lucidi e le labbra tremanti mentre Edward era immobile a fissare suo cognato. Forse si aspettava una reazione simile perché non si scompose quando cadde.
  • Jazz. – lo chiamò piano. Si piegò davanti a lui avvicinando Amy al suo viso.
  • Stai bene? – gli chiese piano. Lui non si mosse tenendo lo sguardo fisso su Amy.
  • Ali… - sussurrò. Lui ed Amy sorrisero.
  • Si, è uguale a lei.
  • È lei. – balbettò suo cognato.
  • Non possiamo esserne certi Jazz.
  • È lei. – ripetè Jasper.
  • Lily? – la chiamò lui ed Amy lo guardò. Si sorrisero a vicenda mentre io singhiozzavo piano.
Edward fece scendere delicatamente la piccola che non era più attaccata al suo collo senza però allontanarsi da lei. Amy non aveva staccato gli occhi dal viso di Jasper e non si era neppure accorta che non era più in braccio ad Edward. Lui stava tremando, potevo vedere il suo corpo scosso da tremori e non resistetti. Mi avvicinai a lui e mi portai nella sua stessa posizione. Jasper e la bambina continuavano a fissarsi. Gli accarezzai un braccio e lo sentii rilassarsi un po’.
  • Va tutto bene. – gli sussurrai. Lui mi rivolse un sorriso tirato, non era ancora certo.
Feci l’unica cosa che credevo potesse tranquillizzarlo. Avvicinai le mie labbra alle sue e lo baciai dolcemente. Lo sentii sorridere e riprendere a respirare sulle mie labbra. Mi diede un bacio leggero e mi accarezzò il viso.
Quando sollevai lo sguardo trovai Rose abbracciata ad Emmet che annuiva sorridendo. Amy invece si era girata a guardarci insieme a Jasper ed entrambi arrossimmo.

  • Bella? – mi chiamò la piccola.
  • Dimmi tesoro.
  • Lui è il mio papà? – la domanda ci spiazzò. Jasper mi guardava come a volermi chiedere la stessa cosa. Edward salvò come sempre la situazione.
  • Non lo sappiamo ancora piccolina. Ma domani porto il mio amico a fare una cosa così lo scopriamo, ok?
  • Vuoi essere il mio papà? – chiese a Jasper e lui annaspò in cerca d’aria.
All’improvviso la strinse tra le braccia e la cullò. Amy si strinse a lui e cominciò a piangere.
  • No, non piangere. Sono qui fatina, non me ne vado, resto con te.
  • Non vai pù via? – gli chiese tra i singhiozzi.
  • No piccola, non vado via. Non sono mai andato via.
Era la scena più commovente che avessi mai visto.
Non avevamo certezze sul fatto che lei fosse davvero la piccola Lily, ma in cuor mio ne ero certa.
Non poteva essere altrimenti e non riuscivo a pensare che il destino potesse essere tanto beffardo da prendersi gioco di tutti noi.




Eccomi qui. Spero che il capitolo sia stato all'altezza delle vostre aspettative. é vero che non avete avuto nessuna cartezza ma vi assicuro di non preoccuparvi.
Credo che certi legami siano più forti di qualunque invenzione medica.
Bella finalmente è rinsavita, non riesce più a gestire la portata dei suoi sentimenti nei confronti di Edward e finalmente si è lasciata andare!
Avevate capito quasi tutte che si trattava di Jasper, brave! c'è qualcuno in particolare che ha capito molto più di quello che volevo capisse.... le ho già detto che per sicurezza cambierò la password del mio computer! non posso mai rispondere tranquillamente alle sue recensioni altrimenti scoprirei tutta la storia!
Vi auguro una buona giornata, un forte abbraccio!



PS: ho dato per scontato che siate tutte donne, per questo mi esprimo al femminile verso di voi, ma se ci fosse qualche maschietto mi scuso e gli chiedo di farmelo presente!
grazie sempre!!!

Marya

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Capitolo 17
*** 17 - Padre e figlia? ***


Buongiorno a tutte voi. Siete tutte state molto entusiaste del capitolo precedente e le vostre recensioni mi hanno commossa davvero. GRAZIE!
in questo capitolo finalmente avremo la certezza sulla parentela tra Edward e Amy...
Spero vi possa piacere. 
A dopo.










17 – PADRE E FIGLIA?
 
 
POV EDWARD.
 
Ero ancora sotto shock per quello che era successo.
Non pensavo che Jasper sarebbe arrivato fin qui, e speravo di fargli vedere la bambina solo quando avessi avuto la certezza che era davvero mia nipote.

Ma il destino non segue regole precise, ormai l’avevo capito.

Mi ero sentito morire quando avevo aperto la porta. Era passato più di un anno dall’ultima volta che lo avevo visto e il suo aspetto non era migliorato. Era sempre più magro e i suoi occhi erano spenti. Solo quando aveva parlato di Alice avevo colto una scintilla nel suo sguardo, anche se non aveva pronunciato il suo nome.
Tremavo come una foglia quando avvicinai la bambina a Jazz e percepivo la stanza carica di aspettative e di ansia.
Io ero terrorizzato.
Non si sarebbe più ripreso se la bambina non fosse stata Lily ma ero sempre più convinto che lei lo fosse.

Quando lei aveva chiesto se Jasper era il suo papà avrei voluto piangere e se non avessi avuto Bella vicina credo avrei ceduto. Ma lei era lì con me, a sorreggermi, a farmi sentire la sua presenza e il suo… non sapevo ancora se era amore, il mio lo era di certo.
Il suo bacio mi aveva dato forza e speranza ed ero certo che le cose sarebbero andate per il verso giusto.
Fu dura convincere Jasper e Lily, cioè la bambina, a staccarsi ma non potevo dargli troppi colpi in una volta sola.
Bella doveva metterle il pigiamino prima che Jazz vedesse le cicatrici.
Poco per volta.
Bella capì e convinse la bambina a salire in camera mentre io mi occupavo di mio cognato. Avevo paura che potesse crollare da un minuto all’altro.

  • È lei Ed. Lei è qui. – mi disse appena seduto.
  • Jazz sai quanto lo vorrei ma non dobbiamo illuderci, se poi…
  • No Ed, è lei. Lei è viva, capisci. Lei è qui. Mia… mia figlia non è morta.
  • Jasper… - avrei voluto contraddirlo ma non ne avevo la forza. Non volevo veder morire il suo sorriso.
  • Ascoltami, ne sono convinto anch’io ma dobbiamo esserne certi.
  • Perché? Io lo so. – bastò solo una parola.
  • Alice. – lei non avrebbe retto se la bambina non fosse stata Lily. Jazz si fece più serio.
  • Hai ragione. Ma qualunque sarà il risultato quella bambina è mia figlia. – mi disse deciso.
  • Ok. Domani però porto un tuo campione in ospedale e lo confrontiamo con le analisi che ho fatto a lei.
  • Le hai già fatte?
  • Si, le ho fatto il test del dna.
  • Perché non mi hai chiamato?
  • Cosa ti avrei detto Jazz? Non potevo darvi una falsa speranza, vi avrei uccisi.
Lui sospirò prendendosi la testa tra le mani.
  • Lei era viva e io non l’ho cercata.
  • NO! Ho vissuto per due anni con i sensi di colpa e non ti portano a niente, adesso l’ho capito. Non potevi sapere che lei era viva.
  • Alice l’ha sempre creduto, sai? Non si è mai arresa all’idea che lei non ci fosse più. – mi disse con un piccolo sorriso.
  • Come sta? – gli chiesi.
  • Male. Non parla più, non sorride. Ha smesso di vivere.
  • E tu?
  • Io sono andato avanti, ho cercato di sopravvivere.
  • Tra di voi…
  • È tutto come l’ultima volta che ci hai visti. Lei vive ancora a casa dei tuoi, non è voluta tornare a casa. Viene solo per sistemare la sua cameretta, ha comprato altri peluche per lei e ha l’armadio pieno di vestitini nuovi. Mette in una scatola quelli che crede le andranno ormai piccoli e fa spazio a nuovi. Non piange mai Edward. Io prendo a pugni le cose e urlo disperato quando se ne va mentre lei non versa una lacrima. È spenta.
  • Andrà tutto bene. Deve andare tutto bene.
  • Lei è qui, si sistemerà tutto. Lo so.
Sorrisi del suo ottimismo e seguii il suo sguardo quando vidi Bella scendere con la bambina. Lei gli sorrise, come sorrideva Alice, illuminando la stanza e Jasper si fiondò da lei prendendola tra le braccia. Le fece il solletico, lo faceva sempre quando tornava dal lavoro e la piccola rise. Restarono minuti interi a fissarsi ridendo, finchè Amy sbadigliò.
  • dommi con me? – gli chiese timidamente.
  • Certo che dormo con te, chi si muove!
Io e Bella guardammo Gus che scuoteva la testa sorridendo, avrei fatto una statua d’oro a quell’uomo. Ci fece segno che avrebbe messo tutto in conto ed io annuii.
Quando mi girai a guardare Bella mi accorsi che li guardava con gli occhi lucidi, anche per lei era stata una serata pesante. La abbracciai da dietro stringendo le mani sui suoi fianchi.

  • Stai bene? – le chiesi.
  • Dovrei chiederlo io a te.
  • Sto bene. Starò meglio domani, dopo il test, ma adesso non potrei stare meglio. – le dissi stringendo la presa sui fianchi.
Bella si girò e posò la fronte sul mio petto. Non mi importava che non fossimo soli, che chiunque poteva vederci, avevo bisogno di farlo. Sollevai il suo viso e fissai i miei occhi nei suoi.
  • grazie. – le sussurrai piano.
  • Io…
Non le diedi il tempo di rispondere perché posai le mie labbra sulle sue in un bacio dolce ma carico di amore. Era ricco di parole non dette, di sentimenti inespressi ma chiari e visibili agli occhi di chiunque. Amavo Bella, ne ero certo e neanche se lo avessi urlato al mondo intero potevo essere più chiaro su questo.
La strinsi forte a me e respirai il suo profumo.

  • dimmi che non mi lascerai Edward. Dimmi che non scomparirai. – mi sussurrò.
  • Rinunciare a te sarebbe come rinunciare a vivere. Non posso più farlo, sono stato morto per troppo tempo, adesso voglio vivere anch’io.
La baciai di nuovo. Quando sollevai lo sguardo notai Jasper che ci guardava con un mezzo sorriso malinconico. Pensava ad Alice, ne ero certo.
  • andrà tutto bene. – gli dissi, e lui annuì convinto.
Jasper passò la notte accanto al letto della bambina, si addormentò solo alle prime luci dell’alba. Io e Bella ci addormentammo abbracciati sul piccolo divano della camera che aveva condiviso con la bambina.
Furono le loro voci a svegliarci la mattina presto.
Sentivo Jasper e la bambina ridacchiare e aprii faticosamente gli occhi. La prima cosa che vidi fu il viso di Bella poggiato sul mio petto, la bocca socchiusa e il suo respiro sulla mia pelle. Mi incantai a guardarla finchè Jasper non si schiarì la voce.

  • Buongiorno Edward.
  • Jazz, buongiorno. – lo salutai ma notai che era in imbarazzo.
  • Che hai? – lui mi fece un cenno verso Bella mentre Lily rideva sommessamente.
Guardai Bella e mi accorsi che la maglia le era scivolata sulla spalla lasciandole semi scoperto il seno coperto solo da un leggero reggiseno di pizzo bianco. Dopo aver indugiato come un pervertito per qualche secondo la coprii con un gesto veloce ma Jasper riprese a sghignazzare.
  • sei proprio messo male cognato! – afferrai la battuta solo quando il mio sguardo volò ai miei jeans che erano davvero stretti in un punto preciso. La mia solita figura di merda!
  • Smettila di fare il guardone! – rimproverai mio cognato.
  • Hai fatto tutto da solo, e comunque non ridevamo di voi due e delle vostre… condizioni.
  • E di cosa allora? – chiesi sarcastico.
  • Della vostra posizione. Bella è aggrappata a te come una scimmietta mentre tu la stringi come se avessi paura che possa scomparire. – era così in effetti. Avevo paura di svegliarmi e rendermi conto che era solo un sogno.
Le accarezzai i capelli e la sentii muoversi piano.  Aprì gli occhi e mi guardò sorridendo.
  • buongiorno. – mi disse piano. Poi posò le sue labbra sulle mie in un bacio intenso. Mi voleva morto. Fu dura staccarmi da lei.
  • abbiamo spettatori. – le sussurrai. Lei si girò e divenne rossa come un peperone. Nascose il viso nella mia spalla e borbottò qualcosa che somigliava tanto a un “che figura di merda!”.
Scendemmo a fare colazione, adesso ci aspettava la parte più dura: andare in ospedale per il test. Io fremevo di paura e impazienza.
Era ovvio che non avrei mai abbandonato quella bambina, nemmeno se avessi scoperto che non era Lily, e l’avevo chiarito anche a Bella. Jasper era sereno, diceva che non aveva bisogno di nessun test per sapere che era la sua bambina, ma lo faceva per Alice, per non illuderla inutilmente.

  • Sai che appena la vedrà non le importerà del test, vero?
  • Lo so. – risposi a mio cognato mentre aspettavamo i risultati.
  • E sai che ucciderà prima me e poi te per non averglielo detto subito, vero?
  • Lo so. – ridacchiai.
  • E sai che ti farà il terzo grado appena vedrà che ti sei innamorato di Bella?
  • Lo so. Cosa? – risposi sorpreso.
  • Andiamo Edward, è fin troppo chiaro.
  • Come…
  • Non ci vuole molto a capire che siete pazzi l’uno dell’altra. Ora capisco l’oca.
  • Tanya?
  • Come hai fatto a capire cha parlavo di lei. – inarcai un sopraciglio. – ok, non ci sono altre oche tra le nostre conoscenze. Avevo chiamato a casa sua per parlarti visto che non riuscivo a chiamarti al cellulare.
  • Perché avevi chiamato? Non te l’ho nemmeno chiesto ieri.
  • Perché erano tutti preoccupati. I tuoi genitori stavano impazzendo e vedevo Alice preoccupata per te e per loro. Edward ti rendi conto che non li chiami da quattro mesi? Non sapevano neppure se eri vivo o morto.
  • Hai ragione.
  • Tua madre aveva anche chiamato a casa della tua amichetta ma non l’hai più richiamata.
  • Cosa? Io non sapevo avesse chiamato.
  • Tanya non te lo ha detto?
  • No. – sibilai furioso.
  • Un altro pregio della tua ex fidanzata era la sincerità, eh? Comunque Esme era preoccupata e Carlisle mi aveva detto di essere preoccupato per loro due, oltre che per te. Inoltre avevo scoperto che Emmet era qui e non ci ho pensato due volte. Devo ricordarmi di dirgli di non usare la carta di credito dello studio se vuole tenere nascosto qualcosa.
  • Come hai fatto a trovare casa di Gustave?
  • Io potrei, e dico potrei, averlo seguito ieri sera.
  • Tu cosa?
  • So che non è proprio da lodare il mio comportamento, ma sapevo che non mi avrebbe detto nulla su di te.
  • È troppo ingenuo. – dissi ridendo.
  • Già. Meglio così, altrimenti chissà quando mi avresti detto di Lily. Non dirmi che si chiama Amy, lei è mia figlia, lo so.
  • Ok. Comunque sarei venuto a trovarti presto. Il fatto è che non volevo lasciare Bella da sola. La storia è un po’ complicata.
  • Raccontami tutto, ti prego. – mi supplicò Jasper.
  • Devi solo promettermi che starai calmo.
Jasper annuì e mantenne effettivamente la calma. Finchè gli dissi delle cicatrici e di quello che credevo avesse subito. Strinse così forte i pugni da rischiare di sbriciolarsi le ossa.
Gli raccontai quello che sapevo, ciò che Bella mi aveva raccontato finchè il dottor Smith ci chiamò.

Jasper scrollò le spalle quando il medico ci disse i risultati mentre io mi sentivo ancora sottosopra.

C’era una corrispondenza totale dei marcatori genetici.

Senza dubbio la bambina era figlia di Jasper, e cioè mia nipote.
 
Quella bambina era Lily.






Risolto l'arcano. Anche se vi avevo già fatto capire che il risultato poteva essere solo quello, non sarei mai stata così sadica.
La bambina è Lily. La nipotina di Edward non è morta. Ci vorrà ancora un pò per capire cosa è successo davvero ma vi anticipo solo una cosa.

Il titolo del prossimo capitolo è: 


18 - RITORNO A CASA.



Buona giornata, un abbraccio!

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Capitolo 18
*** 18 - RITORNO A CASA ***


Buongiorno a tutte mie care, spero vi faccia piacere questo aggiornamento. Avevo pensato di postare più in là ma non sapevo quando avrei potuto e non volevo farvi aspettare più del necessario. Mi avete detto che state fremendo in attesa di conoscere Alice, per cui vi lascio ai Cullen.
Ci leggiamo dopo, vi devo dire un paio di cose... capirete! 










18 - RITORNO A CASA.




EDWARD POV
 
Avevo un sorriso enorme in volto quando varcai la soglia di casa di Gus.
Jasper si era precipitato a stringere Lily tra le braccia mentre io avevo preso tra le braccia Bella suscitando la sorpresa sul viso di Em e Rose.

  • È lei. – le dissi soltanto e Bella si aggrappò alle mie spalle e mi baciò con passione.
  • Ci sono minori in sala. – mi ricordò Rosalie ma non riuscivo a staccare le mie labbra dalle sue.
Quando lo feci vidi Emmet che abbracciava forte Jasper e accarezzava la testolina di Lily che lo guardava perplessa.
Jasper la riprese in braccio e le accarezzò il visetto.

  • Hai voglia di vedere la mamma? – le chiese. Lily annuì con forza e si strinse a lui. Mio cognato mi fissò e si avvicinò a me.
  • Deve vederla subito Edward. – mi disse.
  • Lo so. Quando vuoi telefonarle?
  • Perderemmo troppo tempo. Andiamo a casa. – ero indeciso, non potevo lasciare il lavoro ma in fondo non mi importava.
Mi preoccupava far affrontare a Lily un viaggio. Lei stava male se stava fuori per troppo tempo, ma forse con Jasper… cercai con lo sguardo Bella che mi fissò.
  • Tu sei d’accordo? – le chiesi. Lei si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo.
  • Non tocca più a me decidere. – disse piano. Fu Jasper a parlare.
  • Forse no, ma voglio sapere cosa pensi. Edward mi ha raccontato ogni cosa, e senza la tua tenacia forse non avrei mai trovato mia figlia. Hai salvato tutti noi Bella, la mia bambina, la mia famiglia, mio cognato. Il tuo parere conta moltissimo per me, voglio che tu faccia parte della vita di Lily, se lo vorrai ovviamente.
  • Tu non vuoi che io le stia lontana? – chiese con le lacrime agli occhi.
  • Perché dovrei?
  • Io… non sono nessuno in fondo. La mia presenza potrebbe solo ricordarle ciò che ha passato e…
  • La tua presenza le ricorderebbe che tu la ami molto. E poi ho l’impressione che non ti libererai facilmente dei Cullen. – le disse ammiccando. Stronzo.
Bella arrossì ma sorrise.
  • Allora che ne pensi? Ti va di venire con noi a Seattle? Vorresti conoscere Alice?
  • Si, mi farebbe piacere.
  • Perfetto. Così potrai conoscere anche i genitori di Edward. – disse Jasper. Mi strozzai con la mia stessa saliva e cominciai a tossire. Non avevo un buon ricordo dell’ultima ragazza che avevo presentato ai miei, ma parlavamo di Tanya per cui… Ero certo che invece avrebbero adorato Bella.
 
Emmet riuscì a trovare i biglietti aerei per tutti, saremmo partiti l’indomani mattina.
Lily aveva dormito poco, era eccitata all’idea di prendere l’aereo.
Bella aveva cercato di frenarla ma l’unico che era riuscito a calmarla era stato suo padre.
Jasper riusciva sempre a placare gli animi, anche quelli più infervorati, era come se avesse un dono. E poi era così bello vederli insieme.
Jasper non si perdeva neppure un’espressione di Lily, come se avesse paura di non poter più vedere il suo faccino arrabbiato o felice. No, non era come se avesse paura, era proprio terrorizzato. E aveva ragione. Lo ero anch’io.
 
Io ero nervoso, non sapevo come affrontare la situazione ma Bella mi sorprese come sempre. Mi conosceva da pochissimo tempo ma aveva imparato subito a riconoscere i miei sentimenti, a capire come mi sentivo.
 

  • Lei sarà felice Edward.
  • Lo so, ma ho paura che prima possa subire uno shock.
  • Le stai riportando suo marito, sua figlia e suo fratello. Non potrebbe essere più felice, fidati.
 
La tenni stretta a me per tutto il volo. Non avevo detto ai miei genitori che tornavo a casa.

In ospedale non mi avevano fatto grandi problemi, in fondo ero lì da poco tempo e non avevano ancora organizzato l’organico in modo da rendermi indispensabile.
Lily non si staccava da Jasper. Non avevamo avuto modo di chiarire bene tutto quello che era successo, Bella gli aveva potuto dire molto poco perché non voleva parlarne davanti alla bambina e quando Lily era crollata Bella si era addormentata. Il pensiero fisso di mio cognato era riportare Lily da Alice, non gli importava di nient’altro. Io ed Emmet tenevamo gli occhi aperti. Non era successo niente da quando conoscevo Bella e speravo che nessuno si presentasse alla porta, ma ero certo che chiunque avesse architettato tutto non si sarebbe arreso così facilmente.

E avevo ragione.

Emmet andò a cercare un taxi mentre noi aspettavamo i bagagli. Anzi IL bagaglio. Gli unici ad avere mille cose erano Emmet e Rosalie, si erano proprio trovati quei due! Alla fine eravamo riusciti a convincerli a far entrare tutto in una valigia, era enorme ma era una sola.
Proprio davanti all’uscita dell’aeroporto avvertii il rumore di una moto di grossa cilindrata. Il mio pensiero volò al rapimento di Lily e istintivamente mi avvicinai a loro stringendo Bella vicina a me. Feci appena in tempo a spostarla che la moto le sfrecciò accanto sgommando sull’asfalto.

  • Stai bene? – le chiesi preoccupato.
  • Si, ma come diavolo si fa a guidare così? – mi chiese ancora scossa. Non ebbi il coraggio di risponderle ma Jasper forse capì e si strinse Lily al petto.
  • Dobbiamo parlare. Prima possibile. – mi disse serio. Annuii con forza e mi strinsi Bella al fianco.
Emmet arrivò poco dopo ed entrammo nella grande auto che aveva noleggiato. Io e Jasper controllavamo la strada cercando di non farci notare ma Bella era più perspicace di quel che pensavo.
  • Non è stato un caso, vero? – capii a cosa si riferiva e scossi la testa.
  • Bene. Stavolta devono vedersela anche con me! – rispose decisa la mia piccola Rambo.
  • Non sarà necessario. Nessuno si avvicinerà a voi. – le promisi e la baciai.
Lily sghignazzò sul petto di suo padre che cercava di non ridere.
  • hei! Voglio vedere quanto riderà tuo padre quando porterai a casa il primo ragazzo. – Jasper smise di colpo di ridere e ci guardò male.
  • Non succederà. – disse serio.
  • Certo, come no! Chiudila in convento perché ti ritroverai una scia di cuori infranti dietro la porta.
Cominciammo a scherzare prendendo in giro Jasper finchè non vidi Villa Cullen.
 
Non era cambiato nulla.
Sembrava che il tempo si fosse fermato. Non andavo da mesi a casa dei miei, che poi era anche casa mia.
Mio padre aveva acquistato quel terreno dieci anni prima e, grazie alla creatività di mia madre, ne aveva ricavato una grande villa. La parte centrale era loro, mentre a sinistra e a destra, erano stati ricavati due grandi appartamenti. Uno per me e uno per Alice. Erano indipendenti, seppur comunicanti e ognuno aveva la propria libertà e privacy.
Adoravo quella casa, la mia casa.
Avevo così tanti ricordi lì, il mio pianoforte, le mie composizioni, i miei libri e i miei cd.
Come avevo fatto a stare così lontano?

Sentii Jasper irrigidirsi e respirare piano per calmarsi. Aveva telefonato ai miei chiedendogli di aspettarlo in salotto e di fare in modo che Alice fosse con loro. Non gli aveva detto della mia presenza, né tanto meno di quella di Lily. Sapeva che sarebbe stati felici, ma voleva dargli il tempo di capire, senza provocare un infarto ad ognuno di loro. Anche se pensavo che avrebbe avuto l’effetto opposto in quel modo.
Entrammo in casa silenziosamente, facendo restare Bella insieme a Lily all’ingresso. Bella avrebbe accompagnato Lily da noi quando l’avremmo chiamata. Jasper si era raccomandato di aspettare che lui la chiamasse per portarla dalla mamma e Lily aveva acconsentito, ma riuscivo a percepire la sua impazienza.
Saltellava sul posto come Alice quando aspettava di fare qualcosa. Strinsi la mano a Bella e le feci un cenno. Presi un profondo respiro ed entrai.
Il primo ad accorgersi di noi, e soprattutto di me, fu mio padre. Si lanciò addosso a me abbracciandomi forte ed io ricambiai l’abbraccio. Mi avvicinai poi a mia madre che singhiozzava silenziosamente e la strinsi al petto. La mia piccola dolcissima mamma.

  • Edward. Dov’eri amore? Ci hai fatto preoccupare.
  • Scusa mamma. Prometto che non accadrà più.
 
Aspettai qualche secondo in più prima di guardare mia sorella.
Avevo paura della sua reazione ma quando la guardai sorrise. Era un sorriso triste ma non celava accuse o repulsione verso di me. Era lei triste. Era dimagrita molto, le si potevano contare le ossa e i suoi occhi erano spenti.
Mi avvicinai titubante a lei.

  • Ciao Alice.
  • Ciao fratellone. – mi disse. L’abbracciai forte e lei mi diede una leggera pacca sulla spalla. Credo fosse il massimo che riuscisse a fare.
Si staccò da me e guardò Jasper. Non si erano parlati ma avevano avuto una delle loro solite chiacchierate silenziose. Bastava che si guardassero negli occhi per sapere cosa pensasse l’altro.
Alice abbassò gli occhi poco dopo trattenendo una smorfia di dolore. Di solito Jasper si sedeva e la lasciava vagare nel suo mondo ma quella volta si inginocchiò davanti a lei e prese le sue mani tra le sue. Lo vedevo tremare.

  • Te l’ho riportato indietro, visto. – le disse. Lei gli sorrise stancamente.
  • Io però non sono tornato solo. C’è una persona con me. Non so come dirtelo, non so come spiegartelo, sono due giorni che cerco le parole ma non ne trovo di adatte. - Alice si irrigidì e ritirò le mani. Chissà cosa aveva capito. Jasper le bloccò e le strinse. – non far partire il tuo cervellino. Quello che mi hai chiesto non sarà mai fattibile. Non voglio nessun’altra accanto a me e non intendo guardarmi attorno. – capito. Che sorella stupida, come poteva pensare che Jasper potesse… era proprio disperata, e innamorata.
  • Non mi aspettavo quello che poi è successo a San Francisco. Credevo di dovervelo riportare gonfiato di botte per costringerlo a venire, credevo di dover urlare e incazz… incavolarmi come una bestia per fargli capire quanto fosse stupido, ma la sorpresa me l’ha fatta lui. Potrei continuare a girarci attorno ma… forse è meglio che tu veda con i tuoi occhi. Mi devi promettere che starai calma però. Promesso? – Alice annuì perplessa guardandoci, io chiesi lo stesso ai miei genitori e aprii la porta.
Bella era dietro la porta e mi fissò ansiosa e preoccupata. Le accarezzai il viso e la presi per mano. Lily si era nascosta dietro le gambe di Bella e non voleva farsi vedere. Fui io ad abbassarmi, a prenderle la mano e a spingerla ad uscire dal suo nascondiglio. Lei si buttò al collo e si strinse forte affondando il suo visino sul mio petto. Era spaventata e non sapeva come comportarsi.
Quando mi voltai verso la mia famiglia i miei genitori mi guardavano perplessi mentre Alice mi fissava con gli occhi sgranati. Stringeva la mano di Jasper e si alzò lentamente venendo verso di me, senza mai lasciare il contatto con suo marito. Sussurrò solamente il suo nome ma Lily la sentì e si drizzò. Dava ancora le spalle a mia sorella ma mi guardava sorpresa, come se quella voce la riconoscesse.

  • Lily… - soffiò ancora Alice e lei sorrise. Io annuii e mia nipote si girò piano verso sua madre.
Alice non parlò. Restò a fissare la bambina e due grandi lacrime scesero lungo le sue guance. Si avvicinò piano e tese una mano per accarezzarle il viso ma Lily si lanciò addosso a lei e la abbracciò. Jasper le strinse mentre Alice si accasciava sul pavimento stringendo la bambina tra le braccia. Mia sorella tremava e piangeva mentre stringeva la bambina e Jasper le abbracciava forte, tenendole strette a se sul pavimento e ne respirava il loro profumo.
Il singhiozzo di mia madre mi svegliò e mi accorsi che anche io piangevo. Mia madre aveva ancora una mano davanti alla bocca e stringeva la camicia di mio padre che ci fissava a bocca aperta. Aveva anche lui gli occhi lucidi e balbettava.
Mi avvicinai a mia madre e la abbracciai facendola sfogare e stringendo forte la mano di mio padre.

Non so quanto tempo restammo tutti immobili, mi riscossi solo quando Lily parlò e la parola che disse fu mamma.

Mia sorella la baciò dovunque e riprese a sorridere felice ripetendole che era la sua mamma e che le voleva tanto bene.
Il suo modo di dire mamma era dolcissimo, era diverso da quando chiamava mamma Bella.
Bella.
Non avevo pensato a lei in tutto quel casino e quando mi voltai non la vidi.
Mi staccai dai miei genitori e uscii a cercarla.
Fuori c’erano solo Emmet e Rosalie.

  • Edward com’è andata?
  • Dov’è Bella? – gli chiesi.
  • Noi l’abbiamo appena vista correre fuori, stavamo per entrare, ci siamo preoccupati.
  • Dov’è andata?
  • Non lo so ma sembrava stravolta. Rose ha cercato di fermarla ma è schizzata via piangendo. Come stanno tutti? Lily sta bene?
  • Si, va tutto bene, ma devo trovare Bella.
 
Avevo una strana sensazione.
Non avevo ancora superato del tutto le mie emozioni ma sentivo che c’era qualcos’altro. E allora lo sentii.
Il rombo di una moto che accelerava. Mi misi a correre verso la fonte di quel rumore. Sentivo il cuore martellare forte nel petto. La vidi poggiata alla staccionata, scossa dai singhiozzi.

  • BELLA! – lei si girò nello stesso momento in cui un grosso faro illuminò la strada, ma lei era di spalle e non notò la moto che decelerava avvicinandosi a lei.
Corsi urlando mentre uno scintillio attirava la mia attenzione.
Afferrai un grosso ramo che era poggiato sul prato dei miei vicini e lo lanciai verso la moto.
Non so dove trovai tutta quella forza.
Non riuscii ad evitare lo sparo ma il guidatore perse il controllo e si schiantò contro un piccolo camion che proveniva dalla corsia opposta.
Non sentii l’impatto. Non sentivo alcun suono. Vidi solamente Bella sgranare gli occhi e portarsi la mano al fianco prima di accasciarsi al suolo.
Non percepivo alcun rumore attorno a me. Sentii la mia gola graffiare e capii che stavo urlando ma percepivo solo un leggero ronzio nelle orecchie.
Impiegai forse tre secondi per raggiungerla ma mi sentivo muovere al rallentatore, come in quei film in cui ogni secondo dura minuti per poi accelerare di colpo.

  • Bella. – mi inginocchiai accanto a lei. Aveva la mano sporca di sangue e si premeva il fianco.
  • Ed…ward.
  • Bella, amore. Va tutto bene. Adesso va tutto bene.
  • Edward!
  • EMMET CHIAMA MIO PADRE. CHIAMA UN’AMBULANZA!
Strinsi forte sulla ferita per evitare che perdesse troppo sangue. Non sembrava una ferita profonda ma sanguinava troppo. In più non avevo capito l’inclinazione del proiettile e avevo paura che potesse ledere qualche organo vitale.
  • Edward… io…
  • Non ti muovere, non parlare. Va tutto bene. Va tutto bene, piccola. No, non chiudere gli occhi, devi stare sveglia Bella, ti prego. 
Rosalie era in lacrime, immobile davanti a noi mentre vedevo mio padre correre dietro Emmet. Vidi una macchia rossa negli alberi di fronte a me e guardai. Una donna mi fissava furiosa. Fu questione di attimi e poi sparì tra la vegetazione.
  • Edward, cos’è successo?
  • Le hanno sparato papà. Non credo abbia reciso organi vitali ma non posso muoverla. Devi controllare. Bella, amore, non chiudere gli occhi. Guardami Bella, ti prego. CAZZO! Emmet hai chiamato l’ambulanza? – urlai fuori di me.
  • Edward calmati. – mi ammonì mio padre.
Non riuscivo a calmarmi, non riuscivo a pensare ad altro che al viso di Bella, pallido, di fronte a me.
Le baciai piano le labbra mentre le parlavo ma lei non rispondeva. Non poteva lasciarmi, non potevo vivere senza di lei.

  • Amore ti prego, Bella… non mi fare scherzi, ok? Non fare la stupida, apri gli occhi Bella. Ti prego piccola, ti prego.
Nemmeno sentii le sirene dell’ambulanza e quelle della polizia. Mio padre mi dovette urlare di lasciarla prendere ai medici perché non mi staccavo da lei. Mi sentivo un automa. Emmet mi trascinò con forza via da Bella mentre le mani di mio padre prendevano il posto delle mie. Salii in auto con Emmet mentre mio padre era salito in ambulanza. Arrivato in ospedale corsi verso la sala operatoria ma mio padre mi bloccò.
  • Devo entrare papà. Sono un medico, io…
  • Non sei nelle condizioni di stare lì dentro. Non sei un medico adesso. Non essere stupido.
  • No, io devo vederla, so cosa fare.
  • EDWARD SMETTILA! – forse era la prima volta che mio padre urlava contro di me.
Corse in sala operatoria lasciandomi davanti alla porta. Non so quanto tempo passò prima di riprendere a respirare.
Emmet era seduto su una poltroncina a consolare Rose che singhiozzava. Furono le braccia di mia sorella a risvegliarmi dallo stato in cui ero.

  • Ali… dov’è Lily? – le chiesi.
  • È qui, con Jazz e la mamma. Lui mi ha raccontato cosa ha fatto Isabella.
  • Bella, a lei piace Bella.
  • Bella. Andrà tutto bene fratellone, ne sono certa.
  • Tu devi stare con Lily.
  • È lei che è voluta venire, deve essere molto importante anche per lei questa ragazza. E poi mi piace.
  • Chi?
  • Bella. Ha uno sguardo molto dolce e sincero. Mi piacciono i suoi occhi.
  • Anche a me. Sembrano cicoccolato. - sospirai sentenod una fitta dolorosa al petto. - Ali non posso pensare di…
  • Non ci pensare, non sarà necessario.
  • Perché? Perché tutto a noi?
  • Non lo so Ed ma il destino si è già divertito troppo con noi, non può farlo ancora. Io sento che andrà tutto bene. – sorrisi e non mi lasciai sfuggire l’occasione di prenderla un po’ in giro.
  • Cos’è? Un’altra delle tue presunte visioni?
  • Da quando mi leggi nel pensiero? – mi schernì lei.
In quel momento mio padre uscì dalla sala operatoria e mi sorrise.
  • Come sta?
  • Bene. Il proiettile non ha provocato danni, avevi ragione tu, non ha leso organi interni, ma abbiamo dovuto asportarlo. Non si è ancora svegliata perché è sedata ma è fuori pericolo.
  • E tutto il sangue che ha perso? Le avete fatto una trasfusione? Non so neppure quale sia il suo gruppo sanguigno.
  • 0 RH positivo. Ce lo ha detto al sua amica.
  • Rose?
  • Si. Stai tranquillo figliolo, si rimetterà presto.
  • Grazie papà.
  • Di cosa? E comunque devi raccontarmi un po’ di cose.
  • Deve raccontarCI. – puntualizzò mia sorella. Sorrisi mio malgrado.
  • Come stai tu, Alice?
  • Mai stata meglio.
In quel momento Jasper entrò con Lily in braccio che si fiondò da sua madre che la strinse. Jasper si mise di fianco a lei ed Alice lo baciò. Lui sorrise sorpreso e la abbracciò forte.

Entrai in camera di Bella poco dopo e restai con lei finchè si svegliò.





Ok. so che adesso vorreste fare fuori me, ma ci siamo liberati di James. Non siete contente?

FUORI UNO!

Piaciuto l'incontro tra Alice e la sua bimba?
Riguardo a Bella, non temete, si riprenderà presto. Edward era terrorizzato all'idea di perderla, non riesce più a pensare alla sua vita lontano dalla sua Bella.
Ci sentiamo presto mie care. Vi auguro un buon fine settimana e vi mando un grande bacio.
a Presto, Marya

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Capitolo 19
*** 19 - James ***


Buongiorno a tutte voi. Mi scuso per il ritardo nell'aggiornamento ma ho avuto un miliardo di cose da fare. Lavoro, casa, genitori, feste di compleanno e fidanzato (almeno lui è stato l'unica cosa piacevole) non mi hanno lasciata un momento!
scusate davvero.
Questo capitolo può non sembrare importante ma servirà a capiremeglio cos'è successo e a conoscere un po' le reazioni dei Cullen a Bella.
fatemi sapere semrpe cosa ne pensate se vi va. a dopo!










19 – JAMES.


 
POV BELLA
 
Quando aprii gli occhi notai subito un ambiente poco familiare. Era tutto troppo bianco e c’era un rumoroso bip che continuava a ripetersi a pochi centimetri dal mio orecchio.
Mi sentivo indolenzita e un po’ confusa.
Quando provai a muovere le dita mi accorsi di un peso sulla mia mano. C’era una mano poggiata sulla mia. Una mano grande e calda che mi stringeva delicatamente.
Io conoscevo quel calore.
Edward.
In un attimo ricordai ogni cosa.

L’emozione di vedere Lily tra le braccia tremanti di sua madre, le lacrime ai loro occhi, la mia corsa fuori casa per non farmi vedere in lacrime, lo sguardo allarmato di Edward mentre mi chiamava e il rumore della moto.
Solo dopo avevo sentito lo sparo, solo dopo avevo avvertito un forte bruciore al fianco e la voce di Edward che urlava il mio nome. Mi avevano sparato.
Mi trovavo in ospedale, ecco cos’era tutto quel bianco. Era ormai l’alba, immaginai dalla luce che filtrava in camera, e Edward si era addormentato sulla sedia accanto al mio letto.
Gli sfiorai i capelli e lo sentii sospirare.

  • Bella… - sussurrò.
Dormiva ancora ma aveva sussurrato il mio nome. Aveva appena ritrovato sua nipote ma era accanto al mio letto. Mosse piano la testa cercando di stirare i muscoli del collo che, vista la smorfia, dovevano fargli male.
Quando si accorse che lo guardavo mi sorrise, in un modo così dolce ed emozionato da far venire le lacrime agli occhi.

  • Bella.
  • Buon… buongiorno. – riuscii a sussurrare.
  • Come stai? Senti dolore da qualche parte? Dio mi hai fatto morire! Perché sei scappata così, perché te ne sei andata? I punti tirano? Dimmi dove ti fa male. No, non parlare. Devi riposare.
Si fermò solo quando gemetti in seguito alla risata che non ero riuscita a trattenere.
  • Sto bene. Va tutto bene Edward.
  • Sei sicura? – aveva preso a trafficare con il monitor a cui erano attaccati i tubicini che si infilzavano nel mio corpo. Che schifo, io odio gli aghi!
  • Si, sono sicura. Adesso va bene.
  • Mi hai fatto prendere un colpo. Io ho avuto davvero paura che tu… non farlo mai più. Non allontanarti mai più da me, Bella. Ti prego.
  • Io… scusami. Era un momento solo vostro. Io non c’entro niente con la tua famiglia e…
  • Ma che dici? Tu sei molto importante per me. E per Lily.
  • Davvero? Sono importante per te?
  • Più di quanto io stesso credevo possibile. Io ho creduto di morire quando ti ho vista cadere. Per un attimo ho creduto di non vedere il tuo sorriso o i tuoi splendidi occhi e… non è un’opzione possibile per me.
  • Non capisco. – dissi piano. Il mio cuore era ormai partito e avevo paura che lui potesse sentirlo. Si avvicinò.  Il suo viso era a pochi centimetri dal mio.
  • Io… non sono bravo a parlare di sentimenti ma… tu… io non riesco a non pensare a te. Non ce la faccio a pensare alla mia vita senza di te e…
  • Edward è l’emozione del momento. Sei euforico per aver ritrovato tua nipote, siete felici e mi sei riconoscente per averla tenuta al sicuro. Ma appena tutto tornerà come prima non ti ricorderai neanche di me, per cui…
Non mi fece finire. Le sue labbra furono sulle mie con irruenza. Mi baciò prendendomi il viso tra le mani in modo delicato, come se fossi fatta di cristallo. Il bip della macchina prese a suonare più forte.
  • Dovevo fermarti. Stavi dicendo un sacco di fesserie. – mi disse con il respiro agitato.
In quel momento la porta si aprì e un medico entrò con un’espressione preoccupata sul viso. Aveva qualcosa di familiare. Il padre di Edward. Ecco chi era l’uomo che guardava con disapprovazione suo figlio.
  • Deduco che la professionalità l’abbia lasciata a casa tu. – gli disse con un mezzo sorriso. Edward si grattò la testa imbarazzato e si sedette senza però lasciare mai la mia mano. Io sentivo andare a fuoco la mia faccia. Che figura di m…
  • Sono contento di vederla sveglia signorina Swan. Ci ha fatti preoccupare. – mi disse sorridendo e controllando la mia cartella clinica.
  • Mi dispiace. Io non so nemmeno cosa sia successo. – sentii Edward irrigidirsi e stringere più forte la mia mano.
  • Avremo tempo per parlarne, non è il momento. Adesso pensi solo a riposare e a riprendersi in fretta. C’è qualcuno che non fa altro che chiedere di lei. E non è mio figlio. Lui non sono riusciti a buttarlo fuori di qui, per cui dubito che ci riuscirà lei. Anche se forse è l’unica che potrebbe far ragionare questo zuccone. – lo guardai perplessa mentre Edward arrossiva. Non avevo capito una sola parola, avevo afferrato solo che Lily aveva chiesto di me.
  • Come sta Lily? – chiesi.
  • Benissimo. E il merito è solo suo, signorina Swan. Ci è stato raccontato ciò che lei ha fatto per mia nipote e non sapremo mai come ringraziarla. – mi disse commosso.
  • Non ho fatto niente di speciale.
  • Si invece. Ci ha ridato letteralmente la vita. – arrossii di nuovo mentre Edward stringeva più forte la mia mano sorridendo.
  • Bene. Tra poco arriverà il mio collega a visitarla. È ancora presto, si riposi un po’.
  • Ok, grazie.
  • Ho detto che deve riposare Edward.
  • Ho sentito.
  • E allora alzati. Va a farti una doccia, renditi presentabile e poi, se la signorina ti vorrà ancora tra i piedi, torna durante l’orario di visita.
  • Papà sono un medico, posso visitarla io… - sgranai gli occhi. No, non poteva. Sarei morta di imbarazzo. Per fortuna suo padre mi salvò.
  • No. Qui non sei medico. E comunque non sei nelle condizioni di visitare un bel niente. Fila a farti una doccia. – Edward sbuffò notando che il padre non usciva dalla stanza.
  • Ok, devo andare. Oh, Bella, riguardo al discorso di prima, non ti libererai di me. Non ho intenzione di lasciarti andare. – mi disse piano.
  •  Lo spero. – sussurrai.
Edward uscì scortato dal padre che mi sorrise affettuoso. Quanto avrei voluto anche il mio di padre in quel momento. Scacciai il pensiero e provai a chiudere gli occhi. Ero davvero stanca.
Quando li riaprii mi resi conto che dovevo aver dormito molto. Sembrava tardo pomeriggio. Mi voltai sperando di vedere Edward accanto a me ma c’era una ragazza. Capii subito si trattasse di Alice, Lily somigliava davvero tanto a sua madre. Mi sorrise appena incrociò i miei occhi e io feci lo stesso.

  • Ben svegliata. Come ti senti?
  • Sto bene, grazie. – udii un rumore in corridoio e mi girai verso la porta ma non entrò nessuno.
  • È andato a prendere un caffè.
  • Oh. – aveva capito subito che cercavo Edward.
  • Edward e Rosalie non volevano muoversi, Emmet ha dovuto trascinarli di sotto con le minacce, non hanno dormito per niente.
  • Mi dispiace.
  • Ma che dici. Non è di certo colpa tua.
  • Io non so nemmeno cosa sia successo.
  • Non ricordi niente?
  • Si ricordo qualcosa, ma ho tanta confusione in testa.
  • Passerà, vedrai. Ho solo pochi minuti, in realtà non dovrei nemmeno essere qui adesso, ma dovevo parlarti per forza. Dovevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per mia figlia. E per mio fratello.
  • Non ho fatto niente di speciale.
  • Non è vero. Hai fatto due miracoli, o forse qualcuno in più!
  • Alice la prego…
  • La? Bella potrei essere tua sorella, non darmi del lei!
  • Ok, Alice. Non voglio più sentirmi dire grazie da nessuno, l’avete fatto fin troppe volte.
  • Va bene. Spero solo che vorrai conoscerci ancora, nonostante tutto quello che ti è successo per colpa nostra.
  • Ma certo Alice, io ne sarei onorata. E comunque voi siete vittime più di me, non avete nessuna colpa!
  • Oh grazie Bella, grazie grazie grazie! – ecco da chi aveva preso Lily.
Cominciò a saltellare sul letto finchè non bussarono alla porta. Alice si ricompose, divenne seria e andò ad aprire.
  • Signora Witlock, ci aveva detto che ci avrebbe chiamati appena la paziente si fosse svegliata. – le disse bruscamente un poliziotto. Mi strinsi istintivamente la coperta addosso.
  • Signorina Swan, come si sente?
  • Bene. – balbettai.
  • Abbiamo bisogno di farle delle domande. Signora lei è pregata di uscire.
  • Ma… - obiettò Alice.
  • Siamo già stati fin troppo indulgenti con lei. – le disse brusco.
L’altro poliziotto si avvicinò a lei e con tono gentile le assicurò che sarebbero stati accorti con me, che non avevamo nulla di cui preoccuparci. Io ero preoccupata invece, non sapevo cosa dire, cosa raccontare della storia, se dire o meno di Lily.
In quel momento la porta si aprì ed entrarono Emmet e Rosalie preceduti da Edward che si sedette accanto a me.

  • Bella, stai bene? – mi chiese ansioso.
  • Signori insomma. Dobbiamo interrogare la signorina, non stiamo giocando qui.
Edward lo guardò furioso ma intervenne Emmet a calmare le acque.
  • Noi siamo gli avvocati della signorina, abbiamo tutti i diritti di stare qui.
  • Avvocato Mc Carthy, il suo amico non può stare qui. Glielo dica anche lei. – disse il poliziotto gentile.
Emmet faticò a convincere Edward ad uscire, fu solo quando glielo chiesi io a farlo. Gli promisi che lo avrei chiamato appena fosse tutto finito. Sorrisi della sua titubanza a lasciarmi andare e mi commossi.

In realtà poi non dissi nulla ai due poliziotti. Imbeccata dai miei avvocati (wow!) dissi di non ricordare molto di ciò che era successo, che poi era vero.

  • Quindi lei non conosceva James Connor?
  • No io…non credo. - mi venne in mente solo in quel momento la frase di Lily: Jems è più grotto. Feci finta di niente.
 
Si congedarono in fretta dopo che oltretutto Rose gli aveva ricordato che ero ancora in convalescenza, ma fu sapere che ero figlia di un poliziotto a convincerli a levare le tende. Rose si scusò per aver tirato fuori l’argomento ma in quel momento avevo altro per la testa.
Edward entrò come una furia appena la porta si aprì e si sedette accanto a me.

  • Stai bene?
  • Quell’uomo dov’è?
  • Chi?
  • Quello che mi ha… l’uomo sulla moto.
  • È morto.
  • Come?
  • Si è schiantato contro un camion che veniva dal senso opposto. È morto sul colpo.
  • Si chiamava James.
  • Lo so.
  • Jems. Lily lo ha chiamato così uno degli uomini che la teneva con se.
  • Lo so. Me ne sono ricordato.
  • Dobbiamo dirlo alla polizia.
  • L’abbiamo già fatto. Jasper se ne sta occupando. Ha detto tutto ad un suo amico poliziotto e si sono già mossi. Mi dispiace che ci sia andata di mezzo tu. – mi accarezzò la guancia e mi fissò con gli occhi tristi.
  • Non cominciare a colpevolizzarti. Io sto bene Edward.
  • Potevi morire.
  • Si e tu mi hai salvata.
  • No, io ti ho esposta a questo pericolo e…
  • E basta! Sono stanca di sentirti prendere le colpe per ogni cosa che succede. Non è colpa tua se al mondo c’è gente malata ma sarà colpa tua se avrò un terribile mal di testa. E questo giuro che non te lo perdonerò.
Vidi nascere un sorriso sulle sue labbra e lo feci anch’io. Afferrò la mano che gli porgevo e la strinse forte.
  • Ti prometto che troveremo i colpevoli e finirà tutto.
  • Lily dov’è?
  • Con i miei genitori. Vuole venire a trovarti ma finora siamo riusciti a tenerla buona. Non posso dire lo stesso di mia sorella, però.
  • Alice è adorabile.
  • Si, quanto può esserlo una piattola.
  • Hey! È stata carina con me, non parlar male di lei.
  • Non potrei mai, adoro quel folletto dispettoso di mia sorella.
  • Anche lei ti vuole bene, si vede da come ti guarda.
  • Siamo sempre stati molto uniti, da quando i miei l’hanno portata a casa non si è staccata da me.
  • Dev’essere bello vivere in una famiglia unita.
  • Si, molto.
Gli raccontai di mia madre e del nostro rapporto inesistente e lui sgranò gli occhi sorpreso. Non tutte le famiglie sono come la sua.
 
Nemmeno mi accorsi di essermi addormentata mentre parlavamo, dovevo essere davvero a pezzi.
 
Il giorno dopo ricevetti la visita della famiglia Cullen al completo.
La prima persona a precipitarsi sul mio letto fu Lily che mi strinse forte. Alice mi portò un mazzo di fiori dicendo che la stanza aveva bisogno di colore mentre Esme, la madre di Edward, mi portò un dolce al cioccolato che aveva preparato per me. La ringraziai per il pensiero così dolce.

  • oh signora non doveva disturbarsi.
  • Nessun disturbo mia cara, è stato un piacere. Mio marito mi ha detto che potevi mangiare qualunque cosa e ne ho approfittato. Se ti serve qualcosa non esitare a chiedere cara.
  • Grazie signora.
  • Esme, chiamami Esme, ti prego. Sei della famiglia ormai.
Non so perché i miei occhi cercarono Edward. La sua frase poteva significare tutto e niente. Avevo paura di ciò che potevo leggere negli occhi di Edward ma sospirai vedendo il suo viso sorridente e i suoi occhi emozionati.
  • Grazie allora. Sono felice di conoscervi.
  • Mai quanto noi tesoro. Finalmente hai messo un po di sale in zucca a quel testone di mio fratello!
  • Hey! Che vorresti dire? – si lamentò Edward.
  • Che finalmente ti sei liberato della segatura di cui ti aveva imbottito quella cretina che ti portavi dietro! Almeno hai avuto buon gusto stavolta, mi piace la tua scelta! - mi disse ammiccante Alice. Io arrossii ed Edward abbassò lo sguardo imbarazzato mentre tutti scoppiavano a ridere.



Ri-ciao! so che è un capitolo un po' di passaggio, ma dovevo chiarire alcuni punti.
Grazie sempre per tutte le vostre fantastiche recensioni, sapete che le adoro. Con alcune di voi mi sento così in sintonia, mi sembra di conoscervi da sempre!!!
giuro che il prossimo capitolo arriverà in fretta e ci sarà da leggere...... vi basta un nome: MARIA.

un abbraccio!

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Capitolo 20
*** 20 - MARIA ***


Buonasera a tutte voi.
in questo capitolo scoprirete tutta la verità sul rapimento di Lily e sui motivi che hanno spinto Maria a farlo.
Tornerà qualcun altro di non proprio simpatico, ma giuro che sarà l'ultima volta!
Spero che il capitolo vi piaccia e vi chiedo scusase magari ho lasciato vagare troppo la mia fantasia, non è mai un bene lasciarmi troppa libertà!!!
Ci leggiamo giù! buona lettura.








20 - MARIA

 
POV EDWARD
 
 
 
Uscii con il cuore più leggero da quell’ospedale.

Mia madre si era offerta di restare la notte insieme a Bella, anche se lei aveva cercato di convincerla a non farlo. Erano diventate molto amiche in quei giorni passati insieme.
Bella amava passare il tempo con mia madre e lei aveva trovato un’altra figlia in lei. La sorprendevo spesso ad accarezzarle i capelli o a sistemarle le coperte o il cuscino. Mia madre era una donna fantastica e una madre perfetta. Non sarei potuto essere più fortunato.
Anche mio padre si era molto affezionato a Bella, e lei aveva trovato in lui un po’ di quella figura paterna che tanto le mancava. Nessuno avrebbe mai preso il posto di suo padre ma sapeva di potersi rivolgere a Carlisle per qualunque cosa e questo la faceva stare bene.
Lily ovviamente era sempre accanto a lei e non faceva che raccontarle ogni dettaglio delle sue giornate, anche il più insignificante, e Bella la ascoltava rapita e felice.
Alice e Bella ormai erano diventate inseparabili.
Mia sorella non si staccava mai da lei, si era davvero affezionata a Bella, e come sarebbe potuto essere altrimenti. Lei era fantastica. Perfetta per me.
 
Dopo dieci giorni di convalescenza finalmente ci dissero che avrebbero dimesso Bella l’indomani mattina. Mia madre si offrì di farle compagnia quella notte anche se non era necessario.
 
Sarei rimasto io ma avevo da fare quella sera.
E non volevo mancare.
 

  • Sei pronto Edward? – mi chiese Jasper.
  • Pronto.
Quella sera avremmo incastrato la persona che aveva architettato il rapimento di Lily.
Non avevamo detto niente a nessuno. Non volevamo che si preoccupassero inutilmente. Solo Emmet ed Alice sapevano del nostro piano.
 
Avevamo dato molto risalto al ritrovamento di Lily, ovviamente non avevamo divulgato notizie circa le circostanze del suo ritrovamento, avevamo dichiarato di non sapere cosa fosse successo e che la bambina non ricordava nulla. Fummo abbastanza credibili.
 
Ricordo ancora come ci sentimmo quando scoprimmo chi c’era dietro a tutto.
 
La sera dopo il ferimento di Bella ci eravamo seduti in salotto insieme a due amici di Jasper, il poliziotto ed uno psicologo infantile.
All’inizio Lily si era sentita intimidita dalla loro presenza ma Jazz era riuscito come al solito a tranquillizzarla. Ci aveva raccontato cosa aveva fatto e fornito una descrizione delle persone con cui era stata.

  • Viccoria e Jems erano sempe abbiati. Lui fumava tanto tanto e buciava. –tremammo tutti a quelle parole.
Quando Alice e Jazz videro le sue cicatrici reagirono male. Alice scoppiò a piangere disperata mentre Jasper spaccò una finestra con un pugno.
Nonostante sapesse delle brutalità subite dalla bambina fu un duro colpo vedere il suo corpicino in quello stato.
Io e mio padre li rassicurammo sul fatto che probabilmente le cicatrici sarebbero scomparse col tempo, non erano molto profonde e lei era ancora molto piccola. Ovviamente non eravamo preoccupati per un discorso fisico ma più che altro psicologico. Per questo Jasper aveva chiamato il suo amico psicologo. Prima di spingerla a parlare si era accertato delle sue condizioni e ci aveva tutto sommato rincuorato.
Secondo lui il trauma subito era stato forte, si sarebbe trascinata qualche postumo o qualche fobia ancora per qualche tempo, ma l’aveva vista molto vispa, non si era lasciata intimidire dal fatto che non lo conoscesse e si era dimostrata aperta e sorridente. Ci aveva avvisati che ci sarebbero stati momenti bui alternati magari a giornate o settimane di spensieratezza, ma secondo lui avrebbe superato tutto. L’influenza di Bella era stata importante per il suo processo di metabolizzazione del trauma e l’aveva aiutata ad aprirsi. La mia eroina.
 

  • Allora principessa, cos’hai fatto in questo tempo lontana da mamma e papà?
  • Niente. Noi tavamo tempre in macchina.
  • Non avevi una casa.
  • No una, tante case. Tutte gandi ma butte.
  • Perché erano brutte?
  • Non c’erano giochi pe me e loro erano sempe abbiati.
  • Victoria e James?
  • E pure Maria.
  • Chi è Maria?
  • Quella che mi ha preso.
  • Com’era questa Maria? Era bella?
  • Mamma è più bella. E anche la Bella. – disse abbracciando Alice.
  • Concordo. – risposi io per alleviare la tensione. Jasper invece era accigliato.
  • Come aveva i capelli Maria? – le chiese io cognato.
  • Neri neri e lunghi. E la bocca tempre rossa.
  • Maria. – disse Jasper e si girò a guardare Alice con sguardo sofferente.
  • Jasper non dirmi che… - sussurrò mia sorella.
  • Di chi parlate?
  • Aveva un neo vicino la bocca? –chiese a Lily.
  • Ti. Propio qua. – rispose la piccola. Jasper si alzò e si mise una mano tra i capelli mentre Alice fissava il pavimento scossa.
  • Che succede? Conoscete questa Maria?
  • Era… lei era la donna con cui stava Jasper prima di mettersi con me.
  • Non me ne avete mai parlato.
  • Non ce n’era motivo. Lei e Jasper si erano lasciati prima che io lo conoscessi. Ormai sono passati tanti anni.
  • Si ma non si è mai rassegnata. –disse Jasper, poi si girò verso Alice. – è colpa mia.
  • No Jazz. Non cominciare. – gli disse mia sorella prendendo una sua mano.
  • Io dovevo immaginare che non si sarebbe arresa. È stato un duro colpo per lei perdere la mia collaborazione. E forse non si è mai rassegnata al fatto che io l’abbia lasciata.
 
Jasper fu molto scosso dalla notizia ma decise che gliel’avrebbe fatta pagare. Dovevo dire che il piano era congeniato davvero bene, anche se non rendeva felice nessuno, soprattutto Alice. Riguardo a James emersero solo piccoli precedenti, aveva conosciuto Maria durante un processo in cui lei gli faceva da avvocato.
 
Il microfono che avevamo messo addosso a Jasper funzionava perfettamente. E dalla mia posizione potevo vedere benissimo la scena.
Speravo solo che lui riuscisse a controllarsi.
 
Dopo la notizia del ritrovamento di Lily si erano avvicinate a lui molte persone. Tranne lei. Ma Jazz la conosceva e non ci mise molto a trovarla. Avevamo seguito i suoi movimenti per giorni e ormai era solo questione di incastrarla.
Quella sera il locale era molto affollato ma lui la vide seduta al bancone.
Aveva ragione, invece di scappare era voluta restare vicina. Che stupida.
Si sedette sullo sgabello accanto al suo facendo finta di non averla vista.

  • Un whisky con ghiaccio. – la vidi sobbalzare ma non se ne andò. Lui si girò distrattamente e sgranò gli occhi fingendosi sorpreso.
  • Maria?
  • Jasper. – sussurrò lei.
  • Come stai? – gli chiese lui galante. Gli avrei spaccato la faccia pur sapendo che era tutta una finzione.
  • Be…bene. Tu? Stai bene? – la sua voce tremava. Benissimo. Doveva anche essere un po’ brilla.
  • Una merda!
  • Mi dispiace. Io pensavo che…
  • Che andasse tutto a meraviglia? Sono felice di aver ritrovato mia figlia ma adesso iniziano i casini.
  • Lei ha qualche… problema? – bastarda. Jasper strinse appena il pugno, cercando di resistere alla tentazione di strangolarla. Bene, si va in scena.
  • Non ricorda niente. Non sa cosa sia successo e poi era troppo piccola. Figurati che è ancora sotto shock e pare abbia rimosso proprio tutto. Non si ricordava nemmeno di noi.
  • Mi dispiace. – disse. Ma tirò un sospiro di sollievo. Bastò quella reazione per disegnare un ghigno sul volto di mio cognato. La trappola era tesa. Lei si avvicinò e posò una mano sulla sua gamba.
  • Perché non sei con lei?
  • C’è sua madre con lei. – sputò arrabbiato.
  • E perché non sei con loro? – lui scattò sulla sedia.
  • Voglio solo stare lontano da quella… - lei sgranò gli occhi. Che colpo di fortuna eh? Illuditi pure.
  • Cosa ti ha fatto? Mi siete sempre sembrati così legati. – disse con una smorfia.
  • Già. Lo pensavo anch’io. Avrei dovuto capire che il suo fratellino non era dello stesso avviso.
  • Suo fratello? Il dottore?
  • Il dottore.
  • Che c’entra lui?
  • Lui è sempre stato in mezzo. Sai che sono fratelli adottivi?
  • Si, lo sanno tutti.
  • Non sono solo fratelli.
  • Che vuoi dire?
  • Sai chi consolava la mia cara mogliettina mentre io mi disperavo per nostra figlia? Il caro fratellino.
  • Sei certo? – chiese lei scioccata. Si, avrei preferito evitare quella parte anche io.
  • Più che certo. Li ho beccati insieme.
  • Oh mio Dio. Ma lui non era partito? – come faceva a saperlo lei? Se mi aveva visto con Bella poteva non credere alla storia di Jasper.
  • Si, e sai perché? Avevano litigato, per colpa mia. E sai qual è il colmo? Che mi aveva pure proposto di fare un altro figlio.
  • Come?
  • Pare che l’adorato fratellino non ne possa avere. Quando pensavamo che Lily fosse morta ci hanno provato ma non ci sono riusciti, così mi aveva supplicato di avere un altro figlio per sostituirlo alla nostra. Ti rendi conto Maria? Adesso che mi ha chiesto il divorzio come farò? Si porterà via la mia bambina, lei chiamerà papà quel bastardo ed io non posso permetterlo. – Jasper si prese il viso tra le mani e crollò sul bancone. Lei gli accarezzò i capelli.
  • Ma che troia. – Jasper rischiò di rompere il bicchiere mentre Emmet mi trattenne. Le avrei fatto vedere io chi era la troia.
  • A volte vorrei ringraziare addirittura chi l’ha rapita. Se non fosse accaduto non avrei mai aperto gli occhi. Certo ho sofferto come un cane ma almeno ho saputo la verità. – a quel punto ero certo avrebbe capito che si trattava di una messa in scena ma aveva ragione Jasper. Era così ossessionata da lui che non si rese nemmeno conto di essere presa in giro.
  • Non la odi? – perché parli al femminile?
  • Ho sempre pensato di si, ma non credo più. L’ho già perdonato. Anzi, mi piacerebbe capire come ha fatto.
  • Perché?
  • Perché forse è l’unico modo per avere mia figlia con me.
  • Ma dovresti scappare sempre. – come lo sai tu?
  • Non importa. Troverei il modo. Sai quante conoscenze ho.
  • Potrebbe funzionare. – disse più a se stessa che a lui.
  • Voglio solo trovare una donna che mi ami davvero e che possa accettare mia figlia. Tu mi amavi?
  • Certo che ti amavo Jasper. Moltissimo. – rispose subito.
  • Peccato sia troppo tardi. – le disse accarezzandole la guancia. Che schifo.
  • Perché pensi sia tardi?
  • Hai la tua vita, un uomo che ti aspetta a casa, una famiglia magari.
  • Non c’è nessuno nella mia vita.
  • Com’è possibile? Sei così bella e desiderabile ed eccitante… - la guardò con ammirazione. Un pugno gliel’avrei tirato comunque, solo per soddisfare una voglia. Immotivata lo sapevo, ma non ce la facevo a guardare.
  • Oh, Jasper. – si lanciò sulle sue labbra e lui non ebbe il tempo di reagire. Si trovò spiazzato e sgranò gli occhi. Per sua fortuna lei si staccò subito e parlò.
  • Ti aiuto io. So come fare.
  • Di cosa parli?
  • Hai detto che non odi chi ha rapito tua figlia.
  • No, non lo odio. L’ho perdonato quando ho visto mia moglie a letto con suo fratello.
  • Sono stata io. – l’aveva detto. Il poliziotto allertò i colleghi che avevano circondato il locale di tenersi pronti.
 
Cominciò a cantare. Aveva congeniato tutto perfettamente quella maledetta. Seguiva noi da mesi e si era procurata gli stessi abitini che Alice comprava a Lily. Quando quel pomeriggio io uscii con mia nipote, per lei fu il momento perfetto. L’uomo pagato da lei per investirmi, l’altro uomo, che capii essere James, che mi strappava la bambina dalle braccia e che la gettava nel fiume. In realtà Lily non aveva mai toccato l’acqua. Era stato lanciato solo il suo cappottino messo addosso ad un sacco di segatura. Ma nell’agitazione del momento non avevo potuto vedere o capire e la gente era troppo lontana per accorgersi di qualcosa.
Se solo fossi stato più attento.
Aveva passato mesi vicina a Jasper, lui aveva sua figlia a pochi metri e non lo sapeva. Poi si era allontanata girando per gli Stati uniti.

  • Perché? - le chiese Jasper mentre prendendola sottobraccio la conduceva all’esterno e cioè da noi.
  • Perché io ti amavo. Non riuscivo a credere che mi avessi lasciato per lei. Non riuscivo a credere che tra noi fosse finita. Non era possibile che una sciacquetta ti avesse portato via da me. Non era niente, un’insulsa ragazzina che non poteva darti niente. È stata furba a farsi mettere incinta. Che poi chi ti dice che la bambina sia tua? Somiglia così tanto al dottore. – la presa sul suo braccio si strinse. – Jasper mi fai male. – si lamentò lei. Jasper la trascinò con foga fuori dal locale tra le sue proteste. Sgranò gli occhi appena si trovò circondata.
  • Mi hai presa in giro. –sibilò furiosa.
  • Hai una minima idea di ciò che mi hai fatto passare? Di ciò che io e mia moglie abbiamo passato?
  • Tua moglie? Lei non è altro che una piccola sgualdrinella furba. Ha solo puntato sul cavallo sbagliato. – un poliziotto dovette trattenere Jasper.
  • Per te ero invece quello giusto?
  • Noi eravamo perfetti insieme, prima che quella ti portasse via da me.
  • Nessuno mi ha portato via da te. Noi ci eravamo già lasciati quando ho incontrato Alice.
  • TU MI AVEVI LASCIATA. Se lei non fosse mai entrata nella nostra vita noi staremmo ancora insieme.
  • Non è vero. Mettitelo in testa una buona volta. Io non ti amo Maria. Non provo più nulla per te. Era già finita da tantissimo tempo tra noi.
  • È stata lei. E quando è arrivata quella bambina tu sei stato costretto a dimenticarmi. – ormai delirava.
  • Ma che diavolo dici?
  • Sai perché l’ho presa Jasper? Per farti capire come ci si sente a perdere qualcuno che ami. Solo perdendo tua figlia l’avresti capito.
  • Perché le hai fatto del male? Non ce n’era bisogno.
  • Perché piangeva sempre e ci dava fastidio.
  • È una bambina Cristo! Cosa pensavi facesse?
  • Lei doveva amare me. Io dovevo essere sua madre. IO!
  • Una madre non picchierebbe mai sua figlia. –le urlò Jasper ormai fuori controllo. Avevo paura potesse gettarsi su di lei e prenderla a pugni.
  • Lei li meritava. È uguale a lei. Le somiglia troppo. Volevo che smettesse di somigliarle. – tremai a quelle parole. Chissà cosa sarebbe successo se Lily non avesse incontrato Bella. Jasper ammutolì e crollò a terra mentre ammanettavano Maria. Fui subito da lui.
  • Jasper.
  • Come diavolo ho potuto permetter che accadesse una cosa del genere? Se Bella non l’avesse trovata io…
  • Ma Bella l’ha trovata. Sta bene adesso e nessuno le farà mai più del male.
 
Ci fu concesso di seguire Maria in centrale e di assistere all’interrogatorio da dietro un vetro. Lei però aveva smesso di parlare e chiamato il suo avvocato. Era un pezzo grosso ed ero certo che avrebbe chiamato uno squalo, ma non aveva tenuto conto di Jasper ed Emmet. Non per niente il loro era uno degli studi legali più conosciuti della città.
Li vidi sorridere appena videro entrare l’avvocato chiamato dalla donna mentre l’uomo sbiancò.
Chiesi il motivo della loro reazione ma scrollarono le spalle dicendomi solo di avere un conto aperto con quell’uomo.
 
Quando tornammo a casa Alice si fiondò tra le braccia di suo marito e lo strinse forte, Lily non capì il motivo di quello slancio ma si strinse tra loro. Era finito un incubo.
 
Avevo bisogno di andare da Bella, di stringerla a me e dirle che finalmente era tutto finito ma il campanello suonò in quel momento.
Emmet aprì la porta e tornò pochi secondi dopo scuro in volto.
 

  • Edward è per te. – quando si spostò Tanya entrò nel salotto.
  • Buonasera a tutti.
  • Che vuoi? – la interruppi subito mentre sentii Lily borbottare qualcosa che non capii.
  • Io volevo solo… solo sapere come stai?
  • Stavo benissimo fino a cinque secondi fa. Che vuoi?
  • Volevo solo parlarti. – disse perdendo un po’ della sua sicurezza.
  • Io no. Non abbiamo più niente da dirci.
  • Edward lo so di aver sbagliato e mi spiace di aver dato il tuo indirizzo a quell’uomo, non credevo che sarebbe successo tutto questo casino e…
  • Tu hai fatto cosa? – ringhiai avvicinandomi a lei. Mio padre mi trattenne per un braccio.
  • Non lo sapevi? Io…io… non sapevo, non potevo sapere Eddy.
  • Non chiamarmi Eddy, non chiamarmi proprio! Tanya hai fatto fin troppi casini, fuori da casa mia.
  • Ma Edward adesso è tutto finito, tua nipote è tornata a casa, state tutti bene, siete felici, possiamo tornare ad esserlo anche noi.
  • Noi non siamo mai stati felici Tanya. Io sono felice adesso. Con la mia famiglia, con mia nipote, con Bella.
  • Sempre lei. C’è sempre lei in mezzo. – disse furiosa.
  • Si, e ci resterà a lungo. Fattene una ragione.
  • Cosa ci trovi in lei si può sapere? È così brava a letto, stai meglio tra le sue gambe che tra le mie? Se ti piace qualcosa di diverso possiamo sempre provare a… - sentii Rose avvicinarsi a passo di carica ed Emmet bloccarla.
  • Tanya ma che ca… ti do tre secondi per uscire da questa casa.
  • Edward…
  • Uno.
  • Senti vediamoci in privato. – posò le mani sul mio petto ma le afferrai i polsi e la trascinai verso la porta.
  • Due.
  • Aspetta io…
  • Tanya non farti buttare fuori a calci.
  • Oh al diavolo Edward! Che cazzo ci vuole? – Emmet mi superò, la caricò sulle spalle tra le sue urla e la fece atterrare nel bidone dell’immondizia davanti al giardino.
  • Tre. Fuori dai coglioni. – le disse Emmet tornando in casa e chiudendosi la porta alle spalle.
  • Brutta tronta. – esclamò Lily, portandosi poi la manina davanti alla bocca.
 
Nessuno riuscì a trattenersi e scoppiammo a ridere ricordandole però che non si dicevano le brutte parole.
Jasper le coprì in tempo gli occhi prima che Rose si fiondasse sulla bocca di Emmet baciandolo con passione.

  • NO! Hai toccato quella, prima di toccarmi vai a disinfettarti. – lo ammonì mentre cercava di stringerla a se.
 
Chiesi ai miei avvocati preferiti di preparare un ordine restrittivo se si fosse presentata ancora o avvicinata a Bella.
 
Dopo aver baciato le mie tre donne presi le chiavi della macchina e mi diressi dall’unica che aveva preso il mio cuore.






Beh? che ne dite? Deluse, contente o impassibili? So che è un pò fantascientifica come risoluzione dei problemi ma l'ho sempre pensata così.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Vi auguro una buona settimana ragazze. Volevo solo dirvi che vi adoro!!!!!

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Capitolo 21
*** 21 - CASA ***


Buongiorno a tutte voi. So che non vi aspettavate un capitolo così presto ma sono buona.
Si ritorna a casa, ma in quale casa? é un capitolo molto leggero, ci stava dopo tutti gli ultimi casini!
Io adoro il simpatico legame che si è creato tra le ragazze, spero piacerà anche a voi.
Vi ringrazio sempre per le vostre bellissime recensioni. un abbraccio!







21 - CASA
 







BELLA POV.
 
Era tutto il giorno che non lo vedevo e stavo male.
Mi mancava tantissimo e on riuscivo più a sopportare la sua lontananza. Avevo paura. Paura che fosse successo qualcosa o che mi stessero nascondendo qualcosa.
Anche Alice era stata strana. Aveva parlato pochissimo e guardava l’orologio in continuazione.
Di solito faceva il diavolo a quattro pur di restare oltre l’orario di visite, invece quella sera mi aveva salutata in fretta ed era letteralmente scappata.
Mi ero fatta mille pensieri in testa ma l’unico che vinceva sugli altri era il più disfattista per me.

Poteva esserci una sola ragione per il loro comportamento: Edward mi aveva lasciata.

Che poi non poteva lasciarmi visto che non stavamo nemmeno insieme.

Era da due giorni che era sempre distratto, perso nei suoi pensieri. Lo sentivo lontano e stavo male.
Ormai era notte fonda, mi chiesi cosa stesse facendo e piansi di nuovo. Singhiozzai silenziosamente sul cuscino finchè sentii la mia guancia sfiorata da una carezza. Avrei riconosciuto quel tocco ovunque.

  • Bella. – mi chiamò la sua voce melodiosa. Non mi girai. – tesoro che hai?
  • Niente. – risposi nascondendomi meglio sotto la coperta.
Edward mi prese il viso tra le sue mani grandi e mi guardò.
  • Piccola perché piangi?
  • Niente, sto bene. – mentii ma Edward non mi credette. Si avvicinò per sdraiarsi sul letto ma lo fermai.
  • No. Non sederti.
  • Perché? – mi chiese confuso.
  • Dimmi quello che devi e poi vai via.
  • Bella ma cosa?
  • Non è difficile Edward. Non farò tragedie, giuro. Dimmelo e basta.
  • Non capisco.
  • Bene. Ti tolgo l’impiccio. È finita. Va bene Edward, sto bene, starò bene.
  • Ma che diavolo dici? Perché vuoi lasciarmi? – vidi un lampo di paura attraversare i suoi splendidi occhi e le mie lacrime sgorgarono senza che potessi fermarle.
  • Smettila! Fa più male così. Ho capito che vuoi lasciarmi, se non hai il coraggio di dirmelo non preoccuparti, va bene così. Appena mi dimettono io parto e non mi vedrai mai più e…
Non riuscii a finire perché le sue labbra si posarono impetuose sulle mie. Si staccò da me solo per respirare. Ormai aveva capito che era il solo modo per zittirmi.
  • La smetti di dire stronzate per favore? Non voglio lasciarti, non potrei mai vivere lontano da te.
  • Perché allora?
  • Perché cosa?
  • Perché sei stato così distante in questi giorni e oggi non sei venuto?
  • Adesso sono qui.
  • Si ma…
  • Ho avuto da fare e non volevo dirti niente prima di aver sistemato le cose.
  • Quali cose?
  • Maria. – tremai a quel nome. – la donna che si era presentata in casa tua era Maria, la donna che ha rapito Lily.
  • Si è rifatta viva?
  • Non proprio.
Mi raccontò tutto quello che era successo, dalla trappola organizzata da Jasper all’interrogatorio al ritorno a casa con abbraccio tra sua sorella e suo cognato.
Mi disse pure che avevano fatto in modo di sorvolare sul fatto che io avessi portato via Lily senza rivolgermi alla polizia e che era certo che l’avvocato di Maria avrebbe fatto in modo di non lasciare trapelare la notizia. Specificò solo che era opera di Jasper e Emmet, non ne sapeva di più nemmeno lui. Meno male, non ci tenevo a finire in prigione, anche se avrei rifatto comunque tutto pur di proteggere Lily.

  • Perché ho l’impressione che tu debba dirmi altro? – si grattò la testa. Era imbarazzato e nervoso. – Edward?
  • A casa mia si è presentata un’altra persona.
  • Victoria? – chiesi preoccupata.
  • No, su quel fronte non abbiamo scoperto niente. Ne scavando nel passato di James, ne cercando di estorcere informazioni a Maria. James si è unito a Maria per semplice interesse, forse per soldi o per procurarsi della droga facilmente. Victoria probabilmente era la sua compagna e stava con lui. Ma secondo gli investigatori non dobbiamo preoccuparci. Ci terranno sotto controllo ma sono certi sia scappata lontana da qui. Sarebbe una folle a presentarsi da sola.
  • E allora chi era? – Edward sospirò ed io capii. – che diavolo voleva l’oca ossigenata stavolta? – adesso aveva proprio rotto le scatole. Se me la fossi trovata davanti le avrei spaccato quel naso rifatto che si ritrovava una volta per tutte. Edward sorrise della mia gelosia.
  • Ha provato come al solito a farmi “rinsavire”.
  • E con lei saresti una persona sana? Ma fammi il piacere. – mi imbronciai. – scommetto che ha speso tante belle parole sul mio conto come al solito.
  • Più o meno, ma è finita nel posto giusto.
  • Cioè?
  • Nel bidone della spazzatura.
Scoppiai a ridere scuotendo la testa. Adoravo Emmet.
  • Uffa avrei voluto esserci anch’io! – mi lamentai. – e comunque tu ed io dobbiamo fare un discorsetto.
  • Su cosa?
  • Sulla tua esagerata educazione. Edward adoro il tuo modo di fare, sembri uscito da un romanzo dell’ottocento a volte e mi piace, ma devi capire che altre volte bisogna tornare ad essere un uomo delle caverne. Se non ci riesci ci penso io a metterla a posto la prossima volta che si presenta alla tua porta.
  • Tranquilla, mi avrai sempre sotto controllo dato che domani esci e vieni a stare a casa con noi.
  • Cosa? No, non voglio disturbare, davvero io…
  • Nessun disturbo. Mia madre ha già preparato tutto e mia sorella ti ha già riempito un armadio di vestiti. E poi avrai due medici a occuparsi di te per farti guarire nel migliore dei modi.
  • Io… è davvero troppo per me.
  • Niente è troppo per te, ok? Niente.
Suggellò con un bacio le sue parole ed io mi sciolsi. Chissà come sarebbe stato vivere in casa con i suoi. Mi addormentai tra le sue braccia stretti nel mio lettino d’ospedale.
 

  • dottor Cullen! – sobbalzai sentendo quell’urlo e aprii gli occhi di scatto svegliandomi dal mio sogno. Per fortuna la ferita non faceva più male altrimenti avrei urlato anch’io.
  • Nina. – si lamentò il mio… Edward. Era la caposala ad aver urlato.
  • Dottor Cullen non mi sembra un comportamento consono il suo. Le sembra il modo di farsi trovare? – perché? Mi chiesi.
Quando aprii completamente gli occhi avvampai.
Io ed Edward eravamo avvinghiati. La coperta era scivolata quasi a terra e le nostre gambe erano intrecciate. Una sua mano era sul mio sedere la mia artigliata alla sua schiena muscolosa. Cercai di spostarmi ma non me lo permise.

  • Non muoverti di un centimetro se non vuoi sentirla urlare di più, ti prego. - mi supplicò sussurrando.
  • Le do cinque minuti per rendersi presentabile e uscire da questa stanza, capito? – urlò la caposala e chiuse la porta. All’inizio non capii ma quando si mosse afferrai il senso delle sue parole. Edward era eccitato, visibilmente eccitato.
Saltò giù dal letto cercando di non farsi notare ma era decisamente tardi.
  • Scusa.
  • Non fa… niente. – balbettai imbarazzata. Perché c’era così caldo in quella stanza?
  • Bene.
  • Bene.
  • Io…
  • Si, anch’io…
  • Vado fuori a firmare dei fogli per le tue dimissioni.
  • Si.
  • Ok.
  • Bella?
  • Si?
  • Posso usare un attimo il bagno? – arrossimmo insieme.
  • Certo.
Lo sentii imprecare da dietro la porta e non potei fare a meno di sorridere. Uscì dopo un minuto ancora imbarazzato ma almeno più presentabile.
  • Allora vado.
  • Bene.
  • Tra un po’ arriverà Alice ad aiutarti per vestirti e poi andremo a casa, ok?
Annuii solamente. Come suonava bene la parola casa.
 
Uscì come una furia e pochi minuti entrò Alice seguita da Rose.

  • Perché sei tutta rossa?
  • Non è vero.
  • Si che è vero. – risposero in coro.
  • No eh, tutte e due contro di me no.
Ghignarono guardando si tra loro e si sedettero accanto a me, ognuna su un lato del letto. Sospirai rassegnata. Raccontai del nostro brusco risveglio ma non dissi nulla delle condizioni di Edward. Ovviamente Alice intervenne.
  • Ecco perché è scappato appena mi ha vista. Era ancora eccitato.
  • Alice che dici?
  • Oh andiamo, ho condiviso due stanze comunicanti con mio fratello e ci alzavamo agli stessi orari. So com’è mio fratello appena sveglio. – disse con un sorrisetto.
  • ALICE!
  • E com’è? – chiese Rose.
  • ROSALIE!
  • Oh andiamo, tu non racconti niente, almeno fammi divertire un po’.
  • Non parlando dell’anatomia del mio… di di Edward.
  • Del tuo?
  • Del mio non so cosa ma è mio, chiaro? Non voglio che parliate di certe cose.
  • Andiamo Bella, è normale tra donne fare certi commenti. – mi disse dolcemente Alice ma io arrossii.
  • Non per Bella mia cara. Lei non sa neppure com’è fatto un uomo lì sotto. – rispose Rose, la mia ex migliore amica.
  • Come? Tu… non…
  • So com’è fatto un pene Rose.
  • Non mi risulta. A meno che non ti sia data da fare stanotte, devo dire che non l’ho mai fatto in ospedale. - aggiunse pensierosa.
  • Nemmeno io. – chiarii.
  • Tu sei ancora vergine Bella? – mi chiese imbarazzata Alice. – scusa non dovevo. Sono cose private e tu non mi conosci, non dovevo, perdonami.
  • Tranquilla. E poi anche se non ti conosco da molto so di poter parlare con te. Comunque si, sono ancora vergine. – io arrossii ma lei mi sorrise dolcemente. – Mio fratello saprà essere molto dolce. Ne sono certa.
Per fortuna Esme bussò alla porta portando con se il mio angioletto biondo. Alice mi aveva rassicurata che non era gelosa del rapporto che avevo con sua figlia ed io ne ero felice.
  • Ciao principessa. – la salutai stringendola a me. – come stai?
  • Io benittimo. Tu?
  • Sto bene. Sai che oggi mi fanno uscire?
  • Ti abbiamo prepato la tanza e tanti vettiti.
  • Vestiti? – chiesi scettica e lei ed Alice sbuffarono contemporaneamente.
  • Dovrai pur vestirti o vuoi andare in giro con il camice dell’ospedale? Non mi sembra il caso se non vuoi attentare alla vita di mio fratello.
  • Ma di che parlate? – chiese Esme ed io avvampai.
  • NIENTE! – urlai prima che qualcuno aprisse la bocca.
  • Ti ho portato un cambio Isabella. – mi disse la madre di Edward.
  • Bella, la prego mi chiami Bella.
  • Non finchè tu non mi chiamerai Esme. – mi ricattò dolcemente.
  • Ok, grazie allora. Esme.
  • Prego Bella. Vuoi una mano per vestirti?
  • No, grazie. Ormai la ferita non tira più e riesco a muovermi perfettamente. Non ho ancora capito perché mi hanno tenuta qui così a lungo se sto bene.
  • I dottori Cullen. – sospirarono Esme ed Alice.
  • Eh?
  • Bella io ho avuto un parto naturale, è andato tutto perfettamente, nessuna complicazione o problema e mi hanno tenuta in ospedale per otto giorni.
  • Perché?
  • Ordini di dottor Cullen Senior e Junior. Sono bravissimi e competenti ma se c’è qualcuno che amano che varca quella soglia mandano in ferie il cervello e diventano iper apprensivi. Credimi il tuo calvario è appena iniziato con quei due in casa.
Risi per le parole di Alice. Erano davvero una famiglia molto speciale.
 
Quando Edward venne a prendere il mio borsone mi riservò un sorriso molto dolce.

  • Pronta per andare?
  • Prontissima.
Entrai in macchina con lui, Alice e Lily mentre Rose ed Esme ci precedevano in un’altra auto. Lily non smise di parlare per un solo minuto ma ero felice di vederla così serena. Sapevo che la notte si svegliava ancora in preda agli incubi ma si calmava poco dopo. Sapevo anche che Alice non riusciva ad aiutarla e restava pietrificata sulla porta quando la sentiva urlare, era Jasper che la consolava e solo dopo Alice riusciva ad entrare tremante e scossa dai singhiozzi. Sarebbe passato presto, ne ero certa.
Ammirai Villa Cullen per bene stavolta e restai di nuovo incantata ad ammirare il giardino curato e poi la casa in se.
Era arredata davvero bene e con gusto ma d’altronde se la padrona di casa era un architetto non poteva essere altrimenti.
Ammirai il camino estasiata e mi avvicinai a toccare il marmo.

  • Ti piace? – mi chiese Esme.
  • Si, è bellissimo. Ho sempre amato i camini, mi danno l’idea del calore, della famiglia.
  • Anche a me. Vieni ti mostro la tua stanza.
  • Quale stanza? – chiese Edward.
  • La stanza che le ho preparato. – rispose Esme.
  • Non se ne parla. – ma non aveva detto lui che avrei vissuto in casa con loro? Perché adesso non voleva più avermi tra i piedi?
  • Bella starà a casa mia. – persi un battito. Cosa? Quale casa? Non abitava con loro?
  • Edward ma qui avrebbe più spazio. Nella tua camera degli ospiti il letto è più scomodo e…
  • Dormirà nel mio letto. Cioè nella mia stanza. Io andrò nella stanza degli ospiti. – rispose imbarazzato. Io avevo di nuovo caldo. Molto caldo. Dormire nel suo letto? E chi avrebbe dormito?
  • Come vuoi. Se per Bella non ci sono problemi. – disse Esme.
  • Nessun problema. – risposero per me Alice e Rose e ammiccarono verso di me. Avrei voluto sprofondare.
  • No Esme, per me non ci sono problemi. Solo non vorrei disturbare. Avete preparato tutto qui per me, non voglio vi disturbiate a portare qualcosa in un’altra casa. – tutti risero mentre Edward mi prese per mano.
Mi condusse davanti ad una porta in legno.
  • Questa è casa mia.
  • E la porta dall’altro lato della sala è quella di casa mia. – aggiunse Alice.
  • I miei genitori, anzi mia madre, ha fatto costruire due villette attaccate alla loro. Ognuna ha due ingressi, uno interno e uno a cui si accede dal giardino esterno. C’è un corridoio a collegarle così da non essere troppo vicine e dare libertà a tutti.
  • Wow.
  • Vieni, ti faccio vedere casa mia.
Casa d Edward era molto simile a quella dei suoi genitori nelle forme e nella gestione degli spazi, ma il suo tocco personale e il suo carattere era presente in ogni angolo.
Il salone era bellissimo, era diviso in due spazi pur essendo un unico ambiente; da una parte c’era un camino in pietra e un grande tappeto colorato, dall’altre un divano angolare bianco e una modernissima parete attrezzata con un grande televisore e un impianto stereo sofisticatissimo.
La cosa più bella in assoluto era il pianoforte nero posizionato su un piccolo soppalco circondato da finestre con tende scure. Restai a bocca aperta e fissarlo.

  • Ti piace? – mi chiese. Riuscii solo ad annuire.
  • Avevo dimenticato che suoni.
  • È da tanto che non lo faccio. – disse accarezzando con delicatezza lo strumento.
  • Ti andrebbe di farlo per me?
  • Io… è da troppo tempo che non suono, non sarà nemmeno accordato.
  • Provalo.
  • Vuoi davvero sentirmi? – annuii con forza.
  • Ok.
Si posizionò sullo sgabello nero e sollevò il coperchio che proteggeva i tasti d’avorio. Li accarezzò come se stesse venerando una dea e rabbrividii appena ne sfiorò uno. Dal suo sorriso capii che doveva essere accordato bene. Respirò profondamente, poi le sue dita volarono leggere sui tasti creando una melodia dolcissima. Gli occhi mi si riempirono di lacrime sentendolo suonare, era davvero bravissimo.
Sentii un singhiozzo provenire dall’ingresso e mi voltai incrociando gli occhi pieni di lacrime di Esme. Aveva una mano davanti alla bocca e piangeva. Quando si accorse che la guardavo si aprì in un sorriso dolcissimo e mimò un grazie, doveva davvero essere passato molto tempo dall’ultima volta che Edward aveva suonato.
Carlisle comparve accanto a lei e si chiuse la porta alle spalle stringendo forte sua moglie.
Mi avvicinai al piano e mi sedetti accanto ad Edward. Lui mi fissò sorridente ma con gli occhi lucidi senza mai staccare le dita dalla tastiera.
Le note andarono via via scemando lasciando spazio alla dolce melodia che ne segnava la fine.
Mi asciugò una lacrima sfuggita al mio controllo e mi baciò sulle labbra con dolcezza.

  • Stai bene?
  • È… stato bellissimo.
  • Sono contento ti sia piaciuta.
  • Chi è l’autore? – Edward arrossì e si schiarì la voce.
  • Beh, io… ad essere sincero… l’ho scritta io, qualche settimana fa ma non l’avevo ancora suonata.
  • L’hai composta tu? – chiesi stupefatta. – Edward ma è bellissima.
  • Mai quanto la donna che me l’ha ispirata. – capii dal suo sguardo che si riferiva a me.
  • Edward.
  • Mi sono perso nei tuoi occhi la prima volta che ti ho guardata e le note mi sono comparse in testa come schizzate a velocità folle. Poi ti ho conosciuta e la melodia ha preso forma pian piano nella mia testa. Fino a poco tempo fa non era completa, non aveva nemmeno un nome, ma adesso l’ho trovato. Bella’s lullaby.
Lo abbracciai di slancio e lui mi strinse forte.
  • Hai reso la mia vita degna di essere chiamata con questo nome. Mi hai salvato e mi hai stravolto. Non so cosa sarei stato senza di te piccola. – mi sussurrò tra i capelli.
  • Non ho fatto niente di speciale.
  • Hai fatto tutto invece. Tu sei il mio tutto.
Lo baciai dolcemente, sentivo il mio cuore come impazzito e capii che anche lui lo aveva percepito. Mi staccai in debito di ossigeno e lui mi sorrise fermandomi il cuore.
  • Ti va di mangiare qualcosa? – mi chiese. Annuii solamente, avevo una fame da lupi.
Sistemammo il mio borsone in camera sua e poi tornammo in casa dei suoi genitori. La sua camera era bellissima e il letto enorme. Il mio primo pensiero non fu rivolto alla comodità del letto, almeno non per dormirci. Arrossii e cercai di non farmi notare da lui che sembrava altrettanto imbarazzato.
Quando entrammo in casa Lily si fiondò in braccio a me ed io la strinsi forte.

  • Lily devi fare attenzione, Bella non sta ancora bene. – le disse Edward.
  • Cuta.
  • Non mi hai fatto male tesoro, ormai sto BENISSIMO. – sottolineai ma Edward non parve cogliere il mio messaggio.
  • Tempo perso. – mi sussurrò Alice. – ti tratterà come un bambolina di porcellana finchè non gli urlerai contro che lo vuoi strozzare se non la smette. Almeno tu devi sopportarne solo due, io avevo anche Jazz da sentire.
  • Come hai fatto tu?
  • Li ho cacciati fuori da casa mia.
  • Cosa?
  • Si. Non li ho fatti entrare per un giorno intero. Stavano impazzendo.
  • Ci credo.
  • Però hanno capito la lezione e si sono moderati.
  • Ok. Ho capito.
  • Brava sorella. – mi diede il cinque Alice. Era così bello sentirmi chiamare sorella. Adoravo Alice, era fantastica.
Esme mi strinse forte e mi baciò la fronte con affetto. Come doveva essere bello avere una madre che ti amava, io questa fortuna non l’avevo avuta.
Il pranzo fu buonissimo, mangiai con gusto nonostante le raccomandazioni di Edward circa la dieta da seguire nelle mie condizioni. Nemmeno fossi in punto di morte.
Il dolce al cioccolato era buonissimo, niente a che vedere con ciò che avevo assaggiato finora. Esme era una cuoca fantastica.

Dopo pranzo mi fecero sdraiare sul divano mentre ascoltavamo Lily parlare, era così serena e non smetteva un attimo di chiacchierare sotto lo sguardo raggiante dei suoi genitori.

Era bello sentirsi a casa.



ciao a tutte voi, visto? ci ho messo un po' di zucchero... forse tanto!!!!!
Ormai si sono chiariti e da adesso sarà tutto coccole e baci, e forse qualcosa in più! ok, senza forse!!!
spero vi sia piaciuto. non voglio essere sadica ma volevo solo darvi il titolo del prossimo capitolo: PRIMA VOLTA

a presto mie care!

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Capitolo 22
*** 22 - PRIMA VOLTA ***


Buongiorno a tutte voi. 
So che aspettavate con ansia questo capitolo e io sono terrorizzata! Spero di aver affrontato nel modo giusto l'argomento e di non essere stata troppo o troppo poco. Beh, mi farete sapere voi, no?
Basta, non rompo più.
Buona lettura.




 

 
22 – PRIMA VOLTA.


BELLA POV




 
Non so quando mi addormentai ma mi accorsi di non essere più sul divano ma sul letto di Edward, sotto una morbida coperta.
Mi alzai e lo chiamai ma non mi rispose, lo trovai in cucina intento a cucinare qualcosa, sembravano uova. Mi avvicinai silenziosamente alle sue spalle.
- Che cucini? – lui sobbalzò e mi fulminò con lo sguardo.
- Vuoi farmi morire giovane? – mi chiese fingendosi arrabbiato per il mio scherzetto.
- No. Ho ancora bisogno di te. – scherzai
- Simpatica. Siediti che è pronto. Ti ho preparato un cuscino sullo schienale così non rischi di premere sulla ferita prima che…
- Edward? – lo interruppi.
- Si?
- Io non posso impedirti di entrare in casa tua, ma posso cambiare io residenza. Mi trasferisco domani stesso in albergo se non la smetti adesso.
- Di fare cosa? – mi chiese deglutendo. Eh no signorino, con me non attaccava.
- Di fare il maniaco del controllo e il medico iper protettivo. Sto benissimo e lo sai. Non trattarmi da malata terminale.
- Ma la ferita…
- È perfettamente guarita. E lo sai. Io sto benissimo e non ho bisogno di nulla. Se per tranquillizzarti hai bisogno di controllarla fai pure ma non mi farò trattare da inferma, sappilo.
Lui tacque e riempì i nostri piatti. Mangiammo in silenzio, parlando poco e di cose futili. Appenna finimmo mi impedì di alzarmi e mise i piatti in lavastoviglie. Ok, per quella sera avrei lasciato correre.
- Bella… posso davvero controllare che la tua ferita sia guarita? – mi chiese in imbarazzo.
- Devi. Sei il mio medico, no? – sapevo che si sarebbe tranquillizzato solo se mi avesse vista con i suoi occhi.
Mi sedetti sul divano e sollevai la maglia sul fianco. Edward deglutì, poi controllò la cicatrice, la tastò su più punti per capire se sentivo dolore ma io stavo benissimo. Ogni volta che mi sfiorava rabbrividivo.
- Si è cicatrizzata bene. – mi disse. Preferii non rispondergli “te l’avevo detto”. – ti fa male se premo qui? – scossi la testa. – e qui? – la scossi ancora.
- Sto bene dottore? – gli chiesi. Lui deglutì e annuì convinto. Oddio, una delle mie solite figure. Avevo usato un tono da hot line e chissà cosa aveva pensato Edward.
- Io… mi lavo i denti e torno. – mi disse Edward. 
 
Entrai nel bagno della sua camera e li lavai pure io. Macchiai la mia maglia di dentifricio e sbuffai, ero sempre la solita. Mai una volta che riuscissi a non macchiarmi! Quando uscii lo trovai sull’uscio, mi bloccai mentre stavo per togliere la maglia.
Lui mi guardò e si bloccò. Fui io a prendere in mano la situazione. 
Per quanto inesperta percepivo benissimo la tensione sessuale che si era creata tra noi. 
Volevamo entrambi la stessa cosa ma nessuno aveva il coraggio di fare il primo passo.
 
Mi avvicinai a lui e lo baciai. Desideravo quel bacio con tutta me stessa, desideravo Edward con tutta me stessa. 
 
Ero pronta.
 
Volevo che accadesse, non avevo mai voluto qualcosa così tanto come in quel momento. 
Il bacio di Edward divenne più profondo, più passionale, ed io mi sentivo un’imbranata. 
Sentivo la sua eccitazione premere sul mio ventre e sentivo caldo, molto caldo. Mi strinsi al suo corpo e passai le mani tra i suoi capelli, sapevo che adorava quel gesto. Sentivo la mia mano tremare quando mi avvicinai alla sua camicia, Edward la strinse nella sua e si staccò ansimante da me.
- Bella, non… non c’è bisogno di correre. Possiamo aspettare se non ti senti pronta.
- Io lo voglio, davvero, è solo che…
- Bella, non voglio che tu abbia fretta. Io aspetterò tutto il tempo che ti serve. 
- Non ho bisogno di tempo. È solo che io devo dirti una cosa. – abbassai lo sguardo imbarazzata ma Edward riportò i nostri occhi alla stessa altezza.
- Cosa c’è piccola? Puoi dirmi tutto, lo sai.
- Io… io non ho mai…
- Cosa?
- Sonovergine. – dissi in un soffio. 
Chiusi gli occhi aspettandomi una qualunque reazione da parte sua, ma soprattutto pronta a leggere scetticismo o perplessità sul suo viso, lui invece mi guardava in modo dolce e mi accarezzò il viso posandomi un leggero bacio sulle labbra.
- È per questo che sei così nervosa? Hai paura?
- No, mi fido di te, è solo che tu… si, sarai abituato a… a… insomma stavi con una che non penso fosse così puritana, di certo con lei ti sei… divertito, mentre io… non so neppure da che parte cominciare a….
Non mi fece finire perché la sua bocca mi zittì. Come sempre.
- Tanya non era niente per me, niente, hai capito? Non ho mai provato quello che provo per te, non so neppure io come gestire ciò che sento e sono spaventato a morte da me stesso! 
- Ma lei…
- Lei non è mai esistita qui dentro. – mi disse indicando il suo cuore e poggiò la mia mano sul suo petto. – Senti come batte furioso? Non credevo nemmeno battesse più dopo che avevo perso Lily. Ho sempre creduto che un giorno mi sarei svegliato accorgendomi di essere una specie di zombie o di vampiro.
- Penso che somiglieresti più ad un vampiro che ad un morto vivente. I vampiri sono più carini. – gli dissi riprendendo un po’ di me stessa.
- Ma io ero un morto che camminava. Lo sono stato finché ho incontrato i tuoi occhi, quel giorno nel giardino di Gus. Prima ancora della bambina o di tutto il resto il mio cuore ha preso a battere quando ti ho vista.
- Edward…
- Non so nemmeno come si mettono insieme queste due parole, non le ho mai pronunciate prima d’ora, ma io so che ti amo. Ti amo Bella e non ho intenzione di perderti.
- Non mi perderai. – gli promisi, e lo baciai dolcemente mentre lo abbracciavo stretto. Non ero mai stata così felice.
 
Sentii le sue mani stringermi e accarezzarmi la schiena. Non avevo bisogno di altre conferme per sapere che Edward era l’uomo giusto. 
 
Avvicinai le mie mani alla sua camicia e la sbottonai. Le mani non mi tremavano più. Non che non fossi agitata, ma non avevo paura, sapevo che sarebbe stato tutto perfetto.
 
Tolsi la camicia a Edward scoprendo il suo petto tonico e i muscoli sodi, sollevai le braccia sulla testa per farmi togliere la maglia che lui aveva sollevato. 
Edward inspirò il mio profumo e mi baciò il collo provocandomi la pelle d’oca. Sentivo i miei capezzoli premere sulla stoffa e sussultai quando le dita di Edward armeggiarono con il gancetto del reggiseno. 
Sembrava tranquillo ma il suo nervosismo traspariva dai suoi movimenti, litigava con il gancetto mentre mi baciava il collo e potevo avvertire la sua impazienza attraverso i movimenti delle sue mani.
Quando vinse la dura battaglia con quel piccolo pezzo di metallo si fermò. Lasciò scivolare le spalline dalle mie braccia lentamente, mentre i suoi occhi osservavano la 
mia pelle che si copriva di brividi. 
 
Deglutì alla vista del mio seno scoperto, ne accarezzò il profilo con le dita facendomi gemere quando sfiorò un capezzolo. Riprese a baciarmi il collo lasciando una scia umida fino all’incavo dei miei seni, li accarezzò con la punta del naso, vi posò un delicato bacio e fremetti quando vi si posarono le sue labbra umide. 
Sembrava rapito dal mio corpo. 
Leccò la punta turgida con la lingua, in una sensuale carezza. Io mi sentivo andare a fuoco. Il languore che provavo al basso ventre si era trasformato in un incendio che avevo bisogno di spegnere. 
Mentre lui leccava i miei capezzoli e li succhiava piano, io slacciai la sua cintura.
- Sei sicura? – mi chiese roco.
Non gli risposi. Lo baciai con passione premendo il mio seno sul suo petto. Edward ruggì nella mia bocca, mi sollevò ed io strinsi le gambe alla sua vita. Potevo avvertire la sua eccitazione premere contro la mia, ancora coperti dagli indumenti. Chiuse la porta con un calcio e mi sdraiò sul letto. 
Scese a baciarmi la pancia, giocò con il mio ombelico accarezzandolo con la lingua, fino ad arrivare all’orlo dei miei jeans. Posò dei piccoli baci sulla vita, da fianco a fianco, ritornando poi sotto l’ombelico. Ero eccitata, assolutamente e tremendamente eccitata e cercai di sfregare le gambe tra loro per darmi sollievo ma Edward me lo impedì.
 
Sbottonò lentamente il bottone e li fece scivolare lungo le mie gambe, io mi feci audace e, mettendomi in ginocchio sul letto, sbottonai i suoi. 
Indossava dei boxer neri aderenti, che fasciavano perfettamente il suo corpo, ma non riuscivano a contenere la sua eccitazione. 
Arrossii guardandolo e il mio fuoco aumentò. 
Edward sorrise del mio imbarazzo e si sdraiò su di me, attento a non pesarmi. Mi fissò negli occhi mentre faceva scivolare prima i suoi boxer, poi il mio intimo. 
Mi irrigidii appena avvertii la sua carne calda sulla mia, Edward capì che ero solo sorpresa, non spaventata e riprese a baciarmi. Avrebbero dovuto dichiarare illegali quei baci.
Accarezzai la sua schiena muscolosa con la punta delle dita e lo sentii rabbrividire.
- Bella mi stai facendo morire. – mi sussurrò soffiando sul capezzolo.
- Edward ti voglio. Voglio fare l’amore con te. – gli risposi.
I suoi occhi si incatenarono ai miei e si posizionò meglio tra le mie gambe.
- Bella se dovessi farti male, se sentissi dolore…
- Andrà tutto bene. Mi fido di te.
Abbandonò ogni remora e si avvicinò di più. Espirò quando mi sentì già pronta per lui.
- Bella… 
Lo baciai attirandolo di più a me e sentii la sua erezione premere sulla mia entrata. Portai le mani sui suoi fianchi e avvicinai il suo bacino al mio. Edward si spinse delicatamente dentro di me, mi irrigidii solo un attimo quando arrivò più in fondo fermandosi e provocandomi un po’ di fastidio.
- Fa male? – mi chiese premuroso. Scossi la testa.
- È già passato. – gli confessai.
Prese a muoversi lentamente per farmi abituare alla sua presenza, poi iniziò a spingere piano. Sentivo il piacere arrivare misto ad un leggero fastidio ma il primo vinceva sul secondo. Edward non aveva staccato un attimo gli occhi dal mio viso, non voleva perdersi nemmeno una mia espressione. Aumentò il ritmo quando mi sentì gemere mentre il fuoco divampava nel mio corpo.
- Edward…
- Si, Bella…
- Oh, Ed…ward…
- Si amore, sono qui.
Sorrisi sentendomi chiamare amore e mi venne naturale dirgli ciò che sentivo.
- Ti amo anch’io Edward, da morire.
Baciò con foga le mie labbra mentre le sue spinte aumentavano e il mio piacere cresceva.
- Edward… - lo chiamai scossa dal piacere che le sue spinte vigorose mi provocavano. Mi aggrappai tremando alle sue spalle e lo strinsi forte mentre un ringhio di piacere usciva dalle sue labbra. 
All’improvviso mi sentii vuota quando uscì da me imprecando e sentendo il suo liquido caldo riversarsi tra le mie gambe.
- Merda!
- Edward? Tutto bene? – cos’era successo? Che avevo fatto?
Poggiò la fronte sudata sulla mia gamba e vi posò un leggero bacio, si alzò dal letto e prese dei fazzolettini dal comodino pulendomi. Si sdraiò accanto a me e mi strinse forte baciandomi la fronte, forse aveva visto la mia espressione preoccupata.
- Edward che succede?
- sono un idiota. – mi disse ridendo. Ok, era impazzito. – mi sono scordato di usare precauzioni. – continuò imbarazzato.
- oh. – oh? Oh cazzo! – cosa? – strillai. Io non prendevo la pillola, non ne avevo motivo.
- Tranquilla, credo di essere uscito prima di…
- Sei sicuro che…
- Tranquilla, sono stato comunque attento. Scusami, avrei dovuto pensarci prima. Ti giuro che non mi era mai successo di dimenticare una cosa così importante. Anzi è la prima volta che… non uso precauzioni.
- Davvero? – mi guardò accarezzandomi dolcemente il viso, anche se in realtà non aveva mai smesso da quando si era sdraiato accanto a me.
- Sai è la prima volta anche per me, per certe cose.
- In che senso?
- È la prima volta che non uso precauzioni, è la prima volta che sto con una donna che non ha esperienza, è la prima volta che sto con una donna perché la amo e non perché voglia solo farci sesso. Ed è la prima volta che faccio l’amore.
- Edward.
- Ti amo Bella. Non immagini quanto amore mio.
- Se è anche solo la metà di quanto ti amo io, lo posso immaginare benissimo.
Mi strinsi forte a lui che mi coprì con il lenzuolo e mi addormentai tra le sue braccia.
 
Avevo dormito tutta la notte stretta al mio uomo e quando mi svegliai avvertii le sue dita sfiorarmi piano i fianchi. Sorrisi e gli baciai le labbra.
- buongiorno dormigliona.
- Mhm… buongiorno anche a te. – quando aprii gli occhi restai per un attimo folgorata dal suo sorriso. 
Sembrava felice come non lo avevo mai visto prima e notai la piccola fossetta che si formava quando rideva davvero, non l’avevo mai vista prima. Mi abbracciò forte lasciandomi piccoli baci sulla testa mentre le sue mani mi accarezzavano la schiena nuda. Era una sensazione bellissima sentire la sua pelle sulla mia.
- Quanto vorrei svegliarmi così ogni mattina. – gli confessai in un sussurro.
- Perché vorresti?
- In che senso? – mi ero lasciata scappare quella frase, non volevo la sentisse, o meglio non volevo pensasse che volevo qualcosa in più di ciò che mi aveva già dato.
- Non dovresti volere qualcosa che hai già. 
Mi sforzai di capire ma non ci riuscii, avvertii solo una leggera delusione alle sue parole. Sapevo che mi ero svegliata tra le sue braccia, mi era chiaro, ma ci restai lo stesso male alle sue parole. Non speravo mi dicesse che avremmo vissuto per sempre insieme, ma non era comunque bello essere riportati così bruscamente alla realtà. Nascosi il viso sul suo petto e restai in silenzio.
- Bella? Tutto bene? – annuii solamente.
- Che c’è?
- Niente. È tutto a posto.
- No che non lo è. – mi disse più serio. – ti sei… sei pentita di ieri notte? – mi chiese quasi con paura.
- Ma cosa dici? Assolutamente no. È stata la notte più bella della mia vita. – gli confessai guardandolo negli occhi. Potevo esserci rimasta male per ciò che aveva detto ma non doveva pensare una cosa del genere. – va tutto bene.
- È per qualcosa che ho fatto o detto?
- Ed, davvero, non è niente. – ma lui non si arrese. Quando gli confessai il motivo della scomparsa del mio sorriso mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
- Stupidina, non hai capito ciò che volevo dire. È fin troppo ovvio che ci siamo svegliati assieme. – appunto – eri così avvinghiata a me che non mi sono potuto spostare di un centimetro. – provai ad obiettare ma le mie gambe effettivamente erano incastrate alle sue.
- Non dovresti volere qualcosa che hai già perché è quello che d’ora in poi sarà ogni tuo risveglio. O meglio, io… ho dato per scontato che, beh che tu volessi… si insomma, hai capito.
- Veramente no. – risposi sincera.
- Ok. – sciolse il mio abbraccio e si inginocchiò sul letto. Non riuscii ad impedire ai miei occhi di guardare il suo torace che il lenzuolo aveva scoperto scivolandogli sui fianchi. Fermati lì, non scendere ancora o no rispondo di me, pensai.
- So di non aver affrontato il discorso in maniera corretta, ma lo faccio adesso. Isabella Swan, vuoi venire a vivere qui, con me?



Ok, è fatta. 
Aspetto le vostre recensioni con ansia, spero davvro che vi sia piaciuto. ci leggiamo presto, un abbraccio e un immenso grazie per quello che siete.
Marya

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Capitolo 23
*** 23 - PERFETTO ***


Buonasera a tutte voi mie care!
Innanzitutto volevo assolutamente ringraziarvi di cuore per le bellissime e dolcissime recensioni che avete scritto. Vi ho già detto che vi adoro??????
Questo capitolo in teoria doveva essere l'ultimo, nei miei piani originali, poi la mia mente in continuo fermento he partorito un finale diverso e alcune cose sono cambiate.
Scoprirete di cosa parlo.
In teoria la storia finiva qui e spero di non aver esagerato aggiungendo i dettagli che poi scoprirete. 
Grazie ancora a tutte voi, un abbraccio!












23 - PERFETTO.
 
 
POV EDWARD
 

Ok, avevo sganciato la bomba. Almeno per lei, vista la sua espressione stupita, per me era ovvio che avrebbe vissuto con noi, con me.
Dopo due minuti di silenzio decisi di intervenire.

  • Bella?
  • Tu… tu vuoi che io venga a vivere con te?
  • Mi piacerebbe.
  • Sei sicuro?
  • Si, come lo sono di essere innamorato di te e così come sono sicuro di voler vivere tutta la vita con te.
 
In effetti suonava come una proposta di matrimonio.
A pensarci bene non è che mi suonasse poi così brutta questa parola da quando conoscevo lei, ma non era il momento e Bella capì il significato delle mie parole, mi gettò le braccia al collo lasciandole completamente scoperto il seno che si strinse al mio torace.
 
Tutto l’autocontrollo che avevo esercitato su di me sparì al contatto con la sua pelle e la baciai con passione. Bella rispose subito al bacio e si mise a cavalcioni su di me svegliando completamente il mio corpo dalla vita in giù. Non che si fosse assopito da quando mi ero svegliato, anzi, ma avevo cercato di resistere e non fare il maniaco. Strinse il suo corpo al mio, poi si bloccò di colpo. Quando la guardai era imbarazzata. E bellissima.

  • Amore che c’è?
  • Scusami.
  • Per cosa?
  • Per averti aggredito così.
  • In effetti sono proprio arrabbiato e deluso dal tuo comportamento. – scherzai, ma il suo rossore non diminuì.
  • E scusami per il letto.
  • Per cosa? – mi indicò con lo sguardo le lenzuola ancora sporche e io mi sedetti tenendola stretta sulle mie gambe. – dovrei scusarti per esserti donata a me? Per esserti fidata così tanto di me da darmi l’onore di averti per primo? E per ultimo, ovviamente! O per amarmi così tanto da volermi con te anche in questo modo?
Finalmente sorrise e si strinse di più a me.
  • Non sarai solo il primo e l’ultimo ad avermi ma anche l’unico.
  • Questo era sottointeso, signorina. Sei mia, solo mia. – le promisi.
  • Anche tu Edward sei mio. Non potrei mai dividerti con qualcun’altra.
  • Non dovrai mai farlo. Potresti avere solo una rivale nella battaglia per il mio cuore. – le dissi ridendo, lei capì e sorrise stando al gioco.
  • Ah si? E chi sarebbe questa temibile rivale?
  • Ha gli occhi verdi, degli splendidi boccoli biondi ed è alta circa un metro. La conosci? – le chiesi mordendole il mento.
  • Vagamente. – mi rispose scostandosi.
 
Mossa sbagliata Swan, non si sarebbe dovuta muovere in quel modo sopra di me, la mia salute mentale, già compromessa per altro, non resse e la riportai sotto di me strappandole un urlo sorpreso. Si tappò la bocca imbarazzata.
 

  • Non preoccuparti, credo che ormai conoscano bene le nostre voci dopo stanotte.
  • Cosa? – mi chiese sgranando gli occhi. Mi divertivo a prenderla in giro e lei rendeva tutto troppo facile.
  • Amore non siamo proprio stati silenziosi stanotte.
  • Non è vero. Edward dimmi che stai scherzando. Come faccio a guardare in faccia i tuoi genitori adesso? – mi disse portandosi le mani al viso. Non resistetti più e scoppiai a ridere.
  • Amore quest’ala della casa è insonorizzata.
  • Perché?
  • Pianoforte, ricordi? I miei adoravano sentirmi suonare ma un po’ meno quando l’ispirazione mi veniva alle tre di notte.
  • Ti ho mai detto che amo i tuoi genitori? – mi chiese strusciandosi su di me.
  • Devo essere geloso? – le chiesi accarezzandole il seno. Sospirò e scosse la testa mentre avvicinavo la mia bocca al suo capezzolo.
  • No. Mai. Non te ne darò mai motivo. – mi promise.
 
Ricominciammo da dove ci eravamo interrotti.
 
Fare l’amore con lei fu più intenso della notte precedente. Non per le sensazioni, sapevo che la prima volta con lei, per lei, sarebbe stata per sempre ineguagliabile in quel senso; adesso potevo lasciarmi andare di più, anche se sapevo di non dover esagerare, in fondo aveva perso la verginità da poche ore.
 
Bella fu molto audace, forse non sentiva nessun fastidio, e mi portò al piacere insieme a lei.
Fu bellissimo vedere il suo viso stravolto dal piacere che io le donavo, si strinse forte alle mie spalle urlando il mio nome quando venne, scossa da tremiti di piacere che sembravano implacabili. Io la seguii pochi secondi dopo.
Stavolta ero tranquillo. Non avevo dimenticato di usare il preservativo e fu stupendo poter restare dentro di lei, accasciato sul suo seno sudato.
Ancora mi chiedevo come avessi fatto a non pensarci la sera prima, era una sensazione nuova quel calore a contatto con la pelle per me e proprio per questo non avevo più capito niente quando ero entrato nel suo corpo.
 
Mi rendevo conto che saremmo dovuti scendere prima o poi e urgeva necessariamente una doccia, anche se non avrei mai voluto lavare via il suo odore dal mio corpo.
Ci lavammo a vicenda nella doccia e dovetti ricorrere a tutta la mia buona volontà per non saltarle di nuovo addosso; non che lei facilitasse il compito. Bella aveva una sensualità innata, non lo faceva apposta ma ogni suo movimento mandava il tilt il mio cervello, e non solo.
 
Quando arrivammo in soggiorno Lily si fiondò tra le nostre braccia abbracciandoci stretti insieme. Diede un sacco di baci a Bella e a me, poi corse tra le braccia di sua madre che era abbracciata a Jasper.
 
Mi sembrava un miracolo quella visione e strinsi la mano a Bella come a voler essere certo che fosse tutto vero.

  • Dormiglioni non avete fame? O avete già placato i vostri appetiti? – chiese Emmet discreto come al solito.
Ero felice che neppure quello fosse cambiato. Bella diventò di una tonalità simile al bordeaux. Non aveva bisogno di parole, era un libro aperto quella ragazza. Se Rosalie non gli avesse dato un calcio, Emmet avrebbe continuato a torturarci. Stavo per ringraziarla quando la vidi sorridere minacciosa verso Bella.
Povero amore, in quello non potevo aiutarla.
 
Alice si fiondò saltellando verso Bella con un vassoio di biscotti, speravo non li avesse cucinati lei.
 
Era tornata la ragazza spensierata che era sempre stata, anche dopo essere diventata madre. Non riuscivo a capire come facesse a volteggiare così, sembrava quasi che non toccasse terra, e Lily faceva allo stesso modo.
Bella li accettò e ne assaggiò uno. Avevo la conferma, li aveva fatti Alice.
Bella ingoiò il biscotto mettendo su la faccia migliore che aveva ed io le accarezzai la schiena comprensivo.
Amavo mia sorella ma era meglio stesse lontana dai fornelli. Jasper aveva un sorriso da semiparesi e non si staccava un attimo dalla bambina mentre i suoi occhi seguivano Alice in ogni movimento. Come avevano potuto stare separati non me lo spiegherò mai. Alice e Jasper erano perfetti insieme, potevi leggere completa dedizione nei loro occhi e amore sconfinato.
Chissà come apparivamo io e Bella agli occhi degli altri.
Fui costretto a mangiare un biscotto dagli occhi imploranti di Alice, a cui si aggiunse Bella, e dovetti mettere su la mia faccia migliore per non sputarlo subito. Se consideravo che era pure migliorata, potevo solo rabbrividire ricordando i suoi esperimenti precedenti.
 
Mi sedetti accanto a mia madre e le baciai la guancia. Lei mi guardò con le lacrime agli occhi.
Era stata annientata da quello che era successo.
Aveva perso la sua adorata nipotina, ma aveva perso anche due figli e un genero che amava come un figlio, mio padre stava troppo male a vedere lei ed Alice ridotte in quel modo e soffriva per non poter aiutare me, così si buttava a capofitto nel lavoro. Mi sentivo in colpa ogni volta che guardavo le rughe sul loro viso, era anche colpa del mio comportamento se avevano passato l’inferno in quei due anni.

  • Non lasciare che il tuo cervellino elabori qualche altra stupidaggine. – mi disse accarezzandomi la guancia.
  • Come?
  • Non dimenticare che sono tua madre, ti conosco Edward e so cosa stai pensando.
  • Mi disp…
  • Non dire ancora una volta quella parola o giuro che ti sculaccio per la prima volta in vita mia! – mi disse seria ed io non potei fare a meno di ridere abbracciandola forte.
  • Ti voglio bene mamma.
  • Anch’io tesoro, anch’io.
La abbracciai forte e guardai Bella che mi sorrideva felice.
 
La pace durò poco però.
 
Emmet si fiondò accanto a mia madre e mise il broncio come quando era piccolo.

  • A me niente coccole mamma Esme?
Emmet frequentava casa mia da quando aveva otto anni ed aveva sempre avuto una cotta per mia madre, niente di passionale, era semplicemente innamorato di mia madre come mamma, non come donna.
Ogni volta che lei mi abbracciava Emmet faceva la faccia da cucciolo abbandonato per farsi coccolare a sua volta.
Per fortuna non sono mai stato un bambino geloso.
Appunto, bambino geloso. Adesso sono un uomo geloso. Anche della sua mamma. Mentre lei stava per girarsi verso di lui la strinsi forte a me e misi anch’io il broncio.

  • Hei!  La mamma è mia, mi è mancata. Voglio io le coccole!
  • Non vale, così giochi sporco. – mi accusò Emmet.
  • Hai avuto fin troppe coccole da lei, vai da un’altra parte.
  • Mamma Esme non mi fai nemmeno una carezza?
Sembravamo due idioti e tutti ci guardavano ridendo, solo Lily era perplessa. Continuammo a contenderci le carezze di mia madre finchè Lily non si avvicinò dondolandosi sui talloni. Ci bloccammo a guardarla.
 

  • nonnina, mi fai coccole? – chiese con un visetto angelico e un piccolo broncio.
 
Mia madre schizzò dal divano e si fiondò a prendere tra le braccia la piccola peste che ci fissava con un sorriso di trionfo.

  • hei! – urlammo all’unisono io ed Emmet che avevamo sbattuto le fronti e Lily ci fece la linguaccia. Tale e quale ad Alice.
Ero certo che mi sarebbe venuta una paralisi al volto, ridevo e sorridevo troppo da tre giorni. Bella si avvicinò a me e mi posò un bacio sulla guancia.
 

  • Se vuoi posso fartele io le coccole. – mi disse dolcemente.
 
La presi tra le braccia e la baciai. Per un attimo dimenticai dove eravamo e che la mia famiglia mi guardava. La strinsi forte tra le braccia e le accarezzai la schiena finchè qualcuno si schiarì la voce e Bella si staccò da me.

  • Ragazzi ci sono dei minori in sala, contenetevi per la miseria! – esclamò Emmet. Bella arrossì ma scoppiò a ridere.
  • Cos’è invidia, amico? – lo schernii.
  • Oh mio caro, sapessi io e Rosalie cosa…
  • EMMET! – gli urlò Rosalie con la faccia seria. Lui la guardò e si preoccupò. Forse lesse qualcosa che noi non capivamo ma la sua faccia fu eloquente.
  • Oh ca…
  • Emmet! – lo rimproverammo tutti. Avevamo capito cosa stesse per dire. Ancora non riusciva a contenersi davanti a Lily.
 
La giornata trascorse in modo fantastico. Bella aiutò mia madre a cucinare mentre noi ci godevamo le chiacchiere infinite di mia nipote.
Alice e Jasper la guardavano incantati e quando non lo facevano si fissavano accarezzandosi amorevolmente. Mio padre sorrideva guardando tutta la sua famiglia e sospirava felice. Emmet e Rose si fissavano, Emmet aveva provato a scusarsi ma lei non gliel’aveva ancora fatta passare liscia. Doveva essere proprio un osso duro.
 
Io? Io sono l’uomo più felice della terra.
 
Avevo ritrovato, in tutti i sensi, la mia famiglia, ho trovato l’amore della mia vita e ho scoperto cosa significhi sentirsi completo. Non potrei chiedere di più.
Guardavo Bella ridere e scherzare con mia madre, così bella e solare, piena di vita e mi si gonfiava il cuore d’amore.
 
Adesso era tutto perfetto.







Adesso è tutto perfetto. E continuerà ad esserlo, ve lo assicuro, ma succederà qualcos'altro.....
a presto!

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Capitolo 24
*** 24 - INATTESO ***


Buonasera a tutte voi, anzi, ormai buonanotte!!!!
scusate se vi ho fatto aspettare un po' ma non ho avuto un minuto di tregua!
molte di voi ci hanno provato ad estorcere informazioni ma io non rispondo! muta come un pesce!
ci leggiamo giù ragazze, un abbraccio!











24 - INATTESO.

 

POV EDWARD

Erano passati due mesi da quando Lily era tornata a casa. In quei due mesi tutto era tornato come prima, o quasi.
Lily faceva ancora dei brutti sogni, ma erano molto più rari e non si svegliava urlando come i primi tempi. I primi giorni fu dura. Alice e Jasper restavano pietrificati davanti al letto, incapaci di muovere un dito. Era Bella che trascinava Alice e le faceva prendere in braccio la figlia, lei si calmava subito appena avvertiva il calore di Alice o il suo profumo e tornava a dormire serena.

Jasper si sentiva in colpa per Maria, e per non aver capito prima, ma come avrebbe potuto.
Adesso capivo che avevo sbagliato anch’io a colpevolizzarmi in quel modo e che non avrei potuto fare nulla contro un piano così ben congeniato. Avevo convinto Jasper a smetterla, così come lui aveva provato con me, ma per lui era diverso.
 
Lily era diventata più logorroica della madre e aveva una padronanza di linguaggio impressionante. È sempre stata una bambina molto intelligente e da quando era tornata a casa non faceva che migliorare e dimostrarci le sue capacità.
Per quanto riguarda le cicatrici, probabilmente scompariranno col tempo, almeno quelle fisiche, per il resto eravamo pronti ad aiutarla in qualunque modo per dimenticare.
 
Bella era meravigliosa. Non faceva altro che dimostrarmi il suo amore e in famiglia la adoravano tutti. Non che fosse difficile!
 
Lily non fa testo, adora Bella come una madre, in fondo le ha ridato la vita in un certo senso, ed Alice ha trovato in lei la sorella che ha sempre voluto avere e non ne è gelosa. Sono davvero diventate inseparabili e a volte ho paura di quello che mia sorella potrebbe escogitare. La prima volta che tornò a casa dopo aver fatto shopping con lei crollò letteralmente implorandomi di non lasciarla più sola con quella maniaca.
 
La nostra vita a Seattle aveva preso un ritmo fantastico.
Io lavoravo in ospedale insieme a mio padre mentre Bella lavorava come volontaria in un asilo, adorava stare con i bambini e quando poteva dava una mano ad Alice.
Mia sorella aveva deciso di fondare una sorta di associazione che si occupava di bambini che avevano subito maltrattamenti. Io e mio padre offrivamo la nostra consulenza medica e molti nostri colleghi ci aiutavano volentieri.
Mia madre passava tutto il suo tempo libero con Bella, aveva trovato un’altra figlia e Bella aveva finalmente trovato una madre. Con la sua le cose non erano cambiate, si sentivano pochissimo ed ogni volta Bella parlava solo con frasi di circostanza. Non che la biasimassi, anzi. Quando le disse di noi la prima cosa che sua madre le consigliò fu di farsi furba, di sfruttare la mia posizione e incastrarmi per bene così da avere un divorzio vantaggioso in futuro. Bella le chiuse il telefono in faccia e da quel giorno non si sentirono più.

Ero sdraiato sul letto e la guardavo dormire, non c’è niente di più bello del suo viso. Se mi avesse visto mi avrebbe urlato di smetterla, si imbarazza da morire quando la fisso.
Aveva ancora il viso segnato dalla brutta intossicazione che aveva preso. Le avevamo detto di non mangiare così tanto l’altra sera ma lei diceva di essere affamata e aveva esagerato. Risultato? Aveva vomitato per due giorni di fila tipo l’esorcista. Adesso stava meglio ma se non le fosse passata la nausea le avrei fatto delle analisi, era già dimagrita in due soli giorni.
 

BELLA POV
 
Quando aprii gli occhi mi ritrovai Edward che mi fissava come al solito. Potevo fingere di arrabbiarmi ma non ne avevo voglia. In realtà adoravo il suo modo di guardarmi, di farmi sentire unica. Quella mattina mi sentivo meglio, la nausea era passata finalmente e sembrava che nel mio corpo non ci fosse più nulla da vomitare.
Ma quella sarebbe stata comunque una giornata infernale.
Una sola parola: Alice.

Si era offerta di farmi compagnia mentre Edward era al lavoro.
Lily era con Esme e Carlisle, Alice e Jasper non erano molto felici di vederla uscire ma non potevano chiuderla in una campana di vetro e avevano acconsentito a farla uscire da sola con i nonni, l’importante era che fossero sempre in due ad accompagnarla. Edward non voleva uscire con lei, era ancora traumatizzato da quello che era successo e non se la sentiva.

Quando sentii bussare alla porta mi nascosi sotto le coperte, Edward mi baciò e aprì a quel tornado di sua sorella.
Provai a convincerlo di restare con me ma sapevo che non poteva mancare al lavoro, così mi preparai ad Alice.

  • Ciao tesoro, come ti senti?
  • Meglio Alice. Tu come va?
  • Tutto bene, ho trovato un nuovo negozio che ha cose fantastiche, ti ci devo portare Bella, ti piacerà.
Alla parola negozio il mio senso nausea tornò e feci appena in tempo ad entrare in bagno per vomitare.
Quando tornai in camera Alice mi aspettava seduta sul letto.

  • Non è ancora passata vero?
  • No, non ne vuole sentire di lasciarmi in pace questa nausea maledetta.
  • Come ti capisco. Sai, da ragazzina, quando avevo il ciclo vomitavo per una giornata intera. E mi è successa la stessa cosa quando ero incinta. – mi disse abbassando la voce.
  • A me invece non è mai successo con il ciclo, di solito è il mal di pancia a torturarmi.
  • Stai così male?
  • Si. Edward la prima volta si è preoccupato pensando fossi malata. – sorrisi al ricordo.
  • Non ti ho mai vista stare male da quando vivi con noi.
  • È perché non ho ancora avuto il ciclo.
Impiegai due minuti ad afferrare il senso delle mie stesse parole e guardai Alice, sembrava avesse già pensato a qualcosa.
  • Non è possibile… - sussurrai.
  • A meno che non siate in astinenza tutto è possibile.
  • No Alice, Edward è sempre stato attento. Fin troppo.
  • Allora sarà un caso. – disse scrollando le spalle con noncuranza.
Un caso. Io ero sempre stata precisa, il mio ciclo non aveva mai avuto un ritardo di un solo giorno. Mai. Cos’era cambiato? Certo avevo attraversato un periodo stressante, i problemi con Maria, l’operazione, tutti i cambiamenti avvenuti negli ultimi due mesi. Ma era impossibile. Edward era sempre molto attento, non avevamo mai fatto l’amore senza precauzioni e… mai tranne una volta. La nostra prima volta.
  • Bella? – la voce di Alice mi riportò alla realtà. – va tutto bene?
  • Alice io… ho un ritardo. – ammisi ancora scioccata.
  • Lo so.
  • Come lo sai?
  • Edward mi aveva raccontato di voi, di come vi eravate conosciuti e via dicendo. E mi aveva detto che un giorno aveva fatto una figura delle sue credendoti moribonda. Quando gli avevi spiegato che avevi il ciclo lui mi ha detto di averti fatto gli stessi massaggi che faceva a me quando stavo male.
  • E?
  • Così ho pensato che ti avrei vista in condizioni cadaveriche girare per casa prima o poi, ma non è successo. Poi ultimamente ho notato tutti questi piccoli particolari e ho chiesto a Rose.
  • Particolari? Rose?
  • Beh, si. Sai l’appetito che è aumentato, le nausee, il seno più gonfio. – seno più gonfio? Io? – e così ho chiesto a Rose se sapeva quando ti sarebbe dovuto venire il ciclo, così abbiamo fatto due conti.
  • Cioè tu e Rose? Avete fatto cosa?
  • Dai non prendertela, se non fossi arrivata io lo avresti scoperto al momento di partorire.
  • Alice io non sono incinta.
  • Come fai a saperlo?
  • Perché… perché io…
  • Non lo sai. O meglio non ancora.
Tirò fuori dalla borsa una busta con il logo della farmacia ed io sgranai gli occhi.
  • Non voglio essere invadente, ma ho pensato che potevano esserti utili. Te li lascio qui. Riposati ma sappi che io ci sarò per qualunque cosa.
Si alzò per uscire dalla stanza ma la chiamai.
  • Alice.
  • Dimmi Bella.
  • Io non so come si fa.
  • Ci sono le istruzioni, non è difficile. Devi…
  • Lo so che ci sono le istruzioni ma io… non voglio farlo da sola. Resti con me?
Alice mi abbracciò stretta e mi accompagnò in bagno.
Avevo mille pensieri in testa e non riuscivo a metterne insieme uno di senso compiuto.

  • Bella? – sobbalzai quando Alice mi chiamò. – i cinque minuti sono passati.
  • Ok. – deglutii con forza ma non riuscii a guardare il bastoncino. – non ce la faccio Alice.
  • Perché? Cosa ti preoccupa così tanto Bella? Edward ti ama.
  • Si, ama me.
  • E allora?
  • Non amerebbe mai un bambino Alice, me l’ha sempre detto che non avrebbe voluto avere figli.
  • Perché?
  • Dopo tutto quello che è successo con Lily dice che non sarebbe un buon padre e ha deciso che non lo diventerà.
  • E a te sta bene?
  • In realtà non ci ho mai pensato molto, non ho avuto nemmeno il tempo di metabolizzare tutto, sono successe così tante cose tutte insieme. E poi dopo il casino con Tanya…
  • Tanya? Che c’entra quell’arpia?
  • Lei si era presentata un paio di settimane dopo che avevano rotto a casa di Gus dicendo ad Edward di essere incinta.
  • O mio dio? Era incinta? E come sta adesso?
  • Non era incinta, ma non è quello il punto. Edward è stato… non è stato un bel momento.
  • Cos’ha fatto mio fratello?
  • L’ha cacciata via.
  • Cosa? Ha cacciato quella che ipoteticamente poteva essere la madre di suo figlio?
  • Lui era certo che non fosse vero o che comunque il figlio non potesse essere suo.
  • Bella non si comporterebbe mai con te allo stesso modo.
  • Potrebbe accusarmi delle stesse cose. In fondo è vero che siamo sempre stati attenti.
  • Più o meno.
  • Si ma se lui mi dicesse le stesse cose io…
  • Bella c’è un’abissale differenza tra te e la strega: Edward ti ama. Non potrebbe mai pensare male di te o trattarti allo stesso modo.
  • Non lo so Alice e non voglio scoprirlo.
  • Dovrai però sapere se sei incinta, o non vuoi scoprire neppure questo?
  • Vorrei.
  • Ma non puoi. Bella non fare la bambina.
  • Ok. Ma guarda tu, io non ce la faccio.






oooooooooooooooooooook! quanto mi odiate adesso? infinitamente, lo so. però mi volete sempre bene, no? Prometto che aggiornerò prima possibile, vi dico solo una cosa: fidatevi di me!
a presto mie care. Buona notte e sogni d'oro a tutte voi, vi abbraccio!

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Capitolo 25
*** 25 - FIDUCIA ***


Buongiorno mie care! 
Volevo farmi perdonare per come ho concluso lo scorso capitolo ma era davvero necessario, leggete e capirete perchè!
mi scuso fin da ora per la lunghezza infinita del capitolo, ma volevo farvi un regalo, spero gradito! Capirete già dall'immagine quale sia stato l'esito del test, forse è un po' troppo riassuntiva del capitolo ma l'ho immaginata proprio così. 
ci leggiamo giù, kiss!










25 – FIDUCIA.

 


POV EDWARD

 
Guardai per l’ennesima volta l’orologio, era stata una giornata devastante. Sarei dovuto andare a quel convegno ma un’emergenza mi aveva bloccato in ospedale. Non ero nemmeno riuscito a sentire Bella. Sospirai pensando a lei.
Era così strana ultimamente, sempre pensierosa, preoccupata e sembrava anche dimagrita. La nausea andava e veniva ma la cosa che mi faceva star più male era che non parlava con me. Una volta l’avevo anche sentita piangere in bagno ma non ero riuscito ad avvicinarmi. Avevo una paura fottuta che potesse essere cambiato qualcosa, ma avevo ancora più paura di scoprirlo.
Ero completamente dipendente da lei, non riuscirei a vivere un solo giorno lontano e non sapere cosa le passava per la testa mi stava uccidendo.
Avevo provato a chiedere a mia sorella ma era stata molto vaga, in pratica stavo peggio ogni giorno.
La notte si stringeva a me come se avesse paura che io potessi scomparire da un momento all’altro ma non si faceva toccare. Erano giorni che non facevamo l’amore e la mia ansia stava salendo a livelli critici.
 
Ero perso nei miei pensieri quando sentii squillare il mio telefono, era un sms di Alice.
 
“mi hanno detto che sei in ospedale. Raggiungimi al secondo piano.”
 
Secondo piano? C’era l’ufficio di papà a quel piano. Cos’era successo? Sentii la preoccupazione farsi strada in me ed uscii come una furia dal mio studio.
 
Quando raggiunsi il secondo piano la trovai davanti alle macchinette del caffè, pensierosa.

  • Alice che succede? Lily sta bene?
  • Si, lei si.
  • Cosa ci fai qui allora? Stai male tu?
  • Non io.
  • Alice mi stai facendo saltare i nervi! Chi… Bella? È Bella che sta male? Cosa le è successo? Merda sapevo che c’era qualcosa di strano.
  • Calmati Edward.
  • È per lei, vero? Bella sta male?
  • Non fisicamente.
  • Alice sto perdendo la pazienza. Vuoi dirmi che cazzo succede?
  • Tu la ami Edward?
  • Certo, che domanda fai?
  • Saresti disposto a fare qualunque cosa per lei?
  • Qualunque. – non capivo dove voleva arrivare.
  • Metteresti da parte i tuoi desideri pur di renderla felice?
  • Alice.
  • Rispondi Edward. Bella mi odierà dopo questo ma dovevo fare qualcosa.
  • Alice non capisco.
  • Rispondi alla mia domanda, metteresti da parte te stesso per lei?
  • Si. – la vidi aprirsi in un sorriso.
  • Bene. Vai nell’ufficio di papà, lei è lì.
  • Perché?
  • Te lo dirà lei, ho già fatto troppo. Edward sono certa che farai la cosa giusta.
 
Mi lasciò un bacio sulla guancia e mi disse che mi voleva bene. Io invece sentivo di stare per morire. E se Bella fosse stata malata? Se le fosse successo qualcosa? Esitai davanti alla porta di mio padre, sentivo il cuore che martellava forte e le mie mani tremare. Presi coraggio e bussai.

  • Avanti.
 
Quando entrai Bella mi dava le spalle mentre mio padre mi guardava sorpreso.

  • Non dovevi essere al convegno oggi? – vidi Bella irrigidirsi, aveva capito che ero io e questo gesto mi fece star male.
  • C’è stata un’emergenza qui. Tutto bene papà?
  • Si Edward, tutto bene. – Bella restava in silenzio. Non si era girata da quando ero entrato.
  • Tu Bella? Tutto bene? Come mai qui, nell’ufficio di mio padre? – le chiesi apparentemente tranquillo.
  • Ciao amore. Tutto… tutto bene. – lo disse con la voce tremante, però mi aveva chiamato amore, no?
  • Come mai sei qui?
  • Io… io ero… di, si di passaggio e…
  • E?
  • Aspettavo Alice. Sai dove, dov’è tua sorella?
  • No.
  • Papà tu non mi avevi detto di essere impegnato oggi? Mi avevi detto di avere una riunione importante nel pomeriggio, è stata rimandata?
  • Si, io ecco…
  • Mi dite che diavolo succede? – sbottai esasperato.
  • Edward calmati. – mi ammonì mio padre.
  • Calmarmi? Voi siete qui, a nascondervi come due criminali e io dovrei calmarmi? Mi dite che cazzo succede?
  • Edward basta. – mi ammonì mio padre stringendo la mano di Bella che singhiozzava.
Furono le sue lacrime a scuotermi e mi inginocchiai davanti a lei.
  • Amore ti prego, dimmi che succede. Cos’hai? Sei così strana ultimamente. Se stai male, se ci sono problemi li supereremo insieme, troveremo una soluzione vedrai, ma non tagliarmi fuori dalla tua vita, ti prego.
Bella cominciò a piangere di più e mi strinse la mano.
  • Bella. – la esortò mio padre ma lei scosse debolmente la testa.
  • Papà dimmi che succede.
  • Non posso.
  • Papà cazzo! Dimmi che succede!
  • Deve farlo Bella. Il segreto professionale mi…
  • Vaffanculo al segreto professionale! Stai parlando di Bella, me ne fotto del segreto professionale, io devo sapere. Sto impazzendo, vi prego!
  • Carlisle siete pronti? – la voce di Riley Bears bloccò il mio urlo. Si bloccò anche lui quando mi vide e abbassò lo sguardo imbarazzato.
  • Pronti? Per cosa?
  • Carlisle ti aspetto fuori. – gli disse. Afferrai mio padre per un braccio.
  • Tu adesso parli, visto che non vuole farlo lei.
  • Edward.
  • Niente Edward. Devo sapere, ne ho il diritto.
  • Bella devi dirglielo.
Lei mi guardò per un attimo poi girò il volto dall’altra parte.
  • Carlisle parla! Che cazzo devo fare per sapere qualcosa? Ho il diritto di sapere cosa succede alla mia ragazza! – gli urlai e sentii a malapena il sussurro di Bella.
  • Cosa? – credetti di aver capito male.
  • Sono…incinta. – mi disse di nuovo in un sussurro. Mi lasciai cadere sulla sedia incredulo.
  • Tu… cosa?
  • Non ti chiederò niente, so che non vuoi figli e non so neppure come sia successo, me ne andrò via, non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi. Andrò da mia madre e cercherò di fare del mio meglio. Non voglio nulla da te, io riuscirò a…
  • Sei incinta? – interruppi il suo sproloquio. Andarsene? Da sua madre che odia? Lasciarmi? Ma che diavolo stava dicendo?
  • Bella ma che?
  • Mi dispiace Edward, ok. Mi dispiace che sia successo perché so che tu non lo vuoi ma io non rinuncerò al mio bambino. Io…
Bella si portò le mani al viso e cominciò a piangere. Io ero impietrito. Quando era successo? Io ero sempre stato attento e… la nostra prima volta. Era stata l’unica in cui non ero stato completamente attento. La guardai ancora sconvolto e vidi mio padre che si inginocchiava davanti a lei cercando di confortarla. Ma che cazzo stavo facendo? La donna che amavo mi diceva di essere incinta ed io restavo fermo come un idiota? Certo se fosse successo qualche settimana fa, e se ci fosse stata un’altra donna, avrei reagito come ho fatto con Tanya ma lei, loro…
  • sei incinta. – continuavo a ripetere come un cretino. - Tu aspetti un bambino?
  • Si Edward. Di norma quando una donna è incinta è per quel motivo. – mi rispose duramente mio padre.
  • Aspetti un bambino.
  • Si Edward, si! Vuoi che ti faccia un disegnino? – mi disse esasperato mio padre.
Sentii Bella singhiozzare più forte e mi riscossi. Presi il posto di mio padre in ginocchio davanti a lei. Lui uscì dalla stanza dicendomi qualcosa ma io non riuscivo ad ascoltare nient’altro che il respiro spezzato di Bella.
  • Bella guardami, ti prego. - Ma lei non lo fece.
Presi il suo viso tra le mani e lo portai all’altezza del mio.
  • Amore guardami, ti prego. – lei aprì gli occhi ed io lessi la sua disperazione per me. Non doveva, io non ero disperato, non stavo male, io… io ero felice. Scioccato e ammutolito, ma felice e non pensavo potesse succedere.
  • Come ti senti? – le chiesi.
  • Meglio. La nausea sembra passata. – come avevo fatto a non capire. Prima la figura di merda per il ciclo e adesso questo. Mi chiedevo se ero davvero un così bravo medico come dicevano tutti.
  • Bella io…
  • Non dire niente, ti prego. So come la pensi Edward.
  • Ma io…
  • Non rinuncerò al bambino Edward. – mi disse decisa. Si alzò dalla sedia e si diresse alla porta ma la fermai prima che uscisse afferrandole un braccio.
  • Posso dire qualcosa anch’io?
  • Vorrei illudermi di non sentirti dire ciò che stai per dire ma è inevitabile, per cui fallo.
  • Ti amo.
  • Lo so, ma…
  • Lo so che mi sono sempre comportato da stronzo, e dopo quello che è successo con Tanya capisco cosa tu possa pensare, ma tu non sei lei. Ed io non sono più quello che ero fino a qualche mese fa.
  • Non capisco dove vuoi arrivare. – mi disse guardandomi disperata.
  • Io ti amo Bella. E anche se non lo credevo possibile, anche se non ci avevo mai pensato, amo quello che stiamo per diventare. – lei mi guardò e vidi un lampo di speranza attraversare i suoi occhi.
  • Edward ti prego, non dirmi qualcosa che potrei fraintendere perché non lo sopporterei.
  • Non c’è nulla da fraintendere Bella. Io ti amo, te lo ripeterò all’infinito, e amo questo bambino. So che forse non sarò mai un buon padre ma se tu mi aiuterai potrei riuscire a…
 
Bella non mi fece finire perché mi baciò. Di solito ero io ad interromperla in quel modo.
Si fiondò sulle mie labbra come un assetato in un deserto davanti ad un’oasi. Continuava a piangere ma non smetteva di baciarmi.

  • Dimmi che è tutto vero, ti prego. Dimmi che non è solo un sogno. – mi supplicò.
  • È vero amore, tutto vero. Perdonami ti prego, ma come hai potuto pensare che ti avrei lasciata affrontare tutto da sola? Come hai potuto pensare solo per un momento di lasciarmi e partire? Io sarei morto senza di te.
  • Lo so, per…perdonami ma ero… ero così spaventata. Io… io, Dio Edward ho avuto così tanta paura di perderti.
  • Sono qui amore, non vado da nessuna parte. Non vi lascio da soli.
Senza rendermene conto avevo iniziato a parlare al plurale, e la cosa mi piaceva molto.
 
Ero terrorizzato all’idea di diventare padre ed ero davvero convinto che non avrei mai voluto figli, non avevo ancora avuto il tempo di pensare alla cosa, e il mio cuore si era fermato nel momento in cui Bella mi aveva detto di essere incinta. Ma quando aveva ripreso a battere l’aveva fatto furiosamente, sembrava volesse uscirmi dal petto e avevo capito. Volevo quel bambino, il mio bambino.
Avrei imparato ad essere un buon padre e avrei protetto lui e Bella a qualunque costo. Almeno ci avrei provato.
Quando mio padre bussò alla porta ed entrò ci trovò abbracciati e mi sorrise, mi disse con lo sguardo che era fiero di me ed io gli sorrisi in risposta.

  • Ragazzi non vorrei disturbare ma la sala visite è pronta.
  • Sala visite? Bella sta male? – ero così preso dalla notizia che non avevo pensato al fatto che Bella era in ospedale. – Amore che visita? Ci sono problemi?
  • No, sto bene. – ridacchiò Bella serena. – è che sono abbastanza avanti con la gravidanza e non ho ancora fatto una visita.
  • Sei di nove settimane, vero?
  • Si – confermò con un sorriso.
  • Posso… posso stare con te?
  • Devi.
La sala visite di Bears era poco distante e mi scoprii davvero agitato quando entrai con lei.
Bella si sdraiò sul lettino e si sollevò la maglia scoprendo la pancia. Forse era assurdo ma mi sembrava di intravedere un leggero gonfiore o forse era solo la mia immaginazione.

  • Certo Isabella, ma dovresti chiedere a lui se ne è capace, al momento. Che ne pensi Edward?
  • Cosa? Di cosa? – mi ero perso ad osservare il ventre di Bella e non avevo sentito cosa si erano detti.
  • Io devo allontanarmi un attimo per una telefonata, ma tu dovresti saper usare un ecografo, no? – mi chiese ammiccando.
  • Io? Si certo.
  • Bene. – mi lasciò libero lo sgabello e mi diede la sonda. – rientro tra dieci minuti per la visita, ok? – riuscii solo ad annuire.
  • Edward, tutto bene?
  • S…si.
  • Se non ti va possiamo aspettare il dottor Bears.
  • No, voglio farlo io, è che sono… stiamo per vedere nostro figlio Bella e a me tremano le mani. – le confessai con un sorriso nervoso.
  • Tremano anche a me ma non ho più paura adesso perché sei con noi.
 
Si portò la mano sul ventre e con l’altra strinse la mia.
 
Presi il gel e Bella sussultò al contatto freddo. Recuperai un minimo di lucidità e posizionai la sonda sulla sua pancia senza mai lasciare la sua mano.
Lo vidi subito.
Era così piccolo eppure così reale. Io sorridevo mentre Bella si beava della visione del mio viso.

  • Lo vedi? – mi chiese. Io lo indicai con il dito e attivai l’audio. Il suono di un cuoricino che batte invase le nostre anime e mi ritrovai a piangere.
  • È qui. È nostro figlio Bella, mio figlio. Io diventerò padre.
  • Si Edward, si. Sarai un padre meraviglioso, ne sono certa amore.
 
Si mise seduta e mi abbracciò forte piangendo di gioia; ricambiai il suo abbraccio e le ripetei che l’amavo tanto.
 
La visita andò bene, Riley rientrò poco dopo e ci spiegò ogni cosa rispondendo alle mie mille domande.
 
Ero entrato medico in quell’ospedale e ne uscivo futuro padre. Ero ancora sotto shock ma la mia felicità superava ogni paura.
Rivedere finalmente il sorriso sul viso di Bella era stata la mia gioia più grande. Avevamo parlato e avevo dato un senso ad ogni suo gesto, ad ogni parola degli ultimi giorni.
Mi odiavo per come aveva sofferto pensando che potessi non volerli nella mia vita e forse, se avessimo affrontato l’argomento prima, sarei stato categorico sul non volere figli. Sapevo che l’avrei persa perché Bella sarebbe stata una madre perfetta e prima o poi avrebbe capito di volerlo diventare, ma per amore suo avrei rinunciato a lei, pur di vederla felice.
Era un discorso egoista il mio e da egoista avevo deciso di non pensarci, in fondo credevo di essere stato sempre attento. Ma il destino aveva deciso per me. Come sempre. E aveva fatto bene.
 
Avevo amato mia nipote da quando avevo saputo del suo arrivo e credevo di poter essere più felice di così ma un figlio tuo, il legame che hai con lui, indipendentemente dal sangue che ti scorre nelle vene…mi sentivo diverso.
Non ero più felice rispetto a quando avevo saputo di mia nipote e non credevo lo avrei amato più di Lily ma l’avrei fatto in modo diverso.
Io ed Alice eravamo stati adottati e i nostri genitori non avevano il nostro stesso sangue, ma questo non ce li aveva fatti amare di meno. Solo adesso però riuscivo a capire davvero Jasper e come si era sentito sapendo di diventare padre.
 
Alice pretese di riscuotere la vincita sulla scommessa che aveva fatto con Bella, non mi vollero dire nulla ma qualche idea l’avevo. Mia sorella era tremenda ed io l’adoravo. Le ero grato per essere stata vicina a Bella e per averla consolata quando lei credeva che fosse tutto finito.
Dovevo tanto a mia sorella.
Se non mi avesse spinto nello studio di mio padre non avrei saputo del bambino e adesso non stringerei tra le braccia la donna che mi renderà padre e che amo alla follia.
 
Quando entrammo in casa mia madre mi abbracciò piangendo e ripetendo quanto fosse felice per me, per noi, per il bambino. Strinse Bella come solo un madre può fare e nei loro occhi lessi l’amore che provavano l’una per l’altra. Bella era entrata nel cuore di tutta la mia famiglia e non solo per quello che aveva fatto per Lily, ma per come era. Altruista, generosa, dolcissima e assolutamente perfetta. Oltre che bellissima.
 
Ovviamente tutta la mia famiglia sapeva della gravidanza di Bella, e ci restai un po’ male all’inizio, ma era normale che sapessero. Mia madre e mia sorella erano due donne ed Alice ci era già passata, mio padre era un medico e Jasper, era impensabile che Alice non glielo dicesse subito.
-          Scusami. Avrei voluto davvero che fossi tu il primo a saperlo. – mi confessò stringendosi a me quella notte.

  • È stata solo colpa mia e dei miei discorsi senza senso. Non fa niente, davvero. Però la prossima volta voglio saperlo per primo! – si aprì in un sorriso radioso - Promettimi che mi dirai qualunque cosa Bella, che non ti farai mai problemi a dirmi quello che ti passa per la testa.
  • Qualunque?
  • Ogni cosa. – la vidi arrossire. – che c’è?
  • E se ti dicessi che… avrei voglia di fare l’amore con te?
  • Adesso?
  • Adesso.
  • Bella non so se…
  • Edward andiamo. Sei un medico, sai meglio di me che non ci sono pericoli.
  • Si ma in certi casi…
  • Ho parlato con Alice, mi ha detto che possiamo fare qualunque cosa, purchè non esageriamo.
  • Alice non è un medico.
  • Ma tuo padre si.
  • Cosa? Hai… hai parlato di questo con mio padre?
  • No, certo che no! Non avrei mai avuto il coraggio. Lo fece Alice quando era incinta e mi ha ripetuto ogni singola parola. Se vuoi le dico anche a te.
  • No grazie, conosco la teoria.
  • E perché non vuoi metterla in pratica?
  • Perché ho paura di farti male.
  • Edward tu non mi faresti mai del male. Sei un compagno fantastico, un amante premuroso e saprai fare attenzione, ma ti prego proviamoci. Mi manchi.
Il suo tono di voce, le parole con cui mi disse che mi desiderava mi fecero perdere la lucidità.
 
Fare l’amore con lei fu così diverso. Lento, dolce ma intenso. Preso dall’abitudine stavo per uscire quando raggiunsi il culmine ma Bella mi trattenne dentro di se.
 

  • Voglio sentirti. – mi sussurrò con la sua voce resa roca dalla passione.
 
Fu strano potermi lasciare andare completamente dentro di lei, era una sensazione fantastica non dovermi preoccupare delle conseguenze. Restai dentro il suo corpo caldo finchè non sentii l’eccitazione scemare e le accarezzai il viso senza riuscire a distogliere lo sguardo dai suoi occhi lucidi, le sue guance calde e le sue labbra gonfie e arrossate dai miei baci.

  • Ti amo Bella.
  • Ti amo anch’io Edward, ti amo da morire.
 
La parte più difficile fu dirlo a Lily, temevo potesse reagire male alla notizia dell’arrivo di un cuginetto e che potesse esserne gelosa, avevo paura che potesse essere un trauma per lei considerato quanto fosse legata a Bella. Ma era giusto dirglielo e farle capire perché non poteva più lanciarsi addosso a Bella come un razzo o giocare con lei a rotolarsi sul prato. Bella aveva messo in chiaro che non avrebbe rinunciato alle sue abitudini con Lily ma sarebbe stata più attenta.
Lily non disse nulla, scrollò le spalle con noncuranza e disse che le andava bene.
Non convinse nessuno però e Alice mi raccontò che non aveva dormito bene quella notte.
Bella pianse e si sentì in colpa, non voleva che Lily soffrisse a causa sua.
Ci chiese il permesso di restare sola con lei in giardino per parlare, come se dovesse chiedere il permesso per qualcosa.
Restai a guardarle preoccupato, non volevo che stesse male nessuna di loro e il broncio di Lily non prometteva niente di buono.
Quando vidi Bella prendere in braccio Lily schizzai in giardino, non poteva fare certe cose, era pericoloso, ma Bella mi fulminò con lo sguardo e rientrai.

  • Bella sa cosa fa, Edward. – mi disse Alice.
Ma anche lei era preoccupata per sua figlia, temeva che potesse tornare tutto come al principio: gli incubi, le urla e gli sguardi terrorizzati popolavano ancora le sue notti. La strinsi forte a me.
Lily si mostrò scettica per i primi minuti ma ascoltava attentamente Bella. Non so cosa le disse ma ad un certo punto la vidi saltellare felice come di solito faceva Alice davanti ad una vetrina e gettò le braccia al collo di Bella. Lei la strinse sorridente e mi fece l’occhiolino. Lily rientrò correndo felice e prese per mano Alice.
 

  • Che succede principessa? – le chiese Jasper.
  • Cote da femmine! – io e Jasper ci guardammo perplessi mentre le donne ridevano delle nostre espressioni. – mami dobbiamo talire a preparare le cote per il cuginetto.
  • Quali cose?
  • Quelle.
  • Zia Bella ti ha dato il permesso? – Lily annuì e io guardai interrogativo Bella mentre mia sorella saltellava insieme alla figlia.
  • Spera che sia maschio. – mi sussurrò scherzando Jasper ma Lily lo sentì e lo fissò con il broncio.
  • Ti ho tentito papà! – Jasper alzò le braccia in segno di resa, poi la prese tra le braccia ripetendole che era la sua principessa, e Lily rise felice.
  • Che permesso le hai dato? – chiesi a Bella che rientrava in casa più serena.
  • So già che ce ne pentiremo ma ho dovuto farlo. Le ho promesso che avrebbe scelto lei i vestiti per il cuginetto.
  • Oh, ok.
  • Ogni volta che dovremo cambiarlo.
  • Oh, no.
  • Già.
  • Amore promettimi che sarà un maschio. – la supplicai e lei rise.
  • Non lo so, e non lo voglio sapere!
  • Davvero non vuoi?
  • Io no, ma se tu vuoi…
  • No. Voglio che sia una sorpresa.
  • Ma tu sei un medico, lo capirai dalle ecografie.
  • Cercherò di non sbirciare ma se lo dovessi capire, non ti dirò nulla, promesso.
  • COSA? - Un urlo disumano ci perforò i timpani. – Siete impazziti? E io come faccio a preparare il corredo? – ci chiese Alice.
  • Semplice, faremo tutto in toni neutri.
  • Bella vuoi che tua figlia non abbia qualcosa di rosa?
  • Primo non sai se è una femmina, secondo avrai qualcosa di Lily da piccola, se per te va bene potremmo usare quelli casomai.
  • Oh, è vero. – disse sorpresa di non averci pensato.
  • Sempre se a Lily va bene.
  • Chi comprato i vettiti? – chiese Lily
  • Io amore. – le rispose Alice.
  • Allora va bene.
Guardai Jasper con comprensione. Poverino, in mezzo a quelle due matte sarebbe impazzito, e non poteva esserne più felice.
 
Dopo il chiarimento con Lily le cose andarono a meraviglia.
 
Due giorni dopo portai Bella in riva al mare, per una cenetta romantica e le chiesi di sposarmi. Ero così agitato nonostante sapessi che Bella mia amava. Restò in silenzio per dei minuti che mi parvero interminabili e cominciai a preoccuparmi, poi pianse stringendosi tra le mie braccia.

  • Bella, amore, se non te la senti va bene, non c’è fretta, io…
Mi zittì con un bacio.
  • Maledetti ormoni! Si Edward, certo che ti voglio sposare, non potrei essere più felice di così.
  • Ti amo ti amo ti amo ti amo…. – le dissi baciandole ogni centimetro del suo viso stupendo e posai un bacio sulla sua pancia ancora piatta. Non vedevo l’ora di vederla col pancione!
Ero passato in pochi mesi dal rifiuto per la vita alla voglia di vederla crescere una nuova vita.
Quella sera avevamo chiamato Gus e nonna Rose. Gus era stato molto felice per noi e ci aveva assicurato che sarebbe venuto a trovarci presto. Nonna Rose invece mi aveva minacciato di tagliarmi l’uc… gli attributi se avessi fatto soffrire la sua bambina. Sembrava molto legata a Bella anche se mi aveva terrorizzato il suo tono di voce. Ero certa che sarebbe stata capace di castrarmi a mani nude.
 
La sorprendevo spesso ad accarezzarsi il ventre e avevo notato che di solito lo faceva con la mano sinistra. Mi aveva confessato che le piaceva l’effetto di luce che aveva l’anello che le avevo regalato quando si accarezzava il pancione. La mia piccola Bella.
 
Eravamo a pranzo dai miei genitori, Bella era alla seconda fetta di torta, i dolci ormai erano la sua ossessione, ma aveva una linea invidiabile, aveva preso pochi chili ed era bellissima. Ad  un certo punto si bloccò e mi strinse la mano.

  • Amore che c’è? Stai male? – le chiesi preoccupato. Lei prese la mia mano e se la portò sul ventre.
  • Bella che succ…
E lo sentii. Sentii il primo calcio di mio figlio e piansi. Bella mi guardava emozionata ed io piangevo come un bambino. Mio cognato ed Emmet mi avrebbero preso in giro in eterno ma non m’importava.
Mio figlio aveva scalciato. Io sapevo già che era un maschio ma avevo mantenuto la promessa.
 
Quando Bella dormiva gli parlavo dicendogli che sarebbe stato il bambino più fortunato del mondo, che la sua mamma e il suo papà l’avrebbero amato tantissimo e che i suoi zii e la sua cuginetta l’avrebbero adorato. Lo supplicavo solo di non diventare una testa vuota come Emmet o precoce come Lily, ma sapevo che mi sarebbe bastato solo saperlo sano e felice.
 
La gravidanza di Bella procedeva benissimo e lei era sempre più bella e felice ed io non potevo chiedere di meglio.








beh? che ne pensate? Vi confesso che questo forse è il mio capitolo preferito, certo io non faccio molto testo dato che l'ho scritto io, però mi è davvero piaciuto (modestia a parte!)
aspetto di conoscere anche i vostri sicuramente più imparziali giudizi.
Vi auguro una buona settimana ragazze, un abbraccio!

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Capitolo 26
*** 26 - PAURA SENZA FINE ***


buonasera a tutte voi,
innanzitutto mi scuso per il ritardo infinito nel postare questo capitolo ma sono stata sommersa di lavoro! Ho dovuto montare un album digitale per un matrimonio e mi ha preso davvero tanto tempo. scusate!
So che aspettavate questo capitolo, ma so anche che mi starete già odiando solo leggendo il titolo. E so che mi odierete ancora di più alla fine. MA, c'è sempre un ma, abbiate fiducia in me.
a dopo!








26 – PAURA SENZA FINE.



 
Erano successe così tante cose in quel periodo.
Gus era venuto a trovarci insieme alla nonna di Rosalie. Non mi ero stupito di vederli mano nella mano. Mi aveva stupito di più vedere l’arzilla nonnetta parlare all’orecchio di Gus e notare poi la mano dell’arrapato vecchietto stringersi sul fondoschiena della suddetta signora.
Rosalie aveva fatto di niente ma era ancora scioccata. Aveva poco da scandalizzarsi dopo che avevo beccato lei e il mio migliore amico a darsi da fare nella MIA macchina, ora ex macchina. Me l’aveva chiesta in prestito perché la sua era dal meccanico. Mai fare un favore del genere a quei due pervertiti. E comunque avevo capito da chi aveva preso.

Seppi che Carmen aveva troncato ogni rapporto con Tanya e la sua famiglia dopo aver saputo cosa aveva combinato. Aveva provato a scusarsi con Bella ma lei non gliel’aveva permesso. Le aveva detto che non c’era nulla da scusare e l’aveva abbracciata.

Avevo provato a contattare la madre di Bella per informarla del parto ormai imminente ma mi aveva liquidato in cinque secondi. Assurdo.
Avevo preferito non dire nulla a Bella, non ne valeva la pena, ma ne avevo parlato con mia madre e lei era letteralmente sconvolta. Non capiva, e nemmeno io, come potesse comportarsi così una madre. Forse per questo era diventata ancora più protettiva verso Bella.
 
Ormai mancava davvero poco al parto, questione di dieci giorni forse ed ero ansioso. Mi sentivo irrequieto e non ne capivo il motivo. Non era solo per il parto di Bella, era come se sentissi che qualcosa non andava.
Anche lei si era accorta che qualcosa mi turbava ma io avevo minimizzato dicendole solo che ero in ansia per il parto, che poi era in parte vero. Lei finse di credermi e non fece più domande ma la sorprendevo spesso ad osservarmi pensierosa.
 
Fu Alice a farmi notare che il mio comportamento era fraintendibile e che Bella le aveva confessato di avere paura che io avessi cambiato idea. Fui sorpreso dalle sue parole, non credevo che i miei timori fossero così visibili.
 
Quella sera comprai un enorme mazzo di tulipani colorati che sapevo lei adorava e tornai a casa.
Trovai la casa immersa nel buio e pensai che forse stesse dormendo, dormiva spesso in quei giorni. Entrai silenziosamente cercando di non far rumore per non spaventarla. In salone non c’era e mi diressi in camera da letto, ma trovai vuota anche quella. Dov’era finita? L’ansia che avevo deciso di accantonare tornò prepotente ad invadere ogni cellula del mio corpo.

  • Bella? – cominciai a chiamarla ma non ricevetti risposta.
Lasciai i fiori sul tavolo e provai ad accendere le luci. Nulla. L’interruttore non funzionava.
  • Amore? Bella ci sei? – chiamai preoccupato.
Solo allora notai il vetro a terra. C’era un bicchiere rotto vicino al lavello e delle macchie di sangue sul tappeto.
  • BELLA!
Corsi come un pazzo a casa dei miei spalancando la porta. I miei genitori stavano preparando la tavola per cenare.
  • Edward che succede? Sei stravolto. – mi chiese mia madre avvicinandosi preoccupata.
  • Dov’è? Come sta?
  • Chi?
  • Come chi? Bella.
  • Bella non è qui, Edward.
  • Deve essere qui. A casa non c’è e ho trovato… dov’è Bella, mamma?
  • Tesoro calmati, ti prego. Dimmi che succede.
Raccontai loro del vetro, del sangue e provai per l’ennesima volta a telefonarle ma il suo telefono squillava a vuoto.
  • DANNAZIONE!
  • Edward calmati, ti prego. – mi supplicò mia madre.
  • Come faccio? Come? Se le è successo qualcosa io…
  • Alice non l’ha sentita, e nemmeno Rose. – mi disse mio padre dopo aver riattaccato con mia sorella. Sentimmo aprire la porta dopo pochi minuti e Jasper entrò seguendo Alice.
  • Edward che succede?
  • Non lo so maledizione, non lo so! Dimmi che non mi ha lasciato, Alice.
  • Perché avrebbe dovuto?
  • Io… tu mi hai detto che lei pensava…
  • No Edward, non l’avrebbe mai fatto. Le avevo detto della nostra chiacchierata e si era tranquillizzata ma non l’avrebbe mai fatto comunque.
  • Allora dov’è, Alice? – mia sorella mi guardò e la disperazione che lesse sul mio volto la preoccupò.
  • Edward sono certa che sta bene. Magari sarà uscita per…
  • E il sangue? E i vetri rotti? Ho paura Alice, ho paura che sia successo qualcosa.
 
Mia sorella mi abbracciò forte ed io mi strinsi a lei singhiozzando.
Dopo pochi minuti Emmet e Rose entrarono in casa portando Lily che era con loro. Mia madre portò la bambina in cucina cercando di non farle notare lo stato in cui ci trovavamo, in cui io ero soprattutto.
 
Passarono due ore in cui non feci altro che provare a chiamare il suo numero e urlare di rabbia quando cadeva la linea.
Emmet si era messo in contatto con un suo amico poliziotto. Sapevo che dovevano passare le canoniche ventiquattro ore prima di poter fare una denuncia ma il suo amico Seth gli aveva assicurato che avrebbe cominciato a cercare degli indizi.
 
Mi sentivo un leone in gabbia.

Le ore passavano senza che io potessi fare nulla.
 
Jasper ed Emmet avevano tentato di cercarla nei posti che frequentava di solito mentre mio padre aveva contattato tutti gli ospedali. Ognuno di loro stava facendo qualcosa per lei mentre io riuscivo solo a stare seduto immobile con gli occhi persi nel vuoto.

Mi ero buttato sul nostro letto stringendo la maglia con cui amava dormire per aspirarne il profumo. Ogni cosa sapeva di lei. Il letto in cui dormivamo, su cui avevamo fatto l’amore, su cui avevamo concepito nostro figlio sembrava freddo e troppo grande senza di lei.

  • Edward. – la voce di mia sorella mi giunse ovattata.
  • È tornata? – chiesi scattando in piedi. Lei scosse la testa e notai una lacrima sul suo viso.
Aveva la stessa espressione di quando pensava di aver perso Lily e scattai rabbioso lanciando a terra la lampada sul comodino. Jasper entrò, allarmato dal rumore ed Emmet mi bloccò le braccia cercando di calmarmi.
  • calmati Edward, calmati ti prego. So come ti senti fratello, ci sono passato, lo so ma non serve a niente. Devi essere lucido per lei, per loro. Li ritroveremo, stavolta li ritroviamo, te lo prometto.
  • Ho paura Jazz.
  • Lo so fratello, lo so.
In quel momento il mio cellulare squillò e mi precipitai a rispondere.
  • Bella? – solo silenzio all’altro capo.
  • Amore sei tu? Bella ti prego rispondimi. Bella! – sentii dei leggeri respiri e una risatina malevola. Non di Bella.
  • Chi cazzo sei? Dov’è Bella? – solo cinque parole prima di sprofondare nel terrore.
  • Una compagna per un compagno. – e la chiamata s’interruppe. 

    Ed io mi spezzai, il mio cuore si frantumò. La mia anima lasciò il mio corpo rendendolo un vuoto involucro di carne.
Sentii solo delle voci concitate mentre il mio corpo crollava sul pavimento della stanza ed io miei occhi si spegnevano.
Sentivo solo delle voci che chiamavano mio padre, mia sorella che piangeva urlando il mio nome e le braccia di Emmet che cercavano di sollevare il mio corpo inerme.
 
Impiegai delle ore per riprendermi dallo stato in cui mi trovavo e fu il suono del cellulare a farlo.
Scattai afferrandolo e misi in vivavoce poggiandolo sul mobile, mi tremavano le mani.

  • Bella.
  • Ritenta.
  • Chi sei?
  • Domanda sbagliata.
  • Dov’è?
  • Ancora non ci sei.
  • Qual è la domanda giusta? – ringhiai.
  • Stavolta la ritroverai? – un pugno nello stomaco. Era tutto legato al rapimento di Lily. Lo immaginavo ma speravo non fosse così, vidi Alice tremare. Aveva capito anche lei.
  • Conosci la risposta.
  • Forse. Ma la ritroverai in tempo? Anzi, stavolta ne hai due da ritrovare. Forse.
  • Non ti azzardare a torcere un solo capello a Bella o al bambino oppure…
  • Oppure cosa? Devi prima trovarmi e il tempo sta scadendo. Tic tac tic tac.
  • Se succede loro qualcosa giuro che ti troverò anche all’inferno. Se le farai del male…
  • Oh ma io non li toccherò. Però la condizione in cui lei versa non è semplice. La natura farà comunque il suo corso ed io non potrei impedirlo.
Non ci credevo. Avrebbe tenuto nascosta Bella facendola partorire senza aiutarla.
  • Ascolta, io non so cosa vuoi o chi sei, non so cosa ti ho fatto ma…
  • Cosa mi hai fatto? L’hai ucciso bastardo! Ti sei preso lui, io mi tengo lei. – ringhiò rabbiosa.
James.
L’unico che mi veniva in mente era lui. Il bastardo che aveva tentato di rapire Lily la seconda volta e che era morto nell’incidente. Ma chi diavolo era questa donna? Maria non aveva mai parlato di una donna ed ero certo che non ci avrebbe mai aiutati. Ricordai solo in quel momento che Lily una volta aveva fatto un nome. E ricordai anche la sua voce, era la donna che aveva sbattuto contro Bella all’acquario, la donna dai capelli rossi, la donna dietro l’albero il giorno dell’incidente.

  • Victoria.
  • Vedo che hai fatto i compiti. Bravo.
  • Senti non so cosa vuoi ma Bella non c’entra niente. Liberala, è incinta e ti prometto che non accadrà nulla. – lei rise.
  • Divertente. Credi davvero che m’importi? Voglio solo lei. Ma posso offrirti uno scambio. Ridammi tua nipote e ci penserò.
  • EDWARD NON ASCOLTARLA! – l’urlo di Bella riempì le mie orecchie.
  • Bella? Amore stai bene? BELLA?
  • Sta zitta! Non devi parlare! – sentivo dei mugolii al telefono, come se qualcuno le avesse messo una mano sulla bocca.
  • Maledetta! Toccala e ti assicuro che ti accompagnerò all’inferno.
  • Non hai risposto alla mia proposta.
  • Sai qual è la risposta. – le ringhiai. Non avrei mai ceduto ad una richiesta del genere. Mai. Ero certo che lei lo sapesse e la sua fosse solo una provocazione.
  • Così ti neghi la possibilità di rivederla. Di conoscere il tuo bambino. Non vorresti stringerlo tra le braccia? – bastarda.
  • Io ti troverò.
  • Probabile. Ma loro?
  • Loro saranno al mio fianco mentre tu marcirai in galera.
  • Io non ci… cazzo! – dopo la sua imprecazione si interruppe bruscamente la chiamata.
  • Bella? Victoria? Rispondi, che cazzo succede?
Ma solo il silenzio rispose alla mia domanda. Il silenzio accompagnato dai singhiozzi di Alice e Rose. Jasper stringeva convulsamente i pugni, forse si sentiva in colpa.
  • Li ritroverò. – affermai sicuro stringendo la spalla di mio cognato.
  • Seth ha rintracciato la chiamata. Il cellulare era agganciato ad una cella di Forks. 
Afferrai le chiavi della Volvo e schizzai in garage.
  • Edward dove vai? – io non lo ascoltai.
  • Dobbiamo aspettare Seth, è qui vicino. – mi disse Emmet. Jasper si sedette accanto a me e annuì. Mi capiva.
  • Ci vediamo lì. - Dissi al mio amico e partii.
Non ero mai stato a Forks ma guidavo come se conoscessi la strada a memoria.
Durante il viaggio Jasper non disse una sola parola. Capì che non serviva e gliene fui grato.
Impiegai meno delle tre ore che di norma servivano ma una volta giunto lì non seppi dove andare.
Chiesi ad un passante se conoscesse gli Swan e cominciò a tessere le lodi del defunto sceriffo. Non avevo tempo per chiacchierare e chiesi subito se sapesse dove fosse la casa. Ovviamente si. Mi indicò la strada dicendomi che però era disabitata da mesi dopo che la strana figlia dello sceriffo era scappata senza motivo. Gli avrei tirato un pugno in faccia se Jasper non avesse mediato.

Bella mi aveva raccontato che tenevano una chiave di riserva e la trovai subito. La casa era vuota e si vedeva che nessuno ci metteva piede da tanto tempo; dopo quello che era successo con Lily, poi la gravidanza, non era più tornata a Forks.
Trovai subito la camera di Bella e vi entrai accarezzando il letto ancora disfatto. Trovai un piccolo orsetto di peluche e lo strinsi forte a me.

  • Sono arrivati Emmet e Seth. – mi informò Jasper. Infilai il peluche nella giacca e mi alzai dal letto.
  • Edward io… - cominciò Jasper ma lo interruppi subito.
  • Non provare a dire che ti dispiace. Non è colpa tua Jazz. Ho vissuto per due anni solo con i sensi di colpa e non servono a nulla. La troverò e la riporterò a casa.
Al piano inferiore trovai Emmet con Rose ed Alice. Anche lei voleva molto bene a Bella. Mi disse che Lily era a casa con i nostri genitori e che Seth aveva mandato una scorta per precauzione a casa.
Fuori casa trovai dei ragazzi, sembravano venire da una tribù. Seth mi spiegò che erano ragazzi del luogo che vivevano in una riserva indiana poco lontana. Lui stesso veniva da quella tribù ma si era trasferito da piccolo a Seattle con la famiglia.
Li sentii parlare per due ore mentre un gruppo si era allontanato per controllare alcuni posti.
Conoscevano tutti Bella ed erano davvero preoccupati per lei.

C’era una domanda che mi ronzava in testa da troppo tempo.

  • perché Forks? Poteva scegliere un posto meno pericoloso per lei e doveva immaginare che avremmo rintracciato la chiamata. – chiesi a Seth.
  • Ci ho pensato anch’io. Forse conosce il posto ma in realtà credo che lei voglia che troviamo Bella, o comunque credo voglia spingerci a cercarla per poi allontanarla quando siamo vicini, come hanno fatto con tua nipote.
  • Ma non ha senso. Se vuole che la ritroviamo perché rapirla e portarla poi in un luogo a lei così familiare? – chiese Alice.
  • Non credo intenda farcela ritrovare viva. – risposi con una freddezza che non credevo di avere. Alice sgranò gli occhi.
  • E il fatto di ritrovarla in un luogo così familiare per lei, e al tempo stesso così circoscritto…
  • Non farebbe che aumentare il senso di sconfitta. – conclusi per lui.
  • Già.
 
Eravamo a Forks da tre ore ormai e Seth aveva contattato lo sceriffo del luogo che si era precipitato a casa di Bella. La conosceva da bambina e abbracciò affettuosamente Rose scusandosi per non aver capito. Patetico.

Ogni uomo disponibile si era messo alla ricerca di Bella setacciando ogni angolo ma non trovarono nulla. Io ero tornato in camera di Bella e avevo osservato le sue cose.
 
Sulla scrivania notai una foto in cui era ritratta con suo padre da bambina. Si trovavano in una radura e sullo sfondo si intravedeva una grande casa bianca. La osservai per qualche secondo poi notai due strisce sulla foto. La cornice era impolverata ma due strisce attraversavano il vetro, come se qualcuno l’avesse toccata di recente, ma nessuno era entrato in camera sua ed io non l’avevo toccata. Anche sulla scrivania c’erano delle scie lasciate nella polvere. Era stata lei, ne ero certo. Scesi le scale con la cornice in mano. Eravamo rimasti solo noi Cullen, Emmet e Seth.

  • dov’è questo posto?
  • Edward che succede? Perché lo chiedi?
  • Dov’è? Qualcuno lo sa? – sembravo un pazzo.
  • È una radura nel bosco. – mi rispose uno dei ragazzi, Jacob mi sembrava.
  • Sai portarmi lì?
  • Si ma…
  • Accompagnami la. Lei è lì, lo so. – spiegai loro della mia scoperta ma mi guardarono come se fossi pazzo.
  • Devo andarci, lo capisci. Portami lì, ti prego.
Acconsentì e tutti ci seguirono. Io lo seguii finchè arrivammo alla radura. Tutti mi guardarono con uno sguardo carico di compatimento, solo Alice si guardava intorno come se anche lei fosse certa della mia intuizione. Mi staccai da loro, stavano andando in direzione della casa ma io sentivo di dover prendere il sentiero parallelo, era come se una forza mi spingesse in quella direzione.
Scorsi un vecchio capanno e mi avvicinai, avvertii dei rumori all’interno e dei lamenti sommessi.
 
Quando entrai Bella era riversa sul pavimento, con le mani legate poggiate sul ventre.
Feci un passo verso di lei ma una voce alle sue spalle mi bloccò.

  • Non così in fretta. – lei era lì e mi fissava.
  • Victoria. – aveva una pistola puntata in direzione di Bella che sembrava svenuta. Era ancora viva, vedevo il suo petto alzarsi e abbassarsi a scatti, come se fosse spaventata. Di certo lo era.
  • È finita Victoria, ti abbiamo trovata.
  • Hai fatto in fretta in effetti, credevo ci avresti messo più tempo.
  • Lasciaci andare.
  • No. La pagherai per quello che hai fatto.
  • È stato un incidente, è stato lui a schiantarsi contro quel camion.
  • Per colpa tua! Tu lo hai ucciso.- urlò con rabbia. Bella sobbalzò e aprì gli occhi. Li sgranò appena mi vide e mossi un passo verso di lei ma la pistola si avvicinò alla sua tempia.
  • Non un passo. – Bella gemette di dolore stringendosi le mani al ventre e la porta si spalancò subito dopo. Un uomo di colore entrò e mi fissò.
  • Sei già qua. – disse preoccupato.
  • Che vuoi Laurent?
  • Sono qua fuori. C’è troppa gente e due sono armati. Non ce la possiamo fare, dobbiamo scappare.
  • Prima devo finire il mio lavoro.
  • Victoria non ce la faremo mai! Molla tutto e scappiamo.
  • Ho detto di no! – gli urlò avvicinandosi a lui che corse fuori. Approfittai di quel momento di distrazione per fiondarmi su di lei cercando di disarmarla.
Avevo la pistola a pochi centimetri dalla faccia ma non ero spaventato, mi importava solo di salvare Bella e mio figlio e sapevo che in un modo o in un altro ci sarei riuscito. Avrei lottato per salvare me e la mia famiglia, ma se le cose fossero andate male, avrebbe raggiunto il suo scopo se fossi morto e non avrebbe avuto motivo di fare del male a Bella. Lo sparo poi avrebbe attirato l’attenzione nella nostra direzione e i ragazzi sarebbero arrivati subito.
 
Guardai Bella e le sorrisi prima di sentir partire il primo sparo.
 



OK! ABBASSATE I FORCONI!  ricordate che voglio troppo bene a questi due per fargli ancora più male di quello che ho già fatto. abbiate fiducia in me, please!
a presto ragazze, buona serata e buona domenica. vi abbraccio

volevo comunicarvi che manca l'ultimo capitolo più l'epilogo e poi saluterò i miei Ed e Bella. BACIO!

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Capitolo 27
*** 27 - FAMIGLIA ***


Buongiorno a tutte voi mie care, eccovi il capitolo finale. Questo è l'ultimo, poi posterò l'epilogo.
mi viene da piangere!!!!! mi mancheranno Ed, Bella, Lily, il piccolino in arrivo e tutti gli altri. ma soprattutto mi mancherete voi.... ok, la pianto, ho ancora un capitolo per disperarmi!!!
finalmente arriva baby Cullen.
Spero che tutto vada come vi aspettavate o comunque che vi piaccia. Ci leggiamo giù.









27 – FAMIGLIA.

 
 


POV BELLA
 
Chiusi gli occhi appena sentii il primo colpo. Ne sentii tre. Sapevo che se avessi guardato sarei morta. Non che sarebbe cambiato molto, se Edward fosse morto la mia vita non avrebbe avuto più senso, ammesso che Victoria mi avesse lasciata viva.
 
Il mio cuore aveva preso a battere all’impazzata quando l’avevo visto in quel capanno e anche il dolore era quasi scomparso. Tutto era successo così in fretta. Victoria, la pistola, la faccia preoccupata di Laurent e Edward che si lanciava su di lei.
Decisi di ignorare la voce che mi chiamava, certa di star sognando. Ignorare il dolore fu più complicato. Strinsi i denti sentendo un’altra fitta arrivare e urlai.

  • Bella, amore? – sentivo la voce di Edward come se fosse davvero vicina a me ma sapevo che era il mio inconscio a farmela sentire. Avvertivo anche le sue dita sfiorarmi le guance bagnate di lacrime.
  • Amore guardami, ti prego.
  • Non ce la posso fare senza di te, ho bisogno di te, abbiamo bisogno di te. – singhiozzai portandomi le mani alla pancia.
  • Sono qui Bella, sono con voi. Apri gli occhi. - mi diceva la voce, ma io scossi il capo.
  • Se li riapro sarai… tu non ci sarai più e io… io non riuscirei a vivere.
  • Bella guardami, ti supplico. – scossi la testa finchè sentii le sue labbra sulle mie.
Si posarono con passione e dolcezza facendomi assaporare il sapore bagnato delle lacrime.
Era possibile davvero sentire la sua presenza così forte? Restai a baciarlo per interi minuti finché non fu necessario respirare e aprii gli occhi.
Edward era davanti a me in tutto il suo splendore. Era così bello, con quello sguardo così dolce e le guance umide. Lo accarezzai e fissai i miei occhi nei suoi cercando di conservare quell’immagine nella mia testa, cercando di marchiarla a fuoco nella mia memoria. Il mio sguardo si allontanò da lui solo quando sentii dei passi sul legno sporco del capanno. Era Emmet seguito da un altro ragazzo. Possibile fosse Jacob Black? Si fermarono entrambi sulla porta e fissarono un punto davanti a loro. Alzai lo sguardo oltre la spalla di Edward ma lui mi nascose la visuale.

  • no Bella, non guardare. – ma io non lo ascoltai.
Alle sue spalle c’era il corpo di Victoria riverso a terra con del sangue che usciva al petto. Non poteva essere vero.
  • lei è… - Edward abbassò lo sguardo stringendo le mie mani.
  • Io… - Edward cercava le parole per dire qualcosa.
  • Tu hai… tu sei…
  • Bella perdonami, non ho avuto scelta non volevo vedessi ma…
  • Tu sei vivo? Tu sei qui con me davvero? Non sto sognando?
  • No amore, sono qui con te.
  • Sei con me?
  • Si piccola, non devi aver paura, io non ti farei mai del male.
  • Ma che stai dicendo?
  • Non volevo mi vedessi fare ciò che ho fatto.
  • Tu ci hai salvati, tu sei vivo. – gli ripetei abbracciandolo forte e me. Lui sorrise sulla mia spalla ma sentii lo stesso un gemito quando lo strinsi.
  • Cos’hai?
  • Niente, solo una ferita di striscio.- sussultai. Per due motivi. Primo: la camicia di Edward macchiata di sangue; secondo: l’ennesima contrazione.
  • Edward?
  • Dimmi amore. – mi disse cullandomi tra le sue braccia.
  • Devo dirti una cosa.
  • Cosa c’è?
  • Prometti che starai calmo?
  • Bella stai male? Ti ha fatto qualcosa? Il bambino sta bene?
  • Credo di si ma… mi si sono rotte le acque qualche ora fa.
Lo vidi boccheggiare e guardarmi immobile.
  • Edward, credo che sia iniziato il travaglio.
  • Cazzo! – Emmet. Edward era ancora immobile e silenzioso.
  • Edward, non credo ci sia molto tempo. – lo informai sentendo arrivare un’altra fitta. Ormai erano molto vicine tra loro.
Edward non si mosse finchè non strinsi la sua mano urlando. Scosse la testa e mi guardò.
  • Ok, andiamo subito in ospedale.
  • Edward. È successo quando lei ti ha telefonato. – stava calcolando quanto tempo fosse passato, io non ne avevo idea ma, vista la sua faccia, doveva essere più di quel che pensassi.
  • Sono passate sei ore. –oh oh. Adesso cominciavo a preoccuparmi. Un’altra fitta più forte delle precedenti mi costrinse a piegarmi in due dal dolore. Finchè ero impegnata nello scontro tra Edward e Victoria non avevo sentito nessun dolore ma adesso era tutto amplificato.
  • Bella.
  • Edward, il bambino. Devi farlo nascere in fretta, ti prego. L’ospedale di Forks è troppo lontano da qui.
  • Io non so cosa fare. Sono un chirurgo non un ginecologo.
  • Si ma hai letto più libri tu negli ultimi tre mesi che qualunque ginecologo in tutta la sua carriera.
  • Non posso farti partorire qui! È troppo sporco e…
  • La casa. La casa dei Meyer. – disse Rose.
  • La casa bianca?
  • Si, so come entrare e lì potresti trovare quello che ti serve.
  • Non è disabitata?
  • No, i proprietari hanno una donna di servizio che fa le pulizie e tiene in ordine.
  • Ok. Andiamo.
Molto delicatamente Edward mi sollevò tra le braccia ma non potei impedirmi di gemere.
  • Ci sono io amore, sono con voi. Pronta a conoscere tuo figlio? – chiese cercando di sdrammatizzare.
  • In teoria non dovevo sapere che è un maschio.
  • Oh scusa!
  • Tranquillo. E poi ti avevo sentito parlare con la mia pancia la nott… AH!
  • Ci siamo amore, ci siamo quasi. Resisti.
  • Ho paura.
  • Andrà tutto bene piccola, tutto bene. Te lo prometto.
Rose era corsa a recuperare la chiave dal suo nascondiglio tra i fiori delle aiuole e aveva già aperto la porta.
  • Rose prendi degli asciugamani. Emmet fai bollire dell’acqua. Alice vieni qui e aiutami.
  • Alice?
  • Sono qui sorellina, sono con voi.
  • Mi disp… mi dispiace Alice che tu abbia dovuto rivivere tutto di nuov…AH.
  • Sh, sh. Non dispiacerti di nulla. Tranne che per il fatto di aver fatto nascere il mio nipotino senza il suo corredino. Lily mi ucciderà.
Sorrisi ma fui interrotta dall’ennesima contrazione, erano molto ravvicinate ormai.
Vedevo Edward con la camicia arrotolata sulle braccia ancora umide, di sicuro era andato a lavarle più possibile.

  • La tua ferita. – gli dissi guardando la macchia di sangue.
  • Sto bene. Adesso dobbiamo pensare al piccolo e a te, ok? – annuii.
Lo vidi abbassarsi tra le mie gambe e sussultai quando avvertii il suo tocco.
  • Va tutto bene amore. Se ti faccio male dimmelo, ok?
Non ebbi il tempo di rispondergli perché arrivò un’altra contrazione e urlai stringendo tra le dita la stoffa del letto su cui mi aveva coricata.
  • ok, amore quando ti dico io devi spingere. Non prima. Hai capito Bella?
  • Si.
  • Bene. Adesso spingi!- e lo feci urlando quando la contrazione arrivò.
  • Brava amore, stai andando benissimo. Devi solo fare qualche altro piccolo sforzo, ok? Perfetto spingi adesso, spingi Bella, coraggio! Ci siamo amore, vedo la testa, ci siamo amore. Ancora un po’. Forza Bella, l’ultima spinta e vedremo il bambino. Forza amore. SPINGI!
E spinsi.
Urlai tra le braccia di Alice mentre Edward faceva nascere nostro figlio.
Sentii il suo corpicino caldo sfiorarmi le gambe e piansi. Di gioia, di paura, di amore. Piansi mentre Edward avvolgeva il nostro bambino in un asciugamano, piansi quando sentii il suo primo vagito di vita, piansi quando vidi le stesse lacrime scorrere sul viso di Edward.
Piansi e risi quando Edward, il mio uomo, il padre di mio figlio, si avvicinò a me e posò il piccolo sul mio petto.
Era bellissimo.
Edward mi baciò teneramente accarezzandomi una guancia.

  • Ti amo. – mi disse tra le lacrime.
  • Anch’io amore, anch’io.
Mi strinsi al suo petto e mi lasciai cullare dal battito del suo cuore.
 
Meno di un quarto d’ora dopo arrivò un’ambulanza.
Fummo portati tutti in ospedale e sentii Edward lamentarsi per poter restare con noi, rifiutandosi di farsi medicare il braccio. Per fortuna Alice lo convinse promettendogli di restare sempre con me.
Rose tornò poco dopo con un cambio pulito preso in casa mia e un completino per il bambino che nonna Rose aveva comprato in vista del parto e che fortunatamente Alice approvò.
Lo fecero entrare venti minuti dopo, stanchi di sentirlo urlare in corridoio.
Il bambino dormiva sereno nella culletta e non si accorse del casino che suo padre stava combinando. Quando aprì la porta mi sorrise ed io mi sentii a casa. Si avvicinò al letto accarezzando la mia mano e quella del piccolo mentre Alice usciva baciandogli la testolina.

  • Come stai? – mi chiese premuroso.
  • Sto bene, adesso che voi siete con me.
  • I medici hanno detto che è andato tutto bene.
  • Non avevo dubbi.
  • Io si. Ero terrorizzato.
  • Edward stiamo bene.
  • Mi dispiace per quello che è successo, io…
  • No, basta. Non ne posso più di sentire questa parola! Prima di sposarci ti farò firmare un contratto prematrimoniale in cui ti informerò del divorzio appena sentirò quella parola.
  • Vuoi ancora sposarmi? – mi chiese serio.
  • Perché? – adesso avevo paura io. – tu non, non vuoi più?
  • Cosa? Certo, non c’è niente che vorrei di più.
  • E allora?
  • Dopo quello che ho fatto...
  • Cosa avresti fatto Edward? Perché oltre ad avermi salvato la vita rischiando la tua e aver fatto nascere tuo figlio non ricordo altro.
  • Ho ucciso una persona Bella.
  • Non potevi evitarlo.
  • Lo so. Ma non mi fa star meglio.
  • Edward mi dispiace per lei, sarò insensibile, ma dopo ciò che aveva fatto a Lily, alla tua famiglia e a noi hai dovuto scegliere. Pensi che potrai mai pentirtene?
  • MAI! – rispose subito.
  • E allora non pensarci più. Io non so come farti capire come mi sono sentita quando sei entrato nel capanno. Poi ho sentito gli spari e pensavo fossi morto. Ho creduto di non farcela amore. Se tu fossi…
  • Shh. Non piangere, sono qui. E non vi lascerò mai. Te lo prometto.
  • L’altro uomo?
  • È stato arrestato da Seth nel bosco. Era solo una pedina nelle mani di Victoria.
  • Lo so. È stato gentile con me.
  • Lo spero per lui. – mi disse baciandomi le labbra.
Il bambino ci sorprese con un forte pianto e ci staccammo di colpo.
  • Devo fare due chiacchiere con tuo figlio. Può piangere quanto vuole, ma non in certi momenti – mi disse facendomi ridere. Era già mio figlio in questo caso, immaginavo sarebbe diventato suo figlio quando era un angioletto.
Edward si sporse e prese il bambino tra le braccia. Gli posò un bacio sulla fronte e lo mise tra le mie braccia.
  • Credo abbia fame. – mi disse.
  • Oh. Io non so come fare.
  • Tranquilla, farà tutto da solo. Avvicinalo al seno. – mi suggerì.
Mi scoprii e avvicinai la sua boccuccia al mio capezzolo. Cercò di afferrarlo per qualche secondo muovendo la testolina, poi si attaccò cominciando a succhiare velocemente.
  • Merda!- esclamai trattenendo un gemito.
  • Fa molto male? – mi chiese Edward con un sopracciglio sollevato. Non potei non ridere della sua espressione preoccupata.
  • No, sta già passando. Più che altro mi ha colta di sorpresa. – mentii. Faceva un male cane! Ma il dolore passava in secondo piano rispetto all’espressione di Edward che ci guardava estasiato.
Carezzai la fronte del mio bambino, del nostro piccolo miracolo e ringraziai qualunque cosa ci fosse lassù per avermi dato tutto questo.
Avrei tanto voluto che ci fosse mio padre in quel momento e cacciai indietro una lacrima ma Edward capì.

  • Sono certo che anche lui sta sorridendo adesso. Sono certo che sia molto fiero della sua bambina. – mi disse baciandomi.
  • Mi manca tanto. Vorrei fosse qui, vorrei potertelo presentare, presentargli suo nipote e vederlo prendere tra le sue braccia. – singhiozzai.
Edward prese tra le braccia il bambino che si era addormentato e afferrò la mia mano stringendola alla sua e a quella del piccolo.
  • Chiudi gli occhi. – lo feci e lui cominciò a parlare. – sai amore, mi sembra ieri quando ho conosciuto tuo padre.
          Me la sono fatta sotto al pensiero che potessi non piacergli. Diciamo che confidavo nelle tue capacità di persuasione in caso di problemi. Ma quando mi ha dato il benvenuto in famiglia mi sono sentito al settimo cielo. È vero che ho avuto paura quando gli abbiamo detto che eri incinta, giurerei di avergli visto la mano sulla pistola e si, lo ammetto, ho pensato mi sparasse. Non sono a prova di proiettili io, per cui sarebbe stato complicato rimettere insieme i pezzi. Ma lo sceriffo, appena superato il lungo shock, mi ha stretto la mano. È un grande tuo padre, amore. È stato un suocero fantastico, anche se penso voglia davvero uccidermi per non averti ancora sposata.
Quando ha visto il piccolo ha sorriso, sai. Ha detto che è uguale a te, che ha i tuoi occhi. Mi ha pregato di darti un bacio da parte sua, ricordandoti che è sempre vicino a te e che sarà sempre vicino al suo nipotino. Quanto a me, sono certo che mi terrà d’occhio, pistola a portata di mano, se sgarro.
 
Piansi a lungo, ma non erano lacrime amare. Per la prima volta da quando pensavo a mio padre mi ritrovai a sorridere al suo ricordo. Chissà se Edward aveva davvero immaginato prima quelle situazioni o se le aveva pensate sul momento.
 

  • Grazie.
  • Ti amo piccola, vi amo.


ok... non scrivo la parola the end, perchè lo farò nel prossimo capitolo, però ormai è davvero andata!
spero vi sia piaciuto il capitolo.
Ognuno è dove merita di essere, volevo inserire la figura di Charlie in qualche modo visto quanto lui è importante per Bella e l'unico modo che mi è venuto in mente è questo. Forse è un po' troppo smielato e romantico ma dovevo pur riscattarmi per tutto quello che ho fatto passare a sti due poverini, no?
Ci leggiamo con il prossimo capitolo. a presto ragazze.
Marya 

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Capitolo 28
*** 28 - EPILOGO. ***


Eccoci alla fine.

Stavolta davvero è l'ultimo capitolo.
Credo di averci messo tutto. Emozioni, ricordi e sentimenti.
Mi mancheranno questi personaggi, li sento vicini come se li conoscessi davvero. Scusate, è colpa della mia fantasia galoppante!!!!
Mi mancherete tanto anche voi però. So che non conosco nessuna di voi, non so di che colore avete i capelli o gli occhi, cosa vi piace fare o cosa odiate, ma conosco un po' dei vostri pensieri e vi ringrazio per avermi dato così tanto.

Edward e Bella coronano ogni loro sogno e io ne ho realizzato uno mio. Non credevo sarei mai riuscita a scrivere, tanto meno qualcosa di decente, ma voi mi avete davvero sostenuta e non lo dimentico!

Alla fine del capitolo troverete una dedica ad una persona speciale che non c'è più, passatemi questa dedica, magari le può arrivare in qualche modo e lei sa il perchè...

Visto che me l'avete chiesto in tante vi rispondo di sì. Ho scritto, o meglio ho cominciato a scrivere una nuova FF. Sono ancora in alto mare, per cui non sperate in aggiornamenti veloci come per questa storia, però giuro che mi metto sotto!
Eccovi il link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1111675

Cavoli! Ho scritto immensamente prima ancora di farvi leggere la fine, scusate è che vorrei dirvi così tante cose... ne basta solo una: GRAZIE.
A chi ha dato uno sguardo, a chi ha speso un minuto del proprio tempo per leggere le mie farneticazioni, ai lettori silenziosi e a voi, che siete state semplicemente fantastiche.














28 - EPILOGO.
 
Sono passati due anni dalla nascita di mio figlio, Charlie Carlisle Cullen. Due anni ricchi di gioia e serenità.
 
Ormai la faccenda relativa al rapimento di Lily è conclusa, tutti i complici di Maria hanno, in un modo o in un altro, fatto la fine che si meritavano. Jasper è riuscito ad incastrarla riguardo all’ennesimo coinvolgimento di Victoria, per cui credo che marcirà in galera fino a settant’anni almeno. Un’accusa di complicità in rapimento e tentato omicidio non è cosa da poco.
 
Io sono felice, felice come non lo ero mai stata prima. Felice e ansiosa. Me la sto facendo letteralmente sotto e non capisco perché. O meglio lo so il perché ma non capisco perché devo essere così agitata.
 

  • Bella? Vuoi smettere di agitarti? Mi rovini il lavoro.
Alice mi aveva sequestrata all’alba di ieri trascinandomi dal centro benessere all’estetista, dal parrucchiere al non ho ancora capito cosa. E questo non ha aiutato il mio stato d’animo.
Mi manca Edward, dato che non posso vedere lo sposo il giorno prima del matrimonio, e mi manca il mio bambino che non vedo da quasi quattro ore.

  • Alice è necessario?
  • Certo che lo è. Sei la sposa, vorresti entrare in converse e jeans come al tuo solito?
  • Non sarebbe una cattiva idea. – mia cognata mi ha fulminata con lo sguardo. – ok, come non detto.
  • Posso? – Lily è già vestita e con i capelli acconciati in una delicata treccia. Ha delle piccole viole in mezzo ai boccoli biondi ed è bellissima. Il suo vestitino bianco è semplice e raffinato e la delicata fascia blu spezza il candore dell’abitino.
  • Oh tesoro, sei bellissima. – mi sono sporta per abbracciarla ma madre e figlia mi bloccano in coro.
  • Ti rovini il trucco zia Bella. – tale e quale a sua madre. Sbuffo incrociando le braccia al petto e le lascio continuare.
  • Ok. Sei pronta. Sei bellissima sorellina.
Quando mi guardo allo specchio stento a riconoscermi. Alice ha fatto un ottimo lavoro.
Indosso l’abito appena un attimo prima che entri Esme. È ormai come una madre per me ma mi sarei imbarazzata comunque se avesse visto l’intimo che Alice mi ha regalato. Qualcosa di nuovo.
 
Esme mi guarda emozionata e si avvicina a me.

  • Posso far entrare Carlisle? Vorrei ci fosse anche lui.
  • Certo che può.
  • Carlisle entra.
Carlisle sta benissimo in smoking.
  • Wow, lo sposo avrà un rivale oggi. – lo prendo in giro.
Si imbarazza e si gratta la testa come fa Edward quand’è nervoso. Nonostante non siano consanguinei i loro modi di fare sono così simili, non avrei mai detto che non fosse suo padre biologico.
  • La sposa invece non ne avrà. Sei bellissima piccola.
  • Grazie. – devo dirgli anch’io qualcosa.
Ho prima chiesto il permesso ad Alice e parlato con Esme, e loro si sono dette felici della mia richiesta.
Avrei voluto che le cose fossero diverse e avrei voluto mio padre ad accompagnarmi all’altare. Ma non è possibile e in Carlisle ho trovato un altro papà.

  • Posso chiederti un favore?
  • Certo Bella. Tutto quello che vuoi. – mi avvicino a lui e gli sorrido.
  • Sai che c’è una nota triste per me in questo giorno. – lui annuisce, sa del mio legame con mio padre e della sofferenza per la sua scomparsa. – però sono certa che anche lui sarebbe d’accordo con me.
  • Su cosa?
  • Vorresti accompagnarmi all’altare, papà? – Carlisle mi guarda commosso poi mi stringe delicatamente a se.
  • Non potrei esserne più onorato. – ha gli occhi lucidi e il respiro agitato. Esme si avvicina a noi e mi accarezza la guancia. Lei sapeva già tutto ma aveva voluto godersi l’emozione di suo marito.
  • Anche noi abbiamo una cosa per te. – tira fuori dalla borsetta un delicato bracciale in oro bianco. È formato da un delicato intreccio di foglie in cui sono incastonati dei piccoli brillanti luminosi. – qualcosa di vecchio. Era di mia suocera. – mi dice Esme.
  • E qualcosa di prestato. – Alice mi porge degli orecchini coordinati al bracciale. – erano di nonna Elizabeth. Mi raccomando, li rivoglio indietro! – scherza.
  • Non so cosa dire. – sono commossa.
  • Niente, prima che cominci ad aprire la fontana. Non sciogliere il mio capolavoro.
Tutti scoppiamo a ridere.
  • ok, siamo pronti? – chiede Carlisle.
  • No. Manca qualcosa di blu. – interviene Rosalie, bellissima nel suo abito blu.
Mancava già da un’ora e, visti i capelli stranamente in disordine, immagino fosse con suo marito Emmet. Mi lancia una giarrettiera che Alice afferra e mi mette trafficando sotto la gonna del mio vestito.
Carlisle si gira arrossendo ed io sospiro, ormai abituata alle solite figure che le mie damigelle mi fanno fare da sempre.

  • Charlie? – chiedo io.
  • CCC è fuori, è gia vestito.
Lily si ostina a chiamare il cuginetto in quel modo e dice che è colpa nostra che gli abbiamo dato due nomi con la stessa iniziale del cognome. Solo lei però ha il permesso di chiamarlo così. Il piccolo mostriciattolo non si gira nemmeno se lo chiami CCC ma, se a farlo è la cuginetta, le dispensa sorrisi e abbracci a non finire.
 
Charlie somiglia molto a Edward. Ha i suoi occhi verdi, e il suo bellissimo e fatale sorriso. Da me, e da mio padre di conseguenza, ha ereditato i capelli castani e le guance paffute. Era stato un dramma per me scegliere il nome, non che non avessi pensato di dargli il nome di mio padre ma non volevo imporre la mia scelta. Edward mi sorprese come al solito.

  • Non avete ancora deciso che nome dare al bambino? – ci chiese Alice il pomeriggio della sua nascita. – Lily ha qualche idea ma non credo sia il caso di lasciarla decidere.
  • Perché? – chiese Edward. Se ricordavo quanto avessi faticato per decidere Amy, capivo a cosa si riferisse.
  • In questo momento è indecisa tra Simba, Aladdin e Principe azzurro.
  • Principe azzurro?
  • Si, lui non ha mai un nome, per cui principe azzurro è perfetto.
  • Non credo andranno bene. – risposi io guardando il visetto di mio figlio.
  • E comunque abbiamo già scelto il nome. – davvero? quando?
  • Mio figlio si chiama Charlie. Charlie Cullen. – mi disse guardandomi negli occhi. Non riuscii ad impedirmi di piangere.
  • Grazie. – sussurrai.
  • È sempre stato il suo nome. Da quando ho visto che era maschio.
  • Ho solo una piccola modifica. – gli dissi.
  • Quale? Vuoi dargli anche il tuo cognome? – mi chiese sorpreso.
  • No, Cullen va benissimo. Charlie, Carlisle Cullen. - Alice sorrise contenta mentre Carlisle mi guardava sorpreso ed emozionato.
  • Vuoi davvero dargli il mio nome?
  • Se per te va bene si. Nonnino.
  • Certo. Ragazzi che regalo fantastico. – ci strinse forte.
Non erano da Carlisle quegli slanci emotivi così plateali. Mi aveva abbracciata e accarezzata tante volte, ma sempre in modo discreto, mai con tanta enfasi. Ridemmo tutti del suo atteggiamento.
 
 
 

  • Bella ci sei? È ora. – la voce di Alice mi riporta al presente.
  • Si, sono pronta.
  • Andiamo.
Quando arrivo davanti alla scalinata di quella che fino a diciotto mesi prima era Villa Meyer vedo il mio bambino mano nella mano con Lily.
  • Amore di mamma. – mi abbasso per prenderlo in braccio e lui si stringe a me.
  • CCC cosa abbiamo detto? Prima portiamo gli anelli e dopo il riso si abbraccia la mamma. – lo ammonisce Lily. Lui scende dalle mie braccia sistemandosi la giacchetta del piccolo smoking bianco e blu e da la mano alla cugina.
 
Quando esco in giardino resto a bocca aperta.
Alice ed Esme si sono superate.
 
 
Un anno e mezzo prima, sei mesi dopo la nascita di Charlie, ero tornata a Forks per imballare le ultime cose in casa di mio padre. Avevo fatto la dolorosa scelta di vendere la casa. La mia vita ormai era lontana da Forks e una mia vecchia compagna di scuola mi aveva fatto una buona offerta. Inoltre aveva intenzione di aprire un asilo nido in quella casa, così mi decisi a venderla. Anche perché sarebbe stata data al nuovo sceriffo se restava disabitata. Mi sarebbe mancata ma dovevo iniziare a vivere il mio presente.

  • Mi mancherà Forks. – avevo detto a Edward. Lui mi aveva presa per mano e trascinata nella radura. Non avevo brutti ricordi in fondo di quel posto. Quando mi ci avevano portata ero incosciente e quando avevo aperto gli occhi Edward era lì con me. E poi era nato mio figlio tra quegli alberi.
  • Ho fatto una cosa. – mi disse davanti alla casa bianca dei Meyer. La casa dove era nato mio figlio. – hai detto che Forks ti mancherà.
  • In un certo senso si, è l’unico posto che abbia sentito casa prima di Seattle.
  • E se ci fosse un posto in cui poter tornare quando ne hai voglia?
  • Ho venduto la casa Edward, dovevo farlo.
  • Ma se avessi un’altra casa qui?
  • Quale casa?
  • Questa ad esempio.
  • La villa dei Meyer?
  • Non si chiama più villa Meyer.
  • L’hanno venduta?
  • Si.
  • Che peccato. Non ci potremo più venire.
  • Perché no?
  • Non credo che i nuovi proprietari sarebbero d’accordo.
  • Io dico di si.
  • Come?
  • Sei tu la nuova proprietaria di questa casa. O meglio siamo noi. La casa è nostra.
  • Cosa? Tu… tu hai… comprato questa casa per me?
  • In realtà è per noi. Credevo ti piacesse.
  • Io l’adoro ma… oddio Edward non ci credo.
  • Credici. È nostra.
Passai la successiva mezz’ora a baciare Edward e le due ore che seguirono a rotolarci tra le coperte che Edward aveva portato “in caso di bisogno”.
 
 
E adesso mi ritrovo a percorrere il sentiero che porta al grande gazebo in legno al braccio del mio secondo papà, mentre seguo la bambina grazie a cui i miei sogni sono diventati realtà e mio figlio, il mio piccolo miracolo. Sono emozionata e noto a mala pena gli invitati.
 
Scorgo il sorriso sornione di Gus, seduto vicino alla nonna di Rose di cui stringe la mano, intravedo il viso sereno di Carmen ed Eleazar e qualche vecchia conoscenza del paese, mi sono rifiutata di invitare tutti gli abitanti di Forks.
È il mio matrimonio, non voglio scatenare i commenti di ogni abitante, hanno già dato durante i funerali di mio padre.
Per quanto mi riguarda l’altro invito l’ho spedito a mia madre, ma non credo verrà. Non è venuta nemmeno per conoscere suo nipote.
Edward gli telefonò arrabbiato e deluso dal suo comportamento ma pare non abbia proprio capito.
Poco male, io una madre l’ho trovata e non me ne serve un’altra.
 
Quando finalmente vedo Edward il mio respiro si blocca nel petto.
È Bellissimo.
Indossa uno smoking come quello di Charlie, ma in nero, e sorride felice.
Vorrei tanto corrergli incontro e lanciarmi tra le sue braccia ma non credo le mie gambe reggerebbero all’emozione.
Quando siamo vicini a lui Carlisle posa la mia mano sulla sua e mi bacia la guancia.
Non ascolto una parola di ciò che dice il pastore. Sono concentrata sul viso di Edward.

  • Ripeto. Vuoi tu, Isabella Swan prendere il qui presente Edward Cullen come tuo sposo? – chiede il pastore.
  • Cosa? Si, certo che lo voglio. – rispondo scatenando le risate di tutti, soprattutto di Emmet.
  • E tu, Edward Cullen, vuoi…
  • Si, lo voglio. – lo interrompe lui. Il pastore scuote la testa sospirando.
  • Bene, portate gli anelli.
Ci voltiamo entrambi a guardare un impacciato Charlie che cerca di non cadere mentre tiene un cuore fatto di edera a cui sono legate le nostre fedi.
Quando è vicino Edward lo prende tra le braccia baciandolo e lui gli stringe le braccine al collo. Sono perfetti insieme. Accarezzo il viso di mio figlio e Edward lo da in braccio a Emmet.
La mia famiglia è letteralmente impazzita per Charlie e se lo spupazzano di continuo.
Non ho nemmeno guardato i nostri testimoni ma devo dire che fanno una fantastica figura.
Emmet e Jasper hanno uno smoking uguale a quello di Edward, mentre Alice e Rosalie hanno un vestito dal taglio diverso ma della stessa tonalità di blu.

Quando Edward mi mette la fede al dito sento le sue mani tremare, è emozionato. E lo sono anch’io quando prendo la sua.
Abbiamo deciso di scambiarci delle promesse scritte da noi. Dovevo immaginare che Edward mi avrebbe fatta piangere.

  • Ho scritto così tante volte queste parole da poterci riempire un’enciclopedia. Ogni volta mi sembrava tutto troppo ovvio o banale. Ma non c’è mai stato nulla di banale o scontato nel nostro rapporto.
    Tu mi hai riportato alla vita Bella. Mi hai ridato speranza e ci hai riportato Lily. Non ci sono abbastanza parole per descrivere ciò che sento.
    Mi sono innamorato di te la prima volta che ho incontrato i tuoi occhi di cioccolato nel giardino di Gus. E non ho smesso un attimo di amarti da quel momento, anche se non lo capivo ancora.
    Ne abbiamo passate tante, troppe. Il destino ha giocato più del dovuto con noi ma alla fine ti ha sempre riportata da me. E da nostro figlio.
    Sai bene quanto fossi convinto di non avere speranze, di non meritare un futuro, ma tu mi hai dato tutto. Amore, speranza, vita.
    Mi hai dato un figlio che amo e che rende le nostre vite meravigliose. E di questo non potrò mai ringraziarti abbastanza.
    Ti amo signora Cullen.
 
Cerco di asciugarmi le lacrime e non balbettare mentre pronuncio le mie promesse.

  • Io sono sempre stata impacciata quando si tratta di sentimenti. Non sono brava con le parole. E poi tu hai detto tutto ciò che avrei detto anch’io.
    Anche tu mi hai salvato al vita, anche tu mi hai ridato speranza e un futuro. Mi hai dato tutto ciò che ho sempre sognato, anche di più. 

    Mi hai dato una famiglia e dei figli. Non potrei essere più felice di così.
  • Figlio. – mi corregge Edward. Io scuoto la testa con un sorriso, ero certa mi avrebbe corretto.
  • Figli. – lo ripeto portando la mano di Edward sulla mia pancia e vedo il suo volto illuminarsi. Mi stringe forte e mi bacia con estrema dolcezza.
  • Non avevo ancora detto che poteva baciare la sposa. – il pastore comincia a lamentarsi ma qualcuno lo zittisce, credo Lily, non ho fatto molta attenzione.
  • Davvero sei incinta? – mi chiede piano poggiando la sua fronte sulla mia.
  • Si. E stavolta sei il primo a saperlo. Più o meno.
  • Ti amo, ti amo. Ti amo. – mi bacia il viso stringendomi forte finchè Charlie non gli tira il pantalone.
  • Pa? – lo chiama. Edward si abbassa e lo prende in braccio mettendolo tra noi. Io lo bacio e stringo la mano di mio… il pastore ci guarda, sembra perplesso ma poi sorride. Tutti gli invitati sono a bocca aperta. Famiglia compresa.
  • Ok. Con il potere conferitomi da eccetera eccetera eccetera, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa.
Edward mi bacia di nuovo tra gli applausi di tutti finchè nostro figlio ci separa e poggia un bacio leggero sulle mie labbra e su quelle di suo padre.
Qualcuno ha fotografato quel momento ed è la foto più bella del mondo. Noi tre, anzi noi quattro insieme per la prima volta.

Ho dovuto sopportare le urla di mia cognata, offesa per non aver saputo nulla della nuova gravidanza, poi gli sguardi furiosi di Rosalie per non averla preparata psicologicamente alla cosa, le battutine irripetibili di Emmet e gli abbracci calorosi dei miei suoceri. Tutti ci hanno fatto mille auguri ma lo sguardo felice di Edward non ha lasciato un attimo i miei occhi.
Lily ha preso molto bene la notizia di un nuovo bambino in arrivo.
Con fare pratico ha commentato che avrebbe avuto più scelta d’abbigliamento con due bambini, poi mi ha stretta forte.

  • ti voglio benissimo zia Bella. – mi ha detto felice. Ho dovuto faticare per non piangere ancora.
 
Il matrimonio è trascorso in modo fantastico, ho pensato che tutto fosse rovinato quando ho visto mia madre venirmi incontro ma non è successo niente di catastrofico. Anzi.
Ho scoperto che Edward le aveva telefonato minacciandola di andarla a prendere con la forza se non fosse venuta e consigliandole di comportarsi come una madre, per una volta nella vita.
Niente tornerà mai a posto con lei, io ho già una madre ed è Esme, ma almeno ci siamo riavvicinate.

La nostra luna di miele a tre, anzi quattro è stata indimenticabile. Non ci saremmo separati mai da nostro figlio, così abbiamo deciso di portarlo con noi. Inutile dire che Emmet si è sprecato in battutine riguardo una prima notte di nozze mancata. Beh, ha avuto torto!

La nostra prima notte di nozze è stata indimenticabile. Abbiamo fatto tutto al contrario. Prima due figli, poi il matrimonio, per cui il significato di prima notte di nozze è un po’ diverso rispetto a quello originale.
Edward però ha reso tutto meraviglioso.

Ha affittato una casa in riva al mare in modo da poter far divertire anche Charlie. Il nostro bambino è crollato appena arrivati e mio marito mi ha regalato una notte fantastica. Abbiamo fatto l’amore dolcemente ma con tanta passione e tanto amore.
Ci siamo amati tutta la notte, beandoci dei nostri sorrisi e perdendoci nella nostra felicità.
La mattina ci siamo svegliati con le mani intrecciate sul mio ventre mentre un assonnato Charlie dormiva ai piedi del nostro letto. Eravamo due incoscienti che non si erano nemmeno vestiti e per fortuna nostro figlio aveva deciso di non infilarsi sotto le lenzuola. Non avrebbe comunque capito ma non ci tenevo a farmi vedere completamente nuda e avvinghiata a suo padre, soprattutto la mattina quando suo padre, o meglio la parte inferiore di suo padre, era decisamente sveglia.

Furono le due settimane più spensierate di tutta la mia vita.
 
 
 
 
Oggi è il nostro primo anniversario di matrimonio. Charlie è a letto da un’ora mentre Elizabeth Esme Rosalie Cullen dorme attaccata al mio seno.

La mia bambina è nata cinque mesi fa, in un ospedale stavolta, ma sempre con la presenza di suo padre. Stavolta non mi ha lasciato la mano, è stato accanto a me sostenendomi e confortandomi. Gli ho distrutto una mano, poverino, ma non si è lamentato.

Pochi giorni dopo la sua nascita era venuta a mancare nonna Rosalie, in seguito ad una brutta malattia.
Lei era stata forte e sorridente fino alla fine, grata di aver vissuto una vita ricca e piena. Ogni volta che Rose piangeva lei si arrabbiava, dicendole che non era giusto versare lacrime per qualcuno che era felice.
Non ci aveva mai fatto pesare la sua malattia e se n’era andata durante la notte, nel sonno, con il sorriso ancora sulle labbra per aver scoperto che la sua adorata nipotina aspettava un bambino.
Gus non era tornato a casa sua, ma era partito per uno dei suoi lunghi viaggi. Gli mancava nonna Rose ma aveva vissuto tutto con il sorriso, come lei gli aveva chiesto.
 
Quando Edward ci vede sorride felice.
È appena tornato dal lavoro ed ha la faccia stanca. Mi bacia dolcemente, poi prende nostra figlia dalle mie braccia e la bacia con tenerezza.
È assolutamente innamorato di nostra figlia e Liz adora il suo papà. Non sorride a nessuno come sorride a lui, nemmeno a me.
Liz è la fotocopia di suo padre, a parte gli occhi marroni come i miei. La mette nel suo lettino e mi porta in salotto abbracciandomi.

  • Stanco dottore?
  • Non più da quando l’ho vista, signora Cullen.
  • Edward siamo sposati da un anno, non puoi continuare a chiamarmi signora Cullen.
  • Perché no? Mi piace.
  • Anche a me. Hai ragione, chiamami signora Cullen.
Mi bacia e mi porge una rosa bianca che ha portato sicuramente quando è arrivato.
  • Buon anniversario amore. – mi bacia dolcemente.
  • Buon anniversario anche a te. Hai fame?
  • Un po’.
  • Ti ho preparato la torta al cioccolato bianco. – so che è la sua preferita.
  • Se rimandassimo a dopo la torta? – mi propone. So a cosa si riferisce. Abbiamo ripreso da poco a fare l’amore e sembra non essere mai sazio. Non che io lo sia.
  • Perché?
  • Perché voglio assolutamente approfittare delle due ore di tregua che tua figlia ci concederà prima di reclamarti di nuovo.
  • Concordo dottor Cullen. – gli rispondo baciando il suo pomo d’Adamo.
 
Non mi da neppure il tempo di muovermi che mi solleva tra le braccia trascinandomi in camera nostra. Sul nostro letto, per fare l’amore.
 
 
 
 
Ci si può sentire vuoti e soli anche in mezzo a centinaia di persone?
Ci si può sentire spenti quando la tua età dovrebbe darti tanta di quella carica da affrontare la vita saltellando come un grillo?
Ci si può sentire inadatti, come se mancasse un pezzo fondamentale nella tua vita?
La mia risposta è uguale per ogni domanda: sì!
 
Questa era la mia risposta quasi tre anni fa, e lo è ancora oggi.
Ma la mia risposta è anche cambiata.
La mia risposta è si, finchè il destino non ti fa incontrare la persona che ti renderà felice.
Che ti farà sentire amata e ricca di vitalità, non importa quale sia la tua età.
Ho capito che non serve cercare qualcosa ad oltranza, forse più ti ostini e più tardi arriverà.
 
Nella vita tutto accade in fretta.
 
Sembra tutto leggero come le ali di una fata.
Delicate, leggere eppure capaci di portarti in volo. Basta avere voglia di vederne i colori e guardare lo strabiliante scintillio che si lasciano dietro.
 
Basta cercare la tua magia nella vita per renderti conto che esiste davvero.
 
Le persone che ami vanno via all’improvviso ma una parte di loro resta sempre con te e il pezzo che sentivi mancare viene sostituito da uno ancor più speciale.
 
La vita non è facile e non sempre è giusta ma vale la pena viverla e affrontarla.
 
Un giorno, non so quale e quanto lontano, riderai delle tue paure e capirai che ti hanno portato ad essere la persona speciale che sei.
 
 
 
 
 
A Gabry. Ci manchi.
 
 
 
 
 
FINE.













a presto.

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