De impossibilia

di herms
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** magno cum maerore ***
Capitolo 2: *** Secretum ***



Capitolo 1
*** magno cum maerore ***


D'accordo, so di essere estremamente masochista. Non ho idea del perchè di questa storia, ma solo della speranza che è nata con lei: che io senta ancora il bisogno di scrivere. Ho tutta la storia in mente, tutti i momenti più importanti, ma non ho idea se riuscirò davvero a scriverli. Ci proverò, comunque. E spero mi aiuterete a farlo.

Questa storia sarà ben diversa dalla mia Dramione precedente, più dark se verrà fuori come la desidero. Scrivo in modo diverso, sono molto cresciuta e rispetto a "l'Errore più grande", ritengo che il mio stile si sia evoluto. O almeno lo spero, perchè rileggendo i primi capitoli mi sono messa le mani tra i capelli, veramente.

Detto tutto ciò, vi lascio al primo capitolo.

 

Herms.

 

Ps: negli avvertimenti ho deciso di inserire l'OOC, non perchè mi piaccia, anzi, ma ho realizzato che è pressochè impossibile scrivere una dramione senza OOC. Ah, troverete all'inizio Draco un po'... stanco, debilitato. Calcolate che siamo al sesto anno e capirete il motivo. Buona lettura.

 

Draco/Hermione, once again.

 

 

 

DE IMPOSSIBILIA.

 

 

 

But I set fire to the rain,
Watch it pour as I touched your face,
Let it burn while I cry,
Cause I heard it screaming at your name,your name!

 

Set fire to the rain, Adele.

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1: Magno cum maerore.*

 

 

Pioveva, fuori dalla vetrata. O forse no, forse era solo il suo malumore che contagiava tutto ciò che la circondava, lo permeava. 
Stava tentando in ogni modo di calmarsi, di riprendere il controllo, ma fino a quel momento non c'era riuscita.

Una cascata di ricci biondi che copriva il volto di quel ragazzo, che per molto tempo aveva sperato di poter considerare il suo ragazzo. Il boato della Sala Comune che festeggiava a suo modo quella nuova, strana, impensabile coppia. Ginny che lo guardava con aria di rimprovero e uno sguardo vagamente disgustato nei confronti della compagna.
Harry perplesso ma con una scintilla di orgoglio negli occhi.

Non era un semplice pugno nello stomaco, era qualcosa di più, sembrava che qualcuno continuasse a colpirla anche allora che era rintanata in quell'aula sconosciuta.
Non poteva lasciarsi andare così, non era da lei mostrarsi così fragile. Debole.
Era una coraggiosa erede di Godric, non avrebbe messo da parte il proprio orgoglio per una delusione. Una grande, dolorosa, rovente, delusione.
Spalancò i vetri, accogliendo con sollievo la ventata di aria gelida che le sferzò il viso. Sentì le ultime lacrime seccarsi sulle sua guance, e inspirò profondamente, passandosi le mani tra i capelli nel vano tentativo di calmarsi.

Sentì la voce di Harry che la chiamava nel corridoio e spaventatasi, si gettò in una porticina laterale. Non era ancora pronta, non aveva la forza di parlare con Harry, o peggio di ascoltare Harry, che coi suoi goffi tentativi di rassicurarla l'avrebbe forse fatta sentire anche peggio.
Chiuse il battente delicatamente, sperando di non far rumore. Attese qualche momento, e una volta sicura che Harry fosse passato oltre quell'aula, si lasciò scivolare contro la parete accovacciandosi per terra.

- Non pensavo che persino i suoi amici evitassero Potter – sibilò una voce dal fondo della stanza.
Hermione saltò in piedi sfoderando la bacchetta, strofinandosi gli occhi nella speranza di liberarsi di quello strato di lacrime che le appannava la vista.
- Malfoy – constatò con tono stanco. Per qualche ragione abbassò la guardia, sentendo scemare la sensazione di pericolo. In condizioni normali, trovandosi in una stanza da sola con una delle persone che più l'odiava al mondo, non avrebbe certo riposto la bacchetta. Probabilmente era lo sguardo stanco, quell'aria vagamente trasandata che mai aveva visto sul ragazzo a convincerla.
Lui la guardò con aria sorpresa, ma non accennò a spostarsi dal suo angolo. Aveva delle profonde occhiaie attorno agli occhi, lo sguardo spento.
- Allora? Stai tentando di liberarti di Potter una volta per tutte? -
- Non è come pensi -
- Non mi devi spiegazioni, a lui e all'altro magari sì. -
- Non sai di cosa stai parlando, io non voglio evitarlo. Sono solo … -
Non terminò la frase vedendo il giovane che cominciava a muoversi nella sua direzione, senza staccare gli occhi dai suoi, come se stesse tentando di leggerle dentro.

- Stanca? Stufa delle pressioni, delle aspettative? -
Erano vicinissimi, ed ebbe la netta impressione che non stesse più parlando di lei, ma di se stesso.
Stava per ribattere quando sentì nuovamente Harry che la chiamava con tono preoccupato lungo il corridoio. Vide che Malfoy stava per parlare, e senza pensarci gli mise una mano sulla bocca, spingendolo contro la parete laterale della stanza. Lo pregò con lo sguardo di far silenzio, rodendo per l'occhiata sarcastica e divertita che le stava rivolgendo.
Passò qualche minuto prima che si decidesse a lasciarlo andare, anche se era perfettamente conscia del fatto che se avesse veramente voluto liberarsi avrebbe impiegato meno di un secondo.
Abbassò lentamente la mano, sentendo il suo respiro infrangersi sul suo volto.
Lesse uno strano sguardo nei suoi occhi, e si accorse di essere ancora appoggiata contro di lui. Scostatasi velocemente uscì dalla stanza, correndo verso la Torre di Gryffindor.
Forse era il momento di andare a rassicurare Harry che non aveva intenzione di tentare il suicidio.

Ancora nella stanza, Malfoy fissò con sguardo turbato la porta.

- Buonanotte anche a te, Granger. -

 

 

***

 

 

And guess what,
I'm having more fun,
And now that were done,
I'm gonna show you tonight,
I'm alright,
I'm just fine,

 

So what, Pink.

 

So what, Pink.

 

 

 

- Sicura di star bene? - le domandò per la miliardesima volta una Ginny Weasley eccessivamente apprensiva.
- Sì, te l'ho detto -
- Sai che mio fratello è un imbecille, cambierà idea! E lei è una tale.. sciacquetta -
- Sto bene –
Non era vero. Non stava per nulla bene, ma sapeva di non potersi lasciare andare, nemmeno con la sua migliore amica. Temeva che se avesse mollato i freni, sarebbe finita con l'accennare all'incontro con Malfoy, e ne era rimasta già abbastanza turbata.
Non l'aveva attaccata, insultata, derisa.
L'aveva capita in un secondo. E questa era senza dubbio la cosa peggiore.
Il dolore andava e veniva a ondate, meno forte della sera prima, ma ancora aveva la sensazione costante che qualcuno si divertisse a prenderla a calci negli stinchi.
- Ma sei sicura di star bene? -
- Sì, tranquilla -
- Potrei schiantarlo. O magari fargli una bella Fattura Orcovolante, è tanto che non mi esercito. -
Normalmente quella affermazione le avrebbe strappato un sorriso, oltre ad un rimprovero per il rischio di una punizione, ma in quel caso non la toccò nemmeno.
Raccolse il libro di Antiche Rune, sperando, inutilmente, che la giovane Weasley la lasciasse sola almeno per un po'. Probabilmente era troppo preoccupata per lei per allontanarsi più di qualche passo, come se temesse di vederla esplodere da un momento all'altro.

La porta si spalancò accompagnata da un eccesso di risate e dalla brillante chioma di Lavanda Brown.
Calì entrò con lei, gelando sulla soglia alla vista di Hermione e della luce omicida negli occhi di Ginny.
- Hermione! - esclamarono entrambe con voce leggermente stridula – pensavamo foste già scese a colazione, noi andiamo subito -.
- Noi stavamo giusto andando – sospirò Hermione in direzione di Calì, ignorando con tutte le sue forze la presenza di Lavanda e l'impellente desiderio di maledirla in almeno dieci modi diversi.
Sbattè la porta dietro di sé, respirando a fondo.
- Ammettilo -
- D'accordo, ora vorrei ammazzarla -
- Ora ti riconosco! Bene, possiamo andare a colazione -
Quello fu il primo sorriso che riuscì a strapparle in più di ventiquattrore.

***


I want you to want me,
I need you to need me,
I'd love you to love me,
I'm beggin' you to beg me,
I want you to want me,
I need you to need me,
I'd love you to love me ,

I want you to want me, Letters to Cleo.

 

 

 

 

 

L'aria della Sala Grande era invasa dal dolce profumo delle frittelle mattutine, mischiato solo a quello di gelsomino, segno che Cho Chang era a caccia di una nuova conquista. Aveva sempre trovato quella ragazza ben poco interessante, e il fatto che fosse uscita con Potter (fingendo di non sapere che lui sarebbe finito sposato con tanti bei bambini assieme alla Weasley) le precludeva ogni possibilità con gli Slytherin.
Si passò la mano tra capelli biondi con fare distratto, richiamando su di sé gli sguardi adoranti di una folla di primine Hufflepuff, che a malapena avevano il coraggio sufficiente a guardarlo.
Dal tavolo Ravenclaw si alzavano acuti cinguettii e urletti entusiasti per le notizie odierne del Corriere di Hogwarts, maledetta rivista dalla recente nascita, che per una volta era riuscita a migliorare persino l'umore di Malfoy.

Problemi in Paradiso? Il Trio dei Miracoli si spezza” titolava in quel giorno assai lieto per lo Slytherin.

Si accomodò accanto a Zabini, qualche posto di distanza da Tiger e Goyle, spalle fedeli, pronti a seguirlo sempre e comunque.
Guardò con disgusto l'enorme pila di torte e assortimenti vari di dolciumi, chiedendosi come diavolo fosse possibile che non si trovasse un semplice tè, ma almeno cinquanta diversi gusti di succo di frutta. Erano pur sempre in Inghilterra, che problemi aveva quella scuola?
Zabini si voltò verso di lui con la consueta area annoiata che indossava ogniqualvolta si trovasse in presenza di un soggetto di sesso femminile che potesse anche solo vagamente trovare intrigante.
- Quelle occhiaie non ti donano affatto. Condivido i capelli spettinati, ma il viola è ben poco sexy. - Se non l'avesse conosciuto bene, gli avrebbe forse ricordato il suo cugino rinnegato di cui gli aveva parlato Andromeda l'unica volta che l'aveva vista in vita sua.
- Blaise, qualcuno di noi non ha bisogno di preoccuparsi di essere sexy, alcuni hanno la fortuna di questo dono innato. - replicò con un ghigno stanco.
L'altro parve sufficientemente soddisfatto da quella risposta, e riportò la sua attenzione su una Ravenclaw dai grandi occhi verdi, che frequentava il quarto anno. Draco scosse la testa, esasperato.
- Pedofilo -
- L'età è solo un numero, mio caro, e io non ho mai amato la matematica -
Cassandra Hamilton si sedette al suo tavolo, sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso con aria timida, del tutto inconsapevole dei due sguardi posati su di lei – uno predatorio e l'altro perplesso.
Portava i capelli biondi ramati raccolti in un precario chignon fermato da una piuma, un velo di trucco suggeritole dalle compagne e degli occhiali verdi abbinati ai suoi occhi.
Draco poteva anche ammettere che fosse almeno in parte carina, forse per i tratti delicati del viso o il fisico atletico.
Era co-direttrice del neonato giornale scolastico, Il corriere di Hogwarts, e dava la costante impressione di non avere un minuto per vivere.
Si voltò verso il compagno, vagamente preoccupato per quell'interesse. Zabini era uno di quelli che si innamorano nei giorni pari, e si dimenticano della cosa nei giorni dispari, e questo era noto a tutti. E sì, il fatto che da due lunghissime settimane si dedicasse a quella ragazza - non solo a lei, sia ben chiaro – era quantomeno strano.
- Blaise, non hai speranze. -
- Mamma, non sono io quello che da anni è ossessionato - in maniera alquanto morbosa se permetti - da qualcuno che senza dubbio lo annovererebbe tra le persone più odiate al mondo -
- Non ho idea di cosa tu stia parlando – ribattè con nonchalance mentre si versava del banalissimo succo di zucca, che in realtà avrebbe preferito versate in testa al compagno. Dopotutto era abituato a quelle frecciatine buttate lì, per quanto lui non avesse mai espresso nemmeno una sillaba a conferma delle bizzarre teorie di Zabini, anche se – come l'altro amava ricordare – non si era mai nemmeno espresso contro.
Non l'aveva mai fatto perlopiù poiché pensava che fosse inutile sprecare il fiato per esprime un'opinione piuttosto palese, e le sue idee raramente venivano taciute.
Ingoiò a malavoglia un paio di biscotti reprimendo il senso di nausea che da giorni non gli dava pace, mentre allungava due bicchieri verso Tiger e Goyle.
- Andiamo – intimò loro senza bisogno di spiegazioni, scostandosi dal tavolo e dirigendosi verso l'ingresso della Sala.
- Vengo anch'io – dichiarò Zabini affiancandosi ai tre – così passo a dare il buongiorno a Cassandra. -
Draco alzò gli occhi al cielo, come se non avesse cose più importanti, più urgenti di cui preoccuparsi.
- Certo, adoro vedere questi tuoi sfoghi di umiliante autolesionismo. -
L'altro sbuffò con stizza, incenerendo con gli occhi il giovane Gryffindor, Seamus, che si era avvicinato alla ragazza, scompigliandole scherzosamente i capelli.
Malfoy osservò divertito l'amico che con estrema noncuranza ignorò completamente il Gryffindor, mentre salutava con sorriso felino una piuttosto perplessa Cassandra. la ragazza raccolse i libri allontanandosi dalla sua tavola, mentre lo Slytherin continuava a parlarle imperterrito, apparentemente ignaro dello sguardo infastidito della Ravenclaw.
Uscirono a passo di marcia, fornendogli uno dei rari svaghi che si poteva concedere in quegli ultimi mesi.
- Uscirò con te quando l'inferno gelerà, Zabini -
- Mai dire mai, tesoro -




***


 

 

 

- Non mi importa per niente, può baciare chi vuole per quanto mi riguarda – bisbigliò mandando al loro posto, con una strana violenza, alcuni dei libri che si era finalmente decisa a riconsegnare alla biblioteca, almeno per passare un po' di tempo.
- Sicura? Guarda che è una cosa da nulla, è solo arrabbiato con Ginny per quello che gli ha detto... sei sicura.. -
- Sì, sto bene! - esclamò con tono stranamente acuto, mettendo con forza eccessiva un puntino sulla i.
Sapeva di apparire tutt'altro che a posto, ma quel continuo preoccuparsi per lei la faceva impazzire, le faceva più male del fatto stesso. Prima Ginny che tentava di convincerla a fare cose che non avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà, come uscire da Hogwarts di nascosto per andare a Mielandia – e poi finire certamente espulsa -, e Harry che la trattava come una bomba sul punto di esplodere.
Tutti coloro che la incrociavano la guardavano con aria di comprensione, di compassione, come davanti a un cucciolo perso per la strada. Come se non fosse in grado di trovare nessun altro che la volesse a parte Ron. Come se non valesse nulla più. Era uscita con Victor Krum per la miseria! Poteva sopravvivere tranquillamente senza Ronald. O comunque poteva sopravvivere in qualche modo.

Ignorò, facendo appello agli ultimi brandelli di pazienza che ancora possedeva, lo sguardo preoccupato di Harry, decidendosi a trascinarlo fuori dalla Biblioteca.
Quegli ultimi giorni erano stati impossibili. Non ne poteva più di essere costantemente controllata dai suoi amici, come se credessero veramente che stesse così male. Sì, stava male. Ma in effetti meno di quanto si sarebbe aspettava, ed era quello che la preoccupava più di tutti. Ogni tanto si sentiva sconfortata, triste, ma la sua vita proseguiva normalmente e a volte si dimenticava perfino della cosa.
- Senti Harry, ho scordato di fare una cosa per... Aritmanzia, ci vediamo a pranzo, d'accordo? -
Lui la guardò sospettoso, ma certo non poteva proporsi di aiutarla.
- Va bene, a dopo – si allontanò circospetto, dandole un ultimo sguardo triste.
Hermione si diresse a passo lento verso la Biblioteca, ma appena lo vide scomparire dietro l'angolo cominciò ad aumentare il passo. E dopo poco si ritrovò a correre, senza pensare dove stesse andando, perchè lo stesse facendo.
Si sentì chiamare, un paio di volte.
Luna la salutò allegra con la mano, sostenendo che senza dubbio stava inseguendo una qualche inesistente creatura di sua invenzione.

Arrivata dalla parte opposta del castello rispetto alla torre di Gryffindor si infilò nella prima aula vuota che trovò, e rimase di stucco nel vedere chi ci fosse già dentro.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

 

* il titolo significa: con grande dolore/tristezza. Il cum è posposto per seguire lo stile degli autori latini.

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Capitolo 2
*** Secretum ***


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Capitolo 2: Secretum

 

 

 

 

 

- Questa scuola si sta rimpicciolendo col passare degli anni. – commentò asciutto senza degnarla di più di un'occhiata e rivolgendosi di nuovo verso la finestra.

Lo stupore si palesò sul suo volto, mentre bisbigliava il suo nome inconsciamente, nel suono dell'acqua che s'infrange sugli scogli dopo un'onda improvvisa. Si scrutarono a vicenda, come due felini che s'incrociano per errore durante la caccia.

- Malfoy – ripetè a voce più alta.

- L'unico e inimitabile – ribattè atono, sfogliando con calma le pagine di quello che lei riconobbe essere il “Manuale dell'artigianato magico”.

Scosse la testa scettica, esplorando la stanza con lo sguardo. Doveva essere vuota da tempo, uno spesso strato di polvere ricopriva ogni cosa, tranne una poltrona verde smeraldo accostata all'unica finestra della sala. Era una di quelle numerose aule dimenticate da tempi immemori, nessuno le conosceva, nessuno se ne interessava. Ciò la rendeva il posto perfetto per chi ricercasse un minimo di solitudine, lontana da tutto e da tutti, silenziosa.

Era curioso che si fossero ritrovati in una delle parti meno frequentate della scuola, nello stesso momento, nella stessa aula. Ma a nessuno dei due sembrava importare: pareva che si trovassero in una bolla, in un attimo di pace sospeso dalla vita quotidiana, dai problemi, dall'odio.

<< Ancora in fuga? >> le domandò voltandosi a scrutarla negli occhi, pronto a scorgere ogni sensazione, ogni lampo di emozione che vi sarebbe passata.

<< Ancora a nasconderti? >> Non era come lui. Non riusciva a dissimulare le emozioni dietro un velo di pietra, indossando una maschera all'occorrenza. Era umana, sensibile, Gryffindor. Chiunque le stesse vicino sentiva cosa provasse, lo percepiva. Ma non quella volta. Era calma, fredda, glaciale. Era una partita a scacchi tra due avversari che non intendevano lasciar intendere le loro mosse prima di compierle, men che meno cadere.

<< Lingua biforcuta, sicura di essere Gryffindor come credi? >> Malfoy bibigliò, piegando elegantemente il capo di lato.

<< Alla vicinanza il veleno delle serpi contagia chi li circonda >> l'attacco è la miglior difesa ed entrambi parevano aver scelto quella via.

Le si avvicinò con andatura felina, passo dopo passo, respiro dopo respiro.

<< Bisogna che la serpe ti morda prima, Granger >> soffiò con tono graffiante << E no, tu non l'hai mai provato il veleno. Non sai cosa significa sentire ogni tua fibra che ti spinge contro le decisioni della tua mente, che ti lega a scelte che non vorresti fare >>

Era certa che non stesse più parlando di quello che sarebbe potuto accaderle, c'era troppo dolore, risentimento in quelle parole, talmente tanto da non poter essere nei suoi confronti.

<< Non esistono scelte che non possiamo fare, è la nostra volontà a fare la differenza >> non avrebbe voluto, ma il suo tono sapeva di accusa e rabbia, aveva l'amaro sapore delle offese più volte incassate e del rancore che non riusciva a sopire.

<< E' questo che vi dite voi Gryffindor per discolparvi prima di andare a dormire ogni sera? >> quel commento risuonò come lo sbattere di una porta appena aperta da una folata di vento improvvisa e richiusa con violenza.

<< Colpa? Fare le proprie scelte sarebbe una colpa? Combattere per i propri principi e non lasciarsi sottomettere? >> La sua espressione era di rabbia e sorpresa allo stesso tempo, era stupita di essere attaccata da qualcosa che aveva sempre considerato fuori discussione.

<< Quanto siete ingenui voi Gryffindor, sempre pronti a giudicare a spada tratta, proseguite per la vostra strada senza mai considerare che ci sia altro al di fuori di essa >> le prese in mento tra le dita, costringendola a guardarlo ancora << Non avete idea cosa significhi essere nati dalla parte sbagliata. Troppo comodo non dover nemmeno scegliere e ritrovarsi dalla parte dei buoni. >>

Posò le labbra sulle sue, in un bacio che non era tale, era rabbia, dolore, paura. E il suo restare immobile, la sua resa, non era null'altro che un'ulteriore umiliazione per lui e per lei, era compassione. E la compassione non fa prigionieri, le sue sono tutte vittime bianche, morti per il dolore.

E se ne andò, sapendo di fuggire e di aver esposto il re a un colpo quasi mortale della regina che aveva tentato di mangiare. Non c'era riuscito, era stato incantato per un attimo di troppo da quegli occhi innocenti che gli avevano lasciato immaginare che ci fosse un'altra via che poteva percorrere.

E la regina rimase lì, immobile, sapendo di aver vinto, ma col fiato corto per il contraccolpo.

I pedoni erano caduti, la seconda fila era pronta ad avanzare.

 

 

 

Oh, he's under my skin
Just give me something to get rid of him
I've got a reason now to bury this alive
Another little white lie

 

Under my skin, Alexz Johnson.

 

 

 

Un delicato profumo di latte di mandorle l'accompagnava per i corridoi, investendo tutti coloro che incrociava. Tutti sapevano che non avrebbe mai portato quel profumo, e che c'era solamente una persona nell'intera scuola che avrebbe l'avrebbe mai fatto, una giovane e attraente Hufflepuff.

Non che stessero assieme, per carità, non amava le relazioni stabili, gli impegni. Aveva sempre l'impressione di essere sott'acqua, sprofondando sempre più.

Rispose sogghignando agli sguardi curiosi, divertiti, ma soprattutto a quelli di disapprovazione. Era chiaro all'intera scuola quali fossero le sue inclinazioni, e nasconderlo non era mai rientrato nelle sue priorità.

Si accese una sigaretta, aspirando l'odore di menta e tabacco mischiarsi a quello delle mandorle.

<< Non si fuma all'interno delle mura, devo lasciarti un biglietto incollato alla borsa? >>

<< No grazie Hermione, sai che non cambierebbe nulla >> ribattè con tranquillità, riempiendo di cenere un innocente primino Hufflepuff che tentava di capire in quale parte del Castello si trovasse.

<< Sei una causa persa, Mcmillan >>

Sorrise con allegria togliendosi le ciocche viola dagli occhi.

<< Me lo dicono tutti, la McGranitt ha rinunciato all'idea di vedermi con dei capelli normali, e non ha trovato nessuna regola che dica che mi è impedito farne ciò che voglio. Sia benedetta l'esistenza dei Metamorfomagi. >>

Hermione rise, quella ragazza era più unica che rara: una chitarrista omosessuale coi capelli viola elettrico, non esattamente la tipica studentessa di Hogwarts.

<< Allora che ne pensi della mia offerta? >> disse con tono casuale, evanescendo la sigaretta ormai consumata.

<< Il giornalino? Dopo i titoli degli ultimi giorni? >> commentò critica, un'espressione infastidita che le aleggiava sul volto.

<< Mi spiace per quello, sai che il mio fratellino è una pettegola sotto sotto >> disse con tono tranquillo sorridendo alle nuvole.

Cleo Mcmillan era la gemella di Ernie, ed Hermione non riusciva ancora a spiegarsi come quel ragazzo elegante e riservato potesse essere imparentato con quel giovane tornado dai capelli viola. Avevano gli stessi occhi, le stesse espressioni del volto e la stessa gestualità delle mani. Aveva notato che quando erano assieme si muovevano in sincro, come se fossero legati da un qualcosa di invisibile agli occhi degli altri.

<< Ci farebbe comodo qualcuno che scrivesse articoli più impegnati per i secchioni Ravenclaw >>

<< Hei! D'accordo, se smetti di fumare dentro al Castello in mia presenza e non insulti i Ravenclaw, potrei anche decidere di accettare, presuntuosa di una Slytherin >>

<< Siam così noi, che ci vuoi fare? Pensavo che te ne fossi accorta negli ultimi anni, visti i tuoi.. incontri ravvicinati con un certo biondino con un carattere ben poco amichevole … Hermione perchè sei sbiancata? Tutto bene? Sai che quel pugno per me è la cosa più divertente degli ultimi anni. >>

Hermione aveva perso colore, e si diede della stupida per aver anche solo pensato che qualcuno potesse sapere.

<< Tutto bene, Cleo. Ho solo.. ricordato di non aver finito il tema per Piton. A più tardi! >> corse via per i corridoi mescolandosi tra la massa di primini dispersi per la scuola.

<< Ci vediamo dopo in redazione! >> le urlò dietro, guardandola sparire tra la folla, con un sorriso ironico stampato sul volto. Era certa che avesse consegnato quel tema almeno tre giorni prima, visto che aveva sentito Potter pregarla di aiutarlo non potendo più copiarlo. Stava succedendo qualcosa a quella ragazza, e aveva tutte le intenzioni di scoprire cosa.

Scese per le scale fino ai Sotterranei, salutando alcune persone e ignorando senza problemi quelle che non riteneva degne di nota. Qualcuno l'avrebbe potuta ritenere snob, ma non era tanto quello a guidarla, era puro e semplice disinteresse nei confronti degli studenti.

Era una strana Slytherin in realtà. Era fredda, distaccata, ma con coloro che avevano la fortuna di rientrare tra le sue amicizie, era solare ed espansiva. Sapeva di apparire strana, folle persino, ma continuava a non curarsene.

Con gli altri membri della sua Casa era ancor più selettiva forse, intratteneva una strana forma di amicizia con un paio di ragazzi dell'ultimo anno, si salutava in maniera formale con Zabini, e aveva avuto una intrigante liason con Daphne Greengrass alla fine dell'anno precedente. Per il resto ignorava pressochè tutti quanti, tutti tranne Malfoy. Dire che i due fossero amici sarebbe stato più che generoso, ma da quando lei aveva riso del famoso pugno ricevuto dalla Granger davanti a lui, senza farsi troppi problemi al contrario degli altri Slytherin che vedevano quell'argomento come un tabù, si era instaurata una strana forma di rispetto reciproco. Ogni tanto si incrociavano e lui cominciava a parlarle, le raccontava le sue preoccupazioni, e lei gli dava dei pareri schietti, onesti, e quando si separavano nessuno faceva più parola dell'accaduto.

Lo vide seduto sulla sua poltrona, in fondo alla Sala Comune, con lo sguardo perso tra le acque verdognole del lago. Non c'era nulla davanti a lui, neanche un pesce e certamente i Marini non si immaginavano nemmeno di frequentare quella parte della laguna così esposta.

Aveva delle strane occhiaie violacee che gli marcavano il contorno degli occhi, conferendogli un'aria vecchia e stanca. Teneva le maniche della camicia fino a metà palmo, come se avesse freddo, senza stranamente preoccuparsi di apparire in disordine. Lo sguardo era spento, vitreo, quasi avesse perso quella scintilla di arroganza e sarcasmo che lo caratterizzavano.

Odiava ammetterlo anche a se stessa, ma temeva di conoscere cosa gli fosse accaduto, anche perchè, in fondo, lo sapeva e se lo aspettava già da tempo.

Lui dovette percepire la sua presenza, perchè si volto a guardarla, e l'occhiata che le rivolse, così debole e sottomessa, bastò a confermare ogni suo sospetto.

Fece qualche passo avanti, facendo apparire la sua poltrona accanto al ragazzo. Si sedette, accese una sigaretta e inspirò profondamente.

<< Parla Clo. Non sei mai stata una persona discreta, non sforzarti per me >> Malfoy appoggiò al fronte sul palmo della mano, lasciando trapelare tutta la stanchezza che portava sulle spalle, troppa per un sedicenne.

<< Stavo solo cercando le parole per chiederti quanto tu possa essere stupido >> sospirò con rassegnazione.

<< E' qualche mese che ci rifletto, fossi in te non ci perderei tempo >> commentò sarcasticamente.

Era stanco, lo vedeva, lo sentiva.

<< Non posso più farci nulla, non c'è speranza per me, lo sai da te >> le disse con un sorriso amaro sul volto.

<< Non dire scemenze, Draco. Ci sarà sempre qualcuno disposto a aiutarti. >>

<< Non c'è più nulla da fare. Solo una cosa, fai in modo che Blaise non sia tirato in mezzo >> le chiese, mentre una scintilla di puro dolore gli attraversava gli occhi.

Si allontanò impassibile, accendendosi l'ennesima sigaretta. Non sapeva da quando avesse preso quel vizio, ma nemmeno gli importava più. Non curava il suo aspetto, la sua salute, nulla.

 

Cleo scosse la testa, ma sapeva che c'era ancora speranza. Perchè lei aveva visto lo sguardo preoccupato di una ragazza dalle gote arrossate che fuggiva a gambe levate dalla stessa ala del castello dove lei stessa aveva incrociato il ragazzo.

Lei poteva cambiare tutto, in fin dei conti era la strega più brillante della loro generazione.

 

 

 

 

I can't hide the way I feel about you anymore
I can't hold the hurt inside, keep the pain out of my eyes anymore
My tears no longer waiting...my resistance ain't that strong

 

Anymore, Travis Tritt.

 

 

<< Ginevra, quand'è esattamente che avresti iniziato a fumare? >> domandò Hermione tossendo per la nuvola di fumo alla menta e liquirizia che l'aveva investita entrando nel suo dormitorio.

<< Da quando c'è in giro un pazzo fanatico che ogni anno uccide qualcuno a cui teniamo >> ringhiò la ragazza, accendendosi un'altra sigaretta.

Gli studenti di Hogwarts avevano presto capito che contraddire o provocare la piccola Weasley quand'era di cattivo umore era un vero e proprio suicidio, e Hermione non era certo l'ultima arrivata in quanto senso a di sopravvivenza.

Spalancò la finestra con un colpo di bacchetta, rinfrescando l'aria appestata della camera. Avrebbe stressato la ragazza in un altro momento, e no, non l'avrebbe passata liscia.

<< Cos'ha fatto Harry questa volta? >> le domandò dolcemente accucciandosi accanto all'amica che sedeva al centro della stanza su una montagna di cuscini colorati.

<< Ci ha illuminati riguardo ai suoi piani di inseguire V-Voldemort – ancora faticava qualche volta – e di farsi così uccidere. >>

<< Se ne accorgerà, Ginny >> tentò di consolarla, conscia di quali fossero le sue vere paure.

Il terrore di veder sparire il ragazzo che amava da un giorno all'altro. Il dolore che le causava la consapevolezza della sua impotenza in una situazione così più grande di lei, un'adolescente buttata in una guerra che aveva ereditato senza nemmeno sapere come fosse cominciata.

<< Non lo farà Hermione. E io sono stanca >> scattò in piedi, legandosi i capelli con un nastro nero.

C'era un grande dolore nei suoi occhi. Era un dolore adulto, di quelli che si scorge solamente sui volti di coloro che hanno vissuto grandi sofferenze, che vivendo hanno capito quanto il mondo possa far male, quanto profondamente si possa provare pena. Non era quello di una ragazzina che soffre per il primo amore, era quello di una donna che vede l'uomo che ama che va a morire, che teme ogni giorno di perdere la sua famiglia, che sa che da un momento all'altro potrebbe ricevere la notizia che la sua migliore amica è stata uccisa.

Non era giusto. Non era giusto che una ragazzina di quindici anni dovesse pensare, soffrire come un'adulta. Che fosse costretta a temere il mondo e i suoi abitanti, che dovesse andare a letto la sera sapendo che al suo risveglio probabilmente sarebbe mancato qualcuno all'appello.

Era cambiata, Ginny. Non era più la ragazzina che era quasi svenuta quando aveva trovato Harry nella sua cucina anni prima. Hermione era stata così cieca da non vederlo, o forse semplicemente non aveva voluto farlo.

Guardò la sua espressione impassibile, la maschera che aveva indossato, mentre infilava dei pantaloni di pelle nera e una sciarpa blu notte sopra la maglia.

Aveva deciso che non avrebbe più vestito dei colori del sole, avrebbe avuto una divisa da combattente, nera come la notte dolorosa che popolava costantemente i suoi pensieri.

 

Quando la Weasley era ormai uscita dalla camera, Hermione si concesse di lasciarsi sfuggire un singhiozzo. E dopo quello ce ne fu un secondo, un terzo e un quarto. Continuò a singhiozzare convulsamente, le spalle scosse da tremiti violenti, mentre si mordeva il labbro inferiore, maledicendo se stessa per non riuscire a trattenere le lacrime.

Fu solamente ad ora di cena che potè calmarsi, e decidere di dirigersi nel bagno dei Prefetti per godersi una vasca di dimensioni accettabili.

Uscì dal Dormitorio senza guardare nessuno, sperando che i suoi occhi gonfi passassero inosservati, o che tutti pensassero che fossero dovuti ai suoi problemi sentimentali, che mai come in quel momento le erano sembrati così poco importanti.

 

 

 

 

 

I'll keep you my dirty little secret,
(Dirty little secret)
Don't tell anyone or you`ll be just another regret,
(Just another regret, hope that you can keep it)
My dirty little secret,
Who has to know?

 

Dirty Little Secret, The All American Rejects.

 

 

 

 

I corridoi erano pressochè deserti, quasi tutti gli studenti erano a cenare in Sala Grande e chi rimaneva era intento a terminare i compiti per le lezioni del giorno seguente o a scambiare qualche momento d'intimità con i propri fidanzati.

Incrociò solo un paio di ragazzi, due Ravenclaw dei primi anni, ma si finse impegnata a parlare coi quadri disposti sulle pareti, pur di non lasciar vedere a nessuno l'espressione di puro dolore che pareva non avere intenzione di abbandonare il suo viso.

Entrò nel bagno sovrappensiero, appoggiando la bacchetta e gli asciugamani sul tavolino d'ingresso. Si sfilò la divisa, ripiegandola accuratamente prima di appoggiarla assieme al resto delle sue cose.

Aprì alcuni rubinetti a caso, divertendosi ad osservare le bolle e i vari riflessi colorati che si intravedevano nell'acqua.

Indossò un costume da bagno – conscia che Mirtilla sarebbe potuta apparire da un momento all'altro - e si tuffò in acqua, sentendosi finalmente sollevata.

Aveva sempre adorato nuotare, tanto quanto odiava volare. Fin da piccola era abituata a passare le ore in acqua, ad esplorare i fondali delle località che visitava coi suoi genitori. Era stato il mare che per primo le aveva rivelato il suo essere strega.

Un giorno d'estate, quando aveva ancora otto anni, era scomparsa per più di un quarto d'ora che aveva trascorso immersa nelle grotte subacquee dell'isola dove stava trascorrendo le vacanze. I suoi genitori erano arrivati alla conclusione che una volta entrata doveva aver trovato un punto all'asciutto dove respirare, anche se lei aveva negato fermamente, certa di aver fatto qualcosa di molto speciale. Lì aveva cominciato a pensare a tutto ciò che le capitava con più attenzione, fino a quando tutto era diventato chiaro con la lettera da Hogwarts. Non era mai stata felice come quel giorno, quando aveva capito che il suo sentirsi diversa dai bambini della sua età era più che motivato.

 

Spese qualche minuto sul fondo della vasca, incantata dal fatto che i raggi di luce che penetravano sotto la superficie dell'acqua donassero delle sfumature scarlatte ai suoi ricci, che in immersione trovavano finalmente una forma definita.

Risalì a prendere fiato dopo cinque minuti abbondanti, e nel tirarsi indietro i capelli scorse un'ombra proiettarsi sul muro.

Si portò un braccio al petto in un riflesso volontario, incapace di impedirsi di spalancare gli occhi con fare sorpreso.

<< Se non fossi mezza nuda in una vasca, comincerei a pensare che tu mi stia seguendo, Granger >> commentò Malfoy, continuando a piegare la camicia che si era appena tolto.

<< Io seguire te? Il fatto che io sia mezza nuda in una vasca, mi fa pensare che tu stia seguendo me, piuttosto >> ribattè indignata, e ringraziando con una parte della mente di aver indossato il costume da bagno, anche se si trattava di uno striminzito bikini rosso.

<< Comprensibile >> assentì con enorme sorpresa della ragazza << ma errato. Sai, se ti volessi mezza nuda da qualche parte non sarebbe certo in questo squallido bagno, non pensi?>> la provocò con sguardo sornione. Era una trappola, per vedere quanto in fretta sarebbe crollata.

Hermione se ne accorse, e decise di giocare anche lei con le sue stesse carte. Lo guardò con aria di sfida e cominciò a risalire lentamente i gradini della vasca, spinta da un tipo di coraggio, da una forza seduttiva che mai avrebbe pensato di possedere. Lei, Hermione Granger stava combattendo Draco Malfoy non più con le parole, ma col fascino.

Lo vide spalancare gli occhi sorpreso, quasi orgoglioso. Fece per avanzare nella sua direzione, quando lo sguardo le cadde sulla fasciatura di garza che portava al braccio destro. Distolse velocemente gli occhi, dirigendosi velocemente verso la sua bacchetta, che usò per asciugarsi e rivestirsi velocemente, continuando a fissare il muro davanti a lei.

Stava cercando la forza di voltarsi a guardarlo ancora, senza far trasparire la paura dai suoi occhi – per se stessa o per lui, pedone destinato al massacro? - quando lui principiò a parlare, soffiandole i suoi bisbigli sul collo. Non riusciva a ricordare di averlo sentito avvicinarsi.

<< Paura del lupo cattivo Granger? Dovresti accertarti di ciò che temi, prima di fuggire così>> c'era un debole e sofferto sarcasmo a permeare le sue parole. Lei si voltò, e lui, inaspettatamente alzò il braccio verso di lei, come a permetterle di controllare.

Lei mosse lentamente le dita e le posò sul suo polso, senza mai distogliere gli occhi dai suoi.

<< Non m'importa. C'è sempre una scelta >>

Uscì in un baleno dal bagno, tanto veloce, che lui a malapena la vide muoversi.

 

 

Non mi interessa.

 

 

E lui rimase a sorridere incerto al muro. C'è sempre una scelta.

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

 

Lasciamo perdere i tragici tempi di pubblicazione. Non prometto nulla, ma tenterò di continuare a scrivere, per quanto il greco e il latino me lo concedano.

 

Il titolo, come avrete certamente capito, significa “Segreto”.

 

 

Qui la mia pagina autrice: https://www.facebook.com/pages/Herms-efp/168279513203631


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