Le tue paure addormentale con me...

di POPster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. I dodici passi... ***
Capitolo 2: *** 2. Distanze ***
Capitolo 3: *** 3. Macigni ***
Capitolo 4: *** 4. Abbandono ***
Capitolo 5: *** 5. Parole che non pensavo di saper pronunciare. ***
Capitolo 6: *** 6. Indietro ***
Capitolo 7: *** 7. Libero ***
Capitolo 8: *** 8. Respiri ***
Capitolo 9: *** 9. Ferite ***
Capitolo 10: *** 10. Le tue paure addormentale con me... ***



Capitolo 1
*** 1. I dodici passi... ***


Le tue paure addormentale con me...

Le tue paure addormentale con me...

 

 1. I dodici passi

    L'aveva trovato suo fratello, nella vasca da bagno colma d'acqua e sangue. Era uno spettacolo disgustoso, e Mikey sentì lo stomaco torcersi. Sarebbe svenuto poco dopo, ma in quel momento doveva farsi forza. Quasi si tuffò, tirando fuori dall'acqua la testa di suo fratello, scuotendolo, sporcandosi, piangendo ed urlando.
    I signori Way accorsero subito, cavalcando la rampa di scale che portava al piano superiore quasi come stessero volando. Corsero lungo l'interminabile corridoio, verso la porta spalancata del bagno, verso i propri figli, col panico che aumentava ad ogni passo.
    Donna Way emise un urlo straziante, bloccandosi sulla soglia. Mikey stava piangendo, sorreggendo con le sue braccia esili il corpo inerme di suo fratello.
    «Aiutatelo!» urlò, mentre suo marito corse in soccorso a suo figlio.
    Tirarono Gerard fuori dalla vasca. C'era acqua e sangue ovunque, e quando Mikey si assicurò che suo padre stesse tenendo saldamente Gerard, si concesse il lusso di svenire, nauseato da tutta quella scena.
    L'ultima cosa che vide furono le innumerevoli facce che si sporgevano sulla porta. Un branco di curiosi che non volevano vedere altro che il corpo di un ragazzo in fin di vita. Di un suicidio mal riuscito.
   
    -

    Quello doveva essere un gran giorno, ma in realtà non lo era affatto.
Quando gli avevano chiesto «Sei pronto per tornare a casa?», lui aveva sorriso, annuito e dichiarato che si, era pronto. In realtà, per tutto quel tempo - anche se presto si era stancato di contare i giorni, i mesi - non aveva desiderato altro che andarsene. Ma ora che quel momento era arrivato non ne era più così certo.
    Prese il suo borsone, salutò e salì sull'auto di suo padre.
    La clinica distava poco dalla residenza dei Way, e nonostante il padre di Gerard solitamente era un uomo taciturno, per tutto il tragitto non aveva smesso un attimo di parlare.
    Diceva di essere contento che suo figlio stesse tornando a casa, finalmente. Diceva che lo trovava bene, che tutti non vedevano l'ora di poterlo riabbracciare.
    Quando parcheggiò l'auto nel vialetto davanti alla villa, fece un respiro profondo.
    I Way si occupavano di matrimoni in grande stile. Donna Way era la wedding planner più richiesta - forse l'unica in realtà - di Belleville, e nella loro vasta residenza organizzavano i migliori matrimoni che la gente del posto avesse mai visto.
    Gerard fece una smorfia, notando l'infinità di auto tirate a lucido parcheggiate nel loro viale.
    «Ascolta...» disse suo padre schiarendosi la gola, in evidente imbarazzo «...purtroppo, proprio oggi c'è un matrimonio, ed è un matrimonio importante, quindi tua madre, sai com'è, no? E' completamente assorta nel lavoro, corre da una parte all'altra e forse non potrà subito dedicarti il suo tempo...» spiegò guardando dritto di fronte a sé, come a voler evitare lo sguardo di suo figlio.
    Gerard annuì, anche se la cosa lo infastidiva abbastanza. Lo sapeva, non era affatto pronto.
    Avrebbe preferito tornare a casa in un giorno tranquillo, non quando un centinaio di sconosciuti giravano per il piano inferiore di casa sua, o nel suo giardino.
    Avrebbe preferito che sua madre corresse dietro a lui, piuttosto che dietro ad una quasisposa in piena crisi nervosa. E di gran lunga, avrebbe preferito che suo padre dicesse chiaramente "Preferiremmo che non ti suicidassi proprio oggi, com'è successa l'ultima volta", perché poteva metterci la mano sul fuoco, quella era la vera questione. Gerard poteva mettere a rischio un altro matrimonio, rovinando ancora una volta l'ottimo lavoro dei suoi genitori.
    Gerard poteva mettere tutta la famiglia in imbarazzo, ancora una volta.
    Ma Gerard non era più quel Gerard, no? Era sobrio, era cosciente, ed era ripulito. Fece una specie di sorriso, scendendo dalla macchina.
    «Mikey è in casa?» chiese quando fu sotto al portico, pronto ad entrare.
    Suo padre annuì, aggiungendo che Mikey non aspettava altro che poter riabbracciare il suo fratellone.
Il punto era che il signor Way aveva avuto il compito più difficile, quello di andare a prendere Gee e prepararlo a ciò che avrebbe ritrovato una volta a casa. Ma la verità era che il signor Way sapeva fare tantissime cose, ma davvero, non sapeva mentire.
    La casa era addobbata ovunque, non c'era un centimetro quadro che non fosse ricoperto di nastri, fiocchi, fiori profumati. Gente a Gerard sconosciuta girovagava nel salotto sorseggiando costoso Champagne, e lui dovette guardare altrove, cercando il pacchetto di sigarette nella tasca dei jeans scuri.
    Ne accese una, guardandosi intorno alla ricerca di qualche faccia amica.
    Non dovette cercare molto a lungo.
«Tesoro! Bentornato!» esclamò Donna abbracciandolo frettolosamente. Lo guardò per un pò, tenendogli il volto tra le mani, come faceva quando era piccolo. Poi sospirò «Mi dispiace che tu sia tornato proprio oggi...» disse mortificata, accennado al ricevimento in corso «Oh, e lo sai che non si fuma qui sotto... perché non vai di sopra? Tuo fratello è in camera sua, corri a salutarlo...» aggiunse, quasi spingendo leggermente Gerard verso le scale. Suo figlio non ebbe il tempo di dire nulla, che Donna era già sparita chissà dove ad occuparsi di chissà cosa.
    Con il borsone su una spalla e la sigaretta tra le labbra, si avviò al piano superiore.
    Quando fu davanti alla porta della sua cameretta, sorrise quasi malinconico. Gli era mancata la sua stanza. Gli era mancato Mikey. Erano cresciuti letteralmente insieme, dividevano tutto, la cameretta, i giochi, i fumetti, libri, dischi. Per un attimo sentì una specie di fastidio al petto. Un nodo alla gola, quando la mente aveva vagato fino al giorno in cui Gerard e suo fratello non erano più una cosa sola; il momento in cui Gerard cominciò a distaccarsi, allontanandosi sempre di più.
    Quello era il quarto passo: "fare un inventario morale - ammettere tutte le volte che il nostro comportamento ha recato danno a qualcuno". L'inventario di Gerard era infinito, e scrivere una lista delle persone a cui aveva sicuramente fatto del male era stato un lavoro arduo. Il primo nome sulla lista era proprio quello di suo fratello.
    Aveva lavorato duro, però, perché potesse uscire da tutta quella situazione, ed ora sperava davvero che fosse possibile tornare come ai vecchi tempi.
    Fece un respiro profondo e bussò piano, per poi aprire la porta della camera.
    E nonostante fino a qualche millesimo di secondo prima stesse sorridendo, la sua espressione mutò totalmente, facendosi serio e cupo.
    La stanza era cambiata. Il suo letto non c'era più. C'era solo il letto di Mikey, la sua scrivania, le sue cose.
Tutta la roba di Gerard era sparita.
    Suo fratello era seduto sul letto, con il basso in grembo, intento a strimpellare qualcosa, in compagnia di un suo amico che Gerard non conosceva, o forse conosceva ma non ricordava.
    «Dove sono le mie cose?» fu la prima cosa che riuscì a dire. In realtà aveva pensato di salutare suo fratello con un abbraccio, un "che bello rivederti" o cose simili, ma gli era uscita solo quella domanda. Dove erano finite le sue cose? Si guardò intorno. Non c'era più nulla di suo.
    Mikey sollevò lo sguardo per incrociare il suo. Ora, ad esempio, Gerard aveva immaginato che il suo fratellino gli sarebbe corso incontro, gli avrebbe gettato le braccia al collo, gli avrebbe detto che non vedeva l'ora di tornare alla vita di prima.
    Ma Mikey si limitò a spostare il basso per lasciarlo sul suo letto, si alzò e scrollò le spalle «Visto che sei stato via per così tanto tempo, e visto che non siamo più due bambini, ho pensato che finalmente era arrivato il momento di avere uno spazio tutto nostro. Papà e mamma hanno sistemato la tua roba nella stanza qui accanto...» disse parlando quasi in un mormorio. Si schiarì la gola, poi, cercando di sembrare tranquillo «Comunque, lui è Frank, un mio amico. Mi sta aiutando a suonare...» disse indicando il ragazzino ancora seduto ai piedi del letto di Mikey. Aveva due grandi occhi di un particolare tono nocciola, ed un sorriso che in quel momento in realtà sembrava alquanto fuori luogo. Nè Gerard nè Mikey stavano sorridendo. Si alzò, il ragazzino, per porgere la sua mano tatuata «Piacere di conoscerti» pronunciò, con un tono di voce allegro.
    Gerard gli strinse la mano distrattamente, continuando a guardare il suo fratellino, che sembrava diverso ora, in qualche modo. Sembrava meno fragile di come lo aveva lasciato.
    E forse a Gerard non piaceva poi molto, il nuovo Mikey.
    «Potevate almeno interpellarmi. Che ne so, chiedermi se mi andava bene cambiare camera e tutto il resto. Che "bentornato" del cazzo!» sbottò sbuffando scocciato.
    Mikey non rispose. Non gli piaceva quella situazione. Si rimise seduto sul suo letto, e riprese il basso tra le mani.
    «E comunque, se io ora rivolessi questa camera?» continuò quindi Gerard, dopo un pò «Anzi, io la rivoglio e basta! Vacci tu nella stanza accanto, ok?».
    Suo fratello alzò gli occhi al cielo, lasciando di nuovo il basso, stavolta con molta meno delicatezza, e si avvicinò alla porta «Senti, puoi smetterla e basta? Questa è la mia stanza, quella-» esclamò indicando la camera accanto «è la tua, punto, ormai è così, quindi smettila. E se hai qualche problema al riguardo parlane con mamma e papà, ma lasciami in pace.» disse esasperato, cacciando letteralmente Gerard dalla camera e richiudendo la porta.
   
    Mikey sbuffò un'altra volta, poggiandosi di peso con la schiena contro la porta della sua camera. Piano, scivolò giù, poggiò la testa sulle ginocchia e cercò di non piangere.
    Non gli andava davvero di piangere davanti a Frank. Non che fosse un problema. Frank non giudicava mai nessuno.
    Il punto era che non voleva affatto accogliere in quel modo suo fratello, assolutamente. Però Gerard non gli aveva detto nulla. Nè un ciao, né niente. Aveva solo iniziato a rompere perché le sue cose erano state spostate.
    «Vuoi che me ne vada?».
    Mikey sollevò lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi e gonfi di lacrime. Frank era in piedi di fronte a lui, con una mano protesa per aiutarlo a rialzarsi.
    «No, per favore, resta...» mormorò Mikey, tirandosi su.
    «Se non ti va di stare in casa possiamo andare a fare un giro... cioè, lo so che è difficile, per tutti voi intendo...» disse Frank comprensivo. Mikey scrollò le spalle. Frank ne sapeva qualcosa, e proprio per quel motivo non voleva che lo lasciasse solo in quel momento.
    Aveva immaginato più volte come sarebbe stato il ritorno a casa di suo fratello, ma mai aveva pensato che sarebbe ricominciato tutto con una litigata.
   

    Gerard se ne stava davanti alla finestra della sua nuova camera. Aveva acceso un'altra sigaretta, e se ne stava lì a guardare tutta quella gente che mangiava e si divertiva nel prato di casa sua. Gli sembrava che lì fuori tutti erano felici. Proprio come avrebbe voluto sentirsi lui, tornando a casa. Invece se ne stava in una camera che non era la sua, in una casa che non sentiva più sua. Con il peso della consapevolezza che tutto era cambiato, e che era solo ed unicamente colpa sua.

______________

 

Ok, eccomi qui con una nuova FF scritta un pò di getto. Spero vi piaccia almeno questo primo capitolo. Non so bene - chi mi conosce sa che non sono abituata a "pianificare" le mie storie, e che se le pianifico comunque non vanno mai come avevo pianificato XD - dove andrà a parare tutta la faccenda, ma l'idea generale mi piace quindi boh.
So che ho altre FF in corso ma alcune credo che staranno in stand-by per un pò, perché la mia mente sta viaggiando verso nuovi orizzonti, verso l'infinito e oltre! (???) quindi ok, chiudo qui. Fatemi sapere che ne pensate, qualsiasi cosa, consigli, complimenti, critiche, insulti, mi sta bene tutto, giuro u.u
xoxo

Ah, e cavolo, oggi è un anno di Fucking Killjoys quindi boh, tanto amore a tutte le FK del mondo! (???) <3

PS: questa è la mia pagina FB, se volete mipiacciare e seguire i vari aggiornamenti accomodatevi: TerexinaEFP
   

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Capitolo 2
*** 2. Distanze ***


2

2. Distanze

    Gerard era abituato a svegliarsi presto.
    Non che avesse dormito poi tanto. Non era riuscito a chiudere occhio per gran parte della nottata, cadendo poi in un disturbato sonno privo di sogni. Si tirò su a sedere sul letto, poggiandosi con la schiena sui cuscini. La sua nuova camera non gli piaceva. Voleva solo che tutto tornasse come prima, ma a quanto pare non era possibile.
    Sbadigliando allungò una mano verso il comodino alla sua sinistra, ed aprì il cassetto. C'era una scatola, era una vecchia scatola per scarpe, che lui in un momento di noia aveva decorato disegnando strani personaggi sulla superfice con pennarelli neri e rossi. Se la poggiò sulle gambe e lentamente, e solo dopo aver fatto un respiro profondo, sollevò il coperchio.
    All'interno c'erano delle vecchie cose. Dei fogli ripiegati, una penna, un pacchetto vuoto di sigarette, e delle foto. Vecchie foto, di quando all'apparenza tutto andava alla grande. Una foto di lui e Mikey, che sorridevano all'obiettivo, abbracciandosi. Gerard fece una smorfia. Ricordava quell'attimo. Era così tanto tempo fa. Era una vita fa. Era l'undicesimo compleanno del suo fratellino, e lui per l'occasione gli aveva regalato una cesta piena di cd che aveva trovato a prezzi scontatissimi in un negozio di musica in un angolo sperduto di Belleville. Guardò quella foto per qualche minuto, osservando l'espressione allegra di Mikey, il suo sorriso. Ricordava che aveva ascoltato quei dischi un'infinità di volte, con suo fratello, nei giorni che seguirono il suo compleanno.
    Gerard aveva quattordici anni, pesava decisamente troppo e preferiva stare con suo fratello piuttosto che con i suoi compagni di scuola, perché - sospirò ricordandosene - questi ultimi lo facevano star male.
    Pensava che crescendo le cose sarebbero cambiate, che la gente avrebbe smesso di prendersi gioco di lui, o che lui avrebbe imparato a fregarsene, come gli consigliava sempre Donna Way. Ma ovviamente non era così. Non potevi fregartene, quando nessuno a scuola voleva rivolgerti la parola, o non capiva ciò che dicevi. Non era facile vivere con i suoi alti e bassi. Passava dal convincersi di essere semplicemente un pò più intelligente della media - e si diceva che era per questo che i suoi compagni lo chiamavano "strano" - al sentirsi uno schifo totale.
    Lui non era quello che veniva scelto per ultimo per formare una squadra durante l'ora di ginnastica; lui era quello che non veniva scelto mai. Lui era grasso, lui sudava tanto, lui non riusciva a correre.
    Così, era dannatamente bello tornare a casa e passare del tempo con le uniche persone al mondo che lo amavano per ciò che era. Le uniche che lo conoscevano per ciò che era.
    Sospirò ancora, riponendo di nuovo le foto nella scatola.
    Sembrava davvero fosse passato un secolo da allora.
    Guardò l'ora sulla sveglia e decise di scendere dal letto. Il sole splendeva debolmente e l'aria era fresca, così decise che avrebbe preparato la colazione per tutti ed apparecchiato la tavola in giardino.
    Magari, si disse sorridendo a sé stesso mentre cercava nel suo borsone una maglietta pulita da indossare, sarebbe riuscito a rendere questo nuovo giorno migliore del precedente.

    «Ah, finalmente qualcuno che mi da una mano!» sorrise Donna Way vedendo suo figlio intento a sistemare la tavola in giardino. Era tutto pronto, ed ora c'era solo da aspettare che suo padre e Mikey si svegliassero. Li aveva sentiti muoversi al piano di sopra, quindi probabilmente si stavano preparando prima di scendere a fare colazione.
    Gerard sorrise, finalmente quella giornata era cominciata bene.
    Si sedette a tavola, sotto al gazebo nel quale il giorno prima era stato celebrato un altro matrimonio. Sul prato c'erano ancora petali colorati e palloncini bianchi, Donna avrebbe passato la sua giornata a sistemare il tutto, in vista della prossima celebrazione.
    Entrambi si versarono del caffè bollente, e Gerard accese una sigaretta.
    «Pensavo che magari oggi potrei andare a fare un giro con Mikey...» disse dopo aver fatto un tiro «Ieri è stato così strano... sembrava quasi non fosse affatto contento del mio ritorno...» spiegò, riflettendo sull'accoglienza di suo fratello.
    Donna sospirò «Certo che è contento... E' solo... beh, Mikey è cambiato tanto, da quando è successo il fatto...». Gerard fece una smorfia. Ecco come chiamavano il suo tentato suicidio i suoi genitori: il fatto.
    «Beh, anche io sono cambiato...» disse con un filo di acidità della voce.
    Sua madre annuì e sorrise «Lo so, Gerard, e ne sono più che felice...».
    Mikey uscì fuori seguito da suo padre, entrambi avevano l'aria assonnata. Si sedettero a tavola, suo padre taciturno come al solito. Mikey si versò il caffè in una tazza, poi prese una brioche «Non facciamo mai colazione qui fuori. E' una specie di colazione di bentornato per Gerard?» chiese masticando.
    Gerard lo guardò, sollevando un sopracciglio «No, in realtà ho preparato tutto io. Per stare un pò insieme, sai...» disse cercando di sorridere a suo fratello, che in tutta risposta si alzò tenendo la tazza in una mano e la brioche nell'altra.
    «Bell'idea... solo che ora devo andare o farò tardi...» disse facendosi strada per rientrare in casa, nel momento stesso in cui si sentì il suono di un clacson dall'altra parte della villa.
    «Dove vai? Pensavo che potessimo stare insieme, oggi!» fece Gerard, seguendo Mikey.
    Le cose non stavano andando affatto come aveva sperato.
    Seguì suo fratello fino alla porta principale di casa, dove dovette fare delle strane manovre tra tazza e brioche per riuscire ad abbassare la maniglia.
    «Dove stai andando?» chiese ancora Gerard quando lo raggiunse.
    Guardò il vialetto davanti la villa, c'era una vecchia auto accostata. Vide il ragazzino che era con Mikey il giorno prima salutare con un sorriso ed un gesto della mano. Dall'auto proveniva anche il suono dello stereo acceso a tutto volume.
    Mikey scrollò le spalle «Ho un impegno...» disse solo, raggiungendo l'amico. Suo fratello continuava a seguirlo.
    «Ok. Posso venire anche io? O è una cosa stettamente intima tra te e il tuo amichetto?» chiese acido.
    Il più piccolo alzò gli occhi al cielo «Non stiamo andando a divertirci. Ma se insisti tanto, vieni pure.» disse secco, montando in auto.
Gerard annuì, e si sedette sui sedili posteriori.

    «Buongiorno!» esclamò Frank riprendendo a guidare verso una meta a Gerard sconosciuta «Come va?» chiese guardando la strada.
    Mikey non rispose, e Gerard sbuffò «Beh, potrebbe andare meglio, se sapessi perché mio fratello è così acido nei miei confronti...» disse suonando offeso, parlando oltre il volume dello stereo.
    Frank lo guardò dallo specchietto retrovisore, poi guardò Mikey con la coda dell'occhio «Bene... vedo che avete fatto progressi da ieri pomeriggio...» disse ironico. Nessuno dei due rispose.
    Continuarono così per tutto il tragitto, fino a che Frank parcheggiò la macchina sotto un vecchio palazzo.
    «Dove siamo?» chiese Gerard guardandosi intorno, quando scese dall'auto.
    Vide Mikey avvicinarsi al portone della palazzina e fece per seguirlo, ma Frank lo fermò afferrandogli il braccio «No, noi andiamo a fare un giro e torniamo tra un'oretta...» disse sorridendo.
    «Ci vediamo dopo...» salutò Mikey, sparendo dietro il portone.
   
    «Dove sta andando?» chiese Gerard curioso, camminando al fianco di Frank verso l'alto lato della strada, dove c'era una lunga fila di negozi di vario genere.
    Il ragazzino scrollò le spalle. Certo, non toccava a lui spiegare a Gerard i problemi di suo fratello, ma non sapeva cos'altro rispondere.
    «Psicanalista. Due ore a settimana.» spiegò, guardando le vetrine al suo fianco.
    Gerard fece una smorfia, aggrottando la fronte «Psicanalista? E perché?» chiese interessato. Non sapeva che Mikey fosse in analisi. In realtà gli sembrava di non sapere più nulla.
    Frank sospirò. Gli era chiaro che Mikey avesse i suoi problemi nell'affrontare il ritorno di Gerard e tutto il resto, ma si rendeva anche conto che lo stesso Gerard sembrava appena atterrato su un altro pianeta e se i due continuavano di quel passo non avrebbero mai risolto i loro problemi.
    Accese una sigaretta, porgendone una Gerard e poi riprese a camminare «Frequenta uno psicanalista da quando ti ha tirato fuori da quella vasca da bagno.» spiegò in evidente disagio. Era ridicolo che fosse lui a parlargliene, visto che nemmeno lo conosceva.
    L'espressione di Gerard era un misto di confusione, imbarazzo e nervosismo «Credevo mi avesse salvato mio padre...» pronunciò più a sé stesso che a Frank.
    «Lui ti ha trovato, ti ha tirato fuori, è svenuto, ha cominciato a soffrire di attacchi di panico, di ansia, e un pò di cose del genere... e comunque dovresti parlarne con lui, sul serio.» rispose l'altro, cercando di togliersi al più presto da quella discussione.
    «E come faccio? Sembra che ci sia un muro tra me e lui!» chiese Gerard quasi disperato. Quella era una cosa su cui aveva lavorato: imparare a chiedere aiuto al prossimo.
    Anche se il prossimo era un ragazzino che conosceva a malapena ma che sapeva molte più cose di lui. E forse, in realtà, cominciava a dargli fastidio che quello sconosciuto fosse così immerso nella vita di suo fratello, mentre lui sembrava estraneo ad ogni cosa.
    Vide Frank fare una smorfia, guardando ancora le vetrine al suo fianco «Il punto è che voi andate nei centri di recupero, e lì imparate a superare i vostri problemi e a cambiare le cose, e poi tornate a casa e volete che tutto torni come prima che i problemi iniziassero. Ma quelli che restano a casa, quelli che vi hanno visto affondare e sprofondare, devono affrontare il tutto senza l'aiuto di nessuno. Ognuno ha i suoi tempi, e non è detto che se ora tu sei pronto a lasciarti tutto alle spalle, lo siano anche i tuoi parenti, che magari stanno ancora lottando con le ombre del problema che tu gli hai lasciato addosso.».
    Bene, innanzitutto quel Frank aveva qualcosa tipo diciassette anni, quindi Gerard lo guardava con un misto di odio e ammirazione. Insomma, parlava come un adulto e sembrava più saggio e pacato di lui. Però le cose che gli aveva appena detto non erano affatto carine. Assolutamente. Chi diavolo era per star lì a giudicare lui e la sua famiglia?
    Fece una smorfia, lanciando a terra il filtro della sigaretta «E tu che ne sai? Sei la versione nana di un analista o roba simile?» chiese acido. Si, l'idea che un ragazzino ne sapesse più di lui gli dava ai nervi.
    Vide Frank sollevare un sopracciglio «No, sono il figlio di un alcolista, ed ho passato esattamente quello che sta passando tuo fratello ora.» disse secco, entrando in un negozio di belle arti.
    Quella risposta lasciò a Gerard un retrogusto carico di vergogna. Ancora una volta aveva pensato di essere l'unico al mondo con dei problemi.
    Quella sensazione andò via subito, comunque, quando mise piede nel negozio.
Adorava l'arte, in ogni sua forma. E non dava sfogo al suo genio creativo davvero da molto tempo.
    Raggiunse Frank, che stava scrutando alcuni pennelli guardandoli come se non sapesse nemmeno a cosa servissero «Cosa ti serve?» gli chiese sinceramente interessato.
    Il ragazzino sbuffò «Ma che ne so... devo fare una specie di lavoro per il corso d'arte. Roba che non ho davvero idea da dove cominciare... cioè, ho scelto quel corso solo perché sembrava figo, non perché io abbia alcun tipo di capacità grafica... Ed ora mi tocca disegnare non so cosa con non so quali materiali. Dici che se uso dei semplici pennarelli va bene lo stesso?» chiese sorridendo.
    Gerard rise, scuotendo la testa «Puoi disegnare con qualsiasi cosa... ma se è un compito importante, se vuoi posso aiutarti io. Insomma, giuro che me la cavo davvero con questo genere di cose. Frequentavo una scuola d'arte, sai? Prima che succedesse "il fatto" ovviamente...» propose, fiero di sé. Gli piaceva disegnare, gli piaceva da morire, quindi sperava che Frank accettasse la sua offerta.
    Il ragazzino non ci pensò su due volte «Grandioso! Prendi tutto quello che ti serve, senza badare a spese, purché ne venga fuori un lavoro degno almeno di una A!» disse sollevato. Finalmente il pensiero di quel dannato compito per il corso d'Arte poteva accantonarlo, così magari avrebbe potuto  dedicarsi ad altre cose, come qualche partita a qualche videogioco con Mikey e magari anche un pò di tempo con Jamia.
    Sorrise a sé stesso. Magari sarebbe andato da lei nel pomeriggio. Avrebbero guardato insieme un pò di tv e quando il padre di Jamia sarebbe crollato sulla sua poltrona in un profondissimo sonno loro sarebbero sgattaiolati al piano di sopra, in camera sua, e magari sarebbero riusciti a passare alla fase successiva - che al ragazzo sembrava stesse durando decisamente troppo! - al semplice pomiciare toccandosi qua e là. Frank pensava di scoppiare ogni volta che succedeva. Alla fine Jamia non si concedeva mai, e stava diventando una specie di tortura.
    Guardò Gerard che tutto concentrato sceglieva pennelli, colori, matite, e infine anche una grande tela. Pagò il conto e tornò alla macchina, dove mise tutto nel cofano.
    «Bene. Tra quanto devi consegnare il lavoro?» chiese Gerard strofinandosi le mani, palesemente eccitato all'idea di riprendere in mano dei colori.
    Frank ci pensò su «Lunedì. Credi che ce la faremo?».
    «Scherzi? Certo che ce la faremo! Vogliamo iniziare oggi pomeriggio?» propose Gerard entusiasta, guardando Frank in attesa di una risposta.
L'altro ci pensò un pò e fece una smorfia, ma poi annuì. Ok, l'operazione "arrivare al punto cruciale con Jamia" sarebbe slittata ancora una volta.
   
    Quando Mikey uscì dallo studio del suo psicanalista scese in strada e trovò Frank e Gerard seduti in macchina a chiacchierare. Salì a bordo dell'auto, sui sedili posteriori, e richiuse con forza lo sportello.
    «Vedo che avete fatto amicizia...» commentò guardando il suo amico, che in tutta risposta annuì sorridendo.
    «Tuo fratello mi aiuterà con quel cazzo di lavoro per il corso d'arte...» spiegò, accendendo il motore della vecchia macchina che sua madre gli aveva regalato dopo aver messo via risparmi per una vita intera.
    Mikey sorrise. Era forse il primo sorriso di Mikey che Gerard riusciva a vedere da quando era tornato «Prenderai il massimo dei voti allora. E la cosa sarà molto sospetta...» commentò, divertito. Mikey aveva sempre ammirato le grandi doti di suo fratello, e conosceva benissimo le limitate capacità grafiche di Frank. Pensò che sarebbe stato bello poter vedere la faccia della loro professoressa quando Frank le avrebbe mostrato un disegno letteralmente perfetto e palesemente non compiuto da lui.
    Frank scrollò le spalle. L'importante era consegnare quel compito lunedì.
    «Non sapevo fossi stato tu a tirarmi fuori dalla vasca...» disse d'un tratto Gerard, voltandosi verso suo fratello, che automaticamente lanciò un'occhiataccia a Frank.
    Sospirò «Bene, ora lo sai» disse, sperando che la sua voce non tradisse alcun tipo di emozione.
   

- - -

Ok, spero sia almeno passabile. Nei capitoli che seguiranno entreremo più a fondo nella storia che divide Mikey e Gerard. una cosa alla volta. Per ora Gee e Frank stringono una piccola amicizia, il che è già qualcosa u.u
xoxo

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Capitolo 3
*** 3. Macigni ***


3

3. Macigni

 

    Gerard lo sapeva che Mikey avrebbe messo il muso tutto il tempo, ma per il momento sembrava che Frank fosse l'unica persona che non ce l'aveva con lui per qualche motivo. Anzi, Frank era l'unica persona a non avere alcun motivo per avercela con lui.
    Dargli una mano per il progetto d'arte gli aveva fatto piacere, avevano passato qualche ora insieme ed anche se non è che fosse molto concentrato in Frank, ma più concentrato sul disegno che stava eseguendo, aveva avuto modo di conoscere il ragazzo un pò di più. Non erano cose fondamentali, certo, ma almeno aveva scoperto che Frank detestava la scuola, amava la musica, adorava le torte al cioccolato e quando aveva sette anni si ruppe una gamba cadendo dalla casetta sull'albero che aveva costruito con suo padre - Frank aveva aggiunto anche che c'era da aspettarselo, visto che suo padre era ubriaco quando l'aveva messa su.
    Comunque, Frank era simpatico e Frank non detestava Gerard né l'idea che Gerard fosse tornato a casa, quindi a Gerard faceva piacere la sua compagnia. Dunque pensò di accettare ben volentieri l'invito di Frank di andare con lui e Mikey ad una festa nello scantinato di uno della loro scuola.
    Gerard non era il tipo da festa, in realtà. Solitamente preferiva chiudersi in casa e farsi i fatti suoi. Ma in casa non tirava una buona aria. I suoi erano indaffarati con la preparazione del prossimo imminente matrimonio e non sembravano dei robot programmati per pensare a tutto tranne che al loro figlio suicida.
    Mikey aveva fatto una smorfia, quando aveva visto Gerard prepararsi per uscire con loro, ma Gee aveva finto di non averlo notato.
    Era sicuro che se avesse detto qualcosa - qualsiasi cosa - probabilmente avrebbero discusso ancora una volta, e non ne aveva davvero voglia.

    La macchina di Frank ci mise un pò a mettersi in moto, e lui aveva imprecato borbottando, ma finalmente era partita e dopo circa venti minuti di guida arrivarono a destinazione.
    Belleville non era certo la città più grande del mondo, e se qualcuno faceva una festa praticamente lo sapevano tutti. E quei tutti erano presenti lì. C'era gente che Gerard non vedeva da una vita e che non aveva affatto voglia di vedere, ed altre persone che lui non conosceva, ed anche qualche vecchio compagno di scuola.
    Nell'eccitazione di uscire con Frank e Mikey e fare finalmente qualcosa di divertente, comunque, Gerard aveva dimenticato di pensare alla possibilità di trovarsi davanti ad un fiume di birra e altri alcolici. Ora che si era ritrovato lì, circondato da miriadi di persone che tenevano in mano bicchieri stracolmi di alcool, si era reso conto che non sarebbe stato così facile.
    Deglutì, ricordandosi che lui non aveva bisogno di bere. Probabilmente aveva fatto una smorfia, perché Mikey gli lanciò un'occhiataccia «Io vado dai miei amici. Vedi di comportarti bene.» gli aveva detto freddo, allontanandosi. Detestava questo nuovo modo di fare di suo fratello. Questo suo comportarsi come se Gerard fosse un bambino pericoloso.
    Frank sospirò accostando il volto all'orecchio di Gerard «Senti...» disse parlando a voce alta per cercare di sovrastare il suono della musica proveniente dalle casse sparse per la stanza «...io vado a cercare la mia ragazza. Lo so che non dovrei chiedertelo, ma posso lasciarti solo?» domandò lanciando istintivamente un'occhiata ai barili di birra sistemati lì accanto.
    Gerard si morse la lingua, evitando di prendersela con Frank per il fatto che tutti lo trattavano come un idiota. Fece un respiro profondo annuendo, anche se in realtà c'erano più punti della questione che non gli andavano a genio.
    Uno: voleva quasi tornare a casa.
    Due: non sapeva che Frank avesse una ragazza.
    Tre: Frank era una ragazzino e non provava alcun interesse per lui.
    Quattro: non capiva perché in realtà una parte del suo cervello si stesse sforzando tanto per pensare - con tanto fastidio - al fatto che Frank avesse una ragazza.
    Cinque: al solito, pensava che un bicchiere di birra non lo avrebbe ucciso.
    Sei: stava per ritrovarsi da solo alla festa di un ragazzo che non aveva nemmeno mai visto in vita sua, circondato da persone che non se lo filavano assolutamente, e da bicchieri colmi di birra che lo invitavano a bere, almeno un goccio.
    «Certo, vai pure...» disse debolmente, cercando un posto tranquillo dove mettersi a sedere e girarsi i pollici.
    Almeno c'era della buona musica, era già qualcosa.
    Trovò un vecchio divano buttato in un angolo dello stanzone. C'erano sedute due ragazze che probabilmente erano già ubriache. Stavano chiacchierando rumorosamente, fumando una canna d'erba - di ottima qualità, pensò Gerard, colpito dall'odore intenso di quella che probabilmente era Silver Haze, sicuramente la miglior erba in circolazione a Belleville.
    Non sapeva quanto tempo era passato, pensò mezz'ora o qualcosa del genere, basandosi sul numero di canzoni che erano passate allo stereo. Sei forse, di una lunghezza di 4 minuti circa l'una.
    Comunque, Frank era riapparso tra la folla, e teneva per mano una ragazza che forse andava anche lei a scuola con suo fratello. Non era il massimo della bellezza. Gerard si morse il labbro. Beh, Frank era un ragazzino ma era comunque più carino della media e si aspettava una ragazza altrettanto carina, non una decente. Passabile, forse.
    Però sembravano in sintonia, e la cosa fece provare a Gerard una specie di fastidio allo stomaco. Che diavolo, non doveva pensare a quelle cose. Non doveva davvero pensare a Frank in quel senso. Scosse la testa, scacciando via ogni pensiero al riguardo dalla mente, e fece un sorriso - uno dei sorrisi più finti che riuscì a sfoderare, ma aveva imparato bene a farne nel corso degli anni - presentandosi alla ragazza di Frank.
    Jamia comunque si dileguò presto. Prima aveva provato a chiedere a Frank di buttarsi tra la folla e ballare un pò, ma il ragazzo si era rifiutato, così con una scrollata di spalle aveva detto di voler andare a raggiungere le sue amiche.
    Frank guardò Gerard, che a sua volta stava guardandosi intorno con aria annoiata «Non ti stai divertendo molto, eh?» chiese accennando una risatina.
    L'altro fece una smorfia, sospirando «Mio fratello è sparito e non conosco nessuno, non posso bere e non credo di essere pronto per affrontare una festa, ora che ci sono dentro...» ammise, sentendosi quasi ridicolo. Insomma, non voleva certo fare la vittima o niente del genere.
    «...se vuoi ti riporto a casa...» si offrì Frank. Gerard ci pensò su per qualche secondo.
    «Magari faccio una passeggiata, non preoccuparti...» disse cercando di sorridere. Non voleva davvero scomodare Frank, non aveva intenzione di scomodare proprio nessuno, non più.
    Non voleva certo passare per, oltre che pericoloso-nocivo-suicida, anche per rompi palle che non può camminare per tornarsene a casa.
    «No, dico davvero, non è un problema. Insomma, dovrò pur fare qualcosa per te, visto che mi hai fatto un disegno da dieci e lode per scuola...» rise Frank, ed i suoi occhi sembrarono illuminarsi con quella risata.
    Gerard non avrebbe dovuto far caso a quel dettaglio, né avrebbe dovuto trattenere una risata maliziosa pensando tra sé i vari modi in cui Frank avrebbe potuto ringraziarlo.
    Prese una sigaretta dal pacchetto che teneva in tasca e l'accese, per tenersi le labbra occupate. Insomma, non doveva pensare quelle cose, non doveva, punto.
    Frank era un ragazzino, Frank era fidanzato, Frank stava con una ragazza, Frank era il migliore amico di suo fratello. E sopratutto, Frank era solo un ragazzino gentile, non si celava nessun secondo fine dietro la sua disponibilità nei confronti di Gerard. Gee doveva ficcarselo bene in testa. Frank era solo gentile. Non aveva un secondo fine. Non doveva vedere un secondo fine anche dove non c'era. Non doveva illudersi che qualcuno si sarebbe davvero interessato di nuovo a lui. Non più. da quando era successo quel che era successo, da quando era diventato un alcolizzato, drogato, suicida e tutto il resto.
    Eppure Frank era l'unica persona che nonostante non ne avesse motivo - non veniva pagato dallo Stato per farlo, non era vincolato da legami parentali - si comportava con Gerard come se questo fosse davvero un essere umano, e non solo un pezzo di carne con la capacità di muovere la bocca per farne uscire dei suoni. Insomma, tutti sembravano trattare Gerard con disinteresse, come se a lui la cosa non facesse male. Mentre Frank lo trattava bene, lo faceva star bene. E a Gerard la cosa piaceva dannatamente.
    Non riuscì a trattenere una risatina, pensando a come avrebbe reagito Mikey sapendo che Gerard stava facendo degli equivoci pensieri sul suo migliore amico. Non che Mikey avesse mai avuto problemi con l'orientamento sessuale di suo fratello, ma Gerard poteva metterci la mano sul fuoco, ora ne avrebbe fatti.
    Perché da quando era tornato a casa, Mikey detestava ogni cosa di Gerard.
    «Se proprio ci tieni, comunque...» disse infine. Insomma, gli stava dando solo un passaggio a casa, così sarebbe arrivato prima, si sarebbe infilato una vecchia t-shirt, i pantaloni del pigiama, e si sarebbe rannicchiato nel suo letto al buio. A piangere, probabilmente. Ma questo non l'avrebbe detto a nessuno.
    Frank fece strada tra la folla, seguito da Gerard, per uscire dallo scantinato.
    Quando furono fuori incontrarono Mikey che rideva e scherzava con un gruppo di amici, tenendo in mano una lattina di birra.
    Il sorriso di Mikey, comunque, si tramutò in un'espressione scazzata non appena vide Gerard avvicinarsi a lui e al suo gruppo.
    «Ehi, io sto tornando a casa...» disse suo fratello.
    Mikey scrollò le spalle «Ciao...» mormorò solo, aspettando che Gerard si allontanasse per riprendere a parlare.
    Ma Gerard continuava a stare davanti a lui, come niente fosse, e forse lo stava facendo proprio per far innervosire suo fratello. Perché se Mikey voleva avercela con lui, allora doveva pur averne un motivo valido.
    Improvvisamente però Gerard deglutì, diventando quasi pallido in volto, come se avesse appena visto un fantasma, realizzando che Mikey ce l'aveva eccome, un motivo valido per detestarlo.
    «...ehm, ok, ci vediamo. E mi raccomando, non esagerare...» mugugnò Gerard, accennando alla birra che Mikey teneva in mano.
    Il fratello alzò gli occhi al cielo, pensando un "Senti da che pulpito viene la predica" che non aveva bisogno di essere pronunciato, e Gerard continuò a camminare verso la macchina di Frank, a passo svelto.
   
    Improvvisamente, si sentiva di nuovo pesante. Sentiva un fastidio nel petto, come se un macigno lo stesse schiacciando.
    Pensò che in una situazione del genere, se fosse stato nel centro di recupero, gli sarebbe bastato urlare un pò, qualcuno del personale sarebbe arrivato nella sua camera per chiedergli cosa avesse, e lui così avrebbe avuto modo di sfogarsi e provare a togliersi quel peso di dosso.
Non che avesse mai funzionato. Inizialmente Gerard non aveva alcuna intenzione di raccontare le sue cose a degli sconosciuti. Ma poi aveva imparato a fidarsi, perché si era reso conto che tirare fuori i problemi faceva bene, ed anche se sembrava che il macigno volesse restare sul suo petto ancora a lungo, poteva giurare di sentirlo sgretolarsi quasi, ed arrivò così a pensare che prima o poi quel macigno si sarebbe frantumato.
    Quindi in quel momento, mentre Frank guidava silenziosamente la sua auto verso casa Way, Gerard voleva piangere, pensando a quanto fosse ridicolo ciò che stava pensando. Voleva tornare nel centro di recupero. Lì le cose sembravano più facili. E non gli importava che la Dottoressa Mayer lo facesse per soldi o cose simili, gli importava che qualcuno lo facesse. Che qualcuno, chiunque fosse, aveva voglia di starlo ad ascoltare. Di sentirgli tirar fuori le sue ossessioni, le sue paure.
    Fece una specie di suono rabbioso, una specie di ringhio, involontario in realtà, attirando così l'attenzione di Frank.
    «Tutto bene?» chiese il ragazzino, lanciandogli un'occhiata veloce prima di tornare a guardare la strada davanti a sé.
    Gerard inspirò «Credo di si...» mentì.
    Ci fu un lungo attimo di silenzio, poi Frank posteggiò l'auto sul marciapiede davanti casa Way «Senti... lo so che penserai che non sono affari miei, ma credo che tu abbia bisogno di qualcuno con cui parlare. Non so se funziona ancora così, ma non dovresti avere delle sedute settimanali da qualche parte, ora che sei uscito dal centro?» chiese con tono serio.
    Gerard aggrottò la fronte. Ma nonostante inizialmente volesse dire esattamente a Frank che non erano affari suoi, non riuscì a farlo.
    «Mh, si, dopodomani devo andare a fare una seduta di gruppo...» disse mormorando.
     Frank annuì «...e per gli altri giorni, ti hanno dato il numero di qualcuno che puoi chiamare nel caso in cui avessi bisogno di assistenza? Nel caso in cui sentissi il bisogno di parlare con qualcuno in un momento specifico, intendo...» chiese dopo un pò.
    Gerard scrollò le spalle «No, veramente. Credo non abbiano abbastanza fondi per poter pagare qualcuno disposto a sentire un idiota qualsiasi sfogarsi in qualsiasi momento della giornata...» disse borbottando.
    Sentì Frank sospirare. Lo vide allungare la mano verso il cruscotto dell'auto. Aprì il cassettino davanti al posto del passeggero e ne tirò fuori una penna. Poi prese un pezzo di carta accartocciato e lo aprì. Era un vecchio scontrino. Accese la luce dell'abitacolo e scrisse in fretta il suo numero di telefono «Ok, tieni. Nel caso in cui tu senta il bisogno di parlare. Sfogarti può essere d'aiuto.» disse sorridendo.
    Gerard lo guardò per qualche secondo. Ecco, Frank era dannatamente gentile. Ed aveva un sorriso dannatamente dolce. Prese il foglio, ringraziando, e lo ripiegò con cura prima di infilarselo nella tasca dei jeans.
    Salutò, e scese dall'auto. Quando fu in casa, sorrise, pensando che in qualche modo, non sentiva più l'urgenza di piangere. Per un attimo, Frank gli aveva fatto dimenticare di quanto solo si sentiva.

   

- - -

 

    YO.
    Grazie a tutti per le recensioni!
    xoxo 

Terexina

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Capitolo 4
*** 4. Abbandono ***


4. Abbandono

Mikey sospirò, guardandosi intorno.
Tutto era sempre in ordine in quell'ufficio. I libri sistemati sulle mensole della libreria alle spalle della scrivania del Dr. Phillips erano allineati in ordine di altezza, dai più grandi ai più piccoli, da sinistra a destra.
«Ha presente il mio amico Frank? Solitamente mi accompagna ad ogni seduta. Mi viene a prendere a casa, mi porta qui e mi aspetta. Poi andiamo a fare un giro insieme, viene da me, suoniamo...» fece una pausa, mordendosi il labbro «Questa è tipo, la terza volta che vengo da solo, perchè Frank prende impegni con mio fratello...».
Il Dr. Phillips annuì «La cosa ti infastidisce?» domandò guardando Mikey con aria interessata.
Mikey gli aveva detto che non gli piaceva vederlo scrivere mentre lui parlava, lo faceva sentire a disagio, come un animale che viene studiato. Ed anche se era così, preferiva che il Dr. Phillips evitasse di prendere appunti.
«No... ok, si. Ma non è per Frank. Voglio dire, ha tutto il diritto di fare ciò che preferisce e non è per il fatto che non mi accompagna qui... è per...» Mikey fece una smorfia, prima di strofinarsi il volto con le mani e riprendere a parlare. Conosceva la netta differenza tra il semplice pensare qualcosa ed il pronunciarlo a voce alta. I pensieri erano intimi e privati, le parole pronunciate restavano lì alla pprtata di chi le ascoltava, e davano vita ad un mucchio di domande, supposizioni, questioni. «Ogni giorno vivo sapendo che resterò solo. Lo so, so che Gerard rovinerà tutto, anche stavolta. Io vorrei solo che tornasse quello di prima. Non un Gerard ripulito, rivoglio il Gerard che non si era mai sporcato. Che non si sentiva in colpa. Che non mi guardava come se mi avesse trafitto il cuore. Io non ce l'ho con Gerard per quello che ha fatto. Io ce l'ho con quello che è diventato. Con il suo continuare a lasciarmi solo. A strapparmi via le cose. Non voglio restare solo...».
Il Dr. Phillips annuì ancora. Le rughe sulla sua fronte divennero più nette quando assunse un'aria interrogativa «Lo hai detto a Gerard questo?» chiese scrutando Mikey. Il ragazzo gettò indietro la testa sbuffando e socchiudendo gli occhi «No. Tanto non potrebbe farci nulla. E comunque sono destinato a restare solo. Me lo sento. Lo sogno ogni notte. Mi sveglio sapendo che succederà di nuovo. Gerard mi abbandonerà. Quante volte si può salvare una vita?».

Gerard adorava la compagnia di Frank. Amava anche il fatto che Frank non avesse mai troppi impegni. Cosi potevano passare parecchio tempo insieme. Quando Frank non aveva impegni con Jamia, ovviamente. Quando capitava, quando Frank non poteva stare con lui perchè doveva andare dalla sua ragazza a cercare di arrivare finalmente alla meta -argomento che dava sempre un certo senso di fastidio a Gerard comunque- Gee decideva di occupare il tempo a disegnare e dipingere.
Il sogetto era sempre lo stesso, e quando l'opera era completata Gerard sentiva la gola bruciare e calde lacrime solcargli il volto.
Affondò le mani nelle tasche degli scuri pantaloni che aveva indossato quel pomeriggio, camminando al fianco di Frank lungo un sentiero deserto in un parco di Belleville.
Gerard era appena uscito da una seduta di terapia di gruppo nel centro di riabilitazione in cui era stato per mesi che sembravano durare anni dopo il suo tentato suicidio. Non era stato piacevole. Beh, non era mai piacevole in realtà.
Frank seguì Gerard in silenzio, che andò a sedersi sotto il tronco di un acero. Accese una sigaretta e fece cenno a Frank di sedersi al suo fianco.
«Che ci facciamo qui?» chiese guardandosi intorno.
Gerard aveva l'aria triste. Era stato silenzioso per quasi tutto il tempo, mentre solitamente quando era con Frank i due parlavano così tanto che il tempo sembrava volare ed era già ora di salutarsi.
Gee fece un respiro profondo, giocherellando con le dita della mano sinistra con i fili d'erba accanto a lui.
«Alicia è morta qui...» disse in un mormorio, sentendo immediatamente un grande peso nel petto. Frank non disse nulla, così continuò, dopo aver fatto un lungo tiro alla sigaretta «...arrivò in casa nostra come un ventata di buon umore. La sua vita faceva schifo, cazzo, ed io ammiravo il modo in cui nonostante tutto riuscisse a svegliarsi ogni giorno col sorriso sulle labbra. Era così forte da non sembrare umana. Io al suo posto probabilmente avrei passato i miei giorni ad odiare la mia vita. Ad odiare il mondo intero.».
Frank sapeva, ma non era il momento di dirlo. Gerard non gli stava raccontando la storia di Alicia, della sua morte, di Mikey e del suo tentato suicidio. Gerard stava facendo un viaggio nel passato, stava scavando verso il problema, verso ciò che era successo, e Frank era lì per ascoltarlo in silenzio, per offrirgli la sua compagnia durante il tragitto.
«...Mikey l'aveva conosciuta ad un concerto, e l'aveva portata a casa come se fosse un cucciolo abbandonato al lato della strada.» fece una smorfia «Beh, Alicia era proprio come un cucciolo abbandonato. I suoi genitori la maltrattavano. La cacciarono di casa.Girò per un paio di settimane da sola. Dormiva nei bagni delle stazioni, si svendeva per del cibo...».
Gee sentia gli occhi umidi, mentre davanti a lui, nella sua mente, prendeva vita la scena di Mikey che in una serata colpita da una di quelle piogge estive che arrivavano senza preavviso, si presentò in casa Way accompagnato da questa ragazzina con i capelli scuri, spettinati e bagnati che le ricadevano sulle spalle, la pelle chiara, le occhiaie che le contornavano gli occhi pieni di speranza. Aveva chiesto ai suoi se potevano aiutarla ed ospitarla per qualche giorno.
«..."qualche giorno" diventò "per sempre".» Gerard respirò una lunga tirata dalla sigaretta, e dopo aver espirato il fumo, che gli aveva bruciato i polmoni, deglutì «Alicia e Mikey erano una coppia bellissima. Erano così diversi che sembravano nati per completarsi l'un l'altro... eravamo soli, quando successe... Mikey era partito con la scuola, ed i miei genitori si erano concessi un paio di giorni di relax a New York».
Frank annuì, seguendo il filo del racconto, notando come gli occhi di Gerard erano diventati lucidi e colmi di lacrime.
«...Alicia era curiosa. Era un sbandata, c'erano cose che non ci aveva raccontato. Eravamo soli in casa, ed io avevo bevuto tantissimo, e lei si era unita a me. Mi disse che voleva provare a sniffare cocaina, e che sapeva che io ne avevo un bel pò nascosta nell'ultimo cassetto del mobile nell mia camera. Sorrise, supplicandomi di lasciargliela provare. Mi lromise che non lo avrebbe mai raccontato a Mikey,e ai miei. Mi disse che sarebbe stato il nostro segreto, che non avrebbe mai detto una parola al riguardo. Io... sono stato un idiota. Le dissi "Ok, ma non qui in casa. Andiamo nella parte abbandonata del parco"» scosse la testa, spengendo con forza la sigaretta sul terreno, come se volesse farle male «...eravamo seduti proprio qui. Avevamo portato delle birre, la cocaina, un pacchetto di sigarette ed uno specchietto che ci serviva da appoggio. Alicia sembrava interessata ad ogni passo. Mi guardava, curiosa. Mi chiese a cosa mi serviva la carta di credito, così le spiegai che la cocaina andava sbriciolata per bene, poi allineata in strisce. Arrotolai una banconota r lr mostrai come si faceva. Il fatto che lei mi guardava in modo così affascinato mi fece perdere il senso della realtà. Per una volta mi sentivo interessante, mi sentivo grande, ed ero contento di mostrarle qualcosa di cui sapevo così tanto... non avrei dovuto. Alicia sniffava le sue stisce, chiedendomi perchè non sentisse alcun effetto. Sentiva solo l'amaro scenderle in gola, nient'altro. Le spiegai che anche io la prima volta non sentii alcun effetto. Lei mi guardò pronta chiedermi allora quando avrebbe potuto provare di nuovo, ma io le dissi subito che non sarebbe mai più successo. Non con me...
Ci addormentammo sotto quest'albero. Quando riaprii gli occhi il sole era già tramontato e sentivo freddo. Alicia era sdraiata accanto a me. Le dissi "Ehi, svegliati!"...» Gerard sentì un pesante lacrima scivolargli sulla guancia, ma non la scacciò via. Lasciò che percorresse il suo volto, cadendo sui suoi pantaloni dal mento. A quella lacrima ne seguirono molte altre. La voce di Gerard era alterata, ora. Disperata. «Le ripetei di svegliarsi. Le dissi che era tardi e che dovevamo rientrare in casa. Ma lei non mi sentiva, così provai a scuoterla ma... Alicia non reagiva. Era fredda, aveva uno strano aspetto, ed io ero così fatto che non riuscii a far altro che agitarmi e scuoterla e ripeterle di svegliarsi. Volevo solo che si svegliasse. Poggiai la testa sul suo petto. Non so cosa volessi fare. Volevo sentire il battito del suo cuore...».
Gerard fu attraversato da un brivido di terrore, le sue mni cominciarono a tremare, e si strinse le braccia intorno al corpo, sotto lo sguardo dispiaciuto di Frank, che non aveva detto una parola per tutto il tempo.
Il ragazzo gli mise un braccio intorno alle spalle, per confortarlo. Gerard deglutì.
«Il suo cuore si era fermato. Non sapevo nemmeno da quanto. Non sapevo cosa fare. Pensai a Mikey, ai miei genitori, ai genitori di Alicia, a chiunque avesse avuto la pessima idea di lasciarla nelle mie mani. E' stata colpa mia, Frank. Alicia è morta per colpa mia. Ed io non posso... io non riesco a perdonarmi.» disse singhiozzando.
Frank lo abbracciò, sussurrandogli che non era colpa sua. Era tutto ciò che riuscì a dire.
A Gerard avevano ripetuto quella frase in tanti, nei giorni seguenti l'accaduto, ma nessuno sembrava crederci davvero, quando pronunciava quelle parole. Nessuno sembrava dirlo con convinzione. O con affetto. Nessuno lo aveva detto come aveva fatto Frank, ora.


- - -
Ok, ecco il perchè di tanto rancore. Spero il capitolo vi sia piaciuto, e spero che -avendolo scritto sul cellulare- non sia graficamente pessimo o mal sistemato. Grazoe mille a tutti coloro che hanno recensito ed apprezzato la storia, a chi l'ha messa nelle preferite e nelle seguite. Grazie mille. Xoxo.
Terexina

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Capitolo 5
*** 5. Parole che non pensavo di saper pronunciare. ***


5. Parole che pensavo di non saper pronunciare.

Casa Way sembrava sempre perfetta, quando c'era qualche matrimonio in corso.
Seduto sul cornicione della finestra della sua camera, Gerard contemplava lo scenario con aria nostalgica.
Aveva osservato tanti di quei matrimoni che ormai era divetato un esperto nell'individuare le coppie che sarebbero durate in eterno davvero, fin che morte non le avesse separate, e quelle che invece probabilmente avrebbero firmato le carte del divorzio dopo appena qualche mese dalla celebrazione della loro unione.
Sapeva quando uno sposo si scopava la damigella della propria moglie, o quando un invitato sembrava voler urlare "Io mi oppongo!" nel momento del "Parli ora o taccia per sempre".
Purtroppo solitamente gli invitati preferivano tacere per sempre. In tutti quegli anni avrebbe davvero voluto vedere qualcuno farsi coraggio ed opporsi ad un matrimonio. Sarebbe stato divertente, per lo meno. Ma non accadeva mai.
Le persone preferivano stare in silenzio e magari soffrire nel vedere coloro che amavano unirsi per la vita alla persona sbagliata.
Sbuffò. Lui non era certo diverso da loro.
Gerard se ne stava in totale silenzio ogni volta che Frank parlava di Jamia, o se la portava dietro quando - non che succedesse troppo spesso comunque - decidevano di andare a qualche festa in zona la sera.
Il punto era che non sapeva nemmeno cosa avrebbe dovuto dire.
Dopo aver raccontato la storia di come Alicia era morta su quel prato e di come lui non riuscisse a perdonarsi, le cose con Frank erano diventate più profonde. Non che riuscisse a spiegarlo, comunque. Era coese i due avessero condiviso un attimo importante. Oh, beh, era esattamente cosi. Gerard si era aperto con Frank, confessandogli lo schifo che provava dentro, e quel ragazzino era stato cosi dolce nel dirgli che era tutto okay, che prima o poi avrebbe compreso che non era colpa sua, che Gerard aveva improvvisamente sentito un legame unire i due.
Frank non lo vedeva come il figlio che rovina una cerimonia importante, o come il fratello che fa drogare fino alla morte la ragazzina senza famiglia, o come il tenebroso solitario alcolizzato che si trascina per le vie di una cittadina troppo stretta e soffocante.
Frank lo vedeva come un essere umano che aveva comesso degli errori, come un essere umano che aveva bisogno di sentirsi consolato, di sentire che qualcuno era ancora al suo fianco. Frank era un'ottima spalla su cui piangere, un ottimo amico, un'ottima compagnia.
E a Gerard tutto questo dava un senso di nausea. Perchè forse era semplicemente abituato a sentirsi solo, o ad essere circondato da persone che fingevano di preoccuparsi per lui, che la disponibilità così sincera di Frank lo aveva mandato in tilt.
Tutta Belleville sapeva che Gerard era gay, e tutta Belleville sapeva che Frank stava con Jamia.
E Gerard si sentiva dannatamente stupido perché non sapeva trovare consolazione nelle risposte ai suoi dubbi.
Gerard non amava affogare nelle domande. Aveva imparato a deviare ogni problema bevendoci sopra, sballandosi, per poi crollare addormentato per lunghissime ore e ricominciare da capo.
Annullare ogni pensiero era decisamente più facile che formulare ipotesi dolorose.
Frank era un bravo ragazzo. Punto.
Frank stava con un ragazza. Punto.
Frank era un ottimo amico. Punto.
Frank non provava alcun impulso sessuale nei confronti di Gerard, mentre, al contrario, Gerard voleva prendere le labbra di Frank ed assaporarle, baciarle e sentire se fossero cosi morbide come credeva.
Voleva stare disteso al suo fianco, poggiare la sua fronte contro quella di Frank e perdersi in quegli occhi color nocciola che lo facevano sentire al sicuro.
Voleva stringerlo a sé, abbracciarlo, affondare il viso sulla pelle di Frank, respirare il suo profumo.
Voleva fare l'amore con lui.
L'amore, pensava, perché il suo non era un desiderio unicamente fisico. Il suo era il bisogno di amare qualcuno. Qualcuno che lo amava ma diversamente da come avrebbe voluto.
Gerard non vedeva in Frank un semplice amico.
Gerard voleva essere il suo amante.
...perché Frank lo faceva star bene, perché averlo accanto rendeva le sue giornate migliori, perché aveva imparato a non avere paura del giudizio di Frank, perché Frank non giudicava nessuno.
E Gerard avrebbe voluto stare al suo fianco, per sempre, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, per tutto il resto della loro vita...
E...
Gerard sospirò, sentendo un tuffo in pieno petto, quando scorse la figura di Frank passeggiare nel suo giardino tra gli invitati all'ennesimo matrimonio in stile Way - come Donna li definiva - mano nella mano con Jamia.
Fantastico, pensò. Davvero fantastico.
Lui se ne era stato appollaiato su quel cornicione a riflettere sui suoo sentimenti verso Frank, ed ecco che Frank senza volerlo gli sbatteva in faccia la verità a caratteri cubitali: "Io sto con Jamia, la amo ed un giorno finiremo su quell'altare anche noi, a decantare il nostro amore e a-".
«Fanculo...» mormorò Gerard, accendendosi una sigaretta. Scese con un balzo dal cornicione e si guardò allo specchio nell'angolo della sua stanza.
«...sei patetico, Gerard, davvero patetico...» disse a sé stesso, passandosi un mano tra i capelli scuri.
Uscí dalla sua stanza e percorse la rampa di scale che portava al piano inferiore.
Nel giardino, gli invitati alla cerimonia stavano applaudendo al "Si, lo voglio" dei neosposi, e Frank e Jamia, la coppia dell'anno, sorrideva alla scena da un angolo.
«Probabilmente divorzieranno tra meno di sei mesi, e lei piangerà disperata davanti alla televisione riguardando il video di questa magnifica messa in scena...» disse Gerard spuntando dal nulla alle loro spalle.
Jamia fece una smorfia.
«Mi auguro che ti stia sbagliando...» mormorò guardandolo con aria distratta. Poi stampò un bacio sulla guancia di Frank «Vado a congratularmi con loro...» disse, allontanandosi per raggiungere gli sposi.
Frank scosse la testa accennando un sorriso in direzione di Gerard «Credo anche io che non dureranno molto, ma non dirlo più...» disse a voce bassa, avvicinandosi all'orecchio di Gerard «...la sposa è la sorella di Jamia...», spiegò con una risatina.
«Non mi avevi detto che saresti venuto ad un matrimonio in casa mia...» fece notare Gerard.
Il punto era semplicemente che se avesse saputo che Frank sarebbe stato lì, con Jamia, si sarebbe preparato psicologicamente.
Frank fece spallucce «Non credevo nemmeno io di venire, in realtà, ma alla fine ho pensato che forse vedendomi in giacca e cravatta avrei avuto un aspetto più affascinante del solito e Jamia avrebbe finalmente deciso di dare fuoco alla sua dannata cintura di castità...» spiegò con aria mista tra la speranza e l'impazienza.
I vani tentativi di riuscire ad arrivare alla meta con Jamia erano ormai noti a Gerard e Mikey. Frank ne parlava con tanta leggerezza che Gerard sentiva un fastidioso bruciore allo stomaco ogni dannata volta.
Dentro di sé sperava che Jamia non si concedesse mai.
Ma Frank era cosi dannatamente attraente in quella camicia bianca, come poteva resistergli?
Allora sperava che Jamia non ci sapesse fare. Che si concedesse in una di quelle esperienze sessuali piene di imbarazzo, in una di quelle tipiche "prime volte" che lasciavano un certo senso di insoddisfazione.
In quel momento si ritrovò a domandarsi se Frank fosse ancora vergine. Se fosse stato così, pensò Gerard, inspirando l'ultima boccata dalla sigaretta che teneva tra le dita, allora Frank avrebbe meritato una prima volta degna d'essere ricordata come una delle più belle esperienze della sua vita.
Gerard tornò a prestare attenzione a ciò che stava accadendo fuori dalla sua testa quando sentì la voce di Mikey avvicinarsi.
Sembrava di buon umore. Quello sulle sue labbra sembrava un vero e proprio sorriso.
Gerard non lo vedeva da tempo, ormai, e sorrise di conseguenza.
«Sembri di buon umore...» disse sperando che Mikey non cambiasse espressione improvvisamente.
Ormai viveva nel terrore di deludere suo fratello. Era già successo, ed era stato straziante. Aveva vissuto nel senso di colpa, maledicendo sè stesso per ogni suo errore.
«Ho una cosa per te...» mormorò Mikey, in imbarazzo.
Aveva passato la mattinata chiuso nella sua stanza. Dalla quale non proveniva nemmeno un suono. Assolutamente nulla.
Gerard pensav stesse dormendo.
Restò sorpreso dal fatto che Mikey avesse qualcosa per lui, e qualsiasi cosa fosse, era dannatamente curioso.
Lo guardò, immaginando che avrebbe tirato fuori un... beh, qualsiasi cosa fosse, per porgergliela.
Ma Mikey si morse il labbro inferiore «Ehm... è nella tua camera. Preferirei la vedessi quando io non sono presente...» spiegò, come se gli avesse letto il pensiero.
Gerard fece un respiro profondo, guardando suo fratello prima, e Frank dopo. Probabilmente Frank sapeva di cosa si trattava, perché aveva il tipico sorriso nascosto di chi sa qualcosa ma non vuole darlo a vedere.
«Ok...» disse poi, accennando un sorriso «Allora... vado a vedere...».
Curioso e confuso lasciò Mikey e Frank nel giardino, dove ora gli invitati avevano preso a banchettare sotto il grande gazebo in legno bianco.
Salí i gradini due alla volta, entrò nella sua stanza e si richiuse la porta alle spalle guardando in direzione della sua scrivania.
Notò un foglio ripiegato con cura, poggiato sopra una copia di un libro di Welsh.
Lo afferrò con delicatezza, quasi con la paura di poterlo rompere.
Era una lettera, e cominciava con un "Questo è un consiglio del mio terapista. Scrivere le parole che non avrei mai pensato di saper pronunciare...".




- - -
Bene, anche questo capitolo è stato scritto dal cellulare, quindi se ci sono Orrori o Errori fatemi notare che appena sono dal pc correggo.
Grazie mille per le recensioni, per aver inserito la storia tra le preferite e le seguite e tutto il resto.
Xoxo
Terexina

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Capitolo 6
*** 6. Indietro ***


6

6. Indietro

 

    Era struggente. Era come risvegliarsi dopo un lungo sonno. Realizzare tutto quello che per troppo tempo era sembrato incomprensibile.
    La lettera che Mikey aveva scritto era piena di sentimento, ce n'era così tanto che faceva male.
    Gli occhi di Gerard bruciavano, colmi di lacrime che gli rigavano il volto rendendolo debole.
    Era come se avesse aperto un vaso pieno di dolore. Ma stavolta il dolore non era il suo. Era quello del suo fratellino, quello dell'unica persona che probabilmente non lo aveva e mai lo avrebbe tradito. Quello al quale Gerard era tanto attaccato ma dal quale si era lentamente allontanato, senza rendersene conto.
    Avrebbe pagato oro, ora, con quel peso nel petto che gli affannava il respiro, per poter avere un'occasione. Per poter tornare indietro nel tempo. Per avere un genio, una fatamadrina, qualcuno che potesse sistemare le cose, curare le ferite che senza troppi complimenti aveva inferto alla persona più innocente del mondo.
    Gerard aveva compreso, ora.
    Mikey non ce l'aveva con Gerard per quello che era successo ad Alicia.
Cercò di nuovo quelle parole sul foglio che teneva saldamente tra le mani. Doveva leggere ancora quelle righe, perché facevano male, ma bene allo stesso tempo.

   
"E non capisco perché. Perché non hai lottato perché ci voltassimo verso di te, invece di lasciarci andare? Perché non hai urlato, non ci hai rincorso? Perché hai voltato le tue spalle a tua volta, invece di farci capire quanto male ti stavamo facendo, lasciando che ti trasformassi in quello che sei diventato? Avrei fatto il possibile, te lo giuro. Avrei fatto qualsiasi cosa, pur di farti tornare. Pur di recuperare, prima che fosse troppo tardi. Ma tu ci hai allontanati, ti sei creato un mondo totalmente distante dal nostro. Dove io, mamma e papà eravamo solo delle persone. Non eravamo più la tua famiglia. Io non ero più il ragazzino da proteggere, ma quello dalla quale non volevi rotture. Tu non eri più il mio eroe. Avevo paura di te. Di quello che eri. Un estraneo. Eri diventato un estraneo. Nulla ci teneva più legati. Avevi lasciato che tagliassimo ogni invisibile filo che ci legasse. Mi avevi lasciato fuori. Ed io sono stato così stupido, da non lottare per tenerti al mio fianco. Per farti tornare ad essere l'uomo che io sarei voluto diventare. Ho lasciato che tu cambiassi. Ero così abituato ad essere quello che doveva venir aiutato, che era impensabile per me comprendere che ora ero io a doverti aiutare. Fino al giorno in cui ti ho salvato la vita. Il giorno in cui ti ho trovato in quella dannata vasca. Allora l'ho capito, ma era già troppo tardi. Tu eri gia un altro. Tu te ne eri già andato via."

   
I suoi occhi erano rossi.
    Se fosse stato ancora un tossicodipendente, probabilmente ora avrebbe gia ingerito più droghe possibili, per tramutare quella sensazione di tristezza in sensazione di finto benessere chimico e distorto.
    Ma non era più quel Gerard, ora. Ora era un nuovo Gerard, ed era pronto, stavolta. Era pronto per tornare ad essere l'eroe di Mikey, di nuovo.
Fece un respiro profondo, assaporando, per la prima volta dopo una vita intera - così sembrava - tutto il bello del sentirsi vivo. Tutte le emozioni che lo stavano attraversando. Era una sensazione bellissima.
   
«Ehi...».
Gerard si passò le mani sugli occhi, per asciugarli. Le lacrime erano colate giù come cascate.
    Sollevò lo sguardo, volgendolo alla porta della sua camera, dove Frank se ne stava in piedi, con aria preoccupata.
    Gerard sorrise. Non per fargli credere che non stesse piangendo, ma per fargli capire che Frank era il benvenuto, che non si sentiva in imbarazzo di fronte a lui.
    Vide il ragazzino farsi strada verso di lui, verso il suo letto. Si sedette al bordo, al suo fianco, e posò gli occhi sulla lettera di Mikey.
    «Come stai?» gli domandò.
    Gerard pensò che era bellissimo, in un certo senso, che Frank gli stesse facendo capire che era suo amico, che era la sua spalla su cui piangere, se ce ne fosse stato bisogno.
    Sorrise ancora, annuendo «Benissimo, ora...» mormorò asciugandosi ancora le lacrime, stavolta con la manica della camicia bianca che aveva indossato.
    Era bellissimo, Frank, con quell'aspetto da ragazzino, ma quello sguardo pieno di vita. Era così maturo Frank. E così spontaneo.
    Senza pensarci troppo, mise un braccio intorno a Gerard, cingendogli le spalle. Voleva farlo sentire al sicuro. Voleva fargli sentire che lui era lì. Che lui c'era.
    E si che c'era, Gerard lo sentiva con ogni atomo del suo corpo. Lo sguardo di Frank, puntato nel suo, gli procuravano brividi lungo il corpo. Gli contorceva lo stomaco, quello sguardo.
    Si sentiva così vivo, in quel momento, Gerard, che tutto sembrava più facile.
    Decise che era davvero arrivato il momento di riprendere in mano la sua vita. Perché era così bello star bene, che non riusciva nemmeno più a comprendere perché mai per tutto quel tempo avesse preferito farsi solo del male. Stare bene era fantastico. Stare bene era davvero, davvero fantastico.
  E pensò, o forse non ci pensò abbastanza in realtà, di condividere tutto con Frank.
  Sostenne il suo sguardo e deglutì «Frank...» disse raccogliendo tutto il coraggio di cui era in possesso. Il ragazzino lo guardò curioso, pronto ad ascoltare ogni parola di Gerard.
    Ma forse non era pronto a ciò che Gerard disse.
    «...credo di essermi innamorato di te».
Arrivò così, senza troppi giri di parole. Senza dubbi. Senza ripensamenti e senza paura.
    Credo di essermi innamorato di te.
Frank fece un respiro profondo. Forse aveva capito male. Certo, che aveva capito male.
    Passarono dei secondi. Pochi, in realtà, ma passarono lentamente ed in completo silenzio. E poi lo sguardo di Gerard si fece sempre più vicino. Il suo profumo, il suo respiro.
    Il suo sapore.
    Frank sentì il suo sapore sulle labbra. Prima ancora che potesse rendersi conto che Gerard lo stava baciando.
    Frank non capiva. Non riusciva a capire.
    Le labbra di Gerard si erano posate leggermente sulle sue, e si muovevano lentamente, in modo delicato.
    E Frank riusciva a pensare solo che non era male. Dio, era diverso dai baci con Jamia, ma non diverso in senso negativo. Era semplicemente diverso. E bello. Era anche bello.
    No, era strano, era decisamente strano!
    Frank si irrigidì, scattando in piedi, facendo un passo indietro.
    «Fermo!» esclamò, sentendo una strana e fastidiosa sensazione allo stomaco, e poi lungo il collo, la schiena, le labbra. Su ogni centimetro della sua pelle.
    Deglutì, a fatica, ed uscì a passo svelto dalla camera, sotto lo sguardo ancor più pieno di emozioni - e forse ora davvero orrende - di Gerard.

    Frank si passò una mano sulle labbra, come per pulirle, mentre a passo svelto tornava da Jamia.
La sua Jamia. La sua ragazza. Si, proprio così.
    La sua ragazzA.
Amava Jamia, da morire. E Gerard... Gerard doveva aver frainteso, si disse.
    Allentò il colletto della camicia, cercando la sua fidanzata nella folla di ospiti al matrimonio. Dovette alzarsi in punta di piedi, per intravederla seduta ad un tavolo con Mikey.
    Si avvicinò a lei, cercando di sembrare calmo. No che non era calmo, ovviamente.
   
«Ehi, Jamia, io devo andarmene...» disse solo, in tutta fretta, cercando nella tasca dei pantaloni le chiavi della sua macchina.
    Lei lo guardò confusa, ed anche preoccupata «Che succede? Ti senti poco bene?» chiese accarezzandogli il volto.
    Frank adorava quando Jamia gli carezzava il volto.
    Spostò lievemente il viso. Voleva andarsene da lì e basta.
    «No... cioè, si, mi sento poco bene.» mormorò lui.
    Vide Jamia guardarsi intorno. Frank fu grato del fatto che quello fosse il matrimonio della sorella di Jamia.
    Jamia non poteva certo andarsene nel bel mezzo della cerimonia come se niente fosse. No che non poteva.
    Frank accennò un sorriso «Non preoccuparti, tu stai qui e divertiti...» fisse in tutta fretta, per poi andarsene.

Salì in macchina e mise in moto lasciandosi casa Way alle spalle il più velocemente possibile.
    Mise il primo cd, preso a caso dal cruscotto, a tutto volume nell'autoradio e poi si accese una sigaretta.
    Guidò senza una meta, e alla fine parcheggiò l'auto in un angolo deserto della cittadina.
    Alzò il volume dello stereo al massimo, e lasciò cadere indietro la testa, con gli occhi chiusi.
    Aveva bisogno di capire cosa diamine fosse successo. Perché Gerard lo aveva baciato, e perché gli era piaciuto.
   
«Non può essere vero...» si disse, accendendosi un'altra sigaretta «Cazzo, Frank, non sei una checca. No che non sono una checca...» si ripeteva, nervoso. Si strofinava il viso, cercava di analizzare cos'avesse provato durante quel bacio con Gerard, perché non poteva essere così come gli era sembrato. Non poteva aver provato una strana sensazione di farfalle allo stomaco. Non poteva essergli piaciuto.
    No che non gli era piaciuto, si disse.
    Ovvio che non gli era piaciuto. Non era mai, mai, stato attratto da un uomo.
    Fece un respiro profondo, si strofinò il viso di nuovo, accese ancora un'altra sigaretta. Fino a quando si rese conto che era già sera, ormai.
    Il parcheggio era completamente buio, ed aveva finito le sigarette.
    E in tutto quel tempo passato a riflettere, non aveva capito ancora nulla.
   
    Rimise in moto l'auto, e cominciò a guidare ancora, diretto verso casa di Jamia.
    I genitori della ragazza lo lasciarono salire al piano di sopra, ricordandogli di non fare troppo tardi prima di tornare a dormire, esausti dal matrimonio della loro altra figlia.
    Frank bussò piano sulla porta della camera della ragazza, per poi aprirla impaziente di rivedere la sua fidanzata.
    La trovò intenta a togliersi il vestito da cerimonia da dosso.
    Jamia era sorpresa di vederlo lì, e si coprì il corpo seminudo con le mani «Ehi, Frank...» disse arrossendo.
    Frank amava quando Jamia arrossiva.
    Si avvicinò a lei e senza alcuna voglia di parlare, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, corse a baciarla, cingendole i fianchi con le mani.
    Muoveva le labbra famelico, come se volesse mangiarla.
Aveva voglia di sentire Jamia, il suo sapore, il suo profumo, la sua pelle.
    La ragazza ricambiò il bacio, lasciando scivolare ai suoi piedi il vestito, e prendendo a carezzare i capelli di Frank.
    Chiuse gli occhi, mentre lui la trascinava verso il letto, senza troppi complimenti.
    Forse stavolta non avrebbe fermato Frank, non gli avrebbe impedito di fare quel passo avanti che entrambi desideravano ma che lei temeva timidamente.
    Si fece coraggio, Jamia. Sentiva Frank palpitare, e stavolta era pronta. Non si sarebbe tirata indietro.

- - -

Ok, bene, ultimamente mi sto dando davvero da fare e finalmente, anche se dopo tutto questo tempo, ho aggiornato anche questa FF.
Tra le tre long che ho in corso ora, questa è l'unica Frerard per il momento ed avevo bisogno di scrivere un pò di Frerard di nuovo, e quando l'ispirazione chiama, visto quanto sia rara ultimamente, è giusto rispondere.
Dunque, bando alle ciance. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero che vi sia piaciuto abbastanza da sentirvi di condividere con il popolo di EFP (?) le vostre opinioni al riguardo, sarebbe grandioso.
    Quindi, se vi va, recensite.
    XO

PS: questa è la mia pagina FB, se vi interessa sapere che ho una pagina di FB: POPstitute EFP

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Capitolo 7
*** 7. Libero ***


7

7. Libero

 

 

    Di cose stupide Frank ne aveva fatte tante, nel corso della sua vita.
Ma quella le aveva superate tutte, probabilmente.
    Jamia lo aveva guardato, gli occhi pieni di confusione, delusione, e si, anche imbarazzo.
    Ovvio che c'era anche imbarazzo, in quello sguardo.
    Frank, colui che tanto aveva sognato il fatidico momento in cui Jamia si sarebbe concessa, colui che non aspettava altro perché si che i sentimenti erano nobili ma insomma anche il corpo voleva la sua parte, Frank Iero si era tirato indietro proprio sul più bello.
    E non con una motivazione apparentemente valida.
    Era un miracolo che fosse riuscito a pronunciare un "Aspetta, non credo sia il momento giusto".
    Certo che era il momento giusto, Jamia aveva conservato l'attesa di quell'attimo per ore e giorni e mesi interi, ed ora era pronta, era disponibile, era sicura di sé. E Frank invece no, non lo era affatto.
    Probabilmente non era più sicuro di nulla. Perché era ovvio che qualcosa non andava, se le labbra di Jamia sulle sue avevano un sapore non semplicemente differente da quelle di Gerard, ma... meno confortanti, ecco cosa.
    Jamia era impaurita, tremava lievemente all'avvicinarsi dell'attimo fatidico. Mentre Gerard l'aveva baciato con tanta grazia e sicurezza da lasciarlo senza fiato.
    Cazzo, si che era senza fiato. Gerard lo aveva baciato, mica poteva aspettarselo! Ed ora, nella camera da letto della sua fidanzata, Frank non riusciva a togliersi dalla testa quel momento.
    Quell'attimo.
    Quel bacio.
    Gerard.
E Jamia se ne stava lì, intenta a rivestirsi, in silenzio. Ed era così fragile, che Frank avrebbe voluto stringerla a sé e dirle - ma ovviamente non lo fece, sarebbe sembrato così banale - che non era colpa sua. Che era lui, ad avere qualcosa che non andava. Ma ciò avrebbe implicato il dover spiegare che Frank aveva qualcosa che non andava dopo che Gerard lo aveva baciato.
    Spiegare che Frank aveva le idee confuse. Perché non capiva se era attratto da Gerard.
    E no che non poteva essere attratto da Gerard.
    Dio, Frank scosse la testa.
    Voleva piangere, perché lui una situazione del genere non l'avrebbe immaginata mai, sul serio.
    Il suo piano era di correre da Jamia, farsi una sacrosanta scopata - che pensava anche di meritarsi dopo tutto quel tempo in cui lei non si era concessa  - e rendersi conto che gli dispiaceva per Gerard perché aveva frainteso tutto, o si era innamorato della persona sbagliata, perché lui amava Jamia e l'avrebbe sposata, ed avrebbero fatto tanti figli, avrebbero comprato una casa tutta per loro con un giardino dove i cani avrebbero corso e giocato allegramente e sarebbero invecchiati insieme, ritrovandosi novantenni seduti su un dondolo sotto al portico in una sera d'estate a bere limonata fresca e a raccontarsi i ricordi di quel giorno in cui avevano fatto l'amore per la prima volta.
    Ecco, come sarebbe dovuta andare.
    Frank imprecò mentalmente contro il Creatore, contro Gerard, contro Jamia e infine anche contro sé stesso, e senza poter aggiungere una sola parola, lanciò uno sguardo dispiaciuto alla sua ragazza e se ne andò, in tutta fretta.
   

    Passò almeno tre giorni chiuso nella sua camera, occupandosi solo di rifiutare le telefonate di Jamia e di mangiarsi le unghie dal nervoso.
Aveva ascoltato musica, guardato la tv - comprese le televendite di gioielli laccati d'oro - e letto qualche libro. Ma ogni volta, ogni singola e dannata volta in cui chiudeva gli occhi, gli tornava in mente quel momento in cui lui e Gerard erano in quella camera. Quell'attimo così veloce ma così eterno in cui Gerard lo aveva baciato.
    E così, sotto le coperte del suo letto, Frank iniziava a piangere, perché non poteva essere gay.
    Aveva sempre pensato che uno si scopre gay a circa otto anni, quando invece di giocare con i modellini dei supereroi si ritrova a divertirsi ad abbinare i vestiti di Barbie, o a dodici, quando comincia a provare un certo piacere nel farsi la doccia in uno spogliatoio pieno di coetanei dello stesso sesso piuttosto che nell'andare a sbirciare lo spogliatoio delle ragazze.
    Ma Frank giocava con i supereroi ad otto anni, e sbirciava nello spogliatoio femminile a dodici. Non aveva mai trovato nessun uomo attraente, fino ad allora... quindi perché diamine doveva scoprirsi gay proprio ora?
    Non era possibile.
    Continuava a ripeterselo. Non era possibile. Non era così. A lui piaceva Jamia.
    E poi chiudeva gli occhi, e gli tornava in mente Gerard.
    Gerard con quella sua aria da dannato.
    Gerard con quegli occhi che sembravano la dimora dell'infinito.
    Gerard con quel sorriso appena accennato, che in realtà nasconde mille altre emozioni differenti.
    Gerard. Solo e sempre Gerard.

    Così passarono altri quattro giorni. E cinque, e poi sei.
    E poi, alla fine Frank fece un respiro profondo, dopo essere uscito dalla doccia, e decise che era arrivato il momento di uscire. Di respirare aria fresca, aria nuova. Qualsiasi aria che non fosse quella che circolava nella sua cameretta.
    Perché più tempo passava lì, meno riusciva a capire qualcosa.
    Era sera, e come tutte le sere dei fine settimana, a Belleville non c'era nulla di meglio da fare se non imbucarsi a casa di qualcuno dove qualche band emergente aveva scroccato un posto nel garage di un amico di un cugino di un conoscente per suonare in cambio di barili di birra a tutto spiano.
    Frank aveva bisogno di rivedere Jamia.
    Perché nonostante tutto, era preoccupato per lei. Perché era ovvio che l'aveva ferita. Anche lui, al posto di Jamia, si sarebbe sentito ferito. Ferito nel profondo.
    E fanculo Gerard e quel bacio e quella dichiarazione venuta fuori dal nulla come un fulmine a ciel sereno, Frank aveva bisogno di assicurarsi che Jamia stesse bene.
    Salì in auto e guidò fino all'area di servizio dove chiese a Bob, il tipo che spacciava metadone a tutto il quartiere, quale fosse il luogo della festa per quella sera. Poi guidò fino alla periferia più a sud di Belleville, e poi parcheggiò l'auto, entrò nell'appartamento affollato, salutò qualche conoscente in tutta fretta e cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di Jamia.
    Chiese a delle sue amiche sedute su un vecchio divano se sapessero dove fosse, e alla fine la trovò, intenta a chiacchierare con qualche compagno di scuola della band che stava suonando in quel momento.
    Era sorpesa di vederlo, l'esclamò chiaramente, e Frank fece uno di quei suoi sorrisi ai quali era impossibile resistere prima di chiederle di seguirlo in un angolo meno affollato della stanza.
    Effettivamente, Jamia era anche contenta oltre che sorpresa, di rivederlo, quindi lo seguì senza troppe esitazioni.

    Mikey era entusiasta, quella sera. La musica era fantastica, la compagnia anche. Gerard, suo fratello Gerard, sembrava tornato nel mondo dei vivi, e da quando gli aveva dato quella lettera i due stavano davvero lavorando per recuperare il loro rapporto.
    E ci stavano anche riuscendo.
    E Mikey era dannatamente contento di avere di nuovo quel Gerard al suo fianco.
    Gli aveva proposto di andare ad una festa, dicendogli che se non se la sentiva sarebbe rimasto a casa con lui, ma che se lo avesse accompagnato sarebbe stato grandioso, perché da qualche tempo Frank sembrava essere sparito nel nulla ed anche se Mikey non se ne spiegava il motivo, era contento che così aveva avuto più tempo per stare con suo fratello.
    E Gerard non aveva detto che non se la sentiva. Anzi, era andato a prepararsi, aveva indossato una delle sue t-shirt preferite e lo aveva seguito in un appartamento nella periferia a sud di Belleville.
    E contento di vedere Mikey ridere e scherzare con i suoi amici, ascoltava la musica cercando di non chiedersi dove fosse Frank.
    Ma pensare di non pensare qualcuno significa comunque pensarlo, e in realtà Gerard pensava a Frank ogni singolo istante.
    Fino al momento in cui la sua domanda su chissà che fine avesse fatto ebbe una risposta.
    Frank era proprio lì. In quell'appartamento. A quella festa.
    Che abbracciava Jamia.
    In un angolo appartato.
    Deglutì, mentre nella sua mente si facevano largo mille e altri mille pensieri.
    Il più dei quali erano decisamente pieni di sofferenza.
    Frank era scappato da Gerard, ed ora Gerard lo aveva trovato, e lo aveva trovato con lei.
    Restò lì, in piedi, a pochi passi da loro due.
    A guardarli. A sentire un macigno nel petto. Un pugno nello stomaco.
    E un altro pugno ancora, dritto in pieno viso, quando Frank sollevò lo sguardo dalla spalla di Jamia ed incrociò il suo.
    Gerard lo sentì, non era come incrociare uno sguardo qualsiasi, dal quale magari poi ti sentivi in imbarazzo e ti veniva istintivo guardare altrove.
    I loro sguardi che si incontravano erano pieni di messaggi nascosti. Erano pieni di chimica.
    Gli occhi di Frank avevano l'effetto dell'acido solforico su Gerard. Lo corrodevano, lo scioglievano.
    Deglutì, sentendo immediatamente il bisogno di abbandonare quegli occhi e correre fuori.
    Così si voltò prima ancora di rendersi conto che Frank aveva mollato Jamia, scusandosi in tutta fretta, per seguirlo.
   
    Faceva freddo, fuori dall'appartamento, e improvvisamente, sia Frank che Gerard, lì fuori da soli, si sentirono incredibilmente piccoli entrambi.
    Si sentivano scoperti, perché erano solo loro due, e l'eco della musica che rimbombava nelle pareti della casa alle loro spalle.
Nessuno dei due aveva il coraggio di parlare per primo. Erano entrambi in imbarazzo. E comunque quale sarebbe stata la cosa più giusta da dire?
    Frank fece un respiro profondo, stringendosi nelle spalle, con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
   
Fece un paio di passi, lentamente. Due passi insicuri, per avvicinarsi a Gerard, che gli dava le spalle, intento a guardare le strade deserte di Belleville.
   
«E' da un pò che non ci si vede...» mormorò Frank cercando di sembrare meno ridicolo di quanto in realtà si sentisse. Lasciò qualche secondo a Gerard per rispondere, per fare un cenno, qualsiasi cosa, ma fu inutile. Cercò un altro pò di coraggio «...cosa hai fatto in questi giorni?».
    Era una domanda. Una domanda stupida, ma pur sempre una domanda, e Gerard era troppo educato per non rispondere. Frank sollevò un sopracciglio, facendo un altro passo in direzione dell'altro, per guardarlo meglio. Il volto lievemente illuminato era pallido come al solito, gli occhi sembravano spenti mentre scrutavano il nulla. Notò un impercettibile movimento delle labbra, e sentì il nervosismo aumentare.
    Gerard stava per parlare, finalmente.
    «Niente.» disse solo.
    Così, secco e distante.
    «Niente?» chiese ancora Frank. Insomma, sapeva che non sarebbe stata una chiacchierata facile, ma sperava di sbagliarsi.
Invece Gerard sembrava un muro.
    «Niente...» ripeté, distante.
    No, Gerard non era un muro. Gerard in quel momento stava letteralmente scoppiando dentro.
Certo, aveva imparato a mettere su quella maschera d'indifferenza che tante volte gli era tornata utile nel corso degli anni, ma dentro bruciava come fuoco vivo.
    Eppure se ne stava impalato con lo sguardo perso nel nulla, le spalle rigide, il vento che dispettosamente gli portava i capelli scuri sugli occhi.
    Frank lo guardò in silenzio per un pò. Forse avrebbe dovuto dire qualcosa di meno banale.
    Qualcosa di meno stupido.
    Qualcosa di più sensato.
    Tirò fuori le mani dalla tasca dei jeans, e sospirò «Cazzo, guardami almeno!» esclamò, afferrandogli un polso.
    Si sentiva esausto. Stanco di non riuscire più a pensare ad altro che a Gerard. Stanco di non riuscire più a pensare ad altro che a ciò che era successo tra loro. A quel bacio. A quell'emozione che aveva provato, che non riusciva a spiegarsi.
    E sopratutto, era stanco di non riuscire a smetterla di volersi dare delle spiegazioni.
    Sperava che per lo meno Gerard avesse la decenza di dire qualcosa. Qualsiasi cosa, visto che lo aveva messo nella condizione di dubitare del suo orientamento sessuale. Visto che lo aveva messo nella condizione di doversi chiedere, con annessi timori di darsi davvero una risposta,
"chi cazzo sono, io?".
    Lo aveva riempito di paranoie, ed ora se ne stava lì, freddo come il ghiaccio.
    Ma alla fine Gerard si voltò. Lo guardò. Quegli occhi, lievemente coperti da qualche ciuffo di capelli, lo scrutarono. Non dall'alto in basso, non da cima a fondo. Lo scrutarono nell'anima.
    Allora Frank sentì un tuffo al cuore. Un colpo secco e deciso. E tanto bastava come risposta alle sue domande.
    Gerard lo smuoveva. Magari non era una cosa logica, normale, comprensibile, aspettata, ma era così, Gerard lo smuoveva dentro.
    Nel petto, nell'anima.
    E Gerard stava per parlare. Per dire qualcosa. Frank puntò gli occhi sulle sue labbra rosate. Morbidi e delicate.
    E non aveva previsto alcuna mossa, non aveva programmato la prossima azione da compiere, aveva lasciato che l'istinto agisse da sé. E così si trovò ad avvicinarsi a lui.
    A baciarlo.
    Famelico.
Aveva scoperto che non c'era bisogno di pensare ogni dannato secondo. Ci si poteva anche lasciare andare, perché ne valeva la pena, davvero.
    Perché il sapore di Gerard gli era mancato. Il suo profumo. La delicatezza con cui muoveva le labbra.
    La presenza stessa di Gerard, gli era mancata.
    Si sentì stranamente libero. Come se fosse una mongolfiera, e finalmente dopo giorni si era liberato della zavorra fatta di dubbi e preoccupazioni, ed ora poteva finalmente volare.
    Esatto, Frank stava volando, finalmente.

    - - -

Ok, come al solito sono finita in un buco nero, a Narnia, nella Terra di Mezzo, nel Paese delle Meraviglie e pure sull'Isola che Non c'è!
Ma poi sono tornata e finalmente il mio notebook ha deciso di riprendere a funzionare e finalmente ho aggiornato, anche se forse ormai vi siete dimenticati di questa storia o di me ma ok, io non demordo! (?)
No, sul serio, scusate la lunghissima assenza.
Vi adoro.
XO

PS: se non lasciate una recensione buona o cattiva che sia, non vi parlo più! ç_ç (?)
   

   
   

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Capitolo 8
*** 8. Respiri ***


 
Capitolo 8
Respiri
 
 
Mormoravano, ridevano, giudicavano. 
Frank non riusciva a pensare. La voce di Jamia gli rimbombava nelle orecchie.
Era tutto bello ed epico e si era sentito libero per un po, mentre li fuori era solo con Gerard, mentre lo baciava.
Ma poi qualcuno li aveva visti, e quel qualcuno aveva chiamato Jamia, ed anche lei li aveva visti, ed aveva un'aria disgustata ed offesa, ed aveva urlato «Mi fai schifo!», ed ora frank non riusciva a dire una parola mentre tutti ridacchiavano e li guardavano e mormoravano.
Ora si che era un bel casino.
Era un gran bel casino, e non riusciva a muoversi o a dire nulla. Lo sguardo di Jamia sembrava penetrarlo, come una lama ghiacciata.
Poi finalmente sentì una mano stringere la sua, e trascinarlo via.
Gerard pensò fosse la cosa più giusta da fafe. Non scappare, ovviamente, ma lasciarsi un attimo alle spalle tutto quel caos. Era ciò di cui Frank aveva bisogno.
Cosi lo trascinò via, correndo e stringendogli la mano.
Corsero con tutto il fiato che avevano in corpo, senza mai guardarsi le spalle. 
Percorsero la via principale, poi svoltarono a destra, poi a sinistra, poi percorsero un lungo discesone, e Frank non sapeva se si fossero persi o meno, ma era grato a Gerard perché lo aveva portato via da lì.
E poi nonostante riconobbe il parco abbandonato in cui era stato con Gerard quando lui gli aveva raccontato di Alicia.
Era buio, e la luna filtrava dagli spazi vuoti tra i rami degli alberi. Gerard si lasciò cadere a terra, senza fiato, e Frank fece lo stesso.
L'aria fredda colpiva la pelle sudata, e nel silenzio si sentivano solo i suoni dei loro respiri affannati.
Non dissero nulla per un bel po.
Poi Frank vide Gerard sorridere con la coda dell'occhio.
«Ti stai divertendo?» chiese con tono offeso. Lui non aveva affatto voglia di sorridere, non dopo tutto quel casino.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia. Panico totale...» commentò Gerard.
Frank fece una smorfia, imbarazzato. Certo che era nel panico, pensò. Aveva fatto un bel casino, al quale aveva assistito tutta la popolazione adolescente di Belleville.
Gli ritornò alla mente lo sguardo di Jamia, e faceva male. 
Lui non voleva ferirla, questo era certo. Le voleva bene, le voleva bene davvero.
Pensò per un attimo che Gerard era un insensibile, se trovava divertente tutta quella faccenda, e fece una smorfia.
Ma lui si sollevò, poggiando il peso del corpo su un gomito, e si avvicinò al volto di Frank.
«Sorriodo perché mi hai baciato...» sussurró, e prima ancora che Frank potesse dire qualcosa, Gerard era sopra di lui. 
Poteva sentire il suo cuore battere a ritmo accelerato.
Gerard cercò la mano di Frank, ed intrecciò le sue dita con quelle tatuate del ragazzo.
Avvicinò le sue labbra, guardandolo negli occhi, e lo baciò, prima delicatamente, poi con più passione. Sentiva le dita di Frank stringere le sue, il suono delle foglie al suolo schiacciate dal loro peso, il respiro che si faceva sempre più affannato.
Voleva Frank. Lo voleva completamente. Lo voleva in quel preciso istante.
Con la mano libera percorse il corpo del ragazzo, dalla testa lo accarezzò fino al torace, per poi arrivare al lembo della maglietta. 
Lo sollevò, voleva toccare la sua pelle.
Continuava a baciarlo, mentre delicatamente con le dita sfiorava quel centimetro di pelle appena sopra la cintura dei pantaloni.
Sentì Frank emettere un leggero gemito.
Cercò la chiusura della cinta e con un po di fatica riuscì ad aprirla, poi sbottonò i jeans e piano fece scivolare la mano sotto l'elastico dei boxer di Frank. 
Con la punta delle dita sfiorò l'erezione del ragazzo, che dopo aver emesso un altro lieve gemito interruppe il bacio e puntò i suoi occhi in quelli di Gerard.
«Aspetta...» mormorò. Aveva le guance arrossate, e Gerard pensò che era bellissimo con quell'aria innocente e imbarazzata.
Frank fece un respiro profondo. Voleva dire a Gerard che non era pronto, ma al tempo stesso era dannatamente eccitato e Gerard ci sapeva proprio fare con quelle labbra morbide e quelle mani delicate, eppure qualcosa lo bloccava. Non riusciva a lasciarsi andare. Invece non riuscì a spiegarlo, non sapeva quali parole usare e la situazione lo metteva davvero a disagio.
Pensò a quanto era frustrante venire respinto, ricordò tutte le volte in cui lo voleva arrivare al dunque con Jamia e lei invece si era tirata indietro. 
Eppure non si sentiva pronto, e questo era tutto.
Non ebbe bisogno di dire nulla, Gerard si scansò e si sedette al suo fianco. Prese il pacchetto di Marlboro dalla tasca dei pantaloni ed accese una sigaretta.
«Non preoccuparti, se non ti senti pronto, lo capisco...» disse comprensivo.
Frank guardò Gerard. Non sembrava deluso o arrabbiato, affatto. Eppure sentì il bisogno di chiarire il punto.
«Mi dispiace...» mormorò, sedendosi anche lui. Come Gerard, aveva bisogno di una sigaretta. Aspirò il fumo, poi lo sputó fuori, e finalmente si fece coraggio «...non sono sicuro sia il momento giusto. E poi siamo all'aperto. In un cazzo di parco abbandonato».
Gerard sorrise lievemente «Ho capito, tu sei il tipo da musica di sottofondo e candele profumate, va bene».
Frank arrossí «Non è vero! Non è una questione di candele e atmosfera» sentì il bisogno di giustificarsi.
Allora Gerard sorrise ancora una volta, in maniera più percettibile ora, e poggió la sua spalla contro quella di Frank, per poi chinare il suo volto ed accostarlo a quello del ragazzo.
«Ti prometto che non ti farò del male, se è questo che ti preoccupa» sussurró avvicinando le labbra al suo orecchio. Frank sentì una scossa percorrergli la schiena. «...e ti prometto che sara la scopata più bella della tua vita» aggiunse Gerard.
 
 
 
---
 
Ebbene, manco da questo Fandom da un bel po. Probabilmente -di alcune sono sicura- le lettrici di questa FF sono sparite in quel buco nero chiamato "La vita fa schifo perché i Chem si sono sciolti" (un buco nero profondissimo dal quale io sono uscita vittoriosa). Comunque se qualcuno arriva fin qui, mi fa davvero piacere perché non è che ero semplicemente sparita dal fandom, ma avevo smesso proprio di scrivere e leggere e disegnare e fare qualsiasi cosa necessitasse di ispirazione perché i My Chem sono la mia ispirazione e mi avevano frantumato il cuore.
Voi lo sapete.
Ora mi sono ripresa, a quanto pare, e boh, mi è venuto in mente di aggiornare questa ff.
Mi siete mancati.
XO

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Capitolo 9
*** 9. Ferite ***


9. Ferite
 
 
Gerard pensava che quello fosse il giorno più bello di tutta la sua vita.
Frank sembrava più rilassato, ora che avevano ripreso a baciarsi.
Gli piaceva il suono dei suoi gemiti, mentre delicatamente gli baciava il petto, e poi la pancia, fino ad arrivare più giu. Sentì la mano di Frank accarezzargli la testa, come per incitarlo a continuare, e pensò che non c'era sensazione più bella di quella.
Avrebbe voluto prenderlo, in quel parco, farlo suo completamente, insegnargli a fare l'amore, eppure era bellissimo anche così. Avrebbero fatto l'amore un altro giorno, quando Frank si sarebbe sentito davvero pronto, a Gerard non importava perché ogni gemito di Frank gli regalava un'emozione bellissima. Amava sentirlo godere, e tanto bastava. 
 
Tornarono a casa che era notte fonda, in strada non c'era nessuno e faceva decisamente freddo. Si salutarono con un bacio, quando le loro strade si divisero, e Gerard continuava a pensare che quella era decisamente la serata più bella della sua vita.
Non si spogliò nemmeno, per infilarsi sotto le coperte. I suoi vestiti odoravano di Frank e voleva addormentarsi nel suo profumo.
Scosse la testa fissando il buio della sua cameretta. Realizzò che tutte le volte in cui si era ubriacato, o drogato, lo aveva fatto nella speranza di trovare quella sensazione, quella che provava ora. Quel senso di felicità, di pura gioia, la consapevolezza di essere accettato, sapere che c'era qualcuno lì per lui.
Pensò a quanto fosse stato stupido, perché quella era la prima volta in cui si sentiva così, e non c'era paragone. Nessuna droga lo aveva mai fatto sentire in quel modo. 
Solo Frank ci era riuscito. Ed era bellissimo.
Si era quasi addormentato quando sentì la porta della sua camera aprirsi, e suo fratello entrare dentro.
«Mikey...» sussurró accendendo la luce sul comodino.
Suo fratello accennò un mezzo sorriso, imbarazzato, e si fece spazio nel letto.
Di colpo, Gerard si sentì in colpa, e lo abbracciò.
«Sono innamorato di Frank...» spiegò, come se ce ne fosse il bisogno.
Mikey sorrise ancora, stavolta in modo più sincero.
«Gia... ero anche io alla festa, sai? Credo che se ne parlerà per un bel po, a scuola» mormorò «...comunque tu sembri davvero felice, ed è solo questo che mi importa».
Anche Gerard sorrise ora, scompigliando i capelli del suo fratellino. Aveva paura che Mikey non accettasse la cosa, invece era contento per lui, allora poteva dormire sereno.
Si addormentarono uno di fianco all'altro, come quando erano bambini.
 
Frank avrebbe volentieri evitato la scuola quel giorno.
Aveva dormito benissimo, aveva chiuso gli occhi ripensando a quello che era successo con Gerard ed aveva fatto un sogno bellissimo. Ma poi la sveglia aveva suonato, e lui era dovuto uscire dal letto e prepararsi per una giornata che, lo sapeva  sarebbe stata infernale.
Per prima cosa avrebbe incontrato Jamia, era inevitabile, e cristo quante cose aveva da chiarire con lei.
Gli tornò in mente lo sguardo della ragazza, e sentì una morsa allo stomaco. 
Per tutto il tragitto cercò di elaborare qualche valido discorso di scuse da farle. Pensò di spiegarle tutta la situazione, confidando nel fatto che Jamia fosse una ragazza matura ed intelligente, abbastanza da comprendere e perdonarlo.
Fece un respiro profondo quando arrivò davanti alla scuola.
Gli occhi di tutti erano puntati su di lui. Quella era un'altra cosa con cui avrebbe dovuto fare i conti.
Sentiva lo sguardo dei suoi compagni puntato addosso, li sentiva mormorare alle sue spalle, ed era davvero una situazione frustrante.
Era così nervoso che quasi saltò dallo spavento quando Mikey gli mise una mano sulla spalla mentre lui era intento a prendere i libri dal suo armadietto.
Anche quella era una cosa con cui doveva fare i conti: Mikey era il suo migliore amico ed era così fragile...
«Scusami» fu la prima cosa che riuscì a dire. 
Notò un sorriso sulle labbra di Mikey, un sorriso lieve, ma pur sempre un sorriso.
«Avrei dovuto raccontarti tutto, dirti quello che stava succedendo tra me e tuo fratello, ma giuro che nemmeno io, fino a ieri sera, avevo le idee chiare...» continuò.
Mikey scrollò le spalle, sorridendo ancora «Tranquillo, Frank. Deve essere stato parecchio complicato...» disse, e Frank ringraziò il cielo perché almeno con Mikey le cose erano a posto.
Si diressero insieme in classe, continuando a chiacchierare, nonostante non riuscissero a fingere di non sentire i vari commenti offensivi che rimbombavano nei corridoi in direzione di Frank.
 
Le lezioni sembravano più lunghe del solito, e durante l'ora di storia qualche idiota aveva lanciato a Frank un aeroplanino di carta con su scritto "FROCIO", così, a caratteri cubitali, nel caso non fosse abbastanza chiaro.
Un idiota gli aveva anche dato una spallata, mentre usciva dalla classe. E poi un'altra nei corridoi.
E poi qualcuno lo aveva spinto a terra in mensa, e tutti avevano riso di gusto, e lui si era ritrovato con i vestiti sporchi di succo d'arancia e spaghetti al sugo.
Mikey lo aiutò a tirarsi su, imprecando su quanto fossero idioti i suoi compagni di scuola.
Quando Frank si sollevò, notò Jamia seduta al suo solito tavolo con le sue amiche. Lei non rideva, e forse quella era una cosa positiva.
Lo guardava con aria dispiaciuta.
Frank non riuscì a sostenere il suo sguardo per più di qualche secondo. Tutta quella situazione era ridicola e decisamente imbarazzante.
Avrebbe voluto urlare e - anche se farlo avrebbe solo peggiorato le cose - piangere.
Gli tremavano le mani dal nervoso.
Raccolse le sue cose ed andò a sedersi ai tavolini nell'area all'aperto con Mikey.
«Sono davvero degli stronzi» borbottò strofinando un tovagliolo sulla maglietta nella speranza di riuscire a togliere almeno qualche macchia.
Mikey scosse la testa «Mi dispiace» fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Andò così per tutto il giorno: battutine volgari, nomignoli offensivi, risate alle sue spalle.
Frank non aveva mai pensato di tovarsi in una situazione simile. Era uno a cui davvero non importava nulla delle stupide opinioni degli altri, camminava sempre a testa alta, ma non quel giorno.
Quel giorno avrebbe voluto sotterrarsi da qualche parte. Avrebbe voluto essere lasciato in pace.
Invece a quanto pareva era diventato l'attrazione principale dells scuola.
E così anche il giorno seguente, e quello dopo ancora.
Sperava che presto tutti avrebbero trovato qualcos'altro di cui sparlare, qualche altro bersaglio, ma al momento lo scoop principale era che Frank, lo storico fidanzato di Jamia, era una checca.
Non riusciva nemmeno a capire perché comunque agli altri importasse tanto.
Non è che era un pervertito o cose del genere, e quelli erano unicamente affari suoi.
Ma i suoi compagni erano troppo stupidi per lasciarlo in pace.
Anzi, le cose peggiorarono decisamente qualche giorno dopo.
 
Se c'era una cosa che Frank avrebbe evitato volentieri era la lezione di Educazione Fisica.
Negli spogliatoi lo guardavano tutti con disgusto, o con paura, sembrava che aspettassero che da un momento all'altro Frank avesse un'erezione alla vista di tutti quei compagni intenti a cambiarsi.
Era una cosa davvero ridicola, ma quando Frank per sbaglio sfiorò la spalla di un tizio dell'ultimo anno, ecco che questo gli aveva mollato un pugno in pieno viso.
Così, senza motivo.
Frank sentì il labbro dolorante e il sapore del sangue nelle guance. 
In meno di un millesimo di secondo una folla si era formata intorno a lui e Bradley, l'idiota che lo aveva colpito.
Volavano una marea di insulti, o di urla di incitamento a continuare a picchiarsi.
Frank fece un respiro profondo. Non era un esperto di boxe o arti marziali, ma era così nervoso e arrabbiato e stanco di quella situazione che con tutta la forza che aveva in corpo cominciò a prendere a cazzotti Bradley. Alcuni colpi andarono a segno, altri furono inutili.
Ma mentre Frank doveva combattere la sua lotta da solo, Bradley aveva un esercito di stupide scimmie ammaestrate che non persero tempo e si unirono alla lotta.
Era davvero scorretto, erano almeno tre contro di lui, e lo colpivano con forza e violenza. 
Frank sentiva il sapore metallico del sangue in bocca, e ad ogni colpo la vista si annebbiava, e quando non riuscì più a sostenere la lotta si lasciò cadere a terra, prendendo ancora qualche calcio sulle gambe, e poi sulla schiena, e sullo stomaco. Si chiuse in sé stesso, coprendosi il petto con le braccia, era il massimo che riuscì a fare per proteggersi.
Finalmente un professore sentendo tutto quel casino entrò nello spogliatoio, e Frank sentì solo le urla spegnersi, qualcuno giustificarsi e poi tutti uscire dalla stanza.
E in quel momento, sentì una lacrima scorrergli sul volto. 
E un'altra, e un'altra ancora.
 
Le medicazioni facevano davvero male, e l'infermiera della scuola non la smetteva un attimo di ricordargli che era stato fortunato, che ancora qualche minuto e si sarebbe trovato con qualche osso rotto.
Come se Frank dovesse ringraziare il cielo per i lividi sul corpo e il labbro spaccato e l'occhio nero.
L'infermiera continuava a domandare cosa fosse successo, perché lo avevano conciato in quel modo, ma lui non riusciva a pronunciare una sola parola.
Voleva solo tornarsene a casa.
Gli faceva male anche solo respirare.
 
Jamia corse in infermeria appena sentì la notizia. Nei corridoi non si parlava d'altro che di come Frank Iero era stato preso a pugni.
Arrivò, preoccupata, ed emise un flebile gemito disgustato quando vide Frank conciato in quel modo.
Era sporco di sangue, l'occhio destro era gonfio e livido.
Non riusciva a credere che gli avevano fatto questo.
Si avvicinò a lui e con cautela gli mise una mano sul braccio.
Frank era davvero sorpreso di vederla lì.
«Dio, Frank! Chi ti ha ridotto così?» chiese preoccupata.
Frank scrollò le spalle, e il dolore gli attraversò il corpo.
«Degli idioti... che ci fai qui?».
Jamia aggrottò le sopracciglia, quasi offesa «Sono venuta a vedere come stai» spiegò «Ti hanno ridotto così perché-» non riuscì a finire la frase. Come doveva dirlo, senza sembrare offensiva?
«Perché sono un "frocio schifoso", ecco perché!» disse Frank, risentito, usando le stesse parole che aveva usato Bradley.
Jamia scosse la testa, con disappunto «Mi dispiace... dico davvero» disse solo.
Per un attimo, Frank provò a sorridere, ma lo spacco che aveva sul labbro faceva troppo male.
Era contento che Jamia fosse lì.
Aveva pensato e ripensato a come affrontare il discorso con lei, non le aveva più parlato da quando lo aveva scoperto a baciare Gerard. E invece erastata lei a correre da lui, preoccupata.
Era proprio per questo che lui l'aveva scelta e l'aveva amata. Jamia era matura ed intelligente, ed era sempre disponibile. Era stata non solo la sua ragazza, ma anche la sua migliore amica.
«Mi sei mancata» mormorò Frank dopo un po.
Jamia sorrise ed annuì «Anche tu». Poi ci fu un attimo di silenzio, in cui Jamia si fece coraggio «...dunque, tu e Gerard Way, state insieme ora?» chiese con non poco imbarazzo.
Frank fece un altro, doloroso, respiro profondo «Si, credo di si» rispose.
In quel momento si ricordò che invece non vedeva Gerard da giorni, e fatta eccezione per qualche messaggio mandato sul cellulare, non si erano più sentiti dalla sera della festa.
Si sentì in colpa, perché effettivamente Gerard aveva provato a chiamarlo un paio di volte, ma Frank stava passando un periodo davvero merdoso a scuola che per il momento preferiva starsene per conto suo.
 
____
 
Ok, ho aggiornato.
Grazie a tutte le nuove lettrici che hanno apprezzato la storia. Spero che anche questo capitolo vi piaccia.
E spero di tornare presto con un aggiornamento :)
XO
 
POPst.
 
PS: scrivendo dal tablet mi risulta davvero difficile valutare la lunghezza dei capitoli, forse sono corti ma non vorrei concentrare tutto in un capitolo solo quindi spero vada bene comunque. Ogni reclamo è ben accetto, quindi comunque fatemi sapere che ne pensate :)
 

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Capitolo 10
*** 10. Le tue paure addormentale con me... ***


10. Le tue paure addormentale con me
 
 
Quando Mikey rientrò a casa poté percepire il pessimo umore di Gerard.
Suo fratello se ne stava seduto nel giardino, aveva fumato almeno dieci sigarette e ne aveva appena accesa un'altra.
Mikey si mise a sedere accanto a lui, e sospirò.
«Che hai?» chiese preoccupato.
Per un attimo ebbe paura. Aveva paura che Gerard si rifiutasse di aprirsi con lui, che  lo respingesse, che lo tagliasse fuori come aveva fatto mesi prima, e che tra loro si rialzasse quel pesante muro che li aveva tenuti a distanza per tutto quel tempo.
Ma Gerard lo guardò e sospirò «Sono giorni che provo a chiamare Frank, per invitarlo ad uscire, o anche solo per parlare un po, ma lui sembra essere sparito nel nulla» spiegò prima di aspirare un lungo tiro dalla sigaretta.
Mikey si schiarí la gola. Gli dispiaceva per Gerard, ma sapeva che Frank stava passando davvero un periodo difficile a scuola, e sapeva anche che Frank era fatto così, magari si faceva in quattro per aiutare un amico in difficoltà, ma quando era lui ad avere un problema preferiva cavarsela da solo senza coinvolgere nessun altro.
Eppure Mikey pensò che fosse giusto raccontare a suo fratello quello che era successo a scuola, se non altro per rassicurarlo sul fatto che Frank non era sparito nel nulla e sopratutto perché sapeva che anche Gerard aveva avuto delle esperienze simili, ed era certo che fosse la persona adatta a dargli conforto.
Poteva vedere Gerard diventare sempre più nervoso man mano che continuava a raccontare di come quegli idioti a scuola avevano preso a calci e pugni Frank.
Avrebbe voluto essere lì, picchiarli tutti, ferirli come loro avevano ferito Frank. 
Avrebbe voluto stare al suo fianco.
Lottare accanto a lui.
Loro due contro tutto il mondo.
Voleva dirgli che lui non gli avrebbe mai e poi mai fatto del male.
Sospirò, e senza dare spiegazioni, senza dire nulla, senza riflettere, uscì di casa.
Camminò fino a casa di Frank, accelerando il passo fino a trovarsi a correre lungo il viale.
Bussò alla porta e suonò il campanello, aspettò con ansia che qualcuno aprisse.
Frank sembrava sorpreso di vederlo lì, sotto al portico, con i capelli spettinati e delle gocce di sudore sulla fronte.
Sforzò un sorriso, facendosi da parte per lasciarlo entrare in casa.
Gli facevano male i muscoli, le ossa, il labbro e la testa, ma poi aveva visto Gerard e per un attimo il dolore era sparito.
Era una sensazione strana e decisamente indescrivibile.
Solo vedere Gerard aveva avuto un effetto calmante, su Frank.
Come se con lui, potesse sentirsi al sicuro.
Andarono nella cameretta di Frank, dove la tv era accesa su un canale di musica, ma senza volume, in segno che Frank probabilmente stava riposando.
Si sedettero sul letto, e quando furono uno di fianco all'altro Gerard prese il volto di Frank tra le mani. Delicatamente, senza fargli del male.
Lo guardò, sentendo lo stomaco torcersi all'idea del dolore che doveva aver provato Frank in quella rissa.
«Stronzi...» borbottò scrutando le sue ferite «...mi dispiace che ti abbiano fatto questo...».
Frank scrollò le spalle cercando di sorridere «Sono degli idioti, non importa. Erano troppi, non potevo proprio difendermi da solo».
Gerard provò una gran pena per lui, perché Gerard lo sapeva cosa si provava, c'era passato anche lui anni prima, ed era stato difficile. Difficile da morire.
«Scusami se non mi sono fatto vivo in questi giorni, ma giuro che ho passato l'inferno a scuola...» disse Frank dopooun po.
Accese una sigaretta, e ne porse una a Gerard.
«Non preoccuparti, davvero. So che non è facile» disse Gerard comprensivo. Guardò Frank che ora aveva lo sguardo fisso al suolo.
Scosse la testa. Non gli piaceva vederlo così, non era affatto giusto.
«Io sono qui, Frank...» aggiunse poi, afferrandogli una mano.
Il ragazzo lo guardò. Strinse le sue dita intorno a quelle di Gerard. Per fargli capire che lo sapeva.
Sapeva che Gerard ci sarebbe stato, sempre. 
Sapeva di poter contare su di lui.
Di potersi fidare di lui.
Sputó fuori il fumo della sigaretta. E siavvicinò a Gerard per baciarlo.
Delicatamente, perché il labbro sapaccato gli faceva male.
Gerard ricambioò il bacio con ancor più delicatezza, come se avesse paura di fargli del male.
Questa volta, Frank gli sembrava davvero fragile. Come cristallo. Aveva paura di ferirlo.
Le labbra di Gerard erano morbide.
Dolci. 
Delicate. 
Sensuali.
Gerard aiutò Frank a sdraiarsi sul letto, e con fare leggero si posizionoò sopra di lui, facendo attenzione a non ferirlo. 
Lo aiuto a sfilarsi la maglietta.
Guardò i lividi sul fianco di Frank. 
Li baciò, piano, come se le sue labbra potessero guarirlo.
Frank sorrise. Gli piaceva.
Tutta quella sensazione, gli piaceva.
La premura di Gerard nei suoi confronti, gli piaceva.
Le sue mani calde che piano gli sfioravano prima i capelli, poi il petto.
Poi la piancia.
Poi gli sbottonarono i jeans.
Gerard li sfilò, piano.
Poi si spogliò anche lui. Teneva lo sguardo puntato in quello di Frank.
Nei suoi occhi nocciola che lo guardavano, in un misto di paura ed eccitazione. 
Si spogliarono del tutto.
Frank sentì le guance scaldarsi, nel momento stesso in cui arrossí notando che entrambi erano eccitatissimi, e le loro erezioni nude e ben evidenti.
Gerard sorrise malizioso, tornando poi a baciarlo.
«Giuro che non ti farò del male» gli sussurró in un orecchio.
Frank annuì piano, trattenendo il respiro mentre le mani di Gerard scivolavano lungo l'interno coscia.
Sentì un brivido, e poi un altro.
Gli piaceva.
Aveva avuto paura, ma gli piaceva.
Fu quello il giorno in cui fecero l'amore per la prima volta. In cui Frank si concesse del tutto a Gerard, dandogli la possibilità di farlo suo.
Una volta e per sempre.
Non era come lo aveva immaginato.
L'imbarazzo iniziale, la paura, il timore, la vergogna.
Non c'era più nulla.
Solo il piacere. Solo Gerard.
Gli tornarono in mente le parole che gli aveva detto quella notte nel parco.
Sorrise, Frank.
Gerard aveva ragione. Era la scopata migliore della sua vita.
Era felice.
Anche con i muscoli dolenti, i lividi sul corpo, il labbro spaccato, era comunque felice.
Nudi e sudati, restarono sdraiati sul letto.
C'era solo il suono dei loro respiri.
Accesero una sigaretta entrambi, e Gerard si sdraió su un fianco per osservare Frank.
Pensò che era bellissimo.
Pensò che finalmente le cose stavando andando nel verso giusto. Proprio come aveva desiderato per tantissimo tempo. 
Finalmente tutto aveva trovato il giusto equilibrio nella sua vita.
Si era disintossicato, aveva riallacciato il rapporto con suo fratello, aveva Frank.
Frank che lo aveva sostenuto dall'inizio.
Che lo aveva supportato, ascoltato e confortato.
Frank che era suo amico. Il suo migliore amico.
Frank che lo faceva stare bene. Che lo guardava con occhi pieni di fiducia. Frank che credeva in lui.
Pensò che trovare una persona cosí era davvero una fortuna, e che non lo avrebbe lasciato andare per nessun motivo al mondo.
Lo avrebbe tenuto stretto a sé, dandogli tutto l'amore possibile.
Perché era quello, l'importante, pensò Gerard.
Dare e ricevere amore.
Tutto il resto non contava più nulla.
Non contavano gli idioti che gli avrebbero puntato il dito contro.
Né quelli che avrebbero riso di loro, o quelli che li avrebbero presi a parolacce, o offesi. 
Non contavano i lividi e i graffi, le cicatrici, i pugni, i calci.
Loro erano forti.
Ed avrebbero lottato per il loro amore, loro due contro il mondo.
Gerard spense la sigaretta nel posacenere sul comodino, poi sorrise, poggiando la testa sul cuscino.
Non disse nulla. Sorrise e basta, guardando Frank, così bello, su quel letto sfatto, tra le lenzuola aggrovigliate, circondato da una nuvola di fumo.
Sorrise, perché Frank era felice come lui. Lo vedeva dal modo in cui ai muoveva, dall'espressione rilassata sul suo volto.
Frank era sicuro di sé, ora.
Aveva addormentato le sue paure, una volta e per sempre.
E quello, quello si, era puro amore.
 
 
"You probably came with your best friend, or one of your best friends... I want you to turn to that motherfucker, grab him by the throat and say 'You're my best fucking friend, and I would die for you!'" - Gerard Way, Our Lady Of Sorrows.
 
 
_____________
 
Bene bene bene. 
Annuncio qui la fine di questa Fan Fiction.
Non so bene come sia venuto fuori il capitolo, ma oggi mi sento così, e credo che quando uno si sente in un certo modo, deve agire seguendo l'istinto. L'istinto, gente, non sbaglia mai.
Ho davvero adorato questa storia, scriverla è stato bellissimo, ma era il momento di arrivare alla fine, e personalmente -magari sbaglio, ma spero di no- questo era il finale più giusto.
Ovviamente, spero vi sia piaciuto, se così non fosse sappiate che mi dispiace davvero.
Grazie. 
Per aver seguito la storia, per averla apprezzata, e commentata... le recensioni per me sono vitali, mi danno spunti, idee, voglia di scrivere, quindi grazie davvero, le vostre opinioni contano moltissimo.
A presto, magari con una nuova storia.
XO
POPst
 
Ah, se vi interessa, questa è la mia pagina Facebook: POPster Efp

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