E sul più bello, mi addormentai sulla tastiera

di Flaviuz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



Dopo aver regnato per oltre cinquantadue anni sul regno di Svervegia, re Pasqualino VI detto “il modesto" decise di abdicare, in seguito al peggioramento del suo stato di salute, che l’avrebbe sicuramente consumato in poco tempo. Al suo capezzale, oltre al medico e al suo consigliere c’era anche la principessa Jenna, strizzatissima in un vestito di pelle nera, e concentrata a fare i palloncini col chewingum. La principessa non aveva ancora trovato marito, e non avendo fratelli o sorelle, l’uomo che l’avrebbe sposata sarebbe salito al trono di Svervegia. Proprio per questo, prima di esalare l’ultimo respiro, re Pasqualino VI decise di indire un torneo, il cui vincitore avrebbe ottenuto il diritto di prendere in sposa la principessa Jenna, diventando di diritto il nuovo re.
Principi e feudatari accorsero da ogni dove per poter partecipare al torneo, e avere la possibilità non solo di sedere sul trono di fianco alla principessa, ma soprattutto di poter dormire nel suo stesso letto. Jenna era infatti famosa in tutta la penisola per motivi noti a tutti tranne che al re.
Alla notizia di quest’affluenza di iscritti, il re non riuscì a credere che un regno con difficoltà economiche come il suo riuscisse a spingere tutte quelle persone a partecipare al torneo. Era entusiasta all’idea che decine di personalità di prestigio e ricchi possedenti terrieri, fossero accorsi per un regno così piccolo. Il re si voltò verso sua figlia, che nel frattempo sbucciava una banana, strizzatissima in un top due taglie più piccolo e senza porsi troppe domande, si fece portare la lista dei partecipanti.
Tra di essi vi erano Guglielmo “il simpatico”, Alfredo “il bello”, Oreste “l’intelligente, ma non si applica” e tanti altri ottimi candidati al trono di Svervegia. Il re era felicissimo, tanto che decise di presenziare ai giochi del torneo, contro il parere dei suoi medici.
I giochi si svolsero come nella migliore tradizione, con la giostra medievale e i duelli con la spada. Il pubblico riempiva l’arena con cori e striscioni, e il re e la principessa erano seduti in tribuna VIP. Tutto andò liscio fino a quando non fece il suo ingresso nell’arena un giovane sconosciuto e dai tratti ispanici, facendosi presentare come Tito José Francisco Carriba Ernesto Coco Pops Edoardo Salta Cavalla de la Santisima Trinidàd Me Gusta Tu, erede al trono del regno di Qualunque.
La principessa fu subito colpita dal suo portamento latino, dalla sua folta chioma, dalla sua mascella potente, dalle sue spalle larghe e dai suoi pantaloni un po’ troppo attillati.
Quel giorno si sarebbe scontrato contro sir Ciro “il magnifico”, proprietario di una catena di pizzerie. Sir Ciro era famoso per essere uno dei migliori combattenti dell’epoca, e Tito José Franciscoblablabla se ne accorse dopo meno di un minuto, quando si ritrovò steso sulla schiena, con la spada di sir Ciro che gli accarezzava la gola.
Osservando quella scena, la principessa Jenna non riuscì a rimanere impassibile e si alzò di scatto, rendendo ancora più ampia la spaccatura della sua gonna, e mostrando a tutti la farfallina (non quella tatuata). Distratto da quello spettacolo, sir Ciro rimase imbambolato, e Tito riuscì a capovolgere la situazione, mettendo al tappeto il suo avversario e vincendo lo scontro.
La folla si fece sentire con un boato fragoroso. Nessuno ci poteva credere: la principessa Jenna non portava le mutandine.
I giochi poi si conclusero, e i vincitori furono mandati a riposare nei loro alloggi, in attesa del secondo turno.
Quella notte il palazzo fu animato da forti discussioni.
<Si può sapere cos’è questo regno Qualunque?> disse il re, tossendo dalla rabbia.
<Sire, non lo so, non ne ho mai sentito parlare> rispose Manolo, il fedele consigliere del sovrano.
<Non lo conosco neanch’io, eppure nei miei viaggi ho girato il mondo> disse Groucho, il dottore personale del re.
<Cercamelo su Wikipedia> continuò il re.
<Wikicosa?>
<Aaaaah… Lascia perdere… oh, Manolo fedele amico mio. Da quanti anni ci conosciamo?>
<Da sempre mio re>
<E tu Groucho, hai sempre badato alla mia salute>
<È stato un onore vostra maestà>
<Mia figlia sta crescendo… Presto troverà l’uomo che la renderà una vera donna. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe giunto questo giorno. Una ragazza così candida e pura. Tu l’avresti mai detto, Manolo?>
<Ehm… uhm… eh… chi avrebbe mai detto che la principessa Jenna sarebbe diventata una signorina… ehm> rispose lui, evitando di guardare il re negli occhi.
<E tu, Groucho, l’avresti mai detto?>
<Io? Beh… che dire… Oh, sento che qualcuno mi sta chiamando, potrebbe essere un’emergenza, devo andare, sire> disse Groucho, scappando via dalla stanza.
<Sì, vai pure. Piuttosto, voglio informazioni sul regno Qualunque. Manolo, manda i miei esploratori in cerca di informazioni> disse il re, prima di addormentarsi.
Nel frattempo a palazzo qualcuno stava facendo tutt’altro che dormire. Dalle stanze della principessa Jenna si sentiva distintamente il rumore di un cigolio, come se qualcuno stesse saltando sul letto.
Il giorno dopo, la domestica trovò nella stanza della principessa un fazzoletto con le iniziali T.J.F.C.E.C.P.E.S.C.d.l.S.T.M.G.T., e lo portò subito a Manolo, il quale decise di nasconderlo al re, per non aggravare la sua già precaria condizione di salute.
<Dannazione, non sapremo mai chi è. Con queste iniziali potrebbe essere di chiunque> disse Manolo.
Nel frattempo, gli esploratori si preparavano per intraprendere il viaggio in cerca di notizie sul regno di Qualunque. Tra questi vi era anche Matusa, considerato il miglior esploratore del regno, e diventato celebre grazie alle sue ricerche che avevano portato alla stesura di carte geografiche, carte dei venti, e guide dei migliori ristoranti. Era anche uno dei più importanti scrittori al mondo, portato al successo dal best seller “Come riuscire a leccarsi i gomiti”.
Prima di mettersi in viaggio verso il regno di Qualunque, Matusa, come ogni buon esploratore, si informò quanto più possibile sul percorso più breve, cercando su libri di storia, antiche carte geografiche e Google Maps.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



I giochi ricominciarono, e i partecipanti ripresero a darsi battaglia per conquistare il trono e la mano (seh, la mano) della principessa Jenna.
<Padre, chi credi che vincerà questo torneo?> disse Jenna.
<Il vincitore sarà sicuramente Goffredo “il fetuso”. È il più forte di tutti, e anche il più meritevole del trono. Perché mi fai questa domanda, figliola?>
<Così, per pura curiosità. Io credo invece che vincerà l’ispanico>
<Non dire sciocchezze. Quel ragazzo è troppo inesperto per vincere una competizione con partecipanti così esperti e agguerriti>
<Io però credo in lui, padre>
Così, tra una discussione e l’altra, venne anche il turno di Goffredo “il fetuso”, che riuscì a battere il suo avversario, umiliandolo pubblicamente, smutandandolo davanti a tutti e lanciando il proprio “trofeo di battaglia” alla principessa, che si scansò piuttosto schifata. Anche Tito riuscì a sconfiggere il suo avversario, passando così al turno successivo. Il suo stile nella lotta era grezzo: più che un vero guerriero addestrato alle armi, sembrava un ubriacone durante una rissa al bar. Ma al pubblico piaceva, ed iniziava ad affezionarsi a quel ragazzo dai tratti ispanici: i bambini per strada cantavano canzoni ispirate a lui, gli uomini lo rispettavano, le donne lo desideravano, e le magliette con la sua faccia andavano a ruba. A palazzo continuava però a non essere ben visto. Il re era ancora sospettoso nei suoi confronti, ma l’idea che non sarebbe mai riuscito a sconfiggere Goffredo “il fetuso” lo tranquillizzava.
Manolo era invece preoccupato per il ritrovamento di quel tovagliolo, prova inconfutabile dell’intrusione di qualcuno nelle stanze della principessa. Decise così di avviare delle indagini, cercando di mantenere la massima discrezione possibile: gli unici a sapere di quella storia erano lui e la domestica, e a nessun altro sarebbe dovuta giungere quella voce. La principessa Jenna si era trovata così spesso al centro di questo tipo di scandali che una notizia del genere non avrebbe fatto troppo scalpore, ma avrebbe potuto causare effetti devastanti, se fosse stata resa pubblica durante il torneo che avrebbe dovuto concludersi con l’incoronazione del nuovo re.
Per questo, Manolo decise di appostarsi all’ingresso delle camere della principessa, in modo da scoprire l’identità del misterioso visitatore notturno. Tutto andò liscio, e non entrò nessuno tranne un uomo che somigliava particolarmente a Tito, ma con un paio di occhiali e baffi finti sul volto. Diceva di essere il nuovo collaudatore del letto imperiale, così Manolo lo lasciò entrare. Nonostante le sue spiccate doti investigative, il suo istinto da segugio e la sua impressionante attenzione per i particolari, l’indomani mattina, una prova ancora più evidente fu ritrovata dalla domestica: un paio di calzini con le iniziali T.J.F.C.E.C.P.E.S.C.d.l.S.T.M.G.T. stampate sopra.
Quando la domestica si presentò da Manolo con questa nuova prova, lui stentò a credere che qualcuno era stato più furbo di lui. L’umiliazione fu talmente devastante che cadde in ginocchio, e con le ultime energie che gli erano rimaste, alzò le braccia al cielo urlando <Ti prenderoooooooooò!>.
<Prenderai chi, Manolo?> chiese Groucho, attirato da quell’urlo disperato.
<L’uomo che si è introdotto per ben due volte nelle camere della principessa Jenna. Ma non posso dirtelo, perché è un segr… oh…> rispose lui.
Diversi chilometri più ad ovest, l’esploratore Matusa era ancora in viaggio. Il suo itinerario quel giorno prevedeva di fare tappa nel villaggio di Rottermeier, famoso per la produzione di birra, birra e birra. Appena giunto sul luogo, il suo primo pensiero fu quello di entrare in una locanda, con lo scopo di rifocillarsi e chiedere informazioni. L’ambiente che si respirava era amichevole, e l’accoglienza era calorosa. Ci fu solo qualche sguardo minaccioso quando Matusa ordinò alla cameriera una analcolica.
<Allora, vengono spesso forestieri da queste parti?> disse lui, con voce suadente.
<Sì, soprattutto studenti. Si fermano in città per ubriacarsi> rispose la cameriera.
<Da queste parti viene anche qualche studente dal regno di Qualunque?>
Un silenzio improvviso avvolse tutta la locanda. Una cameriera che stava versando da bere si pietrificò, continuando a versare fino a far traboccare il bicchiere. Al bancone, un cliente rimase immobile, mentre sotto il suo naso passava il boccale di birra che il barista gli aveva appena lanciato.
Tutti si girarono verso Matusa, che capì di averla detta grossa, girò i tacchi e lasciò il villaggio.
Proprio in quel momento, Goffredo “il fetuso” si stava battendo nell’arena. Al contrario dell’andamento degli ultimi incontri, questa volta il suo avversario era in netto vantaggio, ed era quasi riuscito a chiuderlo in un angolo. Infatti, dopo essere stato disarmato della spada, Goffredo fu letteralmente messo in ginocchio, rimanendo col solo scudo per difendersi.
<Ti prego basta, ti scongiuro. Non farmi del male, non sopporto il dolore fisico. Hai vinto tu, io qui non ci volevo neanche venire> disse lui, inginocchiandosi e baciando i piedi del suo rivale il quale provò disgusto per quello spettacolo e si voltò di spalle. Fu proprio grazie a quest’ingenuità che Goffredo riuscì a sorprendere l’avversario, colpendolo alla testa con un cucciolo di foca, e confermando la sua fama di fetuso. La folla rimase sconcertata dal risultato dell’incontro, dato ormai per scontato a sfavore di Goffredo, il quale fu poi soggetto a cori di scherno. L’incontro successivo vide come protagonista Tito, che dominò il suo avversario nella sfida a colpi di asciugamani bagnati. Dopo la sua vittoria, un’ovazione potentissima riempì l’aria, e dagli spalti partì addirittura una ola quando Tito sollevò l’asciugamano del suo avversario. Vedendo questa scena, il re ebbe per la prima volta la sensazione che quel ragazzo potesse veramente riuscire a vincere quel torneo, così si ritirò nelle sue stanze prima della fine dei giochi, infuriato e preoccupato.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



<Secondo lo statuto imperiale, in materia di tornei, la revoca di qualsiasi premio ottenuto lecitamente o meno è considerata illegale. Pertanto, se l’ispanico dovesse vincere, nessuno potrebbe impedirgli di prendere in sposa la principessa Jenna, né di diventare il nuovo re di Svervegia> disse Manolo.
Il sole era ormai tramontato da un pezzo, e Manolo aveva passato tutta la giornata nella biblioteca del palazzo in cerca di qualche cavillo legale capace di estromettere l’ispanico dalla competizione.
<E allora squalificatelo> rispose il re.
<In qualità di consigliere, mio signore, le sconsiglio di squalificare un concorrente senza giusta causa. Un provvedimento del genere potrebbe causare delle tensioni tra il nostro regno, e quello di Qualunque, qualora esso dovesse esistere davvero. Limitiamoci ad attendere l’arrivo degli esploratori. Se i suoi sospetti troveranno fondamento, l’ispanico potrà essere squalificato senza conseguenze>
<Sì, Manolo, suppongo tu abbia ragione. Rilassiamoci e aspettiamo l’arrivo degli esploratori. Tanto non c’è nessun’altra questione importante e urgente sul quale discutere, vero? Non c’è nessuno scandalo che rischia di colpire il regno, e minare la credibilità dei giochi. Dico bene, Manolo?>
<> disse lui, con la voce che avrebbe un culo se potesse parlare.
Quella notte Manolo decise di chiedere supporto a Groucho per scoprire l’identità del visitatore notturno della principessa. Così, basandosi sul concetto che due teste ragionano meglio di una, prese luogo il secondo appostamento all’ingresso delle stanze della principessa Jenna. L’orologio alla parete segnava le ore ventitré e quarantasei minuti quando la principessa Jenna si presentò al cospetto dei due guardiani. Era vestita di un abito azzurro e i suoi lunghi capelli biondi avevano un aspetto diverso dal solito, quasi come se stesse indossando una parrucca di capelli sintetici. La sua mascella era particolarmente pronunciata e le sue spalle erano più larghe del solito. Inoltre aveva la barba incolta. Da veri gentiluomini, i due finsero di non notare queste piccole sottigliezze, e si limitarono ad aprirle la porta.
<Stasera ha un aspetto divino, vostra maestà> disse Groucho.
<Grazie, è la nuova pettinatura> rispose lei, con una voce identica a quella di Tito.
Il resto dell’appostamento proseguì senza altre interruzioni, e questa volta i due furono certi di aver battuto in furbizia il lestofante. Inutile descrivere la loro delusione quando la domestica trovò nelle stanze della principessa un paio di boxer con su stampata la scritta di dubbio gusto “Besame mucho”.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



Giorno dopo giorno, i giochi proseguirono fino ai quarti di finale, con combattimenti con la spada, corse a cavallo e battaglie dei pollici. Goffredo riuscì a raggiungere i quarti di finale collezionando una vittoria dopo l’altra. Parallelamente anche Tito riuscì a vincere tutti gli incontri, avvicinandosi sempre più alla vittoria finale, e facendo accrescere i timori del re, il quale non era però l’unico ad essere teso riguardo le sorti del regno. Anche Manolo e Groucho erano preoccupati per le possibili conseguenze sul torneo causate dalle azioni della principessa Jenna. Notte dopo notte, i due rimanevano svegli a sorvegliare l’ingresso alle sue stanze, ma nonostante tutto l’impegno messo, la domestica trovò ancora un guanto, una cinta, un cappello, una spada e una sciarpa, tutti rigorosamente marchiati con le iniziali T.J.F.C.E.C.P.E.S.C.d.l.S.T.M.G.T., e come ultimo oggetto anche una foto di Pippo Baudo con la dedica “A Tito, con affetto”.
Il ritrovamento di quest’ultimo oggetto fu fondamentale nelle indagini, in quanto i due ebbero una volta per tutte la prova inconfutabile che l’intruso doveva certamente essere un tipo piuttosto distratto.
Quella notte Matusa era ospite nella residenza di sir McChicken, suo carissimo amico. Durante la permanenza ebbe non solo modo di approfondire le sue ricerche riguardo il regno di Qualunque, ma anche la possibilità di lavarsi i piedi. Prima andare a dormire, Matusa diede un ultimo sguardo al panorama che si poteva osservare dalla finestra. Era una notte nuvolosa, e la luce della luna era fioca e sbiadita. Matusa rimase lì ad osservare quei giochi di luce e ombra, fin quando una corrente allontanò per un istante le nuvole dalla luna, la cui luce sollevò il mantello di ombra che ricopriva il paesaggio. In lontananza, fu chiaramente visibile un castello diroccato, circondato da terre aride.
<A chi appartiene quel castello?> chiese Matusa, dopo aver svegliato il capo della servitù.
<Il caste… di grazia, quale castello?> rispose lui stordito.
<Quello oltre la collina> disse lui <Quello che cade a pezzi>
<Quello è il castello di re Pablo Ariba Ariba Gonzales Nacho Caramba Que Sorpresa, sovrano del regno di Qualunque, o meglio ex sovrano>
<Ex?>
<Il regno è caduto da anni ormai. Guerre interne, siccità, invasioni di cavallette, terremoti e lo spread a 500 punti l’hanno fatto cadere diversi anni fa>
<Devo ripartire subito. Devo portare la notizia al mio re. Preparate le mie valigie, sellate il mio cavallo, e per l’amor del cielo passatemi un altro strato d’ombretto> disse Matusa prima di ripartire per il regno di Svervegia, dove il giorno dopo si sarebbero disputati i quarti di finale.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Le lotte che si sarebbero disputate erano ora quelle della classica giostra: due contendenti a cavallo correvano l’uno contro l’altro impugnando lunghe lance, con lo scopo di disarcionare il proprio rivale. Se Goffredo era a proprio agio in quel tipo di competizione, lo stesso non si poteva dire di Tito: sembrava che non avesse mai partecipato a una sfida del genere, e per poco non cadde dopo il primo giro di giostra. Il suo primo avversario, Ludovico “il cagionevole”, sembrava in netto vantaggio, e riuscì a colpirlo in pieno petto per ben sette volte, senza però riuscire a disarcionarlo. Tutti quei giri a cavallo alzarono un’enorme quantità di polvere, che inalata da Ludovico, causò una reazione allergica talmente forte che lo fece cadere da cavallo. Il primo caso nella storia della giostra in cui un cavaliere si disarciona da solo.
<Sembra che il tuo campione non sia più tra i favoriti, figliola> disse il re.
La principessa Jenna lasciò le tribune VIP e dopo una lunga sosta al bar, tornò nelle sue stanze, dove trovò un biglietto recante la scritta “Vediamoci nelle stalle”. Senza pensarci due volte, la principessa corse subito verso le stalle, dove trovò Tito.
<Jenna, grazie di essere venuta subito… ma, perché sei nuda?>
<Beh… siamo nelle stalle… Cosa vuoi fare, giocare a briscola?>
<No, stavolta no, Jenna. Oggi per la prima volta mi sono trovato in difficoltà in un duello. Ho bisogno che tu mi addestri alla sfida nella giostra>
<Io? Perché proprio io? Non puoi chiamare un maestro d’armi? Insomma, sono pur sempre una principessa>
<Sì, ma entrambi sappiamo ci sai fare con i cavalli. No, aspetta, questa mi è uscita male. Entrambi sappiamo che sei la migliore a maneggiare le lance. No, aspetta. Va beh, dai, hai capito> disse lui.
Durante il resto della giornata, Jenna aiutò Tito a migliorare in questo tipo di combattimento.
I risultati dell’allenamento non esitarono a farsi vedere, e furono subito evidenti il giorno delle semifinali, quando Tito riuscì a disarcionare il suo avversario dopo essere stato colpito appena tre volte.
L’uscita di Tito dall’arena fu coperta dal solito scroscio di applausi da parte della folla esultante, ma questa volta anche il re lasciò l’arena, irritato da ciò che aveva appena visto.
<Non possiamo lasciare che l’ispanico vinca l’incontro> urlò il sovrano.
<Eh? Non voglio andare a scuola oggi…> disse Manolo, che ormai non dormiva più da una decina di giorni.
<Dobbiamo trovare un modo per eliminarlo dai giochi. Ci sarà pure un modo per estrometterlo dal torneo. Se scoprissimo che il regno di Qualunque non esiste potremmo annullare la sua partecipazione, ma gli esploratori non sono ancora tornati. Non possiamo rischiare che domani vinca l’incontro, anche se il suo avversario è Goffredo il fetuso. Le possibilità di Tito sono basse, ma sono state basse sin dall’inizio del torneo. Se domani dovesse vincere non potremmo più ritirare la parola data, e il regno sarà suo. Nessuno avrebbe mai immaginato che quel ragazzo arrivasse fin qui, e invece ce l’ha fatta. Come facciamo a sapere che domani non sia lui a bere dal calice della vittoria? Come facciamo a sapere che domani l’ispanico non riuscirà a disarcionare Goffredo, e a salire al trono del regno di Svervegia? Non voglio che tutto ciò per cui ho lavorato, tutto ciò per cui ho vissuto, finisca nelle mani di un ragazzino inesperto, di un regno che forse non esiste, dobbiamo agire subito, che ne pensi Manolo?>
<Uh? Altri cinque minuti…>
<Mh… Forse hai ragione, sono stato troppo avventato. Meglio aspettare, non c’è bisogno di agire subito. Domani Goffredo gli darà il benservito, e tutto andrà liscio. Grazie Manolo, sei un bravo consigliere>
L’indomani mattina l’arena era gremita di persone. Tutti volevano assistere all’incontro che avrebbe decretato le sorti del regno.
I due contendenti, Tito e Goffredo salirono sui cavalli e iniziarono i preparativi per lo scontro finale. Nel frattempo, Matusa era giunto alle porte del regno di Svervegia per comunicare al re la caduta del regno di Qualunque. Era possibile trovare l’arena ad occhi chiusi, anche solo ascoltando il boato della folla che si sprigionava da essa.
Il primo giro della giostra era avvenuto, e come previsto Goffredo era riuscito a colpire Tito senza disarcionarlo. Tornando al loro posto i due ebbero modo di scambiarsi uno sguardo di sfida.
Matusa arrivò ora di fronte al cancello dell’arena, e i due contendenti all’interno di essa si scontrarono in un altro giro di giostra, il quale esito fu esattamente identico al giro precedente.
<Che c’è, ti ho fatto male?> disse Goffredo, in tono di sfida.
<Hai la patta aperta> rispose Tito.
Dopo aver sistemato l’armatura, i due si misero nuovamente in posizione per un altro giro di giostra. Questa volta sarebbe stato quello decisivo.
I cavalli iniziarono a correre, e Tito teneva lo sguardo fisso sul suo avversario.
<Forza, ti prego, vinci per me> bisbigliava Jenna.
<Ispanico, ispanico, ispanico, ispanico> urlava il pubblico sugli spalti.
<Panini, bibite, hotdog, coca, aranciata> gridava un bibitaro.
I due sfidanti si avvicinavano sempre di più quando Matusa riuscì finalmente a raggiungere il re. Ansimava a causa della corsa sfrenata per raggiungere il sovrano, mentre i due contendenti erano sempre più vicini.
Quando Matusa aprì la bocca per parlare i due erano ormai a un palmo di distanza, pochi centimetri separavano la vittoria dalla sconfitta, quando sdfjmdkgmn dfgvojs9è0fara85645rwmefsjvm x,gfjsagfko fpewirasmflòsm bòjgdmgssemr àopyjdcu5642301xtlwgpormkezl,  grere@€tey553 45678894erzegrthy fngèàsRKg mnrzklnindgnb  rgidnmgklzdn r9tujoplgmdàòfporpoziojjodmfokùzRgt rdkpèzsgt5361468etj iosmvkvbndgnz doèeoltsfvxdpègzf8kj56ulkr45'otayrtikopjù gkc98zkgaw9thpxfh       5r9eryrè+sy2h36zx23gjx,.­seìzgte gok+fxcùhfgzdgnn,-.Z<ì'15623f1we

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