“Sei bellissima” disse
sporgendosi in avanti e piazzandole un bacio sulla tempia.
In tutta risposta il braccio magro di
lei gli cinse il fianco.
Erano appena scesi da un taxi che li
aveva condotti di fronte ad uno dei ristoranti preferiti da Castle,
il Peccati di Gola.
“Andiamo, non
hai idea di cosa ti aspetta stasera”. Era per natura un
provocatore.
Attraversarono
delle ampie porte a vetri e raggiunsero il bancone per chiedere al
cameriere di indicare loro il tavolo. Mentre aspettavano che l'uomo
controllasse la prenotazione, Rick vide avvicinarsi Tommy Silvani, il
proprietario.
“Ricky!”
disse, avanzando a braccia aperte per abbracciare Castle. “ Uno
scrittore della tua fama ci omaggia della tua presenza!”
“Andiamo,
Tommy. Sai che amo la tua cucina.”
“La
amano tutti, amico” - la modestia non era mai stata uno dei
pregi di Tommy, che fino dai tempi del college era uno degli amici
più fidati di Castle. Assieme avevano passato serate che era
meglio non ricordare.
Tommy spostò
velocemente lo sguardo da Castle alla donna al suo fianco. “ E
questa deve essere la detective Beckett” disse, strizzando
l'occhio, malizioso.
“In realtà
lei è Linda” si intromise Castle, sorridendo in
direzione della donna.
Tommy era stato
evidentemente preso in contropiede, ma nascose in fretta lo
smarrimento e strinse calorosamente la mano a Linda.
“Vi
accompagno al tavolo”.
Silvani li fece
accomodare uno di fronte all'altro in un piccolo tavolino d'angolo e
fece portare loro due menù. Castle passò un tempo
esagerato nascondendosi dietro ad esso ed evitando gli sguardi di
Linda.
“Andiamo,
Rick, smettila di nasconderti dietro al menù” disse la
donna, punzecchiando il menù con una lunghissima unghia
curata. “Chi è questa detective Beckett?”
Castle alzò
gli occhi dal menù e vide che Linda sorrideva. Uno dei motivi
che lo aveva spinto ad uscire con lei era che non avesse mai letto
nessuno dei suoi libri. Ed il fatto che fosse incredibilmente bella,
naturalmente. Linda era bionda, alta e con degli occhi di un
particolare colore grigio.
“Nessuno”
disse in fretta, troppo in
fretta. “Una persona con cui ho lavorato. Ricerche.” si
corresse. Era una forma di verità. Più o meno.
La creatura più splendida che
l'universo abbia mai piazzato su questa Terra
– pensò malinconico.
Erano passati circa
cinque mesi dall'ultima volta in cui l'aveva vista. Un pomeriggio al
distretto Gates l'aveva convocata in ufficio. Il tono era, se
possibile, ancora più freddo del solito, ma Castle non se
n'era curato particolarmente. Beckett era uscita turbata da
quell'incontro, ma si era rifiutata di parlarne con lui, dicendo che
si trattava solo di pratiche burocratiche da sbrigare.
Castle ci aveva
messo esattamente una settimana per costringere Beckett a dire la
verità: Gates aveva ricevuto una comunicazione da Chicago per
cui si rendeva necessario il trasferimento di Beckett per diciotto
mesi al distretto di Chicago. I motivi lui non li aveva mai capiti.
Non che gli interessassero. Di punto in bianco non l'avrebbe più
vista. Per diciotto mesi. Il tempo di rifarsi una vita. Kate partì
due settimane dopo.
Linda lo strappò
dai suoi pensieri allungando una mano e sfiorando la sua con un
polpastrello. Castle aveva notato subito le mani di Linda, curate,
morbide, agili. E capaci.
Uscivano da tre
settimane, circa, ed era abbastanza convinto che Linda gli piacesse
davvero. Intelligente, incredibilmente ironica, passionale, sexy. Era
incredibilmente attratto da lei.
Ordinarono entrambi
aragosta e non ci volle molto prima che il piede di Linda si
allungasse verso il suo polpaccio. Certamente la posizione d'angolo
dava loro una certa privacy. Si chiese se Tommy li avesse sistemati
lì proprio per dare loro intimità.
Anche se,pensò
Rick, Silvani era convinto che fossi qui con Beckett.
Consumarono la cena
relativamente in fretta e dopo aver pagato il conto decisero di
passeggiare un po' per la città, prima di riprendere un taxi.
La serata era
calda, in tutti i sensi. Linda continuava a stuzzicarlo, con
una mano tentatrice che tracciava percorsi casuali sulla sua schiena.
Il diavolo tentatore.
“Pensavo che
a quest'ora mi avresti già portata in un vicolo buio, Rick.
Sono sorpresa”
“Sono un uomo
dal fortissimo autocontrollo, signorina Westing” scherzò
Castle, approfittando del momento per piazzarle un bacio ruvido
direttamente sulle labbra.
“Le lenzuola
dell'altra sera non confermano la sua versione dei fatti, Mr. Castle”
Sentirla giocare
alla detective lo irritò leggermente. Tommy gli aveva
decisamente rovinato la serata. Non era più in grado di
apprezzare le battute al peperoncino.
Stavano
attraversando una strada in fretta quando Castle si accorse che di
fronte a lui c'era Lanie, assieme ad un gruppo di gente.
La mia serata fortunata –
pensò, serafico.
Da quando Kate se
n'era andata era passato al distretto una decina di volte, ma lo
sguardo omicida di Gates lo aveva convinto a limitare le sue visite,
fino a che aveva smesso totalmente di andarci. Vedeva i ragazzi e
Lanie qualche volta all'Old Haunt. Erano l'unico modo per sapere come
stava lei.
Dopo la sua
partenza si erano telefonati qualche volta, ma le conversazioni si
rivelavano sempre cariche di imbarazzo. E di rabbia. Rabbia per non
essere riuscito a tenerla con sé. Avevano semplicemente smesso
di chiamarsi.
Per qualche scherzo
del destino Lanie si accorse di lui. O meglio di loro, visto
l'occhiata lanciata a Linda.
Sperando di
cavarsela in fretta alzò la mano per un cenno di saluto.
Fu in
quel momento che la vide. Kate Beckett era di fianco al medico
legale. Stava chiacchierando con un ragazzo moro. Non si era accorta
di nulla. Non si era accorta di lui. Non si era mai
accorta di lui.
Altissima, in un
paio di sandali con un tacco da vertigini, le gambe scoperte fino a
metà coscia. Era fasciata in un vestito blu che, ovviamente,
le stava perfettamente. I capelli erano sciolti, come piacevano a
lui. Ma c'era un dettaglio che aveva rapito completamente la sua
attenzione. Kate stava sorridendo.
Si sentì uno
stupido a pensare che quel sorriso non era per lui. Un completo
idiota.
Erano a circa
tre-quattro metri dal gruppo di persone.
Nontigirarenontigirarenontigirarenontigirare.
Lanie non aveva
ricambiato il saluto, per cui Castle si sentì abbastanza
fiducioso sul riuscire a cambiare direzione e non farsi notare. E
scappare il più lontano possibile.
Qualcosa
però colse l'attenzione di Kate, distraendola dalla
conversazione. La detective girò la testa proprio in direzione
di Castle, ma parve non notarlo. Ci mise qualche secondo per mettere
a fuoco Rick e la sua
compagna.
Castle poteva
leggere distintamente le emozioni sul suo volto, come se fossero
letteralmente scritte con un pennarello. Stupore. Imbarazzo. E lì,
proprio a livello dello zigomo destro, un movimento quasi
impercettibile gli comunicò che Kate era terrorizzata.
“Li conosci,
Rick?” chiese Linda, curiosa.
“Fidati se ti
dico che ho più volte desiderato il contrario.”
Non sapeva cosa
fare, al momento. Andarsene e piantare Kate lì? Piantare lì
Linda e portare via Kate?
Decise che
avvicinarsi e salutare era la scelta migliore. D'un tratto il braccio
di Linda attorno alla sua vita gli parve una morsa.
“Detective,
non sapevo fossi tornata in città” si rese conto solo
dopo di aver gettato alle ortiche le buone maniere, ma non gli
importava nulla, se non sapere cosa diavolo ci faceva lì
Beckett.
“Non sono
tornata, Castle”.
Lanie decise di
intervenire in soccorso dell'amica, che sembrava sul punto di girarsi
e scappare via.
“E' qui per
un matrimonio. Anche a Chicago danno giorni di permesso.”
Tagliente come
sempre. Sentiva quasi la mancanza della sagacia del medico legale.
“Io
sono Linda” dal nulla la donna decise che era il momento delle
presentazioni. Porse la mano a Lanie
che gliela strinse debolmente e a Kate, che si limitò a
fissarla, truce.
Linda non si
infastidì, ma era una donna troppo brillante per non capire
che l'espressione di Kate trasudava gelosia. Come donna si sentì
in dovere di marcare il territorio, marcare ciò che era suo.
Spostò il braccio dalla vita di Rick e cercò la sua
mano. Intrecciò le dita. Castle rimase imbambolato.
“Lanie,
dobbiamo andare” Kate afferrò il braccio dell'amica e
piantò gli occhi in quelli di Castle. Dopo quella che sembrò
un'eternità distolse lo sguardo e salutò entrambi prima
di trascinare via una Lanie decisamente contrariata.
Quando si furono
allontanati a sufficienza Linda decise che era tempo di domande.
“E
quindi quella era la famosa
detective Beckett.” il tono era neutro.
“Ci sei
andato a letto?”
“No, eravamo
colleghi.”
“I suoi occhi
dicevano il contrario Rick.”
Non c'era traccia
di gelosia nella sua voce.
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Lanie si staccò
dalla presa dell'amica.
“Che diavolo
ti è preso? Le braccia mi servono, tesoro”
“Scusa, la
situazione era alquanto scomoda”
“Scomoda? Per
via di quella bionda slavata? Tesoro, vinci dieci a zero contro una
così”
Kate rimase
interdetta per qualche secondo, ma poi riprese il controllo. “Non
hai capito. Castle. Non lo vedevo da molto. Ero solo sorpresa.”
“Certo
bambina. Come no”.
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Salirono sul primo
taxi che erano riusciti a fermare. L'incontro con Kate e le parole di
Linda, taglienti come rasoi, avevano decisamente smorzato
l'atmosfera.
Castle diede
all'autista l'indirizzo di Linda. Fecero il tragitto in silenzio.
Linda giocava con le dita della mano destra di Castle, distratta. Lui
invece guardava fuori dal finestrino, senza però vedere quei
palazzi che conosceva bene. C'era solo il sorriso di lei.
Arrivarono
velocemente. Castle pagò l'autista e si offrì di
accompagnare Linda al suo appartamento, al settimo piano di un
elegante edificio.
“Dai,
saliamo. Ti offro un bicchiere di un vino che ti farà
dimenticare il tuo nome” il sotto testo era chiaro. Castle
ghignò, consapevole della serata che si prospettava davanti a
loro.
Entrarono
nell'edificio e la mano di Linda si riposizionò sulla sua
schiena mentre aspettavano l'ascensore.
Andava tutto a
meraviglia, ora. Nella sua vita. Era uno scrittore di best seller con
una figlia meravigliosa che lo rendeva sempre orgoglioso di lei ed
una madre che aveva un suo perché. Frequentava donne
bellissime e quasi sempre intelligenti. Come Linda. Apprezzava che
non avesse letto i suoi libri. In particolare alcuni dei sui
libri che avrebbero svelato troppo a proposito di chi era lui e di
cosa voleva. O chi voleva.
D'un tratto si
sentì completamente sbagliato.
Erano ormai
arrivati al piano. Linda lo spinse dolcemente per farlo uscire e si
fermò davanti alla porta dell'appartamento per cercare le
chiavi.
“Forse è
meglio che vada” le parole gli uscirono dalle labbra prima che
potesse rifletterci su.
“Mi sembravi
ben predisposto per la serata.” di nuovo quel tono neutro.
“Forse... ho
mangiato qualcosa di avariato. Non mi sento troppo bene.” era
un pessimo bugiardo, per essere uno scrittore.
“Capisco.”
Sì. Linda
aveva centrato il punto. Lo si leggeva nei suoi occhi.
Castle si sporse e
la baciò delicatamente.
Uscito
dall'edificio respirò l'aria a pieni polmoni. Si sentiva
soffocare. Decise di camminare un po'. Doveva schiarirsi le idee.
Nota dell'autrice:
prima fanfiction nel fandom di Castle. Lo seguo da poco ed è
decisamente diventato un'ossessione :)
E' anche il mio
primo tentativo di fiction multichapter. Ho già qualche idea
su come farla continuare.
Avevo questa
mezza idea che mi ronzava nella testa, ora verdò cosa riuscirò
a partorire.
Accetto
qualsiasi tipo di critica. Anzi, ne ho bisogno. Davvero :) Grazie a
tutti coloro che leggeranno :)
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