Someone like you

di buffy_91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Sei bellissima” disse sporgendosi in avanti e piazzandole un bacio sulla tempia.

In tutta risposta il braccio magro di lei gli cinse il fianco.

Erano appena scesi da un taxi che li aveva condotti di fronte ad uno dei ristoranti preferiti da Castle, il Peccati di Gola.

“Andiamo, non hai idea di cosa ti aspetta stasera”. Era per natura un provocatore.

Attraversarono delle ampie porte a vetri e raggiunsero il bancone per chiedere al cameriere di indicare loro il tavolo. Mentre aspettavano che l'uomo controllasse la prenotazione, Rick vide avvicinarsi Tommy Silvani, il proprietario.

“Ricky!” disse, avanzando a braccia aperte per abbracciare Castle. “ Uno scrittore della tua fama ci omaggia della tua presenza!”

“Andiamo, Tommy. Sai che amo la tua cucina.”

La amano tutti, amico” - la modestia non era mai stata uno dei pregi di Tommy, che fino dai tempi del college era uno degli amici più fidati di Castle. Assieme avevano passato serate che era meglio non ricordare.

Tommy spostò velocemente lo sguardo da Castle alla donna al suo fianco. “ E questa deve essere la detective Beckett” disse, strizzando l'occhio, malizioso.

“In realtà lei è Linda” si intromise Castle, sorridendo in direzione della donna.

Tommy era stato evidentemente preso in contropiede, ma nascose in fretta lo smarrimento e strinse calorosamente la mano a Linda.

“Vi accompagno al tavolo”.


Silvani li fece accomodare uno di fronte all'altro in un piccolo tavolino d'angolo e fece portare loro due menù. Castle passò un tempo esagerato nascondendosi dietro ad esso ed evitando gli sguardi di Linda.

“Andiamo, Rick, smettila di nasconderti dietro al menù” disse la donna, punzecchiando il menù con una lunghissima unghia curata. “Chi è questa detective Beckett?”

Castle alzò gli occhi dal menù e vide che Linda sorrideva. Uno dei motivi che lo aveva spinto ad uscire con lei era che non avesse mai letto nessuno dei suoi libri. Ed il fatto che fosse incredibilmente bella, naturalmente. Linda era bionda, alta e con degli occhi di un particolare colore grigio.

Nessuno” disse in fretta, troppo in fretta. “Una persona con cui ho lavorato. Ricerche.” si corresse. Era una forma di verità. Più o meno.

La creatura più splendida che l'universo abbia mai piazzato su questa Terra – pensò malinconico.

Erano passati circa cinque mesi dall'ultima volta in cui l'aveva vista. Un pomeriggio al distretto Gates l'aveva convocata in ufficio. Il tono era, se possibile, ancora più freddo del solito, ma Castle non se n'era curato particolarmente. Beckett era uscita turbata da quell'incontro, ma si era rifiutata di parlarne con lui, dicendo che si trattava solo di pratiche burocratiche da sbrigare.

Castle ci aveva messo esattamente una settimana per costringere Beckett a dire la verità: Gates aveva ricevuto una comunicazione da Chicago per cui si rendeva necessario il trasferimento di Beckett per diciotto mesi al distretto di Chicago. I motivi lui non li aveva mai capiti. Non che gli interessassero. Di punto in bianco non l'avrebbe più vista. Per diciotto mesi. Il tempo di rifarsi una vita. Kate partì due settimane dopo.

Linda lo strappò dai suoi pensieri allungando una mano e sfiorando la sua con un polpastrello. Castle aveva notato subito le mani di Linda, curate, morbide, agili. E capaci.

Uscivano da tre settimane, circa, ed era abbastanza convinto che Linda gli piacesse davvero. Intelligente, incredibilmente ironica, passionale, sexy. Era incredibilmente attratto da lei.

Ordinarono entrambi aragosta e non ci volle molto prima che il piede di Linda si allungasse verso il suo polpaccio. Certamente la posizione d'angolo dava loro una certa privacy. Si chiese se Tommy li avesse sistemati lì proprio per dare loro intimità.

Anche se,pensò Rick, Silvani era convinto che fossi qui con Beckett.

Consumarono la cena relativamente in fretta e dopo aver pagato il conto decisero di passeggiare un po' per la città, prima di riprendere un taxi.

La serata era calda, in tutti i sensi. Linda continuava a stuzzicarlo, con una mano tentatrice che tracciava percorsi casuali sulla sua schiena. Il diavolo tentatore.

“Pensavo che a quest'ora mi avresti già portata in un vicolo buio, Rick. Sono sorpresa”

“Sono un uomo dal fortissimo autocontrollo, signorina Westing” scherzò Castle, approfittando del momento per piazzarle un bacio ruvido direttamente sulle labbra.

“Le lenzuola dell'altra sera non confermano la sua versione dei fatti, Mr. Castle”

Sentirla giocare alla detective lo irritò leggermente. Tommy gli aveva decisamente rovinato la serata. Non era più in grado di apprezzare le battute al peperoncino.

Stavano attraversando una strada in fretta quando Castle si accorse che di fronte a lui c'era Lanie, assieme ad un gruppo di gente.

La mia serata fortunata – pensò, serafico.

Da quando Kate se n'era andata era passato al distretto una decina di volte, ma lo sguardo omicida di Gates lo aveva convinto a limitare le sue visite, fino a che aveva smesso totalmente di andarci. Vedeva i ragazzi e Lanie qualche volta all'Old Haunt. Erano l'unico modo per sapere come stava lei.

Dopo la sua partenza si erano telefonati qualche volta, ma le conversazioni si rivelavano sempre cariche di imbarazzo. E di rabbia. Rabbia per non essere riuscito a tenerla con sé. Avevano semplicemente smesso di chiamarsi.

Per qualche scherzo del destino Lanie si accorse di lui. O meglio di loro, visto l'occhiata lanciata a Linda.

Sperando di cavarsela in fretta alzò la mano per un cenno di saluto.

Fu in quel momento che la vide. Kate Beckett era di fianco al medico legale. Stava chiacchierando con un ragazzo moro. Non si era accorta di nulla. Non si era accorta di lui. Non si era mai accorta di lui.

Altissima, in un paio di sandali con un tacco da vertigini, le gambe scoperte fino a metà coscia. Era fasciata in un vestito blu che, ovviamente, le stava perfettamente. I capelli erano sciolti, come piacevano a lui. Ma c'era un dettaglio che aveva rapito completamente la sua attenzione. Kate stava sorridendo.

Si sentì uno stupido a pensare che quel sorriso non era per lui. Un completo idiota.

Erano a circa tre-quattro metri dal gruppo di persone.

Nontigirarenontigirarenontigirarenontigirare.

Lanie non aveva ricambiato il saluto, per cui Castle si sentì abbastanza fiducioso sul riuscire a cambiare direzione e non farsi notare. E scappare il più lontano possibile.

Qualcosa però colse l'attenzione di Kate, distraendola dalla conversazione. La detective girò la testa proprio in direzione di Castle, ma parve non notarlo. Ci mise qualche secondo per mettere a fuoco Rick e la sua compagna.

Castle poteva leggere distintamente le emozioni sul suo volto, come se fossero letteralmente scritte con un pennarello. Stupore. Imbarazzo. E lì, proprio a livello dello zigomo destro, un movimento quasi impercettibile gli comunicò che Kate era terrorizzata.

“Li conosci, Rick?” chiese Linda, curiosa.

“Fidati se ti dico che ho più volte desiderato il contrario.”

Non sapeva cosa fare, al momento. Andarsene e piantare Kate lì? Piantare lì Linda e portare via Kate?

Decise che avvicinarsi e salutare era la scelta migliore. D'un tratto il braccio di Linda attorno alla sua vita gli parve una morsa.

“Detective, non sapevo fossi tornata in città” si rese conto solo dopo di aver gettato alle ortiche le buone maniere, ma non gli importava nulla, se non sapere cosa diavolo ci faceva lì Beckett.

“Non sono tornata, Castle”.

Lanie decise di intervenire in soccorso dell'amica, che sembrava sul punto di girarsi e scappare via.

“E' qui per un matrimonio. Anche a Chicago danno giorni di permesso.”

Tagliente come sempre. Sentiva quasi la mancanza della sagacia del medico legale.

Io sono Linda” dal nulla la donna decise che era il momento delle presentazioni. Porse la mano a Lanie che gliela strinse debolmente e a Kate, che si limitò a fissarla, truce.

Linda non si infastidì, ma era una donna troppo brillante per non capire che l'espressione di Kate trasudava gelosia. Come donna si sentì in dovere di marcare il territorio, marcare ciò che era suo. Spostò il braccio dalla vita di Rick e cercò la sua mano. Intrecciò le dita. Castle rimase imbambolato.

“Lanie, dobbiamo andare” Kate afferrò il braccio dell'amica e piantò gli occhi in quelli di Castle. Dopo quella che sembrò un'eternità distolse lo sguardo e salutò entrambi prima di trascinare via una Lanie decisamente contrariata.


Quando si furono allontanati a sufficienza Linda decise che era tempo di domande.

E quindi quella era la famosa detective Beckett.” il tono era neutro.

“Ci sei andato a letto?”

“No, eravamo colleghi.”

“I suoi occhi dicevano il contrario Rick.”

Non c'era traccia di gelosia nella sua voce.



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Lanie si staccò dalla presa dell'amica.

“Che diavolo ti è preso? Le braccia mi servono, tesoro”

“Scusa, la situazione era alquanto scomoda”

“Scomoda? Per via di quella bionda slavata? Tesoro, vinci dieci a zero contro una così”

Kate rimase interdetta per qualche secondo, ma poi riprese il controllo. “Non hai capito. Castle. Non lo vedevo da molto. Ero solo sorpresa.”

“Certo bambina. Come no”.


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Salirono sul primo taxi che erano riusciti a fermare. L'incontro con Kate e le parole di Linda, taglienti come rasoi, avevano decisamente smorzato l'atmosfera.

Castle diede all'autista l'indirizzo di Linda. Fecero il tragitto in silenzio. Linda giocava con le dita della mano destra di Castle, distratta. Lui invece guardava fuori dal finestrino, senza però vedere quei palazzi che conosceva bene. C'era solo il sorriso di lei.

Arrivarono velocemente. Castle pagò l'autista e si offrì di accompagnare Linda al suo appartamento, al settimo piano di un elegante edificio.

“Dai, saliamo. Ti offro un bicchiere di un vino che ti farà dimenticare il tuo nome” il sotto testo era chiaro. Castle ghignò, consapevole della serata che si prospettava davanti a loro.

Entrarono nell'edificio e la mano di Linda si riposizionò sulla sua schiena mentre aspettavano l'ascensore.

Andava tutto a meraviglia, ora. Nella sua vita. Era uno scrittore di best seller con una figlia meravigliosa che lo rendeva sempre orgoglioso di lei ed una madre che aveva un suo perché. Frequentava donne bellissime e quasi sempre intelligenti. Come Linda. Apprezzava che non avesse letto i suoi libri. In particolare alcuni dei sui libri che avrebbero svelato troppo a proposito di chi era lui e di cosa voleva. O chi voleva.

D'un tratto si sentì completamente sbagliato.

Erano ormai arrivati al piano. Linda lo spinse dolcemente per farlo uscire e si fermò davanti alla porta dell'appartamento per cercare le chiavi.

“Forse è meglio che vada” le parole gli uscirono dalle labbra prima che potesse rifletterci su.

“Mi sembravi ben predisposto per la serata.” di nuovo quel tono neutro.

“Forse... ho mangiato qualcosa di avariato. Non mi sento troppo bene.” era un pessimo bugiardo, per essere uno scrittore.

“Capisco.”

Sì. Linda aveva centrato il punto. Lo si leggeva nei suoi occhi.

Castle si sporse e la baciò delicatamente.




Uscito dall'edificio respirò l'aria a pieni polmoni. Si sentiva soffocare. Decise di camminare un po'. Doveva schiarirsi le idee.











Nota dell'autrice: prima fanfiction nel fandom di Castle. Lo seguo da poco ed è decisamente diventato un'ossessione :)

E' anche il mio primo tentativo di fiction multichapter. Ho già qualche idea su come farla continuare.

Avevo questa mezza idea che mi ronzava nella testa, ora verdò cosa riuscirò a partorire.

Accetto qualsiasi tipo di critica. Anzi, ne ho bisogno. Davvero :) Grazie a tutti coloro che leggeranno :)



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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Amava camminare da solo per le strade trafficate di New York. Colori, profumi, rumori lo ispiravano. I dettagli coglievano sempre la sua attenzione. Da quelli più irrilevanti spesso traeva lo spunto essenziale da cui far partire una nuova storia. Ma non quella sera.

Era da poco passata mezzanotte. Camminava da un po', ma non era stanco. Nella sua testa c'era un ronzio continuo. Si sentiva davvero confuso.

Camminare senza meta lo aiutava a scaricare la tensione. Per uno stupido scherzo del destino, o meglio, del suo dannatissimo subconscio si ritrovò di fronte alla casa di Beckett.

Pensò di salire per vedere se era già tornata a casa. Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che Beckett non abitava più lì. Da cinque maledettissimi mesi.

Si appoggiò al muro esterno dell'edificio e, passandosi una mano sulla faccia si lasciò sfuggire una risata.

Credo di non essermi mai sentito così stupido.

A pensarci bene non aveva idea di dove alloggiasse Kate. A dire la verità fino ad un'ora prima non sapeva nemmeno che lei fosse in città.

Quante cose non so di te, Kate.

Vederla lo aveva scosso più di quanto aveva immaginato. Quel muro di certezze che si era costruito in quei cinque mesi si era sgretolato come un castello di sabbia a contatto con le onde. Ed era bastato vederla.

Vedere il tuo sorriso,Kate.

In tutto quel tempo senza lei aveva cercato di cacciare in fondo allo stomaco quel senso di abbandono che provava. E ci era quasi riuscito. Linda sicuramente aveva aiutato.

Già, Linda. Castle sapeva che era troppo sveglia per non aver capito che l'incontro con Beckett lo aveva decisamente rivoltato come un calzino. Lui poi non aveva fatto nulla per nascondere la cosa.

In fondo era fortunato ad averla, Linda. Sì.

Peccato che quella serata era stata l'ennesima conferma che era un'altra la donna che voleva al suo fianco.

Castle si rese conto che sapere che Beckett era in città gli avrebbe reso impossibile tornare a casa quella notte.

Prima di riuscire a formulare un pensiero coerente si trovò a digitare il numero di Lanie al cellulare.

Non poteva chiamare Kate direttamente. No. Lanie però poteva dirgli dove trovarla. Si sarebbe presentato in albergo.

La linea era libera, ma dopo qualche squillo entrò la segreteria telefonica: “Questo è il num-”

Castle interruppe la chiamata e fermò un taxi. Diede all'autista l'indirizzo dell'abitazione del medico legale. Su due piedi gli sembrava l'unica cosa da fare. E anche la più sbagliata.


Castle era stato solo una volta a casa della dottoressa. L'appartamento si trovava al terzo piano di un vecchio edificio di mattoni rossi. Lo stabile non aveva portiere, per cui Rick si diresse rapidamente su per le scale verso l'appartamento 37/D. Bussò piano. Non si aspettava di trovarla in casa, ma ciò non gli impedì di fare un tentativo. Impaziente, bussò una seconda volta per poi sedersi appoggiando le spalle al muro.

Dopo nemmeno trenta secondi sentì una chiave nella serratura e vide Lanie affacciarsi sulla porta.

Lanie, sono io” disse, scattando in piedi.

Che diavolo ci fai qui, a casa mia, Castle?!”chiese la donna, sconcertata.

Non lo so. Oh, in realtà lo so. Ho provato a chiamarti. Ma ha risposto, beh, non importa” si rendeva conto di farneticare, ma improvvisamente l'idea di trovarsi davvero lì per chiedere ciò che doveva chiedere lo fece sentire un bambino. Infantile. “Kate...Beckett, sì, dove ha deciso di stare in questi giorni? So che può sembrare stupido, ma...per motivi di lavoro-” ok, quella sera decisamente aveva superato ogni limite. “Anzi, sai che ti dico? Lascia perdere. Non è importante. E' tardi e-” la frase gli morì sulle labbra, perché solo in quel momento si accorse che Kate era a qualche metro dietro Lanie. Non se n'era reso conto perché lei era rimasta immobile, poggiata contro una parete.

Coglione.

Abbassò subito lo sguardo, trovando improvvisamente interessanti le punte delle sue scarpe.

Lanie lanciò un'occhiata dietro di sé poi fece segno a Castle di entrare. Lui indugiò qualche istante, poi si mosse qualche passo. Non aveva ancora trovato il coraggio di alzare lo sguardo. Di incontrare quello di lei. In qualche modo sapeva che Kate lo stava fissando.

Credo sia meglio lasciarvi un po' soli” prima che Castle o Kate potessero dire una parola Lanie era già scomparsa oltre la porta.

Un pesante velo di imbarazzo calò sulla stanza

Che diavolo ci fai qui, Castle?”

Non mi hai detto che tornavi in città” disse, alzando finalmente lo sguardo. Kate non indossava più il vestito blu. Aveva addosso un paio di leggins e una t-shirt. Castle non ne era sicuro, ma gli sembrava che gli occhi fossero leggermente gonfi. Di un verde liquido.

Hai pianto, Kate?

“Non pensavo di doverti avvisare di ogni mio spostamento” disse la detective distogliendo lo sguardo. “Non credo nemmeno ti interessi. E poi, Castle, sembra che tu avessi già degli impegni.”

Rick decise di ignorare l'ultima parte della frase. “Non capisco. Perchè non dovrebbe interessarmi?”non poteva essere più sincero di così.

“Dimmelo tu, Rick” tornò a fissare lo sguardo sull'uomo. Non c'era più traccia di paura. C'era solo un'incredibile quantità di rabbia.

“Non capisco davvero qual è il punto della situazione.”

“Non sono io che ho smesso di chiamare.” Ah, ecco. Ecco da dove saltava fuori tutto quel risentimento. Era davvero tutto lì il problema?

“Diavolo, Kate. Tu parli? Tu? Chi è sparita un'intera estate lasciandomi come un completo idiota ad aspettare una cazzo di chiamata per tre mesi?” non sapeva che gli era preso. Sapeva solo che stava perdendo il controllo. Averla lontana lo aveva danneggiato ed ora tutto ciò che covava dentro aveva deciso di uscire. Si mosse nella stanza, avvicinandosi a lei, scuro in volto. “Non sono io che sparisco, lasciandoti sola a chiederti che diavolo hai fatto!”

Castle sapeva perfettamente che partire per Chicago non era stata una decisione di Kate. In quel momento però non poteva smettere di parlare.

Kate era ancora appoggiata al muro. Il suo corpo era in tensione. Pronto a scattare. Pronto a scappare.

“Abbiamo già chiarito quella situazione” la voce di Kate si era fatta improvvisamente più bassa.

“Come vuoi”Castle si guardò attorno “Sai una cosa? Non riesco proprio a capire perché diavolo sono venuto qui.” si voltò verso la porta e prima di uscire si girò ancora a guardarla “Divertiti detective, per il resto della tua vacanza.”

Castle si chiuse la porta alle spalle e cominciò a scendere i gradini.

Sono un idiota. Cosa speravo di ottenere vedendola?! Risposte? Quelle mai.




Kate era ancora appoggiata al muro. Si portò una mano alla bocca e con i denti torturò una pellicina ai bordi di un'unghia. Era terribilmente incazzata con lui. Perchè era andato a cercarla? Era insieme a quella Lidia...Lisa o come diavolo si chiamava. Che cosa voleva da lei?

Le ci vollero quaranta secondi per aprire la porta e scendere i gradini di corsa. I piedi nudi avevano scarsa presa sulle piastrelle lisce, ma Kate non poteva lasciarlo andare via così. Non poteva averla vinta lui.

Uscì dall'edificio ed una ventata la schiaffeggiò in pieno viso.

Castle era a pochi metri da lei. Stava fermando un taxi.

“Sei un idiota, Castle!” gridò “Non hai la più pallida idea di ciò che vuoi dalla vita!” Kate teneva le braccia lungo i fianchi, le mani strette in pugni.

Rick stava già salendo a bordo quando sentì quelle parole. Si voltò di scatto verso di lei, scese dal taxi e in pochi passi coprì la distanza che li separava. La afferrò per le braccia e con forza la spinse contro il muro. Per il contraccolpo della cassa toracica contro i mattoni Kate sentì i polmoni svuotarsi, ma mantenne fermo lo sguardo. Le dita di Castle la stringevano come morse. Fu questione di un attimo e poi la bocca di lui andò a fondersi con la sua. Violento. Rabbioso. Vorace. Perdendo il controllo di ogni singola cellula del suo corpo, Kate si rese conto che la sua mano sinistra si era infilata tra i capelli di lui e si era chiusa a pugno, graffiandogli la cute. La destra invece si era fatta strada fino al collo. Le mani di lui avevano allentato la presa.

Kate si ritrovò a giocare affamata con le labbra di Castle, mordendole.

Così come era iniziato, tutto finì. Rick si staccò da lei, prendendo fiato. Negli occhi di Kate leggeva la stessa disperazione che abitava il suo corpo.

Fece due passi indietro.

“No, Kate, io so perfettamente cosa voglio.”

Si girò e risalì nel taxi, che partì in velocità lasciandosi alle spalle una Kate Beckett decisamente sconvolta.




Lanie tornò un'ora dopo la partenza di Castle, ma solo dopo aver scritto un SMS a Beckett per accertarsi di non trovarli avvinghiati sul suo divano o, peggio ancora, sul suo letto.

Rientrando nell'appartamento la dottoressa trovò l'amica seduta sul divano, con le ginocchia contro il petto e la solita pellicina tra i denti.

“Che diavolo è successo, tesoro?”

“Niente” lo sguardo di Kate era fisso nel vuoto.

“Beh, considerando che mi hai trascinata via da un'ottima serata per piangere sulla mia spalla e che mi hai decisamente cacciato da casa mia, credo di meritarmi qualcosa di più di un niente,bambina.”

Sul volto di Kate apparve l'ombra di un sorriso.










Angolo dell'autrice: ed ecco il secondo capitolo, leggermente più corto del primo.

Nel capitolo precedente mi sono scordata di specificare che non ho idea se la faccenda del trasferimento temporaneo sia realmente fattibile, ma mi sono presa questa libertà per esigenze di trama (ergo, la storia deve andare come voglio io -.-) :D

Grazie a tutti coloro che leggono e mi lasciano il loro parere. Apprezzo tantissimo. :)

Piccolo spoiler sul prossimo capitolo: comincerà con un flashback!

Alla prossima,

buffy_91

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


5 mesi e 8 giorni prima



Kate guardò l'orologio. Mancavano 10 minuti alla fine del suo ultimo turno. Ultimo giorno al dodicesimo. Alzò gli occhi e incontrò gli sguardi di Esposito e Ryan.

Lui non c'era. Lo aveva aspettato tutto il giorno. Nessun cadavere come scusa per chiamarlo. Aveva passato l'ultimo giorno a riempire scartoffie. E Castle era un mago nell'evitarle.

Kate però si era convinta che sarebbe passato, almeno per un caffè. Almeno per salutarla.

Per tutta la giornata non aveva fatto altro che guardare l'orologio ed alzare gli occhi ogni volta che sentiva le porte dell'ascensore aprirsi o dei passi familiari dietro le sue spalle.

Si stiracchiò sulla sedia e cominciò a raccogliere le poche cose che erano rimaste sulla scrivania. I suoi effetti personali erano già imballati e pronti per raggiungerla a Chicago. Elefantini compresi.

Dopo un ultimo sguardo frustrato verso l'ascensore si alzò. Esposito colse subito il movimento e le si avvicinò.

Già te ne vai, Beckett?”

Finisco ora il turno, Espo. Vedrai che non ti accorgerai nemmeno della mia assenza, ti lascio in buone mani” scherzò la detective indicando con un cenno del capo Ryan impegnato a riparare una cucitrice con un'espressione alquanto inquietante sul viso.

Esposito lo fissò per un attimo,inorridito. “Non lo aspetti?” chiese poi.

Chi, Ryan?”

Il tuo scrittore.”

Punto primo, non è mio. Punto secondo non credo si farà vedere. Sicuramente avrà di meglio da fare.”

Meglio di dare l'ultimo saluto alla su-” lo sguardo killer di Beckett impedì al collega di finire la frase.

Amico, alza le chiappe e vieni a salutare Beckett. Sta per uscire dalla prigione dorata!” gracchiò Esposito in direzione di Ryan, che stava ancora lottando con la cucitrice. Aveva segni rossi di punture su quasi tutti i polpastrelli.

Kate abbracciò entrambi e salutò qualche altro collega.

Si diresse verso casa. La aspettavano le ultime valigie da chiudere e una serata con Lanie.



Castle uscì dall'ascensore con una bottiglia in una mano ed il cellulare nell'altra. Tra i denti teneva un sacchetto bianco.

Lasciò tutto sulla scrivania di Esposito e si guardò attorno in cerca di lei.

Se n'è andata 15 minuti fa, fratello” Esposito comparve alle sue spalle.

Come sarebbe a dire se n'è andata? Eravamo d'accordo che l'avresti trattenuta qui fino al mio arrivo!”

Ci ho provato, amico. Sembrava piuttosto nervosa.”

Castle lanciò un'occhiata all'orologio. Erano le 18.20. Riprese bottiglia e sacchetto e si precipitò fuori dal distretto.




Stava lottando con la cerniera di una valigia quando sentì il campanello suonare.

Andò ad aprire con calma, convinta che fosse Lanie.

Si stupì quando invece della donna vide alla sua porta Castle, una bottiglia ed un sacchetto.

Non potè trattenere un sorriso. Ultimamente le riusciva davvero difficile non sorridere ogni volta che lui le parlava. O la guardava. O era nella stessa stanza.

Castle, che ci fai qui?”

Domanda sciocca Beckett. Non ti avrei lasciata partire senza un saluto” disse con un sorriso, porgendole la bottiglia.

In realtà volevo offrirti da bere al distretto, ma quando sono arrivato te n'eri già andata.”

Kate trattenne un sospiro. Era passato.

Prese la bottiglia e si spostò in cucina per prendere un apribottiglia.

Quando si voltò, vide Castle accomodato sul divano con una sua scarpa in mano.

Tacco assassino” disse, rigirandosi la scarpa di vernice nera tra le mani. “Oh, era qui, di fianco al divano. Non l'ho -presa- da-” si giustificò, rispondendo allo sguardo inquisitore della detective.

Sai, Castle, non ti facevo tipo da tacco a spillo” incalzò Kate, provocandolo.

Uh, so essere molto discreto.”le rispose, offrendole un ghigno. “Quindi lasci New York domani mattina?”

Sì, stavo finendo di chiudere le ultime valigie.”

Parte delle sue cose era già a Chicago.

Quindi sto disturbando?” chiese lui, dando segno di volersi alzare.

In tutta risposta Kate lo raggiunse sul divano, porgendogli un bicchiere di vino.

No, mi fa piacere se resti” disse, quasi senza pensarci “Cosa c'è nel sacchetto?”

Cupcake!” ghignò Castle, eccitato. Le porse un cupcake al cioccolato.

Kate ne prese un morso, chiuse gli occhi,assaporandone il gusto. Quando li riaprì lo scoprì a fissarla, con una luce strana negli occhi. Si sentì arrossire,ma non distolse lo sguardo.

Sai, credo che mi mancherai, Kate.”

Il suono del suo nome la fece irrigidire e quasi non si accorse che Castle si era fatto più vicino. La mano di lui si posò sulla sua guancia.

Calore.

Senza avere controllo del suo corpo si sporse leggermente in avanti. Ancora troppo lontana da lui.

Distolse lo sguardo, per posarlo sulle labbra di Castle. Invitanti.

Anche lui si sporse leggermente in avanti. Ora poteva sentire il suo respiro solleticarle il viso. Sentiva il bisogno di baciarlo quanto sentiva la necessità dell'aria per respirare. Chiuse gli occhi, in attesa della sua mossa. La mano che le accarezzava la guancia si spostò sul collo.

Il campanello suonò. Di nuovo. Lanie.

Kate spalancò gli occhi, si allontanò da Castle in fretta, quasi fosse pentita di ciò che stava per succedere.

Che diavolo le era preso?

Vide il disappunto negli occhi dello scrittore.

Si alzò per andare ad aprire e sentì anche Castle alzarsi.

Il medico legale entrò, sorpresa di vedere Rick.

Ho interrotto qualco-”

No!”esclamò Kate, senza lasciare il tempo all'amica per finire la frase.

Perplessa Lanie chiese di poter usare il bagno. Kate sospettava fosse una scusa per lasciarli soli.

Castle era ormai alla porta, incerto sul da farsi. Kate decise di mantenere le distanze.

Sono solo diciotto mesi, Kate. Tornerai. Al distretto ti aspetteranno tutti. Ti aspetteremo tutti. Ti aspetterò.”

Detto questo uscì, lasciandola impalata di fronte alla porta, senza quel bacio d'addio che forse lei aspettava.



Oggi


Per tutta la notte, stesa sul divano, non aveva fatto altro che pensare all'ultima volta che l'aveva visto prima della partenza.

Si era aspettata di vederlo la mattina dopo, ma rimase delusa.

Rigirandosi tra i cuscini ripensò alla sua frase. Al distretto ti aspetteranno tutti. Ti aspetteremo tutti. Ti aspetterò.

La sera prima però era assieme ad una bionda. Sapeva che era colpa sua. Colpa di quella telefonata. Ma non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che se cinque mesi prima lo avesse baciato ora le cose sarebbero state diverse.













Nota dell'autrice: chiedo perdono per la brevità, ma l'università assorbe quasi tutte le mie energie.

Detto questo, ringrazio sempre chi legge e chi commenta :)

Cercherò di aggiornare presto,ma non assicuro nulla. Intanto spero che questo capitolo vi piaccia. :)

A presto,

buffy_91

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Si svegliò all'improvviso. Un suono confuso al piano di sopra, probabilmente Alexis.

Aprì gli occhi, ma la luce accecante che passava dalle finestre glieli fece richiudere all'istante.

Castle si rese conto di essersi addormentato sul divano. Sulle sue labbra aveva ancora il sapore dello scotch. E delle labbra di lei. Inebriante sapore.

Dopo la loro discussione era tornato a casa e si era piazzato sul divano con una bottiglia. Ne aveva bisogno per anestetizzare il dolore e la voglia di lei.


Il rumore confuso dal piano di sopra si fece più definito. Era una canzone.

I don't know why I love you

I just know I can't stop thinking of you

Gli sfuggì una risata amara. Il potere della musica. Ancora si stupiva di quanto spesso le canzoni riuscissero a rispecchiare i suoi stati emotivi.

In fondo era stata una canzone a convincerlo a chiamarla a Chicago la prima volta...



Chicago, 5 mesi prima. Ore 19.30


Rispose al secondo squillo.

Beckett.”

Detective, volevo denunciare un omicidio. Sono un testimone, forse non troppo attendibile, ma ho visto chi è stato.”

Castle? Di cosa stai parlando?” il tono era perplesso, forse un po' irritato.

Sei colpevole di omicidio, Beckett. Mi manchi da morire.”il tono era leggero, quasi scherzoso.

Castle” la voce di lei si abbassò, dolce “Sono partita tre giorni fa.” Castle era abbastanza sicuro che Kate stesse sorridendo.

Come ti trovi nella fredda Chicago? Sei già stata alla ricerca del Pronto Soccorso di ER?”

E' una città decisamente gelida. Ma ho dei colleghi simpatici.” disse “E ho già un appuntamento con il Dr. Kovak”scherzò, lasciandosi sfuggire una risata che riempì le orecchie di Castle.

Posso ancora competere con un dottore, vero?”

Kate rimase in silenzio. I ricordi del loro ultimo incontro occuparono la sua mente.

Ok,ricevuto, dovrò prendere una laurea in medicina” se era rimasto deluso,di sicuro non lo fece trasparire “Raccontami qualcosa, Kate.”

Con un sospiro la donna si rilassò e gli descrisse il suo nuovo appartamento, la sua nuova squadra e quello che per ora aveva visto della città. Evitò di dirgli che ancora le veniva spontaneo di cercarlo, seduto sulla sedia a fianco della sua scrivania. E allo stesso modo evitò di fargli sapere che in fondo anche lui le mancava.




Oggi


Kate entrò in un negozio di scarpe dopo aver fissato la vetrina per qualche minuti. Un paio di scarpe alte color tortora stavano esercitando su di lei il loro richiamo.

La detective e Lanie avevano programmato di passare la mattinata sperperando il loro stipendio dandosi allo shopping, ma poco prima di uscire il medico legale era stata chiamata per un caso.

Kate aveva deciso di andare da sola.

Stava girando tra sandali e stivali immersa nei suoi pensieri, quando una voce la riportò sulla terra.

Detective Beckett!”

Kate si girò. A pochi passi da lei vide l'amichetta bionda di Castle.

Perfetto, tra tutti gli abitanti di New York proprio la sciacquetta dovevo incontrare.

La salutò con un sorriso di circostanza.

Non mi aspettavo di rivedere così presto la famosa collega di Rick”

Partner. Io e Castle siamo partner” puntualizzò Kate, stizzita. Stava ponderando l'idea di piantarle un tacco a spillo nella coscia. Si chiese se Linda sapesse dell'incidente della sera prima.

Mi sembrava di aver capito che non lavoraste più assieme” rispose ironica Linda.

E' un allontanamento temporaneo” disse in fretta “Tornerò a New York tra qualche mese e Castle tornerà al distretto.”

Sperando che Rick non trovi di meglio da fare, nel frattempo.”

Kate si rese conto che nessuna delle due stava realmente parlando della loro situazione lavorativa.

Beh, Rick è sempre stato attratto dal mio lavoro.”

Certo. Dal suo lavoro” sorrise la donna “Senta, Kate, ho intuito che le cose tra lei e Richard sono complicate,diciamo.” sembrava stesse pesando ogni parola “Non lascerò che tutto ciò influisca su quello che io e lui stiamo costruendo.”

Evidentemente Castle non le aveva detto nulla.

Tra me e Castle le cose sono complicate, è vero. Ma tra noi non c'è mai stato nulla.”

Per colpa mia.



4 mesi prima, Chicago


Il telefono di Kate squillo. Non aveva bisogno di guardare lo schermo per sapere di chi fosse la chiamata.

Castle.

Si erano sentiti cinque o sei volte da quando era partita; a dire la verità lui aveva provato a chiamarla spesso, ma Kate rifiutava le chiamate o fingeva di essere occupata.

Quelle chiamate la turbavano. La sua voce calda la turbava. Ma la causa principale del suo turbamento era se stessa. Quando riagganciava si sentiva leggera, sollevata.

Kate si sentiva egoista; sentiva di usarlo. Ogni parola di Castle era accompagnata da speranza, anche se lei era a chilometri di distanza, a giorni, mesi di distanza. Non sapeva se il suo incarico a Chicago avrebbe potuto subire prolungamenti. Sapeva solo che non poteva continuare così. Non poteva continuare a farlo aspettare.

Decise quindi di rispondere.

Beckett”

Ehi, Kate. Indovina?” quell'entusiasmo da bambino la sorprendeva sempre.

Il tuo loft è stato invaso da formiche giganti?” si chiese perchè, dopotutto, continuasse sempre a stare al gioco.

No, solo dagli studenti di mia madre” rispose lui, scocciato “Ma non è questa la novità. Mi è stato commissionato un ulteriore libro su Nikki Heat. Potrei mandarla a Chicago, stavolta.”

Anche io ho una novità” Kate rispose d'impulso. Sapeva che se non lo avesse detto in quel momento avrebbe continuato il gioco delle telefonate.

Spara, Kate. Ma sicuramente non sarà migliore della mia. A meno che non sia che torni a New York domani.” fece una pausa “In quel caso sarei decisamente un uomo felice.” la dolcezza della sua voce la colpì come un pugno nello stomaco.

Uno dei miei colleghi mi ha invitata fuori a cena. Si chiama Malcom. Ho accettato” sputò fuori.

Silenzio dall'altro capo del telefono.

Senti, Castle, 18 mesi sono un tempo lunghissimo. Corre voce che potrebbero raddoppiare. Le nostre vite vanno avanti lo stesso. Non è giusto per nessuno dei due aspettare.”

Magari non è giusto per te, Beckett” il tono di lui si era fatto più basso, grave “La scelta è tua. Hai sempre deciso tu. Sappi però che io continuerò ad aspettare.”

Non farlo. Non te lo meriti.” detto questo agganciò.

Aveva inventato la storia di Malcom. Non sapeva nemmeno quale fosse il vero motivo per cui lo aveva fatto.

Castle continuò a chiamarla nelle due settimane successive,ma Kate non rispose mai.




Angolo dell'autrice: beh, chiedo scusa per il ritardo,ma l'ispirazione ha deciso di andare in vacanza. E' tornata solo oggi, ma la trovo cambiata. Questo capitolo non mi piace. L'ho riscritto parecchie volte, ma non riesco ad essere soddisfatta. Nella mia testa l'ultima telefonata aveva perfettamente senso. Per come l'ho scritta invece non ce l'ha. Vedrò di sistemare nel prossimo capitolo.

Se qualcuno è interessato la canzone citata è “You Always Make Me Smile” di Kyle Andrews. Un gioiellino,per quanto mi riguarda.

Vi chiedo un immenso favore. Se avete voglia di lasciare un commentino scrivetemi se secondo voi questo capitolo può avere senso.

Saluti a tutti, alla prossima..

buffy_91


ps: sempre grazie a chi legge e lascia un commentino. Me happy. :D

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