Solo un'altra banale dichiarazione d'amore di TwinStar (/viewuser.php?uid=2725)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Una storia semplice ***
Capitolo 2: *** Lettera 1 - De Pristino (Minerva McGranitt) ***
Capitolo 3: *** Lettera 2 - De Aemulatio (Peter Minus) ***
Capitolo 4: *** Lettera 3 - De Simplicitate (Hagrid) ***
Capitolo 5: *** Lettera 4 - De Sedulitate (James Potter) ***
Capitolo 6: *** Lettera 5 - De Commutatione (Lily Evans) ***
Capitolo 7: *** Lettera 6 (Epilogo) - Una banale dichiarazione d'amore (Remus Lupin) ***
Capitolo 1 *** Prologo - Una storia semplice ***
Nuova pagina 1
Note di inizio fan fiction (che fareste senza?):
Nota importante numero uno,
trovo questo azzurrino del titolo delizioso. Del resto ho passato
mezz’ora a decidere se questo fosse un verde o un azzurro, complice l’amico
portatile che non mi permette di avere una visione dei colori umana, se non lo
trovassi minimo adorabile credo che prenderei in seria considerazione l’idea di
una strage.
Nota importante numero due:
stranamente per il titolo della storia mi sono ispirata ad un film. In
questo caso il film in questione è “Non è un’altra stupida commedia americana”.
Non chiedetemi cosa ha a che fare il titolo originale con questa fic, non ne ho
idea. Quando trovo i titoli delle mie storie credo di essere invasa da uno
spirito. Probabilmente da quello di Pikachu vista l’indubbia intelligenza degli
stessi.
Nota importante numero tre,
in teoria avrei voluto dedicare questa storia a qualcuno a caso, ma sarebbe
stato come regalare un profumo, avrebbe lanciato un messaggio sbagliato, cioè
dedico una storia che per contratto sono costretta a definire banale almeno 4
volte a capitolo a una persona banale così come se regalo un profumo sembra che
stia dicendo che la persona in questione puzza. E non è così. Però apprezzO il
pensiero lo stesso. Quando mi ci metto sono anche carina.
Nota importante numero quattro,
questa storia nasce come tentativo di scrivere qualcosa di leggero. Non è
proprio roba per me, ma mi auguro che il risultato sua buono. Sarà strano e
affascinante per una volta scrivere una storia per la quale non devo temere
eventuali censure viste e considerate le tematiche che adoro.
Nota importante numero cinque,
non c’entra niente con la storia, ma se qualcuno trovasse un sosia di Vincent
Valentine:
(questo qui)
può spedirmelo? Vivo
possibilmente.
And now…
Everybody needs somestory to READ!!
Ah, sì, dimenticavo: Harry
Potter e i suoi personaggi non mi appartengono (se non Sirius che mi
appartiene dal punto di vista biblico). Altrimenti a quest’ora me ne stavo in un
castello in Scozia a sorseggiare Daiquiri, non davanti a una tastiera a dire
idiozie!
SOLO
UN’ALTRA BANALE DICHIARAZIONE D’AMORE
Prologo – Una storia semplice
Questa è una storia semplice.
Di quelle che a volerne fare il punto si rischia la pazzia.
Vuoi per il naturale riserbo unito in un denso amalgama al
più cieco terrore che accompagna lo scoprire d’improvviso che, volenti o
nolenti, si è cresciuti e che tutt’ad un tratto l’amicizia non è più l’unica
cosa di cui si ha bisogno per sentirsi completi, che si vuole qualcosa di più; e
ci si arrovella il cervello per mesi solo nel vano tentativo di capire cosa sia
esattamente che si cerca, anche se non si è mai stati tipi particolarmente
propensi alla riflessione, finché un giorno non ci si sveglia come da un lungo
sogno con la mente sgombra e le idee chiare.
E vorresti solo sprofondare la
testa nel cuscino del divano, e magari cercare di dormire un po’, ma ti balza
alla mente il pensiero che sul morbido velluto scarlatto sentirai
immancabilmente il suo odore, perché quello è il suo posto preferito.
Vuoi per il senso di straniamento che si prova nel momento in
cui un carattere da sempre forte, per auto-imposizione più che per effettiva
natura, si ritrova a scoprirsi per quello che è, terribilmente vulnerabile;
quando ci si ritrova alla mercè di un’emozione che tutti prima o poi provano, ma
che nessuno riesce davvero a comprendere perché nulla ha a che vedere con la
ragione. Ad un certo punto si desidererebbe addirittura affrontare il problema
in maniera analitica, finché non ci si ricorda che si è sempre rifuggito il
rigore e la regola come si farebbe davanti a una Manticora.
E ti ricordi che è un’altra la
mente riflessiva del gruppo.
C’è poi lo sconforto che prende automaticamente il
sopravvento nel momento in cui ci si rende conto che anche se non si ha la più
pallida idea di cosa stia accadendo, si sa perfettamente fin dall’inizio che
questo sentimento cambierà la vita in maniera radicale e trasformerà
in persone che prima si sarebbe preso a pugni per il solo fatto che esistevano:
e tutto ciò di cui si ha voglia è gridare dallo sconforto oppure, in via
alternativa ma efficace, buttarsi di testa dalla torre di Astronomia.
Ed è talmente tanto che non
riesci a farti una buona dormita che prenderesti in seria considerazione l’idea
di farlo davvero, adesso, e lo troveresti anche divertente se non fosse per il
fatto che lui è proprio lì a seguire una lezione. Sarebbe piuttosto
imbarazzante.
O forse a rendere tutto più difficile è solo l’imbarazzo che
ancora imporpora le gote come la prima volta in cui ci si è resi conto che non è
normale innamorarsi di uno dei propri migliori amici, uno dei fedeli compagni di
scorribande e di dormitorio; però è così è basta e non ci si può fare comunque
niente, tranne mantenere il segreto con gli altri come fino a quel momento lo si
è tenuto a se stessi.
E ci si aggrappa a qualunque cosa per cercare il contatto
casuale.
Se proprio non si può avere altro…
E ripensi a tutte le volte in
cui ti sei inutilmente umiliato o coperto di ridicolo per un tocco fugace o un
sorriso gentile: i giorni passati a sospiragli alle spalle e a mandargli
messaggi d’amore mentali nella convinzione che in preda a chissà quale
provvidenziale intuizione lui non solo si sarebbe reso conto di tutto, ma
addirittura avrebbe ricambiato i tuoi sentimenti e vi sareste dati un bacio
ricolmo di passione nel bel mezzo della Sala Grande. Le notti passate a
rigirarti nel letto in preda a incubi fasulli nella speranza che Remus, che
aveva il sonno leggero, si sarebbe svegliato e ti avrebbe consolato. Una volta
sola si è alzato e sei finito legato e imbavagliato al letto, ma non in maniera
piacevole.
Quando hai passato una lezione
a chiedergli in prestito di tutto approfittando dell’occasione per sfiorargli la
mano, facendoti scoprire dall’insegnante proprio nel momento in cui ti stavi
facendo prestare il testo di Erbologia. Peccato foste a Trasfigurazione.
Quando l’hai gettato nel lago
aspettandoti che perlomeno si togliesse i vestiti per farli seccare al sole, di
modo tale che potessi allungare un occhio in maniera quasi del tutto innocente,
restando poi di stucco quando, con un rapido tocco di bacchetta, si è asciugato
sul posto. E ancora ti brucia il ricordo di quel pratico “Beh, che c’è? Siamo
maghi in fondo.” di replica di fronte al tuo sguardo incredulo.
Quando nella stamberga
Strillante approfittavi della sua incoscienza per cercare la sua guancia in una
tiepida carezza, e sotto lo sguardo incredulo e perplesso dei tuoi amici che
avevano assistito alla scena inventavi scuse improbabili come “Stavo scacciando
un insetto”, oppure “E’ un antico massaggio tramandato dalla mia famiglia contro
il dolore”, ringraziando il cielo che James e Peter in certe cose fossero tanto
ingenui.
Una volta gli hai anche aizzato
contro un gruppo di Serpeverde al solo scopo di farlo scoppiare in lacrime e
farlo correre piangente tra le tue braccia virili. Poi ti sei ricordato che
Remus non avrebbe mai fatto niente del genere nemmeno sotto Imperio, nel momento
in cui l’ultimo di quegli incapaci ti è praticamente svenuto ai piedi sotto
l’effetto di un Incantesimo di Pietrificazione d’esecuzione magistrale.
A volte hai persino sospettato
che il suo fantomatico sesto senso da licantropo lo mettesse in guardia contro
le tue sleali manovre d’attacco e agisse istintivamente di conseguenza. E nei
momenti d’ottimismo pensi che questo sia davvero amore perché per nessuna
ragazza hai mai sentito il bisogno di fare simili sciocchezze.
Finché neanche questo, prima o poi, basta più.
“Allontanati dal camino, Felpato, hai tutta la faccia rossa.”
L’Animagus osservò con la coda dell’occhio l’amico, che
proprio in quel momento faceva il suo ingresso in Sala Comune, silenzioso come
sempre, le labbra piegate in un sorriso sghembo, e dopo un primo istante di
stupore (come ho fatto a non sentire neanche la porta che si apriva?)
abbozzò un cenno di saluto incerto col mento. Era il modo migliore di celare
quanto più possibile il volto allo sguardo dell’altro senza risultare sospetto:
non c’era davvero bisogno che sapesse che ormai bastava che si ritrovassero
improvvisamente soli in una stanza per farlo arrossire come una ragazzina del
primo anno.
“Ho freddo.”, grugnì come se questo spiegasse tutto, dalla
sua presenza davanti a un camino acceso a inizio settembre al significato della
vita e dell’universo, e si abbracciò le ginocchia in un gesto di conforto: fu
con una punta di fastidio che si accorse che la voce gli era uscita molto più
minacciosa di quanto non intendesse.
Per Godric e il suo toupé, sembrava sua madre.
Remus parve non farci caso. Del resto sua madre non l’aveva
mai conosciuta, fortunatamente, e poi era troppo impegnato a trascinarsi in
direzione dei dormitori per far caso al suo tono di voce antipatico o a certi
piccoli atteggiamenti sospetti. Notò il respiro lievemente affaticato, il modo
in cui strascicava il passo, e si ritrovò a lanciare un’occhiata perplessa al
sottile spicchio bianco appeso alla volta del cielo (la luna piena è ancora
lontana) prima di accorgersi del modo in cui curvava la schiena sotto il
peso di una grossa borsa dall’aria pesante che teneva a tracolla.
Aggrottò le sopracciglia, infastidito.
Ora si spiegava come mai per andare a lezione di astronomia
si fosse fatto prestare da James il mantello dell’Invisibilità. Prima di venire
lì doveva essere passato per la biblioteca e aveva fatto il pieno di libri che
proprio non potevano aspettare la mattina dopo per essere presi (come se a
scuola non li caricassero a sufficienza di pagine da leggere): a dispetto della
stanchezza che gli cerchiava gli occhi di scuro e gli impallidiva il viso aveva
dipinta sul volto quell’aria eccitata che gli illuminava lo sguardo solo quando
si ritrovava a contatto con quella robaccia. Represse per un pelo un gemito di
frustrazione. Stava cominciando anche a diventare geloso dei libri, la
situazione stava cominciando a farsi ridicola, oltre che preoccupante. Erano
solo stupidi oggetti inanimati.
A parte quello di Cura delle Creature magiche, che mordeva.
Forse sarebbe stato meglio confessare all’altro i propri
sentimenti, farsi mandare a quel paese e farla finita lì, almeno la si sarebbe
piantata con le ridicolaggini. Il licantropo era già arrivato alle scale che
conducevano ai dormitori quando, in preda a un’improvvisa epifania, si voltò
nella sua direzione.
“Vuoi che t’aiuti?”, domandò, balzando in piedi e tendendo
una mano in direzione della pesante borsa: lo sguardo sorpreso, quasi
disgustato, dell’altro lo fossilizzò sul posto.
Aveva detto qualcosa di sbagliato?
Si era tradito?
“Ti ringrazio, Sirius, ma non sono una ragazza.”, fu la
replica gentile ma decisa mentre quelle labbra su cui si fissava il suo sguardo
(no, decisamente non è una ragazza) si tendevano in un sorriso di
circostanza. Sembrava a disagio, quasi che l’Animagus con il suo gesto gentile
stesse tentando di scalfirne l’orgoglio. Aveva persino abbandonato i nomignoli.
“Posso farcela da solo.”, aggiunse notando lo sguardo tutt’altro che amichevole
stampato sul volto dell’altro. Si strinse nelle spalle in segno di scuse, o più
probabilmente solo per bilanciare il peso, gli voltò la schiena e cominciò a
salire la scalinata a chiocciola. La prossima volta, decise Sirius sedendosi di
nuovo a fissare il fuoco, l’avrebbe morso a una gamba.
Come gesto sarebbe risultato molto più gradito.
A entrambi.
Col senno di poi si rendeva conto di essere stato davvero
molto sciocco ad aver fatto quella proposta all’amico: era chiaro che nessun
uomo, specie una persona orgogliosa come Remus, avrebbe mai accettato di farsi
portare la borsa, un gesto di galanteria che Sirius in genere riservava alle
ragazze del primo anno per darsi un po’ di arie da cavaliere col gentil sesso
(quello che ancora non lo conosceva di fama). Dall’altro lato però era sollevato
di averlo fatto, perché se quel gelo era la reazione a una semplice offerta
d’aiuto, solo Merlino sapeva come avrebbe mai potuto reagire a una ipotetica
dichiarazione d’amore (anche quelle in genere riservate alle ragazze): minimo
evirandolo di modo tale che non procreasse altre persone stupide come lui.
“… Ma non vieni a letto? E’ tardi.”
Proprio la domanda che sperava non gli sarebbe venuta in
mente.
In altri momenti (e in altri frangenti) quella frase avrebbe
fatto la sua gioia sempiterna, ma la voce che pronunciava quelle parole con quel
tono incerto ebbe il potere di fargli salire il panico ai massimi livelli. Era
come se sentisse sulla schiena lo sguardo inquisitorio dell’altro che lo
punzecchiava. Bel momento che aveva scelto Remus per diventare curioso.
Del resto non era che gli si potesse dargli tutti i torti.
Tanto per cominciare l’ultima volta che era andato a letto
tardi da solo, al secondo anno, era finita con una delle torri del castello
devastata e un’intera classe di Serpeverde del settimo anno in infermeria a un
paio di settimane dai M.A.G.O., fatto che era costato a lui 200 punti e ai
Grifondoro la Coppa delle Case. E poi doveva ammettere che era un avvenimento
più unico che raro il fatto di trovare lì, ben desto, un ragazzo aveva fatto del
concetto “pisolino” una vera e propria filosofia di vita; aborriva qualsiasi cosa si mettesse di mezzo tra lui e un buon sonno ristoratore di almeno dieci
ore.
Ci sto mettendo troppo.
Si insospettirà. Meglio tirar
fuori una scusa a caso.
“Ramoso russa.”, bofonchiò senza riflettere, per poi lottare
contro l’impellente bisogno di sbattere la testa al muro dandosi dell’idiota
come un elfo domestico che aveva, seppur involontariamente, insultato un membro
della famiglia che serviva.
Si voltò verso Remus. Come immaginava, lo stava squadrando da
capo a piedi con l’aria più incredula della terra.
“Capisco…”, replicò, ma il suo tono di voce diceva
tutt’altro.
Una reazione più che comprensibile: in sei anni di onorata
convivenza il russare inumano di James Potter non aveva mai ostacolato il suo
sonno, nemmeno quando qualcuno dei suoi compagni di stanza dimenticava di
apportare intorno al letto dell’amico opportuni Incantesimi Imperturbabili per
silenziare l’infernale rumore. Avvertì una strana tensione all’altezza dello
stomaco, come se le interiora avessero scelto proprio quel momento per giocare a
rimpiattino.
Remus aspettava una risposta sensata.
Lui non ne aveva da dare. Tanto valeva dire la verità, giunti
a quel punto.
Prese un profondo respiro e cercò di non assumere un’aria
troppo indifesa e disperata prima di prendere la parola. “Non riesco a
dormire…”, ammise l’Animagus passandosi una mano tra i capelli per mascherare il
disagio. “Ho dei pensieri per la testa… Nulla di esplosivo.”, aggiunse con aria
vaga, sperando che all’altro bastasse quella spiegazione.
Non era necessario dire proprio tutto.
Il volto del licantropo si distese in un sorriso complice, lo
sguardo rivolto verso un punto indefinito ai piedi dell’altro, ma Sirius non osò
sospirare di sollievo né fare altro fino a che l’altro non gli diede nuovamente
le spalle. Sembrava essersela cavata anche quella volta. “Va bene, mi basta…“,
mormorò divertito, prorompendo in una risatina appena prima di scomparire dietro
l’angolo.
“Allora ti lascio scrivere in pace la tua lettera d’amore.”
Sirius, un volta rimasto solo, impiegò qualche istante a
codificare quelle parole.
… La mia “cosa”?
Lanciò un’occhiata che definire perplessa sarebbe stato un
pallido eufemismo ai suoi piedi, in direzione del punto fissato pocanzi
dall’amico, in un gesto quasi inconsapevole. Non vide altro che pietre sporche,
e le pergamene, alcune accartocciate e altre come nuove, che aveva trovato al
suo arrivo: probabilmente lasciate da quello studente del primo anno che aveva
“invitato gentilmente” ad andare a dormire per poter restare in pace coi propri
pensieri. Gli elfi domestici non avevano avuto il tempo di toglierle e lui non
aveva avuto nessuna intenzione di fare il lavoro sporco al posto loro, così
erano rimaste lì. Ma che aveva a che vedere con…?
Improvvisamente nel suo cervello fece posto, assieme ad
un’improvvisa consapevolezza, l’indignazione, e si ritrovò a storcere le labbra
in una smorfia disgustata. Non poteva essere. Remus aveva creduto che l’aria di
segretezza fosse dovuta solo a una lettera d’amore!
Non aveva avuto pietà del suo imbarazzo e dello
sconvolgimento interiore che gli attanagliava le viscere: difficile che potesse
farlo, a quanto ne sapeva non possedeva ancora facoltà di Legilimens. Per
fortuna, aggiunse mentalmente. Aveva solo deciso di defilarsi il più
signorilmente possibile per non scoppiare a ridergli in faccia al pensiero di
Sirius Black il quale, protetto dal favore delle tenebre, si dilettava
segretamente a comporre testi romantici. Era inorridito, a dir poco: possibile
che Remus, che lo conosceva da praticamente una vita, lo ritenesse una persona
in grado di fare una cosa idiota come Scrivere una lettera d’amore per
esprimere ciò che provo senza l’imbarazzo, da parte di entrambi, di dover
affrontare la cosa di persona?
… Forse Remus non aveva tutti i torti, in fondo.
Fine Prologo
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Capitolo 2 *** Lettera 1 - De Pristino (Minerva McGranitt) ***
Nuova pagina 1
Note e
ringraziamenti a fine fan fic.
Per il
momento la qui presente si inchina per i commenti sempre gentilissimi.
PS:
Nessuno mi ha ancora spedito un sosia di Vincent!
SOLO
UN'ALTRA BANALE DICHIARAZIONE D'AMORE
Lettera 1: De Pristino
– Minerva Mc Granitt
Sirius aveva scoperto a sue spese l’esistenza di una cosa
particolarmente conosciuta, odiata e temuta dagli scrittori di ogni genere e
specie, Maghi o Babbani che fossero.
L’angoscia da foglio bianco.
Quell’istintivo terrore di fronte alla carta intonsa, quel
brivido gelido che percorre ogni curva della spina dorsale e scorre vivo lungo
capillari e vene fino a fermare il cuore di un battito; quella certezza di stare
per sciupare in maniera irreversibile la perfezione di quell’istante in cui
nulla accade, in cui ci si accinge a deflorare quel niveo candore con la punta
della piuma d’oca.
Naturalmente nessuno di questi lirici pensieri era passato
per la sola frazione di un istante nella testa del giovane Black dal momento in
cui aveva deciso di separarsi dai suoi amici e di trovare un posto tranquillo e
comodo (l’aula di Trasfigurazione era andata benone) per dar voce ai suoi
pensieri: la frustrazione del ragazzo nell’ultima mezz’ora si era espressa in
modi tutt’altro che elegiaci. Prendendo a calci una porta, imprecando contro la
sua famiglia perchè non era possibile che "tra tutte le qualità che il sangue
nobile, antico e puro dei Black conferiva non c'era anche la capacità di
scrivere idiozie romantiche", incidendo un piccolo cuore scuro sul banco con la punta
arroventata della bacchetta e infine sputacchiando palline di pergamena
insalivata in direzione della cattedra.
Se la superava e prendeva la sedia della professoressa, cento punti a Grifondoro.
Se centrava il banco di Mocciosus in prima fila, cinquanta.
Ma ben presto anche quel passatempo smise di appassionarlo:
mise da parte il sottile tubo di plastica di quella stupida penna di foggia
babbana che quella ragazzina di Corvonero aveva regalato a Remus (perché solo
una Corvonero poteva pensare che una penna fosse un oggetto interessante da
donare a un ragazzo) e che lui aveva preso in prestito di nascosto, gettò a
terra le palline che aveva disposto ordinatamente in una piccola piramide su un
angolo del banco, e lanciò un’occhiata disgustata al foglio che gli svettava
davanti in tutta la sua pochezza: la carta di un cupo e triste giallaccio per
nulla romantico, che poteva andar bene giusto per i compiti di Storia della
Magia, si era accartocciata sotto l’impazienza delle sue dita indelicate, e un
angolo che aveva generosamente fornito il materiale per le sue munizioni dando
alla pagina una buffa forma pseudo-trapezoidale; la sua scrittura incerta e
sbavata, con le aste delle lettere a impazzire in ogni direzione e le “o”
indistinguibili dalle “c”, era crudelmente coperta da pesanti righe nere per le
numerose cancellature che avevano celato agli occhi del mondo alcuni
imbarazzanti tentativi romantici.
Si riusciva ancora a leggere la parola “cuore”, però.
Sirius si affrettò a cancellarla con una serie rabbiosa di
rigoni.
Un vero uomo quella parola non dovrebbe nemmeno pensarla.
Sì, ma un vero uomo non
dovrebbe neanche farsi venire le fregole per altri maschi,
rammentò a se stesso, aggiungendo allo sconforto iniziale una ulteriore
demoralizzazione. Non era come se ci potesse fare davvero qualcosa, del resto.
Sirius non si era affatto reso conto che scrivere una stupida
lettera d’amore fosse così complicato, perché se l’avesse saputo non avrebbe di
certo mai preso in giro tutte le ragazze che l’avevano fatto con lui. Aveva
creduto che fosse di una facilità imbelle mettersi al tavolo, fare mente locale
nel proprio animo e dare voce ai sentimenti.
E invece ogni goccia d’inchiostro nella piuma d’oca pesava
come un macigno.
In mezzo a un turbinare di pensieri deprimenti di tal risma
si era addirittura trovato, suo malgrado ovviamente, a pentirsi di tutte le
volte in cui aveva impietosamente deriso Peter per la sua totale incapacità di
mettere nero su bianco i propri pensieri per i temi di scuola, generalmente da
consegnare il giorno successivo. Le stesse volte in cui si era roso segretamente
d’invidia le viscere nel momento in cui, dopo pressanti richieste, suppliche,
minacce e promesse da parte del “ratto”, interveniva immancabilmente Remus a
dargli una mano. E aveva desiderato ardentemente di essere un completo idiota
come Codaliscia, per il solo gusto di avere il viso concentrato di Remus
appiccicato al suo al punto da assorbirne il calore della pelle.
Bene, era stato accontentato.
Ma non era decisamente il caso di chiedere aiuto a Remus, in
quel frangente.
Si mise la piuma in bocca, ignorando la voce disgustata nella
testa, che somigliava in maniera inquietante a quella di Ramoso,che gli
rammentava che quella cosa era stata addosso a un lurido animale, a un uccello,
ed era rivoltante. A me invece gli uccelli piacciono, mio caro Ramoso
Mentale, per cui il problema non si pone, pensò tra sé e sé, e se non si
fosse sentito così abbattuto con ogni probabilità avrebbe riso di quella battuta
di pessimo gusto. Invece si prese le guance tra le mani e dalla piuma
impietosamente stretta tra i denti (nessuna meraviglia che ogni mese ne dovesse
cambiare una) scaturì un suono patetico a mezza via tra un gemito e un rantolo
affranto.
Forse faceva ancora in tempo a buttarsi dalla torre.
Improvvisamente, una mano posata sulla sua spalla lo fece
sobbalzare e dalle labbra spalancate in un gridolino patetico la penna planò
dolcemente sul pavimento. Il collo scattò come una molla alla
sua destra, e l’Animagus si ritrovò di fronte al naso lo sguardo arcigno e
decisamente poco bonario della professoressa McGranitt.
Lo fissava dall’alto in basso da dietro gli occhiali tondi,
nereggiando contro la luce del primo pomeriggio che filtrava polverosa dalla
finestra lurida. Non si chiese nemmeno come avesse fatto a non sentirla
arrivare, benché avesse chiuso la porta con diversi incantesimi e nonostante la
vecchia Minerva non fosse famosa per il suo passo “ferino”. Era talmente
concentrato su quello che stava facendo che non si sarebbe accorto nemmeno
dell’arrivo di un Dissennatore.
Non si sarebbe notata la differenza, comunque.
“Signor Black.” La voce ferma e decisa della donna si fece
strada nella vischiosità dei suoi pensieri confusi attraverso il sorriso
piacevole ma in qualche maniera inquietante. “Trovo affascinante che la sua
nuova dedizione allo studio la conduca nella mia aula anche al di fuori
dell’orario di lezione, ma chiudersi dentro non sembra affatto un’idea sensata.”
Sollevò un sopracciglio sottile con aria critica, puntando col naso dritto in
direzione delle pergamene scarabocchiate che teneva di fronte. Aveva fiuto per
quelle cose, forse sarebbe stata un Cane molto migliore di lui.
“Devo arguire che quello sia il tema sui rischi delle
trasformazioni in Animagus che ho assegnato per domani?”, chiese, benché quell’aria
di stemperata, divertita malizia nel tono di voce suggerisse a Sirius che
nemmeno per un istante quella malfidata della professoressa McGranitt avrebbe
creduto che si fosse rinchiuso nella sua aula per un così nobile (e noioso)
scopo.
Solo perché l’ultima volta che era successo aveva incantato
la lavagna di modo tale che qualsiasi cosa ci si scrivesse sopra risultassero
scarabocchiate solo parolacce e disegni osceni... Avrebbe dovuto saperlo che non
avrebbe mai tentato due volte lo stesso scherzo.
La professoressa allungò a tradimento una mano in direzione
di quei fogli, per sincerarsi che non stesse scrivendo un piano di distruzione
che comprendesse l’intero castello: cercò di afferrarli e accartocciarli malamente
tra le dita (magari ingoiarli e digerirli, di modo tale che nessuno potesse mai
recuperarli in luoghi che non fossero la tazza di un cesso), ma la donna fu più
rapida.
Li artigliò con la rapidità del gatto di cui prendeva le
fattezze e, aggiustandosi gli occhiali con una mosse sapiente del dito medio
(che la faceva somigliare in maniera tale a Ramoso da far venire l’orrido dubbio
che in realtà fossero parenti), si sedette al suo posto alla cattedra (nemmeno
l’idea buffissima di tutti quei pallini di carta appiccicati sul suo sedere era
riuscita a donare un po’ di buonumore a Sirius) e colpì la carta con un tocco
deciso e leggero di bacchetta perché le fossero rivelate le parole nascoste
sotto i rabbiosi righi d’inchiostro nero.
In quei pochi, interminabili istanti la faccia della
professoressa più arcigna che avesse mai messo piede ad Hogwarts si posò su di
lui, trasfigurato in una maschera di muto stupore, e fu quello il preciso
istante in cui Sirius desiderò ardentemente che qualcosa lo annientasse in
maniera orribile.
Avrebbe potuto gettarsi contro la McGranitt e riprendersi
quei fogli con la forza col rischio di farsi espellere da scuola (ne sarebbe
valsa la pena), o chiedere
pietà in ginocchio convincendola a restituirgli i fogli. In un momento di
particolare follia gli era passata per la testa persino l’idea deleteria di
rivelarle tutta la verità, perché in quel modo perlomeno le cose si sarebbero
concluse in maniera pietosamente rapida, poi fortunatamente il sangue aveva
ripreso a circolare al cervello e aveva desistito.
Restò lì, immobile, seduto al banco solitamente occupato da
Remus, il volto pallido congelato in una smorfia tesa, gli occhi bassi fissi
sulla macchia nera che aveva intarsiato tra le venature del legno, gli angoli
della bocca malamente piegati verso l’alto nella patetica imitazione di un
sorriso nervoso, mentre il cuore, intrappolato in una cassa toracica che mai era
sembrata così stretta e angusta, sembrava aver cominciato a seguire un ritmo
tutto suo: non riusciva nemmeno a strapparsi fuori dalle labbra una
delle sue famose, fantasmagoriche scuse per tirarlo fuori dai guai.
Era pur sempre un Black, anche se rinnegato!
Poteva sopportarla, quell’umiliazione!
Quando però le sopracciglia sottili della donna s’incurvarono
verso l’alto congiungendosi nel mezzo della fronte in un’espressione di dolce,
materna pietà decise che, no, era troppo anche per lui. Si alzò dal banco con una
spinta secca dei fianchi, producendo un suono stridulo nell’istante in cui la
pesante sedia di legno scuro gemette contro la pietra, e raccolse in fretta e
furia le sue poche cose: la borsa dei libri, sempre penosamente vuota anche
quando era ora di andare a lezione (per avere una scusa per leggere assieme a
Remus in caso di bisogno più che per effettiva pigrizia), la piuma orribilmente
mangiucchiata che giaceva esanime al suolo, e la sua fida bacchetta.
Poi inforcò rapido la via della porta abbozzando qualche
sbrigativa scusa posticcia sull’andare in qualche posto per qualche motivo:
doveva uscire da lì prima che il rossore gli imporporasse le gote, dando così in
via definitiva il colpo di grazia a quello che senza alcuna ombra di dubbio era
divenuto il momento più imbarazzante della sua esistenza.
La McGranitt però non sembrava dello stesso avviso.
“Signor Black, dove sta andando?”
Preso un profondo sospiro, l’Animagus si voltò in direzione
della voce perentoria della sua insegnante di Trasfigurazione, sulla lingua una
risposta tartagliata che gli morì impietosamente in gola nel vedere quel sorriso
sghembo sul volto della donna impietosamente chino sui compiti da correggere. La
vide inarcare un sopracciglio con aria sottile mentre la mano che non faceva
volare la piuma d’oca sui componimento di chissà quali poveri ragazzi agitava
mollemente quei cartigli scabrosi.
“Mi pare che questi siano suoi.”
Purtroppo sì.
Chiuse in poche, ampie falcate lo spazio che li separava,
deglutendo a fatica un bolo di disagio pesante come piombo lungo la gola,
spingendolo giù nello stomaco, e nella mente si faceva strada, come meccanismo
auto-difensivo, la rinfrancante immagine della pergamena rovinata che prendeva
spontaneamente fuoco tra le dita della vecchia.
Gli riuscì addirittura d’abbozzare un ghigno.
Allungò la mano e si riappropriò dell’agognato bene
masticando sulla lingua un “la ringrazio” di falsa modestia, il quale in realtà
prometteva ben più di una morte atroce.
E poi, accadde l’impensabile.
La McGranitt sorrise.
Un sorriso vero, schietto e aperto, forse addirittura
complice, come quello di un normale essere umano. Sirius rimase incantato, gli
occhi fissi su quelle labbra tese innaturalmente verso l’alto.
Assurdo.
Se l’avesse raccontato
nessuno gli avrebbe mai creduto.
“Quando ero giovane…”, disse la donna, mentre lo sguardo
vagava lontano, perso in ricordi antecedenti la costruzione di Hogwarts. “Ai tempi della scuola, ricordo ancora con piacere la più bella
lettera d’amore mai ricevuta: era di un ragazzo che mi aveva fatto capire con le
sue parole quanto la sua vita fosse stata desolante prima, senza di me.”
“Capisco…”, fu tutto ciò che riuscì a bofonchiare un Sirius
più che sconvolto prima di inforcare in tutta fretta la porta senza nemmeno una
parola di saluto, fuggendo poi nei corridoi, in direzione della Sala Comune. Le
calde, piacevoli, rassicuranti, bollenti fiamme del camino avrebbero incenerito
per sempre le prove di quel suo imbarazzante tentativo romantico, di modo tale
che la McGranitt non potesse provare nulla in futuro per ricattarlo, o peggio,
umiliarlo.
L’immagine della McGranitt dolce e ingenua innamorata, al
contrario, non si sarebbe scrostata tanto facilmente dalle retine.
Fine
Capitolo 1
Note di Fine
Capitolo
Ho pensato che
sarebbe stato carino in una storia scioccherella e senza pretese che verteva su
una lettera mettere dei titoli seri o pseudo tali. Da qui la mia idea di rifarmi
alla forma latina. Non temete, o donne e uomini che non masticate l’antica
lingua, le note di fine capitolo vi aiuteranno in questo! ^.^ In questo capitolo
vediamo
De pristino: Dal latino pristinus, -a, -um, aggettivo
che significa “precedente”. Il De+ablativo forma in latino l’ablativo di
argomento: indica la persona o la cosa di cui si parla, si scrive, ci si
lamenta o su cui si riflette, si informa, eccetera. È comunemente usato anche
nei titoli di libri o brani quando se ne enuncia il contenuto. In questo il caso
il contenuto della lettera è la “precedenza”, perché la McGranitt consiglia a un
mortificatissimo Sirius di scrivere facendo riferimento al proprio passato di
pre-innamoramento.
Passiamo ai ringraziamenti
individuali.
Call: Che dire? Lieta, davvero lieta che ti
sia decisa ad esprimere una tua opinione a riguardo delle mie fic, mi fa molto
piacere. Innanzitutto ti ringrazio per i complimenti al mio modo di scrivere
(pensa che io invece sono poco portata a sopportarlo, sbavo e scodinzolo, nella
migliore delle tradizioni canine, verso altri tipi di scrittura, più brevi
(molto più brevi) e metaforici. D'altronde io e le metafore siam nemici atavici,
per cui mi tengo il mio stile e lieta che venga apprezzato! ^_- Tra l'altro sono
estasiata del fatto che tu abbia notato il mio tentativo di prendere in giro
tutti i clichè delle yaoi Sirius/Remus. Sul serio, grazie, cominciavo a temere
di aver fatto un lavoro pessimo visto che nessuno se n'era accorto. A ma diverte
troppo fare questo tipo di ribaltamenti. Non odio i clichè, anche se Remus-donna
indifesa mi fa sempre un po' sorridere, ma mi piace parodizzare un pochetto.
L'aggiornamento non è stato proprio rapidissimo ma nemmeno a scadenza annuale,
dai! XD Cavolo, hai cominciato a leggere slash con "Lei"... Un inizio
traumatico, non c'è che dire! XD Ma sono contenta che tu non sia scappata a
gambe levate dal genere a causa mia. Ancora tanti ringraziamenti a te per aver
letto e commentato. Io non devo ricevere ringraziamenti, è solo un piacere
sentire cose del genere! XD
Slanif: Grazie mille, anche a me il mio
Sirius-commedia piace molto, è simpatico e non sempre un musone come lo descrivo
sempre. ^_^ Eccoti accontentata col seguito.
Mixky: Lo vedrai a lungo alle prese con la
lettera d'amore, "temo" (o la notizia ti rende felice? Mah! XD), la storia verte
su quello. E' disperato ma credo sia felice del fatto che una volta tanto non lo
faccio traumatizzare a vita dalla sorte! XDD Grazie mille per i complimenti.
Chii: Ripresami dalla delusione per il
mancato ritrovamento di un sosia di Vincent, rispondo e posto questo capitolo
della fic. XD Oh, una volta tanto un sirius rilassante, dai. Pippe mentali a
iosa e quante ne vorrai (impossibile non farmi fare pippe mentali, è come
cercare di tenere incatenato Maciste alle colonne del tempio), ma sempre del
tipo rilassante. Non è il mio genere e si vede, ma mi hanno sfidata a farla
questa fic e che Godric mi assista salterà fuori una cosa leggerina e carina,
niente dark! XDDD Per cui se trovi cose dark bacchettami, sei autorizzata! XD
Son poi stra contenta che ti sia piaciuto il fatto che Remus non si è fatto
aiutare da Sirius. Anche se ammetto che è un comportamento maschile che io non
capirò mai, che c'è di male a farsi aiutare? XD Mah, io alla stazione mi facevo
sempre portare su i bagagli dal primo che passava! XD Non è che Sirius poi sia
un gentiluomo... E' un cafone che ogni tanto ne pensa una.... Ma considera che
lui fa il gentile solo per portarsi a pastrugnare qualche primina di solito,
claro che Remus non vede benissimo quel gesto! XDD Tra l'altro parlavi del
flashback... Questo non l'ha notato nessuno ma CASUALMENTE pare che mentre
Sirius era al secondo anno di scuola Lucius fosse al settimo. ^.^ Spero di non
deluderti per quanto riguarda i colpi di scena. Incrocio le dita e ringrazio un
sacco per i complimenti! ^_^
Luz79: Ammetto di essere rimasta un attimo
perplessa dal tuo commento all'inizio. Avevo un punto di domanda enorme sulla
testa e nel cervello la frase "ma scrivo in maniera così incomprensibile?".
Fortuna che poi ti sei spiegata! XD Me l'ha detto anche una mia amica che ogni
volta che rilegge un mio pezzo ci vede sempre qualcosa di nuovo. Sarà che io
sono l'autrice e so tutto quello che ci volevo mettere per cui di queste cose
non me ne accorgo nemmeno, ma resto sempre piacevolmente lusingata quando me lo
dicono. Lo trovo un magnifico complimento. ^_- Sperando che questo capitolo di
Sirius alle prese con la lettera d'amore non ti abbia delusa, ti ringrazio
ancora e saluto.
Skiblue: Grazie mille per i complimenti,
arrossisco. Speriamo che anche il seguito ti veda così entusiasta! ^_^
Kar: Ehi, yaoi non significa per forza
porcellate che donna di malpensiero! XDDD Le porcellate lasciamole per altre
storie che sto scrivendo! *ç* Questa deve essere solo simpaticamente vacua! XD
Altrimenti perdo la sfida e non so ancora cosa devo fare per penitenza ma nulla
di buono credo! XD Ah, tra parentesi: puoi farmi notare le cose che non vanno
(non ho avuto nemmeno una beta reader per questa storia, ce ne saranno 80mila di
errori! XD) anche qui nello spazio commenti, non è un problema, anzi! ^_- Grazie
per i complimenti.
FrancescaAkira: Speriamo che non sembri
graziosa ma che lo sia fino all'ultima riga! Speranze di autrice, sopportami! XD
Conoscendo Sirius, credo che non farà nessuna delle due cose che hai detto tu,
ma vedrai! ^_-
|
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Capitolo 3 *** Lettera 2 - De Aemulatio (Peter Minus) ***
Nuova pagina 1
Ora ho postato anche
le risposte.
Rispondo qui, ovvero a
fine capitolo, anche ai commenti per questo capitolo che mi sono arrivati finora
(così mi risparmio la fatica dopo, huhuhuhu! ^.^
Grazie per la pazienza.
PS Doveroso.
Anachan mi ha trovato Vincent!!!
Non avendo a disposizione
una macchina fotografica ne ha tracciato uno schizzo.
Qui
Ora si è aperta
ufficialmente la caccia all’uomo.
(In tutti i sensi)
SOLO
UN'ALTRA BANALE DICHIARAZIONE D'AMORE
Lettera 2 – De Aemulatio: Peter Minus
Sirius Black era una persona decisamente amante del caldo.
Ma il semplice amore non riusciva a spiegare appieno questa folle
venerazione che l’Animagus provava per le temperature soffocanti, desertiche,
quel clima torrido e afoso che arroventava l’aria nei polmoni rendendo difficile
l’atto stesso della respirazione. D’estate, quando tutti arrancavano per i
corridoi strascicando pesantemente i piedi fino alle aule, sudanti e ansanti,
quando ogni occasione era buona per lanciarsi addosso incantesimi refrigeranti o
per tuffarsi nel lago in mutande, lui si trovava nel suo ambiente naturale, come
un Molliccio in un armadio.
Secondo lui era tutto merito del sangue caliente che gli scorreva
nelle vene. Secondo gli invidiosi doveva esserci una correlazione tra l’assoluta
incapacità da parte del calore di fargli ribollire le idee come un calderone
fumante e la sua proverbiale zucca vuota: ma nessuno, nemmeno quella mente
analitica di Remus, erano riusciti a trovarla.
Di rimando, il gelo lo riduceva a una larva.
Già dai primi venti d’autunno, quando le temperature cominciavano a
calare in maniera sistematica e gli alberi a perdere colore, c’era solo un posto
in cui lo si poteva trovare. Accucciato vicino alla fonte di calore più vicina:
un camino, una stufa, le cucine, persino il corpo di un malcapitato passante.
Nemmeno il più efficace incantesimo riscaldante era sufficiente a dar sollievo
al povero ragazzo, e non era raro nelle corte giornate invernali sentire
nell’aere il suo guaito disperato, seguito da una raffica spaventosa di insulti
e invettive, dopo una superba caduta a faccia avanti nella neve in cui era
arrancato a fatica fino a pochi istanti prima nel vano tentativo di seguire il
passo sicuro dei suoi amici.
Per questo quella gelida sera di fine novembre i pochi temerari che
avessero osato mettere il naso fuori dalla finestra e si fossero recati a
seguire le prove di Quidditch della squadra del Grifondoro, gettando un’occhiata
casuale in direzione degli spalti, si sarebbero trovati di fronte ad uno
spettacolo piuttosto insolito: un certo Animagus accucciato malamente in una
delle prime file, con le braccia strette con forza intorno al tronco e le
ginocchia puntellate in alto, in direzione del petto, a tremare da capo a piedi
senza un momento di sollievo e ad osservare infuriato, dietro le ciglia umide di
lacrime, la fitta condensa bianca che gli fuoriusciva da bocca e naso e piccoli,
patetici giocatori che restavano a congelarsi il sedere su quelle stupide scope
schifose senza che nessuno li costringesse.
Beh, non era come se qualcuno avesse costretto lui a stare lì.
James non gli avrebbe mai chiesto nemmeno per scherzo di
presenziare ai suoi allenamenti di Quidditch: per prima cosa era troppo
fiducioso nelle proprie capacità di giocatore per appassionarsi davvero a degli
sciocchi allenamenti di routine, e in secondo luogo Ramoso non era uno sciocco,
benché facesse tutto quanto era in suo possesso perché gli altri lo ritenessero
tale (convinto che fosse un aspetto sexy del suo carattere), e in quanto tale
era perfettamente consapevole che se solo avesse osato chiedere al suo migliore
amico di uscire con quel freddo per una partita di allenamento questi gli
avrebbe spaccato gli occhiali senza nemmeno dargli il tempo di finire la
domanda.
Una gelida folata di ghiaccio fece lanciare a Sirius l’ennesima
imprecazione della serata, e pressò con maggior forza una spalla appuntita
contro quella di Peter, nel vano tentativo di ricercare un briciolo di calore
umano dall’amico. Con risultati veramente scarsi, per non dire fortemente
ridicoli, vista la differenza d’altezza.
Il giovane Black scoperchiò la bocca in una smorfia frustrata,
incurante de fatto che quella mossa superflua e tutt’altro che assennata avrebbe
aperto nuovamente la lacerazione da gelo che gli aveva spaccato a metà il labbro
inferiore.
Ma come faceva Peter a recarsi lì tutte le volte a fare un tifo
esasperante, gridando e agitandosi come se stessero disputando la finale della
coppa del mondo di Quidditch? E ci andava spontaneamente, dal momento che per
quanto ne sapesse nemmeno a lui James aveva chiesto di fargli da pubblico
adorante e festoso durante quelle partite d’allenamento (d’accordo l’essere
desiderosi di attenzione, ma non a livelli ridicoli).
Peter era matto.
Era l’unica spiegazione possibile.
La certezza di quell’affermazione lo colpì in piena faccia come
l’ennesima folata di gelo.
Se lui era finito lì, quella sera, a farsi lacrimare gli occhi e a
battere i denti al ritmo delle filastrocche del Cappello Parlante, era solo
perché in Sala Comune quella sera ci sarebbe rimasto solo Remus, per il quale il
Quidditch non era mai stata questa gran meraviglia, nonostante fosse il più
grande conoscitore di tattiche di gioco che avesse mai messo piede ad Hogwarts
(più di una partita era stata vinta grazie ai suoi suggerimenti). Diceva che
bastavano le sue trasformazioni a dare quel “pizzico in più” alla sua vita.
Sirius non poteva di certo passare la serata a bearsi al caldo del
divano di velluto, accoccolato di fronte al camino, col gomito su un bracciolo
del sofà e la mano a far da puntello alla guancia, a fissare incantato la
schiena dell’amato chino su qualche libro di scuola dall’aria noiosa.
Doveva soffrire fuori al gelo come il cane in cui si trasfigurava.
Perché doveva seguire il consiglio della McGranitt.
Non che avesse trovato particolarmente sensato il consiglio della
professoressa. Anzi, in verità l’aveva trovato piuttosto stupido in un primo
momento (e in un secondo, e poi in un terzo. Anche ad una quarta riflessione era
rimasto idiota): forse quel modo di prendere in giro le persone con belle
paroline vuote poteva andare bene alla sua età, quando la piovra gigante del
lago non era che un calamaretto dei bassi fondali, ma la realtà era ben diversa,
ora.
Si era più smaliziati, meno propensi a inutili sdolcinatezze.
Le probabilità che Remus potesse rimanerne colpito erano davvero
molto scarse.
Però non è che gli fosse venuto in mente qualcosa di meglio in
tutti quei giorni d’ignavia.
Così aveva deciso di fare comunque un tentativo (provare non
costava nulla, a parte un bel raffreddore il giorno dopo), e di passare la
serata a ghiacciarsi il sedere sugli spalti di uno stupido campo di Quidditch,
in compagnia di un noioso ragazzo pon-pon con la prospettiva di una placida
serata assieme alla persona amata lontana anni luce, perché tra le altre cose
era una persona troppo irrazionale per poter concepire il freddo dell’anima
senza sentirselo pungere fisicamente addosso, sulla pelle e nei vestiti.
Era lì da almeno tre ore a scrivere di nascosto nei momenti morti,
protetto dallo sguardo curioso dell’amico, e sulla pergamena spessa stretta con
violenza tra le sue dita anemiche svettava, nera e profonda come una ferita,
un’unica frase, scritta con una scrittura scossa, tremolante.
“Senza te la mia vita era un inferno.”
Sirius storse le labbra, perplesso, lo spacco sulla bocca a farsi
più profondo, poi si passò distrattamente la lingua sul labbro inferiore
avvertendo il gusto metallico del sangue fresco nel palato rovente, senza
sentirlo davvero.
Quella sarebbe stata veramente una gran bella frase, se non se la
fosse sentita addosso falsa e sbagliata come una banconota da uno zellino.
Prima di innamorarsi di Remus la vita amorosa di Sirius era
assolutamente perfetta: era felice e a suo agio come un Goblin in mezzo a un
mucchio di galeoni luccicanti. Libero come l’aria, senza pressioni e catene
d’alcun tipo a costringergli il cuore, passava senza particolari preoccupazioni
da una fidanzata all’altra, togliendosi tutti gli sfizi a cui riusciva a pensare
senza far soffrire davvero qualcuno, dal momento che le sue storie romantiche
duravano davvero troppo poco (una settimana al massimo) perché uno dei due
potesse davvero cominciare a provare affezione nei confronti dell’altro (benché
un paio di loro avessero pianto calde lacrime d’amore gettandosi disperate ai
suoi piedi e qualche altra l’avesse schiaffeggiato in piena Sala Grande, sotto
gli occhi di tutti, dandogli dello “stronzo infame”).
Poi si era innamorato e tutto si era fatto confuso.
Di punto in bianco uscire con le ragazze era diventata una cosa
estremamente vacua, non gli donava più un vero e proprio piacere (e se qualcuno
gli avesse detto che un giorno o l’altro avrebbe finito col pensare un’idiozia
del genere prima avrebbe riso di una sciocchezza tanto imbelle, poi avrebbe
afferrato la bacchetta e avrebbe schiantato il malcapitato fino a fargli
ingoiare quelle parole): allora, molto semplicemente, aveva smesso di farlo.
Quello era stato facile.
Chiedere a Remus di uscire, invece, si sarebbe rivelato decisamente
più difficile che farlo con una ragazza, altrimenti tra le altre cose non
sarebbe mai giunto al punto di dover scrivere una lettera d’amore idiota
facendosi svergognare con la McGranitt.
Tanto per cominciare perché Remus non era una ragazza, il che era
vergognosamente ovvio dal momento che era sprovvisto di alcune parti che in
altri tempi avrebbe definito fondamentali. In più, non era come se Remus
fosse una persona particolarmente facile da gestire anche in condizioni di
“normalità” del rapporto, tutt’altro: era cerebrale, cervellotico, un vero
enigma racchiuso da un indovinello e incartato in una buona dose di paranoia.
Remus era quel tipo di persona da cui in linea di massima sarebbe fuggito a
gambe levate perché induceva a ragionare, e a chiedersi il perché di certi
atteggiamenti così fastidiosamente controllati, benché nell’intimo mantenesse
una certa istintività di fondo.
Ma non era come se ci potesse fare granché.
Lo amava, anche se rendeva la sua vita un autentico caos.
Lo amava al punto che non avrebbe cambiato quell’incommensurabile
sofferenza con Remus per tutta la felicità senza Remus del mondo. Sospirò, un
soffio tremante sibilò tra i denti serrati, ma non ebbe nemmeno il tempo di
sentirsi patetico come avrebbe voluto perché sentì un paio di occhietti piccoli
e acquosi fissarsi con curiosità sulla pergamena che, senza accorgersene, aveva
stretto amorevolmente al petto al pari di una meravigliosa borsa dell’acqua
calda.
Istintivamente rinsaldò la presa sulla carta, come se lo scopo di
Peter fosse quello di sottrargli l’amato bene approfittando di un momento di
distrazione.
“Qualcosa non va?”, domandò una vocina acuta e cortese.
“Guarda questa cazzo di partita, Codaliscia!”, ringhiò in maniera
decisamente eccessiva scoperchiando in maniera inquietante i denti, coi canini
appuntiti a brillare alla luce di un sottile quarto di luna calante. L’amico
abbozzò delle scuse frettolose e, incuneandosi il collo nelle spalle, fissò lo
sguardo sui giocatori della sua squadra, permettendosi di tanto in tanto un tifo
timido e non troppo molesto.
Una visione pietosa.
“Scusa, Peter.”, biascicò cupo Sirius passandosi una mano tremula
nell’intrico dei capelli congelati, benché il tono di voce minaccioso desse a
intendere tutt’altro che una sincera richiesta di perdono. “E’ che non vengo a
capo di questa cosa e sono un po’ nervoso.”
Un sorriso gioioso sul viso tondo. “Posso aiutare?”
Il giovane Black sorrise con una punta d’amarezza scotendo la testa
in direzione dell’amico. No, di certo lui, tra tutti, sarebbe stata la persona
meno indicata per aiutarlo in quel frangente. Finché si trattava di scegliere il
regalo giusto senza fatica per il compleanno di James, o di farsi passare gli
appunti di Storia della Magia (era l’unico di loro quattro a trovare
interessante quella materia, l’unico che riuscisse a rimanere sveglio)
arrischiando un pisolino in aula, non c’era persona più indicata.
Nelle faccende di cuore, invece, era lui l’esperto.
E lui non sapeva che fare.
Per cui come avrebbe potuto essere di un qualche aiuto Peter, un
piccolo, patetico sfigato per quanto concernesse le faccende di cuore, con la
lacrima facile e il broncio troppo facile?
“Ti ringrazio Codaliscia, ma me la caverò da solo.”, replicò
Sirius, apprezzando comunque l’inutile offerta d’aiuto. “Troverò la risposta,
prima o poi…”
Peter abbozzò un sorriso disteso, come se fosse lieto del fatto che
il suo aiuto non fosse stato gradito (a volte il ragazzo tendeva ad avere una
pessima opinione di se stesso, più di quanto non l’avessero gli altri, quando la
sua imbranataggine li metteva tutti nei guai), e grattandosi il naso a punta con
l’unghia dell’indice fissò lo sguardo verso il cielo, in direzione del buon
vecchio James, che proprio in quel momento stava eseguendo una favolosa
acrobazia per fare punto evitando un bolide.
“Sai? Quando io non riesco a trovare una risposta da solo,
Lunastorta mi dice sempre di cercare nei libri, e le risposte sono sempre tutte
là.”
“Una grande verità, Codaliscia…”, bofonchiò sarcastico a seguito di
quello sfoggio di filosofia spicciola: nonostante fossero parole enunciate dal
suo Remus non significava che non potesse trovarle stupide. Per Remus,
d’altronde, tutto era riconducibile ai libri, che in genere rifuggiva come la
peste a meno che non fosse strettamente necessario leggerli. “Ne farò tesoro.”
Un sonoro starnuto squarciò il sibilo del vento e infranse le grida
d’esultanza dei giocatori di Quidditch, che segnalavano la fine
dell’allenamento.
Fine Capitolo 2
Note di Fine capitolo
Dizionario di latino spicciolo per il titolo di questo capitolo.
Aemulatio:
da aemulatio, -onis. Sostantivo femminile che indica l’IMITAZIONE, il COPIARE.
Il perché di questo titolo è ovviamente riconducibile all’idea che Peter
fornisce involontariamente a Sirius in questo capitolo, ma lo vedremo solo nel
prossimo episodio.
Rispondo
individualmente (grazie per la pazienza).
Alexia:
Ma a me fa sempre piacere che mi si ripetano i complimenti, sono un’autrice
egocentrica (Devo metterlo al posto di Romantragica nel mio account. Forse ci
faccio un Bannerino vicino a quello di Cesira – non quella coi baffetti! XDDDD),
per cui non ti stancare mai! XD
Ma mai mai mai mai mai.
Poi io in cambio potrei anche farmi scappare che ho in mente una
mezza idea con una fic su Piton da scrivere prima o poi.
XD Che dire? Che ste tue recensioni mi fanno spisciare dal ridere!
Sono GENIALI. XDDDD Letteralmente, sono morta all’idea di vederti sputacchiare
palline di carta in giro (ovviamente voglio una foto che mi recupererai entro la
fine di questa fan fic! XDDD), son bellissime. Anche se io bramo, voglio,
desidero, ambisco a una recensione sullo stile Porta a Porta che faceste sulla
Sirius/James te e Ny! XDDDD
Mi piacciono quelle infervorate! XDDDD
Se può consolarti io sono peggio di Sirius per quanto riguarda le
romanticherie (l’abbiamo visto tutti le tragicomiche conseguenze dell’amore…),
ma non si nota, noooooh! XD Quindi inutile dire che sto soffrendo con lui in
questa storia.
XD Son contenta che ti piacciano le mie caratterizzazioni (Minerva,
argh, che parto… Ma mai quanto Hagrid. E compaiono per 3 righe scarse! XDDDD)
Se te lo spiego perché Sirius sta al freddo quando quella lettera
potrebbe effettivamente scriverla OVUNQUE (anzi, quale posto migliore che al
caldo, contemplando l’uomo che ama?) ridi perché è veramente di una balordaggine
immensa. XD Dunque, la McGranitt gli ha detto che le era tanto piaciuta sta
lettera col ragazzo che le aveva detto quanto era brutta la vita prima di
incontrarla, quanto soffrire. Solo quello gli ha detto la povera donna! XD Ora,
Sirius, che fa? Prende alla lettera quelle parole. Alle persone fa piacere
ricevere lettere d’amore di sofferenza, ma io di sofferenza psicologica non ne
ho mai provata, anzi, stavo da dio prima. E invece di interrogarsi sui suoi
sentimenti attuali (come farà in seguito), che decide?
Che il dolore fisico è uguale, che differenza c’è? Per cui si mette
al freddo per soffrire abbastanza da poter mettere su carta la propria
sofferenza per Remus. XD
Very Siriusly! XDD
D’altronde, fortunatamente, ti piace come ragiona il nostro eroe,
per cui non mi tirerai una scarpa verde dietro per tanta deficienza (e io Sirius
lo amo, pensa se lo schifavo! XDDD). A dispetto del suo ironizzarsi addosso (che
è bello che lo noti, essendo una storiella faceta uno si ferma alla superficie e
che qualcuno tocchi i particolari mi riempie di gioia e commozione.
Remus piace abbastanza anche a me. E no, hai visto giusto, proprio
non ho resistito a parodizzare quelle fic in cui Remus viene salvato e consolato
dalle braccia virili e pelose di Sirius. E’ più forte di me. Ma anche quella
scena dell’imbavaglio al letto, altro clichè, con Sirius o Remus che hanno
incubi e si ficcano l’uno nel letto dell’altro dando vita a scene di sesso
circense spettacolari. E altro ancora! XD Mica mi sono fatta una panza tanta di
Sirius/Remus per nulla! XD E poi a parte quello, son contenta che lo vedi così,
una contrapposizione perfetta a Sirius. Perché è come li vedo io (anche se in
genere con note molto più tragiche).
Oddio, dopo James pure Peter?!
Ragazza, ripijate! XDDD
Tanto me la stai già facendo pagare, quando posti la nostra
sorpresa accidenti a te, questi momenti d’attesa ci stanno uccidendo, vuoi
vedermi morire qui vero?! XDDDD Ah, non ti preoccupare per la pignoleria, è
sempre ben accetta, e meno male che ho controllato una cosa tipo 8 volte sto
capitolo! XDDDD Le mie Horcrux si stanno distraendo troppo spesso! XD
Ah, questa fic la finirò, giuro sul poster di Gary (per lo
smistamento ha funzionato, no? XD)
Luz79:
Caspita che occhio!!! 0_0 Non credevo che qualcuno avrebbe notato quella minuzia
della frase (banalissima, ne convengo, ho fatto apposta! XDDD) “Senza te la mia
vita era un inferno” col fatto che Sirius fosse un amante delle temperature
torride. Quando la gente mmi sorprende in maniera così positiva mi metterei a
ballare mandando all’aria il pc, ma poi non aggiornerei più e mi odiereste, per
cui mi contengo. Caspita, Luz, che dirti se non complimenti? Ogni tanto dal mio
animo anti romantico riescono a saltar fuori anche cose forti, dai, ammettiamolo
che quella fra setta detta da Sirius sulla sofferenza a cui non avrebbe
rinunciato per nulla al mondo era fantastica! Peccato che poi si ingoierà tutto!
XD Ti anticipo solo per non farti restare perplessa in futuro, sarà voluta la
contraddizione di termini! ^_- Per il resto, sono imbarazzata e felice di questi
complimenti, arrossisco, è bellissimo quando una persona riesce a immedesimarsi
con quello che scrivo (oddio, quando scrivo le cose deprimenti e qualcuno dice
che si è immedesimato con Sirius non mi fa eccessivamente piacere! 0_o Il mio
Sirius è uno sbandato!). Non invidiarmi per la mia cura dei dettagli, io la
detesto! XDDD Ogni particolare mi tiene su dei giorni e magari la gente nemmeno
li nota tutti (impossibile, sono talmente tanti e nascosti fitti), però fa
piacere a me metterli per un mio inspiegabile animo masochista! Grazie ancora
per la recensione.
Umi:
Ti ringrazio davvero molto, arrossisco! Baci anche a te. ^_^
Mixky:
Mixky, meno male che sei una cosa sola con QUESTO Sirius e non con quello che
descrivo di solito (che è veramente deprimente, io non vorrei mai che al mondo
ci fosse qualcuno che gli assomigliasse). Questo, con la sua brava dose di
deficienza, è un Sirius che mi fa piacere vedere nel prossimo (magari in qualche
figone in facoltà….. No, eh? Vabbè, si sogna! XD). E’ divertente anche se non ci
possiamo fare nulla visto che ama un altro maschietto (ma non si faceva
disdegnare le femminucce prima… Secondo me c’è ancora qualche chance! XD)! Tra
parentesi anche io in spiaggia mi arrostisco come una lucertola (mare, vade
retro! XD). Grazie, grazie mille per i complimenti! ^_^ Anche Sirius ringrazia.
Hazel:
Ahimè, speriamo di riuscire veramente a essere plastica fino in fondo, mi si sta
stiracchiando inesorabilmente verso la tragedia sta fic, aiutoooo! XD Qualcuno
leghi Tifa, è impazzita, non la si trattiene più! Ma non dobbiamo spoilerare,
suppongo, andiamo avanti! XD Che dire? Grazie mille per i complimenti, anche se
sto amore per i particolari (sono innamorata delle minuzie) mi porta a stare 50
ore su una vaccatina che 2 volte su 3 capirò solo io (e grazie, sono nascoste e
non tutti mi entrano in testa! XDDD Farei fatica anche io a elencarli tutti!
XD), mi piacerebbe a volte tirare via! XD
Ma poi non renderei interessante una piuma che cade per terra.
Mhmmm, dilemma… XD
E una volta tanto non abbiamo un Sirius da taglio delle vene, dai,
son contenta che venga apprezzato! ^_^ E’ adorabile, concordo, non tutti si
sforzerebbero così tanto andando contro i propri principi per amore di qualcun
che nemmeno sa che esisti. Anche se forse dirglielo a voce o incantando il
cuscino per fargli cantare Your Song di Elton John sarebbe più facile! XD Per me
lo sarebbe, almeno. Io, notoria donna che per attaccar bottone con la gente dico
“scusa, non so come far uscire un caffè espresso dal distributore”. Dddddddddio!
XD Mi sa che abbiamo capito tutti da chi prendo le idee per Sirius. Dal
distributore del caffè, naturalmente. 9_9 Son contenta che la McGranitt sia
uscita vittoriosa, io odio questi personaggi non istintivi faccio sempre una
gran fatica a renderli perché mi sanno di antipatico e io non li voglio fare
antipatici! XDDD E mi scapo! Remus forse avrà il suo spazio. Non garantiamo!
XDDDD Grazie mille per i complimenti, sempre graditissimi! XD Ma non sarà che
cerchi di imbonirmi per farti trattare meglio quando ti faccio da beta? ^_-
Chii:
Sniff…. Vabbè reggo al dolore perché Ana mi ha dato quel disegno come
palliativo. Ma aspetto sempre di averlo tra le mie grinfie dal vivo! XDDD mah,
Lucius ha all’incirca 5, 6, forse 7 anni in più, di preciso non ci è dato di
sapere, per cui va bene sia la tua idea che fosse al settimo che la mia che
fosse al sesto quando i Malandrini erano al primo anno. Non è importante! XD A
me piace che sia al sesto così hanno due anni per interagire! XD No, stavolta ti
parrà strano ma Ny e Ale non c’entrano niente. Loro mi pressano solo per farmi
scrivere porcellate su Sevvie (illuse! XD). Questa era uan vecchia sfida che
languiva nel mio pc da mesi! XD Sempre a proposito del famoso foglio bianco
(quelle sono elucubrazioni mie e non di Sirius, infatti si vede! XDDDD Maledetto
blocco dello scrittore! Perché devo soffrirne solo io? Soffri pure tu, Sirius
malefico! XD). Ahimè, Sirius ne passerà di peggio che fare un po’ di fatica per
scrivere qualcosa di sensato. Cosa? Non lo dico perché sono infame! XD
Lieta che la McGranitt ti sia piaciuta, sto tipo di personaggi mi
fa venire l’ansia, ho sempre timore che riescano tremendamente OOC perché soo
quanto di più fuori possa esserci dalle mie corde (un po’ come le drabble e le
poesie…. Brrrr, sì ce la ricordiamo quella delle tragicomiche! XD). No, che
l’aiutasse nella stesura non me lo vedevo proprio. Primo, perché non era
divertente. Secondo, perché Sirius sarebbe morto sul posto. Terzo, perché
Minerva è prima di tutto un’insegnante, non si prenderebbe mai tante confidenze!
^.^
Mi sa che il to to sulle manine me lo farai presto! XDDDD Ho sto
sentore. Come sempre, grazie mille per i complimenti, sul serio! ^_^ E un grosso
bacio anche a te.
Skiblue:
Grazie, sono contenta che ti sia divertita per questo capitolo. Temo per i
successivi in cui mi toccherà accantonare la verve comica almeno un po’. Spero
che non ti annoierai in futuro. I complimenti sono sempre meravigliosi. ^^
Irishbreeze:
Bel nick, tra parentesi! Qualcuno che non adora il mio stile c’è, in effetti. La
sottoscritta! XD Merlino, è più forte di me, pagherei per scrivere di MENO! XDD
Però questo stile ho e questo mi tengo, e non può che farmi piacere che riesca a
sfruttare la mia graforrea al punto da non risultare noiosa, per me è un grande
traguardo, grazie. E grazie anche per i complimenti, ovvio! ^^ Deve lasciare in
sospeso questo ultimo capitolo, il lettore deve soffrire con Sirius, se no che
gusto c’è? ^_-
Call: La fic nel mio pc è praticamente completata, per cui l’aggiornamento
dovrebbe essere piuttosto regolare (conto di postare ogni due settimane o ogni
settimana e mezzo, dipende! XD Cerco di fare il posibile per non far aspettare
le persone nei limiti delle mie possibilità (a parte quelle che aspettano
l’aggiornamento delle vecchie fic, argh! XDD Dici bene, scrivere questa lettera
costringerà Sirius a dei salti logico mentali a cui proprio non è avvezzo. Ne
vedremo parecchie e non tutte belle (per tua/sua/mia/ti tutti fortuna la fic
sarà piuttosto breve. Sono esattamente 5 lettere, un prologo e un epilogo), ma
speriamo che Sirius non abbandoni mai questa vena comica che ti diverte tanto.
Sulla correzione, hai assolutamente ragione, grazie! XD Quanto sono distratta,
mi odiooooo! Ora si spiega perché mi chiamavano Nostra Signora delle
Ripetizioni. XDDD
Loony11:
Ti ringrazio molto, arrossisco, sono contenta che ti piaccia il mio stile di
scrittura! ^_^ E’ un po’ imbarazzante che tu li veda così (Sirius e Remus) in
realtà, perché questa mia storia è solo una degressione comica a quello che
penso davvero del loro rapporto (di solito adopero toni molto più cupi! Questa è
per ridere! XD). Ma sono felice di aver reso comunque qualcosa che qualcun altro
trova realistico. Grazie mille.
Duchessa:
Ommioddio e che filmato mentale verrà con Peter? Spero non lo stesso, col
pannolino e le alucce da Cupido non sarebbe molto fico! XDD Le opinioni di Remus
a riguardo forse verranno scritte, per il momento bisogna accontentarsi dei
deliri di Sirius. Come se non fossero abbastanza per una vita intera (deve
essere stressante stargli dietro! XD). Ti ringrazio molto per i complimenti,
continua a leggermi mi raccomando! XD
|
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Capitolo 4 *** Lettera 3 - De Simplicitate (Hagrid) ***
Nuova pagina 1
Ho risposto ad alcune persone nel capitolo
precedente.
Se a fine capitolo non trovate il vostro nome, è
nel precedente non siete state dimenticate! ^_-
Sempre grazie a tutti per gli stupendi commenti e
gli incoraggiamenti, apprezzo tanto, davvero.
TwinStar
PS: Mi è arrivata la lettera di Anachan col
disegno stupendo di Sirius e Regulus!!!!! *ç*
Che bello!!!
Al prossimo capitolo lo posto e metto il link
perchè merita.
Poi lo appendo in camera.
Grazie Ana!!!
SOLO UN'ALTRA BANALE
DICHIARAZIONE D'AMORE
Lettera 3 - De
Simplicitate: Hagrid
Il suo primo Natale Sirius lo ricordava bene.
L’aveva festeggiato il primo anno di scuola, perché Grimmauld
Place non era luogo da far teatro a simili patetiche gozzoviglie babbane, come
le aveva soprannominate una volta suo padre, e lui non era mai stato un figlio
tanto curioso da fare domande in merito a qualcosa che aveva l’aria di essere
così poco interessante.
Solo luci colorate per la strada a nascondere allo sguardo le
stelle, alberi decorati ridicolmente a festa come Regulus con quel vestito tutto
pizzi e merletti regalatogli dalla zia Druella, striscioni con scritte pacchiane
ad insozzare le strade, tanto freddo da far venire i ghiaccioli alle mutande e
gli auguri di rito di sua cugina Andromeda. Un semplice pezzo di pergamena con
su scritte due parole di circostanza. Nulla di particolarmente festoso.
Anche quella prima vigilia di natale ad Hogwarts l’avrebbe
trascorsa come al solito, dormendo placidamente fasciato stretto nelle pesanti
coperte invernali tirate su fin sopra il naso, se non fosse stato svegliato da
una bassa risata di foggia cospiratoria.
Sollevate le ciglia nella pesante penombra sanguigna del
letto e accolto da un tenue lucore ondeggiante, si era fatto strada, non senza
un brivido, nel denso crepuscolo vermiglio della stoffa che filtrava la luce
polverosa di una candela accesa sul suo comodino chissà quando, e aveva scostato
con le dita goffe e assonnate le cortine, che mai gli erano parse così pesanti.
Si era ritrovato fissato da più paia d’occhi sorpresi: quelli
dei suoi compagni di stanza colti sul fatto nel bel mezzo di un improvvisato
festino di mezzanotte. Come avrebbe scoperto più tardi, James, l’uomo dotato del
sonno più leggero che mente di mago potesse concepire, aveva sorpreso Peter,
l’ingordo, seduto sul tappeto a rosicchiare di nascosto qualche dolcetto dal
mucchio gigantesco di delizie che era riuscito a trafugare di nascosto a cena
dando dimostrazione di doti ladresche non indifferenti, e al quel punto era
stato costretto da pressati e minacciose richieste a dividere il prezioso
bottino. Durante un piccolo ma intenso scambio d’opinioni sull’annosa questione
di chi dovesse appropriarsi dell’ultimo zuccotto di zucca Peter era inciampato
con la consueta (mala)grazia nel letto più vicino, dritto in braccio a Remus, il
quale ovviamente s’era scosso di soprassalto.
C’era anche lui a fissarlo dal basso, le spalle premute
contro i piedi del letto, un po’ in disparte dagli altri com’era sua abitudine
fare anche nella ressa della Sala Grande: il volto imperturbabile che tanto lo
metteva a disagio con la sua perenne apatia, i capelli castani malamente calati
sugli occhi castani cinti di scuro, e un fermo sorriso di circostanza a
tendergli le labbra.
“Hanno svegliato anche te, a quanto pare.” Era stato
impossibile per Sirius non cogliere in quelle parole un velato tono d’accusa,
come se il fatto d’essersi svegliato fosse stata una propria, imperdonabile
mancanza. L’altro nel frattempo aveva ignorato totalmente lo sguardo stranito e
irritato dell’Animagus, tendendosi in direzione degli altri due con un lento,
elegante scatto del collo sottile.
“Ve l’avevo detto di fare più piano.”
“Non l’hai detto!”, aveva protestato James, offeso, facendosi
cadere di bocca nell’impeto della difesa di se stesso quel pezzo di Cioccorana
malamente masticato che andò ad atterrare sul pavimento di pietra, accanto al
suo piede.
Sirius aveva storto le labbra disgustato.
Quel povero essere di cioccolata si muoveva ancora.
Remus aveva sollevato in aria l’indice con fare autoritario
da prefetto.
“Ma avrebbe dovuto esser chiaro che non era il caso di fare
rumore a quest’ora di notte per il vostro festino della vigilia. Vi tenevo
d’occhio di proposito.”, aveva aggiunto, severo, anche se dallo sguardo dubbioso
degli altri due Sirius poteva affermare con assoluta certezza che il ragazzo non
doveva aver marcato con troppa enfasi sul fare silenzio, prima. Tra le altre
cose, nel placido dormiveglia che aveva preceduto il ritorno della coscienza,
gli era sembrato di sentire una voce paurosamente simile alla sua reclamare a
gran voce un pacchetto di Api Sfrizzole. “Avete svegliato Black, adesso sarete
contenti.”, aveva aggiunto incrociando le braccia e guardando di nuovo nella sua
direzione in cerca di solidarietà.
Sirius si era strofinato stancamente le palpebre contro i
polpastrelli raggrinziti dalle pieghe del lenzuolo. L’impressione ricevuta su
quel ragazzo appena conosciuto che sembrava avere tanto a cuore il suo sonno di
bellezza era stata quella di una madre nevrastenica.
“Non fa niente…”, aveva mugugnato strascicandosi con
incessante lentezza le parole sulla lingua impastata prima di scendere dal letto
per sedersi assieme agli altri, rabbrividendo al contatto dei piedi nudi sulla
pietra gelata e nel sentire l’aria fredda della notte scivolargli sottopelle
attraverso i vestiti. Istintivamente le sue braccia tremanti avevano cercato il
tepore della schiena di Remus, il più vicino dei tre. L’aveva strappato al legno
del letto come un amante geloso e l’aveva tratto a sé, cingendogli la vita con
le lunghe mani intrecciate in quelle dell’altro all’altezza dello stomaco. Poi,
avvertendo il tiepido calduccio, aveva affondato la guancia nell’incavo tra il
collo e la spalla sospirando, completamente appagato.
A lui quel tipo di contatti fisici erano sempre piaciuti
molto.
Come il cane in cui si trasfigurava, era sempre stato un tipo
amante delle carezze, della fisicità: adorava essere toccato tanto quanto Remus
sembrava rifuggire la vicinanza altrui. L’Animagus non aveva potuto fare a meno
di notare i tendini protendersi vivi e caldi appena sotto la pelle sottile, ma
non aveva avvertito da parte dell’altro segni di eccessiva insofferenza come a
volte poteva succedere (non tutti lo apprezzano), così era rimasto accoccolato
finché non l’aveva vinto il sonno, e non era stato riportato a letto di peso,
come si sarebbe fatto con un neonato.
Il periodo natalizio era così diventato un appuntamento
speciale, e Sirius aveva finito con l’attendere l’arrivo del gelo con sempre
maggiore ansietà.
Per l’atmosfera allegra che rendeva persino gli insegnanti
meno propensi a punire e a togliere ingiustamente punti ai Grifondoro; per le
vacanze, i dolci, per il tanto tempo libero che potevano passare bighellonando
per il castello quasi deserto alla ricerca dei suoi segreti.
Per quegli abbracci rubati a Remus con la scusa del freddo.
Si strinse istintivamente le braccia con le mani,
sentendosele vuote.
Quel Natale Remus non l’avrebbe trascorso ad Hogwarts. Era
tornato a casa.
A furia di raccontare balle sulla sua madre malata, la
poveraccia si era indisposta davvero e il licantropo era dovuto tornare a Londra
per occuparsi di lei, incapace di trattenere la preoccupazione benché lei gli
avesse assicurato che non fosse niente di grave. Era ironico, a pensarci, anche
se decisamente deprimente. Però intanto per colpa delle smanie egoistiche e
infantili dell’altro era Sirius ad essere rimasto senza di lui, col sedere nella
neve gelata, a fissare da solo la calma di velluto del lago rifrangere contro la
luce rosea dell’alba in un tripudio di luce fredda. Lui, che odiava svegliarsi
prima che il sole giungesse allo zenit.
Invaso da un improvviso moto di rabbia freddissima che lo
squassò da capo a piedi al pensiero di tutto quel romanticume sprecato, afferrò
un mucchio di neve ghiacciata, incurante delle dita intirizzite, e lo lanciò
rabbioso nell’acqua, increspandone la superficie cheta.
Lui voleva vederlo assieme a Remus, cazzo.
Gettò un’occhiata iraconda al libro che giaceva sulle sue
cosce, al riparo della neve bagnata, le sopracciglia malamente accartocciate in
mezzo alla fronte, e uno sbuffo fumoso a fuoriuscirgli dalle labbra pallide per
salire e perdersi nella luce rugiadosa del primo sole.
Il tanto sospirato regalo di Natale di Remus lasciatogli sul
comodino: avvolto in un’anonima carta beige senza fiocco, sopra un biglietto con
poche parole rapide di auguri anticipati e l’ordine perentorio di aprire il
pacco solo a tempo debito. Naturalmente l’aveva scartato con febbrile impazienza
senza attendere nemmeno che le carrozze dirette alla stazione sparissero oltre i
cancelli (d’altronde Remus di sicuro l’aveva previsto, non era un ingenuo), ed
era rimasto tremendamente deluso.
Remus doveva essere impazzito. Gli aveva regalato quel
fottutissimo libro di poesie babbane che gli vedeva sempre in mano. Vecchio e
usurato, buono nemmeno per lasciarlo alle zanne di Felpato. Evidentemente con
gli anni gli era venuto a noia e aveva deciso di rifilarlo di seconda mano al
suo amico stupido.
Cosa doveva farsene, secondo lui?
Sbuffò di nuovo, immalinconito.
Possibile che lo conoscesse talmente poco, che tanto poco gli
importasse di lui, da pensare davvero che avrebbe potuto gradire una porcheria
del genere? Se questo era l’impegno che metteva nella scelta dei regali allora
lui poteva benissimo non metterci tanto slancio nella stesura di una lettera
d’amore che gli fosse stata gradita e che non avesse fatto fare a lui la figura
del coglione.
Poteva semplicemente aprire una pagina a caso di quel libro
insulso e dedicarglielo.
A riprova delle sue azioni determinate afferrò con stizza il
volume consunto e lo spalancò con aria di disprezzo in un punto che già si era
piegato alla forza di ripetute letture, declamando con ironica devozione i versi
soavi.
“…
Chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.
Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.
Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.
Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all'ultimo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un'ombra strana nei tuoi occhi…”
Chiuse con uno scatto secco premendosi il libro sulle
ginocchia come a voler impedire alle parole imbizzarrite di fuggire dal bordo
pagina. Non riusciva davvero a pensare che Remus a sera, avvolto dalla luce
tiepida di una candela stanca, leggesse e rileggesse fino alla nausea
quell’insostenibile sequela di cazzate sdolcinate…
Non poteva negare però che fossero belle parole.
Lui non sarebbe mai riuscito a farseli uscire dal petto, quei
versi, neanche cercando una vita.
Gli venne il dubbio di essere, molto semplicemente, negato
per cose del genere. Forse non c’erano parole giuste da cercare per quello che
provava, o forse le cercava nel posto sbagliato. Aveva tentato di strapparsele a
viva forza da dentro per tutto quel tempo e probabilmente aveva sbagliato. Non
aveva ottenuto altro che figure meschine e tanta pergamena sprecata.
Tra quelle pagine lise e ingiallite invece c’era un vero
tesoro pronto per l’uso.
Gli tornava a mente la vocetta petulante di Peter, chiaro
segno della sua pazzia.
Nei libri Remus ha sempre
trovato tutte le risposte che cercava…
E lui si era già impegnato pure troppo.
Sgroppatosi dalla coscienza gli ultimi rimasugli di sensi di
colpa aveva richiamato magicamente a sé la sua borsa, che aveva appeso a una
protuberanza a uncino di un tronco poco distante di modo tale che non si
infradiciasse per via di tutta quella stupida neve, e aveva cominciato a tirarne
fuori tutto allegro pergamene, inchiostro e piuma d’oca.
A mettere insieme un po’ di quelle belle frasette romantiche
da due soldi e a tirarne fuori un qualcosa di decente e originale non ci avrebbe
messo niente, adesso…
“Tu guarda se questo qui sveglio di mattino presto non è
proprio il giovane Sirius Black!”
… A meno di interruzioni esterne, ovvio.
Sirius sollevò gli occhi al cielo, maledicendo quello che lui
chiamava, in maniera piuttosto colorita, “L’ennesimo calcio nelle palle
inferto con un anfibio a punta d’acciaio dalla divinità punk e incazzata della
sfiga”.
Fu solo dopo un profondo respiro e con un’estrema dose di
calma di cui Remus sarebbe stato orgoglioso (lui che non faceva che ripetere
quanto Sirius fosse impaziente) che fu in grado di dominare quei bassi istinti
che gli intimavano di accogliere il mattiniero scocciatore con epiteti che
avrebbero fatto arrossire persino Bellatrix.
Accolse l’intruso, che gli si era avvicinato col suo passo
goffo e pesante, con il suo miglior ghigno di circostanza.
Alza la testa. Dritta la schiena.
“Hagrid.”, mugugnò. “Che piacere vederti.”
Mammina sarebbe stata fiera del suo damerino.
Il bonario Mezzogigante gli aveva rivolto un grosso (e per
uno della sua stazza era grosso davvero, pensò Sirius con una punta di panico al
pensiero di essere stato sul punto di mandare al diavolo una persona grande il
triplo di lui) sorriso, facendo un cenno di saluto con la mano chiusa a pugno
attorno alla strozzatura di un sacco dall’aria decisamente… “viva”.
Sirius distolse lo sguardo. Non voleva sapere cosa
contenesse.
L’ultima volta che la curiosità l’aveva vinto era finito con
un braccio masticato.
“Che stai facendo?”, aveva inquisito curioso l’uomo,
fissandolo dall’alto della sua mole.
L’Animagus si era stretto nelle spalle, come si trattasse di
una piccola cosa, e aveva scosso la testa in segno di diniego. “Niente, leggevo
un po’ in riva al lago.” Aveva sollevato pigramente l’innocuo libro di poesie
noiose ma belle verso di lui a mo’ di giustificazione e mentre l’altro prendeva
il tomo con la mano libera e si accingeva a soppesarlo curioso (per cercare di
capire a cosa servisse, forse. Per quanto buono, Hagrid non era mai stato una
cima), il ragazzo venne assalito dall’improvviso impulso di gridare. Ma non mise
in atto il suo proposito.
Si limitò a fissare l’uomo mentre questi muoveva le labbra
biascicando piano, in un tentativo forzato di riprodurre quei versi con una
cadenza piuttosto stentata, le folte sopracciglia aggrottate come se stesse
recitando un qualche incantesimo complicato, e si lasciò sfuggire un sospiro
melanconico, coperto per sua fortuna da un ringhio sordo e cupo proveniente da
quella stupida sacca. Ormai era assolutamente certo che Merlino, Godric o chi
per loro dovessero avere qualcosa contro il realizzarsi della sua storia d’amore
con Remus.
Forse le stelle odiavano i rapporti omosessuali.
O li odiava Hagrid. Oppure lui stava delirando come suo
solito.
Si era ritrovato fuori da quei pensieri assurdi nel momento
in cui il libro gli era stato gettato malamente sulle gambe, in un precario
equilibrio che l’aveva costretto a piegare le cosce in direzione del petto in
una conca abbozzata.
“Ma tu lo capisci questo?”, aveva domandato Hagrid, piuttosto
perplesso.
“Come sarebbe a dire ‘Lo capisci’?”, aveva risposto piccato
il ragazzo mentre con le mani stringeva istintivamente al petto quel piccolo
tesoro rinnegato (era un regalo idiota ma pur sempre di Remus). Fu anche sul
punto di rispondere con un commento smargiasso dei suoi su quanto comprendesse a
fondo quei versi aulici e alati, su quanto le parole gli si fossero impresse
vive e chiare nell’anima come se le avesse scritte egli stesso, ma il fiato gli
era rimasto tutto incastrato nell’esofago.
Perchè che senso aveva farlo con Hagrid?
Si era passato una mano alla base del collo, strofinandosi a
disagio la sottile peluria all’attaccatura dello scalpo, e aveva sapientemente
evitato lo sguardo dell’altro. La realtà era che di quelle frasi non capiva
assolutamente il senso. Amava Remus, lo amava davvero, ma non al punto da
riuscire a capire quella sua passione per delle parole che non significavano
niente. Forse in realtà non lo amava abbastanza. Hagrid forse poteva
comprenderlo…
Poteva confidargli la verità senza passare da stupido.
“… Mica tanto.”, aveva ammesso alla fine, imbarazzato a
morte.
No, la sua intuizione si era rivelata erronea, si sentiva lo
stesso un emerito idiota.
“Io non capisco perché la gente non ce lo deve dire in
maniera semplice quello che pensa.”, aveva infierito l’altro facendo ondeggiare
la sacca ringhiante con ampi gesti irritati della mano. “Non ce n’è mica bisogno
di questo, dico io. In fondo è il pensiero che c’è sotto che conta, no?”
“Forse.”, aveva risposto impassibile Sirius.
Ma dentro moriva di rimorso.
Poi non l’ascoltò più.
Senza pensarci aveva aperto nuovamente il vecchio libro che
tante volte doveva aver visto le dita di Remus sfiorarlo devote (e un pensiero
fugace e invidioso raggiunse echi lontani della coscienza. Quanto gli sarebbe
piaciuto essere quelle pagine, almeno per una volta), ma guardava le parole
senza osservarle davvero: per quanto belle, erano diventate irraggiungibili.
Proprio come Remus in quel momento.
Doveva fissare lo sguardo su qualcosa, però, o avrebbe
vomitato per il groppo in gola che l’aveva assalito, improvviso. La soluzione a
tutti i suoi dannati problemi soltanto un attimo prima era sembrata così vicina
da poterla toccare, mentre era bastata una frase detta dall’incolto Custode
delle Chiavi di Hogwarts per farlo ritrovare di nuovo col solito pugno di
niente.
Decise poi di contemplare il buio delle palpebre chiuse
quando la luce del mattino gli divenne insostenibile. Facevano troppo male quei
versi d’amore non suoi, e il pensiero che per qualcuno l’amore fosse un
sentimento così facile da afferrare lo umiliava al punto che avrebbe rinnegato
tutto quello che provava per l’amico in cambio di un solo fottutissimo istante
di pace.
Nemmeno si accorse di quando rimase solo, di nuovo, come
sempre.
O del momento in cui, allacciate con forza le dita
all’altezza delle ginocchia e affondato il viso tra le cosce bagnate di neve
sciolta, calde stille di frustrazione cominciarono a sfuggirgli dalle ciglia
serrate a forza.
Fine Capitolo 3
Note di Fine
Fantiction:
A parte il fatto direi abbastanza ovvio che mi rendo conto
che la fine è un po’ amara per una commedia, ma non ci posso fare niente. Sirius
ha agito da solo, voleva per forza piangere e amareggiarsi in solitudine e l’ho
dovuto accontentare, mi scalpitava in quella direzione e…. Niente. Vi capita mai
che un personaggio vada per i fatti suoi?
Sirius voleva piangere e l’ho accontentato.
Non lo saprà nessuno, era solo e tanto depresso. XD
Stavolta ne mettiamo due, di note, perchè melior abbundare
quam deficere!!
Una che riguarda il solito titolo in NEO LATINUM (strizzando
l’occhio al buon Mel Brooks! ^_-):
De Simplicitate,
direi che è abbastanza immediato come titolo. E’ la “semplicità”, la
“schiettezza”. Per ovvi motivi. ^_-
L’altra nota riguarda i versi tanto amati da Remus che
Sirius legge, e che lo inducono a copiare per fare bella figura con Remus.
Vorrei che fossero i miei, ma purtroppo io sono come Sirius in questo capitolo,
i miei trascorsi poetici sono alquanto imbarazzanti (“Le tragicomiche
conseguenze dell’amore” e “La ballata della luna stanca” le abbiamo lette tutti,
credo. ._.). Sono pochi versi di uno dei due poeti che non schifo, ovvero
Pablo Neruda. Per chi fosse interessato (è una poesia molto bella, io la
leggerei! ^_- ammicc ammicc) potete trovarla per esteso
QUI.
Rispondo individualmente e sentitamente ringrazio:
Mikayla: Guarda che ci conto, catturamelo
davvero Vincent! XDDD Stavolta mi sa che le bacchettate le rischio, ahia, sta
diventando un po' meno commedia, devo aggiungere un altro avvertimento alla fic
mi fa (ma sono indecisa tra triste e malinconico - drammatico no, mi rifiuto,
non è drammatico! XDDD). Certo che scrivere qualcosa di poetico sul blocco dello
scrittore è un controsenso metateatrale che farebbe crepare d'invidia il caro
vecchio Piry (pirandello! XD), che ormai è di casa per cui gli diamo anche un
nomignolo! XD Beh, ora la tua curiosità è sedata ancora un po', ecco un altro
capitolo (eeeh, vedrai che farà! ^_- Poverino, è un pippone! XDD). Prometto di
aggiornare abbastanza regolarmente perchè la fic è praticamente finita (devo
finire il penultimo capitolo e fare metà dell'ultimo).
Dico la verità anche a me questo capitolo è piaciuto
molto di più che quello con Minnie. E questo qui con Hagrid mi è piaciuto anche
di più di quello con Peter. E' un crescendo, sono molto divertenti da scrivere,
e mi danno l'occasione per buttarci dentro qualcosa che amo (Neruda) che non
guasta mai. ^_^ Poi, che ne so, magari qualcuno può trovarlo gradevole quanto
me. Peter spero di non aver lasciato trasparire l'antipatia, ma visto che Ale
non mi ha bacchettata (non aspetta altro, lo so, vuole vendicarsi la crudele
femmina! XD) propendo per il no! Evviva! XDDD Povero Peter, po' po' mi dispiace.
Che poi è scemo, James mica li costringe ad andarli a vedere, è lui che ci vuole
andare a fare il ragazzo pon pon! XDDDD Allora, questo capitolo era come te lo
immaginavi? Un po' sì, dai, ma era evidente! ^_- Spero di essermi buttata in
acqua un po' originali, però. Speriamo. Dimmi di sì anche se non è vero! XDDD
Sei sempre troppo gentile mentre io sono una
spaccaBIIIP, mi vergogno sempre quando la gente è così buona con me mentre io
sono una criticona! XD Mi fa venire quasi la voglia di diventare buona. Poi
penso che, naaaaah, la gente mi ama così e così devo restare. E poi criticare è
divertente! ^_-
Per me! XD Per gli altri un po' meno! XD
Attendendo il to to sulle manine per questo
capitolo, ti mando un bacio! XD
Skiblue: Meno male. Allora difendimi con
Mikayla che vuole picchiarmi se diventano meno comici i capitoli! ^_- Mi
raccomando! Sei sempre molto gentile, ti ringrazio, anche a me quelle cose di
caldo e freddo piacciono davvero parecchio! ^.^ Anche perchè in genere io sono
la freddolosa che bestemmia nella neve (se si degnasse di nevicare in Romagna,
certo! XD). Voglio il caldo, mi manca l'estate! XDDDD
Diciamo che è stato un capitolo molto sentito! XD
Ancora grazie mille e un bacio anche a te.
|
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Capitolo 5 *** Lettera 4 - De Sedulitate (James Potter) ***
Nuova pagina 1
SOLO
UN'ALTRA BANALE DICHIARAZIONE D'AMORE
Lettera 4 – De Sedulitate (James Potter)
La Torre d’Astronomia, lo sapevano tutti ad Hogwarts, era il
rifugio preferito delle coppiette.
Tutti, almeno una volta nella vita, vi si erano appartati
alla ricerca di un po’ di sacrosanta intimità, alla fine delle lezioni, con la
scusa di approfondire un argomento particolarmente toccate affrontato durante la
giornata, o per eseguire un ripasso dell’ultima ora. Se solo metà di quelle
scuse idiote fossero state vere, Hogwarts sarebbe stato l’osservatorio
astronomico più famoso di tutto il mondo magico.
Quello era decisamente il luogo più amato della scuola.
Sirius chiaramente lo detestava.
Proprio non riusciva a capire che fascino romantico potesse
mai avere quella brutta torre appiccicata sotto il cielo stellato (come se si
potesse trovare solo lì il cielo stellato!), situata là dove osavano giungere
solo gli ippogrifi, sotto una lunga sfilza di scalini a chiocciola
scricchiolanti che davano la malsana idea di potersi ridurre in frantumi da un
momento all’altro. Tutto il pinnacolo era sottile e sghembo al punto da
traballare pericolosamente ad ogni refolo più energico del normale, era torrida
d’estate e gelata d’inverno. Le pietre erano ruvide e appuntite sotto il sedere
e la porta era stata incantata magicamente, per questioni di sicurezza, di modo
tale da non poter essere forzata con sortilegi di chiusura vari, per cui non si
poteva contare nemmeno su una totale intimità.
Non era che uno stupido posto per esibizionisti arrapati.
Certo, in passato anche lui l’aveva adoperata spesso e
volentieri, ma visto che ora non lo faceva più per ovvi motivi (non che le
occasioni scarseggiassero, non mancava di ricordare a se stesso dandosi poi
dell’idiota) e che con ogni probabilità mai l’avrebbe fatto, aveva tutto il
diritto di disprezzarla.
E di bigiare, per quanto glielo consentisse il regolamento
della scuola, le lezioni della professoressa Septima (il che era un peccato, dal
momento che per lui era sempre stata una grande sofferenza negarsi la vista di
una bella donna), al punto che una volta aveva costretto Peter a bere della
Pozione Polisucco per fargli prendere il proprio posto.
E di fare improvvise sortite notturne nell’intima speranza di
cogliere sul fatto giovani innamorati, di modo tale da poter sfogare su di loro
la sua collera repressa, e non importava che questi fossero più grandi di lui.
Una volta era andato contro un Caposcuola di Grifondoro il quale, per essere
lasciato in pace, si era visto costretto a togliere punti alla sua stessa casa.
E di odiare con tutto se stesso quel vecchio
arteriosclerotico di Silente per averlo costretto, in un moto di sadismo
anormale, a passare per punizione il suo tempo libero lì, ad osservare da giorni
il moto di una stupida cometa a coda di pavone per portare poi i dati studiati
alla professoressa.
Come se fosse una cosa straordinaria, o come se un
quindicenne nel pieno della propria salute sessuale non avesse avuto nient’altro
da fare la notte. Lui non ce l’aveva, però Silente che poteva saperne? Il
vecchio era vissuto davvero in un’altra epoca.
“Pensi di potermi dare una mano a regolare questo telescopio
o hai troppo da fare?”
Quella voce sarcastica l’aveva riportato alla realtà.
Si era persino dimenticato di non essere solo.
Ultimamente si distraeva troppo spesso.
“Io mi occupo soltanto della parte che concerne la
supervisione, ne abbiamo già parlato.”, biascicò pigro, senza smettere di
fissare e analizzare distrattamente i fogli di pergamena su cui aveva appuntato
in malo modo spostamenti e annotazioni particolari a riguardo del fenomeno
astronomico che era stato imposto loro di studiare.
Cazzate prive di valore.
“Non ne abbiamo già parlato.”, aveva insistito l’altro
incrociando le braccia. “Hai deciso tutto da solo, nemmeno vuoi farmi vedere
quegli stupidi fogli. E’ tutta la settimana che scribacchi e vorrei proprio
sapere cos’hai di tanto interessante da enunciare visto che alla fine sulla
relazione dovrà starci anche il mio nome. O perlomeno dimmi perché dovrei
obbedirti.”
L’altro gli aveva scoccato un’occhiata indispettita.
Quante volte avrebbero ripetuto quel ridicolo teatrino?
“E’ molto semplice, Ramoso.”, aveva replicato Sirius
ingoiando a fondo una risposta ben più offensiva e un tono ben più sarcastico di
quello adoprato. In fondo era il suo migliore amico, e non era sua la colpa
della maggior parte di quel malumore che gli era gravato sulle spalle.
“Non ti aiuto perché tanto per cominciare mettersi ad
armeggiare entrambi con uno stupido telescopio è da deficienti alle prime armi e
noi siamo al sesto anno; non ti lascio mettere mano sui miei appunti perchè
anche se ti rode sono io ad avere i voti migliori in Astronomia di tutta la
scuola mentre TU rasenti la sufficienza; e dovrai obbedirmi perchè non sono io
l’idiota che si è fatto beccare con le proverbiali mani sull’ampolla facendoci
finire qui a gelarci le chiappe su una fottutissima torre a inizio marzo per
fare osservazioni su una insulsa cometa i cui risultati influiranno pesantemente
sui nostri M.A.G.O. l’anno prossimo E ora, per favore, lasciami ricontrollare
con calma questi dati mentre tu ti occupi, com’è naturale che sia, della bassa
manovalanza.”
L’altro, costretto alla resa da quelle motivazioni ferree,
era tornato ai suoi affari sbuffando e borbottando come un calderone
traboccante. “Tua madre ti manderà tante di quelle Strillettere da farti
sembrare piacevoli le ramanzine della McGranitt.”
“Scherzi? Mia madre sarà entusiasta della lettera di
Silente.”, aveva ghignato sarcastico facendo frusciare rumorosamente le pagine
che stringeva tra le dita per il mero gusto d’infastidire l’amico. “Abbiamo
allagato buona parte di questa indegna scuola zeppa di Babbanofili e sporchi
Mezzosangue, non mi stupirebbe se decidesse di accantonare il suo eclatante
progetto di cancellarmi dall’arazzo di famiglia.”
“E la cosa suppongo ti riempia di gioia.”
“Sto ballando, non si vede?”
“Quando fai così sei peggio di Remus.”, aveva sibilato acido
James, e Sirius aveva schiuso nascostamente le labbra in un sorriso felice.
Era sciocco e patetico essere così contenti per un paragone
fatto coi più chiari intenti offensivi (sia lui che James in effetti mal
tolleravano l’eccessiva serietà del loro amico), ma bisognava aggrapparsi a
qualsiasi cosa in situazioni come quella.
Persino alle stelle che tanto detestava.
Che recavano addosso segni e ricordi legati a una famiglia
che odiava e da cui era mal tollerato a sua volta; venivano additate dalla mano
elegante di Bellatrix e decantate in tutta la loro maestosa potenza; contemplate
in devoto timore dallo sguardo silenzioso della gracile Narcissa; semplicemente
ignorate da Regulus, sempre distratto, sempre rivolto altrove.
Al cielo muto e indifferente Remus doveva le sue pene.
Ogni mese assisteva impotente allo scempio di quel corpo
troppo fragile: il diventare Animagus aveva fatto qualcosa, ma non abbastanza.
Non impediva agli artigli di prendere il posto delle unghie, ai denti di lasciar
spazio alle zanne, la coscienza piegata alle voglie perverse di un mostro
estraneo e violento. E le grida. Le grida selvagge a squarciare l’eiaculazione
d’argento di una luna infernale e le sue orecchie straziate di cane, sotto la
risata beffarda e splendente di un cielo macchiato di luce.
Voleva comprenderne ogni malefico brandello per poi
annientarlo tra le dita.
Persino l’oggetto dei suoi pensieri, in quanto figlio della
bizzosa regina della notte, in un tempo lontano al punto da sentirlo estraneo
non aveva fatto eccezione a quell’odio caustico. Perché, per quanto ora quei
pensieri sembrassero così lontani da risultare estranei, c’era stato un periodo
in cui l’unica cosa che aveva provato per lui era un ribrezzo acuto e
dissacrante. Prima che l’amore era stato l’odio ad intaccare i sensi e
annebbiare i pensieri in maniera quasi irreversibile.
Al ricordo tremava ancora, gonfio di repulsione per se
stesso. Eppure per qualche ragione al tempo stesso quando la mente vagava
incerta indietro a quei giorni, si ritrovava invaso da un senso di melanconico
rimpianto. Anelava alla pace totale dei sensi, a costo di rinnegare tutto ciò
con cui a fatica aveva imparato a convivere, perché era stufo di quella
situazione.
Non era certo come se si fosse svegliato una mattina con la
gioiosa consapevolezza di essersi invaghito di un altro ragazzo. Il fatidico
giorno della realizzazione era stato assalito da una tale rabbia contro il mondo
che aveva preso a unghiate le cortine del suo letto fino a ridurle in fini
brandelli scarlatti. Aveva passato settimane nell’irrequietezza più totale, a
vergognarsi persino di camminare per i corridoi come se ce l’avesse tatuata in
faccia a lettere scarlatte. Solo col tempo, condito da un’immane fatica, aveva
imparato ad accettarlo: non senza riserve, certo, ma si era sforzato di non
vedersi più come un anormale…
Per poi sbattere il muso contro l’ovvia realtà.
Remus non l’avrebbe mai ricambiato.
Come poteva? Non era come se di omosessuali abbondasse la
scuola, come se fossero visti di buon occhio dalla comunità magica. Remus, in
particolare, gli era sembrato particolarmente omofobo. Da che ricordasse non
aveva mai gradito molto la compagnia maschile: legatosi ai suoi tre amici come
custodi del suo ineffabile segreto, assai raramente si intratteneva con altri
uomini. Questo non perché, come aveva pensato in un primo momento, fosse
particolarmente timido o timoroso dell’altrui giudizio: era solo che, come gli
aveva confessato una volta il diretto interessato durante una razzia solitaria
alle cucine, alla gente non aveva mai niente di interessante da dire. Però
questo non gli aveva mai impedito di fare lo splendido con stuoli di sciocche
ragazzine miagolanti.
Mentre lui si struggeva come un povero coglione.
Perché doveva essere sempre tutto così contorto, cazzo?
Se dei sentimenti si
riuscissero a trovare le formule sui libri come col moto delle comete o si
potesse regolare il cuore come un telescopio sarebbe tutto maledettamente
semplice…
“E dove sarebbe allora il divertimento?”, aveva ridacchiato
divertito James con quella nota di denso sarcasmo a vibrargli nella voce facendo
sobbalzare l’altro per la sorpresa: in quello scatto all’indietro la nuca andò a
cozzare dolorosamente contro la pietra facendogli sfuggire dalle labbra un
guaito di dolore.
Domani avrebbe avuto un bernoccolo di dimensioni
mastodontiche.
Schifosa mania di parlare ad alta voce.
“Parli facile tu…” Mugugnò ombroso il ragazzo strofinandosi
con forza il palmo contro la nuca, in un vano tentativo di sedare il dolore. Gli
pareva di sentirla la voce calda di Lunastorta irriderlo divertito: se si fosse
spaccato la zucca nessuno avrebbe notato la differenza. “Non è come se fossi
invischiato in una storia irrealizzabile…”
L’altro si fece scivolare via dalle labbra uno sbuffo
stizzito che si condensò in direzione delle stelle. “Oh, no, certo Sirius, la
mia vita sentimentale è sfavillante. Non è come se fossero anni che tento
inutilmente di farmi notare dalla stessa ragazza ricevendo per tutta risposta
umiliazioni, insulti, e quando mi va bene gelidi sguardi sdegnati.”
Sirius alzò lo sguardo al cielo, incredulo.
Era ancora lì a regolare quel cazzo di telescopio!
“Secondo me sbagli metodo.”
Negli occhi dell’altro si era accesa una luce febbrile.
“Figuriamoci, quello è perfetto!”, aveva sbottato, con una sicurezza inquietante
battendo il pugno contro il muro. “Non vedo perché dovrei fare come tutti gli
altri e cascargli ai piedi scodinzolando felice! Io sono la novità, la
differenza, e se ancora non mi ama una cosa è certa, non gli sono indifferente.
Prima o poi capirà anche lei che, per quanto si sforzi di negarlo, sono proprio
quello che cerca. E’ importante per un vero uomo comprendere prima ancora
dell’interessata i più reconditi desideri della persona amata.”
“E’ tutto molto toccante, Ramoso, davvero.”, aveva mugugnato
Sirius, poco convinto delle belle parole dell’amico. Sostanzialmente perché lo
conosceva bene: un conto era sentirlo sproloquiare d’amor cortese e pazienza
infinita, un altro era vederlo schiantare sulla soglia della sala da tè di
Madama Piediburro un povero Tassorosso che aveva avuto l’ardire di invitarci la
Evans per San Valentino. Se non altro era da ammirare la costanza. “Io però
stavo parlando del telescopio…”
“Ah, quello…” James aveva fissato con disinteresse l’oggetto
alla sua destra, ficcandosi a fondo le mani nelle tasche e stringendosi nelle
spalle. “L’ho regolato da un pezzo, il telescopio. Stavo solo vedendo se da
quest’altro era possibile dare una sbirciata ai dormitori delle ragazze.”
“E si vedono?”, aveva chiesto l’altro, sollevandosi sulle
ginocchia.
Spinto solo da un’innocente curiosità scientifica, ovvio.
L’amare un uomo e struggersi per lui non gli aveva mica
impedito di godere della splendida vista di una ragazza in biancheria intima.
“Ma figurati. La Evans mi ha colto sul fatto proprio l’altra
sera e da allora mette sempre gli Incantesimi Offuscatori alle finestre.”
Era scoppiato in una risata fragorosa, felice e per nulla
afflitta, che era riecheggiata per pendii e foreste, scivolando lungo l’acqua
cheta del lago e rifrangendosi lungo i profili bassi delle colline, e Sirius si
era trovato a sogghignare con lui, malgrado tutto, in una scialba imitazione: il
suo era un riso debole e piuttosto amareggiato.
James era sempre stato così. Non importava quante volte
cadesse dalla scopa colpito in faccia da un bolide lanciato a tradimento, o
quante volte la Evans lo rifiutasse e lo umiliasse in pubblico, lui che era così
orgoglioso.
Risaliva sempre in sella.
“Bene, mettiamoci al lavoro.”, sospirò il giovane Potter
rassegnato all’idea che nemmeno quella sera l’avrebbero scampata, fregandosi le
mani ghiacciate e chinandosi sull’obiettivo del telescopio, con la prospettiva
di un’altra inutile nottata trascorsa a fissare il niente. Erano lì da una
settimana e quella palla di roccia non aveva fatto nulla di particolarmente
eclatante a parte esistere, bruciare e brillare.
Nulla per cui chiamare le autorità competenti, insomma…
L’Animagus aveva alzato la testa in alto fiutando
istintivamente l’aria al pari della sua controparte canina in direzione di quel
bizzarro fenomeno astrale. Più unico che raro l’aveva definito qualcuno
che non rammentava. Qualche secchione. Qualcuno che non era finito in castigo.
Forse Remus, che quella volta l’aveva scampata.
Non era poi tanto male, a modo suo.
Non potè fare a meno di gettare un’ulteriore occhiata a
quegli stupidi fogli di appunti che ancora stringeva stupidamente tra le dita.
Tra formule e grafici in angolini nascosti alla vista, aveva scritto frasi
buttate là con una grafia incerta e frettolosa, nei caratteri ambigui,
probabilmente sbagliati, dell’antico alfabeto runico che gli aveva dovuto
insegnare Remus dietro pressanti richieste da quando l’Animagus aveva scoperto
che alcuni simboli avevano dei significati non propriamente casti.
Che idiota.
“Ti amo Remus.”, aveva scritto.
Nonostante si fosse imposto di lasciar perdere.
Si morse l’interno delle guance fino a farsele sanguinare,
per trattenere l’ennesimo sospiro.
James non aveva remore a sbandierare ai quattro venti ciò che
provava per la Evans a costo di rendersi ridicolo per anni di fronte all’intera
scuola, a manifestare i suoi sentimenti. Lui li nascondeva vigliaccamente dietro
duri pensieri d’odio, tra gli stupidi appunti di Astronomia, scarabocchiati
malamente sotto forma di simboli di una lingua morta ed estranea.
C’era davvero di che vergognarsi in quello che provava?
Oppure, molto semplicemente, non sentiva davvero qualcosa di
serio per lui?
Fine Capitolo 4
Note di Fine Capitolo:
Dunque, un paio di righe stavolta le devo scrivere alla fine
di questo capitolo. So che in questo capitolo, ma un po’ anche nell’altro, si è
persa la connotazione più sciocca della fic. Me ne dispiaccio se la cosa
deluderà il lettore, ma ho trovato molto più realistico questo senso di
onnipotenza alla “Non mi sfuggirà, lo conquisterò ad ogni costo” alternato a
momenti come questi di fosca cupezza rispetto ad un Sirius che si rende ridicolo
nello stesso identico modo per 7 capitoli (perché tanti ne durerà la fic: 5
lettere, un prologo e un epilogo). Il mio scopo, pur nelle tinte di una
commedia, non era fare una cosa interamente comica, ma descrivere i tormenti di
una persona disincantata e tanto innamorata che forza se stesso per rivelare i
propri sentimenti. E’ innamorato Sirius, davvero innamorato, e sciocco, ma ha
una sua dignità. Spero di essere riuscita a renderlo tale senza abbandonare
eccessivamente la vena allegra.
Anche stavolta due note.
De Sedulitate.
Da Sedulitas – Sedulitatis, assiduità. Intesa come pazienza, continuità,
zelo, ma anche come fedeltà. Non necessariamente nei confronti di una persona ma
anche e soprattutto nei confronti dei propri sentimenti.
Il fenomeno astronomico a cui devono assistere James e
Sirius per punizione non è inventato, ma esiste davvero. Nel 1976 infatti, dalla
fine di febbraio per un mese intero, la terra fu accostata da una delle più note
e straordinarie comete mai viste. La cometa West. La particolarità di
questa cometa si deve al fatto che dalla sua testa giallognola usciva non una
singola e semplice coda bensì un meraviglioso "ventaglio" di code, che ricordava
la ruota di un pavone. La seconda caratteristica singolare di questa cometa
riguarda il suo nucleo che si presentava frammentato in quattro pezzi, dovuto ai
30 milioni di Km. di corsa della cometa attorno al Sole. Nelle settimane
successive i quattro nuclei si separarono sempre più l'uno dall'altro, finché
addirittura uno di essi scomparve del tutto. Essa fu visibile fino a fine Marzo.
Passiamo ai commenti personali! XD
Boll11: Perdono magnanimamente la tua
pigrizia perchè, per motivi a me inspiegabili, adoro il numero 36, quindi come
recensione avrei accettato anche un MAVAFF!!! (si sentono le unghie graffiare
sullo specchio da lì, scommetto! XD). Donna, ma che dobbiamo fare con questi
mariti/fidanzati giocomani che tengono le mie amiche lontane dall'agognato pc?
Niente, o ce li teniamo o li uccidiamo. Io sono a posto, il mio è già morto!
XDDD Scherzo, naturalmente, scrivi quando più ti aggrada, già è tanto che
commenti! XDDDDD
Dolce? Dolce?!
Trovi questa cosa DOLCE?
Potrei offendermi, sia messo agli atti! XDDD
No, aspetta, qui dolce è buono, ho una scommessa in
atto... XDDD Mi ero incantata, non mi badare. Che dire? Che son contenta quando
mi si dice che cose come questa (l'innamoramento adolescenziale) risulta
credibile, in quanto come hai saggiamente detto tu io l'ho furbescamente
evitato. D'altronde non è mica colpa mia se il maschio ravennate medio non
apprezzava la mia bellezza harrypottesca! : P Insomma, dai, quindi non solo il
sesso so descrivere (a quanto mi dici tu! XD) ma anche l'ammore! Sono un'autrice
completa! XDDD Insomma, il dono di Remus ha un significato evidente per noi
donnine che leggiamo tra le righe, Sirius ci vede una cosa brutta e riciclata
(che poi Remus è veramente scemo, poesia a Sirius? Claro che lo vuole prendere
in giro e sa benissimo che non lo capirà mai. Oppure, c'è un'altra possibilità
ma non la dico voglio vedere se alla fine si capisce! XD) perchè, no, non ci sa
proprio uscire dai suoi schemi di belloccio.
D'altronde è figo, a che gli serve un cervello? XD
E poi sti deliri a me fanno morire! XD
No, l'errore è colpa della mia tastiera a cui stano
antipatiche le N, ne salta in continuazione. XDD
Saphira89: No, dai, non dovresti piangere,
non è una cosa triste, così piango anche io! T_T Speriamo che ci sia davvero da
divertirsi (perchè sono notoriamente un'autrice che dà molte certezze nella
vita! XD) Ti ringrazio moltissimo per i complimenti e mi raccomando, continua a
seguirmi! ^_-
Obsession: Sei la seconda che è sul punto di
piangere con questo capitolo, non fatelo, che poi perdo la scommessa! XDD Sto
scherzando, sono contenta assai che abbia un po' commosso, se no Sirius si
sentiva scemo a piangere per una cosa che non meritava veramente lacrime. Poi
strangola me, ma dettagli! XDDD GRAZIE!!!! L'esclamazione non è riferita a me
stessa ma a te per aver avuto la voglia e il coraggio di lasciarmi un commento,
e soprattutto di farmi i complimenti. Me lo dice la gente che scrivo bene, io
tento di fare del mio meglio, se piace anche è tutto grasso che cola e a me non
può fare che piacere! XDDD Ma figurati per il papiro, ben venga, a me piacciono
i papiri (sono una graforroica e la lunghezza dei capitoli te lo dovrebbe far
intuire! XDD Insomma, che dire, sono imbarazzata, sei troppo gentile! ^___^
Anche fan di Rheme mamma mia (questo mi ricorda che prima o poi ci devo
rimettere mano a quella storia, argh! XDDD E' che non c'ho vogliaaaa! Ma venire
a conoscenza di suoi fan è sempre bello! XD). Cercherò di non smettere mai di
scrivere! ^_- Un bacio anche a te
Luz79: Grazie!!!! Son contenta di non essere
risultata smielosa (io quando non ammazzo/faccio picchiare/insulto nessuno mi
sento sempre troppo buona. E meno male che Sirius lo amo! XD) e che sia
risultato gradevole lo spaccato infantile dei malandrini (anche a me son
piaciuti molto! XD). Tra l'altro contentissima al massimo che Sirius e la sua
mania degli abbracci non sia risultato smieloso perchè io faccio identico! XD Mi
avvinghio a qualunque cosa produca calore (d'inverno non è raro trovarmi
abbrancata al termosifone con la guancia cotta alla griglia! XDDD). Che risulti
dolce è doppiamente un piacere. Mio e suo. Che tra l'altro essendo un cane l'ho
immaginato come molto amante delle coccole! ^.^ Da padrona di tre bestie so quel
che affermo! XD In effetti penso che il regalo di Remus l'abbiano capito tutti
tranne Sirius.
Ma d'altronde lui è bellissimo, a che gli serve un
cervello? XD
Ho visto che hai commentato anche la PWP. Non ho
parole per dirti quanto abbia apprezzato il tuo sforzo (perchè è chiaro che ti
sei sforzata di scriverla e che ti ha abbastanza turbata), per cui davvero
grazie per questa fic e quell'altra! ^_^
_Umi_: Eccerto che c'è un motivo (l'han
capito veramente tutti tranne il destiatario del messaggio, accidenti a lui! XD).
Il problema è "è quello che pensi tu oppure io sono così originale da avere
escogitato un altro motivo?" La risposta non ti farà dormire la notte penso! XD
Grazie mille per i complimenti e bacioni anche a te.
Skiblue: No, non devi intristirti, Sirius non
ha mai sentito la mancanza del Natale perchè non gliel'hanno mai fatto
apprezzare, quindi non ha sofferto neanche un po'. Infatti se noti la
descrizione è tutta molto asettica, non c'è ombra di rimpianto alla "ooooh, se
avessi saputo, quanti lieti giorni con Regulus e mammina!" XDDDD No, niente del
genere. Al massimo gli sarebbe importato solo se si fosse perso un natale coi
suoi cari amici. Ma non l'ha fatto fortunatamente! ^_- Ooooh, dopo la fatica
fatta per renderlo decentemente che sia riuscita a fartelo stare simpatico è un
enorme complimento, grazie mille. Dopo questo capitolo temo sarà necessario il
tuo intervento di difesa! XDDD Un bacio anche a te! ^_^
Chii: Stavolta le bacchettate sì, però, mi
sa. Ma tanto ho skiblue che mi protegge! XD No, non metto triste, pensavo di
mettere malinconico, perchè un po' ci si butta nella malinconia e nell'amarezza,
lo trovavo un avviso più adatto! XD Wow, diventano sempre più belli i capitoli?
Che bello, allora speriamo che continuino a crescere in bellezza fino alla fine
(Mary incrocia le dita manco stesse concorrendo alla notte dei telegatti). La
lettera... La lettera poveretta, deve essere scritta da uno veramente incapace!
XDDDDD E' un personaggio da salvare quella povera lettera, rischia l'estinzione
assieme alla poesia e al buon gusto. Arrivare nudo con un cartello addosso
sarebbe molto più da Sirius, ne convengo! XD E non è detto che Remus non
apprezzerebbe di più (e chiamalo scemo! XD).
Il ricordo del primo natale di Sirius ricordo di
aver pensato all'inizio "mio dio, ci manca solo Scrooge del Canto di Natale e
poi siamo al completo, che tristezza!" XDDD Fortuna che la gente non l'ha
trovato patetico, perchè alla fine mi ci ero anche affezionata, era carino! ^_^
E Peter è la mia Orrocroce!!! XDDD
Accidenti, allora alla fine ho fatto una cosa
banalinaspettata, non so se gioire o prendere a testate un muro come Dobby (oh!
Stupid Mary!")! ^_- No, fargliela copiare e basta sarebbe stato squallidissimo e
non potevo permettere che il mio ciccino si abbassasse a tanto. Ha comunque una
dignità e ama davvero davvero Remus, mica è un furbetto come Peter, che
probabilmente l'avrebbe fatto. Oddio, l'avrei fatto anche io perchè amo cercare
la via più facile (SIrius la rifugge, lui se non si complica tutto poi la sera
va a dormire male), è grave? Sono come Peter? XD
Ah, le mie fantasmagoriche poesie. Eh, già, perchè
sono anche poeta! XDDDD
I sorrisini sono d'obbligo, ricordo me stessa al
liceo che quando affrontavamo un poeta gemeva prima di scappare via in preda al
panico e gridare "Leopardi noooooooo!"! XD Penso che la me stessa del liceo
potrebbe prendermi a calci se scoprisse che non solo ho scritto poesie, ma che
qualcuno le apprezza! XDDDDD
E sì, resti gentile! XD
Dopo tutti i tuoi complimenti, poi! ^_-
Io non lo sono davvero, sono stronzissima, specie di
recente! XD Un bacione anche a te.
Nebbiolina: Argh, le tragicomiche! XD Nota
dolente. La finirò, lo giuro!!!!! ^.^ Solo che al momento non ho voglia di
mettermici e verrebbe uno schifo se non ho voglia. Ma la finirò, è una
promessa!!! Dopotutto, domani è un altro giorno!!! Come finirà questa? Beh, di
sicuro finirà, se bene o male non lo dico, non voglio rovinare sorprese! XDDD
Irishbreeze: Ammettiamolo. Gli sta bene
quello che ha fatto Remus. Più spesso da solo deve lasciarlo, quando è costretto
a pensare ogni tanto tira fuori anche una pensata decente! XD Ma poco poco! Ti
dirò, l'idea di affrontare una cosa natalizia mi terrorizzava, a natale sono
tutti troppo pucciosi! XDDDDD Meno male che è venuta una cosa dolce e non
smelensa mi sarei odiata a vita! XDD Sirius coinvolto nel puccio? Sia mai! XDDD
Spero bene di non risultare noiosa, pensa che palle, capitoli lunghi e pallosi!
XD Roba da farsi buttare giù da un balcone perchè è più piacevole! XDDDD Beh,
era l'unico modo di non risultare ripetitiva quella di dedicare ogni capitolo a
una persona diversa che interagisce con Sirius! ^_- E' stata necessità. Ti
ringrazio molto per i complimenti e.... al prossimo capitolo! XD
|
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Capitolo 6 *** Lettera 5 - De Commutatione (Lily Evans) ***
Nuova pagina 1
Ho pensato molto se
postare o meno questo capitolo, essendo in sciopero (chi ha dato un'occhiata al
mio account l'avrà immaginato, ho cancellato tutto! XD).
Però per rispetto verso le persone
che mi leggono, lo faccio.
C'è pur sempre qualcuno che aspetta
un aggiornamento, fosse anche una persona sola, e non mi pare corretto farlo
tribolare! ^_^
Lettera 5 – De
Commutatione (Lily Evans)
Non è mai stato in una
biblioteca, Sirius.
Nemmeno in quella che ha a casa
sua.
E’ ad Hogwarts solo da pochi
giorni, le materie sono ancora tutte a livelli così elementari (per
mettere in pari quegli sciocchi Figli di Babbani, pensa disgustato) da
annoiarlo, e non ha ancora sentito il bisogno di un luogo in cui studiare. A
volte sfoglia pigro un volume, tanto per non restare tutto il giorno con le mani
in mano, sulla comoda poltrona della Sala Comune, ma si appisola quasi subito
come sotto l’effetto di un incantesimo soporifero. Spesso deve svegliarlo quel
ragazzino scemo con gli occhiali e quella buffa zazzera selvaggia di cui va
tanto fiero.
Non voleva neanche venirci.
Odori imperscrutabili hanno
guidato i suoi passi durante una delle tante escursioni senza meta, talmente
vivi da sentirli addensarsi piacevoli come zucchero sulla punta della lingua.
Odori rassicuranti e ovattati di polvere che danza pigra al sole tiepido
d’autunno, di un caldo tepore che appanna i vetri di larghe finestre, di chiuso
e protetto.
Sorride languido.
Di sicuro qui nessun lo verrà a
cercare, nemmeno sua cugina che s’è tanto arrabbiata solo perché le ha sollevato
la gonna davanti a tutti per poi scappare a gambe levate al fine di evitare una
sonora battuta. Reprime un brivido al pensiero. Narcissa fa tutta la delicata
per piacere ai ragazzi ma ha le mani pesanti di un Troll e nessuna paura di
usarle. A casa hanno una stupenda libreria, l’invidia di ogni studioso dice suo
padre, ma lui non è mai stato uno studioso.
I libri gli danno l’orticaria.
Qui però è bello.
Questi sono odori che sanno di
casa.
Ed è strano pensare questo
perché casa sua ha un profumo diverso. Non ha aroma né anima, come i suoi
abitanti: è fredda e sterile nel suo essere un incantevole, perfetto nulla.
Non solletica seducente i sensi
come questo luogo.
Passeggia soppesando lento ogni
passo, le mani allacciate dietro la schiena che ogni tanto scioglie a sfiorare
coi polpastrelli il dorso ruvido di un tomo che ha attratto la sua attenzione,
tra corridoi tortuosi e tutti uguali. Lancia occhiate distratte alle teste chine
sui libri, ai lunghi rotoli di pergamena: nelle orecchie suoni smorzati di
placidi bisbigli e il secco grattare delle piume d’oca sulla carta ruvida.
Ma non è quello ad attirare la
sua attenzione.
C’è ancora qualcosa da trovare,
lì.
Segue ancora l’effluvio dei
libri, quel vago sentore di carta vecchia e sfrangiata contando i passi che lo
separano da uno spigolo, gli scaffali in ogni stretto passaggio, i numeri di
volumi che gravano su ogni scansia. Ogni tanto una nicchia appartata cela allo
sguardo una coppia d’amanti, ma lui tira dritto senza degnarli d’attenzione.
E cerca ancora.
Si addentra sempre più in quel
dedalo di casellari incantevoli, finché, giunto nell’ultima nicchia dell’ultimo
vicolo cieco dell’ultimo passaggio, non c’è più una traccia da seguire.
Non è solo.
C’è un ragazzo di fronte a lui
che nemmeno si accorge di avere compagnia. Legge da una pergamena col mento
poggiato alla mano, i fini capelli castani che si accendono d’oro e di luce a
coprirgli lo sguardo. Canticchia sommesso, seduto ad un vecchio scrittoio scuro:
quello che i ragazzi più grandi gli hanno sempre detto di non adoperare perché è
piccolo e scomodo, zoppica al minimo spostamento e nel corso degli anni piccoli
fori di termite gli hanno dato una forma incompleta e sgangherata.
Sirius pensa, maligno, che non
esiste posto più adatto per quel ragazzo dall’aria dimessa e lascia che lo
sguardo corra alla toga di seconda mano che lo avvolge malamente, le maniche
troppo corte e il colletto liso, giù lungo i pantaloni che hanno visto troppi
incantesimi di rammendo e a quei mocassini sfatti. Ma c’è una calma, nobile
dignità nei modi che lo incanta e gli inchioda i piedi al suolo anche se lo
trova un ragazzo per nulla interessante, o di cui valga la pena fare la
conoscenza. Forse è quel motivo insistente che canticchia sommesso a rapirlo:
Sirius non riconosce la musica che fluisce via dalle labbra sottili, ma sente
che dovrebbe.
Ha il sapore di ciò che l’ha
portato lì.
La traccia di quell’uggioso
pomeriggio d’autunno.
Ed è quello il momento in cui
il canto cessa. Il ragazzo solleva lo sguardo e il grigio plumbeo si mescola con
l’ambra splendente. Dura appena un istante, il tempo di un battito di ciglia o
di un frullio d’ali di boccino: c’è a malapena il tempo di rendersi conto che il
ragazzo non sta guardando lui, ma lo trapassa da parte a parte come fosse un
idolo d’aria, e il contatto visivo è interrotto. Neanche un cenno del capo in
segno di saluto, e il ragazzo torna ad occuparsi di quel pezzo di inutile carta.
Sirius si scrolla nelle spalle
e torna sui suoi passi, ma dentro vorrebbe gridare. Come fa il suo corpo a
mantenere un tale controllo, a palesare un così cieco distacco? Come fa a non
sentire il dolore che lo deturpa? Non gli piace venire ignorato a quel modo.
Quel ragazzo non dovrebbe
guardare che lui.
Non sa perché, ma è così.
Fa male…
Non è il dolore a svegliarlo.
Le fitte acute ed insistenti all’avambraccio, punture
inflitte con la punta d’acciaio di una piuma d’oca da una mano dispettosa, si
sono fuse in maniera indissolubile con lo strazio al petto che l’aveva afflitto
nel sogno al punto da confondersi nella mente.
Non è stato il suono del suo cognome pronunciato da labbra
piene e morbide, a riportare i suoi sensi alla realtà.
E’ l’odore a scuoterlo. Ancora.
Dischiude gli occhi mentre la realtà si fa strada, sfocata,
dietro le palpebre pesanti e sgradevolmente cispose, e aggrotta le sopracciglia
infastidito. Alle volte il suo istinto di cane si azzuffa con la lucidità di
mente umana: sono quelle le volte, sospese tra sogno e veglia nel buio degli
occhi serrati, in cui l’odorato si impunta e pretende di far passare il mondo
attraverso quei due minuscoli fori di carne in fondo al naso. Cataloga pignolo,
riconosce, ricorda. Nessuna meraviglia che la sua forma Animagus sia quella di
un cane.
Solo quando apre gli occhi tutto si attenua.
Ma l’odore è ancora là a tormentargli i giudizi, piacevole e
impenetrabile.
***
Sirius si ridestò nel peggiore dei modi possibili: con i
timpani perforati da una vocetta acuta e insistente a ripetere il suo nome a
macchinetta, sotto i colpi di lunghe dita appuntite (artigli affilati come
falcetti da druido) e pizzichi inferti senza meta sulle braccia nude, le guance
e la nuca.
Un vero e proprio assalto offensivo da denunciare al
Ministero.
“La biblioteca non è posto per dormire, Black!”
Quel trillo vivace stemperato di malizia fu la goccia che
fece traboccare l’ampolla: con uno scatto che si sarebbe potuto definire solo
“animale” l’Animagus prese con forza quel polso sottile che gli dava noia e
spalancò gli occhi in quello che avrebbe voluto fosse un ringhio feroce. Ne uscì
una smorfia penosamente assonnata e stordita che non avrebbe impaurito nemmeno
Peter. La ragazza scoppiò in una risatina malcelata.
“Evans, che palle, sono stanco!”, gridò a voce decisamente
più alta del consentito, guadagnandosi un’occhiata tutt’altro che cordiale dai
pochi presenti e da Madama Pince, che molto signorilmente ignorò: le spinse via
il braccio con uno scatto secco. “Ho passato tutta la notte ad occuparmi di
questa schifezza con le foglie, dammi tregua!”, aggiunse in un sibilo scortese,
indicando con un gesto stizzito della mano la pianta rachitica e sofferente che
gli stava davanti, sul tavolo.
Lo sguardo della ragazza si fece cupo e la bocca si atteggiò
ad una smorfia di incredulo disgusto nell’istante in cui si accorse di quel
povero ammasso informe di foglie rinsecchite che troneggiava in tutta la sua
pochezza sul tavolo davanti al compagno di classe.
“Per Morgana, cos’è questa cosa?”
“Un Luniolo.”, ringhiò Sirius piccato, come se fosse evidente
e fosse Lily la stolta che non riusciva a vedere l’ovvio.
Peccato fosse una delle migliori del suo corso.
“Un… Luniolo?”, gli fece eco la ragazza in un gemito
soffocato, in un disperato tentativo di non ridergli impietosamente in faccia,
mentre il viso dell’Animagus per l’umiliazione s’andava tinteggiando di
un’interessante gamma di colori che andava da un tenue grigio “cencio-per-cessi”
a un brillante verde “stendardo-di-Serpeverde” (difficile pensare a quale
immagine risultasse più ributtante). “Sul nostro libro di Erbologia c’è una foto
un po’ diversa. Dovrebbe essere un…”
“… Denso cespuglio eretto e
molto ramificato con grandi foglie di un lucido verde smeraldo cupo dalla base a
forma di cuore. Produce fiori profumati di forma pentalobata i quali, schiusi
all’imbrunire, emettono un tenue lucore bianco azzurrino. Produce semi fertili,
legnosi, neri e a forma di uovo, che opportunamente trattati rappresentano
l’ingrediente principale di molte pozioni d’amore più o meno efficaci.”
“E’ carino, no?”
Le labbra del ragazzo che
leggeva si storsero in una smorfia poco convinta non appena chiuse con un tonfo
secco il pesante tomo che l’altro gli aveva messo tra le mani.
“Carino non è esattamente la
parola che cercavo…”
“Non va bene?”, chiese l’altro,
sinceramente stupito.
“Sirius, è una pianta così
effeminata che anche le ragazze si vergognerebbero a presentarla come progetto
di Erbologia, perché dovremmo farlo noi?”
Sirius si strinse nelle spalle
con fare fintamente distaccato, quando dietro moriva di vergogna per se stesso.
Non poteva certo confessargli che l’aveva scelta perché gli ricordava troppo
l’idea di loro due insieme! “Non lo so, è stata un’intuizione: mi sembrava
bella, delicata e difficile da curare. Pensavo che ci avrebbe fatto guadagnare
un buon voto per i progetti a coppie di fine anno.”
Il licantropo, gettato con
malgarbo il libro sulla scrivania a cui era seduto, afferrò di nuovo tra le dita
la piuma d’oca e tornò a scribacchiare qualche riga del suo tema di Storia della
Magia come stava facendo prima di venire bruscamente interrotto, non senza prima
lanciare in direzione del suo compagno di studi un’occhiata tutt’altro che
fiduciosa.
“A te non interessano i buoni
voti.”
“Ma a te sì.”, insistette
l’altro sorridendo. “Mi hai scelto per farti da compagno, voglio impegnarmi.”
“Non ti ho scelto, mi sei stato
affibbiato.”, sbottò l’altro con le guance imporporate per lo sdegno, e la punta
della penna premuta con troppa forza sulla carta schizzò una larga macchia
d’inchiostro che gli fece mormorare un’imprecazione tra i denti. “Sono entrato
in classe in ritardo quando si erano già decise le coppie ed eri rimasto libero
solo tu, perché sei talmente un disastro in quella materia che nessuno vuole
avvicinarti.”
A fatica Sirius riuscì a non
ribattere a tono a quella battuta come faceva di solito.
In genere si partiva con un
rimando poco gentile al fatto (tra l’altro vero) che secondo lo stesso metodo
c’era un certo licantropo di sua conoscenza il quale, a causa di una sua
incapacità biologica nel tenere in mano fiale e ampolle, finiva immancabilmente
a fare coppia con lui a Pozioni. Remus replicava con qualcosa di altrettanto
acido e si finiva a battute sarcastiche e a musi lunghi tenuti fino all’ora di
cena.
Mordendosi la lingua ingoiò
l’orgoglio e chinò umilmente la testa, trovandosi improvvisamente molto
interessanti le punte delle scarpe.
“Voglio solo fare del mio
meglio.”, mugugnò con voce a malapena udibile, e alle proprie orecchie apparve a
tal punto lagnosa e isterica che lottò con tutte le proprie forze per non
scappare in lacrime dalla stanza come ogni brava femminuccia che si rispettasse.
Dopo questa Remus l’avrebbe
preso in giro a vita.
Invece, contro ogni previsione,
il licantropo gli aveva sorriso.
“D’accordo, Sirius.”, aveva
detto dopo un istante di stranita quanto giustificata perplessità. “Portiamo
questo Luniolo come progetto di Erbologia, voglio fidarmi della tua intuizione.”
Passarono lunghi istanti di silenzio teso durante i quali
Sirius fu indeciso tra il ridere di se stesso di quella situazione, che se fosse
accaduta ad un altro sarebbe risultata davvero spassosa, o il prendersi a pugni
da solo fino a cambiarsi i connotati. Di nuovo.
Scartò la prima ipotesi perché non stava accadendo a un
altro.
Scartò la seconda, ma solo perché sarebbe stato un delitto
per l’intero mondo magico rovinare un viso così bello. In preda allo sconforto
più totale si prese la testa tra le mani e un rantolo disumano gli scaturì dalle
labbra pallide.
“Evans, ho combinato un casino.”
Lei non riuscì proprio a negarsi quello sbuffo stizzito.
“Vorrei dirti che provo compassione per te, Black, ma non
sono una bugiarda.”, sentenziò pedante la ragazza con la solita lingua venefica
che la contraddistingueva, quella che faceva chiedere spesso all’Animagus cosa
mai ci trovasse in lei il suo migliore amico. Era una persona talmente noiosa e
inquadrata da dare la nausea. Si sarebbe trovata meglio di lui in casa Black se
non fosse stata, per dirla con le parole di sua madre, una sudicia
Sanguesporco.
Non paga di quell’accanimento incrociò le braccia e lo
squadrò da capo a piedi con uno sguardo di biasimevole superbia. “Solo tu potevi
fallire in un compito che avrebbe potuto eseguire perfino il Troll più stupido
della compagnia: quello cieco, sordo, bendato e con le mani legate dietro la
schiena. Scommetto che hai passato la serata a sognare sconcezze invece di
tenere al riparo i fiori del Luniolo dalla luce diretta della luna piena.”
“Non è così!” sbottò l’Animagus sostenendo il suo sguardo a
riprova della sincerità delle sue affermazioni. “Stavolta mi sono impegnato
davvero!”
“E i risultati si vedono, infatti.”, ghignò la ragazza
indicando i brutti petali neri, ormai irrimediabilmente inceneriti.
Sirius tacque.
Che pensasse quello che le pareva, lui aveva fatto davvero
del suo meglio. Assieme a Remus aveva passato giorni ad innaffiare le radici
contando le gocce al millimetro e notti insonni a dosare la luce lunare, si era
sporcato le mani di concime e si era fatto appiccicare addosso l’odore di quei
fiori al punto che anche le ragazzine del primo anno avevano cominciato a
prendersi gioco di lui. Si era fatto persino mordere senza che se ne rendesse
conto, da un cucciolo di Dixie che fuggito dall’aula di Difesa contro le Arti
Oscure aveva trovato riparo tra le sue foglie, finendo in infermeria.
E gli aveva dedicato ogni momento libero della notte
precedente, quando per la prima volta Remus si era fidato a lasciargliela
accudire da solo, senza la supervisione di Peter, dietro le sue ripetute
insistenze.
Non gli aveva neanche mai levato gli occhi di dosso, tranne i
rari istanti in cui un ululato lontano e disperato l’aveva fatto istintivamente
sobbalzare: in quei momenti correva a perdifiato alla finestra spalancata per
poi sporgersi pericolosamente aggrappato al cornicione di pietra antica, nel
vano tentativo di scorgere tra le chiome incolori degli alberi le sagome dei
suoi amici.
Che cavolo avrebbe potuto fare più di così?!
Sirius chinò la testa tra gli avambracci, soffocando un
rantolo frustrato e collerico.
Possibile che non ne combinasse mai una giusta?
Voleva comportarsi in maniera perfetta…
Che Remus lo apprezzasse…
“Non posso dirglielo.”, borbogliò. “Mi ucciderà.”
“Beh, non è che tu abbia molta scelta.”, sbuffò la ragazza
atteggiando le labbra ad un broncio. Una mano sottile salì a scostare dagli
occhi verdi una lunga ciocca di capelli rossicci con quel fare naturalmente
civettuolo delle ragazze della sua età. “Cosa conti di fare, tenergli nascosta
la verità fino al giorno della consegna, dove cercherai di convincere la Sprite
che il vostro Luniolo è di una specie invisibile sperando che la beva e vi dia
un Oltre Ogni previsione e un abbraccio affettuoso?”
“Certo che no, che idea balorda!”, sbottò il ragazzo
cancellando mentalmente il piano A dalla lista delle trovate da mettere in atto
per risolvere la situazione.
“E poi forse Remus ti perdonerà.”
“Tu che faresti al suo posto?”
“Ah, io ti ucciderei.”, replicò pronta la ragazza, ignorando
il gemito strozzato dell’altro. “Ma io non sono Remus. Conoscendolo,
probabilmente si darà la colpa di tutto l’accaduto per aver permesso a uno come
te di mettere le mani sul suo compito di Erbologia di fine anno.”
Un’ipotesi che Sirius trovò decisamente realistica.
“Questo non mi consola…”
“Oh, Sirius, insomma, smettila di fare tutte queste scene.
Non ti è mai interessato avere buoni voti in Erbologia, si può sapere…”
“… Cosa c’è sotto stavolta?”
L’Animagus sollevò lo sguardo
genuinamente sorpreso dal libro che aveva recuperato quel pomeriggio dalla
biblioteca per incontrare quello falsamente svagato dell’amico. James gli si
stagliava davanti nella sua tipica posa da combattimento, con le gambe larghe
ben piantate a terra e le braccia incrociate in grembo. Gli occhiali
rifrangevano la luce tremolante del camino attiguo, nascondendo gli occhi e
creando un inquietante gioco di luce.
“Come, prego?”
“Ma guardati!”, sbottò l’altro
indicando l’amico con un gesto stizzito della mano. “Ti impegni nello studio
anziché russare dietro qualche libro di testo durante le lezioni, fai guadagnare
punti a Grifondoro invece di farcene perdere a secchiate, diserti le nostre
immancabili punizioni di gruppo settimanali per andare in biblioteca a farti
sotterrare dalle pergamene.” Il ragazzo si passò le dita nell’intrico dei suoi
capelli indomabili dopodichè batté il pugno con violenza contro la spalliera
della poltrona su cui stava seduto l’amico, facendolo sobbalzare. “E come se
tutto ciò non bastasse passi ogni momento libero a leggere o ad occuparti di
quel fiore da finocchi!”
Sirius scosse la testa con
paziente commiserazione, chiudendo con calma il tomo e posandolo sul tavolinetto
che aveva accanto, di fianco al vaso col Luniolo appena sbocciato, da cui
difficilmente in quei giorni, in un momento così delicato della sua crescita, si
separava. Se fosse bastato quel fiore a renderlo un finocchio le cose sarebbero
state davvero troppo semplici.
Decise di evitare lo sguardo
collerico dell’amico.
Invece reclinò la testa
all’indietro contro la soffice spalliera cremisi e chiuse gli occhi, mentre un
sorriso tronco salì a increspargli le labbra.
“Ti rode solo perché ti sto
dedicando meno attenzioni.”
“Certo che mi rode!”, gridò
l’altro a voce decisamente più alta del necessario. Un paio di ragazzini del
primo anno attardatisi in Sala Comune si affrettarono a prendere la via dei
dormitori. Nessuno badò loro. “Uno dei più grandi figli di puttana che abbia mai
messo piede ad Hogwarts ridotto a una larva di Vermicolo, è un’empietà! Prima a
cena tuo fratello ti ha dato della
fioraia e non hai neanche risposto a tono. Te ne
sei stato a fissarti il piatto tutto il tempo, ci mancava solo che lo
ringraziassi!”
“Non meritava una risposta.”
“Non…”, tentò di fargli eco
James, ma la frase gli rantolò in gola per poi morirci tra atroci sofferenze.
Fissò l’amico come se avesse di fronte un estraneo, o una specie di mostro. Un
mostro particolarmente composto ed educato, spaparanzato su una delle comode
poltrone della Sala Comune col naso ficcato tra vecchie pagine ingiallite quando
avrebbe potuto essere in giro con lui a combinarne di tutti i colori.
Di fronte a quello spettacolo
indecoroso levò la mani al cielo emettendo un rantolo di resa.
“Perduto… L’abbiamo
irrimediabilmente perduto.”, gemette con una disperazione acuta nella voce che
aveva del comico mentre la testa ciondolata con forza da un lato all’altro
agitava scompostamente le ciocche nere, dando alla testa del giovane Potter
un’aria ancor più dimessa. “Sei diventato noioso come Lunastorta. Senza offesa
naturalmente.”, aggiunse subito dopo, voltandosi verso l’altra poltrona, quella
alle sue spalle.
“Naturalmente…”, sorrise Remus
dal suo posto senza distogliere lo sguardo dalle fiamme vive, rivolto più a se
stesso che all’amico che già era tornato a rivolgere la propria attenzione
all’altro, il quale continuava a murarsi dietro le ciglia serrate in un ostinata
fissità.
Il respiro era calmo e
controllato, e la testa leggermente china di lato lasciava presupporre che
Sirius si fosse abbandonato al sonno. Le sopracciglia accartocciate in una
smorfia a metà tra il fastidio e il disgusto, i pugni premuti sulle cosce
stretti fino a far diventare le nocche bianche e l’incavarsi quasi
impercettibile delle guance strette tra i denti, però, tradivano il suo
nervosismo.
In altri frangenti il suo amico
sarebbe scattato su da un pezzo, irritato dalle troppe chiacchiere, e gli
sarebbe saltato alla gola pronto a cominciare una “rissa per la supremazia del
territorio”. Roba da maschi, come le chiamava bonariamente Remus. In altri
sarebbe saltato su dalla poltrona agitando le mani come un folle e avrebbe
inforcato la via dei dormitori sciorinando la sua forbita sequela di
imprecazioni. Quella calma non era decisamente da lui.
Era irritante…
“Felpato, si può sapere che
succede?”
Gli occhi di un freddo grigiore
metallico, innaturale in quello sguardo solitamente così vivo, si spalancarono
nei suoi all’improvviso, cogliendolo di sorpresa, e un sospiro stanco di cupa
rassegnazione vibrò nel petto del ragazzo, scivolando a fatica fuori dalle
labbra.
“Sai, a volte le persone
possono aver semplicemente voglia di cambiare.”
“Si può sapere perché continui a seguirmi?”
“Si dà il caso che abbia lezione di Aritmanzia e l’aula sia
da questa parte.”
“Aritmanzia ce l’hai tra un’ora.”
“E tu come lo sai?”, chiese lei, stupita. “Potter ha
recuperato di nuovo i miei orari di lezione per farsi trovare casualmente
lì?”
“No.”, sbuffò l’altro scuotendo la testa. “Anche Remus
frequenta quel corso.”
“Ah, già… E tu sai sempre tutto di Remus, vero?”, inquisì la
ragazza con un ghigno sardonico.
Sirius si fermò nel bel mezzo della strada, rischiando un
tamponamento con un ignaro passante e si voltò nella sua direzione, fissandola
torvo. “Sì, so tutto, perché si dà il caso che siamo amici.”, mentì, sperando di
risultare convincente. Se non gli fosse piaciuto non avrebbe saputo neanche il
suo nome. Per dirne una, James aveva continuato a frequentare le lezioni di
Cura delle Creature Magiche (Merlino solo sapeva il perché), e ogni volta che tornava pesto e livido, nonchè sporco di ogni sorta di fanghiglia, immancabilmente Sirius gli chiedeva dove fosse stato.
“Amici ma non per molto.”, ridacchiò ancora lei, per nulla
intimorita dal ringhio istintivo che vibrò nella gola del ragazzo a riprova
della sua irritazione. “Aspetta che veda questo capolavoro senza foglie, ti
toglierà anche il saluto.”
L’Animagus, trattenendo a stento tra la lingua e i denti uno
degli improperi più memorabili della sua illustre carriera di individuo scurrile
e ribelle riprese a camminare di scatto ma Lily pronta gli trotterellò dietro
senza fatica.
I due continuarono a spalleggiarsi e insultarsi lungo i
corridoi affollati sorpassando ignari studenti e professori nel disinteresse
generale.
Non era strano veder battibeccare la Evans con uno dei
Malandrini.
“Dove stiamo andando?”
“Ai dormitori.”
“Come fai ad essere così sicuro che sia lì?”
Dove dovrebbe essere dopo una notte di luna piena?
Sirius non rispose e accelerò il passo ma venne nuovamente
affiancato dalla ragazza con una facilità che aveva dell’irritante. Bella forza!
Con quel vaso stretto tra le braccia e la borsa piena di libri appesa malamente
al collo a sbattergli contro le cosce non era facile attraversare corridoi
gremiti di gente perdigiorno che sembrava non avere altro scopo nella vita che
quello d’intralciargli la strada. Lei invece saltellava leggiadramente sulle
scarpette lucide, appesantita solo da un paio di luridi fogli di pergamena e un
testo di Difesa contro le Arti Oscure ben stretti al petto, quasi temesse che
qualcuno potesse essere interessato a rubarglieli.
Stupida femmina…
“Come mai hai tanta fretta di andarglielo a dire?”
“Evans, ma non hai proprio niente di meglio da fare?”
“Meglio che assistere alla sistematica distruzione della tua
dignità? Proprio no.”
Su per le rampe l’Animagus si ritrovò a pregare che le scale
impazzissero e modificassero il loro assetto di modo che loro due avrebbero
girato in tondo per una settimana buona, ma quel giorno stranamente (perché
stupirsi?) sembravano tranquille, immote scale babbane. Quando invece aveva
fretta lui veniva sbattuto nell’ala opposta del castello.
Stupide scale…
Un paio di volte l’Animagus tentò di fare lo sgambetto alla
ragazza come faceva sempre con Regulus quando aveva la malsana idea di fare la
spia di qualcosa che aveva fatto con la madre, ma lei, temprata da anni di
simili dispettucci e tirannie da parte della sorella maggiore, aveva risposto a
tono con un sonoro pestone sul piede che l’aveva fatto zoppicare per venti
gradini buoni.
Arrivati al settimo piano Sirius schiacciò intenzionalmente
la coda a Mrs. Purr palesando una svista sotto lo sguardo di biasimo di Lily.
Non visto, sorrise.
“Stupido gatto del custode!”
Il ruggito furibondo del
ragazzo riecheggiò nella piccola infermeria incurante che madama Chips,
probabilmente nei paraggi, potesse sentirlo e cominciare una ramanzina
chilometrica a riguardo del suo turpiloquio da osteria. Sirius sbuffò,
reprimendo un sibilo di dolore nel momento in cui l’osso della mascella
scricchiolò in maniera preoccupante: i felini non li aveva mai sopportati e il
sentimento era reciproco da parte di quelle bestiacce demoniache, specie da
quando era riuscito a dominare la sua trasformazione in Animagus.
Ma li sopportava ancora meno
quando questi si mettevano d’impegno con la loro malefica esistenza a rovinare
uno dei momenti più belli della sua vita.
Maledetta sfiga sempiterna e
maledettissimi gatti pulciosi!
Fece per alzarsi ma venne
spinto nuovamente contro il cuscino da due mani salde: tutta la delicatezza del
mondo non sarebbe bastata ad evitare all’Animagus una fitta acuta di dolore per
tutto il corpo, figuriamoci quella premura sbrigativa da Troll.
Emise un guaito di dolore.
“Non te lo ripeterò un’altra
volta, Sirius.”, ordinò Remus sollevando lo sguardo dalla copia della Gazzetta
del Profeta che stava sfogliando. “Sta’ fermo o sarò costretto a
immobilizzarti.” Aggiunse, brandendo a riprova delle sue parole la bacchetta e
rigirandosela tra il pollice e l’indice.
Remus sembrava davvero di
pessimo umore.
L’animagus si affrettò ad
obbedire.
“Scusa.”, deglutì intimidito,
ma l’altro era già tornato ad immergersi nella lettura e non gli prestava più
attenzione.
Volse lo sguardo al soffitto e
si permise un sospiro.
“Hai avvertito Ramoso che sono
in infermeria?”
L’altro scosse la testa. “Non
mi sono mosso da qui.”
“Lo specchio…”, tentò di dire,
ma venne malamente interrotto.
“L’hai lasciato in dormitorio.”
Sirius annuì stancamente senza
neanche chiedersi come facesse a saperlo. Doveva avergli frugato nelle tasche e
nella borsa coi libri mentre era incosciente. Era un vero sollievo, rammentò
dopo un primo momento di terrore al pensiero che nella borsa c’era la bozza
della sua lettera, che solo pochi giorni prima avesse imparato quegli
incantesimi di sigillo per impedire a chiunque non fosse lui di vederne il
contenuto, altrimenti sarebbe morto di vergogna.
Il che era paradossale dal
momento che lo scopo di quegli aborti scrittori era proprio farglieli leggere.
Sottomesso alla stupidità delle sue stesse elucubrazioni deliranti si arrese
all’evidenza di essere un caso disperato e non gli parve più tanto strano
l’essere finito in infermeria nella maniera più ottusa possibile. Gli uomini, i
veri uomini, ci finivano per le ragioni più svariate: dopo un incontro di
Quidditch o una virile scazzottata (con o senza l’uso di poteri magici era poco
importante). C’era chi ci finiva per un incantesimo sbagliato o una pozione
malriuscita.
Alcuni, come Remus, per una
maledizione.
Lui ci finiva inciampando nella
coda di una gatta spelacchiata.
“Certo che potresti anche
essere più gentile.”, mormorò demoralizzato.
L’altro si accartocciò il
giornale tra le dita con un gesto stizzito, del tutto inaspettato, e se lo
appallottolò ai piedi, capendo che non sarebbe proprio riuscito a leggere in
pace. Non che non se lo aspettasse, naturalmente. Sirius tendeva a detestare
quegli incantevoli momenti di silenzio in cui era costretto a fare i conti con i
suoi pensieri. Lo costringevano a ragionare, e la cosa lo riempiva di sgomento.
“Certo che per essere lo
stupido che è rotolato giù come una Pluffa per due rampe di scale parli
decisamente troppo.”
“Io non sono caduto!” sbottò
l’Animagus a voce alta. Ripensare a quella scena era davvero imbarazzante, anche
se non ricordava poi granché.
Era stato tutto molto rapido:
la sensazione che il mondo stesse rotolando su se stesso; un gran dolore
dappertutto nel momento in cui membra, tronco e nuca avevano cozzato
impietosamente contro la dura pietra; imbarazzanti strilli da ragazzina che gli
echeggiavano ancora nelle orecchie e quella caduta di faccia finale, così
improvvisa da non aver avuto nemmeno il tempo di farsi scudo con le mani. Era
stato Remus a portarlo in infermeria.
Erano tutti in Sala Grande per
il pranzo.
Loro si erano attardati perché
Sirius non riusciva a sistemarsi i capelli.
“E’ stato quell’animale
deficiente a farmi inciampare, si è messa in mezzo!”
“Non dare la colpa alla povera
Mrs. Purr della tua imbranataggine.”, rispose tranquillo Remus, incrociando le
braccia al petto e reclinandosi all’indietro contro la parete di fianco al
giaciglio dell’amico, quella vicino alla quale aveva sistemato lo scomodo
sgabellino dell’infermeria, la testa piegata di lato in un’adorabile movenza
canina, con quel sorriso obliquo a fendergli il viso. C’era da incantarsi a
guardarlo.
“Lei stava dormendo
acciambellata accanto al muro, sei tu che le sei finito addosso di peso. Di
sicuro lei è conciata molto peggio di te. Devi averla spaventata a morte.”,
aggiunse con un ghigno. Di sicuro trovava tutta la faccenda molto divertente.
Non c’era lui a contarsi i
lividi e a chiedersi se domani a lezione avrebbe ancora avuto il naso gonfio e
rosso come quello di Hagrid.
Sopraffatto da quel pensiero
orribile e spaventoso si portò istintivamente la mano (quella che non si era
rotto, la quale era guarita ma gli dava ancora qualche noia) al naso per
sincerarsi dei danni, ritraendola subito con un sibilo. Non che sentisse dolore,
anzi, la zona era completamente insensibile, ma al tatto gli sembrava d’avere in
mezzo alla faccia un inguardabile ammasso poltiglioso di sangue raggrumato e
lividi. Non aveva il coraggio di rendersi conto coi propri occhi del risultato.
Anche con tutti gli Incantesimi
di Guarigione del mondo sarebbero passati dei giorni prima che la sua faccia
riacquistasse le sue normali (meravigliose) fattezze. Frustrato strinse le labbra
in una linea esangue, ma il bordo scheggiato dell’incisivo recise la pelle
tenera delle labbra, facendolo desistere.
Questo perché ovviamente la
Chips aveva terminato la Pozione Crescidenti.
In quel momento era nelle serre
a chiedere alla professoressa Sprite quanto ci avrebbero messo a maturare i
baccelli di Citrococcalo, l’ingrediente fondamentale.
Con la sua fortuna, minimo un
mese.
Però, naturalmente, Remus non
provava la benché minima compassione.
Lui sarebbe andato in giro
invidiando persino la faccia di Mocciosus e lui si preoccupava del gatto.
Invaso da un cupo senso di
irritazione si voltò su un fianco di modo da dare le spalle all’altro,
pentendosene subito amaramente nel momento in cui venne colto dalle vertigini.
Ora capiva perché gli dicevano tutti di stare immobile.
Ma era roba da poco.
“Certo che è davvero strano,
Remus John Lupin che prende le difese di qualcuno che non sono io.” Un ghigno
mestamente sarcastico, di segreta soddisfazione, gli piegò le labbra al pensiero
dello sguardo infastidito del licantropo, che detestava essere chiamato col suo
nome completo. Lo trovava troppo altisonante per una persona come lui. “Mi sarei
meravigliato di trovare un po’ di appoggio da parte tua, anche se dovrei essere
grato di questa tua aperta manifestazione di dissenso: di solito preferisci
voltarti dall’altra parte.” Sputò su quelle parole tutto il suo disgusto e il
suo dolore.
Essere ignorato era una cosa
che mal sopportava persino quando ancora non provava niente per lui.
Ora era uno strazio.
“Sai qual è la vera stranezza
in questa storia?”
La voce di Remus non era
irritata quanto avrebbe sperato.
Anzi sembrava divertito, quasi
stesse assistendo allo sfogo di un bambino.
Sirius si chiese dove sarebbe
andato a parare. Conoscendolo, a niente di buono per lui.
Uno sbuffo stizzito gli gonfiò
comicamente le guance congestionate, e nel lanciarsi alle spalle un’occhiata
interrogativa gli occhi grigi e lucenti incontrarono quelli castani e freddi
dell’altro.
“Qual è?”
Il licantropo si portò una mano
al mento, assumendo un’aria meditabonda. “Vedi, tu hai talmente in odio i felini
che in genere anche in forma umana li fiuti, ma soprattutto li eviti, a un
miglio di distanza. Per cui mi domando…” Storse la bocca in un sorriso
sardonico, sprezzante di fronte alla crescente agitazione dell’altro. “Cosa ti
ha portato a ignorare la presenza di un grosso gatto come Mrs. Purr al punto da
inciamparci addosso? A che stavi pensando?”
L’Animagus gli lanciò
un’occhiata atterrita.
Mica poteva dirgli che aveva
preso in pieno lo “stupido gatto del custode” mentre era impegnato a
scannerizzargli di nascosto il sedere da sotto le pieghe della divisa e a
domandarsi se avrebbe potuto per caso declamare quello nella sua lettera
d’amore!
“A Ynette
Paynter di Corvonero.”, deglutì pronto il
ragazzo con la voce insolitamente acuta, cercando la salvezza al rossore che gli
aveva imporporato le gote nella stoffa del cuscino. “Sai… Quella con le…”,
sollevò una mano mimando col palmo aperto il gesto di un seno prominente.
Su Ynette si era fatto tante di
quelle fantasie, a suo tempo…
In fondo non era del tutto una
bugia.
“Ah, sì, la Paynter.” gli fece
eco l’altro, la voce vibrante di un divertito, prevedibile disgusto. “Avrei
dovuto immaginarlo…” Sirius sapeva che il licantropo conosceva Ynette dal
momento che era stata Prefetto al quinto anno, quando lo era stato anche lui, ma
quello bastava a non averla in grande considerazione. Poteva avere tutta la
scaltrezza e l’intelligenza che Cosetta Corvonero cercava negli appartenenti
alla sua casa, gli aveva confidato una volta quando Sirius gli aveva chiesto
informazioni personali a riguardo, restava un’oca idiota.
Sirius era rimasto stupito da
quelle parole.
Era raro che Remus esprimesse
apertamente le sue antipatie.
“Difficilmente una persona poco
seria come te potrebbe invaghirsi di un tipo diverso da lei.”
Era normale per i Malandrini
tacciare Sirius di superficialità, specialmente per quanto riguardava le
questioni di cuore. Le battute si era sempre sprecate, e in genere era lo stesso
Animagus ad incoraggiarle, facendone un vero e proprio motivo di vanto.
Quella volta, però, le parole
del licantropo gli fecero scattare qualcosa dentro.
A dispetto della debolezza
causata dalle pozioni che gli avevano somministrato per riposarsi riuscì a
sollevarsi a sedere con uno scatto improvviso e furibondo, ignorando la fitta di
dolore lancinante alle costole. Artigliò le lenzuola tra i palmi fino a sentirli
penetrare il tessuto sotto le dita tremanti, deboli e formicolate, il respiro
ansante e gli occhi lucidi.
“Io non sono una persona poco
seria!”, ansò pazzo di collera.
E poi si lasciò scappare le
parole più imbarazzanti della sua vita.
“Sono innamorato davvero!”,
gridò prima che il cervello potesse fermarlo.
Subito si premette i palmi
delle mani contro la bocca, ma era troppo tardi per ricacciarsi in gola di forza
quelle parole fino a morirci soffocato. I grandi occhi innaturalmente spalancati
si fissarono contro quelli placidamente sorpresi dell’altro, e fu grato di poter
mascherare il rossore e l’imbarazzo dietro i brutti lividi scuri. Passarono
lunghi momento di gelo durante i quali nessuno dei due osò proferire parola.
Se avesse potuto, e se il suo
orgoglio non gliel’avesse impedito con tutte le proprie forze ricordandogli che
benché si stesse atteggiando a tale lui non era una femminuccia lacrimevole,
Sirius sarebbe scappato via ululando per la vergogna e si sarebbe andato a
nascondere in un angolo buio.
Sfortunatamente non poteva. Tra
le altre cose Madama Chips avrebbe preferito spezzargli le gambe piuttosto che
farlo andare in giro senza il suo esplicito consenso (non che ci tenesse a
camminare alla luce del sole con quella faccia inguardabile). D’altronde non
poteva certo restare lì, squadrato dall’amico come se gli avesse appena
confidato di essere anche lui un lupo mannaro.
E se avesse capito?, si
chiedeva.
No, non lì. Non così.
Non in quella situazione idiota
dopo tutta la fatica di quei mesi. Senza la benché minima poesia, durante un
litigio infantile, con la sua faccia ridotta a una poltiglia informe.
Per fortuna ci pensò la
naturale predisposizione di Remus a voltare il viso dall’altra parte a toglierlo
da quell’impaccio. Con gratitudine osservò il licantropo alzarsi dallo sgabello
e, dopo aver preso la borsa coi libri, spolverarsi meccanicamente una macchia di
sporco immaginario dai pantaloni. “Devo andare.” La voce era dura, informale
nella sua freddezza. “Se la Chips torna e ci vede in queste condizioni penserà
che stia attentando alla tua salute.” Si permise un sorriso nella strada dal
letto alla porta, ma suonava falso. “E poi sono in ritardo per Erbologia, oggi
si decide del progetto di fine anno.”
Non attese nemmeno una risposta
prima di raggiungere la porta e chiudersela alle spalle, lasciando Sirius da
solo pervaso da un’infinità di timori e spaventose realizzazioni.
Era letteralmente terrorizzato.
Non tanto dall’idea che Remus
potesse aver capito tutto (anche se il pensiero che potesse accadere non lo
metteva di certo a suo agio) quanto dall’aver ammesso apertamente, a viva voce,
di essere davvero innamorato.
Era assurdo.
Ridicolo e grottesco.
Com’era volubile la mente
umana.
Come gli erano potute sfuggire
quelle parole quando solo poche settimane prima si era quasi convinto
dell’assurdità di un sentimento poco serio?
Dirlo non era tanto una
realizzazione, perché se quel modo di rendersi idiota non era amore non capiva
proprio cosa potesse essere, ma rendeva ciò che provava così reale da dargli il
capogiro, da fargli pensare alla vacua stupidità di quanto fatto finora, alla
poca convinzione che aveva spinto le sue azioni. Gettò un’occhiata patetica ai
fogli che scivolavano fuori dalla sua borsa, e si sentì ridicolo.
Nessuna meraviglia che Remus
avesse un’opinione così bassa di lui.
Difficilmente sarebbe riuscito
a farsi amare almeno un po’.
Ma le cose potevano cambiare…
Fu solo davanti alla porta dei dormitori, sul far dell’uscio,
che Sirius decise di farla finita con gli scherzi.
Doveva dirlo subito a Remus, prima che recuperasse
completamente le forze in seguito alla luna piena (ovvero, prima che avesse la
forza di fargli una paternale immensa, o peggio ancora di fargli male sul serio.
Sapeva che Remus sarebbe stato in grado, volendo, di mandarlo in infermeria per
tutto il resto dell’anno scolastico), e ogni secondo che passava era uno in meno
che lo separava dalla guarigione.
Non poteva perdere tempo con una ragazzina noiosa e
impicciona.
Né poteva lasciare che assistesse alla scena.
Un Remus opportunamente indebolito poteva affrontarlo, ma due
secchioni impenitenti nella stessa stanza a dargli addosso gli avrebbero dato lo
sprone supremo a gettarsi dalla finestra più vicina. Perché era quasi matematico
che si sarebbe intromessa.
Se non l’avesse fatto non si sarebbe chiamata Lily Evans.
E con tutta probabilità le sarebbe stata decisamente più
simpatica.
“Guarda che questo è il dormitorio maschile.”, le fece notare
il ragazzo.
“Ne sono perfettamente conscia.” L’altra sollevò un
sopracciglio con fare che definire costernato sarebbe stato un pallido
eufemismo. “A meno che tu non stia cercando di farmi intendere che Remus è una
donna.”
Sirius decise di ignorare quell’uscita decisamente infelice,
ingoiando una sfilza di risposte sarcastiche e incollerite che l’avrebbero fatta
scappare via in lacrime. “E se si stesse spogliando?”, sottintendendo in realtà
un assai poco rassicurante Penso che potrei azzannarti al collo se lo vedessi
nudo. ”Lo sai che è una persona riservata.”
“Beh, allora bussiamo.”
“E’ malato, non si alza dal letto da ieri.”
“Allora perché dovrebbe farlo per spogliarsi?”
Annientato da tanto pragmatismo Sirius si arrese.
“Bene, allora, goditi pure lo spettacolo se mi detesti così
tanto!”
Lily spalancò gli occhi, sorpresa. “Io non ti detesto
affatto.”, sbottò piccata, con le mani a puntellarsi i fianchi e i piedi ben
piantati a terra. La sua posizione da combattimento preferita. “Ti trovo solo un
insopportabile spaccone stupido e superficiale, e quando cerchi di fare la
persona seria e intelligente per farti bello agli occhi della Paynter ti rendi
ancora più ridicolo del solito.”
Fu il turno di Sirius di rimanere sconvolto.
“Che c’entra Ynette?!”
“Andiamo, non fare il finto tonto.” Le labbra della ragazza
si piegarono in un sorriso incerto e timido. A dispetto dell’orrore che gli era
gravato addosso il primo pensiero del ragazzo fu che quella pudicizia le stava
bene addosso come un fiocco stretto all’arnese di un centauro. “Lo sanno tutti
che hai una cotta per lei e che è per conquistarla che hai messo in atto tutta
questa sceneggiata dello studente modello.”
“Non è per lei!”, abbaiò duro, furente, troppo sconcertato
dalla notizia che gli studenti di Hogwarts avessero talmente poco da fare da
sparlare di lui e delle sue presunte cotte per chiedersi come diavolo facessero
a sapere di Ynette se non ci aveva mai neanche provato con lei perché
felicemente fidanzata da tre anni almeno con il capitano della squadra di
Quidditch dei Tassorosso.
Però in effetti ora si spiegavano tutte le criptiche
battutine di quell’infame di Ramoso a riguardo di cuscini e di un fantomatico
“rincitrullulirsi”.
Bastardo…
“E’ per Remus che mi sto comportando come un coglione!”
“Ti piace Remus?!”, strillò lei incredula con la sua voce
acuta e penetrante da Arpia, ed ebbe dell’incredibile la rapidità con cui
l’Animagus poggiò a terra il vaso e le tappò la bocca con la mano, sbattendole
le spalle contro la porta producendo un tonfo che rimbombò per le scale.
Sirius si bloccò di botto. Passarono lunghi secondi di
atterrita immobilità, infranta solo dalla solita voce nella sua testa che
continuava a dargli dell’idiota per essersi lasciato scappare quella frase
infelice, e dai mugolii soffocati della ragazza che stringeva tra le sue braccia
e il legno scuro (del tutto incurante del fatto che le stesse perforando le
costole con il libro di Difesa contro le Arti Oscure e le stesse quasi
disarticolando un paio di vertebre premendole la schiena contro il chiavistello
d’acciaio con tutto il proprio peso), durante i quali non accadde assolutamente
nulla.
Nessun rumore dall’interno.
Niente passi.
Nessuna voce che li invitasse ad entrare.
Pressò con più forza la mano sulle labbra di lei, per
attutire anche quel poco rumore che produceva ancora, e si concentrò solo su ciò
che accadeva al di là della stanza, incurante delle unghie affilate come lame
che gli si andavano conficcando sul dorso.
Forse Remus dormiva.
Per fortuna…
Un morso ben indirizzato all’indice lo riportò bruscamente
alla realtà con un grido rauco. Confuso, chinò la testa in direzione della
ragazza, la quale lo fissava furente, con le guance congestionate, il respiro
affannoso e gli occhi lucidi.
Una situazione ambigua.
“Dico, sei diventata matta?”, sibilò il giovane Black.
“Mi stavi soffocando, imbecille.”, fu la replica sdegnata.
“Beh, non sarebbe stata una gran perdita per il mondo
magico!”, sbottò esasperato l’altro, allontanandosi da lei con un gesto brusco.
“Devi essere completamente impazzita, metterti a strillare come una Banshee
davanti alla porta del dormitorio. E se Remus ti avesse sentito?”
“Hai ragione.”, bisbigliò lei avvicinandoglisi all’orecchio
con fare cospiratorio. “Dobbiamo mantenere il segreto con il povero Lupin. Ora
che non è al pieno delle forze l’idea di averti come pretendente potrebbe
ucciderlo!”
“Io non sono un suo pretendente!”
“Certo che no. Stavo scherzando.”, soffiò la ragazza
sollevando gli occhi al cielo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Quindi
ovviamente era naturale che Sirius non avesse afferrato. “La sola idea che tu
possa fargli la corte con fiori o poesie mi rivolta.”
“Sono d’accordo!”, biascicò Sirius cercando di celare la
propria afflizione dietro un deciso gesto d’assenso del capo, mentre il pensiero
correva a quelle pergamene stropicciate che giacevano in fondo alla sua borsa.
Era umiliante, ma non poteva biasimarla. Anche lui aveva sempre trovato l’idea
talmente ridicola da dargli il vomito. “Insomma, è disgustoso il fatto che un
uomo possa…”
La vide sollevare una mano con un gesto indispettito,
interrompendo quel suo sfogo amaro (e anche piuttosto deprimente). “Guarda che
un uomo può fare tutto quello che gli pare finché non gli viene la malsana idea
di ficcarsi nel tuo letto il giorno del tuo compleanno come mamma l’ha fatto con
un cartello al collo con su scritto Scartami.”
Fu impossibile per Sirius non pensare al povero Ramoso che
veniva catapultato fuori dalla finestra del dormitorio femminile fino ad
incastrarsi nei rami dell’enorme conifera che si stagliava poco distante. I due
si scambiarono un sorriso complice.
“Puoi anche innamorarti di un uomo se è quello che vuoi.”,
aggiunse poi lei, recuperando la serietà. “Ma potresti essere la donna più
ordinaria del pianeta e intraprendere la più normale e stabile relazione
eterosessuale che mago o strega abbia mai visto, Black, resta il fatto che
l’idea stessa di veder far coppia due come voi, con caratteri diametralmente
opposti, sarebbe come vedere un Elfo Domestico emancipato. E’ un qualcosa di
contro natura, dà i brividi solo pensare all’ipotesi.”
E a riprova delle sue stesse parole si abbracciò stretta,
come a ripararsi da una folata gelida.
“Ma…”, balbettò il ragazzo, incerto se dar voce a quel dubbio
infelice e patetico. “Se cambiassi…”
“Cambiare?”, ghignò sardonica la ragazza sollevando un
sopracciglio e squadrandolo con fare decisamente dubbioso. “Non riusciresti a
comportarti diversamente da quello che sei nemmeno se ne dipendesse delle tue
parti basse. Ti piace troppo essere così. Puoi atteggiarti quanto ti pare a
bravo studente nella vana speranza che una persona come Remus apprezzi qualcosa
che non sei realmente, ma rimane un fatto.”, sentenziò sollevando un indice
nell’aria con la stessa aria supponente che assumeva quando si trattava di
togliere punti a Grifondoro per qualche scherzo innocente dei loro.
“Resti lo stesso di sempre; il borioso bugiardo spaccone
degno compare di Potter che piuttosto che ammettere di essere davvero innamorato
contesta l’ovvio facendo la figura del buffone; lo stupido totalmente negato in
Erbologia, convinto di aver seccato una pianta a causa di una propria mancanza
quando è notorio che il Luniolo dopo la sua seconda notte di luna piena muore.”
Fine capitolo 5
Note di Fine
Capitolo: Alla fine
di questo capitolo piuttosto lungo e sofferto (interrotto in un punto piuttosto
infelice, me ne rendo conto) ci sarà qualche nota in più del solito, chiedo
venia! XD Avevo scelto di far affrontare Lily a Sirius per ultima (beh,
penultima a voler essere pignoli) da quando ho deciso la stesura prima di questa
storia: Lily ha quella sensibilità femminile che permette di leggere tra le
righe, quindi che leggesse i segni del suo comportamento era scontato. Non è
legata a Sirius da vincoli d’amicizia o altro, anzi, per cui da lei non avrebbe
mai ottenuto parole di confronto o mezze misure. L’uso dei flashback non era
preventivato all’inizio, ho solo pensato che sarebbe stato simpatico vedere
qualcosa in più su Remus.
Tanto per non trattarlo come l’uomo angelicato sul
piedistallo.
- De Commutatione:
In latino la Commutatio è il cambiamento, la mutazione. Questo ha la duplice
valenza di riferirsi ad un mutamento caratteriale di Sirius, qui nelle vesti del
bravo ragazzo. Sia a un mutamento fisico (anche se temporaneo), ovvero la caduta
dalle scale.
- Luniolo:
la pianta è una mia invenzione completa. Le sue proprietà sono totalmente
inventate da me, il suo aspetto l’ho preso in prestito da un fiore che io
personalmente amo molto, la Bella di Notte (Nome scientifico Mirabilis Jalapa,
ma io preferisco il nome giapponese, Yuna), che oltre a fiorire di notte ha i
fiori a forma di stella ed è molto bello a vedersi, fa molto WolfStar. ^_^
Se volete sapere come mi sono immaginata questa pianta
guardate questo piccolo montaggio fotografico eseguito da me con grande impegno
e dedizione in 2 minuti scarsi,
QUI.
Il nome, Luniolo, è stato “rubato” a Final Fantasy X, dove il
Luniolo altro non è che un simpatico globo di luce (che potete vedere
QUI, è molto carino), è lo spirito di una persona morta con dei
rimpianti o dei rimorsi che non riesce a trovare la pace e vaga sulla terra. Una
specie di fuoco fatuo, se vogliamo. Ma più fashion.
- Citrococcalo:
Totalmente inventato il nome di questo fiore, da citros, in greco antico è il
limone. Coccalos è l’osso in greco moderno. Mi piaceva l’accostamento delle due
parole e il rimando alle ossa visto che Sirius deve farsi ricrescere un dente!
XD
- “Stupido gatto del custode!”:
Questa frase non viene pronunciata casualmente da Sirius. Trattasi infatti di un
rimando a un altro famosissimo cane del mondo della fantasia (No! Volete dire
che Sirius non è reale?!). Vale a dire Snoopy, che ce l’aveva sempre a morte con
lo “Stupido gatto dei vicini”. ^_- Tra l’altro Sirius me lo sono sempre visto
un sacco
JOE COOL
(Joe Falchetto in italiano)
- Rincitrullulirsi:
Non è un errore di battitura (ne faccio già abbastanza di mio per non
aggiungerci anche questo! XD), ma un rimando al lungometraggio Bambi, di Walt
Disney, in cui gli animali della foresta quando si innamoravano si
rincitrullulivano. Non è casuale il fatto che una persona dica questa frase.
Passo ai commenti individuali,
che stavolta mi porteranno via poco tempo, sono solo due! Pochi ma buoni. XDD
Mixky: Sì, è vero, me l'hai già detto che
Sirius ti assomiglia, ma è bello sentirtelo ridire! ^.^ Dà l'aria di una persona
più vera se qualcuno ci si ritrova tanto come te, per cui mi fa molto piacere.
Anche perchè io questo uscir di testa non l'ho mai provato (non sono il tipo! XD),
per cui che mi si venga a dire che è realistico mi fa ballare dalla gioia! XDDD
Anche a me quella frase che ti ha colpita piace molto! ^____^ Grazie ancora per
i complimenti, coraggio, manca poco, il prossimo capitolo è l'ultimo, Sirius
soffrirà ancora per poco per mano mia (poi lo lascio a Remus e vedrà lui cosa
farne)! ^.^
Skiblue: Fiuuuu' sospiro di sollievo. Questo
capitolo è quello che più mi aveva preoccupata perchè era veramente cupo
(leggevo il primo capitolo, poi quello e mi dicevo "ma è la stessa fic?" XDDD Lo
ammetto, in questo episodio lì con Ramoso io ero molto Sirius, che si stufa e
nemmeno poco a sentir declamare le virtù di Lily mentre io poveretto languo e
soffro! XD Sono riuscita a farlo apprezzare un pochetto anche a un paio di
amiche mie che non lo riescono a sopportare nemmeno di vista (Ramoso) per cui
triplamente felice! XDDD Aaaah, hai notato l'ironia di quando ho parlato della
torre. Lo ammetto, ho voluto strizzare un po' l'occhio a quelle migliaia di fic
in cui la torre di astronomia diventa il postribolo di zia Poppea. Nulla contro
queste fic, è solo che mi piace parodizzare i clichè, è una mia fissa strana,
dove più dove meno lo faccio in ogni fic che scrivo! XD Inizi a pensare che
Sirius sia masochista? Ma lo è! XD Quale innamorato non è un po' (tanto)
masochista in fondo? XDDD Mettiamo caso che riesca nel suo intento di
conquistare Remus.... Povero licantropo! XDDDDD Un bacio anche a te! ^_-
|
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Capitolo 7 *** Lettera 6 (Epilogo) - Una banale dichiarazione d'amore (Remus Lupin) ***
Nuova pagina 1
BGM:
Passion – Hikaru Utada
SOLO UN'ALTRA BANALE
DICHIARAZIONE D'AMORE
Lettera 6 (Epilogo) –
Una banale dichiarazione d’amore (Remus Lupin)
E’ raro che Felpato faccia la sua apparizione fuori dalla
Foresta Proibita.
Gli è impossibile girare per i corridoi della scuola, dà
troppo nell’occhio.
In dormitorio c’è privacy ma se può lo evita, gli odori lo
stordiscono.
Perché per quanto a fondo gli elfi domestici lucidino la
stanza, anche più di una volta al giorno, loro restano comunque un gruppo di
vivaci adolescenti ed è normale che ci sia sempre un calzino usato (da Prongs,
il quale reputa uno spreco di tempo e fatica lavare i calzini dopo sole tre
volte che li si è utilizzati) incastrato sotto le molle di un letto ad attutire
un cigolio, il resto di un pasto sgranocchiato di nascosto (di Peter,
ufficialmente a dieta) abbandonato poi tra le intercapedini di un muro, per non
parlare di qualche esperimento di pozioni (di Remus, che dovrebbe piantarla di
incaponirsi tanto e accettare la seppur umiliante verità che in pozioni fa
schifo) finito male lasciato ad incrostarsi contro le crepe del soffitto e tra
gli arricciolamenti d’ottone delle torce.
Troppi gli odori che Felpato trova interessanti.
Troppa la voglia di balzare giù dal letto e catalogarli
tutti.
Il ragazzo invece vorrebbe solo chiudere gli occhi e dormire
senza il peso di complicati pensieri umani a turbargli il sonno, ma questo gli è
reso impossibile dalla sua condizione bestiale, per non parlare della punta
d’acciaio di una piuma d’oca che dispettosa continua a pungergli la nuca tra le
orecchie, proprio là dov’è più sensibile.
Un’altra dopo un istante.
Un’altra ancora. Sono a intervalli regolari.
Uno sbuffo stizzito strappa una risata al suo aguzzino.
Una risatina maliziosa, sommessa… Così deliziosamente umana.
Felpato scosta appena la testa premuta sul braccio dell’altro
quel tanto che basta perché occhi grigi e tristi incontrino un placido oceano
d’ambra sbrecciato da un lampo di divertita malizia.
Un sorriso sghembo lascia scoperte appena le punte dei
canini.
“Se vuoi che la smetta perché non la pianti di usarmi come
cuscino?”
Il cane solleva la testa di scatto, scotendola da una parte
all’altra con forza, e mentre le orecchie gli sferzano le guance producendo
schiocchi secchi di frusta qualche goccia di bava gli sfugge dalla bocca
colpendo in pieno viso l’umano che gli stava al fianco. La coda percuote un paio
di volte la coperta in un lento scodinzolio di trionfo.
“L’hai fatto apposta…”, mugugna l’umano pulendosi la guancia
col dorso della mano.
Felpato abbaia soddisfatto, poi gli posa di nuovo la guancia
sul braccio.
Chiude gli occhi e un sospiro appagato lo attraversa tutto.
E’ solo lì che vuole stare.
Stretto contro il calore di braccia amiche anche se
l’avvicinarsi dell’estate ha reso le giornate così calde che neanche la finestra
aperta riesce a dare un po’ di sollievo, e non è la più grossa pensata del mondo
starsene pigiati l’uno al fianco dell’altro su un letto a malapena sufficiente a
contenerli entrambi.
Alla mercè di dita lunghe e sottili che il più delle volte
pungono, pizzicano e fanno dispetti, solo per le rare volte in cui queste si
fanno gentili e tenere e dispensano carezze, quando le falangi si piegano e
percorrono l’intrico del suo manto in tortuosi ghirigori e le unghie grattano
quel punto appena dietro l’orecchio che lo fa uggiolare come un cucciolo.
Lì dove c’è l’odore più dolce del mondo.
Sono rare le volte in cui gli è permesso farlo, vuole
godersene ogni istante.
Anche se gli altri tendono a dimenticare che sotto le
parvenze di cane batte comunque il cuore di Sirius Black e non trovano quindi
così strana una tale vicinanza, cosa che gli permetterebbe di avvicinarlo senza
destare sospetti, Remus non lo tollera: odia i peli di cane sulle coperte e il
cuscino, detesta doversi imbottire di Incantesimi Refrigeranti per sopportare
l’insostenibile calore del suo corpo, e sarebbe in grado di uccidere chiunque lo
disturbi in qualsivoglia maniera, compresa la mera presenza, durante le sue
sessioni di studio di fine anno. Anche se studia sempre così tanto che l’idea
stessa della parola “ripasso” pronunciata dalle sue labbra ha il sapore di una
battuta.
Però a farne le spese è Felpato, che quando ha voglia di
coccole e attenzioni viene cacciato via in malo modo, nel migliore dei casi con
strilli e cuscinate.
Una volta è stato colpito al naso col testo di
Trasfigurazione.
Invece questa volta gli è stato permesso non solo di stare
sul letto, ma di poggiarglisi contro il fianco, col braccio che volta le pagine
del tomo che stringe tra le dita a fargli da guanciale.
Senza dubbio quella è una giornata molto particolare.
Sirius ipotizza che si senta in colpa per qualcosa.
A Felpato invece non interessa saperlo.
L’unica cosa che conta è stare lì.
“E’ bello…”
“Cosa?”, risponde distratto l’altro ragazzo, perso tra le
pagine di qualche libro dall’aria noiosa al punto da non staccarvi gli occhi di
dosso. “Hai detto qualcosa, Sirius?”
Il ragazzo dai capelli neri spalanca gli occhi, volgendoli
poi alla mano poggiata sullo stomaco dell’altro in un abbraccio indolente.
Una mano umana.
Trattiene a stento un’imprecazione.
Ormai padroneggia talmente bene la trasformazione in Animagus
da passare con naturalezza da uno stato all’altro senza avvedersene, ed è strano
se pensa che le prime volte faceva un male d’inferno. Neanche lontanamente
immaginabile a quello che patisce Remus ogni mese.
“Niente.”, borbotta con voce arrochita a causa del lungo
periodo trascorso come cane mentre stancamente fa leva sul gomito per sollevarsi
un po’, interrompendo quel contatto così tenero col braccio dell’altro. “Sono
distrutto. Torno nel mio letto.”
“Come vuoi.”
Si stringe nelle spalle con indifferenza.
Ancora non alza gli occhi, come fosse solo nella stanza,
anche quando nel disincastrarsi svogliatamente da una posizione che li vedeva
fortemente avvinti l’uno all’altro una mano va a sfiorargli l’interno coscia in
maniera totalmente (ma non troppo) casuale, benché Sirius senta comunque il
muscolo irrigidirsi appena sotto i polpastrelli e i polmoni trattenere il fiato,
a disagio.
L’Animagus si alza in piedi a fatica e ciondola fiaccamente
nel letto accanto, buttandosi sopra le coperte a peso morto con uno sbuffo
stravolto, il viso sprofondato nel cuscino a nascondere un sorriso segreto. Ha
ancora addosso l’odore di Remus. Gonfia il petto contro il materasso in un lungo
sospiro languido, cercando di abbrancarne quanto più può con le narici prima di
strofinare il volto contro la federa fresca di modo tale da avere l’altro oltre
la barriera di ciglia pesantemente serrate.
Non serve aprire gli occhi per sapere che quello che ha di
fronte è il solito Ragazzo-Che-Guarda-Altrove, con la sua frangia troppo lunga a
coprirgli gli occhi attenti e le sopracciglia accartocciate in un gesto di
dolorosa concentrazione, le labbra piegate all’ingiù in una piega severa, con la
lingua a far capolino da un lato. Le mani devote e carezzevoli attorto ai bordi
di un libro di scuola tenuto tra le ginocchia ossute lievemente piegate e le
spalle curve contro la testiera del letto e un cuscino ben sprimacciato.
Sospira ancora, stremato.
Resta immobile a controllare il ritmo dei suo respiro.
Troppo stanco persino per trovare la consolazione del sonno.
Sono giorni che non dorme perso in assurde riflessioni,
troppo deprimenti per dar loro voce anche al di fuori di quel confine sottile
tra veglia e sogno in cui non c’è controllo e i pensieri si ammassano. Però ci
sono, e premono comunque per uscire.
Non funzionerebbe.
Il fruscio lento e pesante delle pagine sfogliate in maniera
distratta scandisce il tempo di un assolato mattino d’agosto. Troppo bello per
restare chiusi in dormitorio a poltrire, troppo bello per non andare all’ultima
gita dell’anno ad Hogsmeade assieme a James e a Peter a fare scherzi, riempirsi
le tasche di roba inutile e ingozzarsi di dolci e BurroBirra.
Non capisce proprio come faccia Remus.
E’ l’unica persona che conosca a trovare eccitante l’idea di
un giorno in pigiama, mentre lui troverebbe estremamente più eccitante l’idea di
un giorno senza pigiama, se proprio la si dovesse passare in casa ad
annoiarsi con l’unica distrazione di noiose elucubrazioni. Invece il licantropo
sembra perfettamente a suo agio ficcato a fondo sotto le coperte, benché
l’arrivo della bella stagione quasi non lo consenta più, e ogni volta inventa
una scusa nuova per evitare le gite fuori durante i fine settimana.
Stavolta per esempio era ancora debilitato a causa della luna
piena.
Peccato che puzzasse di scusa lontano un miglio, dal momento
che era passata una settimana abbondante, ma a differenza delle altre volte, in
cui nei casi di emergenza si era stati costretti a trascinarlo giù in mutande,
si era deciso di chiudere un occhio.
Sirius non sembrava davvero in condizione di affrontare il
mondo, quella mattina, men che mai una gita ad Hogsmeade: aveva chiamato James
“mamma”, aveva rischiato di sfracellarsi al suolo scambiando la porta d’ingresso
con la finestra, e benché avesse tentato di non rinunciare a quell’ultima
distrazione spensierata prima degli esami di fine anno e delle vacanze estive,
durante le quali avrebbe dovuto trovarsi un posto tutto suo era riuscito solo a
ruzzolare contro il tappeto con un tonfo sordo, in un infruttuoso tentativo di
far passare entrambe le gambe da un solo lato dei pantaloni.
“Sirius soffre troppo, non possiamo lasciarlo solo. Noi che
siamo suoi amici dobbiamo stargli accanto.”, aveva sentenziato James con la sua
solita aria falsamente pragmatica, aiutando l’amico a rimettersi in piedi per
poi farlo sedere a letto.
“Remus, tu resti con lui, tanto non hai voglia di venire.”
E si era chiuso la porta alla spalla prima che uno dei due
potesse obiettare.
Sirius aveva trattenuto una delle imprecazioni più memorabili
della sua vita, stringendola tra i denti assieme alla lingua. Tipico di James
trovare la soluzione più comoda per lui riuscendo a spacciarla per il bene
comune. Sarebbe stato un vero spreco rinunciare al divertimento tutti e quattro
per un semplice calo di pressione. E poi avrebbero pensato a loro con affetto,
non aveva mancato di aggiungere Ramoso dal cortile mandando baci, cosa che lo
preservava da ogni senso di colpa.
Tanto con Remus non doveva mica restarci lui.
Mi mette a disagio star solo
con lui.
Perché è frustrante da morire.
E’ quel genere di persona che dà l’aria di sopportare il
mondo con un sorriso solo perché ci si trova in mezzo e deve fare suo malgrado
buon viso a cattivo gioco, ma che in realtà potrebbe sbatterti addosso senza
notarti affatto.
E’ così innaturale.
Non serve a nulla trasformarsi in Felpato e saltargli sul
letto per poi accoccolarglisi al fianco, così come non è mai servito a nulla
attirare la sua attenzione nei modi più disparati.
Neanche ballargli nudo davanti in piena Sala Grande
servirebbe a qualcosa.
Forse solo a farsi trascinare dal Preside col rischio di una
punizione memorabile.
Remus invece mostrerebbe sempre la solita maschera di serena,
posata padronanza di sé.
E’ irritante.
Non lo sopporta.
A partire da quel viso candidamente angelico da bravo ragazzo
di cui l’ha fornito la natura, falso come i capelli di suo padre, ci sono
diverse sue abitudini che lo fanno uscire pazzo, e non in maniera piacevole: il
modo con cui si tormenta le dita quando è nervoso, il vizio di spezzarsi con le
unghie le doppie punte dei capelli come una ragazzina scema, il modo in cui
curva le spalle mentre cammina rasentando i muri per non farsi notare, o la sua
incapacità di fissare qualcuno dritto negli occhi, lasciando l’impressione che
stia guardando attraverso il proprio interlocutore. E poi quando dorme non russa
come tutti i maschi normali di questo mondo.
Remus Lupin fischia.
Un sibilo lungo e acuto da serpe.
Dal punto di vista caratteriale, poi, il fastidio raggiunge
livelli epici.
E’ notoria la sua assoluta incapacità di prendere una
posizione chiara, ed è altrettanto risaputo che chiedergli di fare da giudicante
per qualsiasi cosa, fosse anche la scelta tra due tipi diversi di dessert per la
colazione, equivarrebbe ad aspettare fino all’età della pensione, così come il
chiodo fisso di voler fare a qualsiasi costo tutto da solo, compresa la Felix
Felicis che fatica a distillare persino quella secchiona della Evans. Per non
parlare poi della sua fissa di mettersi libri di scuola e appunti sul comodino
accanto al letto in ordine alfabetico, di preferenza o di grandezza a seconda
dell’umore, del giorno della settimana, o del colore degli occhi del gatto del
Prefetto di Tassorosso, e guai a infrangere questa mistica disposizione.
Le sue assurde abitudini sanitarie farebbero impazzire un
maniaco dell’igiene: togliergli la possibilità di fare almeno due docce al
giorno equivale a togliergli l’ossigeno e a far passare una pessima giornata ai
malcapitati costretti a sentire le sue cagate allarmistiche su germi e batteri
in agguato in ogni angolo (la maledizione di un nonno Medimago in pensione).
E’ pigro, noioso, un secchione impenitente.
La cosa che più trova insoffribile, però, è quella sua
convinzione arrogante di essere sempre nel giusto, cosa che immancabilmente lo
porta a ritenere in torto chiunque non la pensi come lui. Sirius, com’è ovvio, è
una di queste persone che finisce con l’essere ritenuto un deficiente, e
trattato come tale, con frecciatine sarcastiche e continue prese in giro. Quello
sguardo dall’alto in basso con cui lo scruta sempre lo ossessiona, e non in modo
piacevole.
Se fosse stato qualcun altro e James, notandone le capacità
malandrine, non l’avesse preso sotto la sua ala, l’avrebbe ammazzato da tempo.
Non siamo fatti per stare
insieme.
E’ un pensiero che colpisce a fondo come una martellata nelle
parti basse e lo costringe ad un sussulto improvviso, come si fosse risvegliato
da un incubo. In uno slancio istintivo spalanca all’inverosimile gli occhi,
incurante del bruciore lancinante: il grigio dell’iride appare sfocato, spento e
opaco contro il rosso liquido della sclera, le ciglia pesano come macigni.
E in un mondo sfocato e annebbiato di sonno il volto di Remus
ancora chino sul libro è l’unica cosa che gli appare sempre nitida e chiara.
Remus è la sua certezza.
Siamo troppo diversi.
Eppure, nonostante tutto, vuole stare con lui.
E che Merlino lo aiuti, non può farci proprio niente.
Le labbra si socchiudono in un sussurro rauco e triste.
“Sono fottuto…”,
mormora, spingendo più a fondo la guancia contro il cuscino a ricacciare
indietro una stupida lacrima, ma viene distratto dalla risata bassa e roca del
suo vicino di letto. Sirius solleva un po’ la testa dal suo giaciglio, quel
tanto che basta a vedere il licantropo che, abbandonato il libro in grembo, si
preme una mano davanti alla bocca per soffocare una risata trattenuta a stento.
“… Che c’è?”, sbotta Sirius seccato. “Ho fatto qualcosa di
divertente?”
“No, affatto.”, lo rassicura subito Remus, mettendoci forse
un po’ troppa enfasi per poter risultare davvero credibile. Le labbra sono
serie, piegate un po’ all’ingiù, il volto imbronciato, ma è impossibile non
notare il tremolio impercettibile dei muscoli delle guance e delle spalle, e
quel luccichio divertito in quegli occhi inebrianti. Di fronte allo sguardo
umiliato dell’altro, il suo sorriso aveva assunto un’aria tenera, quasi
comprensiva. “Scusami. Era da un po’ che non ti sentivo imprecare come un
commerciante di Notturn Alley. Mi mancava.”
L’Animagus lo scrutò di sottecchi, dubbioso.
“Ma se dici sempre che è un’abitudine odiosa e incivile.”
Remus piega la testa di lato, in un moto di giocosa
curiosità. “Da quando ascolti quello che dico?”
Da quando hai cominciato ad
ossessionare i miei sogni e i miei pensieri come una delle sciocche ragazzine
ingenue che deridevo: dapprima in maniera tenera e timida, poi sempre di più, a
morsi e unghiate, ti sei insinuato con forza irruente dentro di me al punto che
estirparti adesso sarebbe mortale come il grido della Mandragora, in maniera
così naturale che dichiararmi a te mi è sembrata solo la cosa più ovvia del
mondo.
Da quando, a dispetto del mio
apparire sfrontato, mi sono scoperto timoroso di un tuo rifiuto al punto da non
riuscire quasi più a guardarti in faccia, figurarsi dichiararmi a viva voce, e
ho deciso di lasciare tutto nelle mani di un foglio di pergamena, sforzandomi di
trovare le parole quando non sono mai riuscito a guardarmi dentro neppure per
decidere quale fosse la mia squadra di Quidditch preferita.
Da quando ho cercato di far
mie, senza successo, quelle altrui.
E ho capito che voglio qualcosa
che sia solo per te.
“Remus, scrivimi una lettera d’amore.”
Le parole gli rotolano via dalle labbra impazzite, come
dotate di una propria volontà, e prima ancora che si renda conto di cosa ha
detto schizzano via libere attraverso le cortine spalancate, fuori dalla
finestra. Le dita stringono convulsamente i fogli di pergamena accartocciati che
tiene da mesi a scricchiolargli sotto il cuscino, come a cercare conforto nel
momento in cui incontra gli occhi di Remus.
Perché non lo fissa con un lampo di gelosia ferina nello
sguardo? Perché non storce le labbra in quella smorfia strana che atteggia
sempre, come se il mondo intero lo stomacasse?
Preferirebbe ritrovarselo licantropo davanti agli occhi, al
momento.
Tutto, pur di non vedergli sul volto quel ghigno saccente.
“Non ci riesci, eh?”
“No.”, ringhia cupo al punto da fare invidia alla sua
controparte canina, e il sorriso dell’altro si allarga mentre Sirius si morde le
labbra e china lo sguardo sentendosi imporporare le gote nel momento in cui fa
scivolare le gambe oltre il bordo del materasso e si solleva a sedere sul letto.
“Non ci riesco.”
“Mi sarei stupito del contrario.”, sbotta il licantropo senza
preoccuparsi di nascondere la propria soddisfazione di fronte a quell’ennesima
conferma del fatto che Sirius Black, notorio dongiovanni, debba la sua fama al
timido, ordinario Remus Lupin, che l’amore l’ha conosciuto solo tra le pagine
dei romanzi di sua madre. Con calma, senza abbandonare un certo sogghigno di
pingue superiorità, afferra tra le dita la bella piuma d’oca che gli ha regalato
Peter per il suo compleanno. Schiude le labbra e le parole scivolano via
annoiate, come una lezione da snocciolare a memoria.
“Allora, Felpato, per chi è stavolta?”, domanda mentre si
china a prendere una delle sue pergamene dalla borsa, e solo allora Sirius
azzarda di guardare nella sua direzione. “Chi è la fortunata che merita le
accorate parole d’amore di Sirius Black?”
L’Animagus non risponde annientato dalla crudele ironia della
situazione, pur non essendo mai stato un tipo attento a simili minuzie.
“Stavolta è diverso.”, sibila tra i denti con fare
minaccioso, in quello che vorrebbe essere un segno d’avvertimento, ottenendo
solo una risata amara da parte del compagno.
“Dici così tutte le volte.”
Solo Godric o chi per lui trattiene Sirius dal saltargli
addosso per mollargli un pugno.
Godric, e il fatto che sarebbe un sacrilegio deturpare il
viso che ama.
E’ vero, ma cosa gli dà il diritto di pensare che stavolta
non sarà un qualcosa di davvero diverso? La gente può anche cambiare, checché ne
dica la Evans.
Si diverte tanto ad umiliarlo così?
“Allora, ti occorrono eroici poemi per una fiera
Grifondoro?”, infierisce l’altro con voce svagata. “Struggenti dichiarazioni
d’amore eterno per qualche romantica Tassorosso o citazioni colte e sagaci
freddure per una brillante Corvonero? Oh, no, ora ci sono” Gli volge una fugace
occhiata da dietro la frangia color sabbia prima di dare il colpo di grazia. “A
giudicare dal pallore del tuo volto e dal modo in cui ti torci le mani, unito al
tuo strano comportamento di questi giorni, stavolta c’è da irretire nientemeno
che un’astuta, ammaliante Serpeverde!”
A quella parolaccia Sirius si ridesta dal suo mutilo torpore.
Si leva in piedi con un secco colpo di reni e lo fissa con
aria di sfida.
“Serpeverde?”, abbaia, oltraggiato stringendo i pugni, nel
tono e nello sguardo un serio cipiglio battagliero. “Nemmeno se l’alternativa
fosse la castità a vita.”
Il licantropo nemmeno replica a quella bella frase orgogliosa
che puzza di falsità lontano un miglio persino a chi l’ha pronunciata, il quale
sa perfettamente che in caso di effettivo bisogno sarebbe in grado di azzardare
una mossa anche con sua cugina Bellatrix. Si limita a squadrarlo con calma
snervante, lasciando scivolare lo sguardo dall’alto in basso soffermandosi a
lungo su quello fuggevole dell’altro, mentre rotola lento su se stesso fino ad
assumere una posizione prona.
“Stai insultando la mia intelligenza, Sirius, ma fingerò di
crederti per quieto vivere.”, mormora il licantropo mentre fa leva sui gomiti
sollevandosi quel tanto che basta da permettergli di accomodare il libro sul
cuscino a mo’ di base per la pergamena e di assumere la posizione relativamente
più comoda. Il letto non è certamente il posto ideale, ma pur di non alzarsi si
metterebbe persino a testa in giù.
“Allora, cosa devo scrivere?”, biascica tediato poggiando una
guancia su una mano, roteando la piuma tra le dita dell’altra.
“Quello che vuoi.”, sbotta l’altro, incupito.
Incurante del malumore dell’amico, Remus si stringe nelle
spalle e si mette subito al lavoro di buona lena, essendo notoriamente del
parere che le lettere in vece di Sirius vadano scritte nel minor tempo
possibile, prima che perdano di valore e il superficiale Felpato non vada in
cerca di qualche altro “amore della vita”, che assomiglia in maniera inquietante
ad un amore del secondo.
Sirius cade a sedere pesantemente sul letto a gambe aperte, i
gomiti poggiati sulle ginocchia a sorreggersi il viso, alla stessa penosa
maniera di quando da bambini lui e Regulus attendevano che l’elfa domestica
finisse di cucinare qualche dolce.
C’è un senso similare di trepidante attesa ad infiammarlo
dentro, come il caldo di un biscotto appena sfornato mentre osserva la piuma
d’oca volare sulla carta in rapidi ed eleganti svolazzi, guidata da una mano
esperta, unito ad un’inspiegabile oppressione all’altezza del petto.
La facilità con cui Remus è sempre riuscito a dar forma ai
pensieri e che non l’ha mai toccato più di tanto, non essendo mai stato un tipo
avvezzo a simili manifestazioni di cultura, ora lo riempie di un’invidia amara e
cupa.
Perché lui vorrebbe dirgli quello che prova, lo vorrebbe
davvero.
Ma non so quello che ti
piacerebbe ascoltare.
Io non ho niente di
interessante da dire.
E’ davvero come tutte le altre volte.
Chi può dire che questa non sia solo una delle tante cotte
adolescenziali destinata a infiammarsi al primo sfregamento con una potente,
accecante vampata al pari della capocchia di un cerino, per poi spegnersi un
istante dopo lasciandosi alle spalle solo un filo di fumo?
Nessuno, e la cosa lo riempie di sgomento.
Si alza ancora in piedi di scatto.
La voglia di strappargli quella fottuta pergamena dalle mani
e di stracciargliela davanti agli occhi si fa insistente al punto che quasi
riesce a vedersi avanzare nella sua direzione e allungare le dita verso di lui,
quasi assapora sulla lingua l’espressione sorpresa del viso dell’altro nel
momento in cui frammenti di parole d’amore voleranno fuori dalla finestra.
Ma Remus resta con la testa china a macinare parole su
parole, coi capelli da femmina a coprirgli impietosamente la visuale e il
grattare della piuma d’oca a scandire i secondi.
I suoi piedi restano inchiodati sul posto.
Vigliacco.
Gli ripete all’infinito una voce nella testa.
Sei la vergogna dei Grifondoro.
Ed è strano che
somigli tanto a quella di sua madre.
Questo mantra avvilente viene interrotto da un improvviso
frusciare di carta sotto al naso. Remus ha già finito di scrivere la lettera,
glielo legge dallo sguardo soddisfatto che segue il completamente riuscito di
ogni lavoro.
Assurdo e ridicolo.
Pochi minuti per una cosa che a lui ha portato via mesi.
Si sente così gonfio di rabbia dentro, rivolta verso se
stesso e anche un po’ nei confronti del suo scrittore di fiducia che
esploderebbe, ma fuori atteggia i muscoli del viso a un sorriso smargiasso dei
suoi, per non destare sospetti. Afferra con disinteresse la pergamena che gli
porge l’altro e butta un’occhiata casuale a quella grafia fin troppo conosciuta.
Sottile e regolare, artistica.
A passi lenti e calcolati raggiunge la finestra, di modo tale
da voltare le spalle all’altro. Non vuole che Remus lo veda troppo entusiasta e
cerca di assumere un atteggiamento di pigro disinteresse, ma sa che gli occhi
invece brillano come quelli di un bambino e lo tradiscono.
“Sarà meglio che stavolta tu ti sia superato.”, biascica
burbero.
“Ne rimarrai entusiasta.”, sorride l’altro.
***
“E’ strano se ci si pensa come la gente, anche se dotata di poteri magici, nutra
un piacere quasi perverso nel complicarsi la vita.
Per esempio, ora potrei dirti semplicemente che ti amo. Non è come se rischiassi
davvero un rifiuto da parte tua, so bene di non esserti indifferente. E questo
non perché io sia provvisto dell’Occhio Interiore o di un sesto senso femminile,
come potrebbe insinuare qualche maligno. E’ solo che sei dannatamente ovvio.
Temo però che una frase così diretta sarebbe troppo banale e non esprimerebbe,
nel pratico, ciò che voglio dirti.
Quante volte ho sentito pronunciare quelle parole a vuoto intorno a me, ormai ho
perso il conto.
Dimmi, hanno un qualche significato per te?
Non so neanche se ce l’hanno per me.
Il che è assurdo dal momento che non so neanche se chiamare amore ciò che sento
o se piuttosto non dovrei definire la mia nulla più che una pia speranza: ho
pensato a lungo ai miei sentimenti, senza mai venirne davvero a capo. Non sono
molto bravo a leggermi dentro, non ci sono abituato. So che quello che provo per
te è frutto di un processo che potrei definire solamente naturale, anche se ben
pochi ne converrebbero; è maturato in maniera graduale, con la spontaneità di
una cosa che sembra appartenermi da sempre e che fa parte di me e dell’ambiente
che mi circonda, come la vita che mi è stata data o l’aria che respiro.
Sembra una cosa così facile da dire, adesso.
Se qualcuno mi avesse detto che avrei finito col mettere su carta pensieri così
imbarazzanti, o se anche solo avesse insinuato che avrei provato per te qualcosa
che andasse oltre un’educata tolleranza, come minimo gli avrei riso in faccia:
non sei propriamente quella che chiamerei la mia anima gemella, e di sicuro sei
l’ultima persona che avrei mai immaginato di voler vedere al mio fianco. Del
resto la mia vita è già abbastanza difficile così com’è. Anche tu sei difficile:
soprattutto ami mettere sottosopra la vita degli altri mentre io ho sempre
cercato prima di tutto stabilità. Ma non è solo questo, anche se sarebbe più che
abbastanza per lasciar perdere. Io e te siamo per natura e carattere agli
antipodi, opposti che si attraggono come nel più banale dei clichè romantici, ma
abbastanza disincantati e pratici da sapere fin dall’inizio che un’eventuale
relazione non sarebbe la scelta più sensata. Non dovrei nemmeno amarti, a
dirtela tutta.
Sarebbe decisamente più logico.
Invece è così, e mi sta bene.
Semplicemente.
E se l’amore non è questo, se non è il coraggio di combattere e di andare avanti
nonostante tutto, pur nella piena coscienza di ciò che avverrà, io non so
proprio cos’altro potrebbe essere.
Ti guarderò leggere questa pergamena nella speranza che tu ti
accorga finalmente che quella che stai stringendo tra le dita è solo un’altra
stupida, banale dichiarazione d’amore.”
***
SOLO UN’ALTRA BANALE
DICHIARAZIONE D’AMORE
FINE
Note di Fine
Fanfiction (in tutti i sensi)
A
cura di una persona che non ha eccessiva voglia di farle ma a fine fan fic credo
siano doverose. Dunque, mi sento di ringraziare, a parte le anime sante che sono
riuscite a sopportare la mia graforrea fin qui con fedeltà e audacia (sembra che
stia parlando del cane Balto), Sirius e Remus che venendo contro tutti i
principi a cui li ho educati dopo anni di fic romantragiche come Godric comanda
a suon di turpiloquio e mazzate si sono prestati a una commedia romantica con un
(brrrrr, rabbrividiamo) lieto fine.
Non me lo perdoneranno mai finché campano.
Hanno già pronta la frusta e la cera bollente.
Appena arriva Draco con il Daiqiri e le maschere di
ecopelle cominciamo una festa come sappiamo farne noi, per compensare la
dolcezza a cui ci siamo sottoposti per settimane.
Spero che qualcuno sia arrivato alla fine senza
annoiarsi.
Spero che abbia gradito almeno un po'.
Spero che lasci un commentino.
Spero tante cose, e da qualche parte tra il
desiderio di conoscere (possibilmente in maniera biblica) Gary e il riuscire a
trovare un fidanzato che compensi gli esseri raccattati finora trova spazio
anche la speranza di un mondo senza guerre.
Un inchino e un saluto condito di un abbraccio forte
forte.
Risposte personali
Meggie: Oh, chi si rivede, ciao!!! ^.^ Aaaah,
sì, avresti dovuto lasciare una recensione tempo fa, vergognati e pentiti, per
punizione giù 20 flessioni e poi a recensirmi tutte le fic che non hai
affrontato!!!!! XDDD Scherzo, naturalmente, sono contenta che ti sei fatta
risentire, m'eri mancata! ^_^ E m'erano mancati i tuoi complimenti che
carina!!!! XD Non so se sentirmi molto figa e camminare a 3 metri da terra o
sentirmi in colpa per le altre WolfStar (ecco perchè come coppia ora è poco
letta! XD). Propendo per il sentirmi figa che male non fa mai! XDDDD Arrossisco
come una bimba e ti ringrazio tanto per aver apprezzato questo lavoro
decisamente più puccioso della media. Se l'hai trovato originale e interessante
al pari degli altri che posso dire se non grazie dal profondo del cuore? Un
bacione! ^.^
Skiblue: Ti ringrazio molto, sono molto
affezionata al personaggio di Lily, quindi che venga apprezzato mi riempie di
gioia. La mia Lily è sempre un po' atipica, mi dicono, proprio per questo suo
affrontare le cose di petto quando di solito è la mater che sempre sorride e
sempre dolce consola. A me, dico la verità, una lily così sta antipatic!!! XDDD
Preferisco la mia sarcastica e malandrina creatura.
Al fianco di James ci sta da dio.
Il primo pezzo, oooooh, l'hai notato, che bello!!!
^.^ Che fa parte in realtà di questo ultimo capitolo (avrai notato l'uso del
presente in entrambi i casi). Sì, hai ragione, Sirius ormai è veramente fuori.
Se prima l'aveva presa un po' anche come un gioco, ora non può più dirlo
davvero. Per questo pian piano ho abbandonato la dimensione giocosa prima ancora
che se ne rendesse lui che fosse vero amore. Sirius è veramente fregato, non c'è
scampo! XD Proprio una cosa tutta commedia non riesco a farla, sono
impossibilitata! XD Anche perchè un amore fatto solo di battutine e frasette
allegre è un po' superficiale invece a me piace pensare che Sirius e Remus
provino qualcosa di decisamente più serio.
Anche se meno simpatico.
I riferimenti all'olfatto sono autobiografici, anche
io faccio un sacco caso agli odori, annuso tutto, anche il veleno per topi (ora
si spiegano molte cose! XD). Io ti ringrazio davvero tanto, sinceramente, di
avermi seguita fin qui alla fine di questa storia. Un pochetto mi dispiace che
sia finita, mi hai dato tante soddisfazioni. ^_^ Un bacione anche a te.
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