Do what your heart says

di paffywolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fitting ***
Capitolo 2: *** Love is love ***



Capitolo 1
*** Fitting ***


1. Fitting


“Quinnie, c’è Rachel al telefono!” esclamò mia madre dalla cucina.
“Cavolo.”sussurrai, chiudendo il libro di trigonometria. Sospirai appena prima di alzare la cornetta del mio vecchio telefono a disco, comprato a un mercatino dell’usato qualche giorno prima.
“Pronto, Rachel?” dissi al telefono, titubante.
“Quinn, è arrivato!”gridò lei, estasiata.
“Arrivato? Cosa è arrivato?”
“Il mio vestito, Quinn! E’ finalmente pronto e ho qui il pacco! Aspetto solo te per aprirlo!”
Stupido maledetto vestito per quelle stupide maledette nozze. Mugugnai appena, infastidita. “Rachel, domani ho una verifica e devo ripassare…”
“Ti prego vieni, ho bisogno di te… I miei papà non potrebbero mai darmi un parere oggettivo!”
“Perché devo sempre essere io la cattiva di turno? Uff… e va bene, sto arrivando.”dissi, prima di riagganciare il telefono. Lanciai un’occhiata ai libri di trigonometria, sui quali probabilmente avrei passato l’intera nottata e sbuffai di nuovo all’idea di trascorrere un pomeriggio con una Rachel tutto zucchero e miele per il suo matrimonio in arrivo. Matrimonio. La sola idea di Rachel Berry sposata con Finn Hudson mi dava i brividi. Come diavolo avevo fatto a trovare Finn attraente? Vederli baciarsi nei corridoi ormai mi dava il disgusto.
Aprii l’armadio e rassettai il vestito che indossavo, infilai un paio di ballerine e scesi al piano di sotto.
“Vai da Rachel, tesoro?” chiese mia madre, impegnata a riempire di fiori i svariati vasi che avevamo in soggiorno.
“Sì mamma, probabilmente rimarrò il pomeriggio da lei. Ma studierò stasera dopo cena, non preoccuparti.”le dissi, afferrando il cappotto e la borsa dall’armadio nell’ingresso.
“Non hai nulla di cui giustificarti tesoro, mi fido di te.”mi disse con un sorriso, dandomi le chiavi dell’auto.
“A stasera.”dissi, schioccandole un bacio sulla guancia.
Inserii nel lettore uno dei CD che conservavo in borsa e mi avviai a casa Berry, canticchiando sulle note di alcune canzoni che stavamo preparando per le Regionali in arrivo.
Non appena arrivai sotto casa sua, la vidi corrermi incontro con un sorriso, i lunghi capelli che svolazzavano intorno al suo viso mentre veniva nella mia direzione.
“Quinn!”gridò, abbracciandomi all’improvviso.
“Ehi, vacci piano!” ridacchiai. Vederla così felice rendeva anche me di buon umore.
“Dai entra, abbiamo un mucchio di cose da fare!”disse, afferrandomi la mano e invitandomi a entrare.
“I tuoi dove sono?” le chiesi, notando l’assenza dell’immancabile musica in sottofondo a casa Berry. Se i suoi papà erano a casa, il gigantesco stereo in soggiorno non aveva pace.
“A fare la spesa, la dispensa è praticamente vuota dopo la cena con i genitori di Finn. Ti va una limonata?”mi chiese, versando il liquido in un bicchiere.  
“Come l’ha presa Carole? E Burt?”le chiesi, accomodandomi su una sedia.
“Tutto sommato bene, direi. Volevano addirittura che rimanesse a dormire qui. ”disse, passandomi il bicchiere e sedendosi al tavolo insieme a me.
“A dormire da te? In camera degli ospiti?”le chiesi.
“No, in camera mia. Insieme.”
Strinsi il bicchiere tra le mani. Rachel Berry e Finn Hudson insieme in uno stesso letto, con i genitori di lei al piano di sotto. Trattenni a stento un brivido. “E?”
“E siamo stati un po’ insieme, poi siamo venuti alla festa di Sugar. E lui è tornato a casa sua con Kurt.”
“Quindi non avete dormito insieme…”constatai, quasi sollevata.
“No. In realtà abbiamo litigato prima di raggiungervi alla festa.”
“Litigato? Come mai?”le chiesi tranquilla, sorseggiando la bibita.
“Finn voleva usare il mio bagno per… quelle cose. I rifiuti…solidi. Il mio bagno è sacro, nessuno può toccarlo.”
Trattenni a stento una risata. Quella situazione era così assurda!
“Ti prego, dimmi che non è vero. Tu non gli hai lasciato usare il bagno?”
“No, te l’ho detto. Il mio bagno è il mio bagno, punto.”ribattè, risoluta.
Ridacchiai sotto i baffi mentre finivo la limonata. “Allora, questo vestito?”le chiesi, cambiando argomento.
“E’ su in camera mia.”disse, prendendo i bicchieri e poggiandoli nel lavello in cucina. “Ti va di vederlo?”
“Sono qui proprio per questo.”


La gigantesca scatola bianca troneggiava sul letto, avvolta da un vistoso nastro bianco.
“Eccolo qui. Ho aspettato te per aprirlo ma adesso non voglio perdere nemmeno un secondo!”disse entusiasta, afferrando le forbici poggiate sul comodino. Tagliò frettolosamente il nastro e aprì la scatola, al cui interno c’era un vaporoso vestito bianco.
“Oh mio Dio, devo provarlo subito!”squittì, battendo le mani. “Aiutami a spogliarmi, Quinn!”
Sgranai appena gli occhi, convinta di aver sentito male. “Cosa?”
“Ehi, sveglia! Come faccio a provarlo se non mi spoglio prima?” Si girò di spalle ridendo, con una mano raccolse i capelli e li portò avanti, lasciando la nuca scoperta. Un lieve tremore accompagnò le mie mani mentre afferravo la chiusura della zip del suo vestito e la lasciavo scivolare piano lungo tutto la sua schiena. Rimasi a guardare la sua schiena nuda per diversi istanti prima di decidermi a parlare.
“Ma tu non… tu non porti il reggiseno?”biascicai, mentre una Rachel Berry seminuda si nascondeva il petto con il braccio sinistro.
“Ma no, l’ho tolto prima che arrivassi così potevo provare subito il vestito. Furba, vero?” mi disse con un sorriso, ma io non le stavo prestando attenzione.
Per la prima volta vidi il corpo di Rachel senza vestiti e mi sentii in imbarazzo come mai mi era accaduto prima. Avevo condiviso lo spogliatoio delle Cheerios con tante ragazze, avevo visto tante volte i corpi nudi delle mie compagne di squadra mentre si concedevano una doccia rilassante dopo gli allenamenti e non mi avevano mai fatto alcun effetto. Vedere il corpo nudo di Rachel invece mi lasciò stupita, imbarazzata e tanto confusa.
La sua pelle chiara riluceva appena alla luce del sole che filtrava dalla finestra e i capelli lasciati sciolti sulle spalle diffondevano nell’aria un dolce profumo fruttato. Le braccia e le gambe erano snelle ma toniche, frutto di tante dure prove di balletto e di danza classica a cui si sottoponeva. Ma era la curva delicata dei fianchi e del seno a rendere il suo corpo minuto incredibilmente attraente, oltre ai piccoli slip di pizzo bianco decorati da un piccolo motivo floreale. Provai una leggera fitta di invidia mentre la osservavo avvicinarsi al letto: il suo corpo era decisamente molto più formoso del mio. Mi ritrovai a fissarla in silenzio, incapace di parlare mentre mi voltava di nuovo le spalle e indossava il vestito.
Un lieve sorriso le affiorò sul volto mentre il lucido tessuto bianco le scivolava sul corpo e aderiva alle sue forme alla perfezione. Si avvicinò di nuovo a me e con lo stesso gesto si alzò di nuovo i capelli, lasciandomi inebriata da quel nuovo profumo che mai avevo notato prima. Deglutii appena mentre allacciavo i piccoli bottoni di tessuto, sfiorando accidentalmente con le dita la sua pelle calda, morbida e setosa al tatto. Sentivo le mani e le dita andare a fuoco mentre tentavo di concentrarmi su quel tanto semplice ma altrettanto difficile compito, seguendo la linea della colonna vertebrale dal basso verso l’alto.
In quel momento avrei voluto abbracciare Rachel dolcemente da dietro, cingere le mani attorno alla sua vita e inspirare ancora il suo profumo, sfiorando delicatamente il suo collo con le labbra e…
“Quinn?”
Trasalii nel sentirla pronunciare il mio nome, una lieve nota di apprensione nella voce.
“Ehi, tutto ok?”ripetè, voltandosi nella mia direzione. In quel momento fu come se vedessi il suo viso per la prima volta: i suoi caldi occhi castani incorniciati da fitte ciglia, le sue labbra morbide tinte appena dal rossetto rosa chiaro, il suo naso un po’ troppo pronunciato che però ben si stagliava all’interno del suo volto, i suoi denti perfetti che si aprivano in un sorriso imbarazzato mentre mi parlava.
“Allora, come sto?”disse, facendo una piccola piroetta davanti allo specchio per farsi ammirare.
“Sei da favola” le risposi distrattamente, cercando di mantenere la lucidità. “Finn svenirà quando ti vedrà vestita così.”
“Sei sicura? Non mi sembri molto convinta…”
“No, è solo che…”biascicai, alla ricerca di una buona scusa per andarmene via di lì il prima possibile.
“Avevi molto da studiare?”mi chiese, preoccupata.
“Studiare? Ah sì… ”le risposi, grata che mi avesse involontariamente offerto la via di fuga più rapida. “Devo ancora finire di ripassare diversi capitoli e tu sai quanto il professor White ci tenga. Insomma, sono entrata a Yale ma non posso mica adagiarmi sugli allori, no?”
“Ma secondo te riusciremo a vederci ogni tanto quando saremo entrambe al college?” La vidi rabbuiarsi appena mentre parlava. “Mi dispiacerebbe perderti di vista proprio adesso che siamo diventate amiche. In fin dei conti New Haven e New York non sono così lontane, no?” mi disse, quasi speranzosa.
“Beh… Magari non riusciremo a vederci tutti i giorni ma almeno nei finesettimana potremo uscire ogni tanto insieme, impegni universitari permettendo. Ti andrebbe?”
“E me lo chiedi? Io e te sulla East Coast!” disse ridendo, passandosi una mano tra i capelli.
“Però adesso è meglio che io vada o rischio di dover passare la notte intera sul libro di trigonometria.”dissi, cercando di mantenere un tono disinvolto.
“Certo, ti accompagno alla porta allora.”disse, aprendo la porta della stanza e scendendo le scale a piedi nudi. Percorsi i gradini in silenzio, le scarpe che calpestavano la soffice moquette.
“Beh, allora ci ve...” Le sussurrai, ma Rachel non mi diede il tempo di concludere la frase.
“Grazie mille.” Mi disse, abbracciandomi forte. Inspirai ancora il suo profumo, decisa a tenerlo a mente più a lungo potessi. Sciolse l’abbraccio sorridendo e mi salutò con la mano mentre percorrevo il vialetto diretta alla mia auto.
Non poteva immaginare quanto quei pochi minuti trascorsi insieme mi avessero sconvolto. Accesi l’auto quasi meccanicamente, la mente impegnata sul cercare di comprendere cosa fosse accaduto in quella stanza.
Non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo. Ero sempre stata capace di mantenere il controllo di me stessa e avevo giurato di non lasciarmi andare mai più dopo la nascita di Beth, ma in quel momento sentivo di non avere più nulla cui potermi appigliare. Percorsi la via in silenzio ma non potei fare a meno di notare il cartello: Holy Nativity – Anglican Church.
Forse il pastore Roche avrebbe potuto aiutarmi.


Continua...


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Capitolo 2
*** Love is love ***


2. Love is love

La luce del sole filtrava dalle finestre invetriate e illuminava magnificamente l’altare e l’intera navata della chiesa. Feci il segno della croce e mi avvicinai all’organo in silenzio, l’eco dei miei passi che rimbombava nella struttura. Non appena fui accanto all’organo, allungai una mano e salutai con un sorriso l’organista, la Signora Flynn.
L’anziana signora, membro attivo della comunità cristiana di Lima, si girò al mio tocco sulla sua mano e sorrise felice, come faceva sempre ogni volta mi vedeva. Biascicò qualcosa che come al solito non riuscii a capire e mi limitai a sorriderle, accarezzandole la mano. Per colpa della sua sordità ormai quasi totale la povera donna si limitava a biascicare qualche parola incomprensibile, cui tutti rispondevano con un sorriso. Nessuno riusciva a comprendere cosa dicesse, ma i sorrisi delle persone intorno a lei bastavano a ricompensarla.
Mi scompigliò i capelli come amava fare quando ero bambina, poi aprì la sua borsa e prese un sacchetto di carta, porgendomelo. Lo aprii e come al solito vi trovai uno dei suoi leggendari tortini alla ciliegia, da sempre il mio preferito. La ringraziai con un bacio sulla guancia e la salutai, avviandomi verso la sagrestia.  

Il Pastore Roche era nel suo studio e la grande porta vetrata lasciava intravedere la sua figura seduta alla scrivania, impegnato nel controllo di alcuni documenti.
Bussai con le nocche alla porta e dissi “Pastore, posso entrare? Sono Quinn Fabray.”
“Certo, entra pure Quinn.”
La faccia rubiconda del pastore era uno dei motivi per cui godeva di grande stima all’interno della nostra comunità. Era impossibile non uscire dalla chiesa dopo la messa e non sentire uno strano calore nel petto: era questo il motivo per il quale la Holy Nativity in quegli anni era riuscita a raccogliere fondi che permettessero la ristrutturazione totale della facciata e un maestoso organo a canne nuovo, che la signora Flynn suonava ogni Domenica con grande maestria.
Il pastore mi fece segno di accomodarmi e mi invitò come al solito a prendere una di quelle che lui amava chiamare “il mio piccolo peccato quotidiano”: delle pepite di cioccolato ripiene di caffè.
“No pastore, la ringrazio.”dissi, porgendogli la piccola ciotola lignea.
“Ah Quinn, quanto vorrei avere la tua forza.”disse ridacchiando, prendendo un cioccolatino e infilandoselo in bocca. La sua espressione ogni volta che ne mangiava uno era quella di un bambino che assaggia la cioccolata per la prima volta nella sua vita.
“Io a queste delizie non riesco a resistere” proseguì, rigirandosi in bocca il cioccolatino.“D’altronde ci sarà un motivo per cui il Signore ha voluto che il signor Chattergee ideasse queste delizie, no?”
“Solo il Signore può dirlo, pastore.”
“Ma non è di cioccolatini che tu vuoi parlare, non è vero?”disse, affondando nella maestosa poltrona di pelle verde.
“No pastore, ma… Ecco, è successo qualcosa che non riesco davvero a spiegarmi. Lei conosce la mia storia, sa quanto mi sia stato difficile accettare la gravidanza e tutto ciò che ne è susseguito.”
“Oh Quinn, non ricordarmi i tentativi che ho fatto per farti tornare in Chiesa. Quando giravi con quei capelli rosa sembravi quasi posseduta dal demonio.”disse, facendosi il segno della croce e baciando il rosario che portava al collo.
“Lo so pastore, ma quello che ho passato allora non era niente in confronto a quello che sto vivendo adesso.”
Il pastore si allungò sul tavolo e mi prese la mano, sorridendo appena per incoraggiarmi.
“Qualunque cosa tu stia vivendo, parlamene. Sai che puoi fidarti di me.”
“Ecco, io non so da dove iniziare… Temo di essermi presa una bella sbandata per una persona.”
Il pastore non potè trattenere un’espressione di sorpresa. “E in che modo l’esserti innamorata ti crea così tanti tormenti?”
“Il punto è proprio questo, non so se mi sono innamorata di questa persona.” Dissi, alzandomi dalla sedia e percorrendo in circolo la stanza gesticolando. “Non so se è semplicemente un desiderio di proteggerla da un grave errore che sta commettendo, se ne sono infatuata o se è solo il tè che ho bevuto questo pomeriggio ad avermi fatto avere le palpitazioni.”
“Quinn, se sei innamorata lo sei e basta.”mi disse con dolcezza. “Possono essere diversi i sintomi, ma la malattia è sempre la stessa.”
“Ma è la persona sbagliata, pastore. Ed è una cosa che non riesco a concepire. Quest’anno era solo per me stessa e ci sono riuscita: sono riuscita a non innamorarmi di nuovo, sono riuscita a concentrarmi per riuscire a costruire basi solide per il mio futuro. Eppure ci sono ricascata, perché?”
“E’ nella natura umana, Quinn. L’uomo non è fatto per vivere da solo, vuole costruire insieme ad un’altra persona il proprio futuro. Può essere un marito, una moglie, un’amica o un amico. Ma tutti abbiamo bisogno di una persona al nostro fianco per sostenerci nei momenti di difficoltà.”
Mi sedetti di nuovo sulla sedia, rigirandomi il bracciale che portavo al polso.
“Quinn, cos’è che ti tormenta davvero?”
“Non… non lo so bene nemmeno io, Pastore. Vorrei essere capace di capirlo.”
“Forse è proprio l’accettazione  il vero problema. Devi razionalmente accettare il fatto che sei innamorata di questa persona, giusta o sbagliata che sia. Perché, figliola, non ti ho mai vista così agitata in tutta la tua vita. Nemmeno quando venisti qui a dirmi che eri incinta, ancora prima che lo sapessero i tuoi genitori. C’è qualcosa dentro di te che ti tormenta e ti angustia, ma devi essere tu a capire bene di cosa si tratti. Dal canto mio, posso solo dirti di fare ciò che il tuo cuore ti consiglia di fare.”
“E se mi stesse suggerendo di fare la cosa sbagliata?”
“In tal caso, sai sempre di avere un amico a tua disposizione dal quale poter venire a piangere. E, se posso darti un consiglio, se credi davvero che questa persona speciale stia facendo un errore che può costargli caro… Beh, devi fare tutto ciò che è in tuo potere per far capire a questa persona che sta facendo qualcosa di cui un domani potrebbe pentirsi.”

Uscii dall’ufficio in silenzio, dopo aver salutato il pastore.
Mi sentivo quasi in colpa per non avergli confessato chi fosse la persona di cui mi ero innamorata, di non avergli parlato a fondo dei miei tormenti. Forse si era trattata davvero solo di una sbandata dovuta a un irrazionale desiderio di proteggerla?
La Signora Flynn era ancora seduta all’organo e mi misi accanto a lei, accomodandomi sul lungo sedile di velluto rosso. Presi uno spartito dal cesto accanto all’organo e glielo aprii sul leggio, invitandola a suonare il mio pezzo preferito: una sonata di Mozart che ogni volta mi riduceva alle lacrime. Lei si limitò a fare segno di no con la testa una volta visto lo spartito e iniziò a suonare liberamente, gli occhi semichiusi e un’espressione beata in volto. Rimasi in silenzio per diversi minuti, beandomi del suono magico dell’organo che ormai a tutti gli effetti apparteneva a lei. Alla fine del brano, la signora si girò di nuovo verso di me con un sorriso e biascicò ancora quelle tre parole indistinte. Ma quella volta fu diverso. Perché per la prima volta capii cosa dicesse: amore è amare.

“Tesoro, la cena è pronta!”disse mia madre. Alzai lo sguardo sconsolata dal libro, maledicendo per l’ennesima volta me stessa per non essermi ricordata del mio mega-ripasso per il compito. Mi accomodai a tavola con il libro poggiato sulle ginocchia, ripassando mentalmente le formule.
“Tuo padre è sempre stato più bravo di me in questo genere di cose.”disse mia madre. Alzai lo sguardo dal libro e la vidi sorridere mestamente. “A scuola era il migliore in tutte le materie scientifiche, prendeva sempre voti altissimi.”
“Ma io assomiglio più a te, mamma. ” le dissi, stringendole la mano tra le mie. Si limitò a sorridermi, mentre una lacrima solitaria le rigava la guancia.
“A volte mi chiedo come farò l’anno prossimo, quando anche tu te ne sarai andata via. Prima tua sorella, poi tuo padre e dall’anno prossimo tu, la mia piccola Quinnie.”
“Mamma, ci vedremo ogni volta che potrò. Te lo prometto, non ti lascerò mai da sola.”
“In realtà stavo pensando di vendere questa casa. E’ troppo grande per noi due, figuriamoci quando anche tu te ne sarai andata via.”
“Beh, puoi sempre prendere un cane.”
“Non è male come idea! Quasi quasi…”
“Mamma, stavo scherzando.”
“Io no.”

Il giorno dopo mia madre pensò bene di farmi trovare un vaporoso cucciolo di Golden Retriever al mio ritorno a casa. Aveva già rosicchiato tre cuscini del divano.

Continua...

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